StampaQuotidiana ,
Poiché
l
'
uso
vuole
che
ci
sia
un
bilancio
della
Stato
e
una
relazione
su
di
esso
,
abbiamo
quello
e
questa
.
Essi
riferiscono
le
entrate
e
le
spese
in
una
certa
unità
che
dicesi
lira
.
Che
mai
sarà
,
di
preciso
o
almeno
con
discreta
approssimazione
,
non
si
sa
,
poiché
tace
l
'
Oracolo
di
Delfo
ed
è
morta
M.me
de
Thèbes
.
Sei
o
sette
anni
fa
,
questa
lira
non
era
molto
lontana
dalla
pari
coll
'
oro
;
poi
si
è
data
a
vita
selvaggia
;
fa
salti
da
capriolo
.
Se
si
paragona
al
franco
svizzero
,
che
è
più
fermo
,
ma
non
fermissimo
,
si
trova
che
mentre
scrivo
questo
articolo
(
15
febbraio
)
100
lire
valgono
33,47
franchi
svizzeri
,
mentre
il
15
febbraio
1919
,
valevano
circa
76
franchi
;
dunque
il
prezzo
della
lira
,
in
franchi
svizzeri
,
è
scemato
di
metà
almeno
in
un
sol
anno
,
che
è
anno
di
pace
e
non
di
guerra
.
È
quindi
lecito
porre
il
quesito
:
scemerà
ancora
,
in
analoga
proporzione
,
o
crescerà
,
da
oggi
al
febbraio
1921;
e
,
secondo
che
scemerà
,
o
crescerà
,
che
ne
sarà
di
quel
bel
bilancio
espresso
in
lire
?
Per
trovare
alcunché
di
meno
fluttuante
,
sarebbe
bene
di
potere
paragonare
la
lira
carta
alla
lira
oro
;
ma
per
ciò
occorre
almeno
un
mercato
libero
dell
'
oro
:
c
'
è
a
Londra
,
ma
non
c
'
era
nel
febbraio
1919
.
Per
altro
,
lo
essere
quasi
solo
in
Europa
fa
sì
che
i
suoi
prezzi
non
sono
quelli
che
si
avrebbero
se
dovunque
libero
fosse
,
il
commercio
dell
'
oro
,
libera
l
'
esportazione
della
moneta
aurea
.
Aggiungasi
che
neppure
il
«
valore
»
dell
'
oro
è
stabile
.
Infine
,
poiché
non
possiamo
avere
di
meglio
,
contentiamoci
del
poco
che
possiamo
ricavare
dalle
notizie
dei
mercati
dei
cambi
.
Intanto
,
il
film
dei
cambi
gira
tanto
rapido
,
che
ciò
che
è
vero
oggi
non
lo
è
più
domani
.
Le
variazioni
che
durano
breve
tempo
,
non
operano
sul
bilancio
,
quelle
che
durano
a
lungo
lo
possono
mutare
notevolmente
.
A
Londra
,
nella
prima
metà
di
febbraio
,
l
'
oncia
di
oro
puro
è
giunta
al
prezzo
di
12o
scellini
;
il
che
dà
,
per
la
sterlina
carta
,
il
prezzo
di
franchi
oro
17
mentre
la
parità
è
di
franchi
oro
25,22
.
A
Ginevra
,
il
14
febbraio
,
la
sterlina
carta
era
quotata
franchi
svizzeri
20,69
.
Da
ciò
si
deduce
che
il
franco
svizzero
vale
franchi
oro
0,86
.
In
altro
modo
si
possono
avere
quei
valori
.
L
'
11
febbraio
,
a
Londra
,
la
sterlina
carta
era
quotata
dollari
3,37
mentre
la
parità
è
di
dollari
4,867
.
La
sterlina
varrebbe
dunque
franchi
oro
17,46
.
A
Ginevra
,
il
14
febbraio
,
il
dollaro
era
quotato
franchi
svizzeri
6,03
e
la
sua
parità
è
di
franchi
oro
5,18
.
Dunque
il
franco
svizzero
varrebbe
franchi
oro
0,86
.
Le
differenze
di
tali
valori
coi
precedenti
sono
piccole
e
quindi
trascurabili
.
Di
sfuggita
.
Pochi
giorni
or
sono
si
poteva
leggere
in
un
giornale
italiano
che
il
franco
svizzero
era
alla
pari
con
l
'
oro
.
È
proprio
vero
che
un
bel
tacere
non
fu
mai
scritto
.
Non
mi
fermo
qui
sulla
variabilità
del
«
valore
»
dell
'
oro
;
i
lettori
di
questo
giornale
ne
avranno
veduto
alcun
cenno
nell
'
articolo
mio
riprodotto
nel
n
.
31
.
Paragonando
dunque
la
lira
italiana
al
franco
svizzero
,
faremo
,
circa
il
valore
effettivo
,
due
errori
;
cioè
uno
avente
origine
dal
non
essere
il
franco
svizzero
pari
all
'
oro
,
l
'
altro
dal
non
essere
il
presente
«
valore
»
dell
'
oro
pari
a
quello
che
aveva
nel
tempo
che
precedette
la
guerra
.
Veniamo
ai
particolari
.
Dice
la
relazione
dell
'
onorevole
Bonomi
che
l
'
onere
pel
bilancio
degli
interessi
dei
debiti
è
di
circa
4,5
miliardi
di
lire
;
ma
che
è
tale
onere
,
valutato
in
beni
economici
?
Se
si
paragona
la
lira
al
franco
svizzero
,
quest
'
onere
sarebbe
oggi
solo
di
1,55
miliardi
,
e
sarebbe
minore
paragonata
la
lira
all
'
oro
,
minore
ancora
tenuto
conto
che
il
«
valore
»
dell
'
oro
è
scemato
.
Come
feci
notare
in
un
articolo
pubblicato
nel
1916
dalla
«
Rivista
di
scienza
bancaria
»
,
si
poteva
agevolmente
prevedere
che
parecchi
Stati
,
per
sottrarsi
all
'
obbligo
del
pagamento
reale
dei
loro
debiti
,
pur
fingendo
di
ciò
fare
,
li
avrebbero
pagati
con
moneta
deprezzata
.
Tali
previsioni
fecero
scandalo
e
suscitarono
sdegni
,
ma
i
fatti
mostrano
che
si
sono
avverate
e
che
seguitano
ad
avverarsi
ogni
giorno
.
Nell
'
ipotesi
,
per
dir
vero
assurda
,
che
,
nel
1920-21
,
la
lira
tornasse
alla
pari
col
franco
svizzero
meglio
ancora
col
franco
oro
l
'
onere
tornerebbe
ad
essere
di
4,5
miliardi
,
ma
effettivi
,
non
più
solo
nominali
.
Nell
'
ipotesi
speriamo
egualmente
fallace
che
la
lira
seguisse
il
cattivo
esempio
del
marco
e
decadesse
sino
a
0,06
franchi
svizzeri
,
gli
interessi
,
in
lire
,
del
debito
sarebbero
solo
270
milioni
di
franchi
effettivi
.
Tra
questi
limiti
estremi
,
di
miliardi
4,5
e
di
0,270
,
quale
sarà
l
'
onere
effettivo
del
bilancio
?
E
se
non
si
sa
,
che
significa
il
bilancio
?
Tutto
ciò
andrebbe
bene
se
l
'
onere
dei
prestiti
fosse
solo
in
lire
,
con
pagamenti
all
'
interno
;
se
in
parte
è
in
altre
monete
,
pagabile
all
'
estero
,
occorre
tenere
conto
del
cambio
di
queste
monete
,
e
navighiamo
più
che
mai
su
di
un
mare
incognito
.
Pei
privati
,
il
fenomeno
è
l
'
inverso
di
quello
ora
notato
pel
governo
.
Coloro
che
hanno
sottoscritto
ad
un
prestito
che
dà
5,71
per
cento
d
'
interesse
avranno
impiegato
il
loro
capitale
precisamente
a
quest
'
interesse
.
Se
il
valore
della
lira
non
varia
,
lo
avranno
impiegato
al
17,30
per
cento
,
se
la
lira
diventa
alla
pari
con
l
'
oro
all'1,04
per
cento
,
se
la
lira
decade
sino
a
6
centesimi
oro
,
ad
un
saggio
intermedio
,
se
la
lira
si
fissa
ad
un
saggio
intermedio
.
Ma
quale
sarà
tal
saggio
?
Indovinalo
grillo
!
Analoghe
osservazioni
si
possono
fare
per
le
imposte
.
Se
la
lira
tornasse
alla
pari
con
l
'
oro
sarebbe
impossibile
che
i
contribuenti
seguitassero
a
pagare
la
stessa
somma
,
in
lire
,
che
pagano
oggi
.
Se
decadesse
sino
a
6
centesimi
,
pagherebbero
agevolmente
molto
più
.
Incertissime
sono
pure
le
altre
spese
del
bilancio
.
L
'
onorevole
Bonomi
giustamente
osserva
:
«
I
residui
5
miliardi
e
mezzo
di
entrate
sono
però
insidiati
ora
da
una
spesa
che
minaccia
di
travolgere
la
nostra
finanza
se
i
ripari
non
sono
pronti
ed
efficaci
.
Le
spese
per
il
personale
si
sono
accresciute
in
misura
così
allarmante
da
venire
subito
dopo
quelle
sì
cospicue
degli
oneri
del
debito
»
.
Certo
,
ci
vorrebbero
«
ripari
»
,
ma
dove
si
troveranno
?
Non
nel
Parlamento
;
il
recente
sciopero
dei
ferrovieri
,
al
quale
è
probabile
che
facciano
seguito
altri
simili
,
è
segno
non
trascurabile
che
del
Parlamento
si
può
fare
a
meno
per
impegnare
la
finanza
pubblica
.
Nessuno
può
dire
ciò
che
sta
per
accadere
né
che
intensità
acquisteranno
le
forze
operanti
per
fare
variare
il
bilancio
.
Al
presente
,
vediamo
sgretolarsi
lo
Stato
e
crescere
l
'
anarchia
:
ognuno
procura
di
ricavare
quanto
più
può
dal
bilancio
,
e
scema
ognora
la
resistenza
a
tali
imprese
.
Sino
a
che
punto
si
spingeranno
?
Se
a
ciò
non
si
può
rispondere
neppure
si
può
conoscere
il
futuro
della
finanza
.
Si
può
opporre
che
simili
incertezze
ci
sono
per
tutti
i
bilanci
,
in
ogni
tempo
.
Verissimo
;
ma
,
nello
stato
normale
,
le
differenze
sono
lievi
e
quindi
trascurabili
.
Oggi
vediamo
seguire
repentini
e
gravi
movimenti
,
i
quali
non
accennano
per
niente
a
cessare
:
le
differenze
sono
grandi
,
ed
esse
,
più
che
una
sterile
contabilità
formale
,
danno
la
realtà
del
bilancio
.
StampaQuotidiana ,
Una
quarantina
d
'
anni
fa
,
in
un
suo
dotto
e
bizzarro
libro
che
non
credo
abbia
destato
molte
discussioni
:
La
scepsi
estetica
,
il
filosofo
Giuseppe
Rensi
si
sforzava
di
dimostrare
che
il
giudizio
estetico
è
sempre
soggettivo
e
non
può
aspirare
all
'
assolutezza
.
Secondo
il
Rensi
,
di
uno
che
avesse
preferito
,
supponiamo
,
Parzanese
a
Dante
,
Franz
Lehár
a
Beethoven
in
nessun
modo
poteva
dirsi
che
fosse
nel
falso
.
Nel
mondo
dell
'
estetica
non
c
'
era
verità
e
errore
,
ma
solo
il
gusto
individuale
,
sempre
vero
e
inconfutabile
.
La
tesi
non
fu
presa
molto
sul
serio
.
Teneva
allora
il
campo
la
filosofia
idealistica
,
per
la
quale
l
'
individuo
era
qualcosa
come
un
felice
inganno
,
una
illusione
;
e
ben
pochi
si
arrischiavano
a
mettere
in
dubbio
l
'
assolutezza
del
giudizio
estetico
.
Anche
in
questo
settore
o
spicchio
della
vita
individuale
l
'
individuo
era
battuto
a
favore
del
super
-
individuo
:
lo
Spirito
Universale
.
Nemmeno
mezzo
secolo
è
passato
,
e
già
i
filosofi
sembrano
correre
altre
vie
.
Due
mesi
or
sono
,
a
Venezia
,
in
un
«
simposio
di
estetica
»
,
l
'
insigne
storico
della
filosofia
medievale
Étienne
Gilson
affermò
che
la
ragione
umana
non
riesce
neppure
a
sfiorare
l
'
intimo
processo
della
creazione
artistica
.
La
ragione
,
secondo
Gilson
,
coglie
l
'
opera
d
'
arte
quand
'
esca
è
fatta
,
quando
è
diventata
un
oggetto
,
non
può
coglierla
nel
suo
divenire
.
Il
linguaggio
dell
'
artista
e
il
linguaggio
del
critico
non
sono
omogenei
.
Se
lo
fossero
,
il
critico
dell
'
arte
pittorica
si
esprimerebbe
dipingendo
;
il
critico
dell
'
arte
musicale
si
esprimerebbe
scrivendo
altra
musica
;
il
che
non
avviene
.
