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LE RAGIONI DEL CUORE ( Abbagnano Nicola , 196 )
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« Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce » , aveva detto Pascal , che attribuiva al cuore , tra gli altri compiti , quello di regolare i rapporti degli uomini fra loro e con Dio . A questo muscolo già tanto affaticato dalle sue funzioni fisiologiche , si continua a far ricorso per la correzione dei mali e degli errori che si riscontrano nella vita pubblica e privata dell ' uomo , come a un giudice supremo della verità , del bene e della giustizia . È un luogo comune che non basta conoscere il modo in cui il lavoro va fatto : occorre anche « prendersi a cuore » il lavoro , per farlo bene . L anche un luogo comune che ogni regola , legge o norma deve essere rafforzata o integrata dall ' impulso del cuore ; che solo il cuore può correggere l ' egoismo con l ' altruismo , la grettezza con la generosità , la fredda e impersonale giustizia con l ' umana comprensione . Gli appelli al cuore si moltiplicano in tutti i campi ( anche nella politica ) in cui le cose non vanno come dovrebbero o in cui la condotta dell ' uomo è disordinata , meschina o incoerente . Sembra che , lasciandosi guidare dal cuore , l ' uomo possa trovare , oltre che la sua felicità , anche quella dei suoi simili e in generale l ' armonia di tutto il genere umano . A questo sovraccarico morale del cuore hanno contribuito , esplicitamente o implicitamente , dottrine disparate . Rousseau voleva che l ' uomo si lasciasse guidare dalla « voce interiore del cuore » in tutte le sue faccende . La rivolta romantica dell ' individuo contro la società e le sue leggi fu condotta nel nome del cuore ; Hegel stesso , che si opponeva a questa rivolta , vedeva nel cuore ciò che rende immediata e vivente la forza della ragione . Molte filosofie dell ' '800 imponevano alla filosofia il compito di rispondere ai « bisogni del cuore » oltre che alle esigenze della ragione . Bergson contrapponeva alla morale dell ' obbligazione e della legge , propria delle società chiuse , la morale dell ' amore o dello slancio mistico propria delle società aperte . E molti positivisti e analisti contemporanei , considerando irriducibile il linguaggio della morale a quello della scienza , vedono nella morale un insieme di « atteggiamenti emotivi » cioè di desideri o di tendenze prive di giustificazione razionale , il cui organo specifico è ciò che tradizionalmente si chiama « cuore » . In generale , ogni volta che della ragione si fa un organo a sé , inserito nella struttura dell ' uomo ma indipendente da essa , si tende a contrapporre alla ragione un altro organo destinato a correggere l ' astrattezza , l ' impersonalità , la « freddezza » dei procedimenti razionali o a rendere immediati e vivi questi procedimenti . Ma che cosa sia il cuore , è domanda che difficilmente trova risposta . Certo , esso si identifica solitamente con la sfera dei sentimenti o delle emozioni ; ma né agli elementi di questa sfera , né alla sua totalità possono essere attribuite le funzioni di giudice infallibile che si ritengono proprie del cuore . La sfera delle emozioni è stata estesamente analizzata sia dalla psicologia sia dalla filosofia . Nessuno , oggi , ne sottovaluta l ' importanza . Ma le emozioni spirano dove vogliono e non si può sempre far conto sulla loro utilità , bontà ed efficacia nel dirigere le azioni dell ' uomo . Ci sono emozioni buone e cattive , emozioni che stimolano all ' azione e altre che paralizzano l ' azione stessa . Tra le emozioni , ci sono la paura , l ' odio , il risentimento , l ' angoscia , come c ' è l ' amore e lo slancio altruistico . Ma anche un amore cieco e indiscriminato può fare più male che bene e il sentimento più nobile può capovolgersi nel suo contrario , se non è sorretto da una disciplina lungimirante . In tutta questa schiera variopinta , non c ' è nulla che somigli a una guida infallibile , a un organo naturale capace di far sentire la sua voce nell ' interno dell ' uomo e di esprimere un giudizio sicuro su ciò che egli deve credere e fare . Sicché , per quanto la sfera del cuore sia generalmente identificata con quella del sentimento , la più elementare analisi di quest ' ultima esclude che essa possa svolgere da sola la funzione miracolosa che si attende dal cuore . Dall ' altro lato nessuno ha mai conferito al cuore il carattere o la dignità di una facoltà specifica , diversa dal sentimento e dalla ragione . L ' esistenza di facoltà come principi sostanziali diversi e autonomi delle attività umane , è stata da un pezzo revocata in dubbio . « Ragione » , « sentimento » , « volontà » , non sono facoltà ma schemi classificatori , utili per raggruppare le attività umane in base a certi loro caratteri dominanti . Il cuore non è dunque una facoltà ; che cosa è allora ? È semplicemente un mito del senso comune e della filosofia ; o , se si vuole , il simbolo idealizzato di certi atteggiamenti che si ritengono utili o necessari alla vita dell ' uomo o , comunque , si vogliono raccomandare o rafforzare . L ' invito a sentire la voce del cuore o a seguirne le ragioni significa in realtà l ' invito ad assumere atteggiamenti determinati , da cui attendiamo effetti benefici per noi stessi e per gli altri . « Prendersi a cuore il proprio lavoro » significa interessarsi ad esso , non lasciarsi andare alla routine , eseguirlo con la presenza vigile dell ' attenzione . Essere altruisti , generosi o comprensivi significa rinunziare a certi vantaggi minuti o a breve scadenza , ma in compenso procurarsi la possibilità di vivere in pace con se stessi e con gli altri . Sono tutte cose indispensabili ; ma , diciamolo pure , il cuore non c ' entra per nulla . Ciò che dà valore a un atteggiamento e consente di giudicarlo è la regola a cui esso obbedisce . L ' attività umana , in qualsiasi campo si svolga , è guidata da regole e il giudizio che si dà su di essa , quando si dice che è buona o cattiva , utile o dannosa , ecc . , suppone sempre la validità di una regola . Perfino un gusto artistico determinato ( per esempio il gusto classico o quello romantico o impressionistico , ecc . ) è un insieme di regole che guidano l ' attività degli