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LA LIBERTÀ ( BONGHI RUGGIERO , 1867 )
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V ' è egli puntura più dolorosa per chi nei ceppi , negli esili , rincorso dagli sgherri , appiattato nel solingo studio , minacciato dai carnefici , non ha per lunghi anni risparmiato né pericoli , né fatica perché la patria sua fosse indipendente da ogni forestiero , e libera nei suoi ordini di governo ; vi ha egli , diciamo , puntura più dolorosa per lui che il vedere , il sentire , oggi , tanti sussurrare sommessamente che , quanto son persuasi dei benefici che l ' indipendenza può portare all ' Italia , tanto cominciano a sospettare che la libertà politica non sia in grado di fargliene ; e che una prova di sei o sette anni mostra oramai che un governo , in cui vi fosse meno luogo a parole e più a spazio ai fatti , sarebbe meglio in grado di sanare le piaghe che nel bel corpo d ' Italia , oggi , come ai tempi di Petrarca , si vedono sì spesse ? Ebbene , costoro seguono un ' apparenza ingannevole ; e la sostanza delle cose sfugge loro . Sì , l ' Italia ha le finanze in dissesto , e l ' amministrazione sossopra ; le mutazioni dei ministeri , troppo frequenti , hanno impedito che nessuna cosa pigliasse un assetto a dirittura stabile ; le discussioni dei parlamenti hanno talora indugiato d ' un anno o più provvedimenti che , presi un anno prima , avrebbero soffocato nel nascere le difficoltà che ora ci assiepano ; il demonio del parteggiare ci ha tenuto troppo la mano nei capelli , e abbiamo sciupato nelle gare il tempo che dovevano spendere a fare ; l ' imitazione della Francia ci ha sedotti troppo , e , consumati nelle discussioni astratte e teoriche dei diritti , ci siamo lasciati a sviare dalla considerazione e dall ' esame concreto dei fatti . Sì , è vero ; gli elettori hanno scambiato la viltà col coraggio , e , assuefatti a governi assoluti , non hanno inteso le necessità dei governi liberi . Sì , si son lasciati sopraffare dalle accuse bugiarde , dalle calunnie demagogiche di quelli che , all ' indomani della libertà , colle grida scomposte e coi finti ardori , tentavano di far dimenticare la lor condotta della vigilia ; e , invidiosi d ' ogni primato morale , d ' ogni influenza legittima acquistata , d ' ogni virtù civile , versavano la bava velenosa del loro animo sopra i migliori , sopra quegli stessi che avevano loro aperta la bocca già serva . Sì , tutto questo è vero ; è dolorosamente vero ; ma chi gli ha educati cotesti italiani , dei quali ci lagniamo nelle assemblee , nei collegi , nei circoli , nei giornali ? È la libertà forse ? Coloro i quali la vollero e la vogliono , non la vollero e non la vogliono se non perché sanno ch ' essa è la sola Dea adatta a svegliare colla gran voce tutto un popolo , e a ridargli vigore morale ; sola in grado di suscitarne le virtù sonnolente , di acuire le menti , di sferzare gli animi , di agitare gl ' interessi , di provocare la gara di tutti sopra ogni cosa , e di farne prorompere quell ' emulazione rigogliosa che sopraffà e vince gli ostacoli . Quale è la radice dei tanti mali dei quali ci lagniamo , la radice sola dalla quale pullulano tutti , così vari e diversi come sono ? Una sola . La poca operosità intellettuale , morale , economica di ciascuno di noi . Noi non siamo contenti del governo , né delle assemblee , e abbiamo ragione . Ma il governo e le assemblee hanno ragione d ' essere contenti di ciascun cittadino ? Ciascun cittadino di essere contento di sé ? Il governo e le assemblee hanno una gran parte nella prosperità dei paesi liberi ; chi lo nega ? Ma non l ' hanno tutta ; e ne spetta una grandissima al complesso della cittadinanza . Questa ha egli fatta la sua ? Chi l ' affermerebbe ? E se la camera ultima è riuscita così inferiore al bisogno , non è stato perché , non creata , come la prima , in un gran momento d ' eccitazione morale e politica , ha ritratto troppo fedelmente l ' inerzia scapigliata , discorde , querula del paese stesso ? Non è chiaro , quindi , che una rigenerazione morale , intima , quella di cui abbisogniamo tutti ; che in questa sola è il germe d ' ogni altro bene , il seme di ogni operosità intellettuale , d ' ogni prosperità economica ; il fondamento su cui possiamo solo sperare di edificare parlamenti e governi che ci contentino o ci soddisfacciano ? Ora , questa rigenerazione morale non possiamo aspettarla che dalla libertà politica . Chi crede che , facendo gettito della libertà , rimedierebbe prima ai mali del paese , deve credere che anche dando a tracannare oppio a chi dorme , riuscirebbe a svegliarlo . Chi sussurra questo consiglio al paese o a sé , consiglia a Esaù di vendere la sua primogenitura . Se con i parlamenti l ' Italia non è riuscita a porsi affatto in assetto , senza quelli non avrebbe anche principiato a mettersi insieme ; non sarebbe stata neanche in grado di stare insieme sinora . Sono state le influenze onorate , vigorose , fide degli uomini i quali si sono raccolti nel primo parlamento dell ' Italia , quelle le quali hanno dato modo a un governo centrale , insolito e nuovo , e nei principi scarso di forza , di stendere la sua azione , d ' imporre la volontà sua da un capo all ' altro d ' un paese diviso sin allora in sette Stati , discordi d ' abitudini , di legislazione , di storia , di sentimenti , di desideri . Nessun ' opera potrebb ' essere compiuta in Italia , senza difficoltà infinite , quando in un parlamento comune non vi fosse modo di temperare le voglie diverse , di moderare e conciliare gl ' interessi contraddittori . La libertà , quindi , che sola può rifondere il succhio della vita nelle nostre membra stanche , può anche sola compiere l ' opera ch ' essa ha principiato , e tenerla , sin che dura , insieme . È facile , quando si sentono i dolori d ' una situazione , immaginarne un ' altra diversa , e fantasticare che in questa non si sentirebbero . Ma è fallace illusione ; fate che arrivi coi fatti l ' altra situazione che oggi sognate , e ne proverete nelle midolle gli aculei . Il pericolo , che un uso non retto delle forme parlamentari del governo ancora per un anno o due creerebbe , è appunto questo : che nel paese si generi quell ' illusione fallace , e non si accorga di essere caduto d ' un errore in un altro , se non quando fosse troppo tardi . Da quest ' illusione spetta di scaltrirlo a tutti quelli i quali hanno col consiglio , colla penna , colla parola qualche influenza sopra esso . Ma , nel farlo , è utile persuadersi , è utile fissarsi bene in mente , che inganna se medesimo chiunque si dice amico della libertà , e procura insieme di stornare i suffragi degli elettori dall ' elezione d ' un uomo provato d ' animo e di mente , e di rivolgerli , invece , a quella d ' un misero e vizioso intrigante , d ' un povero strumento logoro di partito , d ' uno spirito incerto , vano , flaccido , senza costrutto . La libertà è il principio d ' ogni bene e d ' ogni vita : persino viziata , agitata , scarmigliata , val meglio che un dispotismo tranquillo ; sono più i semi che feconda essa col soffio , che non quelli che il dispotismo promette di sapere schiudere nella stufa . Ma scapigliata , scarmigliata , sconclusionata , le masse non la tollerano , perché impazienti dei danni che intanto soffrono . Ciò è necessario che ricordino bene tutti coloro i quali desiderano veramente che essa duri e prosperi ; tutti coloro i quali , sapendo le prove ch ' essa ha fatte in Grecia e in Roma , in Inghilterra e in America , sperano che le rinnovi tra noi . Tra pochi giorni dovranno i circoli , i giornali proporre agli elettori i nomi sui quali raccogliere i loro suffragi . Quei nomi saranno il solo e il migliore indizio della saldezza dei loro criteri , e della verità dei loro affetti a quella libertà che Alfieri invocava con quei ferocissimi e santissimi versi : O Dea , tu figlia del valor , che aggiugni Duo gran contrari , indipendenza e leggi ; Tu che da ' miei venti anni il cor mi pungi E miei studi e mia vita arbitra reggi : pur aggiungendo che non la riconosceva in quella che , camuffata del suo nome , vociava e si dimenava ai suoi tempi , sulle rive della Senna : Licenza è questa ; alla lasciva gota Ben la conosco : e d ' ogni pudor priva Volger s ' affretta la sua breve rota .
LA CONFEDERAZIONE GENERALE DEL LAVORO ( GRAMSCI ANTONIO , 1921 )
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I comunisti non avranno la maggioranza nel congresso confederale che sta per riunirsi a Livorno ; è anzi quasi certo che neppure nei futuri congressi , nonostante ogni sforzo di propaganda e organizzazione , i comunisti avranno la maggioranza . La situazione si presenta in questi termini : per avere la maggioranza nei congressi , i comunisti dovrebbero essere in grado di rinnovare radicalmente lo statuto , ma per rinnovare lo statuto è necessario avere già la maggioranza . Se i comunisti si lasciassero impigliare in questo circolo vizioso , essi farebbero il giuoco della burocrazia sindacale : è necessario perciò che l ' opposizione abbia un indirizzo preciso e un metodo capace di spezzare l ' attuale condizione di cose . La Confederazione generale del lavoro ( negli altri paesi esiste una situazione identica a quella italiana ) è un meccanismo di governo che non può essere paragonato allo Stato parlamentare borghese : essa può trovare dei modelli solo nelle antiche organizzazioni statali assire e babilonesi o nelle associazioni guerriere che ancor oggi nascono e si sviluppano in Mongolia e in Cina . Ciò si spiega da un punto di vista storico . Le masse sono entrate nel movimento sindacale per la paura di essere schiacciate da un avversario che sanno strapotente e del quale non sono in grado di prevedere i colpi e le iniziative . Preoccupate di questa loro condizione di inferiorità assoluta , prive di ogni educazione costituzionale , le masse hanno completamente abdicato a ogni sovranità e a ogni potere ; l ' organizzazione è per loro diventata una stessa cosa con la persona dell ' organizzatore , allo stesso modo che per un esercito in campo la persona del condottiero diventa il palladio della salute comune , diventa la garanzia del successo e della vittoria . Sarebbe stato il compito del Partito socialista dare alle masse proletarie la preparazione politica e l ' educazione costituzionale di cui esse difettavano . Sarebbe stato compito del partito socialista innovare gradualmente le forme organizzative e trasferire il massimo del potere nelle mani delle masse . Il Partito non fece nulla in questo senso ; l ' organizzazione fu completamente lasciata in balìa di un ristretto gruppo di funzionari , che minuziosamente montarono su la macchina che oggi dà loro l ' assoluto dominio . Sette anni senza congresso hanno permesso di più : tutto un nugolo di funzionari è stato scaglionato nelle più importanti posizioni , e si è costituita una fortezza imprendibile e inaccessibile anche ai più tenaci e volenterosi . Il Congresso socialista di Livorno si spiega solo per questa condizione di cose esistente nel campo sindacale : il Partito socialista è completamente caduto nelle mani della burocrazia sindacale che , del resto , col suo personale e coi mezzi delle organizzazioni , aveva procurato la maggioranza alla tendenza unitaria ; il Partito socialista è ridotto a far da giannizzero ai mandarini e ai condottieri che sono alla testa delle Federazioni e della Confederazione . I comunisti devono riconoscere questo stato di fatto e operare conseguentemente . I comunisti devono considerare la Confederazione alla stessa stregua dello Stato parlamentare , cioè come un organismo la cui conquista non può avvenire per vie costituzionali . Inoltre la questione confederale deve essere riguardata tenendo conto di questi altri postulati : che si vuole raggiungere l ' unità proletaria e che si vuole impostare in senso rivoluzionario il problema del controllo sulla produzione . Il campo di attività del Partito comunista è tutta la massa degli operai e contadini ; la Confederazione è teatro di maggior propaganda e maggiore attività solo perché numericamente abbraccia la maggior parte degli operai e contadini italiani organizzati , cioè più consapevoli e preparati . La lotta per la formazione e per lo sviluppo dei Consigli di fabbrica e di azienda crediamo sia la lotta specifica del Partito comunista . Essa deve porre in grado il partito di innestarsi direttamente con una organizzazione accentrata della massa operaia , organizzazione che deve essere riconosciuta dalle masse come l ' unica competente e autorizzata a emanare parole d ' ordine per l ' azione generale . Con la lotta per i Consigli sarà possibile conquistare in modo stabile e permanente la maggioranza della Confederazione , e giungere , se non nel periodo rivoluzionario , certo nel periodo postrivoluzionario , a conquistare anche i posti direttivi . Questo processo si è verificato in Russia : nelle giornate rivoluzionarie del novembre 1917 , i proclami e i manifesti del Partito bolscevico non recavano la firma dell ' Unione panrussa dei sindacati , recavano la firma della Centrale panrussa dei Consigli di fabbrica . E ' certo importante avere nel seno della Confederazione una forte minoranza comunista organizzata e centralizzata , e a questo fine devono essere rivolti tutti i nostri sforzi di propaganda e di azione . Ma più importante storicamente e tatticamente è che nessuno sforzo sia risparmiato perché subito dopo il Congresso di Livorno sia possibile convocare un congresso dei Consigli e delle Commissioni interne di tutte le fabbriche e le aziende italiane e che da questo congresso venga nominata una Centrale che abbracci nei suoi quadri organizzativi tutta la massa operaia .
