StampaQuotidiana ,
Delle
tre
dimensioni
del
tempo
,
passato
,
presente
e
futuro
,
i
filosofi
hanno
il
più
delle
volte
privilegiato
il
presente
.
Non
l
'
hanno
inteso
tuttavia
come
l
'
attimo
fuggente
ma
come
la
costanza
di
un
ritmo
che
si
conserva
identico
attraverso
il
mutare
degli
eventi
.
La
poetica
definizione
di
Platone
«
il
tempo
è
l
'
immagine
mobile
dell
'
eternità
»
significa
appunto
che
il
ritmo
in
cui
il
tempo
consiste
e
che
è
scandito
dai
suoi
periodi
(
anni
,
mesi
,
giorni
,
ore
)
ha
la
stessa
immutabilità
che
è
propria
dell
'
essere
eterno
.
Il
tempo
appartiene
alle
cose
che
fluiscono
ma
in
queste
cose
introduce
ciò
che
è
proprio
dell
'
eternità
,
un
ordine
che
permane
attraverso
il
divenire
.
Gli
astri
ritornano
,
a
intervalli
determinati
,
nella
stessa
posizione
;
le
stagioni
si
ripetono
con
una
successione
invariabile
e
si
ripetono
,
sia
pure
con
minor
esattezza
,
i
cicli
di
tutti
gli
esseri
viventi
,
ognuno
dei
quali
ha
un
suo
ritmo
costante
di
nascita
,
di
formazione
,
di
sviluppo
e
di
morte
.
Nell
'
interpretazione
popolare
,
il
tempo
è
la
forza
distruttiva
cui
nulla
resiste
,
la
forza
che
logora
tutte
le
cose
e
le
conduce
,
più
o
meno
rapidamente
,
all
'
annullamento
o
all
'
oblio
.
Nell
'
interpretazione
dei
filosofi
,
il
tempo
è
ciò
che
nel
logorio
o
nella
distruzione
vien
conservato
e
ripetuto
;
il
ritmo
eterno
cui
il
fluire
delle
cose
obbedisce
.
Questo
ritmo
perciò
non
è
mai
né
passato
né
futuro
:
è
sempre
presente
perché
è
sempre
lo
stesso
.
E
quando
alcuni
filosofi
(
Plotino
,
Sant
'
Agostino
,
Hegel
,
Bergson
,
Husserl
)
hanno
concepito
il
tempo
come
lo
stesso
fluire
o
divenire
della
coscienza
,
come
una
corrente
di
vita
interiore
che
ad
ogni
istante
si
rinnova
e
in
cui
perciò
non
ci
sono
due
istanti
omogenei
,
la
dimensione
del
tempo
cui
han
fatto
ricorso
è
ancora
quella
del
presente
:
perché
in
questa
corrente
tutto
il
passato
viene
conservato
come
in
un
fiume
che
trasporta
tutte
le
acque
che
vi
confluiscono
ed
è
,
dall
'
altro
lato
,
presente
,
almeno
in
potenza
,
l
'
intero
futuro
.
Questa
interpretazione
del
tempo
in
termini
di
presenza
totale
rende
possibile
considerarlo
come
la
forma
immutabile
delle
cose
che
mutano
,
e
consente
la
misura
di
esso
.
La
misura
non
sarebbe
infatti
possibile
se
tutto
fosse
a
ogni
istante
nuovo
e
tutto
a
ogni
istante
cadesse
nel
nulla
:
non
ci
sarebbe
,
in
questo
caso
,
un
'
unità
di
misura
omogenea
,
e
inoltre
come
potrebbe
quest
'
unità
,
anche
se
ci
fosse
,
applicarsi
a
ciò
che
non
è
più
(
il
passato
)
o
a
ciò
che
non
è
ancora
(
il
futuro
)
?
Ma
accanto
a
questo
vantaggio
,
l
'
interpretazione
del
tempo
come
presente
ha
lo
svantaggio
di
trascurare
quel
carattere
del
tempo
che
all
'
uomo
comune
appare
evidente
,
la
sua
azione
logorante
e
distruttiva
.
Che
il
tempo
non
possa
solo
conservare
ma
anche
distruggere
;
che
ciò
che
vive
nel
tempo
sia
in
una
condizione
di
instabilità
radicale
in
cui
le
alternative
dell
'
acquisto
e
della
perdita
sono
ugualmente
importanti
;
e
che
per
ciò
che
riguarda
l
'
uomo
,
il
tempo
sia
l
'
indeterminazione
fondamentale
che
non
gli
lascia
mai
padroneggiare
del
tutto
il
suo
destino
,
sono
considerazioni
banali
eppure
inconfutabili
,
sia
della
saggezza
comune
che
della
filosofia
.
Ma
se
queste
considerazioni
hanno
una
certa
verità
,
l
'
interpretazione
del
tempo
come
presenza
o
simultaneità
appare
unilaterale
.
E
in
questo
caso
la
dimensione
del
futuro
comincia
ad
avere
la
meglio
su
quella
del
presente
.
Le
filosofie
contemporanee
che
s
'
imperniano
sulla
considerazione
dell
'
uomo
e
del
suo
mondo
(
soprattutto
il
pragmatismo
e
l
'
esistenzialismo
)
hanno
,
perciò
,
insistito
su
quest
'
altra
dimensione
del
tempo
.
L
'
uomo
è
,
secondo
queste
filosofie
,
costitutivamente
orientato
verso
il
futuro
:
la
sua
esistenza
o
la
sua
esperienza
è
un
continuo
venirgli
incontro
,
dall
'
avvenire
,
di
ciò
che
egli
prevede
o
non
prevede
,
teme
o
desidera
,
progetta
o
cerca
di
evitare
.
Certamente
il
passato
è
là
,
a
determinare
i
suoi
timori
o
le
sue
speranze
,
a
limitare
e
condizionare
le
sue
attese
o
le
sue
progettazioni
;
ma
se
il
passato
gli
fosse
tutto
presente
e
lo
urgesse
alle
spalle
con
la
sua
forza
preponderante
come
una
fiumana
o
una
valanga
irresistibile
,
attese
e
progettazioni
sarebbero
inutili
.
Il
passato
può
anche
,
in
certi
casi
,
inchiodarlo
alla
sua
situazione
e
rendergli
impraticabile
ogni
via
d
'
uscita
;
ma
solo
l
'
avvenire
può
dirgli
se
sarà
cosa
o
no
.
L
'
avvenire
è
la
dimensione
della
libertà
umana
che
s
'
inserisce
nelle
falle
del
tempo
e
cerca
di
volgerle
a
suo
profitto
.
Non
è
detto
che
l
'
avvenire
debba
necessariamente
prospettarsi
come
mutamento
,
novità
o
progresso
:
l
'
uomo
può
rivolgersi
con
amore
al
passato
,
può
farne
oggetto
di
nostalgia
o
di
rimpianto
,
può
volerne
il
ritorno
e
la
conservazione
:
ma
in
tutti
questi
atteggiamenti
non
fa
che
progettarlo
o
anticiparlo
come
avvenire
.
L
'
avvenire
è
il
serbatoio
delle
possibilità
che
costituiscono
l
'
esistenza
dell
'
uomo
.
Non
si
tratta
,
purtroppo
,
di
un
serbatoio
inesauribile
.
Alla
giovinezza
,
le
possibilità
del
futuro
appaiono
ricchissime
e
promettenti
per
quanto
vaghe
e
indeterminate
e
dànno
il
senso
di
una
libertà
illimitata
;
la
maturità
è
contrassegnata
dal
loro
limitarsi
e
determinarsi
in
un
serio
impegno
di
realizzazione
;
mentre
il
loro
diradarsi
o
impoverirsi
costituisce
la
tristezza
della
vecchiaia
.
Ma
in
ogni
caso
le
possibilità
autenticamente
tali
,
cioè
quelle
che
si
conservano
e
rinvigoriscono
dopo
la
prova
e
la
riprova
cui
le
sottopone
l
'
esperienza
della
vita
,
sono
,
per
ciascun
uomo
,
in
numero
limitato
.
E
quando
un
uomo
sa
e
teme
che
le
possibilità
che
il
futuro
gli
prospetta
sono
futili
o
nulle
va
incontro
a
quegli
stati
di
angoscia
,
di
disperazione
,
di
frustrazione
,
che
la
filosofia
,
la
psichiatria
e
la
letteratura
contemporanea
hanno
illustrato
come
le
malattie
dell
'
uomo
moderno
,
ma
che
forse
di
moderno
non
hanno
che
la
chiara
diagnosi
che
ne
è
stata
fatta
.
Diceva
Kierkegaard
:
«
Come
quando
uno
sviene
si
ricorre
ai
sali
o
all
'
acqua
di
colonia
,
così
quando
qualcuno
si
dispera
bisogna
dire
:
"
Trovate
una
possibilità
,
trovategli
una
possibilità
!
"
.
La
possibilità
è
l
'
unico
rimedio
,
perché
se
l
'
uomo
rimane
senza
possibilità
è
come
se
gli
mancasse
l
'
aria
»
.
La
forza
della
fede
religiosa
consiste
,
come
Kierkegaard
stesso
diceva
,
nel
prospettare
all
'
uomo
la
possibilità
della
salvezza
quando
ogni
altra
possibilità
gli
è
negata
,
in
quanto
«
a
Dio
tutto
è
possibile
»
.
La
ragione
,
come
guida
autonoma
dell
'
uomo
,
è
la
tecnica
che
consente
l
'
accertamento
delle
possibilità
autentiche
e
disciplina
le
scelte
che
si
possono
operare
tra
esse
.
Essa
,
esattamente
come
la
fede
,
orienta
l
'
uomo
verso
il
futuro
:
non
è
quindi
fuori
del
tempo
ma
legata
a
una
dimensione
temporale
determinata
.
A
differenza
della
fede
,
tuttavia
,
ha
bisogno
di
fatti
constatabili
,
di
prove
,
di
documenti
,
di
testimonianze
.
