StampaQuotidiana ,
Non
è
per
riprendere
la
stucchevole
questione
della
cultura
di
destra
(
esiste
,
non
esiste
,
è
robusta
,
è
gracile
)
,
ma
sarebbe
un
peccato
lasciar
trascorrere
il
trentennale
della
morte
di
Bruno
Leoni
senza
ricordare
questo
sincero
e
combattivo
liberale
,
che
diede
colpi
tremendi
alla
spocchiosa
cultura
di
sinistra
.
E
come
reagirono
i
suoi
avversari
?
Al
modo
solito
di
quando
non
hanno
buone
carte
in
mano
:
ignorandolo
,
rifiutandosi
di
giocare
la
partita
.
Dal
1700
al
1900
la
rivoluzione
industriale
portò
all
'
"
economicizzazione
della
società
"
.
L
'
economia
divenne
di
massa
mentre
nel
mondo
agricolo
pre
-
industriale
era
solo
per
pochi
,
borghesi
,
il
grosso
della
società
disperso
in
campagna
.
La
novità
fu
che
in
poco
tempo
il
capitale
divenne
il
tema
centrale
nella
vita
della
maggioranza
degli
individui
,
ben
definito
da
Karl
Marx
come
avvento
dell
'
"
uomo
economico
"
.
Questi
era
tale
perché
non
produceva
più
direttamente
i
propri
mezzi
di
sostentamento
attraverso
la
manipolazione
diretta
dei
frutti
della
terra
,
ma
doveva
procurarseli
attraverso
la
mediazione
di
un
salario
.
Infatti
i
problemi
della
nuova
relazione
tra
politica
ed
economia
riguardò
il
cambiamento
del
modello
di
società
in
relazione
alla
transizione
delle
maggioranze
sociali
da
un
'
economia
con
poco
denaro
a
una
che
ne
richiedeva
molto
di
più
.
Questi
furono
,
essenzialmente
,
due
.
Il
primo
riguardò
la
creazione
tecnica
di
più
moneta
per
reggere
la
nuova
domanda
di
capitalizzazione
da
parte
delle
masse
industrializzate
.
Il
secondo
fu
quello
del
come
"
socializzare
l
'
economia
nel
momento
in
cui
la
società
era
stata
economicizzata
"
.
Tradotta
,
la
questione
fu
:
come
creare
un
accesso
di
massa
al
capitale
?
La
politica
generò
due
soluzioni
antagoniste
:
a
)
socializzare
l
'
economia
come
rivendicazione
sindacale
(
il
laburismo
e
il
socialismo
)
o
come
modello
di
creazione
politica
di
capitale
per
le
masse
(
nazionalsocialismi
,
tipo
il
fascismo
,
nazismo
,
peronismo
)
fino
all
'
estremo
dell
'
economia
senza
il
denaro
(
il
comunismo
)
o
,
più
recentemente
,
del
denaro
per
diritto
,
cioè
lo
statalismo
;
b
)
lasciare
il
più
possibile
libera
l
'
economia
come
modo
per
permettere
a
ciascuno
di
trovare
la
propria
posizione
in
essa
(
il
liberismo
)
.
Dove
siamo
arrivati
,
dopo
tre
secoli
,
nella
soluzione
di
questi
problemi
?
Il
primo
è
abbastanza
vicino
ad
una
soluzione
.
Il
secondo
è
ancora
irrisolto
.
La
soluzione
del
problema
di
come
aumentare
la
quantità
di
capitale
fu
trovata
nel
rendere
protagonista
lo
Stato
nel
processo
di
regolazione
e
creazione
delle
masse
monetarie
.
Dopo
molte
prove
ed
errori
,
oggi
abbiamo
un
sistema
di
politica
monetaria
che
è
in
grado
di
alimentare
il
"
capitalismo
di
massa
"
.
Ma
il
modello
politico
per
ottenerlo
in
forma
compiuta
ancora
non
esiste
.
Tutte
le
forme
di
statalismo
,
cioè
di
controllo
politico
e
"
dirigista
"
dell
'
economia
,
sono
vistosamente
fallite
.
E
il
motivo
,
pur
nella
diversità
dei
modelli
,
è
uno
solo
:
per
distribuire
artificialmente
ricchezza
se
ne
deprime
la
creazione
.
Ogni
modello
statosocialista
,
infatti
,
è
in
crisi
.
È
ormai
certo
che
lo
statalismo
sia
un
ramo
secco
,
scommessa
fallita
,
dell
'
albero
delle
possibili
soluzioni
al
problema
della
socializzazione
dell
'
economia
.
Il
liberalismo
si
è
dimostrato
migliore
perché
metodo
potentissimo
di
creazione
della
ricchezza
.
Resta
,
tuttavia
,
debole
nella
diffusione
sociale
della
stessa
.
Il
primo
risultato
dell
'
esplorazione
storica
porta
alla
conclusione
che
è
più
razionale
tentare
di
socializzare
il
liberismo
,
perché
modello
che
funziona
sul
lato
più
importante
dell
'
economia
-
cioè
quello
della
creazione
della
ricchezza
-
che
non
tentare
di
rendere
più
liberale
lo
statosocialismo
,
modello
geneticamente
più
sbagliato
.
Si
riforma
qualcosa
che
ha
gambe
buone
,
non
quello
che
comunque
non
sta
in
piedi
.
Detto
questo
,
la
nuova
missione
del
"
neoliberismo
"
è
quella
di
individuare
quale
via
possa
rendere
più
sociale
il
modello
liberista
classico
ed
evitare
il
rischio
di
spaccatura
della
società
tra
molto
ricchi
e
molto
poveri
.
Secondo
me
la
soluzione
è
quella
di
rielaborare
il
concetto
di
"
capitale
"
.
La
socializzazione
dell
'
economia
è
stata
sempre
trattata
come
distribuzione
diretta
di
denaro
e
di
garanzie
mediate
da
una
burocrazia
costosa
ed
inefficiente
.
L
'
errore
è
questo
perché
diventa
sottrazione
allo
sviluppo
.
Se
,
invece
,
si
investisse
su
ciascun
individuo
per
migliorarne
le
capacità
competitive
su
un
mercato
reso
libero
al
massimo
(
formazione
continua
,
supporto
ai
percorsi
lavorativi
nell
'
ambito
di
un
sistema
economico
deregolamentato
che
favorisce
la
creazione
di
impresa
)
avremmo
con
meno
spesa
di
denaro
un
enorme
aumento
dello
sviluppo
e
,
in
particolare
,
una
capitalizzazione
di
massa
con
minore
probabilità
di
squilibrio
sociale
.
In
sintesi
,
il
neoliberismo
deve
sostituire
le
vecchie
garanzie
redristibutive
di
socializzazione
dell
'
economia
con
delle
nuove
basate
sulla
costruzione
del
"
capitale
umano
"
.
Dare
concretezza
a
questa
strategia
è
il
compito
dei
riformatori
neoliberisti
.
Il
farlo
è
urgente
perché
chi
vuole
riformare
lo
Stato
sociale
a
partire
dalla
difesa
di
un
modello
geneticamente
sbagliato
sicuramente
fallirà
.
E
in
Italia
,
francamente
,
fa
perfino
male
al
cuore
vedere
tanti
pomposi
riformatori
di
sinistra
che
non
si
accorgono
di
essere
prigionieri
di
una
palude
della
storia
,
un
fiume
finito
nel
nulla
.
Forza
,
colleghi
neoliberisti
,
diamo
alla
politica
la
teoria
del
nuovo
liberismo
che
serve
e
che
può
funzionare
.
Sappiamo
farla
.
E
diamoci
anche
un
'
ambizione
.
In
tutti
i
Paesi
del
mondo
avanzato
il
problema
è
proprio
di
come
trovare
un
liberismo
più
sociale
.
Rilanciamo
il
pensiero
italiano
competendo
per
essere
i
primi
a
trovare
e
sperimentare
la
soluzione
che
finalmente
la
storia
mostra
con
più
chiarezza
,
dopo
tanti
esperimenti
ed
errori
.
StampaQuotidiana ,
Non
aveva
torto
il
regista
Joseph
Losey
a
sperare
che
Venezia
gli
restituisse
,
con
Il
servo
,
un
po
'
di
quel
prestigio
che
Eva
,
non
per
tutta
sua
colpa
,
gli
aveva
tolto
.
Il
suo
ultimo
film
,
infatti
,
presentato
oggi
sotto
bandiera
inglese
,
mostra
che
quando
la
mano
e
l
'
occhio
di
Losey
seguono
da
vicino
l
'
elaborazione
di
un
'
opera
cinematografica
,
il
prodotto
potrà
essere
più
o
meno
gradevole
a
seconda
del
nostro
gusto
,
ma
innegabile
la
personalità
del
regista
.
Anche
Il
servo
si
muove
nell
'
aura
decadentistica
che
piace
a
questo
esegeta
delle
degradazioni
morali
e
fisiche
,
e
ha
perciò
sequenze
incresciose
,
ma
tutta
la
prima
parte
del
film
,
nel
quale
si
delineano
i
caratteri
e
le
situazioni
,
ha
squisitezze
che
non
sono
ancora
estetizzanti
ma
soltanto
un
fine
arabesco
psicologico
tracciato
intorno
a
personaggi
e
ad
ambienti
che
covano
i
germi
della
dissoluzione
.
Siamo
a
Londra
,
dove
Tony
,
un
«
giovin
signore
»
,
tornato
dall
'
Africa
,
prende
possesso
di
un
appartamento
.
Poiché
vive
solo
,
cerca
un
cameriere
,
e
la
scelta
cade
su
Barrett
,
più
maturo
di
anni
,
servizievole
e
premuroso
,
ma
fin
dal
principio
ambiguo
e
ficcanaso
.
Qualità
che
non
piacciono
a
Susan
,
fidanzata
di
Tony
,
la
quale
cerca
di
convincerlo
a
licenziarlo
,
quasi
indovinando
il
pauroso
ascendente
che
il
servo
sta
per
avere
sul
padrone
.
Convintosi
della
debolezza
di
Tony
,
Barrett
comincia
a
mettere
in
atto
un
piano
perverso
inducendo
il
padrone
ad
assumere
,
come
cameriera
,
quella
che
egli
presenta
come
la
propria
sorella
,
e
invece
è
l
'
amante
:
Vera
,
una
sgualdrina
che
ben
presto
seduce
Tony
,
lo
allontana
da
Susan
e
lo
riduce
uno
straccio
.
Rientrati
improvvisamente
a
casa
durante
un
week
-
end
,
Tony
e
Susan
scoprono
i
due
servi
nella
camera
del
padrone
,
ma
quando
Tony
va
per
cacciarli
ha
la
rivelazione
che
essi
non
sono
fratello
e
sorella
,
bensì
due
compari
vissuti
sinora
alle
sue
spalle
,
e
che
ora
,
irridendolo
e
saccheggiandolo
,
se
ne
vanno
di
propria
volontà
.
Avvilito
,
già
quasi
distrutto
dall
'
umiliazione
inflittagli
da
questa
coppia
plebea
,
Tony
comincia
a
bere
:
è
il
primo
gradino
di
una
degradazione
che
lo
indurrà
,
più
tardi
,
a
riassumere
il
servo
,
e
a
stringersi
a
lui
in
un
'
amicizia
particolare
.
Ormai
Barrett
non
è
soltanto
il
padrone
di
casa
,
arrogante
e
violento
,
ma
il
dominatore
di
Tony
,
il
quale
gli
ubbidisce
come
un
fantoccio
,
e
si
lascia
convincere
a
riprendere
con
loro
Vera
.
L
'
appartamento
,
nel
quale
Barrett
invita
persino
donne
di
strada
,
è
ormai
una
sentina
di
vizi
.
Nemmeno
Susan
,
venuta
per
tentare
di
salvare
Tony
,
resiste
al
fascino
dell
'
abietto
servo
.
Ma
se
la
giovane
riuscirà
a
sfuggire
alla
trappola
,
Tony
è
ormai
ridotto
alla
stregua
di
un
animale
che
si
trascina
nell
'
immondizia
.
Il
tempo
si
è
fermato
:
non
c
'
è
più
speranza
per
lui
.
