StampaQuotidiana ,
Cari
amici
manifestanti
,
berlusconiani
e
polisti
,
oggi
sfilate
in
alto
numero
per
le
vie
di
Roma
e
rioccupate
sbandieranti
e
tuonanti
la
sua
piazza
storica
,
popolare
,
manifestaiola
,
la
spianata
del
Primo
Maggio
.
Quella
piazza
dove
,
come
ha
notato
Montanelli
,
la
sinistra
di
governo
non
ha
più
animo
di
festeggiare
le
sue
dubbie
vittorie
tattiche
,
composta
nel
suo
nuovo
modello
socialdemocratico
come
una
maschera
perplessa
issata
su
una
sedia
gestatoria
.
E
io
vi
dico
,
con
affetto
di
fiancheggiatore
e
ironia
di
contraddittore
:
lotta
dura
,
senza
paura
.
Ma
è
sul
"
senza
paura
"
che
mi
sembra
giusto
mettere
l
'
accento
.
Il
mio
amico
Stenio
Solinas
,
sul
Giornale
di
ieri
,
mi
rimprovera
con
parole
cortesi
ma
inequivoche
un
eccesso
di
ottimismo
,
una
fiducia
ingenua
ne
professionismo
del
potere
,
quel
professionismo
che
metterebbe
ora
all
'
angolo
noi
dilettanti
,
noi
populisti
democratici
che
abbiamo
dato
una
bella
lezione
di
politica
con
la
ormai
lontana
vittoria
bipolarista
e
liberale
,
riformatrice
e
presidenzialista
del
27
marzo
del
'94
,
la
vera
svolta
impressa
dalla
lucida
follia
del
cavaliere
alla
vita
pubblica
italiana
.
Sarò
ingenuo
,
ma
penso
che
il
popolaccio
di
destra
poco
amato
dall
'
Italia
in
ghingheri
ha
più
ragioni
per
rallegrarsi
che
motivi
per
rattristarsi
,
perché
la
fine
dell
'
Ulivo
(
con
gli
annessi
e
i
connessi
)
vale
più
del
distacco
,
predatorio
quanto
si
voglia
,
di
una
trentina
di
deputati
dalle
fila
dell
'
opposizione
.
E
penso
che
basta
ragionare
a
freddo
,
anche
nei
momenti
caldi
ed
appassionati
,
per
capire
che
la
maggioranza
di
supporto
al
governo
D
'
Alema
è
più
fragile
,
più
divisa
,
più
esposta
ai
colpi
di
un
'
opposizione
intelligente
,
di
quanto
non
lo
fosse
il
fronte
ulivista
battezzato
dalle
elezioni
dell
'
aprile
del
'96
.
Mentre
si
esprime
il
disgusto
per
la
solita
commedia
di
un
governo
battezzato
nelle
urne
che
scompare
,
senza
che
ai
cittadini
sia
consentito
sceglierne
un
altro
,
è
utile
fare
un
pensierino
rivolto
alla
nuda
realtà
,
che
non
delude
mai
:
non
ci
hanno
dato
un
governo
elettorale
e
la
data
per
le
elezioni
,
dopo
il
naufragio
di
Romano
Prodi
,
ma
hanno
dovuto
mettere
in
piedi
un
ministero
da
stato
d
'
eccezione
,
che
incolla
i
cocci
della
"
grande
alleanza
di
sinistra
"
in
una
formula
piuttosto
sconnessa
e
abbastanza
precaria
,
da
Cossutta
a
Cossiga
.
La
parola
"
fine
"
al
filmone
hollywoodiano
dell
'
Ulivo
,
il
grande
sogno
a
fumetti
di
un
'
Italia
rigenerata
dalle
cordate
nemiche
della
ciurma
berlusconiana
,
l
'
hanno
dovuta
scrivere
direttamente
loro
.
Cari
amici
,
ma
non
lo
vedete
Tonino
Di
Pietro
,
quello
che
"
a
lui
lo
sfasciava
"
?
Non
vi
accorgete
di
come
mastica
amaro
e
sorride
stitico
,
con
la
sua
corte
dei
miracoli
e
dei
miracolati
?
E
non
volete
festeggiare
la
trombatura
della
Federica
Rossi
Gasparrini
,
la
reginetta
delle
casalinghe
manettare
,
già
berlusconista
poi
dipietrista
poi
dalemista
e
ora
disoccupata
?
E
quel
Prodi
,
che
s
'
è
guadagnata
anche
per
noi
l
'
Europa
,
ma
a
colpi
di
tasse
e
svicolando
sulle
spese
inutili
,
non
avete
notato
che
s
'
è
ritirato
sotto
la
tenda
,
in
dispetto
perfino
ai
suoi
ministri
,
con
l
'
aria
di
chi
è
stato
tradito
dagli
uomini
e
dalla
storia
?
Quando
sbandieravate
al
congresso
di
Assago
,
Prodi
vi
fece
un
trabocchetto
cattivo
e
vi
definì
:
il
"
Nulla
"
.
Ora
è
nullificato
.
Come
compa
'
Veltroni
,
il
suo
vice
iper
-
ulivista
,
quello
che
voleva
chiudere
le
Tv
commerciali
con
i
referendum
e
che
ora
si
deve
chiudere
in
un
ufficio
di
Botteghe
Oscure
,
lontano
dallo
splendore
in
technicolor
del
35
millimetri
.
E
non
avete
letto
Giorgio
Bocca
,
la
voce
di
tutti
i
pool
,
che
tira
calci
a
D
'
Alema
perché
gli
ha
infranto
il
sogno
giacobino
di
una
sinistra
che
faccia
a
pezzi
gli
avversari
e
gli
rifiuti
anche
la
stretta
di
mano
e
il
dialogo
?
Sulle
vostre
bandiere
non
ci
deve
essere
scritto
solo
quanto
sono
cattivi
gli
avversari
,
e
perfidi
gli
amici
che
passano
dalla
loro
parte
.
Perché
sventolino
bene
,
con
la
dovuta
capacità
di
prendere
il
vento
,
quelle
bandiere
devono
anche
esprimere
la
cattiveria
e
l
'
abilità
,
la
tenacia
e
il
coraggio
dell
'
opposizione
.
L
'
indignazione
è
un
sentimento
forte
e
rispettabile
,
ma
fatalmente
passeggero
.
E
la
vendetta
,
come
è
noto
,
è
un
piatto
da
gustarsi
freddo
.
Bisogna
che
chi
scende
in
piazza
sia
consapevole
dei
pericoli
del
pessimismo
,
dei
rischi
di
riflusso
che
sono
sempre
dietro
l
'
angolo
quando
i
toni
accorati
e
disperati
coprono
la
stringente
logica
della
lotta
politica
.
Se
tutto
si
risolve
in
tradimenti
e
imboscate
,
quanto
meno
nelle
vostre
parole
,
come
volete
poi
che
la
gente
si
prenda
la
briga
di
andare
a
votare
per
cambiare
la
politica
e
le
istituzioni
?
Non
c
'
è
alcuna
ragione
di
essere
mesti
e
cupi
se
nasce
un
governo
che
ospita
al
suo
interno
un
Picconatore
.
Non
c
'
è
motivo
di
mangiarsi
le
unghie
se
un
vecchio
e
scaltro
Professore
dell
'
Italia
liberal
-
socialista
,
Giuliano
Amato
,
ha
in
affidamento
la
missione
di
riscrivere
,
a
favore
di
un
bipolarismo
che
chiarirebbe
tante
cose
e
darebbe
una
definitiva
sistemata
al
trasformismo
,
le
regole
elettorali
e
costituzionali
.
E
la
vita
continua
.
Perché
c
'
è
la
sfida
sulla
politica
di
sviluppo
e
sul
lavoro
da
portare
nel
cuore
di
una
coalizione
che
nasce
ondeggiante
e
insicura
.
C
'
è
il
referendum
sul
maggioritario
,
da
sottrarre
al
più
presto
alle
cure
insincere
di
Di
Pietro
.
C
'
è
,
infine
,
un
monopolio
decisivo
che
resta
nelle
mani
dell
'
Italia
liberale
e
riformatrice
che
oggi
sfila
per
le
vie
di
Roma
:
il
monopolio
dell
'
opposizione
politica
,
la
guida
di
una
protesta
che
fin
dalle
prossime
elezioni
europee
potrebbe
mettere
in
minoranza
,
con
conseguenze
oggi
incalcolabili
,
ciò
che
resta
del
sogno
dell
'
Ulivo
.
Date
retta
,
amici
dell
'
opposizione
politica
.
Il
moralismo
consiglia
sempre
la
tristizia
e
il
pessimismo
,
ma
una
sobria
valutazione
delle
cose
,
all
'
insegna
del
realismo
,
deve
mettere
una
spruzzata
di
allegria
e
di
fiducia
nel
cuore
e
nella
testa
di
chi
manifesta
oggi
l
'
indisponibilità
di
mezza
Italia
al
conformismo
e
al
servo
encomio
verso
questi
fragilissimi
nuovi
potenti
.
StampaQuotidiana ,
L
'
opposizione
è
mestiere
difficile
,
molto
più
del
governare
,
non
avendo
tra
le
proprie
armi
il
miele
del
potere
.
Richiede
tenacia
,
fantasia
e
una
capacità
di
proposta
alternativa
la
cui
visibilità
non
è
sempre
facile
,
dal
momento
che
la
sua
realizzabilità
è
proiettata
nel
futuro
.
Mai
,
comunque
,
l
'
opposizione
deve
scivolare
nella
rissa
o
,
peggio
ancora
,
accreditare
alla
maggioranza
di
governo
meriti
che
non
le
appartengono
per
il
solo
amore
di
polemica
.
