StampaQuotidiana ,
Ieri
sera
,
qualche
minuto
prima
delle
ventidue
,
mentre
in
redazione
eravamo
intenti
al
nostro
consueto
lavoro
,
una
forte
detonazione
avvenuta
nell
'
entrata
del
nostro
ufficio
ci
fece
accorrere
subitamente
verso
il
luogo
dal
quale
proveniva
lo
scoppio
.
Le
scale
erano
piene
di
un
intenso
fumo
e
l
'
aria
ammorbata
da
un
odore
acre
:
molti
vetri
erano
andati
in
frantumi
.
Sul
luogo
dello
scoppio
abbiamo
trovato
una
gabbia
di
rete
metallica
,
formata
con
grossi
fili
,
dentro
la
quale
era
chiusa
una
bottiglia
di
vetro
rivestita
di
gesso
e
calce
,
che
conteneva
evidentemente
della
polvere
nera
.
Oltre
i
vetri
rotti
di
cui
abbiamo
detto
,
non
c
'
è
da
lamentare
nessun
altro
danno
.
Lo
scoppio
fu
così
violento
da
essere
inteso
da
diversi
punti
della
città
e
sul
fatto
corsero
le
voci
più
disparate
così
che
anche
i
pompieri
,
ignorandone
l
'
entità
,
si
affrettarono
ad
accorrere
prontamente
.
All
'
attentato
non
è
il
caso
di
annettere
un
'
importanza
superiore
alla
sua
portata
e
non
ci
turba
menomamente
nell
'
assolvimento
del
nostro
compito
né
ci
fa
allontanare
dalla
nostra
rigida
linea
di
condotta
.
Noi
abbiamo
segnata
la
nostra
meta
e
da
essa
nulla
ci
farà
mai
discostare
;
noi
stiamo
al
posto
di
combattimento
per
celebrare
le
virtù
della
nostra
razza
,
per
augurare
il
trionfo
delle
nostre
armi
,
per
collaborare
,
come
sappiamo
,
nella
modestia
della
nostra
attività
,
ma
con
tutta
la
fede
dei
nostri
cuori
,
alla
grandezza
e
alla
gloria
della
patria
.
StampaQuotidiana ,
Rabbrividente
,
d
'
immensa
disperazione
,
bel
film
quest
'
ultimo
di
Martin
Ritt
,
La
spia
che
venne
dal
freddo
,
con
tutte
le
carte
in
regola
per
reggere
il
confronto
col
romanzo
omonimo
(
edito
in
Italia
da
Longanesi
)
.
Dove
John
Le
Carré
,
lo
sanno
quattro
milioni
di
lettori
sparsi
in
tutto
il
mondo
,
rimette
le
cose
a
posto
in
questo
uggioso
affare
degli
agenti
segreti
,
gonfiati
oltre
il
lecito
come
eroi
dell
'
avventura
o
benefattori
dell
'
umanità
.
Sono
,
al
contrario
,
sordidi
relitti
della
società
,
nei
quali
l
'
alienazione
celebra
i
suoi
più
miserabili
trionfi
,
oggetti
manovrati
dalle
centrali
del
controspionaggio
con
gelido
razionalismo
,
anime
sacrificate
al
mito
della
sicurezza
,
rottami
sbattuti
da
un
paese
all
'
altro
,
costretti
a
recitare
in
maschera
diffidando
di
tutto
,
a
cominciare
da
se
stessi
.
La
storia
di
Alec
Leamas
squarcia
le
pittoresche
cortine
in
technicolor
che
sinora
hanno
nascosto
il
dramma
di
ignare
pedine
giocate
su
un
lurido
scacchiere
(
come
nella
storia
di
Hud
il
selvaggio
Martin
Ritt
aveva
sfatato
la
leggenda
del
West
)
.
Leamas
è
un
irlandese
che
lavora
per
il
servizio
segreto
britannico
,
addetto
al
controllo
delle
spie
sparse
nella
zona
est
di
Berlino
.
Le
cose
gli
vanno
male
:
tutti
i
suoi
uomini
sono
stati
individuati
e
fatti
fuori
da
Mundt
,
capo
del
controspionaggio
comunista
,
anche
Riemeck
che
era
riuscito
a
entrare
nel
praesidium
del
partito
.
Londra
gli
offre
un
'
ultima
missione
,
un
capolavoro
di
doppiogioco
:
si
finga
licenziato
e
alle
rotte
con
1'Intelligence
Service
,
accolga
l
'
invito
che
Pankow
certamente
gli
rivolgerà
di
passare
dalla
loro
parte
,
e
semini
il
dubbio
che
Mundt
è
pagato
dagli
occidentali
.
Il
vice
di
Mundt
,
l
'
ebreo
Fiedler
,
abboccherà
all
'
amo
in
odio
al
suo
capo
,
lo
denuncerà
e
così
l
'
osso
più
duro
sarà
eliminato
.
L
'
etichetta
impone
di
non
dire
come
Leamas
,
andato
a
tendere
la
trappola
,
cada
poi
nel
satanico
trabocchetto
che
era
stato
invece
preparato
per
Fiedler
,
e
quale
parte
abbia
nel
trucco
feroce
una
povera
ragazza
londinese
,
iscritta
al
partito
comunista
e
innamorata
di
Leamas
.
Né
,
sempre
per
lasciare
allo
spettatore
il
gusto
di
cavarne
da
solo
le
gambe
(
ma
faccia
provvista
di
fosforo
,
prima
d
'
entrare
nel
cinema
)
,
possiamo
motivare
le
nostre
riserve
sul
finale
,
che
a
suo
modo
è
di
un
ottimismo
moralistico
più
convenzionale
di
quanto
sembri
.
Ma
non
ci
dorremo
se
queste
enigmatiche
allusioni
serviranno
ad
acuire
l
'
attesa
del
pubblico
.
Perché
,
come
vedrete
,
il
film
non
sopporta
parafrasi
che
banalizzino
il
complesso
,
laborioso
tessuto
del
racconto
,
costruito
a
scatole
cinesi
sulle
lame
di
un
'
intelligenza
d
'
acciaio
,
ogni
svolta
un
filo
più
tagliente
,
e
percorso
dal
gelido
soffio
d
'
una
perfidia
mostruosa
.
Con
nello
sfondo
un
paesaggio
allucinante
,
non
tanto
per
la
presenza
emblematica
del
«
muro
»
berlinese
(
ricostruito
a
Dublino
)
-
tutta
la
sequenza
del
processo
tradisce
anzi
qualche
scarto
tra
il
film
e
il
romanzo
,
ambientato
negli
anni
della
guerra
fredda
-
quanto
per
il
delirio
di
infamia
consumato
nell
'
utilizzare
i
sentimenti
come
arma
segreta
:
clima
,
situazioni
,
passaggi
,
che
la
regia
di
Martin
Ritt
esprime
con
calzante
rigore
stilistico
.
Teso
senza
pause
in
uno
spasimo
di
crudeltà
,
aiutato
da
un
commento
musicale
che
cala
amari
rintocchi
sul
destino
delle
spie
,
e
dalla
luce
fredda
,
rasa
,
d
'
una
fotografia
che
riscatta
nella
funzionalità
psicologica
del
bianco
e
nero
i
virtuosismi
spettacolari
dei
vari
James
Bond
,
il
film
ha
azzeccato
in
Richard
Burton
un
interprete
di
meravigliosa
efficacia
,
nel
quale
i
lettori
del
romanzo
riconosceranno
al
di
là
d
'
ogni
attesa
la
fisionomia
del
loro
tragico
eroe
.
Nonostante
la
pubblicità
e
la
signora
a
cui
nella
vita
si
accompagna
,
Burton
è
un
attore
che
cresce
,
di
notevole
ingegno
e
di
fortissima
disponibilità
.
Guardate
di
cosa
è
capace
quando
trova
un
regista
in
stato
di
grazia
:
come
,
soprattutto
nella
prima
metà
,
dove
si
muove
su
un
doppio
piano
psicologico
,
sa
aderire
all
'
immagine
nevrotica
del
personaggio
,
come
riesce
a
identificare
la
finzione
e
la
realtà
,
finalmente
come
si
dibatte
nelle
tenaglie
della
paura
.
La
piccola
,
sempre
volenterosa
Claire
Bloom
,
l
'
ottimo
Oskar
Werner
,
il
duro
Peter
Van
Eyck
gli
fanno
degna
corona
.
StampaQuotidiana ,
Pasqua
gaudiosa
con
L
'
armata
Brancaleone
di
Mario
Monicelli
,
uno
dei
film
più
nuovi
che
il
cinema
italiano
ci
abbia
offerto
negli
ultimi
anni
,
tutta
una
fresca
cascata
di
ridarella
per
il
pubblico
d
'
ogni
età
.
Specialmente
per
quanti
,
memori
dei
sudori
scolastici
,
si
divertiranno
a
vedere
volta
in
burla
l
'
immagine
di
un
Medioevo
che
la
tradizione
romantica
fasciò
di
aloni
mistici
,
eroici
e
cavallereschi
,
e
che
invece
nel
film
è
lo
sfondo
grottesco
delle
vicende
d
'
un
gruppetto
di
cialtroni
guidati
alla
ventura
da
Brancaleone
da
Norcia
,
un
fanfarone
in
cerca
di
gloria
militare
e
di
appetitose
donzelle
.
L
'
occasione
di
acquistar
fama
e
quattrini
gli
è
data
,
questa
volta
,
da
quattro
ribaldi
che
gli
propongono
d
'
entrare
in
possesso
d
'
un
feudo
pugliese
purché
divida
con
loro
i
frutti
dell
'
impresa
.
