StampaQuotidiana ,
Cinquantaduesima
Mostra
di
Venezia
,
nell
'
anno
in
cui
il
cinema
compie
un
secolo
:
anniversario
celebrato
con
una
quantità
di
Leoni
d
'
oro
alla
carriera
esagerata
come
uno
spettacolo
di
fuochi
d
'
artificio
,
con
scarsi
film
storici
tra
cui
quel
Voyage
au
Congo
che
nel
1927
segnò
l
'
impegno
sociale
di
André
Gide
,
la
sua
evasione
da
Parigi
,
la
sua
amicizia
ardente
con
Marc
Allegret
.
Polemiche
,
al
solito
:
da
sempre
sono
il
divertimento
,
la
vitalità
,
il
dibattito
culturale
e
la
cocaina
del
festival
.
Piccole
opere
prime
,
kolossal
americani
d
'
azione
,
pochi
Maestri
,
numerosi
debuttanti
.
Il
programma
della
Mostra
somiglia
a
quello
d
'
ogni
altra
manifestazione
cinematografica
internazionale
;
i
modi
,
le
strutture
e
i
mezzi
con
cui
il
festival
viene
realizzato
dal
direttore
Gillo
Pontecorvo
e
dai
suoi
collaboratori
sono
i
più
indigenti
e
artigianali
al
mondo
,
i
più
ispirati
all
'
arte
italiana
di
arrangiarsi
.
Ma
se
tradizionalmente
la
Mostra
di
Venezia
inaugura
in
Italia
la
nuova
stagione
del
cinema
,
trova
quest
'
anno
un
paesaggio
diverso
.
Gli
spettatori
seguitano
a
crescere
di
numero
,
i
film
vanno
diventando
sempre
più
un
prodotto
abituale
,
un
arredo
domestico
.
Seguendo
l
'
esempio
del
quotidiano
«
l
'
Unità
»
,
che
settimanalmente
ha
unito
al
giornale
cassette
di
film
italiani
,
da
questo
autunno
offrono
videocassette
ai
propri
lettori
pure
«
L
'
Espresso
»
,
«
Panorama
»
,
«
la
Repubblica
»
:
contemporaneamente
i
prezzi
delle
cassette
non
legate
ai
giornali
diminuiscono
e
i
consumi
si
allargano
,
la
conoscenza
del
cinema
del
passato
remoto
o
recente
si
moltiplica
come
in
uno
sterminato
cineclub
di
massa
,
la
familiarità
con
una
narrazione
per
immagini
non
televisiva
si
estende
.
È
un
possibile
rischio
per
i
cinematografi
,
un
'
ulteriore
ferita
al
cinema
visto
su
quel
grande
schermo
che
è
la
sua
destinazione
naturale
e
migliore
,
un
vantaggio
?
Assai
dolcemente
,
piano
piano
,
con
molte
buone
volontà
,
si
scivola
all
'
indietro
?
«
S
'
è
alzato
un
vento
negativo
contro
la
Mostra
»
,
dice
il
direttore
Pontecorvo
.
Aggiunge
:
«
Il
cinema
mondiale
è
malato
,
giunto
al
secondo
secolo
soffre
di
declino
creativo
,
per
curarlo
e
aiutarlo
a
sopravvivere
i
festival
debbono
cambiare
,
venir
svecchiati
e
rivoluzionati
radicalmente
»
.
Intanto
la
Mostra
taglia
all
'
ultimo
minuto
di
due
milioni
a
testa
i
compensi
dei
suoi
collaboratori
,
e
si
trova
mutilata
della
Settimana
della
Critica
organizzata
dal
sindacato
dei
critici
cinematografici
:
durata
per
undici
anni
con
intenti
alternativi
,
segnata
nell
'
ultimo
biennio
da
una
ferma
opposizione
alla
Mostra
,
la
rassegna
risulta
d
'
improvviso
svanita
,
evaporata
,
polverizzata
,
s
'
è
dissolta
senza
una
parola
di
spiegazione
e
forse
senza
troppi
rimpianti
.
Intanto
,
le
istituzioni
veneziane
o
nazionali
paiono
rispetto
al
festival
remotissime
,
disattente
,
noncuranti
:
in
fondo
il
cinema
politicamente
non
interessa
,
in
Italia
mette
insieme
cento
milioni
di
spettatori
in
un
anno
,
quanti
tutte
le
tv
possono
raccoglierne
in
una
settimana
o
anche
meno
;
in
fondo
la
Mostra
è
una
faccenda
da
neppure
dieci
miliardi
,
troppo
poco
per
suscitare
forti
appetiti
o
procurare
vero
potere
;
in
fondo
il
governo
attuale
è
tecnico
,
precario
...
Nella
crescente
localizzazione
,
si
riaffonda
in
ripicche
anguste
,
dispetti
burocratici
,
baruffe
,
suscettibilità
,
inerzie
,
ostilità
provinciali
che
le
idee
riformatrici
e
il
cosmopolitismo
elegante
del
direttore
Pontecorvo
faticano
a
sormontare
.
Ma
resta
intatta
la
postmodernità
che
fa
dei
festival
un
grande
supermarket
dove
c
'
è
di
tutto
e
di
più
,
diventa
sempre
più
accesa
la
frenesia
promozionale
intorno
ai
film
americani
:
Denzel
Washington
avrà
appena
fatto
in
tempo
a
partecipare
alla
serata
inaugurale
della
Mostra
che
deve
ripartire
per
il
festival
Usa
di
Deauville
,
dove
lui
e
Crimson
Tide
-
Allarme
rosso
sono
protagonisti
il
primo
settembre
;
Kevin
Costner
e
Dennis
Hopper
di
Waterworld
quasi
non
avranno
modo
di
disfare
le
valige
,
se
il
31
agosto
sono
a
Venezia
,
il
3
settembre
li
aspettano
a
Deauville
;
va
più
o
meno
nello
stesso
modo
per
Jennifer
Jason
Leigh
e
Kathy
Bates
di
Dolores
Claiborne
-
L
'
ultima
eclissi
,
per
Tom
Hanks
di
Apollo
13
,
per
Sean
Penn
regista
e
per
Jack
Nicholson
protagonista
di
The
Crossing
Guard
:
il
primo
settembre
a
Venezia
,
il
nove
a
Deauville
.
Insomma
,
un
tour
quasi
simultaneo
di
pubblicità
gratuita
per
kolossal
o
non
kolossal
che
usciranno
subito
sui
mercati
italiano
,
francese
,
dell
'
Europa
meridionale
:
siamo
qui
per
questo
?
StampaQuotidiana ,
NEI
FEUDI
DEI
MIEI
TIGROTTI
Da
Foggia
a
Napoli
,
26
maggio
.
Ore
7
Battista
mi
sveglia
chiamandomi
coi
nomi
più
dolci
.
Mi
alzo
e
indosso
le
mutandine
di
ciclista
.
Partenza
comoda
,
stamane
.
Alle
8
.
Ne
approfitto
per
riassumere
gli
avvenimenti
più
notevoli
di
ieri
sera
.
Continuano
le
disavventure
del
giornalista
francese
che
segue
il
Giro
con
un
grosso
baule
.
Giorni
fa
,
come
vi
dissi
,
nel
mostrare
ai
colleghi
italiani
la
praticità
del
suo
bagaglio
si
accorse
che
nell
'
interno
di
esso
si
era
rotta
una
capace
bottiglia
d
'
inchiostro
,
il
cui
contenuto
aveva
invaso
il
reparto
biancheria
.
Ieri
il
francese
volle
far
vedere
la
praticità
della
chiusura
automatica
del
baule
.
Fra
l
'
ammirazione
dei
circostanti
il
baule
si
chiuse
con
la
chiave
dentro
.
Ora
il
disgraziato
giornalista
continua
a
seguire
il
Giro
con
l
'
ingombrante
baule
che
non
si
aprirà
mai
più
.
GLI
AUTOGRAFI
DI
BATTISTA
.
Ore
7,30
Faccio
fare
il
bagno
alla
bicicletta
,
tra
i
dolci
rimproveri
del
personale
di
servizio
.
Ore
7,45
Battista
si
affaccia
alla
finestra
e
getta
nella
strada
fotografie
con
firma
.
Egli
ha
visto
ieri
Antonino
Magne
che
dalla
finestra
lanciava
alla
ragazzaglia
tumultuante
sue
fotografie
firmate
.
Poiché
il
mio
fido
servitore
non
possiede
sue
fotografie
,
getta
alla
folla
fotografie
di
una
sua
zia
,
dalla
quale
spera
di
ereditare
un
giorno
una
cospicua
sostanza
.
La
folla
emette
urla
di
gioia
selvagge
e
si
accendono
zuffe
sanguinose
per
afferrare
a
volo
le
fotografie
della
zia
di
Battista
.
Ore
7,50
Scorgo
il
signor
Cicolella
,
proprietario
dell
'
albergo
,
aggirarsi
in
papalina
tra
la
folla
tumultuante
nel
vestibolo
,
giurando
che
mai
più
darà
alloggio
alla
carovana
del
Giro
d
'
Italia
.
Ore
8,3
Partenza
.
Dalla
folla
si
levano
grida
di
«
Viva
Riccò
!
Viva
Ranieri
!
»
.
Siamo
nei
feudi
dei
miei
tigrotti
.
Il
Canguro
delle
Puglie
e
l
'
Armadillo
di
Brindisi
restano
indietro
,
certo
per
sentire
più
a
lungo
risuonare
nelle
loro
orecchie
le
dolci
e
inconsuete
grida
.
Battista
,
livido
,
si
tura
le
orecchie
con
la
bambagia
,
sebbene
in
questa
tappa
non
ci
siano
da
scalare
montagne
troppo
alte
.
Ore
8,30
Percorriamo
ad
andatura
ragionevole
il
lungo
rettilineo
che
unisce
Foggia
a
Lucera
.
Ai
due
Iati
,
immense
pianure
coltivate
a
grano
e
papaveri
.
Ore
8,50
Incomincia
la
salita
.
Si
rifà
in
senso
inverso
un
pezzo
della
tappa
di
ieri
l
'
altro
.
Averlo
saputo
!
esclama
Battista
:
Avrei
aspettato
qui
.
Ore
9,25
In
questo
momento
preciso
Improta
si
lancia
su
per
la
ripida
salita
come
una
palla
di
cannone
.
Ma
è
impazzito
?
Ma
che
fa
?
Lo
richiamo
all
'
ordine
.
Il
Leopardo
di
San
Giovanni
a
Teduccio
non
mi
dà
ascolto
.
Ore
9,26
Crocella
di
Motti
.
Comincia
la
discesa
.
Il
Leopardo
raggiunge
il
gruppo
di
testa
.
Ad
ogni
curva
mi
pare
di
sentire
che
emetta
un
ruggito
.
Tendo
l
'
orecchio
.
M
'
ero
sbagliato
.
Sono
i
freni
della
bicicletta
.
Ore
9,40
A
Volturara
Appula
abbandoniamo
la
strada
percorsa
ieri
l
'
altro
e
puntiamo
su
Benevento
.
Comincia
la
salita
.
Battista
perde
terreno
e
lo
sento
mormorare
:
Chi
lascia
la
via
vecchia
per
la
nuova
spesso
male
si
ritrova
.
Addio
,
immensa
,
grigia
,
misteriosa
Puglia
,
sterminata
pianura
dalle
strade
infinite
,
che
pesanti
carriaggi
percorrono
lentamente
.
Le
tue
donne
ardenti
,
i
tuoi
Cresi
pingui
e
pallidi
,
i
tuoi
giocatori
di
carte
,
i
cabalisti
,
i
maghi
,
gli
stregoni
,
svaniscono
all
'
orizzonte
,
tra
la
folla
multicolore
dei
tuoi
lavoratori
della
terra
.
L
'
UPUPA
DELLE
GALLIE
.
Ore
11,30
È
proprio
vero
che
l
'
aria
nativa
fa
bene
.
Avvicinandoci
alla
Campania
,
anche
Perna
e
Liguori
sentano
ingigantire
le
proprie
forze
e
ben
presto
il
Puma
di
Cercola
e
il
Giaguaro
di
Barra
raggiungono
il
Leopardo
di
San
Giovanni
a
Teduccio
.
Il
potente
sodalizio
dei
«
Sempre
in
coda
»
comincia
a
mostrare
delle
crepe
.
Ma
per
fortuna
mi
restano
i
fidi
:
il
Diavolo
Posso
,
il
Canguro
delle
Puglie
,
l
'
Armadillo
di
Brindisi
,
il
Fenicottero
di
Ostiglia
e
Godinat
,
che
,
per
premiarlo
della
disciplina
con
cui
conserva
il
suo
posto
in
coda
,
battezzo
«
L
'
Upupa
delle
Gallie
»
.
Il
nome
di
battaglia
gli
va
a
pennello
.
Anche
perché
il
valoroso
ciclista
francese
ogni
volta
che
si
vede
sorpassare
da
un
altro
corridore
geme
lugubremente
,
sì
da
ricordare
in
certo
modo
il
noto
uccello
.
Ore
11,35
A
San
Marco
dei
Cavoti
firma
e
rifornimento
.
Battista
,
per
essere
più
leggero
,
si
libera
della
maglia
e
fila
via
a
torso
nudo
.
Lo
sorprendo
mentre
offre
a
Base
di
tirarlo
in
salita
dietro
compenso
.
Ore
11,40
Continua
la
strada
orribile
:
tutta
sassi
,
buche
,
gobbe
e
avvallamenti
.
Ma
domando
a
De
Maestri
,
gigantesco
membro
della
Giuria
che
segue
il
Giro
armato
di
un
frustino
da
cavallerizzo
(
forse
,
ma
non
ne
sono
sicuro
,
per
aizzare
i
ciclisti
)
ma
dove
avete
trovato
una
simile
stradaccia
?
E
De
Maestri
:
Sapesse
quanto
abbiamo
dovuto
girare
per
trovarla
!
Ore
12
Il
contegno
dei
miei
tigrotti
napoletani
è
sempre
più
riprovevole
.
A
Pescolomazzo
insieme
con
le
scritte
di
«
Viva
Binda
!
»
e
«
Viva
Guerra
!
»
ne
scorgo
una
di
«
Viva
Liguori
!
»
ed
altre
inneggianti
a
Improta
e
Perna
.
Farò
un
'
inchiesta
severissima
per
sapere
chi
le
ha
attaccate
.
Ore
12,40
Tre
passaggi
a
livello
uno
dopo
l
'
altro
.
Ligio
ai
regolamenti
stradali
,
scendo
di
bicicletta
ed
esploro
la
strada
ferrata
prima
di
traversarla
.
Piglio
tre
grifi
.
Ore
12,45
Benevento
.
Battista
,
che
pedala
a
torso
nudo
con
la
consueta
dignità
;
viene
fatto
segno
a
una
dimostrazione
ostile
.
Ore
13,14
Schiaccio
il
mio
solito
pisolino
appoggiato
al
manubrio
della
bicicletta
.
Quando
riapro
gli
occhi
siamo
a
Maddaloni
.
TRE
COLPI
DI
CANNONE
MI
SALUTANO
.
Ore
14,10
In
uno
di
questi
paesi
hanno
avuto
un
pensiero
molto
gentile
:
hanno
fatto
trovare
tavole
apparecchiate
e
pranzo
per
tutti
i
corridori
.
Purtroppo
andavamo
in
fretta
e
non
abbiamo
potuto
accettare
l
'
invito
,
sebbene
gli
anfitrioni
ripetessero
ad
ogni
ciclista
con
cortese
insistenza
:
Si
accomodi
;
venga
a
fare
penitenza
con
noi
.
Ore
14,20
Caserta
.
Battista
sente
che
Di
Paco
s
'
è
ritirato
,
e
accelera
;
per
essere
più
leggero
,
si
libera
del
berretto
e
medita
di
tagliarsi
i
favoriti
.
Visito
il
Palazzo
Reale
e
il
Parco
disegnato
dal
Vanvitelli
,
e
via
.
Ore
14,38
-
Caivano
.
Una
delusione
attende
Battista
.
Caivano
è
tutta
per
Guerra
.
Piglio
un
gri
....
Continuate
voi
.
La
Locomotiva
Umana
pedala
veloce
.
Nel
guardarla
,
mi
sorprendo
a
mormorare
i
versi
di
G
.
Cumo
(
musica
di
O
.
Paolini
)
:
Vola
sul
pian
Nell
'
uragan
.
Non
ha
rival
Non
ha
l
'
egual
.
Col
suo
valor
Modesto
ognor
.
Ore
14,40
Cardito
,
celebre
per
i
suoi
latticinî
.
Battista
,
per
farsi
tirare
,
ordina
una
mozzarella
in
carrozza
.
Ore
15
Napoli
!
Tre
colpi
di
cannone
salutano
il
mio
ingresso
in
città
:
uno
per
me
,
uno
per
Battista
e
uno
per
la
mia
squadra
.
Avanziamo
fra
due
ali
di
popolo
festante
.
Un
cocchiere
mi
segue
offrendomi
la
vettura
.
Ma
non
vede
che
sono
in
bicicletta
?
Peccato
che
abbiano
tolto
dalle
strade
gli
scugnizzi
.
Mi
piacerebbe
vederli
far
le
capriole
accanto
al
mio
velocipede
.
Ore
15,10
Battista
,
che
per
essere
più
leggero
si
era
liberato
delle
mutandine
,
taglia
il
traguardo
in
costume
adamitico
.
Il
momento
è
drammaticissimo
,
ma
per
fortuna
i
bianchi
favoriti
salvano
la
situazione
.
Vengo
informato
che
l
'
idea
di
tagliare
il
traguardo
è
venuta
prima
di
me
alla
Locomotiva
umana
.
I
PASTORI
ACCENDONO
FUOCHI
.
Ore
19
Di
Gerbi
ancora
nessuna
notizia
.
Ore
20
Vi
trasmetto
la
classifica
della
mia
squadra
,
fino
a
questo
momento
:
l
°
Vincenzi
(
730
della
classifica
generale
)
,
2°
Ranieri
(
720
)
,
3°
Reina
(
710
)
,
4°
Riccò
(
700
)
,
5°
Valente
(
690
)
,
6°
Menegazzi
(
68°
)
,
7°
Perita
(
650
)
,
8°
Improta
(
540
)
,
9°
Godinat
(
490
)
,
10°
Liguori
(
410
)
,
11°
Battista
(
fuori
classe
)
.
Vincenzi
fa
un
bel
salto
in
avanti
:
da
quinto
diventa
primo
in
classifica
(
ed
ultimo
nella
classifica
generale
)
,
a
causa
del
ritardo
di
Gerbi
.
Tuttavia
teniamo
il
posto
a
disposizione
del
Diavolo
Rosso
,
che
potrebbe
arrivare
da
un
momento
all
'
altro
e
reclamare
i
suoi
diritti
.
Il
«
caso
»
Improta
ed
il
«
caso
»
Liguori
saranno
esaminati
domani
in
seduta
segreta
.
Ore
22
Di
Gerbi
non
si
sa
ancora
nulla
.
La
notte
è
calata
.
.
I
pastori
accendono
fuochi
sulle
montagne
per
indicargli
la
strada
.
