Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> categoria_s:"StampaQuotidiana"
Tentati dalla destra ( Bobbio Norberto , 1982 )
StampaQuotidiana ,
Nel recente convegno sulla nuova destra , svoltosi a Cuneo per iniziativa dell ' Istituto storico della Resistenza , qualcuno ha messo in dubbio che « destra » e « sinistra » siano ancora concetti adeguati a rappresentare le divisioni attuali tra dottrine e movimenti politici . Siamo stati invitati a riflettere sul fatto che da sinistra si riscoprono scrittori di destra , come Cari Schmitt , da destra , in particolare dalla nuova destra reazionaria , scrittori di sinistra come Gramsci . Negli stessi giorni in un ' intervista a « Panorama » Massimo Cacciari , intellettuale di sinistra , dichiarava di rifiutare « quella concezione assiale della politica che prevede una destra e una sinistra , intese come blocchi compatti e specularmente contrapposti » . In realtà questa confusione non è nuova né è senza giustificazione : estrema sinistra ed estrema destra hanno amori diversi ma odi comuni . Uno di questi odi è la democrazia , intesa come il regime in cui le sole decisioni collettive legittime sono quelle prese in base alla regola della maggioranza . Peraltro , le ragioni di questa avversione sono , da una parte e dall ' altra , opposte . Proprio tenendo conto di queste opposte ragioni si riesce ancora a cogliere il principale carattere distintivo dei due schieramenti in cui si divide tradizionalmente l ' universo politico . L ' opposizione consiste in questo : per l ' estrema sinistra la regola di maggioranza , per cui ogni cittadino conta per uno , assicura un ' eguaglianza puramente formale ma non riesce altrettanto bene a promuovere l ' eguaglianza sostanziale ; per l ' estrema destra la stessa regola della maggioranza , pareggiando se pure solo formalmente tutti i cittadini , finisce per disconoscere che gli uomini sono sostanzialmente diseguali . Come si vede , la divisione avviene sul diverso giudizio che l ' una e l ' altra parte danno sull ' eguaglianza e rispettivamente sulla diseguaglianza come ideale da perseguire . Questo diverso giudizio permette di tener ben distinte ideologie che tendono a una maggiore eguaglianza rispetto alla democrazia formale , e che chiamerò egualitarie , e ideologie che chiedono una maggiore diseguaglianza , sempre rispetto alla democrazia formale , e che chiamerò inegualitarie . Si tratta di una distinzione vecchia come il mondo , molto più vecchia della distinzione tra sinistra e destra , che risale alla rivoluzione francese . Ma dacché i due termini di sinistra e destra sono stati introdotti nel linguaggio politico , essi sono sempre stati adoperati per coprire la distinzione tra ideologie egualitarie e inegualitarie . Perciò sinché vi saranno dottrine e movimenti che si contrappongono sulla base del diverso valore dato al principio dell ' eguaglianza , l ' uso dei due termini è non solo legittimo ma utile . Il loro rifiuto è prova o di imperdonabile ignoranza o peggio dell ' illusione di cancellare insieme coi due nomi la realtà che essi designano . La contrapposizione fra egualitari e inegualitari è vecchia quanto il mondo per la semplice ragione che gli uomini sono tanto eguali quanto diseguali : sono eguali in quanto appartengono al genere umano distinto da altri generi come quello degli animali , ma sono diseguali considerati come individui , uno per uno . Le ideologie egualitarie mettono l ' accento soprattutto sull ' appartenenza di tutti gli uomini a un genere comune , quelle inegualitarie sulle osservabili e inconfutabili differenze tra l ' uno e l ' altro individuo . In altre parole , le prime danno più importanza a ciò che ci unisce , le seconde a ciò che ci divide . Tra le tante prove storiche che si possono addurre di questa contrapposizione , mi limito a quella che si può trarre dai due autori considerati a buon diritto i principali ispiratori dei due schieramenti : Rousseau e Nietzsche . Nel suo Discorso sull ' origine delle diseguaglianze fra gli uomini , Rousseau parte dalla considerazione che gli uomini sono nati fondamentalmente eguali ma la civiltà corrotta li ha resi diseguali . Nietzsche , al contrario , parte dalla considerazione che gli uomini sono per natura diseguali e soltanto la civiltà , con la sua morale del gregge , di cui è massimamente responsabile il cristianesimo , e di cui sono manifestazioni al tempo presente la democrazia e il socialismo , li ha resi ingiustamenti eguali . L ' ideale che si può trarre dalla interpretazione rousseauiana del corso storico è quello rivoluzionario dell ' abbattimento delle società storiche fondate sulla diseguaglianza sociale e della instaurazione di una nuova società in cui tutti siano a pari diritto cittadini ; l ' ideale che si può trarre dalla interpretazione nietzscheana , è al contrario quello reazionario della restaurazione di un ordine gerarchico la cui distruzione ha reso possibile il trionfo della quantità , dei « malriusciti » , del branco . Lo stesso Nietzsche ritorna sempre a Rousseau , il suo grande nemico , ogni qualvolta sfoga il proprio furore contro il principio dell ' eguaglianza e contro quell ' avvenimento storico , la rivoluzione francese , che avrebbe cercato di attuarlo : « Quello che odio - una citazione fra mille - è la rousseauiana moralità della rivoluzione francese ... La dottrina dell ' eguaglianza . Ma non c ' è tossico più velenoso ! » Mi si può obiettare che il criterio dell ' eguaglianza non è il solo a permettere di caratterizzare due ideologie opposte . C ' è anche quello della libertà in base al quale si distinguono ideologie libertarie e autoritarie . Rispondo che questo criterio di distinzione serve a distinguere , nell ' ambito della sinistra e della destra , l ' ala estrema dall ' ala moderata . Si può sostenere infatti che le due ali estreme sono autoritarie , quelle moderate libertarie . Di conseguenza , la linea su cui si collocano le diverse ideologie partendo da sinistra e procedendo verso destra si sviluppa attraverso queste quattro aree . All ' estrema sinistra stanno i movimenti che sono insieme egualitari e autoritari : l ' esempio classico è quello dei giacobini e dei loro tardi seguaci , i bolscevichi . Alla sinistra moderata appartengono i movimenti egualitari e libertari , il cui esempio al tempo attuale sono i partiti socialdemocratici che ricoprono una vasta area che si potrebbe chiamare opportunamente di « socialismo liberale » . Seguono i movimenti della destra moderata che sono insieme inegualitari e libertari . Infine c ' è l ' estrema destra in cui si collocano i movimenti che accompagnano l ' autoritarismo alla voglia ( o nostalgia ) di una società ordinata gerarchicamente . Certamente la realtà è più ricca di qualsiasi schema . Ma è sempre meglio uno schema qualsiasi che la confusione mentale da cui possono nascere soltanto comportamenti politicamente aberranti .
VILFREDO PARETO RISPONDE ( PARETO VILFREDO , 1911 )
StampaQuotidiana ,
A quanto pare io ho interpretato male il pensiero dell ' on . Giolitti . Ho avuto torto di adoperare le regole della critica storica , mentre la critica dei partigiani è tutt ' altra . L ' on . Giolitti diceva : Io sono d ' avviso che è bene che vi siano delle grandi forze finanziarie . Il governo italiano ha sempre seguito la via di cercar modo di aiutare le grandi industrie ed i grandi istituti di credito . Primo punto . Se questo discorso si leggesse in un documento storico dei secoli passati , si concluderebbe legittimamente che l ' oratore desiderava , divisava di aiutare le grandi industrie ed i grandi istituti di credito , e che molto probabilmente tale aiuto doveva essere finanziario . Aggiungeva l ' on . Giolitti : Vado più in là . Riconosco che in alcuni casi i sindacati possono essere utili , quando occorrono per diminuire la soverchia concorrenza . Secondo punto . Sempre se si trattasse di un documento storico , si concluderebbe che oltre alle grandi industrie ed ai grandi istituti di credito , l ' oratore estende la sua benevolenza e quindi l ' aiuto ai sindacati , o trusts . È vero che c ' è la restrizione della concorrenza che deve essere soverchia . Si domanda se ci furono mai sindacati o trusts che non trovarono soverchia la concorrenza . Io non ne conosco . Chi vuole conoscere la soverchia concorrenza alla quale riparano i trusts italiani , legga gli articoli di Edoardo Giretti . Sono ricchi di fatti ; mi dispiace di non li potere qui riprodurre , ma ... fanno un volume ! L ' on . Giolitti discorre di enti finanziari , tra i quali c ' è evidentemente il monopolio delle assicurazioni ( sbaglio anche in ciò ? ) e dice : La forza finanziaria dello Stato , che si verrebbe creando con questi enti che concentrano in sua mano dei grandissimi capitali , è elemento di solidità per le industrie e i commerci , perché uno Stato debole non può nei momenti più difficili , trovar modo di evitare le grandi crisi . Terzo punto . Supposto ancora che si discorresse solo di storia , si concluderebbe che il Giolitti vuole adoperare direttamente , od indirettamente , quei grandissimi capitali per dare solidità per le industrie , e per evitare le grandi crisi . È pure evidente che se non li adoperasse né direttamente né indirettamente , non potrebbe raggiungere né questi né altri scopi ; sarebbe come se quei capitali non esistessero . Il modo preciso , con ogni particolare , come saranno adoperati , non lo so , come forse non lo sa neppure il Giolitti . È naturale che le riserve matematiche non saranno direttamente adoperate per sovvenire industrie , trusts , banche . Ma poniamo , come semplice ipotesi , che si adoperino per alleviare il grave pondo di certi titoli di Stato , che hanno certe banche ; queste , in compenso , potranno aiutare industrie e trusts , e sarà un modo indiretto di sovvenire queste industrie e questi trusts . Aggiungendo le sovvenzioni agli enti locali , sulle quali non credo che ci sia quistione , tutto ciò mi pare che si possa compendiare , scrivendo , come ho fatto , che , secondo l ' on . Giolitti , il Monopolio aveva per scopo di rafforzare finanziariamente lo Stato , perché potesse sovvenire enti locali , aiutare intraprese , sussidiare sindacati . L ' on . Giolitti non la pensa in questo modo ? Vuol dire che non si è espresso tanto bene . A che pro discorrere di aiuti alle grandi industrie ed ai grandi istituti di credito , se non ne voleva dare ? Perché nominò i sindacati e le crisi ? Così , per discorrerne in modo accademico ? Ma infine , è inutile contendere sul pensiero di un uomo vivo e fresco ; egli solo ha diritto di manifestarlo . Tolgo la confessione dell ' on . Giolitti dal numero delle prove della mia teoria ; ammetto che , se pure ha discorso un poco diversamente , in sostanza non vuole aiutare né grandi industrie , né grandi istituti di credito , né sindacati , e che non vuole menomamente adoperare i denari dello Stato per evitare le grandi crisi . Tra parentesi farà benissimo , perché oramai è riconosciuto che è col volere evitare le crisi che si fanno più acute . Se in un discorso parlamentare sul monopolio delle assicurazioni , l ' on . Giolitti ha rammentato gli aiuti alle industrie , ai sindacati , alle banche , è stato tanto per dire , ma nella mente sua , nulla ha che fare , con tutte queste cose , il monopolio . Siamo dunque intesi , non se ne parli più . Tolte le confessioni giolittiane , rimangono i fatti . Non avendo a mia disposizione