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Di Giacomo Salvatore ( Vergani Orio , 1949 )
StampaQuotidiana ,
Cerco di ritrovare , per le vie di Napoli , la figura di Salvatore Di Giacomo . Mi dice un amico : « Sta nell 'aria...» . Si guarda attorno , fa un cenno , indica qualcosa con un gesto circolare . È vero . Sta nell ' aria , il suo monumento è la strada di Napoli , il vicolo di Napoli , è la « tavernella » , è il « munasterio » è il « funndeco » di Napoli : è il sole , è l ' acqua , è lo scoglio , è il pino di Napoli . Bellissima convinzione : un po ' retorica . Napoli non ha fatto molto per il suo poeta . Gli ha dedicato una strada verso Posillipo e una lapide sotto alla finestra di « Marechiare » in ricordo di quella canzone tanto bella , scritta a diciotto anni , e la cui fama , mi hanno detto , un po ' lo infastidiva . Le proposte per onorare Di Giacomo non sono mancate : intelligenti , affettuose , entusiastiche . Si partì dalla semplice idea di un busto , si arrivò a quella di dedicare al suo ricordo un boschetto o una esedra arborea sul colle di Posillipo . Altri propose che le sue spoglie fossero collocate accanto a quelle di Giacomo Leopardi ; e subito qualcuno ricordò , sia pure a bassa voce , i dubbi sull ' autenticità delle ossa di Leopardi , di quel povero scheletro cui mancherebbe addirittura la testa . Città , più dolorosa che lieta , mi pare Napoli , piena di crucci , di affanni , di disastri cui è difficile rimediare . Le perle e le melanconie dei vivi sono tante che forse non si ha tempo di pensare a quelle dei morti , che forse vivono già nell ' eterna serenità . Un anno dopo la morte del poeta una lapide , è vero , fu collocata sulla casa dove era nato . Poi venne la guerra e vennero le incursioni aeree . Quella casa è stata colpita , è crollata , per un miracolo era rimasto in piedi il pezzo di muro dove era collocata la lastra di marmo . In mezzo a quello sfacelo e sotto le altre incursioni , la lapide restava , alla meglio , appiccicata a quel rudere . Poi cadde anche lei ; sparì : non si sa , naturalmente , dove sia andata a finire . Anche al numero 107 di via Santa Lucia , dove abitò gli ultimi anni della sua vita , di fronte a quella chiesa della Madonna della Catena dove vanno a pregare tutte le donnette del quartiere , il cui nome ricorre in ogni poesia e in ogni canzone napoletana , non c ' è un segno di ricordo . Forse era fatale che fosse così . Non si possono trasformare in musei degli appartamenti piccolo - borghesi , come quello in cui visse Di Giacomo , come tutti gli altri scrittori del suo tempo e non solamente napoletani . Non avevano , quegli scrittori , ville , eremi , Capponcine e Vittoriali . In una casa con cento finestre , come si può « eternare » la finestra di un poeta ? Mi dicono : « È nell 'aria...» . Di Giacomo ha i suoi fedeli , che credo siano tutti , o quasi , gente fra i cinquanta e gli ottant ' anni , legati al suo ricordo , oltre che dalla grandezza della sua poesia , anche da una certa nostalgia per la Napoli della loro gioventù , la « vecchia Napoli » , la cui vita intellettuale dava ancora dei punti a quelle di tutte le altre città italiane . Leopardi l ' aveva esaltata , moribondo , con il canto della Ginestra : Francesco De Sanctis aveva fatto da Napoli il dono all ' Italia intera di quella Storia della letteratura che , all ' Italia unita da pochi anni , aveva fatto per la prima volta intendere l ' unità dello spirito italiano attraverso i secoli . A suo modo , l ' Ottocento intellettuale di Napoli assomigliava , nella varietà e nella fecondità dei suoi aspetti , all ' Ottocento di Parigi , a quello che fu chiamato lo « stupido » Ottocento ' e che era invece - ce ne accorgiamo adesso a metà del Novecento - il prodigioso Ottocento . È probabile che Di Giacomo debba essere spogliato di un suo fogliame ottocentesco , liberato da una sorta di macchiaiolismo per far venire in luce tutto ciò che giustamente di virgineo e di greco fu trovato nella sua arte ed in talune sue illuminate sillabazioni di fremiti e sussurri . Fatto il lavoro di cernita , spogliata l ' ammirazione per lui del fatto affettuoso , il poeta resterà , e certamente in molte parti grandissimo e di misura italiana fra le più nobili . Segno di questa sua vitalità e di questa sua insostituibilità è il fatto che , a Napoli , per chi arriva da fuori , il suo nome e la sua opera sono ancora il miglior punto di orientamento quando ci si accorge subito che , dopo di lui , non è più il caso di parlare di « poesia napoletana » , essendo ormai spenti anche tutti i suoi rivali e i suoi epigoni . È nell ' aria anche un ' eredità non raccolta nel paese dove i Russo , i Bovio , i Murolo non hanno avuto una discendenza , né si pretende che possano averla , poiché anche la poesia ha le sue stagioni e non si può farla rinverdire artificialmente . Quella cara stagione è finita , quel giardino è chiuso : ma lo sentite come , dietro al muricciolo , profumano ancora i fiori della poesia di Di Giacomo ? Sono andato , una sera dopo il tramonto , a salutare la vedova del poeta , donna Elisa Di Giacomo , nella sua casa affacciata sui giardini della Riviera di Ghiaia . Donna Elisa era di almeno vent ' anni più giovane del poeta - bibliotecario quando , studentessa di lettere , andò da lui , in biblioteca , per chiedergli alcuni consigli su una tesi di laurea . Fu lei che , furtiva , depose sul tavolo del poeta un mazzolino di viole o di ciclamini . Salvatore viveva con la madre , era un vecchio ragazzo sentimentale e inquieto , molto timido forse sotto il suo largo cappello alla guappa . La studentessa dovette attendere assai prima che il poeta riuscisse a compiere il gran passo . Passeggiavano al sole , per via Caracciolo . Ad una parete della stanza c ' è un ' istantanea in cui la signorina Elisa ha tutta la grazia di un tempo in cui il sorriso della donna che si teneva a braccio del suo futuro sposo aveva la luce di un sentimento che oggi può sembrare ottocentesco e che si chiama Fiducia . Prima di diventare la sposa , fu la donna della poesia di Don Salvatore , quella dei malinconici struggimenti e degli inquieti sospiri , quella che a maggio saliva alla tavernella ' ncopp ' Antignano . Stamno a na tavulclla / tutte e dduie . Chiavo chiano / s ' allunga sta manella / e m ' accarezza ' a mano ... Adesso la signorina Elisa di un tempo è Donna Elisa , la professoressa che è andata quest ' anno in pensione , sottile nella figura , arguta nel volto . Vive sola al secondo piano di uno dei tanti vecchi solenni palazzi nobili di Napoli che hanno tutti , nel cortile e negli scaloni semibui , non so quale aria conventuale . In un nobile silenzio , vive con le finestre aperte su questa Napoli molto affettuosa ma - penso io - un po ' distratta , la buona signora che si vide morire fra le braccia , con lunghi anni di malattia , il vecchio poeta intristito . Questa è la Madonna di Di Giacomo : e quello lì , in quel disegno a penna di Paolo Vietri , il genero di Morelli , è lui , come era a diciotto anni .
StampaQuotidiana ,
In molte parti d ' Italia l ' annunzio dell ' entrata delle truppe italiane nell ' Agro Romano è stato festeggiato con luminarie e dimostrazioni popolari . E questo è bene . Il Piemonte ha esultato ma s ' è astenuto finora dal farne pubblica manifestazione con feste speciali . E questa è previdenza . L ' occupazione infatti dell ' Agro Romano è già molto anzi moltissimo ; ma non è né il tutto né il più . Finché il vessillo tricolore non sventola sul Campidoglio , finché l ' esercito italiano non è in Roma come nella Capitale del Regno e col programma dei plebisciti , qui si temon tuttora e incagli e insidie ; qui si teme fra gli altri l ' ostinato sistema dell ' Oasi religiosa del settembrista Minghetti mandato a fare propaganda a Vienna . Queste apprensioni saran vane , saranno esagerate ; ma esistono e consigliano alle popolazioni di stare all ' erta e vigilare perché nell ' ebbrezza d ' entusiasmi anticipati non si accettino convenzioni illusorie e mezzi termini non conformi al diritto plebiscitario . Facendo vivo plauso a questo contegno delle popolazioni noi abbiamo fiducia che il giorno in cui l ' entrata in Roma avrà realmente avuto luogo anche ogni angolo del Piemonte si coprirà di fuochi di gioia . Nessun municipio manchi a questo dovere . Celebrando il compimento della unità nazionale , voi celebrate , o piemontesi , l ' opera più sublime a cui abbiate posto mano ! Il giorno in cui Roma tornerà all ' Italia , negli uomini giusti di tutti i paesi brillerà ( non fosse che per un secondo ! ) un pensiero di riconoscenza pei vostri martiri , per la vostra costanza , per la parola d ' ordine di ROMA CAPITALE D ' ITALIA che voi sapeste irremovibilmente opporre al grande inganno del 64 . Molti furono i giorni d ' amarezza , : molti i disinganni e le individuali evoluzioni ; il ministero di Mentana poté rompere con arti oblique un celebre fascio , e riaprire al Minghetti l ' adito al portafoglio . Ma la sua gioia fu passeggera . Si lusingava d ' aver diviso , imbavagliato il Piemonte , e non era riuscito che ad ingombrare la propria nave di pesantissima zavorra che la traeva a fondo Onore alla costanza piemontese ! Municipio di Torino ! La festa per l ' entrata a Roma ha per te un significato più speciale e più caro . Sii degno di Roma e di te stesso !
