StampaQuotidiana ,
Il
soprano
Eugenia
Ratti
è
tornata
giorni
or
sono
dall
'
Olanda
,
dove
ha
cantato
con
grande
successo
di
pubblico
e
di
critica
.
Nonostante
ciò
,
la
brava
artista
non
parla
volentieri
del
suo
soggiorno
a
L
'
Aja
.
Dopo
tanti
mazzi
di
fiori
e
tanti
applausi
,
proprio
due
giorni
prima
di
partire
,
le
è
capitato
qualcosa
di
abbastanza
triste
.
Per
sdebitarsi
in
qualche
modo
delle
calorose
accoglienze
e
delle
cortesie
ricevute
,
la
Ratti
propose
ai
dirigenti
dell
'
Opera
e
alle
autorità
cittadine
un
concerto
benefico
.
«
Potete
devolvere
il
ricavato
»
,
disse
il
soprano
,
«
alla
Croce
Rossa
o
a
qualche
orfanotrofio
.
»
«
Grazie
»
,
le
risposero
,
«
ma
non
è
possibile
.
Nel
nostro
Paese
lo
Stato
provvede
direttamente
a
sostenere
istituti
del
genere
»
.
«
Va
bene
»
,
fece
la
Ratti
.
«
Ma
potremmo
versare
la
somma
all
'
Associazione
protettrice
degli
animali
o
a
qualche
organizzazione
assistenziale
privata
...
»
«
Nulla
da
fare
»
,
fu
ancora
la
risposta
.
«
Non
esistono
in
Olanda
enti
benefici
,
pubblici
o
privati
,
cui
largamente
non
provvedano
lo
Stato
o
la
nostra
beneamata
regina
»
.
Il
soprano
non
si
arrese
.
Restò
un
momento
soprappensiero
,
poi
trovò
la
soluzione
.
«
Allora
,
facciamo
così
.
Io
do
egualmente
il
concerto
e
voi
destinate
l
'
incasso
a
un
'
iniziativa
qualsiasi
,
come
vi
pare
e
piace
,
di
qualsiasi
genere
»
.
Questa
volta
tutti
i
volti
,
attorno
alla
cantante
,
s
'
illuminarono
.
«
Magnifica
idea
!
»
esclamò
l
'
intendente
dell
'
Opera
.
«
Sapete
come
adopereremo
i
vostri
soldi
?
Li
aggiungeremo
al
fondo
che
da
qualche
mese
stiamo
mettendo
da
parte
per
scritturare
la
Callas
l
'
anno
venturo
.
È
tanto
che
desideriamo
sentirla
,
ma
vuole
tanto
di
quel
danaro
!
»
La
Ratti
,
inutile
dirlo
,
dissimulò
a
fatica
il
risentimento
.
Ma
provate
a
immaginare
cosa
sarebbe
successo
se
un
caso
simile
fosse
capitato
alla
Callas
!
L
'
altro
giorno
,
a
Roma
,
in
un
negozio
di
via
Sistina
,
Martine
Carol
si
è
equipaggiata
per
la
spiaggia
.
Tre
pagliaccetti
:
uno
di
seta
verde
con
merletti
bianchi
,
uno
di
satin
giallo
con
pizzi
crudi
,
uno
interamente
di
pizzo
rosa
.
Un
francese
,
residente
negli
Stati
Uniti
,
ha
monopolizzato
tutta
la
produzione
del
vino
per
la
Messa
.
«
Ho
notato
che
i
cattolici
sono
in
aumento
»
,
ha
dichiarato
.
«
Spero
di
diventare
miliardario
ben
meritando
dalla
fede
»
.
StampaQuotidiana ,
Lungamente
aspettato
,
desiderato
,
dopo
lunga
gestazione
,
fatta
penosa
dalla
necessità
di
accordare
volontà
discordi
,
è
venuto
alla
luce
il
Manifesto
economico
del
Consiglio
Supremo
.
È
un
documento
strano
;
non
vi
mancano
giuste
osservazioni
,
buoni
consigli
,
ma
fanno
interamente
difetto
conseguenze
che
pure
appaiono
subito
patenti
e
necessarie
.
La
ragione
è
che
il
Consiglio
deve
legare
l
'
asino
dove
vuole
il
padrone
,
e
che
questi
permette
bensì
vaniloqui
oratori
,
ma
non
consente
pratici
provvedimenti
,
ad
esso
non
perfettamente
graditi
.
Il
Manifesto
principia
coll
'
osservare
che
i
prezzi
alti
sono
conseguenza
delle
guerre
.
Su
ciò
nessuno
contende
.
Seguita
con
altra
verità
,
pure
evidente
,
cioè
che
«
i
governi
debbono
accogliere
provvedimenti
atti
a
persuadere
le
popolazioni
che
,
mediante
l
'
aumento
della
produzione
,
possono
risolvere
il
problema
del
caro
vivere
.
I
governi
debbono
facilitare
lo
scambio
dei
prodotti
»
.
(
Cito
il
testo
come
è
stato
trasmesso
dal
telegrafo
)
.
Ma
bravo
!
come
va
,
per
altro
,
che
sinora
i
provvedimenti
dei
governi
sono
statici
e
seguitano
ad
essere
volti
proprio
ad
uno
scopo
opposto
?
Li
ignora
il
Consiglio
,
o
ne
dà
diverso
giudizio
?
Vogliamo
rammentarne
alcuni
?
Per
accrescere
la
produzione
,
si
scemano
le
ore
di
lavoro
,
s
'
impone
per
accordi
internazionali
,
per
leggi
,
tale
riduzione
.
Ma
che
sia
proprio
vero
che
meno
si
lavora
e
più
si
produce
?
Se
le
cose
stanno
così
,
perché
il
Consiglio
non
ci
dimostra
questa
splendida
verità
,
invece
di
sprecare
tempo
a
narrarci
cose
che
tutti
sanno
?
E
perché
non
svela
l
'
errore
enorme
del
governo
della
Germania
,
che
,
per
produrre
maggiore
quantità
di
carbone
,
ottiene
dal
patriottismo
dei
minatori
che
lavorino
ore
supplementari
?
E
come
mai
spiega
che
la
giornata
di
otto
ore
ha
fatto
aumentare
in
tutte
le
imprese
e
negli
uffici
governativi
il
numero
dei
lavoratori
?
Avrebbe
dovuto
rimanere
eguale
,
se
non
scemava
la
produzione
,
scemando
le
ore
di
lavoro
.
Per
la
produzione
,
oltre
al
lavoro
,
occorre
ciò
che
,
con
vocabolo
poco
preciso
ma
che
fa
comodo
,
si
dice
«
capitale
»
.
Può
essere
privato
,
o
pubblico
in
un
reggimento
socialista
,
ma
ci
vuole
sempre
.
Per
trasportare
le
merci
sulle
ferrovie
,
ci
vogliono
locomotive
,
siano
queste
di
privati
,
di
governi
socialisti
,
di
Soviet
,
o
di
chi
si
voglia
.
C
'
è
chi
crede
che
locomotive
e
carri
possano
essere
sostituiti
da
cartelle
del
debito
pubblico
.
C
'
è
chi
suppone
che
,
facendo
svolazzare
questo
o
quei
biglietti
di
Stato
o
di
banca
intorno
ad
un
campo
,
si
accresca
la
produzione
del
grano
,
meglio
che
con
arature
profonde
e
con
largo
uso
di
concimi
?
Chi
ha
tale
opinione
non
vede
certo
nel
Manifesto
la
contraddizione
,
che
invece
appare
stridente
per
chi
la
pensa
diversamente
.
Volete
accrescere
la
produzione
e
vi
adoperate
con
ogni
vostro
potere
per
sostituire
carta
agli
oggetti
materiali
che
servono
alla
produzione
.
Ma
forse
c
'
è
chi
crede
un
'
altra
panzana
,
cioè
che
tutta
quella
carta
rappresenti
solo
godimenti
a
cui
rinunziano
i
«
ricchi
»
.
Accidenti
!
Che
pancia
devono
avere
costoro
se
masticavano
tutti
quei
miliardi
che
,
con
grande
compiacenza
,
i
governi
dicono
di
ricavare
dai
loro
imprestiti
!
Il
lettore
vorrà
scusarci
se
non
discutiamo
seriamente
simili
ipotesi
.
«
I
mezzi
di
trasporto
sono
disorganizzati
»
dice
,
e
dice
bene
,
il
Consiglio
.
Dunque
la
conseguenza
sarebbe
che
bisogna
riordinarli
ma
come
volete
che
ciò
segua
se
scema
il
lavoro
,
scema
il
capitale
,
che
per
essi
si
adoperano
,
e
crescono
solo
gli
scioperi
e
le
paghe
?
Ma
non
basta
l
'
enorme
salasso
che
,
ai
capitali
volti
alla
produzione
,
fanno
i
governi
,
cogli
imprestiti
e
le
emissioni
di
carta
moneta
,
altro
grandissimo
ne
fanno
colle
imposte
.
Anche
qui
chiederemo
:
credete
voi
che
tutto
il
maggior
prodotto
delle
imposte
sia
tolto
esclusivamente
alle
spese
di
lusso
,
o
anche
,
se
vi
piace
,
ai
consumi
in
genere
,
e
che
nessuna
parte
,
piccola
o
grande
,
sia
tolta
alla
produzione
?
Se
sì
,
tiriamo
avanti
;
coi
ciechi
non
si
discorre
dei
colori
;
se
no
,
perché
proclamate
la
necessità
di
accrescere
la
produzione
,
e
ad
un
tempo
favorite
ciò
che
la
fa
scemare
?
Non
basta
ancora
.
Quel
tanto
che
rimane
ai
contribuenti
dovrebbe
,
per
accrescere
la
produzione
,
essere
adoperato
per
questa
;
ma
per
fare
ciò
occorre
che
chi
si
volge
per
tal
via
abbia
,
se
non
sicurezza
,
almeno
speranza
di
non
essere
spogliata
del
suo
.
Come
può
averla
se
,
come
dice
ottimamente
il
Consiglio
:
«
la
pace
non
è
ancora
stabilita
,
le
rivalità
e
le
antipatie
dominano
ancora
le
nazioni
europee
»
?
Perché
solo
europee
?
E
,
aggiungiamo
noi
,
la
pace
interna
è
anche
maggiormente
scossa
della
pace
internazionale
.
Chi
oggi
impianta
uno
stabilimento
industriale
non
sa
se
domani
non
gli
verrà
tolto
,
illegalmente
,
da
qualche
soviet
,
o
con
forma
poco
diversa
e
con
effetto
identico
,
requisito
legalmente
dal
governo
,
che
non
sa
trovare
altro
modo
di
mantenere
l
'
ordine
.
Chi
oggi
compra
un
bove
,
pei
suoi
possessi
,
non
sa
se
domani
non
lo
vedrà
morire
di
fame
,
per
la
prepotenza
di
scioperanti
;
chi
oggi
prepara
la
coltura
di
una
risaia
non
sa
che
ne
sarà
del
riso
che
spunterà
,
e
neppure
se
si
potrà
raccogliere
;
chi
ha
ulivi
non
sa
a
quali
«
prezzi
d
'
imperio
»
venderà
l
'
olio
,
e
perciò
ci
furono
possidenti
che
preferirono
tagliare
gli
ulivi
e
venderli
,
il
che
almeno
si
dice
non
è
il
miglior
modo
di
accrescere
la
produzione
dell
'
olio
;
chi
avesse
la
disgraziata
idea
di
edificare
una
casa
non
sa
a
quel
prezzo
sarà
costretto
di
darla
in
affitto
;
a
lui
basti
di
pagare
profumatamente
muratori
e
materiali
da
costruzione
,
al
rimanente
ci
pensa
l
'
umanitario
governo
;
e
veramente
non
pare
questo
il
miglior
modo
di
avere
abbondanza
di
alloggi
;
è
vero
che
il
governo
ne
promette
,
ma
come
li
edificherà
?
Con
denari
tolti
,
almeno
in
parte
,
ad
altre
produzioni
.
Fare
e
disfare
è
tutto
un
lavorare
,
ma
non
accresce
la
quantità
dei
prodotti
.
Dopo
ciò
,
qual
meraviglia
se
taluno
,
invece
di
fare
simili
impieghi
di
capitali
,
si
gode
,
se
imprevidente
,
i
quattrini
che
gli
rimangono
,
dedotte
le
imposte
progressive
ed
altre
o
si
studia
,
se
previdente
,
di
porre
al
sicuro
ciò
che
può
,
spingendosi
sino
a
comperare
diamanti
e
perle
,
che
sono
gemme
preziosissime
,
ma
proprio
inutili
per
la
produzione
.
Certo
,
queste
sono
male
opere
:
dimostrano
ciò
a
chiare
note
gli
economisti
ufficiali
;
ma
che
volete
?
L
'
uomo
somiglia
a
quello
strano
animale
,
reputato
molto
cattivo
,
perché
,
percosso
,
si
difendeva
.
C
'
è
ancora
dell
'
altro
.
Dice
il
Consiglio
,
e
sono
parole
d
'
oro
:
«
I
governi
debbono
facilitare
lo
scambio
dei
prodotti
»
.
Ah
!
sì
?
Ed
è
perciò
che
nel
maggior
numero
dei
paesi
in
nome
dei
quali
parla
il
Consiglio
,
sono
infinite
le
restrizioni
,
le
proibizioni
agli
scambi
dei
prodotti
.
È
proibito
di
importare
questo
prodotto
,
perché
è
di
lusso
;
proibito
di
esportare
quest
'
altro
,
perché
è
necessario
;
allora
che
rimane
da
scambiare
?
Questo
è
un
volere
e
un
disvolere
ad
un
tempo
.
Interpretando
molto
largamente
il
vocabolo
prodotti
,
rimarrebbero
lavoro
e
capitali
.
Ma
anche
ad
essi
hanno
provveduto
i
governi
.
Chi
si
prova
a
chiedere
un
passaporto
per
l
'
estero
può
conoscere
quanto
sia
facile
lo
scambio
degli
uomini
tra
i
vari
paesi
,
chi
si
prova
ad
esportare
o
ad
importare
«
capitali
»
conosce
un
nuovo
genere
di
delitti
.
Saranno
giustificati
per
scopi
fiscali
,
ma
non
venite
fuori
colle
bubbole
che
facilitano
lo
scambio
dei
prodotti
.
Notiamo
intanto
,
di
sfuggita
,
che
se
Inghilterra
e
Francia
non
avessero
,
prima
della
guerra
,
esportato
all
'
estero
enormi
capitali
,
non
avrebbero
potuto
fare
facilmente
,
come
hanno
fatto
,
le
spese
per
la
guerra
.
E
se
,
fra
qualche
anno
,
avranno
nuove
guerre
,
ben
potranno
chiosare
questa
verità
.
Deh
!
Avesse
potuto
l
'
Italia
esportare
all
'
estero
grandi
capitali
,
prima
della
guerra
,
non
avrebbe
ora
una
moneta
tanto
deprezzata
!
Il
Consiglio
ben
vede
lo
stato
presente
di
incertezza
,
di
mancanza
di
sicurezza
,
ma
non
ardisce
dire
una
parola
schietta
e
forte
;
mena
il
can
per
l
'
aia
,
dice
e
disdice
ed
appare
oltremodo
impacciato
.
Si
cadrebbe
in
errore
assegnando
l
'
origine
dei
mali
presenti
all
'
ignoranza
,
all
'
imperizia
,
al
mal
volere
dei
governi
.
Essi
fanno
ciò
che
possono
e
spesso
per
il
meglio
,
essendo
dati
i
sentimenti
e
gli
interessi
della
popolazione
.