nessuna sonnambula extra lucida , ignoro quelli dell ' avvenire ... ma conosco quelli del passato . Lasciamo stare le Casse postali di risparmio amministrate dallo Stato ; prima perché non è un monopolio ; secondo perché ci sarebbe da scrivere lungamente per indagare se hanno torto , o ragione , coloro che dicono che sarebbe meglio per il paese , specialmente per le province meridionali , che i risparmi rimanessero ad aiutare l ' agricoltura , l ' industria ed il commercio locale , invece di essere asportati dal governo ; e non mancano altre considerazioni pei casi di grandi crisi , di guerra , o simili . Non si può discorrere di tutto in una volta ; rimaniamo nei termini del nostro problema . L ' on . Giolitti ha detto : Lo Stato anche in materia economica deve dirigere , ma non essere diretto . Chi vuole conoscere come lo Stato dirigesse i grandi istituti di credito , legga i volumi dell ' inchiesta sulle Banche . Ci sono molte cose belle , anzi bellissime . Forse si dirà che è un passato molto remoto . Bene ; si leggano gli articoli scritti da Alberto Caroncini sul « Resto del Carlino » , e si vedrà che probabilmente il presente non è poi tanto diverso dal passato . Vi si vedrà pure come l ' ultima crisi , appunto perché il governo volle impedirne gli effetti , è diventata più dannosa , ed ha lasciato in Italia uno strascico ; mentre è interamente risanata nei paesi ove simile errore non fu fatto . Non posso riprodurre qui questi articoli , per lo stesso motivo che non posso riprodurre gli articoli del Giretti , né l ' inchiesta sulle banche , né i documenti parlamentari sui molti favori protettivi di cui godono coloro che poi approvano il monopolio , né i documenti sulla Cassa di previdenza di Torino , che aspetta di essere salvata dal monopolio , né quegli altri sulle convenzioni marittime proposte dall ' on . Giolitti , né le previsioni che si fanno sugli aiuti che , ai sindacati , potranno dare gli istituti di credito , quando siano aiutati da un forte stato finanziario , né tanti altri documenti che infine narrano tutta la vita finanziaria dell ' Italia in questi ultimi tempi , e che dimostrano chiaramente come lo Stato aiuti una certa classe di cittadini , i quali a lor volta , aiutano lo Stato a procacciarsi i mezzi finanziari che sono necessari per concedere tale aiuto . Chi vuole bene conoscere i fatti , purtroppo deve leggere tutto ciò ; perché sinora non si é trovato il modo di sapere senza imparare . Ma del sapere si può fare a meno , anzi , a dirla qui fra noi , un politicante fa tanto migliore riuscita , quanto meno sa ; perché se sapesse , potrebbe avere dubbi ; ed a lui verrebbe meno la forza che dà una cieca fede .
L'imprevedibile all'Opera ( Montale Eugenio , 1956 )
StampaQuotidiana ,
Si dà la Traviata , in un grande teatro . Il nuovo tenore , esordiente , è molto impacciato , ma è giovane , dispone di una voce simpatica e nell ' insieme non guasta . Un tenore che non guasta è già un miracolo tale da riempirci di meraviglia . A un certo punto però le cose si complicano in modo inatteso . Mentre Alfredo ci sta spiegando - in verità senza scaldarsi troppo - quali furono i suoi rapporti economici con Violetta e come mai egli « tutto accettar potea » , ecco che interrompe il suo canto , si avventa sul tavolo da gioco , prende in mano le carte e le getta in aria : dopodiché continua a cantare con molto sobria indignazione . Altro fatto strano accade quando Violetta tenta di uscire per porre fine alla scenata disgustosa . Violetta sfiora Alfredo che potrebbe afferrarla ma si limita invece a seguirla con prudenza ; solo quando lei avrà raggiunto la scalinata , Alfredo la prenderà per un braccio trascinandola all ' estremo limite del proscenio . Come mai in questi due casi il misurato Alfredo tenta ( senza riuscirvi ) di trasformarsi in un leone ? È facile dirlo : egli ha imparato i due gesti dal regista , ma i gesti gli si sono appiccicati dall ' esterno e non fanno parte del suo temperamento . In definitiva , i due gesti sono inutili , anzi dannosi all ' effetto . L ' esempio che citiamo non è che uno fra mille . Il gesto di un artista fa parte della sua personalità ( se questa esiste ) e non si può darglielo a prestito . L ' artista di canto è , o dovrebbe essere , non l ' astratto « titolare » ma l ' inventore e il responsabile della propria voce e dei propri gesti . Fate invece ch ' egli dia in locazione , in affitto , la voce al direttore d ' orchestra , che la governi a modo suo , e il corpo al regista , che lo disponga a suo talento , e tutto avrete fuorché un ' interpretazione convincente . Un artista manovrato fino a questo punto avrà sempre qualcosa di meccanico , d ' impersonale . Sarà un esecutore d ' ordini , non mai un ' anima . Come fare , allora ? Abolire senz ' altro la figura del regista ? Si sarebbe tentati di rispondere in questo senso riflettendo che in altri tempi erano possibili ottime esecuzioni di opere e commedie musicali senza l ' intervento di alcun deus ex machina importato dal mondo del cinema o del teatro di prosa . Trent ' anni or sono , non solo Toscanini e altri sommi , ma anche vecchi lupi del palcoscenico come Armani e Bavagnoli sostenevano autorevolmente un intero spettacolo col semplice ausilio di un buon maestro sostituto e di un modesto direttore di scena . Ma bisogna anche ammettere che non si fabbricano su misura i Toscanini e nemmeno i Bavagnoli , e che oggi in fatto di sensibilità spettacolare il gusto del pubblico si è fatto , se non migliore , più sottile , più esigente . Dobbiamo poi riconoscere che nel divismo è avvenuta una dislocazione . Un tempo í divi erano sul palcoscenico , e non sempre isolati . Chi ha memoria può ricordare esecuzioni che ne riunivano tre o quattro . Non sempre erano salve le ragioni del buon gusto , ma l ' effetto , la comunicazione erano garantiti . Più tardi il matadorismo passò sul podio , si accentrò nella figura del « grande direttore » : si raggelarono così le esecuzioni , ma si alzò il livello medio interpretativo . Oggi il divismo si presenta un po ' dovunque , in forme più o meno latenti . Esiste ancora qualche divo del canto ma è un ' eccezione ; prevale il tipo del cantante che prende l ' imbeccata e lavora su commissione . E non difettano , in Italia , i direttori d ' orchestra che aspirano , o potrebbero aspirare al titolo di divo , o almeno a quello di sicuri piloti di uno spettacolo ; ma si ha l ' impressione che essi giungano a dirigere quando il loro intervento è relativamente secondario . Una volta che siano scelti , senza il loro intervento , i cantanti , il regista e lo scenografo di un ' opera , non si vede quale sostanziale differenza possa passare tra la interpretazione di X o di Y . Quanto alla figura del regista del teatro d ' opera , il pericolo che sulle sue spalle si trasferisca il peso del divismo si fa effettivamente sentire , sebbene in casi limitati . In verità la figura di un regolatore dello spettacolo sarebbe , più che utile , necessaria se il regista provenisse direttamente dal mondo della musica teatrale , se fosse , insomma , un uomo del mestiere . Solo chi conosce a fondo una partitura e le possibilità degli artisti a lui affidati può dare consigli e indicazioni di qualche utilità ; solo chi affronta lo spettacolo come un insieme può scegliere i pochi particolari significativi senza perdersi in agudezas che danno nell ' occhio ma distraggono dal fondo dell ' interpretazione . Si è avuto perfino il caso di registi che volevano « smistare » i gruppi del coro : due tenori a destra , tre a sinistra , quattro nel fondo , due o tre lassù , appollaiati su una passerella sospesa in cielo ; senza preoccuparsi del fatto che in tali condizioni nessun direttore di coro può garantire un ' esecuzione sopportabile . Per fortuna si tratta , finora , di casi rari ... Un regista dotato di particolare sensibilità musicale , capace di lavorare in stretto accordo col direttore d ' orchestra - e possibilmente in subordine - sarebbe dunque , oggi , una figura augurabilissima e non escludiamo che ne esista già qualcuno . Ma in attesa che una classe di registi simili si formi , il nostro teatro d ' opera dovrà passare ancora attraverso un periodo non breve d ' incertezze . Nelle esecuzioni dei nostri grandi teatri si osserva spesso scrupolosa preparazione nei particolari ma scarsa attenzione ai valori essenziali . È inutile che i cantanti siano ben preparati se sono inadatti alla parte o se il loro temperamento è troppo discordante ; è inutile che la messa in scena sia sfarzosa se l ' opera non lo richiede ; è perfettamente vano che sulla carta « tutto sia a posto » se poi manchi la convinzione e l ' estro . La buona esecuzione di un ' opera in musica è un terno al lotto . Il carro di Tespi ( la sola utile invenzione del fascismo nel campo della musica ) ha fatto qualche rara volta miracoli . L ' errore era di seguire criteri sindacali : chi aveva la tessera di cantante doveva , a turno , esibirsi in pubblico . Ed era un massacro . Ma talvolta il caso faceva sì che s ' incontrassero artisti , magari modesti , ma di temperamento affine e di buone possibilità ; e allora nascevano come funghi esecuzioni genialmente riuscite , forse difettose , provvisorie , ma tali da far dire : « Ci siamo . Si deve far così e non diversamente » . È raro che si esca da un grande teatro con una sensazione simile . I grandi teatri presentano spesso esecuzioni perfette , noi ) vive . Buona l ' orchestra , buoni gli interpreti , ottima la messa in scena , intelligente la regia , eppure manca il più . Manca il legame interno , si sente che nessuno fa veramente sul serio . È possibile prevedere l ' imprevedibile , la scintilla che a volte si accende e a volte respinge una sollecitazione ? In altre parole : chi è l ' artefice ultimo dello spettacolo musicale ? Io direi che questo misterioso genio sia , o meglio sarebbe , colui che fin dal principio veda lo spettacolo nel suo insieme , scegliendo gli interpreti , il direttore , lo scenografo e il regista , non in astratto , ma ai fini di un determinato spettacolo . Oggi come oggi non hanno questa funzione né i giovani direttori d ' orchestra né i registi . E nemmeno si può pretendere che reggenti di teatri e direttori artistici che devono provvedere a molti spettacoli in un tempo ristretto e con mezzi non sempre illimitati facciano tutti i miracoli che alcuni pretenderebbero . In realtà , l ' opera in musica sta attraversando un periodo di crisi : morta o quasi come spettacolo popolare sta rinascendo in altri ambienti , con diversi mezzi , con altri problemi da risolvere . Ci vorranno molti anni prima ch ' essa torni ad essere popolare in modo nuovo , cioè senza rinunciare a quel livello del gusto ch ' è ormai una condizione imprescindibile di ogni spettacolo moderno teatrale . Fino a quel giorno , fino a che non si formi un pubblico preparato e gli ascoltatori non siano quel che sono oggi : due o tre diverse clientele mescolate insieme , con esigenze , gusti , abitudini , e persino idiosincrasie e idolatrie contrastanti , gli spettacoli lirici stenteranno a trovare il loro equilibrio e sui palcoscenici pioveranno , insieme con le rose , anche i carciofi e i ravanelli : segno di inciviltà ma anche di passione per un genere d ' arte che per molti è una corrida , per altri un rito ; ma che per tutti ( e consoliamoci con questa constatazione ) è uno degli aspetti insostituibili della nostra civiltà artistica .