L
'
arte
è
dunque
creazione
di
oggetti
che
prima
non
esistevano
,
non
è
linguaggio
o
almeno
non
è
linguaggio
razionale
:
mentre
la
critica
,
che
ha
per
suo
strumento
il
linguaggio
,
non
è
che
ricognizione
di
oggetti
già
fatti
.
Caduto
il
principio
dell
'
imitazione
del
vero
nelle
arti
che
furono
dette
figurali
o
plastiche
(
nessuno
dei
molti
intervenuti
sembrò
porre
in
dubbio
la
necessità
di
questa
caduta
)
,
ne
consegue
che
non
può
darsi
critica
razionale
dei
prodotti
di
queste
arti
.
L
'
arte
d
'
oggi
,
in
gran
parte
delle
sue
manifestazioni
,
non
è
dunque
giudicabile
in
alcun
modo
;
anzi
l
'
arte
non
fu
giudicabile
mai
,
perché
l
'
antica
critica
fondata
sul
principio
della
mimesi
,
dell
'
imitazione
,
non
compiva
che
l
'
inventario
di
una
più
o
meno
felice
adeguazione
al
vero
,
ma
restava
muta
dinanzi
all
'
ineffabilità
dell
'
arte
.
A
riprova
delle
sue
idee
il
Gilson
portava
il
fatto
che
nel
mondo
delle
arti
non
ha
validità
il
principio
di
contraddizione
.
La
scienza
evolve
,
una
tesi
dimostrata
vera
elimina
la
tesi
contraria
.
In
arte
,
di
due
tesi
opposte
non
avviene
che
una
elida
l
'
altra
.
Non
potrete
mai
dimostrare
che
una
canzonetta
di
Modugno
sia
inferiore
all
'
Odissea
;
potrete
dire
che
sono
due
cose
diverse
.
(
Naturalmente
,
non
mi
valgo
sempre
degli
stessi
termini
del
Gilson
:
che
non
cita
Modugno
e
definisce
la
figuratività
come
imagerie
;
ma
il
senso
non
varia
.
)
La
prima
e
vera
obiezione
che
potrebbe
farsi
è
che
esiste
un
'
arte
:
la
poesia
,
la
quale
si
serve
della
parola
e
possiede
dunque
uno
strumento
omogeneo
a
quello
della
critica
.
Ma
il
Gilson
ha
previsto
l
'
obiezione
e
ha
tentato
di
smontarla
.
In
realtà
,
a
suo
avviso
anche
la
critica
della
poesia
si
fonda
sull
'
apprezzamento
della
imagerie
,
cioè
sull
'
involucro
che
fa
di
una
poesia
un
oggetto
,
ma
non
coglie
il
moto
irrazionale
che
sceglie
la
parola
(
quella
parola
e
non
un
'
altra
)
come
materia
.
La
critica
letteraria
si
risolve
perciò
in
una
storia
di
contenuti
,
o
tutt
'
al
più
in
un
'
indicazione
di
«
luoghi
»
più
o
meno
suggestivi
.
Il
più
e
il
meglio
le
sfugge
:
anche
la
poesia
non
conosce
evoluzione
ed
evade
dal
tempo
.
E
a
questo
punto
è
opportuno
notare
quanto
il
Gilson
sia
vicino
,
almeno
qui
,
al
pensiero
del
Croce
,
che
potrebbe
sembrare
toto
coelo
diverso
.
Anche
per
l
'
idealismo
crociano
non
si
dà
storia
della
poesia
,
ma
storia
di
poeti
;
anzi
qualcuno
,
portando
quel
pensiero
alle
ultime
conseguenze
,
crede
che
si
dia
solo
storia
delle
singole
opere
di
poesia
,
essendo
il
poeta
stesso
,
come
unico
autore
di
opere
diverse
,
un
'
astrazione
.
Come
si
vede
,
filosofi
di
opposte
tendenze
possono
,
per
diverse
vie
,
proporre
la
medesima
distruzione
dell
'
individuo
.
Non
so
se
la
tesi
del
Gilson
abbia
destato
obiezioni
.
A
Venezia
tutti
sembravano
convinti
che
la
distruzione
dell
'
imagerie
nelle
arti
visive
e
della
tonalità
naturale
(
ammesso
che
essa
esista
)
nella
musica
sia
ormai
conquista
della
quale
non
può
farsi
a
meno
.
L
'
unica
risposta
da
me
letta
porta
la
firma
di
uno
storico
dell
'
arte
medievale
,
Sergio
Bettini
,
ed
è
apparsa
sulla
rivista
della
Biennale
veneziana
(
«
La
Biennale
»
,
gennaio
-
marzo
1958
)
.
Il
Bettini
non
contraddice
del
tutto
il
Gilson
,
ma
propone
alcune
rettifiche
o
vie
d
'
uscita
.
Pensiamo
,
egli
dice
,
all
'
architettura
,
che
Aristotile
,
e
non
lui
solo
,
escludeva
dal
novero
delle
arti
appunto
perché
essa
non
si
propone
l
'
imitazione
del
vero
.
Oggi
tutte
le
opere
d
'
arte
dovranno
essere
«
lette
»
come
opere
architettoniche
,
prescindendo
definitivamente
dall
'
imagerie
che
può
formarne
il
pretesto
.
Se
è
arte
l
'
architettura
(
e
nessuno
osa
più
negarlo
)
,
se
noi
possiamo
leggerne
le
opere
anche
senza
tener
conto
della
loro
destinazione
pratica
,
così
potremo
leggere
come
opere
architettoniche
anche
le
più
strane
pitture
tachistes
o
informali
:
o
anche
,
aggiungiamo
noi
,
le
più
strazianti
musiche
elettroniche
.
Ma
è
una
lettura
,
riconosce
il
Bettini
,
estremamente
difficile
,
alla
quale
noi
non
siamo
ancora
addestrati
.
A
suo
avviso
,
nell
'
arte
che
ha
rinunziato
alla
mimesi
,
solo
un
capello
divide
il
capolavoro
dall
'
aborto
.
Compito
del
critico
è
di
cogliere
questa
differenza
infinitesimale
e
di
indicarla
;
ma
con
quali
parole
?
Forse
solo
con
una
interiezione
,
un
mugolio
.
Sostanzialmente
il
Bettini
sembra
d
'
accordo
col
Gilson
nel
ritenere
che
dell
'
arte
moderna
(
e
forse
d
'
ogni
arte
)
non
può
farsi
utile
discorso
.
II
critico
d
'
oggi
non
può
essere
che
un
rabdomante
che
con
la
sua
bacchetta
tocca
qui
e
tocca
là
;
ma
non
ha
nessun
monopolio
del
vero
.
Si
può
pensare
diversamente
da
lui
senza
essere
imputati
di
falsità
.
E
qui
si
torna
alle
idee
del
troppo
dileggiato
(
allora
)
Giuseppe
Rensi
.
Un
tempo
il
corso
e
ricorso
delle
stesse
idee
avveniva
lentamente
,
nel
giro
di
secoli
.
Oggi
s
'
è
fatto
rapidissimo
.
Torniamo
un
passo
addietro
.
Non
dovete
credere
che
questo
universale
relativismo
porti
l
'
accademico
di
Francia
Étienne
Gilson
a
un
pessimismo
assoluto
.
Se
la
ragione
umana
ha
dei
limiti
,
l
'
uomo
deve
lavorare
e
agire
con
gli
strumenti
di
cui
dispone
.
E
il
Gilson
,
trasferendosi
inopinatamente
sul
piano
dell
'
empiria
,
pensa
che
studiando
le
correnti
e
le
modificazioni
del
gusto
individuale
si
possa
disporre
le
opere
d
'
arte
nel
tempo
e
si
possa
classificarle
secondo
criteri
di
probabile
validità
estetica
.
È
vero
:
su
un
piano
strettamente
teorico
sarà
sempre
impossibile
confutare
chi
preferisca
le
sculture
di
fil
di
ferro
esposte
a
Venezia
alle
opere
di
Michelangelo
:
chi
anteponga
alla
Gioconda
un
paio
(
stracciato
)
di
calze
di
nylon
debitamente
esposte
in
cornice
.
Ma
esiste
pure
,
di
epoca
in
epoca
,
un
consenso
delle
maggioranze
,
un
certo
numero
di
indicazioni
collettive
che
non
possiamo
trascurare
.
Si
trasformi
dunque
l
'
indagine
estetica
in
uno
studio
statistico
dei
gusti
e
delle
«
mode
»
:
si
fondino
a
tale
intento
istituti
di
ricerca
ad
hoc
;
e
forse
si
potrà
individuare
qualche
norma
utile
agli
artisti
e
ai
profani
«
consumatori
»
d
'
arte
.
Ma
potranno
simili
norme
sfuggire
alle
accuse
di
soggettività
che
si
muovono
al
giudizio
dei
singoli
?
In
verità
,
questa
parte
del
discorso
del
Gilson
,
del
resto
appena
abbozzata
,
ci
sembra
singolarmente
campata
nelle
nuvole
.
Oggi
la
pietra
d
'
inciampo
delle
speculazioni
estetiche
non
è
più
data
dall
'
architettura
,
ma
dalla
poesia
,
dall
'
arte
della
parola
.
La
poesia
,
che
per
metà
è
discorso
e
per
metà
è
altra
cosa
,
è
orinai
un
'
intrusa
in
considerazioni
di
questo
genere
.
Lo
è
,
d
'
altronde
,
sempre
stata
:
fin
da
quando
si
è
parlato
della
poesia
e
«
delle
arti
»
,
unificando
e
insieme
distinguendo
.
Non
è
mai
avvenuto
,
nemmeno
nelle
punte
estreme
del
surrealismo
,
che
un
poeta
,
uno
scrittore
,
rinunciasse
del
tutto
alla
raffigurazione
,
all
'
imagerie
.
Ammettiamo
pure
che
le
manifestazioni
non
figurali
delle
arti
visive
abbiano
avuto
il
merito
(
o
l
'
effetto
)
di
porre
in
crisi
l
'
arte
figurativa
,
l
'
abbiano
resa
più
che
mai
difficile
:
e
ammettiamo
altresì
che
da
almeno
cent
'
anni
,
per
la
suggestione
che
le
viene
dalle
altre
arti
,
la
poesia
stessa
si
sia
fatta
sempre
meno
mimetica
,
meno
rappresentativa
.
Resta
pur
sempre
la
speranza
che
l
'
arte
della
parola
,
arte
inguaribilmente
semantica
,
presto
o
tardi
faccia
sentire
il
suo
contraccolpo
anche
sulle
arti
che
pretendono
di
essersi
affrancate
da
ogni
obbligo
verso
l
'
identificazione
e
la
rappresentazione
del
vero
.
StampaQuotidiana ,
Ora
che
la
guerra
è
cominciata
,
diventa
concreto
il
problema
,
che
,
già
presente
agli
italiani
,
non
ancora
doveva
essere
risoluto
senza
indugio
:
come
ci
dobbiamo
comportare
nelle
faccende
ordinarie
della
nostra
vita
materiale
ed
economica
?
Una
formula
ebbe
grande
voga
in
Inghilterra
nei
primi
otto
o
nove
mesi
della
guerra
:
operate
e
vivete
come
se
la
guerra
non
fosse
;
attendete
tranquillamente
ai
lavori
vostri
e
continuate
serenamente
nel
vostro
genere
ordinario
di
vita
e
di
spese
,
senza
preoccuparvi
della
guerra
.
In
tal
modo
voi
servirete
il
vostro
paese
;
il
quale
ha
d
'
uopo
che
il
meccanismo
della
vita
economica
funzioni
regolarmente
e
senza
scosse
,
che
la
terra
seguiti
a
fruttificare
,
che
le
industrie
lavorino
in
pieno
,
che
il
traffico
segua
le
sue
vie
,
e
che
il
popolo
non
sia
malcontento
per
la
disoccupazione
.
L
'
esperienza
dei
primi
nove
mesi
di
guerra
ha
dimostrato
che
la
formula
,
sebbene
contenesse
una
parte
di
verità
,
non
era
compiuta
e
poteva
diventare
pericolosa
.
Nell
'
Inghilterra
stessa
,
l
'
opinione
pubblica
ha
dovuto
persuadersi
che
la
vita
ordinaria
della
popolazione
doveva
mutare
per
adattarsi
alle
necessità
urgenti
e
pressanti
della
guerra
;
e
che
un
non
piccolo
coefficiente
di
vittoria
stava
appunto
nella
capacità
del
popolo
di
adattarsi
alle
mutate
condizioni
ed
esigenze
della
vita
in
tempo
di
guerra
.
Sì
,
fa
d
'
uopo
che
ognuno
,
il
quale
non
sia
chiamato
sotto
le
armi
,
continui
a
lavorare
nel
suo
mestiere
e
nella
sua
professione
;
e
questo
è
certo
il
miglior
modo
per
servire
il
paese
.
Gli
industriali
,
i
commercianti
,
i
professionisti
,
gli
agricoltori
che
attenderanno
con
la
consueta
cura
ai
propri
lavori
e
negozi
,
contribuiranno
a
far
funzionare
senza
scosse
il
meccanismo
della
vita
del
paese
;
e
daranno
opera
alla
vittoria
;
meglio
che
non
abbandonando
il
proprio
mestiere
ed
offrendo
la
propria
collaborazione
a
servizi
bellici
,
od
ausiliari
,
a
cui
possono
essere
disadatti
.