Chi
ebbe
la
sventura
di
vedere
Eva
troverà
molti
punti
di
contatto
fra
il
precedente
film
di
Losey
(
il
quale
,
per
la
verità
,
lo
ha
sconfessato
,
attribuendone
i
vizi
alle
manipolazioni
del
produttore
)
e
Il
servo
.
Al
regista
,
infatti
,
sono
care
queste
vicende
abiette
:
e
non
tanto
,
si
direbbe
,
per
ragioni
moralistiche
,
quanto
per
la
loro
potenzialità
figurativa
,
perché
gli
consentono
di
creare
un
universo
di
simboli
in
cui
ogni
oggetto
sprigiona
una
forza
malsana
:
quasi
l
'
ombra
diabolica
che
è
contenuta
in
ogni
aspetto
della
realtà
.
In
Il
servo
si
vede
bene
cosa
intende
Losey
quando
,
parlando
dell
'
influenza
che
Brecht
ha
avuto
su
di
lui
,
afferma
di
mirare
alla
ricostruzione
della
realtà
attraverso
una
scelta
di
simboli
-
realtà
,
di
caricare
di
significato
premonitore
ogni
gesto
,
e
persino
la
linea
degli
oggetti
e
il
rapporto
fra
gli
attori
e
la
macchina
da
presa
.
In
questo
film
l
'
abiezione
del
soggetto
(
Harold
Pinter
,
uno
degli
«
arrabbiati
»
inglesi
,
ha
tratto
la
sceneggiatura
da
un
racconto
di
Robín
Maugham
)
è
in
qualche
misura
riscattata
dall
'
emozione
logica
che
suscita
nello
spettatore
.
Tuttavia
non
completamente
:
è
indubitabile
che
certi
effetti
,
soprattutto
nella
parte
dedicata
alla
descrizione
dell
'
animalità
raggiunta
da
Tony
,
derivano
da
un
gusto
intellettualistico
dello
spettacolo
;
il
grande
uso
che
Losey
continua
a
fare
degli
specchi
denuncia
le
vere
radici
di
un
regista
che
si
affanna
a
predicare
la
semplicità
ma
razzola
spesso
nella
violenza
ottica
.
In
Il
servo
,
ad
esempio
,
l
'
approfondimento
dei
trapassi
psicologici
,
soprattutto
la
spiegazione
dei
moventi
della
degradazione
di
Tony
,
sono
largamente
sacrificati
ai
valori
visivi
;
è
in
questi
tutto
il
fascino
,
ma
anche
il
grave
limite
,
del
film
.
Del
quale
insomma
si
apprezza
molto
l
'
ambientazione
tanto
raffinata
che
introduce
alla
dissoluzione
,
la
bravura
con
cui
è
ritratta
la
nequizia
di
Barrett
e
la
debolezza
di
Tony
,
talune
sequenze
come
quella
,
in
cucina
,
di
Tony
tentato
da
Vera
,
e
quella
degli
amanti
sorpresi
,
e
,
ovunque
,
la
recitazione
di
Dirk
Bogarde
,
James
Fox
,
Sarah
Miles
,
ma
che
non
riesce
completamente
a
farci
vincere
il
ribrezzo
:
come
sempre
quando
il
male
è
contemplato
con
fredda
intelligenza
.
Se
il
film
ciò
nonostante
impressiona
e
resta
nella
memoria
è
per
l
'
aspra
e
gelida
forza
consegnata
agli
occhi
.
StampaQuotidiana ,
La
svolta
socialista
in
Europa
ha
rivelato
già
tutti
i
suoi
limiti
.
È
bastato
poco
tempo
per
capire
che
la
sinistra
,
giunta
la
potere
in
Francia
,
in
Germania
e
in
Italia
,
ha
abbandonato
solo
a
parole
la
sua
inveterata
vocazione
allo
statalismo
e
a
un
soffocante
controllo
della
società
.
Rispetto
a
quella
tendenza
generale
,
si
distingue
,
in
parte
,
soltanto
il
laburista
Tony
Blair
,
unicamente
perché
egli
dimostra
di
avere
assimilato
interamente
la
lezione
della
Thatcher
.
La
maggior
parte
dei
commentatori
,
tuttavia
,
ha
creduto
di
spiegare
il
successo
ottenuto
dalle
sinistre
in
Europa
con
la
capacità
di
fornire
una
risposta
più
conveniente
,
rispetto
a
quella
liberale
,
alle
inquietudini
di
una
società
insicura
di
fronte
ai
processi
di
globalizzazione
economica
.
Si
è
finito
per
dare
eccessivo
credito
alle
parole
d
'
ordine
lanciate
dalle
forze
socialiste
,
il
nuovo
laburismo
di
Blair
,
il
nuovo
centro
di
Schroeder
,
l
'
Ulivo
di
prodi
,
fondate
sulla
promessa
di
una
maggiore
libertà
di
iniziativa
economica
capace
però
di
conservare
le
conquiste
più
importanti
dello
Stato
sociale
.
L
'
immagine
di
una
sinistra
in
grado
di
tenere
insieme
l
'
esigenza
di
un
maggiore
sviluppo
economico
e
l
'
attenzione
verso
i
problemi
sociali
è
stata
vincente
.
Soprattutto
perché
le
proposte
degli
avversari
sono
state
sistematicamente
bollate
con
il
marchio
del
liberismo
più
sfrenato
,
agitando
il
pericolo
che
a
prevalere
fossero
gli
istinti
selvaggi
del
capitalismo
rispetto
alle
esigenze
primarie
di
socialità
e
di
solidarietà
.
È
chiaro
che
se
lo
scontro
fra
destra
e
sinistra
viene
posto
in
questi
termini
,
la
scelta
non
può
che
cadere
a
favore
della
sinistra
.
Ma
la
disillusione
di
molti
intellettuali
nei
confronti
dell
'
esperienza
di
governo
offerta
dalle
sinistre
è
stata
molto
rapida
.
Sono
emersi
i
perduranti
caratteri
ideologici
,
l
'
impreparazione
,
la
disinvoltura
,
perfino
l
'
ipocrisia
della
sinistra
.
La
realtà
,
che
si
è
voluto
ignorare
,
è
riemersa
prepotentemente
.
Così
come
la
comoda
contrapposizione
fra
un
socialismo
rinnovato
e
un
consunto
liberismo
ha
dimostrato
di
essere
una
semplice
mistificazione
,
buona
soltanto
per
alimentare
la
propaganda
della
sinistra
.
In
realtà
,
gli
avvenimenti
di
queste
ultime
settimane
confermano
che
in
Europa
la
vera
linea
di
demarcazione
passa
tra
una
sinistra
ancora
intrisa
di
statalismo
e
schiacciata
dal
peso
insostenibile
dell
'
ideologia
,
e
una
destra
non
più
conservatrice
,
bensì
protesa
nel
futuro
e
decisa
a
far
prevalere
i
principi
di
libertà
e
il
primato
della
società
civile
rispetto
alle
pretese
invadenti
dello
Stato
e
degli
apparati
politici
.
In
Italia
chi
ha
affermato
prima
questi
principi
,
non
del
liberismo
,
ma
della
libertà
in
tutte
le
sue
forme
,
molteplici
e
vitali
,
in
opposizione
al
trionfante
ritorno
della
cultura
comunista
,
è
stato
il
leader
di
Forza
Italia
,
Silvio
Berlusconi
.
C
'
è
voluto
non
un
politico
,
ma
un
imprenditore
per
ricordarsi
che
la
libertà
non
è
graziosamente
"
concessa
"
dallo
Stato
,
perché
essa
viene
prima
dello
Stato
.
La
libertà
è
un
diritto
naturale
,
che
ci
appartiene
in
quanto
esseri
umani
e
che
semmai
fonda
lo
Stato
.
Da
questa
concezione
scaturisce
anche
il
federalismo
e
il
principio
della
sussidiarietà
,
cioè
l
'
affermazione
dell
'
autonomia
della
società
e
della
persona
rispetto
al
centralismo
burocratico
dello
Stato
e
dei
partiti
.
Esattamente
il
contrario
di
ciò
che
sostiene
la
sinistra
,
e
cioè
la
rivendicazione
del
primato
della
politica
e
dello
Stato
,
inteso
come
una
forma
superiore
di
moralità
.
La
ragione
per
la
quale
la
sinistra
italiana
non
è
riuscita
a
liquidare
Silvio
Berlusconi
,
neppure
attraverso
una
formidabile
persecuzione
giudiziaria
,
risiede
nel
fatto
che
egli
ha
dato
vita
a
un
movimento
di
massa
,
forte
di
passioni
e
di
valori
profondamente
radicati
dell
'
idea
della
libertà
.
Il
fondatore
di
Forza
Italia
ha
resistito
e
resiste
ad
un
attacco
concentrico
di
tutti
i
poteri
forti
,
perché
è
riuscito
a
fondare
una
nuova
religione
della
libertà
e
rende
possibile
un
nuovo
modo
di
fare
politica
che
sia
espressione
più
alta
della
società
civile
.
Una
politica
che
non
pretende
di
regolare
e
assoggettare
ogni
aspetto
della
società
civile
,
ma
si
proponga
di
svilupparla
nel
segno
della
libertà
e
di
una
maggiore
civiltà
.
StampaQuotidiana ,
L
'
anno
scorso
,
dopo
Cannes
,
Francesco
Rosi
ebbe
a
dichiarare
di
non
aver
alcuna
fiducia
nei
festival
.
«
Vorrei
-
aggiunse
-
che
i
miei
film
non
venissero
mai
accettati
»
.
dunque
un
ben
strano
destino
,
il
suo
,
di
andare
,
con
ogni
film
fatto
dopo
il
1957
,
a
tutti
i
festival
,
e
di
non
tornare
mai
a
mani
vuote
.
Nel
'58
,
a
Venezia
,
divise
con
Malle
il
«
Leone
d
'
oro
»
per
La
sfida
;
nel
'60
,
a
San
Sebastiano
,
vinse
con
I
magliari
;
nel
'62
,
a
Berlino
,
con
Salvatore
Giuliano
.
E
quest
'
anno
,
a
Venezia
,
pone
una
serissima
candidatura
al
massimo
premio
con
Le
mani
sulla
città
.
Un
film
che
sopravanza
Salvatore
Giuliano
,
e
pone
Rosi
fra
i
maggiori
talenti
cinematografici
della
nostra
generazione
di
mezzo
.
Benché
non
ci
sia
chiaro
del
tutto
cosa
Rosi
potrà
darci
in
futuro
.
Nel
suo
fondo
si
combattono
due
forze
,
in
certo
modo
ancora
oscure
:
a
seconda
di
quale
maturerà
meglio
avremo
forse
o
un
moralista
schierato
su
precise
posizioni
ideologiche
,
tali
da
indurlo
a
un
cinema
di
ispirazione
politica
in
cui
l
'
impegno
della
denuncia
rischierà
di
forzare
il
suo
ingegno
verso
una
poetica
etico
-
civile
,
oppure
il
campione
di
un
cinema
intellettualistico
,
per
il
quale
la
problematica
morale
sia
la
risorsa
spettacolarmente
più
efficace
fornita
da
una
concezione
tutta
razionalistica
dell
'
arte
.
Le
mani
sulla
città
è
un
film
sugli
speculatori
edilizi
,
a
Napoli
,
oggi
,
e
sulle
collusioni
fra
l
'
industria
e
la
politica
(
con
un
graffio
,
sul
finire
,
alla
Chiesa
)
.
L
'
opera
è
riuscita
perché
,
in
un
argomento
che
ottiene
quotidiane
conferme
,
le
due
spinte
che
muovono
Rosi
hanno
coinciso
:
la
descrizione
di
quei
soprusi
ci
interessa
,
sin
quasi
a
chiudere
in
una
morsa
la
nostra
attenzione
logica
,
perché
vi
si
specchia
una
gran
macchia
della
vita
pubblica
italiana
contemporanea
.