StampaQuotidiana ,
Il
Cairo
,
10
giugno
-
Questa
è
la
storia
di
una
disfatta
-
lampo
,
che
ho
seguito
minuto
per
minuto
dalla
capitale
sconfitta
.
La
guerra
è
durata
sì
e
no
100
ore
,
ma
in
realtà
tutto
si
è
risolto
nei
primi
70
minuti
,
tra
le
9
e
le
10
di
lunedì
5
giugno
.
Nei
giorni
in
cui
gli
aerei
israeliani
sorvolavano
il
Cairo
tranquillamente
,
picchiando
qua
e
là
sugli
obbiettivi
militari
alla
periferia
della
capitale
,
noi
giornalisti
potevamo
sì
scrivere
altrettanto
tranquillamente
i
nostri
articoli
:
ma
essi
finivano
nei
cassetti
dei
censori
.
Soltanto
alcuni
brandelli
arrivavano
a
destinazione
.
Ecco
quindi
il
diario
di
una
guerra
,
perduta
prima
che
le
sirene
d
'
allarme
suonassero
,
e
gli
appunti
di
un
reportage
mancato
.
Questa
è
anche
la
storia
di
come
un
regime
ha
rischiato
e
rischia
di
crollare
.
Lunedì
5
giugno
.
Ore
10
-
La
guerra
è
scoppiata
un
'
ora
fa
.
Alle
prime
esplosioni
,
ai
primi
fiocchi
della
contraerea
,
ho
pensato
ad
una
esercitazione
.
È
un
egiziano
che
mi
ha
tolto
ogni
illusione
in
una
via
del
centro
.
Ascoltava
un
transistor
,
fermo
sul
marciapiede
,
urtato
dalla
folla
spaurita
.
«
Ci
siamo
!
Eccoli
,
ci
siamo
.
»
Pareva
sollevato
.
I
22
giorni
di
attesa
avevano
logorato
i
nervi
di
tutti
.
Una
ondata
di
panico
e
di
gioia
ha
travolto
la
città
.
Nasser
ha
subito
raggiunto
il
grande
bunker
dello
Stato
Maggiore
,
scavato
in
un
luogo
tenuto
segreto
,
nella
città
.
I
segnali
d
'
allarme
sono
scattati
alle
9.20
.
Troppo
tardi
per
vincere
una
guerra
.
Abbastanza
tardi
per
perderla
definitivamente
.
Il
sole
era
già
alto
sulle
Piramidi
.
Nella
mastodontica
acciaieria
di
Eluan
,
sulle
rive
del
Nilo
,
gli
operai
erano
al
lavoro
da
tempo
.
Radio
Cairo
annuncia
40
aerei
israeliani
abbattuti
.
La
folla
urla
per
la
gioia
,
non
ha
più
paura
delle
esplosioni
,
dei
vetri
che
vibrano
,
dell
'
antiaerea
piuttosto
fiacca
,
che
colpisce
il
cielo
vuoto
con
piccole
nuvole
di
fumo
nerastro
.
Si
parla
di
una
battaglia
aerea
in
corso
sul
Cairo
.
Tutti
guardano
in
su
,
inutilmente
,
cercando
di
intravedere
almeno
un
jet
.
Nulla
.
Ore
13
-
La
mancata
reazione
aerea
egiziana
è
significativa
.
Nasser
ha
perduto
la
prima
battaglia
,
forse
la
guerra
.
Gli
occhi
gonfi
dal
sonno
,
i
nervi
a
pezzi
per
la
lunga
interminabile
attesa
,
i
500
piloti
della
RAU
,
dispersi
nelle
basi
attorno
alla
capitale
disseminate
lungo
la
valle
del
deserto
del
Nilo
,
non
hanno
avuto
il
tempo
di
far
decollare
i
loro
jet
.
Da
22
giorni
,
dall
'
inizio
della
crisi
esplosa
il
13
maggio
,
tutti
erano
in
stato
d
'
allerta
.
È
per
stanotte
,
è
per
domani
.
Attaccano
,
attacchiamo
.
L
'
usura
dei
nervi
pesava
sugli
aviatori
addestrati
nell
'
Unione
Sovietica
,
ma
come
orientali
,
facili
alle
emozioni
.
Mentre
in
Israele
,
da
giorni
,
l
'
aviazione
era
continuamente
in
cielo
per
evitare
l
'
attacco
di
sorpresa
,
qui
i
Mig
e
i
Sukoi
erano
sulle
piste
di
volo
.
Tutti
avevano
fiducia
nei
dispositivi
d
'
allarme
nei
radar
disseminati
tra
il
confine
e
il
Cairo
.
Ma
gli
israeliani
hanno
giocato
d
'
astuzia
,
favoriti
dalla
qualità
umana
e
dalla
preparazione
tecnica
.
Chi
ha
visto
i
primi
jet
arrivare
sulla
capitale
ha
giurato
:
«
Sembrava
che
sfiorassero
gli
alberi
,
le
case
»
.
E
volando
raso
terra
,
a
una
quota
inferiore
ai
300
metri
,
che
i
piloti
di
Tel
Aviv
hanno
superato
senza
essere
intercettati
lo
sbarramento
radar
egiziano
.
Quando
le
sirene
hanno
suonato
,
quando
l
'
allarme
ha
fatto
scattare
i
piloti
,
cadevano
già
le
prime
bombe
.
Le
raffiche
delle
mitragliere
avevano
già
distrutto
gran
parte
dell
'
aviazione
egiziana
,
al
suolo
.
Pochi
giorni
fa
,
durante
un
incontro
con
Nasser
,
quei
piloti
,
figli
di
contadini
,
scelti
fra
i
più
solidi
e
svelti
esemplari
della
gioventù
egiziana
,
avevano
parlato
chiaro
.
Il
primo
che
sparerà
avrà
vinto
la
battaglia
,
quella
decisiva
.
La
sorpresa
:
ecco
l
'
ossessione
costante
,
da
questa
e
quella
parte
.
Bisognava
quindi
attaccare
e
non
aspettare
di
essere
attaccati
.
Il
leader
della
RAU
aveva
sorriso
compiaciuto
di
fronte
a
questa
impazienza
.
Ex
insegnante
all
'
accademia
militare
,
ufficiale
lui
stesso
,
capiva
e
ammirava
quel
desiderio
di
agire
al
più
presto
.
Ma
in
lui
ha
prevalso
,
senza
dubbio
,
l
'
uomo
politico
,
ormai
portato
a
credere
molto
di
più
nella
diplomazia
,
anche
la
più
rischiosa
e
violenta
,
che
nelle
armi
.
I
soldati
,
i
jet
,
i
carri
armati
,
le
navi
,
sì
,
certo
,
sono
necessari
:
ma
sono
indispensabili
per
le
parate
militari
e
per
la
propaganda
.
L
'
entusiasmo
fino
a
questo
momento
è
ancora
alto
nella
città
,
ma
dai
comunicati
che
annunciano
gravi
perdite
nemiche
si
capisce
l
'
imminente
disfatta
.
Il
generale
Mortaghi
,
che
prima
dell
'
inizio
delle
ostilità
aveva
diffuso
dal
fronte
del
Sinai
i
primi
bollettini
di
guerra
(
«
Soldati
,
il
mondo
vi
guarda
»
)
adesso
tace
.
Non
dà
neppure
la
notizia
dell
'
attacco
nemico
.
La
radio
diffonde
comunicati
dal
Cairo
,
preparati
nel
bunker
dello
Stato
Maggiore
.
Ore
19
-
«
Stasera
appuntamento
a
Tel
Aviv
.
»
Lo
slogan
di
stamattina
adesso
suona
sinistro
per
gli
egiziani
.
All
'
entusiasmo
è
subentrata
una
sensazione
di
impotenza
.
Senza
aerei
,
un
esercito
è
come
castrato
.
Ma
qui
si
spera
ancora
.
Lungo
il
Nilo
,
gruppi
di
ragazzi
urlano
di
gioia
ad
ogni
colonna
di
fumo
che
si
alza
oltre
i
limiti
della
città
.
Gli
adulti
,
uomini
e
donne
,
sono
meno
entusiasti
:
capiscono
che
sono
bombe
lanciate
su
territorio
egiziano
.
E
infatti
martellano
le
basi
aeree
localizzate
da
tempo
dai
servizi
segreti
israeliani
.
Si
comincia
a
parlare
di
un
intervento
anglo
-
americano
.
Un
collega
della
televisione
USA
cerca
di
avere
un
ponte
-
radio
con
Londra
,
per
trasmettere
le
ultime
notizie
,
ma
un
funzionario
dice
:
«
Lei
è
americano
,
non
può
più
parlare
,
non
può
più
lavorare
nel
nostro
Paese
»
.
Ore
23
-
Siamo
tutti
nel
rifugio
dell
'
albergo
,
al
buio
,
silenziosi
,
e
per
passare
il
tempo
contiamo
le
esplosioni
.
Le
cameriere
si
sono
trasformate
in
crocerossine
,
con
una
fascia
e
una
mezzaluna
sul
braccio
.
Il
ragazzo
dell
'
ascensore
è
adesso
una
«
guardia
della
resistenza
civile
»
.
Davanti
all
'
ingresso
hanno
ammonticchiato
qualche
sacco
di
sabbia
.
Le
finestre
sono
dipinte
di
blu
.
Scrivo
questi
appunti
al
lume
di
una
candela
comperata
in
un
negozio
con
gli
scaffali
ormai
vuoti
.
La
radio
trasmette
musiche
militari
.
Non
ci
sono
notizie
dal
fronte
.
Ma
si
sa
che
El
Arish
,
nel
nord
del
Sinai
,
è
stata
investita
ed
occupata
dagli
israeliani
.
Era
là
,
in
quel
pezzo
di
deserto
che
si
affaccia
sul
Mediterraneo
,
che
il
generale
Shazly
sperava
di
manovrare
come
Rommel
.
Durante
un
breve
incontro
,
giorni
fa
,
alla
mensa
ufficiali
di
El
Arish
,
proprio
dove
adesso
sventola
la
bandiera
israeliana
,
il
giovane
generale
mi
disse
con
un
sorriso
:
«
Questa
volta
abbiamo
l
'
aviazione
.
Siamo
forti
»
.
Ma
l
'
aviazione
è
stata
annientata
in
pochi
minuti
a
terra
.
Si
dice
che
più
del
75
per
cento
dei
Mig
e
dei
bombardieri
made
in
URSS
sono
stati
immobilizzati
al
suolo
.
Si
combatte
anche
a
Gaza
,
dove
il
generale
Hussni
,
comandante
della
piazza
,
mi
ha
detto
giorni
fa
:
«
La
città
è
in
armi
.
Ragazzi
,
donne
,
uomini
.
Questa
volta
potremo
batterci
»
.
E
che
è
accaduto
dei
profughi
palestinesi
che
baciando
il
fucile
mi
avevano
giurato
:
«
Tra
pochi
giorni
saremo
a
Giaffa
»
?
Le
sempre
più
dure
accuse
lanciate
contro
gli
anglo
-
americani
,
nelle
ultime
ore
,
fanno
chiaramente
capire
che
si
è
alla
vigilia
di
una
disfatta
.
Che
Nasser
tenta
una
diversione
politica
.
Tutti
i
colleghi
americani
sono
stati
rinchiusi
all
'
hotel
Nilo
,
da
dove
non
possono
comunicare
con
l
'
esterno
.
Martedì
6
giugno
.
Ore
2
-
Sulla
città
pesa
un
buio
denso
.
Ho
attraversato
la
Kasrelnil
a
tastoni
,
camminando
con
le
mani
tese
in
avanti
.
Non
c
'
è
neppure
la
luna
.
Ho
acceso
un
fiammifero
e
subito
mi
sono
piombati
addosso
tre
uomini
della
difesa
civile
spuntati
da
chissà
dove
.
Ho
appena
saputo
che
503
ebrei
sono
stati
arrestati
ieri
sera
.
Quasi
tutti
i
maschi
dai
17
ai
50
anni
della
comunità
israelita
del
Cairo
che
conta
non
più
di
tremila
persone
.
Anche
gli
arabi
che
frequentavano
abitualmente
l
'
ambasciata
americana
sono
stati
prelevati
e
portati
via
.
Sono
appena
17
ore
ch
'
è
cominciata
la
guerra
.
Ore
12
-
Adesso
la
radio
tace
.
Trasmette
marce
militari
e
musiche
da
requiem
di
Berlioz
.
Nessuna
notizia
.
Gli
striscioni
di
tela
tesi
lungo
le
strade
del
centro
,
sui
quali
i
negozianti
hanno
scritto
slogans
anti
-
israeliani
,
sono
sbatacchiati
dal
vento
caldo
del
deserto
.
La
città
aspetta
che
Nasser
parli
.
E
che
i
transistors
parlino
delle
vittorie
promesse
.
Nella
notte
Nasser
ha
avuto
un
colloquio
drammatico
al
telefono
con
Breznev
.
Finita
la
comunicazione
con
Mosca
,
il
rais
pareva
esausto
,
sconsolato
.
Ha
chiamato
re
Hussein
ad
Amman
.
Anche
questo
colloquio
è
stato
drammatico
.
Il
piccolo
re
giordano
dice
che
non
ce
la
fa
a
contenere
le
truppe
israeliane
.
Al
telegrafo
i
funzionari
afferrano
i
nostri
cablo
e
li
gettano
in
un
angolo
,
tra
centinaia
di
altri
fogli
.
È
inutile
cercare
gli
amici
egiziani
al
telefono
.
Nessuno
risponde
.
Ore
19
-
Protetta
da
centinaia
di
soldati
e
poliziotti
,
l
'
ambasciata
USA
è
ora
definitivamente
chiusa
.
Sono
gli
spagnoli
che
curano
gli
interessi
dei
cittadini
americani
.
Rotti
i
rapporti
diplomatici
,
rinchiusi
qua
e
là
in
alberghi
i
petrolieri
,
i
giornalisti
,
i
diplomatici
,
gli
insegnanti
,
gli
scienziati
,
la
radio
invita
gli
egiziani
a
denunciare
tutti
gli
americani
rimasti
in
circolazione
,
sfuggiti
alla
polizia
.
Fiaccamente
gruppi
di
soldati
occupano
il
ponte
sul
Nilo
.
Nessuno
si
cura
più
degli
attacchi
aerei
.
Soltanto
quando
le
esplosioni
si
avvicinano
la
gente
affretta
l
'
andatura
.
Ore
23
-
Mi
fermano
per
la
strada
tre
ragazzi
.
Chi
sono
?
Dove
vado
?
Sospettosi
,
vogliono
vedere
i
documenti
.
Poi
la
loro
durezza
si
scioglie
.
Parlano
della
guerra
.
«
Ci
batteremo
fino
all
'
ultimo
uomo
,
anche
all
'
arma
bianca
.
»
Il
cielo
tenero
,
le
esplosioni
lontane
.
Poi
il
luogo
e
il
silenzio
rende
irreali
quelle
frasi
taglienti
,
appassionate
.
Sì
,
certo
,
i
centri
di
arruolamento
rifiutano
i
volontari
.
Non
mancano
gli
uomini
in
Egitto
,
un
Paese
che
aumenta
al
ritmo
di
quasi
un
milione
di
abitanti
all
'
anno
.
Mercoledì
7
giugno
.
Ore
12
-
Le
fortificazioni
cominciavano
oltre
Ismailia
,
lungo
il
Canale
.
I
contadini
scavavano
trincee
nella
terra
ancora
fertile
.
Più
in
là
,
passato
il
ponte
di
El
Quantara
,
si
intravedevano
le
prime
chiazze
di
sabbia
.
Ma
interminabili
filari
di
piante
,
le
macchie
scure
dei
campi
coltivati
,
i
villaggi
pacifici
attenuavano
ilpaesaggio
di
guerra
.
Bisognava
spingersi
oltre
,
entrare
nel
Sinai
per
inciampare
nello
schieramento
egiziano
.
Nelle
prime
ore
del
mattino
,
quando
il
deserto
era
ancora
coperto
da
una
leggera
foschia
,
le
postazioni
si
intravedevano
appena
.
Soldati
emergevano
tra
le
dune
intrisi
d
'
umidità
notturna
.
E
se
non
fosse
stato
per
i
fucili
a
tracolla
,
per
gli
elmetti
a
padella
tipo
«
tommy
»
,
ereditati
dai
magazzini
militari
inglesi
,
potevano
essere
scambiati
per
beduini
.
Poi
dalla
sabbia
spuntavano
i
cannoni
anticarro
,
le
batterie
antiaeree
,
le
mitraglie
rivolte
verso
il
cielo
senza
nubi
e
allora
,
in
quei
giorni
,
senza
jet
israeliani
.
Come
scorpioni
color
caffelatte
i
T
54
,
i
T
55
,
disseminati
qua
e
là
,
coperti
da
pesanti
reti
mimetiche
.
E
in
quella
zona
,
verso
El
Atish
e
Kanh
Yunis
e
Abu
Ogheila
che
si
è
svolta
la
grande
battaglia
perduta
in
poche
ore
dagli
egiziani
.
Quando
l
'
ho
visitata
,
sembrava
di
percorrere
le
scene
di
un
grande
film
in
technicolor
.
L
'
impiegato
di
una
compagnia
petrolifera
americana
,
che
ha
appena
attraversato
quella
zona
,
parla
di
camion
bruciati
,
di
cadaveri
riversi
nei
fossi
,
di
truppe
sbandate
.
Più
di
100
mila
uomini
.
Un
'
armata
andata
in
frantumi
in
poche
ore
.
L
'
esercito
egiziano
è
composto
di
contadini
.
I
soldati
acquattati
nelle
postazioni
scavate
nella
sabbia
,
schiacciati
da
un
sole
a
40
gradi
,
visti
da
lontano
sembravano
piccoli
ingranaggi
di
un
meccanismo
perfetto
.
Guardati
da
vicino
,
si
scopriva
subito
la
loro
origine
.
Corda
al
posto
dei
lacci
da
scarpe
o
della
cintura
,
un
fazzoletto
annodato
al
collo
,
o
più
semplicemente
quell
'
aria
stupita
dell
'
uomo
della
campagna
travolto
dalle
macchine
,
dagli
strumenti
.
Le
grida
inneggianti
al
leader
,
lanciate
e
di
tanto
in
tanto
(
censura
)
che
correvano
verso
il
Sinai
,
potevano
anche
essere
il
ringraziamento
per
una
terra
irrigata
,
più
che
per
una
guerra
promessa
.
Adesso
i
camion
isolati
,
zeppi
di
soldati
stanchi
che
ogni
tanto
si
intravedono
per
le
strade
del
Cairo
,
sono
silenziosi
.
Si
ode
soltanto
il
rumore
dei
motori
che
battono
in
testa
.
Ore
21
-
Si
parla
di
colpo
di
Stato
.
Meglio
:
di
un
tentato
colpo
di
Stato
.
Ma
da
dove
arriva
la
notizia
?
All
'
improvviso
,
nella
città
intontita
per
la
notte
insonne
,
trascorsa
per
le
strade
o
in
una
cantina
,
è
spuntata
questa
voce
.
