StampaQuotidiana ,
V
'
è
egli
puntura
più
dolorosa
per
chi
nei
ceppi
,
negli
esili
,
rincorso
dagli
sgherri
,
appiattato
nel
solingo
studio
,
minacciato
dai
carnefici
,
non
ha
per
lunghi
anni
risparmiato
né
pericoli
,
né
fatica
perché
la
patria
sua
fosse
indipendente
da
ogni
forestiero
,
e
libera
nei
suoi
ordini
di
governo
;
vi
ha
egli
,
diciamo
,
puntura
più
dolorosa
per
lui
che
il
vedere
,
il
sentire
,
oggi
,
tanti
sussurrare
sommessamente
che
,
quanto
son
persuasi
dei
benefici
che
l
'
indipendenza
può
portare
all
'
Italia
,
tanto
cominciano
a
sospettare
che
la
libertà
politica
non
sia
in
grado
di
fargliene
;
e
che
una
prova
di
sei
o
sette
anni
mostra
oramai
che
un
governo
,
in
cui
vi
fosse
meno
luogo
a
parole
e
più
a
spazio
ai
fatti
,
sarebbe
meglio
in
grado
di
sanare
le
piaghe
che
nel
bel
corpo
d
'
Italia
,
oggi
,
come
ai
tempi
di
Petrarca
,
si
vedono
sì
spesse
?
Ebbene
,
costoro
seguono
un
'
apparenza
ingannevole
;
e
la
sostanza
delle
cose
sfugge
loro
.
Sì
,
l
'
Italia
ha
le
finanze
in
dissesto
,
e
l
'
amministrazione
sossopra
;
le
mutazioni
dei
ministeri
,
troppo
frequenti
,
hanno
impedito
che
nessuna
cosa
pigliasse
un
assetto
a
dirittura
stabile
;
le
discussioni
dei
parlamenti
hanno
talora
indugiato
d
'
un
anno
o
più
provvedimenti
che
,
presi
un
anno
prima
,
avrebbero
soffocato
nel
nascere
le
difficoltà
che
ora
ci
assiepano
;
il
demonio
del
parteggiare
ci
ha
tenuto
troppo
la
mano
nei
capelli
,
e
abbiamo
sciupato
nelle
gare
il
tempo
che
dovevano
spendere
a
fare
;
l
'
imitazione
della
Francia
ci
ha
sedotti
troppo
,
e
,
consumati
nelle
discussioni
astratte
e
teoriche
dei
diritti
,
ci
siamo
lasciati
a
sviare
dalla
considerazione
e
dall
'
esame
concreto
dei
fatti
.
Sì
,
è
vero
;
gli
elettori
hanno
scambiato
la
viltà
col
coraggio
,
e
,
assuefatti
a
governi
assoluti
,
non
hanno
inteso
le
necessità
dei
governi
liberi
.
Sì
,
si
son
lasciati
sopraffare
dalle
accuse
bugiarde
,
dalle
calunnie
demagogiche
di
quelli
che
,
all
'
indomani
della
libertà
,
colle
grida
scomposte
e
coi
finti
ardori
,
tentavano
di
far
dimenticare
la
lor
condotta
della
vigilia
;
e
,
invidiosi
d
'
ogni
primato
morale
,
d
'
ogni
influenza
legittima
acquistata
,
d
'
ogni
virtù
civile
,
versavano
la
bava
velenosa
del
loro
animo
sopra
i
migliori
,
sopra
quegli
stessi
che
avevano
loro
aperta
la
bocca
già
serva
.
Sì
,
tutto
questo
è
vero
;
è
dolorosamente
vero
;
ma
chi
gli
ha
educati
cotesti
italiani
,
dei
quali
ci
lagniamo
nelle
assemblee
,
nei
collegi
,
nei
circoli
,
nei
giornali
?
È
la
libertà
forse
?
Coloro
i
quali
la
vollero
e
la
vogliono
,
non
la
vollero
e
non
la
vogliono
se
non
perché
sanno
ch
'
essa
è
la
sola
Dea
adatta
a
svegliare
colla
gran
voce
tutto
un
popolo
,
e
a
ridargli
vigore
morale
;
sola
in
grado
di
suscitarne
le
virtù
sonnolente
,
di
acuire
le
menti
,
di
sferzare
gli
animi
,
di
agitare
gl
'
interessi
,
di
provocare
la
gara
di
tutti
sopra
ogni
cosa
,
e
di
farne
prorompere
quell
'
emulazione
rigogliosa
che
sopraffà
e
vince
gli
ostacoli
.
Quale
è
la
radice
dei
tanti
mali
dei
quali
ci
lagniamo
,
la
radice
sola
dalla
quale
pullulano
tutti
,
così
vari
e
diversi
come
sono
?
Una
sola
.
La
poca
operosità
intellettuale
,
morale
,
economica
di
ciascuno
di
noi
.
Noi
non
siamo
contenti
del
governo
,
né
delle
assemblee
,
e
abbiamo
ragione
.
Ma
il
governo
e
le
assemblee
hanno
ragione
d
'
essere
contenti
di
ciascun
cittadino
?
Ciascun
cittadino
di
essere
contento
di
sé
?
Il
governo
e
le
assemblee
hanno
una
gran
parte
nella
prosperità
dei
paesi
liberi
;
chi
lo
nega
?
Ma
non
l
'
hanno
tutta
;
e
ne
spetta
una
grandissima
al
complesso
della
cittadinanza
.
Questa
ha
egli
fatta
la
sua
?
Chi
l
'
affermerebbe
?
E
se
la
camera
ultima
è
riuscita
così
inferiore
al
bisogno
,
non
è
stato
perché
,
non
creata
,
come
la
prima
,
in
un
gran
momento
d
'
eccitazione
morale
e
politica
,
ha
ritratto
troppo
fedelmente
l
'
inerzia
scapigliata
,
discorde
,
querula
del
paese
stesso
?
Non
è
chiaro
,
quindi
,
che
una
rigenerazione
morale
,
intima
,
quella
di
cui
abbisogniamo
tutti
;
che
in
questa
sola
è
il
germe
d
'
ogni
altro
bene
,
il
seme
di
ogni
operosità
intellettuale
,
d
'
ogni
prosperità
economica
;
il
fondamento
su
cui
possiamo
solo
sperare
di
edificare
parlamenti
e
governi
che
ci
contentino
o
ci
soddisfacciano
?
Ora
,
questa
rigenerazione
morale
non
possiamo
aspettarla
che
dalla
libertà
politica
.
Chi
crede
che
,
facendo
gettito
della
libertà
,
rimedierebbe
prima
ai
mali
del
paese
,
deve
credere
che
anche
dando
a
tracannare
oppio
a
chi
dorme
,
riuscirebbe
a
svegliarlo
.
Chi
sussurra
questo
consiglio
al
paese
o
a
sé
,
consiglia
a
Esaù
di
vendere
la
sua
primogenitura
.
Se
con
i
parlamenti
l
'
Italia
non
è
riuscita
a
porsi
affatto
in
assetto
,
senza
quelli
non
avrebbe
anche
principiato
a
mettersi
insieme
;
non
sarebbe
stata
neanche
in
grado
di
stare
insieme
sinora
.
Sono
state
le
influenze
onorate
,
vigorose
,
fide
degli
uomini
i
quali
si
sono
raccolti
nel
primo
parlamento
dell
'
Italia
,
quelle
le
quali
hanno
dato
modo
a
un
governo
centrale
,
insolito
e
nuovo
,
e
nei
principi
scarso
di
forza
,
di
stendere
la
sua
azione
,
d
'
imporre
la
volontà
sua
da
un
capo
all
'
altro
d
'
un
paese
diviso
sin
allora
in
sette
Stati
,
discordi
d
'
abitudini
,
di
legislazione
,
di
storia
,
di
sentimenti
,
di
desideri
.
Nessun
'
opera
potrebb
'
essere
compiuta
in
Italia
,
senza
difficoltà
infinite
,
quando
in
un
parlamento
comune
non
vi
fosse
modo
di
temperare
le
voglie
diverse
,
di
moderare
e
conciliare
gl
'
interessi
contraddittori
.
La
libertà
,
quindi
,
che
sola
può
rifondere
il
succhio
della
vita
nelle
nostre
membra
stanche
,
può
anche
sola
compiere
l
'
opera
ch
'
essa
ha
principiato
,
e
tenerla
,
sin
che
dura
,
insieme
.
È
facile
,
quando
si
sentono
i
dolori
d
'
una
situazione
,
immaginarne
un
'
altra
diversa
,
e
fantasticare
che
in
questa
non
si
sentirebbero
.
Ma
è
fallace
illusione
;
fate
che
arrivi
coi
fatti
l
'
altra
situazione
che
oggi
sognate
,
e
ne
proverete
nelle
midolle
gli
aculei
.
Il
pericolo
,
che
un
uso
non
retto
delle
forme
parlamentari
del
governo
ancora
per
un
anno
o
due
creerebbe
,
è
appunto
questo
:
che
nel
paese
si
generi
quell
'
illusione
fallace
,
e
non
si
accorga
di
essere
caduto
d
'
un
errore
in
un
altro
,
se
non
quando
fosse
troppo
tardi
.
Da
quest
'
illusione
spetta
di
scaltrirlo
a
tutti
quelli
i
quali
hanno
col
consiglio
,
colla
penna
,
colla
parola
qualche
influenza
sopra
esso
.
Ma
,
nel
farlo
,
è
utile
persuadersi
,
è
utile
fissarsi
bene
in
mente
,
che
inganna
se
medesimo
chiunque
si
dice
amico
della
libertà
,
e
procura
insieme
di
stornare
i
suffragi
degli
elettori
dall
'
elezione
d
'
un
uomo
provato
d
'
animo
e
di
mente
,
e
di
rivolgerli
,
invece
,
a
quella
d
'
un
misero
e
vizioso
intrigante
,
d
'
un
povero
strumento
logoro
di
partito
,
d
'
uno
spirito
incerto
,
vano
,
flaccido
,
senza
costrutto
.
La
libertà
è
il
principio
d
'
ogni
bene
e
d
'
ogni
vita
:
persino
viziata
,
agitata
,
scarmigliata
,
val
meglio
che
un
dispotismo
tranquillo
;
sono
più
i
semi
che
feconda
essa
col
soffio
,
che
non
quelli
che
il
dispotismo
promette
di
sapere
schiudere
nella
stufa
.
Ma
scapigliata
,
scarmigliata
,
sconclusionata
,
le
masse
non
la
tollerano
,
perché
impazienti
dei
danni
che
intanto
soffrono
.
Ciò
è
necessario
che
ricordino
bene
tutti
coloro
i
quali
desiderano
veramente
che
essa
duri
e
prosperi
;
tutti
coloro
i
quali
,
sapendo
le
prove
ch
'
essa
ha
fatte
in
Grecia
e
in
Roma
,
in
Inghilterra
e
in
America
,
sperano
che
le
rinnovi
tra
noi
.
Tra
pochi
giorni
dovranno
i
circoli
,
i
giornali
proporre
agli
elettori
i
nomi
sui
quali
raccogliere
i
loro
suffragi
.
Quei
nomi
saranno
il
solo
e
il
migliore
indizio
della
saldezza
dei
loro
criteri
,
e
della
verità
dei
loro
affetti
a
quella
libertà
che
Alfieri
invocava
con
quei
ferocissimi
e
santissimi
versi
:
O
Dea
,
tu
figlia
del
valor
,
che
aggiugni
Duo
gran
contrari
,
indipendenza
e
leggi
;
Tu
che
da
'
miei
venti
anni
il
cor
mi
pungi
E
miei
studi
e
mia
vita
arbitra
reggi
:
pur
aggiungendo
che
non
la
riconosceva
in
quella
che
,
camuffata
del
suo
nome
,
vociava
e
si
dimenava
ai
suoi
tempi
,
sulle
rive
della
Senna
:
Licenza
è
questa
;
alla
lasciva
gota
Ben
la
conosco
:
e
d
'
ogni
pudor
priva
Volger
s
'
affretta
la
sua
breve
rota
.
StampaQuotidiana ,
I
comunisti
non
avranno
la
maggioranza
nel
congresso
confederale
che
sta
per
riunirsi
a
Livorno
;
è
anzi
quasi
certo
che
neppure
nei
futuri
congressi
,
nonostante
ogni
sforzo
di
propaganda
e
organizzazione
,
i
comunisti
avranno
la
maggioranza
.
La
situazione
si
presenta
in
questi
termini
:
per
avere
la
maggioranza
nei
congressi
,
i
comunisti
dovrebbero
essere
in
grado
di
rinnovare
radicalmente
lo
statuto
,
ma
per
rinnovare
lo
statuto
è
necessario
avere
già
la
maggioranza
.
Se
i
comunisti
si
lasciassero
impigliare
in
questo
circolo
vizioso
,
essi
farebbero
il
giuoco
della
burocrazia
sindacale
:
è
necessario
perciò
che
l
'
opposizione
abbia
un
indirizzo
preciso
e
un
metodo
capace
di
spezzare
l
'
attuale
condizione
di
cose
.
La
Confederazione
generale
del
lavoro
(
negli
altri
paesi
esiste
una
situazione
identica
a
quella
italiana
)
è
un
meccanismo
di
governo
che
non
può
essere
paragonato
allo
Stato
parlamentare
borghese
:
essa
può
trovare
dei
modelli
solo
nelle
antiche
organizzazioni
statali
assire
e
babilonesi
o
nelle
associazioni
guerriere
che
ancor
oggi
nascono
e
si
sviluppano
in
Mongolia
e
in
Cina
.
Ciò
si
spiega
da
un
punto
di
vista
storico
.
Le
masse
sono
entrate
nel
movimento
sindacale
per
la
paura
di
essere
schiacciate
da
un
avversario
che
sanno
strapotente
e
del
quale
non
sono
in
grado
di
prevedere
i
colpi
e
le
iniziative
.
Preoccupate
di
questa
loro
condizione
di
inferiorità
assoluta
,
prive
di
ogni
educazione
costituzionale
,
le
masse
hanno
completamente
abdicato
a
ogni
sovranità
e
a
ogni
potere
;
l
'
organizzazione
è
per
loro
diventata
una
stessa
cosa
con
la
persona
dell
'
organizzatore
,
allo
stesso
modo
che
per
un
esercito
in
campo
la
persona
del
condottiero
diventa
il
palladio
della
salute
comune
,
diventa
la
garanzia
del
successo
e
della
vittoria
.
Sarebbe
stato
il
compito
del
Partito
socialista
dare
alle
masse
proletarie
la
preparazione
politica
e
l
'
educazione
costituzionale
di
cui
esse
difettavano
.
Sarebbe
stato
compito
del
partito
socialista
innovare
gradualmente
le
forme
organizzative
e
trasferire
il
massimo
del
potere
nelle
mani
delle
masse
.
Il
Partito
non
fece
nulla
in
questo
senso
;
l
'
organizzazione
fu
completamente
lasciata
in
balìa
di
un
ristretto
gruppo
di
funzionari
,
che
minuziosamente
montarono
su
la
macchina
che
oggi
dà
loro
l
'
assoluto
dominio
.
Sette
anni
senza
congresso
hanno
permesso
di
più
:
tutto
un
nugolo
di
funzionari
è
stato
scaglionato
nelle
più
importanti
posizioni
,
e
si
è
costituita
una
fortezza
imprendibile
e
inaccessibile
anche
ai
più
tenaci
e
volenterosi
.
Il
Congresso
socialista
di
Livorno
si
spiega
solo
per
questa
condizione
di
cose
esistente
nel
campo
sindacale
:
il
Partito
socialista
è
completamente
caduto
nelle
mani
della
burocrazia
sindacale
che
,
del
resto
,
col
suo
personale
e
coi
mezzi
delle
organizzazioni
,
aveva
procurato
la
maggioranza
alla
tendenza
unitaria
;
il
Partito
socialista
è
ridotto
a
far
da
giannizzero
ai
mandarini
e
ai
condottieri
che
sono
alla
testa
delle
Federazioni
e
della
Confederazione
.
