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Leo Longanesi ( Montanelli Indro , 1952 )
StampaQuotidiana ,
Fu nel settembre del 1943 che Leo Longanesi perse la migliore occasione , presentataglisi sino ad allora , di liberare il mondo dalla sua piccola , ma ingombrante presenza . I tedeschi avendo occupato Roma , dove in quel momento abitava , e avendo affidato la polizia a certe bande di fanatici neofascisti , Longanesi decise di attraversare le linee e di cercare rifugio nel Sud già liberato . Operazione non facile e di dubbi risultati , anche se fosse riuscita . Perché se Leo aveva molto da temere dai fanatici neofascisti di Roma , non meno aveva da temere dai fanatici antifascisti di Bari e di Napoli . Per i primi , egli era l ' ispiratore di tutti i movimenti di fronda sviluppatisi in seno al partito e al regime ; per i secondi , egli era il grande orchestratore di tutti i motivi e slogan , sui quali si era basata la propaganda del ventennio . Comunque , poiché quelli uccidevano , mentre questi mettevano soltanto in galera , Longanesi decise di tentare la sorte e , raggiunto in treno l ' Abruzzo , proseguì a piedi sino a una località che , pur senza più appartenere all ' Italia occupata , non apparteneva nemmeno ancora a quella liberata e che quindi era sottoposta alle bombe degli uni e degli altri . In quel grandinio di proiettili , Leo , senza più altra bussola che il proprio istinto , si mise a scappare come un topo saltando da un filare di viti a uno di ulivi , finché gli parve di aver trovato rifugio sotto uno sbrecciato muraglione , ultimo resto di una casa crollata . Accucciatosi lì mentre le granate sibilavano tutt ' intorno , risalì con gli occhi , per assicurarsi della sua consistenza , lungo quel riparo di pietra e di calcina , finché essi si posarono su una scritta in catrame che , lassù in alto , aveva resistito anche all ' artiglieria : « Il Duce ha sempre ragione » . Leo impallidì . Quella frase l ' aveva coniata lui quindici anni prima , e c ' era quindi alcunché di logico , o almeno di intonato alla Nemesi , che essa , seppellendolo , gli facesse da lapide ed epitaffio . Ma Dio , come ama i peccatori pentiti , così ha un debole per i fascisti ravveduti . E Leo poté cavarsela anche quella volta , con gran disturbo di tutti , e specialmente dei suoi amici che , senza di lui , avrebbero una vita molto più facile e meno degna di esser vissuta . Non vidi Leo a Napoli perché in quello stesso periodo , e per ragioni del tutto analoghe , io , dopo un doveroso soggiorno a San Vittore , mi trovavo in Svizzera ; ma ne ebbi notizia da certi ambienti monarchici che là frequentavo , riuniti intorno alla principessa Maria José , e che erano in contatto con quelli del Sud , riuniti intorno al principe Umberto , fra i quali Longanesi , appena giunto a Bari , aveva seminato lo sgomento e lo scompiglio . All ' ufficiale dell ' Intelligence Service che lo aveva interrogato , egli aveva risposto di essere sempre stato fascista , di esserlo ancora e di considerare tutti i capi dell ' antifascismo come un branco di sciocchi , che Mussolini aveva commesso il grave errore di lasciar sopravvivere . Dopo simili dichiarazioni , si pensò che lo avrebbero internato . Non lo internarono , anzi , lo mandarono a parlare alla radio con Soldati e Steno : e fu uno dei pochi atti intelligenti che i liberatori compirono . Ma era diventato impossibile servirsi di lui per la propaganda monarchica . Gli furono chiesti soltanto dei pareri . Egli diede quello di mandare il principe al fronte anche contro la volontà di suo padre e degli Alleati e di fargli sparare da qualcuno una revolverata in una gamba in modo che si rendesse obbligatoria l ' amputazione « sopra il ginocchio . Sopra , mi raccomando ; non sotto » . Poi Umberto avrebbe risalito l ' Italia mostrandosi in tutte le città e paesi e villaggi e campagne appoggiato alle stampelle « col pantalone della gamba mutilata chiuso sul moncone da uno spillobalia . Balia , mi raccomando » , mentre la principessa , dopo una congrua cura dimagrante , avrebbe dovuto esser ritratta in una fotografia , da riprodurre in milioni di esemplari , poveramente vestita , col volto dolente e i bambini in collo . « E niente dramma , eh ? Solo melodramma , mi raccomando ! » Quando Milano fu liberata , telegrafai a Longanesi di raggiungermici . « Sei sicuro che non m ' impiccheranno ? » , mi chiese . Gli risposi che a Milano nessuno lo conosceva e che il vento del nord continuava a soffiare solo in bocca a Pietro Nenni . Egli venne , ma , non so come , qualcuno lo vide appena sceso dal treno , e ne informò il giornale del partito d ' azione , il cui direttore ( che di lì a tre anni doveva presentarsi all ' editore Longanesi in veste di giovane autore , per supplicarlo di pubblicargli un libro ) diede incarico a qualcuno di scrivere un trafiletto contro il reprobo . Il trafiletto comparve l ' indomani . Era anonimo ; ma , appena lettolo , Leo ne riconobbe l ' autore , suo vecchio amico . Non disse nulla , sebbene a quei tempi essere additati al furore di una folla , che più ammazzava e più credeva di mondarsi del delitto di essere stata vibrantemente fascista , fosse pericoloso . Ma un paio di giorni dopo , mentre mi trovavo con Longanesi in un elegante caffè di Montenapoleone , il trafilettista comparve e , vedendomi senza accorgersi contemporaneamente della presenza di Leo , mi venne incontro a mano tesa e , dopo aver stretto quella mia , la porse , sia pure con un certo imbarazzo , anche a lui . Longanesi lo fissò un attimo ; poi , con l ' agilità di un misirizzi , balzato in piedi su un tavolo in mezzo alla folla degli avventori , che italianamente celebravano l ' avvenuta liberazione con gran bicchieri di panna montata alla faccia del defunto Mussolini che tirannicamente aveva loro impedito di mangiarla in pubblico ( ma non in privato ) sino a quel giorno , urlò , additando il suo accusatore : « Prendetelo ! È un antifascista !...» . E l ' antifascista , senza riflettere che in quel luglio del 1945 era per lo meno prematuro additare come tale qualcuno al linciaggio , se la diede a gambe . Leo Longanesi trascorre la sua vita ad aver torto oggi per il gusto di aver avuto ragione domani . Ma quando domani è diventato oggi , egli si dimentica di aver avuto ragione ieri , e anzi quasi se ne vergogna . « Io , antifascista ! ? » , protestava al tempo in cui il CNL imperversava . « Vorrai scherzare ! Ho i documenti in regola , io : squadrista , marcia su Roma , direttore dell ' " Assalto " di Bologna ... » , e sembrava che stesse compilando un curriculum vitae ad uso del Minculpop , con la stessa foga con cui , al tempo del Minculpop , proclamava : « Fascista , io ! ? ... Vorrai scherzare ! ... Cacciato via come " deviazionista " Ball ' " Assalto " di Bologna , direttore di tutti i giornali più soppressi d 'Italia...», e sembrava che stesse redigendo ( nel 1937 ) un curriculum vitae ad uso del CNL . In una borghesia che avesse la coscienza e il coraggio di se stessa , Longanesi occuperebbe il posto che