StampaQuotidiana ,
Il
ritorno
di
Eduardo
De
Filippo
,
ieri
sera
,
all
'
Odeon
,
non
poteva
essere
più
allegramente
vittorioso
.
Eccolo
al
comando
di
quella
«
scarpettiana
»
,
già
arrivata
,
se
non
andiamo
errati
,
al
terzo
anno
di
vita
;
e
interprete
di
una
delle
più
meccanicamente
spassose
farse
di
Eduardo
Scarpetta
,
quel
Medico
dei
pazzi
che
non
è
stato
mai
rappresentato
a
Milano
e
che
,
pur
vivendo
per
tre
atti
su
una
trovata
unica
,
ripetuta
in
una
serie
di
situazioni
consimili
,
ha
una
sua
irresistibile
forza
comica
.
Si
sa
come
Eduardo
Scarpetta
,
grande
attore
comico
e
,
in
Miseria
e
nobiltà
,
che
è
il
suo
capolavoro
,
notevolissimo
commediografo
,
fabbricava
i
copioni
di
quei
suoi
facili
successi
al
«
San
Carlino
»
che
egli
aveva
fatto
rivivere
:
prendeva
le
pochades
e
i
vaudevilles
francesi
e
li
napoletanizzava
,
tenendo
buona
la
trama
(
vedi
la
famosa
Na
santarella
,
da
Ma
'
selle
Nitouche
)
e
l
'
ossatura
generale
,
ma
introducendovi
una
serie
di
spunti
,
di
invenzioni
e
di
personaggi
nuovi
;
e
soprattutto
,
facendo
girare
tutto
attorno
a
quel
suo
eterno
lepido
protagonista
,
Don
Felice
Sciosciammocca
,
che
sostituì
efficacemente
la
maschera
di
Pulcinella
.
Erano
commedie
costruite
su
misura
per
quella
sua
comicità
estemporanea
e
violentemente
mimica
,
testi
che
non
vanno
dunque
giudicati
disgiunti
da
una
interpretazione
.
Eduardo
,
rinnova
gli
«
exploits
»
interpretativi
di
Scarpetta
,
rendendo
vivo
e
divertente
un
copione
che
di
per
sé
ha
ben
poco
.
Qui
Felice
Sciosciammocca
è
un
provinciale
,
venuto
a
Napoli
con
la
moglie
e
la
figliastra
,
per
incontrarsi
con
un
nipote
che
egli
ha
mantenuto
per
anni
agli
studi
.
Ora
il
giovanotto
,
scapestrato
,
giocatore
e
gaudente
,
gli
ha
dato
a
intendere
d
'
essersi
laureato
e
,
specializzato
in
psichiatria
,
d
'
esercitare
la
professione
,
dirigendo
una
clinica
per
alienati
.
La
trovata
consiste
in
questo
:
che
il
giovanotto
spaccia
per
casa
di
salute
dei
pazzi
una
tranquilla
pensione
nella
quale
vive
un
suo
amico
e
la
comicità
deriva
dalle
situazioni
in
cui
viene
a
trovarsi
il
candido
Don
Felice
che
scambia
per
più
o
meno
pericolosi
malati
di
mente
gli
esagitati
ospiti
della
pensione
stessa
.
È
facile
immaginarsi
le
risorse
che
un
attore
come
Eduardo
può
cavare
da
una
serie
di
scontri
del
genere
;
anche
perché
non
si
direbbe
proprio
,
a
giudicare
da
queste
scene
,
che
i
clienti
della
pensione
abbiano
,
come
si
dice
,
tutte
le
rotelle
a
posto
.
Ecco
dunque
un
Eduardo
col
parrucchino
che
gli
piove
sulle
sopracciglia
,
un
volto
cavo
e
spaurito
,
una
giacca
lunga
come
la
fame
,
un
grosso
ombrello
appeso
al
braccio
;
e
quei
suoi
toni
di
terrore
,
di
stupore
,
di
angoscia
esilarante
,
quelle
sue
trovate
mimiche
;
e
,
nel
nobile
istrionismo
di
una
parte
del
genere
,
quel
suo
non
passar
mai
la
misura
.
Irresistibile
e
applauditissimo
.
Come
sono
stati
applauditissimi
intorno
a
lui
il
bravissimo
Franco
Sportelli
,
dalla
comicità
spiritata
e
nervosa
,
Pupella
Maggio
,
colorita
caratterista
,
Ugo
D
'
Alessio
,
Pietro
De
Vico
,
ottima
«
spalla
»
,
Pietro
Carloni
,
Anna
Maria
Ackerman
,
quel
tipico
interprete
napoletano
,
specializzato
in
buffe
e
corpulente
macchiette
,
che
è
Salvatore
Cafiero
,
e
tutti
gli
altri
.
StampaQuotidiana ,
Se
riandiamo
col
pensiero
a
questo
primo
triennio
mussoliniano
,
quale
lo
abbiamo
ardentemente
vissuto
nella
dura
e
immacolata
posizione
di
battaglia
di
cui
ci
spettavano
l
'
onore
ed
il
rischio
,
possiamo
considerare
con
orgoglio
la
situazione
politica
che
si
è
venuta
determinando
tra
le
popolazioni
subalpine
a
cui
più
direttamente
parliamo
.
Per
quanto
ormai
possano
dispensarcene
le
accoglienze
che
Mussolini
ha
trovato
recentemente
in
Piemonte
,
ed
i
risultati
della
sottoscrizione
del
dollaro
,
quale
noi
l
'
abbiamo
condotta
ed
animata
,
dobbiamo
rendere
giustizia
,
ancora
una
volta
,
a
questa
sana
e
possente
regione
dove
,
innegabilmente
,
pure
quando
le
apparenze
erano
scarse
si
andava
affondando
e
diffondendo
di
zolla
in
zolla
l
'
humus
rigeneratore
.
Poche
regioni
più
che
il
Piemonte
sono
ardue
ad
intendersi
,
in
certi
stati
d
'
animo
.
Esso
si
rifiuta
ai
superficiali
ed
ai
profani
.
Concede
la
sua
confidenza
soltanto
attraverso
lunga
prova
e
lunga
consuetudine
.
«
Gente
fredda
»
dicono
i
presuntuosi
.
«
Gente
seria
»
dice
con
l
'
intuizione
dei
privilegiati
Mussolini
.
L
'
opera
del
giolittismo
,
lunga
,
gelida
,
corrompitrice
;
la
disordinata
baldanza
del
sovversivismo
ubriacato
dal
coraggio
dell
'
impunità
;
i
luoghi
comuni
che
generalizzavano
episodi
particolari
:
tutto
,
in
certi
anni
,
concorse
a
determinare
,
intorno
al
Piemonte
,
un
concetto
di
maniera
,
una
specie
di
zona
franca
dell
'
egoismo
e
dell
'
indifferenza
.
L
'
innata
riservatezza
della
grande
massa
della
popolazione
,
poco
parolaia
,
punto
retorica
,
non
si
curò
troppo
di
polemizzare
in
proposito
,
ma
l
'
amarezza
dell
'
ingiustizia
non
affievolì
l
'
intimo
,
onesto
fervore
della
buona
razza
.
Diffidenze
suscitate
da
qualche
uomo
o
da
qualche
fatto
non
indussero
mai
ad
avventate
conclusioni
generali
.
Senonché
tutto
concorse
a
determinare
false
apparenze
,
così
durante
il
redentore
triennio
mussoliniano
come
già
durante
la
guerra
.
Gli
è
che
queste
false
apparenze
erano
adoperate
non
tanto
nei
giudizi
esterni
verso
il
Piemonte
,
quanto
nel
Piemonte
stesso
,
da
scaltre
minoranze
,
per
millantare
,
come
forza
propria
,
alcuni
presunti
caratteri
negativi
.
Durante
la
guerra
,
nel
fosco
1917
,
a
chi
aveva
l
'
onore
di
portare
di
trincea
in
trincea
contro
gli
austriaci
l
'
intima
religione
della
Gazzetta
del
Popolo
,
Delfino
Orsi
,
che
allora
dirigeva
questo
giornale
,
ed
era
rimasto
all
'
arduo
comando
col
suo
patriottismo
intemerato
,
così
scriveva
amaramente
:
«
Beati
voi
,
che
potete
correre
pericoli
più
onorevoli
»
.
Ma
non
per
questo
s
'
attenuava
la
sua
fede
:
ché
anzi
chiamava
a
raccolta
«
per
l
'
ultimo
sforzo
»
e
non
invano
chiamava
tutta
Torino
a
giurare
:
«
Vinceremo
»
.
E
tutta
Torino
fu
una
onda
sola
.
Il
dopo
guerra
della
viltà
ricercò
anche
qui
le
radici
di
male
piante
che
la
vittoria
aveva
travolte
;
le
ricercò
per
suggerne
i
perfidi
succhi
.
Ma
,
malgrado
il
giolittismo
ed
i
suoi
derivati
,
malgrado
la
facile
sobillazione
di
masse
inquiete
e
disorientate
,
il
Piemonte
sentì
,
come
niun
'
altra
terra
forse
,
che
occorreva
cambiare
:
e
vi
erano
segni
confortanti
come
quelli
del
liberalismo
e
del
combattentismo
novarese
.
Sentì
che
occorreva
,
sopratutto
,
un
uomo
.
E
quando
l
'
uomo
apparve
,
assai
più
vasto
negli
spiriti
che
nelle
piazze
fu
il
movimento
di
fiducia
e
di
consenso
.
Ad
ostacolarne
l
'
estrinsecazione
,
dettero
opera
i
detentori
di
posizioni
che
vacillavano
.
Ed
ogni
errore
,
anche
errore
di
parte
,
fascista
in
quella
prima
improvvisazione
di
uomini
e
di
uffici
,
fu
sfruttato
per
raffreddare
l
'
ambiente
e
scaldar
l
'
illusione
degli
assurdi
ritorni
.
Ma
a
mano
a
mano
che
le
artifiziose
sovrastrutture
si
sono
sgretolate
sotto
la
incoercibile
azione
della
realtà
,
il
Piemonte
è
diventato
tutto
un
irrompere
di
fiumi
allo
squaglio
delle
grandi
nevi
.
Ne
abbiamo
avuta
la
sensazione
precisa
,
durante
questo
triennio
giornalistico
a
cui
tanto
dovrà
attingere
la
storia
della
nuova
e
più
grande
Italia
:
la
diffidenza
cedeva
terreno
lentamente
,
tacitamente
,
ma
costantemente
;
e
s
'
afforzava
e
si
affinava
l
'
ardimento
dei
credenti
.