I
comunisti
devono
riconoscere
questo
stato
di
fatto
e
operare
conseguentemente
.
I
comunisti
devono
considerare
la
Confederazione
alla
stessa
stregua
dello
Stato
parlamentare
,
cioè
come
un
organismo
la
cui
conquista
non
può
avvenire
per
vie
costituzionali
.
Inoltre
la
questione
confederale
deve
essere
riguardata
tenendo
conto
di
questi
altri
postulati
:
che
si
vuole
raggiungere
l
'
unità
proletaria
e
che
si
vuole
impostare
in
senso
rivoluzionario
il
problema
del
controllo
sulla
produzione
.
Il
campo
di
attività
del
Partito
comunista
è
tutta
la
massa
degli
operai
e
contadini
;
la
Confederazione
è
teatro
di
maggior
propaganda
e
maggiore
attività
solo
perché
numericamente
abbraccia
la
maggior
parte
degli
operai
e
contadini
italiani
organizzati
,
cioè
più
consapevoli
e
preparati
.
La
lotta
per
la
formazione
e
per
lo
sviluppo
dei
Consigli
di
fabbrica
e
di
azienda
crediamo
sia
la
lotta
specifica
del
Partito
comunista
.
Essa
deve
porre
in
grado
il
partito
di
innestarsi
direttamente
con
una
organizzazione
accentrata
della
massa
operaia
,
organizzazione
che
deve
essere
riconosciuta
dalle
masse
come
l
'
unica
competente
e
autorizzata
a
emanare
parole
d
'
ordine
per
l
'
azione
generale
.
Con
la
lotta
per
i
Consigli
sarà
possibile
conquistare
in
modo
stabile
e
permanente
la
maggioranza
della
Confederazione
,
e
giungere
,
se
non
nel
periodo
rivoluzionario
,
certo
nel
periodo
postrivoluzionario
,
a
conquistare
anche
i
posti
direttivi
.
Questo
processo
si
è
verificato
in
Russia
:
nelle
giornate
rivoluzionarie
del
novembre
1917
,
i
proclami
e
i
manifesti
del
Partito
bolscevico
non
recavano
la
firma
dell
'
Unione
panrussa
dei
sindacati
,
recavano
la
firma
della
Centrale
panrussa
dei
Consigli
di
fabbrica
.
E
'
certo
importante
avere
nel
seno
della
Confederazione
una
forte
minoranza
comunista
organizzata
e
centralizzata
,
e
a
questo
fine
devono
essere
rivolti
tutti
i
nostri
sforzi
di
propaganda
e
di
azione
.
Ma
più
importante
storicamente
e
tatticamente
è
che
nessuno
sforzo
sia
risparmiato
perché
subito
dopo
il
Congresso
di
Livorno
sia
possibile
convocare
un
congresso
dei
Consigli
e
delle
Commissioni
interne
di
tutte
le
fabbriche
e
le
aziende
italiane
e
che
da
questo
congresso
venga
nominata
una
Centrale
che
abbracci
nei
suoi
quadri
organizzativi
tutta
la
massa
operaia
.
StampaQuotidiana ,
Quest
'
accoppiamento
di
cognomi
parrà
irriverente
a
molti
;
e
l
'
avremmo
cansato
,
se
non
fossimo
sicuri
,
che
a
taluni
di
questi
riuscirà
dispettoso
il
Mazzini
messo
insieme
col
Mastai
,
l
'
avvenire
speranzoso
aggiogato
col
passato
semispento
;
ad
altri
invece
,
sembrerà
appunto
il
contrario
:
intollerabile
il
congiungere
colla
costanza
eterna
della
fede
l
'
illusione
passeggera
della
fantasia
e
della
passioni
.
Pure
,
così
gli
uni
come
gli
altri
possono
fare
questa
considerazione
:
che
v
'
è
al
mondo
persone
le
quali
credono
infallibile
per
l
'
appunto
l
'
opposto
di
ciò
ch
'
essi
credono
tale
e
che
noi
,
quindi
,
i
quali
non
siamo
qui
a
giudicare
chi
dei
due
abbia
ragione
,
tra
perché
non
è
il
nostro
proponimento
,
e
perché
anche
né
dagli
uni
né
dagli
altri
ce
ne
sarebbe
riconosciuta
la
competenza
,
ma
ci
contentiamo
di
rilevare
i
tratti
umani
delle
cose
umane
,
abbiamo
il
diritto
d
'
indicare
le
somiglianze
nella
condotta
di
quelli
che
raccolgono
in
sé
la
suprema
autorità
e
guida
delle
due
avverse
opinioni
.
E
ora
questa
somiglianza
balza
agli
occhi
di
tutti
.
Come
Pio
IX
vuol
rimanere
prigioniero
per
forza
,
così
il
Mazzini
vuol
rimanere
per
forze
esule
.
Né
l
'
uno
né
l
'
altro
teme
di
aggiungere
al
tipo
comico
dell
'
ammalato
immaginario
quello
del
prigioniero
,
dell
'
esule
immaginario
.
Il
governo
italiano
è
condannato
a
fare
rispetto
all
'
uno
il
carceriere
,
rispetto
all
'
altro
lo
scacciatore
,
malgrado
suo
.
Né
quegli
,
né
questi
accetta
da
esso
la
libertà
di
cittadino
;
anzi
,
diciamo
meglio
,
Pio
IX
ricusa
persino
la
libertà
di
sovrano
.
Può
parere
alla
prima
che
ci
corra
questo
divario
:
Pio
IX
si
può
dire
spogliato
della
dignità
di
principe
,
che
ha
pur
tenuto
sino
a
ieri
l
'
altro
:
il
che
Mazzini
non
può
pretendere
di
sé
.
Ma
anche
questi
è
stato
presidente
della
Repubblica
romana
;
e
d
'
altra
parte
,
il
dispetto
dell
'
esser
scaduto
testé
da
un
altissimo
grado
non
è
minore
di
quello
di
non
averlo
mai
potuto
raggiungere
;
e
Pio
IX
resta
pontefice
della
cattolicità
,
mentre
il
Mazzini
non
è
anche
riuscito
a
essere
né
principe
,
né
pontefice
della
Repubblica
universale
.
Nella
verità
,
è
lo
stesso
criterio
che
inspira
la
lor
condotta
,
anzi
la
costringe
a
essere
quale
è
.
Le
potenze
,
ch
'
essi
devono
mantenere
o
fondare
,
sono
tali
che
tutta
la
forza
ne
consiste
nella
impressione
fatta
da
talune
idee
e
sentimenti
sulle
coscienze
.
Sfumano
affatto
,
se
quelli
che
n
'
hanno
la
principale
rappresentanza
,
paiono
patteggiare
con
i
rappresentanti
delle
idee
e
dei
sentimenti
opposti
.
Sfumano
tanto
più
quanto
più
si
chiede
loro
di
scendere
a
patti
,
mentre
appaiono
fiaccati
e
deboli
.
I
pontefici
,
quando
nessuno
dubitava
della
legittimità
del
lor
principato
,
hanno
potuto
cedere
ai
re
e
agli
imperatori
cristiani
l
'
esercizio
di
taluni
dei
diritti
appartenenti
alla
Chiesa
;
ma
Pio
IX
,
cacciato
di
Roma
e
chiuso
in
Vaticano
,
non
può
o
non
crede
di
potere
,
più
che
potesse
o
volesse
Gregorio
VII
esule
.
Il
Mazzini
,
da
parte
sua
,
sente
che
,
messo
in
carcere
da
uno
sbirro
mentre
andava
cospirando
di
città
in
città
,
rovinerebbe
il
suo
credito
affatto
,
se
paresse
contento
di
essere
liberato
di
carcere
e
vivesse
,
come
ogni
altro
cittadino
,
tra
noi
,
pur
lavorando
per
promuovere
le
idee
sue
,
sotto
la
protezione
delle
leggi
e
del
re
.
Per
non
morir
affatto
gli
bisogna
o
star
lontano
e
parere
minaccioso
,
oppure
venire
,
sì
,
al
di
qua
delle
Alpi
,
ma
camuffato
da
operaio
o
altrimenti
,
con
finta
barba
,
e
con
falsi
mostacci
,
così
da
non
essere
riconosciuto
e
da
potere
dare
qualche
verosimile
pretesto
alla
polizia
,
che
ne
segue
i
passi
,
di
non
mettergli
sino
dal
primo
le
mani
addosso
.
Non
è
possibile
mantenere
ad
altro
patto
l
'
ardore
nelle
loro
reciproche
chiese
.
L
'
apparenza
d
'
un
'
umile
ragionevolezza
li
spegnerebbe
affatto
.
Ed
è
disperato
,
parrebbe
il
disputare
così
coll
'
uno
come
coll
'
altro
,
e
l
'
opporsi
ad
argomenti
adatti
a
sviarli
dal
loro
proponimento
.
A
Pio
IX
,
di
certo
,
non
è
rincresciuto
se
non
il
dover
pure
rimanere
in
Roma
,
il
che
potrebbe
farlo
credere
meno
ostinato
e
tenace
di
quello
che
è
davvero
;
il
Mazzini
,
certo
,
non
s
'
addolora
,
se
non
d
'
aver
pure
dovuto
traversare
l
'
Italia
prima
di
ripassare
le
Alpi
,
senza
che
nessuno
gli
desse
noia
,
o
s
'
accorgesse
,
non
che
d
'
altro
di
lui
.
La
persecuzione
è
uno
dei
principali
elementi
di
rigoglio
e
di
vita
così
per
l
'
una
come
per
l
'
altra
fede
.
E
invero
,
per
la
fede
di
noi
liberali
,
gente
a
modo
discreta
,
fredda
,
mediocre
,
se
si
vuole
,
la
vita
è
tutt
'
altro
.
Noi
proponiamo
ad
amendue
di
tenere
il
presente
nelle
lor
mani
od
occupar
l
'
avvenire
,
se
possono
,
con
tutti
i
mezzi
che
ci
paiono
soli
leciti
al
propagamento
delle
opinioni
e
delle
persuasioni
di
qualunque
natura
siano
;
ma
non
con
altri
.
Ecco
la
società
,
diciamo
loro
,
davanti
a
voi
;
non
vi
permettiamo
né
di
martoriarla
perché
crede
a
un
modo
,
né
di
mandarla
sossopra
perché
crede
a
un
altro
;
ma
scrivete
,
parlate
,
ragionate
,
associatevi
pure
,
ordinatevi
,
predicate
dai
pulpiti
o
sermonate
dalle
tribune
;
insomma
,
convincete
,
se
vi
riesce
,
mantenete
le
convinzioni
vecchie
o
insinuatene
di
nuove
;
questo
non
vi
vogliamo
,
né
possiamo
impedire
,
e
ci
limitiamo
a
mantenervi
tutti
tranquilli
nel
giro
dei
vostri
diritti
e
doveri
insino
a
che
la
lotta
dura
,
e
durerà
,
per
fortuna
dell
'
uomo
,
sempre
,
poiché
senza
di
essa
egli
marcirebbe
e
vi
prenderemo
,
secondo
il
nostro
giudizio
,
parte
anche
noi
.
Ci
sono
tra
noi
anche
molti
cattolici
e
cristiani
,
molti
i
quali
fermamente
credono
che
la
parola
di
Cristo
sia
stata
e
sia
parola
di
verità
e
di
vita
,
e
la
Chiesa
cattolica
la
conservi
più
sana
e
intatta
d
'
ogni
altra
;
ma
questi
cattolici
,
che
stanno
con
noi
,
credono
che
appunto
la
lor
fede
non
riprenderà
tutto
l
'
antico
suo
spirito
,
tutta
la
sua
antica
forza
di
restaurare
e
di
rinnovare
l
'
uomo
,
se
non
quando
il
sacerdote
,
che
ne
è
l
'
interprete
,
ritorni
a
fidare
,
come
una
volta
,
solo
sulla
virtù
e
sulla
sua
dottrina
.
E
così
vi
possono
essere
tra
noi
liberali
molti
,
i
quali
o
non
credono
che
la
monarchia
costituzionale
sia
l
'
ultima
parola
delle
società
politiche
,
o
non
si
sgomentano
per
ciò
solo
che
il
Capo
dello
Stato
deva
essere
eletto
a
suffragio
di
popolo
,
anziché
ereditario
;
ma
ritengono
altresì
che
nei
popoli
,
i
quali
si
vogliono
ordinare
a
repubblica
,
si
devono
formare
prima
,
o
esistere
,
taluni
sentimenti
e
condizioni
morali
e
sociali
.
A
nessuno
è
vietato
di
procurare
di
formarli
in
Italia
,
di
prepararli
via
via
;
ma
a
chi
può
essere
lecito
l
'
immaginare
che
ci
sono
,
e
con
questa
immaginazione
mandarci
tutti
all
'
aria
,
come
se
ci
fossero
?
Al
Mazzini
non
è
possibile
consigliare
nulla
,
né
mette
conto
;
a
Pio
IX
neanche
,
perché
non
sentirebbe
.
Ma
al
capo
della
cattolicità
giova
dire
quello
che
all
'
altro
sarebbe
soverchio
l
'
inculcare
.
È
impossibile
difatti
,
ch
'
egli
scordi
o
trascuri
ciò
che
la
fede
,
di
cui
egli
è
dottore
vivo
,
promette
all
'
uomo
;
ciò
di
cui
anzi
essa
afferma
di
essere
sola
lo
strumento
indispensabile
.
Ebbene
,
se
questa
dottrina
è
vera
e
al
pontefice
non
può
parere
altrimenti
che
tale
,
quale
enorme
responsabilità
è
la
sua
,
se
ne
lascia
cadere
in
maggiore
disordine
nella
sua
patria
stessa
il
governo
e
la
regola
e
la
credenza
?
Se
,
nel
contrasto
,
lascia
che
se
ne
spezzino
le
fibre
e
i
nerbi
?
Se
l
'
uccide
colle
sue
mani
stesse
nel
cuore
di
molti
,
i
quali
sentono
pure
il
bisogno
di
non
negare
da
una
parte
ciò
che
la
ragione
dice
loro
legittimo
,
e
non
negare
dall
'
altra
ciò
che
la
coscienza
grida
loro
essere
santo
?
La
cattolicità
non
può
essere
retta
al
modo
che
si
farebbe
d
'
una
setta
.
O
il
papa
è
cattolico
e
crede
,
e
bisogna
che
la
regga
nel
modo
che
i
tempi
vogliono
e
le
condizioni
presenti
delle
società
civili
consentono
;
o
se
persiste
nell
'
ostinazione
sua
,
vuol
dire
,
che
nel
principio
cattolico
ogni
vigore
morale
si
è
estinto
,
e
,
nel
capo
della
Chiesa
,
il
principe
durato
troppo
tempo
ha
spento
il
pontefice
.
StampaQuotidiana ,
Ogni
volta
che
la
politica
manda
a
effetto
una
operazione
contro
la
classe
operaia
,
i
primi
a
gioirne
o
,
"
meglio
"
,
i
primi
a
dare
manifestazioni
esteriori
della
loro
contentezza
non
sono
i
"
pezzi
grossi
"
,
commissari
di
polizia
od
ufficiali
delle
regie
guardie
o
dei
carabinieri
,
ma
sono
i
più
umili
agenti
,
i
più
modesti
carabinieri
,
l
'
ultima
delle
guardie
regie
.