artisti e il giudizio su di essa . Negli ultimi decenni abbiamo visto formarsi o determinarsi , sotto i nostri occhi , codici di regole che non esistevano in passato ; per esempio , quelle del traffico . La consuetudine prima , la sanzione giuridica dopo , intervengono a disciplinare , con regole , qualsiasi forma di attività che coinvolge un certo numero di persone e queste regole diventano tanto più importanti quanto più vitale è l ' interesse che quell ' attività ha per gli uomini in generale . Poiché gli uomini sono sempre vissuti insieme , certe regole fondamentali che rendono possibile la loro convivenza sono state accettate e seguite da tutti i gruppi umani e costituiscono il codice morale fondamentale , quello che garantisce la sopravvivenza di ogni raggruppamento umano . Ma queste regole assumono forme diverse nei diversi gruppi e nelle diverse civiltà . Certo , se tutti gli uomini fossero guidati dal « cuore » , quest ' organo ( come il corrispondente organo fisiologico ) dovrebbe funzionare identicamente in tutti gli uomini . Ma è facile constatare che non è così . Ancora oggi siamo colpiti ( e scandalizzati ) dall ' assenza in certe civiltà , che tuttavia non possono chiamarsi « primitive » , di atteggiamenti che siamo portati a ritenere propri di tutto il genere umano : per esempio , della pietà . La regola di partecipare in qualche modo alle sofferenze altrui e dell ' obbligo di alleviarle non esiste affatto in estese porzioni dell ' umanità vivente . Il « cuore » , a queste porzioni , non suggerisce nulla . In realtà ciò che può rafforzare l ' azione di certe regole e il rispetto di esse da parte di un numero crescente di persone è soltanto la convinzione ragionevole del loro effettivo valore , della loro funzionalità ai fini della sopravvivenza dei singoli e delle comunità , del loro sviluppo e del loro benessere . Non è possibile , in un ' epoca di critica come la nostra , in un ' epoca in cui anche il lavoro più semplice tende a evolversi in un ' attività che richiede l ' intelligente vigilanza dell ' individuo , affidare la validità delle regole morali a un organo supposto , misterioso e incomprensibile . La vita morale del genere umano offre oggi molti e gravi problemi ; ma uno dei modi di eluderli è quello di lasciarli affogare nel giulebbe del cuore .
Caro Ventura ( Montanelli Indro , 1979 )
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Caro Ventura , anch ' io mi sono sempre chiesto come fanno tanti nostri uomini politici ad andare a messa ogni mattina per poi passare il resto della giornata a imbrogliarsi e tradirsi l ' uno con l ' altro , se non a fare di peggio . Che cosa gli diranno , a Dio , quando in ginocchio , mani giunte e testa bassa , si raccolgono nel colloquio con Lui , quale dovrebb ' essere la preghiera ? Ma non mi chieda risposta a questi interrogativi perché nemmeno io riesco a darmela . E questo è proprio uno dei tanti motivi che mi spingono a preferire , almeno sul piano morale , i laici , i quali non sempre - e non tutti - sono più corretti , onesti e leali dei democristiani , ma almeno evitano di mescolare nelle loro furfanterie il buon Dio . E ' ciò che Disraeli diceva di Gladstone : « Che bari al giuoco , è naturale : lo faccio anch ' io . A infastidirmi è la sua pretesa che sia il Signore a infilargli la carta nel polsino » . Ecco , io sono della stessa opinione , e mi par di capire che lo sia anche lei . Anche ai cattolici osservanti e militanti è consentito , si capisce , far politica . Ma , per amor del cielo , non la confondano con la religione invocando « i valori cristiani » mentre si mettono l ' un l ' altro l ' arsenico nella minestra . Questo si può farlo in nome di Marx , e magari anche di Cavour . In nome di Dio , dovrebb ' essere proibito .
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Palermo , 2 maggio , notte - I fatti sono noti . Hanno sparato da trecento metri di distanza , a tiro ficcante , dal costone di Monte Pizzuto . Raffiche e raffiche , per dieci minuti spietati , sopra una folla terrorizzata divincolantesi nella polvere sotto il sole . Tre colonne di contadini , tre migliaia di persone in tutto , erano appena scese da Piana degli Albanesi , da San Giuseppe Jato e da San Cipirrello , raccolte attorno ad un rozzo palco sistemato in località Rotella del Piano . Si doveva sentire qualche discorso , applaudire qualcuno e poi cantare , ballare e far merenda . Una festa più che un comizio politico . Stabilito a fatica il silenzio , salì sul palco il calzolaio Giacomo Schiro e cominciò a parlare : « Compagni , siamo qui riuniti per festeggiare il 1° Maggio , festa del lavoro ... » . A questo punto si udirono i primi spari . Da molti si credette ad un fuoco di festa , a mortaretti . Seguì un momento di pausa , poi il fuoco riprese violento . Urlavano i feriti ; la folla impazziva , si precipitava in ogni senso , ognuno gettandosi a terra a cercare riparo tra i sassi . I pochi che nel tempestoso frangente conservarono lo spirito nitido videro dal colle vicino , Monte Cometa , uomini ritti in piedi e intabarrati , seguire immobili la scena , le armi al piede . Sul terreno sette cadaveri e una trentina di feriti . Enorme impressione in tutta la Sicilia ha provocato l ' eccidio . Si tratta di un fatto mai verificatosi in proporzioni così impressionanti nel territorio dell ' Isola . L ' agguato a gente inerme esula dal costume siciliano , ed anche la pratica del banditismo più efferato ha conservato , di norma , parvenze di azione cavalleresca . La polizia intanto ha proceduto a operare arresti a catena a San Giuseppe Jato . Gli arrestati - settantaquattro , finora - sono stati tradotti a Palermo . La Questura , in collaborazione con il comando della legione territoriale dei carabinieri , procede alle indagini . I feriti ora all ' ospedale della Feliciuzza non risultano in gravi condizioni . Tutti accusano ferite ai fianchi , alle gambe e alle spalle . In gravissime condizioni è invece la dodicenne Provvidenza Greco , colpita alla scapola destra da una pallottola . Le Camere del Lavoro di tutte le città siciliane hanno lanciato un manifesto al Paese e la Confederterra , a seguito degli incidenti di ieri , chiedeva un sussidio di cinque milioni per le famiglie dei