IL CARNEFICE E LA VITTIMA ( GRAMSCI ANTONIO , 1921 )
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Il governo e la stampa borghese cercano un diversivo per mascherare il fallimento delle trattative di pace tra i parlamentari fascisti e i parlamentari riformisti . Il diversivo è già trovato : il Partito comunista . Il Partito comunista non vuole la pacificazione , il Partito comunista è la causa di tutte le disgrazie e di tutte le sofferenze che si abbattono sul popolo italiano , il Partito comunista è un ' associazione di briganti , di assassini , di delinquenti comuni , il Partito comunista è l ' origine sola del fascismo . Siccome il Partito comunista non vuole la pacificazione , così il governo di Bonomi non può fare a meno di continuare a lasciar fare ai fascisti tutto ciò che ai fascisti farà piacere . Le centinaia e migliaia di depositi di armi e munizioni che i fascisti spesso pubblicamente hanno accumulato non verranno sequestrati . Le mitragliatrici , i cannoni lanciafiamme , i moschetti saranno lasciati ai fascisti . I fascisti potranno ancora sfilare nelle città , incolonnati , col moschetto in spalla , con l ' elmetto in testa , coi tascapane pieni di bombe . Lo Stato non interverrà , non applicherà le leggi , non aprirà le prigioni , non disturberà i giudici . Lo Stato non è , per ciò che riguarda i fascisti , un ' amministrazione delle leggi , un ' organizzazione repressiva e punitiva ; lo Stato non esiste per i fascisti , lo Stato riconosce nei fascisti una autorità indipendente e tratta con loro , da pari a pari , e riconosce loro il diritto , se non avverrà la pacificazione , di continuare impunemente a incendiare , ad assassinare , a invadere città e villaggi , a decretare esili e scioglimenti di pubbliche amministrazioni . C ' è dell ' ironia in questa azione pacificatrice del governo italiano . Chi sarà dunque il custode e il garante del " trattato di pace " ? Chi si fiderà delle parole di un governo che in tal modo , clamorosamente , confessa o di essere impotente o di essere in malafede ? Come farà rispettare la " carta " che dovrebbe essere giurata dai sovversivi e dai fascisti , questo governo che non fa rispettare la carta fondamentale dello Stato giurata dal re al popolo italiano ? I comunisti non parteciperanno certamente a questo " mercato di sciocchi " , non compiranno certamente questo delitto contro il popolo italiano . Non può esserci pace tra il carnefice e la sua vittima , non può esserci pace tra il popolo e i suoi massacratori . Il Partito comunista si assume tutte le responsabilità di questo suo atteggiamento . Sa di diventare il bersaglio della coalizione reazionaria , ma è sicuro che anche se " pacifista " diverrebbe egualmente il bersaglio della reazione coalizzata . La classe operaia italiana ha già visto quanto valgono le parole del governo italiano , dopo lo sgombero delle fabbriche occupate . Non dovevano esserci rappresaglie : a migliaia gli operai sono stati cacciati in galera , e i tribunali sudano sette camicie per imbastire un colossale complotto ; a centinaia di migliaia gli operai sono stati buttati sulla strada a crepare di fame con le loro famiglie . A Torino anche gli operai socialisti hanno già avuto la scottatura per la loro fiducia nella parola dei reazionari : hanno firmato un patto ; oggi è venuta la loro volta , oggi essi vengono licenziati . Chi fa rispettare ai reazionari i patti , le promesse , i giuramenti ? Ma non dimostrano essi , già prima della pacificazione , tutta la loro malafede ? Non è coi comunisti , non è col Partito comunista come piccolo nucleo di individui associati , che la reazione è in collera ; essa è in collera con la classe operaia e contadina , come massa di salariati schiavi del capitale , essa ha paura che la classe lavoratrice nella sua totalità , sia essa comunista , socialista , repubblicana , popolare , oppressa , taglieggiata , affamata , insorga contro i suoi sfruttatori e capovolga gli attuali rapporti di classe . A Ferrara non si era neppure ancora formata una sezione comunista , eppure a Ferrara il fascismo è stato particolarmente feroce . In tutte le zone agricole , nel Polesine , nel Reggiano , nelle Puglie , dove il fascismo ha instaurato il regime coloniale , il Partito comunista , essenzialmente operaio e urbano , aveva scarsissime forze . Dove il Partito comunista era specialmente forte , come a Torino , il fascismo ha tardato fino al mese di aprile ad entrare in campo . La sua aggressività ha coinciso con la crisi industriale , con la serrata della Fiat , ed è apparsa luminosamente come una coordinata tattica della lotta capitalistica contro l ' organizzazione sindacale . Il fascismo non è una particolare associazione , come non è una particolare organizzazione il comunismo : il fascismo non è un movimento sociale , è l ' espressione organica della classe proprietaria in lotta contro le esigenze vitali della classe lavoratrice , della classe proprietaria che vuole , con la fame e con la morte dei lavoratori ricostruire il sistema economico rovinato dalla guerra imperialista . In questa lotta l ' iniziativa appartiene ancora alla classe proprietaria , come al fascismo appartiene l ' iniziativa della guerra civile : la classe lavoratrice è la vittima della guerra di classe e non può esserci pace tra la vittima e il carnefice . Chi oggi vuole trascinare il proletariato alla pacificazione , è già anch ' egli un carnefice : per la pietà che ispirano oggi i dieci uccisi , costoro preparano per domani la strage di mille . Non è neppure pietà cotesta , è ipocrisia vile ; il Partito comunista non vuole essere né ipocrita né vile , appunto perché sente davvero la pietà umana per il destino atroce del popolo lavoratore .
Eleonora Duse ( Vergani Orio , 1954 )
StampaQuotidiana ,
Trent ' anni sono passati dalla sua morte e ormai , in questi tre decenni , sono andati scomparendo quasi tutti coloro che conobbero Eleonora e l ' ascoltarono nel tempo della sua più fervida stagione che , vista adesso nella prospettiva della storia , non sembra sia stata quella dannunziana , anche se questa fu la più folta di eventi e di cronaca . Nel teatro di D ' Annunzio , probabilmente , la Duse esaurì la sua forza vitale non tanto per le vicissitudini di una passione che ebbe molte illuminazioni , ma anche molti disinganni , quanto perché , prima di D ' Annunzio , nei testi che recitava c ' era sempre stata , bene o male , la vita , mentre , dal Sogno di un mattino di primavera in poi , il teatro di Gabriele le offrì più che altro perfettissime parole d ' oro . La Duse apparteneva - o la precedeva di poco - alla generazione del verismo venuta al mondo delle scene italiane quasi in reazione ai tragici paludamenti di Adelaide Ristori e al « velluto » e al « tuono » di Ernesto Rossi e di Tommaso Salvini . La famiglia da cui usciva era di attori dialettali , originariamente chioggiotti : figli cioè di una razza popolana in cui le tradizioni fondamentali sono quelle della povertà e della delusa melanconia . Agli attori dalle voci d ' oro e dai polmoni di bronzo che essa avrebbe dovuto considerare i suoi maestri , sembrò sempre una « nevrotica » , una creatura debole e inquieta . Essi erano abituati a dar voce ai giganti : a Ree Regine , e non a gente di tutti i giorni , i cui sentimenti non erano di misura « eroica » , ma , tutt ' al più , di drammaticità quotidiana . Tommaso Salvini , titano della scena ottocentesca , la collocava un gradino più in alto di Sarah Bernhardt , che egli considerava una « meticcia » perché , non figlia d ' arte , e come tale , quasi quasi , una grandissima dilettante . Alla Duse , anche come figlia d ' arte , riconosceva il diritto d ' esser considerata un ' attrice « di razza » , ammirevole in un preciso gruppo di caratteri , dai quali la consigliava di non uscire mai , ammirevole nell ' esprimere l ' amore contrastato , la gelosia , il dispetto , il rancore , la recriminazione repressa dei torti ricevuti , il rammarico o un intenso dolore , ma non adatta ai sentimenti « alteri , grandi , maestosi » . Attrice della realtà drammatica borghese e non della misura tragica , attrice che , spiritualmente e tecnicamente , precedeva il gusto del Théâtre Libre alla Antoine , l ' incontro con D ' Annunzio la convinse di aver trovato l ' approdo al porto di un superiore teatro di poesia . L ' inchiostro del giudizio di Tommaso Salvini , che contiene forse non pochi elementi di saggezza , era ancora fresco quando , nel 1898 , con il Sogno di un mattino di primavera , Eleonora pensò di salire un gradino più in alto del suo destino di interprete di anime « borghesi » . A trent ' anni dalla sua morte , gli spettatori contemporanei della sua grande stagione sono tutti scomparsi . Restano , fra i critici e gli storici del teatro , solo coloro stessi che l ' hanno udita quasi esclusivamente nel periodo dannunziano e hanno dovuto aspettare il suo ritorno alle scene nel 1921 , ormai stanca e canuta , per riscoprirla , dopo quattordici anni di « esilio » , negli accenti del dramma ibseniano e del realismo venato di patetico romanticismo di Praga . Nel tempo della riscoperta della Duse - e della sua scoperta per gli spettatori che avevano poco più di vent ' anni quando essa uscì dal suo lunghissimo silenzio - la sua leggenda era già formata . Da una parte , c ' era il gruppo degli anziani e dei vecchi che , pur ammirandola , l ' avevano definita « nevrotica » e « pososa » , dall ' altra quelli che , parteggiando per il suo lungo e dolente romanzo d ' amore e per il sacrificio ch ' essa aveva fatto al sogno di un teatro « di poesia » - termine su cui è difficilissimo intendersi - parlavano di lei come della « santa » e della « martire » . Solamente Santa Teresa di Lisieux , solamente Bernadette hanno avuto biografi esaltati e lagrimanti come lo furono , per la Duse , il francese Schneider e Matilde Serao . D ' Annunzio stesso , che per una fatalità di temperamenti l ' aveva così mal compresa , l ' aveva chiamata « la Divina » . Le ciocche dei capelli bianchi quasi incolte , la vita in ombra per tanti anni , una vaga aspirazione religiosa , il suo sognare di essere maestra di giovani , la sua povertà nomade dall ' uno all ' altro rifugio segreto , la sua dichiarazione , una volta , di voler recitare solamente invisibile , per dar voce alle marionette del Teatro dei Piccoli nella Tempesta di Shakespeare , la sua riluttanza a mostrare il volto all ' obbiettivo di Cenere perché per lo schermo dovevano bastare le sue sole mani , le sue lettere scritte in inchiostro viola , a velocità frenetica , disseminate di puntini di sospensione e di sottolineature , i veli quasi monastici e vagamente languidi dei suoi cappellini estivi , la sua gracilità , la sua tosse , la sua febbre