C
'
è
del
vero
nell
'
asserzione
dei
socialisti
che
la
borghesia
si
dimostra
incapace
di
risolvere
i
problemi
presenti
;
occorre
per
altro
sostituire
,
al
termine
:
borghesia
,
quello
più
generico
di
classe
governante
,
ed
aggiungere
che
l
'
opera
di
questa
è
pure
in
parte
determinata
dai
sentimenti
e
dagli
interessi
dei
governati
,
o
per
dir
meglio
di
quella
parte
di
essi
che
ha
maggior
forza
.
Difficoltà
analoghe
alle
presenti
sarebbero
dunque
incontrate
,
sia
pure
con
diversa
intensità
,
da
ogni
genere
di
governi
,
sinché
non
si
modificano
sentimenti
ed
interessi
.
L
intensità
sarebbe
minore
se
si
potessero
togliere
alcune
contraddizioni
,
le
quali
fanno
che
lo
stato
presente
paia
volto
ad
accogliere
non
il
meglio
ma
il
peggio
di
vari
ordinamenti
.
Se
non
si
vuole
la
libertà
dei
commerci
e
delle
industrie
,
se
si
vuole
abolire
la
proprietà
privata
,
sia
pure
così
.
Non
è
oppugnabile
che
ci
possono
essere
altri
generi
di
economia
.
Si
provi
quella
del
socialismo
classico
,
affidando
tutti
i
mezzi
di
produzione
al
governo
,
si
provino
i
Soviet
,
si
provi
il
sindacalismo
,
si
provi
ciò
che
si
vuole
,
ma
che
almeno
non
sia
campato
per
aria
,
e
non
sia
uno
stato
di
disordine
che
giunge
all
'
assurdo
,
di
cui
è
sintomo
non
trascurabile
le
migliaia
di
decreti
,
o
di
grida
,
fra
cui
quelli
,
minuziosi
sino
al
ridicolo
,
che
regolano
il
consumo
dei
pasticcini
,
degli
asparagi
col
parmigiano
,
o
che
fissano
a
dieci
il
numero
delle
vivande
che
,
al
cuoco
di
una
trattoria
,
è
lecito
di
preparare
in
un
giorno
.
Un
tale
reggimento
pare
proprio
escogitato
per
conseguire
un
minimo
di
prosperità
economica
.
Eppure
il
Consiglio
spera
ancora
di
poterlo
trarre
in
salvo
,
e
propone
per
ciò
vari
rimedi
.
Li
esamineremo
nel
prossimo
articolo
.
StampaQuotidiana ,
Il
Bembo
aveva
ragione
:
che
il
Boccaccio
,
«
come
che
in
verso
altresì
molte
cose
componesse
,
nondimeno
assai
apertamente
si
conosce
che
solamente
nacque
alla
prosa
»
.
O
,
per
meglio
dire
,
di
quanto
arricchì
la
sua
prosa
,
d
'
altrettanto
smorzò
e
impoverì
la
poesia
.
E
proprio
cominciò
a
comporre
in
prosa
,
riportando
su
un
piano
tanto
più
alto
una
vicenda
popolaresca
,
con
suoi
caratteri
ben
netti
.
Parlo
del
Filocolo
,
trascrizione
piuttosto
infarcita
d
'
un
tema
e
d
'
una
storia
come
quella
di
Florio
e
Biancofiore
:
l
'
opera
«
giovanile
»
del
Boccaccio
,
che
,
secondo
il
Battaglia
,
rappresenterebbe
«
il
momento
romantico
di
uno
scrittore
che
col
volgere
degli
anni
avrebbe
educato
la
sua
grande
arte
al
più
schietto
realismo
»
.
Ma
,
dire
«
romantico
»
è
dir
troppo
;
e
contentiamoci
di
battere
l
'
accento
sulla
più
semplice
definizione
«
giovanile
»
;
e
spieghiamoci
così
quel
che
di
intemperante
e
di
folto
passò
tra
le
fila
di
quella
vicenda
romanzesca
,
e
che
furono
specialmente
ricordi
di
letture
,
e
di
poetiche
letture
;
tutto
,
insomma
,
un
mondo
classico
mescolato
confusamente
a
personali
esperienze
,
personali
affetti
,
e
avvisi
del
tempo
nuovo
.
Tra
il
Filocolo
e
l
'
Ameto
passarono
all
'
incirca
dieci
anni
;
e
ne
passeranno
poco
meno
dal
principio
della
composizione
del
Decamerone
,
e
un
poco
più
dal
suo
compimento
.
La
Fiammetta
è
un
'
eccezione
:
l
'
ultima
opera
di
prosa
,
e
si
può
dire
l
'
unica
,
avanti
il
Decamerone
,
dove
il
Boccaccio
parve
,
in
una
volta
,
cantare
e
licenziare
le
memorie
della
sua
vita
.
L
'
Ameto
,
dunque
,
sta
in
mezzo
,
e
anche
idealmente
occupa
il
giusto
mezzo
e
,
composto
com
'
è
di
prosa
e
di
verso
,
ripropone
più
sensibilmente
il
confronto
tra
prosa
e
poesia
boccaccesca
(
noi
non
accenneremo
neppure
alla
storia
di
queste
opere
miste
,
né
a
Boezio
né
a
Marziano
Capella
né
ad
Alano
da
Lilla
né
a
Dante
)
.
E
prendiamo
un
dato
solo
di
stile
.
Si
sa
quanto
il
Boccaccio
studiasse
e
imitasse
Dante
,
e
proprio
il
Dante
della
Commedia
.
Così
nel
Filocolo
,
così
nell
'
Ameto
.
Ma
non
già
,
nell
'
Ameto
,
per
sostenere
il
verso
;
sibbene
per
alzare
ancora
più
il
tono
della
prosa
,
di
quell
'
«
apparente
prosa
che
è
poesia
»
.
E
per
converso
,
in
prosa
,
egli
non
avrebbe
mai
toccato
modi
siffatti
(
«
Con
queste
bianche
e
rosse
come
foco
Ti
serbo
gelse
,
mandorle
e
susine
,
Fravole
e
bozzacchioni
in
questo
loco
,
Belle
peruzze
e
fichi
senza
fine
;
E
di
tortole
ho
preso
una
nidiata
,
Le
più
belle
del
mondo
,
piccoline
,
Colle
quai
tu
potrai
lunga
fiata
Prender
sollazzo
;
e
ho
due
leprettini
,
Pur
testé
tolti
alla
madre
piagata
ecc
.
»
)
;
e
per
l
'
appunto
in
terzine
stemperate
,
avvilite
direi
,
dove
c
'
è
già
un
sentore
di
ottava
,
dell
'
ottava
enumerativa
boccaccesca
,
e
poi
dell
'
altra
concertante
del
Poliziano
.
Proprio
quando
,
nella
prosa
dell
'
Ameto
,
tentava
un
maggior
arricchimento
e
un
periodare
più
complesso
.
E
l
'
aggettivo
il
peso
morto
della
prosa
boccaccesca
,
il
segno
della
sua
stanchezza
.
L
'
aggettivo
con
valore
attributivo
quasi
sempre
preposto
al
nome
,
e
che
nei
poeti
,
specie
nei
poeti
elegiaci
e
melici
,
forma
quel
finissimo
«
legato
»
,
(
diciamolo
un
'
altra
volta
con
un
termine
musicale
)
che
è
l
'
elemento
base
del
loro
melodizzare
,
l
'
affettuoso
connettivo
del
canto
;
dove
l
'
una
nota
par
tenuta
per
colorare
di
sé
l
'
altra
,
dar
senso
all
'
altra
,
mentre
questa
la
sostanzia
e
quasi
si
scioglie
in
essa
.
Proprio
su
questo
massimo
di
durata
,
su
questa
unità
armonica
,
s
'
appoggia
e
si
rinnova
di
tempo
in
tempo
,
e
direi
si
slancia
,
il
discorso
poetico
(
«
Quel
vago
impallidir
,
che
'
l
dolce
riso
D
'
un
'
amorosa
nebbia
ricoperse
»
.
«
Se
dell
'
eterne
idee
L
'
una
sei
tu
,
cui
di
sensibil
forma
Sdegni
l
'
eterno
senno
esser
vestita
,
O
fra
caduche
spoglie
Provar
gli
affanni
di
funerea
vita
»
)
;
e
vi
s
'
accorda
l
'
altro
elemento
,
con
l
'
aggettivo
posposto
al
nome
,
che
è
lo
«
staccato
»
(
e
anche
questa
volta
ricorreremo
alla
musica
)
,
e
serve
come
chiaroscuro
,
più
e
men
forte
,
sopra
tutto
nelle
riprese
,
nelle
chiuse
,
e
vive
unicamente
del
suo
contrario
(
«
e
fia
compagna
D
'
ogni
mio
vago
immaginar
,
di
tutti
I
miei
teneri
sensi
,
i
tristi
e
cari
-
Moti
del
cor
la
rimembranza
acerba
»
)
.
Nella
prosa
è
il
caso
inverso
,
quanto
più
il
gusto
della
prosa
progredisce
e
s
'
affina
.
Ed
è
lo
«
staccato
»
a
dare
il
colore
,
l
'
accento
,
la
forte
scansione
;
mentre
,
in
momenti
rari
,
in
toni
un
poco
più
alti
,
anch
'
essa
«
lega
»
col
finissimo
artificio
che
s
'
è
detto
.
Sarà
dunque
nel
Boccaccio
,
questo
continuo
«
legare
»
,
la
riprova
più
valida
di
quella
sua
«
apparente
prosa
che
è
poesia
»
?
Ma
si
osserverà
:
Boccaccio
tolse
quest
'
uso
dal
latino
.
Che
,
in
verità
,
non
distrugge
il
dato
stilistico
,
né
il
suo
particolare
valore
.
E
poi
sta
il
fatto
che
il
Boccaccio
,
specie
sul
principio
,
se
ne
appropriò
in
un
suo
periodare
monotono
,
per
successioni
,
per
addizioni
,
solo
più
tardi
arrivato
a
una
maggior
finezza
di
sintassi
.
Si
pensi
al
Novellino
,
alla
varietà
del
suo
parlare
,
per
cenni
,
alla
scrittura
magra
,
con
sensibili
contrasti
e
,
nell
'
uso
dell
'
aggettivo
,
appunto
,
con
inattese
libertà
.
Qui
davvero
non
si
compone
per
serie
,
ma
in
un
modo
tutto
inventivo
,
anche
se
corto
.
E
cessato
quell
'
inventare
,
il
discorso
svolta
e
varia
.
Disse
il
Foscolo
che
il
Boccaccio
vedeva
«
in
ogni
parola
una
vita
che
fosse
propria
,
né
bisognosa
altrimenti
d
'
essere
animata
dall
'
intelletto
»
.
E
badate
,
la
vena
di
certi
scrittori
spesso
consiste
non
di
parole
soltanto
,
ma
di
intere
frasi
e
cadenze
,
con
una
vita
loro
propria
,
né
bisognose
altrimenti
d
'
essere
animate
dall
'
intelletto
;
consiste
,
volevo
dire
,
in
una
sorta
di
elegantissimo
ozio
.
Come
nei
melodisti
a
oltranza
.
E
in
prosa
come
in
verso
solo
allora
si
tocca
la
perfezione
,
quando
l
'
inventare
e
l
'
ambito
compositivo
s
'
aiutano
e
si
condizionano
,
senza
squilibri
.
Il
Boccaccio
,
intanto
,
nell
'
Ameto
,
corresse
e
variò
certa
dovizia
aggettivale
,
studiò
più
accorte
collocazioni
(
«
e
le
rocche
fortissime
»
)
;
e
,
tirato
dal
suo
vivace
istinto
di
realista
,
sostituì
,
al
comporre
secondo
regole
e
cadenze
e
,
direi
,
secondo
un
ideale
ritmo
,
invenzioni
più
frequenti
,
vere
spezzature
o
discordanze
nel
suo
tessuto
prosastico
.
Ma
che
cosa
è
quest
'
Ameto
?
E
,
o
vuole
essere
,
la
rappresentazione
del
rinnovamento
dello
spirito
umano
per
mezzo
dell
'
amore
;
la
storia
di
Ameto
cacciatore
«
vagabondo
giovane
»
,
che
di
rozzo
e
selvaggio
,
ingentilito
dall
'
amore
,
e
aiutato
dalle
sette
virtù
,
s
'
innalza
alla
contemplazione
delle
verità
supreme
.
Questa
,
in
vero
,
è
la
macchina
del
libro
,
che
dà
la
spinta
al
libro
;
e
che
s
'
adatta
poi
,
via
facendo
,
alla
statura
e
al
gusto
dell
'
autore
.
Parrebbe
di
assistere
a
una
drammatica
«
riduzione
»
(
non
però
sofferta
,
s
'
intende
,
ma
che
non
cessa
d
'
esser
tale
)
d
'
un
'
alta
idea
,
viva
ancora
ai
tempi
del
Boccaccio
,
più
,
forse
,
come
ricordo
che
come
forza
attiva
,
e
che
nella
mente
del
Boccaccio
trova
un
suo
limite
,
e
,
per
questo
,
si
fa
a
suo
modo
vivente
.
Già
,
che
fosse
un
motivo
fortemente
sentito
,
lo
avvertì
fin
dal
principio
.
Vedi
Ameto
,
«
d
'
ogni
parte
carico
della
presa
preda
»
«
intorniato
da
'
cani
tornando
a
'
suoi
luoghi
»
«
vicino
a
quella
parte
ove
il
Mugnone
muore
con
le
sue
onde
»
,
fermarsi
ad
ascoltare
una
«
graziosa
voce
»
«
in
mai
più
non
udita
canzone
»
;
e
«
verso
quella
parte
,
ove
il
canto
estimava
,
porse
,
piegando
la
testa
sopra
la
manca
spalla
,
l
'
orecchio
ritto
»
(
ma
questa
punteggiatura
troppo
secondo
logica
,
troppo
minuta
,
per
il
sinuoso
periodare
boccaccesco
!
)
.
S
'
accosta
,
dunque
,
Ameto
,
e
vede
giovinette
,
«
alcuna
mostrando
nelle
basse
acque
i
bianchi
piedi
»
,
e
che
con
lento
passo
«
vagando
s
'
andavano
»
.
La
meraviglia
di
Ameto
vale
assai
più
delle
cose
che
descrive
,
rimane
come
un
vapore
sospeso
,
una
luce
primaverile
;
ché
le
cose
sono
sempre
le
stesse
,
e
un
poco
monotone
;
e
le
sette
virtù
,
anch
'
esse
troppo
uguali
,
Mopsa
,
Emilia
,
Adiona
,
Acrimonia
,
Agapes
,
Fiammetta
,
Lia
;
vere
donne
,
e
troppo
donne
.
E
Ameto
,
«
con
occhio
ladro
»
,
a
riguardare
«
l
'
aperte
bellezze
di
tutte
quante
»
.
Appunto
quest
'
occhio
di
Ameto
è
la
novità
del
libro
,
il
miracolo
che
trasforma
il
vario
nell
'
uno
;
e
la
pagina
ne
risulta
piena
d
'
infinite
sorprese
.
«
Con
fervente
disio
cercava
d
'
essere
Afron
o
di
mutarsi
in
Ibrida
o
divenire
Dioneo
o
parere
Apaten
o
Apiros
o
Caleone
»
.
E
il
circostante
mondo
di
natura
,
per
nulla
distinto
,
anzi
da
ogni
parte
mescolantesi
come
cosa
vivente
,
pieno
di
sensi
anch
'
esso
;
e
i
colori
presi
da
ogni
dove
,
dalla
realtà
e
dal
mondo
classico
e
dal
mito
.
