StampaQuotidiana ,
Prima
di
procedere
innanzi
nell
'
esame
del
Manifesto
,
giova
fermarci
un
poco
su
una
considerazione
d
'
indole
generale
.
Due
sono
i
problemi
che
si
debbono
risolvere
,
cioè
uno
dell
'
equilibrio
economico
del
Paese
,
l
'
altro
dell
'
equilibrio
finanziario
del
Governo
o
dello
Stato
.
Non
sono
indipendenti
,
ma
neppure
da
confondersi
.
Il
bilancio
economico
del
Paese
prevale
di
solito
sul
bilancio
finanziario
dello
Stato
.
Spesso
,
nei
tempi
di
prosperità
crescente
,
il
primo
ha
un
avanzo
,
che
vale
per
togliere
il
disavanzo
temporaneo
del
secondo
;
nei
tempi
di
prosperità
decrescente
,
i
provvedimenti
per
togliere
quest
'
eventuale
disavanzo
,
o
anche
solo
mantenere
l
'
equilibrio
,
sono
resi
vani
dal
persistere
del
disavanzo
economico
.
In
ciò
sta
la
spiegazione
di
molti
fenomeni
.
Si
è
osservato
che
le
rivoluzioni
seguono
facilmente
non
tanto
quando
le
condizioni
delle
popolazioni
sono
disgraziate
,
quanto
allorché
sono
discrete
;
allora
un
accidentale
peggioramento
delle
condizioni
economiche
è
molto
più
avvertito
che
nei
tempi
di
miseria
.
Fra
i
molti
fatti
che
precedono
la
caduta
del
Governo
,
c
'
è
quello
del
disordine
della
finanza
e
dell
'
ostinazione
a
mantenere
spese
che
fanno
impossibile
l
'
equilibrio
.
Esempio
classico
è
quello
della
grande
rivoluzione
francese
;
ci
è
ignoto
se
i
nostri
Governi
ce
ne
daranno
un
altro
.
Nei
tempi
di
prosperità
crescente
,
poco
danno
reca
al
Governo
un
bilancio
in
disavanzo
;
esso
ha
pronto
e
facile
il
rimedio
,
affidandosi
alla
virtù
medicatrice
della
Natura
;
ma
,
se
,
invece
,
la
prosperità
è
decrescente
,
non
valgono
molto
,
per
trarlo
in
salvo
,
i
migliori
e
più
sani
suoi
provvedimenti
;
esso
cade
,
pagando
non
poche
volte
il
fio
di
colpe
non
sue
.
Ma
poiché
,
nei
tempi
presenti
,
i
periodi
di
prosperità
decrescente
sogliono
essere
di
non
lunga
durata
,
il
problema
da
risolvere
,
per
sapere
se
un
Governo
si
manterrà
o
no
,
sta
nel
conoscere
se
potrà
superare
le
difficoltà
di
quei
pochi
anni
di
crisi
;
quindi
i
suoi
provvedimenti
debbonsi
giudicare
,
non
tanto
per
l
'
intrinseco
valore
economico
,
quanto
per
gli
effetti
estrinseci
che
possono
avere
sui
sentimenti
e
sugli
interessi
,
poiché
preme
solo
di
campare
dal
burrascoso
mare
e
di
giungere
alla
riva
,
ove
una
crescente
prosperità
sanerà
ogni
danno
di
provvedimenti
intrinsecamente
dannosi
.
Per
altro
,
il
valore
intrinseco
non
è
da
trascurarsi
interamente
,
poiché
se
il
danno
è
grande
,
può
il
Governo
essere
sommerso
prima
di
toccar
terra
.
Non
è
quindi
inutile
anche
sotto
l
'
aspetto
estrinseco
,
la
critica
che
andiamo
facendo
sotto
l
'
aspetto
intrinseco
,
ma
era
necessario
di
separare
gli
aspetti
,
confusi
nel
Manifesto
,
e
di
avvertire
che
non
miriamo
direttamente
all
'
aspetto
estrinseco
.
Di
esso
molto
ci
sarebbe
da
dire
,
ma
non
è
qui
il
luogo
.
Gli
uomini
pratici
conoscono
,
alla
meglio
,
le
relazioni
di
fatti
alle
quali
abbiamo
ora
dato
forma
teorica
;
e
ciò
si
osserva
generalmente
pei
fenomeni
della
sociologia
.
Quando
questi
uomini
confondono
i
due
aspetti
può
essere
in
parte
per
ignoranza
,
ma
spesso
è
altresì
per
deliberato
volere
,
affine
di
dare
forza
ai
provvedimenti
che
valgono
estrinsecamente
,
facendo
credere
che
valgono
pure
intrinsecamente
.
Analogamente
opera
la
fede
quando
vuol
dare
fondamento
sperimentale
a
ciò
che
è
fuori
dell
'
esperienza
.
Proseguiamo
ora
l
'
esame
dei
particolari
del
Manifesto
.
Il
N
.
4
Si
legge
così
nel
«
Resto
del
Carlino
»
dell'11
marzo
:
«
È
indispensabile
prendere
senza
indugio
delle
misure
per
assicurare
la
riduzione
dei
crediti
e
della
circolazione
»
.
Il
testo
trasmesso
ai
giornali
francesi
dice
:
«
Il
est
essentiel
de
prendre
sans
tarder
des
mesures
pour
assurer
la
défluctuation
[
alias
:
déflation
]
des
crédits
et
de
la
circulation
»
.
Il
manifesto
deve
essere
stato
scritto
in
un
gergo
franco
-
inglese
.
Nel
vocabolario
francese
manca
il
termine
défluctuation
o
déflation
;
deve
voler
dire
il
contrario
del
termine
inglese
«
inflation
»
(
gonfiamento
)
,
quindi
varrebbe
:
«
sgonfiamento
»
.
Che
sono
poi
questi
crediti
i
quali
debbono
essere
ridotti
?
Per
solito
,
il
difetto
di
precisione
dei
vocaboli
corrisponde
ad
una
mancanza
di
precisione
delle
idee
.
Traducendo
nel
nostro
idioma
e
procurando
di
fare
precisa
la
raccomandazione
del
Manifesto
,
pare
che
significhi
:
«
È
indispensabile
provvedere
senza
indugio
per
ridurre
i
debiti
dei
Governi
e
la
circolazione
di
cartamoneta
o
di
altra
carta
»
.
Riguardo
al
Governo
,
tali
provvedimenti
paiono
dover
essere
,
in
generale
,
favorevoli
,
sia
perché
possono
ridurre
,
sia
pure
per
poco
,
il
disavanzo
,
sia
perché
lo
scemare
i
debiti
è
buona
preparazione
al
poterne
contrarre
di
nuovi
,
e
il
diminuire
la
circolazione
cartacea
concede
di
nuovamente
accrescerla
quando
farà
comodo
.
Riguardo
all
'
economia
,
l
'
essere
utile
o
non
essere
utile
questo
trasferimento
di
ricchezza
dipende
principalmente
,
nelle
presenti
congiunture
,
dall
'
effetto
che
può
avere
sulla
produzione
;
il
che
meglio
vedremo
esaminando
i
modi
esposti
nel
Manifesto
,
i
quali
sono
i
seguenti
:
«
a
)
Equilibrando
le
spese
normali
dei
Governi
e
i
loro
introiti
»
.
Si
può
,
per
ciò
conseguire
,
ridurre
le
spese
,
o
crescere
le
entrate
.
Se
si
riducono
le
spese
inutili
per
la
produzione
,
che
sono
quasi
tutte
quelle
che
cagionano
il
disavanzo
,
l
'
effetto
sarà
certamente
utile
per
la
produzione
;
sarà
invece
di
danno
se
si
crescono
le
entrate
,
poiché
è
certo
che
,
parte
almeno
,
dei
denari
così
raccolti
,
saranno
tolti
alla
produzione
.
Pare
che
il
Manifesto
preferisca
questa
seconda
via
,
poiché
prosegue
così
:
«
b
)
Stabilendo
quelle
imposte
supplementari
che
saranno
necessarie
per
raggiungere
risultati
rapidi
e
tangibili
»
;
«
c
)
Consolidando
il
debito
fluttuante
a
breve
scadenza
sotto
la
forma
di
sottoscrizioni
prelevate
sul
risparmio
»
.
Qui
l
'
utilità
pel
Governo
è
risolutamente
opposta
all
'
utilità
per
l
'
economia
del
paese
,
almeno
in
quanto
ad
effetti
diretti
.
Se
i
debiti
a
breve
scadenza
non
sono
rinnovati
,
il
governo
è
nel
bivio
o
di
fallire
,
o
di
dovere
ridurre
le
spese
che
gli
acquistano
benevolenza
,
cioè
i
vari
sussidi
,
pensioni
,
largizioni
ai
plutocrati
,
ecc
.
In
ogni
modo
,
corre
pericolo
di
cadere
.
Rimane
da
conoscere
gli
effetti
economici
di
tale
caduta
per
sapere
quali
saranno
gli
effetti
indiretti
dei
provvedimenti
aventi
lo
scopo
di
evitarla
.
Ma
in
quanto
ad
effetti
diretti
,
le
somme
prelevate
sul
risparmio
saranno
almeno
in
parte
tolte
ai
fattori
della
produzione
,
e
quindi
deprimeranno
questa
.
Quando
si
dice
ai
risparmiatori
che
il
recare
i
loro
denari
al
governo
,
sottoscrivendo
imprestiti
od
in
altri
modi
,
è
un
donarli
alla
patria
,
si
confondono
governo
e
patria
;
la
qual
cosa
,
in
alcuni
casi
,
si
accosta
alla
realtà
,
in
altri
se
ne
discosta
,
poiché
,
infine
,
i
vari
governi
passano
e
la
patria
rimane
.
«
d
)
Limitando
immediatamente
e
riducendo
progressivamente
la
circolazione
fiduciaria
»
.
Gli
autori
del
Manifesto
non
hanno
capito
,
o
fingono
di
non
capire
,
che
,
per
l
'
economia
del
paese
,
preme
non
tanto
la
quantità
di
carta
in
circolazione
,
quanto
l
'
uso
che
si
è
fatto
,
o
che
si
fa
,
dei
beni
economici
procacciati
dalla
sua
emissione
;
ma
di
ciò
qui
più
non
ragiono
,
poiché
assai
ne
scrissi
in
altri
articoli
precedenti
;
siami
solo
concesso
il
dare
lode
agli
autori
del
Manifesto
per
non
avere
cavato
fuori
«
la
riserva
aurea
che
serve
di
garanzia
ai
biglietti
»
.
Infinite
sono
le
esperienze
che
dimostrano
che
poco
vale
tale
riserva
,
per
mantenere
il
valore
dei
biglietti
,
se
non
si
adopera
per
barattarli
.
Léon
Say
lasciò
scritto
che
«
l
'
oro
che
non
si
può
esportare
non
ha
maggiore
effetto
sulla
circolazione
di
quello
di
un
ammasso
d
'
oro
,
che
non
si
scava
,
a
mille
metri
sotto
la
superficie
del
suolo
»
.
Questo
teorema
elementare
è
fondamentale
nella
scienza
economica
,
all
'
incirca
come
il
teorema
del
quadrato
dell
'
ipotenusa
nella
geometria
euclidea
.