Ogni
giorno
a
questo
giornale
,
che
teneva
a
suo
onore
gridar
più
forte
il
verbo
della
passione
italiana
,
quanto
più
torbido
era
il
tempo
e
più
restii
gli
ascoltatori
lusingati
da
più
facili
allettamenti
,
ogni
giorno
la
rispondenza
all
'
appello
giunse
più
vibrante
e
più
franca
.
L
'
ondata
matteottiana
parve
isolarci
per
un
momento
nella
nostra
fedeltà
:
ma
sotto
lo
scomposto
chiasso
e
le
perfide
speranze
ritrovammo
poi
intatte
le
basi
del
patriottismo
e
della
rettitudine
subalpina
.
La
grande
industria
,
che
usciva
da
prove
tremende
,
ritrovava
finalmente
nelle
nuove
forme
di
vita
nazionale
le
sue
possibilità
ed
i
diritti
della
produzione
.
Le
maestranze
,
pur
non
adeguatamente
avvicinate
dagli
iniziatori
della
organizzazione
devota
alla
Patria
,
accettavano
mirabilmente
,
come
un
bene
proprio
,
anziché
come
un
sacrificio
,
la
disciplina
e
l
'
ordine
.
L
'
industria
piemontese
poteva
così
,
vittoriosamente
,
fare
il
balzo
verso
il
primo
posto
.
Crisi
locali
ritardarono
nelle
provincie
il
consolidamento
estensivo
del
fascismo
,
ma
quanto
più
questo
si
identificava
con
la
Nazione
,
tanto
più
il
Piemonte
viveva
con
spirito
fascista
,
anche
se
non
lo
diceva
.
Sapendole
volgere
allo
scopo
,
vi
sono
nel
carattere
piemontese
le
qualità
più
idonee
all
'
ordine
nuovo
:
serietà
,
lavoro
,
gerarchia
.
L
'
assimilazione
fascista
è
un
fatto
naturale
,
ritardato
,
qua
e
là
,
da
alcuni
degli
elementi
e
delle
circostanze
che
siamo
andati
accennando
.
È
bastato
qualche
mese
di
vigile
lavoro
dell
'
on
.
Gianferrari
per
volgere
a
buon
fine
tante
situazioni
locali
sfavorevoli
o
intricate
.
In
provincia
di
Alessandria
il
fascismo
ha
ripreso
tutte
le
sue
posizioni
;
il
dissidentismo
che
pure
alimentava
tante
illusioni
ostili
è
polverizzato
;
le
resistenze
di
varia
specie
sono
o
capovolte
o
mortificate
.
Da
Cuneo
le
notizie
sono
recenti
e
già
le
abbiamo
ricollegate
-
a
scanso
di
facili
svalutazioni
con
la
manifestazione
di
quella
provincia
per
l
'
interventismo
e
per
l
'
antidisfattismo
della
Gazzetta
,
nel
1919
.
Nel
Novarese
si
ricompone
finalmente
quella
magnifica
e
poderosa
solidarietà
patriottica
che
non
soffre
antagonismi
di
tessere
e
che
alla
famosa
«
provincia
rossa
»
sovrappose
la
gloria
del
tricolore
.
A
Torino
molti
valori
affiorano
,
molte
energie
si
raccordano
;
cómpiti
delicati
,
ma
attraenti
si
offrono
e
si
impongono
al
fascismo
.
L
'
on
.
Rossoni
potrà
pertanto
compiacersi
,
nell
'
attuale
suo
soggiorno
,
dei
risultati
raggiunti
ed
anche
più
delle
possibilità
imminenti
.
L
'
eco
della
trionfale
significativa
campagna
del
dollaro
è
fervida
,
insistente
,
dovunque
.
Se
il
Piemonte
,
pur
votatosi
per
primo
agli
ardimenti
della
guerra
nazionale
,
rifugge
da
inquiete
avventure
,
ben
intende
e
ben
accetta
,
nella
definizione
datane
dal
presidente
del
Consiglio
ad
un
giornale
americano
,
l
'
imperialismo
che
è
norma
di
vita
per
un
maggior
domani
,
maggiore
in
ogni
elemento
di
pensiero
e
di
azione
.
Talché
il
vecchio
giornale
,
che
tenne
fede
alle
idealità
,
anche
quando
delle
idealità
si
sorrideva
come
di
fantasticherie
,
mentre
esse
recavano
in
grembo
la
realtà
provvidenziale
;
il
vecchio
giornale
subalpino
che
non
si
distrasse
dalla
méta
durante
lo
scomposto
arrancare
post
-
matteottiano
,
ed
anche
nei
giorni
più
ardui
,
come
aveva
detto
ai
caporettisti
:
«
L
'
Italia
vincerà
»
,
aveva
soggiunto
più
tardi
:
«
Il
Piemonte
sarà
con
voi
,
on
.
Mussolini
»
,
dice
adesso
,
al
,
titano
che
spiana
i
secoli
alla
progrediente
Patria
:
«
È
con
voi
»
,
con
la
fedeltà
che
affretta
ogni
giustizia
.
StampaQuotidiana ,
L
'
inaugurazione
del
rinnovato
Gerolamo
con
il
«
recital
»
di
Eduardo
costituisce
un
fatto
importante
della
vita
culturale
milanese
;
non
soltanto
perché
quella
inaugurazione
ieri
sera
è
una
ribalta
di
più
,
di
cui
può
disporre
la
prosa
;
ma
perché
,
aprendo
un
nuovo
particolarissimo
teatro
,
la
città
compie
,
nel
settore
dello
spettacolo
,
un
deciso
balzo
in
avanti
mettendosi
sul
piano
di
alcune
grandi
capitali
europee
che
sono
anche
delle
capitali
del
teatro
;
e
nelle
quali
lo
spiraglio
aperto
nel
muro
del
conformismo
dalle
piccole
scene
,
dai
teatrini
finisce
col
costituire
una
grossa
breccia
,
dalla
quale
spiare
sull
'
avvenire
del
teatro
,
sui
suoi
vari
e
imprevedibili
modi
d
'
essere
per
sé
e
per
il
pubblico
.
I
)
a
quelle
aperture
viene
di
solito
un
vento
aspro
e
pungente
,
che
rovescia
i
gusti
e
le
mode
,
manda
all
'
aria
le
abitudini
,
sciorina
i
pigri
cortinaggi
che
difendono
la
convenzione
e
ne
scuote
la
polvere
.
Che
tutto
ciò
avvenga
poi
in
un
teatro
che
,
pur
splendidamente
rinnovato
e
restaurato
è
sempre
il
vecchio
Gerolamo
,
cioè
l
'
antico
«
Fiando
»
(
il
teatro
,
come
si
sa
,
fu
inaugurato
nel
1868
,
in
sostituzione
appunto
del
«
Fiando
»
che
era
ospitato
,
nella
stessa
piazza
Beccaria
,
nell
'
oratorio
del
Bellarmino
)
,
è
un
fatto
poetico
,
oltre
che
storicamente
importante
.
Ieri
sera
,
un
fascino
sottile
,
una
sorta
di
felicità
antica
,
emanava
dal
boccascena
del
teatrino
mengoniano
,
dall
'
alta
cortina
dell
'
«
arlecchino
»
,
rosso
come
il
sipario
,
da
quei
palchetti
pure
rivestiti
di
rosso
e
gremiti
di
pubblico
.
Paolo
Grassi
,
prima
dell
'
inizio
dello
spettacolo
,
ha
pronunciato
brevi
parole
,
illustrando
le
ragioni
,
le
aspirazioni
e
le
speranze
dell
'
iniziativa
che
vuole
conservare
l
'
illustre
teatrino
alla
città
;
poi
,
Tino
Carraro
ha
letto
alcune
squisite
pagine
di
Carlo
Cattaneo
su
Milano
e
la
Lombardia
.
Si
è
affermata
così
la
continuità
della
Milano
attuale
con
la
Milano
del
Risorgimento
nella
piccola
sala
in
cui
i
celebri
marionettisti
Colla
hanno
visto
passare
generazioni
di
bambini
milanesi
;
e
sulla
minuscola
ribalta
che
serviva
a
Gerolamo
,
nello
spettacolo
del
suo
centenario
,
per
ambientarvi
quella
sua
grande
,
allegra
e
patetica
cavalcata
attraverso
le
guerre
di
indipendenza
,
dalle
Cinque
Giornate
del
'48
al
Piave
.
Il
«
recital
»
di
Eduardo
si
è
articolato
su
due
parti
,
che
traevano
dalla
loro
stessa
diversità
,
integrandosi
a
vicenda
,
un
loro
significato
:
nella
prima
,
intitolata
Opera
del
Pupo
,
l
'
attore
,
ha
fatto
un
commosso
racconto
di
sé
,
della
sua
arte
e
della
sua
vita
;
una
specie
di
«
mostra
personale
»
ambientata
nel
suo
camerino
,
fra
le
parrucche
,
i
cappelli
,
i
vestiti
dei
suoi
personaggi
,
dal
De
Pretore
Vincenzo
della
poesia
e
della
commedia
omonima
,
al
reduce
di
Napoli
milionaria
,
alle
«
macchiette
»
del
suo
primo
teatro
umoristico
;
una
antologia
colorata
,
patetica
e
comica
,
d
'
alto
stile
teatrale
,
che
il
pubblico
ha
accolto
con
ovazioni
.
Nella
seconda
parte
,
una
farsa
scritta
da
Antonio
Petito
,
il
più
grande
Pulcinella
napoletano
,
«
espressamente
pel
giovane
attore
Eduardo
Scarpetta
»
:
Pulcinella
,
vedovo
e
disgraziato
,
padre
severo
di
una
figlia
nubile
con
Felice
Sciosciammocca
creduto
guaglione
'
e
n
'
anno
.
Questa
farsa
fu
rappresentata
per
la
prima
volta
al
San
Carlino
nel
maggio
del
1871
e
fu
una
specie
di
investitura
che
Antonio
Petito
(
il
quale
doveva
morire
cinque
anni
dopo
,
nel
1876
)
fece
del
giovane
Eduardo
Scarpetta
;
un
'
indicazione
testamentaria
,
si
sarebbe
tentati
di
dire
.
Milleottocentosettantuno
,
un
anno
dopo
la
proclamazione
di
Roma
capitale
.