caduti , un sussidio di un milione per i feriti , il risarcimento per gli animali uccisi o storpiati , un provvedimento immediato riguardante le domande presentate per la concessione delle terre incolte alle cooperative di tre paesi in lutto , l ' eliminazione di tutti i gabellotti soprastanti e dei campieri nella zona e un ' accurata inchiesta a loro carico , l ' immediato arresto di tutti i mafiosi pregiudicati della zona , l ' immediata sostituzione dei dirigenti del presidio di polizia della detta zona , l ' espulsione dei responsabili del servizio d ' ordine durante la manifestazione . Stamane gli operai dei cantieri navali palermitani si sono astenuti dal lavoro in segno di protesta . Oggi , intanto , a Piana degli Albanesi , sulla stessa strada dove ieri erano convenuti i lavoratori per la festa del 1° Maggio , il pianto di tutte le donne , degli uomini e dei vecchi ha accompagnato le salme degli assassinati . Le bare , attorniate dalla folla , procedevano al suono delle note lente e monotone della marcia funebre , seguivano le bandiere abbrunate dei partiti e tutti í sacerdoti del paese . Hanno seguito i funerali il prefetto , il questore , i rappresentanti della Federterra e della Camera del Lavoro . A Portella , sul luogo fatale dell ' agguato , hanno parlato il prefetto Vittorini e l ' on. Colajanni seguiti da altri oratori . Tutti hanno avuto parole roventi per la strage ed hanno auspicato il pronto intervento della giustizia . A Siracusa , non appena saputosi della strage , è stato dichiarato lo sciopero generale , che è durato per tutta la giornata . Poco dopo le 10 una colonna di dimostranti attraversava via Roma e , giunta in piazza Archimede , invadeva la sede del blocco liberalqualunquista , dove s ' impadroniva delle insegne che poi bruciava sulla piazza . La situazione è piuttosto tesa .
Caro Agosteo ( Montanelli Indro , 1979 )
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Caro Agosteo , dissenta pure dalla mia risposta , ma mi sembra che lei dica le stesse cose che io ho detto a Cristina : « Va ' a votare per difendere il tuo diritto al voto » . E quanto , del resto , noi stessi facciamo da trent ' anni , ma non facciamo che questo , e non mi pare che i giovani abbiano di che complimentarcene . Lei dice ch ' essi dovrebbero esserci grati del fatto che il voto glielo abbiamo dato . Be ' , che glielo abbiamo dato proprio noi , è storicamente discutibile . Noi ( non lei ed io , si capisce , che a quei tempi avevamo il gonnellino , e forse lei nemmeno quello ) al voto rinunziammo senza proteste nel '22 , e a restituircelo ventitré anni dopo furono coloro che ci batterono in guerra . Lo accettammo , è vero , con entusiasmo . E io ( e anche lei , credo ) non saprei vivere senza di esso . Però che i giovani possano dirsi soddisfatti del modo in cui lo abbiamo per trent ' anni esercitato , solo facendo il catenaccio per difendere lo zero a zero come le cattive squadre di calcio , non mi sembra proprio . Anche di questo né lei né io , personalmente presi , abbiamo colpa . Ma forse io , per il mestiere che faccio , sono meno innocente di lei , e mi chiedo se ho veramente fatto tutto ciò che potevo e dovevo . Lo faccio ora , che avrei qualche giustificazione anagrafica per non farlo . Lo faccio per espiazione . Ma l ' espiazione comporta proprio quell ' umiltà che lei mi rimprovera di aver usato con Cristina . Mi pareva che le fosse dovuta , visto ch ' essa aveva rinunziato a rimproverarmi ciò che io stesso mi rimprovero .
DIRITTO E MORALE ( Abbagnano Nicola , 1966 )
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Episodi recenti e situazioni in corso nella società contemporanea italiana conferiscono attualità al problema dei rapporti tra diritto e morale . Sembra a prima vista che non solo nell ' interpretazione di molte norme giuridiche ma nella stessa formulazione delle norme , nelle proposte di modifiche o correzioni dell ' ordinamento giuridico vigente , la questione decisiva sia spesso di natura morale . Il diritto , ad esempio , considera come reati le pubblicazioni « oscene » ; ma che cosa si deve intendere per oscenità ? Va considerata senz ' altro oscena ogni pubblicazione che comunque discuta problemi sessuali o che presenti o descriva situazioni , esigenze , conflitti che si riferiscono alla sfera sessuale ? Sembra che la risposta a questa domanda non possa esser data se non da quella che comunemente si chiama « coscienza morale » . La legislazione italiana non consente al cittadino il divorzio , mentre altre legislazioni lo ammettono . È un bene o un male che sia così ? Anche qui la questione si sposta immediatamente sul piano morale : se il divorzio è « immorale » , la legislazione farà bene ( sembra ) a non concederne la possibilità ai cittadini . Altre volte il rapporto tra diritto e morale è più sottile , ma egualmente evidente . L ' adulterio è certamente « immorale » , ma è dubbio se possa essere considerato un « reato » : un chiarimento della questione può ottenersi soltanto attraverso una delimitazione rispettiva delle sfere della morale e del diritto . In tutti questi casi , come in altri che si potrebbero addurre , il rapporto tra morale e diritto sembra un dato di fatto indiscutibile : il passaggio da una sfera all ' altra è suggerito dalle questioni concrete che insorgono in una delle due sfere . Ma le cose si complicano quando da tali questioni si passa alla teoria generale del diritto e all ' etica . A questo secondo livello si può incontrare e si incontra spesso la posizione che è in netto contrasto con quella che sembra suggerita dai casi accennati : la negazione di ogni rapporto tra morale e diritto . L ' ultimo libro di Hans Kelsen , La dottrina pura del diritto ( 1960 ) , la cui recente edizione italiana beneficia dell ' ottima traduzione di M.G. Losano , offre il vantaggio di presentare questa tesi negativa nel suo estremo rigore . Diritto e morale differiscono , secondo Kelsen , nel modo in cui prescrivono o vietano un certo comportamento umano . Il diritto è un ordinamento coercitivo , che tende a determinare un certo comportamento umano collegando al comportamento opposto un atto coercitivo dell ' organizzazione sociale ; la morale invece è un ordinamento privo di valore coercitivo , le cui sanzioni consistono soltanto nell ' approvazione o nella disapprovazione dei comportamenti a seconda che siano conformi o contrari alla norma . Ma il diritto , secondo Kelsen , non si fonda in alcun modo sulla morale . Potrebbe fondarsi sulla morale soltanto se esistesse una morale assoluta , un sistema unico di valori , che permettesse di affermare che ciò che è bene è sempre bene in tutte le circostanze e ciò che è male è sempre male . Ma questa morale assoluta non c ' è , secondo Kelsen . Non esiste una esigenza comune a tutti i sistemi morali . L ' ideale della pace o della non - violenza , che sembra il più universale , è stato spesso contraddetto . L ' antico Eraclito affermava che la guerra è la legge suprema di tutte le cose e il liberalismo moderno ha esaltato la competizione , la concorrenza , il conflitto come strumento di progresso . Perché allora un ordinamento giuridico dovrebbe essere più conforme a un sistema morale anziché a un altro ? Coloro che giustificano il diritto ricorrendo alla morale , vogliono solo mostrare che un certo sistema di diritto positivo è l ' unico possibile e che ogni tentativo di mutarlo è illegittimo . Questa presunta legittimazione del diritto positivo può essere uno strumento politico efficace , ma non ha base scientifica . « La scienza del diritto » dice Kelsen « non ha il compito di legittimare il diritto né di giustificare mediante una morale assoluta o relativa l ' ordinamento giuridico ma deve solo curare la conoscenza e la . descrizione del diritto » . Senza dubbio , queste vedute di Kelsen obbediscono a un indirizzo assai diffuso nel mondo della cultura moderna , indirizzo che tende a svincolare le discipline scientifiche da ogni impegno politico , religioso o genericamente ideologico per renderle adatte a comprendere tutti i molteplici aspetti della realtà cui si riferiscono . Una teoria del diritto , ad esempio , non può limitarsi a giustificare un determinato ordinamento giuridico : dev ' essere in grado di comprendere la natura e il funzionamento di qualsiasi ordinamento , perciò dev ' essere scevra di presupposti ideologici e in tal senso « pura » , cioè neutrale . Non si può dubitare della validità di una tale esigenza cui cercano di rispondere del loro meglio tutte le scienze umane , dopo che essa si è affermata vittoriosamente e con risultati eccellenti nelle scienze naturali . Tuttavia si può dubitare che la conoscenza e la descrizione del diritto non includa una qualche determinazione del modo in cui un complesso di norme giuridiche possa essere stabilito , conservato , difeso , corretto e interpretato . Le norme giuridiche intervengono , direttamente e indirettamente , negli Stati moderni , a disciplinare le più diverse attività umane : il lavoro , la produzione e lo scambio dei beni , l ' istruzione , le professioni e la condotta morale . Ciò che in tutti questi campi il diritto prescrive non è scelto a caso , ma sul fondamento delle conoscenze tecniche di cui si dispone in ciascuno di questi campi . L ' economia , l ' ingegneria , la medicina come la morale e in generale l ' intero corpus del sapere , forniscono il contenuto e determinano i limiti delle scelte del legislatore . Indubbiamente , una volta effettuata questa scelta , la norma positiva così introdotta diventa valida indipendentemente dalle esigenze che l ' hanno suggerita , in virtù del suo potere coercitivo . E in questo senso la forma della norma giuridica è indipendente dal suo contenuto e può essere considerata a parte . Ma ciò non toglie che ogni volta che una norma appaia antiquata rispetto allo sviluppo delle conoscenze tecniche o inoperante rispetto ai fini che si propone o diretta a fini che non possono essere realizzati per suo mezzo , nasce l ' esigenza oggettiva della sua modifica o della sua abolizione . Perciò il compito legislativo non è mai finito né concluso ; e a questo compito , che è fondamentale degli Stati moderni , la teoria pura del diritto di Kelsen non dà alcun aiuto . Esiste poi un limite intrinseco del diritto che risulta dalla natura coercitiva del diritto stesso . Una tecnica che agisce mediante sanzioni di natura fisica può garantire , nella maggior parte dei casi , certi comportamenti ma non certi altri . Può garantire l ' assistenza familiare e la coabitazione , ma non l ' affetto e l ' unità della famiglia . Può impedire certe espressioni artistiche , letterarie e scientifiche , ma non può far sì che siano feconde e riuscite quelle permesse . Può produrre il conformismo degli atti e delle parole , non la convinzione ragionevole . Può impedire iniziative e scoperte , ma non può produrne . Si può certo escludere che una qualsiasi organizzazione giuridica sia suscettibile di una giustificazione assoluta di natura morale o di altra natura . Ma ogni complesso particolare di norme , riferentesi a uno specifico oggetto , può essere tecnicamente valutato rispetto all ' efficacia dei mezzi di cui si avvale per raggiungere i suoi fini e rispetto alla validità di questi fini . Talvolta questa valutazione è assai facile , come ad esempio quando si tratti di norme che riguardino l ' edilizia o l ' igiene pubblica , perché in questi campi la scienza fornisce criteri poco discutibili , ai quali la legislazione non fa che adeguarsi . In altri casi , la valutazione è più difficile , come quando si tratta di norme che concernono il comportamento morale . Ma in ogni caso , poiché il diritto non è un mondo in sé concluso , senza alcuna relazione con il resto del mondo umano ma fa parte di questo , la sua funzione non può essere che strumentale rispetto alle esigenze , ai bisogni e agli interessi degli uomini . E si può subito , su questa base , stabilire una distinzione fondamentale . Esistono ordinamenti giuridici che non includono , tra le proprie possibilità , quella di un aggiornamento o di una correzione delle norme che li costituiscono ; e ci sono invece ordinamenti che la includono e sono organizzati proprio in vista di essa . Soltanto questa seconda specie di ordinamento costituisce quello che , con una vecchia espressione , si chiama « Stato di diritto » : come solo un sistema di conoscenze che può essere continuamente messo a prova e corretto si chiama , oggi , « scienza » .
