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Mrs. Parker e il circolo vizioso ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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La conosciamo bene , la difficoltà di raccontare col cinema gli scrittori . Una battaglia quasi perennemente perduta : o lo scrittore ha una biografia speciale , avventurosa , criminale , vitalista , e allora il film si occupa di quelle come si occuperebbe d ' ogni altra esistenza interessante , lasciando da parte l ' opera ; oppure lo scrittore non ha fatto nulla di straordinario tranne la sua opera , e allora il film affonda tra scrivanie , tasti di macchina per scrivere , fogli di carta , scenate della moglie che si sente trascurata , penne , matite e uffici di casa editrice . Naturalmente , è impossibile raccontare per immagini il lavoro creativo dello scrittore : ma a una simile realtà il cinema rifiuta d ' arrendersi . Fra i tentativi recenti , forse due si salvano , perché sperimentali e irrisolti : in Il pasto nudo , David Cronenberg ha affrontato William Burroughs mescolandone biografia , opera e incubi drogati , visualizzandone i mostri eloquenti ; in Malina , Werner Schroeter ha trasposto il testo più dolorosamente autobiografico di Ingeborg Bachmann , espressione della schizofrenia della scrittrice tra natura femminile e natura maschile , narrazione di un ' afasia creativa e d ' una terribile crisi esistenziale , usando alla sua maniera il barocco e l ' eccesso , usando l ' intensità nervosa sempre al limite dell ' esplosione di Isabelle Huppert . Alan Rudolph , il regista americano protegé di Robert Altman , è un autore assai più modesto di Cronenberg o Schroeter : e non ce la fa , in Mrs . Parker e il circolo vizioso , a rendere la storia di Dorothy Parker e di quel gruppo di giovani intellettuali e artisti d ' avanguardia americani che si riuniva negli anni Venti all ' Hotel Algonquin di New York . Non basta che uno arrivi gongolante annunciando « O ' Neill ha vinto il Nobel ! » o che un ' altra scriva , appallottoli insoddisfatta il foglio e lo getti nel cestino : anche stavolta gli scrittori risultano degli oziosi e dissipati sbronzoni , dei battutisti che ridono troppo delle proprie spiritosaggini . Se gli scrittori sono soggetti difficili , gli scrittori spiritosi sono difficilissimi : le battute ricadono grevi come pietre . Non sempre , però : non sono male « La tua passione per l ' infelicità è sconfinata » , « Non ho alcun talento nello scrivere , ma sono troppo famoso per smettere » ; non è male la scrittrice Edna Ferber che , all ' osservazione di un amico « Sembri un uomo » , rimbecca pronta : « Anche tu » . Va peggio con la protagonista . Dorothy Rotschild Parker , scrittrice , poetessa , saggista , critica teatrale e giornalista per « Vanity Fair » e « The New Yorker » , sceneggiatrice a Hollywood in coppia con il marito Alan Campbell , morta a settantaquattro anni nel 1967 , è stata una figura importante della cultura americana , un ' autrice intelligentissima e anticonvenzionale , una donna promiscua spesso infelice nei rapporti con gli uomini , un ' alcolizzata sempre tentata dal suicidio . Il suo dono di leggerezza e di fascino ironico , lo spirito , lo stile incantevole e divertente , il temperamento anticonformista e progressista ne fanno anche adesso un ' analista dei costumi penetrante e brillante , capace di cogliere nei comportamenti quotidiani l ' intera crudeltà esistenziale e sociale . Jennifer Jason Leigh è brava , ma il film fa del personaggio soprattutto un ' amara scocciatrice , dà agli amanti e ai mariti un ' importanza sproporzionata rispetto al lavoro , pasticcia con flashback , colore e bianconero , corse in avanti e scene in cui l ' immobile Parker recita in primo piano i propri versi : senza arrivare a dare un ' idea dell ' eroina , né del suo ambiente .
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Roma , 6 novembre - Questa notte , a Trastevere , Anita Ekberg ha ballato un infuriato charleston , a piedi nudi e con gli abiti cadenti ; dopo di lei una ballerina turca , Haisch Nanà , ha improvvisato uno strip - tease integrale , interrotto dall ' arrivo della polizia : tutto questo alla presenza di un pubblico d ' eccezione , centocinquanta tra i nomi più in vista dell ' aristocrazia , del cinema , della mondanità . L ' occasione è stato il ricevimento organizzato da Olghina di Robilant , per festeggiare il suo compleanno e la decisione di diventare attrice , e offerto da Peter Howard Vanderbilt al Rugantino . C ' erano moltissimi bien : Francesco Aldobrandini con la moglie Anne Marie La Cloche , Ascanio e Marina Branca , Sandro e Gea Pallavicini , Marimma Rodriguez , Marita Guglielmi Sanfelice di Vulci , Carlottina Del Pezzo , Annamaria Mussolini , Dindina Ciano , Nino Torlonia , Memè Borghese , Giovanna Del Drago , Nicolino Caracciolo , Eriprando Visconti di Modrone , Renzo Avanzo , Novella Parigini , Linda Christian , Andrea Hercolani , Elsa Martinelli con il marito Mancinelli Scotti , Carla Del Poggio , Eleonora Rossi Drago , Laura Betti . C ' era poi un gran numero di belle straniere , inglesi e americane , indossatrici e aspiranti attrici , accompagnate da Domenico Gnoli di Garrau , un pittore specializzato nel fare da guida alle belle straniere di passaggio . Il ricevimento è cominciato alle dieci , con una cena fredda a base di pollo arrosto , roast - beef e whisky scozzese in abbondanza . Gli invitati - in elegantissimi abiti da cocktail , le donne , e con molti gioielli , e in grigio scurissimo gli uomini - erano allegri , chiassosi . Mangiavano , ballavano e ridevano cercando di coprire i frastuoni dell ' orchestra jazz . Ogni tanto , qualcuno si alzava dal tavolo e andava a chiedere ai suonatori qualche ritmo lento , qualche slow per addolcire l ' atmosfera . Poco dopo sono arrivate Anita Ekberg e Linda Christian . In velluto nero , aderentissimo e molto scollato , con una stola di visone bianco gettata sulle spalle , Anita Ekberg era accompagnata da Gerard Haerter , un fotografo danese che abita a Roma . Era allegra , il suo arrivo ha fatto precipitare il ritmo della serata . Per contrasto , Linda Christian si teneva seria , quasi in disparte . Vestiva un largo abito di chiffon grigio , con una gran capigliatura bionda che la faceva sembrare imparruccata , perle nere alle orecchie e brillanti e perle rosa al collo : con lei era Mario Ruspoli , l ' ex fidanzato di Vivi Gioi . Le due attrici non si sono scambiate neppure un ' occhiata sedendosi ai due angoli opposti della piccola sala . Anita Ekberg per un po ' è rimasta al tavolo chic della serata , con Gea Pallavicini ed Elsa Martinelli , che tentava in ogni modo di farsi notare dall ' attrice svedese ; la Ekberg , però , non le ha rivolto la parola , conversando fitto solo con Gea . Improvvisamente si è alzata e si è buttata a ballare con Nicky Pignatelli e con Francesco Aldobrandini , che hanno lasciato le mogli , Luciana Malgeri e Anne Marie La Cloche , sole a chiacchierare tra loro . Erano già le due , quando Anita Ekberg si è stancata anche dei due aristocratici ed è tornata dal suo accompagnatore . Con Gerard Haerter ha cominciato uno sfrenato charleston . Il ritmo accelerava sempre di più , e le altre coppie si fermavano intorno a lei , allora Anita ha gettato via le scarpe , ha sollevato la gonna e ha proseguito da sola . È caduta , si è rialzata , è caduta ancora un paio di volte , riprendendo subito a ballare , con il vestito macchiato di polvere . In un angolo , contenutissima , Linda Christian faceva finta di nulla , ballando con dignità prima con Mario Ruspoli e poi con Baby Borea , flirt dell ' anno scorso . Quando Anita Ekberg , alla fine , si è fermata , mentre la gente ancora gridava e applaudiva , si è gettata nella pista da ballo una ragazza bruna , con i capelli sciolti . Sola , si è messa a ballare una languida danza del ventre : la sala si è scatenata . Gli uomini hanno fatto cerchio intorno a lei , battendo il tempo con gli applausi , e le donne si sedevano in terra , salivano sui tavoli per vedere meglio ; ha finito presto , e tutti hanno voluto sapere chi era