StampaQuotidiana ,
La
conosciamo
bene
,
la
difficoltà
di
raccontare
col
cinema
gli
scrittori
.
Una
battaglia
quasi
perennemente
perduta
:
o
lo
scrittore
ha
una
biografia
speciale
,
avventurosa
,
criminale
,
vitalista
,
e
allora
il
film
si
occupa
di
quelle
come
si
occuperebbe
d
'
ogni
altra
esistenza
interessante
,
lasciando
da
parte
l
'
opera
;
oppure
lo
scrittore
non
ha
fatto
nulla
di
straordinario
tranne
la
sua
opera
,
e
allora
il
film
affonda
tra
scrivanie
,
tasti
di
macchina
per
scrivere
,
fogli
di
carta
,
scenate
della
moglie
che
si
sente
trascurata
,
penne
,
matite
e
uffici
di
casa
editrice
.
Naturalmente
,
è
impossibile
raccontare
per
immagini
il
lavoro
creativo
dello
scrittore
:
ma
a
una
simile
realtà
il
cinema
rifiuta
d
'
arrendersi
.
Fra
i
tentativi
recenti
,
forse
due
si
salvano
,
perché
sperimentali
e
irrisolti
:
in
Il
pasto
nudo
,
David
Cronenberg
ha
affrontato
William
Burroughs
mescolandone
biografia
,
opera
e
incubi
drogati
,
visualizzandone
i
mostri
eloquenti
;
in
Malina
,
Werner
Schroeter
ha
trasposto
il
testo
più
dolorosamente
autobiografico
di
Ingeborg
Bachmann
,
espressione
della
schizofrenia
della
scrittrice
tra
natura
femminile
e
natura
maschile
,
narrazione
di
un
'
afasia
creativa
e
d
'
una
terribile
crisi
esistenziale
,
usando
alla
sua
maniera
il
barocco
e
l
'
eccesso
,
usando
l
'
intensità
nervosa
sempre
al
limite
dell
'
esplosione
di
Isabelle
Huppert
.
Alan
Rudolph
,
il
regista
americano
protegé
di
Robert
Altman
,
è
un
autore
assai
più
modesto
di
Cronenberg
o
Schroeter
:
e
non
ce
la
fa
,
in
Mrs
.
Parker
e
il
circolo
vizioso
,
a
rendere
la
storia
di
Dorothy
Parker
e
di
quel
gruppo
di
giovani
intellettuali
e
artisti
d
'
avanguardia
americani
che
si
riuniva
negli
anni
Venti
all
'
Hotel
Algonquin
di
New
York
.
Non
basta
che
uno
arrivi
gongolante
annunciando
«
O
'
Neill
ha
vinto
il
Nobel
!
»
o
che
un
'
altra
scriva
,
appallottoli
insoddisfatta
il
foglio
e
lo
getti
nel
cestino
:
anche
stavolta
gli
scrittori
risultano
degli
oziosi
e
dissipati
sbronzoni
,
dei
battutisti
che
ridono
troppo
delle
proprie
spiritosaggini
.
Se
gli
scrittori
sono
soggetti
difficili
,
gli
scrittori
spiritosi
sono
difficilissimi
:
le
battute
ricadono
grevi
come
pietre
.
Non
sempre
,
però
:
non
sono
male
«
La
tua
passione
per
l
'
infelicità
è
sconfinata
»
,
«
Non
ho
alcun
talento
nello
scrivere
,
ma
sono
troppo
famoso
per
smettere
»
;
non
è
male
la
scrittrice
Edna
Ferber
che
,
all
'
osservazione
di
un
amico
«
Sembri
un
uomo
»
,
rimbecca
pronta
:
«
Anche
tu
»
.
Va
peggio
con
la
protagonista
.
Dorothy
Rotschild
Parker
,
scrittrice
,
poetessa
,
saggista
,
critica
teatrale
e
giornalista
per
«
Vanity
Fair
»
e
«
The
New
Yorker
»
,
sceneggiatrice
a
Hollywood
in
coppia
con
il
marito
Alan
Campbell
,
morta
a
settantaquattro
anni
nel
1967
,
è
stata
una
figura
importante
della
cultura
americana
,
un
'
autrice
intelligentissima
e
anticonvenzionale
,
una
donna
promiscua
spesso
infelice
nei
rapporti
con
gli
uomini
,
un
'
alcolizzata
sempre
tentata
dal
suicidio
.
Il
suo
dono
di
leggerezza
e
di
fascino
ironico
,
lo
spirito
,
lo
stile
incantevole
e
divertente
,
il
temperamento
anticonformista
e
progressista
ne
fanno
anche
adesso
un
'
analista
dei
costumi
penetrante
e
brillante
,
capace
di
cogliere
nei
comportamenti
quotidiani
l
'
intera
crudeltà
esistenziale
e
sociale
.
Jennifer
Jason
Leigh
è
brava
,
ma
il
film
fa
del
personaggio
soprattutto
un
'
amara
scocciatrice
,
dà
agli
amanti
e
ai
mariti
un
'
importanza
sproporzionata
rispetto
al
lavoro
,
pasticcia
con
flashback
,
colore
e
bianconero
,
corse
in
avanti
e
scene
in
cui
l
'
immobile
Parker
recita
in
primo
piano
i
propri
versi
:
senza
arrivare
a
dare
un
'
idea
dell
'
eroina
,
né
del
suo
ambiente
.
StampaQuotidiana ,
Roma
,
6
novembre
-
Questa
notte
,
a
Trastevere
,
Anita
Ekberg
ha
ballato
un
infuriato
charleston
,
a
piedi
nudi
e
con
gli
abiti
cadenti
;
dopo
di
lei
una
ballerina
turca
,
Haisch
Nanà
,
ha
improvvisato
uno
strip
-
tease
integrale
,
interrotto
dall
'
arrivo
della
polizia
:
tutto
questo
alla
presenza
di
un
pubblico
d
'
eccezione
,
centocinquanta
tra
i
nomi
più
in
vista
dell
'
aristocrazia
,
del
cinema
,
della
mondanità
.
L
'
occasione
è
stato
il
ricevimento
organizzato
da
Olghina
di
Robilant
,
per
festeggiare
il
suo
compleanno
e
la
decisione
di
diventare
attrice
,
e
offerto
da
Peter
Howard
Vanderbilt
al
Rugantino
.
C
'
erano
moltissimi
bien
:
Francesco
Aldobrandini
con
la
moglie
Anne
Marie
La
Cloche
,
Ascanio
e
Marina
Branca
,
Sandro
e
Gea
Pallavicini
,
Marimma
Rodriguez
,
Marita
Guglielmi
Sanfelice
di
Vulci
,
Carlottina
Del
Pezzo
,
Annamaria
Mussolini
,
Dindina
Ciano
,
Nino
Torlonia
,
Memè
Borghese
,
Giovanna
Del
Drago
,
Nicolino
Caracciolo
,
Eriprando
Visconti
di
Modrone
,
Renzo
Avanzo
,
Novella
Parigini
,
Linda
Christian
,
Andrea
Hercolani
,
Elsa
Martinelli
con
il
marito
Mancinelli
Scotti
,
Carla
Del
Poggio
,
Eleonora
Rossi
Drago
,
Laura
Betti
.
C
'
era
poi
un
gran
numero
di
belle
straniere
,
inglesi
e
americane
,
indossatrici
e
aspiranti
attrici
,
accompagnate
da
Domenico
Gnoli
di
Garrau
,
un
pittore
specializzato
nel
fare
da
guida
alle
belle
straniere
di
passaggio
.
Il
ricevimento
è
cominciato
alle
dieci
,
con
una
cena
fredda
a
base
di
pollo
arrosto
,
roast
-
beef
e
whisky
scozzese
in
abbondanza
.
Gli
invitati
-
in
elegantissimi
abiti
da
cocktail
,
le
donne
,
e
con
molti
gioielli
,
e
in
grigio
scurissimo
gli
uomini
-
erano
allegri
,
chiassosi
.
Mangiavano
,
ballavano
e
ridevano
cercando
di
coprire
i
frastuoni
dell
'
orchestra
jazz
.
Ogni
tanto
,
qualcuno
si
alzava
dal
tavolo
e
andava
a
chiedere
ai
suonatori
qualche
ritmo
lento
,
qualche
slow
per
addolcire
l
'
atmosfera
.
Poco
dopo
sono
arrivate
Anita
Ekberg
e
Linda
Christian
.
In
velluto
nero
,
aderentissimo
e
molto
scollato
,
con
una
stola
di
visone
bianco
gettata
sulle
spalle
,
Anita
Ekberg
era
accompagnata
da
Gerard
Haerter
,
un
fotografo
danese
che
abita
a
Roma
.
Era
allegra
,
il
suo
arrivo
ha
fatto
precipitare
il
ritmo
della
serata
.
Per
contrasto
,
Linda
Christian
si
teneva
seria
,
quasi
in
disparte
.
Vestiva
un
largo
abito
di
chiffon
grigio
,
con
una
gran
capigliatura
bionda
che
la
faceva
sembrare
imparruccata
,
perle
nere
alle
orecchie
e
brillanti
e
perle
rosa
al
collo
:
con
lei
era
Mario
Ruspoli
,
l
'
ex
fidanzato
di
Vivi
Gioi
.
Le
due
attrici
non
si
sono
scambiate
neppure
un
'
occhiata
sedendosi
ai
due
angoli
opposti
della
piccola
sala
.
Anita
Ekberg
per
un
po
'
è
rimasta
al
tavolo
chic
della
serata
,
con
Gea
Pallavicini
ed
Elsa
Martinelli
,
che
tentava
in
ogni
modo
di
farsi
notare
dall
'
attrice
svedese
;
la
Ekberg
,
però
,
non
le
ha
rivolto
la
parola
,
conversando
fitto
solo
con
Gea
.
Improvvisamente
si
è
alzata
e
si
è
buttata
a
ballare
con
Nicky
Pignatelli
e
con
Francesco
Aldobrandini
,
che
hanno
lasciato
le
mogli
,
Luciana
Malgeri
e
Anne
Marie
La
Cloche
,
sole
a
chiacchierare
tra
loro
.
Erano
già
le
due
,
quando
Anita
Ekberg
si
è
stancata
anche
dei
due
aristocratici
ed
è
tornata
dal
suo
accompagnatore
.
Con
Gerard
Haerter
ha
cominciato
uno
sfrenato
charleston
.
Il
ritmo
accelerava
sempre
di
più
,
e
le
altre
coppie
si
fermavano
intorno
a
lei
,
allora
Anita
ha
gettato
via
le
scarpe
,
ha
sollevato
la
gonna
e
ha
proseguito
da
sola
.
È
caduta
,
si
è
rialzata
,
è
caduta
ancora
un
paio
di
volte
,
riprendendo
subito
a
ballare
,
con
il
vestito
macchiato
di
polvere
.