Ma
se
domani
non
fosse
così
(
e
dopo
la
camorra
dei
mercati
ortofrutticoli
,
gli
imbroglioni
italiani
in
Germania
,
i
mafiosi
siciliani
,
i
gangsters
delle
aree
fabbricabili
,
potrà
darsi
che
Rosi
senta
il
bisogno
di
variare
la
sua
tematica
)
,
c
'
è
il
pericolo
del
manierismo
:
di
una
perenne
requisitoria
o
di
una
assunzione
di
tutti
i
valori
emotivi
nell
'
incontro
e
nello
scontro
delle
intelligenze
.
Non
ipotechiamo
il
futuro
:
si
è
detto
che
in
Le
mani
sulla
città
le
corde
di
Rosi
suonano
all
'
unisono
,
tese
parallelamente
a
mettere
alla
gogna
politicanti
e
approfittatori
e
a
seguire
e
inchiodare
un
processo
mentale
reso
drammatico
dal
conflitto
fra
due
idee
-
guida
della
storia
:
la
chiarezza
dell
'
onestà
e
le
ombre
del
«
particulare
»
.
Non
c
'
è
bisogno
di
scomodare
Machiavelli
e
Guicciardini
per
ricordare
come
il
fossato
fra
morale
e
politica
,
fra
coscienza
e
ragion
di
Stato
,
possa
essere
colmato
o
approfondito
:
Rosi
sa
bene
che
questo
tema
è
,
e
sarà
,
eterno
.
Ma
quando
egli
afferma
,
come
ha
ripetuto
alla
conferenza
-
stampa
di
stamane
,
che
la
speculazione
edilizia
è
stata
per
lui
un
pretesto
d
'
attualità
per
raccontare
un
dibattito
di
idee
e
di
moralità
,
rinasce
appunto
il
dubbio
che
al
regista
,
come
già
si
vide
in
Salvatore
Giuliano
,
l
'
individuazione
delle
componenti
psicologiche
,
morali
e
razionali
dei
caratteri
,
e
il
loro
legarsi
e
scontrarsi
,
stia
più
a
cuore
del
loro
contenuto
.
Nella
storia
del
cinema
sono
stati
numerosi
casi
come
questi
.
Senza
risalire
ai
registi
americani
degli
anni
Trenta
,
che
denunciavano
le
collusioni
fra
politica
e
malavita
senza
riuscire
a
nascondere
la
loro
simpatia
per
il
fascino
intellettuale
suscitato
dall
'
urto
di
quelle
forze
,
basterà
ricordare
film
come
Tempesta
a
Washington
e
Il
processo
di
Verona
,
i
cui
registi
ci
hanno
offerto
buoni
«
spaccati
»
sulla
drammaticità
della
dialettica
delle
idee
,
prima
ancora
che
sull
'
ambiente
storico
preso
di
mira
.
Ma
Le
mani
sulla
città
,
ripetiamo
,
è
inscindibile
:
sta
qui
la
sua
forza
.
Nel
suo
protagonista
,
l
'
impresario
edile
Nottola
che
vuoi
divenire
assessore
comunale
,
il
problema
morale
si
presenta
in
termini
razionali
:
soltanto
in
quanto
egli
può
avere
in
mano
il
potere
politico
può
sperare
di
inserire
se
stesso
in
un
sistema
corrotto
,
cioè
identificare
il
,
male
con
l
'
errore
.
Al
di
là
di
una
sin
troppo
facile
denuncia
politica
,
contro
la
classe
dirigente
italiana
appoggiata
al
centro
e
di
destra
,
il
film
'
ha
un
grande
rilievo
appunto
per
la
tragica
statura
del
protagonista
,
il
quale
difende
se
stesso
con
tutte
le
armi
,
il
denaro
,
i
ceri
alla
Madonna
,
il
sacrificio
del
figlio
,
il
tradimento
degli
amici
di
partito
,
e
finalmente
trionfa
perché
la
corruzione
e
la
debolezza
degli
altri
gli
hanno
spianato
la
strada
.
Di
Le
mani
sulla
città
si
parlerà
molto
,
in
Italia
,
perché
è
un
film
d
'
opinione
socialista
,
con
una
mano
tesa
verso
la
sinistra
democristiana
,
quindi
di
moda
,
e
che
tocca
interessi
molto
precisi
(
l
'
associazione
costruttori
di
Roma
ha
già
elevato
proteste
)
;
ma
se
qualcuno
vorrà
fare
lo
sforzo
di
guardare
soprattutto
alle
sue
qualità
cinematografiche
,
dovrà
apprezzare
il
vigore
e
l
'
essenzialità
con
cui
Rosi
imposta
i
caratteri
e
le
situazioni
,
li
giustappone
a
una
Napoli
da
una
parte
affollata
di
masse
lacere
e
questuanti
,
dall
'
altra
chiusa
nel
breve
cerchio
di
un
club
mondano
o
di
una
vecchia
casa
signorile
,
Nel
mezzo
,
isolato
fra
i
suoi
mobili
razionali
e
luci
fredde
,
sta
Nottola
:
non
si
sa
nulla
della
sua
vita
privata
,
basta
il
suo
accanimento
,
l
'
astuzia
,
la
spietatezza
,
e
il
suo
terrore
di
pensarsi
sconfitto
,
a
farlo
giganteggiare
.
Ciò
che
lo
arrovella
,
si
è
detto
,
è
il
desiderio
,
anzi
il
bisogno
di
divenire
,
da
consigliere
,
assessore
.
Le
elezioni
comunali
sono
imminenti
:
se
riuscirà
,
potrà
controllare
tutti
gli
appalti
relativi
a
un
appezzamento
di
terreno
,
comprato
in
combutta
con
altri
membri
del
suo
partito
,
sul
quale
vuole
costruire
un
intero
quartiere
(
il
terreno
,
se
.
la
giunta
sarà
sua
complice
,
darà
un
profitto
del
cinquemila
per
cento
)
.
Mentre
prepara
questo
piano
,
crolla
la
parete
d
'
uno
stabile
attiguo
a
quello
ché
la
sua
impresa
,
diretta
dal
figlio
,
sta
costruendo
in
un
vicolo
.
Ci
sono
morti
e
feriti
,
e
l
'
opposizione
di
sinistra
chiede
,
in
Comune
,
un
'
inchiesta
,
che
accerta
subito
le
collusioni
fra
costruttori
e
maggioranza
.
Per
evitare
di
restare
inattivo
,
Nottola
riesce
a
ottenere
che
tutte
le
case
del
vicolo
vengano
dichiarate
pericolanti
;
sfrattata
la
popolazione
,
egli
continua
a
costruire
e
ad
arricchirsi
.
Soltanto
quando
,
crescendo
le
pressioni
dell
'
opposizione
,
lo
scandalo
minaccia
di
indebolire
la
maggioranza
,
il
partito
di
destra
che
ha
in
mano
il
governo
locale
chiede
a
Nottola
,
se
vuoi
continuare
a
fare
il
costruttore
,
di
non
presentarsi
alle
elezioni
.
Indifferente
al
ricatto
,
egli
induce
il
figlio
a
costituirsi
,
si
trasferisce
nel
partito
di
centro
,
e
finalmente
riesce
a
essere
eletto
.
Il
nuovo
sindaco
,
«
nell
'
interesse
di
tutti
»
,
fa
sì
che
l
'
assessore
Nottola
e
la
destra
dimentichino
i
rancori
personali
:
una
nuova
maggioranza
si
è
così
formata
per
continuare
i
vecchi
intrallazzi
.
Ma
in
consiglio
comunale
la
sinistra
non
è
più
sola
nel
denunciare
il
pateracchio
:
ora
anche
l
'
ala
sinistra
del
partito
di
centro
accusa
il
Nottola
.
Invano
,
ché
ormai
l
'
assessore
e
i
suoi
compari
hanno
via
libera
per
la
costruzione
del
nuovo
quartiere
:
la
benedizione
della
prima
pietra
verrà
a
darla
personalmente
l
'
arcivescovo
,
È
la
prima
volta
che
un
film
è
buono
nonostante
una
così
attuale
-
e
ovviamente
tendenziosa
-
polemica
politica
(
«
I
personaggi
e
i
fatti
sono
immaginari
-
ci
avverte
una
didascalia
-
ma
autentica
è
la
realtà
sociale
e
ambientale
che
li
produce
»
)
.
Lo
si
deve
alla
penetrazione
realistica
con
cui
lo
stile
critico
di
Rosi
dichiara
la
sua
passione
morale
e
la
sua
lucidità
razionale
,
alla
fotografia
di
Di
Venanzo
,
alla
robusta
musica
di
Piccioni
,
all
'
ottima
recitazione
di
Rod
Steiger
,
che
ancora
una
volta
dà
fortissimo
risalto
alla
livida
figura
di
un
uomo
d
'
affari
che
si
comporta
da
bandito
,
e
di
Salvo
Randone
incisivo
come
sempre
,
e
di
Guido
Alberti
,
ormai
un
vero
attore
.
Nel
cast
non
ci
sono
donne
(
l
'
unica
che
ha
una
particina
,
è
anzi
una
grave
caduta
di
gusto
,
un
soprassalto
di
demagogia
)
,
e
ciò
riafferma
che
il
soggetto
di
Rosi
e
La
Capria
(
alla
sceneggiatura
hanno
collaborato
anche
Enzo
Provenzale
ed
Enzo
Forcella
)
è
tutto
teso
a
significare
la
drammaticità
insita
nella
sua
forte
dialettica
logica
e
morale
.
Essa
ha
trovato
in
Rosi
un
regista
il
quale
con
inquadrature
sicure
e
un
secco
montaggio
che
assicura
un
serrato
dinamismo
narrativo
la
esprime
prevalentemente
nei
dialoghi
fra
gli
uomini
politici
e
nelle
agitate
riunioni
del
consiglio
comunale
,
con
tête
à
tête
che
sono
sfide
,
ricatti
,
e
compromessi
dettati
dall
'
opportunismo
più
abietto
.
Ma
anche
le
scene
di
popolo
sono
eccellenti
:
da
quella
del
crollo
a
quella
della
zuffa
,
nel
vicolo
,
fra
napoletani
e
polizia
.
Insomma
,
il
«
Leone
d
'
oro
»
di
Venezia
,
che
già
aveva
cominciato
a
ruggire
,
oggi
scuote
le
sbarre
.
StampaQuotidiana ,
Prodi
è
proprio
un
genio
.
In
questo
mese
è
riuscito
a
concentrare
l
'
attenzione
dei
media
,
degli
analisti
,
della
politica
(
di
maggioranza
come
di
opposizione
)
su
una
finanziaria
finta
,
che
non
c
'
è
,
distogliendo
così
l
'
attenzione
dalla
finanziaria
vera
,
che
è
ben
nascosta
,
e
che
continua
a
operare
indisturbata
e
disastrosa
lontana
dalle
luci
della
ribalta
.
E
allora
,
come
nei
buoni
romanzi
d
'
appendice
,
facciamo
qualche
passo
indietro
per
poter
capire
meglio
l
'
arcano
.
Introdotta
nel
nostro
ordinamento
contabile
nel
1978
,
la
legge
finanziaria
non
è
altro
che
un
complesso
di
disposizioni
tendenti
a
consentire
la
realizzazione
della
manovra
di
bilancio
.
In
altre
parole
,
sulla
base
di
previsioni
macroeconomiche
in
termini
di
tassi
di
crescita
(
interni
e
esterni
)
,
tassi
di
interesse
,
evoluzione
della
bilancia
commerciale
...
,
e
sulla
base
di
tendenziali
di
spesa
pubblica
,
a
legislazione
vigente
,
le
autorità
di
governo
individuano
i
relativi
saldi
di
finanza
pubblica
come
fabbisogno
netto
da
finanziare
e
li
confrontano
con
quelli
programmatici
.
Se
,
come
è
sempre
successo
fino
a
oggi
,
si
determina
un
divario
,
ecco
allora
che
la
finanziaria
mette
in
atto
la
cosiddetta
"
manovra
correttiva
"
,
fatta
di
tagli
(
alla
spesa
)
e
tasse
(
per
nuove
entrate
)
così
da
raggiungere
gli
obiettivi
voluti
.
