StampaQuotidiana ,
Di
solito
,
quando
un
artista
muore
(
sia
egli
poeta
,
musico
o
artista
figurativo
...
o
quasi
)
è
urgente
bisogno
dei
suoi
colleghi
di
seppellirlo
e
di
fare
che
non
se
ne
parli
più
.
Uno
di
meno
,
tanto
di
guadagnato
per
tutti
.
È
la
regola
,
e
sembra
strano
che
vi
siano
eccezioni
,
artisti
che
pur
morendo
riescono
a
sopravvivere
.
Come
si
spiega
questo
straordinario
fatto
del
morto
che
non
muore
?
Esso
contraddice
al
tradizionale
concetto
della
«
lotta
per
la
vita
»
,
è
sommamente
antibiologico
e
si
direbbe
anche
contrastante
alle
leggi
dell
'
economia
.
La
spiegazione
è
,
invece
,
di
natura
economica
.
La
macchina
della
Cultura
-
un
'
organizzazione
che
dà
da
vivere
a
milioni
di
persone
-
non
può
ammettere
vuoti
assoluti
nella
storia
,
non
può
dire
:
«
Dall
'
anno
X
in
poi
l
'
arte
ha
cessato
di
esistere
»
.
Ad
essa
è
anzi
necessario
un
continuo
rifornimento
,
una
continua
immissione
di
forze
nuove
nei
«
quadri
»
.
Si
giunge
al
punto
che
se
gli
artisti
nuovi
non
ci
sono
si
creano
.
Intere
epoche
(
e
non
solo
nel
campo
della
pittura
)
possono
essere
create
e
disfatte
.
Poeti
spremuti
possono
passare
agli
archivi
se
altri
,
meglio
spremibili
,
appaiano
all
'
orizzonte
.
E
poiché
la
funzione
della
spremitura
si
compie
ordinariamente
meglio
sui
morti
che
sui
vivi
,
ecco
spiegato
perché
l
'
un
per
cento
degli
artisti
oggi
fisicamente
vivi
può
contare
-
post
mortem
-
su
un
breve
periodo
di
«
immortalità
»
.
A
partire
da
questo
traguardo
(
morte
fisica
seguita
dal
terno
al
lotto
della
sopravvivenza
)
i
vantaggi
dei
morti
sui
vivi
sono
molti
e
innegabili
.
All
'
artista
morto
si
riconosce
nobiltà
di
stile
,
larghezza
e
originalità
di
idee
;
la
sua
vita
è
giudicata
interessante
e
rappresentativa
,
anche
se
è
piena
di
sconcezze
.
L
'
opera
dell
'
artista
morto
da
molti
anni
è
,
inoltre
,
res
nullius
,
appartiene
a
tutti
e
a
nessuno
;
e
ciò
favorisce
la
sua
diffusione
.
I
«
pezzi
»
del
pittore
,
in
quanto
oggetti
materiali
,
hanno
sì
un
valore
venale
che
può
aumentare
o
decrescere
col
passare
degli
anni
,
ma
l
'
opera
del
pittore
e
del
poeta
,
in
quanto
significato
ideale
,
pretesto
di
cultura
,
argomento
di
chiacchiere
erudite
o
giornalistiche
,
è
veramente
alla
portata
di
tutte
le
borse
.
È
un
tesoro
collettivo
al
quale
tutti
i
viventi
che
pratichino
qualche
arte
possono
sperare
di
contribuire
,
una
volta
che
si
siano
,
beninteso
,
tolti
fisicamente
di
mezzo
.
Quando
si
legge
un
manuale
di
storia
letteraria
o
di
storia
delle
arti
«
visive
»
,
il
capitolo
dedicato
ai
viventi
è
immancabilmente
penoso
.
Non
si
creda
che
ciò
sia
sempre
dovuto
a
malafede
o
a
insipienza
di
manualisti
e
antologisti
.
Un
uomo
di
cultura
che
abbia
conversato
,
per
lunghi
anni
,
con
le
grandi
ombre
del
passato
non
può
provare
che
irritazione
e
sconforto
imbattendosi
in
uomini
che
pretendono
di
essere
artisti
,
e
per
giunta
artisti
vivi
.
L
'
artista
vivo
è
spesso
un
uomo
come
tutti
gli
altri
,
un
uomo
qualunque
,
e
la
sua
presenza
fisica
basta
a
spogliare
di
ogni
interesse
l
'
opera
sua
.
Pazienza
se
fosse
un
essere
impresentabile
o
un
furfante
;
meglio
ancora
se
un
assassino
,
un
mostro
.
Casi
simili
sono
conosciuti
,
sono
stati
schedati
,
sono
«
nella
regola
»
.
Ma
l
'
artista
che
apparentemente
vive
e
pensa
come
gli
altri
uomini
è
veramente
insopportabile
.
Che
cosa
pretende
da
noi
questo
millantatore
?
Una
vita
prima
e
una
vita
dopo
?
Sarebbe
troppo
comodo
.
Incominci
a
levarsi
dai
piedi
,
poi
ne
riparleremo
...
Grande
dev
'
essere
la
soddisfazione
degli
artisti
defunti
,
se
essi
hanno
veramente
aspirato
a
far
parlare
di
sé
.
Il
loro
nome
è
inciso
su
targhe
,
stele
,
monumenti
;
ad
essi
sono
dedicati
strade
,
viali
,
parchi
,
piazze
.
Interi
capitoli
di
libri
descrivono
la
loro
vita
e
le
loro
opere
.
Brani
di
loro
poesie
sono
confitti
in
migliaia
di
cervelli
di
studenti
.
Legioni
di
laureandi
si
affaticano
a
frugare
nei
testi
che
ci
hanno
lasciato
,
si
industriano
a
interpretarli
,
a
farne
sprizzare
i
significati
più
sorprendenti
.
L
'
artista
vivo
è
talvolta
obbligato
a
fornire
spiegazioni
sull
'
opera
sua
.
Se
dichiara
di
non
poterne
dare
non
viene
creduto
;
se
smentisce
le
spiegazioni
date
da
altri
passa
per
un
presuntuoso
;
se
le
accetta
,
non
può
accontentare
tutti
perché
deve
accoglierne
qualcuna
escludendone
altre
.
Il
miglior
partito
è
per
lui
di
fingersi
un
irresponsabile
che
non
sa
quel
che
fa
o
quello
che
scrive
.
L
'
artista
morto
lascia
invece
il
suo
indovinello
e
se
ne
lava
le
mani
.
L
'
indovinello
può
essere
anche
L
'
infinito
di
Giacomo
Leopardi
,
la
più
chiara
poesia
del
mondo
.
Mettete
la
poesia
del
morto
nelle
mani
dei
vivi
,
e
vedrete
che
cosa
ne
vien
fuori
.
Lo
sguardo
del
poeta
è
escluso
dalla
siepe
o
dall
'
orizzonte
?
E
sull
'
ermo
colle
c
'
era
solo
la
siepe
o
c
'
erano
altri
alberi
?
E
il
vento
che
stormisce
fra
le
piante
deve
intendersi
che
stormisca
fra
la
siepe
o
fra
gli
altri
alberi
?
Queste
ed
altrettali
,
sono
le
gravi
questioni
che
dividono
i
vivi
dai
morti
.
Per
fortuna
,
i
morti
non
se
ne
accorgono
.
Uno
dei
pochi
vantaggi
nell
'
artista
vivo
è
che
la
sua
immortalità
resta
un
'
ipotesi
indimostrabile
.
Così
,
finché
vive
,
nessuno
gli
chiede
:
«
Dove
ha
Ella
conosciuto
Silvia
e
Nerina
?
Le
ha
davvero
amate
?
In
modo
veramente
...
conclusivo
?
In
che
data
?
E
che
cos
'
è
successo
poi
di
quelle
brave
ragazze
?
»
.
Domande
simili
,
ripeto
,
non
si
fanno
ai
vivi
,
e
non
per
discrezione
,
ma
solo
perché
si
ignora
chi
sarà
il
futuro
cantore
di
Silvia
e
di
Nerina
.
Se
si
potesse
saperlo
,
il
neo
-
immortale
dovrebbe
darsi
alla
fuga
.
E
del
resto
non
è
una
continua
fuga
la
vita
dell
'
artista
vivo
?
Egli
solo
è
capace
di
comprendere
che
l
'
immortalità
delle
sue
opere
dura
quanto
un
batter
di
ciglio
e
che
la
vera
infinità
dell
'
arte
è
un
lampo
che
non
si
misura
coi
mesi
e
gli
anni
dei
calendari
umani
.
StampaQuotidiana ,
È
lecito
uccidere
il
tiranno
?
Era
naturale
che
dopo
l
'
attentato
a
Pinochet
si
riproponesse
ancora
una
volta
,
anche
in
Italia
,
l
'
eterna
domanda
.
Se
la
sono
posta
in
questi
giorni
,
tra
gli
altri
,
Rossana
Rossanda
sul
«
Manifesto
»
rispondendo
di
sì
ma
sollevando
i
dubbi
di
Adriano
Sofri
,
e
di
Mieli
sulla
«
Stampa
»
e
di
Giuliano
Zincone
sul
«
Corriere
della
Sera
»
.
Il
problema
è
vecchio
e
le
diverse
possibili
soluzioni
altrettanto
.
Per
fare
qualche
esempio
,
in
un
'
epoca
in
cui
le
guerre
di
religione
avevano
favorito
la
nascita
di
dottrine
che
predicavano
il
tirannicidio
,
Hobbes
collocava
la
massima
«
E
lecito
uccidere
il
tiranno
»
fra
le
teorie
sediziose
che
in
uno
Stato
ben
ordinato
avrebbero
dovuto
essere
proibite
(
nella
repubblica
hobbesiana
l
'
articolo
di
Rossana
Rossanda
sarebbe
stato
censurato
,
e
l
'
autore
forse
messo
in
prigione
)
.
Nell
'
età
della
rivoluzione
francese
,
in
cui
venivano
celebrati
in
cattedrale
feste
e
riti
in
onore
di
Bruto
,
Kant
affermò
che
chiunque
avesse
anche
il
minimo
senso
dei
diritti
dell
'
umanità
non
poteva
non
essere
scosso
da
un
«
brivido
d
'
orrore
»
di
fronte
all
'
esecuzione
solenne
di
Carlo
I
in
Inghilterra
e
di
Luigi
XVI
in
Francia
.
Come
tutti
i
problemi
morali
,
anche
il
problema
della
liceità
del
tirannicidio
non
è
di
facile
soluzione
.
Anzi
,
non
ha
una
soluzione
che
possa
essere
data
e
accolta
una
volta
per
sempre
,
perché
ogni
caso
è
diverso
da
tutti
gli
altri
.
La
soluzione
dipende
dalle
circostanze
di
luogo
e
di
tempo
,
dalla
persona
contro
cui
l
'
atto
si
dirige
,
dalle
persone
che
lo
compiono
,
dalla
gravità
delle
colpe
e
dalla
impossibilità
di
ricorrere
ad
altri
rimedi
.
Avevano
ragione
o
torto
i
cospiratori
del
20
luglio
1944
nel
tentare
di
uccidere
Hitler
?
Aveva
le
stesse
ragioni
l
'
anarchico
Bresci
nell
'
uccidere
Umberto
I
?