Purtroppo
,
invece
,
è
quello
che
sta
accadendo
da
qualche
tempo
a
questa
parte
.
Più
volte
,
per
esempio
,
abbiamo
scritto
e
motivato
,
parlando
di
finanza
pubblica
e
di
Maastricht
,
che
l
'
ingresso
dell
'
Italia
nella
moneta
unica
era
un
dato
politicamente
scontato
.
Senza
la
lira
,
l
'
euro
non
sarebbe
nato
nel
1999
per
una
serie
di
motivi
,
il
primo
dei
quali
era
il
peso
che
il
nostro
Paese
ha
avuto
e
continua
ad
avere
nella
costruzione
comunitaria
.
Il
secondo
motivo
era
che
la
Francia
non
si
sarebbe
avventurata
nella
costruzione
della
moneta
unica
tenendo
fuori
la
sterlina
e
la
lira
contemporaneamente
.
Una
costruzione
di
questo
tipo
,
infatti
,
avrebbe
consegnato
politicamente
Parigi
nelle
mani
della
grande
area
centroeuropea
egemonizzata
dalla
Germania
e
avrebbe
consentito
all
'
Italia
di
lucrare
sulle
conseguenti
oscillazioni
di
cambio
della
lira
sull
'
euro
,
garantendo
così
quella
spinta
alle
nostre
esportazioni
che
hanno
messo
in
difficoltà
,
in
questi
ultimi
tempi
,
numerose
produzioni
francesi
.
Erano
queste
le
considerazioni
che
ci
hanno
sempre
fatto
dire
che
l
'
ingresso
in
Europa
era
un
dato
scontato
da
tempo
.
Il
Polo
in
questi
mesi
,
piuttosto
che
documentare
gli
errori
di
politica
economica
e
le
tante
"
una
tantum
"
che
hanno
costellato
le
scelte
di
finanza
pubblica
,
si
è
lanciato
a
testa
bassa
contro
il
governo
affermando
ad
ogni
pié
sospinto
,
che
Prodi
e
compagni
non
ci
avrebbero
portato
in
Europa
.
Conclusione
di
questa
sprovveduta
opposizione
è
stata
quella
di
accreditare
a
questa
maggioranza
un
merito
politico
inesistente
,
quello
cioè
dell
'
entrata
o
della
lira
nell
'
Euro
le
cui
motivazioni
erano
,
come
si
è
visto
,
di
ben
altra
natura
.
Analogo
errore
è
stato
fatto
con
la
battaglia
,
si
fa
per
dire
,
del
Mugello
.
in
quel
collegio
chiunque
sarebbe
stato
eletto
,
sol
che
avesse
ricevuto
la
benedizione
papalina
del
segretario
del
Pci
-
Pds
.
Quegli
elettori
da
cinquant
'
anni
sono
abituati
a
"
ubbidire
e
a
votar
tacendo
"
e
non
si
capisce
perché
mai
questa
volta
non
l
'
avrebbero
dovuto
fare
.
Il
Polo
,
invece
,
ha
votato
al
sacrificio
quell
'
uomo
intelligente
e
leale
che
risponde
al
nome
di
Giuliano
Ferrara
.
La
conclusione
di
questa
scelta
è
stata
quella
di
aver
trasformato
in
una
vittoria
politica
di
Antonio
Di
Pietro
una
campagna
elettorale
scontata
e
che
andava
snobbata
sino
quasi
a
dimenticarla
.
Non
siamo
quelli
che
,
con
il
senno
di
poi
,
sanno
spiegare
tutto
,
ma
da
tempo
siamo
critici
di
un
modo
provinciale
e
chiassoso
di
fare
opposizione
che
non
tallona
il
governo
e
la
sua
maggioranza
nel
Parlamento
facendone
emergere
i
limiti
e
le
divisioni
e
che
si
esercita
,
quasi
esclusivamente
,
con
dichiarazioni
roboanti
che
durano
lo
spazio
di
un
mattino
e
che
altro
non
sono
che
piccole
tempeste
in
un
bicchier
d
'
acqua
.
O
si
cambia
,
e
in
fretta
,
o
su
questa
linea
i
moderati
di
strada
ne
faranno
ben
poca
.
StampaQuotidiana ,
A
ogni
altra
considerazione
sul
film
che
Pasolini
ha
tratto
dal
«
Vangelo
secondo
Matteo
»
bisogna
avanzare
una
premessa
:
l
'
azzardo
ha
avuto
già
il
suo
premio
nel
coraggio
,
nella
buona
fede
,
nella
rigorosa
aderenza
al
testo
sacro
.
Non
soltanto
il
film
è
assolutamente
ortodosso
,
tanto
che
la
«
Pro
Civitate
Christiana
»
ha
sentito
il
bisogno
,
con
un
certo
candore
,
di
rilasciare
una
dichiarazione
per
avallare
la
pellicola
,
ma
ha
persino
i
caratteri
chiesti
dallo
schema
conciliare
ai
mezzi
di
comunicazione
sociale
intesi
a
diffondere
la
parola
evangelica
.
Pasolini
,
che
ha
dedicato
il
suo
film
alla
«
cara
,
lieta
,
familiare
memoria
di
Giovanni
XXIII
»
,
sta
dunque
per
prepararci
la
sorpresa
di
una
conversione
?
Per
evitare
equivoci
ricordiamo
le
sue
parole
:
«
Io
non
credo
che
Cristo
sia
figlio
di
Dio
,
perché
non
sono
un
credente
,
almeno
nella
coscienza
.
Ma
credo
che
Cristo
sia
divino
:
credo
cioè
che
in
lui
l
'
umanità
sia
così
alta
,
vigorosa
,
ideale
,
da
andare
al
di
là
dei
comuni
termini
dell
'
umanità
»
.
E
confessò
che
per
lui
,
scrittore
razionalista
,
l
'
idea
di
fare
un
film
sul
Vangelo
era
frutto
di
«
una
furiosa
ondata
irrazionalistica
»
.
«
Voglio
fare
pura
opera
di
poesia
»
.
Questo
è
dunque
il
versante
dal
quale
il
film
va
giudicato
:
come
un
'
opera
di
poesia
.
Più
esattamente
,
come
un
'
illustrazione
del
testo
di
Matteo
.
Nel
film
,
infatti
,
non
c
'
è
una
parola
scritta
da
Pasolini
.
Messosi
di
fronte
il
Vangelo
,
lo
scrittore
-
regista
ha
cercato
di
individuarvi
i
passaggi
più
significativi
,
rinunziando
a
una
restituzione
integrale
che
avrebbe
allungato
di
troppo
la
pellicola
,
e
quelli
ha
inteso
tradurli
con
immagini
realistiche
,
descrizioni
ambientali
e
forti
Tipizzazioni
,
integrati
dalle
scarse
battute
di
dialogo
tramandate
dall
'
evangelista
.
Ispirandosi
alla
tradizione
figurativa
tre
e
quattrocentesca
italiana
,
in
prevalenza
a
Piero
della
Francesca
,
scegliendo
un
commento
sonoro
nel
quale
si
va
da
Bach
a
Mozart
alle
canzoni
popolari
e
agli
spirituals
negri
,
collocando
l
'
azione
nei
luoghi
più
aspri
dell
'
Italia
meridionale
,
Pasolini
ha
poi
voluto
dare
un
forte
rilievo
formale
al
complesso
dell
'
opera
,
intesa
,
così
ha
detto
,
come
un
«
racconto
epico
-
lirico
in
chiave
nazionale
-
popolare
»
.
Vale
a
dire
come
la
storia
di
un
mito
religioso
,
quale
fu
vissuto
da
un
popolo
in
miseria
,
oppresso
da
soldati
stranieri
e
da
una
prepotente
classe
dirigente
.
Senza
tuttavia
riferimenti
storici
precisi
(
il
film
è
così
privo
di
preoccupazioni
di
verosimiglianza
che
sullo
sfondo
della
deposizione
,
in
una
curva
,
si
vede
passare
un
pullman
,
e
i
personaggi
,
salvo
il
protagonista
-
che
ha
la
voce
di
Enrico
Maria
Salerno
-
parlano
con
uno
spiccato
accento
meridionale
)
:
anzi
continuamente
risolvendo
i
fatti
e
le
parole
in
emozioni
estetiche
,
grazie
a
un
potere
di
visualizzazione
che
il
testo
di
Matteo
contiene
in
sommo
grado
,
e
il
bravo
regista
vuole
estrarre
e
volgere
al
dramma
.
La
trasfigurazione
del
reale
è
compiuta
da
Pasolini
con
lunghi
silenzi
:
pur
essendo
condotto
con
modi
realistici
,
ed
echi
moderni
che
giungono
sino
ad
alludere
agli
squadristi
fascisti
nelle
guardie
di
Erode
,
il
film
è
in
realtà
tutto
una
sublime
astrazione
intellettuale
.
È
un
capolavoro
di
letteratura
,
che
si
appoggia
su
due
pilastri
:
da
un
lato
un
testo
carico
di
metafore
,
dall
'
altro
una
serie
di
tessere
,
figurativamente
splendide
,
che
per
l
'
abbondanza
delle
ellissi
non
si
compongono
in
mosaico
narrativo
.
