Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> categoria_s:"StampaQuotidiana"
Quelli che restano ( Montale Eugenio , 1951 )
StampaQuotidiana ,
Di solito , quando un artista muore ( sia egli poeta , musico o artista figurativo ... o quasi ) è urgente bisogno dei suoi colleghi di seppellirlo e di fare che non se ne parli più . Uno di meno , tanto di guadagnato per tutti . È la regola , e sembra strano che vi siano eccezioni , artisti che pur morendo riescono a sopravvivere . Come si spiega questo straordinario fatto del morto che non muore ? Esso contraddice al tradizionale concetto della « lotta per la vita » , è sommamente antibiologico e si direbbe anche contrastante alle leggi dell ' economia . La spiegazione è , invece , di natura economica . La macchina della Cultura - un ' organizzazione che dà da vivere a milioni di persone - non può ammettere vuoti assoluti nella storia , non può dire : « Dall ' anno X in poi l ' arte ha cessato di esistere » . Ad essa è anzi necessario un continuo rifornimento , una continua immissione di forze nuove nei « quadri » . Si giunge al punto che se gli artisti nuovi non ci sono si creano . Intere epoche ( e non solo nel campo della pittura ) possono essere create e disfatte . Poeti spremuti possono passare agli archivi se altri , meglio spremibili , appaiano all ' orizzonte . E poiché la funzione della spremitura si compie ordinariamente meglio sui morti che sui vivi , ecco spiegato perché l ' un per cento degli artisti oggi fisicamente vivi può contare - post mortem - su un breve periodo di « immortalità » . A partire da questo traguardo ( morte fisica seguita dal terno al lotto della sopravvivenza ) i vantaggi dei morti sui vivi sono molti e innegabili . All ' artista morto si riconosce nobiltà di stile , larghezza e originalità di idee ; la sua vita è giudicata interessante e rappresentativa , anche se è piena di sconcezze . L ' opera dell ' artista morto da molti anni è , inoltre , res nullius , appartiene a tutti e a nessuno ; e ciò favorisce la sua diffusione . I « pezzi » del pittore , in quanto oggetti materiali , hanno sì un valore venale che può aumentare o decrescere col passare degli anni , ma l ' opera del pittore e del poeta , in quanto significato ideale , pretesto di cultura , argomento di chiacchiere erudite o giornalistiche , è veramente alla portata di tutte le borse . È un tesoro collettivo al quale tutti i viventi che pratichino qualche arte possono sperare di contribuire , una volta che si siano , beninteso , tolti fisicamente di mezzo . Quando si legge un manuale di storia letteraria o di storia delle arti « visive » , il capitolo dedicato ai viventi è immancabilmente penoso . Non si creda che ciò sia sempre dovuto a malafede o a insipienza di manualisti e antologisti . Un uomo di cultura che abbia conversato , per lunghi anni , con le grandi ombre del passato non può provare che irritazione e sconforto imbattendosi in uomini che pretendono di essere artisti , e per giunta artisti vivi . L ' artista vivo è spesso un uomo come tutti gli altri , un uomo qualunque , e la sua presenza fisica basta a spogliare di ogni interesse l ' opera sua . Pazienza se fosse un essere impresentabile o un furfante ; meglio ancora se un assassino , un mostro . Casi simili sono conosciuti , sono stati schedati , sono « nella regola » . Ma l ' artista che apparentemente vive e pensa come gli altri uomini è veramente insopportabile . Che cosa pretende da noi questo millantatore ? Una vita prima e una vita dopo ? Sarebbe troppo comodo . Incominci a levarsi dai piedi , poi ne riparleremo ... Grande dev ' essere la soddisfazione degli artisti defunti , se essi hanno veramente aspirato a far parlare di sé . Il loro nome è inciso su targhe , stele , monumenti ; ad essi sono dedicati strade , viali , parchi , piazze . Interi capitoli di libri descrivono la loro vita e le loro opere . Brani di loro poesie sono confitti in migliaia di cervelli di studenti . Legioni di laureandi si affaticano a frugare nei testi che ci hanno lasciato , si industriano a interpretarli , a farne sprizzare i significati più sorprendenti . L ' artista vivo è talvolta obbligato a fornire spiegazioni sull ' opera sua . Se dichiara di non poterne dare non viene creduto ; se smentisce le spiegazioni date da altri passa per un presuntuoso ; se le accetta , non può accontentare tutti perché deve accoglierne qualcuna escludendone altre . Il miglior partito è per lui di fingersi un irresponsabile che non sa quel che fa o quello che scrive . L ' artista morto lascia invece il suo indovinello e se ne lava le mani . L ' indovinello può essere anche L ' infinito di Giacomo Leopardi , la più chiara poesia del mondo . Mettete la poesia del morto nelle mani dei vivi , e vedrete che cosa ne vien fuori . Lo sguardo del poeta è escluso dalla siepe o dall ' orizzonte ? E sull ' ermo colle c ' era solo la siepe o c ' erano altri alberi ? E il vento che stormisce fra le piante deve intendersi che stormisca fra la siepe o fra gli altri alberi ? Queste ed altrettali , sono le gravi questioni che dividono i vivi dai morti . Per fortuna , i morti non se ne accorgono . Uno dei pochi vantaggi nell ' artista vivo è che la sua immortalità resta un ' ipotesi indimostrabile . Così , finché vive , nessuno gli chiede : « Dove ha Ella conosciuto Silvia e Nerina ? Le ha davvero amate ? In modo veramente ... conclusivo ? In che data ? E che cos ' è successo poi di quelle brave ragazze ? » . Domande simili , ripeto , non si fanno ai vivi , e non per discrezione , ma solo perché si ignora chi sarà il futuro cantore di Silvia e di Nerina . Se si potesse saperlo , il neo - immortale dovrebbe darsi alla fuga . E del resto non è una continua fuga la vita dell ' artista vivo ? Egli solo è capace di comprendere che l ' immortalità delle sue opere dura quanto un batter di ciglio e che la vera infinità dell ' arte è un lampo che non si misura coi mesi e gli anni dei calendari umani .