e da dove veniva . Fino a quel momento era passata inosservata e adesso tutti volevano conoscere il suo nome , le promettevano scritture , contratti , ingaggi , purché ricominciasse a ballare . Seduta su una sedia , Anita Ekberg si stava facendo asciugare la schiena da Angelo Frontoni , un fotografo . Improvvisamente ha allontanato il fotografo , ha raggiunto la ballerina turca , l ' ha afferrata per una mano e , battendo i piedi nudi in terra per segnare il ritmo , ha gridato : « Come on , dance » . Adesso , Nanà faceva la preziosa : finalmente è intervenuta Novella Parigini che , quasi abbracciandola , l ' ha costretta a ripetere la danza del ventre . La ballerina turca , però , ha voluto mettere una condizione : è salita sul podio dell ' orchestrina e ha annunciato che avrebbe ballato solo se in terra ci fosse stata una « preghiera » , i piccoli tappeti dei musulmani . Novella Parigini , gridando frenetica , ha steso in terra alcune tovaglie . Ma non andavano bene . Allora Andrea Hercolani , principe del Sacro Romano Impero e marito di Laudomia Del Drago , ieri sera assente , si è tolto la giacca , stendendola ai piedi della ballerina turca . Memè Borghese e Nicky Pignatelli lo hanno subito imitato , stendendo per terra altre cinque giacche . Si è fatto silenzio , le luci si sono attenuate e Nanà è salita sul tappeto di giacche . Per prima cosa si è sciolta il vestito , facendolo cadere a terra lentamente . Poi , abbandonandosi al ritmo della musica , è rimasta in slip di seta nera con pizzi , calze e giarrettiere ; poi anche calze e giarrettiere sono cadute ; gli uomini erano a terra , intorno a lei ; dietro , inginocchiate , le ragazze , che gridavano , e le mogli . Anita Ekberg diceva forte , battendo le mani , per incitarla a continuare : « Come on , dance » . Dietro il gruppo che circondava la ballerina turca , c ' era una zona di buio e di silenzio . Carla Del Poggio , Eriprando Visconti di Modrone , Mario Ruspoli , Linda Christian , Marina Valdoni se ne sono andati al Club 84 per paura degli scandali . Nel ristorante c ' erano tre fotografi , che stavano riprendendo ogni particolare della tumultuosa serata . C ' erano anche due agenti in borghese del vicino Commissariato , ma è stato il direttore del locale a chiedere l ' intervento della polizia , per telefono . Gridando , alcuni volevano che Nanà facesse cadere anche lo slip e hanno spinto Novella Parigini contro la ballerina perché glielo strappasse mentre si contorceva . Le due donne sono rotolate per terra , in un groviglio di giacche e di tovaglie . C ' è stata una pausa e , improvvisamente , il contrabbassista dell ' orchestrina , Pino Liberati , ha afferrato una tovaglia , gettandola addosso a Nanà per coprirla . Qualcuno ha acceso la luce , mentre gli agenti intervenivano per por termine alla serata . Al proprietario del ristorante era stato dato il permesso di prorogare la chiusura di un ' ora . Il termine era trascorso da un pezzo e bisognava sgombrare . Nanà , svestita , è fuggita nella toletta , si è chiusa dentro e , battendo i pugni contro la porta , gridava che le riportassero il vestito . Ma nessuno l ' ha raccolto . Gli uomini afferravano le giacche , le donne si gettavano la pelliccia sulle spalle cercando di andarsene al più presto , coprendosi la faccia davanti ai flashes dei fotografi . Nanà è poi riuscita a eclissarsi ; a fronteggiare gli agenti nel tentativo di evitare la chiusura del locale , è rimasto , tra i cocci , il solo proprietario . Con un provvedimento del questore , nella giornata di oggi il Rugantino è stato chiuso a tempo indeterminato .
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Roma , aprile - Allegro , ma con un ' aria leggermente facinorosa , Federico Fellini « gira » il suo nuovo film , La dolce vita . Chi racconterà la storia del dopoguerra cinematografico dovrà dire , alla fine , che vinsero non tanto gli ingegni più splendidi ma coloro che ebbero la testa più dura . Fellini , si intende , di ingegno ne ha da vendere . Ma cosa sarebbe diventato nella caotica produzione nostra senza quelle doti da mercante romagnolo , da indiano paziente , da prussiano caparbio che gli abbiamo , meravigliati , riconosciute in questi anni ? Quello di Fellini è infatti un caso esemplare . Ecco un regista famoso in tutto il mondo , carico di premi , e , ciò che più importa , i cui film si vendono a scatola chiusa , il quale è costretto , a ogni nuovo film , a « inventarsi » un produttore . Proprio come se fosse un novellino qualsiasi . L ' ostinazione dei « grossi » del nostro cinema a negargli fiducia è una delle cose più stravaganti ed esilaranti del costume cinematografico nazionale . Ennio Flaiano , che è il più costante soggettista delle opere felliniane , ci diceva che in margine del soggetto de I vitelloni il produttore aveva scritto : « Cretinate , cose dell ' altro mondo » ed altrettali . E pazienza che allora Fellini era alle prime armi o quasi . Poi è venuto il trionfo internazionale della Strada . Abbiamo sentito con i nostri orecchi delle francesine entusiaste entrare in un ristorante esclamando rivolte agli amici che le attendevano , in italiano : « È arrivato Zampanò ! » . Ebbene , per varare Cabiria , Federico Fellini prese contatto con undici produttori . Fatto il film , dovette correre a Genova a farlo vedere al Cardinal Siri , che benignamente lo approvò , per sfuggire ai fulmini della censura . Anche per La dolce vita le difficoltà si sono moltiplicate . Un noto produttore gli voleva imporre attori stranieri . « Se no non si vende negli Stati Uniti » affermava . E avrà avuto anche ragione . Ma come si fa ad affidare , senza snaturare il racconto , la parte di Mastroianni a uno straniero ? Gli stranieri ne La dolce vita sono il contorno , gli attributi , non la sostanza . In compenso , Anita Ekberg è una straniera per modo di dire . Naviga nelle paludi romane come un personaggio del Belli . Si muove fra via Veneto e piazza del Popolo come se fosse nata da queste parti invece che tra i fiordi dell ' estremo Settentrione . Del resto la selvaggia salute dei discendenti dei Vichinghi senza dubbio le giova . Resiste ai fotografi ossessivi , alle strippate di spaghetti , al vino , traditore , dei Castelli con una grazia disarmante . Non sembra neppure sospettare che questa vecchia città la vuole distruggere ; che la folla che le sta d ' attorno cerca di rimpinzarla di cibo pesante , di ingombrarle la mente di vini liquorosi per ridurla uno straccio . Potrebbe finir qua per sempre , ingoffita , spiegazzata , ignota tra ignoti . Ma non se ne dà pensiero . Entra nelle acque della fredda fontana di Trevi come nel bagno dell ' Excelsior . Beve un po ' d ' alcool per scaldarsi ; poi comincia a divertircisi , e non accenna a smettere . Quasi ignuda com ' è , potrebbe prendere un malanno . Fellini se ne preoccupa , e si dice contento . Ma Anita , ormai a ruota libera , ride a gola spiegata . La lasciassero fare , starebbe a mollo nell ' acqua tutta la notte . Invece incalzano altre scene . La dolce vita è allo stesso tempo un panorama e una satira della giungla di via Veneto , dei play boys e delle attricette , degli ex potentati e delle vamp dell ' altro ieri , dei fotoreporters , delle mannequins e di tutti coloro che cercano un po ' di sole economico , un po ' di ristoro alla vanità ferita , alla luce dei riflettori cinematografici . Allegro ed autorevole , Fellini coinvolge tutti , una ragazzina di tredici anni ed Annibale Ninchi . Purché giri la ruota della vita , e quel riflesso rapido della vita che la gente chiama cinematografo . Ora Anita Ekberg , che recita la parte di se stessa , è intervistata da un tale che fa finta di essere collaboratore di un ' austera rivista di estetica filmica . « Signorina Ekberg , cosa ne dice del neorealismo ? » Serena , volgendo attorno gli occhi di ghiaccio , la splendida donna chiede ai suoi amici fotografi , in un italiano stento ma limpido : « Il neorealismo ? Cos ' è il neorealismo ? » . « È un vino di Frascati » risponde un fotografo prendendola golosamente per il braccio nudo . « Andiamo da Gino in Trastevere a farci un piatto di fettuccine » .