MASTAI E MAZZINI ( BONGHI RUGGIERO , 1870 )
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Quest ' accoppiamento di cognomi parrà irriverente a molti ; e l ' avremmo cansato , se non fossimo sicuri , che a taluni di questi riuscirà dispettoso il Mazzini messo insieme col Mastai , l ' avvenire speranzoso aggiogato col passato semispento ; ad altri invece , sembrerà appunto il contrario : intollerabile il congiungere colla costanza eterna della fede l ' illusione passeggera della fantasia e della passioni . Pure , così gli uni come gli altri possono fare questa considerazione : che v ' è al mondo persone le quali credono infallibile per l ' appunto l ' opposto di ciò ch ' essi credono tale e che noi , quindi , i quali non siamo qui a giudicare chi dei due abbia ragione , – tra perché non è il nostro proponimento , e perché anche né dagli uni né dagli altri ce ne sarebbe riconosciuta la competenza , ma ci contentiamo di rilevare i tratti umani delle cose umane , abbiamo il diritto d ' indicare le somiglianze nella condotta di quelli che raccolgono in sé la suprema autorità e guida delle due avverse opinioni . E ora questa somiglianza balza agli occhi di tutti . Come Pio IX vuol rimanere prigioniero per forza , così il Mazzini vuol rimanere per forze esule . Né l ' uno né l ' altro teme di aggiungere al tipo comico dell ' ammalato immaginario quello del prigioniero , dell ' esule immaginario . Il governo italiano è condannato a fare rispetto all ' uno il carceriere , rispetto all ' altro lo scacciatore , malgrado suo . Né quegli , né questi accetta da esso la libertà di cittadino ; anzi , diciamo meglio , Pio IX ricusa persino la libertà di sovrano . Può parere alla prima che ci corra questo divario : Pio IX si può dire spogliato della dignità di principe , che ha pur tenuto sino a ieri l ' altro : il che Mazzini non può pretendere di sé . Ma anche questi è stato presidente della Repubblica romana ; e d ' altra parte , il dispetto dell ' esser scaduto testé da un altissimo grado non è minore di quello di non averlo mai potuto raggiungere ; e Pio IX resta pontefice della cattolicità , mentre il Mazzini non è anche riuscito a essere né principe , né pontefice della Repubblica universale . Nella verità , è lo stesso criterio che inspira la lor condotta , anzi la costringe a essere quale è . Le potenze , ch ' essi devono mantenere o fondare , sono tali che tutta la forza ne consiste nella impressione fatta da talune idee e sentimenti sulle coscienze . Sfumano affatto , se quelli che n ' hanno la principale rappresentanza , paiono patteggiare con i rappresentanti delle idee e dei sentimenti opposti . Sfumano tanto più quanto più si chiede loro di scendere a patti , mentre appaiono fiaccati e deboli . I pontefici , quando nessuno dubitava della legittimità del lor principato , hanno potuto cedere ai re e agli imperatori cristiani l ' esercizio di taluni dei diritti appartenenti alla Chiesa ; ma Pio IX , cacciato di Roma e chiuso in Vaticano , non può o non crede di potere , più che potesse o volesse Gregorio VII esule . Il Mazzini , da parte sua , sente che , messo in carcere da uno sbirro mentre andava cospirando di città in città , rovinerebbe il suo credito affatto , se paresse contento di essere liberato di carcere e vivesse , come ogni altro cittadino , tra noi , pur lavorando per promuovere le idee sue , sotto la protezione delle leggi e del re . Per non morir affatto gli bisogna o star lontano e parere minaccioso , oppure venire , sì , al di qua delle Alpi , ma camuffato da operaio o altrimenti , con finta barba , e con falsi mostacci , così da non essere riconosciuto e da potere dare qualche verosimile pretesto alla polizia , che ne segue i passi , di non mettergli sino dal primo le mani addosso . Non è possibile mantenere ad altro patto l ' ardore nelle loro reciproche chiese . L ' apparenza d ' un ' umile ragionevolezza li spegnerebbe affatto . Ed è disperato , parrebbe il disputare così coll ' uno come coll ' altro , e l ' opporsi ad argomenti adatti a sviarli dal loro proponimento . A Pio IX , di certo , non è rincresciuto se non il dover pure rimanere in Roma , il che potrebbe farlo credere meno ostinato e tenace di quello che è davvero ; il Mazzini , certo , non s ' addolora , se non d ' aver pure dovuto traversare l ' Italia prima di ripassare le Alpi , senza che nessuno gli desse noia , o s ' accorgesse , non che d ' altro di lui . La persecuzione è uno dei principali elementi di rigoglio e di vita così per l ' una come per l ' altra fede . E invero , per la fede di noi liberali , gente a modo discreta , fredda , mediocre , se si vuole , la vita è tutt ' altro . Noi proponiamo ad amendue di tenere il presente nelle lor mani od occupar l ' avvenire , se possono , con tutti i mezzi che ci paiono soli leciti al propagamento delle opinioni e delle persuasioni di qualunque natura siano ; ma non con altri . Ecco la società , diciamo loro , davanti a voi ; non vi permettiamo né di martoriarla perché crede a un modo , né di mandarla sossopra perché crede a un altro ; ma scrivete , parlate , ragionate , associatevi pure , ordinatevi , predicate dai pulpiti o sermonate dalle tribune ; insomma , convincete , se vi riesce , mantenete le convinzioni vecchie o insinuatene di nuove ; questo non vi vogliamo , né possiamo impedire , e ci limitiamo a mantenervi tutti tranquilli nel giro dei vostri diritti e doveri insino a che la lotta dura , – e durerà , per fortuna dell ' uomo , sempre , poiché senza di essa egli marcirebbe – e vi prenderemo , secondo il nostro giudizio , parte anche noi . Ci sono tra noi anche molti cattolici e cristiani , molti i quali fermamente credono che la parola di Cristo sia stata e sia parola di verità e di vita , e la Chiesa cattolica la conservi più sana e intatta d ' ogni altra ; ma questi cattolici , che stanno con noi , credono che appunto la lor fede non riprenderà tutto l ' antico suo spirito , tutta la sua antica forza di restaurare e di rinnovare l ' uomo , se non quando il sacerdote , che ne è l ' interprete , ritorni a fidare , come una volta , solo sulla virtù e sulla sua dottrina . E così vi possono essere tra noi liberali molti , i quali o non credono che la monarchia costituzionale sia l ' ultima parola delle società politiche , o non si sgomentano per ciò solo che il Capo dello Stato deva essere eletto a suffragio di popolo , anziché ereditario ; ma ritengono altresì che nei popoli , i quali si vogliono ordinare a repubblica , si devono formare prima , o esistere , taluni sentimenti e condizioni morali e sociali . A nessuno è vietato di procurare di formarli in Italia , di prepararli via via ; ma a chi può essere lecito l ' immaginare che ci sono , e con questa immaginazione mandarci tutti all ' aria , come se ci fossero ? Al Mazzini non è possibile consigliare nulla , né mette conto ; a Pio IX neanche , perché non sentirebbe . Ma al capo della cattolicità giova dire quello che all ' altro sarebbe soverchio l ' inculcare . È impossibile difatti , ch ' egli scordi o trascuri ciò che la fede , di cui egli è dottore vivo , promette all ' uomo ; ciò di cui anzi essa afferma di essere sola lo strumento indispensabile . Ebbene , se questa dottrina è vera – e al pontefice non può parere altrimenti che tale – , quale enorme responsabilità è la sua , se ne lascia cadere in maggiore disordine nella sua patria stessa il governo e la regola e la credenza ? Se , nel contrasto , lascia che se ne spezzino le fibre e i nerbi ? Se l ' uccide colle sue mani stesse nel cuore di molti , i quali sentono pure il bisogno di non negare da una parte ciò che la ragione dice loro legittimo , e non negare dall ' altra ciò che la coscienza grida loro essere santo ? La cattolicità non può essere retta al modo che si farebbe d ' una setta . O il papa è cattolico e crede , e bisogna che la regga nel modo che i tempi vogliono e le condizioni presenti delle società civili consentono ; o se persiste nell ' ostinazione sua , vuol dire , che nel principio cattolico ogni vigore morale si è estinto , e , nel capo della Chiesa , il principe durato troppo tempo ha spento il pontefice .