È lecito uccidere il tiranno? ( Bobbio Norberto , 1986 )
StampaQuotidiana ,
È lecito uccidere il tiranno ? Era naturale che dopo l ' attentato a Pinochet si riproponesse ancora una volta , anche in Italia , l ' eterna domanda . Se la sono posta in questi giorni , tra gli altri , Rossana Rossanda sul « Manifesto » rispondendo di sì ma sollevando i dubbi di Adriano Sofri , e di Mieli sulla « Stampa » e di Giuliano Zincone sul « Corriere della Sera » . Il problema è vecchio e le diverse possibili soluzioni altrettanto . Per fare qualche esempio , in un ' epoca in cui le guerre di religione avevano favorito la nascita di dottrine che predicavano il tirannicidio , Hobbes collocava la massima « E lecito uccidere il tiranno » fra le teorie sediziose che in uno Stato ben ordinato avrebbero dovuto essere proibite ( nella repubblica hobbesiana l ' articolo di Rossana Rossanda sarebbe stato censurato , e l ' autore forse messo in prigione ) . Nell ' età della rivoluzione francese , in cui venivano celebrati in cattedrale feste e riti in onore di Bruto , Kant affermò che chiunque avesse anche il minimo senso dei diritti dell ' umanità non poteva non essere scosso da un « brivido d ' orrore » di fronte all ' esecuzione solenne di Carlo I in Inghilterra e di Luigi XVI in Francia . Come tutti i problemi morali , anche il problema della liceità del tirannicidio non è di facile soluzione . Anzi , non ha una soluzione che possa essere data e accolta una volta per sempre , perché ogni caso è diverso da tutti gli altri . La soluzione dipende dalle circostanze di luogo e di tempo , dalla persona contro cui l ' atto si dirige , dalle persone che lo compiono , dalla gravità delle colpe e dalla impossibilità di ricorrere ad altri rimedi . Avevano ragione o torto i cospiratori del 20 luglio 1944 nel tentare di uccidere Hitler ? Aveva le stesse ragioni l ' anarchico Bresci nell ' uccidere Umberto I ? Basta porre queste due domande , e se ne potrebbero porre infinite altre analoghe , per rendersi conto che sotto il nome generico di attentato , o di atto terroristico , si celano eventi totalmente diversi , che non possono essere giudicati con lo stesso metro . Il primo aveva un intento prevalentemente liberatorio , il secondo essenzialmente punitivo . Il problema è reso più complesso dal fatto che la stessa azione può essere sempre giudicata con due criteri diversi : o in base a regole precostituite che debbono essere osservate o in base ai risultati che si ritiene debbano essere raggiunti . I due giudizi non coincidono quasi mai : osservando le buone regole spesso si ottengono cattivi risultati ; cercando di ottenere buoni risultati , molte buone regole vengono coscientemente e tranquillamente calpestate . Se si giudica l ' attentato in base alle regole precostituite , è evidente che esso contravviene alla norma « Non uccidere » , che è una delle leggi fondamentali della morale di ogni popolo e in ogni tempo . Come tale dovrebbe essere condannato . Ma non vi è regola senza eccezione . Non è lecito uccidere il nemico in una guerra giusta ? Non è sempre stata riconosciuta come guerra giusta la guerra di difesa ? Non può allora essere estesa al tiranno considerato come nemico interno l ' eccezione prevista per il nemico esterno ? Sennonché , come in guerra l ' eccezione vien meno di fronte alle popolazioni civili , così l ' attentatore dovrebbe colpire soltanto il tiranno e risparmiare le persone , la scorta o i familiari , che si trovino accanto a lui . Ma oggi questa condizione è sempre più difficile da rispettare per il tipo di armi impiegato , come ha dimostrato l ' uccisione di alcune guardie del corpo nell ' attentato a Pinochet . Ciò rende la liceità del tirannicidio , giudicandola in base agli argomenti della filosofia pubblica tradizionale , sempre più problematica . Nel dramma I giusti , di Camus , il congiurato cui è stato affidato il compito di uccidere il Gran Duca torna senza aver eseguito l ' ordine perché sulla carrozza erano seduti accanto al personaggio due piccoli nipoti . Quando uno dei compagni lo rimprovera : « L ' Organizzazione ti aveva comandato di uccidere il Gran Duca » , risponde : « E ' vero , ma non mi aveva comandato di assassinare dei bambini » . Partendo dal punto di vista dei risultati , il giudizio non diventa né più facile né più limpido . Anzitutto il risultato deve essere se non certo altamente probabile . Non c ' è dubbio che nel caso dell ' attentato al generale cileno il non raggiungimento del risultato abbia contribuito a rafforzare il potere del dittatore sia nei riguardi di tutti quei cittadini ( e sono ancora molti ) che sarebbero disposti a liberarsi dalla dittatura in cambio di una democrazia moderata ma non a cambiare il regime di Pinochet con un regime comunista , sia nei riguardi degli Stati Uniti , che abbandoneranno del tutto il generale solamente quando saranno sicuri che al suo posto invece di un governo democratico all ' americana non venga istituito un governo guidato dal partito comunista . In secondo luogo , si deve prevedere che il risultato non solo sia perseguibile con un alto grado di probabilità , ma che , se raggiunto , sia tale da non lasciar adito a dubbi sulla sua convenienza o opportunità , nel senso che , messi sui due piatti della bilancia il male necessario ( nell ' uso di certi mezzi ) e il bene possibile , il secondo prevalga . Inutile dire quanto questa soluzione sia difficile . Nel caso dell ' attentato a Giovanni Gentile ( so di toccare un tasto dolente ) la sproporzione tra la morte di un uomo e le conseguenze che questa morte poteva avere sulla condotta della guerra era tale da renderci oggi molto dubbiosi sulla saggezza di quell ' atto ( anche se devo confessare che allora non mi ero posto il problema nello stesso modo ) . Nel caso dell ' attentato a Pinochet sospendo il giudizio : mi parrebbe di commettere un atto di prevaricazione nel sostituire la mia opinione a quella di coloro che vivono dentro a quella situazione . Durante l ' occupazione tedesca , quando assistevamo alla tortura e alla morte di tanti nostri compagni , come avrei giudicato un attentato a Mussolini ? Un uomo dell ' altezza morale di Calamandrei alla notizia della morte di Mussolini trascrive sul suo diario , unico commento all ' episodio , il famoso cantico di Alceo : « Ora bisogna bere ; I ubriacarsi bisogna ; I ora che Mirsilo è morto » . Completamente diverso e più semplice il giudizio sugli atti di terrorismo indiscriminati , come le stragi alla stazione di Bologna , nella sinagoga di Istanbul , nel grande magazzino di rue de Rennes . Prova ne sia che , mentre di fronte all ' attentato al dittatore cileno c ' interroghiamo sulla sua liceità , di fronte a quelle stragi restiamo inorriditi , incapaci di dare , nonché una giustificazione , una qualsiasi plausibile spiegazione .
UN'ALTRA COMETA ( PARETO VILFREDO , 1910 )
StampaQuotidiana ,
La prima fu quella del Calabrese , la quale apparve , per poco rimase visibile , e sparve ; l ' altra ora sta sull ' orizzonte , con bella e lunga coda pettinata dal Luzzatti , e toglie nome da un disegno di legge , dicesi contro alla pornografia , in realtà contro alla libertà del pensiero . Tale disegno è conseguenza del concilio tenuto a Parigi dai santi padri della bigotteria ; e nella relazione si nota , con compiacente letizia , che « ove la conferenza di Parigi venisse integralmente approvata , si giungerebbe alla internazionalizzazione del reato di pornografia , ed il reo si troverebbe in tutto il mondo civile sovra un unico territorio , né potrebbe sfuggire alla giustizia » . Forse questi egregi moralisti vendono la pelle dell ' orso prima di averlo ucciso ; e non è punto sicuro che proprio tutti i paesi del mondo vogliano prestarsi ad assecondare questi ipocriti pudori ; ma ove , per dannata ipotesi , ciò seguisse , avremmo una oppressione del pensiero quale mai non l ' ottenne la Santa Inquisizione ; poiché se vi erano paesi ove essa imperava , ve ne erano pure altri ove si stampava ciò che meglio si credeva ; e , anche senza la Inquisizione , se in Francia si bruciavano , come oscene , le opere del Rousseau e del Voltaire , non mancavano terre ove si potevano stampare . Se in quel tempo ci fossero stati , in tutti i paesi , le leggi che ora ci vogliono imporre , molte delle opere del Rousseau e del Voltaire non avrebbero potuto essere pubblicate , poiché è certo , certissimo , che in esse vi sono passi osceni e tali da cadere sotto il disposto delle nuove leggi . S ' intende che , per non essere troppo ridicoli , i nostri moralisti daranno un calcio alla logica e non faranno sequestrare quei libri , come lasceranno anche vendere le opere dell ' Ariosto , del Boccaccio , del Machiavelli , e di tanti altri nostri autori ; ma mirano ad impedire che nuove opere di quel genere si possano porre in vendita . Ci lasceranno il passato , purché , a loro , consegniamo l ' avvenire . Tanto è il loro furore moralista , che vogliono dare la caccia anche ai titoli dei libri : « E si vieta pure di tenere esposti nelle mostre o vetrine dei negozi i libri scientifici ( sic ! ) che portano titoli atti