in seno a quella inglese occupò Bernard Shaw e in quella francese Gavarni : poiché egli riassume in sé il genio panflettistico del primo e quello caricaturale del secondo . Poche cose , come l ' incapacità di sopportare lo specchio deformante in cui Longanesi l ' obbliga ad ogni passo a rimirarsi , denunziano la pochezza e la fralezza della borghesia italiana , che , come Mussolini suo naturale interprete e rappresentante , vede in ogni critica un atteggiamento di ostilità . « Lo hanno riprodotto sull ' " Avanti ! " » , dissero certi industriali lombardi , quando Leo ebbe pubblicato il suo terzo libro : Il destino ha cambiato cavallo , con lo stesso accento di sgomento con cui vent ' anni fa si diceva di un autore : « La " Pravda " ha parlato bene di un suo racconto ! » . E un signore si scusò di averlo frequentato , con queste parole : « Credevamo che fosse un amico e che servisse la "causa"...» . Pur con tutta la sua intelligenza , che di rado gli consente di sbagliare un pronostico , Longanesi non si aspettava quella reazione e , di ritorno da Parigi , lo trovai avvilito e mortificato , a rigirarsi in mano le lettere di protesta giuntegli da ogni parte nel covo di via Borghetto , sede della sua casa editrice . « Be ' ? » , dissi . « Non lo prevedevi ? » « Io no ! » « Ma come ! ? Tu denunzi i difetti della borghesia italiana , eppoi ti arrabbi perché la borghesia italiana mostra di avere effettivamente i difetti che tu hai denunziato ! » Longanesi mi fissò un attimo . « Cosa c ' entra ? » , proruppe poi . « Anche di te dico solitamente che sei un cretino . Ma quando poi fai il cretino davvero ... e ti succede spesso ... mi arrabbio . Perché cosa ci sto a fare , io , se non a impedirti di essere cretino dicendoti che lo sei ? » Longanesi « serve la causa » a modo suo , sparando addosso ai suoi compagni di trincea ogni volta che questi accennano a sporgere pericolosamente la testa oltre i sacchetti di rena che li proteggono . Lo fa da vent ' anni , infaticabilmente , rischiando un processo per tradimento a ogni schioppettata che tira , giurandosi che non lo farà più « per questo branco d ' imbecilli che non ne valgono la pena » , e ricominciando l ' indomani al tavolo del caffè , in trattoria , con la penna e la matita , dietro la sua scrivania di editore , denigrando tutto ciò che ama , ammirando tutto ciò che detesta , contraddicendosi ogni cinque minuti e riuscendo ad aver sempre ragione . Eccolo lì , nel suo pittoresco disordine di via Borghetto . Sta studiando la copertina per un libro tedesco , di cui ha acquistato i diritti . « Un capolavoro ! » , mi assicura . « Un tale capolavoro che , quando penso che poi andrà a finire in mano ai lettori italiani , quasi quasi mi vien voglia di rinunziare alla pubblicazione ! » Non gli chiedo di cosa tratta per non metterlo in imbarazzo : Leo quel « capolavoro » non lo ha letto , anche perché non sa il tedesco ; ne ha soltanto guardato la rilegatura , la stampa e le illustrazioni . Di altro non ha bisogno , questo curioso mago che di tutti gli autori contemporanei ha un ' idea tanto più precisa quanto meno ne ha sfogliato le opere . « Bella , bella ! » , disse una volta a Moravia che gli portava una novella per il settimanale « Omnibus » di cui Leo era direttore . « Bellissima ! » « Come fai a dirlo » , fece Moravia , « se ancora non l ' hai letta ? » « Infatti , se l ' avessi letta , forse non lo direi ! » E , appena l ' autore fu uscito , mi gettò il manoscritto , senza guardarlo , con questo strano ordine : « Prendi il primo capoverso e portalo in fondo al racconto . E al suo posto metti l ' ultimo » . Furibondo , Moravia , quando vide stampata la sua novella a quel modo , irruppe in redazione armato di un randello , e ne seguì una rissa . Ma aveva torto perché , così invertita , la narrazione era una delle sue più belle . « I tuoi racconti » , gridava Longanesi , « sono come quelle buone stoffe inglesi il cui rovescio vale più del dritto ! » E mai di Moravia era stata detta una cosa più giusta e in fondo più lusinghiera . Ora , per fare la copertina di quel libro che non conosce e che sarà , come al solito , geniale e pertinente , Leo non ha , sull ' ingombro tavolo della scrivania , che un mozzicone di matita , una vecchia lama da barba per temperarlo , una gomma consunta , un vasetto di colla da calzolaio e un paio di forbici arrugginite . È curioso vedere colui che è uno dei tre o quattro più grandi editori italiani , impegnato in questa modesta bisogna d ' artigiano , vivente antitesi della ministeriale impersonalità di cui amano circondarsi i suoi rivali con i loro uffici razionali , le loro piramidali gerarchie , gli eserciti di segretari e dattilografe . Quella di Longanesi , anche se un giorno egli arriverà a schiacciare la concorrenza e a monopolizzare il mercato , non sarà mai niente di più che , la « bottega » di un « maestro » artigiano incapace di staccarsi dal proprio lavoro manuale per spaziare sui vasti orizzonti della grande impresa industriale . Perché il sogno di Leo è un mondo di « cose fatte in casa » , come le fettuccine che sua madre gli prepara quando , tre o quattro volte l ' anno , torna a Imola , che è in fondo la vera Italia come lui la concepisce , in Milano non vedendone , con i suoi grattacieli , con la sua sete di « moderno » , con le sue industrie senza materie prime , che una paradossale caricatura , contro cui egli è in guerra non da quando ha pubblicato Il destino ha cambiato cavallo , come credono i suoi nemici attuali , che lo accusano di tradimento , ma da sempre , da molto prima che essi lo invitassero a pranzo ritenendolo servitore della causa . « Dammi un ' idea ! » , disse . « Che idea ? » « Un ' idea per la copertina ... » E che idea vuol da me quest ' uomo che d ' idee ne ha sempre date a tutti noi ? « Perché questo » , continua , « non è mica un libro pieno di caccole come quelli che scrivono i nostri autori ... C ' è qui dentro tutta l ' Austria , tutta Vienna ... Che città , Vienna , eh ? » « Quante volte ci sei stato ? » « Mai . Ma l ' altra sera al cinematografo ne ho visto le fogne nel Terzo uomo . Quelle son fogne , caro mio ! ... Una città che ha quelle fogne lì ... » E si mette a descrivermela nei suoi angoli barocchi , nei suoi palazzotti metternicchiani , nella asimmetria delle sue piazze , nella irrazionalità delle sue straducole . E io , che ci sono stato venti volte , non saprei rappresentarla con altrettanto icastica evidenza . « Insomma , questa idea me la dai o non me la dai ? ... Ecco , non ne hai , come al solito . Perché tu di idee non ne hai mai . Te ne rendi conto ? Tu sei uno degli uomini più poveri di idee che esistano al mondo . Passi per un grande giornalista perché viviamo in un Paese di disgraziati dove ci dividiamo le parti così : io grande editore , tu grande giornalista , quell ' altro grande siderurgico , quell ' altro ancora grande banchiere , eppoi ci teniamo tutti appoggiati l ' uno all ' altro , altrimenti queste grandezze rotolano per terra ... Ecco , vedi , per esempio : io giro questa