Basta
porre
queste
due
domande
,
e
se
ne
potrebbero
porre
infinite
altre
analoghe
,
per
rendersi
conto
che
sotto
il
nome
generico
di
attentato
,
o
di
atto
terroristico
,
si
celano
eventi
totalmente
diversi
,
che
non
possono
essere
giudicati
con
lo
stesso
metro
.
Il
primo
aveva
un
intento
prevalentemente
liberatorio
,
il
secondo
essenzialmente
punitivo
.
Il
problema
è
reso
più
complesso
dal
fatto
che
la
stessa
azione
può
essere
sempre
giudicata
con
due
criteri
diversi
:
o
in
base
a
regole
precostituite
che
debbono
essere
osservate
o
in
base
ai
risultati
che
si
ritiene
debbano
essere
raggiunti
.
I
due
giudizi
non
coincidono
quasi
mai
:
osservando
le
buone
regole
spesso
si
ottengono
cattivi
risultati
;
cercando
di
ottenere
buoni
risultati
,
molte
buone
regole
vengono
coscientemente
e
tranquillamente
calpestate
.
Se
si
giudica
l
'
attentato
in
base
alle
regole
precostituite
,
è
evidente
che
esso
contravviene
alla
norma
«
Non
uccidere
»
,
che
è
una
delle
leggi
fondamentali
della
morale
di
ogni
popolo
e
in
ogni
tempo
.
Come
tale
dovrebbe
essere
condannato
.
Ma
non
vi
è
regola
senza
eccezione
.
Non
è
lecito
uccidere
il
nemico
in
una
guerra
giusta
?
Non
è
sempre
stata
riconosciuta
come
guerra
giusta
la
guerra
di
difesa
?
Non
può
allora
essere
estesa
al
tiranno
considerato
come
nemico
interno
l
'
eccezione
prevista
per
il
nemico
esterno
?
Sennonché
,
come
in
guerra
l
'
eccezione
vien
meno
di
fronte
alle
popolazioni
civili
,
così
l
'
attentatore
dovrebbe
colpire
soltanto
il
tiranno
e
risparmiare
le
persone
,
la
scorta
o
i
familiari
,
che
si
trovino
accanto
a
lui
.
Ma
oggi
questa
condizione
è
sempre
più
difficile
da
rispettare
per
il
tipo
di
armi
impiegato
,
come
ha
dimostrato
l
'
uccisione
di
alcune
guardie
del
corpo
nell
'
attentato
a
Pinochet
.
Ciò
rende
la
liceità
del
tirannicidio
,
giudicandola
in
base
agli
argomenti
della
filosofia
pubblica
tradizionale
,
sempre
più
problematica
.
Nel
dramma
I
giusti
,
di
Camus
,
il
congiurato
cui
è
stato
affidato
il
compito
di
uccidere
il
Gran
Duca
torna
senza
aver
eseguito
l
'
ordine
perché
sulla
carrozza
erano
seduti
accanto
al
personaggio
due
piccoli
nipoti
.
Quando
uno
dei
compagni
lo
rimprovera
:
«
L
'
Organizzazione
ti
aveva
comandato
di
uccidere
il
Gran
Duca
»
,
risponde
:
«
E
'
vero
,
ma
non
mi
aveva
comandato
di
assassinare
dei
bambini
»
.
Partendo
dal
punto
di
vista
dei
risultati
,
il
giudizio
non
diventa
né
più
facile
né
più
limpido
.
Anzitutto
il
risultato
deve
essere
se
non
certo
altamente
probabile
.
Non
c
'
è
dubbio
che
nel
caso
dell
'
attentato
al
generale
cileno
il
non
raggiungimento
del
risultato
abbia
contribuito
a
rafforzare
il
potere
del
dittatore
sia
nei
riguardi
di
tutti
quei
cittadini
(
e
sono
ancora
molti
)
che
sarebbero
disposti
a
liberarsi
dalla
dittatura
in
cambio
di
una
democrazia
moderata
ma
non
a
cambiare
il
regime
di
Pinochet
con
un
regime
comunista
,
sia
nei
riguardi
degli
Stati
Uniti
,
che
abbandoneranno
del
tutto
il
generale
solamente
quando
saranno
sicuri
che
al
suo
posto
invece
di
un
governo
democratico
all
'
americana
non
venga
istituito
un
governo
guidato
dal
partito
comunista
.
In
secondo
luogo
,
si
deve
prevedere
che
il
risultato
non
solo
sia
perseguibile
con
un
alto
grado
di
probabilità
,
ma
che
,
se
raggiunto
,
sia
tale
da
non
lasciar
adito
a
dubbi
sulla
sua
convenienza
o
opportunità
,
nel
senso
che
,
messi
sui
due
piatti
della
bilancia
il
male
necessario
(
nell
'
uso
di
certi
mezzi
)
e
il
bene
possibile
,
il
secondo
prevalga
.
Inutile
dire
quanto
questa
soluzione
sia
difficile
.
Nel
caso
dell
'
attentato
a
Giovanni
Gentile
(
so
di
toccare
un
tasto
dolente
)
la
sproporzione
tra
la
morte
di
un
uomo
e
le
conseguenze
che
questa
morte
poteva
avere
sulla
condotta
della
guerra
era
tale
da
renderci
oggi
molto
dubbiosi
sulla
saggezza
di
quell
'
atto
(
anche
se
devo
confessare
che
allora
non
mi
ero
posto
il
problema
nello
stesso
modo
)
.
Nel
caso
dell
'
attentato
a
Pinochet
sospendo
il
giudizio
:
mi
parrebbe
di
commettere
un
atto
di
prevaricazione
nel
sostituire
la
mia
opinione
a
quella
di
coloro
che
vivono
dentro
a
quella
situazione
.
Durante
l
'
occupazione
tedesca
,
quando
assistevamo
alla
tortura
e
alla
morte
di
tanti
nostri
compagni
,
come
avrei
giudicato
un
attentato
a
Mussolini
?
Un
uomo
dell
'
altezza
morale
di
Calamandrei
alla
notizia
della
morte
di
Mussolini
trascrive
sul
suo
diario
,
unico
commento
all
'
episodio
,
il
famoso
cantico
di
Alceo
:
«
Ora
bisogna
bere
;
I
ubriacarsi
bisogna
;
I
ora
che
Mirsilo
è
morto
»
.
Completamente
diverso
e
più
semplice
il
giudizio
sugli
atti
di
terrorismo
indiscriminati
,
come
le
stragi
alla
stazione
di
Bologna
,
nella
sinagoga
di
Istanbul
,
nel
grande
magazzino
di
rue
de
Rennes
.
Prova
ne
sia
che
,
mentre
di
fronte
all
'
attentato
al
dittatore
cileno
c
'
interroghiamo
sulla
sua
liceità
,
di
fronte
a
quelle
stragi
restiamo
inorriditi
,
incapaci
di
dare
,
nonché
una
giustificazione
,
una
qualsiasi
plausibile
spiegazione
.
StampaQuotidiana ,
La
prima
fu
quella
del
Calabrese
,
la
quale
apparve
,
per
poco
rimase
visibile
,
e
sparve
;
l
'
altra
ora
sta
sull
'
orizzonte
,
con
bella
e
lunga
coda
pettinata
dal
Luzzatti
,
e
toglie
nome
da
un
disegno
di
legge
,
dicesi
contro
alla
pornografia
,
in
realtà
contro
alla
libertà
del
pensiero
.
Tale
disegno
è
conseguenza
del
concilio
tenuto
a
Parigi
dai
santi
padri
della
bigotteria
;
e
nella
relazione
si
nota
,
con
compiacente
letizia
,
che
«
ove
la
conferenza
di
Parigi
venisse
integralmente
approvata
,
si
giungerebbe
alla
internazionalizzazione
del
reato
di
pornografia
,
ed
il
reo
si
troverebbe
in
tutto
il
mondo
civile
sovra
un
unico
territorio
,
né
potrebbe
sfuggire
alla
giustizia
»
.
Forse
questi
egregi
moralisti
vendono
la
pelle
dell
'
orso
prima
di
averlo
ucciso
;
e
non
è
punto
sicuro
che
proprio
tutti
i
paesi
del
mondo
vogliano
prestarsi
ad
assecondare
questi
ipocriti
pudori
;
ma
ove
,
per
dannata
ipotesi
,
ciò
seguisse
,
avremmo
una
oppressione
del
pensiero
quale
mai
non
l
'
ottenne
la
Santa
Inquisizione
;
poiché
se
vi
erano
paesi
ove
essa
imperava
,
ve
ne
erano
pure
altri
ove
si
stampava
ciò
che
meglio
si
credeva
;
e
,
anche
senza
la
Inquisizione
,
se
in
Francia
si
bruciavano
,
come
oscene
,
le
opere
del
Rousseau
e
del
Voltaire
,
non
mancavano
terre
ove
si
potevano
stampare
.
Se
in
quel
tempo
ci
fossero
stati
,
in
tutti
i
paesi
,
le
leggi
che
ora
ci
vogliono
imporre
,
molte
delle
opere
del
Rousseau
e
del
Voltaire
non
avrebbero
potuto
essere
pubblicate
,
poiché
è
certo
,
certissimo
,
che
in
esse
vi
sono
passi
osceni
e
tali
da
cadere
sotto
il
disposto
delle
nuove
leggi
.
S
'
intende
che
,
per
non
essere
troppo
ridicoli
,
i
nostri
moralisti
daranno
un
calcio
alla
logica
e
non
faranno
sequestrare
quei
libri
,
come
lasceranno
anche
vendere
le
opere
dell
'
Ariosto
,
del
Boccaccio
,
del
Machiavelli
,
e
di
tanti
altri
nostri
autori
;
ma
mirano
ad
impedire
che
nuove
opere
di
quel
genere
si
possano
porre
in
vendita
.
Ci
lasceranno
il
passato
,
purché
,
a
loro
,
consegniamo
l
'
avvenire
.
Tanto
è
il
loro
furore
moralista
,
che
vogliono
dare
la
caccia
anche
ai
titoli
dei
libri
:
«
E
si
vieta
pure
di
tenere
esposti
nelle
mostre
o
vetrine
dei
negozi
i
libri
scientifici
(
sic
!
)
che
portano
titoli
atti
ad
offendere
la
castigatezza
delle
persone
od
a
stimolare
indiscrete
curiosità
nell
'
animo
dei
giovani
»
.
Seguitando
così
,
si
potrà
solo
esporre
le
vite
dei
santi
,
principalmente
quella
di
san
Luigi
Gonzaga
,
che
,
se
non
erro
,
deve
essere
il
patrono
dei
nostri
moralissimi
.
Quando
avrà
impero
la
nuova
legge
,
avverto
i
librai
che
non
abbiano
ad
esporre
il
mio
Mythe
vertuiste
,
perché
,
mi
piace
dirlo
chiaro
,
esso
è
diretto
peggio
che
ad
offendere
,
a
distruggere
le
teorie
del
santo
concilio
di
Parigi
,
le
quali
dalla
nuova
legge
sarebbero
imposte
;
e
quindi
può
il
solo
titolo
«
stimolare
l
'
indiscreta
curiosità
»
di
coloro
che
desiderassero
sapere
cosa
la
gente
eretica
e
perversa
può
trovare
da
opporre
alle
teorie
dei
santi
padri
della
religione
morale
.