Caro Rossetti ( Montanelli Indro , 1979 )
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Caro Rossetti , tutte le sue argomentazioni sono giuste . Di sbagliato c ' è , mi scusi , soltanto il tono . Perché si arrabbia , e mi esorta ad arrabbiarmi ? Che la RaiTv sia un organo di regime , equamente lottizzato fra i padroni del medesimo , ormai lo sanno anche i sassi . E perché dovrebbe invitare a dir la sua un giornale come il nostro che dal regime è fuori , e anzi in posizione di irriducibile antitesi ? Io , personalmente debbo riconoscere che non sono stato affatto escluso . Mi sono autoescluso rifiutando l ' invito perché dalle cose di regime preferisco tenermi lontano . Ma ne aspetto sempre il peggio . E infatti non mi ha sorpreso nemmeno il fatto che perfino la rassegna - stampa del Gr2 - quello diretto dal mio amico Gustavo Selva - di martedì mattina , che ha citato i commenti di tutti i quotidiani dalle Alpi al Lilibeo , ne ha dimenticato uno solo : quello del nostro giornale che pure è stato , per unanime riconoscimento , quello che più ha inciso , prevedendoli , prevenendoli e auspicandoli , sui risultati : merito dei nostri lettori , intendiamoci , ma un pochino anche nostro . Proprio per questo , credo , ci hanno ignorato . E stia pur tranquillo che continueranno a farlo . Per il semplice motivo che i padroni vogliono così . Come hanno detto Longo e Pannella , entrambi con piena ragione . E d ' altra parte , se si comportasse diversamente , che regime sarebbe ? Si metta dunque , caro Rossetti , l ' anima in pace , come ce l ' ho io che , avendo sempre accusato la radiotelevisione di essere un organo di regime , non posso poi indignarmi per il fatto che agisce come tale . Non può fare altrimenti . Si ricorda i rabbuffi che le rivolse Repubblica - altro tipico organo di regime - quando Maurizio Costanzo m ' invitò a « Bontà loro » ? Sembrava che la mia comparsa avesse disonorato la trasmissione . E non meglio andò a Arrigo Petacco quando m ' intervistò per tre minuti su un mio libro di storia . Pensi che scandalo . Ma i regimi , caro Rossetti , son fatti così . A prova di vergogna .
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Non era punto da mettere in dubbio che la Camera avrebbe rifiutato la presa in considerazione del progetto dell ' on . Bresciamorra per una indennità ai deputati ; ma è soddisfacente che questo voto sia stato dato poco dopo un discorso dell ' on . Buoncompagni che è fra i migliori fra quanti mai se ne odano nella nostra Camera . Egli ha parlato da uomo di Stato insigne , e dopo aver ricordato come già altre volte simile proposta era stata fatta e respinta , è entrato nelle viscere della quistione : non esser vero che delle indennità si avvantaggerebbero gli uomini di eletto ingegno , piuttosto i mediocri ; esser indecoroso che la Camera in tanta angustia dell ' erario , pensasse al suo particolare interesse ; e da ultimo volersi , in questa bisogna , imitare piuttosto il Parlamento inglese , che gli altri . Per la coltura morale di tutta la nazione è meglio che il servire il paese fosse ufficio gratuito . Anche l ' on . Presidente del Consiglio parlò egregiamente . Egli vinse addirittura la causa , quando disse che sarebbe stato sconvenientissimo che la prima volta che si modifica lo Statuto , ciò fosse per un vantaggio proprio e diretto dei deputati . Non c ' è dubbio che il voto della Camera sarà accolto con favore dappertutto . Sono pochissimi in Italia , favorevoli alla retribuzione dei deputati . Il genio delle nostre popolazioni non si presta punto a questo concetto ; e forse perché s ' intende che , se i deputati fossero retribuiti , bisognerebbe fare altrettanto coi senatori , eppoi coi consiglieri comunali e coi provinciali , e in somma con tutti coloro che prestano l ' opera loro alla cosa pubblica . Adesso , e dopo il voto quasi direi solenne della Camera , la quistione è risoluta , e per varii anni non si presenterà più alle deliberazioni dell ' Assemblea .
CRIMINE E PUNIZIONE ( Abbagnano Nicola , 1966 )
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Ad ogni crimine particolarmente crudele , a ogni fenomeno delittuoso che si ripeta con insolita frequenza o gravità , l ' opinione pubblica di tutto il mondo reagisce chiedendo l ' aggravamento delle pene corrispondenti . Si tratta di una reazione naturale , perché la società e i singoli individui che la compongono si sentono minacciati da quei fenomeni nella loro sicurezza e nella base stessa della loro coesistenza . Ma è una reazione che dà per scontato che basti l ' aggravamento della pena per impedire il ripetersi o l ' aggravarsi dei crimini ; ed è questa una credenza tutt ' altro che naturale perché si fonda su una determinata teoria filosofica della punizione . La filosofia morale e giuridica ha sempre dibattuto e dibatte oggi con maggiore frequenza e vivacità il problema del fondamento o della giustificazione della punizione , problema che , nella forma più generale , si può esprimere dicendo : Su che cosa si fonda il diritto di punire ? La risposta a questo problema consiste nello specificare il fine che la punizione deve raggiungere . E questo fine può essere specificato in tre modi diversi . In primo luogo , si può ritenere che la pena ha lo scopo di restituire l ' integrità dell ' ordine morale offeso o violato dal crimine , di ripristinare nella coscienza del reo , come degli altri , la maestà o la sacralità della legge lesa . Nella terminologia contemporanea , questo è detto il concetto remunerativo della pena . In secondo luogo , la pena può avere per scopo l ' emendamento o la salvezza del reo , cioè la sua rieducazione al rispetto della legge . Questo si chiama il concetto emendativo o curativo della pena . In terzo luogo , la pena può avere lo scopo di difendere la società , sia prevenendo il reato con il timore che essa ispira , sia mettendo il reo nell ' impossibilità di nuocere ulteriormente . Questo si chiama il concetto utilitario della pena perché è stato per la prima volta introdotto e difeso da filosofi utilitaristi ( Beccaria , Bentham ) . Questi tre concetti , per quanto abbiano basi teoretiche diverse , sono spesso utilizzati in modo misto o confuso , sia da filosofi o giuristi che discutono il fondamento della pena , sia dai sistemi penali vigenti che spesso si ispirano indiscriminatamente a più d ' uno di essi . Ma