Detto
fatto
,
per
raggiungerlo
la
compagnia
si
mette
in
viaggio
al
ritmo
delle
strofette
del
prode
Anselmo
di
Visconti
Venosta
;
ma
la
via
è
lunga
e
perigliosa
,
e
cosparsa
di
tutti
i
tranelli
che
Age
e
Scarpelli
potessero
inventare
.
Scampato
alla
peste
e
alle
voglie
di
una
vedova
impaziente
,
Brancaleone
s
'
intruppa
con
un
monaco
che
va
in
Terrasanta
;
ma
presto
lo
abbandona
,
e
si
dedica
al
salvataggio
di
una
verginella
dai
briganti
,
per
portarla
intatta
al
promesso
sposo
.
Assolta
malamente
la
missione
,
sempre
a
rischio
della
pelle
,
e
col
cuore
a
pezzi
,
altre
peripezie
sopravvengono
ad
accrescere
e
assottigliare
la
masnada
(
uno
di
loro
,
un
vecchietto
ebreo
,
tira
il
calzino
;
un
altro
,
salvato
da
un
orso
,
viene
ritrovato
in
una
caverna
)
.
Dopo
una
breve
sosta
presso
una
dissoluta
famiglia
bizantina
,
l
'
armata
finalmente
arriva
in
Puglia
,
dove
,
manco
a
dirlo
,
l
'
aspettano
i
pirati
saraceni
.
Se
non
finiscono
tutti
impalati
è
perché
sopravvengono
i
pellegrini
cristiani
,
con
i
quali
,
nel
prossimo
film
della
serie
,
i
brancaleonidi
parteciperanno
alle
Crociate
.
Rimediando
alla
disorganicità
del
racconto
con
una
fantasia
ironica
che
serpeggia
inesausta
in
ogni
sequenza
(
soltanto
sul
finire
un
poco
si
slenta
;
ma
almeno
in
un
quadro
,
quello
della
famiglia
bizantina
,
è
da
antologia
)
,
Monicelli
ha
firmato
un
film
in
cui
gli
antichi
sapori
dei
Soliti
ignoti
s
'
impastano
felicemente
col
gusto
antiretorico
della
Grande
guerra
.
Se
il
divertimento
è
assicurato
dal
bizzarro
amalgama
linguistico
,
dal
rilievo
delle
macchiette
,
dal
tono
parodistico
di
tutte
le
situazioni
,
l
'
estrema
eleganza
formale
e
lo
splendore
figurativo
espressi
dalla
fotografia
a
colori
di
Carlo
Di
Palma
e
dei
favolosi
costumi
di
Piero
Gherardi
pongono
L
'
armata
Brancaleone
tra
i
film
di
cui
si
serberà
più
grata
memoria
.
Protagonista
eccellente
ne
è
Gassman
,
impagabile
incrocio
fra
Don
Chisciotte
,
un
samurai
e
Guerin
Meschino
;
ma
ancora
più
di
lui
è
esilarante
Enrico
Maria
Salerno
nella
parte
del
monaco
Zenone
.
Catherine
Spaak
e
Gian
Maria
Volonté
,
Maria
Grazia
Buccella
,
Folco
Lulli
e
Barbara
Steele
non
sono
da
meno
,
bravi
e
spassosi
in
un
film
zeppo
di
chiasso
paesano
e
di
sberle
contro
gli
uomini
,
le
cose
,
i
miti
della
storia
nazionale
.
StampaQuotidiana ,
La
guerra
continua
e
i
rischi
di
finire
in
un
vicolo
cieco
aumentano
.
E
il
bombardamento
dell
'
ambasciata
cinese
è
benzina
sul
fuoco
e
anche
gli
accorati
appelli
per
la
pace
di
Giovanni
Paolo
II
e
del
patriarca
ortodosso
Teoctist
cadono
nel
vuoto
.
I
governi
democratici
di
sinistra
continuano
imperterriti
a
bombardare
Belgrado
dimenticando
che
chi
è
potente
potrebbe
benissimo
sospendere
per
72
ore
i
raid
aerei
per
rilanciare
alla
grande
un
vero
negoziato
di
pace
.
Chi
ha
più
forza
deve
avere
sempre
più
responsabilità
di
tutti
.
Ma
solo
a
parlarne
si
rischia
di
essere
linciati
dai
sostenitori
di
un
atlantismo
che
ogni
giorno
che
passa
è
sempre
più
diverso
da
quello
che
abbiamo
conosciutone
gli
ultimi
cinquant
'
anni
.
Sembra
strano
,
ma
chi
ieri
era
pacifista
per
pentito
preso
oggi
è
"
interventista
"
con
fierezza
e
senza
alcun
dubbio
.
Pacifismo
e
interventismo
rischiano
,
così
,
di
essere
due
facce
della
stessa
medaglia
,
quella
di
una
concezione
ideologica
della
politica
che
non
lascia
mai
intravedere
i
vantaggi
e
gli
svantaggi
,
i
rischi
e
i
terribili
costi
umani
dell
'
una
o
dell
'
altra
opzione
.
A
costo
di
essere
insultati
diciamo
subito
che
non
ci
piace
qual
pensiero
unico
a
favore
della
guerra
che
sin
qui
ha
dominato
la
scena
dei
media
italiani
.
Si
è
parlato
di
una
"
guerra
giusta
"
per
via
della
pulizia
etnica
nei
riguardi
dei
kosovari
messa
in
cantiere
da
quel
Milosevic
sulle
cui
responsabilità
nessuno
ha
dubbi
.
Ma
a
giudicare
dai
risultati
quell
'
ondata
terribile
di
pulizia
etnica
è
stata
agevolata
dall
'
inizio
dei
bombardamenti
su
Belgrado
.
Ne
è
drammatica
testimonianza
il
fiume
di
kosovari
disperati
che
,
ininterrottamente
dopo
i
primi
due
giorni
di
bombardamenti
,
hanno
varcato
le
frontiere
per
dirigersi
in
Albania
,
in
Macedonia
e
nel
Montenegro
lasciando
sul
campo
decine
di
fosse
comuni
.
Non
basta
dire
,
come
ha
fatto
Luciano
Violante
,
che
quei
morti
non
possono
che
ricadere
sulle
spalle
di
Milosevic
perché
quando
si
ha
a
che
fare
con
spietati
dittatori
,
le
grandi
potenze
democratiche
dovrebbero
saper
valutare
meglio
gli
effetti
dei
propri
comportamenti
.
La
bombe
su
Belgrado
,
al
di
là
degli
errori
che
hanno
sacrificato
centinaia
di
vite
umane
,
hanno
ridotto
a
pezzi
l
'
opposizione
democratica
a
Milosevic
e
hanno
accelerato
l
'
espulsione
di
oltre
un
milione
di
kosovari
dalla
propria
terra
.
Sono
questi
,
e
non
altri
,
i
risultati
dei
raid
aerei
della
Nato
.
Ne
valeva
la
pena
?
Noi
ne
dubitiamo
molto
anche
alla
luce
dei
fallimenti
politici
sin
qui
conseguiti
dall
'
Alleanza
atlantica
.
Tutti
i
piani
di
pace
messi
a
punto
dalla
Nato
e
ultimamente
anche
quello
del
G8
(
i
sette
Paesi
più
industrializzati
del
mondo
più
la
Russia
)
prevedono
,
infatti
,
tra
gli
altri
punti
la
permanenza
al
potere
di
Slobodan
Milosevic
.
Quale
giustizia
c
'
è
allora
in
questa
guerra
che
uccide
con
le
bombe
serbi
inermi
e
innocenti
per
salvare
poi
quel
dittatore
i
cui
gesti
criminali
hanno
sollevato
l
'
indignazione
del
mondo
occidentale
?
Quale
eticità
esiste
,
insomma
,
in
una
guerra
che
per
difendere
i
poveri
kosovari
aggrediti
non
occupa
quelle
terre
per
tutelarne
gli
abitanti
,
ma
rada
al
suolo
una
città
come
Belgrado
che
ha
la
sola
colpa
di
avere
alla
sua
guida
un
criminale
che
i
piani
di
pace
della
Nato
vogliono
comunque
mantenere
al
potere
?
E
se
Milosevic
doveva
continuare
a
governare
,
non
sarebbe
stato
,
allora
,
più
saggio
una
più
forte
offensiva
diplomatica
coinvolgendo
molto
di
più
di
quanto
non
sia
stato
fatto
la
Russia
di
Eltsin
?
Abbiamo
letto
con
molta
attenzione
ma
anche
con
molto
sgomento
ciò
che
intellettuali
e
leader
della
sinistra
hanno
scritto
in
questi
giorni
sulle
nuove
frontiere
dell
'
internazionalismo
socialista
,
incentrate
su
una
più
forte
tutela
dei
diritti
umani
capace
di
superare
anche
il
muro
della
non
ingerenza
.
Se
questa
frontiera
,
però
,
dovesse
essere
governata
dalle
armi
come
scrive
Tony
Blair
,
in
poco
tempo
il
mondo
esploderebbe
in
drammatiche
guerre
regionali
che
sarebbero
,
a
loro
volta
,
i
detonatori
di
un
possibile
conflitto
universale
.
Il
Kurdistan
,
l
'
Afghanistan
,
il
Tibet
,
il
Sud
Est
asiatico
o
l
'
inferno
del
Centro
-
Africa
,
per
citarne
solo
alcuni
,
sono
zone
del
mondo
in
cui
si
ritrovano
regimi
dispotici
che
mettono
sotto
i
piedi
ogni
diritto
umano
.