In
un
angolo
,
contenutissima
,
Linda
Christian
faceva
finta
di
nulla
,
ballando
con
dignità
prima
con
Mario
Ruspoli
e
poi
con
Baby
Borea
,
flirt
dell
'
anno
scorso
.
Quando
Anita
Ekberg
,
alla
fine
,
si
è
fermata
,
mentre
la
gente
ancora
gridava
e
applaudiva
,
si
è
gettata
nella
pista
da
ballo
una
ragazza
bruna
,
con
i
capelli
sciolti
.
Sola
,
si
è
messa
a
ballare
una
languida
danza
del
ventre
:
la
sala
si
è
scatenata
.
Gli
uomini
hanno
fatto
cerchio
intorno
a
lei
,
battendo
il
tempo
con
gli
applausi
,
e
le
donne
si
sedevano
in
terra
,
salivano
sui
tavoli
per
vedere
meglio
;
ha
finito
presto
,
e
tutti
hanno
voluto
sapere
chi
era
e
da
dove
veniva
.
Fino
a
quel
momento
era
passata
inosservata
e
adesso
tutti
volevano
conoscere
il
suo
nome
,
le
promettevano
scritture
,
contratti
,
ingaggi
,
purché
ricominciasse
a
ballare
.
Seduta
su
una
sedia
,
Anita
Ekberg
si
stava
facendo
asciugare
la
schiena
da
Angelo
Frontoni
,
un
fotografo
.
Improvvisamente
ha
allontanato
il
fotografo
,
ha
raggiunto
la
ballerina
turca
,
l
'
ha
afferrata
per
una
mano
e
,
battendo
i
piedi
nudi
in
terra
per
segnare
il
ritmo
,
ha
gridato
:
«
Come
on
,
dance
»
.
Adesso
,
Nanà
faceva
la
preziosa
:
finalmente
è
intervenuta
Novella
Parigini
che
,
quasi
abbracciandola
,
l
'
ha
costretta
a
ripetere
la
danza
del
ventre
.
La
ballerina
turca
,
però
,
ha
voluto
mettere
una
condizione
:
è
salita
sul
podio
dell
'
orchestrina
e
ha
annunciato
che
avrebbe
ballato
solo
se
in
terra
ci
fosse
stata
una
«
preghiera
»
,
i
piccoli
tappeti
dei
musulmani
.
Novella
Parigini
,
gridando
frenetica
,
ha
steso
in
terra
alcune
tovaglie
.
Ma
non
andavano
bene
.
Allora
Andrea
Hercolani
,
principe
del
Sacro
Romano
Impero
e
marito
di
Laudomia
Del
Drago
,
ieri
sera
assente
,
si
è
tolto
la
giacca
,
stendendola
ai
piedi
della
ballerina
turca
.
Memè
Borghese
e
Nicky
Pignatelli
lo
hanno
subito
imitato
,
stendendo
per
terra
altre
cinque
giacche
.
Si
è
fatto
silenzio
,
le
luci
si
sono
attenuate
e
Nanà
è
salita
sul
tappeto
di
giacche
.
Per
prima
cosa
si
è
sciolta
il
vestito
,
facendolo
cadere
a
terra
lentamente
.
Poi
,
abbandonandosi
al
ritmo
della
musica
,
è
rimasta
in
slip
di
seta
nera
con
pizzi
,
calze
e
giarrettiere
;
poi
anche
calze
e
giarrettiere
sono
cadute
;
gli
uomini
erano
a
terra
,
intorno
a
lei
;
dietro
,
inginocchiate
,
le
ragazze
,
che
gridavano
,
e
le
mogli
.
Anita
Ekberg
diceva
forte
,
battendo
le
mani
,
per
incitarla
a
continuare
:
«
Come
on
,
dance
»
.
Dietro
il
gruppo
che
circondava
la
ballerina
turca
,
c
'
era
una
zona
di
buio
e
di
silenzio
.
Carla
Del
Poggio
,
Eriprando
Visconti
di
Modrone
,
Mario
Ruspoli
,
Linda
Christian
,
Marina
Valdoni
se
ne
sono
andati
al
Club
84
per
paura
degli
scandali
.
Nel
ristorante
c
'
erano
tre
fotografi
,
che
stavano
riprendendo
ogni
particolare
della
tumultuosa
serata
.
C
'
erano
anche
due
agenti
in
borghese
del
vicino
Commissariato
,
ma
è
stato
il
direttore
del
locale
a
chiedere
l
'
intervento
della
polizia
,
per
telefono
.
Gridando
,
alcuni
volevano
che
Nanà
facesse
cadere
anche
lo
slip
e
hanno
spinto
Novella
Parigini
contro
la
ballerina
perché
glielo
strappasse
mentre
si
contorceva
.
Le
due
donne
sono
rotolate
per
terra
,
in
un
groviglio
di
giacche
e
di
tovaglie
.
C
'
è
stata
una
pausa
e
,
improvvisamente
,
il
contrabbassista
dell
'
orchestrina
,
Pino
Liberati
,
ha
afferrato
una
tovaglia
,
gettandola
addosso
a
Nanà
per
coprirla
.
Qualcuno
ha
acceso
la
luce
,
mentre
gli
agenti
intervenivano
per
por
termine
alla
serata
.
Al
proprietario
del
ristorante
era
stato
dato
il
permesso
di
prorogare
la
chiusura
di
un
'
ora
.
Il
termine
era
trascorso
da
un
pezzo
e
bisognava
sgombrare
.
Nanà
,
svestita
,
è
fuggita
nella
toletta
,
si
è
chiusa
dentro
e
,
battendo
i
pugni
contro
la
porta
,
gridava
che
le
riportassero
il
vestito
.
Ma
nessuno
l
'
ha
raccolto
.
Gli
uomini
afferravano
le
giacche
,
le
donne
si
gettavano
la
pelliccia
sulle
spalle
cercando
di
andarsene
al
più
presto
,
coprendosi
la
faccia
davanti
ai
flashes
dei
fotografi
.
Nanà
è
poi
riuscita
a
eclissarsi
;
a
fronteggiare
gli
agenti
nel
tentativo
di
evitare
la
chiusura
del
locale
,
è
rimasto
,
tra
i
cocci
,
il
solo
proprietario
.
Con
un
provvedimento
del
questore
,
nella
giornata
di
oggi
il
Rugantino
è
stato
chiuso
a
tempo
indeterminato
.
StampaQuotidiana ,
Roma
,
aprile
-
Allegro
,
ma
con
un
'
aria
leggermente
facinorosa
,
Federico
Fellini
«
gira
»
il
suo
nuovo
film
,
La
dolce
vita
.
Chi
racconterà
la
storia
del
dopoguerra
cinematografico
dovrà
dire
,
alla
fine
,
che
vinsero
non
tanto
gli
ingegni
più
splendidi
ma
coloro
che
ebbero
la
testa
più
dura
.
Fellini
,
si
intende
,
di
ingegno
ne
ha
da
vendere
.
Ma
cosa
sarebbe
diventato
nella
caotica
produzione
nostra
senza
quelle
doti
da
mercante
romagnolo
,
da
indiano
paziente
,
da
prussiano
caparbio
che
gli
abbiamo
,
meravigliati
,
riconosciute
in
questi
anni
?
Quello
di
Fellini
è
infatti
un
caso
esemplare
.
Ecco
un
regista
famoso
in
tutto
il
mondo
,
carico
di
premi
,
e
,
ciò
che
più
importa
,
i
cui
film
si
vendono
a
scatola
chiusa
,
il
quale
è
costretto
,
a
ogni
nuovo
film
,
a
«
inventarsi
»
un
produttore
.
Proprio
come
se
fosse
un
novellino
qualsiasi
.
L
'
ostinazione
dei
«
grossi
»
del
nostro
cinema
a
negargli
fiducia
è
una
delle
cose
più
stravaganti
ed
esilaranti
del
costume
cinematografico
nazionale
.
Ennio
Flaiano
,
che
è
il
più
costante
soggettista
delle
opere
felliniane
,
ci
diceva
che
in
margine
del
soggetto
de
I
vitelloni
il
produttore
aveva
scritto
:
«
Cretinate
,
cose
dell
'
altro
mondo
»
ed
altrettali
.
E
pazienza
che
allora
Fellini
era
alle
prime
armi
o
quasi
.
Poi
è
venuto
il
trionfo
internazionale
della
Strada
.
Abbiamo
sentito
con
i
nostri
orecchi
delle
francesine
entusiaste
entrare
in
un
ristorante
esclamando
rivolte
agli
amici
che
le
attendevano
,
in
italiano
:
«
È
arrivato
Zampanò
!
»
.
Ebbene
,
per
varare
Cabiria
,
Federico
Fellini
prese
contatto
con
undici
produttori
.
Fatto
il
film
,
dovette
correre
a
Genova
a
farlo
vedere
al
Cardinal
Siri
,
che
benignamente
lo
approvò
,
per
sfuggire
ai
fulmini
della
censura
.
Anche
per
La
dolce
vita
le
difficoltà
si
sono
moltiplicate
.
Un
noto
produttore
gli
voleva
imporre
attori
stranieri
.
«
Se
no
non
si
vende
negli
Stati
Uniti
»
affermava
.
E
avrà
avuto
anche
ragione
.
Ma
come
si
fa
ad
affidare
,
senza
snaturare
il
racconto
,
la
parte
di
Mastroianni
a
uno
straniero
?
Gli
stranieri
ne
La
dolce
vita
sono
il
contorno
,
gli
attributi
,
non
la
sostanza
.
In
compenso
,
Anita
Ekberg
è
una
straniera
per
modo
di
dire
.
Naviga
nelle
paludi
romane
come
un
personaggio
del
Belli
.
Si
muove
fra
via
Veneto
e
piazza
del
Popolo
come
se
fosse
nata
da
queste
parti
invece
che
tra
i
fiordi
dell
'
estremo
Settentrione
.
Del
resto
la
selvaggia
salute
dei
discendenti
dei
Vichinghi
senza
dubbio
le
giova
.
Resiste
ai
fotografi
ossessivi
,
alle
strippate
di
spaghetti
,
al
vino
,
traditore
,
dei
Castelli
con
una
grazia
disarmante
.
Non
sembra
neppure
sospettare
che
questa
vecchia
città
la
vuole
distruggere
;
che
la
folla
che
le
sta
d
'
attorno
cerca
di
rimpinzarla
di
cibo
pesante
,
di
ingombrarle
la
mente
di
vini
liquorosi
per
ridurla
uno
straccio
.
Potrebbe
finir
qua
per
sempre
,
ingoffita
,
spiegazzata
,
ignota
tra
ignoti
.
Ma
non
se
ne
dà
pensiero
.
Entra
nelle
acque
della
fredda
fontana
di
Trevi
come
nel
bagno
dell
'
Excelsior
.
