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Delicatezza olandese ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Il soprano Eugenia Ratti è tornata giorni or sono dall ' Olanda , dove ha cantato con grande successo di pubblico e di critica . Nonostante ciò , la brava artista non parla volentieri del suo soggiorno a L ' Aja . Dopo tanti mazzi di fiori e tanti applausi , proprio due giorni prima di partire , le è capitato qualcosa di abbastanza triste . Per sdebitarsi in qualche modo delle calorose accoglienze e delle cortesie ricevute , la Ratti propose ai dirigenti dell ' Opera e alle autorità cittadine un concerto benefico . « Potete devolvere il ricavato » , disse il soprano , « alla Croce Rossa o a qualche orfanotrofio . » « Grazie » , le risposero , « ma non è possibile . Nel nostro Paese lo Stato provvede direttamente a sostenere istituti del genere » . « Va bene » , fece la Ratti . « Ma potremmo versare la somma all ' Associazione protettrice degli animali o a qualche organizzazione assistenziale privata ... » « Nulla da fare » , fu ancora la risposta . « Non esistono in Olanda enti benefici , pubblici o privati , cui largamente non provvedano lo Stato o la nostra beneamata regina » . Il soprano non si arrese . Restò un momento soprappensiero , poi trovò la soluzione . « Allora , facciamo così . Io do egualmente il concerto e voi destinate l ' incasso a un ' iniziativa qualsiasi , come vi pare e piace , di qualsiasi genere » . Questa volta tutti i volti , attorno alla cantante , s ' illuminarono . « Magnifica idea ! » esclamò l ' intendente dell ' Opera . « Sapete come adopereremo i vostri soldi ? Li aggiungeremo al fondo che da qualche mese stiamo mettendo da parte per scritturare la Callas l ' anno venturo . È tanto che desideriamo sentirla , ma vuole tanto di quel danaro ! » La Ratti , inutile dirlo , dissimulò a fatica il risentimento . Ma provate a immaginare cosa sarebbe successo se un caso simile fosse capitato alla Callas ! L ' altro giorno , a Roma , in un negozio di via Sistina , Martine Carol si è equipaggiata per la spiaggia . Tre pagliaccetti : uno di seta verde con merletti bianchi , uno di satin giallo con pizzi crudi , uno interamente di pizzo rosa . Un francese , residente negli Stati Uniti , ha monopolizzato tutta la produzione del vino per la Messa . « Ho notato che i cattolici sono in aumento » , ha dichiarato . « Spero di diventare miliardario ben meritando dalla fede » .
È NATO IL TOPOLINO ( PARETO VILFREDO , 1920 )
StampaQuotidiana ,
Lungamente aspettato , desiderato , dopo lunga gestazione , fatta penosa dalla necessità di accordare volontà discordi , è venuto alla luce il Manifesto economico del Consiglio Supremo . È un documento strano ; non vi mancano giuste osservazioni , buoni consigli , ma fanno interamente difetto conseguenze che pure appaiono subito patenti e necessarie . La ragione è che il Consiglio deve legare l ' asino dove vuole il padrone , e che questi permette bensì vaniloqui oratori , ma non consente pratici provvedimenti , ad esso non perfettamente graditi . Il Manifesto principia coll ' osservare che i prezzi alti sono conseguenza delle guerre . Su ciò nessuno contende . Seguita con altra verità , pure evidente , cioè che « i governi debbono accogliere provvedimenti atti a persuadere le popolazioni che , mediante l ' aumento della produzione , possono risolvere il problema del caro vivere . I governi debbono facilitare lo scambio dei prodotti » . ( Cito il testo come è stato trasmesso dal telegrafo ) . Ma bravo ! come va , per altro , che sinora i provvedimenti dei governi sono statici e seguitano ad essere volti proprio ad uno scopo opposto ? Li ignora il Consiglio , o ne dà diverso giudizio ? Vogliamo rammentarne alcuni ? Per accrescere la produzione , si scemano le ore di lavoro , s ' impone per accordi internazionali , per leggi , tale riduzione . Ma che sia proprio vero che meno si lavora e più si produce ? Se le cose stanno così , perché il Consiglio non ci dimostra questa splendida verità , invece di sprecare tempo a narrarci cose che tutti sanno ? E perché non svela l ' errore enorme del governo della Germania , che , per produrre maggiore quantità di carbone , ottiene dal patriottismo dei minatori che lavorino ore supplementari ? E come mai spiega che la giornata di otto ore ha fatto aumentare in tutte le imprese e negli uffici governativi il numero dei lavoratori ? Avrebbe dovuto rimanere eguale , se non scemava la produzione , scemando le ore di lavoro . Per la produzione , oltre al lavoro , occorre ciò che , con vocabolo poco preciso ma che fa comodo , si dice « capitale » . Può essere privato , o pubblico in un reggimento socialista , ma ci vuole sempre . Per trasportare le merci sulle ferrovie , ci vogliono locomotive , siano queste di privati , di governi socialisti , di Soviet , o di chi si voglia . C ' è chi crede che locomotive e carri possano essere sostituiti da cartelle del debito pubblico . C ' è chi suppone che , facendo svolazzare questo o quei biglietti di Stato o di banca intorno ad un campo , si accresca la produzione del grano , meglio che con arature profonde e con largo uso di concimi ? Chi ha tale opinione non vede certo nel Manifesto la contraddizione , che invece appare stridente per chi la pensa diversamente . Volete accrescere la produzione e vi adoperate con ogni vostro potere per sostituire carta agli oggetti materiali che servono alla produzione . Ma forse c ' è chi crede un ' altra panzana , cioè che tutta quella carta rappresenti solo godimenti a cui rinunziano i « ricchi » . Accidenti ! Che pancia devono avere costoro se masticavano tutti quei miliardi che , con grande compiacenza , i governi dicono di ricavare dai loro imprestiti ! Il lettore vorrà scusarci se non discutiamo seriamente simili ipotesi . « I mezzi di trasporto sono disorganizzati » dice , e dice bene , il Consiglio . Dunque la conseguenza sarebbe che bisogna riordinarli ma come volete che ciò segua se scema il lavoro , scema il capitale , che per essi si adoperano , e crescono solo gli scioperi e le paghe ? Ma non basta l ' enorme salasso che , ai capitali volti alla produzione , fanno i governi , cogli imprestiti e le emissioni di carta moneta , altro grandissimo ne fanno colle imposte . Anche qui chiederemo : credete voi che tutto il maggior prodotto delle imposte sia tolto esclusivamente alle spese di lusso , o anche , se vi piace , ai consumi in genere , e che nessuna parte , piccola o grande , sia tolta alla produzione ? Se sì , tiriamo avanti ; coi ciechi non si discorre dei colori ; se no , perché proclamate la necessità di accrescere la produzione , e ad un tempo favorite ciò che la fa scemare ? Non basta ancora . Quel tanto che rimane ai contribuenti dovrebbe , per accrescere la produzione , essere adoperato per questa ; ma per fare ciò occorre che chi si volge per tal via abbia , se non sicurezza , almeno speranza di non essere spogliata del suo . Come può averla se , come dice ottimamente il Consiglio : « la pace non è ancora stabilita , le rivalità e le antipatie dominano ancora le nazioni europee » ? Perché solo europee ? E , aggiungiamo noi , la pace interna è anche maggiormente scossa della pace internazionale . Chi oggi impianta uno stabilimento industriale non sa se domani non gli verrà tolto , illegalmente , da qualche soviet , o con forma poco diversa e con effetto identico , requisito legalmente dal governo , che non sa trovare altro modo di mantenere l ' ordine . Chi oggi compra un bove , pei suoi possessi , non sa se domani non lo vedrà morire di fame , per la prepotenza di scioperanti ; chi oggi prepara la coltura di una risaia non sa che ne sarà del riso che spunterà , e neppure se si potrà raccogliere ; chi ha ulivi non sa a quali « prezzi d ' imperio » venderà l ' olio , e perciò ci furono possidenti che preferirono tagliare gli ulivi e venderli , il che almeno si dice non è il miglior modo di accrescere la produzione dell ' olio ; chi avesse la disgraziata idea di edificare una casa non sa a quel prezzo sarà costretto di darla in affitto ; a lui basti di pagare profumatamente muratori e materiali da costruzione , al rimanente ci pensa l ' umanitario governo ; e veramente non pare questo il miglior modo di avere abbondanza di alloggi ; è vero che il governo ne promette , ma come li edificherà ? Con denari tolti , almeno in parte , ad altre produzioni . Fare e disfare è tutto un lavorare , ma non accresce la quantità dei prodotti . Dopo ciò , qual meraviglia se taluno , invece di fare simili impieghi di capitali , si gode , se imprevidente , i quattrini che gli rimangono , dedotte le imposte progressive ed altre o si studia , se previdente , di porre al sicuro ciò che può , spingendosi sino a comperare diamanti e perle , che sono gemme preziosissime , ma proprio inutili per la produzione . Certo , queste sono male opere : dimostrano ciò a chiare note gli economisti ufficiali ; ma che volete ? L ' uomo somiglia a quello strano animale , reputato molto cattivo , perché , percosso , si difendeva . C ' è ancora dell ' altro . Dice il Consiglio , e sono parole d ' oro : « I governi debbono facilitare lo scambio dei prodotti » . Ah ! sì ? Ed è perciò che nel maggior numero dei paesi in nome dei quali parla il Consiglio , sono infinite le restrizioni , le proibizioni agli scambi dei prodotti . È proibito di importare questo prodotto , perché è di lusso ; proibito di esportare quest ' altro , perché è necessario ; allora che rimane da scambiare ? Questo è un volere e un disvolere ad un tempo . Interpretando molto largamente il vocabolo prodotti , rimarrebbero lavoro e capitali . Ma anche ad essi hanno provveduto i governi . Chi si prova a chiedere un passaporto per l ' estero può conoscere quanto sia facile lo scambio degli uomini tra i vari paesi , chi si prova ad esportare o ad importare « capitali » conosce un nuovo genere di delitti . Saranno giustificati per scopi fiscali , ma non venite fuori colle bubbole che facilitano lo scambio dei prodotti . Notiamo intanto , di sfuggita , che se Inghilterra e Francia non avessero , prima della guerra , esportato all ' estero enormi capitali , non avrebbero potuto fare facilmente , come hanno fatto , le spese per la guerra . E se , fra qualche anno , avranno nuove guerre , ben potranno chiosare questa verità . Deh ! Avesse potuto l ' Italia esportare all ' estero grandi capitali , prima della guerra , non avrebbe ora una moneta tanto deprezzata ! Il Consiglio ben vede lo stato presente di incertezza , di mancanza di sicurezza , ma non ardisce dire una parola schietta e forte ; mena il can per l ' aia , dice e disdice ed appare oltremodo impacciato . Si cadrebbe in errore assegnando l ' origine dei mali presenti all ' ignoranza , all ' imperizia , al mal volere dei governi . Essi fanno ciò che possono e spesso per il meglio , essendo dati i sentimenti e gli interessi della popolazione . C ' è del vero nell ' asserzione dei socialisti che la borghesia si dimostra incapace di risolvere i problemi presenti ; occorre per altro sostituire , al termine : borghesia , quello più generico di classe governante , ed aggiungere che l ' opera di questa è pure in parte determinata dai sentimenti e dagli interessi dei governati , o per dir meglio di quella parte di essi che ha maggior forza . Difficoltà analoghe alle presenti sarebbero dunque incontrate , sia pure con diversa intensità , da ogni genere di governi , sinché non si modificano sentimenti ed interessi . L ’ intensità sarebbe minore se si potessero togliere alcune contraddizioni , le quali fanno che lo stato presente paia volto ad accogliere non il meglio ma il peggio di vari ordinamenti . Se non si vuole la libertà dei commerci e delle industrie , se si vuole abolire la proprietà privata , sia pure così . Non è oppugnabile che ci possono essere altri generi di economia . Si provi quella del socialismo classico , affidando tutti i mezzi di produzione al governo , si provino i Soviet , si provi il sindacalismo , si provi ciò che si vuole , ma che almeno non sia campato per aria , e non sia uno stato di disordine che giunge all ' assurdo , di cui è sintomo non trascurabile le migliaia di decreti , o di grida , fra cui quelli , minuziosi sino al ridicolo , che regolano il consumo dei pasticcini , degli asparagi col parmigiano , o che fissano a dieci il numero delle vivande che , al cuoco di una trattoria , è lecito di preparare in un giorno . Un tale reggimento pare proprio escogitato per conseguire un minimo di prosperità economica . Eppure il Consiglio spera ancora di poterlo trarre in salvo , e propone per ciò vari rimedi . Li esamineremo nel prossimo articolo .