Lavorare
come
prima
tanto
meglio
si
può
,
in
quanto
il
governo
,
fin
dal
primo
momento
,
ha
veduto
che
importava
dare
opera
a
promuovere
il
proseguimento
regolare
della
vita
economica
.
Niente
moratoria
,
la
quale
avrebbe
perturbato
grandemente
gli
affari
e
gettato
il
seme
del
dubbio
e
dell
'
incertezza
;
bensì
larghe
anticipazioni
a
banche
ed
a
consorzi
per
consentire
loro
di
effettuare
rimborsi
e
di
concedere
prestiti
su
titoli
e
su
merci
.
Rassicurati
e
fiduciosi
,
gli
industriali
,
i
commercianti
e
gli
agricoltori
,
non
debbono
sostare
neppure
un
giorno
dalle
consuete
faccende
e
dai
lavori
ordinari
.
Ma
lavorare
come
prima
non
basta
.
Bisogna
lavorare
meglio
e
più
di
prima
.
In
un
momento
in
cui
milioni
di
uomini
robusti
e
giovani
sono
chiamati
a
difendere
il
paese
,
occorre
che
il
vuoto
lasciato
dalla
loro
chiamata
sotto
le
bandiere
non
sia
avvertito
.
I
comitati
di
preparazione
che
sono
sorti
in
tante
città
e
si
stanno
costituendo
nelle
campagne
fanno
e
faranno
opera
benemerita
se
contribuiranno
a
far
penetrare
nella
mente
e
nel
cuore
di
tutti
gli
italiani
il
convincimento
che
ognuno
deve
lavorare
meglio
e
più
di
prima
.
Ognuno
stia
al
suo
posto
;
ma
dia
opera
con
raddoppiato
zelo
al
lavoro
di
tutti
i
giorni
.
Il
contadino
sappia
che
se
,
coll
'
aiuto
delle
donne
,
dei
ragazzi
,
dei
vecchi
di
casa
sua
,
riuscirà
,
in
assenza
del
figlio
soldato
,
a
portare
in
salvo
il
fieno
e
le
messi
,
a
curare
le
viti
,
ad
allevare
il
bestiame
,
egli
si
sarà
reso
benemerito
della
patria
.
L
'
impiegato
pensi
che
le
pratiche
d
'
ufficio
debbono
ora
essere
definite
ancor
più
rapidamente
di
prima
,
sebbene
parecchi
suoi
colleghi
siano
stati
richiamati
.
Volendo
,
è
sempre
possibile
far
in
modo
che
il
lavoro
sia
sbrigato
:
si
viene
più
presto
in
ufficio
,
si
va
via
più
tardi
e
non
si
pensa
ad
altro
che
al
lavoro
che
deve
essere
fatto
.
Né
si
chiedano
compensi
per
ore
straordinarie
.
L
'
operaio
sappia
che
il
successo
della
nobile
e
dura
impresa
nazionale
dipende
anche
dalla
diligenza
del
suo
lavoro
,
dall
'
essere
egli
pronto
a
sacrificare
ogni
svago
,
e
talvolta
a
rinunciare
alla
domenica
,
pur
che
il
lavoro
si
faccia
.
Lavorare
come
prima
non
sempre
però
è
possibile
.
Vi
sono
industrie
,
di
cui
lo
smercio
diminuisce
o
cessa
in
tempo
di
guerra
.
Sono
le
industrie
di
lusso
,
quelle
le
quali
lavorano
per
le
cose
non
indispensabili
all
'
esistenza
.
Sarebbe
strano
che
lo
stato
,
mentre
deve
rivolgere
i
suoi
sforzi
più
intensi
alla
condotta
della
guerra
,
disperdesse
i
suoi
mezzi
finanziari
nella
medesima
quantità
,
ad
esempio
,
di
lavori
pubblici
di
prima
.
Gli
operai
e
gli
industriali
addetti
a
questi
lavori
chieggano
che
sia
fatto
ogni
sforzo
affinché
sia
impedita
la
loro
disoccupazione
;
ma
si
rassegnino
a
mutare
genere
e
località
di
lavoro
.
I
servizi
ausiliari
della
guerra
,
le
officine
di
armamento
e
di
riparazione
,
le
fabbriche
di
forniture
militari
avranno
tali
urgenze
di
lavoro
che
i
disoccupati
potranno
facilmente
trovar
lavoro
.
Occorre
che
essi
si
adattino
a
compiere
quei
lavori
che
sono
necessari
e
non
si
agitino
per
ottenere
la
prosecuzione
di
opere
utilissime
in
tempo
di
pace
,
ma
prorogabili
in
tempo
di
guerra
.
La
guerra
ha
messo
forzatamente
in
vacanze
molti
professori
e
ridurrà
molto
il
lavoro
dei
professionisti
.
Già
si
sono
costituiti
comitati
di
questi
«
intellettuali
»
per
avvisare
ai
mezzi
di
scrivere
opuscoli
,
fogli
volanti
,
di
tenere
letture
e
fare
propaganda
per
innalzare
il
tono
e
lo
spirito
di
sacrificio
del
paese
.
Molte
cose
utili
si
possono
fare
in
questo
campo
,
purché
non
si
faccia
della
rettorica
:
spiegare
ai
soldati
perché
essi
sono
chiamati
a
combattere
,
quali
sono
le
regole
igieniche
che
devono
osservare
per
non
cadere
vittime
di
malattie
evitabili
,
organizzare
invii
di
giornali
e
di
libri
ai
soldati
nelle
trincee
.
L
'
esperienza
fatta
da
ambe
le
parti
nelle
trincee
di
Francia
e
del
Belgio
ha
dimostrato
che
i
soldati
sono
avidissimi
di
letture
e
di
quanto
possa
ricordare
loro
i
parenti
,
gli
amici
ed
i
cittadini
della
patria
per
cui
combattono
.
Sì
,
fa
d
'
uopo
che
ognuno
continui
a
spendere
quanto
spendeva
prima
.
Ma
non
come
prima
.
Sarebbe
un
delitto
verso
la
patria
.
Non
forse
la
guerra
ha
dimostrato
la
necessità
di
sopprimere
o
di
ridurre
al
minimo
il
consumo
di
bevande
alcooliche
?
A
tacer
della
Russia
,
che
ha
dato
al
mondo
il
magnifico
esempio
di
un
governo
il
quale
rinuncia
ad
un
'
entrata
netta
di
forse
1
miliardo
e
800
milioni
di
lire
,
pur
di
sopprimere
il
flagello
dell
'
alcoolismo
;
dappertutto
,
in
Germania
,
in
Francia
,
in
Inghilterra
i
governi
hanno
fatto
sforzi
perseveranti
per
ridurre
il
consumo
delle
bevande
alcooliche
.
E
come
delle
bevande
,
così
sarebbe
necessario
ridurre
il
consumo
di
tutto
ciò
che
non
è
necessario
per
l
'
esistenza
.
Ognuno
giudichi
e
valuti
per
conto
suo
le
necessità
della
vita
.
Ma
chi
spendeva
100
,
rifletta
che
egli
ha
il
dovere
di
ridurre
la
spesa
,
quando
lo
possa
fare
senza
detrimento
della
sua
salute
fisica
,
a
90
ad
80
a
70
per
consacrare
il
risparmio
a
spese
pubbliche
.
La
spesa
più
urgente
che
oggi
ogni
cittadino
consapevole
deve
fare
è
quella
dell
'
imposta
.
Pagare
puntualmente
le
imposte
dovute
vuol
dire
soddisfare
oggi
ad
una
spesa
altrettanto
urgente
come
quella
del
pane
o
della
minestra
e
certamente
più
urgente
di
quella
da
farsi
per
un
vestito
nuovo
,
od
una
scampagnata
domenicale
o
per
la
villeggiatura
.
Chi
può
,
rinunci
quest
'
anno
alla
villeggiatura
;
e
si
dia
dattorno
per
fare
qualche
cosa
lungo
i
mesi
estivi
.
Talvolta
,
il
modo
migliore
di
rendersi
utile
sarà
di
attendere
alla
sorveglianza
dei
lavori
di
campagna
,
quando
fattori
e
contadini
siano
sotto
le
armi
.
In
tal
caso
,
quando
la
collaborazione
agricola
sia
una
cosa
seria
,
anche
la
villeggiatura
potrà
moralmente
essere
spiegata
.
Altrimenti
sarebbe
una
spesa
deplorevole
e
dannosa
.
Tutto
il
margine
di
risparmio
ottenuto
sulle
spese
sia
dato
allo
stato
.
Le
guerre
costano
;
e
costerà
gravi
sacrifici
di
uomini
e
di
denari
anche
questa
nostra
guerra
per
la
liberazione
d
'
Italia
.
Un
prestito
sarà
necessario
per
somma
grandiosa
.
Tutti
devono
sottoscrivere
,
anche
con
piccole
quote
;
e
tutti
devono
fare
ogni
sforzo
affinché
nella
spesa
dell
'
anno
entri
l
'
acquisto
di
qualche
cartella
del
nuovo
prestito
nazionale
.
Nel
suo
ultimo
discorso
sul
bilancio
,
il
signor
Lloyd
George
disse
che
quest
'
anno
gli
inglesi
devono
risparmiare
il
doppio
degli
anni
scorsi
:
800
milioni
di
lire
sterline
invece
di
400;
20
miliardi
invece
di
10
miliardi
di
lire
italiane
.
Così
dovrà
avvenire
,
mutate
le
cifre
,
anche
in
Italia
.
Resecate
le
altre
spese
;
ma
tenetevi
pronti
a
dare
allo
stato
quanto
più
potrete
!
È
in
gioco
la
ragione
più
alta
della
nostra
vita
,
e
della
vita
dei
nostri
figli
e
nepoti
;
ed
in
confronto
a
ciò
,
appaiono
ben
piccola
cosa
le
rinunce
a
qualche
godimento
materiale
od
intellettuale
!
Né
si
tema
,
così
operando
,
di
favorire
la
disoccupazione
.
Senza
volere
fare
discussioni
troppo
precise
e
minute
,
è
chiaro
che
tutto
ciò
che
noi
forniremo
allo
stato
a
titolo
di
imposta
o
di
prestito
si
convertirà
immediatamente
in
domanda
di
merci
e
di
prodotti
utili
all
'
esercito
e
quindi
in
domanda
di
lavoro
.
Dopo
,
ritorneremo
ad
impiegare
i
nostri
mezzi
,
gli
uni
nello
spendere
,
gli
altri
nel
migliorare
terre
o
fabbricare
case
.
Per
ora
,
tutti
gli
italiani
debbono
rinunciare
a
qualunque
altra
meta
che
non
sia
la
difesa
della
patria
comune
.
Così
hanno
fatto
,
è
d
'
uopo
dirlo
anche
ora
,
i
tedeschi
;
e
ciò
ridonda
a
loro
grande
onore
.
Così
dobbiamo
fare
pure
noi
,
se
vogliamo
dimostrare
al
mondo
che
la
nostra
causa
è
giusta
.
Una
meta
così
alta
,
come
il
compimento
della
unità
d
'
Italia
,
non
si
tocca
senza
dolore
e
sacrificio
.
Affrontiamoli
con
cuore
saldo
e
coi
nervi
tranquilli
;
e
la
meta
sarà
raggiunta
.
Se
avremo
fiducia
in
noi
stessi
,
la
battaglia
sarà
vinta
;
e
sia
fiducia
senza
jattanza
,
austera
e
piena
.
StampaQuotidiana ,
Non
so
se
molti
fra
coloro
che
hanno
scritto
saggi
o
tesi
di
laurea
sul
Carducci
si
siano
dati
la
pena
di
visitare
l
'
umile
,
quasi
inabitabile
casa
di
Valdicastello
in
cui
il
poeta
nacque
,
nel
1835
.
Di
là
all
'
università
il
volo
fu
breve
:
a
venticinque
anni
il
Carducci
era
già
in
cattedra
.
Viaggi
veri
e
propri
il
poeta
non
compì
mai
;
non
vide
mai
Parigi
,
meta
immancabile
di
ogni
intellettuale
moderno
.
Le
vie
di
comunicazione
,
in
quel
tempo
,
non
dovevano
esser
molto
diverse
da
quelle
che
permisero
all
'
Alfieri
di
trasferirsi
da
Asti
a
Firenze
.
Non
esistevano
radio
,
cinema
,
giornali
illustrati
,
edizioni
«
della
notte
»
;
le
lingue
straniere
bisognava
studiarsele
da
sé
,
a
lume
di
candela
.
Il
ritmo
della
vira
era
sicuramente
au
ralenti
.
Probabilmente
anche
le
stagioni
avevano
un
altro
peso
e
un
altro
senso
.
Aggiungete
a
queste
condizioni
di
vita
la
natura
stessa
della
terra
di
Toscana
,
satura
di
storia
e
di
civiltà
,
e
i
buoni
studi
umanistici
condotti
sotto
la
guida
dei
preti
d
'
allora
;
e
avrete
tutti
gli
addendi
che
sommati
insieme
(
non
dimenticando
il
talento
individuale
)
potevano
portare
al
risultato
ultimo
:
una
poesia
insieme
culturale
e
ingenua
.