Sono
cioè
gli
agenti
del
governo
usciti
dalle
file
del
proletariato
più
arretrato
,
costretti
a
questo
passo
dalla
miseria
o
dalla
speranza
di
trovare
,
abbandonando
il
campo
o
l
'
officina
,
una
vita
migliore
,
dalla
persuasione
di
divenire
qualche
cosa
di
più
di
un
povero
contadino
relegato
in
un
paesetto
sperduto
fra
i
monti
,
di
un
manovale
abbruttito
dal
quotidiano
lavoro
d
'
officina
.
Questa
gente
odia
,
dopo
averne
disertato
le
file
,
la
classe
lavoratrice
con
un
accanimento
che
supera
ogni
immaginazione
.
"
Ecco
le
armi
"
,
urlò
trionfante
non
so
se
un
agente
investigativo
od
un
carabiniere
in
borghese
,
scoprendo
una
rivoltella
durante
la
perquisizione
all
'
"
Ordine
Nuovo
"
.
E
rimase
stupito
,
spiacente
che
nonostante
tutta
la
buona
volontà
non
si
riusciva
a
trovare
nulla
di
compromettente
per
il
nostro
giornale
.
Pochi
minuti
dopo
,
un
altro
agente
udendo
uno
scambio
di
parole
tra
il
commissario
ed
un
nostro
redattore
,
esclamò
:
"
Finiremo
per
arrestarli
tutti
!
Li
arresteremo
tutti
!
"
A
questo
pensiero
la
sua
bocca
si
aprì
ad
un
riso
tanto
cattivo
da
sbalordire
chiunque
non
sia
abituato
a
questo
genere
di
fratellanza
umana
.
Ho
compreso
allora
perché
nelle
caserme
e
nei
posti
di
polizia
,
carabinieri
,
guardie
regie
ed
agenti
gareggino
nel
bastonare
gli
operai
arrestati
,
nel
rallegrarsi
delle
loro
torture
.
E
'
un
odio
di
lunga
data
.
Gli
agenti
dello
Stato
addetti
al
mantenimento
dell
'
ordine
pubblico
sentono
attorno
a
sé
il
disprezzo
che
tutta
la
classe
lavoratrice
ha
per
i
rinnegati
,
per
quelli
che
sono
passati
nell
'
altro
campo
,
per
i
mercenari
che
impegnano
ogni
loro
energia
per
soffocare
qualsiasi
movimento
del
proletariato
.
E
al
disprezzo
del
proletariato
s
'
aggiunge
quello
di
gran
parte
della
borghesia
che
guarda
con
occhio
diffidente
tutta
questa
puzza
di
questura
.
Perché
?
Perché
questa
è
la
sorte
di
tutti
i
mercenari
:
al
disprezzo
e
all
'
odio
degli
avversari
s
'
aggiunge
quasi
sempre
il
disprezzo
dei
padroni
.
Ed
è
naturale
,
è
umano
che
nell
'
animo
di
questa
gente
mal
pagata
,
che
non
sempre
riesce
a
procurarsi
quanto
occorre
per
una
vita
piena
di
stenti
e
di
privazioni
e
che
si
sente
circondata
da
una
barriera
che
la
divide
dagli
altri
uomini
,
che
la
mette
quasi
fuori
dalla
società
,
germogli
l
'
odio
,
metta
radici
la
crudeltà
:
odio
contro
quelli
che
prima
erano
i
fratelli
,
i
compagni
di
lavoro
e
che
ora
disprezzano
con
maggior
forza
,
crudeltà
che
si
esplica
contro
di
essi
sotto
mille
forme
diverse
.
Così
,
arrestare
un
operaio
è
una
gioia
,
un
trionfo
,
bastonarlo
e
malmenarlo
,
una
festa
,
rinchiuderlo
in
carcere
una
rivincita
.
Solo
nel
momento
in
cui
essi
tengono
un
uomo
fra
le
mani
e
sanno
di
poter
disporre
della
sua
libertà
,
della
sua
incolumità
,
sentono
di
possedere
una
forza
che
in
qualche
momento
della
vita
li
rende
superiori
ai
loro
simili
.
La
gioia
di
acciuffare
un
uomo
non
proviene
dalla
consapevolezza
di
servire
la
legge
,
di
difendere
l
'
integrità
dello
Stato
:
è
una
piccola
bassa
soddisfazione
personale
,
è
la
gioia
di
poter
dire
:
"
Io
sono
più
forte
"
.
Quale
altra
gioia
possono
essi
provare
?
Quanti
di
essi
sono
in
grado
di
formarsi
una
famiglia
senza
che
la
vita
di
stenti
diventi
vita
di
patimenti
?
Non
è
forse
vero
che
a
molti
di
questi
transfughi
del
proletariato
la
vita
non
riserva
altre
soddisfazioni
che
qualche
umile
offerta
di
una
passeggiatrice
notturna
in
cerca
di
protezione
?
Noi
li
abbiamo
visti
pochi
giorni
or
sono
nella
nostra
redazione
.
Moltissimi
,
dall
'
abito
,
potevano
benissimo
essere
scambiati
per
operai
in
miseria
.
E
'
certo
che
erano
umilmente
,
più
che
umilmente
vestiti
non
solo
per
introdursi
tra
gli
operai
,
per
raccoglierne
i
discorsi
,
per
spiarli
,
ma
anche
perché
non
potrebbero
fare
diversamente
.
E
guardavano
con
odio
gli
operai
veri
,
quelli
che
si
dibattono
tra
la
reazione
e
la
fame
e
cercano
affannosamente
la
via
della
liberazione
.
Essi
comprendevano
,
sentivano
che
chi
lotta
è
sempre
superiore
a
chi
serve
.
E
quando
hanno
ammanettato
i
giovani
che
difendevano
il
giornale
del
loro
partito
,
il
giornale
della
loro
classe
,
il
loro
giornale
,
gli
agenti
hanno
avuto
un
lampo
di
trionfo
,
hanno
riso
.
Ma
non
era
un
riso
spontaneo
,
giocondo
.
Era
un
riso
a
cui
erano
costretti
dalla
rabbia
,
dal
disprezzo
degli
altri
,
dalla
loro
vita
,
dal
destino
a
cui
non
potevano
sottrarsi
.
Quel
riso
era
la
smorfia
di
Gwynplaine
.
StampaQuotidiana ,
Restai
sgomento
,
la
prima
volta
che
-
era
il
settembre
del
1929
-
entrai
nella
chiesa
del
Santo
Sepolcro
:
e
,
ripetendo
come
una
bestemmia
le
parole
con
le
quali
l
'
Angelo
annunciò
a
Maria
di
Magdala
la
Resurrezione
,
stavo
per
dire
:
«
Non
est
hic
!
Non
è
qui
!
»
.
L
'
attesa
di
quell
'
istante
metteva
a
nudo
il
cuore
.
L
'
ospite
inquieto
che
accompagnavo
giù
per
gli
acciottolati
della
via
del
Mercato
,
era
l
'
anima
.
E
io
portavo
quei
giorni
la
mia
anima
,
solitario
,
per
le
strade
di
Gerusalemme
.
La
mia
anima
era
stata
a
lungo
offesa
:
per
le
vie
si
era
combattuto
,
avevo
visto
uomini
inseguirsi
e
pugnalarsi
ai
crocicchi
:
colpi
di
fucile
partivano
dalle
terrazze
:
solo
dopo
tre
giorni
gli
spari
erano
cessati
e
io
avevo
potuto
concedermi
una
mattinata
per
entrare
nella
città
vecchia
a
visitare
il
Santo
Sepolcro
.
Lo
stato
d
'
assedio
continuava
:
alla
Porta
di
David
mi
avevano
fatto
sostare
fra
i
contadini
arabi
che
recavano
con
i
somarelli
gli
ortaggi
al
Mercato
.
I
gendarmi
inglesi
avevano
perquisito
minuziosamente
loro
e
me
.
Portavo
pistole
o
bombe
?
Il
gendarme
che
si
chinava
a
palparmi
le
tasche
mandava
odore
di
sigaretta
virginia
.
La
mia
anima
era
nuda
come
una
vena
scoperta
.
La
giornata
non
era
bella
:
il
cielo
era
insolitamente
grigio
.
Bisogna
rendersi
conto
che
,
per
quanto
raramente
,
piove
anche
a
Gerusalemme
,
e
il
suo
scenario
può
colorirsi
di
grigio
e
di
fango
.
Tutta
la
pittura
sacra
è
invece
una
serie
di
immagini
senza
piogge
e
senza
fango
.
Quel
cielo
grigio
dopo
tre
giornate
di
spari
e
di
uccisioni
,
trovava
il
mio
spirito
impreparato
.
All
'
albergo
ero
stato
assediato
dagli
inviti
a
recarmi
al
disseppellimento
di
alcuni
israeliti
uccisi
dagli
arabi
nei
complotti
di
quei
giorni
,
e
sepolti
frettolosamente
dopo
essere
stati
evirati
.
Ero
fuggito
dall
'
albergo
,
ma
mi
pareva
d
'
essere
inseguito
dall
'
odore
di
quelle
lugubri
fosse
.
L
'
anima
era
stata
lungamente
e
profondamente
offesa
.
Beata
,
mi
dicevo
,
la
dolce
cecità
di
chi
altro
non
vede
che
la
meta
:
beata
l
'
ansia
innamorata
di
chi
altro
non
conosce
che
la
pietra
dell
'
arrivo
:
beata
la
verginità
di
spirito
di
chi
non
discerne
il
peccato
difeso
dallo
scudo
dell
'
innocenza
.
Tristezza
inconscia
dell
'
abito
mentale
dello
scrittore
che
viaggia
e
che
misura
le
proprie
impressioni
in
rapporto
all
'
attesa
che
di
esse
possono
rendere
,
quando
sono
inquadrate
in
una
pagina
.
Io
ero
,
insomma
,
in
quell
'
anno
lontano
,
«
colui
il
quale
»
si
reca
,
più
che
a
vedere
,
a
constatare
se
ciò
che
si
vede
è
«
superiore
all
'
attesa
»
.
Io
ero
il
disprezzato
scrittore
di
mestiere
che
teme
la
«
disillusione
»
.
E
,
andando
,
chiedevo
di
tutto
ciò
perdono
;
ma
la
prova
dell
'
umiltà
era
dura
,
perché
i
richiami
della
vita
erano
aspri
,
e
continui
gli
oltraggi
lungo
il
cammino
.
Avrei
dovuto
passar
per
la
città
bendato
,
come
le
ambascerie
che
passano
per
i
campi
nemici
.
E
ad
un
certo
punto
anche
la
febbre
di
vedere
e
l
'
affanno
di
giungere
mi
sembravano
,
se
non
un
insulto
,
un
errore
.
Ma
andavo
egualmente
entro
i
vicoli
del
bivacco
saracino
che
apre
i
suoi
fetidi
mercati
fin
sulla
soglia
,
in
su
e
in
giù
per
le
rampe
che
inabissano
il
mercato
ed
elevano
il
tempio
.
Il
vicolo
immondo
rovesciava
sulle
soglie
la
frutta
imputridita
dal
fiato
dell
'
estate
,
le
carni
biancastre
e
il
sangue
raggrumato
e
il
grano
maculato
di
giallo
delle
pecore
macellate
all
'
ombra
del
tugurio
.
Andavo
per
il
sentiero
che
sapeva
di
stalla
e
di
fieno
,
fra
le
risciacquature
dei
piccoli
caffè
riaperti
pigramente
dopo
i
tre
giorni
di
eccidio
e
il
tanfo
delle
friggitorie
,
tra
il
sentore
dei
dolciumi
e
quello
delle
uve
calpestate
da
piedi
distratti
,
in
mezzo
al
traffico
dei
somarelli
che
piegavano
le
ginocchia
sotto
il
peso
,
dei
vasi
d
'
olio
o
dei
bidoni
di
benzina
o
dei
sacchi
di
farina
che
incipriavano
il
lastrico
,
o
che
recavano
a
bisdosso
,
come
sacchi
umani
,
i
cenci
,
i
piedi
sporchi
,
le
braccia
legnose
,
le
grinte
rabbiose
dei
beduini
.
Urtavo
nell
'
indolenza
dei
panciuti
passeggiatori
arabi
vestiti
di
azzurre
palandrane
,
nella
fretta
dei
portatori
che
recavano
,
con
un
cingolo
teso
sulla
fronte
,
carichi
di
ferro
,
di
tavole
e
mobili
e
casse
.
Gli
occhi
vagavano
sulle
camicie
sventolanti
dei
ragazzi
rissosi
,
sugli
sguardi
insanguinati
dei
tracomatosi
,
sugli
arti
rattrappiti
dei
mendicanti
paralitici
,
sui
panni
bisunti
del
vecchio
ebreo
che
scivolava
via
,
in
quella
falsa
quiete
di
armistizio
,
cercando
di
non
farsi
riconoscere
,
sul
velo
nero
dell
'
araba
dal
corpo
intriso
di
caldo
profumo
di
muschio
,
sul
canestro
recato
in
capo
dalla
beduina
chiusa
in
sette
gonnelle
,
sul
calcio
del
moschetto
del
poliziotto
inglese
seduto
ai
crocicchi
,
sul
velo
bianco
della
vecchia
dama
che
insisteva
a
portare
il
costume
coloniale
delle
turiste
inglesi
da
operetta
.
I
sarti
ebrei
,
con
le
labbra
piene
di
aghi
e
di
gugliate
di
filo
,
misuravano
all
'
aria
aperta
giacche
e
camicie
;
i
ciceroni
siriaci
cominciano
a
venir
fuori
dai
loro
nascondigli
,
i
ragazzini
mi
davano
la
caccia
,
per
accompagnarmi
alla
Pietra
dell
'
Unzione
.
Ipocriti
figuri
-
respinti
per
le
vie
,
riapparsi
nel
mezzo
della
Chiesa
-
erano
decisi
ad
approfittare
di
ogni
mio
attimo
di
incertezza
,
di
ogni
mio
segno
di
disorientamento
per
offrirmi
i
loro
servizi
e
per
porgermi
una
canna
con
la
quale
mi
sarebbe
stato
possibile
toccare
,
attraverso
un
pertugio
nel
muro
dell
'
altare
,
la
colonna
della
Flagellazione
.
La
piccola
umanità
assetata
di
mance
mi
inseguiva
sino
alla
Pietra
della
Tomba
,
e
mi
aveva
visto
entrare
,
senza
che
quasi
me
ne
accorgessi
,
in
quello
strano
paesaggio
di
pietre
che
è
la
chiesa
del
Santo
Sepolcro
.
La
difficoltà
di
liberarmi
dagli
intrusi
,
ciceroni
,
guide
,
monelli
,
mendicanti
e
dragomanni
con
i
giubbetti
ricamati
d
'
argento
mi
aveva
spezzato
i
nervi
.
Dimenticavo
che
i
giorni
di
battaglia
e
lo
stato
d
'
assedio
avevano
fatto
stare
per
sette
giorni
quasi
digiuni
i
miei
persecutori
.
L
'
impresa
di
rinserrare
un
mondo
in
uno
scrigno
di
pietre
,
di
mosaici
e
di
bronzi
isterilisce
in
un
attimo
,
alla
prima
visione
,
la
terra
più
feconda
,
la
terra
che
il
passo
di
Gesù
ha
reso
divina
.
Pietre
,
navate
,
ambulacri
,
pareti
di
mosaico
,
foreste
di
candelieri
,
vigneti
metallici
carichi
di
grappoli
di
lampade
,
la
schiera
fitta
dei
cordami
che
pendono
come
sartie
di
navi
per
la
manovra
dell
'
illuminazione
,
tutta
un
'
atmosfera
mista
di
stiva
,
di
magazzino
e
di
fondaco
,
le
incrostature
di
marmi
,
di
smalti
,
di
placche
d
'
argento
,
e
le
incorniciature
d
'
oro
,
i
cancelli
,
le
ringhiere
,
i
ballatoi
,
le
cripte
,
i
sottopassaggi
,
le
tane
degli
spogliatoi
,
le
decorazioni
di
perline
,
di
nastri
rossi
,
di
madreperla
e
persino
di
noci
di
cocco
,
il
soqquadro
e
la
confusione
e
la
rissa
fra
i
colori
e
le
architetture
e
le
sagome
,
fra
altari
di
un
rito
e
controaltari
di
un
altro
,
e
,
da
ogni
parte
,
il
richiamo
di
un
cicerone
inoperoso
e
l
'
urlare
di
un
altro
che
indica
ad
una
comitiva
i
luoghi
della
Via
Crucis
:
«
Qui
stava
la
Madonna
!