ad offendere la castigatezza delle persone od a stimolare indiscrete curiosità nell ' animo dei giovani » . Seguitando così , si potrà solo esporre le vite dei santi , principalmente quella di san Luigi Gonzaga , che , se non erro , deve essere il patrono dei nostri moralissimi . Quando avrà impero la nuova legge , avverto i librai che non abbiano ad esporre il mio Mythe vertuiste , perché , mi piace dirlo chiaro , esso è diretto peggio che ad offendere , a distruggere le teorie del santo concilio di Parigi , le quali dalla nuova legge sarebbero imposte ; e quindi può il solo titolo « stimolare l ' indiscreta curiosità » di coloro che desiderassero sapere cosa la gente eretica e perversa può trovare da opporre alle teorie dei santi padri della religione morale . Dicesi che le nuove leggi siano volute dai clericali nostri . Se ciò è vero , mi sia concesso il dire loro che , così operando , si mettono su di una falsa strada , la quale potrebbe anche portare ad infliggere loro persecuzioni come quelle che hanno sofferto in Francia . La loro salvezza sta nella libertà ; essi possono giustamente chiedere che la legge sia neutrale tra loro e gli avversari loro ; ma se chiedono l ' aiuto della legge per imporre altrui la loro morale , perdono ogni titolo per dolersi se verrà giorno in cui , invertite le parti , saranno questi avversari che vorranno imporre la loro morale ai cattolici . In questo avvicendarsi di persecuzioni e di oppressioni sta veramente il pericolo delle nuove leggi colle quali si vorrebbe ferire la libertà del pensiero ; poiché tale scopo non sarà meglio raggiunto di quello che lo sia stato pel passato , e ai nostri moralissimi legislatori non sarà certo dato di compiere ciò che non poterono conseguire papi , imperatori , re , inquisitori e gesuiti
Il grande rifiuto ( Montale Eugenio , 1965 )
StampaQuotidiana ,
L ' idea che la sostituzione di Mammona a Dio o all ' Essere o all ' Ente ( mettetela come volete ) fosse il segno premonitore di una nuova barbarie era già viva in Kant , e poi in Goethe e più tardi in Burckhardt , e chissà in quanti altri ( trascuro Hegel per il quale la morte dell ' arte era compensata dal trionfo della Ragione ) . Oggi l ' idea si è generalizzata , ma è mutato il nome : invece di barbarie si preferisce parlare di progresso scientifico e tecnico , di nuova cultura ( due o mille culture ) , di nuova antropologia , restando identica , anzi peggiore la situazione . Certo esistono differenze tra la vecchia e la nuova barbarie . La vecchia era truculenta : i viaggi erano pericolosi , sebbene meno dei viaggi attuali ; le pestilenze falciavano le popolazioni , i dissidi e le faide dividevano non solo gli Stati ma anche le famiglie e le consorterie . I morti di fame abbondavano ( ce n ' è almeno un miliardo anche oggi ) ; i ricchi anche allora avevano sempre ragione ; la vita media dell ' uomo era più breve ; e tuttavia c ' era il vantaggio della lenta circolazione delle idee . Queste erano poche e relativamente stabili ; e non importa se fossero false . Oggi le idee sono scomparse : tutto è ipotetico , tutto è vero finché è vendibile ed è falso tutto ciò che non fa gola all ' uomo economico . Molti sono convinti che il peggio deve venire , ma accettano il fatto come inevitabile . E quando verrà questo peggio ? Dovesse accadere tra un secolo o due , se la sbrighino i nostri pronipoti . A noi non importa nulla . La moltiplicazione delle scienze e delle tecniche è direttamente connessa alla scomparsa delle idee . Se esaminiamo il campo delle arti e delle lettere - il solo in cui io abbia qualche competenza - che cosa troviamo ? Si afferma , per esempio , che la letteratura è rimasta indietro e che solo la musica e le arti visuali tengono il passo . È chiaro che la poesia o la prosa di romanzo non potranno mettersi al corrente se non realizzando opere totalmente prive di idee e unicamente affondate nell ' inconscio . Si dirà che anche la rinunzia alle idee è un ' idea , è l ' idea che non esistono idee valide . Ma è un sostegno debole per una produzione che dopo ottanta e più anni di nuovissimi ismi non ha nemmeno il pregio della novità . L ' orrore per gli astratti contenuti , la giusta convinzione che la poesia si fa con le parole , la musica con le note , la pittura con i colori , ha messo in ombra ciò che i nostri padri sapevano da secoli : e cioè che la poesia non si fa soltanto con le parole , la musica non si fa soltanto con i suoni e la pittura non si fa unicamente col disegno e coi colori . Un simile orrore ha facilitato l ' avvento di una musica in cui la nota ( la parola musicale ) non conta più nulla ; di una pittura concepita come gesto pittorico o come esibizione di materia bruta . Un ' arte così fatta - superate le iniziali diffidenze - non ingombra lo spirito , non fa pensare . È un ' arte addirittura piacevole . Quando il mondo ( bomba atomica permettendolo ) sarà abitato da otto o nove miliardi di uomini alti più di due metri , quest ' arte sarà probabilmente ben viva . Ma nessuno potrà prendersi la briga di farne la storia , di ravvisarvi il filo di un ' idea che possa dare un senso all ' esistenza del termitaio umano . E questo potrà dirsi anche delle migliaia o dei milioni di opere letterarie allineate , pienamente al corrente . I loro autori avranno avuto editori , cattedre , prebende ; saranno letti da pochi ma la loro esistenza avrà una consacrazione ufficiale . Più numerosi - un ' infinità - saranno gli scrittori di roba commestibile , destinati anch ' essi all ' oblio ma ben pagati e rispettati . ' rutto sarà pienamente OK e i filosofi spiegheranno che la loro materia , dopo essere stata in auge in tempi barbarici , dovrà essere relegata nel buio di una preistoria che per il nuovo animale umano non potrà avere alcun interesse . Esistono , ovviamente , altre ipotesi , alternative diverse ; ma non so se più consolanti . Quel che pare certo è che l ' uomo debba pagare a caro prezzo il suo « grande rifiuto » .
La logica del terrorismo ( Bobbio Norberto , 1985 )
StampaQuotidiana ,
Ogni atto terroristico suscita un acceso e quasi sempre inconcludente dibattito circa i suoi scopi e i suoi effetti . Il dibattito nasce dal fatto che di ogni atto terroristico , sia di quello indiscriminato sia di quello rivolto verso un obiettivo specifico , è estremamente difficile stabilire gli scopi . Ed è estremamente difficile stabilirne gli scopi perché non è facile prevederne gli effetti . L ' assassinio del prof. Tarantelli è stato immediatamente collegato alla campagna in corso pro e contro il referendum . Ma a guardar bene questo collegamento è stato fatto nei modi più diversi . I problemi connessi col referendum sono due : a ) se si debba svolgere , secondo l ' indicazione della Corte costituzionale , o debba essere evitato ; b ) se una volta che sia stato deciso di lasciarlo svolgere , quale delle due parti in contrasto lo vincerà . Ebbene , rispetto a entrambi i problemi , credo che nessuno sia in grado di prevedere esattamente se l ' assassinio del prof. Tarantelli avrà delle conseguenze e quali saranno . Rispetto al primo problema l ' assassinio è destinato a favorire coloro che il nodo della scala mobile preferiscono tagliarlo con il ricorso al voto popolare oppure coloro che preferiscono scioglierlo attraverso un compromesso fra le parti in cui non dovrebbero esservi né vincitori né vinti ? Rispetto al secondo , questo « sangue » è destinato a far aumentare i voti del « sì » oppure i voti contrari ? Posto il problema degli scopi e degli effetti di questo nuovo atto di terrorismo , e non si vede come possa essere posto altrimenti , si capisce subito che le risposte possibili sono molte , e anche opposte fra loro . Di fatto , a giudicare dalla polemica subito sorta fra uomini politici delle diverse parti , ognuno dà una interpretazione diversa secondo il proprio punto di vista . Ciò dimostra ancora una volta che la logica dell ' atto terroristico non può essere giudicata alla stregua della logica dell ' azione politica comune , che mette in diretta connessione il mezzo col fine , e che di fronte a un ' azione in cui non riesce a cogliere il nesso mezzo - fine è tentata di considerarla irrazionale ( o folle ) . Una delle ragioni per cui è così difficile dare un giudizio politico su un atto di terrorismo è che ci si sofferma troppo poco sul suo aspetto meramente punitivo o vendicativo . Il terrorista è o crede di essere , prima di tutto , un giustiziere . Ciò che per noi che ci mettiamo dal punto di vista dell ' ordinamento delle leggi dello Stato è un assassinio , per il terrorista che non accetta l ' ordinamento dello Stato , che considera lo Stato il principale nemico da abbattere , è una condanna a morte . Di un atto di giustizia è perfettamente inutile cercare quali siano gli scopi e gli effetti ulteriori . In un atto di giustizia lo scopo dell ' atto che è il rendere giustizia , è intrinseco all ' atto stesso . L ' atto di giustizia non pone alcuna domanda che vada al di là dell ' atto perché è esso stesso una risposta , ed è una risposta che chiude un ciclo di azioni e reazioni , e non ne apre uno nuovo . Che ogni atto di giustizia , soprattutto poi quando è così spietato , possa avere anche lo scopo di costituire un atto d ' intimidazione e di avvertimento nei riguardi di futuri colpevoli , non si può escludere , sebbene uno scopo di questo genere sia molto più evidente nella giustizia di un ' istituzione regolata da norme generali e astratte com ' è l ' ordinamento giuridico dello Stato che in quella di un gruppo terroristico la cui organizzazione è labile , discontinua , e la cui azione futura è molto più incerta . Ma in ogni caso l ' eventuale effetto rispetto ad azioni future è secondario rispetto a quello primario ed essenziale della punizione di azioni passate . Ha dunque ben poco senso cercare una giustificazione politica di un atto che essendo compiuto come un atto di giustizia trova la propria giustificazione in se stesso , cioè esclusivamente nel fatto di essere un atto di giustizia , e che in quanto tale può avere paradossalmente una giustificazione etica ( se pure di un ' etica distorta ) e non ha niente a che fare con la politica . A questa prima osservazione se ne collega una seconda , a mio parere più importante . L ' unica cosa che un atto terroristico come l ' assassinio del prof. Tarantelli vuole politicamente dimostrare è che di fronte ai grandi conflitti sociali non vi può essere che un unico modo per risolverli : il ricorso alla violenza . In quanto tale esso è una sfida alla democrazia intesa come l ' insieme delle regole che permettono di risolvere i conflitti senza ricorrere all ' uso della violenza da parte dei gruppi in conflitto fra loro . I modi per risolvere democraticamente , senza ricorrere alla violenza , i conflitti d ' interesse sono principalmente due : la trattativa che conduce a un accordo di compromesso oppure il voto calcolato in base alla regola di maggioranza . Si osservi bene : si tratta dei due metodi attualmente in contrasto per la soluzione della controversia sulla scala mobile , e sui quali è in corso , con esito incerto , la discussione fra le varie parti . Anche da questo punto di vista , a me pare sia perfettamente inutile il litigio sui presunti scopi dell ' assassinio . In quanto esso applica il metodo della violenza in antitesi al metodo democratico essenzialmente non violento , si contrappone contemporaneamente tanto alle pratiche del compromesso che vorrebbero evitare il referendum quanto all ' attuazione del referendum che pretende di risolvere con un voto di maggioranza un conflitto che secondo il terrorista , che ha una idea rivoluzionaria del cambiamento storico , non può essere risolto con nessuno dei rimedi offerti da un governo democratico che voglia rispettare le regole del gioco . Il terrorista dice no tanto al compromesso quanto al referendum , tra i quali non può fare alcuna distinzione dal suo punto di vista . Anche in questo caso il gesto ha un valore puramente dimostrativo e pertanto ha un fine in se stesso , come l ' atto di giustizia , indipendentemente dai suoi effetti . Con questo non si vuol dire che non abbia effetti che vadano ben al di là delle intenzioni degli attori , anche se non sappiamo esattamente quali potranno essere . Ma non è l ' arzigogolare sugli effetti che possa in qualche modo offrirci una ragione dell ' atto , perché l ' atto ha le sue ragioni chiarissime a chi le voglia intendere , indipendentemente da essi . Resta una domanda angosciosa : perché nel nostro paese questa sfida alla democrazia sia più forte che altrove .
IL PROBLEMA FERROVIARIO ( PARETO VILFREDO , 1911 )
StampaQuotidiana ,
Parmi sempre che la migliore soluzione da esaminare sia quella della cooperativa . Sono ben lungi dall ' essere un fanatico della cooperazione e dal credere ad una magica virtù di quella parola . Neppure , e parmi averlo dimostrato in tutto quanto ho scritto , sono partigiano della teoria del prodotto integrale del lavoro ai lavoratori . Intendo esaminare il problema esclusivamente da un punto di vista pratico ed empirico . Se i ferrovieri si fossero limitati ad invocare principi astratti non farei motto , ma quando vedo gente competente e che ha le mani in pasta , porsi sul terreno pratico ed affermare che c ' è modo di migliorare le condizioni dei ferrovieri senza aggravio pel pubblico , parmi che tale asserzione sia almeno degna di studio . Sarebbe presunzione la mia se dicessi in modo assoluto , che essi hanno ragione . Tale giudizio od il giudizio opposto possono solo essere la conclusione di lunghi e severi studi di persone competenti , come sarebbero i membri di una commissione scelti fra le persone più o meglio intendenti delle cose ferroviarie e finanziarie . Molto più modesta è la mia tesi . Dico che la proposta dei ferrovieri è meritevole di esame e non deve essere respinta a priori . Non mi nascondo le forti e gravi obiezioni recate da persone che ben conoscono la materia quali sono i professori Einaudi , Pantaleoni , De Johannis , ma credo che se possono avere sede nella discussione per la risoluzione definitiva del problema , non siano tali da fare respingere senz ' altro questa discussione stessa . Si dice : se concedete che l ' esercizio privato sia il migliore , perché non lo proponete addirittura ? Perché un vero esercizio privato come quello delle ferrovie inglesi è impossibile nelle presenti condizioni , in Italia . Non ci sarebbe un Parlamento , per approvarlo , e forse neppure capitalisti per intraprenderlo . Possibile sarebbe solo un esercizio in apparenza privato , in realtà misto di esercizio di Stato e di esercizio privato , pessimo fra tutti gli ordinamenti che si possono escogitare per le ferrovie italiane , ed atto solo a procacciare lucrose speculazioni di borsa . Rimane dunque solo la scelta tra l ' esercizio di Stato e l ' esercizio della cooperativa . Riguardo a quest ' ultimo , si osserva e giustamente che mala prova hanno fatto molte cooperative di produzione , infelicissima poi quella della Mine aux mineurs in Francia ; e se similmente a tali cooperative dovesse essere ordinata la cooperativa ferroviaria , accetterei per buona , l ' obiezione a priori . Ma l ' ordinamento può essere diverso , facendo parte al capitale estraneo alla cooperazione e mirando non già a mettere in opera principi teorici , ma lasciandosi unicamente guidare da considerazioni pratiche . Per solo modo di esempio , pongasi che la cooperativa ferroviaria abbia : 1 ) un certo numero di obbligazioni 3 e mezzo per cento ( metto a caso questo numero solo per brevità di discorso ) ; 2 ) azioni privilegiate 4 e mezzo per cento ( anche questo numero è messo a caso ) ; 3 ) azioni ordinarie . Le azioni ordinarie sono distribuite gratis , o con pagamento minimo , ai ferrovieri , secondo certe norme da determinare . Il frutto di queste azioni varrà pei ferrovieri appunto l ' aumento di salario che essi chiedono e che è impossibile oramai di rifiutare loro . Sull ' utile dell ' azienda , si preleva : 1 ) la somma necessaria pel servizio delle obbligazioni ; 2 ) la somma necessaria pel servizio delle azioni privilegiate . Il rimanente va alle azioni ordinarie . Tale ordinamento , per quanto spetta alla divisione del capitale in obbligazioni , azioni privilegiate azioni ordinarie , non è teorico ; trovasi presso moltissime società inglesi e vi fa buona prova . Temesi , e non a torto , che assemblee di soli cooperatori possano talvolta essere trascinate ad approvare provvedimenti dannosi al capitale dell ' azienda . Tale pericolo è rimosso dall ' intervento degli azionisti privilegiati , che del capitale sapranno prendersi cura . Infine osservasi che vi possono essere crisi nelle quali la società di esercizio ferroviario guadagnerà pochissimo , e che sono compensate da anni in cui largo è il guadagno . Tale compenso ci deve essere , altrimenti l ' esercizio sarebbe disastroso e non potrebbe essere assunto da nessuna società , sia cooperativa sia anonima ; e se pure ci fossero finanzieri così imprudenti dallo assumerlo , la società loro fallirebbe , e saremmo da capo coll ' esercizio di Stato . Se si vuol fare sul serio , occorre concedere patti convenienti a chiunque assuma l ' esercizio ferroviario . Ma , dicesi , e dicesi ottimamente , per potere fare quel compenso tra gli anni magri e gli anni grassi , un capitale ci vuole . Sta bene , ed a ciò appunto si provvede col capitale delle azioni privilegiate . Non ho menomamente l ' intento di esaminare qui tutti i particolari di un simile ordinamento , dirò solo che il Governo può avere una certa ingerenza nell ' amministrazione , purché non sia d ' inciampo al li ero svolgersi dell ' esercizio ; qualche cosa di analogo si ha nell ' ingerenza del Governo nell ' amministrazione della Banca d ' Italia . È veramente strano che il nostro Governo , il quale colma di favori , a spese dei contribuenti , le mendicanti cooperative di braccianti ed altre simili , rifiuti di esaminare le proposte dell ' unica cooperativa che non mendica favori , ma chiede un giusto , e conveniente per tutti , contratto di esercizio . Sarebbe forse perché i politicanti traggono dalle prime un utile per la loro potenza politica , che da quest ' ultima non sperano ?