LA SMORFIA DI GWYNPLAINE ( GRAMSCI ANTONIO , 1921 )
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Ogni volta che la politica manda a effetto una operazione contro la classe operaia , i primi a gioirne o , " meglio " , i primi a dare manifestazioni esteriori della loro contentezza non sono i " pezzi grossi " , commissari di polizia od ufficiali delle regie guardie o dei carabinieri , ma sono i più umili agenti , i più modesti carabinieri , l ' ultima delle guardie regie . Sono cioè gli agenti del governo usciti dalle file del proletariato più arretrato , costretti a questo passo dalla miseria o dalla speranza di trovare , abbandonando il campo o l ' officina , una vita migliore , dalla persuasione di divenire qualche cosa di più di un povero contadino relegato in un paesetto sperduto fra i monti , di un manovale abbruttito dal quotidiano lavoro d ' officina . Questa gente odia , dopo averne disertato le file , la classe lavoratrice con un accanimento che supera ogni immaginazione . " Ecco le armi " , urlò trionfante non so se un agente investigativo od un carabiniere in borghese , scoprendo una rivoltella durante la perquisizione all ' " Ordine Nuovo " . E rimase stupito , spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale . Pochi minuti dopo , un altro agente udendo uno scambio di parole tra il commissario ed un nostro redattore , esclamò : " Finiremo per arrestarli tutti ! Li arresteremo tutti ! " A questo pensiero la sua bocca si aprì ad un riso tanto cattivo da sbalordire chiunque non sia abituato a questo genere di fratellanza umana . Ho compreso allora perché nelle caserme e nei posti di polizia , carabinieri , guardie regie ed agenti gareggino nel bastonare gli operai arrestati , nel rallegrarsi delle loro torture . E ' un odio di lunga data . Gli agenti dello Stato addetti al mantenimento dell ' ordine pubblico sentono attorno a sé il disprezzo che tutta la classe lavoratrice ha per i rinnegati , per quelli che sono passati nell ' altro campo , per i mercenari che impegnano ogni loro energia per soffocare qualsiasi movimento del proletariato . E al disprezzo del proletariato s ' aggiunge quello di gran parte della borghesia che guarda con occhio diffidente tutta questa puzza di questura . Perché ? Perché questa è la sorte di tutti i mercenari : al disprezzo e all ' odio degli avversari s ' aggiunge quasi sempre il disprezzo dei padroni . Ed è naturale , è umano che nell ' animo di questa gente mal pagata , che non sempre riesce a procurarsi quanto occorre per una vita piena di stenti e di privazioni e che si sente circondata da una barriera che la divide dagli altri uomini , che la mette quasi fuori dalla società , germogli l ' odio , metta radici la crudeltà : odio contro quelli che prima erano i fratelli , i compagni di lavoro e che ora disprezzano con maggior forza , crudeltà che si esplica contro di essi sotto mille forme diverse . Così , arrestare un operaio è una gioia , un trionfo , bastonarlo e malmenarlo , una festa , rinchiuderlo in carcere una rivincita . Solo nel momento in cui essi tengono un uomo fra le mani e sanno di poter disporre della sua libertà , della sua incolumità , sentono di possedere una forza che in qualche momento della vita li rende superiori ai loro simili . La gioia di acciuffare un uomo non proviene dalla consapevolezza di servire la legge , di difendere l ' integrità dello Stato : è una piccola bassa soddisfazione personale , è la gioia di poter dire : " Io sono più forte " . Quale altra gioia possono essi provare ? Quanti di essi sono in grado di formarsi una famiglia senza che la vita di stenti diventi vita di patimenti ? Non è forse vero che a molti di questi transfughi del proletariato la vita non riserva altre soddisfazioni che qualche umile offerta di una passeggiatrice notturna in cerca di protezione ? Noi li abbiamo visti pochi giorni or sono nella nostra redazione . Moltissimi , dall ' abito , potevano benissimo essere scambiati per operai in miseria . E ' certo che erano umilmente , più che umilmente vestiti non solo per introdursi tra gli operai , per raccoglierne i discorsi , per spiarli , ma anche perché non potrebbero fare diversamente . E guardavano con odio gli operai veri , quelli che si dibattono tra la reazione e la fame e cercano affannosamente la via della liberazione . Essi comprendevano , sentivano che chi lotta è sempre superiore a chi serve . E quando hanno ammanettato i giovani che difendevano il giornale del loro partito , il giornale della loro classe , il loro giornale , gli agenti hanno avuto un lampo di trionfo , hanno riso . Ma non era un riso spontaneo , giocondo . Era un riso a cui erano costretti dalla rabbia , dal disprezzo degli altri , dalla loro vita , dal destino a cui non potevano sottrarsi . Quel riso era la smorfia di Gwynplaine .
Gerusalemme ( Vergani Orio , 1949 )
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Restai sgomento , la prima volta che - era il settembre del 1929 - entrai nella chiesa del Santo Sepolcro : e , ripetendo come una bestemmia le parole con le quali l ' Angelo annunciò a Maria di Magdala la Resurrezione , stavo per dire : « Non est hic ! Non è qui ! » . L ' attesa di quell ' istante metteva a nudo il cuore . L ' ospite inquieto che accompagnavo giù per gli acciottolati della via del Mercato , era l ' anima . E io portavo quei giorni la mia anima , solitario , per le strade di Gerusalemme . La mia anima era stata a lungo offesa : per le vie si era combattuto , avevo visto uomini inseguirsi e pugnalarsi ai crocicchi : colpi di fucile partivano dalle terrazze : solo dopo tre giorni gli spari erano cessati e io avevo potuto concedermi una mattinata per entrare nella città vecchia a visitare il Santo Sepolcro . Lo stato d ' assedio continuava : alla Porta di David mi avevano fatto sostare fra i contadini arabi che recavano con i somarelli gli ortaggi al Mercato . I gendarmi inglesi avevano perquisito minuziosamente loro e me . Portavo pistole o bombe ? Il gendarme che si chinava a palparmi le tasche mandava odore di sigaretta virginia . La mia anima era nuda come una vena scoperta . La giornata non era bella : il cielo era insolitamente grigio . Bisogna rendersi conto che , per quanto raramente , piove anche a Gerusalemme , e il suo scenario può colorirsi di grigio e di fango . Tutta la pittura sacra è invece una serie di immagini senza piogge e senza fango . Quel cielo grigio dopo tre giornate di spari e di uccisioni , trovava il mio spirito impreparato . All ' albergo ero stato assediato dagli inviti a recarmi al disseppellimento di alcuni israeliti uccisi dagli arabi nei complotti di quei giorni , e sepolti frettolosamente dopo essere stati evirati . Ero fuggito dall ' albergo , ma mi pareva d ' essere inseguito dall ' odore di quelle lugubri fosse . L ' anima era stata lungamente e profondamente offesa . Beata , mi dicevo , la dolce cecità di chi altro non vede che la meta : beata l ' ansia innamorata di chi altro non conosce che la pietra dell ' arrivo : beata la verginità di spirito di chi non discerne il peccato difeso dallo scudo dell ' innocenza . Tristezza inconscia dell ' abito mentale dello scrittore che viaggia e che misura le proprie impressioni in rapporto all ' attesa che di esse possono rendere , quando sono inquadrate in una pagina . Io ero , insomma , in quell ' anno lontano , « colui il quale » si reca , più che a vedere , a constatare se ciò che si vede è « superiore all ' attesa » . Io ero il disprezzato scrittore di mestiere che teme la « disillusione » . E , andando , chiedevo di tutto ciò perdono ; ma la prova dell ' umiltà era dura , perché i richiami della vita erano aspri , e continui gli oltraggi lungo il cammino . Avrei dovuto passar per la città bendato , come le ambascerie che passano per i campi nemici . E ad un certo punto anche la febbre di vedere e l ' affanno di giungere mi sembravano , se non un insulto , un errore . Ma andavo egualmente entro i vicoli del bivacco saracino che apre i suoi fetidi mercati fin sulla soglia , in su e in giù per le rampe che inabissano il mercato ed elevano il tempio . Il vicolo immondo rovesciava sulle soglie la frutta imputridita dal fiato dell ' estate , le carni biancastre e il sangue raggrumato e il grano maculato di giallo delle pecore macellate all ' ombra del tugurio . Andavo per il sentiero che sapeva di stalla e di fieno , fra le risciacquature dei piccoli caffè riaperti pigramente dopo i tre giorni di eccidio e il tanfo delle friggitorie , tra il sentore dei dolciumi e quello delle uve calpestate da piedi distratti , in mezzo al traffico dei somarelli che piegavano le ginocchia sotto il peso , dei vasi d ' olio o dei bidoni di benzina o dei sacchi di farina che incipriavano il lastrico , o che recavano a bisdosso , come sacchi umani , i cenci , i piedi sporchi , le braccia legnose , le grinte rabbiose dei beduini . Urtavo nell ' indolenza dei panciuti passeggiatori arabi vestiti di azzurre palandrane , nella fretta dei portatori che recavano , con un cingolo teso sulla fronte , carichi di ferro , di tavole e mobili e casse . Gli occhi vagavano sulle camicie sventolanti dei ragazzi rissosi , sugli sguardi insanguinati dei tracomatosi , sugli arti rattrappiti dei mendicanti paralitici , sui panni bisunti del vecchio ebreo che scivolava via , in quella falsa quiete di armistizio , cercando di non farsi riconoscere , sul velo nero dell ' araba dal corpo intriso di caldo profumo di muschio , sul canestro recato in capo dalla beduina chiusa in sette gonnelle , sul calcio del moschetto del poliziotto inglese seduto ai crocicchi , sul velo bianco della vecchia dama che insisteva a portare il costume coloniale delle turiste inglesi da operetta . I sarti ebrei , con le labbra piene di aghi e di gugliate di filo , misuravano all ' aria aperta giacche e camicie ; i ciceroni siriaci cominciano a venir fuori dai loro nascondigli , i ragazzini mi davano la caccia , per accompagnarmi alla Pietra dell ' Unzione . Ipocriti figuri - respinti per le vie , riapparsi nel mezzo della Chiesa - erano decisi ad approfittare di ogni mio attimo di incertezza , di ogni mio segno di disorientamento per offrirmi i loro servizi e per porgermi una canna con la quale mi sarebbe stato possibile toccare , attraverso un pertugio nel muro dell ' altare , la colonna della Flagellazione . La piccola umanità assetata di mance mi inseguiva sino alla Pietra della Tomba , e mi aveva visto entrare , senza che quasi me ne accorgessi , in quello strano paesaggio di pietre che è la chiesa del Santo Sepolcro . La difficoltà di liberarmi dagli intrusi , ciceroni , guide , monelli , mendicanti e dragomanni con i giubbetti ricamati d ' argento mi aveva spezzato i nervi . Dimenticavo che i giorni di battaglia e lo stato d ' assedio avevano fatto stare per sette giorni quasi digiuni i miei persecutori . L ' impresa di rinserrare un mondo in uno scrigno di pietre , di mosaici e di bronzi isterilisce in un attimo , alla prima visione , la terra più feconda , la terra che il passo di Gesù ha reso divina . Pietre , navate , ambulacri , pareti di mosaico , foreste di candelieri , vigneti metallici carichi di grappoli di lampade , la schiera fitta dei cordami che pendono come sartie di navi per la manovra dell ' illuminazione , tutta un ' atmosfera mista di stiva , di magazzino e di fondaco , le incrostature di marmi , di smalti , di placche d ' argento , e le incorniciature d ' oro , i cancelli , le ringhiere , i ballatoi , le cripte , i sottopassaggi , le tane degli spogliatoi , le decorazioni di perline , di nastri rossi , di madreperla e persino di noci di cocco , il soqquadro e la confusione e la rissa fra i colori e le architetture e le sagome , fra altari di un rito e controaltari di un altro , e , da ogni parte , il richiamo di un cicerone inoperoso e l ' urlare di un altro che indica ad una comitiva i luoghi della Via Crucis : « Qui stava la Madonna ! Qui è apparso l ' Angelo ! Lassù i soldati hanno giocato ai dadi la veste , del Redentore ! » . Ecco quello che io vedevo , che sentivo , che indovinavo nell ' atto di entrare . Quindici secoli di culti opposti , quindici secoli di guerre , di persecuzioni , di capricci architettonici , di ire e di gelosie ecclesiastiche , di devozioni che volevano quasi imbarbarire il simbolo , di litigi , di mercati , di abusi , di risse fra sagrestani hanno qui la loro testimonianza . La Terra Santa , sepolta sotto ai marmi e ai conflitti , è invisibile . E mi dissi : « Il Suo spirito non è qui ... » . Ed è qui , invece . Salii per una scaletta ripida e consunta sulle mura del Golgota . La collina del Martirio è chiusa entro il muro , squadrata e foderata di marmi in modo da formare , ora , un altare pensile , tenebroso sotto ai riflessi degli ottoni e degli argenti dei lampadari . In terra , buttato carponi , sotto l ' altare del rito greco , entro un focolare di lampade , toccai il foro , incorniciato d ' argento entro il pavimento di marmo , dove fu piantata la Croce . Qui stavano , mi dissero , le croci dei due ladroni . L ' aria sapeva , quel giorno , di incenso , di cera , di olio , e io , in quell ' aria di cappella tenebrosa , dovevo figurarmi il cielo del tragico tramonto sulle tre croci e il gesto beffardo del legionario guercio che trafisse con la lancia il costato di Cristo . Qui era la nuda terra del disperato campo fuori dalle mura della città , e laggiù era il breve giardino di Giovanni d ' Arimatea , cinto da un fragile muricciolo a secco . Poche piante ; forse nessuna : un ' erba rara e gialla , e polvere , e la roccia affiorante del Golgota . Tutto è stato incoronato di pietre : tutto è diventato altare . Ma lo spirito è qui . Indietreggiai , percorrendo i dieci metri di questa terrazza ornata di alabastri e d ' oro e d ' argento , che una volta era il nudo Calvario , la rupe senz ' erba , e mi affacciai alla balaustra che guarda sul labirinto della Chiesa . Lì sotto era la pietra dell ' Unzione , dove il Corpo deposto fu avvolto nel Sudario . Attorno ad una cosa che non avevo ancora vista , difesa solamente da un piccolo cancello circolare , con tre o quattro ceri sottili come un mignolo , attorno a quel segno trascurato di marmo , così dimesso nella povertà e nell ' oblio , non conteso da nessun rito , solitario nel suo ricordo , la visione si trasformava , le mura ad un tratto si facevano sottili , le architetture trasparenti e tutta la costruzione semibarbarica e litigiosa delle mura contese e ripartite fra quattro riti si dissolveva , spariva , liberava d ' un tratto il suolo , il cielo , le rocce , gli alberelli del giardino di Giovanni d ' Arimatea , la buca del Sepolcro , i sentieri , le gramigne , la polvere , i sassi , gli scoscendimenti del luogo sinistro e dolcissimo . Attorno a quel segno solitario e trascurato nel giro di poche fiammelle , sparivano d ' un tratto , i quasi duemila anni trascorsi dall ' ora del Sacrificio e la Terra Santa riappariva attorno al luogo dove , inginocchiata , Maria aveva assistito al Supplizio . E vidi sorgere , là dove le mura erano sparite , l ' ora terribile e divina del Sacrificio . Vidi la carne fustigata e sanguinante , cerea , sospesa alla Croce nel silenzio della agonia . Il tramonto d ' Oriente recava la voce roca della folla in sudore . Era l ' ora in cui i colori si spengono e si spegneva anche il tenue verde del piccolo giardino di Giovanni d ' Arimatea . Quella fossa che io adesso vedevo , tagliata nella roccia , là , dentro al piccolo orto era quella che Giovanni aveva fatto intagliare nel sasso per sé , era quella destinata a divenire il Sepolcro della Resurrezione . E vidi i soldati , che già avevano tratto dai vestiti del Crocefisso una moneta per il vino e una moneta forse per il lupanare , allontanarsi in drappello , lasciando soli gli uomini della guardia . E vidi la folla , dissetata della sua sete di sangue , tornare per i sentieri bruni della sera alla città , agli ozi del sabato festivo , ai litigi sui gradini del tempio .
Beniamino Gigli ( Vergani Orio , 1957 )
StampaQuotidiana ,
Qual è l ' anno di nascita di un tenore ? È quello del giorno in cui , nascendo , manda i primi strilli , la prima voce di pianto alla luce ? O è l ' altro , del misterioso giorno in cui egli scopre , in se stesso , la prima gioia del canto ? Lo domandai tre o quattro anni fa , a Beniamino Gigli . Avevo appuntamento con lui , nella sua villa di Roma , per una intervista . Lo avevo udito infinite volte , ma non lo avevo conosciuto mai : e non ero contento di scrivergli e di chiedergli quell ' intervista . Il tema di questo « servizio » era stato suggerito da una notizia : Beniamino Gigli aveva annunciato di dover mettere fine alla propria carriera . Era stanco e probabilmente era già molto ammalato . Il suo cuore era ammalato e - tragico a dirlo - il grande tenore sapeva di essere , in un certo senso , la tomba della propria voce . Il corpo , gli occhi , il pensiero , l ' animo erano vivissimi : ma la voce era ormai costretta a tacere , profondamente sigillata dalla catena delle arterie affaticate . Uno sforzo per sprigionarla poteva voler dire la morte . Di tutto ciò , naturalmente , nella intervista non si sarebbe parlato . Io ero un poco nella situazione del medico che deve sempre sorridere davanti all ' ammalato . Dovevo « mentire » con lui , sorridere contraddicendo ad una sua eventuale melanconia , mostrarmi sicuro di un suo « ritorno » . Ero un giornalista : non un confessore . Scrivere ? Sì : avrei scritto ; ma pensando che lui , l ' intervistato , avrebbe letto le mie parole . Queste , per non allarmarlo , avrebbero dovuto essere tutte « color di rosa » : piene di una purezza e di una certezza che non potevano assolutamente trovare un logico spazio nel mio animo , dopo quanto alcuni intimi mi avevano rivelato sulla verità delle sue condizioni . La villa di Gigli doveva essere stata costruita venticinque anni prima , in un quartiere non ancora affollato . Era , se ben ricordo , costruita in uno stile fra quattrocentesco e cinquecentesco , come s ' era usato per tanti anni , con riflessi di architettura bramantesca . Era una casa solida , « ricca » . All ' ingresso si saliva per una scaletta esterna di taglio un po ' romantico , tipo « Giulietta e Romeo » . L ' espandersi della città l ' aveva un po ' soffocata . Lontano si sentiva lo stridore dei tram . Per il viale correva un fiume di automobili e non c ' era una « zona del silenzio » attorno alla casa dell ' uomo dalla « voce di oro » . Il giardino aveva vialetti inghiaiati : una lunga siepe di piante fiorite lo divideva dalla strada . Queste ville , troppo grandi , troppo « impegnative » per una famiglia sola , di solito siamo abituati a vederle trasformate in cliniche private di lusso . Ebbi anche questo pensiero triste quando mi trovai davanti al cancelletto dove , su una targhetta d ' ottone , era inciso il nome del più famoso , del massimo interprete del melodramma italiano . Gigli mi aspettava in giardino , seduto su una poltrona di giunco , collocata vicino alla romantica scaletta . Erano con lui alcuni amici . Un cane stava quieto quieto accovacciato sulla ghiaia . Il tenore aveva perduto la floridezza del volto e della figura , per quanto apparisse ancora massiccio . C ' era qualcosa di stanco nelle sue guance , nel collo , negli stessi abiti , come se il corpo si fosse all ' improvviso infiacchito . Era autunno , ma un autunno estremamente mite . Dietro alla siepe si sentivano , sul marciapiede , voci di ragazzini e ragazzine che correvano sui pattini a rotelle . Gigli parlava con voce piuttosto bassa , come vigilando per non affaticarsi . Lo guardavo in viso : le guance nascondevano a mala pena un tono cinerino : la sclerotica dell ' occhio era troppo bianca . Il respiro non appariva faticoso ; ma la sua voce non aveva gaiezza . Mi spiegò che tutta la mattina aveva parlato con la moglie di Ignazio Silone che l ' aiutava nella stesura , in lingua inglese , delle sue memorie per un editore di Londra . Disse : « Divento scrittore , come lei vede ... segno che il tenore è stanco ... » . Poi , mi spiegò con termini quasi tecnici quale sia il problema del respiro , per un cantante : « Si dice che cantiamo con il cuore . È vero , e il cuore è , di me , il primo ad affaticarsi . Ma non rida ! Cantiamo soprattutto con il ventre . È il diaframma che lavora come un mantice : è lui , più che i polmoni , a regolare la potenza e la durata dei respiri e a calibrare i fiati ... Il cuore è un po ' stanco , e il diaframma è come un organista che non sa più regolare l ' afflusso dell ' aria nei mantici . Io di organi me ne intendo . Mio padre era sagrestano a Recanati : io cominciai da bambino a cantare , in chiesa , vicino all 'organo...» . La data di nascita della voce ? « Se , come dice , un tenore nasce quando per la prima volta scopre la gioia del canto , lei non mi ringiovanisce troppo . Sono nato nel 1890 , secondo l ' anagrafe : cinque o sei anni più tardi , secondo la musica ... Come vede , di annetti ne ho abbastanza , sia in un senso che nell 'altro...» . Aveva la bella , ampia , pacata pronuncia dei marchigiani . Glielo feci notare , benché l ' osservazione fosse ovvia , essendo lui nato a Recanati . Aggiunsi : « Sa cosa ho pensato ? Che Leopardi , bambino , doveva avere la stessa pronuncia del piccolo Beniamino Gigli ... » . Sorrise : e commentò : « Oggi ho tutt ' al più la voce del papà di Leopardi , del vecchio conte Monaldo ! » . Aveva cominciato a cantare da bambino . Da chi aveva ereditato la voce ? Disse : « Non lo so : ma penso spesso di averla ereditata da mia mamma . Quand ' ero piccino , ogni sera , prima di mettermi a letto , mi faceva cantare una canzoncina paesana , che in un certo modo serviva anche da ninnananna . Mi aiutava a spogliarmi e , quando restavo in camicia , cantavo : S ' io fossi una formica queste mura vorrei varcar , le varcherei senza paura , la mia bella a riveder . A questo punto era mia mamma che attaccava , con una voce piccolina , ma soave e melodiosa : La mia mamma è una contessa il mio babbo un cavaliere . E poi si finiva cantando , insieme : Ed io povera meschinella son