Qui
è
apparso
l
'
Angelo
!
Lassù
i
soldati
hanno
giocato
ai
dadi
la
veste
,
del
Redentore
!
»
.
Ecco
quello
che
io
vedevo
,
che
sentivo
,
che
indovinavo
nell
'
atto
di
entrare
.
Quindici
secoli
di
culti
opposti
,
quindici
secoli
di
guerre
,
di
persecuzioni
,
di
capricci
architettonici
,
di
ire
e
di
gelosie
ecclesiastiche
,
di
devozioni
che
volevano
quasi
imbarbarire
il
simbolo
,
di
litigi
,
di
mercati
,
di
abusi
,
di
risse
fra
sagrestani
hanno
qui
la
loro
testimonianza
.
La
Terra
Santa
,
sepolta
sotto
ai
marmi
e
ai
conflitti
,
è
invisibile
.
E
mi
dissi
:
«
Il
Suo
spirito
non
è
qui
...
»
.
Ed
è
qui
,
invece
.
Salii
per
una
scaletta
ripida
e
consunta
sulle
mura
del
Golgota
.
La
collina
del
Martirio
è
chiusa
entro
il
muro
,
squadrata
e
foderata
di
marmi
in
modo
da
formare
,
ora
,
un
altare
pensile
,
tenebroso
sotto
ai
riflessi
degli
ottoni
e
degli
argenti
dei
lampadari
.
In
terra
,
buttato
carponi
,
sotto
l
'
altare
del
rito
greco
,
entro
un
focolare
di
lampade
,
toccai
il
foro
,
incorniciato
d
'
argento
entro
il
pavimento
di
marmo
,
dove
fu
piantata
la
Croce
.
Qui
stavano
,
mi
dissero
,
le
croci
dei
due
ladroni
.
L
'
aria
sapeva
,
quel
giorno
,
di
incenso
,
di
cera
,
di
olio
,
e
io
,
in
quell
'
aria
di
cappella
tenebrosa
,
dovevo
figurarmi
il
cielo
del
tragico
tramonto
sulle
tre
croci
e
il
gesto
beffardo
del
legionario
guercio
che
trafisse
con
la
lancia
il
costato
di
Cristo
.
Qui
era
la
nuda
terra
del
disperato
campo
fuori
dalle
mura
della
città
,
e
laggiù
era
il
breve
giardino
di
Giovanni
d
'
Arimatea
,
cinto
da
un
fragile
muricciolo
a
secco
.
Poche
piante
;
forse
nessuna
:
un
'
erba
rara
e
gialla
,
e
polvere
,
e
la
roccia
affiorante
del
Golgota
.
Tutto
è
stato
incoronato
di
pietre
:
tutto
è
diventato
altare
.
Ma
lo
spirito
è
qui
.
Indietreggiai
,
percorrendo
i
dieci
metri
di
questa
terrazza
ornata
di
alabastri
e
d
'
oro
e
d
'
argento
,
che
una
volta
era
il
nudo
Calvario
,
la
rupe
senz
'
erba
,
e
mi
affacciai
alla
balaustra
che
guarda
sul
labirinto
della
Chiesa
.
Lì
sotto
era
la
pietra
dell
'
Unzione
,
dove
il
Corpo
deposto
fu
avvolto
nel
Sudario
.
Attorno
ad
una
cosa
che
non
avevo
ancora
vista
,
difesa
solamente
da
un
piccolo
cancello
circolare
,
con
tre
o
quattro
ceri
sottili
come
un
mignolo
,
attorno
a
quel
segno
trascurato
di
marmo
,
così
dimesso
nella
povertà
e
nell
'
oblio
,
non
conteso
da
nessun
rito
,
solitario
nel
suo
ricordo
,
la
visione
si
trasformava
,
le
mura
ad
un
tratto
si
facevano
sottili
,
le
architetture
trasparenti
e
tutta
la
costruzione
semibarbarica
e
litigiosa
delle
mura
contese
e
ripartite
fra
quattro
riti
si
dissolveva
,
spariva
,
liberava
d
'
un
tratto
il
suolo
,
il
cielo
,
le
rocce
,
gli
alberelli
del
giardino
di
Giovanni
d
'
Arimatea
,
la
buca
del
Sepolcro
,
i
sentieri
,
le
gramigne
,
la
polvere
,
i
sassi
,
gli
scoscendimenti
del
luogo
sinistro
e
dolcissimo
.
Attorno
a
quel
segno
solitario
e
trascurato
nel
giro
di
poche
fiammelle
,
sparivano
d
'
un
tratto
,
i
quasi
duemila
anni
trascorsi
dall
'
ora
del
Sacrificio
e
la
Terra
Santa
riappariva
attorno
al
luogo
dove
,
inginocchiata
,
Maria
aveva
assistito
al
Supplizio
.
E
vidi
sorgere
,
là
dove
le
mura
erano
sparite
,
l
'
ora
terribile
e
divina
del
Sacrificio
.
Vidi
la
carne
fustigata
e
sanguinante
,
cerea
,
sospesa
alla
Croce
nel
silenzio
della
agonia
.
Il
tramonto
d
'
Oriente
recava
la
voce
roca
della
folla
in
sudore
.
Era
l
'
ora
in
cui
i
colori
si
spengono
e
si
spegneva
anche
il
tenue
verde
del
piccolo
giardino
di
Giovanni
d
'
Arimatea
.
Quella
fossa
che
io
adesso
vedevo
,
tagliata
nella
roccia
,
là
,
dentro
al
piccolo
orto
era
quella
che
Giovanni
aveva
fatto
intagliare
nel
sasso
per
sé
,
era
quella
destinata
a
divenire
il
Sepolcro
della
Resurrezione
.
E
vidi
i
soldati
,
che
già
avevano
tratto
dai
vestiti
del
Crocefisso
una
moneta
per
il
vino
e
una
moneta
forse
per
il
lupanare
,
allontanarsi
in
drappello
,
lasciando
soli
gli
uomini
della
guardia
.
E
vidi
la
folla
,
dissetata
della
sua
sete
di
sangue
,
tornare
per
i
sentieri
bruni
della
sera
alla
città
,
agli
ozi
del
sabato
festivo
,
ai
litigi
sui
gradini
del
tempio
.
StampaQuotidiana ,
Qual
è
l
'
anno
di
nascita
di
un
tenore
?
È
quello
del
giorno
in
cui
,
nascendo
,
manda
i
primi
strilli
,
la
prima
voce
di
pianto
alla
luce
?
O
è
l
'
altro
,
del
misterioso
giorno
in
cui
egli
scopre
,
in
se
stesso
,
la
prima
gioia
del
canto
?
Lo
domandai
tre
o
quattro
anni
fa
,
a
Beniamino
Gigli
.
Avevo
appuntamento
con
lui
,
nella
sua
villa
di
Roma
,
per
una
intervista
.
Lo
avevo
udito
infinite
volte
,
ma
non
lo
avevo
conosciuto
mai
:
e
non
ero
contento
di
scrivergli
e
di
chiedergli
quell
'
intervista
.
Il
tema
di
questo
«
servizio
»
era
stato
suggerito
da
una
notizia
:
Beniamino
Gigli
aveva
annunciato
di
dover
mettere
fine
alla
propria
carriera
.
Era
stanco
e
probabilmente
era
già
molto
ammalato
.
Il
suo
cuore
era
ammalato
e
-
tragico
a
dirlo
-
il
grande
tenore
sapeva
di
essere
,
in
un
certo
senso
,
la
tomba
della
propria
voce
.
Il
corpo
,
gli
occhi
,
il
pensiero
,
l
'
animo
erano
vivissimi
:
ma
la
voce
era
ormai
costretta
a
tacere
,
profondamente
sigillata
dalla
catena
delle
arterie
affaticate
.
Uno
sforzo
per
sprigionarla
poteva
voler
dire
la
morte
.
Di
tutto
ciò
,
naturalmente
,
nella
intervista
non
si
sarebbe
parlato
.
Io
ero
un
poco
nella
situazione
del
medico
che
deve
sempre
sorridere
davanti
all
'
ammalato
.
Dovevo
«
mentire
»
con
lui
,
sorridere
contraddicendo
ad
una
sua
eventuale
melanconia
,
mostrarmi
sicuro
di
un
suo
«
ritorno
»
.
Ero
un
giornalista
:
non
un
confessore
.
Scrivere
?
Sì
:
avrei
scritto
;
ma
pensando
che
lui
,
l
'
intervistato
,
avrebbe
letto
le
mie
parole
.
Queste
,
per
non
allarmarlo
,
avrebbero
dovuto
essere
tutte
«
color
di
rosa
»
:
piene
di
una
purezza
e
di
una
certezza
che
non
potevano
assolutamente
trovare
un
logico
spazio
nel
mio
animo
,
dopo
quanto
alcuni
intimi
mi
avevano
rivelato
sulla
verità
delle
sue
condizioni
.
La
villa
di
Gigli
doveva
essere
stata
costruita
venticinque
anni
prima
,
in
un
quartiere
non
ancora
affollato
.
Era
,
se
ben
ricordo
,
costruita
in
uno
stile
fra
quattrocentesco
e
cinquecentesco
,
come
s
'
era
usato
per
tanti
anni
,
con
riflessi
di
architettura
bramantesca
.
Era
una
casa
solida
,
«
ricca
»
.
All
'
ingresso
si
saliva
per
una
scaletta
esterna
di
taglio
un
po
'
romantico
,
tipo
«
Giulietta
e
Romeo
»
.
L
'
espandersi
della
città
l
'
aveva
un
po
'
soffocata
.
Lontano
si
sentiva
lo
stridore
dei
tram
.
Per
il
viale
correva
un
fiume
di
automobili
e
non
c
'
era
una
«
zona
del
silenzio
»
attorno
alla
casa
dell
'
uomo
dalla
«
voce
di
oro
»
.
Il
giardino
aveva
vialetti
inghiaiati
:
una
lunga
siepe
di
piante
fiorite
lo
divideva
dalla
strada
.
Queste
ville
,
troppo
grandi
,
troppo
«
impegnative
»
per
una
famiglia
sola
,
di
solito
siamo
abituati
a
vederle
trasformate
in
cliniche
private
di
lusso
.
Ebbi
anche
questo
pensiero
triste
quando
mi
trovai
davanti
al
cancelletto
dove
,
su
una
targhetta
d
'
ottone
,
era
inciso
il
nome
del
più
famoso
,
del
massimo
interprete
del
melodramma
italiano
.
Gigli
mi
aspettava
in
giardino
,
seduto
su
una
poltrona
di
giunco
,
collocata
vicino
alla
romantica
scaletta
.
Erano
con
lui
alcuni
amici
.
Un
cane
stava
quieto
quieto
accovacciato
sulla
ghiaia
.
Il
tenore
aveva
perduto
la
floridezza
del
volto
e
della
figura
,
per
quanto
apparisse
ancora
massiccio
.
C
'
era
qualcosa
di
stanco
nelle
sue
guance
,
nel
collo
,
negli
stessi
abiti
,
come
se
il
corpo
si
fosse
all
'
improvviso
infiacchito
.
Era
autunno
,
ma
un
autunno
estremamente
mite
.
Dietro
alla
siepe
si
sentivano
,
sul
marciapiede
,
voci
di
ragazzini
e
ragazzine
che
correvano
sui
pattini
a
rotelle
.
Gigli
parlava
con
voce
piuttosto
bassa
,
come
vigilando
per
non
affaticarsi
.
Lo
guardavo
in
viso
:
le
guance
nascondevano
a
mala
pena
un
tono
cinerino
:
la
sclerotica
dell
'
occhio
era
troppo
bianca
.
Il
respiro
non
appariva
faticoso
;
ma
la
sua
voce
non
aveva
gaiezza
.
Mi
spiegò
che
tutta
la
mattina
aveva
parlato
con
la
moglie
di
Ignazio
Silone
che
l
'
aiutava
nella
stesura
,
in
lingua
inglese
,
delle
sue
memorie
per
un
editore
di
Londra
.
Disse
:
«
Divento
scrittore
,
come
lei
vede
...
segno
che
il
tenore
è
stanco
...
»
.
Poi
,
mi
spiegò
con
termini
quasi
tecnici
quale
sia
il
problema
del
respiro
,
per
un
cantante
:
«
Si
dice
che
cantiamo
con
il
cuore
.
È
vero
,
e
il
cuore
è
,
di
me
,
il
primo
ad
affaticarsi
.
Ma
non
rida
!
Cantiamo
soprattutto
con
il
ventre
.
È
il
diaframma
che
lavora
come
un
mantice
:
è
lui
,
più
che
i
polmoni
,
a
regolare
la
potenza
e
la
durata
dei
respiri
e
a
calibrare
i
fiati
...
Il
cuore
è
un
po
'
stanco
,
e
il
diaframma
è
come
un
organista
che
non
sa
più
regolare
l
'
afflusso
dell
'
aria
nei
mantici
.
Io
di
organi
me
ne
intendo
.
Mio
padre
era
sagrestano
a
Recanati
:
io
cominciai
da
bambino
a
cantare
,
in
chiesa
,
vicino
all
'organo...»
.
La
data
di
nascita
della
voce
?
«
Se
,
come
dice
,
un
tenore
nasce
quando
per
la
prima
volta
scopre
la
gioia
del
canto
,
lei
non
mi
ringiovanisce
troppo
.
Sono
nato
nel
1890
,
secondo
l
'
anagrafe
:
cinque
o
sei
anni
più
tardi
,
secondo
la
musica
...
Come
vede
,
di
annetti
ne
ho
abbastanza
,
sia
in
un
senso
che
nell
'altro...»
.
Aveva
la
bella
,
ampia
,
pacata
pronuncia
dei
marchigiani
.
Glielo
feci
notare
,
benché
l
'
osservazione
fosse
ovvia
,
essendo
lui
nato
a
Recanati
.
Aggiunsi
:
«
Sa
cosa
ho
pensato
?
Che
Leopardi
,
bambino
,
doveva
avere
la
stessa
pronuncia
del
piccolo
Beniamino
Gigli
...
»
.
Sorrise
:
e
commentò
:
«
Oggi
ho
tutt
'
al
più
la
voce
del
papà
di
Leopardi
,
del
vecchio
conte
Monaldo
!
»
.
Aveva
cominciato
a
cantare
da
bambino
.
Da
chi
aveva
ereditato
la
voce
?
Disse
:
«
Non
lo
so
:
ma
penso
spesso
di
averla
ereditata
da
mia
mamma
.
Quand
'
ero
piccino
,
ogni
sera
,
prima
di
mettermi
a
letto
,
mi
faceva
cantare
una
canzoncina
paesana
,
che
in
un
certo
modo
serviva
anche
da
ninnananna
.
Mi
aiutava
a
spogliarmi
e
,
quando
restavo
in
camicia
,
cantavo
:
S
'
io
fossi
una
formica
queste
mura
vorrei
varcar
,
le
varcherei
senza
paura
,
la
mia
bella
a
riveder
.
A
questo
punto
era
mia
mamma
che
attaccava
,
con
una
voce
piccolina
,
ma
soave
e
melodiosa
:
La
mia
mamma
è
una
contessa
il
mio
babbo
un
cavaliere
.