Il
rimanente
del
Manifesto
mira
,
con
parlare
per
dir
vero
alquanto
avvolgente
,
a
tre
scopi
:
cioè
a
provvedere
materie
prime
ai
paesi
che
ne
sono
privi
per
le
loro
industrie
nulla
si
dice
dell
'
Italia
e
del
combustibile
di
cui
ha
bisogno
,
a
restaurare
le
regioni
devastate
,
principalmente
della
Francia
,
e
a
fissare
,
entro
brevi
termini
,
la
somma
ancora
ignota
che
deve
pagare
la
Germania
.
Tutti
tre
questi
scopi
sono
lodevoli
e
possono
essere
utili
per
l
'
economia
dei
paesi
e
dei
governi
,
con
alcune
restrizioni
pel
terzo
che
può
a
loro
recare
impacci
,
mostrando
vane
le
speranze
di
larghi
compensi
che
hanno
fatto
concepire
alle
loro
popolazioni
.
Rimane
da
trovare
modo
di
raggiungere
gli
scopi
,
e
su
ciò
poca
luce
dà
il
Manifesto
.
Esso
pare
principalmente
affidarsi
agli
imprestiti
.
Per
essere
efficaci
,
questi
dovrebbero
essere
contratti
nei
paesi
non
troppo
colpiti
dalla
guerra
,
e
quindi
principalmente
negli
Stati
Uniti
.
La
menoma
promessa
loro
varrebbe
più
delle
insistenti
richieste
dei
futuri
debitori
.
È
vero
che
questi
offrono
,
come
garanzia
,
i
erediti
che
hanno
,
o
che
avranno
sulle
vinte
nazioni
.
Ma
che
valori
hanno
tali
crediti
,
e
quindi
la
garanzia
?
La
risposta
non
è
facile
.
Ci
siamo
intrattenuti
un
poco
a
lungo
sul
Manifesto
,
non
per
la
sua
importanza
intrinseca
,
ma
perché
ci
dava
occasione
di
chiarire
alcune
relazioni
fra
concetti
usuali
e
l
'
esperienza
.
In
conclusione
,
esso
poco
o
niente
ci
reca
di
nuovo
,
stempera
,
in
molte
parole
,
concetti
evidenti
nei
quali
tutti
consentono
,
e
mediante
i
quali
si
tenta
talvolta
di
ricoprire
gravi
errori
:
fa
proposte
che
non
si
sa
come
recare
nel
concreto
,
e
di
cui
ben
scarsa
è
l
'
efficacia
.
Non
pare
neppure
essere
stato
molto
utile
per
tenere
a
bada
le
popolazioni
,
poiché
pochi
vi
hanno
posto
mente
,
ed
è
passato
quasi
inosservato
.
StampaQuotidiana ,
Sarebbe
dunque
maturo
un
«
caso
Leonardo
»
,
come
s
'
ebbe
tant
'
anni
fa
,
coll
'
apparire
delle
Carte
napoletane
,
e
tra
le
Carte
napoletane
degli
Appunti
e
ricordi
e
dei
frammenti
di
idilli
,
un
«
caso
Leopardi
»
?
Quello
fortemente
interessò
i
frammentisti
;
e
una
teoria
estetica
,
ridotta
alla
propria
causa
,
parve
porgere
aiuto
a
una
scrittura
rapida
e
estrosa
,
e
illudere
che
veramente
fosse
il
portato
ultimo
della
poesia
.
Il
gusto
del
non
finito
,
la
vaghezza
dell
'
espressione
incompiuta
,
un
quasi
alone
di
sogno
fecero
e
aiutarono
il
resto
.
E
chi
scrisse
,
e
scrive
ancora
,
appunti
;
e
chi
descrisse
e
chi
dipinse
.
Meglio
fu
per
chi
dipinse
,
cioè
trasfigurò
,
sia
pure
in
brevissimo
,
e
in
una
semplice
impressione
.
Ora
Leonardo
,
con
le
sue
illuminazioni
,
le
sue
folgorazioni
,
le
sue
visioni
,
proporrebbe
da
una
parte
antiche
prove
della
poesia
ermetica
,
dall
'
altra
creerebbe
,
e
l
'
ha
dichiarato
perentoriamente
e
con
brusca
chiarezza
Marinetti
,
l
'
antecedente
primo
e
glorioso
della
poesia
futurista
.
Marinetti
giorni
sono
proclamava
:
che
Leonardo
«
è
stato
il
grandissimo
futurista
(
senza
chiusure
stagne
e
con
la
massima
elasticità
espansiva
)
del
suo
tempo
ossessionato
dal
bisogno
quotidiano
d
'
inventare
profondità
psicologiche
di
pitture
macchine
aeree
fortezze
canali
carri
di
assalto
belletti
per
restaurare
il
viso
delle
donne
ecc
.
»
;
che
Leonardo
«
predisse
e
invocò
l
'
attuale
nostra
simultaneità
parolibera
»
;
che
Leonardo
«
è
l
'
avo
meraviglioso
dei
giovanissimi
ventenni
o
venticinquenni
poeti
futuristi
Buccafusca
Pattarozzi
Pennone
Veronesi
Averini
Ganzaroli
Forlin
»
ecc
.
ecc
.
ecc
.
Noi
,
dal
canto
nostro
,
che
cosa
avremmo
da
opporre
?
Una
cosa
sola
,
un
'
osservazione
quanto
mai
modesta
.
Che
,
sì
,
Leonardo
potrebbe
per
tanti
aspetti
e
apparenze
far
pensare
ai
futuristi
.
Solo
che
c
'
è
in
lui
,
oltre
l
'
inquietissima
e
demonica
inventiva
,
una
strapotenza
d
'
ingegno
e
d
'
esperienza
che
proprio
dà
valore
a
quelle
sue
invenzioni
,
e
dà
,
direi
,
una
qualità
rapinosa
.
In
Leonardo
,
noi
troviamo
,
sì
,
frantumi
e
scaglie
;
ma
hanno
una
loro
forza
drammatica
,
portano
i
segni
d
'
una
fatica
.
Nei
futuristi
non
portano
nessun
segno
;
sono
frantumi
e
scaglie
di
nulla
.
E
facciamo
credito
ai
venti
e
venticinque
anni
dei
Buccafusca
Pattarozzi
Pennone
Veronesi
,
che
sono
sempre
una
bella
età
.
Dove
ci
ha
dunque
tirati
Leonardo
,
questo
Leonardo
omo
sanza
lettere
che
Giuseppina
Fumagalli
ha
apprestato
con
sommo
amore
ai
lettori
moderni
!
Nessuna
industria
,
veramente
,
le
è
mancata
,
per
ordinare
questo
libro
,
e
dividerlo
e
suddividerlo
e
annotarlo
.
Se
nelle
note
non
ci
fosse
,
a
volte
,
troppa
industria
,
troppa
sottigliezza
,
non
ci
fossero
certe
estetizzanti
quisquilie
.
Un
esempio
basterà
,
e
dove
a
pagina
settanta
si
cita
a
gloria
la
famosa
interrogazione
alla
luna
:
«
La
luna
densa
e
grave
,
densa
e
grave
come
sta
,
la
luna
?
»
.
Non
so
per
quale
mai
richiamo
la
Fumagalli
ricorda
il
Leopardi
.
Ma
sentite
che
sfumanti
squisitezze
.
«
Incisi
lenti
e
bassi
,
intonati
su
due
sole
vocali
:
e
,
a
,
e
l
'
u
di
luna
echeggiante
al
principio
e
alla
fine
come
nota
lunga
di
flauto
cadente
in
deserta
immensità
»
.
Dice
proprio
così
.
E
dice
che
per
la
«
postura
stessa
delle
parole
»
,
quella
notazione
,
fa
pensare
al
Leopardi
;
io
immagino
al
principio
del
Canto
notturno
.
E
basterà
la
«
postura
delle
parole
»
a
convalidare
l
'
avvicinamento
?
Il
Leopardi
domanda
«
che
fa
»
la
luna
(
«
Che
fai
tu
,
luna
,
in
ciel
?
»
)
;
quale
,
cioè
,
è
lo
scopo
,
la
ragione
ultima
,
della
sua
esistenza
;
a
che
fine
sta
lassù
.
Leonardo
domanda
«
come
sta
»
,
come
sta
sospesa
nello
spazio
,
così
«
densa
e
grave
»
.
È
una
diversa
meraviglia
,
che
dà
diverso
tono
.
Io
insinuerei
,
e
si
prenda
cum
grano
salis
,
un
altro
raffronto
.
Con
gli
un
poco
freddi
,
un
poco
volontari
esperimenti
dei
più
giovani
liricisti
d
'
oggi
.
E
per
aiutare
il
raffronto
trascriverei
così
:
La
luna
densa
e
grave
densa
e
grave
come
sta
la
luna
?
Versi
senza
musica
,
o
con
una
loro
musica
raggelata
,
che
lascia
un
segno
spaziale
,
più
che
non
ne
lasci
uno
nella
memoria
,
a
scaldarsi
,
per
rifiorire
tutte
le
volte
,
com
'
è
della
poesia
grande
,
o
di
quella
particolare
poesia
grande
che
io
chiamerei
poesia
segreta
.
E
siamo
sulla
via
,
partiti
,
come
s
'
è
visto
,
da
un
motivo
polemico
.
E
s
'
intende
che
avremo
lasciato
per
istrada
i
futuristi
.
Scaglie
,
frantumi
,
ho
detto
,
di
un
ingegno
grandissimo
.
Vorrei
dire
di
più
.
Che
di
quelle
scaglie
,
di
quei
frantumi
,
sì
fortemente
collocati
sulla
pagina
bianca
,
a
pigliare
sempre
più
campo
,
noi
possiamo
rifare
la
storia
,
la
drammatica
formazione
,
possiamo
misurare
ciò
che
costano
.
Quando
Leonardo
dice
:
«
L
'
oro
,
vero
figliol
del
sole
»
,
non
fa
,
in
realtà
,
che
risolvere
in
un
lampo
il
suo
sforzo
di
capire
.
E
così
,
quando
dice
:
«
Negromanzia
,
stendardo
over
bandiera
volante
mossa
dal
vento
»
.
E
più
assai
,
quando
dice
:
«
Apare
tingere
il
suo
camino
colla
similitudine
del
suo
colore
»
,
a
cui
abbiamo
tolto
la
prima
riga
dilucidativa
per
servircene
come
d
'
un
titolo
,
ogni
corpo
che
con
velocità
si
move
....
E
avrà
,
in
questo
caso
,
prima
visto
l
'
immagine
folgorante
che
scoperto
una
verità
.
Solo
rarissime
volte
non
bisognerà
nessuna
dimostrazione
,
come
quando
improvvisamente
dice
:
«
Venne
Ercole
ad
aprire
il
mare
nel
Ponente
»
;
sebbene
la
dimostrazione
sia
sottintesa
e
non
paia
,
e
colorisca
e
sostanzi
quella
nozione
geografica
assunta
in
forma
di
mito
.
E
di
meno
assai
abbisognerà
questa
immagine
:
«
Movesi
l
'
aria
come
fiume
e
tira
con
seco
li
nuvoli
»
,
con
quella
facilità
delle
parole
a
specchiare
la
cosa
subito
vista
;
e
vi
aggiungerà
una
dolce
musicalissima
inclinazione
.
Anche
la
materia
verbale
nasce
in
Leonardo
da
una
lunga
fatica
.
Sempre
per
cercare
la
massima
aderenza
con
la
massima
brevità
,
ed
eccitare
l
'
inventiva
.
Pagine
intere
son
piene
di
mucchi
di
parole
,
di
elencazioni
interminabili
che
nella
sua
mente
dovevano
essere
tanti
nuclei
vivi
di
dove
aspettava
di
sprigionarsi
il
suo
parlar
metaforico
.