Da
qui
le
finanziarie
tutte
sangue
,
sudore
e
lacrime
sperimentate
in
tutti
questi
anni
Novanta
:
bisognava
centrare
i
parametri
di
Maastricht
,
raggiungere
il
3%
del
rapporto
deficit
-
Pil
,
entrare
nella
moneta
unica
,
con
manovre
dell
'
ordine
medio
di
50-60mila
miliardi
(
con
punte
anche
di
90-100mila
)
per
tutto
il
periodo
.
C
'
è
da
dire
anche
che
quasi
mai
le
manovre
predisposte
dal
governo
a
settembre
di
ciascun
anno
,
e
approvate
successivamente
dal
Parlamento
,
centravano
l
'
obiettivo
:
normalmente
si
dichiarava
100
,
si
raggiungeva
la
massimo
50
,
cosicché
a
marzo
-
aprile
bisognava
nuovamente
mettere
mano
ai
conti
.
Con
prodi
,
tranne
il
primo
anno
di
incertezze
e
sbandamenti
(
ricordiamo
tutti
il
raddoppio
della
manovra
realizzato
a
distanza
di
pochi
mesi
,
con
successive
stangate
correttive
)
,
la
musica
cambia
.
Grazie
a
un
pauroso
aumento
strutturale
della
pressione
fiscale
di
oltre
4
punti
,
e
a
una
altrettanto
ferrea
normativa
di
controllo
dei
tiraggi
di
tesoreria
in
tema
di
investimenti
,
gli
obiettivi
programmatici
non
solo
vengono
rispettati
al
100
per
cento
,
ma
si
riesce
anche
a
fare
di
più
,
compensando
cioè
con
il
blocco
della
cassa
anche
i
fallimenti
prevedibili
di
contenimento
della
spesa
corrente
,
come
quella
sui
dipendenti
pubblici
.
In
questo
modo
si
raggiunge
il
famoso
3%
(
anzi
,
il
2,7%
)
che
ci
apre
le
porte
della
moneta
unica
,
attraverso
la
realizzazione
di
un
avanzo
primario
(
la
differenza
,
cioè
,
tra
entrate
correnti
e
uscite
correnti
)
da
brivido
,
di
quasi
il
7%
del
Pil
(
una
cifra
attorno
ai
130mila
miliardi
)
.
Altissime
tasse
,
pochissima
spesa
per
investimenti
,
nessun
taglio
alla
spesa
corrente
,
enormi
avanzi
primari
:
questo
è
il
modello
messo
a
punto
da
Prodi
e
dalla
sua
maggioranza
in
questi
due
anni
di
governo
attraverso
un
"
patto
sociale
implicito
"
tra
sinistra
-
centro
e
Cgil
-
Cisl
-
Uil
che
prevedeva
e
tuttora
prevede
nessun
taglio
alle
pensioni
(
che
pesano
per
un
terzo
dell
'
intera
spesa
pubblica
)
;
nessun
taglio
a
salari
e
stipendi
pubblici
(
un
altro
terzo
sempre
del
totale
della
spesa
pubblica
)
;
blocco
degli
investimenti
e
delle
altre
spese
in
conto
capitale
,
già
ridotti
ai
minimi
termini
(
che
pesano
solo
il
3%
della
spesa
pubblica
)
;
qualche
modesta
riduzione
nell
'
acquisto
di
beni
e
servizi
(
il
15-16%
sempre
della
spesa
pubblica
)
;
riduzione
,
via
tassi
di
interesse
,
dell
'
onere
del
servizio
del
debito
(
che
pesa
,
anch
'
esso
,
un
15%
)
.
È
chiaro
,
a
questo
punto
,
che
con
una
finanza
pubblica
di
fatto
blindata
tanto
sul
lato
delle
entrate
(
una
pressione
che
,
ricordiamolo
,
tutto
compreso
arriva
al
48%
del
Pil
)
,
quanto
sul
lato
delle
uscite
(
un
po
'
sopra
il
50%
sempre
del
Pil
)
,
raggiungere
i
deficit
previsti
dal
patto
di
stabilità
è
un
gioco
da
ragazzi
(
50,5%-48%=2,5%
)
,
senza
bisogno
alcuno
di
ulteriori
manovre
correttiva
.
L
'
avanzo
primario
infatti
,
che
continua
a
formarsi
automaticamente
,
in
ragione
della
differenza
positiva
,
per
un
ammontare
di
5-6
punti
del
Pil
,
tra
nuove
entrate
e
nuove
spese
,
ovviamente
al
netto
degli
interessi
,
consentirà
tanto
l
'
azzeramento
del
deficit
,
quanto
la
riduzione
del
debito
.
E
così
i
13.500
miliardi
di
manovra
su
cui
si
sta
ingaglioffendo
la
maggioranza
,
e
su
cui
verrà
presa
in
giro
l
'
opposizione
,
e
su
cui
si
dilanierà
il
parlamento
,
non
sono
infatti
altro
che
un
diversivo
,
fatto
di
partite
di
giro
(
come
sulle
tasse
)
;
di
rimodulazioni
di
spesa
,
come
per
gli
incentivi
sull
'
occupazione
;
di
finti
tagli
;
nonché
di
vecchi
stanziamenti
interni
e
comunitari
in
tema
di
investimenti
infrastrutturali
al
Sud
.
Andrebbe
tutto
bene
se
"
il
patto
sociale
implicito
"
messo
a
punto
da
Prodi
e
compagni
fosse
in
grado
di
portare
sviluppo
e
occupazione
e
non
solo
apparente
risanamento
contabile
.
La
realtà
,
purtroppo
,
parla
da
sola
:
con
un
'
abnorme
pressione
fiscale
,
con
nessun
taglio
alla
spesa
corrente
,
con
il
blocco
dei
già
miseri
investimenti
si
azzera
sì
il
deficit
,
si
dimezza
sì
il
debito
,
ma
a
costo
di
un
'
economia
anoressica
,
incapace
di
sviluppo
e
modernizzazione
,
con
disoccupazione
crescente
.
E
a
ben
poco
serviranno
i
dividendi
da
minor
servizio
del
debito
distribuiti
in
mille
rivoli
per
catturare
il
consenso
di
una
maggioranza
sempre
più
riottosa
:
altro
che
finanziaria
che
distribuisce
risorse
,
questa
è
una
finanziaria
-
spettacolo
,
fatta
di
niente
,
buona
solo
per
prendere
in
giro
gli
italiani
e
,
alla
fine
,
per
non
far
perdere
la
faccia
a
Bertinotti
.
La
finanziaria
vera
,
quella
che
fa
male
al
Paese
,
è
già
scritta
da
tempo
,
e
da
tempo
operante
con
tutte
le
sue
leggi
e
le
sue
deleghe
,
con
l
'
accordo
tanto
del
sindacato
confederale
,
che
oggi
protesta
solo
per
salvarsi
l
'
anima
,
quanto
di
Rifondazione
.
Quello
che
abbiamo
e
avremo
di
fronte
nei
prossimi
giorni
e
mesi
è
solo
un
geniale
teatrino
che
serve
a
Prodi
per
nascondere
il
fallimento
della
sua
politica
economica
e
per
tirare
a
campare
,
nella
vana
speranza
che
un
'
improbabile
ripresa
internazionale
gli
tolga
le
castagne
dal
fuoco
.
StampaQuotidiana ,
Th.E.
Lawrence
avrebbe
oggi
settantacinque
anni
,
se
un
incidente
motociclistico
non
l
'
avesse
stroncato
nel
1935
.
Dunque
è
un
nostro
contemporaneo
,
e
in
lui
vediamo
,
sublimati
,
miti
che
la
nostra
età
ha
ereditato
dal
romanticismo
:
quelli
della
libertà
,
dell
'
evasione
nell
'
Oriente
favoloso
,
del
superuomo
.
Ma
insieme
è
il
simbolo
di
una
generazione
che
ha
assistito
al
crollo
degli
ideali
perché
essi
non
erano
sorretti
da
un
'
impalcatura
razionale
,
erano
uno
slancio
mistico
e
spesso
mistificatore
,
con
una
forte
componente
divistica
e
bastava
una
crepa
nello
spirito
,
una
improvvisa
deviazione
nell
'
umore
,
per
trasformare
un
uomo
d
'
azione
,
un
amante
del
rischio
,
in
un
vinto
frustrato
.
L
'
amicizia
fra
Lawrence
e
Italo
Balbo
può
aiutare
il
pubblico
italiano
a
capire
questo
inglese
complesso
,
che
credette
,
negli
anni
della
prima
guerra
mondiale
,
di
essere
stato
chiamato
dal
destino
a
combattere
,
con
la
volontà
e
il
coraggio
,
per
l
'
unità
e
l
'
indipendenza
degli
arabi
,
e
si
pensò
demiurgo
del
Medio
Oriente
,
fiamma
di
libertà
per
popoli
da
secoli
oppressi
dai
turchi
,
e
invulnerabile
Taumaturgo
del
deserto
.
E
cocentissima
sentì
l
'
umiliazione
,
quando
crudamente
avvertì
le
proprie
dimensioni
di
uomo
,
oggetto
d
'
immondo
desiderio
,
e
perduta
la
fede
nella
propria
integrità
capì
di
essere
stato
fatalistico
strumento
d
'
una
frode
politica
.
Ché
gli
alleati
volevano
,
né
più
né
meno
,
prendere
il
posto
dei
turchi
,
e
gli
arabi
erano
troppo
divisi
in
tribù
per
sperare
di
cementarli
in
nazione
.
A
Lawrence
il
produttore
Sam
Spiegel
,
il
regista
David
Lean
,
lo
sceneggiatore
Robert
Bolt
dedicano
ora
una
biografia
cinematografica
,
ma
limitata
al
capitolo
più
popolare
,
appunto
80gli
anni
fra
il
1916
e
il
1918
:
da
quando
il
tenente
Lawrence
,
malvisto
dai
superiori
per
la
sua
indisciplina
e
la
sua
cultura
(
incauto
,
cita
Temistocle
)
riceve
al
Cairo
l
'
incarico
di
mettersi
in
contatto
col
principe
Feisal
,
a
quando
,
sposata
la
causa
degli
arabi
,
vestito
dei
loro
abiti
,
trasformato
il
nome
in
El
Orens
,
succhiatane
l
'
astuzia
e
la
crudeltà
,
conquistate
Akaba
e
Damasco
con
infinite
peripezie
che
lo
eguagliano
a
Mosè
,
torna
,
colonnello
ma
affranto
,
in
Inghilterra
.
Ben
s
'
intende
che
il
film
avrebbe
potuto
cominciare
di
qui
,
o
almeno
arrivare
sino
a
Versailles
,
dove
Lawrence
si
batté
perché
gli
alleati
tenessero
fede
agli
impegni
che
egli
,
a
nome
dell
'
Inghilterra
,
aveva
preso
con
gli
arabi
:
e
non
essendovi
riuscito
sentì
crescere
tanto
il
rimorso
e
la
vergogna
da
rinunciare
al
grado
,
e
poi
al
nome
e
ai
diritti
d
'
autore
su
I
sette
pilastri
della
saggezza
,
il
libro
nel
quale
raccontò
il
suo
grande
sogno
.
Ma
così
facendo
il
film
avrebbe
preso
tutti
i
caratteri
della
biografia
psicologica
(
e
l
'
opportunità
politica
sconsigliava
di
riaprire
certe
piaghe
)
:
meglio
sfruttare
le
grandi
risorse
spettacolari
offerte
dalla
guerriglia
nel
deserto
,
dare
al
film
il
timbro
dell
'
avventura
,
vestire
l
'
epopea
di
Lawrence
con
l
'
abito
del
western
.
Dopotutto
David
Lean
,
con
Il
ponte
sul
fiume
Kwai
,
aveva
ottenuto
un
immenso
successo
commerciale
.
Bene
;
ma
se
Sam
Spiegel
,
un
produttore
che
non
lascia
mano
libera
al
regista
,
è
un
americano
che
crede
fermamente
nel
cinema
d
'
azione
,
David
Lean
è
un
inglese
che
nonostante
la
conversione
allo
schermo
gigante
ha
alle
spalle
,
per
non
dir
altro
,
Breve
incontro
,
un
delizioso
ricamo
intimista
,
e
Robert
Bolt
è
il
giovane
drammaturgo
che
prima
di
debuttare
come
sceneggiatore
cinematografico
ha
affrontato
l
'
inquietante
figura
di
Tommaso
Moro
,
l
'
utopista
del
Cinquecento
.