le discussioni recenti hanno mostrato che essi sono tra loro incompatibili e che conducono a conseguenze diverse soprattutto nella determinazione della misura della pena . La teoria remunerativa della punizione deriva dal presupposto che esiste nel mondo una legge universale di giustizia la quale esige che chi ha inflitto ad altri un danno qualsiasi debba subirlo nella stessa misura . Kant conduceva sino al paradosso questo concetto , affermando che anche quando la società civile si dissolvesse con il consenso di tutti i suoi membri , dovrebbe prima giustiziare l ' ultimo assassino che si trovasse in prigione . t chiaro che da questo punto di vista la somministrazione della pena dovrebbe rispondere alla regola dell ' occhio per occhio , dente per dente ed escluderebbe ogni possibilità di considerare le circostanze che possono aggravare o attenuare la colpa del reo . La misura della pena sarebbe stabilita una volta per tutte e non sarebbe suscettibile di essere aumentata o diminuita , perché sarebbe determinata unicamente dall ' entità dell ' offesa ... Dall ' altro lato , la concezione terapeutica della punizione , che ha nobili precedenti perché si può trovare esposta nel Gorgia di Platone , sembra negare ogni proporzione oggettiva tra il reato e la pena . Se la pena è come la purga , che deve purificare il reo dalle scorie del male , essa è tanto più efficace quanto più è forte , indipendentemente dalla colpa commessa . E perché non infliggere punizioni a tempo indeterminato cioè sino al ravvedimento del reo e che durino ( per una colpa qualsiasi ) anche tutta la vita , se egli non si ravvede ? Il concetto curativo della pena è oggi sostenuto da moralisti , psicanalisti e filantropi che vorrebbero abolito , nei confronti del reo , ogni atteggiamento di condanna o di indignazione affinché egli sia considerato soltanto come un malato da curare . E a un malato non c ' è nulla da rimproverare né da perdonare come non c ' è nulla da rimproverare o perdonare a chi agisce sotto l ' azione di una droga o dell ' ipnosi . Dall ' altro lato , non manca chi vede in questo concetto un magnifico pretesto per giustificare l ' azione di qualsiasi governo assolutista del tipo di quello descritto da Orwell nel 1984 . Per mandare una persona a « curarsi » ( cioè per toglierla dalla circolazione ) non è necessario che essa si dimostri delinquente o malvagia : basta che sia considerata « malata » cioè che non si adegui alle regole imposte dal governo . In ogni caso , da questo punto di vista , non soltanto la pena non può essere commisurata all ' offesa , ma , strettamente parlando , non esiste neppure una « pena » ; esiste una « cura » che , nonostante la sua apparenza filantropica , può prestarsi a tutti gli arbitri . A queste difficoltà si sottrae il terzo concetto della pena , quello che la considera come uno strumento di difesa della società civile . Cesare Beccaria esprimeva con una formula aurea questo concetto quando affermava : « Le pene che oltrepassano la necessità di conservare il deposito della salute pubblica sono ingiuste di loro natura » ( Dei delitti e delle pene , par . 2 ) . La dannosità che un ' azione comporta per la società è , come già riconosceva Hegel , la sola possibile misura per l ' entità della pena . Ma Hegel osservava anche ( e giustamente ) che questa misura è variabile in rapporto alla situazione storica della società stessa . La gravità della pena non può essere stabilita una volta per tutte , in rapporto al danno o all ' offesa cui essa corrisponde , né può essere stabilita in rapporto alla « malvagità » del delinquente o , se si preferisce , alla « malattia » di cui è affetto . Le circostanze storiche possono rendere opportuno o indispensabile l ' aggravamento di pena per reati considerati comunemente « minori » e una diminuzione di pena per reati « maggiori » . « Un codice penale » diceva Hegel « appartiene particolarmente al suo tempo e alla situazione della società civile nel tempo » . L questo indubbiamente il concetto della punizione cui implicitamente si fa appello quando , in certe circostanze , l ' opinione pubblica o i politici o i giuristi e gli stessi legislatori chiedono per certi reati l ' aggravamento o la diminuzione della pena . Non avrebbe senso infatti una modificazione qualsiasi della pena se questa dovesse corrispondere sempre esattamente al danno che il reo ha inflitto ad altri : d ' altra parte , non avrebbe senso il prolungamento della cura dei singoli nel caso di una epidemia o l ' abbreviazione di essa nei casi isolati . L ' atteggiamento dell ' opinione pubblica nei confronti dei crimini che per la loro gravità o per la loro frequenza la colpiscono in modo particolare è determinato , sia pure inconsciamente , dal senso della pericolosità che un crimine assume nelle situazioni che si ripetono con una certa frequenza in un periodo o in una fase della società civile . Certamente questo atteggiamento , forse proprio per la sua motivazione inconscia , è più emotivo che razionale e l ' emozione non è una buona guida in simili faccende . Un calcolo , per quanto possibile esatto , degli effetti che un aumento di pena può avere , a lunga scadenza , sulla frequenza e la gravità dei crimini , è indispensabile e questo calcolo può essere fondato soltanto su dati psicologici e sociologici , su statistiche e su previsioni probabili . Ed è da tener presente , a questo proposito , un ' avvertenza di Cesare Beccaria che troppo spesso viene ignorata e cioè che « la certezza di un castigo , benché moderato , farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile , unito con la speranza dell ' impunità » . Pene terrificanti , ma inapplicate o inapplicabili , non hanno alcun effetto deterrente e non costituiscono una difesa efficace della società e dei suoi membri . Pene minime , ma certe e adeguate al danno che un reato può arrecare alla società civile in una certa situazione , sono le più efficaci . La misura , dicevano gli antichi saggi , è l ' ottima fra le cose ; ma è anche la più difficile . E nella nostra società così complessa , nella quale una quantità di fattori , talora imprevisti , entrano continuamente in azione , la misura della punizione non può essere fornita da concezioni antiquate , da vecchie tavole di leggi , da vaghe aspirazioni umanitarie , ma solo da indagini precise , illuminate da una valida teoria .