E
poi
si
finiva
cantando
,
insieme
:
Ed
io
povera
meschinella
son
rinchiusa
in
monaster
.
Vuol
saperlo
?
Adesso
che
i
medici
mi
hanno
proibito
di
cantare
,
almeno
per
parecchio
tempo
,
e
sono
come
un
vecchio
pensionato
,
quando
vado
a
letto
,
a
bassa
voce
per
non
svegliare
nessuno
,
prima
di
coricarmi
,
canto
ancora
:
Ed
io
,
povera
meschinella
son
rinchiusa
,
in
monaster
...
Come
vede
,
fra
il
monastero
e
la
casa
di
un
tenore
che
non
può
più
cantare
non
c
'
è
,
in
verità
,
una
grande
differenza
...
»
.
Si
parlò
della
povertà
di
quand
'
era
bambino
:
ma
ne
parlava
come
si
parla
di
una
favola
lontana
:
come
delle
storie
di
Puccettino
.
Il
padre
sagrestano
arrotondava
la
sua
magra
paga
facendo
il
ciabattino
:
con
sette
figli
c
'
era
poco
da
scherzare
.
Probabilmente
,
quando
il
figlio
fu
mandato
a
sette
anni
alla
Schola
Cantorum
di
Recanati
,
sulla
decisione
contribuì
il
fatto
che
ogni
prestazione
dei
piccoli
cantori
era
ricompensata
con
dieci
centesimi
,
con
due
soldi
che
Beniamino
portava
a
casa
nella
tasca
del
grembiule
.
Ma
nessuno
in
casa
si
illudeva
che
quella
paga
potesse
mai
aumentare
;
per
questo
,
a
dieci
anni
lo
avviarono
ad
un
mestiere
più
«
serio
»
,
affidandolo
ad
un
falegname
.
Per
ore
e
ore
,
Beniamino
scaldava
il
pentolino
della
colla
e
sceglieva
i
chiodi
,
nel
cassetto
.
Era
arrivato
,
in
un
paio
di
anni
,
a
saper
lavorare
di
pialla
.
Sua
madre
pensò
ad
un
mestiere
più
pacifico
e
il
piccolo
Beniamino
passò
nella
bottega
di
un
sarto
,
e
di
qui
,
come
garzoncello
,
nella
farmacia
di
Recanati
.
Fu
il
tempo
in
cui
Beniamino
imparò
a
pesare
i
cartocci
di
bicarbonato
,
a
preparare
l
'
elisir
di
china
,
a
versare
l
'
oncia
,
o
le
due
once
di
olio
di
ricino
nei
bicchieri
portati
dalle
madri
di
famiglia
che
dovevano
purgare
i
loro
figli
.
Disse
:
«
Ho
appreso
allora
molti
nomi
delle
medicine
che
mi
fanno
inghiottire
adesso
»
.
La
storia
del
suo
debutto
è
nota
e
risale
al
1905
.
Lo
scoprirono
alcuni
studenti
di
Macerata
.
Mettevano
su
,
per
carnevale
,
una
specie
di
piccola
rivista
che
aveva
anche
una
parte
femminile
.
A
Macerata
non
c
'
era
nessuna
signorina
-
erano
tempi
di
grande
prudenza
-
che
osasse
partecipare
ad
uno
spettacolo
goliardico
.
Uno
degli
studenti
parlò
di
un
ragazzo
che
cantava
a
Recanati
con
una
voce
perfetta
di
soprano
.
Partirono
,
convinsero
Beniamino
a
interpretare
la
parte
di
Angelica
nella
rivistina
che
si
intitolava
La
fuga
di
Angelica
.
Vestito
da
ragazza
in
piquet
bianco
,
con
castissimo
sottanone
lungo
sino
a
coprire
i
piedi
,
la
testa
coperta
da
un
parruccone
che
pareva
fatto
con
la
stoppia
del
grano
turco
,
Gigli
ebbe
il
suo
primo
trionfo
.
Il
sogno
del
teatro
non
doveva
abbandonarlo
più
.
La
voce
di
«
fanciulla
»
stava
per
scomparire
e
al
suo
posto
nasceva
una
bella
voce
di
tenore
.
La
famiglia
si
indebitò
per
mandare
il
ragazzo
a
studiare
,
a
Roma
:
la
spesa
del
viaggio
e
del
trasferimento
-
sessanta
lire
per
lui
e
per
il
fratello
Catervo
che
sarebbe
andato
a
bottega
da
uno
scultore
marchigiano
-
sembrò
folle
.
I
due
ragazzi
«
sbarcarono
»
a
Roma
con
qualche
provvista
alimentare
nella
valigia
.
Il
pane
a
Beniamino
non
sarebbe
mancato
perché
un
farmacista
romano
aveva
accettato
di
assumerlo
come
fattorino
-
commesso
.
La
leggenda
di
Gigli
si
inizia
in
un
dedalo
di
viuzze
romane
;
tante
ore
al
giorno
in
farmacia
,
dal
momento
in
cui
sollevava
le
saracinesche
fino
a
quello
in
cui
le
chiudeva
:
un
lavoro
paziente
nella
retrobottega
,
a
impastar
pillole
e
a
preparare
pastiglie
per
la
tosse
.
Alla
sera
,
cinque
piani
di
scale
per
andare
da
una
vecchia
cantante
che
gli
dava
le
lezioni
.
A
quei
tempi
si
studiava
ancora
il
canto
per
sette
,
otto
,
nove
anni
:
sembra
non
ne
occorressero
di
meno
per
diventare
padroni
della
voce
.
Gigli
mi
disse
:
«
Dovrebbe
essere
così
anche
oggi
»
.
Finché
venne
,
nel
1912
,
il
tempo
di
andare
ad
un
corso
di
perfezionamento
,
all
'
Accademia
di
Santa
Cecilia
,
dal
maestro
Cotogni
.
A
questo
punto
parlai
io
,
per
dire
che
proprio
in
un
giorno
di
uno
di
quegli
ultimi
due
anni
di
studio
,
lo
avevo
sentito
cantare
accompagnato
al
piano
da
Cotogni
.
Gli
raccontai
come
io
fossi
salito
un
giorno
lassù
,
al
terzo
piano
dell
'
Accademia
in
via
dei
Greci
,
per
accompagnare
Vittorio
Podrecca
che
era
segretario
dell
'
Accademia
e
che
,
come
tale
,
doveva
infatti
controfirmare
il
diploma
al
termine
degli
studi
.
Ascoltare
le
lezioni
era
proibito
,
ma
Vittorio
Podrecca
sapeva
che
,
a
me
,
suo
nipote
,
era
noto
il
passato
di
Antonio
Cotogni
.
Il
vecchio
baritono
aveva
quasi
ottant
'
anni
,
era
stato
il
primo
interprete
del
Don
Carlos
di
Verdi
:
Verdi
aveva
pianto
quando
l
'
ignoto
baritono
trasteverino
era
andato
a
Sant
'
Agata
a
cantare
la
romanza
del
marchese
di
Posa
.
Io
volevo
vedere
chi
«
aveva
fatto
piangere
Verdi
»
.
Mi
avevano
detto
che
,
durante
le
lezioni
,
qualche
volta
Cotogni
accennava
ancora
qualche
battuta
di
canto
.
Chissà
!
I
sogni
dei
ragazzini
sono
singolari
:
forse
speravo
di
lagrimare
anch
'
io
,
al
suono
di
quella
voce
.
Era
estate
,
nei
giorni
che
precedevano
gli
esami
:
e
Roma
,
dalle
finestre
dell
'
ultimo
piano
del
palazzo
di
via
dei
Greci
,
era
già
torrida
.
L
'
estate
d
'
oro
batteva
sui
vecchi
tetti
del
Babuino
e
di
via
Margutta
:
il
bastione
del
Pincio
saliva
come
un
sipario
antico
con
le
sue
ghirlande
di
verde
.
Io
ero
appiattato
dietro
ad
una
porta
,
nell
'
ombra
di
un
corridoio
.
Nella
sala
Antonio
Cotogni
stava
al
pianoforte
:
vedevo
le
sue
solide
spalle
,
i
suoi
tenui
capelli
bianchi
,
la
«
voglia
»
bruna
che
gli
macchiava
una
tempia
.
Vicino
a
lui
stava
un
giovane
basso
e
forte
,
in
maniche
di
camicia
,
cui
il
maestro
aveva
permesso
di
slacciare
il
colletto
inamidato
.
Era
lo
«
studente
Gigli
»
che
si
preparava
a
ripassare
una
delle
romanze
dell
'
esame
.
Cosa
avrebbe
cantato
?
O
paradiso
dell
'
Africana
?
Celeste
Aida
?
Spirto
gentil
?
Che
gelida
manina
?
Cantò
la
romanza
di
Edgardo
nella
Lucia
di
Lammermoor
.
Al
vecchio
tenore
,
seduto
nella
sua
melanconica
poltrona
di
giunco
,
avrei
dovuto
dirgli
che
ricordavo
benissimo
le
prime
parole
di
quella
romanza
.
Ma
davanti
al
suo
volto
così
segretamente
velato
di
grigio
,
davanti
agli
occhi
dalla
sclerotica
troppo
bianca
,
non
ebbi
l
'
animo
di
riferire
quel
verso
melanconico
che
dice
Tombe
degli
avi
miei
...
Temetti
per
la
sua
melanconia
:
e
mentii
:
«
Non
mi
dimenticherò
mai
,
caro
Gigli
,
come
ha
battuto
il
mio
cuore
di
ragazzo
di
quattordici
anni
quando
lei
ha
attaccato
Che
gelida
manina
.
Gigli
sorrise
come
preso
nel
ricordo
di
quel
canto
d
'
amore
.
Taceva
.
StampaQuotidiana ,
Signore
e
signori
,
I
maestri
elementari
della
provincia
di
Treviso
mi
hanno
chiesto
s
'
io
volessi
fare
una
conferenza
davanti
a
tanta
eletta
cittadinanza
,
e
a
essi
io
non
poteva
dire
di
no
.
Da
lungo
tempo
ho
in
grandissimo
affetto
questa
classe
di
persone
così
utile
allo
Stato
,
alle
provincie
,
ai
comuni
,
e
a
cui
Stato
,
provincie
e
comuni
danno
retribuzione
così
inferiore
a
quella
che
meriterebbe
per
il
beneficio
prestato
e
che
sempre
si
domanda
da
essa
.
Ma
,
se
la
mia
parola
riuscirà
meno
gradita
di
quanto
desidero
,
ne
darete
colpa
non
ai
maestri
elementari
che
me
l
'
hanno
chiesta
,
bensì
a
me
pel
soggetto
che
ho
scelto
,
come
quello
su
cui
più
si
fermò
la
mia
mente
.
Ché
se
il
soggetto
è
facile
a
concepire
,
è
pur
difficile
a
esser
trattato
,
e
se
sarebbe
facile
ad
altri
il
discorrerne
e
provocare
la
vostra
approvazione
,
potrà
forse
esser
difficile
a
me
.
So
come
alcuni
fanno
a
carezzare
le
umane
passioni
e
a
secondare
i
comuni
pregiudizi
;
quanto
a
me
mi
rivolgo
alla
vostra
ragione
,
e
desidero
che
una
parola
calma
,
tranquilla
e
serena
scenda
nella
vostra
coscienza
;
e
se
in
essa
troverà
una
approvazione
,
io
sarò
abbastanza
contento
.
In
queste
parole
:
religione
,
clericalismo
e
scuole
,
sono
compresi
taluni
dei
maggiori
interessi
della
umana
società
,
e
io
cercherò
di
controbilanciare
il
torto
e
il
diritto
di
ognuno
,
per
poi
misurare
l
'
influenza
di
quella
delle
tre
parole
che
ci
indica
il
bene
e
di
quella
che
ci
indica
il
male
.
Per
misurare
però
quale
sia
l
'
influenza
delle
scuole
e
della
religione
da
una
parte
,
e
del
clericalismo
dall
'
altra
,
bisognerà
,
o
signori
,
che
abbiate
l
'
animo
calmo
come
l
'
ho
io
,
e
che
nel
sentirmi
vi
preoccupiate
,
come
me
,
d
'
esser
chiari
,
precisi
,
giusti
e
soprattutto
sinceri
.
La
maggior
parte
di
coloro
che
discorrono
di
religione
e
di
clericalismo
non
sono
,
a
mio
parere
,
sinceri
.
Alcuni
sono
pieni
di
furore
contro
il
clericalismo
,
e
hanno
ragione
;
ma
il
loro
furore
va
più
in
là
e
offende
la
religione
medesima
.
E
d
'
altra
parte
,
se
i
loro
avversari
gridano
:
«
Religione
!
Religione
!
Dio
!
Dio
!
»
,
in
fondo
del
loro
cuore
tutto
questo
non
c
'
è
.
Non
è
già
per
amor
di
religione
che
parlano
,
non
è
per
Dio
che
si
agitano
,
ma
per
loro
stessi
,
per
le
loro
passioni
mondane
,
pel
desiderio
sfrenato
che
hanno
di
dominare
e
di
farsi
avanti
.
Sono
quindi
due
insincerità
che
si
armano
,
e
furiose
combattono
l
'
una
contro
l
'
altra
,
pur
avendo
ciascuna
delle
due
parti
gran
bisogno
dell
'
altra
.
Ora
noi
dobbiamo
distinguere
la
religione
dal
clericalismo
,
e
dire
apertamente
ciò
che
di
ognuno
si
pensa
.
Religione
e
clericalismo
son
due
cose
ben
differenti
:
non
diverse
,
ma
opposte
.
Il
sentimento
religioso
nasce
con
l
'
uomo
al
primo
urto
che
sente
dalla
natura
in
cui
vive
,
di
questa
natura
della
quale
non
sa
donde
sia
caduta
,
né
dove
vada
.
Il
sentimento
religioso
è
tale
da
unire
l
'
animo
suo
con
tutto
ciò
che
lo
circonda
;
è
un
sentimento
molto
intimo
che
mette
l
'
uomo
in
relazione
con
quello
che
è
sopra
di
lui
,
come
della
stessa
natura
.
E
l
'
uomo
viene
in
grado
di
trovare
una
risposta
alle
terribili
domande
,
alle
quali
ogni
scienza
è
impotente
,
e
delle
quali
oggi
dice
di
non
volersi
curare
,
ma
domani
cercherà
di
rispondervi
.
Col
sentimento
veramente
religioso
l
'
uomo
frena
la
sua
fantasia
che
gli
chiede
:
«
d
'
onde
tu
vieni
?
dove
tu
vai
?
»
;
ed
è
nostra
sventura
aver
sempre
queste
domande
dinanzi
!
E
non
v
'
illudete
,
o
signori
;
questo
sentimento
religioso
assume
necessariamente
forma
di
culto
;
poiché
una
volta
che
l
'
uomo
abbia
concepito
qualche
cosa
al
di
sopra
di
lui
,
è
naturale
egli
domandi
a
se
stesso
come
questo
qualche
cosa
,
che
chiama
Dio
,
debba
o
possa
essere
propiziabile
.
Ed
è
così
,
che
tra
lui
e
questo
Dio
sorge
il
sacerdote
.
Che
cosa
è
il
sacerdote
?
È
l
'
interprete
dell
'
uomo
a
Dio
,
di
Dio
all
'
uomo
;
ma
questo
sacerdote
che
viene
nell
'
umana
società
per
mettere
in
relazione
l
'
uomo
con
Dio
,
corrompe
presto
l
'
ufficio
suo
,
e
,
preso
un
altissimo
posto
nella
umana
coscienza
,
se
n
'
avvantaggia
naturalmente
.
I
sacerdoti
formano
una
classe
,
una
casta
,
portata
alla
ricerca
di
dominio
e
onori
.