erano tutti elementi della leggenda alla quale si affacciarono nel 1921 gli spettatori poco più che ventenni . Si andava a sentire una donna o una santa ? Dovevamo pensare al suo lontano passato di donna o dimenticarlo ? Dovevamo vederla solo come avesse avuto il capo coperto dalla cenere dei deludenti fuochi dannunziani ? La fortuna ci aiutò : la donna che , tra il 1895 e il 1921 , aveva dato se stessa , con l ' arte prima e poi con il silenzio , a D ' Annunzio , ci apparve senza le tracce e senza le cicatrici gloriose del suo sacrificio alla « bella parola » che tanto a lungo l ' aveva incantata . Ci apparve , nella Donna del mare e nella Porta chiusa , la donna che essa era stata nelle sue giovanili ore grandissime , tutta immersa nella Vita , in un suo trasumanato realismo . E non ci sembrò una semplice coincidenza che Eleonora fosse nata nel 1859 , tre anni dopo che Flaubert aveva messo al mondo Madame Bovary . Emma è del 1856 , Eleonora del 1859 . Si può imputare alla Duse d ' avere creduto , oltre che alla sua nativa realtà poetica , in una poesia al di fuori del « vero » che le sembrò più alta della prima , e di non aver inteso la differenza tra « cosa » e « parola » ? Non era caduto nello stesso errore Flaubert , scrivendo la rimbombante Salammbô e le Tentazioni di Sant ' Antonio ? La sua crisi e il suo dramma segreto furono una crisi e un dramma di valutazioni sbagliate sotto l ' impeto di un entusiasmo d ' amore . Figlia della grande generazione della Bovary , dobbiamo stupirci che essa , ad un certo momento , abbia creduto più nelle « atmosfere » di Francesca e della Città morta che in quelle del realismo e del naturalismo in cui , con reazione antiromantica , era nata ? Essa fu certamente l ' unica attrice degna di essere definita « flaubertiana » , la grande sorella italiana di Emma Bovary e , facendo un passo più avanti nel tempo , di Anna Karenina . Ebbe maestri ? Figlia di attori oscurissimi , sua prima maestra fu certamente la povertà dei nomadi che le dette la coscienza di quel dovere ch ' essa chiamò , umilmente , il lavoro . Forse , nell ' infanzia e nella prima adolescenza recitò anche diversamente da come le avrebbe comandato il suo istinto , così come volevano attorno a lei la voce e la cadenza dei compagni . Nessuno pensava che si avvicinasse il tramonto del tempo romantico , e fanciulla , dicendo quasi senza capirle le battute dei grandi testi d ' amore , un ' eco romantica passò nella sua voce . Nelle tragedie come la Francesca da Rimini di Silvio Pellico , giovinetta , declamò come poi non fece mai . La liberazione del suo istinto cominciò con le parole di Giulietta , nel dialogo d ' amore con Romeo , con una rosa sfogliata quasi ad ogni parola . La morte della madre le aveva aperto l ' anima alla verità del dolore . Negli anni del suo debutto , quella di Eleonora è una storia di stenti , di lunghe miserie , di molta autentica fame , di abiti poverissimi , di teatri squallidi , di inverni gelidi , di lunghi notturni estenuanti colpi di tosse . Era piccola , magra , bruna , fu detto , come una calabrese . Talvolta la sua gracile bellezza fioriva in un improvviso turgore dell ' adolescenza , ma poi già si velava d ' ombre , si scavava intensamente nelle guance dagli zigomi risentiti . L ' alto arco delle sopracciglia sembrava , sugli occhi vasti , profondi , un nido di interrogazioni . Ebbe in verità , come le maschere del Teatro Antico , due volti : l ' uno forte , sereno , anche ridente , perché non sempre la sua anima era solamente dolore ; l ' altro scolpito con i segni della delusione come in una cera scura , nella cera della sofferenza . Il volto della Locandiera il primo : quello della Signora delle camelie , il secondo . Illusione e delusione furono in modo sovrano le due espressioni dominanti di quel viso che diventò celebre in tutto il mondo ; reclinato e come concentrato sulla fiamma di un sorriso che dava un fremito alla bella bocca ampia : in alto nelle interrogazioni del dolore come sotto al soffio di un vento che volesse tutto rimodellarlo , in un sospiro o in un gemito . Diventò donna , e recitò tutto . Non poteva permettersi una scelta , né di compagni né di repertorio . Pareva dovesse restare sempre una genericuccia , dicevano che non aveva voce né scatto né energia di dizione : pareva non avesse mestiere , e tanto meno , davanti a sé , un destino . A Trieste il pubblico fu duro : chiese che venisse cancellata dalla locandina . Poi fu un primo passo avanti , recitando vicino al Belli - Blanes , a Giovanni Emanuel , a Giacinta Pezzana , a Cesare Rossi . A Napoli , una sera , il pubblico ebbe l ' impressione di vedere per la prima volta in scena la vera Ofelia che andava verso la morte . Rossi , Emanuel , Giacinta Pezzana sono i primi maestri , e subito la Duse diventa una loro pari . Eleonora è portata dalla sorte a non dovere più ripetere l ' accento dei vecchi modesti compagni che andavano orecchiando di maniera le intonazioni e il gesto dei grandi attori romantici come Salvini e la Ristori . Rossi , Emanuel e la grandissima Pezzana le confermano che il teatro ha una voce nuova , che cammina verso una verità più meditata , più acuta , più intensa . L ' attrice che reciterà Teresa Raquin scoprirà che il romanticismo è finito e che il « vero » sta arrivando alla ribalta . La sua ansia di verità non chiede altro . Scoperta la via , riconosce che è quella verso cui la portava il suo istinto e su cui la guida la sua giovanile meditazione . Viene l ' ora di quelle che saranno le prime grandi creazioni : cominciano gli anni vertiginosi della Principessa di Bagdad , della Moglie di Claudio , della Signora delle camelie . A ventitré anni qualcuno la paragonava già alla Bernhardt . Amò . Ma l ' uomo della leggenda era ancora un giovinetto e apparve quando già la giovinezza di Eleonora cominciava a sfiorire . Amò come ogni altra donna uomini della sua vita di tutti i giorni : un giornalista napoletano : la lasciò con un figlio in grembo che doveva morire nascendo . Fu sposa , ma senza torridi fuochi d ' amore , di un compagno d ' arte , Tebaldo Checchi . Amò , con un improvviso ardore , il compagno d ' arte Flavio Andò che recitava con lei nella Signora delle camelie . Per lui creò il grido « Armando ! Armando !...», che diventò leggenda . Ma di tutto questo , sia nelle illusioni che negli errori - come il distacco dal marito che lasciò a lei la cura della figlia Enrichetta - si parlava , a quei tempi , a bassa voce . La storia dei « palpiti » della giovane attrice , che sta già conquistando la sua celebrità nel mondo , non giunge che sommessamente al di là del sipario . Non diventa cronaca . Di amore , per lei , devono parlare palesemente al mondo solo i personaggi , ed ecco la Duse creare , come forse nessuno prima di lei aveva potuto , il personaggio a cento volti che sarà per tutta la vita quello della grande innamorata . La donna , insomma , in funzione della passione , della gelosia , del peccato , della espiazione , dell ' abbandono quasi allucinante del cuore e dei sensi : in funzione anche della perfidia , della civetteria , della crudeltà . Non più l ' eroismo modellato dalle grandi voci del romanticismo , ma quello della quotidiana verità della natura umana . Verismo o cosiddetto verismo ? In molti casi , si tratta di teatro borghese , adattamento « domenicale » della verità , in modo persino vieto e frusto . La Duse non amò le Odette e le Fernande . Ma essa sapeva essere più in alto dei testi che recitava , più forte delle « battute » e delle « scene madri » , perché il suo lavoro era fatto tutto di approfondimento nell ' interno del personaggio , o , come amava dire , nelle sue « fodere » . Cosa trovava là dentro ? Trovava se stessa , il suo io di donna sempre pronto a rivelarsi e a moltiplicarsi in cento aspetti . Non più adattamento da teatro domenicale , ma una sua verità che poteva assomigliare , appunto , a quella di Emma Bovary o di Anna Karenina . L ' ansia per un « vero » fatto di poesia e di meditazione l ' agita sempre più intensamente . Su questa strada arriverà a Ibsen , e sarà un giorno , a trent ' anni , l ' interprete di Casa di bambola . Aveva già amato un poeta . Ma l ' amore per Boito fu probabilmente l ' unione con un « compagno d ' intelligenza » . L ' attrice è celebre ormai in tutto il mondo quando incontra quello che sarà l ' uomo del suo destino . Per D ' Annunzio fu « obbedienza infiammata » . Non si vuole fare il processo al « superuomo » . Ella stessa non lo fece mai . Sognò per lui ogni impresa , affrontò ogni sacrificio , lo stimolò a creare , lo difese contro il pubblico , modificò il proprio stile per adattarlo alla sua parola , perdonò certe pagine del Fuoco che l ' avevano amareggiata . Per lui , più giovane di cinque anni , la Duse combatte la battaglia d ' amore della donna che sente già la propria giovinezza dileguare . Di volta in volta , si esalta e si rattrista e in segreto si umilia . Vuole amare le cose che egli ama , leggere i libri ch ' egli legge , prediligere le pitture , i luoghi , le spiagge che quel gran « cicerone » le fa conoscere . Anch ' egli l ' ama , ma non con devozione eguale . La Duse ha quarantacinque anni , quando D ' Annunzio scrive la Figlia di Jorio . Ma il canto disperato di Mila non sarà più per lei dal momento in cui l ' attrice scopre che il castello dell ' amore si è incenerito e che davanti all ' inganno bisogna uscirne come una donna velata . Sono , adesso , ancora nuove strade , nuovi viaggi , nuove esperienze nei nomi di Ibsen , di Maeterlinck , di Gor ' kij . Essa è sempre più « l ' attrice del mondo » , pallida malata , con un viso da esilio per un dolore di cui non parla mai . Si ritira . Comincia il grande silenzio . Quattordici anni e la povertà le dice : « Bisogna ritornare ... » . Ormai la sua salute è minata , un filo d ' aria fredda basta a ferirla . La sera del grande ritorno una specie di galleria di tela si dice la protegga dalle correnti d ' aria quando esce dal camerino per entrare in scena . Ha i capelli bianchi , non ha voluto nemmeno un filo di cipria « per non mentire » . I fiori saranno , da allora in poi , sempre per una chiesa . « Dammi , Signore , un cuore vigilante in modo che nessun pensiero estraneo mi porti lontano da te ... » , diceva una preghiera che le era cara . Ormai era tutta nella fede . Ancora l ' Europa , ancora l ' America , sempre più stanca , sempre più fragile , finché basta uno scroscio di pioggia , sulla porta chiusa del teatro di Pittsburgh , per spegnerla . Così basta poco per morire alle bambine malate del paese dei suoi avi sui canali di Chioggia battuti dal vento dell ' Adriatico , là nel paese dove , a quattro anni , aveva recitato la parte di Cosetta in una riduzione dei Miserabili .