Caro Turrini ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Turrini , io conosco poco Jiri Pelikan . Ebbe con noi qualche rapporto , poi dileguò forse temendo che la collaborazione al nostro giornale lo qualificasse come « reazionario » . Conosco però la sua vicenda di socialista cecoslovacco prima perseguitato dai nazisti che gli uccisero la madre , eppoi dalla polizia di Husak dopo la « primavera » di Praga . So che Pelikan , al culmine di una rapida e brillante carriera che lo aveva portato a posti di primissimo piano ( direttore generale della Tv cecoslovacca , deputato e presidente della Commissione affari esteri in Parlamento ecc . ) , buttò tutto alle ortiche per non subire il sopruso dei carri armati sovietici , e preferì venirsene esule in Italia , di cui ora ha preso la cittadinanza . Più che un uomo , egli è dunque un simbolo del socialismo democratico e libertario . Quindi trovo giusto che il Psi lo abbia assunto come tale , presentandolo come suo candidato alle elezioni europee , e mi auguro che gli elettori italiani avallino plebiscitariamente questa scelta piena di significato politico . L ' affermazione di Pelikan sarebbe quella di tutta la dissidenza dei Paesi dell ' Est , con la quale anche i non socialisti hanno il dovere di solidarizzare . Mi permetta però di ricordarle che in Italia vive , completamente nell ' ombra e mai ricordato da nessun partito politico , anche un altro cecoslovacco di rilievo non certo inferiore - era vice - ministro , mi pare , della stampa e propaganda : posto di delicatissima importanza , in quel regime - a quello di Pelikan : Vàclav Pélisek , che stenta oscuramente la vita come impiegato in una azienda di Verona . È un uomo , è vero , che non ha mai fatto nulla per attirare l ' attenzione su di sé . Ma non è una buona ragione per negargliela : anche lui incarna la dissidenza , e anche lui l ' ha duramente pagata . Questo , intendiamoci , non lo dico in contrapposizione a Pelikan , cui spero che gli elettori italiani diano un massiccio segno di solidarietà . Lo dico per uno scrupolo di giustizia verso Pélisek , a cui mi pare che non sé ne renda abbastanza .
ADOLESCENZA DELL'UMANITÀ ( Abbagnano Nicola , 1967 )
StampaQuotidiana ,
« Inversione di tutti i valori : ecco la formula per il supremo riconoscimento di sé » , diceva Nietzsche . E sembrerebbe che , a distanza di quasi settant ' anni dalla sua morte , la sua formula sia fatta propria da un numero crescente di persone . La polemica di Nietzsche era diretta contro i valori tradizionali del disinteresse , dell ' abnegazione , della rinuncia , del sacrificio , e intendeva difendere i valori vitali , terrestri , corporei che esaltano la vita e , nonostante i dolori e gli orrori di essa , la fanno godere nella sua disordinata espansione . Questi valori vitali sembrano i soli veramente presenti e agenti nella società contemporanea . Nulla c ' è di più estraneo a questa società di tutte le innumerevoli forme dell ' ascetismo , contro le quali Nietzsche scagliava i suoi fulmini . La corsa al benessere , la ricerca incessante di soddisfazioni intense e immediate , l ' insofferenza verso ogni rinuncia o limitazione , il disprezzo o l ' oblio della disciplina imposta dalle regole tradizionali ( a meno che non siano appoggiate dalla forza ) , sono i tratti macroscopici della vita contemporanea , tratti che suscitano l ' indignazione dei moralisti , le lamentele obbligate dei benpensanti . e l ' annuncio di catastrofi imminenti dei profeti pessimisti . La letteratura e l ' arte che , almeno in una certa misura , sono lo specchio di un ' epoca , rappresentano ingranditi questi tratti e consentono di abbracciarli nel loro insieme . Il romanzo , il teatro , il cinema , le arti figurative , i fumetti , suscitano interesse e hanno successo solo nella misura in cui rappresentano nella forma più cruda e brutale eventi o situazioni negative , sconcertanti o anormali . Il naufragio dell ' esistenza umana in tutti i suoi aspetti , il sesso nelle sue forme aberranti o semplicemente sfacciate o sordide , la violenza interessata o gratuita , la volontà di dominio e l ' abiezione , l ' omicidio , il suicidio fisico o morale o , nel campo figurativo , la presentazione di oggetti insignificanti o ripugnanti , costituiscono i terni principali delle espressioni artistiche contemporanee . La critica stessa si adatta ai criteri impliciti in questa selezione di temi . La « favola bella » , il « lieto fine » , il dramma romantico , il trionfo della giustizia e ingredienti simili sono , dalla maggior parte dei critici , considerati clichés convenzionali che tolgono , alle opere in cui ricorrono , interesse e valore artistico . Dall ' altro lato , il marchese di Sade , i poeti e gli scrittori « maledetti » cominciano a godere di una popolarità che non ebbero ai loro tempi e ad essere considerati i capostipiti di una svolta decisiva della storia letteraria ; e la tendenza iconoclastica contro figure sinora ritenute venerande si accentua negli scrittori di tutti i campi . Perfino l ' uso delle droghe è talora apertamente difeso ed esaltato come uno strumento di felicità personale o per vedere il mondo in una luce imprevista o addirittura per accedere all ' esperienza mistica del soprannaturale . Solo i filosofi sembrano vivere in un ' isola separata dal resto del mondo . Tranne qualche eccezione , discettano del bene e del male come se tutti sapessero dove stanno . Ma è proprio questo che gli uomini oggi non sanno o si rifiutano di sapere . t proprio questo il problema per ognuno e per tutti : rendersi conto , con cognizione di causa , di come e dove dev ' essere diretta la vita dell ' uomo . La radice di questa incertezza è la totale sfiducia nelle garanzie di cui i valori tradizionali vantano l ' appoggio . Pochi sono oggi coloro che credono che i valori trovino il loro fondamento nella natura stessa delle cose o del mondo , o nell ' essenza dell ' uomo o in qualche realtà trascendente : che ci credono , intendo , non per un ' astratta professione di fede ma in modo praticamente operante . Si sa che