Pulcinella
cedeva
lo
scettro
del
San
Carlino
(
e
,
in
senso
assai
più
lato
,
del
teatro
comico
napoletano
;
poi
sarebbe
venuta
la
rivoluzione
dei
digiacomiani
)
a
Felice
Sciosciammocca
,
cioè
a
una
di
quelle
che
il
Di
Giacomo
chiamò
«
semimaschere
»
,
quasi
un
«
carattere
»
,
insomma
.
Nella
farsa
rappresentata
ieri
sera
Eduardo
s
'
è
però
giustamente
riservata
la
parte
di
Antonio
Petito
,
quel
Pulcinella
diventato
artigiano
miserabile
che
batte
suole
di
vecchie
scarpe
,
davanti
a
un
suo
deschetto
nel
«
basso
»
;
e
il
giovane
Don
Felice
,
studente
scioperato
figlio
d
'
un
ricco
proprietario
di
Avezzano
,
viene
a
farsi
aggiustare
le
scalcagnatissime
calzature
e
intanto
si
innamora
della
figlia
di
Pulcinella
e
combina
un
appuntamento
con
lei
;
e
poi
,
per
nascondersi
al
padre
irato
,
deve
acconciarsi
a
entrare
nella
culla
del
bambino
,
figlio
lattante
del
vedovo
Pulcinella
.
È
una
farsa
tradizionale
,
chi
sa
da
quali
remoti
canovacci
derivata
;
ma
in
cui
,
oltre
al
potente
riso
,
elementare
e
,
diremmo
,
sanguigno
,
della
classica
pulcinellata
,
c
'
è
pur
sempre
lo
sberleffo
grottesco
della
miseria
e
della
fame
,
tipico
di
quel
teatro
in
cui
un
popolo
ride
,
senza
angoscia
,
della
propria
condizione
.
La
consapevolezza
verrà
poi
con
Viviani
.
Nei
panni
candidi
di
Pulcinella
,
Eduardo
è
stato
di
una
comicità
perentoria
,
pur
nella
sua
misura
;
una
comicità
davanti
alla
quale
non
c
'
era
che
da
arrendersi
e
dar
sfogo
alla
felicità
del
riso
;
ben
coadiuvato
dai
suoi
bravissimi
compagni
,
il
buffissimo
Ugo
D
'
Alessio
,
Pupella
Maggio
e
Graziella
Marina
.
Risate
fragorose
e
interminabili
applausi
.
StampaQuotidiana ,
Oggi
la
Nazione
dopo
sforzi
mirabili
che
attestano
la
sua
perenne
gioventù
,
offre
al
mondo
quello
spettacolo
di
volontà
di
lavoro
,
di
unità
di
spiriti
,
di
serena
sicurezza
nei
proprio
avvenire
,
che
i
nostri
grandi
sognarono
,
che
da
questa
città
e
da
questa
tribuna
venne
anche
appassionatamente
invocato
,
ma
che
soltanto
il
genio
di
un
Uomo
,
trasformando
in
realtà
organica
i
risultati
ideali
della
Vittoria
,
ha
reso
possibile
.
Or
è
un
anno
,
Benito
Mussolini
tagliava
corto
ogni
oscuro
tentativo
di
ricondurre
indietro
,
deviandolo
nei
torbidi
rigagnoli
della
partigianeria
parlamentare
,
il
corso
della
vita
nazionale
;
e
tracciava
il
programma
del
riconsolidamento
dello
Stato
italiano
,
sulle
fondamenta
che
il
Fascismo
aveva
saputo
costruire
.
Il
Paese
si
risveglio
come
da
un
incubo
,
respirò
,
riaprì
gli
occhi
alla
luce
,
la
mente
al
lavoro
e
l
'
anima
alla
speranza
.
E
ci
sembra
di
buon
augurio
che
la
nuova
direzione
della
Gazzetta
coincida
con
l
'
anniversario
del
risveglio
.
Sei
giorni
dopo
il
discorso
del
3
gennaio
,
l
'
eco
ch
'
esso
ebbe
nell
'
Italia
e
nel
mondo
aveva
già
dato
i
suoi
primi
frutti
.
Da
allora
,
il
raccolto
è
stato
prodigioso
.
Da
quel
giorno
,
l
'
era
delle
polemiche
sterili
,
dei
colpi
mancini
,
delle
insidiose
manovre
e
delle
vane
logomachie
,
è
finita
.
Compiuta
l
'
opera
di
riassestamento
dello
Stato
,
la
cui
autorità
e
la
cui
forza
,
necessarie
del
pari
a
tutti
i
cittadini
,
poggiano
finalmente
sopra
solide
basi
legislative
e
morali
,
il
Governo
nazionale
affronterà
e
porterà
a
compimento
il
programma
già
iniziato
del
riassetto
sociale
,
della
sistemazione
migliore
del
grande
e
progredito
esercito
dei
lavoratori
italiani
.
Mussolini
,
che
ha
vantato
più
volte
con
orgoglio
l
'
esser
«
figlio
di
fabbro
»
come
il
più
ambito
titolo
di
nobiltà
,
appena
sarà
liberato
dalle
preoccupazioni
dei
problemi
incorso
di
soluzione
;
appena
deposte
le
cure
del
Partito
,
affidato
ormai
in
solidissime
mani
;
fornita
l
'
opera
più
urgente
,
che
era
come
abbiamo
detto
quella
dell
'
intiera
riorganizzazione
dello
Stato
,
dedicherà
la
sua
maggiore
attenzione
di
domani
ai
suoi
fratelli
di
ieri
,
ai
suoi
figli
di
oggi
:
agli
operai
e
agli
agricoltori
.
E
noi
saremo
lieti
di
portargli
in
quest
'
altro
magnifico
cómpito
che
lo
attende
il
modesto
,
ma
forse
non
inutile
contributo
della
nostra
collaborazione
.
Il
Primo
Ministro
intende
l
'
avvenire
della
produzione
nazionale
,
non
come
un
tristo
duello
fra
due
classi
,
destinate
fatalmente
a
far
la
fine
di
Eteocle
e
Polinice
,
ma
come
una
possente
solidarietà
tra
di
esse
,
nella
cerchia
della
Patria
.
I
due
fratelli
tebani
,
invece
di
unirsi
per
il
bene
comune
e
della
città
natia
,
in
un
furore
d
'
odio
dissennato
,
si
trafissero
a
vicenda
e
caddero
entrambi
al
suolo
,
col
risultato
di
far
trionfare
gli
stranieri
ed
i
nemici
comuni
.
Non
così
vorrà
certo
decadere
il
popolo
italiano
,
che
ha
già
mostrato
di
capire
lucidamente
qual
'
è
la
via
che
lo
condurrà
alla
prosperità
economica
ed
all
'
elevamento
della
sua
cultura
e
del
suo
spirito
.
Ed
ora
,
all
'
opera
.
Che
lo
spirito
della
Grande
Regina
,
assunta
nel
cielo
della
Patria
,
ci
protegga
ed
assista
.
StampaQuotidiana ,
Du
côté
de
chez
Proust
di
Malaparte
,
tradotto
col
titolo
di
Con
Proust
da
Enzo
Ferrieri
e
Gli
indifferenti
,
riduzione
teatrale
ad
opera
di
Squarzina
e
Moravia
del
romanzo
omonimo
dello
scrittore
romano
,
sono
i
testi
del
nuovo
spettacolo
del
Convegno
,
varato
ieri
sera
sul
palcoscenico
di
via
degli
Omenoni
.
Du
côté
de
chez
Proust
è
la
prima
delle
tre
opere
teatrali
di
Malaparte
e
venne
scritta
,
come
si
ricorderà
,
direttamente
in
francese
e
rappresentata
,
con
un
successo
che
ebbe
sapore
di
scandalo
,
da
Pierre
Fresnay
,
Yvonne
Printemps
e
Jacques
Sernas
.
È
un
divertimento
letterario
,
siamo
d
'
accordo
,
ma
c
'
è
dentro
un
'
idea
,
paradossale
e
fosforica
,
che
sarebbe
forse
piaciuta
a
GB
.
Shaw
:
«
il
presentimento
»
,
come
scrisse
Malaparte
stesso
,
in
un
saggio
introduttivo
alla
pièce
,
«
della
parte
che
l
'
omosessualità
avrebbe
rappresentato
nella
disintegrazione
della
società
capitalistica
»
.
Immaginate
un
'
idea
del
genere
in
mano
a
Malaparte
e
il
partito
che
egli
ne
trae
per
una
simile
variazione
«
proustiana
»
,
ambientata
in
una
garçonnière
parigina
del
quartiere
dell
'
Étoile
,
nel
felice
anno
1905
.
Tre
personaggi
soltanto
:
Marcel
Proust
,
Robert
de
Saint
-
Loup
e
Rachel
Quand
-
du
-
Seigneur
;
due
figure
della
Recherche
,
dunque
,
un
aristocratico
,
chiuso
nell
'
uniforme
azzurra
dei
sottufficiali
di
cavalleria
,
e
una
attricetta
e
mondana
che
,
sempre
per
citare
Malaparte
,
«
rappresenta
la
coscienza
di
questa
fatalità
delle
leggi
dell
'
evoluzione
socialista
...
una
specie
di
Marx
in
gonnella
e
stivaletti
1905
che
prende
in
giro
principesse
e
marchese
e
beve
champagne
alla
morte
delle
immortali
»
.
Questo
dare
a
Proust
una
dimensione
di
scrittore
sociale
,
di
anticipatore
di
polemiche
che
sono
di
questi
anni
,
doveva
avere
un
sapore
ben
iconoclasta
per
i
parigini
e
si
capisce
l
'
esclamazione
del
povero
Christian
Dior
che
,
come
racconta
Marcel
Le
Duc
,
uscì
dal
teatro
della
Michodière
con
le
mani
nei
capelli
,
mormorando
desolato
:
«
Ha
mandato
in
pezzi
il
nostro
idolo
»
.
Ma
a
parte
queste
considerazioni
,
che
interessano
relativamente
la
critica
,
bisogna
vedere
se
oggi
questa
singolare
operetta
di
Malaparte
,
portata
su
un
palcoscenico
italiano
,
sta
ancora
in
piedi
.
Diremo
allora
che
,
nonostante
una
traduzione
non
troppo
curata
,
il
galante
ricamo
,
la
patetica
e
ironica
evocazione
d
'
un
mondo
scomparso
,
splendido
di
parole
impeccabili
e
nutrito
di
sentimenti
raffinati
,
riesce
a
vivere
ancora
,
d
'
una
vita
un
po
'
fissa
e
vitrea
,
come
una
pupilla
dietro
un
monocolo
.