Fa
parte
integrante
dell
'
orientamento
dell
'
uomo
verso
l
'
avvenire
,
l
'
interesse
per
il
passato
,
l
'
esigenza
di
comprenderlo
e
ricostruirlo
nella
sua
autenticità
quindi
di
conservarne
i
documenti
e
di
rispettarne
le
vestigia
.
E
da
questo
interesse
si
origina
la
ricerca
storiografica
che
investe
tutti
i
campi
dell
'
attività
umana
.
Ciò
che
infatti
rafforza
o
autentica
le
possibilità
a
venire
dell
'
uomo
è
il
radicarsi
di
esse
nel
passato
.
Ma
l
'
uomo
può
anche
vivere
nell
'
ingenua
fiducia
che
l
'
avvenire
sia
la
pura
e
semplice
ripetizione
del
passato
e
che
il
passato
si
conservi
automaticamente
nel
futuro
.
Così
fanno
i
popoli
primitivi
per
i
quali
il
tempo
,
come
per
certi
filosofi
,
è
un
eterno
presente
.
Essi
non
hanno
storici
perché
non
hanno
storia
;
ma
di
fronte
all
'
imprevedibile
che
emerge
dal
tempo
,
sono
senza
difesa
.
StampaQuotidiana ,
Caro
ragioniere
,
ciò
che
sta
succedendo
ha
dell
'
incredibile
.
Migliaia
di
lettori
ci
scrivono
,
ci
telegrafano
,
ci
telefonano
per
congratularsi
con
noi
dei
risultati
elettorali
,
di
cui
forse
ci
attribuiscono
un
merito
esagerato
.
Repubblicani
,
socialdemocratici
,
e
perfino
socialisti
,
per
i
quali
riconosciamo
di
aver
fatto
ben
poco
,
ci
ringraziano
per
la
parte
che
ci
riconoscono
di
aver
avuto
nel
successo
dei
partiti
laici
.
La
Dc
,
di
cui
avevamo
invocato
(
e
abbiamo
ottenuto
)
«
una
leggera
flessione
»
,
non
poteva
ovviamente
ringraziarci
;
però
ha
taciuto
,
e
Zaccagnini
ha
parlato
di
noi
,
da
avversario
,
ma
con
rispetto
.
Gli
unici
che
ci
perseguitano
con
lettere
di
protesta
,
e
qualche
volta
d
'
insulti
,
sono
i
liberali
,
sebbene
abbiamo
dato
loro
tre
parlamentari
del
peso
di
Bettiza
,
Zappulli
e
Sterpa
(
voglio
vedere
le
loro
facce
,
caro
ragioniere
,
quando
leggeranno
l
'
accusa
che
lei
mi
muove
di
non
averli
aiutati
)
.
Solo
Zanone
e
Malagodi
ci
hanno
espresso
la
loro
gratitudine
.
Gli
altri
,
eccoli
qui
,
a
bersagliarci
di
cicchetti
caporaleschi
,
e
qualcuno
addirittura
di
perentori
inviti
,
dall
'
alto
in
basso
,
a
cambiare
registro
altrimenti
...
Altrimenti
che
,
signori
liberali
?
Alzi
la
mano
quello
tra
voi
che
può
vantare
un
credito
nei
nostri
confronti
.
L
'
ho
già
detto
e
lo
ripeto
:
noi
non
siamo
il
foglio
d
'
ordini
di
nessun
partito
,
nemmeno
di
quello
liberale
.
E
chi
vuol
ridurci
a
tanto
,
farà
meglio
a
cambiar
giornale
:
noi
non
rimpiangeremo
di
perdere
dei
lettori
che
con
la
loro
intolleranza
contraddicono
in
pieno
,
e
disonorano
,
la
qualifica
di
liberali
.
Ha
capito
,
ragionier
Bonacina
?
StampaQuotidiana ,
Circa
35.000
anni
fa
l
'
homo
sapiens
sapiens
,
cioè
il
prodotto
di
una
lunga
e
discontinua
evoluzione
che
era
cominciata
più
di
mezzo
milione
di
anni
prima
,
ha
invaso
l
'
Europa
proveniente
da
qualche
regione
sconosciuta
dell
'
Asia
o
dell
'
Africa
.
È
cominciata
allora
la
storia
dell
'
uomo
su
questa
terra
?
O
è
cominciata
prima
,
con
l
'
apparizione
dell
'
homo
sapiens
e
dei
primi
ominidi
?
O
è
cominciata
dopo
,
con
la
formazione
delle
grandi
civiltà
delle
quali
ci
rimangono
monumenti
e
notizie
?
Comunque
si
risponda
a
questa
domanda
,
la
storia
dell
'
uomo
è
stata
assai
lunga
e
complessa
.
Una
somma
enorme
di
trasformazioni
e
differenziazioni
biologiche
,
di
tentativi
diretti
nei
sensi
più
disparati
,
di
ingegnosità
,
d
'
invenzioni
,
di
lotte
,
di
sacrifici
e
di
morti
costituisce
il
materiale
grezzo
di
questa
storia
della
quale
abbiamo
solo
conoscenze
scarse
,
frammentarie
o
parziali
.
A
prima
vista
,
questo
materiale
è
un
caos
,
una
mescolanza
disordinata
degli
eventi
più
disparati
.
Ma
è
,
questa
apparenza
,
la
vera
sostanza
della
storia
?
Difficilmente
l
'
uomo
si
adatta
a
questo
pensiero
.
E
non
ci
si
adatta
perché
,
a
quanto
sembra
,
esso
lo
lascerebbe
privo
di
ogni
fede
nel
futuro
.
Se
la
storia
è
un
caos
di
eventi
,
questi
eventi
continueranno
a
sommarsi
o
a
elidersi
come
è
accaduto
nel
passato
.
L
'
uomo
non
può
contare
di
dirigerli
,
di
imprimere
ad
essi
una
direzione
favorevole
al
proprio
progresso
;
non
può
presumere
che
essi
gli
consentiranno
di
salvare
i
valori
che
gli
stanno
a
cuore
e
in
primo
luogo
lui
stesso
,
l
'
uomo
:
questo
essere
unico
(
per
quel
che
ne
sappiamo
finora
)
che
è
riuscito
a
sopravvivere
nelle
circostanze
più
disgraziate
e
a
creare
,
contro
l
'
ostilità
dello
stesso
ambiente
che
lo
ospita
,
un
mondo
nuovo
di
idee
,
di
valori
,
di
civiltà
al
di
sopra
del
mondo
muto
e
cieco
della
natura
inorganica
ed
organica
.
Il
problema
del
significato
della
storia
nasce
su
questi
fondamenti
.
La
storia
non
ha
il
minimo
significato
se
il
destino
dell
'
uomo
su
questa
terra
è
del
tutto
simile
a
quello
degli
innumerevoli
esseri
che
la
natura
vi
ha
disseminato
,
se
gli
eventi
che
la
compongono
non
hanno
un
ordine
o
uno
scopo
e
se
l
'
uomo
può
sparire
dalla
faccia
della
terra
senza
lasciar
traccia
,
com
'
è
accaduto
di
altre
innumerevoli
specie
animali
.
La
storia
ha
un
significato
se
,
nonostante
l
'
indipendenza
e
l
'
eterogeneità
apparenti
degli
episodi
che
entrano
in
essa
talvolta
a
distanze
enormi
di
tempo
e
di
spazio
,
essa
costituisce
un
'
unica
totalità
;
se
questa
totalità
ha
un
ordine
o
un
disegno
complessivo
che
subordina
a
sé
tutti
gli
episodi
;
se
quest
'
ordine
o
disegno
complessivo
ha
un
unico
scopo
,
un
termine
ultimo
immanente
o
trascendente
;
e
se
infine
l
'
uomo
può
,
sia
pure
approssimativamente
o
genericamente
,
comprendere
questo
scopo
.
Gli
antichi
,
che
concepirono
la
storia
come
un
ciclo
che
eternamente
si
ripete
,
non
dettero
una
risposta
esauriente
al
problema
del
suo
significato
perché
non
riconobbero
alla
storia
uno
scopo
,
un
termine
o
una
direzione
verso
cui
essa
muove
.
Gli
Stoici
credevano
che
in
ogni
ciclo
le
faccende
umane
si
ripetono
identicamente
:
c
'
è
di
nuovo
Socrate
,
di
nuovo
Platone
,
di
nuovo
ciascuno
degli
uomini
con
gli
stessi
amici
e
concittadini
,
con
le
stesse
credenze
e
gli
stessi
errori
.
A
giusto
titolo
questa
concezione
appariva
terrificante
a
Nietzsche
che
tuttavia
la
credeva
vera
ma
tale
da
poter
essere
accettata
soltanto
dai
superuomini
.
Ma
quando
Origene
disse
che
attraverso
i
cicli
successivi
l
'
umanità
espia
le
sue
colpe
e
si
avvia
a
riconquistare
la
perfezione
originaria
da
cui
è
decaduta
;
o
quando
Sant
'
Agostino
concepì
la
storia
come
la
lotta
tra
la
città
terrena
e
la
città
celeste
,
che
si
concluderà
con
la
vittoria
di
quest
'
ultima
;
o
quando
in
qualsiasi
modo
si
riconosce
nella
storia
una
totalità
ordinata
che
cammina
verso
un
certo
scopo
(
la
spiritualità
,
la
giustizia
,
l
'
uguaglianza
e
via
dicendo
)
si
ha
una
di
quelle
filosofie
della
storia
,
teologiche
o
laiche
,
che
riescono
ad
attribuire
alla
storia
un
significato
totale
,
trascendente
o
immanente
che
sia
.
Ma
purtroppo
,
di
fronte
a
questa
prospettiva
edificante
,
si
ergono
difficoltà
insormontabili
.
L
'
uomo
non
ha
strumenti
né
informazioni
sufficienti
per
comprendere
,
o
anche
solo
pensare
,
la
totalità
assoluta
del
mondo
storico
.
Lo
stesso
concetto
di
mondo
come
«
totalità
assoluta
»
è
illusorio
perché
,
come
dimostrò
Kant
,
è
al
di
là
di
ogni
esperienza
possibile
.