LA LIBERTÀ DI STAMPA ( Spadolini Giovanni , 1971 )
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Pochi mesi fa il presidente del Cile , Allende , scriveva una lettera aperta al direttore del « Mercurio » - il massimo quotidiano di informazione di Santiago , di antica tradizione democratica e indipendente - lamentandosi con tono duro e risentito delle critiche mosse dal giornale al governo di fronte popolare sorto nella nazione cilena dal verdetto delle urne di un anno fa ( poco più di un terzo del corpo elettorale , contro un terzo ai conservatori e meno di un terzo ai democristiani ) e opponendo la « tradizione di democrazia e di legalità » cui il regime continua ad ispirarsi a quella che egli chiamava « la tradizione di infamia che il popolo ripudia e che tanto danno ha arrecato alla nostra convivenza sociale » . Il direttore del « Mercurio » , Silva Espejo , gli rispondeva con grande dignità e fermezza che la libertà di stampa comincia ad essere minacciata proprio dai « ripudi ufficiali » e che « da un po ' di tempo il governo non tollera volentieri i dissensi e in tal modo contraddice alle sue stesse dichiarazioni sul carattere democratico e pluralista del regime di unità popolare » . Il caso , riferito giorni fa sulle colonne del « Corriere » dal nostro Pieroni in un ' intervista da Santiago , è esemplare di quelle che sono oggi in una vasta parte del mondo , e non soltanto in Cile , le minacce alla libertà di stampa : minacce che non sono meno gravi nei paesi in cui pur sopravvivono formalmente le garanzie giuridiche ed esteriori della libertà di espressione . Il Cile , per esempio , pur dopo la svolta di Allende , non ha ripudiato , o meglio non ha potuto ripudiare , la libertà di stampa , profondamente radicata in un paese , forse il solo del sud - America , dove il pluralismo democratico sopravvisse a tutte le tentazioni dei colonnelli o dei « pronunciamenti » , in una linea storica che non subì vere eccezioni . I giornali liberi continuano ad uscire ; la diversità di posizioni , fra organi conservatori , cattolici e socialisti , continua a riflettere press ' a poco la geografia politica della nazione cilena , fondata sui tre terzi emersi dal verdetto elettorale dell ' ottobre '70 . Lo stesso pluralismo televisivo si affianca tuttora al pluralismo della stampa scritta : accanto al canale di stato , solo formalmente aperto alle voci dell ' opposizione e in realtà dominato dall ' apparato del fronte popolare al governo , sussistono un canale di prevalente ispirazione democristiana ed un altro di intonazione laica . Le stazioni radio non sono meno di un centinaio e quella che riflette la voce dei sindacati - particolarmente potente con la coalizione di sinistra - interferisce nella lunghezza d ' onda della radio democristiana , espressione del partito che pur facilitò , per le sue debolezze e per le sue divisioni , l ' avvento di Allende al potere da posizioni di minoranza . Senonché le insidie alla superstite libertà di stampa e di critica provengono dall ' interno del sistema , al di là di tutte le professioni formali di rispetto . Torniamo al caso del « Mercurio » , che è il più eloquente e il più indicativo . Nell ' intervista al « Corriere » il direttore del giornale di Santiago ha ricordato che in poco più di un anno il suo quotidiano ha perduto il 40 per cento della pubblicità : e tutti sanno che fra le due fonti di vita di qualunque grande giornale di tipo industriale nel mondo moderno , la vendita e la pubblicità , la seconda prevale ormai sulla prima , dal Cile all ' Italia . Silva Espejo non ha accusato direttamente il governo di tale inquietante calo , che mette in forse la stessa autonomia del giornale e minaccia le sue prospettive di vita ; ha solo ricordato che le larghe nazionalizzazioni , compiute da Allende , hanno tolto alle società interessate lo stimolo alla pubblicità commerciale ed ha aggiunto che in ogni caso il po ' di pubblicità sopravvissuta è riservata di norma ai fogli filo - governativi ... Ma non basta . In un anno il quotidiano , che continua con coraggio e con coerenza la sua battaglia contro il nuovo regime e contro i rischi di degenerazione autoritaria e totalitaria , ha subìto un ' ispezione fiscale , sia pure senza risultati , un ' ispezione della polizia , sotto il pretesto di aver armato una guardia interna contro i possibili attacchi di fuori , un accentuarsidi tutti i sistemi di controllo e di indagine volti a ricordare la potenza dell ' esecutivo e i limiti del diritto di critica . Non sono mancati neppure i tentativi - e come possono mancare in questi casi ? - di minare dall ' interno l ' unità e la compattezza del corpo redazionale - che rappresentano sempre , sotto qualunque latitudine , la migliore difesa contro le pressioni e le intimidazioni del potere politico - attraverso la formazione di un comitato di unità , sia pure largamente minoritario . Senza contare casi ancora più clamorosi , come quello del quotidiano « El Sur » di Concepción , occupato da gruppi di estremisti interni ed esterni all ' azienda reclamanti il diritto di supervisione politica accanto a determinate rivendicazioni salariali . Ecco come si può minacciare e al limite distruggere una stampa libera , anche di antiche e radicate tradizioni , come quella del Cile , senza ricorrere alle ghigliottine dei regimi fascisti o comunisti . Il controllo , o la rarefazione , della pubblicità ; la sedizione o la rivolta all ' interno delle aziende ; le conseguenze , sulla gestione editoriale , del ristagno della produzione e degli investimenti ; la nazionalizzazione ( ci si sta pensando seriamente in Cile ) di tutte le industrie per la produzione di carta e di cellulosa . Indurre gli editori a gettare la spugna , i giornalisti ad abbandonare il campo , gli scrittori a preferire il silenzio ... Non è una minaccia che possa essere sottovalutata , neppure per i possibili riflessi o contraccolpi in Europa . La crisi dei quotidiani è generale , per l ' aggressiva e spesso incontrollata concorrenza della televisione ( particolarmente nei paesi - l ' Italia insegni dove la televisione è esercitata in regime di monopolio di Stato , col largo ricorso al mercato pubblicitario libero ) , per la diffusione degli altri « mass media » , per il vertiginoso aumento dei costi ; e proprio pochi giorni fa un giornale che non ama mai i titoli ad effetto e che sa misurare le parole , « Le Monde » , intitolava un suo articolo in prima pagina La presse quotidienne en péril , indagandone , con puntigliosa esattezza , le cause e i possibili rimedi . Forse è giunto il momento di richiamare strati sempre più vasti di opinione pubblica , anche in Italia , alla coscienza di questo problema , fondamentale per la sopravvivenza della nostra democrazia . Le leggi o le provvidenze per l ' editoria servono a poco se la classe dirigente non è animata dal culto geloso e , vorremmo dire , religioso della libertà di stampa e della pluralità dell ' informazione , al di fuori di ogni tentazione di controllo dall ' alto . Le dichiarazioni di Donat Cattin al recente convegno di Roma sono allarmanti : parlare di distribuzione « forzosa » della pubblicità equivale a legittimare il peggiore intervento discriminatorio del potere esecutivo , a vantaggio dei potenti dell ' ora . Il problema è un altro : salvare tutte le voci dell ' opinione pubblica , le piccole non meno delle grandi , sul piano di un pluralismo effettivo e articolato . Ignazio Silone ha scritto che , ogni qual volta muore un giornale anche periferico , anche di provincia , è un senso di lutto che si diffonde nel paese intero . In quanto con quel giornale è un frammento della nostra libertà che se ne va ; e quindi qualcosa di noi stessi .