Ma
è
,
forse
,
la
guerra
la
risposta
che
il
mondo
attende
per
risolvere
i
drammi
di
quelle
popolazioni
?
Assolutamente
no
perché
essa
rinsalderebbe
parte
rilevante
del
Pianeta
contro
i
leader
democratici
occidentali
che
apparirebbero
ai
loro
occhi
solo
terribili
sacerdoti
di
una
democrazia
guerrafondaia
.
Il
mondo
democratico
occidentale
oggi
non
è
più
minacciato
,
come
lo
fu
ieri
,
dal
nazifascismo
o
dal
comunismo
ed
è
profondamente
sbagliato
paragonare
la
follia
di
Milosevic
a
quella
hitleriana
non
foss
'
altro
che
per
la
sproporzione
che
esiste
sul
terreno
economico
e
militare
tra
la
Nato
e
la
piccola
Serbia
.
Il
nostro
non
è
un
isolazionismo
indifferente
nei
riguardi
di
ciò
che
accade
intorno
a
noi
,
ma
solo
una
forte
convinzione
che
la
cultura
democratica
occidentale
può
vincere
esclusivamente
con
la
politica
e
con
lo
sviluppo
economico
delle
zone
più
povere
del
mondo
.
Il
rischio
,
invece
,
di
questa
vicenda
è
che
si
consolidi
nelle
grandi
democrazie
dell
'
Occidente
una
sorta
di
militarismo
etico
.
E
il
fatto
che
ben
13
Paesi
dell
'
Europa
siano
governati
da
leader
socialisti
le
cui
vocazioni
internazionaliste
,
nel
passato
,
hanno
procurato
non
pochi
guaii
,
sono
un
'
ulteriore
preoccupazione
.
Così
come
preoccupa
come
Ezio
Mauro
dica
e
scriva
sulla
Repubblica
che
"
la
coerenza
tenuta
da
D
'
Alema
sdogana
definitivamente
la
sinistra
italiana
che
,
con
questa
guerra
,
approda
definitivamente
a
un
moderno
riformismo
europeo
e
occidentale
"
.
Se
per
qualcuno
può
pesare
il
nostro
passato
democristiano
,
spiace
dirlo
ma
il
passato
comunista
di
Mauro
e
di
tanti
altri
interventisti
ideologici
ci
terrorizza
StampaQuotidiana ,
Pasolini
continua
a
farci
sorprese
.
Ora
ha
inventato
il
film
«
ideo
-
comico
»
,
che
sarebbe
l
'
umorismo
applicato
alla
politica
e
alla
sociologia
,
ovverosia
l
'
impegno
ideologico
superato
dalla
favola
;
insomma
,
il
cervello
scavalcato
dalla
poesia
.
Per
capirci
meglio
:
Pasolini
è
un
intellettuale
scontento
,
che
andando
in
là
con
gli
anni
sente
l
'
insufficienza
degli
schemi
razionali
della
cultura
di
sinistra
,
e
capisce
come
qualmente
la
storia
proceda
per
vie
ignote
e
misteriose
,
sulle
quali
però
l
'
intelligenza
del
cuore
incide
più
delle
formule
dottrinarie
.
Questa
presa
di
coscienza
è
netta
,
ma
poiché
Pasolini
diffida
di
se
stesso
(
ancora
qualche
anno
,
e
l
'
Immoralista
sarà
tutto
risucchiato
nella
sua
matrice
borghese
)
,
intanto
ha
prodotto
una
singolare
figura
di
artista
,
il
quale
non
vuole
rinunziare
alla
speranza
marxista
ma
nel
contempo
è
corretto
dall
'
esperienza
sentimentale
,
e
faticosamente
cerca
di
rispondere
al
solito
«
quo
vadis
?
»
sposando
Cristo
a
Marx
,
passando
se
occorre
attraverso
il
Croce
.
Chiamato
ad
esprimere
questo
viluppo
di
stati
d
'
animo
e
di
stimoli
intellettuali
,
ha
avvertito
che
l
'
unico
modo
per
cautelarsi
dalle
tentazioni
di
un
pio
storicismo
era
di
ribaltare
il
suo
sentimento
d
'
amore
,
di
pietà
,
di
tolleranza
universale
in
ironia
punteggiata
di
sarcasmo
verso
il
proprio
ambiente
:
un
«
mea
culpa
»
pronunciato
con
tono
giocoso
e
scanzonato
,
cominciando
dai
titoli
di
testa
che
esorcizzano
l
'
amarezza
dell
'
autoritratto
,
ma
dove
è
facile
leggere
cicatrici
sempre
aperte
,
dalle
quali
sgorgano
umori
contraddittori
,
non
ancora
decantati
nell
'
ispirazione
poetica
.
Uccellacci
e
uccellini
è
appunto
la
confessione
,
sincera
e
confusa
,
di
un
momento
di
crisi
successivo
alla
sconfitta
,
ma
espresso
in
un
tal
cocktail
di
polemica
culturale
e
di
slanci
lirici
,
e
così
vagamente
risolto
sul
piano
del
racconto
,
che
il
film
assume
il
carattere
di
un
'
agenda
di
fatti
personali
;
certamente
di
grande
interesse
per
l
'
intellighenzia
che
si
diverte
a
riconoscere
,
fra
gli
interpreti
,
artisti
e
scrittori
del
bel
mondo
romano
,
poco
più
di
un
amabile
gioco
cabalistico
per
il
grande
pubblico
,
costretto
a
dibattersi
in
una
rete
di
simboli
e
di
citazioni
che
vanno
da
Lukács
a
Giorgio
Pasquali
.
Il
film
consiste
grosso
modo
di
due
episodi
,
ambedue
interpretati
da
Totò
e
dal
giovane
Ninetto
Davoli
:
due
figure
picaresche
assunte
a
simbolo
dell
'
umanità
incamminata
verso
l
'
ignoto
.
In
un
paesaggio
di
periferia
,
i
due
,
padre
e
figlio
,
si
aggirano
fra
le
borgate
;
nei
loro
strani
incontri
si
ricapitola
l
'
assurdità
del
mondo
contemporaneo
,
dove
l
'
antico
mistero
della
vita
e
della
morte
si
intreccia
alle
sorprese
dei
nuovi
costumi
,
e
ne
nascono
interrogativi
sul
destino
di
fronte
ai
quali
i
due
innocenti
pellegrini
rimangono
muti
.
La
realtà
è
così
indecifrabile
che
in
loro
non
desta
alcuna
,
sorpresa
l
'
arrivo
di
un
corvo
parlante
.
L
'
animale
dichiara
di
venire
dal
paese
di
Ideologia
,
d
'
esser
figlio
del
dubbio
e
della
coscienza
.
E
racconta
a
suo
modo
un
fatto
accaduto
nel
Milleduecento
.
Ora
Totò
è
frate
Ciccillo
,
che
insieme
al
giovane
frate
Ninetto
ha
avuto
da
san
Francesco
l
'
ordine
di
predicare
l
'
amore
agli
uccelli
.
Come
dirla
,
bisogna
intanto
imparare
il
linguaggio
dei
pennuti
.
Dopo
un
armo
d
'
immobilità
e
di
preghiera
,
frate
Ciccillo
canta
vittoria
;
in
un
colloquio
fatto
di
stridi
trasmette
ai
falchi
il
messaggio
evangelico
.
Un
altro
anno
di
meditazione
,
quanto
basta
per
capire
che
i
passeri
si
esprimono
saltellando
,
e
il
contatto
è
stabilito
,
con
una
specie
di
balletto
,
anche
con
quei
mansueti
uccellini
.
Ma
la
predicazione
non
dà
frutti
,
perché
i
falchi
continuano
ad
azzannare
i
passerotti
.
Addolorati
e
delusi
,
i
due
frati
si
convincono
che
questa
è
la
fatalità
del
mondo
,
la
sopraffazione
dei
deboli
.
«
Bisogna
cambiarlo
,
il
mondo
»
,
ribatte
san
Francesco
,
e
li
manda
a
ricominciare
tutto
da
capo
.
Vale
a
dire
,
spiegherà
Pasolini
,
che
le
singole
classi
sociali
possono
essere
singolarmente
evangelizzate
,
ma
non
sono
ancora
sufficientemente
educate
a
rispettarsi
fra
loro
.
Con
tanti
saluti
alla
lotta
di
classe
.
(
E
infatti
Pasolini
farà
sapere
che
le
parole
del
suo
san
Francesco
riecheggiano
le
considerazioni
sulla
pace
espresse
da
Paolo
VI
all
'
Onu
)
.
Secondo
episodio
,
sul
tema
.
dell
'
egoismo
e
del
diritto
di
proprietà
.
Dopo
essere
stato
preso
a
fucilate
perché
ha
abusivamente
concimato
un
campo
,
ed
essersi
visto
ripagato
con
una
patacca
(
antifecondativi
fuori
uso
in
luogo
d
'
un
callifugo
)
dell
'
aiuto
prestato
a
una
compagnia
di
guitti
,
Totò
si
presenta
,
in
veste
di
padrone
di
casa
,
a
una
povera
donna
,
e
per
sfrattarla
assume
il
tono
del
più
spietato
uomo
d
'
affari
.
Ma
poco
dopo
,
sempre
accompagnato
dal
corvo
chiacchierone
,
tocca
a
lui
prostrarsi
,
in
veste
di
debitore
insolvente
,
a
un
riccone
che
sta
offrendo
un
party
intellettuale
.
Stesi
a
terra
,
lui
e
Ninetto
,
da
minacciosi
cani
lupo
,
supplicano
pietà
.