Non
a
caso
,
nell
'
Ameto
,
spiccano
con
forte
rilievo
,
e
quasi
s
'
accordano
in
un
superiore
impegno
,
due
grandi
parti
:
una
minutissima
descrizione
d
'
un
orto
,
la
più
ricca
e
architettata
di
tutto
il
libro
;
e
una
storia
d
'
amore
,
quella
di
Agapes
,
che
altra
non
ne
scrisse
mai
,
avanti
il
Decamerone
,
con
penna
sì
ardita
,
e
con
la
sua
allegra
lascivia
.
Per
questo
vasto
accordo
,
quest
'
armonia
e
,
vorrei
dire
,
amorosa
prospettiva
,
l
'
Ameto
è
il
precedente
immediato
del
mondo
polizianesco
e
,
in
sé
,
segna
un
punto
assai
importante
nella
resurrezione
rinascimentale
.
Era
destino
che
lo
fissasse
prima
il
Boccaccio
.
Spiace
,
nella
pur
buona
edizione
che
Nicola
Bruscoli
ha
curato
dell
'
Ameto
per
l
'
editore
Laterza
,
trovare
una
dichiarazione
come
questa
:
«
L
'
autore
si
ripromette
di
tornare
in
seguito
sui
Manoscritti
dell
'
Ameto
,
aggiungendo
altri
dati
quali
sarà
possibile
ricavare
dall
'
esplorazione
di
nuovo
materiale
,
oggi
sotto
speciale
custodia
a
causa
dello
stato
di
guerra
»
.
E
chi
obbligava
mai
il
Bruscoli
a
pubblicare
con
una
tal
precipitazione
?
Ma
vorrei
dire
un
'
altra
cosa
ancora
,
ché
l
'
ho
appena
accennata
avanti
.
Sul
sistema
della
punteggiatura
adottato
per
questa
prosa
del
Boccaccio
,
come
sempre
tendente
,
con
una
leggera
enfasi
,
alla
poesia
.
Questa
interpunzione
,
così
spiccatamente
logica
,
non
pare
al
Bruscoli
che
debba
frastornare
un
poco
il
lettore
,
impedirgli
il
gusto
di
risentire
in
sé
quella
musica
che
è
del
periodare
boccaccesco
?
Eppure
il
Leopardi
,
nelle
Operette
morali
,
ci
aveva
lasciato
un
esempio
splendido
di
come
si
possa
con
la
interpunzione
aiutare
la
lettura
,
dividendo
secondo
pause
,
non
secondo
sintassi
,
o
secondo
una
più
interna
sintassi
.
Mi
si
potrebbe
rispondere
col
nome
del
Manzoni
.
Ma
già
la
prosa
del
Manzoni
è
ben
altra
da
quella
del
Boccaccio
,
e
non
è
poi
detto
che
il
Manzoni
,
qualche
volta
non
peccasse
in
minuziosità
,
per
iscrupolo
di
non
riuscire
mai
abbastanza
chiaro
,
affabile
.
E
un
'
ultima
osservazione
,
sull
'
uso
della
dieresi
.
Quest
'
uso
,
assai
intemperante
,
non
ha
portato
fortuna
,
e
s
'
è
visto
,
ad
altro
editore
del
Boccaccio
.
Davvero
che
un
verso
come
questo
«
stanti
all
'
ombra
d
'
un
fiorito
alloro
»
,
aveva
bisogno
della
dieresi
su
«
fiorito
»
(
così
:
«
fïorito
»
)
,
di
quest
'
errore
smaccato
,
di
questa
strascicatura
,
per
essere
un
verso
?
Ma
basterebbe
dividere
«
stanti
»
da
«
all
'
ombra
»
,
con
un
effetto
bellissimo
di
iato
,
e
l
'
endecasillabo
,
proprio
lì
,
si
slargherebbe
,
si
distenderebbe
;
e
s
'
avrebbe
proprio
dipinta
la
contentezza
di
stare
all
'
ombra
,
quieti
,
che
è
un
piacere
.
Se
questa
è
invenzione
nostra
,
del
nostro
strafare
,
chiediamo
venia
.
StampaQuotidiana ,
La
cinquantatreenne
signora
Chan
,
cittadina
di
Hong
-
Kong
,
si
è
decisa
ad
andare
in
tribunale
.
Ha
pazientato
un
quarto
di
secolo
.
Finché
ha
potuto
,
ha
lavorato
per
vivere
.
Ma
ora
,
tormentata
dall
'
artrite
e
da
una
miopia
galoppante
,
vuole
che
il
marito
sposato
25
anni
fa
,
e
che
non
ha
mai
visto
neppure
una
volta
,
le
passi
gli
alimenti
prescritti
dalla
legge
cinese
.
Il
marito
,
mercante
sessantenne
,
placito
e
occhialuto
,
si
è
fatto
finalmente
vivo
.
È
arrivato
da
una
lontana
provincia
e
per
la
prima
volta
ha
incontrato
,
davanti
ai
giudici
,
la
donna
sposata
per
procura
nel
1933
,
quando
faceva
il
marinaio
sui
mercantili
.
I
due
coniugi
sono
arrivati
alle
nozze
d
'
argento
senza
conoscersi
.
Anche
per
i
cinesi
,
che
difficilmente
si
meravigliano
di
qualcosa
,
il
caso
è
piuttosto
singolare
.
Ma
non
basta
.
La
signora
Chan
racconta
qualcosa
di
ancora
più
straordinario
.
«
Come
vuole
la
nostra
tradizione
contadina
,
il
posto
dello
sposo
lontano
durante
la
cerimonia
nuziale
fu
preso
da
un
grosso
gallo
.
Il
volatile
rappresentava
in
tutto
e
per
tutto
lo
sposo
assente
.
Un
testimone
lo
teneva
fra
le
braccia
,
al
mio
fianco
,
e
il
sacerdote
gli
rivolse
le
domande
e
i
predicozzi
di
rito
proprio
come
se
si
fosse
trattato
di
un
uomo
.
I
miei
suoceri
erano
cinesi
di
vecchio
stampo
.
Il
loro
rispetto
per
la
tradizione
non
si
fermò
lì
.
Vollero
che
trascorressi
la
prima
notte
di
matrimonio
assieme
al
gallo
.
Era
un
grosso
gallo
,
inquieto
e
rissoso
,
cui
non
garbava
starsene
legato
per
una
zampa
sul
giaciglio
.
Mi
sbatteva
le
ali
sul
viso
e
ogni
tanto
mi
beccava
il
naso
o
le
dita
dei
piedi
.
Un
vero
inferno
.
Credevo
che
dopo
la
prima
notte
il
gallo
tornasse
alle
sue
galline
.
Sbagliavo
.
I
miei
suoceri
dissero
che
allontanare
il
gallo
avrebbe
portato
sfortuna
al
figlio
marinaio
.
Mi
costrinsero
a
dormire
col
gallo
ancora
per
mesi
,
per
anni
:
finché
mio
marito
,
che
intanto
non
dava
segno
di
vita
,
non
fosse
tornato
.
Così
,
ho
passato
col
gallo
tutte
le
mie
notti
per
otto
anni
.
Anzi
coi
galli
:
perché
morto
uno
ne
veniva
un
altro
.
Galli
nervosi
e
inquieti
per
la
mancanza
di
galline
,
che
mi
beccavano
rabbiosamente
e
spesso
mi
svegliavano
nel
cuore
della
notte
con
terribili
"
chicchirichì
"
.
Poi
i
miei
suoceri
,
a
breve
distanza
di
tempo
,
morirono
.
Mi
trovai
sola
.
Senza
neppure
più
il
gallo
.
Credo
giusto
che
mio
marito
mi
aiuti
,
finalmente
»
.
La
figlia
del
re
del
Marocco
,
principessa
Aicha
,
ha
approvato
ufficialmente
il
gesto
delle
donne
algerine
che
hanno
bruciato
il
velo
.
StampaQuotidiana ,
6
settembre
.
Gli
avvenimenti
del
teatro
di
operazioni
franco
-
tedesco
si
succedono
con
tanta
rapidità
,
e
sono
così
imprevisti
,
che
non
si
ha
quasi
più
nemmeno
il
tempo
di
comprenderli
bene
e
di
coordinarli
con
quelli
del
teatro
austro
-
tedesco
-
russo
.
Ieri
si
annunciava
che
le
due
fortezze
di
La
Fère
e
di
Laon
,
le
quali
dovevano
costituire
con
Reims
la
seconda
linea
di
difesa
francese
,
erano
cadute
senza
combattere
in
potere
dei
tedeschi
.
Oggi
,
anche
Reims
è
presa
da
questi
ultimi
,
con
la
stessa
facilità
.
Le
più
disparate
supposizioni
possono
sorgere
da
questi
fatti
.
Le
tre
fortezze
erano
dunque
impreparate
alla
resistenza
?
O
l
'
esercito
ha
rinunciato
a
difenderle
,
perché
non
è
in
grado
di
fare
una
.
utile
difesa
?
Si
deve
ammettere
piuttosto
che
la
reddizione
della
linea
La
Fère
,
Laon
,
Reims
sia
conseguenza
di
un
ponderato
disegno
?
Ma
quale
disegno
può
essere
questo
,
che
lascia
aprire
ai
tedeschi
una
così
larga
breccia
fra
le
cortine
difensive
della
frontiera
e
il
campo
trincerato
di
Parigi
?
Oramai
,
e
crediamo
già
d
'
aver
sufficientemente
dimostrato
ciò
,
l
'
esercito
tedesco
è
saldamente
congiunto
,
nella
sua
avanzata
da
nord
,
con
le
truppe
che
guerniscono
la
Lorena
fra
le
piazze
di
Metz
e
di
Strasburgo
:
e
si
sta
abbattendo
col
grosso
sui
francesi
,
e
li
va
stringendo
in
una
formidabile
tenaglia
.
Ammettiamo
pure
che
l
'
abbandono
di
tutta
la
seconda
linea
di
difesa
francese
sia
un
invito
insidioso
all
'
esercito
tedesco
di
entrare
nella
via
senza
uscita
segnata
ad
est
dalle
cortine
difensive
,
a
sud
dal
triangolo
Langres
,
Digione
,
Besanzone
,
ad
ovest
da
Parigi
.
Il
concetto
può
parere
brillante
,
ma
l
'
attuazione
è
pericolosa
.
Come
potranno
difendersi
le
truppe
francesi
,
che
fanno
attualmente
fronte
ad
oriente
,
.
e
appena
resistono
alla
pressione
delle
truppe
tedesche
della
Lorena
,
se
vengono
attaccate
anche
alle
spalle
?
Non
cederanno
sotto
la
doppia
pressione
avversaria
?
E
allora
,
che
valore
avranno
le
fortezze
di
Belfort
,
di
Épinal
,
di
Toul
e
di
Verdun
,
lasciate
a
sé
stesse
?
Pare
ormai
che
l
'
esercito
tedesco
non
si
preoccupi
più
di
Parigi
,
diventata
semplice
campo
trincerato
francese
;
e
con
la
stessa
risoluzione
con
cui
prima
avanzava
ad
ovest
,
ora
scenda
in
gran
parie
a
sud
,
alla
ricerca
dell
'
esercito
francese
,
che
è
diventato
l
'
obiettivo
principale
della
guerra
.
Veramente
,
sembra
oggi
,
per
un
momento
,
fermarsi
e
riprendere
fiato
:
ma
questo
arresto
dipende
dalla
risoluzione
di
raccogliersi
prima
di
fare
lo
sforzo
,
o
dalla
previsione
di
un
pericolo
?
Si
sente
minacciato
,
forse
,
dalla
riunione
e
dalla
marcia
in
.
avanti
di
grossi
corpi
di
truppe
alleate
,
preparartisi
all
'
insaputa
di
tutti
in
una
regione
della
Francia
settentrionale
,
fra
Rouen
e
Parigi
,
per
esempio
?
Questo
fatto
può
essere
meno
inverosimile
di
quanto
possa
a
prima
vista
sembrare
.
E
Parigi
resisterà
invece
molto
a
quelle
truppe
tedesche
che
certamente
l
'
investiranno
?
Non
sarà
staio
esageralo
anche
il
valore
delle
difese
della
capitale
come
era
esagerato
quello
delle
fortezze
cadute
tanto
facilmente
?
Non
erano
stati
i
francesi
stessi
a
magnificare
la
solidità
e
la
potenza
delle
loro
fortificazioni
?
La
notizia
che
i
tedeschi
,
a
quanto
pare
,
hanno
tolto
o
stanno
togliendo
cinque
o
sei
corpi
d
'
esercito
dal
teatro
d
'
operazioni
occidentale
,
per
volgerli
contro
i
russi
,
aggiunge
una
prova
di
più
della
debolezza
che
pare
manifestare
l
'
intera
azione
militare
francese
.
Il
Comando
tedesco
è
certamente
in
grado
di
conoscere
quale
può
essere
ancora
la
forza
attiva
dell
'
avversario
:
e
se
distoglie
tanta
truppa
dalla
sua
fronte
di
battaglia
,
sostituendola
con
formazioni
di
seconda
linea
,
vuol
dire
che
non
teme
più
molto
.
Ma
allora
la
resistenza
che
la
Francia
potrà
opporre
all
'
avversario
sarà
dunque
tale
da
non
dar
tempo
alle
nazioni
alleate
di
intervenire
a
ristabilire
le
sorti
della
guerra
?
Prima
di
rispondere
a
questa
domanda
bisognerà
conoscere
ancora
molti
dati
,
che
per
ora
non
ci
sono
affatto
noti
.
La
domanda
è
appunto
dettata
dalla
difficile
coordinazione
degli
effetti
,
che
si
rivelano
improvvisamente
,
con
le
cause
,
che
non
si
conoscono
abbastanza
.
Indubbiamente
questa
specie
di
paralisi
in
cui
è
cascata
la
Francia
e
anche
l
'
Inghilterra
(
perché
bisogna
pure
ammettere
che
l
'
Inghilterra
,
finora
,
non
è
entrata
quasi
nemmeno
nella
lotta
)
,
sorprende
alquanto
:
e
fa
rivolgere
con
maggiore
attenzione
lo
sguardo
a
quanto
avviene
nel
teatro
della
guerra
orientale
,
come
se
si
sperasse
che
gli
avvenimenti
di
laggiù
portassero
un
po
'
più
di
luce
,
e
dessero
la
spiegazione
di
quelli
franco
-
tedeschi
.
Ecco
,
a
grandi
tratti
,
ciò
che
accade
fra
Russia
,
Germania
ed
Austria
.
Una
sconfitta
russa
a
nord
,
ben
netta
,
fra
Ortelsburg
e
Gingelburg
;
una
sconfitta
austriaca
a
sud
,
non
così
grave
ancora
,
non
così
decisa
.
ma
riportata
da
tutto
l
'
esercito
austriaco
:
questo
è
il
bilancio
delle
operazioni
nel
teatro
orientale
della
guerra
.
Diciamo
subito
che
,
se
la
buona
fortuna
russa
a
sud
aumenta
,
la
sconfitta
austriaca
diventa
gravissima
,
tutto
l
'
esercito
austriaco
essendo
coinvolto
nel
disastro
.
La
sconfitta
russa
di
Ortelsburg
è
la
conseguenza
della
azzardata
avanzata
dei
russi
verso
nord
,
per
tagliar
fuori
le
truppe
tedesche
,
battute
in
un
'
azione
frontale
alla
estrema
frontiera
orientale
prussiana
a
Gumbinnen
.
Allettati
forse
da
questo
buon
successo
,
i
russi
hanno
voluto
ingrandirlo
:
e
senza
molto
preoccuparsi
del
fatto
che
la
marcia
in
avanti
non
solo
li
allontanava
dall
'
esercito
principale
della
Galizia
(
col
quale
non
hanno
mai
dimostrato
d
'
avere
grande
accordo
)
ma
sopra
tutto
li
esponeva
ad
essere
attaccati
da
truppe
fresche
e
numerose
.
provenienti
dalla
linea
della
Vistola
e
dalle
fortezze
di
Graudenz
e
di
Thorn
,
hanno
puntato
risolutamente
verso
la
giuntura
delle
truppe
tedesche
intatte
e
di
quelle
battute
,
costituita
a
un
dipresso
dalla
regione
dei
laghi
Masuriani
.
