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LA PROVA. ECONOMIA E RIFORME ( Spadolini Giovanni , 1971 )
StampaQuotidiana ,
In questa ultima convulsa fase della campagna elettorale del 13 giugno - un quinto del corpo elettorale ma la macchina dei partiti impegnata con tutta la pesantezza degli slogans e tutta la aggressività degli apparati - è tornata in primo piano la polemica sul « dopo » , è riaffiorata l ' ombra della verifica all ' indomani del turno amministrativo di domenica prossima . Verifica della volontà dei quattro partiti di restare insieme : ha chiesto , non certo a torto , l ' onorevole Ferri , leader di un partito che segue con crescente malessere lo sviluppo dei sintomi di scollamento e di disintegrazione all ' interno del centro - sinistra . Necessità di mantenere il quadro istituzionale del quadripartito , senza scosse e senza prove pericolose , almeno fino alla difficile scadenza dell ' elezione presidenziale : ha risposto , con motivi almeno altrettanto fondati , l ' onorevole La Malfa , capo di un altro partito che si è ispirato ad una costante regola di coerenza e di serietà e che non manca di condividere le preoccupazioni del Psdi , ma teme ancora più la lacerazione della superstite solidarietà democratica nei mesi bloccati e paralizzati del « semestre bianco » . Nessuna verifica : ha aggiunto , da parte sua , il vice - presidente De Martino , insistendo sulla tesi socialista degli « equilibri più avanzati » , che degrada il centro - sinistra ad una formula interlocutoria e di transizione , e tornando sullo spartiacque delle riforme come solo criterio di divisione fra le forze politiche , indipendentemente , si potrebbe dire , dalla loro collocazione nella maggioranza o nell ' opposizione . Riforme e centro - sinistra : ecco il tema che in ogni caso , verifiche o meno , dominerà le settimane successive al 13 giugno . Ma quali riforme ? E con quali mezzi ? Una volta di più l ' astrattismo socialista rischia di prevalere sui dati obiettivi della realtà , condizionata da una recessione economica minacciante tutti gli approdi e i traguardi della stessa classe lavoratrice . La recente relazione del governatore della Banca d ' Italia - relazione che gli stessi comunisti hanno accolto con qualche maggiore apertura del passato - indica i confini insuperabili di una politica economica che , pur salvaguardando l ' impegno delle riforme indispensabili alla promozione della società civile , non può non preoccuparsi di evitare i danni congiunti della spirale inflazionista e della contrazione produttiva : danni capaci da soli di travolgere ogni riforma . Sì : perché l ' Italia attraversa una fase - caso unico nel mondo occidentale - di tensione inflazionista congiunta ad un ristagno produttivo . Carli è stato esplicito . L ' eccezionale aumento dei costi di lavoro non è stato compensato , come pur avevano teorizzato i vari Donat Cattin nei mesi dell ' autunno caldo , da un aumento di produttività . Anzi : la produzione industriale è diminuita del 2,6 per cento nei primi quattro mesi dell ' anno rispetto al periodo corrispondente del 1970 : e con un ' incidenza di maggiori costi di lavoro che ha toccato la media del 23 per cento , con punte del 27 nelle industrie metalmeccaniche e del 33 nelle chimiche . Il nostro sistema economico non ha potuto reagire agli aggravi salariali con rapidi processi di razionalizzazione : la capacità di utilizzare meglio gli impianti è stata gravemente compromessa dalla « conflittualità permanente » ( quello che succede alla Fiat è sufficientemente indicativo ) e dalle forme di anarchia sindacale , che sembrano trascendere le stesse direttive delle tre confederazioni . L ' aumento dei prezzi tende a superare l ' aumento dei redditi di lavoro . Si sviluppano , con ritmo paurosamente crescente , le ore concesse dalla Cassa integrazione guadagni . Le piccole e medie industrie , che chiedono protezione allo Stato , che sognano di essere « irizzate » o « statizzate » , si moltiplicano a vista d ' occhio . Il risparmio ha paura : si concentra nelle banche , anche a basso tasso d ' interesse , e rifugge dagli investimenti . La crisi della Borsa - l ' ha rilevato acutamente il professor Dell ' Amore nelle osservazioni successive alla relazione Carli - si identifica con una crisi dell ' intero sistema di alimentazione degli investimenti . La nostra competitività sui mercati internazionali declina ogni giorno . Gli scambi con l ' estero di beni e servizi , migliorati nell ' ultimo scorcio del 1970 , hanno presentato nuovamente un saldo negativo nel primo trimestre del '71 . L ' edilizia , molla essenziale dell ' economia nazionale , non tira : il Governatore ha rivelato che molte gare di appalti pubblici sono andate deserte , trovandosi i costruttori nell ' impossibilità di prevedere la misura delle maggiorazioni di costo durante il periodo di esecuzione dei lavori . Le prospettive dell ' occupazione sono tutt ' altro che rosee : gli iscritti alle liste di collocamento si sono accresciuti di un quinto in un anno e si aggrava l ' inquietante fenomeno della « sottoccupazione » , dalle mille e insondabili facce , con gravi riflessi sul volume dei consumi , già contratto dalla quotidiana taglia inflazionista . Incremento del reddito ? In queste condizioni tutte le previsioni del '71 rischiano di essere vanificate . Non dimentichiamoci che l ' aumento del reddito nazionale è stato del 5,9 per cento nel 1969 ed è già sceso al 5,1 nel '70 . Le previsioni del piano per il '71 parlavano di un incremento minimo del 4 per cento . Ma come raggiungerlo ? Senza un limite alla spesa pubblica improduttiva - quello che La Malfa ha chiesto nuovamente a Genova - , senza un rilancio degli investimenti nel settore privato , inseparabili da un clima di fiducia , tutte le anticipazioni dei programmatori sarebbero destinate alla più crudele e beffarda smentita . Altro che equilibri più avanzati ! Per salvare le riforme , per attuare la nuova disciplina della casa , della sanità , della scuola , irrinunciabile per le forze democratiche , occorre fissare un preciso ordine di priorità , rinunciare ad ogni facile fuga nella demagogia . Le maggioranze aperte , di cui favoleggiano i socialisti , non potrebbero mai sostenere gli sforzi e i sacrifici necessari per un ' attuazione realistica e graduale dei piani riformatori . Piuttosto che studiare le convergenze assembleari o milazziane di domani , sempre e tutte condizionate dal miraggio del Quirinale , i partiti del centro - sinistra , che sono « condannati » a marciare insieme almeno per tutto il corso di questa legislatura , dovrebbero prendere solenne impegno di non promuovere in nessuna sede spese pubbliche che non siano dirette ad aumentare gli investimenti , cioè a facilitare la ripresa economica base delle riforme . È l ' esortazione dei repubblicani : ma chi la raccoglierà ? Le pressioni corporative e settoriali si intrecciano e si agitano su un esecutivo che riflette tutta la debolezza del sistema e rispecchia il travaglio , paralizzante , dei partiti . Solo se il 13 giugno si manterrà l ' equilibrio complessivo delle forze democratiche , senza pericolosi spostamenti né a sinistra né a destra , la prova di saggezza delle urne potrà esercitare qualche effetto positivo su una classe politica ogni giorno più staccata dal paese e ricondurla a quello che Saragat ha chiamato « il massimo senso di responsabilità » . Un senso di responsabilità di cui ci sarà particolarmente bisogno nei prossimi sei mesi : forse i più difficili del dopoguerra .
