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IL TEMPO ( Abbagnano Nicola , 1964 )
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Delle tre dimensioni del tempo , passato , presente e futuro , i filosofi hanno il più delle volte privilegiato il presente . Non l ' hanno inteso tuttavia come l ' attimo fuggente ma come la costanza di un ritmo che si conserva identico attraverso il mutare degli eventi . La poetica definizione di Platone « il tempo è l ' immagine mobile dell ' eternità » significa appunto che il ritmo in cui il tempo consiste e che è scandito dai suoi periodi ( anni , mesi , giorni , ore ) ha la stessa immutabilità che è propria dell ' essere eterno . Il tempo appartiene alle cose che fluiscono ma in queste cose introduce ciò che è proprio dell ' eternità , un ordine che permane attraverso il divenire . Gli astri ritornano , a intervalli determinati , nella stessa posizione ; le stagioni si ripetono con una successione invariabile e si ripetono , sia pure con minor esattezza , i cicli di tutti gli esseri viventi , ognuno dei quali ha un suo ritmo costante di nascita , di formazione , di sviluppo e di morte . Nell ' interpretazione popolare , il tempo è la forza distruttiva cui nulla resiste , la forza che logora tutte le cose e le conduce , più o meno rapidamente , all ' annullamento o all ' oblio . Nell ' interpretazione dei filosofi , il tempo è ciò che nel logorio o nella distruzione vien conservato e ripetuto ; il ritmo eterno cui il fluire delle cose obbedisce . Questo ritmo perciò non è mai né passato né futuro : è sempre presente perché è sempre lo stesso . E quando alcuni filosofi ( Plotino , Sant ' Agostino , Hegel , Bergson , Husserl ) hanno concepito il tempo come lo stesso fluire o divenire della coscienza , come una corrente di vita interiore che ad ogni istante si rinnova e in cui perciò non ci sono due istanti omogenei , la dimensione del tempo cui han fatto ricorso è ancora quella del presente : perché in questa corrente tutto il passato viene conservato come in un fiume che trasporta tutte le acque che vi confluiscono ed è , dall ' altro lato , presente , almeno in potenza , l ' intero futuro . Questa interpretazione del tempo in termini di presenza totale rende possibile considerarlo come la forma immutabile delle cose che mutano , e consente la misura di esso . La misura non sarebbe infatti possibile se tutto fosse a ogni istante nuovo e tutto a ogni istante cadesse nel nulla : non ci sarebbe , in questo caso , un ' unità di misura omogenea , e inoltre come potrebbe quest ' unità , anche se ci fosse , applicarsi a ciò che non è più ( il passato ) o a ciò che non è ancora ( il futuro ) ? Ma accanto a questo vantaggio , l ' interpretazione del tempo come presente ha lo svantaggio di trascurare quel carattere del tempo che all ' uomo comune appare evidente , la sua azione logorante e distruttiva . Che il tempo non possa solo conservare ma anche distruggere ; che ciò che vive nel tempo sia in una condizione di instabilità radicale in cui le alternative dell ' acquisto e della perdita sono ugualmente importanti ; e che per ciò che riguarda l ' uomo , il tempo sia l ' indeterminazione fondamentale che non gli lascia mai padroneggiare del tutto il suo destino , sono considerazioni banali eppure inconfutabili , sia della saggezza comune che della filosofia . Ma se queste considerazioni hanno una certa verità , l ' interpretazione del tempo come presenza o simultaneità appare unilaterale . E in questo caso la dimensione del futuro comincia ad avere la meglio su quella del presente . Le filosofie contemporanee che s ' imperniano sulla considerazione dell ' uomo e del suo mondo ( soprattutto il pragmatismo e l ' esistenzialismo ) hanno , perciò , insistito su quest ' altra dimensione del tempo . L ' uomo è , secondo queste filosofie , costitutivamente orientato verso il futuro : la sua esistenza o la sua esperienza è un continuo venirgli incontro , dall ' avvenire , di ciò che egli prevede o non prevede , teme o desidera , progetta o cerca di evitare . Certamente il passato è là , a determinare i suoi timori o le sue speranze , a limitare e condizionare le sue attese o le sue progettazioni ; ma se il passato gli fosse tutto presente e lo urgesse alle spalle con la sua forza preponderante come una fiumana o una valanga irresistibile , attese e progettazioni sarebbero inutili . Il passato può anche , in certi casi , inchiodarlo alla sua situazione e rendergli impraticabile ogni via d ' uscita ; ma solo l ' avvenire può dirgli se sarà cosa o no . L ' avvenire è la dimensione della libertà umana che s ' inserisce nelle falle del tempo e cerca di volgerle a suo profitto . Non è detto che l ' avvenire debba necessariamente prospettarsi come mutamento , novità o progresso : l ' uomo può rivolgersi con amore al passato , può farne oggetto di nostalgia o di rimpianto , può volerne il ritorno e la conservazione : ma in tutti questi atteggiamenti non fa che progettarlo o anticiparlo come avvenire . L ' avvenire è il serbatoio delle possibilità che costituiscono l ' esistenza dell ' uomo . Non si tratta , purtroppo , di un serbatoio inesauribile . Alla giovinezza , le possibilità del futuro appaiono ricchissime e promettenti per quanto vaghe e indeterminate e dànno il senso di una libertà illimitata ; la maturità è contrassegnata dal loro limitarsi e determinarsi in un serio impegno di realizzazione ; mentre il loro diradarsi o impoverirsi costituisce la tristezza della vecchiaia . Ma in ogni caso le possibilità autenticamente tali , cioè quelle che si conservano e rinvigoriscono dopo la prova e la riprova cui le sottopone l ' esperienza della vita , sono , per ciascun uomo , in numero limitato . E quando un uomo sa e teme che le possibilità che il futuro gli prospetta sono futili o nulle va incontro a quegli stati di angoscia , di disperazione , di frustrazione , che la filosofia , la psichiatria e la letteratura contemporanea hanno illustrato come le malattie dell ' uomo moderno , ma che forse di moderno non hanno che la chiara diagnosi che ne è stata fatta . Diceva Kierkegaard : « Come quando uno sviene si ricorre ai sali o all ' acqua di colonia , così quando qualcuno si dispera bisogna dire : " Trovate una possibilità , trovategli una possibilità ! " . La possibilità è l ' unico rimedio , perché se l ' uomo rimane senza possibilità è come se gli mancasse l ' aria » . La forza della fede religiosa consiste , come Kierkegaard stesso diceva , nel prospettare all ' uomo la possibilità della salvezza quando ogni altra possibilità gli è negata , in quanto « a Dio tutto è possibile » . La ragione , come guida autonoma dell ' uomo , è la tecnica che consente l ' accertamento delle possibilità autentiche e disciplina le scelte che si possono operare tra esse . Essa , esattamente come la fede , orienta l ' uomo verso il futuro : non è quindi fuori del tempo ma legata a una dimensione temporale determinata . A differenza della fede , tuttavia , ha bisogno di fatti constatabili , di prove , di documenti , di testimonianze . Fa parte integrante dell ' orientamento dell ' uomo verso l ' avvenire , l ' interesse per il passato , l ' esigenza di comprenderlo e ricostruirlo nella sua autenticità quindi di conservarne i documenti e di rispettarne le vestigia . E da questo interesse si origina la ricerca storiografica che investe tutti i campi dell ' attività umana . Ciò che infatti rafforza o autentica le possibilità a venire dell ' uomo è il radicarsi di esse nel passato . Ma l ' uomo può anche vivere nell ' ingenua fiducia che l ' avvenire sia la pura e semplice ripetizione del passato e che il passato si conservi automaticamente nel futuro . Così fanno i popoli primitivi per i quali il tempo , come per certi filosofi , è un eterno presente . Essi non hanno storici perché non hanno storia ; ma di fronte all ' imprevedibile che emerge dal tempo , sono senza difesa .