TORINO, 21 SETTEMBRE ( - , 1870 )
StampaQuotidiana ,
L ' Unità Nazionale è compiuta ; l ' Italia ha la sua Capitale naturale ! VIVA ROMA ! VIVA L ' ITALIA ! VIVA L ' ESERCITO LIBERATORE ! La notizia della liberazione di Roma cominciò ieri a spargersi , ma incerta ancora , dopo le due pomeridiane . Dopo le quattro essa si diffuse dovunque ma ancora con qualche restrizione , con qualche dubbio angoscioso . Alle sei il dispaccio dell ' Agenzia - Stefani annunziò la vittoria definitiva , e quasi contemporaneamente l ' autorità politica s ' affrettava a confermarla anch ' essa al Municipio . Un grido di gioia proruppe da ogni petto . Mancava il tempo a dimostrazioni regolari , ma poco monta ; l ' esultanza d ' un popolo sa immaginare . VIVA ROMA !
LA GUERRA È LA GUERRA ( GRAMSCI ANTONIO , 921 )
StampaQuotidiana ,
Comprendere e saper valutare con esattezza il nemico , significa possedere già una condizione necessaria per la vittoria . Comprendere e saper valutare le proprie forze e la loro posizione nel campo di lotta , significa possedere un ' altra importantissima condizione per la vittoria . I fascisti vogliono evidentemente anche a Torino sviluppare fino in fondo il piano generale che ha procurato facili trionfi nelle altre città . Sono stati chiamati contingenti forestieri ( bolognesi , truppe scelte , allenate ) . Sono state intensificate le passeggiate dimostrative , con i propri effettivi inquadrati e incolonnati militarmente . Si ripetono incessantemente le convocazioni improvvise degli aderenti , con l ' ordine di recarsi armati ai convegni : ciò che serve a creare l ' aspettazione di eventi misteriosi ed a determinare così la psicologia della guerra . Le voci allarmistiche vengono diffuse a profusione ( " il primo ucciso sarà uno studente socialista , incendieremo " L ' Ordine Nuovo " , incendieremo la Camera del lavoro , incendieremo la libreria dell ' Act " ) . E ' questo un espediente che si propone due scopi : disgregare le forze proletarie , col panico e con la snervante incertezza dell ' attesa , determinare nei fascisti l ' abitudine dell ' obiettivo da raggiungere . Avranno i fascisti di Torino il facile trionfo che hanno avuto nelle altre città ? Osserviamo intanto che l ' aver domandato aiuti fuori , è una prova della debolezza organica del fascismo torinese . A Torino i fascisti si appoggiano e possono appoggiarsi su una sola categoria della classe piccolo borghese : la categoria degli esercenti , non certo famosa per sublimi virtù guerresche . La classe operaia torinese è certo moralmente superiore ai fascisti e sa di essere moralmente superiore . I controrivoluzionari della Confederazione generale del lavoro vanno affermando ( per avvilire la massa e toglierle ogni capacità di offesa e di difesa ) che gli operai , non avendo fatto la guerra , non possono combattere e vincere il fascismo sul terreno della violenza armata . Per ciò che riguarda Torino , questa affermazione disfattista e controrivoluzionaria è falsa anche obiettivamente . Gli operai torinesi hanno queste esperienze " guerresche " : sciopero generale del maggio 1915 , insurrezione armata di cinque giorni nell ' agosto 1917 , azione manovrata di grandi masse del 2-3 dicembre 1919 , sciopero generale con episodi di tattica irlandese e sviluppo di un piano strategico unitario nell ' aprile 1920 , occupazione delle fabbriche nel settembre scorso con l ' accumulazione di infinite esperienze nell ' ordine militare . Questo quadro obiettivo delle condizioni in cui si svolgerà la lotta ; non ha per nulla lo scopo di attenuare la gravità del pericolo . La classe operaia torinese si trova certo in una buona posizione di guerra , ma nessuna buona posizione può , di per sé , salvare un esercito dalla sconfitta . La buona posizione deve essere sfruttata in tutte le sue possibilità . Guai alla classe operaia se essa permetterà , anche un istante solo , che a Torino i fascisti possano mettere in esecuzione il loro piano , come hanno fatto nelle altre città . La minima debolezza , la minima indecisione potrebbe essere fatale . Al primo tentativo fascista deve seguire rapida , secca , spietata la risposta degli operai e deve questa risposta essere tale che il ricordo ne sia tramandato fino ai pronipoti dei signori capitalisti . Alla guerra come alla guerra , e in guerra i colpi non si danno a patti . Intanto la classe operaia torinese ha già dichiarato , in una mozione del suo partito politico , di considerare i fascisti solo come strumenti di un ' azione che trova i suoi mandanti e responsabilità maggiori in ben altri ambienti . Anche la " Stampa " ha pubblicato ( il 27 gennaio , cinque giorni fa appena ) : " L ' attuale potente organizzazione ( dei fascisti ) è favorita da commercianti , industriali , agricoltori " . Nella guerra e nella rivoluzione aver pietà di dieci significa essere spietati con mille . La classe operaia ungherese ha voluto essere dolce coi suoi oppressori : oggi sconta , e scontano le donne operaie e scontano i bambini operai , la sua dolcezza ; la pietà per i mille ha portato miseria , lutto ; disperazione a milioni di proletari ungheresi . I colpi non si danno a patti . Tanto più implacabili devono essere gli operai , in quanto non c ' è proporzione tra i danni che subisce la classe operaia e i danni che subiscono i capitalisti . La Camera del lavoro è il prodotto degli sforzi di molte generazioni di operaie . E ' costata sacrificio e stenti a centinaia di migliaia di operai , è l ' unica proprietà di centomila famiglie operaie . Se essa viene distrutta , sono annientati questi sforzi , questi sacrifici , questi stenti , questa proprietà . La si vuol distruggere per distruggere l ' organizzazione , per togliere all ' operaio la garanzia del suo pane , del suo tetto , del suo vestire , per togliere questa garanzia alla donna e al figlio dell ' operaio . Pericolo di morte per chi tocca la Camera del lavoro , pericolo di morte per chi favorisce e promuove l ' opera di distruzione ! Cento per uno . Tutte le case degli industriali e dei commercianti non possono salvare la casa del popolo , perché il popolo perde tutto se perde la sua casa . Pericolo di morte per chi attenta al pane dell ' operaio , al pane del figlio dell ' operaio . La guerra è la guerra : chi tenta l ' avventura deve provare il duro morso della belva che ha scatenato . Tutto ciò che l ' operaio ha creato col soldino del suo sacrificio , tutto ciò che le generazioni operaie hanno lentamente e faticosamente elaborato col sangue e col dolore , deve essere rispettato come cosa sacra . Scoppia la tempesta e l ' uragano quando si commettono sacrilegi , e travolge i colpevoli come pagliuzze . Pericolo di morte per chi tocca la proprietà dell ' operaio , dell ' uomo condannato a non aver proprietà . La guerra è la guerra . Guai a chi la scatena . Un militante della classe operaia che debba passare all ' altro mondo , deve avere nel suo viaggio un accompagnamento di prima classe . Se l ' incendio arrossa il pezzo di cielo di una strada , la città deve essere provvista di molti bracieri per riscaldare le donne e i figli degli operai andati in guerra . Guai a chi scatena la guerra . Se l ' Italia non è abituata alla serietà e alla responsabilità , se l ' Italia non è abituata a prendere sul serio nessuno , se l ' Italia borghese si è per caso formata la facile e dolce persuasione che neppure i rivoluzionari italiani sono da prendere sul serio , sia lanciato il dado : siamo persuasi che più di una volpe lascerà la sua coda e l ' astuzia nella tagliola .