Beve
un
po
'
d
'
alcool
per
scaldarsi
;
poi
comincia
a
divertircisi
,
e
non
accenna
a
smettere
.
Quasi
ignuda
com
'
è
,
potrebbe
prendere
un
malanno
.
Fellini
se
ne
preoccupa
,
e
si
dice
contento
.
Ma
Anita
,
ormai
a
ruota
libera
,
ride
a
gola
spiegata
.
La
lasciassero
fare
,
starebbe
a
mollo
nell
'
acqua
tutta
la
notte
.
Invece
incalzano
altre
scene
.
La
dolce
vita
è
allo
stesso
tempo
un
panorama
e
una
satira
della
giungla
di
via
Veneto
,
dei
play
boys
e
delle
attricette
,
degli
ex
potentati
e
delle
vamp
dell
'
altro
ieri
,
dei
fotoreporters
,
delle
mannequins
e
di
tutti
coloro
che
cercano
un
po
'
di
sole
economico
,
un
po
'
di
ristoro
alla
vanità
ferita
,
alla
luce
dei
riflettori
cinematografici
.
Allegro
ed
autorevole
,
Fellini
coinvolge
tutti
,
una
ragazzina
di
tredici
anni
ed
Annibale
Ninchi
.
Purché
giri
la
ruota
della
vita
,
e
quel
riflesso
rapido
della
vita
che
la
gente
chiama
cinematografo
.
Ora
Anita
Ekberg
,
che
recita
la
parte
di
se
stessa
,
è
intervistata
da
un
tale
che
fa
finta
di
essere
collaboratore
di
un
'
austera
rivista
di
estetica
filmica
.
«
Signorina
Ekberg
,
cosa
ne
dice
del
neorealismo
?
»
Serena
,
volgendo
attorno
gli
occhi
di
ghiaccio
,
la
splendida
donna
chiede
ai
suoi
amici
fotografi
,
in
un
italiano
stento
ma
limpido
:
«
Il
neorealismo
?
Cos
'
è
il
neorealismo
?
»
.
«
È
un
vino
di
Frascati
»
risponde
un
fotografo
prendendola
golosamente
per
il
braccio
nudo
.
«
Andiamo
da
Gino
in
Trastevere
a
farci
un
piatto
di
fettuccine
»
.
StampaQuotidiana ,
Pochi
mesi
fa
il
presidente
del
Cile
,
Allende
,
scriveva
una
lettera
aperta
al
direttore
del
«
Mercurio
»
-
il
massimo
quotidiano
di
informazione
di
Santiago
,
di
antica
tradizione
democratica
e
indipendente
-
lamentandosi
con
tono
duro
e
risentito
delle
critiche
mosse
dal
giornale
al
governo
di
fronte
popolare
sorto
nella
nazione
cilena
dal
verdetto
delle
urne
di
un
anno
fa
(
poco
più
di
un
terzo
del
corpo
elettorale
,
contro
un
terzo
ai
conservatori
e
meno
di
un
terzo
ai
democristiani
)
e
opponendo
la
«
tradizione
di
democrazia
e
di
legalità
»
cui
il
regime
continua
ad
ispirarsi
a
quella
che
egli
chiamava
«
la
tradizione
di
infamia
che
il
popolo
ripudia
e
che
tanto
danno
ha
arrecato
alla
nostra
convivenza
sociale
»
.
Il
direttore
del
«
Mercurio
»
,
Silva
Espejo
,
gli
rispondeva
con
grande
dignità
e
fermezza
che
la
libertà
di
stampa
comincia
ad
essere
minacciata
proprio
dai
«
ripudi
ufficiali
»
e
che
«
da
un
po
'
di
tempo
il
governo
non
tollera
volentieri
i
dissensi
e
in
tal
modo
contraddice
alle
sue
stesse
dichiarazioni
sul
carattere
democratico
e
pluralista
del
regime
di
unità
popolare
»
.
Il
caso
,
riferito
giorni
fa
sulle
colonne
del
«
Corriere
»
dal
nostro
Pieroni
in
un
'
intervista
da
Santiago
,
è
esemplare
di
quelle
che
sono
oggi
in
una
vasta
parte
del
mondo
,
e
non
soltanto
in
Cile
,
le
minacce
alla
libertà
di
stampa
:
minacce
che
non
sono
meno
gravi
nei
paesi
in
cui
pur
sopravvivono
formalmente
le
garanzie
giuridiche
ed
esteriori
della
libertà
di
espressione
.
Il
Cile
,
per
esempio
,
pur
dopo
la
svolta
di
Allende
,
non
ha
ripudiato
,
o
meglio
non
ha
potuto
ripudiare
,
la
libertà
di
stampa
,
profondamente
radicata
in
un
paese
,
forse
il
solo
del
sud
-
America
,
dove
il
pluralismo
democratico
sopravvisse
a
tutte
le
tentazioni
dei
colonnelli
o
dei
«
pronunciamenti
»
,
in
una
linea
storica
che
non
subì
vere
eccezioni
.
I
giornali
liberi
continuano
ad
uscire
;
la
diversità
di
posizioni
,
fra
organi
conservatori
,
cattolici
e
socialisti
,
continua
a
riflettere
press
'
a
poco
la
geografia
politica
della
nazione
cilena
,
fondata
sui
tre
terzi
emersi
dal
verdetto
elettorale
dell
'
ottobre
'70
.
Lo
stesso
pluralismo
televisivo
si
affianca
tuttora
al
pluralismo
della
stampa
scritta
:
accanto
al
canale
di
stato
,
solo
formalmente
aperto
alle
voci
dell
'
opposizione
e
in
realtà
dominato
dall
'
apparato
del
fronte
popolare
al
governo
,
sussistono
un
canale
di
prevalente
ispirazione
democristiana
ed
un
altro
di
intonazione
laica
.
Le
stazioni
radio
non
sono
meno
di
un
centinaio
e
quella
che
riflette
la
voce
dei
sindacati
-
particolarmente
potente
con
la
coalizione
di
sinistra
-
interferisce
nella
lunghezza
d
'
onda
della
radio
democristiana
,
espressione
del
partito
che
pur
facilitò
,
per
le
sue
debolezze
e
per
le
sue
divisioni
,
l
'
avvento
di
Allende
al
potere
da
posizioni
di
minoranza
.
Senonché
le
insidie
alla
superstite
libertà
di
stampa
e
di
critica
provengono
dall
'
interno
del
sistema
,
al
di
là
di
tutte
le
professioni
formali
di
rispetto
.
Torniamo
al
caso
del
«
Mercurio
»
,
che
è
il
più
eloquente
e
il
più
indicativo
.
Nell
'
intervista
al
«
Corriere
»
il
direttore
del
giornale
di
Santiago
ha
ricordato
che
in
poco
più
di
un
anno
il
suo
quotidiano
ha
perduto
il
40
per
cento
della
pubblicità
:
e
tutti
sanno
che
fra
le
due
fonti
di
vita
di
qualunque
grande
giornale
di
tipo
industriale
nel
mondo
moderno
,
la
vendita
e
la
pubblicità
,
la
seconda
prevale
ormai
sulla
prima
,
dal
Cile
all
'
Italia
.
Silva
Espejo
non
ha
accusato
direttamente
il
governo
di
tale
inquietante
calo
,
che
mette
in
forse
la
stessa
autonomia
del
giornale
e
minaccia
le
sue
prospettive
di
vita
;
ha
solo
ricordato
che
le
larghe
nazionalizzazioni
,
compiute
da
Allende
,
hanno
tolto
alle
società
interessate
lo
stimolo
alla
pubblicità
commerciale
ed
ha
aggiunto
che
in
ogni
caso
il
po
'
di
pubblicità
sopravvissuta
è
riservata
di
norma
ai
fogli
filo
-
governativi
...
Ma
non
basta
.
In
un
anno
il
quotidiano
,
che
continua
con
coraggio
e
con
coerenza
la
sua
battaglia
contro
il
nuovo
regime
e
contro
i
rischi
di
degenerazione
autoritaria
e
totalitaria
,
ha
subìto
un
'
ispezione
fiscale
,
sia
pure
senza
risultati
,
un
'
ispezione
della
polizia
,
sotto
il
pretesto
di
aver
armato
una
guardia
interna
contro
i
possibili
attacchi
di
fuori
,
un
accentuarsidi
tutti
i
sistemi
di
controllo
e
di
indagine
volti
a
ricordare
la
potenza
dell
'
esecutivo
e
i
limiti
del
diritto
di
critica
.
Non
sono
mancati
neppure
i
tentativi
-
e
come
possono
mancare
in
questi
casi
?
-
di
minare
dall
'
interno
l
'
unità
e
la
compattezza
del
corpo
redazionale
-
che
rappresentano
sempre
,
sotto
qualunque
latitudine
,
la
migliore
difesa
contro
le
pressioni
e
le
intimidazioni
del
potere
politico
-
attraverso
la
formazione
di
un
comitato
di
unità
,
sia
pure
largamente
minoritario
.
Senza
contare
casi
ancora
più
clamorosi
,
come
quello
del
quotidiano
«
El
Sur
»
di
Concepción
,
occupato
da
gruppi
di
estremisti
interni
ed
esterni
all
'
azienda
reclamanti
il
diritto
di
supervisione
politica
accanto
a
determinate
rivendicazioni
salariali
.
Ecco
come
si
può
minacciare
e
al
limite
distruggere
una
stampa
libera
,
anche
di
antiche
e
radicate
tradizioni
,
come
quella
del
Cile
,
senza
ricorrere
alle
ghigliottine
dei
regimi
fascisti
o
comunisti
.
Il
controllo
,
o
la
rarefazione
,
della
pubblicità
;
la
sedizione
o
la
rivolta
all
'
interno
delle
aziende
;
le
conseguenze
,
sulla
gestione
editoriale
,
del
ristagno
della
produzione
e
degli
investimenti
;
la
nazionalizzazione
(
ci
si
sta
pensando
seriamente
in
Cile
)
di
tutte
le
industrie
per
la
produzione
di
carta
e
di
cellulosa
.
Indurre
gli
editori
a
gettare
la
spugna
,
i
giornalisti
ad
abbandonare
il
campo
,
gli
scrittori
a
preferire
il
silenzio
...
Non
è
una
minaccia
che
possa
essere
sottovalutata
,
neppure
per
i
possibili
riflessi
o
contraccolpi
in
Europa
.
