StampaQuotidiana ,
In
questa
ultima
convulsa
fase
della
campagna
elettorale
del
13
giugno
-
un
quinto
del
corpo
elettorale
ma
la
macchina
dei
partiti
impegnata
con
tutta
la
pesantezza
degli
slogans
e
tutta
la
aggressività
degli
apparati
-
è
tornata
in
primo
piano
la
polemica
sul
«
dopo
»
,
è
riaffiorata
l
'
ombra
della
verifica
all
'
indomani
del
turno
amministrativo
di
domenica
prossima
.
Verifica
della
volontà
dei
quattro
partiti
di
restare
insieme
:
ha
chiesto
,
non
certo
a
torto
,
l
'
onorevole
Ferri
,
leader
di
un
partito
che
segue
con
crescente
malessere
lo
sviluppo
dei
sintomi
di
scollamento
e
di
disintegrazione
all
'
interno
del
centro
-
sinistra
.
Necessità
di
mantenere
il
quadro
istituzionale
del
quadripartito
,
senza
scosse
e
senza
prove
pericolose
,
almeno
fino
alla
difficile
scadenza
dell
'
elezione
presidenziale
:
ha
risposto
,
con
motivi
almeno
altrettanto
fondati
,
l
'
onorevole
La
Malfa
,
capo
di
un
altro
partito
che
si
è
ispirato
ad
una
costante
regola
di
coerenza
e
di
serietà
e
che
non
manca
di
condividere
le
preoccupazioni
del
Psdi
,
ma
teme
ancora
più
la
lacerazione
della
superstite
solidarietà
democratica
nei
mesi
bloccati
e
paralizzati
del
«
semestre
bianco
»
.
Nessuna
verifica
:
ha
aggiunto
,
da
parte
sua
,
il
vice
-
presidente
De
Martino
,
insistendo
sulla
tesi
socialista
degli
«
equilibri
più
avanzati
»
,
che
degrada
il
centro
-
sinistra
ad
una
formula
interlocutoria
e
di
transizione
,
e
tornando
sullo
spartiacque
delle
riforme
come
solo
criterio
di
divisione
fra
le
forze
politiche
,
indipendentemente
,
si
potrebbe
dire
,
dalla
loro
collocazione
nella
maggioranza
o
nell
'
opposizione
.
Riforme
e
centro
-
sinistra
:
ecco
il
tema
che
in
ogni
caso
,
verifiche
o
meno
,
dominerà
le
settimane
successive
al
13
giugno
.
Ma
quali
riforme
?
E
con
quali
mezzi
?
Una
volta
di
più
l
'
astrattismo
socialista
rischia
di
prevalere
sui
dati
obiettivi
della
realtà
,
condizionata
da
una
recessione
economica
minacciante
tutti
gli
approdi
e
i
traguardi
della
stessa
classe
lavoratrice
.
La
recente
relazione
del
governatore
della
Banca
d
'
Italia
-
relazione
che
gli
stessi
comunisti
hanno
accolto
con
qualche
maggiore
apertura
del
passato
-
indica
i
confini
insuperabili
di
una
politica
economica
che
,
pur
salvaguardando
l
'
impegno
delle
riforme
indispensabili
alla
promozione
della
società
civile
,
non
può
non
preoccuparsi
di
evitare
i
danni
congiunti
della
spirale
inflazionista
e
della
contrazione
produttiva
:
danni
capaci
da
soli
di
travolgere
ogni
riforma
.
Sì
:
perché
l
'
Italia
attraversa
una
fase
-
caso
unico
nel
mondo
occidentale
-
di
tensione
inflazionista
congiunta
ad
un
ristagno
produttivo
.
Carli
è
stato
esplicito
.
L
'
eccezionale
aumento
dei
costi
di
lavoro
non
è
stato
compensato
,
come
pur
avevano
teorizzato
i
vari
Donat
Cattin
nei
mesi
dell
'
autunno
caldo
,
da
un
aumento
di
produttività
.
Anzi
:
la
produzione
industriale
è
diminuita
del
2,6
per
cento
nei
primi
quattro
mesi
dell
'
anno
rispetto
al
periodo
corrispondente
del
1970
:
e
con
un
'
incidenza
di
maggiori
costi
di
lavoro
che
ha
toccato
la
media
del
23
per
cento
,
con
punte
del
27
nelle
industrie
metalmeccaniche
e
del
33
nelle
chimiche
.
Il
nostro
sistema
economico
non
ha
potuto
reagire
agli
aggravi
salariali
con
rapidi
processi
di
razionalizzazione
:
la
capacità
di
utilizzare
meglio
gli
impianti
è
stata
gravemente
compromessa
dalla
«
conflittualità
permanente
»
(
quello
che
succede
alla
Fiat
è
sufficientemente
indicativo
)
e
dalle
forme
di
anarchia
sindacale
,
che
sembrano
trascendere
le
stesse
direttive
delle
tre
confederazioni
.
L
'
aumento
dei
prezzi
tende
a
superare
l
'
aumento
dei
redditi
di
lavoro
.
Si
sviluppano
,
con
ritmo
paurosamente
crescente
,
le
ore
concesse
dalla
Cassa
integrazione
guadagni
.
Le
piccole
e
medie
industrie
,
che
chiedono
protezione
allo
Stato
,
che
sognano
di
essere
«
irizzate
»
o
«
statizzate
»
,
si
moltiplicano
a
vista
d
'
occhio
.
Il
risparmio
ha
paura
:
si
concentra
nelle
banche
,
anche
a
basso
tasso
d
'
interesse
,
e
rifugge
dagli
investimenti
.
La
crisi
della
Borsa
-
l
'
ha
rilevato
acutamente
il
professor
Dell
'
Amore
nelle
osservazioni
successive
alla
relazione
Carli
-
si
identifica
con
una
crisi
dell
'
intero
sistema
di
alimentazione
degli
investimenti
.
La
nostra
competitività
sui
mercati
internazionali
declina
ogni
giorno
.
Gli
scambi
con
l
'
estero
di
beni
e
servizi
,
migliorati
nell
'
ultimo
scorcio
del
1970
,
hanno
presentato
nuovamente
un
saldo
negativo
nel
primo
trimestre
del
'71
.
L
'
edilizia
,
molla
essenziale
dell
'
economia
nazionale
,
non
tira
:
il
Governatore
ha
rivelato
che
molte
gare
di
appalti
pubblici
sono
andate
deserte
,
trovandosi
i
costruttori
nell
'
impossibilità
di
prevedere
la
misura
delle
maggiorazioni
di
costo
durante
il
periodo
di
esecuzione
dei
lavori
.
Le
prospettive
dell
'
occupazione
sono
tutt
'
altro
che
rosee
:
gli
iscritti
alle
liste
di
collocamento
si
sono
accresciuti
di
un
quinto
in
un
anno
e
si
aggrava
l
'
inquietante
fenomeno
della
«
sottoccupazione
»
,
dalle
mille
e
insondabili
facce
,
con
gravi
riflessi
sul
volume
dei
consumi
,
già
contratto
dalla
quotidiana
taglia
inflazionista
.
Incremento
del
reddito
?
In
queste
condizioni
tutte
le
previsioni
del
'71
rischiano
di
essere
vanificate
.
Non
dimentichiamoci
che
l
'
aumento
del
reddito
nazionale
è
stato
del
5,9
per
cento
nel
1969
ed
è
già
sceso
al
5,1
nel
'70
.
Le
previsioni
del
piano
per
il
'71
parlavano
di
un
incremento
minimo
del
4
per
cento
.
Ma
come
raggiungerlo
?
Senza
un
limite
alla
spesa
pubblica
improduttiva
-
quello
che
La
Malfa
ha
chiesto
nuovamente
a
Genova
-
,
senza
un
rilancio
degli
investimenti
nel
settore
privato
,
inseparabili
da
un
clima
di
fiducia
,
tutte
le
anticipazioni
dei
programmatori
sarebbero
destinate
alla
più
crudele
e
beffarda
smentita
.
Altro
che
equilibri
più
avanzati
!
Per
salvare
le
riforme
,
per
attuare
la
nuova
disciplina
della
casa
,
della
sanità
,
della
scuola
,
irrinunciabile
per
le
forze
democratiche
,
occorre
fissare
un
preciso
ordine
di
priorità
,
rinunciare
ad
ogni
facile
fuga
nella
demagogia
.
Le
maggioranze
aperte
,
di
cui
favoleggiano
i
socialisti
,
non
potrebbero
mai
sostenere
gli
sforzi
e
i
sacrifici
necessari
per
un
'
attuazione
realistica
e
graduale
dei
piani
riformatori
.
Piuttosto
che
studiare
le
convergenze
assembleari
o
milazziane
di
domani
,
sempre
e
tutte
condizionate
dal
miraggio
del
Quirinale
,
i
partiti
del
centro
-
sinistra
,
che
sono
«
condannati
»
a
marciare
insieme
almeno
per
tutto
il
corso
di
questa
legislatura
,
dovrebbero
prendere
solenne
impegno
di
non
promuovere
in
nessuna
sede
spese
pubbliche
che
non
siano
dirette
ad
aumentare
gli
investimenti
,
cioè
a
facilitare
la
ripresa
economica
base
delle
riforme
.
È
l
'
esortazione
dei
repubblicani
:
ma
chi
la
raccoglierà
?
Le
pressioni
corporative
e
settoriali
si
intrecciano
e
si
agitano
su
un
esecutivo
che
riflette
tutta
la
debolezza
del
sistema
e
rispecchia
il
travaglio
,
paralizzante
,
dei
partiti
.
Solo
se
il
13
giugno
si
manterrà
l
'
equilibrio
complessivo
delle
forze
democratiche
,
senza
pericolosi
spostamenti
né
a
sinistra
né
a
destra
,
la
prova
di
saggezza
delle
urne
potrà
esercitare
qualche
effetto
positivo
su
una
classe
politica
ogni
giorno
più
staccata
dal
paese
e
ricondurla
a
quello
che
Saragat
ha
chiamato
«
il
massimo
senso
di
responsabilità
»
.
Un
senso
di
responsabilità
di
cui
ci
sarà
particolarmente
bisogno
nei
prossimi
sei
mesi
:
forse
i
più
difficili
del
dopoguerra
.
StampaQuotidiana ,
La
remissione
delle
cariche
da
parte
della
Segreteria
generale
del
Partito
,
e
le
imminenti
dimissioni
della
Giunta
,
ripongono
,
anche
formalmente
,
nelle
decisioni
di
Mussolini
,
come
Capo
del
Partito
,
ogni
risoluzione
della
presente
crisi
,
di
cui
una
manifestazione
è
stata
la
inattesa
espulsione
di
Massimo
Rocca
.