I libri nello scaffale ( Montale Eugenio , 1961 )
StampaQuotidiana ,
Scorrendo riviste di cultura , estratti di rendiconti accademici , relazioni presentate a congressi ed altre pubblicazioni del genere può accadere di incontrare accaniti ri - lettori . Titoli come « Rileggendo Jean - Jacques » , « Rileggendo il Pulci » , « Rileggendo Melantone » sono tutt ' altro che improbabili . Un così fatto zelo di erudizione sarebbe ammirevole se l ' asserita rilettura non fosse del tutto immaginaria . Nella grande maggioranza dei casi , non di rilettura si tratterà ma di un primo frettoloso approccio . Rilegge chi ha già letto ; e il tempo delle lente e meditate letture è ormai lontano da noi . In particolare , si leggono sempre meno libri , mentre è assai alto il numero di lettori di fogli periodici , giornali , riviste , manifesti murali e altra roba stampata . Ma i lettori delle pubblicazioni volanti , giornaliere , non leggono : vedono , guardano . Guardano con un ' attenzione « fumettistica » anche quando sanno leggere davvero ; guardano e buttano via . I nostri treni « rapidi » , giunti a destinazione , sono un cimitero di pubblicazioni effimere . Restano i libri , sempre più numerosi , quanto più scarseggia il numero dei possibili lettori . in Italia esistono forse trecento librai degni del nome , e un numero di editori almeno triplo . Il fatto è singolare perché il libro , come oggetto di consumo , è ingombrante , difficilmente trasportabile , facilmente deperibile , spesso costituzionalmente refrattario a una rapida alienazione . A chi presteremo ( sperando che non ci siano restituite ) le opere complete del Bembo o dell ' Alfieri ? Sono opere importanti , che da anni ingombrano i nostri scaffali : è quasi certo che un giorno potranno servirci , che un giorno dovremo affrontarne la rilettura ; ma intanto pullulano opere più urgenti , più attuali , che noi siano tenuti a leggere sul serio , e i nostri scaffali sono al completo . Un tempo erano graditi i larghi in folio , i robusti in quarto , utilissimi a stirare i pantaloni , dopo un giorno di pioggia ; e graditi in ordine ascendente ( o discendente , se si guarda al formato ) tutti gli altri volumi . Persino le quasi invisibili farlallette pubblicate da Vanni Scheiwiller non rischiavano di essere assorbite dall ' aspirapolvere ed erano agevolmente ospitate tra gli interstizi degli altri libri . Ma oggi ? Non c ' e più spazio nelle case del lettore medio ; per lui , e per il novanta per cento dei superstiti lettori , il libro è diventato un ospite ingrato . Ricordate i piatti di terracotta che si trovavano una volta in Toscana ? Portavano , tutt ' intorno , iscrizioni ben poco incoraggianti : per esempio : « l ' ospite è come il pesce : dopo un giorno puzza » . Ebbene : ospiti di questo tipo rischiano di essere , d ' ora in poi , i libri ch ' entrano nella casa di chi vorrebbe leggere e non può . Non venitemi a dire che oggi un libro italiano può raggiungere alte tirature ( centomila copie in pochi mesi , come in qualche recente caso ) mentre il Mastro - don Gesualdo non superava , dopo trent ' anni , il secondo migliaio . Se anche in Italia può verificarsi il fenomeno del best seller , questo non significa nulla . Il libro che il vento della moda porta in cresta all ' onda può o non può avere un valore letterario , ma è quasi certo che chi si lascia sedurre da quel vento e acquista il libro « di cui si parla » non è mosso dall ' impellente bisogno di conoscere un ' opera d ' arte , bensì dall ' urgenza di conformarsi a un supposto obbligo sociale , di aggiornarsi . L ' aggiornamento è una delle facce dell ' odierno conformismo . Ed è naturale che l ' obbligo di conformarsi investa anche il settore del libro ; si tratta pure sempre di casi isolati , tali da non infirmare la nostra constatazione : che oggi la vita del libro si fa sempre più problematica , e che il libro come oggetto si fa sempre meno desiderabile . Come oggetto di lusso il libro non ha ancora saturato il mercato ; per qualche tempo appariranno ancora , nella stagione delle strenne , i grossi volumi custoditi , incassati entro fortilizi di cartone , costosissimi , non maneggevoli , inimmaginabili come livres de chevet e perciò destinati a non essere letti da nessuno . Tuttavia è raro che simili pubblicazioni abbiano un vero valore culturale . Chi dispone di spazio può allogare tali imballaggi sull ' inaccessibile fastigio di qualche armadio ; chi invece è giù assediato da altri e troppo numerosi volumi fard il possibile per disfarsi dei nuovi ingombranti ospiti e per salvare dalla distruzione i pochi libri che per lui contano . Pochi , ma sempre troppi per la maggior parte dei lettori . Si è parlato fin qui dei lettori che più contano per un vero scrittore , cioè di una minoranza di lettori . Evidentemente non è a questi che può rivolgersi una industria culturale in grande espansione . Ai lettori - di - massa , molto più numerosi , il tradizionale libro che si legge e si ripone nello scaffale è ormai inadeguato . Il libro che ad essi conviene è quell ' inelegante , commestibile ed equivoco , anzi multivoco , prodotto clic si chiama il « condensato » . Finora si è proceduto lentamente su questa via ; ma è questione d ' anni . Al vero libro , di scarso smercio e di quasi impossibile collocazione fisica ( non fa piacere di buttarlo via ) viene sostituito 1'Ersatz del falso libro : il prodotto che brucia le dita se non si getta nel portacenere , come mozzicone di sigaretta . Si prendono - si prenderanno sempre più - alcuni libri più o meno importanti , o di nessuna importanza , vecchi o nuovi , e se ne fanno estratti , riassunti , riepiloghi , in modo che un solo tomo contenga il così detto « meglio » - quasi sempre il peggio - di quattro o cinque opere . L ' operazione è di vecchia data . Tutti noi abbiamo letto , durante la nostra infanzia , riduzioni del Don Chisciotte o dei Viaggi di Gulliver ad usum delphini ; e pochi di noi , giunti all ' età della ragione , hanno avuto il tempo di risalire agli originali . Oggi si è compiuto un ulteriore passo : le opere così potate e macellate non sono più scelte tra i capolavori ma tra i libri recenti . Un autore odierno sarebbe felice se dopo aver smaltito qualche migliaio di copie di un suo libro lo vedesse prolungare la sua esistenza sotto la forma di truciolo , frammischiato ad altri trucioli - condòmini di varia provenienza . Il condensato garantisce un notevole supplemento dei diritti d ' autore e tiene in vita il nome degli scrittori : il solo nome , è vero , ma oggi il nome è quel che più conta . Mi correggo : il nome contava fino a ieri ; si può dire che conti oggi ? Solo un ' esigua minoranza di coloro che ascoltano una commedia è in grado di ( lire o ricordare il nome dell ' autore ; solo pochi lettori di un libro terranno a mente il nome di chi l ' ha scritto . Il ricordo si effettua nella durata e nulla è più sgradito al nostro tempo che la durata . Inteso come opera destinata a restare , il libro non è oggetto che possa interessare l ' uomo economico : il suo vero compito è di produrre il maggior rumore momentaneo e poi di scomparire per far luogo ad altri oggetti . E la scomparsa del libro può anche avvenire in molti modi : per esempio , trasformandolo in altro oggetto , in un film . È recente un concorso per romanzi da tradursi in pellicola . Che cosa chiedevano i promotori di quel concorso ? Certo non un bel romanzo , perché i romanzi « filmabili » abbondano in tutto il mondo ; ed è ormai quasi certo che da un bel romanzo si ricava un cattivo film o almeno un film che tradisce il romanzo e lo deforma irreparabilmente . È facile supporre che Senilità di Svevo trasferito dal 1898 a epoca assai più recente perda quel tipico colore locale e ambientale che ne fa un capolavoro fin de siècle e divenga un normale imbroglio di gelosia e persino alcoolismo . Simili trapassi , e quasi direi trasbordi da un genere artistico a un altro , presuppongono che il punto di partenza , l ' originale , sia assunto come materia prima e trasformato in un nuovo manufatto . Un ' analogia potrebbe esser data dall ' olio di sansa : da una materia oleosa già spremuta si estrae , con solventi chimici , altra sostanza meno gradevole ma non micidiale . Nel caso del libro , però , il nuovo prodotto è ancora più lontano dal testo primitivo . Non importa , perché tutto è compensato da un vantaggio : ed è che il fastidioso personaggio dell ' autore viene eliminato e a lui si sostituisce un gruppo di nuovi operatori . I gruppi possono essere diversi se dal libro si cava un film , e dal film una commedia o viceversa ; non manca il caso dello scrittore che provvede personalmente ai diversi usi e mette in carta contemporaneamente romanzo , sceneggiatura filmica e commedia , ma è un caso molto raro . La politica economica culturale tende al « pieno impiego » ed è augurabile che molta gente venga occupata a spolpare lo stesso osso . Accade persino che la sceneggiatura di un film sia pubblicata in forma di libro e così il cerchio si chiude . Trasformato in spettacolo , il libro passa in archivio . Eccolo là nello scaffale , nella vana attesa di essere ripreso . Ha ancora molti segreti da rivelarci , lo abbiamo letto in anni lontani e probabilmente siamo rimasti alla sua superficie . Oppure può esser vero il contrario : che il libro già famoso si riveli illeggibile . Ma è tardi , altri libri chiedono l ' accessit e per il vecchio libro - vecchio talvolta di un anno o due - non c ' è più speranza di salvezza . Anche lo scaffale si aggiorna .
La virtù dei deboli ( Bobbio Norberto , 1986 )
StampaQuotidiana ,
Le recenti vicende che stanno travolgendo la popolarità di Ronald Reagan hanno sollevato un vasto dibattito che riguarda non soltanto la persona del presidente ma anche l ' istituzione stessa della presidenza della repubblica degli Stati Uniti , come si è venuta trasformando negli ultimi decenni . Per quanto possa sembrare paradossale , si va dicendo che il presidente degli Stati Uniti è insieme forte e vulnerabile , e addirittura tanto più vulnerabile quanto più forte . Il paradosso consiste nel fatto che la vulnerabilità è di solito considerata caratteristica di un potere debole . Nell ' ultimo saggio scritto prima della morte ( Autoritarismo , fascismo e classi sociali , Il Mulino , Bologna 1975 ) Gino Germani esprimeva il dubbio che i pochi governi democratici nel mondo attuale potessero sopravvivere in un universo di Stati in gran parte non democratici . Egli fondava questo dubbio sulla convinzione che i regimi democratici fossero più vulnerabili sia per ragioni interne - la frammentazione del potere che consente a piccoli gruppi organizzati di inferire colpi mortali alla società costretta per difendersi a violare le sue stesse regole - , sia per ragioni esterne - la crescente e inarrestabile dimensione universale della politica internazionale che avrebbe favorito i regimi autoritari più di quelli democratici . Entrambe le ragioni mettevano in relazione la vulnerabilità delle democrazie con la loro debolezza . Soprattutto per quel che riguarda la politica estera , la stessa tesi è stata sostenuta col solito vigore e furore polemici da Jean - François Revel nel libro Come finiscono le democrazie ( Rizzoli , Milano 1984 ) . Le democrazie sarebbero destinate a finire , e a rappresentare un episodio di breve durata nella storia del mondo , per l ' incapacità di difendersi dal loro grande avversario , il totalitarismo . Questa incapacità sarebbe dovuta in parte ai dissensi interni , in parte all ' eccesso di arrendevolezza di fronte all ' astuto , spietato , antagonista . Anche in questo caso la vulnerabilità è interpretata come il naturale effetto della debolezza . In che senso la vulnerabilità può essere fatta derivare piuttosto dall ' eccesso di forza che dall ' eccesso di debolezza ? La risposta è stata data per secoli dai classici del pensiero politico : tanto più grande il potere dei governanti tanto più forte è la tentazione che essi hanno di abusarne , vale a dire di esercitarlo violando o aggirando le norme stabilite per regolarlo e limitarlo . Tale risposta trova piena conferma nell ' affermazione di uno dei più illustri storici contemporanei degli Stati Uniti , Arthur Schlesinger , che in un ' intervista di questi giorni ha detto : « Gli scandali come il Watergate , oggi l ' Irangate , sono la risposta patologica alla patologia dell ' onnipotenza » . Naturalmente vi sono regimi in cui il potere è forte e insieme invulnerabile . Sono gli Stati dispotici ove chi governa non ha , come diceva Montesquieu , « né leggi né freni » . Vi sono regimi in cui leggi fondamentali esistono ma mancano gli organi di controllo della loro osservanza . Sono le autocrazie preliberali in cui il rispetto delle leggi fondamentali che dovrebbero limitare il potere sovrano è demandato allo stesso detentore di quel potere ( « autocrate » è letteralmente colui che governa se stesso ) . Vi sono infine regimi in cui non solo il potere deve essere sempre esercitato entro i limiti stabiliti da una costituzione formale , e oggi , nella maggior parte dei casi , anche rigida , ma è , o dovrebbe essere , di fatto sottoposto sempre a controlli esterni . Sono gli Stati democratici . Di questi controlli due sono i principali : quello derivato dalla libertà di stampa , che permette la formazione di un ' opinione pubblica ; quello derivato dall ' istituzione della divisione dei poteri da cui nasce il controllo del potere legislativo su quello governativo . Sono due istituti caratteristici dello Stato democratico , di cui siamo debitori alla tradizione del pensiero liberale , che ha avuto negli Stati Uniti una delle sue terre d ' elezione . Secondo la brillante tesi sostenuta recentemente da Michel Walzer , professore di scienze sociali all ' Institute for Advanced Studies di Princeton , lo spirito del liberalismo consiste nell ' « arte della separazione » , a cominciare dalla separazione dello Stato dalla Chiesa , della sfera privata dalla pubblica , della società civile dal sistema politico , per finire , all ' interno del sistema politico , a quella tra l ' uno e l ' altro dei massimi poteri . Tutte queste separazioni servono , come afferma Walzer , « a prevenire e a combattere l ' uso tirannico del potere » . In base a questa tesi è lecito sostenere che tanto la crisi della presidenza Nixon quanto quella della presidenza Reagan siano nate proprio dalla violazione del principio di separazione , vale a dire dalla pratica costante , e per un certo periodo di tempo incontrollata , della confusione , in primo luogo della confusione fra potere legale e potere personale , ovvero nell ' uso personale del potere legale . Si capisce quindi perché si possa parlare di vulnerabilità a proposito tanto di un governo debole quanto di un governo forte . Ma se ne parla in due sensi diversi . Il primo è vulnerabile per sua natura ; il secondo è tale in un contesto istituzionale in cui anche il supremo potere è limitato da regole giuridiche . Nel primo caso la vulnerabilità è un fatto negativo , e induce chi la denuncia a sostenere che la democrazia è impraticabile . Nel secondo è un fatto positivo , ed è anzi la riprova che i meccanismi di controllo del potere , propri dei regimi democratici , sono entrati , se pur talora tardivamente , in azione . Nel primo caso è un difetto , nel secondo il rimedio a un difetto . Un rimedio che dimostra se mai quanto sia difficile il pieno rispetto delle regole democratiche nei rapporti internazionali , in un sistema in cui la maggior parte degli Stati non sono democratici ed è esso stesso solo apparentemente democratico , in realtà ingovernabile . Sino a che uno Stato non democratico vive in una comunità cui appartengono Stati non democratici , ed è essa stessa non democratica , anche il regime degli Stati democratici sarà una democrazia incompiuta . L ' idea del vecchio Kant , per cui la condizione preliminare di una pace perpetua , diversa da quella dei cimiteri , fosse che tutti gli Stati avessero egual forma di governo , la forma repubblicana , quella forma di governo in cui per decidere della guerra occorre l ' assenso dei cittadini , non era il « sogno di un visionario » . Era una previsione fatta nella forma del « se allora » . Purtroppo quel « se » - « se tutti gli Stati fossero repubblicani » - può essere per ora soltanto l ' oggetto di un augurio .
