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Odradek ( Montale Eugenio , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Mentre cresce di giorno in giorno la polemica contro gli effetti nefasti della comunicazione di massa resa possibile dalla nuova civiltà industriale e dalle sue scoperte ( i famosi mass media di cui si cibano voluttuosamente psicologi , sociologi , politecnici , psicotecnici , funzionari dell ' UNESCO e altrettali mostri ) una voce più temperata vorrebbe ammonirci che « l ' industria e il macchinismo possono , sì , danneggiare lo spirito , ma ciò dipende soltanto dal loro cattivo uso » . Contro questa tesi ha scritto un libro intero un giovane scrittore di saggi morali , Elémire Zolla ( Eclissi dell ' intellettuale , Bompiani ) che è quanto di meglio , su questo argomento , si sia avuto finora in Italia . I suoi argomenti sono molti , occupano duecentocinquanta pagine e sono sostenuti da una solida e rara erudizione . Non gli faremo il torto di riassumerli in poche righe e ci proveremo invece a seguirlo in qualche breve suggerimento . Come è possibile sostenere che la massificazione dell ' individuo , il bourrage dei cervelli , l ' appiattimento del singolo nella massicciata del collettivo siano effetti del cattivo uso di macchine e invenzioni meccaniche quando « l ' assetto meccanico del reale » , già denunziato da Goethe , era già presente nell ' enciclopedismo e nella successiva rivoluzione industriale e manifatturiera ? E , saltando a piè pari l ' imponente denunzia di scrittori e artisti che dura almeno da un secolo e mezzo e di cui Zolla ci dà una impressionante documentazione , quale potrà essere « il buon uso » dei mass Inedia in un futuro formicaio umano eventualmente scampato dalla guerra atomica ? Quale buon uso potrà farsi dei viaggi , dello sport , del cinema , della radio , della televisione , dei giornali a rotocalco o a fumetto quando dovranno essere pianificati e imposti in modo coattivo i loisirs a miliardi di uomini ormai liberati dai lavori più gravosi ? Come potrà avvenire che lo spirito di « massificazione » rivolga contro se stesso gli strumenti che ha inventato ? Le ipotesi ottimistiche muovono dalla supposizione che l ' uomo resti estraneo alla macchina , non ne sia modificato e sia anzi in grado di volgerla a migliori fini ; mentre l ' osservazione dimostra che l ' uomo - massa desidera , vuole , crea il proprio destino e che , a questo effetto , si procura gli strumenti necessari . Le comunicazioni di massa sono il fondamento della nuova industria culturale , fatalmente portata ad allargarsi su un piano sempre più basso , raggiunto il quale sarà sempre possibile sperare in nuove bassure , realizzando l ' ipotesi di un futuro uomo stereofonico , incapace di una visione analitica del reale , refrattario ad ogni possibilità di sintesi e di sintassi . Pochi scrittori hanno descritto in forma di parabola l ' avvento dell ' uomo - massa , come Franz Kafka nei suoi primi racconti : « Qualcosa dev ' essere stato trascurato nella difesa della nostra patria ... Con i barbari non si può parlare , non conoscono la nostra lingua e non ne hanno una loro ... il nostro modo di vivere e le nostre abitudini sono loro tanto incomprensibili quanto indifferenti . Non si può dire che adoperino la violenza , ma di fronte alle loro usurpazioni ci si trae in disparte e si abbandona ogni cosa ... Tutto poggia su un equivoco e grazie ad esso andiamo in rovina » . E altrove : « Odradek , nome d ' etimo sfuggente , che indica un congegno mobile . Forse Odradek ebbe in passato uno scopo ? No : Il tutto è senza senso ma nella sua natura compiuto . Odradek si può anche interpellare , gli si può domandare " come ti chiami ? " ed egli , o esso , risponderà " Odradek " . Può esso morire ? Ma tutto ciò che muore ha avuto dapprima una sorta di scopo , una specie di attività , e questo l ' ha consumato ; ciò non vale per Odradek ... Non danneggia nessuno , ma l ' idea che mi debba sopravvivere mi è quasi dolorosa » . Anni fa ci accadde di analizzare su queste colonne una poesia di Costantino Kavafis , nella quale un popolo di antica civiltà , ormai decaduto e disfatto , esprimeva la sua delusione per il mancato arrivo dei barbari . « E ora che faremo senza i barbari ? Era una soluzione , dopo tutto . » E questa è la soluzione che tutti stiamo adottando : dell ' Odradek ch ' è in noi « non si può dire che usi la violenza » : e se è vero che ancora « ci riesce dolorosa l ' idea che debba sopravviverci » , i nostri figli non proveranno più alcun dolore : la loro identificazione col « mobile congegno » sarà perfetta . Sì , « qualcosa dev ' essere stato trascurato nella difesa della nostra patria » , cioè nella difesa della persona umana . Se così non fosse , non vedremmo stadi straripanti di folle imbestiate , quando si sa che l ' industria sportiva ha tolto ogni significato ai riti dell ' homo ludens ; non vedremmo milioni di persone pietrificarsi dinanzi a schermi di vetro sui quali appaiono gli inameni giullari , i tetri fantasmi che un ' industria specializzata , vendendoci a caro prezzo il « modo di passare il tempo » , sa suscitare a getto continuo . Uccidere il tempo non dovette essere un problema per le vecchie generazioni : oggi è ossessione di tutti . Ammazza il tempo chi non può fare a meno del cinema ( e chi si sente colpevole si sceglie un compagno , un « complice » , per suddividere la sua responsabilità ) ; lo ammazza in mille modi chi , avendo terrore di sé , non arretra di fronte ad alcuna sciocchezza pur di « fare come gli altri » . Gli esempi che abbiamo scelto sono volgarissimi : il libro da cui prendiamo le mosse ne offre ben altri e più persuasivi nei capitoli dedicati all ' erotica di massa , alla decadenza della persuasione , alle regressioni magiche e alle regressioni nella droga . Col soccorso di Freud e di Adorno , con una conoscenza sicura di tutto quanto si è scritto intorno alla psicologia dell ' uomo - massa e con frequenti immersioni nelle moderne interpretazioni del mito l ' autore di questi saggi ha modo di svolgere nel modo più brillante la sua requisitoria . Egli , personalmente , non ha soluzioni da proporre , non vuole distruggere la macchina , non sogna un ritorno all ' antico : è , se ho ben compreso , uno stoico che onora la ragione umana oche sente la dignità della vita come un supremo bene . È un uomo che non si mette « al di sopra della mischia » , ma che vuol restare ad occhi aperti . E finché esisteranno uomini così fatti la partita non sarà del tutto perduta . Quale può essere il posto dell ' intellettuale nella società moderna ? Se con l ' appellativo di intellettuale si intende , come intendeva Gramsci , chiunque detenga una tecnica , è chiaro che l ' intellettuale di domani non sarà che una ruota dell ' ingranaggio di Odradek . Spogliatelo di ciò che Gramsci chiamava il suo « spirito di corpo » e inevitabilmente l ' intellettuale diventerà uno strumento in mano di chi detenga il potere . In un mondo in cui l ' imitazione del divino è diventata imitatio instrumentorum e in cui possono nascere espressioni come human engineering ( l ' ingegneria umana ) la sorte dell ' intellettuale sembra segnata . Se invece definiremo come intellettuale « chiunque abbia una educazione che gli consenta di esprimere la sua personalità entro il suo particolare lavoro » , è evidente che simili intellettuali sono destinati a essere respinti sempre più al margine della vita sociale . Non c ' è bisogno di intellettuali nel mondo del marketing e delle human relations ; non c ' è bisogno di educazione quando persino l ' istruzione religiosa si industrializza ; è assurdo discutere sulla decadenza del latino quando sarebbe opportuno abolire anche l ' italiano in sé , « assai bene sostituibile con il particolare italiano richiesto dalla qualifica lavorativa : il gergo tecnico , la tecnica pubblicitaria » , il dialetto : il che sta già facendo egregiamente la radio . E più che dubbia appare fin d ' oggi la possibilità di indipendenza degli scrittori , tenuti a rispondere a precise esigenze di mercato ( o di anti - mercato nel caso dello scrittore che si crede libero ) . E infine - ultima osservazione - chi potrà distinguere l ' intellettuale vero dal falso quando dilaga il fenomeno che fu già definito come anticonformismo di massa ? Che l ' arte e la letteratura d ' avanguardia formino oggi un ' industria sempre meglio organizzata non ha più bisogno di dimostrazioni ; d ' altra parte , come certi partiti politici ne finanziano altri , avversi , per non essere « scoperti a destra » o « a sinistra » , così l ' industria culturale dovrà mantenere in piedi , oltreché l ' avanguardia , anche la retroguardia . E da un lato o dall ' altro chi fa professione di artista o di scrittore non potrà sfuggire dal vedersi considerato come un fornitore di merce . Difficile trarre conclusioni ; molto più facile avanzare obiezioni , tutte prevedibili . Si può sostenere che l ' uomo sia meccanico per intrinseca natura , e che l ' uomo libero sia una chimera di attardati romantici ed anarchici ; ma se questo fosse vero sarebbe pur sempre titolo di dignità non arrendersi al vero . Inoltre occorrerebbe dimostrare , per fare un esempio solo , che il mondo dei tranquillanti e della droga ( i primi per gli spettatori , l ' altra per l ' eroe sportivo o pubblicitario ) segue le vie della ragione . Senza dubbio , nei tempi in cui la macchina non esisteva o esisteva in forma rudimentale , non erano assenti dal mondo la cupidigia , l ' iniquità , la ferocia . Ed anche per questo noi non sapremmo rimpiangere il passato . Oggi , seguendo la legge del livellamento dei liquidi nei vasi comunicanti , Odradek ha redistribuito il male : lo ha diffuso in giusta dose dovunque : lo ha reso invisibile , impercettibile . Giustamente all ' uomo - massa corrisponde il male di massa , al quale nessuno di noi sfugge . Resterebbe la tentazione di rifugiarsi nel culto dell ' ideale , di rinnegare , in un modo o nell ' altro , la nostra esistenza terrena ; ed è forse la peggiore delle insidie . Vivere il proprio tempo restando sull ' allarme è tutto quello che può fare oggi chi si fregi e insieme si vergogni - com ' è giusto - della screditata e controversa qualifica di intellettuale . Altre soluzioni a breve scadenza non sapremmo immaginarne . Ed a scadenza lontana , lontanissima , molte altre ipotesi sui mezzi adatti a distruggere o ad addomesticare Odradek o a giungere a una completa identificazione con lui , possono farsi . Ma qui si entrerebbe nella fantascienza , cioè nella scienza ridotta a merce , e preferiamo arrestarci . Non merita di servire da trampolino a simili stravaganze il libro serio , onesto e umano che ci ha suggerito queste riflessioni .
