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Scuola: grande accusata ( Jemolo Arturo Carlo , 1974 )
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La grande accusata è la scuola classica . Anzitutto dal lato politico : la scuola dei signori . Lo è stata , lo è ? Non certo per gl ' insegnanti , di solito persone che vivevano di un gramo stipendio ( ricordi di Augusto Monti : il fratello impiegato privato guadagna quasi il doppio di lui , giovane professore ; il cognato viaggiatore di commercio circa cinque volte ) ; ma neppure per gli studenti : la frequentavano convittori di collegi di orfani retti da istituti di beneficenza o mutualistici . Però era quella che dava , essa sola - oggi non è più così - accesso a tutte le facoltà universitarie ; mentre in proprio non rilasciava alcun titolo , non si usciva né ragioniere né geometra né maestro . Ma che laureato equivalesse a signore sarebbe stato difficile dimostrare . Tuttavia in un certo senso l ' appellativo aveva qualcosa di vero ; nei pochi casi in cui la scuola classica riusciva a plasmare , dava vita a quel tipo di honnéte hommi , che si riscontra nella nobiltà di toga e nella buona borghesia della Francia di Luigi XIV ; l ' uomo che si compiace dei classici , che ammira il mondo grecolatino , per cui il riposo è la lettura di Platone o di Orazio ; se passa ai moderni , si compiace di Montaigne o Pascal . La scuola classica , fuori dell ' ambito dei professori , produsse questi appassionati della classicità : il clinico Domenico Majocchi ed il grande avvocato e presidente della Banca commerciale Camillo Giussani , ad esempio . Difficile concepire uomini tali capaci di mescolarsi al popolo che trepida negli stadi o dinanzi ai televisori quando riproducono campionati , in genere di partecipare alle schiette manifestazioni di entusiasmi popolani . Ma erano rari parti della scuola classica ; io ne uscii incapace di comprendere una satira di Orazio se non edita con molte note ; altri imbottiti solo di ricordi grammaticali e sintattici . In effetto per pochi la scuola raggiungeva l ' effetto di dare la bella armoniosa visione del mondo classico , una sia pur non dettagliata comprensione del miracolo del pensiero greco , delle altezze dell ' epica omerica , di ciò che aveva rappresentato Roma nell ' arte di governare e nella creazione del diritto . Tra i sei ed i dieci anni possono impressionare episodi fiabeschi leggendari , gl ' inganni di Ulisse , Laocoonte , Polifemo , Muzio Scevola ed Orazio Coclite , ma solo prossimi ai vent ' anni giovani non eccezionali sono in grado di rendersi conto di quel che fu il mondo classico e le sue ricchezze . Gli anni ingrati in cui si percorreva il ginnasio e s ' iniziava il liceo erano i meno atti per quella comprensione ; ed il Cicerone a tutto spiano che si faceva digerire era il testo meno acconcio per raggiungere la visione della classicità . Inoltre pochi erano gl ' insegnanti , anche perché assillati dai programmi e dalla infausta traduzione dall ' italiano in latino , in grado di presiedere ad un così difficile compito . Non è a stupire che talora desse maggiori frutti l ' insegnamento del greco , iniziato più tardi , già nella prima espansione della adolescenza . Veramente il male della scuola classica era quello che sarà comune ad una scuola unica che si voglia protrarre fino alla Università , di voler preparare a tutte le vie : ciò che implica non preparare adeguatamente per nessuna . Le letterature straniere non vi avevano alcun posto ; s ' imparava una lingua straniera , ma non in grado di parlarla , e spesso su testi vecchi di tre secoli , con tempi e modi ora in disuso , sicché un romanzo contemporaneo appariva ricco di parole ignote . La matematica , la chimica , la fisica erano insegnate in modo da formare l ' uomo di discreta cultura , ma chi s ' iscriveva poi a quelle facoltà doveva ricominciare da capo . Tuttavia l ' allievo che non avesse trascorso proprio inutilmente quegli anni , si era formato un abito logico , l ' attitudine al ragionamento , buona per qualsiasi disciplina . Se ora si guarda all ' avvenire , sono persuaso che sarebbe nefasta la continuazione della scuola unica ; a meno di prolungare ancora , contro tutte le tendenze dei giovani , che oggi vogliono sposarsi presto , i corsi scolastici , con bienni pre - universitari dove finalmente si avesse una selezione . Dubito molto della riforma che consente ogni iscrizione universitaria con qualsiasi preparazione scolastica ; credo nella utilità dei licei scientifici , degl ' istituti tecnici , delle magistrali . Ma la scuola classica ha a morire ? Proprio l ' Italia deve abbandonare un ramo di studi che ha eletti cultori nelle Università americane , in quelle di lingua inglese e tedesca , che neppure la Russia ha condannato ? Considererei una vera vergogna per l ' Italia la morte della scuola media superiore classica ; ma dovrebbe cessare di essere la scuola che apre tutte le porte , divenire quella per i futuri insegnanti di greco e di latino , archeologi , studiosi di storia antica . Quindi trenta o quaranta licei classici , con cinque anni di corso , sarebbero sufficienti ; il latino si può imparare in cinque anni come il greco , specie se s ' inizia lo studio non a dieci od undici anni , ma a quattordici . Occorrerebbe però che tutta la scuola classica fosse orientata in vista di questo suo specifico fine . Due lingue moderne , ma insegnate col preciso scopo d ' insegnare a leggere lavori di storia e di critica ; non la ricchezza del vocabolario che occorre possedere per leggere un romanzo contemporaneo , non finezze grammaticali . Una matematica volta soprattutto a far comprendere la profondità , le intuizioni , lo spirito di analisi del pensiero greco ; una letteratura italiana con il continuo raffronto dei greci e dei latini , che illustri , ad esempio , quel che può ravvisarsi di comparabile al romanticismo in dati scrittori greci e romani . E storia non di soli avvenimenti , ma di quel che fu per gli antichi il senso della storia , del succedersi degli eventi umani ; la loro idea del fato ; una adeguata illustrazione delle religioni dell ' antichità , dell ' elemento eterogeneo e da respingere che furono per i romani i culti orientali . Occorrono certo insegnanti di prim ' ordine per un tale compito ; ma se i licei classici sono nel numero esiguo che ho accennato , si trovano ; penso soltanto alla Facoltà di Torino ed a quel suscitatore di passione per la romanità che è Italo Lana . L ' obiezione che prevedo è questa : può un ragazzo di quindici anni scegliere una via con così pochi sbocchi come quella che indico ? Penso che sì , e so poi che ad ogni età si possono compiere scelte sbagliate ; anche i matrimoni dei quarantenni possono contenerle . Ma il peggio nella vita è non saper mai effettuare delle scelte .
TASTIERA 1 ( BALDINI ANTONIO , 1940 )
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Un pomeriggio di sabato passavano in bicicletta frotte chiassose di ragazzi e ragazze avviate fuori porta . Era con me un vecchio compagno d ' università e stavamo rivangando i giorni di prima dell ' altra guerra . Quale mancanza d ' iniziative ! quante mai ore fermi a discutere sulla porta della Biblioteca Nazionale ! E il discorso cadde sulle ragazze d ' allora . Ai nostri tempi , ricordi ? , era un gran passeggiare sotto le finestre . E qualche volta quelle brave figliuole abitavano agli ultimi piani ! Anche maturotte , non uscivano di casa se non accompagnate dalla mamma o dal fratello . E seppure si riusciva a fermarne una , a sola , per la strada , quanta fretta ! Subito parlare con papà e mammà . Altrimenti niente ( o pochissimo ) da fare . Ancora c ' era un sacrosanto orrore per gl ' impieghi femminili : Roma fu una delle ultime città ad arrendersi , e si arrese , si può dire , per fame . Studenti torinesi e bolognesi , o ci raccontavano delle fandonie , o effettivamente dovevano durare assai meno fatica di noi a far breccia nelle coetanee . Davamo la colpa al papa . E tutte queste bionde , di dove son venute fuori ? Ai nostri tempi , ricordi ? , non se ne vedeva una , o non erano romane . Con questa bella novità il panorama della città è profondamente alterato . Roma portava ancora integro il vanto delle belle more , come per il passato , quando tutte le Memorie dei viaggiatori erano piene delle lodi della chioma corvina delle donne romane . Ma tu fa caso come in effetti sia stonata la bionda aureola intorno al grugnettaccio risentito di quella carbonaretta di Trastevere che attraversa adesso in strada ... Ai nostri tempi ! Un momento . Tutt ' altro che nostro , quel tempo . Roma è stata sempre una città piuttosto matrimoniale . La galanteria vi attacca poco . Lo sanno gl ' intraprendenti fastidiosi che cosa possa uscire da quelle rosee labbra ... È nota la uscita della bella trasteverina alla quale lo scultore Dupré , nuovo di Roma , ronzava troppo accosto per meglio ammirarla . Gli si fece addosso con lo spillone tolto ai capelli chiedendo : Sor paino , che ve puzza ' l campà ? Fiera e pudibonda la ragazza romana s ' era mantenuta fino a quei nostri tempi : e per difesa della sua pudibonderia , magari anche un po ' sguaiata . « Ecco mi sorrida , e mi dica una soave ingiuria in romanesco » : con tali parole il Carducci ( che nuove ricerche e nuovi documenti ci mostrano assai più ardito e concludente in approcci femminili che prima non si supponesse ) stuzzicava una bella romana : l ' Adele Bergamini . Il matrimonio , dicevo , a Roma si succhia nell ' aria . Ne fece assaggio Gustavo Flaubert , scapolo scapolorum , di passaggio per Roma la Settimana Santa del 1851 , quando un chiaro pomeriggio d ' aprile nella basilica di San Paolo gli apparve una bella convalescente languidamente appoggiata al braccio d ' una accompagnatrice : con le chiome corvine divise in due bande e acconciate con una sciarpa rossa , con un corsaletto rosso e lunghi guanti di pelle verde ( modella o amica di qualche pittore ? ) . Bastò che la bella romana girasse un momento i suoi occhi nerissimi e sfolgoranti sul forastiero perché il normanno si sentisse trapassare core e coratella ( anzi scrive : une rage subite m ' est descendue comme la foudre dans le ventre ) e venire senz ' altro la voglia di andarla a chiedere in isposa al padre ( ! ) . « Se avessi saputo l ' italiano , seguita , avrei ben trovato io il modo d ' attaccare conversazione » . ( Romanziere ! l ' impaccio della lingua è una scusa . Garibaldi che dall ' alto del cassero dell ' Itaparica vede col binocolo Anita apparire alla finestra di una casa sulla collina di faccia e si precipita a incontrarla , si fa capire a meraviglia « tu devi essere mia » senza bisogno d ' interprete ) . Rentré conclude Flaubert à l ' hôtel à 4 heures , déjà ses traits s ' effacent dans ma mémoire . Va e fidati dei romanzieri ! Flaubert aveva trent ' anni . Qualche anno prima , sui suoi quaranta , era passato da Roma Teofilo Gautier e le donne romane , outrageusement belles , l ' avevano colpito per la loro venustà piena e compatta . Vingt enfants tiendraient à la fois dans leurs flancs robustes ; e fantasticava che occorressero busti rinforzati di ferro per tenere a posto quei loro petti orgogliosi . Il grandioso portamento delle donne romane glie le fece sembrare tante statue discese dai piedistalli . E qualche vent ' anni prima , Stendhal scriveva : « Che cosa non darei per poter fare comprendere che cosa sia l ' aspetto impassibile d ' una bella romana . Essa considera la faccia dell ' uomo che la guarda ammirato , come voi guardereste di mattina , in campagna , una montagna . Ed è siffatta impassibilità che poi rende così affascinante un minimo segno d ' interessamento da parte loro » . La gravità e l ' indifferenza delle ragazze romane fecero effetto anche a Leopardi , il quale si meravigliava che girando per le strade « in compagnia di giovani molto belli e ben vestiti » nessuna alzasse loro gli occhi in viso . ( Al contino non venne il sospetto che le ragazze cittadine potessero veder tutto anche senza sollevare le ciglia ... ) . Benedette ragazze . Un uomo di cinquant ' anni ha una figlia di diciassette anni . Gli piacciono ancora le donne come gli sono sempre piaciute e per consuetudine se le rimira con quella compiacenza affettuosa , condita di una punta di desiderio , con la quale un uomo di buon sangue considera naturalmente una donna nel suo fiore . Altro alle donne non chiede , il mio cinquantenne , se non che si lascino guardare senza tirar fuori lo spillone dai capelli . Ora gli accade questo : che fino ai suoi quarantasette , fino a quando cioè la figliuola ne contava quattordici , egli si beava a guardare anche le ragazze sui diciassette . Ma quando la figlia ebbe toccati i sedici ecco che papà cominciò a farsi un certo scrupolo d ' appoggiare lo sguardo su quante s ' accostassero ai diciotto . Quando la figlia ne avrà diciotto la cosa dunque si farà grave . Perché , come si fa a non posare volentieri lo sguardo su una bella ragazza di vent ' anni ? , È vero altresì che disturba maledettamente il nostro cinquantenne quel dover pensare , quel dover ammettere che altri , cinquantenne o meno , possa poi posare sopra sua figlia lo stesso sguardo col quale egli considera la diciottenne figlia di chicchessia . Potrebbe , provvisoriamente , in via d ' accomodamento , farsi una legge di sbirciarle oramai solo dai ventuno in su : ma il tempo fa presto a passare , e di questo passo andrebbe a finire che un giorno dovrebbe limitarsi a godere in pace solo la vista e la compagnia delle patronesse del Lyceum . Meglio il chiostro , ragiona quel cinquantenne . Un santo eremita aveva per uso , ogni volta che gli accadeva di scorgere nella polvere della strada un ' impronta di piede femminile , di cancellarla perché altri non vi dovesse inciampare . Santo eremita , facci strada tu ... Un mio amico – il più brav ' uomo del mondo – era stato per oltre mezzo secolo un imperterrito amatore . Passata la settantina e calate le forze , cominciò a pensare all ' aldilà e piegava un poco a bacchettone . Ma le donne seguitavano a piacergli , sempre , molto , troppo . In istrada si faceva forza di non voltarsi a guardarle , anche per pietà dei propri capelli tutti bianchi : ma era più forte di lui . Un giorno ( andava oramai pei settantaquattro ) eravamo fermi sul marciapiede di Aragno e c ' era un passaggio , come succede certi giorni a certe ore , d ' una dopo l ' altra , una più bella dell ' altra e non una da buttar via . In fine ne passò una che dette al mio amico il colpo di grazia : trionfante , raggiante e , a dire il vero , abbracciabilissima . Si girò sulla vita indolorita a vederla allontanare , e poi sospirava e mi guardava al disopra degli occhiali . Due volte aperse bocca per parlare e poi la richiuse . Coraggio gli feci ridendo . Mi afferrò allora per un braccio . Non ridere e dimmi tu come può stare , come può essere vero che anche solo a desiderarle sia peccato mortale . – E lo disse come uno che si sentisse in corrente fra due porte , una aperta sul Paradiso e l ' altra sull ' Inferno e vedesse la prima chiudersi lenta lenta e spalancarsi lenta lenta quell ' altra . L ' accento mi fece fremere . Morì l ' anno appresso : e la notte vedeva i diavoli che venivano a portarselo via e chiamava atterrito i famigliari che salissero a tenergli compagnia . Santo eremita , prega per il mio amico . Da giovani sembrano cose da ridere , e nessuno ci aveva riso più del mio amico . ( Santo eremita , comincio a preoccuparmi anch ' io ) . Giovane era e ci rideva di gusto Carlo Bini , quando scrisse quel suo bellissimo contrasto con lo spione Innocenzio Tienlistretti al Forte della Stella . Innocenzio : Dunque voi avete desiderato la donna degli altri ? Carlo : Confesso la mia debolezza ; io l ' ho desiderata e la desidero tuttavia . Ne ho desiderate molte ; non quante voi , perché avete più anni , ma molte davvero : tante , che se mi fossero venute tutte ne avrei rimandate via la metà . Eppoi venne il giorno che una bella castigamatti , l ' Adele Witt , gli tolse grado a grado la voglia di scherzare , e a lungo lo tenne in corrente fra la porta della Beatitudine e quella della Disperazione . Sarà pur bello che uomo e donna , pur piacendosi a perdifiato , riescano a stare insieme in vicinanza coraggiosa e monda . È un verso dell ' Aleardi , non bello , anzi gaetanesco : ma dipinge una situazione tipicamente aleardiana : due innamorati che stanno sempre vicini e non si toccano mai . ( Spiego il gaetanesco . Aleardo Aleardi non si chiamava Aleardo : si chiamava , una bella differenza ! , Gaetano . E , a ben considerarla , la sua poesia ha doppia tempra : in alcuni versi si sente la mano sfiorante di Aleardo , in altri la mano pesante di Gaetano . Più forte è la stonatura dove un sentimento da vero Aleardo viene calato , come è il caso di sopra , in versi da vero Gaetano ) . Sarà pur bello ... ( Santo eremita , ora pro me ) .
La storia dei «blue-jeans» ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
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La rivista americana « True West » , che da alcuni mesi si pubblica in edizione italiana , racconta nell ' ultimo numero la storia dei « blue - jeans » : quei pantaloni , cioè , di rozza tela , resistenti e attillati , che i giovani di mezzo mondo , maschi e femmine , ostentano come una sfida al conformismo . Pantaloni con tasconi posteriori e inutili taschine sui fianchi . I « blue - jeans » nacquero per caso nel 1850 in California . Erano gli anni della corsa alle miniere d ' oro . Migliaia di avventurieri piombavano ogni giorno su San Francisco , in cerca di fortuna . Con intenzioni assai più modeste , arrivò a Frisco anche il giovane commerciante Levi Strauss : un ebreo grassoccio e accomodante , il cui incipiente doppio mento era nascosto da una barba a ventaglio . Tutta la sua mercanzia stava in una sola cassa : tela per tende e lampade a petrolio . Una mattina , il mercante fu avvicinato da un minatore che gli disse : « Io e i miei compagni abbiamo bisogno di pantaloni che non vadano a brandelli quando lavoriamo in galleria . Siamo disposti a pagarli il triplo dei comuni pantaloni » . Levi Strauss non aveva nella sua cassa la merce richiesta , ma non rinunciò all ' affare . Fece confezionare seduta stante un paio di pantaloni con la tela da tende e il minatore ne fu soddisfattissimo . La voce si sparse fra i cercatori d ' oro e Strauss fondò una piccola fabbrica di pantaloni che furono chiamati « Levis » . Qualche anno dopo , il minatore Alkali - Ike pregò il sarto Jacob Davis , di Virginia City , di rinforzargli in qualche modo le tasche dei « Levis » , in modo che non si slabbrassero ficcandovi dentro campioni di minerale aurifero . Davis rinforzò gli angoli delle tasche con borchie di rame . Poiché le borchie arrugginivano , furono in seguito sostituite con forti cuciture di filo arancione , il colore del rame . Da allora i pantaloni « Levis » furono chiamati i « blue - jeans » .