In
queste
condizioni
riteniamo
opportuno
astenerci
da
qualsiasi
pubblica
discussione
,
non
perché
crediamo
non
possano
e
non
debbano
pubblicamente
discutersi
ì
problemi
fondamentali
di
organizzazione
e
di
indirizzo
del
Partito
,
ma
perché
consideriamo
che
,
dovendosi
oggi
giudicare
di
attribuzioni
di
cariche
,
di
potestà
di
organi
,
di
rendimenti
personali
,
ed
essendo
questo
giudizio
devoluto
al
Capo
del
Partito
,
sia
preferibile
far
conoscere
il
proprio
pensiero
,
quando
ciò
sia
ritenuto
utile
,
secondo
le
gerarchie
del
Partito
,
in
obbediente
e
confidente
attesa
delle
deliberazioni
di
Mussolini
,
e
non
in
un
'
aperta
e
logorante
polemica
.
Né
,
del
resto
,
potremmo
indurci
a
partecipare
oggi
proprio
a
questa
ultima
discussione
,
quando
ci
siamo
astenuti
dalla
precedente
,
non
per
difetto
di
preoccupazioni
o
di
convincimenti
per
le
possibilità
di
sviluppo
e
di
diverso
orientamento
del
Partito
,
ma
perché
abbiamo
inteso
il
pericolo
di
traviamenti
personali
e
perché
un
errore
fondamentale
di
impostazione
era
stato
commesso
,
considerando
il
Partito
come
un
imputato
,
passibile
anche
di
condanna
capitale
.
Ci
pareva
poi
,
francamente
,
che
in
primo
piano
fossero
problemi
imponenti
di
politica
internazionale
,
cui
dare
tutta
la
nostra
attenzione
,
quella
appunto
che
abbiamo
data
.
Se
anzi
una
deplorazione
dobbiamo
fare
è
che
,
proprio
in
questo
momento
,
in
cui
l
'
attività
del
Presidente
è
tesa
verso
una
situazione
internazionale
estremamente
complessa
,
e
in
cui
il
Fascismo
deve
volere
che
l
'
Italia
sia
presente
e
attiva
,
per
una
decisa
difesa
dei
suoi
interessi
diretti
,
per
una
volontaria
partecipazione
della
sua
autorità
di
grande
potenza
,
non
si
sia
riusciti
,
alla
vigilia
del
primo
anniversario
della
Marcia
su
Roma
,
ad
impedire
una
parentesi
deviatrice
nella
vita
del
Partito
,
distolto
dalla
coscienza
dei
maggiori
problemi
per
una
polemica
interna
.
E
soprattutto
non
si
sia
riusciti
ad
impedire
che
maturasse
una
crisi
,
la
cui
risoluzione
,
come
sempre
,
finiva
con
essere
rimessa
passivamente
al
Capo
.
Il
quale
così
,
per
responsabilità
che
sono
oramai
generali
,
diffuse
,
di
centro
e
di
periferia
,
vede
ancora
una
volta
invocata
la
sua
autorità
e
potestà
,
per
dirimere
contese
,
quando
invece
il
problema
fondamentale
,
quello
del
governo
,
è
da
lui
ogni
giorno
risoluto
,
e
il
problema
secondario
del
Partito
è
e
resta
sempre
quello
di
secondare
l
'
opera
creativa
di
governo
.
E
certo
nessuno
vorrà
ammettere
che
secondare
significhi
non
offrire
attività
concordi
,
disciplinate
e
devote
,
ma
sottrarre
egoisticamente
,
per
irrequietezza
di
Partito
,
quell
'
attività
superiore
che
Mussolini
deve
dare
all
'
Italia
.
StampaQuotidiana ,
Le
università
popolari
nacquero
in
Italia
sul
finire
del
secolo
scorso
,
quando
i
lavoratori
e
la
piccola
borghesia
scoprirono
il
«
sapere
»
.
Furono
gli
anni
in
cui
l
'
editore
milanese
Sonzogno
,
con
la
sua
biblioteca
economica
,
diventò
qualcosa
come
il
Garibaldi
della
cultura
spicciola
nazionale
.
Nelle
prime
università
popolari
,
sessant
'
anni
fa
,
barbuti
professori
,
di
formazione
positivistíca
,
moderatamente
rivoluzionari
,
meravigliavano
assemblee
di
operai
,
artigiani
e
impiegati
,
illustrando
alla
meglio
le
teorie
di
Carlo
Darwin
e
Carlo
Marx
.
Erano
gli
stessi
anni
in
cui
Cesare
Lombroso
classificava
i
cittadini
del
regno
a
seconda
del
loro
angolo
facciale
,
mentre
Paolo
Mantegazza
intrecciava
la
fisiologia
alla
letteratura
.
Fu
un
periodo
di
progresso
intellettuale
più
che
altro
apparente
,
poiché
vi
trionfarono
le
mezze
cognizioni
e
le
mezze
verità
:
e
la
vera
ignoranza
è
,
appunto
,
la
mezza
cultura
.
Le
università
popolari
,
ancora
vive
nelle
maggiori
città
italiane
,
si
sono
aggiornate
fino
a
un
certo
punto
.
Dovrebbero
,
per
esempio
,
dedicare
gran
parte
dei
loro
programmi
ai
segreti
della
fisica
nucleare
,
alle
meraviglie
del
volo
interplanetario
,
alle
ipotesi
sempre
più
verosimili
della
fantascienza
.
Invece
,
la
loro
origine
ottocentesca
resiste
e
prevale
.
L
'
altra
sera
,
alla
popolare
di
Roma
,
Pia
Moretti
ha
trattato
un
tema
che
Mantegazza
le
avrebbe
invidiato
:
«
Ma
che
cosa
è
questo
amore
?
»
domanda
fra
le
più
ardue
,
che
già
leggemmo
sulla
copertina
d
'
un
romanzo
di
Achille
Campanile
,
molti
anni
fa
.
Anche
questa
volta
,
l
'
interrogativo
sarebbe
rimasto
senza
risposta
,
nonostante
la
buona
volontà
della
signora
Moretti
,
se
dopo
di
lei
il
professor
Ernesto
Ugo
Gramazio
non
avesse
tenuto
la
sua
ottava
lezione
sulla
«
Filosofia
del
vigore
»
.
L
'
accostamento
dei
due
argomenti
era
casuale
:
ma
chissà
che
l
'
amore
non
sia
soprattutto
vigore
,
morale
e
fisico
.
Lo
diceva
anche
Mantegazza
,
il
quale
,
nonostante
la
cravatta
a
fiocco
e
il
cappello
a
larghe
falde
,
ogni
tanto
aveva
ragione
.
StampaQuotidiana ,
Conobbi
Soldati
un
mucchio
di
anni
fa
.
Allora
era
più
vecchio
di
me
.
Oggi
no
,
oggi
siamo
vecchi
uguali
.
Era
magro
come
un
fiammifero
,
e
sulla
sua
fronte
fiammeggiava
un
ciuffetto
nero
.
Lo
conobbi
in
casa
di
mia
sorella
,
a
Torino
.
C
'
erano
varie
persone
che
non
ricordo
,
era
un
pranzo
.
Nel
corso
di
quel
pranzo
,
lui
s
'
arrabbiò
con
qualcuno
e
si
mise
a
urlare
.
Disse
allora
una
frase
,
che
ricordai
sempre
.
La
frase
era
:
«
Gli
amici
non
si
scelgono
»
.
Non
avevo
seguito
il
resto
del
discorso
,
ero
stata
fino
a
quel
momento
distratta
.
Al
vederlo
a
un
tratto
così
infuriato
,
restai
stupita
e
forse
mi
spaventai
.
Urlava
con
voce
roca
,
e
il
suo
erre
francese
rotolava
pieno
di
collera
.
Era
scattato
in
piedi
e
il
ciuffo
nero
sventolava
in
disordine
sul
suo
pallore
.
Finito
il
pranzo
,
crollò
a
sedere
e
disse
ancora
una
volta
con
voce
roca
e
stanca
,
con
un
viso
disfatto
e
desolato
:
«
Non
si
scelgono
.
Gli
amici
non
si
scelgono
»
.
Poi
la
sua
collera
di
colpo
svanì
.
Chiese
a
un
certo
punto
chi
ero
.
Lo
stupì
di
sapere
che
ero
la
sorella
della
persona
che
l
'
aveva
invitato
a
pranzo
.
Disse
che
m
'
aveva
preso
per
una
suivante
.
La
parola
suivante
,
che
io
non
avevo
mai
sentito
prima
d
'
allora
,
mi
umiliò
.
Pensai
che
dovevo
essere
vestita
male
.
Mi
chiese
cosa
facevo
.
Gli
dissi
che
facevo
il
liceo
.
Qualcuno
disse
che
scrivevo
racconti
.
Chiese
di
leggerli
.
Avevo
con
me
quei
racconti
,
in
un
quaderno
,
dentro
la
mia
cartella
nell
'
ingresso
.
La
cartella
l
'
avevo
con
me
perché
ero
venuta
là
direttamente
da
scuola
.
Il
quaderno
l
'
avevo
sempre
con
me
.
Credo
che
me
lo
portavo
sempre
dietro
nella
speranza
che
qualcuno
mi
chiedesse
di
leggerlo
.
Lui
partiva
,
e
promise
di
leggere
il
mio
quaderno
in
viaggio
.
Qualche
giorno
dopo
,
mi
mandò
un
telegramma
.
I
miei
racconti
gli
sembravano
belli
.
Ne
fui
felice
.
Ancora
oggi
gli
sono
grata
per
avermi
mandato
un
telegramma
.
Quel
telegramma
per
molto
tempo
lo
conservai
,
sgualcito
,
in
una
scatola
,
fra
altri
oggetti
che
stimavo
preziosi
.
Era
il
primo
telegramma
che
avessi
mai
ricevuto
;
e
per
molti
anni
ancora
rimase
l
'
unico
.
La
suivante
,
il
telegramma
,
e
la
frase
«
gli
amici
non
si
scelgono
»
,
sono
tre
cose
per
me
inseparabili
dall
'
immagine
di
Soldati
.
La
suivante
e
il
telegramma
non
riguardano
tanto
Soldati
,
quanto
me
stessa
e
la
mia
vanità
.
La
frase
«
gli
amici
non
si
scelgono
»
riguarda
sia
Soldati
che
la
verità
.
Ricordo
di
aver
pensato
,
quella
sera
,
a
tutti
i
miei
amici
,
e
di
essermi
chiesta
se
li
avevo
scelti
o
trovati
per
caso
.
Ancora
oggi
mi
chiedo
se
gli
amici
si
scelgono
.
Credo
che
,
per
quanto
riguarda
gli
amici
dell
'
infanzia
e
della
giovinezza
,
non
si
scelgono
affatto
ma
ci
vengono
buttati
ai
piedi
dalla
nostra
sorte
.
Gli
amici
dell
'
età
adulta
,
in
qualche
modo
si
scelgono
.
E
'
vero
però
che
nelle
nostre
scelte
,
giocano
sempre
tre
elementi
essenziali
:
in
parte
scegliamo
noi
stessi
,
in
parte
veniamo
scelti
,
e
in
parte
il
caso
sceglie
per
noi
.