Così Manzoni scacciò Satana ( Ceronetti Guido , 1982 )
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E il demoniaco cominciava a invadere tutto , fino alle lettere e pitture più alte e tragiche , dalla Spagna alla Siberia , da Parigi a Pietroburgo : perché non entra , da Porta Tosa , da Porta Ticinese , per i Navigli e le cloache , o giù per i camini , in Milano ? A Milano , il più grande scrittore italiano del secolo esclude il demoniaco dal suo unico romanzo come dagli altri suoi scritti , dalla sua teologia morale , dalle sue lettere , da ogni espressione del suo pensiero . Neppure Stendhal l ' aveva messo nelle sue storie ; ma Stendhal non era scrittore religioso e teologico , e neppure un allucinato romantico ; Manzoni è scrittore religioso integrale . E ' scrittore cristianissimo , e ancora al suo tempo Satana era l ' avversario di Dio nella vita interiore del credente , viveva nelle crepe metafisiche e nelle notti dei santi ; l ' Anticristo era nel timori e nelle attese del residuo messianismo cattolico : il papa poteva permettersi di nominarlo . In un altro scrittore cristiano integrale , Dostoevskij , l ' intero problema morale è gettato nel crogiuolo del demoniaco e studiato , messo in luce mentre il regno anticristico schiuma , preme , vicino . Manzoni è muto . In Manzoni molte cose sono taciute , non per questo annullate . Avendo con lui una certa pratica quotidiana , potrei tentare uno scandaglio . Manzoni fu un uomo assediato da innumerevoli terrori , non tutti spiegabili con la sua eredità nervosa . Uno dei più sottili tra i suoi terrori era quello di non riuscire a dire , sempre , la verità tutta intera , di non servirla abbastanza ... La verità morale gli appariva sotto tanti aspetti e così complicata da rendergli ogni cosa in cui dovesse impegnarsi per lei un combattimento estenuante . Si può leggere il romanzo anche come un combattimento per la verità , condotto con uno scrupolo smisurato . E poiché tutta la verità per lui si accordava perfettamente con l ' insegnamento della Chiesa , temeva continuamente che un punto gliene sfuggisse , lasciandolo scoperto , come per castigo , sospeso nel vuoto , senza più il braccio soccorritore della religione , sentita inconsciamente più implacabile che pietosa . Non poteva vivere senza quel riparo . C ' è una forte agonia cerebrale , dietro le palpebre socchiuse della sua anima pensosa : una natura predestinata alla lotta con l ' angelo di Dio , nella forma di una correzione spietata , dolorosa , perfino raffinatamente maniacale , del proprio pensiero e di ogni dottrina che contrastasse con la regola celeste che si era imposta . Per Manzoni , quel che non è morale è irrazionale . Anche in un ' ombra leggera , poteva già condannare il crimine d ' irrazionalità . Tutto l ' immaginario manzoniano , che culmina e si esaurisce nel romanzo , non solo si dispone dentro un ordine morale : è questo stesso ordine , figlio e frutto del suo tormento nervoso , etico e spirituale . Tutte le sue creature ricevono umanità dal loro essere animali morali in movimento , frammenti di morale in cerca di verità unificatrice , promessi sposi morali che anelano al matrimonio , ad un ricongiungimento sistematico , per mezzo di prove dolorose che cancellino da loro le tracce del peccato d ' origine . E ' un miracolo che Manzoni abbia saputo farne , tra molti rischi di cadute nell ' edificante ad ogni costo , realtà umane in un respiro di poesia pura . Chiusa l ' epoca del romanzo , ripiglia la sua eterna ricerca morale senza più metafore , ma con uno stile combattente che non vacillerà che al cecidere manus dei suoi ultimi giorni di vigilia sabbatica . Se il demoniaco è assente da questo romanzo del tormento e dell ' Iniziazione morale , devo pensare lo fosse interamente dall ' orizzonte manzoniano ? Mi provo a definire il demoniaco senza disturbare angeli sprofondati né il princeps tenebrarum , lasciandoli però agitarsi al di là del velo concettuale , come enti irreali misteriosamente possibili . Demoniaco è il male che , nell ' esperienza umana , produce pena e disfacimento morale e mentale : la sua dipendenza ( o non può avere questo nome ) da un principio assoluto , pone il problema della prova da parie di Dio che si fa lui stesso l ' Avversario e il persecutore occulto , o del dualismo metafisico ( se esista un principio tenebroso contrario al Bene ) . Demoniaco è il Caos primordiale ( prima e dopo tutti i Big Bangs ) riflesso nel microcosmo umano , che ne è dal giorno di assunzione nella coscienza ( la vera uscita dalla preistoria ! ) come lacerato e minutamente stigmatizzato ; e irrompe violentemente e capillarmente nella pazzia , nel crimine , nella storia , nelle costrizioni mentali ( i mind ' s manacles di Blake ) , nella morte dell ' anima , nell ' incubo , nelle passioni , ed è un fuoco inestinguibile . Ora , dai suoi effetti sovranamente calmanti , e dal suo segreto procedere rituale , si può definire lo stile manzoniano come altissimamente ed eminentemente esorcistico . Né stola , né aspersioni , né formule ... Esorcistico , alla lettera : per cacciare via , per scongiurare ... E oltre questo : esorcistico per Intima volontà demiurgica , uno stile che si elabora per mettere ordine , nel caos morale individuale e nella storta , vissuta come specchio del caos morale , regno del fuoco maledetto . Un partigiano innocente del demoniaco - i grandi romantici lo sono tutti - come Victor Hugo , sguazza felice nel caos della storia , gli scopre addirittura un proprio ordine ( demoniaco ) perfetto , che si configura in un ideale progresso , e arriva a produrre visioni compiaciute ed entusiasmanti , molto più piacevoli delle manzoniane : la Rivoluzione , Waterloo , la Parigi di Luigi XI e di Luigi Filippo ; Manzoni applica alla storia la museruola inflessibile del suo stile esorcistico , obbliga il grande serpente a sputare il suo tossico nel recipiente , mette in guardia il lettore ( il novizio , l ' iniziando ) dalle tentazioni e dalle metamorfosi del mostro . Qualunque cosa dica , in qualunque opera In versi o in prosa , Manzoni pronuncia un preciso scongiuro contro le potenze invisibili del caos , di cui ha una profonda , eterna , non domata paura . Ha i suoi grandi momenti di prova : la guerra dei Trentanni , nello scorcio satirico del romanzo , sottoposta al trattamento magnetico manzoniano , è una gorgona di demenza placata , messa sotto chiave ; e cosi la presa della Bastiglia , nel saggio senile sulla Rivoluzione . Quanto al demoni presenti nelle storie delle unzioni , sappiamo da che parte si trovino . Più sottilmente , si misuri l ' abissalità benefica dello stile manzoniano - tanta da stare alla pari con gli abissi di male che fronteggia - sia nelle magnifiche confutazioni della morale fondata sull ' utilità , che nel giudizio di Robespierre , nel dialogo dell ' Invenzione . Non piglia mai le vie facili : per Manzoni , Robespierre non è per niente un mostro , ma un mistero . Ed ecco definito , con inuguagliabile portata di stile , un uomo che ebbe certamente una parte di demoniaco e ne introdusse nella storia : « Ma un ' astrazione filosofica , una speculazione metafisica , che dominava i pensieri e le deliberazioni di quell ' infelice , spiega , se non m ' inganno , il mistero , e concilia le contraddizioni . Aveva imparato da Giangiacomo Rousseau ... » . Così , eccoci , quasi dostoevschianamente , nel demoniaco dell ' ideologia , il rinnegamento del peccato originale imparato da Rousseau fatto causa della perversione mentale e politica di Robespierre . Sappiamo bene che Sade , Necaev , Lenin , Hitler sono tutti figli di un ' astrazione filosofica . Furet , senza di cut è impossibile decifrare a fondo il fenomeno rivoluzionarlo francese , perfeziona Manzoni : « Robespierre è un profeta ... nessun contemporaneo ha interiorizzato come lui il codice ideologico della rivoluzione » . Ma per Manzoni il demoniaco ( non nominato ) di Robespierre , e di tutta la filosofia dei lumi , è nell ' ignoranza del peccato originale , in un errore metafisico . La folla , manzonianamente , è sempre demoniaca : la esorcizza energicamente con lo stile . L ' amore ... Se non lo lava in chiesa , dove deve « venir comandato e chiamarsi santo » , resta per lui essenzialmente demoniaco . Non basta procreare , riprodurre uomo anzi non è un gran bene ... Manzoni accolse Malthus , quasi unico tra i cattolici , con estremo favore . Ma anche l ' Ordine civile ( l ' autorità , lo Stato , i magistrati ) è Caos . Anche l ' amore represso ( Gertrude ) è Caos . L ' unico personaggio in cui il demoniaco è scritto in faccia in cubitali è il miserabile padre di Gertrude , un distruttore di germogli d ' amore e causa sinistra del futuro comportamento succubamente demoniaco della figlia monacata per forza . La peste , invece , non è demoniaca . La peste , sebbene rompa tutto l ' ordine morale - razionale e spalanchi le porte della città al Caos , è demiurgica e rimedio del male : il suo trionfo introduce addirittura la giustizia provvidenziale tra le leggi umane sconvolte . Manzoni la adopera come estremo e infallibile ricorso esorcistico : i monatti , la folla che lincia untori sono demoni scatenati , ma l ' eccesso del male fa sovrabbondare paolinamente la grazia , e porta al culmine la perfezione dello stile manzoniano scongiuratore e riparatore . Il gallo del lazzaretto canta : i demoni - tutti , meno la vigliaccheria tenace di don Abbondio - spariscono . La giustizia redentrice si manifesta simbolicamente nella pioggia diluviale , che si annuncia al lazzaretto , tra la polvere e i lamenti , come una figura di salvezza , e finalmente investe e inzuppa nella sua corsa solitaria fuori Milano il promesso sposo , significandogli che la prova è superata . Il resto , non è più che il graduale e ordinato spegnersi di una musica . Non si legge Manzoni per divertirsi , ma per bisogno di guarire . Dopo ogni rilettura , si resta imbevuti di calma , come liberati da una crisi isterica , da un ' idea ossessiva , da un possesso diabolico . « Una mano ferma - dice di lui Eugenio D ' Ors in Nuevo glosario - che di tra le ombre si tende verso di noi , e a cui possiamo aggrappare la nostra , nel momento in cui stavamo per scivolare , forse a perderci irremissibilmente » . Certo , Dostoevskij è infinitamente più attuale ; perché è un profeta russo , mentre Manzoni è un poeta italiano , che vide bene la storia come Caos , senza però vedere un futuro in cui il mondo umano , in preda al demoniaco , sarebbe diventato , progressivamente , come una macchina inerte : «...in qualche secolo si può a tal punto mortificare il mondo che dalla disperazione comincerà effettivamente a desiderare di esser morto » ( Taccuini del Demoni ) . Qualcosa d ' insoluto è nella sorte del castello dell ' Innominato , quando da nido insanguinato del delitto si trasforma , in asilo sicuro di afflitti , vigilando dall ' alto ( senza neppure sparare un ' archibugiata : gli basta essere entrato nell ' ordine morale - razionale ) contro il disordine cieco della guerra , che si sfoga e passa nella pianura . La conversione del famoso brigante può avere spiegazioni psicologiche , ma quella del castellaccio e di tutta la sua valle ha ancor più del miracolo , del teatro e della fiaba : perché non è un ' anima d ' uomo , è un simbolo pietrificato del disordine e del male . Un ' insegna , un ' espressione visibile del mondo infero , può così facilmente farsi l ' insegna del Bene sulla stessa altura , la Malanotte cambiarsi nell ' osteria della Buonanotte , i cattivi agire da guardiani e da infermieri conservando le stesse facce ? La grazia della palingenesi morale si estende anche all ' inanimato , al sicari , ai pugnali ? I dubbi di don Abbondio , quando va al castello , testimoniano di una interessante esitazione di Manzoni stesso : è davvero possibile che lassù tutto sia ormai eliso e salvezza ? Se adesso lì spuntasse una amanita falloide , sarebbe commestibile ? Il Male , se veramente esiste come tale , può cambiare natura ? Dietro al povero curato , pauroso cronico , il grande indagatore interroga l ' universo morale , il più difficile del mondi , perplesso .