Dicesi
che
le
nuove
leggi
siano
volute
dai
clericali
nostri
.
Se
ciò
è
vero
,
mi
sia
concesso
il
dire
loro
che
,
così
operando
,
si
mettono
su
di
una
falsa
strada
,
la
quale
potrebbe
anche
portare
ad
infliggere
loro
persecuzioni
come
quelle
che
hanno
sofferto
in
Francia
.
La
loro
salvezza
sta
nella
libertà
;
essi
possono
giustamente
chiedere
che
la
legge
sia
neutrale
tra
loro
e
gli
avversari
loro
;
ma
se
chiedono
l
'
aiuto
della
legge
per
imporre
altrui
la
loro
morale
,
perdono
ogni
titolo
per
dolersi
se
verrà
giorno
in
cui
,
invertite
le
parti
,
saranno
questi
avversari
che
vorranno
imporre
la
loro
morale
ai
cattolici
.
In
questo
avvicendarsi
di
persecuzioni
e
di
oppressioni
sta
veramente
il
pericolo
delle
nuove
leggi
colle
quali
si
vorrebbe
ferire
la
libertà
del
pensiero
;
poiché
tale
scopo
non
sarà
meglio
raggiunto
di
quello
che
lo
sia
stato
pel
passato
,
e
ai
nostri
moralissimi
legislatori
non
sarà
certo
dato
di
compiere
ciò
che
non
poterono
conseguire
papi
,
imperatori
,
re
,
inquisitori
e
gesuiti
StampaQuotidiana ,
L
'
idea
che
la
sostituzione
di
Mammona
a
Dio
o
all
'
Essere
o
all
'
Ente
(
mettetela
come
volete
)
fosse
il
segno
premonitore
di
una
nuova
barbarie
era
già
viva
in
Kant
,
e
poi
in
Goethe
e
più
tardi
in
Burckhardt
,
e
chissà
in
quanti
altri
(
trascuro
Hegel
per
il
quale
la
morte
dell
'
arte
era
compensata
dal
trionfo
della
Ragione
)
.
Oggi
l
'
idea
si
è
generalizzata
,
ma
è
mutato
il
nome
:
invece
di
barbarie
si
preferisce
parlare
di
progresso
scientifico
e
tecnico
,
di
nuova
cultura
(
due
o
mille
culture
)
,
di
nuova
antropologia
,
restando
identica
,
anzi
peggiore
la
situazione
.
Certo
esistono
differenze
tra
la
vecchia
e
la
nuova
barbarie
.
La
vecchia
era
truculenta
:
i
viaggi
erano
pericolosi
,
sebbene
meno
dei
viaggi
attuali
;
le
pestilenze
falciavano
le
popolazioni
,
i
dissidi
e
le
faide
dividevano
non
solo
gli
Stati
ma
anche
le
famiglie
e
le
consorterie
.
I
morti
di
fame
abbondavano
(
ce
n
'
è
almeno
un
miliardo
anche
oggi
)
;
i
ricchi
anche
allora
avevano
sempre
ragione
;
la
vita
media
dell
'
uomo
era
più
breve
;
e
tuttavia
c
'
era
il
vantaggio
della
lenta
circolazione
delle
idee
.
Queste
erano
poche
e
relativamente
stabili
;
e
non
importa
se
fossero
false
.
Oggi
le
idee
sono
scomparse
:
tutto
è
ipotetico
,
tutto
è
vero
finché
è
vendibile
ed
è
falso
tutto
ciò
che
non
fa
gola
all
'
uomo
economico
.
Molti
sono
convinti
che
il
peggio
deve
venire
,
ma
accettano
il
fatto
come
inevitabile
.
E
quando
verrà
questo
peggio
?
Dovesse
accadere
tra
un
secolo
o
due
,
se
la
sbrighino
i
nostri
pronipoti
.
A
noi
non
importa
nulla
.
La
moltiplicazione
delle
scienze
e
delle
tecniche
è
direttamente
connessa
alla
scomparsa
delle
idee
.
Se
esaminiamo
il
campo
delle
arti
e
delle
lettere
-
il
solo
in
cui
io
abbia
qualche
competenza
-
che
cosa
troviamo
?
Si
afferma
,
per
esempio
,
che
la
letteratura
è
rimasta
indietro
e
che
solo
la
musica
e
le
arti
visuali
tengono
il
passo
.
È
chiaro
che
la
poesia
o
la
prosa
di
romanzo
non
potranno
mettersi
al
corrente
se
non
realizzando
opere
totalmente
prive
di
idee
e
unicamente
affondate
nell
'
inconscio
.
Si
dirà
che
anche
la
rinunzia
alle
idee
è
un
'
idea
,
è
l
'
idea
che
non
esistono
idee
valide
.
Ma
è
un
sostegno
debole
per
una
produzione
che
dopo
ottanta
e
più
anni
di
nuovissimi
ismi
non
ha
nemmeno
il
pregio
della
novità
.
L
'
orrore
per
gli
astratti
contenuti
,
la
giusta
convinzione
che
la
poesia
si
fa
con
le
parole
,
la
musica
con
le
note
,
la
pittura
con
i
colori
,
ha
messo
in
ombra
ciò
che
i
nostri
padri
sapevano
da
secoli
:
e
cioè
che
la
poesia
non
si
fa
soltanto
con
le
parole
,
la
musica
non
si
fa
soltanto
con
i
suoni
e
la
pittura
non
si
fa
unicamente
col
disegno
e
coi
colori
.
Un
simile
orrore
ha
facilitato
l
'
avvento
di
una
musica
in
cui
la
nota
(
la
parola
musicale
)
non
conta
più
nulla
;
di
una
pittura
concepita
come
gesto
pittorico
o
come
esibizione
di
materia
bruta
.
Un
'
arte
così
fatta
-
superate
le
iniziali
diffidenze
-
non
ingombra
lo
spirito
,
non
fa
pensare
.
È
un
'
arte
addirittura
piacevole
.
Quando
il
mondo
(
bomba
atomica
permettendolo
)
sarà
abitato
da
otto
o
nove
miliardi
di
uomini
alti
più
di
due
metri
,
quest
'
arte
sarà
probabilmente
ben
viva
.
Ma
nessuno
potrà
prendersi
la
briga
di
farne
la
storia
,
di
ravvisarvi
il
filo
di
un
'
idea
che
possa
dare
un
senso
all
'
esistenza
del
termitaio
umano
.
E
questo
potrà
dirsi
anche
delle
migliaia
o
dei
milioni
di
opere
letterarie
allineate
,
pienamente
al
corrente
.
I
loro
autori
avranno
avuto
editori
,
cattedre
,
prebende
;
saranno
letti
da
pochi
ma
la
loro
esistenza
avrà
una
consacrazione
ufficiale
.
Più
numerosi
-
un
'
infinità
-
saranno
gli
scrittori
di
roba
commestibile
,
destinati
anch
'
essi
all
'
oblio
ma
ben
pagati
e
rispettati
.
'
rutto
sarà
pienamente
OK
e
i
filosofi
spiegheranno
che
la
loro
materia
,
dopo
essere
stata
in
auge
in
tempi
barbarici
,
dovrà
essere
relegata
nel
buio
di
una
preistoria
che
per
il
nuovo
animale
umano
non
potrà
avere
alcun
interesse
.
Esistono
,
ovviamente
,
altre
ipotesi
,
alternative
diverse
;
ma
non
so
se
più
consolanti
.
Quel
che
pare
certo
è
che
l
'
uomo
debba
pagare
a
caro
prezzo
il
suo
«
grande
rifiuto
»
.
StampaQuotidiana ,
Ogni
atto
terroristico
suscita
un
acceso
e
quasi
sempre
inconcludente
dibattito
circa
i
suoi
scopi
e
i
suoi
effetti
.
Il
dibattito
nasce
dal
fatto
che
di
ogni
atto
terroristico
,
sia
di
quello
indiscriminato
sia
di
quello
rivolto
verso
un
obiettivo
specifico
,
è
estremamente
difficile
stabilire
gli
scopi
.
Ed
è
estremamente
difficile
stabilirne
gli
scopi
perché
non
è
facile
prevederne
gli
effetti
.
L
'
assassinio
del
prof.
Tarantelli
è
stato
immediatamente
collegato
alla
campagna
in
corso
pro
e
contro
il
referendum
.
Ma
a
guardar
bene
questo
collegamento
è
stato
fatto
nei
modi
più
diversi
.
I
problemi
connessi
col
referendum
sono
due
:
a
)
se
si
debba
svolgere
,
secondo
l
'
indicazione
della
Corte
costituzionale
,
o
debba
essere
evitato
;
b
)
se
una
volta
che
sia
stato
deciso
di
lasciarlo
svolgere
,
quale
delle
due
parti
in
contrasto
lo
vincerà
.
Ebbene
,
rispetto
a
entrambi
i
problemi
,
credo
che
nessuno
sia
in
grado
di
prevedere
esattamente
se
l
'
assassinio
del
prof.
Tarantelli
avrà
delle
conseguenze
e
quali
saranno
.
Rispetto
al
primo
problema
l
'
assassinio
è
destinato
a
favorire
coloro
che
il
nodo
della
scala
mobile
preferiscono
tagliarlo
con
il
ricorso
al
voto
popolare
oppure
coloro
che
preferiscono
scioglierlo
attraverso
un
compromesso
fra
le
parti
in
cui
non
dovrebbero
esservi
né
vincitori
né
vinti
?
Rispetto
al
secondo
,
questo
«
sangue
»
è
destinato
a
far
aumentare
i
voti
del
«
sì
»
oppure
i
voti
contrari
?
Posto
il
problema
degli
scopi
e
degli
effetti
di
questo
nuovo
atto
di
terrorismo
,
e
non
si
vede
come
possa
essere
posto
altrimenti
,
si
capisce
subito
che
le
risposte
possibili
sono
molte
,
e
anche
opposte
fra
loro
.
Di
fatto
,
a
giudicare
dalla
polemica
subito
sorta
fra
uomini
politici
delle
diverse
parti
,
ognuno
dà
una
interpretazione
diversa
secondo
il
proprio
punto
di
vista
.
Ciò
dimostra
ancora
una
volta
che
la
logica
dell
'
atto
terroristico
non
può
essere
giudicata
alla
stregua
della
logica
dell
'
azione
politica
comune
,
che
mette
in
diretta
connessione
il
mezzo
col
fine
,
e
che
di
fronte
a
un
'
azione
in
cui
non
riesce
a
cogliere
il
nesso
mezzo
-
fine
è
tentata
di
considerarla
irrazionale
(
o
folle
)
.
Una
delle
ragioni
per
cui
è
così
difficile
dare
un
giudizio
politico
su
un
atto
di
terrorismo
è
che
ci
si
sofferma
troppo
poco
sul
suo
aspetto
meramente
punitivo
o
vendicativo
.
Il
terrorista
è
o
crede
di
essere
,
prima
di
tutto
,
un
giustiziere
.
Ciò
che
per
noi
che
ci
mettiamo
dal
punto
di
vista
dell
'
ordinamento
delle
leggi
dello
Stato
è
un
assassinio
,
per
il
terrorista
che
non
accetta
l
'
ordinamento
dello
Stato
,
che
considera
lo
Stato
il
principale
nemico
da
abbattere
,
è
una
condanna
a
morte
.
