StampaQuotidiana ,
Cerco
di
ritrovare
,
per
le
vie
di
Napoli
,
la
figura
di
Salvatore
Di
Giacomo
.
Mi
dice
un
amico
:
«
Sta
nell
'aria...»
.
Si
guarda
attorno
,
fa
un
cenno
,
indica
qualcosa
con
un
gesto
circolare
.
È
vero
.
Sta
nell
'
aria
,
il
suo
monumento
è
la
strada
di
Napoli
,
il
vicolo
di
Napoli
,
è
la
«
tavernella
»
,
è
il
«
munasterio
»
è
il
«
funndeco
»
di
Napoli
:
è
il
sole
,
è
l
'
acqua
,
è
lo
scoglio
,
è
il
pino
di
Napoli
.
Bellissima
convinzione
:
un
po
'
retorica
.
Napoli
non
ha
fatto
molto
per
il
suo
poeta
.
Gli
ha
dedicato
una
strada
verso
Posillipo
e
una
lapide
sotto
alla
finestra
di
«
Marechiare
»
in
ricordo
di
quella
canzone
tanto
bella
,
scritta
a
diciotto
anni
,
e
la
cui
fama
,
mi
hanno
detto
,
un
po
'
lo
infastidiva
.
Le
proposte
per
onorare
Di
Giacomo
non
sono
mancate
:
intelligenti
,
affettuose
,
entusiastiche
.
Si
partì
dalla
semplice
idea
di
un
busto
,
si
arrivò
a
quella
di
dedicare
al
suo
ricordo
un
boschetto
o
una
esedra
arborea
sul
colle
di
Posillipo
.
Altri
propose
che
le
sue
spoglie
fossero
collocate
accanto
a
quelle
di
Giacomo
Leopardi
;
e
subito
qualcuno
ricordò
,
sia
pure
a
bassa
voce
,
i
dubbi
sull
'
autenticità
delle
ossa
di
Leopardi
,
di
quel
povero
scheletro
cui
mancherebbe
addirittura
la
testa
.
Città
,
più
dolorosa
che
lieta
,
mi
pare
Napoli
,
piena
di
crucci
,
di
affanni
,
di
disastri
cui
è
difficile
rimediare
.
Le
perle
e
le
melanconie
dei
vivi
sono
tante
che
forse
non
si
ha
tempo
di
pensare
a
quelle
dei
morti
,
che
forse
vivono
già
nell
'
eterna
serenità
.
Un
anno
dopo
la
morte
del
poeta
una
lapide
,
è
vero
,
fu
collocata
sulla
casa
dove
era
nato
.
Poi
venne
la
guerra
e
vennero
le
incursioni
aeree
.
Quella
casa
è
stata
colpita
,
è
crollata
,
per
un
miracolo
era
rimasto
in
piedi
il
pezzo
di
muro
dove
era
collocata
la
lastra
di
marmo
.
In
mezzo
a
quello
sfacelo
e
sotto
le
altre
incursioni
,
la
lapide
restava
,
alla
meglio
,
appiccicata
a
quel
rudere
.
Poi
cadde
anche
lei
;
sparì
:
non
si
sa
,
naturalmente
,
dove
sia
andata
a
finire
.
Anche
al
numero
107
di
via
Santa
Lucia
,
dove
abitò
gli
ultimi
anni
della
sua
vita
,
di
fronte
a
quella
chiesa
della
Madonna
della
Catena
dove
vanno
a
pregare
tutte
le
donnette
del
quartiere
,
il
cui
nome
ricorre
in
ogni
poesia
e
in
ogni
canzone
napoletana
,
non
c
'
è
un
segno
di
ricordo
.
Forse
era
fatale
che
fosse
così
.
Non
si
possono
trasformare
in
musei
degli
appartamenti
piccolo
-
borghesi
,
come
quello
in
cui
visse
Di
Giacomo
,
come
tutti
gli
altri
scrittori
del
suo
tempo
e
non
solamente
napoletani
.
Non
avevano
,
quegli
scrittori
,
ville
,
eremi
,
Capponcine
e
Vittoriali
.
In
una
casa
con
cento
finestre
,
come
si
può
«
eternare
»
la
finestra
di
un
poeta
?
Mi
dicono
:
«
È
nell
'aria...»
.
Di
Giacomo
ha
i
suoi
fedeli
,
che
credo
siano
tutti
,
o
quasi
,
gente
fra
i
cinquanta
e
gli
ottant
'
anni
,
legati
al
suo
ricordo
,
oltre
che
dalla
grandezza
della
sua
poesia
,
anche
da
una
certa
nostalgia
per
la
Napoli
della
loro
gioventù
,
la
«
vecchia
Napoli
»
,
la
cui
vita
intellettuale
dava
ancora
dei
punti
a
quelle
di
tutte
le
altre
città
italiane
.
Leopardi
l
'
aveva
esaltata
,
moribondo
,
con
il
canto
della
Ginestra
:
Francesco
De
Sanctis
aveva
fatto
da
Napoli
il
dono
all
'
Italia
intera
di
quella
Storia
della
letteratura
che
,
all
'
Italia
unita
da
pochi
anni
,
aveva
fatto
per
la
prima
volta
intendere
l
'
unità
dello
spirito
italiano
attraverso
i
secoli
.
A
suo
modo
,
l
'
Ottocento
intellettuale
di
Napoli
assomigliava
,
nella
varietà
e
nella
fecondità
dei
suoi
aspetti
,
all
'
Ottocento
di
Parigi
,
a
quello
che
fu
chiamato
lo
«
stupido
»
Ottocento
'
e
che
era
invece
-
ce
ne
accorgiamo
adesso
a
metà
del
Novecento
-
il
prodigioso
Ottocento
.
È
probabile
che
Di
Giacomo
debba
essere
spogliato
di
un
suo
fogliame
ottocentesco
,
liberato
da
una
sorta
di
macchiaiolismo
per
far
venire
in
luce
tutto
ciò
che
giustamente
di
virgineo
e
di
greco
fu
trovato
nella
sua
arte
ed
in
talune
sue
illuminate
sillabazioni
di
fremiti
e
sussurri
.
Fatto
il
lavoro
di
cernita
,
spogliata
l
'
ammirazione
per
lui
del
fatto
affettuoso
,
il
poeta
resterà
,
e
certamente
in
molte
parti
grandissimo
e
di
misura
italiana
fra
le
più
nobili
.
Segno
di
questa
sua
vitalità
e
di
questa
sua
insostituibilità
è
il
fatto
che
,
a
Napoli
,
per
chi
arriva
da
fuori
,
il
suo
nome
e
la
sua
opera
sono
ancora
il
miglior
punto
di
orientamento
quando
ci
si
accorge
subito
che
,
dopo
di
lui
,
non
è
più
il
caso
di
parlare
di
«
poesia
napoletana
»
,
essendo
ormai
spenti
anche
tutti
i
suoi
rivali
e
i
suoi
epigoni
.
È
nell
'
aria
anche
un
'
eredità
non
raccolta
nel
paese
dove
i
Russo
,
i
Bovio
,
i
Murolo
non
hanno
avuto
una
discendenza
,
né
si
pretende
che
possano
averla
,
poiché
anche
la
poesia
ha
le
sue
stagioni
e
non
si
può
farla
rinverdire
artificialmente
.
Quella
cara
stagione
è
finita
,
quel
giardino
è
chiuso
:
ma
lo
sentite
come
,
dietro
al
muricciolo
,
profumano
ancora
i
fiori
della
poesia
di
Di
Giacomo
?
Sono
andato
,
una
sera
dopo
il
tramonto
,
a
salutare
la
vedova
del
poeta
,
donna
Elisa
Di
Giacomo
,
nella
sua
casa
affacciata
sui
giardini
della
Riviera
di
Ghiaia
.
Donna
Elisa
era
di
almeno
vent
'
anni
più
giovane
del
poeta
-
bibliotecario
quando
,
studentessa
di
lettere
,
andò
da
lui
,
in
biblioteca
,
per
chiedergli
alcuni
consigli
su
una
tesi
di
laurea
.
Fu
lei
che
,
furtiva
,
depose
sul
tavolo
del
poeta
un
mazzolino
di
viole
o
di
ciclamini
.
Salvatore
viveva
con
la
madre
,
era
un
vecchio
ragazzo
sentimentale
e
inquieto
,
molto
timido
forse
sotto
il
suo
largo
cappello
alla
guappa
.
La
studentessa
dovette
attendere
assai
prima
che
il
poeta
riuscisse
a
compiere
il
gran
passo
.
Passeggiavano
al
sole
,
per
via
Caracciolo
.
Ad
una
parete
della
stanza
c
'
è
un
'
istantanea
in
cui
la
signorina
Elisa
ha
tutta
la
grazia
di
un
tempo
in
cui
il
sorriso
della
donna
che
si
teneva
a
braccio
del
suo
futuro
sposo
aveva
la
luce
di
un
sentimento
che
oggi
può
sembrare
ottocentesco
e
che
si
chiama
Fiducia
.
Prima
di
diventare
la
sposa
,
fu
la
donna
della
poesia
di
Don
Salvatore
,
quella
dei
malinconici
struggimenti
e
degli
inquieti
sospiri
,
quella
che
a
maggio
saliva
alla
tavernella
'
ncopp
'
Antignano
.
Stamno
a
na
tavulclla
/
tutte
e
dduie
.
Chiavo
chiano
/
s
'
allunga
sta
manella
/
e
m
'
accarezza
'
a
mano
...
Adesso
la
signorina
Elisa
di
un
tempo
è
Donna
Elisa
,
la
professoressa
che
è
andata
quest
'
anno
in
pensione
,
sottile
nella
figura
,
arguta
nel
volto
.
Vive
sola
al
secondo
piano
di
uno
dei
tanti
vecchi
solenni
palazzi
nobili
di
Napoli
che
hanno
tutti
,
nel
cortile
e
negli
scaloni
semibui
,
non
so
quale
aria
conventuale
.
In
un
nobile
silenzio
,
vive
con
le
finestre
aperte
su
questa
Napoli
molto
affettuosa
ma
-
penso
io
-
un
po
'
distratta
,
la
buona
signora
che
si
vide
morire
fra
le
braccia
,
con
lunghi
anni
di
malattia
,
il
vecchio
poeta
intristito
.
Questa
è
la
Madonna
di
Di
Giacomo
:
e
quello
lì
,
in
quel
disegno
a
penna
di
Paolo
Vietri
,
il
genero
di
Morelli
,
è
lui
,
come
era
a
diciotto
anni
.
StampaQuotidiana ,
In
molte
parti
d
'
Italia
l
'
annunzio
dell
'
entrata
delle
truppe
italiane
nell
'
Agro
Romano
è
stato
festeggiato
con
luminarie
e
dimostrazioni
popolari
.
E
questo
è
bene
.
Il
Piemonte
ha
esultato
ma
s
'
è
astenuto
finora
dal
farne
pubblica
manifestazione
con
feste
speciali
.
E
questa
è
previdenza
.
L
'
occupazione
infatti
dell
'
Agro
Romano
è
già
molto
anzi
moltissimo
;
ma
non
è
né
il
tutto
né
il
più
.
Finché
il
vessillo
tricolore
non
sventola
sul
Campidoglio
,
finché
l
'
esercito
italiano
non
è
in
Roma
come
nella
Capitale
del
Regno
e
col
programma
dei
plebisciti
,
qui
si
temon
tuttora
e
incagli
e
insidie
;
qui
si
teme
fra
gli
altri
l
'
ostinato
sistema
dell
'
Oasi
religiosa
del
settembrista
Minghetti
mandato
a
fare
propaganda
a
Vienna
.
Queste
apprensioni
saran
vane
,
saranno
esagerate
;
ma
esistono
e
consigliano
alle
popolazioni
di
stare
all
'
erta
e
vigilare
perché
nell
'
ebbrezza
d
'
entusiasmi
anticipati
non
si
accettino
convenzioni
illusorie
e
mezzi
termini
non
conformi
al
diritto
plebiscitario
.
Facendo
vivo
plauso
a
questo
contegno
delle
popolazioni
noi
abbiamo
fiducia
che
il
giorno
in
cui
l
'
entrata
in
Roma
avrà
realmente
avuto
luogo
anche
ogni
angolo
del
Piemonte
si
coprirà
di
fuochi
di
gioia
.
Nessun
municipio
manchi
a
questo
dovere
.
Celebrando
il
compimento
della
unità
nazionale
,
voi
celebrate
,
o
piemontesi
,
l
'
opera
più
sublime
a
cui
abbiate
posto
mano
!
Il
giorno
in
cui
Roma
tornerà
all
'
Italia
,
negli
uomini
giusti
di
tutti
i
paesi
brillerà
(
non
fosse
che
per
un
secondo
!
)
un
pensiero
di
riconoscenza
pei
vostri
martiri
,
per
la
vostra
costanza
,
per
la
parola
d
'
ordine
di
ROMA
CAPITALE
D
'
ITALIA
che
voi
sapeste
irremovibilmente
opporre
al
grande
inganno
del
64
.
Molti
furono
i
giorni
d
'
amarezza
,
:
molti
i
disinganni
e
le
individuali
evoluzioni
;
il
ministero
di
Mentana
poté
rompere
con
arti
oblique
un
celebre
fascio
,
e
riaprire
al
Minghetti
l
'
adito
al
portafoglio
.
Ma
la
sua
gioia
fu
passeggera
.
Si
lusingava
d
'
aver
diviso
,
imbavagliato
il
Piemonte
,
e
non
era
riuscito
che
ad
ingombrare
la
propria
nave
di
pesantissima
zavorra
che
la
traeva
a
fondo
Onore
alla
costanza
piemontese
!
Municipio
di
Torino
!
La
festa
per
l
'
entrata
a
Roma
ha
per
te
un
significato
più
speciale
e
più
caro
.