StampaQuotidiana ,
Sugli organismi geneticamente modificati , i famigerati Ogm , gli scienziati hanno sollevato un grosso polverone , e come succede sempre a chi non vuol capire , la loro sordità è stata palese , e la loro volontà di confondere le idee dei non addetti ai lavori , assumendo la parte di Galileo o di Giordano Bruno , si è rivelata appieno nell ' accusa lanciata agli ambientalisti di oscurantismo , se non di propensioni teologiche da Malleus maleficarum , il manuale degli Inquisitori . Denuncio questa accusa come spudoratamente falsa e mi sforzerò di fare un po ' di chiarezza . Penso di essere autorizzato , visto che di recente , al Parlamento Europeo , mi sono dissociato dai Verdi , astenendomi quando mi si è proposto di votare contro l ' impiego degli embrioni inglesi in freezer . Si trattava di destinarli alla cura di gravi patologie e il mio punto di vista resta sempre che la salute sia un bene che vada tutelato su tutto . Il bello è che proprio per questo , per questa tutela irrinunciabile , nutro delle perplessità sulle biotecnologie in agricoltura : se da un canto le reputo affascinanti , e auspico , se fatte in laboratorio , che proseguano felicemente , d ' altro canto sono convinto che non siamo affatto pronti a estendere le esperienze in pieno campo , e tanto meno a immetterne i prodotti sui banconi dei supermercati . E a proposito di queste pretese di pronta commercializzazione , mi sembra diventi chiaro come non sia in gioco tanto la libertà di ricerca scientifica , che nessuno intende negare , quanto la corsa all ' Eldorado dei brevetti , e quindi al « far soldi » nel nome del progresso della conoscenza . Ma la storia sembra ancora una volta ripetersi . Oscurantismo ? Amarcord : trent ' anni fa chi , come me , faceva notare che l ' uso dei pesticidi in agricoltura castigava duramente la biodiversità degli ecosistemi e la salute dei consumatori con i residui rimasti negli ortofrutticoli , veniva bollato di oscurantismo , e di affamatore dei paesi in via di sviluppo . Bene , attualmente , 800 milioni di persone , malgrado la diffusione ubiquitaria delle molecole di sintesi , sono ancora sottoalimentate , e in compenso migliaia di contadini che operano in quelle latitudini sono morti intossicati dai fosforganici . Voglio ricordare , allora , come l ' agricoltura industriale , fondata sulla chimica , stia mostrando la corda , e l ' agricoltura biologica , o ancor più sostenibile , la stia sostituendo a poco a poco in Europa . In altre parole si sta affermando una nuova maniera , moderna e dinamica , di gestire il campo coltivato , screditata solo da qualche tetro vivisettore che , tra l ' altro , non ha nessuna competenza in merito . Mi sembra , come ha scritto Vattimo su questo giornale , che la ricerca scientifica sia diventata , oggi , così socialmente importante che non può più essere affidata soltanto agli scienziati , anche perché tutto quello che ho chiamato in causa è dipeso principalmente da loro . In realtà , rispetto ai prodotti delle piante geneticamente modificate , risulta evidente come non siano state mai fatte ricerche a lunga scadenza sui possibili danni all ' ambiente e alla salute umana . Quando Regge , dall ' alto della sua cattedra , afferma che in Cina ci si serve in tavola da tempo del transgenico , ma non si sono avuti danni alla salute dei consumatori , è proprio sicuro che sia così ? Dobbiamo concludere che per le multinazionali delle biotecnologie , e per gli scienziati che lavorano per loro , noi tutti siamo delle cavie su cui sperimentare . Non sono contro la ricerca scientifica , come potrei ? L ' ho fatta , con alterne fortune , per tutta la vita . Tuttavia , sono stato sempre a favore del principio di precauzione e pongo la vita umana al di sopra dell ' economia , e delle pretese degli scienziati , che non invocano quella che chiamano la libertà di ricerca , ma la licenza di fare quello che vogliono , perfino una bomba atomica se è il caso . Sembra che Fermi , assistendo a una conflagrazione sperimentale della bomba H , sussurrasse a Teller : « E ' terribile , ma è un così bell ' esperimento ! » . Per fortuna , si ricordi di Asilomar , non tutti gli scienziati sono fatti della stessa pasta , e molti di loro non sono affatto tranquilli sulle ricadute negative possibili della cosiddetta ingegneria genetica . Per sfortuna , i semi terminator della Monsanto ci hanno chiarito in che cosa consistano , per loro , gli aiuti al Terzo Mondo , compendiabili nel dilemma « o compri da noi , o muori di fame » . Una sintesi brutale ? Forse , ma non per questo meno veritiera . Al Parlamento Europeo è stata presentata nei giorni scorsi una direttiva sulla immissione degli Ogm in campo e nei supermercati . E ' stata votata dalla maggioranza , ma io , con i Verdi , mi sono astenuto . Il perché è presto detto : da un lato , la direttiva prendeva in seria considerazione il problema dell ' etichettatura e della tracciabiltà dei prodotti transgenici , però , d ' altro lato , sospendeva ogni azione concreta in merito , promettendo di risolvere la questione entro quest ' anno . Una sorta di amplexus interruptus , e l ' astensione mi è sembrata la sola via possibile da percorrere . Ma il bello è questo : la direttiva consente che nei prodotti Ogm siano ancora presenti , fino al 2004 , i marcatori di resistenza agli antibiotici . Bene , come ho fatto osservare in aula , se le multinazionali sostengono di essere pronte a sostituire questi marcatori con mezzi alternativi , perché insistono nel mantenere la suddetta dilazione ? E se progettano delle alternative , non significherà che li considerano pericolosi per la salute , anche se hanno sempre assicurato il contrario ? Si tenga presenta , allora , che tutti quei prodotti che si vogliono far piovere nel nostro piatto sono dotati di questi geni : per cui si predica bene e si razzola male . Ma , alla fin fine , che cosa chiedono tutti questi irrequieti scienziati in coro ? Che si mangi il pappone , e si stia zitti ? E se qualcuno chiede il menù , bene , è uno che si propone di mettere alla tortura Galileo .