Di
un
atto
di
giustizia
è
perfettamente
inutile
cercare
quali
siano
gli
scopi
e
gli
effetti
ulteriori
.
In
un
atto
di
giustizia
lo
scopo
dell
'
atto
che
è
il
rendere
giustizia
,
è
intrinseco
all
'
atto
stesso
.
L
'
atto
di
giustizia
non
pone
alcuna
domanda
che
vada
al
di
là
dell
'
atto
perché
è
esso
stesso
una
risposta
,
ed
è
una
risposta
che
chiude
un
ciclo
di
azioni
e
reazioni
,
e
non
ne
apre
uno
nuovo
.
Che
ogni
atto
di
giustizia
,
soprattutto
poi
quando
è
così
spietato
,
possa
avere
anche
lo
scopo
di
costituire
un
atto
d
'
intimidazione
e
di
avvertimento
nei
riguardi
di
futuri
colpevoli
,
non
si
può
escludere
,
sebbene
uno
scopo
di
questo
genere
sia
molto
più
evidente
nella
giustizia
di
un
'
istituzione
regolata
da
norme
generali
e
astratte
com
'
è
l
'
ordinamento
giuridico
dello
Stato
che
in
quella
di
un
gruppo
terroristico
la
cui
organizzazione
è
labile
,
discontinua
,
e
la
cui
azione
futura
è
molto
più
incerta
.
Ma
in
ogni
caso
l
'
eventuale
effetto
rispetto
ad
azioni
future
è
secondario
rispetto
a
quello
primario
ed
essenziale
della
punizione
di
azioni
passate
.
Ha
dunque
ben
poco
senso
cercare
una
giustificazione
politica
di
un
atto
che
essendo
compiuto
come
un
atto
di
giustizia
trova
la
propria
giustificazione
in
se
stesso
,
cioè
esclusivamente
nel
fatto
di
essere
un
atto
di
giustizia
,
e
che
in
quanto
tale
può
avere
paradossalmente
una
giustificazione
etica
(
se
pure
di
un
'
etica
distorta
)
e
non
ha
niente
a
che
fare
con
la
politica
.
A
questa
prima
osservazione
se
ne
collega
una
seconda
,
a
mio
parere
più
importante
.
L
'
unica
cosa
che
un
atto
terroristico
come
l
'
assassinio
del
prof.
Tarantelli
vuole
politicamente
dimostrare
è
che
di
fronte
ai
grandi
conflitti
sociali
non
vi
può
essere
che
un
unico
modo
per
risolverli
:
il
ricorso
alla
violenza
.
In
quanto
tale
esso
è
una
sfida
alla
democrazia
intesa
come
l
'
insieme
delle
regole
che
permettono
di
risolvere
i
conflitti
senza
ricorrere
all
'
uso
della
violenza
da
parte
dei
gruppi
in
conflitto
fra
loro
.
I
modi
per
risolvere
democraticamente
,
senza
ricorrere
alla
violenza
,
i
conflitti
d
'
interesse
sono
principalmente
due
:
la
trattativa
che
conduce
a
un
accordo
di
compromesso
oppure
il
voto
calcolato
in
base
alla
regola
di
maggioranza
.
Si
osservi
bene
:
si
tratta
dei
due
metodi
attualmente
in
contrasto
per
la
soluzione
della
controversia
sulla
scala
mobile
,
e
sui
quali
è
in
corso
,
con
esito
incerto
,
la
discussione
fra
le
varie
parti
.
Anche
da
questo
punto
di
vista
,
a
me
pare
sia
perfettamente
inutile
il
litigio
sui
presunti
scopi
dell
'
assassinio
.
In
quanto
esso
applica
il
metodo
della
violenza
in
antitesi
al
metodo
democratico
essenzialmente
non
violento
,
si
contrappone
contemporaneamente
tanto
alle
pratiche
del
compromesso
che
vorrebbero
evitare
il
referendum
quanto
all
'
attuazione
del
referendum
che
pretende
di
risolvere
con
un
voto
di
maggioranza
un
conflitto
che
secondo
il
terrorista
,
che
ha
una
idea
rivoluzionaria
del
cambiamento
storico
,
non
può
essere
risolto
con
nessuno
dei
rimedi
offerti
da
un
governo
democratico
che
voglia
rispettare
le
regole
del
gioco
.
Il
terrorista
dice
no
tanto
al
compromesso
quanto
al
referendum
,
tra
i
quali
non
può
fare
alcuna
distinzione
dal
suo
punto
di
vista
.
Anche
in
questo
caso
il
gesto
ha
un
valore
puramente
dimostrativo
e
pertanto
ha
un
fine
in
se
stesso
,
come
l
'
atto
di
giustizia
,
indipendentemente
dai
suoi
effetti
.
Con
questo
non
si
vuol
dire
che
non
abbia
effetti
che
vadano
ben
al
di
là
delle
intenzioni
degli
attori
,
anche
se
non
sappiamo
esattamente
quali
potranno
essere
.
Ma
non
è
l
'
arzigogolare
sugli
effetti
che
possa
in
qualche
modo
offrirci
una
ragione
dell
'
atto
,
perché
l
'
atto
ha
le
sue
ragioni
chiarissime
a
chi
le
voglia
intendere
,
indipendentemente
da
essi
.
Resta
una
domanda
angosciosa
:
perché
nel
nostro
paese
questa
sfida
alla
democrazia
sia
più
forte
che
altrove
.
StampaQuotidiana ,
Parmi
sempre
che
la
migliore
soluzione
da
esaminare
sia
quella
della
cooperativa
.
Sono
ben
lungi
dall
'
essere
un
fanatico
della
cooperazione
e
dal
credere
ad
una
magica
virtù
di
quella
parola
.
Neppure
,
e
parmi
averlo
dimostrato
in
tutto
quanto
ho
scritto
,
sono
partigiano
della
teoria
del
prodotto
integrale
del
lavoro
ai
lavoratori
.
Intendo
esaminare
il
problema
esclusivamente
da
un
punto
di
vista
pratico
ed
empirico
.
Se
i
ferrovieri
si
fossero
limitati
ad
invocare
principi
astratti
non
farei
motto
,
ma
quando
vedo
gente
competente
e
che
ha
le
mani
in
pasta
,
porsi
sul
terreno
pratico
ed
affermare
che
c
'
è
modo
di
migliorare
le
condizioni
dei
ferrovieri
senza
aggravio
pel
pubblico
,
parmi
che
tale
asserzione
sia
almeno
degna
di
studio
.
Sarebbe
presunzione
la
mia
se
dicessi
in
modo
assoluto
,
che
essi
hanno
ragione
.
Tale
giudizio
od
il
giudizio
opposto
possono
solo
essere
la
conclusione
di
lunghi
e
severi
studi
di
persone
competenti
,
come
sarebbero
i
membri
di
una
commissione
scelti
fra
le
persone
più
o
meglio
intendenti
delle
cose
ferroviarie
e
finanziarie
.
Molto
più
modesta
è
la
mia
tesi
.
Dico
che
la
proposta
dei
ferrovieri
è
meritevole
di
esame
e
non
deve
essere
respinta
a
priori
.
Non
mi
nascondo
le
forti
e
gravi
obiezioni
recate
da
persone
che
ben
conoscono
la
materia
quali
sono
i
professori
Einaudi
,
Pantaleoni
,
De
Johannis
,
ma
credo
che
se
possono
avere
sede
nella
discussione
per
la
risoluzione
definitiva
del
problema
,
non
siano
tali
da
fare
respingere
senz
'
altro
questa
discussione
stessa
.
Si
dice
:
se
concedete
che
l
'
esercizio
privato
sia
il
migliore
,
perché
non
lo
proponete
addirittura
?
Perché
un
vero
esercizio
privato
come
quello
delle
ferrovie
inglesi
è
impossibile
nelle
presenti
condizioni
,
in
Italia
.
Non
ci
sarebbe
un
Parlamento
,
per
approvarlo
,
e
forse
neppure
capitalisti
per
intraprenderlo
.
Possibile
sarebbe
solo
un
esercizio
in
apparenza
privato
,
in
realtà
misto
di
esercizio
di
Stato
e
di
esercizio
privato
,
pessimo
fra
tutti
gli
ordinamenti
che
si
possono
escogitare
per
le
ferrovie
italiane
,
ed
atto
solo
a
procacciare
lucrose
speculazioni
di
borsa
.
Rimane
dunque
solo
la
scelta
tra
l
'
esercizio
di
Stato
e
l
'
esercizio
della
cooperativa
.
Riguardo
a
quest
'
ultimo
,
si
osserva
e
giustamente
che
mala
prova
hanno
fatto
molte
cooperative
di
produzione
,
infelicissima
poi
quella
della
Mine
aux
mineurs
in
Francia
;
e
se
similmente
a
tali
cooperative
dovesse
essere
ordinata
la
cooperativa
ferroviaria
,
accetterei
per
buona
,
l
'
obiezione
a
priori
.
Ma
l
'
ordinamento
può
essere
diverso
,
facendo
parte
al
capitale
estraneo
alla
cooperazione
e
mirando
non
già
a
mettere
in
opera
principi
teorici
,
ma
lasciandosi
unicamente
guidare
da
considerazioni
pratiche
.
Per
solo
modo
di
esempio
,
pongasi
che
la
cooperativa
ferroviaria
abbia
:
1
)
un
certo
numero
di
obbligazioni
3
e
mezzo
per
cento
(
metto
a
caso
questo
numero
solo
per
brevità
di
discorso
)
;
2
)
azioni
privilegiate
4
e
mezzo
per
cento
(
anche
questo
numero
è
messo
a
caso
)
;
3
)
azioni
ordinarie
.
Le
azioni
ordinarie
sono
distribuite
gratis
,
o
con
pagamento
minimo
,
ai
ferrovieri
,
secondo
certe
norme
da
determinare
.
Il
frutto
di
queste
azioni
varrà
pei
ferrovieri
appunto
l
'
aumento
di
salario
che
essi
chiedono
e
che
è
impossibile
oramai
di
rifiutare
loro
.
Sull
'
utile
dell
'
azienda
,
si
preleva
:
1
)
la
somma
necessaria
pel
servizio
delle
obbligazioni
;
2
)
la
somma
necessaria
pel
servizio
delle
azioni
privilegiate
.
Il
rimanente
va
alle
azioni
ordinarie
.
Tale
ordinamento
,
per
quanto
spetta
alla
divisione
del
capitale
in
obbligazioni
,
azioni
privilegiate
azioni
ordinarie
,
non
è
teorico
;
trovasi
presso
moltissime
società
inglesi
e
vi
fa
buona
prova
.
Temesi
,
e
non
a
torto
,
che
assemblee
di
soli
cooperatori
possano
talvolta
essere
trascinate
ad
approvare
provvedimenti
dannosi
al
capitale
dell
'
azienda
.
Tale
pericolo
è
rimosso
dall
'
intervento
degli
azionisti
privilegiati
,
che
del
capitale
sapranno
prendersi
cura
.
Infine
osservasi
che
vi
possono
essere
crisi
nelle
quali
la
società
di
esercizio
ferroviario
guadagnerà
pochissimo
,
e
che
sono
compensate
da
anni
in
cui
largo
è
il
guadagno
.