Ciò
che
effettivamente
sappiamo
della
storia
è
quanto
ne
dicono
gli
storici
,
il
cui
lavoro
trova
limiti
precisi
nella
stessa
disciplina
della
loro
scienza
:
che
ha
bisogno
di
fonti
d
'
informazione
e
deve
attenersi
a
metodi
esatti
nell
'
utilizzazione
di
tali
fonti
.
E
per
gli
storici
non
esiste
un
'
unica
storia
totale
;
esistono
solo
storie
diverse
e
particolari
che
concernono
particolari
popoli
,
nazioni
,
culture
,
personalità
,
istituzioni
o
particolari
settori
dell
'
attività
umana
(
la
politica
,
l
'
economia
,
il
diritto
,
la
scienza
,
ecc
.
)
.
Certamente
,
tra
queste
storie
particolari
e
settoriali
si
possono
(
e
si
debbono
)
,
per
quanto
è
possibile
,
cercare
e
trovare
rapporti
,
interdipendenze
,
connessioni
;
ma
saranno
,
anche
questi
,
particolari
e
settoriali
c
non
consentiranno
di
parlare
di
una
totalità
unica
e
integrata
.
Se
poi
,
oltre
le
enormi
lacune
della
nostra
conoscenza
del
passato
,
si
considera
anche
la
nostra
ignoranza
totale
del
futuro
,
il
quale
fa
parte
della
storia
come
totalità
,
si
vede
subito
che
una
storia
siffatta
può
essere
solo
l
'
oggetto
di
un
intelletto
divino
che
abbracci
nella
sua
eternità
tutto
il
tempo
,
non
dell
'
intelletto
umano
che
vive
nel
tempo
.
Queste
difficoltà
sono
decisive
,
per
il
problema
del
significato
della
storia
.
Parlare
di
questo
significato
nel
senso
che
si
è
detto
,
significa
parlare
da
romanzieri
fantastici
o
da
profeti
soprannaturalmente
ispirati
;
oppure
significa
agitare
un
'
ideologia
,
presentare
come
realtà
presente
o
inevitabilmente
futura
un
pio
desiderio
.
Tutto
ciò
che
a
questo
proposito
può
dire
il
filosofo
che
voglia
attenersi
alle
regole
del
suo
lavoro
si
riduce
a
una
constatazione
:
l
'
uomo
cerca
di
dare
un
senso
alla
storia
.
Questa
constatazione
è
confermabile
e
trova
conferma
ogni
volta
che
abbiamo
informazioni
sufficienti
su
una
cultura
o
una
civiltà
qualsiasi
;
giacché
ogni
cultura
o
civiltà
,
per
quanto
primitiva
,
può
essere
interpretata
come
il
tentativo
di
dare
alla
storia
,
cioè
alla
vita
dell
'
uomo
sulla
terra
,
un
significato
determinato
.
Ma
da
questo
punto
di
vista
non
si
può
parlare
di
un
significato
unico
e
totale
come
non
si
può
parlare
di
un
unico
«
mondo
storico
»
.
I
significati
che
gli
uomini
cercano
di
attribuire
alla
loro
storia
sono
molteplici
,
talora
disparati
,
spesso
in
conflitto
.
Ogni
significato
è
iscritto
nella
struttura
d
'
una
società
determinata
e
ne
costituisce
nello
stesso
tempo
la
condizione
di
vita
e
lo
scopo
dominante
.
Per
quanto
creduto
destinato
al
successo
,
il
significato
non
è
che
il
limite
ideale
dei
tentativi
che
si
fanno
per
realizzarlo
;
e
questi
tentativi
non
sempre
riescono
,
com
'
è
dimostrato
dalla
decadenza
e
dalla
morte
delle
civiltà
.
Quando
il
problema
del
significato
della
storia
venga
sottratto
al
tradizionale
orizzonte
teologico
e
metafisico
e
ricondotto
nei
limiti
e
nella
misura
dell
'
uomo
,
esso
assume
questa
forma
:
qual
è
il
significato
che
intendiamo
dare
alla
nostra
storia
?
E
quali
possibilità
abbiamo
di
realizzarlo
?
Per
rispondere
a
queste
domande
,
dobbiamo
certo
rivolgerci
all
'
indagine
storica
e
rintracciare
,
nell
'
ambito
della
civiltà
cui
apparteniamo
,
linee
di
tendenza
,
direzioni
di
marcia
che
prevalgono
in
questo
o
quell
'
aspetto
di
essa
.
Ma
non
abbiamo
alcun
diritto
di
considerare
inevitabili
le
prospettive
aperte
da
queste
direzioni
o
tendenze
,
che
possono
essere
rafforzate
o
indebolite
dalle
nostre
scelte
o
da
nuove
circostanze
.
Accade
spesso
che
le
scelte
umane
si
orientino
in
senso
nettamente
contrario
alle
tendenze
meglio
riconoscibili
nella
storia
:
così
accade
ad
esempio
nei
confronti
della
tendenza
pressoché
universale
dei
regimi
politici
a
trasformarsi
in
assolutismi
.
L
'
indagine
storica
ci
offre
certamente
utili
insegnamenti
,
ma
si
tratta
spesso
di
insegnamenti
negativi
:
stimolano
gli
uomini
a
combattere
e
a
modificare
radicalmente
modi
di
vivere
o
di
pensare
che
sono
sostenuti
da
una
lunga
tradizione
.
I
biologi
insegnano
che
la
specie
umana
è
,
tra
le
specie
animali
,
quella
che
comprende
la
maggiore
varietà
.
Gli
antropologi
e
i
sociologi
insistono
sulla
disparità
delle
strutture
culturali
che
disciplinano
la
vita
associata
dell
'
uomo
.
Gli
storici
mettono
in
luce
l
'
individualità
irriducibile
delle
istituzioni
umane
.
Non
è
detto
,
in
queste
circostanze
,
che
tutti
gli
uomini
debbano
dare
alla
storia
lo
stesso
significato
.
La
scoperta
di
significati
nuovi
ed
imprevisti
può
arricchire
la
loro
vita
;
ed
anche
i
conflitti
,
che
la
diversità
dei
significati
può
far
nascere
,
non
hanno
nulla
di
tragico
se
essi
sanno
affrontarli
nel
rispetto
reciproco
e
nella
libertà
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Pastore
,
se
mi
parli
a
titolo
personale
,
va
bene
.
Ma
se
mi
parli
come
redattore
di
Tg2
,
non
so
chi
ti
dia
il
coraggio
di
appellarti
all
'
onestà
e
alla
pulizia
,
perché
se
c
'
è
un
telegiornale
di
regime
,
e
quindi
disonesto
e
fazioso
come
lo
sono
tutti
gli
organi
di
regime
,
è
proprio
il
vostro
,
e
per
verdetto
di
voce
pubblica
.
Per
dimostrare
che
il
Giornale
è
presente
nelle
vostre
trasmissioni
,
tu
citi
Bartoli
.
Ma
Bartoli
non
viene
mai
presentato
come
voce
del
Giornale
,
ed
è
giusto
così
perché
Bartoli
,
prezioso
e
autorevolissimo
collaboratore
,
non
fa
parte
dello
staff
del
Giornale
:
se
ne
facesse
parte
data
la
sua
statura
,
non
potrebbe
occuparvi
altro
posto
che
quello
di
direttore
.
La
prova
del
vostro
settarismo
la
si
ebbe
alla
chiusura
delle
elezioni
nazionali
quando
,
girovagando
con
le
vostre
macchine
da
presa
di
tipografia
in
tipografia
,
faceste
il
ventaglio
di
tutti
i
giornali
,
dimenticando
il
solo
che
aveva
azzeccato
in
pieno
i
risultati
e
dato
ad
essi
il
maggior
contributo
:
il
nostro
.
E
un
'
altra
prova
la
si
era
avuta
poco
prima
quando
,
in
un
dossier
sulle
nuove
tecnologie
per
la
stampa
,
mostraste
quelle
delle
testate
che
le
hanno
adottate
soltanto
a
mezzo
,
dimenticando
-
al
solito
-
la
nostra
,
che
è
stata
la
prima
a
adottarle
interamente
,
ed
è
considerata
la
più
moderna
e
avanzata
.
E
questo
in
una
trasmissione
che
voi
,
con
grande
sussiego
,
gabellate
come
un
modello
di
rigore
scientifico
.
Te
lo
dico
senza
rabbia
perché
a
questo
tentativo
d
'
ignorarci
e
di
ghettizzarci
,
da
parte
delle
forze
politiche
di
cui
voi
non
siete
che
i
trombettieri
,
siamo
abituati
fin
da
quando
nascemmo
.
Non
ci
siete
riusciti
.
E
ora
facciamo
i
conti
.
Sappiamo
benissimo
che
avete
in
mano
uno
strumento
infinitamente
più
potente
del
nostro
.
Ma
sappiamo
altrettanto
bene
ch
'
è
uno
strumento
discreditato
dagli
abusi
che
ne
avete
fatto
e
che
continuate
a
farne
.
Non
vi
temiamo
.
I
nostri
lettori
credono
a
noi
,
non
a
voi
.
StampaQuotidiana ,
Utopia
,
l
'
isola
sconosciuta
della
quale
Tommaso
Moro
descrisse
in
un
famoso
libro
(
1516
)
il
perfetto
governo
e
i
perfetti
costumi
,
ha
dato
e
dà
il
nome
a
ogni
progetto
ideale
di
governo
e
di
costituzione
,
a
ogni
tentativo
di
delineare
la
forma
che
la
società
dovrebbe
assumere
per
garantire
a
tutti
i
suoi
membri
la
più
completa
felicità
.
Quando
Platone
si
fu
convinto
che
il
regime
politico
di
Atene
,
che
aveva
condannato
a
morte
Socrate
,
«
l
'
uomo
più
saggio
e
più
giusto
di
tutti
»
,
non
offriva
speranze
di
miglioramento
,
si
dette
a
costruire
l
'
immagine
di
una
città
ideale
che
fosse
governata
da
filosofi
,
cioè
da
uomini
educati
sull
'
esempio
di
Socrate
;
e
scrisse
la
Repubblica
che
è
la
prima
e
più
famosa
utopia
,
su
cui
tutte
le
altre
si
sono
modellate
.