Siamo più colti o più istruiti? ( Jemolo Arturo Carlo , 1975 )
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Che gl ' italiani d ' oggi siano più istruiti di quelli di trenta e soprattutto di cinquant ' anni or sono , mi pare fuor di dubbio . Allora certe nozioni cosmiche ( la terra che rotea intorno al sole , cosa sia la luna ) erano ancora sconosciute o confuse nella mente dei più umili , mentre sono oggi note pure agli analfabeti ; e così dicasi per quanto è oltre frontiera , altri continenti , altri Stati . Merito della scuola ( delle elementari , specificherei , che mi sembra siano ancora le meglio funzionanti : recenti pagine , amene ma amare , di Remo Gianuzzi , Esami di Stato , confermano la mia diffidenza per le attuali scuole secondarie ) ; ma anche della televisione , delle emigrazioni ed immigrazioni . Pur ciò ch ' è cattivo ha qualcosa di buono : compiangiamo gli emigrati che si trovano male nel Paese in cui non s ' inseriscono , ma il loro campo visivo si allarga ; e pure i peggiori rotocalchi , con le brutte o sciocche vicende che narrano , danno un qualche orientamento di luoghi e di costumi . Va da sé che il contenuto della istruzione desiderabile varia nel tempo ; non nego la qualifica d ' istruito a chi pure ignori vicende e personaggi ben noti quando ero ragazzo ( ed accetterei mi si escludesse dal novero degl ' istruiti per la mia ignoranza su calciatori , cantautori , divi e dive del cinema , che tanto posto hanno nel mondo d ' oggi ) . Più istruiti , sì ; ma anche per chi , come me , non ha il disprezzo per il nozionismo ( senza una piattaforma di nozioni si ciancia a vuoto ) istruito non equivale a colto . Siamo più colti ? gl ' incolti sono soltanto quelli che rispondono sempre non so ai questionari Doxa , anche alle domande che i radiocronisti pongono per strada ? Prescindo dalla cultura specializzata ( è un caso a sé quello dell ' universitario dottissimo in un ramo , ed incapsulatosi in quello , ignaro di letteratura , di arte , di scienza ) ; quel che interessa è la quantità di cultura diffusa che permette di dire che un popolo è colto . A prima vista ci viene spontaneo dire che siamo più colti che non fossimo cinquanta o trent ' anni fa . Almeno in politica , ma anche nel considerare i possibili modelli sociali , pochi sono gli agnostici ; le lettere inviate ai giornali anche dai più umili contengono opinioni : chi vuole la pena di morte e chi l ' aborre ; chi ritiene i colpevoli siano dei malati , chi vittime della società consumistica , chi della indulgenza di genitori e maestri , chi della miseria , e chi invece li giudica colpevoli che occorra punire . Così chi pensa il primum della economia sia evitare la disoccupazione , e chi impedire la lira perda ogni potere di acquisto ; chi crede nella necessità di una moneta stabile che incoraggi il risparmio . Ma è sufficiente avere opinioni per essere fuori del mondo degl ' incolti ? a ben guardare , opinioni primordiali , sui problemi fondamentali , ne avevano pure gli analfabeti di oltre cent ' anni or sono . E qualche conservatore , se ne esistessero ed osassero esprimersi , soggiungerebbe : più sane delle attuali . A mio avviso la cultura non sta né nel nozionismo , né nell ' avere delle opinioni , sia pur radicate ; bensì nel ragionare . E temo molto che siamo più istruiti , cioè con più nozioni , meno agnostici , maggior numero di opinioni , ma più che colti , indottrinati ; come del resto la maggioranza è sempre stata dovunque : risparmiando la fatica del pensare , accettando le opinioni , le tavole dei valori , formate da altri : che può essere volta a volta il direttore di coscienza o confessore , il dittatore , il giornale di partito che è il solo che si legga ed in cui è sempre stabilito chi sia il buono e chi il cattivo , il libro che diffonde la sana dottrina , e quello che è l ' occulto strumento ora dei padroni ora dei sovvertitori . Non vorrei si confondesse l ' uomo dai fermissimi convincimenti con l ' uomo che non accetta la discussione . L ' uomo dai più fermi convincimenti non paventa di ascoltare le ragioni altrui , di opporre le proprie ; senza cambiar bandiera , riconoscerà che qualche punto secondario del suo sistema va rimeditato , che qualche suo argomento è debole , che occorre invocarne altri a sostegno della idea politica o della confessione che professa . L ' uomo colto è a desiderare nel suo ragionare sia sempre leale , ma possiede pure l ' arte del sofisma . E soprattutto è l ' uomo che armonizza i suoi giudizi , che naturalmente hanno oggetti diversi , toccano vari aspetti della vita . Li armonizza guardando alla realtà . L ' indottrinato parte da assiomi che di solito non rispondono affatto alla realtà ; o vede l ' uomo naturalmente buono o asserisce apoditticamente che ogni uomo ha per sua natura di sbranare i fratelli . L ' uomo colto , invece , non è un poeta od un fabbricante di utopie ( si può essere ottimi poeti , costruttori di utopie piacevoli a leggersi , ma sapendole appunto irrealizzabili , e scriverle con lo spirito di chi scrive belle favole , conscio che gli animali non parlano e non danno saggi consigli ) . L ' uomo colto , se si fabbrica un sistema od aderisce a quello da altri proposto , si chiede se sia realizzabile ; non dimentica i dati economici , le risorse di ogni paese , l ' elementare verità che nessuno Stato è disposto a far vivere più poveramente i propri cittadini per alzare il benessere in altri Stati , che gli uomini non sono tutti virtuosi , che l ' egoismo abbonda , che gli entusiasmi svaniscono . Se parla di scuola , ricorda il livello mentale diverso degli allievi , che è un dato di natura , non s ' illude si diano maestri capaci di far divenire tutti intelligenti , ne auspica soltanto tali da interessare la quasi totalità degli allievi ( quasi ; gli apatici sono una realtà ineliminabile ) , di ottenere da ciascuno il massimo che può dare . Se parla di giustizia sociale , non dimentica che ogni uomo ha un suo giudizio in cui entra l ' interesse , e che non si realizzerà mai un regime in cui tutti siano convinti di avere i riconoscimenti , morali e materiali , cui credono di aver diritto . L ' uomo colto è quello che guarda alla realtà e pensa in ogni ambito , a cominciare dalla costruzione di una sua famiglia , al realizzabile ; e si distingue appunto dall ' utopista ( che può anche essere un genio , ma , se non sa che la sua è utopia , non qualificherei uomo colto ) per ciò che accetta il meno peggio ; difende un regime , un tipo di scuola , se ritiene che nelle condizioni del momento ogni altro sarebbe peggiore . Ora temo proprio che , se si intende in questo modo la cultura , non siamo cresciuti . Ricordo l ' argomentare anche di analfabeti in anni molto lontani , ed a volte mi pare superiore a quello di giovani « indottrinati » , con un bel sistema di valori fisso nella mente , ma che non saprebbero difendere in una discussione se non ripetendo all ' infinito gli assiomi , indimostrabili , da cui hanno preso le mosse . Scuola della discussione , su una piattaforma di nozioni indispensabili ; certamente è l ' ideale ; ma che discussioni siano , e non indottrinamento , accettazione passiva d ' idee altrui ; e che siano idee concrete , base all ' edificare , e quindi sempre con l ' occhio volto alla realtà , e non enunciati astratti . Santi i concetti di buono , di giusto , ma uomo colto è quello che scorge anche le vie per realizzarli quanto si può ; e le esperienze del passato gl ' insegnano qualcosa .
TASTIERA 2 ( BALDINI ANTONIO , 1941 )
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L ' antipatia , quello che mi fa soffrire ! Per vincerla , mi sono sottoposto a cure eroiche . Niente . Ha vinto l ' antipatia . Due fratelli imbestialiti per un contrasto di successione si andavano cercando armati per tutta la città . Si incontrano alla fine nell ' atrio di un grande albergo e si sparano dodici colpi fracassando vetri e specchi senza colpirsi : dopodiché si buttano le braccia al collo scoppiando in lagrime uno sulla spalla dell ' altro . Come li capisco ! Ho amici coi quali da tempo c ' è un malinteso che mi fa soffrire , e forse cruccia anche loro , perché non s ' è trovato ancora il modo di fracassare insieme un po ' di porcellane e cristallerie . Ma c ' è degli altri ( mica tanti : tre o quattro , sopra il milione di abitanti della città dove vivo , e due o tre dispersi , fra Catania e Torino ) per i quali un ' intera Boemia di cristalli frantumata a colpi di cannone non saprebbe determinare la catarsi d ' una piena pacificazione . Anche perché , a questi sei o sette , io non ho mai dichiarato guerra . Mi sono semplicemente antipatici . Viva la faccia dell ' odio , sentimento che occupa fortemente tutto l ' animo , eccitazione violenta che nutre e corròbora , quando invece l ' antipatia è una scròfola senza altro sfogo che di piccoli sgarbi , dispetti , calunnie , che finiscono con avvilire e rimordere chi li fa senza intaccare la salute del destinatario . Potessi cambiare in doppie d ' odio sonante tutti i palanconi d ' antipatia che m ' appesantiscono il cammino , già mi parrebbe d ' aver fatto il buon guadagno ! Ma dall ' antipatia all ' odio non c ' è possibilità di conversione , né c ' è speranza mai di promozione . Sotto le bandiere dell ' odio si combattono anche le belle battaglie . L ' odio è padre della satira , dell ' invettiva , della commedia . Ma le antipatie , oltreché siano assolutamente infeconde , è mortificante anche solo darle a conoscere , anche parlarne . Bisogna curàrsele di nascosto : e non c ' è cura che valga . Viva la faccia anche dell ' invidia , sentimento tanto più confessabile e sociale : ché è possibile portare invidia anche a persona che ci resti straordinariamente simpatica . E tanto dell ' odio quanto dell ' invidia si guarisce e può nascerne come niente un grande amore : la favola della Fonte di Ardenna , alla quale si beveva in ugual misura avversione ed amore , significa ben questo . L ' antipatia è invece una pappa fredda che non cava né la fame né la sete . Consuma la pazienza , ruba tempo , sciupa la digestione . Non cresce né cala . In ogni sua fase è insalubre e insopportabile . Né a guarirne giova la distanza . Anzi la distanza l ' aggredisce d ' ombre , e di tutti i rimedi sperimentati per renderla meno fastidiosa il migliore ( caro costa ! ) resta pur sempre la frequentazione della persona antipatica . Se metto in fila le persone che tali mi sono , hanno tutte in comune due tratti : una faccia verde e soddisfatta , ignoranza e sprezzo del buon dritto altrui . Consideriamo un caso tipico : quello di Demetrio Sufficienti . Che cosa è che mi mette di malumore al solo pensiero ch ' egli viva in questa città ? Che si creda troppo da più di quanto pesa e vedere come tale convinzione lo situi in un atteggiamento gratuito e stonato di fronte al prossimo . Tra ' l quale prossimo ci sono anch ' io . Sarebbe dunque l ' antipatia un moto e un modo istintivi di difesa collettiva ? Me lo farebbe credere il fatto che per solito chi è antipatico a me lo è anche per molti altri , se non proprio tutti tutti ( con l ' eccezione solo di persone o troppo ingenue o troppo distratte e indifferenti ; non certo con l ' eccezione d ' altri colleghi in antipatia , giacché , se Dio vuole , è buona regola che antipatico con antipatico si facciano sempre pessima grinta ) ; ma non è che da questa solidarietà col prossimo la mia rancura possa trarre qualche consolazione . Il fatto di sapermi condiviso non mènoma affatto il mio malessere . Mi sforzo di immaginare Demetrio battuto , scornato , vilipeso , sbandito e magari sotterrato . La mia antipatia non disarma per questo : antipatico mi resta né riesco a vederlo sotto altra luce che non sia quella dell ' antipatia . Cerco di farmi una ragione . Dico : Demetrio si crede un granché . E con questo ? ; non è detto che cerchi il male di qualcuno ; anche il tenore Isidoro si crede più bravo di tutti i tenori , il calzolaio Crispino più bravo di tutti i calzolai : non ci vedo motivo perché tu perda la bella pace dell ' anima per Demetrio . Altro aspetto del « problema » : c ' è tanti superbiosi e vanesii coi quali vado benissimo d ' accordo ; c ' è dei prepotentoni vicino ai quali sento anzi uno speciale calore di protezione che mi piace moltissimo ; e c ' è dei tipi veramente ingombranti dai quali pure mi lascio portar via quasi volentieri parte del mio « spazio vitale » . Che cosa c ' è dunque in Demetrio che non mi è possibile perdonargli ? Intanto , è proprio la soddisfazione di sé che leggo nei suoi occhi e in ogni sua parola . Sicuramente la mia antipatia non va al suo potere e al suo successo effettivi , di quattrini , di autorità , di nominanza , di donne : Creso , Cesare , don Giovanni non hanno mai turbato i miei sonni , eppoi bene spesso quegli che mi procura tant ' uggia è un povero diavolo scansato e maltrattato dall ' universale ; ma va , la mia antipatia , proprio a quello che lui si ostina a credere di sé nel suo cervellaccio e che non stinge per nessun acquazzone di contrarietà e grandinata di botte . Ma è caritatevole ciò da parte mia ? Certo che no , se le cose stessero tutte e semplicemente a questo modo . Ma ci dev ' essere altro , e me n ' assicura il fatto che , insieme con me , a non poter soffrire Demetrio , siamo in tanti , e fra i tanti ci sono persone infinitamente più giuste e longanimi di me ... Demetrio della malora , se tu sapessi nascondere un po ' meglio quella tua terribile contentezza di te stesso , se tu sapessi essere soltanto un po ' ipocrita , vedi quanta noia potresti risparmiare a me e a tant ' altre brave persone ... E in fondo quanta vergogna . Perché , in fondo , proprio questo noi ti rinfacciamo : di non saperci nascondere la tua innocua soperchieria mentale , la tua troppo ingenua arroganza . Dice : Non ci pensare . E una parola ! Antipatia è implicitamente riconoscimento di personalità , come quando camminando al buio abbiamo l ' impressione di star sempre per urtare in qualcuno . Se odiare significa sentir la voglia di acchiappare Demetrio per il petto , sbatterlo contro il muro , piantargli un palmo di lama nel costato , è certo ch ' io non ho mai odiato Demetrio . Se odiare , più modestamente , vuol dire vagheggiare nel pensiero che Demetrio venga a trovarsi in una situazione ridicola e tremenda , accompagnato a suon di fischi e a furia di torsoli fuori delle porte della città , neanche a questo punto ho mai odiato Demetrio . Ma se per odiare bastasse desiderare che Demetrio non fosse mai venuto al mondo e capitato fra i piedi , allora sono ottimo odiatore anch ' io . Mi spiego : non è ch ' io gli voglia specificatamente del male ; ma la sola idea che ora monto sul treno e potrei trovarlo dentro lo scompartimento , che vado a rispondere al telefono e posso sentire la sua voce , mi rende smanioso . Peggio , mi rende antipatico a me stesso . Cattiveria da parte mia non è , ché in conclusione il solo a soffrirne , dei due , sono io . Male che la vada , lui si bea . Dirò l ' ultima : l ' idea che Demetrio possa intervenire al mio funerale già mi sciupa il riposo della fossa .