Riprendono
il
cammino
,
assistono
ai
funerali
di
Togliatti
(
un
inserto
di
cinegiornale
che
ci
ripaga
,
con
la
sua
verità
,
degli
apologhi
cifrati
)
,
si
svagano
,
padre
e
figlio
,
con
una
sgualdrinella
di
nome
Luna
.
E
finalmente
,
ammazzano
il
corvo
saccente
che
per
tutto
il
tempo
ha
continuato
a
fare
sfoggio
di
dialettica
marxista
,
se
lo
mangiano
e
continuano
il
viaggio
.
Con
l
'
aiuto
del
libro
che
Pasolini
ha
dedicato
al
film
si
viene
a
sapere
come
sotto
il
velame
sia
da
intendere
che
l
'
umanità
nel
suo
procedere
verso
un
orizzonte
ignoto
divora
quel
che
deve
divorare
;
in
questo
caso
un
certo
razionalismo
ideologico
di
tipo
stalinista
,
ormai
superato
ma
non
tanto
da
non
servire
di
nutrimento
,
ecc.
ecc.
È
che
il
discorso
degli
anni
Cinquanta
è
superato
dal
messaggio
giovanneo
.
Orbene
.
Impenetrabile
ai
più
nello
sterpeto
delle
metafore
,
Uccellacci
e
uccellini
è
uno
scherzo
surreale
(
imparentato
talvolta
con
Zavattini
)
,
un
girotondo
fittiziamente
popolaresco
,
in
realtà
uno
sfogo
personale
che
rivela
ancora
una
volta
i
guasti
portati
dal
sovraccarico
di
cultura
in
una
personalità
artistica
sempre
notevole
sul
piano
dell
'
immediatezza
espressiva
.
Anche
chi
,
e
saranno
i
più
,
non
riuscirà
ad
afferrare
i
nessi
logici
e
i
sottintesi
del
film
(
il
commento
musicale
alterna
canti
della
Resistenza
a
brani
classici
)
,
sarà
infatti
colpito
dal
buffo
delle
situazioni
,
dal
controcanto
ironico
di
Ninetto
,
dalla
precisione
con
cui
il
paesaggio
-
il
romanico
di
Tuscania
soprattutto
-
è
chiamato
a
evocare
un
'
atmosfera
di
grottesca
magia
(
ma
il
vecchio
difetto
,
il
racconto
bloccato
da
certi
estetismi
,
la
trasandatezza
della
recitazione
in
attori
usati
soltanto
come
isole
decorative
,
Pasolini
non
l
'
ha
perso
)
.
E
il
resto
lo
fa
Totò
,
che
col
suo
impagabile
istinto
comico
,
servito
da
una
mimica
stavolta
magistralmente
controllata
,
riassume
e
affranca
il
film
mutando
un
personaggio
bislacco
nella
vivente
idea
dell
'
assurdo
.
StampaQuotidiana ,
Il
28
febbraio
1996
un
giornalista
chiese
a
Romano
Prodi
:
"
Che
cosa
farà
appena
nominato
presidente
del
Consiglio
?
"
.
E
lui
:
"
Convocherò
una
grande
conferenza
nazionale
sul
lavoro
"
.
Il
14
aprile
,
sentendo
aria
di
vittoria
elettorale
,
Prodi
ribadì
:
"
La
sera
del
21
aprile
cominceremo
a
organizzare
la
conferenza
per
il
lavoro
"
.
La
conferenza
per
il
lavoro
non
si
è
mai
svolta
.
Fu
convocata
per
settembre
'96
,
ma
il
governo
vi
giunse
impreparato
.
"
Rimandiamola
a
ottobre
"
,
dissero
.
E
così
avvenne
,
ma
a
ottobre
il
governo
era
di
nuovo
impreparato
.
La
conferenza
,
allora
,
fu
rinviata
a
febbraio
,
poi
a
marzo
,
poi
a
Fregene
,
perché
arrivò
aria
di
vacanza
e
le
conferenze
non
sono
per
nulla
balneari
.
Il
governo
,
comune
,
era
impreparato
.
Con
l
'
arrivo
dell
'
autunno
si
ricominciò
a
parlare
del
Grande
Appuntamento
.
Ma
il
governo
era
impreparato
e
così
si
decise
di
rimandare
a
febbraio
.
Poi
si
disse
:
"
Meglio
marzo
"
.
Ora
Antonio
Bassolino
,
mente
pensante
dell
'
Ulivo
al
Sud
e
sindaco
di
Napoli
,
la
città
che
dovrebbe
ospitare
la
conferenza
,
manda
un
messaggio
al
governo
:
"
Per
cortesia
rimandate
ancora
la
conferenza
.
È
inutile
farla
a
marzo
perché
non
sarebbe
ben
preparata
"
.
Se
ne
parla
da
due
anni
,
il
governo
continua
a
essere
non
preparato
,
la
disoccupazione
continua
a
crescere
.
Noi
non
crediamo
alle
conferenze
sul
lavoro
.
Anzi
,
siamo
convinti
che
le
conferenze
diano
lavoro
soltanto
a
chi
le
organizza
.
Per
cui
non
abbiamo
nessun
interesse
che
il
Grande
Appuntamento
veda
la
luce
.
Saremmo
più
lieti
se
vedesse
la
luce
una
sensibile
riduzione
della
pressione
fiscale
,
che
è
l
'
unico
modo
per
far
saltare
fuori
occupazione
sana
e
vera
,
altro
che
i
pacchi
di
Treu
.
Però
se
davvero
il
governo
ha
scelto
come
linea
politica
quella
di
uccellare
gli
italiani
,
almeno
la
sappia
perseguire
con
coraggio
fino
in
fondo
.
Chiami
a
raccolta
le
truppe
cammellate
,
convochi
tre
o
quattro
relatori
ammanicati
,
dieci
sindacalisti
,
l
'
imprenditore
da
far
da
contraltare
,
il
ministro
,
la
passerella
per
Prodi
,
Sant
'
Antonio
Abbassolino
,
e
via
,
il
gioco
,
pardon
,
la
conferenza
è
fatta
.
Magari
arriva
anche
un
illuminante
messaggio
di
Scalfaro
:
"
La
disoccupazione
è
un
male
per
il
Paese
"
.
Suvvia
,
è
il
vostro
mestiere
.
Dobbiamo
insegnarvelo
noi
?
I
Tg
sono
già
schierati
,
c
'
è
l
'
inviato
di
Repubblica
con
i
polpastrelli
già
sbrodolanti
,
gli
atti
del
convegno
si
possono
far
pubblicare
ad
un
editore
amico
,
forse
ci
sarà
anche
una
relazione
di
Norberto
Bobbio
che
,
da
quando
ha
spiegato
perché
non
parla
più
,
non
perde
occasione
di
parlare
ancora
.
Fra
le
tante
carnevalate
che
si
vedono
in
giro
non
sarebbe
nemmeno
la
peggiore
.
Certo
,
non
servirebbe
a
nulla
.
Ma
sono
abituati
ai
fiumi
di
parole
,
che
non
servono
a
nulla
.
E
se
non
c
'
erano
abituati
,
due
anni
di
Ulivo
sono
stati
una
specie
di
training
intensivo
.
Vogliamo
ricordare
?
Il
ministro
Treu
:
"
Nel
'96
creeremo
400mila
posti
di
lavoro
al
Sud
"
(
1
gennaio
'96
)
.
Il
vicepremier
Veltroni
:
"
Nei
primi
cento
giorni
del
governo
prenderemo
tre
provvedimenti
.
Primo
:
lavoro
per
i
giovani
nel
Sud
"
(
1
maggio
'96
)
.
Il
ministro
Bersani
:
"
Già
nelle
prossime
settimane
daremo
forti
segnali
di
cambiamento
nel
settore
dell
'
occupazione
"
(
11
luglio
'96
)
.
Ancora
Veltroni
:
"
Il
nostro
vero
nemico
è
la
disoccupazione
"
(
18
luglio
)
.
Ancora
Treu
:
"
Nel
'97
tutti
gli
sforzi
sanno
concentrati
sulla
disoccupazione
"
(
3
genaio
'97
)
.
E
ci
fermiamo
qui
soltanto
per
non
sprecare
,
carta
,
inchiostro
assai
più
utili
di
queste
dichiarazioni
.
Del
resto
,
che
il
vero
nemico
di
Veltroni
sia
la
disoccupazione
è
una
realtà
seppur
in
senso
più
privato
che
pubblico
:
il
vicepresidente
non
si
capacita
del
fatto
che
qualcuno
gli
abbia
dato
un
lavoro
.
Nemmeno
noi
,
se
per
questo
Ma
,
appunto
,
alle
promesse
mancate
gli
italiani
si
sono
abituati
,
Ciò
che
non
si
aspettavano
è
questo
:
qui
si
manca
addirittura
l
'
appuntamento
con
le
promesse
.
Che
il
governo
sia
impreparato
per
la
lotta
contro
la
disoccupazione
purtroppo
ormai
non
è
più
un
'
opinione
,
ma
una
statistica
Istat
:
ora
scopriamo
anche
che
è
impreparato
a
organizzare
una
conferenza
per
parlare
della
lotta
alla
disoccupazione
.
A
loro
mancano
persino
le
parole
.
Figurarsi
a
noi
.
Il
continuo
rinvio
della
conferenza
per
l
'
occupazione
è
,
di
per
sé
irrilevante
negli
effetti
pratici
,
assume
perciò
un
significato
storico
nel
grande
processo
di
gabellamento
del
popolo
italiano
.