La
crisi
dei
quotidiani
è
generale
,
per
l
'
aggressiva
e
spesso
incontrollata
concorrenza
della
televisione
(
particolarmente
nei
paesi
-
l
'
Italia
insegni
dove
la
televisione
è
esercitata
in
regime
di
monopolio
di
Stato
,
col
largo
ricorso
al
mercato
pubblicitario
libero
)
,
per
la
diffusione
degli
altri
«
mass
media
»
,
per
il
vertiginoso
aumento
dei
costi
;
e
proprio
pochi
giorni
fa
un
giornale
che
non
ama
mai
i
titoli
ad
effetto
e
che
sa
misurare
le
parole
,
«
Le
Monde
»
,
intitolava
un
suo
articolo
in
prima
pagina
La
presse
quotidienne
en
péril
,
indagandone
,
con
puntigliosa
esattezza
,
le
cause
e
i
possibili
rimedi
.
Forse
è
giunto
il
momento
di
richiamare
strati
sempre
più
vasti
di
opinione
pubblica
,
anche
in
Italia
,
alla
coscienza
di
questo
problema
,
fondamentale
per
la
sopravvivenza
della
nostra
democrazia
.
Le
leggi
o
le
provvidenze
per
l
'
editoria
servono
a
poco
se
la
classe
dirigente
non
è
animata
dal
culto
geloso
e
,
vorremmo
dire
,
religioso
della
libertà
di
stampa
e
della
pluralità
dell
'
informazione
,
al
di
fuori
di
ogni
tentazione
di
controllo
dall
'
alto
.
Le
dichiarazioni
di
Donat
Cattin
al
recente
convegno
di
Roma
sono
allarmanti
:
parlare
di
distribuzione
«
forzosa
»
della
pubblicità
equivale
a
legittimare
il
peggiore
intervento
discriminatorio
del
potere
esecutivo
,
a
vantaggio
dei
potenti
dell
'
ora
.
Il
problema
è
un
altro
:
salvare
tutte
le
voci
dell
'
opinione
pubblica
,
le
piccole
non
meno
delle
grandi
,
sul
piano
di
un
pluralismo
effettivo
e
articolato
.
Ignazio
Silone
ha
scritto
che
,
ogni
qual
volta
muore
un
giornale
anche
periferico
,
anche
di
provincia
,
è
un
senso
di
lutto
che
si
diffonde
nel
paese
intero
.
In
quanto
con
quel
giornale
è
un
frammento
della
nostra
libertà
che
se
ne
va
;
e
quindi
qualcosa
di
noi
stessi
.
StampaQuotidiana ,
Incontrai
Fred
Buscaglione
,
la
prima
volta
,
a
Viareggio
,
nell
'
estate
del
1946
.
A
quel
tempo
dirigevo
un
night
-
club
piuttosto
importante
,
il
vecchio
Kursaal
,
al
centro
della
passeggiata
a
mare
.
Stagione
intensa
,
turbinosa
.
Americani
negri
e
bianchi
ciondolavano
dappertutto
.
Avventurieri
d
'
ogni
calibro
,
tipo
ed
età
circolavano
sul
litorale
tirrenico
,
fra
Livorno
e
Forte
dei
Marmi
,
attirati
da
quella
affascinante
«
fata
morgana
»
ch
'
erano
gli
enormi
magazzini
militari
di
Tombolo
.
Più
che
magazzini
,
una
specie
di
metropoli
polverosa
,
improvvisata
fra
la
spiaggia
e
la
via
Aurelia
:
fatta
di
casse
accatastate
a
centinaia
di
migliaia
,
di
jeeps
nuove
di
zecca
allineate
e
coperte
di
teli
mimetici
,
di
camions
,
di
cannoni
,
di
gabinetti
dentistici
da
campo
,
di
tutti
i
materiali
necessari
a
un
esercito
moderno
.
I
biglietti
grigi
da
1000
«
amlire
»
avevano
,
in
quei
giorni
,
il
valore
di
stuzzicadenti
.
L
'
estrema
coda
occidentale
dell
'
ex
linea
gotica
era
una
specie
di
cornucopia
traboccante
di
frutti
succulenti
.
Gli
affaristi
del
Nord
,
muniti
di
credenziali
rilasciate
dalle
più
bizzarre
e
impensate
autorità
partigiane
,
erano
scesi
in
Versilia
,
e
vi
si
erano
stabiliti
per
arraffare
e
sperperare
milioni
.
Nel
mio
locale
,
ancora
spruzzato
di
schegge
e
arredato
alla
meglio
,
suonava
il
«
Quintetto
Gaio
»
,
che
più
tardi
emigrò
in
Brasile
e
tuttora
è
l
'
orchestra
numero
1
di
Copacabana
;
cantava
e
ballava
una
signorina
di
buona
famiglia
,
pressoché
debuttante
,
di
nome
Katina
Ranieri
;
intratteneva
il
pubblico
,
fra
un
ballo
e
l
'
altro
,
con
monologhi
umoristici
e
barzellette
,
un
giovane
,
indemoniato
fantasista
,
magro
,
occhialuto
,
annunciato
sui
manifesti
come
«
Mario
Carotenuto
-
L
'
irresistibile
causeur
»
;
si
esibiva
Casoni
,
vestito
mezzo
in
abito
da
sera
femminile
e
mezzo
in
frac
,
il
quale
mandava
in
visibilio
gli
ufficiali
americani
,
ballando
un
tango
con
se
stesso
,
abbracciandosi
,
accarezzandosi
.
Fu
appunto
Casoni
a
presentarmi
Buscaglione
,
torinese
come
lui
.
Mi
trovai
davanti
,
una
sera
,
mentre
i
«
Gai
»
suonavano
Apri
la
porta
,
Riccardo
,
un
giovanotto
magro
,
dagli
occhi
fiammeggianti
e
dai
capelli
ricadenti
sulla
fronte
in
un
ciuffo
vagamente
hitleriano
.
Suonava
il
piano
,
la
tromba
,
eventualmente
la
batteria
.
Cantava
.
Sapeva
«
arrangiare
»
.
All
'
occorrenza
,
se
la
sarebbe
cavata
anche
in
pista
,
come
ballerino
.
Fu
l
'
incontro
di
una
sera
,
anzi
di
mezz
'
ora
,
fra
due
whisky
di
dubbia
origine
.
Nel
mio
locale
non
c
'
era
posto
per
quel
giovanotto
che
un
giorno
(
chi
poteva
immaginarlo
?
)
avrebbe
avuto
milioni
di
fans
.
Nell
'
autunno
del
1956
,
quando
anche
in
Italia
dilagò
,
improvvisamente
,
la
moda
del
juke
-
box
,
i
distributori
di
macchine
automatiche
e
di
dischi
notarono
che
molte
monete
da
50
e
da
100
lire
finivano
nei
loro
ordigni
in
virtù
di
una
voce
strana
,
rauca
,
aggressiva
,
completamente
diversa
dal
cliché
nazionale
,
sia
pure
aggiornato
dai
primi
«
urlatori
»
di
successo
.
Quella
voce
,
sospesa
fra
il
canto
e
la
recitazione
,
rivelò
ai
patiti
della
musica
leggera
un
nuovo
idolo
:
Fred
Buscaglione
.
Che
bambola
!
,
coi
suoi
cinguettii
e
il
suo
gergo
da
«
bulleria
»
periferica
,
si
piazzò
subito
ai
primi
posti
,
nella
graduatoria
dei
successi
attentamente
vigilata
dagli
editori
musicali
e
dai
fabbricanti
di
dischi
.
Pochissimi
conoscevano
quel
bizzarro
cantante
-
attore
,
dalla
voce
rauca
,
viziata
,
ossessiva
.
Per
via
del
nome
,
Fred
,
molti
credettero
che
si
trattasse
di
un
italo
-
americano
:
come
Mike
Bongiorno
o
Joe
Di
Maggio
.
In
realtà
,
quel
Fred
,
non
si
sa
come
,
anziché
stare
per
Federico
,
stava
per
Ferdinando
e
in
America
,
Buscaglione
,
nato
a
Torino
nel
1921
,
non
era
mai
stato
.
Erano
stati
gli
americani
a
raggiungerlo
,
nell
'
autunno
del
1943
,
quand
'
era
soldato
in
Sardegna
,
e
preferiva
divertire
i
commilitoni
cantando
alle
esercitazioni
di
tiro
e
al
percorso
di
guerra
.
Furono
i
marines
statunitensi
,
preceduti
da
scrosci
di
bombe
e
immancabilmente
seguiti
da
orchestre
e
da
casse
di
whisky
,
a
ribattezzarlo
Fred
,
a
suggerirgli
lo
stile
«
duro
»
,
a
insegnargli
a
bere
.
Aveva
frequentato
,
quattordicenne
,
i
corsi
di
violino
e
di
viola
al
conservatorio
Giuseppe
Verdi
di
Torino
.
Dopo
un
biennio
di
scrupolosa
fedeltà
al
«
classico
»
,
nel
1937
si
accorse
che
la
sua
vera
passione
era
il
jazz
.
Una
passione
alimentata
dalle
riviste
cinematografiche
americane
,
dagli
arrangiamenti
«
sinfonici
»
di
Paul
Whiteman
,
dai
ritmi
scanditi
da
Fred
Astaire
,
il
ballerino
dai
piedi
di
acciaio
.
Dopo
1'8
settembre
1943
,
mentre
i
tedeschi
si
ritiravano
verso
la
Maddalena
e
Olbia
,
per
trasferirsi
in
Corsica
,
Buscaglione
conquistò
gli
americani
.
Qualche
settimana
prima
,
nel
penultimo
«
quadro
»
di
una
rivistina
organizzata
dal
comando
di
Divisione
per
distrarre
la
truppa
,
aveva
cantato
Vincere
:
sull
'
attenti
,
serio
,
su
sfondo
nero
,
illuminato
da
un
riflettore
«
gentilmente
»
prestato
per
l
'
occasione
dal
Genio
fotoelettricisti
.
Ma
non
se
ne
ricordava
già
più
.
Ora
,
finalmente
,
era
venuto
il
momento
del
boogie
-
woogie
(
ritmo
pari
a
giro
«
chiuso
»
)
,
di
Gilda
,
di
T
'
ho
incontrata
a
Napoli
.
Il
torinese
Buscaglione
assimilò
presto
il
nuovo
stile
.
Ritirò
in
gola
la
voce
.
Alzò
il
sopracciglio
.
Accentuò
la
strafottenza
del
ciuffo
.
Ma
nonostante
ciò
,
il
venticinquenne
cantante
non
ebbe
il
suo
boom
.
Continuò
a
essere
uno
dei
tanti
orchestrali
«
con
voce
»
da
locale
notturno
dietro
i
divi
di
quel
tempo
:
Nilla
Pizzi
,
Norma
Bruni
,
Natalino
Otto
,
Oscar
Carboni
,
Narciso
Parigi
,
eccetera
.
Bruno
Quirinetta
importatore
della
«
raspa
»
messicana
,
dominava
nelle
notti
dell
'
élite
nazionale
.
Ci
vollero
dieci
anni
,
perché
il
nome
di
Buscaglione
,
la
sua
voce
ingolata
e
le
sue
trovate
mimiche
diventassero
popolari
.