Caro ragioniere ( Montanelli Indro , 1979 )
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Caro ragioniere , ciò che sta succedendo ha dell ' incredibile . Migliaia di lettori ci scrivono , ci telegrafano , ci telefonano per congratularsi con noi dei risultati elettorali , di cui forse ci attribuiscono un merito esagerato . Repubblicani , socialdemocratici , e perfino socialisti , per i quali riconosciamo di aver fatto ben poco , ci ringraziano per la parte che ci riconoscono di aver avuto nel successo dei partiti laici . La Dc , di cui avevamo invocato ( e abbiamo ottenuto ) « una leggera flessione » , non poteva ovviamente ringraziarci ; però ha taciuto , e Zaccagnini ha parlato di noi , da avversario , ma con rispetto . Gli unici che ci perseguitano con lettere di protesta , e qualche volta d ' insulti , sono i liberali , sebbene abbiamo dato loro tre parlamentari del peso di Bettiza , Zappulli e Sterpa ( voglio vedere le loro facce , caro ragioniere , quando leggeranno l ' accusa che lei mi muove di non averli aiutati ) . Solo Zanone e Malagodi ci hanno espresso la loro gratitudine . Gli altri , eccoli qui , a bersagliarci di cicchetti caporaleschi , e qualcuno addirittura di perentori inviti , dall ' alto in basso , a cambiare registro altrimenti ... Altrimenti che , signori liberali ? Alzi la mano quello tra voi che può vantare un credito nei nostri confronti . L ' ho già detto e lo ripeto : noi non siamo il foglio d ' ordini di nessun partito , nemmeno di quello liberale . E chi vuol ridurci a tanto , farà meglio a cambiar giornale : noi non rimpiangeremo di perdere dei lettori che con la loro intolleranza contraddicono in pieno , e disonorano , la qualifica di liberali . Ha capito , ragionier Bonacina ?
IL SIGNIFICATO DELLA STORIA ( Abbagnano Nicola , 1966 )
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Circa 35.000 anni fa l ' homo sapiens sapiens , cioè il prodotto di una lunga e discontinua evoluzione che era cominciata più di mezzo milione di anni prima , ha invaso l ' Europa proveniente da qualche regione sconosciuta dell ' Asia o dell ' Africa . È cominciata allora la storia dell ' uomo su questa terra ? O è cominciata prima , con l ' apparizione dell ' homo sapiens e dei primi ominidi ? O è cominciata dopo , con la formazione delle grandi civiltà delle quali ci rimangono monumenti e notizie ? Comunque si risponda a questa domanda , la storia dell ' uomo è stata assai lunga e complessa . Una somma enorme di trasformazioni e differenziazioni biologiche , di tentativi diretti nei sensi più disparati , di ingegnosità , d ' invenzioni , di lotte , di sacrifici e di morti costituisce il materiale grezzo di questa storia della quale abbiamo solo conoscenze scarse , frammentarie o parziali . A prima vista , questo materiale è un caos , una mescolanza disordinata degli eventi più disparati . Ma è , questa apparenza , la vera sostanza della storia ? Difficilmente l ' uomo si adatta a questo pensiero . E non ci si adatta perché , a quanto sembra , esso lo lascerebbe privo di ogni fede nel futuro . Se la storia è un caos di eventi , questi eventi continueranno a sommarsi o a elidersi come è accaduto nel passato . L ' uomo non può contare di dirigerli , di imprimere ad essi una direzione favorevole al proprio progresso ; non può presumere che essi gli consentiranno di salvare i valori che gli stanno a cuore e in primo luogo lui stesso , l ' uomo : questo essere unico ( per quel che ne sappiamo finora ) che è riuscito a sopravvivere nelle circostanze più disgraziate e a creare , contro l ' ostilità dello stesso ambiente che lo ospita , un mondo nuovo di idee , di valori , di civiltà al di sopra del mondo muto e cieco della natura inorganica ed organica . Il problema del significato della storia nasce su questi fondamenti . La storia non ha il minimo significato se il destino dell ' uomo su questa terra è del tutto simile a quello degli innumerevoli esseri che la natura vi ha disseminato , se gli eventi che la compongono non hanno un ordine o uno scopo e se l ' uomo può sparire dalla faccia della terra senza lasciar traccia , com ' è accaduto di altre innumerevoli specie animali . La storia ha un significato se , nonostante l ' indipendenza e l ' eterogeneità apparenti degli episodi che entrano in essa talvolta a distanze enormi di tempo e di spazio , essa costituisce un ' unica totalità ; se questa totalità ha un ordine o un disegno complessivo che subordina a sé tutti gli episodi ; se quest ' ordine o disegno complessivo ha un unico scopo , un termine ultimo immanente o trascendente ; e se infine l ' uomo può , sia pure approssimativamente o genericamente , comprendere questo scopo . Gli antichi , che concepirono la storia come un ciclo che eternamente si ripete , non dettero una risposta esauriente al problema del suo significato perché non riconobbero alla storia uno scopo , un termine o una direzione verso cui essa muove . Gli Stoici credevano che in ogni ciclo le faccende umane si ripetono identicamente : c ' è di nuovo Socrate , di nuovo Platone , di nuovo ciascuno degli uomini con gli stessi amici e concittadini , con le stesse credenze e gli stessi errori . A giusto titolo questa concezione appariva terrificante a Nietzsche che tuttavia la credeva vera ma tale da poter essere accettata soltanto dai superuomini . Ma quando Origene disse che attraverso i cicli successivi l ' umanità espia le sue colpe e si avvia a riconquistare la perfezione originaria da cui è decaduta ; o quando Sant ' Agostino concepì la storia come la lotta tra la città terrena e la città celeste , che si concluderà con la vittoria di quest ' ultima ; o quando in qualsiasi modo si riconosce nella storia una totalità ordinata che cammina verso un certo scopo ( la spiritualità , la giustizia , l ' uguaglianza e via dicendo ) si ha una di quelle filosofie della storia , teologiche o laiche , che riescono ad attribuire alla storia un significato totale , trascendente o immanente che sia . Ma purtroppo , di fronte a questa prospettiva edificante , si ergono difficoltà insormontabili . L ' uomo non ha strumenti né informazioni sufficienti per comprendere , o anche solo pensare , la totalità assoluta del mondo storico . Lo stesso concetto di mondo come « totalità assoluta » è illusorio perché , come dimostrò Kant , è al di là di ogni esperienza possibile . Ciò che effettivamente sappiamo della storia è quanto ne dicono gli storici , il cui lavoro trova limiti precisi nella stessa disciplina della loro scienza : che ha bisogno