Il
generale
Mortaghi
,
50
anni
,
capelli
neri
corvini
,
capo
di
Stato
Maggiore
dell
'
esercito
,
sparito
per
due
giorni
(
censura
)
avrebbe
chiesto
a
Nasser
:
«
Dov
'
è
l
'
aviazione
promessa
?
»
.
Cercano
í
responsabili
della
sconfitta
,
mentre
gli
israeliani
sono
già
a
due
passi
dal
Canale
.
Il
generale
Sidki
Maohmud
,
capo
di
Stato
Maggiore
dell
'
Aeronautica
(
censura
)
,
...
anni
,
dal
1956
(
censura
)
potrebbe
essere
uno
dei
capri
espiatori
.
Ma
c
'
è
chi
afferma
che
la
disfatta
colpirà
molto
più
in
alto
.
«
A
che
(
censura
)
il
cessate
il
fuoco
?
»
«
Piuttosto
la
morte
.
Stavolta
non
possiamo
perdere
così
.
»
Giovedì
8
giugno
.
Ore
10
-
Giovedì
8
.
Ore
13
-
Messi
sotto
la
protezione
spagnola
,
i
diplomatici
americani
non
sono
più
mister
Nolte
,
mister
Johnson
,
al
telefono
vi
dicono
:
«
Ecco
il
señor
Nolte
,
ecco
il
señor
Johnson
»
.
Stati
Uniti
e
Gran
Bretagna
sono
i
grandi
accusati
,
l
'
Unione
Sovietica
non
è
più
l
'
amica
dei
momenti
difficili
.
Gli
egiziani
vengono
abbandonati
.
Stanotte
Nasser
ha
incontrato
più
volte
l
'
ambasciatore
sovietico
nella
sua
residenza
di
Eliopolis
nel
bunker
del
suo
Stato
Maggiore
.
Pare
che
Nasser
abbia
citato
anche
Kossighin
.
Ora
si
spera
soltanto
nell
'
arma
segreta
.
Ore
19
-
Nessuno
vuol
credere
che
Nasser
accetterà
il
cessate
il
fuoco
.
«
Se
non
vuole
più
combattere
,
se
ne
vada
.
Cercheremo
un
altro
capo
»
dice
ad
alta
voce
la
gente
che
riempie
le
strade
del
Cairo
.
Venerdì
9
.
Ore
7
-
Gonfia
di
rabbia
e
di
umiliazione
,
la
città
ha
saputo
oggi
del
cessate
il
fuoco
nel
Sinai
.
Gli
israeliani
sono
al
Canale
ed
ora
spingono
nelle
linee
egiziane
le
migliaia
di
prigionieri
fatti
nei
giorni
scorsi
.
Gruppi
di
sbandati
,
spesso
senza
fucile
,
impolverati
,
con
gli
occhi
stralunati
,
arrivano
in
città
e
raggiungono
parenti
ed
amici
.
Raccontano
,
con
molta
fantasia
,
di
campi
sterminati
pieni
di
cadaveri
.
Le
notizie
,
sempre
più
ingrandite
dalla
fantasia
popolare
,
rimbalzano
di
casa
in
casa
.
Così
,
si
viene
a
sapere
della
disfatta
subita
.
Nessuno
ha
dato
la
notizia
della
sconfitta
nel
Sinai
.
Ci
si
chiede
come
reagirà
l
'
esercito
e
la
stessa
popolazione
,
privata
della
vittoria
promessa
.
Mentre
camion
carichi
di
soldati
affranti
corrono
sul
lungo
Nilo
,
nelle
moschee
i
muezzin
dicono
:
«
State
calmi
,
la
vittoria
raggiunge
sempre
chi
è
nel
giusto
»
.
Ed
aggiungono
una
frase
facile
da
interpretare
:
«
Lasciamo
il
potere
a
chi
esercita
il
potere
»
.
Ma
il
nome
di
Nasser
è
apertamente
in
discussione
.
Le
polemiche
all
'
interno
del
regime
sono
più
che
mai
forti
.
Si
dice
che
oltre
ad
alcuni
ufficiali
superiori
anche
il
capo
di
Stato
Maggiore
dell
'
Aeronautica
,
Mahmud
,
sia
stato
arrestato
,
perché
responsabile
di
non
essere
riuscito
a
far
decollare
gli
aerei
dal
suolo
.
Si
parla
di
militari
non
coinvolti
nella
responsabilità
della
disfatta
che
chiedono
spiegazioni
,
e
si
parla
anche
di
dissidi
all
'
interno
del
regime
,
tra
destra
e
sinistra
.
Nelle
prime
ore
del
mattino
,
mentre
i
giornali
uscivano
ancora
zeppi
di
slogans
,
invitando
alla
resistenza
,
i
giovani
della
difesa
civile
hanno
spogliato
la
città
dalle
migliaia
di
striscioni
di
tela
inneggianti
a
Nasser
,
alla
guerra
e
alla
distruzione
di
Israele
.
Nello
stesso
tempo
reparti
dell
'
esercito
occupano
i
centri
strategici
della
città
.
Ore
9
-
A
40
chilometri
dal
Cairo
c
'
è
una
divisione
blindata
intatta
,
che
avrébbe
come
compito
quello
di
difendere
la
capitale
,
ma
che
qualcuno
pensa
possa
anche
marciare
sulla
capitale
.
Sono
tutte
voci
che
è
impossibile
controllare
.
Certo
oggi
si
ascoltano
frasi
fino
a
ieri
impensabili
.
Nell
'
ira
la
gente
mi
dice
:
«
Bisogna
continuare
a
combattere
,
con
Nasser
o
senza
Nasser
»
.
Si
dà
notizia
che
il
leader
parlerà
nel
pomeriggio
.
Ore
18
-
Scrivo
questi
appunti
da
una
terrazza
del
centro
,
dove
sono
sorpreso
dalle
dimostrazioni
,
anzi
dal
plebiscito
popolare
che
invita
,
supplica
,
implora
Nasser
di
restare
al
potere
.
La
sconfitta
è
stata
dimenticata
in
pochi
minuti
.
«
Nasser
,
pupilla
dei
nostri
occhi
,
dacci
il
fucile
per
combattere
.
»
Così
gridano
i
giovani
dell
'
Unione
socialista
.
La
città
sembra
impazzita
.
I
pochi
europei
sorpresi
nel
centro
della
città
si
riparano
nei
portoni
.
Ma
nessuno
viene
neppure
sfiorato
.
Lungo
il
Nilo
,
davanti
ai
grandi
alberghi
,
la
polizia
stende
dei
cordoni
di
protezione
.
I
giornalisti
americani
rinchiusi
all
'
hotel
Nilo
rientrano
nelle
loro
stanze
,
e
guardano
dagli
spiragli
delle
finestre
la
folla
che
scorre
sotto
i
loro
occhi
gridando
:
«
Abbasso
gli
Stati
Uniti
.
Morte
agli
aggressori
anglo
-
americani
»
.
Due
soldati
,
sorpresi
sulla
Kasrelnil
,
forse
degli
sbandati
arrivati
dal
fronte
,
vengono
invitati
a
unirsi
alle
manifestazioni
.
Esitano
,
sono
stanchi
.
Vengono
trascinati
dalla
folla
.
Anche
loro
si
mettono
a
urlare
:
«
Evviva
Nasser
,
Nasser
dacci
il
fucile
per
combattere
»
.
Centinaia
di
donne
piangono
negli
angoli
.
C
'
è
chi
viene
preso
da
attacchi
epilettici
.
È
una
intera
città
,
di
quattro
milioni
di
abitanti
,
che
rifiuta
le
dimissioni
del
leader
sconfitto
.
Ore
23
-
La
città
stanca
,
impaziente
di
sapere
se
Nasser
accetterà
o
no
di
restare
al
potere
,
si
è
nettamente
vuotata
.
Si
racconta
che
il
maresciallo
Amer
,
primo
vicepresidente
della
Repubblica
e
vicecomandante
supremo
delle
Forze
Armate
,
si
sia
sacrificato
come
responsabile
della
disfatta
e
che
si
dichiari
pronto
a
rispondere
davanti
a
un
tribunale
militare
.
È
impossibile
controllare
la
verità
.
Si
dice
che
Amer
sia
stato
portato
,
dopo
un
abbraccio
con
Nasser
,
nell
'
ospedale
alla
periferia
della
città
,
dove
sarebbe
agli
arresti
.
Ormai
è
certo
che
Nasser
resterà
capo
dello
Stato
.
Dicono
che
nessuno
è
nelle
condizioni
di
sostituirlo
,
che
nessuno
potrebbe
affrontare
le
difficoltà
dei
prossimi
giorni
.
Il
secondo
vicepresidente
della
Repubblica
,
Zakaria
Mohieddine
,
è
stato
investito
della
successione
;
subito
Alì
Sabri
,
capo
della
sinistra
del
partito
e
capo
dell
'
ala
sinistra
del
regime
,
ha
protestato
.
«
Mohieddine
è
un
uomo
di
destra
,
uno
che
si
consegna
agli
americani
»
avrebbe
detto
.
Così
,
di
fronte
ai
dissensi
tra
i
massimi
dirigenti
,
Nasser
ha
scoperto
di
essere
l
'
unica
alternativa
a
se
stesso
.
Nella
città
deserta
,
buia
,
dove
ogni
tanto
suonano
,
non
si
sa
perché
,
le
sirene
d
'
allarme
,
gli
attivisti
dell
'
Unione
socialista
preparano
un
plebiscito
per
domani
.
Sarà
un
nuovo
trionfo
di
Nasser
nella
disfatta
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Direttore
,
Che
una
larga
riforma
scolastica
,
come
quella
elaborata
e
messa
in
atto
dal
ministro
Gentile
,
dovesse
levare
,
insieme
con
le
strida
e
i
lamenti
di
coloro
che
se
ne
tengono
danneggiati
,
serie
opposizioni
di
principi
o
anche
censure
giustificate
in
questo
o
quel
particolare
,
è
cosa
naturale
.
Ma
l
'
opposizione
,
che
contro
essa
ora
si
manifesta
in
più
giornali
,
mostra
tali
sembianze
,
da
far
dubitare
che
,
per
lo
meno
,
si
mescoli
,
in
questo
caso
,
al
«
naturale
»
una
buona
dose
di
«
artificiale
»
.
Troppa
violenza
,
troppa
insistenza
,
troppa
enfasi
,
troppo
metodo
,
troppa
passione
:
quanta
,
in
verità
,
non
ce
n
'
è
stata
mai
in
Italia
(
e
specialmente
in
certi
circoli
)
per
le
sorti
della
scuola
.
Troppa
grazia
,
dunque
;
e
questa
sovrabbondanza
di
grazia
induce
a
qualche
sospetto
circa
la
sua
genuinità
.
Sarà
vero
quel
che
tutti
ripetono
in
questi
giorni
:
che
si
tratti
di
un
motto
d
'
ordine
,
partito
dalle
labbra
di
un
sommo
sacerdote
,
a
cui
gli
adepti
rumorosamente
fanno
eco
?
(
Et
dixit
Josue
ad
omnnem
Israel
:
Vociferamini
!
)
Inclino
a
credervi
,
perché
vedo
che
in
quelle
polemiche
si
tace
studiosamente
proprio
della
questione
,
che
più
deve
scottare
,
l
'
insegnamento
religioso
:
quasi
si
direbbe
per
non
mettere
sulle
tracce
della
qualità
ed
origine
dell
'
opposizione
.
E
poi
(
concludeva
,
parlando
con
me
,
candidamente
,
l
'
altra
sera
un
amico
,
acerrimo
antifascista
)
,
sarà
questa
,
in
ogni
caso
,
una
«
prima
breccia
»
,
che
speriamo
di
aprire
nel
«
fascismo
»
.
Operazione
guerresca
,
senza
dubbio
,
lecita
,
ma
che
non
dovrebbe
spingere
a
passar
sopra
alla
scuola
italiana
come
a
un
corpo
vile
.
Certo
,
molta
brava
gente
,
che
non
ha
tenuto
dietro
ai
dibattiti
sui
problemi
della
scuola
e
non
è
in
grado
di
sincerarsi
da
sé
,
rimane
turbata
quando
vede
nei
giornali
aperta
una
rubrica
speciale
,
che
par
quella
dell
'
eruzione
dell
'
Etna
(
ed
è
esagerata
come
fu
quella
!
)
.
E
parecchi
,
desiderosi
di
sapere
che
cosa
debbano
pensarne
,
si
rivolgono
a
me
,
che
non
ho
di
certo
tempo
né
voglia
di
somministrare
lezioni
di
pedagogia
e
didattica
e
di
storia
delle
istituzioni
scolastiche
italiane
;
e
perciò
,
rispondendo
e
rassicurando
,
ricorro
volentieri
ad
argomenti
di
persuasione
,
alquanto
estrinseci
,
come
estrinseco
è
il
turbamento
di
quella
brava
gente
.
E
,
per
esempio
,
dico
loro
:
Sono
molti
decenni
che
gl
'
insegnanti
italiani
di
scuole
medie
accusano
,
come
causa
fondamentale
del
cattivo
andamento
della
scuola
,
la
folla
degli
scolari
inadatti
,
e
che
gl
'
insegnanti
delle
Università
si
dolgono
della
insufficiente
preparazione
dei
giovani
che
entrano
nelle
Università
,
e
della
nessuna
garanzia
delle
lauree
ch
'
essi
sono
costretti
a
conferire
.
E
sono
almeno
venti
anni
che
un
gruppo
di
studiosi
ed
educatori
italiani
ha
indagato
questi
malanni
,
esaminato
le
condizioni
della
scuola
,
ricercato
i
rimedi
,
scritto
libri
su
tali
argomenti
,
promosso
ampi
dibattiti
.
Ora
il
più
autorevole
di
questi
studiosi
,
colui
che
ai
problemi
della
scuola
ha
consacrato
il
meglio
del
suo
animo
e
del
suo
pensiero
,
il
Gentile
,
ripigliando
i
disegni
di
legge
de
'
suoi
predecessori
,
che
le
vicende
politiche
fecero
incagliare
,
raccoglie
in
una
serie
di
norme
legislative
il
frutto
di
lunghi
e
ardenti
desideri
,
di
accorate
e
industri
fatiche
.
Non
vi
pare
che
si
possa
e
si
debba
aver
fiducia
che
da
tale
opera
sia
per
uscire
gran
bene
?
Da
quanto
tempo
non
si
è
più
avuto
,
e
quando
si
riavrà
,
un
ministro
competente
e
volenteroso
al
pari
del
Gentile
?
Con
le
riserve
generiche
che
convien
fare
per
ogni
cosa
umana
,
si
può
stare
tranquilli
che
la
sua
è
opera
di
uomo
del
mestiere
e
non
di
un
guastamestieri
;
con
le
riserve
che
si
possono
muovere
circa
tale
o
tal
altra
disposizione
particolare
,
si
può
tenere
per
certo
che
le
linee
essenziali
del
nuovo
ordinamento
sono
tracciate
con
vigore
e
sicurezza
.
E
dico
altra
volta
:
Quantunque
per
mia
parte
mi
accordi
nei
concetti
direttivi
col
Gentile
,
sono
preso
anch
'
io
,
nel
leggere
i
decreti
di
quella
riforma
,
dall
'
onesto
dubbio
,
che
sempre
si
affaccia
quando
dal
programma
e
dal
proposito
si
passa
all
'
esecuzione
e
all
'
attuazione
:
il
dubbio
che
non
si
sia
tenuto
sempre
conto
pieno
della
realtà
effettuale
e
non
si
siano
ben
calcolate
certe
reazioni
e
ripercussioni
.
E
perciò
ho
voluto
in
varie
occasioni
interrogare
con
ogni
libertà
e
confidenza
provetti
insegnanti
e
capi
d
'
istituti
,
circa
il
giudizio
che
essi
coscienziosamente
si
erano
formati
della
riforma
odierna
.
Or
,
dunque
,
essi
,
sul
fondamento
dell
'
esperienza
che
hanno
della
scuola
italiana
,
mi
hanno
risposto
che
stimano
la
riforma
eccellente
,
e
che
,
se
si
darà
tempo
al
tempo
,
sarà
principio
di
vera
rigenerazione
.
Ovvio
che
io
debba
attribuire
maggiore
importanza
al
parere
di
questi
insegnanti
,
di
cui
conosco
la
cultura
,
l
'
intelligenza
e
la
probità
,
che
non
al
chiacchiericcio
dei
facili
censori
o
al
poco
disinteressato
biasimo
degli
insegnanti
inetti
e
pigri
.
E
credo
che
mi
si
possa
imitare
in
questa
ragionevole
preferenza
.
E
dico
ancora
:
Quale
meraviglia
che
l
'
apertura
dell
'
anno
scolastico
,
che
in
Italia
da
lungo
tempo
,
a
causa
dei
cattivi
ordinamenti
,
riesce
travagliosissima
,
sia
stata
anche
quest
'
anno
travagliosa
,
non
più
a
causa
dei
cattivi
ordinamenti
ma
anzi
a
causa
dell
'
abolizione
e
della
sostituzione
che
se
ne
è
fatta
?
Ma
non
bisogna
spaventarsi
troppo
presto
.
Tra
un
paio
di
mesi
quasi
non
si
serberà
più
memoria
delle
querele
e
accuse
di
questi
giorni
,
perché
le
cose
avranno
preso
il
loro
assetto
.
Ricordo
che
,
quando
disposi
una
sorta
di
discentramento
per
l
'
assegnazione
delle
«
supplenze
»
,
i
giornali
furono
tutti
pieni
di
proteste
contro
di
me
,
contro
la
confusione
che
io
avevo
introdotta
in
quella
parte
,
e
che
solo
un
«
filosofo
»
,
uso
alle
«
astrattezze
»
ecc
.
,
poteva
improvvidamente
suscitare
ecc
.
;
e
io
,
che
avevo
intanto
lasciato
il
Ministero
,
non
mi
curai
di
rispondere
.
Senonché
,
qualche
mese
dopo
,
per
mera
curiosità
,
scrissi
in
via
privata
al
Direttore
generale
dell
'
istruzione
media
per
sapere
quali
fossero
stati
veramente
gli
effetti
di
quella
mia
riforma
;
e
il
Direttore
generale
m
'
informò
che
i
benefici
erano
stati
grandi
,
e
che
ormai
nessuno
si
lamentava
più
.
Si
rifletta
che
una
o
due
persone
,
colpite
nei
loro
comodi
e
lucri
,
fanno
chiasso
per
cento
,
e
descrivono
in
aspetto
di
disastro
nazionale
,
ciò
che
non
è
forse
nemmeno
un
loro
disastro
personale
.
Ma
c
'
è
qualche
altra
cosa
che
vorrei
poi
dire
a
coloro
che
sono
veramente
solleciti
del
bene
della
scuola
,
del
bene
dell
'
Italia
;
ed
è
di
star
vigili
al
giuoco
che
ora
si
tenta
,
e
che
è
di
arrestare
e
mandare
in
aria
le
riforme
scolastiche
del
Gentile
.