PICCOLO INCIDENTE E TEORIA GENERALE ( PARETO VILFREDO , 1911 )
StampaQuotidiana ,
Il piccolo incidente è quello del Monopolio delle assicurazioni in Italia ; della teoria generale feci cenno nell ' articolo pubblicato nella rivista del mio amico Sorel . La scienza sperimentale non ha dogmi , non ha principi assoluti , e di qualsiasi teoria non cessa di verificare i risultamenti coll ' esperienza . Perciò mi premeva il verificare se i fatti corrispondevano o non corrispondevano alle deduzioni già pubblicate ; e mi doleva il dovere aspettare molti anni ; ma in grazia del discorso del Giolitti , la verificazione è venuta sollecita quanto si poteva desiderare . Dicevo che il disegno del Monopolio aveva per scopo di favorire certi speculatori ; ed ecco il Giolitti a dichiarare esplicitamente che questo Monopolio aveva per scopo di rafforzare finanziariamente lo Stato , perché potesse sovvenire enti locali , aiutare intraprese , sussidiare sindacati . Così viene confermata una voce che già si sentiva a sussurrare che ci sono trusts i quali aspettavano il detto Monopolio come la manna del cielo . C ' è poi un ' altra conferma , sulla quale mi astengo dell ' insistere , perché desidero rimanere nel campo scientifico , lontano da ogni personalità . Il lettore che la volesse conoscere , prenda l ' elenco dei deputati che hanno votato ora in favore del Monopolio , e di fronte ad ogni nome metta un S se il deputato è legato a speculatori , amico , parente , di questi , o speculatore esso stesso ; e vedrà che gli S sono molti , moltissimi . Ce ne sono anche fra gli oppositori ; ma io appunto scrivevo nell ' articolo rammentato che questa era battaglia di speculatori . Intanto quei molti S , tra i partigiani dell ' on . Giolitti dimostrano che la frase a lui tanto rimproverata era giusta . Se egli avesse detto : « Preferisco l ' interesse dello Stato a quello di molti capitalisti » , sarebbe andato fuori della realtà : « Preferisco l ' interesse dello Stato a quello di pochi capitalisti » ; e così sta benissimo . Egli , da valente condottiero parlamentare , sa che la maggioranza è dalla parte dei molti . Generalmente , chi è ostile ad un partito si ferma a considerazioni analoghe . Credo invece che occorre andare più in là , e procurare di capire il perché del fenomeno . Eccovi molte persone intelligenti , anzi furbe , che hanno difeso il Monopolio , e non certo per motivi intrinseci ad esso . Dunque ci dovevano essere motivi estrinseci . Occorre trovarli . Eccovi socialisti , che sono solitamente nemici feroci dei sindacati o dei trusts , e che procacciano di dare allo Stato il modo di aiutare questi sindacati o questi trust ; e lo aiutano pure a sovvenire capitalisti e speculatori di ogni genere , dimenticando opportunamente le teorie del plus valore . Generalmente ci si ferma a notare ciò , e si grida la croce addosso all ' avversario che cade in sì potente contraddizione . No , l ' avversario può essere in perfetta buona fede ; ed il fenomeno è generale . Eccovi gente che si dice democratica ; per essi conta solo , il benessere del popolo ; il rimanente non si deve nemmeno rammentare . Dicono di volere dare le pensioni agli operai . Molti mezzi efficaci per questo ci sarebbero . Ad esempio i dazi doganali , fatti fiscali invece di essere protettivi , darebbero una somma esuberante al bisogno . Se non volete ciò avete l ' imposta progressiva de ' monopoli : potreste prendere quello dello zucchero , dei fiammiferi , dell ' alcool , od altri simili , tutti assai produttivi . Proprio no . Tra tutti quei provvedimenti i nostri amanti del popolo e nemici dei capitalisti , scelgono quello che , per loro stessa confessione , frutterà pochissimo , molto meno del bisogno per le pensioni , ma che sarà favorevolissimo agli speculatori che aspettano la manna governativa . La gente che così opera è intelligente , avveduta ; dunque ha i suoi buoni motivi . Bisogna studiarli . Qui mi fermo , perché se seguitassi scriverei un trattato e non un articolo . Vorrei solo che il lettore intendesse che questo caso del Monopolio delle assicurazioni è solo caso particolare di fenomeni molto più generali ; che questi fenomeni hanno le loro uniformità , e che possono essere oggetto di una scienza che indaghi appunto tali uniformità e le metta in luce .