Ogni
utopia
presenta
l
'
immagine
di
un
mondo
nuovo
,
radicalmente
diverso
da
quello
in
cui
si
è
vissuto
o
si
vive
.
Ma
il
mondo
nuovo
è
anche
la
correzione
o
il
completamento
del
mondo
reale
:
garantisce
l
'
eliminazione
delle
ingiustizie
e
degli
errori
che
questo
presenta
,
la
conciliazione
dei
suoi
conflitti
,
l
'
appagamento
delle
sue
aspirazioni
.
Tommaso
Moro
,
vedendo
i
contadini
inglesi
scacciati
dalle
campagne
(
che
venivano
trasformate
in
pascoli
di
montoni
per
la
produzione
della
lana
)
e
ridotti
all
'
accattonaggio
o
alla
ruberia
,
vagheggiava
l
'
abolizione
della
proprietà
privata
;
come
vagheggiava
la
più
completa
libertà
religiosa
in
opposizione
all
'
intolleranza
che
affliggeva
la
società
del
suo
tempo
.
I
socialisti
utopisti
della
prima
metà
dell
'
'800
(
Saint
-
Simon
,
Fourier
,
Proudhon
)
,
che
avevano
l
'
occhio
alla
rivoluzione
industriale
che
si
profilava
nella
società
del
tempo
,
vagheggiavano
un
'
organizzazione
sociale
che
portasse
a
compimento
quella
rivoluzione
e
insieme
ne
evitasse
i
malanni
.
E
lo
stesso
Marx
,
che
criticava
il
socialismo
utopistico
e
vedeva
nello
sviluppo
della
struttura
economica
la
sola
forza
determinante
delle
trasformazioni
sociali
,
additava
come
termine
ultimo
di
queste
trasformazioni
una
«
società
senza
classi
»
che
eliminasse
la
lotta
e
l
'
alienazione
della
società
industriale
.
Esistono
utopie
rivoluzionarie
e
utopie
conservatrici
,
utopie
che
vogliono
cambiare
il
mondo
dalle
fondamenta
e
utopie
che
vogliono
ripristinarlo
in
qualche
vecchia
forma
o
conservarlo
nella
sua
struttura
attuale
,
ritenuta
perfetta
o
imperfezionabile
.
Le
une
pretendono
indirizzare
verso
un
termine
fisso
i
mutamenti
sociali
,
le
altre
pretendono
fermare
questi
mutamenti
o
indirizzarli
all
'
indietro
.
Ma
in
tutti
i
casi
l
'
utopia
mira
a
correggere
la
situazione
attuale
,
a
presentare
un
modello
unico
e
semplice
cui
la
società
dovrebbe
adeguarsi
per
raggiungere
la
sua
forma
perfetta
.
Non
è
un
'
obiezione
sufficiente
contro
l
'
utopia
la
sua
irrealizzabilità
.
Un
sociologo
tedesco
(
Karl
Mannheim
)
ha
definito
anzi
«
utopia
»
ogni
idea
che
tende
a
trasformare
l
'
ordine
esistente
e
in
qualche
misura
ci
riesce
;
e
l
'
ha
distinta
dall
'
ideologia
che
non
riesce
mai
ad
attuare
i
suoi
progetti
.
Da
questo
punto
di
vista
,
l
'
utopia
appare
irrealizzabile
solo
ai
gruppi
sociali
che
si
oppongono
ad
essa
:
un
'
utopia
rivoluzionaria
sembra
irrealizzabile
ai
gruppi
conservatori
,
un
'
utopia
conservatrice
sembra
irrealizzabile
agli
innovatori
.
Certamente
,
l
'
utopia
assume
,
il
più
delle
volte
,
la
forma
di
un
sogno
favoloso
,
di
un
paradiso
perduto
o
da
conquistare
,
di
un
'
evasione
dalle
strettoie
del
presente
verso
il
passato
o
l
'
avvenire
.
Ma
è
anche
vero
che
l
'
utopia
esercita
o
può
esercitare
una
funzione
direttiva
e
orientativa
delle
trasformazioni
sociali
;
che
ciò
che
appare
come
«
utopistico
»
in
un
'
epoca
diventa
talvolta
realtà
in
epoca
diversa
;
e
che
ciò
che
è
«
realizzabile
»
o
«
non
realizzabile
»
,
non
è
determinabile
una
volta
per
tutte
e
in
base
a
un
criterio
assoluto
.
Dall
'
altro
lato
,
la
perfezione
attribuita
all
'
utopia
è
spesso
solo
apparente
.
Difficilmente
l
'
utopia
riesce
a
tener
presente
l
'
intera
situazione
dell
'
uomo
nel
mondo
:
spesso
s
'
impegna
a
prospettare
una
modifica
della
società
che
dovrebbe
salvare
la
società
stessa
dai
mali
che
all
'
utopista
appaiono
più
gravi
e
diffusi
.
Perciò
accade
che
,
in
ogni
disegno
utopistico
,
alcuni
valori
umani
siano
trascurati
o
ignorati
a
vantaggio
di
altri
,
riconosciuti
come
i
soli
importanti
.
Certe
utopie
esaltano
la
libertà
a
scapito
della
giustizia
,
altre
esaltano
la
giustizia
a
scapito
della
libertà
.
Alcune
mettono
sopra
ogni
cosa
il
benessere
,
altre
i
valori
morali
;
alcune
vogliono
la
supremazia
della
tecnica
,
altre
quella
della
religione
.
Ma
in
generale
ogni
utopia
dà
per
scontato
tre
cose
:
l
'
uniformità
delle
aspirazioni
umane
,
l
'
immutabilità
delle
istituzioni
e
la
saggezza
infallibile
dei
governanti
.
Queste
tre
cose
non
esistono
sulla
terra
.
Le
aspirazioni
umane
sono
irriducibilmente
diverse
e
spesso
in
conflitto
tra
loro
;
le
istituzioni
sono
sempre
sottoposte
al
logorio
e
alla
trasformazione
e
anche
lo
sforzo
di
conservarle
finisce
per
modificarle
.
E
i
governanti
sono
raramente
saggi
,
mai
infallibili
.
Ma
il
carattere
che
soprattutto
distingue
l
'
utopia
dal
pensiero
politico
positivo
,
è
la
sua
pretesa
totalitaria
.
Lo
schema
,
in
cui
essa
consiste
,
dovrebbe
inquadrare
e
reggere
la
vita
di
tutto
il
genere
umano
per
tutti
i
tempi
.
Essa
ignora
o
trascura
il
fatto
fondamentale
che
i
problemi
che
concernono
la
vita
umana
nel
mondo
sono
suscettibili
di
soluzioni
diverse
,
e
che
la
scelta
tra
queste
soluzioni
è
e
deve
rimanere
aperta
.
L
'
utopia
si
ispira
costantemente
alla
vecchia
idea
millenaristica
di
una
soluzione
definitiva
,
dopo
la
quale
non
vi
saranno
problemi
.
Essa
intende
far
leva
sulla
storia
e
sulle
sue
incessanti
trasformazioni
per
immobilizzare
la
storia
stessa
in
istituzioni
definitive
,
non
più
trasformabili
.
È
portata
perciò
a
prevedere
un
complesso
di
accorgimenti
che
garantiscano
l
'
immutabilità
dell
'
ordine
finale
e
a
sopravvalutare
la
forza
delle
leggi
o
della
costrizione
politica
per
la
garanzia
di
quell
'
ordine
.
Ogni
utopia
prospetta
una
forma
di
assolutismo
politico
e
ha
la
pretesa
di
rendere
gli
uomini
liberi
e
felici
anche
loro
malgrado
.
Questa
pretesa
costituisce
l
'
aspetto
più
pericoloso
e
urtante
della
mentalità
utopistica
.
Noi
sappiamo
oggi
che
essa
è
completamente
infondata
.
Le
leggi
,
l
'
educazione
,
le
forze
conformistiche
o
costrittrici
di
qualsiasi
genere
possono
determinare
in
larga
misura
il
comportamento
degli
uomini
,
ma
non
possono
infondere
alla
creta
umana
uno
spirito
nuovo
che
duri
nei
secoli
.
L
'
azione
di
quelle
forze
,
costrette
ad
affrontare
sempre
nuove
difficoltà
,
deve
,
per
essere
efficace
,
prendere
nuove
iniziative
,
trovare
nuove
vie
,
inventare
nuovi
procedimenti
;
e
questo
si
può
ottenere
solo
facendo
appello
a
quella
stessa
irriducibile
diversità
e
ricchezza
dei
talenti
,
delle
aspirazioni
e
delle
capacità
umane
,
che
esse
dovrebbero
reprimere
.
Si
dice
che
le
giovani
generazioni
sono
completamente
aliene
da
ogni
sogno
utopistico
e
che
la
loro
mentalità
è
fredda
e
realistica
.
Se
è
così
(
come
parrebbe
da
certi
indizi
)
,
si
tratta
di
una
vera
fortuna
.
L
'
utopia
non
è
oggi
un
aiuto
,
ma
un
ostacolo
alla
ricerca
di
soluzioni
felici
e
durature
dei
nostri
problemi
sociali
e
politici
.
Queste
soluzioni
vanno
oggi
cercate
sulla
base
dei
dati
messi
a
nostra
disposizione
dalle
discipline
scientifiche
e
in
vista
dello
scopo
di
offrire
a
ciascun
membro
del
corpo
sociale
maggiori
opportunità
di
scelte
.
Non
l
'
eliminazione
delle
scelte
o
il
loro
appiattimento
uniforme
in
uno
schema
di
perfezione
fittizia
,
ma
l
'
estensione
delle
scelte
al
massimo
numero
possibile
di
persone
e
la
loro
ricchezza
e
varietà
,
può
essere
oggi
la
direttiva
generale
di
un
pensiero
politico
e
sociale
efficace
.
L
'
utopia
può
incoraggiare
il
fanatismo
o
l
'
entusiasmo
fittizio
,
non
ispirare
la
ricerca
paziente
delle
soluzioni
,
la
loro
messa
a
prova
e
la
loro
correzione
eventuale
.