La figlia di Jorio ( Vergani Orio , 1954 )
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La sera del 3 marzo 1904 si alzò per la prima volta il sipario sulla vicenda di Aligi e di Mila di Codra . Nasceva alla vita dello spettacolo , dopo esser nata sui grandi fogli di carta a mano del manoscritto - fu poi riprodotto in un facsimile che reca tutte le tracce della sua elaborazione - la Figlia di Jorio . II sipario si aprì puntualmente alle 20.45 . Per chi volesse saperlo , i prezzi d ' ingresso al teatro Lirico di Milano erano , per quei tempi , eccezionalissimi . I palchi costavano 120 lire : una poltrona 30 lire . Prezzi , dunque , scaligeri . Nevicava fitto . Una fila interminabile di carrozze padronali , con pariglie e cocchieri in tuba , sostava sotto alla neve in via Larga e nelle strade adiacenti . Gabriele d ' Annunzio avrebbe compiuto di lì a pochi giorni i quarantun anni . Virgilio Talli , che aveva messo in scena la « tragedia pastorale » e guidato e concertato la recitazione , ne aveva quarantasette , come Oreste Calabresi cui era affidato il ruolo di Lazaro di Rojo . Ruggero Ruggeri che vestiva i panni di Aligi ne aveva trentatré , e trentuno Irma Gramatica , cui era stata affidata la parte della protagonista . La Talli - Gramatica - Calabresi ( Ruggeri non aveva ancora il nome « in ditta » , come si dice nel gergo dei comici ) era indicata , nelle conversazioni degli appassionati di teatro , come la « compagnia dei giovani » , animata , pur sotto la disciplina ferrea di Talli , da tendenze « rivoluzionarie » . Lyda Borelli faceva parte della compagnia nel gruppo delle attrici giovani : ed era appena una giovinetta . Le erano affidate le battute di Favetta . Ornella - ecco un nome inventato da D ' Annunzio che diventò popolare quasi come quelli dei personaggi dei melodrammi : furono moltissime le bambine che ebbero il suo nome - era Giannina Chiantoni . Il poeta non aveva avuto sempre favorevole il pubblico nelle sue prove di autore teatrale : aveva conosciuto , anzi , qualche duro assalto negativo da parte delle platee , per quanto sostenuto con appassionata fede da Eleonora Duse , che gli era stata compagna in tutte le sue esperienze di palcoscenico . L ' attesa era , in ogni modo , immensa . La vittoria doveva essere superba : certamente la più alta di tutto il teatro dannunziano . Una cronaca dell ' « Illustrazione Italiana » narra che il poeta fu chiamato alla ribalta « le dieci , le quindici volte ... » . Era proprio il segno del trionfo perché , in quegli anni , due o tre chiamate dopo ogni atto già erano la misura di un vivo successo . Il teatro di prosa non conosceva una robusta claque . Da parte di Virgilio Talli fu la prova più alta e più faticosa delle sue capacità di « regista » , come si direbbe oggi : di « capocomico » come si diceva allora . E fu anche una prova di diplomazia , di pazienza , di sottile intuito organizzativo . Il grande « capocomico » non doveva armeggiare solamente per rispondere degnamente all ' attesa e alle esigenze dello scrittore : doveva anche , senza mostrare di immischiarsi nei fatti personali dell ' autore , prevedere , ed esser pronto ad agire di conseguenza , una grossa crisi di carattere sentimentale che avrebbe potuto mettere in pericolo , da un momento all ' altro , la realizzazione dello spettacolo . La cronaca , oggi , si impadronisce subito di qualsiasi episodio sentimentale delle dive . Viviamo nel tempo delle conferenze stampa , nel corso delle quali mogli o amanti che si suppongono tradite dettano ai cronisti la storia dei loro dissidi d ' amore . Allora , nel 1904 , la discrezione della stampa era ancora obbligatoria . Delle avventure sentimentali si parlava sottovoce . Le amanti deluse piangevano in silenzio , senza offrire le proprie lacrime ai lampi dei fotoreporters . L ' andata in scena della Figlia di Jorio doveva coincidere con la crisi finale di quella che , dopo l ' amore di De Mussct per George Sand , poteva essere definita « la passione del secolo » . Sarebbe inutile , di ciò , ricercare la traccia nei giornali del 1904 , . e , per molti anni ancora , ricercarne qualche indicazione precisa nei libri di storia e di biografia teatrale . L ' autobiografia di ' falli è molto velata in proposito . I libri che narrano la vita della Duse - almeno quelli scritti sotto la sua diretta ispirazione - usano , in proposito , lunghe , caute , morbide perifrasi . La versione ufficiale dei fatti che portarono alla rinuncia della Duse a dare vita al personaggio di Mila di Codra è quella che attribuisce la rinuncia ad un « molesto raffreddore » . Virgilio Talli non aveva studiato medicina , ma con tutta probabilità aveva previsto questo « raffreddore » sino da otto mesi prima quando tramite Adolfo Orvieto - il direttore del Marzocco - era stato convocato da D ' Annunzio alla Capponcina per sentirsi affidare la messa in scena della tragedia . D ' Annunzio e Talli erano stati compagni di collegio al Cicognini di Prato . Talli che aveva sei anni più cli D ' Annunzio era stato , al Cicognini , uno , dei « grandi » , mentre il figlio del pescarese don Francesco d ' Annunzio era uno dei « piccoli » . S ' erano poi , effettivamente , perduti di vista , Il poeta , incontrandosi con Talli nell ' atmosfera di sagrestia e di antiquariato che caratterizzava l ' arredamento della villetta fiesolana , evocò a lungo , e molto con l ' immaginazione , gli anni di collegio . Poi raccontò la trama della tragedia . Il nome e la figura della Figlia di Jorio erano già noti attraverso il quadro di Francesco Paolo Michetti che , vari anni prima , aveva avuto un successo clamoroso di pubblico . D ' Annunzio disse che la parte di Mila sarebbe stata interpretata da Eleonora Duse , almeno nelle città principali , e soprattutto nella prima presentazione dell ' opera al pubblico . Innanzi a tanto nome Talli non aveva che da inchinarsi . In quanto ad essere sicuro di aver Eleonora alla « prima » aveva segretamente molti dubbi . Per quanto le cronache fossero , in materia di « notiziari amorosi » , assolutamente mute , nessuno ignorava - e forse non lo ignorava la stessa Duse - che una nuova donna era entrata nel labirinto di fascini del poeta . Si trattava di una donna giovane e molto bella , di alta nascita - era figlia di un presidente del Consiglio dei ministri - e di nobile matrimonio . Alessandra Starabba di Rudinì maritata marchesa Carlotti , la cui vita doveva essere travolta dal tempestoso sentimento che la unì al poeta e che doveva trovare pace più tardi solamente quando volle vestire l ' abito di clausura delle Carmelitane , aveva sollevato grande rumore negli ambienti del patriziato veronese con i suoi atteggiamenti e costumi di donna « moderna » . Ancora molti anni dopo , a Verona , le signore la ricordavano alla guida di un tiro a quattro o in sella di maldomi cavalli da corsa . Si favoleggiava che , dovendo per la prima volta ricevere il poeta nella sua villa , avesse fatto cospargere di rose tutto il viale del parco . Il poeta l ' aveva incontrata a Firenze e , poi , sulla riva del Garda , a San Vigilio , dove la marchesa possedeva una grande villa . Essa era insomma colei che , nella biografia delle donne che hanno impegnato il loro cuore nella fede per D ' Annunzio , prese il nome di « Dama del Garda » . La collaborazione teatrale fra il poeta e la « divina Eleonora » era , prima di tutto , alleanza di un amore entusiastico . Si sarebbe mantenuta questa collaborazione il giorno in cui Eleonora avesse dubitato , o saputo con certezza , di questo nuovo « romanzo » di Gabriele ? Era ciò che rendeva assai perplesso Talli il quale ad ogni buon conto - egli aveva anche la responsabilità organizzativa ed economica dello spettacolo - per evitare troppo gravi sorprese pensò bene , ad insaputa del poeta , di passare il copione in lettura a Irma Gramatica , dicendole di tenersi pronta non solo per le « riprese » della tragedia pastorale , ma , addirittura , per la « prima » qualora il segreto dramma d ' amore della Duse fosse giunto ad una crisi irreparabile . Tutto questo retroscena non era materia di cronaca , ma era noto negli ambienti teatrali , e di qui , con i « si dice » dei salotti mondani , era diventato notissimo anche al pubblico . La curiosità per l ' imminente avvenimento ne era così anche più acuita . E intanto si parlava dell ' impegno con cui gli amici abruzzesi di Gabriele , con alla testa Michetti , andavano raccogliendo nei villaggi d ' Abruzzo tutta la suppellettile folcloristica necessaria per la messa in scena : vecchi costumi , orci , borracce intarsiate , gioielli , scialli , scapolari . Michetti e Ferraguti preparavano i bozzetti per le scene che Rovescalli , lo scenografo della Scala , doveva dipingere in grande . Michetti disegnava il costume di Mila per la Duse e il bozzetto veniva mandato da Talli alla sartoria teatrale . Il poeta aveva letto il copione agli attori e Irma Gramatica - che lo aveva già letto di nascosto - obbedendo a Talli fingeva di non conoscerne nemmeno una parola . D ' Annunzio continuava a parlare della Duse come di una interprete sicura . Ed egli era forse sicuro che , all ' ultimo , la sua autorità di poeta avrebbe avuto il potere di placare nella Duse le ansie , i crucci , le gelosie della donna . Si vide che egli si era sbagliato . E le cronache cominciarono a parlare della salute della Duse , di vaghe indisposizioni , di abbassamenti di voce , di persistenti faringiti . Quello che segretamente giungeva alla sua conclusione , mentre si iniziavano le prove , era il dramma più grave e tormentoso della vita della grande attrice . Alla fine si capì che era impossibile parlare di accomodamenti e di rinvii . Velatamente , raccontando la vita della Duse , Olga Signorelli , richiamandosi ad un brano del Fuoco , dice così di quell ' ora : «...Nulla era accaduto , nulla accadeva ... Nessuna parola era stata proferita che stabilisse un termine , che accennasse ad una interruzione ... E nondimeno ella sentiva in quel punto l ' impossibilità assoluta di seguitare a vivere accanto all 'amato...» . La crisi arrivava al culmine . Meno poeticamente Talli , che era stato in grande agitazione e l ' aveva confidato a Marco Praga fin dal gennaio - il poeta era spessissimo a Verona , si sapeva perché e nelle sue epistole parlava lietamente di cavalcate e di cacce - racconta che , alla fine , il poeta stesso aveva detto non esser « ormai prudente prolungare troppo un ' illusione che avrebbe potuto procurare dispiaceri non lievi ... » . Il nome della Duse non fu più pronunciato e il costume di Mila fu portato nel camerino di Irma Gramatica . La sera del 3 marzo , a Genova , costretta a letto in albergo dalla febbre , avendo compagna Matilde Serao , Eleonora Duse , mentre a Milano si apriva il sipario del Lirico , declamò a se stessa la tragedia . La sapeva a memoria dal primo all ' ultimo verso . E continuò sino alla fine , nella notte , sino alla battuta suprema : « La fiamma è bella ! La fiamma è bella ! » . Intanto , mentre l ' ispiratrice piangeva disfatta sul cuscino , il pubblico chiamava il poeta in trionfo alla ribalta . La Figlia di Jorio iniziava la sua vita di poesia : Eleonora Duse quella della sua lunga disperata melanconia .