Il
sentimento
è
affatto
diverso
da
quello
che
doveva
essere
;
non
ha
più
per
oggetto
Iddio
,
non
la
mediazione
fra
l
'
uomo
e
l
'
idealità
pura
,
ma
il
proprio
interesse
,
la
propria
ambizione
.
Questa
la
corruttela
del
sacerdozio
.
Or
bene
,
o
signori
,
come
quel
primo
sentimento
si
dice
religione
,
questo
secondo
,
con
nome
moderno
,
che
corrisponde
però
a
una
cosa
antica
,
si
dice
clericalismo
.
La
religione
o
il
sentimento
religioso
è
,
come
abbiamo
visto
,
la
relazione
fra
uomo
e
Dio
;
il
clericalismo
surroga
alla
relazione
dell
'
uomo
con
Dio
l
'
interesse
proprio
del
sacerdote
.
E
che
cosa
dobbiamo
fare
?
Questa
è
una
perversione
del
retto
principio
,
è
una
corruttela
.
Come
correggerla
,
come
impedirla
?
Vi
sono
parecchi
i
quali
non
sono
sinceri
,
e
che
gridano
ad
alta
voce
contro
questi
clericali
.
Io
,
per
conto
mio
,
li
lascio
vivere
,
come
lascio
vivere
tutti
;
ma
esamino
loro
come
esamino
tutti
.
Culto
e
Dio
sono
troppo
connessi
fra
loro
perché
si
possano
dividere
e
far
sì
che
uno
venga
scacciato
e
l
'
altro
resti
.
Basta
osservare
che
tutte
le
speculazioni
moderne
,
tutte
le
dottrine
scientifiche
o
filosofiche
,
che
vogliono
acquistare
una
efficacia
pratica
,
hanno
bisogno
d
'
un
culto
.
Il
mio
amico
Coppino
,
ministro
della
pubblica
istruzione
,
nel
suo
discorso
ad
Alba
ha
detto
che
nell
'
avvenire
la
religione
professata
da
tutti
sarà
la
«
religione
del
dovere
»
.
È
una
frase
,
per
quanto
bella
,
e
gli
uomini
di
Stato
più
degli
altri
dovrebbero
guardarsi
dalle
frasi
.
Il
dovere
sarà
la
religione
di
pochi
,
e
anche
in
quei
pochi
questo
dovere
sarà
come
una
voce
che
parlerà
fuori
di
loro
.
Dio
non
si
caccia
dal
mondo
,
no
.
Dio
non
si
caccia
dall
'
umana
coscienza
,
perché
è
quello
che
vi
ha
di
più
profondo
nella
coscienza
stessa
.
Egli
fu
concepito
da
tutti
e
in
tutti
i
popoli
come
un
grande
ideale
di
bontà
,
di
virtù
e
d
'
amore
.
Perché
,
volendo
pensare
che
cosa
dia
la
somma
di
ogni
passione
,
pensiamo
subito
a
Dio
;
perché
questo
Dio
è
l
'
archeo
,
è
il
centro
di
ogni
idealità
umana
,
e
l
'
uomo
lo
pone
dinanzi
a
sé
come
la
meta
sua
naturale
più
elevata
.
Questo
è
Dio
,
ed
esso
si
alza
nella
vostra
coscienza
e
vi
segna
la
via
.
E
se
voi
poteste
cacciare
dalla
umana
società
questo
Dio
,
che
vi
segue
dovunque
,
un
immenso
buio
vi
avvolgerebbe
,
e
invano
cerchereste
di
uscirne
,
in
cerca
di
luce
.
E
sapete
ora
voi
quali
sono
i
nemici
principali
di
questo
Dio
che
vi
riscalda
il
cuore
e
costante
brilla
nel
vostro
pensiero
?
I
clericali
,
sì
,
quei
clericali
di
cui
ho
parlato
poc
'
anzi
;
quei
clericali
che
non
vogliono
Dio
avanti
e
sopra
di
loro
perché
vogliono
un
Dio
,
che
anziché
essere
la
loro
guida
,
sia
mancipio
loro
;
non
che
li
ispiri
ad
amore
del
bello
e
del
buono
,
ma
che
conservi
la
loro
prosperità
mondana
alla
quale
,
per
ogni
via
,
sono
arrivati
.
Eppure
atei
e
cristiani
,
clericali
e
miscredenti
vanno
a
braccetto
:
e
per
quanto
possano
parere
nemici
nei
giornali
e
nei
comizi
,
sono
amici
,
e
gli
uni
operano
gli
stessi
effetti
degli
altri
,
quantunque
siano
opposte
le
mire
.
Il
clericalismo
è
la
negazione
di
Dio
,
è
l
'
abbassamento
di
tutte
le
idealità
che
l
'
umana
coscienza
ha
concepito
in
Dio
.
E
noi
dobbiamo
combatterlo
,
ma
combatterlo
come
pratica
una
società
civile
.
Noi
in
Italia
abbiamo
poi
una
ragione
speciale
che
ne
consiglia
la
lotta
,
ed
è
la
sua
ambiziosa
voglia
di
riacquisto
del
potere
temporale
del
papa
che
il
clericale
non
potrebbe
restaurare
senza
rovina
del
pontefice
stesso
,
che
non
sarebbe
in
grado
di
tener
Roma
neppure
una
settimana
.
E
noi
dobbiamo
combatterlo
perché
questa
Italia
,
come
l
'
abbiamo
fatta
,
una
sul
durevole
fondamento
della
monarchia
,
è
veramente
intangibile
.
Se
però
dobbiamo
distruggere
questo
nemico
,
non
ce
lo
facciamo
in
fantasia
più
grosso
di
quello
che
è
.
Non
facciamolo
più
numeroso
di
quanto
esso
veramente
sia
.
E
ora
,
conosciuti
gli
errori
degli
altri
,
veniamo
a
notarne
anche
qualcheduno
dei
nostri
.
Già
,
se
udite
che
intorno
a
voi
si
levi
il
grido
contro
il
clericale
,
non
dovete
poi
credere
,
come
potrebbe
parere
,
che
ogni
religioso
sia
clericale
,
che
sia
clericale
ogni
prete
.
Una
buona
parte
dei
preti
deplora
il
moderno
indirizzo
della
curia
romana
,
l
'
indirizzo
da
essa
dato
al
clero
minore
;
e
quelli
son
sacerdoti
pii
,
pieni
di
sentimento
veramente
religioso
,
che
vedono
la
corruttela
di
cui
la
curia
romana
sempre
più
si
ricopre
.
Questi
buoni
preti
vedono
fuorviato
l
'
indirizzo
dei
loro
colleghi
,
ma
non
osano
parlare
o
parlano
sottovoce
,
e
non
osano
gridare
per
fermare
questa
fiumana
che
minaccia
di
sommergere
tutto
quello
che
in
più
anni
sono
giunti
a
raccogliere
.
Ma
perché
non
si
adoprano
a
fermarla
?
Perché
non
sono
ancora
riesciti
a
produrre
un
effetto
utile
?
Perché
sono
soli
.
Ogni
qualvolta
pare
debba
aversi
uno
dei
tali
effetti
,
è
allora
che
il
sentimento
religioso
vacilla
.
E
intanto
noi
non
ci
risolviamo
né
ad
apprezzare
né
a
disprezzare
cotali
loro
sentimenti
.
Questa
la
cagione
per
la
quale
i
sacerdoti
hanno
perduto
e
sempre
più
si
allontanano
dall
'
ufficio
loro
.
Questi
messaggeri
di
Dio
conoscono
tutti
il
danno
del
moderno
indirizzo
,
e
pur
lasciano
che
si
confonda
religione
e
clericalismo
.
E
difetto
della
politica
nostra
se
in
essi
non
troviamo
uno
strumento
d
'
aiuto
contro
il
clericalismo
prevalente
nella
maggior
parte
del
clero
e
della
curia
romana
.
Non
perciò
dobbiamo
scoraggiarci
.
La
Chiesa
è
oggi
tutta
nelle
mani
del
pontefice
come
mai
.
Dirò
come
disse
un
vescovo
:
i
parroci
sono
soldati
dei
vescovi
;
i
vescovi
del
sommo
pontefice
.
Tale
organizzazione
della
Chiesa
non
risponde
in
origine
a
nessun
testo
del
Vangelo
,
e
a
capo
di
essa
sta
il
primo
sacerdote
del
mondo
,
che
vuol
essere
il
più
ostinato
clericale
del
mondo
.
Ebbene
,
vedete
,
in
questo
momento
il
nostro
paese
è
contristato
da
un
'
aspra
battaglia
contro
questo
clero
viziato
.
Voi
ne
avete
visto
i
motivi
e
i
primi
scontri
.
Leone
XIII
del
quale
io
parlo
sempre
con
grande
rispetto
ha
pubblicato
un
Breve
a
favore
dei
gesuiti
,
e
il
ministro
guardasigilli
del
quale
io
parlo
sempre
con
grande
libertà
ha
subito
cominciato
a
reagire
,
con
un
gesto
discutibile
,
a
cacciare
tre
o
quattro
monache
dal
convento
della
Sapienza
.
Però
mentre
vediamo
costrette
queste
quattro
monache
a
uscire
dal
loro
convento
,
vediamo
pure
che
al
tempo
stesso
si
fanno
monache
una
ventina
di
giovani
.
Il
ministro
non
ha
autorità
,
né
la
pretende
,
di
impedire
che
giovani
donne
pronuncino
voti
,
e
la
monacazione
in
questo
tempo
di
discordia
è
divenuta
più
grande
di
quanto
fosse
in
addietro
.
Il
ministro
non
ha
con
questo
suo
atto
violata
la
legge
:
egli
invece
più
rigorosamente
l
'
ha
eseguita
,
ma
in
maniera
diversa
di
quanto
ha
fatto
finora
e
troppo
mettendo
il
paese
a
rumore
.
Perché
voi
sapete
che
il
ministro
guardasigilli
ha
un
grande
difetto
.
Egli
non
fa
nulla
senza
trombetta
:
non
sospende
un
pretore
per
una
giornata
senza
avvisarne
tutti
,
o
taluni
almeno
dei
giornali
d
'
Italia
.
Codesta
sua
ultima
azione
è
contraria
a
quella
che
deve
compiere
un
governo
il
quale
voglia
eseguire
la
legge
in
modo
che
dall
'
esecuzione
di
essa
si
possano
ritrarre
i
maggiori
benefizi
che
la
legge
stessa
promette
.
Aggiungiamo
una
osservazione
.
Leone
XIII
e
il
ministro
,
negli
atti
che
ho
ricordato
,
hanno
commesso
il
medesimo
errore
:
quello
di
non
considerare
che
gli
altri
nei
loro
atti
non
guardano
soltanto
quello
che
sono
,
ma
anche
quello
che
sembrano
alla
società
.
Per
non
aver
fatto
ciò
,
ministro
e
pontefice
han
provocato
un
movimento
che
in
un
paese
più
ardente
del
nostro
avrebbe
provocato
conseguenze
,
l
'
estensione
delle
quali
non
sarebbe
possibile
misurare
.
In
un
paese
invece
calmo
come
il
nostro
,
dopo
un
certo
spazio
di
tempo
passerà
tutto
senza
lasciare
traccia
di
sé
,
e
poiché
il
fumo
è
molto
maggiore
della
vampa
,
fra
qualche
giorno
nessuno
ci
penserà
più
.
Ma
le
menti
restano
così
piene
di
confusione
,
e
se
ne
ricava
un
'
impressione
capace
di
promuovere
i
malumori
più
grandi
.
Al
paese
importa
molto
la
battaglia
contro
il
clericalismo
,
ma
l
'
impressione
e
il
moto
troppo
vivi
finiscono
in
nulla
,
come
una
bolla
di
sapone
che
per
un
momento
abbia
brillato
di
vivi
colori
.
Così
non
si
combatte
il
clero
,
a
punti
di
spilla
,
a
dispetti
,
a
piccoli
sdegni
,
che
offendono
non
solo
il
nemico
che
si
dice
di
voler
combattere
,
ma
,
come
ho
detto
,
anche
la
religione
.
Con
queste
piccole
vessazioni
il
clericalismo
si
rinforza
,
perché
questi
atti
,
per
quanto
legali
,
alla
maggior
parte
dei
cittadini
ripugnano
.
Questi
atti
non
fanno
che
generare
risentimenti
,
discreditare
e
togliere
la
fiducia
a
coloro
che
vorrebbero
operar
pel
bene
.
Noi
dobbiamo
convincerci
che
questa
lotta
furiosa
produce
l
'
effetto
opposto
di
quello
che
si
desidera
.
Parecchi
confondono
la
maniera
di
combattere
il
clericalismo
in
un
paese
dispotico
con
quella
buona
in
un
paese
libero
:
la
maniera
propria
d
'
un
paese
in
cui
ognuno
può
parlare
e
fare
a
sua
posta
,
con
quella
delle
società
dove
il
cittadino
deve
trattenere
persino
l
'
espressione
del
proprio
dolore
.
Il
clero
non
si
combatte
con
questi
piccoli
sfoghi
e
io
sono
persuaso
che
l
'
unico
mezzo
per
ottenere
qualcosa
sia
un
'
azione
costante
e
seria
da
parte
dello
Stato
,
a
cui
spetta
però
segnare
il
limite
della
propria
azione
e
le
relazioni
di
esso
con
tutti
gli
altri
organismi
che
vivono
intorno
e
dentro
di
lui
.
Bisogna
che
questa
azione
del
governo
sia
coerente
e
ferma
.
Il
che
però
non
è
facile
in
un
governo
come
il
nostro
troppo
in
balia
dei
partiti
;
bisogna
che
l
'
azione
non
sia
diretta
così
da
produrre
uno
o
l
'
altro
dolore
,
ma
con
perfetta
chiarezza
di
idee
e
senza
inimicizie
verso
tutto
quello
che
nella
Chiesa
vi
può
essere
di
utile
.
Questa
la
forma
teorica
dell
'
azione
dello
Stato
.
Ne
potrei
anche
più
determinare
i
confini
,
ma
sarebbe
troppo
lungo
discorso
:
potrei
segnare
l
'
orbita
di
tutti
questi
organismi
che
riguardano
lo
Stato
e
la
Chiesa
;
ma
qui
mi
ricordo
della
terza
parola
del
tema
che
impresi
a
trattare
,
e
mi
limito
dunque
a
dirvi
l
'
azione
tra
Stato
e
Chiesa
rispetto
alle
scuole
.
La
Chiesa
pretende
di
poter
insegnare
da
sola
,
e
questo
diritto
lo
deriva
da
talune
parole
di
Cristo
.
Ma
se
Cristo
ha
dato
a
essa
l
'
autorità
d
'
insegnare
,
è
chiaro
che
intendeva
alludere
alle
dottrine
che
meglio
fossero
adeguate
a
quelle
che
insegnava
lui
.
D
'
altra
parte
,
quelle
alte
parole
io
le
venero
,
ma
non
credo
che
esse
mi
vietino
di
esaminar
le
moderne
dottrine
religiose
che
non
sono
in
tutto
e
per
tutto
quelle
di
Cristo
.
Così
noi
non
possiamo
in
nessuna
guisa
consentire
che
la
Chiesa
abbia
veramente
diritto
d
'
insegnare
più
che
non
l
'
abbia
lo
Stato
.
Il
quale
,
come
tutore
di
quelli
infiniti
organismi
che
si
muovono
dentro
di
lui
,
ha
anche
il
diritto
di
invigilare
sul
modo
col
quale
da
altri
s
'
insegna
.
Perciò
l
'
autorità
dello
Stato
riguardo
all
'
insegnamento
comprende
tre
grandi
funzioni
:
autorizzare
all
'
insegnamento
quelli
che
abbiano
voglia
di
farlo
,
vigilare
mentre
s
'
insegna
,
accertare
i
frutti
dell
'
insegnamento
dato
dagli
altri
.