Fred, l'uomo che cantava come un marine ( Fusco Gian Carlo , 1960 )
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Incontrai Fred Buscaglione , la prima volta , a Viareggio , nell ' estate del 1946 . A quel tempo dirigevo un night - club piuttosto importante , il vecchio Kursaal , al centro della passeggiata a mare . Stagione intensa , turbinosa . Americani negri e bianchi ciondolavano dappertutto . Avventurieri d ' ogni calibro , tipo ed età circolavano sul litorale tirrenico , fra Livorno e Forte dei Marmi , attirati da quella affascinante « fata morgana » ch ' erano gli enormi magazzini militari di Tombolo . Più che magazzini , una specie di metropoli polverosa , improvvisata fra la spiaggia e la via Aurelia : fatta di casse accatastate a centinaia di migliaia , di jeeps nuove di zecca allineate e coperte di teli mimetici , di camions , di cannoni , di gabinetti dentistici da campo , di tutti i materiali necessari a un esercito moderno . I biglietti grigi da 1000 « amlire » avevano , in quei giorni , il valore di stuzzicadenti . L ' estrema coda occidentale dell ' ex linea gotica era una specie di cornucopia traboccante di frutti succulenti . Gli affaristi del Nord , muniti di credenziali rilasciate dalle più bizzarre e impensate autorità partigiane , erano scesi in Versilia , e vi si erano stabiliti per arraffare e sperperare milioni . Nel mio locale , ancora spruzzato di schegge e arredato alla meglio , suonava il « Quintetto Gaio » , che più tardi emigrò in Brasile e tuttora è l ' orchestra numero 1 di Copacabana ; cantava e ballava una signorina di buona famiglia , pressoché debuttante , di nome Katina Ranieri ; intratteneva il pubblico , fra un ballo e l ' altro , con monologhi umoristici e barzellette , un giovane , indemoniato fantasista , magro , occhialuto , annunciato sui manifesti come « Mario Carotenuto - L ' irresistibile causeur » ; si esibiva Casoni , vestito mezzo in abito da sera femminile e mezzo in frac , il quale mandava in visibilio gli ufficiali americani , ballando un tango con se stesso , abbracciandosi , accarezzandosi . Fu appunto Casoni a presentarmi Buscaglione , torinese come lui . Mi trovai davanti , una sera , mentre i « Gai » suonavano Apri la porta , Riccardo , un giovanotto magro , dagli occhi fiammeggianti e dai capelli ricadenti sulla fronte in un ciuffo vagamente hitleriano . Suonava il piano , la tromba , eventualmente la batteria . Cantava . Sapeva « arrangiare » . All ' occorrenza , se la sarebbe cavata anche in pista , come ballerino . Fu l ' incontro di una sera , anzi di mezz ' ora , fra due whisky di dubbia origine . Nel mio locale non c ' era posto per quel giovanotto che un giorno ( chi poteva immaginarlo ? ) avrebbe avuto milioni di fans . Nell ' autunno del 1956 , quando anche in Italia dilagò , improvvisamente , la moda del juke - box , i distributori di macchine automatiche e di dischi notarono che molte monete da 50 e da 100 lire finivano nei loro ordigni in virtù di una voce strana , rauca , aggressiva , completamente diversa dal cliché nazionale , sia pure aggiornato dai primi « urlatori » di successo . Quella voce , sospesa fra il canto e la recitazione , rivelò ai patiti della musica leggera un nuovo idolo : Fred Buscaglione . Che bambola ! , coi suoi cinguettii e il suo gergo da « bulleria » periferica , si piazzò subito ai primi posti , nella graduatoria dei successi attentamente vigilata dagli editori musicali e dai fabbricanti di dischi . Pochissimi conoscevano quel bizzarro cantante - attore , dalla voce rauca , viziata , ossessiva . Per via del nome , Fred , molti credettero che si trattasse di un italo - americano : come Mike Bongiorno o Joe Di Maggio . In realtà , quel Fred , non si sa come , anziché stare per Federico , stava per Ferdinando e in America , Buscaglione , nato a Torino nel 1921 , non era mai stato . Erano stati gli americani a raggiungerlo , nell ' autunno del 1943 , quand ' era soldato in Sardegna , e preferiva divertire i commilitoni cantando alle esercitazioni di tiro e al percorso di guerra . Furono i marines statunitensi , preceduti da scrosci di bombe e immancabilmente seguiti da orchestre e da casse di whisky , a ribattezzarlo Fred , a suggerirgli lo stile « duro » , a insegnargli a bere . Aveva frequentato , quattordicenne , i corsi di violino e di viola al conservatorio Giuseppe Verdi di Torino . Dopo un biennio di scrupolosa fedeltà al « classico » , nel 1937 si accorse che la sua vera passione era il jazz . Una passione alimentata dalle riviste cinematografiche americane , dagli arrangiamenti « sinfonici » di Paul Whiteman , dai ritmi scanditi da Fred Astaire , il ballerino dai piedi di acciaio . Dopo 1'8 settembre 1943 , mentre i tedeschi si ritiravano verso la Maddalena e Olbia , per trasferirsi in Corsica , Buscaglione conquistò gli americani . Qualche settimana prima , nel penultimo « quadro » di una rivistina organizzata dal comando di Divisione per distrarre la truppa , aveva cantato Vincere : sull ' attenti , serio , su sfondo nero , illuminato da un riflettore « gentilmente » prestato per l ' occasione dal Genio fotoelettricisti . Ma non se ne ricordava già più . Ora , finalmente , era venuto il momento del boogie - woogie ( ritmo pari a giro « chiuso » ) , di Gilda , di T ' ho incontrata a Napoli . Il torinese Buscaglione assimilò presto il nuovo stile . Ritirò in gola la voce . Alzò il sopracciglio . Accentuò la strafottenza del ciuffo . Ma nonostante ciò , il venticinquenne cantante non ebbe il suo boom . Continuò a essere uno dei tanti orchestrali « con voce » da locale notturno dietro i divi di quel tempo : Nilla Pizzi , Norma Bruni , Natalino Otto , Oscar Carboni , Narciso Parigi , eccetera . Bruno Quirinetta importatore della « raspa » messicana , dominava nelle notti dell ' élite nazionale . Ci vollero dieci anni , perché il nome di Buscaglione , la sua voce ingolata e le sue trovate mimiche diventassero popolari . Dieci anni , la televisione e i juke - box . Che bambola ! , Eri piccola , Ho il whisky facile , Guarda che luna , Che notte ! , Teresa non sparare . Una serie ininterrotta di successi . Fino all ' ultima canzone : I sette spiriti . Girerà nelle macchine a gettone quando l ' autore sarà soltanto un ricordo .