chiavetta e si fa la luce . Succede ogni sera . Eppure , ogni sera mi sembra un miracolo ... Mi sembra un miracolo che ci sia qualcosa come l ' elettricità che funziona in Italia ... Io lo vedo dalla carta igienica ... Hai mai palpato fra le dita la carta igienica nazionale ? Ma è una carta che in un altro Paese nemmeno le scimmie ci si pulirebbero il sedere ... Insomma , non hai , tanto per cambiare , idee , e me ne occorre una ... Un ' idea ! » Ha lo stesso gesto di quando , nel 1936 , trovatosi , come direttore di « Omnibus » , di fronte alla notizia dell ' avvenuto ingresso di Badoglio in Addis Abeba , dopo avere per sette mesi pronosticato la sua imminente inevitabile sconfitta , cercava un ' ispirazione per darne sul suo giornale un annunzio che , senza dispiacere al Duce , si sottraesse alla retorica d ' obbligo , che sembrava inevitabile in quel momento . Era venuto a cercarla al bordello , luogo che egli preferiva per le sue meditazioni , come Toulouse - Lautrec lo preferiva per il suo pennello , e l ' impresa sembrava disperata . Finalmente la « trovata » gli venne . Si precipitò al ministero a fare incetta di tutti i telegrammi Reuter che avevano contrappuntato di immaginarie disfatte l ' avanzata delle nostre truppe , e li pubblicò uno di fila all ' altro : «8 novembre : Quarantamila italiani circondati a Macallè ... » ; «7 dicembre : L ' intera armata di De Bono in rotta verso l 'Asinara...»; «27 febbraio : Graziani in fuga con le sue camicie nere ... » . E a chiusura di questa iliade di guai , l ' annunzio di Badoglio : «9 maggio : Oggi , alla testa delle truppe vittoriose , sono entrato in Addis Abeba ... » . Così Longanesi riuscì a commemorare l ' avvenimento senza retorica con uno sberleffo agl ' inglesi per risparmiarsi un ' esaltazione di Mussolini , e assicurò al suo pericolante giornale altri sei mesi di vita . Nel temperare la matita con la sua vecchia lama da barba , si fa un taglio al polpastrello e se lo caccia in bocca per succhiarne il sangue che zampilla . « Signorina ! » , chiama . « Ma è possibile che non abbiamo , in tutto l ' ufficio , un temperalapis ? » « Lei mi ha detto di non comprarlo ! » , ribatte la ragazza . « Perché ? Quanto costa ? » « Cinquanta lire . » « Cinquanta lire un temperalapis ! ? ... Non lo voglio ! ... Anche perché non funziona ... Son sicuro che non funziona ! ... Non funziona nulla , in questo Paese ... Scriva al nostro corrispondente di Francoforte che ce ne mandi uno di là , tedesco . Anche se costa un milione ... » E a me : « Hai visto che temperalapis fanno i tedeschi ? Belli , con la maniglietta e il cappuccio da usare anche come custodia , e le lamette di ricambio ... Io , cosa sia la Germania , lo capisco dai temperalapis ... Pensa , se vinceva la guerra , avevamo tutti dei temperalapis così ... » . Invitati stasera ambedue dai nostri amici Gomez , mi domando con angoscia di che umore sarà Leo che , quando è in vena , monopolizza la conversazione e la tiene per ore sul filo dei più smaglianti paradossi ; ma , quando gli gira male , paralizza un salotto e lo raggela . Semisdraiato su un divano , con un bicchiere e una bottiglia di cognac che al termine della serata avrà scolato fino all ' ultima goccia , senza mostrare la minima alterazione , ascolta per un pezzo , cupo e imbronciato , il monologo di un conte che fa l ' antiquario , molto intelligente d ' altronde e abbastanza spregiudicato per piacere a Longanesi . Ma Leo sorveglia sua moglie Maria , che si è accaparrata anch ' essa una bottiglia di cognac , e ogni tanto l ' ammonisce avventandole una pedata negli stinchi : « Non bere , cretinal ... » . Ma Maria ci ride sopra e beve ugualmente . « Ecco » , dice Leo , « fa sempre così , e poi si sbronza . Deve far onore alle tradizioni di famiglia perché la sua nonna , a Bologna , la chiamavano " la petroliera " ed era l ' amante di Andrea Costa ... Disgraziata ! ... Non difendere la tua famiglia , altrimenti ... Guarda ... Attacco a parlare io e smetto fra due giorni ... Quel somaro di tuo padre ... » . Maria continua a ridere e a bere , sebbene « quel somaro » sia il pittore Spadini , e Leo ripiomba nel suo cupo malumore , mentre il conte riallaccia alla meglio il filo del discorso , che è un discorso serissimo sugli arredamenti delle vecchie case milanesi del Settecento : c ' è dentro gusto , cultura , intelligenza , competenza , e tutti lo ascoltiamo con interesse , quando la voce di Maria lo interrompe in tono lugubre : « Conte , le si vedono i polpacci ... » . Il conte resta un attimo interdetto , tutti siamo rimasti senza fiato , Leo si alza e con un eloquente : « Lo vedete ? » , va a strappare il bicchiere di mano a Maria . Il conte per fortuna è uomo abbastanza di spirito e risponde con gaia pertinenza . Ma Leo , ormai , è partito lancia in resta contro tutti : « Piantatela con questo gigione di Toscanini ... Non è che il Gondrand della musica ... » . « Il partito liberale italiano non è dominato dal pensiero di Benedetto Croce , ma soltanto dalle sue pecore ... » « Un idiota è un idiota , due idioti son due idioti , ma centomila idioti sono una forza storica ... » « Al posto dello stemma , sulla bandiera italiana , ci dovrebb ' essere una scritta : " Ho famiglia "...» Al momento di uscire , il conte invita Leo e me a pranzo per domani sera a casa sua . Poi noi due ci avviamo verso il centro seguendo il gruppo degli altri invitati che ci precede . Avanziamo in silenzio per dieci minuti , poi Leo si ferma di botto e mi fa : « Che noia ! » . « Che noia cosa ? » , chiedo io . « Tutto ! ... La vita che meniamo , la gente che frequentiamo , le mogli che abbiamo , il mestiere che facciamo ... » « E quale altro vorresti fare ? » Leo mi afferra il braccio , mi si stringe addosso e con voce sommessa e concitata : « Be ' , lo vuoi sapere ? » , dice . « Io vorrei essere un generale ... Un generale alto un metro e novanta , col monocolo , cattivissimo , e dirigere battaglie dalla mattina alla sera facendoci morire un sacco di gente , compresi i miei soldati . E se questi soldati , poi , fossero italiani , vorrei che ci morissero tutti , li spingerei sotto le cannonate a calci nel sedere ... » Si arresta di botto vedendo Maria , davanti a noi , aprire la borsetta , cavarne cento lire e consegnarle in elemosina a un mendicante . Si avventa su di lei , le strappa il portafogli di mano senza dir nulla , e torna verso di me . Poi , passando a sua volta davanti al medesimo mendicante , si fruga macchinalmente in tasca , ne estrae altre cento lire e a sua volta le consegna al disgraziato . « Come si chiama quel conte di poco fa ? » , mi chiede a un tratto . Glielo dico . « Accidenti ! » , fa lui . « Che bel nome ! ... È simpatico , anche ! ... Mi è caduto alla fine , quando ci ha invitato a pranzo , perché , francamente , se io portassi un nome e un titolo come il suo , la gente come te e come me in casa mia non la farei entrare nemmeno dalla porta di cucina . A degl ' intellettuali un aristocratico vero non dovrebbe offrire il pollo arrosto . Bastano gli avanzi ... » .