Sii
degno
di
Roma
e
di
te
stesso
!
StampaQuotidiana ,
Il
governo
e
la
stampa
borghese
cercano
un
diversivo
per
mascherare
il
fallimento
delle
trattative
di
pace
tra
i
parlamentari
fascisti
e
i
parlamentari
riformisti
.
Il
diversivo
è
già
trovato
:
il
Partito
comunista
.
Il
Partito
comunista
non
vuole
la
pacificazione
,
il
Partito
comunista
è
la
causa
di
tutte
le
disgrazie
e
di
tutte
le
sofferenze
che
si
abbattono
sul
popolo
italiano
,
il
Partito
comunista
è
un
'
associazione
di
briganti
,
di
assassini
,
di
delinquenti
comuni
,
il
Partito
comunista
è
l
'
origine
sola
del
fascismo
.
Siccome
il
Partito
comunista
non
vuole
la
pacificazione
,
così
il
governo
di
Bonomi
non
può
fare
a
meno
di
continuare
a
lasciar
fare
ai
fascisti
tutto
ciò
che
ai
fascisti
farà
piacere
.
Le
centinaia
e
migliaia
di
depositi
di
armi
e
munizioni
che
i
fascisti
spesso
pubblicamente
hanno
accumulato
non
verranno
sequestrati
.
Le
mitragliatrici
,
i
cannoni
lanciafiamme
,
i
moschetti
saranno
lasciati
ai
fascisti
.
I
fascisti
potranno
ancora
sfilare
nelle
città
,
incolonnati
,
col
moschetto
in
spalla
,
con
l
'
elmetto
in
testa
,
coi
tascapane
pieni
di
bombe
.
Lo
Stato
non
interverrà
,
non
applicherà
le
leggi
,
non
aprirà
le
prigioni
,
non
disturberà
i
giudici
.
Lo
Stato
non
è
,
per
ciò
che
riguarda
i
fascisti
,
un
'
amministrazione
delle
leggi
,
un
'
organizzazione
repressiva
e
punitiva
;
lo
Stato
non
esiste
per
i
fascisti
,
lo
Stato
riconosce
nei
fascisti
una
autorità
indipendente
e
tratta
con
loro
,
da
pari
a
pari
,
e
riconosce
loro
il
diritto
,
se
non
avverrà
la
pacificazione
,
di
continuare
impunemente
a
incendiare
,
ad
assassinare
,
a
invadere
città
e
villaggi
,
a
decretare
esili
e
scioglimenti
di
pubbliche
amministrazioni
.
C
'
è
dell
'
ironia
in
questa
azione
pacificatrice
del
governo
italiano
.
Chi
sarà
dunque
il
custode
e
il
garante
del
"
trattato
di
pace
"
?
Chi
si
fiderà
delle
parole
di
un
governo
che
in
tal
modo
,
clamorosamente
,
confessa
o
di
essere
impotente
o
di
essere
in
malafede
?
Come
farà
rispettare
la
"
carta
"
che
dovrebbe
essere
giurata
dai
sovversivi
e
dai
fascisti
,
questo
governo
che
non
fa
rispettare
la
carta
fondamentale
dello
Stato
giurata
dal
re
al
popolo
italiano
?
I
comunisti
non
parteciperanno
certamente
a
questo
"
mercato
di
sciocchi
"
,
non
compiranno
certamente
questo
delitto
contro
il
popolo
italiano
.
Non
può
esserci
pace
tra
il
carnefice
e
la
sua
vittima
,
non
può
esserci
pace
tra
il
popolo
e
i
suoi
massacratori
.
Il
Partito
comunista
si
assume
tutte
le
responsabilità
di
questo
suo
atteggiamento
.
Sa
di
diventare
il
bersaglio
della
coalizione
reazionaria
,
ma
è
sicuro
che
anche
se
"
pacifista
"
diverrebbe
egualmente
il
bersaglio
della
reazione
coalizzata
.
La
classe
operaia
italiana
ha
già
visto
quanto
valgono
le
parole
del
governo
italiano
,
dopo
lo
sgombero
delle
fabbriche
occupate
.
Non
dovevano
esserci
rappresaglie
:
a
migliaia
gli
operai
sono
stati
cacciati
in
galera
,
e
i
tribunali
sudano
sette
camicie
per
imbastire
un
colossale
complotto
;
a
centinaia
di
migliaia
gli
operai
sono
stati
buttati
sulla
strada
a
crepare
di
fame
con
le
loro
famiglie
.
A
Torino
anche
gli
operai
socialisti
hanno
già
avuto
la
scottatura
per
la
loro
fiducia
nella
parola
dei
reazionari
:
hanno
firmato
un
patto
;
oggi
è
venuta
la
loro
volta
,
oggi
essi
vengono
licenziati
.
Chi
fa
rispettare
ai
reazionari
i
patti
,
le
promesse
,
i
giuramenti
?
Ma
non
dimostrano
essi
,
già
prima
della
pacificazione
,
tutta
la
loro
malafede
?
Non
è
coi
comunisti
,
non
è
col
Partito
comunista
come
piccolo
nucleo
di
individui
associati
,
che
la
reazione
è
in
collera
;
essa
è
in
collera
con
la
classe
operaia
e
contadina
,
come
massa
di
salariati
schiavi
del
capitale
,
essa
ha
paura
che
la
classe
lavoratrice
nella
sua
totalità
,
sia
essa
comunista
,
socialista
,
repubblicana
,
popolare
,
oppressa
,
taglieggiata
,
affamata
,
insorga
contro
i
suoi
sfruttatori
e
capovolga
gli
attuali
rapporti
di
classe
.
A
Ferrara
non
si
era
neppure
ancora
formata
una
sezione
comunista
,
eppure
a
Ferrara
il
fascismo
è
stato
particolarmente
feroce
.
In
tutte
le
zone
agricole
,
nel
Polesine
,
nel
Reggiano
,
nelle
Puglie
,
dove
il
fascismo
ha
instaurato
il
regime
coloniale
,
il
Partito
comunista
,
essenzialmente
operaio
e
urbano
,
aveva
scarsissime
forze
.
Dove
il
Partito
comunista
era
specialmente
forte
,
come
a
Torino
,
il
fascismo
ha
tardato
fino
al
mese
di
aprile
ad
entrare
in
campo
.
La
sua
aggressività
ha
coinciso
con
la
crisi
industriale
,
con
la
serrata
della
Fiat
,
ed
è
apparsa
luminosamente
come
una
coordinata
tattica
della
lotta
capitalistica
contro
l
'
organizzazione
sindacale
.
Il
fascismo
non
è
una
particolare
associazione
,
come
non
è
una
particolare
organizzazione
il
comunismo
:
il
fascismo
non
è
un
movimento
sociale
,
è
l
'
espressione
organica
della
classe
proprietaria
in
lotta
contro
le
esigenze
vitali
della
classe
lavoratrice
,
della
classe
proprietaria
che
vuole
,
con
la
fame
e
con
la
morte
dei
lavoratori
ricostruire
il
sistema
economico
rovinato
dalla
guerra
imperialista
.
In
questa
lotta
l
'
iniziativa
appartiene
ancora
alla
classe
proprietaria
,
come
al
fascismo
appartiene
l
'
iniziativa
della
guerra
civile
:
la
classe
lavoratrice
è
la
vittima
della
guerra
di
classe
e
non
può
esserci
pace
tra
la
vittima
e
il
carnefice
.
Chi
oggi
vuole
trascinare
il
proletariato
alla
pacificazione
,
è
già
anch
'
egli
un
carnefice
:
per
la
pietà
che
ispirano
oggi
i
dieci
uccisi
,
costoro
preparano
per
domani
la
strage
di
mille
.
Non
è
neppure
pietà
cotesta
,
è
ipocrisia
vile
;
il
Partito
comunista
non
vuole
essere
né
ipocrita
né
vile
,
appunto
perché
sente
davvero
la
pietà
umana
per
il
destino
atroce
del
popolo
lavoratore
.
StampaQuotidiana ,
Trent
'
anni
sono
passati
dalla
sua
morte
e
ormai
,
in
questi
tre
decenni
,
sono
andati
scomparendo
quasi
tutti
coloro
che
conobbero
Eleonora
e
l
'
ascoltarono
nel
tempo
della
sua
più
fervida
stagione
che
,
vista
adesso
nella
prospettiva
della
storia
,
non
sembra
sia
stata
quella
dannunziana
,
anche
se
questa
fu
la
più
folta
di
eventi
e
di
cronaca
.
Nel
teatro
di
D
'
Annunzio
,
probabilmente
,
la
Duse
esaurì
la
sua
forza
vitale
non
tanto
per
le
vicissitudini
di
una
passione
che
ebbe
molte
illuminazioni
,
ma
anche
molti
disinganni
,
quanto
perché
,
prima
di
D
'
Annunzio
,
nei
testi
che
recitava
c
'
era
sempre
stata
,
bene
o
male
,
la
vita
,
mentre
,
dal
Sogno
di
un
mattino
di
primavera
in
poi
,
il
teatro
di
Gabriele
le
offrì
più
che
altro
perfettissime
parole
d
'
oro
.
La
Duse
apparteneva
-
o
la
precedeva
di
poco
-
alla
generazione
del
verismo
venuta
al
mondo
delle
scene
italiane
quasi
in
reazione
ai
tragici
paludamenti
di
Adelaide
Ristori
e
al
«
velluto
»
e
al
«
tuono
»
di
Ernesto
Rossi
e
di
Tommaso
Salvini
.
La
famiglia
da
cui
usciva
era
di
attori
dialettali
,
originariamente
chioggiotti
:
figli
cioè
di
una
razza
popolana
in
cui
le
tradizioni
fondamentali
sono
quelle
della
povertà
e
della
delusa
melanconia
.
Agli
attori
dalle
voci
d
'
oro
e
dai
polmoni
di
bronzo
che
essa
avrebbe
dovuto
considerare
i
suoi
maestri
,
sembrò
sempre
una
«
nevrotica
»
,
una
creatura
debole
e
inquieta
.
Essi
erano
abituati
a
dar
voce
ai
giganti
:
a
Ree
Regine
,
e
non
a
gente
di
tutti
i
giorni
,
i
cui
sentimenti
non
erano
di
misura
«
eroica
»
,
ma
,
tutt
'
al
più
,
di
drammaticità
quotidiana
.
Tommaso
Salvini
,
titano
della
scena
ottocentesca
,
la
collocava
un
gradino
più
in
alto
di
Sarah
Bernhardt
,
che
egli
considerava
una
«
meticcia
»
perché
,
non
figlia
d
'
arte
,
e
come
tale
,
quasi
quasi
,
una
grandissima
dilettante
.
Alla
Duse
,
anche
come
figlia
d
'
arte
,
riconosceva
il
diritto
d
'
esser
considerata
un
'
attrice
«
di
razza
»
,
ammirevole
in
un
preciso
gruppo
di
caratteri
,
dai
quali
la
consigliava
di
non
uscire
mai
,
ammirevole
nell
'
esprimere
l
'
amore
contrastato
,
la
gelosia
,
il
dispetto
,
il
rancore
,
la
recriminazione
repressa
dei
torti
ricevuti
,
il
rammarico
o
un
intenso
dolore
,
ma
non
adatta
ai
sentimenti
«
alteri
,
grandi
,
maestosi
»
.
Attrice
della
realtà
drammatica
borghese
e
non
della
misura
tragica
,
attrice
che
,
spiritualmente
e
tecnicamente
,
precedeva
il
gusto
del
Théâtre
Libre
alla
Antoine
,
l
'
incontro
con
D
'
Annunzio
la
convinse
di
aver
trovato
l
'
approdo
al
porto
di
un
superiore
teatro
di
poesia
.
L
'
inchiostro
del
giudizio
di
Tommaso
Salvini
,
che
contiene
forse
non
pochi
elementi
di
saggezza
,
era
ancora
fresco
quando
,
nel
1898
,
con
il
Sogno
di
un
mattino
di
primavera
,
Eleonora
pensò
di
salire
un
gradino
più
in
alto
del
suo
destino
di
interprete
di
anime
«
borghesi
»
.
A
trent
'
anni
dalla
sua
morte
,
gli
spettatori
contemporanei
della
sua
grande
stagione
sono
tutti
scomparsi
.
Restano
,
fra
i
critici
e
gli
storici
del
teatro
,
solo
coloro
stessi
che
l
'
hanno
udita
quasi
esclusivamente
nel
periodo
dannunziano
e
hanno
dovuto
aspettare
il
suo
ritorno
alle
scene
nel
1921
,
ormai
stanca
e
canuta
,
per
riscoprirla
,
dopo
quattordici
anni
di
«
esilio
»
,
negli
accenti
del
dramma
ibseniano
e
del
realismo
venato
di
patetico
romanticismo
di
Praga
.
Nel
tempo
della
riscoperta
della
Duse
-
e
della
sua
scoperta
per
gli
spettatori
che
avevano
poco
più
di
vent
'
anni
quando
essa
uscì
dal
suo
lunghissimo
silenzio
-
la
sua
leggenda
era
già
formata
.
Da
una
parte
,
c
'
era
il
gruppo
degli
anziani
e
dei
vecchi
che
,
pur
ammirandola
,
l
'
avevano
definita
«
nevrotica
»
e
«
pososa
»
,
dall
'
altra
quelli
che
,
parteggiando
per
il
suo
lungo
e
dolente
romanzo
d
'
amore
e
per
il
sacrificio
ch
'
essa
aveva
fatto
al
sogno
di
un
teatro
«
di
poesia
»
-
termine
su
cui
è
difficilissimo
intendersi
-
parlavano
di
lei
come
della
«
santa
»
e
della
«
martire
»
.
Solamente
Santa
Teresa
di
Lisieux
,
solamente
Bernadette
hanno
avuto
biografi
esaltati
e
lagrimanti
come
lo
furono
,
per
la
Duse
,
il
francese
Schneider
e
Matilde
Serao
.