PER LA STORIA ( PARETO VILFREDO , 1911 )
StampaQuotidiana ,
Questo era il titolo dell ' articolo mio pubblicato nel n . 200 di questo giornale Fu omesso in stamperia ed è un guaio , perché così ci sarà stato chi avrà creduto che avevo intenzione di rispondere a certe critiche , mentre non ho tempo né voglia di fare ciò , e tale miseria non mi tange . Ma poiché in articoli di giornali quotidiani non è possibile spiegarsi con quell ' ampiezza che si può usare nei libri , ci possono essere persone che , in perfetta buona fede , abbiano frainteso quanto scrivevo , ed è quindi doveroso il dare loro spiegazioni , poiché è giusto che chi ha fatto il peccato faccia anche la penitenza . Mosso da tale sentimento aggiungo qui altre spiegazioni ; e poi faccio punto , e chi non vorrà intendere si serva pure che non me ne importa niente . Tra le teorie che troveranno luogo nel mio trattato di Sociologia , che pubblicherà fra non molto il Barbera di Firenze , ce n ' è una sulla composizione delle classi governanti sociali e la loro evoluzione . Per fare piacere al mio amico Geoges Sorel , pubblicai , nella rivista sua , un caso particolare di questa teoria , e non me ne dolgo ; tutt ' altro , poiché ciò mi procurò l ' approvazione , per me preziosissima , di scienziati come il Sorel e il prof . Tullio Martello . Quanto scrissi nella rivista del Sorel , fu bene inteso e spiegato dall ' egregio autore che firma Pupin nel « Resto del Carlino » ; io non posso per ragion di spazio ripetere qui né il testo né la spiegazione ; basti sapere che , se non erro , occorre considerare due categorie di « capitalisti » , e cioè coloro che hanno una entrata fissa , o quasi fissa , e coloro che hanno un ' entrata variabile dipendente da speculazioni , e che perciò si possono brevemente dire « speculatori » , senza , per altro che tale nome porti con sé il menomo biasimo . Mi pare dimostrato dalla storia che il massimo di prosperità per un paese si ottiene ove non prevalga troppo né la prima né la seconda categoria di tali persone nella classe governante . Ora , un poco dappertutto , c ' è una notevole tendenza al predominio della seconda categoria ; ed è un fatto che , sia pure sotto varie forme , è intuito da moltissimi . In Francia il Jaurès , ha egregiamente notato l ' opera di questa categoria nell ' avventura marocchina . In Italia la proposta è di mettere lo Stato in grado di aiutare i capitalisti della seconda categoria . Non mi propongo qui di indagare che effetto ciò avrà ; mi basta mettere in luce il puro fatto , perché è l ' esistenza del fatto che conferma la teoria . Ed è pure notevole che i socialisti i quali , in ogni altro paese , sono nemici acerrimi appunto di quei capitalisti , in Italia , invece , aiutano il governo a favorirli . Da ciò non traggo alcuna conseguenza in biasimo dei socialisti italiani . Essi hanno uno scopo , sia in suffragio universale od altro , e per conseguirlo si muovono secondo la linea di minor resistenza , Ma per la mia teoria è importantissimo di notare che quella linea di minor resistenza passa dove non si offende , anzi dove si favorisce gli interessi di quella seconda classe di capitalisti ; perché così rimane ancora una volta confermata la potenza loro , la quale in ogni pagina della storia si legge . È anche notevole come uno strategista parlamentare di primissimo ordine , come è l ' on . Giolitti abbia come pezzi preferiti sullo scacchiere sempre quei capitalisti , principiando dal Tanlongo , passando dalle convenzioni marittime , terminando col monopolio delle assicurazioni . Ripeto che da ciò io non traggo il menomo biasimo all ' on . Giolitti , ma traggo la conclusione , che mi pare evidente , che quei capitalisti hanno tanta forza da imporsi a chi voglia fare una politica pratica . Neppure ad essi , di ciò intendo dare biasimo alcuno ; ogni classe sociale opera secondo la propria indole , e non può essere altrimenti , e neppure gioverebbe che fosse altrimenti . Ma può essere un guaio che una delle classi sociali stravinca e non incontri più opposizione alcuna ; specialmente poi il guaio può essere grande quando venga meno ogni opposizione in nome di un ideale . Ma qui mi fermo , perché se aggiungessi parola , entrerei nella teoria degli ideali e dei miti , importantissima per la Sociologia , ma che non si può spiegare in poche parole ; e se ricadessi nel peccato di volere ciò fare , meriterei troppo grande penitenza .
Le parole e la musica ( Montale Eugenio , 1949 )
StampaQuotidiana ,
Le parole messe in musica , le parole cantate non piacciono ai più raffinati cultori dell ' arte dei suoni . Fra coloro che ancora le sopportano , molti preferiscono le forme corali , in cui la parola sparisce , altri amano che della voce giunga solo l ' arabesco sonoro , senza che alcuna sillaba si distingua , altri ancora ( i meno ) vorrebbero che la parola musicata giungesse a noi sempre scandita , chiara , intelligibile . Sono i partitanti del così detto « recitar cantando » , italianissimo precetto . Mi unirei volentieri a questi ultimi se il gioco valesse come suol dirsi la candela , se fossi certo che la musica può in certi casi far sprizzare dalla poesia , che in se stessa è già musica , una musica di secondo grado degna , o non indegna , della prima . So di sfiorare un problema sul quale esiste tutta una letteratura , che purtroppo conosco solo in minima parte . È musicabile la poesia ? E qual genere di poesia ? E fino a che punto ? E in quale misura le parole dovranno conservare la loro autonomia e lasciarsi intendere dall ' ascoltatore ? In genere la recente tradizione operistica ha ignorato il problema e ha considerato la parola come il necessario pretesto a far sì che lo strumento « voce umana » possa entrare nel gioco degli altri strumenti e farsi valere . Ma esiste anche una scuola che va dai nostri grandi cinquecentisti fino a Debussy e magari fino allo Schönberg di Pierrot lunaire , e che pretende di avere un rispetto assoluto della parola , di creare ad essa il giusto prolungamento o alone sonoro , senza distruggerne l ' individualità . Questi teorici , più o meno consapevoli , del canto recitato hanno però finito con l ' ammettere che solo una « certa poesia » è musicabile e la scelta dei loro testi rivela chiaramente ch ' essi si sono quasi sempre posti sulla via del compromesso . Musicavano una volta ballatette , poesiole d ' Arcadia , strofette scritte apposta per la musica ; affrontano oggi drammi di scarso valore poetico ( Pelléas et Mélisande ) o liriche di una vacuità addirittura inconcepibile , come la suite del Pierrot lunaire , opera di un Albert Giraud che deve al musicista viennese il suo insperato repéchage . Il peggior partito fu quello preso dai musici che scrissero da sé i propri testi o libretti : incerti fra la doppia vocazione , poetica e musicale , essi si lasciarono ipnotizzare da parole orrende e solo si salvarono permettendo che le voci andassero sommerse nella selva del grande golfo mistico . Fa eccezione , parzialmente , Riccardo Wagner , ma ciò avviene per la superba natura del suo genio , e non perché in lui non si avverta una soverchiante prepotenza subìta dalla parola . Se dal piano delle scuole e delle teorie ci spostiamo all ' osservazione dei fatti , noi vediamo che almeno dall ' Ottocento in poi un sapiente compromesso regola tutte le esecuzioni di musica vocale . Fatta eccezione per moltissimi Lieder o romanze da camera , o per qualche recitativo d ' opera comica , o per alcuni superbi frammenti del Boris , la soluzione pratica del difficile problema è sempre la stessa ; le parole ci sono e non ci sono , si sentono e non si sentono , aiutano o danneggiano l ' effetto , a seconda dei casi . Si è formata , anche in questo campo , una tradizione che i migliori interpreti rispettano quasi d ' istinto . È doveroso far sentire le parole in certi miracolosi « attacchi » che anche poeticamente hanno una freschezza primaticcia degna del nostro Duecento ( « Casta Diva che inargenti ... » , « La rivedrà nell ' estasi / raggiante di pallore ... » ) o all ' inizio di qualche incalzante proposta tematica ( « Fuggi fuggi , per l ' orrida via / sento l ' orma dei passi spietati ... » ) . In altri casi tutto è affidato all ' intuizione e alle possibilità dell ' artista . I ghirigori acrobatici di Rosina non possono essere pronunciati come le sillabe di un Lied di Schubert ; è giusto che Vasco de Gama liberi dal vago tremolo orchestrale le suggestive parole « O paradiso dall ' onde uscito » , ma è altrettanto lecito che il grande navigatore ci nasconda gli ulteriori sviluppi della sua sorpresa , specie quand ' essi restano affidati alla sola forza di penetrazione del si naturale o del do sopra le righe . L ' invettiva di Rigoletto « Solo per me l ' infamia » è un suono di gong più che un suono di sillabe umane : guai a pronunciare troppo , guai a turbare la piena rotondità di quel rombo da giorno del Giudizio . Viceversa , tutte le volte che un tema è annunciato in anticipo da uno o più strumenti , l ' attacco delle prime parole deve riuscire nitidissimo . Quando il vecchio Sir Giorgio , nei Puritani , incide a gran voce « Il rivale salvar tu puoi ... » , il pubblico è felice di sentire incarnarsi in parole un disegno melodico a lui già noto : ma subito dopo le acque si intorbidano e il tema , ripreso da una voce troppo uguale , quella di Sir Riccardo , non riesce a far corpo con le parole come « Fu voler del Parlamento » , che fanno veramente cascar l ' asino . Non che sia un verso peggiore di tanti altri ; ma le parole troppo astratte o troppo tecniche o troppo specifiche sopportano male la musica ; ed evidentemente questo quasi carducciano parlamento non fa eccezione . ( È una delle tante meritate disgrazie dell ' istituto parlamentare ; ma lasciamo correre ... ) I problemi della parola in musica , del recitar cantando o del cantare non recitando affatto restano dunque aperti e insolubili : Mussorgski , Debussy e alcuni autori di canti negri sembrano , fra i moderni , coloro che meglio sono riusciti a legare il suono alla parola , ma la loro personalissima soluzione non può valere per tutti . Sono esistiti , e speriamo ne sorgano altri in avvenire , grandissimi musicisti del teatro che si servono della parola scritta come d ' un semplice punto d ' appoggio : Mozart , Bellini e Verdi , per esempio . Il loro ideale non era quello di Strawinski , una lingua morta , un testo latino quasi indecifrabile al gran pubblico , ma un discorso chiaro e neutro al quale si potesse far violenza . Ciò resta vero anche se Mozart amò i libretti dell ' abate Da Ponte e Bellini quelli di Felice Romani . E Verdi ? Si è un poco esagerato sugli orrori delle parole da lui musicate . « L ' orma dei passi spietati » , tristamente famosa , non riesce a muovermi a sdegno . Guai se leggessimo Shakespeare a questa stregua : non venitemi a dire , per carità ! , che l ' orma si vede e non si sente . D ' altronde anche i vecchi libretti , fatti apposta per essere musicati , confermano , quando toccano qualche espressione riuscita , che poesia e musica camminano per conto proprio e che il loro incontro resta affidato a fortune occasionali . Peggio quando raggiungono involontariamente il clima del surreale . Conoscevo un uomo ( un uomo in tutto il resto normalissimo ) che provava il bisogno di ripetere da cento a centocinquanta volte al giorno un verso che era diventato il suo intercalare favorito : « Stolto ! ci corre alla Negroni ! » . Lo diceva anche al telefono , in conversazioni di carattere commerciale . Quando gli rivelai che si trattava della Lucrezia Borgia egli impallidì , geloso del suo segreto , e mi disse che mai avrebbe sentito quell ' opera per non provare la delusione di una musica soprammessa alle sue « divine parole » . Scansato da tutti come un appestato , egli finì per stringere amicizia con un tale che ripeteva a intermittenza « La nostra tomba è un ' ara » ( variante della foscoliana « vostra tomba » ) e con un terzo maniaco che aveva scelto il più lungo intercalare ch ' io ricordi : « Speriamo di morire prima che le Pleiadi si colchino » . Doveva essere un classicista a spasso , un professore in pensione . I tre uomini , vistisi porre al bando per la loro incorreggibile , benché innocua ed epigrafica , ecolalia , finirono per incontrarsi clandestinamente in una camera d ' affitto dove potevano emettere a ripetizione il loro verso preferito ; e dove poi ( il fatto avvenne una quindicina d ' anni fa ) furono arrestati , accusati di congiurare contro il regime e proposti per il confino . Dopo tale disavventura il trio si sciolse e oggi non saprei dire se qualcuno dei suoi componenti sopravviva . Inconsapevoli testimoni della magica autosufficienza della Parola , i tre sventurati sarebbero assai sorpresi di riconoscersi in uno scritto che sfiora , ma non pretende di risolvere la vessata questione dei rapporti , coniugali ed extra - coniugali , tra il Verbo e la Musica .