Ammirabile
per
l
'
intelligenza
del
contrappunto
fra
la
figura
di
Cristo
(
il
giovane
spagnolo
Enrique
Irazoqui
,
finalmente
liberato
dalla
soggezione
alla
tradizione
iconografica
più
vieta
,
che
voleva
Gesù
biondo
e
con
i
capelli
sciolti
sulle
spalle
)
,
ardente
nella
propria
certezza
di
essere
il
figlio
di
Dio
,
alto
e
magro
,
di
parola
elegante
,
e
le
figure
dei
suoi
rozzi
apostoli
,
spinti
dalla
fede
ma
talvolta
ancora
perplessi
tra
la
sicumera
dei
farisei
,
ornati
di
alti
turbanti
,
e
la
spontanea
attesa
del
popolo
lacero
;
acceso
di
virtù
propriamente
cinematografiche
in
sequenze
come
il
rimorso
e
il
suicidio
di
Giuda
;
talvolta
felice
nel
serrare
nell
'
immagine
pregnante
il
senso
poeticamente
rivoluzionario
del
testo
evangelico
,
il
film
ha
però
scarsa
forza
avvincente
per
la
frantumazione
del
racconto
,
che
procede
a
sbalzi
,
sulla
metà
quasi
arranca
,
e
solo
si
riprende
sul
finale
,
con
la
fulminea
scena
della
crocifissione
e
della
resurrezione
.
Chi
volesse
cercare
le
cause
dell
'
impaccio
del
film
,
di
quel
ripiegarsi
in
una
compostezza
formale
che
non
si
dispiega
in
libero
canto
,
dovrebbe
rifarsi
alla
sua
ambigua
impostazione
.
Combattuto
fra
ideologia
e
sentimento
,
Pasolini
ha
tentato
di
recuperare
al
suo
laicismo
i
caratteri
della
religiosità
,
ma
poiché
l
'
operazione
ha
un
accento
volontaristico
,
gli
è
sfuggito
quel
carattere
precipuo
che
è
il
senso
del
mistero
.
Egli
ha
cercato
di
ispirarsi
a
Ordet
di
Dreyer
,
ma
a
differenza
di
quest
'
ultimo
l
'
intuizione
del
Vangelo
gli
si
è
presentata
sotto
forma
colta
,
con
un
corredo
figurativo
e
musicale
di
estrazione
dotta
.
Quando
Cristo
dice
che
il
regno
dei
cieli
appartiene
piuttosto
ai
poveri
di
spirito
si
rivolge
anche
a
questi
traduttori
della
Parola
in
un
visibile
caduco
.
E
s
'
intende
che
queste
riserve
non
intaccano
la
grande
novità
dell
'
opera
,
la
bellezza
della
fotografia
di
Tonino
Delli
Colli
,
l
'
acume
di
certe
soluzioni
,
come
la
serie
di
dissolvenze
per
l
'
irruente
discorso
della
montagna
,
la
straordinaria
evidenza
espressiva
dei
primi
piani
(
fra
gli
attori
,
non
tutti
professionisti
,
figurano
i
poeti
Alfonso
Gatto
,
Rodolfo
Wilcock
,
Francesco
Leonetti
,
e
la
scrittrice
Natalia
Ginzburg
)
,
la
suggestività
dei
paesaggi
,
l
'
incisività
di
alcune
figure
,
come
quella
della
giovane
Maria
e
dell
'
angelo
del
Signore
.
Fra
i
meriti
del
film
metteremmo
anche
l
'
idea
di
situare
il
processo
e
la
condanna
di
Gesù
in
una
prospettiva
lontana
,
quasi
a
significarne
l
'
inverosimiglianza
agli
occhi
degli
apostoli
posti
in
primo
piano
,
se
pure
in
questo
continuo
collaudare
il
dramma
sull
'
emotività
dei
discepoli
il
film
non
rivelasse
la
debolezza
di
volere
misurare
nei
testimoni
l
'
altezza
del
suo
protagonista
.
Che
è
una
forma
di
pudore
,
ma
anche
un
sintomo
di
freddezza
.
Le
polemiche
che
hanno
accompagnato
il
Vangelo
,
sul
grado
di
sincerità
di
Pasoliní
,
sull
'
eco
che
vi
risuona
di
un
connubio
clerico
-
marxista
,
esulano
da
un
giudizio
obiettivo
sul
film
,
anche
perché
in
qualche
caso
denunciano
quello
stato
di
minorità
culturale
che
trova
una
tipica
espressione
nell
'
incapacità
di
staccare
la
figura
dell
'
autore
dalla
sua
opera
.
Si
potrà
,
anzi
si
deve
,
discutere
sull
'
opportunità
di
portare
sullo
schermo
Gesù
Cristo
,
cui
forse
giova
,
perché
se
ne
colgano
tutte
le
implicazioni
umane
e
divine
,
conservare
un
senso
di
mistero
;
e
sulla
liceità
di
accentuare
,
con
una
interpretazione
realistica
che
dà
alla
sua
predicazione
toni
da
comizio
,
il
significato
di
un
messaggio
sociale
il
quale
va
inserito
in
un
più
ampio
quadro
ideologico
e
morale
;
e
infine
sulla
convenienza
di
raccontare
non
tanto
la
vita
e
la
parola
di
Cristo
quanto
,
come
ha
fatto
Pasolini
,
il
mito
di
Cristo
quale
fu
ed
è
inteso
dai
diseredati
.
È
indubbio
tuttavia
che
l
'
esperimento
di
Pasolini
ha
un
notevolissimo
valore
di
stimolo
,
distrugge
la
tradizione
oleografica
riallacciandosi
al
più
robusto
filone
dell
'
arte
d
'
ispirazione
religiosa
,
e
conferma
l
'
immenso
fascino
esercitato
dalla
figura
di
Gesù
in
un
mondo
che
ne
sembra
tanto
lontano
.
In
sede
più
rigorosamente
stilistica
la
qualità
plastica
del
film
,
la
straordinaria
scelta
dei
volti
,
cui
è
affidato
il
compito
-
non
volendo
aggiungere
parole
al
testo
di
Matteo
-
di
riempire
con
semplice
e
potente
espressività
i
vuoti
fra
le
brevi
battute
di
dialogo
,
collocano
questo
Vangelo
cinematografico
in
una
sorta
di
laica
e
moderna
pinacoteca
che
rivela
,
insieme
al
gusto
per
il
genere
realista
del
suo
ordinatore
,
una
inquieta
ricerca
del
divino
nella
suprema
armonia
con
cui
può
comporsi
l
'
umano
.
StampaQuotidiana ,
Mentre
infuria
alla
Camera
la
battaglia
sul
decreto
Iva
,
incominciano
lentamente
a
diffondersi
oli
interrogativi
sull
'
effettivo
risanamento
dei
conti
pubblici
.
L
'
occasione
ultima
è
stata
la
presentazione
del
rapporto
Cer
(
il
centro
di
ricerche
economiche
diretto
da
Luigi
Spaventa
e
Giorgio
Ruffolo
)
che
ha
tra
l
'
altro
evidenziato
come
la
manovra
da
25mila
miliardi
per
il'98
in
realtà
sfiora
,
sì
e
no
,
i
20mila
.
La
verità
è
che
il
ministro
del
Tesoro
è
ricorso
a
mille
trucchi
,
come
testimoniano
i
dati
svelati
ieri
dal
Giornale
,
per
raggiungere
,
senza
lacrime
e
sangue
,
il
famoso
3%
nel
rapporto
deficit
-
Pil
.
Trucchi
di
ogni
tipo
che
,
in
altre
epoche
,
avrebbero
procurato
l
'
"
impeachement
"
del
ministro
del
Tesoro
.
E
per
capire
di
che
cosa
parliamo
facciamo
solo
tre
esempi
.
Primo
.
Sembra
che
l
'
Ufficio
italiano
cambi
abbia
venduto
una
certa
quantità
di
oro
alla
Bankitalia
realizzando
notevoli
plusvalenze
sulle
quali
pagherà
alcune
migliaia
di
miliardi
di
imposta
.
Insomma
con
un
passaggio
di
mano
dalla
destra
alla
sinistra
si
aiuta
il
ministero
delle
Finanze
che
a
fine
d
'
anno
avrebbe
avuto
un
buco
nel
gettito
tributario
non
indifferente
.
Secondo
.
La
cancellazione
dal
bilancio
dello
Stato
dei
ratei
di
mutui
accesi
dalle
Ferrovie
dello
Stato
e
la
riallocazione
della
stessa
quantità
di
quattrini
sotto
la
voce
"
accrediti
di
capitale
"
ha
evitato
di
registrare
oltre
3mila
miliardi
di
debiti
.
Insomma
carta
vince
,
carta
perde
e
Ciampi
con
il
turbante
in
testa
.
Terzo
ed
ultimo
dato
di
carattere
generale
:
nel
primo
semestre
1997
la
differenza
tra
impegni
di
spesa
(
317mila
miliardi
)
e
pagamenti
e
effettivi
213mila
miliardi
)
è
stata
più
di
centomila
miliardi
mentre
nello
stesso
periodo
del
'96
era
stata
di
60mila
miliardi
(
352
di
impegni
e
292
di
pagamenti
)
.
Tutto
ciò
sta
a
significare
che
il
buon
Ciampi
ha
trovato
la
ricetta
miracolosa
per
risanare
il
bilancio
dello
Stato
e
cioè
quella
di
non
pagare
più
nessuno
.
Sono
mesi
che
denunciamo
questo
sconcio
,
testimoniato
ultimamente
anche
dalla
protesta
degli
imprenditori
veneti
per
il
mancato
rimborso
dei
crediti
d
'
Iva
.
Così
come
da
mesi
denunciamo
la
mancata
ripresa
degli
investimenti
pubblici
nonostante
i
tanti
decreti
sblocca
-
cantieri
e
le
riunioni
un
po
'
ridicole
fatte
al
Quirinale
all
'
inizio
di
quest
'
anno
con
un
notevole
numero
di
ministri
di
spesa
.
Questa
politica
di
bilancio
che
non
paga
ciò
che
si
è
già
speso
o
ciò
che
si
deve
restituire
o
ciò
che
si
deve
investire
,
maschera
il
mancato
risanamento
strutturale
del
Paese
che
passa
per
la
riduzione
della
spesa
corrente
e
in
particolare
di
quella
pensionistica
.