Ma
il
terreno
in
cui
l
'
esercito
russo
si
è
così
messo
,
è
terreno
difficilissimo
,
rotto
da
fiumi
,
laghi
e
boschi
,
che
rendono
i
tratti
percorribili
quasi
simili
a
istmi
di
terra
o
a
giganteschi
argini
,
dove
le
truppe
possono
facilmente
entrare
,
ma
non
possono
poi
manovrare
in
nessun
modo
,
perché
lo
spazio
manca
.
Chi
si
impiglia
in
un
suolo
così
fatto
,
ed
è
attaccato
contemporaneamente
sulla
testa
,
sul
fianco
e
in
coda
,
non
può
,
quasi
certamente
,
resistere
;
poiché
non
può
combattere
che
con
pochissime
truppe
,
le
prime
o
le
ultime
,
mentre
tutte
le
altre
sono
schiacciate
fra
quelle
,
e
sono
destinate
ad
aspettare
soltanto
l
'
esito
della
battaglia
.
I
grandi
generali
,
quando
si
sono
trovati
interiori
di
forze
agli
avversarii
,
e
hanno
potuto
,
hanno
cercato
di
attrarre
il
nemico
in
luoghi
come
questi
dei
laghi
Masuriani
:
la
battaglia
d
'
Arcole
è
uno
degli
esempii
più
belli
del
genere
.
Sono
battaglie
che
molto
rendono
,
quando
riescono
,
e
poco
pericolo
portano
alle
proprie
truppe
,
perché
costituiscono
,
in
fondo
,
trappole
tese
a
un
nemico
che
,
se
ci
cade
dentro
,
non
si
può
difendere
.
Il
modo
col
quale
si
svolgono
spiega
il
numero
relativamente
grande
dei
prigionieri
fatti
dai
tedeschi
,
che
è
andato
poi
di
mano
in
mano
aumentando
dopo
il
primo
giorno
:
poiché
soltanto
alla
fine
della
raccolta
i
tedeschi
hanno
potuto
valutare
le
prese
compiute
.
La
battaglia
di
Ortelsburg
ha
dato
ai
tedeschi
la
possibilità
di
trattenere
l
'
invasore
,
e
di
chiamare
nuovi
rinforzi
per
una
eventuale
prossima
ripresa
delle
operazioni
,
sicché
ha
portato
una
relativa
tranquillità
nella
Germania
settentrionale
e
nella
capitale
.
Ma
è
stata
combattuta
in
uno
scacchiere
secondario
,
dalla
parte
minore
degli
eserciti
avversarii
,
e
non
ha
che
una
efficacia
locale
.
Assai
maggiore
importanza
riveste
la
battaglia
della
Galizia
.
Essa
ripete
il
suo
valore
dalla
decisione
dei
russi
di
andare
alla
ricerca
dell
'
esercito
austriaco
per
batterlo
,
disdegnando
per
il
momento
qualunque
altro
obiettivo
territoriale
.
Questo
concetto
semplice
,
sicuro
ed
elegante
era
giusto
ed
attuabile
,
poiché
era
sostenuto
dalla
grande
superiorità
numerica
che
i
russi
avevano
sugli
avversarli
.
Se
riusciva
,
veniva
a
togliere
di
mezzo
il
nemico
più
pericoloso
dei
russi
nel
primo
periodo
della
campagna
.
Gli
austriaci
hanno
accettato
la
lotta
,
schierandosi
con
tutte
le
forze
contro
la
maggior
parte
delle
forze
russe
.
Hanno
soltanto
giudicato
più
conveniente
attendere
l
'
avversario
,
anziché
andarlo
;
a
cercare
.
Forse
,
hanno
creduto
che
la
marcia
in
avanti
avrebbe
stancato
e
disorganizzato
i
russi
,
che
sono
stimati
,
in
generale
,
migliori
soldati
da
posizione
che
da
attacco
;
forse
hanno
riconosciuto
subito
la
superiorità
numerica
russa
,
ed
hanno
cercato
di
compensarla
con
la
fortificazione
di
regioni
,
dalle
quali
,
a
tempo
opportuno
,
avrebbero
poi
iniziato
la
controffesa
.
Le
loro
artiglierie
,
e
specialmente
gli
ottimi
mortai
da
305
,
avrebbero
così
avuto
buon
giuoco
per
l
'
azione
.
La
lotta
decisiva
,
con
metodi
diversi
,
fu
così
impegnata
.
Le
notizie
che
si
hanno
finora
della
battaglia
,
dicono
che
la
sinistra
austriaca
ha
riportato
reali
vantaggi
sulla
destra
russa
,
ma
non
tali
da
obbligare
questa
a
retrocedere
interamente
,
e
da
porre
in
pericolo
le
truppe
rimanenti
:
pare
anzi
che
,
in
questi
giorni
,
una
nuova
avanzata
russa
avvenga
nei
luoghi
già
conquistati
dagli
austriaci
.
Ma
il
centro
e
la
sinistra
russa
hanno
,
sempre
a
quanto
si
sa
,
conseguiti
grandissimi
vantaggi
sul
centro
e
sulla
destra
nemica
,
che
è
stata
costretta
ad
abbandonare
le
posizioni
sulle
quali
si
era
trincerata
,
per
occuparne
altre
retrostanti
.
Sicché
,
mentre
la
Polonia
russa
non
è
gravemente
minacciata
dagli
austriaci
,
tutta
la
Galizia
meridionale
austriaca
è
invasa
dai
russi
,
i
quali
si
rivolgono
ora
,
a
quanto
dicono
,
verso
nord
per
finire
di
battere
i
nemici
già
disgregati
,
e
verso
ovest
per
tagliar
loro
la
ritirata
,
scendendo
,
se
è
possibile
,
nell
'
Ungheria
.
Quest
'
ultimo
movimento
può
sembrare
ancora
prematuro
.
Prima
di
traboccare
in
Ungheria
,
l
'
esercito
russo
deve
passare
i
Carpazi
,
i
quali
,
meno
che
nel
tratto
centrale
dei
Beschidi
,
sono
abbastanza
difficili
,
e
che
scarse
truppe
possono
difendere
a
lungo
contro
forze
assai
superiori
.
Ma
ogni
giorno
che
passa
migliora
la
condizione
dell
'
esercito
russo
e
peggiora
quella
austriaca
;
perché
quello
può
continuare
a
far
giungere
sul
campo
della
lotta
nuovi
soldati
,
mentre
l
'
avversario
ha
già
compiuto
,
o
quasi
,
lo
sforzo
massimo
.
Ora
,
quando
in
guerra
,
dopo
aver
fatto
tutto
ciò
che
si
è
potuto
ed
avere
tutto
sperato
,
non
si
è
ottenuta
la
vittoria
,
assai
difficilmente
gli
animi
continuano
a
serbarsi
impavidi
per
l
'
avvenire
.
Il
terribile
effetto
di
dissoluzione
può
manifestarsi
inoltre
assai
più
violentemente
nell
'
esercito
austriaco
che
in
altri
eserciti
.
Per
il
nodo
con
cui
esso
è
formato
,
le
truppe
che
si
sono
finora
valorosamente
battute
,
sotto
l
'
impressione
del
disastro
,
possono
disorganizzarsi
,
ed
agire
sotto
l
'
impero
di
nuove
idee
,
finora
represse
o
non
nate
.
Di
fronte
a
queste
cattive
condizioni
austriache
,
stanno
le
ottime
condizioni
dei
russi
.
Chi
sa
,
intanto
,
quale
efficacia
possa
esercitare
l
'
azione
russa
,
oramai
vittoriosa
,
sui
romeni
ancora
indecisi
?
I
grandi
eserciti
russi
avanzanti
presso
la
frontiera
romena
,
fra
popolazioni
romene
,
non
risveglieranno
quei
ricordi
e
quei
sentimenti
di
simpatia
,
che
la
Romania
può
ancora
avere
,
come
ricordo
di
un
altra
grande
guerra
combattuta
insieme
,
quella
del
1877-78
?
Potrebbe
darsi
che
la
speranza
di
trascinare
con
sé
questo
paese
,
sia
stata
appunto
uno
dei
motivi
della
distensione
della
sinistra
russa
verso
sud
.
Chi
sa
,
sopra
tutto
,
quale
effetto
possa
produrre
sull
'
esercito
serbo
l
'
apparire
di
truppe
russe
sui
Carpazi
,
sia
pure
non
subito
,
sia
pure
dopo
molte
fatiche
?
I
serbi
,
finora
,
non
hanno
potuto
uscire
dal
proprio
paese
ed
entrare
in
Austria
,
nonostante
alcuni
buoni
successi
,
che
sembrano
autentici
,
sulle
corrispondenti
forze
avversarie
;
e
si
sono
limitati
soltanto
a
ricacciare
gli
invasori
al
di
là
della
frontiera
.
Ma
non
potrebbero
,
per
l
'
avanzata
di
un
esercito
amico
,
sentirsi
rinforzati
moralmente
,
e
spinti
ad
uscire
dalla
cerchia
delle
loro
montagne
,
per
cooperare
all
'
azione
con
i
fratelli
slavi
nelle
pianure
dell
'
Ungheria
?
Comprendiamo
che
questi
grandi
effetti
dell
'
azione
russa
sarebbero
tutt
'
altro
che
immediati
:
ma
si
possono
già
prospettare
,
perché
sono
probabili
conseguenze
di
questa
battaglia
che
due
nazioni
,
anziché
due
eserciti
,
stanno
combattendo
così
disperatamente
;
e
le
conseguenze
di
fatti
così
gravi
non
si
possono
riparare
,
se
non
sono
già
state
previste
e
studiate
da
tempo
.
La
Germania
continua
ad
avanzare
abbastanza
rapidamente
nel
teatro
d
'
operazioni
occidentale
:
la
Russia
ha
in
questi
ultimi
giorni
abbastanza
avanzato
in
quello
orientale
.
I
buoni
successi
tedeschi
producono
effetti
rapidi
,
i
russi
effetti
più
lenti
.
I
primi
si
manifestano
su
una
nazione
omogenea
,
i
secondi
si
produrranno
,
se
avverranno
,
su
una
nazione
di
diverse
razze
.
Ma
la
moltitudine
sopra
tutto
,
il
numero
degli
uomini
combattenti
,
in
una
guerra
senza
fine
come
questa
,
avrà
l
'
importanza
maggiore
:
e
la
moltitudine
combattente
è
della
Russia
,
la
quale
ha
inondato
l
'
Europa
di
soldati
,
con
la
prodigalità
di
un
impero
di
centosettanta
milioni
di
uomini
.
Sicché
la
condizione
della
Germania
,
nonostante
tutti
gli
sforzi
,
è
sempre
la
stessa
:
buona
,
considerata
rispetto
all
'
avversario
francese
,
piena
di
dubbi
e
di
incognite
,
considerata
rispetto
al
complesso
della
guerra
.
StampaQuotidiana ,
Non
si
contano
,
e
son
nominati
,
in
quest
'
ultimo
trentennio
,
gli
studi
intorno
al
Poliziano
;
ma
quelli
dell
'
abate
Vincenzio
Nannucci
continuano
a
dormire
nella
dimenticanza
.
L
'
abate
Vincenzio
Nannucci
non
ha
avuto
fortuna
presso
gli
studiosi
del
Poliziano
.
Il
suo
commento
alle
Stanze
è
del
1812
(
Firenze
,
nella
Stamperia
di
Giuseppe
Magheri
e
figli
)
,
e
la
gloria
se
la
prese
intera
il
Carducci
col
suo
.
«
Il
commento
del
Carducci
rifà
tutta
la
cultura
classica
del
Poliziano
,
e
della
ricerca
delle
fonti
non
ha
che
l
'
apparenza
.
In
realtà
è
un
monumento
di
sapienza
critica
;
a
lettura
finita
si
vede
in
quelle
note
il
terreno
,
nel
testo
il
fiore
che
ne
è
germogliato
.
Il
commento
è
la
ricostruzione
di
quella
lunga
e
squisita
disciplina
classica
che
mantenne
lo
spirito
nativamente
fine
del
Poliziano
in
un
ambiente
congeniale
,
è
l
'
aria
che
respirò
la
sua
fantasia
prima
di
diventare
essa
stessa
creatrice
»
.
Strano
!
Ma
la
massima
parte
di
questo
lavoro
di
esplorazione
si
deve
appunto
al
Nannucci
,
e
di
suo
,
il
Carducci
,
non
vi
aggiunse
veramente
che
assai
poco
.
Classici
greci
e
latini
,
e
poesia
italiana
antica
il
Nannucci
conosceva
per
una
sua
diuturna
esperienza
di
lettore
avvedutissimo
;
e
,
per
esempio
,
il
suo
Manuale
della
Letteratura
del
primo
secolo
della
Lingua
italiana
,
in
tre
volumi
(
Firenze
,
Magheri
,
1837-1839
)
,
«
per
uso
della
studiosa
gioventù
delle
isole
jonie
»
,
ristampato
poi
dal
Barbera
in
due
volumi
(
1856-1858
)
,
è
condotto
con
tale
apertura
di
mente
,
e
lumeggiato
con
un
gusto
sì
nuovo
della
lingua
del
tempo
,
e
del
linguaggio
di
quella
poesia
,
che
filologi
e
studiosi
ancora
vi
ricorrono
con
profitto
.
Diamo
dunque
all
'
abate
Vincenzio
Nannucci
«
del
Collegio
Eugeniano
di
Firenze
»
il
titolo
di
primo
scopritore
moderno
del
Poliziano
,
di
quella
sopra
detta
«
lunga
e
squisita
disciplina
classica
»
;
e
auguriamoci
che
qualche
volonteroso
riesamini
un
giorno
la
sua
opera
tutta
quanta
,
e
le
riconosca
il
giusto
valore
nella
storia
della
cultura
del
primo
trentennio
dell'800
.
E
mettiamo
subito
a
fianco
di
quel
commento
preziosissimo
una
mezza
paginetta
del
Foscolo
,
anch
'
essa
dimenticata
,
e
che
par
discendere
direttamente
,
quasi
come
una
conclusione
,
dalle
illustrazioni
del
Nannucci
.
È
nel
quinto
dei
suoi
Discorsi
sulla
lingua
italiana
,
che
sono
la
più
matura
e
alta
espressione
delle
conquiste
critiche
del
Foscolo
.
«
L
'
unico
poeta
degno
di
meraviglia
»
di
tutto
il
'400
egli
dice
che
fu
il
Poliziano
.
E
dice
che
come
«
gli
spiriti
e
i
modi
della
lingua
latina
de
'
classici
erano
già
stati
trasfusi
nella
prosa
dal
Boccaccio
,
e
da
altri
»
,
così
il
Poliziano
«
fu
il
primo
a
trasfonderli
nella
poesia
,
e
vi
trasfuse
ad
un
tempo
quanta
eleganza
poté
derivare
dal
greco
»
.
Ma
nel
commento
del
Nannucci
c
'
era
qualcos
'
altro
,
perché
il
Foscolo
potesse
meglio
determinare
il
suo
giudizio
;
c
'
erano
le
fonti
dell
'
antica
poesia
italiana
,
alle
quali
pure
il
Poliziano
s
'
abbeverò
.
Noi
,
leggiamone
gli
esempi
,
seguendo
quella
guida
;
e
la
storia
del
formarsi
della
poesia
polizianesca
sarà
fatta
.