StampaQuotidiana ,
Charleroi , 23 agosto , notte - Sono tutti morti . Queste tre parole campeggiavano sulla prima pagina dei giornali di Charleroi usciti di buon mattino in edizione straordinaria , listati a lutto . Sono tutti morti . Le tre parole che la gente ripeteva costernata per le strade , sonavano come tre funebri rintocchi sull ' ultimo atto della tragedia di Marcinelle , all ' alba del diciassettesimo giorno dal suo principio . Chi mai ancora credeva negli ultimi tempi alla salvezza di almeno uno dei sepolti ? Ben pochi , e anche quelli la vedevano come un miracolo , il miracolo di cui tante volte ho parlato e che non è avvenuto . Eppure , ieri , quando si ebbe la certezza che ormai la terribile galleria a quota 1035 , la galleria dei 130 sepolti , era serrata da presso , era sul punto di essere conquistata come si conquista una fortezza dopo un lungo assedio , la speranza di trovarci dei vivi era subitamente risorta , in molti che ancora un ' ora prima scotevano il capo , rassegnati all ' ultimo ferale annuncio . Facevano i conti dei giorni trascorsi , ricordavano che in altre catastrofi minerarie erano tornati a rivedere il sole , dopo venti e più giorni , uomini dati per spacciati . Perché non doveva essere così , anche questa volta ? Quando , ancora pochi giorni fa , un illustre tecnico straniero , l ' ingegnere francese Bertiaux , non aveva escluso questa possibilità , nessuno gli aveva creduto . Ieri , invece , le parole di Bertiaux erano ricordate e citate , riscotevano il credito che non avevano riscosso prima . Quella galleria a oltre un chilometro di profondità , considerata ormai come una gigantesca bara , ora che stava per essere aperta e scoperchiata , assumeva nella fantasia della folla in attesa , dentro e fuori i cancelli del Casier , un altro aspetto . Sì , erano risorte le speranze , mai come ieri ho capito come abbia ragione Max Nordau a dire che l ' uomo è fondamentalmente ottimista . La ragazza bolognese , che il giorno prima ripeteva di non avere più ombra di illusione sulla sorte del padre sepolto nella galleria a quota 1035 , aveva un altro volto , altri occhi , le uscirono di bocca queste parole : « Domani lo rivedrò , voglio assisterlo e curarlo io sola » . Qualcosa di simile udii dalla madre di un belga di 24 anni , anche lui giù a quota 1035 . La fede nel miracolo l ' avvertii in un giovane sacerdote italiano per un suo zio , che gli aveva fatto da padre . E io avevo ascoltato questi infelici senza avere né il coraggio di confortarli a credere , né quello di esortarli a rassegnarsi a quanto , fin dal principio , mi era sembrato l ' ineluttabile . Veramente , la giornata di ieri è stata la più penosa , la più straziante , proprio per questo riaccendersi di spente speranze , come d ' improvviso guizza di nuovo da un ceppo arso una breve fiamma . Più penosa e straziante dalle sere in cui la folla dei familiari premeva esasperata ai cancelli del Casier e minacciava di abbatterli , di travolgere la polizia , di andare a vedere coi propri occhi che cosa succedeva là intorno ai pozzi , a scoprire quei morti o quei vivi . Per di più si era saputo ieri sera che nel pozzo si erano calati dei medici , con le loro cassette di soccorso , e si ragionava che la direzione della miniera aveva le sue buone ragioni per farli scendere , certo essa riteneva , o addirittura già sapeva , che c ' erano dei vivi . Qualcuno degli uomini delle squadre di salvataggio aveva raccontato le istruzioni impartite dai medici se avessero trovato dei sopravvissuti . Dovevano bendare loro gli occhi , perché dopo diciassette giorni di totale oscurità , anche la luce delle lampade li avrebbe feriti . E non dovevano dar loro nulla , neppure una goccia d ' acqua . Li lasciassero pure lamentare e imprecare come volevano . Una cosa sola c ' era da fare : riportarli al più presto alla superficie , con qualunque mezzo , a qualunque costo , col massimo possibile riguardo . Poi , al ritorno dei primi quattro uomini calatisi ieri sera a quota 1035 , la voce presto diffusasi che essi avevano trovato la galleria invasa dall ' acqua aveva suscitato una nuova ondata di disperazione . Ecco , si sono salvati dal fuoco e dai gas , e li hanno fatti morire annegati , si sentiva dire . Poco dopo , altra ondata di speranza : l ' acqua era bassa , non più di ottanta centimetri , gli scampati avevano potuto benissimo rifugiarsi su qualche punto più alto , ce n ' erano molti e comodi . Alle ventitré , una squadra di dodici uomini si calò nel pozzo per una ricognizione a fondo . Avevano alti stivali di gomma , le maschere ad ossigeno , potenti lampade elettriche . Tutta la galleria , nei limiti dell ' umanamente possibile , doveva essere perlustrata . Scomparsi i sauveteurs nel pozzo , le cinque o seicento persone fuori dei cancelli sedettero sulle panche , in gran silenzio . Pareva perfino che qualcuno dormisse , invece teneva soltanto gli occhi chiusi , immerso nei suoi pensieri . Verso l ' una , intorno al pozzo , c ' erano tre o quattro poliziotti che andavano su e giù , due dirigenti della miniera , pochissimi giornalisti ammessi con uno speciale permesso fin là . Il tempo passava lentamente , e anche lì nessuno parlava . Fuori la folla cominciò a diradarsi , rimasero solo i familiari delle vittime con pochi amici , forse un centinaio di persone . Cominciava ad albeggiare quando , non si sa né come né da chi , la verità venne annunciata : sono tutti morti . Il racconto più chiaro , più preciso , più drammatico della discesa negli inferi me l ' ha fatto un italiano in termini pacati , con parole comuni . Ne ho sempre taciuto il nome perché , si sa , gli uomini delle squadre avevano l ' ordine di non parlare di quello che avevano fatto e visto . Ora non c ' è più ragione di tacerlo . Si chiama Ettore Bettinato , è di Vicenza , ha sposato una belga , lavora quassù da molti anni , in una miniera modernissima della regione di Limburgo , era venuto qui tra i primi dei sauveteurs accorsi da tutte le parti del Belgio e da fuori . Bettinato è alto , forte , massiccio fin troppo per calarsi lungo lo stretto passaggio in pendenza che dal fondo del pozzo scende alla galleria 1035 . Nello sforzo di assottigliarsi , gli dolevano ancora i muscoli delle gambe , delle braccia , del torace , si era anche fatta qualche spellatura , roba da poco . Cercherò di riferire con la massima fedeltà quel che mi ha detto . Sorvolò sulla lenta discesa un gradino dopo l ' altro , lungo i quarantacinque metri della scala di alluminio montata ieri . Disse soltanto : « Siamo andati giù uno alla volta , pian piano , avevamo accesa la lampadina elettrica sull ' elmo , tre compagni mi avevano preceduto , vidi ad un certo punto che agitavano verso di me , come per fare un segnale , le loro lampade a torcia . Quando toccai il fondo , uno premette il tasto di una soneria elettrica di fortuna collocata sopra nell ' ascensore . Era il segnale che poteva scendere un altro » . Stette un poco in silenzio come se volesse raccogliere i ricordi e le idee e continuò : « Sa , mai ho passato ore così terribili in questi giorni come stanotte . Quando fummo tutti giù , due rimasero in fondo al pozzo , e in dieci , noi , uno dietro l ' altro , i più svelti e i più smilzi avanti per fare strada , ci ficcammo nel cunicolo . No , non era il gran piano inclinato per il quale si accedeva normalmente alla galleria 1035 , era un passaggio antico , il primo scavato nel carbone per andare fin giù , intitolato a Leopoldo II . Non so perché , tutti i passaggi hanno un loro nome . Quello ho calcolato che sia lungo una cinquantina di metri , forse qualcosa di più . Sboccammo in una specie di caverna , ci trovammo davanti ad una porta di ferro , era sprangata dall ' interno , bisognò forzarla . Ed ecco subito lì , a destra , quasi uno addosso all ' altro , quattro corpi . Chi era supino , chi disteso su un fianco , avevano tutti gli occhi sbarrati verso il soffitto . Erano distesi su un tratto asciutto della galleria , le nostre lampade si puntarono su quei volti e su quei corpi . Ah , quelli non sono morti fulminati dall ' ossido di carbonio , quelli , glielo dico io , il veleno l ' hanno respirato a poco a poco , a mano a mano che filtrava fra le fessure della porta o da chi sa dove . Molti si tenevano ancora il fazzoletto compresso dalla mano sulla bocca » . Adesso , sembrava che Bettinato il racconto lo facesse a se stesso , aveva i suoi chiari occhi fissi dinanzi a sé , nel vuoto , la macabra scena in quella galleria , al chiarore delle lampade , gli tornava alla mente in tutti i suoi raccapriccianti particolari . « Su ragazzi , disse il caposquadra , muoviamoci , andiamo avanti . Quasi subito sentii uno sciacquio , come di qualcuno che cammina nell ' acqua . L ' acqua era lì , infatti . Il peggio aveva ancora da venire . Tutti e dieci puntammo le lampade avanti a noi , e allora , non me ne dimenticherò mai , sull ' acqua cheta , raccolta sul fondo della galleria , nera come l ' inchiostro , vedemmo un primo corpo galleggiare , e poi un altro e un altro ancora . I fasci di luce delle nostre lampade a torcia andavano di qua e di là su quell ' acqua nera , ma arrivavano solo fino ad una certa distanza , e allora entrammo dentro , adagio adagio , l ' acqua saliva fin quasi all ' orlo degli stivaloni , alle volte lo passava , ma avevamo le gambe bene protette da altra gomma . Attenzione ragazzi , diceva il caposquadra , camminate piano , dividiamoci in tre file , una a sinistra , l ' altra al centro , l ' altra a destra , così possiamo fare un lavoro ordinato , un conto giusto . Ora