LA CAPITALE A ROMA ( - , 1870 )
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Si dice da taluno che un trasferimento immediato della capitale a Roma sia impossibile materialmente e moralmente . Rispondiamo che IMPOSSIBILE è invece il NON ANDARVI . Cosa fatta capo ha . Fin da questo momento la Capitale è Roma , Roma sola , e chi non se ne accorge è cieco dell ' intelletto . A Roma , a Roma sola è rivolto l ' occhio , il pensiero , il cuore della Nazione . A Roma accorrono come al centro a cui tende ogni cosa italiana , come al crogiuolo in cui s ' affinerà domani l ' opinione pubblica nazionale , tutti i partiti , tutte le forze vive e capaci d ' influenza politica . Domani il giornalismo della grande Metropoli sarà quello che avrà nome e sostanza di giornalismo della Capitale . Domani Roma e l ' Italia convenuta in Roma chiederanno a se stesse : « Dov ' è il governo ? Natura abhorret a vacuo . Dov ' è il governo ? » . È urgente che a tal domanda si possa rispondere : « Al Quirinale ! Al Quirinale ! » . Badateci ! Se il vuoto si prolunga altri lo riempie . Natura abhorret a vacuo . Se non andate voi ci andrà la Repubblica . Badateci ! I meridionali non vorran più risalire oltre Roma ; e i settentrionali che anelano alla stabilità della cosa pubblica vi scongiurano d ' uscir dal provvisorio al più presto possibile , e di portare al Congresso un fatto compiuto dinanzi al quale la diplomazia s ' inchini , e non una passeggiata militare a cui d ' un tratto di penna si possa dare contrordine .
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Uno dei membri della delegazione italiana , testé ritornato dalla Russia sovietica , riferì ai lavoratori torinesi che la tribuna destinata all ' accoglienza della delegazione di Kronstadt era fregiata con la seguente iscrizione : " Evviva lo sciopero generale torinese dell ' aprile 1920 " . Gli operai appresero questa notizia con molto piacere e grande soddisfazione . La maggior parte dei componenti la delegazione italiana recatasi in Russia erano stati contrari allo sciopero generale d ' aprile . Essi sostenevano nei loro articoli contro lo sciopero che gli operai torinesi erano stati vittime di un ' illusione e avevano sopravvalutato l ' importanza dello sciopero . I lavoratori torinesi appresero perciò con piacere l ' atto di simpatia dei compagni di Kronstadt ed essi si dissero : " I nostri compagni comunisti russi hanno meglio compreso e valutato l ' importanza dello sciopero di aprile che non gli opportunisti italiani , dando così a questi ultimi una buona lezione " . Lo sciopero di aprile Il movimento torinese dell ' aprile fu infatti un grandioso avvenimento nella storia non soltanto del proletariato italiano , ma di quello europeo , e possiamo dirlo , nella storia del proletariato di tutto il mondo . Per la prima volta nella storia , si verificò infatti il caso di un proletariato che impegna la lotta per il controllo della produzione , senza essere stato spinto all ' azione dalla fame o dalla disoccupazione . Di più non fu soltanto una minoranza , un ' avanguardia della classe operaia che intraprese la lotta , ma la massa intiera dei lavoratori di Torino scese in campo e portò la lotta , incurante di privazioni e di sacrifizi , fino alla fine . I metallurgici scioperarono per un mese , le altre categorie dieci giorni . Lo sciopero generale degli ultimi dieci anni dilagò in tutto il Piemonte , mobilizzando circa mezzo milione di operai industriali e agricoli , e coinvolse quindi circa quattro milioni di popolazione . I capitalisti italiani tesero tutte le loro forze per soffocare il movimento operaio torinese ; tutti i mezzi dello Stato borghese furono posti a loro disposizione , mentre gli operai sostennero da soli la lotta senza alcun aiuto né dalla direzione del Partito socialista , né dalla Confederazione Generale del Lavoro . Anzi , i dirigenti del Partito e della Confederazione schernirono i lavoratori e contadini italiani da qualsiasi azione rivoluzionaria colla quale essi intendevano manifestare la loro solidarietà coi fratelli torinesi , e portare a essi un efficace aiuto . Ma gli operai torinesi non si perdettero d ' animo . Essi sopportarono tutto il peso della reazione capitalista , osservarono la disciplina fino all ' ultimo momento e rimasero fino dopo la disfatta fedeli alla bandiera del comunismo e della rivoluzione mondiale . Anarchici e sindacalisti La propaganda degli anarchici e sindacalisti contro la disciplina di partito e la dittatura del proletariato non ebbe alcuna influenza sulle masse , anche quando , causa del tradimento dei dirigenti , lo sciopero terminò con una sconfitta . I lavoratori torinesi giurarono anzi di intensificare la lotta rivoluzionaria e di condurla su due fronti : da una parte contro la borghesia vittoriosa , dall ' altra contro i capi traditori . La coscienza e la disciplina rivoluzionaria , di cui le masse torinesi hanno dato prova , hanno la loro base storica nelle condizioni economiche e politiche in cui si è sviluppata la lotta di classe a Torino . Torino è un centro di carattere prettamente industriale . Quasi tre quarti della popolazione , che conta mezzo milione di abitanti , è composta di operai : gli elementi piccolo - borghesi sono una quantità infima . A Torino vi è inoltre una massa compatta di impiegati e tecnici , che sono organizzati nei sindacati e aderiscono alla Camera del Lavoro . Essi furono durante tutti i grandi scioperi a fianco degli operai , e hanno quindi , se non tutti , almeno la maggior parte , acquistato la psicologia del vero proletariato , in lotta contro il capitale , per la rivoluzione e il comunismo . Due insurrezioni armate Durante la guerra imperialista del 1914-18 , Torino vide due insurrezioni armate : la prima insurrezione , che scoppiò nel maggio 1915 , aveva l ' obiettivo di impedire l ' intervento dell ' Italia nella guerra contro la Germania ( in questa occasione venne saccheggiata la Casa del popolo ) ; la seconda insurrezione , nell ' agosto 1917 , assunse il carattere di una lotta rivoluzionaria armata , su grande scala . La notizia della Rivoluzione di marzo in Russia era stata accolta a Torino con gioia indescrivibile . Gli operai piangevano di commozione quando appresero la notizia che il potere dello zar era stato rovesciato dai lavoratori di Pietrogrado . Ma i lavoratori torinesi non si lasciarono infinocchiare dalla fraseologia demagogica di Kerenski e dei menscevichi (...) . Quando nel luglio del 1917 arrivò a Torino la missione inviata nell ' Europa occidentale dal Soviet di Pietrogrado , i delegati Smirnov e Goldemberg , che si presentarono dinanzi a una folla di cinquantamila operai , vennero accolti da grida assordanti di " Evviva Lenin ! Evviva i bolscevichi ! " . Goldemberg non era troppo soddisfatto di questa accoglienza ; egli non riusciva a capire in che maniera il compagno Lenin si fosse acquistata tanta popolarità fra gli operai torinesi . E non bisogna dimenticare che questo episodio avvenne dopo la repressione della rivolta bolscevica del luglio , che la stampa borghese italiana infuriava contro Lenin e contro i bolscevichi , denunziandoli come briganti , intriganti , agenti e spie dell ' imperialismo tedesco . Dal principio della guerra italiana ( 24 maggio 1915 ) il proletariato torinese non aveva fatto nessuna manifestazione di massa . Barricate , trincee , reticolati L ' imponente comizio che era stato organizzato in onore dei delegati del Soviet pietrogradese segnò l ' inizio di un nuovo periodo di movimenti di masse . Non passò un mese , che i lavoratori torinesi insorsero con le armi in pugno contro l ' imperialismo e il militarismo italiano . L ' insurrezione scoppiò il 23 agosto 1917 . Per cinque giorni gli operai combatterono nelle vie della città . Gli insorti , che disponevano di fucili , granate e mitragliatrici , riuscirono persino a occupare alcuni quartieri della città e tentarono tre o quattro volte di impadronirsi del centro ove si trovavano le istituzioni governative e i comandi militari . Ma i due anni di guerra e di reazione avevano indebolito la già forte organizzazione del proletariato , e gli operai inferiori di armamento furono vinti . Invano sperarono in un appoggio da parte dei soldati ; questi si lasciarono ingannare dall ' insinuazione che la rivolta era stata inscenata dai tedeschi . Il popolo eresse barricate , scavò trincee , circondò qualche rione di reticolati a corrente elettrica e respinse per cinque giorni tutti gli attacchi delle truppe e della polizia . Caddero più di 500 operai , più di 2000 vennero gravemente feriti , Dopo la sconfitta i migliori elementi furono arrestati e allontanati e il movimento proletario perdette di intensità rivoluzionaria . Ma i sentimenti comunisti del proletariato torinese non erano spenti . Nel dopoguerra Dopo la fine della guerra imperialista il movimento proletario fece rapidi progressi . La massa operaia di Torino comprese che il periodo storico aperto dalla guerra era profondamente diverso dall ' epoca precedente la guerra . La classe operaia torinese intuì subito che la III Internazionale è un ' organizzazione del proletariato mondiale per la direzione della guerra civile , per la conquista del potere politico , per l ' istituzione della dittatura proletaria , per la creazione di un nuovo ordine nei rapporti economici e sociali . I problemi della rivoluzione , economici e politici , formavano oggetto di discussione in tutte le assemblee degli operai . Le migliori forze dell ' avanguardia operaia si riunirono per diffondere un settimanale di indirizzo comunista , " l ' Ordine Nuovo " . Nelle colonne di questo settimanale si trattarono i vari problemi della rivoluzione ; l ' organizzazione rivoluzionaria delle masse che dovevano conquistare i sindacati alla causa del comunismo ; il trasferimento della lotta sindacale dal campo grettamente corporativista e riformista , sul terreno della lotta rivoluzionaria , del controllo sulla produzione e della dittatura del proletariato . Anche la questione dei Consigli di fabbrica fu posta all ' ordine del giorno . Nelle aziende torinesi esistevano già prima piccoli comitati operai , riconosciuti dai capitalisti , e alcuni di essi avevano già ingaggiato la lotta contro il funzionarismo , lo spirito riformista e le tendenze costituzionali dei sindacati . Ma la maggior parte di questi comitati non erano creature dei sindacati ; le liste dei candidati per questi comitati ( commissioni interne ) venivano proposte dalle organizzazioni sindacali , le quali sceglievano di preferenza operai di tendenze opportuniste che non avrebbero