Così
,
ad
esempio
,
le
definizioni
e
i
vocaboli
sulla
materia
delle
acque
;
e
così
dove
studia
e
determina
le
diverse
qualità
delle
acque
(
«
consumamento
,
percussione
,
ruinamento
,
urtazioni
,
confregazioni
,
ondazioni
,
rigamenti
,
bollimenti
,
ricascamenti
,
ritardamenti
»
,
«
salutifera
,
dannosa
,
solutiva
,
stilla
,
sulfurea
,
salsa
,
sanguigna
,
malinconica
,
frematica
,
collerica
,
rossa
,
gialla
,
verde
,
nera
,
azzurra
,
untuosa
,
grassa
,
magra
»
)
.
Qualcosa
di
simile
si
troverà
più
tardi
nello
Zibaldone
leopardiano
,
e
dico
specialmente
in
quei
lunghi
e
sudati
spogli
linguistici
,
fatti
per
scaltrire
la
penna
,
o
dati
in
consegna
alla
memoria
,
perché
ne
fiorisse
all
'
occasione
un
segno
buono
.
Così
,
anche
,
si
legge
in
margine
ai
più
faticati
Canti
.
Questo
è
il
punto
più
alto
dell
'
arte
e
della
scrittura
di
Leonardo
.
Il
più
difficile
punto
.
Ma
vi
sono
notazioni
,
intuizioni
,
d
'
una
felicità
più
quieta
,
quasi
per
nulla
scontata
.
Sono
le
notazioni
,
le
intuizioni
che
non
vanno
oltre
il
particolare
,
pianamente
risolte
,
di
una
facile
grazia
,
fermate
in
poche
parole
attente
,
come
fossero
un
ricalco
.
«
Rugose
e
globulente
,
come
son
le
more
»
.
«
Quest
'
onde
si
fanno
per
ogni
linia
,
a
similitudine
della
spoglia
de
la
pina
»
.
«
Quelli
che
son
morti
vecchi
hanno
la
pelle
di
color
di
legnio
o
di
castagnia
secca
»
.
(
«
E
tale
tonica
di
vene
fa
nell
'
omo
come
nelli
pomeranci
,
alli
quali
tanto
più
ingrossa
la
scorza
e
diminuisce
la
midolla
quanto
più
si
fanno
vecchi
»
.
O
dove
descrive
gli
alberi
vecchi
,
dove
distingue
le
varie
nature
di
verde
,
e
in
certe
parti
delle
Lettere
sul
gigante
,
e
altrove
.
Una
propagazione
di
questa
forza
d
'
osservazione
puntuale
,
netta
,
sottile
,
un
potenziamento
di
questa
sensibile
facoltà
di
vedere
si
troverà
in
certi
studi
,
studi
di
pittore
che
lasciano
nella
pagina
assai
più
che
una
nota
di
colore
.
Sono
quasi
tutti
raccolti
in
quella
parte
del
libro
che
s
'
intitola
Le
visioni
,
e
più
precisamente
tra
le
«
visioni
naturalistiche
»
.
Ecco
le
verdure
nella
nebbia
;
gli
edilizi
della
città
e
gli
alberi
della
campagna
,
quando
l
'
aria
è
più
grossa
;
il
fioccar
della
neve
,
quand
'
è
più
bianca
e
quand
'
è
più
scura
;
e
l
'
azzurro
che
hanno
i
paesi
,
quando
il
sole
è
a
mezzodì
;
e
l
'
aria
e
il
cielo
e
il
color
delle
cose
,
quando
il
sole
è
in
occidente
;
e
i
prati
con
«
minima
,
anzi
quasi
insensibil
ombra
»
,
dove
l
'
erbe
sono
a
minute
e
sottili
di
foglie
»
;
e
tutto
,
sempre
,
con
«
terminate
ombre
e
lumi
»
.
Ma
la
vista
va
oltre
,
osserva
più
campo
,
cerca
,
vede
,
misura
.
«
Le
cose
vedute
da
lontano
sono
sproporzionate
,
e
questo
nasce
perché
la
parte
più
chiara
manda
all
'
occhio
il
suo
simulacro
con
più
vigoroso
raggio
che
non
fa
la
parte
sua
oscura
»
.
Su
quest
'
osservazione
,
ecco
l
'
improvviso
lampo
:
«
Ed
io
vidi
una
donna
vestita
di
nero
con
panno
bianco
in
testa
,
che
si
mostrava
due
tanti
maggiore
che
la
grossezza
delle
spalle
,
le
quali
erano
vestite
di
nero
»
.
Ma
,
seguente
ad
altra
ricerca
,
ecco
il
dato
realistico
a
dirittura
trasfigurato
,
con
un
movimento
,
uno
sbattimento
che
vien
dall
'
anima
:
«
Pon
mente
per
le
strade
,
sul
far
della
sera
,
i
volti
d
'
omini
e
donne
quando
è
cattivo
tempo
:
quanta
grazia
e
dolcezza
si
vede
in
loro
»
.
Per
altra
via
,
è
un
ricongiungersi
a
quello
che
s
'
è
detto
il
punto
più
alto
di
Leonardo
.
E
non
sono
che
pochi
esempi
di
ciò
che
si
vuoi
dimostrare
.
Tutto
Leonardo
è
in
questa
fatica
di
vedere
oltre
l
'
apparenza
,
o
dar
senso
,
un
vergine
senso
,
alle
apparenze
.
Alle
cose
più
labili
,
luci
,
ombre
,
colori
;
e
alle
cose
più
imprendibili
,
i
fenomeni
della
vita
universa
.
E
anche
nella
sua
fatica
c
'
è
la
luce
e
l
'
ombra
.
Dove
l
'
occhio
vede
e
direi
inventa
(
egli
parla
a
un
certo
luogo
del
disegno
come
invenzione
,
che
«
non
solo
ricerca
le
opere
di
natura
,
ma
infinite
più
che
quelle
che
fa
natura
»
)
;
e
dove
scruta
e
penetra
e
s
'
affanna
e
qualche
volta
si
perde
.
Questa
è
la
fascinosa
lettura
di
Leonardo
.
Egli
è
lo
scrittore
più
difficile
e
insieme
più
facile
.
Se
lo
leggi
intero
,
hai
il
premio
ch
'
egli
stesso
si
meritò
,
scrivendo
e
studiando
;
e
quasi
avverti
dove
si
stacca
a
volo
,
e
con
lui
voli
.
Se
lo
frammenti
troppo
,
lo
frantumi
,
ciò
che
è
vivo
smuore
,
e
non
gli
circola
più
l
'
aria
intorno
.
Giuseppina
Fumagalli
ha
fatto
bene
a
non
frammentarlo
e
frantumarlo
più
di
tanto
;
per
aiutar
la
voglia
del
lettore
,
e
quasi
condurlo
per
mano
agli
impennamenti
.
E
ha
fatto
bene
a
scegliere
altre
pagine
per
disteso
,
quasi
a
dare
la
controprova
della
grandezza
di
Leonardo
,
così
come
noi
crediamo
d
'
averla
spiegata
.
Sono
le
pagine
dove
lo
scrittore
sul
filo
d
'
un
ragionamento
,
in
forma
d
'
argomentazione
,
monta
coi
suoi
lunghi
periodi
,
mai
sazio
di
arricchirli
.
E
non
è
ricchezza
vera
,
ma
lusso
,
facile
lusso
.
O
è
un
esempio
di
prosa
eloquente
,
con
i
saputi
effetti
della
prosa
eloquente
.
Certo
non
è
il
Leonardo
che
noi
amiamo
,
il
Leonardo
poeta
,
il
Leonardo
segreto
.
La
via
per
cercarlo
c
'
è
.
Ma
è
una
via
che
ognuno
bisogna
ripercorra
per
suo
conto
,
da
sé
.
Giuseppina
Fumagalli
dice
ora
che
sta
preparando
una
scelta
di
questa
sua
scelta
,
una
specie
di
antologia
perversa
,
e
che
l
'
intitolerà
I
canti
di
Leonardo
.
È
un
'
idea
che
trent
'
anni
fa
avrebbe
incontrato
favore
.
Oggi
mi
par
tardi
.
Liberare
quelli
ch
'
ella
chiama
«
canti
»
,
è
fatica
vana
;
vuoi
dire
toglier
loro
qualcosa
;
ché
molto
rimarrà
imprigionato
nella
loro
matrice
.
Si
speculerà
allora
,
e
quanto
!
,
sui
frammenti
;
si
tradirà
il
senso
di
quei
frammenti
.
E
si
dimenticherà
ciò
che
in
Leonardo
è
più
bello
,
il
suo
sforzo
di
creare
.
Che
è
il
suo
canto
inespresso
,
il
suo
canto
per
tutto
imminente
.
StampaQuotidiana ,
Una
giovane
donna
milanese
,
chiamiamola
Rossana
,
mi
raccontava
ieri
la
sua
teoria
.
Potrebbe
servire
da
spunto
a
uno
di
quei
film
fra
la
cronaca
e
la
favola
che
piacciono
a
Zavattini
.
Potrebbe
intitolarsi
Vacanze
italiane
,
oppure
Rossana
,
giorni
quindici
.
Ecco
com
'
è
andata
.
Rossana
,
fra
i
venticinque
e
i
trenta
,
pallida
e
sottile
,
orfana
di
padre
fin
dall
'
adolescenza
,
deve
aiutare
il
fratello
meccanico
a
mantenere
la
madre
,
una
sorella
maggiore
di
poca
salute
e
una
vecchia
zia
.
Il
fratello
,
d
'
altra
parte
,
è
sposato
con
due
figli
.
Bisogna
darsi
da
fare
.
Rossana
fu
,
per
circa
tre
anni
,
commessa
in
un
magazzino
di
biancheria
che
a
un
certo
punto
affondò
in
un
mare
di
tratte
sofferenti
.
Restò
disoccupata
.
L
'
anno
scorso
,
in
attesa
di
trovarsi
un
altro
impiego
,
cercò
di
arrabattarsi
.
Si
lasciò
convincere
,
fra
l
'
altro
,
a
collaborare
con
una
portinaia
della
sua
strada
in
un
piccolo
contrabbando
di
sigarette
.
Fu
pescata
con
un
chilo
di
«
svizzere
»
.
Verbale
,
denuncia
,
processo
.
Multa
e
quindici
giorni
di
reclusione
.
Niente
condizionale
.
Nel
frattempo
,
esattamente
due
giorni
prima
di
presentarsi
in
giudizio
,
aveva
trovato
un
impiego
piuttosto
conveniente
:
tanto
più
che
,
contrariamente
al
solito
,
il
datore
di
lavoro
non
aveva
indagato
sui
precedenti
penali
o
i
carichi
pendenti
della
nuova
dipendente
.
Se
il
giudice
avesse
concesso
la
condizionale
,
tutto
sarebbe
andato
per
il
meglio
.
Invece
,
ecco
lo
spettro
di
quei
quindici
giorni
da
passare
,
prima
o
poi
,
a
San
Vittore
.
Come
giustificare
due
settimane
d
'
assenza
dal
lavoro
?
«
Per
fortuna
siamo
di
giugno
»
,
dice
Rossana
,
torcendo
il
fazzoletto
,
«
e
il
principale
,
ch
'
è
tanto
una
brava
persona
,
mi
ha
già
detto
che
in
agosto
mi
darà
regolarmente
le
ferie
.