di fonti d ' informazione e deve attenersi a metodi esatti nell ' utilizzazione di tali fonti . E per gli storici non esiste un ' unica storia totale ; esistono solo storie diverse e particolari che concernono particolari popoli , nazioni , culture , personalità , istituzioni o particolari settori dell ' attività umana ( la politica , l ' economia , il diritto , la scienza , ecc . ) . Certamente , tra queste storie particolari e settoriali si possono ( e si debbono ) , per quanto è possibile , cercare e trovare rapporti , interdipendenze , connessioni ; ma saranno , anche questi , particolari e settoriali c non consentiranno di parlare di una totalità unica e integrata . Se poi , oltre le enormi lacune della nostra conoscenza del passato , si considera anche la nostra ignoranza totale del futuro , il quale fa parte della storia come totalità , si vede subito che una storia siffatta può essere solo l ' oggetto di un intelletto divino che abbracci nella sua eternità tutto il tempo , non dell ' intelletto umano che vive nel tempo . Queste difficoltà sono decisive , per il problema del significato della storia . Parlare di questo significato nel senso che si è detto , significa parlare da romanzieri fantastici o da profeti soprannaturalmente ispirati ; oppure significa agitare un ' ideologia , presentare come realtà presente o inevitabilmente futura un pio desiderio . Tutto ciò che a questo proposito può dire il filosofo che voglia attenersi alle regole del suo lavoro si riduce a una constatazione : l ' uomo cerca di dare un senso alla storia . Questa constatazione è confermabile e trova conferma ogni volta che abbiamo informazioni sufficienti su una cultura o una civiltà qualsiasi ; giacché ogni cultura o civiltà , per quanto primitiva , può essere interpretata come il tentativo di dare alla storia , cioè alla vita dell ' uomo sulla terra , un significato determinato . Ma da questo punto di vista non si può parlare di un significato unico e totale come non si può parlare di un unico « mondo storico » . I significati che gli uomini cercano di attribuire alla loro storia sono molteplici , talora disparati , spesso in conflitto . Ogni significato è iscritto nella struttura d ' una società determinata e ne costituisce nello stesso tempo la condizione di vita e lo scopo dominante . Per quanto creduto destinato al successo , il significato non è che il limite ideale dei tentativi che si fanno per realizzarlo ; e questi tentativi non sempre riescono , com ' è dimostrato dalla decadenza e dalla morte delle civiltà . Quando il problema del significato della storia venga sottratto al tradizionale orizzonte teologico e metafisico e ricondotto nei limiti e nella misura dell ' uomo , esso assume questa forma : qual è il significato che intendiamo dare alla nostra storia ? E quali possibilità abbiamo di realizzarlo ? Per rispondere a queste domande , dobbiamo certo rivolgerci all ' indagine storica e rintracciare , nell ' ambito della civiltà cui apparteniamo , linee di tendenza , direzioni di marcia che prevalgono in questo o quell ' aspetto di essa . Ma non abbiamo alcun diritto di considerare inevitabili le prospettive aperte da queste direzioni o tendenze , che possono essere rafforzate o indebolite dalle nostre scelte o da nuove circostanze . Accade spesso che le scelte umane si orientino in senso nettamente contrario alle tendenze meglio riconoscibili nella storia : così accade ad esempio nei confronti della tendenza pressoché universale dei regimi politici a trasformarsi in assolutismi . L ' indagine storica ci offre certamente utili insegnamenti , ma si tratta spesso di insegnamenti negativi : stimolano gli uomini a combattere e a modificare radicalmente modi di vivere o di pensare che sono sostenuti da una lunga tradizione . I biologi insegnano che la specie umana è , tra le specie animali , quella che comprende la maggiore varietà . Gli antropologi e i sociologi insistono sulla disparità delle strutture culturali che disciplinano la vita associata dell ' uomo . Gli storici mettono in luce l ' individualità irriducibile delle istituzioni umane . Non è detto , in queste circostanze , che tutti gli uomini debbano dare alla storia lo stesso significato . La scoperta di significati nuovi ed imprevisti può arricchire la loro vita ; ed anche i conflitti , che la diversità dei significati può far nascere , non hanno nulla di tragico se essi sanno affrontarli nel rispetto reciproco e nella libertà .
Caro Pastore ( Montanelli Indro , 1979 )
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Caro Pastore , se mi parli a titolo personale , va bene . Ma se mi parli come redattore di Tg2 , non so chi ti dia il coraggio di appellarti all ' onestà e alla pulizia , perché se c ' è un telegiornale di regime , e quindi disonesto e fazioso come lo sono tutti gli organi di regime , è proprio il vostro , e per verdetto di voce pubblica . Per dimostrare che il Giornale è presente nelle vostre trasmissioni , tu citi Bartoli . Ma Bartoli non viene mai presentato come voce del Giornale , ed è giusto così perché Bartoli , prezioso e autorevolissimo collaboratore , non fa parte dello staff del Giornale : se ne facesse parte data la sua statura , non potrebbe occuparvi altro posto che quello di direttore . La prova del vostro settarismo la si ebbe alla chiusura delle elezioni nazionali quando , girovagando con le vostre macchine da presa di tipografia in tipografia , faceste il ventaglio di tutti i giornali , dimenticando il solo che aveva azzeccato in pieno i risultati e dato ad essi il maggior contributo : il nostro . E un ' altra prova la si era avuta poco prima quando , in un dossier sulle nuove tecnologie per la stampa , mostraste quelle delle testate che le hanno adottate soltanto a mezzo , dimenticando - al solito - la nostra , che è stata la prima a adottarle interamente , ed è considerata la più moderna e avanzata . E questo in una trasmissione che voi , con grande sussiego , gabellate come un modello di rigore scientifico . Te lo dico senza rabbia perché a questo tentativo d ' ignorarci e di ghettizzarci , da parte delle forze politiche di cui voi non siete che i trombettieri , siamo abituati fin da quando nascemmo . Non ci siete riusciti . E ora facciamo i conti . Sappiamo benissimo che avete in mano uno strumento infinitamente più potente del nostro . Ma sappiamo altrettanto bene ch ' è uno strumento discreditato dagli abusi che ne avete fatto e che continuate a farne . Non vi temiamo . I nostri lettori credono a noi , non a voi .