Tale
compenso
ci
deve
essere
,
altrimenti
l
'
esercizio
sarebbe
disastroso
e
non
potrebbe
essere
assunto
da
nessuna
società
,
sia
cooperativa
sia
anonima
;
e
se
pure
ci
fossero
finanzieri
così
imprudenti
dallo
assumerlo
,
la
società
loro
fallirebbe
,
e
saremmo
da
capo
coll
'
esercizio
di
Stato
.
Se
si
vuol
fare
sul
serio
,
occorre
concedere
patti
convenienti
a
chiunque
assuma
l
'
esercizio
ferroviario
.
Ma
,
dicesi
,
e
dicesi
ottimamente
,
per
potere
fare
quel
compenso
tra
gli
anni
magri
e
gli
anni
grassi
,
un
capitale
ci
vuole
.
Sta
bene
,
ed
a
ciò
appunto
si
provvede
col
capitale
delle
azioni
privilegiate
.
Non
ho
menomamente
l
'
intento
di
esaminare
qui
tutti
i
particolari
di
un
simile
ordinamento
,
dirò
solo
che
il
Governo
può
avere
una
certa
ingerenza
nell
'
amministrazione
,
purché
non
sia
d
'
inciampo
al
li
ero
svolgersi
dell
'
esercizio
;
qualche
cosa
di
analogo
si
ha
nell
'
ingerenza
del
Governo
nell
'
amministrazione
della
Banca
d
'
Italia
.
È
veramente
strano
che
il
nostro
Governo
,
il
quale
colma
di
favori
,
a
spese
dei
contribuenti
,
le
mendicanti
cooperative
di
braccianti
ed
altre
simili
,
rifiuti
di
esaminare
le
proposte
dell
'
unica
cooperativa
che
non
mendica
favori
,
ma
chiede
un
giusto
,
e
conveniente
per
tutti
,
contratto
di
esercizio
.
Sarebbe
forse
perché
i
politicanti
traggono
dalle
prime
un
utile
per
la
loro
potenza
politica
,
che
da
quest
'
ultima
non
sperano
?
StampaQuotidiana ,
Scorrendo
riviste
di
cultura
,
estratti
di
rendiconti
accademici
,
relazioni
presentate
a
congressi
ed
altre
pubblicazioni
del
genere
può
accadere
di
incontrare
accaniti
ri
-
lettori
.
Titoli
come
«
Rileggendo
Jean
-
Jacques
»
,
«
Rileggendo
il
Pulci
»
,
«
Rileggendo
Melantone
»
sono
tutt
'
altro
che
improbabili
.
Un
così
fatto
zelo
di
erudizione
sarebbe
ammirevole
se
l
'
asserita
rilettura
non
fosse
del
tutto
immaginaria
.
Nella
grande
maggioranza
dei
casi
,
non
di
rilettura
si
tratterà
ma
di
un
primo
frettoloso
approccio
.
Rilegge
chi
ha
già
letto
;
e
il
tempo
delle
lente
e
meditate
letture
è
ormai
lontano
da
noi
.
In
particolare
,
si
leggono
sempre
meno
libri
,
mentre
è
assai
alto
il
numero
di
lettori
di
fogli
periodici
,
giornali
,
riviste
,
manifesti
murali
e
altra
roba
stampata
.
Ma
i
lettori
delle
pubblicazioni
volanti
,
giornaliere
,
non
leggono
:
vedono
,
guardano
.
Guardano
con
un
'
attenzione
«
fumettistica
»
anche
quando
sanno
leggere
davvero
;
guardano
e
buttano
via
.
I
nostri
treni
«
rapidi
»
,
giunti
a
destinazione
,
sono
un
cimitero
di
pubblicazioni
effimere
.
Restano
i
libri
,
sempre
più
numerosi
,
quanto
più
scarseggia
il
numero
dei
possibili
lettori
.
in
Italia
esistono
forse
trecento
librai
degni
del
nome
,
e
un
numero
di
editori
almeno
triplo
.
Il
fatto
è
singolare
perché
il
libro
,
come
oggetto
di
consumo
,
è
ingombrante
,
difficilmente
trasportabile
,
facilmente
deperibile
,
spesso
costituzionalmente
refrattario
a
una
rapida
alienazione
.
A
chi
presteremo
(
sperando
che
non
ci
siano
restituite
)
le
opere
complete
del
Bembo
o
dell
'
Alfieri
?
Sono
opere
importanti
,
che
da
anni
ingombrano
i
nostri
scaffali
:
è
quasi
certo
che
un
giorno
potranno
servirci
,
che
un
giorno
dovremo
affrontarne
la
rilettura
;
ma
intanto
pullulano
opere
più
urgenti
,
più
attuali
,
che
noi
siano
tenuti
a
leggere
sul
serio
,
e
i
nostri
scaffali
sono
al
completo
.
Un
tempo
erano
graditi
i
larghi
in
folio
,
i
robusti
in
quarto
,
utilissimi
a
stirare
i
pantaloni
,
dopo
un
giorno
di
pioggia
;
e
graditi
in
ordine
ascendente
(
o
discendente
,
se
si
guarda
al
formato
)
tutti
gli
altri
volumi
.
Persino
le
quasi
invisibili
farlallette
pubblicate
da
Vanni
Scheiwiller
non
rischiavano
di
essere
assorbite
dall
'
aspirapolvere
ed
erano
agevolmente
ospitate
tra
gli
interstizi
degli
altri
libri
.
Ma
oggi
?
Non
c
'
e
più
spazio
nelle
case
del
lettore
medio
;
per
lui
,
e
per
il
novanta
per
cento
dei
superstiti
lettori
,
il
libro
è
diventato
un
ospite
ingrato
.
Ricordate
i
piatti
di
terracotta
che
si
trovavano
una
volta
in
Toscana
?
Portavano
,
tutt
'
intorno
,
iscrizioni
ben
poco
incoraggianti
:
per
esempio
:
«
l
'
ospite
è
come
il
pesce
:
dopo
un
giorno
puzza
»
.
Ebbene
:
ospiti
di
questo
tipo
rischiano
di
essere
,
d
'
ora
in
poi
,
i
libri
ch
'
entrano
nella
casa
di
chi
vorrebbe
leggere
e
non
può
.
Non
venitemi
a
dire
che
oggi
un
libro
italiano
può
raggiungere
alte
tirature
(
centomila
copie
in
pochi
mesi
,
come
in
qualche
recente
caso
)
mentre
il
Mastro
-
don
Gesualdo
non
superava
,
dopo
trent
'
anni
,
il
secondo
migliaio
.
Se
anche
in
Italia
può
verificarsi
il
fenomeno
del
best
seller
,
questo
non
significa
nulla
.
Il
libro
che
il
vento
della
moda
porta
in
cresta
all
'
onda
può
o
non
può
avere
un
valore
letterario
,
ma
è
quasi
certo
che
chi
si
lascia
sedurre
da
quel
vento
e
acquista
il
libro
«
di
cui
si
parla
»
non
è
mosso
dall
'
impellente
bisogno
di
conoscere
un
'
opera
d
'
arte
,
bensì
dall
'
urgenza
di
conformarsi
a
un
supposto
obbligo
sociale
,
di
aggiornarsi
.
L
'
aggiornamento
è
una
delle
facce
dell
'
odierno
conformismo
.
Ed
è
naturale
che
l
'
obbligo
di
conformarsi
investa
anche
il
settore
del
libro
;
si
tratta
pure
sempre
di
casi
isolati
,
tali
da
non
infirmare
la
nostra
constatazione
:
che
oggi
la
vita
del
libro
si
fa
sempre
più
problematica
,
e
che
il
libro
come
oggetto
si
fa
sempre
meno
desiderabile
.
Come
oggetto
di
lusso
il
libro
non
ha
ancora
saturato
il
mercato
;
per
qualche
tempo
appariranno
ancora
,
nella
stagione
delle
strenne
,
i
grossi
volumi
custoditi
,
incassati
entro
fortilizi
di
cartone
,
costosissimi
,
non
maneggevoli
,
inimmaginabili
come
livres
de
chevet
e
perciò
destinati
a
non
essere
letti
da
nessuno
.
Tuttavia
è
raro
che
simili
pubblicazioni
abbiano
un
vero
valore
culturale
.
Chi
dispone
di
spazio
può
allogare
tali
imballaggi
sull
'
inaccessibile
fastigio
di
qualche
armadio
;
chi
invece
è
giù
assediato
da
altri
e
troppo
numerosi
volumi
fard
il
possibile
per
disfarsi
dei
nuovi
ingombranti
ospiti
e
per
salvare
dalla
distruzione
i
pochi
libri
che
per
lui
contano
.
Pochi
,
ma
sempre
troppi
per
la
maggior
parte
dei
lettori
.
Si
è
parlato
fin
qui
dei
lettori
che
più
contano
per
un
vero
scrittore
,
cioè
di
una
minoranza
di
lettori
.
Evidentemente
non
è
a
questi
che
può
rivolgersi
una
industria
culturale
in
grande
espansione
.
Ai
lettori
-
di
-
massa
,
molto
più
numerosi
,
il
tradizionale
libro
che
si
legge
e
si
ripone
nello
scaffale
è
ormai
inadeguato
.
Il
libro
che
ad
essi
conviene
è
quell
'
inelegante
,
commestibile
ed
equivoco
,
anzi
multivoco
,
prodotto
clic
si
chiama
il
«
condensato
»
.
Finora
si
è
proceduto
lentamente
su
questa
via
;
ma
è
questione
d
'
anni
.
Al
vero
libro
,
di
scarso
smercio
e
di
quasi
impossibile
collocazione
fisica
(
non
fa
piacere
di
buttarlo
via
)
viene
sostituito
1'Ersatz
del
falso
libro
:
il
prodotto
che
brucia
le
dita
se
non
si
getta
nel
portacenere
,
come
mozzicone
di
sigaretta
.
Si
prendono
-
si
prenderanno
sempre
più
-
alcuni
libri
più
o
meno
importanti
,
o
di
nessuna
importanza
,
vecchi
o
nuovi
,
e
se
ne
fanno
estratti
,
riassunti
,
riepiloghi
,
in
modo
che
un
solo
tomo
contenga
il
così
detto
«
meglio
»
-
quasi
sempre
il
peggio
-
di
quattro
o
cinque
opere
.
L
'
operazione
è
di
vecchia
data
.
Tutti
noi
abbiamo
letto
,
durante
la
nostra
infanzia
,
riduzioni
del
Don
Chisciotte
o
dei
Viaggi
di
Gulliver
ad
usum
delphini
;
e
pochi
di
noi
,
giunti
all
'
età
della
ragione
,
hanno
avuto
il
tempo
di
risalire
agli
originali
.
Oggi
si
è
compiuto
un
ulteriore
passo
:
le
opere
così
potate
e
macellate
non
sono
più
scelte
tra
i
capolavori
ma
tra
i
libri
recenti
.
Un
autore
odierno
sarebbe
felice
se
dopo
aver
smaltito
qualche
migliaio
di
copie
di
un
suo
libro
lo
vedesse
prolungare
la
sua
esistenza
sotto
la
forma
di
truciolo
,
frammischiato
ad
altri
trucioli
-
condòmini
di
varia
provenienza
.