StampaQuotidiana ,
La remissione delle cariche da parte della Segreteria generale del Partito , e le imminenti dimissioni della Giunta , ripongono , anche formalmente , nelle decisioni di Mussolini , come Capo del Partito , ogni risoluzione della presente crisi , di cui una manifestazione è stata la inattesa espulsione di Massimo Rocca . In queste condizioni riteniamo opportuno astenerci da qualsiasi pubblica discussione , non perché crediamo non possano e non debbano pubblicamente discutersi ì problemi fondamentali di organizzazione e di indirizzo del Partito , ma perché consideriamo che , dovendosi oggi giudicare di attribuzioni di cariche , di potestà di organi , di rendimenti personali , ed essendo questo giudizio devoluto al Capo del Partito , sia preferibile far conoscere il proprio pensiero , quando ciò sia ritenuto utile , secondo le gerarchie del Partito , in obbediente e confidente attesa delle deliberazioni di Mussolini , e non in un ' aperta e logorante polemica . Né , del resto , potremmo indurci a partecipare oggi proprio a questa ultima discussione , quando ci siamo astenuti dalla precedente , non per difetto di preoccupazioni o di convincimenti per le possibilità di sviluppo e di diverso orientamento del Partito , ma perché abbiamo inteso il pericolo di traviamenti personali e perché un errore fondamentale di impostazione era stato commesso , considerando il Partito come un imputato , passibile anche di condanna capitale . Ci pareva poi , francamente , che in primo piano fossero problemi imponenti di politica internazionale , cui dare tutta la nostra attenzione , quella appunto che abbiamo data . Se anzi una deplorazione dobbiamo fare è che , proprio in questo momento , in cui l ' attività del Presidente è tesa verso una situazione internazionale estremamente complessa , e in cui il Fascismo deve volere che l ' Italia sia presente e attiva , per una decisa difesa dei suoi interessi diretti , per una volontaria partecipazione della sua autorità di grande potenza , non si sia riusciti , alla vigilia del primo anniversario della Marcia su Roma , ad impedire una parentesi deviatrice nella vita del Partito , distolto dalla coscienza dei maggiori problemi per una polemica interna . E soprattutto non si sia riusciti ad impedire che maturasse una crisi , la cui risoluzione , come sempre , finiva con essere rimessa passivamente al Capo . Il quale così , per responsabilità che sono oramai generali , diffuse , di centro e di periferia , vede ancora una volta invocata la sua autorità e potestà , per dirimere contese , quando invece il problema fondamentale , quello del governo , è da lui ogni giorno risoluto , e il problema secondario del Partito è e resta sempre quello di secondare l ' opera creativa di governo . E certo nessuno vorrà ammettere che secondare significhi non offrire attività concordi , disciplinate e devote , ma sottrarre egoisticamente , per irrequietezza di Partito , quell ' attività superiore che Mussolini deve dare all ' Italia .
Amore e vigore ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Le università popolari nacquero in Italia sul finire del secolo scorso , quando i lavoratori e la piccola borghesia scoprirono il « sapere » . Furono gli anni in cui l ' editore milanese Sonzogno , con la sua biblioteca economica , diventò qualcosa come il Garibaldi della cultura spicciola nazionale . Nelle prime università popolari , sessant ' anni fa , barbuti professori , di formazione positivistíca , moderatamente rivoluzionari , meravigliavano assemblee di operai , artigiani e impiegati , illustrando alla meglio le teorie di Carlo Darwin e Carlo Marx . Erano gli stessi anni in cui Cesare Lombroso classificava i cittadini del regno a seconda del loro angolo facciale , mentre Paolo Mantegazza intrecciava la fisiologia alla letteratura . Fu un periodo di progresso intellettuale più che altro apparente , poiché vi trionfarono le mezze cognizioni e le mezze verità : e la vera ignoranza è , appunto , la mezza cultura . Le università popolari , ancora vive nelle maggiori città italiane , si sono aggiornate fino a un certo punto . Dovrebbero , per esempio , dedicare gran parte dei loro programmi ai segreti della fisica nucleare , alle meraviglie del volo interplanetario , alle ipotesi sempre più verosimili della fantascienza . Invece , la loro origine ottocentesca resiste e prevale . L ' altra sera , alla popolare di Roma , Pia Moretti ha trattato un tema che Mantegazza le avrebbe invidiato : « Ma che cosa è questo amore ? » domanda fra le più ardue , che già leggemmo sulla copertina d ' un romanzo di Achille Campanile , molti anni fa . Anche questa volta , l ' interrogativo sarebbe rimasto senza risposta , nonostante la buona volontà della signora Moretti , se dopo di lei il professor Ernesto Ugo Gramazio non avesse tenuto la sua ottava lezione sulla « Filosofia del vigore » . L ' accostamento dei due argomenti era casuale : ma chissà che l ' amore non sia soprattutto vigore , morale e fisico . Lo diceva anche Mantegazza , il quale , nonostante la cravatta a fiocco e il cappello a larghe falde , ogni tanto aveva ragione .
L'attore ( Ginzburg Natalia , 1970 )
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Conobbi Soldati un mucchio di anni fa . Allora era più vecchio di me . Oggi no , oggi siamo vecchi uguali . Era magro come un fiammifero , e sulla sua fronte fiammeggiava un ciuffetto nero . Lo conobbi in casa di mia sorella , a Torino . C ' erano varie persone che non ricordo , era un pranzo . Nel corso di quel pranzo , lui s ' arrabbiò con qualcuno e si mise a urlare . Disse allora una frase , che ricordai sempre . La frase era : « Gli amici non si scelgono » . Non avevo seguito il resto del discorso , ero stata fino a quel momento distratta . Al vederlo a un tratto così infuriato , restai stupita e forse mi spaventai . Urlava con voce roca , e il suo erre francese rotolava pieno di collera . Era scattato in piedi e il ciuffo nero sventolava in disordine sul suo pallore . Finito il pranzo , crollò a sedere e disse ancora una volta con voce roca e stanca , con un viso disfatto e desolato : « Non si scelgono . Gli amici non si scelgono » . Poi la sua collera di colpo svanì . Chiese a un certo punto chi ero . Lo stupì di sapere che ero la sorella della persona che l ' aveva invitato a pranzo . Disse che m ' aveva preso per una suivante . La parola suivante , che io non avevo mai sentito prima d ' allora , mi umiliò . Pensai che dovevo essere vestita male . Mi chiese cosa facevo . Gli dissi che facevo il liceo . Qualcuno disse che scrivevo racconti . Chiese di leggerli . Avevo con me quei racconti , in un quaderno , dentro la mia cartella nell ' ingresso . La cartella l ' avevo con me perché ero venuta là direttamente da scuola . Il quaderno l ' avevo sempre con me . Credo che me lo portavo sempre dietro nella speranza che qualcuno mi chiedesse di leggerlo . Lui partiva , e promise di leggere il mio quaderno in viaggio . Qualche giorno dopo , mi mandò un telegramma . I miei racconti gli sembravano belli . Ne fui felice . Ancora oggi gli sono grata per avermi mandato un telegramma . Quel telegramma per molto tempo lo conservai , sgualcito , in una scatola , fra altri oggetti che stimavo preziosi . Era il primo telegramma che avessi mai ricevuto ; e per molti anni ancora rimase l ' unico . La suivante , il telegramma , e la frase « gli amici non si scelgono » , sono tre cose per me inseparabili dall ' immagine di Soldati . La suivante e il telegramma non riguardano tanto Soldati , quanto me stessa e la mia vanità . La frase « gli amici non si scelgono » riguarda sia Soldati che la verità . Ricordo di aver pensato , quella sera , a tutti i miei amici , e di essermi chiesta se li avevo scelti o trovati per caso . Ancora oggi