D
'
Annunzio
stesso
,
che
per
una
fatalità
di
temperamenti
l
'
aveva
così
mal
compresa
,
l
'
aveva
chiamata
«
la
Divina
»
.
Le
ciocche
dei
capelli
bianchi
quasi
incolte
,
la
vita
in
ombra
per
tanti
anni
,
una
vaga
aspirazione
religiosa
,
il
suo
sognare
di
essere
maestra
di
giovani
,
la
sua
povertà
nomade
dall
'
uno
all
'
altro
rifugio
segreto
,
la
sua
dichiarazione
,
una
volta
,
di
voler
recitare
solamente
invisibile
,
per
dar
voce
alle
marionette
del
Teatro
dei
Piccoli
nella
Tempesta
di
Shakespeare
,
la
sua
riluttanza
a
mostrare
il
volto
all
'
obbiettivo
di
Cenere
perché
per
lo
schermo
dovevano
bastare
le
sue
sole
mani
,
le
sue
lettere
scritte
in
inchiostro
viola
,
a
velocità
frenetica
,
disseminate
di
puntini
di
sospensione
e
di
sottolineature
,
i
veli
quasi
monastici
e
vagamente
languidi
dei
suoi
cappellini
estivi
,
la
sua
gracilità
,
la
sua
tosse
,
la
sua
febbre
erano
tutti
elementi
della
leggenda
alla
quale
si
affacciarono
nel
1921
gli
spettatori
poco
più
che
ventenni
.
Si
andava
a
sentire
una
donna
o
una
santa
?
Dovevamo
pensare
al
suo
lontano
passato
di
donna
o
dimenticarlo
?
Dovevamo
vederla
solo
come
avesse
avuto
il
capo
coperto
dalla
cenere
dei
deludenti
fuochi
dannunziani
?
La
fortuna
ci
aiutò
:
la
donna
che
,
tra
il
1895
e
il
1921
,
aveva
dato
se
stessa
,
con
l
'
arte
prima
e
poi
con
il
silenzio
,
a
D
'
Annunzio
,
ci
apparve
senza
le
tracce
e
senza
le
cicatrici
gloriose
del
suo
sacrificio
alla
«
bella
parola
»
che
tanto
a
lungo
l
'
aveva
incantata
.
Ci
apparve
,
nella
Donna
del
mare
e
nella
Porta
chiusa
,
la
donna
che
essa
era
stata
nelle
sue
giovanili
ore
grandissime
,
tutta
immersa
nella
Vita
,
in
un
suo
trasumanato
realismo
.
E
non
ci
sembrò
una
semplice
coincidenza
che
Eleonora
fosse
nata
nel
1859
,
tre
anni
dopo
che
Flaubert
aveva
messo
al
mondo
Madame
Bovary
.
Emma
è
del
1856
,
Eleonora
del
1859
.
Si
può
imputare
alla
Duse
d
'
avere
creduto
,
oltre
che
alla
sua
nativa
realtà
poetica
,
in
una
poesia
al
di
fuori
del
«
vero
»
che
le
sembrò
più
alta
della
prima
,
e
di
non
aver
inteso
la
differenza
tra
«
cosa
»
e
«
parola
»
?
Non
era
caduto
nello
stesso
errore
Flaubert
,
scrivendo
la
rimbombante
Salammbô
e
le
Tentazioni
di
Sant
'
Antonio
?
La
sua
crisi
e
il
suo
dramma
segreto
furono
una
crisi
e
un
dramma
di
valutazioni
sbagliate
sotto
l
'
impeto
di
un
entusiasmo
d
'
amore
.
Figlia
della
grande
generazione
della
Bovary
,
dobbiamo
stupirci
che
essa
,
ad
un
certo
momento
,
abbia
creduto
più
nelle
«
atmosfere
»
di
Francesca
e
della
Città
morta
che
in
quelle
del
realismo
e
del
naturalismo
in
cui
,
con
reazione
antiromantica
,
era
nata
?
Essa
fu
certamente
l
'
unica
attrice
degna
di
essere
definita
«
flaubertiana
»
,
la
grande
sorella
italiana
di
Emma
Bovary
e
,
facendo
un
passo
più
avanti
nel
tempo
,
di
Anna
Karenina
.
Ebbe
maestri
?
Figlia
di
attori
oscurissimi
,
sua
prima
maestra
fu
certamente
la
povertà
dei
nomadi
che
le
dette
la
coscienza
di
quel
dovere
ch
'
essa
chiamò
,
umilmente
,
il
lavoro
.
Forse
,
nell
'
infanzia
e
nella
prima
adolescenza
recitò
anche
diversamente
da
come
le
avrebbe
comandato
il
suo
istinto
,
così
come
volevano
attorno
a
lei
la
voce
e
la
cadenza
dei
compagni
.
Nessuno
pensava
che
si
avvicinasse
il
tramonto
del
tempo
romantico
,
e
fanciulla
,
dicendo
quasi
senza
capirle
le
battute
dei
grandi
testi
d
'
amore
,
un
'
eco
romantica
passò
nella
sua
voce
.
Nelle
tragedie
come
la
Francesca
da
Rimini
di
Silvio
Pellico
,
giovinetta
,
declamò
come
poi
non
fece
mai
.
La
liberazione
del
suo
istinto
cominciò
con
le
parole
di
Giulietta
,
nel
dialogo
d
'
amore
con
Romeo
,
con
una
rosa
sfogliata
quasi
ad
ogni
parola
.
La
morte
della
madre
le
aveva
aperto
l
'
anima
alla
verità
del
dolore
.
Negli
anni
del
suo
debutto
,
quella
di
Eleonora
è
una
storia
di
stenti
,
di
lunghe
miserie
,
di
molta
autentica
fame
,
di
abiti
poverissimi
,
di
teatri
squallidi
,
di
inverni
gelidi
,
di
lunghi
notturni
estenuanti
colpi
di
tosse
.
Era
piccola
,
magra
,
bruna
,
fu
detto
,
come
una
calabrese
.
Talvolta
la
sua
gracile
bellezza
fioriva
in
un
improvviso
turgore
dell
'
adolescenza
,
ma
poi
già
si
velava
d
'
ombre
,
si
scavava
intensamente
nelle
guance
dagli
zigomi
risentiti
.
L
'
alto
arco
delle
sopracciglia
sembrava
,
sugli
occhi
vasti
,
profondi
,
un
nido
di
interrogazioni
.
Ebbe
in
verità
,
come
le
maschere
del
Teatro
Antico
,
due
volti
:
l
'
uno
forte
,
sereno
,
anche
ridente
,
perché
non
sempre
la
sua
anima
era
solamente
dolore
;
l
'
altro
scolpito
con
i
segni
della
delusione
come
in
una
cera
scura
,
nella
cera
della
sofferenza
.
Il
volto
della
Locandiera
il
primo
:
quello
della
Signora
delle
camelie
,
il
secondo
.
Illusione
e
delusione
furono
in
modo
sovrano
le
due
espressioni
dominanti
di
quel
viso
che
diventò
celebre
in
tutto
il
mondo
;
reclinato
e
come
concentrato
sulla
fiamma
di
un
sorriso
che
dava
un
fremito
alla
bella
bocca
ampia
:
in
alto
nelle
interrogazioni
del
dolore
come
sotto
al
soffio
di
un
vento
che
volesse
tutto
rimodellarlo
,
in
un
sospiro
o
in
un
gemito
.
Diventò
donna
,
e
recitò
tutto
.
Non
poteva
permettersi
una
scelta
,
né
di
compagni
né
di
repertorio
.
Pareva
dovesse
restare
sempre
una
genericuccia
,
dicevano
che
non
aveva
voce
né
scatto
né
energia
di
dizione
:
pareva
non
avesse
mestiere
,
e
tanto
meno
,
davanti
a
sé
,
un
destino
.
A
Trieste
il
pubblico
fu
duro
:
chiese
che
venisse
cancellata
dalla
locandina
.
Poi
fu
un
primo
passo
avanti
,
recitando
vicino
al
Belli
-
Blanes
,
a
Giovanni
Emanuel
,
a
Giacinta
Pezzana
,
a
Cesare
Rossi
.
A
Napoli
,
una
sera
,
il
pubblico
ebbe
l
'
impressione
di
vedere
per
la
prima
volta
in
scena
la
vera
Ofelia
che
andava
verso
la
morte
.
Rossi
,
Emanuel
,
Giacinta
Pezzana
sono
i
primi
maestri
,
e
subito
la
Duse
diventa
una
loro
pari
.
Eleonora
è
portata
dalla
sorte
a
non
dovere
più
ripetere
l
'
accento
dei
vecchi
modesti
compagni
che
andavano
orecchiando
di
maniera
le
intonazioni
e
il
gesto
dei
grandi
attori
romantici
come
Salvini
e
la
Ristori
.
Rossi
,
Emanuel
e
la
grandissima
Pezzana
le
confermano
che
il
teatro
ha
una
voce
nuova
,
che
cammina
verso
una
verità
più
meditata
,
più
acuta
,
più
intensa
.
L
'
attrice
che
reciterà
Teresa
Raquin
scoprirà
che
il
romanticismo
è
finito
e
che
il
«
vero
»
sta
arrivando
alla
ribalta
.
La
sua
ansia
di
verità
non
chiede
altro
.
Scoperta
la
via
,
riconosce
che
è
quella
verso
cui
la
portava
il
suo
istinto
e
su
cui
la
guida
la
sua
giovanile
meditazione
.
Viene
l
'
ora
di
quelle
che
saranno
le
prime
grandi
creazioni
:
cominciano
gli
anni
vertiginosi
della
Principessa
di
Bagdad
,
della
Moglie
di
Claudio
,
della
Signora
delle
camelie
.
A
ventitré
anni
qualcuno
la
paragonava
già
alla
Bernhardt
.
Amò
.
Ma
l
'
uomo
della
leggenda
era
ancora
un
giovinetto
e
apparve
quando
già
la
giovinezza
di
Eleonora
cominciava
a
sfiorire
.
Amò
come
ogni
altra
donna
uomini
della
sua
vita
di
tutti
i
giorni
:
un
giornalista
napoletano
:
la
lasciò
con
un
figlio
in
grembo
che
doveva
morire
nascendo
.
Fu
sposa
,
ma
senza
torridi
fuochi
d
'
amore
,
di
un
compagno
d
'
arte
,
Tebaldo
Checchi
.
Amò
,
con
un
improvviso
ardore
,
il
compagno
d
'
arte
Flavio
Andò
che
recitava
con
lei
nella
Signora
delle
camelie
.
Per
lui
creò
il
grido
«
Armando
!
Armando
!...»,
che
diventò
leggenda
.
Ma
di
tutto
questo
,
sia
nelle
illusioni
che
negli
errori
-
come
il
distacco
dal
marito
che
lasciò
a
lei
la
cura
della
figlia
Enrichetta
-
si
parlava
,
a
quei
tempi
,
a
bassa
voce
.
La
storia
dei
«
palpiti
»
della
giovane
attrice
,
che
sta
già
conquistando
la
sua
celebrità
nel
mondo
,
non
giunge
che
sommessamente
al
di
là
del
sipario
.
Non
diventa
cronaca
.
Di
amore
,
per
lei
,
devono
parlare
palesemente
al
mondo
solo
i
personaggi
,
ed
ecco
la
Duse
creare
,
come
forse
nessuno
prima
di
lei
aveva
potuto
,
il
personaggio
a
cento
volti
che
sarà
per
tutta
la
vita
quello
della
grande
innamorata
.
La
donna
,
insomma
,
in
funzione
della
passione
,
della
gelosia
,
del
peccato
,
della
espiazione
,
dell
'
abbandono
quasi
allucinante
del
cuore
e
dei
sensi
:
in
funzione
anche
della
perfidia
,
della
civetteria
,
della
crudeltà
.
Non
più
l
'
eroismo
modellato
dalle
grandi
voci
del
romanticismo
,
ma
quello
della
quotidiana
verità
della
natura
umana
.
Verismo
o
cosiddetto
verismo
?
In
molti
casi
,
si
tratta
di
teatro
borghese
,
adattamento
«
domenicale
»
della
verità
,
in
modo
persino
vieto
e
frusto
.
La
Duse
non
amò
le
Odette
e
le
Fernande
.
Ma
essa
sapeva
essere
più
in
alto
dei
testi
che
recitava
,
più
forte
delle
«
battute
»
e
delle
«
scene
madri
»
,
perché
il
suo
lavoro
era
fatto
tutto
di
approfondimento
nell
'
interno
del
personaggio
,
o
,
come
amava
dire
,
nelle
sue
«
fodere
»
.
Cosa
trovava
là
dentro
?
Trovava
se
stessa
,
il
suo
io
di
donna
sempre
pronto
a
rivelarsi
e
a
moltiplicarsi
in
cento
aspetti
.
Non
più
adattamento
da
teatro
domenicale
,
ma
una
sua
verità
che
poteva
assomigliare
,
appunto
,
a
quella
di
Emma
Bovary
o
di
Anna
Karenina
.
L
'
ansia
per
un
«
vero
»
fatto
di
poesia
e
di
meditazione
l
'
agita
sempre
più
intensamente
.
Su
questa
strada
arriverà
a
Ibsen
,
e
sarà
un
giorno
,
a
trent
'
anni
,
l
'
interprete
di
Casa
di
bambola
.
Aveva
già
amato
un
poeta
.
Ma
l
'
amore
per
Boito
fu
probabilmente
l
'
unione
con
un
«
compagno
d
'
intelligenza
»
.
L
'
attrice
è
celebre
ormai
in
tutto
il
mondo
quando
incontra
quello
che
sarà
l
'
uomo
del
suo
destino
.
Per
D
'
Annunzio
fu
«
obbedienza
infiammata
»
.