L'UTOPIA ( Abbagnano Nicola , 1966 )
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Utopia , l ' isola sconosciuta della quale Tommaso Moro descrisse in un famoso libro ( 1516 ) il perfetto governo e i perfetti costumi , ha dato e dà il nome a ogni progetto ideale di governo e di costituzione , a ogni tentativo di delineare la forma che la società dovrebbe assumere per garantire a tutti i suoi membri la più completa felicità . Quando Platone si fu convinto che il regime politico di Atene , che aveva condannato a morte Socrate , « l ' uomo più saggio e più giusto di tutti » , non offriva speranze di miglioramento , si dette a costruire l ' immagine di una città ideale che fosse governata da filosofi , cioè da uomini educati sull ' esempio di Socrate ; e scrisse la Repubblica che è la prima e più famosa utopia , su cui tutte le altre si sono modellate . Ogni utopia presenta l ' immagine di un mondo nuovo , radicalmente diverso da quello in cui si è vissuto o si vive . Ma il mondo nuovo è anche la correzione o il completamento del mondo reale : garantisce l ' eliminazione delle ingiustizie e degli errori che questo presenta , la conciliazione dei suoi conflitti , l ' appagamento delle sue aspirazioni . Tommaso Moro , vedendo i contadini inglesi scacciati dalle campagne ( che venivano trasformate in pascoli di montoni per la produzione della lana ) e ridotti all ' accattonaggio o alla ruberia , vagheggiava l ' abolizione della proprietà privata ; come vagheggiava la più completa libertà religiosa in opposizione all ' intolleranza che affliggeva la società del suo tempo . I socialisti utopisti della prima metà dell ' '800 ( Saint - Simon , Fourier , Proudhon ) , che avevano l ' occhio alla rivoluzione industriale che si profilava nella società del tempo , vagheggiavano un ' organizzazione sociale che portasse a compimento quella rivoluzione e insieme ne evitasse i malanni . E lo stesso Marx , che criticava il socialismo utopistico e vedeva nello sviluppo della struttura economica la sola forza determinante delle trasformazioni sociali , additava come termine ultimo di queste trasformazioni una « società senza classi » che eliminasse la lotta e l ' alienazione della società industriale . Esistono utopie rivoluzionarie e utopie conservatrici , utopie che vogliono cambiare il mondo dalle fondamenta e utopie che vogliono ripristinarlo in qualche vecchia forma o conservarlo nella sua struttura attuale , ritenuta perfetta o imperfezionabile . Le une pretendono indirizzare verso un termine fisso i mutamenti sociali , le altre pretendono fermare questi mutamenti o indirizzarli all ' indietro . Ma in tutti i casi l ' utopia mira a correggere la situazione attuale , a presentare un modello unico e semplice cui la società dovrebbe adeguarsi per raggiungere la sua forma perfetta . Non è un ' obiezione sufficiente contro l ' utopia la sua irrealizzabilità . Un sociologo tedesco ( Karl Mannheim ) ha definito anzi « utopia » ogni idea che tende a trasformare l ' ordine esistente e in qualche misura ci riesce ; e l ' ha distinta dall ' ideologia che non riesce mai ad attuare i suoi progetti . Da questo punto di vista , l ' utopia appare irrealizzabile solo ai gruppi sociali che si oppongono ad essa : un ' utopia rivoluzionaria sembra irrealizzabile ai gruppi conservatori , un ' utopia conservatrice sembra irrealizzabile agli innovatori . Certamente , l ' utopia assume , il più delle volte , la forma di un sogno favoloso , di un paradiso perduto o da conquistare , di un ' evasione dalle strettoie del presente verso il passato o l ' avvenire . Ma è anche vero che l ' utopia esercita o può esercitare una funzione direttiva e orientativa delle trasformazioni sociali ; che ciò che appare come « utopistico » in un ' epoca diventa talvolta realtà in epoca diversa ; e che ciò che è « realizzabile » o « non realizzabile » , non è determinabile una volta per tutte e in base a un criterio assoluto . Dall ' altro lato , la perfezione attribuita all ' utopia è spesso solo apparente . Difficilmente l ' utopia riesce a tener presente l ' intera situazione dell ' uomo nel mondo : spesso s ' impegna a prospettare una modifica della società che dovrebbe salvare la società stessa dai mali che all ' utopista appaiono più gravi e diffusi . Perciò accade che , in ogni disegno utopistico , alcuni valori umani siano trascurati o ignorati a vantaggio di altri , riconosciuti come i soli importanti . Certe utopie esaltano la libertà a scapito della giustizia , altre esaltano la giustizia a scapito della libertà . Alcune mettono sopra ogni cosa il benessere , altre i valori morali ; alcune vogliono la supremazia della tecnica , altre quella della religione . Ma in generale ogni utopia dà per scontato tre cose : l ' uniformità delle aspirazioni umane , l ' immutabilità delle istituzioni e la saggezza infallibile dei governanti . Queste tre cose non esistono sulla terra . Le aspirazioni umane sono irriducibilmente diverse e spesso in conflitto tra loro ; le istituzioni sono sempre sottoposte al logorio e alla trasformazione e anche lo sforzo di conservarle finisce per modificarle . E i governanti sono raramente saggi , mai infallibili . Ma il carattere che soprattutto distingue l ' utopia dal pensiero politico positivo , è la sua pretesa totalitaria . Lo schema , in cui essa consiste , dovrebbe inquadrare e reggere la vita di tutto il genere umano per tutti i tempi . Essa ignora o trascura il fatto fondamentale che i problemi che concernono la vita umana nel mondo sono suscettibili di soluzioni diverse , e che la scelta tra queste soluzioni è e deve rimanere aperta . L ' utopia si ispira costantemente alla vecchia idea millenaristica di una soluzione definitiva , dopo la quale non vi saranno problemi . Essa intende far leva sulla storia e sulle sue incessanti trasformazioni per immobilizzare la storia stessa in istituzioni definitive , non più trasformabili . È portata perciò a prevedere un complesso di accorgimenti che garantiscano l ' immutabilità dell ' ordine finale e a sopravvalutare la forza delle leggi o della costrizione politica per la garanzia di quell ' ordine . Ogni utopia prospetta una forma di assolutismo politico e ha la pretesa di rendere gli uomini liberi e felici anche loro malgrado . Questa pretesa costituisce l ' aspetto più pericoloso e urtante della mentalità utopistica . Noi sappiamo oggi che essa è completamente infondata . Le leggi , l ' educazione , le forze conformistiche o costrittrici di qualsiasi genere possono determinare in larga misura il comportamento degli uomini , ma non possono infondere alla creta umana uno spirito nuovo che duri nei secoli . L ' azione di quelle forze , costrette ad affrontare sempre nuove difficoltà , deve , per essere efficace , prendere nuove iniziative , trovare nuove vie , inventare nuovi procedimenti ; e questo si può ottenere solo facendo appello a quella stessa irriducibile diversità e ricchezza dei talenti , delle aspirazioni e delle capacità umane , che esse dovrebbero reprimere . Si dice che le giovani generazioni sono completamente aliene da ogni sogno utopistico e che la loro mentalità è fredda e realistica . Se è così ( come parrebbe da certi indizi ) , si tratta di una vera fortuna . L ' utopia non è oggi un aiuto , ma un ostacolo alla ricerca di soluzioni felici e durature dei nostri problemi sociali e politici . Queste soluzioni vanno oggi cercate sulla base dei dati messi a nostra disposizione dalle discipline scientifiche e in vista dello scopo di offrire a ciascun membro del corpo sociale maggiori opportunità di scelte . Non l ' eliminazione delle scelte o il loro appiattimento uniforme in uno schema di perfezione fittizia , ma l ' estensione delle scelte al massimo numero possibile di persone e la loro ricchezza e varietà , può essere oggi la direttiva generale di un pensiero politico e sociale efficace . L ' utopia può incoraggiare il fanatismo o l ' entusiasmo fittizio , non ispirare la ricerca paziente delle soluzioni , la loro messa a prova e la loro correzione eventuale . E soprattutto può far dimenticare che tutti i vantaggi che la società umana può conseguire nel suo complesso hanno un loro prezzo di rinunce e di limitazioni ; e che gli uomini non debbono attenderseli , come un dono , dall ' avvento di un ' utopia qualsiasi , ma soltanto dalla loro intelligenza e dal loro lavoro .