Farò
in
modo
di
barcamenarmi
,
di
temporeggiare
,
con
l
'
aiuto
dell
'
avvocato
,
e
la
prigione
la
farò
durante
le
ferie
»
.
Quanto
all
'
avvocato
,
giovane
d
'
anni
e
di
professione
,
è
perplesso
.
È
incerto
se
inoltrare
domanda
di
grazia
.
Per
una
pena
tanto
lieve
,
è
quasi
certo
di
ottenerla
;
ma
se
per
caso
ciò
non
avvenisse
,
considerata
la
lentezza
del
giro
burocratico
,
la
sua
cliente
si
troverebbe
a
dover
scontare
la
prigione
verso
ottobre
,
senza
possibilità
di
giustificarsi
con
la
ditta
.
Tutto
sommato
,
per
non
correre
rischi
,
meglio
sfruttare
le
ferie
.
«
Più
al
fresco
di
così
!
»
dice
Rossana
,
sorridendo
debolmente
.
StampaQuotidiana ,
Una
trentina
d
'
anni
fa
era
di
moda
il
mostrarsi
timorosi
del
«
pericolo
giallo
»
.
Si
diceva
che
la
Cina
ed
il
Giappone
stavano
per
muovere
alla
conquista
economica
e
forse
anche
militare
dell
'
Europa
e
di
altre
regioni
.
Si
notavano
in
innumerevoli
scritti
,
la
strabocchevole
popolazione
gialla
,
la
sua
sobrietà
,
che
le
assicurava
bassi
prezzi
di
produzione
economica
,
il
senso
politico
,
manifestatosi
nel
Giappone
,
il
risveglio
della
Cina
,
destantesi
dai
sonni
secolari
.
Poscia
,
poco
alla
volta
,
queste
apprensioni
si
quetarono
,
cedettero
ad
altre
;
si
discorse
molto
meno
dei
pericoli
che
possono
venire
dalle
popolazioni
gialle
,
sebbene
la
minaccia
di
turbate
relazioni
sussistesse
tra
il
Giappone
e
gli
Stati
Uniti
,
e
la
guerra
Russo
-
Giapponese
avesse
dimostrato
la
potenza
militare
del
Giappone
.
Il
pericolo
russo
ha
fasi
come
la
luna
:
ora
appare
,
poi
si
dilegua
,
quindi
riappare
.
Napoleone
I
,
a
Sant
'
Elena
,
stimava
che
,
entro
un
decennio
,
l
'
Europa
avrebbe
potuto
essere
«
cosacca
»
.
Il
massimo
splendore
del
potere
russo
si
ha
sotto
Alessandro
I
,
con
la
Santa
Alleanza
;
ma
poi
,
ad
un
tratto
,
la
guerra
di
Crimea
fece
palese
quanta
poca
forza
reale
ci
fosse
nel
gigante
,
e
ciò
fu
confermato
dalla
successiva
guerra
russo
-
turca
e
dal
Congresso
di
Berlino
,
nuovamente
poi
dalla
guerra
col
Giappone
ed
infine
con
la
rivoluzione
presente
.
Ma
ecco
che
rinnova
la
luna
,
rinasce
il
timore
,
minacciosa
appare
la
potenza
dei
bolscevichi
,
eredi
e
fra
non
molto
forse
emuli
degli
czaristi
.
Si
osserva
che
,
economicamente
,
l
'
Europa
non
può
campare
senza
la
Russia
e
che
,
militarmente
,
l
'
alleanza
russo
-
tedesca
è
un
grave
pericolo
per
la
civiltà
occidentale
.
In
tutto
ciò
vi
è
una
parte
di
vero
ed
una
parte
che
va
oltre
al
vero
.
La
prima
si
riferisce
principalmente
ad
un
lontano
futuro
,
la
seconda
ad
uno
prossimo
.
Non
ci
può
essere
dubbio
che
il
risveglio
dell
'
Oriente
,
non
solo
nel
Giappone
e
nella
Cina
,
ma
anche
nell
'
India
e
fra
i
popoli
dell
'
Islam
,
sia
per
diventare
,
alla
lunga
,
un
fattore
importante
dell
'
equilibrio
degli
Stati
del
globo
e
non
si
scorge
forza
umana
che
possa
fermare
questo
fatale
andare
.
Egualmente
è
molto
probabile
che
la
Germania
e
la
Russia
finiranno
coll
'
intendersi
,
sia
pure
in
seguito
a
varie
e
fortunose
vicende
,
perché
troppo
potenti
sono
i
comuni
interessi
di
questi
due
popoli
,
che
,
congiunti
,
sono
veramente
formidabili
.
E
qui
giova
ripetere
che
fatti
accidentali
potranno
bensì
contrastare
tale
opera
,
ma
che
non
prevarranno
contro
le
forze
permanenti
.
Per
avvenimenti
più
prossimi
,
o
almeno
non
tanto
lontani
,
e
sono
quelli
che
più
premono
in
politica
,
nascono
invece
molti
dubbi
ed
appare
assai
più
facile
il
contrastarli
.
Può
giovare
oggi
ad
alcuni
uomini
di
Stato
,
per
ragioni
di
politica
interna
,
di
magnificare
la
potenza
russa
ed
il
sussidio
che
può
trarre
dalla
forza
germanica
,
ma
,
nella
realtà
,
appare
non
essere
tanto
grande
,
almeno
per
parecchi
anni
,
ed
il
pericolo
è
lieve
,
eccetto
che
,
alla
Russia
ed
alla
Germania
,
si
congiunga
uno
dei
grandi
Stati
dell
'
occidente
.
Quindi
lo
essere
,
o
il
non
essere
questi
uniti
appare
,
per
ora
,
come
uno
dei
maggiori
fattori
dei
prossimi
eventi
.
Qui
nasce
il
quesito
:
è
più
probabile
l
'
accordo
,
o
il
disaccordo
?
Risolverlo
in
modo
sicuro
o
almeno
probabilissimo
non
si
può
,
ma
ci
sono
motivi
che
fanno
inclinare
a
credere
al
disaccordo
.
Da
prima
,
innumerevoli
esempi
storici
,
dai
tempi
antichi
sino
ai
moderni
,
tra
i
quali
l
'
esempio
non
lontano
della
Santa
Alleanza
,
poi
ragioni
intrinseche
che
mostrano
come
sia
già
profondamente
scossa
l
'
unione
degli
alleati
della
gran
guerra
.
Questi
procacciano
in
ogni
modo
di
ricoprire
i
nascenti
dissensi
con
proteste
di
amorevole
concordia
,
e
così
maggiormente
forse
dimostrano
il
contrasto
tra
le
parole
ed
i
fatti
.
Inoltre
non
è
da
trascurarsi
la
circostanza
che
i
principi
banditi
dai
bolscevichi
sono
ben
altrimenti
popolari
che
i
principi
della
Santa
Alleanza
,
e
che
possono
operare
non
poco
per
impedire
un
'
azione
comune
delle
potenze
occidentali
contro
il
bolscevismo
.
Qui
occorre
distinguere
la
forma
dei
principi
dalla
loro
applicazione
.
In
tutte
le
religioni
,
altro
è
il
dire
,
altro
il
fare
.
Il
dire
opera
sui
fedeli
,
il
fare
scansa
le
difficoltà
pratiche
del
recare
nel
concreto
mistiche
credenze
,
e
se
,
nel
medioevo
,
popoli
devotissimi
al
Vangelo
operavano
contrariamente
ai
suoi
ammaestramenti
,
facile
è
lo
intendere
come
ci
possano
essere
ora
fedeli
del
verbo
comunista
i
quali
nella
pratica
,
usano
del
capitalismo
.
Per
ciò
,
chi
giudicasse
solo
secondo
la
forma
potrebbe
stimare
vana
la
contesa
suscitata
dai
governi
che
rifiutano
di
trattare
con
i
bolscevichi
se
questi
prima
non
riconoscono
il
«
principio
della
proprietà
privata
»
:
non
ritirano
così
vogliono
gli
Stati
Uniti
il
memorandum
presentato
alla
Conferenza
di
Genova
.
Ma
,
guardando
alla
sostanza
,
si
vede
che
possono
i
bolscevichi
mantenere
i
dogmi
loro
,
di
cui
si
giovano
per
certi
fini
,
ed
operare
in
modo
diverso
,
mirando
ad
altri
fini
;
ed
è
in
tale
opera
che
sta
la
sostanza
,
la
quale
deve
premere
a
chi
contratta
con
loro
.
Per
esempio
,
riconoscere
la
proprietà
privata
di
una
miniera
,
oppure
dichiararla
proprietà
comunista
e
concederne
l
'
usufrutto
per
un
secolo
,
od
anche
meno
,
non
è
cosa
molto
diversa
,
e
non
mette
conto
di
litigare
per
tanto
poco
.
Chi
fosse
vago
di
ben
conoscere
le
sottigliezze
che
in
tale
argomento
si
possono
adoperare
ha
da
leggere
le
controversie
dei
Francescani
,
sostituenti
l
'
uso
alla
proprietà
.
Aggiungasi
che
i
governi
i
quali
ora
chiedono
alla
Russia
di
accogliere
il
«
principio
della
proprietà
privata
»
,
molto
poco
rispettarono
,
o
rispettano
,
quando
a
loro
faceva
,
o
fa
comodo
,
questo
bel
principio
.
In
realtà
,
meglio
che
di
differenze
fondamentali
,
si
tratta
del
più
o
del
meno
,
e
di
certe
forme
sostituite
a
certe
altre
,
talvolta
di
semplici
distinzioni
verbali
.
Se
cerchiamo
la
sostanza
nel
rifiuto
della
Russia
,
dobbiamo
pure
cercarla
nelle
domande
ad
essa
mosse
,
ed
allora
vedremo
che
è
importante
.
Un
discorso
recente
del
sig
.
Hoover
segretario
di
Stato
degli
Stati
Uniti
,
ce
la
palesa
chiaramente
.
Egli
principia
col
notare
che
la
«
ricostruzione
»
della
Russia
deve
principalmente
essere
opera
della
Russia
stessa
,
ed
aggiunge
che
il
Governo
degli
Stati
Uniti
,
ha
fissato
già
da
tempo
che
«
nessun
serio
miglioramento
può
avvenire
sinché
sussistono
le
presenti
condizioni
di
impoverimento
.
Altra
speranza
non
v
'
ha
,
pel
popolo
russo
,
se
non
nella
produzione
della
Russia
,
ed
è
assurdo
il
credere
che
potrà
risorgere
il
commercio
sinché
le
fondamenta
economiche
della
produzione
non
saranno
saldamente
ristabilite
.
Ma
la
produzione
ha
per
condizioni
essenziali
la
sicurezza
della
vita
,
il
riconoscimento
di
solide
garanzie
della
proprietà
privata
,
il
rispetto
dei
contratti
,
e
i
diritti
del
libero
lavoro
»
.
Si
direbbe
meglio
che
per
la
produzione
di
un
paese
non
basta
di
avere
ricchezze
naturali
,
uomini
,
ed
anche
capitali
,
ma
che
occorre
inoltre
avere
ordinamenti
sociali
ed
economici
tali
da
rendere
efficace
l
'
opera
di
questi
elementi
.
Si
diano
i
nomi
che
si
vuole
a
questi
ordinamenti
,
ma
la
sostanza
è
quella
appunto
che
sta
sotto
i
termini
adoperati
dal
sig
.
Hoover
.
Se
il
bolscevismo
dura
finirà
col
trasformarsi
in
questo
senso
,
ma
ciò
non
avverrà
senza
varie
vicende
,
senza
gravi
contrasti
tra
la
resistenza
di
fanatici
credenti
e
la
spinta
di
migliori
politici
.