Come
ha
ricordato
ultimamente
Antonio
Fazio
la
spesa
corrente
italiana
è
bene
al
di
sopra
della
media
europea
e
il
suo
tasso
d
'
incremento
per
il
1997
viaggia
intorno
al
4%
nonostante
gli
impegni
di
Ciampi
che
avrà
previsto
un
aumento
di
appena
l'1%
.
Il
risultato
finale
è
che
il
governo
raggiungerà
alla
fine
dell
'
anno
il
3%
nel
rapporto
deficit
-
Pil
ma
avrà
nascosto
sotto
il
tappeto
debiti
per
almeno
15mila
miliardi
,
avrà
spinto
verso
l
'
indebitamento
società
pubbliche
come
le
Ferrovie
che
,
a
parità
di
tariffe
e
di
costo
del
lavoro
,
avranno
una
riduzione
dei
trasferimenti
.
,
avrà
spinto
enti
pubblici
a
pagare
solo
una
parte
(
il
90%
)
di
ciò
che
hanno
speso
(
ma
perchè
non
tagliare
anche
gli
stanziamenti
di
competenza
?
)
e
continuerà
a
far
segnare
il
passo
agli
investimenti
pubblici
.
Sul
terreno
dell
'
economia
reale
ciò
vuol
dire
mantenere
basso
il
profilo
di
crescita
del
Paese
con
tutto
quanto
significa
sul
versante
dell
'
occupazione
che
,
secondo
i
dati
Istat
di
agosto
,
registra
una
nuova
flessione
di
oltre
il
3%
di
media
fra
grande
impresa
e
servizi
.
Per
dirla
in
breve
,
insomma
,
una
di
bilancio
in
parte
truccata
per
conti
falsificati
per
almeno
un
punto
di
Pil
e
con
oltre
un
milione
di
disoccupati
veri
che
si
toccano
con
mano
e
che
,
a
loro
volta
,
toccano
con
mano
la
crescente
disperazione
in
particolare
nel
mezzogiorno
del
Paese
.
Prendiamo
atto
con
soddisfazione
che
alcuni
osservatori
economici
come
Francesco
Giavazzi
e
Federico
Rampini
incominciano
a
riflettere
pubblicamente
sul
rischio
di
un
risanamento
che
ha
queste
contraddizioni
e
che
presenta
queste
finzioni
finanziarie
.
Queste
riflessioni
autorevoli
non
ci
lasciano
più
soli
nel
denunciare
il
gioco
delle
tre
carte
di
Ciampi
-
Pinocchio
che
,
con
1'ausilio
della
volpe
-
Giarda
(
"
Il
malandrino
"
sottosegretario
al
Tesoro
)
e
con
i
silenzi
interrotti
solo
da
qualche
sincero
miagolio
del
gatto
-
Monorchio
,
ha
fatto
credere
agli
italiani
che
si
poteva
fare
il
risanamento
dei
conti
pubblici
senza
riformare
nessun
settore
della
spesi
pubblica
.
In
questa
direzione
il
"
filibustering
"
delle
opposizioni
contro
il
governo
alla
Camera
ha
un
significato
che
va
ben
oltre
i
5mila
miliardi
del
decreto
sull
'
Iva
,
perchè
getta
l
'
allarme
,
tra
l
'
altro
,
sul
rischio
di
un
Parlamento
sempre
più
soffocato
dall
'
accordo
governo
-
sindacato
e
dai
relativi
voti
di
fiducia
che
ne
blindano
i
contenuti
.
E
piaccia
o
non
piaccia
,
quel
rischio
si
chiama
libertà
.
StampaQuotidiana ,
...
E
quest
'
altro
era
stato
appunto
un
mandolinista
.
Cioè
aveva
,
fino
al
giorno
della
chiamata
alle
armi
,
girato
la
manovella
di
un
organino
per
le
vie
di
non
so
quale
città
,
cantando
le
canzonette
di
Piedigrotta
.
Nella
compagnia
non
era
ben
veduto
;
anzi
lo
sfuggivano
,
lo
deridevano
,
ed
egli
se
ne
stava
in
disparte
,
mogio
e
umile
,
come
un
cane
frustato
.
C
'
era
il
caporale
che
sapeva
dell
'
armonioso
epiteto
onde
la
gente
tedesca
suole
amorevolmente
gratificarci
e
ne
parlava
ai
compagni
:
quell
'
uomo
lì
,
che
non
veniva
,
come
loro
,
dal
campo
o
dall
'
officina
,
avvalorava
con
la
sua
presenza
l
'
ingiuria
straniera
,
quasi
li
disonorava
;
aveva
fatto
coi
suoi
venti
anni
per
le
vie
della
città
,
l
'
ozioso
e
il
vizioso
.
Lo
sfuggivano
,
lo
deridevano
,
lo
disprezzavano
.
Se
una
sera
avesse
cantato
una
serenata
alla
luna
,
in
un
momento
di
tenerezza
e
di
nostalgia
,
forse
lo
avrebbero
sollevato
su
le
braccia
,
a
fargli
festa
;
ma
egli
si
rinchioccioliva
su
la
pietra
dove
lo
lasciavano
,
a
ruminare
il
pasto
col
muso
nella
gamella
,
e
non
suonava
e
non
cantava
e
la
sera
se
ne
stava
a
guardare
la
punta
della
baionetta
,
intontito
,
come
non
si
accorgesse
dei
compagni
che
10
attorniavano
.
Vizioso
,
ozioso
e
orso
.
Non
reggeva
alla
fatica
,
rimaneva
indietro
nelle
marce
faticose
,
lo
perdevan
di
vista
negli
ardimentosi
inerpicamenti
:
arrivava
alla
meta
,
quando
gli
altri
riposavano
,
trafelato
,
bianco
.
Oh
,
andasse
alle
retrovie
,
andasse
,
a
dare
il
fieno
ai
cavalli
o
a
piantarsi
a
guardia
di
un
ponte
su
la
ferrovia
!
Non
era
un
bravo
tiratore
,
non
sapeva
distinguersi
in
niente
,
non
era
morto
,
non
era
mai
stato
ferito
.
Oh
,
che
stava
a
farci
?
Stava
a
salvare
il
suo
colonnello
.
Un
giorno
il
colonnello
era
salito
su
un
rialto
e
ispezionava
con
il
binocolo
la
valletta
irta
ad
ogni
passo
di
trappole
.
Egli
era
solo
perché
era
rimasto
appunto
dietro
agli
altri
e
poté
vederlo
.
E
poté
anche
sentire
tra
le
fratte
il
fruscio
come
di
un
branco
di
capre
che
si
inerpicasse
.
Era
un
branco
di
uomini
che
sgusciava
carponi
verso
il
colonnello
.
Gridò
:
Colonnè
!
Il
colonnello
non
si
volse
.
Guardava
lontano
un
movimento
di
salmerie
che
giravano
il
costone
e
si
perdevano
nel
bosco
.
Colonnè
,
colonnè
!
E
balzò
pel
dirupo
,
col
fiato
ai
denti
.
Colonnè
...
Un
proiettile
lo
mandò
riverso
tra
i
cespugli
.
Il
colonnello
allora
si
volse
,
ma
gli
assalitori
gli
furon
tutti
addosso
.
Cinque
.
Egli
ne
mandò
due
rotoloni
per
il
precipizio
,
con
due
colpi
di
rivoltella
.
Contro
gli
altri
tre
che
lo
ghermivano
,
che
lo
colpivano
,
che
lo
predavano
,
si
difendeva
corpo
a
corpo
,
disperatamente
.
Più
debole
e
solo
,
egli
era
in
posizione
più
forte
,
sul
rialto
:
i
nemici
rotolavano
ai
suoi
piedi
,
bestialmente
.
E
il
soldato
umile
,
di
colpo
,
con
un
balzo
felino
,
piombò
sui
predoni
;
non
era
morto
,
non
era
nemmeno
ancora
ferito
.
Si
lavorò
di
rivoltella
,
di
baionetta
,
di
coltello
(
anche
di
coltello
,
sì
)
e
il
soldato
ebbe
il
ventre
squarciato
da
una
lama
corta
.
Un
grido
venne
dall
'
alto
,
un
gran
grido
che
parve
la
voce
di
tutto
un
drappello
:
i
predoni
,
arrancando
,
fuggirono
.
Egli
,
il
soldato
inutile
,
si
ritrovò
supino
a
terra
.
Si
volse
:
anche
il
colonnello
per
terra
.
E
nel
silenzio
un
rantolo
.
Suo
o
del
colonnello
?
Si
prese
il
fardello
sulle
spalle
e
seguitò
la
via
della
montagna
.
Il
suo
Calvario
.
E
cadde
sotto
il
carico
doloroso
e
si
rialzò
:
sfinito
,
con
le
ginocchia
sciolte
,
col
petto
caldo
del
proprio
sangue
,
con
le
reni
calde
del
sangue
dell
'
altro
.
Venne
in
suo
soccorso
un
alpino
,
quegli
che
aveva
gridato
ed
era
parso
il
suo
grido
la
voce
di
una
moltitudine
.
Era
uno
solo
.
Lo
liberò
dal
carico
e
lo
lasciò
per
terra
.
Sarebbe
tornato
a
prendere
anche
lui
.
Infatti
tornò
e
lo
trovò
disteso
sul
ventre
,
con
le
braccia
aperte
,
simile
a
un
gran
crocefisso
abbattuto
.
Sentì
il
compagno
che
gli
passava
le
mani
sotto
il
petto
per
sollevarlo
,
e
levando
un
braccio
e
lasciandolo
ricadere
gli
fece
cenno
giù
verso
la
valle
.