D
'
altronde
l
'
atto
della
nostra
scelta
non
ha
grande
valore
.
Scegliendo
i
nostri
amici
,
noi
ubbidiamo
a
un
criterio
di
valutazione
assai
rozzo
,
superficiale
e
confuso
.
Quello
che
conta
non
è
l
'
atto
della
nostra
scelta
,
ma
i
vincoli
che
sorgono
in
noi
dall
'
affetto
e
che
sono
sempre
ciechi
,
imperiosi
e
senza
spiegazione
.
L
'
affetto
non
sceglie
nulla
,
o
meglio
la
sua
scelta
è
così
rapida
che
siamo
subito
immemori
di
averla
compiuta
.
Tornando
a
Soldati
,
nel
ricordare
più
tardi
le
sue
furie
di
quella
sera
compresi
che
egli
non
era
per
nulla
infuriato
.
Recitava
.
Recitava
la
parte
dell
'
uomo
in
collera
.
Quello
che
io
credevo
il
fuoco
della
collera
,
era
in
verità
il
fuoco
della
recitazione
.
Compresi
più
tardi
che
egli
recita
sovente
,
per
divertire
gli
altri
e
se
stesso
.
Mi
colpì
più
tardi
,
leggendo
i
suoi
romanzi
,
il
fatto
che
nei
suoi
romanzi
non
c
'
è
mai
traccia
né
di
simulazione
né
di
sovreccitazione
.
Scrive
in
una
prosa
pacata
,
chiara
,
austera
e
paziente
.
E
una
prosa
invisibile
come
l
'
acqua
o
il
vetro
.
Penso
che
i
suoi
romanzi
provengano
dalla
parte
più
calma
e
più
seria
della
sua
persona
.
Il
gioco
magico
,
nei
suoi
romanzi
,
è
in
genere
quello
di
insinuare
in
una
trasparenza
di
vetro
o
d
'
acqua
,
entro
una
realtà
abitabile
,
respirabile
e
chiara
,
un
'
incrinatura
obliqua
,
un
lampo
verde
e
sinistro
,
che
sembra
provenire
da
altri
mondi
e
indicarne
la
realtà
non
respirabile
,
non
abitabile
,
notturna
e
priva
di
stelle
.
I
suoi
romanzi
sono
,
sempre
o
quasi
sempre
,
storie
d
'
incontri
col
male
.
Nei
suoi
romanzi
,
sempre
o
quasi
sempre
,
ci
sono
due
personaggi
essenziali
.
Un
narratore
,
uno
che
dice
«
io
»
,
persona
da
cui
sembra
scorrere
la
prosa
stessa
della
narrazione
,
pacata
,
nitida
,
non
mai
rotta
da
singhiozzi
,
immune
da
incubi
o
nevrosi
;
persona
che
non
parla
della
sua
vita
o
ne
parla
appena
,
come
non
meritasse
di
parlarne
,
trattandosi
di
una
vita
risolta
e
libera
,
una
vita
che
scorre
nella
piena
luce
del
giorno
;
e
a
un
tratto
,
su
un
angolo
di
strada
,
o
davanti
a
un
chiosco
di
giornali
,
o
in
una
botteguccia
polverosa
,
o
nella
hall
d
'
un
albergo
vecchiotto
con
paralumi
e
tappeti
,
si
profila
al
suo
sguardo
un
secondo
essere
,
qualcuno
a
cui
egli
si
accosta
con
sentimenti
usuali
e
pacati
,
senza
allarme
,
come
ci
si
inoltra
su
quieti
sentieri
erbosi
per
una
passeggiata
tranquilla
.
Questo
secondo
essere
,
sia
esso
un
amico
della
sua
giovinezza
,
o
una
donna
incontrata
in
passato
,
o
semplicemente
uno
sconosciuto
che
desta
la
sua
attenzione
o
pietà
,
lo
conduce
lentamente
fuori
dal
suo
chiarore
giornaliero
e
verso
una
notte
ignota
,
fredda
e
tortuosa
come
una
plaga
d
'
inferno
.
Allora
comprendiamo
che
il
chiosco
dei
giornali
,
la
hall
immersa
nella
rosea
penombra
,
la
botteguccia
dalle
merci
addormentate
,
erano
le
porte
dell
'
inferno
.
Ci
accorgiamo
che
infatti
su
quei
luoghi
pesava
una
strana
paura
.
La
realtà
ignota
nella
quale
il
narratore
si
inoltra
,
sui
passi
di
quel
secondo
essere
che
gli
ispira
insieme
pietà
,
repulsione
e
un
'
acuta
curiosità
,
è
una
realtà
dove
non
ci
sono
esseri
liberi
,
perché
ciascuno
è
servo
d
'
una
macchinazione
tetra
e
ineluttabile
;
una
trama
sottile
e
tortuosa
di
denaro
e
di
ossessioni
sessuali
governa
e
opera
in
questo
mondo
notturno
,
muove
gli
umani
e
li
avviluppa
ai
piedi
d
'
una
potenza
ambigua
,
fredda
come
la
morte
e
indecifrabile
.
E
in
questo
mondo
notturno
,
pesa
il
sospetto
che
il
male
non
si
trovi
situato
là
dove
i
fatti
sembrano
individuarlo
e
situarlo
,
nei
volti
beffardi
e
servili
di
coloro
che
in
noi
chiamiamo
i
malvagi
;
ma
ancora
altrove
,
in
uh
punto
molto
più
lontano
,
dove
non
ne
avvertiamo
che
gli
echi
e
i
lampi
;
o
forse
invece
molto
vicino
:
forse
nelle
pieghe
segrete
della
nostra
stessa
anima
.
Il
narratore
si
sente
a
un
tratto
coinvolto
in
una
sorta
di
sinistra
complicità
.
La
presenza
del
male
in
un
mondo
così
prossimo
al
nostro
,
ci
rende
spie
e
complici
del
male
;
essendo
noi
amici
e
testimoni
del
male
,
forse
siamo
il
male
stesso
.
Quel
volto
insieme
domestico
e
misterioso
che
si
è
avvicinato
al
nostro
,
quella
mano
che
ci
ha
condotto
sulla
plaga
infernale
,
sono
forse
la
nostra
stessa
mano
e
il
nostro
stesso
volto
.
Nell
'
ultimo
romanzo
di
Soldati
,
L
'
attore
,
il
narratore
,
avendo
incontrato
un
amico
di
giovinezza
e
avendo
saputo
di
sue
difficoltà
finanziarie
causategli
dalla
moglie
,
che
ha
il
vizio
del
gioco
,
va
a
trovare
questa
moglie
nella
sua
villa
di
Bordighera
.
L
'
aspetto
abbandonato
della
villa
,
lo
sfacelo
e
il
silenzio
in
cui
giace
il
luogo
,
acuiscono
il
senso
di
angoscia
con
cui
siamo
arrivati
là
.
Nelle
difficoltà
finanziarie
che
l
'
amico
attore
ha
raccontato
,
abbiamo
sospettato
menzogne
e
macchinazioni
.
In
questa
coppia
di
coniugi
,
uno
dei
due
è
vittima
dell
'
altro
,
ma
ignoriamo
quale
sia
la
vittima
e
quale
il
persecutore
.
Ma
quando
appare
la
moglie
,
col
suo
fresco
dialetto
triestino
e
la
sua
persona
generosa
,
cordiale
e
ilare
,
l
'
angoscia
è
dissipata
.
Ci
sentiamo
sollevati
e
rassicurati
.
In
questa
donna
,
il
vizio
del
gioco
appare
una
mania
innocente
,
in
qualche
modo
ilare
e
limpida
,
una
cosa
di
cui
si
può
chiacchierare
a
voce
alta
,
nella
piena
luce
del
giorno
,
in
dialetto
triestino
.
Il
suo
affetto
per
il
marito
è
pieno
di
pietà
e
ironia
.
Il
marito
,
«
pòvaro
mona
d
'
un
vecio
»
,
usa
innamorarsi
delle
serve
.
Tale
debolezza
è
in
sé
anch
'
essa
innocente
,
forse
solo
un
poco
pericolosa
.
Tuttavia
ogni
vago
senso
d
'
allarme
svapora
tra
le
risate
cordiali
della
donna
,
argentine
,
generose
di
tenerezza
.
Il
narratore
sta
per
andarsene
sollevato
.
In
quel
momento
si
sente
la
voce
della
serva
.
La
serva
si
rivolge
alla
donna
con
accenti
di
prepotenza
intima
e
brutale
.
Torna
l
'
angoscia
,
e
il
sospetto
di
qualche
fosco
potere
.
Spiando
dalle
finestre
,
il
narratore
vede
la
serva
.
I
suoi
tratti
sono
volgari
e
leggiadri
,
la
persona
è
insieme
banale
e
misteriosa
,
di
una
giovinezza
caparbia
e
fragile
,
forse
costretta
senza
voglia
a
una
parte
crudele
.
L
'
angoscia
sorge
dal
non
sapere
dove
è
il
male
,
da
quale
punto
provengano
gli
agguati
e
le
macchinazioni
del
male
.
La
ragazza
sarà
trovata
morta
,
vittima
predestinata
e
incauta
d
'
una
macchinazione
.
Tra
la
donna
,
la
ragazza
e
l
'
uomo
,
vediamo
lentamente
che
si
è
stesa
una
trama
ingegnosa
e
industriosa
,
avviluppandoli
e
trascinandoli
alla
deriva
.
Essa
è
nata
dalle
profondità
d
'
un
sentimento
amoroso
insieme
tortuoso
e
semplice
,
che
si
alza
sopra
le
congetture
e
le
insidie
con
una
sorta
di
fosca
innocenza
.
Forse
il
male
non
è
situato
fra
questi
esseri
,
ma
ancora
altrove
,
nella
figura
dal
volto
«
duro
e
frivolo
»
che
appare
e
scompare
alle
loro
spalle
e
che
sembra
vincere
.
Tuttavia
il
dubbio
permane
che
anche
il
volto
«
duro
e
frivolo
»
non
sia
nulla
,
che
non
sia
lui
il
vero
artefice
di
agguati
e
disgrazie
,
che
non
sia
una
vipera
ma
un
povero
topo
di
siepe
.
Forse
il
suo
trionfo
è
volgare
e
casuale
,
forse
non
è
che
il
nuoto
cieco
e
immemore
d
'
una
grigia
anguilla
,
il
canto
di
una
rana
in
una
palude
.
Le
trame
del
male
sono
profondamente
immerse
nella
notte
.
La
sola
liberazione
possibile
è
per
gli
esseri
umani
rincorrerne
sulla
terra
le
ombre
sfuggenti
,
spiare
e
interrogare
all
'
infinito
le
orme
del
vero
,
portare
alla
luce
del
giorno
i
pochi
indizi
rubati
nel
cuore
d
'
una
notte
impenetrabile
.