Al
volere
dovrà
il
governo
bolscevico
essere
in
grado
di
aggiungere
il
potere
,
e
non
sarà
tanto
facile
.
Se
riesce
nell
'
intento
,
ci
sarà
certamente
un
beneficio
economico
non
solo
per
la
Russia
,
bensì
anche
per
i
vari
Stati
che
stanno
in
relazione
con
essa
.
D
'
altra
parte
,
grande
sarà
allora
il
pericolo
del
dominio
di
una
nazione
risorta
economicamente
,
militarmente
,
politicamente
.
Artefici
ne
saranno
stati
in
parte
coloro
stessi
che
ne
soffriranno
.
Di
fatti
analoghi
ha
dovizia
la
storia
.
Ma
tutto
ciò
spetta
ad
un
lontano
avvenire
;
oggi
il
pericolo
russo
è
molto
minore
di
quanto
parecchi
credono
,
o
mostrano
di
credere
;
maggiore
pensiero
deve
dare
,
in
non
pochi
Stati
,
il
pericolo
interno
.
Questo
nasce
principalmente
dalla
incompiuta
trasformazione
della
democrazia
,
che
non
ha
ancora
trovato
un
nuovo
assetto
da
sostituire
a
quello
già
vigoroso
nel
secolo
scorso
,
ed
ora
in
crescente
decadenza
.
StampaQuotidiana ,
Nell
'
ultimo
numero
ottobre
della
bella
rivista
città
di
Milano
c
'
è
un
diagramma
importante
perché
documenta
lo
sviluppo
poderoso
della
città
nonché
il
miglioramento
delle
abitazioni
per
gli
uomini
.
Riferiamo
i
dati
in
cifre
arrotondate
.
Nel
1910
i
locali
costruiti
furono
19
mila
,
che
discesero
a
17
mila
nel
1911
,
a
circa
12
mila
nel
1912
,
a
10
mila
nel
1913
,
a
7
mila
nel
1914
.
Siamo
alla
guerra
.
L
'
attività
costruttrice
sosta
.
Sono
appena
1500
i
locali
costruiti
nel
1915
che
si
riducono
a
500
nel
1916
,
a
8
nel
1917
,
a
zero
nel
1918
.
Stasi
assoluta
.
Fame
di
case
.
Affitti
esorbitanti
.
Ma
dopo
la
Vittoria
,
nel
1919
,
si
nota
una
modesta
ripresa
della
attività
edilizia
:
2
mila
locali
circa
.
I
tempi
sono
torbidi
.
Tuttavia
nel
1920
siamo
già
a
6
mila
locali
di
nuova
costruzione
,
che
diventano
circa
9
mila
nel
1921
e
8
mila
nel
1922
.
Anno
1923
,
primo
della
Rivoluzione
:
balzo
innanzi
con
14
mila
locali
.
Con
la
fine
delle
bardature
di
guerra
i
locali
salgono
a
35
mila
nel
1924
,
a
30
mila
nel
1925
.
Discendono
a
21
mila
nel
1926
e
a
16
mila
nel
1927
.
Ma
nel
1928
nuova
punta
con
36
mila
locali
.
Nel
1929
si
tocca
il
record
con
50
mila
locali
costruiti
che
ridiscendono
a
31
mila
nel
1930
,
a
22
mila
nel
1931
,
a
19
mila
nel
1932
.
L
'
anno
scorso
1933
segna
una
nuova
ripresa
con
26
mila
locali
:
quest
'
anno
1934
se
ne
prevedono
40
mila
.
Tirando
,
grosso
modo
,
le
somme
si
ha
l
'
imponente
totale
di
400
mila
locali
nuovi
costruiti
fra
il
1910
e
il
1934
,
di
cui
350
mila
negli
anni
del
Fascismo
.
Si
può
anche
calcolare
che
almeno
mezzo
milione
di
milanesi
abitino
in
case
moderne
.
Si
è
fatto
molto
,
ma
molto
ancora
resta
da
fare
,
per
dare
a
tutti
la
casa
decorosa
e
sana
,
come
vuole
il
Regime
.
StampaQuotidiana ,
De
L
'
impresario
delle
Smirne
di
Carlo
Goldoni
,
presentato
ieri
sera
al
teatro
Nuovo
dalla
compagnia
Morelli
-
Stoppa
con
la
regia
di
Luchino
Visconti
,
parlammo
già
ampiamente
quest
'
estate
quando
nella
stessa
,
fastosa
edizione
,
lo
spettacolo
venne
messo
inscena
a
Venezia
,
alla
Fenice
,
per
il
Festival
del
Teatro
.
Già
dicemmo
che
si
tratta
di
una
delle
opere
minori
del
Goldoni
;
scritta
dapprima
in
versi
,
«
per
secondare
il
fanatismo
»
come
dice
l
'
autore
stesso
«
che
allora
correva
in
favore
dei
martelliani
»
,
fu
poi
volta
in
prosa
e
nella
nuova
veste
inserita
dal
Goldoni
in
quella
che
è
da
considerarsi
l
'
edizione
definitiva
del
suo
teatro
.
In
questa
edizione
le
tre
parti
femminili
,
che
erano
in
dialetto
(
veneziano
,
bolognese
e
un
fiorentino
alquanto
approssimativo
)
vennero
tradotte
in
lingua
,
rimettendoci
di
freschezza
e
comicità
.
Luchino
Visconti
,
che
ha
immaginato
questo
spettacolo
come
un
alto
divertimento
,
sul
ritmo
di
un
'
operetta
buffa
,
ha
scelto
l
'
edizione
in
versi
e
,
dati
i
suoi
intenti
,
non
gli
si
può
dar
torto
:
L
'
impresario
delle
Smirne
è
la
storia
di
un
progetto
di
compagnia
,
per
opera
in
musica
,
andato
in
fumo
.
In
una
Venezia
di
locande
da
poco
prezzo
,
tre
cantatrici
,
Lucrezia
,
la
fiorentina
,
detta
l
'
Acquacedraia
,
Tognina
,
la
veneziana
,
detta
Zuecchina
,
e
Annina
,
la
bolognese
,
detta
la
Mistocchina
,
un
musico
soprano
,
un
tenore
,
un
«
cattivo
e
povero
poeta
drammatico
»
,
un
direttore
di
teatro
e
altra
«
guitteria
»
del
genere
,
si
affannano
per
farsi
scritturare
da
un
mercante
turco
che
,
venuto
da
Smirne
(
dalle
«
Smirne
»
,
si
diceva
allora
,
mettendo
bizzarramente
al
plurale
il
nome
della
città
e
ottenendone
un
certo
effettaccio
esotico
)
,
vuol
tornarsene
fra
gli
Ottomani
con
una
compagnia
d
'
opera
da
lui
finanziata
e
offrire
così
,
di
sua
borsa
,
questo
trattenimento
occidentale
ai
compatrioti
.
C
'
è
un
conte
Lasca
,
squattrinato
e
galante
,
amico
di
virtuose
e
canterini
,
che
gli
fa
da
intermediario
,
aiutato
dal
Nibbio
,
direttore
di
teatro
.
Schermaglie
,
invidiuzze
,
gelosi
rancori
delle
tre
canterine
che
si
contendono
il
ruolo
di
prima
donna
,
comica
albagia
degli
altri
virtuosi
,
amorosi
bollori
del
turco
che
fra
tutte
quelle
donnette
dalle
scollature
generose
non
sa
più
dove
mettere
gli
occhi
(
e
le
mani
)
e
alla
fine
,
pago
di
quanto
ha
potuto
vedere
(
e
pizzicare
)
e
spaventato
dai
vapori
di
tante
fameliche
vanità
,
fa
vela
da
solo
verso
il
suo
tranquillo
Oriente
.
Luchino
Visconti
ha
tenuto
il
testo
tutto
un
po
'
sopra
le
righe
;
e
a
nostro
parere
ha
fatto
bene
,
ne
risulta
uno
spettacolo
carico
di
capriccio
e
d
'
estri
come
nelle
zone
acute
d
'
una
voce
di
soprano
;
ha
sottolineato
il
pittoresco
dell
'
ambiente
,
facendo
sentire
quell
'
odore
di
fame
e
di
cattivo
cerone
;
della
figura
del
turco
,
che
è
la
più
riuscita
della
commedia
,
ha
fatto
una
immagine
burlesca
ed
esotica
insieme
,
proprio
sullo
stile
delle
«
turqueries
»
di
moda
nel
Settecento
;
e
,
infine
,
ha
afferrato
per
i
capelli
quella
quasi
invisibile
malinconia
che
si
può
scovare
,
col
lanternino
,
fra
le
righe
di
quei
martelliani
(
bruttini
,
per
la
verità
)
dell
'
ultimo
atto
e
l
'
ha
legata
al
traliccio
dell
'
altana
,
nel
cortile
della
locanda
,
dove
sventola
,
al
soffio
che
gonfia
le
vele
del
turco
in
fuga
(
mentre
tutta
la
compagnia
,
s
'
è
radunata
coi
suoi
bagagli
,
e
i
cani
e
le
capre
e
il
pappagallo
e
i
canarini
)
,
un
festoncino
di
biancheria
stesa
ad
asciugare
.
Quadro
bellissimo
,
sullo
sfondo
d
'
una
splendida
scena
pure
dovuta
a
Visconti
.
Le
musiche
composte
da
Nino
Rota
,
accompagnano
,
sui
finali
d
'
atto
,
le
cavatine
degli
attori
,
il
che
dà
appunto
allo
spettacolo
una
vaga
aria
da
opera
buffa
.
L
'
interpretazione
degli
attori
non
è
stata
da
meno
di
una
regia
così
divertita
:
e
in
primo
luogo
va
citato
l
'
«
exploit
»
comico
di
Paolo
Stoppa
,
nella
parte
del
Turco
,
quella
sua
lepidezza
insieme
secca
e
pastosa
,
quella
sua
brusca
buffoneria
come
abbronzata
dalle
inflessioni
levantine
;
Rina
Morelli
,
la
bolognese
,
è
una
figuretta
tutta
dispetto
e
ripicco
,
in
quel
dialetto
affettuoso
e
stizzito
;
ecco
poi
la
pososeria
veneta
,
ironicamente
sussiegosa
,
di
Edda
Albertini
;
la
grazia
,
da
pittura
senese
,
di
Ilaria
Occhini
;
gli
alteri
vocalizzi
di
due
virtuosi
maschi
Elio
Pandolfi
,
che
era
il
«
cantante
senza
barba
»
e
Corrado
Pani
;
e
l
'
efficace
collaborazione
di
tutti
gli
altri
numerosissimi
interpreti
,
da
Marcello
Giorda
a
Sergio
Fantoni
,
che
hanno
contribuito
alla
riuscita
dello
spettacolo
.
Platea
gremita
e
molti
applausi
.
StampaQuotidiana ,
Un
nuovo
importante
passo
è
stato
compiuto
sulla
via
dell
'
integrazione
europea
.
La
regia
dei
colloqui
fra
Pompidou
e
Heath
a
Parigi
è
apparsa
attenta
e
sapiente
:
degna
della
grande
tradizione
francese
.
Un
po
'
di
suspense
nel
corso
degli
incontri
,
nessun
comunicato
ufficiale
,
la
mancanza
degli
stessi
ministri
degli
esteri
al
tête
-
à
-
tête
fra
due
uomini
,
un
capo
di
Stato
e
un
capo
di
governo
,
che
parlavano
malissimo
l
'
uno
la
lingua
dell
'
altro
.
