StampaQuotidiana ,
Nel
recente
convegno
sulla
nuova
destra
,
svoltosi
a
Cuneo
per
iniziativa
dell
'
Istituto
storico
della
Resistenza
,
qualcuno
ha
messo
in
dubbio
che
«
destra
»
e
«
sinistra
»
siano
ancora
concetti
adeguati
a
rappresentare
le
divisioni
attuali
tra
dottrine
e
movimenti
politici
.
Siamo
stati
invitati
a
riflettere
sul
fatto
che
da
sinistra
si
riscoprono
scrittori
di
destra
,
come
Cari
Schmitt
,
da
destra
,
in
particolare
dalla
nuova
destra
reazionaria
,
scrittori
di
sinistra
come
Gramsci
.
Negli
stessi
giorni
in
un
'
intervista
a
«
Panorama
»
Massimo
Cacciari
,
intellettuale
di
sinistra
,
dichiarava
di
rifiutare
«
quella
concezione
assiale
della
politica
che
prevede
una
destra
e
una
sinistra
,
intese
come
blocchi
compatti
e
specularmente
contrapposti
»
.
In
realtà
questa
confusione
non
è
nuova
né
è
senza
giustificazione
:
estrema
sinistra
ed
estrema
destra
hanno
amori
diversi
ma
odi
comuni
.
Uno
di
questi
odi
è
la
democrazia
,
intesa
come
il
regime
in
cui
le
sole
decisioni
collettive
legittime
sono
quelle
prese
in
base
alla
regola
della
maggioranza
.
Peraltro
,
le
ragioni
di
questa
avversione
sono
,
da
una
parte
e
dall
'
altra
,
opposte
.
Proprio
tenendo
conto
di
queste
opposte
ragioni
si
riesce
ancora
a
cogliere
il
principale
carattere
distintivo
dei
due
schieramenti
in
cui
si
divide
tradizionalmente
l
'
universo
politico
.
L
'
opposizione
consiste
in
questo
:
per
l
'
estrema
sinistra
la
regola
di
maggioranza
,
per
cui
ogni
cittadino
conta
per
uno
,
assicura
un
'
eguaglianza
puramente
formale
ma
non
riesce
altrettanto
bene
a
promuovere
l
'
eguaglianza
sostanziale
;
per
l
'
estrema
destra
la
stessa
regola
della
maggioranza
,
pareggiando
se
pure
solo
formalmente
tutti
i
cittadini
,
finisce
per
disconoscere
che
gli
uomini
sono
sostanzialmente
diseguali
.
Come
si
vede
,
la
divisione
avviene
sul
diverso
giudizio
che
l
'
una
e
l
'
altra
parte
danno
sull
'
eguaglianza
e
rispettivamente
sulla
diseguaglianza
come
ideale
da
perseguire
.
Questo
diverso
giudizio
permette
di
tener
ben
distinte
ideologie
che
tendono
a
una
maggiore
eguaglianza
rispetto
alla
democrazia
formale
,
e
che
chiamerò
egualitarie
,
e
ideologie
che
chiedono
una
maggiore
diseguaglianza
,
sempre
rispetto
alla
democrazia
formale
,
e
che
chiamerò
inegualitarie
.
Si
tratta
di
una
distinzione
vecchia
come
il
mondo
,
molto
più
vecchia
della
distinzione
tra
sinistra
e
destra
,
che
risale
alla
rivoluzione
francese
.
Ma
dacché
i
due
termini
di
sinistra
e
destra
sono
stati
introdotti
nel
linguaggio
politico
,
essi
sono
sempre
stati
adoperati
per
coprire
la
distinzione
tra
ideologie
egualitarie
e
inegualitarie
.
Perciò
sinché
vi
saranno
dottrine
e
movimenti
che
si
contrappongono
sulla
base
del
diverso
valore
dato
al
principio
dell
'
eguaglianza
,
l
'
uso
dei
due
termini
è
non
solo
legittimo
ma
utile
.
Il
loro
rifiuto
è
prova
o
di
imperdonabile
ignoranza
o
peggio
dell
'
illusione
di
cancellare
insieme
coi
due
nomi
la
realtà
che
essi
designano
.
La
contrapposizione
fra
egualitari
e
inegualitari
è
vecchia
quanto
il
mondo
per
la
semplice
ragione
che
gli
uomini
sono
tanto
eguali
quanto
diseguali
:
sono
eguali
in
quanto
appartengono
al
genere
umano
distinto
da
altri
generi
come
quello
degli
animali
,
ma
sono
diseguali
considerati
come
individui
,
uno
per
uno
.
Le
ideologie
egualitarie
mettono
l
'
accento
soprattutto
sull
'
appartenenza
di
tutti
gli
uomini
a
un
genere
comune
,
quelle
inegualitarie
sulle
osservabili
e
inconfutabili
differenze
tra
l
'
uno
e
l
'
altro
individuo
.
In
altre
parole
,
le
prime
danno
più
importanza
a
ciò
che
ci
unisce
,
le
seconde
a
ciò
che
ci
divide
.
Tra
le
tante
prove
storiche
che
si
possono
addurre
di
questa
contrapposizione
,
mi
limito
a
quella
che
si
può
trarre
dai
due
autori
considerati
a
buon
diritto
i
principali
ispiratori
dei
due
schieramenti
:
Rousseau
e
Nietzsche
.
Nel
suo
Discorso
sull
'
origine
delle
diseguaglianze
fra
gli
uomini
,
Rousseau
parte
dalla
considerazione
che
gli
uomini
sono
nati
fondamentalmente
eguali
ma
la
civiltà
corrotta
li
ha
resi
diseguali
.
Nietzsche
,
al
contrario
,
parte
dalla
considerazione
che
gli
uomini
sono
per
natura
diseguali
e
soltanto
la
civiltà
,
con
la
sua
morale
del
gregge
,
di
cui
è
massimamente
responsabile
il
cristianesimo
,
e
di
cui
sono
manifestazioni
al
tempo
presente
la
democrazia
e
il
socialismo
,
li
ha
resi
ingiustamenti
eguali
.
L
'
ideale
che
si
può
trarre
dalla
interpretazione
rousseauiana
del
corso
storico
è
quello
rivoluzionario
dell
'
abbattimento
delle
società
storiche
fondate
sulla
diseguaglianza
sociale
e
della
instaurazione
di
una
nuova
società
in
cui
tutti
siano
a
pari
diritto
cittadini
;
l
'
ideale
che
si
può
trarre
dalla
interpretazione
nietzscheana
,
è
al
contrario
quello
reazionario
della
restaurazione
di
un
ordine
gerarchico
la
cui
distruzione
ha
reso
possibile
il
trionfo
della
quantità
,
dei
«
malriusciti
»
,
del
branco
.
Lo
stesso
Nietzsche
ritorna
sempre
a
Rousseau
,
il
suo
grande
nemico
,
ogni
qualvolta
sfoga
il
proprio
furore
contro
il
principio
dell
'
eguaglianza
e
contro
quell
'
avvenimento
storico
,
la
rivoluzione
francese
,
che
avrebbe
cercato
di
attuarlo
:
«
Quello
che
odio
-
una
citazione
fra
mille
-
è
la
rousseauiana
moralità
della
rivoluzione
francese
...
La
dottrina
dell
'
eguaglianza
.
Ma
non
c
'
è
tossico
più
velenoso
!
»
Mi
si
può
obiettare
che
il
criterio
dell
'
eguaglianza
non
è
il
solo
a
permettere
di
caratterizzare
due
ideologie
opposte
.
C
'
è
anche
quello
della
libertà
in
base
al
quale
si
distinguono
ideologie
libertarie
e
autoritarie
.
Rispondo
che
questo
criterio
di
distinzione
serve
a
distinguere
,
nell
'
ambito
della
sinistra
e
della
destra
,
l
'
ala
estrema
dall
'
ala
moderata
.
Si
può
sostenere
infatti
che
le
due
ali
estreme
sono
autoritarie
,
quelle
moderate
libertarie
.
Di
conseguenza
,
la
linea
su
cui
si
collocano
le
diverse
ideologie
partendo
da
sinistra
e
procedendo
verso
destra
si
sviluppa
attraverso
queste
quattro
aree
.
All
'
estrema
sinistra
stanno
i
movimenti
che
sono
insieme
egualitari
e
autoritari
:
l
'
esempio
classico
è
quello
dei
giacobini
e
dei
loro
tardi
seguaci
,
i
bolscevichi
.
Alla
sinistra
moderata
appartengono
i
movimenti
egualitari
e
libertari
,
il
cui
esempio
al
tempo
attuale
sono
i
partiti
socialdemocratici
che
ricoprono
una
vasta
area
che
si
potrebbe
chiamare
opportunamente
di
«
socialismo
liberale
»
.
Seguono
i
movimenti
della
destra
moderata
che
sono
insieme
inegualitari
e
libertari
.
Infine
c
'
è
l
'
estrema
destra
in
cui
si
collocano
i
movimenti
che
accompagnano
l
'
autoritarismo
alla
voglia
(
o
nostalgia
)
di
una
società
ordinata
gerarchicamente
.
Certamente
la
realtà
è
più
ricca
di
qualsiasi
schema
.
Ma
è
sempre
meglio
uno
schema
qualsiasi
che
la
confusione
mentale
da
cui
possono
nascere
soltanto
comportamenti
politicamente
aberranti
.
StampaQuotidiana ,
A
quanto
pare
io
ho
interpretato
male
il
pensiero
dell
'
on
.
Giolitti
.
Ho
avuto
torto
di
adoperare
le
regole
della
critica
storica
,
mentre
la
critica
dei
partigiani
è
tutt
'
altra
.
L
'
on
.
Giolitti
diceva
:
Io
sono
d
'
avviso
che
è
bene
che
vi
siano
delle
grandi
forze
finanziarie
.
Il
governo
italiano
ha
sempre
seguito
la
via
di
cercar
modo
di
aiutare
le
grandi
industrie
ed
i
grandi
istituti
di
credito
.
Primo
punto
.
Se
questo
discorso
si
leggesse
in
un
documento
storico
dei
secoli
passati
,
si
concluderebbe
legittimamente
che
l
'
oratore
desiderava
,
divisava
di
aiutare
le
grandi
industrie
ed
i
grandi
istituti
di
credito
,
e
che
molto
probabilmente
tale
aiuto
doveva
essere
finanziario
.
Aggiungeva
l
'
on
.
Giolitti
:
Vado
più
in
là
.
Riconosco
che
in
alcuni
casi
i
sindacati
possono
essere
utili
,
quando
occorrono
per
diminuire
la
soverchia
concorrenza
.
Secondo
punto
.
Sempre
se
si
trattasse
di
un
documento
storico
,
si
concluderebbe
che
oltre
alle
grandi
industrie
ed
ai
grandi
istituti
di
credito
,
l
'
oratore
estende
la
sua
benevolenza
e
quindi
l
'
aiuto
ai
sindacati
,
o
trusts
.
È
vero
che
c
'
è
la
restrizione
della
concorrenza
che
deve
essere
soverchia
.
Si
domanda
se
ci
furono
mai
sindacati
o
trusts
che
non
trovarono
soverchia
la
concorrenza
.
Io
non
ne
conosco
.
Chi
vuole
conoscere
la
soverchia
concorrenza
alla
quale
riparano
i
trusts
italiani
,
legga
gli
articoli
di
Edoardo
Giretti
.
Sono
ricchi
di
fatti
;
mi
dispiace
di
non
li
potere
qui
riprodurre
,
ma
...
fanno
un
volume
!
L
'
on
.
Giolitti
discorre
di
enti
finanziari
,
tra
i
quali
c
'
è
evidentemente
il
monopolio
delle
assicurazioni
(
sbaglio
anche
in
ciò
?
)
e
dice
:
La
forza
finanziaria
dello
Stato
,
che
si
verrebbe
creando
con
questi
enti
che
concentrano
in
sua
mano
dei
grandissimi
capitali
,
è
elemento
di
solidità
per
le
industrie
e
i
commerci
,
perché
uno
Stato
debole
non
può
nei
momenti
più
difficili
,
trovar
modo
di
evitare
le
grandi
crisi
.
Terzo
punto
.
Supposto
ancora
che
si
discorresse
solo
di
storia
,
si
concluderebbe
che
il
Giolitti
vuole
adoperare
direttamente
,
od
indirettamente
,
quei
grandissimi
capitali
per
dare
solidità
per
le
industrie
,
e
per
evitare
le
grandi
crisi
.
È
pure
evidente
che
se
non
li
adoperasse
né
direttamente
né
indirettamente
,
non
potrebbe
raggiungere
né
questi
né
altri
scopi
;
sarebbe
come
se
quei
capitali
non
esistessero
.
Il
modo
preciso
,
con
ogni
particolare
,
come
saranno
adoperati
,
non
lo
so
,
come
forse
non
lo
sa
neppure
il
Giolitti
.
È
naturale
che
le
riserve
matematiche
non
saranno
direttamente
adoperate
per
sovvenire
industrie
,
trusts
,
banche
.
Ma
poniamo
,
come
semplice
ipotesi
,
che
si
adoperino
per
alleviare
il
grave
pondo
di
certi
titoli
di
Stato
,
che
hanno
certe
banche
;
queste
,
in
compenso
,
potranno
aiutare
industrie
e
trusts
,
e
sarà
un
modo
indiretto
di
sovvenire
queste
industrie
e
questi
trusts
.
Aggiungendo
le
sovvenzioni
agli
enti
locali
,
sulle
quali
non
credo
che
ci
sia
quistione
,
tutto
ciò
mi
pare
che
si
possa
compendiare
,
scrivendo
,
come
ho
fatto
,
che
,
secondo
l
'
on
.
Giolitti
,
il
Monopolio
aveva
per
scopo
di
rafforzare
finanziariamente
lo
Stato
,
perché
potesse
sovvenire
enti
locali
,
aiutare
intraprese
,
sussidiare
sindacati
.
L
'
on
.
Giolitti
non
la
pensa
in
questo
modo
?
Vuol
dire
che
non
si
è
espresso
tanto
bene
.
A
che
pro
discorrere
di
aiuti
alle
grandi
industrie
ed
ai
grandi
istituti
di
credito
,
se
non
ne
voleva
dare
?
Perché
nominò
i
sindacati
e
le
crisi
?
Così
,
per
discorrerne
in
modo
accademico
?