StampaQuotidiana ,
La frode del 4 per mille è stata bloccata : ma , frattanto , ha riportato l ' attenzione del pubblico sul problema del finanziamento ai partiti . I contribuenti non sembrano entusiasti di devolvere una parte di quanto versato in imposte a questo scopo ( gestito con criteri automatici ) , anche se non ci rimettono nulla . Ancor meno entusiasti forse sarebbero , se si rendessero conto che c ' è un ' altra via , più subdola , attraverso cui finanziano i partiti : la retribuzione ai parlamentari di ogni ordine e grado . Di fatto , consiglieri regionali , deputati e senatori , parlamentari europei sono pagati dall ' erario , ma svolgono per i partiti compiti che costerebbero moltissimo se dovessero essere retribuiti a professionisti ad hoc . Un po ' di lavoro dei membri dei corpi elettivi è svolto nelle commissioni ( a parte chi lavora a tempo pieno per il governo o la giunta ) ; ma l ' attività più intensa è svolta a favore del partito , e vale assai più della modesta percentuale sugli emolumenti , che l ' eletto versa in denaro . Difficilmente uno impegna una sua specifica competenza nell ' elaborare le leggi : quasi sempre si limita a votarle , seguendo le indicazioni del capogruppo . Quando non lo fa , è perché c ' è stato un equivoco : o , peggio , perché è indisciplinato e segue le indicazioni di qualcun altro . Sotto questo riguardo , la pratica dei " pianisti " si potrebbe generalizzare : ad ogni elezione basterebbe assegnare a ciascun partito un peso proporzionale ai voti ricevuti , e poi far premere il tasto da un solo incaricato . L ' eloquenza parlamentare ne soffrirebbe , ma si otterrebbe un ' economia e si avrebbe , fra l ' altro , il vantaggio di evitare ribaltoni . I partiti , tuttavia , ci perderebbero : verrebbe loro mancare la collaborazione di persone preziose per l ' elaborazione della linea politica . Infatti , mentre le aule sono spesso deserte o quasi , i parlamentari si lamentano di condurre una vita faticosa , impegnati dal mattino alla sera in riunioni interminabili , al cui risultato non hanno interesse . Peggio : se lo hanno , non riescono a farlo prevalere . Per questo la maggioranza di loro - di cui il pubblico non conosce neppure il nome - viene qualificata con la qualifica di " peones " . Ma lo Stato spende per loro e per chi li aiuta somme ingenti , e dà l ' impressione che siano dei privilegiati sociali . Con ciò non voglio esprimere alcun giudizio morale o tecnico negativo : dico soltanto che buona parte di ciò che lo Stato o le regioni spendono per i parlamentari va considerata come una forma di finanziamento ai partiti . Del resto , in certo senso dovuta , se la politica si elabora in sede di partito e non di assemblea . I propositi di ridurre il numero di parlamentari sono accolti , perciò , con sfavore , non solo da chi ambisce a quelle funzioni , ma soprattutto da chi ha la responsabilità di un partito e si domanda ( con angoscia crescente dopo tangentopoli ) con quali mezzi e con quali aiuti vi farà fronte . L ' obiettivo dei partiti tocca il tema cruciale del loro rapporto con la democrazia , la cui degenerazione è espressa con una crasi linguisticamente scorretta , ma appunto perciò appropriata : partitocrazia . Se la politica è elaborata all ' interno dei partiti , anziché nelle sue sedi istituzionali , è naturale che i partiti la trattino come cosa loro e pretendano di esserne pagati . Però , visto che la Costituzione tratta i partiti come enti privati , meglio sarebbe se li gestissero i privati con fondi privati , e con quella " trasparenza " che è bene tener ferma , ma su cui è il caso di non far troppo conto , viste le stravaganze cui dà luogo ( pur in società così diverse tra loro come l ' americana e la russa ) quando la si pretende perfetta . Basta che non si esageri : ossia che gli eletti non credano che i loro doveri pubblici siano sostituibili del tutto con compiti privati . Ora , tra sei mesi , i partiti avranno una ghiotta occasione per concorrere a questa forma di finanziamento : le elezioni europee . Strasburgo è meno assorbente di Roma , e non ha la facoltà neppur formale di prendere decisioni operative . Perciò è giusto che i parlamentari europei lavorino più degli altri per il partito , senza il quale , tra l ' altro , avrebbero molta più difficoltà a farsi eleggere . Ma appunto perciò è convenienza dei partiti scegliere candidati affidabili e forniti di prestigio . Evitando , inoltre , di accollare più mansioni parlamentari a uno stesso soggetto : sia perché il titolare di più mandati contemporanei non avrebbe modo di dedicarsi al partito senza trascurare del tutto i suoi doveri pubblici , sia perché , in quel caso , in luogo di due parlamentari da utilizzare il partito ne avrebbe uno solo .
Blow up di Michelangelo Antonioni ( Grazzini Giovanni , 1967 )
StampaQuotidiana ,
Blow up , presentato stasera al festival di Cannes sotto bandiera inglese , e accolto con grandi applausi , non è il miglior film di Antonioni , e Dio vi guardi dal dar retta a chi lo considera il più bel film di tutti i tempi . Ma c ' interessa come un forte contravveleno espresso dal seno stesso della civiltà dell ' immagine . L ' idea - guida del film , se si possono chiedere idee ad Antonioni , anziché sensazioni e atmosfere , ha qualche secolo : le cose che vediamo con gli occhi sono davvero tutta la realtà , oppure ciò che colpisce il nervo ottico ( e , per delega , l ' obiettivo fotografico ) è soltanto un aspetto del reale ? R chiaro che Antonioni non ha la presunzione di rispondere a questi antichi interrogativi . Blow up si contenta di dirci che oggi essi si ripresentano con urgenza perché c ' è tutta una zona della società che tende a identificare la realtà col segno concreto da essa lasciato ; e fa l ' esempio di un delitto , che può anche sembrare non avvenuto se non restano prove . Chi credesse d ' esserne stato testimone involontario , e d ' averlo fotografato , potrebbe convincersi che è stata un ' illusione ottica , se poi gli fossero sottratte le prove fotografiche e scomparisse il corpo del reato . Costui , allora , sarebbe il simbolo dell ' uomo contemporaneo , che di fronte alla difficoltà di conoscere il vero filigranato dentro il visibile accoglie il gioco della vita come una finzione e annulla nell ' automatismo dei gesti ( come il fotografo negli scatti frenetici delle sue macchine ) l ' angoscia per l ' inconoscibile problematicità del reale . Per dare evidenza a una metafora in cui si esprime , ambiguamente , lo sdegno e l ' attrazione che Antonioni prova nei confronti della civiltà moderna , Blow up è ambientato fra quei fotografi alla moda che con gli isterici clic dei loro obiettivi credono di sopperire alla propria passività sentimentale , e in quell ' happening che è la Swinging London , la Londra dei giovani che tentano di vincere la noia con la marijuana e gli allucinogeni , scatenati nei balli , nei riti pop e op , anime vuote e sessi interscambiabili . Thomas , il protagonista , è appunto uno di loro : un fotografo di successo , specializzato in istantanee di cronaca e in ritratti di cover - girls , sempre affamato di soldi , benché possa già permettersi la Rolls Royce , e tanto concitato nel lavoro , di modi bruschi con le sue modelle , quanto privo d ' autentica energia spirituale . Gli accade , seguendo una coppia in un parco , di fotografare un abbraccio . La donna se ne accorge , e più tardi lo rincorre nello studio implorandolo di darle il rotolino : offre se stessa , pur di riaverlo . Thomas finge di accettare ; le consegna un rotolino simile a quello incriminato , e si disporrebbe , senza entusiasmo , a godersi la ragazza , se in quel momento non suonassero alla porta : è in arrivo un ' elica di aereo , che " Thomas ha acquistato da un antiquario per dare un tocco bizzarro all ' arredamento del suo studio . Partita la donna , ingrandisce le fotografie prese al parco ( blow up vuol dire appunto ingrandimento ) , e s ' accorge che quanto non avevano visto i suoi occhi è stato registrato dalla macchina : sulla pellicola , ingrandendo progressivamente i particolari , appaiono infatti un volto nascosto nei cespugli , un ' arma e un corpo riverso . Tutto fa pensare che la donna abbia attirato la vittima in un trabocchetto . Thomas comincia a chiedersi cosa fare quando arrivano due grulline che già in mattinata gli avevano bussato alla porta , nella speranza di essere assunte come modelle . In altri tempi sarebbero state due esempi di adolescenza traviata : ora rappresentano la gioventù londinese attratta dai facili successi . Scherzando , si spogliano a vicenda : è una distrazione accolta da Thomas con allegria , in un fracasso che cancella ogni piacere erotico . E dopo l ' uso le caccia : il pensiero dominante lo richiama verso il parco . Il sospetto era fondato : un cadavere è ancora sotto l ' albero . Stordito , Thomas vorrebbe chiedere consiglio a un amico pittore , ma questi è occupato in intime faccende . Tornato a casa , nuova sorpresa : tutte le foto gli sono state rubate , meno una , la quale però , isolata dalle altre , più che costituire una prova assomiglia a una pittura astratta . Allora scende per strada . Intravede la donna del delitto , e rincorrendola s ' intrufola in un night dove un chitarrista beat calpesta il proprio strumento e ne distribuisce gli avanzi alla platea urlante . La donna è scomparsa . In cerca d ' un amico , Thomas arriva ad un cocktail , che in altri tempi si sarebbe detto un ' orgia di viziosi , ed ora rappresenta la « dolce vita » londinese . All ' alba , torna nel parco per fotografare il cadavere , ma questo è scomparso . Privo ormai d ' ogni prova , Thomas può dubitare d ' essere rimasto vittima , lui stesso , di un ' allucinazione . Quando arriva un gruppo di giovani mascherati da clowns , che fingono , senza palla e racchette , un incontro di tennis , sta al gioco : il dinamismo della partita mimata forse vince ogni dubbio dell ' anima o del pensiero . A rigore , il film non dice che la scena finale sia la presa di coscienza della necessità della finzione , con relativo auto - commiserarsi : Blow up , più d ' ogni altro film di Antonioni , non contiene una tesi . C ' è chi interpreta Thomas come un esempio virtuoso di perenne disponibilità all ' azione , e c ' è chi lo considera , per questo , un emblema della solitudine cui può condurre il pallore dei sentimenti . Un fatto è certo : che Thomas , mostrando totale sfiducia nell ' ordine civile in cui vive , non si rivolge subito alla polizia , né alla fine del film ha più motivi di pace interiore di quanti ne avesse all ' inizio : semmai ne esce desolato , versione maschile di tante infelici eroine di Antonioni . È per questa strada che forse si può cogliere l ' antica malinconia di Antonioni , il quale ha ormai superato anche l ' angoscia , toccando la suprema solitudine . Ma quando impareremo a smettere di cercare , in Antonioni , la morale della favola ? Teniamoci al film . Un giudizio sia pur frettoloso dovrebbe cominciare col rilievo che Antonioni , per rappresentare la Londra di oggi , ha avviato il suo Thomas su un itinerario molto simile a quello che Fellini fece compiere al protagonista della Dolce vita per scoprire la Roma di ieri ; né con frutti molto più nuovi di certi ' documentari sociologici . E questa non è l ' unica eco di Fellini che dispiace in Blow up : è difficile che in un film possano apparire ancora dei clowns senza che si pensi almeno ad Otto e mezzo . La parentela , è ovvio , si ferma qui , ma non è senza significato che Antonioni difetti d ' originalità nella struttura narrativa quando poi gli si accompagna quella rappresentazione piuttosto convenzionale del night e del cocktail . Tipico di Antonioni è invece lo sforzo di puntare il grosso della scommessa sul personaggio di centro . È da dire che Thomas solo talvolta è a fuoco . Descritto con tinte efficaci finché è in movimento , tutto scatti nevrotici ( in una bella scena iniziale esce stremato da una serie di convulse riprese fotografiche : il suo surrogato dell ' amplesso ) , finché comanda a bacchetta le sue modelle e si sfrena nello scherzo , Thomas poi s ' annebbia quando comincia a scervellarsi sulle foto del delitto , e passa ore a contemplarle , a confrontarle , ad appuntarle sulla parete . Non si sa bene cosa gli passi per la mente , di che ordine siano le sue sensazioni . È l ' oggettivazione di un torpore che se nella prima parte è interrotto dalla precipite parentesi dei giochi amorosi alla lunga si riflette nel film , guidato da un ritmo lento che affloscia il suspense . Passato dal cinema intellettuale al thriller , Anto , nioni sembra aver portato con sé il vizio dei tempi lunghi , dei silenzi poco espressivi , il rifiuto di quel gusto per l ' ellissi in cui invece si esprime il meglio del cinema moderno . Ma all ' interno d ' una cornice un po ' annosa e opaca , Blow up ha dei gruppi di sequenze riuscite : sono , all ' inizio , tutte quelle del rituale cui sono sottoposte le modelle fotografiche ; le visite al negozio dell ' antiquario ; lo svogliato rapporto con la donna venuta a riprendere il rotolino ; la liturgia della camera oscura ; la zuffa giocosa con le ragazzine ( una data nella storia del cinema : un nudo femminile non depilato , chissà se ce n ' era bisogno ) e l ' enigmatico finale , sul quale il pubblico si scervellerà : tutte scene che confermano certe bravure di Antonioni , ma anche , inserite nel tessuto del film , la sua difficoltà di sciogliere in fluente , spontaneo racconto acute intuizioni . Ispirato a una novella dell ' argentino Cortazar , il film ha del resto qualche imbarazzo già nella sceneggiatura , di Antonioni e Tonino Guerra ; più volte si ha la sensazione che certi personaggi siano stati inventati per mettere sangue in una materia anemica anziché per vera necessità narrativa . Considerando la vivace scenografia dello studio , i bei colori di Di Palma , le eleganti toilettes delle modelle , i globi oculari dell ' interprete ( nuovo arrivato ) David Hemmings , veri obiettivi fotografici protesi sul mondo , e la partecipazione , però non determinante , di Vanessa Redgrave , di Sarah Miles e dell ' indossatrice Veruschka , il film dà nell ' insieme un ' impressione di languore . Come di un fiore che non abbia avuto la forza di aprirsi , e tuttavia serbi un ' ombra di profumo .
Lisbon Story ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Wim Wenders compie nel 1995 cinquant ' anni . S ' è sposato nel 1993 per la terza volta con Donata Schmidt , assistente operatore che in Lisbon Story ha fatto la segretaria di edizione , ragazza cattolica religiosissima . Va diventando sempre più religioso . La bellezza , le emozioni , lo spaesamento e la malinconia dei suoi film , il suo stile cristallizzato e seducente , la sua capacità di fondere romanticismo tedesco e road movie americano , di mescolare poesia , umorismo e profondità , di guardare il mondo con il distacco dell ' investigatore e l ' avidità dell ' innamorato , gli hanno conquistato un gran pubblico internazionale soprattutto di ragazzi . Adesso è un poco cambiato : resta uno dei rari registi che rifletta e teorizzi sul proprio mestiere e sull ' arte del vedere , sulle immagini e su come esse vengano create e consumate nelle società contemporanee , ma questi pensieri assumono spesso il tono didattico , ansioso e sentenzioso , d ' una crisi espressiva . A questo punto il produttore portoghese Paulo Branco propone a Wenders un film su Lisbona , finanziato anche dall ' amministrazione della città meravigliosa . Lui accetta . Anziché un documentario , fa una parabola autoindulgente di quasi due ore , in parte bella , in parte lambiccata , sfilacciata e pesante : sulla situazione del cinema che compie cent ' anni e sulla nostalgia per la cine - innocenza perduta ; sullo stato delle immagini tanto amate ma adesso tanto spesso prostituite e orribili ; sui generi della narrazione per immagini ( road movie , documentario , poliziesco , musicale , farsesco , diaristico ) e sui suoi linguaggi ( muto , sonoro , bianco e nero , colore , video ) ; sulle nuove generazioni e sull ' elettronica che trasforma anche i bambini in cineasti . Non è un film difficile : si può conoscerlo meglio anche leggendone la sceneggiatura pubblicata da Ubulibri a cura di Mario Sesti . I concetti danno corpo a una storia . Richiamato con urgenza dall ' amico regista Friedrich Monroe ( stesso nome e stesso interprete , Patrick Bauchau , di Lo stato delle cose ) , il tecnico del suono Philip Winter ( stesso nome e stesso interprete , Rúdiger Vogler , di Fino alla fine del mondo e Così lontano , così vicino ) si mette in macchina , arriva a Lisbona ; l ' amico è scomparso , restano la città bellissima e i suoi suoni da vedere e registrare , gangsters e bambini da incontrare , una cantante affascinante da amare sinché il regista non riappare . Citazioni di Pessoa , epifania aggraziata e spiritosa di Manoel de Oliveira . Lisbon Story si apre e si chiude con un saluto a Fellini che se n ' è andato , « Ciao Federico » : può essere l ' espressione d ' un rimpianto o un ' allusione al protofilm di crisi d ' un regista , 8 e 1/2 . Speriamo che non sia un addio al cinema .