La morte recita a Staglieno ( Ceronetti Guido , 1982 )
StampaQuotidiana ,
Staglieno ! Staglieno ! Necropoli senza fi ne , paradiso del necrofilo mentale , giardino accademico dell ' animista ateo ! Staglieno , porto sepolto , sotterraneo , alle spalle della città portuale ! Suo padre , il Père - Lachaise , ha più . misura , è fatto come un regolamento , un ' accademia militare , si è rinchiusa nei suoi viali una società più potente , più compatta , decisa a tenersi tutta per mano e a fare muro contro il tempo sotto il segno del due amanti del Paracleto , Abelardo ed Eloisa , la coppia di intellettuali sepolta in parole nella Patrologia del Migne e in ossa che si baciano e ribaciano sotto il tempietto neogotico di Parigi , ultima loro follia . Al Père - Lachaise , dove si è dissolta la fragilità dei vivi , tiene mirabilmente la forza , l ' energia , la fame di durare , la misteriosa volontà di patema dei morti . Aspettate a dire che la Francia è nella sua amministrazione ; cercate prima nell ' ombelico del Père - Lachaise il segreto della sua forza . Ma Staglieno è più inaspettato , più incredibile , più fantastico . La diga del progetto originario del Barabino , una sobria pianta quadrangolare dominata da un cappellone neoclassico , si rompe presto e il fiume dei morti sommerge la collina , le anime per placarsi pretendono sterminate gallerie , colonnati , boschetti sacri , ambulacri di Dedalo , templi egiziani , e un diluvio , un oceano , un ' atlantide di statue , di bassorilievi , di altorilievi , di busti , di medaglioni , di epigrafi spudorate , di gruppi statuari senza ritegno che raccontino di loro tutto . Staglieno è un ' enorme confessione collettiva , uno dei più grandi spettacoli del teatro della Morte ; si possono passare giorni ( notti , ancora meglio , nascondendosi in qualche cappella ) , settimane intere ad ascoltare quelle tirate , quei monologhi , quei battibecchi su chi ebbe più meriti , su chi ha più ammassato patrimoni celesti , e sempre ti direbbero dell ' insolito , dell ' inaudito sulla nullità , il vuoto , la miseria , la stupidità inarrivabile , l ' assurdità perfetta , la disperazione infinita che i nostri gusci d ' osso nascondono per vomitarli davanti alla faccia del cielo . Le sue voci Se le pietre romaniche cantano , le statue di Staglieno recitano : sono drammi giacosiani , ibseniani , ferrariani , scapigliateschi , verghiani , bracchiani , dannunziani , pirandelliani , labichiani , feidoiani , strindberghiani in una confusione da onde hertziane che s ' incrociano e accavallano , sovraccariche di voci e di rumori . Niente è meno silenzioso , di questo cimitero inesauribilmente sonoro . Il Père - Lachaise è maschio e occidentale . Staglieno è femmina e orientale , come Genova . Ha il disordine , la smania d ' invadere e di straripare con attiva pigrizia , di tutti gli Orienti . I suoi morti sono stati i cittadini orientali di un regno nordico ; cessati i doveri verso il re piemontese , si liberavano di ogni freno in morte . « Irraggia lo splendore orientale / Genova nelle donne dalla testa / Sibillina ... » cantava sotto l ' artiglio del Delfico , Campana . Le sue prodigiose visioni di Genova sono visioni d ' Oriente . Ma non vedremo mai più la Genova orientale campaniana , anche se qualche donna « dalla testa sibillina » , con nei capelli « un po ' d ' alga marina » si può forse incontrarla ancora , nei cortili e nei caruggi . Campana , l ' aedo di Marradi , è il sublime poeta di Genova . Montale è il metafisico del paesaggio ligure : il suo verso , proprio perché di scrittura metafisica , lo assume per disintegrarlo , se ne slega , non lo trattiene . Campana non è metafisico , è un Villon dei porti , un superbo lettore dell ' anima di un porto - Genova . Per girare nel porto , più che del lasciapassare del commissariato , è necessario munirsi dei versi campaniani sulla notte portuale , sul porto che si addormenta : « E ' la forza che dorme , è la tristezza / Inconscia delle cose che saranno / E ' la vita che cullasi nel ritmo / Affaticato » . Tutto è detto ; infelice chi non capisce . Senza marinai Ma quei versi servono soltanto al pensiero e al sogno . Il porto , com ' è oggi , è scoraggiante ... Dal mare e da terra , gli occhi che lo cercano non lo trovano più . Il porto può anche emigrare a Voltri , nel Duemila , o nei fiordi , o in Australia : il porto di Genova non è più . Dov ' è l ' Oriente ? Dov ' è il colore , spia dell ' anima delle cose ? Di notte , dall ' alto , dal largo , il porto è quella curva luminosa che si sfalda in segmenti e puntini tracciata dal compasso del golfo , niente di più banale , se non ti sostiene l ' immaginazione : « Là c ' è il porto » . Prova a cercare un marinaio , laggiù , un vero scaricatore , e balle di mercanzia , o navi piene di gente in lacrime ! Il porto è una immensa gru che nasconde il cielo , le navi sono ferraglia silenziosa , imbottite di containers , quasi mai vedi affacciarsi qualcuno , sono deretani di minerale dove non sembra agitarsi neppure un oxiuro ... Il saluto umano , l ' addio umano , spariti ... I traghetti non sono navi , sono garages ; gli ufficiali avviliti di essere alla testa di equipaggi di camion , di condurre in Sardegna , a Tunisi , a Palermo famiglie di roulottes , tribù di Fiat , di Alfa , di Peugeot , popoli di Michelin , città di Pirelli , cortei di Land Rover , generazioni di trattori , qualche volta con passeggeri sistemati nel cofano , tre o quattro nordafricani , due mezzi genovesi , un magliaro turco , una maestrina di Cagliari , un neonato abbandonato lì dalla madre , fuggita su un ' altra Citroën verso i Pirenei , in tutto così pochi che la Tirrenia non perde tempo a contarli e a fargli pagare il biglietto , né la Finanza a controllarne il bagaglio . Sul ponte , quando le navi partono , si agita una chiave inglese , un pneumatico che non ha voglia di emigrare si sporge triste dal parapetto . Ma dal molo chi gli risponde ? Il braccio di una gru , ma soltanto durante l ' orario sindacale ; mai di domenica . L ' Oriente genovese è da riinventare ... bisogna farlo risorgere dall ' invisibile , andarlo a scoprire nelle Madonnine ( tante Kalì e Annapurne ) ancora sospese ai muri che fatiscono , nelle navi di pietra cariche di balle di pietà cristiana ancora non disertate dagli equipaggi dei devoti ; farlo schizzare fuori dai libri , ascoltarlo in una cadenza dialettale . Credevo di detestare le cadenze liguri : dopo una settimana di immersione nei superstiti odori delle friggitorie di Genova mi penetrava l ' orecchio come una guzla araba , col contrappunto solare di un tamburo semita . In quell ' accento che strapiomba sul mare , dove attira e fa precipitare l ' idea la funerea sirena della u , che si ripete fino al trionfo del sonno in cui dolcemente tutto farà naufragio , c ' è come una tranquillità di contemplativi , un pessimismo ascetico e lontano . Oh perché così presto ? Perché tanto in fretta ? Sappiamo sappiamo che il Tempo mangia la vita , che il Tempo ha fame di tutto e non lascia vivo niente , ma questa metropoli mezzo sudamericana mezzo nordeuropa , sporcata dai gas siderurgici , il porto recintato da una sopraelevata , il cemento che sbaccanaleggia impaziente intorno alle ultime case di Portoria e di piazza Sarzano , luoghi di meraviglie , quadrivii magici , la vergogna dell ' anonimato verticale che soffoca e strazia la sublime distesa delle ardesie - perché tutto d ' un colpo , in pochissimi anni , ha rovesciato l ' Immagine di una città vera , di un mondo autentico , l ' ha sbrindellata , l ' ha dispersa ? Dunque a Staglieno , a Staglieno . Il caos della necropoli ci vendica dell ' Oriente laggiù perduto , dove la melopea campaniana non trova più nella sera ambigua « l ' alito salso umano » , e « nel gorgo di fremiti sordi » l ' odore di stoccafisso e il traballare delle mandòle Staglieno è intatto . La Morte non delude chi l ' ama . ( Almeno un poco : il tanatofobo , se esiste , è un amputato psichico , che non può correre sui sentieri degli elisi ) . Staglieno affascina , ma è il fascino della demenza ... Mi veniva un pensiero terrificante : se davvero dovessero risorgere , e risorgessero così come appaiono nelle sculture , coi loro angeli custodi , i loro cristi di languore , tra lo sgomento degli ultimi viventi , come la terra sopporterebbe il peso di tanto delirio ? Per lo più sono morti in pace , confortati dalla Religione , autorizzati dalla Scienza , tra le lacrime dei Congiunti , dopo vite probe , probissime - perché , in morte , sfogarsi in così scomposti deliri ? Forse perché Staglieno è femmina , un piagnone , anzi una prèfica , isteria che si scatena al contatto del sepolcro , braccia che brancicano , labbra che succhiano , e ha un ' anima di baccante , una febbre dionisiaca nelle vene , proprio lì , a due passi da un Bisagno al di sopra di ogni sospetto . Rachelina , mori a diciannove anni nel 1918 : « Il tuo vergine corpo riposa qui ma l ' anima tua gode coi beati » confessa l ' epigrafe . Su uno , Euterpe piange lacrime di coccodrillo : « Tutto amore per l ' arte che gli fu ispiratrice di elette e profonde armonie ne ritrasse splendida fama ma da quell ' ardore ebbe consunta innanzi tempo la vita » . Un Carlo Orazio « corse Europa e America lasciando ovunque desiderio di sé » , ma non è difficile quando , per correre , non si resta ospiti a lungo . « A Giuseppe Soldi negoziante » ... M ' impressiona un ' Antonietta Noceti « che alla scuola di G . C . imparò l ' eroismo che la tenne sempre serena » per via di quelle due iniziali , che sono quelle del mio povero nome , scritto sull ' acqua piovana . Davvero , alla mia scuola sarebbe possibile imparare uno speciale eroismo che mantiene sempre sereni ? Se fosse così , morrei senza dispiacere , contento della mia . giornata . Quelle porte di marmo , chiuse e semiaperte , presso a cui il Defunto sosta , esitando , incuriosito e atterrito , o è condotto di peso da angeli robusti come infermieri di vecchio manicomio - sono , del fantastico macabro , a Staglieno , uno dei motivi più misteriosi ... Fessurine sulla voragine , aperture sul precipizio , mi attirate morbosamente ... Se non foste di marmo , vi spingerei dolcemente , tentato di guardare ... Nel porticato superiore il monumento più morboso è quello di Raffaele Pienovi , 1879 , dell ' inuguagliabile scultore Villa . Una donzella , più curiosa che disperata , certamente la figlia del Pienovi , solleva leggermente il lenzuolo che copre , elegantemente sgualcito , il caro defunto fin sopra la testa , poggiata su due bei guanciali di malattia . Che cosa vede , la signorina Pienovi ? Ebbe una curiosità simile il marito di Emma Bovary , nella camera mortuaria , lei tutta velata di bianco , tra i ceri lacrimanti : « Lentamente , con la punta delle dita , palpitando , sollevò il velo . Ma gettò un grido d ' orrore … » In un romanzo ci viene detto quel che succede dopo : un grido , e poi il resto della storia ... Ma la sospensione del gruppo statuario è qualcosa d ' immenso , il mistero si chiude inesorabilmente . Il gruppo essendo un poco in alto , il visitatore non vede quel che c ' è sotto il lenzuolo ... Potrebbe non esserci niente ? Non c ' era nessuno ... Sono salito , ho guardato ... Non ho gridato . Non dirò quello che ho visto .