Lo
Stato
italiano
non
ha
pur
troppo
un
organismo
capace
di
esercitare
queste
tre
funzioni
,
rispetto
alle
quali
esso
è
ancora
molto
imperfetto
e
deficiente
.
Esso
non
ha
provveduto
in
modo
sicuro
e
sincero
perché
l
'
autorizzazione
sia
data
in
maniera
che
ognuno
che
insegna
dia
garanzia
morale
e
materiale
.
Circa
all
'
invigilare
mentre
s
'
insegna
,
noi
vediamo
come
manchi
tuttora
una
organizzazione
adatta
all
'
uopo
.
Quanto
poi
all
'
accertare
i
frutti
dell
'
insegnamento
possiamo
dire
che
i
mezzi
dei
quali
lo
Stato
si
serve
non
sono
atti
.
Gli
esami
,
ad
esempio
,
non
sono
che
un
vaglio
,
alla
prima
mossa
del
quale
gli
asini
non
passano
,
ma
alla
seconda
passano
tutti
!
Lo
Stato
non
esercita
rispetto
alle
scuole
ecclesiastiche
quel
diritto
che
dovrebbe
,
e
avrebbe
più
d
'
un
valido
motivo
per
intromettersi
nell
'
educazione
delle
scuole
private
e
clericali
del
Regno
.
Lo
Stato
è
obbligato
d
'
insegnar
molto
,
d
'
istruire
,
di
educare
,
eppure
nelle
scuole
dello
Stato
s
'
istruisce
poco
e
si
educa
punto
.
È
assolutamente
necessario
che
esso
riordini
le
sue
scuole
in
una
scuola
elementare
in
cui
non
si
tenga
conto
delle
classi
che
le
stanno
d
'
attorno
;
in
una
scuola
tecnica
che
abbia
,
come
non
ha
ora
,
un
fine
immediato
;
in
un
istituto
tecnico
che
non
dia
ai
frequentatori
di
certe
sezioni
troppe
ore
di
studio
e
a
quelli
delle
altre
troppe
poche
.
Lo
Stato
ha
bisogno
di
riordinare
il
liceo
,
dove
si
dovrebbe
insegnare
a
leggere
l
'
italiano
,
a
scrivere
il
latino
e
a
compitare
il
greco
,
e
dove
invece
si
fa
poco
di
tutto
questo
e
quel
poco
anche
male
.
È
chiaro
che
l
'
impressione
che
lo
Stato
quale
educatore
esercita
nei
padri
di
famiglia
è
la
ragione
diretta
del
seguito
che
hanno
i
maestri
nelle
scuole
clericali
.
Una
delle
principali
ragioni
che
spingono
a
far
disertare
le
scuole
laiche
,
è
certamente
il
cattivo
concetto
che
essi
si
sono
fatti
dell
'
educazione
che
lo
Stato
stesso
impartisce
.
I
padri
di
famiglia
vogliono
che
i
figlioli
ritornino
presso
di
loro
elemento
di
concordia
e
di
pace
;
vogliono
che
nell
'
animo
dei
loro
figlioli
siano
introdotti
sentimenti
che
non
siano
per
nulla
contrari
ai
sentimenti
loro
.
E
l
'
erroneo
indirizzo
delle
nostre
scuole
induce
con
quasi
pieno
convincimento
ad
abbandonarle
per
quelle
clericali
.
È
una
prova
che
l
'
istruzione
nelle
scuole
laiche
non
procede
quale
dovrebbe
,
la
vediamo
nel
fatto
che
taluni
istituti
di
educazione
si
sono
appropriati
la
disciplina
militare
,
che
ha
già
dato
buoni
risultati
.
L
'
esperienza
di
qualche
anno
ha
dimostrato
che
questa
disciplina
produce
in
poco
tempo
gli
stessi
effetti
utili
che
produce
nei
giovani
il
servizio
militare
.
Lasciando
all
'
avvenire
di
risolvere
pienamente
questa
questione
,
l
'
attuale
ministro
della
pubblica
istruzione
ha
visto
e
sentito
intanto
i
difetti
dei
suoi
convitti
;
ed
era
naturale
dovessero
sentirli
e
vederli
anche
i
padri
di
famiglia
.
E
qui
si
presenta
un
altro
mezzo
per
combattere
il
clericalismo
:
quello
di
ordinare
le
scuole
in
modo
che
l
'
educazione
sia
proporzionata
alle
diverse
classi
della
società
,
di
ordinarla
in
modo
che
nella
scuola
non
s
'
insegni
religione
,
ma
non
s
'
insegni
l
'
opposto
,
distruggendo
nell
'
animo
dei
giovani
i
sentimenti
appresi
nelle
famiglie
.
E
la
paura
di
ciò
che
distoglie
i
genitori
dal
mandare
i
figlioli
nelle
nostre
scuole
.
Uno
dei
diritti
dello
Stato
è
quello
di
autorizzare
a
insegnar
,
e
per
questo
lo
Stato
ha
bisogno
di
stabilire
le
condizioni
intellettuali
e
morali
che
debbono
richiedersi
negli
aspiranti
all
'
insegnamento
.
Queste
condizioni
sono
definite
dalle
leggi
,
ma
queste
leggi
sono
troppo
deboli
,
troppo
facili
a
frodarsi
.
Da
noi
le
leggi
sono
fatte
così
:
in
un
articolo
d
'
una
di
esse
è
detto
che
per
esser
dottore
bisogna
fare
questo
e
quest
'
altro
,
e
nell
'
articolo
seguente
si
afferma
che
però
si
può
esser
dottore
anche
senza
aver
fatto
questo
e
quest
'
altro
!
Ecco
la
grande
necessità
di
irrigidire
le
condizioni
predette
.
Lasciamo
pure
a
tutti
il
diritto
d
'
insegnare
,
ma
ciò
soltanto
a
comuni
e
rigide
condizioni
.
Noi
vediamo
sempre
esercitato
l
'
insegnamento
da
un
numero
crescente
di
frati
e
di
preti
.
Bene
,
eleviamo
le
condizioni
stesse
:
è
l
'
unico
mezzo
per
frenare
tanta
ambizione
d
'
insegnamento
.
Ma
sovratutto
rendiamole
tali
che
non
ci
sia
il
modo
di
violarle
o
facilmente
potersene
esimere
.
In
questi
dieci
ultimi
anni
in
cui
voi
sentiste
di
essere
governati
tanto
liberamente
,
sono
state
rilasciate
a
frati
e
a
preti
molte
più
autorizzazioni
d
'
insegnamento
che
non
nei
tempi
addietro
,
e
rilasciate
anche
con
molto
minor
rigore
.
E
vi
lagnate
poi
perché
un
numero
troppo
grande
di
ministri
di
Dio
abbia
ottenuto
tale
facoltà
,
e
vi
chiedete
a
chi
ne
spetti
la
colpa
?
Chiedetelo
ai
deputati
che
privatamente
hanno
insistito
in
favore
di
tali
autorizzazioni
!
Chiedetelo
a
quei
ben
noti
deputati
che
,
mentre
combattono
in
piazza
i
clericali
,
affidano
i
figli
loro
ai
preti
perché
li
educhino
.
Chiedetelo
a
questi
ipocriti
peggiori
dei
clericali
stessi
:
a
codesti
autori
di
un
'
ipocrisia
che
uccide
l
'
anima
del
paese
,
che
insegna
a
non
guardarsi
liberamente
in
viso
:
a
questa
ipocrisia
che
dà
al
paese
il
diritto
di
credere
che
tutto
ciò
che
gli
si
dice
in
pubblico
sia
sfacciata
menzogna
.
L
'
oscillazione
con
cui
procede
lo
Stato
rispetto
alla
Chiesa
,
gli
ha
impedito
di
fermare
il
suo
stesso
pensiero
su
troppe
cose
rilevanti
.
E
l
'
oscillazione
da
esso
discende
ai
liberali
che
si
trovano
combattuti
fra
opposte
correnti
:
da
una
parte
codesti
liberali
quantunque
tale
parola
sia
stata
talmente
usurpata
da
non
saper
più
cosa
voglia
dire
sentono
affermare
che
il
culto
e
i
riti
sono
tutte
cose
vane
e
inutili
,
dall
'
altra
invece
l
'
opposto
.
Invece
bisogna
pensare
a
ciò
che
di
bene
e
di
male
fa
il
clero
per
la
natura
stessa
della
sua
organizzazione
,
e
per
la
intima
relazione
ch
'
esso
ha
,
non
solo
con
la
plebe
,
ma
con
la
classe
più
agiata
:
influenza
morale
che
non
risolverà
né
oggi
né
domani
né
mai
in
un
fatto
sensibile
,
in
una
violazione
qualunque
,
ma
si
esercita
su
tutta
la
società
,
e
tutta
la
penetra
.
Allo
Stato
deve
importare
che
questa
influenza
si
eserciti
possibilmente
in
un
modo
piuttosto
che
in
un
altro
;
e
dico
possibilmente
,
perché
anche
i
clericali
debbono
aver
molta
libertà
di
pensare
.
In
queste
condizioni
lo
Stato
deve
trovare
un
rimedio
al
dominio
del
clericalismo
nell
'
insegnamento
filosofico
,
e
far
in
modo
che
la
scienza
umana
aleggi
,
ventili
,
penetri
nell
'
insegnamento
che
tuttora
si
dà
nei
seminari
.
Bisogna
che
anche
ciò
che
si
insegna
in
quei
collegi
risponda
ai
migliori
principi
della
civiltà
e
della
scienza
;
e
cessi
la
rozzezza
d
'
oggi
,
in
cui
la
maggior
parte
dei
preti
non
conosce
,
quand
'
anche
lo
conosca
,
che
il
breviario
.
Insomma
è
importante
per
lo
Stato
che
la
mente
dei
preti
sia
elevata
,
il
più
possibile
.
Lo
Stato
può
far
questo
in
due
modi
.
La
teologia
è
una
scienza
intorno
alla
quale
si
è
creato
una
vera
enciclopedia
di
scienze
cui
spettano
i
problemi
filosofici
più
alti
dello
scibile
umano
.
Ora
,
mentre
queste
scienze
sono
seriamente
studiate
in
Germania
,
in
Inghilterra
,
in
Francia
,
qui
da
noi
invece
sono
quasi
del
tutto
soppresse
.
Bisogna
rialzarle
adunque
,
e
saranno
feconde
di
libertà
anche
nelle
menti
oggi
schiave
.
Bisogna
che
il
prete
sia
istruito
nella
scienza
propria
e
nel
suo
dovere
:
bisogna
che
il
prete
non
possa
chiamarsi
tale
se
non
dopo
esser
passato
attraverso
a
tutto
quello
studio
che
lo
Stato
crede
più
opportuno
per
la
cultura
generale
del
paese
.
Noi
abbiamo
lasciato
troppo
libera
la
Chiesa
non
intervenendo
nel
formare
la
mente
dei
preti
.
Solo
il
sacerdote
arrivato
al
suo
ufficio
attraverso
una
cultura
laica
potrà
concorrere
a
elevare
la
mente
e
il
cuore
delle
plebi
.
Si
combatte
adunque
il
clericalismo
nelle
scuole
rinvigorendo
i
mezzi
d
'
ispezione
;
rinforzando
le
condizioni
alle
quali
devono
sottostare
gl
'
insegnamenti
;
rendendo
le
scuole
dello
Stato
buone
educatrici
,
pur
non
avendo
il
colore
di
religiose
;
ma
lo
si
combatte
sovrattutto
elevando
l
'
istruzione
del
clero
e
sottraendolo
all
'
influenza
esclusiva
della
gerarchia
ecclesiastica
.
Credo
di
avere
brevemente
percorso
il
soggetto
che
mi
ero
proposto
.
Potrei
essermi
fermato
più
a
lungo
su
ciascuno
di
questi
argomenti
,
ma
avrei
abusato
della
vostra
pazienza
,
e
d
'
altronde
ognuno
di
essi
avrebbe
potuto
e
dovuto
esser
tema
di
una
speciale
conferenza
.
Se
la
mia
parola
vi
è
parsa
scevra
di
odio
,
se
ho
misurato
come
meglio
potevo
il
torto
e
la
ragione
da
una
parte
e
dall
'
altra
,
se
non
ho
nascosto
il
danno
che
il
clericalismo
arreca
al
paese
e
non
ho
lodato
i
mezzi
meschini
e
chiassosi
per
combatterlo
,
se
tutto
ciò
ho
fatto
con
qualche
chiarezza
,
sono
abbastanza
soddisfatto
.
E
prima
di
finire
mi
rivolgo
ai
maestri
elementari
,
ai
quali
in
questa
battaglia
contro
il
clericalismo
,
in
questa
lotta
per
elevare
il
livello
morale
e
intellettuale
del
paese
,
spetta
una
delle
parti
principali
.
Coloro
che
continuano
a
ripetere
che
il
maestro
elementare
ha
vinto
la
battaglia
di
Sadowa
sbagliano
di
grosso
.
I
popoli
civili
furono
più
volte
sommersi
dai
barbari
,
tant
'
è
vero
che
i
Greci
leggevano
meglio
dei
Romani
e
giacquero
sconfitti
.
Le
battaglie
sono
in
generale
vinte
dal
genio
e
dalla
forza
.
Non
aspettino
adunque
i
nostri
maestri
tale
gloria
per
loro
,
ma
una
gloria
più
vera
e
sincera
:
quella
d
'
aver
diffuso
nel
popolo
italiano
la
cultura
e
l
'
amore
della
patria
.
Siano
ministri
di
luce
e
di
pace
,
ma
lascino
allo
Stato
la
missione
di
rendere
le
scuole
,
nelle
quali
essi
si
adoperano
,
più
proporzionate
a
produrre
gli
effetti
che
si
desiderano
,
più
ricche
d
'
insegnamento
,
più
pratiche
e
più
vicine
agli
interessi
e
ai
bisogni
delle
classi
che
le
frequentano
.
Domandate
questo
allo
Stato
,
e
aspettate
che
altri
domandi
per
voi
il
miglioramento
della
vostra
condizione
materiale
.
Già
vedete
che
il
ministro
d
'
istruzione
,
sebbene
ancora
imperfettamente
,
qualcosa
ha
fatto
,
poco
certo
,
dacché
lo
stato
vostro
è
ancora
misero
.
La
vostra
classe
manca
ancora
di
quelle
guarentigie
che
vi
abbisognano
per
attendere
tranquillamente
ai
vostri
doveri
.
I
maestri
sono
più
in
rapporto
con
le
classi
infime
che
più
delle
altre
frequentano
le
scuole
elementari
;
quelle
essi
devono
apparecchiare
ai
sentimenti
indispensabili
a
ogni
società
umana
.
Devono
temperar
le
voglie
di
mutar
queste
condizioni
per
vie
e
modi
che
la
storia
antica
e
moderna
ha
dimostrato
incapaci
di
riuscita
.
Devono
persuadersi
che
non
hanno
l
'
obbligo
dallo
Stato
d
'
insegnar
la
religione
,
ma
devono
pure
guardarsi
dall
'
introdurre
nell
'
animo
degli
allievi
una
inclinazione
irreligiosa
,
perché
non
è
stato
mai
detto
che
la
religione
non
raddolcisca
i
dolori
degli
uomini
.
Sia
missione
loro
,
non
insegnando
religione
,
di
lasciar
l
'
animo
degli
umili
aperto
a
quei
sentimenti
che
con
la
religione
s
'
accompagnano
e
valgono
sempre
a
rendere
meno
invidiabile
chi
sta
in
alto
per
le
ineguaglianze
necessarie
della
vita
.
È
questa
l
'
alta
azione
affidata
sovrattutto
al
maestro
,
che
,
dopo
il
parroco
del
paese
,
è
la
persona
più
intimamente
legata
al
popolo
:
aiutandolo
se
liberale
,
correggendolo
se
clericale
.