Anzi
è
stata
già
fatta
.
Solo
che
si
credeva
d
'
esser
partiti
dal
Carducci
,
e
ci
si
moveva
e
dal
Nannucci
e
dal
Foscolo
.
Ma
,
questa
poesia
del
Poliziano
,
diremo
dunque
che
è
una
poesia
in
margine
alla
poesia
?
O
che
è
una
poesia
«
dell
'
orecchio
»
,
come
il
Leopardi
disse
della
poesia
del
Monti
?
Una
poesia
,
più
che
d
'
un
poeta
,
di
uno
«
squisitissimo
traduttore
»
,
se
«
ruba
ai
latini
o
greci
»
;
se
«
agl
'
italiani
,
come
a
Dante
»
,
di
uno
«
avvedutissimo
e
finissimo
rimodernatore
del
vecchio
stile
e
della
vecchia
lingua
»
?
Vero
sarebbe
,
fino
a
un
certo
segno
,
del
Monti
;
e
ad
ogni
modo
il
Leopardi
scrisse
questo
tenendo
l
'
occhio
alla
grande
poesia
.
Non
è
invece
per
nulla
vero
del
Poliziano
.
Quel
comporre
in
gara
,
ch
'
era
proprio
del
Monti
,
e
per
un
continuo
attrito
,
facile
,
epidermico
,
fu
lontanissimo
dalla
tempra
del
Poliziano
,
il
quale
,
da
una
sì
diversa
e
complessa
mistura
cavò
di
bellissime
dissonanze
;
e
l
'
aiutò
,
in
questo
sottile
lavoro
,
la
sua
natura
di
realista
commosso
,
di
innamorato
della
bellezza
,
di
elegantissimo
rinnovatore
.
Prendiamo
un
verso
solo
di
lui
:
Cresce
l
'
abete
schietto
e
senza
nocchi
.
Un
verso
che
l
'
occhio
,
dopo
letto
,
sempre
rivede
mutato
in
figura
.
Disegno
saldissimo
,
disegno
acuito
all
'
estremo
,
e
pur
come
nuovo
,
accenti
netti
,
una
qualità
vergine
che
resiste
e
resisterà
al
tempo
.
E
prendiamone
un
altro
:
L
'
erbe
e
'
fior
,
l
'
acqua
viva
chiara
e
ghiaccia
.
Qual
altro
poeta
seppe
adoprare
con
un
senso
sì
fresco
tre
aggettivi
in
una
volta
,
con
un
senso
sì
necessario
?
Quell
'
acqua
davvero
scorre
(
viva
)
,
luccica
(
chiara
)
,
ci
tocca
(
ghiaccia
)
.
E
le
parole
paiono
pietra
durissima
;
sebbene
abbiano
vita
e
moto
.
Questo
è
Poliziano
.
E
quante
cose
dipinse
nei
suoi
bellissimi
versi
,
fiori
,
colori
,
la
natura
in
tutti
i
suoi
più
vari
aspetti
,
fino
scene
e
figurazioni
in
apparenza
ricalcate
sulle
più
splendide
forme
delle
arti
figurative
,
quelle
più
splendidamente
severe
,
e
che
invece
furono
viste
direttamente
,
con
un
occhio
che
fruga
,
e
sollecita
in
ciò
che
vede
il
sentimento
dell
'
esistenza
.
Vivono
per
sé
,
le
immagini
e
le
creature
del
Poliziano
,
e
vivono
quasi
sempre
su
uno
sfondo
di
paese
che
,
per
più
verità
,
il
poeta
ha
fermato
con
veloci
tratti
,
perché
intorno
vi
circolasse
l
'
aria
,
vibrasse
un
che
di
magnetico
.
Un
misto
,
insomma
,
di
nuovo
,
intatto
,
e
di
stregato
.
In
quali
altri
versi
di
poeta
antico
è
dato
di
trovare
segni
d
'
un
'
arte
sì
fina
?
Un
qualsiasi
verso
del
Petrarca
:
«
Chiare
,
fresche
e
dolci
acque
»
!
E
solo
in
apparenza
,
per
una
pura
suggestione
verbale
,
voi
vi
ricordate
del
Poliziano
.
È
un
inganno
.
In
quelle
«
chiare
»
«
fresche
»
e
«
dolci
acque
»
Petrarca
vide
,
e
sempre
rivede
,
le
«
belle
membra
»
di
Laura
.
E
voi
stessi
non
potete
scompagnare
quelle
acque
da
quella
vista
.
Hanno
specchiato
quelle
membra
(
chiare
)
,
le
hanno
ravvivate
e
quasi
ringiovanite
(
fresche
)
,
le
hanno
avvolte
come
in
un
divino
abbraccio
(
dolci
)
.
In
quella
memoria
è
la
potenza
e
il
fascino
delle
parole
del
Petrarca
.
Per
il
Petrarca
,
tutta
la
natura
vive
per
la
memoria
di
Laura
,
si
anima
come
toccata
dalla
sua
presenza
,
dice
la
sua
presenza
.
Parmi
d
'
udirla
,
udendo
i
rami
e
l
'
òre
E
le
fronde
e
gli
augei
lagnarsi
e
l
'
acque
Mormorando
fuggir
per
l
'
erba
verde
.
Qui
siamo
nel
regno
fatato
della
musica
.
Tutti
suoni
,
dolci
suoni
,
inesprimibili
suoni
,
a
ricordare
con
indicibile
strazio
quella
voce
di
Laura
;
e
l
'
anima
,
sospesa
,
ora
ode
ora
non
ode
più
.
Poliziano
,
invece
,
volta
per
volta
,
è
come
se
ti
ammaliasse
l
'
occhio
;
e
tu
incantato
a
vedere
,
senza
essere
mai
sazio
.
Nascerà
di
qui
,
poi
,
da
quest
'
offrirti
in
successive
immagini
il
suo
vivacissimo
mondo
,
nascerà
di
qui
la
sua
ottava
,
nella
caratteristica
divisione
in
distici
,
per
tempi
e
modi
diversi
.
Non
è
l
'
ottava
dell
'
Ariosto
,
l
'
armoniosa
ottava
,
che
smorza
in
sé
e
dora
i
suoni
e
le
impressioni
,
obbediente
sempre
a
un
'
idea
nettissima
,
a
un
'
oncia
il
cui
disegno
è
sempre
uno
e
vario
,
un
mutevole
giro
vaghissimamente
chiuso
.
E
non
è
l
'
ottava
del
Tasso
,
franta
,
intarsiata
,
ricca
,
disuguale
,
intimamente
disarmonica
,
con
stanchi
languori
,
che
vorrebbero
,
e
non
riescono
a
conciliare
le
disarmonie
,
a
sciogliere
gli
intarsii
.
È
l
'
ottava
in
forma
di
concertato
.
Piccoli
strumenti
,
ciascuno
col
loro
timbro
nettissimo
,
anzi
un
poco
agro
,
un
sottile
sapore
di
terra
e
d
'
ingegno
.
Si
pensa
a
quelle
zone
felici
,
quand
'
è
cessato
il
tumulto
della
grande
orchestra
.
O
si
pensa
,
e
questo
suggerirebbe
il
modo
particolarissimo
di
leggere
Poliziano
,
e
nel
tempo
stesso
aiuta
a
capire
la
sua
arte
,
si
pensa
a
certe
esecuzioni
sinfoniche
,
dove
il
maestro
badi
a
conservare
la
distinzione
delle
diverse
zone
e
parti
,
fin
nelle
minime
pieghe
e
ombre
,
non
a
fondere
quelle
zone
e
parti
e
a
farne
,
come
dicono
,
uno
strumento
solo
.
Distinguere
e
mantenere
distinte
tutte
le
voci
,
fino
all
'
insoffribile
acuità
;
e
fare
che
il
miracolo
avvenga
per
sé
,
direi
per
magia
,
dentro
di
noi
,
in
un
secondo
tempo
,
in
un
tempo
stregato
.
Perché
,
insomma
,
se
con
l
'
ottava
dell
'
Ariosto
subito
ti
senti
preso
da
un
'
onda
di
suono
accordata
,
e
chiarissimamente
vedi
e
segui
e
godi
il
filo
di
quell
'
onda
;
se
con
l
'
ottava
del
Tasso
,
fatichi
e
ti
perdi
e
ti
ritrovi
,
come
per
sentieri
impervii
;
con
l
'
ottava
del
Poliziano
ti
piace
di
sentire
in
te
quel
variato
complesso
,
di
far
parte
tu
stesso
del
divino
lavoro
,
e
ti
par
quasi
di
avvertire
il
miracolo
nel
momento
che
si
crea
.
Sono
i
vari
accordi
che
si
scontrano
come
fosse
la
prima
volta
.
E
questo
è
veramente
cosa
nuova
nella
storia
della
poesia
.
Dove
dunque
ci
ha
portato
quel
felicissimo
artista
che
è
Angelo
Ambrogini
Poliziano
!
E
volevamo
dire
una
cosa
sola
,
oltre
a
sanare
presso
i
lettori
moderni
l
'
ingiustizia
antica
fatta
all
'
abate
Vincenzio
Nannucci
del
Collegio
Eugeniano
di
Firenze
.
Volevamo
,
alla
reale
commissione
chiamata
a
preparare
i
nuovi
programmi
per
la
nuova
scuola
media
italiana
,
fare
una
proposta
.
Al
secondo
,
al
terzo
anno
del
«
Liceo
classico
»
si
potrà
finalmente
cominciare
a
leggere
,
ma
in
classe
,
con
tutta
l
'
autorità
e
l
'
aiuto
del
maestro
,
le
Rime
del
Poliziano
?
L
'
Orfeo
,
le
rarissime
canzoni
a
ballo
,
i
rispetti
continuati
e
spicciolati
e
,
sopra
tutto
,
le
Stanze
.
Sono
,
queste
Stanze
,
centosettantuna
di
numero
,
milletrecentosessantotto
versi
.
Non
sono
gran
cosa
,
dunque
,
ma
sono
cosa
grande
.
Da
assaporare
e
considerare
con
un
continuo
confronto
dei
poeti
che
il
Poliziano
conobbe
,
studiò
,
e
che
certo
servirono
all
'
incognito
del
suo
linguaggio
.
Una
lettura
d
'
alto
stile
,
insomma
,
con
lenti
e
sapienti
indugi
,
per
scuola
d
'
umanità
.
Si
leggerà
poi
l
'
Ariosto
,
si
leggerà
il
Tasso
;
e
si
capirà
quanto
questi
poeti
debbano
a
quell
'
unico
poeta
.
Che
significa
,
alla
fine
,
capire
la
poesia
.
Che
,
lo
so
,
si
può
leggere
in
tanti
modi
.
Meglio
se
con
più
sussidi
possibile
,
che
la
cultura
e
gli
studi
seri
possono
offrire
,
a
fortificare
e
ad
arricchire
l
'
animo
e
l
'
ingegno
.
StampaQuotidiana ,
Giuseppe
Zucca
deve
avere
poco
più
o
poco
meno
di
settant
'
anni
.
Fra
prosa
e
poesia
,
ha
scritto
una
ventina
di
volumi
.
Sette
commedie
gli
furono
rappresentate
con
successo
.
Ha
lavorato
come
sceneggiatore
a
circa
200
film
.
Nell
'
altro
dopoguerra
,
ebbe
larga
diffusione
il
suo
Gas
esilaranti
.
Sconcertò
i
lettori
.
Abituati
alle
prose
di
guerra
gravi
,
drammatiche
,
allegoriche
e
mistiche
,
gli
italiani
trovarono
per
la
prima
volta
nelle
pagine
di
Zucca
gli
aspetti
comici
e
grotteschi
del
primo
conflitto
mondiale
.
Fu
un
«
contropelo
»
elegante
e
intelligente
che
non
giovò
alla
popolarità
dell
'
autore
.
In
tutto
il
mondo
,
ma
specialmente
in
Italia
,
in
politica
,
in
arte
e
nella
cultura
,
si
può
giocare
in
molti
modi
,
ma
sempre
rispettando
quelle
intese
generali
,
quelle
tregue
e
quei
«
tabù
»
che
attutiscono
gli
urti
polemici
e
sono
un
po
'
la
«
croce
rossa
»
della
vita
.
Zucca
giocò
senza
regole
in
gioventù
e
continua
a
giocare
come
gli
pare
in
vecchiaia
.
Nel
suo
ultimo
libro
,
Difficile
conversare
coi
raghi
(
Ceschina
)
,
ha
scelto
come
bersaglio
Giosuè
Carducci
,
in
barba
ai
gran
sacerdoti
della
letteratura
ufficiale
.
Con
la
furia
di
Pulcinella
,
quando
distribuisce
una
girandola
di
randellate
nell
'
ultimo
atto
,
Zucca
si
avventa
contro
la
retorica
del
«
cignale
maremmano
»
e
si
diverte
a
smontarla
pezzo
per
pezzo
,
a
disossarla
fino
alle
più
intime
membrane
.
Il
famoso
sonetto
Il
bove
(
T
'
amo
pio
bove
,
eccetera
)
cade
,
verso
per
verso
,
aggettivo
per
aggettivo
,
nell
'
ossario
della
revisione
.
Sentite
come
Zucca
sistema
l
'
ultimo
verso
,
«
il
divino
del
pian
silenzio
verde
»
,
gemma
di
tante
antologie
:
«
Questo
verso
non
è
possibile
.
E
perché
,
direte
?
Perché
,
purtroppo
,
il
ciclo
dei
lavori
agricoli
è
legato
al
corso
delle
stagioni
.
Le
quali
sono
quelle
che
sono
.
E
non
c
'
è
barba
di
poeta
,
nemmeno
la
prepotentissima
barba
del
Carducci
,
che
possa
riuscire
a
modificarlo
.
Ora
,
quando
il
bove
lavora
i
campi
,
il
colore
dei
campi
è
bruno
,
grigio
,
rossastro
:
non
mai
"
verde
"
...
Ahimè
,
signori
,
confessiamolo
.
Frugando
,
così
,
un
po
'
sbadatamente
,
nella
scatola
dei
colori
,
il
nostro
poeta
ha
sbagliato
tubetto
!
»
A
Hollywood
si
sta
preparando
un
film
sulla
vita
della
celebre
«
tromba
»
Red
Nichols
,
pioniere
del
jazz
.
Ne
sarà
protagonista
Danny
Kaye
.
StampaQuotidiana ,
Un
'
adunanza
di
persone
autorevoli
e
competenti
,
tenuta
,
sul
finire
dell
'
anno
scorso
,
in
Amsterdam
,
ha
redatto
un
memoriale
,
che
è
stato
ora
rimesso
ai
governi
della
Svizzera
,
dell
'
Inghilterra
,
degli
Stati
Uniti
,
della
Francia
,
della
Danimarca
,
della
Olanda
,
della
Norvegia
e
della
Svezia
.
In
esso
si
propone
di
convocare
un
congresso
dei
delegati
dei
vari
Stati
,
con
l
'
incarico
di
proporre
il
modo
di
risolvere
l
'
angoscioso
problema
monetario
ed
economico
che
affatica
i
governi
.
Il
memoriale
non
dissimula
i
pericoli
dello
stato
odierno
.
«
La
guerra
ha
imposto
ai
vincitori
come
ai
vinti
il
problema
di
trovare
i
modi
di
fermare
e
di
contrastare
l
'
aumento
continuo
dell
'
emissione
di
cartamoneta
e
dei
debiti
pubblici
,
nonché
l
'
aumento
costante
dei
prezzi
che
di
ciò
è
conseguenza
.
La
riduzione
dei
consumi
eccessivi
,
l
'
aumento
della
produzione
e
delle
imposte
sono
riconosciuti
come
i
più
efficaci
e
forse
i
soli
rimedi
.