mi chiedo se gli amici si scelgono . Credo che , per quanto riguarda gli amici dell ' infanzia e della giovinezza , non si scelgono affatto ma ci vengono buttati ai piedi dalla nostra sorte . Gli amici dell ' età adulta , in qualche modo si scelgono . E ' vero però che nelle nostre scelte , giocano sempre tre elementi essenziali : in parte scegliamo noi stessi , in parte veniamo scelti , e in parte il caso sceglie per noi . D ' altronde l ' atto della nostra scelta non ha grande valore . Scegliendo i nostri amici , noi ubbidiamo a un criterio di valutazione assai rozzo , superficiale e confuso . Quello che conta non è l ' atto della nostra scelta , ma i vincoli che sorgono in noi dall ' affetto e che sono sempre ciechi , imperiosi e senza spiegazione . L ' affetto non sceglie nulla , o meglio la sua scelta è così rapida che siamo subito immemori di averla compiuta . Tornando a Soldati , nel ricordare più tardi le sue furie di quella sera compresi che egli non era per nulla infuriato . Recitava . Recitava la parte dell ' uomo in collera . Quello che io credevo il fuoco della collera , era in verità il fuoco della recitazione . Compresi più tardi che egli recita sovente , per divertire gli altri e se stesso . Mi colpì più tardi , leggendo i suoi romanzi , il fatto che nei suoi romanzi non c ' è mai traccia né di simulazione né di sovreccitazione . Scrive in una prosa pacata , chiara , austera e paziente . E una prosa invisibile come l ' acqua o il vetro . Penso che i suoi romanzi provengano dalla parte più calma e più seria della sua persona . Il gioco magico , nei suoi romanzi , è in genere quello di insinuare in una trasparenza di vetro o d ' acqua , entro una realtà abitabile , respirabile e chiara , un ' incrinatura obliqua , un lampo verde e sinistro , che sembra provenire da altri mondi e indicarne la realtà non respirabile , non abitabile , notturna e priva di stelle . I suoi romanzi sono , sempre o quasi sempre , storie d ' incontri col male . Nei suoi romanzi , sempre o quasi sempre , ci sono due personaggi essenziali . Un narratore , uno che dice « io » , persona da cui sembra scorrere la prosa stessa della narrazione , pacata , nitida , non mai rotta da singhiozzi , immune da incubi o nevrosi ; persona che non parla della sua vita o ne parla appena , come non meritasse di parlarne , trattandosi di una vita risolta e libera , una vita che scorre nella piena luce del giorno ; e a un tratto , su un angolo di strada , o davanti a un chiosco di giornali , o in una botteguccia polverosa , o nella hall d ' un albergo vecchiotto con paralumi e tappeti , si profila al suo sguardo un secondo essere , qualcuno a cui egli si accosta con sentimenti usuali e pacati , senza allarme , come ci si inoltra su quieti sentieri erbosi per una passeggiata tranquilla . Questo secondo essere , sia esso un amico della sua giovinezza , o una donna incontrata in passato , o semplicemente uno sconosciuto che desta la sua attenzione o pietà , lo conduce lentamente fuori dal suo chiarore giornaliero e verso una notte ignota , fredda e tortuosa come una plaga d ' inferno . Allora comprendiamo che il chiosco dei giornali , la hall immersa nella rosea penombra , la botteguccia dalle merci addormentate , erano le porte dell ' inferno . Ci accorgiamo che infatti su quei luoghi pesava una strana paura . La realtà ignota nella quale il narratore si inoltra , sui passi di quel secondo essere che gli ispira insieme pietà , repulsione e un ' acuta curiosità , è una realtà dove non ci sono esseri liberi , perché ciascuno è servo d ' una macchinazione tetra e ineluttabile ; una trama sottile e tortuosa di denaro e di ossessioni sessuali governa e opera in questo mondo notturno , muove gli umani e li avviluppa ai piedi d ' una potenza ambigua , fredda come la morte e indecifrabile . E in questo mondo notturno , pesa il sospetto che il male non si trovi situato là dove i fatti sembrano individuarlo e situarlo , nei volti beffardi e servili di coloro che in noi chiamiamo i malvagi ; ma ancora altrove , in uh punto molto più lontano , dove non ne avvertiamo che gli echi e i lampi ; o forse invece molto vicino : forse nelle pieghe segrete della nostra stessa anima . Il narratore si sente a un tratto coinvolto in una sorta di sinistra complicità . La presenza del male in un mondo così prossimo al nostro , ci rende spie e complici del male ; essendo noi amici e testimoni del male , forse siamo il male stesso . Quel volto insieme domestico e misterioso che si è avvicinato al nostro , quella mano che ci ha condotto sulla plaga infernale , sono forse la nostra stessa mano e il nostro stesso volto . Nell ' ultimo romanzo di Soldati , L ' attore , il narratore , avendo incontrato un amico di giovinezza e avendo saputo di sue difficoltà finanziarie causategli dalla moglie , che ha il vizio del gioco , va a trovare questa moglie nella sua villa di Bordighera . L ' aspetto abbandonato della villa , lo sfacelo e il silenzio in cui giace il luogo , acuiscono il senso di angoscia con cui siamo arrivati là . Nelle difficoltà finanziarie che l ' amico attore ha raccontato , abbiamo sospettato menzogne e macchinazioni . In questa coppia di coniugi , uno dei due è vittima dell ' altro , ma ignoriamo quale sia la vittima e quale il persecutore . Ma quando appare la moglie , col suo fresco dialetto triestino e la sua persona generosa , cordiale e ilare , l ' angoscia è dissipata . Ci sentiamo sollevati e rassicurati . In questa donna , il vizio del gioco appare una mania innocente , in qualche modo ilare e limpida , una cosa di cui si può chiacchierare a voce alta , nella piena luce del giorno , in dialetto triestino . Il suo affetto per il marito è pieno di pietà e ironia . Il marito , « pòvaro mona d ' un vecio » , usa innamorarsi delle serve . Tale debolezza è in sé anch ' essa innocente , forse solo un poco pericolosa . Tuttavia ogni vago senso d ' allarme svapora tra le risate cordiali della donna , argentine , generose di tenerezza . Il narratore sta per andarsene sollevato . In quel momento si sente la voce della serva . La serva si rivolge alla donna con accenti di prepotenza intima e brutale . Torna l ' angoscia , e il sospetto di qualche fosco potere . Spiando dalle finestre , il narratore vede la serva . I suoi tratti sono volgari e leggiadri , la persona è insieme banale e misteriosa , di una giovinezza caparbia e fragile , forse costretta senza voglia a una parte crudele . L ' angoscia sorge dal non sapere dove è il male , da quale punto provengano gli agguati e le macchinazioni del male . La ragazza sarà trovata morta , vittima predestinata e incauta d ' una macchinazione . Tra la donna , la ragazza e l ' uomo , vediamo lentamente che si è stesa una trama ingegnosa e industriosa , avviluppandoli e trascinandoli alla deriva . Essa è nata dalle profondità d ' un sentimento amoroso insieme tortuoso e semplice , che si alza sopra le congetture e le insidie con una sorta di fosca innocenza . Forse il male non è situato fra questi esseri , ma ancora altrove , nella figura dal volto « duro e frivolo » che appare e scompare alle loro spalle e che sembra vincere . Tuttavia il dubbio permane che anche il volto « duro e frivolo » non sia nulla , che non sia lui il vero artefice di agguati e disgrazie , che non sia una vipera ma un povero topo di siepe . Forse il suo trionfo è volgare e casuale , forse non è che il nuoto cieco e immemore d ' una grigia anguilla , il canto di una rana in una palude . Le trame del male sono profondamente immerse nella notte . La sola liberazione possibile è per gli esseri umani rincorrerne sulla terra le ombre sfuggenti , spiare e interrogare all ' infinito le orme del vero , portare alla luce del giorno i pochi indizi rubati nel cuore d ' una notte impenetrabile .