La Cina è vicina di Marco Bellocchio ( Grazzini Giovanni , 1967 )
StampaQuotidiana ,
Marco Bellocchio , l ' autore dei Pugni in tasca , l ' enfant terrible del cinema italiano , e anche l ' autore più giovane ( anni 28 ) venuto quest ' anno alla ribalta di Venezia , spara , con La Cina è vicina , un ' altra raffica a raggera . I bersagli coprono un ampio semicerchio della vita italiana : i socialisti , i preti , la nobiltà di provincia , e anche quei gruppi di giovanissimi infatuati di Mao . Sicché va subito detto che il film , all ' inverso del titolo , preso in prestito da un libro di Enrico Emanuelli , non è una minaccia o una speranza , ma soltanto un pretesto per meglio collocare il racconto ai nostri giorni . Non tocca a noi dire se la realtà giustifica tanti sarcasmi ; forse essa esprime un processo di maturazione che merita soltanto il disprezzo di chi si arrocchi su astratte posizioni di principio . Ed è probabile che coinvolgere nell ' ironia , insieme ai preti e alla piccola nobiltà di provincia , anche la classe proletaria e i giovanissimi infatuati di Mao derivi appunto da un anarchico moralismo vicino al qualunquismo di chi nasconde nella nausea della politica la paura della storia . Tuttavia resta il fatto che Bellocchio , come narratore satirico , ha mano sicura e unghia arrotata . Egli sa metter su uno spettacolo che sebbene irriti un poco per certo suo tono goliardico , spesso diverte per la vena umoristica e la vivacità del racconto . Siamo a Imola . Una famiglia patrizia ( conserva sottovetro la scarpa di un papa ) è composta di due fratelli e una sorella : il maggiore , Vittorio , professore di liceo , iscritto al partito socialista ; Elena , sui trent ' anni , che amministra il patrimonio e Camillo , convittore in un collegio di preti , il « cinese » che in chiesa serve messa . Vittorio ha una segretaria , Giovanna , fidanzata con Carlo , un giovane esponente della sezione socialista , ambedue d ' estrazione proletaria . Si avvicinano le elezioni comunali , e il partito , anziché a Carlo , offre a Vittorio di essere candidato . Questi accetta , e chiama Carlo in casa , perché lo assista nella campagna elettorale . Mentre Camillo è disgustato che il fratello maggiore si sia messo dalla parte del governo , Giovanna prima piange la sfortuna del fidanzato , poi ne lamenta l ' arrivismo e il servilismo . Carlo invece ha compreso che affiancarsi al compagno conte è un modo per spartire la torta , ripetendo su scala familiare il processo realizzatosi al vertice del partito . Si butta su Elena , già avvezza a facili amori , e senza fatica la conquista . Per rivalsa , Giovanna si dà a Vittorio , che intanto ha cominciato a far comizi e a sollecitare voti di preferenza da parenti . Quando Elena aspetta un bambino , va su tutte le furie : essa ha capito che Carlo , pensando ai soldi , vuoi costringerla a sposarlo , e perciò cerca d ' interrompere la maternità . Ma Carlo , con l ' aiuto di Giovanna , manda all ' aria il progetto della donna . E Giovanna , in cambio , ottiene a sua volta d ' avere un figlio da lui , che Vittorio dovrà prendere per proprio . Il groviglio si scioglie con un doppio matrimonio : fra Carlo ed Elena e Giovanna e Vittorio . I « signori » sono stati messi in trappola , e i due figli del popolo hanno fatto un balzo avanti verso il benessere borghese . L ' unico rimasto estraneo al mercato è Camillo , che continuando a carezzare i sogni rivoluzionari è andato di notte a scrivere sui muri che la Cina è vicina , ha messo una bomba nella sede socialista , e sguinzagliato cani e gatti a un comizio del fratello maggiore . Che egli non rappresenti un ' alternativa concreta alla politica del . centro - sinistra , ma soltanto uno stadio infantile dell ' ideologia progressista , il film l ' ha detto fin dall ' inizio , quando il collegiale teorizzava la possibilità di certe esperienze erotiche su una ragazza - cavia . Debole , e quasi inesistente , sul piano della polemica politica , perché la tesi di Bellocchio rivela un moralismo astratto , se non il qualunquismo delle estreme , La Cina è vicina è un film nato sulla scia di quelle satire di costume , esercitate soprattutto nei confronti della vita di provincia , che prima in America e poi con Pietro Germi hanno divertito il pubblico cospargendo lo schermo di vetriolo . Pur confermando la vena umoristica che , maturata in sarcasmo , serpeggiava nei Pugni in tasca , Bellocchio ha messo molta acqua nel suo vino . Integratosi nell ' industria cinematografica , tenendo d ' occhio realisticamente il mercato , e impegnandosi a consegnare un prodotto che non avrebbe avuto noie con la censura , egli si è limitato , col secondo film , a mobilitare la propria vena beffarda per una pittura impietosa di certe zone tipiche della società italiana . Ha raggiunto lo scopo , grazie alla vivacità del suo ingegno e del suo temperamento di narratore . Se La Cina è vicina , infatti , delude come opera di provocazione intellettuale , si raccomanda a un pubblico che voglia soprattutto divertirsi . Meno docile di Germi , ma ormai più graffiante , Bellocchio allinea e incastra caratteri e situazioni con uno spirito derisorio che manda in brodo di giuggiole chi gode nel sentir parlare male del prossimo . Qui nessuno si salva . Vittorio è ben dipinto come un ambizioso pavido e apprensivo ; Elena come una donna di sensi caldi , autoritaria e altezzosa ; Camillo come un inibito che ha trasferito nell ' adorazione di Mao la spinta religiosa impostagli in collegio ; Carlo e Giovanna come due arrampicatori disposti a tutto . Che Bellocchio sappia strappare non più soltanto acidi sorrisi ma risate di cuore , inserendo persino elementi da pochade nel suo universo grottesco , il film mostra spesso . Basta citare la riunione della microcellula maoista in cucina , certi « pulcini di Maria » che vanno a cantare inni religiosi al capezzale di un vecchio prete soltanto perché sperano di ricevere caramelle e sigarette , il primo comizio di Vittorio , in una piazza di paese semideserta ( finirà con l ' auto fracassata ) , le sue avances a Giovanna perché gli apra le braccia ( arriva persino a offrirle in regalo un barometro ) , la paura dei socialisti alla notizia che i « cinesi » stanno per far saltare la sede , il chirurgo che doveva operare Elena , lo scompiglio provocato dai cani - lupo sciolti da Camillo mentre Vittorio espone ai compagni la propria autodifesa , e quel bel finale in cui le due donne fanno insieme esercizi di preparazione al parto . Tutte scene in cui si apprezza la sicurezza del ritmo e l ' essenzialità d ' uno stile che rabbiosamente mira sempre al sodo . Virtù che Bellocchio non ha perso , e ora è messa al servizio di un umorismo tagliente , di un razionalismo ai limiti del cinismo che esclude qualsiasi sentimentalismo . Come è un film politico soltanto nella cornice , così La Cina è vicina non è un film poetico . Se mai didascalico , nel suo rifiuto d ' ogni ghirigoro . Ma la secchezza di questo nuovo ritratto dell ' Italia dialettale , interpretato con molto impegno da Glauco Mauri , Elda Tattoli , Paolo Graziosi , Daniela Surina e Pierluigi Aprà , dà talvolta al film la lucidità d ' una lama . Non sono molti i registi che mentre feriscono fanno ridere le loro vittime . Si capisce perché Bellocchio , che considera Luchino Visconti il regista più senile di tutta la vecchia guardia , veneri Buñuel e la sua vena di sadismo . Ma è per lo meno curioso che mentre il cinema nuovo va verso forme di racconto sempre più aperte , Bellocchio si chiuda in rigide strutture . Diciamo che pensa allo spettatore , e vuole andare per le corte .