Caro Doldi ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Doldi , non so se mi sono spiegato male io , o se mi ha capito male lei . Io non ho sminuito affatto , né intendevo sminuire , la tradizione della Chiesa . Solo un cretino o un analfabeta potrebbe farlo . E ' una tradizione immensa . Ma non venga a dirmi che è una tradizione « nazionale » : la Chiesa sarebbe la prima a offendersene , perché se c ' è un ' istituzione di carattere universale e quindi allergica a identificarsi con una « nazione » è proprio la Chiesa . E contro di essa , quando il protestantesimo ne ruppe l ' unità , che si formarono le nazioni . Non lo dico io , lo dice la Storia , e anzi questo è uno dei pochi punti su cui tutti gli storici sono d ' accordo . Si dividono sul giudizio da dare di questo processo , che secondo qualcuno fu un gran bene , secondo qualche altro un gran male . Ma il processo nessuno lo contesta . Altra sua affermazione che non posso accettare è che la vera tradizione italiana è quella cristiana . A parte il fatto che c ' è anche quella classica pre - cristiana e pagana di Roma , la sua è una definizione che non definisce nulla perché cristiano è tutto il mondo civile . Mi scusi , ma ho l ' impressione che lei faccia una grossa confusione di concetti . Cattolici , in Italia , siamo tutti , o quasi tutti . Lo erano anche - e alcuni strettamente osservanti e praticanti - i pochi animosi che fecero l ' Italia ( il generale Cadorna , dopo aver ordinato ai suoi cannoni il fuoco su Porta Pia , andò in chiesa a chiedere perdono a Dio ) . Ma non c ' è dubbio ch ' essi s ' ispiravano a una concezione « laica » dello Stato unitario nazionale , nel senso che lo volevano sovrano , e non tributario della Chiesa , come già lo era in tutti gli altri Paesi cattolici dell ' Occidente . Contro questi animosi stavano non i cattolici , ma i « clericali » che volevano mantenere l ' Italia divisa per salvare lo Stato temporale della Chiesa . E non c ' è oggi storico serio , anche se di assoluta ortodossia cattolica , il quale non riconosca che l ' ostinazione della Chiesa a difendere i suoi Stati fu un grave errore . Comunque , che gli artefici del Risorgimento - sia quelli che militarono sotto le bandiere dei Savoia , sia sotto quelle di Mazzini e Garibaldi - volessero uno Stato di modello occidentale laico , anche quelli che andavano regolarmente a messa e si confessavano , nessuno può metterlo in dubbio . E vilipendere questi uomini , che ebbero certamente i loro difetti e miserie , ma che popolarono le galere e le forche per fare dell ' Italia una nazione , non è da cattolico , ma da clericale . La tradizione « nazionale » è roba loro e dei due partiti che ne hanno raccolto l ' eredità : il liberale e il repubblicano . Il resto o è merce di Chiesa , che è grandissima merce , ma di carattere universale , non nazionale ; o merce d ' importazione , come il socialismo e i suoi derivati che discendono da Marx e da ideologie internazionaliste . Noi siamo in pochi , e per di più divisi e litigiosi . Ma erano in pochi anche quelli , dai quali ci vantiamo di discendere , che fecero il Risorgimento senza e qualche volta contro tutti gli altri italiani ; e che poi amministrarono lo Stato un pochino meglio di come lo si amministra oggi . Se lei non è convinto , si ripassi la Storia . E vedrà che , da chiunque scritta , conferma quello che dico io .
LA PACE: MITO E REALTÀ ( Abbagnano Nicola , 1967 )
StampaQuotidiana ,
Nei miti degli antichi poeti e filosofi , lo stato perfetto di pace è situato al principio della storia umana nel mondo . Esiodo lo considerava proprio dell ' età dell ' oro in cui gli uomini vivevano come divinità beate , liberi da inquietudini e da malanni , nel godimento di beni sovrabbondanti : e considerava le età successive come un graduale decadimento da quello stato di perfezione . Platone narra nel Critia il preludio della prima grande guerra mondiale : quella fra l ' Atlantide e il resto del mondo capeggiato dalla Grecia ; guerra divenuta inevitabile quando , trascorsa l ' età degli dèi , nella quale questi governavano sugli uomini come pastori eccellenti , e l ' età degli eroi , autori di imprese leggendarie , una stirpe di uomini avidi e brutali rese la pace impossibile . In questi miti , l ' aspirazione costante degli uomini ad una vita felice , non funestata da violenze e da guerre , assumeva la forma del rimpianto di un paradiso perduto , della nostalgia per un ' età passata e conclusa , che non può ritornare . Nei moderni , la stessa aspirazione assume la forma dell ' attesa o della speranza di un avvenire più o meno lontano . Il mito è capovolto nel tempo . La pace non è più in un lontano passato ma in un avvenire di cui esistono già i segni o l ' annunzio . Le speranze millenarie dei cristiani , le forme diverse della sempre risorgente utopia , le ideologie politiche e i progetti dei filosofi hanno sempre prospettato la pace come l ' esito finale della storia , la fase ultima nella quale la vicenda di orrori , di violenze e di guerre avrà termine per sempre e sarà sostituita da una specie di regno di Dio sulla terra . La prima guerra mondiale apparve a buona parte dell ' opinione pubblica come « la guerra che porrà fine a tutte le guerre » . E le dure smentite dei fatti non sempre indeboliscono questa speranza . Gettato in un mondo in cui la sua sorte è messa continuamente in pericolo , l ' uomo proietta nell ' immagine di un passato lontano o di un avvenire più o meno prossimo il primo bisogno della sua natura : quello di una pace senza minacce . Lo stato di pace può essere posto al principio della storia o al termine di essa , può essere oggetto di rimpianto nostalgico o di attesa messianica ; ma i suoi caratteri sono gli stessi . È un idillio perpetuo nel quale le ambizioni smodate e la volontà di potenza di persone e di gruppi sono state superate per sempre ; in cui non c ' è più l ' antagonismo , la competizione , la lotta , l ' urto degli interessi , il contrasto delle passioni . È uno stato di perfezione in cui tacciono per sempre i conflitti di cui pare sia intessuta la vita quotidiana degli uomini . La pace , ha scritto Whitehead , è « l ' armonia delle armonie che placa la turbolenza distruttiva e completa la civiltà » . Spesso i filosofi hanno sollevato obbiezioni contro una pace così intesa . Eraclito , il più pessimista dei filosofi dell ' antica Grecia , ad Omero che aveva detto « Possa la discordia sparire fra gli De ' i e fra gli uomini » , rispondeva : « Omero non s ' accorge che prega per la distruzione dell ' universo : se la sua preghiera fosse esaudita , tutte le cose perirebbero » . Hegel diceva : « Come il movimento dei venti preserva il mare dalla putrefazione nella quale lo ridurrebbe una quiete durevole , così ridurrebbe i popoli alla putrefazione una pace durevole o anzi perpetua » . Ed è certo che il raggiungimento di una pace resa definitiva e totale per l ' assoluta esclusione di ogni elemento di conflitto e di latta , supporrebbe una trasformazione completa degli esseri umani , un capovolgimento altrettanto totale della loro natura . Questa trasformazione è certo improbabile perché nessun elemento positivo , nessun fatto può esserne interpretato come il preannuncio . Ciò che sappiamo dell ' uomo , ciò che ci dicono di lui le discipline antropologiche , storiche e sociali e la stessa filosofia non ci autorizza a credere che l ' uomo sia sulla via di una trasfigurazione totale che da essere limitato e imperfetto lo trasformi in un semidio o in un ' anima disincarnata . La pace assoluta e definitiva appare oggi alla fredda e lucida mentalità dell ' uomo moderno come un semplice sogno . Certo , è un nobile sogno ; e , come diceva Calderón , sia nel sogno che nella veglia certe cose sono preferibili ad altre . Ma la questione cruciale non è quella circa la nobiltà o la bellezza del sogno ; è quella circa la sua funzione . Può il sogno della pace perpetua contribuire alla pace ? Coloro che attribuiscono al mito una funzione direttiva nella storia degli uomini risponderebbero certo di sì . Ma la credenza nel mito è fragile perché cede al primo urto della realtà e dopo di sé lascia il vuoto . Nella civiltà contemporanea , fondata com ' è , in tutti i livelli , sull ' esercizio dell ' intelligenza , il mito è ancora più fragile . Inoltre - ed è la considerazione fondamentale - il mito della pace assoluta incoraggia il fanatismo . La pace totale può venire solo dopo l ' ultima guerra totale : dopo la distruzione di tutti i « nemici » , dopo l ' eliminazione dell ' ultimo dissidente , quando un unico sistema di credenze , un unico modo di vivere si sarà stabilito fra gli uomini , e verrà tolto di mezzo ogni contrasto , ogni dissenso e ogni competizione . Quale giustificazione migliore per una guerra di sterminio della prospettiva che essa condurrà finalmente alla pace definitiva ? L ' insegna di ogni fanatismo è proprio questa : sterminate i vostri nemici senza pietà ; dopo , vivrete tranquilli . Fuori del mito e del fanatismo , per un ' intelligenza che voglia onestamente comprendere la realtà delle cose umane , la guerra e la pace possono essere considerate tra loro nello stesso rapporto in cui stanno la salute e la malattia . Lo stato di salute , la sanità dell ' uomo normale , non è una situazione originaria o finale , permanente o definitiva , ma la capacità dell ' organismo di controllare , regolare e vincere gli assalti della malattia . « La minaccia della malattia » ha scritto un medico famoso « è uno dei costituenti della salute . » Ciò vuol dire che la salute è un equilibrio instabile , mantenuto o raggiunto contro la minaccia di rotture eventuali . Questo vale sia per la salute fisica che per quella mentale : la quale consiste anch ' essa in un equilibrio difficile , continuamente minacciato e continuamente ristabilito contro innumerevoli occasioni di disturbo . I rimedi che la medicina appresta non sono magici esorcismi che mettono le malattie completamente fuori questione ; sono aiuti offerti all ' organismo per rafforzare quei poteri di correzione e regolazione che lo mettono in grado di resistere agli assalti del male . Ma questi assalti continuano . Allo stesso modo , lo stato di pace cui l ' umanità può aspirare non è la cessazione definitiva delle minacce di guerra , ma la disponibilità di mezzi adatti a fronteggiare queste minacce . La coesistenza di civiltà e di modi di vita diversi , le differenze di religione e di costume , le competizioni tra individui e gruppi , i contrasti di interessi , non sono condizioni di cui si possa prevedere l ' annullamento ; e d ' altronde senza quelle condizioni l ' umanità si ridurrebbe a una massa piatta ed amorfa senza possibilità creative , senza alternative di vita , perciò destinata a una lenta agonia . Ma da quella molteplicità , da quei contrasti e competizioni nascono continuamente problemi che , se non sono affrontati per tempo , si incancreniscono e possono condurre a esplosioni violente . La pratica effettiva della tolleranza , le libertà civili , la sostituibilità delle gerarchie politiche , il compromesso degli interessi contrastanti , lo scambio di uomini e di idee tra paesi diversi , sono alcuni degli strumenti di cui l ' umanità dispone per superare le minacce di guerra . Le istituzioni internazionali o soprannazionali si fondano appunto su quegli strumenti . Ma si tratta ancora cli strumenti imperfetti , la cui messa a punto implica da parte di ogni uomo o gruppo umano , limitazioni , rinunzie e sacrifici . È più facile , certo , vivere nella cieca attesa di un domani totalmente pacifico anziché contribuire giorno per giorno a rafforzare atteggiamenti , convinzioni , istituzioni , che possono risparmiare agli uomini rischi di guerre . La magia promette sempre assai più della scienza . Ma solo la ricerca paziente arriva , da ultimo , a dare alla umanità qualche beneficio permanente . È verità antica che nessun uomo può essere salvato contro la propria volontà . La razionalizzazione dei rapporti umani , dalla quale dipende la vittoria della pace sulla guerra , è un compito che non può essere limitato a una parte sola dell ' umanità , mentre l ' altra sta ad aspettarne i benefici . Finché l ' umanità avrà zone di ombra in cui quella razionalizzazione non riesce a penetrare - come accade ora un po ' dappertutto - l ' umanità non avrà raggiunto la sua sanità morale , non sarà in grado di respingere ogni minaccia di guerra . Questo non è un elemento di sfiducia ma di speranza ; giacché l ' esatta nozione di un pericolo è il primo avvio per superarlo . Non sono le esortazioni e le prediche moralistiche , i richiami a ideali anche nobilissimi , che possono contribuire sostanzialmente a garantire la pace . C ' è un « fanatismo della pace » che può essere altrettanto pericoloso del fanatismo di guerra . Soltanto i mezzi concreti che diffondono fra tutti gli uomini il senso della misura , del calcolo e dell ' organizzazione razionale dei loro interessi renderanno capace l ' umanità di raggiungere quello stato di sanità morale che le consentirà di superare le insorgenti minacce di guerra .