Il
condensato
garantisce
un
notevole
supplemento
dei
diritti
d
'
autore
e
tiene
in
vita
il
nome
degli
scrittori
:
il
solo
nome
,
è
vero
,
ma
oggi
il
nome
è
quel
che
più
conta
.
Mi
correggo
:
il
nome
contava
fino
a
ieri
;
si
può
dire
che
conti
oggi
?
Solo
un
'
esigua
minoranza
di
coloro
che
ascoltano
una
commedia
è
in
grado
di
(
lire
o
ricordare
il
nome
dell
'
autore
;
solo
pochi
lettori
di
un
libro
terranno
a
mente
il
nome
di
chi
l
'
ha
scritto
.
Il
ricordo
si
effettua
nella
durata
e
nulla
è
più
sgradito
al
nostro
tempo
che
la
durata
.
Inteso
come
opera
destinata
a
restare
,
il
libro
non
è
oggetto
che
possa
interessare
l
'
uomo
economico
:
il
suo
vero
compito
è
di
produrre
il
maggior
rumore
momentaneo
e
poi
di
scomparire
per
far
luogo
ad
altri
oggetti
.
E
la
scomparsa
del
libro
può
anche
avvenire
in
molti
modi
:
per
esempio
,
trasformandolo
in
altro
oggetto
,
in
un
film
.
È
recente
un
concorso
per
romanzi
da
tradursi
in
pellicola
.
Che
cosa
chiedevano
i
promotori
di
quel
concorso
?
Certo
non
un
bel
romanzo
,
perché
i
romanzi
«
filmabili
»
abbondano
in
tutto
il
mondo
;
ed
è
ormai
quasi
certo
che
da
un
bel
romanzo
si
ricava
un
cattivo
film
o
almeno
un
film
che
tradisce
il
romanzo
e
lo
deforma
irreparabilmente
.
È
facile
supporre
che
Senilità
di
Svevo
trasferito
dal
1898
a
epoca
assai
più
recente
perda
quel
tipico
colore
locale
e
ambientale
che
ne
fa
un
capolavoro
fin
de
siècle
e
divenga
un
normale
imbroglio
di
gelosia
e
persino
alcoolismo
.
Simili
trapassi
,
e
quasi
direi
trasbordi
da
un
genere
artistico
a
un
altro
,
presuppongono
che
il
punto
di
partenza
,
l
'
originale
,
sia
assunto
come
materia
prima
e
trasformato
in
un
nuovo
manufatto
.
Un
'
analogia
potrebbe
esser
data
dall
'
olio
di
sansa
:
da
una
materia
oleosa
già
spremuta
si
estrae
,
con
solventi
chimici
,
altra
sostanza
meno
gradevole
ma
non
micidiale
.
Nel
caso
del
libro
,
però
,
il
nuovo
prodotto
è
ancora
più
lontano
dal
testo
primitivo
.
Non
importa
,
perché
tutto
è
compensato
da
un
vantaggio
:
ed
è
che
il
fastidioso
personaggio
dell
'
autore
viene
eliminato
e
a
lui
si
sostituisce
un
gruppo
di
nuovi
operatori
.
I
gruppi
possono
essere
diversi
se
dal
libro
si
cava
un
film
,
e
dal
film
una
commedia
o
viceversa
;
non
manca
il
caso
dello
scrittore
che
provvede
personalmente
ai
diversi
usi
e
mette
in
carta
contemporaneamente
romanzo
,
sceneggiatura
filmica
e
commedia
,
ma
è
un
caso
molto
raro
.
La
politica
economica
culturale
tende
al
«
pieno
impiego
»
ed
è
augurabile
che
molta
gente
venga
occupata
a
spolpare
lo
stesso
osso
.
Accade
persino
che
la
sceneggiatura
di
un
film
sia
pubblicata
in
forma
di
libro
e
così
il
cerchio
si
chiude
.
Trasformato
in
spettacolo
,
il
libro
passa
in
archivio
.
Eccolo
là
nello
scaffale
,
nella
vana
attesa
di
essere
ripreso
.
Ha
ancora
molti
segreti
da
rivelarci
,
lo
abbiamo
letto
in
anni
lontani
e
probabilmente
siamo
rimasti
alla
sua
superficie
.
Oppure
può
esser
vero
il
contrario
:
che
il
libro
già
famoso
si
riveli
illeggibile
.
Ma
è
tardi
,
altri
libri
chiedono
l
'
accessit
e
per
il
vecchio
libro
-
vecchio
talvolta
di
un
anno
o
due
-
non
c
'
è
più
speranza
di
salvezza
.
Anche
lo
scaffale
si
aggiorna
.
StampaQuotidiana ,
Le
recenti
vicende
che
stanno
travolgendo
la
popolarità
di
Ronald
Reagan
hanno
sollevato
un
vasto
dibattito
che
riguarda
non
soltanto
la
persona
del
presidente
ma
anche
l
'
istituzione
stessa
della
presidenza
della
repubblica
degli
Stati
Uniti
,
come
si
è
venuta
trasformando
negli
ultimi
decenni
.
Per
quanto
possa
sembrare
paradossale
,
si
va
dicendo
che
il
presidente
degli
Stati
Uniti
è
insieme
forte
e
vulnerabile
,
e
addirittura
tanto
più
vulnerabile
quanto
più
forte
.
Il
paradosso
consiste
nel
fatto
che
la
vulnerabilità
è
di
solito
considerata
caratteristica
di
un
potere
debole
.
Nell
'
ultimo
saggio
scritto
prima
della
morte
(
Autoritarismo
,
fascismo
e
classi
sociali
,
Il
Mulino
,
Bologna
1975
)
Gino
Germani
esprimeva
il
dubbio
che
i
pochi
governi
democratici
nel
mondo
attuale
potessero
sopravvivere
in
un
universo
di
Stati
in
gran
parte
non
democratici
.
Egli
fondava
questo
dubbio
sulla
convinzione
che
i
regimi
democratici
fossero
più
vulnerabili
sia
per
ragioni
interne
-
la
frammentazione
del
potere
che
consente
a
piccoli
gruppi
organizzati
di
inferire
colpi
mortali
alla
società
costretta
per
difendersi
a
violare
le
sue
stesse
regole
-
,
sia
per
ragioni
esterne
-
la
crescente
e
inarrestabile
dimensione
universale
della
politica
internazionale
che
avrebbe
favorito
i
regimi
autoritari
più
di
quelli
democratici
.
Entrambe
le
ragioni
mettevano
in
relazione
la
vulnerabilità
delle
democrazie
con
la
loro
debolezza
.
Soprattutto
per
quel
che
riguarda
la
politica
estera
,
la
stessa
tesi
è
stata
sostenuta
col
solito
vigore
e
furore
polemici
da
Jean
-
François
Revel
nel
libro
Come
finiscono
le
democrazie
(
Rizzoli
,
Milano
1984
)
.
Le
democrazie
sarebbero
destinate
a
finire
,
e
a
rappresentare
un
episodio
di
breve
durata
nella
storia
del
mondo
,
per
l
'
incapacità
di
difendersi
dal
loro
grande
avversario
,
il
totalitarismo
.
Questa
incapacità
sarebbe
dovuta
in
parte
ai
dissensi
interni
,
in
parte
all
'
eccesso
di
arrendevolezza
di
fronte
all
'
astuto
,
spietato
,
antagonista
.
Anche
in
questo
caso
la
vulnerabilità
è
interpretata
come
il
naturale
effetto
della
debolezza
.
In
che
senso
la
vulnerabilità
può
essere
fatta
derivare
piuttosto
dall
'
eccesso
di
forza
che
dall
'
eccesso
di
debolezza
?
La
risposta
è
stata
data
per
secoli
dai
classici
del
pensiero
politico
:
tanto
più
grande
il
potere
dei
governanti
tanto
più
forte
è
la
tentazione
che
essi
hanno
di
abusarne
,
vale
a
dire
di
esercitarlo
violando
o
aggirando
le
norme
stabilite
per
regolarlo
e
limitarlo
.
Tale
risposta
trova
piena
conferma
nell
'
affermazione
di
uno
dei
più
illustri
storici
contemporanei
degli
Stati
Uniti
,
Arthur
Schlesinger
,
che
in
un
'
intervista
di
questi
giorni
ha
detto
:
«
Gli
scandali
come
il
Watergate
,
oggi
l
'
Irangate
,
sono
la
risposta
patologica
alla
patologia
dell
'
onnipotenza
»
.
Naturalmente
vi
sono
regimi
in
cui
il
potere
è
forte
e
insieme
invulnerabile
.
Sono
gli
Stati
dispotici
ove
chi
governa
non
ha
,
come
diceva
Montesquieu
,
«
né
leggi
né
freni
»
.
Vi
sono
regimi
in
cui
leggi
fondamentali
esistono
ma
mancano
gli
organi
di
controllo
della
loro
osservanza
.
Sono
le
autocrazie
preliberali
in
cui
il
rispetto
delle
leggi
fondamentali
che
dovrebbero
limitare
il
potere
sovrano
è
demandato
allo
stesso
detentore
di
quel
potere
(
«
autocrate
»
è
letteralmente
colui
che
governa
se
stesso
)
.
Vi
sono
infine
regimi
in
cui
non
solo
il
potere
deve
essere
sempre
esercitato
entro
i
limiti
stabiliti
da
una
costituzione
formale
,
e
oggi
,
nella
maggior
parte
dei
casi
,
anche
rigida
,
ma
è
,
o
dovrebbe
essere
,
di
fatto
sottoposto
sempre
a
controlli
esterni
.
Sono
gli
Stati
democratici
.
Di
questi
controlli
due
sono
i
principali
:
quello
derivato
dalla
libertà
di
stampa
,
che
permette
la
formazione
di
un
'
opinione
pubblica
;
quello
derivato
dall
'
istituzione
della
divisione
dei
poteri
da
cui
nasce
il
controllo
del
potere
legislativo
su
quello
governativo
.
Sono
due
istituti
caratteristici
dello
Stato
democratico
,
di
cui
siamo
debitori
alla
tradizione
del
pensiero
liberale
,
che
ha
avuto
negli
Stati
Uniti
una
delle
sue
terre
d
'
elezione
.
Secondo
la
brillante
tesi
sostenuta
recentemente
da
Michel
Walzer
,
professore
di
scienze
sociali
all
'
Institute
for
Advanced
Studies
di
Princeton
,
lo
spirito
del
liberalismo
consiste
nell
'
«
arte
della
separazione
»
,
a
cominciare
dalla
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
della
sfera
privata
dalla
pubblica
,
della
società
civile
dal
sistema
politico
,
per
finire
,
all
'
interno
del
sistema
politico
,
a
quella
tra
l
'
uno
e
l
'
altro
dei
massimi
poteri
.
Tutte
queste
separazioni
servono
,
come
afferma
Walzer
,
«
a
prevenire
e
a
combattere
l
'
uso
tirannico
del
potere
»
.
In
base
a
questa
tesi
è
lecito
sostenere
che
tanto
la
crisi
della
presidenza
Nixon
quanto
quella
della
presidenza
Reagan
siano
nate
proprio
dalla
violazione
del
principio
di
separazione
,
vale
a
dire
dalla
pratica
costante
,
e
per
un
certo
periodo
di
tempo
incontrollata
,
della
confusione
,
in
primo
luogo
della
confusione
fra
potere
legale
e
potere
personale
,
ovvero
nell
'
uso
personale
del
potere
legale
.