La
singolare
interpretazione
sociale
e
politica
che
lo
scrittore
fa
,
qui
,
di
Proust
e
della
sua
opera
illumina
,
baleno
del
dopoguerra
,
la
squisitezza
di
questo
perfetto
dialogo
principio
di
secolo
.
Vera
Pescarolo
,
nella
parte
di
Rachel
,
è
stata
disinvolta
e
morbida
,
ma
l
'
avremmo
preferita
,
a
un
certo
punto
,
più
popolarescamente
irruente
.
Hanno
detto
con
eleganza
le
loro
parti
,
Luciano
Alberici
,
che
era
Robert
de
Saint
-
Loup
,
e
Ruggero
De
Daninos
,
che
era
Marcel
Proust
.
Prima
dello
spettacolo
aveva
parlato
di
Malaparte
Arturo
Tofanelli
.
La
riduzione
che
Luigi
Squarzina
e
Moravia
stesso
hanno
fatto
de
Gli
indifferenti
è
di
qualche
anno
fa
ma
è
la
prima
volta
che
la
si
rappresenta
a
Milano
.
La
trama
del
romanzo
,
la
storia
di
come
l
'
ambiguo
gaudente
Leo
riesca
a
corrompere
la
figlia
della
propria
amante
e
poi
a
sposarla
;
di
come
il
fratello
di
costei
,
Michele
,
allucinato
dall
'
equivoco
che
sta
alla
radice
dei
sentimenti
«
apparenti
»
,
e
preso
alla
fine
nel
gorgo
dell
'
indifferenza
morale
,
non
realizzi
il
proposito
di
uccidere
il
turpe
Leo
e
si
acconci
anzi
a
diventare
il
fresco
amante
d
'
una
tardona
corrotta
;
tutto
ciò
è
piuttosto
noto
.
La
riduzione
teatrale
si
è
limitata
,
con
qualche
inevitabile
spostamento
e
adattamento
,
a
prendere
le
parti
dialogate
del
romanzo
(
che
di
dialoghi
è
tutto
fittamente
intessuto
)
e
a
distribuirle
in
scene
e
quadri
.
Ma
l
'
aria
sordida
e
triste
del
romanzo
,
che
fu
la
fulminante
rivelazione
del
giovanissimo
Moravia
,
quell
'
inesprimibile
senso
di
disfacimento
morale
e
di
impossibilità
all
'
azione
,
dove
sono
rimasti
?
Qui
non
c
'
è
che
una
secca
cronaca
dialogata
:
le
parole
sono
le
stesse
ma
,
non
nutrite
dai
neri
umori
della
prosa
che
le
teneva
insieme
come
una
terra
,
fanno
l
'
effetto
di
arbusti
secchi
.
Non
abbiamo
capito
,
poi
,
perché
Enzo
Ferrieri
,
che
per
il
Malaparte
ci
ha
dato
una
plausibile
atmosfera
proustiana
,
abbia
volto
in
farsa
ironica
tutto
il
primo
tempo
del
dramma
:
tanto
più
che
nel
secondo
tempo
ha
dovuto
arrendersi
a
quell
'
atmosfera
di
amara
perdizione
.
Ma
intanto
la
prospettiva
del
dramma
era
stata
decisamente
falsata
.
Fra
gli
interpreti
,
ha
fatto
spicco
Marisa
Fabbri
,
applaudita
anche
a
scena
aperta
;
efficace
il
Leo
di
Luciano
Alberici
;
il
De
Daninos
ha
eccessivamente
ironizzato
il
suo
personaggio
;
davvero
modeste
Giuseppina
Setti
e
Vera
Corvin
.
Successo
cordiale
per
tutt
'
e
due
le
commedie
.
StampaQuotidiana ,
Che
il
voto
di
scambio
aumenti
a
danno
del
voto
di
opinione
,
come
ho
scritto
precedentemente
,
è
,
anche
questa
,
una
vecchia
storia
.
In
un
discorso
pronunciato
alla
Camera
dei
deputati
il
27
gennaio
1848
,
Tocqueville
,
lamentando
la
degenerazione
dei
costumi
pubblici
,
per
cui
«
alle
opinioni
,
ai
sentimenti
,
alle
idee
comuni
si
sostituiscono
sempre
più
interessi
particolari
»
,
diceva
,
rivolto
ai
colleghi
del
Parlamento
:
«
Mi
permetterei
di
domandarvi
se
,
per
quanto
ne
sapete
,
in
questi
ultimi
cinque
,
o
dieci
,
o
quindici
anni
,
non
sia
cresciuto
incessantemente
il
numero
di
coloro
che
vi
votano
per
interessi
personali
o
particolari
;
e
se
il
numero
di
chi
vi
vota
sulla
base
di
un
'
opinione
politica
non
decresca
incessantemente
»
.
Considerava
questa
tendenza
espressione
di
«
morale
bassa
e
volgare
»
seguendo
la
quale
chi
gode
dei
diritti
politici
«
ritiene
di
essere
in
dovere
verso
se
stesso
,
i
propri
figli
,
la
propria
moglie
,
i
propri
genitori
,
di
farne
un
uso
personale
nel
proprio
interesse
»
.
Se
la
storia
è
così
vecchia
bisogna
concluderne
che
la
democrazia
ideale
e
la
democrazia
«
realizzata
»
(
per
servirci
della
stessa
espressione
con
cui
si
rappresenta
la
degenerazione
del
sistema
sovietico
rispetto
all
'
ideale
ottocentesco
del
socialismo
)
non
sono
la
stessa
cosa
.
Idealmente
la
democrazia
è
la
forma
di
governo
in
cui
esistono
alcuni
istituti
,
in
special
modo
il
diritto
di
voto
distribuito
a
tutti
,
destinati
a
consentire
ai
governati
di
controllare
i
governanti
.
In
realtà
le
cose
sono
un
po
'
più
complicate
.
E
'
vero
che
il
potere
dei
governanti
dipende
in
larga
misura
dal
numero
dei
voti
,
ma
è
anche
vero
che
il
numero
dei
voti
dipende
dalla
maggiore
o
minor
capacità
dei
governanti
di
trovare
i
mezzi
per
soddisfare
le
richieste
degli
elettori
.
Tra
elettore
ed
eletto
si
viene
così
a
stabilire
un
rapporto
di
dipendenza
reciproca
.
L
'
eletto
dipende
dall
'
elettore
riguardo
alla
sua
legittimazione
a
governare
;
l
'
elettore
dipende
dall
'
eletto
se
vuole
ottenere
certi
benefici
di
cui
il
presunto
dispensatore
è
chi
dispone
di
pubbliche
risorse
.
In
questo
modo
colui
che
dovrebbe
essere
il
controllore
diventa
a
sua
volta
il
controllato
.
Si
ponga
mente
alla
espressione
comune
del
linguaggio
politico
:
«
Quanti
voti
controlla
quel
tale
deputato
,
quel
tale
consigliere
comunale
,
quel
tale
leader
politico
nel
proprio
partito
?
»
Tocqueville
credeva
che
l
'
unico
rimedio
fosse
nell
'
elevazione
della
pubblica
moralità
.
Era
convinto
che
al
buongoverno
contribuissero
più
i
costumi
che
le
istituzioni
,
più
gli
uomini
che
le
leggi
.
Diceva
:
«
Questa
malattia
da
cui
bisogna
guarire
ad
ogni
costo
e
che
,
credetemi
,
ci
colpirà
tutti
,
tutti
capite
,
se
non
faremo
attenzione
,
è
nello
stato
in
cui
si
trovano
lo
spirito
pubblico
e
i
pubblici
costumi
»
.
Non
diversamente
,
un
altro
grande
scrittore
politico
dell
'
Ottocento
,
John
Stuart
Mill
,
riconosceva
che
il
buongoverno
dipende
dalle
buone
leggi
,
ma
aggiungeva
che
le
buone
leggi
abbisognano
di
buoni
uomini
per
essere
applicate
:
«
A
che
servono
le
buone
regole
di
procedura
-
si
domandava
-
se
le
condizioni
morali
del
popolo
sono
tali
che
i
testimoni
generalmente
mentono
e
i
giudici
si
lasciano
corrompere
?
»
Distinguendo
i
cittadini
in
attivi
e
passivi
,
sosteneva
che
i
governi
dispotici
si
reggono
sui
secondi
,
i
governi
democratici
hanno
bisogno
dei
primi
.
Di
fronte
alla
pubblica
corruzione
,
precisava
,
i
passivi
dicono
:
«
Bisogna
aver
pazienza
»
,
gli
attivi
:
«
Che
vergogna
!
»
Senza
aver
mai
letto
né
Tocqueville
né
Mill
molti
italiani
di
oggi
la
pensano
nello
stesso
modo
.
Ma
le
prediche
morali
purtroppo
non
servono
.
Si
tratta
di
sapere
se
ci
sono
rimedi
istituzionali
o
politici
.
Scartata
come
inefficace
la
norma
costituzionale
che
vieta
il
mandato
imperativo
ovvero
impone
al
rappresentante
una
volta
eletto
di
non
tener
conto
degli
interessi
particolari
dei
suoi
elettori
(
non
vi
sono
soltanto
prediche
inutili
ma
anche
leggi
inutili
)
,
di
rimedi
istituzionali
non
ne
vedo
che
uno
:
la
durata
prestabilita
e
non
troppo
breve
della
legislatura
.
Prestabilita
,
perché
non
deve
essere
alla
mercè
della
maggioranza
,
e
non
troppo
breve
perché
deve
consentire
alla
maggioranza
di
svolgere
il
programma
senza
essere
incalzata
dall
'
assillo
dell
'
approvazione
immediata
da
parte
del
corpo
elettorale
.
Non
è
difficile
capire
che
il
mandato
imperativo
e
una
legislatura
la
cui
durata
pluriennale
è
stabilita
dalla
costituzione
sono
incompatibili
.
Là
dove
una
costituzione
fissa
in
anticipo
la
scadenza
della
legislatura
dopo
un
certo
numero
di
anni
,
è
segno
che
il
mandato
del
rappresentante
non
può
essere
vincolato
agli
interessi
particolari
e
contingenti
dei
suoi
elettori
.