L' ' AMETO ' ( DE ROBERTIS GIUSEPPE , 1941 )
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Il Bembo aveva ragione : che il Boccaccio , « come che in verso altresì molte cose componesse , nondimeno assai apertamente si conosce che solamente nacque alla prosa » . O , per meglio dire , di quanto arricchì la sua prosa , d ' altrettanto smorzò e impoverì la poesia . E proprio cominciò a comporre in prosa , riportando su un piano tanto più alto una vicenda popolaresca , con suoi caratteri ben netti . Parlo del Filocolo , trascrizione piuttosto infarcita d ' un tema e d ' una storia come quella di Florio e Biancofiore : l ' opera « giovanile » del Boccaccio , che , secondo il Battaglia , rappresenterebbe « il momento romantico di uno scrittore che col volgere degli anni avrebbe educato la sua grande arte al più schietto realismo » . Ma , dire « romantico » è dir troppo ; e contentiamoci di battere l ' accento sulla più semplice definizione « giovanile » ; e spieghiamoci così quel che di intemperante e di folto passò tra le fila di quella vicenda romanzesca , e che furono specialmente ricordi di letture , e di poetiche letture ; tutto , insomma , un mondo classico mescolato confusamente a personali esperienze , personali affetti , e avvisi del tempo nuovo . Tra il Filocolo e l ' Ameto passarono all ' incirca dieci anni ; e ne passeranno poco meno dal principio della composizione del Decamerone , e un poco più dal suo compimento . La Fiammetta è un ' eccezione : l ' ultima opera di prosa , e si può dire l ' unica , avanti il Decamerone , dove il Boccaccio parve , in una volta , cantare e licenziare le memorie della sua vita . L ' Ameto , dunque , sta in mezzo , e anche idealmente occupa il giusto mezzo e , composto com ' è di prosa e di verso , ripropone più sensibilmente il confronto tra prosa e poesia boccaccesca ( noi non accenneremo neppure alla storia di queste opere miste , né a Boezio né a Marziano Capella né ad Alano da Lilla né a Dante ) . E prendiamo un dato solo di stile . Si sa quanto il Boccaccio studiasse e imitasse Dante , e proprio il Dante della Commedia . Così nel Filocolo , così nell ' Ameto . Ma non già , nell ' Ameto , per sostenere il verso ; sibbene per alzare ancora più il tono della prosa , di quell ' « apparente prosa che è poesia » . E per converso , in prosa , egli non avrebbe mai toccato modi siffatti ( « Con queste bianche e rosse come foco Ti serbo gelse , mandorle e susine , Fravole e bozzacchioni in questo loco , Belle peruzze e fichi senza fine ; E di tortole ho preso una nidiata , Le più belle del mondo , piccoline , Colle quai tu potrai lunga fiata Prender sollazzo ; e ho due leprettini , Pur testé tolti alla madre piagata ecc . » ) ; e per l ' appunto in terzine stemperate , avvilite direi , dove c ' è già un sentore di ottava , dell ' ottava enumerativa boccaccesca , e poi dell ' altra concertante del Poliziano . Proprio quando , nella prosa dell ' Ameto , tentava un maggior arricchimento e un periodare più complesso . E l ' aggettivo il peso morto della prosa boccaccesca , il segno della sua stanchezza . L ' aggettivo con valore attributivo quasi sempre preposto al nome , e che nei poeti , specie nei poeti elegiaci e melici , forma quel finissimo « legato » , ( diciamolo un ' altra volta con un termine musicale ) che è l ' elemento base del loro melodizzare , l ' affettuoso connettivo del canto ; dove l ' una nota par tenuta per colorare di sé l ' altra , dar senso all ' altra , mentre questa la sostanzia e quasi si scioglie in essa . Proprio su questo massimo di durata , su questa unità armonica , s ' appoggia e si rinnova di tempo in tempo , e direi si slancia , il discorso poetico ( « Quel vago impallidir , che ' l dolce riso D ' un ' amorosa nebbia ricoperse » . « Se dell ' eterne idee L ' una sei tu , cui di sensibil forma Sdegni l ' eterno senno esser vestita , O fra caduche spoglie Provar gli affanni di funerea vita » ) ; e vi s ' accorda l ' altro elemento , con l ' aggettivo posposto al nome , che è lo « staccato » ( e anche questa volta ricorreremo alla musica ) , e serve come chiaroscuro , più e men forte , sopra tutto nelle riprese , nelle chiuse , e vive unicamente del suo contrario ( « e fia compagna D ' ogni mio vago immaginar , di tutti I miei teneri sensi , i tristi e cari - Moti del cor la rimembranza acerba » ) . Nella prosa è il caso inverso , quanto più il gusto della prosa progredisce e s ' affina . Ed è lo « staccato » a dare il colore , l ' accento , la forte scansione ; mentre , in momenti rari , in toni un poco più alti , anch ' essa « lega » col finissimo artificio che s ' è detto . Sarà dunque nel Boccaccio , questo continuo « legare » , la riprova più valida di quella sua « apparente prosa che è poesia » ? Ma si osserverà : Boccaccio tolse quest ' uso dal latino . Che , in verità , non distrugge il dato stilistico , né il suo particolare valore . E poi sta il fatto che il Boccaccio , specie sul principio , se ne appropriò in un suo periodare monotono , per successioni , per addizioni , solo più tardi arrivato a una maggior finezza di sintassi . Si pensi al Novellino , alla varietà del suo parlare , per cenni , alla scrittura magra , con sensibili contrasti e , nell ' uso dell ' aggettivo , appunto , con inattese libertà . Qui davvero non si compone per serie , ma in un modo tutto inventivo , anche se corto . E cessato quell ' inventare , il discorso svolta e varia . Disse il Foscolo che il Boccaccio vedeva « in ogni parola una vita che fosse propria , né bisognosa altrimenti d ' essere animata dall ' intelletto » . E badate , la vena di certi scrittori spesso consiste non di parole soltanto , ma di intere frasi e cadenze , con una vita loro propria , né bisognose altrimenti d ' essere animate dall ' intelletto ; consiste , volevo dire , in una sorta di elegantissimo ozio . Come nei melodisti a oltranza . E in prosa come in verso solo allora si tocca la perfezione , quando l ' inventare e l ' ambito compositivo s ' aiutano e si condizionano , senza squilibri . Il Boccaccio , intanto , nell ' Ameto , corresse e variò certa dovizia aggettivale , studiò più accorte collocazioni ( « e le rocche fortissime » ) ; e , tirato dal suo vivace istinto di realista , sostituì , al comporre secondo regole e cadenze e , direi , secondo un ideale ritmo , invenzioni più frequenti , vere spezzature o discordanze nel suo tessuto prosastico . Ma che cosa è quest ' Ameto ? E , o vuole essere , la rappresentazione del rinnovamento dello spirito umano per mezzo dell ' amore ; la storia di Ameto cacciatore « vagabondo giovane » , che di rozzo e selvaggio , ingentilito dall ' amore , e aiutato dalle sette virtù , s ' innalza alla contemplazione delle verità supreme . Questa , in vero , è la macchina del libro , che dà la spinta al libro ; e che s ' adatta poi , via facendo , alla statura e al gusto dell ' autore . Parrebbe di assistere a una drammatica « riduzione » ( non però sofferta , s ' intende , ma che non cessa d ' esser tale ) d ' un ' alta idea , viva ancora ai tempi del Boccaccio , più , forse , come ricordo che come forza attiva , e che nella mente del Boccaccio trova un suo limite , e , per questo , si fa a suo modo vivente . Già , che fosse un motivo fortemente sentito , lo avvertì fin dal principio . Vedi Ameto , « d ' ogni parte carico della presa preda » « intorniato da ' cani tornando a ' suoi luoghi » « vicino a quella parte ove il Mugnone muore con le sue onde » , fermarsi ad ascoltare una « graziosa voce » « in mai più non udita canzone » ; e « verso quella parte , ove il canto estimava , porse , piegando la testa sopra la manca spalla , l ' orecchio ritto » ( ma questa punteggiatura troppo secondo logica , troppo minuta , per il sinuoso periodare boccaccesco ! ) . S ' accosta , dunque , Ameto , e vede giovinette , « alcuna mostrando nelle basse acque i bianchi piedi » , e che con lento passo « vagando s ' andavano » . La meraviglia di Ameto vale assai più delle cose che descrive , rimane come un vapore sospeso , una luce primaverile ; ché le cose sono sempre le stesse , e un poco monotone ; e le sette virtù , anch ' esse troppo uguali , Mopsa , Emilia , Adiona , Acrimonia , Agapes , Fiammetta , Lia ; vere donne , e troppo donne . E Ameto , « con occhio ladro » , a riguardare « l ' aperte bellezze di tutte quante » . Appunto quest ' occhio di Ameto è la novità del libro , il miracolo che trasforma il vario nell ' uno ; e la pagina ne risulta piena d ' infinite sorprese . « Con fervente disio cercava d ' essere Afron o di mutarsi in Ibrida o divenire Dioneo o parere Apaten o Apiros o Caleone » . E il circostante mondo di natura , per nulla distinto , anzi da ogni parte mescolantesi come cosa vivente , pieno di sensi anch ' esso ; e i colori presi da ogni dove , dalla realtà e dal mondo classico e dal mito . Non a caso , nell ' Ameto , spiccano con forte rilievo , e quasi s ' accordano in un superiore impegno , due grandi parti : una minutissima descrizione d ' un orto , la più ricca e architettata di tutto il libro ; e una storia d ' amore , quella di Agapes , che altra non ne scrisse mai , avanti il Decamerone , con penna sì ardita , e con la sua allegra lascivia . Per questo vasto accordo , quest ' armonia e , vorrei dire , amorosa prospettiva , l ' Ameto è il precedente immediato del mondo polizianesco e , in sé , segna un punto assai importante nella resurrezione rinascimentale . Era destino che lo fissasse prima il Boccaccio . Spiace , nella pur buona edizione che Nicola Bruscoli ha curato dell ' Ameto per l ' editore Laterza , trovare una dichiarazione come questa : « L ' autore si ripromette di tornare in seguito sui Manoscritti dell ' Ameto , aggiungendo altri dati quali sarà possibile ricavare dall ' esplorazione di nuovo materiale , oggi sotto speciale custodia a causa dello stato di guerra » . E chi obbligava mai il Bruscoli a pubblicare con una tal precipitazione ? Ma vorrei dire un ' altra cosa ancora , ché l ' ho appena accennata avanti . Sul sistema della punteggiatura adottato per questa prosa del Boccaccio , come sempre tendente , con una leggera enfasi , alla poesia . Questa interpunzione , così spiccatamente logica , non pare al Bruscoli che debba frastornare un poco il lettore , impedirgli il gusto di risentire in sé quella musica che è del periodare boccaccesco ? Eppure il Leopardi , nelle Operette morali , ci aveva lasciato un esempio splendido di come si possa con la interpunzione aiutare la lettura , dividendo secondo pause , non secondo sintassi , o secondo una più interna sintassi . Mi si potrebbe rispondere col nome del Manzoni . Ma già la prosa del Manzoni è ben altra da quella del Boccaccio , e non è poi detto che il Manzoni , qualche volta non peccasse in minuziosità , per iscrupolo di non riuscire mai abbastanza chiaro , affabile . E un ' ultima osservazione , sull ' uso della dieresi . Quest ' uso , assai intemperante , non ha portato fortuna , e s ' è visto , ad altro editore del Boccaccio . Davvero che un verso come questo « stanti all ' ombra d ' un fiorito alloro » , aveva bisogno della dieresi su « fiorito » ( così : « fïorito » ) , di quest ' errore smaccato , di questa strascicatura , per essere un verso ? Ma basterebbe dividere « stanti » da « all ' ombra » , con un effetto bellissimo di iato , e l ' endecasillabo , proprio lì , si slargherebbe , si distenderebbe ; e s ' avrebbe proprio dipinta la contentezza di stare all ' ombra , quieti , che è un piacere . Se questa è invenzione nostra , del nostro strafare , chiediamo venia .