Creature del cielo ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Innocenza , immaginazione e ossessione in un crimine di sangue senza colpevoli : è la definizione d ' un film anticonvenzionale e bello fornita dal regista Peter Jackson . Questo regista ha trentaquattro anni , è neozelandese come Jane Campion , con Creature del cielo ha concorso all ' Oscar e ha vinto un Leone d ' argento alla Mostra eli Venezia 1994; il suo primo film diretto a ventisette anni era Bad ' Paste ( Cattivo gusto ) , il secondo era interpretato da pupazzi animati e il terzo , Brain Dead ( Splatters - Gli schizzacervelli ) era uno zombie - movie ; è cresciuto guardando la tv e i suoi guru cinematografici , dice , sono King Kong , i Monty Python , Buster Keaton ; il suo segreto dev ' essere la sceneggiatrice fissa Frances Walsh , ex musicista in band universitarie e pure lei formatasi con la televisione . Creature del cielo ricostruisce un fatto di cronaca nera avvenuto a Christchurch nel 1954 , il caso Parker - Hulme . Due ragazzine quattordicenni , amiche e amanti , ammazzarono a colpi di mattone in testa una madre decisa a separarle ; suscitarono in Nuova Zelanda e anche in Inghilterra un ' enorme sensazione , affascinata e inorridita , nell ' opinione pubblica che le giudicò mostruose quanto in Francia la ragazza Violette Nozière assassina della sua famiglia ; vennero condannate per omicidio ( soltanto l ' età evitò loro l ' ergastolo ) , incarcerate e poi rilasciate a condizione che non s ' incontrassero mai più . Il film fa dell ' episodio soprattutto un racconto d ' amicizia , d ' amore e di fuga dal reale , nuovo nello stile , molto divertente , psicologicamente perfetto , interpretato magnificamente dalle adolescenti Melanie Lynskey e Kate Winslet . Le due amiche sono estremamente intelligenti , saccenti , arroganti , snob , dotate d ' un senso dell ' umorismo acerbo e insolente , complici .
A Genova due ore di battaglia ( Madeo Alfonso , 1960 )
StampaQuotidiana ,
Genova , 30 giugno - Era prevedibile ed è accaduto . Per due ore e un quarto polizia e dimostranti antifascisti si sono dati battaglia per le strade in una successione drammatica di caroselli , assalti , corpo a corpo , sassaiole , manganellate , agguati , fughe , insulti , incendi , lanci di bombe lacrimogene . È difficile fare un bilancio esatto dei feriti e dei danni perché ci si è battuti ancora fino a tardi in via XX Settembre e nelle strade laterali . Cifre ufficiose parlano di cento feriti , alcuni dei quali con prognosi lunghe . Piazza De Ferrari , via Dante , via Petrarca , sebbene restituite ad una calma momentanea , stasera presentavano l ' aspetto di un campo di battaglia abbandonato dai contendenti . La fontana continua a gettare acqua , ma la vasca è ancora sporca di sangue ; l ' asfalto è coperto di sassi , pali , catenelle , piante , ruote di automobili , bossoli di candelotti , vetri ; in disparte fumigano le carcasse di tre camionette della Celere , rovesciate e incendiate dai dimostranti o scontratesi fra loro ; altre automobili bruciavano dietro via XX Settembre : macchine di privati che le avevano lasciate in parcheggio e che sono servite come barricate . L ' aria è appestata dai gas lacrimogeni e si circola piangendo , con i crampi allo stomaco e i fazzoletti sulla bocca ; le sirene delle autoambulanze ululano in continuazione . Lo spettacolo è impressionante . Ma più impressionante ancora è dover scrivere di Genova come di una città pervasa da fremiti rivoluzionari , esasperata , impazzita di indignazione , che grida : « Via ! Via ! » alle forze della Celere e ai missini , che sventola bandiere tricolori , che medica i suoi feriti , che applaude ai carabinieri , sebbene questi siano stati costretti , nella prima fase dei disordini , ad accorrere in aiuto degli agenti di PS che avevano letteralmente perduto il controllo della situazione . Come è accaduto ? Perché è accaduto ? Cosa esattamente è accaduto ? Il quadro degli avvenimenti non può essere facilmente ricostruito . Possiamo riferire quello che abbiamo visto e possiamo riferire quello che ufficialmente comunicano questura e Camera del Lavoro , in merito al numero delle vittime ( 30 fra le forze dell ' ordine , 70 fra i dimostranti ) , dei fermati , che sono una cinquantina , e in merito alla decisione di non far circolare fino a domani mattina gli autobus e i tram per timore che i dimostranti se ne servano per le barricate . Alle 14 comincia lo sciopero generale proclamato da comunisti , socialisti , repubblicani , socialdemocratici e radicali . Ma già da un ' ora prima , e forse più , Genova pullulava di uniformi militari . Davanti al Teatro Margherita - dove sabato si aprirà il 6° Congresso nazionale del MSI - e a fianco del sacrario dei Caduti della lotta di Liberazione , le autorità avevano schierato i carabinieri . Gli agenti della Celere vigilavano alla sommità del Ponte Monumentale , che sovrasta via XX Settembre , dalle finestre dei palazzi e in piazza De Ferrari , oltre che nelle vie laterali . Il sacrario era tutto coperto di fiori , deposti durante la mattinata dalle donne antifasciste di Genova , fra le quali alcune scampate ai campi di concentramento tedeschi . Ci sono anche le fotografie di alcune vittime dei fascisti . La questura , che ha autorizzato la manifestazione antifascista , ha lanciato due appelli dalle colonne dei quotidiani locali . « Sono proibiti gli atteggiamenti inneggianti al fascismo ; sono vietati gli assembramenti , salvo che non si tratti di riunioni , per le quali è stato chiesto il permesso in carta bollata da 100 lire » . Si abbassano le saracinesche . Si fermano gli autobus . I carabinieri piazzano otto camion davanti al Teatro Margherita . Si torna a raccomandare , da parte dei funzionari di polizia ai rappresentanti dei partiti , di far sciogliere il corteo davanti al sacrario . La prima corona di fiori che viene lasciata ai piedi del sacrario appartiene all ' Unione Cristiano - Sociale . Si levano battimani . Un organizzatore della manifestazione invita gruppetti di dimostranti a raggiungere il corteo che si sta formando in piazza dell ' Annunziata . Ogni tanto , sotto il ponte , sopraggiunge un ' automobile , sbarca una corona di fiori e riparte . Da Savona , che è scesa anch ' essa in sciopero , arrivano notizie confortanti : le cose si svolgono con ordine . Alle 16 il corteo sbuca in piazza De Ferrari , imbocca via XX Settembre a passo lento . In testa , gonfaloni , bandiere e scritte inneggianti alla Resistenza ( c ' è anche il gonfalone del Comune che , essendo retto da un commissario prefettizio , rappresenta