Ma
infine
,
è
inutile
contendere
sul
pensiero
di
un
uomo
vivo
e
fresco
;
egli
solo
ha
diritto
di
manifestarlo
.
Tolgo
la
confessione
dell
'
on
.
Giolitti
dal
numero
delle
prove
della
mia
teoria
;
ammetto
che
,
se
pure
ha
discorso
un
poco
diversamente
,
in
sostanza
non
vuole
aiutare
né
grandi
industrie
,
né
grandi
istituti
di
credito
,
né
sindacati
,
e
che
non
vuole
menomamente
adoperare
i
denari
dello
Stato
per
evitare
le
grandi
crisi
.
Tra
parentesi
farà
benissimo
,
perché
oramai
è
riconosciuto
che
è
col
volere
evitare
le
crisi
che
si
fanno
più
acute
.
Se
in
un
discorso
parlamentare
sul
monopolio
delle
assicurazioni
,
l
'
on
.
Giolitti
ha
rammentato
gli
aiuti
alle
industrie
,
ai
sindacati
,
alle
banche
,
è
stato
tanto
per
dire
,
ma
nella
mente
sua
,
nulla
ha
che
fare
,
con
tutte
queste
cose
,
il
monopolio
.
Siamo
dunque
intesi
,
non
se
ne
parli
più
.
Tolte
le
confessioni
giolittiane
,
rimangono
i
fatti
.
Non
avendo
a
mia
disposizione
nessuna
sonnambula
extra
lucida
,
ignoro
quelli
dell
'
avvenire
...
ma
conosco
quelli
del
passato
.
Lasciamo
stare
le
Casse
postali
di
risparmio
amministrate
dallo
Stato
;
prima
perché
non
è
un
monopolio
;
secondo
perché
ci
sarebbe
da
scrivere
lungamente
per
indagare
se
hanno
torto
,
o
ragione
,
coloro
che
dicono
che
sarebbe
meglio
per
il
paese
,
specialmente
per
le
province
meridionali
,
che
i
risparmi
rimanessero
ad
aiutare
l
'
agricoltura
,
l
'
industria
ed
il
commercio
locale
,
invece
di
essere
asportati
dal
governo
;
e
non
mancano
altre
considerazioni
pei
casi
di
grandi
crisi
,
di
guerra
,
o
simili
.
Non
si
può
discorrere
di
tutto
in
una
volta
;
rimaniamo
nei
termini
del
nostro
problema
.
L
'
on
.
Giolitti
ha
detto
:
Lo
Stato
anche
in
materia
economica
deve
dirigere
,
ma
non
essere
diretto
.
Chi
vuole
conoscere
come
lo
Stato
dirigesse
i
grandi
istituti
di
credito
,
legga
i
volumi
dell
'
inchiesta
sulle
Banche
.
Ci
sono
molte
cose
belle
,
anzi
bellissime
.
Forse
si
dirà
che
è
un
passato
molto
remoto
.
Bene
;
si
leggano
gli
articoli
scritti
da
Alberto
Caroncini
sul
«
Resto
del
Carlino
»
,
e
si
vedrà
che
probabilmente
il
presente
non
è
poi
tanto
diverso
dal
passato
.
Vi
si
vedrà
pure
come
l
'
ultima
crisi
,
appunto
perché
il
governo
volle
impedirne
gli
effetti
,
è
diventata
più
dannosa
,
ed
ha
lasciato
in
Italia
uno
strascico
;
mentre
è
interamente
risanata
nei
paesi
ove
simile
errore
non
fu
fatto
.
Non
posso
riprodurre
qui
questi
articoli
,
per
lo
stesso
motivo
che
non
posso
riprodurre
gli
articoli
del
Giretti
,
né
l
'
inchiesta
sulle
banche
,
né
i
documenti
parlamentari
sui
molti
favori
protettivi
di
cui
godono
coloro
che
poi
approvano
il
monopolio
,
né
i
documenti
sulla
Cassa
di
previdenza
di
Torino
,
che
aspetta
di
essere
salvata
dal
monopolio
,
né
quegli
altri
sulle
convenzioni
marittime
proposte
dall
'
on
.
Giolitti
,
né
le
previsioni
che
si
fanno
sugli
aiuti
che
,
ai
sindacati
,
potranno
dare
gli
istituti
di
credito
,
quando
siano
aiutati
da
un
forte
stato
finanziario
,
né
tanti
altri
documenti
che
infine
narrano
tutta
la
vita
finanziaria
dell
'
Italia
in
questi
ultimi
tempi
,
e
che
dimostrano
chiaramente
come
lo
Stato
aiuti
una
certa
classe
di
cittadini
,
i
quali
a
lor
volta
,
aiutano
lo
Stato
a
procacciarsi
i
mezzi
finanziari
che
sono
necessari
per
concedere
tale
aiuto
.
Chi
vuole
bene
conoscere
i
fatti
,
purtroppo
deve
leggere
tutto
ciò
;
perché
sinora
non
si
é
trovato
il
modo
di
sapere
senza
imparare
.
Ma
del
sapere
si
può
fare
a
meno
,
anzi
,
a
dirla
qui
fra
noi
,
un
politicante
fa
tanto
migliore
riuscita
,
quanto
meno
sa
;
perché
se
sapesse
,
potrebbe
avere
dubbi
;
ed
a
lui
verrebbe
meno
la
forza
che
dà
una
cieca
fede
.
StampaQuotidiana ,
Si
dà
la
Traviata
,
in
un
grande
teatro
.
Il
nuovo
tenore
,
esordiente
,
è
molto
impacciato
,
ma
è
giovane
,
dispone
di
una
voce
simpatica
e
nell
'
insieme
non
guasta
.
Un
tenore
che
non
guasta
è
già
un
miracolo
tale
da
riempirci
di
meraviglia
.
A
un
certo
punto
però
le
cose
si
complicano
in
modo
inatteso
.
Mentre
Alfredo
ci
sta
spiegando
-
in
verità
senza
scaldarsi
troppo
-
quali
furono
i
suoi
rapporti
economici
con
Violetta
e
come
mai
egli
«
tutto
accettar
potea
»
,
ecco
che
interrompe
il
suo
canto
,
si
avventa
sul
tavolo
da
gioco
,
prende
in
mano
le
carte
e
le
getta
in
aria
:
dopodiché
continua
a
cantare
con
molto
sobria
indignazione
.
Altro
fatto
strano
accade
quando
Violetta
tenta
di
uscire
per
porre
fine
alla
scenata
disgustosa
.
Violetta
sfiora
Alfredo
che
potrebbe
afferrarla
ma
si
limita
invece
a
seguirla
con
prudenza
;
solo
quando
lei
avrà
raggiunto
la
scalinata
,
Alfredo
la
prenderà
per
un
braccio
trascinandola
all
'
estremo
limite
del
proscenio
.
Come
mai
in
questi
due
casi
il
misurato
Alfredo
tenta
(
senza
riuscirvi
)
di
trasformarsi
in
un
leone
?
È
facile
dirlo
:
egli
ha
imparato
i
due
gesti
dal
regista
,
ma
i
gesti
gli
si
sono
appiccicati
dall
'
esterno
e
non
fanno
parte
del
suo
temperamento
.
In
definitiva
,
i
due
gesti
sono
inutili
,
anzi
dannosi
all
'
effetto
.
L
'
esempio
che
citiamo
non
è
che
uno
fra
mille
.
Il
gesto
di
un
artista
fa
parte
della
sua
personalità
(
se
questa
esiste
)
e
non
si
può
darglielo
a
prestito
.
L
'
artista
di
canto
è
,
o
dovrebbe
essere
,
non
l
'
astratto
«
titolare
»
ma
l
'
inventore
e
il
responsabile
della
propria
voce
e
dei
propri
gesti
.
Fate
invece
ch
'
egli
dia
in
locazione
,
in
affitto
,
la
voce
al
direttore
d
'
orchestra
,
che
la
governi
a
modo
suo
,
e
il
corpo
al
regista
,
che
lo
disponga
a
suo
talento
,
e
tutto
avrete
fuorché
un
'
interpretazione
convincente
.
Un
artista
manovrato
fino
a
questo
punto
avrà
sempre
qualcosa
di
meccanico
,
d
'
impersonale
.
Sarà
un
esecutore
d
'
ordini
,
non
mai
un
'
anima
.
Come
fare
,
allora
?
Abolire
senz
'
altro
la
figura
del
regista
?
Si
sarebbe
tentati
di
rispondere
in
questo
senso
riflettendo
che
in
altri
tempi
erano
possibili
ottime
esecuzioni
di
opere
e
commedie
musicali
senza
l
'
intervento
di
alcun
deus
ex
machina
importato
dal
mondo
del
cinema
o
del
teatro
di
prosa
.
Trent
'
anni
or
sono
,
non
solo
Toscanini
e
altri
sommi
,
ma
anche
vecchi
lupi
del
palcoscenico
come
Armani
e
Bavagnoli
sostenevano
autorevolmente
un
intero
spettacolo
col
semplice
ausilio
di
un
buon
maestro
sostituto
e
di
un
modesto
direttore
di
scena
.
Ma
bisogna
anche
ammettere
che
non
si
fabbricano
su
misura
i
Toscanini
e
nemmeno
i
Bavagnoli
,
e
che
oggi
in
fatto
di
sensibilità
spettacolare
il
gusto
del
pubblico
si
è
fatto
,
se
non
migliore
,
più
sottile
,
più
esigente
.
Dobbiamo
poi
riconoscere
che
nel
divismo
è
avvenuta
una
dislocazione
.
Un
tempo
í
divi
erano
sul
palcoscenico
,
e
non
sempre
isolati
.
Chi
ha
memoria
può
ricordare
esecuzioni
che
ne
riunivano
tre
o
quattro
.
Non
sempre
erano
salve
le
ragioni
del
buon
gusto
,
ma
l
'
effetto
,
la
comunicazione
erano
garantiti
.
Più
tardi
il
matadorismo
passò
sul
podio
,
si
accentrò
nella
figura
del
«
grande
direttore
»
:
si
raggelarono
così
le
esecuzioni
,
ma
si
alzò
il
livello
medio
interpretativo
.
Oggi
il
divismo
si
presenta
un
po
'
dovunque
,
in
forme
più
o
meno
latenti
.
Esiste
ancora
qualche
divo
del
canto
ma
è
un
'
eccezione
;
prevale
il
tipo
del
cantante
che
prende
l
'
imbeccata
e
lavora
su
commissione
.
E
non
difettano
,
in
Italia
,
i
direttori
d
'
orchestra
che
aspirano
,
o
potrebbero
aspirare
al
titolo
di
divo
,
o
almeno
a
quello
di
sicuri
piloti
di
uno
spettacolo
;
ma
si
ha
l
'
impressione
che
essi
giungano
a
dirigere
quando
il
loro
intervento
è
relativamente
secondario
.
Una
volta
che
siano
scelti
,
senza
il
loro
intervento
,
i
cantanti
,
il
regista
e
lo
scenografo
di
un
'
opera
,
non
si
vede
quale
sostanziale
differenza
possa
passare
tra
la
interpretazione
di
X
o
di
Y
.
Quanto
alla
figura
del
regista
del
teatro
d
'
opera
,
il
pericolo
che
sulle
sue
spalle
si
trasferisca
il
peso
del
divismo
si
fa
effettivamente
sentire
,
sebbene
in
casi
limitati
.
In
verità
la
figura
di
un
regolatore
dello
spettacolo
sarebbe
,
più
che
utile
,
necessaria
se
il
regista
provenisse
direttamente
dal
mondo
della
musica
teatrale
,
se
fosse
,
insomma
,
un
uomo
del
mestiere
.
Solo
chi
conosce
a
fondo
una
partitura
e
le
possibilità
degli
artisti
a
lui
affidati
può
dare
consigli
e
indicazioni
di
qualche
utilità
;
solo
chi
affronta
lo
spettacolo
come
un
insieme
può
scegliere
i
pochi
particolari
significativi
senza
perdersi
in
agudezas
che
danno
nell
'
occhio
ma
distraggono
dal
fondo
dell
'
interpretazione
.
Si
è
avuto
perfino
il
caso
di
registi
che
volevano
«
smistare
»
i
gruppi
del
coro
:
due
tenori
a
destra
,
tre
a
sinistra
,
quattro
nel
fondo
,
due
o
tre
lassù
,
appollaiati
su
una
passerella
sospesa
in
cielo
;
senza
preoccuparsi
del
fatto
che
in
tali
condizioni
nessun
direttore
di
coro
può
garantire
un
'
esecuzione
sopportabile
.
Per
fortuna
si
tratta
,
finora
,
di
casi
rari
...
Un
regista
dotato
di
particolare
sensibilità
musicale
,
capace
di
lavorare
in
stretto
accordo
col
direttore
d
'
orchestra
-
e
possibilmente
in
subordine
-
sarebbe
dunque
,
oggi
,
una
figura
augurabilissima
e
non
escludiamo
che
ne
esista
già
qualcuno
.
Ma
in
attesa
che
una
classe
di
registi
simili
si
formi
,
il
nostro
teatro
d
'
opera
dovrà
passare
ancora
attraverso
un
periodo
non
breve
d
'
incertezze
.
Nelle
esecuzioni
dei
nostri
grandi
teatri
si
osserva
spesso
scrupolosa
preparazione
nei
particolari
ma
scarsa
attenzione
ai
valori
essenziali
.
È
inutile
che
i
cantanti
siano
ben
preparati
se
sono
inadatti
alla
parte
o
se
il
loro
temperamento
è
troppo
discordante
;
è
inutile
che
la
messa
in
scena
sia
sfarzosa
se
l
'
opera
non
lo
richiede
;
è
perfettamente
vano
che
sulla
carta
«
tutto
sia
a
posto
»
se
poi
manchi
la
convinzione
e
l
'
estro
.
La
buona
esecuzione
di
un
'
opera
in
musica
è
un
terno
al
lotto
.
Il
carro
di
Tespi
(
la
sola
utile
invenzione
del
fascismo
nel
campo
della
musica
)
ha
fatto
qualche
rara
volta
miracoli
.
L
'
errore
era
di
seguire
criteri
sindacali
:
chi
aveva
la
tessera
di
cantante
doveva
,
a
turno
,
esibirsi
in
pubblico
.
Ed
era
un
massacro
.