Che
i
tre
potessero
andare
molto
d
'
accordo
era
improbabile
:
di
qui
l
'
ambiguità
del
film
,
ma
di
qui
,
anche
,
lo
sforzo
compiuto
da
David
Lean
,
che
si
vede
,
e
del
quale
si
ammira
la
sincerità
.
Detto
in
due
parole
,
Lawrence
d
'
Arabia
ha
molte
eleganze
formali
,
molta
efficacia
visiva
,
ma
non
sa
raccontarci
con
sicurezza
la
figura
del
protagonista
.
Per
un
fenomeno
non
infrequente
,
è
accaduto
che
l
'
ambiguità
del
personaggio
si
è
riflessa
sulla
sceneggiatura
,
che
le
sue
reticenze
hanno
intorbidito
la
limpidità
del
racconto
.
Era
un
alibi
degli
ermetici
dire
che
per
esprimere
la
notte
dell
'
anima
occorresse
far
ricorso
all
'
oscurità
.
Per
quanto
complessa
la
personalità
di
Lawrence
chiede
,
postata
sullo
schermo
,
di
essere
in
qualche
modo
spiegata
al
popolo
.
È
dif
idile
discutere
una
interpretazione
che
,
col
pretesto
della
pluralità
delle
componenti
psicologiche
del
carattere
di
Lawrence
,
compie
assaggi
in
varie
direzioni
,
ma
non
ha
il
coraggio
di
proporre
una
scelta
precisa
.
Sull
'
esempio
di
Ross
,
il
dramma
di
Terence
Rattigan
,
anche
Bolt
vuoi
far
leva
sulla
psicanalisi
per
spiegare
la
tragedia
di
Lawrence
e
insinua
che
egli
fu
quello
che
fu
perché
,
figlio
d
'
un
baronetto
,
cercò
altrove
il
prestigio
sociale
negatogli
dalla
sua
qualità
di
illegittimo
;
e
lascia
intendere
che
il
trauma
subìto
da
Lawrence
quando
cadde
nelle
mani
del
bey
turco
gli
confermò
le
sue
tendenze
particolari
,
e
lo
sconvolse
fino
a
cercare
nel
sanguinoso
carnaio
,
in
una
guardia
del
corpo
composta
di
assassini
e
ladroni
,
la
voluttà
del
male
.
Ma
Bolt
imbocca
questa
strada
con
timidezza
,
e
la
interseca
con
altri
cammini
:
la
crisi
della
volontà
,
la
delusione
dell
'
inglese
alfiere
di
libertà
,
il
dramma
del
dubbio
intellettuale
,
il
terrore
di
essere
stato
una
pedina
,
l
'
amarezza
dell
'
uomo
civile
impotente
di
fronte
alla
barbarie
.
Risultato
,
un
labirinto
nel
quale
Lawrence
appare
un
affannato
nevrotico
;
lasciando
Damasco
gli
si
consiglia
una
buona
clinica
londinese
.
Consapevole
di
questa
debolezza
strutturale
,
David
Lean
ha
tentato
di
rimediarvi
facendo
di
Lawrence
un
eroe
fortemente
condizionato
dall
'
ambiente
,
prima
esaltato
dalle
immense
,
carnali
curve
di
sabbia
,
poi
depresso
dal
sacrificio
di
vite
umane
che
la
sua
impresa
chiedeva
e
dalle
miserie
illuminate
dal
sole
di
fuoco
,
infine
conquistato
dall
'
esempio
di
ferocia
propostogli
dai
predoni
del
deserto
:
alzando
,
cioè
,
il
tono
di
tutto
il
film
in
una
simbiosi
grandiosa
fra
paesaggio
e
carattere
.
E
l
'
asino
ricasca
,
perché
Spiegel
e
Lean
scelgono
un
attore
che
non
soltanto
viene
dal
teatro
,
ma
proprio
da
Shakespeare
.
Invitata
a
correre
,
la
lepre
O
'
Toole
che
fa
?
Confonde
Lawrence
con
Amleto
:
ma
un
Amleto
nevropatico
,
distruttore
di
se
stesso
.
È
un
bel
ragazzo
,
questo
occhi
-
ceruleo
Peter
O
'
Toole
,
e
ha
quel
tanto
di
mollezza
femminile
che
si
confà
al
personaggio
,
(
nessuna
donna
,
nel
film
:
a
maggior
ragione
egli
svolge
un
ruolo
che
copre
lo
spazio
lasciato
vuoto
dalla
star
)
,
ma
non
ha
maturità
sufficiente
a
colmare
con
la
recitazione
i
dislivelli
della
sceneggiatura
:
per
timore
di
non
farsi
capire
butta
fuori
tutto
,
e
al
rovello
intimo
di
Lawrence
sostituisce
o
un
imbambolamento
da
fanciulla
o
un
'
esagitazione
muscolare
.
Di
gran
lunga
migliori
le
interpretazioni
di
Alec
Guinness
,
di
Anthony
Quinn
,
di
Jack
Hawkins
,
benché
tutte
un
po
'
di
maniera
.
La
palma
della
recitazione
va
a
Ornar
Sharif
,
e
subito
dopo
all
'
ottimo
Claude
Rains
.
E
tuttavia
Lawrence
d
'
Arabia
è
un
film
da
vedere
.
Bellissima
è
,
spesso
,
la
fotografia
,
morbida
la
tavolozza
che
accoglie
tutte
le
variazioni
cromatiche
del
deserto
,
suggestivi
í
rapporti
di
volume
e
colore
fra
i
cammelli
,
i
beduini
,
e
i
piani
infiniti
,
l
'
ondosità
delle
dune
,
di
sicuro
effetto
le
marce
,
le
stragi
,
gli
assalti
al
treno
,
esaltante
la
musica
.
Tecnicamente
il
film
è
girato
con
molto
gusto
e
intelligenza
:
Lean
e
il
suo
operatore
cadono
in
ingenui
trabocchetti
(
quel
sole
dipinto
sul
cartone
!
)
,
ma
nella
maggior
parte
dei
casi
hanno
grande
sensibilità
per
l
'
inquadratura
panoramica
e
il
dettaglio
.
Il
film
ha
perciò
pagine
emotive
,
ed
è
figurativamente
degnissimo
,
soprattutto
nella
prima
parte
,
di
disteso
racconto
.
Traballa
nel
traliccio
psicologico
,
tutto
affollato
nella
seconda
,
elude
il
sottofondo
storico
e
politico
assumendo
il
protagonista
in
un
mito
del
quale
poi
non
ci
dà
chiare
ragioni
,
ma
le
tre
ore
e
mezzo
che
promette
non
sono
sprecate
..
Benché
per
lealtà
si
debba
aggiungere
che
Sam
Spiegel
aveva
detto
:
«
Vorrei
che
nessuno
spettatore
si
distraesse
per
accendere
una
sigaretta
»
,
e
noi
quattro
,
forse
cinque
,
ne
abbiamo
fumate
.
Che
viziaccio
.
'
StampaQuotidiana ,
Non
è
certamente
una
grande
scoperta
dire
che
non
esiste
una
sinistra
europea
con
valori
e
strategie
comuni
.
Tali
e
tante
sono
le
origini
,
le
diversità
,
le
esperienze
di
governo
e
di
opposizione
,
le
alleanze
:
laburisti
inglesi
,
socialisti
italiani
,
socialisti
francesi
o
tedeschi
,
come
spagnoli
o
scandinavi
e
greci
sono
sempre
stati
diversi
ieri
,
e
ancor
più
lo
sono
oggi
,
soprattutto
con
l
'
inserimento
frettoloso
nella
grande
famiglia
dell
'
Internazionale
socialista
di
tanti
post
-
comunisti
,
convertiti
dell
'
ultima
ora
,
prima
o
dopo
il
crollo
del
Muro
di
Berlino
.
Fin
dal
dopoguerra
,
ciascun
governo
europeo
d
'
ispirazione
o
di
consenso
socialdemocratico
finiva
con
l
'
interpretare
in
chiave
autarchica
,
nazionale
,
tanto
le
politiche
sociali
,
quanto
le
più
generali
strategie
di
politica
economica
.
In
altri
termini
ciascun
Paese
sceglieva
il
mix
di
occupazione
,
disoccupazione
,
Welfare
che
più
riteneva
compatibile
con
la
propria
struttura
economica
e
con
il
proprio
equilibrio
sociale
.
Con
deficit
e
debito
a
fare
da
grandi
ammortizzatori
dei
conflitti
distributivi
conseguenti
.
Se
i
conti
non
tornavano
,
svalutazione
e
inflazione
mettevano
le
cose
a
posto
.
Ed
è
così
che
le
tante
sinistre
europee
,
al
governo
da
sole
,
o
alleate
soprattutto
con
i
partiti
d
'
ispirazione
cattolica
,
hanno
ricostruito
l
'
Europa
,
più
preoccupate
della
distribuzione
della
ricchezza
che
dell
'
effettiva
produzione
della
stessa
.
È
questa
l
'
Europa
del
consenso
socialdemocratico
(
anche
se
non
tutta
socialdemocratica
)
che
decide
a
Maastricht
nel
febbraio
del
'92
di
avviare
il
processo
di
convergenza
su
deficit
,
debito
,
inflazione
e
tassi
d
'
interesse
.
È
questa
l
'
Europa
che
con
il
socialista
Delors
tenta
nel
dicembre
'93
,
con
il
suo
libro
bianco
,
di
compensare
con
un
piano
d
'
intervento
di
derivazione
neo
-
keynesiana
gli
effetti
negativi
della
convergenza
monetaria
sulle
variabili
reali
,
prima
fra
tutte
l
'
occupazione
.
Ma
,
mentre
il
processo
di
convergenza
sulle
variabili
finanziarie
avanza
fino
alla
nascita
della
moneta
unica
,
del
piano
Delors
su
investimenti
e
occupazione
si
perdono
quasi
subito
le
tracce
,
in
quanto
produttore
d
'
inflazione
e
deficit
.
E
arriviamo
al
primo
gennaio
'99
,
anno
in
cui
si
apre
la
terza
e
ultima
fase
dell
'
unione
monetaria
:
l
'
euro
,
dopo
una
prima
breve
euforia
,
si
caratterizza
per
un
'
estrema
debolezza
rispetto
al
dollaro
,
e
la
disoccupazione
rimane
alta
,
insopportabile
.
Ora
,
al
di
là
dei
proclami
altisonanti
,
come
quelli
contenuti
nei
"
21
punti
"
per
il
XXI
secolo
del
manifesto
elettorale
del
Partito
socialista
europeo
(
di
un
mese
fa
)
,
o
quelli
lanciati
a
Milano
in
questi
giorni
per
un
patto
europeo
per
l
'
occupazione
,
di
novità
in
giro
se
ne
vedono
ben
poche
,
e
quelle
poche
,
inquietanti
:
come
la
marcia
indietro
tedesca
sul
bilancio
,
e
come
la
proposta
,
sempre
tedesca
,
volta
all
'
introduzione
di
un
salario
,
un
fisco
,
un
Welfare
europeo
,
allo
scopo
di
evitare
pericolose
(
per
i
tedeschi
)
forme
di
concorrenza
tra
i
Paesi
.
La
convergenza
nel
Welfare
,
nel
mercato
del
lavoro
,
nelle
politiche
fiscali
,
in
presenza
di
moneta
unica
e
di
un
bilancio
federale
di
entità
risibile
,
del
tutto
incapace
,
quindi
,
di
reali
politiche
ridistributive
,
rischia
di
trasformarsi
in
un
insopportabile
fattore
di
discriminazione
ed
emarginazione
dei
partner
dell
'
euro
meno
sviluppati
e
meno
efficienti
,
imponendo
,
di
fatto
,
i
costi
e
le
regole
dei
Paesi
più
forti
(
a
più
alta
produttività
)
ai
Paesi
più
deboli
(
a
produttività
più
bassa
)
.
Fin
qui
le
idee
,
poche
e
ben
confuse
dei
socialisti
continentali
,
con
il
solo
Blair
a
predicare
la
bontà
del
modello
americano
.