Chicchirichì ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
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La cinquantatreenne signora Chan , cittadina di Hong - Kong , si è decisa ad andare in tribunale . Ha pazientato un quarto di secolo . Finché ha potuto , ha lavorato per vivere . Ma ora , tormentata dall ' artrite e da una miopia galoppante , vuole che il marito sposato 25 anni fa , e che non ha mai visto neppure una volta , le passi gli alimenti prescritti dalla legge cinese . Il marito , mercante sessantenne , placito e occhialuto , si è fatto finalmente vivo . È arrivato da una lontana provincia e per la prima volta ha incontrato , davanti ai giudici , la donna sposata per procura nel 1933 , quando faceva il marinaio sui mercantili . I due coniugi sono arrivati alle nozze d ' argento senza conoscersi . Anche per i cinesi , che difficilmente si meravigliano di qualcosa , il caso è piuttosto singolare . Ma non basta . La signora Chan racconta qualcosa di ancora più straordinario . « Come vuole la nostra tradizione contadina , il posto dello sposo lontano durante la cerimonia nuziale fu preso da un grosso gallo . Il volatile rappresentava in tutto e per tutto lo sposo assente . Un testimone lo teneva fra le braccia , al mio fianco , e il sacerdote gli rivolse le domande e i predicozzi di rito proprio come se si fosse trattato di un uomo . I miei suoceri erano cinesi di vecchio stampo . Il loro rispetto per la tradizione non si fermò lì . Vollero che trascorressi la prima notte di matrimonio assieme al gallo . Era un grosso gallo , inquieto e rissoso , cui non garbava starsene legato per una zampa sul giaciglio . Mi sbatteva le ali sul viso e ogni tanto mi beccava il naso o le dita dei piedi . Un vero inferno . Credevo che dopo la prima notte il gallo tornasse alle sue galline . Sbagliavo . I miei suoceri dissero che allontanare il gallo avrebbe portato sfortuna al figlio marinaio . Mi costrinsero a dormire col gallo ancora per mesi , per anni : finché mio marito , che intanto non dava segno di vita , non fosse tornato . Così , ho passato col gallo tutte le mie notti per otto anni . Anzi coi galli : perché morto uno ne veniva un altro . Galli nervosi e inquieti per la mancanza di galline , che mi beccavano rabbiosamente e spesso mi svegliavano nel cuore della notte con terribili " chicchirichì " . Poi i miei suoceri , a breve distanza di tempo , morirono . Mi trovai sola . Senza neppure più il gallo . Credo giusto che mio marito mi aiuti , finalmente » . La figlia del re del Marocco , principessa Aicha , ha approvato ufficialmente il gesto delle donne algerine che hanno bruciato il velo .
StampaQuotidiana ,
6 settembre . Gli avvenimenti del teatro di operazioni franco - tedesco si succedono con tanta rapidità , e sono così imprevisti , che non si ha quasi più nemmeno il tempo di comprenderli bene e di coordinarli con quelli del teatro austro - tedesco - russo . Ieri si annunciava che le due fortezze di La Fère e di Laon , le quali dovevano costituire con Reims la seconda linea di difesa francese , erano cadute senza combattere in potere dei tedeschi . Oggi , anche Reims è presa da questi ultimi , con la stessa facilità . Le più disparate supposizioni possono sorgere da questi fatti . Le tre fortezze erano dunque impreparate alla resistenza ? O l ' esercito ha rinunciato a difenderle , perché non è in grado di fare una . utile difesa ? Si deve ammettere piuttosto che la reddizione della linea La Fère , Laon , Reims sia conseguenza di un ponderato disegno ? Ma quale disegno può essere questo , che lascia aprire ai tedeschi una così larga breccia fra le cortine difensive della frontiera e il campo trincerato di Parigi ? Oramai , e crediamo già d ' aver sufficientemente dimostrato ciò , l ' esercito tedesco è saldamente congiunto , nella sua avanzata da nord , con le truppe che guerniscono la Lorena fra le piazze di Metz e di Strasburgo : e si sta abbattendo col grosso sui francesi , e li va stringendo in una formidabile tenaglia . Ammettiamo pure che l ' abbandono di tutta la seconda linea di difesa francese sia un invito insidioso all ' esercito tedesco di entrare nella via senza uscita segnata ad est dalle cortine difensive , a sud dal triangolo Langres , Digione , Besanzone , ad ovest da Parigi . Il concetto può parere brillante , ma l ' attuazione è pericolosa . Come potranno difendersi le truppe francesi , che fanno attualmente fronte ad oriente , . e appena resistono alla pressione delle truppe tedesche della Lorena , se vengono attaccate anche alle spalle ? Non cederanno sotto la doppia pressione avversaria ? E allora , che valore avranno le fortezze di Belfort , di Épinal , di Toul e di Verdun , lasciate a sé stesse ? Pare ormai che l ' esercito tedesco non si preoccupi più di Parigi , diventata semplice campo trincerato francese ; e con la stessa risoluzione con cui prima avanzava ad ovest , ora scenda in gran parie a sud , alla ricerca dell ' esercito francese , che è diventato l ' obiettivo principale della guerra . Veramente , sembra oggi , per un momento , fermarsi e riprendere fiato : ma questo arresto dipende dalla risoluzione di raccogliersi prima di fare lo sforzo , o dalla previsione di un pericolo ? Si sente minacciato , forse , dalla riunione e dalla marcia in . avanti di grossi corpi di truppe alleate , preparartisi all ' insaputa di tutti in una regione della Francia settentrionale , fra Rouen e Parigi , per esempio ? Questo fatto può essere meno inverosimile di quanto possa a prima vista sembrare . E Parigi resisterà invece molto a quelle truppe tedesche che certamente l ' investiranno ? Non sarà staio esageralo anche il valore delle difese della capitale come era esagerato quello delle fortezze cadute tanto facilmente ? Non erano stati i francesi stessi a magnificare la solidità e la potenza delle loro fortificazioni ? La notizia che i tedeschi , a quanto pare , hanno tolto o stanno togliendo cinque o sei corpi d ' esercito dal teatro d ' operazioni occidentale , per volgerli contro i russi , aggiunge una prova di più della debolezza che pare manifestare l ' intera azione militare francese . Il Comando tedesco è certamente in grado di conoscere quale può essere ancora la forza attiva dell ' avversario : e se distoglie tanta truppa dalla sua fronte di battaglia , sostituendola con formazioni di seconda linea , vuol dire che non teme più molto . Ma allora la resistenza che la Francia potrà opporre all ' avversario sarà dunque tale da non dar tempo alle nazioni alleate di intervenire a ristabilire le sorti della guerra ? Prima di rispondere a questa domanda bisognerà conoscere ancora molti dati , che per ora non ci sono affatto noti . La domanda è appunto dettata dalla difficile coordinazione degli effetti , che si rivelano improvvisamente , con le cause , che non si conoscono abbastanza . Indubbiamente questa specie di paralisi in cui è cascata la Francia e anche l ' Inghilterra ( perché bisogna pure ammettere che l ' Inghilterra , finora , non è entrata quasi nemmeno nella lotta ) , sorprende alquanto : e fa rivolgere con maggiore attenzione lo sguardo a quanto avviene nel teatro della guerra orientale , come se si sperasse che gli avvenimenti di laggiù portassero un po ' più di luce , e dessero la spiegazione di quelli franco - tedeschi . Ecco , a grandi tratti , ciò che accade fra Russia , Germania ed Austria . Una sconfitta russa a nord , ben netta , fra Ortelsburg e Gingelburg ; una sconfitta austriaca a sud , non così grave ancora , non così decisa . ma riportata da tutto l ' esercito austriaco : questo è il bilancio delle operazioni nel teatro orientale della guerra . Diciamo subito che , se la buona fortuna russa a sud aumenta , la sconfitta austriaca diventa gravissima , tutto l ' esercito austriaco essendo coinvolto nel disastro . La sconfitta russa di Ortelsburg è la conseguenza della azzardata avanzata dei russi verso nord , per tagliar fuori le truppe tedesche , battute in un ' azione frontale alla estrema frontiera orientale prussiana a Gumbinnen . Allettati forse da questo buon successo , i russi hanno voluto ingrandirlo : e senza molto preoccuparsi del fatto che la