StampaQuotidiana ,
Le
dame
del
vecchio
Piemonte
avevano
un
loro
modo
assai
chiaro
e
spiccio
di
classificare
gli
ufficiali
dell
'
esercito
,
a
seconda
dei
corpi
.
Artiglieria
:
bello
che
ha
studiato
;
cavalleria
:
bello
che
non
ha
studiato
;
genio
:
brutto
che
ha
studiato
;
fanteria
:
brutto
che
non
ha
studiato
.
Lo
schematico
prontuario
risale
alla
metà
dell
'
Ottocento
.
Nonostante
il
generale
Domenico
Chiodo
,
per
iniziativa
di
Lamarmora
,
avesse
già
costruito
l
'
Arsenale
Marittimo
della
Spezia
,
il
mare
era
troppo
lontano
da
Torino
,
perché
le
signore
prendessero
in
considerazione
gli
ufficiali
di
vascello
:
i
quali
,
altrimenti
,
avrebbero
rivaleggiato
con
gli
artiglieri
.
Gli
aviatori
,
cavalleggeri
dell
'
aria
,
erano
ancora
assai
lontani
dal
nascere
.
A
distanza
di
un
secolo
,
i
rapporti
fra
l
'
esercito
e
le
signore
del
bel
mondo
,
aristocratiche
o
grosse
borghesi
,
sono
più
o
meno
gli
stessi
.
Rapporti
vaghi
,
leggeri
,
basati
sulle
galanterie
bisbigliate
dai
capitani
alle
serate
di
gala
e
sulla
decoratività
dell
'
uniforme
.
La
contessa
F.B.
,
appartenente
a
una
delle
più
illustri
famiglie
emiliane
,
volle
,
qualche
anno
fa
,
che
il
figlio
diventasse
bersagliere
,
anziché
pilota
ultrasonico
,
perché
le
piume
al
vento
le
ricordavano
un
grande
amore
di
gioventù
.
«
Mammà
!
»
tentò
di
protestare
il
ragazzo
.
«
I
bersaglieri
sono
un
corpo
sorpassato
,
destinato
a
scomparire
!
»
«
Può
darsi
»
,
rispose
la
contessa
,
in
presenza
di
amici
.
«
Ma
io
non
sono
il
ministro
della
guerra
.
Voglio
soltanto
vederti
addosso
l
'
uniforme
che
stringevo
quando
abbracciavo
il
mio
povero
,
caro
Walter
»
.
L
'
esercito
delle
signore
,
quelle
analizzate
da
Camilla
Cederna
,
non
ha
storia
né
problemi
.
Caso
tipico
,
quello
della
signora
A
.
,
bella
donna
,
moglie
di
un
rinomatissimo
chirurgo
milanese
,
madre
di
graziose
figlie
,
proprietaria
di
una
magnifica
villa
sul
Lago
Maggiore
.
Me
lo
raccontava
lei
stessa
,
sere
or
sono
.
Nel
1948
,
la
signora
incontrò
a
una
festa
di
beneficenza
il
generale
Mancinelli
.
Al
momento
delle
presentazioni
,
spalancò
gli
occhi
.
«
Generale
?
»
esclamò
,
piena
di
meraviglia
.
«
Generale
dell
'
esercito
italiano
?
»
«
Naturalmente
,
signora
»
,
fece
Mancinelli
a
sua
volta
,
cortesemente
stupefatto
.
«
Ma
guarda
un
po
'
!
»
proseguì
la
signora
.
«
Ero
convinta
che
dal
'45
,
l
'
Italia
non
avesse
più
esercito
.
Pensi
che
fino
a
poco
fa
credevo
che
lei
fosse
il
comandante
dei
pompieri
»
.
Il
critico
parigino
André
Billy
ha
giustificato
così
la
propria
indulgenza
per
certe
opere
scadenti
:
«
Diceva
Platone
che
il
buon
giardiniere
non
deve
amare
soltanto
i
fiori
,
ma
anche
le
erbe
cattive
»
.
StampaQuotidiana ,
Non
mi
è
facile
scrivere
di
Carlo
Levi
,
avendolo
avuto
caro
come
un
fratello
.
La
sua
persona
è
per
me
strettamente
legata
a
eventi
,
persone
e
anni
della
mia
giovinezza
.
La
sera
che
ho
saputo
che
stava
male
,
e
moriva
,
ho
radunato
insieme
,
dentro
di
me
,
tanti
ricordi
sparsi
.
Non
credo
di
riuscire
a
parlare
distesamente
di
lui
come
pittore
,
né
come
scrittore
,
né
come
uomo
politico
.
Posso
unicamente
allineare
ricordi
.
Negli
ultimi
anni
,
lo
vedevo
di
rado
.
Quando
lo
incontravo
,
mi
sembrava
di
incontrare
una
folla
di
esseri
amati
e
perduti
.
Questo
,
e
la
grande
serenità
che
spirava
dalla
sua
persona
,
mi
facevano
sentire
,
ogni
volta
che
lo
incontravo
,
commossa
e
felice
.
In
verità
non
so
perché
non
cercassi
di
vederlo
di
più
.
Noi
abbiamo
,
con
la
nostra
giovinezza
e
con
le
persone
che
la
abitavano
,
rapporti
complicati
,
tortuosi
e
pesanti
.
I
nostri
movimenti
ne
sono
spesso
impediti
.
Pure
quando
incontravo
Carlo
Levi
,
sentivo
dissolversi
ogni
tortuosità
e
complicazione
e
il
suo
viso
grande
e
roseo
mi
rallegrava
.
Negli
era
una
persona
con
la
quale
i
rapporti
erano
diretti
e
leggeri
.
I
primi
ricordi
che
ho
di
lui
,
risalgono
al
tempo
della
mia
adolescenza
,
a
Torino
,
sua
e
mia
città
.
Nera
più
vecchio
di
me
di
quattordici
anni
.
Quattordici
anni
mi
sembravano
allora
moltissimi
.
Apparteneva
al
mondo
degli
adulti
,
mondo
nel
quale
io
anelavo
di
entrare
con
una
ansia
che
aveva
tutte
le
caratteristiche
dello
snobismo
,
come
si
anela
di
raggiungere
una
più
alta
e
nobile
sfera
sociale
.
Nero
però
timida
,
e
questa
ansia
restava
nascosta
.
Egli
mi
intimidiva
,
così
che
in
sua
presenza
trovano
difficile
sillabare
parola
.
Non
so
come
,
gli
era
capitato
fra
le
mani
un
mio
quaderno
di
poesie
,
e
ogni
volta
che
mi
vedeva
citava
un
pezzetto
di
una
mia
poesia
sul
mattino
,
che
io
avevo
scritto
a
dieci
anni
:
«
Ogni
fronte
si
copre
di
sudore
I
ogni
cuore
si
riempie
d
'
amore
I
lavoratori
,
il
ciel
vi
benedica
!
»
Questi
versi
io
li
trovano
orribili
,
e
mi
sembrava
di
averne
scritti
,
in
seguito
,
di
migliori
.
Ma
a
lui
il
verso
dei
lavoratori
dava
grande
allegria
.
Lo
ripeteva
guardandosi
intorno
con
il
suo
solare
sorriso
.
Non
era
molto
alto
ma
era
grande
,
riempiva
lo
spazio
con
la
sua
persona
così
che
intorno
a
lui
tutti
sembravano
striminziti
.
Sembrava
colorato
,
e
grigi
gli
altri
.
Aveva
un
viso
grande
,
largo
,
roseo
,
circondato
da
una
corona
di
riccioli
.
Aveva
un
cappotto
chiaro
,
quasi
bianco
,
largo
e
corto
,
sempre
sbottonato
e
di
una
lana
moscia
e
pelosa
.
Aveva
giacche
di
velluto
a
coste
che
allora
nessuno
portava
,
bottoni
dorati
e
istoriati
,
cravatte
arabescate
,
mosce
e
con
un
largo
nodo
.
Era
amico
dei
miei
fratelli
.
Aveva
studiato
medicina
,
e
quando
qualcuno
era
malato
,
dava
consigli
medici
,
che
in
casa
mia
dicevano
molto
acuti
.
Ma
aveva
lasciato
la
medicina
.
Era
un
pittore
.
Io
pensavo
«
un
grande
pittore
»
,
forse
perché
mi
sembrava
che
in
lui
nulla
potesse
esservi
di
mediocre
o
piccolo
,
e
non
mi
sono
mai
chiesta
,
in
verità
nemmeno
in
seguito
,
quale
fosse
la
reale
importanza
della
sua
pittura
.
A
me
sembrava
che
nei
quadri
degli
altri
,
a
lui
contemporanei
,
vi
fosse
squallore
e
grigio
,
e
nei
suoi
quadri
,
un
festoso
tumulto
di
colore
.
I
paesaggi
,
nei
suoi
quadri
,
mi
sembravano
bellissimi
:
perché
frustati
dal
vento
.
Era
un
vento
senza
né
polvere
né
bufera
,
un
vento
che
spazzava
e
scompigliava
la
natura
per
accartocciarla
e
illimpidirla
.
Anche
le
figure
umane
erano
frustate
dal
medesimo
vento
forte
e
tumultuoso
,
che
soffiava
nelle
giacche
e
nelle
cravatte
e
nei
capelli
e
li
tingeva
di
rosa
,
di
viola
e
di
verde
,
non
per
offenderli
o
mortificarli
o
renderli
grotteschi
ma
per
festeggiarne
la
prepotenza
,
la
complessità
e
la
gloria
.
Orecchie
e
riccioli
,
così
accartocciati
diventavano
conchiglie
.
Il
mondo
,
nei
suoi
quadri
,
mi
sembrava
spesso
simile
a
una
spiaggia
immensa
,
dove
regnava
una
luce
bianca
e
dove
tutto
era
nuvole
,
vento
e
conchiglie
.
Queste
non
sono
altro
che
delle
rozze
impressioni
infantili
.
Egli
era
l
'
unico
pittore
che
mi
fosse
mai
accaduto
di
conoscere
bene
di
persona
e
mi
capitò
anche
di
vederlo
dipingere
con
il
sigaro
fra
le
labbra
,
gli
occhi
socchiusi
,
un
piede
sollevato
sulla
punta
,
i
gesti
lentissimi
,
pigri
e
leggeri
.
Il
suo
studio
,
in
piazza
Vittorio
,
all
'
ultimo
piano
,
con
le
finestre
che
guardavano
sulla
piazza
,
e
la
sua
casa
di
via
Bezzecca
,
con
il
giardino
e
alcune
piante
di
nespolo
,
mi
sembravano
tra
i
luoghi
più
allegri
che
esistessero
al
mondo
.
Scopersi
che
si
occupava
di
politica
e
che
anzi
era
,
fra
le
persone
che
io
frequentavo
quotidianamente
,
un
'
autorità
politica
,
un
capo
.
Mi
sembrò
stupendo
che
egli
fosse
,
insieme
,
un
capo
della
politica
clandestina
e
un
grande
pittore
.