Ma
talvolta
il
caso
faceva
sì
che
s
'
incontrassero
artisti
,
magari
modesti
,
ma
di
temperamento
affine
e
di
buone
possibilità
;
e
allora
nascevano
come
funghi
esecuzioni
genialmente
riuscite
,
forse
difettose
,
provvisorie
,
ma
tali
da
far
dire
:
«
Ci
siamo
.
Si
deve
far
così
e
non
diversamente
»
.
È
raro
che
si
esca
da
un
grande
teatro
con
una
sensazione
simile
.
I
grandi
teatri
presentano
spesso
esecuzioni
perfette
,
noi
)
vive
.
Buona
l
'
orchestra
,
buoni
gli
interpreti
,
ottima
la
messa
in
scena
,
intelligente
la
regia
,
eppure
manca
il
più
.
Manca
il
legame
interno
,
si
sente
che
nessuno
fa
veramente
sul
serio
.
È
possibile
prevedere
l
'
imprevedibile
,
la
scintilla
che
a
volte
si
accende
e
a
volte
respinge
una
sollecitazione
?
In
altre
parole
:
chi
è
l
'
artefice
ultimo
dello
spettacolo
musicale
?
Io
direi
che
questo
misterioso
genio
sia
,
o
meglio
sarebbe
,
colui
che
fin
dal
principio
veda
lo
spettacolo
nel
suo
insieme
,
scegliendo
gli
interpreti
,
il
direttore
,
lo
scenografo
e
il
regista
,
non
in
astratto
,
ma
ai
fini
di
un
determinato
spettacolo
.
Oggi
come
oggi
non
hanno
questa
funzione
né
i
giovani
direttori
d
'
orchestra
né
i
registi
.
E
nemmeno
si
può
pretendere
che
reggenti
di
teatri
e
direttori
artistici
che
devono
provvedere
a
molti
spettacoli
in
un
tempo
ristretto
e
con
mezzi
non
sempre
illimitati
facciano
tutti
i
miracoli
che
alcuni
pretenderebbero
.
In
realtà
,
l
'
opera
in
musica
sta
attraversando
un
periodo
di
crisi
:
morta
o
quasi
come
spettacolo
popolare
sta
rinascendo
in
altri
ambienti
,
con
diversi
mezzi
,
con
altri
problemi
da
risolvere
.
Ci
vorranno
molti
anni
prima
ch
'
essa
torni
ad
essere
popolare
in
modo
nuovo
,
cioè
senza
rinunciare
a
quel
livello
del
gusto
ch
'
è
ormai
una
condizione
imprescindibile
di
ogni
spettacolo
moderno
teatrale
.
Fino
a
quel
giorno
,
fino
a
che
non
si
formi
un
pubblico
preparato
e
gli
ascoltatori
non
siano
quel
che
sono
oggi
:
due
o
tre
diverse
clientele
mescolate
insieme
,
con
esigenze
,
gusti
,
abitudini
,
e
persino
idiosincrasie
e
idolatrie
contrastanti
,
gli
spettacoli
lirici
stenteranno
a
trovare
il
loro
equilibrio
e
sui
palcoscenici
pioveranno
,
insieme
con
le
rose
,
anche
i
carciofi
e
i
ravanelli
:
segno
di
inciviltà
ma
anche
di
passione
per
un
genere
d
'
arte
che
per
molti
è
una
corrida
,
per
altri
un
rito
;
ma
che
per
tutti
(
e
consoliamoci
con
questa
constatazione
)
è
uno
degli
aspetti
insostituibili
della
nostra
civiltà
artistica
.
StampaQuotidiana ,
Sugli
organismi
geneticamente
modificati
,
i
famigerati
Ogm
,
gli
scienziati
hanno
sollevato
un
grosso
polverone
,
e
come
succede
sempre
a
chi
non
vuol
capire
,
la
loro
sordità
è
stata
palese
,
e
la
loro
volontà
di
confondere
le
idee
dei
non
addetti
ai
lavori
,
assumendo
la
parte
di
Galileo
o
di
Giordano
Bruno
,
si
è
rivelata
appieno
nell
'
accusa
lanciata
agli
ambientalisti
di
oscurantismo
,
se
non
di
propensioni
teologiche
da
Malleus
maleficarum
,
il
manuale
degli
Inquisitori
.
Denuncio
questa
accusa
come
spudoratamente
falsa
e
mi
sforzerò
di
fare
un
po
'
di
chiarezza
.
Penso
di
essere
autorizzato
,
visto
che
di
recente
,
al
Parlamento
Europeo
,
mi
sono
dissociato
dai
Verdi
,
astenendomi
quando
mi
si
è
proposto
di
votare
contro
l
'
impiego
degli
embrioni
inglesi
in
freezer
.
Si
trattava
di
destinarli
alla
cura
di
gravi
patologie
e
il
mio
punto
di
vista
resta
sempre
che
la
salute
sia
un
bene
che
vada
tutelato
su
tutto
.
Il
bello
è
che
proprio
per
questo
,
per
questa
tutela
irrinunciabile
,
nutro
delle
perplessità
sulle
biotecnologie
in
agricoltura
:
se
da
un
canto
le
reputo
affascinanti
,
e
auspico
,
se
fatte
in
laboratorio
,
che
proseguano
felicemente
,
d
'
altro
canto
sono
convinto
che
non
siamo
affatto
pronti
a
estendere
le
esperienze
in
pieno
campo
,
e
tanto
meno
a
immetterne
i
prodotti
sui
banconi
dei
supermercati
.
E
a
proposito
di
queste
pretese
di
pronta
commercializzazione
,
mi
sembra
diventi
chiaro
come
non
sia
in
gioco
tanto
la
libertà
di
ricerca
scientifica
,
che
nessuno
intende
negare
,
quanto
la
corsa
all
'
Eldorado
dei
brevetti
,
e
quindi
al
«
far
soldi
»
nel
nome
del
progresso
della
conoscenza
.
Ma
la
storia
sembra
ancora
una
volta
ripetersi
.
Oscurantismo
?
Amarcord
:
trent
'
anni
fa
chi
,
come
me
,
faceva
notare
che
l
'
uso
dei
pesticidi
in
agricoltura
castigava
duramente
la
biodiversità
degli
ecosistemi
e
la
salute
dei
consumatori
con
i
residui
rimasti
negli
ortofrutticoli
,
veniva
bollato
di
oscurantismo
,
e
di
affamatore
dei
paesi
in
via
di
sviluppo
.
Bene
,
attualmente
,
800
milioni
di
persone
,
malgrado
la
diffusione
ubiquitaria
delle
molecole
di
sintesi
,
sono
ancora
sottoalimentate
,
e
in
compenso
migliaia
di
contadini
che
operano
in
quelle
latitudini
sono
morti
intossicati
dai
fosforganici
.
Voglio
ricordare
,
allora
,
come
l
'
agricoltura
industriale
,
fondata
sulla
chimica
,
stia
mostrando
la
corda
,
e
l
'
agricoltura
biologica
,
o
ancor
più
sostenibile
,
la
stia
sostituendo
a
poco
a
poco
in
Europa
.
In
altre
parole
si
sta
affermando
una
nuova
maniera
,
moderna
e
dinamica
,
di
gestire
il
campo
coltivato
,
screditata
solo
da
qualche
tetro
vivisettore
che
,
tra
l
'
altro
,
non
ha
nessuna
competenza
in
merito
.
Mi
sembra
,
come
ha
scritto
Vattimo
su
questo
giornale
,
che
la
ricerca
scientifica
sia
diventata
,
oggi
,
così
socialmente
importante
che
non
può
più
essere
affidata
soltanto
agli
scienziati
,
anche
perché
tutto
quello
che
ho
chiamato
in
causa
è
dipeso
principalmente
da
loro
.
In
realtà
,
rispetto
ai
prodotti
delle
piante
geneticamente
modificate
,
risulta
evidente
come
non
siano
state
mai
fatte
ricerche
a
lunga
scadenza
sui
possibili
danni
all
'
ambiente
e
alla
salute
umana
.
Quando
Regge
,
dall
'
alto
della
sua
cattedra
,
afferma
che
in
Cina
ci
si
serve
in
tavola
da
tempo
del
transgenico
,
ma
non
si
sono
avuti
danni
alla
salute
dei
consumatori
,
è
proprio
sicuro
che
sia
così
?
Dobbiamo
concludere
che
per
le
multinazionali
delle
biotecnologie
,
e
per
gli
scienziati
che
lavorano
per
loro
,
noi
tutti
siamo
delle
cavie
su
cui
sperimentare
.
Non
sono
contro
la
ricerca
scientifica
,
come
potrei
?
L
'
ho
fatta
,
con
alterne
fortune
,
per
tutta
la
vita
.
Tuttavia
,
sono
stato
sempre
a
favore
del
principio
di
precauzione
e
pongo
la
vita
umana
al
di
sopra
dell
'
economia
,
e
delle
pretese
degli
scienziati
,
che
non
invocano
quella
che
chiamano
la
libertà
di
ricerca
,
ma
la
licenza
di
fare
quello
che
vogliono
,
perfino
una
bomba
atomica
se
è
il
caso
.
Sembra
che
Fermi
,
assistendo
a
una
conflagrazione
sperimentale
della
bomba
H
,
sussurrasse
a
Teller
:
«
E
'
terribile
,
ma
è
un
così
bell
'
esperimento
!
»
.
Per
fortuna
,
si
ricordi
di
Asilomar
,
non
tutti
gli
scienziati
sono
fatti
della
stessa
pasta
,
e
molti
di
loro
non
sono
affatto
tranquilli
sulle
ricadute
negative
possibili
della
cosiddetta
ingegneria
genetica
.
Per
sfortuna
,
i
semi
terminator
della
Monsanto
ci
hanno
chiarito
in
che
cosa
consistano
,
per
loro
,
gli
aiuti
al
Terzo
Mondo
,
compendiabili
nel
dilemma
«
o
compri
da
noi
,
o
muori
di
fame
»
.
Una
sintesi
brutale
?
Forse
,
ma
non
per
questo
meno
veritiera
.
Al
Parlamento
Europeo
è
stata
presentata
nei
giorni
scorsi
una
direttiva
sulla
immissione
degli
Ogm
in
campo
e
nei
supermercati
.
E
'
stata
votata
dalla
maggioranza
,
ma
io
,
con
i
Verdi
,
mi
sono
astenuto
.
Il
perché
è
presto
detto
:
da
un
lato
,
la
direttiva
prendeva
in
seria
considerazione
il
problema
dell
'
etichettatura
e
della
tracciabiltà
dei
prodotti
transgenici
,
però
,
d
'
altro
lato
,
sospendeva
ogni
azione
concreta
in
merito
,
promettendo
di
risolvere
la
questione
entro
quest
'
anno
.
Una
sorta
di
amplexus
interruptus
,
e
l
'
astensione
mi
è
sembrata
la
sola
via
possibile
da
percorrere
.
Ma
il
bello
è
questo
:
la
direttiva
consente
che
nei
prodotti
Ogm
siano
ancora
presenti
,
fino
al
2004
,
i
marcatori
di
resistenza
agli
antibiotici
.
Bene
,
come
ho
fatto
osservare
in
aula
,
se
le
multinazionali
sostengono
di
essere
pronte
a
sostituire
questi
marcatori
con
mezzi
alternativi
,
perché
insistono
nel
mantenere
la
suddetta
dilazione
?
E
se
progettano
delle
alternative
,
non
significherà
che
li
considerano
pericolosi
per
la
salute
,
anche
se
hanno
sempre
assicurato
il
contrario
?
Si
tenga
presenta
,
allora
,
che
tutti
quei
prodotti
che
si
vogliono
far
piovere
nel
nostro
piatto
sono
dotati
di
questi
geni
:
per
cui
si
predica
bene
e
si
razzola
male
.
Ma
,
alla
fin
fine
,
che
cosa
chiedono
tutti
questi
irrequieti
scienziati
in
coro
?
Che
si
mangi
il
pappone
,
e
si
stia
zitti
?
E
se
qualcuno
chiede
il
menù
,
bene
,
è
uno
che
si
propone
di
mettere
alla
tortura
Galileo
.
StampaQuotidiana ,
Questo
era
il
titolo
dell
'
articolo
mio
pubblicato
nel
n
.
200
di
questo
giornale
Fu
omesso
in
stamperia
ed
è
un
guaio
,
perché
così
ci
sarà
stato
chi
avrà
creduto
che
avevo
intenzione
di
rispondere
a
certe
critiche
,
mentre
non
ho
tempo
né
voglia
di
fare
ciò
,
e
tale
miseria
non
mi
tange
.
Ma
poiché
in
articoli
di
giornali
quotidiani
non
è
possibile
spiegarsi
con
quell
'
ampiezza
che
si
può
usare
nei
libri
,
ci
possono
essere
persone
che
,
in
perfetta
buona
fede
,
abbiano
frainteso
quanto
scrivevo
,
ed
è
quindi
doveroso
il
dare
loro
spiegazioni
,
poiché
è
giusto
che
chi
ha
fatto
il
peccato
faccia
anche
la
penitenza
.
Mosso
da
tale
sentimento
aggiungo
qui
altre
spiegazioni
;
e
poi
faccio
punto
,
e
chi
non
vorrà
intendere
si
serva
pure
che
non
me
ne
importa
niente
.
Tra
le
teorie
che
troveranno
luogo
nel
mio
trattato
di
Sociologia
,
che
pubblicherà
fra
non
molto
il
Barbera
di
Firenze
,
ce
n
'
è
una
sulla
composizione
delle
classi
governanti
sociali
e
la
loro
evoluzione
.
Per
fare
piacere
al
mio
amico
Geoges
Sorel
,
pubblicai
,
nella
rivista
sua
,
un
caso
particolare
di
questa
teoria
,
e
non
me
ne
dolgo
;
tutt
'
altro
,
poiché
ciò
mi
procurò
l
'
approvazione
,
per
me
preziosissima
,
di
scienziati
come
il
Sorel
e
il
prof
.
Tullio
Martello
.
Quanto
scrissi
nella
rivista
del
Sorel
,
fu
bene
inteso
e
spiegato
dall
'
egregio
autore
che
firma
Pupin
nel
«
Resto
del
Carlino
»
;
io
non
posso
per
ragion
di
spazio
ripetere
qui
né
il
testo
né
la
spiegazione
;
basti
sapere
che
,
se
non
erro
,
occorre
considerare
due
categorie
di
«
capitalisti
»
,
e
cioè
coloro
che
hanno
una
entrata
fissa
,
o
quasi
fissa
,
e
coloro
che
hanno
un
'
entrata
variabile
dipendente
da
speculazioni
,
e
che
perciò
si
possono
brevemente
dire
«
speculatori
»
,
senza
,
per
altro
che
tale
nome
porti
con
sé
il
menomo
biasimo
.