Non
si
vuole
fare
il
processo
al
«
superuomo
»
.
Ella
stessa
non
lo
fece
mai
.
Sognò
per
lui
ogni
impresa
,
affrontò
ogni
sacrificio
,
lo
stimolò
a
creare
,
lo
difese
contro
il
pubblico
,
modificò
il
proprio
stile
per
adattarlo
alla
sua
parola
,
perdonò
certe
pagine
del
Fuoco
che
l
'
avevano
amareggiata
.
Per
lui
,
più
giovane
di
cinque
anni
,
la
Duse
combatte
la
battaglia
d
'
amore
della
donna
che
sente
già
la
propria
giovinezza
dileguare
.
Di
volta
in
volta
,
si
esalta
e
si
rattrista
e
in
segreto
si
umilia
.
Vuole
amare
le
cose
che
egli
ama
,
leggere
i
libri
ch
'
egli
legge
,
prediligere
le
pitture
,
i
luoghi
,
le
spiagge
che
quel
gran
«
cicerone
»
le
fa
conoscere
.
Anch
'
egli
l
'
ama
,
ma
non
con
devozione
eguale
.
La
Duse
ha
quarantacinque
anni
,
quando
D
'
Annunzio
scrive
la
Figlia
di
Jorio
.
Ma
il
canto
disperato
di
Mila
non
sarà
più
per
lei
dal
momento
in
cui
l
'
attrice
scopre
che
il
castello
dell
'
amore
si
è
incenerito
e
che
davanti
all
'
inganno
bisogna
uscirne
come
una
donna
velata
.
Sono
,
adesso
,
ancora
nuove
strade
,
nuovi
viaggi
,
nuove
esperienze
nei
nomi
di
Ibsen
,
di
Maeterlinck
,
di
Gor
'
kij
.
Essa
è
sempre
più
«
l
'
attrice
del
mondo
»
,
pallida
malata
,
con
un
viso
da
esilio
per
un
dolore
di
cui
non
parla
mai
.
Si
ritira
.
Comincia
il
grande
silenzio
.
Quattordici
anni
e
la
povertà
le
dice
:
«
Bisogna
ritornare
...
»
.
Ormai
la
sua
salute
è
minata
,
un
filo
d
'
aria
fredda
basta
a
ferirla
.
La
sera
del
grande
ritorno
una
specie
di
galleria
di
tela
si
dice
la
protegga
dalle
correnti
d
'
aria
quando
esce
dal
camerino
per
entrare
in
scena
.
Ha
i
capelli
bianchi
,
non
ha
voluto
nemmeno
un
filo
di
cipria
«
per
non
mentire
»
.
I
fiori
saranno
,
da
allora
in
poi
,
sempre
per
una
chiesa
.
«
Dammi
,
Signore
,
un
cuore
vigilante
in
modo
che
nessun
pensiero
estraneo
mi
porti
lontano
da
te
...
»
,
diceva
una
preghiera
che
le
era
cara
.
Ormai
era
tutta
nella
fede
.
Ancora
l
'
Europa
,
ancora
l
'
America
,
sempre
più
stanca
,
sempre
più
fragile
,
finché
basta
uno
scroscio
di
pioggia
,
sulla
porta
chiusa
del
teatro
di
Pittsburgh
,
per
spegnerla
.
Così
basta
poco
per
morire
alle
bambine
malate
del
paese
dei
suoi
avi
sui
canali
di
Chioggia
battuti
dal
vento
dell
'
Adriatico
,
là
nel
paese
dove
,
a
quattro
anni
,
aveva
recitato
la
parte
di
Cosetta
in
una
riduzione
dei
Miserabili
.
StampaQuotidiana ,
L
'
Unità
Nazionale
è
compiuta
;
l
'
Italia
ha
la
sua
Capitale
naturale
!
VIVA
ROMA
!
VIVA
L
'
ITALIA
!
VIVA
L
'
ESERCITO
LIBERATORE
!
La
notizia
della
liberazione
di
Roma
cominciò
ieri
a
spargersi
,
ma
incerta
ancora
,
dopo
le
due
pomeridiane
.
Dopo
le
quattro
essa
si
diffuse
dovunque
ma
ancora
con
qualche
restrizione
,
con
qualche
dubbio
angoscioso
.
Alle
sei
il
dispaccio
dell
'
Agenzia
-
Stefani
annunziò
la
vittoria
definitiva
,
e
quasi
contemporaneamente
l
'
autorità
politica
s
'
affrettava
a
confermarla
anch
'
essa
al
Municipio
.
Un
grido
di
gioia
proruppe
da
ogni
petto
.
Mancava
il
tempo
a
dimostrazioni
regolari
,
ma
poco
monta
;
l
'
esultanza
d
'
un
popolo
sa
immaginare
.
VIVA
ROMA
!
StampaQuotidiana ,
Comprendere
e
saper
valutare
con
esattezza
il
nemico
,
significa
possedere
già
una
condizione
necessaria
per
la
vittoria
.
Comprendere
e
saper
valutare
le
proprie
forze
e
la
loro
posizione
nel
campo
di
lotta
,
significa
possedere
un
'
altra
importantissima
condizione
per
la
vittoria
.
I
fascisti
vogliono
evidentemente
anche
a
Torino
sviluppare
fino
in
fondo
il
piano
generale
che
ha
procurato
facili
trionfi
nelle
altre
città
.
Sono
stati
chiamati
contingenti
forestieri
(
bolognesi
,
truppe
scelte
,
allenate
)
.
Sono
state
intensificate
le
passeggiate
dimostrative
,
con
i
propri
effettivi
inquadrati
e
incolonnati
militarmente
.
Si
ripetono
incessantemente
le
convocazioni
improvvise
degli
aderenti
,
con
l
'
ordine
di
recarsi
armati
ai
convegni
:
ciò
che
serve
a
creare
l
'
aspettazione
di
eventi
misteriosi
ed
a
determinare
così
la
psicologia
della
guerra
.
Le
voci
allarmistiche
vengono
diffuse
a
profusione
(
"
il
primo
ucciso
sarà
uno
studente
socialista
,
incendieremo
"
L
'
Ordine
Nuovo
"
,
incendieremo
la
Camera
del
lavoro
,
incendieremo
la
libreria
dell
'
Act
"
)
.
E
'
questo
un
espediente
che
si
propone
due
scopi
:
disgregare
le
forze
proletarie
,
col
panico
e
con
la
snervante
incertezza
dell
'
attesa
,
determinare
nei
fascisti
l
'
abitudine
dell
'
obiettivo
da
raggiungere
.
Avranno
i
fascisti
di
Torino
il
facile
trionfo
che
hanno
avuto
nelle
altre
città
?
Osserviamo
intanto
che
l
'
aver
domandato
aiuti
fuori
,
è
una
prova
della
debolezza
organica
del
fascismo
torinese
.
A
Torino
i
fascisti
si
appoggiano
e
possono
appoggiarsi
su
una
sola
categoria
della
classe
piccolo
borghese
:
la
categoria
degli
esercenti
,
non
certo
famosa
per
sublimi
virtù
guerresche
.
La
classe
operaia
torinese
è
certo
moralmente
superiore
ai
fascisti
e
sa
di
essere
moralmente
superiore
.
I
controrivoluzionari
della
Confederazione
generale
del
lavoro
vanno
affermando
(
per
avvilire
la
massa
e
toglierle
ogni
capacità
di
offesa
e
di
difesa
)
che
gli
operai
,
non
avendo
fatto
la
guerra
,
non
possono
combattere
e
vincere
il
fascismo
sul
terreno
della
violenza
armata
.
Per
ciò
che
riguarda
Torino
,
questa
affermazione
disfattista
e
controrivoluzionaria
è
falsa
anche
obiettivamente
.
Gli
operai
torinesi
hanno
queste
esperienze
"
guerresche
"
:
sciopero
generale
del
maggio
1915
,
insurrezione
armata
di
cinque
giorni
nell
'
agosto
1917
,
azione
manovrata
di
grandi
masse
del
2-3
dicembre
1919
,
sciopero
generale
con
episodi
di
tattica
irlandese
e
sviluppo
di
un
piano
strategico
unitario
nell
'
aprile
1920
,
occupazione
delle
fabbriche
nel
settembre
scorso
con
l
'
accumulazione
di
infinite
esperienze
nell
'
ordine
militare
.
Questo
quadro
obiettivo
delle
condizioni
in
cui
si
svolgerà
la
lotta
;
non
ha
per
nulla
lo
scopo
di
attenuare
la
gravità
del
pericolo
.
La
classe
operaia
torinese
si
trova
certo
in
una
buona
posizione
di
guerra
,
ma
nessuna
buona
posizione
può
,
di
per
sé
,
salvare
un
esercito
dalla
sconfitta
.
La
buona
posizione
deve
essere
sfruttata
in
tutte
le
sue
possibilità
.
Guai
alla
classe
operaia
se
essa
permetterà
,
anche
un
istante
solo
,
che
a
Torino
i
fascisti
possano
mettere
in
esecuzione
il
loro
piano
,
come
hanno
fatto
nelle
altre
città
.
La
minima
debolezza
,
la
minima
indecisione
potrebbe
essere
fatale
.
Al
primo
tentativo
fascista
deve
seguire
rapida
,
secca
,
spietata
la
risposta
degli
operai
e
deve
questa
risposta
essere
tale
che
il
ricordo
ne
sia
tramandato
fino
ai
pronipoti
dei
signori
capitalisti
.
Alla
guerra
come
alla
guerra
,
e
in
guerra
i
colpi
non
si
danno
a
patti
.
Intanto
la
classe
operaia
torinese
ha
già
dichiarato
,
in
una
mozione
del
suo
partito
politico
,
di
considerare
i
fascisti
solo
come
strumenti
di
un
'
azione
che
trova
i
suoi
mandanti
e
responsabilità
maggiori
in
ben
altri
ambienti
.
Anche
la
"
Stampa
"
ha
pubblicato
(
il
27
gennaio
,
cinque
giorni
fa
appena
)
:
"
L
'
attuale
potente
organizzazione
(
dei
fascisti
)
è
favorita
da
commercianti
,
industriali
,
agricoltori
"
.
Nella
guerra
e
nella
rivoluzione
aver
pietà
di
dieci
significa
essere
spietati
con
mille
.
La
classe
operaia
ungherese
ha
voluto
essere
dolce
coi
suoi
oppressori
:
oggi
sconta
,
e
scontano
le
donne
operaie
e
scontano
i
bambini
operai
,
la
sua
dolcezza
;
la
pietà
per
i
mille
ha
portato
miseria
,
lutto
;
disperazione
a
milioni
di
proletari
ungheresi
.
I
colpi
non
si
danno
a
patti
.
Tanto
più
implacabili
devono
essere
gli
operai
,
in
quanto
non
c
'
è
proporzione
tra
i
danni
che
subisce
la
classe
operaia
e
i
danni
che
subiscono
i
capitalisti
.
La
Camera
del
lavoro
è
il
prodotto
degli
sforzi
di
molte
generazioni
di
operaie
.
E
'
costata
sacrificio
e
stenti
a
centinaia
di
migliaia
di
operai
,
è
l
'
unica
proprietà
di
centomila
famiglie
operaie
.
Se
essa
viene
distrutta
,
sono
annientati
questi
sforzi
,
questi
sacrifici
,
questi
stenti
,
questa
proprietà
.
La
si
vuol
distruggere
per
distruggere
l
'
organizzazione
,
per
togliere
all
'
operaio
la
garanzia
del
suo
pane
,
del
suo
tetto
,
del
suo
vestire
,
per
togliere
questa
garanzia
alla
donna
e
al
figlio
dell
'
operaio
.
Pericolo
di
morte
per
chi
tocca
la
Camera
del
lavoro
,
pericolo
di
morte
per
chi
favorisce
e
promuove
l
'
opera
di
distruzione
!
Cento
per
uno
.
Tutte
le
case
degli
industriali
e
dei
commercianti
non
possono
salvare
la
casa
del
popolo
,
perché
il
popolo
perde
tutto
se
perde
la
sua
casa
.
Pericolo
di
morte
per
chi
attenta
al
pane
dell
'
operaio
,
al
pane
del
figlio
dell
'
operaio
.
La
guerra
è
la
guerra
:
chi
tenta
l
'
avventura
deve
provare
il
duro
morso
della
belva
che
ha
scatenato
.
Tutto
ciò
che
l
'
operaio
ha
creato
col
soldino
del
suo
sacrificio
,
tutto
ciò
che
le
generazioni
operaie
hanno
lentamente
e
faticosamente
elaborato
col
sangue
e
col
dolore
,
deve
essere
rispettato
come
cosa
sacra
.
Scoppia
la
tempesta
e
l
'
uragano
quando
si
commettono
sacrilegi
,
e
travolge
i
colpevoli
come
pagliuzze
.
Pericolo
di
morte
per
chi
tocca
la
proprietà
dell
'
operaio
,
dell
'
uomo
condannato
a
non
aver
proprietà
.
La
guerra
è
la
guerra
.
Guai
a
chi
la
scatena
.
Un
militante
della
classe
operaia
che
debba
passare
all
'
altro
mondo
,
deve
avere
nel
suo
viaggio
un
accompagnamento
di
prima
classe
.
Se
l
'
incendio
arrossa
il
pezzo
di
cielo
di
una
strada
,
la
città
deve
essere
provvista
di
molti
bracieri
per
riscaldare
le
donne
e
i
figli
degli
operai
andati
in
guerra
.
Guai
a
chi
scatena
la
guerra
.
Se
l
'
Italia
non
è
abituata
alla
serietà
e
alla
responsabilità
,
se
l
'
Italia
non
è
abituata
a
prendere
sul
serio
nessuno
,
se
l
'
Italia
borghese
si
è
per
caso
formata
la
facile
e
dolce
persuasione
che
neppure
i
rivoluzionari
italiani
sono
da
prendere
sul
serio
,
sia
lanciato
il
dado
:
siamo
persuasi
che
più
di
una
volpe
lascerà
la
sua
coda
e
l
'
astuzia
nella
tagliola
.