Una
poesia
,
in
ogni
modo
,
che
par
fatta
apposta
per
permettere
alla
critica
di
tirar
fuori
i
ferri
del
mestiere
.
Quando
di
un
artista
si
sa
tutto
o
quasi
tutto
:
vita
,
opere
,
amicizie
,
ambiente
;
quando
insomma
è
relativamente
facile
fare
un
salto
indietro
e
ripercorrere
le
tracce
di
una
vita
che
ha
lasciato
reliquie
numerose
e
ancora
recenti
;
allora
è
fatica
abbastanza
agevole
quella
che
ci
propongono
i
critici
storicisti
,
di
rifarci
mentalmente
contemporanei
di
un
uomo
che
non
esiste
più
;
e
di
ripensare
un
'
opera
alla
stregua
delle
premesse
che
l
'
hanno
resa
non
solo
possibile
ma
necessaria
e
irripetibile
.
L
'
impresa
che
ho
rudimentalmente
descritto
(
e
che
consiste
nello
«
storicizzare
»
un
'
opera
e
un
autore
)
diventa
quanto
mai
ardua
nei
casi
in
cui
opere
e
uomini
si
allontanino
nel
tempo
e
nello
spazio
.
Dalla
storia
si
passa
,
qui
,
nella
metastoria
.
Si
lavora
su
qualcosa
che
è
esistito
ma
che
,
strada
facendo
,
si
è
arricchito
d
'
incrostazioni
d
'
ogni
genere
;
rimuovendo
le
quali
(
fosse
possibile
)
l
'
oggetto
in
esame
diverrebbe
non
già
più
chiaro
ma
presumibilmente
oscurissimo
.
Non
allontaniamoci
troppo
:
Medio
Evo
e
Rinascimento
(
pochi
secoli
,
un
batter
d
'
occhio
nella
vita
dell
'
umanità
)
sono
già
termini
in
discussione
,
origini
di
dibattiti
e
di
ipotesi
inconciliabili
;
e
se
dietro
a
queste
etichette
passiamo
alle
opere
(
opere
controverse
,
inattribuite
o
inattribuibili
,
opere
scomparse
o
falsificate
,
opere
gergali
di
cui
abbiamo
perduto
la
chiave
,
manufatti
di
cui
non
sapremo
mai
se
si
tratti
di
arte
o
di
industria
,
ecc
.
)
ci
convinceremo
di
quanto
sia
breve
il
raggio
d
'
illuminazione
che
è
consentito
all
'
indagine
storica
.
L
'
Ottocento
è
il
paradiso
di
tale
indagine
:
tempo
di
crescenza
,
diverso
di
decennio
in
decennio
,
tempo
vicino
a
noi
,
pienamente
comprensibile
e
ricostruibile
.
Ma
se
questa
crescenza
un
giorno
finisse
?
Se
la
velocità
della
vita
moderna
ingenerasse
secoli
e
secoli
di
apparente
stasi
?
Suppongo
che
una
macchina
lanciatissima
dia
quasi
il
senso
di
esser
ferma
;
ed
è
possibile
immaginare
un
'
umanità
futura
in
cui
il
progresso
,
sceso
per
li
rami
a
particolari
minutissimi
,
sembri
in
qualche
modo
immobile
,
non
più
in
divenire
.
È
possibile
pensare
un
tempo
in
cui
non
solo
da
un
decennio
all
'
altro
ma
da
un
secolo
all
'
altro
non
avvengano
più
mutazioni
apparenti
,
e
in
cui
il
figlio
sembri
eguale
al
padre
e
al
nonno
.
Anche
in
un
simile
caso
si
avrà
la
trasformazione
della
storia
in
metastoria
:
e
la
professione
di
critico
(
storico
)
di
arte
o
di
letteratura
non
sarà
delle
più
invidiabili
.
L
'
uomo
che
nasce
oggi
non
può
più
permettersi
il
lusso
-
o
la
perdita
di
tempo
-
che
fu
concesso
a
un
Carducci
.
A
vent
'
anni
non
sa
nulla
ma
in
certo
modo
sa
tutto
,
ha
vissuto
esperienze
che
farebbero
strabiliare
i
nostri
antenati
.
Ma
le
ha
vissute
svuotandole
,
rendendole
inutili
.
Rendersene
conto
,
strabiliarne
vorrebbe
dire
essere
per
metà
antichi
e
per
metà
moderni
,
e
il
risultato
non
potrebbe
essere
che
la
pazzia
.
È
probabile
che
lo
stato
di
collasso
nervoso
in
cui
vivono
giovani
e
vecchi
del
nostro
inoltrato
Novecento
sia
il
prodotto
di
un
inadattamento
,
di
uno
scompenso
.
L
'
uomo
nuovo
nasce
,
per
eredità
,
ancora
troppo
vecchio
per
poter
sopportare
il
nuovo
mondo
;
le
attuali
condizioni
di
vita
non
hanno
ancora
fatto
tabula
rasa
del
passato
,
si
corre
troppo
ma
si
sta
ancora
troppo
fermi
.
L
'
uomo
nuovo
è
,
in
altre
parole
,
tuttora
in
fase
sperimentale
.
O
decide
di
tornare
indietro
(
cosa
forse
impossibile
)
o
deve
correre
di
più
,
per
avere
il
beneficio
di
un
'
apparente
stasi
:
quella
dell
'
ultravelocità
.
Correre
di
più
vuol
dire
alleggerire
il
bagaglio
della
propria
cultura
,
gettar
via
la
zavorra
dei
propri
legami
col
mondo
antico
.
Vuol
dire
diventare
un
essere
di
cui
non
abbiamo
la
più
vaga
nozione
.
Qui
mi
fermo
perché
sento
di
essere
in
errore
.
Mi
basta
guardare
oltre
i
cancelli
della
pineta
da
cui
scrivo
per
convincermi
che
già
esistono
numerosi
campioni
di
un
'
umanità
divisa
fra
lavoro
e
loisirs
,
fra
lavoro
più
o
meno
meccanicizzato
e
ozi
più
o
meno
pianificati
,
non
forse
ingrati
ma
infecondi
.
Oggi
come
ieri
l
'
uomo
lavora
e
si
diverte
;
ma
il
lavoro
è
quello
che
compie
la
parte
di
un
ingranaggio
e
gli
ozi
sono
laboriosi
,
faticosi
e
talvolta
abbrutenti
.
Sono
in
ozio
gli
uomini
e
le
donne
che
vedo
sbarcare
da
macchine
di
lusso
dinanzi
alla
«
Grande
Chaumière
»
che
monopolizza
i
divertimenti
di
qui
?
Donne
dalle
pettinature
faraoniche
e
dai
calzoncini
attillati
,
a
tubo
,
fino
a
metà
del
polpaccio
;
uomini
che
hanno
brache
cascanti
e
maglie
arrotolate
e
annodate
sul
ventre
si
avviano
a
finire
nel
can
-
can
una
giornata
di
canasta
e
di
bridge
.
Non
sono
pochi
,
sono
milioni
in
tutto
il
mondo
,
sono
in
qualche
modo
la
parte
più
progredita
dell
'
umanità
.
Certo
il
progresso
ad
essi
deve
moltissimo
.
Non
è
gente
in
ozio
questa
:
è
gente
veloce
,
in
fuga
dal
tempo
,
dalle
responsabilità
e
dalla
storia
.
È
gente
che
smesso
il
lavoro
non
può
restare
in
compagnia
di
se
stessa
ed
ha
bisogno
-
in
qualsiasi
modo
-
di
«
far
qualcosa
»
per
riempire
il
vuoto
dal
quale
deve
difendersi
.
Non
sono
villeggianti
,
in
una
villa
morirebbero
di
noia
,
in
uno
di
questi
orti
non
saprebbero
accorgersi
del
lavoro
che
i
ragni
,
i
beccafichi
e
le
cetonie
compiono
sulla
più
zuccherina
frutta
del
mondo
,
sulla
pesca
noce
,
sull
'
uva
erbarola
e
sui
grappoli
dell
'
aleatico
.
Sono
estivants
,
gente
che
cerca
la
città
e
«
fa
città
»
dovunque
arriva
.
Ed
ora
sono
giunti
in
Versilia
che
fino
a
pochi
anni
fa
ne
era
immune
.
Li
accoglie
qui
un
collare
di
perle
,
la
delicata
illuminazione
notturna
che
dal
Cinquale
a
Fiumetto
distingue
questa
spiaggia
dalle
altre
;
ed
è
tutto
,
perché
all
'
alba
essi
non
sentono
certo
il
ronzio
dei
maggiolini
sulle
zinnie
,
lo
schiocco
dei
superstiti
merli
delle
pinete
.
Le
loro
camere
si
aprono
sull
'
asfalto
e
quando
scendono
sulla
spiaggia
(
quasi
asfaltata
)
coi
loro
costumi
a
due
pezzi
,
mezzogiorno
è
suonato
e
sulle
loro
teste
non
passa
che
un
aeroplano
che
sparge
manifestini
e
piccoli
paracadute
réclame
.
Il
giorno
che
tutti
avranno
lavoro
e
loisirs
a
sufficienza
e
siano
scomparsi
quegli
improduttivi
otia
che
permettevano
la
maturazione
della
grande
poesia
non
è
detto
che
anche
l
'
arte
venga
meno
sulla
faccia
della
terra
.
Una
totale
trasformazione
dell
'
uomo
in
macchina
non
è
immaginabile
.
Ma
si
accentuerà
nell
'
arte
futura
quel
carattere
preistorico
che
già
colpisce
nelle
odierne
manifestazioni
.
Avremo
«
pezzi
»
d
'
arte
pura
,
e
perciò
assolutamente
inspiegabile
;
pezzi
da
mettersi
accanto
ai
migliori
dell
'
arte
sumera
,
egiziana
,
maya
,
ecc
.
;
e
che
nessuno
vorrà
affaticarsi
a
porre
in
rapporto
con
una
figura
,
con
una
personalità
d
'
autore
;
pezzi
o
,
se
si
vuole
,
opere
che
non
sarà
possibile
inserire
in
una
storia
individuale
.
Ridotta
a
bocconi
anche
la
poesia
figurerà
nel
museo
immaginario
di
domani
.
E
forse
allora
nessuno
ricorderà
che
un
grande
filosofo
umanista
-
il
nostro
Croce
-
non
ammise
che
possa
darsi
storia
della
poesia
.
O
solo
qualche
erudito
ne
saprà
qualcosa
e
vedrà
in
questa
teoria
uno
dei
più
singolari
aspetti
della
lotta
del
nostro
tempo
contro
il
Tempo
.
StampaQuotidiana ,
Gli
ultimi
,
come
i
precedenti
,
provvedimenti
finanziari
hanno
avuto
in
generale
una
buona
stampa
e
soltanto
qua
e
là
si
sono
elevate
alcune
voci
contro
l
'
errore
che
avrebbe
commesso
il
governo
,
tassando
con
eccessiva
mitezza
gli
extraprofitti
degli
industriali
e
con
grande
durezza
il
sale
del
povero
.
A
questo
punto
conviene
che
si
metta
ben
chiaro
il
problema
.
Premetto
che
faccio
astrazione
dalle
imposte
che
si
dovrebbero
mettere
per
motivi
«
morali
»
,
per
ossequio
alle
«
nuove
»
idee
«
sociali
»
e
via
dicendo
.
Tutte
queste
,
finanziariamente
,
sono
pure
«
parole
»
gettate
al
vento
.
Da
esse
non
si
cava
fuori
una
lira
e
neppure
un
soldo
.
Il
problema
finanziario
che
si
deve
risolvere
dai
paesi
belligeranti
è
il
seguente
:
come
ottenere
nuove
entrate
per
somme
variabili
,
nell
'
ipotesi
che
la
guerra
finisca
entro
il
1916
,
da
forse
700
milioni
di
lire
(
ed
è
probabilmente
il
caso
dell
'
Italia
,
compresi
i
maggiori
tributi
già
stabiliti
,
il
cui
reddito
complessivamente
si
può
valutare
in
260
milioni
)
a
34
miliardi
di
lire
all
'
anno
,
come
è
il
caso
dei
maggiori
tra
i
paesi
in
lotta
?
E
,
badisi
,
devono
essere
centinaia
di
milioni
e
miliardi
di
lire
effettive
,
non
di
«
parole
»
.
Non
deve
trattarsi
di
imposte
del
genere
di
quelle
«
morali
»
,
«
democratiche
»
,
«
sociali
»
,
che
il
signor
Lloyd
George
fece
approvare
col
famoso
bilancio
del
1909
,
che
fu
l
'
origine
della
rovina
della
Camera
dei
lordi
,
ed
il
cui
unico
costrutto
sino
al
31
marzo
1914
fu
di
aver
costato
circa
55
milioni
di
lire
italiane
e
di
aver
reso
poco
più
di
15
milioni
di
lire
.
No
;
da
questo
genere
di
imposte
nessun
aiuto
sostanziale
può
venire
ai
tesori
affamati
.
Né
si
può
sperare
somme
sostanzialmente
apprezzabili
dalle
imposte
sui
profitti
di
guerra
che
a
gara
vanno
sorgendo
in
Inghilterra
,
Francia
,
Italia
,
Germania
.