Signore e soldati ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
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Le dame del vecchio Piemonte avevano un loro modo assai chiaro e spiccio di classificare gli ufficiali dell ' esercito , a seconda dei corpi . Artiglieria : bello che ha studiato ; cavalleria : bello che non ha studiato ; genio : brutto che ha studiato ; fanteria : brutto che non ha studiato . Lo schematico prontuario risale alla metà dell ' Ottocento . Nonostante il generale Domenico Chiodo , per iniziativa di Lamarmora , avesse già costruito l ' Arsenale Marittimo della Spezia , il mare era troppo lontano da Torino , perché le signore prendessero in considerazione gli ufficiali di vascello : i quali , altrimenti , avrebbero rivaleggiato con gli artiglieri . Gli aviatori , cavalleggeri dell ' aria , erano ancora assai lontani dal nascere . A distanza di un secolo , i rapporti fra l ' esercito e le signore del bel mondo , aristocratiche o grosse borghesi , sono più o meno gli stessi . Rapporti vaghi , leggeri , basati sulle galanterie bisbigliate dai capitani alle serate di gala e sulla decoratività dell ' uniforme . La contessa F.B. , appartenente a una delle più illustri famiglie emiliane , volle , qualche anno fa , che il figlio diventasse bersagliere , anziché pilota ultrasonico , perché le piume al vento le ricordavano un grande amore di gioventù . « Mammà ! » tentò di protestare il ragazzo . « I bersaglieri sono un corpo sorpassato , destinato a scomparire ! » « Può darsi » , rispose la contessa , in presenza di amici . « Ma io non sono il ministro della guerra . Voglio soltanto vederti addosso l ' uniforme che stringevo quando abbracciavo il mio povero , caro Walter » . L ' esercito delle signore , quelle analizzate da Camilla Cederna , non ha storia né problemi . Caso tipico , quello della signora A . , bella donna , moglie di un rinomatissimo chirurgo milanese , madre di graziose figlie , proprietaria di una magnifica villa sul Lago Maggiore . Me lo raccontava lei stessa , sere or sono . Nel 1948 , la signora incontrò a una festa di beneficenza il generale Mancinelli . Al momento delle presentazioni , spalancò gli occhi . « Generale ? » esclamò , piena di meraviglia . « Generale dell ' esercito italiano ? » « Naturalmente , signora » , fece Mancinelli a sua volta , cortesemente stupefatto . « Ma guarda un po ' ! » proseguì la signora . « Ero convinta che dal '45 , l ' Italia non avesse più esercito . Pensi che fino a poco fa credevo che lei fosse il comandante dei pompieri » . Il critico parigino André Billy ha giustificato così la propria indulgenza per certe opere scadenti : « Diceva Platone che il buon giardiniere non deve amare soltanto i fiori , ma anche le erbe cattive » .
Ricordo di Carlo Levi ( Ginzburg Natalia , 1970 )
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Non mi è facile scrivere di Carlo Levi , avendolo avuto caro come un fratello . La sua persona è per me strettamente legata a eventi , persone e anni della mia giovinezza . La sera che ho saputo che stava male , e moriva , ho radunato insieme , dentro di me , tanti ricordi sparsi . Non credo di riuscire a parlare distesamente di lui come pittore , né come scrittore , né come uomo politico . Posso unicamente allineare ricordi . Negli ultimi anni , lo vedevo di rado . Quando lo incontravo , mi sembrava di incontrare una folla di esseri amati e perduti . Questo , e la grande serenità che spirava dalla sua persona , mi facevano sentire , ogni volta che lo incontravo , commossa e felice . In verità non so perché non cercassi di vederlo di più . Noi abbiamo , con la nostra giovinezza e con le persone che la abitavano , rapporti complicati , tortuosi e pesanti . I nostri movimenti ne sono spesso impediti . Pure quando incontravo Carlo Levi , sentivo dissolversi ogni tortuosità e complicazione e il suo viso grande e roseo mi rallegrava . Negli era una persona con la quale i rapporti erano diretti e leggeri . I primi ricordi che ho di lui , risalgono al tempo della mia adolescenza , a Torino , sua e mia città . Nera più vecchio di me di quattordici anni . Quattordici anni mi sembravano allora moltissimi . Apparteneva al mondo degli adulti , mondo nel quale io anelavo di entrare con una ansia che aveva tutte le caratteristiche dello snobismo , come si anela di raggiungere una più alta e nobile sfera sociale . Nero però timida , e questa ansia restava nascosta . Egli mi intimidiva , così che in sua presenza trovano difficile sillabare parola . Non so come , gli era capitato fra le mani un mio quaderno di poesie , e ogni volta che mi vedeva citava un pezzetto di una mia poesia sul mattino , che io avevo scritto a dieci anni : « Ogni fronte si copre di sudore I ogni cuore si riempie d ' amore I lavoratori , il ciel vi benedica ! » Questi versi io li trovano orribili , e mi sembrava di averne scritti , in seguito , di migliori . Ma a lui il verso dei lavoratori dava grande allegria . Lo ripeteva guardandosi intorno con il suo solare sorriso . Non era molto alto ma era grande , riempiva lo spazio con la sua persona così che intorno a lui tutti sembravano striminziti . Sembrava colorato , e grigi gli altri . Aveva un viso grande , largo , roseo , circondato da una corona di riccioli . Aveva un cappotto chiaro , quasi bianco , largo e corto , sempre sbottonato e di una lana moscia e pelosa . Aveva giacche di velluto a coste che allora nessuno portava , bottoni dorati e istoriati , cravatte arabescate , mosce e con un largo nodo . Era amico dei miei fratelli . Aveva studiato medicina , e quando qualcuno era malato , dava consigli medici , che in casa mia dicevano molto acuti . Ma aveva lasciato la medicina . Era un pittore . Io pensavo « un grande pittore » , forse perché mi sembrava che in lui nulla potesse esservi di mediocre o piccolo , e non mi sono mai chiesta , in verità nemmeno in seguito , quale fosse la reale importanza della sua pittura . A me sembrava che nei quadri degli altri , a lui contemporanei , vi fosse squallore e grigio , e nei suoi quadri , un festoso tumulto di colore . I paesaggi , nei suoi quadri , mi sembravano bellissimi : perché frustati dal vento . Era un vento senza né polvere né bufera , un vento che spazzava e scompigliava la natura per accartocciarla e illimpidirla . Anche le figure umane erano frustate dal medesimo vento forte e tumultuoso , che soffiava nelle giacche e nelle cravatte e nei capelli e li tingeva di rosa , di viola e di verde , non per offenderli o mortificarli o renderli grotteschi ma per festeggiarne la prepotenza , la complessità e la gloria . Orecchie e riccioli , così accartocciati diventavano conchiglie . Il mondo , nei suoi quadri , mi sembrava spesso simile a una spiaggia immensa , dove regnava una luce bianca e dove tutto era nuvole , vento e conchiglie . Queste non sono altro che delle rozze impressioni infantili . Egli era l ' unico pittore che mi fosse mai accaduto di conoscere bene di persona e mi capitò anche di vederlo dipingere con il sigaro fra le labbra , gli occhi socchiusi , un piede sollevato sulla punta , i gesti lentissimi , pigri e leggeri . Il suo studio , in piazza Vittorio , all ' ultimo piano , con le finestre che guardavano sulla piazza , e la sua casa di via Bezzecca , con il giardino e alcune piante di nespolo , mi sembravano tra i luoghi più allegri che esistessero al mondo . Scopersi che si occupava di politica e che anzi era , fra le persone che io frequentavo quotidianamente , un ' autorità politica , un capo . Mi sembrò stupendo che egli fosse , insieme , un capo della politica clandestina e un grande pittore . Venne arrestato , in quegli anni , due volte , una volta nel '34 , una volta nel '35 . Quando fu arrestato , quei luoghi allegri e chiari che erano il suo studio e la sua casa mi sembrarono affondare nelle tenebre . Quando fu arrestato nel '35 , mandò