rinchiusa in monaster . Vuol saperlo ? Adesso che i medici mi hanno proibito di cantare , almeno per parecchio tempo , e sono come un vecchio pensionato , quando vado a letto , a bassa voce per non svegliare nessuno , prima di coricarmi , canto ancora : Ed io , povera meschinella son rinchiusa , in monaster ... Come vede , fra il monastero e la casa di un tenore che non può più cantare non c ' è , in verità , una grande differenza ... » . Si parlò della povertà di quand ' era bambino : ma ne parlava come si parla di una favola lontana : come delle storie di Puccettino . Il padre sagrestano arrotondava la sua magra paga facendo il ciabattino : con sette figli c ' era poco da scherzare . Probabilmente , quando il figlio fu mandato a sette anni alla Schola Cantorum di Recanati , sulla decisione contribuì il fatto che ogni prestazione dei piccoli cantori era ricompensata con dieci centesimi , con due soldi che Beniamino portava a casa nella tasca del grembiule . Ma nessuno in casa si illudeva che quella paga potesse mai aumentare ; per questo , a dieci anni lo avviarono ad un mestiere più « serio » , affidandolo ad un falegname . Per ore e ore , Beniamino scaldava il pentolino della colla e sceglieva i chiodi , nel cassetto . Era arrivato , in un paio di anni , a saper lavorare di pialla . Sua madre pensò ad un mestiere più pacifico e il piccolo Beniamino passò nella bottega di un sarto , e di qui , come garzoncello , nella farmacia di Recanati . Fu il tempo in cui Beniamino imparò a pesare i cartocci di bicarbonato , a preparare l ' elisir di china , a versare l ' oncia , o le due once di olio di ricino nei bicchieri portati dalle madri di famiglia che dovevano purgare i loro figli . Disse : « Ho appreso allora molti nomi delle medicine che mi fanno inghiottire adesso » . La storia del suo debutto è nota e risale al 1905 . Lo scoprirono alcuni studenti di Macerata . Mettevano su , per carnevale , una specie di piccola rivista che aveva anche una parte femminile . A Macerata non c ' era nessuna signorina - erano tempi di grande prudenza - che osasse partecipare ad uno spettacolo goliardico . Uno degli studenti parlò di un ragazzo che cantava a Recanati con una voce perfetta di soprano . Partirono , convinsero Beniamino a interpretare la parte di Angelica nella rivistina che si intitolava La fuga di Angelica . Vestito da ragazza in piquet bianco , con castissimo sottanone lungo sino a coprire i piedi , la testa coperta da un parruccone che pareva fatto con la stoppia del grano turco , Gigli ebbe il suo primo trionfo . Il sogno del teatro non doveva abbandonarlo più . La voce di « fanciulla » stava per scomparire e al suo posto nasceva una bella voce di tenore . La famiglia si indebitò per mandare il ragazzo a studiare , a Roma : la spesa del viaggio e del trasferimento - sessanta lire per lui e per il fratello Catervo che sarebbe andato a bottega da uno scultore marchigiano - sembrò folle . I due ragazzi « sbarcarono » a Roma con qualche provvista alimentare nella valigia . Il pane a Beniamino non sarebbe mancato perché un farmacista romano aveva accettato di assumerlo come fattorino - commesso . La leggenda di Gigli si inizia in un dedalo di viuzze romane ; tante ore al giorno in farmacia , dal momento in cui sollevava le saracinesche fino a quello in cui le chiudeva : un lavoro paziente nella retrobottega , a impastar pillole e a preparare pastiglie per la tosse . Alla sera , cinque piani di scale per andare da una vecchia cantante che gli dava le lezioni . A quei tempi si studiava ancora il canto per sette , otto , nove anni : sembra non ne occorressero di meno per diventare padroni della voce . Gigli mi disse : « Dovrebbe essere così anche oggi » . Finché venne , nel 1912 , il tempo di andare ad un corso di perfezionamento , all ' Accademia di Santa Cecilia , dal maestro Cotogni . A questo punto parlai io , per dire che proprio in un giorno di uno di quegli ultimi due anni di studio , lo avevo sentito cantare accompagnato al piano da Cotogni . Gli raccontai come io fossi salito un giorno lassù , al terzo piano dell ' Accademia in via dei Greci , per accompagnare Vittorio Podrecca che era segretario dell ' Accademia e che , come tale , doveva infatti controfirmare il diploma al termine degli studi . Ascoltare le lezioni era proibito , ma Vittorio Podrecca sapeva che , a me , suo nipote , era noto il passato di Antonio Cotogni . Il vecchio baritono aveva quasi ottant ' anni , era stato il primo interprete del Don Carlos di Verdi : Verdi aveva pianto quando l ' ignoto baritono trasteverino era andato a Sant ' Agata a cantare la romanza del marchese di Posa . Io volevo vedere chi « aveva fatto piangere Verdi » . Mi avevano detto che , durante le lezioni , qualche volta Cotogni accennava ancora qualche battuta di canto . Chissà ! I sogni dei ragazzini sono singolari : forse speravo di lagrimare anch ' io , al suono di quella voce . Era estate , nei giorni che precedevano gli esami : e Roma , dalle finestre dell ' ultimo piano del palazzo di via dei Greci , era già torrida . L ' estate d ' oro batteva sui vecchi tetti del Babuino e di via Margutta : il bastione del Pincio saliva come un sipario antico con le sue ghirlande di verde . Io ero appiattato dietro ad una porta , nell ' ombra di un corridoio . Nella sala Antonio Cotogni stava al pianoforte : vedevo le sue solide spalle , i suoi tenui capelli bianchi , la « voglia » bruna che gli macchiava una tempia . Vicino a lui stava un giovane basso e forte , in maniche di camicia , cui il maestro aveva permesso di slacciare il colletto inamidato . Era lo « studente Gigli » che si preparava a ripassare una delle romanze dell ' esame . Cosa avrebbe cantato ? O paradiso dell ' Africana ? Celeste Aida ? Spirto gentil ? Che gelida manina ? Cantò la romanza di Edgardo nella Lucia di Lammermoor . Al vecchio tenore , seduto nella sua melanconica poltrona di giunco , avrei dovuto dirgli che ricordavo benissimo le prime parole di quella romanza . Ma davanti al suo volto così segretamente velato di grigio , davanti agli occhi dalla sclerotica troppo bianca , non ebbi l ' animo di riferire quel verso melanconico che dice Tombe degli avi miei ... Temetti per la sua melanconia : e mentii : « Non mi dimenticherò mai , caro Gigli , come ha battuto il mio cuore di ragazzo di quattordici anni quando lei ha attaccato Che gelida manina . Gigli sorrise come preso nel ricordo di quel canto d ' amore . Taceva .
RELIGIONE, CLERICALISMO E SCUOLE ( BONGHI RUGGIERO , 1886 )
StampaQuotidiana ,
Signore e signori , I maestri elementari della provincia di Treviso mi hanno chiesto s ' io volessi fare una conferenza davanti a tanta eletta cittadinanza , e a essi io non poteva dire di no . Da lungo tempo ho in grandissimo affetto questa classe di persone così utile allo Stato , alle provincie , ai comuni , e a cui Stato , provincie e comuni danno retribuzione così inferiore a quella che meriterebbe per il beneficio prestato e che sempre si domanda da essa . Ma , se la mia parola riuscirà meno gradita di quanto desidero , ne darete colpa non ai maestri elementari che me l ' hanno chiesta , bensì a me pel soggetto che ho scelto , come quello su cui più si fermò la mia mente . Ché se il soggetto è facile a concepire , è pur difficile a esser trattato , e se sarebbe facile ad altri il discorrerne e provocare la vostra approvazione , potrà forse esser difficile a me . So come alcuni fanno a carezzare le umane passioni e a secondare i comuni pregiudizi ; quanto a me mi rivolgo alla vostra ragione , e desidero che una parola calma , tranquilla e serena scenda nella vostra coscienza ; e se in essa troverà una approvazione , io sarò abbastanza contento . In queste parole : religione , clericalismo e scuole , sono compresi taluni dei maggiori interessi della umana società , e io cercherò di controbilanciare il torto e il diritto di ognuno , per poi misurare l ' influenza di quella delle tre parole che ci indica il bene e di quella che ci indica il male . Per misurare però quale sia l ' influenza delle scuole e della religione da una parte , e del clericalismo dall ' altra , bisognerà , o signori , che abbiate l ' animo calmo come l ' ho io , e che nel sentirmi vi preoccupiate , come me , d ' esser chiari , precisi , giusti e soprattutto sinceri . La maggior parte di coloro che discorrono di religione e di clericalismo non sono , a mio parere , sinceri . Alcuni sono pieni di furore contro il clericalismo , e hanno ragione ; ma il loro furore va più in là e offende la religione medesima . E d ' altra parte , se i loro avversari gridano : « Religione ! Religione ! Dio ! Dio ! » , in fondo del loro cuore tutto questo non c ' è . Non è già per amor di religione che parlano , non è per Dio che si agitano , ma per loro stessi , per le loro passioni mondane , pel desiderio sfrenato che hanno di dominare e di farsi avanti . Sono quindi due insincerità che si armano , e furiose combattono l ' una contro l ' altra , pur avendo ciascuna delle due parti gran bisogno dell ' altra . Ora noi dobbiamo distinguere la religione dal clericalismo , e dire apertamente ciò che di ognuno si pensa . Religione e clericalismo son due cose ben differenti : non diverse , ma opposte . Il sentimento religioso nasce con l ' uomo al primo urto che sente dalla natura in cui vive , di questa natura della quale non sa donde sia caduta , né dove vada . Il sentimento religioso è tale da unire l ' animo suo con tutto ciò che lo circonda ; è un sentimento molto intimo che mette l ' uomo in relazione con quello che è sopra di lui , come della stessa natura . E l ' uomo viene in grado di trovare una risposta alle terribili domande , alle quali ogni scienza è impotente , e delle quali oggi dice di non volersi curare , ma domani cercherà di rispondervi . Col sentimento veramente religioso l ' uomo frena la sua fantasia che gli chiede : « d ' onde tu vieni ? dove tu vai ? » ; ed è nostra sventura aver sempre queste domande dinanzi ! E non v ' illudete , o signori ; questo sentimento religioso assume necessariamente forma di culto ; poiché una volta che l ' uomo abbia concepito qualche cosa al di sopra di lui , è naturale egli domandi a se stesso come questo qualche cosa , che chiama Dio , debba o possa essere propiziabile . Ed è così , che tra lui e questo Dio sorge il sacerdote . Che cosa è il sacerdote ? È l ' interprete dell ' uomo a Dio , di Dio all ' uomo ; ma questo sacerdote che viene nell ' umana società per mettere in relazione l ' uomo con Dio , corrompe presto l ' ufficio suo , e , preso un altissimo posto nella umana coscienza , se n ' avvantaggia naturalmente . I sacerdoti formano una classe , una casta , portata alla ricerca di dominio e onori . Il sentimento è affatto diverso da quello che doveva essere ; non ha più per oggetto Iddio , non la mediazione fra l ' uomo e l ' idealità pura , ma il proprio interesse , la propria ambizione . Questa la corruttela del sacerdozio . Or bene , o signori , come quel primo sentimento si dice religione , questo secondo , con nome moderno , che corrisponde