E
soprattutto
può
far
dimenticare
che
tutti
i
vantaggi
che
la
società
umana
può
conseguire
nel
suo
complesso
hanno
un
loro
prezzo
di
rinunce
e
di
limitazioni
;
e
che
gli
uomini
non
debbono
attenderseli
,
come
un
dono
,
dall
'
avvento
di
un
'
utopia
qualsiasi
,
ma
soltanto
dalla
loro
intelligenza
e
dal
loro
lavoro
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Doldi
,
non
so
se
mi
sono
spiegato
male
io
,
o
se
mi
ha
capito
male
lei
.
Io
non
ho
sminuito
affatto
,
né
intendevo
sminuire
,
la
tradizione
della
Chiesa
.
Solo
un
cretino
o
un
analfabeta
potrebbe
farlo
.
E
'
una
tradizione
immensa
.
Ma
non
venga
a
dirmi
che
è
una
tradizione
«
nazionale
»
:
la
Chiesa
sarebbe
la
prima
a
offendersene
,
perché
se
c
'
è
un
'
istituzione
di
carattere
universale
e
quindi
allergica
a
identificarsi
con
una
«
nazione
»
è
proprio
la
Chiesa
.
E
contro
di
essa
,
quando
il
protestantesimo
ne
ruppe
l
'
unità
,
che
si
formarono
le
nazioni
.
Non
lo
dico
io
,
lo
dice
la
Storia
,
e
anzi
questo
è
uno
dei
pochi
punti
su
cui
tutti
gli
storici
sono
d
'
accordo
.
Si
dividono
sul
giudizio
da
dare
di
questo
processo
,
che
secondo
qualcuno
fu
un
gran
bene
,
secondo
qualche
altro
un
gran
male
.
Ma
il
processo
nessuno
lo
contesta
.
Altra
sua
affermazione
che
non
posso
accettare
è
che
la
vera
tradizione
italiana
è
quella
cristiana
.
A
parte
il
fatto
che
c
'
è
anche
quella
classica
pre
-
cristiana
e
pagana
di
Roma
,
la
sua
è
una
definizione
che
non
definisce
nulla
perché
cristiano
è
tutto
il
mondo
civile
.
Mi
scusi
,
ma
ho
l
'
impressione
che
lei
faccia
una
grossa
confusione
di
concetti
.
Cattolici
,
in
Italia
,
siamo
tutti
,
o
quasi
tutti
.
Lo
erano
anche
-
e
alcuni
strettamente
osservanti
e
praticanti
-
i
pochi
animosi
che
fecero
l
'
Italia
(
il
generale
Cadorna
,
dopo
aver
ordinato
ai
suoi
cannoni
il
fuoco
su
Porta
Pia
,
andò
in
chiesa
a
chiedere
perdono
a
Dio
)
.
Ma
non
c
'
è
dubbio
ch
'
essi
s
'
ispiravano
a
una
concezione
«
laica
»
dello
Stato
unitario
nazionale
,
nel
senso
che
lo
volevano
sovrano
,
e
non
tributario
della
Chiesa
,
come
già
lo
era
in
tutti
gli
altri
Paesi
cattolici
dell
'
Occidente
.
Contro
questi
animosi
stavano
non
i
cattolici
,
ma
i
«
clericali
»
che
volevano
mantenere
l
'
Italia
divisa
per
salvare
lo
Stato
temporale
della
Chiesa
.
E
non
c
'
è
oggi
storico
serio
,
anche
se
di
assoluta
ortodossia
cattolica
,
il
quale
non
riconosca
che
l
'
ostinazione
della
Chiesa
a
difendere
i
suoi
Stati
fu
un
grave
errore
.
Comunque
,
che
gli
artefici
del
Risorgimento
-
sia
quelli
che
militarono
sotto
le
bandiere
dei
Savoia
,
sia
sotto
quelle
di
Mazzini
e
Garibaldi
-
volessero
uno
Stato
di
modello
occidentale
laico
,
anche
quelli
che
andavano
regolarmente
a
messa
e
si
confessavano
,
nessuno
può
metterlo
in
dubbio
.
E
vilipendere
questi
uomini
,
che
ebbero
certamente
i
loro
difetti
e
miserie
,
ma
che
popolarono
le
galere
e
le
forche
per
fare
dell
'
Italia
una
nazione
,
non
è
da
cattolico
,
ma
da
clericale
.
La
tradizione
«
nazionale
»
è
roba
loro
e
dei
due
partiti
che
ne
hanno
raccolto
l
'
eredità
:
il
liberale
e
il
repubblicano
.
Il
resto
o
è
merce
di
Chiesa
,
che
è
grandissima
merce
,
ma
di
carattere
universale
,
non
nazionale
;
o
merce
d
'
importazione
,
come
il
socialismo
e
i
suoi
derivati
che
discendono
da
Marx
e
da
ideologie
internazionaliste
.
Noi
siamo
in
pochi
,
e
per
di
più
divisi
e
litigiosi
.
Ma
erano
in
pochi
anche
quelli
,
dai
quali
ci
vantiamo
di
discendere
,
che
fecero
il
Risorgimento
senza
e
qualche
volta
contro
tutti
gli
altri
italiani
;
e
che
poi
amministrarono
lo
Stato
un
pochino
meglio
di
come
lo
si
amministra
oggi
.
Se
lei
non
è
convinto
,
si
ripassi
la
Storia
.
E
vedrà
che
,
da
chiunque
scritta
,
conferma
quello
che
dico
io
.
StampaQuotidiana ,
Nei
miti
degli
antichi
poeti
e
filosofi
,
lo
stato
perfetto
di
pace
è
situato
al
principio
della
storia
umana
nel
mondo
.
Esiodo
lo
considerava
proprio
dell
'
età
dell
'
oro
in
cui
gli
uomini
vivevano
come
divinità
beate
,
liberi
da
inquietudini
e
da
malanni
,
nel
godimento
di
beni
sovrabbondanti
:
e
considerava
le
età
successive
come
un
graduale
decadimento
da
quello
stato
di
perfezione
.
Platone
narra
nel
Critia
il
preludio
della
prima
grande
guerra
mondiale
:
quella
fra
l
'
Atlantide
e
il
resto
del
mondo
capeggiato
dalla
Grecia
;
guerra
divenuta
inevitabile
quando
,
trascorsa
l
'
età
degli
dèi
,
nella
quale
questi
governavano
sugli
uomini
come
pastori
eccellenti
,
e
l
'
età
degli
eroi
,
autori
di
imprese
leggendarie
,
una
stirpe
di
uomini
avidi
e
brutali
rese
la
pace
impossibile
.
In
questi
miti
,
l
'
aspirazione
costante
degli
uomini
ad
una
vita
felice
,
non
funestata
da
violenze
e
da
guerre
,
assumeva
la
forma
del
rimpianto
di
un
paradiso
perduto
,
della
nostalgia
per
un
'
età
passata
e
conclusa
,
che
non
può
ritornare
.
Nei
moderni
,
la
stessa
aspirazione
assume
la
forma
dell
'
attesa
o
della
speranza
di
un
avvenire
più
o
meno
lontano
.
Il
mito
è
capovolto
nel
tempo
.
La
pace
non
è
più
in
un
lontano
passato
ma
in
un
avvenire
di
cui
esistono
già
i
segni
o
l
'
annunzio
.
Le
speranze
millenarie
dei
cristiani
,
le
forme
diverse
della
sempre
risorgente
utopia
,
le
ideologie
politiche
e
i
progetti
dei
filosofi
hanno
sempre
prospettato
la
pace
come
l
'
esito
finale
della
storia
,
la
fase
ultima
nella
quale
la
vicenda
di
orrori
,
di
violenze
e
di
guerre
avrà
termine
per
sempre
e
sarà
sostituita
da
una
specie
di
regno
di
Dio
sulla
terra
.
La
prima
guerra
mondiale
apparve
a
buona
parte
dell
'
opinione
pubblica
come
«
la
guerra
che
porrà
fine
a
tutte
le
guerre
»
.
E
le
dure
smentite
dei
fatti
non
sempre
indeboliscono
questa
speranza
.
Gettato
in
un
mondo
in
cui
la
sua
sorte
è
messa
continuamente
in
pericolo
,
l
'
uomo
proietta
nell
'
immagine
di
un
passato
lontano
o
di
un
avvenire
più
o
meno
prossimo
il
primo
bisogno
della
sua
natura
:
quello
di
una
pace
senza
minacce
.
Lo
stato
di
pace
può
essere
posto
al
principio
della
storia
o
al
termine
di
essa
,
può
essere
oggetto
di
rimpianto
nostalgico
o
di
attesa
messianica
;
ma
i
suoi
caratteri
sono
gli
stessi
.
È
un
idillio
perpetuo
nel
quale
le
ambizioni
smodate
e
la
volontà
di
potenza
di
persone
e
di
gruppi
sono
state
superate
per
sempre
;
in
cui
non
c
'
è
più
l
'
antagonismo
,
la
competizione
,
la
lotta
,
l
'
urto
degli
interessi
,
il
contrasto
delle
passioni
.
È
uno
stato
di
perfezione
in
cui
tacciono
per
sempre
i
conflitti
di
cui
pare
sia
intessuta
la
vita
quotidiana
degli
uomini
.
La
pace
,
ha
scritto
Whitehead
,
è
«
l
'
armonia
delle
armonie
che
placa
la
turbolenza
distruttiva
e
completa
la
civiltà
»
.
Spesso
i
filosofi
hanno
sollevato
obbiezioni
contro
una
pace
così
intesa
.
Eraclito
,
il
più
pessimista
dei
filosofi
dell
'
antica
Grecia
,
ad
Omero
che
aveva
detto
«
Possa
la
discordia
sparire
fra
gli
De
'
i
e
fra
gli
uomini
»
,
rispondeva
:
«
Omero
non
s
'
accorge
che
prega
per
la
distruzione
dell
'
universo
:
se
la
sua
preghiera
fosse
esaudita
,
tutte
le
cose
perirebbero
»
.