A
un
centinaio
di
metri
c
'
erano
i
tre
austriaci
,
uno
innanzi
l
'
altro
distesi
al
suolo
nella
stessa
giacitura
,
come
tronchi
divelti
da
un
'
ala
di
raffica
.
Uno
dopo
l
'
altro
li
aveva
abbattuti
con
tre
colpi
di
fucile
.
Avevan
derubato
il
colonnello
:
andasse
a
spogliarli
.
Egli
lo
avrebbe
aspettato
.
Ma
non
poté
aspettarlo
.
Mandolinista
!
Sono
questi
,
o
nemico
,
i
mandolinisti
d
'
Italia
!
StampaQuotidiana ,
Povera
Giuliana
.
Ha
già
tentato
una
volta
di
uccidersi
,
ma
non
ce
l
'
ha
fatta
,
e
nell
'
incidente
automobilistico
ha
preso
una
tal
botta
in
testa
che
nonostante
un
mese
di
clinica
non
è
più
riuscita
a
trovare
il
suo
equilibrio
.
Invece
di
mandarla
in
convalescenza
in
campagna
,
o
a
distrarsi
in
un
'
allegra
stazione
turistica
,
il
marito
,
ingegnere
,
se
l
'
è
riportata
,
col
figlioletto
,
sui
luoghi
dove
lavora
:
nella
zona
industriale
di
Ravenna
,
tra
altiforni
,
ciminiere
,
serbatoi
,
un
paesaggio
deprimente
,
grigio
e
fumoso
.
Sfido
io
,
la
poverina
dà
fuori
da
matta
.
Anziché
«
reinserirsi
nella
realtà
»
,
continua
a
soffrire
di
angosce
e
di
incubi
notturni
,
striscia
lungo
i
muri
,
è
tutta
un
brivido
.
Né
il
marito
,
che
ha
già
dato
prova
di
insipienza
,
muove
un
dito
per
aiutarla
:
non
la
incoraggia
nel
proposito
,
da
lei
manifestato
,
di
aprire
una
boutique
,
anzi
le
mette
intorno
degli
amici
stupidi
e
sporcaccioni
,
con
i
quali
la
porta
a
passare
una
giornata
in
una
baracca
sul
mare
.
La
casa
,
povera
Giuliana
,
è
deprimente
,
arredata
con
mobili
e
soprammobili
provvisori
;
il
bambino
,
Dio
mio
,
non
ride
mai
,
è
un
mostriciattolo
che
armeggia
con
giocattoli
avveniristici
,
e
si
diverte
a
spaventare
la
mamma
.
E
gli
operai
?
Persino
fra
di
loro
la
nevrosi
ha
mietuto
vittime
.
Quando
arriva
Corrado
,
un
collega
del
marito
,
Giuliana
tenta
di
sciogliersi
:
un
po
'
impietosito
dalle
condizioni
di
lei
,
un
po
'
attirato
dalla
malattia
della
donna
,
in
cui
crede
di
riconoscere
le
proprie
inquietudini
di
uomo
randagio
,
Corrado
le
gironzola
intorno
.
Vorrebbe
aiutarla
,
e
anche
lei
per
un
poco
ci
spera
,
ma
tutto
finisce
in
una
camera
d
'
albergo
.
Non
sarà
certo
Corrado
che
potrà
guarire
Giuliana
dalla
nevrosi
.
È
il
male
del
secolo
,
tutti
ne
siamo
affetti
.
Matti
incurabili
,
l
'
unico
conforto
ci
viene
dal
tenere
per
mano
un
bambino
e
dall
'
avere
coscienza
della
nostra
condizione
.
La
colpa
di
tutto
?
Innanzi
tutto
,
della
civiltà
industriale
.
Gli
uccellini
,
che
hanno
un
cervello
da
uccellino
,
l
'
hanno
capito
che
dalle
ciminiere
esce
un
veleno
mortifero
,
e
non
ci
passano
più
.
Gli
uomini
,
invece
,
testoni
,
ci
vanno
a
vivere
in
mezzo
,
peggio
per
loro
.
Questo
il
nocciolo
della
storia
raccontata
dal
Deserto
rosso
,
il
film
di
Antonioni
presentato
stasera
alla
Mostra
di
Venezia
.
La
sua
fragilità
ideologica
è
evidente
a
chiunque
non
sia
malato
di
intellettualismo
.
Antonioni
non
aggiunge
nessun
zuccherino
alla
sua
pessimistica
analisi
del
mondo
contemporaneo
,
disumanizzato
dal
progresso
scientifico
;
ma
la
sua
condanna
della
civiltà
delle
macchine
sembra
ormai
coinvolgere
l
'
eterna
condizione
dell
'
uomo
.
Giuliana
,
per
far
star
quieto
il
bambino
,
favoleggia
di
un
mondo
primitivo
,
di
una
ragazzina
libera
e
felice
nell
'
acqua
di
un
'
isola
,
e
tuttavia
inquietata
da
un
'
oscura
presenza
:
qui
(
l
'
unica
apertura
ridente
del
film
)
,
non
soltanto
si
proietta
lo
stato
d
'
animo
della
novellatrice
,
ma
lo
stesso
rimpianto
del
regista
,
che
transita
per
«
questa
nostra
dimora
terrestre
»
.
come
ama
chiamarla
,
nostalgicamente
rammemorando
gli
evi
felici
della
pesca
e
della
pastorizia
,
tuttavia
già
incrinati
dalla
minaccia
dei
mostri
.
Abbastanza
superficiale
nel
voler
far
dipendere
tutti
i
guai
contemporanei
,
con
un
determinismo
ottocentesco
,
dall
'
inferno
industriale
,
il
film
rivela
la
sua
origine
intellettualistica
nel
fatto
che
la
molla
dell
'
ispirazione
non
è
scattata
per
l
'
intuizione
di
un
carattere
o
di
un
nodo
sentimentale
,
già
fusi
con
un
'
atmosfera
,
ma
,
per
ammissione
dell
'
autore
,
di
rimbalzo
a
una
visita
agli
stabilimenti
di
Ravenna
,
vedendo
le
risorse
rappresentative
che
si
potevano
trarre
da
quel
rauco
paesaggio
di
bitume
e
di
strutture
meccaniche
.
Poiché
l
'
ambiente
preesisteva
,
Antonioni
vi
ha
calato
dentro
dei
personaggi
che
dovevano
forzosamente
aderirvi
.
Se
sono
risultati
delle
maschere
schematiche
,
alle
cui
disavventure
non
partecipiamo
,
è
perché
la
tesi
era
già
risolta
nel
momento
stesso
dell
'
impostazione
,
e
il
rapporto
fra
i
personaggi
e
i
luoghi
non
comportava
più
,
come
ancora
nell
'
Eclissi
,
alcuna
dialettica
.
Si
trattava
semplicemente
di
un
'
opera
di
giustapposizione
,
alla
quale
erano
estranei
ogni
senso
del
dramma
e
ogni
palpito
di
passione
.
Se
è
questo
che
Antonioni
voleva
,
ci
è
riuscito
perfettamente
.
Usando
il
colore
,
con
entusiasmo
da
neofita
,
e
anche
la
musica
elettronica
,
per
esprimere
unitariamente
la
desolazione
del
panorama
e
lo
squallore
dei
personaggi
,
egli
ha
saputo
con
maestria
costruire
un
universo
disameno
che
riesce
a
deprimerci
tutti
,
benché
nessuno
sappia
dimenticare
che
il
catalizzatore
della
storia
è
un
caso
clinico
,
e
perciò
scarsamente
generalizzante
.
L
'
aver
poi
,
come
egli
ha
fatto
,
dipinto
l
'
erba
e
gli
alberi
,
per
renderne
il
colore
più
funzionale
,
conferma
quanto
si
diceva
:
che
il
regista
,
intervenendo
sugli
oggetti
per
farli
combaciare
ai
sentimenti
,
ha
coinvolto
se
stesso
in
quel
processo
che
demolisce
l
'
antico
rapporto
fra
uomo
e
natura
contro
il
quale
protesta
.
Di
per
sé
il
colore
è
adoperato
con
bellissimi
effetti
:
su
una
base
neutra
,
il
grigio
della
desolazione
,
Antonioni
ha
giocato
estraendo
dalla
tavolozza
del
technicolor
e
dell
'
eastmancolor
pastosità
che
a
tutt
'
oggi
restano
insuperate
,
e
pongono
il
film
fra
le
più
alte
conquiste
della
sensibilità
cromatica
del
regista
italiano
.
Il
clima
scenografico
è
perciò
di
straordinaria
potenza
evocatrice
(
come
talune
invenzioni
,
basti
citare
il
bastimento
che
sembra
navigare
fra
gli
alberi
,
sono
la
conferma
di
un
genio
cinematografico
su
cui
non
occorre
nemmeno
discutere
)
.
Ma
a
che
vale
aver
raggiunto
con
tanta
gloria
il
traguardo
del
colore
,
se
esso
è
messo
al
servizio
di
una
tesi
superficiale
,
di
una
storia
priva
di
sviluppi
narrativi
sia
pure
interiori
,
di
personaggi
per
i
quali
non
proviamo
né
simpatia
né
pietà
,
e
di
una
recitazione
molto
modesta
?
Se
Deserto
rosso
non
è
stato
una
delusione
,
perché
tale
in
ogni
caso
da
suscitare
polemiche
culturali
(
e
per
scrupolo
di
informazione
si
aggiunge
che
qui
a
Venezia
il
film
è
piaciuto
a
molti
)
,
nell
'
interpretazione
ha
però
mancato
quasi
tutte
le
promesse
:
1'esagitazione
di
Giuliana
,
interpretata
da
una
Monica
Vitti
stanca
di
impersonare
donne
angosciate
,
è
tutta
rovesciata
all
'
esterno
.