il Governo : la DC si era astenuta dalla manifestazione ) ; poi un gruppetto di donne deportate in Germania ; poi i decorati , poi la moltitudine . Si canta , si battono le mani . Quanti saranno ? Migliaia . Forse trentamila . È una marea . Appena il tempo di sostare davanti al sacrario : la massa incalza . Allora i carabinieri capiscono che non è possibile rispettare gli ordini e incanalano i dimostranti verso piazza della Vittoria . Così si può constatare che tutta via XX Settembre stenta a contenere il corteo . Qualcuno fischia , passando davanti al Teatro Margherita . La maggioranza grida « Venduti ! » all ' indirizzo dei proprietari del teatro . Un cordone di dimostranti con la fascia tricolore al braccio fa siepe davanti ai carabinieri perché i malintenzionati non compiano gesti provocatori . « I carabinieri non si toccano » : è la parola d ' ordine a cui fa eco la folla : « Neppure le guardie di Finanza ! » Altri invece gridano : « Abbasso la Celere » . In piazza della Vittoria il corteo si scioglie . Molti si allontanano verso casa , quelli che erano venuti dalla periferia o dai centri vicini o da altre città . La maggioranza comincia a defluire ma , fatalmente , torna sui suoi passi . È una folla accaldata , già innervosita . Tuttavia , sfila davanti ai carabinieri e non succede nulla perché questi hanno avuto disposizione di lasciar correre se taluno , nell ' eccitazione , gli rivolge minacce o fischi . Si sa quanto possa essere irragionevole , a volte , la folla scatenata . Ma questa pare consapevole della situazione . Difatti , lungo tutta via XX Settembre non si verificano incidenti . È in piazza De Ferrari che si accende la rivolta : in piazza De Ferrari , dove si trovano i reparti della Celere . Nessuno saprà mai chi per primo ha preso l ' iniziativa . Probabilmente è bastato qualche fischio , qualche « abbasso » . Fatto è che , all ' improvviso , comincia il carosello delle camionette e un brivido percorre la folla immensa . Sono le 17.10 : l ' inizio delle « ore calde » a Genova . I dimostranti si raccolgono sotto i portici , alcuni sono rimasti bloccati intorno alla fontana dalla repentinità dell ' azione di polizia e adesso sono bersaglio degli idranti . Più tardi costoro saranno fermati o accompagnati al pronto soccorso . Un ufficiale , mentre tenta di acciuffarne uno , viene scaraventato in acqua e poi bastonato . In un baleno si organizzano le barricate , gettando le sedie del Caffè Borsa , le tende dei negozi vicini , i tavoli , i pali prelevati da un vicino cantiere di lavoro . La sassaiola si infittisce . Grida di dolore , grida di esasperazione . La folla scaccia dalla piazza la polizia che si rifugia in via XX Settembre . Anche le vie laterali sono già bloccate dalle barricate . Un fotografo viene malmenato dagli scioperanti . Si accendono falò , alimentati da cartelli e insegne pubbliche . La polizia torna alla carica . Si spara a scopo intimidatorio e un giovane si prende un colpo a una gamba . Tre , quattro barricate sorgono come d ' incanto lungo via XX Settembre : tuttavia è difficile sostenere che la cosa fosse preordinata . Poco prima , infatti , questa impressione era stata confortata dallo spettacolo dei dimostranti che , per sottolineare la loro protesta e in un certo modo annunciare come intendevano comportarsi il giorno dell ' apertura del congresso missino , si erano seduti per terra sotto il Ponte Monumentale davanti al Teatro Margherita e avevano intonato gli inni partigiani . I dimostranti non dispongono che di sassi presi qua e là . Essi sanno solo per istinto che quando le camionette attaccano è opportuno ripiegare nei vicoli . La tattica sembra producente . Appena la polizia però si ritirava , eccoli tutti all ' assalto . I gas lacrimogeni invadono piazze e vie , producendo fughe disastrose . Un candelotto mi esplode a un metro di distanza . Corro verso via Dante inseguito da due poliziotti . In via Dante la situazione è ancora più esasperata . Gli agenti hanno abbandonato le camionette , dopo che tre di esse si sono scontrate durante un carosello , e ingaggiano furibondi corpo a corpo con i genovesi . Tocca fuggire anche di lì perché non si respira , gli occhi lacrimano , la pelle brucia . Via Petrarca . Le barricate sono formate da tende verdi strappate ai negozi . Dietro una barricata brucia una camionetta e l ' odore di gomma si mescola al puzzo del gas . Ne risentono le conseguenze anche i poliziotti , dato che pochi sono muniti di occhiali da motociclisti ; la maggioranza si difende dalle esalazioni con i fazzoletti bagnati stretti fra i denti . In piazza De Ferrari i dimostranti catturano un ufficiale dei carabinieri . Subito dopo due di loro lo prendono in mezzo e , con bandiera bianca in testa , percorrono via XX Settembre , per riconsegnarlo . Un ragazzetto mi rotola fra i piedi sanguinante . Lo caricano su una camionetta per condurlo in questura . Urlano le sirene delle autoambulanze . Così per due ore e passa . Una rivoluzione senza mitra , senza morti . Finalmente , da via Dante , giunge a forte velocità una macchina scura con il segretario dell ' ANPI genovese a bordo . La macchina è preceduta da una camionetta che sbandiera un vessillo bianco . In questo momento i dimostranti sono accalcati in fondo a piazza De Ferrari . Il capo partigiano viene a parlamentare , per conto delle autorità . La folla applaude . È finita , come per miracolo . Ma è finita la prima fase soltanto , ché rimane la moltitudine rimasta al di là del Ponte Monumentale , dietro la siepe dei carabinieri di guardia davanti al Teatro Margherita . Della calma momentanea approfitta il prefetto per compiere un sopralluogo in piazza De Ferrari , accompagnato da alti ufficiali dei carabinieri . Ma , giunto a pochi passi dal sacrario , deve fare marcia indietro e dopo un po ' scompare . Dà l ' ordine di liberare tutta via XX Settembre . E giù candelotti fumogeni , giù altre manganellate . Riprendono i caroselli , riprendono pure le incursioni delle autoambulanze . Quando il campo è stato sgomberato , le autorità hanno fatto ritirare tutte le camionette della Celere . Non che questo abbia placato i genovesi , ma è bastato a contenere gli incidenti nella seconda fase entro limiti di tempo e di violenza . Alle 20.30 la calma è tornata al centro di Genova . Rimanevano solo in periferia isolate zone di disordine . Alle 21 , comunque , le « ore calde » sono finite . Alla Camera del Lavoro si è decisa la proclamazione di un altro sciopero generale nella giornata di sabato , data di inaugurazione del congresso missino ; dalle 6 alle 18 la città sarà paralizzata .