Siamo
arretrati
a
questo
:
non
arriviamo
più
nemmeno
più
alle
vecchie
e
bugiarde
promesse
.
Ora
si
promette
che
un
giorno
si
prometterà
.
E
poi
non
si
mantiene
.
È
una
specie
di
scatola
cinese
della
fanfaronata
,
l
'
ingegneria
finanziaria
applicata
alla
burla
,
la
holding
della
patacca
.
Che
farebbe
anche
ridere
se
non
fosse
per
un
particolare
:
siamo
tutti
costretti
a
esserne
azionisti
.
StampaQuotidiana ,
Che
la
letteratura
fosse
la
cattiva
coscienza
del
cinema
si
sospettava
da
tempo
.
Oggi
,
all
'
aurora
della
civiltà
dell
'
immagine
,
ecco
il
cinema
farne
pubblica
confessione
con
un
film
che
affida
al
libro
,
proprio
in
polemica
con
i
mezzi
audiovisivi
per
le
comunicazioni
di
massa
,
la
funzione
di
richiamare
l
'
uomo
ai
valori
della
cultura
e
della
morale
individuale
.
Ma
senza
tediosi
sermoni
;
anzi
con
una
favola
che
chiude
in
sorridente
paradosso
il
monito
dell
'
allegoria
.
L
'
invenzione
è
del
romanziere
Ray
Bradbury
,
uno
dei
capofila
della
fantascienza
americana
.
Riprendendo
uno
spunto
di
Orwell
,
e
sposando
una
profezia
di
Apollinaire
,
per
il
quale
fra
un
secolo
o
due
il
libro
sarà
morto
,
in
Fahrenheit
451
(
in
Italia
il
libro
s
'
intitola
Gli
anni
della
Fenice
)
egli
immagina
una
società
-
non
troppo
spostata
nel
futuro
,
diciamo
verso
il
2050
-
in
cui
la
carta
stampata
è
proibita
.
Convinti
che
i
libri
,
polveriera
di
idee
e
di
emozioni
,
sono
una
minaccia
alla
felicità
collettiva
assicurata
dallo
sviluppo
tecnologico
,
i
governanti
ne
hanno
infatti
vietati
la
stampa
e
il
possesso
.
Le
notizie
giungono
attraverso
grandi
schermi
televisivi
adattati
ai
muri
delle
stanze
,
i
giornali
sono
fatti
di
strisce
senza
parole
.
Chi
possiede
un
libro
è
senza
meno
un
eretico
asociale
,
e
arrestato
.
Per
far
osservare
la
legge
i
pompieri
perquisiscono
le
case
e
i
passanti
,
e
appiccano
il
fuoco
ai
libri
con
gli
stessi
strumenti
che
in
passato
servirono
a
spengere
le
fiamme
.
I
loro
simboli
sono
la
salamandra
e
il
numero
451
,
perché
a
questa
temperatura
la
carta
s
'
incendia
.
Montag
,
uno
dei
pompieri
,
ha
sinora
mostrato
perfetto
senso
del
dovere
.
Benvoluto
dal
capo
,
sta
addirittura
per
ottenere
una
promozione
.
Ma
d
'
un
tratto
la
sua
coscienza
di
piromane
s
'
incrina
;
ha
cominciato
a
chiedersi
perché
Linda
,
sua
moglie
,
abbia
tanto
bisogno
di
pillole
stimolanti
(
per
un
eccesso
di
dose
ha
rischiato
di
morire
)
,
e
ha
incontrato
una
maestrina
,
Clarissa
,
tanto
diversa
dalle
altre
donne
,
che
l
'
ha
indotto
nella
tentazione
di
sottrarre
al
rogo
uno
dei
libri
,
per
leggerlo
di
nascosto
.
Montag
,
tuttavia
,
interrogandosi
sul
perché
la
scienza
e
la
tecnica
non
siano
evidentemente
riuscite
a
cancellare
dal
mondo
dolore
e
stupidità
,
è
ormai
in
trappola
.
Trafuga
un
David
Copperfield
,
e
nottetempo
,
all
'
insaputa
della
moglie
,
prende
a
compitarne
le
pagine
.
La
sconcertante
esperienza
lo
porta
a
riflettere
che
Clarissa
non
è
affatto
una
malata
di
mente
,
come
i
medici
hanno
sostenuto
per
allontanarla
dall
'
insegnamento
,
bensì
un
'
anima
sensibile
che
non
è
riuscita
a
integrarsi
nella
società
;
soltanto
più
tardi
capirà
che
la
ragazza
è
anche
l
'
emissario
di
un
singolare
gruppo
di
patrioti
,
esuli
volontari
nei
boschi
.
Ormai
guadagnato
alla
causa
,
Montag
passa
tutte
le
notti
,
come
un
monaco
certosino
,
chino
sui
capolavori
del
passato
che
si
è
portato
in
casa
.
Sconvolto
dall
'
aver
assistito
al
suicidio
d
'
una
donna
che
ha
preferito
morire
bruciata
fra
i
suoi
libri
anziché
esserne
separata
,
il
piromane
pentito
depone
ogni
cautela
:
si
rivela
alle
amiche
della
moglie
come
un
fuorilegge
.
aiuta
Clarissa
,
ricercata
dalla
polizia
,
a
distruggere
l
'
elenco
dei
cospiratori
che
possiedono
libri
,
e
annuncia
di
volersi
subito
dimettere
dal
corpo
dei
pompieri
.
Ma
ormai
Linda
lo
ha
denunciato
:
sarà
contro
la
propria
casa
che
Montag
dovrà
compiere
l
'
ultima
spedizione
punitiva
.
Dato
fuoco
ai
libri
e
ai
mobili
,
volge
il
lanciafiamme
contro
il
capo
dei
pompieri
.
che
brucia
nel
rogo
della
casa
;
e
invano
inseguito
dagli
uomini
volanti
della
polizia
si
rifugia
in
un
bosco
.
Qui
,
appunto
,
un
gruppo
di
barboni
continua
la
lotta
in
modo
stravagante
:
ciascuno
di
loro
,
prima
che
i
libri
fossero
distrutti
,
ha
imparato
a
memoria
un
capolavoro
della
letteratura
e
della
filosofia
,
ed
è
divenuto
esso
stesso
un
uomo
-
libro
che
per
via
orale
trasmette
alle
nuove
generazioni
,
col
sapere
antico
,
le
ragioni
dello
spirito
.
Nel
cuore
della
foresta
,
ristabilita
l
'
intesa
fra
natura
e
cultura
,
Montag
sarà
Racconti
straordinari
di
Poe
,
e
Linda
le
Mémoires
di
Saint
-
Simon
.
Preso
il
soggetto
dal
romanzo
di
Bradbury
,
sfrondatolo
di
qualche
figura
(
Faber
,
il
Segugio
Meccanico
)
il
francese
Frangois
Truffaut
esordisce
nel
colore
,
sotto
bandiera
britannica
,
con
un
film
molto
più
personale
di
quanto
sembri
,
dove
ironia
e
commozione
sono
fuse
in
un
racconto
di
estrema
semplicità
dal
quale
è
esclusa
ogni
pesantezza
moralistica
,
a
tutto
vantaggio
di
uno
spettacolo
originale
e
divertente
,
usato
come
esorcismo
contro
gli
spauracchi
del
futuro
.
Con
molta
intelligenza
egli
ha
cominciato
con
l
'
ambientarlo
in
una
città
indeterminata
ma
in
tutto
simile
alle
nostre
,
cioè
sottraendosi
alle
più
balorde
lusinghe
della
fantascienza
.
Gli
elementi
avveniristici
,
soprattutto
nell
'
arredamento
della
casa
di
Montag
,
o
si
limitano
ai
più
probabili
sviluppi
della
tecnica
di
oggi
,
o
sono
usati
a
fini
satirici
,
come
nel
caso
di
certi
programmi
televisivi
nei
quali
si
inserisce
come
attrice
,
restando
in
poltrona
,
la
moglie
di
Montag
.
La
sola
bizzarria
consiste
nel
non
farci
leggere
i
titoli
di
testa
,
in
omaggio
al
principio
che
nel
film
ogni
parola
scritta
è
proibita
.
L
'
unico
trucco
,
gli
uomini
volanti
,
gli
serve
ad
accentuare
il
contrasto
fra
i
mezzi
di
cui
dispone
la
forza
pubblica
e
le
risorse
morali
che
sostengono
la
vita
zingaresca
degli
uomini
-
libro
.
Poi
ha
inserito
nel
racconto
vari
riferimenti
alla
società
contemporanea
.
Clarissa
va
in
minigonna
,
i
capelloni
continuano
a
essere
strapazzati
dalle
autorità
,
il
tostapane
serve
da
nascondiglio
per
i
libri
tascabili
.
Su
un
piano
generale
,
tutto
il
film
riecheggia
del
resto
gli
anni
della
Resistenza
,
i
metodi
usati
dalle
tirannie
per
imbottire
i
cervelli
,
e
l
'
odio
teologico
contro
la
cultura
(
senza
risalire
alla
biblioteca
di
Alessandria
e
ai
roghi
dell
'
Inquisizione
,
pensiamo
ai
nazisti
e
alla
Pechino
di
oggi
)
.
Infine
Truffaut
ha
dato
ai
suoi
personaggi
gesti
e
tratti
psicologici
che
stilizzano
i
nostri
:
il
fanatismo
del
capo
dei
pompieri
,
l
'
arrivismo
vile
di
Linda
,
la
nevrosi
di
Montag
e
di
Clarissa
,
la
forza
morale
dei
partigiani
.