Venne
arrestato
,
in
quegli
anni
,
due
volte
,
una
volta
nel
'34
,
una
volta
nel
'35
.
Quando
fu
arrestato
,
quei
luoghi
allegri
e
chiari
che
erano
il
suo
studio
e
la
sua
casa
mi
sembrarono
affondare
nelle
tenebre
.
Quando
fu
arrestato
nel
'35
,
mandò
dal
carcere
,
a
una
amica
,
un
foglietto
con
dei
versi
che
egli
aveva
scritto
in
carcere
,
e
che
io
ho
sempre
ricordato
e
che
mi
accade
ancora
oggi
,
ogni
tanto
,
di
canticchiare
.
L
'
amica
gli
aveva
spedito
lettere
con
nome
falsi
,
e
poi
,
da
Londra
,
una
cartolina
con
una
riproduzione
di
Monet
,
firmata
con
il
vero
nome
.
I
versi
dicevano
:
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
I
mi
portan
snelli
e
grigi
!
I
non
per
i
toni
zoppi
I
del
flebile
Monet
i
ma
perché
i
nomi
doppi
I
lasciasti
nel
Tamigi
I
e
son
finiti
i
troppi
I
giorni
senza
di
te
»
.
A
me
questi
versi
sembravano
molto
belli
,
e
mi
sembrava
inoltre
molto
bello
che
egli
riuscisse
a
scrivere
,
in
carcere
,
delle
piccole
strofe
liete
,
mentre
tutti
noi
,
da
fuori
,
vedevamo
il
carcere
drammaticamente
.
Le
parole
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
»
mi
sembravano
spinte
da
un
impeto
libero
e
lieto
,
e
restarono
nella
mia
memoria
indissolubili
dalla
sua
persona
,
così
com
'
erano
indissolubili
dalla
sua
persona
la
luce
e
il
vento
dei
suoi
quadri
,
e
nel
pensarlo
mentre
era
in
carcere
mi
sembrava
che
tutta
la
sua
persona
fosse
spinta
dal
vento
e
dall
'
aria
e
scompigliata
come
erano
scompigliate
nei
suoi
quadri
le
fluttuanti
chiome
degli
alberi
e
le
acque
dei
fiumi
.
Quando
lo
rividi
dopo
molti
anni
che
non
lo
vedevo
,
a
Firenze
,
dopo
la
liberazione
,
non
sentivo
più
fra
lui
e
me
una
grande
distanza
,
sia
perché
ero
cresciuta
di
anni
sia
perché
,
ero
stata
colpita
da
sventure
.
Inoltre
lui
stesso
mi
sembrava
disceso
da
quelle
altezze
e
profondità
in
cui
l
'
avevo
sempre
scorto
.
Mi
accorsi
allora
,
in
quei
giorni
a
Firenze
,
che
egli
in
passato
sembrava
dimorare
o
su
vette
di
montagne
,
o
negli
abissi
marini
.
Era
stato
lontano
e
diverso
dalla
gente
che
camminava
per
strada
.
Adesso
,
sembrava
mescolarsi
alla
gente
.
Al
suo
desiderio
di
stravaganza
,
era
venuto
ad
accoppiarsi
un
desiderio
di
rassomigliare
a
tutti
.
/
Non
avrei
dovuto
stupirmene
,
dito
che
le
sventure
e
la
guerra
avevano
operato
trasformazioni
in
ognuno
.
Non
so
se
ne
fui
stupita
ma
lo
notai
.
Aveva
un
cappotto
color
tabacco
dal
bavero
liso
e
logoro
,
una
cravatta
logora
e
una
magrezza
nel
viso
e
nel
collo
che
mi
faceva
pensare
a
mio
padre
.
Egli
ora
mi
sembrava
umile
.
In
passato
,
c
'
era
l
'
abitudine
,
fra
gli
amici
,
di
ridere
di
lui
e
canzonarlo
per
la
sua
trionfante
sicurezza
di
sé
,
per
la
sua
vanità
.
Era
,
e
rimase
sempre
,
placidamente
sicuro
,
placidamente
fiero
e
con
una
alta
e
magnifica
idea
di
se
stesso
.
A
Firenze
,
in
quei
giorni
,
scopersi
che
nella
sua
vanità
poteva
esistere
anche
l
'
umiltà
.
Scopersi
che
egli
era
uno
di
quei
rari
esseri
in
cui
la
vanità
non
era
un
difetto
ma
una
qualità
.
La
vanità
era
,
nella
sua
persona
,
un
sentimento
generoso
e
limpido
,
frutto
di
gentilezza
,
di
bontà
e
di
gioia
.
Come
la
luce
del
sole
,
la
sua
vanità
risplendeva
e
prodigava
a
lui
stesso
e
agli
altri
un
'
eguale
,
calda
e
chiara
luce
.
Nella
vanità
,
è
presente
di
solito
il
disprezzo
per
gli
altri
e
l
'
invidia
.
Ma
in
lui
non
c
'
era
una
sola
stilla
d
'
invidia
,
né
una
sola
stilla
di
disprezzo
per
anima
vivente
.
Nera
,
a
Firenze
,
direttore
della
«
Nazione
»
.
Pubblicava
,
sulla
«
Nazione
»
,
delle
sue
vignette
accompagnate
da
rime
.
Una
di
queste
vignette
rappresentava
i
ponti
distrutti
,
e
sotto
c
'
era
una
strofetta
che
diceva
:
«
Ministro
Ivanoè
I
giudice
Coppedè
I
ricostruiremo
i
ponti
I
col
gusto
dei
geronti
»
.
Nera
stato
al
confino
in
Lucania
,
e
aveva
scritto
,
mi
disse
,
un
libro
su
quegli
anni
di
confino
,
che
pensava
di
pubblicare
.
Penso
di
essere
stata
fra
le
prime
persone
che
hanno
letto
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
.
Mi
sembrò
bellissimo
.
Anche
lui
lo
trovava
bellissimo
.
A
Roma
,
qualche
mese
dopo
,
Einaudi
mandò
quel
manoscritto
in
tipografia
,
e
poiché
ora
io
lavoravo
in
quella
casa
editrice
,
corressi
le
bozze
.
Le
tipografie
romane
erano
scadenti
e
quelle
bozze
erano
,
disse
Carlo
,
«
grigie
e
pelose
»
.
Disse
che
quel
suo
libro
avrebbe
avuto
una
risonanza
immensa
,
che
ne
sarebbero
state
vendute
migliaia
e
migliaia
di
copie
,
e
che
sarebbe
stato
tradotto
in
tutti
i
paesi
del
mondo
.
Io
non
gli
credetti
.
Invece
tutto
questo
avvenne
.
Ho
riletto
,
in
tempi
recenti
,
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
.
E
un
grande
libro
.
Avevo
avuto
la
sensazione
,
leggendolo
la
prima
volta
,
che
lui
scrivendo
non
raccontasse
,
ma
invece
dipingesse
e
cantasse
.
Questa
sensazione
era
,
io
credo
,
giusta
,
ed
è
miracoloso
come
queste
pagine
tutte
cantate
e
dipinte
formino
una
realtà
storica
,
umana
e
civile
che
nessuno
aveva
mai
scoperto
.
Il
prodigio
di
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
è
di
aver
congiunto
insieme
l
'
arte
e
l
'
impegno
civile
,
l
'
ozio
fantastico
e
lo
studio
della
realtà
,
e
l
'
Italia
del
Nord
e
del
Sud
in
una
visione
armoniosa
,
dove
appare
remota
ogni
ombra
di
superiorità
o
alterigia
di
cultura
e
dove
hanno
eguale
spazio
l
'
immota
contemplazione
e
l
'
impeto
rivoluzionario
.
Regna
ovunque
nel
libro
una
luce
bianca
,
e
non
sappiamo
se
questa
bianca
luce
provenga
dalle
mura
delle
case
divorate
dal
sole
o
se
provenga
dalla
chiarezza
dell
'
intelligenza
che
le
ha
contemplate
.
La
verità
,
umanità
e
grandezza
di
Cristo
vanno
oltre
le
sensazioni
di
meraviglia
che
suscitò
quando
fu
stampato
,
meraviglia
che
nasceva
dal
fatto
che
nulla
di
simile
era
stato
scritto
mai
.
La
sua
verità
e
grandezza
sono
oggi
intatte
,
anche
se
quella
visione
armoniosa
è
oggi
lontana
dal
nostro
mondo
,
affaticato
e
rotto
da
infinite
delusioni
e
incapace
di
chiarezze
.
Carlo
Levi
fu
,
per
sua
natura
,
una
persona
in
cui
l
'
armonia
era
indistruttibile
e
indispensabile
,
come
è
indistruttibile
e
indispensabile
per
il
sole
la
propria
stessa
luce
.
Il
mondo
deve
essergli
apparso
,
negli
ultimi
anni
,
disarmonico
e
faticoso
,
ma
egli
lo
amava
ugualmente
e
certo
lo
perdonava
,
per
sua
generosità
e
bontà
e
umiltà
,
così
come
forse
perdonava
agli
amici
indifferenze
e
tradimenti
,
passando
oltre
non
rapido
ma
lentissimo
essendo
egli
incapace
di
atti
ruvidi
,
rapidi
e
brutali
.
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
I
mi
portan
snelli
e
grigi
!
I
non
per
i
toni
zoppi
I
del
flebile
Monet
...
»
Questi
suoi
versi
antichi
,
quante
volte
li
ho
canticchiati
dentro
di
me
.
Non
gliel
'
ho
mai
detto
.
Non
gli
ho
mai
detto
che
li
conoscevo
.
Lui
probabilmente
non
si
ricordava
di
averli
scritti
,
a
Torino
,
in
carcere
,
quarant
'
anni
fa
.
L
'
estate
scorsa
mi
telefonò
e
cenammo
insieme
in
una
trattoria
del
centro
.
Non
lo
vedevo
da
tempo
.
Non
lo
trovavo
invecchiato
,
se
non
per
i
capelli
ora
tutti
bianchi
,
leggeri
come
piume
,
e
per
una
magrezza
rosea
nel
viso
e
nel
collo
,
che
di
nuovo
mi
ricordò
mio
padre
.
Avevo
sempre
pensato
che
c
'
era
in
lui
una
vaga
rassomiglianza
con
i
miei
,
forse
perché
gli
ebrei
hanno
spesso
delle
rassomiglianze
,
e
sua
madre
aveva
avuto
i
capelli
rossi
e
c
'
erano
capelli
rossi
anche
nella
mia
famiglia
,
e
lentiggini
,
e
questo
mi
sembrava
stabilisse
fra
noi
e
lui
una
sorta
di
cuginanza
.
Non
eravamo
parenti
,
benché
io
abbia
,
di
nascita
,
il
suo
stesso
cognome
.
Fu
quella
l
'
ultima
volta
che
io
lo
vidi
.