Dieci
anni
,
la
televisione
e
i
juke
-
box
.
Che
bambola
!
,
Eri
piccola
,
Ho
il
whisky
facile
,
Guarda
che
luna
,
Che
notte
!
,
Teresa
non
sparare
.
Una
serie
ininterrotta
di
successi
.
Fino
all
'
ultima
canzone
:
I
sette
spiriti
.
Girerà
nelle
macchine
a
gettone
quando
l
'
autore
sarà
soltanto
un
ricordo
.
StampaQuotidiana ,
Innocenza
,
immaginazione
e
ossessione
in
un
crimine
di
sangue
senza
colpevoli
:
è
la
definizione
d
'
un
film
anticonvenzionale
e
bello
fornita
dal
regista
Peter
Jackson
.
Questo
regista
ha
trentaquattro
anni
,
è
neozelandese
come
Jane
Campion
,
con
Creature
del
cielo
ha
concorso
all
'
Oscar
e
ha
vinto
un
Leone
d
'
argento
alla
Mostra
eli
Venezia
1994;
il
suo
primo
film
diretto
a
ventisette
anni
era
Bad
'
Paste
(
Cattivo
gusto
)
,
il
secondo
era
interpretato
da
pupazzi
animati
e
il
terzo
,
Brain
Dead
(
Splatters
-
Gli
schizzacervelli
)
era
uno
zombie
-
movie
;
è
cresciuto
guardando
la
tv
e
i
suoi
guru
cinematografici
,
dice
,
sono
King
Kong
,
i
Monty
Python
,
Buster
Keaton
;
il
suo
segreto
dev
'
essere
la
sceneggiatrice
fissa
Frances
Walsh
,
ex
musicista
in
band
universitarie
e
pure
lei
formatasi
con
la
televisione
.
Creature
del
cielo
ricostruisce
un
fatto
di
cronaca
nera
avvenuto
a
Christchurch
nel
1954
,
il
caso
Parker
-
Hulme
.
Due
ragazzine
quattordicenni
,
amiche
e
amanti
,
ammazzarono
a
colpi
di
mattone
in
testa
una
madre
decisa
a
separarle
;
suscitarono
in
Nuova
Zelanda
e
anche
in
Inghilterra
un
'
enorme
sensazione
,
affascinata
e
inorridita
,
nell
'
opinione
pubblica
che
le
giudicò
mostruose
quanto
in
Francia
la
ragazza
Violette
Nozière
assassina
della
sua
famiglia
;
vennero
condannate
per
omicidio
(
soltanto
l
'
età
evitò
loro
l
'
ergastolo
)
,
incarcerate
e
poi
rilasciate
a
condizione
che
non
s
'
incontrassero
mai
più
.
Il
film
fa
dell
'
episodio
soprattutto
un
racconto
d
'
amicizia
,
d
'
amore
e
di
fuga
dal
reale
,
nuovo
nello
stile
,
molto
divertente
,
psicologicamente
perfetto
,
interpretato
magnificamente
dalle
adolescenti
Melanie
Lynskey
e
Kate
Winslet
.
Le
due
amiche
sono
estremamente
intelligenti
,
saccenti
,
arroganti
,
snob
,
dotate
d
'
un
senso
dell
'
umorismo
acerbo
e
insolente
,
complici
.
StampaQuotidiana ,
Genova
,
30
giugno
-
Era
prevedibile
ed
è
accaduto
.
Per
due
ore
e
un
quarto
polizia
e
dimostranti
antifascisti
si
sono
dati
battaglia
per
le
strade
in
una
successione
drammatica
di
caroselli
,
assalti
,
corpo
a
corpo
,
sassaiole
,
manganellate
,
agguati
,
fughe
,
insulti
,
incendi
,
lanci
di
bombe
lacrimogene
.
È
difficile
fare
un
bilancio
esatto
dei
feriti
e
dei
danni
perché
ci
si
è
battuti
ancora
fino
a
tardi
in
via
XX
Settembre
e
nelle
strade
laterali
.
Cifre
ufficiose
parlano
di
cento
feriti
,
alcuni
dei
quali
con
prognosi
lunghe
.
Piazza
De
Ferrari
,
via
Dante
,
via
Petrarca
,
sebbene
restituite
ad
una
calma
momentanea
,
stasera
presentavano
l
'
aspetto
di
un
campo
di
battaglia
abbandonato
dai
contendenti
.
La
fontana
continua
a
gettare
acqua
,
ma
la
vasca
è
ancora
sporca
di
sangue
;
l
'
asfalto
è
coperto
di
sassi
,
pali
,
catenelle
,
piante
,
ruote
di
automobili
,
bossoli
di
candelotti
,
vetri
;
in
disparte
fumigano
le
carcasse
di
tre
camionette
della
Celere
,
rovesciate
e
incendiate
dai
dimostranti
o
scontratesi
fra
loro
;
altre
automobili
bruciavano
dietro
via
XX
Settembre
:
macchine
di
privati
che
le
avevano
lasciate
in
parcheggio
e
che
sono
servite
come
barricate
.
L
'
aria
è
appestata
dai
gas
lacrimogeni
e
si
circola
piangendo
,
con
i
crampi
allo
stomaco
e
i
fazzoletti
sulla
bocca
;
le
sirene
delle
autoambulanze
ululano
in
continuazione
.
Lo
spettacolo
è
impressionante
.
Ma
più
impressionante
ancora
è
dover
scrivere
di
Genova
come
di
una
città
pervasa
da
fremiti
rivoluzionari
,
esasperata
,
impazzita
di
indignazione
,
che
grida
:
«
Via
!
Via
!
»
alle
forze
della
Celere
e
ai
missini
,
che
sventola
bandiere
tricolori
,
che
medica
i
suoi
feriti
,
che
applaude
ai
carabinieri
,
sebbene
questi
siano
stati
costretti
,
nella
prima
fase
dei
disordini
,
ad
accorrere
in
aiuto
degli
agenti
di
PS
che
avevano
letteralmente
perduto
il
controllo
della
situazione
.
Come
è
accaduto
?
Perché
è
accaduto
?
Cosa
esattamente
è
accaduto
?
Il
quadro
degli
avvenimenti
non
può
essere
facilmente
ricostruito
.
Possiamo
riferire
quello
che
abbiamo
visto
e
possiamo
riferire
quello
che
ufficialmente
comunicano
questura
e
Camera
del
Lavoro
,
in
merito
al
numero
delle
vittime
(
30
fra
le
forze
dell
'
ordine
,
70
fra
i
dimostranti
)
,
dei
fermati
,
che
sono
una
cinquantina
,
e
in
merito
alla
decisione
di
non
far
circolare
fino
a
domani
mattina
gli
autobus
e
i
tram
per
timore
che
i
dimostranti
se
ne
servano
per
le
barricate
.
Alle
14
comincia
lo
sciopero
generale
proclamato
da
comunisti
,
socialisti
,
repubblicani
,
socialdemocratici
e
radicali
.
Ma
già
da
un
'
ora
prima
,
e
forse
più
,
Genova
pullulava
di
uniformi
militari
.
Davanti
al
Teatro
Margherita
-
dove
sabato
si
aprirà
il
6°
Congresso
nazionale
del
MSI
-
e
a
fianco
del
sacrario
dei
Caduti
della
lotta
di
Liberazione
,
le
autorità
avevano
schierato
i
carabinieri
.
Gli
agenti
della
Celere
vigilavano
alla
sommità
del
Ponte
Monumentale
,
che
sovrasta
via
XX
Settembre
,
dalle
finestre
dei
palazzi
e
in
piazza
De
Ferrari
,
oltre
che
nelle
vie
laterali
.
Il
sacrario
era
tutto
coperto
di
fiori
,
deposti
durante
la
mattinata
dalle
donne
antifasciste
di
Genova
,
fra
le
quali
alcune
scampate
ai
campi
di
concentramento
tedeschi
.
Ci
sono
anche
le
fotografie
di
alcune
vittime
dei
fascisti
.
La
questura
,
che
ha
autorizzato
la
manifestazione
antifascista
,
ha
lanciato
due
appelli
dalle
colonne
dei
quotidiani
locali
.
«
Sono
proibiti
gli
atteggiamenti
inneggianti
al
fascismo
;
sono
vietati
gli
assembramenti
,
salvo
che
non
si
tratti
di
riunioni
,
per
le
quali
è
stato
chiesto
il
permesso
in
carta
bollata
da
100
lire
»
.
Si
abbassano
le
saracinesche
.
Si
fermano
gli
autobus
.
I
carabinieri
piazzano
otto
camion
davanti
al
Teatro
Margherita
.
Si
torna
a
raccomandare
,
da
parte
dei
funzionari
di
polizia
ai
rappresentanti
dei
partiti
,
di
far
sciogliere
il
corteo
davanti
al
sacrario
.
La
prima
corona
di
fiori
che
viene
lasciata
ai
piedi
del
sacrario
appartiene
all
'
Unione
Cristiano
-
Sociale
.
Si
levano
battimani
.
Un
organizzatore
della
manifestazione
invita
gruppetti
di
dimostranti
a
raggiungere
il
corteo
che
si
sta
formando
in
piazza
dell
'
Annunziata
.
Ogni
tanto
,
sotto
il
ponte
,
sopraggiunge
un
'
automobile
,
sbarca
una
corona
di
fiori
e
riparte
.
Da
Savona
,
che
è
scesa
anch
'
essa
in
sciopero
,
arrivano
notizie
confortanti
:
le
cose
si
svolgono
con
ordine
.
Alle
16
il
corteo
sbuca
in
piazza
De
Ferrari
,
imbocca
via
XX
Settembre
a
passo
lento
.
In
testa
,
gonfaloni
,
bandiere
e
scritte
inneggianti
alla
Resistenza
(
c
'
è
anche
il
gonfalone
del
Comune
che
,
essendo
retto
da
un
commissario
prefettizio
,
rappresenta
il
Governo
:
la
DC
si
era
astenuta
dalla
manifestazione
)
;
poi
un
gruppetto
di
donne
deportate
in
Germania
;
poi
i
decorati
,
poi
la
moltitudine
.
Si
canta
,
si
battono
le
mani
.
Quanti
saranno
?
Migliaia
.
Forse
trentamila
.
È
una
marea
.
Appena
il
tempo
di
sostare
davanti
al
sacrario
:
la
massa
incalza
.
Allora
i
carabinieri
capiscono
che
non
è
possibile
rispettare
gli
ordini
e
incanalano
i
dimostranti
verso
piazza
della
Vittoria
.
Così
si
può
constatare
che
tutta
via
XX
Settembre
stenta
a
contenere
il
corteo
.
Qualcuno
fischia
,
passando
davanti
al
Teatro
Margherita
.