Prêt-à-porter ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Prêt - à - porter , scritto , prodotto e diretto da Robert Altman , non è bello né brutto : è glamour . È divertente . È il sogno dei Vip - maniaci e dei giornali fatto film . È due ore e dieci minuti di sfilate di moda e di modelle a Parigi , di facce famose , abiti importabili , isterismi eleganti , amori comici , modesti cinismi , chiacchiere , atrocità , rivalità lussuose , chiasso , cretinate , gioielli , shopping compulsivo , odii stupidi . Dolce vita anni Novanta , Beautiful a Parigi , commedia umana , irrisione del consumismo , analisi dell ' apparenza scambiata per sostanza , condanna dei media frenetici , esaltazione del corpo , parodia del vuoto contemporaneo , voyeurismo critico ? Non esageriamo . I significati sono pochi e ovvii : non s ' aspettava certo Altman per deplorare la vanità delle vanità né per predicare un ritorno alla sobrietà ragionevole . Le macchiette sono molte . I momenti pubblicitari sono più che un sospetto . La satira è impossibile , o zoppa : come prendere in giro lo spettacolo parigino , già in sé volutamente autocaricaturale , delle sfilate di moda ? Ma il film un po ' stancante nell ' insieme è ricco , brillante : una farsa con mille cose da guardare e tanti visi da riconoscere , un divertimento , una vacanza . Lo stile di Altman è come sempre frammentato ( a volte sfilacciato ) . La narrazione orizzontale destrutturata , complessa e sinuosa , segue coralmente numerosi personaggi in varie storie intrecciate : niente psicologie , soltanto comportamenti . All ' inizio Marcello Mastroianni in colbacco contempla il profumo Poison ( Veleno ) nella vetrina d ' un negozio Dior , entra , compra due bruttissime cravatte identiche : ma siamo a Mosca , sulla Piazza Rossa . Dal Cremlino alla Tour Eiffel : Mastroianni , italiano divenuto sarto in Russia , misterioso ladro di valige e di vestiti altrui , è un personaggio - guida attraverso l ' ambiente tossico delle sfilate parigine . Lui siede nella limousine nera accanto a Jean - Pierre Cassel , autorità della moda che si strozza mangiando un tramezzino , che viene creduto vittima d ' assassinio dai poliziotti Michel Blanc e Jean Rochefort , che non viene pianto dalla moglie Sophia Loren e viene rimpianto dall ' amante stilista Anouk Aimée : quest ' ultima ha i suoi guai , senza dirle nulla il figlio Rupert Everett ( sposato con una modella nera e amante della sorella gemella della moglie ) ha venduto l ' azienda al miliardario texano fabbricante di stivali Lyle Lovett . È Mastroianni a rincontrare Sophia Loren , che trentacinque anni prima era sua moglie e che gli ripete un antico spogliarello ( alla seconda calza nera , lui s ' addormenta russando ) . È Chiara Mastroianni l ' assistente del secondo personaggio - guida , la giornalista televisiva Kim Basinger , bionda , scema e bella , le cui interviste permettono d ' incontrare Cher e Belafonte , Lauren Bacall e Stephen Rea , tanti stilisti . Intanto il compratore di Chicago Danny Aiello e la sua donna Teri Garr s ' abbandonano alle proprie perversioni : lei acquista intere boutiques , lui si veste da donna in tailleur Chanel rosa . Intanto i giornalisti Julia Roberts e Tim Robbins , rimasti senza valigie , si chiudono nell ' unica camera d ' albergo disponibile e fanno l ' amore , sospendendo brevemente solo per scrivere articoli copiati dal telegiornale . Nel frattempo ... La storia infinita termina con una sfilata di modelle nude . Se l ' immagine volesse simboleggiare una condanna degli orpelli , una scelta di rigore , sarebbe tardiva , illusoria : da un pezzo a Parigi le modelle sfilano nude , e nessuno rinuncia a nulla .
Buon compleanno, Mr. Grape ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Un film inconsueto , bello e strano , sulla faccia triste dell ' America e sulla fatica di vivere . Con le due giovani star hollywoodiane più inquietanti ed eleganti : Johnny Depp , Juliette Lewis . Con due presenze impressionanti : una donna enormemente obesa , 250 chili , che da sette anni non esce di casa , che dal giorno in cui suo marito scese in cantina e senza dire una parola s ' impiccò , siede immobile su un divano sfondato mangiando come un orco , fumando , guardando la tv , e che alla fine s ' uccide nel modo più semplice , salendo le scale e facendosi scoppiare il cuore per la fatica di trascinare l ' immenso corpo ; un diciottenne ritardato mentale , vivace , spericolato e ciarliero come un bambino piccolo , al quale bisogna sempre star dietro perché non combini guai . Insieme con due ragazze pazienti , sono questi la madre e i fratelli , è questa la famiglia a capo della quale si ritrova Johnny Depp , commesso in un negozio d ' alimentari d ' un paese della grande America rurale piatta ( « descriverla è come ballare senza musica » ) dove le uniche fortunate sono le automobili sulla strada provinciale : « Fanno la sola cosa che c ' è da fare : passano e se ne vanno » . Il film magnificamente recitato , tratto da un romanzo di Peter Hedges , racconta benissimo la vita aspra del giovane uomo : doveri , pensieri , affanni ( « Devo andare » è il suo slogan ) , desolazione , esasperazione , mutilazione dell ' esistenza , fatica , obblighi , sogni spezzati , ma anche affetti autentici , momenti d ' allegria e di festa , baci d ' amore scambiati in fretta ( « Devo andare , adesso » ) . Alla morte della madre , per evitare la volgare curiosità altrui verso « il fenomeno da baraccone » , i figli ne inceneriscono lo sterminato cadavere dando fuoco alla casa , bruciando anche tutto il passato , concedendosi forse una possibilità di ricominciare . Lo stile , il sentimento della realtà non avvelenato dall ' assenza di speranza , la sottigliezza psicologica unita alla semplicità ironica sono le caratteristiche rare di Lasse Hallström . Il regista svedese cinquantenne di La mia vita a quattro zampe ( 1985 ) , trasferitosi negli Stati Uniti dopo il successo mondiale di quel film , autore d ' un primo film americano mai uscito in Italia , Ancora una volta con Richard Dreyfuss e Holly Hunter , ha molta originalità , una gran qualità di narratore realista , affettuoso , profondo e divertito .