dal carcere , a una amica , un foglietto con dei versi che egli aveva scritto in carcere , e che io ho sempre ricordato e che mi accade ancora oggi , ogni tanto , di canticchiare . L ' amica gli aveva spedito lettere con nome falsi , e poi , da Londra , una cartolina con una riproduzione di Monet , firmata con il vero nome . I versi dicevano : « Quant ' aria questi pioppi I mi portan snelli e grigi ! I non per i toni zoppi I del flebile Monet i ma perché i nomi doppi I lasciasti nel Tamigi I e son finiti i troppi I giorni senza di te » . A me questi versi sembravano molto belli , e mi sembrava inoltre molto bello che egli riuscisse a scrivere , in carcere , delle piccole strofe liete , mentre tutti noi , da fuori , vedevamo il carcere drammaticamente . Le parole « Quant ' aria questi pioppi » mi sembravano spinte da un impeto libero e lieto , e restarono nella mia memoria indissolubili dalla sua persona , così com ' erano indissolubili dalla sua persona la luce e il vento dei suoi quadri , e nel pensarlo mentre era in carcere mi sembrava che tutta la sua persona fosse spinta dal vento e dall ' aria e scompigliata come erano scompigliate nei suoi quadri le fluttuanti chiome degli alberi e le acque dei fiumi . Quando lo rividi dopo molti anni che non lo vedevo , a Firenze , dopo la liberazione , non sentivo più fra lui e me una grande distanza , sia perché ero cresciuta di anni sia perché , ero stata colpita da sventure . Inoltre lui stesso mi sembrava disceso da quelle altezze e profondità in cui l ' avevo sempre scorto . Mi accorsi allora , in quei giorni a Firenze , che egli in passato sembrava dimorare o su vette di montagne , o negli abissi marini . Era stato lontano e diverso dalla gente che camminava per strada . Adesso , sembrava mescolarsi alla gente . Al suo desiderio di stravaganza , era venuto ad accoppiarsi un desiderio di rassomigliare a tutti . / Non avrei dovuto stupirmene , dito che le sventure e la guerra avevano operato trasformazioni in ognuno . Non so se ne fui stupita ma lo notai . Aveva un cappotto color tabacco dal bavero liso e logoro , una cravatta logora e una magrezza nel viso e nel collo che mi faceva pensare a mio padre . Egli ora mi sembrava umile . In passato , c ' era l ' abitudine , fra gli amici , di ridere di lui e canzonarlo per la sua trionfante sicurezza di sé , per la sua vanità . Era , e rimase sempre , placidamente sicuro , placidamente fiero e con una alta e magnifica idea di se stesso . A Firenze , in quei giorni , scopersi che nella sua vanità poteva esistere anche l ' umiltà . Scopersi che egli era uno di quei rari esseri in cui la vanità non era un difetto ma una qualità . La vanità era , nella sua persona , un sentimento generoso e limpido , frutto di gentilezza , di bontà e di gioia . Come la luce del sole , la sua vanità risplendeva e prodigava a lui stesso e agli altri un ' eguale , calda e chiara luce . Nella vanità , è presente di solito il disprezzo per gli altri e l ' invidia . Ma in lui non c ' era una sola stilla d ' invidia , né una sola stilla di disprezzo per anima vivente . Nera , a Firenze , direttore della « Nazione » . Pubblicava , sulla « Nazione » , delle sue vignette accompagnate da rime . Una di queste vignette rappresentava i ponti distrutti , e sotto c ' era una strofetta che diceva : « Ministro Ivanoè I giudice Coppedè I ricostruiremo i ponti I col gusto dei geronti » . Nera stato al confino in Lucania , e aveva scritto , mi disse , un libro su quegli anni di confino , che pensava di pubblicare . Penso di essere stata fra le prime persone che hanno letto Cristo si è fermato a Eboli . Mi sembrò bellissimo . Anche lui lo trovava bellissimo . A Roma , qualche mese dopo , Einaudi mandò quel manoscritto in tipografia , e poiché ora io lavoravo in quella casa editrice , corressi le bozze . Le tipografie romane erano scadenti e quelle bozze erano , disse Carlo , « grigie e pelose » . Disse che quel suo libro avrebbe avuto una risonanza immensa , che ne sarebbero state vendute migliaia e migliaia di copie , e che sarebbe stato tradotto in tutti i paesi del mondo . Io non gli credetti . Invece tutto questo avvenne . Ho riletto , in tempi recenti , Cristo si è fermato a Eboli . E un grande libro . Avevo avuto la sensazione , leggendolo la prima volta , che lui scrivendo non raccontasse , ma invece dipingesse e cantasse . Questa sensazione era , io credo , giusta , ed è miracoloso come queste pagine tutte cantate e dipinte formino una realtà storica , umana e civile che nessuno aveva mai scoperto . Il prodigio di Cristo si è fermato a Eboli è di aver congiunto insieme l ' arte e l ' impegno civile , l ' ozio fantastico e lo studio della realtà , e l ' Italia del Nord e del Sud in una visione armoniosa , dove appare remota ogni ombra di superiorità o alterigia di cultura e dove hanno eguale spazio l ' immota contemplazione e l ' impeto rivoluzionario . Regna ovunque nel libro una luce bianca , e non sappiamo se questa bianca luce provenga dalle mura delle case divorate dal sole o se provenga dalla chiarezza dell ' intelligenza che le ha contemplate . La verità , umanità e grandezza di Cristo vanno oltre le sensazioni di meraviglia che suscitò quando fu stampato , meraviglia che nasceva dal fatto che nulla di simile era stato scritto mai . La sua verità e grandezza sono oggi intatte , anche se quella visione armoniosa è oggi lontana dal nostro mondo , affaticato e rotto da infinite delusioni e incapace di chiarezze . Carlo Levi fu , per sua natura , una persona in cui l ' armonia era indistruttibile e indispensabile , come è indistruttibile e indispensabile per il sole la propria stessa luce . Il mondo deve essergli apparso , negli ultimi anni , disarmonico e faticoso , ma egli lo amava ugualmente e certo lo perdonava , per sua generosità e bontà e umiltà , così come forse perdonava agli amici indifferenze e tradimenti , passando oltre non rapido ma lentissimo essendo egli incapace di atti ruvidi , rapidi e brutali . « Quant ' aria questi pioppi I mi portan snelli e grigi ! I non per i toni zoppi I del flebile Monet ... » Questi suoi versi antichi , quante volte li ho canticchiati dentro di me . Non gliel ' ho mai detto . Non gli ho mai detto che li conoscevo . Lui probabilmente non si ricordava di averli scritti , a Torino , in carcere , quarant ' anni fa . L ' estate scorsa mi telefonò e cenammo insieme in una trattoria del centro . Non lo vedevo da tempo . Non lo trovavo invecchiato , se non per i capelli ora tutti bianchi , leggeri come piume , e per una magrezza rosea nel viso e nel collo , che di nuovo mi ricordò mio padre . Avevo sempre pensato che c ' era in lui una vaga rassomiglianza con i miei , forse perché gli ebrei hanno spesso delle rassomiglianze , e sua madre aveva avuto i capelli rossi e c ' erano capelli rossi anche nella mia famiglia , e lentiggini , e questo mi sembrava stabilisse fra noi e lui una sorta di cuginanza . Non eravamo parenti , benché io abbia , di nascita , il suo stesso cognome . Fu quella l ' ultima volta che io lo vidi . Come sempre quando m ' incontrava , citò il mio verso « Lavoratori » , con un sorriso solare , e un largo gesto di benedizione . Lasciammo la trattoria , e lo vidi ancora una volta camminare nella notte romana , come tanti anni fa , al tempo di Cristo , con il suo passo ozioso , randagio e leggero . Credo che allora di nuovo , come nei giorni della liberazione a Firenze , pensai alla sua grande umiltà . Nel ricordarlo , è molto bello ricordare insieme la sua umiltà e la sua sicurezza trionfante . E bello ricordare insieme il suo immenso ozio e il suo impegno civile , la sua placida felicità e la sua solidarietà con ogni umana sventura , le contraddizioni che vivevano in armonia nel suo temperamento , il tempo sconfinato che avevano le sue giornate , il suo cappotto sempre sbottonato , il sigaro , il passo leggero .