marcia in avanti non solo li allontanava dall ' esercito principale della Galizia ( col quale non hanno mai dimostrato d ' avere grande accordo ) ma sopra tutto li esponeva ad essere attaccati da truppe fresche e numerose . provenienti dalla linea della Vistola e dalle fortezze di Graudenz e di Thorn , hanno puntato risolutamente verso la giuntura delle truppe tedesche intatte e di quelle battute , costituita a un dipresso dalla regione dei laghi Masuriani . Ma il terreno in cui l ' esercito russo si è così messo , è terreno difficilissimo , rotto da fiumi , laghi e boschi , che rendono i tratti percorribili quasi simili a istmi di terra o a giganteschi argini , dove le truppe possono facilmente entrare , ma non possono poi manovrare in nessun modo , perché lo spazio manca . Chi si impiglia in un suolo così fatto , ed è attaccato contemporaneamente sulla testa , sul fianco e in coda , non può , quasi certamente , resistere ; poiché non può combattere che con pochissime truppe , le prime o le ultime , mentre tutte le altre sono schiacciate fra quelle , e sono destinate ad aspettare soltanto l ' esito della battaglia . I grandi generali , quando si sono trovati interiori di forze agli avversarii , e hanno potuto , hanno cercato di attrarre il nemico in luoghi come questi dei laghi Masuriani : la battaglia d ' Arcole è uno degli esempii più belli del genere . Sono battaglie che molto rendono , quando riescono , e poco pericolo portano alle proprie truppe , perché costituiscono , in fondo , trappole tese a un nemico che , se ci cade dentro , non si può difendere . Il modo col quale si svolgono spiega il numero relativamente grande dei prigionieri fatti dai tedeschi , che è andato poi di mano in mano aumentando dopo il primo giorno : poiché soltanto alla fine della raccolta i tedeschi hanno potuto valutare le prese compiute . La battaglia di Ortelsburg ha dato ai tedeschi la possibilità di trattenere l ' invasore , e di chiamare nuovi rinforzi per una eventuale prossima ripresa delle operazioni , sicché ha portato una relativa tranquillità nella Germania settentrionale e nella capitale . Ma è stata combattuta in uno scacchiere secondario , dalla parte minore degli eserciti avversarii , e non ha che una efficacia locale . Assai maggiore importanza riveste la battaglia della Galizia . Essa ripete il suo valore dalla decisione dei russi di andare alla ricerca dell ' esercito austriaco per batterlo , disdegnando per il momento qualunque altro obiettivo territoriale . Questo concetto semplice , sicuro ed elegante era giusto ed attuabile , poiché era sostenuto dalla grande superiorità numerica che i russi avevano sugli avversarli . Se riusciva , veniva a togliere di mezzo il nemico più pericoloso dei russi nel primo periodo della campagna . Gli austriaci hanno accettato la lotta , schierandosi con tutte le forze contro la maggior parte delle forze russe . Hanno soltanto giudicato più conveniente attendere l ' avversario , anziché andarlo ; a cercare . Forse , hanno creduto che la marcia in avanti avrebbe stancato e disorganizzato i russi , che sono stimati , in generale , migliori soldati da posizione che da attacco ; forse hanno riconosciuto subito la superiorità numerica russa , ed hanno cercato di compensarla con la fortificazione di regioni , dalle quali , a tempo opportuno , avrebbero poi iniziato la controffesa . Le loro artiglierie , e specialmente gli ottimi mortai da 305 , avrebbero così avuto buon giuoco per l ' azione . La lotta decisiva , con metodi diversi , fu così impegnata . Le notizie che si hanno finora della battaglia , dicono che la sinistra austriaca ha riportato reali vantaggi sulla destra russa , ma non tali da obbligare questa a retrocedere interamente , e da porre in pericolo le truppe rimanenti : pare anzi che , in questi giorni , una nuova avanzata russa avvenga nei luoghi già conquistati dagli austriaci . Ma il centro e la sinistra russa hanno , sempre a quanto si sa , conseguiti grandissimi vantaggi sul centro e sulla destra nemica , che è stata costretta ad abbandonare le posizioni sulle quali si era trincerata , per occuparne altre retrostanti . Sicché , mentre la Polonia russa non è gravemente minacciata dagli austriaci , tutta la Galizia meridionale austriaca è invasa dai russi , i quali si rivolgono ora , a quanto dicono , verso nord per finire di battere i nemici già disgregati , e verso ovest per tagliar loro la ritirata , scendendo , se è possibile , nell ' Ungheria . Quest ' ultimo movimento può sembrare ancora prematuro . Prima di traboccare in Ungheria , l ' esercito russo deve passare i Carpazi , i quali , meno che nel tratto centrale dei Beschidi , sono abbastanza difficili , e che scarse truppe possono difendere a lungo contro forze assai superiori . Ma ogni giorno che passa migliora la condizione dell ' esercito russo e peggiora quella austriaca ; perché quello può continuare a far giungere sul campo della lotta nuovi soldati , mentre l ' avversario ha già compiuto , o quasi , lo sforzo massimo . Ora , quando in guerra , dopo aver fatto tutto ciò che si è potuto ed avere tutto sperato , non si è ottenuta la vittoria , assai difficilmente gli animi continuano a serbarsi impavidi per l ' avvenire . Il terribile effetto di dissoluzione può manifestarsi inoltre assai più violentemente nell ' esercito austriaco che in altri eserciti . Per il nodo con cui esso è formato , le truppe che si sono finora valorosamente battute , sotto l ' impressione del disastro , possono disorganizzarsi , ed agire sotto l ' impero di nuove idee , finora represse o non nate . Di fronte a queste cattive condizioni austriache , stanno le ottime condizioni dei russi . Chi sa , intanto , quale efficacia possa esercitare l ' azione russa , oramai vittoriosa , sui romeni ancora indecisi ? I grandi eserciti russi avanzanti presso la frontiera romena , fra popolazioni romene , non risveglieranno quei ricordi e quei sentimenti di simpatia , che la Romania può ancora avere , come ricordo di un ’ altra grande guerra combattuta insieme , quella del 1877-78 ? Potrebbe darsi che la speranza di trascinare con sé questo paese , sia stata appunto uno dei motivi della distensione della sinistra russa verso sud . Chi sa , sopra tutto , quale effetto possa produrre sull ' esercito serbo l ' apparire di truppe russe sui Carpazi , sia pure non subito , sia pure dopo molte fatiche ? I serbi , finora , non hanno potuto uscire dal proprio paese ed entrare in Austria , nonostante alcuni buoni successi , che sembrano autentici , sulle corrispondenti forze avversarie ; e si sono limitati soltanto a ricacciare gli invasori al di là della frontiera . Ma non potrebbero , per l ' avanzata di un esercito amico , sentirsi rinforzati moralmente , e spinti ad uscire dalla cerchia delle loro montagne , per cooperare all ' azione con i fratelli slavi nelle pianure dell ' Ungheria ? Comprendiamo che questi grandi effetti dell ' azione russa sarebbero tutt ' altro che immediati : ma si possono già prospettare , perché sono probabili conseguenze di questa battaglia che due nazioni , anziché due eserciti , stanno combattendo così disperatamente ; e le conseguenze di fatti così gravi non si possono riparare , se non sono già state previste e studiate da tempo . La Germania continua ad avanzare abbastanza rapidamente nel teatro d ' operazioni occidentale : la Russia ha in questi ultimi giorni abbastanza avanzato in quello orientale . I buoni successi tedeschi producono effetti rapidi , i russi effetti più lenti . I primi si manifestano su una nazione omogenea , i secondi si produrranno , se avverranno , su una nazione di diverse razze . Ma la moltitudine sopra tutto , il numero degli uomini combattenti , in una guerra senza fine come questa , avrà l ' importanza maggiore : e la moltitudine combattente è della Russia , la quale ha inondato l ' Europa di soldati , con la prodigalità di un impero di centosettanta milioni di uomini . Sicché la condizione della Germania , nonostante tutti gli sforzi , è sempre la stessa : buona , considerata rispetto all ' avversario francese , piena di dubbi e di incognite , considerata rispetto al complesso della guerra .