però a una cosa antica , si dice clericalismo . La religione o il sentimento religioso è , come abbiamo visto , la relazione fra uomo e Dio ; il clericalismo surroga alla relazione dell ' uomo con Dio l ' interesse proprio del sacerdote . E che cosa dobbiamo fare ? Questa è una perversione del retto principio , è una corruttela . Come correggerla , come impedirla ? Vi sono parecchi i quali non sono sinceri , e che gridano ad alta voce contro questi clericali . Io , per conto mio , li lascio vivere , come lascio vivere tutti ; ma esamino loro come esamino tutti . Culto e Dio sono troppo connessi fra loro perché si possano dividere e far sì che uno venga scacciato e l ' altro resti . Basta osservare che tutte le speculazioni moderne , tutte le dottrine scientifiche o filosofiche , che vogliono acquistare una efficacia pratica , hanno bisogno d ' un culto . Il mio amico Coppino , ministro della pubblica istruzione , nel suo discorso ad Alba ha detto che nell ' avvenire la religione professata da tutti sarà la « religione del dovere » . È una frase , per quanto bella , e gli uomini di Stato più degli altri dovrebbero guardarsi dalle frasi . Il dovere sarà la religione di pochi , e anche in quei pochi questo dovere sarà come una voce che parlerà fuori di loro . Dio non si caccia dal mondo , no . Dio non si caccia dall ' umana coscienza , perché è quello che vi ha di più profondo nella coscienza stessa . Egli fu concepito da tutti e in tutti i popoli come un grande ideale di bontà , di virtù e d ' amore . Perché , volendo pensare che cosa dia la somma di ogni passione , pensiamo subito a Dio ; perché questo Dio è l ' archeo , è il centro di ogni idealità umana , e l ' uomo lo pone dinanzi a sé come la meta sua naturale più elevata . Questo è Dio , ed esso si alza nella vostra coscienza e vi segna la via . E se voi poteste cacciare dalla umana società questo Dio , che vi segue dovunque , un immenso buio vi avvolgerebbe , e invano cerchereste di uscirne , in cerca di luce . E sapete ora voi quali sono i nemici principali di questo Dio che vi riscalda il cuore e costante brilla nel vostro pensiero ? I clericali , sì , quei clericali di cui ho parlato poc ' anzi ; quei clericali che non vogliono Dio avanti e sopra di loro perché vogliono un Dio , che anziché essere la loro guida , sia mancipio loro ; non che li ispiri ad amore del bello e del buono , ma che conservi la loro prosperità mondana alla quale , per ogni via , sono arrivati . Eppure atei e cristiani , clericali e miscredenti vanno a braccetto : e per quanto possano parere nemici nei giornali e nei comizi , sono amici , e gli uni operano gli stessi effetti degli altri , quantunque siano opposte le mire . Il clericalismo è la negazione di Dio , è l ' abbassamento di tutte le idealità che l ' umana coscienza ha concepito in Dio . E noi dobbiamo combatterlo , ma combatterlo come pratica una società civile . Noi in Italia abbiamo poi una ragione speciale che ne consiglia la lotta , ed è la sua ambiziosa voglia di riacquisto del potere temporale del papa che il clericale non potrebbe restaurare senza rovina del pontefice stesso , che non sarebbe in grado di tener Roma neppure una settimana . E noi dobbiamo combatterlo perché questa Italia , come l ' abbiamo fatta , una sul durevole fondamento della monarchia , è veramente intangibile . Se però dobbiamo distruggere questo nemico , non ce lo facciamo in fantasia più grosso di quello che è . Non facciamolo più numeroso di quanto esso veramente sia . E ora , conosciuti gli errori degli altri , veniamo a notarne anche qualcheduno dei nostri . Già , se udite che intorno a voi si levi il grido contro il clericale , non dovete poi credere , come potrebbe parere , che ogni religioso sia clericale , che sia clericale ogni prete . Una buona parte dei preti deplora il moderno indirizzo della curia romana , l ' indirizzo da essa dato al clero minore ; e quelli son sacerdoti pii , pieni di sentimento veramente religioso , che vedono la corruttela di cui la curia romana sempre più si ricopre . Questi buoni preti vedono fuorviato l ' indirizzo dei loro colleghi , ma non osano parlare o parlano sottovoce , e non osano gridare per fermare questa fiumana che minaccia di sommergere tutto quello che in più anni sono giunti a raccogliere . Ma perché non si adoprano a fermarla ? Perché non sono ancora riesciti a produrre un effetto utile ? Perché sono soli . Ogni qualvolta pare debba aversi uno dei tali effetti , è allora che il sentimento religioso vacilla . E intanto noi non ci risolviamo né ad apprezzare né a disprezzare cotali loro sentimenti . Questa la cagione per la quale i sacerdoti hanno perduto e sempre più si allontanano dall ' ufficio loro . Questi messaggeri di Dio conoscono tutti il danno del moderno indirizzo , e pur lasciano che si confonda religione e clericalismo . E difetto della politica nostra se in essi non troviamo uno strumento d ' aiuto contro il clericalismo prevalente nella maggior parte del clero e della curia romana . Non perciò dobbiamo scoraggiarci . La Chiesa è oggi tutta nelle mani del pontefice come mai . Dirò come disse un vescovo : i parroci sono soldati dei vescovi ; i vescovi del sommo pontefice . Tale organizzazione della Chiesa non risponde in origine a nessun testo del Vangelo , e a capo di essa sta il primo sacerdote del mondo , che vuol essere il più ostinato clericale del mondo . Ebbene , vedete , in questo momento il nostro paese è contristato da un ' aspra battaglia contro questo clero viziato . Voi ne avete visto i motivi e i primi scontri . Leone XIII – del quale io parlo sempre con grande rispetto – ha pubblicato un Breve a favore dei gesuiti , e il ministro guardasigilli del quale io parlo sempre con grande libertà ha subito cominciato a reagire , con un gesto discutibile , a cacciare tre o quattro monache dal convento della Sapienza . Però mentre vediamo costrette queste quattro monache a uscire dal loro convento , vediamo pure che al tempo stesso si fanno monache una ventina di giovani . Il ministro non ha autorità , né la pretende , di impedire che giovani donne pronuncino voti , e la monacazione in questo tempo di discordia è divenuta più grande di quanto fosse in addietro . Il ministro non ha con questo suo atto violata la legge : egli invece più rigorosamente l ' ha eseguita , ma in maniera diversa di quanto ha fatto finora e troppo mettendo il paese a rumore . Perché voi sapete che il ministro guardasigilli ha un grande difetto . Egli non fa nulla senza trombetta : non sospende un pretore per una giornata senza avvisarne tutti , o taluni almeno dei giornali d ' Italia . Codesta sua ultima azione è contraria a quella che deve compiere un governo il quale voglia eseguire la legge in modo che dall ' esecuzione di essa si possano ritrarre i maggiori benefizi che la legge stessa promette . Aggiungiamo una osservazione . Leone XIII e il ministro , negli atti che ho ricordato , hanno commesso il medesimo errore : quello di non considerare che gli altri nei loro atti non guardano soltanto quello che sono , ma anche quello che sembrano alla società . Per non aver fatto ciò , ministro e pontefice han provocato un movimento che in un paese più ardente del nostro avrebbe provocato conseguenze , l ' estensione delle quali non sarebbe possibile misurare . In un paese invece calmo come il nostro , dopo un certo spazio di tempo passerà tutto senza lasciare traccia di sé , e poiché il fumo è molto maggiore della vampa , fra qualche giorno nessuno ci penserà più . Ma le menti restano così piene di confusione , e se ne ricava un ' impressione capace di promuovere i malumori più grandi . Al paese importa molto la battaglia contro il clericalismo , ma l ' impressione e il moto troppo vivi finiscono in nulla , come una bolla di sapone che per un momento abbia brillato di vivi colori . Così non si combatte il clero , a punti di spilla , a dispetti , a piccoli sdegni , che offendono non solo il nemico che si dice di voler combattere , ma , come ho detto , anche la religione . Con queste piccole vessazioni il clericalismo si rinforza , perché questi atti , per quanto legali , alla maggior parte dei cittadini ripugnano . Questi atti non fanno che generare risentimenti , discreditare e togliere la fiducia a coloro che vorrebbero operar pel bene . Noi dobbiamo convincerci che questa lotta furiosa produce l ' effetto opposto di quello che si desidera . Parecchi confondono la maniera di combattere il clericalismo in un paese dispotico con quella buona in un paese libero : la maniera propria d ' un paese in cui ognuno può parlare e fare a sua posta , con quella delle società dove il cittadino deve trattenere persino l ' espressione del proprio dolore . Il clero non si combatte con questi piccoli sfoghi e io sono persuaso che l ' unico mezzo per ottenere qualcosa sia un ' azione costante e seria da parte dello Stato , a cui spetta però segnare il limite della propria azione e le relazioni di esso con tutti gli altri organismi che vivono intorno e dentro di lui . Bisogna che questa azione del governo sia coerente e ferma . Il che però non è facile in un governo come il nostro troppo in balia dei partiti ; bisogna che l ' azione non sia diretta così da produrre uno o l ' altro dolore , ma con perfetta chiarezza di idee e senza inimicizie verso tutto quello che nella Chiesa vi può essere di utile . Questa la forma teorica dell ' azione dello Stato . Ne potrei anche più determinare i confini , ma sarebbe troppo lungo discorso : potrei segnare l ' orbita di tutti questi organismi che riguardano lo Stato e la Chiesa ; ma qui mi ricordo della terza parola del tema che impresi a trattare , e mi limito dunque a dirvi l ' azione tra Stato e Chiesa rispetto alle scuole . La Chiesa pretende di poter insegnare da sola , e questo diritto lo deriva da talune parole di Cristo . Ma se Cristo ha dato a essa l ' autorità d ' insegnare , è chiaro che intendeva alludere alle dottrine che meglio fossero adeguate a quelle che insegnava lui . D ' altra parte , quelle alte parole io le venero , ma non credo che esse mi vietino di esaminar le moderne dottrine religiose che non sono in tutto e per tutto quelle di Cristo . Così noi non possiamo in nessuna guisa consentire che la Chiesa abbia veramente diritto d ' insegnare più che non l ' abbia lo Stato . Il quale , come tutore di quelli infiniti organismi che si muovono dentro di lui , ha anche il diritto di invigilare sul modo col quale da altri s ' insegna . Perciò l ' autorità dello Stato riguardo all ' insegnamento comprende tre grandi funzioni : autorizzare all ' insegnamento quelli che abbiano voglia di farlo , vigilare mentre s ' insegna , accertare i frutti dell ' insegnamento dato dagli altri . Lo Stato italiano non ha pur troppo un organismo capace di esercitare queste tre funzioni , rispetto alle quali esso è ancora molto imperfetto e deficiente . Esso non ha provveduto in modo sicuro e sincero perché l ' autorizzazione sia data in maniera che ognuno che insegna dia garanzia morale e materiale . Circa all ' invigilare mentre