Caro Maccarini ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Maccarini , ciò che lei dice è giusto . Ma a Burgess non si possono chiedere delle « analisi » , di cui gli manca oltre tutto la logica . Da vero autentico artista , egli non procede per argomenti , ma per « umori » , e quello dominante è la collera . Burgess è contro gl ' inglesi perché è mezzo irlandese . E ' contro gl ' irlandesi perché è mezzo inglese . E ' contro gli americani perché è europeo fino alla cima dei capelli . Ma è anche contro gli europei perché si lasciano americanizzare . E ' contro i protestanti perché è cattolico . Ma protesta contro i cattolici perché non lo sono a modo suo . Protesta anche , credo , contro Gesù Cristo perché non è abbastanza Burgess come lui lo vorrebbe e descrive ( vedi L ' Uomo di Nazareth , che io considero un capolavoro ) . E quindi non gli si può chiedere l ' oggettività ( falsa ) del sociologo o del politologo , due categorie di persone alle quali egli farebbe volentieri fare la fine delle streghe di Harlem . Ma sotto i suoi sghignazzanti impeti di furore ci sono , guizzanti e accecanti come folgori , delle intuizioni che non mancano mai il bersaglio e lo illuminano in poche frasi meglio di quanto potrebbe fare un intero trattato . Ce n ' erano anche in quella sua ruggente presa di posizione contro l ' Europa , che noi non condividiamo . Ma il bello è che non la condivide nemmeno Burgess . Il quale constata che gli europei non sono capaci di fare l ' Europa , ma lo constata con rabbia perché vorrebbe che lo fossero . E uno di quegli scrittori - di getto , gagliardi , tutto muscoli - che quando crede di dare un bacio dà un morso . E proprio per questo mi va tanto a sangue . Domani potrebbe scrivere un articolo sferzante contro il Giornale e contro me . E io glielo pubblicherei .
RAZZA, CULTURA E STORIA ( Abbagnano Nicola , 1967 )
StampaQuotidiana ,
Esistono razze umane superiori destinate ad avere nella storia un ruolo preponderante ? Anche dopo le tragiche esperienze della seconda guerra mondiale , che hanno mostrato il carattere micidiale del razzismo , la credenza nella superiorità di una razza sull ' altra persiste in vasti strati dell ' umanità e rischia di insorgere , come mezzo di difesa o di offesa , anche in gruppi etnici che di quella credenza sono stati finora le vittime . Quando Gobineau scriveva , verso la metà dell ' '800 , il suo Saggio sull ' ineguaglianza delle razze umane , insisteva sulla differenza delle attitudini proprie delle tre razze umane ( la nera , la gialla , la bianca ) , sulla superiorità delle attitudini della razza bianca e sul pericolo , cui questa andava incontro , di perdere tale superiorità con il suo mescolarsi con le altre razze . Su tali capisaldi si fonda in un modo o nell ' altro ogni dottrina razzista . Essi costituiscono un rigoroso determinismo razziale . Ogni razza possiede una certa costituzione anatomica o fisiologica ; questa costituzione determina le attitudini di cui la razza è provvista ; e queste attitudini determinano ciò che la razza è capace di fare e di creare in tutti i campi della sua attività . Solo la razza bianca ha attitudini per la scienza , per l ' arte , per l ' ordine giuridico e politico : pertanto la sua mescolanza con le altre razze non può che diminuire tali attitudini e produrre inevitabilmente la decadenza della civiltà che su di esse si fonda . Sappiamo oggi che questo edificio è fondato su basi d ' argilla . La biologia e l ' antropologia lo smentiscono . Il concetto di razza è soltanto un espediente classificatorio per distinguere i vari gruppi umani sulla base di caratteristiche fisiche che possono essere trasmesse per eredità , come il colore della pelle , la statura , la forma della testa , della faccia e del naso e via dicendo . Non esistono attitudini che siano necessariamente appannaggio di una razza determinata , perciò non esiste una superiorità razziale . La prevalenza di certe capacità negli individui di un gruppo umano determinato è un fatto statistico , favorito da circostanze geografiche , storiche e sociologiche . Queste circostanze , insieme alle risposte che gli individui di un dato gruppo danno alle sfide che esse propongono , costituiscono la civiltà o ( come meglio si dice ) la cultura del gruppo . É la cultura che condiziona prevalentemente gli individui umani imprimendo ad essi , sin dall ' infanzia , il suggello delle sue tecniche , dei suoi modi di vita e delle sue credenze . Al posto del concetto di razza , la scienza moderna privilegia quello di cultura . Ma la cultura non è un destino impresso nell ' uomo dalla sua struttura biologica ; è una creazione alla quale tutti gli uomini più o meno partecipano . Esistono culture superiori destinate ad avere nella storia un ruolo preponderante ? La stessa domanda che ha perduto il suo senso per ciò che riguarda la razza , lo riacquista se riferita alla cultura . Le culture umane sono numerose ( si contano a migliaia ) , e ognuna di esse consiste in un modo particolare di risolvere i problemi dell ' uomo ; è un insieme più o meno organizzato di modi di vivere e di lavorare , di credenze e di istituzioni . Ognuna di esse consente a un gruppo umano di sopravvivere , almeno finché persistono le condizioni alle quali è adeguata : ma alcune appaiono più attrezzate ad affrontare l ' imprevedibilità delle circostanze . Tale è appunto la nostra cultura occidentale . Non è dunque , essa sola , destinata a prevalere sulle altre e a diventare la cultura di tutto il mondo ? Molti dei nostri lettori conoscono , dagli articoli di Remo Cantoni , che cosa è l ' etnocentrismo . Cantoni ha ora ripubblicato quegli articoli adattandoli al contesto di un ' opera organica nel libro Illusione e pregiudizio che reca come sottotitolo « L ' uomo etnocentrico » . E sullo stesso argomento Claude Lévy - Strauss aveva pubblicato per l ' Unesco , alcuni anni fa , un lucido saggio , Razza e storia , che ora dà il titolo a una raccolta di studi pubblicati in traduzione italiana . Contro l ' etnocentrismo , cioè contro la credenza che al di fuori della propria cultura non ci sia che la « barbarie » , che il proprio modo di vivere sia il solo umano e che l ' umanità finisca dove termina il gruppo cui si appartiene , Lévy - Strauss adduce l ' argomento principe : questo è proprio il punto di vista dei barbari . Nella misura in cui pretendiamo stabilire una discriminazione tra le culture , osserva Lévy - Strauss , ci identifichiamo nel modo più completo con quelle che cerchiamo di negare . Il barbaro è , anzitutto , l ' uomo che crede nella barbarie . Non è possibile dunque stabilire nessuna distinzione di valore , nessuna gerarchia tra le culture ? Sotto un certo rispetto , questa è la tesi di Lévy - Strauss . Le culture non costituiscono nel loro complesso un ' unica linea evolutiva , di cui ognuna sia una tappa , e che culmini nella cultura occidentale come l ' evoluzione zoologica culmina nell ' uomo . Le culture primitive non sono tappe arretrate della stessa nostra cultura . Esse hanno quasi sempre la stessa età della nostra : hanno soltanto usato diversamente il tempo avuto a disposizione . Il progresso cumulativo delle culture non è necessario né continuo : procede a balzi , per mutazioni improvvise . É simile , non a una persona che sale una scala , ma al giocatore che suddivide la sua posta su parecchi dadi e spesso guadagna sull ' uno ciò che perde sull ' altro . Ogni cultura porta al progresso cosa inteso un suo