Richard
Harris
,
nella
parte
di
Corrado
,
è
di
una
totale
inespressività
,
degli
altri
non
si
ricorda
nemmeno
il
nome
.
Perché
anche
la
recitazione
manca
di
fluidità
e
il
difetto
di
un
film
pur
figurativamente
così
suggestivo
come
Deserto
rosso
è
nella
visionaria
fantasia
di
un
intellettuale
di
provincia
che
ha
identificato
il
diavolo
con
le
fabbriche
,
e
crede
che
tutta
l
'
umanità
sia
chiusa
in
un
cerchio
di
dannati
,
ciascuno
nella
sua
gabbia
.
Andiamo
a
Ravenna
,
e
vediamo
quanti
sono
gli
operai
,
gli
ingegneri
,
le
mogli
dei
tecnici
che
si
comportano
come
nel
film
.
StampaQuotidiana ,
Pensiero
debole
e
conquista
illiberale
del
Potere
.
Sono
questi
i
due
capisaldi
che
presiedono
,
da
qualche
anno
,
la
vita
politica
italiana
.
La
fine
delle
ideologie
totalizzanti
,
comunismo
e
fascismo
,
sembra
aver
messo
in
soffitta
anche
le
ragioni
di
quanti
hanno
costruito
per
l
'
Italia
un
futuro
di
libertà
e
di
giustizia
collocandola
nel
solco
delle
grandi
democrazie
occidentali
.
Dal
cattolicesimo
democratico
al
socialismo
liberale
per
finire
al
liberalismo
.
Le
azioni
del
Pool
di
Milano
e
di
alcune
altre
Procure
,
anche
se
dirette
unilateralmente
contro
i
moderati
di
ieri
e
di
oggi
,
han
finito
col
sortire
un
effetto
generalizzato
e
cioè
il
rifiuto
della
politica
e
dei
partiti
.
Da
cui
la
rincorsa
alle
più
disperate
ed
emozionali
presunte
scelte
della
gente
.
In
Italia
,
contrariamente
a
quello
che
avviene
in
tutti
i
Paesi
a
democrazia
matura
,
i
partiti
,
con
qualche
rara
eccezione
,
non
offrono
più
obiettivi
politici
fondati
su
alcune
idee
forza
,
ma
tutt
'
al
più
si
limitano
a
stendere
programmi
privi
di
un
'
anima
che
potrebbero
essere
adottati
indifferentemente
dalla
destra
,
dal
centro
e
dalla
sinistra
.
Tutto
ciò
è
reso
possibile
da
un
dibattito
che
si
incentra
quasi
sempre
sugli
obiettivi
e
quasi
mai
sugli
strumenti
e
sulle
loro
motivazioni
culturali
e
sociali
.
Il
lavoro
,
il
Mezzogiorno
,
l
'
euro
,
una
pubblica
amministrazione
efficiente
e
un
fisco
più
leggero
sono
tutti
obiettivi
naturalmente
condivisibili
,
ma
le
strade
per
arrivarci
non
sono
mai
oggetto
di
un
confronto
politico
talmente
forte
,
da
investire
l
'
intera
pubblica
opinione
.
Questo
sfarinamento
politico
vero
e
proprio
mette
i
singoli
partiti
alla
caccia
disperata
degli
umori
più
turbolenti
del
Paese
nel
tentativo
di
cavalcarli
.
E
la
conclusione
è
sotto
gli
occhi
di
tutti
.
La
scelta
federalista
,
come
ha
giustamente
fatto
notare
Ernesto
Galli
della
Loggia
,
è
più
frutto
del
tentativo
di
catturare
l
'
elettorato
di
una
Lega
che
,
però
,
a
ogni
passaggio
alza
sempre
più
la
posta
,
che
non
esito
di
una
meditata
scelta
culturale
.
Si
finisce
così
col
mescolare
cose
diversissime
:
le
esigenze
di
un
forte
decentramento
politico
e
amministrativo
con
impulsi
secessionisti
largamente
minoritari
in
un
'
Italia
che
solo
da
pochi
decenni
ha
recuperato
il
senso
dell
'
unità
nazionale
.
Un
cocktail
che
è
polvere
da
sparo
,
e
finisce
,
col
piazzare
una
vera
e
propria
bomba
sotto
l
'
unità
del
Paese
reale
e
aprire
l
'
orizzonte
alla
fine
dei
partiti
nazionali
.
Tutto
ciò
è
naturale
che
accada
quando
gli
eredi
del
fascismo
e
del
comunismo
,
dopo
il
proprio
fallimento
,
non
hanno
più
la
forza
di
rielaborare
una
propria
originale
posizione
politica
mentre
il
centro
si
frantuma
in
mille
rivoli
.
E
su
questo
magma
politico
confuso
,
fioriscono
i
tentativi
,
in
larga
parte
già
riusciti
,
della
brutale
conquista
del
potere
.
L
'
ideologo
di
questa
strada
,
quello
,
cioè
,
che
non
solo
teorizza
schemi
illiberali
di
conquista
del
potere
ma
,
da
molti
anni
ne
garantisce
la
realizzazione
,
è
Luciano
Violante
,
presidente
della
Camera
dei
deputati
.
Lo
può
forse
in
virtù
dei
suoi
archivi
e
delle
sue
tutele
.
Dopo
aver
sbriciolato
il
centro
moderato
con
le
teste
di
cuoio
delle
Procure
di
Milano
,
Napoli
e
Palermo
,
Luciano
Violante
nell
'
anniversario
del
25
aprile
ha
indicato
la
strada
per
consolidare
in
eterno
l
'
egemonia
comunista
.
Sia
il
popolo
sovrano
a
decidere
,
ha
tuonato
la
sciarpa
littoria
delle
toghe
rosse
di
questo
Paese
,
e
voti
direttamente
e
contestualmente
il
presidente
della
Repubblica
e
la
coalizione
di
governo
con
il
divieto
ai
parlamentari
di
mutare
orientamento
nel
corso
della
legislatura
.
Una
motivazione
,
quest
'
ultima
,
generica
e
populista
che
rischia
di
incontrare
il
consenso
anche
del
centrodestra
che
ricorda
il
ribaltone
di
Bossi
.
E
sarebbe
un
errore
.
Se
il
nostro
governo
fosse
presidenziale
,
come
hanno
la
Francia
e
gli
Usa
,
i
postcomunisti
perderebbero
,
così
come
perderebbero
se
facessero
votare
direttamente
il
primo
ministro
.
L
'
unica
possibilità
di
vittoria
e
di
portare
a
Palazzo
Chigi
un
comunista
doc
è
se
si
vota
direttamente
,
insieme
col
capo
dello
Stato
,
la
coalizione
di
governo
,
per
il
forte
potere
egemonico
che
un
partito
del
20-22
per
cento
esercita
su
Rifondazione
e
sui
Popolari
in
un
sistema
maggioritario
uninominale
.
E
così
il
Pds
,
con
poco
più
del
20
per
cento
,
controlla
l'80
per
cento
del
potere
.
Ma
tutto
ciò
non
sembra
bastare
a
Luciano
Violante
.
Deve
andare
in
soffitta
anche
quella
garanzia
democratica
che
vuole
il
parlamentare
eletto
senza
vincoli
di
mandato
.
In
parole
semplici
non
solo
va
consolidata
l
'
elezione
diretta
della
coalizione
di
governo
che
ottimizza
il
ruolo
del
Pds
di
D
'
Alema
e
Violante
,
ma
anche
una
sua
blindatura
pena
lo
scioglimento
delle
Camere
.
Tutto
ciò
non
trova
riscontro
in
nessun
altro
Paese
democratico
ed
è
la
prima
evidente
mordacchia
a
un
Parlamento
già
messo
,
in
questi
anni
,
in
ginocchio
dal
governo
delle
deleghe
e
della
blindata
concertazione
sociale
.
Come
si
vede
,
tutto
è
cominciare
.
StampaQuotidiana ,
Fra
pochi
giorni
avranno
principio
i
lavori
per
l
'
apertura
del
secondo
tratto
di
via
Roma
e
anzi
a
cominciare
l
'
opera
è
fissata
in
maniera
certa
la
data
del
venti
settembre
.
Con
un
migliore
auspicio
e
in
un
giorno
tanto
bene
augurale
non
potrebbero
avere
inizio
le
demolizioni
che
non
dubitiamo
continueranno
alacri
,
e
senza
interruzioni
.
Si
voleva
dalle
autorità
municipali
dare
un
'
inconsueta
forma
solenne
alla
inaugurazione
delle
nuove
opere
edili
di
abbellimento
e
di
risanamento
ed
erano
state
stanziate
L
.
1.000
per
la
celebrazione
;
abbandonato
il
progetto
di
tale
solenne
inaugurazione
,
la
Giunta
comunale
ha
deliberato
su
proposta
del
sindaco
comm
.
Tagliavia
,
di
devolvere
in
favore
del
Comitato
di
difesa
civile
le
lire
mille
stanziate
per
la
celebrazione
della
festa
e
l
'
esempio
è
stato
subito
seguito
ammirevolmente
dall
'
impresa
assuntrice
dei
lavori
nella
cui
rappresentanza
l
'
ing
.
Rutelli
è
venuto
negli
uffici
del
nostro
giornale
,
consegnandoci
lire
duemila
che
noi
abbiamo
consigliato
avessero
la
stessa
destinazione
della
somma
versata
dai
poteri
municipali
.
Suppliscano
degnamente
i
privati
alla
grandiosità
della
cerimonia
e
in
ogni
modo
rendano
palesi
i
loro
schietti
sentimenti
di
italianità
;
noi
pensiamo
che
l
'
iniziativa
privata
deve
far
tutto
e
operare
il
miracolo
di
adornare
e
pavesare
la
città
in
maniera
degnissima
della
solenne
ricorrenza
.