s ' insegna , noi vediamo come manchi tuttora una organizzazione adatta all ' uopo . Quanto poi all ' accertare i frutti dell ' insegnamento possiamo dire che i mezzi dei quali lo Stato si serve non sono atti . Gli esami , ad esempio , non sono che un vaglio , alla prima mossa del quale gli asini non passano , ma alla seconda passano tutti ! Lo Stato non esercita rispetto alle scuole ecclesiastiche quel diritto che dovrebbe , e avrebbe più d ' un valido motivo per intromettersi nell ' educazione delle scuole private e clericali del Regno . Lo Stato è obbligato d ' insegnar molto , d ' istruire , di educare , eppure nelle scuole dello Stato s ' istruisce poco e si educa punto . È assolutamente necessario che esso riordini le sue scuole in una scuola elementare in cui non si tenga conto delle classi che le stanno d ' attorno ; in una scuola tecnica che abbia , come non ha ora , un fine immediato ; in un istituto tecnico che non dia ai frequentatori di certe sezioni troppe ore di studio e a quelli delle altre troppe poche . Lo Stato ha bisogno di riordinare il liceo , dove si dovrebbe insegnare a leggere l ' italiano , a scrivere il latino e a compitare il greco , e dove invece si fa poco di tutto questo e quel poco anche male . È chiaro che l ' impressione che lo Stato quale educatore esercita nei padri di famiglia è la ragione diretta del seguito che hanno i maestri nelle scuole clericali . Una delle principali ragioni che spingono a far disertare le scuole laiche , è certamente il cattivo concetto che essi si sono fatti dell ' educazione che lo Stato stesso impartisce . I padri di famiglia vogliono che i figlioli ritornino presso di loro elemento di concordia e di pace ; vogliono che nell ' animo dei loro figlioli siano introdotti sentimenti che non siano per nulla contrari ai sentimenti loro . E l ' erroneo indirizzo delle nostre scuole induce con quasi pieno convincimento ad abbandonarle per quelle clericali . È una prova che l ' istruzione nelle scuole laiche non procede quale dovrebbe , la vediamo nel fatto che taluni istituti di educazione si sono appropriati la disciplina militare , che ha già dato buoni risultati . L ' esperienza di qualche anno ha dimostrato che questa disciplina produce in poco tempo gli stessi effetti utili che produce nei giovani il servizio militare . Lasciando all ' avvenire di risolvere pienamente questa questione , l ' attuale ministro della pubblica istruzione ha visto e sentito intanto i difetti dei suoi convitti ; ed era naturale dovessero sentirli e vederli anche i padri di famiglia . E qui si presenta un altro mezzo per combattere il clericalismo : quello di ordinare le scuole in modo che l ' educazione sia proporzionata alle diverse classi della società , di ordinarla in modo che nella scuola non s ' insegni religione , ma non s ' insegni l ' opposto , distruggendo nell ' animo dei giovani i sentimenti appresi nelle famiglie . E la paura di ciò che distoglie i genitori dal mandare i figlioli nelle nostre scuole . Uno dei diritti dello Stato è quello di autorizzare a insegnar , e per questo lo Stato ha bisogno di stabilire le condizioni intellettuali e morali che debbono richiedersi negli aspiranti all ' insegnamento . Queste condizioni sono definite dalle leggi , ma queste leggi sono troppo deboli , troppo facili a frodarsi . Da noi le leggi sono fatte così : in un articolo d ' una di esse è detto che per esser dottore bisogna fare questo e quest ' altro , e nell ' articolo seguente si afferma che però si può esser dottore anche senza aver fatto questo e quest ' altro ! Ecco la grande necessità di irrigidire le condizioni predette . Lasciamo pure a tutti il diritto d ' insegnare , ma ciò soltanto a comuni e rigide condizioni . Noi vediamo sempre esercitato l ' insegnamento da un numero crescente di frati e di preti . Bene , eleviamo le condizioni stesse : è l ' unico mezzo per frenare tanta ambizione d ' insegnamento . Ma sovratutto rendiamole tali che non ci sia il modo di violarle o facilmente potersene esimere . In questi dieci ultimi anni in cui voi sentiste di essere governati tanto liberamente , sono state rilasciate a frati e a preti molte più autorizzazioni d ' insegnamento che non nei tempi addietro , e rilasciate anche con molto minor rigore . E vi lagnate poi perché un numero troppo grande di ministri di Dio abbia ottenuto tale facoltà , e vi chiedete a chi ne spetti la colpa ? Chiedetelo ai deputati che privatamente hanno insistito in favore di tali autorizzazioni ! Chiedetelo a quei ben noti deputati che , mentre combattono in piazza i clericali , affidano i figli loro ai preti perché li educhino . Chiedetelo a questi ipocriti peggiori dei clericali stessi : a codesti autori di un ' ipocrisia che uccide l ' anima del paese , che insegna a non guardarsi liberamente in viso : a questa ipocrisia che dà al paese il diritto di credere che tutto ciò che gli si dice in pubblico sia sfacciata menzogna . L ' oscillazione con cui procede lo Stato rispetto alla Chiesa , gli ha impedito di fermare il suo stesso pensiero su troppe cose rilevanti . E l ' oscillazione da esso discende ai liberali che si trovano combattuti fra opposte correnti : da una parte codesti liberali – quantunque tale parola sia stata talmente usurpata da non saper più cosa voglia dire – sentono affermare che il culto e i riti sono tutte cose vane e inutili , dall ' altra invece l ' opposto . Invece bisogna pensare a ciò che di bene e di male fa il clero per la natura stessa della sua organizzazione , e per la intima relazione ch ' esso ha , non solo con la plebe , ma con la classe più agiata : influenza morale che non risolverà né oggi né domani né mai in un fatto sensibile , in una violazione qualunque , ma si esercita su tutta la società , e tutta la penetra . Allo Stato deve importare che questa influenza si eserciti possibilmente in un modo piuttosto che in un altro ; e dico possibilmente , perché anche i clericali debbono aver molta libertà di pensare . In queste condizioni lo Stato deve trovare un rimedio al dominio del clericalismo nell ' insegnamento filosofico , e far in modo che la scienza umana aleggi , ventili , penetri nell ' insegnamento che tuttora si dà nei seminari . Bisogna che anche ciò che si insegna in quei collegi risponda ai migliori principi della civiltà e della scienza ; e cessi la rozzezza d ' oggi , in cui la maggior parte dei preti non conosce , quand ' anche lo conosca , che il breviario . Insomma è importante per lo Stato che la mente dei preti sia elevata , il più possibile . Lo Stato può far questo in due modi . La teologia è una scienza intorno alla quale si è creato una vera enciclopedia di scienze cui spettano i problemi filosofici più alti dello scibile umano . Ora , mentre queste scienze sono seriamente studiate in Germania , in Inghilterra , in Francia , qui da noi invece sono quasi del tutto soppresse . Bisogna rialzarle adunque , e saranno feconde di libertà anche nelle menti oggi schiave . Bisogna che il prete sia istruito nella scienza propria e nel suo dovere : bisogna che il prete non possa chiamarsi tale se non dopo esser passato attraverso a tutto quello studio che lo Stato crede più opportuno per la cultura generale del paese . Noi abbiamo lasciato troppo libera la Chiesa non intervenendo nel formare la mente dei preti . Solo il sacerdote arrivato al suo ufficio attraverso una cultura laica potrà concorrere a elevare la mente e il cuore delle plebi . Si combatte adunque il clericalismo nelle scuole rinvigorendo i mezzi d ' ispezione ; rinforzando le condizioni alle quali devono sottostare gl ' insegnamenti ; rendendo le scuole dello Stato buone educatrici , pur non avendo il colore di religiose ; ma lo si combatte sovrattutto elevando l ' istruzione del clero e sottraendolo all ' influenza esclusiva della gerarchia ecclesiastica . Credo di avere brevemente percorso il soggetto che mi ero proposto . Potrei essermi fermato più a lungo su ciascuno di questi argomenti , ma avrei abusato della vostra pazienza , e d ' altronde ognuno di essi avrebbe potuto e dovuto esser tema di una speciale conferenza . Se la mia parola vi è parsa scevra di odio , se ho misurato come meglio potevo il torto e la ragione da una parte e dall ' altra , se non ho nascosto il danno che il clericalismo arreca al paese e non ho lodato i mezzi meschini e chiassosi per combatterlo , se tutto ciò ho fatto con qualche chiarezza , sono abbastanza soddisfatto . E prima di finire mi rivolgo ai maestri elementari , ai quali in questa battaglia contro il clericalismo , in questa lotta per elevare il livello morale e intellettuale del paese , spetta una delle parti principali . Coloro che continuano a ripetere che il maestro elementare ha vinto la battaglia di Sadowa sbagliano di grosso . I popoli civili furono più volte sommersi dai barbari , tant ' è vero che i Greci leggevano meglio dei Romani e giacquero sconfitti . Le battaglie sono in generale vinte dal genio e dalla forza . Non aspettino adunque i nostri maestri tale gloria per loro , ma una gloria più vera e sincera : quella d ' aver diffuso nel popolo italiano la cultura e l ' amore della patria . Siano ministri di luce e di pace , ma lascino allo Stato la missione di rendere le scuole , nelle quali essi si adoperano , più proporzionate a produrre gli effetti che si desiderano , più ricche d ' insegnamento , più pratiche e più vicine agli interessi e ai bisogni delle classi che le frequentano . Domandate questo allo Stato , e aspettate che altri domandi per voi il miglioramento della vostra condizione materiale . Già vedete che il ministro d ' istruzione , sebbene ancora imperfettamente , qualcosa ha fatto , poco certo , dacché lo stato vostro è ancora misero . La vostra classe manca ancora di quelle guarentigie che vi abbisognano per attendere tranquillamente ai vostri doveri . I maestri sono più in rapporto con le classi infime che più delle altre frequentano le scuole elementari ; quelle essi devono apparecchiare ai sentimenti indispensabili a ogni società umana . Devono temperar le voglie di mutar queste condizioni per vie e modi che la storia antica e moderna ha dimostrato incapaci di riuscita . Devono persuadersi che non hanno l ' obbligo dallo Stato d ' insegnar la religione , ma devono pure guardarsi dall ' introdurre nell ' animo degli allievi una inclinazione irreligiosa , perché non è stato mai detto che la religione non raddolcisca i dolori degli uomini . Sia missione loro , non insegnando religione , di lasciar l ' animo degli umili aperto a quei sentimenti che con la religione s ' accompagnano e valgono sempre a rendere meno invidiabile chi sta in alto per le ineguaglianze necessarie della vita . È questa l ' alta azione affidata sovrattutto al maestro , che , dopo il parroco del paese , è la persona più intimamente legata al popolo : aiutandolo se liberale , correggendolo se clericale . I maestri siano per quanto possono ministri di luce e di pace : di luce in un mondo che dà ancora generosi bagliori , di pace in un mondo tuttora combattuto fra infiniti contrasti .
