Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> categoria_s:"StampaQuotidiana"
StampaQuotidiana ,
Ieri sera , qualche minuto prima delle ventidue , mentre in redazione eravamo intenti al nostro consueto lavoro , una forte detonazione avvenuta nell ' entrata del nostro ufficio ci fece accorrere subitamente verso il luogo dal quale proveniva lo scoppio . Le scale erano piene di un intenso fumo e l ' aria ammorbata da un odore acre : molti vetri erano andati in frantumi . Sul luogo dello scoppio abbiamo trovato una gabbia di rete metallica , formata con grossi fili , dentro la quale era chiusa una bottiglia di vetro rivestita di gesso e calce , che conteneva evidentemente della polvere nera . Oltre i vetri rotti di cui abbiamo detto , non c ' è da lamentare nessun altro danno . Lo scoppio fu così violento da essere inteso da diversi punti della città e sul fatto corsero le voci più disparate così che anche i pompieri , ignorandone l ' entità , si affrettarono ad accorrere prontamente . All ' attentato non è il caso di annettere un ' importanza superiore alla sua portata e non ci turba menomamente nell ' assolvimento del nostro compito né ci fa allontanare dalla nostra rigida linea di condotta . Noi abbiamo segnata la nostra meta e da essa nulla ci farà mai discostare ; noi stiamo al posto di combattimento per celebrare le virtù della nostra razza , per augurare il trionfo delle nostre armi , per collaborare , come sappiamo , nella modestia della nostra attività , ma con tutta la fede dei nostri cuori , alla grandezza e alla gloria della patria .
StampaQuotidiana ,
Rabbrividente , d ' immensa disperazione , bel film quest ' ultimo di Martin Ritt , La spia che venne dal freddo , con tutte le carte in regola per reggere il confronto col romanzo omonimo ( edito in Italia da Longanesi ) . Dove John Le Carré , lo sanno quattro milioni di lettori sparsi in tutto il mondo , rimette le cose a posto in questo uggioso affare degli agenti segreti , gonfiati oltre il lecito come eroi dell ' avventura o benefattori dell ' umanità . Sono , al contrario , sordidi relitti della società , nei quali l ' alienazione celebra i suoi più miserabili trionfi , oggetti manovrati dalle centrali del controspionaggio con gelido razionalismo , anime sacrificate al mito della sicurezza , rottami sbattuti da un paese all ' altro , costretti a recitare in maschera diffidando di tutto , a cominciare da se stessi . La storia di Alec Leamas squarcia le pittoresche cortine in technicolor che sinora hanno nascosto il dramma di ignare pedine giocate su un lurido scacchiere ( come nella storia di Hud il selvaggio Martin Ritt aveva sfatato la leggenda del West ) . Leamas è un irlandese che lavora per il servizio segreto britannico , addetto al controllo delle spie sparse nella zona est di Berlino . Le cose gli vanno male : tutti i suoi uomini sono stati individuati e fatti fuori da Mundt , capo del controspionaggio comunista , anche Riemeck che era riuscito a entrare nel praesidium del partito . Londra gli offre un ' ultima missione , un capolavoro di doppiogioco : si finga licenziato e alle rotte con 1'Intelligence Service , accolga l ' invito che Pankow certamente gli rivolgerà di passare dalla loro parte , e semini il dubbio che Mundt è pagato dagli occidentali . Il vice di Mundt , l ' ebreo Fiedler , abboccherà all ' amo in odio al suo capo , lo denuncerà e così l ' osso più duro sarà eliminato . L ' etichetta impone di non dire come Leamas , andato a tendere la trappola , cada poi nel satanico trabocchetto che era stato invece preparato per Fiedler , e quale parte abbia nel trucco feroce una povera ragazza londinese , iscritta al partito comunista e innamorata di Leamas . Né , sempre per lasciare allo spettatore il gusto di cavarne da solo le gambe ( ma faccia provvista di fosforo , prima d ' entrare nel cinema ) , possiamo motivare le nostre riserve sul finale , che a suo modo è di un ottimismo moralistico più convenzionale di quanto sembri . Ma non ci dorremo se queste enigmatiche allusioni serviranno ad acuire l ' attesa del pubblico . Perché , come vedrete , il film non sopporta parafrasi che banalizzino il complesso , laborioso tessuto del racconto , costruito a scatole cinesi sulle lame di un ' intelligenza d ' acciaio , ogni svolta un filo più tagliente , e percorso dal gelido soffio d ' una perfidia mostruosa . Con nello sfondo un paesaggio allucinante , non tanto per la presenza emblematica del « muro » berlinese ( ricostruito a Dublino ) - tutta la sequenza del processo tradisce anzi qualche scarto tra il film e il romanzo , ambientato negli anni della guerra fredda - quanto per il delirio di infamia consumato nell ' utilizzare i sentimenti come arma segreta : clima , situazioni , passaggi , che la regia di Martin Ritt esprime con calzante rigore stilistico . Teso senza pause in uno spasimo di crudeltà , aiutato da un commento musicale che cala amari rintocchi sul destino delle spie , e dalla luce fredda , rasa , d ' una fotografia che riscatta nella funzionalità psicologica del bianco e nero i virtuosismi spettacolari dei vari James Bond , il film ha azzeccato in Richard Burton un interprete di meravigliosa efficacia , nel quale i lettori del romanzo riconosceranno al di là d ' ogni attesa la fisionomia del loro tragico eroe . Nonostante la pubblicità e la signora a cui nella vita si accompagna , Burton è un attore che cresce , di notevole ingegno e di fortissima disponibilità . Guardate di cosa è capace quando trova un regista in stato di grazia : come , soprattutto nella prima metà , dove si muove su un doppio piano psicologico , sa aderire all ' immagine nevrotica del personaggio , come riesce a identificare la finzione e la realtà , finalmente come si dibatte nelle tenaglie della paura . La piccola , sempre volenterosa Claire Bloom , l ' ottimo Oskar Werner , il duro Peter Van Eyck gli fanno degna corona .