NON SI OTTENGONO VANTAGGI SENZA SACRIFICI ( PARETO VILFREDO , 1914 )
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La scissione del Partito socialista italiano non è che un caso particolare di un fatto generale , che ( per non andare troppo lontano , un altro caso particolare si può osservare nella scissione dei cattolici in modernisti ed in integralisti ) mena a questa conseguenza : che , in tutti i partiti , forti e vivaci , si costituiscono due classi di gruppi : una che inclina alla transigenza , l ' altra all ' intransigenza . Ciò dipende dall ' indole delle società umane , in cui condizione di un abile operare è la transigenza , di un forte operare l ' intransigenza ; e quando manchi questo o quell ' operare , non solo viene meno la speranza di un prospero successo , ma appaiono invece i sintomi della decadenza che condurrà all ' annientamento del partito . La viva fede degli intransigenti si manifesta coll ' espressione di una meta ideale , che sta tanto più fuori della realtà quanto più è viva la fede , e che può giungere agli estremi limiti dell ' assurdo , se la fede è vivissima . Non c ' è dunque da ricavare nulla dalla considerazione intrinseca di questi fini , circa al valore sociale della setta che li manifesta : essi indicano solo una direzione ; ed anche in ciò occorre essere guardinghi nel valutarli , poiché la viva fede può rimanere e la direzione mutare . I primi cristiani erano pacifisti , ed ebbero per successori uomini di non meno viva fede ma bellicosi . Ora una analoga trasformazione si è compiuta sotto i nostri occhi , in Germania , in Francia , ed anche un poco in Italia . In questi paesi , pure tacendo di casi estremi come quello dello Hervé , abbiamo veduto molti pacifisti diventare bellicosi , e non pochi socialisti assecondare volonterosi le guerre della « borghesia » . Se l ' Italia avrà guerra , vedremo probabilmente da noi trasformazioni simili a quelle già osservate in Germania ed in Francia . Il fine ideale del nazionalismo si sovrapporrà ad altri fini ideali , e su di essi prevarrà per un tempo più o meno lungo . In altro campo che in quello del senso intrinseco dei fini ideali vuolsi cercare principalmente il valore sociale di coloro che a questi fini tendono ; e cioè dobbiamo porre mente all ' intensità delle fedi che per tal modo si manifestano . Le vive fedi che mirano a fini ideali sono quasi le sole forze che possano validamente opporsi al dominio degli interessi materiali ed immediati , e che possano far prevalere la prosperità della patria sopra il tornaconto individuale . Potrebbe darsi che , se l ' Italia avesse guerra , coloro che ora hanno per fine ideale la neutralità assoluta , fossero di maggiore aiuto per difendere la patria , dei presenti cacciatori di sussidi alle cooperative di operai . Non si deve dimenticare che una società in cui ci sono vari fini ideali , si muove secondo la risultante di tali forze e non già pel verso preciso di una di esse ; ed è questo un altro motivo per astenersi dal considerarne intrinsecamente una , escludendo le altre . L ' arte di governo sta nel sapere adoperare le vive fedi e gli interessi , cioè , in poche parole , le varie forze che operano nella società . Già gli avvenimenti sinora seguiti concedono di asserire che errore principale dei governanti tedeschi fu lo avere troppo largamente partecipato ai sentimenti pangermanisti , invece di badare solo ad adoperare la potentissima forza che per tal modo si manifestava . Perciò , accecati dall ' orgoglio e dimenticando gli insegnamenti del Bismarck , furono tratti a trascurare interamente la preparazione diplomatica della guerra . In un altro verso , si ha l ' errore del Governo italiano , nella guerra libica , che fu condotta badando solo agli interessi , e che perciò indebolì più che fortificare l ' Italia . Al principio di essa , grande era l ' entusiasmo in paese , e se si fosse alimentata tale fiamma , avrebbe potuto divampare in un incendio che avrebbe portato in alto i cuori di tutto il paese , preparandolo all ' opera ben altrimenti pericolosa ed ardua che ora ha da compiere . Invece , collo studiarsi di far apparire la guerra libica come un ' operazione facilissima e tale da non poter ledere alcun interesse , si è fatto quanto era possibile per spegnere la fiamma dell ' entusiasmo , per distogliere il paese dalla considerazione di fini ideali , che solo pochi nazionalisti procurarono di mantenere , e a ricacciarlo più che mai nella cura esclusiva di interessi materiali , immediati , individuali . Ed ora potrebbe ripetersi un errore analogo , ma che sarebbe di ben maggior danno , se nascesse e si fortificasse in paese la persuasione che si potranno conseguire grandi vantaggi con pochi o punti sacrifizi , badando agli interessi materiali immediati più che ai fini ideali . La storia smentisce assolutamente una tale presunzione , ed i popoli che da essa si lasciano adescare s ' avviano non alla prosperità ed alla gloria , ma alla rovina ed all ' avvilimento .
Il secondo mestiere ( Montale Eugenio , 1959 )
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Quanti sono gli scrittori che riescono a vivere col frutto della loro arte , senza dover ricorrere a un altro mestiere ? Apparentemente sono molti nelle così dette Repubbliche popolari ; ma pochi , pochissimi negli Stati dove vige una relativa libertà di pensiero e di opinione . In questi ultimi Paesi un numero imprecisato di uomini di lettere riesce a sbarcare il lunario , talora assai brillantemente , con lavori che si fanno con carta penna e calamaio e con l ' impiego della macchina da scrivere : e saranno collaborazioni a giornali , sceneggiature di film , riduzioni di romanzi altrui a commedie o a pellicole , oppure opere di varia divulgazione ; ma resta da dimostrare che questi uomini vivano del frutto della loro arte ( ammesso che ne abbiano davvero una ) . La verità è che anch ' essi , in quanto poeti , hanno un secondo mestiere : quello dell ' uomo di penna . Scrittori notissimi , magari insigniti del premio Nobel , vivono della loro penna , non della loro arte . Le eccezioni non mancano , ma sono rare , e anche queste sono illusorie . Quando vediamo negli scaffali le « opere complete » di un autore famoso , noi distinguiamo a colpo d ' occhio le poche che appartengono alla sua arte dalle molte che sono di pertinenza del suo secondo mestiere : quello del produttore di parole stampate . Ciò vale per l ' emisfero occidentale . Altrove , si direbbe che le cose mutino . La Russia conta certamente alcune migliaia di autori che ricevono dallo Stato un regolare stipendio , in cambio del quale sono richiesti di fornire opere di creazione e non già manipolazioni di prodotti pseudo - letterari . Tuttavia , non occorre essere molto informati di quanto avviene nell ' Unione Sovietica per comprendere che non può esistere uno Stato che dia qualcosa in cambio di nulla . Testimonianze non sospette , anzi ineccepibili , ci dicono che nei Paesi totalitari , lo scrittore che manifesti opinioni o sentimenti non conformi alle istruzioni impartite dall ' alto viene accusato ( ed è il meno che possa accadergli ) di « sputare nel piatto in cui mangia » ; il che , disgraziatamente , è verissimo . Un fanatico potrebbe obiettare che le opinioni personali non sono punto necessarie all ' artista e che la libertà non contrasta con un ' autorità « liberamente » accettata . Ma chi accetta liberamente una libertà condizionata da uno stipendio ? Un ' occhiata alla storia letteraria ci dice che la Russia ebbe una grande letteratura rivoluzionaria solo nel tempo in cui gli scrittori non riscuotevano salari statali . Dopo è stato quasi il deserto . Le osservazioni che abbiamo fatte , non certo peregrine , mostrano chiaramente come sia quasi impossibile , in tutto il mondo , a uno scrittore di vivere dell ' arte sua . Lo scrittore che vende 1c sue parole può occasionalmente darci alcune pagine di autentico valore poetico e magari qualche opera duratura , ma non vivrà che del prodotto delle sue opere deteriori . A tutti , a quasi tutti gli scrittori , s ' impone il secondo mestiere , e non è detto che i mestieri apparentemente intellettuali ( insegnamento , giornalismo , cinema , ecc . ) siano i più conciliabili con quelle vacanze dello spirito che sono il vero terreno da cui sorge l ' arte . Un Foscolo o un Leopardi che passino dieci ore al giorno sforbiciando comunicati di agenzie giornalistiche sono inimmaginabili ; mentre è stato possibile a impiegati di banca di scrivere Giovannin Bongee o The Waste Land . D ' altra parte , è facile l ' obiezione , non sarebbe mai sorta la Commedia umana se Balzac avesse trascorso la sua breve vita negli uffici di una Cassa di Risparmio ; non avremmo avuto Guerra e pace e la Recherche se Tolstoi e Proust non fossero stati dotati di un considerevole « censo » . E in questo caso noi scopriamo quale può essere il secondo mestiere più favorevole alle lettere ; quello del rentier . Oltre questo , esistono i mestieri veri e propri , tra i quali è largamente compreso quello del produttore di libri . Ma bisogna anche riconoscere la strana situazione in cui viene a trovarsi l ' autore di libri invenduti e perciò poco o punto redditizi . Centinaia , forse migliaia di pittori e scultori di dubbio valore vivono vendendo le loro opere e fra i loro clienti , direttamente o indirettamente , non manca quasi mai lo Stato . Larghe sovvenzioni statali rendono possibile la difficile vita della musica , del teatro e del cinema . Una chiusura degli sportelli , una « serrata » da parte di pittori o di cineasti o di teatranti getterebbe il mondo intero nella costernazione . Ma fate che gli scrittori incrocino le braccia e stringano la cintola , e vedrete che nessuno si accorgerà della loro protesta . I giornali continueranno a uscire , e tutti saranno convinti che qualche capolavoro inedito prima o poi - meglio se dopo la morte dell ' autore - finirà per essere scoperto nel fondo di qualche cassetto . In definitiva , la vecchia opinione che la letteratura vada scoraggiata persiste tenacemente alla radice della nostra formazione classica . Lascio al lettore decidere se questo è un alibi che permette al mondo borghese di affamare i poeti senza provarne rimorso ; o se sia anche un indiretto omaggio alla rarità e imprevedibilità della poesia . Praticato su vasta scala - come oggi avviene - il mestiere di scrittore ha una tradizione piuttosto recente , da porsi in relazione con lo sviluppo del giornalismo e dell ' attività editoriale . Se non vogliamo partire addirittura dal primo Settecento , Edgar Poe è già il tipo del moderno pubblicista che vive di collaborazioni pagate : e male gliene incolse ; ma in epoca più recente , il Melville non fu che un modesto impiegato . Né ci rifaremo più addietro per ricordare le professioni , e le disavventure economiche , di un genio quale il Cervantes . Nei tempi eroici della poesia i poeti furono diplomatici , ciambellani , ecclesiastici , guerrieri , mercanti , figli di papà e occasionalmente anche ladri e assassini , ma non vissero mai dei « diritti d ' autore » . Non mancavano , s ' intende , i poeti cesarei , i librettisti o gli agiografi di Corte , ma si tratta di casi isolati , ed anche oggi esistono commediografi ( per lo più mediocri ) che vivono dei loro prodotti . Non occorre ripetere che si tratta per lo più di « prodotti » , non di opere d ' arte . D ' altronde , il teatro è un mondo che sta a sé . In ogni tempo si ebbero uomini di teatro che furono insieme autori attori e impresari , e che quindi esercitarono contemporaneamente professioni diverse ; ma nemmeno questo caso può invalidare il vecchio assioma che i carmi non danno pane . 11 problema di far sì che i poeti possano mettere la pentola al fuoco senza perdere gli anni migliori in un altro mestiere si presenta dunque , oggi , più che mai insolubile . Ma è probabile che sia , come tutti i problemi insolubili , una questione mal posta . Dire che uno Stato rispettabile dovrebbe distribuire impieghi puramente simbolici , sinecure o altro ai suoi più promettenti scrittori , oppure garantire con leggi e decreti , o magari mauri militari , la vendita dei loro scritti , è dar prova di irrimediabile ingenuità . Forse una società ideale potrebbe aiutare i suoi poeti , i suoi scrittori in modo del tutto segreto e indiretto , senza offenderne la dignità e l ' indipendenza ; ma le antiche società feudali erano molto più adatte a raggiungere questo scopo . La nuova civiltà industriale , fondata sul denaro e sul successo , non offre alcuna garanzia a tale riguardo . In una civiltà come la nostra solo un ' arte d ' uso , una Gebrauchskunst , può trasformarsi in denaro spicciolo . Un quadro fatto distribuendo quattro buchi su una tela , una musica ottenuta filtrando o dosando pochi ruggiti elettronici può essere un oggetto che si vende a privati consumatori e magari allo Stato , attraverso sussidi a mostre , festival ecc. Molto più difficile , e infinitamente meno raccomandabile , è che Io Stato organizzi e « pianifichi » elargizioni di quattrini ai suoi poeti , sottraendoli all ' onta del secondo mestiere . Chi sceglierebbe questi poeti ? Quale - da noi inesistente - Accademia ? E con quali garanzie di serietà ? E chi potrebbe impedire il moltiplicarsi dei sedicenti poeti aspiranti a prebende e sovvenzioni ? Purtroppo la poesia ( intesa nella più lata accezione ) è oggi l ' arte più indifesa ; per diverse e forse opposte ragioni , tanto le società totalitarie quanto quelle che s ' illudono di essere libere non possono far nulla per favorirne o proteggerne la nascita . Si direbbe , anzi , che siano fatte apposta per creare condizioni ostili al suo sviluppo . Ma sarebbe un errore credere che simili premesse rendano meno onorevole la vita , e la vocazione stessa , dei poeti . Probabilmente , la costituzionale inettitudine della poesia a fruttar quattrini ai poeti significa ch ' essa ha una sua particolare dignità alla quale le altre arti non sempre possono aspirare . Trenta giovani pittori italiani sono stati presentati insieme , tempo addietro , da un illustre critico sotto il titolo : Trenta maestri di domani senza che quasi nessuno gridasse allo scandalo . Ma se i trenta fossero stati poeti anziché pittori , né il presentatore né i poeti stessi si sarebbero salvati dal ridicolo . Ciò significa che la poesia non è ancora discesa , nell ' opinione pubblica , al grado di merce ; e che il titolo , in verità assai scaduto , di maestro non può essere tollerato da uno scrittore che si rispetti . Se a tale grado di dignità si può giungere solo praticando un secondo mestiere , ebbene , ben vengano i secondi e terzi mestieri . Tutti i danni che ad essi si ascrivono sono largamente compensati dal fatto che per mezzo loro l ' arte della parola non si è ancora posta al livello delle così dette « belle arti » , certo più redditizie , ma a costo di quali equivoci ! .