Sostiene Pereira ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
« Sostiene Pereira » è l ' intercalare - chiave del romanzo di Antonio Tabucchi pubblicato da Feltrinelli dal quale il film è tratto : il narratore riferisce , prendendo un poco le distanze , quanto si suppone gli sia stato raccontato dal protagonista dottor Pereira , anziano redattore della pagina culturale del quotidiano portoghese « Lisboa » nel 1938 . « Sostiene Pereira » è l ' espressione che ritma i capitoli , scandendo la vicenda del giornalista cattolico invecchiato , vedovo e solo , assediato dal pensiero della morte , amoroso traduttore di narrativa francese e amante della cultura ( « IO credevo che la letteratura fosse la cosa più importante » ) , uomo onesto ma atono che rimane estraneo al dramma collettivo dei fascismi europei anni Trenta . L ' incontro con due giovani militanti antifascisti quasi costringe Pereira a guardare la realtà di violenza , di repressione e di censura dello « Stato nuovo » , senza più Costituzione né libertà , del dittatore portoghese Salazar ; dapprima resiste ( « Io non parteggio , non voglio guai , non sono dei vostri né dei loro » ) , poi acquista coscienza e approda concretamente alla consapevolezza del dovere di ciascuno di reagire , di combattere . Più che un dovere , una necessità di sopravvivenza . Che il conflitto riguardi in realtà la vita della libertà contro la morte dell ' oppressione è testimoniato da una mutazione anche fisica del protagonista Marcello Mastroianni : se nella passività distratta Pereira risultava vecchio , grasso , ansimante , assente , torpido , spaventato dall ' idea della fine come dalla prospettiva della resurrezione della sua troppa carne , nella reattività fattiva dimagrisce , smette di portare giacca e cappello , con passo elastico s ' incammina tra la gente verso un ' altra vita . Facile ? Facile . Il film fedele al romanzo , dai contenuti alti e nobili , con un bravo attore , benissimo prodotto ( ambientazione , costumi , luoghi sono impeccabili ) non arriva a darsi uno stile cinematografico equivalente allo stile romanzesco di Tabucchi , ricorre a caratterizzazioni o a espedienti narrativi primari , rimane a volte inerte . Se si ricorda Umberto D . di De Sica , protofilm sulla presa di coscienza d ' un vecchio intellettuale solitario , l ' interpretazione a tratti imbarazzata di Mastroianni non regge il confronto . Se Sostiene Pereira è illustrativo , didattico , scolastico , insegna cose essenziali : come riconoscere un regime dittatoriale che non s ' instaura con colpi di Stato violenti ma s ' insinua sotto l ' apparenza della normalità , come identificare certi meccanismi autoritari di cui i cittadini distratti possono non accorgersi e una autocensura peggiore della censura , come accettare le responsabilità che ognuno porta nella perdita della libertà .
Piccole canaglie ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Mel Brooks , Whoopi Goldberg , Daryl Hannah e persino il miliardario Donald Trump nella parte d ' un miliardario compaiono in questo film per bambini piccoli e per adulti sofisticati , rifacimento d ' un vecchio classico americano di gran successo . Fu Hal Roach , il produttore dei film di Harold Llyod e di Stanlio e 011io , a ideare prima del cinema sonoro una serie di brevi slapstick comedies infantili , avventure comiche di bambini piccoli cresciuti sulla strada come Il monello di Chaplin , dirette perlopiù da Robert McGowan , chiamate originariamente Our Gang ( La nostra banda ) . Nate a metà degli anni Venti , rimasero popolari anche nei Trenta e nei Quaranta ; nei Cinquanta rivissero per qualche tempo alla tv . Ora la regista cinquantenne Penelope Spheeris le rivisita con grazia e divertimento , con una intenerita nostalgia che ha forse a che fare con la propria infanzia terribile : figlia del proprietario d ' un circo itinerante ex campione olimpionico di lotta libera , aveva sette anni quando il padre fu ucciso a coltellate in una rissa , lasciando i quattro figli soli con la madre alcolizzata appassionata di matrimoni ( si sposò nove volte ) . Gli svelti bambini fra i quattro e i nove anni sono associati in un Club degli Odiatori di Femmine ; scoprono con raccapriccio che uno di loro s ' è innamorato della seducente bambina Darla e non può fare a meno di corteggiarla rivaleggiando con un coetaneo figlio di miliardario ( « Le femmine sono come le brutte canzoni , una volta che ti sono entrate in testa non ne escono più » ) ; puniscono il traditore , ma alla fine si riconciliano con le bambine ; sono in conflitto con due teppisti di undici anni durante l ' avventurosa gara di go - kart che è una delle competizioni della locale fiera annuale . Non sono piccoli che scimmiottano i grandi ma neppure sono bambini realistici , risultano più autonomi , pragmatici ed energici dei veri quattrenni o cinquenni : dall ' anomalia nasce la comicità delle loro peripezie spiritose , mentre dalla buona realizzazione nasce l ' elegante piacevolezza del film .
Virus letale ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Thriller convenzionale e interessante , ispirato al best - seller americano Crisis in a Hot Zone nel quale Richard Preston , cronista scientifico del « New Yorker » , riferiva nel 1993 sull ' apparizione d ' un nuovo virus sconosciuto arrivato dalle Filippine contro il quale s ' era trovata a combattere nel 1989 una coppia di virologi dell ' esercito , Gerard e Nancy Jaax . Il pericolo d ' un virus misterioso venuto da Paesi esotici condensa tanti elementi contemporanei : la paura de11'Aíds , naturalmente , ma anche la pulsione di morte , l ' interesse collettivo per la scienza salvifica o mortifera , il bisogno spettacolare d ' inventarsi nuovi nemici magari interni dopo la fine del comunismo ( non tutti i film d ' azione possono avere come avversari i narcotrafficanti o la Cia ) . Il film Hollywood contro Virus racconta , con un inizio identico a quello di Aracnofobia , la vicenda d ' un virus portato dallo Zaire che uccide velocemente e velocemente si propaga in una cittadina californiana . A fronteggiarlo è chiamato l ' esercito , nelle sue varianti cattiva , semicattiva e buona : il generale cattivo Donald Sutherland intende risolvere l ' angoscioso problema con l ' Operazione Tabula Rasa , distruggendo radicalmente l ' intera cittadina e sopprimendone i duemilaseicento abitanti , anche per coprire vecchi segreti e magagne ; il generale meno cattivo Morgan Freeman non è d ' accordo , ma rispetta le gerarchie e sino a un certo punto obbedisce agli ordini ricevuti ; lo scienziato militare Dustín Hoffman vuoi salvare la vita al maggior numero possibile di malati ricercando il portatore sano del virus per ricavarne l ' antidoto , e a questo scopo non esita a disobbedire agli ordini . Un dilemma morale ( quando l ' obbedienza diventa massacro , violarla non è un dovere ? ) , allarmanti allusioni all ' uso delle armi biologiche da parte dell ' esercito americano nel passato e nel presente , un conflitto coniugale ( il protagonista e la scienziata sua moglie sono separati , ritrovano armonia nella battaglia comune ) , paesaggi esotici , fantastiche riprese aeree e la fotografia perfetta di Michael Ballhaus si uniscono alla tensione del thriller catastrofico - sanitario : Hoffman è così energico ed efficace che sembra persino alto .