Tutto
ciò
,
espresso
con
naturalezza
nella
recitazione
,
gli
consente
di
far
risultare
con
maggiore
evidenza
il
paradosso
,
ma
anche
di
far
'
trasparire
sensi
umanissimi
dietro
l
'
arguzia
allucinante
del
racconto
.
Quando
infatti
Montag
,
nella
foresta
,
si
affianca
ai
nuovi
compagni
di
fede
,
l
'
emozione
ha
un
grado
di
intensità
che
non
coinvolge
soltanto
gli
spettatori
intellettuali
,
gli
editori
e
i
librai
;
più
d
'
un
ciglio
,
stasera
,
era
umido
.
Per
la
prima
volta
,
quest
'
anno
,
a
Venezia
.
Narrato
con
stile
piano
,
oggettivo
,
dove
realtà
e
fantasia
si
amalgamano
con
armoniosa
scioltezza
,
Fahrenheit
451
ha
un
raro
equilibrio
fra
dramma
e
commedia
,
e
nell
'
ultima
parte
,
quando
bussa
al
cuore
,
si
avvicina
alla
poesia
.
L
'
esempio
più
probante
è
proprio
qui
,
quando
per
perpetuare
Orgoglio
e
pregiudizio
il
regista
sceglie
due
uomini
-
libro
gemelli
.
Sembra
una
freddura
,
e
invece
è
il
sorridente
sigillo
di
un
'
operazione
di
contrappesi
condotta
senza
presunzione
da
Truffaut
lungo
tutto
il
film
con
una
grazia
e
una
disinvoltura
che
gli
derivano
dall
'
assenza
di
pseudo
-
problemi
,
nella
giusta
certezza
che
bastasse
avanzare
un
'
ipotesi
così
allarmante
come
quella
della
distruzione
di
tutti
i
libri
del
mondo
per
commuovere
in
allegria
.
Non
vogliamo
dire
che
Fahrenheit
451
è
un
capolavoro
del
cinema
.
Però
,
come
sul
piano
tecnico
offre
soluzioni
eccellenti
(
soprattutto
nell
'
uso
del
colore
e
delle
scene
girate
con
tre
macchine
da
presa
)
,
come
è
saggio
e
divertente
per
il
catalogo
dei
frontespizi
da
salvare
-
unico
italiano
,
Il
principe
,
-
come
ci
offre
un
'
interpretazione
di
Julie
Christie
,
nella
doppia
parte
di
Linda
e
di
Clarissa
e
di
Oskar
Werner
(
un
Montag
giustamente
anti
-
eroe
)
,
di
Cyril
Cusack
(
il
simpatico
capo
dei
pompieri
)
,
molto
più
omogenea
di
quanto
facessero
temere
le
liti
scoppiate
sul
set
fra
Truffaut
e
Werner
;
come
infine
conferma
le
radici
neoromantiche
di
Truffaut
nella
musica
di
Bernard
Herrmann
;
così
si
guadagna
simpatia
e
gratitudine
per
l
'
estro
garbato
con
cui
pronuncia
un
invito
all
'
umanesimo
,
celebra
un
elogio
della
carta
stampata
che
in
questo
preciso
momento
coinvolge
anche
voi
.
StampaQuotidiana ,
Ho
appena
ricevuto
il
rapporto
annuale
che
il
Fraser
Institute
,
un
centro
di
ricerca
canadese
,
in
collaborazione
con
istituzioni
analoghe
di
47
paesi
,
pubblica
sullo
stato
della
libertà
economica
del
mondo
(
Economic
Freedom
of
the
World
1997
)
.
Il
rapporto
costruisce
un
indice
di
libertà
economica
per
i
vari
Paesi
,
analogamente
a
quanto
fanno
anche
altre
due
fondazioni
americane
:
la
Freedom
House
e
la
Heritage
Foundation
in
collaborazione
col
Wall
Street
Journal
.
Com
'
è
evidente
,
la
misura
dell
'
indice
di
libertà
economica
presenta
notevoli
difficoltà
,
ed
è
quindi
comprensibile
che
si
abbiano
opinioni
molto
diverse
circa
il
modo
migliore
di
quantificarlo
.
Infatti
,
gli
indici
dei
tre
rapporti
sono
costruiti
in
base
a
criteri
differenti
.
Tuttavia
,
queste
differenze
metodologiche
che
intercorrono
fra
le
tre
misurazioni
dell
'
indice
di
libertà
economica
non
ci
interessano
in
questa
sede
,
perché
,
malgrado
queste
differenze
di
metodo
,
tutti
e
tre
gli
indici
forniscono
un
'
indicazione
sconsolante
per
ciò
che
riguarda
il
nostro
Paese
.
Secondo
la
classifica
dei
Paesi
per
il
1995
,
curata
dal
rapporto
del
Fraser
Insitute
,
infatti
,
l
'
Italia
si
colloca
al
55°
posto
,
a
pari
merito
con
la
Colombia
,
la
Lituania
e
l
'
Ecuador
.
Fra
i
15
Paesi
membri
dell
'
Unione
europea
siamo
al
penultimo
posto
,
precedendo
solo
la
Grecia
.
Gli
altri
due
rapporti
forniscono
indicazioni
simili
.
Questo
dato
non
stupirà
,
credo
,
nessuno
.
Siamo
tutti
consapevoli
dell
'
enormità
delle
vessazioni
che
ci
vengono
imposte
:
una
mole
insensata
di
restrizioni
legislative
e
amministrative
alle
attività
economiche
,
una
congerie
di
imposte
,
tasse
,
tributi
e
balzelli
vari
.
Ma
,
soprattutto
,
l
'
utilizzazione
della
maggior
parte
del
nostro
reddito
è
decisa
da
politici
e
burocrati
anziché
da
noi
.
Infatti
,
immancabilmente
,
oltre
il
50%
del
reddito
prodotto
ogni
anno
è
stato
fagocitato
dalla
spesa
pubblica
,
assorbito
dai
canali
politico
-
burocratici
e
sottratto
ai
singoli
,
alle
famiglie
e
alle
imprese
.
In
particolare
,
nel
1996
il
settore
pubblico
ha
assorbito
il
53,6%
del
Pil
e
soltanto
il
46,4%
è
rimasto
in
mani
private
.
Se
consideriamo
la
libertà
di
utilizzare
il
proprio
reddito
come
fondamentale
caratteristica
di
un
'
economia
libera
,
il
che
mi
sembra
del
tutto
ovvio
,
l
'
Italia
è
un
'
economia
libera
,
privata
,
di
mercato
per
il
46,4%
,
ma
è
statalizzata
,
collettivista
,
socialista
per
il
53,6%
.
Né
il
problema
riguarda
soltanto
l
'
utilizzo
del
reddito
prodotto
,
cioè
il
livello
della
spesa
pubblica
e
delle
tasse
,
ma
investe
persino
la
proprietà
dei
mezzi
di
produzione
.
Un
paio
di
anni
fa
,
il
settimanale
inglese
The
Economist
,
in
uno
studio
sull
'
economia
della
federazione
russa
sostenne
che
l
'
economia
russa
è
più
privata
di
quella
italiana
!
E
ancora
,
la
diffusione
della
proprietà
azionaria
,
che
costituisce
uno
degli
indicatori
principali
del
carattere
"
capitalistico
"
dell
'
economia
,
è
in
Italia
assolutamente
marginale
.
Basti
pensare
alle
dimensioni
della
nostra
Borsa
,
il
cui
valore
capitalizzato
rappresenta
poco
più
del
25%
del
prodotto
interno
lordo
-
ridicolo
se
raffrontato
all
'
oltre
150%
della
Gran
Bretagna
e
all
'
oltre
120%
degli
Stati
Uniti
.
Basso
indice
di
libertà
economica
,
spesa
pubblica
che
assorbe
oltre
la
metà
del
reddito
,
tassazione
da
confisca
,
un
settore
pubblico
gigantesco
,
ingordo
e
inefficiente
,
diffusione
minima
della
proprietà
azionaria
:
se
dovessimo
classificare
l
'
economia
italiana
non
avremmo
elementi
per
definirla
"
di
mercato
"
o
"
capitalistica
"
.
Guardando
a
questi
dati
,
dovremmo
concludere
che
l
'
Italia
è
un
'
economia
da
socialismo
reale
,
un
Paese
collettivizzato
,
dominato
dalla
burocrazia
,
dallo
statalismo
,
dal
dirigismo
,
dalla
fiscalità
.
Se
è
vero
che
l
'
inefficienza
pubblica
da
un
lato
e
la
parsimonia
,
la
laboriosità
e
la
creatività
del
nostro
popolo
dall
'
altro
sono
riuscite
a
salvaguardare
un
po
'
di
libertà
economica
e
benessere
in
questo
nostro
Paese
,
è
anche
vero
che
dobbiamo
invertire
la
rotta
.
Non
possiamo
più
permetterci
gli
sprechi
e
le
inefficienze
di
un
settore
politico
-
burocratico
onnipresente
e
sprecone
,
né
possiamo
rassegnarci
alla
decadenza
cui
ci
sta
condannando
lo
statalismo
.
Lo
dobbiamo
a
noi
stessi
e
ai
nostri
figli
:
dobbiamo
alleggerire
il
fardello
pubblico
per
consentire
all
'
economia
privata
di
riprendere
la
sua
corsa
verso
il
progresso
.
Quanto
prima
riusciremo
a
farlo
,
tanto
meglio
.
StampaQuotidiana ,
Non
c
'
è
nulla
di
temerario
nell
'
idea
d
'
un
nuovo
film
sulla
Bibbia
.