Tamburi di latta. Fascismo piazze, parole ( Ceronetti Guido , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Più che mai il potere delle parole . Sono loro a fare la storia . Ma " fare la storia " anche questo non è che una parola ; se poi si stampa " Storia " con la maiuscola non afferriamo più niente , ma qualcuno rischia di essere afferrato . Il linguaggio non ha fatto vacanza , il 25 aprile 1994 : presidiava le piazze , era il superprefetto di Milano , ha fatto il cuoco e l ' albergatore , l ' infermiere , il regista ; ha avuto una delle sue grandi giornate . Sfogliando i giornali che hanno coperto brillantemente l ' evento , è una fantasmagoria di apparizioni linguistiche rivelatrici a venirti incontro . Un bel fiocco blu è " fascismo telecratico " , i cui genitori sono indubbiamente " telecrazia " e " telefascismo " , Non importa sapere che cosa e se qualcosa gli corrisponda : la parola " è la cosa " . Da uno che grida " aspettatemi , berlusconi " è messo in movimento " berluscone " come ingiuria affettuosa ( a seconda del tono e del destinatario ) . Usi possibili : " Piantala , berluscone ! , " Siete una banda di berlusconi ! " , " Ha una moglie un po ' berluscona " . Buon viaggio . Incantevoli i " collages " surrealisti operati dal caso : il gonfalone dell ' ANPI sventolato accanto a " Lesbiche contro " , gli albanesi nostalgici di Hoxha venuti a salvare dal fascismo la sventurata Italia , la cassetta da elemosine " Per sostenere il programma agroalimentare del governo cubano " che prende i mille e i diecimila dei " Cabarettisti Combattenti " , un ' insegna che da sola fa grido . Ma contro che cosa saranno le lesbiche contro ? In occasione della ricorrenza sono " contro ogni fascismo " . Dunque ci sarà , da qualche parte , oltre al fascismo telecratico , un fascismo antilesbico , col quale bisognerà pur fare i conti , se non vogliamo essere berlusconizzati . Sarebbe ancora poco . Il rischio maggiore è la " berlusclonazione " , da cui possono uscire solo dei reggimenti di SS " berlusclonati " , contro i quali la vigilanza cabarettista e lesbista dovrà essere tre volte cubana . Da concorso il cartello " Fini il fascista travestito da Mulino Bianco " ma il premio va assegnato a " Berlusconi sei la nostra America , noi saremo il tuo Vietnam " , rivelatore anche di un ' adeguata conoscenza della storia contemporanea . Ne può nascere perfino una tombola casalinga , guerresca , con giocatori Berlusconi - America e giocatori Vietnam . ( Però , se vincesse l ' America ? Bisognerà truccare il gioco ) . Ispirato da recenti immagini pie telecratiche un " Ci piace di più Mussolini a testa in giù " , interessante perchè prodotto non da memoria storica ma dall ' informazione che rifà attuale tutto quello che vuole . Il capro espiatorio sul luogo è stato , a Milano , il malavventurato Umberto Bossi , caricato di tutto quel che la folla sente come proprio peccato : venduto , buffone , traditore , fascista , infiltrato , piduista , razzista . In segno di solidarietà , col mondo che nuore di fame , gli hanno tirato pagnotte ... Straordinarie le panoramiche di ombrelli aperti . A Milano c ' era stata una celebre " giornata degli ombrelli " , quando la folla gioiosamente democratica trafisse con le punte degli ombrelli il povero ministro napoleonico Prina , ma a Bossi è andata bene , niente crocefissione artigianale , soltanto parole parole parole .... . Era linguaggio contro linguaggio , essendo Bossi un fortissimi megafono di parole , di quelle che hanno travolto le palafitte del vecchio potere a tre corna - ma linguaggio sempre , nel suo violento usurpare tutto . Ancora qualche filosofico cartello : " Resistenza umana antispot " , " Appena decidi di resistere hai cominciato a vincere " , " Se Mussolini è il più grande io sono un muflone " . L ' Oscar degli Oscar però a " Dio sia davvero antifascista " . Qui cala la notte della mente di Bertinotti , rifondatore anche in fatto di teologia : " La religione civile dell ' Italia dev ' essere l ' antifascismo " . Oh Lucrezio , Lucrezio mio : " Tantum religio potuit suadere malorum ! " C ' è in po ' di tutto nel Nuovo Catechismo , ma sicuramente manca l ' antifascismo . Mettiamocelo , per la maggior gloria di Dio . ( Un libro di Mario Appelius era dedicato alla memoria di " Nicola Bonservizi , martire della " religione " fascista " ) . Tira aria di Millennio e non c ' è da scherzare . A forme di religiosa demenza collettiva , è forse là che la gente vuole arrivare . Ma è una vecchia verità che atràs la cruz està el diablo . Com ' è anomalo e curioso il fenomeno Berlusconi , ieri telecrate oggi incaricato di formare governi , altrettanto lo è l ' antiberlusconismo , entrato nel linguaggio ( anche fuori d ' Italia ) fin dal primo accenno del Cavaliere a " scendere in campo " e penetrato già profondamente in pezzi di labirinto dell ' anima collettiva . Restiamo nella pura allucinazione linguistica : ecco già apparsi i graffitti in cui Berlusconi è definito " boia " . Questo , ragionevolmente , dovrebbe avere per premessa degli atti da carnefice , un passato di delitti quale talvolta hanno i vecchi , stanchi lupi della politica : ma se il Boia conta pochi mesi di vita , soltanto un astrologo senza macchia può predire , pur sempre con rischio di errore , che lo diventerà . Circa l ' antiveggenza di massa , e l ' interpretazione di segni e comete da parte di piazze gremite , non ne è documentata alcuna relazione con la luce . Tuttavia la parola , megera terribile , crea il " boia " Berlusconi per semplice associazione , in una cadenza ripetitiva di tamburi che si perde , dopo nulla aver significato , nel nulla . Sia benedetto il buon senso , sia lodata e meditata l ' esatta diagnosi di Emma Bonino , che ha riscontrato negli italiani una " introversione " , che gli impedisce di staccarsi una buona volta da quel passato , che gli fa vedere immobilmente " sub specie " di fascismo e antifascismo qualsiasi cosa . Così non gli resta , lo sguardo invertito e concentrato su una danza di spettri fatti continuamente ballare da vacue ma arroventate parole , neppure una briciola di attenzione per la straziante sterminio di un popolo OGGI stuprato , deportato , bombardato , fatto a pezzi a trecento chilometri dalla frontiera di Muggia . Al fascismo la crema dei pensieri ! Ai disperati dei Balcani le maglie , le camicie , i calzini che non servono più .