Come
sempre
quando
m
'
incontrava
,
citò
il
mio
verso
«
Lavoratori
»
,
con
un
sorriso
solare
,
e
un
largo
gesto
di
benedizione
.
Lasciammo
la
trattoria
,
e
lo
vidi
ancora
una
volta
camminare
nella
notte
romana
,
come
tanti
anni
fa
,
al
tempo
di
Cristo
,
con
il
suo
passo
ozioso
,
randagio
e
leggero
.
Credo
che
allora
di
nuovo
,
come
nei
giorni
della
liberazione
a
Firenze
,
pensai
alla
sua
grande
umiltà
.
Nel
ricordarlo
,
è
molto
bello
ricordare
insieme
la
sua
umiltà
e
la
sua
sicurezza
trionfante
.
E
bello
ricordare
insieme
il
suo
immenso
ozio
e
il
suo
impegno
civile
,
la
sua
placida
felicità
e
la
sua
solidarietà
con
ogni
umana
sventura
,
le
contraddizioni
che
vivevano
in
armonia
nel
suo
temperamento
,
il
tempo
sconfinato
che
avevano
le
sue
giornate
,
il
suo
cappotto
sempre
sbottonato
,
il
sigaro
,
il
passo
leggero
.
StampaQuotidiana ,
L
'
on
.
Nitti
,
designato
alla
Corona
da
Giovanni
Giolitti
,
esponente
del
vecchio
neutralismo
e
da
Leonida
Bissolati
incarnazione
dello
spirito
rinunziatario
,
formerà
il
nuovo
ministero
.
Il
suo
gabinetto
avrà
immediatamente
contro
di
sé
tutte
le
forze
vive
create
dalla
guerra
.
Senza
attendere
ulteriori
informazioni
circa
la
distribuzione
dei
portafogli
queste
forze
,
per
istinto
,
si
sono
già
schierate
contro
il
ministero
Nitti
.
L
'
on
.
Nitti
si
sbraccia
a
smentire
le
due
leggende
che
,
secondo
lui
,
si
sono
ingiustamente
formate
sul
suo
conto
:
che
egli
sia
un
giolittiano
e
un
rinunziatario
.
E
noi
gli
crediamo
:
non
giolittiano
,
perché
è
abbastanza
intelligente
per
legare
la
sua
fortuna
politica
ad
un
cadavere
,
non
rinunziatario
,
perché
ogni
rinunzia
è
diventata
oramai
impossibile
e
il
processo
di
realizzazione
delle
aspirazioni
nazionali
compie
il
suo
corso
,
indipendentemente
dalla
volontà
degli
uomini
,
con
la
fatale
sicurezza
d
'
una
legge
di
natura
.
Rinunziatari
e
giolittiani
si
può
essere
in
ispirito
,
ma
non
più
nel
fatto
.
Essere
giolittiano
nel
senso
materiale
della
parola
,
nel
senso
cioè
di
tenere
il
potere
per
investitura
di
Giolitti
ed
in
luogo
di
Giolitti
è
oramai
un
assurdo
storico
,
così
come
è
un
assurdo
logico
essere
rinunziatari
per
deliberato
proposito
.
Ma
l
'
attitudine
mentale
e
spirituale
a
trattare
la
politica
alla
maniera
di
Giolitti
,
facendo
cioè
del
potere
un
fine
a
se
stesso
,
escludendone
ogni
contenuto
ideale
,
sì
da
avere
ampia
libertà
di
patteggiare
con
tutte
le
fazioni
antinazionali
;
ma
la
disposizione
di
spirito
a
transigere
sul
programma
nazionale
per
conseguire
al
più
presto
la
pace
all
'
estero
e
la
pacificazione
all
'
interno
,
la
disposizione
cioè
a
lasciarsi
ricattare
dai
nemici
esterni
ed
interni
,
possono
benissimo
sopravvivere
.
L
'
on
.
Nitti
è
il
più
tipico
rappresentante
di
queste
sopravvivenze
.
Altri
uomini
di
governo
potevano
infatti
trovare
in
una
più
raffinata
coltura
e
in
uno
più
squisito
senso
di
patriottismo
tradizionale
una
remora
al
prevalere
di
questi
vecchi
sedimenti
della
loro
educazione
parlamentare
.
Nell
'
on
.
Nitti
,
invece
,
temperamento
e
coltura
,
fatti
di
scetticismo
e
di
arido
tecnicismo
concorrono
a
valorizzarli
.
Ma
non
in
queste
generiche
disposizioni
di
spirito
contrastanti
col
desiderio
di
rinnovamento
,
che
la
guerra
ha
suscitato
,
le
forze
vive
dell
'
Italia
nuova
ravvisano
il
pericolo
del
ministero
Nitti
.
Questo
pericolo
consiste
in
qualcosa
di
ben
più
concreto
e
definito
.
La
designazione
Nitti
rappresenta
il
tentativo
di
soffocare
il
movimento
dei
combattenti
,
di
sopprimere
l
'
Italia
dei
combattenti
.
Il
pericolo
reale
non
è
dunque
tanto
in
ciò
,
a
cui
aspirano
i
giolittiani
,
ma
in
ciò
che
dall
'
on
.
Nitti
pretendono
i
socialisti
.
I
giolittiani
aspirano
a
riacquistare
la
cittadinanza
politica
,
che
avevano
perduta
durante
la
guerra
,
aspirano
ad
uscire
dallo
stato
d
'
inabilitazione
morale
e
politica
in
cui
erano
stati
tenuti
durante
la
guerra
.
I
giolittiani
cercano
di
vendicarsi
,
col
ministero
Nitti
,
dell
'
interventismo
che
li
spodestò
e
li
compresse
durante
la
guerra
.
Sterile
desiderio
,
ché
l
'
interventismo
è
anche
esso
finito
con
la
guerra
.
È
un
rapporto
privo
di
ogni
contenuto
questo
di
cui
ancora
si
parla
:
del
giolittismo
contro
l
'
interventismo
.
Sono
ombre
che
lottano
contro
ombre
.
Il
loro
duello
,
di
puro
carattere
parlamentare
,
non
può
più
interessare
il
paese
.
Ma
vi
è
un
altro
duello
da
cui
dipendono
le
sorti
del
paese
ed
è
quello
che
si
combatte
fra
le
due
forze
vive
generate
dalla
guerra
:
la
forza
nazionalmente
costruttiva
dei
combattenti
e
la
forza
nazionalmente
e
socialmente
distruttiva
del
bolscevismo
.
I
socialisti
,
abituati
a
vincere
senza
combattere
per
l
'
ignavia
dei
loro
antagonisti
dell
'
antiguerra
,
hanno
sperimentato
tutta
la
loro
impotenza
contro
la
nuova
forza
nazionale
nata
dalla
guerra
.
E
però
essi
,
senza
ripiegare
il
loro
programma
di
sovvertimento
dell
'
ordine
costituito
,
domandano
aiuto
all
'
ordine
costituito
,
cioè
al
governo
contro
i
nuovi
avversari
,
così
come
a
Milano
e
a
Roma
invocavano
aiuto
alla
polizia
per
fare
la
rivoluzione
.
Attraverso
il
parlamento
,
nel
quale
rimangono
onnipotenti
,
l
'
ibrido
connubio
fra
gli
elementi
che
hanno
per
programma
il
disordine
e
la
distruzione
ed
il
Governo
che
ha
per
dovere
la
tutela
dell
'
ordine
costituito
,
si
è
potuto
realizzare
.
A
salvare
il
pudore
del
Governo
è
bastato
diffondere
abilmente
strane
voci
di
fantastici
colpi
di
mano
contro
il
parlamento
.
Dopo
di
che
può
avanzarsi
l
'
on
.
Nitti
a
ristabilire
l
'
ordine
contro
i
reazionari
,
nell
'
interesse
dei
socialisti
,
che
intanto
gli
danno
tregua
in
parlamento
e
cooperano
a
sedare
gli
scioperi
nel
paese
.
L
'
on
.
Nitti
naturalmente
dissimulerà
il
suo
vero
compito
di
governo
sotto
la
formula
imparziale
:
«
contro
le
intemperanze
di
destra
e
contro
le
intemperanze
di
sinistra
»
.
Formula
che
incontrerà
il
plauso
degli
evirati
cantori
del
«
Corriere
della
Sera
»
.
Ma
il
vero
compito
del
Ministero
Nitti
è
questo
solo
:
soffocare
il
movimento
dei
combattenti
.
Dopo
essere
stato
abilmente
diffamato
ed
indiziato
come
sedizioso
,
il
movimento
dei
combattenti
è
oggi
a
buon
punto
per
diventare
oggetto
delle
persecuzioni
governative
.
E
un
'
azione
di
governo
in
questo
senso
,
dopo
tanta
diffamazione
di
socialisti
e
d
'
idioti
borghesi
,
può
anche
essere
esibita
come
una
benemerenza
nazionale
.
Ma
l
'
Italia
combattente
non
si
lascerà
così
facilmente
sopprimere
e
soprattutto
non
si
lascerà
così
facilmente
ingannare
.
Intanto
i
due
caposaldi
del
suo
programma
:
niente
rinunzie
all
'
estero
e
rinnovamento
interno
a
cominciare
dal
sistema
elettorale
,
sono
così
ben
piantati
nella
coscienza
nazionale
,
che
nessuna
forza
umana
può
più
scalzarli
.
Quanto
alle
persecuzioni
politiche
,
i
combattenti
sanno
come
affrontarle
.
Esse
non
avranno
certo
maggiore
efficacia
dei
cannoni
austriaci
.
StampaQuotidiana ,
Se
si
dovessero
raccogliere
tutte
le
storielle
,
gli
aneddoti
e
gli
spropositi
che
da
vent
'
anni
a
questa
parte
vengono
attribuiti
a
un
certo
produttore
cinematografico
,
ne
verrebbe
fuori
un
volume
di
almeno
duecento
pagine
.
Il
produttore
in
questione
,
meridionale
e
filosofo
,
non
se
la
piglia
:
anche
quando
si
tratta
di
pura
invenzione
o
di
verità
largamente
manipolata
.
Non
si
arrabbiò
neppure
quella
volta
che
,
ricorrendo
il
cinquantenario
della
morte
di
Verdi
,
circolò
la
voce
ch
'
egli
avesse
inviato
al
comitato
per
le
onoranze
il
seguente
telegramma
:
«
Aderisco
commosso
manifestazioni
memoria
immortale
Cigno
di
Pier
Busseti
»
.
L
'
ultima
storia
che
ha
per
protagonista
il
nostro
cineasta
è
la
seguente
.
Il
produttore
,
di
buon
mattino
,
convoca
nella
sua
villa
romana
due
sceneggiatori
.
Li
riceve
in
ricca
vestaglia
e
dice
loro
:
«
Giovanotti
,
ci
siamo
.
Stanotte
non
potevo
prendere
sonno
e
mi
sono
messo
a
pensare
.