StampaQuotidiana ,
L ' on . Nitti , designato alla Corona da Giovanni Giolitti , esponente del vecchio neutralismo e da Leonida Bissolati incarnazione dello spirito rinunziatario , formerà il nuovo ministero . Il suo gabinetto avrà immediatamente contro di sé tutte le forze vive create dalla guerra . Senza attendere ulteriori informazioni circa la distribuzione dei portafogli queste forze , per istinto , si sono già schierate contro il ministero Nitti . L ' on . Nitti si sbraccia a smentire le due leggende che , secondo lui , si sono ingiustamente formate sul suo conto : che egli sia un giolittiano e un rinunziatario . E noi gli crediamo : non giolittiano , perché è abbastanza intelligente per legare la sua fortuna politica ad un cadavere , non rinunziatario , perché ogni rinunzia è diventata oramai impossibile e il processo di realizzazione delle aspirazioni nazionali compie il suo corso , indipendentemente dalla volontà degli uomini , con la fatale sicurezza d ' una legge di natura . Rinunziatari e giolittiani si può essere in ispirito , ma non più nel fatto . Essere giolittiano nel senso materiale della parola , nel senso cioè di tenere il potere per investitura di Giolitti ed in luogo di Giolitti è oramai un assurdo storico , così come è un assurdo logico essere rinunziatari per deliberato proposito . Ma l ' attitudine mentale e spirituale a trattare la politica alla maniera di Giolitti , facendo cioè del potere un fine a se stesso , escludendone ogni contenuto ideale , sì da avere ampia libertà di patteggiare con tutte le fazioni antinazionali ; ma la disposizione di spirito a transigere sul programma nazionale per conseguire al più presto la pace all ' estero e la pacificazione all ' interno , la disposizione cioè a lasciarsi ricattare dai nemici esterni ed interni , possono benissimo sopravvivere . L ' on . Nitti è il più tipico rappresentante di queste sopravvivenze . Altri uomini di governo potevano infatti trovare in una più raffinata coltura e in uno più squisito senso di patriottismo tradizionale una remora al prevalere di questi vecchi sedimenti della loro educazione parlamentare . Nell ' on . Nitti , invece , temperamento e coltura , fatti di scetticismo e di arido tecnicismo concorrono a valorizzarli . Ma non in queste generiche disposizioni di spirito contrastanti col desiderio di rinnovamento , che la guerra ha suscitato , le forze vive dell ' Italia nuova ravvisano il pericolo del ministero Nitti . Questo pericolo consiste in qualcosa di ben più concreto e definito . La designazione Nitti rappresenta il tentativo di soffocare il movimento dei combattenti , di sopprimere l ' Italia dei combattenti . Il pericolo reale non è dunque tanto in ciò , a cui aspirano i giolittiani , ma in ciò che dall ' on . Nitti pretendono i socialisti . I giolittiani aspirano a riacquistare la cittadinanza politica , che avevano perduta durante la guerra , aspirano ad uscire dallo stato d ' inabilitazione morale e politica in cui erano stati tenuti durante la guerra . I giolittiani cercano di vendicarsi , col ministero Nitti , dell ' interventismo che li spodestò e li compresse durante la guerra . Sterile desiderio , ché l ' interventismo è anche esso finito con la guerra . È un rapporto privo di ogni contenuto questo di cui ancora si parla : del giolittismo contro l ' interventismo . Sono ombre che lottano contro ombre . Il loro duello , di puro carattere parlamentare , non può più interessare il paese . Ma vi è un altro duello da cui dipendono le sorti del paese ed è quello che si combatte fra le due forze vive generate dalla guerra : la forza nazionalmente costruttiva dei combattenti e la forza nazionalmente e socialmente distruttiva del bolscevismo . I socialisti , abituati a vincere senza combattere per l ' ignavia dei loro antagonisti dell ' antiguerra , hanno sperimentato tutta la loro impotenza contro la nuova forza nazionale nata dalla guerra . E però essi , senza ripiegare il loro programma di sovvertimento dell ' ordine costituito , domandano aiuto all ' ordine costituito , cioè al governo contro i nuovi avversari , così come a Milano e a Roma invocavano aiuto alla polizia per fare la rivoluzione . Attraverso il parlamento , nel quale rimangono onnipotenti , l ' ibrido connubio fra gli elementi che hanno per programma il disordine e la distruzione ed il Governo che ha per dovere la tutela dell ' ordine costituito , si è potuto realizzare . A salvare il pudore del Governo è bastato diffondere abilmente strane voci di fantastici colpi di mano contro il parlamento . Dopo di che può avanzarsi l ' on . Nitti a ristabilire l ' ordine contro i reazionari , nell ' interesse dei socialisti , che intanto gli danno tregua in parlamento e cooperano a sedare gli scioperi nel paese . L ' on . Nitti naturalmente dissimulerà il suo vero compito di governo sotto la formula imparziale : « contro le intemperanze di destra e contro le intemperanze di sinistra » . Formula che incontrerà il plauso degli evirati cantori del « Corriere della Sera » . Ma il vero compito del Ministero Nitti è questo solo : soffocare il movimento dei combattenti . Dopo essere stato abilmente diffamato ed indiziato come sedizioso , il movimento dei combattenti è oggi a buon punto per diventare oggetto delle persecuzioni governative . E un ' azione di governo in questo senso , dopo tanta diffamazione di socialisti e d ' idioti borghesi , può anche essere esibita come una benemerenza nazionale . Ma l ' Italia combattente non si lascerà così facilmente sopprimere e soprattutto non si lascerà così facilmente ingannare . Intanto i due caposaldi del suo programma : niente rinunzie all ' estero e rinnovamento interno a cominciare dal sistema elettorale , sono così ben piantati nella coscienza nazionale , che nessuna forza umana può più scalzarli . Quanto alle persecuzioni politiche , i combattenti sanno come affrontarle . Esse non avranno certo maggiore efficacia dei cannoni austriaci .