L'armata Brancaleone di Mario Monicelli ( Grazzini Giovanni , 1966 )
StampaQuotidiana ,
Pasqua gaudiosa con L ' armata Brancaleone di Mario Monicelli , uno dei film più nuovi che il cinema italiano ci abbia offerto negli ultimi anni , tutta una fresca cascata di ridarella per il pubblico d ' ogni età . Specialmente per quanti , memori dei sudori scolastici , si divertiranno a vedere volta in burla l ' immagine di un Medioevo che la tradizione romantica fasciò di aloni mistici , eroici e cavallereschi , e che invece nel film è lo sfondo grottesco delle vicende d ' un gruppetto di cialtroni guidati alla ventura da Brancaleone da Norcia , un fanfarone in cerca di gloria militare e di appetitose donzelle . L ' occasione di acquistar fama e quattrini gli è data , questa volta , da quattro ribaldi che gli propongono d ' entrare in possesso d ' un feudo pugliese purché divida con loro i frutti dell ' impresa . Detto fatto , per raggiungerlo la compagnia si mette in viaggio al ritmo delle strofette del prode Anselmo di Visconti Venosta ; ma la via è lunga e perigliosa , e cosparsa di tutti i tranelli che Age e Scarpelli potessero inventare . Scampato alla peste e alle voglie di una vedova impaziente , Brancaleone s ' intruppa con un monaco che va in Terrasanta ; ma presto lo abbandona , e si dedica al salvataggio di una verginella dai briganti , per portarla intatta al promesso sposo . Assolta malamente la missione , sempre a rischio della pelle , e col cuore a pezzi , altre peripezie sopravvengono ad accrescere e assottigliare la masnada ( uno di loro , un vecchietto ebreo , tira il calzino ; un altro , salvato da un orso , viene ritrovato in una caverna ) . Dopo una breve sosta presso una dissoluta famiglia bizantina , l ' armata finalmente arriva in Puglia , dove , manco a dirlo , l ' aspettano i pirati saraceni . Se non finiscono tutti impalati è perché sopravvengono i pellegrini cristiani , con i quali , nel prossimo film della serie , i brancaleonidi parteciperanno alle Crociate . Rimediando alla disorganicità del racconto con una fantasia ironica che serpeggia inesausta in ogni sequenza ( soltanto sul finire un poco si slenta ; ma almeno in un quadro , quello della famiglia bizantina , è da antologia ) , Monicelli ha firmato un film in cui gli antichi sapori dei Soliti ignoti s ' impastano felicemente col gusto antiretorico della Grande guerra . Se il divertimento è assicurato dal bizzarro amalgama linguistico , dal rilievo delle macchiette , dal tono parodistico di tutte le situazioni , l ' estrema eleganza formale e lo splendore figurativo espressi dalla fotografia a colori di Carlo Di Palma e dei favolosi costumi di Piero Gherardi pongono L ' armata Brancaleone tra i film di cui si serberà più grata memoria . Protagonista eccellente ne è Gassman , impagabile incrocio fra Don Chisciotte , un samurai e Guerin Meschino ; ma ancora più di lui è esilarante Enrico Maria Salerno nella parte del monaco Zenone . Catherine Spaak e Gian Maria Volonté , Maria Grazia Buccella , Folco Lulli e Barbara Steele non sono da meno , bravi e spassosi in un film zeppo di chiasso paesano e di sberle contro gli uomini , le cose , i miti della storia nazionale .
StampaQuotidiana ,
La guerra continua e i rischi di finire in un vicolo cieco aumentano . E il bombardamento dell ' ambasciata cinese è benzina sul fuoco e anche gli accorati appelli per la pace di Giovanni Paolo II e del patriarca ortodosso Teoctist cadono nel vuoto . I governi democratici di sinistra continuano imperterriti a bombardare Belgrado dimenticando che chi è potente potrebbe benissimo sospendere per 72 ore i raid aerei per rilanciare alla grande un vero negoziato di pace . Chi ha più forza deve avere sempre più responsabilità di tutti . Ma solo a parlarne si rischia di essere linciati dai sostenitori di un atlantismo che ogni giorno che passa è sempre più diverso da quello che abbiamo conosciutone gli ultimi cinquant ' anni . Sembra strano , ma chi ieri era pacifista per pentito preso oggi è " interventista " con fierezza e senza alcun dubbio . Pacifismo e interventismo rischiano , così , di essere due facce della stessa medaglia , quella di una concezione ideologica della politica che non lascia mai intravedere i vantaggi e gli svantaggi , i rischi e i terribili costi umani dell ' una o dell ' altra opzione . A costo di essere insultati diciamo subito che non ci piace qual pensiero unico a favore della guerra che sin qui ha dominato la scena dei media italiani . Si è parlato di una " guerra giusta " per via della pulizia etnica nei riguardi dei kosovari messa in cantiere da quel Milosevic sulle cui responsabilità nessuno ha dubbi . Ma a giudicare dai risultati quell ' ondata terribile di pulizia etnica è stata agevolata dall ' inizio dei bombardamenti su Belgrado . Ne è drammatica testimonianza il fiume di kosovari disperati che , ininterrottamente dopo i primi due giorni di bombardamenti , hanno varcato le frontiere per dirigersi in Albania , in Macedonia e nel Montenegro lasciando sul campo decine di fosse comuni . Non basta dire , come ha fatto Luciano Violante , che quei morti non possono che ricadere sulle spalle di Milosevic perché quando si ha a che fare con spietati dittatori , le grandi potenze democratiche dovrebbero saper valutare meglio gli effetti dei propri comportamenti . La bombe su Belgrado , al di là degli errori che hanno sacrificato centinaia di vite umane , hanno ridotto a pezzi l ' opposizione democratica a Milosevic e hanno accelerato l ' espulsione di oltre un milione di kosovari dalla propria terra . Sono questi , e non altri , i risultati dei raid aerei della Nato . Ne valeva la pena ? Noi ne dubitiamo molto anche alla luce dei fallimenti politici sin qui conseguiti dall ' Alleanza atlantica . Tutti i piani di pace messi a punto dalla Nato e ultimamente anche quello del G8 ( i sette Paesi più industrializzati del mondo più la Russia ) prevedono , infatti , tra gli altri punti la permanenza al potere di Slobodan Milosevic . Quale giustizia c ' è allora in questa guerra che uccide con le bombe serbi inermi e innocenti per salvare poi quel dittatore i cui gesti criminali hanno sollevato l ' indignazione del mondo occidentale ? Quale eticità esiste , insomma , in una guerra che per difendere i poveri kosovari aggrediti non occupa quelle terre per tutelarne gli abitanti , ma rada al suolo una città come Belgrado che ha la sola colpa di avere alla sua guida un criminale che i piani di pace della Nato vogliono comunque mantenere al potere ? E se Milosevic doveva continuare a governare , non sarebbe stato , allora , più saggio una più forte offensiva diplomatica coinvolgendo molto di più di quanto non sia stato fatto la Russia di Eltsin ? Abbiamo letto con molta attenzione ma anche con molto sgomento ciò che intellettuali e leader della sinistra hanno scritto in questi giorni sulle nuove frontiere dell ' internazionalismo socialista , incentrate su una più forte tutela dei diritti umani capace di superare anche il muro della non ingerenza . Se questa frontiera , però , dovesse essere governata dalle armi come scrive Tony Blair , in poco tempo il mondo esploderebbe in drammatiche guerre regionali che sarebbero , a loro volta , i detonatori di un possibile conflitto universale . Il Kurdistan , l ' Afghanistan , il Tibet , il Sud Est asiatico o l ' inferno del Centro - Africa , per citarne solo alcuni , sono zone del mondo in cui si ritrovano regimi dispotici che mettono sotto i piedi ogni diritto umano . Ma è , forse , la guerra la risposta che il mondo attende per risolvere i drammi di quelle popolazioni ? Assolutamente no perché essa rinsalderebbe parte rilevante del Pianeta contro i leader democratici occidentali che apparirebbero ai loro occhi solo terribili sacerdoti di una democrazia guerrafondaia . Il mondo democratico occidentale oggi non è più minacciato , come lo fu ieri , dal nazifascismo o dal comunismo ed è profondamente sbagliato paragonare la follia di Milosevic a quella hitleriana non foss ' altro che per la sproporzione che esiste sul terreno economico e militare tra la Nato e la piccola Serbia . Il nostro non è un isolazionismo indifferente nei riguardi di ciò che accade intorno a noi , ma solo una forte convinzione che la cultura democratica occidentale può vincere esclusivamente con la politica e con lo sviluppo economico delle zone più povere del mondo . Il rischio , invece , di questa vicenda è che si consolidi nelle grandi democrazie dell ' Occidente una sorta di militarismo etico . E il fatto che ben 13 Paesi dell ' Europa siano governati da leader socialisti le cui vocazioni internazionaliste , nel passato , hanno procurato non pochi guaii , sono un ' ulteriore preoccupazione . Così come preoccupa come Ezio Mauro dica e scriva sulla Repubblica che " la coerenza tenuta da D ' Alema sdogana definitivamente la sinistra italiana che , con questa guerra , approda definitivamente a un moderno riformismo europeo e occidentale " . Se per qualcuno può pesare il nostro passato democristiano , spiace dirlo ma il passato comunista di Mauro e di tanti altri interventisti ideologici ci terrorizza