I
maestri
siano
per
quanto
possono
ministri
di
luce
e
di
pace
:
di
luce
in
un
mondo
che
dà
ancora
generosi
bagliori
,
di
pace
in
un
mondo
tuttora
combattuto
fra
infiniti
contrasti
.
StampaQuotidiana ,
Nel
mio
mestiere
di
«
spettatore
pagato
»
,
di
cronista
teatrale
,
l
'
unica
poltrona
comoda
è
quella
da
cui
,
in
casa
mia
,
assisto
al
solo
spettacolo
per
il
quale
io
pure
sono
spettatore
pagante
.
In
quella
poltrona
,
che
nelle
altre
ore
accoglie
,
per
ormai
riconosciuto
dominio
,
i
riposi
del
mio
cane
,
anch
'
io
,
a
mio
modo
,
mi
acciambello
,
spettatore
senza
bretelle
e
senza
cravatta
:
mi
crogiolo
nell
'
ozio
,
padre
di
pigri
pensieri
:
il
cane
si
accovaccia
ai
miei
piedi
,
come
nelle
antiche
statue
,
emblema
della
fedeltà
,
e
ogni
tanto
,
più
per
farsi
ricordare
che
per
vera
smania
della
sua
giovane
candida
dentatura
,
mordicchia
delicatamente
una
mia
pantofola
.
Me
ne
sto
,
come
si
diceva
nell
'
Ottocento
,
in
panciolle
.
Ho
vicino
un
posacenere
che
,
dal
bracciolo
della
poltrona
,
la
mia
mano
può
raggiungere
descrivendo
appena
un
decimo
o
un
dodicesimo
di
semicerchio
:
e
,
se
il
segnale
dell
'
inizio
di
Lascia
o
raddoppia
?
ha
affrettato
la
fine
del
pranzo
,
ho
vicino
a
me
,
in
una
bonaria
natura
morta
,
il
bicchiere
,
l
'
ultimo
modesto
«
gotto
»
serale
di
vino
.
Come
per
milioni
di
italiani
Lascia
o
raddoppia
?
ha
sostituito
per
me
,
una
volta
alla
settimana
,
il
caminetto
,
con
le
sue
quiete
fantasie
covate
nello
spettacolo
della
fiamma
e
della
brace
,
ha
sostituito
quelli
che
,
al
tempo
dei
nonni
,
erano
gli
interminabili
romanzi
di
appendice
con
i
loro
colpi
di
scena
con
i
loro
puntini
di
sospensione
,
con
il
loro
«
Il
seguito
a
domani
»
.
Lascia
o
raddoppia
?
è
uno
dei
pochi
giochi
che
,
nella
sua
elementarità
,
non
susciti
,
verso
i
suoi
personaggi
,
invidie
e
che
non
ci
spinga
sul
sentiero
della
malignità
.
Mike
Bongiorno
va
e
viene
per
casa
nostra
,
e
anche
per
casa
mia
,
come
fosse
il
figlio
,
che
abbiamo
visto
crescere
,
del
nostro
vicino
di
pianerottolo
:
ci
sembra
addirittura
,
ormai
,
di
averlo
visto
bambino
pedalare
sul
triciclo
dell
'
onomastico
.
Avevamo
per
molto
tempo
dubitato
che
quel
simpatico
ragazzino
potesse
trovare
la
sua
strada
,
nella
vita
,
con
quel
suo
futuro
volto
da
«
primo
impiego
»
.
Quanto
a
Edy
Campagnoli
,
vorremmo
dire
che
abbiamo
visto
anche
lei
crescere
sulle
nostre
scale
,
pupetta
,
scolaretta
con
le
caldarroste
nel
grembiule
,
e
,
alla
fine
,
bella
ragazza
che
ci
è
sembrato
tante
volte
di
intravedere
dietro
ai
cristalli
di
un
negozio
di
profumeria
?
No
.
Con
la
Campagnoli
,
come
con
le
giovani
donne
in
genere
,
le
vie
della
confidenza
sono
più
difficili
:
ogni
donna
ha
il
suo
tout
petit
mystère
:
ogni
donna
sta
al
centro
di
un
piccolo
o
grande
labirinto
:
la
sua
scarsa
eloquenza
iniziale
non
era
quella
della
Sfinge
e
non
ci
aiutava
a
conoscerla
:
il
suo
garbo
discreto
era
per
noi
simile
a
quello
di
una
bella
giovane
infermiera
di
un
dentista
che
assista
con
un
«
sorriso
di
giacinto
»
all
'
estrazione
di
un
nervo
da
un
dente
cariato
.
Personaggi
di
casa
dunque
:
anche
il
notaio
,
laggiù
;
anche
gli
assistenti
al
tavolo
di
fondo
,
un
po
'
incolori
;
anche
i
valletti
,
esattamente
neutri
.
Personaggi
di
un
romanzo
a
dispense
che
ad
ogni
capitolo
regala
milioni
,
attraverso
quei
gettoni
d
'
oro
che
nelle
fotografie
sembrano
dischetti
di
cartone
senza
peso
.
Lascia
o
raddoppia
?
è
un
gioco
castissimo
:
i
décolletés
,
che
hanno
invaso
anche
le
copertine
dei
libri
gialli
,
vi
sono
rigorosamente
esclusi
:
resteranno
memorabili
i
gesti
con
cui
la
Campagnoli
ha
coperto
con
una
mano
lo
scollo
,
una
sera
che
dovette
chinarsi
a
raccattare
qualcosa
,
e
quello
con
cui
evitò
che
,
a
puntarle
un
distintivo
sul
petto
,
si
avvicinasse
la
mano
di
un
concorrente
.
Spettacolo
castissimo
.
Spettacolo
che
talvolta
sfiora
una
periferia
dickensiana
,
più
spesso
quella
di
Sans
famille
di
Hector
Malot
,
talvolta
quella
dell
'
ottocentesco
Volere
è
potere
tratto
da
Carattere
dell
'
inglese
Smiles
,
libro
educativo
che
un
poco
zuppificò
,
un
poco
esaltò
l
'
infanzia
di
tanti
miei
coetanei
.
Davanti
al
vecchio
problema
se
sia
l
'
arte
che
imita
la
vita
,
o
la
vita
che
imita
l
'
arte
,
il
gioco
della
televisione
allinea
i
suoi
concorrenti
come
i
personaggi
di
una
bibliotechina
,
prevalentemente
rosea
,
nella
quale
,
di
volta
in
volta
,
troviamo
personaggi
alla
Fucini
e
alla
Paolieri
,
certi
toni
alla
Guareschi
o
addirittura
delle
settecentesche
pièces
larmoyantes
.
Certe
volte
una
paginetta
di
Carolina
Invernizio
o
di
Anna
Vertua
Gentile
:
altre
volte
un
po
'
di
Tutta
Frusaglia
:
certi
contadini
toscani
discesi
pari
pari
da
un
capitolo
di
Ildefonso
Nieri
,
gastronomi
alla
Jarro
,
esperti
di
teatro
che
risalgono
agli
atti
unici
dialettali
di
Gino
Rocca
.
Lascia
o
raddoppia
?
ha
avuto
persino
in
qualche
personaggio
il
riflesso
di
certi
capitoli
di
Moravia
.
Ha
avuto
i
suoi
testardi
,
i
suoi
caparbi
,
i
suoi
litigiosi
,
i
suoi
misantropi
molieriani
:
persino
l
'
americano
gentile
come
lo
sognano
molte
ragazze
.
Pírandello
è
il
grande
assente
:
Mike
Bongiorno
sta
cercando
in
questi
giorni
di
creare
,
attraverso
un
concorrente
siciliano
,
un
personaggio
del
Musco
minore
con
qualche
sommesso
accenno
al
«
gallismo
»
di
Brancati
.
Immensa
,
forse
troppo
abbondante
la
schiera
dei
«
figli
di
Emilio
Colombo
»
,
il
Pindaro
del
pedale
e
del
gol
,
guidati
dal
lungocrinito
Lauro
Bordin
.
StampaQuotidiana ,
Noi
deploriamo
che
la
maggioranza
dei
cattolici
e
degli
uomini
d
'
ordine
abbia
in
buona
fede
presa
sul
principio
una
posizione
che
li
ha
poi
condotti
a
trovarsi
in
urto
con
l
'
evidenza
dei
fatti
e
coi
principii
elementari
del
diritto
umano
;
ma
fiat
iustitia
et
pereat
mundus
:
nessuna
avversione
di
razza
o
di
religione
,
nessuna
necessità
di
difesa
politica
legittima
la
soppressione
della
verità
,
il
sacrificio
di
una
vita
,
il
tormento
d
'
un
'
anima
,
il
vilipendio
di
una
famiglia
,
la
morte
civile
d
'
un
colpevole
.
Come
abbiano
potuto
,
con
tanta
ferocia
,
i
nazionalisti
e
gli
antisemiti
assumere
una
causa
così
ripugnante
,
senza
indagare
,
se
mai
nella
loro
lotta
disperata
per
un
ideale
patriottico
contro
la
massoneria
e
il
giudaismo
,
calpestassero
il
fondamento
stesso
del
proprio
programma
e
creassero
agli
avversari
una
posizione
di
favore
,
è
un
fenomeno
che
non
si
spiega
se
non
tenendo
conto
degli
acciecamenti
che
la
passione
produce
:
l
'
avervi
però
persistito
,
e
il
persistervi
tuttora
,
malgrado
tutto
quello
che
di
triste
è
accaduto
,
malgrado
tutta
la
luce
che
si
è
sprigionata
dal
cozzo
terribile
,
malgrado
le
rivelazioni
,
le
confessioni
,
le
inchieste
,
tradisce
una
cecità
irreparabile
.
La
Francia
ha
bisogno
che
questa
brutta
pagina
della
sua
storia
contemporanea
si
chiuda
;
e
a
chiudersi
pare
infatti
vicina
:
ciò
non
accadrà
forse
se
non
attraverso
nuove
convulsioni
:
ma
è
sperabile
che
gli
uomini
onesti
d
'
ogni
partito
si
convincano
finalmente
che
oggi
alla
Francia
occorre
una
cosa
sola
:
far
giustizia
;
giustizia
riparatrice
del
passato
,
giustizia
punitrice
degli
autori
della
sventura
e
dell
'
onta
riversatasi
sul
paese
.
StampaQuotidiana ,
Gli
operai
della
Fiat
sono
ritornati
al
lavoro
.
Tradimento
?
Rinnegamento
delle
idealità
rivoluzionarie
?
Gli
operai
della
Fiat
sono
uomini
in
carne
e
ossa
.
Hanno
resistito
per
un
mese
.
Sapevano
di
lottare
e
resistere
non
solo
per
sé
,
non
solo
per
la
restante
massa
operaia
torinese
,
ma
per
tutta
la
classe
operaia
italiana
.
Hanno
resistito
per
un
mese
.
Erano
estenuati
fisicamente
perché
da
molte
settimane
e
da
molti
mesi
i
loro
salari
erano
ridotti
e
non
erano
più
sufficienti
al
sostentamento
familiare
,
eppure
hanno
resistito
per
un
mese
.
Erano
completamente
isolati
dalla
nazione
,
immersi
in
un
ambiente
generale
di
stanchezza
,
di
indifferenza
,
di
ostilità
,
eppure
hanno
resistito
per
un
mese
.
Sapevano
di
non
poter
sperare
aiuto
alcuno
dal
di
fuori
:
sapevano
che
ormai
alla
classe
operaia
italiana
erano
stati
recisi
i
tendini
,
sapevano
di
essere
condannati
alla
sconfitta
,
eppure
hanno
resistito
per
un
mese
.
Non
c
'
è
vergogna
nella
sconfitta
degli
operai
della
Fiat
.
Non
si
può
domandare
a
una
massa
di
uomini
che
è
aggredita
dalle
più
dure
necessità
dell
'
esistenza
,
che
ha
la
responsabilità
dell
'
esistenza
di
una
popolazione
di
40.000
persone
,
non
si
può
domandare
più
di
quanto
hanno
dato
questi
compagni
che
sono
ritornati
al
lavoro
,
tristemente
,
accoratamente
,
consapevoli
della
immediata
impossibilità
di
resistere
più
oltre
o
di
reagire
.
Specialmente
noi
comunisti
,
che
viviamo
gomito
a
gomito
con
gli
operai
,
che
ne
conosciamo
i
bisogni
,
che
della
situazione
abbiamo
una
concezione
realistica
,
dobbiamo
comprendere
il
perché
di
questa
conclusione
della
lotta
torinese
.
Da
troppi
anni
le
masse
lottano
,
da
troppi
anni
esse
si
esauriscono
in
azioni
di
dettaglio
,
sperperando
i
loro
mezzi
e
le
loro
energie
.
E
'
stato
questo
il
rimprovero
che
fin
dal
maggio
1919
noi
dell
'
"
Ordine
Nuovo
"
abbiamo
incessantemente
mosso
alle
centrali
del
movimento
operaio
e
socialista
:
non
abusate
troppo
della
resistenza
e
della
virtù
di
sacrificio
del
proletariato
;
si
tratta
di
uomini
comuni
,
uomini
reali
,
sottoposti
alle
stesse
debolezze
di
tutti
gli
uomini
comuni
che
si
vedono
passare
nelle
strade
,
bere
nelle
taverne
,
discorrere
a
crocchi
sulle
piazze
,
che
hanno
frame
e
freddo
,
che
si
commuovono
a
sentir
piangere
i
loro
bambini
e
lamentarsi
acremente
le
loro
donne
.
Il
nostro
ottimismo
rivoluzionario
è
stato
sempre
sostanziato
da
questa
visione
crudamente
pessimistica
della
realtà
umana
,
con
cui
inesorabilmente
bisogna
fare
i
conti
.
Già
un
anno
fa
noi
avevamo
previsto
quale
sbocco
fatalmente
avrebbe
avuto
la
situazione
italiana
,
se
i
dirigenti
responsabili
avessero
continuato
nella
loro
tattica
di
schiamazzo
rivoluzionario
e
di
pratica
opportunistica
.
E
abbiamo
lottato
disperatamente
per
richiamare
questi
responsabili
a
una
visione
più
reale
,
a
una
pratica
più
congrua
e
più
adeguata
allo
svolgersi
degli
avvenimenti
.
Oggi
scontiamo
il
fio
,
anche
noi
,
dell
'
inettitudine
e
della
cecità
altrui
;
oggi
anche
il
proletariato
torinese
deve
sostenere
l
'
urto
dell
'
avversario
,
rafforzato
dalla
non
resistenza
degli
altri
.
Non
c
'
è
nessuna
vergogna
nella
resa
degli
operai
della
Fiat
.
Ciò
che
doveva
avvenire
è
avvenuto
implacabilmente
.
La
classe
operaia
italiana
è
livellata
sotto
il
rullo
compressore
della
reazione
capitalistica
.
Per
quanto
tempo
?
Nulla
è
perduto
se
rimane
intatta
la
coscienza
e
la
fede
,
se
i
corpi
si
arrendono
ma
non
gli
animi
.
Gli
operai
della
Fiat
per
anni
e
anni
hanno
lottato
strenuamente
,
hanno
bagnato
del
loro
sangue
le
strade
,
hanno
sofferto
la
fame
e
il
freddo
;
essi
rimangono
,
per
questo
loro
passato
glorioso
,
all
'
avanguardia
del
proletariato
italiano
,
essi
rimangono
militi
fedeli
e
devoti
della
rivoluzione
.
Hanno
fatto
quanto
è
dato
fare
a
uomini
di
carne
ed
ossa
;
togliamoci
il
cappello
dinanzi
alla
loro
umiliazione
,
perché
anche
in
essa
è
qualcosa
di
grande
che
si
impone
ai
sinceri
e
agli
onesti
.