Noi
avevamo
in
Italia
non
già
un
ordinamento
,
ma
un
groviglio
di
scuole
e
di
ordinamenti
scolastici
,
sorti
in
modo
occasionale
e
contradittorio
,
sovente
sotto
lo
stimolo
d
'
interessi
che
non
erano
né
di
educazione
né
d
'
istruzione
.
Mercé
l
'
opera
del
Gentile
,
si
ha
ora
invece
un
ordinamento
saldo
,
razionale
e
coerente
,
indirizzato
al
rinvigorimento
del
pensiero
,
del
carattere
e
della
cultura
italiana
.
Potrà
ben
essere
corretto
o
ritoccato
in
qualche
parte
,
ma
è
ben
piantato
e
capace
di
svolgimento
.
Dovremmo
,
a
seguire
l
'
impeto
e
le
mire
degli
oppositori
,
tornare
rassegnatamente
alla
baraonda
di
prima
?
Dovremmo
,
da
ora
in
poi
,
reputare
priva
di
ogni
speranza
l
'
opera
di
qualsiasi
uomo
,
per
esperto
che
sia
,
il
quale
si
accinga
a
dare
un
avviamento
severo
e
pensato
alla
scuola
italiana
?
Sono
sicuro
che
gli
assalti
furiosi
,
ai
quali
oggi
è
esposta
l
'
opera
del
Gentile
,
non
conseguiranno
il
loro
intento
;
ma
vorrei
che
coloro
che
li
conducono
,
o
coloro
che
li
approvano
,
considerassero
che
essi
,
nel
caso
che
vincessero
,
assumerebbero
una
ben
grave
responsabilità
,
caricherebbero
di
un
grosso
peso
la
loro
coscienza
.
Per
impazienza
polemica
o
per
fini
di
partito
e
di
polemica
e
di
tattica
politica
,
avrebbero
tolto
alla
lungamente
auspicata
riforma
della
scuola
italiana
un
'
occasione
,
che
non
si
ripresenterà
mai
più
.
Mi
abbia
con
cordiali
saluti
,
ecc
.
StampaQuotidiana ,
Questa
volta
i
banditi
delle
banche
ci
hanno
lasciato
le
penne
.
Ma
prima
di
perdere
il
bottino
e
un
compagno
della
banda
le
hanno
tentate
tutte
disseminando
sulla
via
della
fuga
due
morti
e
ventidue
feriti
tra
cui
sei
agenti
di
polizia
.
È
stata
una
battaglia
spietata
e
rabbiosa
combattuta
tra
un
urlante
carosello
di
«
pantere
»
,
gridi
di
spavento
della
gente
,
schianti
di
scontri
e
rovinii
di
vetri
disintegrati
dalle
raffiche
dei
mitra
e
delle
pistole
.
La
sanguinosa
scorribanda
,
che
ha
trasformato
le
strade
e
le
piazze
attorno
alla
Fiera
di
Milano
in
un
quartiere
della
Chicago
degli
anni
Venti
,
ha
tenuto
con
il
fiato
mozzo
migliaia
di
milanesi
,
spettatori
attoniti
e
sbigottiti
di
questa
caccia
all
'
ultimo
sangue
.
Tutto
è
cominciato
attorno
alle
15.30
.
Quattro
giovani
sono
arrivati
a
bordo
di
una
1100
blu
targata
MI
767815
davanti
alla
Filiale
N
.
11
del
Banco
di
Napoli
,
all
'
angolo
tra
largo
Zandonai
e
via
Panzini
.
Uno
di
loro
si
è
avvicinato
di
soppiatto
all
'
agente
Francesco
Annichiarico
,
di
servizio
all
'
ingresso
e
lo
ha
stordito
vibrandogli
un
colpo
alla
testa
con
il
calcio
di
una
rivoltella
.
Altri
due
banditi
,
con
un
fazzoletto
sul
viso
,
hanno
fatto
alzare
le
mani
ai
cinque
impiegati
e
a
quella
decina
di
clienti
che
a
quell
'
ora
si
trovavano
davanti
agli
sportelli
,
minacciandoli
con
un
mitra
e
una
pistola
.
La
solita
scena
e
le
solite
parole
.
«
Fermi
tutti
.
Vi
diamo
un
minuto
di
tempo
per
consegnarci
tutto
quello
che
avete
in
cassa
.
E
poche
storie
!
»
Un
fattorino
ha
un
moto
inconsulto
,
fa
per
allontanarsi
e
si
busca
uno
sberlone
che
lo
fa
cadere
in
ginocchio
.
Un
cliente
si
avvicina
per
soccorrerlo
e
subisce
lo
stesso
trattamento
.
Non
c
'
è
niente
da
fare
.
E
il
cassiere
Francesco
Navarro
apre
la
cassa
da
cui
il
solito
bandito
saltatore
di
banconi
,
che
si
ritrova
in
ogni
rapina
,
arraffa
9
milioni
660.000
e
500
lire
in
contanti
più
una
bracciata
di
assegni
per
un
milione
,
cacciando
il
tutto
in
una
sacca
sportiva
azzurra
.
Fatto
il
colpo
i
banditi
escono
e
insieme
a
quello
che
aveva
continuato
a
tener
d
'
occhio
l
'
agente
,
salgono
precipitosamente
sull
'
auto
,
lasciata
con
il
motore
acceso
e
il
pilota
al
volante
.
Tutto
come
sempre
,
tutto
secondo
gli
schemi
di
queste
imprese
della
«
mala
»
.
Ma
,
questa
volta
,
la
rapina
ha
avuto
un
seguito
impreveduto
.
Non
appena
i
banditi
hanno
girato
l
'
angolo
,
gli
impiegati
hanno
fatto
scattare
il
cosiddetto
«
apparecchio
Polbi
»
-
che
sarebbe
il
dispositivo
d
'
allarme
studiato
e
messo
a
punto
per
la
difesa
degli
istituti
di
credito
dopo
la
penosa
sequenza
di
aggressioni
di
questi
anni
-
e
immediatamente
l
'
apparecchio
ha
messo
in
moto
l
'
intera
organizzazione
di
emergenza
della
polizia
milanese
.
Quasi
contemporaneamente
sono
scese
in
campo
otto
«
pantere
»
della
Volante
e
otto
R.C.
della
Mobile
,
seguendo
la
tattica
dell
'
intervento
a
scacchiera
elaborata
per
la
lotta
contro
i
rapinatori
.
Le
sedici
automobili
si
spostavano
fulmineamente
in
modo
da
accerchiare
i
fuggitivi
tenendo
sotto
controllo
l
'
intera
zona
in
allarme
.
Per
caso
si
trovava
in
via
Procaccini
anche
il
maresciallo
Siffredi
che
stava
facendo
un
appostamento
in
borghese
(
forse
per
l
'
operazione
contro
la
banda
di
Tiritiello
)
a
bordo
di
una
850
su
cui
erano
anche
gli
agenti
Palladino
e
Menghini
.
La
1100
viene
avvistata
e
comincia
la
caccia
.
Vedendosi
sbarrate
tutte
le
strade
previste
per
raggiungere
il
punto
convenuto
per
il
cambio
dell
'
automobile
,
i
rapinatori
si
gettano
allo
sbaraglio
fuggendo
a
casaccio
come
topi
impazziti
,
con
l
'
unica
preoccupazione
di
far
perdere
le
tracce
.
E
per
aprirsi
varchi
nel
traffico
sparano
all
'
impazzata
contro
chiunque
ha
la
disavventura
di
trovarsi
davanti
a
loro
.
Così
viene
fulminato
in
viale
Pisa
nella
cabina
del
suo
autocarro
l
'
autista
Virgilio
Oddone
di
53
anni
da
San
Donato
.
Così
cade
colpito
a
morte
nella
sua
600
accanto
al
padre
in
piazza
Stuparich
il
trentacinquenne
Francesco
De
Rosa
abitante
a
Bresso
in
via
Roma
91
,
che
spirerà
dopo
pochi
minuti
all
'
ospedale
.
È
impossibile
,
almeno
ora
,
ricostruire
il
tortuoso
itinerario
dei
fuggiaschi
che
vengono
segnalati
in
piazzale
Lotto
,
in
via
Murillo
,
in
via
Rembrandt
,
in
piazza
delle
Bande
Nere
,
in
piazza
Firenze
,
in
viale
Pisa
percorso
a
folle
andatura
nelle
due
direzioni
sempre
preceduta
dai
colpi
secchi
delle
armi
imbracciate
dai
delinquenti
.
Mentre
la
loro
automobile
gira
attorno
all
'
Arco
della
Pace
giunge
all
'
orecchio
di
una
ragazzina
la
voce
concitata
del
capo
che
grida
all
'
altro
:
«
Spara
,
Cristo
!
Spara
!
»
.
Le
«
pantere
»
che
corrono
sulla
loro
scia
devono
limitarsi
a
tallonare
i
banditi
senza
poter
rispondere
ai
loro
colpi
.
A
un
certo
punto
la
pattuglia
della
«
Musocco
»
vede
spuntare
dal
finestrino
posteriore
della
1100
uno
dei
«
ragazzi
»
che
le
fa
cenno
di
rallentare
facendo
capire
a
gesti
che
,
se
non
rallenta
la
corsa
,
pistole
e
mitra
spareranno
contro
i
passanti
terrorizzati
lungo
i
marciapiedi
.
E
la
minaccia
è
presto
seguita
da
alcune
raffiche
sparate
brutalmente
sulla
folla
.
Per
non
aggravare
il
bilancio
già
fin
troppo
sanguinoso
della
giornata
,
la
polizia
dovrà
attendere
di
raggiungere
via
Pisanello
prima
di
poter
aprire
il
fuoco
senza
pericolo
per
i
passanti
.
Intanto
ben
sei
«
pantere
»
hanno
già
fatto
da
bersaglio
alle
armi
dei
rapinatori
continuando
quell
'
inseguimento
da
mozzafiato
.
In
via
Procaccini
l
'
episodio
più
drammatico
della
battaglia
.
Il
maresciallo
Siffredi
scorge
la
1100
e
le
si
getta
decisamente
contro
con
la
sua
850
,
sparando
contemporaneamente
verso
il
lunotto
posteriore
della
vettura
speronata
.
I
banditi
spianano
le
pistole
e
feriscono
il
maresciallo
,
Palladino
e
Menghini
.
Dall
'
altra
parte
non
la
passano
liscia
.
Un
colpo
ben
mirato
raggiunge
uno
dei
malviventi
,
forse
,
stando
a
quanto
assicura
il
maresciallo
ferito
,
un
secondo
colpo
colpisce
un
altro
della
banda
.
In
piazza
6
Febbraio
dalla
1100
viene
scaricato
uno
della
banda
,
calvo
,
di
spalle
larghe
e
massicce
,
che
stringe
un
mitra
in
una
mano
e
la
sacca
azzurra
con
il
malloppo
nell
'
altra
.
È
una
«
mossa
»
strana
,
disperata
,
difficile
da
spiegare
.
Uno
degli
episodi
oscuri
della
storia
,
che
di
particolari
oscuri
e
controversi
ne
avrà
più
d
'
uno
.
Accompagnato
da
una
fitta
sparatoria
dei
compagni
(
che
giostrando
temerariamente
con
l
'
auto
alle
sue
spalle
non
si
sa
se
vogliono
coprire
la
sua
manovra
o
abbatterlo
)
il
«
calvo
»
si
acquatta
dietro
la
staccionata
della
Fiera
.
Per
lui
è
finita
.
Un
vecchietto
lo
addita
all
'
agente
Biase
Tosto
,
l
'
unico
non
ferito
a
bordo
della
sua
«
pantera
»
(
dove
è
stato
colpito
al
petto
il
brigadiere
Nicola
D
'
Ambrosio
)
,
che
riesce
a
strappargli
il
mitra
e
lo
ammanetta
.
Vista
fallire
la
loro
manovra
,
presi
dallo
smarrimento
,
gli
altri
rapinatori
abbandonano
la
1100
e
fuggono
in
due
direzioni
diverse
lasciando
partire
altri
colpi
contro
gli
agenti
.
L
'
arrestato
ne
approfitta
per
tentare
di
gettarsi
fuori
dell
'
auto
della
polizia
.
Ma
il
vecchio
mutilato
,
che
già
aveva
fatto
da
«
guida
»
agli
agenti
,
gli
rifila
una
legnata
in
testa
e
gli
altri
agenti
possono
caricarlo
in
macchina
come
un
sacco
,
pesto
e
sanguinante
.
Due
dei
rapinatori
corrono
a
perdifiato
verso
via
Prati
e
si
infilano
in
un
'
autorimessa
che
ha
due
uscite
.
Una
donna
spaventata
,
vedendoli
con
le
pistole
in
pugno
,
li
supplica
di
non
sparare
.
«
State
tranquilla
»
dice
uno
di
loro
,
«
siamo
della
polizia
.
»
Dall
'
autorimessa
i
fuggiaschi
sbucano
in
piazza
6
Febbraio
e
qui
scompaiono
.
Qualcuno
assicurerà
poi
di
averli
visti
eclissarsi
a
bordo
di
una
2300
.
Un
viaggio
che
non
dovrebbe
durare
molto
.
Le
forze
di
polizia
hanno
teso
una
fittissima
rete
attorno
alla
città
controllando
gli
accessi
a
strade
e
autostrade
,
le
stazioni
,
gli
aeroporti
e
passando
al
setaccio
l
'
intera
zona
della
Fiera
per
controllare
tutte
le
case
sospette
che
potrebbero
aver
dato
ricetto
ai
fuggiaschi
.
Un
'
accurata
visita
è
stata
compiuta
nelle
sale
d
'
aspetto
,
nei
bar
e
in
molti
altri
ritrovi
.
L
'
arrestato
,
il
«
calvo
»
,
che
aveva
tentato
di
andarsene
con
il
bottino
,
è
Adriano
Rovoletto
di
32
anni
abitante
a
Torino
in
corso
Vercelli
191
,
già
condannato
per
furto
e
per
maltrattamenti
.
Dopo
aver
tentato
di
fare
il
furbo
dicendo
che
si
sentiva
morire
(
ma
i
funzionari
della
Mobile
ci
hanno
messo
poco
a
capire
che
la
sua
ferita
non
era
preoccupante
)
,
il
«
calvo
»
ha
finito
con
il
dire
tutto
quello
che
interessava
gli
agenti
.
Tanto
per
cominciare
,
Rovoletto
ha
fatto
il
nome
di
altri
due
della
banda
:
il
ventinovenne
Alessandro
Notarnicola
(
un
altro
torinese
trasferito
a
Genova
in
via
C
.
Gabella
dove
viveva
in
un
bell
'
appartamento
con
una
bella
moglie
spacciandosi
per
rappresentante
di
stoffe
)
e
Piero
Cavallero
,
il
capo
-
ghenga
.
Del
quarto
rapinatore
,
probabilmente
quello
incaricato
di
rubare
le
auto
prima
dell
'
assalto
alla
banca
,
si
è
saputo
solo
che
è
un
giovane
immigrato
di
17
anni
,
di
origine
meridionale
.
Poi
il
«
calvo
»
ha
finito
con
l
'
ammettere
che
furono
lui
e
i
suoi
complici
a
compiere
le
sanguinose
rapine
di
Ciriè
e
di
Alpignano
e
la
temeraria
«
tripletta
»
del
novembre
1965
a
Milano
.
Il
quartetto
è
partito
da
Torino
in
pullman
ieri
mattina
alle
10
giungendo
poco
dopo
mezzogiorno
a
Milano
dove
ha
fatto
colazione
frettolosamente
con
un
panino
.
Ancora
è
impossibile
definire
tutti
i
particolari
della
giornata
e
tutti
i
momenti
di
questa
battaglia
.
Ognuno
dei
testimoni
casuali
e
degli
agenti
che
hanno
partecipato
all
'
operazione
ha
il
suo
racconto
da
fare
,
ma
nessuno
può
dire
quale
sia
quello
buono
.
È
dimostrato
che
,
tra
il
sibilare
delle
pallottole
,
la
mente
dell
'
uomo
perde
molta
della
sua
chiarezza
.
Anche
in
questura
non
si
riesce
a
sapere
molto
di
più
,
e
bisognerà
attendere
che
,
a
cuor
sereno
,
i
funzionari
raccolgano
i
rapporti
dei
loro
subalterni
prima
di
poter
avere
un
quadro
completo
dei
fatti
e
una
spiegazione
dei
molti
particolari
oscuri
di
cui
è
costellata
la
vicenda
.
Intanto
il
prefetto
di
Milano
dottor
Libero
Mazza
,
che
in
serata
ha
compiuto
una
rapida
visita
in
tutti
gli
ospedali
in
cui
sono
ricoverati
i
feriti
-
«
raggiunti
»
ha
detto
«
esclusivamente
dai
colpi
sparati
dai
banditi
»
-
,
ha
assicurato
che
«
le
famiglie
delle
vittime
di
tanta
belluina
ferocia
»
verranno
adeguatamente
seguite
ed
aiutate
dall
'
amministrazione
dello
Stato
.
Riferendosi
ai
rapinatori
il
prefetto
ha
aggiunto
:
«
Questa
gente
che
vive
fuori
della
società
deve
uscirne
definitivamente
»
.
Non
c
'
è
dubbio
che
«
questi
»
malviventi
abbiano
concluso
per
sempre
la
loro
avventura
criminale
.
Incapaci
di
rassegnarsi
alla
sconfitta
,
feroci
e
ottusi
come
lo
sono
spesso
gli
uomini
dalla
pistola
facile
,
essi
hanno
sparato
alla
cieca
contro
la
gente
,
con
ripugnante
malvagità
,
come
avevano
preannunciato
nelle
loro
lettere
«
circolari
»
suscitando
il
disgusto
persino
delle
«
leggere
»
,
solitamente
disposte
a
guardare
con
una
punta
di
simpatia
le
imprese
audaci
degli
eroi
del
sottosuolo
,
purché
«
pulite
»
,
non
macchiate
dal
sangue
che
ieri
si
è
sparso
sulle
strade
di
Milano
.
E
non
è
improbabile
che
anche
le
«
leggere
»
,
questa
volta
,
rendano
la
vita
difficile
agli
assassini
,
braccati
dalle
forze
di
polizia
e
perseguitati
dal
disprezzo
e
dal
rancore
di
tutti
.
Sarebbe
però
ingenuo
illudersi
che
si
estingua
la
specie
dei
rapinatori
e
si
essicchi
la
pianta
malefica
della
«
mala
»
,
che
ha
radici
profonde
e
tenaci
nella
società
.
Certamente
al
posto
del
«
calvo
»
e
dei
suoi
prima
o
poi
ne
usciranno
altri
.
Ma
ora
sanno
che
cosa
li
aspetta
.
Perché
oggi
la
polizia
ha
dimostrato
di
saper
affrontare
con
freddo
coraggio
la
sfida
della
delinquenza
anche
con
le
armi
in
pugno
.
StampaQuotidiana ,
Commedia
romantica
brillante
,
aggraziata
,
scritta
bene
da
Richard
Curtis
e
ben
realizzata
da
Mike
Newell
di
Ballando
con
uno
sconosciuto
,
segue
la
storia
di
un
amore
e
di
un
gruppo
di
amici
attraverso
quattro
cerimonie
nuziali
e
una
cerimonia
funebre
:
riti
sociali
,
occasioni
d
'
incontro
,
appuntamenti
del
sentimento
.