«Lascia o raddoppia?» ( Vergani Orio , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Nel mio mestiere di « spettatore pagato » , di cronista teatrale , l ' unica poltrona comoda è quella da cui , in casa mia , assisto al solo spettacolo per il quale io pure sono spettatore pagante . In quella poltrona , che nelle altre ore accoglie , per ormai riconosciuto dominio , i riposi del mio cane , anch ' io , a mio modo , mi acciambello , spettatore senza bretelle e senza cravatta : mi crogiolo nell ' ozio , padre di pigri pensieri : il cane si accovaccia ai miei piedi , come nelle antiche statue , emblema della fedeltà , e ogni tanto , più per farsi ricordare che per vera smania della sua giovane candida dentatura , mordicchia delicatamente una mia pantofola . Me ne sto , come si diceva nell ' Ottocento , in panciolle . Ho vicino un posacenere che , dal bracciolo della poltrona , la mia mano può raggiungere descrivendo appena un decimo o un dodicesimo di semicerchio : e , se il segnale dell ' inizio di Lascia o raddoppia ? ha affrettato la fine del pranzo , ho vicino a me , in una bonaria natura morta , il bicchiere , l ' ultimo modesto « gotto » serale di vino . Come per milioni di italiani Lascia o raddoppia ? ha sostituito per me , una volta alla settimana , il caminetto , con le sue quiete fantasie covate nello spettacolo della fiamma e della brace , ha sostituito quelli che , al tempo dei nonni , erano gli interminabili romanzi di appendice con i loro colpi di scena con i loro puntini di sospensione , con il loro « Il seguito a domani » . Lascia o raddoppia ? è uno dei pochi giochi che , nella sua elementarità , non susciti , verso i suoi personaggi , invidie e che non ci spinga sul sentiero della malignità . Mike Bongiorno va e viene per casa nostra , e anche per casa mia , come fosse il figlio , che abbiamo visto crescere , del nostro vicino di pianerottolo : ci sembra addirittura , ormai , di averlo visto bambino pedalare sul triciclo dell ' onomastico . Avevamo per molto tempo dubitato che quel simpatico ragazzino potesse trovare la sua strada , nella vita , con quel suo futuro volto da « primo impiego » . Quanto a Edy Campagnoli , vorremmo dire che abbiamo visto anche lei crescere sulle nostre scale , pupetta , scolaretta con le caldarroste nel grembiule , e , alla fine , bella ragazza che ci è sembrato tante volte di intravedere dietro ai cristalli di un negozio di profumeria ? No . Con la Campagnoli , come con le giovani donne in genere , le vie della confidenza sono più difficili : ogni donna ha il suo tout petit mystère : ogni donna sta al centro di un piccolo o grande labirinto : la sua scarsa eloquenza iniziale non era quella della Sfinge e non ci aiutava a conoscerla : il suo garbo discreto era per noi simile a quello di una bella giovane infermiera di un dentista che assista con un « sorriso di giacinto » all ' estrazione di un nervo da un dente cariato . Personaggi di casa dunque : anche il notaio , laggiù ; anche gli assistenti al tavolo di fondo , un po ' incolori ; anche i valletti , esattamente neutri . Personaggi di un romanzo a dispense che ad ogni capitolo regala milioni , attraverso quei gettoni d ' oro che nelle fotografie sembrano dischetti di cartone senza peso . Lascia o raddoppia ? è un gioco castissimo : i décolletés , che hanno invaso anche le copertine dei libri gialli , vi sono rigorosamente esclusi : resteranno memorabili i gesti con cui la Campagnoli ha coperto con una mano lo scollo , una sera che dovette chinarsi a raccattare qualcosa , e quello con cui evitò che , a puntarle un distintivo sul petto , si avvicinasse la mano di un concorrente . Spettacolo castissimo . Spettacolo che talvolta sfiora una periferia dickensiana , più spesso quella di Sans famille di Hector Malot , talvolta quella dell ' ottocentesco Volere è potere tratto da Carattere dell ' inglese Smiles , libro educativo che un poco zuppificò , un poco esaltò l ' infanzia di tanti miei coetanei . Davanti al vecchio problema se sia l ' arte che imita la vita , o la vita che imita l ' arte , il gioco della televisione allinea i suoi concorrenti come i personaggi di una bibliotechina , prevalentemente rosea , nella quale , di volta in volta , troviamo personaggi alla Fucini e alla Paolieri , certi toni alla Guareschi o addirittura delle settecentesche pièces larmoyantes . Certe volte una paginetta di Carolina Invernizio o di Anna Vertua Gentile : altre volte un po ' di Tutta Frusaglia : certi contadini toscani discesi pari pari da un capitolo di Ildefonso Nieri , gastronomi alla Jarro , esperti di teatro che risalgono agli atti unici dialettali di Gino Rocca . Lascia o raddoppia ? ha avuto persino in qualche personaggio il riflesso di certi capitoli di Moravia . Ha avuto i suoi testardi , i suoi caparbi , i suoi litigiosi , i suoi misantropi molieriani : persino l ' americano gentile come lo sognano molte ragazze . Pírandello è il grande assente : Mike Bongiorno sta cercando in questi giorni di creare , attraverso un concorrente siciliano , un personaggio del Musco minore con qualche sommesso accenno al « gallismo » di Brancati . Immensa , forse troppo abbondante la schiera dei « figli di Emilio Colombo » , il Pindaro del pedale e del gol , guidati dal lungocrinito Lauro Bordin .
StampaQuotidiana ,
Noi deploriamo che la maggioranza dei cattolici e degli uomini d ' ordine abbia in buona fede presa sul principio una posizione che li ha poi condotti a trovarsi in urto con l ' evidenza dei fatti e coi principii elementari del diritto umano ; ma fiat iustitia et pereat mundus : nessuna avversione di razza o di religione , nessuna necessità di difesa politica legittima la soppressione della verità , il sacrificio di una vita , il tormento d ' un ' anima , il vilipendio di una famiglia , la morte civile d ' un colpevole . Come abbiano potuto , con tanta ferocia , i nazionalisti e gli antisemiti assumere una causa così ripugnante , senza indagare , se mai nella loro lotta disperata per un ideale patriottico contro la massoneria e il giudaismo , calpestassero il fondamento stesso del proprio programma e creassero agli avversari una posizione di favore , è un fenomeno che non si spiega se non tenendo conto degli acciecamenti che la passione produce : l ' avervi però persistito , e il persistervi tuttora , malgrado tutto quello che di triste è accaduto , malgrado tutta la luce che si è sprigionata dal cozzo terribile , malgrado le rivelazioni , le confessioni , le inchieste , tradisce una cecità irreparabile . La Francia ha bisogno che questa brutta pagina della sua storia contemporanea si chiuda ; e a chiudersi pare infatti vicina : ciò non accadrà forse se non attraverso nuove convulsioni : ma è sperabile che gli uomini onesti d ' ogni partito si convincano finalmente che oggi alla Francia occorre una cosa sola : far giustizia ; giustizia riparatrice del passato , giustizia punitrice degli autori della sventura e dell ' onta riversatasi sul paese .
UOMINI IN CARNE E OSSA ( GRAMSCI ANTONIO , 1921 )
StampaQuotidiana ,
Gli operai della Fiat sono ritornati al lavoro . Tradimento ? Rinnegamento delle idealità rivoluzionarie ? Gli operai della Fiat sono uomini in carne e ossa . Hanno resistito per un mese . Sapevano di lottare e resistere non solo per sé , non solo per la restante massa operaia torinese , ma per tutta la classe operaia italiana . Hanno resistito per un mese . Erano estenuati fisicamente perché da molte settimane e da molti mesi i loro salari erano ridotti e non erano più sufficienti al sostentamento familiare , eppure hanno resistito per un mese . Erano completamente isolati dalla nazione , immersi in un ambiente generale di stanchezza , di indifferenza , di ostilità , eppure hanno resistito per un mese . Sapevano di non poter sperare aiuto alcuno dal di fuori : sapevano che ormai alla classe operaia italiana erano stati recisi i tendini , sapevano di essere condannati alla sconfitta , eppure hanno resistito per un mese . Non c ' è vergogna nella sconfitta degli operai della Fiat . Non si può domandare a una massa di uomini che è aggredita dalle più dure necessità dell ' esistenza , che ha la responsabilità dell ' esistenza di una popolazione di 40.000 persone , non si può domandare più di quanto hanno dato questi compagni che sono ritornati al lavoro , tristemente , accoratamente , consapevoli della immediata impossibilità di resistere più oltre o di reagire . Specialmente noi comunisti , che viviamo gomito a gomito con gli operai , che ne conosciamo i bisogni , che della situazione abbiamo una concezione realistica , dobbiamo comprendere il perché di questa conclusione della lotta torinese . Da troppi anni le masse lottano , da troppi anni esse si esauriscono in azioni di dettaglio , sperperando i loro mezzi e le loro energie . E ' stato questo il rimprovero che fin dal maggio 1919 noi dell ' " Ordine Nuovo " abbiamo incessantemente mosso alle centrali del movimento operaio e socialista : non abusate troppo della resistenza e della virtù di sacrificio del proletariato ; si tratta di uomini comuni , uomini reali , sottoposti alle stesse debolezze di tutti gli uomini comuni che si vedono passare nelle strade , bere nelle taverne , discorrere a crocchi sulle piazze , che hanno frame e freddo , che si commuovono a sentir piangere i loro bambini e lamentarsi acremente le loro donne . Il nostro ottimismo rivoluzionario è stato sempre sostanziato da questa visione crudamente pessimistica della realtà umana , con cui inesorabilmente bisogna fare i conti . Già un anno fa noi avevamo previsto quale sbocco fatalmente avrebbe avuto la situazione italiana , se i dirigenti responsabili avessero continuato nella loro tattica di schiamazzo rivoluzionario e di pratica opportunistica . E abbiamo lottato disperatamente per richiamare questi responsabili a una visione più reale , a una pratica più congrua e più adeguata allo svolgersi degli avvenimenti . Oggi scontiamo il fio , anche noi , dell ' inettitudine e della cecità altrui ; oggi anche il proletariato torinese deve sostenere l ' urto dell ' avversario , rafforzato dalla non resistenza degli altri . Non c ' è nessuna vergogna nella resa degli operai della Fiat . Ciò che doveva avvenire è avvenuto implacabilmente . La classe operaia italiana è livellata sotto il rullo compressore della reazione capitalistica . Per quanto tempo ? Nulla è perduto se rimane intatta la coscienza e la fede , se i corpi si arrendono ma non gli animi . Gli operai della Fiat per anni e anni hanno lottato strenuamente , hanno bagnato del loro sangue le strade , hanno sofferto la fame e il freddo ; essi rimangono , per questo loro passato glorioso , all ' avanguardia del proletariato italiano , essi rimangono militi fedeli e devoti della rivoluzione . Hanno fatto quanto è dato fare a uomini di carne ed ossa ; togliamoci il cappello dinanzi alla loro umiliazione , perché anche in essa è qualcosa di grande che si impone ai sinceri e agli onesti .