M
'
è
venuto
in
mente
un
soggetto
che
mi
sembra
la
cosa
più
grossa
degli
ultimi
dieci
anni
.
Ci
sta
dentro
tutto
:
dramma
,
suspence
,
emozione
,
effetto
finale
.
Dovete
trattarmelo
immediatamente
.
Sentite
.
Un
tale
,
investito
da
un
'
automobile
,
viene
portato
all
'
ospedale
.
Dev
'
essere
subito
operato
.
Si
chiama
il
chirurgo
di
servizio
,
il
quale
,
appena
vede
il
ferito
sul
tavolo
operatorio
,
riconosce
l
'
amante
della
sua
signora
.
Immaginate
.
Tempesta
nell
'
anima
,
sudore
freddo
,
cuore
che
batte
come
un
tamburo
.
Toc
...
toc
...
"
Questo
carognone
lo
faccio
morire
"
,
pensa
il
chirurgo
.
È
combattuto
.
"
Lo
faccio
crepare
,
o
lo
salvo
?
Opero
o
lo
mollo
di
traverso
?
"
Effetti
sonori
:
il
cuore
fa
toc
-
toc
;
il
respiro
del
ferito
è
un
mantice
.
Gli
assistenti
aspettano
.
Finalmente
,
vince
il
senso
del
dovere
.
Il
chirurgo
decide
di
operare
.
Ma
subito
la
voglia
di
vendicarsi
si
fa
risentire
.
"
Lo
addormento
,
questo
fetentone
,
o
lo
faccio
soffrire
?
Lui
mi
ha
fatto
tanto
soffrire
!
Ora
lo
aggiusto
io
!
"
Sudore
.
Il
cuore
fa
toc
-
toc
.
Il
respiro
del
ferito
.
Lancette
di
orologio
che
marciano
fatali
.
Immaginate
.
"
Lo
addormento
o
lo
faccio
soffrire
?
"
Ma
anche
questa
volta
,
vince
il
dovere
.
II
chirurgo
si
volta
verso
gli
assistenti
e
ordina
:
"
Anastasia
!
"
»
.
StampaQuotidiana ,
Non
muovo
alcun
rimprovero
a
Lorenzo
Mondo
,
per
aver
pubblicato
quelle
note
di
Pavese
,
qualche
giorno
fa
.
Ha
aspettato
quarant
'
anni
prima
di
pubblicarle
;
infine
ha
pensato
che
si
trattava
d
'
un
documento
e
i
documenti
è
giusto
farli
conoscere
;
e
difatti
è
giusto
.
Se
fossi
stata
io
a
trovarle
,
non
le
avrei
pubblicate
;
ma
il
mio
rapporto
con
Pavese
era
di
stretta
amicizia
;
avrei
troppo
temuto
le
reazioni
che
potevano
suscitare
e
forse
le
avrei
distrutte
;
non
lo
so
.
Comunque
Lorenzo
Mondo
lo
capisco
e
non
posso
dargli
torto
.
Le
ha
accompagnate
con
un
commento
sommesso
e
discreto
.
Mi
addolora
però
profondamente
la
gran
polvere
,
il
clamore
che
ne
è
seguito
.
Pavese
,
per
quelle
note
,
è
stato
chiamato
fascista
,
filonazista
.
La
sua
figura
pubblica
è
stata
colpita
a
sassate
da
ogni
parte
.
Qualcuno
l
'
ha
difeso
.
Ma
il
clamore
e
la
polvere
hanno
coperto
ogni
argomentazione
pacata
e
sensata
.
I
morti
che
ci
sono
cari
,
noi
vorremmo
che
fossero
rispettati
.
Rispettarli
significa
astenersi
dal
sottoporli
a
un
processo
inquisitorio
.
Risparmiare
alla
loro
immagine
le
deduzioni
malevole
,
giudizi
affrettati
e
recisi
,
il
chiasso
futile
e
malevolo
dei
giornali
.
Ma
esiste
nel
nostro
tempo
uno
strano
e
insano
piacere
nell
'
infierire
contro
la
memoria
dei
morti
.
Nel
fare
strame
della
loro
vita
privata
e
pubblica
,
e
della
loro
opera
,
quando
un
opera
loro
ci
sia
rimasta
.
Ne
successo
a
Hemingway
,
a
Montale
,
a
Felice
Balbo
,
a
tanti
altri
in
varia
forma
e
varia
misura
.
Succede
oggi
a
Pavese
.
Prima
viene
fatta
di
loro
una
sorta
di
statua
,
mirabile
e
immobile
,
poi
la
statua
viene
presa
a
sassate
.
I
morti
,
nel
nostro
tempo
,
bisogna
che
si
aspettino
o
le
genuflessioni
che
vengono
tributate
ai
marmi
sacri
,
o
la
dimenticanza
,
o
le
sassate
.
Non
è
il
nostro
un
tempo
dove
i
morti
possano
convivere
felicemente
coi
vivi
.
Per
quanto
riguarda
Montale
,
non
c
'
è
dubbio
che
ha
agito
male
quando
ha
firmato
con
il
proprio
nome
le
pagine
scritte
da
un
altro
,
ma
è
ben
meschina
,
gretta
e
polverosa
la
furia
che
si
è
scatenata
su
questo
episodio
.
Su
Felice
Balbo
,
anni
fa
,
è
stato
costruito
un
castello
di
accuse
oscure
totalmente
inventate
,
ordite
chissà
a
quale
scopo
da
qualche
mente
perversa
.
Era
una
fra
le
persone
più
limpide
che
ci
siano
mai
state
.
Su
Pavese
,
non
è
stato
inventato
nulla
,
quelle
note
esistono
,
scritte
dalla
sua
mano
.
Ma
la
vita
d
'
un
uomo
è
vasta
,
ed
è
fatta
di
istanti
dei
quali
non
sappiamo
nulla
,
di
atti
nobili
e
meno
nobili
,
di
pensieri
scritti
in
qualche
lettera
o
in
qualche
quaderno
,
poi
contraddetti
da
nuovi
pensieri
o
dal
comportamento
nel
corso
degli
anni
.
Ne
fatta
di
colpe
,
di
rimorsi
,
di
sacrifici
e
azioni
generose
che
a
tutti
resteranno
per
sempre
ignoti
.
Che
senso
ha
processare
un
essere
umano
che
fino
a
ieri
appariva
senza
colpa
,
da
parte
di
chi
non
l
'
ha
mai
conosciuto
e
l
'
ha
conosciuto
poco
e
male
,
o
di
chi
è
nato
molto
dopo
la
sua
morte
?
E
soprattutto
perché
tanto
insano
piacere
nel
fare
strage
della
sua
memoria
,
deturpare
la
sua
immagine
e
renderla
del
tutto
irriconoscibile
a
quanti
l
'
hanno
amata
?
Nessi
ne
conservano
i
veri
connotati
stampati
negli
occhi
,
e
tuttavia
si
sentono
persi
,
come
se
quei
connotati
non
fossero
mai
stati
veri
.
Pavese
è
morto
quarant
'
anni
fa
.
Quelli
che
l
'
hanno
conosciuto
nell
'
intimo
sono
ormai
pochi
:
una
misera
minoranza
.
Pochi
ormai
sono
in
grado
di
evocarne
la
fisionomia
vera
,
i
gesti
,
i
passi
,
la
voce
.
Una
persona
umana
è
fatta
anche
di
questo
:
non
soltanto
delle
pagine
che
ha
scritto
o
delle
idee
che
aveva
.
La
cosa
onesta
che
si
deve
fare
nei
riguardi
d
'
un
morto
,
se
era
uno
scrittore
,
è
leggere
le
sue
opere
,
scrutarne
il
significato
e
prediligerne
le
migliori
;
quelle
che
ci
sembrano
le
migliori
.
Di
uno
scrittore
che
è
morto
,
è
importante
il
meglio
;
il
peggio
va
accantonato
in
disparte
.
E
tuttavia
anche
il
peggio
deve
essere
conosciuto
,
indagato
e
studiato
:
ma
in
disparte
.
Ne
in
qualche
modo
è
lo
stesso
per
ogni
persona
umana
:
non
si
capisce
bene
perché
,
ma
dopo
che
è
morta
,
il
meglio
che
aveva
lo
vediamo
salire
in
superficie
,
e
il
peggio
calare
nel
buio
:
ed
è
il
meglio
che
vogliamo
ricordare
di
più
.
Quelle
note
di
Pavese
che
sono
state
pubblicate
ora
mi
hanno
turbato
,
non
voglio
negarlo
.
So
bene
che
pensava
e
scriveva
a
volte
delle
assurdità
.
La
sua
straordinaria
intelligenza
non
glielo
impediva
.
Di
politica
non
capiva
niente
,
e
quelle
note
sono
per
la
massima
parte
politiche
.
Non
le
ha
stracciate
:
non
stracciava
mai
niente
.
Mi
ha
ferito
soprattutto
,
in
quelle
note
,
quanto
lui
scriveva
sulla
Germania
di
Hitler
.
Le
atrocità
dei
tedeschi
,
dice
,
non
sono
diverse
dalle
atrocità
compiute
nella
Rivoluzione
francese
.
Scriveva
così
nel
'42
,
mentre
gli
ebrei
morivano
a
milioni
nei
campi
di
sterminio
,
nel
modo
che
sappiamo
.
Allora
,
sui
campi
di
sterminio
,
non
sapevamo
tutta
la
verità
,
ma
si
sapeva
pure
che
quanto
stava
succedendo
agli
ebrei
in
Germania
era
qualcosa
di
intollerabile
per
il
nostro
pensiero
.
Sul
fascismo
,
su
Mussolini
,
sulla
guerra
,
dice
delle
frasi
grottesche
.
Fanno
un
'
immensa
rabbia
,
ma
chi
l
'
ha
conosciuto
,
Pavese
,
ricorda
che
era
bastian
contrario
.
L
'
Italia
stava
perdendo
la
guerra
,
nel
'42
,
e
lui
parla
di
vittoria
.
Il
fascismo
,
non
c
'
era
ormai
più
nessuno
in
Italia
che
non
ne
auspicasse
la
fine
,
e
lui
si
domanda
se
non
era
forse
una
cosa
buona
.
Non
le
ha
incluse
nel
suo
diario
,
quelle
note
,
ma
non
le
ha
stracciate
.
Avrà
forse
pensato
che
potevano
essergli
di
qualche
utilità
per
ricostruire
se
stesso
,
in
un
certo
periodo
,
per
osservare
un
giorno
i
percorsi
capricciosi
del
proprio
pensiero
?
per
conservare
il
peggio
di
se
stesso
?
Ma
le
frasi
sulla
Germania
di
Hitler
,
chi
gli
ha
voluto
bene
le
ripensa
con
vivo
turbamento
.
Tuttavia
chi
gli
ha
voluto
bene
non
gli
toglie
certo
una
sola
stilla
d
'
affetto
.