Hegel
diceva
:
«
Come
il
movimento
dei
venti
preserva
il
mare
dalla
putrefazione
nella
quale
lo
ridurrebbe
una
quiete
durevole
,
così
ridurrebbe
i
popoli
alla
putrefazione
una
pace
durevole
o
anzi
perpetua
»
.
Ed
è
certo
che
il
raggiungimento
di
una
pace
resa
definitiva
e
totale
per
l
'
assoluta
esclusione
di
ogni
elemento
di
conflitto
e
di
latta
,
supporrebbe
una
trasformazione
completa
degli
esseri
umani
,
un
capovolgimento
altrettanto
totale
della
loro
natura
.
Questa
trasformazione
è
certo
improbabile
perché
nessun
elemento
positivo
,
nessun
fatto
può
esserne
interpretato
come
il
preannuncio
.
Ciò
che
sappiamo
dell
'
uomo
,
ciò
che
ci
dicono
di
lui
le
discipline
antropologiche
,
storiche
e
sociali
e
la
stessa
filosofia
non
ci
autorizza
a
credere
che
l
'
uomo
sia
sulla
via
di
una
trasfigurazione
totale
che
da
essere
limitato
e
imperfetto
lo
trasformi
in
un
semidio
o
in
un
'
anima
disincarnata
.
La
pace
assoluta
e
definitiva
appare
oggi
alla
fredda
e
lucida
mentalità
dell
'
uomo
moderno
come
un
semplice
sogno
.
Certo
,
è
un
nobile
sogno
;
e
,
come
diceva
Calderón
,
sia
nel
sogno
che
nella
veglia
certe
cose
sono
preferibili
ad
altre
.
Ma
la
questione
cruciale
non
è
quella
circa
la
nobiltà
o
la
bellezza
del
sogno
;
è
quella
circa
la
sua
funzione
.
Può
il
sogno
della
pace
perpetua
contribuire
alla
pace
?
Coloro
che
attribuiscono
al
mito
una
funzione
direttiva
nella
storia
degli
uomini
risponderebbero
certo
di
sì
.
Ma
la
credenza
nel
mito
è
fragile
perché
cede
al
primo
urto
della
realtà
e
dopo
di
sé
lascia
il
vuoto
.
Nella
civiltà
contemporanea
,
fondata
com
'
è
,
in
tutti
i
livelli
,
sull
'
esercizio
dell
'
intelligenza
,
il
mito
è
ancora
più
fragile
.
Inoltre
-
ed
è
la
considerazione
fondamentale
-
il
mito
della
pace
assoluta
incoraggia
il
fanatismo
.
La
pace
totale
può
venire
solo
dopo
l
'
ultima
guerra
totale
:
dopo
la
distruzione
di
tutti
i
«
nemici
»
,
dopo
l
'
eliminazione
dell
'
ultimo
dissidente
,
quando
un
unico
sistema
di
credenze
,
un
unico
modo
di
vivere
si
sarà
stabilito
fra
gli
uomini
,
e
verrà
tolto
di
mezzo
ogni
contrasto
,
ogni
dissenso
e
ogni
competizione
.
Quale
giustificazione
migliore
per
una
guerra
di
sterminio
della
prospettiva
che
essa
condurrà
finalmente
alla
pace
definitiva
?
L
'
insegna
di
ogni
fanatismo
è
proprio
questa
:
sterminate
i
vostri
nemici
senza
pietà
;
dopo
,
vivrete
tranquilli
.
Fuori
del
mito
e
del
fanatismo
,
per
un
'
intelligenza
che
voglia
onestamente
comprendere
la
realtà
delle
cose
umane
,
la
guerra
e
la
pace
possono
essere
considerate
tra
loro
nello
stesso
rapporto
in
cui
stanno
la
salute
e
la
malattia
.
Lo
stato
di
salute
,
la
sanità
dell
'
uomo
normale
,
non
è
una
situazione
originaria
o
finale
,
permanente
o
definitiva
,
ma
la
capacità
dell
'
organismo
di
controllare
,
regolare
e
vincere
gli
assalti
della
malattia
.
«
La
minaccia
della
malattia
»
ha
scritto
un
medico
famoso
«
è
uno
dei
costituenti
della
salute
.
»
Ciò
vuol
dire
che
la
salute
è
un
equilibrio
instabile
,
mantenuto
o
raggiunto
contro
la
minaccia
di
rotture
eventuali
.
Questo
vale
sia
per
la
salute
fisica
che
per
quella
mentale
:
la
quale
consiste
anch
'
essa
in
un
equilibrio
difficile
,
continuamente
minacciato
e
continuamente
ristabilito
contro
innumerevoli
occasioni
di
disturbo
.
I
rimedi
che
la
medicina
appresta
non
sono
magici
esorcismi
che
mettono
le
malattie
completamente
fuori
questione
;
sono
aiuti
offerti
all
'
organismo
per
rafforzare
quei
poteri
di
correzione
e
regolazione
che
lo
mettono
in
grado
di
resistere
agli
assalti
del
male
.
Ma
questi
assalti
continuano
.
Allo
stesso
modo
,
lo
stato
di
pace
cui
l
'
umanità
può
aspirare
non
è
la
cessazione
definitiva
delle
minacce
di
guerra
,
ma
la
disponibilità
di
mezzi
adatti
a
fronteggiare
queste
minacce
.
La
coesistenza
di
civiltà
e
di
modi
di
vita
diversi
,
le
differenze
di
religione
e
di
costume
,
le
competizioni
tra
individui
e
gruppi
,
i
contrasti
di
interessi
,
non
sono
condizioni
di
cui
si
possa
prevedere
l
'
annullamento
;
e
d
'
altronde
senza
quelle
condizioni
l
'
umanità
si
ridurrebbe
a
una
massa
piatta
ed
amorfa
senza
possibilità
creative
,
senza
alternative
di
vita
,
perciò
destinata
a
una
lenta
agonia
.
Ma
da
quella
molteplicità
,
da
quei
contrasti
e
competizioni
nascono
continuamente
problemi
che
,
se
non
sono
affrontati
per
tempo
,
si
incancreniscono
e
possono
condurre
a
esplosioni
violente
.
La
pratica
effettiva
della
tolleranza
,
le
libertà
civili
,
la
sostituibilità
delle
gerarchie
politiche
,
il
compromesso
degli
interessi
contrastanti
,
lo
scambio
di
uomini
e
di
idee
tra
paesi
diversi
,
sono
alcuni
degli
strumenti
di
cui
l
'
umanità
dispone
per
superare
le
minacce
di
guerra
.
Le
istituzioni
internazionali
o
soprannazionali
si
fondano
appunto
su
quegli
strumenti
.
Ma
si
tratta
ancora
cli
strumenti
imperfetti
,
la
cui
messa
a
punto
implica
da
parte
di
ogni
uomo
o
gruppo
umano
,
limitazioni
,
rinunzie
e
sacrifici
.
È
più
facile
,
certo
,
vivere
nella
cieca
attesa
di
un
domani
totalmente
pacifico
anziché
contribuire
giorno
per
giorno
a
rafforzare
atteggiamenti
,
convinzioni
,
istituzioni
,
che
possono
risparmiare
agli
uomini
rischi
di
guerre
.
La
magia
promette
sempre
assai
più
della
scienza
.
Ma
solo
la
ricerca
paziente
arriva
,
da
ultimo
,
a
dare
alla
umanità
qualche
beneficio
permanente
.
È
verità
antica
che
nessun
uomo
può
essere
salvato
contro
la
propria
volontà
.
La
razionalizzazione
dei
rapporti
umani
,
dalla
quale
dipende
la
vittoria
della
pace
sulla
guerra
,
è
un
compito
che
non
può
essere
limitato
a
una
parte
sola
dell
'
umanità
,
mentre
l
'
altra
sta
ad
aspettarne
i
benefici
.
Finché
l
'
umanità
avrà
zone
di
ombra
in
cui
quella
razionalizzazione
non
riesce
a
penetrare
-
come
accade
ora
un
po
'
dappertutto
-
l
'
umanità
non
avrà
raggiunto
la
sua
sanità
morale
,
non
sarà
in
grado
di
respingere
ogni
minaccia
di
guerra
.
Questo
non
è
un
elemento
di
sfiducia
ma
di
speranza
;
giacché
l
'
esatta
nozione
di
un
pericolo
è
il
primo
avvio
per
superarlo
.
Non
sono
le
esortazioni
e
le
prediche
moralistiche
,
i
richiami
a
ideali
anche
nobilissimi
,
che
possono
contribuire
sostanzialmente
a
garantire
la
pace
.
C
'
è
un
«
fanatismo
della
pace
»
che
può
essere
altrettanto
pericoloso
del
fanatismo
di
guerra
.
Soltanto
i
mezzi
concreti
che
diffondono
fra
tutti
gli
uomini
il
senso
della
misura
,
del
calcolo
e
dell
'
organizzazione
razionale
dei
loro
interessi
renderanno
capace
l
'
umanità
di
raggiungere
quello
stato
di
sanità
morale
che
le
consentirà
di
superare
le
insorgenti
minacce
di
guerra
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Maccarini
,
ciò
che
lei
dice
è
giusto
.
Ma
a
Burgess
non
si
possono
chiedere
delle
«
analisi
»
,
di
cui
gli
manca
oltre
tutto
la
logica
.
Da
vero
autentico
artista
,
egli
non
procede
per
argomenti
,
ma
per
«
umori
»
,
e
quello
dominante
è
la
collera
.
Burgess
è
contro
gl
'
inglesi
perché
è
mezzo
irlandese
.
E
'
contro
gl
'
irlandesi
perché
è
mezzo
inglese
.
E
'
contro
gli
americani
perché
è
europeo
fino
alla
cima
dei
capelli
.
Ma
è
anche
contro
gli
europei
perché
si
lasciano
americanizzare
.
E
'
contro
i
protestanti
perché
è
cattolico
.
Ma
protesta
contro
i
cattolici
perché
non
lo
sono
a
modo
suo
.
Protesta
anche
,
credo
,
contro
Gesù
Cristo
perché
non
è
abbastanza
Burgess
come
lui
lo
vorrebbe
e
descrive
(
vedi
L
'
Uomo
di
Nazareth
,
che
io
considero
un
capolavoro
)
.