Se
non
sono
adoperati
prontamente
,
c
'
è
da
temere
che
il
deprezzamento
del
denaro
séguiti
,
faccia
svanire
i
patrimoni
raccolti
pel
passato
,
ed
estenda
a
poco
a
poco
il
fallimento
e
l
'
anarchia
su
tutta
l
'
Europa
»
.
E
nella
conclusione
si
ripete
:
«
Tali
quesiti
hanno
grave
urgenza
riguardo
al
tempo
.
Ogni
mese
trascorso
farà
più
ponderoso
il
problema
e
meno
facile
la
soluzione
.
Tutte
le
informazioni
disponibili
persuadono
che
giorni
pericolosissimi
per
l
'
Europa
sono
imminenti
e
che
non
c
'
è
tempo
da
perdere
se
si
vogliono
scansare
catastrofi
»
.
Quale
soluzione
propone
il
memoriale
?
Esso
,
con
ragione
,
non
vuole
occuparsi
di
troppi
particolari
,
ma
accenna
solo
a
linee
generali
.
Ciò
viene
fatto
con
prudenza
forse
soverchia
e
che
nuoce
alla
chiarezza
dell
'
espressione
.
Per
la
parte
internazionale
,
si
osserva
che
non
è
vantaggioso
ai
vincitori
di
ridurre
al
fallimento
i
vinti
e
di
torre
loro
il
modo
di
pagare
il
proprio
debito
;
il
quale
discorso
vale
specialmente
per
le
condizioni
imposte
dai
vincitori
alla
Germania
e
all
'
Austria
.
Poscia
,
con
non
poche
circonlocuzioni
,
si
invoca
l
'
aiuto
degli
Stati
Uniti
.
Per
dire
il
vero
non
sono
nominati
,
ma
si
capisce
che
sono
il
principale
di
quei
paesi
«
di
cui
il
bilancio
commerciale
ed
il
cambio
sono
favorevoli
»
,
i
quali
sono
invocati
esplicitamente
.
Circa
la
politica
finanziara
interna
,
si
insiste
sulla
necessità
di
ridurre
le
spese
tanto
da
farle
eguali
alle
entrate
;
si
chiede
che
ogni
paese
accresca
quanto
è
possibile
il
peso
delle
imposte
(
questo
paragrafo
accenna
forse
alla
Francia
,
prima
del
1920
)
;
si
aggiunge
:
«
Solo
mercé
condizioni
economiche
reali
(
questa
dicitura
non
è
chiara
)
gravando
pesantemente
(
sic
)
,
come
è
conveniente
,
su
ciascun
individuo
,
l
'
equilibrio
può
essere
ristabilito
»
.
Infine
si
osserva
che
«
l
'
opera
a
cui
deve
cooperare
l
'
élite
di
ciascun
paese
è
di
ristabilire
l
'
inclinazione
al
lavoro
ed
al
risparmio
,
di
favorire
lo
sforzo
individuale
intenso
,
di
dare
a
ciascuno
la
possibilità
di
godere
ragionevolmente
(
che
vorrà
dire
tale
avverbio
?
)
del
frutto
del
suo
lavoro
(
del
frutto
del
risparmio
si
tace
)
.
Vi
sono
buone
cose
in
questo
manifesto
,
ma
manca
il
rigore
,
la
schiettezza
,
l
'
energia
dell
'
espressione
.
Fatta
tale
restrizione
,
si
può
affermare
,
all
'
ingrosso
,
che
la
via
accennata
è
forse
l
'
unica
che
possa
recare
alla
soluzione
del
problema
economico
.
Disgraziatamente
esso
non
è
solo
.
Vi
si
aggiunge
,
anzi
prevale
,
il
problema
sociologico
,
cioè
sociale
e
politico
;
e
pressoché
inutile
è
il
trovare
la
soluzione
del
primo
,
se
insoluto
rimane
il
secondo
.
Intanto
,
è
probabilmente
il
non
avere
avuto
il
coraggio
di
affrontare
il
problema
sociologico
che
ha
prodotto
le
incertezze
e
le
mende
del
memoriale
.
Bello
,
in
generale
,
è
il
consiglio
di
non
stravincere
,
ma
nello
scendere
ai
particolari
si
viene
a
contrasto
colle
vedute
politiche
.
Predicare
la
moderazione
a
certi
messeri
è
come
l
'
esortare
il
lupo
alla
sobrietà
.
Perciò
il
memoriale
prudentemente
gira
largo
e
non
giunge
al
concreto
.
E
poi
,
giustamente
,
i
vincitori
temono
la
riscossa
dei
vinti
,
e
guardano
paurosi
il
tremendo
uragano
russo
-
asiatico
.
Si
dice
che
abbiano
pace
,
ma
effettivamente
seguita
sotto
altre
forme
la
guerra
.
L
'
aiuto
degli
Stati
Uniti
sarà
certo
efficace
,
ma
essi
,
per
concederlo
vorranno
altro
che
bei
discorsi
.
Che
si
può
offrir
loro
?
Su
ciò
occorre
spiegarsi
,
ma
si
teme
di
fare
ciò
per
non
offendere
l
'
imperialismo
inglese
,
forse
francese
,
certo
il
giapponese
.
Chi
vorrà
negare
che
sarebbe
utilissimo
di
ridurre
le
spese
,
per
condurle
ad
essere
uguali
alle
entrate
?
Sentenze
di
tal
fatta
stanno
bene
sui
boccali
di
Montelupo
.
Nascono
i
guai
quando
,
volgendosi
al
particolare
,
voglionsi
le
riduzioni
da
operare
.
Delle
spese
militari
non
c
'
è
da
ragionare
.
Sarà
grazia
se
non
crescono
,
e
di
molto
,
in
paragone
di
ciò
che
erano
prima
della
guerra
.
E
come
potrebbe
essere
altrimenti
per
gli
Stati
che
pretendono
di
regolare
in
ogni
minuto
particolare
tutta
la
vita
mondiale
?
Tutti
consentono
che
le
spese
per
le
«
riforme
sociali
»
dovranno
crescere
enormemente
.
Si
gradirebbe
di
conoscere
quale
è
in
proposito
l
'
opinione
degli
autori
del
memoriale
,
ma
essi
non
ne
fanno
parola
.
Tacciono
pure
pudicamente
sulle
riduzioni
delle
spese
per
gli
enormi
salari
agli
operai
ed
agli
impiegati
,
per
edificare
case
mantenendo
i
costosissimi
privilegi
dei
signori
muratori
,
per
le
opere
pubbliche
aventi
lo
scopo
di
dare
lavoro
bene
rimunerato
agli
elettori
,
nonché
delle
spese
per
fare
guadagnare
speculatori
e
pescicani
.
È
facile
intendere
quali
difficoltà
provi
l
'
ordinamento
plutocratico
-
demagogico
per
compiere
tali
riduzioni
di
spese
;
ed
ecco
come
si
vede
prevalere
,
in
questo
caso
,
il
problema
sociologico
.
Messe
così
da
parte
le
spese
,
che
di
gran
lunga
sono
maggiori
,
quali
altre
riduzioni
si
possono
operare
?
Poche
e
di
lieve
importanza
.
A
nulla
serve
un
consiglio
se
non
si
ha
il
modo
di
seguirlo
.
Altro
ottimo
,
eccellente
consiglio
è
quello
di
«
ristabilire
l
'
inclinazione
al
lavoro
»
;
ma
è
gravissimo
guaio
il
non
sapere
come
si
potrà
ciò
conseguire
.
Forse
colle
prediche
morali
?
Eh
!
Via
,
lasciamo
stare
tali
discorsi
puerili
.
Fateci
sapere
se
volete
,
o
non
volete
recare
in
pratica
il
precetto
dato
già
da
tanti
secoli
da
san
Paolo
,
cioè
:
«
Chi
non
vuole
lavorare
,
non
mangi
»
.
Se
sì
come
mai
sussidiate
coloro
che
non
trovano
lavoro
perché
richiedono
un
salario
troppo
alto
?
Perché
pagate
le
giornate
di
sciopero
agli
scioperanti
?
Perché
riducete
le
ore
di
lavoro
,
accrescendo
i
salari
?
Se
no
,
sia
pure
che
farete
opera
sommamente
lodevole
,
ma
non
state
a
dirci
che
vi
adoperate
per
fare
crescere
l
'
inclinazione
al
lavoro
.
Volete
che
ogni
uomo
abbia
sicurezza
di
godere
del
frutto
del
suo
lavoro
.
È
sacrosanto
ammonimento
,
e
chi
mai
ardirebbe
contrastarlo
?
Ma
perché
tacete
del
frutto
del
risparmio
?
Credete
che
il
risparmio
non
giovi
alla
produzione
?
Allora
perché
predicate
che
si
debba
ristabilire
l
'
inclinazione
al
risparmio
?
Credete
invece
che
il
risparmio
giovi
alla
produzione
?
Allora
sta
bene
la
prima
parte
del
vostro
discorso
,
ma
non
sta
bene
la
seconda
,
e
converrebbe
dire
non
solo
che
ognuno
dev
'
essere
sicuro
di
godere
il
frutto
del
proprio
risparmio
,
ma
altresì
che
occorre
che
questo
risparmio
sia
adoperato
per
la
produzione
,
e
non
si
sperperi
cogli
imprestiti
dei
governi
.
Tutto
ciò
vale
in
teoria
,
ma
,
in
pratica
,
non
può
essere
detto
da
coloro
che
mirano
ad
ottenere
cosa
alcuna
dell
'
ordinamento
plutocratico
-
demagogico
che
ci
regge
.
Non
è
buon
modo
di
procacciarsi
la
benevolenza
di
chicchessia
,
lo
insidiarlo
,
dimostrarvisi
nemico
,
volerne
la
distruzione
.
StampaQuotidiana ,
Si
farà
dunque
un
'
edizione
delle
Stanze
?
La
«
Biblioteca
Nazionale
Le
Monnier
»
annuncia
ora
gli
Scritti
in
volgare
del
Poliziano
a
cura
di
Natalino
Sapegno
,
e
a
un
'
edizione
critica
delle
Stanze
lavora
il
Pernicone
.
I
tempi
sarebbero
maturi
.
Negli
ultimi
dieci
anni
l
'
arte
del
Poliziano
ebbe
interpreti
assai
fini
,
portato
della
novissima
cultura
volta
particolarmente
alla
scoperta
del
linguaggio
poetico
,
e
a
certe
distinzioni
rivelatrici
tra
poesia
e
poesia
della
poesia
.
Il
Poliziano
è
il
rappresentante
tipico
di
questa
poesia
della
poesia
.
Solo
che
il
suo
testo
è
ancora
quello
dato
dal
Carducci
nel
'63
,
vecchio
ormai
.
Il
Carducci
ebbe
il
merito
,
allora
,
di
restaurare
in
buona
parte
la
lezione
giusta
,
contro
le
edizioni
cinquecentesche
,
nobilitate
ma
offese
,
secondo
le
teorie
del
Bembo
.
Compì
il
lavoro
a
mezzo
.
Perché
conobbe
,
sì
,
direttamente
i
due
Codici
riccardiani
2723
e
1576
(
il
primo
assai
importante
,
perché
compilato
vivente
il
Poliziano
)
,
ma
gli
altri
codici
solo
attraverso
le
stampe
su
essi
redatte
,
e
se
ne
fidò
.
Non
fece
la
storia
dei
codici
,
non
ne
accertò
il
valore
,
e
portò
nella
scelta
della
varia
lezione
le
sue
particolarissime
preferenze
.
Il
Carducci
,
spesso
così
giusto
lettore
,
fu
talvolta
non
pacato
lettore
;
e
nella
edizione
del
Poliziano
,
davanti
a
errori
passati
di
codice
in
codice
quasi
per
ozio
della
mente
,
né
ebbe
il
coraggio
di
congetturare
né
ci
lasciò
nel
commento
ombra
di
dubbio
.
Quel
quinto
verso
,
ad
esempio
,
della
stanza
CII
(
«
L
'
altra
al
bel
petto
e
bianchi
omeri
intesa
»
)
,
così
com
'
è
,
non
dà
senso
probabile
.
Altri
l
'
ha
piegato
a
un
'
interpretazione
strana
,
con
un
'
aperta
violazione
della
parola
intesa
(
«
intenta
,
chinata
coi
suoi
bianchi
omeri
»
)
;
io
correggerei
sicuramente
:
«
L
'
altra
al
bel
petto
e
a
'
bianchi
omeri
intesa
»
.
Ma
più
errò
il
Carducci
nelle
preferenze
.
E
finché
non
ci
saranno
altre
prove
,
noi
contrapporremo
le
nostre
preferenze
,
confortate
dall
'
autorità
dei
Codici
riccardiani
.
Nella
stanza
LIV
,
il
verso
secondo
suona
così
in
quei
codici
:
«
E
da
questi
arbor
cade
maggior
l
'
ombra
»
,
che
popola
il
luogo
d
'
alberi
e
ombre
(
«
all
'
ombre
»
,
dice
infatti
il
v
.
7
della
stanza
LII
)
.
Ma
il
Carducci
accetta
l
'
altra
lezione
ricavata
dalle
stampe
,
forse
da
un
errore
di
quelle
stampe
(
«
E
da
quest
'
arbor
ecc
.
»
)
.
Il
principio
della
stanza
XXXIII
chi
non
lo
ricorda
?
«
Ah
quanto
a
mirar
lulio
è
fera
cosa
!
Rompe
ecc
.
»
.
E
il
Carducci
annota
:
«
Veramente
i
due
Codd
.
ricc
.
leggono
romper
la
via
,
non
interrompendo
il
periodo
dopo
l
'
esclamazione
del
primo
verso
.
Ma
la
lezione
delle
stampe
fa
molto
più
viva
ed
efficace
la
descrizione
»
.
Che
non
è
osservazione
esatta
.
La
lezione
delle
stampe
rallenta
invece
la
descrizione
,
toglie
la
giusta
proporzione
delle
parti
,
confonde
e
livella
quelle
parti
.
La
lezione
dei
codici
,
oltre
la
novità
di
quell
'
impetuoso
romper
,
riempie
di
meraviglia
il
secondo
e
il
terzo
verso
,
gli
altri
tre
,
com
'
è
giusto
,
lascia
un
poco
in
ombra
,
per
quella
dizione
stremata
,
come
fosse
un
particolare
aggiunto
alla
pittura
che
ha
il
suo
accento
massimo
su
romper
,
e
non
dura
al
di
là
del
terzo
verso
.
Senza
dire
che
questo
è
un
esempio
di
bellissima
,
infrazione
al
comporre
polizianesco
per
distici
,
a
quell
'
ottava
concertante
che
fu
delizia
,
e
anche
croce
,
del
Poliziano
.
E
prima
di
tutto
fu
delizia
.
Da
questa
specie
di
ottava
,
si
sa
,
il
Poliziano
cavò
tutti
gli
effetti
,
e
vi
lavorò
con
finissimi
artifici
.
Pareva
avvertisse
che
nel
rigore
di
quella
«
divisione
»
stesse
la
sua
salvezza
,
e
che
l
'
asciuttezza
delle
impressioni
,
la
diversità
delle
influenze
non
potessero
trovare
che
in
quella
forma
la
loro
giustificazione
,
il
riscatto
.
Ciascuna
delle
influenze
si
traduceva
in
lui
in
impressione
fortissima
,
e
ciascuna
impressione
traboccava
in
un
distico
o
in
un
verso
solo
.
Dalla
varietà
poi
nasceva
l
'
accozzo
,
concordante
o
discordante
,
ma
sempre
un
accozzo
.
La
sua
natura
ripugnava
agli
sviluppi
,
alla
diffusione
.