guazzavamo tutti nell ' acqua , puntavamo la lampada su un corpo o sull ' altro . I volti affioravano appena , si vedevano occhi sbarrati attraverso un velo d ' acqua . Ce n ' erano a diecine . E anche quelli hanno patito , povere creature , come gli altri accanto alla porta , hanno avuto la morte lenta . L ' acqua venne sicuramente dopo , nei giorni seguenti , quando gli idranti la gettavano ad ettolitri su ettolitri nel pozzo . Deve essere cresciuta poco per volta , quando fu abbastanza alta i corpi cominciarono a galleggiare . » Ed ecco un ' altra agghiacciante scoperta . La fece un belga . Ad un certo punto , volgendo intorno la lampada , scorse una scritta su una trave , una delle poche travi della galleria , chiamò i compagni a raccolta . Era una scritta tracciata con un pezzo di carbone sul legno grigiastro , a grandi caratteri , da una mano ferma , la mano di un uomo ancora vivissimo , che voleva vivere . Diceva : « È l ' una e trenta , siamo in cinquanta e fuggiamo verso la Quattro palme » . « Quattro palme » ( si intende il palmo della mano ) è il nome dato a diversi tratti di galleria del Casier ; ma la scritta si riferiva sicuramente a uno situato alla stessa quota 1035 . Era chiaro . Mentre una parte dei 130 minatori sepolti aveva ritenuto che il miglior partito fosse di rimanere dove erano , nella solida galleria di cemento armato , protetta da porte ferrate , altri , un gruppo minore , s ' erano persuasi invece che la galleria fosse una trappola . Molto probabilmente , qualcuno aveva cominciato ad avvertire i primi malesseri determinati dalle infiltrazioni dell ' ossido di carbonio . Questo gas estremamente tossico , già letale quando nell ' atmosfera ce n ' è la modestissima percentuale dello 0,02 si insinuava attraverso le fessure . L ' ossido di carbonio agisce sui globuli rossi , tronca , a seconda della quantità che se ne ispira , fulmineamente o anche lentissimamente , l ' ossigenazione del sangue . Si muore , come si dice in linguaggio tecnico , per soffocazione interna . Se l ' azione è fulminea non si soffre , e non si soffre neppure se è lenta . Ore 1.30 . Dal principio della catastrofe al momento in cui la ferma mano del minatore aveva tracciato la scritta , erano passate esattamente cinque ore e mezzo . Erano vivi i sepolti , erano tutti in forze , avrebbero potuto essere salvati . Effettivamente la galleria di cemento li aveva per lunghe ore protetti . I 130 nell ' imo fondo del Casier non erano stati falciati di colpo , come i loro compagni delle gallerie superiori , specie quelli a quota 835 , rinvenuti in gran parte nell ' atteggiamento di chi attende al lavoro e resta fulminato . La loro sorte fu ben più atroce , la morte li ghermì a poco a poco , chi sa in quante ore , se dopo cinque e mezzo essi si sentivano ancora in grado di mettersi in cammino verso le gallerie superiori , nella speranza di tornare a rivedere il sole . Quelli che si avventurarono nella marcia attraverso i cunicoli in salita , perirono certo prima degli altri che avevano deciso di rimanere dove si trovavano . Ieri , come ho raccontato , Langer e Galvan ne trovarono due , in un punto intermedio fra la galleria a quota 1035 e la superiore a quota 975 . Avevano percorso , quei due , sì e no cinquecento metri . I loro compagni saranno sicuramente ritrovati in altri cunicoli , su per giù alla stessa quota . Del resto , non ne mancano più molti all ' appello , già stamane verso mezzogiorno ne erano stati contati 92 , stasera alle otto eravamo a circa cento . Non c ' è dubbio , la fine peggiore , risoltasi in una agonia che può essere durata anche ventiquattro ore , la fecero gli uomini rimasti fra le pareti di cemento armato della galleria a quota 1035 . La prima notizia dell ' ultima tragedia la diffusero gli uomini della squadra dei dodici quando alcuni di essi , verso le 4 del mattino , ritornarono alla superficie . Secondo le disposizioni , non avrebbero dovuto parlare . Ma nessuno li tenne . Erano troppo commossi , in preda a una ben comprensibile agitazione . Non ero più in quel momento al Casier . Mi hanno riferito che due della squadra sembravano fuori di sé , infilavano una parola dietro l ' altra disordinatamente , come avviene quando l ' animo è esagitato da una troppo violenta impressione . E subito la notizia trapelò fuori del recinto , giunse alle 70-80 persone , quasi tutti familiari delle vittime , che avevano deciso di passare la notte lì , sulle panche o sotto le tende , sostenute sempre dalla speranza del miracolo . Ma subitamente , alla speranza si sostituì la rassegnazione , cui già si erano piegati negli ultimi giorni . Come gli uomini di quota 1035 ebbero il destino più duro , anche i loro parenti avevano dovuto passare dall ' angoscia dell ' incertezza dei primi giorni all ' accettazione del fatto compiuto , dal rinnovarsi della fede nel miracolo all ' ultima delusione . Alle 6 arrivò il ministro Troclet . Lì , nel recinto del Casier , disse queste parole : « Anche il barlume di speranza che avevamo conservato è stato distrutto . Le squadre di salvataggio cui avevamo affidato il compito di esplorare tutti i luoghi e i recessi della miniera dove potessero esservi dei sopravvissuti , hanno trovato soltanto dei morti » . Pallidissimo , chinò la testa , né aggiunse altro . Ogni parola di più , in quel luogo e in quel momento , sarebbe stata inopportuna . Fuori , alcuni sacerdoti e altre persone caritatevoli si accostarono ai familiari , lí presero uno ad uno sotto braccio , li accompagnarono alle loro case . È toccato al ministro dell ' Economia Rey di prendere la parola alla radio . « Compio il doloroso dovere » ha esordito « di annunciare ufficialmente che la tragedia di Marcinelle è giunta alla sua conclusione e che abbiamo perduto ogni speranza di ritrovare superstiti nel fondo della miniera . » Rey ha soggiunto che nel corso della prima ricognizione si erano rinvenuti í corpi di una novantina di minatori . Ai rimanenti , non ancora rintracciati , non può essere toccata diversa sorte . Ora si lavora intensamente per ricuperare le salme , ma occorreranno almeno due o tre giorni , prima di ricondurre alla superficie le prime . Rey ha definito il disastro del Casier la più grave sciagura mineraria abbattutasi sul Paese . Domani , il Consiglio dei ministri deciderà di tutti i provvedimenti intesi a soccorrere le famiglie delle vittime , ad accertare le cause della catastrofe e le relative eventuali responsabilità . « Oggi » ha detto ancora , « vorrei semplicemente salutare con dolorosa commozione i minatori di Marcinelle , belgi , italiani e di altre nazionalità , caduti nel compimento del proprio dovere . Vorrei esprimere la nostra profonda simpatia a tutte le famiglie così crudelmente provate , cui non possiamo più rivolgere parole di speranza . Si levi reverente verso di loro la pietà dell ' intera Nazione . » Infine , il ministro ha reso un non meno commosso omaggio e ringraziamento agli uomini delle squadre di salvataggio , prodigatisi tutti con slancio e spirito di sacrificio esemplari , nella dura , pericolosa opera di questi giorni non ancora terminata . « Domani » ha concluso « nuovi doveri attendono noi tutti , governanti , corpo delle miniere , capi di imprese , ingegneri e lavoratori , perché da questa tragedia nasca una nuova era per la sorte dei minatori , per la loro sicurezza , per la nostra industria carbonifera . Questo è il voto , questa è la volontà della Nazione . » Nobilissime , toccanti parole , e auguriamoci che il fosco dramma del Casier abbia davvero ad aprire la nuova era auspicata dal ministro . Non esiste altra riparazione per i morti di Marcinelle . Un altro severo richiamo alla realtà è venuto proprio stamane , da un nuovo incendio scoppiato in una miniera di questa zona , a Martigny - sur - Sambre , per fortuna senza mietere altre vittime , grazie al pronto segnale d ' allarme . Al Casier , nelle prime ore del pomeriggio , è venuta Elisabetta , la regina madre , accompagnata anche dall ' ambasciatore d ' Italia Scammacca Del Murgo e dal console d ' Italia a Charleroi , Gulli , che ogni giorno abbiamo visto trascorrere lunghe ore nel recinto della miniera . L ' augusta signora si è intrattenuta a lungo con alcuni uomini delle squadre di salvataggio , coi tecnici belgi e stranieri , tra i quali i tedeschi , guidati dall ' ing. Carlo Von Hoff , capo della centrale di salvataggio della Ruhr , sono stati particolarmente alacri e hanno dato un grande contributo , grazie alla loro vasta esperienza , all ' opera di salvataggio . La regina Elisabetta è poi salita al cimitero di Martinelle , raccogliendosi in preghiera dinanzi alle tombe delle vittime che riposano tra le zolle di quella terra dove erano nati , o dove erano venuti a guadagnarsi , con duro lavoro , il pane quotidiano per sé e per le proprie famiglie . L ' Italia ha perduto al Casier centotrentacinque suoi figli , la metà del totale delle vittime . Il suo è stato il sacrificio maggiore ed è ora suo compito preciso che i solenni impegni assunti dal Belgio vengano mantenuti , come certo lo vogliono i suoi governanti e il Paese , frustrando ogni manovra intesa ad occultare la verità e le eventuali responsabilità . I diciassette giorni trascorsi dalla mattina dell'8 ad oggi 23 agosto sono stati diciassette giorni di passione , vissuti con eguale intensità da tutti i popoli europei , accomunati anche nella generosa , se pur vana opera di salvataggio . Il destino ha voluto che il sipario calasse sulla tragedia del Casier come cala su una tragedia di Shakespeare : nessuno dei suoi eroi è sfuggito alla morte .