Ho
già
spiegato
come
il
frutto
più
sostanziale
che
si
può
sperare
da
questa
imposta
in
Italia
non
sia
un
suo
provento
reale
vero
e
proprio
,
ma
la
possibilità
di
benefici
duraturi
derivanti
da
alcune
apparentemente
piccole
riforme
,
che
accortamente
l
'
on
.
Daneo
colse
l
'
occasione
presente
di
introdurre
nell
'
organismo
della
ordinaria
imposta
di
ricchezza
mobile
.
L
'
imposta
sui
profitti
di
guerra
la
possiamo
concepire
costrutta
in
tre
sole
maniere
:
I
)
Quella
proposta
dal
comm
.
Bocca
,
presidente
della
Camera
di
commercio
di
Torino
,
di
una
percentuale
ad
esempio
del
5%
,
sull
'
ammontare
lordo
delle
forniture
fatte
allo
stato
.
Ignoro
se
il
metodo
possa
andar
bene
per
l
'
industria
del
cuoio
,
di
cui
il
Bocca
è
cospicuo
rappresentante
.
Ma
è
cosa
certissima
che
il
metodo
da
lui
proposto
è
:
sperequato
perché
vi
sono
forniture
su
cui
si
guadagna
il
10
,
il
15
od
il
20%
e
su
cui
l
'
imposta
del
5%
potrebbe
essere
pagata
,
e
vi
sono
forniture
in
cui
il
margine
di
guadagno
è
inferiore
al
5%
,
e
può
ridursi
pur
con
molto
lucro
del
fornitore
al
0,50%
.
Come
pagare
in
tal
caso
un
balzello
del
5%
?
Ed
è
metodo
altresì
di
impossibile
applicazione
ai
guadagni
non
derivanti
da
forniture
fatte
allo
stato
;
e
quindi
è
metodo
che
imbroglierebbe
stranamente
i
conti
,
perché
imporrebbe
,
per
ogni
azienda
,
la
tenuta
di
due
contabilità
,
una
per
le
forniture
e
l
'
altra
per
gli
altri
guadagni
.
Cosa
impossibile
e
che
metterebbe
la
finanza
di
fronte
a
problemi
inesplicabili
ed
insormontabili
.
Finalmente
,
fa
d
'
uopo
notare
che
una
imposta
di
questo
genere
esisteva
già
,
sotto
il
nome
di
diritto
di
registro
dell'1,35%
sul
valore
dei
contratti
conchiusi
dallo
stato
.
Fu
abolita
,
in
seguito
alle
lagnanze
dei
fornitori
,
con
la
legge
°
aprile
1915;
ma
è
stata
ripristinata
con
l
'
allegato
5°
agli
ultimissimi
provvedimenti
finanziari
.
Questa
tassa
era
e
rimane
dell'I,35%
del
valore
della
fornitura
.
Che
non
è
piccola
cosa
e
va
in
aggiunta
all
'
imposta
sugli
extraprofitti
di
guerra
.
Mi
sia
lecito
però
osservare
che
il
solo
effetto
suo
era
prima
di
indurre
gli
industriali
ad
aumentare
,
arrotondando
la
cifra
,
del
2%
i
preventivi
delle
forniture
.
Auguriamoci
,
pur
con
molto
scetticismo
,
come
farebbero
a
pagare
quelli
che
guadagnano
meno
dell'1,35%
?
che
ciò
non
abbia
più
ad
accadere
in
avvenire
,
e
che
non
si
tratti
di
una
pura
partita
di
giro
.
2
)
Quella
proposta
da
taluni
i
quali
vorrebbero
che
l
'
imposta
assorbisse
il
100%
dei
profitti
di
guerra
,
in
guisa
che
,
dopo
la
guerra
,
nessun
italiano
dovesse
essere
più
ricco
di
prima
.
Io
non
giudico
il
concetto
dal
punto
di
vista
politico
-
sociale
.
Ed
ammetto
volentieri
che
questa
imposta
del
100%
sarebbe
efficace
e
reale
.
I
contribuenti
,
salvo
la
frode
,
non
avrebbero
alcun
mezzo
per
sfuggirvi
.
Ma
a
che
prezzo
?
Finché
gli
uomini
sono
fatti
nel
modo
che
tutti
conosciamo
,
e
che
non
è
in
potere
di
alcuno
di
mutare
,
un
'
imposta
siffatta
avrebbe
un
unico
effetto
:
di
togliere
ogni
stimolo
agli
industriali
di
produrre
un
paio
di
scarpe
,
un
metro
di
stoffa
,
un
pacco
di
munizioni
di
più
di
quello
che
producevano
prima
della
guerra
.
Ottenuto
il
guadagno
di
prima
,
nessuno
avrebbe
interesse
ad
andare
più
in
là
.
Nessuna
imposta
sarebbe
,
più
di
questa
,
utile
al
nemico
.
Chi
avanzò
una
tesi
simile
certamente
non
pose
mente
a
questa
logica
conseguenza
della
sua
proposta
.
Ma
sarebbe
conseguenza
certa
,
ineluttabile
.
3
)
Quella
attuata
dal
ministro
Daneo
;
forse
con
qualche
maggiore
gravezza
di
aliquote
.
Di
essa
questo
si
può
dire
di
probabilmente
sicuro
:
che
quanto
più
cresce
la
gravezza
delle
aliquote
,
tanto
minore
è
il
provento
netto
ottenuto
dal
tesoro
.
Una
imposta
tenue
può
darsi
cada
solo
sulla
porzione
dei
profitti
aventi
carattere
di
monopolio
e
quindi
può
darsi
rimanga
sui
colpiti
e
da
essi
non
possa
essere
trasferita
sul
cliente
,
che
nel
caso
nostro
è
il
ministero
della
guerra
.
Quanto
più
invece
cresce
l
'
aliquota
,
tanto
più
è
probabile
che
essa
cada
anche
sulla
quota
normale
dei
profitti
(
di
guerra
bensì
,
ma
normali
,
dato
l
'
aumentato
saggio
di
interesse
e
di
rischio
)
e
che
li
colpisca
in
modo
speciale
di
fronte
agli
altri
profitti
.
Qui
non
è
il
luogo
di
ripetere
i
lunghi
discorsi
che
in
proposito
si
possono
leggere
nei
libri
degli
economisti
;
basti
dire
che
i
due
caratteri
,
della
gravezza
su
profitti
non
di
monopolio
,
e
delle
specialità
sono
,
tra
tutti
,
i
caratteri
che
maggiormente
facilitano
la
traslazione
dell
'
imposta
sul
cliente
,
ossia
sullo
stato
.
Se
il
ministro
Daneo
non
voleva
creare
una
imposta
-
comparsa
,
se
voleva
evitare
di
istituire
una
partita
di
giro
,
doveva
necessariamente
tenersi
moderato
nelle
aliquote
.
Le
quali
del
resto
,
giungendo
al
41,50%
paiono
alte
;
ed
in
quanto
sono
alte
poco
renderanno
sul
serio
al
fisco
.
Il
reddito
vero
,
netto
,
sostanziale
si
avrà
sovratutto
dalla
revisione
straordinaria
dell
'
imposta
di
ricchezza
mobile
e
dall
'
applicazione
dell
'
aliquota
ordinaria
dell'11,50%
.
Affermano
ancora
i
critici
che
il
governo
ha
fatto
male
ad
aumentare
di
10
centesimi
al
chilogrammo
il
prezzo
del
sale
.
Ciò
è
anti
-
democratico
.
Io
non
so
che
cosa
significhi
questa
parola
in
materia
di
imposte
;
ma
posso
andare
d
'
accordo
con
i
critici
nel
ritenere
che
trattasi
di
imposta
condannabile
,
perché
grava
in
modo
sperequato
sui
contribuenti
,
a
parità
di
reddito
.
Dopo
aver
fatto
questa
dichiarazione
,
debbo
subito
aggiungere
che
la
colpa
dell
'
aumento
del
prezzo
del
sale
non
è
del
governo
;
ma
di
quei
numerosissimi
quasi
tutti
industriali
,
commercianti
,
proprietari
agricoli
,
fittavoli
che
trascurano
di
denunciare
nome
e
cognome
e
salario
di
quei
loro
dipendenti
impiegati
,
operai
,
lavoratori
in
genere
che
guadagnano
almeno
lire
3,50
al
giorno
;
è
di
quei
lavoratori
che
,
avendone
essi
direttamente
in
altri
casi
per
legge
l
'
obbligo
,
non
fanno
la
dichiarazione
dovuta
.
È
di
quei
contribuenti
in
genere
che
,
trovandosi
più
in
su
della
scala
sociale
,
imitano
col
silenzio
o
col
parziale
occultamento
l
'
esempio
di
coloro
che
si
trovano
più
in
giù
.
Non
giova
declamare
contro
i
ricchi
ed
invocare
il
30
,
11
40
,
il
50%
e
più
contro
i
loro
redditi
.
Nessuno
stato
è
mai
vissuto
contro
le
sole
imposte
sui
ricchi
.
È
utile
che
i
ricchi
paghino
di
persona
e
di
denaro
:
e
paghino
più
degli
altri
.
Ma
non
bisogna
farsi
illusioni
.
Le
imposte
sui
ricchi
possono
rendere
,
anche
se
seriamente
e
correttamente
accertate
e
pagate
,
le
unità
e
le
decine
di
milioni
.
Ora
occorrono
invece
le
centinaia
di
milioni
.
E
,
come
dice
il
signor
T
.
Gibson
Bowles
,
forse
il
migliore
conoscitore
e
critico
del
bilancio
inglese
,
nell
'
ultimo
numero
della
«
Candid
Quarterly
Review
»
:
«
Ogni
cancelliere
dello
scacchiere
,
il
quale
abbia
saputo
qualche
cosa
del
suo
mestiere
,
seppe
bene
che
,
se
egli
doveva
riempire
la
rete
della
sua
imposta
sul
reddito
,
doveva
fare
la
maglia
abbastanza
piccola
da
poter
pescare
i
molto
piccoli
,
al
pari
dei
pochi
grossi
pesci
»
.
Finché
in
Italia
i
pesci
grossi
cercheranno
,
quando
vi
riescono
,
di
sottrarre
agli
accertamenti
parte
dei
loro
redditi
;
fino
a
quando
i
pesci
medi
imiteranno
,
con
discreto
successo
,
il
loro
esempio
;
e
fino
a
quando
i
pesci
piccoli
rimarranno
quasi
completamente
fuori
delle
maglie
della
rete
dell
'
imposta
di
ricchezza
mobile
;
fino
a
che
tutto
ciò
non
sarà
cambiato
,
il
ministro
del
tesoro
,
che
ha
bisogno
di
denari
contanti
e
non
di
parole
,
dovrà
raccomandarsi
al
ministro
delle
finanze
affinché
questi
applichi
o
cresca
imposte
produttive
.
Abbiamo
avuto
ora
l
'
imposta
sul
sale
:
ma
,
se
i
contribuenti
non
si
emendano
necessariamente
vedremo
imposte
anche
peggiori
.
La
salute
sta
in
noi
,
non
nei
governi
.
Se
i
contribuenti
chiedessero
:
1
)
l
'
obbligatorietà
della
dichiarazione
giurata
di
tutto
il
complesso
e
delle
singole
partite
del
proprio
reddito
:
con
penalità
di
multe
e
reclusione
comminate
ed
eseguite
a
carico
degli
spergiuri
;
e
con
la
maggiore
pena
del
disprezzo
dell
'
opinione
pubblica
verso
i
frodatori
;
2
)
l
'
obbligatorietà
per
tutti
i
contribuenti
non
analfabeti
della
tenuta
dei
libri
di
entrata
ed
uscita
;
ed
inoltre
dei
libri
-
giornale
per
tutti
i
commercianti
,
industriali
e
professionisti
;
con
severe
penalità
per
i
contravventori
,
e
con
opportune
garanzie
di
segreto
per
coloro
a
cui
recasse
danno
far
conoscere
al
pubblico
i
fatti
ed
i
redditi
propri
;
3
)
la
abolizione
delle
attuali
commissioni
delle
imposte
dirette
,
presiedute
e
composte
di
delegati
dei
prefetti
,
dei
consigli
provinciali
e
comunali
,
ossia
composte
di
persone
soggette
ad
ogni
influenza
politica
e
controllate
da
poverelli
agenti
delle
imposte
,
mobili
quali
frasche
al
vento
,
trasferibili
da
luogo
a
luogo
,
promovibili
senza
regole
fisse
;
4
)
la
sostituzione
ad
esse
di
nuove
commissioni
,
di
cui
la
figura
centrale
e
dominante
fosse
il
presidente
,
funzionario
finanziario
,
arrivato
al
più
alto
grado
della
sua
carriera
,
nominato
per
un
periodo
fisso
di
tempo
,
inamovibile
ed
impromovibile
,
salvoché
per
cooptazione
in
una
suprema
magistratura
finanziaria
centrale
;
ed
incaricato
,
con
alto
stipendio
,
della
unica
e
stabile
mansione
di
controllare
gli
accertamenti
e
decidere
sulle
controversie
relative
.