LE ' STANZE ' O DELL'OTTAVA CONCERTANTE ( DE ROBERTIS GIUSEPPE , 1939 )
StampaQuotidiana ,
Non si contano , e son nominati , in quest ' ultimo trentennio , gli studi intorno al Poliziano ; ma quelli dell ' abate Vincenzio Nannucci continuano a dormire nella dimenticanza . L ' abate Vincenzio Nannucci non ha avuto fortuna presso gli studiosi del Poliziano . Il suo commento alle Stanze è del 1812 ( Firenze , nella Stamperia di Giuseppe Magheri e figli ) , e la gloria se la prese intera il Carducci col suo . « Il commento del Carducci rifà tutta la cultura classica del Poliziano , e della ricerca delle fonti non ha che l ' apparenza . In realtà è un monumento di sapienza critica ; a lettura finita si vede in quelle note il terreno , nel testo il fiore che ne è germogliato . Il commento è la ricostruzione di quella lunga e squisita disciplina classica che mantenne lo spirito nativamente fine del Poliziano in un ambiente congeniale , è l ' aria che respirò la sua fantasia prima di diventare essa stessa creatrice » . Strano ! Ma la massima parte di questo lavoro di esplorazione si deve appunto al Nannucci , e di suo , il Carducci , non vi aggiunse veramente che assai poco . Classici greci e latini , e poesia italiana antica il Nannucci conosceva per una sua diuturna esperienza di lettore avvedutissimo ; e , per esempio , il suo Manuale della Letteratura del primo secolo della Lingua italiana , in tre volumi ( Firenze , Magheri , 1837-1839 ) , « per uso della studiosa gioventù delle isole jonie » , ristampato poi dal Barbera in due volumi ( 1856-1858 ) , è condotto con tale apertura di mente , e lumeggiato con un gusto sì nuovo della lingua del tempo , e del linguaggio di quella poesia , che filologi e studiosi ancora vi ricorrono con profitto . Diamo dunque all ' abate Vincenzio Nannucci « del Collegio Eugeniano di Firenze » il titolo di primo scopritore moderno del Poliziano , di quella sopra detta « lunga e squisita disciplina classica » ; e auguriamoci che qualche volonteroso riesamini un giorno la sua opera tutta quanta , e le riconosca il giusto valore nella storia della cultura del primo trentennio dell'800 . E mettiamo subito a fianco di quel commento preziosissimo una mezza paginetta del Foscolo , anch ' essa dimenticata , e che par discendere direttamente , quasi come una conclusione , dalle illustrazioni del Nannucci . È nel quinto dei suoi Discorsi sulla lingua italiana , che sono la più matura e alta espressione delle conquiste critiche del Foscolo . « L ' unico poeta degno di meraviglia » di tutto il '400 egli dice che fu il Poliziano . E dice che come « gli spiriti e i modi della lingua latina de ' classici erano già stati trasfusi nella prosa dal Boccaccio , e da altri » , così il Poliziano « fu il primo a trasfonderli nella poesia , e vi trasfuse ad un tempo quanta eleganza poté derivare dal greco » . Ma nel commento del Nannucci c ' era qualcos ' altro , perché il Foscolo potesse meglio determinare il suo giudizio ; c ' erano le fonti dell ' antica poesia italiana , alle quali pure il Poliziano s ' abbeverò . Noi , leggiamone gli esempi , seguendo quella guida ; e la storia del formarsi della poesia polizianesca sarà fatta . Anzi è stata già fatta . Solo che si credeva d ' esser partiti dal Carducci , e ci si moveva e dal Nannucci e dal Foscolo . Ma , questa poesia del Poliziano , diremo dunque che è una poesia in margine alla poesia ? O che è una poesia « dell ' orecchio » , come il Leopardi disse della poesia del Monti ? Una poesia , più che d ' un poeta , di uno « squisitissimo traduttore » , se « ruba ai latini o greci » ; se « agl ' italiani , come a Dante » , di uno « avvedutissimo e finissimo rimodernatore del vecchio stile e della vecchia lingua » ? Vero sarebbe , fino a un certo segno , del Monti ; e ad ogni modo il Leopardi scrisse questo tenendo l ' occhio alla grande poesia . Non è invece per nulla vero del Poliziano . Quel comporre in gara , ch ' era proprio del Monti , e per un continuo attrito , facile , epidermico , fu lontanissimo dalla tempra del Poliziano , il quale , da una sì diversa e complessa mistura cavò di bellissime dissonanze ; e l ' aiutò , in questo sottile lavoro , la sua natura di realista commosso , di innamorato della bellezza , di elegantissimo rinnovatore . Prendiamo un verso solo di lui : Cresce l ' abete schietto e senza nocchi . Un verso che l ' occhio , dopo letto , sempre rivede mutato in figura . Disegno saldissimo , disegno acuito all ' estremo , e pur come nuovo , accenti netti , una qualità vergine che resiste e resisterà al tempo . E prendiamone un altro : L ' erbe e ' fior , l ' acqua viva chiara e ghiaccia . Qual altro poeta seppe adoprare con un senso sì fresco tre aggettivi in una volta , con un senso sì necessario ? Quell ' acqua davvero scorre ( viva ) , luccica ( chiara ) , ci tocca ( ghiaccia ) . E le parole paiono pietra durissima ; sebbene abbiano vita e moto . Questo è Poliziano . E quante cose dipinse nei suoi bellissimi versi , fiori , colori , la natura in tutti i suoi più vari aspetti , fino scene e figurazioni in apparenza ricalcate sulle più splendide forme delle arti figurative , quelle più splendidamente severe , e che invece furono viste direttamente , con un occhio che fruga , e sollecita in ciò che vede il sentimento dell ' esistenza . Vivono per sé , le immagini e le creature del Poliziano , e vivono quasi sempre su uno sfondo di paese che , per più verità , il poeta ha fermato con veloci tratti , perché intorno vi circolasse l ' aria , vibrasse un che di magnetico . Un misto , insomma , di nuovo , intatto , e di stregato . In quali altri versi di poeta antico è dato di trovare segni d ' un ' arte sì fina ? Un qualsiasi verso del Petrarca : « Chiare , fresche e dolci acque » ! E solo in apparenza , per una pura suggestione verbale , voi vi ricordate del Poliziano . È un inganno . In quelle « chiare » « fresche » e « dolci acque » Petrarca vide , e sempre rivede , le « belle membra » di Laura . E voi stessi non potete scompagnare quelle acque da quella vista . Hanno specchiato quelle membra ( chiare ) , le hanno ravvivate e quasi ringiovanite ( fresche ) , le hanno avvolte come in un divino abbraccio ( dolci ) . In quella memoria è la potenza e il fascino delle parole del Petrarca . Per il Petrarca , tutta la natura vive per la memoria di Laura , si anima come toccata dalla sua presenza , dice la sua presenza . Parmi d ' udirla , udendo i rami e l ' òre E le fronde e gli augei lagnarsi e l ' acque Mormorando fuggir per l ' erba verde . Qui siamo nel regno fatato della musica . Tutti suoni , dolci suoni , inesprimibili suoni , a ricordare con indicibile strazio quella voce di Laura ; e l ' anima , sospesa , ora ode ora non ode più . Poliziano , invece , volta per volta , è come se ti ammaliasse l ' occhio ; e tu incantato a vedere , senza essere mai sazio . Nascerà di qui , poi , da quest ' offrirti in successive immagini il suo vivacissimo mondo , nascerà di qui la sua ottava , nella caratteristica divisione in distici , per tempi e modi diversi . Non è l ' ottava dell ' Ariosto , l ' armoniosa ottava , che smorza in sé e dora i suoni e le impressioni , obbediente sempre a un ' idea nettissima , a un ' oncia il cui disegno è sempre uno e vario , un mutevole giro vaghissimamente chiuso . E non è l ' ottava del Tasso , franta , intarsiata , ricca , disuguale , intimamente disarmonica , con stanchi languori , che vorrebbero , e non riescono a conciliare le disarmonie , a sciogliere gli intarsii . È l ' ottava in forma di concertato . Piccoli strumenti , ciascuno col loro timbro nettissimo , anzi un poco agro , un sottile sapore di terra e d ' ingegno . Si pensa a quelle zone felici , quand ' è cessato il tumulto della grande orchestra . O si pensa , e questo suggerirebbe il modo particolarissimo di leggere Poliziano , e nel tempo stesso aiuta a capire la sua arte , si pensa a certe esecuzioni sinfoniche , dove il maestro badi a conservare la distinzione delle diverse zone e parti , fin nelle minime pieghe e ombre , non a fondere quelle zone e parti e a farne , come dicono , uno strumento solo . Distinguere e mantenere distinte tutte le voci , fino all ' insoffribile acuità ; e fare che il miracolo avvenga per sé , direi per magia , dentro di noi , in un secondo tempo , in un tempo stregato . Perché , insomma , se con l ' ottava dell ' Ariosto subito ti senti preso da un ' onda di suono accordata , e chiarissimamente vedi e segui e godi il filo di quell ' onda ; se con l ' ottava del Tasso , fatichi e ti perdi e ti ritrovi , come per sentieri impervii ; con l ' ottava del Poliziano ti piace di sentire in te quel variato complesso , di far parte tu stesso del divino lavoro , e ti par quasi di avvertire il miracolo nel momento che si crea . Sono i vari accordi che si scontrano come fosse la prima volta . E questo è veramente cosa nuova nella storia della poesia . Dove dunque ci ha portato quel felicissimo artista che è Angelo Ambrogini Poliziano ! E volevamo dire una cosa sola , oltre a sanare presso i lettori moderni l ' ingiustizia antica fatta all ' abate Vincenzio Nannucci del Collegio Eugeniano di Firenze . Volevamo , alla reale commissione chiamata a preparare i nuovi programmi per la nuova scuola media italiana , fare una proposta . Al secondo , al terzo anno del « Liceo classico » si potrà finalmente cominciare a leggere , ma in classe , con tutta l ' autorità e l ' aiuto del maestro , le Rime del Poliziano ? L ' Orfeo , le rarissime canzoni a ballo , i rispetti continuati e spicciolati e , sopra tutto , le Stanze . Sono , queste Stanze , centosettantuna di numero , milletrecentosessantotto versi . Non sono gran cosa , dunque , ma sono cosa grande . Da assaporare e considerare con un continuo confronto dei poeti che il Poliziano conobbe , studiò , e che certo servirono all ' incognito del suo linguaggio . Una lettura d ' alto stile , insomma , con lenti e sapienti indugi , per scuola d ' umanità . Si leggerà poi l ' Ariosto , si leggerà il Tasso ; e si capirà quanto questi poeti debbano a quell ' unico poeta . Che significa , alla fine , capire la poesia . Che , lo so , si può leggere in tanti modi . Meglio se con più sussidi possibile , che la cultura e gli studi seri possono offrire , a fortificare e ad arricchire l ' animo e l ' ingegno .
Carducci sbagliò tubetto ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Giuseppe Zucca deve avere poco più o poco meno di settant ' anni . Fra prosa e poesia , ha scritto una ventina di volumi . Sette commedie gli furono rappresentate con successo . Ha lavorato come sceneggiatore a circa 200 film . Nell ' altro dopoguerra , ebbe larga diffusione il suo Gas esilaranti . Sconcertò i lettori . Abituati alle prose di guerra gravi , drammatiche , allegoriche e mistiche , gli italiani trovarono per la prima volta nelle pagine di Zucca gli aspetti comici e grotteschi del primo conflitto mondiale . Fu un « contropelo » elegante e intelligente che non giovò alla popolarità dell ' autore . In tutto il mondo , ma specialmente in Italia , in politica , in arte e nella cultura , si può giocare in molti modi , ma sempre rispettando quelle intese generali , quelle tregue e quei « tabù » che attutiscono gli urti polemici e sono un po ' la « croce rossa » della vita . Zucca giocò senza regole in gioventù e continua a giocare come gli pare in vecchiaia . Nel suo ultimo libro , Difficile conversare coi raghi ( Ceschina ) , ha scelto come bersaglio Giosuè Carducci , in barba ai gran sacerdoti della letteratura ufficiale . Con la furia di Pulcinella , quando distribuisce una girandola di randellate nell ' ultimo atto , Zucca si avventa contro la retorica del « cignale maremmano » e si diverte a smontarla pezzo per pezzo , a disossarla fino alle più intime membrane . Il famoso sonetto Il bove ( T ' amo pio bove , eccetera ) cade , verso per verso , aggettivo per aggettivo , nell ' ossario della revisione . Sentite come Zucca sistema l ' ultimo verso , « il divino del pian silenzio verde » , gemma di tante antologie : « Questo verso non è possibile . E perché , direte ? Perché , purtroppo , il ciclo dei lavori agricoli è legato al corso delle stagioni . Le quali sono quelle che sono . E non c ' è barba di poeta , nemmeno la prepotentissima barba del Carducci , che possa riuscire a modificarlo . Ora , quando il bove lavora i campi , il colore dei campi è bruno , grigio , rossastro : non mai " verde " ... Ahimè , signori , confessiamolo . Frugando , così , un po ' sbadatamente , nella scatola dei colori , il nostro poeta ha sbagliato tubetto ! » A Hollywood si sta preparando un film sulla vita della celebre « tromba » Red Nichols , pioniere del jazz . Ne sarà protagonista Danny Kaye .