CONTRADDIZIONI ( PARETO VILFREDO , 1919 )
StampaQuotidiana ,
C ' è molta gente che , ad un tempo , lamenta il caro vivere ed approva i provvedimenti che lo producono . Un ' esperienza secolare ha dimostrato che le restrizioni al commercio nazionale ed internazionale , i vincoli dell ' industria , gli ostacoli posti al libero muoversi dei capitali recano scarsità di produzione e disagio economico , manifestato dal caro vivere , come il termometro palesa l ' alzarsi della temperatura . Quindi chi vuole le prime cose deve anche volerne la conseguenza ; e chi questa non vuole non deve neppure volere le prime . E altresì evidente che , se si lavora meno e si consuma di più , ne segue uno squilibrio che reca ancora disagio economico . Chi , da una parte , approva la riduzione delle ore di lavoro , i continui scioperi , divenuti oramai uno svago , il lavoro svogliato , l ' ozio crescente , e , dall ' altra parte , i salari accresciuti , che concedono maggior consumo , almeno sinché non siano compensati dall ' aumento dei prezzi , i sussidi di disoccupazione , che spessissimo sono sussidi dati a chi non vuole lavorare se non ad alto prezzo e come a lui pare e piace , i premi di ogni genere assegnati a certe classi di cittadini , ed altre simili cose che operano nel senso di accrescere il consumo , vuole propriamente che ad una deficiente produzione corrisponda un sovrabbondante consumo , e poiché ciò non è assolutamente possibile appare un contrasto di cui è indice e misura l ' alzarsi dei prezzi . I governi , per fare le spese di tutti quei provvedimenti , ricorrono all ' aumento delle imposte , agli imprestiti , alla emissioni di cartamoneta ; e per tal modo , mentre da un lato stimolano i consumi , dall ' altra deprimono la produzione , distogliendo da essa , in parte almeno , i capitali che vi si sarebbero volti . Approvare tutto ciò e deplorare il caro vivere che ne è la conseguenza , mostrarsi favorevoli al falcidiare dei capitali che opera il governo , e predicare che devesi accrescere la produzione , ricorda lo scherzo di quel dabbenuomo il quale esponeva come suo programma politico : « Chiedere più all ' imposta , meno al contribuente » . I nodi principiano a venire al pettine . Si ode il grido d ' allarme : manca il carbone ! E di che vi meravigliate ? Se i minatori lavorano meno tempo e meno intensamente , da dove volete che venga il carbone ? Deve forse venir fuori dalla miniera , come se fosse un animale , colle proprie zampe ? Ma si « potrebbe » accrescere la produzione , col miglior uso delle macchine , col dare le miniere allo Stato , che già avendo procacciato l ' abbondanza di ogni ben di Dio , procurerà certo anche quella del carbone . E sia pure , su ciò qui non vogliamo contendere . Aspetta cavallo che l ' erba cresce . Ragioniamo di ciò che è , non di ciò che potrebbe essere . Un poco dappertutto si citano fatti che dimostrano la riduzione della produzione . La soppressione del lavoro a cottimo ha avuto effetti deprimenti . A Kiel , un operaio , lavorando a cottimo , faceva 100 fori in un giorno , lavorando a giornata , solo 39 . A Eidelstedt , gli operai producevano , a cottimo , 950 Kg . di filo di ferro in ore 9,30 , e ne producono solo 600 Kg . in 8 ore , lavorando a giornata . Non importa loro più nulla di perdere il posto , perché hanno i sussidi di disoccupazione , mercé i quali possono godersela , senza lavorare . In Francia , il governo costringe la Germania a mandare operai per rimettere in assetto le regioni che furono invase ; in quel paese ed in altri gli agricoltori e gli industriali si lamentano che manca la mano d ' opera , dunque parrebbe che sovrabbondi il lavoro ; ma i governi di quei paesi spendono grandi somme per sussidi di disoccupazione , dunque parrebbe che invece sono gli operai che sovrabbondano . La contraddizione sparisce quando si consideri che non è lavoro ma ozio che vogliono i sussidiati , oppure che se accetterebbero lavoro sarebbe ad un prezzo che non si può pagare . Per dimostrare che l ' aumento della spesa di mano d ' opera poco opera sull ' aumento del prezzo del prodotto , si citano statistiche , dalle quali , ad esempio , si ricava che nel costo del prodotto c ' è il 16 per cento di costo di mano d ' opera e il 56 per cento di costo di materie prime , e se ne deduce che , anche raddoppiando i salari , il prezzo del prodotto dovrebbe crescere solo del 16 per cento , e se cresce di più , é colpa degli « ingordi speculatori » , con quel che segue . Bravi ! E le materie prime , e il carbone per fare andare le macchine , l ' olio per ungerle , gli strofinacci , ecc . , tutto é caduto dalla luna , proprio dove se ne ha bisogno ? Non occorre mano d ' opera per produrre tutto ciò né per trasportarlo ? E i salari degli impiegati , che pure debbono mangiare , vestirsi , alloggiarsi , le spese generali , ecc . , non crescono in relazione col crescere dei salari ? L ' enorme aumento del costo della mano d ' opera dei muratori e per i materiali che adoperano ha fatto tanto rincarare le case che oramai poche se ne edificano ; mancano dunque gli alloggi e finirebbe col mancare il lavoro ai muratori ed ai produttori di materiali da costruzione , i quali perciò dovrebbero adattarsi a lavorare più , meglio ed a minor prezzo . Ma interviene il governo , e dà sussidi per la costruzione di case , quindi favorisce l ' ascesa dei salari e dell ' ozio di coloro che le edificano , e toglie ogni remora che avrebbe potuto ricondurli a più miti consigli . Dicesi che l ' intervento del governo mira a procurare alloggio a chi ne manca , no , mira a procurare alti salari ed ozio a coloro che edificano le case . Mira anche a favorire indirettamente l ' emigrazione dalle campagne nelle città , togliendo l ' ostacolo del caro prezzo dell ' alloggio . Non dico che tutto ciò sia biasimevole , potrebbe anzi essere lodevole ; narro , non giudico , e mi limito qui ad esporre alcune contraddizioni . Volete produrre molte derrate alimentari e distogliete la gente dalle campagne , ove solo si possono avere ; volete bere molto vino e togliete i lavoratori alle viti , volete accrescere la produzione industriale e sperperate i capitali che ad essa occorrono . Tutto non si può avere . Tra due partiti che si escludono vicendevolmente , pigliate quello che vi piace , e lasciate stare l ' altro . Come dice un proverbio toscano , non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca . Per ridurre le ore di lavoro e crescere i salari parrebbe che giovasse scegliere il momento in cui la produzione cresce ed abbonda , invece si é scelto proprio il momento in cui scema ed é deficiente . È dunque evidente che sono intervenute altre forze , che non sono quelle economiche , e che la contraddizione é sociale più che economica . Tali contraddizioni hanno origine dal fatto che le circostanze spingono , a volere sciogliere problemi insolubili ; ed é appunto ciò che fa molto grave e pericolosa la crisi la quale , in ogni modo , doveva seguire dopo la guerra .
Fuga dal tempo ( Montale Eugenio , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Molti anni fa , a Firenze , quando il caffè delle Giubbe Rosse era ancora luogo di riunione di artisti veri o presunti , mi accadeva di incontrarvi spesso Mario Castelnuovo Tedesco , il musicista al quale è stato assegnato giorni fa , qui a Milano , un grande premio per un ' opera lirica tratta dal Mercante di Venezia di Shakespeare . Castelnuovo portava con sé fasci di musiche antiche e moderne , voluminosi « spartiti » , e li leggeva come si legge un romanzo o una rivista , assistito da una facoltà di audizione interna che per me aveva del miracoloso . La sua lettura non era , beninteso , un fatto puramente oculare , volta soltanto a studiare gli ingranaggi , la meccanica dei « pezzi » ; era una lettura che riusciva a materializzare , sia pure con un suono interiore , i colori e i timbri degli impasti orchestrali . Era dunque un ' esecuzione assoluta , se qualcosa di assoluto può darsi nella trasmissione e comunicazione di un ' opera d ' arte . Ed era , comunque , un ' approssimazione in nulla diversa dalla lettura di un libro di poesia : con un limite ch ' è dato dalla sensibilità del lettore - ascoltatore . Purtroppo , essendo molto rari i lettori di musica provveduti di un simile dono , le opere musicali vivono nel tempo solo attraverso la loro fisica estrinsecazione , che richiede edifizi ad hoc , sale da concerto , cantanti , strumentisti , ed oggi anche registi , scenografi e teatranti d ' ogni genere . Quella che si sarebbe detta , in certo senso , la più immateriale delle arti ( la musica , antica come il canto degli uccelli ) è diventata la più ingombrante , la più materiale di tutte le espressioni artistiche . Pensate alla triste sorte del Grande Musicista . Ha scritto , due secoli or sono , oltre a molte composizioni di musica da concerto , quaranta , cinquanta melodrammi dei quali si conosce solo il titolo . Le partiture sono andate perdute ; forse non esistettero mai e quelle opere furono un coacervo di parti , di « pezzi » , messi insieme di volta in volta . In ogni modo , due o tre di quei drammi - forse i peggiori dell ' autore - si conservano in qualche archivio . Dopo un paio di secoli si decide di rappresentarne uno . L ' impresa si rivela difficile : gli strumenti di oggi non sono quelli di ieri , le voci degli evirati non esistono più , bisogna rifare di sana pianta lo strumentale , completare accompagnamenti che non sono scritti o lo sono in modo approssimativo . Inoltre , l ' opera si rivela noiosa al gusto d ' oggi ; occorrerà tagliare , sopprimere qualche parte , eventualmente sostituire qualche brano o aria con altro dello stesso autore . Infine , col conforto di ogni genere di accorgimenti spettacolari , l ' opera viene varata . Il pubblico che vi accorre è un pubblico di ! lite ; ha pagato caro il biglietto e va ad assistere a un fatto mondano . Tolte rare eccezioni , il suo interesse per quella musica è nullo . Dopo tre o quattro sere l ' opera - giudicata concordemente una « barba » - viene tolta dal cartellone . Non se ne riparla più ; forse eccezionalmente , sarà ripresa cinquant ' anni dopo , con ulteriori manipolazioni e contaminazioni . Il gusto è mutato e si rendono necessarie nuove salse , nuovi sapori . Il Grande Musicista , dopo essersi riaffacciato per un attimo alla vita , torna al suo luogo naturale . Il suo nome figura nei dizionari biografici , nelle enciclopedie , nei trattati . È il nome di un « classico » . Ma la gente ha ben altro da fare che di occuparsi dei classici . La musicologia e la critica d ' arte sono più recenti della storia e della critica della poesia , ma stanno recuperando il tempo perduto . Da vari anni le musiche sono registrate , incise ; e dei quadri si fanno riproduzioni a colori che quasi si scambiano con gli originali . Se un nuovo diluvio non sommergerà il mondo intero è lecito pensare che molte opere d ' arte del nostro tempo sopravvivranno . Anch ' esse , peni , dovranno essere lette e interpretate ; ed è verosimile che i quadri dipinti con la scopa e le musiche pulviscolari che oggi deliziano intere popolazioni civili riescano fra qualche secolo totalmente incomprensibili . Forse non è nemmeno il caso di parlare di incomprensione , perché l ' arte nuova sempre meno fa appello alla ragione ; ma il fatto è che quando i ritrovati della nuova arte saranno diventati motivi di decorazione ( per esempio , musiche di scena , fregi e disegni per stoffe o ceramiche ) , sarà estremamente problematico distinguere tra opera d ' arte e oggetto d ' uso . Anzi , si può dire che mai conce oggi l ' arte è stata una fuga dal tempo , una corsa verso l ' anonimato : tant ' è vero che l ' arte preistorica riesce più accessibile agli indotti che l ' arte strettamente localizzata in un tempo e in una civiltà ben conosciuti . Non credo al fatto che noi riusciremo a « comprendere » i fantocci e i feticci che André Malraux va proponendo alla nostra ammirazione . È quasi certo che in opere simili prese forma un sacrale sentimento della vita onninamente lontano dal nostro . Un sentimento s ' intende , che conteneva anche una ragione , sebbene ne fosse indistinto , e un pensiero che oggi ci sfugge . Opere così fatte sono ormai per noi soltanto motivi plastici , destinati poi a ricorrere nelle arti moderne per opera di artefici desiderosi , razionalmente , di imbarbarirsi . Tuttavia noi , pur ammirando l ' arte preistorica , l ' accogliamo a grandi bracciate , prendendo d ' infilata secoli e secoli , del tutto incapaci di dare di ogni singola opera un giudizio individuante . Si tratta , si dirà , di preistoria . Eppure l ' interesse che destano i millenni più bui non avrebbe senso se non corrispondesse a un profondo bisogno dei nostri giorni . E a ben guardare può dirsi che l ' oscuro proposito delle nuove arti sia proprio di accelerare l ' avvento di un tempo nel quale anche l ' evo moderno , per non dire dell ' antico , diventi preistoria . Se consideriamo che il mondo produttore d ' arte è , da circa un secolo almeno , quadruplicato per l ' apporto di continenti prima sconosciuti , e che tale espansione è lungi dall ' esser finita , in relazione al graduale decrescere dell ' analfabetismo e alla diffusione di un concetto che riduce l ' arte allo stile , in una totale indifferenza ai così detti contenuti , non dovrebbe essere troppo lontana l ' era in cui i secoli delle « magnifiche sorti » saranno considerati a volo d ' uccello , come una riserva di « pezzi » artistici aventi un carattere del tutto impersonale . Qualora l ' avvenire ci riserbi un universale Welfare State non solo economico ma anche culturale , una vita intensamente meccanicizzata e standardizzata , un vasto calderone nel quale tutte le culture si fondano smarrendo i loro caratteri originali , l ' arte non potrà che mantenere e accentuare i caratteri che già distinguono le più avanzate manifestazioni del nostro tempo . Sarà un ' arte in larga misura sensoriale , acustica , visiva , destinata al divertimento e non alla contemplazione ; un ' arte conformistica che potrà avere il suo pubblico in quelli stessi che ne saranno gli autori : gli artisti , l ' immensa legione degli artisti . La poesia , per il momento , non è giunta a questo punto : molti poeti si ricordano che nella poesia interessa sommamente la situazione spirituale che l ' ha espressa . E la letteratura , in senso lato , darà ancora libri che saranno giudicati importanti al di là del loro valore artistico . Ma fuori di questo campo tutto sembra tendere all ' eccitazione e allo spettacolo . D ' altronde , anche la parola sta diventando un ingrediente che ha bisogno d ' altri sussidi . Cerchereste invano il nome e la voce dell ' autore in uno di quei lavori teatrali che vengono rappresentati sulle scene italiane e straniere . Poco importa che si tratti di Shakespeare o di Arthur Miller o di uno zibaldone tratto da un famoso romanzo : il vero autore è l ' équipe che ha montato la macchina teatrale dopo aver provveduto a purgare l ' opera di quei superstiti accenti di poesia che per avventura possano trovarvisi . E non diverso è lo stato della musica e della pittura . In una pittura intesa soprattutto come un fatto oculare ( anche se in origine l ' astrattismo poté essere altra cosa ) un bambino può superare un adulto ; e darà il meglio della musica elettronica colui che non abbia mai acquistato regolari nozioni musicali . L ' uomo d ' oggi guarda , ma non contempla , vede , ma non pensa . Rifuggendo dal tempo , che è fatto di pensiero , non può sentire che il proprio tempo , il presente ; e anche di questo suo tempo non può sentire che come ridicole e anacronistiche le espressioni del sentimento individuale . La nostra ipotesi può sembrare catastrofica oppure ottimistica , perché suppone che una civiltà universale ( sia pure spiritualmente a basso livello ) possa essere raggiunta dall ' umanità : una civiltà senza servi e padroni , forse senza frontiere , e in ogni modo liberata da quei flagelli che l ' uomo ha scoperto per distruggere su vasta scala i suoi simili . Può darsi , invece , che nulla di simile accada e che dopo una imprevedibile svolta ( che nessuno di noi si augura di vedere ) vada perduto persino il ricordo della nostra civiltà meccanica . Possiamo però consolarci pensando che anche in questo caso il nostro tempo lascerà ai suoi superstiti eredi un buon numero di totem , fantocci e feticci che ne documenteranno l ' esistenza e saranno studiati e intesi , e fraintesi , con molto interesse .