Al
primo
matrimonio
,
protestante
,
lui
e
lei
,
inglese
e
americana
,
si
conoscono
,
si
piacciono
,
vanno
a
letto
insieme
,
si
separano
.
Al
secondo
matrimonio
,
cattolico
,
si
rivedono
(
lei
è
col
fidanzato
)
,
ancora
si
piacciono
,
vanno
a
letto
insieme
,
si
separano
.
11
terzo
matrimonio
,
in
stile
scozzese
,
è
quello
di
lei
:
si
rincontrano
,
durante
la
festa
di
nozze
un
amico
carissimo
ha
un
attacco
di
cuore
e
al
suo
funerale
lui
e
lei
si
ritrovano
,
si
separano
.
Il
quarto
matrimonio
è
quello
di
lui
:
lei
vi
partecipa
sola
,
ha
già
lasciato
il
marito
;
lui
all
'
ultimo
minuto
rinuncia
a
sposarsi
;
baci
e
impegni
sono
il
segno
di
un
amore
finalmente
riconosciuto
,
accettato
.
Confusione
amorosa
,
equivoci
del
cuore
,
frustrazioni
,
dubbi
su
se
stessi
,
pudori
orgogliosi
,
resistenza
e
poi
resa
alle
responsabilità
della
vita
adulta
.
Alle
nozze
,
champagne
,
scemenze
,
abiti
da
sposa
(
«
Sembra
un
'
enorme
meringa
»
)
,
sacerdoti
impacciati
,
allegria
,
ritardi
quasi
catastrofici
,
anelli
nuziali
dimenticati
,
gaffes
,
pasticci
,
cristalli
,
porcellane
,
fiori
,
risate
,
giovinezza
.
Nel
gruppo
di
amici
,
la
complicità
divertita
,
la
lunga
conoscenza
,
gli
scherzi
reciproci
,
l
'
affetto
:
la
commozione
,
al
funerale
,
per
l
'
amico
che
se
n
'
è
andato
e
per
il
toccante
addio
del
suo
compagno
.
Hugh
Grant
è
un
protagonista
romantico
di
prim
'
ordine
.
Quanto
a
successo
internazionale
,
Quattro
matrimoni
e
un
funerale
è
quasi
un
film
-
fenomeno
:
negli
Stati
Uniti
ha
incassato
oltre
40
milioni
di
dollari
,
in
Australia
è
tra
í
primi
venti
incassi
d
'
ogni
tempo
,
in
Francia
l
'
hanno
visto
due
milioni
di
persone
.
Per
una
commedia
molto
inglese
di
costo
medio
-
basso
il
risultato
è
così
insolitamente
positivo
da
aver
suscitato
interrogativi
,
analisi
.
Com
'
è
che
piace
tanto
?
Le
ipotesi
sono
varie
.
Perché
,
paradossalmente
,
«
la
gente
non
crede
più
nel
matrimonio
ma
non
si
arrende
a
non
crederci
»
,
dice
il
sociologo
francese
François
de
Singly
.
Perché
,
al
di
là
della
storia
d
'
amore
,
il
film
(
come
Gli
amici
di
Peter
o
Il
grande
freddo
)
elegge
protagonista
il
gruppo
di
amici
,
famiglia
di
elezione
,
banda
solidale
che
comprende
un
sordo
,
una
grunge
,
due
omosessuali
,
una
chic
inzitellita
per
amore
non
corrisposto
,
un
aristocratico
buffo
malato
di
solitudine
.
Perché
,
infine
,
ignora
del
tutto
ciò
che
ci
angoscia
nei
Novanta
,
guerre
,
crisi
economiche
,
conflitti
etnici
,
Aids
,
politica
brutta
,
violenza
,
disoccupazione
(
i
personaggi
paiono
anzi
non
avere
alcun
mestiere
né
professione
,
non
lavorare
affatto
)
:
e
in
nome
dell
'
amore
mette
insieme
il
glamour
del
lusso
,
il
fascino
tossico
delle
tradizioni
,
il
piacere
un
poco
vile
dell
'
oblio
.
StampaQuotidiana ,
Napoli
,
28
novembre
1924
.
Signor
Direttore
,
Poiché
vedo
riferita
nei
giornali
una
frase
staccata
del
breve
discorso
che
pronunciai
in
Senato
per
l
'
applicazione
della
categoria
20
a
Salvatore
di
Giacomo
,
discorso
che
,
con
nuovo
esempio
,
è
stato
perfino
sottoposto
a
critica
pubblica
,
quantunque
tenuto
in
Comitato
segreto
sono
costretto
a
prendere
la
parola
affinché
da
coloro
che
non
erano
presenti
non
sia
stortamente
interpretato
il
senso
in
quella
mia
frase
.
Io
dunque
,
dopo
aver
illustrato
il
carattere
e
il
pregio
dell
'
opera
del
Di
Giacomo
,
dissi
che
questi
vive
chiuso
nel
cerchio
della
pura
poesia
,
e
tanto
estraneo
alle
cose
pratiche
e
politiche
,
e
lontano
da
ogni
ambizione
di
questa
sorta
,
che
la
nomina
a
senatore
giuntagli
inaspettata
,
aveva
dovuto
fargli
la
stessa
impressione
che
proverei
io
«
se
il
papa
mi
nominasse
cardinale
...
»
(
Questa
è
la
frase
incriminata
)
.
Ed
aggiunsi
che
né
io
,
suo
antico
e
saldo
estimatore
,
né
altri
dei
suoi
amici
napoletani
,
avevamo
mai
pensato
a
proporlo
per
quella
nomina
;
tanto
la
sua
figura
ci
portava
in
una
sfera
al
disopra
e
anche
,
se
si
vuole
,
al
disotto
del
Senato
e
,
insomma
,
diversa
;
ma
che
noi
siamo
spesso
ingiusti
con
le
persone
a
noi
vicine
e
che
,
quando
poi
un
ministro
lombardo
,
guardando
all
'
alto
valore
artistico
del
Di
Giacomo
,
aveva
proposto
quella
nomina
,
io
ne
avevo
provato
un
grande
compiacimento
.
E
che
mi
sarebbe
parso
assai
mal
compensare
un
uomo
di
anima
candidissima
,
che
tutta
la
vita
aveva
consacrata
all
'
arte
,
col
ritôrgli
la
solenne
testimonianza
di
stima
,
che
già
gli
era
stata
resa
.
E
infine
,
che
era
bensì
ottima
cosa
riportare
a
uso
più
rigoroso
l
'
applicazione
della
categoria
20
,
ma
che
non
bisognava
dimenticare
che
l
'
Italia
non
era
solo
l
'
Italia
della
politica
,
ma
anche
l
'
Italia
della
poesia
.
Queste
cose
io
dissi
,
premettendo
che
avrei
parlato
in
Senato
con
piena
sincerità
.
Né
,
del
resto
,
avrei
potuto
parlare
diversamente
,
per
rispetto
verso
il
Di
Giacomo
non
meno
che
verso
il
Senato
.
Mi
abbia
ecc
.
StampaQuotidiana ,
L
'
Officina
Militare
Pirotecnica
,
a
Porta
Mazzini
,
sulla
strada
di
Imola
,
era
,
per
quei
tempi
,
uno
stabilimento
più
che
rispettabile
.
Vi
lavoravano
circa
2000
operai
.
Si
pensi
che
nel
1876
un
censimento
economico
aveva
assodato
che
le
maestranze
impiegate
nell
'
industria
vera
e
propria
comprendevano
in
tutto
460
mila
individui
.
L
'
Ansaldo
di
Genova
,
per
esempio
,
ne
occupava
dai
1500
ai
1600
nei
momenti
di
punta
.
All
'
Officina
Militare
di
Bologna
,
i
due
terzi
della
mano
d
'
opera
era
femminile
:
addetta
al
dosaggio
delle
polveri
e
al
caricamento
delle
cartucce
.
Direttore
dello
stabilimento
era
il
generale
Luigi
Stampacchia
,
pugliese
,
tipico
rappresentante
della
vecchia
classe
militare
,
generosamente
baffuto
,
paternamente
burbero
.
Ma
il
colonnello
Garau
,
un
sardo
dagli
occhi
di
fuliggine
sotto
sopracciglia
folte
e
quasi
sempre
aggrottate
,
capo
del
reparto
sperimentale
,
aveva
tutt
'
altro
carattere
.
Oltracciò
,
come
tutti
gli
ufficiali
nati
sotto
la
bandiera
del
regno
sabaudo
,
non
vedeva
troppo
di
buon
occhio
i
colleghi
meridionali
.
La
saldatura
fra
«
piemontesi
»
e
«
borbonici
»
era
,
d
'
altronde
,
assai
fresca
.
Vincenzo
Muricchio
capì
fin
dal
primo
incontro
che
la
convivenza
col
colonnello
sarebbe
stata
spinosa
.
Non
avendo
simpatia
per
la
vita
d
'
ufficio
,
espresse
timidamente
il
desiderio
di
occupare
la
carica
meno
sedentaria
dell
'
officina
.
Il
colonnello
,
dopo
averlo
fulminato
da
sotto
le
sopracciglia
,
gli
troncò
la
parola
:
«
Capitano
!
Non
l
'
hanno
mandato
a
Bologna
per
ballare
il
valzer
.
Non
spetta
a
lei
decidere
dove
stare
e
cosa
fare
.
Favorisca
raggiungere
immediatamente
l
'
Ufficio
Metalli
,
al
quale
l
'
ho
già
destinata
!
»
.
L
'
Ufficio
Metalli
aveva
il
compito
di
calcolare
e
saggiare
l
'
efficienza
di
materiali
impiegati
nella
confezione
delle
cartucce
,
in
rapporto
agli
effetti
balistici
.
Proprio
in
quei
giorni
,
il
personale
che
vi
era
addetto
stava
studiando
un
problema
assai
grave
.
Da
qualche
settimana
,
la
sostituzione
della
polvere
nera
con
un
esplosivo
antifumogeno
era
un
fatto
compiuto
.
Ma
soltanto
in
teoria
.
Il
posto
dei
due
grammi
di
polvere
,
che
costituivano
la
carica
delle
cartucce
Weterly
,
era
stato
preso
dalla
«
balistite
»
.
Questa
nuova
sostanza
eliminava
completamente
le
vecchie
,
acri
fumate
:
presentava
,
però
,
un
inconveniente
non
meno
preoccupante
.
La
polvere
nera
(
che
i
soldati
chiamavano
«
tabacco
»
)
era
ben
lontana
dall
'
avere
la
forza
dirompente
della
balistite
.
Qualche
imperfezione
nei
bossoli
era
stata
,
perciò
,
sempre
tollerabile
.
Ma
la
pressione
esercitata
dallo
scoppio
delle
nuove
cariche
sulla
parete
del
bossolo
era
talmente
violenta
,
da
provocare
incidenti
sanguinosi
,
solo
che
l
'
ottone
fosse
minimamente
incrinato
.
Durante
le
prove
al
poligono
di
tiro
,
molte
delle
10.000
cartucce
adoperate
avevano
provocato
l
'
esplosione
del
fucile
e
cinque
o
sei
soldati
ci
avevano
rimesso
le
dita
.
Essendo
assolutamente
impossibile
aumentare
lo
spessore
dei
bossoli
,
condizionati
al
calibro
dell
'
arma
,
non
restava
che
scartare
rigorosamente
i
bossoli
incrinati
.
Visto
oggi
,
il
problema
è
di
una
semplicità
addirittura
infantile
;
ma
basta
riportarsi
al
1889
,
per
capire
,
una
volta
di
più
,
quanta
strada
abbia
fatto
la
tecnica
,
e
con
che
vertiginosa
velocità
,
in
meno
di
settant
'
anni
.
Per
le
operaie
bolognesi
addette
alla
confezione
delle
cartucce
,
individuare
le
incrinature
capillari
dell
'
ottone
era
compito
difficilissimo
,
quasi
impossibile
.
Per
quanto
le
disgraziate
si
consumassero
gli
occhi
sui
bossoli
,
senza
peraltro
rallentare
il
ritmo
del
lavoro
,
era
talmente
fioca
e
vaga
la
luce
che
scendeva
dalle
finestre
polverose
,
protette
da
grate
,
scavate
come
feritoie
nei
muri
spessi
due
metri
,
da
togliere
ogni
garanzia
al
controllo
più
volenteroso
.
Né
l
'
aggiunta
di
luce
artificiale
poteva
giovare
granché
.
Escluse
per
ovvie
ragioni
le
lampade
a
petrolio
o
a
gas
,
furono
appese
sui
banconi
di
caricamento
alcune
lampadine
elettriche
:
modeste
bolle
di
vetro
,
nelle
quali
i
filamenti
di
carbone
,
simili
a
vermiciattoli
incandescenti
,
emettevano
un
bagliore
rossiccio
e
sbadiglioso
.
Curve
attorno
ai
banconi
di
rozzo
castagno
,
le
operaie
sgranavano
gli
occhi
sui
tubetti
d
'
ottone
.
Li
scrutavano
talmente
da
vicino
,
che
le
ciglia
sfioravano
il
metallo
.
D
'
altronde
,
correva
voce
che
la
Duplice
stesse
architettando
un
'
aggressione
proditoria
ai
danni
della
Triplice
.
Il
ministro
della
guerra
,
Bertolè
Viale
,
era
inquieto
.
Sollecitava
,
con
lunghi
dispacci
cifrati
,
una
maggior
produzione
di
cartucce
.
Si
era
già
raggiunta
la
«
prodigiosa
»
sfornata
di
500.000
pezzi
al
giorno
.
Troppi
,
per
un
lavoro
tanto
delicato
.
Fu
allora
che
il
capitano
Vincenzo
Muricchio
,
il
quale
non
aveva
affatto
l
'
aria
di
un
topo
da
esperimenti
,
rivelò
per
la
prima
volta
le
sue
migliori
qualità
;
le
stesse
che
di
lì
a
poco
dovevano
affrettare
la
nascita
del
«'91»
.
Il
colonnello
Garau
non
era
tipo
da
prendere
in
considerazione
le
questioni
sociali
o
da
lasciarsene
impietosire
.
Il
suo
motto
,
durante
le
agitazioni
popolari
,
era
quello
del
generale
Bava
-
Beccaris
:
«
Voi
cantate
i
vostri
inni
,
noi
spariamo
i
nostri
cannoni
»
.
Per
eliminare
i
bossoli
difettosi
ritenne
buon
sistema
tempestare
di
multe
le
operaie
.
Molte
di
quelle
disgraziate
,
pagate
una
lira
al
giorno
,
arrivavano
ogni
mattina
in
diligenza
dai
paesi
vicini
.
Alcune
si
facevano
,
all
'
alba
,
perfino
sei
o
sette
chilometri
a
piedi
,
e
altrettanti
la
sera
.
A
partire
dal
1880
,
specialmente
in
Emilia
,
erano
sorti
circoli
,
associazioni
e
cooperative
di
lavoratori
.
La
parola
di
Costa
,
Lazzari
,
Bissolati
e
Turati
alimentava
un
socialismo
in
cui
si
mescolavano
l
'
arditismo
garibaldino
,
il
cuore
di
De
Amicis
e
la
commozione
civile
di
Pascoli
.
Era
un
socialismo
molto
lontano
da
Marx
,
ma
più
vicino
alla
natura
degli
italiani
e
alla
riscossa
del
Risorgimento
.
Tutto
sommato
,
controllava
le
masse
assai
meno
dell
'
attuale
comunismo
.
Le
autorità
provinciali
vivevano
meno
tranquille
di
quelle
d
'
oggi
.
Specialmente
fra
la
Romagna
e
il
Po
.
Le
multe
a
catena
del
colonnello
Garau
stavano
per
creare
pasticci
nello
stabilimento
di
Bologna
,
allorché
il
capitano
Muricchio
,
rammentandosi
degli
specchi
ustori
ideati
da
Archimede
a
Siracusa
,
trovò
il
sistema
di
quintuplicare
la
luminosità
delle
lampade
a
filamento
di
carbone
.
Bastava
avvitarle
in
una
conchiglia
foderata
di
metallo
ben
lucidato
o
addirittura
di
specchio
.
Nacquero
così
,
in
embrione
,
i
primi
«
riflettori
parabolici
»
usati
dall
'
Esercito
.
Puntati
sui
tavoloní
dello
stabilimento
,
permisero
alle
operaie
di
scartare
la
quasi
totalità
dei
bossoli
difettosi
.
In
conseguenza
di
ciò
,
il
colonnello
Garau
chiamò
a
rapporto
il
suo
ingegnoso
capitano
e
gli
disse
così
:
«
Dovrei
punirla
per
aver
adoperato
,
nelle
sue
esperienze
ottiche
,
materiale
dello
stato
senza
riempire
l
'
apposito
modulo
di
richiesta
e
aspettarne
l
'
approvazione
,
debitamente
vistata
dalla
sezione
staccata
di
artiglieria
.
Ma
in
considerazione
dell
'
utilità
dei
suoi
riflettori
,
mi
limito
a
un
rimprovero
verbale
semplice
.
Debbo
tuttavia
significarle
la
mia
soddisfazione
per
il
suo
attaccamento
all
'
Officina
.
Vada
pure
»
.
E
il
capitano
,
battuti
seccamente
i
tacchi
,
andò
.
Oggi
,
a
distanza
di
quasi
settant
'
anni
,
rammenta
benissimo
quella
giornata
di
marzo
;
i
tetti
bolognesi
ancora
screziati
di
neve
;
le
operaie
,
dalle
mani
screpolate
dal
freddo
,
che
ormai
gli
sorridevano
,
timidamente
,
come
a
un
amico
.
Rammenta
anche
la
vaga
tristezza
che
le
parole
asciutte
del
colonnello
gli
avevano
lasciato
nell
'
anima
.
Tanto
che
quella
sera
,
anziché
spassarsela
allegramente
coi
colleghi
più
brillanti
nei
soliti
locali
di
via
Indipendenza
,
via
Rizzoli
e
via
Galliera
,
si
ritirò
presto
nella
stanzetta
a
pigione
(
lire
venti
mensili
compresa
la
lavatura
della
biancheria
e
il
riscaldamento
)
e
si
sprofondò
nelle
letture
preferite
.
Testi
e
riviste
di
balistica
,
naturalmente
;
e
in
modo
speciale
alcune
pubblicazioni
assai
recenti
che
trattavano
un
argomento
di
appassionante
attualità
:
i
fucili
militari
a
ripetizione
di
piccolo
calibro
.
Quello
,
e
non
le
lampade
a
riflettore
,
era
l
'
obiettivo
da
raggiungere
!
Il
Weterly
,
a
parte
il
suo
peso
eccessivo
(
kg.
4,100
)
e
la
mole
ingombrante
delle
munizioni
,
non
era
un
cattivo
fucile
.
Creato
nel
1870
,
l
'
esercito
olandese
lo
adottò
contemporaneamente
al
nostro
.