Alla
fine
una
conferenza
stampa
,
abbinata
,
del
presidente
francese
e
del
premier
inglese
:
quasi
a
rinnovare
il
fastoso
scenario
gollista
ma
non
più
sul
piano
dell
'
«
a
solo
»
,
non
più
sullo
sfondo
della
gladiatoria
esibizione
del
generale
,
impegnato
coi
giornalisti
a
comando
a
«
recitare
»
le
risposte
prefabbricate
a
domande
non
meno
prefabbricate
.
Le
dichiarazioni
finali
di
Pompidou
e
di
Heath
rispondono
a
un
ragionevole
ottimismo
,
dimostrano
che
molti
angoli
sono
stati
smussati
,
molti
dei
grossi
problemi
pendenti
fra
le
due
rive
della
Manica
avviati
a
soluzione
.
Soprattutto
è
stato
ottenuto
un
«
disgelo
»
psicologico
di
conseguenze
e
di
proporzioni
non
prevedibili
.
La
rancune
del
periodo
gollista
è
apparsa
superata
;
il
dialogo
è
stato
ripreso
,
e
non
più
soltanto
sul
terreno
delle
differenziazioni
o
contrapposizioni
tecnico
-
economiche
,
agricoltura
,
zuccheri
dei
Caraibi
,
relazioni
monetarie
,
già
affrontate
e
parzialmente
rimosse
nell
'
ultima
sessione
della
comunità
europea
a
Bruxelles
.
Francia
e
Inghilterra
hanno
dimostrato
di
rendersi
conto
delle
nuove
prospettive
mondiali
,
che
vedono
emergere
un
terzo
grande
accanto
alla
Russia
e
all
'
America
,
la
Cina
;
hanno
dimostrato
di
capire
che
solo
la
dimensione
,
prima
economica
e
poi
politica
,
di
un
'
Europa
avviata
ad
un
vincolo
federativo
è
in
grado
di
evitare
la
totale
sommersione
del
vecchio
continente
,
la
sua
trasformazione
in
oggetto
passivo
di
una
storia
che
si
svolga
al
di
fuori
di
ogni
sua
partecipazione
,
degradandola
a
squallido
teatro
di
antiche
grandezze
.
Certo
le
impennate
tedesche
sul
marco
hanno
contribuito
in
modo
determinante
alla
«
svolta
»
di
Parigi
.
C
'
è
in
Francia
un
crescente
sospetto
per
la
politica
di
Bonn
,
e
non
solo
per
la
Ostpolitik
,
che
in
generale
aveva
anticipato
dal
suo
orgoglioso
angolo
visuale
,
forse
anche
per
impedire
che
potesse
passare
nelle
mani
della
Germania
federale
.
Il
vincolo
speciale
,
che
De
Gaulle
aveva
creato
fra
Parigi
e
Bonn
,
non
è
stato
capace
di
sopravvivere
alla
scomparsa
del
generale
.
Il
successore
dell
'
Eliseo
,
interprete
com
'
è
di
un
realismo
francese
pragmatico
e
un
tantino
disincantato
,
simbolo
della
tradizionale
borghesia
d
'
oltralpe
,
ha
ripreso
il
filone
classico
della
Francia
repubblicana
di
Delcassé
,
si
è
riavvicinato
alla
Gran
Bretagna
con
uno
spirito
non
troppo
lontano
dall
'
Entente
cordiale
.
Ma
il
futuro
di
un
'
Europa
integrata
trascende
tali
punti
di
partenza
;
il
peso
della
Germania
federale
è
una
realtà
,
dalla
quale
sarebbe
pericoloso
ed
assurdo
prescindere
.
Si
tratta
di
trovare
lungo
la
strada
gli
equilibri
e
i
contrappesi
necessari
a
realizzare
,
con
l
'
unione
economica
,
quella
politica
del
continente
.
Pompidou
non
si
è
nascosto
le
difficoltà
che
ancora
si
frappongono
al
raggiungimento
di
tale
obiettivo
,
gli
ostacoli
da
superare
.
Quanto
a
Heath
,
tornando
a
Londra
,
non
troverà
una
situazione
di
tutto
riposo
.
Il
quadro
del
Parlamento
britannico
non
è
dei
più
rassicuranti
.
Un
'
ala
non
secondaria
dei
deputati
conservatori
,
che
detengono
una
maggioranza
tutt
'
altro
che
schiacciante
alla
Camera
dei
Comuni
,
è
tiepida
o
addirittura
ostile
all
'
Europa
:
quasi
due
terzi
dell
'
opposizione
laborista
inclina
al
vecchio
e
tenace
isolazionismo
britannico
.
Ci
vorrà
una
intesa
diretta
fra
il
capo
dell
'
esecutivo
e
il
capo
dell
'
opposizione
(
la
linea
europeista
di
Wilson
è
ben
nota
)
per
consentire
di
aggirare
in
autunno
gli
scogli
parlamentari
,
che
non
mancheranno
,
al
suggello
e
alla
sanzione
della
ritrovata
intesa
fra
Francia
e
Gran
Bretagna
.
Senonché
in
questa
fase
di
decisiva
transizione
molto
potrebbero
fare
anche
gli
altri
paesi
della
Comunità
.
A
cominciare
dall
'
Italia
:
se
riuscisse
per
un
momento
a
mettere
in
sordina
le
miserabili
beghe
sull
'
elezione
presidenziale
(
si
è
già
aperta
una
polemica
tanto
poco
edificante
)
e
a
guardare
oltre
le
frontiere
delle
divisioni
domestiche
e
delle
competizioni
municipali
.
Anche
perché
l
'
Europa
,
nell
'
attuale
quadro
di
caos
e
di
degradazione
nazionale
,
rimane
l
'
ultima
speranza
per
noi
.
StampaQuotidiana ,
La
storia
della
fortuna
dell
'
Aminta
è
,
s
'
intende
,
la
storia
delle
scoperte
e
degli
errori
del
lavoro
e
del
pensiero
critico
intorno
all
'
Aminta
,
storia
del
gusto
in
senso
alto
;
e
noi
la
faremo
,
più
specialmente
,
per
gli
ultimi
cinquant
'
anni
.
Da
quando
il
Carducci
,
con
i
suoi
tre
famosi
saggi
(
I
°
L
'
«
Aminta
»
e
la
vecchia
poesia
pastorale
;
2°
Precedenti
dell
'
«
Aminta
»
;
3°
Storia
dell
'
«
Aminta
»
)
,
tutto
cercò
,
a
tutto
badò
,
tranne
che
all
'
arte
dell
'
Aminta
,
alla
sua
formazione
,
anzi
alla
sua
elaborazione
,
fino
agli
ultimi
studi
,
volti
a
considerare
l
'
Aminta
in
sé
,
nel
suo
valore
poetico
,
ma
scissa
quasi
sempre
dalla
sua
vera
ragione
e
condizione
.
E
non
parliamo
dei
tradimenti
operati
dalla
critica
(
se
così
deve
chiamarsi
)
psicologica
e
romanticheggiante
che
,
al
solito
,
contagiò
l
'
esame
di
quella
«
favola
»
,
in
tutto
risolta
e
liberata
,
con
la
sovrapposizione
della
biografia
del
Tasso
.
L
'
arte
del
Tasso
fu
,
per
quella
cosiddetta
critica
,
un
pretesto
per
raccontare
,
complicandole
,
le
vicende
della
sua
vita
,
e
vederne
il
riflesso
,
per
l
'
appunto
,
in
una
delle
sue
opere
che
ne
restò
impeccabilmente
immune
.
I
critici
estetici
,
più
nel
vero
,
non
fecero
che
sviluppare
,
ma
spesso
astrattamente
,
più
con
sottigliezza
che
su
una
fidata
lettura
,
un
giudizio
del
De
Sanctis
,
sia
che
vi
si
accordassero
sia
che
se
ne
scostassero
;
un
giudizio
preparato
e
lavorato
nel
capitolo
,
sul
Tasso
,
della
sua
Storia
della
Letteratura
italiana
,
e
che
ribalena
nel
principio
del
capitolo
sul
Marino
.
«
Questo
mondo
lirico
,
che
nella
Gerusalemme
si
trova
mescolato
con
altri
elementi
,
apparisce
in
tutta
la
sua
purezza
idillica
ed
elegiaca
nell
'
Aminta
.
Ivi
il
Tasso
incontra
il
vero
mondo
del
suo
spirito
e
lo
conduce
a
grande
perfezione
»
.
Il
De
Sanctis
scoperse
questo
mondo
,
«
mescolato
con
altri
elementi
»
,
nella
Gerusalemme
.
Un
cenno
fuggevole
al
Rinaldo
,
un
insufficiente
cenno
alle
Rime
(
«
Delle
sue
rime
sopravvive
qualche
sonetto
e
qualche
canzone
,
effusione
di
anima
tenera
e
idillica
.
Invano
vi
cerco
i
vestigi
di
qualche
seria
passione
.
Repertorio
vecchio
di
concetti
e
di
forme
,
con
i
soliti
raffinamenti
»
,
e
seguitando
:
«
I
sentimenti
umani
sono
petrificati
nell
'
astrazione
di
mille
personificazioni
....
e
nel
gelo
di
dottrine
platoniche
e
di
forme
petrarchesche
»
)
,
rendono
chiaro
che
a
intendere
la
formazione
dell
'
Aminta
,
il
farsi
del
suo
linguaggio
,
era
al
tutto
fuori
strada
;
e
gli
mancava
il
gusto
per
queste
esplorazioni
.
Ma
dopo
?
Il
Carducci
perseguì
,
secondo
il
suo
costume
,
la
storia
(
storia
invero
tutta
esterna
)
della
particolare
forma
(
o
genere
)
di
quella
«
favola
pastorale
,
o
più
largamente
boschereccia
e
campestre
»
,
non
s
'
interessò
al
determinarsi
della
più
personale
forma
e
espressione
:
e
del
resto
mostrava
di
apprezzare
poco
le
Rime
,
e
di
conoscerle
ancora
meno
:
e
gli
sfuggì
il
problema
.
L
'
edizione
delle
Rime
del
Solerti
,
se
pure
incompiuta
e
imperfetta
,
ma
ragguardevole
,
non
decise
gli
studiosi
a
considerarle
altro
che
fuggevolmente
.
Il
Sainati
ne
cavò
una
sorta
di
commentario
perpetuo
,
ricco
di
osservazioni
e
notizie
puntuali
,
e
basta
.
Ma
il
suo
esame
né
lui
né
altri
poi
lo
approfondirono
.
Le
Rime
del
Tasso
rimasero
un
libro
non
letto
;
o
letto
e
frainteso
,
come
nel
caso
del
Donadoni
,
critico
per
eccellenza
impigliato
in
compromessi
psicologistici
,
impigliato
nelle
difficoltà
di
non
saper
risolvere
i
rapporti
tra
biografia
e
poesia
,
poetica
e
poesia
.
E
non
è
a
dire
che
quanti
si
misero
a
cercarle
in
seguito
fossero
trattenuti
dalle
imperfezioni
del
lavoro
del
Solerti
,
dal
suo
apparato
critico
difettoso
,
che
non
arriva
a
fare
storia
,
perché
non
chiarisce
i
tempi
e
i
passaggi
delle
varie
lezioni
,
e
insomma
i
tempi
del
linguaggio
poetico
delle
Rime
(
storia
che
noi
aspettiamo
da
un
giovane
a
ciò
preparato
,
il
Caretti
,
il
quale
darà
per
la
«
Crusca
»
la
novissima
edizione
delle
Rime
)
:
la
loro
attenzione
non
degnava
simili
squisitezze
.