StampaQuotidiana ,
La
sera
del
3
marzo
1904
si
alzò
per
la
prima
volta
il
sipario
sulla
vicenda
di
Aligi
e
di
Mila
di
Codra
.
Nasceva
alla
vita
dello
spettacolo
,
dopo
esser
nata
sui
grandi
fogli
di
carta
a
mano
del
manoscritto
-
fu
poi
riprodotto
in
un
facsimile
che
reca
tutte
le
tracce
della
sua
elaborazione
-
la
Figlia
di
Jorio
.
II
sipario
si
aprì
puntualmente
alle
20.45
.
Per
chi
volesse
saperlo
,
i
prezzi
d
'
ingresso
al
teatro
Lirico
di
Milano
erano
,
per
quei
tempi
,
eccezionalissimi
.
I
palchi
costavano
120
lire
:
una
poltrona
30
lire
.
Prezzi
,
dunque
,
scaligeri
.
Nevicava
fitto
.
Una
fila
interminabile
di
carrozze
padronali
,
con
pariglie
e
cocchieri
in
tuba
,
sostava
sotto
alla
neve
in
via
Larga
e
nelle
strade
adiacenti
.
Gabriele
d
'
Annunzio
avrebbe
compiuto
di
lì
a
pochi
giorni
i
quarantun
anni
.
Virgilio
Talli
,
che
aveva
messo
in
scena
la
«
tragedia
pastorale
»
e
guidato
e
concertato
la
recitazione
,
ne
aveva
quarantasette
,
come
Oreste
Calabresi
cui
era
affidato
il
ruolo
di
Lazaro
di
Rojo
.
Ruggero
Ruggeri
che
vestiva
i
panni
di
Aligi
ne
aveva
trentatré
,
e
trentuno
Irma
Gramatica
,
cui
era
stata
affidata
la
parte
della
protagonista
.
La
Talli
-
Gramatica
-
Calabresi
(
Ruggeri
non
aveva
ancora
il
nome
«
in
ditta
»
,
come
si
dice
nel
gergo
dei
comici
)
era
indicata
,
nelle
conversazioni
degli
appassionati
di
teatro
,
come
la
«
compagnia
dei
giovani
»
,
animata
,
pur
sotto
la
disciplina
ferrea
di
Talli
,
da
tendenze
«
rivoluzionarie
»
.
Lyda
Borelli
faceva
parte
della
compagnia
nel
gruppo
delle
attrici
giovani
:
ed
era
appena
una
giovinetta
.
Le
erano
affidate
le
battute
di
Favetta
.
Ornella
-
ecco
un
nome
inventato
da
D
'
Annunzio
che
diventò
popolare
quasi
come
quelli
dei
personaggi
dei
melodrammi
:
furono
moltissime
le
bambine
che
ebbero
il
suo
nome
-
era
Giannina
Chiantoni
.
Il
poeta
non
aveva
avuto
sempre
favorevole
il
pubblico
nelle
sue
prove
di
autore
teatrale
:
aveva
conosciuto
,
anzi
,
qualche
duro
assalto
negativo
da
parte
delle
platee
,
per
quanto
sostenuto
con
appassionata
fede
da
Eleonora
Duse
,
che
gli
era
stata
compagna
in
tutte
le
sue
esperienze
di
palcoscenico
.
L
'
attesa
era
,
in
ogni
modo
,
immensa
.
La
vittoria
doveva
essere
superba
:
certamente
la
più
alta
di
tutto
il
teatro
dannunziano
.
Una
cronaca
dell
'
«
Illustrazione
Italiana
»
narra
che
il
poeta
fu
chiamato
alla
ribalta
«
le
dieci
,
le
quindici
volte
...
»
.
Era
proprio
il
segno
del
trionfo
perché
,
in
quegli
anni
,
due
o
tre
chiamate
dopo
ogni
atto
già
erano
la
misura
di
un
vivo
successo
.
Il
teatro
di
prosa
non
conosceva
una
robusta
claque
.
Da
parte
di
Virgilio
Talli
fu
la
prova
più
alta
e
più
faticosa
delle
sue
capacità
di
«
regista
»
,
come
si
direbbe
oggi
:
di
«
capocomico
»
come
si
diceva
allora
.
E
fu
anche
una
prova
di
diplomazia
,
di
pazienza
,
di
sottile
intuito
organizzativo
.
Il
grande
«
capocomico
»
non
doveva
armeggiare
solamente
per
rispondere
degnamente
all
'
attesa
e
alle
esigenze
dello
scrittore
:
doveva
anche
,
senza
mostrare
di
immischiarsi
nei
fatti
personali
dell
'
autore
,
prevedere
,
ed
esser
pronto
ad
agire
di
conseguenza
,
una
grossa
crisi
di
carattere
sentimentale
che
avrebbe
potuto
mettere
in
pericolo
,
da
un
momento
all
'
altro
,
la
realizzazione
dello
spettacolo
.
La
cronaca
,
oggi
,
si
impadronisce
subito
di
qualsiasi
episodio
sentimentale
delle
dive
.
Viviamo
nel
tempo
delle
conferenze
stampa
,
nel
corso
delle
quali
mogli
o
amanti
che
si
suppongono
tradite
dettano
ai
cronisti
la
storia
dei
loro
dissidi
d
'
amore
.
Allora
,
nel
1904
,
la
discrezione
della
stampa
era
ancora
obbligatoria
.
Delle
avventure
sentimentali
si
parlava
sottovoce
.
Le
amanti
deluse
piangevano
in
silenzio
,
senza
offrire
le
proprie
lacrime
ai
lampi
dei
fotoreporters
.
L
'
andata
in
scena
della
Figlia
di
Jorio
doveva
coincidere
con
la
crisi
finale
di
quella
che
,
dopo
l
'
amore
di
De
Mussct
per
George
Sand
,
poteva
essere
definita
«
la
passione
del
secolo
»
.
Sarebbe
inutile
,
di
ciò
,
ricercare
la
traccia
nei
giornali
del
1904
,
.
e
,
per
molti
anni
ancora
,
ricercarne
qualche
indicazione
precisa
nei
libri
di
storia
e
di
biografia
teatrale
.
L
'
autobiografia
di
'
falli
è
molto
velata
in
proposito
.
I
libri
che
narrano
la
vita
della
Duse
-
almeno
quelli
scritti
sotto
la
sua
diretta
ispirazione
-
usano
,
in
proposito
,
lunghe
,
caute
,
morbide
perifrasi
.
La
versione
ufficiale
dei
fatti
che
portarono
alla
rinuncia
della
Duse
a
dare
vita
al
personaggio
di
Mila
di
Codra
è
quella
che
attribuisce
la
rinuncia
ad
un
«
molesto
raffreddore
»
.
Virgilio
Talli
non
aveva
studiato
medicina
,
ma
con
tutta
probabilità
aveva
previsto
questo
«
raffreddore
»
sino
da
otto
mesi
prima
quando
tramite
Adolfo
Orvieto
-
il
direttore
del
Marzocco
-
era
stato
convocato
da
D
'
Annunzio
alla
Capponcina
per
sentirsi
affidare
la
messa
in
scena
della
tragedia
.
D
'
Annunzio
e
Talli
erano
stati
compagni
di
collegio
al
Cicognini
di
Prato
.
Talli
che
aveva
sei
anni
più
cli
D
'
Annunzio
era
stato
,
al
Cicognini
,
uno
,
dei
«
grandi
»
,
mentre
il
figlio
del
pescarese
don
Francesco
d
'
Annunzio
era
uno
dei
«
piccoli
»
.
S
'
erano
poi
,
effettivamente
,
perduti
di
vista
,
Il
poeta
,
incontrandosi
con
Talli
nell
'
atmosfera
di
sagrestia
e
di
antiquariato
che
caratterizzava
l
'
arredamento
della
villetta
fiesolana
,
evocò
a
lungo
,
e
molto
con
l
'
immaginazione
,
gli
anni
di
collegio
.
Poi
raccontò
la
trama
della
tragedia
.
Il
nome
e
la
figura
della
Figlia
di
Jorio
erano
già
noti
attraverso
il
quadro
di
Francesco
Paolo
Michetti
che
,
vari
anni
prima
,
aveva
avuto
un
successo
clamoroso
di
pubblico
.
D
'
Annunzio
disse
che
la
parte
di
Mila
sarebbe
stata
interpretata
da
Eleonora
Duse
,
almeno
nelle
città
principali
,
e
soprattutto
nella
prima
presentazione
dell
'
opera
al
pubblico
.
Innanzi
a
tanto
nome
Talli
non
aveva
che
da
inchinarsi
.
In
quanto
ad
essere
sicuro
di
aver
Eleonora
alla
«
prima
»
aveva
segretamente
molti
dubbi
.
Per
quanto
le
cronache
fossero
,
in
materia
di
«
notiziari
amorosi
»
,
assolutamente
mute
,
nessuno
ignorava
-
e
forse
non
lo
ignorava
la
stessa
Duse
-
che
una
nuova
donna
era
entrata
nel
labirinto
di
fascini
del
poeta
.
Si
trattava
di
una
donna
giovane
e
molto
bella
,
di
alta
nascita
-
era
figlia
di
un
presidente
del
Consiglio
dei
ministri
-
e
di
nobile
matrimonio
.
Alessandra
Starabba
di
Rudinì
maritata
marchesa
Carlotti
,
la
cui
vita
doveva
essere
travolta
dal
tempestoso
sentimento
che
la
unì
al
poeta
e
che
doveva
trovare
pace
più
tardi
solamente
quando
volle
vestire
l
'
abito
di
clausura
delle
Carmelitane
,
aveva
sollevato
grande
rumore
negli
ambienti
del
patriziato
veronese
con
i
suoi
atteggiamenti
e
costumi
di
donna
«
moderna
»
.
Ancora
molti
anni
dopo
,
a
Verona
,
le
signore
la
ricordavano
alla
guida
di
un
tiro
a
quattro
o
in
sella
di
maldomi
cavalli
da
corsa
.
Si
favoleggiava
che
,
dovendo
per
la
prima
volta
ricevere
il
poeta
nella
sua
villa
,
avesse
fatto
cospargere
di
rose
tutto
il
viale
del
parco
.
Il
poeta
l
'
aveva
incontrata
a
Firenze
e
,
poi
,
sulla
riva
del
Garda
,
a
San
Vigilio
,
dove
la
marchesa
possedeva
una
grande
villa
.
Essa
era
insomma
colei
che
,
nella
biografia
delle
donne
che
hanno
impegnato
il
loro
cuore
nella
fede
per
D
'
Annunzio
,
prese
il
nome
di
«
Dama
del
Garda
»
.
La
collaborazione
teatrale
fra
il
poeta
e
la
«
divina
Eleonora
»
era
,
prima
di
tutto
,
alleanza
di
un
amore
entusiastico
.
Si
sarebbe
mantenuta
questa
collaborazione
il
giorno
in
cui
Eleonora
avesse
dubitato
,
o
saputo
con
certezza
,
di
questo
nuovo
«
romanzo
»
di
Gabriele
?
Era
ciò
che
rendeva
assai
perplesso
Talli
il
quale
ad
ogni
buon
conto
-
egli
aveva
anche
la
responsabilità
organizzativa
ed
economica
dello
spettacolo
-
per
evitare
troppo
gravi
sorprese
pensò
bene
,
ad
insaputa
del
poeta
,
di
passare
il
copione
in
lettura
a
Irma
Gramatica
,
dicendole
di
tenersi
pronta
non
solo
per
le
«
riprese
»
della
tragedia
pastorale
,
ma
,
addirittura
,
per
la
«
prima
»
qualora
il
segreto
dramma
d
'
amore
della
Duse
fosse
giunto
ad
una
crisi
irreparabile
.
Tutto
questo
retroscena
non
era
materia
di
cronaca
,
ma
era
noto
negli
ambienti
teatrali
,
e
di
qui
,
con
i
«
si
dice
»
dei
salotti
mondani
,
era
diventato
notissimo
anche
al
pubblico
.
La
curiosità
per
l
'
imminente
avvenimento
ne
era
così
anche
più
acuita
.
E
intanto
si
parlava
dell
'
impegno
con
cui
gli
amici
abruzzesi
di
Gabriele
,
con
alla
testa
Michetti
,
andavano
raccogliendo
nei
villaggi
d
'
Abruzzo
tutta
la
suppellettile
folcloristica
necessaria
per
la
messa
in
scena
:
vecchi
costumi
,
orci
,
borracce
intarsiate
,
gioielli
,
scialli
,
scapolari
.
Michetti
e
Ferraguti
preparavano
i
bozzetti
per
le
scene
che
Rovescalli
,
lo
scenografo
della
Scala
,
doveva
dipingere
in
grande
.
Michetti
disegnava
il
costume
di
Mila
per
la
Duse
e
il
bozzetto
veniva
mandato
da
Talli
alla
sartoria
teatrale
.
Il
poeta
aveva
letto
il
copione
agli
attori
e
Irma
Gramatica
-
che
lo
aveva
già
letto
di
nascosto
-
obbedendo
a
Talli
fingeva
di
non
conoscerne
nemmeno
una
parola
.
D
'
Annunzio
continuava
a
parlare
della
Duse
come
di
una
interprete
sicura
.
Ed
egli
era
forse
sicuro
che
,
all
'
ultimo
,
la
sua
autorità
di
poeta
avrebbe
avuto
il
potere
di
placare
nella
Duse
le
ansie
,
i
crucci
,
le
gelosie
della
donna
.
Si
vide
che
egli
si
era
sbagliato
.