UTOPIE ( PARETO VILFREDO , 1920 )
StampaQuotidiana ,
L ' instabilità economica sociale e politica opera fortemente per accrescere i guai della vita presente , ed in parte , sia pure non grande , ha origine da quell ' ordinamento che , sotto il nome di Società delle Nazioni , vuolsi imporre al mondo come recante un migliore assetto degli Stati , e che invece è solo una forma dell ' imperialismo di certi Stati vincitori . Dell ' indole intrinseca della Società delle Nazioni qui non vo ’ dire di proposito , e mi limito ad alcune osservazioni per mostrare come poco alla volta vanno svelandosi le utopie che in essa si appiattano , e di cui ha dovizia al pari dei molti disegni che l ' hanno preceduta , col lodevole scopo di procacciare alle Nazioni pace se non perpetua , duratura . Già molto si scrisse di una delle vane speranze suscitate dal nuovo disegno , cioè di quella che , mercé il supposto principio di nazionalità , a cui il Wilson infondeva rinnovata gioventù si aveva di porre termine a parte almeno dei gravissimi conflitti internazionali . Sino dal suo apparire ne fu prevista la fallacia , confermata poi , ogni giorno , dai fatti . Esso , lungi dall ' appianare i passati conflitti , ne fa sorgere di nuovi ; ed è appunto per ciò che il partito detto repubblicano negli Stati Uniti , respinge la Società delle Nazioni , secondo la formula wilsoniana , non volendo impacciarsi in quel semenzaio di litigi . In Italia , la quistione di Fiume trascende interamente dalle ideologie wilsoniane , che meglio non valgono per l ' Irlanda , l ' Egitto , la Turchia , la Russia , né , per dir breve , pel rimanente del globo . René Johannet , in un volume denso di fatti e di idee , ha fatto vedere che quel bel principio di nazionalità somiglia ad una bolla di sapone , e finisce la sua prefazione dicendo essere prossimo il tempo in cui esso avrà un posto d ' onore nel museo delle ideologie smesse . Egli ben s ' appone circa al merito intrinseco , ma erra forse circa il tempo che ancora avrà credito il principio . Tali ideologie hanno vita lunga , e quando si credono spente , tosto risuscitano sotto altre vesti . Così ora , nella domanda fatta dagli alleati alla Olanda , per la estradizione del Kaiser , abbiamo visto redivivo l ’ « universale consenso » che in realtà è molto parziale considerato come fonte di indirizzo che si sovrappone ai diritti positivi e li signoreggia ; tantoché « i difensori del diritto e della giustizia » buttano via i primi , e si danno sol cura del secondo ... sinché a loro torna comodo . La Svizzera esita a far parte della Società delle Nazioni , temendo che sia insidiata la sua neutralità . È vero che questa rimane malsicura in ogni modo , e il prof . André Mercier la dice un mito . Le considerazioni che egli svolge in proposito sono importanti e vanno molto al di là del caso particolare e fugace da cui hanno origine . Egli principia ricordando i fatti storici , i quali mostrano che la neutralità della Svizzera non l ' ha salvata da parecchie invasioni . È questo un capitolo particolare del quesito generale , il quale investiga l ' effetto reale dei trattati , spesso diverso , talvolta diversissimo dal contenuto formale . La conclusione sperimentale è che i trattati non sono né interamente efficaci né interamente inefficaci ; valgono sino ma non oltre un certo punto . Seguita il nostro autore mostrando che il nome di « neutralità » corrisponde ad un concetto non rigoroso né ben determinato . Egli ha interamente ragione . Anche questo è un capitolo particolare di un quesito generale . Tutti i termini dei generi di quello di « neutralità » patiscono difetto di precisione e di rigore . Di ciò lungamente scrissi nella Sociologia e la conclusione è che non possono fare parte di un ragionamento rigorosamente sperimentale . Non mi fermo sulla parte pratica dello studio del prof . Mercier , perché trascende dall ' argomento generale che qui espongo . Su tale argomento ancora ho da ricordare un autore . Yves Guyot , valoroso capo del partito della libertà economica in Europa , e degno successore del Cobden , ha scritto una trilogia , che principia con un volume sulle cause e sulle conseguenze della guerra , e seguita poi due volumi dell ' opera selle guarentigie della pace ; nel primo dei quali si raccolgono , mirabilmente compendiati , gli ammaestramenti del passato , nel secondo si passa all ' esame critico , e si conclude mostrando quanto poco di reale sia contenuto nella Società delle Nazioni , in cui l ' autore vede « la risurrezione di un vecchio mito » . La paragona alla Santa Alleanza , e scrive : « Ho studiato in modo oggettivo i risultamenti negativi ottenuti dalla Santa Alleanza e dal trattato che la confermò . Vi è ora , tra gli Alleati , coerenza maggiore di quella che c ' era tra l ' imperatore di Russia , il re di Prussia , l ' imperatore d ' Austria , i ministri d ' Inghilterra e il re Luigi XVIII » ? La risposta è negativa suffragata da infiniti fatti , ed appare evidente la vanità della Società delle Nazioni , per recare pace al mondo . Nel volume sulle cause e le conseguenze della guerra l ' autore , nel luglio 1915 , scriveva : « I tedeschi paiono proporsi di eccitare e di meritare un odio profondo . Tale odio è un fattore di guerra che è utile mentre questa dura ; poiché reca la necessità di una vittoria decisiva , senza la quale la pace potrebbe essere solo provvisoria e fallace . Ma né gli individui né i popoli vivono di odio ; esso non è un genere alimentare : colui che lo pasce ne è divorato » . Ciò è ora più che mai vero e non è certo coi sentimenti di odio , od altri di tal fatta che si potranno sciogliere i gravi problemi economici e sociali che premono sul mondo . Non è col gridare morte a questi o a quelli che si farà crescere la produzione ; e non è neppure coi predicozzi morali che si farà scemare il consumo ; questi possono forse avere effetto su pochi imbecilli borghesi , non mai sul grandissimo numero di individui i quali costituiscono il rimanente della popolazione , né specialmente su coloro che sanno conquistare e godersi la roba degli imbelli . Il sapere quale somma si ha « diritto » di togliere al vinto nemico preme assai meno che il conoscere quale somma esso « potrà » pagare . Lo avere confuse queste due cose non è estraneo alle prodigalità degli Stati vincitori ed al conseguente loro dissesto finanziario . Se poi dalle contese internazionali passiamo alle civili , ripeteremo che il sapere quale somma la plutocrazia - demagogica ha il « diritto » di estorcere ai risparmiatori , preme assai meno che il conoscere quale somma « può » ad essi togliere senza ferire o rovinare la produzione . Il padrone della gallina dalle uova d ' oro aveva certo il « diritto » di ucciderla , ma ha operato pel proprio vantaggio così facendo ? Può darsi benissimo che la viltà borghese non assegni verun limite alle richieste di certi salariati e dei pescicani loro capi , ma non c ' è alcun altro limite imposto dalle stesse condizioni della produzione ? Ogni diminuzione delle ore di lavoro , ogni aumento di salario conseguiti oggi sono solo scala a nuove richieste domani . Ci sono ora minatori che vogliono giornate di sei ore con , naturalmente , un aumento di paga . Si può seguitare indefinitamente a percorrere tale via ? Si può giungere , per esempio , ad un ' ora di lavoro con mille lire ( oro ) di paga giornaliera ? Evidentemente no . Dunque vi è un certo limite oltre al quale non conviene andare , e non si può trascurare tale considerazione . Pare a molti che si può trovare una ricetta esclusivamente economica e finanziaria per risanare i guai economici e finanziari , ma è vana speranza . Questi guai dipendono in gran parte dall ' ordinamento sociale e politico , e non si possono studiare indipendentemente dal caso . « Fatevi buona politica e vi farò buone finanze » , diceva un ministro ; e tale sentenza è vera in ogni paese e in ogni tempo .