Si
dirà
che
una
costituzione
come
la
nostra
che
prevede
il
divieto
di
mandato
imperativo
prevede
pure
la
possibilità
dello
scioglimento
anticipato
del
Parlamento
.
Sì
,
ma
è
una
misura
eccezionale
.
Una
delle
maggiori
aberrazioni
del
nostro
sistema
politico
nel
suo
reale
funzionamento
sta
nel
fatto
che
la
fine
immatura
delle
legislature
è
diventata
una
prassi
tanto
che
ci
stiamo
abituando
a
considerare
eccezionali
quelle
che
muoiono
di
morte
naturale
.
Ma
l
'
assuefazione
all
'
idea
che
la
legislatura
possa
essere
troncata
anzi
tempo
secondo
il
beneplacito
delle
forze
politiche
dominanti
è
deleteria
,
perché
impedisce
ai
rappresentanti
del
popolo
di
distogliere
i
loro
sguardi
dagli
interessi
immediati
del
partito
e
indirettamente
degli
elettori
.
I
programmi
a
lunga
scadenza
possono
venir
presentati
soltanto
all
'
inizio
:
invece
la
prassi
delle
legislature
bruciate
ha
fatto
sì
che
sull
'
inizio
incomba
già
la
fine
,
sicché
la
campagna
elettorale
appena
finita
ricomincia
ed
è
sempre
potenzialmente
aperta
.
Sotto
questo
aspetto
la
legislatura
più
disgraziata
è
quella
tuttora
in
corso
,
che
ogni
sei
mesi
è
stata
data
per
morta
.
Si
capisce
che
ogni
volta
che
ne
viene
annunciata
la
fine
,
i
«
moribondi
»
che
vogliono
rivivere
guardano
con
rinnovata
sollecitudine
agli
elettori
che
sono
la
loro
fonte
di
vita
.
Una
legislatura
che
sopravvive
sotto
la
continua
minaccia
di
scioglimento
,
se
non
a
primavera
in
autunno
,
se
non
in
autunno
alla
primavera
successiva
,
attraverso
una
lunga
agonia
,
non
solamente
è
inoperosa
ma
contraddice
allo
spirito
della
costituzione
che
intende
mantenere
le
debite
distanze
tra
il
momento
della
designazione
dei
rappresentanti
e
il
momento
della
formazione
delle
leggi
.
Che
questo
sia
un
problema
di
fondo
lo
ha
capito
benissimo
il
presidente
Pertini
,
di
cui
non
si
può
che
lodare
l
'
ostinata
e
a
parer
mio
salutare
opposizione
alle
elezioni
anticipate
.
Occorre
interrompere
una
prassi
infausta
e
ristabilire
una
buona
volta
il
principio
che
la
durata
di
cinque
anni
è
la
regola
,
lo
scioglimento
anticipato
l
'
eccezione
.
L
'
estrema
facilità
con
cui
attori
e
osservatori
politici
parlano
di
elezioni
imminenti
dipende
anche
dal
non
tener
conto
delle
conseguenze
che
ne
derivano
,
prima
fra
tutte
il
venir
meno
di
una
remora
,
l
'
unica
remora
,
istituzionale
,
alla
frammentazione
delle
domande
dal
basso
e
al
corrispondente
particolarismo
delle
pubbliche
decisioni
dall
'
alto
.
StampaQuotidiana ,
Il
Fascismo
entra
nel
quinto
anno
della
sua
responsabilità
statale
e
governativa
.
Quella
che
oggi
si
commemora
in
tutta
Italia
,
non
è
soltanto
una
marcia
rivoluzionaria
,
per
quanto
ardita
;
geniale
e
tatticamente
tempestica
ella
fosse
.
Oggi
si
celebra
il
trionfo
di
un
nuovo
spirito
,
di
una
nuova
mentalità
,
di
una
nuova
civiltà
.
Là
dove
era
il
disordinato
tumulto
degli
egoismi
e
dei
particolarismi
individuali
,
ecco
ristabilirsi
l
'
ordine
e
la
disciplina
..
Là
dove
imperava
il
dogma
distruttore
della
lotta
di
classe
,
ecco
subentrare
il
principio
vitale
della
collaborazione
fra
le
classi
.
Là
dove
la
concorrenza
delle
categorie
immobilizzava
ed
esautorava
lo
Stato
cioè
la
condizione
fondamentale
della
vita
e
della
libertà
di
tutti
ecco
sostituirsi
il
concetto
dell
'
armonia
degl
'
individui
inquadrati
in
un
organismo
unico
,
grande
quanto
la
Nazione
,
forte
come
un
esercito
.
La
Marcia
su
Roma
,
culminata
con
la
sfilata
delle
legioni
dinanzi
alla
Maestà
del
Re
,
in
quel
pomeriggio
del
28
ottobre
1922
che
dette
a
chi
lo
vide
la
sensazione
di
vivere
in
un
'
atmosfera
di
leggenda
,
aprì
veramente
le
porte
a
quella
che
Goethe
e
Carducci
avrebbero
chiamato
«
una
novella
istoria
»
.
Perché
non
si
limitò
ad
innalzare
alla
direzione
del
Paese
la
generazione
che
aveva
fatto
la
guerra
;
non
risolvette
soltanto
una
crisi
cronica
di
governo
;
non
operò
semplicemente
la
sostituzione
d
'
un
gabinetto
ad
un
altro
:
ma
trasformò
gl
'
italiani
,
dal
cuore
al
cervello
,
dall
'
intimo
della
coscienza
alla
visione
della
realtà
quotidiana
..
In
quel
giorno
,
veramente
nacque
,
come
da
un
battesimo
nuovo
,
l
'
italiano
,
moderno
.
Non
si
sentì
più
una
creatura
dispersa
,
miserevole
corpo
sballottato
fra
gli
appetiti
fisici
e
la
presunzione
che
avevano
di
metterlo
nel
loro
gregge
ciascuno
,
dei
capipopolo
che
si
spartivano
le
piazze
.
Non
si
sentì
più
rottame
ondeggiante
sulle
tempeste
dei
partiti
.
Ma
sentì
,
per
la
prima
volta
,
di
essere
un
elemento
:
indispensabile
della
società
in
cui
viveva
;
sentì
di
aderire
alla
terra
che
l
'
aveva
fatto
nascere
e
che
l
'
avrebbe
fatto
vivere
in
dignità
;
sentì
che
i
suoi
connazionali
non
gli
erano
avversati
,
né
estranei
;
ma
commilitoni
,
ma
fratelli
.
finalmente
si
sentì
guidato
da
un
Uomo
in
cui
poteva
riporre
,
non
solo
fiducia
,
ma
amore
;
che
aveva
svegliato
in
lui
,
non
il
torpore
del
ventre
,
ma
la
favilla
dell
'
anima
.
Quell
'
Uomo
,
figliuolo
di
fabbro
,
che
nulla
chiedeva
per
sé
,
ma
tutto
per
tutti
,
era
veramente
un
capo
,
era
,
finalmente
,
il
Capo
.
Dall
'
officina
all
'
esilio
,
dalla
trincea
all
'
ospedale
,
dal
sacrificio
di
sé
al
posto
della
suprema
responsabilità
,
fu
l
'
esempio
.
L
'
italiano
moderno
poteva
finalmente
camminare
a
sguardo
limpido
a
testa
alta
ed
a
cuore
tranquillo
sulle
vie
dell
'
avvenire
,
perché
si
sentiva
investito
di
una
missione
nel
mondo
;
aveva
nel
cuore
una
fede
e
poteva
seguire
senza
esitazioni
né
sgomento
l
'
esempio
d
'
un
condottiero
.
Se
in
questi
quattro
anni
il
Fascismo
non
avesse
fatto
altro
che
creare
l
'
italiano
nuovo
,
ciò
potrebbe
da
vero
bastare
alla
sua
gloria
.
Ma
no
.
Il
Fascismo
non
è
solo
evangelio
,
non
è
soltanto
sentimento
e
passione
;
è
anche
milizia
operante
,
è
azione
quotidiana
,
è
attività
di
governo
.
Orbene
.
Volgiamoci
indietro
e
guardiamo
ciò
che
è
stato
compiuto
,
di
lavoro
e
d
'
opere
,
in
un
periodo
di
tempo
così
breve
di
fronte
alla
continuità
della
storia
che
in
altri
tempo
sarebbe
stato
appena
sufficiente
all
'
altalena
di
dieci
mutamenti
ministeriali
,
senz
'
altro
costrutto
che
quello
di
veder
rifare
da
ciascun
Gabinetto
i
progetti
lasciati
a
mezzo
dai
predecessori
.
I
nemici
del
Fascismo
,
all
'
indomani
della
sua
ascesa
al
potere
,
dissero
,
fra
preoccupati
e
scettici
:
«
Vedremo
come
il
Governo
della
rivoluzione
riuscirà
a
mettere
a
posto
i
gregarii
e
gli
squadristi
»
.
Ebbene
,
ecco
l
'
inquadramento
della
milizia
,
rapidamente
e
magnificamente
compiuto
fino
al
giuramento
al
Sovrano
.
Dissero
allora
i
farisei
:
«
Oh
,
non
basta
.
Vedremo
come
sarà
risolto
il
problema
della
milizia
e
dell
'
esercito
»
.
Ed
ecco
:
là
dove
gli
avversari
speravano
in
un
dualismo
che
avrebbe
spezzate
le
forze
fondamentali
del
Paese
,
sorgere
una
costruzione
ferrea
di
difesa
nazionale
da
destare
l
'
invidia
degli
Stati
di
Europa
.
Assicurata
la
tranquillità
all
'
interno
e
rassicurato
l
'
estero
dei
suoi
pregiudizii
,
ecco
incominciare
l
'
opera
veramente
poderosa
e
gigantesca
della
nuova
legislazione
.
Mussolini
,
discendente
da
una
stirpe
di
lavoratori
,
operaio
egli
pure
,
non
poteva
non
consacrare
alle
masse
le
sue
prime
cure
,
la
sua
maggiore
attenzione
.
Ed
ecco
la
riorganizzazione
di
tutte
le
forze
produttive
nazionali
in
un
grande
inquadramento
sindacale
,
non
più
alla
mercé
di
capoccia
interessati
od
incompetenti
,
ma
disciplinato
in
un
funzionamento
geniale
,
di
cui
,
egli
stesso
,
il
Capo
del
Governo
,
è
alla
testa
,
e
i
cui
eventuali
contrasti
sono
sicuri
di
trovare
la
più
equa
soluzione
nell
'
interesse
comune
.