La
maggioranza
grida
«
Venduti
!
»
all
'
indirizzo
dei
proprietari
del
teatro
.
Un
cordone
di
dimostranti
con
la
fascia
tricolore
al
braccio
fa
siepe
davanti
ai
carabinieri
perché
i
malintenzionati
non
compiano
gesti
provocatori
.
«
I
carabinieri
non
si
toccano
»
:
è
la
parola
d
'
ordine
a
cui
fa
eco
la
folla
:
«
Neppure
le
guardie
di
Finanza
!
»
Altri
invece
gridano
:
«
Abbasso
la
Celere
»
.
In
piazza
della
Vittoria
il
corteo
si
scioglie
.
Molti
si
allontanano
verso
casa
,
quelli
che
erano
venuti
dalla
periferia
o
dai
centri
vicini
o
da
altre
città
.
La
maggioranza
comincia
a
defluire
ma
,
fatalmente
,
torna
sui
suoi
passi
.
È
una
folla
accaldata
,
già
innervosita
.
Tuttavia
,
sfila
davanti
ai
carabinieri
e
non
succede
nulla
perché
questi
hanno
avuto
disposizione
di
lasciar
correre
se
taluno
,
nell
'
eccitazione
,
gli
rivolge
minacce
o
fischi
.
Si
sa
quanto
possa
essere
irragionevole
,
a
volte
,
la
folla
scatenata
.
Ma
questa
pare
consapevole
della
situazione
.
Difatti
,
lungo
tutta
via
XX
Settembre
non
si
verificano
incidenti
.
È
in
piazza
De
Ferrari
che
si
accende
la
rivolta
:
in
piazza
De
Ferrari
,
dove
si
trovano
i
reparti
della
Celere
.
Nessuno
saprà
mai
chi
per
primo
ha
preso
l
'
iniziativa
.
Probabilmente
è
bastato
qualche
fischio
,
qualche
«
abbasso
»
.
Fatto
è
che
,
all
'
improvviso
,
comincia
il
carosello
delle
camionette
e
un
brivido
percorre
la
folla
immensa
.
Sono
le
17.10
:
l
'
inizio
delle
«
ore
calde
»
a
Genova
.
I
dimostranti
si
raccolgono
sotto
i
portici
,
alcuni
sono
rimasti
bloccati
intorno
alla
fontana
dalla
repentinità
dell
'
azione
di
polizia
e
adesso
sono
bersaglio
degli
idranti
.
Più
tardi
costoro
saranno
fermati
o
accompagnati
al
pronto
soccorso
.
Un
ufficiale
,
mentre
tenta
di
acciuffarne
uno
,
viene
scaraventato
in
acqua
e
poi
bastonato
.
In
un
baleno
si
organizzano
le
barricate
,
gettando
le
sedie
del
Caffè
Borsa
,
le
tende
dei
negozi
vicini
,
i
tavoli
,
i
pali
prelevati
da
un
vicino
cantiere
di
lavoro
.
La
sassaiola
si
infittisce
.
Grida
di
dolore
,
grida
di
esasperazione
.
La
folla
scaccia
dalla
piazza
la
polizia
che
si
rifugia
in
via
XX
Settembre
.
Anche
le
vie
laterali
sono
già
bloccate
dalle
barricate
.
Un
fotografo
viene
malmenato
dagli
scioperanti
.
Si
accendono
falò
,
alimentati
da
cartelli
e
insegne
pubbliche
.
La
polizia
torna
alla
carica
.
Si
spara
a
scopo
intimidatorio
e
un
giovane
si
prende
un
colpo
a
una
gamba
.
Tre
,
quattro
barricate
sorgono
come
d
'
incanto
lungo
via
XX
Settembre
:
tuttavia
è
difficile
sostenere
che
la
cosa
fosse
preordinata
.
Poco
prima
,
infatti
,
questa
impressione
era
stata
confortata
dallo
spettacolo
dei
dimostranti
che
,
per
sottolineare
la
loro
protesta
e
in
un
certo
modo
annunciare
come
intendevano
comportarsi
il
giorno
dell
'
apertura
del
congresso
missino
,
si
erano
seduti
per
terra
sotto
il
Ponte
Monumentale
davanti
al
Teatro
Margherita
e
avevano
intonato
gli
inni
partigiani
.
I
dimostranti
non
dispongono
che
di
sassi
presi
qua
e
là
.
Essi
sanno
solo
per
istinto
che
quando
le
camionette
attaccano
è
opportuno
ripiegare
nei
vicoli
.
La
tattica
sembra
producente
.
Appena
la
polizia
però
si
ritirava
,
eccoli
tutti
all
'
assalto
.
I
gas
lacrimogeni
invadono
piazze
e
vie
,
producendo
fughe
disastrose
.
Un
candelotto
mi
esplode
a
un
metro
di
distanza
.
Corro
verso
via
Dante
inseguito
da
due
poliziotti
.
In
via
Dante
la
situazione
è
ancora
più
esasperata
.
Gli
agenti
hanno
abbandonato
le
camionette
,
dopo
che
tre
di
esse
si
sono
scontrate
durante
un
carosello
,
e
ingaggiano
furibondi
corpo
a
corpo
con
i
genovesi
.
Tocca
fuggire
anche
di
lì
perché
non
si
respira
,
gli
occhi
lacrimano
,
la
pelle
brucia
.
Via
Petrarca
.
Le
barricate
sono
formate
da
tende
verdi
strappate
ai
negozi
.
Dietro
una
barricata
brucia
una
camionetta
e
l
'
odore
di
gomma
si
mescola
al
puzzo
del
gas
.
Ne
risentono
le
conseguenze
anche
i
poliziotti
,
dato
che
pochi
sono
muniti
di
occhiali
da
motociclisti
;
la
maggioranza
si
difende
dalle
esalazioni
con
i
fazzoletti
bagnati
stretti
fra
i
denti
.
In
piazza
De
Ferrari
i
dimostranti
catturano
un
ufficiale
dei
carabinieri
.
Subito
dopo
due
di
loro
lo
prendono
in
mezzo
e
,
con
bandiera
bianca
in
testa
,
percorrono
via
XX
Settembre
,
per
riconsegnarlo
.
Un
ragazzetto
mi
rotola
fra
i
piedi
sanguinante
.
Lo
caricano
su
una
camionetta
per
condurlo
in
questura
.
Urlano
le
sirene
delle
autoambulanze
.
Così
per
due
ore
e
passa
.
Una
rivoluzione
senza
mitra
,
senza
morti
.
Finalmente
,
da
via
Dante
,
giunge
a
forte
velocità
una
macchina
scura
con
il
segretario
dell
'
ANPI
genovese
a
bordo
.
La
macchina
è
preceduta
da
una
camionetta
che
sbandiera
un
vessillo
bianco
.
In
questo
momento
i
dimostranti
sono
accalcati
in
fondo
a
piazza
De
Ferrari
.
Il
capo
partigiano
viene
a
parlamentare
,
per
conto
delle
autorità
.
La
folla
applaude
.
È
finita
,
come
per
miracolo
.
Ma
è
finita
la
prima
fase
soltanto
,
ché
rimane
la
moltitudine
rimasta
al
di
là
del
Ponte
Monumentale
,
dietro
la
siepe
dei
carabinieri
di
guardia
davanti
al
Teatro
Margherita
.
Della
calma
momentanea
approfitta
il
prefetto
per
compiere
un
sopralluogo
in
piazza
De
Ferrari
,
accompagnato
da
alti
ufficiali
dei
carabinieri
.
Ma
,
giunto
a
pochi
passi
dal
sacrario
,
deve
fare
marcia
indietro
e
dopo
un
po
'
scompare
.
Dà
l
'
ordine
di
liberare
tutta
via
XX
Settembre
.
E
giù
candelotti
fumogeni
,
giù
altre
manganellate
.
Riprendono
i
caroselli
,
riprendono
pure
le
incursioni
delle
autoambulanze
.
Quando
il
campo
è
stato
sgomberato
,
le
autorità
hanno
fatto
ritirare
tutte
le
camionette
della
Celere
.
Non
che
questo
abbia
placato
i
genovesi
,
ma
è
bastato
a
contenere
gli
incidenti
nella
seconda
fase
entro
limiti
di
tempo
e
di
violenza
.
Alle
20.30
la
calma
è
tornata
al
centro
di
Genova
.
Rimanevano
solo
in
periferia
isolate
zone
di
disordine
.
Alle
21
,
comunque
,
le
«
ore
calde
»
sono
finite
.
Alla
Camera
del
Lavoro
si
è
decisa
la
proclamazione
di
un
altro
sciopero
generale
nella
giornata
di
sabato
,
data
di
inaugurazione
del
congresso
missino
;
dalle
6
alle
18
la
città
sarà
paralizzata
.
StampaQuotidiana ,
Il
Bene
è
cupo
,
squadrato
,
serio
,
fedele
ai
«
veri
valori
»
:
e
si
libera
alla
fine
delle
proprie
nevrosi
.
Il
Male
è
scintillante
,
brillante
e
sardonico
come
Paolo
Poli
,
vestito
di
lamé
argenteo
,
loquace
,
battutista
e
ridanciano
quanto
un
presentatore
di
show
televisivo
,
seguace
della
massima
modernità
«
tecnologicamente
avanzata
»
:
e
finisce
in
manicomio
,
stretto
nella
camicia
di
forza
,
prigioniero
d
'
un
delirio
in
cui
crede
d
'
essere
il
Bene
.
Batman
e
l
'
Enigmista
,
Val
Kilmer
e
Jim
Carrey
,
nel
film
prodotto
da
Tim
Burton
sono
emblemi
del
conflitto
più
contemporaneo
,
realtà
-
irrealtà
,
società
-
rappresentazione
,
mondo
-
televisione
;
e
anche
del
moralismo
più
ovvio
.
Accanto
al
loro
estremismo
stanno
personaggi
di
replica
o
di
mediazione
.
Due
Facce
(
Tommy
Lee
Jones
)
,
che
ha
appunto
metà
del
viso
normale
,
l
'
altra
metà
orrendamente
sfigurata
,
e
a
questa
natura
dimezzata
obbedisce
pure
nei
comportamenti
;
Robin
(
Chris
O
'
Donnell
)
,
giovane
compagno
di
Batman
(
«
Non
sono
solo
un
amico
,
sono
un
partner
»
)
,
vestito
come
lui
da
pipistrello
e
come
lui
condizionato
dal
ricordo
di
genitori
uccisi
da
criminali
;
la
bionda
Nicole
Kidman
,
psicologa
innamorata
.
La
terza
puntata
delle
avventure
cinematografiche
recenti
dell
'
uomo
-
pipistrello
creato
per
i
fumetti
nel
1939
dal
disegnatore
americano
Bob
Kane
unisce
una
psicologia
-
ideologia
elementare
e
una
tecnica
-
tecnologia
stupefacente
.