IL DOVERE DEL VIVERE SOBRIO, II ( EINAUDI LUIGI , 1915 )
StampaQuotidiana ,
Quanto più la guerra procede , tanto più cresce l ' importanza della campagna a favore dell ' economia iniziata dai più autorevoli giornali inglesi , fatta propria dal governo di quel paese , ed a cui anche in Italia si rivolge oggi il consenso crescente dell ' opinione pubblica . Dall ' osservanza della più rigida economia ha finora tratto gran giovamento sovratutto la Germania , la quale deve ad essa se ha sentito scarsamente gli effetti del blocco alimentare ordinato ai suoi danni dall ' Inghilterra ; il pane kappa , il razionamento della popolazione , la campagna per utilizzare i rifiuti della cucina e della casa recarono notevole vantaggio alla resistenza economica tedesca contro gli alleati . E poiché le risorse economiche non sono inesauribili in nessun paese , neppure in Inghilterra , è naturale che anche lì si sia ripetuto il grido : fate economia ! Dal successo di questa campagna dipende , più che non si creda , la capacità di resistenza bellica delle nazioni alleate . Se l ' Inghilterra deve mantenersi in grado di aiutare finanziariamente i suoi alleati , uopo è che essa riduca al minimo i suoi acquisti all ' estero a scopo di consumo ed il consumo medesimo delle cose prodotte all ' interno ; così da diminuire il formidabile e crescente sbilancio commerciale , e da frenare l ' ascesa del cambio , che anche là comincia a farsi sentire . Da un calcolo istituito dal signor Hobson nell ' ultimo numero dell ' « Economic Journal » risulta che nei primi nove mesi di guerra l ' Inghilterra dovette vendere circa 125 milioni di lire sterline ( 3 miliardi e 350 milioni di lire nostre ) di titoli stranieri da essa posseduti per provvedere allo sbilancio economico causato dalla guerra . Se non si pone riparo con l ' economia agli eccessivi dispendi , arriverà il giorno in cui le vendite dovranno essere aumentate molto al di là di questa cifra ed il mercato nordamericano sarà incapace di assorbire le enormi partite di titoli venduti . Di qui il fervore con cui uomini di governo , giornalisti , propagandisti vanno inculcando agli inglesi la necessità di porre un freno alle loro abitudini spenderecce . È un appello , il quale deve , anche fra noi , essere rivolto a tutte le classi sociali . Alle classi alte , ricche ed agiate in primo luogo . Non si lascino esse trarre in inganno dal pregiudizio comunemente diffuso che sia loro dovere di spendere molto per dare lavoro alle masse operaie . Questo dello « spendere per dare lavoro » è un pregiudizio erroneo sempre , e massimamente in tempo di guerra . Gli economisti non affermano che gli uomini siano meritevoli di lode solo quando risparmiamo e siano biasimevoli sempre quando spendono il loro reddito . Ognuno impiega i propri redditi nel modo che ritiene più opportuno ; e dal punto di vista economico è fuor di luogo affermare che l ' atto del risparmiare sia più virtuoso dell ' atto del consumare . Per raggiungere il fine di un progresso economico generale , di un miglioramento costante nella produzione della ricchezza e nel tenor di vita degli uomini , è necessario che sia serbato un certo equilibrio fra il consumo ed il risparmio ; fa d ' uopo che , per risparmiare denaro , non si riducano gli uomini alla macilenza fisica ed alla sordidezza intellettuale e morale ; e d ' altro canto non si consumi tutto il reddito in godimenti presenti , occorrendo provvedere all ' avvenire . Queste sono verità ovvie ; ma non è inutile insistere sul punto che il ricco , il quale spende tutto il suo reddito e forse parte del suo patrimonio , non acquista perciò alcuna maggiore benemerenza , verso i poveri , di colui che risparmia . Apparentemente il ricco spendaccione sembra meritevole di maggiore lode dell ' avaro parsimonioso ; ed invero egli è lodato da servitori , camerieri , cocchieri , negozianti , parassiti , come colui che sa spendere i propri denari a beneficio altrui . Costoro guardano con disprezzo al ricco avaro che tesaurizza e pone in serbo i suoi denari , rifiutando di farne partecipe altrui . In realtà , tutti sanno che questa è solo l ' apparenza delle cose . Nel mondo moderno , in cui nessuno tesaurizza in realtà chi usa ancora riporre sottoterra i denari messi in serbo ? ma tutti risparmiano , risparmiare vuoi dire portare i propri denari alla banca o cassa di risparmio o comprare titoli o fare mutui altrui o comprare terre o case . E poiché banche e casse di risparmio non tengono inutilizzati i depositi , ma li dànno a mutuo ad industriali , commercianti , comuni bisognosi di compiere opere pubbliche ecc . ecc . ; risparmiare vuol dire fare « domanda di lavoro » altrettanto e forse più di quanto non accada consumando . Le l000 lire consumate impiegano gli operai che tessono panni o macinano il grano : ma , senza le l000 lire risparmiate , industriali tessitori e mugnai non avrebbero potuto fare le provviste di lana o di frumento , o comprare le macchine senza di cui il lavoro sarebbe stato impossibile . La quale verità acquista maggior forza in tempo di guerra . Supponiamo vi sia taluno in dubbio se gli convenga acquistare un ' automobile ovvero mettere in serbo i denari per la sottoscrizione di cartelle del futuro prestito nazionale . Quali sono le conseguenze delle due diverse maniere di agire ? Dannose alla generalità nel primo caso , utili nel secondo . Se egli acquista l ' automobile , avrà la scelta fra una marca nazionale od una marca estera . È quasi certo che egli non potrà comperare un ' automobile nazionale , tutta la produzione interna essendo accaparrata per le necessità militari . Quando vi riescisse , sarebbe a danno del paese ; il quale ha interesse che tutti gli operai ed i capitali dell ' industria automobilistica siano impiegati a crescere la resistenza contro il nemico . Egli , aumentando la domanda di maestranze e di materiali così necessari , ne aumenterebbe il prezzo e crescerebbe quindi il costo della guerra per lo stato . Né meno dannoso all ' interesse nazionale sarebbe l ' acquisto dell ' automobile all ' estero . Egli dovrebbe pagare all ' estero 10 o 20.000 lire e crescerebbe d ' altrettanto il debito commerciale dell ' Italia verso l ' estero . Colla sua azione egli : 1 ) impedirebbe all ' Italia di acquistare frumento o munizioni da guerra per altrettante somme ; ovvero 2 ) provocando una nuova domanda di divisa estera , farebbe crescere l ' aggio dell ' oro sulla cartamoneta e contribuirebbe al crescere del prezzo dei cereali , delle carni , delle lane , delle munizioni e di tutte le cose le quali noi dobbiamo comperare all ' estero . L ' azione di chi compra un ' automobile all ' estero , come di chi acquista gemme , brillanti , pizzi , vestiti , stoffe di lusso , libri , di cui la lettura è prorogabile , deve dunque essere reputata nociva alla patria . Osservazioni simili si possono fare per i nuovi impianti industriali , edilizi , per i lavori pubblici prorogabili e non ancora iniziati . Crescono , per queste richieste facilmente prorogabili , i prezzi del legname , del ferro , del cemento e di molti altri materiali , di cui il governo ha gran bisogno per le sue occorrenze militari ; si distolgono gli operai dall ' accorrere a quelle fabbricazioni di panni , di materiali bellici ed a quelle colture dei campi che sono necessarie ed urgenti nel momento attuale . Colui , il quale rinuncia all ' acquisto dell ' automobile od a qualunque altra spesa , anche di cibo o di vestito , prorogabile od evitabile , compie invece opera utile al paese . Il suo risparmio , consegnato allo stato in cambio di cartelle del prestito nazionale , è dallo stato impiegato forse ugualmente nell ' acquisto di automobili o nel riattamento di strade , nell ' ampliamento di stazioni ferroviarie o nella costruzione di ponti o di tronchi di ferrovie e quindi è rivolto a richiesta di lavoro nella stessa misura che s ' egli consumasse quella somma . Ma le automobili , le stazioni , le opere pubbliche compiute o comprate dal governo servono al fine pubblico della difesa nazionale e non al fine privato di un godimento personale , che nel momento presente è dissolvitore . Né è minore il dovere di fare economia per le classi più numerose . Purtroppo , la utilizzazione delle varie sostanze alimentari è imperfettissima nelle masse operaie . Nelle campagne si utilizzano discretamente i rifiuti con l ' allevamento di porci , di conigli , di volatili da cortile ; ma nelle città si comincia appena adesso a comprendere quali vantaggi si potrebbero ricavare dall ' allevamento , anche in piccole proporzioni , di conigli per la produzione della carne e delle pelli . Molta strada potrebbe farsi nelle città altresì con la utilizzazione orticola di tutti gli spazi vacanti , delle aree fabbricabili , che ora non dànno alcun frutto a nessuno . Del pari la diffusione di opportune regole di cucina gioverebbe ad insegnare alle madri di famiglia operaie la possibilità di trarre partito da molte sostanze alimentari ora malamente cucinate e di utilizzare gran parte di quelli che sono considerati rifiuti . Si pensi che ogni chilogrammo di farina o di carne consumato in meno o meglio utilizzato è un minor debito del paese , è un prolungamento della nostra capacità di resistenza militare ! Anche nelle file dell ' esercito combattente la campagna per l ' economia potrebbe essere feconda di utili risultati . Da lettere ricevute ho ricavato l ' impressione che la razione di pane e di carne assegnata ai soldati nella zona di guerra sia in molti casi individuali esuberante . Da un punto di vista generale è bene far così : ma ad evitare sprechi costosi , sarebbe saggio consiglio promuovere tra i soldati l ' economia , incoraggiando con opportuni riacquisti l ' utilizzazione delle razioni rimaste da consumare . Il ritorno della pace sarà accompagnato da uno stato di prosperità economica solo se durante la guerra si sarà diffusa ed accentuata l ' abitudine della economia e del risparmio . Ho già altra volta notato come , in tutti i paesi belligeranti , la guerra abbia dato luogo a fenomeni di apparente prosperità economica , dai quali importa non lasciarsi suggestionare . Una parte invero del capitale già risparmiato viene ora mutuata allo stato , il quale la spende di giorno in giorno per la condotta della guerra e la converte così in reddito dei suoi ufficiali , dei suoi soldati , dei suoi fornitori , dei suoi creditori . Ciò che era capitale si trasforma in reddito ; e cresce così la quantità delle cose che gli uomini ritengono di potere spendere . Guai a ritenere che sul serio i redditi sieno aumentati permanentemente e sia aumentata la spesa che gli uomini possono fare senza pregiudizio del loro patrimonio ! Finita la guerra e finite le spese straordinarie dello stato , i redditi torneranno ad essere quelli di prima . Anzi saranno minori , perché fu consumata una parte del capitale che era stato precedentemente risparmiato e questa parte non può più essere impiegata alla produzione di nuove ricchezze . Fa d ' uopo perciò , se non si vuole che il benessere generale scemi al ritorno della pace , che durante la guerra si cerchi di fare la maggiore economia possibile , in guisa da ricostituire i risparmi distrutti per la condotta della guerra . Supponiamo che la guerra costi all ' Italia 6 miliardi di lire . Una parte di questi 6 miliardi sarà coperta con i redditi dell ' anno , i quali , invece di alimentare operai , contadini , redditieri , alimenteranno soldati , ufficiali , lavoratori nelle fabbriche di munizioni . Una parte sarà prelevata però sul capitale già esistente ; ed è questa parte che occorre ricostituire con nuovo risparmio , affinché alla fine della guerra le banche e le casse di risparmio non si trovino nella impossibilità di soddisfare le richieste degli industriali , commercianti , agricoltori bisognosi di capitale circolante . Per fortuna , il rialzo nel saggio dell ' interesse , cagionato dalle fortissime richieste di somme a mutuo da parte degli stati belligeranti , incoraggia a risparmiare di più . Non forse tutti i risparmiatori , ma certamente parecchi di essi sono maggiormente spinti a risparmiare quando sperano di ottenere un interesse del 5% , piuttostoché solo del 3,50% . È questa una delle principali ragioni per cui i mali cagionati dalle guerre del passato si sono curati più rapidamente di quanto non prevedessero i pessimisti . Nel mondo economico molte malattie provocano il proprio rimedio . Grazie al rialzo del saggio dell ' interesse , il risparmio , invece di limitarsi ad un miliardo all ' anno , cresce ad uno e mezzo e forse due ; sicché in breve volgere di anni le ferite della guerra sono rimarginate . Gli uomini si sono stretti un po ' la cintola , hanno cambiato meno frequentemente vestiti e calzari , si sono divertiti di meno ed hanno risparmiato di più . Il ritorno ad abitudini più frugali di vita non deve però essere considerato soltanto una « dolorosa » necessità . Sotto molti rispetti esso è un beneficio economico e morale . Importa persuaderci che , risparmiando , noi non compiamo solo un atto necessario ed economicamente vantaggioso . Così operando , noi adempiamo ad un dovere verso la patria e contribuiamo al perfezionamento morale delle future generazioni .