Tutti
i
problemi
del
dopoguerra
lasciati
insoluti
,
anzi
aggravati
ed
incancreniti
,
da
quattro
anni
di
sgoverno
,
messi
a
posto
,
non
senza
fatica
,
ma
con
rapidità
sorprendente
.
Le
bardature
belliche
,
soppresse
.
L
'
abisso
pauroso
del
deficit
dell
'
erario
,
colmato
;
anzi
,
sostituito
da
un
avanzo
crescente
,
che
apre
al
credito
dell
'
Italia
possibilità
insperate
nell
'
economia
mondiale
.
I
servizi
pubblici
trovati
in
sfacelo
e
con
passività
fallimentari
riordinati
,
rinnovati
e
ricostituiti
finanziariamente
in
modo
da
essere
redditizii
,
pur
triplicando
la
loro
efficienza
tecnica
e
pratica
.
Lo
sbilancio
fra
le
importazioni
e
le
esportazioni
,
frenato
e
diminuito
.
La
sudditanza
passiva
dell
'
Italia
alla
tirannia
dei
fornitori
stranieri
,
mitigata
da
accordi
dignitosi
;
poi
sostituita
da
intese
verso
nuovi
orizzonti
,
se
non
di
assoluta
libertà
(
pur
troppo
,
gli
ostacoli
della
natura
non
sono
interamente
sopprimibili
dagli
uomini
)
,
almeno
di
sopportabilità
.
La
produzione
interna
del
grano
avviata
verso
una
méta
miracolosa
:
quella
di
far
bastare
l
'
Italia
ai
bisogni
dei
proprii
figli
.
La
nostra
schiavitù
in
materia
di
combustibili
fossili
sensibilmente
diminuita
con
un
'
accorta
politica
idroelettrica
.
Oggi
,
da
Modane
a
Livorno
,
i
treni
mediterranei
non
consumano
più
un
chilo
di
carbon
fossile
.
E
le
nostre
maggiori
industrie
sono
attivate
con
l
'
energia
delle
cascate
montane
.
La
disoccupazione
,
terribile
male
sociale
che
prostra
potenze
ben
più
ricche
della
nostra
come
l
'
Inghilterra
,
resa
quasi
trascurabile
da
noi
,
quantunque
i
Paesi
d
'
emigrazione
abbiano
chiuse
le
porte
alla
nostra
esuberanza
demografica
.
Le
braccia
dei
connazionali
che
non
troverebbero
adeguato
impiego
nelle
industrie
,
eccole
riavviate
all
'
agricoltura
l
'
infallibile
donatrice
della
prosperità
futura
,
ricondotta
dal
Capo
del
Governo
alla
sua
dignità
romana
,
o
verso
opere
pubbliche
non
indegne
del
ricordo
imperiale
.
Il
caro
vita
,
l
'
altro
flagello
cui
nessun
popolo
del
mondo
ha
potuto
sottrarsi
,
destinato
in
un
tempo
più
o
meno
breve
(
ciò
dipenderà
dal
grado
di
sobrietà
e
di
resistenza
del
nostro
magnifico
popolo
)
a
diminuire
in
proporzione
notevolissima
il
suo
peso
schiacciante
,
grazie
all
'
opera
lenta
,
ma
gradualmente
sicura
,
della
rivalutazione
della
lira
.
Il
risparmio
,
che
la
inflazione
aveva
allontanato
dalle
abitudini
dei
popoli
a
moneta
svalutata
,
ricondotto
alle
sue
tradizioni
nostrane
,
col
ritorno
della
fiducia
pubblica
nella
potenza
d
'
acquisto
della
moneta
nazionale
.
Il
problema
dei
nostri
debiti
all
'
estero
,
che
avrebbe
impedito
per
decenni
il
risanamento
economico
e
finanziario
del
Paese
,
risolto
in
modo
soddisfacente
.
Il
credito
estero
,
sopra
tutto
americano
,
riassicurato
all
'
Italia
,
dopo
un
quinquennio
di
latitanza
e
di
diffidenza
.
La
Marina
ricostituita
in
modo
superbo
;
tanto
quella
per
la
difesa
della
Patria
quanto
quella
del
commercio
e
dei
trasporti
di
viaggiatori
.
Anzi
,
in
questi
pochi
anni
l
'
Italia
s
'
è
arricchita
dei
più
belli
e
rapidi
transatlantici
del
mondo
;
fonte
d
'
oro
per
il
Paese
,
poiché
,
com
'
é
noto
,
i
noli
sono
pagati
in
oro
.
Le
colonie
mediterranee
,
che
la
guerra
ci
aveva
fatte
perdere
,
non
solo
riconquistate
,
ma
pacificamente
riorganizzate
in
modo
da
poter
bastare
a
se
stesse
e
cominciare
a
dar
contributi
alla
vita
metropolitana
.
Le
colonie
eritree
e
somale
valorizzate
in
modo
promettentissimo
,
senza
contare
il
recente
e
rilevante
loro
estendimento
territoriale
.
La
pace
adriatica
divenuta
,
non
una
ironica
espressione
diplomatica
,
ma
una
realtà
della
politica
europea
.
I
rapporti
con
gli
Stati
principali
d
'
Europa
impiantati
sulla
base
della
dignità
,
della
parità
,
del
prestigio
nazionali
,
oltre
che
orientati
ad
un
utile
scambievole
con
trattati
di
amicizia
e
di
commercio
che
i
Governi
cosidetti
democratici
ed
ispirati
a
tenerezze
internazionali
,
non
seppero
mai
attuare
in
modo
concreto
e
duraturo
.
E
non
entriamo
nel
campo
religioso
,
né
in
quello
dell
'
istruzione
,
né
in
quello
dell
'
arte
e
dell
'
artigianato
,
né
in
quello
della
cultura
,
né
in
quello
del
riordinamento
della
giustizia
,
né
in
quello
delle
Amministrazioni
pubbliche
,
poiché
solo
per
riassumere
l
'
attività
del
Governo
fascista
e
del
Fascismo
in
tali
dominii
occorrerebbe
un
volume
.
Concludiamo
col
ricordare
le
imprese
dell
'
ardimento
umano
cui
lo
spirito
fascista
ha
saputo
dare
impulso
,
incitamento
,
vittoria
.
Sono
il
segno
,
non
solo
di
un
Paese
dove
la
giovinezza
è
fremente
d
'
attività
,
di
lavoro
,
di
intelligenza
,
di
possibilità
;
ma
sono
la
pietra
di
paragone
del
metallo
«
uomo
»
che
la
gran
fiamma
del
Fascismo
ha
saputo
temprare
per
le
battaglie
future
.
De
Pinedo
,
Nobile
,
la
falange
di
coloro
che
s
'
apprestano
a
misurarsi
nei
formidabili
cimenti
internazionali
con
quanto
di
meglio
abbia
prodotto
il
mondo
,
non
sono
nomi
di
risultati
acquisiti
.
Sono
punti
di
partenza
.
Rappresentano
,
non
le
conclusioni
di
un
passato
,
ma
le
origini
del
nostro
immancabile
divenire
.
Questo
ha
fatto
il
Regime
,
in
quattro
anni
.
Ricordiamolo
,
in
una
ricorrenza
che
permette
di
volgere
per
un
istante
gli
occhi
indietro
,
e
considerare
il
cammino
percorso
.
Domani
,
non
lo
potremmo
più
.
Perché
il
Duce
non
ama
l
'
ombra
degli
allori
,
né
le
contemplazioni
del
paesaggio
lasciato
dietro
spalle
.
Il
Duce
ha
insegnato
agli
italiani
a
guardare
dritto
innanzi
a
loro
.
Egli
non
comanda
l
'
alt
.
Dice
:
«
Avanti
»
.
StampaQuotidiana ,
Le
Misanthrope
che
ieri
sera
la
compagnia
Barrault
-
Renaud
ha
presentato
a
Milano
,
nella
perfetta
edizione
che
è
già
stata
applaudita
dai
pubblici
di
altre
città
d
'
Italia
,
è
,
per
unanime
consenso
della
critica
,
la
più
grande
commedia
di
Molière
.
Appartiene
a
quella
triade
delle
commedie
di
carattere
,
che
comprende
anche
L
'
Avare
e
Tartufi
.
Comincia
con
queste
commedie
,
specialmente
col
Misanthrope
e
Tartufe
,
la
rappresentazione
sul
teatro
dell
'
uomo
moderno
,
1'«homo
duplex
»
;
la
passione
-
l
'
eloquenza
del
cuore
,
siamo
nel
secolo
del
Giansenismo
,
di
Pascal
e
di
Racine
-
scinde
la
personalità
.
Così
Alceste
,
il
protagonista
del
Misanthrope
,
è
la
prima
grande
rappresentazione
fantastica
dell
'
uomo
che
,
per
la
critica
morale
di
cui
è
pieno
,
non
può
adeguarsi
alla
realtà
che
lo
circonda
.
Di
qui
il
dissidio
comico
-
tragico
che
corre
,
come
il
perplesso
riso
d
'
una
maschera
,
per
tutti
i
cinque
atti
del
capolavoro
.
Giustamente
ha
scritto
Jean
-
Louis
Barrault
,
nella
presentazione
dello
spettacolo
che
di
fronte
a
«
Le
Misanthrope
non
si
sa
se
ridere
o
piangere
»
;
«
è
evidente
»
aggiunge
«
che
la
situazione
di
Alceste
è
grottesca
,
fatta
di
contrasti
;
quest
'
uomo
,
che
si
pretende
puro
,
ama
una
donna
di
un
ambiente
dove
regnano
maldicenza
,
calunnia
e
malignità
;
la
sua
condotta
è
però
talmente
sincera
,
che
non
si
può
soltanto
ridere
di
lui
»
.
L
'
accento
di
questa
sua
interpretazione
è
dunque
posto
,
giustamente
,
sulla
parte
tragica
del
personaggio
.
E
con
acuta
intuizione
il
Barrault
ha
sottolineato
anche
il
lato
amoroso
della
grande
commedia
:
Le
Misanthrope
è
,
a
ben
guardare
,
la
rappresentazione
di
una
passione
d
'
amore
entro
un
mondo
ambiguo
,
nel
quale
il
filisteismo
e
l
'
ipocrisia
l
'
hanno
vinta
sulla
sincerità
e
sulla
consapevolezza
morale
.