StampaQuotidiana ,
Forse non è ancora giunto il momento di discorrere oggettivamente dei gravi avvenimenti che si stanno svolgendo , ricercando solo le relazioni dei fatti che essi ci manifestano . Ora è tempo piuttosto di operare che di ragionare , ed alle opere spingono i discorsi che si rivolgono al sentimento , le considerazioni degli interessi , non già le ricerche dello scetticismo scientifico . Pure anche queste possono avere un ' utilità , lieve invero , aiutando a scoprire per quale via sentimenti ed interessi possono adoperarsi per raggiungere uno scopo , e non sarà dunque tempo assolutamente sprecato lo occuparsene ora . I presenti avvenimenti , come tutti i fenomeni sociali , hanno molte e varie cause , ma non tutte di eguale importanza . Se disponiamo per ordine d ' intensità le forze di cui ora vediamo la risultante nel gran cozzo delle nazioni , ne troviamo da prima tre che di gran lunga sovrastano alle altre e che sono : 1 ) il contrasto del germanismo e dello slavismo ; 2 ) il contrasto tra il militarismo aristocratico e la democrazia sociale ; 3 ) gli interessi particolari dei vari Stati . Vediamoli partitamente . Non voglio menomamente risolvere qui il difficile problema delle stirpi , e quando discorro di Slavi , di Germani , di AngloSassoni , di Latini , voglio solo indicare le collettività che hanno volgarmente tale nome , senza indagare come sono costituite . Ciò posto , è facile riconoscere nei fatti che Slavi e Germani hanno al presente una gran forza di espansione ; gli AngloSassoni già l ' ebbero pure , ma ora inclinano a restringersi alla difensiva ; i Latini l ' hanno perduta da un pezzo , anzi questo nome è diventato una semplice denominazione ; non sentono i Latini di Spagna , di Francia , d ' Italia , un ' inclinazione a convergere ad un centro comune , come gli Slavi ed i Germani , e neppure a prestarsi vicendevole aiuto come gli Stati dell ' Impero britannico . Non dimostrano , nella loro letteratura , neppure come reminiscenza classica di Roma , l ' orgoglio di stirpe che palesano Germani , Slavi , AngloSassoni . I letterati tedeschi non la finiscono più di rammentare Arminio , ed ora dicono che , come i loro antenati distrussero lo Impero Romano , spetta a loro di distruggere i « putridi Latini » ; nessuno in Italia è spinto da un analogo sentimento prepotente a rammentare la vendetta che le legioni di Tiberio trassero dalla disfatta di Varo , né la distruzione dei barbari fossero « putridi » o no compiuta da Mario , né i molti Germani tratti captivi a Roma . Dico ciò non per amore di rettorica , ma solo per esprimere un indizio di inclinazioni e di sentimenti . Neppure vo ’ indagare se le manifestazioni dei pangermanisti sono lodevoli o no , se è ragionevole il fuggire di imitarle ; cerco solo un indice dei sentimenti , come il termometro dà un indice della temperatura , e mi pare certo che un termometro di tal fatta , mostra una temperatura molto elevata tra i Germani , notevole tra gli Slavi , non troppo bassa tra gli AngloSassoni , e quasi zero tra i Latini . Così vediamo che , riguardo alla stirpe , la forza principale sta nel contrasto tra Germani e Slavi ; viene poi quella degli AngloSassoni ; e della forza che potrebbe essere tra i Latini non c ' è da tener conto . I Germani , consapevolmente o no , mirano all ' egemonia in Europa , a dare a Berlino la parte che ebbe Roma nel mondo antico , gli Slavi mirano a riunirsi in un organismo , a costituire alcunché d ' analogo a ciò che è ora l ' Impero Tedesco ; gli AngloSassoni vogliono serbare intatto l ' Impero Britannico . Quest ' ultima inclinazione avrebbe potuto essere facilmente soddisfatta , se la Germania avesse imitato Roma , che non aggrediva tutti gli avversari in una volta ; non così potevasi togliere il cozzo tra Germani e Slavi ; esso era fatale , inevitabile . Cagioni secondarie hanno determinato l ' epoca della presente guerra , ma essa , tosto o tardi , era assolutamente inevitabile . Scoppiata la guerra , l ' Inghilterra si è dimostrata più avveduta della Grecia antica , la quale ha lasciato che Roma distruggesse Cartagine , senza badare che , dopo , sarebbe toccato ad essa di essere aggredita e vinta ; ed in ciò sta la principale cagione dell ' intervento inglese . Un Bismarck lo avrebbe forse preveduto , e quindi avrebbe provveduto a scansarlo ; il presente Governo germanico non fu da tanto . Volgiamoci all ' altra cagione principale della guerra . A noi in parte sfugge , perché siamo in mezzo agli avvenimenti , che una grande trasformazione sta compiendosi nel mondo , ed è quella del dilagare della fede democratico - sociale , che assume tutti i caratteri di una religione . Tale trasformazione è paragonabile all ' altra compiuta quando il cristianesimo invase l ' Impero Romano ; e l ' analogia si estende a certi particolari , come è appunto la cecità di molti Romani che non scorgevano l ' importanza del fenomeno a cui assistevano , alla quale fa riscontro la cecità di molti nostri contemporanei che non sanno giustamente valutare il fenomeno che sotto ai loro occhi si svolge . L ' Europa occidentale ha tutta più o meno la fede democratico - sociale ; la Germania colla sua appendice austriaca è rimasta sola fedele al militarismo aristocratico ; quindi tra essa e l ' Europa occidentale è propriamente una guerra di religione che si svolge . Anche questa , tosto o tardi , era inevitabile . I popoli dell ' Europa occidentale hanno debellato , ognuno nell ' interno del proprio Stato , il partito detto conservatore , e che era attinente all ' ordinamento germanico ; oramai , per procedere innanzi nella via seguita , era assolutamente necessario debellare , all ' estero , l ' ordinamento germanico , che si ergeva come formidabile ostacolo . Più volte i ministri radicali - socialisti inglesi dissero che gli armamenti della Germania , col fare indispensabile corrispondenti armamenti inglesi , toglievano loro di spendere quanto avrebbero voluto nelle « riforme sociali » . In Francia , i radicali - socialisti e gli antimilitaristi erano tenuti alquanto a freno dal timore di una guerra colla Germania . La Russia è in parte estranea tanto alla corrente religiosa della democrazia sociale dell ' Europa occidentale , come a quella dell ' aristocrazia militare della Germania ; inclina piuttosto verso la prima che verso la seconda , poiché la Russia manca interamente di una casta aristocratica e militare . In ogni modo essa è stata tratta nel conflitto non da tal fede religiosa , ma da cagioni analoghe a quelle che spinsero l ' Inghilterra ; cioè ha inteso che non poteva lasciare che la Germania si mangiasse il carciofo foglia per foglia . Nelle guerre di religione , vi sono spesso alleanze simili . Principi cristiani si allearono ai Musulmani ; principi cattolici ai protestanti : bruciavano nel loro regno i protestanti e li difendevano all ' estero . L ' alleanza dello zarismo russo e della Repubblica francese non è poi più strana dell ' alleanza dei socialisti tedeschi colla casta aristocratico - militare del loro paese ; e c ' è anzi da considerare che , in caso di vittoria , la Russia non s ' ingerirà menomamente per mutare il Governo della Francia ; mentre , se la Germania vince , è certo che la casta aristocratico - militare porrà nuovamente sotto il giogo i socialisti tedeschi . Se la fede dell ' Europa occidentale è democratico - sociale , il suo ordinamento è in gran parte plutocratico . La plutocrazia ora come sempre si vale della fede religiosa altrui per provvedere al suo tornaconto ; in Germania è tenuta a freno dalla casta aristocratico - militare ; nell ' Europa occidentale , domina . La Germania non ha avuto un Caillaux che disponesse del Governo e dei tribunali , che , per sue vedute personali , impedisse un imprestito indispensabile per la difesa della patria ; non ha affidato ad un banchiere di concludere un trattato di pace ; non ha , come in Inghilterra , chiesto l ' aiuto efficace dei plutocrati per ottenere elezioni favorevoli al Governo . La plutocrazia non voleva la guerra , ma inconsapevolmente l ' ha preparata . Essa ha avuto gran parte nella rivalità franco - tedesca , ed in quella germanica - inglese , e , coi suoi giornali , ha conferito all ' inasprimento dei sentimenti di odio tra queste nazioni . Ma ora vorrebbe la pace , quindi non dobbiamo porre l ' opera sua tra le cagioni del proseguimento della guerra . Finalmente ci sarebbe da dire degli interessi particolari dei vari Stati ; ma possiamo tralasciare di fermarci su tale argomento , perché è il meglio noto alla diplomazia , ed è perciò che questa poteva sperare di scansare la guerra , mentre , ove avesse posto mente alle due altre cagioni , ora rammentate , avrebbe capito che ciò era impossibile e che rimaneva solo da prepararsi a trarre dalla guerra quanto poteva dare . Tale appunto può essere ancora lo scopo di Stati che , come l ' Italia , hanno parte secondaria nel gran conflitto . Avvedutezza ci vuole per conoscere ciò che è possibile , risolutezza ed energia per compierlo . I sentimenti esistenti non si possono mutare , ma da essi si può trarre profitto . Se ci fossero solo gli interessi dei vari Stati , un trattato di pace duratura sarebbe presto