Si
capisce
quindi
perché
si
possa
parlare
di
vulnerabilità
a
proposito
tanto
di
un
governo
debole
quanto
di
un
governo
forte
.
Ma
se
ne
parla
in
due
sensi
diversi
.
Il
primo
è
vulnerabile
per
sua
natura
;
il
secondo
è
tale
in
un
contesto
istituzionale
in
cui
anche
il
supremo
potere
è
limitato
da
regole
giuridiche
.
Nel
primo
caso
la
vulnerabilità
è
un
fatto
negativo
,
e
induce
chi
la
denuncia
a
sostenere
che
la
democrazia
è
impraticabile
.
Nel
secondo
è
un
fatto
positivo
,
ed
è
anzi
la
riprova
che
i
meccanismi
di
controllo
del
potere
,
propri
dei
regimi
democratici
,
sono
entrati
,
se
pur
talora
tardivamente
,
in
azione
.
Nel
primo
caso
è
un
difetto
,
nel
secondo
il
rimedio
a
un
difetto
.
Un
rimedio
che
dimostra
se
mai
quanto
sia
difficile
il
pieno
rispetto
delle
regole
democratiche
nei
rapporti
internazionali
,
in
un
sistema
in
cui
la
maggior
parte
degli
Stati
non
sono
democratici
ed
è
esso
stesso
solo
apparentemente
democratico
,
in
realtà
ingovernabile
.
Sino
a
che
uno
Stato
non
democratico
vive
in
una
comunità
cui
appartengono
Stati
non
democratici
,
ed
è
essa
stessa
non
democratica
,
anche
il
regime
degli
Stati
democratici
sarà
una
democrazia
incompiuta
.
L
'
idea
del
vecchio
Kant
,
per
cui
la
condizione
preliminare
di
una
pace
perpetua
,
diversa
da
quella
dei
cimiteri
,
fosse
che
tutti
gli
Stati
avessero
egual
forma
di
governo
,
la
forma
repubblicana
,
quella
forma
di
governo
in
cui
per
decidere
della
guerra
occorre
l
'
assenso
dei
cittadini
,
non
era
il
«
sogno
di
un
visionario
»
.
Era
una
previsione
fatta
nella
forma
del
«
se
allora
»
.
Purtroppo
quel
«
se
»
-
«
se
tutti
gli
Stati
fossero
repubblicani
»
-
può
essere
per
ora
soltanto
l
'
oggetto
di
un
augurio
.
StampaQuotidiana ,
Il
piccolo
incidente
è
quello
del
Monopolio
delle
assicurazioni
in
Italia
;
della
teoria
generale
feci
cenno
nell
'
articolo
pubblicato
nella
rivista
del
mio
amico
Sorel
.
La
scienza
sperimentale
non
ha
dogmi
,
non
ha
principi
assoluti
,
e
di
qualsiasi
teoria
non
cessa
di
verificare
i
risultamenti
coll
'
esperienza
.
Perciò
mi
premeva
il
verificare
se
i
fatti
corrispondevano
o
non
corrispondevano
alle
deduzioni
già
pubblicate
;
e
mi
doleva
il
dovere
aspettare
molti
anni
;
ma
in
grazia
del
discorso
del
Giolitti
,
la
verificazione
è
venuta
sollecita
quanto
si
poteva
desiderare
.
Dicevo
che
il
disegno
del
Monopolio
aveva
per
scopo
di
favorire
certi
speculatori
;
ed
ecco
il
Giolitti
a
dichiarare
esplicitamente
che
questo
Monopolio
aveva
per
scopo
di
rafforzare
finanziariamente
lo
Stato
,
perché
potesse
sovvenire
enti
locali
,
aiutare
intraprese
,
sussidiare
sindacati
.
Così
viene
confermata
una
voce
che
già
si
sentiva
a
sussurrare
che
ci
sono
trusts
i
quali
aspettavano
il
detto
Monopolio
come
la
manna
del
cielo
.
C
'
è
poi
un
'
altra
conferma
,
sulla
quale
mi
astengo
dell
'
insistere
,
perché
desidero
rimanere
nel
campo
scientifico
,
lontano
da
ogni
personalità
.
Il
lettore
che
la
volesse
conoscere
,
prenda
l
'
elenco
dei
deputati
che
hanno
votato
ora
in
favore
del
Monopolio
,
e
di
fronte
ad
ogni
nome
metta
un
S
se
il
deputato
è
legato
a
speculatori
,
amico
,
parente
,
di
questi
,
o
speculatore
esso
stesso
;
e
vedrà
che
gli
S
sono
molti
,
moltissimi
.
Ce
ne
sono
anche
fra
gli
oppositori
;
ma
io
appunto
scrivevo
nell
'
articolo
rammentato
che
questa
era
battaglia
di
speculatori
.
Intanto
quei
molti
S
,
tra
i
partigiani
dell
'
on
.
Giolitti
dimostrano
che
la
frase
a
lui
tanto
rimproverata
era
giusta
.
Se
egli
avesse
detto
:
«
Preferisco
l
'
interesse
dello
Stato
a
quello
di
molti
capitalisti
»
,
sarebbe
andato
fuori
della
realtà
:
«
Preferisco
l
'
interesse
dello
Stato
a
quello
di
pochi
capitalisti
»
;
e
così
sta
benissimo
.
Egli
,
da
valente
condottiero
parlamentare
,
sa
che
la
maggioranza
è
dalla
parte
dei
molti
.
Generalmente
,
chi
è
ostile
ad
un
partito
si
ferma
a
considerazioni
analoghe
.
Credo
invece
che
occorre
andare
più
in
là
,
e
procurare
di
capire
il
perché
del
fenomeno
.
Eccovi
molte
persone
intelligenti
,
anzi
furbe
,
che
hanno
difeso
il
Monopolio
,
e
non
certo
per
motivi
intrinseci
ad
esso
.
Dunque
ci
dovevano
essere
motivi
estrinseci
.
Occorre
trovarli
.
Eccovi
socialisti
,
che
sono
solitamente
nemici
feroci
dei
sindacati
o
dei
trusts
,
e
che
procacciano
di
dare
allo
Stato
il
modo
di
aiutare
questi
sindacati
o
questi
trust
;
e
lo
aiutano
pure
a
sovvenire
capitalisti
e
speculatori
di
ogni
genere
,
dimenticando
opportunamente
le
teorie
del
plus
valore
.
Generalmente
ci
si
ferma
a
notare
ciò
,
e
si
grida
la
croce
addosso
all
'
avversario
che
cade
in
sì
potente
contraddizione
.
No
,
l
'
avversario
può
essere
in
perfetta
buona
fede
;
ed
il
fenomeno
è
generale
.
Eccovi
gente
che
si
dice
democratica
;
per
essi
conta
solo
,
il
benessere
del
popolo
;
il
rimanente
non
si
deve
nemmeno
rammentare
.
Dicono
di
volere
dare
le
pensioni
agli
operai
.
Molti
mezzi
efficaci
per
questo
ci
sarebbero
.
Ad
esempio
i
dazi
doganali
,
fatti
fiscali
invece
di
essere
protettivi
,
darebbero
una
somma
esuberante
al
bisogno
.
Se
non
volete
ciò
avete
l
'
imposta
progressiva
de
'
monopoli
:
potreste
prendere
quello
dello
zucchero
,
dei
fiammiferi
,
dell
'
alcool
,
od
altri
simili
,
tutti
assai
produttivi
.
Proprio
no
.
Tra
tutti
quei
provvedimenti
i
nostri
amanti
del
popolo
e
nemici
dei
capitalisti
,
scelgono
quello
che
,
per
loro
stessa
confessione
,
frutterà
pochissimo
,
molto
meno
del
bisogno
per
le
pensioni
,
ma
che
sarà
favorevolissimo
agli
speculatori
che
aspettano
la
manna
governativa
.
La
gente
che
così
opera
è
intelligente
,
avveduta
;
dunque
ha
i
suoi
buoni
motivi
.
Bisogna
studiarli
.
Qui
mi
fermo
,
perché
se
seguitassi
scriverei
un
trattato
e
non
un
articolo
.
Vorrei
solo
che
il
lettore
intendesse
che
questo
caso
del
Monopolio
delle
assicurazioni
è
solo
caso
particolare
di
fenomeni
molto
più
generali
;
che
questi
fenomeni
hanno
le
loro
uniformità
,
e
che
possono
essere
oggetto
di
una
scienza
che
indaghi
appunto
tali
uniformità
e
le
metta
in
luce
.
StampaQuotidiana ,
Molti
anni
fa
,
quando
il
film
era
muto
,
i
cultori
di
estetica
del
cinema
si
studiarono
(
non
so
con
quanto
successo
)
di
stabilire
sottili
differenze
fra
cinema
e
teatro
,
per
impedire
che
il
film
,
degenerando
in
teatro
,
cessasse
di
essere
«
puro
»
.
Da
quel
tempo
molte
cose
sono
mutate
:
il
film
non
è
più
muto
,
il
teatro
si
è
fatto
spettacolare
e
filmistico
e
l
'
avvento
della
televisione
renderà
presto
impossibile
ogni
distinzione
che
non
sia
meramente
tecnica
.
Secondo
Carlo
L
.
Ragghianti
,
autore
di
un
ricco
libro
-
Cinema
arte
figurativa
(
Einaudi
)
-
,
oggi
si
può
distinguere
solo
fra
spettacolo
e
non
-
spettacolo
,
e
tutta
l
'
arte
spettacolare
è
visiva
e
appartiene
dunque
al
dominio
delle
arti
figurative
.
Film
e
commedia
sono
figuratività
svolta
nel
tempo
e
non
solo
nello
spazio
;
in
ciò
differiscono
dalla
pittura
e
dalla
scultura
,
ma
la
differenza
non
è
tale
da
farle
escludere
dalle
arti
figurative
.
Anche
un
quadro
o
una
statua
contengono
un
tempo
-
non
solo
psicologico
,
ma
storico
-
che
si
deve
sdipanare
come
un
gomitolo
per
intenderli
effettivamente
.
(
E
qui
,
aggiungo
io
,
mi
fa
piacere
veder
implicitamente
combattuta
la
tesi
secondo
la
quale
-
si
veda
la
recente
Storia
dell
'
architettura
moderna
di
Bruno
Zevi
-
il
tempo
,
come
quarta
dimensione
,
sarebbe
entrato
nella
pittura
solo
con
l
'
avvento
del
cubismo
,
il
quale
distruggendo
la
terza
dimensione
,
il
volume
,
permetterebbe
di
vedere
contemporaneamente
un
oggetto
da
più
lati
.
Solo
Montaigne
e
Bach
,
Wagner
e
Proust
e
non
Masaccio
e
non
Piero
,
avrebbero
dunque
costruito
col
fattore
temporale
quanto
Picasso
e
Braque
?
)
Ricondotte
sotto
l
'
insegna
della
Figuratività
tutte
le
arti
visive
,
e
anche
lo
spettacolo
,
ne
resta
fuori
,
secondo
il
Ragghianti
,
la
poesia
.
La
poesia
non
è
,
per
definizione
,
rappresentabile
.