RIMEDI ALLA CRISI ECONOMICA ( PARETO VILFREDO , 1920 )
StampaQuotidiana ,
Un ' adunanza di persone autorevoli e competenti , tenuta , sul finire dell ' anno scorso , in Amsterdam , ha redatto un memoriale , che è stato ora rimesso ai governi della Svizzera , dell ' Inghilterra , degli Stati Uniti , della Francia , della Danimarca , della Olanda , della Norvegia e della Svezia . In esso si propone di convocare un congresso dei delegati dei vari Stati , con l ' incarico di proporre il modo di risolvere l ' angoscioso problema monetario ed economico che affatica i governi . Il memoriale non dissimula i pericoli dello stato odierno . « La guerra ha imposto ai vincitori come ai vinti il problema di trovare i modi di fermare e di contrastare l ' aumento continuo dell ' emissione di cartamoneta e dei debiti pubblici , nonché l ' aumento costante dei prezzi che di ciò è conseguenza . La riduzione dei consumi eccessivi , l ' aumento della produzione e delle imposte sono riconosciuti come i più efficaci e forse i soli rimedi . Se non sono adoperati prontamente , c ' è da temere che il deprezzamento del denaro séguiti , faccia svanire i patrimoni raccolti pel passato , ed estenda a poco a poco il fallimento e l ' anarchia su tutta l ' Europa » . E nella conclusione si ripete : « Tali quesiti hanno grave urgenza riguardo al tempo . Ogni mese trascorso farà più ponderoso il problema e meno facile la soluzione . Tutte le informazioni disponibili persuadono che giorni pericolosissimi per l ' Europa sono imminenti e che non c ' è tempo da perdere se si vogliono scansare catastrofi » . Quale soluzione propone il memoriale ? Esso , con ragione , non vuole occuparsi di troppi particolari , ma accenna solo a linee generali . Ciò viene fatto con prudenza forse soverchia e che nuoce alla chiarezza dell ' espressione . Per la parte internazionale , si osserva che non è vantaggioso ai vincitori di ridurre al fallimento i vinti e di torre loro il modo di pagare il proprio debito ; il quale discorso vale specialmente per le condizioni imposte dai vincitori alla Germania e all ' Austria . Poscia , con non poche circonlocuzioni , si invoca l ' aiuto degli Stati Uniti . Per dire il vero non sono nominati , ma si capisce che sono il principale di quei paesi « di cui il bilancio commerciale ed il cambio sono favorevoli » , i quali sono invocati esplicitamente . Circa la politica finanziara interna , si insiste sulla necessità di ridurre le spese tanto da farle eguali alle entrate ; si chiede che ogni paese accresca quanto è possibile il peso delle imposte ( questo paragrafo accenna forse alla Francia , prima del 1920 ) ; si aggiunge : « Solo mercé condizioni economiche reali ( questa dicitura non è chiara ) gravando pesantemente ( sic ) , come è conveniente , su ciascun individuo , l ' equilibrio può essere ristabilito » . Infine si osserva che « l ' opera a cui deve cooperare l ' élite di ciascun paese è di ristabilire l ' inclinazione al lavoro ed al risparmio , di favorire lo sforzo individuale intenso , di dare a ciascuno la possibilità di godere ragionevolmente ( che vorrà dire tale avverbio ? ) del frutto del suo lavoro ( del frutto del risparmio si tace ) . Vi sono buone cose in questo manifesto , ma manca il rigore , la schiettezza , l ' energia dell ' espressione . Fatta tale restrizione , si può affermare , all ' ingrosso , che la via accennata è forse l ' unica che possa recare alla soluzione del problema economico . Disgraziatamente esso non è solo . Vi si aggiunge , anzi prevale , il problema sociologico , cioè sociale e politico ; e pressoché inutile è il trovare la soluzione del primo , se insoluto rimane il secondo . Intanto , è probabilmente il non avere avuto il coraggio di affrontare il problema sociologico che ha prodotto le incertezze e le mende del memoriale . Bello , in generale , è il consiglio di non stravincere , ma nello scendere ai particolari si viene a contrasto colle vedute politiche . Predicare la moderazione a certi messeri è come l ' esortare il lupo alla sobrietà . Perciò il memoriale prudentemente gira largo e non giunge al concreto . E poi , giustamente , i vincitori temono la riscossa dei vinti , e guardano paurosi il tremendo uragano russo - asiatico . Si dice che abbiano pace , ma effettivamente seguita sotto altre forme la guerra . L ' aiuto degli Stati Uniti sarà certo efficace , ma essi , per concederlo vorranno altro che bei discorsi . Che si può offrir loro ? Su ciò occorre spiegarsi , ma si teme di fare ciò per non offendere l ' imperialismo inglese , forse francese , certo il giapponese . Chi vorrà negare che sarebbe utilissimo di ridurre le spese , per condurle ad essere uguali alle entrate ? Sentenze di tal fatta stanno bene sui boccali di Montelupo . Nascono i guai quando , volgendosi al particolare , voglionsi le riduzioni da operare . Delle spese militari non c ' è da ragionare . Sarà grazia se non crescono , e di molto , in paragone di ciò che erano prima della guerra . E come potrebbe essere altrimenti per gli Stati che pretendono di regolare in ogni minuto particolare tutta la vita mondiale ? Tutti consentono che le spese per le « riforme sociali » dovranno crescere enormemente . Si gradirebbe di conoscere quale è in proposito l ' opinione degli autori del memoriale , ma essi non ne fanno parola . Tacciono pure pudicamente sulle riduzioni delle spese per gli enormi salari agli operai ed agli impiegati , per edificare case mantenendo i costosissimi privilegi dei signori muratori , per le opere pubbliche aventi lo scopo di dare lavoro bene rimunerato agli elettori , nonché delle spese per fare guadagnare speculatori e pescicani . È facile intendere quali difficoltà provi l ' ordinamento plutocratico - demagogico per compiere tali riduzioni di spese ; ed ecco come si vede prevalere , in questo caso , il problema sociologico . Messe così da parte le spese , che di gran lunga sono maggiori , quali altre riduzioni si possono operare ? Poche e di lieve importanza . A nulla serve un consiglio se non si ha il modo di seguirlo . Altro ottimo , eccellente consiglio è quello di « ristabilire l ' inclinazione al lavoro » ; ma è gravissimo guaio il non sapere come si potrà ciò conseguire . Forse colle prediche morali ? Eh ! Via , lasciamo stare tali discorsi puerili . Fateci sapere se volete , o non volete recare in pratica il precetto dato già da tanti secoli da san Paolo , cioè : « Chi non vuole lavorare , non mangi » . Se sì come mai sussidiate coloro che non trovano lavoro perché richiedono un salario troppo alto ? Perché pagate le giornate di sciopero agli scioperanti ? Perché riducete le ore di lavoro , accrescendo i salari ? Se no , sia pure che farete opera sommamente lodevole , ma non state a dirci che vi adoperate per fare crescere l ' inclinazione al lavoro . Volete che ogni uomo abbia sicurezza di godere del frutto del suo lavoro . È sacrosanto ammonimento , e chi mai ardirebbe contrastarlo ? Ma perché tacete del frutto del risparmio ? Credete che il risparmio non giovi alla produzione ? Allora perché predicate che si debba ristabilire l ' inclinazione al risparmio ? Credete invece che il risparmio giovi alla produzione ? Allora sta bene la prima parte del vostro discorso , ma non sta bene la seconda , e converrebbe dire non solo che ognuno dev ' essere sicuro di godere il frutto del proprio risparmio , ma altresì che occorre che questo risparmio sia adoperato per la produzione , e non si sperperi cogli imprestiti dei governi . Tutto ciò vale in teoria , ma , in pratica , non può essere detto da coloro che mirano ad ottenere cosa alcuna dell ' ordinamento plutocratico - demagogico che ci regge . Non è buon modo di procacciarsi la benevolenza di chicchessia , lo insidiarlo , dimostrarvisi nemico , volerne la distruzione .
LE ' STANZE ' O DEL CHIASMO ( DE ROBERTIS GIUSEPPE , 1942 )
StampaQuotidiana ,
Si farà dunque un ' edizione delle Stanze ? La « Biblioteca Nazionale Le Monnier » annuncia ora gli Scritti in volgare del Poliziano a cura di Natalino Sapegno , e a un ' edizione critica delle Stanze lavora il Pernicone . I tempi sarebbero maturi . Negli ultimi dieci anni l ' arte del Poliziano ebbe interpreti assai fini , portato della novissima cultura volta particolarmente alla scoperta del linguaggio poetico , e a certe distinzioni rivelatrici tra poesia e poesia della poesia . Il Poliziano è il rappresentante tipico di questa poesia della poesia . Solo che il suo testo è ancora quello dato dal Carducci nel '63 , vecchio ormai . Il Carducci ebbe il merito , allora , di restaurare in buona parte la lezione giusta , contro le edizioni cinquecentesche , nobilitate ma offese , secondo le teorie del Bembo . Compì il lavoro a mezzo . Perché conobbe , sì , direttamente i due Codici riccardiani 2723 e 1576 ( il primo assai importante , perché compilato vivente il Poliziano ) , ma gli altri codici solo attraverso le stampe su essi redatte , e se ne fidò . Non fece la storia dei codici , non ne accertò il valore , e portò nella scelta della varia lezione le sue particolarissime preferenze . Il Carducci , spesso così giusto lettore , fu talvolta non pacato lettore ; e nella edizione del Poliziano , davanti a errori passati di codice in codice quasi per ozio della mente , né ebbe il coraggio di congetturare né ci lasciò nel commento ombra di dubbio . Quel quinto verso , ad esempio , della stanza CII ( « L ' altra al bel petto e bianchi omeri intesa » ) , così com ' è , non dà senso probabile . Altri l ' ha piegato a un ' interpretazione strana , con un ' aperta violazione della parola intesa ( « intenta , chinata coi suoi bianchi omeri » ) ; io correggerei sicuramente : « L ' altra al bel petto e a ' bianchi omeri intesa » . Ma più errò il Carducci nelle preferenze . E finché non ci saranno altre prove , noi contrapporremo le nostre preferenze , confortate dall ' autorità dei Codici riccardiani . Nella stanza LIV , il verso secondo suona così in quei codici : « E da questi arbor cade maggior l ' ombra » , che popola il luogo d ' alberi e ombre ( « all ' ombre » , dice infatti il v . 