Nato
come
arma
a
retrocarica
a
un
solo
colpo
,
il
capitano
d
'
artiglieria
Vitali
lo
aveva
modernizzato
,
qualche
anno
dopo
,
applicandovi
un
meccanismo
a
«
ripetizione
»
.
È
vero
che
lo
scontro
di
Dogali
,
nell'87
,
avrebbe
forse
potuto
risolversi
in
modo
meno
disastroso
per
la
nostra
truppa
se
ogni
soldato
avesse
avuto
con
sé
maggior
numero
di
cartucce
;
ma
è
altrettanto
vero
che
contro
i
nostri
500
morti
caddero
ben
1800
seguaci
di
ras
Alulà
.
Il
Weterly
era
,
dunque
,
assai
preciso
e
munito
di
un
ordigno
di
caricamento
difficilmente
inceppabile
.
La
strage
di
Dogali
non
portò
,
comunque
,
a
una
seria
revisione
del
nostro
apparato
militare
.
Gli
strali
dell
'
opinione
pubblica
sfiorarono
lo
stato
maggiore
,
allora
capeggiato
dal
generale
Enrico
Cosenz
,
e
andarono
a
piantarsi
nella
redingote
di
Francesco
Crispi
.
Gli
aedi
nazionali
si
allearono
con
gli
avversari
del
ministro
siciliano
.
D
'
Annunzio
,
che
in
seguito
doveva
diventare
il
«
cantore
»
ufficiale
di
ogni
impresa
«
d
'
oltremare
»
,
definì
«
bruti
di
Dogali
»
i
soldati
caduti
attorno
al
tenente
colonnello
De
Cristoforis
.
Carducci
si
rifiutò
d
'
inaugurare
il
monumento
a
quei
valorosi
,
dichiarando
che
non
avrebbe
speso
una
parola
per
le
«
vittime
di
una
spedizione
inconsulta
»
.
Nel
maggio
del
1890
,
quando
il
collonnello
Garau
si
recò
a
Roma
,
Vittorio
Emanuele
,
ventunenne
,
assunse
il
suo
primo
comando
di
reggimento
:
il
l
°
fanteria
,
di
stanza
a
Napoli
.
Il
principe
scriveva
spesso
al
colonnello
Osio
,
che
era
stato
suo
«
governatore
»
,
le
sue
impressioni
di
comandante
.
Leggendole
oggi
,
si
ha
la
sensazione
di
quanto
il
futuro
re
fosse
amareggiato
e
deluso
.
Eccone
una
:
«
Mi
rincresce
di
fare
il
terribile
,
mi
secca
di
fare
il
cane
,
ma
il
giorno
di
Pasqua
ho
fatto
una
vera
catastrofe
,
alla
12a
Compagnia
,
dove
una
piccola
inchiesta
da
me
fatta
fece
risultare
gravi
irregolarità
nell
'
ordinare
il
servizio
di
picchetto
armato
:
ho
punito
il
furiere
e
cinque
graduati
;
inoltre
ho
inflitto
il
massimo
di
45
giorni
,
come
prima
punizione
,
a
un
soldato
avellinese
,
classe
1869
,
che
si
era
fatto
esentare
dal
picchetto
,
imponendosi
a
due
suoi
compagni
.
Ho
potuto
far
cogliere
un
ladro
e
consegnarlo
al
tribunale
.
Ho
potuto
mettere
la
mano
su
quattro
ladri
che
infestavano
la
compagnia
:
a
uno
ho
inflitto
i
45
giorni
a
due
i
15
di
rigore
e
per
uno
convoco
oggi
la
commissione
di
disciplina
.
Poco
fa
ho
inflitto
í
30
giorni
(
15
più
15
)
a
un
soldato
che
pagava
un
compagno
per
farsi
sostituire
di
'
corvée
'
,
minacciandolo
se
non
lo
sostituiva
.
Il
mio
plotone
allievi
ufficiali
ha
raggiunto
il
numero
di
ben
104
allievi
:
fra
breve
saranno
103
,
perché
ne
ho
scacciato
uno
per
aver
rubato
un
libro
a
un
compagno
.
Oggi
un
consiglio
di
disciplina
reggimentale
ha
all
'
unanimità
deciso
per
la
rimozione
del
tenente
Baríola
(
nipote
del
generale
)
per
grave
mancanza
contro
l
'
onore
:
mi
sono
dovuto
decidere
a
fare
questa
esecuzione
:
è
il
secondo
ufficiale
che
liquido
dal
principio
dell
'
anno
e
temo
che
testé
un
paio
d
'
altri
saranno
per
avere
la
stessa
fine
»
.
Ed
ecco
un
'
altra
lettera
del
colonnello
Vittorio
Emanuele
allo
stesso
Osio
,
ancora
più
significativa
:
«
Oggi
ho
visto
a
San
Potito
i
lavori
che
il
Genio
sta
facendo
.
Un
mese
fa
mi
fu
riferito
che
nella
volta
del
camerone
occupato
dalla
1a
Compagnia
si
erano
formate
delle
lesioni
.
Andai
subito
a
vedere
e
non
essendo
rassicurato
da
quanto
vidi
,
mandai
subito
a
chiamare
il
capitano
del
Genio
(
ora
l
'
hanno
fatto
maggiore
)
che
aveva
i
quartieri
dalla
parte
superiore
della
città
.
Questo
egregio
signore
vide
e
pronunciò
essere
lesioni
limitate
al
solo
intonaco
.
Non
essendo
ancora
tranquillo
per
la
pelle
dei
miei
soldati
,
feci
chiamare
il
colonnello
del
Genio
che
verificò
esservi
forse
qualche
pericolo
.
Non
ancora
contento
,
parlai
della
cosa
al
generale
Corvetto
,
che
,
quando
ero
a
Persano
,
fece
visitare
il
fabbricato
al
generale
De
Benedictis
;
a
farla
breve
,
la
volta
fu
dichiarata
in
pericolo
imminente
;
furono
fatte
sgombrare
e
mandate
in
Castel
dell
'
Ovo
due
mie
compagnie
;
e
tolto
l
'
intonaco
,
si
scoprirono
numerose
e
profonde
lesioni
.
Incredibile
ma
vero
!
»
.
Esistono
,
nel
carteggio
fra
il
principe
e
Osio
,
altre
annotazioni
e
osservazioni
,
dalle
quali
risulta
in
modo
trasparente
che
Vittorio
,
nel
biennio
'90-92
,
si
accorse
,
per
diretta
esperienza
,
quanto
fosse
lontano
il
suo
esercito
da
quello
ideale
che
aveva
sognato
,
giovinetto
,
leggendo
i
classici
greci
e
romani
.
Gli
ufficiali
carichi
di
debiti
,
ricattati
dagli
strozzini
,
impegolati
con
gente
di
malaffare
,
ivi
compresi
i
«
camorristi
»
,
erano
una
quantità
.
Le
soperchierie
dei
sottufficiali
furieri
,
all
'
ordine
del
giorno
.
La
tranquilla
,
oleografica
ignoranza
di
molti
ufficiali
d
'
alto
grado
,
una
piaga
profonda
.
Il
colonnello
Garau
,
preannunciato
da
un
dispaccio
protocollato
«
segretissimo
»
,
non
fece
anticamera
.
Fu
subito
ammesso
alla
presenza
del
ministro
Bertolè
Viale
,
il
quale
,
per
la
circostanza
,
aveva
convocato
il
capo
di
S
.
M
.
Cosenz
e
il
tenente
generale
Cesare
Ricotti
Magnani
,
una
delle
colonne
dell
'
Esercito
,
futuro
ministro
.
Il
colonnello
esibì
il
materiale
che
si
era
portato
da
Bologna
e
illustrò
ai
tre
generali
i
meriti
del
nuovo
calibro
7
,
nonché
i
vantaggi
presentati
dalle
pallottole
incamiciate
di
acciaio
.
Fece
la
sua
relazione
mantenendo
una
secca
posizione
di
attenti
,
a
fronte
alta
,
con
militare
sobrietà
.
I
tre
generali
,
sul
cui
petto
spiccavano
le
decorazioni
guadagnate
nelle
battaglie
per
l
'
unità
patria
,
esaminarono
piuttosto
freddamente
fucili
,
proiettili
,
bersagli
e
pallottole
.
Le
pupille
acute
del
generale
Cosenz
,
che
nel
'60
aveva
risalito
l
'
Italia
meridionale
assieme
a
Garibaldi
e
Bixío
,
lampeggiavano
dietro
gli
occhiali
cerchiati
di
semplice
metallo
bianco
.
Ricotti
,
reduce
di
Crimea
,
si
pizzicava
,
di
tanto
in
tanto
,
la
punta
dei
baffetti
brizzolati
.
Alla
fine
,
i
tre
si
appartarono
in
fondo
al
salone
barocco
,
parlamentarono
una
decina
di
minuti
,
quindi
pronunciarono
il
loro
responso
per
bocca
del
ministro
:
«
Caro
colonnello
,
mi
compiaccio
per
quanto
è
riuscito
a
portarci
.
Siamo
sulla
buona
strada
.
Ma
la
faccenda
dei
proiettili
rivestiti
d
'
acciaio
,
purtroppo
non
va
bene
.
C
'
è
di
mezzo
quella
benedetta
Convenzione
di
Ginevra
!
Non
è
mica
più
come
al
nostro
bel
tempo
,
che
la
guerra
si
faceva
come
si
voleva
e
,
perbacco
!
,
si
vinceva
come
si
poteva
!
Ora
c
'
è
Ginevra
:
una
città
che
ha
un
nome
da
vivandiera
.
A
Ginevra
hanno
stabilito
,
tutti
d
'
accordo
,
che
non
si
possono
usare
pallottole
di
ferro
o
d
'
acciaio
,
perché
possono
arrugginire
e
infettare
le
ferite
.
Figuriamoci
!
Infettare
!
Noi
,
che
ai
nostri
giorni
ci
medicavamo
le
ferite
con
la
saliva
!
Ma
lasciamo
andare
...
Perciò
,
il
suo
fucile
è
una
bella
cosa
,
ma
le
pallottole
non
vanno
.
Bisogna
trovare
qualche
altra
diavoleria
,
per
accontentare
madama
Ginevra
.
Torni
a
Bologna
e
ci
tenga
informati
.
Ciarea
»
.
Altro
che
promozione
a
generale
!
Il
colonnello
Garau
prese
il
primo
diretto
per
Bologna
,
non
senza
aver
appioppato
alcuni
giorni
di
rigore
ai
militari
del
suo
seguito
.
Durante
il
viaggio
,
preparò
accuratamente
il
«
cicchetto
»
da
somministrare
a
Muricchio
e
agli
altri
dell
'
Ufficio
Metalli
;
colpevoli
di
non
avergli
ricordato
la
Convenzione
di
Ginevra
,
stramaledetta
invenzione
di
vecchie
zitelle
!
Come
se
in
guerra
,
dove
ci
si
ammazza
più
che
si
può
,
le
infezioni
fossero
una
preoccupazione
seria
!
Roba
da
matti
!
Nel
'93
,
quando
Menelik
II
denunciò
il
patto
di
Uccialli
,
il
primo
«'91»
non
era
ancora
stato
consegnato
all
'
esercito
.
Nel
1894
apparvero
sull
'
«
Illustrazione
Italiana
»
le
prime
immagini
«
ufficiali
»
del
nuovo
fucile
,
assieme
alla
notizia
che
in
certe
vetrine
di
armaioli
,
a
Milano
e
Bologna
,
erano
apparsi
dei
fucili
dello
stesso
calibro
e
modello
,
adattati
per
la
caccia
al
camoscio
e
allo
stambecco
.
Dopo
aver
accusato
un
po
'
tutti
di
«
tradimento
»
e
«
spionaggio
»
(
reati
allora
di
moda
)
,
si
scoprì
che
alcuni
fucili
e
moschetti
non
perfettamente
riusciti
,
e
che
pertanto
l
'
armeria
di
Terni
avrebbe
dovuto
immediatamente
distruggere
a
colpi
dí
maglio
,
erano
stati
«
intrallazzati
»
da
un
capo
tecnico
,
il
quale
se
li
era
portati
a
casa
,
li
aveva
trasformati
e
ceduti
a
un
armaiolo
.
Il
capo
tecnico
,
avente
a
carico
moglie
,
madre
,
suocera
e
cinque
figli
,
il
tutto
con
una
paga
giornaliera
di
circa
tre
lire
,
chiese
perdono
in
ginocchio
,
ma
finì
in
prigione
per
un
numero
d
'
anni
superiore
a
quello
dei
fucili
sottratti
.
L
'
anno
seguente
,
1895
,
il
7
dicembre
,
Menelik
II
(
che
cinque
anni
prima
aveva
coniato
monete
con
la
testa
di
re
Umberto
)
mandò
una
colonna
di
20.000
uomini
a
liquidare
i
2500
soldati
che
,
agli
ordini
del
maggiore
Toselli
,
occupavano
l
'
Amba
Alagi
,
sulla
frontiera
dello
Scioa
.
Gli
abissini
,
provenienti
dalle
montagne
dell
'
Amara
,
erano
scalzi
ma
muniti
di
quegli
ottimi
fucili
Weterly
che
il
negus
aveva
ottenuto
col
trattato
di
Uccialli
;
i
nostri
,
a
parte
qualche
centinaio
di
«'91»
ricevuti
,
con
contagocce
,
dalla
madre
patria
,
erano
anch
'
essi
armati
di
Weterly
,
ma
non
così
in
buono
stato
come
quelli
del
nemico
.
Dopo
una
mischia
furibonda
,
uno
contro
dieci
,
tutti
í
nostri
uomini
caddero
sul
campo
,
nessuno
escluso
,
dal
comandante
all
'
ultimo
conducente
di
muli
.
I
feriti
vennero
passati
a
fil
di
spada
.
Fu
certamente
il
più
fosco
Natale
della
nostra
storia
.
Il
generale
Baratieri
,
che
in
seguito
alle
sue
modeste
vittorie
contro
i
Dervisci
e
ras
Mangascià
era
considerato
come
un
misto
di
Scipione
e
Alessandro
Magno
,
diventò
bersaglio
di
attacchi
giornalistici
,
vignette
umoristiche
e
sberleffi
popolari
.
Restò
tuttavia
in
Africa
,
poiché
il
suo
vecchio
amico
Crispi
,
divenuto
presidente
del
Consiglio
nonostante
la
Banca
Romana
,
ne
difese
caldamente
la
posizione
.
Il
7
gennaio
1896
,
al
Barattieri
che
gli
chiedeva
uomini
,
migliaia
di
fucili
«'91»
e
un
forte
quantitativo
di
munizioni
,
Críspi
inviò
il
seguente
telegramma
:
«
Il
Paese
aspetta
da
te
una
vittoria
risolutiva
.
Quanto
alle
tue
richieste
,
Mocenni
(
ministro
della
Guerra
)
mi
fa
notare
che
un
invio
di
nuove
truppe
sarebbe
non
soltanto
inutile
ma
dannoso
,
poiché
non
avremmo
da
armarle
e
approvvigionarle
convenientemente
.
Ti
abbraccio
Francesco
»
.
Era
un
po
'
poco
.
Infatti
,
qualche
settimana
dopo
,
ai
primissimi
di
marzo
,
una
valanga
urlante
di
abissini
,
che
già
ci
avevano
tolta
Macallè
,
si
abbatté
sulle
nostre
truppe
nella
conca
di
Adua
,
capitale
del
conteso
Tigrè
.
Non
fu
,
come
molti
credono
,
un
'
unica
battaglia
campale
durata
alcuni
giorni
:
fu
un
carosello
di
scontri
e
mischie
feroci
combattute
,
fra
imboscate
e
sorprese
tattiche
,
nell
'
altopiano
attorno
al
Monte
Sullotà
.
I
guerrieri
di
Menelik
,
dopo
aver
accorciate
le
distanze
con
una
nutrita
massa
di
fuoco
,
attaccarono
in
ogni
luogo
all
'
arma
bianca
,
col
pugnale
e
la
scimitarra
.
Il
più
grave
,
fu
che
il
nostro
schieramento
non
era
affatto
difensivo
,
ma
in
formazione
d
'
avanzata
:
poiché
i
tre
comandanti
in
sottordine
del
corpo
di
spedizione
Arimondi
,
Dabormida
e
Albertone
avevano
ricevuto
dal
comandante
in
capo
,
Baratieri
,
l
'
improvviso
ordine
di
marciare
sul
grosso
degli
abissini
,
ciascuno
a
capo
di
una
colonna
.
L
'
ordine
scritto
era
accompagnato
da
un
foglietto
a
quadretti
,
su
cui
il
generale
aveva
schizzato
a
matita
,
un
piano
molto
sommario
dell
'
operazione
.
Quell
'
attacco
non
aveva
,
a
conti
fatti
,
alcuna
giustificazione
strategica
;
ma
il
Baratieri
temeva
di
essere
sostituito
dal
collega
Baldissera
,
arrivato
dall
'
Italia
invece
delle
armi
richieste
,
e
perciò
aveva
fretta
di
brillare
.
La
colonna
Albertone
,
investita
per
prima
,
sulla
sinistra
,
tentò
di
ripiegare
al
centro
,
dove
travolse
la
colonna
Arimondi
mentre
si
stava
attestando
su
posizioni
di
resistenza
.
La
colonna
Dabormida
,
sulla
destra
,
non
sapendo
dove
esattamente
si
trovassero
gli
altri
nostri
reparti
,
si
mosse
a
casaccio
,
perse
l
'
orientamento
,
sbagliò
strada
,
s
'
isolò
completamente
e
venne
sopraffatta
.
La
mattina
del
5
marzo
1896
,
giunse
a
Roma
il
rapporto
di
Baratieri
e
Baldissera
(
«
Non
ti
fidar
di
quella
gente
nera
!
»
cantavano
i
contadini
e
gli
operai
lavorando
)
sull
'
esito
della
battaglia
.
Rapporto
spaventoso
,
nonostante
le
prime
cifre
fossero
alquanto
ammaestrate
:
10.000
soldati
uccisi
,
feriti
o
prigionieri
,
sui
17.000
che
avevano
combattuto
;
200
ufficiali
,
compreso
il
Dabormida
,
rimasti
sul
campo
di
battaglia
.
Tutte
le
artiglierie
e
il
90%
delle
armi
individuali
e
delle
munizioni
,
rimasti
in
mano
nemica
.
Baratieri
,
rimosso
dal
comando
,
si
ebbe
,
volta
a
volta
,
per
diversi
anni
,
le
seguenti
qualifiche
:
imbelle
,
imbecille
,
tardo
,
fellone
,
inetto
,
rammollito
e
traditore
.
Baldissera
,
che
lo
sostituì
,
ebbe
l
'
incarico
dal
ministro
Di
Rudinì
,
successore
di
Crispi
,
di
sganciarsi
ripiegando
cautamente
.
Strada
facendo
,
Adigrat
e
Cassala
furono
liberate
dall
'
assedio
.
Nell
'
ottobre
del
'96
,
la
pace
fu
firmata
.
A
Menelik
fu
riconosciuta
«
un
'
indipendenza
assoluta
e
senza
riserve
»
,
più
la
sovranità
del
Tigrè
,
più
10
milioni
a
titolo
d
'
indennizzo
.