Mi
trovo
d
'
accordo
con
quanto
ha
detto
di
lui
Luisa
Sturani
:
era
come
un
ragazzo
:
la
sera
s
'
addormentava
con
un
'
idea
e
la
mattina
dopo
si
svegliava
con
l
'
idea
opposta
.
Così
succede
ai
ragazzi
.
Usava
scrivere
tutto
quello
che
gli
passava
per
la
testa
.
Che
sia
stato
fino
all
'
ultimo
un
adolescente
,
è
sicuro
.
Ha
portato
avanti
la
propria
esistenza
in
maniera
assurda
,
con
un
carico
di
ossessioni
e
di
fissazioni
che
non
è
mai
riuscito
a
buttare
via
;
e
,
come
fanno
gli
adolescenti
,
ubbidiva
a
discipline
e
privazioni
insensate
e
severe
,
che
si
era
imposto
da
sé
.
E
riuscito
a
rifiutarsi
ostinatamente
tutto
quello
che
desiderava
,
per
una
dolorosa
difficoltà
a
vivere
ma
anche
per
qualche
severa
ingiunzione
mentale
:
desiderava
avere
una
moglie
,
una
casa
:
e
non
le
ebbe
mai
.
Da
giovane
,
diceva
che
si
sarebbe
scelto
per
moglie
una
ragazza
opaca
,
insignificante
,
docile
,
che
occupasse
nella
sua
vita
pochissimo
spazio
:
«
Una
donna
che
,
pregata
,
volesse
dar
mano
alla
casa
»
.
Sono
versi
di
Lavorare
stanca
.
In
seguito
,
questo
sogno
lo
cancellò
.
Cadeva
sempre
con
delle
donne
che
lo
rendevano
infelice
:
donne
forti
,
autoritarie
,
sfuggenti
,
nervose
,
radiose
e
tigresche
:
amando
in
verità
il
dolore
e
le
bufere
che
scatenavano
nella
sua
anima
.
E
tuttavia
l
'
antica
moglie
opaca
ogni
tanto
ricompariva
nella
sua
immaginazione
.
Le
donne
erano
al
centro
dei
suoi
pensieri
:
un
mondo
a
cui
non
gli
riusciva
di
accostarsi
senza
febbre
,
dolore
e
strazio
.
Chiamarlo
fascista
è
una
follia
pura
.
Chi
l
'
ha
conosciuto
vivo
,
chi
è
in
grado
di
evocarne
la
figura
,
i
gesti
,
il
comportamento
,
il
senso
stesso
della
sua
esistenza
,
sa
bene
come
egli
fosse
l
'
esatto
contrario
di
quello
che
il
fascismo
è
stato
.
Tutto
quanto
formava
lo
spirito
del
fascismo
era
assente
dalla
sua
persona
.
Lui
era
un
uomo
schivo
,
scontroso
,
amante
del
silenzio
e
dell
'
ombra
.
Il
fascismo
era
violento
e
declamatorio
,
vociante
nelle
piazze
e
nelle
strade
.
Lui
era
solitario
e
taciturno
;
e
incapace
di
fare
offesa
alla
piuma
d
'
un
passero
.
Nel
giudicarlo
,
chi
legge
quelle
sue
note
e
si
sdegna
per
le
storture
del
suo
pensiero
,
o
chi
lo
condanna
per
non
essersi
lui
battuto
durante
la
Resistenza
e
per
essersi
nascosto
,
non
dovrebbe
dimenticare
che
otto
anni
dopo
,
sette
anni
dopo
si
è
ucciso
:
e
un
suicidio
ha
sempre
infinite
motivazioni
,
fra
le
quali
è
presente
,
sempre
o
quasi
sempre
,
un
senso
di
colpa
,
un
carico
insopportabile
di
rimorsi
,
giusti
o
ingiusti
,
ma
sempre
disperati
.
Perciò
chi
lo
condanna
,
questo
lo
dovrebbe
mettere
in
conto
;
e
certo
ogni
suicidio
va
contemplato
a
sé
;
ma
guardando
al
suicidio
di
Pavese
mi
sembra
debba
cadere
ogni
sdegno
o
collera
,
e
debba
essergli
dato
quel
rispetto
che
è
dovuto
all
'
estrema
disperazione
.
Ai
suoi
amici
,
Pavese
ha
dato
molto
,
e
ha
insegnato
molto
:
ha
insegnato
o
cercato
d
'
insegnare
la
serietà
nel
lavoro
,
il
disinteresse
,
l
'
indifferenza
alla
gloria
.
Ha
insegnato
la
pietà
.
Chi
era
allora
colpito
da
sventure
,
ne
ricorda
la
dedizione
,
la
generosità
,
la
gentile
e
sconfinata
pazienza
.
Ai
suoi
amici
,
ha
anche
insegnato
la
forza
nel
sopportare
il
dolore
;
questa
forza
lui
non
l
'
ha
avuta
,
ma
ne
sapeva
la
necessità
,
ed
essa
era
in
qualche
modo
presente
nelle
pieghe
della
sua
faccia
,
nei
suoi
modi
,
nel
suo
passo
rapido
e
solitario
.
Tuttavia
nessuno
dei
suoi
amici
l
'
ha
mai
considerato
un
maestro
di
vita
o
un
maestro
di
pensiero
:
troppe
volte
pensava
delle
assurdità
;
e
troppo
lo
vedevano
condurre
la
sua
propria
vita
in
un
modo
ostinato
,
sofferente
,
tortuoso
e
maldestro
:
la
sua
grande
intelligenza
,
matura
,
complicata
,
adulta
,
contrastava
con
l
'
immaturità
della
sua
indole
,
con
la
nativa
semplicità
del
suo
essere
;
e
non
gli
ha
dato
mai
alcun
soccorso
nei
rapporti
col
prossimo
,
nei
sentieri
dell
'
esistenza
:
e
anzi
gli
ha
sbarrato
la
strada
.
Ne
è
stato
un
narratore
e
un
poeta
;
così
è
giusto
e
onesto
che
sia
ricordato
;
e
anche
è
stato
uno
degli
uomini
più
appassionati
,
più
umili
e
meno
cinici
che
siano
mai
passati
su
questa
terra
.
StampaQuotidiana ,
L
'
on
.
Turati
ha
presentato
alla
presidenza
della
Camera
la
seguente
interpellanza
:
«
All
'
on
.
Presidente
del
Consiglio
e
all
'
on
.
Ministro
degli
esteri
:
per
sapere
se
siano
informati
dell
'
azione
che
una
ambasciata
straniera
svolse
durante
la
crisi
ministeriale
,
e
dell
'
attività
che
essa
spiega
in
questi
giorni
per
determinare
nuove
crisi
:
per
sapere
inoltre
se
siano
informati
delle
visite
che
segretari
della
stessa
ambasciata
fanno
ogni
giorno
a
uomini
parlamentari
e
anche
a
giornali
che
più
eccitano
alla
rivolta
contro
le
istituzioni
parlamentari
»
.
Nel
maggio
1915
quando
l
'
opinione
pubblica
italiana
insorse
contro
l
'
ingerenza
straniera
nelle
cose
interne
del
nostro
paese
,
giornali
,
uomini
politici
e
privati
cittadini
,
che
asserivano
un
fatto
così
rivoltante
per
la
coscienza
pubblica
,
denunziarono
apertamente
i
nomi
di
Giovanni
Giolitti
e
di
Bernardo
von
Bülow
.
Oggi
l
'
on
.
Turati
,
sotto
forma
d
'
interpellanza
,
cioè
trincerandosi
dietro
l
'
immunità
parlamentare
,
ripete
la
stessa
accusa
a
carico
di
persone
innominate
,
indiziandole
con
termini
vaghi
in
modo
che
il
sospetto
possa
colpire
chiunque
faccia
comodo
all
'
on
.
Turati
e
agli
interessi
che
egli
serve
,
senza
che
alcuno
sia
particolarmente
autorizzato
senza
suo
danno
a
rintuzzarla
.
Per
conto
nostro
non
abbiamo
neppure
bisogno
d
'
invocare
l
'
altra
causa
di
«
xenofobia
»
tante
volte
lanciataci
dai
socialisti
per
escludere
che
l
'
on
.
Turati
abbia
voluto
alludere
al
nostro
giornale
.
Non
ne
abbiamo
bisogno
perché
l
'
accusa
dell
'
on
.
Turati
non
si
discute
neppure
,
si
disprezza
semplicemente
.
Un
'
accusa
di
collusione
con
lo
straniero
,
quando
è
fatta
nella
forma
e
nei
termini
dell
'
on
.
Turati
,
lungi
dal
colpire
chicchesia
,
colpisce
soltanto
chi
la
fa
.
Essa
infatti
prova
semplicemente
che
chi
la
fa
,
per
difetto
proprio
di
coscienza
nazionale
,
non
ne
comprende
tutta
la
gravità
,
se
crede
di
potersi
esimere
dagli
obblighi
più
elementari
che
l
'
estrema
gravità
dell
'
accusa
stessa
comporta
.
E
che
questo
appunto
sia
il
caso
dell
'
on
.
Turati
risulta
chiaro
non
solo
dalla
forma
genericamente
tendenziosa
della
sua
accusa
,
ma
in
forma
più
positiva
dalle
stesse
parole
dell
'
on
.
Turati
con
le
quali
si
attribuisce
all
'
Ambasciata
straniera
,
di
cui
si
tratta
,
una
singolare
attività
«
per
determinare
nuove
crisi
»
nel
nostro
governo
.
Parole
,
che
tradiscono
il
vero
scopo
dell
'
on
.
Turati
.
Vale
a
dire
:
l
'
on
.
Turati
,
nel
lanciare
la
stupefacente
accusa
,
con
la
quale
l
'
ambiente
politico
italiano
viene
dipinto
come
quello
d
'
un
qualsiasi
staterello
balcanico
,
non
è
mosso
da
un
«
puro
»
scopo
patriottico
,
ma
soltanto
dallo
scopo
«
partigiano
»
di
rendere
un
servizio
personale
all
'
on
.
Nitti
,
insinuando
un
sospetto
atroce
,
che
allo
stato
fluido
in
cui
è
stato
lanciato
può
,
a
guisa
di
gas
asfissiante
,
investire
qualunque
dei
suoi
avversari
.
Dopo
di
che
è
perfettamente
inutile
rilevare
l
'
inanità
dell
'
altro
tentativo
fatto
dall
'
on
.
Turati
:
cioè
di
aizzare
il
Parlamento
contro
la
stampa
contraria
all
'
on
.
Nitti
,
qualificandola
come
eretica
,
o
peggio
verso
le
istituzioni
parlamentari
.
Constatiamo
semplicemente
che
,
con
la
sua
calunniosa
interpellanza
,
l
'
on
.
Turati
ha
compiuto
un
vero
e
proprio
atto
di
sabotaggio
contro
le
istituzioni
parlamentari
,
sfruttando
la
sua
prerogativa
parlamentare
,
per
compiere
una
cattiva
azione
.