Se
i
contribuenti
comprendessero
tutto
questo
ed
altro
,
che
per
brevità
per
ora
tralascio
,
non
farebbe
d
'
uopo
,
per
pigliare
nella
rete
i
piccoli
,
alzare
il
prezzo
del
sale
e
per
colpire
gli
agiati
ed
i
ricchi
,
istituire
i
centesimi
di
guerra
e
le
imposte
sugli
extraprofitti
?
Basterebbero
le
tre
«
vecchie
»
come
in
Francia
chiamano
le
imposte
affini
alle
tre
nostre
sui
terreni
,
sui
fabbricati
e
sulla
ricchezza
mobile
a
procurare
all
'
erario
somme
cospicue
e
crescenti
.
E
si
potrebbero
istituire
quelle
due
imposte
,
complementari
alle
già
esistenti
imposte
sul
reddito
,
la
progressiva
sul
reddito
globale
e
la
patrimoniale
,
che
oggi
,
allo
stato
attuale
degli
accertamenti
,
sarebbero
ben
poco
interessanti
dal
punto
di
vista
finanziario
;
ma
domani
potrebbero
diventare
il
perno
di
una
feconda
trasformazione
dei
nostri
ordini
tributari
.
StampaQuotidiana ,
Venezia
,
12
settembre
-
Si
è
inaugurato
ieri
sera
nella
sala
dello
Scrutinio
nel
Palazzo
Ducale
il
XXIII
Festival
internazionale
di
musica
contemporanea
.
I
concerti
in
programma
saranno
quindici
,
le
orchestre
quattro
:
due
italiane
(
della
Fenice
e
della
Rni
di
Torino
)
e
due
straniere
(
i
complessi
della
Radiodiffusione
-
Televisione
francese
e
della
Kölner
Rundfunk
)
.
Direttori
d
'
orchestra
Maazel
,
Sanzogno
,
Ehrling
,
Craft
,
Stravinskij
,
Cattini
,
Cluytens
,
Dutilleux
,
Maderna
,
Rossi
,
Albert
.
Sedici
saranno
le
novità
assolute
e
tredici
le
prime
esecuzioni
per
l
'
Italia
.
Musiche
sinfoniche
e
musiche
da
camera
si
alterneranno
;
non
mancherà
uno
spettacolo
di
danza
e
sarà
presente
la
musica
elettronica
.
A
parte
la
serata
dedicata
a
Schumann
e
un
concerto
con
classici
francesi
dell
'
Ottocento
,
si
avrà
quindi
una
vera
orgia
di
modernismo
musicale
.
Come
il
lettore
noterà
manca
quest
'
anno
uno
di
quegli
spettacoli
operistici
che
soli
richiamavano
il
pubblico
(
La
carriera
del
libertino
di
Stravinskij
nacque
qui
alla
Fenice
)
e
che
quasi
da
soli
esaurivano
le
magre
risorse
finanziarie
del
festival
.
È
forse
inutile
rammaricarsene
.
Quanto
alla
lamentata
(
da
parte
dei
vecchi
musicisti
)
tendenziosità
del
programma
,
quasi
esclusivamente
ultramoderno
,
si
può
osservare
che
non
è
colpa
di
Mario
Labroca
,
direttore
del
festival
,
se
oggi
la
musica
di
forme
e
spiriti
tradizionali
attraversa
una
crisi
di
stanchezza
.
Non
è
colpa
di
nessuno
se
ai
giorni
nostri
il
vento
soffia
in
una
sola
direzione
.
E
il
discorso
probabilmente
può
valere
anche
per
la
Biennale
veneziana
,
patrona
del
festival
.
Resta
inteso
che
qui
a
Venezia
le
manifestazioni
musicali
successive
alla
Mostra
del
cinema
avvengono
un
poco
in
una
scatola
chiusa
e
spesso
interessano
soltanto
gli
autori
e
i
loro
amici
.
In
larga
misura
si
ascolteranno
musiche
sperimentali
che
non
pretendono
di
avere
successo
,
e
che
anzi
sarebbero
desiderose
di
ottenere
un
effetto
di
choc
e
di
fare
scandalo
.
Il
guaio
è
che
scandali
non
ne
avvengono
più
;
l
'
orecchio
degli
ascoltatori
si
è
abituato
a
ogni
genere
di
dissonanze
e
le
ricerche
del
«
totale
cromatico
»
sono
ben
lungi
dal
dare
il
talento
a
chi
ne
è
scarsamente
provvisto
.
Nulla
di
troppo
moderno
,
in
ogni
modo
,
nel
concerto
di
ieri
sera
dedicato
alla
commemorazione
di
Gustav
Mahler
,
un
compositore
che
ebbe
larghi
successi
come
direttore
d
'
orchestra
,
ma
non
altrettanto
come
autore
di
musiche
proprie
.
La
reputazione
del
Mahler
-
morto
nel
1911
appena
cinquantenne
-
è
piuttosto
postuma
.
I
suoi
estimatori
citano
per
lui
Nietzsche
e
Kierkegaard
e
lo
vedono
come
un
uomo
di
rottura
che
,
esasperando
il
sistema
tonale
e
mostrandone
i
limiti
,
introduce
direttamente
all
'
espressionismo
dei
viennesi
.
Ma
in
verità
l
'
espressionismo
non
nasce
con
Berg
e
Webern
e
quello
di
Mahler
è
ancora
gonfio
di
romanticismo
ottocentesco
.
Le
musiche
che
abbiamo
ascoltato
ieri
sera
-
non
nuove
per
l
'
Italia
e
anzi
assai
note
anche
attraverso
registrazioni
-
ci
danno
una
diversa
misura
del
suo
temperamento
.
La
Prima
sinfonia
scritta
tra
il
1885
e
il
1888
e
ispirata
al
Titano
di
Jean
-
Paul
Richter
è
largamente
occupata
da
un
ossessivo
mimetismo
naturalistico
.
Ascoltandola
senza
tener
conto
della
traccia
offerta
dal
libretto
ne
riconosciamo
il
carattere
composito
,
indifferenziato
,
monotono
malgrado
la
ricchezza
timbrica
e
armonica
.
Il
Mahler
,
tipico
esponente
del
gusto
liberty
tedesco
,
ha
sempre
qualcosa
da
cincischiare
,
da
aggiungere
e
da
postillare
,
e
potrebbe
così
continuare
all
'
in
finito
.
Folclore
,
sentimentalismo
,
profetici
slanci
e
una
perpetua
atmosfera
di
epifania
che
non
illude
nessuno
(
perché
noi
sappiamo
che
non
accadrà
nulla
di
notevole
)
sono
anche
gli
elementi
del
Canto
della
Terra
per
contralto
,
tenore
e
orchestra
(
1908
)
eseguito
nella
seconda
parte
del
programma
.
In
fondo
Mahler
aveva
molti
doni
,
qui
più
presenti
che
mai
;
è
dubbio
però
che
avesse
«
il
dono
»
,
quello
che
conta
.
Ma
andate
a
dirlo
ai
suoi
ammiratori
!
Esecuzione
buona
da
parte
dell
'
orchestra
della
Fenice
diretta
da
Lorin
Maazel
.
Il
tenore
era
Richard
Lewis
,
il
contralto
Kerstin
Meyer
.
Applausi
calorosi
,
pubblico
abbastanza
folto
.
StampaQuotidiana ,
Il
ministro
Crespi
è
stato
nominato
membro
del
Consiglio
supremo
degli
approvvigionamenti
che
risiede
a
Parigi
per
regolare
la
distribuzione
delle
derrate
alimentari
e
delle
materie
prime
tra
le
nazioni
alleate
,
neutre
e
nemiche
.
A
lui
è
stato
affidato
pure
il
compito
di
dirigere
la
preparazione
e
il
coordinamento
degli
studi
e
degli
interessi
d
'
ordine
economico
per
la
conferenza
della
pace
.
Accanto
ai
delegati
politici
era
necessario
ci
fosse
il
delegato
economico
,
essendo
necessario
che
l
'
opinione
pubblica
cominci
ad
interessarsi
seriamente
alla
discussione
dei
problemi
economici
,
i
quali
dovranno
esser
risoluti
alla
conferenza
di
Parigi
.
Molto
si
scrive
e
più
si
discorre
delle
rivendicazioni
politiche
che
l
'
Italia
dovrà
far
sue
attorno
al
tavolo
della
conferenza
;
e
si
è
in
ansia
sul
meno
e
sul
più
che
l
'
on
.
Sonnino
ed
i
suoi
colleghi
chiederanno
ed
insisteranno
per
ottenere
.
Ma
chi
parla
delle
rivendicazioni
economiche
o
finanziarie
che
l
'
Italia
dovrà
presentare
a
Parigi
?
Chi
si
interessa
di
sapere
in
qual
senso
e
in
qual
misura
i
destini
materiali
del
nostro
paese
saranno
determinati
dalle
decisioni
parigine
?
Eppure
di
sei
punti
,
che
sui
quattordici
del
celebre
discorso
di
Wilson
dell'8
gennaio
1918
avevano
carattere
generale
diplomazia
pubblica
,
libertà
dei
mari
,
uguaglianza
di
trattamento
nelle
convenzioni
commerciali
,
riduzione
degli
armamenti
,
governo
e
ripartizione
delle
colonie
,
società
delle
nazioni
parecchi
hanno
un
carattere
nettamente
economico
;
il
che
fa
vedere
il
gran
peso
che
alla
soluzione
di
questi
problemi
dà
il
presidente
degli
Stati
uniti
.
I
nostri
uomini
di
governo
dànno
ad
essi
un
ugual
peso
?
Quale
è
la
preparazione
di
studi
,
di
dati
,
di
documenti
probanti
e
seri
con
cui
i
delegati
italiani
si
sono
avviati
alla
conferenza
,
sì
da
affidare
il
paese
che
le
sue
ragioni
saranno
efficacemente
sostenute
?
Confidiamo
che
quegli
studi
siano
stati
intrapresi
e
condotti
a
termine
per
tempo
.
Il
ministro
Stringher
,
che
è
stato
fino
a
ieri
a
capo
del
maggior
osservatorio
economico
esistente
nel
nostro
paese
,
la
Banca
d
'
Italia
,
che
ha
scritto
relazioni
,
le
quali
sono
fra
le
cose
più
informative
che
si
abbiano
sull
'
economia
di
guerra
in
Italia
,
ed
è
studioso
serio
,
osservatore
sagace
,
non
facile
a
lasciarsi
trascinare
,
e
cauto
nell
'
assumere
impegni
od
avanzare
pretese
,
ha
le
qualità
e
i
mezzi
necessari
per
sostenere
le
ragioni
dell
'
Italia
in
merito
alla
pace
economica
,
con
competenza
,
moderazione
e
fermezza
.
Sono
le
qualità
,
le
quali
giovano
maggiormente
quando
si
ha
da
fare
con
uomini
,
che
non
si
lasciano
fuorviare
dalle
esagerazioni
,
ma
hanno
il
dovere
di
consentire
alle
richieste
seriamente
documentate
e
fermamente
sostenute
.
L
'
Italia
ha
parecchie
richieste
da
presentare
,
serie
,
anzi
di
una
grande
gravità
e
urgenza
per
il
nostro
assestamento
economico
e
finanziario
.
Dal
loro
esito
dipendono
in
gran
parte
la
ripresa
economica
del
paese
,
la
sua
pace
sociale
,
la
sua
capacità
a
partecipare
con
frutto
alla
risorta
vita
internazionale
.
L
'
Italia
ha
diritto
di
partecipare
agl
'
indennizzi
che
dovranno
esser
pagati
dagli
imperi
centrali
.
Anche
se
calcolati
entro
i
limiti
della
risposta
dell
'
intesa
al
presidente
Wilson
,
la
quale
servì
di
base
all
'
armistizio
con
la
Germania
,
si
tratterà
pur
sempre
di
decine
di
miliardi
d
'
indennizzo
per
danni
arrecati
dal
nemico
alle
cose
e
alle
persone
.
L
'
Italia
,
che
ebbe
alcune
sue
belle
provincie
soggette
ai
danni
dell
'
invasione
e
molti
danni
subì
a
causa
delle
operazioni
di
guerra
,
ha
diritto
di
partecipare
a
questi
indennizzi
.
Ma
chi
ce
li
pagherà
?
I
nuovi
stati
che
hanno
preso
la
successione
dell
'
Impero
austro
-
ungarico
,
di
cui
alcuni
sono
divenuti
nostri
amici
ed
altri
saranno
probabilmente
insolventi
?
La
guerra
fu
condotta
per
causa
comune
.
Unico
fu
lo
sforzo
,
e
unica
deve
essere
la
responsabilità
dei
nemici
verso
di
noi
.
Ecco
un
gravissimo
problema
che
importa
sia
bene
impostato
e
la
cui
soluzione
più
giusta
,
che
è
anche
quella
più
favorevole
a
noi
,
deve
essere
vigorosamente
sostenuta
dal
nostro
delegato
economico
.
Le
spese
di
guerra
non
sono
giunte
alle
cifre
fantastiche
,
superiori
all
'
ammontare
della
ricchezza
nazionale
,
che
alcuni
farneticano
;
ma
è
pur
certo
che
i
debiti
da
cui
l
'
Italia
è
gravata
in
conseguenza
della
guerra
,
giungono
ad
altezze
quali
proporzionalmente
non
si
hanno
in
nessun
altro
dei
grandi
paesi
belligeranti
dell
'
intesa
.