Ma
ecco
che
,
a
conclusione
del
lugubre
congresso
Pse
di
Milano
,
l
'
ineffabile
ministro
delle
Finanze
tedesco
Lafontaine
se
ne
esce
con
un
'
altra
delle
sue
:
"
Per
il
rilancio
della
crescita
e
la
lotta
contro
la
disoccupazione
,
l
'
Europa
segua
l
'
esempio
americano
"
.
Esattamente
il
contrario
di
quanto
hanno
detto
sino
a
oggi
i
socialisti
continentali
francesi
(
con
le
loro
35
ore
)
;
italiani
(
con
la
loro
concertazione
)
e
tedeschi
(
con
il
loro
egemonismo
egoista
)
.
Insomma
,
siamo
di
fronte
al
più
classico
(
e
meno
prevedibile
)
"
contrordine
compagni
"
,
in
contraddizione
totale
con
quanto
sta
avvenendo
all
'
interno
delle
diplomazie
comunitarie
in
tema
di
Agenda-2000
e
in
preparazione
del
vertice
di
Colonia
alla
fine
del
semestre
di
presidenza
tedesco
dell
'
Unione
.
Ora
,
delle
due
l
'
una
:
o
Lafontaine
fa
sul
serio
,
a
allora
dobbiamo
prepararci
a
una
vera
rivoluzione
culturale
dagli
esiti
imprevedibili
per
la
stessa
costruzione
europea
;
oppure
(
come
è
più
probabile
)
ha
solo
scherzato
,
in
cerca
di
facili
stupori
,
e
allora
prepariamoci
a
vedere
la
disoccupazione
toccare
i
20
milioni
di
unità
,
con
buona
pace
della
stessa
coesione
sociale
nel
Vecchio
continente
.
StampaQuotidiana ,
Giovanni
Guareschi
ha
compiuto
,
nella
sua
vita
,
molte
imprese
coraggiose
.
Ma
nessuna
il
coraggio
glielo
impegnò
così
a
fondo
come
quella
di
venire
,
una
quindicina
di
anni
orsono
,
a
Milano
.
Milano
,
Giovannino
Guareschi
l
'
ha
«
scoperta
»
in
un
libro
ormai
famoso
,
che
molti
lettori
,
probabilmente
,
hanno
considerato
soltanto
umoristico
.
Non
lo
è
,
come
non
lo
sono
tutti
gli
altri
suoi
libri
,
in
cui
l
'
umorismo
c
'
entra
solo
come
condimento
,
o
meglio
come
il
velo
sotto
cui
il
pudore
impone
a
quest
'
uomo
timido
e
scontroso
di
nascondere
il
suo
pathos
.
Egli
collaborava
a
un
settimanale
ambrosiano
,
mi
pare
il
«
Secolo
illustrato
»
,
ma
senza
muoversi
dal
suo
cascinale
presso
Busseto
.
E
,
a
vent
'
anni
,
l
'
unica
città
che
aveva
visitato
era
Parma
,
la
quale
già
gl
'
incuteva
sgomento
.
Rizzoli
notò
i
suoi
disegni
e
gli
offrì
un
contratto
a
settecento
lire
al
mese
,
che
per
quei
tempi
erano
quasi
l
'
agiatezza
.
Giovannino
per
lettera
accettò
ringraziando
;
ma
,
quando
si
trattò
di
prendere
il
treno
e
d
'
inurbarsi
,
non
ne
fece
di
nulla
.
Di
lì
a
poco
venne
richiamato
alle
armi
,
e
fu
sotto
una
tenda
di
soldato
,
sull
'
Appennino
,
che
Rizzoli
junior
,
Andrea
,
lo
scovò
e
gli
rinnovò
la
proposta
per
il
giorno
in
cui
fosse
stato
congedato
.
Guareschi
stavolta
tenne
la
parola
e
una
bella
sera
si
presentò
nell
'
ufficio
del
suo
editore
,
in
piazza
Carlo
Erba
.
S
'
era
d
'
inverno
e
Giovannino
si
teneva
chiotto
dentro
un
pastrano
che
la
sua
fidanzata
gli
aveva
ricavato
dalla
mantellina
militare
.
Ma
non
era
soltanto
il
freddo
che
gli
soffondeva
sul
viso
un
'
espressione
di
scoramento
.
Era
Milano
che
gli
aveva
fatto
e
seguitava
a
fargli
una
paura
birbona
.
C
'
era
arrivato
sul
far
della
sera
,
e
la
plumbea
,
solenne
,
sferragliante
stazione
,
le
luci
che
cominciavano
a
solcare
la
nebbia
grigia
,
lo
zigzagare
dei
tassì
e
dei
tram
,
il
flusso
dei
pedoni
sui
marciapiedi
,
lo
scostante
e
insocievole
sussiego
dei
metropolitani
,
lo
avevano
stordito
.
No
,
non
c
'
è
nulla
di
scherzoso
né
di
retorico
nella
Scoperta
di
Milano
che
Guareschi
ha
descritto
.
Per
non
restare
solo
in
quella
giungla
irta
di
grattacieli
che
lo
atterriva
,
egli
chiamò
subito
Margherita
al
suo
fianco
e
la
sposò
.
Margherita
era
delle
sue
parti
,
sapeva
stare
in
cucina
come
solo
dalle
sue
parti
ci
si
sa
stare
,
parlava
il
suo
dialetto
,
gli
era
necessaria
a
ricrearsi
in
casa
un
'
oasi
emiliana
con
le
sue
brave
tagliatelle
.
Soltanto
li
Guareschi
ha
continuato
a
sentirsi
per
tutti
quegli
anni
Guareschi
.
Anche
il
«
Candido
»
lo
ha
fatto
e
séguita
a
farlo
in
casa
,
proprio
come
le
tagliatelle
,
e
anche
per
questo
è
così
saporoso
.
In
piazza
Carlo
Erba
ci
andava
e
ci
va
di
rado
.
E
,
quanto
al
centro
,
San
Babila
e
Duomo
,
si
possono
contare
sulle
dita
coloro
che
ce
lo
hanno
visto
.
Dopo
oltre
tre
lustri
di
vita
milanese
,
Giovannino
non
ha
mai
messo
piede
alla
Scala
né
al
cinematografo
Manzoni
.
Ha
sentito
dire
che
sono
«
locali
di
lusso
»
e
ciò
lo
spaventa
.
Ora
,
poi
,
ha
realizzato
finalmente
il
suo
sogno
:
è
tornato
a
vivere
in
quel
di
Busseto
,
e
a
Milano
ci
viene
per
due
giorni
della
settimana
soltanto
a
comporre
il
giornale
.
In
quarantott
'
ore
fa
quello
che
a
nessun
altro
riuscirebbe
di
fare
in
una
settimana
,
masticando
,
in
un
indescrivibile
disordine
,
dozzine
di
pasticche
di
simpamina
,
trangugiando
decine
di
tazze
di
caffè
,
fumando
centinaia
di
sigarette
americane
;
poi
riprende
la
sua
macchina
a
nafta
,
di
cui
è
fiero
come
se
l
'
avesse
inventata
lui
,
e
torna
nella
sua
Bassa
,
morto
di
sonno
e
di
stanchezza
,
ma
felice
alla
prospettiva
dei
cinque
giorni
che
potrà
trascorrervi
in
pace
.
La
Bassa
di
Busseto
è
una
strana
repubblica
,
che
ha
poco
a
che
fare
con
quella
italiana
e
di
cui
Guareschi
è
,
senza
nessuno
scrupolo
costituzionale
,
il
re
.
Un
re
al
di
sopra
dei
partiti
,
come
tutti
i
veri
re
,
e
infatti
è
da
lui
che
vengono
,
a
chiedere
consiglio
e
aiuto
,
anche
i
comunisti
.
Non
prese
,
il
loro
capo
,
parte
attiva
come
comparsa
nel
film
Don
Camillo
,
che
non
è
precisamente
d
'
intonazione
marxista
?
Un
fiduciario
di
Togliatti
fu
spedito
d
'
urgenza
sul
posto
per
svolgere
un
'
inchiesta
su
quel
flagrante
caso
di
deviazionismo
.
Ma
i
«
compagni
»
locali
ne
ascoltarono
le
rampogne
a
bocca
aperta
.
Cosa
c
'
entrava
Stalin
in
tutta
quella
faccenda
?
A
Busseto
,
Stalin
è
Guareschi
,
che
d
'
altronde
gli
somiglia
.
Perché
a
Busseto
Guareschi
è
tutto
:
il
re
per
i
monarchici
,
il
papa
per
i
preti
e
Stalin
per
i
comunisti
.
Giovannino
è
l
'
unico
profeta
in
patria
che
registri
la
nostra
storia
nazionale
,
la
quale
non
registra
che
profeti
emigrati
.
Egli
dirime
i
litigi
fra
Peppone
e
Don
Camillo
,
amministra
la
giustizia
sotto
l
'
albero
di
fico
,
cammina
seguito
da
un
codazzo
di
gente
in
cui
c
'
è
di
tutto
:
comunisti
e
conservatori
,
ricchi
e
poveri
,
miscredenti
e
baciapile
.
La
reggia
in
cui
vive
questo
incredibile
monarca
è
un
cascinale
contadino
,
circondato
da
un
lungo
portico
,
che
le
lampade
al
neon
illuminano
clamorosamente
di
giorno
e
di
notte
.
«
È
orribile
,
lo
so
,
sembra
un
bar
,
ma
io
voglio
la
luce
,
ne
voglio
a
torrenti
...
»
.
È
una
rivalsa
contro
il
buio
che
gli
angosciò
tutta
la
fanciullezza
di
scolaro
,
trascorsa
in
una
cieca
cucina
,
dove
sua
madre
sgonnellava
tra
i
fornelli
,
nelle
ore
che
le
lasciava
libere
il
suo
mestiere
di
maestra
elementare
.
Giovannino
si
rovinava
gli
occhi
a
copiare
il
compito
,
seduto
dinanzi
a
un
tavolinetto
di
marmo
bianco
,
e
ora
di
quei
tempi
difficili
e
duri
,
di
quelle
ore
grigie
,
immobili
e
pesanti
vuoi
scacciare
perfino
il
ricordo
con
uno
scialo
di
lampade
.
Sulla
scrivania
ne
ha
tre
,
disposte
in
modo
che
convergano
i
loro
fuochi
sul
foglio
infilato
nella
macchina
da
scrivere
.
Altre
due
gli
sbucano
dal
pavimento
sotto
la
sedia
,
e
lui
non
le
vede
naturalmente
perché
le
copre
col
sedere
(
che
è
di
dimensioni
tutt
'
altro
che
modeste
)
,
ma
non
importa
:
il
buio
non
deve
contaminargli
nemmeno
quelle
parti
li
.
Il
tutto
è
complicato
dal
fatto
che
Guareschi
la
sua
scrivania
non
la
tiene
fissa
nella
stanza
;
la
sposta
secondo
il
sole
perché
di
giorno
vuole
anche
la
luce
di
quello
,
oltre
che
dell
'
elettricità
;
e
quindi
è
tutto
un
intrico
,
pericolosissimo
per
il
visitatore
,
di
fili
,
d
'
interruttori
,
di
prese
di
corrente
.
È
un
impianto
complicatissimo
e
geniale
,
che
Giovannino
ha
studiato
e
realizzato
di
persona
,
perché
la
«
pace
»
di
cui
lui
viene
a
godere
per
cinque
giorni
della
settimana
nella
sua
repubblica
della
Bassa
consiste
in
realtà
in
una
serie
di
lavori
forzati
manuali
cui
egli
si
dedica
con
sacerdotale
zelo
e
,
crede
lui
,
con
ineguagliabile
competenza
.
Probabilmente
i
lettori
immaginano
che
Guareschi
,
l
'
uomo
che
compila
quasi
da
solo
un
giornale
di
cinquanta
pagine
alla
settimana
,
testo
e
disegni
,
e
pubblica
due
libri
l
'
anno
,
trascorra
la
sua
giornata
a
scrivere
e
a
pensare
.
Neanche
per
idea
.
Egli
la
inizia
alle
cinque
del
mattino
con
la
zappa
,
e
ne
impiega
tutto
il
resto
in
discussioni
e
lavori
di
elettrotecnica
,
falegnameria
e
muratura
.