7 della stanza LII ) . Ma il Carducci accetta l ' altra lezione ricavata dalle stampe , forse da un errore di quelle stampe ( « E da quest ' arbor ecc . » ) . Il principio della stanza XXXIII chi non lo ricorda ? « Ah quanto a mirar lulio è fera cosa ! Rompe ecc . » . E il Carducci annota : « Veramente i due Codd . ricc . leggono romper la via , non interrompendo il periodo dopo l ' esclamazione del primo verso . Ma la lezione delle stampe fa molto più viva ed efficace la descrizione » . Che non è osservazione esatta . La lezione delle stampe rallenta invece la descrizione , toglie la giusta proporzione delle parti , confonde e livella quelle parti . La lezione dei codici , oltre la novità di quell ' impetuoso romper , riempie di meraviglia il secondo e il terzo verso , gli altri tre , com ' è giusto , lascia un poco in ombra , per quella dizione stremata , come fosse un particolare aggiunto alla pittura che ha il suo accento massimo su romper , e non dura al di là del terzo verso . Senza dire che questo è un esempio di bellissima , infrazione al comporre polizianesco per distici , a quell ' ottava concertante che fu delizia , e anche croce , del Poliziano . E prima di tutto fu delizia . Da questa specie di ottava , si sa , il Poliziano cavò tutti gli effetti , e vi lavorò con finissimi artifici . Pareva avvertisse che nel rigore di quella « divisione » stesse la sua salvezza , e che l ' asciuttezza delle impressioni , la diversità delle influenze non potessero trovare che in quella forma la loro giustificazione , il riscatto . Ciascuna delle influenze si traduceva in lui in impressione fortissima , e ciascuna impressione traboccava in un distico o in un verso solo . Dalla varietà poi nasceva l ' accozzo , concordante o discordante , ma sempre un accozzo . La sua natura ripugnava agli sviluppi , alla diffusione . Descriveva per segni rapidi , per cenni , quasi per simboli . Nessuna ricchezza di partitura , che pur qualche volta gli sarebbe servita per fondere e sostenere la narrazione , per esempio nella scena della caccia . Preferì un comporre per momenti , puntuale , vivacissimo , anche se talvolta secco . Rovesciò l ' ordine delle similitudini , delle similitudini classiche protratte e appoggiate sui due pernii soliti ( come .... così ) ; riassorbì l ' una parte , la seconda , e sempre dié risalto all ' altra , la prima , in una sorta d ' improvviso , come per ribadimento e chiusa del discorso . Non sacrificò mai nulla alla composizione , accettò il suo limite quasi per sfida . Ma nel suo limite si dimostrò artista impareggiabile . E variò continuamente l ' ordine della sua sintassi , con modi bellissimi . « Feciono e ' boschi allor dolci lamenti , E gli augelletti a pianger cominciorno » . Creata la distanza dei verbi , ecco crearsi come un doppio di spazio , ecco una maggior vaghezza dell ' armonia sostenuta su quei termini distanti , particolarmente addolciti dal colore antico e popolaresco ( il colore antico e popolaresco che salvò il Poliziano dall ' alessandrinismo ) . Come si chiama per figura quell ' allontanare due stessi elementi sintattici di un periodo e avvicinarne due altri ? Si chiama « chiasmo » . Poliziano adoprò il chiasmo come base del suo armonizzare . « Or poi che il sol sue rote in basso cala . E da quest ' arbor cade maggior l ' ombra , Già cede al grillo la stanca cicala , Già il rozo zappator del campo sgombra ecc . » . Ecco altro effetto dal medesimo artificio , fuggire nella successione la monotonia , con una perfetta alternanza . Ma l ' esempio più bello forse è dato dalla stanza XXV , che è uno dei miracoli del Poliziano , e su cui nulla ha potuto né l ' abitudine della memoria né il ricordo scolastico : Zefiro già di bei fioretti adorno Avea de ' monti tolta ogni pruina : Avea fatto al suo nido già ritorno La stanca rondinella peregrina : Risonava la selva intorno intorno Soavemente all ' ora mattutina : E la ingegnosa pecchia al primo albore Giva predando or uno or altro fiore . Con un doppio chiasmo che regola le due parti dell ' ottava , ciascuna di quattro versi , s ' ottiene nell ' una , per quell ' avvicinare i verbi , quasi un ritmo di festa , di festa che canta e s ' affretta , e nell ' altra s ' ampliano , per quell ' allontanarli , i confini della scena , già commentati in anticipo dal suono di quell ' « intorno intorno » . Due diverse misure , per una più perfetta rispondenza , direi meglio , per una più felice obbedienza alla verità d ' un ' impressione . E così , ancora una volta , il Poliziano ha saputo mantenere , preservare , la sua puntuale forza inventiva ; eccitare le parole in brevissimo , portarle al loro massimo rendimento . Perché questo è il proprio dell ' arte del Poliziano , bruciare i suoi temi . Nella sua povertà , egli è uno sperperatore . Nel secondo libro delle Stanze , decisamente , la poesia va mancando , ed è allora che al poeta pesa l ' angustia del suo comporre . Sperimentati ha tutti i modi per salvarsi dalla monotonia , per vincere il suo limite . L ' ottava , nella sua precisa netta divisione , consumata in ogni minima parte , non gli serve più , non gli basta ; e adopra altro stile . Non sa , non intende , che il difetto non è della forma , che gli par stanca , ma della poesia che gli si è stancata , e cerca dall ' esterno il rimedio , che non si può mai . Ma tenta . ( Così accadde , per citare un poeta di felicissimo istinto , all ' ultimo Di Giacomo , negli ultimi suoi inquieti anni , quando barattò le ben chiuse strofe delle Ariette per le più complesse combinazioni metriche , e la poesia di rado le allietò ) . Troviamo qui i primi esempi di similitudini sviluppate secondo il gusto classico , spezzature nel verso inusitate , infrazioni nell ' ordine strutturale delle stanze . La mente ricorda ben altre riuscite . ( « Quasi in un tratto vista amata e tolta ecc . » ) . Quelle erano violenze per virtù di poesia , e qui si applica l ' ingegno ; lì era la forza del realista , dell ' osservatore coraggioso , qui è l ' industria sostituita all ' ispirazione . Forza di realista , abbiamo detto , e prima abbiamo accennato al colore antico popolaresco della sua lingua . Sono i dati dello stile polizianesco , e bastarono , sì l ' uno che l ' altro , a salvare la sua poesia dall ' alessandrinismo , che occhieggia appunto nell ' ultime stanze , ricche dei più pensati artifici , perfino nelle rime , nelle rime rare , nelle rime equivoche , tutti vecchi ricalchi . C ' è differenza tra questo colore , questa vivacità da realista , e il Petrarca ? Oh che c ' entra il Petrarca ? È stato il Flora , nella sua per tante parti bella Storia della lett . it . , ad avanzare il dubbio d ' una confusione . « E non si tratta di riasserire col Foscolo che il Poliziano gli spiriti e i modi della lingua latina dei classici , trasfusi già nella prosa dal Boccaccio , fu il primo a trasfondere nella poesia , aggiungendovi quanta eleganza poté derivare dal greco .... Perché gli spiriti dei classici latini erano già stati trasfusi nella poesia fin da Dante : e il Petrarca giunse a un ' eleganza di trasfusioni , al cui confronto anche quella del Poliziano , e sia pure con l ' aggiunta della greca eleganza , è poco men che rozzezza » . Veramente chi riasserì col Foscolo ecc . ecc . aveva aggiunto ben altre determinazioni , e parlò di influenze della poesia italiana fino al Petrarca , parlò della poesia antica popolaresca ( c ' è un colorito popolaresco in Petrarca ? ) . Sopra tutto insisté sul termine « trasfusione » , che è del Foscolo , ed è una delle sue più felici invenzioni , da applicare , approfondendola , a quella variazione della poesia che è la poesia della poesia , e solo a quella . Del Petrarca , il Foscolo , per fuggir la confusione , disse ben altro . « Come egli dalle reminiscenze del dialetto materno e da quanti n ' udì , e da rimatori provenzali , siciliani e italiani stillasse , per così dire , una quintessenza di lingua poetica , è uno di que ' misteri ecc . ecc . » . Nel Poliziano , nessuna reminiscenza , intanto , di rimatori provenzali , e neppur l ' ombra di quella che il Foscolo , arcanamente , chiama « quintessenza » . Niente di arcano è nel lavoro del Poliziano : si notano , si toccano con mano , e le influenze e le sue reazioni , quel che riceve e quel che dà . Nel Petrarca , come in ogni poeta assolutamente grande , è la riemersione originaria d ' una lingua poetica . Foscolo dice « uno di que ' misteri che si sogliono attribuire al genio » . Che non sono parole da spendere per il Poliziano , ingegno sopra tutto elegante . Di quali suoi propri colori vestisse , dico vestisse , la poesia , s ' è mostrato , e non era difficile .
Già, io bocciai anche Sofia Loren ( Vergani Orio , 1957 )
StampaQuotidiana ,
Quando seguivo il Giro di Francia nell ' automobile di Emilio Colombo - si tratta di una ventina di anni or sono - , nella raffica della corsa , con le pupille fisse , « incollato » alle gomme dei corridori , il mio buon amico Emilio non aveva occhio per nemmeno un metro del paesaggio o delle cose che sfilavano ad andatura furiosa ai lati della strada in senso inverso a quello della gara . Lui sedeva nel sedile anteriore , a fianco dell ' autista : io in quello posteriore , incastrato fra le valigie . Per varie ore il mio « seguendo » non si riduceva ad altro che ad una fatica indemoniata per non essere sbalzato fuori dalla macchina galoppante , e per non lasciar schizzar fuori le valigie . Ad un certo punto gli toccavo la spalla , lui si voltava pensando : " Vergavi ne avrà una delle sue ... " ; lo svegliavo dal grande sogno sportivo in cui viveva giorno e notte da quando era nato ; ma gentilmente cercava di dimostrarmi di essere pronto a interessarsi a quanto stavo per dirgli . Nel rombo della corsa e nel tunnel di clamori della Folla , gli gridavo nell ' orecchio : « Emilio ! Hai visto , a destra , la Cattedrale di Reims ? » . Oppure : « Emilio ! Hai visto , a sinistra , l ' Arena romana di Nîmes ? » . Uomo leale , mi confessava candidamente di non essersi accorto né della Cattedrale né dell ' Arena . Cosa c ' entra Emilio Colombo con Sofia Scicolone , e cioè con Sofia Loren , con la diciottenne ragazza napoletana cui va , con un certo furore , il mio ricordo di « giudice di bellezza » in una lontana stagione di Salsomaggiore ? Colombo , l ' amico dei « giganti della strada » , non c ' era , a Salsomaggiore ; ma c ' ero io , considerato espertissimo di ogni cosa bella che possiamo incontrare per le vie del mondo , sia essa una cattedrale gotica o una bella ragazza . C ' ero io perché , come Emilio Colombo non si accorgeva di passare davanti a Notre - Dame o davanti al Campanile di Pisa , non mi accorsi di Sofia Scicolone . Richiamato a fare un po ' di attenzione dal telegramma di un vecchio amico , alzai gli occhi verso di lei , le parlai , la misurai e la scrutai attentamente con lo sguardo , la fissai negli occhi , vidi - bisogna dirlo ? - le sue gambe , guardai la sua bocca , chiacchierai una mezz ' ora con lei , seduto su uno sgabello del bar del grande Albergo , conclusi l ' incontro con questa melanconica e frettolosa considerazione : « Ecco un ' altra povera ragazza che si illude ... » . Povero Paride , fu la cantonata più grossa della tua carriera . Per fortuna , non ero il solo a dir di no , sotto il velo del giudizio segreto , sulla futura Sofia Loren . Disse di no anche un altro mio amico , un super - esperto in fatto di « selezione » di belle donne : quasi quasi , come dicono alla TV , un « tecnico » , e altri dissero di no , finché il produttore cinematografico Mambretti , un milanese , propose una soluzione , per non mandar via troppo amareggiata la ragazza napoletana . Coniò un titolo di « Miss Eleganza » e propose di assegnarlo - quarta in graduatoria - alla dolente e forse segretamente irritata « piccola Sofia » . La signorina Scicolone ebbe - mi sembra - in dono un abito da sera bianco , e con quello subito sfilò quarta sulla passerella di Salsomaggiore . Se a qualcuno capitano sott ' occhio le fotografie di quei giorni , « esumate » da Dino Villani nel