Da
secoli
le
arti
figurative
si
ispirano
al
Libro
dei
libri
,
tentando
di
tradurne
la
lettera
in
linguaggio
visivo
e
renderne
il
senso
immediato
.
Ovvio
che
anche
il
cinema
,
il
più
moderno
dei
mezzi
espressivi
,
e
in
potenza
il
più
ricco
,
voglia
di
tanto
in
tanto
provare
il
proprio
fiato
su
quelle
pagine
venerabili
.
Temeraria
,
invece
,
sempre
,
è
l
'
ambizione
di
trarne
uno
spettacolo
che
ne
conservi
la
molteplicità
,
la
profondità
di
significati
,
e
ne
rispetti
il
valore
ultimo
e
supremo
di
parola
sacra
.
Biblico
peccato
d
'
orgoglio
.
Oggi
soprattutto
,
che
l
'
alleanza
fra
Dio
e
l
'
uomo
è
spezzata
,
tutti
i
frutti
del
male
son
colti
,
l
'
attesa
di
un
messia
si
è
convertita
in
angoscia
atomica
.
Meglio
:
oggi
che
l
'
idea
poetica
dell
'
avvento
ci
scalda
a
un
livello
spirituale
tanto
segreto
da
impedire
alla
alterigia
razionalista
,
al
pudore
,
di
sperare
che
l
'
antico
messaggio
sia
diretto
anche
a
noi
.
In
più
,
la
natura
e
lo
stile
della
Bibbia
,
dove
s
'
intrecciano
il
mito
e
la
storia
,
e
una
prosa
succinta
,
una
sintassi
tutta
cose
,
radunano
immagini
e
fatti
secondo
remoti
schemi
narrativi
e
psicologici
.
Ancora
:
la
sublimità
del
simbolo
,
per
cui
il
pomo
offerto
dal
serpente
,
la
lama
di
Abramo
su
Isacco
sono
insostenibili
alla
ragione
e
alla
morale
di
oggi
,
e
vederli
in
misura
concreta
molto
distrae
dal
loro
vero
significato
emblematico
di
rivolta
e
ubbidienza
.
Nonché
soffrire
,
la
Bibbia
si
spegne
quando
il
suo
nucleo
tragico
,
appena
percettibile
con
l
'
emozione
poetica
,
è
spicciolato
da
un
illustratore
che
non
partecipa
(
proprio
per
insufficienza
strumentale
)
della
sua
densità
espressiva
,
e
crede
di
assorbirne
il
contenuto
misterioso
nella
solennità
della
forma
.
Più
il
testo
è
risolto
in
spettacolo
sontuoso
,
e
meno
agisce
dall
'
interno
;
più
colpisce
l
'
occhio
e
meno
incide
sul
sentimento
.
Un
film
sulla
Bibbia
,
allora
,
va
concepito
e
realizzato
in
umiltà
,
nell
'
augurio
che
l
'
abile
operazione
commerciale
commuova
per
vie
traverse
:
mormori
la
memoria
di
Dio
,
rinfreschi
la
presenza
di
un
mito
drammatico
,
realizzi
un
ecumenico
consenso
sul
valore
del
sacro
nella
società
contemporanea
nonostante
la
natura
di
un
linguaggio
che
tradisce
per
mille
vie
la
propria
origine
profana
.
Questo
è
il
punto
:
in
quale
misura
La
Bibbia
di
De
Laurentiis
e
di
Huston
,
anzi
il
cinema
dei
colossi
religiosi
,
riesca
ad
esprimere
essenze
ineffabili
con
dati
visivi
consunti
dall
'
uso
,
possa
reinventare
una
verginità
percettiva
dello
spirito
,
e
darci
,
oltre
la
scorza
lucente
,
il
sapore
della
polpa
poetica
,
quella
epopea
del
dolore
e
della
speranza
cantata
nel
Libro
da
figure
senza
volto
.
Perché
è
vero
che
l
'
Antico
Testamento
ha
qualità
sceniche
e
narrative
straordinarie
,
ma
soltanto
finché
la
struttura
è
stilizzata
in
una
zona
astratta
della
realtà
,
nell
'
infanzia
del
sentire
;
date
capelli
biondi
e
guance
rase
ad
Adamo
,
chioma
soave
e
anca
flessuosa
ad
Eva
,
vizioso
ceffo
a
Nimrod
,
a
Sara
il
volto
di
Ava
Gardner
,
e
così
via
,
e
tutta
la
molla
del
mito
si
scarica
in
uno
scatto
irreparabile
.
Ebbene
,
questa
Bibbia
è
quanto
bisognava
attendersi
da
un
'
industria
che
secondo
la
propria
logica
interna
intende
Iddio
come
un
prodotto
di
consumo
per
i
grandi
mercati
internazionali
,
e
non
può
o
non
vuole
correre
il
rischio
di
innovare
,
di
andar
contro
gli
schemi
mentali
e
rappresentativi
della
tradizione
illustrativa
popolare
,
di
rompere
i
luoghi
comuni
che
danno
un
infantile
senso
di
sicurezza
alle
folle
(
infatti
il
Vangelo
di
Pasolini
ha
dato
scandalo
)
.
Era
ineluttabile
che
scelto
come
sceneggiatore
Christópher
Fry
,
lo
stesso
di
Barabba
,
e
respinta
come
troppo
intelligente
l
'
interpretazione
vibrante
di
modernità
proposta
da
Bresson
,
e
finalmente
chiamato
il
versatile
John
Huston
a
seguire
gli
ordini
di
De
Laurentiis
,
La
Bibbia
veleggiasse
lungo
i
lidi
sicuri
della
convenzione
,
annullasse
quasi
ogni
scintilla
di
fantasia
creatrice
nel
dogma
del
gigantismo
,
del
bell
'
effetto
,
d
'
una
suggestività
traslucida
,
sempre
nella
speranza
di
acquistare
con
la
moneta
della
stereofonia
e
dello
schermo
panoramico
un
'
equivalenza
poetica
alla
quale
soltanto
un
autore
di
fortissima
personalità
avrebbe
forse
potuto
avvicinarsi
.
È
un
fatto
che
se
il
film
,
nonostante
i
molti
palpiti
visivi
,
manca
di
illuminazioni
morali
,
storiche
e
religiose
è
perché
gli
stimoli
emotivi
,
lirici
e
culturali
,
sono
disciplinati
sino
alla
inerzia
nei
binari
di
una
cauta
invenzione
,
soffocati
dall
'
enfasi
della
musica
e
soprattutto
dall
'
avere
applicato
stereotipi
ormai
logorati
dal
cinema
in
costume
(
nel
taglio
narrativo
,
nella
recitazione
,
nell
'
uso
di
luci
e
colori
)
a
un
testo
che
avrebbe
giustificato
qualunque
arditezza
.
Se
facendo
di
necessità
virtù
dobbiamo
insomma
inserire
il
colosso
in
uno
dei
più
lavorati
filoni
del
cinema
di
massa
,
e
metterlo
nella
famiglia
dei
Dieci
comandamenti
,
di
Ben
Hur
,
di
Barabba
,
diciamo
che
La
Bibbia
ha
,
accanto
al
merito
d
'
una
maggiore
serietà
d
'
impianto
,
un
sensibile
svantaggio
nella
minore
compattezza
,
e
nell
'
accumulo
degli
stili
,
per
cui
si
trapassa
dalla
cartolina
cromata
al
terribilismo
naturalistico
,
dal
bozzettismo
dell
'
aneddoto
al
grave
realismo
dell
'
epopea
,
dal
pittoresco
delle
maschere
all
'
intimismo
degli
affetti
domestici
.
Mancando
di
unità
linguistica
(
l
'
unico
filo
è
dato
dalla
voce
di
Dio
incarnatasi
in
Arnoldo
Foà
)
,
La
Bibbia
si
offre
dunque
come
una
Genesi
a
puntate
,
non
più
in
brossura
ma
in
marocchino
rosso
,
e
dove
tuttavia
la
sostanza
teologica
è
diluita
,
nella
sua
accezione
letterale
,
per
il
pubblico
della
cultura
a
dispense
.
Allora
il
racconto
si
giudica
per
capitoli
,
via
via
che
l
'
immaginazione
degrada
dal
mito
alla
storia
:
la
Creazione
,
la
Cacciata
,
Caino
e
Abele
,
Noè
,
la
torre
di
Babele
,
Abramo
.
E
nel
primo
l
'
alba
dell
'
universo
,
la
nascita
dell
'
uomo
,
e
come
è
risolto
il
problema
del
diavolo
-
serpente
,
scuseranno
l
'
insipidezza
di
Adamo
ed
Eva
,
la
splendida
ovvietà
paesistica
dell
'
Eden
,
le
occhiate
dei
progenitori
,
il
morso
al
frutto
proibito
,
i
muscoli
di
Caino
;
in
Noè
(
interpretato
ai
limiti
della
macchietta
da
Huston
stesso
)
lo
strepito
dell
'
Arca
,
certi
arguti
passaggi
,
faranno
risaltare
la
piattezza
della
famiglia
,
quel
suo
lasciarsi
docilmente
manovrare
dal
regista
per
non
dar
ombra
al
patriarca
;
a
Babele
,
ammirata
la
fabbrica
immensa
,
si
toccherà
il
grottesco
nell
'
abbigliamento
da
retrobottega
teatrale
,
nel
pallido
estro
dei
truccatori
,
nelle
battute
in
lingua
artificiale
.