StampaQuotidiana ,
Pasolini continua a farci sorprese . Ora ha inventato il film « ideo - comico » , che sarebbe l ' umorismo applicato alla politica e alla sociologia , ovverosia l ' impegno ideologico superato dalla favola ; insomma , il cervello scavalcato dalla poesia . Per capirci meglio : Pasolini è un intellettuale scontento , che andando in là con gli anni sente l ' insufficienza degli schemi razionali della cultura di sinistra , e capisce come qualmente la storia proceda per vie ignote e misteriose , sulle quali però l ' intelligenza del cuore incide più delle formule dottrinarie . Questa presa di coscienza è netta , ma poiché Pasolini diffida di se stesso ( ancora qualche anno , e l ' Immoralista sarà tutto risucchiato nella sua matrice borghese ) , intanto ha prodotto una singolare figura di artista , il quale non vuole rinunziare alla speranza marxista ma nel contempo è corretto dall ' esperienza sentimentale , e faticosamente cerca di rispondere al solito « quo vadis ? » sposando Cristo a Marx , passando se occorre attraverso il Croce . Chiamato ad esprimere questo viluppo di stati d ' animo e di stimoli intellettuali , ha avvertito che l ' unico modo per cautelarsi dalle tentazioni di un pio storicismo era di ribaltare il suo sentimento d ' amore , di pietà , di tolleranza universale in ironia punteggiata di sarcasmo verso il proprio ambiente : un « mea culpa » pronunciato con tono giocoso e scanzonato , cominciando dai titoli di testa che esorcizzano l ' amarezza dell ' autoritratto , ma dove è facile leggere cicatrici sempre aperte , dalle quali sgorgano umori contraddittori , non ancora decantati nell ' ispirazione poetica . Uccellacci e uccellini è appunto la confessione , sincera e confusa , di un momento di crisi successivo alla sconfitta , ma espresso in un tal cocktail di polemica culturale e di slanci lirici , e così vagamente risolto sul piano del racconto , che il film assume il carattere di un ' agenda di fatti personali ; certamente di grande interesse per l ' intellighenzia che si diverte a riconoscere , fra gli interpreti , artisti e scrittori del bel mondo romano , poco più di un amabile gioco cabalistico per il grande pubblico , costretto a dibattersi in una rete di simboli e di citazioni che vanno da Lukács a Giorgio Pasquali . Il film consiste grosso modo di due episodi , ambedue interpretati da Totò e dal giovane Ninetto Davoli : due figure picaresche assunte a simbolo dell ' umanità incamminata verso l ' ignoto . In un paesaggio di periferia , i due , padre e figlio , si aggirano fra le borgate ; nei loro strani incontri si ricapitola l ' assurdità del mondo contemporaneo , dove l ' antico mistero della vita e della morte si intreccia alle sorprese dei nuovi costumi , e ne nascono interrogativi sul destino di fronte ai quali i due innocenti pellegrini rimangono muti . La realtà è così indecifrabile che in loro non desta alcuna , sorpresa l ' arrivo di un corvo parlante . L ' animale dichiara di venire dal paese di Ideologia , d ' esser figlio del dubbio e della coscienza . E racconta a suo modo un fatto accaduto nel Milleduecento . Ora Totò è frate Ciccillo , che insieme al giovane frate Ninetto ha avuto da san Francesco l ' ordine di predicare l ' amore agli uccelli . Come dirla , bisogna intanto imparare il linguaggio dei pennuti . Dopo un armo d ' immobilità e di preghiera , frate Ciccillo canta vittoria ; in un colloquio fatto di stridi trasmette ai falchi il messaggio evangelico . Un altro anno di meditazione , quanto basta per capire che i passeri si esprimono saltellando , e il contatto è stabilito , con una specie di balletto , anche con quei mansueti uccellini . Ma la predicazione non dà frutti , perché i falchi continuano ad azzannare i passerotti . Addolorati e delusi , i due frati si convincono che questa è la fatalità del mondo , la sopraffazione dei deboli . « Bisogna cambiarlo , il mondo » , ribatte san Francesco , e li manda a ricominciare tutto da capo . Vale a dire , spiegherà Pasolini , che le singole classi sociali possono essere singolarmente evangelizzate , ma non sono ancora sufficientemente educate a rispettarsi fra loro . Con tanti saluti alla lotta di classe . ( E infatti Pasolini farà sapere che le parole del suo san Francesco riecheggiano le considerazioni sulla pace espresse da Paolo VI all ' Onu ) . Secondo episodio , sul tema . dell ' egoismo e del diritto di proprietà . Dopo essere stato preso a fucilate perché ha abusivamente concimato un campo , ed essersi visto ripagato con una patacca ( antifecondativi fuori uso in luogo d ' un callifugo ) dell ' aiuto prestato a una compagnia di guitti , Totò si presenta , in veste di padrone di casa , a una povera donna , e per sfrattarla assume il tono del più spietato uomo d ' affari . Ma poco dopo , sempre accompagnato dal corvo chiacchierone , tocca a lui prostrarsi , in veste di debitore insolvente , a un riccone che sta offrendo un party intellettuale . Stesi a terra , lui e Ninetto , da minacciosi cani lupo , supplicano pietà . Riprendono il cammino , assistono ai funerali di Togliatti ( un inserto di cinegiornale che ci ripaga , con la sua verità , degli apologhi cifrati ) , si svagano , padre e figlio , con una sgualdrinella di nome Luna . E finalmente , ammazzano il corvo saccente che per tutto il tempo ha continuato a fare sfoggio di dialettica marxista , se lo mangiano e continuano il viaggio . Con l ' aiuto del libro che Pasolini ha dedicato al film si viene a sapere come sotto il velame sia da intendere che l ' umanità nel suo procedere verso un orizzonte ignoto divora quel che deve divorare ; in questo caso un certo razionalismo ideologico di tipo stalinista , ormai superato ma non tanto da non servire di nutrimento , ecc. ecc. È che il discorso degli anni Cinquanta è superato dal messaggio giovanneo . Orbene . Impenetrabile ai più nello sterpeto delle metafore , Uccellacci e uccellini è uno scherzo surreale ( imparentato talvolta con Zavattini ) , un girotondo fittiziamente popolaresco , in realtà uno sfogo personale che rivela ancora una volta i guasti portati dal sovraccarico di cultura in una personalità artistica sempre notevole sul piano dell ' immediatezza espressiva . Anche chi , e saranno i più , non riuscirà ad afferrare i nessi logici e i sottintesi del film ( il commento musicale alterna canti della Resistenza a brani classici ) , sarà infatti colpito dal buffo delle situazioni , dal controcanto ironico di Ninetto , dalla precisione con cui il paesaggio - il romanico di Tuscania soprattutto - è chiamato a evocare un ' atmosfera di grottesca magia ( ma il vecchio difetto , il racconto bloccato da certi estetismi , la trasandatezza della recitazione in attori usati soltanto come isole decorative , Pasolini non l ' ha perso ) . E il resto lo fa Totò , che col suo impagabile istinto comico , servito da una mimica stavolta magistralmente controllata , riassume e affranca il film mutando un personaggio bislacco nella vivente idea dell ' assurdo .