Parliamo della scuola ( Jemolo Arturo Carlo , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Fine dell ' anno scolastico . Anche il discorso sulla scuola ha non poche note tristi , ma almeno non gronda sangue , non è tragico come quello sulle bombe e sui sequestri di persone , non ci fa evocare l ' abisso della svalutazione totale della lira . Bilancio di ventotto anni di Repubblica . Non si può riassumere in poche righe . Partiamo dalla base . Non si è dato sufficiente rilievo alla scuola materna , che diviene sempre più necessaria , man mano che cresce il numero delle madri lavoratrici ; e non ci si è chiesto se per questa scuola non occorressero insegnanti di prim ' ordine , a non ridurle a custodia dei piccoli ed all ' apprendimento di pochi esercizi . Peraltro proprio la visione di quel che può essere una scuola materna con insegnanti che abbiano il senso della missione , l ' amore che genera tanta pazienza , e la comprensione di piccoli esseri così diversi tra loro - gl ' introversi , gli spavaldi , i timidi , gli angosciati , i ridanciani - mi avverte della impossibilità di creare una rete adeguata lungo tutta l ' Italia . Mi chiedo se non sarebbe occorso restringere lo sforzo alle zone d ' immigrazione interna : non avendo paura delle parole ( come si usa volentieri il termine « ghetti » ) , scuole materne per i figli degl ' immigrati ; con maestre della loro regione , ma provette , che parlassero il dialetto , e l ' italiano senza accenti regionali ; e che abituassero questi piccoli ad un bilinguismo , ciò che sembra sia facile , a giudicare dalle famiglie dove i due coniugi sono di nazionalità diversa o dove c ' è una bambinaia straniera ; ed i figli vengono su con l ' acquisizione naturale di due lingue . Al grado immediatamente superiore le elementari : che mi paiono ancora il frutto più sano di tutto l ' albero scolastico . Certo diviene sempre più raro il maestro che risiede nel paese , e ch ' era un elemento vivificatore dei villaggi e delle borgate ; in un raggio di poco men di cento chilometri dalla città o dalla cittadina , il maestro difficilmente si adatta a vivere nel paesello ; diviene sporadico quegli che seguiva due generazioni , che nel nuovo allievo vedeva riflesso il padre qual era venticinque anni prima , e gli era tanto più facile comprendere il bambino . Ma nell ' insieme mi sembra che le scuole elementari funzionino ancora bene ; e credo che dappertutto si sia abbandonata la retorica di un tempo , le immagini idilliache della famiglia modello e dell ' ottimo ragazzo , l ' insegnamento cerchi di seguire il bambino in quella che è già la sua esperienza , nei discorsi che sentirà a casa : problemi di lavoro , difficoltà economiche , scioperi , violenze . Qui pure l ' insegnamento ai bambini è una missione , il dono di essere buon maestro è una grazia , e nessun corso di pedagogia può darla ( né nascondo il mio scetticismo per le integrazioni di psicologi ; ho fiducia solo nella comprensione che viene dalla bontà intelligente , dall ' affetto ) . Spero che dell ' insegnamento di don Milani si sia colto quel punto dell ' allargare il vocabolario , della differenziazione sociale che importa il vocabolario ristretto ; e che s ' insegni soprattutto a parlare chiaro . Non compiti sulla bella giornata di primavera , ma la letterina all ' amministratore del condominio per dire che piove in casa , o la lettera al padre emigrato per dargli una sommaria cronaca della vita familiare . Gradino più su , la scuola media . Penso che nel '62 il Governo adempisse ad un dovere di prestigio nazionale , in un punto in cui vi sono sensibile , portando il limite di età per l ' istruzione obbligatoria al livello in cui è nelle altre nazioni ; e se qualcuno obiettasse che in un Paese ove ancora vengono su analfabeti e semianalfabeti , che si sono fermati alla prima od alla seconda elementare , meglio sarebbe valso concentrare ogni sforzo perché tutte le cinque classi elementari fossero da tutti frequentate , darei una risposta molto semplice : ch ' era impossibile perseguire in tutti i quartieri , villaggi , campagne d ' Italia , i poverissimi , i primitivi , le mamme che tengono a casa la bambina di otto anni perché assista il piccolo che non cammina ; come cercarli uno ad uno , sussidiarli o togliere il bambino che non frequenta per metterlo in un collegio ? Impossibilità assoluta . Solo a mio avviso , meglio sarebbe stato creare , in luogo della scuola media , la sesta settima ed ottava classe elementare ; con quel programma , d ' insegnare ad esporre chiaramente il proprio pensiero , di dare una visione non proprio nebulosa di ciò ch ' è lo Stato , di quel che sono i partiti ed i sindacati , una prima nozione delle assicurazioni sociali , d ' insegnare a leggere un orario ferroviario od a riempire un modulo per un versamento in banca , quei rudimenti di contabilità , che occorrono al piccolo bottegaio od al garagista : e dattilografia e stenografia : se possibile , una lingua , francese o inglese o tedesco . Perché avrei voluto ancora classi elementari ? Per quella mia fede nell ' opera dello stesso maestro che accompagna per il più lungo tratto di strada ; ed anche perché se sono pochi i maestri che risiedono , notevolmente più scarso è quello degl ' insegnanti di scuole medie ; ma soprattutto per una ragione psicologica , perché da Roma in giù , almeno , il ragazzo che ha frequentato la scuola media si sente defraudato se non ha poi il suo tavolo d ' impiegato , se dovrà essere operaio ( non diciamo agricoltore ) . Non sono convinto che dovesse crearsi un ' unica scuola per chi non continuava oltre e per chi continuava ; sono rari in meccanica i pezzi fine a sé stessi e al tempo stesso suscettibili di divenir parte di più complessi meccanismi . Ricordo solo la vecchia scuola tecnica che all ' inizio del secolo fornì schiere d ' impiegati di banca , di rappresentanti di commercio , di ufficiali postali , cancellieri , ma che consentiva di proseguire fin verso le lauree in matematica ed ingegneria . Comunque qui premeva sul Governo l ' esigenza politica , che non ci fosse la « scuola dei signori » , l ' idea di una fusione di ceti che si formi sui banchi di scuola , là dove televisione , passione sportiva , passione per l ' automobile sono stati i più efficaci strumenti di avvicinamento . Avrei voluto escluso del tutto il latino dalla scuola media ( per chi segua gli studi classici si può apprenderlo in cinque anni , come il greco ) , ed insistito di più su quegli elementi cui ho accennato . Comunque elementari e scuola media soffrono naturalmente di tutti i mali della vita nazionale - indisciplina , inconcludenti assemblee , paura di fare scontenti allievi e famiglia con le riprovazioni ( ministri , provveditori , presidi , raccomandano di promuovere tutti ) , impossibilità di aiutare chi ne avrebbe bisogno con classi differenziali , perché sarebbe mortificarli , rarità d ' insegnanti che si offrano per ore suppletive , e se si offrono protestano i bidelli , scarsità di locali e doppi turni - ma nell ' insieme non li direi organi malati od inerti . Il peggio lo scorgerei più in alto .