L'effetto finale ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
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Se si dovessero raccogliere tutte le storielle , gli aneddoti e gli spropositi che da vent ' anni a questa parte vengono attribuiti a un certo produttore cinematografico , ne verrebbe fuori un volume di almeno duecento pagine . Il produttore in questione , meridionale e filosofo , non se la piglia : anche quando si tratta di pura invenzione o di verità largamente manipolata . Non si arrabbiò neppure quella volta che , ricorrendo il cinquantenario della morte di Verdi , circolò la voce ch ' egli avesse inviato al comitato per le onoranze il seguente telegramma : « Aderisco commosso manifestazioni memoria immortale Cigno di Pier Busseti » . L ' ultima storia che ha per protagonista il nostro cineasta è la seguente . Il produttore , di buon mattino , convoca nella sua villa romana due sceneggiatori . Li riceve in ricca vestaglia e dice loro : « Giovanotti , ci siamo . Stanotte non potevo prendere sonno e mi sono messo a pensare . M ' è venuto in mente un soggetto che mi sembra la cosa più grossa degli ultimi dieci anni . Ci sta dentro tutto : dramma , suspence , emozione , effetto finale . Dovete trattarmelo immediatamente . Sentite . Un tale , investito da un ' automobile , viene portato all ' ospedale . Dev ' essere subito operato . Si chiama il chirurgo di servizio , il quale , appena vede il ferito sul tavolo operatorio , riconosce l ' amante della sua signora . Immaginate . Tempesta nell ' anima , sudore freddo , cuore che batte come un tamburo . Toc ... toc ... " Questo carognone lo faccio morire " , pensa il chirurgo . È combattuto . " Lo faccio crepare , o lo salvo ? Opero o lo mollo di traverso ? " Effetti sonori : il cuore fa toc - toc ; il respiro del ferito è un mantice . Gli assistenti aspettano . Finalmente , vince il senso del dovere . Il chirurgo decide di operare . Ma subito la voglia di vendicarsi si fa risentire . " Lo addormento , questo fetentone , o lo faccio soffrire ? Lui mi ha fatto tanto soffrire ! Ora lo aggiusto io ! " Sudore . Il cuore fa toc - toc . Il respiro del ferito . Lancette di orologio che marciano fatali . Immaginate . " Lo addormento o lo faccio soffrire ? " Ma anche questa volta , vince il dovere . II chirurgo si volta verso gli assistenti e ordina : " Anastasia ! " » .
Rispettare i morti ( Ginzburg Natalia , 1990 )
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Non muovo alcun rimprovero a Lorenzo Mondo , per aver pubblicato quelle note di Pavese , qualche giorno fa . Ha aspettato quarant ' anni prima di pubblicarle ; infine ha pensato che si trattava d ' un documento e i documenti è giusto farli conoscere ; e difatti è giusto . Se fossi stata io a trovarle , non le avrei pubblicate ; ma il mio rapporto con Pavese era di stretta amicizia ; avrei troppo temuto le reazioni che potevano suscitare e forse le avrei distrutte ; non lo so . Comunque Lorenzo Mondo lo capisco e non posso dargli torto . Le ha accompagnate con un commento sommesso e discreto . Mi addolora però profondamente la gran polvere , il clamore che ne è seguito . Pavese , per quelle note , è stato chiamato fascista , filonazista . La sua figura pubblica è stata colpita a sassate da ogni parte . Qualcuno l ' ha difeso . Ma il clamore e la polvere hanno coperto ogni argomentazione pacata e sensata . I morti che ci sono cari , noi vorremmo che fossero rispettati . Rispettarli significa astenersi dal sottoporli a un processo inquisitorio . Risparmiare alla loro immagine le deduzioni malevole , giudizi affrettati e recisi , il chiasso futile e malevolo dei giornali . Ma esiste nel nostro tempo uno strano e insano piacere nell ' infierire contro la memoria dei morti . Nel fare strame della loro vita privata e pubblica , e della loro opera , quando un opera loro ci sia rimasta . Ne successo a Hemingway , a Montale , a Felice Balbo , a tanti altri in varia forma e varia misura . Succede oggi a Pavese . Prima viene fatta di loro una sorta di statua , mirabile e immobile , poi la statua viene presa a sassate . I morti , nel nostro tempo , bisogna che si aspettino o le genuflessioni che vengono tributate ai marmi sacri , o la dimenticanza , o le sassate . Non è il nostro un tempo dove i morti possano convivere felicemente coi vivi . Per quanto riguarda Montale , non c ' è dubbio che ha agito male quando ha firmato con il proprio nome le pagine scritte da un altro , ma è ben meschina , gretta e polverosa la furia che si è scatenata su questo episodio . Su Felice Balbo , anni fa , è stato costruito un castello di accuse oscure totalmente inventate , ordite chissà a quale scopo da qualche mente perversa . Era una fra le persone più limpide che ci siano mai state . Su Pavese , non è stato inventato nulla , quelle note esistono , scritte dalla sua mano . Ma la vita d ' un uomo è vasta , ed è fatta di istanti dei quali non sappiamo nulla , di atti nobili e meno nobili , di pensieri scritti in qualche lettera o in qualche quaderno , poi contraddetti da nuovi pensieri o dal comportamento nel corso degli anni . Ne fatta di colpe , di rimorsi , di sacrifici e azioni generose che a tutti resteranno per sempre ignoti . Che senso ha processare un essere umano che fino a ieri appariva senza colpa , da parte di chi non l ' ha mai conosciuto e l ' ha conosciuto poco e male , o di chi è nato molto dopo la sua morte ? E soprattutto perché tanto insano piacere nel fare strage della sua memoria , deturpare la sua immagine e renderla del tutto irriconoscibile a quanti l ' hanno amata ? Nessi ne conservano i veri connotati stampati negli occhi , e tuttavia si sentono persi , come se quei connotati non fossero mai stati veri . Pavese è morto quarant ' anni fa . Quelli che l ' hanno conosciuto nell ' intimo sono ormai pochi : una misera minoranza . Pochi ormai sono in grado di evocarne la fisionomia vera , i gesti , i passi , la voce . Una persona umana è fatta anche di questo : non soltanto delle pagine che ha scritto o delle idee che aveva . La cosa onesta che si deve fare nei riguardi d ' un morto , se era uno scrittore , è leggere le sue opere , scrutarne il significato e prediligerne le migliori ; quelle che ci sembrano le migliori . Di uno scrittore che è morto , è importante il meglio ; il peggio va accantonato in disparte . E tuttavia anche il peggio deve essere conosciuto , indagato e studiato : ma in disparte . Ne in qualche modo è lo stesso per ogni persona umana : non si capisce bene perché , ma dopo che è morta , il meglio che aveva lo vediamo salire in superficie , e il peggio calare nel buio : ed è il meglio che vogliamo ricordare di più . Quelle note di Pavese che sono state pubblicate ora mi hanno turbato , non voglio negarlo . So bene che pensava e scriveva a volte delle assurdità . La sua straordinaria intelligenza non glielo impediva . Di politica non capiva niente , e quelle note sono per la massima parte politiche . Non le ha stracciate : non stracciava mai niente . Mi ha ferito soprattutto , in quelle note , quanto lui scriveva sulla Germania di Hitler . Le atrocità dei tedeschi , dice , non sono diverse dalle atrocità compiute nella Rivoluzione francese . Scriveva così nel '42 , mentre gli ebrei morivano a milioni nei campi di sterminio , nel modo che sappiamo . Allora , sui campi di sterminio , non sapevamo tutta la verità , ma si sapeva pure che quanto stava succedendo agli ebrei in Germania era qualcosa di intollerabile per il nostro pensiero . Sul fascismo , su Mussolini , sulla guerra , dice delle frasi grottesche . Fanno un ' immensa rabbia , ma chi l ' ha conosciuto , Pavese , ricorda che era bastian contrario . L ' Italia stava perdendo la guerra , nel '42 , e lui parla di vittoria . Il fascismo , non c ' era ormai più nessuno in Italia che non ne auspicasse la fine , e lui si domanda se non era forse una cosa buona . Non le ha incluse nel suo diario , quelle note , ma non le