E
resti
essa
veramente
nella
memoria
dei
palermitani
,
segnando
sotto
i
suoi
fausti
auspici
l
'
inizio
di
quei
lavori
del
secondo
tronco
di
via
Roma
tanto
desiderati
,
tanto
promessi
e
perseguitati
ad
ogni
ora
da
un
rinvio
o
da
un
procrastinamento
.
StampaQuotidiana ,
Salvo
nel
titolo
,
che
assurdamente
devia
nel
grottesco
un
dramma
di
sentimenti
per
voler
scimmiottare
il
film
di
Germi
ed
ereditarne
i
vantaggi
mercantili
,
Matrimonio
all
'
italiana
è
quasi
interamente
riuscito
,
e
risolleva
di
colpo
,
anche
agli
occhi
del
pubblico
più
esigente
(
quello
che
non
aveva
capito
le
ragioni
della
travolgente
carriera
di
Ieri
,
oggi
,
domani
)
,
il
prestigio
di
Vittorio
De
Sica
,
troppo
presto
,
dopo
I
sequestrati
di
Altona
e
Il
boom
,
dato
per
agonizzante
.
Ora
si
dirà
che
il
merito
non
è
tanto
di
De
Sica
quanto
della
bellissima
commedia
di
Eduardo
,
Filumena
Marturano
,
da
cui
il
film
è
tratto
,
una
delle
conquiste
più
alte
del
teatro
italiano
del
secondo
dopoguerra
.
E
invece
no
.
La
riprova
è
facile
:
basta
confrontare
Matrimonio
all
'
italiana
con
l
'
edizione
cinematografica
che
della
commedia
dette
lo
stesso
De
Filippo
nel
1951
,
e
la
TV
nel
'62
:
opere
che
ne
rispettavano
sostanzialmente
la
struttura
teatrale
,
portando
pochi
mutamenti
all
'
originale
;
mentre
questa
di
De
Sica
,
pur
restando
fedele
al
nucleo
primitivo
,
non
soltanto
ritocca
l
'
età
dei
protagonisti
,
modifica
e
aggiunge
qualche
scorcio
narrativo
,
ma
si
muove
in
un
ambito
rappresentativo
molto
più
ricco
di
polline
fantastico
,
tanto
più
fluido
,
arioso
e
iridescente
.
Grazie
appunto
all
'
intelligenza
con
cui
De
Sica
fa
ricorso
al
linguaggio
cinematografico
,
lo
usa
,
raccontando
a
ritroso
quando
gli
giova
,
per
spezzare
l
'
unità
di
tempo
e
di
luogo
,
senza
tuttavia
slabbrare
quel
centro
emotivo
,
quel
sentimento
della
maternità
e
della
paternità
,
che
è
il
cuore
della
commedia
di
Eduardo
.
Perché
De
Sica
abbia
raggiunto
il
traguardo
s
'
intuisce
:
per
la
perfetta
fusione
fra
il
soggetto
,
il
regista
e
l
'
attrice
protagonista
.
Un
'
intesa
che
mai
era
stata
così
completa
,
e
dalla
quale
,
balza
agli
occhi
,
resta
escluso
Mastroianni
,
interprete
sempre
duttile
e
disponibile
,
ma
qui
meno
capace
,
quasi
si
direbbe
per
ragioni
di
sangue
(
e
perciò
l
'
attore
ne
esce
assolto
)
,
di
partecipare
a
un
universo
tutto
grondante
di
quell
'
impasto
,
sublimemente
napoletano
,
di
lacrime
e
di
gioie
.
Matrimonio
all
'
italiana
salda
insieme
,
su
un
comune
fondo
di
speranza
nell
'
umanità
,
il
dolore
di
Eduardo
e
il
sorriso
di
De
Sica
,
fiorisce
dal
connubio
fra
la
pietà
e
l
'
ironia
.
Ma
se
al
primo
si
deve
questo
forte
ritratto
di
donna
,
immerso
nell
'
amore
per
la
carne
della
sua
carne
e
nel
disperato
sentimento
della
giustizia
che
palpita
in
questo
amore
,
dobbiamo
a
De
Sica
e
ai
suoi
sceneggiatori
il
vederlo
lievitare
nell
'
aurora
dell
'
adolescenza
disgraziata
,
quando
prima
che
madre
Filumena
è
una
giovane
la
quale
sogna
di
essere
tolta
dal
lupanare
e
di
essere
trattata
come
una
vera
signora
.
In
questa
,
che
è
la
parte
più
originale
del
film
,
lo
sforzo
dell
'
ambientazione
e
del
modellato
psicologico
ha
esiti
impeccabili
per
precisione
di
tocco
e
festosità
di
accenti
.
Sono
pagine
in
cui
i
colori
della
cornice
napoletana
hanno
trovato
in
De
Sica
,
così
bene
aiutato
dai
costumi
di
Piero
Tosi
,
un
artista
che
conosce
a
memoria
la
sua
tavolozza
,
ma
ora
sa
anche
attingervi
con
gran
discrezione
.
E
infatti
gli
elementi
pittoreschi
(
i
vicoli
di
Napoli
e
il
piccolo
coro
di
macchiette
di
fondo
)
si
vengono
a
poco
a
poco
smorzando
nel
prosieguo
del
film
,
via
via
che
le
figure
dei
protagonisti
prendono
corpo
e
risalto
.
Sul
finire
il
colore
locale
ha
perso
ogni
accento
folcloristico
:
Filumena
e
Domenico
sono
quasi
due
puri
simboli
dell
'
istinto
materno
e
dell
'
istinto
paterno
.
I
singhiozzi
di
Filumena
,
che
sigilla
col
pianto
l
'
atteso
trionfo
della
giustizia
,
e
l
'
affettuosa
ironia
punitiva
rivolta
su
Domenico
,
costretto
a
dividere
fra
tre
figli
,
uno
solo
dei
quali
è
suo
,
il
proprio
affetto
di
padre
,
si
sono
fusi
in
una
squisita
penetrazione
malinconica
del
cuore
umano
.
Filumena
rispose
per
prima
,
fin
da
giovanissima
,
per
pietà
di
se
stessa
e
dei
figli
allevati
in
segreto
;
Domenico
ha
risposto
sulla
cinquantina
,
costrettovi
dalla
propria
ambizione
più
che
dalla
propria
coscienza
:
ma
in
ambedue
ha
parlato
la
voce
del
sangue
.
Ancora
una
volta
è
stata
una
donna
a
farla
vibrare
così
forte
da
incrinare
nell
'
uomo
la
corazza
dell
'
egoismo
.
Ricordiamo
brevemente
la
trama
.
Filumena
Marturano
è
passata
direttamente
dalla
miseria
di
un
«
basso
»
alla
vergogna
di
un
postribolo
.
Domenico
Soriano
,
uno
dei
suoi
clienti
,
pasticciere
benestante
,
prima
le
mette
su
un
appartamento
,
poi
se
la
porta
in
casa
,
perché
faccia
da
amante
,
da
serva
e
da
infermiera
della
vecchia
madre
svanita
.
La
donna
accetta
,
sempre
con
la
speranza
di
essere
sposata
,
ma
gli
anni
passano
,
le
sue
grazie
appassiscono
;
quando
Domenico
sta
per
impalmare
una
giovane
cassiera
,
Filumena
finge
di
essere
moribonda
.
Preso
di
contropiede
,
Domenico
accorre
al
suo
capezzale
,
e
convinto
che
morirà
accetta
il
matrimonio
in
articulo
mortis
.
Subito
lei
salta
dal
letto
,
guarita
,
e
le
proteste
dell
'
uomo
ingannato
si
mutano
in
sbigottimento
quando
Filumena
gli
confessa
di
essere
madre
di
tre
ragazzi
,
cresciuti
lontani
con
i
soldi
di
Domenico
,
e
di
aver
combinato
il
trucco
perché
anch
'
essi
abbiano
un
nome
.
Al
rifiuto
del
marito
,
la
donna
accetta
di
annullare
il
matrimonio
,
ma
gli
rivela
che
uno
dei
tre
è
figlio
di
lui
.
Domenico
cerca
invano
di
individuarlo
;
poiché
Filumena
,
volendo
che
tutti
e
tre
abbiano
uguali
affetti
e
diritti
,
non
gliene
dirà
mai
il
nome
,
all
'
uomo
non
resta
che
farne
per
sempre
sua
moglie
.
I
ragazzi
assistono
alle
nozze
,
lo
chiamano
papà
:
il
dubbio
che
continuerà
a
tormentarlo
sarà
il
trionfo
di
Filumena
.
Film
insieme
di
caratteri
e
di
atmosfera
,
Matrimonio
all
'
italiana
ha
anche
qualche
difetto
:
lo
scarso
approfondimento
di
Domenico
,
visto
spesso
dall
'
esterno
,
un
ritmo
che
si
desidererebbe
talvolta
più
serrato
,
la
rinuncia
a
quell
'
appello
alla
Madonna
che
la
commedia
sottolineava
giustamente
come
un
momento
tipico
della
natura
femminile
e
napoletana
(
qui
trasferito
,
in
chiave
di
caricatura
,
sulla
figura
della
suocera
paralizzata
)
,
quel
bacio
sulle
pendici
del
Vesuvio
,
una
concessione
moralistica
che
sa
di
accomodaticcio
,
questo
sì
«
all
'
italiana
»
,
perché
nega
valore
alla
rivalsa
di
Filumena
.