Si
è
costruito
da
solo
il
garage
,
per
esempio
.
È
vero
che
,
una
volta
ultimato
,
risultò
che
la
macchina
non
c
'
entrava
,
e
bisognò
chiamare
un
muratore
vero
per
disfare
e
rifare
tutto
.
Non
è
lui
che
me
lo
ha
detto
,
ma
me
lo
hanno
raccontato
sul
posto
,
e
ora
Dio
mi
salvi
dai
furori
di
Giovannino
,
che
qualunque
altra
indiscrezione
sul
suo
conto
me
l
'
avrebbe
perdonata
,
ma
questa
temo
che
me
la
farà
pagar
cara
.
E
il
letto
?
Anche
quello
se
lo
è
costruito
da
sé
,
a
furia
di
pialla
e
sega
,
dopo
lunghissimi
conciliaboli
con
uno
del
mestiere
;
e
,
a
cose
fatte
,
gli
è
venuto
a
costare
tre
volte
più
di
quanto
lo
avrebbe
pagato
in
un
negozio
.
«
Ma
la
soddisfazione
di
dormire
in
un
letto
che
ti
sei
costruito
con
le
tue
mani
»
,
dice
Giovannino
asciugandosi
il
sudore
dalla
fronte
e
lisciandosi
i
baffoni
,
«
dove
la
metti
?
Parola
d
'
onore
,
ve
'
:
è
l
'
unico
letto
in
cui
non
soffro
d
'
insonnia
.
Tutti
gli
altri
...
»
Tutti
gli
altri
sono
poi
quello
di
Milano
,
dove
lui
si
corica
,
le
sole
due
notti
della
settimana
che
trascorre
in
città
,
con
lo
stomaco
pieno
di
caffè
e
di
simpamina
.
Sfido
che
ci
soffre
l
'
insonnia
!
Ma
è
inutile
farglielo
osservare
.
Il
suo
entusiasmo
per
la
roba
fatta
in
casa
,
tagliatelle
,
giornale
,
libri
e
mobili
,
è
pari
soltanto
alla
sua
diffidenza
per
la
roba
che
si
compra
fuori
.
Una
volta
si
mise
a
studiare
seriamente
come
si
fabbricano
i
fiammiferi
.
Voleva
farsi
da
sé
anche
quelli
,
e
si
diede
a
consultare
manuali
di
chimica
per
indagare
le
combinazioni
di
zolfo
e
di
fosforo
.
Non
parlava
d
'
altro
.
E
fu
quello
il
momento
di
più
gran
pericolo
che
abbiano
corso
il
cascinale
di
Busseto
,
pieno
zeppo
di
materiali
infiammabili
,
e
l
'
incolumità
dei
suoi
abitatori
.
«
Perché
non
vieni
a
trovarmi
dalle
mie
parti
?
»
,
mi
urlò
l
'
altro
giorno
,
quando
andai
a
trovarlo
alla
redazione
di
piazza
Carlo
Erba
.
Era
stravolto
di
stanchezza
,
al
termine
di
una
delle
sue
solite
inumane
fatiche
ebdomadarie
,
e
correva
su
per
le
scale
stringendo
al
petto
i
fogli
che
aveva
riempito
di
parole
e
disegni
,
fra
gli
appelli
disperati
dei
tipografi
in
ritardo
per
la
composizione
.
«
Vengo
ragazzi
,
vengo
!
»
,
e
fece
per
correre
via
,
ma
si
trovò
a
faccia
a
faccia
con
Bianchi
,
il
capomastro
della
casa
Rizzoli
,
e
si
fermò
di
colpo
.
Bianchi
è
la
sua
vera
grande
passione
,
il
suo
amico
più
intimo
e
più
caro
,
quello
con
cui
trascorre
la
maggior
parte
della
sua
giornata
a
dibattere
complicati
problemi
di
cementi
,
tubature
,
scavi
e
travi
.
«
Ehi
,
vieni
qui
!
»
,
gridò
abbracciandolo
.
«
Sai
cosa
m
'
è
successo
stanotte
?
»
E
non
ci
fu
più
verso
di
smuoverlo
per
mezz
'
ora
,
dovette
correre
Minardi
,
il
caporedattore
,
a
strappargli
di
mano
il
materiale
,
che
in
tipografia
altrimenti
non
ci
sarebbe
arrivato
più
.
Era
successo
questo
,
a
Guareschi
che
,
messosi
la
sera
prima
finalmente
al
lavoro
con
lo
stomaco
pieno
di
qualche
dozzina
di
pasticche
di
simpamina
e
di
decine
di
tazze
di
caffè
,
non
gli
era
riuscito
di
mettere
insieme
né
una
vignetta
né
una
frase
,
ossessionato
com
'
era
dall
'
idea
di
uno
scarico
che
gli
s
'
era
intasato
il
giorno
prima
nel
bagno
.
Era
in
parola
con
un
trombaio
che
aveva
promesso
di
venire
a
rimediare
il
giorno
dopo
.
Ma
l
'
idea
di
quel
tubo
otturato
non
gli
consentiva
di
formularne
altre
nel
cervello
,
gli
paralizzava
la
mano
,
la
matita
e
la
penna
;
sicché
alle
quattro
del
mattino
era
ancora
lì
a
gingillarsi
,
avvilito
e
in
orgasmo
.
Allora
aveva
preso
un
piccone
,
era
sceso
in
cantina
,
e
si
era
dato
a
ricercare
il
guasto
.
Lo
aveva
trovato
alla
fine
,
ma
solo
dopo
aver
demolito
una
intera
parete
.
Però
solo
dopo
quest
'
accurata
opera
di
distruzione
aveva
potuto
concentrarsi
sulla
preparazione
del
giornale
e
portarla
in
fondo
;
e
adesso
era
contento
e
soddisfatto
come
se
,
invece
di
demolire
,
avesse
costruito
qualcosa
,
e
solo
lo
preoccupavano
alcuni
particolari
«
tecnici
»
di
cui
voleva
discutere
col
fido
Bianchi
.
Li
discusse
infatti
,
per
una
buona
ora
,
insensibile
alle
invocazioni
di
aiuto
di
Minardi
e
dei
tipografi
nonché
alla
nostra
attesa
.
Solo
quando
ebbe
finito
,
si
riavvicinò
a
noi
per
dirci
come
e
quando
avremmo
dovuto
raggiungerlo
a
Busseto
.
«
Facciamo
giovedì
.
Con
quale
macchina
vieni
?
Vieni
con
quella
di
Mimmo
Carraro
...
»
É
una
macchina
americana
,
di
figura
,
dalle
parti
sue
non
ne
hanno
mai
viste
di
eguali
e
lui
ci
tiene
che
ci
presentiamo
a
chiedere
di
lui
a
bordo
di
un
simile
veicolo
.
«
Voi
arrivate
»
,
suggerisce
,
«
a
tutta
velocità
e
sonando
il
clacson
,
sonatelo
forte
,
in
mezzo
al
Paese
,
e
lì
urlate
:
"
Dove
sta
Giovanni
Guareschi
?
"
.
Ma
urlatelo
a
gran
voce
,
che
lo
sentano
tutti
...
»
E
si
lisciava
i
baffoni
,
pregustando
la
scena
.
Ora
che
abbiamo
seguito
i
suoi
consigli
,
eccoci
di
fronte
alla
reggia
di
sua
maestà
il
re
della
Bassa
,
illuminata
che
sembra
il
Vesuvio
in
eruzione
nonostante
l
'
ora
di
pieno
meriggio
,
col
monarca
in
persona
sulla
soglia
del
portico
che
,
con
un
aratro
in
mano
,
sembra
in
posa
per
farsi
monumentare
da
uno
scultore
del
tempo
littorio
.
Oltre
i
vetri
della
finestra
si
vede
,
in
cucina
,
Margherita
intesa
ad
arrotolare
col
matterello
le
fettuccine
del
pantagruelico
pranzo
che
ci
aspetta
,
mentre
la
porta
aperta
del
garage
,
adesso
che
un
muratore
vero
l
'
ha
rifatto
,
lascia
intravedere
le
due
automobili
,
le
motociclette
e
le
quattro
biciclette
di
cui
Guareschi
,
da
buon
emiliano
innamorato
di
«
tecnica
»
e
di
«
meccanica
»
,
si
gloria
.
Irraggia
gioia
e
buon
umore
.
Giovannino
,
il
quale
non
sa
essere
felice
che
nella
sua
terra
,
in
mezzo
a
quella
sua
gente
e
a
quelle
sue
cose
fatte
in
casa
.
«
Tutto
è
fatto
in
casa
,
qui
!
»
,
esclama
con
orgoglio
,
un
orgoglio
certo
più
grande
di
quello
che
gl
'
ispira
il
fenomenale
successo
di
Don
Camillo
e
l
'
incondizionato
plauso
che
la
critica
di
tutto
il
mondo
,
meno
quella
italiana
,
s
'
intende
,
ha
tributato
al
suo
talento
e
,
più
ancora
,
al
suo
temperamento
di
scrittore
in
un
'
età
in
cui
di
talento
ce
n
'
è
poco
e
di
temperamento
punto
.
«
Tutto
fatto
in
casa
,
ragazzi
,
con
le
mie
mani
:
muri
,
mobili
,
impianto
elettrico
,
fornelli
,
sedie
...
Accomodatevi
,
accomodatevi
...
»
Mimmo
Carraro
ed
io
,
smilzi
e
leggeri
,
eseguiamo
.
Ma
quando
è
il
turno
di
Andrea
,
che
è
un
po
'
più
pesante
,
non
so
come
,
di
colpo
lo
vediamo
ruzzolare
per
terra
in
un
groviglio
di
assi
,
di
chiodi
e
di
viti
.
Giovannino
lo
guarda
mortificato
,
ma
nemmeno
per
un
momento
lo
sfiora
la
tentazione
di
porgere
aiuto
al
suo
editore
.
Il
problema
che
lo
angoscia
in
questo
istante
è
,
lo
si
vede
benissimo
,
solo
quello
di
sviscerare
la
ragione
"
tecnica
"
che
ha
provocato
la
catastrofe
di
quel
pezzo
di
mobilia
"
fatta
in
casa
"
.
E
se
ne
rigira
fra
le
mani
i
resti
con
l
'
espressione
avvilita
di
un
bambino
che
si
veda
andare
in
pezzi
un
balocco
ritenuto
infrangibile
.
StampaQuotidiana ,
È
successo
quello
che
non
poteva
non
succedere
:
Silvio
Berlusconi
,
l
'
uomo
delle
televisioni
commerciali
e
dell
'
editoria
,
ha
deciso
di
cambiare
mestiere
.
Già
,
perché
la
politica
è
sempre
stata
un
mestiere
,
lo
è
ancora
e
speriamo
che
presto
non
lo
sia
più
.
Il
capo
della
Fininvest
lo
andava
dicendo
da
tempo
,
almeno
sei
mesi
:
«
Prima
o
poi
mi
toccherà
di
scendere
personalmente
in
campo
»
.
E
lo
diceva
col
tono
di
uno
che
,
suo
malgrado
,
senza
entusiasmo
e
qualche
rammarico
,
deve
abbandonare
le
abituali
occupazioni
per
andare
in
soccorso
a
dei
parenti
un
po
'
sciocchi
ficcatisi
nei
guai
.
Il
tono
era
scocciato
,
ma
dissimulava
una
certezza
:
che
quei
parenti
sciocchi
o
li
salvava
lui
o
non
li
salvava
nessuno
.
Non
sappiamo
se
sarà
così
.
Ma
sappiamo
che
Berlusconi
è
fermamente
convinto
che
così
sarà
.
Perciò
non
abbiamo
mai
dubitato
,
neanche
quando
nicchiava
,
chiedeva
consigli
a
destra
e
a
sinistra
(
anzi
,
no
:
a
sinistra
mai
)
,
cercava
conferme
e
sollecitava
incitamenti
a
buttarsi
;
non
abbiamo
mai
dubitato
che
,
alla
fine
,
il
Cavaliere
(
come
lo
definiscono
pieni
di
deferenza
quelli
del
suo
giro
)
avrebbe
accantonato
ogni
indugio
,
ogni
prudenza
e
si
sarebbe
lanciato
spavaldamente
nella
più
folle
corsa
che
una
persona
con
tutti
i
fili
attaccati
possa
correre
:
quella
elettorale
.