ci sono stati e ci sono sistemi di valori diversi , culture e civiltà eterogenee , modi opposti di considerare il mondo e la vita . Si sa che i valori preferiti da una stessa società possono mutare nel tempo e mutano , anzi , molto rapidamente . Non si ha fiducia che l ' interesse singolo coincida sempre e necessariamente con l ' interesse collettivo , giacché si vede o si avverte che talora i due interessi sono in conflitto . Non si è certi che il progresso collettivo del genere umano verso l ' ordine e la disciplina dell ' organizzazione tecnologica , e gli stessi vantaggi che ne derivano , garantiscano a tutti gli individui il tipo di felicità che desiderano . Questa somma di incertezze non è una novità dei nostri tempi perché , in un modo o nell ' altro , ha accompagnato dovunque il cammino del genere umano . La tragedia greca , per citare un esempio , deve il suo valore umano esemplare proprio all ' aver dibattuto alcune di queste incertezze . Ma la novità consiste nella scala in cui esse sono ora avvertite , cioè nell ' estensione in cui il senso del dubbio è penetrato negli uomini investendo tutti gli aspetti della loro vita quotidiana . Ogni civiltà tende a esaltare le sue conquiste , e noi , uomini dell ' Occidente , siamo particolarmente orgogliosi delle nostre . Siamo portati a dimenticare che la nostra civiltà non ha avuto soltanto Socrate e Cristo , ma anche i Torquemada e gli Hitler che hanno avuto forse , nella nostra storia , una parte maggiore . Siamo portati a scambiare per realtà incrollabili , per cose scontate e radicate nel nostro più lontano passato , ideali nebulosi e norme generiche che vengono dimenticate nella pratica della vita nove volte su dieci . Accade così che si può asservire in nome della libertà , fanatizzare in nome della fede , violentare in nome dell ' amore . Siamo portati a credere che con la sola forza di questi ideali si possono salvare e riscattare tutti gli uomini , anche quelli che non vogliono essere salvati ; mentre il valore di quegli ideali consiste proprio nel mettere in guardia contro questa credenza . La libertà , la fede , l ' amore , come gli altri capisaldi della nostra scala dei valori , non si impongono da sé e non possono essere imposti : perché ciò che esigono è proprio questo : ogni essere umano deve poterli scegliere per se stesso . L ' immoralismo contemporaneo serve in primo luogo a ricordarci che la vita non è quella perfetta adeguazione della realtà all ' ideale , che i coltivatori degli ideali ci hanno voluto far credere ; che non bisogna illudersi d ' aver già realizzato nei nostri modi di vivere il patrimonio ideale di cui disponiamo ; e che occorre in primo luogo guardare con sincerità spietata al modo effettivo in cui viviamo , alle scelte su cui si regge la nostra vita , per renderci conto di ciò che siamo e di ciò che possiamo diventare . Si può ( e si dovrebbe in ogni caso ) avvertire un senso di repulsione o di rivolta contro le realtà che le cronache della vita e dell ' arte ci presentano con cruda evidenza ; e questo è già un effetto benefico di quelle cronache . Ma occorre trarre da esse l ' insegnamento decisivo : quello di cercare nuove vie per la libertà dell ' individuo e l ' ordine della comunità umana . Attraverso i disordini , gli sbandamenti , le proteste , lo scetticismo e l ' apatia verso cose o valori ritenuti essenziali , è in corso un grande esperimento per la ricerca di nuovi modi di convivenza , di nuove regole per orientare la vita degli individui . Gli uomini oggi non sono disposti ad accogliere senza beneficio d ' inventario l ' eredità del passato o il messaggio di nuovi profeti . Vogliono trovare da sé , attraverso errori , delusioni e sconfitte , la via buona ( se ce n ' è una ) da imbroccare . Il loro atteggiamento dominante è quello proprio degli adolescenti e dei giovani ai quali poco giovano gli insegnamenti degli adulti , finché non li abbiano essi stessi messi a prova e convalidati con la loro esperienza vissuta . Nonostante gli enormi e rapidi progressi che ha fatto in certi campi , l ' umanità vive oggi la sua fase di adolescenza : ma di un ' adolescenza non remissiva né docile , ma vigile e aggressiva , che non accetta facilmente lezioni . « L ' uomo » diceva Montaigne « é sempre in tirocinio ed in prova . » Ma oggi al tirocinio e alla prova non partecipano più solamente le élites privilegiate , ma strati sempre più vasti del genere umano ; e questo costituisce il contrassegno e l ' originalità del nostro tempo . Certamente il rischio è grande e conquiste decisive , valori fondamentali possono andare perduti , come possono essere riscoperti e convalidati . Ma non si può evitare il rischio disconoscendo o ignorando semplicemente la situazione che lo provoca . Non si diminuisce il rischio insistendo su valori collaterali , rifiutando di muoversi e di cercare , appellandosi alla natura o all ' autorità o ad altre garanzie estrinseche dei valori che si vogliono difendere . Se l ' umanità vuol sopravvivere , non può dimenticare il rispetto che deve a se stessa e a ognuno dei suoi membri . Questo è l ' unico punto fermo . Ma le vie o i modi per realizzare questo rispetto nelle forme concrete di regole e di atteggiamenti che reggano di giorno in giorno e di ora in ora la vita degli uomini possono essere diversi . Il problema consiste nel rendersi conto delle alternative che quel rispetto consente all ' uomo e di quelle che esclude . Consiste nell ' individuare le scelte che si possono ancora e sempre ripetere dopo ogni prova e che siano partecipabili dalla maggior parte degli uomini . Scelte siffatte si limitano a vicenda e possono , al limite , circoscrivere la sfera d ' azione dell ' individuo nei confronti di quella degli altri . Ma l ' arte delle scelte è difficile e in questo campo l ' uomo non può affidarle a una macchina calcolatrice . Solo quest ' arte , tuttavia , può far uscire l ' uomo dall ' adolescenza e avviarlo alla maturità : sempre con l ' avvertenza che la maturità del genere umano , più di quella dell ' individuo , non sarà mai una conquista definitiva .