dato delle noie ai padroni , e avrebbero soffocato in germe ogni azione di massa . I seguaci dell ' " Ordine Nuovo " perorarono nella loro propaganda in prima linea la trasformazione delle commissioni interne , e il principio che la formazione delle liste dei candidati dovesse avvenire nel seno della massa operaia e non dalle cime della burocrazia sindacale . I compiti che essi assegnarono ai Consigli di fabbrica furono il controllo sulla produzione , l ' armamento e la preparazione militare delle masse , la loro preparazione politica e tecnica . Essi non dovevano più compiere l ' antica funzione di cani da guardia che proteggono gli interessi delle classi dominanti , né frenare le masse nelle loro azioni contro il regime capitalistico . L ' entusiasmo per i Consigli La propaganda per i Consigli di fabbrica venne accolta con entusiasmo dalle masse ; nel corso di mezzo anno vennero costituiti Consigli di fabbrica in tutte le fabbriche e officine metallurgiche , i comunisti conquistarono la maggioranza nel sindacato metallurgici ; il principio dei Consigli di fabbrica e del controllo sulla produzione venne approvato e accettato dalla maggioranza del Congresso e dalla maggior parte dei sindacati appartenenti alla Camera del Lavoro . L ' organizzazione dei Consigli di fabbrica si basa sui seguenti principi : in ogni fabbrica in ogni officina viene costituito un organismo sulla base della rappresentanza ( e non sull ' antica base del sistema burocratico ) il quale realizza la forza del proletariato , la lotta contro l ' ordine capitalistico o esercita il controllo sulla produzione , educando tutta la massa operaia per la lotta rivoluzionaria e per la creazione dello Stato operaio . Il Consiglio di fabbrica deve essere formato secondo il principio dell ' organizzazione per industria ; esso deve rappresentare per la classe operaia il modello della società comunista , alla quale si arriverà attraverso la dittatura del proletariato ; in questa società non esisteranno più divisioni di classe , tutti i rapporti sociali saranno regolati secondo le esigenze tecniche della produzione e della organizzazione corrispondente , e non saranno subordinati a un potere statale organizzato . La classe operaia deve comprendere tutta la bellezza e nobiltà dell ' ideale per il quale essa lotta e si sacrifica ; essa deve rendersi conto che per raggiungere questo ideale è necessario passare attraverso alcune tappe ; essa deve riconoscere la necessità della disciplina rivoluzionaria e della dittatura . Ogni azienda si suddivide in reparti e ogni reparto in squadre di mestiere ; ogni squadra compie una determinata parte del lavoro ; gli operai di ogni squadra eleggono un operaio con mandato imperativo e condizionato . L ' assemblea dei delegati di tutta l ' azienda forma un Consiglio che elegge dal suo seno un comitato esecutivo . L ' assemblea dei segretari politici dei comitati esecutivi forma il comitato centrale dei Consigli che elegge dal suo seno un comitato urbano di studio per la organizzazione della propaganda , la elaborazione dei piani di lavoro , per l ' approvazione dei progetti e delle proposte delle singole aziende perfino di singoli operai , e infine per la direzione generale di tutto il movimento . Consigli e commissioni interne durante gli scioperi Alcuni compiti dei Consigli di fabbrica hanno carattere prettamente tecnico e perfino industriale , come ad esempio , il controllo sul personale tecnico , il licenziamento di dipendenti che si dimostrano nemici della classe operaia , la lotta con la direzione per la conquista dei diritti e libertà , il controllo della produzione dell ' azienda e delle operazioni finanziarie . I Consigli di fabbrica presero presto radici . Le masse accolsero volentieri questa forma di organizzazione comunista , si schierarono intorno ai comitati esecutivi e appoggiarono energicamente la lotta contro l ' autocrazia capitalista . Quantunque né gli industriali , né la burocrazia sindacale volessero riconoscere i Consigli e i comitati , questi ottennero tuttavia notevoli successi : essi scacciarono gli agenti e le spie dei capitalisti , annodarono rapporti con gli impiegati e coi tecnici per avere delle informazioni d ' indole finanziaria e industriale ; negli affari dell ' azienda essi concentrarono nelle loro mani il potere disciplinare e dimostrarono alle masse disunite e disgregate ciò che significa la gestione diretta degli operai nell ' industria . L ' attività dei Consigli e delle commissioni interne si manifestò più chiaramente durante gli scioperi ; questi scioperi perdettero il loro carattere impulsivo , fortuito e divennero l ' espressione dell ' attività cosciente delle masse rivoluzionarie . L ' organizzazione tecnica dei Consigli e delle commissioni interne , la loro capacità di azione si perfezionò talmente , che fu possibile ottenere in cinque minuti la sospensione dal lavoro di 15 mila operai dispersi in 42 reparti della Fiat . Il 3 dicembre 1919 i Consigli di fabbrica diedero una prova tangibile della loro capacità di dirigere movimenti di masse in grande stile ; dietro ordine della sezione socialista , che concentrava nelle sue mani tutto il meccanismo del movimento di massa , i Consigli di fabbrica mobilizzarono senza alcuna preparazione , nel corso di un ' ora , centoventimila operai , inquadrati secondo le aziende . Un ' ora dopo si precipitò l ' armata proletaria come una valanga fino al centro della città e spazzò dalle strade e dalle piazze tutto il canagliume nazionalista e militarista . La lotta contro i Consigli Alla testa del movimento per la costruzione dei Consigli di fabbrica furono i comunisti appartenenti alla sezione socialista e alle organizzazioni sindacali ; vi presero pure parte gli anarchici , i quali cercarono di contrapporre la loro fraseologia ampollosa al linguaggio chiaro e preciso dei comunisti marxisti . Il movimento incontrò la resistenza accanita dei funzionari sindacali , della direzione del Partito socialista e dell ' " Avanti ! " . La polemica di questa gente si basava sulla differenza fra il concetto di Consiglio di fabbrica e quello di Soviet . Le loro conclusioni ebbero un carattere puramente teorico , astratto , burocratico . Dietro le loro frasi altisonanti si celava il desiderio di evitare la partecipazione diretta delle masse alla lotta rivoluzionaria , il desiderio di conservare la tutela delle organizzazioni sindacali sulle masse . I componenti la direzione del Partito si rifiutarono sempre di prendere l ' iniziativa di una azione rivoluzionaria , prima che non fosse attuato un piano di azione coordinato , ma non facevano mai nulla per preparare ed elaborare questo piano . Il movimento torinese non riuscì però ad uscire dall ' ambito locale , poiché tutto il meccanismo burocratico dei sindacati venne messo in moto per impedire che le masse operaie delle altre parti d ' Italia seguissero l ' esempio di Torino . Il movimento torinese venne deriso , schernito , calunniato e criticato in tutti i modi . Le aspre critiche degli organismi sindacali e della direzione del Partito socialista incoraggiarono nuovamente i capitalisti i quali non ebbero più freno nella loro lotta contro il proletariato torinese e contro i Consigli di fabbrica . La conferenza degli industriali , tenutasi nel marzo 1920 a Milano , elaborò un piano d ' attacco ; ma i " tutori della classe operaia " , le organizzazioni economiche e politiche non si curarono di questo fatto . Abbandonato da tutti , il proletariato torinese fu costretto ad affrontare da solo , colle proprie forze , il capitalismo nazionale e il potere dello Stato . Torino venne inondata da un esercito di poliziotti ; intorno alla città si piazzarono cannoni e mitragliatrici nei punti strategici . E quando tutto questo apparato militare fu pronto , i capitalisti cominciarono a provocare il proletariato . E ' vero che di fronte a queste gravissime condizioni di lotta il proletariato esitò ad accettare la sfida ; ma quando si vide che lo scontro era inevitabile , la classe operaia uscì coraggiosamente dalle sue posizioni di riserva e volle che la lotta fosse condotta fino alla sua fine vittoriosa . Il Consiglio nazionale socialista di Milano I metallurgici scioperarono un mese intero , le altre categorie dieci giorni ; l ' industria in tutta la provincia era ferma , le comunicazioni paralizzate . Il proletariato torinese fu però isolato dal resto d ' Italia ; gli organi centrali non fecero niente per aiutarlo ; ma non pubblicarono nemmeno un manifesto per spiegare al popolo italiano l ' importanza della lotta dei lavoratori torinesi ; L ' " Avanti ! " si rifiutò di pubblicare il manifesto della sezione torinese del partito . I compagni torinesi si buscarono dappertutto epiteti di anarchici e avventurieri . In quell ' epoca si doveva avere a Torino il Consiglio nazionale del Partito ; tale convegno venne però trasferito a Milano , perché una città " in preda a uno sciopero generale " sembrava poco adatta come teatro di discussioni socialiste . In questa occasione si manifestò tutta l ' impotenza degli uomini chiamati a dirigere il Partito ; mentre la massa operaia difendeva a Torino coraggiosamente i Consigli di fabbrica , la prima organizzazione basata sulla democrazia operaia , incarnante il potere del proletario , a Milano si chiacchierava intorno a progetti e metodi teorici per la formazione di Consigli come forma di potere politico da conquistare dal proletariato ; si discuteva sul modo di sistemare le conquiste non avvenute e si abbandonava il proletariato torinese al suo destino , si lasciava alla borghesia la possibilità di distruggere il potere operaio già conquistato . Le masse proletarie italiane manifestarono la loro solidarietà coi compagni torinesi in varie forme ; i ferrovieri di Pisa , Livorno e Firenze si rifiutarono di trasportare le truppe destinate a Torino , i lavoratori dei porti e i marinari di Livorno e Genova sabotarono il movimento dei porti ; il proletariato di molte città scese in sciopero contro gli ordini dei sindacati . Lo sciopero generale di Torino e del Piemonte cozzò contro il sabotaggio e la resistenza delle organizzazioni sindacali e del Partito stesso . Esso fu tuttavia di grande importanza educativa perché dimostrò che l ' unione pratica degli operai e contadini è possibile , e riprovò l ' urgente necessità di lottare contro tutto il meccanismo burocratico delle organizzazioni sindacali , che sono il più solido appoggio per l ' opera opportunistica dei parlamentari e dei riformisti mirante al soffocamento di ogni movimento rivoluzionario delle masse lavoratrici .