Il lavoro dei pataccari ( Giordano Mario , 1998 )
StampaQuotidiana ,
Il 28 febbraio 1996 un giornalista chiese a Romano Prodi : " Che cosa farà appena nominato presidente del Consiglio ? " . E lui : " Convocherò una grande conferenza nazionale sul lavoro " . Il 14 aprile , sentendo aria di vittoria elettorale , Prodi ribadì : " La sera del 21 aprile cominceremo a organizzare la conferenza per il lavoro " . La conferenza per il lavoro non si è mai svolta . Fu convocata per settembre '96 , ma il governo vi giunse impreparato . " Rimandiamola a ottobre " , dissero . E così avvenne , ma a ottobre il governo era di nuovo impreparato . La conferenza , allora , fu rinviata a febbraio , poi a marzo , poi a Fregene , perché arrivò aria di vacanza e le conferenze non sono per nulla balneari . Il governo , comune , era impreparato . Con l ' arrivo dell ' autunno si ricominciò a parlare del Grande Appuntamento . Ma il governo era impreparato e così si decise di rimandare a febbraio . Poi si disse : " Meglio marzo " . Ora Antonio Bassolino , mente pensante dell ' Ulivo al Sud e sindaco di Napoli , la città che dovrebbe ospitare la conferenza , manda un messaggio al governo : " Per cortesia rimandate ancora la conferenza . È inutile farla a marzo perché non sarebbe ben preparata " . Se ne parla da due anni , il governo continua a essere non preparato , la disoccupazione continua a crescere . Noi non crediamo alle conferenze sul lavoro . Anzi , siamo convinti che le conferenze diano lavoro soltanto a chi le organizza . Per cui non abbiamo nessun interesse che il Grande Appuntamento veda la luce . Saremmo più lieti se vedesse la luce una sensibile riduzione della pressione fiscale , che è l ' unico modo per far saltare fuori occupazione sana e vera , altro che i pacchi di Treu . Però se davvero il governo ha scelto come linea politica quella di uccellare gli italiani , almeno la sappia perseguire con coraggio fino in fondo . Chiami a raccolta le truppe cammellate , convochi tre o quattro relatori ammanicati , dieci sindacalisti , l ' imprenditore da far da contraltare , il ministro , la passerella per Prodi , Sant ' Antonio Abbassolino , e via , il gioco , pardon , la conferenza è fatta . Magari arriva anche un illuminante messaggio di Scalfaro : " La disoccupazione è un male per il Paese " . Suvvia , è il vostro mestiere . Dobbiamo insegnarvelo noi ? I Tg sono già schierati , c ' è l ' inviato di Repubblica con i polpastrelli già sbrodolanti , gli atti del convegno si possono far pubblicare ad un editore amico , forse ci sarà anche una relazione di Norberto Bobbio che , da quando ha spiegato perché non parla più , non perde occasione di parlare ancora . Fra le tante carnevalate che si vedono in giro non sarebbe nemmeno la peggiore . Certo , non servirebbe a nulla . Ma sono abituati ai fiumi di parole , che non servono a nulla . E se non c ' erano abituati , due anni di Ulivo sono stati una specie di training intensivo . Vogliamo ricordare ? Il ministro Treu : " Nel '96 creeremo 400mila posti di lavoro al Sud " ( 1 gennaio '96 ) . Il vicepremier Veltroni : " Nei primi cento giorni del governo prenderemo tre provvedimenti . Primo : lavoro per i giovani nel Sud " ( 1 maggio '96 ) . Il ministro Bersani : " Già nelle prossime settimane daremo forti segnali di cambiamento nel settore dell ' occupazione " ( 11 luglio '96 ) . Ancora Veltroni : " Il nostro vero nemico è la disoccupazione " ( 18 luglio ) . Ancora Treu : " Nel '97 tutti gli sforzi sanno concentrati sulla disoccupazione " ( 3 genaio '97 ) . E ci fermiamo qui soltanto per non sprecare , carta , inchiostro assai più utili di queste dichiarazioni . Del resto , che il vero nemico di Veltroni sia la disoccupazione è una realtà seppur in senso più privato che pubblico : il vicepresidente non si capacita del fatto che qualcuno gli abbia dato un lavoro . Nemmeno noi , se per questo Ma , appunto , alle promesse mancate gli italiani si sono abituati , Ciò che non si aspettavano è questo : qui si manca addirittura l ' appuntamento con le promesse . Che il governo sia impreparato per la lotta contro la disoccupazione purtroppo ormai non è più un ' opinione , ma una statistica Istat : ora scopriamo anche che è impreparato a organizzare una conferenza per parlare della lotta alla disoccupazione . A loro mancano persino le parole . Figurarsi a noi . Il continuo rinvio della conferenza per l ' occupazione è , di per sé irrilevante negli effetti pratici , assume perciò un significato storico nel grande processo di gabellamento del popolo italiano . Siamo arretrati a questo : non arriviamo più nemmeno più alle vecchie e bugiarde promesse . Ora si promette che un giorno si prometterà . E poi non si mantiene . È una specie di scatola cinese della fanfaronata , l ' ingegneria finanziaria applicata alla burla , la holding della patacca . Che farebbe anche ridere se non fosse per un particolare : siamo tutti costretti a esserne azionisti .