Mi
pare
dimostrato
dalla
storia
che
il
massimo
di
prosperità
per
un
paese
si
ottiene
ove
non
prevalga
troppo
né
la
prima
né
la
seconda
categoria
di
tali
persone
nella
classe
governante
.
Ora
,
un
poco
dappertutto
,
c
'
è
una
notevole
tendenza
al
predominio
della
seconda
categoria
;
ed
è
un
fatto
che
,
sia
pure
sotto
varie
forme
,
è
intuito
da
moltissimi
.
In
Francia
il
Jaurès
,
ha
egregiamente
notato
l
'
opera
di
questa
categoria
nell
'
avventura
marocchina
.
In
Italia
la
proposta
è
di
mettere
lo
Stato
in
grado
di
aiutare
i
capitalisti
della
seconda
categoria
.
Non
mi
propongo
qui
di
indagare
che
effetto
ciò
avrà
;
mi
basta
mettere
in
luce
il
puro
fatto
,
perché
è
l
'
esistenza
del
fatto
che
conferma
la
teoria
.
Ed
è
pure
notevole
che
i
socialisti
i
quali
,
in
ogni
altro
paese
,
sono
nemici
acerrimi
appunto
di
quei
capitalisti
,
in
Italia
,
invece
,
aiutano
il
governo
a
favorirli
.
Da
ciò
non
traggo
alcuna
conseguenza
in
biasimo
dei
socialisti
italiani
.
Essi
hanno
uno
scopo
,
sia
in
suffragio
universale
od
altro
,
e
per
conseguirlo
si
muovono
secondo
la
linea
di
minor
resistenza
,
Ma
per
la
mia
teoria
è
importantissimo
di
notare
che
quella
linea
di
minor
resistenza
passa
dove
non
si
offende
,
anzi
dove
si
favorisce
gli
interessi
di
quella
seconda
classe
di
capitalisti
;
perché
così
rimane
ancora
una
volta
confermata
la
potenza
loro
,
la
quale
in
ogni
pagina
della
storia
si
legge
.
È
anche
notevole
come
uno
strategista
parlamentare
di
primissimo
ordine
,
come
è
l
'
on
.
Giolitti
abbia
come
pezzi
preferiti
sullo
scacchiere
sempre
quei
capitalisti
,
principiando
dal
Tanlongo
,
passando
dalle
convenzioni
marittime
,
terminando
col
monopolio
delle
assicurazioni
.
Ripeto
che
da
ciò
io
non
traggo
il
menomo
biasimo
all
'
on
.
Giolitti
,
ma
traggo
la
conclusione
,
che
mi
pare
evidente
,
che
quei
capitalisti
hanno
tanta
forza
da
imporsi
a
chi
voglia
fare
una
politica
pratica
.
Neppure
ad
essi
,
di
ciò
intendo
dare
biasimo
alcuno
;
ogni
classe
sociale
opera
secondo
la
propria
indole
,
e
non
può
essere
altrimenti
,
e
neppure
gioverebbe
che
fosse
altrimenti
.
Ma
può
essere
un
guaio
che
una
delle
classi
sociali
stravinca
e
non
incontri
più
opposizione
alcuna
;
specialmente
poi
il
guaio
può
essere
grande
quando
venga
meno
ogni
opposizione
in
nome
di
un
ideale
.
Ma
qui
mi
fermo
,
perché
se
aggiungessi
parola
,
entrerei
nella
teoria
degli
ideali
e
dei
miti
,
importantissima
per
la
Sociologia
,
ma
che
non
si
può
spiegare
in
poche
parole
;
e
se
ricadessi
nel
peccato
di
volere
ciò
fare
,
meriterei
troppo
grande
penitenza
.
StampaQuotidiana ,
Le
parole
messe
in
musica
,
le
parole
cantate
non
piacciono
ai
più
raffinati
cultori
dell
'
arte
dei
suoni
.
Fra
coloro
che
ancora
le
sopportano
,
molti
preferiscono
le
forme
corali
,
in
cui
la
parola
sparisce
,
altri
amano
che
della
voce
giunga
solo
l
'
arabesco
sonoro
,
senza
che
alcuna
sillaba
si
distingua
,
altri
ancora
(
i
meno
)
vorrebbero
che
la
parola
musicata
giungesse
a
noi
sempre
scandita
,
chiara
,
intelligibile
.
Sono
i
partitanti
del
così
detto
«
recitar
cantando
»
,
italianissimo
precetto
.
Mi
unirei
volentieri
a
questi
ultimi
se
il
gioco
valesse
come
suol
dirsi
la
candela
,
se
fossi
certo
che
la
musica
può
in
certi
casi
far
sprizzare
dalla
poesia
,
che
in
se
stessa
è
già
musica
,
una
musica
di
secondo
grado
degna
,
o
non
indegna
,
della
prima
.
So
di
sfiorare
un
problema
sul
quale
esiste
tutta
una
letteratura
,
che
purtroppo
conosco
solo
in
minima
parte
.
È
musicabile
la
poesia
?
E
qual
genere
di
poesia
?
E
fino
a
che
punto
?
E
in
quale
misura
le
parole
dovranno
conservare
la
loro
autonomia
e
lasciarsi
intendere
dall
'
ascoltatore
?
In
genere
la
recente
tradizione
operistica
ha
ignorato
il
problema
e
ha
considerato
la
parola
come
il
necessario
pretesto
a
far
sì
che
lo
strumento
«
voce
umana
»
possa
entrare
nel
gioco
degli
altri
strumenti
e
farsi
valere
.
Ma
esiste
anche
una
scuola
che
va
dai
nostri
grandi
cinquecentisti
fino
a
Debussy
e
magari
fino
allo
Schönberg
di
Pierrot
lunaire
,
e
che
pretende
di
avere
un
rispetto
assoluto
della
parola
,
di
creare
ad
essa
il
giusto
prolungamento
o
alone
sonoro
,
senza
distruggerne
l
'
individualità
.
Questi
teorici
,
più
o
meno
consapevoli
,
del
canto
recitato
hanno
però
finito
con
l
'
ammettere
che
solo
una
«
certa
poesia
»
è
musicabile
e
la
scelta
dei
loro
testi
rivela
chiaramente
ch
'
essi
si
sono
quasi
sempre
posti
sulla
via
del
compromesso
.
Musicavano
una
volta
ballatette
,
poesiole
d
'
Arcadia
,
strofette
scritte
apposta
per
la
musica
;
affrontano
oggi
drammi
di
scarso
valore
poetico
(
Pelléas
et
Mélisande
)
o
liriche
di
una
vacuità
addirittura
inconcepibile
,
come
la
suite
del
Pierrot
lunaire
,
opera
di
un
Albert
Giraud
che
deve
al
musicista
viennese
il
suo
insperato
repéchage
.
Il
peggior
partito
fu
quello
preso
dai
musici
che
scrissero
da
sé
i
propri
testi
o
libretti
:
incerti
fra
la
doppia
vocazione
,
poetica
e
musicale
,
essi
si
lasciarono
ipnotizzare
da
parole
orrende
e
solo
si
salvarono
permettendo
che
le
voci
andassero
sommerse
nella
selva
del
grande
golfo
mistico
.
Fa
eccezione
,
parzialmente
,
Riccardo
Wagner
,
ma
ciò
avviene
per
la
superba
natura
del
suo
genio
,
e
non
perché
in
lui
non
si
avverta
una
soverchiante
prepotenza
subìta
dalla
parola
.
Se
dal
piano
delle
scuole
e
delle
teorie
ci
spostiamo
all
'
osservazione
dei
fatti
,
noi
vediamo
che
almeno
dall
'
Ottocento
in
poi
un
sapiente
compromesso
regola
tutte
le
esecuzioni
di
musica
vocale
.
Fatta
eccezione
per
moltissimi
Lieder
o
romanze
da
camera
,
o
per
qualche
recitativo
d
'
opera
comica
,
o
per
alcuni
superbi
frammenti
del
Boris
,
la
soluzione
pratica
del
difficile
problema
è
sempre
la
stessa
;
le
parole
ci
sono
e
non
ci
sono
,
si
sentono
e
non
si
sentono
,
aiutano
o
danneggiano
l
'
effetto
,
a
seconda
dei
casi
.
Si
è
formata
,
anche
in
questo
campo
,
una
tradizione
che
i
migliori
interpreti
rispettano
quasi
d
'
istinto
.
È
doveroso
far
sentire
le
parole
in
certi
miracolosi
«
attacchi
»
che
anche
poeticamente
hanno
una
freschezza
primaticcia
degna
del
nostro
Duecento
(
«
Casta
Diva
che
inargenti
...
»
,
«
La
rivedrà
nell
'
estasi
/
raggiante
di
pallore
...
»
)
o
all
'
inizio
di
qualche
incalzante
proposta
tematica
(
«
Fuggi
fuggi
,
per
l
'
orrida
via
/
sento
l
'
orma
dei
passi
spietati
...
»
)
.
In
altri
casi
tutto
è
affidato
all
'
intuizione
e
alle
possibilità
dell
'
artista
.
I
ghirigori
acrobatici
di
Rosina
non
possono
essere
pronunciati
come
le
sillabe
di
un
Lied
di
Schubert
;
è
giusto
che
Vasco
de
Gama
liberi
dal
vago
tremolo
orchestrale
le
suggestive
parole
«
O
paradiso
dall
'
onde
uscito
»
,
ma
è
altrettanto
lecito
che
il
grande
navigatore
ci
nasconda
gli
ulteriori
sviluppi
della
sua
sorpresa
,
specie
quand
'
essi
restano
affidati
alla
sola
forza
di
penetrazione
del
si
naturale
o
del
do
sopra
le
righe
.
L
'
invettiva
di
Rigoletto
«
Solo
per
me
l
'
infamia
»
è
un
suono
di
gong
più
che
un
suono
di
sillabe
umane
:
guai
a
pronunciare
troppo
,
guai
a
turbare
la
piena
rotondità
di
quel
rombo
da
giorno
del
Giudizio
.
Viceversa
,
tutte
le
volte
che
un
tema
è
annunciato
in
anticipo
da
uno
o
più
strumenti
,
l
'
attacco
delle
prime
parole
deve
riuscire
nitidissimo
.
Quando
il
vecchio
Sir
Giorgio
,
nei
Puritani
,
incide
a
gran
voce
«
Il
rivale
salvar
tu
puoi
...
»
,
il
pubblico
è
felice
di
sentire
incarnarsi
in
parole
un
disegno
melodico
a
lui
già
noto
:
ma
subito
dopo
le
acque
si
intorbidano
e
il
tema
,
ripreso
da
una
voce
troppo
uguale
,
quella
di
Sir
Riccardo
,
non
riesce
a
far
corpo
con
le
parole
come
«
Fu
voler
del
Parlamento
»
,
che
fanno
veramente
cascar
l
'
asino
.
Non
che
sia
un
verso
peggiore
di
tanti
altri
;
ma
le
parole
troppo
astratte
o
troppo
tecniche
o
troppo
specifiche
sopportano
male
la
musica
;
ed
evidentemente
questo
quasi
carducciano
parlamento
non
fa
eccezione
.
(
È
una
delle
tante
meritate
disgrazie
dell
'
istituto
parlamentare
;
ma
lasciamo
correre
...
)
I
problemi
della
parola
in
musica
,
del
recitar
cantando
o
del
cantare
non
recitando
affatto
restano
dunque
aperti
e
insolubili
:
Mussorgski
,
Debussy
e
alcuni
autori
di
canti
negri
sembrano
,
fra
i
moderni
,
coloro
che
meglio
sono
riusciti
a
legare
il
suono
alla
parola
,
ma
la
loro
personalissima
soluzione
non
può
valere
per
tutti
.
Sono
esistiti
,
e
speriamo
ne
sorgano
altri
in
avvenire
,
grandissimi
musicisti
del
teatro
che
si
servono
della
parola
scritta
come
d
'
un
semplice
punto
d
'
appoggio
:
Mozart
,
Bellini
e
Verdi
,
per
esempio
.
Il
loro
ideale
non
era
quello
di
Strawinski
,
una
lingua
morta
,
un
testo
latino
quasi
indecifrabile
al
gran
pubblico
,
ma
un
discorso
chiaro
e
neutro
al
quale
si
potesse
far
violenza
.
Ciò
resta
vero
anche
se
Mozart
amò
i
libretti
dell
'
abate
Da
Ponte
e
Bellini
quelli
di
Felice
Romani
.
E
Verdi
?
Si
è
un
poco
esagerato
sugli
orrori
delle
parole
da
lui
musicate
.
«
L
'
orma
dei
passi
spietati
»
,
tristamente
famosa
,
non
riesce
a
muovermi
a
sdegno
.
Guai
se
leggessimo
Shakespeare
a
questa
stregua
:
non
venitemi
a
dire
,
per
carità
!
,
che
l
'
orma
si
vede
e
non
si
sente
.
D
'
altronde
anche
i
vecchi
libretti
,
fatti
apposta
per
essere
musicati
,
confermano
,
quando
toccano
qualche
espressione
riuscita
,
che
poesia
e
musica
camminano
per
conto
proprio
e
che
il
loro
incontro
resta
affidato
a
fortune
occasionali
.
Peggio
quando
raggiungono
involontariamente
il
clima
del
surreale
.
Conoscevo
un
uomo
(
un
uomo
in
tutto
il
resto
normalissimo
)
che
provava
il
bisogno
di
ripetere
da
cento
a
centocinquanta
volte
al
giorno
un
verso
che
era
diventato
il
suo
intercalare
favorito
:
«
Stolto
!
ci
corre
alla
Negroni
!
»
.
Lo
diceva
anche
al
telefono
,
in
conversazioni
di
carattere
commerciale
.
Quando
gli
rivelai
che
si
trattava
della
Lucrezia
Borgia
egli
impallidì
,
geloso
del
suo
segreto
,
e
mi
disse
che
mai
avrebbe
sentito
quell
'
opera
per
non
provare
la
delusione
di
una
musica
soprammessa
alle
sue
«
divine
parole
»
.