Batman Forever ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Il Bene è cupo , squadrato , serio , fedele ai « veri valori » : e si libera alla fine delle proprie nevrosi . Il Male è scintillante , brillante e sardonico come Paolo Poli , vestito di lamé argenteo , loquace , battutista e ridanciano quanto un presentatore di show televisivo , seguace della massima modernità « tecnologicamente avanzata » : e finisce in manicomio , stretto nella camicia di forza , prigioniero d ' un delirio in cui crede d ' essere il Bene . Batman e l ' Enigmista , Val Kilmer e Jim Carrey , nel film prodotto da Tim Burton sono emblemi del conflitto più contemporaneo , realtà - irrealtà , società - rappresentazione , mondo - televisione ; e anche del moralismo più ovvio . Accanto al loro estremismo stanno personaggi di replica o di mediazione . Due Facce ( Tommy Lee Jones ) , che ha appunto metà del viso normale , l ' altra metà orrendamente sfigurata , e a questa natura dimezzata obbedisce pure nei comportamenti ; Robin ( Chris O ' Donnell ) , giovane compagno di Batman ( « Non sono solo un amico , sono un partner » ) , vestito come lui da pipistrello e come lui condizionato dal ricordo di genitori uccisi da criminali ; la bionda Nicole Kidman , psicologa innamorata . La terza puntata delle avventure cinematografiche recenti dell ' uomo - pipistrello creato per i fumetti nel 1939 dal disegnatore americano Bob Kane unisce una psicologia - ideologia elementare e una tecnica - tecnologia stupefacente . Si vedono cose gotico - barocche davvero straordinarie : stavolta la claustrofobica Gotham Cíty è meno oscura , più simile alla Los Angeles del 2019 immaginata da Ridley Scott in Blade Runner ; si mescolano giocattoli antiquati e strumenti supertecnologici , statue classiche e immensi volti sfingei scolpiti , gruppi musicali in costume settecentesco e bande metropolitane con lineamenti e armi fosforescenti , automobili d ' epoca e neon acido , poltrone - trono sostenute da schiavi - sculture , esplosioni , scintille , vorticare visionario della macchina da presa . Scenografie e costumi bellissimi , stupenda fotografia di Stephen Goldblatt : ma il décor schiaccia l ' avventura , l ' arredamento soffoca il romanzo , l ' estetismo uccide i personaggi . Pazienza , la narrazione edificante cd emblematica non ha troppo interesse : il Male inventa una macchina che manipola le onde cerebrali dei telespettatori così da trasformare ogni immagine televisiva in un ' esperienza di realtà virtuale , e che nello stesso tempo sottrae loro segreti ed energie convogliati nella mente dell ' inventore per moltiplicarne percezione e poteri ; il Bene lotta perché non trionfi questa teledittatura che per i telespettatori è pure espropriazione di sé , e vince . Nella parte di Batman , quelle poche volte che appare senza maschera , Val Kilmer è scipito quanto il suo predecessore nei due Batman diretti da Tim Burton , Michael Keaton ; nel personaggio dell ' Enigmista , Jim Carrey è assolutamente strepitoso .
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Roma , 3 settembre - Ho sognato di scrivere questo articolo per tutta la mia vita . Ora che posso scriverlo sono scarico di nervi come una medium dopo un lungo ed estenuante raptus spiritico . Non ho vergogna di dire che ho sentito battere il cuore come al momento in cui mi strattonò in cielo il paracadute del mio primo lancio . Ho veduto con freddezza la finale olimpica vinta da Livio Berruti per l ' Italia : con freddezza e allucinante rapidità di immagini , esattamente come mi avvenne quando spenzolai per la prima volta duecento metri sopra il capannone - palestra di Tarquinia . Ma vicino a me era Pasquale Stassano , segretario della Commissione tecnica della FIDAL . Pasquale Stassano è tosco - lucano da parte di madre . Quella razza misteriosa gli ha lasciato nel sangue voci arcane . Pasquale parla tutte le lingue del mondo , vive e morte , quando lo visitano gli spiriti durante il sonno . I suoi nervi non sono di questa terra . Udito il botto del via , Pasquale fu scosso da un tremito impressionante : egli si proiettò oltre il parapetto e stava per cadere fra Bing Crosby e non so quale altro ciarlatano del mondo cinematografico . Potei afferrarlo per miracolo e schiacciare i primi 100 metri di Berruti , che non mancheranno di strabiliare il mondo : il mio cronografo sarà stato matto come era certamente Pasquale e come son io adesso : ma diceva e dice tuttora 10 " e 1 . All ' arrivo ho schiacciato 20 " 1 . Maggioriamo pure d ' un decimo : sono 10 " 2 in curva : roba da arcangeli . E intanto Pasquale Stassano si tese accanto a me come una corda e sospirando profondamente mi domandò , con voce sognante , se avessi visto l ' ultima parte della finale : gli dissi che aveva vinto Berruti : arrovesciò gli occhi e svenne . Io sentivo il cuore e temevo per me e per i miei figli . E come per miracolo mi parve di non aver scritto per nulla cinque libri di atletica leggera . Lo svenimento di Stassano era la liberazione dopo la catastrofe . Non so dire cos ' era , veramente . Mi sentivo svenuto anch ' io , sostenendo il mio amico . Non ho detto che ho sognato di scrivere questo articolo tutta la vita , e ora che posso scriverlo sono vuoto ? Mi si accavallano dentro impressioni e pensieri , ricordi e speranze lontane . Livio Berruti balza dai blocchi con l ' aerea levità d ' una gazzella . Ma il suo volto è stirato in una smorfia così volitiva da atterrire . Anche in lui potrebbe schiattare qualcosa come una folgore . È piccolo ed esile , un ragazzino bello e armonioso , ma tutto nervi . Galoppano alle sue spalle diavoli orrendi , omoni di una razza spaventosamente vitale , giovane , truculenta , belluina . Le loro falcate impressionano come le smorfie disperate sulle loro boccacce vermiglie , sui dentoni di candido avorio . Il mio cuore - sento io - va salendo in affanno dalla sua nicchia sconvolta ; mi arriva alla gola : soffoco . Poi rivedo Livio fuori di curva , già vincitore sicuro ; ma i negracci alle sue spalle si impegnano allo spasimo : paiono avanzare sino a raggiungerlo . Per pietà , per pietà , ancora una decina di passi . Berruti ha smesso di volitare . Soffre sino allo stremo . Resiste d ' un soffio , precipita . Ora è disteso bocconi sulla pista , e mi pare che baci la terra . Mi pare e forse non è . Berruti è ancora presente a se stesso . È un arcangelo frigido . Un grande campione , un italiano quale può nascerne uno ogni cent ' anni , se pure è mai nato . L ' ha espresso il nostro vecchissimo sangue e questo esalta . Ha dominato i più forti velocisti del mondo . Ha saputo rinunciare a un altro titolo possibile per ottenerne uno sicuramente . Nessun atleta muscolare avrebbe potuto manifestare così perfetta lucidità mentale . Berruti è originario della Bassa Vercellese . Viene dalla terra . I suoi erano agricoltori . Studia farmacia o sarà professionista come tutti i buoni piccoli borghesi che hanno fatto il gruzzolo lavorando in campagna , da saggi agricoltori . La sua « curtis » è sorta fra le risaie , la sua tempra si è fatta sui lavori più duri . Ma il cervello è fino e la cultura è salda . Un ragazzo di 21 anni ( è nato il 19 maggio del 1939 ) non si conosce fino a questo punto se non è intelligente . Berruti avrebbe potuto cedere alle lusinghe dei superficiali e impegnarsi anche nei 100 , esaurirsi - probabilmente a vuoto . Invece ha scelto con fredda sicurezza la sua prova e vi si è preparato come chi sapeva di poter vincere . Né l ' ha miracolato il buon genio degli stadi . Ha vinto da grandissimo campione ripetendo in semifinale e finale il primato olimpico e mondiale ( sui 200 con curva ) : 20 " 5 . Quando ebbe vinto la semifinale migliorando il proprio record di ben 2 decimi , il terrore mi prese che si fosse del tutto svuotato : e la sua gracile struttura di atleta tutto nervi non potesse ricaricarsi in due ore . E riflettei sulla relativa fortuna di Seye , il negro , che aveva potuto vincere con un tempo superiore alle sue possibilità ( 20 " 8 ) . Ma Berruti ritornò ai