Ma
la
passione
di
Alceste
per
la
frivola
Celimene
mantiene
un
accento
purissimo
quasi
eroico
;
se
ne
accorge
infatti
la
sensibile
Eliante
,
che
in
Alceste
trova
«
quelque
chose
de
noble
et
d
'
héroique
»
.
Questa
purezza
della
passione
d
'
Alceste
dà
a
tutta
l
'
opera
un
tono
lirico
e
filosofico
insieme
;
Alceste
è
solo
in
un
mondo
che
non
si
può
neanche
definire
ostile
,
ma
sordo
,
indifferente
.
La
comprensione
degli
altri
,
della
dolce
Eliante
,
per
esempio
,
l
'
amore
ambizioso
che
gli
porta
la
«
prude
»
Arsinoe
,
non
gli
servono
;
gli
servirebbe
l
'
amore
di
Celimene
.
Anche
di
queste
mancate
corrispondenze
di
sensi
amorosi
è
fatta
la
straziante
grandezza
della
commedia
e
del
personaggio
.
E
un
che
di
metafisico
è
nella
conclusione
,
nella
rinuncia
dell
'
eroe
al
consorzio
umano
.
Jean
-
Louis
Barrault
ha
rappresentato
Le
Misanthrope
in
tutto
il
mondo
,
è
uno
dei
testi
da
cui
discende
una
delle
più
alte
lezioni
di
civiltà
che
un
teatro
possa
dare
;
lo
ha
recitato
anche
nella
grande
sala
dell
'
assemblea
dell
'O.N.U
.
a
Nuova
York
;
ma
non
gli
è
mai
capitato
,
crediamo
,
di
doverlo
recitare
,
all
'
estero
,
in
un
momento
così
drammatico
per
il
suo
paese
.
Ciò
faceva
la
singolarità
della
serata
di
ieri
al
Nuovo
:
ogni
volta
che
,
lontano
dalla
Francia
,
interpreta
Molière
,
disse
una
volta
Barrault
,
gli
sembra
d
'
essere
chiamato
a
rendere
conto
di
un
patrimonio
comune
,
di
cui
la
Francia
è
depositaria
.
Questa
sensazione
era
più
avvertibile
ieri
sera
,
fra
gli
spettatori
più
partecipi
.
Barrault
,
bisogna
aggiungere
,
ha
dato
uno
spettacolo
stilisticamente
perfetto
incorniciato
dalla
squisita
scena
di
Pierre
Delbée
e
gustosamente
colorato
dai
costumi
di
Marcel
Escoffier
.
Un
grande
Alceste
è
stato
Barrault
,
carico
di
consapevolezza
e
di
tristezza
;
specialmente
quando
,
nella
seconda
parte
,
abbandonate
alcune
,
del
resto
gradevoli
sottolineature
mimiche
,
è
arrivato
all
'
amaro
nocciolo
della
questione
.
Madeleine
Renaud
,
cia
quella
acuta
«
comédienne
»
che
è
,
una
raffinata
Celimene
.
Perfetti
,
intorno
a
loro
,
esatte
immagini
della
grande
società
molieresca
,
Simone
Valère
,
quel
grande
attore
comico
che
è
Pierre
Bertin
,
Jean
Desailly
,
Paule
Dehelly
,
Jean
-
Pierre
Granval
e
Jean
-
François
Calvé
.
Molti
applausi
a
scena
aperta
e
alla
fine
non
meno
di
una
decina
di
chiamate
.
StampaQuotidiana ,
Nell
'
articolo
L
'
oggetto
misterioso
,
pubblicato
sulla
«
Stampa
»
il
30
aprile
,
Sergio
Romano
ci
ha
spiegato
le
ragioni
per
cui
gli
stranieri
non
riescono
a
capire
il
nostro
sistema
politico
.
Ma
le
ragioni
addotte
riguardano
il
rapporto
fra
governo
e
Parlamento
,
il
regionalismo
,
l
'
istituto
del
referendum
abrogativo
,
non
il
modo
e
la
forma
della
lotta
politica
.
Sono
tutti
argomenti
che
interessano
esclusivamente
gli
uomini
politici
,
i
giornalisti
,
gli
esperti
di
diritto
costituzionale
.
A
me
pare
molto
più
preoccupante
che
disorientati
siano
i
cittadini
italiani
.
Basta
ascoltare
i
loro
commenti
di
questi
giorni
.
La
verità
è
che
si
è
svolto
sotto
i
loro
occhi
,
specie
in
questi
mesi
di
crisi
,
un
gioco
di
potere
,
di
cui
conoscono
poco
le
regole
,
che
oltretutto
sono
,
come
in
genere
tutte
le
regole
,
troppo
vaghe
,
interpretabili
nei
modi
più
diversi
secondo
gl
'
interessi
prevalenti
dell
'
una
o
dell
'
altra
parte
.
Ho
anche
l
'
impressione
che
la
maggior
parte
dei
cittadini
non
abbia
molto
interesse
a
penetrare
nel
segreto
delle
regole
di
strategia
,
vale
a
dire
delle
regole
che
insegnano
quale
sia
il
modo
migliore
per
condurre
il
gioco
allo
scopo
di
vincerlo
.
La
prima
volta
che
mi
trovai
ad
assistere
in
una
università
degli
Stati
Uniti
a
una
partita
di
football
americano
,
di
cui
mi
erano
completamente
ignote
le
regole
del
gioco
e
le
regole
di
strategia
,
non
riuscii
assolutamente
a
capire
che
cosa
stessero
facendo
quei
giovanottoni
corazzati
che
si
accanivano
intorno
a
una
palla
ovale
che
assomigliava
a
un
uovo
di
struzzo
,
ora
ammucchiandosi
l
'
uno
sull
'
altro
ora
disperdendosi
e
inseguendosi
nel
campo
.
Siccome
non
ero
in
grado
di
capire
che
cosa
stesse
succedendo
e
quale
fosse
lo
scopo
di
tanto
affaccendamento
,
non
riuscii
a
divertirmi
.
L
'
osservatore
comune
,
come
mi
è
accaduto
di
notare
più
volte
,
non
ha
neppure
la
più
pallida
idea
della
differenza
tra
regole
del
gioco
che
assegnano
ai
giocatori
i
diversi
ruoli
,
imponendo
obblighi
e
attribuendo
diritti
o
poteri
,
e
regole
di
strategia
che
suggeriscono
le
mosse
più
convenienti
per
battere
l
'
avversario
.
La
regola
che
attribuisce
al
presidente
della
Repubblica
il
potere
di
nominare
il
presidente
del
Consiglio
o
quella
che
prevede
che
il
governo
debba
presentarsi
in
Parlamento
per
ottenere
la
fiducia
sono
regole
del
gioco
,
le
quali
debbono
essere
accettate
da
tutti
i
giocatori
affinché
il
gioco
,
qualunque
ne
sia
l
'
esito
,
che
dipende
dalle
diverse
strategie
adottate
,
si
possa
svolgere
.
Le
mosse
che
ogni
partito
compie
per
riuscire
a
far
parte
del
governo
o
per
appoggiarlo
o
per
farlo
cadere
,
per
provocare
la
fiducia
o
la
sfiducia
,
per
convogliare
il
proprio
voto
verso
l
'
approvazione
o
la
disapprovazione
di
un
disegno
di
legge
,
per
formare
o
disfare
un
'
alleanza
,
appartengono
invece
alla
sfera
dei
comportamenti
dai
quali
,
nel
rispetto
delle
regole
del
gioco
che
tutti
sono
tenuti
a
seguire
,
dipende
che
alla
fine
della
partita
ci
sia
un
vincitore
e
un
vinto
.
Nel
gioco
politico
il
fine
del
gioco
è
il
potere
,
vale
a
dire
una
maggiore
capacità
,
rispetto
agli
avversari
,
di
ottenere
gli
effetti
voluti
.
Ciò
vuol
dire
che
alla
fine
della
partita
si
considera
vincitore
chi
è
riuscito
ad
acquistare
maggiore
potere
,
o
in
senso
assoluto
,
nel
senso
cioè
di
essere
il
più
potente
,
oppure
in
senso
relativo
,
nel
senso
cioè
di
aver
acquistato
maggiore
potere
di
quello
che
aveva
prima
.
A
differenza
di
quel
che
accade
nelle
forme
di
governo
autocratico
,
in
cui
il
maggiore
o
minore
potere
dipende
soprattutto
dal
possesso
della
forza
militare
,
dal
peso
della
tradizione
e
dall
'
alleanza
di
ristrette
consorterie
,
la
caratteristica
essenziale
del
governo
democratico
è
che
il
potere
si
misura
in
base
al
numero
dei
voti
,
anche
se
oltre
il
numero
dei
voti
conta
il
collocamento
lungo
l
'
arco
dei
partiti
del
sistema
,
il
cosiddetto
potere
di
coalizione
.
Ma
la
quantità
dei
voti
è
un
elemento
essenziale
del
potere
democratico
:
necessaria
se
non
sufficiente
.
Nella
gara
fra
partiti
,
particolarmente
intensa
in
periodi
di
competizione
elettorale
,
lo
scopo
di
ogni
partito
è
,
usando
un
'
espressione
del
linguaggio
economico
,
«
massimizzare
»
il
numero
dei
voti
.
Questo
spiega
perché
la
campagna
elettorale
venga
combattuta
non
solo
proponendo
un
programma
per
il
futuro
ma
anche
presentando
un
rendiconto
,
il
più
possibile
positivo
,
dell
'
azione
svolta
durante
gli
anni
della
legislatura
scaduta
.
Tutto
ciò
che
il
partito
fa
,
tutto
ciò
che
fanno
gli
eletti
nei
loro
rispettivi
collegi
,
è
fatto
in
vista
di
quel
rendiconto
periodico
finale
,
che
avviene
nel
giorno
del
voto
.
Come
nell
'
arena
di
un
sistema
economico
concorrenziale
ogni
mossa
dei
concorrenti
è
rivolta
al
procacciamento
del
maggior
numero
di
consumatori
,
così
nell
'
arena
politica
di
un
sistema
pluralistico
com
'
è
quello
democratico
,
e
in
quanto
pluralistico
concorrenziale
,
ogni
atto
di
un
singolo
partito
è
rivolto
,
direttamente
o
indirettamente
,
a
breve
o
a
lunga
scadenza
,
non
solo
negli
ultimi
giorni
prima
delle
elezioni
ma
già
sin
dal
primo
giorno
dopo
la
formazione
del
governo
,
a
raccogliere
il
maggior
numero
di
voti
.