ha stracciate . Avrà forse pensato che potevano essergli di qualche utilità per ricostruire se stesso , in un certo periodo , per osservare un giorno i percorsi capricciosi del proprio pensiero ? per conservare il peggio di se stesso ? Ma le frasi sulla Germania di Hitler , chi gli ha voluto bene le ripensa con vivo turbamento . Tuttavia chi gli ha voluto bene non gli toglie certo una sola stilla d ' affetto . Mi trovo d ' accordo con quanto ha detto di lui Luisa Sturani : era come un ragazzo : la sera s ' addormentava con un ' idea e la mattina dopo si svegliava con l ' idea opposta . Così succede ai ragazzi . Usava scrivere tutto quello che gli passava per la testa . Che sia stato fino all ' ultimo un adolescente , è sicuro . Ha portato avanti la propria esistenza in maniera assurda , con un carico di ossessioni e di fissazioni che non è mai riuscito a buttare via ; e , come fanno gli adolescenti , ubbidiva a discipline e privazioni insensate e severe , che si era imposto da sé . E riuscito a rifiutarsi ostinatamente tutto quello che desiderava , per una dolorosa difficoltà a vivere ma anche per qualche severa ingiunzione mentale : desiderava avere una moglie , una casa : e non le ebbe mai . Da giovane , diceva che si sarebbe scelto per moglie una ragazza opaca , insignificante , docile , che occupasse nella sua vita pochissimo spazio : « Una donna che , pregata , volesse dar mano alla casa » . Sono versi di Lavorare stanca . In seguito , questo sogno lo cancellò . Cadeva sempre con delle donne che lo rendevano infelice : donne forti , autoritarie , sfuggenti , nervose , radiose e tigresche : amando in verità il dolore e le bufere che scatenavano nella sua anima . E tuttavia l ' antica moglie opaca ogni tanto ricompariva nella sua immaginazione . Le donne erano al centro dei suoi pensieri : un mondo a cui non gli riusciva di accostarsi senza febbre , dolore e strazio . Chiamarlo fascista è una follia pura . Chi l ' ha conosciuto vivo , chi è in grado di evocarne la figura , i gesti , il comportamento , il senso stesso della sua esistenza , sa bene come egli fosse l ' esatto contrario di quello che il fascismo è stato . Tutto quanto formava lo spirito del fascismo era assente dalla sua persona . Lui era un uomo schivo , scontroso , amante del silenzio e dell ' ombra . Il fascismo era violento e declamatorio , vociante nelle piazze e nelle strade . Lui era solitario e taciturno ; e incapace di fare offesa alla piuma d ' un passero . Nel giudicarlo , chi legge quelle sue note e si sdegna per le storture del suo pensiero , o chi lo condanna per non essersi lui battuto durante la Resistenza e per essersi nascosto , non dovrebbe dimenticare che otto anni dopo , sette anni dopo si è ucciso : e un suicidio ha sempre infinite motivazioni , fra le quali è presente , sempre o quasi sempre , un senso di colpa , un carico insopportabile di rimorsi , giusti o ingiusti , ma sempre disperati . Perciò chi lo condanna , questo lo dovrebbe mettere in conto ; e certo ogni suicidio va contemplato a sé ; ma guardando al suicidio di Pavese mi sembra debba cadere ogni sdegno o collera , e debba essergli dato quel rispetto che è dovuto all ' estrema disperazione . Ai suoi amici , Pavese ha dato molto , e ha insegnato molto : ha insegnato o cercato d ' insegnare la serietà nel lavoro , il disinteresse , l ' indifferenza alla gloria . Ha insegnato la pietà . Chi era allora colpito da sventure , ne ricorda la dedizione , la generosità , la gentile e sconfinata pazienza . Ai suoi amici , ha anche insegnato la forza nel sopportare il dolore ; questa forza lui non l ' ha avuta , ma ne sapeva la necessità , ed essa era in qualche modo presente nelle pieghe della sua faccia , nei suoi modi , nel suo passo rapido e solitario . Tuttavia nessuno dei suoi amici l ' ha mai considerato un maestro di vita o un maestro di pensiero : troppe volte pensava delle assurdità ; e troppo lo vedevano condurre la sua propria vita in un modo ostinato , sofferente , tortuoso e maldestro : la sua grande intelligenza , matura , complicata , adulta , contrastava con l ' immaturità della sua indole , con la nativa semplicità del suo essere ; e non gli ha dato mai alcun soccorso nei rapporti col prossimo , nei sentieri dell ' esistenza : e anzi gli ha sbarrato la strada . Ne è stato un narratore e un poeta ; così è giusto e onesto che sia ricordato ; e anche è stato uno degli uomini più appassionati , più umili e meno cinici che siano mai passati su questa terra .
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L ' on . Turati ha presentato alla presidenza della Camera la seguente interpellanza : « All ' on . Presidente del Consiglio e all ' on . Ministro degli esteri : per sapere se siano informati dell ' azione che una ambasciata straniera svolse durante la crisi ministeriale , e dell ' attività che essa spiega in questi giorni per determinare nuove crisi : per sapere inoltre se siano informati delle visite che segretari della stessa ambasciata fanno ogni giorno a uomini parlamentari e anche a giornali che più eccitano alla rivolta contro le istituzioni parlamentari » . Nel maggio 1915 quando l ' opinione pubblica italiana insorse contro l ' ingerenza straniera nelle cose interne del nostro paese , giornali , uomini politici e privati cittadini , che asserivano un fatto così rivoltante per la coscienza pubblica , denunziarono apertamente i nomi di Giovanni Giolitti e di Bernardo von Bülow . Oggi l ' on . Turati , sotto forma d ' interpellanza , cioè trincerandosi dietro l ' immunità parlamentare , ripete la stessa accusa a carico di persone innominate , indiziandole con termini vaghi in modo che il sospetto possa colpire chiunque faccia comodo all ' on . Turati e agli interessi che egli serve , senza che alcuno sia particolarmente autorizzato senza suo danno a rintuzzarla . Per conto nostro non abbiamo neppure bisogno d ' invocare l ' altra causa di « xenofobia » tante volte lanciataci dai socialisti per escludere che l ' on . Turati abbia voluto alludere al nostro giornale . Non ne abbiamo bisogno perché l ' accusa dell ' on . Turati non si discute neppure , si disprezza semplicemente . Un ' accusa di collusione con lo straniero , quando è fatta nella forma e nei termini dell ' on . Turati , lungi dal colpire chicchesia , colpisce soltanto chi la fa . Essa infatti prova semplicemente che chi la fa , per difetto proprio di coscienza nazionale , non ne comprende tutta la gravità , se crede di potersi esimere dagli obblighi più elementari che l ' estrema gravità dell ' accusa stessa comporta . E che questo appunto sia il caso dell ' on . Turati risulta chiaro non solo dalla forma genericamente tendenziosa della sua accusa , ma in forma più positiva dalle stesse parole dell ' on . Turati con le quali si attribuisce all ' Ambasciata straniera , di cui si tratta , una singolare attività « per determinare nuove crisi » nel nostro governo . Parole , che tradiscono il vero scopo dell ' on . Turati . Vale a dire : l ' on . Turati , nel lanciare la stupefacente accusa , con la quale l ' ambiente politico italiano viene dipinto come quello d ' un qualsiasi staterello balcanico , non è mosso da un « puro » scopo patriottico , ma soltanto dallo scopo « partigiano » di rendere un servizio personale all ' on . Nitti , insinuando un sospetto atroce , che allo stato fluido in cui è stato lanciato può , a guisa di gas asfissiante , investire qualunque dei suoi avversari . Dopo di che è perfettamente inutile rilevare l ' inanità dell ' altro tentativo fatto dall ' on . Turati : cioè di aizzare il Parlamento contro la stampa contraria all ' on . Nitti , qualificandola come eretica , o peggio verso le istituzioni parlamentari . Constatiamo semplicemente che , con la sua calunniosa interpellanza , l ' on . Turati ha compiuto un vero e proprio atto di sabotaggio contro le istituzioni parlamentari , sfruttando la sua prerogativa parlamentare , per compiere una cattiva azione .