Se
altri
trova
duro
di
dover
sottostare
a
debiti
bellici
uguali
al
quinto
o
al
quarto
o
al
terzo
della
ricchezza
privata
dell
'
anteguerra
,
che
dire
di
noi
che
,
senza
contare
i
vecchi
debiti
,
già
ora
dobbiamo
guardare
ad
un
debito
nuovo
indubbiamente
molto
alto
in
confronto
alla
ricchezza
nostra
,
quale
poteva
essere
con
larghezza
calcolata
nel
1914
?
Non
si
impone
una
perequazione
?
La
fronte
unica
finanziaria
,
rimarrà
una
frase
priva
di
contenuto
?
La
proposta
del
deputato
francese
Stern
,
od
altra
simile
,
di
creazione
di
un
debito
internazionale
il
cui
servizio
sia
poi
ripartito
in
ragione
della
ricchezza
dei
vari
stati
alleati
e
associati
,
entrerà
nella
realtà
?
Cadranno
nel
vuoto
le
proposte
di
passar
la
spugna
sui
prestiti
di
guerra
fatti
agli
alleati
,
che
ci
vengono
da
autorevoli
voci
inglesi
e
nordamericane
?
Tutto
dipende
dalla
vigoria
con
cui
se
ne
faranno
propugnatori
i
delegati
italiani
e
francesi
.
Né
gli
italiani
debbono
farsi
trascinare
a
rimorchio
dai
francesi
;
ma
porre
essi
il
problema
,
come
ce
ne
dà
diritto
la
grandezza
dei
sacrifici
finanziari
sostenuti
.
Per
la
ripresa
economica
l
'
Italia
ha
bisogno
urgente
di
approvvigionamenti
cospicui
,
ed
occorre
che
i
privati
possano
comperare
largamente
,
senza
le
pastoie
dei
vincoli
governativi
;
ma
occorre
altresì
che
il
governo
s
'
intenda
con
gli
Stati
uniti
e
con
l
'
Inghilterra
affinché
gli
acquisti
,
che
debbono
essere
copiosi
e
rapidi
,
non
disorganizzino
i
cambi
,
perturbando
per
un
altro
verso
la
vita
del
paese
.
Non
si
dice
che
l
'
acquisto
venga
fatto
dai
privati
e
il
pagamento
dallo
stato
;
ma
che
i
delegati
italiani
sappiano
ottenere
facilitazioni
per
i
pagamenti
,
sicché
il
livello
attuale
dei
cambi
,
mantenuto
artificiosamente
basso
dalla
politica
suicida
di
non
lasciar
comprar
nulla
,
non
sia
mutato
in
peggio
.
Tutti
gli
stati
avranno
il
proprio
fardello
di
imposte
da
sopportare
.
Anche
noi
.
E
siamo
disposti
a
pagare
.
Ma
si
è
a
sufficienza
ponderato
il
problema
di
coloro
che
non
vorranno
pagare
e
andranno
alla
ricerca
dei
paesi
a
tassazione
minima
?
Non
urge
che
i
nostri
delegati
pongano
le
fondamenta
di
accordi
internazionali
per
l
'
accertamento
dei
redditi
,
per
le
denuncie
in
caso
di
successione
,
per
i
titoli
al
portatore
,
i
quali
giovino
a
diminuire
i
pericoli
di
evasione
?
Su
nessuno
di
questi
punti
noi
incontreremo
ostacoli
insormontabili
;
bene
spesso
avremo
il
consenso
di
altri
stati
che
hanno
i
medesimi
nostri
interessi
,
e
sempre
la
benevolenza
di
quelli
che
debbono
riconoscere
il
nostro
diritto
ad
un
aiuto
.
Ma
nulla
si
fa
senza
sforzo
,
senza
interessamento
vivo
,
senza
solerte
preparazione
.
StampaQuotidiana ,
Venezia
,
13
settembre
-
La
più
attesa
delle
«
novità
assolute
»
eseguite
iersera
nella
sala
dello
Scrutinio
di
Palazzo
Ducale
era
di
Gian
Francesco
Malipiero
:
un
concerto
di
concerti
,
ovvero
L
'
uomo
malcontento
per
violino
concertante
e
orchestra
,
solisti
Scipio
Colombo
,
baritono
,
e
Franco
Gulli
,
violino
.
Si
tratta
di
una
di
quelle
«
rappresentazioni
da
concerto
»
di
cui
l
'
illustre
maestro
ci
ha
dato
già
prove
.
Stavolta
egli
ha
scelto
tre
ottave
del
Poliziano
,
alcuni
versi
dal
Transito
e
Testamento
di
Carnovale
di
un
ignoto
del
secolo
XVI
e
un
brano
dell
'
Ipocrito
di
Pietro
Aretino
.
Il
filo
che
unisce
questi
brani
è
il
sentimento
di
amara
scontentezza
che
investe
la
condizione
umana
quand
'
essa
giunge
al
tramonto
.
Malipiero
vi
ha
profuso
ancora
una
volta
le
qualità
che
fanno
di
lui
un
modello
di
coerenza
e
di
deliberata
inattualità
.
Sfrondata
dalla
parte
solistica
del
violino
,
soporifera
,
c
da
quella
vocale
,
di
una
scrittura
impossibile
,
resta
abbastanza
viva
la
cornice
sonora
,
arcaizzante
,
come
al
solito
,
ma
non
priva
di
ingegnosi
episodi
.
Assisteva
l
'
autore
,
festeggiato
.
All
'
inizio
del
programma
una
Piccola
musica
di
Natale
per
piccola
orchestra
e
pianoforte
,
di
Niccolò
Castiglioni
,
pianista
lo
stesso
autore
(
il
titolo
,
per
semplificare
le
cose
,
è
in
tedesco
)
.
Castiglioni
intende
,
e
lo
dice
nel
programma
,
eliminare
dal
suono
ogni
piacere
sensoriale
:
il
suo
«
è
un
bisogno
di
tutelare
l
'
aristocrazia
del
pudore
dal
grossolano
ricatto
di
una
pseudo
-
civiltà
mercantile
»
(
la
sola
,
aggiungiamo
noi
,
che
paga
e
rende
possibili
i
festival
musicali
)
.
Nella
breve
composizione
(
undici
minuti
)
rari
suoni
vetrini
,
felpati
o
frullati
hanno
la
funzione
di
un
filo
spinato
che
delimiti
larghe
zone
di
silenzio
.
L
'
aristocrazia
del
pudore
risulta
effettivamente
tutelata
dal
giovane
e
sensibile
autore
.
Cesare
Brero
ha
invece
musicato
Er
testamento
de
Meo
del
Cacchio
di
Trilussa
:
voce
di
baritono
e
quattordici
istrumenti
,
più
la
percussione
.
L
'
accorato
e
fine
strumentale
ci
ha
fatto
dimenticare
la
parte
vocale
,
arida
,
difficile
e
di
scarso
interesse
.
Chiudeva
la
serata
la
Sinfonia
op.
35
di
Luigi
Cortese
,
composizione
in
tre
tempi
che
intende
essere
«
una
dichiarazione
di
fiducia
nella
vitalità
della
forma
tonata
»
.
Tutto
ciò
servirebbe
a
poco
se
in
realtà
il
Cortese
non
avesse
scritto
,
come
ha
scritto
,
una
musica
vigorosa
e
tematicamente
chiara
,
che
si
segue
con
attenzione
e
dimostra
una
maestria
non
soltanto
tecnica
.
Queste
«
novità
assolute
»
,
egregiamente
eseguite
dall
'
orchestra
della
Fenice
,
diretta
da
Nino
Sanzogno
,
sono
state
ascoltate
da
un
pubblico
non
molto
folto
ma
rassegnato
e
plaudente
.
Tutti
gli
autori
sono
apparsi
più
volte
alla
ribalta
.
Si
sono
fatti
onore
il
violinista
Gulli
e
il
baritono
Colombo
,
quest
'
ultimo
un
vero
martire
.
StampaQuotidiana ,
Le
sedute
del
congresso
di
Parigi
presentano
ai
nostri
occhi
uno
spettacolo
non
si
sa
se
più
appassionante
o
più
grandioso
.
Ardui
problemi
coloniali
e
territoriali
,
questioni
di
confini
,
creazioni
di
repubbliche
e
di
regni
nuovi
vengono
dibattuti
dinanzi
ad
un
areopago
mondiale
,
in
cui
seggono
,
arbitre
definitive
,
due
potenze
delle
quali
una
non
è
affatto
interessata
nella
ripartizione
delle
spoglie
della
guerra
;
e
l
'
altra
lo
è
mediocremente
.
Non
vi
sono
interessati
gli
Stati
uniti
,
i
quali
nulla
chieggono
per
sé
e
vogliono
giustizia
per
tutti
;
ed
i
fatti
provano
come
sia
giunto
oramai
al
culmine
quel
movimento
di
idee
,
il
quale
iniziatosi
col
celebre
rapporto
indirizzato
il
31
gennaio
1839
da
Lord
Durham
alla
giovinetta
regina
Vittoria
sugli
affari
del
Canada
,
ha
condotto
alla
indipendenza
praticamente
assoluta
delle
grandi
colonie
inglesi
dalla
madrepatria
.
Talché
si
può
contemplare
senza
meraviglia
,
perché
logica
conseguenza
di
uno
sviluppo
storico
unico
forse
al
mondo
,
ma
effettivo
e
stupendo
,
il
fatto
di
stati
facenti
parte
della
costellazione
delle
comunità
anglo
-
sassoni
,
i
quali
vorrebbero
annettersi
colonie
tedesche
,
ma
ne
sono
impediti
dalla
madrepatria
,
associata
agli
Stati
uniti
nel
proclamare
invece
spassionatamente
l
'
appartenenza
alla
Società
delle
nazioni
.
Un
nuovo
mondo
si
crea
,
un
nuovo
ordine
di
cose
nasce
.
Per
iniziativa
dei
popoli
anglo
-
sassoni
,
nei
cui
domini
si
sono
compiute
esperienze
fecondissime
di
creazione
di
stati
nuovi
,
di
trasformazione
di
territori
abitati
da
barbari
e
da
sparsi
coloni
in
stati
sovrani
,
si
tenta
la
estensione
a
tutto
il
globo
del
medesimo
principio
,
il
quale
informa
di
sé
la
confederazione
americana
e
la
comunità
britannica
delle
nazioni
.
Noi
siamo
pronti
ad
accogliere
con
fede
,
con
speranza
viva
il
nuovo
ordine
di
cose
.
Anche
quando
esso
,
instaurandosi
,
necessariamente
viene
a
toccare
interessi
nostri
gelosissimi
;
anche
quando
fa
d
'
uopo
rassegnarci
a
lasciar
discutere
dei
confini
nostri
,
dei
nostri
monti
,
dei
nostri
fiumi
,
del
sangue
nostro
da
potenze
marittime
ed
extraeuropee
,
la
cui
politica
tradizionale
è
stata
ed
è
ancora
quella
delle
mani
nette
da
ogni
impegno
nel
torbido
groviglio
delle
lotte
nazionali
della
martoriata
Europa
continentale
.
Si
sono
,
alfine
,
questi
isolani
e
questi
trasmarini
decisi
ad
intervenire
nelle
nostre
contese
,
a
segnare
il
confine
giusto
tra
romeni
e
serbi
,
tra
polacchi
e
czecoslovacchi
;
partecipano
alle
commissioni
d
'
inchiesta
sulle
faccende
più
gelose
dei
vecchi
e
nuovi
stati
;
si
apparecchiano
forse
a
dire
una
parola
decisiva
sulle
aspirazioni
della
Francia
sul
Reno
,
sulle
rivendicazioni
sacrosante
dell
'
Italia
a
riunire
in
un
corpo
solo
le
sparse
membra
della
sua
famiglia
?
Noi
siamo
pronti
a
riconoscere
che
il
loro
intervento
è
promettitore
d
'
un
più
felice
avvenire
all
'
umanità
.
Non
solo
è
giusto
perché
la
flotta
inglese
serbò
intatto
,
durante
la
guerra
,
il
dominio
dei
mari
come
ai
tempi
di
Nelson
,
costringendo
le
navi
corsare
nemiche
a
rintanarsi
nei
loro
porti
,
combattendo
pertinacemente
la
minaccia
sottomarina
,
consentendo
il
vettovagliamento
degli
eserciti
e
delle
popolazioni
;
perché
l
'
esercito
inglese
,
trasformato
da
«
piccolo
spregevole
»
manipolo
in
un
colossale
organismo
modernissimo
,
sostenne
la
sua
parte
tremenda
dell
'
urto
germanico
;
perché
gli
Stati
uniti
ci
fornirono
armi
,
munizioni
,
ferro
,
carbone
,
viveri
e
mandarono
in
Europa
quegli
ultimi
milioni
di
uomini
,
la
cui
presenza
ed
il
cui
timore
crescente
diede
il
tracollo
alle
ultime
speranze
del
nemico
.
È
necessario
,
come
auspicio
e
come
garanzia
.