E
le
cronache
cominciarono
a
parlare
della
salute
della
Duse
,
di
vaghe
indisposizioni
,
di
abbassamenti
di
voce
,
di
persistenti
faringiti
.
Quello
che
segretamente
giungeva
alla
sua
conclusione
,
mentre
si
iniziavano
le
prove
,
era
il
dramma
più
grave
e
tormentoso
della
vita
della
grande
attrice
.
Alla
fine
si
capì
che
era
impossibile
parlare
di
accomodamenti
e
di
rinvii
.
Velatamente
,
raccontando
la
vita
della
Duse
,
Olga
Signorelli
,
richiamandosi
ad
un
brano
del
Fuoco
,
dice
così
di
quell
'
ora
:
«...Nulla
era
accaduto
,
nulla
accadeva
...
Nessuna
parola
era
stata
proferita
che
stabilisse
un
termine
,
che
accennasse
ad
una
interruzione
...
E
nondimeno
ella
sentiva
in
quel
punto
l
'
impossibilità
assoluta
di
seguitare
a
vivere
accanto
all
'amato...»
.
La
crisi
arrivava
al
culmine
.
Meno
poeticamente
Talli
,
che
era
stato
in
grande
agitazione
e
l
'
aveva
confidato
a
Marco
Praga
fin
dal
gennaio
-
il
poeta
era
spessissimo
a
Verona
,
si
sapeva
perché
e
nelle
sue
epistole
parlava
lietamente
di
cavalcate
e
di
cacce
-
racconta
che
,
alla
fine
,
il
poeta
stesso
aveva
detto
non
esser
«
ormai
prudente
prolungare
troppo
un
'
illusione
che
avrebbe
potuto
procurare
dispiaceri
non
lievi
...
»
.
Il
nome
della
Duse
non
fu
più
pronunciato
e
il
costume
di
Mila
fu
portato
nel
camerino
di
Irma
Gramatica
.
La
sera
del
3
marzo
,
a
Genova
,
costretta
a
letto
in
albergo
dalla
febbre
,
avendo
compagna
Matilde
Serao
,
Eleonora
Duse
,
mentre
a
Milano
si
apriva
il
sipario
del
Lirico
,
declamò
a
se
stessa
la
tragedia
.
La
sapeva
a
memoria
dal
primo
all
'
ultimo
verso
.
E
continuò
sino
alla
fine
,
nella
notte
,
sino
alla
battuta
suprema
:
«
La
fiamma
è
bella
!
La
fiamma
è
bella
!
»
.
Intanto
,
mentre
l
'
ispiratrice
piangeva
disfatta
sul
cuscino
,
il
pubblico
chiamava
il
poeta
in
trionfo
alla
ribalta
.
La
Figlia
di
Jorio
iniziava
la
sua
vita
di
poesia
:
Eleonora
Duse
quella
della
sua
lunga
disperata
melanconia
.
StampaQuotidiana ,
Si
dice
da
taluno
che
un
trasferimento
immediato
della
capitale
a
Roma
sia
impossibile
materialmente
e
moralmente
.
Rispondiamo
che
IMPOSSIBILE
è
invece
il
NON
ANDARVI
.
Cosa
fatta
capo
ha
.
Fin
da
questo
momento
la
Capitale
è
Roma
,
Roma
sola
,
e
chi
non
se
ne
accorge
è
cieco
dell
'
intelletto
.
A
Roma
,
a
Roma
sola
è
rivolto
l
'
occhio
,
il
pensiero
,
il
cuore
della
Nazione
.
A
Roma
accorrono
come
al
centro
a
cui
tende
ogni
cosa
italiana
,
come
al
crogiuolo
in
cui
s
'
affinerà
domani
l
'
opinione
pubblica
nazionale
,
tutti
i
partiti
,
tutte
le
forze
vive
e
capaci
d
'
influenza
politica
.
Domani
il
giornalismo
della
grande
Metropoli
sarà
quello
che
avrà
nome
e
sostanza
di
giornalismo
della
Capitale
.
Domani
Roma
e
l
'
Italia
convenuta
in
Roma
chiederanno
a
se
stesse
:
«
Dov
'
è
il
governo
?
Natura
abhorret
a
vacuo
.
Dov
'
è
il
governo
?
»
.
È
urgente
che
a
tal
domanda
si
possa
rispondere
:
«
Al
Quirinale
!
Al
Quirinale
!
»
.
Badateci
!
Se
il
vuoto
si
prolunga
altri
lo
riempie
.
Natura
abhorret
a
vacuo
.
Se
non
andate
voi
ci
andrà
la
Repubblica
.
Badateci
!
I
meridionali
non
vorran
più
risalire
oltre
Roma
;
e
i
settentrionali
che
anelano
alla
stabilità
della
cosa
pubblica
vi
scongiurano
d
'
uscir
dal
provvisorio
al
più
presto
possibile
,
e
di
portare
al
Congresso
un
fatto
compiuto
dinanzi
al
quale
la
diplomazia
s
'
inchini
,
e
non
una
passeggiata
militare
a
cui
d
'
un
tratto
di
penna
si
possa
dare
contrordine
.
StampaQuotidiana ,
Uno
dei
membri
della
delegazione
italiana
,
testé
ritornato
dalla
Russia
sovietica
,
riferì
ai
lavoratori
torinesi
che
la
tribuna
destinata
all
'
accoglienza
della
delegazione
di
Kronstadt
era
fregiata
con
la
seguente
iscrizione
:
"
Evviva
lo
sciopero
generale
torinese
dell
'
aprile
1920
"
.
Gli
operai
appresero
questa
notizia
con
molto
piacere
e
grande
soddisfazione
.
La
maggior
parte
dei
componenti
la
delegazione
italiana
recatasi
in
Russia
erano
stati
contrari
allo
sciopero
generale
d
'
aprile
.
Essi
sostenevano
nei
loro
articoli
contro
lo
sciopero
che
gli
operai
torinesi
erano
stati
vittime
di
un
'
illusione
e
avevano
sopravvalutato
l
'
importanza
dello
sciopero
.
I
lavoratori
torinesi
appresero
perciò
con
piacere
l
'
atto
di
simpatia
dei
compagni
di
Kronstadt
ed
essi
si
dissero
:
"
I
nostri
compagni
comunisti
russi
hanno
meglio
compreso
e
valutato
l
'
importanza
dello
sciopero
di
aprile
che
non
gli
opportunisti
italiani
,
dando
così
a
questi
ultimi
una
buona
lezione
"
.
Lo
sciopero
di
aprile
Il
movimento
torinese
dell
'
aprile
fu
infatti
un
grandioso
avvenimento
nella
storia
non
soltanto
del
proletariato
italiano
,
ma
di
quello
europeo
,
e
possiamo
dirlo
,
nella
storia
del
proletariato
di
tutto
il
mondo
.
Per
la
prima
volta
nella
storia
,
si
verificò
infatti
il
caso
di
un
proletariato
che
impegna
la
lotta
per
il
controllo
della
produzione
,
senza
essere
stato
spinto
all
'
azione
dalla
fame
o
dalla
disoccupazione
.
Di
più
non
fu
soltanto
una
minoranza
,
un
'
avanguardia
della
classe
operaia
che
intraprese
la
lotta
,
ma
la
massa
intiera
dei
lavoratori
di
Torino
scese
in
campo
e
portò
la
lotta
,
incurante
di
privazioni
e
di
sacrifizi
,
fino
alla
fine
.
I
metallurgici
scioperarono
per
un
mese
,
le
altre
categorie
dieci
giorni
.
Lo
sciopero
generale
degli
ultimi
dieci
anni
dilagò
in
tutto
il
Piemonte
,
mobilizzando
circa
mezzo
milione
di
operai
industriali
e
agricoli
,
e
coinvolse
quindi
circa
quattro
milioni
di
popolazione
.
I
capitalisti
italiani
tesero
tutte
le
loro
forze
per
soffocare
il
movimento
operaio
torinese
;
tutti
i
mezzi
dello
Stato
borghese
furono
posti
a
loro
disposizione
,
mentre
gli
operai
sostennero
da
soli
la
lotta
senza
alcun
aiuto
né
dalla
direzione
del
Partito
socialista
,
né
dalla
Confederazione
Generale
del
Lavoro
.
Anzi
,
i
dirigenti
del
Partito
e
della
Confederazione
schernirono
i
lavoratori
e
contadini
italiani
da
qualsiasi
azione
rivoluzionaria
colla
quale
essi
intendevano
manifestare
la
loro
solidarietà
coi
fratelli
torinesi
,
e
portare
a
essi
un
efficace
aiuto
.
Ma
gli
operai
torinesi
non
si
perdettero
d
'
animo
.
Essi
sopportarono
tutto
il
peso
della
reazione
capitalista
,
osservarono
la
disciplina
fino
all
'
ultimo
momento
e
rimasero
fino
dopo
la
disfatta
fedeli
alla
bandiera
del
comunismo
e
della
rivoluzione
mondiale
.
Anarchici
e
sindacalisti
La
propaganda
degli
anarchici
e
sindacalisti
contro
la
disciplina
di
partito
e
la
dittatura
del
proletariato
non
ebbe
alcuna
influenza
sulle
masse
,
anche
quando
,
causa
del
tradimento
dei
dirigenti
,
lo
sciopero
terminò
con
una
sconfitta
.
I
lavoratori
torinesi
giurarono
anzi
di
intensificare
la
lotta
rivoluzionaria
e
di
condurla
su
due
fronti
:
da
una
parte
contro
la
borghesia
vittoriosa
,
dall
'
altra
contro
i
capi
traditori
.
La
coscienza
e
la
disciplina
rivoluzionaria
,
di
cui
le
masse
torinesi
hanno
dato
prova
,
hanno
la
loro
base
storica
nelle
condizioni
economiche
e
politiche
in
cui
si
è
sviluppata
la
lotta
di
classe
a
Torino
.
Torino
è
un
centro
di
carattere
prettamente
industriale
.
Quasi
tre
quarti
della
popolazione
,
che
conta
mezzo
milione
di
abitanti
,
è
composta
di
operai
:
gli
elementi
piccolo
-
borghesi
sono
una
quantità
infima
.
A
Torino
vi
è
inoltre
una
massa
compatta
di
impiegati
e
tecnici
,
che
sono
organizzati
nei
sindacati
e
aderiscono
alla
Camera
del
Lavoro
.
Essi
furono
durante
tutti
i
grandi
scioperi
a
fianco
degli
operai
,
e
hanno
quindi
,
se
non
tutti
,
almeno
la
maggior
parte
,
acquistato
la
psicologia
del
vero
proletariato
,
in
lotta
contro
il
capitale
,
per
la
rivoluzione
e
il
comunismo
.
Due
insurrezioni
armate
Durante
la
guerra
imperialista
del
1914-18
,
Torino
vide
due
insurrezioni
armate
:
la
prima
insurrezione
,
che
scoppiò
nel
maggio
1915
,
aveva
l
'
obiettivo
di
impedire
l
'
intervento
dell
'
Italia
nella
guerra
contro
la
Germania
(
in
questa
occasione
venne
saccheggiata
la
Casa
del
popolo
)
;
la
seconda
insurrezione
,
nell
'
agosto
1917
,
assunse
il
carattere
di
una
lotta
rivoluzionaria
armata
,
su
grande
scala
.
La
notizia
della
Rivoluzione
di
marzo
in
Russia
era
stata
accolta
a
Torino
con
gioia
indescrivibile
.
Gli
operai
piangevano
di
commozione
quando
appresero
la
notizia
che
il
potere
dello
zar
era
stato
rovesciato
dai
lavoratori
di
Pietrogrado
.
Ma
i
lavoratori
torinesi
non
si
lasciarono
infinocchiare
dalla
fraseologia
demagogica
di
Kerenski
e
dei
menscevichi
(...)
.
Quando
nel
luglio
del
1917
arrivò
a
Torino
la
missione
inviata
nell
'
Europa
occidentale
dal
Soviet
di
Pietrogrado
,
i
delegati
Smirnov
e
Goldemberg
,
che
si
presentarono
dinanzi
a
una
folla
di
cinquantamila
operai
,
vennero
accolti
da
grida
assordanti
di
"
Evviva
Lenin
!
Evviva
i
bolscevichi
!
"
.
Goldemberg
non
era
troppo
soddisfatto
di
questa
accoglienza
;
egli
non
riusciva
a
capire
in
che
maniera
il
compagno
Lenin
si
fosse
acquistata
tanta
popolarità
fra
gli
operai
torinesi
.
E
non
bisogna
dimenticare
che
questo
episodio
avvenne
dopo
la
repressione
della
rivolta
bolscevica
del
luglio
,
che
la
stampa
borghese
italiana
infuriava
contro
Lenin
e
contro
i
bolscevichi
,
denunziandoli
come
briganti
,
intriganti
,
agenti
e
spie
dell
'
imperialismo
tedesco
.
Dal
principio
della
guerra
italiana
(
24
maggio
1915
)
il
proletariato
torinese
non
aveva
fatto
nessuna
manifestazione
di
massa
.
Barricate
,
trincee
,
reticolati
L
'
imponente
comizio
che
era
stato
organizzato
in
onore
dei
delegati
del
Soviet
pietrogradese
segnò
l
'
inizio
di
un
nuovo
periodo
di
movimenti
di
masse
.
Non
passò
un
mese
,
che
i
lavoratori
torinesi
insorsero
con
le
armi
in
pugno
contro
l
'
imperialismo
e
il
militarismo
italiano
.
L
'
insurrezione
scoppiò
il
23
agosto
1917
.
Per
cinque
giorni
gli
operai
combatterono
nelle
vie
della
città
.
Gli
insorti
,
che
disponevano
di
fucili
,
granate
e
mitragliatrici
,
riuscirono
persino
a
occupare
alcuni
quartieri
della
città
e
tentarono
tre
o
quattro
volte
di
impadronirsi
del
centro
ove
si
trovavano
le
istituzioni
governative
e
i
comandi
militari
.