L'arte spettacolare ( Montale Eugenio , 1952 )
StampaQuotidiana ,
Molti anni fa , quando il film era muto , i cultori di estetica del cinema si studiarono ( non so con quanto successo ) di stabilire sottili differenze fra cinema e teatro , per impedire che il film , degenerando in teatro , cessasse di essere « puro » . Da quel tempo molte cose sono mutate : il film non è più muto , il teatro si è fatto spettacolare e filmistico e l ' avvento della televisione renderà presto impossibile ogni distinzione che non sia meramente tecnica . Secondo Carlo L . Ragghianti , autore di un ricco libro - Cinema arte figurativa ( Einaudi ) - , oggi si può distinguere solo fra spettacolo e non - spettacolo , e tutta l ' arte spettacolare è visiva e appartiene dunque al dominio delle arti figurative . Film e commedia sono figuratività svolta nel tempo e non solo nello spazio ; in ciò differiscono dalla pittura e dalla scultura , ma la differenza non è tale da farle escludere dalle arti figurative . Anche un quadro o una statua contengono un tempo - non solo psicologico , ma storico - che si deve sdipanare come un gomitolo per intenderli effettivamente . ( E qui , aggiungo io , mi fa piacere veder implicitamente combattuta la tesi secondo la quale - si veda la recente Storia dell ' architettura moderna di Bruno Zevi - il tempo , come quarta dimensione , sarebbe entrato nella pittura solo con l ' avvento del cubismo , il quale distruggendo la terza dimensione , il volume , permetterebbe di vedere contemporaneamente un oggetto da più lati . Solo Montaigne e Bach , Wagner e Proust e non Masaccio e non Piero , avrebbero dunque costruito col fattore temporale quanto Picasso e Braque ? ) Ricondotte sotto l ' insegna della Figuratività tutte le arti visive , e anche lo spettacolo , ne resta fuori , secondo il Ragghianti , la poesia . La poesia non è , per definizione , rappresentabile . La rappresentazione di un testo poetico è un assurdo perché non si può ammettere che la parola poetica , per esistere , debba chiedere un ' integrazione ( il palcoscenico , gli attori , il regista , lo scenografo ) . Quando dal libro si passa al palcoscenico , nasce un nuovo genere d ' arte - lo spettacolo - di cui è esclusivo autore il nuovo artista figurativo , il regista . Il resto - sia esso l ' Amleto o un canovaccio da commedia dell ' Arte - è una pedana , un trampolino , un espediente tecnico , un pretesto . Non cercate , in questi casi , l ' autore del testo scritto o cercatelo in biblioteca . A teatro non lo trovereste . Fin qui il pensiero del Ragghianti è rigorosamente logico ; potrete accettarlo o respingerlo , ma non accusarlo d ' incoerenza . Un dubbio s ' insinua però nel lettore quando il critico distingue , o sembra distinguere , fra teatro poetico e teatro spettacolare . Esiste , egli dice , una lignée di registi ( da Stanislavski al primo Copeau ) che rispetta il testo e ne mette in evidenza la qualità poetica ; e un ' altra stirpe di registi ( quella dei Craig , dei Tairov , dei Meyerhold e dei Piscator ) per i quali lo spettacolo è tutto e il testo c nulla . 1 veri artisti spettacolari ( figurativi ) sono questi ultimi . E ben a ragione un testo improvvisato , recitato da supermarionette impersonali , era l ' ideale di Gordon Craig . Qui , se non interpreto male il pensiero del Ragghianti , resto perplesso perché viene a cadere il presupposto che la poesia non sia rappresentabile . È caduto il presupposto , viene a mancare anche la distinzione - praticamente esatta - fra il teatro che appartiene all ' autore e quello di cui è vero autore il figurante , colui che gradua e svolge gli aspetti visivi del teatro ai fini della nuova poesia « spettacolare » . È probabile , anzi certo , che esistano vari tipi di teatro , più o meno legati a un testo , più o meno spettacolari ; ma a me pare che in tutti i casi permangano elementi figurativi ed elementi poetici e che una rigida distinzione , in sede teorica , sia impossibile . Fermiamoci un attimo prima del salto o del passaggio dal testo allo spettacolo , prima che l ' opera sia rappresentata . Fermiamoci al momento della lettura di un testo poetico , sceneggiato o no , destinato o no al palcoscenico . Qui sembra che l ' opera del regista non sia presente . Ma in realtà il regista di una commedia letta è il lettore stesso , sia che la lettura avvenga dinanzi all ' altoparlante , sia che essa resti interiore , silenziosa . Leggendo il testo che ho sottomano lo visualizzo , lo trasformo in spettacolo , ne divento il figurante . Ne sono perciò anche l ' autore ? Non più di quanto Mengelberg o Toscanini siano gli autori delle sinfonie beethoveniane da essi eseguite . Si potrà osservare che l ' intervento del direttore d ' orchestra - concertatore non ha importanza determinante perché manca nella musica l ' elemento visivo , figurativo . Ma è un ' illusione : la Sinfonia pastorale esige che sia sollecitata un ' integrazione visiva ( interiore ) ; e così tre quarti della musica post - wagneriana , cromatica . Ma c ' è di più : se il tempo è presente anche nelle opere figurative perché non si comprende un quadro senza storicizzarlo , senza svolgere il processo che l ' ha reso possibile , è altrettanto vero che elementi figurativi esistono anche nelle arti non visive . Recitare anche a se stessi una poesia è seguirla , rappresentarla . Se è assurda la poesia rappresentata , non vedo che lo sia meno la poesia recitata . Eppure l ' assurdo si compie . Se questo assurdo è inteso come il fondamentale dissidio fra l ' opera d ' arte in sé ( questo inconoscibile ) e la sua comunicazione , esso è presente in tutte le arti . E se la regia è un ' arte ( come è certamente ) bisogna ammettere che esistono migliaia di artisti inconsci che nessuno si sogna di portare in trionfo come pur meriterebbero ; sono gli sconosciuti , gli inconsapevoli autoregisti che ogni giorno , in tutto il mondo , si accostano con fine sensibilità a un ' opera d ' arte . Quanti e quali artefici periscono , in ogni terra , in ogni luogo , dall ' alba al tramonto ! Fra essi i registi visivi che portiamo in trionfo e paghiamo a milioni non sono certo i maggiori . Mi fermo perché mi accorgo di stare scivolando sulla china dei luoghi comuni e certo il Ragghianti , ferratissimo in ogni questione di estetica , avrebbe ogni ragione di rimproverarmelo . Molti anni fa un filosofo scettico che possedeva una notevole sensibilità per la musica e la poesia - Giuseppe Rensi - scrisse un geniale e paradossale volume - La scepsi estetica - per dimostrare la verità del popolare detto ch ' è bello non ciò che è bello ma ciò che piace ; s ' intende ciò che piace al nostro io individuale , empirico , non al supposto io universale che si anniderebbe in noi . A me mancano i conforti dello scetticismo assoluto , e beninteso quelli del rigoroso idealismo . L ' esperienza ( non già la ragione , questa nemica di ogni concetto impuro e contradditorio ) mi insegna che c ' è un elemento universale in ogni opera d ' arte ; ma che esso si fa strada attraverso ogni sorta di equivoci , di fraintendimenti , di traduzioni e di approssimazioni . La definizione del puro spettacolo mi lascia incerto come mi lascerebbe titubante ogni indagine sulla pura poesia e sulla pura musica . Nell ' arte spettacolare poi - cinema e teatro - il caos degli equivoci mi sembra addirittura flagrante . Qui si va spesso alla ricerca dell ' autore senza riuscire a trovarlo . In genere si ha l ' impressione che un ' opera scritta per il teatro sia già strutturalmente preformata ai fini di una certa prospettiva che non respinge , anzi chiede l ' ausilio della rappresentazione ( magari cieca , alla radio ) . E dalla poesia si passa alla rappresentazione senza che si possa avvertire il momento in cui la bacchetta del comando si trasferisce dalle mani dell ' autore a quelle del teatrante . Ciò avviene anche nel caso di esecuzioni poco o punto spettacolari . Ma ammesso che spettacolo vi sia , l ' Amleto di Moissi non era quello di sir Lawrence Olivier : l ' uno e l ' altro hanno tradito Shakespeare , ma tutti e due ci hanno pur dato un possibile Shakespeare . Dove comincia qui e dove finisce la poesia ? Si giunge al caso - limite di Charlie Chaplin che dei suoi film è soggettista , attore e regista ; ma la poesia che in tal caso è raggiunta può dirsi tutta di ordine figurativo o è composta anche d ' altri elementi ? Carlo Ragghianti respinge la teoria che il teatro e il cinema siano forme miste ; al suo spirito filosofico ogni mistura sembra , in estetica , un ircocervo impossibile e indifendibile . Io mi limiterei a dar torto a chi crede a generi misti necessariamente inferiori ; e anche a chi fa della misura un elemento di ineffabile privilegio . Ho inteso registi dire che il teatro è metà cielo e metà sterco ; e costoro avevano tutta l ' aria di vantarsi del loro mestiere . Evidentemente , a loro avviso , solo le arti impure o miste sono feconde di effetti ... celesti . E pure , inguaribilmente pure , sono per essi le arti non spettacolari , non visive . Molto più aggiornati e molto più moderni di loro i filosofi dell ' arte ( primo fra gli altri il Croce ) sanno perfettamente che non esistono , rigorosamente parlando , le arti , ma l ' Arte il cui parametro assoluto ci sfugge . E se storicamente l ' Arte si manifesta nelle arti , che tendono tutte a un ' impossibile condizione di purezza , macinando molti elementi spuri e scambiandosi spesso le parti , resta pur vero che nello sviluppo delle singole arti tutti i veri « addetti ai lavori » - puristi o non puristi - hanno un compito indispensabile anche se non riusciranno mai a mettersi d ' accordo .