StampaQuotidiana ,
Che la letteratura fosse la cattiva coscienza del cinema si sospettava da tempo . Oggi , all ' aurora della civiltà dell ' immagine , ecco il cinema farne pubblica confessione con un film che affida al libro , proprio in polemica con i mezzi audiovisivi per le comunicazioni di massa , la funzione di richiamare l ' uomo ai valori della cultura e della morale individuale . Ma senza tediosi sermoni ; anzi con una favola che chiude in sorridente paradosso il monito dell ' allegoria . L ' invenzione è del romanziere Ray Bradbury , uno dei capofila della fantascienza americana . Riprendendo uno spunto di Orwell , e sposando una profezia di Apollinaire , per il quale fra un secolo o due il libro sarà morto , in Fahrenheit 451 ( in Italia il libro s ' intitola Gli anni della Fenice ) egli immagina una società - non troppo spostata nel futuro , diciamo verso il 2050 - in cui la carta stampata è proibita . Convinti che i libri , polveriera di idee e di emozioni , sono una minaccia alla felicità collettiva assicurata dallo sviluppo tecnologico , i governanti ne hanno infatti vietati la stampa e il possesso . Le notizie giungono attraverso grandi schermi televisivi adattati ai muri delle stanze , i giornali sono fatti di strisce senza parole . Chi possiede un libro è senza meno un eretico asociale , e arrestato . Per far osservare la legge i pompieri perquisiscono le case e i passanti , e appiccano il fuoco ai libri con gli stessi strumenti che in passato servirono a spengere le fiamme . I loro simboli sono la salamandra e il numero 451 , perché a questa temperatura la carta s ' incendia . Montag , uno dei pompieri , ha sinora mostrato perfetto senso del dovere . Benvoluto dal capo , sta addirittura per ottenere una promozione . Ma d ' un tratto la sua coscienza di piromane s ' incrina ; ha cominciato a chiedersi perché Linda , sua moglie , abbia tanto bisogno di pillole stimolanti ( per un eccesso di dose ha rischiato di morire ) , e ha incontrato una maestrina , Clarissa , tanto diversa dalle altre donne , che l ' ha indotto nella tentazione di sottrarre al rogo uno dei libri , per leggerlo di nascosto . Montag , tuttavia , interrogandosi sul perché la scienza e la tecnica non siano evidentemente riuscite a cancellare dal mondo dolore e stupidità , è ormai in trappola . Trafuga un David Copperfield , e nottetempo , all ' insaputa della moglie , prende a compitarne le pagine . La sconcertante esperienza lo porta a riflettere che Clarissa non è affatto una malata di mente , come i medici hanno sostenuto per allontanarla dall ' insegnamento , bensì un ' anima sensibile che non è riuscita a integrarsi nella società ; soltanto più tardi capirà che la ragazza è anche l ' emissario di un singolare gruppo di patrioti , esuli volontari nei boschi . Ormai guadagnato alla causa , Montag passa tutte le notti , come un monaco certosino , chino sui capolavori del passato che si è portato in casa . Sconvolto dall ' aver assistito al suicidio d ' una donna che ha preferito morire bruciata fra i suoi libri anziché esserne separata , il piromane pentito depone ogni cautela : si rivela alle amiche della moglie come un fuorilegge . aiuta Clarissa , ricercata dalla polizia , a distruggere l ' elenco dei cospiratori che possiedono libri , e annuncia di volersi subito dimettere dal corpo dei pompieri . Ma ormai Linda lo ha denunciato : sarà contro la propria casa che Montag dovrà compiere l ' ultima spedizione punitiva . Dato fuoco ai libri e ai mobili , volge il lanciafiamme contro il capo dei pompieri . che brucia nel rogo della casa ; e invano inseguito dagli uomini volanti della polizia si rifugia in un bosco . Qui , appunto , un gruppo di barboni continua la lotta in modo stravagante : ciascuno di loro , prima che i libri fossero distrutti , ha imparato a memoria un capolavoro della letteratura e della filosofia , ed è divenuto esso stesso un uomo - libro che per via orale trasmette alle nuove generazioni , col sapere antico , le ragioni dello spirito . Nel cuore della foresta , ristabilita l ' intesa fra natura e cultura , Montag sarà Racconti straordinari di Poe , e Linda le Mémoires di Saint - Simon . Preso il soggetto dal romanzo di Bradbury , sfrondatolo di qualche figura ( Faber , il Segugio Meccanico ) il francese Frangois Truffaut esordisce nel colore , sotto bandiera britannica , con un film molto più personale di quanto sembri , dove ironia e commozione sono fuse in un racconto di estrema semplicità dal quale è esclusa ogni pesantezza moralistica , a tutto vantaggio di uno spettacolo originale e divertente , usato come esorcismo contro gli spauracchi del futuro . Con molta intelligenza egli ha cominciato con l ' ambientarlo in una città indeterminata ma in tutto simile alle nostre , cioè sottraendosi alle più balorde lusinghe della fantascienza . Gli elementi avveniristici , soprattutto nell ' arredamento della casa di Montag , o si limitano ai più probabili sviluppi della tecnica di oggi , o sono usati a fini satirici , come nel caso di certi programmi televisivi nei quali si inserisce come attrice , restando in poltrona , la moglie di Montag . La sola bizzarria consiste nel non farci leggere i titoli di testa , in omaggio al principio che nel film ogni parola scritta è proibita . L ' unico trucco , gli uomini volanti , gli serve ad accentuare il contrasto fra i mezzi di cui dispone la forza pubblica e le risorse morali che sostengono la vita zingaresca degli uomini - libro . Poi ha inserito nel racconto vari riferimenti alla società contemporanea . Clarissa va in minigonna , i capelloni continuano a essere strapazzati dalle autorità , il tostapane serve da nascondiglio per i libri tascabili . Su un piano generale , tutto il film riecheggia del resto gli anni della Resistenza , i metodi usati dalle tirannie per imbottire i cervelli , e l ' odio teologico contro la cultura ( senza risalire alla biblioteca di Alessandria e ai roghi dell ' Inquisizione , pensiamo ai nazisti e alla Pechino di oggi ) . Infine Truffaut ha dato ai suoi personaggi gesti e tratti psicologici che stilizzano i nostri : il fanatismo del capo dei pompieri , l ' arrivismo vile di Linda , la nevrosi di Montag e di Clarissa , la forza morale dei partigiani . Tutto ciò , espresso con naturalezza nella recitazione , gli consente di far risultare con maggiore evidenza il paradosso , ma anche di far ' trasparire sensi umanissimi dietro l ' arguzia allucinante del racconto . Quando infatti Montag , nella foresta , si affianca ai nuovi compagni di fede , l ' emozione ha un grado di intensità che non coinvolge soltanto gli spettatori intellettuali , gli editori e i librai ; più d ' un ciglio , stasera , era umido . Per la prima volta , quest ' anno , a Venezia . Narrato con stile piano , oggettivo , dove realtà e fantasia si amalgamano con armoniosa scioltezza , Fahrenheit 451 ha un raro equilibrio fra dramma e commedia , e nell ' ultima parte , quando bussa al cuore , si avvicina alla poesia . L ' esempio più probante è proprio qui , quando per perpetuare Orgoglio e pregiudizio il regista sceglie due uomini - libro gemelli . Sembra una freddura , e invece è il sorridente sigillo di un ' operazione di contrappesi condotta senza presunzione da Truffaut lungo tutto il film con una grazia e una disinvoltura che gli derivano dall ' assenza di pseudo - problemi , nella giusta certezza che bastasse avanzare un ' ipotesi così allarmante come quella della distruzione di tutti i libri del mondo per commuovere in allegria . Non vogliamo dire che Fahrenheit 451 è un capolavoro del cinema . Però , come sul piano tecnico offre soluzioni eccellenti ( soprattutto nell ' uso del colore e delle scene girate con tre macchine da presa ) , come è saggio e divertente per il catalogo dei frontespizi da salvare - unico italiano , Il principe , - come ci offre un ' interpretazione di Julie Christie , nella doppia parte di Linda e di Clarissa e di Oskar Werner ( un Montag giustamente anti - eroe ) , di Cyril Cusack ( il simpatico capo dei pompieri ) , molto più omogenea di quanto facessero temere le liti scoppiate sul set fra Truffaut e Werner ; come infine conferma le radici neoromantiche di Truffaut nella musica di Bernard Herrmann ; così si guadagna simpatia e gratitudine per l ' estro garbato con cui pronuncia un invito all ' umanesimo , celebra un elogio della carta stampata che in questo preciso momento coinvolge anche voi .
StampaQuotidiana ,
Ho appena ricevuto il rapporto annuale che il Fraser Institute , un centro di ricerca canadese , in collaborazione con istituzioni analoghe di 47 paesi , pubblica sullo stato della libertà economica del mondo ( Economic Freedom of the World 1997 ) . Il rapporto costruisce un indice di libertà economica per i vari Paesi , analogamente a quanto fanno anche altre due fondazioni americane : la Freedom House e la Heritage Foundation in collaborazione col Wall Street Journal . Com ' è evidente , la misura dell ' indice di libertà economica presenta notevoli difficoltà , ed è quindi comprensibile che si abbiano opinioni molto diverse circa il modo migliore di quantificarlo . Infatti , gli indici dei tre rapporti sono costruiti in base a criteri differenti . Tuttavia , queste differenze metodologiche che intercorrono fra le tre misurazioni dell ' indice di libertà economica non ci interessano in questa sede , perché , malgrado queste differenze di metodo , tutti e tre gli indici forniscono un ' indicazione sconsolante per ciò che riguarda il nostro Paese . Secondo la classifica dei Paesi per il 1995 , curata dal rapporto del Fraser Insitute , infatti , l ' Italia si colloca al 55° posto , a pari merito con la Colombia , la Lituania e l ' Ecuador . Fra i 15 Paesi membri dell ' Unione europea siamo al penultimo posto , precedendo solo la Grecia . Gli altri due rapporti forniscono indicazioni simili . Questo dato non stupirà , credo , nessuno . Siamo tutti consapevoli dell ' enormità delle vessazioni che ci vengono imposte : una mole insensata di restrizioni legislative e amministrative alle attività economiche , una congerie di imposte , tasse , tributi e balzelli vari . Ma , soprattutto , l ' utilizzazione della maggior parte del nostro reddito è decisa da politici e burocrati anziché da noi . Infatti , immancabilmente , oltre il 50% del reddito prodotto ogni anno è stato fagocitato dalla spesa pubblica , assorbito dai canali politico - burocratici e sottratto ai singoli , alle famiglie e alle imprese . In particolare , nel 1996 il settore pubblico ha assorbito il 53,6% del Pil e soltanto il 46,4% è rimasto in mani private . Se consideriamo la libertà di utilizzare il proprio reddito come fondamentale caratteristica di un ' economia libera , il che mi sembra del tutto ovvio , l ' Italia è un ' economia libera , privata , di mercato per il 46,4% , ma è statalizzata , collettivista , socialista per il 53,6% . Né il problema riguarda soltanto l ' utilizzo del reddito prodotto , cioè il livello della spesa pubblica e delle tasse , ma investe persino la proprietà dei mezzi di produzione . Un paio di anni fa , il settimanale inglese The Economist , in uno studio sull ' economia della federazione russa sostenne che l ' economia russa è più privata di quella italiana ! E ancora , la diffusione della proprietà azionaria , che costituisce uno degli indicatori principali del carattere " capitalistico " dell ' economia , è in Italia assolutamente marginale . Basti pensare alle dimensioni della nostra Borsa , il cui valore capitalizzato rappresenta poco più del 25% del prodotto interno lordo - ridicolo se raffrontato all ' oltre 150% della Gran Bretagna e all ' oltre 120% degli Stati Uniti . Basso indice di libertà economica , spesa pubblica che assorbe oltre la metà del reddito , tassazione da confisca , un settore pubblico gigantesco , ingordo e inefficiente , diffusione minima della proprietà azionaria : se dovessimo classificare l ' economia italiana non avremmo elementi per definirla " di mercato " o " capitalistica " . Guardando a questi dati , dovremmo concludere che l ' Italia è un ' economia da socialismo reale , un Paese collettivizzato , dominato dalla burocrazia , dallo statalismo , dal dirigismo , dalla fiscalità . Se è vero che l ' inefficienza pubblica da un lato e la parsimonia , la laboriosità e la creatività del nostro popolo dall ' altro sono riuscite a salvaguardare un po ' di libertà economica e benessere in questo nostro Paese , è anche vero che dobbiamo invertire la rotta . Non possiamo più permetterci gli sprechi e le inefficienze di un settore politico - burocratico onnipresente e sprecone , né possiamo rassegnarci alla decadenza cui ci sta condannando lo statalismo . Lo dobbiamo a noi stessi e ai nostri figli : dobbiamo alleggerire il fardello pubblico per consentire all ' economia privata di riprendere la sua corsa verso il progresso . Quanto prima riusciremo a farlo , tanto meglio .