Scansato
da
tutti
come
un
appestato
,
egli
finì
per
stringere
amicizia
con
un
tale
che
ripeteva
a
intermittenza
«
La
nostra
tomba
è
un
'
ara
»
(
variante
della
foscoliana
«
vostra
tomba
»
)
e
con
un
terzo
maniaco
che
aveva
scelto
il
più
lungo
intercalare
ch
'
io
ricordi
:
«
Speriamo
di
morire
prima
che
le
Pleiadi
si
colchino
»
.
Doveva
essere
un
classicista
a
spasso
,
un
professore
in
pensione
.
I
tre
uomini
,
vistisi
porre
al
bando
per
la
loro
incorreggibile
,
benché
innocua
ed
epigrafica
,
ecolalia
,
finirono
per
incontrarsi
clandestinamente
in
una
camera
d
'
affitto
dove
potevano
emettere
a
ripetizione
il
loro
verso
preferito
;
e
dove
poi
(
il
fatto
avvenne
una
quindicina
d
'
anni
fa
)
furono
arrestati
,
accusati
di
congiurare
contro
il
regime
e
proposti
per
il
confino
.
Dopo
tale
disavventura
il
trio
si
sciolse
e
oggi
non
saprei
dire
se
qualcuno
dei
suoi
componenti
sopravviva
.
Inconsapevoli
testimoni
della
magica
autosufficienza
della
Parola
,
i
tre
sventurati
sarebbero
assai
sorpresi
di
riconoscersi
in
uno
scritto
che
sfiora
,
ma
non
pretende
di
risolvere
la
vessata
questione
dei
rapporti
,
coniugali
ed
extra
-
coniugali
,
tra
il
Verbo
e
la
Musica
.
StampaQuotidiana ,
Staglieno
!
Staglieno
!
Necropoli
senza
fi
ne
,
paradiso
del
necrofilo
mentale
,
giardino
accademico
dell
'
animista
ateo
!
Staglieno
,
porto
sepolto
,
sotterraneo
,
alle
spalle
della
città
portuale
!
Suo
padre
,
il
Père
-
Lachaise
,
ha
più
.
misura
,
è
fatto
come
un
regolamento
,
un
'
accademia
militare
,
si
è
rinchiusa
nei
suoi
viali
una
società
più
potente
,
più
compatta
,
decisa
a
tenersi
tutta
per
mano
e
a
fare
muro
contro
il
tempo
sotto
il
segno
del
due
amanti
del
Paracleto
,
Abelardo
ed
Eloisa
,
la
coppia
di
intellettuali
sepolta
in
parole
nella
Patrologia
del
Migne
e
in
ossa
che
si
baciano
e
ribaciano
sotto
il
tempietto
neogotico
di
Parigi
,
ultima
loro
follia
.
Al
Père
-
Lachaise
,
dove
si
è
dissolta
la
fragilità
dei
vivi
,
tiene
mirabilmente
la
forza
,
l
'
energia
,
la
fame
di
durare
,
la
misteriosa
volontà
di
patema
dei
morti
.
Aspettate
a
dire
che
la
Francia
è
nella
sua
amministrazione
;
cercate
prima
nell
'
ombelico
del
Père
-
Lachaise
il
segreto
della
sua
forza
.
Ma
Staglieno
è
più
inaspettato
,
più
incredibile
,
più
fantastico
.
La
diga
del
progetto
originario
del
Barabino
,
una
sobria
pianta
quadrangolare
dominata
da
un
cappellone
neoclassico
,
si
rompe
presto
e
il
fiume
dei
morti
sommerge
la
collina
,
le
anime
per
placarsi
pretendono
sterminate
gallerie
,
colonnati
,
boschetti
sacri
,
ambulacri
di
Dedalo
,
templi
egiziani
,
e
un
diluvio
,
un
oceano
,
un
'
atlantide
di
statue
,
di
bassorilievi
,
di
altorilievi
,
di
busti
,
di
medaglioni
,
di
epigrafi
spudorate
,
di
gruppi
statuari
senza
ritegno
che
raccontino
di
loro
tutto
.
Staglieno
è
un
'
enorme
confessione
collettiva
,
uno
dei
più
grandi
spettacoli
del
teatro
della
Morte
;
si
possono
passare
giorni
(
notti
,
ancora
meglio
,
nascondendosi
in
qualche
cappella
)
,
settimane
intere
ad
ascoltare
quelle
tirate
,
quei
monologhi
,
quei
battibecchi
su
chi
ebbe
più
meriti
,
su
chi
ha
più
ammassato
patrimoni
celesti
,
e
sempre
ti
direbbero
dell
'
insolito
,
dell
'
inaudito
sulla
nullità
,
il
vuoto
,
la
miseria
,
la
stupidità
inarrivabile
,
l
'
assurdità
perfetta
,
la
disperazione
infinita
che
i
nostri
gusci
d
'
osso
nascondono
per
vomitarli
davanti
alla
faccia
del
cielo
.
Le
sue
voci
Se
le
pietre
romaniche
cantano
,
le
statue
di
Staglieno
recitano
:
sono
drammi
giacosiani
,
ibseniani
,
ferrariani
,
scapigliateschi
,
verghiani
,
bracchiani
,
dannunziani
,
pirandelliani
,
labichiani
,
feidoiani
,
strindberghiani
in
una
confusione
da
onde
hertziane
che
s
'
incrociano
e
accavallano
,
sovraccariche
di
voci
e
di
rumori
.
Niente
è
meno
silenzioso
,
di
questo
cimitero
inesauribilmente
sonoro
.
Il
Père
-
Lachaise
è
maschio
e
occidentale
.
Staglieno
è
femmina
e
orientale
,
come
Genova
.
Ha
il
disordine
,
la
smania
d
'
invadere
e
di
straripare
con
attiva
pigrizia
,
di
tutti
gli
Orienti
.
I
suoi
morti
sono
stati
i
cittadini
orientali
di
un
regno
nordico
;
cessati
i
doveri
verso
il
re
piemontese
,
si
liberavano
di
ogni
freno
in
morte
.
«
Irraggia
lo
splendore
orientale
/
Genova
nelle
donne
dalla
testa
/
Sibillina
...
»
cantava
sotto
l
'
artiglio
del
Delfico
,
Campana
.
Le
sue
prodigiose
visioni
di
Genova
sono
visioni
d
'
Oriente
.
Ma
non
vedremo
mai
più
la
Genova
orientale
campaniana
,
anche
se
qualche
donna
«
dalla
testa
sibillina
»
,
con
nei
capelli
«
un
po
'
d
'
alga
marina
»
si
può
forse
incontrarla
ancora
,
nei
cortili
e
nei
caruggi
.
Campana
,
l
'
aedo
di
Marradi
,
è
il
sublime
poeta
di
Genova
.
Montale
è
il
metafisico
del
paesaggio
ligure
:
il
suo
verso
,
proprio
perché
di
scrittura
metafisica
,
lo
assume
per
disintegrarlo
,
se
ne
slega
,
non
lo
trattiene
.
Campana
non
è
metafisico
,
è
un
Villon
dei
porti
,
un
superbo
lettore
dell
'
anima
di
un
porto
-
Genova
.
Per
girare
nel
porto
,
più
che
del
lasciapassare
del
commissariato
,
è
necessario
munirsi
dei
versi
campaniani
sulla
notte
portuale
,
sul
porto
che
si
addormenta
:
«
E
'
la
forza
che
dorme
,
è
la
tristezza
/
Inconscia
delle
cose
che
saranno
/
E
'
la
vita
che
cullasi
nel
ritmo
/
Affaticato
»
.
Tutto
è
detto
;
infelice
chi
non
capisce
.
Senza
marinai
Ma
quei
versi
servono
soltanto
al
pensiero
e
al
sogno
.
Il
porto
,
com
'
è
oggi
,
è
scoraggiante
...
Dal
mare
e
da
terra
,
gli
occhi
che
lo
cercano
non
lo
trovano
più
.
Il
porto
può
anche
emigrare
a
Voltri
,
nel
Duemila
,
o
nei
fiordi
,
o
in
Australia
:
il
porto
di
Genova
non
è
più
.
Dov
'
è
l
'
Oriente
?
Dov
'
è
il
colore
,
spia
dell
'
anima
delle
cose
?
Di
notte
,
dall
'
alto
,
dal
largo
,
il
porto
è
quella
curva
luminosa
che
si
sfalda
in
segmenti
e
puntini
tracciata
dal
compasso
del
golfo
,
niente
di
più
banale
,
se
non
ti
sostiene
l
'
immaginazione
:
«
Là
c
'
è
il
porto
»
.
Prova
a
cercare
un
marinaio
,
laggiù
,
un
vero
scaricatore
,
e
balle
di
mercanzia
,
o
navi
piene
di
gente
in
lacrime
!
Il
porto
è
una
immensa
gru
che
nasconde
il
cielo
,
le
navi
sono
ferraglia
silenziosa
,
imbottite
di
containers
,
quasi
mai
vedi
affacciarsi
qualcuno
,
sono
deretani
di
minerale
dove
non
sembra
agitarsi
neppure
un
oxiuro
...
Il
saluto
umano
,
l
'
addio
umano
,
spariti
...
I
traghetti
non
sono
navi
,
sono
garages
;
gli
ufficiali
avviliti
di
essere
alla
testa
di
equipaggi
di
camion
,
di
condurre
in
Sardegna
,
a
Tunisi
,
a
Palermo
famiglie
di
roulottes
,
tribù
di
Fiat
,
di
Alfa
,
di
Peugeot
,
popoli
di
Michelin
,
città
di
Pirelli
,
cortei
di
Land
Rover
,
generazioni
di
trattori
,
qualche
volta
con
passeggeri
sistemati
nel
cofano
,
tre
o
quattro
nordafricani
,
due
mezzi
genovesi
,
un
magliaro
turco
,
una
maestrina
di
Cagliari
,
un
neonato
abbandonato
lì
dalla
madre
,
fuggita
su
un
'
altra
Citroën
verso
i
Pirenei
,
in
tutto
così
pochi
che
la
Tirrenia
non
perde
tempo
a
contarli
e
a
fargli
pagare
il
biglietto
,
né
la
Finanza
a
controllarne
il
bagaglio
.
Sul
ponte
,
quando
le
navi
partono
,
si
agita
una
chiave
inglese
,
un
pneumatico
che
non
ha
voglia
di
emigrare
si
sporge
triste
dal
parapetto
.
Ma
dal
molo
chi
gli
risponde
?
Il
braccio
di
una
gru
,
ma
soltanto
durante
l
'
orario
sindacale
;
mai
di
domenica
.
L
'
Oriente
genovese
è
da
riinventare
...
bisogna
farlo
risorgere
dall
'
invisibile
,
andarlo
a
scoprire
nelle
Madonnine
(
tante
Kalì
e
Annapurne
)
ancora
sospese
ai
muri
che
fatiscono
,
nelle
navi
di
pietra
cariche
di
balle
di
pietà
cristiana
ancora
non
disertate
dagli
equipaggi
dei
devoti
;
farlo
schizzare
fuori
dai
libri
,
ascoltarlo
in
una
cadenza
dialettale
.
Credevo
di
detestare
le
cadenze
liguri
:
dopo
una
settimana
di
immersione
nei
superstiti
odori
delle
friggitorie
di
Genova
mi
penetrava
l
'
orecchio
come
una
guzla
araba
,
col
contrappunto
solare
di
un
tamburo
semita
.
In
quell
'
accento
che
strapiomba
sul
mare
,
dove
attira
e
fa
precipitare
l
'
idea
la
funerea
sirena
della
u
,
che
si
ripete
fino
al
trionfo
del
sonno
in
cui
dolcemente
tutto
farà
naufragio
,
c
'
è
come
una
tranquillità
di
contemplativi
,
un
pessimismo
ascetico
e
lontano
.
Oh
perché
così
presto
?
Perché
tanto
in
fretta
?
Sappiamo
sappiamo
che
il
Tempo
mangia
la
vita
,
che
il
Tempo
ha
fame
di
tutto
e
non
lascia
vivo
niente
,
ma
questa
metropoli
mezzo
sudamericana
mezzo
nordeuropa
,
sporcata
dai
gas
siderurgici
,
il
porto
recintato
da
una
sopraelevata
,
il
cemento
che
sbaccanaleggia
impaziente
intorno
alle
ultime
case
di
Portoria
e
di
piazza
Sarzano
,
luoghi
di
meraviglie
,
quadrivii
magici
,
la
vergogna
dell
'
anonimato
verticale
che
soffoca
e
strazia
la
sublime
distesa
delle
ardesie
-
perché
tutto
d
'
un
colpo
,
in
pochissimi
anni
,
ha
rovesciato
l
'
Immagine
di
una
città
vera
,
di
un
mondo
autentico
,
l
'
ha
sbrindellata
,
l
'
ha
dispersa
?
Dunque
a
Staglieno
,
a
Staglieno
.
Il
caos
della
necropoli
ci
vendica
dell
'
Oriente
laggiù
perduto
,
dove
la
melopea
campaniana
non
trova
più
nella
sera
ambigua
«
l
'
alito
salso
umano
»
,
e
«
nel
gorgo
di
fremiti
sordi
»
l
'
odore
di
stoccafisso
e
il
traballare
delle
mandòle
Staglieno
è
intatto
.
La
Morte
non
delude
chi
l
'
ama
.
(
Almeno
un
poco
:
il
tanatofobo
,
se
esiste
,
è
un
amputato
psichico
,
che
non
può
correre
sui
sentieri
degli
elisi
)
.
Staglieno
affascina
,
ma
è
il
fascino
della
demenza
...
Mi
veniva
un
pensiero
terrificante
:
se
davvero
dovessero
risorgere
,
e
risorgessero
così
come
appaiono
nelle
sculture
,
coi
loro
angeli
custodi
,
i
loro
cristi
di
languore
,
tra
lo
sgomento
degli
ultimi
viventi
,
come
la
terra
sopporterebbe
il
peso
di
tanto
delirio
?
Per
lo
più
sono
morti
in
pace
,
confortati
dalla
Religione
,
autorizzati
dalla
Scienza
,
tra
le
lacrime
dei
Congiunti
,
dopo
vite
probe
,
probissime
-
perché
,
in
morte
,
sfogarsi
in
così
scomposti
deliri
?