E
così
si
arriva
alla
storia
di
Abramo
,
alle
sue
espansioni
coniugali
con
Sara
a
ritmo
di
versetti
,
alla
schiava
che
si
contempla
l
'
ombra
del
ventre
,
al
suo
maligno
offrire
fichi
secchi
e
uva
passa
all
'
annosa
padrona
:
atroci
rivincite
di
un
repertorio
inzuppato
di
qualunquismo
lessicale
e
figurativo
.
Finché
,
procedendo
l
'
altalena
,
dal
limpido
passaggio
degli
angeli
(
ecco
un
momento
di
riuscita
levità
)
alla
turpe
rappresentazione
di
Sodoma
(
ecco
sfrenarsi
la
carnevalesca
voluttà
delle
vernici
,
con
acconcio
commento
di
gemiti
erotici
)
,
si
tocca
l
'
estrema
zattera
di
salvataggio
:
lo
strazio
di
Abramo
in
un
monologo
vagamente
shakespeariano
fra
le
livide
rovine
di
Sodoma
-
l
'
idea
non
per
nulla
è
di
Orson
Welles
-
e
l
'
angoscioso
sacrificio
del
piccolo
Isacco
.
Dove
la
puntualità
del
ricatto
sentimentale
non
impedisce
di
riconoscere
che
il
film
,
sinora
sorretto
su
suggestioni
scenografiche
chiamate
a
nascondere
la
zavorra
del
dialogo
interpolato
al
testo
originario
,
trova
finalmente
il
sigillo
della
classe
di
Huston
,
un
lampo
di
commozione
nell
'
austera
semplicità
d
'
un
tramonto
.
Cosa
resta
dopo
quasi
tre
ore
di
proiezione
?
La
nostalgia
per
le
miniature
squisite
con
cui
durante
dieci
secoli
monaci
e
artisti
hanno
cantato
in
penombra
le
lodi
del
Signore
,
la
dolce
memoria
dell
'
infanzia
che
coglie
l
'
immagine
nella
parola
,
l
'
onore
di
un
libro
che
col
minimo
dei
mezzi
raggiunge
un
'
espressività
inattingibile
altrimenti
.
Fatti
i
conti
,
posti
su
un
piatto
lo
sconforto
per
l
'
impotenza
di
confrontare
la
luminosa
,
la
terribile
concisione
dei
versetti
alla
magniloquenza
del
technicolor
,
e
sull
'
altro
il
gusto
delle
platee
per
ogni
messa
in
scena
governata
dai
miliardi
,
la
bilancia
segna
il
peso
e
il
carattere
d
'
una
civiltà
che
dissipa
nella
labilità
della
visione
ogni
residua
virtù
interiore
.
Ma
è
il
nostro
mondo
che
ci
dà
questa
Bibbia
:
prima
di
lamentarci
,
uno
per
uno
guardiamoci
allo
specchio
.
Saremo
benevoli
.
StampaQuotidiana ,
Non
creiamoci
soverchie
illusioni
:
l
'
Enel
non
sta
per
essere
privatizzata
e
al
suo
posto
non
sta
per
subentrare
un
sistema
competitivo
di
mercato
.
Quanto
sta
accadendo
è
in
larga
misura
un
cosmetico
rimescolamento
delle
carte
,
non
la
fine
del
monopolio
pubblico
.
Tuttavia
,
pur
trattandosi
soltanto
di
un
primo
,
timido
e
contraddittorio
passo
verso
una
restituzione
del
settore
al
mercato
e
alla
disciplina
della
concorrenza
,
non
sarebbe
male
che
guardassimo
indietro
e
valutassimo
l
'
enorme
significato
simbolico
dell
'
operazione
.
Si
tratta
dell
'
ennesima
conferma
della
fine
di
un
mondo
,
di
una
ideologia
,
di
una
impostazione
politica
.
Per
comprenderlo
,
è
necessario
rifarsi
al
dibattito
che
contrassegnò
la
nascita
dell
'
Enel
.
Gli
anni
Cinquanta
,
com
'
è
noto
,
furono
anni
di
grandi
successi
economici
.
In
quel
decennio
venne
riconquistata
la
stabilità
del
potere
d
'
acquisto
della
moneta
:
l
'
inflazione
,
che
nel
decennio
1940-49
era
stata
in
media
pari
a
quasi
il
65
per
cento
l
'
anno
,
venne
sconfitta
.
Fra
il
1950
e
il
1959
il
tasso
medio
annuo
d
'
inflazione
scese
a
circa
il
3%
e
la
nostra
lira
andò
consolidandosi
fino
a
ottenere
il
premio
per
la
moneta
più
stabile
in
Europa
.
Il
disavanzo
pubblico
,
che
nel
1950
era
stato
pari
a
quasi
500
miliardi
(
oltre
il
4,5%
del
prodotto
interno
lordo
)
,
andò
rapidamente
diminuendo
:
nel
1961
fu
di
357
miliardi
,
l'1,4%
del
Pil
.
Il
debito
complessivo
scese
dai
4.800
miliardi
del
1950
,
pari
al
52%
del
Pil
,
ai
9.286
del
1960
,
pari
al
37,4%
del
Pil
.
Furono
cioè
anni
di
rigore
finanziario
e
di
politica
monetaria
prudente
e
,
smentendo
il
coro
unanime
degli
economisti
di
sinistra
,
quella
politica
di
rigore
non
solo
non
produsse
ristagno
e
disoccupazione
ma
si
tradusse
al
contrario
in
un
fattore
di
poderosa
crescita
economica
:
la
disoccupazione
diminuì
sensibilmente
(
nel
1960
il
tasso
di
disoccupazione
diminuì
sensibilmente
(
nel
1960
il
tasso
di
disoccupazione
era
inferiore
al
4%
)
e
il
tasso
di
sviluppo
fu
talmente
elevato
(
in
media
quasi
il
7%
reale
l
'
anno
)
che
da
più
parti
si
gridò
al
miracolo
.
Quelli
sono
,
infatti
,
ancora
indicati
come
gli
anni
del
"
miracolo
economico
"
.
Ma
non
c
'
era
nulla
di
miracoloso
in
quel
successo
:
si
trattava
semplicemente
delle
conseguenze
previste
di
una
politica
liberale
di
rilancio
del
mercato
,
di
incoraggiamento
al
risparmio
,
di
stabilità
monetaria
,
di
bassa
fiscalità
,
di
assenza
di
sprechi
pubblici
,
di
limitatissima
ingerenza
della
politica
nell
'
economia
.
Tutti
i
Paesi
che
hanno
seguito
quell
'
impostazione
hanno
ottenuto
,
sia
pure
in
diversa
misura
,
gli
stessi
positivi
risultati
.
La
verità
è
che
il
successo
degli
anni
Cinquanta
irritò
,
e
non
poco
,
le
sinistre
:
come
mai
,
si
chiedevano
i
più
onesti
fra
loro
,
una
politica
diametralmente
opposta
a
quella
da
noi
proposta
ottiene
risultati
così
positivi
?
Nacque
allora
negli
ambienti
delle
sinistre
comuniste
,
socialiste
e
cattocomuniste
un
nuovo
slogan
:
i
Cinquanta
saranno
magari
stati
gli
anni
del
"
miracolo
economico
"
ma
ora
è
necessario
un
"
miracolo
sociale
"
,
è
necessaria
un
'
"
apertura
a
sinistra
"
,
una
svolta
nella
politica
economica
,
con
l
'
abbandono
delle
"
vecchie
e
superate
"
ricette
dell
'
economia
liberale
e
l
'
adozione
di
formule
economiche
"
moderne
"
,
più
consone
ai
tempi
.
Fu
in
questo
clima
che
nacque
il
centrosinistra
,
l
'
alleanza
fra
marxisti
e
democristiani
che
da
quasi
40
anni
malgoverna
l
'
Italia
.
La
svolta
politica
significò
l
'
abbandono
della
prudenza
finanziaria
e
del
contenimento
dell
'
invadenza
pubblica
,
ma
il
simbolo
maggiore
del
cambiamento
fu
proprio
la
nazionalizzazione
dell
'
energia
elettrica
,
la
creazione
dell
'
Enel
.
Quella
infausta
operazione
fu
fortemente
voluta
,
specie
dai
socialisti
,
sia
per
sottolineare
il
passaggio
da
un
'
economia
di
mercato
a
un
'
economia
statalista
e
pianificata
,
come
venne
apertamente
dichiarato
,
come
"
strumento
per
scardinare
la
struttura
della
società
capitalistica
"
.
Può
apparire
incredibile
oggi
,
a
distanza
di
oltre
35
anni
,
che
circolassero
allora
e
fossero
popolari
idiozie
del
genere
,
ma
è
così
.
Raccomanderei
a
chi
oggi
trova
deprimente
la
mancanza
di
idee
sensate
a
sinistra
di
leggersi
i
discorsi
di
allora
:
sono
un
autentico
stupidario
.
Dilapidammo
3.000
miliardi
di
allora
(
circa
55.000
di
adesso
)
per
soddisfare
i
pruriti
ideologici
delle
sinistre
,
elevando
un
carrozzone
inefficiente
,
burocratico
,
costoso
e
corrotto
a
simbolo
di
una
nuova
era
,
più
saggia
,
progressiva
,
moderna
.
Per
questo
,
lo
smantellamento
dell
'
Enel
,
anche
se
non
costituisce
affatto
una
vera
privatizzazione
né
un
'
autentica
liberalizzazione
,
ha
per
me
liberista
lo
stesso
,
gratificante
significato
della
caduta
del
muro
di
Berlino
o
della
demolizione
delle
statue
di
Lenin
:
un
mostruoso
totem
del
fanatismo
statalista
viene
finalmente
demolito
.
Il
resto
,
speriamo
,
verrà
dopo
.