Nei
mesi
che
seguirono
,
le
statistiche
ministeriali
segnalarono
che
la
fabbricazione
del
«'91»
aveva
acquistato
,
finalmente
,
un
ritmo
encomiabile
.
Il
tenente
generale
Tancredi
Saletta
,
capo
di
stato
maggiore
,
ne
prese
atto
con
viva
soddisfazione
.
Se
mai
il
«'91»
,
nato
nell
'
Officina
Pirotecnica
di
Bologna
dalle
intuizioni
del
capitano
Muricchío
e
dal
lavoro
paziente
di
tanti
tecnici
,
fu
protagonista
assoluto
di
una
pagina
militare
,
ciò
avvenne
proprio
fra
l
'
estate
del
1916
e
quella
del
1917
:
quando
lo
stato
maggiore
,
capeggiato
da
Luigi
Cadorna
,
si
ostinò
a
spezzare
con
battaglie
frontali
,
assalti
all
'
arma
bianca
continui
e
tentativi
di
sfondamento
diretto
,
la
resistenza
di
un
nemico
arroccato
su
posizioni
di
resistenza
formidabili
,
annidato
dietro
il
ventaglio
micidiale
delle
mitragliatrici
e
i
grovigli
spinosi
dei
reticolati
.
A
distanza
di
quarant
'
anni
,
riesaminando
le
testimonianze
più
obiettive
del
primo
conflitto
mondiale
,
si
resta
ancora
sgomenti
,
immaginando
quelle
onde
brulicanti
di
uomini
«
oscuri
»
infrangersi
invano
contro
le
difese
nemiche
,
al
grido
disperato
dei
loro
motti
guerreschi
.
Gli
alpini
del
«
Susa
»
che
cadevano
a
plotoni
quasi
affiancati
sull
'
Ortigara
,
gridando
«
A
brusa
,
souta
'
l
Susa
!
»
;
quelli
dell
'
«
Ivrea
»
,
che
scattavano
alla
baionetta
urlando
il
loro
«
Tuic
un
!
»
,
tutti
per
uno
.
Coloro
che
riferendosi
alla
rotta
di
Caporetto
,
nell
'
autunno
del
'17
,
emettono
giudizi
avventati
sull
'
efficienza
media
del
soldato
italiano
,
ignorano
o
dimenticano
che
soltanto
nella
stolta
battaglia
della
Bainsizza
perdemmo
150.000
uomini
,
con
impressionante
percentuale
di
caduti
.
E
a
giudicare
severamente
il
generale
Cadorna
basterebbe
il
comunicato
diramato
dal
Comando
Supremo
il
28
ottobre
1917
,
per
annunciare
il
rovescio
di
Caporetto
:
«
La
mancata
resistenza
dei
reparti
della
seconda
Armata
,
vilmente
ritiratisi
senza
combattere
o
ignominiosamente
arresisi
al
nemico
,
ha
permesso
alle
forze
austrogermaniche
di
rompere
la
nostra
ala
sinistra
sulla
fronte
Giulia
»
.
Così
,
mentre
nelle
retrovie
sconvolte
i
«'91»
erano
adoperati
per
fucilare
sul
posto
i
retrocedenti
della
seconda
Armata
,
si
cercava
,
come
primo
provvedimento
,
di
addossare
ogni
responsabilità
del
disastro
alla
«
viltà
»
degli
uomini
«
oscuri
»
che
per
mesi
e
mesi
erano
stati
gettati
,
come
cose
,
nella
fornace
di
ostinate
e
stupide
battaglie
frontali
.
A
Caporetto
,
perdemmo
circa
400.000
uomini
,
centinaia
di
migliaia
di
armi
individuali
,
centinaia
di
batterie
d
'
artiglieria
leggera
e
pesante
,
innumerevoli
depositi
di
materiali
d
'
ogni
genere
.
Nonostante
la
maggioranza
dei
nostri
soldati
in
rotta
avesse
conservato
le
armi
(
come
,
a
distanza
di
23
anni
,
avvenne
in
Albania
,
in
Africa
e
perfino
nel
calvario
del
fronte
russo
)
,
la
strada
di
Caporetto
,
fra
colonne
di
profughi
sconvolti
,
civili
e
villaggi
abbandonati
,
apparve
tristemente
disseminata
di
fucili
,
affusti
,
carriaggi
,
munizioni
.
Ai
posti
di
blocco
,
i
soldati
inermi
venivano
molto
spesso
sottoposti
alla
decimazione
.
I
«
vili
»
dell
'
ottobre
'17
dimostrarono
di
essere
tutt
'
altro
che
tali
nel
giugno
del
1918
,
allorché
gli
austriaci
,
sia
pure
stremati
,
trovarono
inflessibile
resistenza
ai
loro
violenti
attacchi
su
tutto
il
nuovo
fronte
,
dagli
Altipiani
al
mare
,
sul
Grappa
e
sul
Piave
.
Ma
Vittorio
Veneto
,
nonostante
l
'
ebbrezza
della
vittoria
,
non
riuscì
a
chiudere
la
piaga
che
quattro
anni
di
una
guerra
mal
diretta
da
generali
in
polemica
fra
loro
e
minata
alle
spalle
da
esibizionismi
politici
avevano
aperta
nel
popolo
italiano
.
Un
solco
profondo
divideva
le
masse
deluse
e
insoddisfatte
e
una
classe
dirigente
che
nascondeva
sotto
astratti
schemi
politici
la
sua
mancanza
d
'
idee
e
di
convinzioni
.
Gli
uomini
«
oscuri
»
che
Cadorna
aveva
additati
al
disprezzo
degli
italiani
nell
'
autunno
del
'17
tornarono
a
casa
con
una
polizza
da
1000
lire
e
un
vestituccio
blu
di
cattiva
stoffa
elargito
dallo
stato
.
Erano
in
stragrande
maggioranza
contadini
,
poiché
la
gran
massa
degli
operai
siderurgici
era
stata
esonerata
e
,
sia
pure
nelle
strettoie
della
militarizzazione
,
era
rimasta
nelle
officine
.
I
giovani
ufficiali
di
complemento
,
alcuni
dei
quali
erano
partiti
per
la
guerra
imberbi
e
ne
ritornavano
maturi
ma
senza
precise
capacità
professionali
,
sprofondavano
nell
'
abbandono
morale
.
Tutti
contro
tutti
,
per
un
vago
ma
profondo
senso
di
rancore
.
Non
rientra
nei
limiti
di
questa
storia
l
'
analisi
del
«
fenomeno
»
fascista
.
Ma
c
'
interessa
l
'
apparizione
delle
armi
in
dotazione
all
'
esercito
fra
le
mani
degli
squadristi
,
in
camicia
nera
,
che
parteciparono
alle
spedizioni
punitive
dell
'
immediato
dopoguerra
e
nell
'
ottobre
del
1922
presero
parte
,
nel
numero
di
oltre
30.000
,
alla
marcia
su
Roma
.
L
'
armamento
dei
seguaci
di
Mussolini
era
,
per
lo
più
,
quello
degli
«
arditi
»
di
guerra
,
le
«
fiamme
nere
»
costituite
per
operazioni
d
'
assalto
:
bombe
«
sipe
»
a
forma
di
pigna
,
pugnali
da
tenere
«
fra
i
denti
»
,
rivoltelle
Glisenti
o
Mauser
,
con
fodero
di
legno
,
trovate
nei
magazzini
austriaci
o
addosso
agli
ufficiali
nemici
fatti
prigionieri
.
Ma
basta
avere
sott
'
occhio
la
testimonianza
fotografica
delle
«
spedizioni
punitive
»
e
della
«
marcia
»
finale
,
per
constatare
che
numerosi
squadristi
erano
armati
con
fucili
e
moschetti
«'91»
.
Non
vi
è
dubbio
che
molti
di
essi
furono
«
passati
»
,
sotto
mano
,
alle
camicie
nere
da
ufficiali
che
simpatizzavano
col
movimento
mussoliniano
.
Non
esistono
a
tutt
'
oggi
prove
concrete
che
nel
1921-22
le
autorità
militari
,
facenti
capo
al
ministero
della
Guerra
,
abbiano
ufficialmente
favorito
gli
squadristi
rifornendo
di
armi
.
Sappiamo
soltanto
che
alcuni
comandanti
di
reparto
«
lasciarono
socchiusi
»
i
magazzini
e
le
armerie
,
assumendosi
personalmente
il
rischio
(
del
resto
assai
limitato
)
di
tale
operato
.
Sappiamo
che
a
Firenze
,
il
colonnello
comandante
l'84a
Fanteria
,
con
caserma
in
corso
Tintori
,
concesse
agli
squadristi
locali
alcuni
camion
«18
BL
»
in
sovrannumero
e
un
certo
quantitativo
di
«'91»
con
le
relative
munizioni
;
sappiamo
che
diversi
fucili
,
un
paio
di
mitragliatrici
«
Saint
-
Etienne
»
e
un
certo
numero
di
bombe
uscirono
di
notte
tempo
da
una
caserma
di
Cremona
,
comandata
da
un
colonnello
legato
da
vecchia
amicizia
con
Roberto
Farinacci
;
una
quantità
abbastanza
rilevante
di
armi
,
rivoltelle
e
fucili
,
fu
consegnata
ai
fascisti
da
singoli
ufficiali
,
anche
di
Marina
,
alla
Spezia
,
a
Napoli
,
ad
Ancona
:
ma
specialmente
a
Foggia
e
a
Bari
,
dove
le
«
spedizioni
»
per
annientare
le
«
leghe
»
dei
braccianti
della
Capitanata
erano
più
frequenti
che
altrove
.
A
Bologna
,
un
maggiore
dei
bersaglieri
fece
avere
un
quantitativo
abbastanza
modesto
di
armi
ai
giovanotti
col
teschio
cucito
sul
petto
che
obbedivano
a
Leandro
Arpinati
e
Arconovaldo
Bonaccorsi
.
Ma
è
doveroso
dire
che
nel
1921
,
sotto
la
presidenza
del
Consiglio
dell
'
onorevole
Bonomi
,
fu
aperta
un
'
inchiesta
a
carico
degli
ufficiali
delle
Forze
Armate
che
avevano
procurato
armi
alle
camicie
nere
.
Non
bisogna
del
resto
dimenticare
che
almeno
quattro
generali
facevano
parte
,
fin
dalla
così
detta
«
vigilia
»
,
delle
formazioni
fasciste
:
De
Bono
,
Fara
,
Ceccherini
e
Zamboni
,
i
quali
parteciparono
regolarmente
alla
«
marcia
»
del
28
ottobre
;
e
che
altri
generali
e
ufficiali
superiori
,
benché
più
cautamente
,
avevano
aderito
al
fascismo
fin
dalle
sue
prime
avvisaglie
.
A
Mussolini
e
ai
suoi
«
quadrumviri
»
non
mancavano
certo
autorevoli
intermediari
presso
i
magazzini
militari
.
Ma
non
furono
certo
i
«'91»
,
le
bombe
e
le
mitragliatrici
che
aprirono
la
strada
della
capitale
agli
squadristi
per
i
quali
Oscar
Uccelli
,
più
tardi
prefetto
,
preparò
una
base
logistica
a
Perugia
.
L
'
Appia
,
la
Salaria
,
l
'
Aurelia
,
la
Flaminia
,
le
Ferrovie
dello
Stato
,
furono
facile
cammino
per
coloro
che
parevano
la
salvezza
giovanile
,
entusiasta
e
disinteressata
di
un
mondo
stanco
e
confuso
.
In
Etiopia
,
dall
'
ottobre
del
1935
al
maggio
del
'36
,
fra
truppe
di
primo
impiego
,
complementi
e
riserve
,
combatterono
circa
250.000
uomini
.
Il
«'91»
di
Adua
,
di
Tripoli
,
della
Bainsizza
e
del
Píave
,
nato
nella
Bologna
di
Carducci
,
costruito
a
Terni
e
nelle
armerie
ausiliarie
del
Garda
,
nelle
due
taglie
di
fucile
e
moschetto
,
fu
l
'
arma
degli
uomini
incorporati
nella
«
Tevere
»
,
nella
«
Gavinana
»
,
nella
«
Peloritana
»
,
nella
«
XIII
Marzo
»
;
dei
genieri
partiti
dai
centri
di
mobilitazione
di
Firenze
,
Bologna
,
Roma
,
Santa
Maria
Capua
Vetere
,
Piacenza
;
degli
alpini
,
dei
carristi
,
dei
«
dubat
»
.
Quanto
alle
armi
di
reparto
e
di
copertura
,
affluirono
a
Massaua
e
Mogadiscio
in
numero
assai
considerevole
:
5700
mitragliatrici
,
155
batterie
d
'
artiglieria
e
145
carri
armati
,
fra
i
quali
molti
veloci
,
del
tipo
«C.L.»,
«
Carden
Loyd
»
.
In
quanto
tempo
aveva
calcolato
di
concludere
la
sua
impresa
imperiale
,
Mussolini
?
Essendosi
autonominato
nel
luglio
del
1933
ministro
della
Guerra
,
la
cosa
lo
riguardava
doppiamente
.
Suo
capo
di
stato
maggiore
era
un
generale
designato
d
'
Armata
,
che
spesso
aveva
cantato
Giovinezza
di
fronte
alle
truppe
inquadrate
e
che
un
giorno
aveva
presentato
al
«
duce
»
la
«
rispettosa
e
unanime
domanda
degli
ufficiali
in
s.p.e.
»
di
ottenere
l
'
onore
della
tessera
fascista
.
Mussolini
lo
aveva
ascoltato
con
espressione
austera
,
poi
,
come
soffocando
un
'
onda
di
commozione
,
aveva
risposto
:
«
Fate
sapere
agli
ufficiali
,
superiori
e
subalterni
,
che
sono
fiero
di
loro
.
Il
fascismo
è
fiero
di
accogliere
,
all
'
ombra
delle
insegne
legionarie
,
i
quadri
dell
'
Esercito
»
.
Aveva
taciuto
un
momento
,
quindi
si
era
alzato
,
aveva
fatto
il
giro
della
scrivania
e
,
dopo
un
abbraccio
virile
,
più
che
altro
un
brusco
urto
spalla
contro
spalla
,
aveva
concluso
:
«
Quanto
a
voi
,
camerata
Baistrocchi
,
siete
degno
di
quest
'
ora
solenne
»
.
Con
la
collaborazione
entusiasta
di
Baistrocchi
,
e
quella
alquanto
più
cauta
del
sottosegretario
Pariani
,
di
Graziani
,
Badoglio
e
De
Bono
,
fu
stabilito
il
piano
d
'
operazioni
in
Etiopia
.
Attacco
massiccio
e
violento
nel
settore
eritreo
,
perno
di
resistenza
,
con
manovre
di
disturbo
e
puntate
di
alleggerimento
sul
fronte
somalo
.
Il
tutto
doveva
concludersi
in
un
massimo
di
otto
mesi
,
per
non
incappare
nella
stagione
delle
piogge
.
Ma
Mussolini
,
che
amava
le
coincidenze
storiche
,
aveva
già
fermamente
stabilito
che
la
proclamazione
dell
'
Impero
avvenisse
il
21
aprile
,
natale
di
Roma
.
Invece
,
gli
fu
possibile
annunciare
al
mondo
il
grande
evento
soltanto
il
9
maggio
:
e
di
quei
18
giorni
di
ritardo
non
perdonò
mai
il
vecchio
,
disgraziato
De
Bono
,
nonostante
lo
avesse
nominato
maresciallo
d
'
Italia
per
meriti
eccezionali
,
dopo
avergli
tolto
il
comando
delle
truppe
eritree
,
nel
novembre
'35
,
e
aver
messo
al
suo
posto
Badoglio
.
In
realtà
,
dopo
le
prime
,
incontrastate
operazioni
,
la
facile
occupazione
di
Adigrat
,
Axum
,
Adua
e
Macallè
,
non
dissimilmente
da
quanto
era
accaduto
quarant
'
anni
prima
a
Baratieri
nello
stesso
teatro
di
guerra
,
i
due
ras
più
avveduti
dell
'
armata
etiopica
attaccarono
con
circa
80.000
uomini
il
nostro
schieramento
offensivo
,
costringendoci
a
un
frettoloso
ripiegamento
su
Axum
e
minacciando
di
accerchiare
i
reparti
dislocati
attorno
a
Macallè
.
Il
povero
De
Bono
,
tormentato
dalle
fitte
dell
'
artrite
(
lui
le
chiamava
«
le
mie
camolette
»
)
,
già
sfiduciato
riguardo
l
'
andamento
fascista
,
non
aveva
previsto
tutto
ciò
e
non
aveva
quindi
predisposto
una
precisa
linea
di
arroccamento
.
Il
vecchio
generale
d
'
Armata
lasciò
l
'
Eritrea
,
fu
promosso
ma
da
quel
momento
messo
praticamente
in
disparte
.
Sul
fronte
somalo
,
Graziani
riuscì
a
rintuzzare
un
attacco
in
forze
di
ras
Destà
e
lo
inseguì
fino
a
Neghelli
,
sottoponendo
le
truppe
alla
fatica
di
due
marce
forzate
,
per
concludere
l
'
operazione
prima
che
Badoglio
,
nel
suo
settore
,
ottenesse
i
primi
successi
.
Fu
in
febbraio
che
le
forze
eritree
,
con
le
due
battaglie
decisive
del
Tembien
,
riuscirono
a
mettere
in
rotta
le
forze
di
ras
Cassa
e
ad
aprirsi
la
strada
verso
Addis
Abeba
.
Ma
furono
necessari
poderosi
interventi
d
'
aviazione
e
,
spiace
ricordarlo
,
l
'
uso
degli
aggressivi
chimici
.
Il
9
maggio
1936
,
in
un
tardo
e
piovoso
pomeriggio
,
Mussolini
annunciò
al
balcone
di
Palazzo
Venezia
,
che
í
«
Sette
colli
di
Roma
»
tornavano
ad
essere
illuminati
,
dopo
19
secoli
,
dalla
gloria
imperiale
.
Allo
stesso
modo
che
nel
1911
,
al
principio
della
campagna
di
Libia
,
Elvira
Donnarumma
aveva
lanciato
Tripoli
sarà
italiana
,
la
soubrette
Nikuzza
,
accompagnata
dalla
chitarra
di
Mario
Latilla
,
padre
di
Gino
,
rese
popolare
Faccetta
nera
.
Nelle
vetrine
dei
profumieri
apparve
il
«
Tabacco
d
'
Harar
»
.
Il
tè
,
sottoposto
a
sanzioni
,
fu
sostituito
dal
«
karkadè
»
,
coltivato
sull
'
altopiano
abissino
.
Si
cominciò
a
chiedere
,
sotto
banco
,
il
«
caffè
di
caffè
»
.
La
campagna
d
'
Etiopia
costò
complessivamente
allo
stato
dai
600
agli
800
miliardi
in
valuta
attuale
.
Servì
a
rinverdire
la
fiducia
dell
'
uomo
della
strada
nel
fascismo
;
ma
rivelò
agli
esperti
di
cose
militari
,
come
Vincenzo
Muricchio
,
che
la
potenza
delle
nostre
armi
,
dopo
14
anni
di
fascismo
,
era
aumentata
in
senso
scenico
,
ma
non
sostanziale
.