TASTIERA 3 ( BALDINI ANTONIO , 1941 )
StampaQuotidiana ,
La vedova Mondella , avendo confidato Lucia alle mura del convento di Monza , se ne torna in baroccio ai suoi monti . Si fa smontare al convento di Pescarenico e chiede del padre Cristoforo . Chi cercate , buona donna ? Il padre Cristoforo . Non c ' è . Starà molto a tornare ? Mah ! Dov ' è andato ? A Palermo . Eh la Peppa ! Ma così si legge nella primitiva redazione del romanzo , quando ancora s ' intitolava Fermo e Lucia . Nei Promessi Sposi il dialogo acquista in mimica e verisimiglianza . In tanto , chi viene ad aprire è una cara conoscenza : fra Galdino delle noci . Oh la mia donna , che vento v ' ha portato ? Vengo a cercare il padre Cristoforo . Il padre Cristoforo ? Non c ' è . Oh , starà molto a tornare ? Ma ... ? disse il frate , alzando le spalle e ritirando nel cappuccio la testa rasa . Dov ' è andato ? A Rimini . Cominciamo a ragionare : l ' autore ammette che già l ' « andare a piedi da Pescarenico a Rimini è una bella passeggiata » ( qualche cosa come quattrocento chilometri ) ; fino a Palermo , poi ! A tenere insieme presenti il testo di Fermo e Lucia ( 1821-1823 ) e quello delle due edizioni dei Promessi Sposi ( 1827-1840 ) è come andare lungo la spiaggia quando il mare ha il respiro più corto e ancora si scorgono i segni e i detriti che le onde lunghe avevano impresso e portato sulla sabbia . Onda lunga : il frate a Palermo ; onda corta : il frate a Rimini . Onda lunga : il fattaccio di Gertrude spiegato per filo e per segno ; onda corta : « la sventurata rispose » . Onda lunga , la fine in frenesia di don Rodrigo sul cavallo scavezzato ; onda corta , la sua agonia sulla paglia nella capanna del lazzaretto ; e lo stesso dicasi per tutto quanto nel romanzo da principio era eccessivo , feroce , sguaiato , stonato anche nella santimònia come nella scena del « banchetto » di pane e acqua recitata dal cardinale Federigo in conspetto alla turba acclamante dei fedeli , o di meno accettabile quale appunto la trottata di più che mille miglia sul cavallo di San Francesco , dalla Brianza alla Conca d ' oro , d ' un povero cappuccino . Ciò è molto istruttivo . A tanta disciplina discrezione dolcezza il Manzoni prosatore non poteva arrivare alla prima e gli convenne lasciarsi andare giù per la china d ' una impetuosa improvvisazione , per poi risalire l ' erta « pensandoci su » , lentamente , cautamente , per anni e anni . Voglio dire che se il povero frate non fosse partito col foglio di via dell ' « obbedienza » per oltrestretto , con molta probabilità non sarebbe arrivato neanche sulle rive del Marecchia . Resta poi da dire che se il romanziere fosse rimasto incastrato a Fermo e Lucia , – dove pure il romanzo , in quanto romanzo , c ' era già tutto , – d ' un Manzoni prosatore , a un secolo di distanza , appena si pispiglierebbe . ( Che lezione , per i « contenutisti » che si sentono vocati a consegnare alla carta quanto più consistenti partite di vita sia loro possibile accaparrare ! ) . Com ' è parimente vero che il Manzoni non sarebbe riuscito quel prodigioso tessitore ch ' egli è se in un primo tempo non avesse steso un po ' alla carlona , con la mano ancora pesante , la malatrama di quell ' affrettato canovaccio . ( Che lezione , per i « calligrafi » che si fanno scrupolo di offendere il candore della pagina con una parola di troppo ! ) . Tutti ricordano il ritratto che di Margherita di Savoia fa il Carducci in Eterno femminino regale : Ella sorgeva con una rara purezza di linee e di pose nell ' atteggiamento e con una eleganza semplice e veramente superiore sì dell ' adornamento gemmato sì del vestito ( color tortora , parrai ) largamente cadente . In tutti gli atti , e nei cenni , e nel mover raro dei passi e della persona , e nel piegar della testa , nelle inflessioni della voce e nelle parole , mostrava una bontà dignitosa ; ma non rideva né sorrideva mai . Riguardava a lungo , cogli occhi modestamente quieti , ma fissi ; e la bionda dolcezza del sangue sassone pareva temperare non so che , non dirò rigido , e non vorrei dire imperioso ... « Questo è schietto e puro Manzoni » , assevera Giulio Bertoni ( Lingua e poesia , Firenze 1937 , pag . 205 ) , che aveva probabilmente nell ' orecchio le descrizioni della Signora di Monza e della madre di Cecilia . Senonché , a proposito del medesimo passo carducciano Mario Praz ( La carne , la morte e il diavolo nella letteratura romantica , Milano 1930 , pag . 433 ) esce a dire : « Chi non sente che il movimento della prosa aulica di Stelio [ leggi : D ' Annunzio ] nel Fuoco , prende origine di qui ? » . Concediamo pure che qualche parte di vero sia nel rilievo dell ' uno e l ' altro insigne filologo a quei tre periodi carducciani ( io forse ci ritroverei anche qualche pennellata del Tommaseo ritrattista di belle donne ) e togliamo un momento idealmente di mezzo la pagina da essi citata al doppio confronto , per il gusto raro di vedere una volta stare a fronte l ' autore del Piacere e quello della Morale cattolica , come chi dicesse il diavolo e l ' acqua santa . Che si dicono , che fanno ? Disagio e meraviglia sono reciproci . Avesse dovuto riempire lui la trama dei Promessi , da che verso D ' Annunzio l ' avrebbe tirata ? Potreste garantire ch ' egli non avrebbe assunto il punto di vista di don Rodrigo e del conte Attilio piuttosto che quello del padre Cristoforo ? Magari dopo vinta la tentazione di fare del cappuccino un personaggio sul tipo di quel fra ' Lucerta di Terra vergine che muore di emorragia cerebrale per la rientrata voglia d ' una bella villana ? ( « Ohibò , ohibò , le ragazze non istanno bene coi cappuccini » era del resto anche l ' opinione d ' uno degli scherani d ' Egidio che avean dato mano al ratto della povera giovane in Fermo e Lucia ) . Dico che è quasi più facile immaginarsi un Manzoni che lavori al Piacere che non un D ' Annunzio che attenda sul serio ai Promessi Sposi ... Tornando al punto : D ' Annunzio che riecheggia inconsciamente Carducci che riecheggia involontariamente Manzoni ... Caro Ugo , caro Massimo , ( Vedi Corriere della Sera del 14 e del 21 ottobre ) , caro Giulio e caro Mario , caro Gabriele e carissimo don Lisander , sarebbe questa , per caso , la Tradizione ? Avversarsi , sconoscersi , vilipendersi ; peggio , ignorarsi ; peggio ancora , esser convinti d ' aver trovato il proprio bene precisamente nelle letterature più remote dallo spirito della letteratura materna , e non cessare per questo d ' appartenere in pieno alla stessa grande famiglia , non è forse questa la Tradizione ? L ' esemplificazione porterebbe lontano . Si potrebbero rifilare alla Feroniade di nascosto certi versi d ' Alcione e nessuno s ' accorgerebbe del tassello ; neanche il Monti . Laus vitae e Il Giorno : D ' Annunzio e l ' abate Parini : si possono pensare opere e uomini più distanti ? Eppure talune rigirate perifrasi nel primo , e per maggiore singolarità nei passi dove più il poeta ambiva investire liricamente aspetti della vita contemporanea , m ' hanno fatto tornare a mente certi arguti artifizi del poemetto settecentesco . Quel « carro elettrico » ( che poi sarebbe il tranvai elettrico : Maia , verso 5537 ) il quale corre tra la ferrea fune sospesa e il duplice ferro seguace , e più ancora quel telefono ( ibid . v . 2681 ) per il quale la voce sonora formata dal labro spirante in cavo artificio s ' ingolfa , di sillaba in sillaba vibra tacitamente lontana , ravvivasi come in profonda búccina e favellare l ' ascolta l ' orecchio inclinato , m ' hanno indotto a ricercare nel Giorno la pagina dove si parla dell ' inventore del microscopio e quella ( Notte , v . 287 ) dove si cantano le laudi del canapè . Vero è che il « cavo artificio » e la « profonda bùccina » levano ogni voglia di telefonare , mentre quel canapè « di tavole contesto e molli cigne » , col « pàtulo appoggio » per il dorso e i flessuosi bracciuoli per i gomiti , « mal repugnante e mal cedente insieme Sotto ai mobili fianchi » , fa già voglia di sbottonarsi il colletto e lasciarvisi cadere . Ma è che la peregrinità circonlocutoria pariniana è ricomperata appieno dall ' ironia che vi serpeggia per entro a ludibrio di quella società manierosa della quale l ' Abate scopre perfidamente gli altarini , mentre l ' annunciatore della Decima Musa arrotonda il suo indovinello coll ' ozioso impegno di chi proprio sul serio chiamasse la barba « onor del mento » . D ' Annunzio , voi dite , non sta tutto lì ; ( rispondo : ci mancherebbe altro ! ) e pensate anche : Se la Tradizione è l ' onor del mento , benefà Bontempelli a raccomandarci di infischiarcene . Ma , della Tradizione , il cavo ordigno e l ' onor del mento sono , come altri innumerevoli spezzati di magniloquenza o di ardua criptoloquenza , i ferrivecchi ; la cui secolare giacenza nei magazzini della Tradizione poetica italiana denuncia per altro un attaccamento , che non può esser fortuito , ai modi più nobili . Muse straccione non hanno mai fatto fortuna in Italia . Viene poi il momento che una ispirazione verace riconforta coonesta ed abbella anche i ferrivecchi . Quando Leopardi ode « augelli far festa » nessuno si sogna di arricciare il naso perché il poeta non ha scritto uccelli , passeri o cardelli . Quando è verso di Ungaretti iniziale di più d ' una sua poesia : uno di quei suoi versi fatti d ' una sola parola lungamente vibrata e sospesa che hanno fatto tanto ridere gli sciocchi . Quando mi morirà questa notte e come un altro potrò guardarla ... Ma centomila poesie italiane , di sommi e di mediocri , auliche o popolari , oziose o concitate , allegre o sentimentali , cominciano con « quando » . Basta riandare con la memoria le poesie imparate a scuola . « Quando Orion dal cielo ... » , « Quando Giason dal Pelio ... » e tante altre rimasteci impresse dalle prime letture autonome ; basta scorrere gl ' « indici dei capoversi » in fondo alle raccolte di tanti poeti antichi e moderni ( e quanto più sono poeti di corda lenta ; ma Stecchetti esagera ! ) : tutto il Parnaso italiano è uno scampanio di « quando » , da Petrarca a Parzanese , da Carducci a Ungaretti . ( Specie i sonetti . « Quando » in vista , sonetto in pista . Contro quattordici sonetti di Petrarca aperti in « quando » , sta una sua sola canzone . Ma è il più bel « quando » della lirica italiana : « Quando il soave mio fido conforto ... » ) . Esiste , per finire , anche una poesia , unica del suo genere , che con un « quando » termina : un « quando » paurosamente isolato e interrogativo . È l ' ode alla Guerra di Carducci , scritta giusto di questi giorni cinquant ' anni or sono , in occasione del terzo Congresso internazionale per la Pace , solennemente inaugurato in Campidoglio il 2 novembre 1891 : jettata Pace , il giorno dei Morti ! I congressisti , con molti battimani e qualche battibecco , portarono a termine i loro lavori e trascorsero bellissime giornate romane fra luminarie ricevimenti e serate di gala . Trionfava nei ritrovi la bella baronessa Suttner , che aveva pubblicato da poco un romanzo intitolato Abbasso le armi . Il 3 novembre Carducci prese la penna . Dopo aver ragionato in venti strofe qualcuna stupenda le fatali , buone e cattive , ragioni della guerra , chiudeva dicendo pace è vocabolo mal certo . Dal sangue la Pace solleva candide l ' àli . Quando ? La risposta era implicita nell ' ode stessa : mai . Ancora me ne dispiace per la bella baronessa !