possibile , poiché infine tali interessi non sono inconciliabili ; ma l ' esserci le due prime cagioni di guerra toglie speranza che si possa conseguire una pace duratura , se una delle parti contendenti non è interamente fiaccata . Quindi è probabile che lunga sarà la presente guerra . Si vede ora quanto grave era l ' errore di coloro i quali asserivano che ormai le guerre erano fatte impossibili dall ' accresciuta potenza dei mezzi di distruzione , e si vedrà che grave del pari è l ' errore di coloro i quali credono la presente guerra non potere durare , per cagione delle difficoltà finanziarie e della carestia che colpirebbero parte almeno dei belligeranti . Gli Stati moderni hanno immense riserve economiche . Da prima ci sono molte spese per lavori pubblici , « riforme sociali » ed altre che non sono indispensabili e che si possono sopprimere . Poscia , enormi sono i debiti pubblici , e gli Stati possono pagarne solo in parte , o non più pagarne i frutti . Tale operazione , se il debito pubblico è tutto nello Stato , produrrà certo molte sofferenze , ma intaccherà poco o niente la potenza di produzione economica ; e se il debito pubblico è in gran parte all ' estero , i forestieri saranno spogliati in pro dei cittadini . Inoltre , da un secolo ad oggi , sono enormemente cresciute le spese di lusso , o almeno non indispensabili dei privati , mentre scemavano le ore di lavoro e l ' intensità di esso . I popoli possono dunque tornare a ciò che erano un secolo fa , soffrendo bensì , ma senza alcun serio pericolo di distruzione economica , poiché , alla fin fine , i popoli , un secolo fa , vivevano e prosperavano . Per tal modo , non sono solo centinaia di milioni , bensì miliardi e miliardi che divengono disponibili per la guerra . Gli avvenimenti che ora vediamo seguire prenderanno posto fra quelli più grandi e di maggior momento della storia ; essi manifestano il principio di un ' èra nuova .
La macchina della gloria ( Montale Eugenio , 1951 )
StampaQuotidiana ,
È un luogo comune - o era tale sino a ieri - che l ' arte non conosce progressi o evoluzione e che l ' artista , sparendo , porta con sé un segreto che non può essere appreso da chi si impadronisca dei suoi moduli , del suo ricettario tecnico e del suo « stampino » . Oggi questa verità sembra essere contraddetta dal crescente peso della tecnica in tutte le arti , e dalla sempre maggiore adattabilità del pubblico ai trucchi di laboratorio dell ' artista , ai suoi segreti di mestiere . Ancora cinquanta , trenta anni fa , chi voleva raccontare una storia ( romanziere o drammaturgo che fosse ) procedeva in ordine cronologico , dall ' a fino alla zeta , mantenendo in vita almeno una delle maltrattate unità aristoteliche . Si giunse al romanzo che si svolge e si legge in due sole ore ( La signorina Elsa di Schnitzler e anche Les lauriers sont coupés di Edouard Dujardin , ventiquattr ' ore di una vita e poche ore di lettura ) , ottenendo con ciò un ' unità direi quasi fisica , di respirazione , che era senza precedenti nella storia dell ' arte narrativa ( al polo opposto l ' Ulysses , ventiquattro ore di vita e ventiquattro mesi di lettura ) . Un narratore , un drammaturgo moderno si vergognerebbe di seguire simili procedimenti e si guarderebbe bene dal rispettare la cronologia . Si cammina ormai dalla zeta verso l ' a , dalla fine si risale al principio . Il protagonista , se ce n ' è uno , muore fin dall ' inizio e il pubblico o il lettore devono risalire a ritroso la corrente . Nel teatro non esistono più cambiamenti di scena ; basta che un servo spinga innanzi una poltrona o una sedia di paglia o un alberello in un vaso di coccio per creare la reggia o la casa del povero o il bosco . Basta che un personaggio si tolga un golf da sport e indossi invece una giacchetta , facendo precedere o seguire l ' operazione da tremuli lamenti di pifferi che abbiano la funzione della dissolvenza cinematografica , cd ecco creato un salto temporale di dieci o di vent ' anni . Il passato , il presente e il futuro sono mescolati come gli ingredienti di un cocktail , i fantasmi passeggiano fra i vivi , le voci degli attori sono integrate da ruggiti di altoparlanti nascosti nelle gallerie o nei palchi . Il pubblico , che fino a pochi anni fa non avrebbe capito nulla di quanto avveniva , lo stesso pubblico che quando guarda un quadro moderno storce il naso e si chiede « che cosa vuol dire » e si mostra ancora esigentissimo in fatto di verosimiglianza rappresentativa , è invece dispostissimo ad accettare , in altra sede , le più audaci scomposizioni . Si dice , e credo sia vero , che a ciò non sia estraneo l ' influsso cinematografico che ha creato un linguaggio allusivo ormai alla portata di tutti . Io personalmente , quando vado al cinematografo , non comprendo quasi nulla di quanto avviene sullo schermo ; ma mi accorgo che accanto a me stanno persone non più colte , ma più allenate al nuovo linguaggio , alle quali nulla sfugge . Entrano nel cinema e nel teatro clementi che la poesia ha conosciuto e padroneggiato da secoli ; ma vi entrano da padroni assoluti , tecnicizzati e non più legati all ' arte della parola . E trionfa la regia , che è l ' arte di cavare il massimo effetto dal testo potenzialmente più suscettibile d ' integrazione . Si dà già il caso di qualcuno che pensa a ricavare un dramma da un film non suo , riducendolo per il teatro e rendendolo perciò ancor più cinematografico , sebbene in diverso modo . Nella migliore delle ipotesi , questo autore si illuderà di aggiungere un pizzico di poesia ( verbale ) a un ' azione che è già emotiva in sé , di effetto sicuro , immancabile . Questo furibondo progresso della tecnica è senza dubbio molto interessante ma prescinde da un fatto essenziale : che la poesia è l ' arte della parola e che nessuno sforzo di regista può sostituire la parola dov ' essa manchi . Molti hanno potuto rileggersi l ' Amleto o il Sogno di una notte di mezza estate dopo aver assistito alle rappresentazioni che ne davano Moissi o Lawrence Olivier o Max Reinhardt . Trovavano senza dubbio un ' altra cosa , ma era immancabile l ' incontro con la poesia . In Shakespeare e in Calderón , nel Marlowe e nel Kleist un albero è veramente sufficiente a creare una foresta , un trono basta a immetterci in un palazzo reale . Non credo che una rappresentazione realistica dei loro lavori , condotta con macchinosi cambiamenti di scena e scrupolo di verosimiglianza storica nei costumi e negli arredamenti , sarebbe oggi sopportabile . Provatevi invece a immaginarvi certi recenti lavori teatrali privandoli dell ' apparato registico che li rende interessanti , e resterete certamente a mani vuote . Il guaio è che , anche in questo campo , indietro non si torna e che i nuovi elementi spettacolari sono ormai entrati nel gusto corrente , sono diventati un linguaggio convenzionale che ha ben poco bisogno della parola . Il nostro tempo è visivo e acustico , ma non sa che farsene della musica , della pittura e della poesia . Perché la tecnica della presentazione e dell ' adattamento ( sia essa autoregia di scrittori o regia di teatranti , scienza del college e della scomposizione ) non coincide quasi mai col centro dell ' ispirazione artistica ? Semplicemente perché è prevedibile e calcolabile . Alain - uno dei francesi che ha scritto di estetica con maggiore acutezza , sebbene senza un metodo e un ordine apparenti - ha distinto l ' opera dell ' artista da quella dell ' artigiano in base a questa differenza . L ' artigiano copia esattamente un modello , sa dove vuole arrivare e i mezzi che a lui occorrono . Anche l ' artista ha usa certa idea , ma assai oscura e imprecisata . In lui il punto di partenza è una spinta , non un programma . Strada facendo , quella certa idea si trasforma e appare del tutto irriconoscibile . E può dirsi così che l ' artista conosce se stesso soltanto a cose fatte , dopo aver lottato contro un ostacolo , che è ( nel caso della poesia ) la parola , il mezzo espressivo . Qui la tecnica può veramente identificarsi con l ' espressione . Non però la tecnica artigianesca , esattamente dosabile e prevedibile di chi sostituisce il calcolo degli effetti alla libera irradiazione della parola poetica . Mi rendo conto che in un romanzo , in un ' opera teatrale e in genere in tutti i generi più costruiti , la poesia è come il sangue , che per circolare ha bisogno di una rete di vene , di un sistema di canali . ( È tale anche nella lirica pura , a dire il vero , ma in questo caso la costruzione , l ' impalcatura possono essere meno evidenti . ) So altrettanto bene che un ' opera destinata a larga diffusione , tradotta in altre lingue , spesso svisata e deformata , ha un ' esistenza di compromesso e che la vitalità di certe creazioni consiste proprio nella loro docilità a prestarsi a ogni sorta di collaborazioni o malversazioni . E comprendo perfettamente che un poeta è spesso frainteso o inteso alla rovescia , e che in nessun caso critici e posteri lo leggono come egli voleva esser letto . Con questo credo di aver esaurito le ragioni che suggeriscono indulgenza verso chi crea o adatta o « monta » opere che , volendo rivolgersi a una vasta udienza , hanno una necessità assoluta di giocare