Si
vedono
cose
gotico
-
barocche
davvero
straordinarie
:
stavolta
la
claustrofobica
Gotham
Cíty
è
meno
oscura
,
più
simile
alla
Los
Angeles
del
2019
immaginata
da
Ridley
Scott
in
Blade
Runner
;
si
mescolano
giocattoli
antiquati
e
strumenti
supertecnologici
,
statue
classiche
e
immensi
volti
sfingei
scolpiti
,
gruppi
musicali
in
costume
settecentesco
e
bande
metropolitane
con
lineamenti
e
armi
fosforescenti
,
automobili
d
'
epoca
e
neon
acido
,
poltrone
-
trono
sostenute
da
schiavi
-
sculture
,
esplosioni
,
scintille
,
vorticare
visionario
della
macchina
da
presa
.
Scenografie
e
costumi
bellissimi
,
stupenda
fotografia
di
Stephen
Goldblatt
:
ma
il
décor
schiaccia
l
'
avventura
,
l
'
arredamento
soffoca
il
romanzo
,
l
'
estetismo
uccide
i
personaggi
.
Pazienza
,
la
narrazione
edificante
cd
emblematica
non
ha
troppo
interesse
:
il
Male
inventa
una
macchina
che
manipola
le
onde
cerebrali
dei
telespettatori
così
da
trasformare
ogni
immagine
televisiva
in
un
'
esperienza
di
realtà
virtuale
,
e
che
nello
stesso
tempo
sottrae
loro
segreti
ed
energie
convogliati
nella
mente
dell
'
inventore
per
moltiplicarne
percezione
e
poteri
;
il
Bene
lotta
perché
non
trionfi
questa
teledittatura
che
per
i
telespettatori
è
pure
espropriazione
di
sé
,
e
vince
.
Nella
parte
di
Batman
,
quelle
poche
volte
che
appare
senza
maschera
,
Val
Kilmer
è
scipito
quanto
il
suo
predecessore
nei
due
Batman
diretti
da
Tim
Burton
,
Michael
Keaton
;
nel
personaggio
dell
'
Enigmista
,
Jim
Carrey
è
assolutamente
strepitoso
.
StampaQuotidiana ,
Roma
,
3
settembre
-
Ho
sognato
di
scrivere
questo
articolo
per
tutta
la
mia
vita
.
Ora
che
posso
scriverlo
sono
scarico
di
nervi
come
una
medium
dopo
un
lungo
ed
estenuante
raptus
spiritico
.
Non
ho
vergogna
di
dire
che
ho
sentito
battere
il
cuore
come
al
momento
in
cui
mi
strattonò
in
cielo
il
paracadute
del
mio
primo
lancio
.
Ho
veduto
con
freddezza
la
finale
olimpica
vinta
da
Livio
Berruti
per
l
'
Italia
:
con
freddezza
e
allucinante
rapidità
di
immagini
,
esattamente
come
mi
avvenne
quando
spenzolai
per
la
prima
volta
duecento
metri
sopra
il
capannone
-
palestra
di
Tarquinia
.
Ma
vicino
a
me
era
Pasquale
Stassano
,
segretario
della
Commissione
tecnica
della
FIDAL
.
Pasquale
Stassano
è
tosco
-
lucano
da
parte
di
madre
.
Quella
razza
misteriosa
gli
ha
lasciato
nel
sangue
voci
arcane
.
Pasquale
parla
tutte
le
lingue
del
mondo
,
vive
e
morte
,
quando
lo
visitano
gli
spiriti
durante
il
sonno
.
I
suoi
nervi
non
sono
di
questa
terra
.
Udito
il
botto
del
via
,
Pasquale
fu
scosso
da
un
tremito
impressionante
:
egli
si
proiettò
oltre
il
parapetto
e
stava
per
cadere
fra
Bing
Crosby
e
non
so
quale
altro
ciarlatano
del
mondo
cinematografico
.
Potei
afferrarlo
per
miracolo
e
schiacciare
i
primi
100
metri
di
Berruti
,
che
non
mancheranno
di
strabiliare
il
mondo
:
il
mio
cronografo
sarà
stato
matto
come
era
certamente
Pasquale
e
come
son
io
adesso
:
ma
diceva
e
dice
tuttora
10
"
e
1
.
All
'
arrivo
ho
schiacciato
20
"
1
.
Maggioriamo
pure
d
'
un
decimo
:
sono
10
"
2
in
curva
:
roba
da
arcangeli
.
E
intanto
Pasquale
Stassano
si
tese
accanto
a
me
come
una
corda
e
sospirando
profondamente
mi
domandò
,
con
voce
sognante
,
se
avessi
visto
l
'
ultima
parte
della
finale
:
gli
dissi
che
aveva
vinto
Berruti
:
arrovesciò
gli
occhi
e
svenne
.
Io
sentivo
il
cuore
e
temevo
per
me
e
per
i
miei
figli
.
E
come
per
miracolo
mi
parve
di
non
aver
scritto
per
nulla
cinque
libri
di
atletica
leggera
.
Lo
svenimento
di
Stassano
era
la
liberazione
dopo
la
catastrofe
.
Non
so
dire
cos
'
era
,
veramente
.
Mi
sentivo
svenuto
anch
'
io
,
sostenendo
il
mio
amico
.
Non
ho
detto
che
ho
sognato
di
scrivere
questo
articolo
tutta
la
vita
,
e
ora
che
posso
scriverlo
sono
vuoto
?
Mi
si
accavallano
dentro
impressioni
e
pensieri
,
ricordi
e
speranze
lontane
.
Livio
Berruti
balza
dai
blocchi
con
l
'
aerea
levità
d
'
una
gazzella
.
Ma
il
suo
volto
è
stirato
in
una
smorfia
così
volitiva
da
atterrire
.
Anche
in
lui
potrebbe
schiattare
qualcosa
come
una
folgore
.
È
piccolo
ed
esile
,
un
ragazzino
bello
e
armonioso
,
ma
tutto
nervi
.
Galoppano
alle
sue
spalle
diavoli
orrendi
,
omoni
di
una
razza
spaventosamente
vitale
,
giovane
,
truculenta
,
belluina
.
Le
loro
falcate
impressionano
come
le
smorfie
disperate
sulle
loro
boccacce
vermiglie
,
sui
dentoni
di
candido
avorio
.
Il
mio
cuore
-
sento
io
-
va
salendo
in
affanno
dalla
sua
nicchia
sconvolta
;
mi
arriva
alla
gola
:
soffoco
.
Poi
rivedo
Livio
fuori
di
curva
,
già
vincitore
sicuro
;
ma
i
negracci
alle
sue
spalle
si
impegnano
allo
spasimo
:
paiono
avanzare
sino
a
raggiungerlo
.
Per
pietà
,
per
pietà
,
ancora
una
decina
di
passi
.
Berruti
ha
smesso
di
volitare
.
Soffre
sino
allo
stremo
.
Resiste
d
'
un
soffio
,
precipita
.
Ora
è
disteso
bocconi
sulla
pista
,
e
mi
pare
che
baci
la
terra
.
Mi
pare
e
forse
non
è
.
Berruti
è
ancora
presente
a
se
stesso
.
È
un
arcangelo
frigido
.
Un
grande
campione
,
un
italiano
quale
può
nascerne
uno
ogni
cent
'
anni
,
se
pure
è
mai
nato
.
L
'
ha
espresso
il
nostro
vecchissimo
sangue
e
questo
esalta
.
Ha
dominato
i
più
forti
velocisti
del
mondo
.
Ha
saputo
rinunciare
a
un
altro
titolo
possibile
per
ottenerne
uno
sicuramente
.
Nessun
atleta
muscolare
avrebbe
potuto
manifestare
così
perfetta
lucidità
mentale
.
Berruti
è
originario
della
Bassa
Vercellese
.
Viene
dalla
terra
.
I
suoi
erano
agricoltori
.
Studia
farmacia
o
sarà
professionista
come
tutti
i
buoni
piccoli
borghesi
che
hanno
fatto
il
gruzzolo
lavorando
in
campagna
,
da
saggi
agricoltori
.
La
sua
«
curtis
»
è
sorta
fra
le
risaie
,
la
sua
tempra
si
è
fatta
sui
lavori
più
duri
.
Ma
il
cervello
è
fino
e
la
cultura
è
salda
.
Un
ragazzo
di
21
anni
(
è
nato
il
19
maggio
del
1939
)
non
si
conosce
fino
a
questo
punto
se
non
è
intelligente
.
Berruti
avrebbe
potuto
cedere
alle
lusinghe
dei
superficiali
e
impegnarsi
anche
nei
100
,
esaurirsi
-
probabilmente
a
vuoto
.
Invece
ha
scelto
con
fredda
sicurezza
la
sua
prova
e
vi
si
è
preparato
come
chi
sapeva
di
poter
vincere
.
Né
l
'
ha
miracolato
il
buon
genio
degli
stadi
.
Ha
vinto
da
grandissimo
campione
ripetendo
in
semifinale
e
finale
il
primato
olimpico
e
mondiale
(
sui
200
con
curva
)
:
20
"
5
.
Quando
ebbe
vinto
la
semifinale
migliorando
il
proprio
record
di
ben
2
decimi
,
il
terrore
mi
prese
che
si
fosse
del
tutto
svuotato
:
e
la
sua
gracile
struttura
di
atleta
tutto
nervi
non
potesse
ricaricarsi
in
due
ore
.
E
riflettei
sulla
relativa
fortuna
di
Seye
,
il
negro
,
che
aveva
potuto
vincere
con
un
tempo
superiore
alle
sue
possibilità
(
20
"
8
)
.
Ma
Berruti
ritornò
ai
blocchi
contenendo
a
stento
la
prorompente
energia
dei
purosangue
.
Ebbe
una
falsa
partenza
,
con
Johnson
.
Lo
starter
Pedrazzini
non
l
'
assegnò
ad
alcuno
.
Probabilmente
ha
giovato
anche
lui
caro
vecchio
«
Primet
»
dell
'
atletica
milanese
ad
evitargli
ogni
assillo
,
a
mantenere
Berruti
nello
stato
d
'
animo
dell
'
atleta
sorprendentemente
sicuro
di
sé
e
deciso
a
vincere
.
Io
lo
vidi
infatti
guizzare
dai
blocchi
in
travolgente
furore
;
e
poi
distendere
la
falcata
in
curva
come
nessuno
al
mondo
riesce
,
e
balzare
in
rettilineo
con
più
di
un
metro
su
Carney
,
che
correva
all
'
esterno
.
Poi
ebbe
luogo
la
catastrofe
di
cui
dicevo
e
si
risolse
il
dramma
.
Furono
dieci
secondi
così
tormentosi
da
stupirmi
ancora
adesso
di
averli
potuti
superare
.