StampaQuotidiana ,
Non c ' è nulla di temerario nell ' idea d ' un nuovo film sulla Bibbia . Da secoli le arti figurative si ispirano al Libro dei libri , tentando di tradurne la lettera in linguaggio visivo e renderne il senso immediato . Ovvio che anche il cinema , il più moderno dei mezzi espressivi , e in potenza il più ricco , voglia di tanto in tanto provare il proprio fiato su quelle pagine venerabili . Temeraria , invece , sempre , è l ' ambizione di trarne uno spettacolo che ne conservi la molteplicità , la profondità di significati , e ne rispetti il valore ultimo e supremo di parola sacra . Biblico peccato d ' orgoglio . Oggi soprattutto , che l ' alleanza fra Dio e l ' uomo è spezzata , tutti i frutti del male son colti , l ' attesa di un messia si è convertita in angoscia atomica . Meglio : oggi che l ' idea poetica dell ' avvento ci scalda a un livello spirituale tanto segreto da impedire alla alterigia razionalista , al pudore , di sperare che l ' antico messaggio sia diretto anche a noi . In più , la natura e lo stile della Bibbia , dove s ' intrecciano il mito e la storia , e una prosa succinta , una sintassi tutta cose , radunano immagini e fatti secondo remoti schemi narrativi e psicologici . Ancora : la sublimità del simbolo , per cui il pomo offerto dal serpente , la lama di Abramo su Isacco sono insostenibili alla ragione e alla morale di oggi , e vederli in misura concreta molto distrae dal loro vero significato emblematico di rivolta e ubbidienza . Nonché soffrire , la Bibbia si spegne quando il suo nucleo tragico , appena percettibile con l ' emozione poetica , è spicciolato da un illustratore che non partecipa ( proprio per insufficienza strumentale ) della sua densità espressiva , e crede di assorbirne il contenuto misterioso nella solennità della forma . Più il testo è risolto in spettacolo sontuoso , e meno agisce dall ' interno ; più colpisce l ' occhio e meno incide sul sentimento . Un film sulla Bibbia , allora , va concepito e realizzato in umiltà , nell ' augurio che l ' abile operazione commerciale commuova per vie traverse : mormori la memoria di Dio , rinfreschi la presenza di un mito drammatico , realizzi un ecumenico consenso sul valore del sacro nella società contemporanea nonostante la natura di un linguaggio che tradisce per mille vie la propria origine profana . Questo è il punto : in quale misura La Bibbia di De Laurentiis e di Huston , anzi il cinema dei colossi religiosi , riesca ad esprimere essenze ineffabili con dati visivi consunti dall ' uso , possa reinventare una verginità percettiva dello spirito , e darci , oltre la scorza lucente , il sapore della polpa poetica , quella epopea del dolore e della speranza cantata nel Libro da figure senza volto . Perché è vero che l ' Antico Testamento ha qualità sceniche e narrative straordinarie , ma soltanto finché la struttura è stilizzata in una zona astratta della realtà , nell ' infanzia del sentire ; date capelli biondi e guance rase ad Adamo , chioma soave e anca flessuosa ad Eva , vizioso ceffo a Nimrod , a Sara il volto di Ava Gardner , e così via , e tutta la molla del mito si scarica in uno scatto irreparabile . Ebbene , questa Bibbia è quanto bisognava attendersi da un ' industria che secondo la propria logica interna intende Iddio come un prodotto di consumo per i grandi mercati internazionali , e non può o non vuole correre il rischio di innovare , di andar contro gli schemi mentali e rappresentativi della tradizione illustrativa popolare , di rompere i luoghi comuni che danno un infantile senso di sicurezza alle folle ( infatti il Vangelo di Pasolini ha dato scandalo ) . Era ineluttabile che scelto come sceneggiatore Christópher Fry , lo stesso di Barabba , e respinta come troppo intelligente l ' interpretazione vibrante di modernità proposta da Bresson , e finalmente chiamato il versatile John Huston a seguire gli ordini di De Laurentiis , La Bibbia veleggiasse lungo i lidi sicuri della convenzione , annullasse quasi ogni scintilla di fantasia creatrice nel dogma del gigantismo , del bell ' effetto , d ' una suggestività traslucida , sempre nella speranza di acquistare con la moneta della stereofonia e dello schermo panoramico un ' equivalenza poetica alla quale soltanto un autore di fortissima personalità avrebbe forse potuto avvicinarsi . È un fatto che se il film , nonostante i molti palpiti visivi , manca di illuminazioni morali , storiche e religiose è perché gli stimoli emotivi , lirici e culturali , sono disciplinati sino alla inerzia nei binari di una cauta invenzione , soffocati dall ' enfasi della musica e soprattutto dall ' avere applicato stereotipi ormai logorati dal cinema in costume ( nel taglio narrativo , nella recitazione , nell ' uso di luci e colori ) a un testo che avrebbe giustificato qualunque arditezza . Se facendo di necessità virtù dobbiamo insomma inserire il colosso in uno dei più lavorati filoni del cinema di massa , e metterlo nella famiglia dei Dieci comandamenti , di Ben Hur , di Barabba , diciamo che La Bibbia ha , accanto al merito d ' una maggiore serietà d ' impianto , un sensibile svantaggio nella minore compattezza , e nell ' accumulo degli stili , per cui si trapassa dalla cartolina cromata al terribilismo naturalistico , dal bozzettismo dell ' aneddoto al grave realismo dell ' epopea , dal pittoresco delle maschere all ' intimismo degli affetti domestici . Mancando di unità linguistica ( l ' unico filo è dato dalla voce di Dio incarnatasi in Arnoldo Foà ) , La Bibbia si offre dunque come una Genesi a puntate , non più in brossura ma in marocchino rosso , e dove tuttavia la sostanza teologica è diluita , nella sua accezione letterale , per il pubblico della cultura a dispense . Allora il racconto si giudica per capitoli , via via che l ' immaginazione degrada dal mito alla storia : la Creazione , la Cacciata , Caino e Abele , Noè , la torre di Babele , Abramo . E nel primo l ' alba dell ' universo , la nascita dell ' uomo , e come è risolto il problema del diavolo - serpente , scuseranno l ' insipidezza di Adamo ed Eva , la splendida ovvietà paesistica dell ' Eden , le occhiate dei progenitori , il morso al frutto proibito , i muscoli di Caino ; in Noè ( interpretato ai limiti della macchietta da Huston stesso ) lo strepito dell ' Arca , certi arguti passaggi , faranno risaltare la piattezza della famiglia , quel suo lasciarsi docilmente manovrare dal regista per non dar ombra al patriarca ; a Babele , ammirata la fabbrica immensa , si toccherà il grottesco nell ' abbigliamento da retrobottega teatrale , nel pallido estro dei truccatori , nelle battute in lingua artificiale . E così si arriva alla storia di Abramo , alle sue espansioni coniugali con Sara a ritmo di versetti , alla schiava che si contempla l ' ombra del ventre , al suo maligno offrire fichi secchi e uva passa all ' annosa padrona : atroci rivincite di un repertorio inzuppato di qualunquismo lessicale e figurativo . Finché , procedendo l ' altalena , dal limpido passaggio degli angeli ( ecco un momento di riuscita levità ) alla turpe rappresentazione di Sodoma ( ecco sfrenarsi la carnevalesca voluttà delle vernici , con acconcio commento di gemiti erotici ) , si tocca l ' estrema zattera di salvataggio : lo strazio di Abramo in un monologo vagamente shakespeariano fra le livide rovine di Sodoma - l ' idea non per nulla è di Orson Welles - e l ' angoscioso sacrificio del piccolo Isacco . Dove la puntualità del ricatto sentimentale non impedisce di riconoscere che il film , sinora sorretto su suggestioni scenografiche chiamate a nascondere la zavorra del dialogo interpolato al testo originario , trova finalmente il sigillo della classe di Huston , un lampo di commozione nell ' austera semplicità d ' un tramonto . Cosa resta dopo quasi tre ore di proiezione ? La nostalgia per le miniature squisite con cui durante dieci secoli monaci e artisti hanno cantato in penombra le lodi del Signore , la dolce memoria dell ' infanzia che coglie l ' immagine nella parola , l ' onore di un libro che col minimo dei mezzi raggiunge un ' espressività inattingibile altrimenti . Fatti i conti , posti su un piatto lo sconforto per l ' impotenza di confrontare la luminosa , la terribile concisione dei versetti alla magniloquenza del technicolor , e sull ' altro il gusto delle platee per ogni messa in scena governata dai miliardi , la bilancia segna il peso e il carattere d ' una civiltà che dissipa nella labilità della visione ogni residua virtù interiore . Ma è il nostro mondo che ci dà questa Bibbia : prima di lamentarci , uno per uno guardiamoci allo specchio . Saremo benevoli .