sull ' equivoco , di confondere i sentimenti con le sensazioni . Non si può negare che se tutti gli artisti dicessero « parlo per me e per dieci persone » il solco che divide l ' arte dal pubblico diverrebbe invalicabile . Più o meno consciamente , coloro che solleticano il gusto spettacolare delle platee tengono fede a un certo principio di universalità , si sforzano di parlare o balbettare in una lingua che tutti comprendano . Non credo però che sia prossima la fusione o l ' integrazione del linguaggio delle parole con quello della tecnica spettacolare . Una macchina a effetto è necessariamente costosa e chi si decide a metterla in moto preferisce scrivere o prendere a pretesto un ' opera di effetto certo , anche mediocre ma infallibile . Inoltre il meccanismo tende a perfezionarsi e in fatto d ' arte non è più paradossale pensare all ' avvento della machine à gloire , inventata da Villiers de 1'Isle-Adam , che « emetteva il successo » in un giusto dosaggio di rumori e vociferazioni . Quel giorno il pubblico sarà anche dispensato dalla fatica dell ' applauso . È dunque assai dubbio che l ' universalità di chi dice qualche piccola cosa a tutti valga l ' espressione di chi parla profondamente a pochi . E in definitiva , dopo aver pesato in tutti i sensi la questione , mi pare si possa concludere che ogni divulgazione di trouvailles tecniche arricchisce superficialmente il gusto delle masse , ma non giova alla diffusione della poesia . Qualsiasi racconto verista o naturalista potrebbe essere riscritto in chiave moderna , sostituendo all ' analisi psicologica l ' elencazione del documentario , il bruto enunciato dei fatti ; qualsiasi romanzo di James o di Rovetta o di Bourget potrebbe fornire il canovaccio di un dramma moderno , composto di scene rientranti l ' una nell ' altra , come i segmenti di un cannocchiale , ricco di salti nel vuoto , di capovolgimenti e di sdoppiamenti . Un ' arte che si vede subito com ' è fatta , un ' arte che fa dire a tutti « come sono intelligente » , una poesia che non importa conoscere nei testi originali e che consiste nel condire con una nuova salsa cose e situazioni ormai logore , rappresenta il coronamento di quello che potrebbe chiamarsi « l ' avanguardismo borghese » . Val meno della vecchia avanguardia - quella degli scapigliati e dei decadenti - e durerà purtroppo di più perché concilia la vanità degli artisti coi loro interessi . Essere à la page , esser capiti da tutti e insieme guadagnare qualche soldo , che tentazione !
StampaQuotidiana ,
Gli uomini , nella loro attività sociale , sono mossi principalmente dai sentimenti e dagli interessi , e molti stimano che siano mossi dai ragionamenti . A mantenere tale illusione vale il fatto che sentimenti ed interessi trovano sempre un ragionamento o meglio uno pseudo ragionamento che li esprime ; ragion per cui , col solito post hoc , propter hoc , nasce il concetto che il ragionamento ha determinato sentimenti ed interessi ; invece il rapporto è generalmente inverso . Principalmente e generalmente non vogliono dire esclusivamente ed in ogni caso particolare , quindi un qualche effetto i ragionamenti ed i pseudo ragionamenti possono averlo , ma è per solito assai lieve . Non è qui il luogo di tentare una dimostrazione di queste asserzioni ho scritto due grossi volumi per provare di fare ciò ma può non essere inutile vederne una conferma negli avvenimenti della presente guerra . Abbiamo avuto bei e ben fondati ragionamenti per dimostrare il delitto compiuto dalla Germania col violare la neutralità del Belgio . Ponga mente il lettore al fatto che tali ragionamenti furono respinti da chi già era amico della Germania o anche solo inclinava ad essere benevolo ; ma furono accolti da chi era nemico della Germania o solo inclinava ad esservi ostile . È dunque manifesto che tali caratteri determinarono principalmente i convincimenti degli uomini , e non i ragionamenti ; poiché , se questi avessero avuto un ' azione indipendente dai caratteri , ci dovrebbero essere almeno pochi , pochissimi tedeschi che biasimassero la violazione della neutralità ; pochi , pochissimi francesi e inglesi che l ' approvassero . È vero che gli inglesi dissero di muovere guerra alla Germania perché era stata violata la neutralità belga ; ma fu evidentemente se non pretesto , almeno solo causa occasionale , poiché preesisteva ed era potente la rivalità anglo - tedesca , che tosto o tardi doveva inevitabilmente condurre ad un conflitto armato . Nel fatto della violata neutralità belga si ha un caso simile a quello del celebre dispaccio di Ems , che fu solo causa occasionale della guerra del 1870 , preparata in sostanza dalla rivalità franco - prussiana . Vennero poi la distruzione di Lovanio , della cattedrale di Reims , ed altri fatti simili . I Tedeschi furono detti barbari nipoti di Attila , e vituperati o almeno biasimati in ogni modo . Anche in questo caso biasimi e vituperi furono respinti da chi già era benevolo alla Germania , accolti da chi ad essa era avverso , e veramente per ora non se ne vede il menomo effetto pratico . Gli intellettuali germanici provvidero ad una contro - offensiva e fecero gran consumo di carta e d ' inchiostro per dimostrare che la Germania era un povero agnellino , insidiato da lupi perversi e rapaci , e che , poveretta , se aveva mancato alla fede di trattati da essa firmati , ucciso donne e ragazzi , fucilato ostaggi , distrutte città e monumenti , aveva solo operato in stato di legittima difesa . Anche queste belle produzioni letterarie , queste splendide orazioni ebbero un effetto pratico molto prossimo a zero : persuasero chi già era persuaso ; d ' altri , nessuno . Qui forse il lettore osserverà : « Tra tutti questi discorsi che servono a niente , mettete pure anche il vostro che li dimostra inutili , poiché veramente è opera vana ammazzare un uomo morto » . Adagio un poco : non confondiamo il principale col secondario . Tali discorsi od altri simili , da sé valgono poco o niente , ma possono servire ad occultare interessi e sentimenti che valgono per il bene , oppure per il male di una nazione . Per molti anni abbiamo udito discorsi che , senza tregua né posa , predicavano la fine delle guerre , fatte ormai impossibili dal progredire dei sentimenti umanitari , di giustizia e di diritto , dell ' evoluzione del proletariato , che sdegnosamente le respingeva e che bene avrebbe saputo imporre la sua volontà , dalla perfezione stessa degli armamenti che avrebbe tolto agli eserciti di poter venire a battaglia . Tutto questo gran discorrere ed argomentare ha messo capo ad una guerra generale delle nazioni , che è certo fra le maggiori che mai abbia veduto l ' umanità ; e perciò , sotto tale aspetto , discorsi ed argomenti sono stati assolutamente vani . Manifestarono invece un ' opera , invero di non gran momento , contraria al fine a cui tendevano ; furono cioè il manto col quale si ricoprivano interessi e sentimenti i quali miravano a volgere in pro della clientela elettorale i quattrini che dovevano servire per la difesa della patria . Per esempio , furono i bei discorsi sul diritto internazionale , sulla « pace mercé il diritto » , che occultarono sentimenti ed interessi i quali distolsero il Belgio dal prepararsi convenientemente alla guerra . Se l ' esercito tedesco passò dal Belgio invece di passare dalla Svizzera , oltre a ragioni strategiche , può anche essere stato perché tutti gli Svizzeri sono soldati ed ottimi tiratori , mentre i Belgi avevano solo un piccolo esercito . Simili discorsi occultarono pure sentimenti ed interessi che fecero imprevidenti per la preparazione della guerra Francia , Italia ed Inghilterra . « Non avremo certamente la guerra » dicevano i ministri della guerra francesi , ed anche alcuni italiani ; e , con tale scusa , invece di provvedere artiglierie ed altre armi , si spendevano i quattrini per fini elettorali . In Germania , poco credito ottenevano analoghi vaniloqui , perché non corrispondevano a sentimenti e ad interessi , in ogni modo rimanevano un semplice sfogo letterario , e il Governo faceva della « politica reale » , ed aveva maggior fede negli obici da 420 mm . che nell ' « immanente giustizia » o nella pace imposta dal proletariato . Il Lloyd George discorreva come se la guerra la volessero esclusivamente i « ricchi » , ed aggiungeva che essi soli dovevano pagare gli armamenti . Per una strana ironia del caso , toccò proprio a lui a fare tal guerra ! Ma intanto , questi discorsi avevano ricoperto gli interessi elettorali del partito , e quindi erano cagione , sia pure in piccola parte , in modo subordinato , che l ' Inghilterra giungesse poco preparata al gran cimento : molto meno preparata della Germania . In Italia , discorsi analoghi operarono , sia pure lievemente , per ricoprire interessi analoghi ; essi furono come un narcotico , il quale , debole se si vuole , pure ebbe parte nel togliere la chiara veduta della realtà , la quale è che gli Stati si difendono con armi ed armati , e non coi principi del diritto internazionale , del pacifismo , della morale , della « giustizia immanente » , della santa evoluzione , e di tante altre simili entità . Fatti ci vogliono , non discorsi e chiacchiere .