Le signore di Dudovich ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Nel trentennio dal 1880 al 1910 , il mondo , per dirla come Longanesi , cambiò cavalli . Dimenticò nelle stalle quelli in carne e ossa e adottò gli invisibili HP dell ' automobile . Furono gli anni chiave del mondo moderno . Quando già Pablo Picasso cominciava a disegnare , era ancora viva la contessa Verasis di Castiglione , orchidea vellutata del Secondo Impero . Gli artigiani si tolsero il grembiule grigio per indossare la giacca nera degli industriali . La « pubblicità » , che prima d ' allora era stata la cenerentola dei giornali , diventò la regina delle strade . Come fantastiche finestre , si aprirono sui muri i grandi manifesti a colori . Poiché ancora si provava un po ' di imbarazzo nel gridare le virtù di un certo cachet antinevralgico o di un certo aperitivo , si cercò di nobilitare la funzione degli affissi con la grazia e la bellezza delle immagini . Un artista di genio come Toulouse Lautrec dimostrò che anche la litografia , destinata agli attacchini , aveva i suoi splendidi segreti . Alla Libreria Feltrinelli , in via Manzoni , i milanesi sui sessanta possono , in questi giorni , incontrare molti amici d ' infanzia e di gioventù . Manifesti disegnati da celebri cartellonisti italiani e stranieri , alcuni dei quali furono familiari a milioni di persone negli anni che precedettero la prima guerra mondiale . Le seducenti e misteriose signore di Marcello Dudovich , che sorridevano al passante per convincerlo a servirsi ai Magazzini Mele di Napoli ; la dama rotondetta di Leonetto Cappiello , intenta a sorseggiare ad occhi chiusi una coppa di champagne De Rochegré ; la lampada a petrolio « Incandescenza » , trasformata dalla matita di Giovanni Mataloni in una specie di lampada d ' Aladino , dolce tutrice delle serate domestiche . I manifesti esposti da Feltrinelli sono quaranta . Tutti , meno due , sono in vendita . Il più caro costa 40.000 lire . La stessa cifra , più o meno , costava il palazzo su cui fu attaccato sessant ' anni fa . Il preside del ginnasio di Miranda de Ebro in Spagna ordinò , tempo fa , che la porta della scuola venisse chiusa rigorosamente alle 8 , per impedire l ' entrata furtiva di allievi ritardatari . Il primo giorno , restò fuori circa la metà dei professori .
Cosa rimane del Concordato ( Jemolo Arturo Carlo , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Di fronte ai centoquattro anni che segnarono la vita del Concordato napoleonico , ai duecentosettantacinque durante cui ebbe vigore quello di Francesco I , quaranta sono una ancor piccola età . Però molti dei concordati conchiusi durante il pontificato di Pio XI , che scorgeva in essi una garanzia per la Chiesa , sono decaduti da tempo : quelli con la Polonia , con la Lituania , con la Romania ; oggetto di accanite discussioni , cosa sopravviva del Concordato col Reich del 1933 , mentre la centralizzazione e le vicende tedesche fanno ritenere superati quelli con la Baviera , la Prussia , il Baden . Nei manuali ben pensanti credo si scriva sempre che il nostro concordato sanava i conflitti di coscienza che ancora dilaceravano l ' animo dei cattolici italiani ; ma non è punto vero . Quei conflitti , vivissimi e dolorosi a suo tempo , nel 1929 erano già cosa di una generazione scomparsa . Nessuno più pensava al potere temporale ; Benedetto XV e Pio XI avevano rinunciato all ' ultima forma di protesta , il rifiuto di ricevere sovrani cattolici che venissero a visitare il re d ' Italia ; i più zelanti cattolici facevano precedere il matrimonio civile a quello religioso ; la nobiltà nera aveva indossato con entusiasmo la divisa militare durante la guerra del '15 , e prestato omaggio al re ad ogni incontro . Per la Chiesa gli accordi lateranensi erano anzitutto una occasione per abbandonare decorosamente la forma di protesta del Papa che non usciva dal Vaticano , forma incomprensibile alle nuove generazioni ed , ormai , alla quasi totalità dei cattolici d ' Oltralpe ; ma erano altresì una rivincita contro il liberalismo . L ' espressione può suonare male ; ma non dev ' essere intesa come un puntiglio , ché sarebbe far torto ed al Pontefice che conchiuse gli accordi ed al cardinal Gasparri , che vi diede opera ; bensì nel senso che da parte della S . Sede , dell ' episcopato , di gran parte del clero , si credeva fermamente che il liberalismo , con la scuola aconfessionale , la piena libertà lasciata alla propaganda non solo anticlericale , ma atea , la laicità dello Stato , col togliere alla Chiesa ogni appoggio statale , ogni tributo di onore da parte delle autorità civili , avesse fortemente contribuito a sradicare dalle coscienze la religione . Si era convinti che lo Stato confessionale giovasse alla salute delle anime . Da parte del fascismo , non soltanto si otteneva l ' adesione di parte notevole della borghesia e dell ' aristocrazia conservatrice , che nel Concordato vedeva la più sicura manifestazione della rinuncia ad ogni conato di sovvertimento , ma ci si assicurava la simpatia di tutti i partiti cattolici . E c ' era anche un po ' di rivincita contro il liberalismo risorgimentale , c ' era il vanto di Mussolini di essere riuscito dove Cavour era fallito . Fu realmente lo Stato confessionale ; con la sostanziale rinuncia al matrimonio civile , con una effettiva eliminazione della libertà di propaganda per gli acattolici , con la degradazione civile del prete che abbandonasse l ' abito . Ma lo Stato confessionale dell ' Ancien Régime o della Restaurazione aveva a sostegno principi , funzionari , magistrati sinceramente religiosi ed altrettanto convinti dei diritti dello Stato che occorre difendere anche di fronte alla Chiesa . Senza quella condizione umana , non poteva rivivere ; questo ora suscitato poté dare qualche po ' di braccio secolare , aiuti economici , onori esteriori , non il supporto dell ' esempio dei capi . In effetto quasi tutti i matrimoni furono ora celebrati in forma religiosa , non si videro quasi più funerali civili , si prese a inaugurare con benedizioni ogni locale , anche quelli dagli usi che meno avevano che fare con la religione , nessun uomo ebbe più rispetto umano che gl ' impedisse di entrare in chiesa . Ma non credo ci fosse pastore così sordo da non accorgersi che non per questo gli italiani erano divenuti più religiosi . In quarant ' anni ci sono state variazioni , non intense peraltro , nel grado di confessionalità dello Stato , che appare non tanto dalla legislazione quanto dalla vita vissuta . Per quel ch ' è repressione di ogni tentativo di propaganda acattolica , anzitutto dei Pentecostali , mano pesante per quanto potesse apparire vilipendio dei principi cattolici ; presenza nelle scuole medie d ' insegnanti di religione paventati da presidi e provveditori : i primi nove o dieci anni di vigore della Costituzione repubblicana sono stati particolarmente duri . La legislazione è rimasta fino ad oggi immutata ( disposizioni del Codice penale Rocco con il vilipendio della religione dello Stato ) , ed in qualche lato è ancora divenuta più favorevole alla Chiesa con l ' onere addossatosi dallo Stato per la costruzione di nuove chiese . Ma molti vescovi oggi aborrono dall ' invocare il braccio secolare contro gli offensori della religione , e se la giurisprudenza della Cassazione è sempre severissima , e sul terreno civile difende la esclusività dei tribunali ecclesiastici in materia matrimoniale anche in punti dove una parte della dottrina non la scorge , le magistrature minori accennano ad un orientamento più elastico . Si parla di revisione del Concordato ; è stata anche nominata una commissione governativa di studio che fino ad oggi non è però stata convocata . Ma da parte di quegli elementi del clero , di giuristi cattolici , di avvocati rotali che s ' interessano di questi problemi ( ad onor del vero , la più gran parte del clero è oggi assai più preoccupata di problemi pastorali , di vita religiosa , che non di questioni giuridiche ) , si è subito sentito parlare di tali « punti irrinunciabili » , che se queste voci esprimessero , ciò che non credo , il pensiero della S . Sede , meglio varrebbe di smettere ogni idea di revisione . L ' esperienza storica , di quei concordati ch ' ebbero lunghissima vita cui accennavo all ' inizio , mostra che , meglio che con revisioni formali , si opera con le tacite intese , col lasciar cadere senza rumore le foglie secche . Così avrebbe potuto essere di quel disgraziato art. 5 del nostro ( il sacerdote che non può essere nominato ad ufficio né conservare questo senza il nulla osta , sempre revocabile , del suo vescovo ; il sacerdote apostata o irretito da censure escluso da insegnamenti , uffici od impieghi in cui sia a contatto col pubblico ) : una disposizione che oggi è in contrasto con il comportamento della S . Sede e che i nostri uffici continuano ad applicare . Non molti giorni fa mi narrava il suo caso un sacerdote dell ' Alta Italia : professore in un seminario , per contrasti con il suo rettore si era dimesso ed aveva preso ad insegnare come incaricato in una scuola statale ( sempre vestendo l ' abito , celebrando la Messa , mantenendo gli obblighi sacerdotali ) ; ora aveva vinto un concorso e si attendeva la nomina in ruolo . Ma il ministero dell ' Istruzione esaminando i suoi atti aveva notato che non aveva prestato servizio militare come ordinato in sacris ; ed allora gli aveva chiesto il nulla osta del suo vescovo che lo rifiutò . Il sacerdote , non più giovane , era disperato , vedendo sfuggirsi questo pane sicuro che riteneva ormai assicurato . Siamo in uno dei casi in cui senza protocolli , con un discorso a mezza bocca tra un ambasciatore ed un cardinale segretario di Stato , e con una circolare riservatissima dei ministri ai loro direttori generali , si sarebbe potuto lasciar cadere la norma , dimenticandola da entrambe le parti , con reciproco vantaggio . Se c ' è virtù che gli uomini di Stato odierni hanno ereditato dai loro remoti predecessori , è quella di saper dimenticare le norme che disturbano ; ma qui non ha agito . Me ne dispiace . Io sono tra quelli che non hanno creduto nel '29 , e non credono oggi , che il Concordato abbia recato e rechi beneficio vuoi alla Chiesa , vuoi all ' Italia : resto fedele all ' ideale dei vescovi che non domandano mai aiuto al braccio secolare , dei cattolici che obbediscono propter amorem , che si fanno un vanto ed un onore di sopperire con i loro mezzi economici ai bisogni della Chiesa ( ciò che i cattolici di altri paesi realizzano , talora anche generosamente ) . Ma non vorrei una denuncia unilaterale : giustificabile quando si formò la Costituzione per incompatibilità con questa , sarebbe oggi atto di ostilità ; e rispetto chi è di diverso avviso , crede nella virtù dei concordati . Proprio questi , però , dovrebbero curarsi che il tempo operasse quella levigazione delle asprezze , che qui è il miglior modo per conservare .