Forse
perché
Staglieno
è
femmina
,
un
piagnone
,
anzi
una
prèfica
,
isteria
che
si
scatena
al
contatto
del
sepolcro
,
braccia
che
brancicano
,
labbra
che
succhiano
,
e
ha
un
'
anima
di
baccante
,
una
febbre
dionisiaca
nelle
vene
,
proprio
lì
,
a
due
passi
da
un
Bisagno
al
di
sopra
di
ogni
sospetto
.
Rachelina
,
mori
a
diciannove
anni
nel
1918
:
«
Il
tuo
vergine
corpo
riposa
qui
ma
l
'
anima
tua
gode
coi
beati
»
confessa
l
'
epigrafe
.
Su
uno
,
Euterpe
piange
lacrime
di
coccodrillo
:
«
Tutto
amore
per
l
'
arte
che
gli
fu
ispiratrice
di
elette
e
profonde
armonie
ne
ritrasse
splendida
fama
ma
da
quell
'
ardore
ebbe
consunta
innanzi
tempo
la
vita
»
.
Un
Carlo
Orazio
«
corse
Europa
e
America
lasciando
ovunque
desiderio
di
sé
»
,
ma
non
è
difficile
quando
,
per
correre
,
non
si
resta
ospiti
a
lungo
.
«
A
Giuseppe
Soldi
negoziante
»
...
M
'
impressiona
un
'
Antonietta
Noceti
«
che
alla
scuola
di
G
.
C
.
imparò
l
'
eroismo
che
la
tenne
sempre
serena
»
per
via
di
quelle
due
iniziali
,
che
sono
quelle
del
mio
povero
nome
,
scritto
sull
'
acqua
piovana
.
Davvero
,
alla
mia
scuola
sarebbe
possibile
imparare
uno
speciale
eroismo
che
mantiene
sempre
sereni
?
Se
fosse
così
,
morrei
senza
dispiacere
,
contento
della
mia
.
giornata
.
Quelle
porte
di
marmo
,
chiuse
e
semiaperte
,
presso
a
cui
il
Defunto
sosta
,
esitando
,
incuriosito
e
atterrito
,
o
è
condotto
di
peso
da
angeli
robusti
come
infermieri
di
vecchio
manicomio
-
sono
,
del
fantastico
macabro
,
a
Staglieno
,
uno
dei
motivi
più
misteriosi
...
Fessurine
sulla
voragine
,
aperture
sul
precipizio
,
mi
attirate
morbosamente
...
Se
non
foste
di
marmo
,
vi
spingerei
dolcemente
,
tentato
di
guardare
...
Nel
porticato
superiore
il
monumento
più
morboso
è
quello
di
Raffaele
Pienovi
,
1879
,
dell
'
inuguagliabile
scultore
Villa
.
Una
donzella
,
più
curiosa
che
disperata
,
certamente
la
figlia
del
Pienovi
,
solleva
leggermente
il
lenzuolo
che
copre
,
elegantemente
sgualcito
,
il
caro
defunto
fin
sopra
la
testa
,
poggiata
su
due
bei
guanciali
di
malattia
.
Che
cosa
vede
,
la
signorina
Pienovi
?
Ebbe
una
curiosità
simile
il
marito
di
Emma
Bovary
,
nella
camera
mortuaria
,
lei
tutta
velata
di
bianco
,
tra
i
ceri
lacrimanti
:
«
Lentamente
,
con
la
punta
delle
dita
,
palpitando
,
sollevò
il
velo
.
Ma
gettò
un
grido
d
'
orrore
»
In
un
romanzo
ci
viene
detto
quel
che
succede
dopo
:
un
grido
,
e
poi
il
resto
della
storia
...
Ma
la
sospensione
del
gruppo
statuario
è
qualcosa
d
'
immenso
,
il
mistero
si
chiude
inesorabilmente
.
Il
gruppo
essendo
un
poco
in
alto
,
il
visitatore
non
vede
quel
che
c
'
è
sotto
il
lenzuolo
...
Potrebbe
non
esserci
niente
?
Non
c
'
era
nessuno
...
Sono
salito
,
ho
guardato
...
Non
ho
gridato
.
Non
dirò
quello
che
ho
visto
.
StampaQuotidiana ,
Forse
non
è
ancora
giunto
il
momento
di
discorrere
oggettivamente
dei
gravi
avvenimenti
che
si
stanno
svolgendo
,
ricercando
solo
le
relazioni
dei
fatti
che
essi
ci
manifestano
.
Ora
è
tempo
piuttosto
di
operare
che
di
ragionare
,
ed
alle
opere
spingono
i
discorsi
che
si
rivolgono
al
sentimento
,
le
considerazioni
degli
interessi
,
non
già
le
ricerche
dello
scetticismo
scientifico
.
Pure
anche
queste
possono
avere
un
'
utilità
,
lieve
invero
,
aiutando
a
scoprire
per
quale
via
sentimenti
ed
interessi
possono
adoperarsi
per
raggiungere
uno
scopo
,
e
non
sarà
dunque
tempo
assolutamente
sprecato
lo
occuparsene
ora
.
I
presenti
avvenimenti
,
come
tutti
i
fenomeni
sociali
,
hanno
molte
e
varie
cause
,
ma
non
tutte
di
eguale
importanza
.
Se
disponiamo
per
ordine
d
'
intensità
le
forze
di
cui
ora
vediamo
la
risultante
nel
gran
cozzo
delle
nazioni
,
ne
troviamo
da
prima
tre
che
di
gran
lunga
sovrastano
alle
altre
e
che
sono
:
1
)
il
contrasto
del
germanismo
e
dello
slavismo
;
2
)
il
contrasto
tra
il
militarismo
aristocratico
e
la
democrazia
sociale
;
3
)
gli
interessi
particolari
dei
vari
Stati
.
Vediamoli
partitamente
.
Non
voglio
menomamente
risolvere
qui
il
difficile
problema
delle
stirpi
,
e
quando
discorro
di
Slavi
,
di
Germani
,
di
AngloSassoni
,
di
Latini
,
voglio
solo
indicare
le
collettività
che
hanno
volgarmente
tale
nome
,
senza
indagare
come
sono
costituite
.
Ciò
posto
,
è
facile
riconoscere
nei
fatti
che
Slavi
e
Germani
hanno
al
presente
una
gran
forza
di
espansione
;
gli
AngloSassoni
già
l
'
ebbero
pure
,
ma
ora
inclinano
a
restringersi
alla
difensiva
;
i
Latini
l
'
hanno
perduta
da
un
pezzo
,
anzi
questo
nome
è
diventato
una
semplice
denominazione
;
non
sentono
i
Latini
di
Spagna
,
di
Francia
,
d
'
Italia
,
un
'
inclinazione
a
convergere
ad
un
centro
comune
,
come
gli
Slavi
ed
i
Germani
,
e
neppure
a
prestarsi
vicendevole
aiuto
come
gli
Stati
dell
'
Impero
britannico
.
Non
dimostrano
,
nella
loro
letteratura
,
neppure
come
reminiscenza
classica
di
Roma
,
l
'
orgoglio
di
stirpe
che
palesano
Germani
,
Slavi
,
AngloSassoni
.
I
letterati
tedeschi
non
la
finiscono
più
di
rammentare
Arminio
,
ed
ora
dicono
che
,
come
i
loro
antenati
distrussero
lo
Impero
Romano
,
spetta
a
loro
di
distruggere
i
«
putridi
Latini
»
;
nessuno
in
Italia
è
spinto
da
un
analogo
sentimento
prepotente
a
rammentare
la
vendetta
che
le
legioni
di
Tiberio
trassero
dalla
disfatta
di
Varo
,
né
la
distruzione
dei
barbari
fossero
«
putridi
»
o
no
compiuta
da
Mario
,
né
i
molti
Germani
tratti
captivi
a
Roma
.
Dico
ciò
non
per
amore
di
rettorica
,
ma
solo
per
esprimere
un
indizio
di
inclinazioni
e
di
sentimenti
.
Neppure
vo
indagare
se
le
manifestazioni
dei
pangermanisti
sono
lodevoli
o
no
,
se
è
ragionevole
il
fuggire
di
imitarle
;
cerco
solo
un
indice
dei
sentimenti
,
come
il
termometro
dà
un
indice
della
temperatura
,
e
mi
pare
certo
che
un
termometro
di
tal
fatta
,
mostra
una
temperatura
molto
elevata
tra
i
Germani
,
notevole
tra
gli
Slavi
,
non
troppo
bassa
tra
gli
AngloSassoni
,
e
quasi
zero
tra
i
Latini
.
Così
vediamo
che
,
riguardo
alla
stirpe
,
la
forza
principale
sta
nel
contrasto
tra
Germani
e
Slavi
;
viene
poi
quella
degli
AngloSassoni
;
e
della
forza
che
potrebbe
essere
tra
i
Latini
non
c
'
è
da
tener
conto
.
I
Germani
,
consapevolmente
o
no
,
mirano
all
'
egemonia
in
Europa
,
a
dare
a
Berlino
la
parte
che
ebbe
Roma
nel
mondo
antico
,
gli
Slavi
mirano
a
riunirsi
in
un
organismo
,
a
costituire
alcunché
d
'
analogo
a
ciò
che
è
ora
l
'
Impero
Tedesco
;
gli
AngloSassoni
vogliono
serbare
intatto
l
'
Impero
Britannico
.
Quest
'
ultima
inclinazione
avrebbe
potuto
essere
facilmente
soddisfatta
,
se
la
Germania
avesse
imitato
Roma
,
che
non
aggrediva
tutti
gli
avversari
in
una
volta
;
non
così
potevasi
togliere
il
cozzo
tra
Germani
e
Slavi
;
esso
era
fatale
,
inevitabile
.
Cagioni
secondarie
hanno
determinato
l
'
epoca
della
presente
guerra
,
ma
essa
,
tosto
o
tardi
,
era
assolutamente
inevitabile
.
Scoppiata
la
guerra
,
l
'
Inghilterra
si
è
dimostrata
più
avveduta
della
Grecia
antica
,
la
quale
ha
lasciato
che
Roma
distruggesse
Cartagine
,
senza
badare
che
,
dopo
,
sarebbe
toccato
ad
essa
di
essere
aggredita
e
vinta
;
ed
in
ciò
sta
la
principale
cagione
dell
'
intervento
inglese
.
Un
Bismarck
lo
avrebbe
forse
preveduto
,
e
quindi
avrebbe
provveduto
a
scansarlo
;
il
presente
Governo
germanico
non
fu
da
tanto
.
Volgiamoci
all
'
altra
cagione
principale
della
guerra
.
A
noi
in
parte
sfugge
,
perché
siamo
in
mezzo
agli
avvenimenti
,
che
una
grande
trasformazione
sta
compiendosi
nel
mondo
,
ed
è
quella
del
dilagare
della
fede
democratico
-
sociale
,
che
assume
tutti
i
caratteri
di
una
religione
.
Tale
trasformazione
è
paragonabile
all
'
altra
compiuta
quando
il
cristianesimo
invase
l
'
Impero
Romano
;
e
l
'
analogia
si
estende
a
certi
particolari
,
come
è
appunto
la
cecità
di
molti
Romani
che
non
scorgevano
l
'
importanza
del
fenomeno
a
cui
assistevano
,
alla
quale
fa
riscontro
la
cecità
di
molti
nostri
contemporanei
che
non
sanno
giustamente
valutare
il
fenomeno
che
sotto
ai
loro
occhi
si
svolge
.
L
'
Europa
occidentale
ha
tutta
più
o
meno
la
fede
democratico
-
sociale
;
la
Germania
colla
sua
appendice
austriaca
è
rimasta
sola
fedele
al
militarismo
aristocratico
;
quindi
tra
essa
e
l
'
Europa
occidentale
è
propriamente
una
guerra
di
religione
che
si
svolge
.
Anche
questa
,
tosto
o
tardi
,
era
inevitabile
.
I
popoli
dell
'
Europa
occidentale
hanno
debellato
,
ognuno
nell
'
interno
del
proprio
Stato
,
il
partito
detto
conservatore
,
e
che
era
attinente
all
'
ordinamento
germanico
;
oramai
,
per
procedere
innanzi
nella
via
seguita
,
era
assolutamente
necessario
debellare
,
all
'
estero
,
l
'
ordinamento
germanico
,
che
si
ergeva
come
formidabile
ostacolo
.
Più
volte
i
ministri
radicali
-
socialisti
inglesi
dissero
che
gli
armamenti
della
Germania
,
col
fare
indispensabile
corrispondenti
armamenti
inglesi
,
toglievano
loro
di
spendere
quanto
avrebbero
voluto
nelle
«
riforme
sociali
»
.
In
Francia
,
i
radicali
-
socialisti
e
gli
antimilitaristi
erano
tenuti
alquanto
a
freno
dal
timore
di
una
guerra
colla
Germania
.
La
Russia
è
in
parte
estranea
tanto
alla
corrente
religiosa
della
democrazia
sociale
dell
'
Europa
occidentale
,
come
a
quella
dell
'
aristocrazia
militare
della
Germania
;
inclina
piuttosto
verso
la
prima
che
verso
la
seconda
,
poiché
la
Russia
manca
interamente
di
una
casta
aristocratica
e
militare
.
In
ogni
modo
essa
è
stata
tratta
nel
conflitto
non
da
tal
fede
religiosa
,
ma
da
cagioni
analoghe
a
quelle
che
spinsero
l
'
Inghilterra
;
cioè
ha
inteso
che
non
poteva
lasciare
che
la
Germania
si
mangiasse
il
carciofo
foglia
per
foglia
.
Nelle
guerre
di
religione
,
vi
sono
spesso
alleanze
simili
.
Principi
cristiani
si
allearono
ai
Musulmani
;
principi
cattolici
ai
protestanti
:
bruciavano
nel
loro
regno
i
protestanti
e
li
difendevano
all
'
estero
.
L
'
alleanza
dello
zarismo
russo
e
della
Repubblica
francese
non
è
poi
più
strana
dell
'
alleanza
dei
socialisti
tedeschi
colla
casta
aristocratico
-
militare
del
loro
paese
;
e
c
'
è
anzi
da
considerare
che
,
in
caso
di
vittoria
,
la
Russia
non
s
'
ingerirà
menomamente
per
mutare
il
Governo
della
Francia
;
mentre
,
se
la
Germania
vince
,
è
certo
che
la
casta
aristocratico
-
militare
porrà
nuovamente
sotto
il
giogo
i
socialisti
tedeschi
.