Ma
i
due
anni
di
guerra
e
di
reazione
avevano
indebolito
la
già
forte
organizzazione
del
proletariato
,
e
gli
operai
inferiori
di
armamento
furono
vinti
.
Invano
sperarono
in
un
appoggio
da
parte
dei
soldati
;
questi
si
lasciarono
ingannare
dall
'
insinuazione
che
la
rivolta
era
stata
inscenata
dai
tedeschi
.
Il
popolo
eresse
barricate
,
scavò
trincee
,
circondò
qualche
rione
di
reticolati
a
corrente
elettrica
e
respinse
per
cinque
giorni
tutti
gli
attacchi
delle
truppe
e
della
polizia
.
Caddero
più
di
500
operai
,
più
di
2000
vennero
gravemente
feriti
,
Dopo
la
sconfitta
i
migliori
elementi
furono
arrestati
e
allontanati
e
il
movimento
proletario
perdette
di
intensità
rivoluzionaria
.
Ma
i
sentimenti
comunisti
del
proletariato
torinese
non
erano
spenti
.
Nel
dopoguerra
Dopo
la
fine
della
guerra
imperialista
il
movimento
proletario
fece
rapidi
progressi
.
La
massa
operaia
di
Torino
comprese
che
il
periodo
storico
aperto
dalla
guerra
era
profondamente
diverso
dall
'
epoca
precedente
la
guerra
.
La
classe
operaia
torinese
intuì
subito
che
la
III
Internazionale
è
un
'
organizzazione
del
proletariato
mondiale
per
la
direzione
della
guerra
civile
,
per
la
conquista
del
potere
politico
,
per
l
'
istituzione
della
dittatura
proletaria
,
per
la
creazione
di
un
nuovo
ordine
nei
rapporti
economici
e
sociali
.
I
problemi
della
rivoluzione
,
economici
e
politici
,
formavano
oggetto
di
discussione
in
tutte
le
assemblee
degli
operai
.
Le
migliori
forze
dell
'
avanguardia
operaia
si
riunirono
per
diffondere
un
settimanale
di
indirizzo
comunista
,
"
l
'
Ordine
Nuovo
"
.
Nelle
colonne
di
questo
settimanale
si
trattarono
i
vari
problemi
della
rivoluzione
;
l
'
organizzazione
rivoluzionaria
delle
masse
che
dovevano
conquistare
i
sindacati
alla
causa
del
comunismo
;
il
trasferimento
della
lotta
sindacale
dal
campo
grettamente
corporativista
e
riformista
,
sul
terreno
della
lotta
rivoluzionaria
,
del
controllo
sulla
produzione
e
della
dittatura
del
proletariato
.
Anche
la
questione
dei
Consigli
di
fabbrica
fu
posta
all
'
ordine
del
giorno
.
Nelle
aziende
torinesi
esistevano
già
prima
piccoli
comitati
operai
,
riconosciuti
dai
capitalisti
,
e
alcuni
di
essi
avevano
già
ingaggiato
la
lotta
contro
il
funzionarismo
,
lo
spirito
riformista
e
le
tendenze
costituzionali
dei
sindacati
.
Ma
la
maggior
parte
di
questi
comitati
non
erano
creature
dei
sindacati
;
le
liste
dei
candidati
per
questi
comitati
(
commissioni
interne
)
venivano
proposte
dalle
organizzazioni
sindacali
,
le
quali
sceglievano
di
preferenza
operai
di
tendenze
opportuniste
che
non
avrebbero
dato
delle
noie
ai
padroni
,
e
avrebbero
soffocato
in
germe
ogni
azione
di
massa
.
I
seguaci
dell
'
"
Ordine
Nuovo
"
perorarono
nella
loro
propaganda
in
prima
linea
la
trasformazione
delle
commissioni
interne
,
e
il
principio
che
la
formazione
delle
liste
dei
candidati
dovesse
avvenire
nel
seno
della
massa
operaia
e
non
dalle
cime
della
burocrazia
sindacale
.
I
compiti
che
essi
assegnarono
ai
Consigli
di
fabbrica
furono
il
controllo
sulla
produzione
,
l
'
armamento
e
la
preparazione
militare
delle
masse
,
la
loro
preparazione
politica
e
tecnica
.
Essi
non
dovevano
più
compiere
l
'
antica
funzione
di
cani
da
guardia
che
proteggono
gli
interessi
delle
classi
dominanti
,
né
frenare
le
masse
nelle
loro
azioni
contro
il
regime
capitalistico
.
L
'
entusiasmo
per
i
Consigli
La
propaganda
per
i
Consigli
di
fabbrica
venne
accolta
con
entusiasmo
dalle
masse
;
nel
corso
di
mezzo
anno
vennero
costituiti
Consigli
di
fabbrica
in
tutte
le
fabbriche
e
officine
metallurgiche
,
i
comunisti
conquistarono
la
maggioranza
nel
sindacato
metallurgici
;
il
principio
dei
Consigli
di
fabbrica
e
del
controllo
sulla
produzione
venne
approvato
e
accettato
dalla
maggioranza
del
Congresso
e
dalla
maggior
parte
dei
sindacati
appartenenti
alla
Camera
del
Lavoro
.
L
'
organizzazione
dei
Consigli
di
fabbrica
si
basa
sui
seguenti
principi
:
in
ogni
fabbrica
in
ogni
officina
viene
costituito
un
organismo
sulla
base
della
rappresentanza
(
e
non
sull
'
antica
base
del
sistema
burocratico
)
il
quale
realizza
la
forza
del
proletariato
,
la
lotta
contro
l
'
ordine
capitalistico
o
esercita
il
controllo
sulla
produzione
,
educando
tutta
la
massa
operaia
per
la
lotta
rivoluzionaria
e
per
la
creazione
dello
Stato
operaio
.
Il
Consiglio
di
fabbrica
deve
essere
formato
secondo
il
principio
dell
'
organizzazione
per
industria
;
esso
deve
rappresentare
per
la
classe
operaia
il
modello
della
società
comunista
,
alla
quale
si
arriverà
attraverso
la
dittatura
del
proletariato
;
in
questa
società
non
esisteranno
più
divisioni
di
classe
,
tutti
i
rapporti
sociali
saranno
regolati
secondo
le
esigenze
tecniche
della
produzione
e
della
organizzazione
corrispondente
,
e
non
saranno
subordinati
a
un
potere
statale
organizzato
.
La
classe
operaia
deve
comprendere
tutta
la
bellezza
e
nobiltà
dell
'
ideale
per
il
quale
essa
lotta
e
si
sacrifica
;
essa
deve
rendersi
conto
che
per
raggiungere
questo
ideale
è
necessario
passare
attraverso
alcune
tappe
;
essa
deve
riconoscere
la
necessità
della
disciplina
rivoluzionaria
e
della
dittatura
.
Ogni
azienda
si
suddivide
in
reparti
e
ogni
reparto
in
squadre
di
mestiere
;
ogni
squadra
compie
una
determinata
parte
del
lavoro
;
gli
operai
di
ogni
squadra
eleggono
un
operaio
con
mandato
imperativo
e
condizionato
.
L
'
assemblea
dei
delegati
di
tutta
l
'
azienda
forma
un
Consiglio
che
elegge
dal
suo
seno
un
comitato
esecutivo
.
L
'
assemblea
dei
segretari
politici
dei
comitati
esecutivi
forma
il
comitato
centrale
dei
Consigli
che
elegge
dal
suo
seno
un
comitato
urbano
di
studio
per
la
organizzazione
della
propaganda
,
la
elaborazione
dei
piani
di
lavoro
,
per
l
'
approvazione
dei
progetti
e
delle
proposte
delle
singole
aziende
perfino
di
singoli
operai
,
e
infine
per
la
direzione
generale
di
tutto
il
movimento
.
Consigli
e
commissioni
interne
durante
gli
scioperi
Alcuni
compiti
dei
Consigli
di
fabbrica
hanno
carattere
prettamente
tecnico
e
perfino
industriale
,
come
ad
esempio
,
il
controllo
sul
personale
tecnico
,
il
licenziamento
di
dipendenti
che
si
dimostrano
nemici
della
classe
operaia
,
la
lotta
con
la
direzione
per
la
conquista
dei
diritti
e
libertà
,
il
controllo
della
produzione
dell
'
azienda
e
delle
operazioni
finanziarie
.
I
Consigli
di
fabbrica
presero
presto
radici
.
Le
masse
accolsero
volentieri
questa
forma
di
organizzazione
comunista
,
si
schierarono
intorno
ai
comitati
esecutivi
e
appoggiarono
energicamente
la
lotta
contro
l
'
autocrazia
capitalista
.
Quantunque
né
gli
industriali
,
né
la
burocrazia
sindacale
volessero
riconoscere
i
Consigli
e
i
comitati
,
questi
ottennero
tuttavia
notevoli
successi
:
essi
scacciarono
gli
agenti
e
le
spie
dei
capitalisti
,
annodarono
rapporti
con
gli
impiegati
e
coi
tecnici
per
avere
delle
informazioni
d
'
indole
finanziaria
e
industriale
;
negli
affari
dell
'
azienda
essi
concentrarono
nelle
loro
mani
il
potere
disciplinare
e
dimostrarono
alle
masse
disunite
e
disgregate
ciò
che
significa
la
gestione
diretta
degli
operai
nell
'
industria
.
L
'
attività
dei
Consigli
e
delle
commissioni
interne
si
manifestò
più
chiaramente
durante
gli
scioperi
;
questi
scioperi
perdettero
il
loro
carattere
impulsivo
,
fortuito
e
divennero
l
'
espressione
dell
'
attività
cosciente
delle
masse
rivoluzionarie
.
L
'
organizzazione
tecnica
dei
Consigli
e
delle
commissioni
interne
,
la
loro
capacità
di
azione
si
perfezionò
talmente
,
che
fu
possibile
ottenere
in
cinque
minuti
la
sospensione
dal
lavoro
di
15
mila
operai
dispersi
in
42
reparti
della
Fiat
.
Il
3
dicembre
1919
i
Consigli
di
fabbrica
diedero
una
prova
tangibile
della
loro
capacità
di
dirigere
movimenti
di
masse
in
grande
stile
;
dietro
ordine
della
sezione
socialista
,
che
concentrava
nelle
sue
mani
tutto
il
meccanismo
del
movimento
di
massa
,
i
Consigli
di
fabbrica
mobilizzarono
senza
alcuna
preparazione
,
nel
corso
di
un
'
ora
,
centoventimila
operai
,
inquadrati
secondo
le
aziende
.
Un
'
ora
dopo
si
precipitò
l
'
armata
proletaria
come
una
valanga
fino
al
centro
della
città
e
spazzò
dalle
strade
e
dalle
piazze
tutto
il
canagliume
nazionalista
e
militarista
.
La
lotta
contro
i
Consigli
Alla
testa
del
movimento
per
la
costruzione
dei
Consigli
di
fabbrica
furono
i
comunisti
appartenenti
alla
sezione
socialista
e
alle
organizzazioni
sindacali
;
vi
presero
pure
parte
gli
anarchici
,
i
quali
cercarono
di
contrapporre
la
loro
fraseologia
ampollosa
al
linguaggio
chiaro
e
preciso
dei
comunisti
marxisti
.
Il
movimento
incontrò
la
resistenza
accanita
dei
funzionari
sindacali
,
della
direzione
del
Partito
socialista
e
dell
'
"
Avanti
!
"
.
La
polemica
di
questa
gente
si
basava
sulla
differenza
fra
il
concetto
di
Consiglio
di
fabbrica
e
quello
di
Soviet
.
Le
loro
conclusioni
ebbero
un
carattere
puramente
teorico
,
astratto
,
burocratico
.
Dietro
le
loro
frasi
altisonanti
si
celava
il
desiderio
di
evitare
la
partecipazione
diretta
delle
masse
alla
lotta
rivoluzionaria
,
il
desiderio
di
conservare
la
tutela
delle
organizzazioni
sindacali
sulle
masse
.
I
componenti
la
direzione
del
Partito
si
rifiutarono
sempre
di
prendere
l
'
iniziativa
di
una
azione
rivoluzionaria
,
prima
che
non
fosse
attuato
un
piano
di
azione
coordinato
,
ma
non
facevano
mai
nulla
per
preparare
ed
elaborare
questo
piano
.
Il
movimento
torinese
non
riuscì
però
ad
uscire
dall
'
ambito
locale
,
poiché
tutto
il
meccanismo
burocratico
dei
sindacati
venne
messo
in
moto
per
impedire
che
le
masse
operaie
delle
altre
parti
d
'
Italia
seguissero
l
'
esempio
di
Torino
.
Il
movimento
torinese
venne
deriso
,
schernito
,
calunniato
e
criticato
in
tutti
i
modi
.
Le
aspre
critiche
degli
organismi
sindacali
e
della
direzione
del
Partito
socialista
incoraggiarono
nuovamente
i
capitalisti
i
quali
non
ebbero
più
freno
nella
loro
lotta
contro
il
proletariato
torinese
e
contro
i
Consigli
di
fabbrica
.
La
conferenza
degli
industriali
,
tenutasi
nel
marzo
1920
a
Milano
,
elaborò
un
piano
d
'
attacco
;
ma
i
"
tutori
della
classe
operaia
"
,
le
organizzazioni
economiche
e
politiche
non
si
curarono
di
questo
fatto
.
Abbandonato
da
tutti
,
il
proletariato
torinese
fu
costretto
ad
affrontare
da
solo
,
colle
proprie
forze
,
il
capitalismo
nazionale
e
il
potere
dello
Stato
.
Torino
venne
inondata
da
un
esercito
di
poliziotti
;
intorno
alla
città
si
piazzarono
cannoni
e
mitragliatrici
nei
punti
strategici
.