Descriveva
per
segni
rapidi
,
per
cenni
,
quasi
per
simboli
.
Nessuna
ricchezza
di
partitura
,
che
pur
qualche
volta
gli
sarebbe
servita
per
fondere
e
sostenere
la
narrazione
,
per
esempio
nella
scena
della
caccia
.
Preferì
un
comporre
per
momenti
,
puntuale
,
vivacissimo
,
anche
se
talvolta
secco
.
Rovesciò
l
'
ordine
delle
similitudini
,
delle
similitudini
classiche
protratte
e
appoggiate
sui
due
pernii
soliti
(
come
....
così
)
;
riassorbì
l
'
una
parte
,
la
seconda
,
e
sempre
dié
risalto
all
'
altra
,
la
prima
,
in
una
sorta
d
'
improvviso
,
come
per
ribadimento
e
chiusa
del
discorso
.
Non
sacrificò
mai
nulla
alla
composizione
,
accettò
il
suo
limite
quasi
per
sfida
.
Ma
nel
suo
limite
si
dimostrò
artista
impareggiabile
.
E
variò
continuamente
l
'
ordine
della
sua
sintassi
,
con
modi
bellissimi
.
«
Feciono
e
'
boschi
allor
dolci
lamenti
,
E
gli
augelletti
a
pianger
cominciorno
»
.
Creata
la
distanza
dei
verbi
,
ecco
crearsi
come
un
doppio
di
spazio
,
ecco
una
maggior
vaghezza
dell
'
armonia
sostenuta
su
quei
termini
distanti
,
particolarmente
addolciti
dal
colore
antico
e
popolaresco
(
il
colore
antico
e
popolaresco
che
salvò
il
Poliziano
dall
'
alessandrinismo
)
.
Come
si
chiama
per
figura
quell
'
allontanare
due
stessi
elementi
sintattici
di
un
periodo
e
avvicinarne
due
altri
?
Si
chiama
«
chiasmo
»
.
Poliziano
adoprò
il
chiasmo
come
base
del
suo
armonizzare
.
«
Or
poi
che
il
sol
sue
rote
in
basso
cala
.
E
da
quest
'
arbor
cade
maggior
l
'
ombra
,
Già
cede
al
grillo
la
stanca
cicala
,
Già
il
rozo
zappator
del
campo
sgombra
ecc
.
»
.
Ecco
altro
effetto
dal
medesimo
artificio
,
fuggire
nella
successione
la
monotonia
,
con
una
perfetta
alternanza
.
Ma
l
'
esempio
più
bello
forse
è
dato
dalla
stanza
XXV
,
che
è
uno
dei
miracoli
del
Poliziano
,
e
su
cui
nulla
ha
potuto
né
l
'
abitudine
della
memoria
né
il
ricordo
scolastico
:
Zefiro
già
di
bei
fioretti
adorno
Avea
de
'
monti
tolta
ogni
pruina
:
Avea
fatto
al
suo
nido
già
ritorno
La
stanca
rondinella
peregrina
:
Risonava
la
selva
intorno
intorno
Soavemente
all
'
ora
mattutina
:
E
la
ingegnosa
pecchia
al
primo
albore
Giva
predando
or
uno
or
altro
fiore
.
Con
un
doppio
chiasmo
che
regola
le
due
parti
dell
'
ottava
,
ciascuna
di
quattro
versi
,
s
'
ottiene
nell
'
una
,
per
quell
'
avvicinare
i
verbi
,
quasi
un
ritmo
di
festa
,
di
festa
che
canta
e
s
'
affretta
,
e
nell
'
altra
s
'
ampliano
,
per
quell
'
allontanarli
,
i
confini
della
scena
,
già
commentati
in
anticipo
dal
suono
di
quell
'
«
intorno
intorno
»
.
Due
diverse
misure
,
per
una
più
perfetta
rispondenza
,
direi
meglio
,
per
una
più
felice
obbedienza
alla
verità
d
'
un
'
impressione
.
E
così
,
ancora
una
volta
,
il
Poliziano
ha
saputo
mantenere
,
preservare
,
la
sua
puntuale
forza
inventiva
;
eccitare
le
parole
in
brevissimo
,
portarle
al
loro
massimo
rendimento
.
Perché
questo
è
il
proprio
dell
'
arte
del
Poliziano
,
bruciare
i
suoi
temi
.
Nella
sua
povertà
,
egli
è
uno
sperperatore
.
Nel
secondo
libro
delle
Stanze
,
decisamente
,
la
poesia
va
mancando
,
ed
è
allora
che
al
poeta
pesa
l
'
angustia
del
suo
comporre
.
Sperimentati
ha
tutti
i
modi
per
salvarsi
dalla
monotonia
,
per
vincere
il
suo
limite
.
L
'
ottava
,
nella
sua
precisa
netta
divisione
,
consumata
in
ogni
minima
parte
,
non
gli
serve
più
,
non
gli
basta
;
e
adopra
altro
stile
.
Non
sa
,
non
intende
,
che
il
difetto
non
è
della
forma
,
che
gli
par
stanca
,
ma
della
poesia
che
gli
si
è
stancata
,
e
cerca
dall
'
esterno
il
rimedio
,
che
non
si
può
mai
.
Ma
tenta
.
(
Così
accadde
,
per
citare
un
poeta
di
felicissimo
istinto
,
all
'
ultimo
Di
Giacomo
,
negli
ultimi
suoi
inquieti
anni
,
quando
barattò
le
ben
chiuse
strofe
delle
Ariette
per
le
più
complesse
combinazioni
metriche
,
e
la
poesia
di
rado
le
allietò
)
.
Troviamo
qui
i
primi
esempi
di
similitudini
sviluppate
secondo
il
gusto
classico
,
spezzature
nel
verso
inusitate
,
infrazioni
nell
'
ordine
strutturale
delle
stanze
.
La
mente
ricorda
ben
altre
riuscite
.
(
«
Quasi
in
un
tratto
vista
amata
e
tolta
ecc
.
»
)
.
Quelle
erano
violenze
per
virtù
di
poesia
,
e
qui
si
applica
l
'
ingegno
;
lì
era
la
forza
del
realista
,
dell
'
osservatore
coraggioso
,
qui
è
l
'
industria
sostituita
all
'
ispirazione
.
Forza
di
realista
,
abbiamo
detto
,
e
prima
abbiamo
accennato
al
colore
antico
popolaresco
della
sua
lingua
.
Sono
i
dati
dello
stile
polizianesco
,
e
bastarono
,
sì
l
'
uno
che
l
'
altro
,
a
salvare
la
sua
poesia
dall
'
alessandrinismo
,
che
occhieggia
appunto
nell
'
ultime
stanze
,
ricche
dei
più
pensati
artifici
,
perfino
nelle
rime
,
nelle
rime
rare
,
nelle
rime
equivoche
,
tutti
vecchi
ricalchi
.
C
'
è
differenza
tra
questo
colore
,
questa
vivacità
da
realista
,
e
il
Petrarca
?
Oh
che
c
'
entra
il
Petrarca
?
È
stato
il
Flora
,
nella
sua
per
tante
parti
bella
Storia
della
lett
.
it
.
,
ad
avanzare
il
dubbio
d
'
una
confusione
.
«
E
non
si
tratta
di
riasserire
col
Foscolo
che
il
Poliziano
gli
spiriti
e
i
modi
della
lingua
latina
dei
classici
,
trasfusi
già
nella
prosa
dal
Boccaccio
,
fu
il
primo
a
trasfondere
nella
poesia
,
aggiungendovi
quanta
eleganza
poté
derivare
dal
greco
....
Perché
gli
spiriti
dei
classici
latini
erano
già
stati
trasfusi
nella
poesia
fin
da
Dante
:
e
il
Petrarca
giunse
a
un
'
eleganza
di
trasfusioni
,
al
cui
confronto
anche
quella
del
Poliziano
,
e
sia
pure
con
l
'
aggiunta
della
greca
eleganza
,
è
poco
men
che
rozzezza
»
.
Veramente
chi
riasserì
col
Foscolo
ecc
.
ecc
.
aveva
aggiunto
ben
altre
determinazioni
,
e
parlò
di
influenze
della
poesia
italiana
fino
al
Petrarca
,
parlò
della
poesia
antica
popolaresca
(
c
'
è
un
colorito
popolaresco
in
Petrarca
?
)
.
Sopra
tutto
insisté
sul
termine
«
trasfusione
»
,
che
è
del
Foscolo
,
ed
è
una
delle
sue
più
felici
invenzioni
,
da
applicare
,
approfondendola
,
a
quella
variazione
della
poesia
che
è
la
poesia
della
poesia
,
e
solo
a
quella
.
Del
Petrarca
,
il
Foscolo
,
per
fuggir
la
confusione
,
disse
ben
altro
.
«
Come
egli
dalle
reminiscenze
del
dialetto
materno
e
da
quanti
n
'
udì
,
e
da
rimatori
provenzali
,
siciliani
e
italiani
stillasse
,
per
così
dire
,
una
quintessenza
di
lingua
poetica
,
è
uno
di
que
'
misteri
ecc
.
ecc
.
»
.
Nel
Poliziano
,
nessuna
reminiscenza
,
intanto
,
di
rimatori
provenzali
,
e
neppur
l
'
ombra
di
quella
che
il
Foscolo
,
arcanamente
,
chiama
«
quintessenza
»
.
Niente
di
arcano
è
nel
lavoro
del
Poliziano
:
si
notano
,
si
toccano
con
mano
,
e
le
influenze
e
le
sue
reazioni
,
quel
che
riceve
e
quel
che
dà
.
Nel
Petrarca
,
come
in
ogni
poeta
assolutamente
grande
,
è
la
riemersione
originaria
d
'
una
lingua
poetica
.
Foscolo
dice
«
uno
di
que
'
misteri
che
si
sogliono
attribuire
al
genio
»
.
Che
non
sono
parole
da
spendere
per
il
Poliziano
,
ingegno
sopra
tutto
elegante
.
Di
quali
suoi
propri
colori
vestisse
,
dico
vestisse
,
la
poesia
,
s
'
è
mostrato
,
e
non
era
difficile
.
StampaQuotidiana ,
Quando
seguivo
il
Giro
di
Francia
nell
'
automobile
di
Emilio
Colombo
-
si
tratta
di
una
ventina
di
anni
or
sono
-
,
nella
raffica
della
corsa
,
con
le
pupille
fisse
,
«
incollato
»
alle
gomme
dei
corridori
,
il
mio
buon
amico
Emilio
non
aveva
occhio
per
nemmeno
un
metro
del
paesaggio
o
delle
cose
che
sfilavano
ad
andatura
furiosa
ai
lati
della
strada
in
senso
inverso
a
quello
della
gara
.
Lui
sedeva
nel
sedile
anteriore
,
a
fianco
dell
'
autista
:
io
in
quello
posteriore
,
incastrato
fra
le
valigie
.
Per
varie
ore
il
mio
«
seguendo
»
non
si
riduceva
ad
altro
che
ad
una
fatica
indemoniata
per
non
essere
sbalzato
fuori
dalla
macchina
galoppante
,
e
per
non
lasciar
schizzar
fuori
le
valigie
.
Ad
un
certo
punto
gli
toccavo
la
spalla
,
lui
si
voltava
pensando
:
"
Vergavi
ne
avrà
una
delle
sue
...
"
;
lo
svegliavo
dal
grande
sogno
sportivo
in
cui
viveva
giorno
e
notte
da
quando
era
nato
;
ma
gentilmente
cercava
di
dimostrarmi
di
essere
pronto
a
interessarsi
a
quanto
stavo
per
dirgli
.
Nel
rombo
della
corsa
e
nel
tunnel
di
clamori
della
Folla
,
gli
gridavo
nell
'
orecchio
:
«
Emilio
!
Hai
visto
,
a
destra
,
la
Cattedrale
di
Reims
?
»
.
Oppure
:
«
Emilio
!
Hai
visto
,
a
sinistra
,
l
'
Arena
romana
di
Nîmes
?
»
.
Uomo
leale
,
mi
confessava
candidamente
di
non
essersi
accorto
né
della
Cattedrale
né
dell
'
Arena
.
Cosa
c
'
entra
Emilio
Colombo
con
Sofia
Scicolone
,
e
cioè
con
Sofia
Loren
,
con
la
diciottenne
ragazza
napoletana
cui
va
,
con
un
certo
furore
,
il
mio
ricordo
di
«
giudice
di
bellezza
»
in
una
lontana
stagione
di
Salsomaggiore
?
Colombo
,
l
'
amico
dei
«
giganti
della
strada
»
,
non
c
'
era
,
a
Salsomaggiore
;
ma
c
'
ero
io
,
considerato
espertissimo
di
ogni
cosa
bella
che
possiamo
incontrare
per
le
vie
del
mondo
,
sia
essa
una
cattedrale
gotica
o
una
bella
ragazza
.
C
'
ero
io
perché
,
come
Emilio
Colombo
non
si
accorgeva
di
passare
davanti
a
Notre
-
Dame
o
davanti
al
Campanile
di
Pisa
,
non
mi
accorsi
di
Sofia
Scicolone
.
Richiamato
a
fare
un
po
'
di
attenzione
dal
telegramma
di
un
vecchio
amico
,
alzai
gli
occhi
verso
di
lei
,
le
parlai
,
la
misurai
e
la
scrutai
attentamente
con
lo
sguardo
,
la
fissai
negli
occhi
,
vidi
-
bisogna
dirlo
?
-
le
sue
gambe
,
guardai
la
sua
bocca
,
chiacchierai
una
mezz
'
ora
con
lei
,
seduto
su
uno
sgabello
del
bar
del
grande
Albergo
,
conclusi
l
'
incontro
con
questa
melanconica
e
frettolosa
considerazione
:
«
Ecco
un
'
altra
povera
ragazza
che
si
illude
...
»
.
Povero
Paride
,
fu
la
cantonata
più
grossa
della
tua
carriera
.
Per
fortuna
,
non
ero
il
solo
a
dir
di
no
,
sotto
il
velo
del
giudizio
segreto
,
sulla
futura
Sofia
Loren
.
Disse
di
no
anche
un
altro
mio
amico
,
un
super
-
esperto
in
fatto
di
«
selezione
»
di
belle
donne
:
quasi
quasi
,
come
dicono
alla
TV
,
un
«
tecnico
»
,
e
altri
dissero
di
no
,
finché
il
produttore
cinematografico
Mambretti
,
un
milanese
,
propose
una
soluzione
,
per
non
mandar
via
troppo
amareggiata
la
ragazza
napoletana
.
Coniò
un
titolo
di
«
Miss
Eleganza
»
e
propose
di
assegnarlo
-
quarta
in
graduatoria
-
alla
dolente
e
forse
segretamente
irritata
«
piccola
Sofia
»
.
La
signorina
Scicolone
ebbe
-
mi
sembra
-
in
dono
un
abito
da
sera
bianco
,
e
con
quello
subito
sfilò
quarta
sulla
passerella
di
Salsomaggiore
.
Se
a
qualcuno
capitano
sott
'
occhio
le
fotografie
di
quei
giorni
,
«
esumate
»
da
Dino
Villani
nel
suo
libro
sulla
storia
delle
Miss
Italia
edito
dalla
Domus
,
osserverà
che
Sofia
non
sorride
mai
:
che
ha
un
'
espressione
assente
,
e
in
qualche
fotografia
dura
e
contratta
.
Insomma
,
come
dicono
a
Milano
,
aveva
un
gran
«
magone
»
.