suo libro sulla storia delle Miss Italia edito dalla Domus , osserverà che Sofia non sorride mai : che ha un ' espressione assente , e in qualche fotografia dura e contratta . Insomma , come dicono a Milano , aveva un gran « magone » . Ed oggi - mi ha detto un amico - chi disse « no » Si trova nella situazione in cui si trovarono i maestri al Conservatorio di Milano quando , con in testa il maestro Rolla , dissero « no » a Verdi che chiedeva di essere ammesso al Conservatorio , e , a titolo di consolazione , gli consigliarono di studiare ancora : privatamente indicandogli bonariamente i due insegnanti , il Negri e il Lavigna . Una mezza offerta di tipo « verdiano » , e cioè di andare a scuola , di studiare da « privatista » , fu per la verità data anche alla signorina Scicolone , tanto per darle , prima ancora che fosse assegnato il giudizio finale , un « contentino » . Ma fu un suggerimento dato a mezza voce , quasi perché si temeva che , « odorando la bocciatura » , la bella ragazza cominciasse a lagrimare . Ma la futura Sofia Loren non pianse : divenne altera , sicura di sé , e - lo dico arrossendo - quasi sprezzante . Si capiva che si tratteneva solo per rispetto dei capelli grigi dei due giudici che le stavano di fronte , dei quali è più che legittimo immaginare che essa , da brava napoletana , li giudicasse due « fessi » . [ fatti le hanno dato ragione . Né io né il grande « tecnico » che condivideva la mia opinione ci rendemmo conto di aver davanti una ragazza capace , diventando donna , di incantare il mondo . Sofia Scicolone finì il suo bitter , e rimase , su di noi , nella sua precisa impressione : « due fessi » . Ci salutò con un sorriso smagliante , in cui palpitava più che una mondana cordialità , una specie di sfida . Io e il « tecnico » sorridemmo : e poi finimmo , fra di noi , a sghignazzare . Credo che l ' ascensore del Grand Hotel tremi ancora per il nostro ridere convulso , per il nostro ridere spietato . Paride I e Paride II dormirono quella notte come le altre notti in un sonno tranquillissimo . Il nostro giudizio non era stato incrinato dal minimo dubbio . Il « tecnico » era - bisogna dirlo - Remigio Paone , che pilotava non so quanti spettacoli di prosa , di rivista , di danza ; che partiva ogni settimana per Parigi o per Londra per scegliere , con occhio infallibile , la bellissima fra le belle ; che era allora , in un certo senso , il Re delle Bluebell e che veniva ricevuto con profondissimi inchini , fra spari di champagne , quando si presentava al teatro del Lido di Parigi per passare in rivista le « ragazze » da arruolare per gli spettacoli del Nuovo , del Lirico , del Sistina . Era il caro nostro Remigio , fanatico del teatro e della bellezza che è uno dei suoi pilastri . Credo che , a sette anni di distanza , Remigio non abbia finito di mordersi le mani per quella « topica » e che ormai , a furia di morsi , le abbia scarnificate e sanguinanti fino all ' osso . Topica aggravata dal fatto di dover ripensare che , lui napoletano , aveva detto di no ad una compaesana . Salsomaggiore di settembre non era forse la località più adatta per accogliere le aspiranti reginette . È una città alberghiera di carattere piuttosto solenne : tutto parla di cure importantissime e miracolose , di medici illustri , di inalazioni , di irrigazioni e di fanghi che restituiscono la giovinezza . La « clinica » è elegantemente mascherata , nessuno parla con brutalità di ginecologia o di affezioni bronchiali croniche o di laringi ostinatamente arrossate : ma l ' aria della clinica c ' è : è molto difficile « curarsi in letizia » senza vedersi attorno , ogni tanto , un viso imbronciato . Quando passeggiavano per i viali di Salsomaggiore , le bellissime scattanti e fulgide diciottenni erano guardate con una punta di gelosia dalle cinquantenni sedute ai tavolini delle gelaterie , o dagli squadroni delle anziane che marciavano verso le Terme Berzieri con il fogliettino delle mutue . Gli svaghi che rimanessero al di fuori dalla cornice termale o curativa erano pochi . Il tiro al piccione - a meno che non si tratti del piccione matrimoniale - non ha interesse per delle ragazze di diciotto anni . Pochissime furono quelle che visitarono le sale dove era esposta la famosa collezione storica del professor Lombardi , con i ritratti di Maria Luisa moglie di Napoleone : che fu forse una bella donna di fattezze austere , ma che , in fatto di concorso di bellezza , avrebbe dovuto essere sostituita , se mai , dalla Paolina di Antonio Canova , davanti alla quale , probabilmente , la maggioranza delle miss si sarebbe sentita invasa dalla tremarella . Lo scopritore di Sofia Loren - quello che aveva mandato il telegramma di segnalazione e di raccomandazione ai due amici di cui sapeva la presenza in giuria - fu un uomo che ormai da molti anni si vantava solamente di essere un ottimo pescatore dilettante . Aveva un bellissimo nome , discendeva da una intelligentissima famiglia milanese : era un Ricordi , discendente cioè da una famiglia di scopritori di geni musicali . Aveva molto viaggiato , aveva condotto una vita molto elegante . È probabile che Sofia Loren si rammenti appena del gentile vecchio signore Alfredo Ricordi che , galantemente e paternamente , la raccomandò agli amici milanesi Vergani e Paone . Chieda , Sofia , e probabilmente le verrà spiegato che fu un Ricordi l ' uomo che per il primo fece credito a Verdi . Alfredo Ricordi , rimasto vedovo , aveva trovato la sola consolazione al suo dolore nella vita di mare e nella pesca ; vestiva con un paio di pantaloni da marinaio e con una maglietta da ostricaro . A Portofino o a Cannes non parlava d ' altro che di cefali , di branzini , di ombrine , di pesci - cappone , di sardine , di triglie , di polipi e di murene . Era , bisogna dirlo , un caro attaccabottoni per via di quella sua esclusiva frenesia per la pesca . Cercava inutilmente compagni che sfidassero con lui le notti di burrasca o che lo aiutassero a tirar su la « sciabica » . Non mangiava il suo pesce : lo regalava alle belle signore un po ' anziane che gli ricordavano il suo passato di viveur . Seduto nella spiaggetta di Paraggi ad accomodare le sue reti , se vedeva passare una bella ragazza diceva : « Guarda che bella tinca ! Che appetitoso merluzzetto ! È fragrante come una sogliola ! » . Sofia Loren - me lo sono chiesto sempre - si ricorderà del caro vecchio un po ' picchiatello che spedì da Alassio - dove , non potendo più affrontare il mare per l ' artrite , viveva in un appartamentino con le finestre aperte a tutti i venti del Tirreno - il telegramma che ci raccomandava la sua « scoperta » ? Noi leggemmo quel nome : Scicolone . E pensammo : " Quel caro matto di Alfredo Ricordi dove avrà pescato una ragazza con un nome così strano ? " . Le ragazze erano già sfilate un paio di volte davanti a noi . Né Paone né io ci ricordavamo di una Scicolone . Con il vecchio Ricordi bisognava però essere gentili . Non buttammo il telegramma nel cestino ; mi spiace non averlo conservato : nel cestino di Salsomaggiore finì la sera dell ' ultimo esame , prima che prendessimo la macchina per Milano . Avevamo cercato questa Sofia , questa Scicolone , nel gregge delle ragazze che , aspettando i turni di chiamata , prendevano al bar una tazza di caffè o una pastiglia di aspirina . Il settembre era torrido , le finestre chiuse per tener lontani i curiosi ; le ragazze stavano tutto il giorno in costume da bagno , o coperte da un accappatoio , a parlare con le madri o con le amiche ; portavano al lato sinistro del costume da bagno un distintivo con il numero di iscrizione . Questo numero permise a me e a Paone di riconoscere la raccomandata di Alfredo Ricordi , vecchio pescatore malato di artrite . Sofia si era accorta della nostra manovra , dei nostri esami da lontano , del nostro bisbigliare , delle occhiate radenti di Paone , delle mie occhiate furtive dietro agli occhiali . Era bella ? Non ci parve . Prima di tutto ci sembrava appartenesse a quello che i nostri padri , amici delle bellezze floride , chiamavano il genere « pertica » . Troppo alta , troppo magra , troppo poco donna , troppo adolescente ancora , male impastata ; e soprattutto « troppo bocca » . Era proprio sulla bocca - oggi è una delle più famose del mondo - che alle nostre occhiate di lontano cascava l ' asino . Quale poteva essere il destino di quella « spilungona » ? Tutt ' al più , con un po ' di fortuna , quello di mannequin . Toccò a me avvicinarmi alla ragazza dallo strano nome . Lo feci solo per rendere una cortesia ad Alfredo Ricordi . Le dissi del telegramma , le offrii di avvicinarsi al banco del bar per prendere un aperitivo . Si alzò , venne avanti , sedette su uno dei suoi alti sgabelli : le presentai Paone e le spiegai che si trattava di un celebre impresario teatrale . Sorrise : ma era evidente che non l ' aveva mai sentito nominare . Parlava con un accento napoletano degno dei dialoghi più stringenti di Peppino De Filippo . Cosa aveva di bello ? Non glielo dissi : aveva delle gambe bellissime , ma il mio elogio non poteva soffermarsi su questi particolari anatomici . Non sapevo fingere né entusiasmo né esprimere una qualunque promessa . Ma probabilmente mi sarei salvato davanti al giudizio della posterità proprio per via di quelle gambe . Domandai : « Le piacerebbe di far del teatro dialettale ? Penso che Paone potrebbe presentarla a De Filippo o a Taranto ... » . La ragazza taceva . Io guardai ancora quelle gambe ; dissi : « Le piacerebbe di far della rivista ? Sa cantare ? Sa ballare ? Anche se non lo sa non importa . In tre mesi , Paone potrebbe farla istruire da una brava maestra ... Non ti pare , Remigio , che si potrebbe cavarne fuori una bella subrettina ? Se dovessi dire , in passerella la vedo ... la vedrei subito ... » . Remigio non aveva l ' aria molto convinta , ma , per non contraddirmi , fece un gesto di assenso . « Creda » continuai , « sarebbe un primo passo ... Con Macario , per esempio , o con la Osiris , una piccola scrittura si potrebbe pescarla ... » La ragazza ci guardava senza più sorridere . Si asciugò con il mignolo una goccia di aperitivo che le era caduta , dal bicchiere , su una gamba e si pulì il dito come una bambina , passandolo sulla bocca . Rispose semplicemente : « Teatro ? No ... Rivista ? No ... O cinema o niente ... » . Farfugliammo qualche parola di risposta , tanto per essere gentili . Lei ripeté : « O cinema o niente » . Ci strinse la mano , ci salutò , si allontanò sulle lunghissime gambe , sparì verso l ' atrio degli ascensori . La saletta del bar era deserta . Remigio ed io sbottammo a ridere , sempre più fragorosamente . « Hai capito che presunzione ? Cinema ? Ma in questo albergo non ci sono specchi nelle camere ? Cinema ! ! ! Con quella bocca ! ! ! » E il nostro riso si faceva addirittura tonante . Non ho più visto Sofia Loren . Ma , guardando le sue vecchie fotografie di quei giorni , conosco il perché di quel loro tono di dispetto e di malcelato corruccio . Non so darle torto se , con ogni probabilità , non ha mai perdonato né a me né a Remigio Paone .