Infine
scorsi
il
filo
di
lana
tendersi
sul
suo
petto
:
e
Berruti
cadere
.
E
forse
baciare
la
terra
:
e
il
pubblico
urlare
per
lui
che
aveva
vinto
.
Carney
,
gigantesco
negro
d
'
America
,
l
'
ha
spuntata
su
Seye
,
un
negro
del
Mali
che
corre
per
la
Francia
.
Il
bianco
Foik
è
quarto
.
I
negri
Johnson
e
Norton
a
chiudere
la
marcia
ma
sotto
i
21
secondi
.
Tutto
il
fior
fiore
dello
sprint
battuto
in
breccia
da
un
ragazzino
italiano
di
21
anni
,
un
abatino
settecentesco
con
l
'
erre
arrotata
,
un
farmacista
...
ah
,
per
dio
.
Dovremo
ricordarci
di
questo
giorno
.
Lo
sport
italiano
non
ne
ha
mai
vissuti
di
più
esaltanti
nella
sua
storia
,
che
pure
è
molto
notevole
.
Vincere
una
gara
di
scatto
all
'
Olimpiade
(
e
a
questa
Olimpiade
,
e
per
giunta
a
Roma
)
significava
rivalutare
tutto
un
vivaio
,
direi
un
intero
gruppo
etnico
,
una
razza
,
e
affermare
la
civiltà
d
'
un
Paese
.
Perché
se
un
popolo
,
vecchio
e
povero
come
il
nostro
,
riesce
a
esprimere
atleti
quale
Berruti
,
sicuramente
ha
buon
sangue
,
sicuramente
è
avviato
a
forme
di
vita
sempre
più
civili
e
più
prospere
.
Sono
parole
grosse
?
A
me
non
pare
.
Sono
considerazioni
persino
ovvie
,
che
un
onesto
studioso
di
sport
deve
fare
,
io
dico
,
dedicandole
a
Livio
Berruti
,
primo
italiano
campione
olimpico
dello
scatto
.
Quasi
a
facilitare
l
'
auspicio
per
il
pais
Livio
Berruti
,
la
nostra
Peppa
Leone
infila
tutte
,
negre
,
americane
e
tedesche
,
australiane
e
bulgare
,
correndo
in
ottima
volitiva
scioltezza
i
200
metri
della
sua
batteria
.
Dice
il
cronometro
:
23
"
7
,
nuovo
record
italiano
.
Nessun
'
altra
fa
meglio
fra
le
ragazze
dall
'
aspetto
normale
;
corre
in
23
"
2
-
record
olimpico
-
la
Rudolph
,
che
è
una
pantera
nera
casualmente
rinata
fra
i
grattacieli
d
'
America
;
ma
le
altre
,
correre
dovranno
,
dietro
alla
Peppa
nazionale
.
Sui
400
piani
,
visti
e
ammirati
superuomini
del
ritmo
.
Kauffmann
resta
seduto
(
senza
esaurire
tutta
la
spinta
)
per
300
metri
buoni
,
seguendo
la
strabiliante
falcata
di
Singh
:
poi
si
alza
,
e
allora
vedo
un
marziano
finire
scioltissimo
in
463
.
Dopo
di
lui
,
quel
Yerman
,
che
per
me
può
vincere
,
Young
46
"
1
davanti
all
'
inglese
diciannovenne
Brightwell
,
che
fa
46
"
2
.
Infine
,
Otis
Davis
,
negrone
alla
McKenley
,
spinge
in
salita
gli
ultimi
100
metri
e
fa
45
"
9
,
record
olimpico
.
Che
se
inclinasse
il
busto
come
si
deve
,
la
sua
spinta
sarebbe
tutta
esaurita
in
avanti
,
e
otterrebbe
45
"
5
facili
.
Non
so
però
come
possa
reggere
la
semifinale
e
la
finale
.
Sui
1500
m
,
se
non
gli
segano
uno
stinco
,
vince
Elliott
.
Ha
corso
in
batteria
in
3'11
"
4
,
e
ha
fatto
esattamente
come
quando
lo
vidi
a
Bromma
,
nel
1958
,
due
giorni
avanti
il
3'36
"
di
Göteborg
.
Gli
altri
sono
uomini
,
lui
è
un
orice
.
È
partito
in
progressivo
ai
1000
metri
e
ha
coperto
gli
ultimi
400
in
54
"
netti
.
Che
cos
'
è
allora
,
se
non
un
'
antilope
?
Quarti
di
finale
nei
110
ostacoli
.
Passano
tutti
i
grossi
.
E
con
loro
il
nostro
Svara
,
con
i
14
"
4
che
ha
sempre
nelle
sue
gambe
oneste
.
Gli
altri
ragazzini
azzurri
,
tutti
a
casa
,
e
con
onore
.
Nel
martello
,
fuori
gli
americani
,
brutalissimamente
,
come
è
vero
che
i
records
fini
a
se
stessi
lasciano
freddi
í
tecnici
.
Grande
atleta
è
colui
che
vince
la
grande
gara
.
Connolly
è
passato
di
forma
ed
ha
anche
scontato
la
presunzione
di
quasi
tutti
gli
americani
.
Ha
dunque
vinto
un
russo
,
e
tutti
gli
altri
finalisti
sono
slavi
,
esclusi
un
magiaro
e
un
irlandese
.
Adesso
corro
alla
boxe
.
Ah
!
,
che
tifo
.
StampaQuotidiana ,
Prima
inquadratura
,
il
sedere
nudo
d
'
un
uomo
che
sta
pisciando
visto
di
spalle
.
Poi
,
la
prostituta
Angela
che
ha
timore
superstizioso
dello
sguardo
maligno
d
'
una
gallina
e
che
è
la
leader
naturale
d
'
un
piccolo
gruppo
di
colleghe
malconce
:
la
prima
è
precocemente
invecchiata
(
pelle
rugosa
,
capelli
grigi
)
dopo
uno
stupro
,
la
seconda
è
muta
(
per
i
clienti
esigenti
usa
in
playback
una
cassetta
con
parole
e
gemiti
registrati
)
,
la
terza
manca
di
tutt
'
e
due
le
mani
(
riesce
a
comprarsi
le
protesi
,
ma
gliele
rubano
subito
)
,
la
quarta
è
unilateralmente
innamorata
d
'
un
carcerato
,
tutte
lavorano
sulla
strada
provinciale
di
giorno
(
quand
'
è
il
crepuscolo
s
'
avviano
a
piedi
verso
il
paese
,
come
contadine
stanche
al
ritorno
dai
campi
)
e
sono
accompagnate
dal
protettivo
spicciafaccende
Chirone
,
rognoso
centauro
in
motorino
.
Poi
,
un
ragazzo
biondo
ossigenato
che
si
chiama
Adamo
come
il
primo
uomo
,
dolce
,
inconsapevole
e
trasognato
,
con
i
piedi
sporchi
,
le
scarpe
verdi
e
un
seducente
sorriso
serafico
,
autista
di
camion
per
il
trasporto
di
banane
marce
alla
discarica
,
incapace
di
fare
l
'
amore
con
le
donne
e
con
gli
uomini
(
«
non
m
'
è
mai
riuscito
»
)
ma
soddisfatto
se
può
masturbarsi
guardando
di
nascosto
la
prostituta
Angela
che
lo
fa
coi
clienti
.
I
buchi
neri
di
Pappi
(
Pasquale
)
Corsicato
,
35
anni
,
napoletano
,
già
autore
di
Libera
,
è
una
storia
d
'
amore
anomala
così
lieta
e
lieve
che
sembra
ideata
nell
'
estasi
dell
'
innamoramento
,
così
autentica
da
sopraffare
l
'
ambiente
in
cui
si
svolge
,
così
piena
da
lasciarsi
dietro
una
felicità
anche
se
finisce
.
La
prostituta
e
il
ragazzo
si
amano
alla
loro
maniera
mediata
e
voyeuristica
,
si
vogliono
bene
,
sono
amici
.
Quando
lui
smette
d
'
amarla
e
tradisce
anche
se
stesso
progettando
un
matrimonio
d
'
interesse
,
lei
soffre
,
sviene
.
Sente
una
voce
che
la
chiama
.
Lassù
,
un
immenso
uovo
d
'
argento
le
dice
:
«
Non
aver
paura
,
ora
che
hai
amato
non
sei
più
quella
di
prima
,
sei
un
angelo
»
.
Miracolosamente
avverte
una
calma
esultanza
,
miracolosamente
le
altre
prostitute
riacquistano
giovinezza
,
voce
,
mani
,
amore
ricambiato
,
e
nel
cielo
splende
un
sole
bellissimo
.
Sono
molto
rari
i
film
che
raccontano
l
'
amore
come
un
sentimento
non
borghese
né
«
civilizzato
»
,
non
convenzionalmente
romantico
,
erotico
,
delicato
,
violento
,
possessivo
o
promiscuo
,
ma
come
primordiale
fonte
di
gioia
vitale
e
mitica
trasformazione
del
mondo
.
Sono
altrettanto
rari
i
film
che
descrivono
un
ambiente
sociale
degradato
quanto
l
'
hinterland
napoletano
arso
dal
sole
,
giallo
di
stoppie
,
popolato
di
brutalità
e
povertà
,
senza
mutilare
l
'
ironia
di
sopravvivenza
degli
abitanti
,
senza
censurarne
una
normalità
di
vita
che
soltanto
gli
standard
piccolo
-
borghesi
possono
ritenere
impossibile
o
mostruosa
.
I
buchi
neri
ha
questi
meriti
,
e
altri
.
Magari
l
'
ideologia
è
primaria
(
«
Se
provaste
a
entrare
in
un
buco
nero
ritrovereste
la
purezza
assoluta
»
)
e
le
astrazioni
sono
sommarie
,
magari
sono
molti
i
prestiti
cinematografici
(
il
primo
Pasolini
,
il
Buñuel
messicano
,
anche
Improvvisamente
l
'
estate
scorsa
)
,
magari
possono
sconcertare
l
'
assenza
di
quel
«
sociale
»
sardonicamente
raccontato
in
Libera
e
il
realismo
fantastico
:
però
il
film
è
originale
,
interessante
,
anche
divertente
.
Il
coprotagonista
Vincenzo
Peluso
è
diretto
con
tale
amore
da
risultare
bravo
.
La
protagonista
Iaia
Forte
,
attrice
di
prosa
con
Mario
Martone
e
con
la
compagnia
napoletana
Teatri
Uniti
,
già
al
centro
di
Libera
,
è
ammirevole
per
forza
orgogliosa
,
sottigliezza
e
pathos
:
recitato
da
lei
è
convincente
anche
lo
scatto
repentino
con
cui
la
prostituta
apre
le
cosce
,
lasciando
scaturire
dal
sesso
fumi
bianchi
furiosi
,
nebbiosi
.