E
quando
tutto
questo
apparato
militare
fu
pronto
,
i
capitalisti
cominciarono
a
provocare
il
proletariato
.
E
'
vero
che
di
fronte
a
queste
gravissime
condizioni
di
lotta
il
proletariato
esitò
ad
accettare
la
sfida
;
ma
quando
si
vide
che
lo
scontro
era
inevitabile
,
la
classe
operaia
uscì
coraggiosamente
dalle
sue
posizioni
di
riserva
e
volle
che
la
lotta
fosse
condotta
fino
alla
sua
fine
vittoriosa
.
Il
Consiglio
nazionale
socialista
di
Milano
I
metallurgici
scioperarono
un
mese
intero
,
le
altre
categorie
dieci
giorni
;
l
'
industria
in
tutta
la
provincia
era
ferma
,
le
comunicazioni
paralizzate
.
Il
proletariato
torinese
fu
però
isolato
dal
resto
d
'
Italia
;
gli
organi
centrali
non
fecero
niente
per
aiutarlo
;
ma
non
pubblicarono
nemmeno
un
manifesto
per
spiegare
al
popolo
italiano
l
'
importanza
della
lotta
dei
lavoratori
torinesi
;
L
'
"
Avanti
!
"
si
rifiutò
di
pubblicare
il
manifesto
della
sezione
torinese
del
partito
.
I
compagni
torinesi
si
buscarono
dappertutto
epiteti
di
anarchici
e
avventurieri
.
In
quell
'
epoca
si
doveva
avere
a
Torino
il
Consiglio
nazionale
del
Partito
;
tale
convegno
venne
però
trasferito
a
Milano
,
perché
una
città
"
in
preda
a
uno
sciopero
generale
"
sembrava
poco
adatta
come
teatro
di
discussioni
socialiste
.
In
questa
occasione
si
manifestò
tutta
l
'
impotenza
degli
uomini
chiamati
a
dirigere
il
Partito
;
mentre
la
massa
operaia
difendeva
a
Torino
coraggiosamente
i
Consigli
di
fabbrica
,
la
prima
organizzazione
basata
sulla
democrazia
operaia
,
incarnante
il
potere
del
proletario
,
a
Milano
si
chiacchierava
intorno
a
progetti
e
metodi
teorici
per
la
formazione
di
Consigli
come
forma
di
potere
politico
da
conquistare
dal
proletariato
;
si
discuteva
sul
modo
di
sistemare
le
conquiste
non
avvenute
e
si
abbandonava
il
proletariato
torinese
al
suo
destino
,
si
lasciava
alla
borghesia
la
possibilità
di
distruggere
il
potere
operaio
già
conquistato
.
Le
masse
proletarie
italiane
manifestarono
la
loro
solidarietà
coi
compagni
torinesi
in
varie
forme
;
i
ferrovieri
di
Pisa
,
Livorno
e
Firenze
si
rifiutarono
di
trasportare
le
truppe
destinate
a
Torino
,
i
lavoratori
dei
porti
e
i
marinari
di
Livorno
e
Genova
sabotarono
il
movimento
dei
porti
;
il
proletariato
di
molte
città
scese
in
sciopero
contro
gli
ordini
dei
sindacati
.
Lo
sciopero
generale
di
Torino
e
del
Piemonte
cozzò
contro
il
sabotaggio
e
la
resistenza
delle
organizzazioni
sindacali
e
del
Partito
stesso
.
Esso
fu
tuttavia
di
grande
importanza
educativa
perché
dimostrò
che
l
'
unione
pratica
degli
operai
e
contadini
è
possibile
,
e
riprovò
l
'
urgente
necessità
di
lottare
contro
tutto
il
meccanismo
burocratico
delle
organizzazioni
sindacali
,
che
sono
il
più
solido
appoggio
per
l
'
opera
opportunistica
dei
parlamentari
e
dei
riformisti
mirante
al
soffocamento
di
ogni
movimento
rivoluzionario
delle
masse
lavoratrici
.
StampaQuotidiana ,
Ogni
tanto
,
la
Divina
passa
sotto
alla
mia
finestra
nella
piazzetta
del
porticciolo
di
Portofino
.
La
Divina
è
«
diventata
di
casa
»
.
Domani
o
dopodomani
-
mi
ha
detto
lo
scrittore
americano
Truman
Capote
-
tornerà
qui
per
qualche
giorno
.
L
'
altra
sera
,
si
dimostrava
più
acclimatata
o
più
fiduciosa
nella
discrezione
della
gente
:
aveva
riposto
nella
borsa
i
suoi
grandi
occhiali
neri
,
e
,
passando
davanti
al
gelataio
o
davanti
alla
vetrina
della
piccola
friggitoria
,
non
affrettava
il
passo
,
e
lasciava
che
,
sia
pure
in
una
cauta
distanza
,
il
riverbero
della
modesta
luce
dei
due
spacci
le
sfiorasse
il
volto
.
Nemmeno
per
lei
ha
una
qualche
eccezione
la
regola
della
piazzetta
:
le
automobili
non
possono
entrare
.
Anche
la
Divina
deve
obbedire
al
divieto
marcato
da
una
vecchia
catena
:
l
'
auto
dei
suoi
ospiti
sosta
cinquanta
metri
più
in
là
,
nel
posteggio
scavato
nella
gola
della
valle
.
Anche
lei
deve
attraversare
la
piazza
a
piedi
,
andare
a
piedi
alla
Calata
,
o
salire
a
piedi
per
il
viottolo
scosceso
che
sale
a
San
Giorgio
.
La
catena
non
è
stata
abbassata
,
nessun
baldo
giovane
in
maglietta
da
marinaio
posticcio
si
è
fatto
avanti
per
portarla
in
collo
,
così
come
essa
,
quasi
trent
'
anni
or
sono
,
in
una
scena
della
Carne
e
il
diavolo
si
faceva
portare
con
un
abbandono
d
'
amore
che
la
memoria
fa
sembrare
incomparabile
.
La
Divina
,
se
desidera
evitare
la
troppa
luce
delle
trattorie
e
dei
caffè
,
i
troppi
sguardi
curiosi
deve
fidarsi
solo
delle
proprie
gambe
e
dei
propri
zoccoli
camminando
là
dove
,
forse
,
l
'
acciottolato
è
più
rude
.
Là
era
la
penombra
,
e
nel
suo
filo
ultimo
,
al
di
là
del
quale
si
iniziava
il
buio
della
notte
,
la
Divina
camminava
appartata
,
equilibrandosi
sugli
zoccoli
che
le
signore
dei
caffè
giudicavano
,
con
una
rapida
occhiata
,
assai
fuori
moda
.
In
quel
filo
di
penombra
dove
la
luce
sfuma
e
dove
il
buio
ancora
non
nasconde
,
passa
dunque
colei
che
fu
chiamata
la
Divina
così
come
Eleonora
Duse
fu
chiamata
,
dai
suoi
compagni
d
'
arte
,
la
Signora
.
Da
quel
filo
di
penombra
,
ogni
giorno
un
millimetro
,
essa
va
lentamente
portandosi
verso
l
'
ombra
dove
più
non
entra
che
la
luce
della
storia
.
La
sua
è
la
storia
di
uno
sguardo
,
di
un
volto
,
di
un
sorriso
,
di
un
palpito
melanconico
delle
pupille
,
di
un
bacio
e
,
forse
più
che
di
un
bacio
,
di
un
sospiro
.
È
la
storia
del
volto
che
lei
ha
dato
alla
Signora
delle
Camelie
e
ad
Anna
Karenina
:
un
volto
che
ormai
,
per
la
nostra
generazione
,
non
si
separa
più
dai
due
volti
immortali
modellati
dalla
poesia
teatrale
e
dal
romanzo
.
Quel
volto
sta
adesso
all
'
ultima
ribalta
della
penombra
:
presto
verrà
l
'
età
con
i
suoi
colpi
di
lima
pesanti
;
la
luce
di
quegli
occhi
si
attenuerà
;
l
'
enigma
di
quelle
pupille
sembrerà
,
a
chi
non
sappia
ritrovarne
l
'
impallidito
mistero
,
un
modesto
rebus
da
vecchia
raccolta
di
ingialliti
settimanali
dei
padri
e
dei
nonni
.
Io
,
mentre
Greta
passa
in
quella
penombra
,
o
nel
breve
riflesso
della
piccola
festosa
luce
della
botteguccia
del
gelataio
sotto
alla
mia
finestra
,
penso
alla
immensa
fatica
e
forse
all
'
immensa
noia
e
certo
alla
fatale
tristezza
di
portare
in
giro
quel
volto
che
con
il
tempo
si
farà
stanco
,
che
già
oggi
è
un
po
'
stanco
,
e
di
sentir
su
di
esso
il
peso
,
il
carico
,
il
giogo
di
infiniti
,
di
innumerevoli
sguardi
,
curiosi
,
avidi
e
persino
spietati
.
Questo
è
il
destino
di
chi
,
volendo
tornare
forse
ad
essere
una
donna
come
tante
altre
e
,
anzi
,
a
differenza
delle
altre
desiderosa
solamente
di
non
essere
guardata
,
porta
,
sotto
il
cappellaccio
di
paglia
o
sotto
il
fazzoletto
malamente
annodato
,
un
volto
che
fa
parte
della
storia
del
Novecento
,
di
questo
strano
secolo
in
cui
,
forse
più
di
ogni
altra
cosa
il
dominio
dell
'
Immagine
ci
lega
alle
misteriose
catene
della
poesia
e
della
bellezza
.
Il
suo
destino
è
stato
di
non
avere
un
«
romanzo
»
,
pure
avendo
dato
il
suo
viso
alle
protagoniste
di
venti
o
trenta
romanzi
.
Avrebbe
potuto
essere
tutte
le
donne
:
le
donne
vere
e
le
donne
immaginarie
,
le
donne
della
poesia
e
le
donne
della
cronaca
,
Laura
de
Sade
,
Ilaria
del
Carretto
,
Emma
Bovary
,
Maria
Tarnowska
,
Hedda
Gabler
,
e
persino
Nanà
e
persino
Zazà
.
Dove
passa
lei
,
sono
esse
che
passano
.
Ma
lei
,
la
Divina
,
lei
Greta
Garbo
mi
sembra
che
là
,
nella
penombra
,
vada
come
appesantita
dal
corteo
che
quelle
,
invisibili
,
fanno
alla
sua
figura
,
ormai
più
che
fragile
,
un
po
'
affaticata
:
le
altre
che
le
hanno
rapito
il
diritto
di
avere
un
'
anima
solamente
sua
,
come
nel
racconto
di
Poe
del
pittore
che
,
per
dipingere
il
Ritratto
ovale
,
ogni
giorno
con
un
colpo
di
pennello
porta
via
qualcosa
dall
'
anima
della
sua
modella
.
Dal
caffè
,
dai
tavoli
delle
trattorie
,
dalle
pietre
del
molo
della
Calata
,
dalle
finestre
,
dai
terrazzini
,
o
fra
le
siepi
leggere
illuminate
a
festa
,
o
fra
i
sartiami
dei
velieri
o
fra
le
sagome
bianche
degli
yachts
dove
le
accada
di
salire
,
le
donne
,
le
giovinette
la
guardano
.
L
'
altra
sera
,
era
sulla
illuminatissima
barca
del
duca
di
Windsor
che
non
volle
essere
re
e
imperatore
.
Gli
sguardi
hanno
potuto
contare
quante
volte
ha
vuotato
,
prima
di
mezzanotte
,
il
suo
bicchiere
di
whisky
.
Si
sa
tutto
:
l
'
hanno
vista
a
pranzo
nella
loggia
di
una
trattoria
del
molo
,
e
si
sa
,
fino
al
più
minuscolo
boccone
,
cosa
ha
mangiato
.
Si
sa
che
ha
rifiutato
,
con
uno
strano
riso
,
di
firmare
un
album
.
Da
una
settimana
,
da
dieci
giorni
ci
si
domanda
:
«
È
bella
?
»
.
E
la
stessa
domanda
ricomincerà
,
fra
un
tavolino
e
l
'
altro
dei
caffè
,
fra
due
giorni
,
quando
ritornerà
.
Si
sente
dire
:
«
Io
trovo
ancora
bellissima
la
fronte
...
Per
me
,
la
bocca
è
un
po
'
stanca
...
Io
non
posso
perdonarle
quei
calzoni
...
E
io
non
le
perdono
quella
maglietta
...
Lei
,
avvocato
,
le
ha
guardato
i
piedi
?
»
.
Quando
,
l
'
altra
sera
,
ha
attraversato
la
piazzetta
al
braccio
dell
'
attrice
Lilli
Palmer
,
le
signore
di
Portofino
hanno
affrettato
il
passo
per
poter
confrontare
la
loro
statura
con
la
sua
.
Gruppi
di
ragazzette
hanno
abbandonato
i
tavolini
del
gelataio
per
vederla
da
vicino
e
sono
tornate
sghignazzando
,
dicendo
che
è
brutta
.
Mi
è
passata
accanto
.
L
'
antica
,
prodigiosa
bellezza
è
ancora
evidente
sotto
al
velo
di
melanconia
dell
'
età
che
sembra
consumarla
dal
di
dentro
.
Le
tempie
,
lo
zigomo
,
l
'
arco
dell
'
orbita
sono
ancora
perfetti
anche
se
tendono
ad
appassire
.
Parlava
a
bassa
voce
,
ridendo
donnescamente
,
con
l
'
amica
che
le
dava
il
braccio
.
È
sparita
nella
penombra
.
Ho
pensato
che
,
mentre
è
facile
,
è
quasi
istintivo
immaginare
nude
le
donne
,
è
difficile
immaginare
nuda
Greta
Garbo
.
Non
so
se
questo
sia
più
segno
di
rispetto
o
melanconia
d
'
amore
.