StampaQuotidiana ,
Non creiamoci soverchie illusioni : l ' Enel non sta per essere privatizzata e al suo posto non sta per subentrare un sistema competitivo di mercato . Quanto sta accadendo è in larga misura un cosmetico rimescolamento delle carte , non la fine del monopolio pubblico . Tuttavia , pur trattandosi soltanto di un primo , timido e contraddittorio passo verso una restituzione del settore al mercato e alla disciplina della concorrenza , non sarebbe male che guardassimo indietro e valutassimo l ' enorme significato simbolico dell ' operazione . Si tratta dell ' ennesima conferma della fine di un mondo , di una ideologia , di una impostazione politica . Per comprenderlo , è necessario rifarsi al dibattito che contrassegnò la nascita dell ' Enel . Gli anni Cinquanta , com ' è noto , furono anni di grandi successi economici . In quel decennio venne riconquistata la stabilità del potere d ' acquisto della moneta : l ' inflazione , che nel decennio 1940-49 era stata in media pari a quasi il 65 per cento l ' anno , venne sconfitta . Fra il 1950 e il 1959 il tasso medio annuo d ' inflazione scese a circa il 3% e la nostra lira andò consolidandosi fino a ottenere il premio per la moneta più stabile in Europa . Il disavanzo pubblico , che nel 1950 era stato pari a quasi 500 miliardi ( oltre il 4,5% del prodotto interno lordo ) , andò rapidamente diminuendo : nel 1961 fu di 357 miliardi , l'1,4% del Pil . Il debito complessivo scese dai 4.800 miliardi del 1950 , pari al 52% del Pil , ai 9.286 del 1960 , pari al 37,4% del Pil . Furono cioè anni di rigore finanziario e di politica monetaria prudente e , smentendo il coro unanime degli economisti di sinistra , quella politica di rigore non solo non produsse ristagno e disoccupazione ma si tradusse al contrario in un fattore di poderosa crescita economica : la disoccupazione diminuì sensibilmente ( nel 1960 il tasso di disoccupazione diminuì sensibilmente ( nel 1960 il tasso di disoccupazione era inferiore al 4% ) e il tasso di sviluppo fu talmente elevato ( in media quasi il 7% reale l ' anno ) che da più parti si gridò al miracolo . Quelli sono , infatti , ancora indicati come gli anni del " miracolo economico " . Ma non c ' era nulla di miracoloso in quel successo : si trattava semplicemente delle conseguenze previste di una politica liberale di rilancio del mercato , di incoraggiamento al risparmio , di stabilità monetaria , di bassa fiscalità , di assenza di sprechi pubblici , di limitatissima ingerenza della politica nell ' economia . Tutti i Paesi che hanno seguito quell ' impostazione hanno ottenuto , sia pure in diversa misura , gli stessi positivi risultati . La verità è che il successo degli anni Cinquanta irritò , e non poco , le sinistre : come mai , si chiedevano i più onesti fra loro , una politica diametralmente opposta a quella da noi proposta ottiene risultati così positivi ? Nacque allora negli ambienti delle sinistre comuniste , socialiste e cattocomuniste un nuovo slogan : i Cinquanta saranno magari stati gli anni del " miracolo economico " ma ora è necessario un " miracolo sociale " , è necessaria un ' " apertura a sinistra " , una svolta nella politica economica , con l ' abbandono delle " vecchie e superate " ricette dell ' economia liberale e l ' adozione di formule economiche " moderne " , più consone ai tempi . Fu in questo clima che nacque il centrosinistra , l ' alleanza fra marxisti e democristiani che da quasi 40 anni malgoverna l ' Italia . La svolta politica significò l ' abbandono della prudenza finanziaria e del contenimento dell ' invadenza pubblica , ma il simbolo maggiore del cambiamento fu proprio la nazionalizzazione dell ' energia elettrica , la creazione dell ' Enel . Quella infausta operazione fu fortemente voluta , specie dai socialisti , sia per sottolineare il passaggio da un ' economia di mercato a un ' economia statalista e pianificata , come venne apertamente dichiarato , come " strumento per scardinare la struttura della società capitalistica " . Può apparire incredibile oggi , a distanza di oltre 35 anni , che circolassero allora e fossero popolari idiozie del genere , ma è così . Raccomanderei a chi oggi trova deprimente la mancanza di idee sensate a sinistra di leggersi i discorsi di allora : sono un autentico stupidario . Dilapidammo 3.000 miliardi di allora ( circa 55.000 di adesso ) per soddisfare i pruriti ideologici delle sinistre , elevando un carrozzone inefficiente , burocratico , costoso e corrotto a simbolo di una nuova era , più saggia , progressiva , moderna . Per questo , lo smantellamento dell ' Enel , anche se non costituisce affatto una vera privatizzazione né un ' autentica liberalizzazione , ha per me liberista lo stesso , gratificante significato della caduta del muro di Berlino o della demolizione delle statue di Lenin : un mostruoso totem del fanatismo statalista viene finalmente demolito . Il resto , speriamo , verrà dopo .