Farà
bene
Berlusconi
a
partecipare
alla
competizione
?
Farà
male
?
Ad
ascoltare
i
suoi
amici
,
i
più
sinceri
,
quelli
che
gli
vogliono
bene
disinteressatamente
,
egli
sta
per
commettere
l
'
errore
più
grosso
della
sua
vita
.
E
aggiungono
che
solo
un
matto
accetta
il
rischio
di
perdere
un
impero
,
quale
il
suo
è
,
per
tentare
di
conquistare
una
repubblichetta
squalificata
e
sull
'
orlo
del
fallimento
.
Ad
ascoltare
i
nemici
,
poi
,
la
sua
sfida
al
sacrario
della
politica
,
nel
quale
finora
sono
stati
ammessi
solamente
gli
addetti
ai
lavori
,
i
sacerdoti
delle
tessere
;
ad
ascoltare
loro
,
soprattutto
a
leggere
i
loro
giornali
,
Silvio
non
solo
è
un
pazzo
accecato
dal
potere
,
ma
addirittura
un
baro
che
siede
al
tavolo
della
politica
con
tre
reti
televisive
e
un
gruppo
editoriale
nei
polsini
.
Se
infine
si
considera
la
campagna
di
stampa
,
feroce
e
disordinata
,
che
si
è
scatenata
contro
il
Berlusconi
fondatore
di
Forza
Italia
e
candidato
leader
di
partito
;
una
campagna
di
stampa
che
lo
ha
dipinto
come
il
pericolo
pubblico
numero
uno
;
se
si
considera
tutto
questo
-
e
molto
abbiamo
taciuto
per
brevità
-
,
la
risoluzione
del
principe
di
Arcore
appare
come
un
suicidio
eccessivamente
macchinoso
per
essere
apprezzato
persino
da
chi
lo
desidera
.
Ma
proprio
perché
tutto
concorre
a
dargli
torto
-
torto
marcio
-
noi
pensiamo
che
abbia
ragione
Berlusconi
.
Ha
contro
amici
e
nemici
.
Ha
contro
il
Palazzo
.
Ha
contro
i
professori
del
manuale
Cencelli
.
Ha
contro
i
colleghi
.
Ha
contro
i
giornali
(
anche
i
suoi
)
.
Ha
contro
le
TV
(
anche
le
sue
)
.
Ha
contro
mezzo
mondo
.
Soltanto
mezzo
,
però
.
E
lui
che
è
un
calcolatore
,
come
calcolatori
sono
tutti
quelli
che
hanno
dimestichezza
con
il
successo
,
punta
proprio
su
questo
:
l
'
altro
mezzo
mondo
che
contro
non
gli
è
.
È
il
mondo
della
gente
comune
,
che
non
fa
opinione
,
ma
ne
ha
una
precisa
benché
non
la
esprima
se
non
sulla
scheda
;
il
mondo
degli
imprenditori
,
piccoli
e
grandi
,
che
non
sono
rappresentati
dalla
Confindustria
;
il
mondo
dei
cittadini
che
lavorano
onestamente
e
pagano
le
tasse
anche
sapendo
di
pagarne
troppe
e
ingiustamente
;
i
cittadini
che
rispettano
i
semafori
e
i
divieti
di
sosta
,
che
non
si
esibiscono
in
corteo
,
che
non
frequentano
le
piazze
di
Santoro
,
che
mantengono
la
famiglia
e
non
si
fanno
assistere
da
uno
Stato
che
saccheggia
le
buste
paga
e
non
dà
nulla
in
cambio
,
se
non
la
pensione
a
chi
non
la
merita
,
ospedali
e
scuole
che
non
funzionano
,
una
burocrazia
arrogante
e
crudele
.
Questo
mezzo
mondo
potrebbe
dare
la
vittoria
al
matto
.
Che
sarebbe
poi
la
vittoria
-
o
la
rivincita
-
delle
classi
medie
che
credono
in
una
grande
coalizione
moderata
,
in
un
grande
partito
nel
quale
collaborino
,
con
Forza
Italia
,
la
Lega
,
gli
ex
democristiani
(
non
di
sinistra
)
,
i
liberali
sopravvissuti
al
flagello
di
Altissimo
e
De
Lorenzo
,
le
truppe
di
Fini
addomesticate
sotto
il
tendone
di
Alleanza
Nazionale
.
L
'
anomalia
non
è
Berlusconi
in
politica
.
L
'
anomalia
è
che
per
costituire
un
polo
antitetico
a
quello
di
sinistra
,
ci
sia
bisogno
di
lui
.
Ma
anche
questo
Paese
,
che
abbiamo
ereditato
dai
signori
delle
segreterie
,
è
un
'
anomalia
.
StampaQuotidiana ,
Con
Sedotta
e
abbandonata
gli
affezionati
spettatori
di
Divorzio
all
'
italiana
si
ritrovano
in
una
Sicilia
dominata
da
un
grottesco
senso
dell
'
onore
,
nuovamente
si
muovono
in
un
clima
cupo
e
afoso
con
bagliori
terrificanti
,
in
cui
scoppiano
feroci
contrasti
familiari
,
e
per
la
seconda
volta
s
'
imbattono
in
una
Stefania
Sandrelli
concupita
da
un
focoso
isolano
.
Simile
la
cornice
,
analogo
il
desiderio
del
regista
,
Pietro
Germi
,
di
accusare
,
raccontando
una
storia
inventata
,
l
'
ipocrisia
dei
costumi
locali
e
della
legislazione
italiana
,
i
due
film
restano
tuttavia
ben
lontani
l
'
uno
dall
'
altro
.
Quanto
c
'
era
,
nel
primo
,
di
elegante
ironia
,
in
Sedotta
e
abbandonata
è
divenuto
più
vivace
ma
crudo
sarcasmo
,
e
quanto
in
Divorzio
all
'
italiana
era
caustico
ricamo
,
qui
è
spesso
pesante
e
quasi
iroso
cipiglio
.
Si
ha
l
'
impressione
che
Germi
,
calcando
la
mano
in
una
pittura
d
'
ambiente
che
d
'
altronde
amalgama
toni
di
diversissima
provenienza
culturale
,
da
Goya
a
Buñuel
,
senza
passare
attraverso
il
realismo
di
Verga
e
il
rigore
intellettuale
di
Pirandello
,
si
stia
inventando
una
Sicilia
su
misura
,
quasi
un
pretesto
per
una
verifica
storica
del
suo
gusto
di
cogliere
situazioni
umane
in
cui
il
tragico
e
il
comico
si
alleano
.
Dio
ci
guardi
dal
negare
che
molti
siciliani
concepiscono
l
'
onore
come
un
astratto
valore
formale
,
e
che
in
un
caso
come
quello
raccontato
dal
film
eviterebbero
di
riparare
con
l
'
ipocrisia
d
'
un
matrimonio
forzoso
all
'
offesa
recata
a
un
pregiudizio
:
è
probabile
però
che
in
Sedotta
e
abbandonata
ci
sia
per
soprammercato
un
astio
che
discende
dal
dispetto
di
veder
sopravvivere
,
nel
mondo
di
oggi
,
queste
zone
depresse
della
morale
e
del
costume
,
e
nel
contempo
una
voluttà
derisoria
nata
dal
compiacimento
di
aver
individuato
un
luogo
che
offre
tante
risorse
di
spettacolo
beffardo
.
In
casi
simili
lo
sdegno
di
Germi
moralista
si
azzuffa
col
piacere
di
Germi
regista
,
e
ne
esce
un
'
opera
arrabbiata
e
in
fondo
crudele
e
improbabile
.
Questa
contraddizione
è
denunciata
,
nel
film
,
dalla
variabilità
dello
stile
,
ma
soprattutto
dalla
caduta
in
quel
genere
della
commedia
paesana
,
ai
limiti
col
vernacolo
,
che
per
il
troppo
colore
rinunzia
alla
finezza
del
disegno
psicologico
.
Se
fate
un
confronto
fra
il
barone
Cefalù
e
il
protagonista
di
Sedotta
e
abbandonata
,
questo
grasso
,
iracondo
imprenditore
della
provincia
siciliana
al
quale
è
stata
violata
una
figlia
,
e
che
non
si
darà
pace
finché
i
due
,
pur
odiandosi
,
non
si
saranno
sposati
,
misurate
tutta
la
diversità
di
stoffa
dei
due
film
:
l
'
uno
saldamente
ancorato
all
'
interpretazione
squisita
di
un
Mastroianni
,
l
'
altro
affidato
all
'
esperienza
di
un
Saro
Urzì
,
attore
valoroso
ma
irrimediabilmente
caratterista
.
Da
questa
scelta
,
e
forse
dall
'
intervento
,
in
sede
di
sceneggiatura
,
di
Age
e
Scarpelli
,
i
quali
devono
avere
affollato
l
'
originario
soggetto
di
Germi
e
Vincenzoni
di
episodi
collaterali
e
scenette
di
dubbio
umorismo
,
derivano
tutti
i
guai
del
film
:
la
galleria
di
macchiette
,
il
gioco
delle
scene
e
delle
controscene
,
la
forzatura
comica
,
l
'
insabbiarsi
di
quella
nota
tragica
che
di
quando
in
quando
riaffiora
,
e
allora
appartiene
al
Germi
migliore
,
ma
cui
più
spesso
si
sostituisce
una
concitata
orchestrazione
di
motivi
già
largamente
scontati
dall
'
immensa
pubblicistica
sui
costumi
siciliani
.
Della
trama
basti
ricordare
,
per
sommi
capi
,
la
linea
centrale
:
la
violenza
subita
da
Agnese
,
studentessa
sedicenne
,
da
parte
di
Peppino
,
fidanzato
d
'
una
sua
sorella
,
Matilde
;
la
scoperta
dell
'
infamia
da
parte
del
padre
di
lei
,
il
rifiuto
di
Peppino
di
sposare
Agnese
perché
gli
ha
ceduto
,
le
chiacchiere
della
cittadina
,
le
furie
del
genitore
offeso
,
che
architetta
un
finto
rapimento
per
giustificare
agli
occhi
della
gente
le
nozze
.
Rifiuto
,
questa
volta
,
di
Agnese
,
ma
finale
cedimento
dei
due
giovani
ai
sacri
principi
dell
'
onore
familiare
.
Il
padre
muore
di
crepacuore
,
ma
il
giorno
stesso
dello
sposalizio
,
e
perciò
chiude
gli
occhi
soddisfatto
;
la
Matilde
defraudata
di
due
fidanzati
(
oltre
Peppino
ha
perduto
anche
un
nobile
spiantato
che
il
padre
le
aveva
messo
attorno
)
si
fa
monaca
;
i
parenti
e
gli
amici
si
consolano
con
i
cannoli
.
Questo
il
succo
della
storia
,
che
però
si
disperde
in
un
gran
numero
di
svolte
,
alcune
indubbiamente
intelligenti
e
raccontate
col
nerbo
e
l
'
estro
del
Germi
più
forte
e
denso
,
altre
risapute
:
insomma
in
una
disuguaglianza
di
livelli
stilistici
e
narrativi
che
fa
maggiormente
avvertire
lo
scarso
amalgama
dell
'
impasto
,
e
rimpiangere
la
stringatezza
d
'
un
altro
film
di
Germi
girato
,
come
questo
,
a
Sciacca
:
In
nome
della
legge
.
Fra
i
molti
attori
Stefania
Sandrelli
è
un
'
Agnese
tutta
in
nero
,
che
talvolta
riesce
a
farci
intuire
il
suo
chiuso
dolore
;
il
debuttante
Aldo
Puglisi
è
un
seduttore
anche
troppo
impacciato
;
Leopoldo
Trieste
ha
una
mimica
efficacissima
:
su
tutti
gli
altri
si
riverbera
l
'
equivoco
di
una
recitazione
che
toglie
in
verosimiglianza
quanto
eccede
nei
tratti
farseschi
.