La
rappresentazione
di
un
testo
poetico
è
un
assurdo
perché
non
si
può
ammettere
che
la
parola
poetica
,
per
esistere
,
debba
chiedere
un
'
integrazione
(
il
palcoscenico
,
gli
attori
,
il
regista
,
lo
scenografo
)
.
Quando
dal
libro
si
passa
al
palcoscenico
,
nasce
un
nuovo
genere
d
'
arte
-
lo
spettacolo
-
di
cui
è
esclusivo
autore
il
nuovo
artista
figurativo
,
il
regista
.
Il
resto
-
sia
esso
l
'
Amleto
o
un
canovaccio
da
commedia
dell
'
Arte
-
è
una
pedana
,
un
trampolino
,
un
espediente
tecnico
,
un
pretesto
.
Non
cercate
,
in
questi
casi
,
l
'
autore
del
testo
scritto
o
cercatelo
in
biblioteca
.
A
teatro
non
lo
trovereste
.
Fin
qui
il
pensiero
del
Ragghianti
è
rigorosamente
logico
;
potrete
accettarlo
o
respingerlo
,
ma
non
accusarlo
d
'
incoerenza
.
Un
dubbio
s
'
insinua
però
nel
lettore
quando
il
critico
distingue
,
o
sembra
distinguere
,
fra
teatro
poetico
e
teatro
spettacolare
.
Esiste
,
egli
dice
,
una
lignée
di
registi
(
da
Stanislavski
al
primo
Copeau
)
che
rispetta
il
testo
e
ne
mette
in
evidenza
la
qualità
poetica
;
e
un
'
altra
stirpe
di
registi
(
quella
dei
Craig
,
dei
Tairov
,
dei
Meyerhold
e
dei
Piscator
)
per
i
quali
lo
spettacolo
è
tutto
e
il
testo
c
nulla
.
1
veri
artisti
spettacolari
(
figurativi
)
sono
questi
ultimi
.
E
ben
a
ragione
un
testo
improvvisato
,
recitato
da
supermarionette
impersonali
,
era
l
'
ideale
di
Gordon
Craig
.
Qui
,
se
non
interpreto
male
il
pensiero
del
Ragghianti
,
resto
perplesso
perché
viene
a
cadere
il
presupposto
che
la
poesia
non
sia
rappresentabile
.
È
caduto
il
presupposto
,
viene
a
mancare
anche
la
distinzione
-
praticamente
esatta
-
fra
il
teatro
che
appartiene
all
'
autore
e
quello
di
cui
è
vero
autore
il
figurante
,
colui
che
gradua
e
svolge
gli
aspetti
visivi
del
teatro
ai
fini
della
nuova
poesia
«
spettacolare
»
.
È
probabile
,
anzi
certo
,
che
esistano
vari
tipi
di
teatro
,
più
o
meno
legati
a
un
testo
,
più
o
meno
spettacolari
;
ma
a
me
pare
che
in
tutti
i
casi
permangano
elementi
figurativi
ed
elementi
poetici
e
che
una
rigida
distinzione
,
in
sede
teorica
,
sia
impossibile
.
Fermiamoci
un
attimo
prima
del
salto
o
del
passaggio
dal
testo
allo
spettacolo
,
prima
che
l
'
opera
sia
rappresentata
.
Fermiamoci
al
momento
della
lettura
di
un
testo
poetico
,
sceneggiato
o
no
,
destinato
o
no
al
palcoscenico
.
Qui
sembra
che
l
'
opera
del
regista
non
sia
presente
.
Ma
in
realtà
il
regista
di
una
commedia
letta
è
il
lettore
stesso
,
sia
che
la
lettura
avvenga
dinanzi
all
'
altoparlante
,
sia
che
essa
resti
interiore
,
silenziosa
.
Leggendo
il
testo
che
ho
sottomano
lo
visualizzo
,
lo
trasformo
in
spettacolo
,
ne
divento
il
figurante
.
Ne
sono
perciò
anche
l
'
autore
?
Non
più
di
quanto
Mengelberg
o
Toscanini
siano
gli
autori
delle
sinfonie
beethoveniane
da
essi
eseguite
.
Si
potrà
osservare
che
l
'
intervento
del
direttore
d
'
orchestra
-
concertatore
non
ha
importanza
determinante
perché
manca
nella
musica
l
'
elemento
visivo
,
figurativo
.
Ma
è
un
'
illusione
:
la
Sinfonia
pastorale
esige
che
sia
sollecitata
un
'
integrazione
visiva
(
interiore
)
;
e
così
tre
quarti
della
musica
post
-
wagneriana
,
cromatica
.
Ma
c
'
è
di
più
:
se
il
tempo
è
presente
anche
nelle
opere
figurative
perché
non
si
comprende
un
quadro
senza
storicizzarlo
,
senza
svolgere
il
processo
che
l
'
ha
reso
possibile
,
è
altrettanto
vero
che
elementi
figurativi
esistono
anche
nelle
arti
non
visive
.
Recitare
anche
a
se
stessi
una
poesia
è
seguirla
,
rappresentarla
.
Se
è
assurda
la
poesia
rappresentata
,
non
vedo
che
lo
sia
meno
la
poesia
recitata
.
Eppure
l
'
assurdo
si
compie
.
Se
questo
assurdo
è
inteso
come
il
fondamentale
dissidio
fra
l
'
opera
d
'
arte
in
sé
(
questo
inconoscibile
)
e
la
sua
comunicazione
,
esso
è
presente
in
tutte
le
arti
.
E
se
la
regia
è
un
'
arte
(
come
è
certamente
)
bisogna
ammettere
che
esistono
migliaia
di
artisti
inconsci
che
nessuno
si
sogna
di
portare
in
trionfo
come
pur
meriterebbero
;
sono
gli
sconosciuti
,
gli
inconsapevoli
autoregisti
che
ogni
giorno
,
in
tutto
il
mondo
,
si
accostano
con
fine
sensibilità
a
un
'
opera
d
'
arte
.
Quanti
e
quali
artefici
periscono
,
in
ogni
terra
,
in
ogni
luogo
,
dall
'
alba
al
tramonto
!
Fra
essi
i
registi
visivi
che
portiamo
in
trionfo
e
paghiamo
a
milioni
non
sono
certo
i
maggiori
.
Mi
fermo
perché
mi
accorgo
di
stare
scivolando
sulla
china
dei
luoghi
comuni
e
certo
il
Ragghianti
,
ferratissimo
in
ogni
questione
di
estetica
,
avrebbe
ogni
ragione
di
rimproverarmelo
.
Molti
anni
fa
un
filosofo
scettico
che
possedeva
una
notevole
sensibilità
per
la
musica
e
la
poesia
-
Giuseppe
Rensi
-
scrisse
un
geniale
e
paradossale
volume
-
La
scepsi
estetica
-
per
dimostrare
la
verità
del
popolare
detto
ch
'
è
bello
non
ciò
che
è
bello
ma
ciò
che
piace
;
s
'
intende
ciò
che
piace
al
nostro
io
individuale
,
empirico
,
non
al
supposto
io
universale
che
si
anniderebbe
in
noi
.
A
me
mancano
i
conforti
dello
scetticismo
assoluto
,
e
beninteso
quelli
del
rigoroso
idealismo
.
L
'
esperienza
(
non
già
la
ragione
,
questa
nemica
di
ogni
concetto
impuro
e
contradditorio
)
mi
insegna
che
c
'
è
un
elemento
universale
in
ogni
opera
d
'
arte
;
ma
che
esso
si
fa
strada
attraverso
ogni
sorta
di
equivoci
,
di
fraintendimenti
,
di
traduzioni
e
di
approssimazioni
.
La
definizione
del
puro
spettacolo
mi
lascia
incerto
come
mi
lascerebbe
titubante
ogni
indagine
sulla
pura
poesia
e
sulla
pura
musica
.
Nell
'
arte
spettacolare
poi
-
cinema
e
teatro
-
il
caos
degli
equivoci
mi
sembra
addirittura
flagrante
.
Qui
si
va
spesso
alla
ricerca
dell
'
autore
senza
riuscire
a
trovarlo
.
In
genere
si
ha
l
'
impressione
che
un
'
opera
scritta
per
il
teatro
sia
già
strutturalmente
preformata
ai
fini
di
una
certa
prospettiva
che
non
respinge
,
anzi
chiede
l
'
ausilio
della
rappresentazione
(
magari
cieca
,
alla
radio
)
.
E
dalla
poesia
si
passa
alla
rappresentazione
senza
che
si
possa
avvertire
il
momento
in
cui
la
bacchetta
del
comando
si
trasferisce
dalle
mani
dell
'
autore
a
quelle
del
teatrante
.
Ciò
avviene
anche
nel
caso
di
esecuzioni
poco
o
punto
spettacolari
.
Ma
ammesso
che
spettacolo
vi
sia
,
l
'
Amleto
di
Moissi
non
era
quello
di
sir
Lawrence
Olivier
:
l
'
uno
e
l
'
altro
hanno
tradito
Shakespeare
,
ma
tutti
e
due
ci
hanno
pur
dato
un
possibile
Shakespeare
.
Dove
comincia
qui
e
dove
finisce
la
poesia
?
Si
giunge
al
caso
-
limite
di
Charlie
Chaplin
che
dei
suoi
film
è
soggettista
,
attore
e
regista
;
ma
la
poesia
che
in
tal
caso
è
raggiunta
può
dirsi
tutta
di
ordine
figurativo
o
è
composta
anche
d
'
altri
elementi
?
Carlo
Ragghianti
respinge
la
teoria
che
il
teatro
e
il
cinema
siano
forme
miste
;
al
suo
spirito
filosofico
ogni
mistura
sembra
,
in
estetica
,
un
ircocervo
impossibile
e
indifendibile
.
Io
mi
limiterei
a
dar
torto
a
chi
crede
a
generi
misti
necessariamente
inferiori
;
e
anche
a
chi
fa
della
misura
un
elemento
di
ineffabile
privilegio
.
Ho
inteso
registi
dire
che
il
teatro
è
metà
cielo
e
metà
sterco
;
e
costoro
avevano
tutta
l
'
aria
di
vantarsi
del
loro
mestiere
.
Evidentemente
,
a
loro
avviso
,
solo
le
arti
impure
o
miste
sono
feconde
di
effetti
...
celesti
.
E
pure
,
inguaribilmente
pure
,
sono
per
essi
le
arti
non
spettacolari
,
non
visive
.
Molto
più
aggiornati
e
molto
più
moderni
di
loro
i
filosofi
dell
'
arte
(
primo
fra
gli
altri
il
Croce
)
sanno
perfettamente
che
non
esistono
,
rigorosamente
parlando
,
le
arti
,
ma
l
'
Arte
il
cui
parametro
assoluto
ci
sfugge
.
E
se
storicamente
l
'
Arte
si
manifesta
nelle
arti
,
che
tendono
tutte
a
un
'
impossibile
condizione
di
purezza
,
macinando
molti
elementi
spuri
e
scambiandosi
spesso
le
parti
,
resta
pur
vero
che
nello
sviluppo
delle
singole
arti
tutti
i
veri
«
addetti
ai
lavori
»
-
puristi
o
non
puristi
-
hanno
un
compito
indispensabile
anche
se
non
riusciranno
mai
a
mettersi
d
'
accordo
.