contributo originale . Lo sforzo creativo , l ' intelligenza , l ' immaginazione , non sono privilegi di una sola cultura ma sono propri di tutte . Anzi , le società più lontane ed arcaiche ( i cosiddetti « selvaggi » ) hanno compiuto i progressi più decisivi : hanno inventato l ' agricoltura , l ' allevamento , la ceramica , la tessitura e quelle arti civili che da otto o diecimila anni hanno subito solo perfezionamenti . Lévy - Strauss tende a ridurre a una semplice differenza di grado o di punto di vista anche il contrasto tra il carattere immobile e stazionario delle culture primitive e il carattere mobile e progressivo della cultura occidentale . In realtà , le culture diverse dalla nostra ci appaiono immobili perché non siamo interessati al loro movimento , perché i loro progressi non hanno significato per noi ; o perché realizzano più lentamente e per vie traverse i nostri stessi progressi . Da questo punto di vista la civiltà mondiale non può essere determinata e dominata da un solo tipo di cultura . La civiltà occidentale riesce certo , meglio delle altre , ad accrescere la quantità di energia disponibile pro capite , cioè a proteggere e a prolungare la vita umana . Ma la civiltà mondiale deve consistere nel mettere insieme e capitalizzare le possibilità che ogni cultura ha sviluppato nel suo corso ; suppone dunque la coesistenza e la collaborazione tra le varie culture e la salvezza dei loro caratteri originali . « Cultura mondiale » è un concetto limite , una norma da seguire per realizzare , nella tolleranza e nella comprensione reciproca , la collaborazione tra le culture più diverse . Lévy - Strauss non si nasconde il pericolo che , via via che le culture escono dal loro isolamento relativo e collaborano insieme , la diversità iniziale tenda ad attenuarsi per dar luogo a un ' uniformità crescente di atteggiamenti , di tecniche , di modi di vita . Ma ritiene che , in ogni caso , il dovere dell ' umanità è da un lato quello di non adagiarsi in un unico modo di vita che la renderebbe una massa amorfa , e , dall ' altro , di far coesistere i modi di vita diversi . Ancora una volta , da queste pagine di Lévy - Strauss , emerge la caratteristica dominante del pensiero e del mondo contemporaneo : il ripudio dell ' unità , dell ' uniformità , del sistema unico e dell ' armonia definitiva . Ancora una volta ci viene additato , come sola via praticabile e non rovinosa , il pluralismo dei modi di vivere e di pensare , dei valori , degli atteggiamenti che si possono assumere di fronte al mondo . Ancora una volta si fa appello alle possibilità reali che sono a nostra disposizione e si abbandona la pretesa di possedere il sistema infallibile che , risolve tutti i problemi . Certamente , si tratta di una via lunga e difficile che è stata appena intrapresa . Pochi ancora sono gli uomini che si rendono conto che l ' unica tara fatale , per le culture come per gli individui , è l ' isolamento . Intolleranza , fanatismo , assolutismo , sono le manifestazioni più vistose delle volontà di essere soli , di contare da soli , di poter tutto fare da soli . Gli individui , come le culture in cui si raggruppano , sono ancora troppo spesso vittime , come molte delle loro istituzioni , della volontà d ' isolamento . Vincere questa volontà , a tutti i livelli e in tutti i campi della vita , è il compito più urgente cui siamo chiamati .
Caro Robotti ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Volentieri , caro Robotti , purché non mi consideriate infallibile . Intanto , noi non abbiamo fatto oroscopi . Abbiamo semplicemente espresso questi desideri : una toccatina alla Dc che , senza comprometterne il primato , la mettesse in guardia dai pericoli . dell ' accordo coi comunisti ; una toccatona al Pci che ne rintuzzasse la baldanza ; e un rafforzamento dei partiti laici . Inoltre abbiamo , come lei sa , proposto alle preferenze degli elettori un centinaio di candidati democristiani più o meno noti - e alcuni ignoti - di buona affidabilità liberal - democratica e moderata . Questo non era un oroscopo . Era un invito , al quale gli elettori hanno risposto come meglio non si poteva sperare . Ma perché vi hanno risposto ? Solo perché glielo chiedevamo noi ? Questa è la tesi degli sconfitti per mettere in imbarazzo i vincitori . L ' on. Galloni , che per primo ha dovuto pagare un pedaggio agli uomini nuovi della Dc , i quali lo hanno rovesciato dalla sua carica di capogruppo , dice che costoro sono il « partito del Giornale » . Ma lo dice solo per coalizzare contro di essi , facendo appello al « patriottismo » di partito - l ' unico patriottismo ch ' esse sentono - , tutte le mafie della Dc , regolarmente pronte a scannarsi fra loro , ma su un punto sempre solidali , e cioè che dentro il partito devono comandare solo gli uomini di partito , chi ascolta altre voci è un traditore che va messo al bando . Ma la verità è un ' altra . Gli uomini nuovi della Dc non sono affatto uomini del Giornale . I loro nomi noi li abbiamo trovati nelle liste compilate dalla stessa Dc , che forse si proponeva di avviarli alla trombatura . Noi li abbiamo indicati alla preferenza per le garanzie ch ' essi davano , non al Giornale , ma alla linea politica che il Giornale , ha sempre auspicato . Da quel momento il boccino è passato nella mano degli elettori . Sono loro che hanno fatto il gioco . Ma questa è una cosa che non potrà mai entrare nella testa di un Galloni . Non per mancanza d ' intelligenza , perché Galloni ne ha da vendere . Ma perché per un uomo di mafia come lui , tipico frutto dell ' « apparato » del partito , è semplicemente inconcepibile che gli elettori possano decidere di loro testa , con le preferenze , la linea politica del partito a cui danno il voto . Secondo Galloni , che lo ha anche candidamente detto ad una intervista ad un giornale romano , gli elettori hanno diritto solo al voto . Sul modo di amministrarlo può decidere solo il partito . Ebbene , tutto questo , piaccia o non piaccia all ' on. Galloni , è finito . Gli elettori , dopo un trentennio di passività , si sono resi conto che la linea politica del partito sta ai dirigenti attuarla , ma agli elettori indicarla . Ed è a questo loro risveglio che noi abbiamo dato contributo . Noi non ci illudiamo affatto di avere « determinato » i risultati del 3 e del 10 giugno , però non ci contentiamo di averli solo predetti o previsti . Da cinque anni , cioè da quando siamo nati , noi lavoriamo ad una ripresa di quei valori liberal - democratici che la classe politica sembrava voler mandare definitivamente in protesto , ma che noi sapevamo ben ancorati nella coscienza dei nostri lettori . E ' stata una battaglia dura e difficile . Ma che il mese scorso ha avuto il suo premio . Non abbiamo « determinato » nulla . Ma crediamo di aver molto contribuito a una certa inversione di tendenza : ed è stata questa che ha portato ai risultati di giugno . A vincere non è stato il Giornale , ma la linea politica per la quale il Giornale si batte , quasi solo , da cinque anni . Se ora a Galloni fa comodo dire che dentro alla Dc c ' è un partito del Giornale sottintendendo che esso è costituito da « traditori » della Dc , lo dica pure : noi possiamo anche ringraziarlo per la pubblicità che ci fa . Ma è una solenne balla . A questo punto lei mi chiederà : « Ma allora la scommessa chi l ' ha vinta ? » . Be ' questo non lo so . Ma se la posta è , come immagino , una cena , mettetevi a tavola e mandatemi il conto : ve lo pago io .