Ed
oggi
-
mi
ha
detto
un
amico
-
chi
disse
«
no
»
Si
trova
nella
situazione
in
cui
si
trovarono
i
maestri
al
Conservatorio
di
Milano
quando
,
con
in
testa
il
maestro
Rolla
,
dissero
«
no
»
a
Verdi
che
chiedeva
di
essere
ammesso
al
Conservatorio
,
e
,
a
titolo
di
consolazione
,
gli
consigliarono
di
studiare
ancora
:
privatamente
indicandogli
bonariamente
i
due
insegnanti
,
il
Negri
e
il
Lavigna
.
Una
mezza
offerta
di
tipo
«
verdiano
»
,
e
cioè
di
andare
a
scuola
,
di
studiare
da
«
privatista
»
,
fu
per
la
verità
data
anche
alla
signorina
Scicolone
,
tanto
per
darle
,
prima
ancora
che
fosse
assegnato
il
giudizio
finale
,
un
«
contentino
»
.
Ma
fu
un
suggerimento
dato
a
mezza
voce
,
quasi
perché
si
temeva
che
,
«
odorando
la
bocciatura
»
,
la
bella
ragazza
cominciasse
a
lagrimare
.
Ma
la
futura
Sofia
Loren
non
pianse
:
divenne
altera
,
sicura
di
sé
,
e
-
lo
dico
arrossendo
-
quasi
sprezzante
.
Si
capiva
che
si
tratteneva
solo
per
rispetto
dei
capelli
grigi
dei
due
giudici
che
le
stavano
di
fronte
,
dei
quali
è
più
che
legittimo
immaginare
che
essa
,
da
brava
napoletana
,
li
giudicasse
due
«
fessi
»
.
[
fatti
le
hanno
dato
ragione
.
Né
io
né
il
grande
«
tecnico
»
che
condivideva
la
mia
opinione
ci
rendemmo
conto
di
aver
davanti
una
ragazza
capace
,
diventando
donna
,
di
incantare
il
mondo
.
Sofia
Scicolone
finì
il
suo
bitter
,
e
rimase
,
su
di
noi
,
nella
sua
precisa
impressione
:
«
due
fessi
»
.
Ci
salutò
con
un
sorriso
smagliante
,
in
cui
palpitava
più
che
una
mondana
cordialità
,
una
specie
di
sfida
.
Io
e
il
«
tecnico
»
sorridemmo
:
e
poi
finimmo
,
fra
di
noi
,
a
sghignazzare
.
Credo
che
l
'
ascensore
del
Grand
Hotel
tremi
ancora
per
il
nostro
ridere
convulso
,
per
il
nostro
ridere
spietato
.
Paride
I
e
Paride
II
dormirono
quella
notte
come
le
altre
notti
in
un
sonno
tranquillissimo
.
Il
nostro
giudizio
non
era
stato
incrinato
dal
minimo
dubbio
.
Il
«
tecnico
»
era
-
bisogna
dirlo
-
Remigio
Paone
,
che
pilotava
non
so
quanti
spettacoli
di
prosa
,
di
rivista
,
di
danza
;
che
partiva
ogni
settimana
per
Parigi
o
per
Londra
per
scegliere
,
con
occhio
infallibile
,
la
bellissima
fra
le
belle
;
che
era
allora
,
in
un
certo
senso
,
il
Re
delle
Bluebell
e
che
veniva
ricevuto
con
profondissimi
inchini
,
fra
spari
di
champagne
,
quando
si
presentava
al
teatro
del
Lido
di
Parigi
per
passare
in
rivista
le
«
ragazze
»
da
arruolare
per
gli
spettacoli
del
Nuovo
,
del
Lirico
,
del
Sistina
.
Era
il
caro
nostro
Remigio
,
fanatico
del
teatro
e
della
bellezza
che
è
uno
dei
suoi
pilastri
.
Credo
che
,
a
sette
anni
di
distanza
,
Remigio
non
abbia
finito
di
mordersi
le
mani
per
quella
«
topica
»
e
che
ormai
,
a
furia
di
morsi
,
le
abbia
scarnificate
e
sanguinanti
fino
all
'
osso
.
Topica
aggravata
dal
fatto
di
dover
ripensare
che
,
lui
napoletano
,
aveva
detto
di
no
ad
una
compaesana
.
Salsomaggiore
di
settembre
non
era
forse
la
località
più
adatta
per
accogliere
le
aspiranti
reginette
.
È
una
città
alberghiera
di
carattere
piuttosto
solenne
:
tutto
parla
di
cure
importantissime
e
miracolose
,
di
medici
illustri
,
di
inalazioni
,
di
irrigazioni
e
di
fanghi
che
restituiscono
la
giovinezza
.
La
«
clinica
»
è
elegantemente
mascherata
,
nessuno
parla
con
brutalità
di
ginecologia
o
di
affezioni
bronchiali
croniche
o
di
laringi
ostinatamente
arrossate
:
ma
l
'
aria
della
clinica
c
'
è
:
è
molto
difficile
«
curarsi
in
letizia
»
senza
vedersi
attorno
,
ogni
tanto
,
un
viso
imbronciato
.
Quando
passeggiavano
per
i
viali
di
Salsomaggiore
,
le
bellissime
scattanti
e
fulgide
diciottenni
erano
guardate
con
una
punta
di
gelosia
dalle
cinquantenni
sedute
ai
tavolini
delle
gelaterie
,
o
dagli
squadroni
delle
anziane
che
marciavano
verso
le
Terme
Berzieri
con
il
fogliettino
delle
mutue
.
Gli
svaghi
che
rimanessero
al
di
fuori
dalla
cornice
termale
o
curativa
erano
pochi
.
Il
tiro
al
piccione
-
a
meno
che
non
si
tratti
del
piccione
matrimoniale
-
non
ha
interesse
per
delle
ragazze
di
diciotto
anni
.
Pochissime
furono
quelle
che
visitarono
le
sale
dove
era
esposta
la
famosa
collezione
storica
del
professor
Lombardi
,
con
i
ritratti
di
Maria
Luisa
moglie
di
Napoleone
:
che
fu
forse
una
bella
donna
di
fattezze
austere
,
ma
che
,
in
fatto
di
concorso
di
bellezza
,
avrebbe
dovuto
essere
sostituita
,
se
mai
,
dalla
Paolina
di
Antonio
Canova
,
davanti
alla
quale
,
probabilmente
,
la
maggioranza
delle
miss
si
sarebbe
sentita
invasa
dalla
tremarella
.
Lo
scopritore
di
Sofia
Loren
-
quello
che
aveva
mandato
il
telegramma
di
segnalazione
e
di
raccomandazione
ai
due
amici
di
cui
sapeva
la
presenza
in
giuria
-
fu
un
uomo
che
ormai
da
molti
anni
si
vantava
solamente
di
essere
un
ottimo
pescatore
dilettante
.
Aveva
un
bellissimo
nome
,
discendeva
da
una
intelligentissima
famiglia
milanese
:
era
un
Ricordi
,
discendente
cioè
da
una
famiglia
di
scopritori
di
geni
musicali
.
Aveva
molto
viaggiato
,
aveva
condotto
una
vita
molto
elegante
.
È
probabile
che
Sofia
Loren
si
rammenti
appena
del
gentile
vecchio
signore
Alfredo
Ricordi
che
,
galantemente
e
paternamente
,
la
raccomandò
agli
amici
milanesi
Vergani
e
Paone
.
Chieda
,
Sofia
,
e
probabilmente
le
verrà
spiegato
che
fu
un
Ricordi
l
'
uomo
che
per
il
primo
fece
credito
a
Verdi
.
Alfredo
Ricordi
,
rimasto
vedovo
,
aveva
trovato
la
sola
consolazione
al
suo
dolore
nella
vita
di
mare
e
nella
pesca
;
vestiva
con
un
paio
di
pantaloni
da
marinaio
e
con
una
maglietta
da
ostricaro
.
A
Portofino
o
a
Cannes
non
parlava
d
'
altro
che
di
cefali
,
di
branzini
,
di
ombrine
,
di
pesci
-
cappone
,
di
sardine
,
di
triglie
,
di
polipi
e
di
murene
.
Era
,
bisogna
dirlo
,
un
caro
attaccabottoni
per
via
di
quella
sua
esclusiva
frenesia
per
la
pesca
.
Cercava
inutilmente
compagni
che
sfidassero
con
lui
le
notti
di
burrasca
o
che
lo
aiutassero
a
tirar
su
la
«
sciabica
»
.
Non
mangiava
il
suo
pesce
:
lo
regalava
alle
belle
signore
un
po
'
anziane
che
gli
ricordavano
il
suo
passato
di
viveur
.
Seduto
nella
spiaggetta
di
Paraggi
ad
accomodare
le
sue
reti
,
se
vedeva
passare
una
bella
ragazza
diceva
:
«
Guarda
che
bella
tinca
!
Che
appetitoso
merluzzetto
!
È
fragrante
come
una
sogliola
!
»
.
Sofia
Loren
-
me
lo
sono
chiesto
sempre
-
si
ricorderà
del
caro
vecchio
un
po
'
picchiatello
che
spedì
da
Alassio
-
dove
,
non
potendo
più
affrontare
il
mare
per
l
'
artrite
,
viveva
in
un
appartamentino
con
le
finestre
aperte
a
tutti
i
venti
del
Tirreno
-
il
telegramma
che
ci
raccomandava
la
sua
«
scoperta
»
?
Noi
leggemmo
quel
nome
:
Scicolone
.
E
pensammo
:
"
Quel
caro
matto
di
Alfredo
Ricordi
dove
avrà
pescato
una
ragazza
con
un
nome
così
strano
?
"
.
Le
ragazze
erano
già
sfilate
un
paio
di
volte
davanti
a
noi
.
Né
Paone
né
io
ci
ricordavamo
di
una
Scicolone
.
Con
il
vecchio
Ricordi
bisognava
però
essere
gentili
.
Non
buttammo
il
telegramma
nel
cestino
;
mi
spiace
non
averlo
conservato
:
nel
cestino
di
Salsomaggiore
finì
la
sera
dell
'
ultimo
esame
,
prima
che
prendessimo
la
macchina
per
Milano
.
Avevamo
cercato
questa
Sofia
,
questa
Scicolone
,
nel
gregge
delle
ragazze
che
,
aspettando
i
turni
di
chiamata
,
prendevano
al
bar
una
tazza
di
caffè
o
una
pastiglia
di
aspirina
.
Il
settembre
era
torrido
,
le
finestre
chiuse
per
tener
lontani
i
curiosi
;
le
ragazze
stavano
tutto
il
giorno
in
costume
da
bagno
,
o
coperte
da
un
accappatoio
,
a
parlare
con
le
madri
o
con
le
amiche
;
portavano
al
lato
sinistro
del
costume
da
bagno
un
distintivo
con
il
numero
di
iscrizione
.
Questo
numero
permise
a
me
e
a
Paone
di
riconoscere
la
raccomandata
di
Alfredo
Ricordi
,
vecchio
pescatore
malato
di
artrite
.
Sofia
si
era
accorta
della
nostra
manovra
,
dei
nostri
esami
da
lontano
,
del
nostro
bisbigliare
,
delle
occhiate
radenti
di
Paone
,
delle
mie
occhiate
furtive
dietro
agli
occhiali
.
Era
bella
?
Non
ci
parve
.
Prima
di
tutto
ci
sembrava
appartenesse
a
quello
che
i
nostri
padri
,
amici
delle
bellezze
floride
,
chiamavano
il
genere
«
pertica
»
.
Troppo
alta
,
troppo
magra
,
troppo
poco
donna
,
troppo
adolescente
ancora
,
male
impastata
;
e
soprattutto
«
troppo
bocca
»
.
Era
proprio
sulla
bocca
-
oggi
è
una
delle
più
famose
del
mondo
-
che
alle
nostre
occhiate
di
lontano
cascava
l
'
asino
.
Quale
poteva
essere
il
destino
di
quella
«
spilungona
»
?
Tutt
'
al
più
,
con
un
po
'
di
fortuna
,
quello
di
mannequin
.
Toccò
a
me
avvicinarmi
alla
ragazza
dallo
strano
nome
.
Lo
feci
solo
per
rendere
una
cortesia
ad
Alfredo
Ricordi
.
Le
dissi
del
telegramma
,
le
offrii
di
avvicinarsi
al
banco
del
bar
per
prendere
un
aperitivo
.
Si
alzò
,
venne
avanti
,
sedette
su
uno
dei
suoi
alti
sgabelli
:
le
presentai
Paone
e
le
spiegai
che
si
trattava
di
un
celebre
impresario
teatrale
.
Sorrise
:
ma
era
evidente
che
non
l
'
aveva
mai
sentito
nominare
.
Parlava
con
un
accento
napoletano
degno
dei
dialoghi
più
stringenti
di
Peppino
De
Filippo
.
Cosa
aveva
di
bello
?
Non
glielo
dissi
:
aveva
delle
gambe
bellissime
,
ma
il
mio
elogio
non
poteva
soffermarsi
su
questi
particolari
anatomici
.
Non
sapevo
fingere
né
entusiasmo
né
esprimere
una
qualunque
promessa
.
Ma
probabilmente
mi
sarei
salvato
davanti
al
giudizio
della
posterità
proprio
per
via
di
quelle
gambe
.
Domandai
:
«
Le
piacerebbe
di
far
del
teatro
dialettale
?
Penso
che
Paone
potrebbe
presentarla
a
De
Filippo
o
a
Taranto
...
»
.
La
ragazza
taceva
.
Io
guardai
ancora
quelle
gambe
;
dissi
:
«
Le
piacerebbe
di
far
della
rivista
?
Sa
cantare
?
Sa
ballare
?
Anche
se
non
lo
sa
non
importa
.
In
tre
mesi
,
Paone
potrebbe
farla
istruire
da
una
brava
maestra
...
Non
ti
pare
,
Remigio
,
che
si
potrebbe
cavarne
fuori
una
bella
subrettina
?
Se
dovessi
dire
,
in
passerella
la
vedo
...
la
vedrei
subito
...
»
.
Remigio
non
aveva
l
'
aria
molto
convinta
,
ma
,
per
non
contraddirmi
,
fece
un
gesto
di
assenso
.
«
Creda
»
continuai
,
«
sarebbe
un
primo
passo
...
Con
Macario
,
per
esempio
,
o
con
la
Osiris
,
una
piccola
scrittura
si
potrebbe
pescarla
...
»
La
ragazza
ci
guardava
senza
più
sorridere
.
Si
asciugò
con
il
mignolo
una
goccia
di
aperitivo
che
le
era
caduta
,
dal
bicchiere
,
su
una
gamba
e
si
pulì
il
dito
come
una
bambina
,
passandolo
sulla
bocca
.
Rispose
semplicemente
:
«
Teatro
?
No
...
Rivista
?
No
...
O
cinema
o
niente
...
»
.
Farfugliammo
qualche
parola
di
risposta
,
tanto
per
essere
gentili
.
Lei
ripeté
:
«
O
cinema
o
niente
»
.
Ci
strinse
la
mano
,
ci
salutò
,
si
allontanò
sulle
lunghissime
gambe
,
sparì
verso
l
'
atrio
degli
ascensori
.
La
saletta
del
bar
era
deserta
.
Remigio
ed
io
sbottammo
a
ridere
,
sempre
più
fragorosamente
.
«
Hai
capito
che
presunzione
?
Cinema
?
Ma
in
questo
albergo
non
ci
sono
specchi
nelle
camere
?
Cinema
!
!
!
Con
quella
bocca
!
!
!
»
E
il
nostro
riso
si
faceva
addirittura
tonante
.
Non
ho
più
visto
Sofia
Loren
.
Ma
,
guardando
le
sue
vecchie
fotografie
di
quei
giorni
,
conosco
il
perché
di
quel
loro
tono
di
dispetto
e
di
malcelato
corruccio
.
Non
so
darle
torto
se
,
con
ogni
probabilità
,
non
ha
mai
perdonato
né
a
me
né
a
Remigio
Paone
.