Garbo Greta ( Vergani Orio , 1953 )
StampaQuotidiana ,
Ogni tanto , la Divina passa sotto alla mia finestra nella piazzetta del porticciolo di Portofino . La Divina è « diventata di casa » . Domani o dopodomani - mi ha detto lo scrittore americano Truman Capote - tornerà qui per qualche giorno . L ' altra sera , si dimostrava più acclimatata o più fiduciosa nella discrezione della gente : aveva riposto nella borsa i suoi grandi occhiali neri , e , passando davanti al gelataio o davanti alla vetrina della piccola friggitoria , non affrettava il passo , e lasciava che , sia pure in una cauta distanza , il riverbero della modesta luce dei due spacci le sfiorasse il volto . Nemmeno per lei ha una qualche eccezione la regola della piazzetta : le automobili non possono entrare . Anche la Divina deve obbedire al divieto marcato da una vecchia catena : l ' auto dei suoi ospiti sosta cinquanta metri più in là , nel posteggio scavato nella gola della valle . Anche lei deve attraversare la piazza a piedi , andare a piedi alla Calata , o salire a piedi per il viottolo scosceso che sale a San Giorgio . La catena non è stata abbassata , nessun baldo giovane in maglietta da marinaio posticcio si è fatto avanti per portarla in collo , così come essa , quasi trent ' anni or sono , in una scena della Carne e il diavolo si faceva portare con un abbandono d ' amore che la memoria fa sembrare incomparabile . La Divina , se desidera evitare la troppa luce delle trattorie e dei caffè , i troppi sguardi curiosi deve fidarsi solo delle proprie gambe e dei propri zoccoli camminando là dove , forse , l ' acciottolato è più rude . Là era la penombra , e nel suo filo ultimo , al di là del quale si iniziava il buio della notte , la Divina camminava appartata , equilibrandosi sugli zoccoli che le signore dei caffè giudicavano , con una rapida occhiata , assai fuori moda . In quel filo di penombra dove la luce sfuma e dove il buio ancora non nasconde , passa dunque colei che fu chiamata la Divina così come Eleonora Duse fu chiamata , dai suoi compagni d ' arte , la Signora . Da quel filo di penombra , ogni giorno un millimetro , essa va lentamente portandosi verso l ' ombra dove più non entra che la luce della storia . La sua è la storia di uno sguardo , di un volto , di un sorriso , di un palpito melanconico delle pupille , di un bacio e , forse più che di un bacio , di un sospiro . È la storia del volto che lei ha dato alla Signora delle Camelie e ad Anna Karenina : un volto che ormai , per la nostra generazione , non si separa più dai due volti immortali modellati dalla poesia teatrale e dal romanzo . Quel volto sta adesso all ' ultima ribalta della penombra : presto verrà l ' età con i suoi colpi di lima pesanti ; la luce di quegli occhi si attenuerà ; l ' enigma di quelle pupille sembrerà , a chi non sappia ritrovarne l ' impallidito mistero , un modesto rebus da vecchia raccolta di ingialliti settimanali dei padri e dei nonni . Io , mentre Greta passa in quella penombra , o nel breve riflesso della piccola festosa luce della botteguccia del gelataio sotto alla mia finestra , penso alla immensa fatica e forse all ' immensa noia e certo alla fatale tristezza di portare in giro quel volto che con il tempo si farà stanco , che già oggi è un po ' stanco , e di sentir su di esso il peso , il carico , il giogo di infiniti , di innumerevoli sguardi , curiosi , avidi e persino spietati . Questo è il destino di chi , volendo tornare forse ad essere una donna come tante altre e , anzi , a differenza delle altre desiderosa solamente di non essere guardata , porta , sotto il cappellaccio di paglia o sotto il fazzoletto malamente annodato , un volto che fa parte della storia del Novecento , di questo strano secolo in cui , forse più di ogni altra cosa il dominio dell ' Immagine ci lega alle misteriose catene della poesia e della bellezza . Il suo destino è stato di non avere un « romanzo » , pure avendo dato il suo viso alle protagoniste di venti o trenta romanzi . Avrebbe potuto essere tutte le donne : le donne vere e le donne immaginarie , le donne della poesia e le donne della cronaca , Laura de Sade , Ilaria del Carretto , Emma Bovary , Maria Tarnowska , Hedda Gabler , e persino Nanà e persino Zazà . Dove passa lei , sono esse che passano . Ma lei , la Divina , lei Greta Garbo mi sembra che là , nella penombra , vada come appesantita dal corteo che quelle , invisibili , fanno alla sua figura , ormai più che fragile , un po ' affaticata : le altre che le hanno rapito il diritto di avere un ' anima solamente sua , come nel racconto di Poe del pittore che , per dipingere il Ritratto ovale , ogni giorno con un colpo di pennello porta via qualcosa dall ' anima della sua modella . Dal caffè , dai tavoli delle trattorie , dalle pietre del molo della Calata , dalle finestre , dai terrazzini , o fra le siepi leggere illuminate a festa , o fra i sartiami dei velieri o fra le sagome bianche degli yachts dove le accada di salire , le donne , le giovinette la guardano . L ' altra sera , era sulla illuminatissima barca del duca di Windsor che non volle essere re e imperatore . Gli sguardi hanno potuto contare quante volte ha vuotato , prima di mezzanotte , il suo bicchiere di whisky . Si sa tutto : l ' hanno vista a pranzo nella loggia di una trattoria del molo , e si sa , fino al più minuscolo boccone , cosa ha mangiato . Si sa che ha rifiutato , con uno strano riso , di firmare un album . Da una settimana , da dieci giorni ci si domanda : « È bella ? » . E la stessa domanda ricomincerà , fra un tavolino e l ' altro dei caffè , fra due giorni , quando ritornerà . Si sente dire : « Io trovo ancora bellissima la fronte ... Per me , la bocca è un po ' stanca ... Io non posso perdonarle quei calzoni ... E io non le perdono quella maglietta ... Lei , avvocato , le ha guardato i piedi ? » . Quando , l ' altra sera , ha attraversato la piazzetta al braccio dell ' attrice Lilli Palmer , le signore di Portofino hanno affrettato il passo per poter confrontare la loro statura con la sua . Gruppi di ragazzette hanno abbandonato i tavolini del gelataio per vederla da vicino e sono tornate sghignazzando , dicendo che è brutta . Mi è passata accanto . L ' antica , prodigiosa bellezza è ancora evidente sotto al velo di melanconia dell ' età che sembra consumarla dal di dentro . Le tempie , lo zigomo , l ' arco dell ' orbita sono ancora perfetti anche se tendono ad appassire . Parlava a bassa voce , ridendo donnescamente , con l ' amica che le dava il braccio . È sparita nella penombra . Ho pensato che , mentre è facile , è quasi istintivo immaginare nude le donne , è difficile immaginare nuda Greta Garbo . Non so se questo sia più segno di rispetto o melanconia d ' amore .