Se
la
fede
dell
'
Europa
occidentale
è
democratico
-
sociale
,
il
suo
ordinamento
è
in
gran
parte
plutocratico
.
La
plutocrazia
ora
come
sempre
si
vale
della
fede
religiosa
altrui
per
provvedere
al
suo
tornaconto
;
in
Germania
è
tenuta
a
freno
dalla
casta
aristocratico
-
militare
;
nell
'
Europa
occidentale
,
domina
.
La
Germania
non
ha
avuto
un
Caillaux
che
disponesse
del
Governo
e
dei
tribunali
,
che
,
per
sue
vedute
personali
,
impedisse
un
imprestito
indispensabile
per
la
difesa
della
patria
;
non
ha
affidato
ad
un
banchiere
di
concludere
un
trattato
di
pace
;
non
ha
,
come
in
Inghilterra
,
chiesto
l
'
aiuto
efficace
dei
plutocrati
per
ottenere
elezioni
favorevoli
al
Governo
.
La
plutocrazia
non
voleva
la
guerra
,
ma
inconsapevolmente
l
'
ha
preparata
.
Essa
ha
avuto
gran
parte
nella
rivalità
franco
-
tedesca
,
ed
in
quella
germanica
-
inglese
,
e
,
coi
suoi
giornali
,
ha
conferito
all
'
inasprimento
dei
sentimenti
di
odio
tra
queste
nazioni
.
Ma
ora
vorrebbe
la
pace
,
quindi
non
dobbiamo
porre
l
'
opera
sua
tra
le
cagioni
del
proseguimento
della
guerra
.
Finalmente
ci
sarebbe
da
dire
degli
interessi
particolari
dei
vari
Stati
;
ma
possiamo
tralasciare
di
fermarci
su
tale
argomento
,
perché
è
il
meglio
noto
alla
diplomazia
,
ed
è
perciò
che
questa
poteva
sperare
di
scansare
la
guerra
,
mentre
,
ove
avesse
posto
mente
alle
due
altre
cagioni
,
ora
rammentate
,
avrebbe
capito
che
ciò
era
impossibile
e
che
rimaneva
solo
da
prepararsi
a
trarre
dalla
guerra
quanto
poteva
dare
.
Tale
appunto
può
essere
ancora
lo
scopo
di
Stati
che
,
come
l
'
Italia
,
hanno
parte
secondaria
nel
gran
conflitto
.
Avvedutezza
ci
vuole
per
conoscere
ciò
che
è
possibile
,
risolutezza
ed
energia
per
compierlo
.
I
sentimenti
esistenti
non
si
possono
mutare
,
ma
da
essi
si
può
trarre
profitto
.
Se
ci
fossero
solo
gli
interessi
dei
vari
Stati
,
un
trattato
di
pace
duratura
sarebbe
presto
possibile
,
poiché
infine
tali
interessi
non
sono
inconciliabili
;
ma
l
'
esserci
le
due
prime
cagioni
di
guerra
toglie
speranza
che
si
possa
conseguire
una
pace
duratura
,
se
una
delle
parti
contendenti
non
è
interamente
fiaccata
.
Quindi
è
probabile
che
lunga
sarà
la
presente
guerra
.
Si
vede
ora
quanto
grave
era
l
'
errore
di
coloro
i
quali
asserivano
che
ormai
le
guerre
erano
fatte
impossibili
dall
'
accresciuta
potenza
dei
mezzi
di
distruzione
,
e
si
vedrà
che
grave
del
pari
è
l
'
errore
di
coloro
i
quali
credono
la
presente
guerra
non
potere
durare
,
per
cagione
delle
difficoltà
finanziarie
e
della
carestia
che
colpirebbero
parte
almeno
dei
belligeranti
.
Gli
Stati
moderni
hanno
immense
riserve
economiche
.
Da
prima
ci
sono
molte
spese
per
lavori
pubblici
,
«
riforme
sociali
»
ed
altre
che
non
sono
indispensabili
e
che
si
possono
sopprimere
.
Poscia
,
enormi
sono
i
debiti
pubblici
,
e
gli
Stati
possono
pagarne
solo
in
parte
,
o
non
più
pagarne
i
frutti
.
Tale
operazione
,
se
il
debito
pubblico
è
tutto
nello
Stato
,
produrrà
certo
molte
sofferenze
,
ma
intaccherà
poco
o
niente
la
potenza
di
produzione
economica
;
e
se
il
debito
pubblico
è
in
gran
parte
all
'
estero
,
i
forestieri
saranno
spogliati
in
pro
dei
cittadini
.
Inoltre
,
da
un
secolo
ad
oggi
,
sono
enormemente
cresciute
le
spese
di
lusso
,
o
almeno
non
indispensabili
dei
privati
,
mentre
scemavano
le
ore
di
lavoro
e
l
'
intensità
di
esso
.
I
popoli
possono
dunque
tornare
a
ciò
che
erano
un
secolo
fa
,
soffrendo
bensì
,
ma
senza
alcun
serio
pericolo
di
distruzione
economica
,
poiché
,
alla
fin
fine
,
i
popoli
,
un
secolo
fa
,
vivevano
e
prosperavano
.
Per
tal
modo
,
non
sono
solo
centinaia
di
milioni
,
bensì
miliardi
e
miliardi
che
divengono
disponibili
per
la
guerra
.
Gli
avvenimenti
che
ora
vediamo
seguire
prenderanno
posto
fra
quelli
più
grandi
e
di
maggior
momento
della
storia
;
essi
manifestano
il
principio
di
un
'
èra
nuova
.
StampaQuotidiana ,
È
un
luogo
comune
-
o
era
tale
sino
a
ieri
-
che
l
'
arte
non
conosce
progressi
o
evoluzione
e
che
l
'
artista
,
sparendo
,
porta
con
sé
un
segreto
che
non
può
essere
appreso
da
chi
si
impadronisca
dei
suoi
moduli
,
del
suo
ricettario
tecnico
e
del
suo
«
stampino
»
.
Oggi
questa
verità
sembra
essere
contraddetta
dal
crescente
peso
della
tecnica
in
tutte
le
arti
,
e
dalla
sempre
maggiore
adattabilità
del
pubblico
ai
trucchi
di
laboratorio
dell
'
artista
,
ai
suoi
segreti
di
mestiere
.
Ancora
cinquanta
,
trenta
anni
fa
,
chi
voleva
raccontare
una
storia
(
romanziere
o
drammaturgo
che
fosse
)
procedeva
in
ordine
cronologico
,
dall
'
a
fino
alla
zeta
,
mantenendo
in
vita
almeno
una
delle
maltrattate
unità
aristoteliche
.
Si
giunse
al
romanzo
che
si
svolge
e
si
legge
in
due
sole
ore
(
La
signorina
Elsa
di
Schnitzler
e
anche
Les
lauriers
sont
coupés
di
Edouard
Dujardin
,
ventiquattr
'
ore
di
una
vita
e
poche
ore
di
lettura
)
,
ottenendo
con
ciò
un
'
unità
direi
quasi
fisica
,
di
respirazione
,
che
era
senza
precedenti
nella
storia
dell
'
arte
narrativa
(
al
polo
opposto
l
'
Ulysses
,
ventiquattro
ore
di
vita
e
ventiquattro
mesi
di
lettura
)
.
Un
narratore
,
un
drammaturgo
moderno
si
vergognerebbe
di
seguire
simili
procedimenti
e
si
guarderebbe
bene
dal
rispettare
la
cronologia
.
Si
cammina
ormai
dalla
zeta
verso
l
'
a
,
dalla
fine
si
risale
al
principio
.
Il
protagonista
,
se
ce
n
'
è
uno
,
muore
fin
dall
'
inizio
e
il
pubblico
o
il
lettore
devono
risalire
a
ritroso
la
corrente
.
Nel
teatro
non
esistono
più
cambiamenti
di
scena
;
basta
che
un
servo
spinga
innanzi
una
poltrona
o
una
sedia
di
paglia
o
un
alberello
in
un
vaso
di
coccio
per
creare
la
reggia
o
la
casa
del
povero
o
il
bosco
.
Basta
che
un
personaggio
si
tolga
un
golf
da
sport
e
indossi
invece
una
giacchetta
,
facendo
precedere
o
seguire
l
'
operazione
da
tremuli
lamenti
di
pifferi
che
abbiano
la
funzione
della
dissolvenza
cinematografica
,
cd
ecco
creato
un
salto
temporale
di
dieci
o
di
vent
'
anni
.
Il
passato
,
il
presente
e
il
futuro
sono
mescolati
come
gli
ingredienti
di
un
cocktail
,
i
fantasmi
passeggiano
fra
i
vivi
,
le
voci
degli
attori
sono
integrate
da
ruggiti
di
altoparlanti
nascosti
nelle
gallerie
o
nei
palchi
.
Il
pubblico
,
che
fino
a
pochi
anni
fa
non
avrebbe
capito
nulla
di
quanto
avveniva
,
lo
stesso
pubblico
che
quando
guarda
un
quadro
moderno
storce
il
naso
e
si
chiede
«
che
cosa
vuol
dire
»
e
si
mostra
ancora
esigentissimo
in
fatto
di
verosimiglianza
rappresentativa
,
è
invece
dispostissimo
ad
accettare
,
in
altra
sede
,
le
più
audaci
scomposizioni
.
Si
dice
,
e
credo
sia
vero
,
che
a
ciò
non
sia
estraneo
l
'
influsso
cinematografico
che
ha
creato
un
linguaggio
allusivo
ormai
alla
portata
di
tutti
.
Io
personalmente
,
quando
vado
al
cinematografo
,
non
comprendo
quasi
nulla
di
quanto
avviene
sullo
schermo
;
ma
mi
accorgo
che
accanto
a
me
stanno
persone
non
più
colte
,
ma
più
allenate
al
nuovo
linguaggio
,
alle
quali
nulla
sfugge
.
Entrano
nel
cinema
e
nel
teatro
clementi
che
la
poesia
ha
conosciuto
e
padroneggiato
da
secoli
;
ma
vi
entrano
da
padroni
assoluti
,
tecnicizzati
e
non
più
legati
all
'
arte
della
parola
.
E
trionfa
la
regia
,
che
è
l
'
arte
di
cavare
il
massimo
effetto
dal
testo
potenzialmente
più
suscettibile
d
'
integrazione
.
Si
dà
già
il
caso
di
qualcuno
che
pensa
a
ricavare
un
dramma
da
un
film
non
suo
,
riducendolo
per
il
teatro
e
rendendolo
perciò
ancor
più
cinematografico
,
sebbene
in
diverso
modo
.
Nella
migliore
delle
ipotesi
,
questo
autore
si
illuderà
di
aggiungere
un
pizzico
di
poesia
(
verbale
)
a
un
'
azione
che
è
già
emotiva
in
sé
,
di
effetto
sicuro
,
immancabile
.
Questo
furibondo
progresso
della
tecnica
è
senza
dubbio
molto
interessante
ma
prescinde
da
un
fatto
essenziale
:
che
la
poesia
è
l
'
arte
della
parola
e
che
nessuno
sforzo
di
regista
può
sostituire
la
parola
dov
'
essa
manchi
.
Molti
hanno
potuto
rileggersi
l
'
Amleto
o
il
Sogno
di
una
notte
di
mezza
estate
dopo
aver
assistito
alle
rappresentazioni
che
ne
davano
Moissi
o
Lawrence
Olivier
o
Max
Reinhardt
.
Trovavano
senza
dubbio
un
'
altra
cosa
,
ma
era
immancabile
l
'
incontro
con
la
poesia
.
In
Shakespeare
e
in
Calderón
,
nel
Marlowe
e
nel
Kleist
un
albero
è
veramente
sufficiente
a
creare
una
foresta
,
un
trono
basta
a
immetterci
in
un
palazzo
reale
.
Non
credo
che
una
rappresentazione
realistica
dei
loro
lavori
,
condotta
con
macchinosi
cambiamenti
di
scena
e
scrupolo
di
verosimiglianza
storica
nei
costumi
e
negli
arredamenti
,
sarebbe
oggi
sopportabile
.
Provatevi
invece
a
immaginarvi
certi
recenti
lavori
teatrali
privandoli
dell
'
apparato
registico
che
li
rende
interessanti
,
e
resterete
certamente
a
mani
vuote
.
Il
guaio
è
che
,
anche
in
questo
campo
,
indietro
non
si
torna
e
che
i
nuovi
elementi
spettacolari
sono
ormai
entrati
nel
gusto
corrente
,
sono
diventati
un
linguaggio
convenzionale
che
ha
ben
poco
bisogno
della
parola
.
Il
nostro
tempo
è
visivo
e
acustico
,
ma
non
sa
che
farsene
della
musica
,
della
pittura
e
della
poesia
.
Perché
la
tecnica
della
presentazione
e
dell
'
adattamento
(
sia
essa
autoregia
di
scrittori
o
regia
di
teatranti
,
scienza
del
college
e
della
scomposizione
)
non
coincide
quasi
mai
col
centro
dell
'
ispirazione
artistica
?
Semplicemente
perché
è
prevedibile
e
calcolabile
.
Alain
-
uno
dei
francesi
che
ha
scritto
di
estetica
con
maggiore
acutezza
,
sebbene
senza
un
metodo
e
un
ordine
apparenti
-
ha
distinto
l
'
opera
dell
'
artista
da
quella
dell
'
artigiano
in
base
a
questa
differenza
.
L
'
artigiano
copia
esattamente
un
modello
,
sa
dove
vuole
arrivare
e
i
mezzi
che
a
lui
occorrono
.
Anche
l
'
artista
ha
usa
certa
idea
,
ma
assai
oscura
e
imprecisata
.
In
lui
il
punto
di
partenza
è
una
spinta
,
non
un
programma
.
Strada
facendo
,
quella
certa
idea
si
trasforma
e
appare
del
tutto
irriconoscibile
.
E
può
dirsi
così
che
l
'
artista
conosce
se
stesso
soltanto
a
cose
fatte
,
dopo
aver
lottato
contro
un
ostacolo
,
che
è
(
nel
caso
della
poesia
)
la
parola
,
il
mezzo
espressivo
.
Qui
la
tecnica
può
veramente
identificarsi
con
l
'
espressione
.
Non
però
la
tecnica
artigianesca
,
esattamente
dosabile
e
prevedibile
di
chi
sostituisce
il
calcolo
degli
effetti
alla
libera
irradiazione
della
parola
poetica
.