È
giusto
,
è
necessario
,
perché
solo
la
contemplazione
di
un
vecchio
stato
come
quello
britannico
,
retto
un
tempo
a
forma
di
governo
centrale
dominatore
su
popoli
soggetti
,
il
quale
,
persuaso
del
pericolo
mortale
delle
vecchie
forme
politiche
,
ne
fa
gitto
e
da
ottant
'
anni
in
qua
ogni
giorno
meglio
scopre
ed
attua
nuove
forme
di
governo
ed
ha
già
saputo
far
sorgere
,
attorno
alla
madrepatria
,
tre
grandi
federazioni
e
due
stati
indipendenti
,
liberi
da
ogni
vincolo
di
tributo
o
di
servizio
personale
,
eppure
accorrenti
volonterosamente
alla
difesa
della
causa
comune
nell
'
ora
del
pericolo
;
perché
solo
la
visione
meravigliosa
delle
tredici
antiche
colonie
nordamericane
,
le
quali
si
estendono
,
per
filiazione
,
su
un
intiero
continente
e
dal
deserto
fanno
sorgere
46
stati
sovrani
e
4
territori
,
autonomi
eppure
uniti
,
in
cui
vivono
concordi
bianchi
e
negri
,
discendenti
dei
primi
coloni
olandesi
e
successivi
immigranti
anglo
-
sassoni
,
da
cui
vennero
in
Europa
per
combattere
soldati
italiani
e
slavi
,
tedeschi
e
russi
,
inspirati
tutti
dall
'
uguale
desiderio
di
lotta
contro
il
male
e
la
prepotenza
ci
possono
far
sperare
che
un
uguale
ordine
di
cose
politiche
possa
instaurarsi
in
Europa
.
Perciò
noi
accettiamo
che
gli
anglo
-
sassoni
delle
due
famiglie
britannica
e
nordamericana
intervengano
nelle
cose
nostre
.
Ne
ascolteremo
con
riconoscenza
i
consigli
,
ben
sapendo
che
saranno
consigli
di
bene
.
Non
dimentichino
però
essi
che
il
loro
intervento
fu
anche
determinato
dall
'
interesse
proprio
e
mira
a
fini
comuni
.
L
'
Inghilterra
,
accorrendo
in
difesa
del
Belgio
e
della
Francia
,
difese
le
coste
della
Manica
,
salvò
la
propria
esistenza
come
nazione
libera
,
tutelò
le
sue
venture
generazioni
dal
tremare
sotto
i
colpi
del
cannone
tedesco
.
Gli
Stati
uniti
videro
che
se
non
schiacciavano
sin
dall
'
inizio
il
sorgente
impero
militare
medio
-
europeo
,
questo
avrebbe
in
un
momento
successivo
preteso
al
dominio
universale
.
Oggi
essi
mirano
a
costruire
la
nuova
città
.
Se
si
arrogano
il
diritto
di
decidere
dell
'
assegnazione
di
colonie
e
di
territori
poco
inciviliti
,
se
dànno
opera
a
sbrogliare
la
matassa
dell
'
Europa
media
e
dei
Balcani
,
se
subordinano
al
proprio
consenso
la
determinazione
dei
confini
francesi
ed
italiani
,
tutto
ciò
fanno
perché
è
nell
'
interesse
loro
che
si
formi
un
'
Europa
pacificata
,
in
cui
le
nazioni
tutte
libere
ed
indipendenti
,
quanto
più
è
praticamente
possibile
nei
loro
chiusi
territori
,
possano
,
senza
ricordi
di
odio
ed
aspirazioni
di
rivincita
,
collaborare
all
'
opera
comune
della
civiltà
.
Vogliono
i
due
rami
della
famiglia
anglo
-
sassone
assicurarsi
contro
il
rischio
ricorrente
di
un
impero
militare
,
il
quale
minacci
la
loro
esistenza
e
li
distolga
dalle
opere
di
pace
.
Ed
han
ragione
;
e
nessuno
più
degli
italiani
,
soggetti
al
medesimo
rischio
mortale
,
ha
interesse
di
plaudire
all
'
opera
sapiente
e
provvida
.
Ma
nessun
edificio
sorge
saldo
,
il
quale
non
sia
costruito
sul
granitico
fondamento
della
giustizia
distributiva
.
Contro
ai
vantaggi
incommensurabili
della
distruzione
dell
'
impero
militare
tedesco
e
della
costruzione
della
Società
delle
nazioni
libere
ed
uguali
,
stanno
costi
terribili
,
in
uomini
e
in
denaro
.
Comune
è
l
'
onore
ed
il
vantaggio
.
Si
è
pensato
abbastanza
che
comuni
debbono
essere
i
costi
?
Purtroppo
Francia
ed
Italia
non
potranno
mai
ricevere
un
compenso
per
i
milioni
di
uomini
giovani
e
fiorenti
che
esse
hanno
offerto
in
olocausto
alla
causa
comune
.
Esse
si
sono
dissanguate
a
dismisura
più
degli
altri
grandi
stati
che
ora
dirigono
l
'
areopago
delle
nazioni
.
Di
ciò
Francia
ed
Italia
non
si
lagnano
.
Era
la
loro
sorte
fatale
di
sentinelle
avanzate
della
volontà
di
vivere
o
morir
liberi
contro
chi
pretendeva
al
dominio
universale
.
Vi
sono
però
i
costi
valutabili
in
denaro
,
di
ricchezze
sperdute
,
di
terre
e
case
distrutte
,
di
sacrifici
eroicamente
sopportati
,
di
centinaia
di
miliardi
di
debito
incontrato
per
la
causa
comune
.
La
perequazione
,
il
conguaglio
dei
costi
si
impongono
come
un
preliminare
necessario
innanzi
di
raccogliere
i
frutti
che
solo
da
quel
sacrificio
sono
stati
resi
possibili
.
Nelle
sedute
del
congresso
di
Parigi
si
è
parlato
di
molte
cose
;
ma
finora
non
abbiamo
visto
,
con
stupore
grande
,
che
sia
stato
affrontato
il
problema
della
ripartizione
fra
gli
alleati
del
costo
della
guerra
.
Eppure
questo
è
il
punto
preliminare
che
deve
essere
risoluto
.
I
particolari
delle
applicazioni
potranno
essere
rinviati
alle
commissioni
tecniche
,
È
un
particolare
tecnico
anche
la
ripartizione
delle
indennità
da
pagarsi
dal
nemico
.
Un
particolare
incerto
ed
aleatorio
,
su
cui
non
è
possibile
prudentemente
fare
a
fidanza
.
Il
punto
essenziale
è
di
affermare
il
principio
che
,
poiché
comune
è
la
causa
,
poiché
comuni
sono
i
benefici
che
si
ritrarranno
dalla
distruzione
del
sogno
tedesco
di
egemonia
e
dalla
ricostruzione
del
mondo
,
così
comuni
debbono
essere
i
costi
,
le
fort
portant
le
faible
.
Chi
ha
speso
molto
,
ma
,
per
la
sua
ricchezza
,
è
di
gran
lunga
più
capace
di
sopportare
i
pesi
dei
suoi
debiti
;
chi
ha
speso
poco
ed
è
dovizioso
,
come
può
dar
consigli
e
richiedere
rinuncie
a
chi
ha
speso
,
in
proporzione
ai
suoi
mezzi
,
smisuratamente
di
più
?
Il
costo
della
guerra
,
qualunque
siano
le
modalità
tecniche
di
attuazione
,
deve
idealmente
essere
assunto
dalla
Società
delle
nazioni
.
È
l
'
apporto
che
i
vari
paesi
fanno
al
sodalizio
che
li
unisce
;
né
sarebbe
una
società
equa
quella
in
cui
alcuni
soci
potessero
camminare
spediti
e
liberi
,
mentre
gli
altri
dovrebbero
andar
curvi
sotto
il
peso
immane
.
Fermato
il
principio
della
società
dei
costi
,
si
potrà
procedere
innanzi
nella
ripartizione
degli
uffici
a
cui
nella
società
rinnovata
delle
nazioni
ogni
stato
dovrà
provvedere
e
dei
territori
a
cui
dovranno
estendersi
i
suoi
compiti
.
Come
fermare
tal
punto
,
se
gli
stati
contraenti
non
sanno
di
qual
forza
economica
potranno
disporre
,
di
qual
margine
di
bilancio
potranno
avvantaggiarsi
per
la
ricostruzione
delle
terre
invase
o
redente
e
per
la
civilizzazione
dei
territori
coloniali
ricevuti
in
custodia
dall
'
ente
superiore
?
Si
vuole
che
gli
stati
amministrino
le
colonie
nell
'
interesse
dei
popoli
ivi
abitanti
.
Così
deve
essere
.
Non
Wilson
ha
inventato
questo
principio
,
ché
egli
lo
trasse
dallo
spirito
della
rivoluzione
americana
e
dalla
pratica
costante
dell
'
Inghilterra
dopo
il
rapporto
di
Lord
Durham
.
Ma
se
si
vuole
applicare
quel
principio
,
bisogna
essere
preparati
a
sopportare
sacrifici
a
pro
delle
colonie
,
senza
alcun
utile
diretto
compensativo
.
Anche
la
conseguenza
è
logica
ed
è
giusta
.
Ma
come
potrebbero
Francia
ed
Italia
,
sovraccariche
di
debiti
incontrati
per
la
salvezza
propria
ed
altrui
,
sobbarcarsi
ad
un
'
opera
di
civiltà
magnifica
,
l
'
unica
possibile
e
veramente
a
lungo
andare
remuneratrice
,
ma
negli
inizi
costosissima
?
Moralmente
,
politicamente
ed
economicamente
è
dovere
degli
uomini
i
quali
dirigono
i
lavori
della
conferenza
di
Parigi
di
affrontare
subito
il
problema
preliminare
della
ripartizione
solidaria
dei
costi
della
guerra
.
Occorre
una
pronta
affermazione
di
principio
.
Fatta
questa
,
la
conferenza
potrà
procedere
senza
che
dubbi
angoscianti
turbino
la
mente
di
alcuno
degli
statisti
in
essa
convenuti
.
E
potranno
essere
prese
,
intorno
ai
singoli
problemi
della
ricostruzione
,
deliberazioni
più
serene
e
più
umane
.
StampaQuotidiana ,
Venezia
,
15
settembre
-
Il
concerto
di
ieri
sera
,
che
si
è
tenuto
come
i
precedenti
nella
sala
dello
Scrutinio
di
Palazzo
Ducale
,
è
l
'
unico
di
questo
festival
che
non
sia
dedicato
esclusivamente
alla
musica
contemporanea
.
Vi
abbiamo
ascoltato
,
infatti
,
una
sinfonia
di
Berlioz
,
Il
corsaro
,
che
risale
al
1845;
la
ben
nota
Sinfonia
n
.
1
in
do
maggiore
di
Bizet
(
1855
)
;
e
una
Suite
provençale
del
Milhaud
,
che
crediamo
non
nuova
per
l
'
Italia
.
Di
nuovo
c
'
era
solo
la
Prima
sinfonia
di
Henri
Dutilleux
,
compositore
abbastanza
giovane
,
già
prix
de
Rome
e
ora
caposervizio
delle
trasmissioni
musicali
alla
radiodiffusione
francese
.
Il
maggiore
elemento
d
'
interesse
era
dato
dal
fatto
che
queste
musiche
erano
eseguite
dall
'
Orchestra
nazionale
della
Radiodiffusione
-
Televisione
francese
,
una
delle
più
perfette
compagini
orchestrali
attualmente
esistenti
,
e
che
il
direttore
era
André
Cluytens
,
già
applaudito
dai
milanesi
come
eccellente
interprete
del
Parsifal
alla
Scala
.
Ancora
una
volta
l
'
illustre
direttore
fiammingo
ha
confermato
le
sue
qualità
di
autentico
dominatore
dell
'
orchestra
,
la
sicurezza
e
la
sobrietà
del
suo
gusto
,
la
capacità
di
far
rivivere
musiche
di
stile
assai
diverso
rispettandone
il
carattere
e
non
sopraffacendole
.
Né
Berlioz
,
né
il
Bizet
della
Sinfonia
in
(
lo
maggiore
e
nemmeno
il
quasi
folcloristico
impressionismo
del
Milhaud
potevano
offrire
serie
difficoltà
a
lui
e
alla
sua
orchestra
.
Forse
più
difficile
la
musica
liberamente
atonale
del
Dutilleux
.
Il
programma
ci
dice
che
essa
dovrebbe
rappresentare
un
sogno
o
un
incubo
sospeso
tra
due
evanescenze
.
Forse
l
'
incubo
fu
dell
'
autore
,
ma
all
'
ascoltazione
questa
musica
disordinata
,
sconquassata
,
inutilmente
fragorosa
non
produce
che
noia
e
fastidio
.
Non
si
comprende
perché
sia
stata
eseguita
al
festival
:
forse
la
posizione
occupata
dal
Dutilleux
alla
Radiodiffusione
francese
spiega
tutto
.
Certo
,
se
si
doveva
scegliere
tra
l
'
Ottocento
e
il
Novecento
di
Francia
,
si
sarebbe
potuto
presentare
un
programma
assai
più
interessante
.
Ciò
sia
detto
senza
negare
il
merito
delle
vigorose
,
popolaresche
gighe
e
trescone
che
formano
il
tessuto
della
Suite
provençale
.