Tornare nella strada ( Montale Eugenio , 1949 )
StampaQuotidiana ,
Il cosiddetto divorzio fra l ' arte odierna e il pubblico non è un fatto di questi giorni . Anche cinquanta , anche cento anni fa - e si potrebbe risalire ben più addietro - esisteva un ' arte per pochi , un ' arte per iniziati . Leopardi e Baudelaire non ebbero in vita entusiastici consensi e Manet dovette schiaffeggiare un suo denigratore per trasformarlo in un suo devoto famulo e mecenate . Tuttavia , nel secolo scorso , il pubblico degli iniziati era ancora un pubblico , non una pattuglia di artisti falliti . Coloro che , alla fine dell ' Ottocento , si accostavano al Parsifal e alla Tetralogia , erudendosi su ponderose « guide tematiche » e seguendo col dito i temi conduttori , erano avvocati , medici , commercianti , non sempre musicisti o poeti mancati . Oggi le cose non vanno più così . Solo l ' uomo del mestiere ( fallito o no ) , solo « l ' addetto ai lavori » può sperare di trarre non dico ricreazione , ma minor spavento da certe forme d ' arte che rifiutano categoricamente di incarnarsi in modo troppo visibile e sensibile . Andate ad ascoltare l ' Ode a Napoleone di Arnold Schönberg : un uomo recita versi di Byron ( brutti ) a voce stentorea . Il suo grido riesce e non riesce a sormontare un mare di borborigmi e di dissonanze che non ingenerano sorpresa bensì noia , perché l ' orecchio è pronto ad assuefarsi ai nuovi timbri , alle nuove stonature . Il pezzo dura a lungo , non vive durante l ' esecuzione né può sperare di vivere dopo , perché non incide in nulla che sia veramente vivo in noi . Se l ' esempio non basta , provatevi a leggere una poesia « ininterrotta » di Eluard o , peggio , di un suo seguace : vi troverete pagine composte di filze di aggettivi ( centinaia di aggettivi ) senz ' alcuno sostantivo : vi troverete liriche in cui ogni verso cammina per conto suo , ha un senso in sé , ma non lega con gli altri . La sintassi non c ' è o è respinta su un piano non pure extra - logico , ma anche extra - intuitivo . È sostenuta , tutt ' al più , da una meccanica associazione di idee . Chi legge deve fabbricarsi la poesia per conto proprio ; l ' autore non ha scelto per lui , non ha voluto qualcosa per lui , si è limitato a fornirgli una possibilità di poesia . È molto , ma è troppo poco per durare dopo la lettura . Un ' arte che distrugge la forma pretendendo di affinarla si preclude la sua seconda e maggiore vita : quella della memoria e della circolazione spicciola . E cercherò di spiegare qual è questa seconda vita dell ' arte , per non essere frainteso . È vero : l ' opera d ' arte non creata , il libro non scritto , il capolavoro che poteva nascere e non nacque sono mere astrazioni e illusioni . Un frammento di musica o di poesia , una pagina , un quadro cominciano a vivere nell ' atto della loro creazione ma compiono la loro esistenza quando vengono ricevuti , intesi o fraintesi da qualcuno : dal pubblico . Compiono la loro vita quando circolano , e non importa se la circolazione sia vasta o ristretta ; a rigore , il pubblico può essere formato da una sola persona , purché questa persona non sia l ' autore stesso . Tutti d ' accordo su questo punto , non bisogna però cader nell ' errore di credere che l ' appercezione , o consumazione , di un particolare momento o frammento espressivo debba essere necessariamente quasi sincrona al suo presentarsi a noi con un immediato rapporto di causa a effetto . Se così fosse la musica sarebbe goduta soltanto al momento dell ' esecuzione , la poesia e la pittura soltanto nel momento in cui l ' occhio si posa sul foglio stampato o sulla tela dipinta . Finita la causa , finito il narcotico , tutto cesserebbe ; si charta cadit dovrà svanire nel nulla ogni bagliore di musica o di commozione poetica . Io non dico che tale sia , consapevolmente , l ' abbaglio estetico di molti artisti moderni : ma rilevo che , conscia o no , una grossolana materializzazione del fatto artistico è alla radice di molte esperienze d ' oggi . Per essa viene del tutto misconosciuta quella che è la seconda vita dell ' arte , il suo oscuro pellegrinaggio attraverso la coscienza e la memoria degli uomini , il suo totale riflusso alla vita donde l ' arte stessa ha tratto il suo primo alimento . Sono pienamente convinto che un arabesco musicale che non è un motivo , non è un ' « idea » perché l ' orecchio non l ' avverte come tale , un tenia che non è un tema perché non sarà mai riconoscibile , un verso o una serie di versi , una situazione o una figura di romanzo che non potranno tornare mai a noi , magari alterati e contaminati , non appartengono veramente al mondo della forma , al mondo dell ' arte espressa . È questo secondo momento , di consumazione minuta e magari di fraintendimento , quello che in arte m ' interessa di più . Paradossalmente si potrebbe dire che musica pittura e poesia nascono alla comprensione quando vengono presentate , ma non vivono veramente se non hanno il potere di continuare ad agire con le loro forze al di là di tale momento , sciogliendosi , rispecchiandosi in quella particolare situazione di vita che le ha rese possibili . Godere un ' opera d ' arte o un suo momento è insomma un ritrovarla fuori sede ; solo in quell ' istante il circolo della comprensione è perfetto e l ' arte si salda con la vita come tutti i romantici hanno sognato . Io non posso vedere un codazzo d ' indifferenti a un funerale né posso sentir soffiare la bora senza ricordarmi dello Zeno di Italo Svevo ; non posso guardare alcune merveilleuses d ' oggi senza pensare a Modigliani e a Matisse ; non posso contemplare certi figli di portinaia o di mendicante senza che mi torni dinanzi il bambino ebreo di Medardo Rosso ; non posso pensare a qualche strano animale - zebra o zebù - senza che si apra in me lo Zoo di Paul Klee ; non posso incontrare chi so io - Clizia o Angela oppure ... omissis omissis - senza rivedere arcani volti di Piero e del Mantegna e senza che un verso manzoniano ( « era folgore l ' aspetto » ) mi avvampi la memoria ; e neppure posso - se scendo di qualche gradino - individuare alcuni episodi dell ' eterna lotta fra il diavolo e l ' acqua santa senza sentirmi in cuore ( con la voce di Rosina Storchio ) l ' avvolgente , felino miagolio dell ' aria di San Sulpizio . Fin qui ho dato esempi chiari ma forse troppo ovvi di ciò che io intendo per circolazione di un momento espressivo o di un ' intera figura d ' artista , riassunta in suo atteggiamento ; ma non occorre pensare a nomi grossi per spiegare l ' intensità del fenomeno . Non c ' è frase musicale o poetica , figura dipinta o raccontata che non abbiano fatto presa , che non abbiano inciso su una vita , modificato un destino , alleviato o aggravato un dolore . Infiniti amori sono sorti fra le spire di un motivuccio volgare , infinite tragedie si sono suggellate con le battute di una canzonetta , di uno spiritual negro o con un verso di cui nessun altro ( forse nemmeno l ' autore ) si ricordava più . Si badi ; io non dico che l ' arte e particolarmente la musica e la poesia debbano essere facilmente mnemoniche , ricordabili . È un ' opinione che , in fatto di poesia , ho visto attribuire , in una intervista , all ' onorevole Palmiro Togliatti , e quando l ' ho letta mi sono rallegrato di non figurare tra gli zelatori di quell ' esteta ( e di quell ' uomo ) . Se essa fosse giusta , il Chiabrera batterebbe il Petrarca . Metastasio rivenderebbe Shakespeare e le poesie di Alice nel paese delle meraviglie metterebbero nel sacco tutte le odi di John Keats . Ma dico che ha adempiuto il suo fine e ha raggiunto la Forma qualsiasi espressione che abbia avuto , presso qualcuno , un effetto taumaturgico , liberatore : un effetto di liberazione e di comprensione del mondo . Ripeto che tali effetti si raggiungono a distanza e soo imprevedibili . Talora un grande artista , come Proust ossessionato dalla « petite phrase » di Vinteuil ( Franck o Gabriel Fauré ? ) , può costruire tutto un mondo su una reminiscenza , può organizzarla , riportarla a un suo modo particolare di vivere ; ma non è necessario ' giungere a tanto perché l ' arte s ' intruda in noi e continui nel nostro petto un ' esistenza assurda e incalcolabile . E non direi nemmeno che la seconda vita dell ' arte sia in relazione a un ' obiettiva vitalità e importanza dell ' arte stessa . Si può affrontare la morte per una nobilissima causa fischiettando « Funiculì funiculà » : si può ricordare un verso di Catullo entrando in un ' austera cattedrale ; si può seguire un profano desiderio anche associandolo a un ' aria di Haendel piena d ' unzione religiosa ; si può essere fulminati da una cariatide dell ' Erettèion facendo coda allo sportello delle tasse ; ci si può ricordare un verso del Poliziano persino in giorni di follie e di carneficina . Tutto è malcerto , nulla è necessario nel mondo delle rifrazioni artistiche ; l ' unica necessità è che tale rifrazione prima o poi sia resa possibile . Gli artisti moderni ( non parlo di tutti ) che per naturale impotenza o per il terrore di entrare in strade già battute o per un malinteso rispetto all ' ineffabilità della vita si rifiutano di darle una forma ; coloro che respingono deliberatamente ogni piacevolezza dal suono , ogni figuratività dalla pittura , ogni progressione sintattica dall ' arte della parola , si condannano semplicemente a questo : a non circolare , a non esistere per nessuno . Venuta meno la possibilità delle grandi comunioni fra pubblico e artisti , essi respingono anche quell ' ultima ipotesi di socialità che ha sempre un ' arte nata dalla vita : di tornare alla vita , di servire all ' uomo , di contare qualcosa per l ' uomo . Lavorano come i castori , traforando il visibile e l ' invisibile , spinti da un impulso automatico o da un ' oscura urgenza di sfogo o dal bisogno di costruirsi un riparo buio , sempre più buio , sempre più nascosto . Ma non si salveranno mai se non avranno il coraggio di tornare alla luce e di fissare in volto gli altri uomini ; non si salveranno se , usciti dalla strada e non dai musei , non avranno il coraggio di dir parole che possano tornare nella strada .