E
quindi
non
gli
si
può
chiedere
l
'
oggettività
(
falsa
)
del
sociologo
o
del
politologo
,
due
categorie
di
persone
alle
quali
egli
farebbe
volentieri
fare
la
fine
delle
streghe
di
Harlem
.
Ma
sotto
i
suoi
sghignazzanti
impeti
di
furore
ci
sono
,
guizzanti
e
accecanti
come
folgori
,
delle
intuizioni
che
non
mancano
mai
il
bersaglio
e
lo
illuminano
in
poche
frasi
meglio
di
quanto
potrebbe
fare
un
intero
trattato
.
Ce
n
'
erano
anche
in
quella
sua
ruggente
presa
di
posizione
contro
l
'
Europa
,
che
noi
non
condividiamo
.
Ma
il
bello
è
che
non
la
condivide
nemmeno
Burgess
.
Il
quale
constata
che
gli
europei
non
sono
capaci
di
fare
l
'
Europa
,
ma
lo
constata
con
rabbia
perché
vorrebbe
che
lo
fossero
.
E
uno
di
quegli
scrittori
-
di
getto
,
gagliardi
,
tutto
muscoli
-
che
quando
crede
di
dare
un
bacio
dà
un
morso
.
E
proprio
per
questo
mi
va
tanto
a
sangue
.
Domani
potrebbe
scrivere
un
articolo
sferzante
contro
il
Giornale
e
contro
me
.
E
io
glielo
pubblicherei
.
StampaQuotidiana ,
Esistono
razze
umane
superiori
destinate
ad
avere
nella
storia
un
ruolo
preponderante
?
Anche
dopo
le
tragiche
esperienze
della
seconda
guerra
mondiale
,
che
hanno
mostrato
il
carattere
micidiale
del
razzismo
,
la
credenza
nella
superiorità
di
una
razza
sull
'
altra
persiste
in
vasti
strati
dell
'
umanità
e
rischia
di
insorgere
,
come
mezzo
di
difesa
o
di
offesa
,
anche
in
gruppi
etnici
che
di
quella
credenza
sono
stati
finora
le
vittime
.
Quando
Gobineau
scriveva
,
verso
la
metà
dell
'
'800
,
il
suo
Saggio
sull
'
ineguaglianza
delle
razze
umane
,
insisteva
sulla
differenza
delle
attitudini
proprie
delle
tre
razze
umane
(
la
nera
,
la
gialla
,
la
bianca
)
,
sulla
superiorità
delle
attitudini
della
razza
bianca
e
sul
pericolo
,
cui
questa
andava
incontro
,
di
perdere
tale
superiorità
con
il
suo
mescolarsi
con
le
altre
razze
.
Su
tali
capisaldi
si
fonda
in
un
modo
o
nell
'
altro
ogni
dottrina
razzista
.
Essi
costituiscono
un
rigoroso
determinismo
razziale
.
Ogni
razza
possiede
una
certa
costituzione
anatomica
o
fisiologica
;
questa
costituzione
determina
le
attitudini
di
cui
la
razza
è
provvista
;
e
queste
attitudini
determinano
ciò
che
la
razza
è
capace
di
fare
e
di
creare
in
tutti
i
campi
della
sua
attività
.
Solo
la
razza
bianca
ha
attitudini
per
la
scienza
,
per
l
'
arte
,
per
l
'
ordine
giuridico
e
politico
:
pertanto
la
sua
mescolanza
con
le
altre
razze
non
può
che
diminuire
tali
attitudini
e
produrre
inevitabilmente
la
decadenza
della
civiltà
che
su
di
esse
si
fonda
.
Sappiamo
oggi
che
questo
edificio
è
fondato
su
basi
d
'
argilla
.
La
biologia
e
l
'
antropologia
lo
smentiscono
.
Il
concetto
di
razza
è
soltanto
un
espediente
classificatorio
per
distinguere
i
vari
gruppi
umani
sulla
base
di
caratteristiche
fisiche
che
possono
essere
trasmesse
per
eredità
,
come
il
colore
della
pelle
,
la
statura
,
la
forma
della
testa
,
della
faccia
e
del
naso
e
via
dicendo
.
Non
esistono
attitudini
che
siano
necessariamente
appannaggio
di
una
razza
determinata
,
perciò
non
esiste
una
superiorità
razziale
.
La
prevalenza
di
certe
capacità
negli
individui
di
un
gruppo
umano
determinato
è
un
fatto
statistico
,
favorito
da
circostanze
geografiche
,
storiche
e
sociologiche
.
Queste
circostanze
,
insieme
alle
risposte
che
gli
individui
di
un
dato
gruppo
danno
alle
sfide
che
esse
propongono
,
costituiscono
la
civiltà
o
(
come
meglio
si
dice
)
la
cultura
del
gruppo
.
É
la
cultura
che
condiziona
prevalentemente
gli
individui
umani
imprimendo
ad
essi
,
sin
dall
'
infanzia
,
il
suggello
delle
sue
tecniche
,
dei
suoi
modi
di
vita
e
delle
sue
credenze
.
Al
posto
del
concetto
di
razza
,
la
scienza
moderna
privilegia
quello
di
cultura
.
Ma
la
cultura
non
è
un
destino
impresso
nell
'
uomo
dalla
sua
struttura
biologica
;
è
una
creazione
alla
quale
tutti
gli
uomini
più
o
meno
partecipano
.
Esistono
culture
superiori
destinate
ad
avere
nella
storia
un
ruolo
preponderante
?
La
stessa
domanda
che
ha
perduto
il
suo
senso
per
ciò
che
riguarda
la
razza
,
lo
riacquista
se
riferita
alla
cultura
.
Le
culture
umane
sono
numerose
(
si
contano
a
migliaia
)
,
e
ognuna
di
esse
consiste
in
un
modo
particolare
di
risolvere
i
problemi
dell
'
uomo
;
è
un
insieme
più
o
meno
organizzato
di
modi
di
vivere
e
di
lavorare
,
di
credenze
e
di
istituzioni
.
Ognuna
di
esse
consente
a
un
gruppo
umano
di
sopravvivere
,
almeno
finché
persistono
le
condizioni
alle
quali
è
adeguata
:
ma
alcune
appaiono
più
attrezzate
ad
affrontare
l
'
imprevedibilità
delle
circostanze
.
Tale
è
appunto
la
nostra
cultura
occidentale
.
Non
è
dunque
,
essa
sola
,
destinata
a
prevalere
sulle
altre
e
a
diventare
la
cultura
di
tutto
il
mondo
?
Molti
dei
nostri
lettori
conoscono
,
dagli
articoli
di
Remo
Cantoni
,
che
cosa
è
l
'
etnocentrismo
.
Cantoni
ha
ora
ripubblicato
quegli
articoli
adattandoli
al
contesto
di
un
'
opera
organica
nel
libro
Illusione
e
pregiudizio
che
reca
come
sottotitolo
«
L
'
uomo
etnocentrico
»
.
E
sullo
stesso
argomento
Claude
Lévy
-
Strauss
aveva
pubblicato
per
l
'
Unesco
,
alcuni
anni
fa
,
un
lucido
saggio
,
Razza
e
storia
,
che
ora
dà
il
titolo
a
una
raccolta
di
studi
pubblicati
in
traduzione
italiana
.
Contro
l
'
etnocentrismo
,
cioè
contro
la
credenza
che
al
di
fuori
della
propria
cultura
non
ci
sia
che
la
«
barbarie
»
,
che
il
proprio
modo
di
vivere
sia
il
solo
umano
e
che
l
'
umanità
finisca
dove
termina
il
gruppo
cui
si
appartiene
,
Lévy
-
Strauss
adduce
l
'
argomento
principe
:
questo
è
proprio
il
punto
di
vista
dei
barbari
.
Nella
misura
in
cui
pretendiamo
stabilire
una
discriminazione
tra
le
culture
,
osserva
Lévy
-
Strauss
,
ci
identifichiamo
nel
modo
più
completo
con
quelle
che
cerchiamo
di
negare
.
Il
barbaro
è
,
anzitutto
,
l
'
uomo
che
crede
nella
barbarie
.
Non
è
possibile
dunque
stabilire
nessuna
distinzione
di
valore
,
nessuna
gerarchia
tra
le
culture
?
Sotto
un
certo
rispetto
,
questa
è
la
tesi
di
Lévy
-
Strauss
.
Le
culture
non
costituiscono
nel
loro
complesso
un
'
unica
linea
evolutiva
,
di
cui
ognuna
sia
una
tappa
,
e
che
culmini
nella
cultura
occidentale
come
l
'
evoluzione
zoologica
culmina
nell
'
uomo
.
Le
culture
primitive
non
sono
tappe
arretrate
della
stessa
nostra
cultura
.
Esse
hanno
quasi
sempre
la
stessa
età
della
nostra
:
hanno
soltanto
usato
diversamente
il
tempo
avuto
a
disposizione
.
Il
progresso
cumulativo
delle
culture
non
è
necessario
né
continuo
:
procede
a
balzi
,
per
mutazioni
improvvise
.
É
simile
,
non
a
una
persona
che
sale
una
scala
,
ma
al
giocatore
che
suddivide
la
sua
posta
su
parecchi
dadi
e
spesso
guadagna
sull
'
uno
ciò
che
perde
sull
'
altro
.
Ogni
cultura
porta
al
progresso
cosa
inteso
un
suo
contributo
originale
.
Lo
sforzo
creativo
,
l
'
intelligenza
,
l
'
immaginazione
,
non
sono
privilegi
di
una
sola
cultura
ma
sono
propri
di
tutte
.
Anzi
,
le
società
più
lontane
ed
arcaiche
(
i
cosiddetti
«
selvaggi
»
)
hanno
compiuto
i
progressi
più
decisivi
:
hanno
inventato
l
'
agricoltura
,
l
'
allevamento
,
la
ceramica
,
la
tessitura
e
quelle
arti
civili
che
da
otto
o
diecimila
anni
hanno
subito
solo
perfezionamenti
.