La
ragione
è
invece
un
'
altra
.
Quei
distratti
lettori
,
per
dirla
semplicemente
,
non
s
'
accorsero
,
non
sospettarono
che
da
quelle
Rime
fosse
nata
l
'
Aminta
;
e
che
nasce
proprio
di
lì
il
suo
esprimersi
fuso
corrente
,
la
sua
metrica
,
la
sua
musica
,
anzi
ne
è
essa
,
sotto
questo
triplice
aspetto
,
la
conclusione
e
l
'
arricchimento
.
Mettiamoci
pure
l
'
influenza
di
quei
tanti
poeti
latini
e
cinquecentisti
che
scrissero
favole
pastorali
,
o
boscherecce
e
campestri
,
e
idilli
e
egloghe
;
e
mettiamoci
,
ancora
più
,
gli
elegiaci
latini
,
come
vide
il
Foscolo
.
Se
di
qui
viene
un
particolare
tono
e
impasto
,
e
un
'
inventività
melica
(
ben
altro
,
dunque
,
che
lo
studio
d
'
una
forma
e
d
'
un
genere
)
,
il
farsi
e
graduarsi
di
quel
tono
o
impasto
,
di
quella
inventività
melica
,
è
da
ricercare
appunto
nelle
Rime
del
Tasso
che
precedono
l
'
Aminta
(
ben
altro
,
dunque
,
che
«
portento
»
,
come
parve
al
Carducci
)
.
Ma
bisogna
distinguere
tra
rime
e
rime
.
Io
direi
che
l
'
avvio
alla
felicità
espressiva
dell
'
Aminta
,
nei
suoi
momenti
più
alti
,
è
da
ricercare
nei
madrigali
,
nello
stile
madrigalesco
;
la
durata
della
favola
,
nella
somma
delle
rime
nei
più
diversi
timbri
.
Il
Tasso
,
come
tutti
i
lirici
del
'500
,
pagò
prima
il
suo
tributo
al
bembismo
,
specie
nei
sonetti
,
in
quei
sonetti
di
una
tecnica
sempre
un
poco
«
scostata
»
,
che
ora
riflette
come
in
un
indifferente
specchio
l
'
autobiografismo
irrisolto
e
l
'
aggrava
,
ora
raggela
la
ineguale
lirica
occasionale
.
Per
questa
via
non
s
'
arriva
al
parlato
dell
'
Aminta
,
né
s
'
arriva
alle
risoluzioni
ariose
di
quel
parlato
,
né
,
tanto
meno
,
s
'
arriva
agl
'
intermedii
e
ai
cori
.
Ma
i
madrigali
sono
il
superamento
del
bembismo
(
crisi
per
saturazione
)
,
sebbene
di
pura
tecnica
,
e
perciò
stesso
affinamento
non
superamento
,
e
sostituiscono
al
rallentato
dei
sonetti
un
leggerissimo
fugato
,
con
un
gioco
di
esili
ritmi
e
un
contrappunto
labile
(
riscattano
però
anche
il
dato
biografico
in
fantasia
,
consumano
e
riconsumano
quel
dato
biografico
)
.
Ora
,
certe
parti
dell
'
Aminta
,
stando
tra
questi
due
opposti
modi
(
o
dizioni
)
,
e
rappresentandone
il
potente
accordo
,
sostengono
la
recitazione
dei
sonetti
con
un
accento
più
caldo
e
sciolto
,
il
fugato
dei
madrigali
con
un
respiro
poetico
.
Così
il
sofferto
si
cela
dietro
le
figure
e
i
miti
,
quasi
con
un
vivo
colore
di
perla
;
la
tecnica
,
né
tesa
né
sottesa
,
ha
una
sua
rozzezza
limpida
e
elegante
.
Fu
detto
che
l
'
Aminta
è
tutto
un
madrigale
;
io
direi
che
è
il
presentimento
della
favolosa
e
felice
opera
in
musica
settecentesca
e
,
come
in
essa
,
la
stessa
sensualità
è
felice
,
e
la
malinconia
è
felice
,
tutto
ombra
felice
.
Ma
c
'
è
un
'
altra
qualità
intrinseca
che
l
'
avvicina
alla
nominata
opera
in
musica
(
e
si
pensi
alla
musica
più
che
alle
parole
)
:
quello
sciogliersi
del
recitativo
e
del
parlato
in
canto
,
quel
salire
gradatamente
di
tono
fino
al
canto
.
Già
il
recitativo
,
il
parlato
,
porta
sempre
nell
'
Aminta
un
'
aria
di
canto
,
non
è
mai
prosastico
;
ed
è
quella
motivazione
del
recitativo
a
colorire
il
canto
,
direi
ad
appassionarlo
.
Uno
stile
madrigalesco
,
ma
nutrito
,
inebriato
.
Il
De
Sanctis
disse
che
l
'
interesse
dell
'
Aminta
«
è
tutto
nella
narrazione
,
sviluppata
liricamente
»
.
Avvicinate
i
due
termini
,
narrazione
,
lirica
,
e
dite
piuttosto
che
,
più
che
narrare
e
rinarrare
,
nell
'
Aminta
si
modula
e
rimodula
,
con
una
dolce
sazietà
.
Di
atto
in
atto
,
certi
temi
sono
riproposti
con
una
sempre
maggiore
affettuosità
d
'
intonazione
,
si
riprovano
in
tutta
la
loro
capacità
emotiva
.
Cosicché
se
le
parti
narrative
generano
ognuna
modi
più
liberi
e
sciolti
,
nella
stessa
logica
degli
atti
,
e
della
favola
intera
,
accadono
queste
fortunate
risollevazioni
.
A
posta
forse
il
Tasso
cominciò
l
'
Aminta
con
un
«
prologo
»
,
e
la
compì
con
un
«
epilogo
»
,
come
in
due
direzioni
distanti
e
congiunte
,
due
segni
,
due
simboli
;
quello
in
tutti
endecasillabi
,
questo
in
strofe
liriche
.
E
secondo
la
stessa
logica
finì
gli
atti
con
i
cori
e
gli
intermedii
,
cioè
con
strofe
liriche
.
Questi
cori
,
questi
intermedii
,
e
più
le
parti
liriche
portate
in
cima
dal
parlato
,
sono
il
fiore
della
poesia
tassesca
.
Nascono
insieme
da
ispirazione
e
da
un
mestiere
stragrande
.
Varrebbe
la
pena
farne
la
storia
.
Una
,
tutta
presente
,
toccante
,
e
vi
abbiamo
accennato
parlando
di
quello
stile
madrigalesco
motivato
dal
recitativo
,
un
'
altra
,
più
lontana
,
più
lunga
,
e
bisognerebbe
,
per
illustrarla
,
risalire
alle
Rime
e
alla
loro
formazione
lentissima
.
Per
far
questo
,
s
'
aspetta
che
il
Caretti
ci
abbia
dato
il
suo
studio
delle
lezioni
varianti
.
StampaQuotidiana ,
Mettiamola
subito
in
soldoni
:
che
furbo
,
questo
Arthur
Miller
.
Magari
senza
neanche
sospettarlo
,
che
volpone
.
Ecco
che
in
Uno
sguardo
dal
ponte
,
spettacolo
a
gran
successo
della
compagnia
Morelli
-
Stoppa
con
la
regia
di
Luchino
Visconti
,
egli
ci
presenta
un
dramma
verità
,
quasi
rusticano
nei
personaggi
,
non
privo
,
persino
di
folclore
;
un
dramma
a
grossi
effetti
,
abile
,
serrato
,
teso
,
secondo
i
più
collaudati
moduli
del
grosso
mestiere
di
Broadway
e
della
tecnica
di
Hollywood
;
e
fra
l
'
uno
e
l
'
altro
spigolo
d
'
una
situazione
scabrosa
e
teatralissima
,
insinua
motivi
alieni
,
di
tragico
moralismo
,
di
,
preoccupata
socialità
e
di
psicanalisi
.
Poteva
mancare
,
la
psicanalisi
?
Non
poteva
mancare
.
Tali
inserti
amplificatori
Miller
li
inette
in
bocca
a
una
specie
di
personaggio
-
coro
,
l
'
italo
-
americano
avvocato
Alfieri
che
commenta
la
vicenda
e
a
un
certo
punto
vi
interviene
;
e
ne
fa
la
materia
d
'
una
prefazione
,
a
questo
e
a
un
altro
dramma
in
un
atto
,
Ricordo
di
due
lunedì
,
recentemente
raccolti
in
volume
:
una
prefazione
in
cui
si
parla
di
«
mito
greco
»
,
di
«
fato
»
,
di
«
mistero
»
,
ma
con
una
sorta
di
patetica
perplessità
,
che
sa
lontano
un
miglio
di
assimilazioni
culturali
non
differenziate
,
proprio
da
autodidatta
;
e
che
,
dunque
,
non
esce
dal
generico
.
Perché
,
siamo
giusti
,
cos
'
è
Uno
sguardo
dal
ponte
se
non
un
grosso
fatto
di
cronaca
,
magistralmente
raccontato
?
È
inutile
che
l
'
autore
,
tramite
il
personaggio
-
coro
,
cerchi
di
iniettarvi
significati
più
ampi
:
il
personaggio
-
coro
qui
,
appartiene
alla
categoria
stilistica
delle
«
voci
fuori
campo
»
del
cinema
,
non
esce
da
quelle
funzioni
,
esclusivamente
pratiche
,
di
logica
narrativa
.
Per
dirla
dura
dura
,
ecco
qua
:
non
si
può
fare
il
Brecht
quando
non
lo
si
è
.
La
storia
di
Eddie
Carbone
,
scaricatore
italiano
del
porto
di
Nuova
York
,
immigrato
siciliano
che
vive
nel
quartiere
di
Brooklyn
con
la
moglie
e
una
nipote
,
della
quale
è
oscuramente
innamorato
,
va
benissimo
,
indifferentemente
,
per
una
cronaca
in
rotocalco
(
«
Un
fatto
che
vi
farà
piangere
»
)
e
per
un
ruvido
dramma
verista
come
questo
.
Eddie
Carbone
accoglie
in
casa
due
compaesani
,
due
cugini
della
moglie
,
appena
arrivati
dalla
Sicilia
,
due
immigrati
clandestini
;
così
facendo
,
li
sottrae
al
controllo
dell
'
ufficio
Emigrazione
ed
essi
possono
lavorare
indisturbati
nel
porto
,
con
lui
.
Ma
il
più
giovane
dei
due
,
Rodolfo
,
che
è
scapolo
ed
è
un
bel
ragazzo
biondo
,
melodico
e
discretamente
fine
,
si
innamora
della
ragazza
,
Caterina
,
e
ne
è
riamato
.
Eddie
spasima
d
'
una
gelosia
della
quale
non
capisce
la
vera
natura
;
tenta
di
tutto
per
separare
i
due
,
a
un
certo
punto
insinua
persino
che
il
ragazzo
non
sia
normale
.
Poi
,
quando
vede
che
non
c
'
è
più
niente
da
fare
,
si
decide
a
compiere
l
'
azione
indegna
:
denuncia
la
presenza
dei
due
immigrati
clandestini
alle
autorità
.