blocchi contenendo a stento la prorompente energia dei purosangue . Ebbe una falsa partenza , con Johnson . Lo starter Pedrazzini non l ' assegnò ad alcuno . Probabilmente ha giovato anche lui caro vecchio « Primet » dell ' atletica milanese ad evitargli ogni assillo , a mantenere Berruti nello stato d ' animo dell ' atleta sorprendentemente sicuro di sé e deciso a vincere . Io lo vidi infatti guizzare dai blocchi in travolgente furore ; e poi distendere la falcata in curva come nessuno al mondo riesce , e balzare in rettilineo con più di un metro su Carney , che correva all ' esterno . Poi ebbe luogo la catastrofe di cui dicevo e si risolse il dramma . Furono dieci secondi così tormentosi da stupirmi ancora adesso di averli potuti superare . Infine scorsi il filo di lana tendersi sul suo petto : e Berruti cadere . E forse baciare la terra : e il pubblico urlare per lui che aveva vinto . Carney , gigantesco negro d ' America , l ' ha spuntata su Seye , un negro del Mali che corre per la Francia . Il bianco Foik è quarto . I negri Johnson e Norton a chiudere la marcia ma sotto i 21 secondi . Tutto il fior fiore dello sprint battuto in breccia da un ragazzino italiano di 21 anni , un abatino settecentesco con l ' erre arrotata , un farmacista ... ah , per dio . Dovremo ricordarci di questo giorno . Lo sport italiano non ne ha mai vissuti di più esaltanti nella sua storia , che pure è molto notevole . Vincere una gara di scatto all ' Olimpiade ( e a questa Olimpiade , e per giunta a Roma ) significava rivalutare tutto un vivaio , direi un intero gruppo etnico , una razza , e affermare la civiltà d ' un Paese . Perché se un popolo , vecchio e povero come il nostro , riesce a esprimere atleti quale Berruti , sicuramente ha buon sangue , sicuramente è avviato a forme di vita sempre più civili e più prospere . Sono parole grosse ? A me non pare . Sono considerazioni persino ovvie , che un onesto studioso di sport deve fare , io dico , dedicandole a Livio Berruti , primo italiano campione olimpico dello scatto . Quasi a facilitare l ' auspicio per il pais Livio Berruti , la nostra Peppa Leone infila tutte , negre , americane e tedesche , australiane e bulgare , correndo in ottima volitiva scioltezza i 200 metri della sua batteria . Dice il cronometro : 23 " 7 , nuovo record italiano . Nessun ' altra fa meglio fra le ragazze dall ' aspetto normale ; corre in 23 " 2 - record olimpico - la Rudolph , che è una pantera nera casualmente rinata fra i grattacieli d ' America ; ma le altre , correre dovranno , dietro alla Peppa nazionale . Sui 400 piani , visti e ammirati superuomini del ritmo . Kauffmann resta seduto ( senza esaurire tutta la spinta ) per 300 metri buoni , seguendo la strabiliante falcata di Singh : poi si alza , e allora vedo un marziano finire scioltissimo in 463 . Dopo di lui , quel Yerman , che per me può vincere , Young 46 " 1 davanti all ' inglese diciannovenne Brightwell , che fa 46 " 2 . Infine , Otis Davis , negrone alla McKenley , spinge in salita gli ultimi 100 metri e fa 45 " 9 , record olimpico . Che se inclinasse il busto come si deve , la sua spinta sarebbe tutta esaurita in avanti , e otterrebbe 45 " 5 facili . Non so però come possa reggere la semifinale e la finale . Sui 1500 m , se non gli segano uno stinco , vince Elliott . Ha corso in batteria in 3'11 " 4 , e ha fatto esattamente come quando lo vidi a Bromma , nel 1958 , due giorni avanti il 3'36 " di Göteborg . Gli altri sono uomini , lui è un orice . È partito in progressivo ai 1000 metri e ha coperto gli ultimi 400 in 54 " netti . Che cos ' è allora , se non un ' antilope ? Quarti di finale nei 110 ostacoli . Passano tutti i grossi . E con loro il nostro Svara , con i 14 " 4 che ha sempre nelle sue gambe oneste . Gli altri ragazzini azzurri , tutti a casa , e con onore . Nel martello , fuori gli americani , brutalissimamente , come è vero che i records fini a se stessi lasciano freddi í tecnici . Grande atleta è colui che vince la grande gara . Connolly è passato di forma ed ha anche scontato la presunzione di quasi tutti gli americani . Ha dunque vinto un russo , e tutti gli altri finalisti sono slavi , esclusi un magiaro e un irlandese . Adesso corro alla boxe . Ah ! , che tifo .
I buchi neri ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Prima inquadratura , il sedere nudo d ' un uomo che sta pisciando visto di spalle . Poi , la prostituta Angela che ha timore superstizioso dello sguardo maligno d ' una gallina e che è la leader naturale d ' un piccolo gruppo di colleghe malconce : la prima è precocemente invecchiata ( pelle rugosa , capelli grigi ) dopo uno stupro , la seconda è muta ( per i clienti esigenti usa in playback una cassetta con parole e gemiti registrati ) , la terza manca di tutt ' e due le mani ( riesce a comprarsi le protesi , ma gliele rubano subito ) , la quarta è unilateralmente innamorata d ' un carcerato , tutte lavorano sulla strada provinciale di giorno ( quand ' è il crepuscolo s ' avviano a piedi verso il paese , come contadine stanche al ritorno dai campi ) e sono accompagnate dal protettivo spicciafaccende Chirone , rognoso centauro in motorino . Poi , un ragazzo biondo ossigenato che si chiama Adamo come il primo uomo , dolce , inconsapevole e trasognato , con i piedi sporchi , le scarpe verdi e un seducente sorriso serafico , autista di camion per il trasporto di banane marce alla discarica , incapace di fare l ' amore con le donne e con gli uomini ( « non m ' è mai riuscito » ) ma soddisfatto se può masturbarsi guardando di nascosto la prostituta Angela che lo fa coi clienti . I buchi neri di Pappi ( Pasquale ) Corsicato , 35 anni , napoletano , già autore di Libera , è una storia d ' amore anomala così lieta e lieve che sembra ideata nell ' estasi dell ' innamoramento , così autentica da sopraffare l ' ambiente in cui si svolge , così piena da lasciarsi dietro una felicità anche se finisce . La prostituta e il ragazzo si amano alla loro maniera mediata e voyeuristica , si vogliono bene , sono amici . Quando lui smette d ' amarla e tradisce anche se stesso progettando un matrimonio d ' interesse , lei soffre , sviene . Sente una voce che la chiama . Lassù , un immenso uovo d ' argento le dice : « Non aver paura , ora che hai amato non sei più quella di prima , sei un angelo » . Miracolosamente avverte una calma esultanza , miracolosamente le altre prostitute riacquistano giovinezza , voce , mani , amore ricambiato , e nel cielo splende un sole bellissimo . Sono molto rari i film che raccontano l ' amore come un sentimento non borghese né « civilizzato » , non convenzionalmente romantico , erotico , delicato , violento , possessivo o promiscuo , ma come primordiale fonte di gioia vitale e mitica trasformazione del mondo . Sono altrettanto rari i film che descrivono un ambiente sociale degradato quanto l ' hinterland napoletano arso dal sole , giallo di stoppie , popolato di brutalità e povertà , senza mutilare l ' ironia di sopravvivenza degli abitanti , senza censurarne una normalità di vita che soltanto gli standard piccolo - borghesi possono ritenere impossibile o mostruosa . I buchi neri ha questi meriti , e altri . Magari l ' ideologia è primaria ( « Se provaste a entrare in un buco nero ritrovereste la purezza assoluta » ) e le astrazioni sono sommarie , magari sono molti i prestiti cinematografici ( il primo Pasolini , il Buñuel messicano , anche Improvvisamente l ' estate scorsa ) , magari possono sconcertare l ' assenza di quel « sociale » sardonicamente raccontato in Libera e il realismo fantastico : però il film è originale , interessante , anche divertente . Il coprotagonista Vincenzo Peluso è diretto con tale amore da risultare bravo . La protagonista Iaia Forte , attrice di prosa con Mario Martone e con la compagnia napoletana Teatri Uniti , già al centro di Libera , è ammirevole per forza orgogliosa , sottigliezza e pathos : recitato da lei è convincente anche lo scatto repentino con cui la prostituta apre le cosce , lasciando scaturire dal sesso fumi bianchi furiosi , nebbiosi .