Mi
rendo
conto
che
in
un
romanzo
,
in
un
'
opera
teatrale
e
in
genere
in
tutti
i
generi
più
costruiti
,
la
poesia
è
come
il
sangue
,
che
per
circolare
ha
bisogno
di
una
rete
di
vene
,
di
un
sistema
di
canali
.
(
È
tale
anche
nella
lirica
pura
,
a
dire
il
vero
,
ma
in
questo
caso
la
costruzione
,
l
'
impalcatura
possono
essere
meno
evidenti
.
)
So
altrettanto
bene
che
un
'
opera
destinata
a
larga
diffusione
,
tradotta
in
altre
lingue
,
spesso
svisata
e
deformata
,
ha
un
'
esistenza
di
compromesso
e
che
la
vitalità
di
certe
creazioni
consiste
proprio
nella
loro
docilità
a
prestarsi
a
ogni
sorta
di
collaborazioni
o
malversazioni
.
E
comprendo
perfettamente
che
un
poeta
è
spesso
frainteso
o
inteso
alla
rovescia
,
e
che
in
nessun
caso
critici
e
posteri
lo
leggono
come
egli
voleva
esser
letto
.
Con
questo
credo
di
aver
esaurito
le
ragioni
che
suggeriscono
indulgenza
verso
chi
crea
o
adatta
o
«
monta
»
opere
che
,
volendo
rivolgersi
a
una
vasta
udienza
,
hanno
una
necessità
assoluta
di
giocare
sull
'
equivoco
,
di
confondere
i
sentimenti
con
le
sensazioni
.
Non
si
può
negare
che
se
tutti
gli
artisti
dicessero
«
parlo
per
me
e
per
dieci
persone
»
il
solco
che
divide
l
'
arte
dal
pubblico
diverrebbe
invalicabile
.
Più
o
meno
consciamente
,
coloro
che
solleticano
il
gusto
spettacolare
delle
platee
tengono
fede
a
un
certo
principio
di
universalità
,
si
sforzano
di
parlare
o
balbettare
in
una
lingua
che
tutti
comprendano
.
Non
credo
però
che
sia
prossima
la
fusione
o
l
'
integrazione
del
linguaggio
delle
parole
con
quello
della
tecnica
spettacolare
.
Una
macchina
a
effetto
è
necessariamente
costosa
e
chi
si
decide
a
metterla
in
moto
preferisce
scrivere
o
prendere
a
pretesto
un
'
opera
di
effetto
certo
,
anche
mediocre
ma
infallibile
.
Inoltre
il
meccanismo
tende
a
perfezionarsi
e
in
fatto
d
'
arte
non
è
più
paradossale
pensare
all
'
avvento
della
machine
à
gloire
,
inventata
da
Villiers
de
1'Isle-Adam
,
che
«
emetteva
il
successo
»
in
un
giusto
dosaggio
di
rumori
e
vociferazioni
.
Quel
giorno
il
pubblico
sarà
anche
dispensato
dalla
fatica
dell
'
applauso
.
È
dunque
assai
dubbio
che
l
'
universalità
di
chi
dice
qualche
piccola
cosa
a
tutti
valga
l
'
espressione
di
chi
parla
profondamente
a
pochi
.
E
in
definitiva
,
dopo
aver
pesato
in
tutti
i
sensi
la
questione
,
mi
pare
si
possa
concludere
che
ogni
divulgazione
di
trouvailles
tecniche
arricchisce
superficialmente
il
gusto
delle
masse
,
ma
non
giova
alla
diffusione
della
poesia
.
Qualsiasi
racconto
verista
o
naturalista
potrebbe
essere
riscritto
in
chiave
moderna
,
sostituendo
all
'
analisi
psicologica
l
'
elencazione
del
documentario
,
il
bruto
enunciato
dei
fatti
;
qualsiasi
romanzo
di
James
o
di
Rovetta
o
di
Bourget
potrebbe
fornire
il
canovaccio
di
un
dramma
moderno
,
composto
di
scene
rientranti
l
'
una
nell
'
altra
,
come
i
segmenti
di
un
cannocchiale
,
ricco
di
salti
nel
vuoto
,
di
capovolgimenti
e
di
sdoppiamenti
.
Un
'
arte
che
si
vede
subito
com
'
è
fatta
,
un
'
arte
che
fa
dire
a
tutti
«
come
sono
intelligente
»
,
una
poesia
che
non
importa
conoscere
nei
testi
originali
e
che
consiste
nel
condire
con
una
nuova
salsa
cose
e
situazioni
ormai
logore
,
rappresenta
il
coronamento
di
quello
che
potrebbe
chiamarsi
«
l
'
avanguardismo
borghese
»
.
Val
meno
della
vecchia
avanguardia
-
quella
degli
scapigliati
e
dei
decadenti
-
e
durerà
purtroppo
di
più
perché
concilia
la
vanità
degli
artisti
coi
loro
interessi
.
Essere
à
la
page
,
esser
capiti
da
tutti
e
insieme
guadagnare
qualche
soldo
,
che
tentazione
!
StampaQuotidiana ,
Gli
uomini
,
nella
loro
attività
sociale
,
sono
mossi
principalmente
dai
sentimenti
e
dagli
interessi
,
e
molti
stimano
che
siano
mossi
dai
ragionamenti
.
A
mantenere
tale
illusione
vale
il
fatto
che
sentimenti
ed
interessi
trovano
sempre
un
ragionamento
o
meglio
uno
pseudo
ragionamento
che
li
esprime
;
ragion
per
cui
,
col
solito
post
hoc
,
propter
hoc
,
nasce
il
concetto
che
il
ragionamento
ha
determinato
sentimenti
ed
interessi
;
invece
il
rapporto
è
generalmente
inverso
.
Principalmente
e
generalmente
non
vogliono
dire
esclusivamente
ed
in
ogni
caso
particolare
,
quindi
un
qualche
effetto
i
ragionamenti
ed
i
pseudo
ragionamenti
possono
averlo
,
ma
è
per
solito
assai
lieve
.
Non
è
qui
il
luogo
di
tentare
una
dimostrazione
di
queste
asserzioni
ho
scritto
due
grossi
volumi
per
provare
di
fare
ciò
ma
può
non
essere
inutile
vederne
una
conferma
negli
avvenimenti
della
presente
guerra
.
Abbiamo
avuto
bei
e
ben
fondati
ragionamenti
per
dimostrare
il
delitto
compiuto
dalla
Germania
col
violare
la
neutralità
del
Belgio
.
Ponga
mente
il
lettore
al
fatto
che
tali
ragionamenti
furono
respinti
da
chi
già
era
amico
della
Germania
o
anche
solo
inclinava
ad
essere
benevolo
;
ma
furono
accolti
da
chi
era
nemico
della
Germania
o
solo
inclinava
ad
esservi
ostile
.
È
dunque
manifesto
che
tali
caratteri
determinarono
principalmente
i
convincimenti
degli
uomini
,
e
non
i
ragionamenti
;
poiché
,
se
questi
avessero
avuto
un
'
azione
indipendente
dai
caratteri
,
ci
dovrebbero
essere
almeno
pochi
,
pochissimi
tedeschi
che
biasimassero
la
violazione
della
neutralità
;
pochi
,
pochissimi
francesi
e
inglesi
che
l
'
approvassero
.
È
vero
che
gli
inglesi
dissero
di
muovere
guerra
alla
Germania
perché
era
stata
violata
la
neutralità
belga
;
ma
fu
evidentemente
se
non
pretesto
,
almeno
solo
causa
occasionale
,
poiché
preesisteva
ed
era
potente
la
rivalità
anglo
-
tedesca
,
che
tosto
o
tardi
doveva
inevitabilmente
condurre
ad
un
conflitto
armato
.
Nel
fatto
della
violata
neutralità
belga
si
ha
un
caso
simile
a
quello
del
celebre
dispaccio
di
Ems
,
che
fu
solo
causa
occasionale
della
guerra
del
1870
,
preparata
in
sostanza
dalla
rivalità
franco
-
prussiana
.
Vennero
poi
la
distruzione
di
Lovanio
,
della
cattedrale
di
Reims
,
ed
altri
fatti
simili
.
I
Tedeschi
furono
detti
barbari
nipoti
di
Attila
,
e
vituperati
o
almeno
biasimati
in
ogni
modo
.
Anche
in
questo
caso
biasimi
e
vituperi
furono
respinti
da
chi
già
era
benevolo
alla
Germania
,
accolti
da
chi
ad
essa
era
avverso
,
e
veramente
per
ora
non
se
ne
vede
il
menomo
effetto
pratico
.
Gli
intellettuali
germanici
provvidero
ad
una
contro
-
offensiva
e
fecero
gran
consumo
di
carta
e
d
'
inchiostro
per
dimostrare
che
la
Germania
era
un
povero
agnellino
,
insidiato
da
lupi
perversi
e
rapaci
,
e
che
,
poveretta
,
se
aveva
mancato
alla
fede
di
trattati
da
essa
firmati
,
ucciso
donne
e
ragazzi
,
fucilato
ostaggi
,
distrutte
città
e
monumenti
,
aveva
solo
operato
in
stato
di
legittima
difesa
.
Anche
queste
belle
produzioni
letterarie
,
queste
splendide
orazioni
ebbero
un
effetto
pratico
molto
prossimo
a
zero
:
persuasero
chi
già
era
persuaso
;
d
'
altri
,
nessuno
.
Qui
forse
il
lettore
osserverà
:
«
Tra
tutti
questi
discorsi
che
servono
a
niente
,
mettete
pure
anche
il
vostro
che
li
dimostra
inutili
,
poiché
veramente
è
opera
vana
ammazzare
un
uomo
morto
»
.
Adagio
un
poco
:
non
confondiamo
il
principale
col
secondario
.
Tali
discorsi
od
altri
simili
,
da
sé
valgono
poco
o
niente
,
ma
possono
servire
ad
occultare
interessi
e
sentimenti
che
valgono
per
il
bene
,
oppure
per
il
male
di
una
nazione
.
Per
molti
anni
abbiamo
udito
discorsi
che
,
senza
tregua
né
posa
,
predicavano
la
fine
delle
guerre
,
fatte
ormai
impossibili
dal
progredire
dei
sentimenti
umanitari
,
di
giustizia
e
di
diritto
,
dell
'
evoluzione
del
proletariato
,
che
sdegnosamente
le
respingeva
e
che
bene
avrebbe
saputo
imporre
la
sua
volontà
,
dalla
perfezione
stessa
degli
armamenti
che
avrebbe
tolto
agli
eserciti
di
poter
venire
a
battaglia
.
Tutto
questo
gran
discorrere
ed
argomentare
ha
messo
capo
ad
una
guerra
generale
delle
nazioni
,
che
è
certo
fra
le
maggiori
che
mai
abbia
veduto
l
'
umanità
;
e
perciò
,
sotto
tale
aspetto
,
discorsi
ed
argomenti
sono
stati
assolutamente
vani
.
Manifestarono
invece
un
'
opera
,
invero
di
non
gran
momento
,
contraria
al
fine
a
cui
tendevano
;
furono
cioè
il
manto
col
quale
si
ricoprivano
interessi
e
sentimenti
i
quali
miravano
a
volgere
in
pro
della
clientela
elettorale
i
quattrini
che
dovevano
servire
per
la
difesa
della
patria
.
Per
esempio
,
furono
i
bei
discorsi
sul
diritto
internazionale
,
sulla
«
pace
mercé
il
diritto
»
,
che
occultarono
sentimenti
ed
interessi
i
quali
distolsero
il
Belgio
dal
prepararsi
convenientemente
alla
guerra
.
Se
l
'
esercito
tedesco
passò
dal
Belgio
invece
di
passare
dalla
Svizzera
,
oltre
a
ragioni
strategiche
,
può
anche
essere
stato
perché
tutti
gli
Svizzeri
sono
soldati
ed
ottimi
tiratori
,
mentre
i
Belgi
avevano
solo
un
piccolo
esercito
.
Simili
discorsi
occultarono
pure
sentimenti
ed
interessi
che
fecero
imprevidenti
per
la
preparazione
della
guerra
Francia
,
Italia
ed
Inghilterra
.
«
Non
avremo
certamente
la
guerra
»
dicevano
i
ministri
della
guerra
francesi
,
ed
anche
alcuni
italiani
;
e
,
con
tale
scusa
,
invece
di
provvedere
artiglierie
ed
altre
armi
,
si
spendevano
i
quattrini
per
fini
elettorali
.
In
Germania
,
poco
credito
ottenevano
analoghi
vaniloqui
,
perché
non
corrispondevano
a
sentimenti
e
ad
interessi
,
in
ogni
modo
rimanevano
un
semplice
sfogo
letterario
,
e
il
Governo
faceva
della
«
politica
reale
»
,
ed
aveva
maggior
fede
negli
obici
da
420
mm
.
che
nell
'
«
immanente
giustizia
»
o
nella
pace
imposta
dal
proletariato
.
Il
Lloyd
George
discorreva
come
se
la
guerra
la
volessero
esclusivamente
i
«
ricchi
»
,
ed
aggiungeva
che
essi
soli
dovevano
pagare
gli
armamenti
.
Per
una
strana
ironia
del
caso
,
toccò
proprio
a
lui
a
fare
tal
guerra
!
Ma
intanto
,
questi
discorsi
avevano
ricoperto
gli
interessi
elettorali
del
partito
,
e
quindi
erano
cagione
,
sia
pure
in
piccola
parte
,
in
modo
subordinato
,
che
l
'
Inghilterra
giungesse
poco
preparata
al
gran
cimento
:
molto
meno
preparata
della
Germania
.
In
Italia
,
discorsi
analoghi
operarono
,
sia
pure
lievemente
,
per
ricoprire
interessi
analoghi
;
essi
furono
come
un
narcotico
,
il
quale
,
debole
se
si
vuole
,
pure
ebbe
parte
nel
togliere
la
chiara
veduta
della
realtà
,
la
quale
è
che
gli
Stati
si
difendono
con
armi
ed
armati
,
e
non
coi
principi
del
diritto
internazionale
,
del
pacifismo
,
della
morale
,
della
«
giustizia
immanente
»
,
della
santa
evoluzione
,
e
di
tante
altre
simili
entità
.
Fatti
ci
vogliono
,
non
discorsi
e
chiacchiere
.