Rodolfo
e
Marco
vengono
dunque
arrestati
,
ma
mentre
il
primo
sposando
Caterina
regolerà
la
propria
posizione
e
potrà
tranquillamente
restarsene
negli
Stati
Uniti
,
il
secondo
,
che
ha
in
Sicilia
moglie
e
figli
,
dovrà
essere
rimpatriato
.
Prima
però
si
vendica
,
uccidendo
con
una
coltellata
,
al
culmine
d
'
una
specie
di
duello
rusticano
,
nella
stretta
strada
di
Brooklyn
,
fra
una
cerchia
di
spettatori
,
uomini
e
donne
,
neri
,
ammutoliti
e
oscuramente
solidali
,
il
delatore
.
Tutto
ciò
non
va
assolutamente
al
di
là
di
quelli
che
sono
i
limiti
naturali
di
un
siffatto
aneddoto
drammatico
.
C
'
è
efficacia
,
linguaggio
preciso
,
il
personaggio
di
Eddie
ha
una
sua
scontrosa
evidenza
teatrale
;
ma
non
altro
.
Nulla
autorizza
a
parlare
di
«
tragedia
sociale
»
,
di
«
fato
»
,
di
«
mito
greco
»
.
E
a
voler
proprio
guardar
le
bucce
,
altro
che
trovare
significati
;
dovremmo
aggiungere
che
questo
mondo
di
immigrati
dell
'
Italia
del
Sud
nei
quartieri
popolari
di
Nuova
York
è
visto
in
modo
assai
convenzionale
,
i
personaggi
sono
appena
segnati
,
d
'
una
elementarità
che
,
lungi
dall
'
essere
tragica
,
rischia
di
parere
banale
.
I
motivi
poi
di
richiamo
ai
famosi
processi
delle
streghe
,
all
'
intolleranza
e
alla
discriminazione
del
maccartismo
di
cui
anche
Miller
è
stato
vittima
,
bisogna
proprio
andarli
a
tirare
per
i
capelli
,
per
portarli
in
campo
.
Ma
Luchino
Visconti
ha
colto
un
'
altra
volta
l
'
occasione
Miller
per
creare
un
grande
spettacolo
;
ed
è
ciò
che
giustifica
la
scelta
del
testo
e
ne
spiega
il
successo
di
pubblico
.
Nella
scena
ideata
da
Mario
Garbuglia
,
realistica
e
insieme
allusiva
,
che
evoca
in
anodo
suggestivo
(
peccato
che
,
qui
a
Milano
,
la
prospettiva
sia
stata
un
po
'
sacrificata
dall
'
angustia
del
boccascena
)
l
'
ambiente
di
Brooklyn
e
del
porto
,
i
personaggi
si
muovono
con
una
assai
plausibile
naturalezza
espressiva
.
Paolo
Stoppa
è
un
Eddie
Carbone
perfetto
,
così
drammaticamente
caratterizzato
,
brusco
e
angosciato
.
Rina
Morelli
dà
alla
moglie
di
Eddie
quella
dolorosa
dolcezza
che
fece
un
personaggio
indimenticabile
della
moglie
di
Willy
Loman
,
il
commesso
viaggiatore
.
Sergio
Fantoni
e
Corrado
Pani
sono
seccamente
efficaci
nelle
parti
dei
due
immigrati
clandestini
e
,
con
Stoppa
,
danno
al
fosco
dramma
una
coloritura
meridionale
(
questa
sì
,
che
sa
d
'
antico
fato
)
,
con
quella
parlata
alla
siciliana
,
che
è
una
trovata
registica
.
Ilaria
Occhini
è
semplice
e
fresca
.
E
poi
c
'
è
lo
sfondo
,
le
lamentazioni
finali
,
gli
effetti
luce
,
la
colonna
sonora
;
il
personaggio
-
coro
:
l
'
abile
Marcello
Giorda
.
Una
scorpacciata
:
ma
d
'
alta
cucina
teatrale
.
StampaQuotidiana ,
Nessun
conforto
maggiore
,
nessun
maggior
premio
a
questo
nostro
giornale
,
il
quale
vive
di
immutabile
passione
italiana
,
che
quello
di
potersi
riconoscere
interprete
del
vecchio
Piemonte
in
tutte
le
grandi
ore
della
Patria
.
Né
mai
ci
parve
di
intendere
che
cosa
dovette
essere
per
i
primi
scrittori
della
Gazzetta
del
Popolo
l
'
ardente
partecipazione
al
prodigio
del
Risorgimento
,
come
quando
nel
1915
,
nel
1917
,
nel
1918
,
il
calunniato
e
sobillato
Piemonte
vibrò
ed
operò
,
nella
speranza
,
nell
'
angoscia
,
nella
gioia
nella
fede
sempre
con
l
'
animo
stesso
che
in
queste
pagine
vibrava
.
E
più
tardi
,
quando
,
in
tempi
di
diffusa
viltà
,
Gabriele
d
'
Annunzio
confidato
il
suo
luminoso
programma
al
nostro
giornale
ed
a
Benito
Mussolini
andò
a
Fiume
e
salvò
il
confine
orientale
,
l
'
entusiastica
solidarietà
della
Gazzetta
del
Popolo
con
il
Poeta
mosse
,
fra
la
gente
subalpina
,
la
più
profonda
passione
.
Ora
poi
i
fatti
stanno
dicendo
ed
il
popolo
sta
entusiasticamente
proclamando
come
fossimo
nel
vero
quando
,
dovendosi
ridecidere
il
destino
d
'
Italia
salutammo
in
Mussolini
la
decisione
felice
;
in
Mussolini
capo
ed
arbitro
:
non
in
coloro
che
farneticavano
di
servirsi
di
lui
,
in
sott
'
ordine
,
per
contrabbandare
la
vecchia
rovina
.
E
se
allora
,
come
già
contro
la
guerra
e
contro
la
vittoria
cominciarono
ad
insinuarsi
dagli
spodestati
i
dubbi
,
le
malignazioni
,
le
sommesse
profezie
di
rivincita
e
di
vendetta
,
Torino
espresse
il
suo
cuore
a
Mussolini
nel
memorabile
ottobre
,
e
dette
al
risanamento
tutte
le
sue
formidabili
energie
.
Se
infine
,
dopo
Matteotti
,
in
mezzo
alla
frenetica
sobillazione
dell
'
odio
,
toccò
nuovamente
alla
Gazzetta
del
Popolo
l
'
arduo
onore
di
riaffermare
più
necessaria
e
più
insospettabile
che
mai
la
gigantesca
opera
del
Capo
,
ecco
che
nuovamente
il
popolo
piemontese
in
questi
giorni
riprende
quel
nostro
linguaggio
,
rammenta
gli
inganni
contro
cui
lo
mettemmo
in
guardia
,
festeggia
l
'
accertato
avvento
di
un
ordine
migliore
,
si
compiace
di
aver
dato
tutta
la
sua
attività
,
la
sua
serietà
,
la
sua
rettitudine
alla
generale
riscossa
nazionale
.
Come
la
vittoria
fu
conquistata
due
volte
,
così
due
volte
volle
il
destino
che
l
'
Italia
avesse
la
certezza
di
essere
salvata
da
Mussolini
:
nel
1922
e
nel
1924
.
È
di
ciò
,
sopratutto
,
che
le
manifestazioni
di
questi
giorni
dànno
atto
al
Presidente
.
Non
scriviamo
apologie
.
Elenchiamo
fatti
e
stati
d
'
animo
.
Di
leggende
inique
sul
Piemonte
,
molte
ne
sono
cadute
ed
altre
ne
cadono
.
Ora
si
vede
con
quanta
superficialità
là
dove
non
era
ostinato
calcolo
si
volesse
prospettare
un
Piemonte
ad
immagine
e
somiglianza
di
alcune
mediocrità
politiche
incapaci
di
contatto
,
nelle
ore
insigni
,
con
l
'
anima
nazionale
.
Rimane
verissimo
che
il
Piemonte
non
è
un
popolo
di
rètori
.
Niente
retorica
,
dunque
,
nelle
accoglienze
di
Asti
e
dei
colli
monferrini
all
'
uomo
che
si
adegua
alle
ragioni
vitali
del
Paese
,
in
anni
asperrimi
.
Niente
retorica
,
oggi
,
nel
fervore
dell
'
aurea
Vercelli
,
che
pure
negli
anni
rossi
custodi
e
celebrò
il
valore
perpetuandolo
contro
le
aberrazioni
antinazionali
nei
superstiti
ed
incorrotti
artefici
della
Vittoria
.
Niente
retorica
,
oggi
,
a
Casale
Monferrato
memore
dell
'
eccidio
dei
tamburini
sardi
e
dell
'
attentato
all
'
on
.
Devecchi
;
niente
retorica
nel
plebiscito
mussoliniano
;
così
come
non
era
retorica
quella
dei
credenti
nella
vittoria
anche
se
gli
esegeti
della
abilità
politica
-
corruttrice
e
patteggiatrice
,
all
'
interno
ed
all
'
estero
irridevano
al
«
mito
di
Trieste
»
.
Liberi
da
ogni
altro
impegno
che
non
sia
quello
di
servire
il
popolo
italiano
;
convinti
di
militare
,
militando
per
Mussolini
,
per
la
Patria
;
immuni
da
ogni
e
qualsiasi
pretesa
di
infallibilità
,
siamo
fieri
di
sentirci
dire
oggi
da
voci
innumerevoli
e
da
fatti
eloquentissimi
che
non
ci
siamo
sbagliati
.
Unico
nostro
orgoglio
è
che
il
destino
continui
a
commettere
a
queste
pagine
il
privilegio
di
precorrere
e
di
condividere
i
più
decisivi
atteggiamenti
popolari
a
servizio
della
grande
Patria
.
Così
oggi
riteniamo
di
dover
portare
ogni
nostra
modesta
fatica
alla
realizzazione
di
quella
compiuta
e
feconda
armonia
tra
Stato
nazionale
e
sindacalismo
operaio
,
che
non
chiede
abdicazioni
e
generalizzazioni
politiche
,
ed
è
la
conditio
sine
qua
non
per
l
'
ascesa
del
lavoro
.
.
In
vista
di
tale
realizzazione
a
cui
tende
indubbiamente
l
'
animo
dell
'
onorevole
Mussolini
il
possibile
contributo
del
Piemonte
è
da
considerare
con
la
più
grande
attenzione
e
con
cordiale
fiducia
.
Terremo
a
nostro
altissimo
onore
non
meno
che
quando
si
trattò
di
protendersi
totalmente
verso
la
vittoria
e
verso
la
riscossa
nazionale
quanto
ci
sarà
possibile
fare
a
servizio
di
questo
sforzo
esemplare
di
civiltà
,
di
giustizia
e
di
pace
.
Le
officine
del
Piemonte
contengono
imponenti
energie
che
meritano
dallo
Stato
ogni
considerazione
ed
ogni
simpatia
.
Il
fenomeno
sindacale
è
fenomeno
di
primo
piano
nel
tempo
nostro
.
E
sarà
per
l
'
Italia
un
glorioso
primato
quello
che
il
Governo
di
Mussolini
fa
diventare
possibile
e
forse
ineluttabile
.
Il
ciclo
del
risanamento
,
della
coordinazione
e
della
pacificazione
continua
,
e
non
s
'
arresta
.
«
L
'
Italia
di
tutti
gli
italiani
»
,
che
gli
accaniti
suoi
avversari
riducevano
ad
un
grido
d
'
odio
e
di
impotenza
.
Mussolini
la
crea
,
la
plasma
,
e
la
avvia
per
il
mondo
.