Ma
quante
intuizioni
,
in
compenso
,
nella
definizione
dei
personaggi
(
lei
dapprima
così
spontanea
,
festosa
,
e
poi
delusa
,
di
una
astuzia
popolana
,
incapace
di
credere
che
il
cuore
di
Domenico
sia
una
pietra
prosciugata
;
lui
azzimato
,
col
fiore
all
'
occhiello
,
preoccupato
della
propria
eleganza
e
dignità
,
infine
piegato
all
'
espiazione
)
,
nelle
invenzioni
propriamente
registiche
(
l
'
iniziale
processione
di
Filumena
in
deliquio
,
portata
come
sulla
sedia
gestatoria
,
il
comizio
politico
che
fa
da
ironico
sottofondo
,
il
cordoglio
del
vicinato
per
la
morte
della
vecchia
,
i
ragazzi
introdotti
di
soppiatto
a
mangiare
le
paste
,
certi
gesti
della
protagonista
:
il
buttarsi
sul
minestrone
dopo
la
commedia
dell
'
agonia
,
lo
strapparsi
il
cappello
dopo
essere
stata
sconfitta
dal
codice
,
significativo
rifiuto
della
dignità
borghese
)
,
nella
scelta
delle
luci
,
talvolta
riecheggianti
i
colori
della
pittura
napoletana
,
nelle
soluzioni
scenografiche
e
nella
aderenza
del
commento
musicale
.
Domina
,
su
tutto
,
la
precisione
del
tono
,
la
compostezza
dello
stile
,
il
delicato
equilibrio
fra
la
rappresentazione
e
il
tratteggio
psicologico
,
con
«
a
fondo
»
di
commozione
profonda
,
come
sempre
quando
si
tocca
l
'
anima
umana
,
e
con
una
attrice
umanissima
quale
Sophia
Loren
,
che
qui
raggiunge
in
certi
casi
lo
slancio
della
Ciociara
,
ma
che
è
sempre
ben
presente
a
se
stessa
,
nel
pieno
della
sua
forza
vitale
ed
espressiva
,
graduata
con
mano
maestra
nell
'
affettuoso
ricordo
dell
'
indimenticabile
Titina
De
Filippo
,
alla
cui
memoria
il
film
è
dedicato
.
Un
film
che
dal
vaso
dell
'
allegrezza
versa
in
cuore
il
pianto
della
vita
.
Batte
nel
nostro
petto
,
e
colpisce
a
morte
,
senza
rinunziare
alle
gioie
dello
spettacolo
,
le
sozzure
,
le
idiozie
,
le
borie
del
'
cinema
plebeo
o
intellettuale
.
StampaQuotidiana ,
C
'
è
un
vecchio
detto
popolare
che
suona
più
o
meno
così
:
se
mi
imbrogli
una
prima
volta
,
la
colpa
è
tua
,
se
riesci
a
farlo
una
seconda
volta
la
colpa
è
mia
.
È
questa
la
prima
reazione
a
caldo
alla
iniziativa
del
governo
sul
nuovo
patto
sociale
che
dovrebbe
rappresentare
il
regalo
natalizio
per
gli
italiani
.
Questa
maggioranza
è
la
stessa
che
da
alcuni
anni
ci
ha
promesso
una
lenta
ma
progressiva
crescita
della
nostra
economia
e
un
'
altrettanta
progressiva
riduzione
della
disoccupazione
e
del
divario
Nord
-
Sud
.
Da
tre
anni
,
come
è
noto
,
cresciamo
meno
di
tutti
,
il
divario
tra
Nord
e
Sud
è
paurosamente
aumentato
e
siamo
l
'
unico
Paese
europeo
in
cui
il
tasso
di
disoccupazione
è
aumentato
(
dal
12,1
al
12,3
per
cento
)
mentre
la
media
europea
è
scesa
al
di
sotto
del
10
per
cento
.
É
questa
e
non
altra
la
credibilità
conquistata
sul
campo
dalla
maggioranza
di
centrosinistra
.
Ma
veniamo
a
oggi
.
I
capisaldi
di
questo
nuovo
patto
sociale
,
secondo
le
dichiarazioni
di
D
'
Alema
e
Bassolino
,
dovrebbero
essere
:
il
rilancio
delle
infrastrutture
nel
Sud
,
l
'
alleggerimento
della
fiscalità
sul
reddito
d
'
impresa
e
sul
costo
del
lavoro
,
la
formazione
professionale
e
nuove
regole
della
contrattazione
.
Per
quanto
riguarda
le
infrastrutture
siamo
all
'
ennesimo
libro
bianco
.
Si
è
scomodato
un
maxi
-
convegno
tenuto
a
Catania
per
scoprire
,
nientepopodimeno
che
il
Sud
ha
bisogno
di
potenziare
le
reti
nel
settore
del
trasporto
su
ferro
(
Ferrovie
)
e
nel
settore
idrico
.
Poco
meno
dell
'
acqua
calda
dal
momento
che
queste
due
linee
di
intervento
sono
note
da
almeno
50
anni
.
In
verità
il
nodo
sulle
infrastrutture
è
prevalentemente
finanziario
.
Ciampi
ha
da
tempo
bloccato
gli
investimenti
pubblici
perché
non
potendo
contare
su
una
effettiva
riforma
del
welfare
,
a
cominciare
dalla
previdenza
,
ha
tentato
di
quadrare
i
conti
riducendo
la
spesa
in
conto
capitale
e
aumentando
la
pressione
fiscale
.
Fino
a
quando
non
sarà
risolto
questo
nodo
tra
spesa
corrente
e
investimenti
pubblici
non
si
caverà
quindi
un
ragno
dal
buco
e
i
convegni
come
quello
di
Catania
serviranno
solo
a
far
propaganda
e
a
discutere
come
si
spenderanno
i
soldi
europei
dopo
il
Duemila
.
Insomma
campa
cavallo
che
l
'
erba
cresce
.
Sul
terreno
del
fisco
,
poi
,
rischiamo
una
colossale
comica
.
La
politica
di
bilancio
del
governo
è
già
stata
fissata
con
la
legge
finanziaria
in
corso
di
approvazione
al
Senato
.
Essa
prevede
,
per
il
1999
,
una
pressione
fiscale
sostanzialmente
invariata
rispetto
all
'
anno
che
si
chiude
se
si
eccettua
la
scomparsa
di
qualche
"
una
tantum
"
del
passato
come
,
per
esempio
,
l
'
eurotassa
.
Ciampi
e
Visco
,
infatti
,
hanno
fatto
muro
contro
la
pressione
delle
opposizioni
parlamentari
,
dei
sindacati
e
della
stessa
Banca
d
'
Italia
,
che
hanno
chiesto
insistentemente
la
riduzione
del
prelievo
tributario
su
imprese
e
famiglie
,
per
rilanciare
investimenti
e
occupazione
.
Purtroppo
,
non
ci
sembra
che
il
governo
voglia
cambiare
questa
impostazione
,
anche
perché
i
conti
pubblici
incominciano
a
scricchiolare
vista
la
caduta
del
gettito
Irap
(
mancherebbero
a
fine
d
'
anno
sei
-
ottomila
miliardi
)
e
di
quello
in
relazione
alla
minore
crescita
del
Pil
.
Non
a
caso
,
infatti
,
Massimo
D
'
Alema
proprio
ieri
ha
parlato
di
una
redristibuzione
del
carico
fiscale
sui
vari
fattori
della
produzione
.
Diminuire
il
costo
del
lavoro
a
parità
di
salario
vuol
dire
ridurre
gli
oneri
propri
e
impropri
che
gravano
sull
'
occupazione
.
Ma
se
il
tutto
non
si
ricollega
a
una
riduzione
generale
della
pressione
fiscale
,
ciò
che
si
toglie
dal
costo
del
lavoro
propriamente
detto
verrà
messo
sul
costo
degli
altri
fattori
di
produzione
(
D
'
Alema
ha
parlato
a
esempio
dell
'
energia
elettrica
)
o
compensato
con
altre
tasse
.
Insomma
,
come
la
si
volta
e
la
si
gira
,
l
'
oppressione
tributaria
su
imprese
e
famiglie
secondo
il
governo
non
può
mutare
nonostante
le
continue
dichiarazioni
del
nostro
Visco
sempre
più
ministro
-
Pinocchio
.
Tutt
'
al
più
può
cambiare
la
distribuzione
sul
carico
fiscale
ma
niente
di
più
.
Sulla
formazione
,
dopo
la
reprimenda
della
commissione
europea
,
siamo
ancora
all
'
anno
zero
.
Oltre
a
un
generico
annuncio
di
voler
rilanciare
l
'
apprendistato
(
strumento
che
già
esiste
dal
1991
e
che
in
questi
7
anni
si
è
ridotto
per
la
bassa
crescita
di
ben
150mila
unità
)
,
l
'
unica
novità
sarebbe
quella
di
attivare
un
contatto
telefonico
con
almeno
il
20%
degli
iscritti
negli
uffici
di
collocamento
per
orientarli
sul
terreno
formativo
e
lavorativo
.
Insomma
una
sorta
di
telefono
amico
per
chi
è
disperato
.
La
mistica
della
concertazione
,
con
tutti
i
suoi
riti
e
le
sue
liturgie
,
in
realtà
,
nasconde
una
incapacità
a
governare
.
Il
confronto
con
le
parti
sociale
è
,
naturalmente
,
indispensabile
per
costruire
una
politica
di
governo
in
una
società
postindustriale
,
ma
pensare
che
il
complessivo
governo
del
Paese
si
identifichi
nella
concertazione
,
vuol
dire
battere
una
pista
illiberale
,
emarginando
il
Parlamento
,
e
povero
di
risultati
,
come
dimostrano
gli
ultimi
tre
anni
durante
i
quali
siamo
diventati
la
cenerentola
d
'
Europa
per
sviluppo
,
occupazione
e
competitività
.