Lévy
-
Strauss
tende
a
ridurre
a
una
semplice
differenza
di
grado
o
di
punto
di
vista
anche
il
contrasto
tra
il
carattere
immobile
e
stazionario
delle
culture
primitive
e
il
carattere
mobile
e
progressivo
della
cultura
occidentale
.
In
realtà
,
le
culture
diverse
dalla
nostra
ci
appaiono
immobili
perché
non
siamo
interessati
al
loro
movimento
,
perché
i
loro
progressi
non
hanno
significato
per
noi
;
o
perché
realizzano
più
lentamente
e
per
vie
traverse
i
nostri
stessi
progressi
.
Da
questo
punto
di
vista
la
civiltà
mondiale
non
può
essere
determinata
e
dominata
da
un
solo
tipo
di
cultura
.
La
civiltà
occidentale
riesce
certo
,
meglio
delle
altre
,
ad
accrescere
la
quantità
di
energia
disponibile
pro
capite
,
cioè
a
proteggere
e
a
prolungare
la
vita
umana
.
Ma
la
civiltà
mondiale
deve
consistere
nel
mettere
insieme
e
capitalizzare
le
possibilità
che
ogni
cultura
ha
sviluppato
nel
suo
corso
;
suppone
dunque
la
coesistenza
e
la
collaborazione
tra
le
varie
culture
e
la
salvezza
dei
loro
caratteri
originali
.
«
Cultura
mondiale
»
è
un
concetto
limite
,
una
norma
da
seguire
per
realizzare
,
nella
tolleranza
e
nella
comprensione
reciproca
,
la
collaborazione
tra
le
culture
più
diverse
.
Lévy
-
Strauss
non
si
nasconde
il
pericolo
che
,
via
via
che
le
culture
escono
dal
loro
isolamento
relativo
e
collaborano
insieme
,
la
diversità
iniziale
tenda
ad
attenuarsi
per
dar
luogo
a
un
'
uniformità
crescente
di
atteggiamenti
,
di
tecniche
,
di
modi
di
vita
.
Ma
ritiene
che
,
in
ogni
caso
,
il
dovere
dell
'
umanità
è
da
un
lato
quello
di
non
adagiarsi
in
un
unico
modo
di
vita
che
la
renderebbe
una
massa
amorfa
,
e
,
dall
'
altro
,
di
far
coesistere
i
modi
di
vita
diversi
.
Ancora
una
volta
,
da
queste
pagine
di
Lévy
-
Strauss
,
emerge
la
caratteristica
dominante
del
pensiero
e
del
mondo
contemporaneo
:
il
ripudio
dell
'
unità
,
dell
'
uniformità
,
del
sistema
unico
e
dell
'
armonia
definitiva
.
Ancora
una
volta
ci
viene
additato
,
come
sola
via
praticabile
e
non
rovinosa
,
il
pluralismo
dei
modi
di
vivere
e
di
pensare
,
dei
valori
,
degli
atteggiamenti
che
si
possono
assumere
di
fronte
al
mondo
.
Ancora
una
volta
si
fa
appello
alle
possibilità
reali
che
sono
a
nostra
disposizione
e
si
abbandona
la
pretesa
di
possedere
il
sistema
infallibile
che
,
risolve
tutti
i
problemi
.
Certamente
,
si
tratta
di
una
via
lunga
e
difficile
che
è
stata
appena
intrapresa
.
Pochi
ancora
sono
gli
uomini
che
si
rendono
conto
che
l
'
unica
tara
fatale
,
per
le
culture
come
per
gli
individui
,
è
l
'
isolamento
.
Intolleranza
,
fanatismo
,
assolutismo
,
sono
le
manifestazioni
più
vistose
delle
volontà
di
essere
soli
,
di
contare
da
soli
,
di
poter
tutto
fare
da
soli
.
Gli
individui
,
come
le
culture
in
cui
si
raggruppano
,
sono
ancora
troppo
spesso
vittime
,
come
molte
delle
loro
istituzioni
,
della
volontà
d
'
isolamento
.
Vincere
questa
volontà
,
a
tutti
i
livelli
e
in
tutti
i
campi
della
vita
,
è
il
compito
più
urgente
cui
siamo
chiamati
.
StampaQuotidiana ,
Volentieri
,
caro
Robotti
,
purché
non
mi
consideriate
infallibile
.
Intanto
,
noi
non
abbiamo
fatto
oroscopi
.
Abbiamo
semplicemente
espresso
questi
desideri
:
una
toccatina
alla
Dc
che
,
senza
comprometterne
il
primato
,
la
mettesse
in
guardia
dai
pericoli
.
dell
'
accordo
coi
comunisti
;
una
toccatona
al
Pci
che
ne
rintuzzasse
la
baldanza
;
e
un
rafforzamento
dei
partiti
laici
.
Inoltre
abbiamo
,
come
lei
sa
,
proposto
alle
preferenze
degli
elettori
un
centinaio
di
candidati
democristiani
più
o
meno
noti
-
e
alcuni
ignoti
-
di
buona
affidabilità
liberal
-
democratica
e
moderata
.
Questo
non
era
un
oroscopo
.
Era
un
invito
,
al
quale
gli
elettori
hanno
risposto
come
meglio
non
si
poteva
sperare
.
Ma
perché
vi
hanno
risposto
?
Solo
perché
glielo
chiedevamo
noi
?
Questa
è
la
tesi
degli
sconfitti
per
mettere
in
imbarazzo
i
vincitori
.
L
'
on.
Galloni
,
che
per
primo
ha
dovuto
pagare
un
pedaggio
agli
uomini
nuovi
della
Dc
,
i
quali
lo
hanno
rovesciato
dalla
sua
carica
di
capogruppo
,
dice
che
costoro
sono
il
«
partito
del
Giornale
»
.
Ma
lo
dice
solo
per
coalizzare
contro
di
essi
,
facendo
appello
al
«
patriottismo
»
di
partito
-
l
'
unico
patriottismo
ch
'
esse
sentono
-
,
tutte
le
mafie
della
Dc
,
regolarmente
pronte
a
scannarsi
fra
loro
,
ma
su
un
punto
sempre
solidali
,
e
cioè
che
dentro
il
partito
devono
comandare
solo
gli
uomini
di
partito
,
chi
ascolta
altre
voci
è
un
traditore
che
va
messo
al
bando
.
Ma
la
verità
è
un
'
altra
.
Gli
uomini
nuovi
della
Dc
non
sono
affatto
uomini
del
Giornale
.
I
loro
nomi
noi
li
abbiamo
trovati
nelle
liste
compilate
dalla
stessa
Dc
,
che
forse
si
proponeva
di
avviarli
alla
trombatura
.
Noi
li
abbiamo
indicati
alla
preferenza
per
le
garanzie
ch
'
essi
davano
,
non
al
Giornale
,
ma
alla
linea
politica
che
il
Giornale
,
ha
sempre
auspicato
.
Da
quel
momento
il
boccino
è
passato
nella
mano
degli
elettori
.
Sono
loro
che
hanno
fatto
il
gioco
.
Ma
questa
è
una
cosa
che
non
potrà
mai
entrare
nella
testa
di
un
Galloni
.
Non
per
mancanza
d
'
intelligenza
,
perché
Galloni
ne
ha
da
vendere
.
Ma
perché
per
un
uomo
di
mafia
come
lui
,
tipico
frutto
dell
'
«
apparato
»
del
partito
,
è
semplicemente
inconcepibile
che
gli
elettori
possano
decidere
di
loro
testa
,
con
le
preferenze
,
la
linea
politica
del
partito
a
cui
danno
il
voto
.
Secondo
Galloni
,
che
lo
ha
anche
candidamente
detto
ad
una
intervista
ad
un
giornale
romano
,
gli
elettori
hanno
diritto
solo
al
voto
.
Sul
modo
di
amministrarlo
può
decidere
solo
il
partito
.
Ebbene
,
tutto
questo
,
piaccia
o
non
piaccia
all
'
on.
Galloni
,
è
finito
.
Gli
elettori
,
dopo
un
trentennio
di
passività
,
si
sono
resi
conto
che
la
linea
politica
del
partito
sta
ai
dirigenti
attuarla
,
ma
agli
elettori
indicarla
.
Ed
è
a
questo
loro
risveglio
che
noi
abbiamo
dato
contributo
.
Noi
non
ci
illudiamo
affatto
di
avere
«
determinato
»
i
risultati
del
3
e
del
10
giugno
,
però
non
ci
contentiamo
di
averli
solo
predetti
o
previsti
.
Da
cinque
anni
,
cioè
da
quando
siamo
nati
,
noi
lavoriamo
ad
una
ripresa
di
quei
valori
liberal
-
democratici
che
la
classe
politica
sembrava
voler
mandare
definitivamente
in
protesto
,
ma
che
noi
sapevamo
ben
ancorati
nella
coscienza
dei
nostri
lettori
.
E
'
stata
una
battaglia
dura
e
difficile
.
Ma
che
il
mese
scorso
ha
avuto
il
suo
premio
.
Non
abbiamo
«
determinato
»
nulla
.
Ma
crediamo
di
aver
molto
contribuito
a
una
certa
inversione
di
tendenza
:
ed
è
stata
questa
che
ha
portato
ai
risultati
di
giugno
.
A
vincere
non
è
stato
il
Giornale
,
ma
la
linea
politica
per
la
quale
il
Giornale
si
batte
,
quasi
solo
,
da
cinque
anni
.
Se
ora
a
Galloni
fa
comodo
dire
che
dentro
alla
Dc
c
'
è
un
partito
del
Giornale
sottintendendo
che
esso
è
costituito
da
«
traditori
»
della
Dc
,
lo
dica
pure
:
noi
possiamo
anche
ringraziarlo
per
la
pubblicità
che
ci
fa
.
Ma
è
una
solenne
balla
.
A
questo
punto
lei
mi
chiederà
:
«
Ma
allora
la
scommessa
chi
l
'
ha
vinta
?
»
.
Be
'
questo
non
lo
so
.
Ma
se
la
posta
è
,
come
immagino
,
una
cena
,
mettetevi
a
tavola
e
mandatemi
il
conto
:
ve
lo
pago
io
.