Sotto
le
squadriglie
da
caccia
e
da
bombardamento
,
valorizzate
dalle
imprese
di
De
Pinedo
,
Balbo
,
Valle
e
Maddalena
,
le
fanterie
non
erano
cambiate
.
Gli
«
spallacci
»
adottati
nell'11
segavano
ancora
le
collottole
come
guinzagli
.
Anche
se
la
giacca
aveva
perso
il
soffocante
colletto
chiuso
,
le
fasce
gambiere
restavano
,
inutili
,
a
far
prudere
i
polpacci
.
E
nessuno
ancora
pensava
che
il
vecchio
«'91»
fosse
ormai
inadeguato
ai
propositi
di
aggressione
e
di
«
guerra
lampo
»
che
il
«
regime
»
,
non
pago
dell
'
avventura
etiopica
,
andava
maturando
e
minacciando
.
La
seconda
guerra
mondiale
dimostrò
,
infatti
,
che
i
singoli
soldati
,
nella
cornice
della
retorica
imperiale
,
erano
rimasti
gli
stessi
di
trent
'
anni
prima
,
con
un
po
'
meno
voglia
di
morire
.
Il
12
settembre
1943
,
quattro
giorni
dopo
l
'
illusorio
armistizio
annunciato
da
Badoglio
,
la
Divisione
«
Puglie
»
costituita
dal
71°
e
72°
reggimento
fanteria
,
motto
:
«
Ad
summum
»
,
alle
sommità
,
mostrine
bianche
e
verdi
,
si
trovava
dislocata
nel
Kossovo
,
regione
a
nordest
dell
'
Albania
,
e
dell
'
Albania
divenuta
provincia
dopo
il
crollo
della
Jugoslavia
,
il
18
aprile
1941
.
La
Divisione
,
che
durante
la
campagna
di
Grecia
si
era
valorosamente
battuta
nel
settore
di
Clisura
,
partecipando
all
'
epica
difesa
di
«
quota
731»
,
accettò
compatta
l
'
ordine
di
Badoglio
,
legittimato
dal
giuramento
al
re
e
alla
bandiera
.
I
diecimila
uomini
della
grossa
unità
erano
fermamente
disposti
a
combattere
contro
i
tedeschi
,
qualora
l
'
ex
-
alleato
avesse
assunto
un
atteggiamento
provocatorio
.
Il
grosso
della
«
Puglie
»
era
a
Prizren
,
capitale
del
Kossovo
.
Nei
quattro
giorni
che
seguirono
il
messaggio
di
Badoglio
,
nell
'
ostinata
calma
dell
'
ultima
estate
,
compagnie
e
battaglioni
si
prepararono
a
fronteggiare
un
eventuale
attacco
germanico
.
Si
parlava
di
una
divisione
corazzata
«
Goering
»
,
a
riposo
sui
confini
della
vicina
Bulgaria
,
pronta
a
marciare
contro
gli
italiani
.
In
vista
di
tale
possibilità
,
furono
approntate
postazioni
per
mitragliatrici
,
mortai
e
cannoni
anti
-
carro
alla
periferia
orientale
della
città
,
dove
era
possibile
dominare
d
'
infilata
il
lungo
e
polveroso
stradale
candido
e
deserto
,
dal
quale
i
tedeschi
avrebbero
dovuto
per
forza
arrivare
.
Ma
la
mattina
del
giorno
14
giunse
l
'
ordine
,
dai
superiori
comandi
di
Corpo
d
'
Armata
e
di
Armata
,
di
cessare
ogni
preparativo
di
difesa
ed
offesa
,
poiché
i
tedeschi
avevano
dichiarato
di
rispettare
l
'
armistizio
e
di
non
volere
in
alcun
modo
ostacolare
un
eventuale
rimpatrio
dei
reparti
italiani
.
Anzi
,
per
dimostrare
la
loro
perfetta
buonafede
,
le
truppe
germaniche
in
Albania
erano
disposte
a
consegnare
provvisoriamente
le
armi
ai
nostri
comandi
,
mentre
noi
avremmo
fatto
altrettanto
.
Dopo
le
trattative
,
ognuno
avrebbe
ripreso
le
sue
e
tutto
si
sarebbe
svolto
nel
reciproco
rispetto
.
Nel
pomeriggio
,
si
vide
un
velo
di
polvere
alzarsi
dal
rettilineo
proveniente
dal
confine
bulgaro
,
Non
erano
i
carri
della
«
Goering
»
:
si
trattava
di
una
modesta
camionetta
color
canarino
,
sulla
quale
si
trovavano
un
maresciallo
della
Wehrmacht
,
un
sergente
e
due
soldati
semplici
.
Nonostante
l
'
atteggiamento
fermo
e
l
'
aria
baldanzosa
,
si
vedeva
che
i
quattro
,
sotto
sotto
,
erano
piuttosto
preoccupati
.
Si
passavano
la
lingua
sulle
labbra
e
si
scambiavano
occhiate
furtive
.
Erano
i
quattro
incaricati
di
assistere
al
disarmo
«
provvisorio
»
della
Divisione
.
Il
che
avvenne
,
sotto
una
pioggia
leggerissima
e
uggiosa
,
la
mattina
presto
del
giorno
dopo
,
15
settembre
.
Tutti
gli
effettivi
della
«
Puglie
»
,
fanti
,
genieri
,
artiglieri
,
militari
di
sussistenza
e
di
sanità
,
sfilarono
(
per
la
prima
volta
cinque
per
cinque
,
secondo
il
sistema
tedesco
)
di
fronte
a
un
tavolino
piazzato
nel
centro
di
un
vastissimo
e
brullo
spiazzo
.
Dietro
al
tavolino
,
il
maresciallo
germanico
,
assistito
dai
suoi
commilitoni
,
consultava
i
quaderni
di
carico
e
scarico
relativi
alle
armi
e
alle
munizioni
.
Plotone
dopo
plotone
,
compagnia
dopo
compagnia
,
i
soldati
abbandonavano
,
su
diversi
mucchi
,
i
loro
«'91»
,
le
baionette
,
i
pacchi
rosa
di
munizioni
,
le
giberne
e
gli
spallacci
.
Lontano
,
alle
spalle
del
maresciallo
,
che
si
era
messo
occhiali
cerchiati
di
acciaio
,
i
monti
erano
fantasmi
color
bistro
,
sfumati
nei
vapori
del
maltempo
.
Un
enorme
silenzio
pesava
sotto
il
fruscio
lieve
della
pioggia
.
Qualche
ragazzo
serbo
,
fermo
agli
estremi
confini
dello
spiazzo
,
osservava
la
scena
.
Accatastati
sulla
fanghiglia
gialla
,
i
«'91»
nereggiavano
come
vecchi
rottami
.
Ancora
i
soldati
non
lo
sapevano
:
ma
intuivano
che
quello
era
il
primo
passo
verso
due
anni
di
doloroso
e
umiliante
internamento
in
Germania
.
E
capirono
che
ciò
li
aspettava
,
dopo
tanti
sacrifici
e
tanti
rischi
affrontati
,
allorché
un
«
anziano
»
del
'12
,
uno
degli
ultimi
della
lunghissima
processione
,
al
momento
di
consegnare
il
fucile
,
ci
ripensò
e
fece
l
'
atto
di
allontanarsi
tenendoselo
.
Il
maresciallo
si
alzò
,
gli
corse
dietro
,
lo
afferrò
per
una
spalla
berciando
invettive
incomprensibili
e
gli
abbozzò
un
ceffone
.
Lo
abbozzò
soltanto
:
perché
subito
si
guardò
attorno
e
rise
sgangheratamente
,
fingendo
di
aver
scherzato
.
Anche
quelli
della
«
Puglie
»
arrivarono
ai
campi
di
concentramento
tedeschi
dopo
sette
giorni
e
sette
notti
di
spaventoso
viaggio
in
carri
bestiame
,
attraverso
l
'
Ungheria
,
la
Carinzia
,
l
'
Austria
,
la
Baviera
e
la
Prussia
occidentale
.
Quanto
ai
«'91»
abbandonati
sul
fango
di
Prizren
,
i
tedeschi
li
utilizzarono
per
armare
le
bande
montanare
arruolate
nel
Dibrano
con
la
promessa
di
«
carta
bianca
»
nel
saccheggio
.
Ma
molti
di
quei
fucili
passarono
,
dopo
qualche
settimana
,
nelle
mani
dei
soldati
italiani
,
rimasti
alla
macchia
in
Jugoslavia
e
Montenegro
,
che
attraverso
stenti
infiniti
,
fame
freddo
e
malattie
,
andarono
a
ingrossare
i
reparti
partigiani
comandati
da
Giuseppe
Broz
,
non
ancora
conosciuto
come
«
maresciallo
Tito
»
.
Furono
quelli
,
oggi
raramente
ricordati
,
i
primi
italiani
che
fra
la
deportazione
e
il
collaborazionismo
scelsero
la
lotta
contro
il
nazismo
.
Primi
,
con
gli
sventurati
soldati
della
«
Acqui
»
a
Cefalonia
,
passati
per
le
armi
senza
misericordia
dai
tedeschi
,
che
invece
ancora
rispettavano
e
onoravano
i
«
pezzi
grossi
»
,
soli
veri
responsabili
del
nostro
crollo
disastroso
.
Primi
,
accanto
ai
marinai
del
Dodecanneso
,
agli
allievi
dell
'
Accademia
Navale
,
portati
in
massa
da
Venezia
a
Brindisi
dal
loro
intrepido
comandante
,
ammiraglio
Bacci
di
Capaci
.
Per
quasi
due
anni
,
sino
al
maggio
del
1945
,
le
formazioni
partigiane
e
i
reparti
ricostituiti
dagli
Alleati
nel
Corpo
Volontario
di
Liberazione
,
si
batterono
contro
i
tedeschi
e
gli
italiani
,
spesso
addirittura
adolescenti
,
che
a
fianco
dei
tedeschi
continuavano
a
combattere
.
I
«'91»
,
moschetti
e
fucili
,
che
i
partigiani
si
erano
procurati
dai
reparti
dell
'
esercito
discioltisi
dopo
1'8
settembre
o
con
colpi
di
mano
contro
caserme
e
depositi
,
incontrarono
sui
monti
della
Lombardia
,
del
Piemonte
,
della
Toscana
,
del
Veneto
,
dell
'
Emilia
,
dell
'
Umbria
,
i
«'91»
che
i
giovani
soldati
di
Salò
,
inquadrati
e
addestrati
parte
nell
'
Italia
settentrionale
parte
in
Germania
,
avevano
ricevuto
dai
tedeschi
.
Lunghi
mesi
di
inevitabile
guerra
civile
perfezionarono
la
rovinosa
conclusione
di
una
guerra
mal
preparata
,
stoltamente
dichiarata
,
diretta
con
ineffabile
imperizia
.
Ma
era
già
cominciata
la
stagione
dei
«
mitra
»
:
quelli
che
nell
'
ultimo
anno
di
guerra
,
i
soldati
avevano
soltanto
intravisto
,
e
molto
di
rado
,
sulla
spalla
di
qualche
ufficiale
della
«
Milizia
M.M.
»
,
i
così
detti
«
lupi
di
Galbiati
»
.
Mitra
dalla
sovracanna
bucherellata
,
mitra
tedeschi
corti
da
tenere
sospesi
sul
ventre
,
mitra
americani
e
inglesi
paracadutati
sulle
Alpi
e
sugli
Appennini
.
E
col
mitra
,
venne
in
uso
corrente
un
'
espressione
dura
,
cinica
,
agghiacciante
:
«
far
fuori
»
.
L
'
Italia
del
«'91»
,
coi
suoi
errori
,
le
sue
glorie
,
le
sue
illusioni
,
le
sue
ingenuità
,
i
suoi
impettiti
luoghi
comuni
,
era
per
sempre
finita
.
StampaQuotidiana ,
Commedia
qualsiasi
,
ricalcata
su
A
spasso
con
Daisy
.
Rispetto
al
modello
sono
leggermente
diversi
i
personaggi
:
la
vecchia
signora
ricca
non
è
una
vegliarda
ebrea
ma
la
vedova
d
'
un
presidente
americano
che
sta
morendo
per
un
tumore
al
cervello
,
l
'
uomo
ai
suoi
ordini
non
è
un
autista
nero
anziano
ma
un
giovane
agente
dei
Servizi
segreti
a
capo
d
'
un
gruppo
di
guardie
del
corpo
.
Sono
diversi
i
problemi
.
Qui
non
si
discute
di
pregiudizi
verso
í
neri
e
gli
ebrei
né
della
faticosa
integrazione
razziale
negli
Stati
Uniti
,
si
discute
appena
d
'
una
questione
minore
:
se
sia
ragionevole
oppure
no
che
i
soldi
dei
contribuenti
vengano
spesi
per
fornire
piena
protezione
a
tutti
gli
ex
presidenti
americani
,
alle
loro
mogli
e
alle
loro
vedove
(
adesso
,
per
esempio
,
alla
signora
Johnson
,
ai
Ford
,
ai
Carter
,
ai
Reagan
,
ai
Bush
)
.
Per
il
resto
,
conflitto
di
caratteri
.
L
'
ex
presidentessa
Tess
è
prepotente
,
abituata
a
comandare
e
a
farsi
servire
,
brusca
,
insofferente
delle
guardie
del
corpo
e
portata
(
come
era
Sandro
Pertini
)
a
sfuggire
alla
loro
sorveglianza
un
po
'
per
metterle
alla
prova
e
un
po
'
per
sfotterle
,
tanto
aggressiva
ed
esigente
da
far
scambiare
per
capriccio
il
proprio
desiderio
di
rivedere
prima
di
morire
luoghi
cari
e
cose
belle
della
vita
.
Lui
è
un
bravo
agente
esasperato
da
quel
servizio
di
protezione
professionalmente
mortificante
e
ansioso
di
lasciarlo
,
stufo
di
venir
trattato
come
un
cameriere
o
un
parente
,
che
cerca
compensi
nel
fare
il
proprio
lavoro
col
massimo
scrupolo
e
rigore
.
Lei
è
turbolenta
,
anticonformista
ma
pronta
a
fare
la
spia
ricorrendo
al
presidente
in
carica
se
qualcosa
non
va
;
lui
è
un
uomo
d
'
ordine
.
Naturalmente
si
scontrano
,
battibeccano
,
si
rimbeccano
,
litigano
,
non
si
sopportano
.
Naturalmente
nel
momento
del
pericolo
(
un
rapimento
di
lei
,
male
ideato
dalla
sceneggiatura
)
si
scopre
quanto
in
realtà
si
vogliano
bene
,
quali
buoni
sentimenti
materno
-
filiali
li
leghino
.
Unici
elementi
interessanti
:
una
volta
tanto
Shirley
MacLaine
è
vestita
bene
,
una
volta
tanto
non
strafa
né
gigioneggia
,
ha
invece
una
recitazione
controllata
,
quasi
sommessa
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Direttore
,
Mi
permette
di
difendere
un
ritocco
che
il
ministro
Casati
ha
testé
introdotto
per
quel
che
concerne
l
'
età
di
ammissione
degli
alunni
nelle
scuole
ginnasiali
,
ritocco
che
vedo
criticato
nella
Stampa
?
Nella
riforma
ultima
era
stabilito
che
occorressero
per
quella
ammissione
i
dieci
anni
compiuti
;
e
il
Casati
è
tornato
al
vecchio
regolamento
,
che
concedeva
un
'
eccezione
per
quegli
alunni
che
agli
esami
di
ammissione
(
del
ginnasio
,
si
noti
,
e
non
più
agli
esami
finali
della
scuola
elementare
)
riportino
la
media
di
otto
decimi
.
Or
bene
,
io
credo
giusto
e
necessario
questo
provvedimento
.
Genitori
,
che
sforzassero
i
loro
figliuoli
a
studi
dannosi
alla
loro
salute
,
sarebbero
genitori
snaturati
;
e
di
questi
,
per
fortuna
,
ce
ne
sono
ben
pochi
,
i
quali
non
è
detto
poi
che
non
li
sforzerebbero
,
anche
dopo
i
dieci
anni
,
a
studi
a
loro
non
confacenti
e
dannosi
.
Sta
di
fatto
che
la
maturazione
dell
'
intelligenza
varia
non
poco
:
1
)
secondo
le
disposizioni
naturali
;
2
)
secondo
gli
ambienti
domestici
:
«
arte
di
padre
,
mezzo
imparata
»
e
il
figliuolo
di
un
insegnante
o
di
un
letterato
andrà
sempre
più
rapido
negli
studi
che
non
quello
di
uno
charcutier
;
3
)
secondo
le
condizioni
geografiche
(
nel
mezzogiorno
,
per
esempio
,
la
precocità
è
maggiore
)
.
Pretendere
che
fanciulli
,
che
hanno
appreso
presto
e
bene
,
siano
fermati
e
costretti
ad
aspettare
il
compimento
dei
loro
dieci
anni
per
bussare
alla
porta
della
scuola
media
,
questo
,
sì
,
mi
parrebbe
esercitare
una
pressione
indebita
.
Che
cosa
si
farà
,
nell
'
intermezzo
,
di
quei
fanciulli
?
Ecco
il
problema
al
quale
anch
'
io
,
non
come
legislatore
ma
come
padre
,
mi
sono
trovato
innanzi
e
non
ho
saputo
dargli
soluzione
soddisfacente
.
Infastidirli
,
stancarli
e
disgustarli
con
la
ripetizione
di
cose
già
apprese
e
sapute
?
Metterli
a
cinguettare
l
'
inglese
e
il
tedesco
,
che
poi
dimenticherebbero
lungo
il
corso
ginnasiale
?
Inoltre
si
consideri
che
il
limite
dei
dieci
anni
compiuti
importava
che
non
si
potesse
entrare
nella
scuola
media
se
non
tra
i
dieci
e
gli
undici
anni
,
cioè
che
alla
licenza
ginnasiale
non
era
dato
presentarsi
se
non
tra
i
15
e
i
16
anni
,
e
nell
'
esame
finale
di
maturità
se
non
tra
i
18
e
i
19
,
e
dall
'
Università
non
si
sarebbe
usciti
se
non
,
in
media
,
intorno
ai
23
o
24
anni
.
E
questo
,
in
un
paese
in
cui
a
venticinque
anni
si
può
diventare
rappresentante
della
nazione
al
Parlamento
!
D
'
altra
parte
,
quell
'
otto
in
media
da
chi
altro
poi
sarà
dato
se
non
dai
professori
che
dovranno
accogliere
il
candidato
nella
loro
classe
ginnasiale
?
E
questi
esaminatori
avranno
sempre
il
modo
di
accertarsi
se
il
fanciullo
è
veramente
e
normalmente
maturo
o
se
è
stato
sforzato
a
un
'
apparente
maturità
.
Potrei
aggiungere
altre
considerazioni
,
ma
queste
che
ho
esposte
mi
sembrano
bastevoli
a
corroborare
il
mio
modesto
avviso
personale
.
Meana
in
Val
di
Susa
,
15
agosto
1924
.