I
cittadini
hanno
un
bell
'
essere
infastiditi
,
irritati
,
indignati
dalla
grande
partita
di
cui
dicono
di
non
capir
nulla
perché
sono
«
affari
loro
»
,
ma
è
un
fatto
che
,
al
contrario
,
sono
affari
che
li
riguardano
direttamente
e
dei
quali
sono
,
anzi
,
i
veri
protagonisti
in
quanto
,
come
elettori
,
hanno
il
diritto
di
gettare
nell
'
urna
una
scheda
e
quindi
di
determinare
con
questo
semplice
gesto
la
maggiore
o
minore
quantità
di
potere
di
cui
ogni
partito
potrà
godere
dopo
il
voto
,
e
in
conseguenza
del
voto
,
rispetto
a
tutti
gli
altri
.
Sono
loro
,
i
cittadini
infastiditi
,
irritati
,
indignati
,
i
destinatari
di
questo
gioco
,
coi
loro
diversi
interessi
,
i
loro
sentimenti
o
umori
,
che
i
giocatori
cercano
d
'
interpretare
e
rappresentare
.
Chi
si
è
battuto
per
lo
svolgimento
dei
referendum
pensava
a
un
pubblico
desideroso
di
partecipare
in
prima
persona
a
una
decisione
importante
.
Chi
si
è
battuto
per
le
elezioni
anticipate
,
pensava
,
al
contrario
,
di
raccogliere
il
consenso
di
chi
era
ormai
giunto
alla
convinzione
che
si
dovesse
voltar
pagina
al
più
presto
.
E
così
via
e
così
via
.
Domandarsi
oggi
chi
ha
vinto
e
chi
ha
perso
,
non
ha
senso
.
Proprio
perché
i
destinatari
del
gioco
sono
gli
elettori
,
la
vittoria
degli
uni
o
la
sconfitta
degli
altri
dipenderà
esclusivamente
da
loro
.
I
singoli
giocatori
possono
aver
sbagliato
i
loro
calcoli
,
ma
i
calcoli
sono
sempre
stati
fatti
avendo
davanti
agli
occhi
coloro
che
col
loro
voto
sono
i
detentori
del
potere
ultimo
e
decisivo
in
un
governo
democratico
e
permettono
di
stabilire
alla
fine
chi
ha
sbagliato
di
più
e
chi
meno
.
Resta
il
dubbio
che
il
fastidio
,
l
'
irritazione
,
l
'
indignazione
,
possano
avere
per
effetto
,
certamente
non
previsto
e
tanto
meno
voluto
dai
partiti
in
lizza
,
una
considerevole
diminuzione
di
partecipanti
al
voto
o
un
altrettanto
considerevole
aumento
di
schede
bianche
o
nulle
.
In
questo
caso
nessuno
avrebbe
vinto
,
tutti
avrebbero
perduto
.
Avrebbe
perso
soprattutto
la
democrazia
.
Si
sa
che
gli
spettatori
in
genere
non
amano
il
gioco
pesante
,
neppure
quello
della
propria
squadra
.
StampaQuotidiana ,
Entrando
il
Regime
nel
suo
sesto
annuale
,
la
«
Gazzetta
del
Popolo
»
saluta
il
proprio
ottantesimo
anno
di
vita
.
Il
rilievo
di
questa
coincidenza
non
sembri
immodesto
ai
cittadini
di
Torino
,
ai
lettori
,
agli
amici
,
ai
commilitoni
di
tutto
il
Piemonte
.
Se
è
oggi
per
noi
motivo
di
fierezza
e
di
orgoglio
,
ne
sentiamo
anche
il
peso
dell
'
accresciuta
responsabilità
;
ne
comprendiamo
il
più
rigido
dovere
.
Se
è
ai
nostri
occhi
un
titolo
di
nobiltà
,
è
anche
un
impegno
d
'
onore
di
fronte
alla
Nazione
.
Questo
ottantennio
di
gloria
richiede
al
nostro
lavoro
più
lavoro
;
esige
dalla
severità
della
nostra
coscienza
maggiore
severità
.
Ha
diritto
di
ordinare
al
nostro
tradizionale
patriottismo
un
di
più
di
sacrifici
.
Per
questo
,
e
non
per
vanità
esibizionistiche
,
accomuniamo
le
due
ricorrenze
in
una
stessa
parola
:
Fascismo
.
Abbiamo
il
28
ottobre
riassunto
,
sia
pure
nei
limiti
troppo
brevi
consentiti
ad
un
quotidiano
,
la
mole
immensa
di
riforme
e
di
opere
condotta
a
termine
,
con
un
crescendo
miracoloso
di
volontà
e
di
ardimenti
,
di
genialità
e
di
pazienza
,
di
fede
e
di
sforzi
,
dal
Governo
fascista
e
dal
popolo
italiano
,
sotto
la
direzione
l
'
esempio
la
guida
di
Benito
Mussolini
.
Oggi
che
il
Duce
dà
alla
Nazione
la
parola
d
'
ordine
per
il
sicuro
domani
:
DURARE
,
non
è
possibile
che
noi
dimentichiamo
quanto
il
Capo
stesso
aggiunge
per
chiodare
nella
nostra
testa
e
nell
'
anima
nostra
la
ferrea
bellezza
dell
'
austero
comandamento
:
«
Come
per
il
passato
,
durare
è
il
motto
dell
'
avvenire
.
Durare
con
disciplina
perfetta
,
con
dedizione
assoluta
.
Perfezionare
gli
strumenti
della
Rivoluzione
,
moltiplicarne
le
nostre
forze
,
temprare
gli
spiriti
per
tutte
le
battaglie
»
.
Come
per
il
passato
.
Soli
in
Italia
,
gli
uomini
che
per
80
anni
ebbero
l
'
onore
di
dirigere
questo
vecchio
e
sempre
rinnovantesi
giornale
subalpino
,
trasmettendosi
il
sacro
retaggio
come
nelle
lampadoforie
elleniche
i
portatori
di
fiaccole
si
passavano
in
corsa
l
'
un
l
'
altro
le
fiamme
da
tenere
perennemente
accese
,
tutti
,
i
morti
ed
i
vivi
,
gli
illustri
e
gli
oscuri
,
possono
oggi
presentarsi
in
serena
coscienza
dinanzi
al
Ricostruttore
dell
'
Italia
nuova
e
dirgli
:
«
Duce
,
tenemmo
fede
al
tuo
comandamento
»
.
E
possono
ricordargli
:
«
La
volontà
rettilinea
che
dal
1848
al
sesto
annuale
del
Fascismo
impresse
a
questo
strumento
d
'
idee
e
di
battaglia
una
continuità
d
'
azione
che
non
ha
forse
riscontro
in
altri
organismi
viventi
della
Penisola
,
ci
sia
presso
di
te
arra
e
garanzia
,
malleveria
e
testimonianza
che
dureremo
in
avvenire
come
durammo
in
passato
,
superando
tutte
le
tempeste
,
compresa
la
momentanea
sconfitta
,
resistendo
a
tutte
le
lusinghe
,
comprese
quelle
della
popolarità
.
«
Dall
'
indomani
di
Novara
all
'
indomani
di
Lissa
,
da
qui
partì
,
prima
che
ancora
nascessi
alle
fortune
d
'
Italia
,
la
tua
grande
parola
:
«
Durare
»
.
Dalla
triste
primavera
di
Adua
all
'
ottobre
di
Caporetto
,
primavera
anch
'
esso
della
riscossa
della
Patria
da
qui
venne
lanciato
il
tuo
grido
di
moltiplicare
le
forze
e
preparar
gli
spiriti
a
tutte
le
battaglie
.
«
E
quando
il
Paese
si
smarrì
,
dimentico
della
Vittoria
,
dietro
gli
stracci
rossi
d
'
avvelenate
illusioni
straniere
,
da
qui
mosse
la
voce
che
sembrò
a
molti
quella
del
deserto
:
Dio
salvi
l
'
Italia
.
E
fummo
esauditi
con
la
miracolosa
rapidità
delle
preghiere
giuste
,
delle
invocazioni
fidenti
,
della
speranza
certa
.
Il
Destino
già
ti
aveva
inviato
fra
noi
.
«
E
quando
l
'
Adriatico
parve
perduto
ed
i
frutti
stessi
della
Vittoria
compromessi
,
mentre
un
pugno
d
'
uomini
guidati
da
un
poeta
soldato
osava
contrastare
la
volontà
del
mondo
,
da
qui
gli
vennero
l
'
aiuto
e
la
solidarietà
che
fin
d
'
allora
tu
indicasti
necessari
.
«
E
quando
la
struttura
stessa
della
Nazione
scricchiolò
nelle
sue
vertebre
annunziando
imminente
il
disordinato
immeritato
sfacelo
di
un
popolo
che
aveva
fatto
volger
le
spalle
ad
uno
degli
eserciti
più
potenti
d
'
Europa
;
e
tu
convocavi
a
Napoli
l
'
adunata
degli
uomini
nuovi
capaci
di
risuscitare
dal
crollo
e
dai
pantani
l
'
immagine
giovanile
dell
'
Italia
e
il
volto
eterno
di
Roma
,
da
qui
parti
l
'
invocazione
che
scosse
il
Piemonte
da
Superga
a
Santena
:
«
Mussolini
»
.
Il
30
ottobre
1922
Benito
Mussolini
,
già
designato
dal
Re
Primo
Ministro
,
giungeva
a
Roma
,
entrava
al
Quirinale
in
camicia
nera
e
portava
al
Sovrano
la
devozione
dell
'
Italia
di
Vittorio
Veneto
.
Sia
consentito
a
questo
ottuagenario
giornale
subalpino
,
nell
'
anniversario
dell
'
evento
memorabile
,
ripetere
al
Duce
la
parola
dell
'
intatta
fedeltà
piemontese
;
sia
concesso
di
rievocare
ora
la
continuità
della
sua
missione
non
mai
interrotta
:
quella
di
saper
ridestare
,
nei
momenti
decisivi
per
la
vita
del
Paese
,
le
tradizioni
del
tempo
eroico
delle
sue
origini
,
.
«
ricongiungendo
com
'
ebbe
a
scrivere
Giovanni
Gentile
nella
sua
propria
storia
la
fine
col
principio
del
Risorgimento
italiano
»
.
È
la
vecchia
bandiera
dei
nostri
patrioti
che
sanno
donare
e
tacere
.
La
sua
espressione
dichiarò
all
'
indomani
della
Marcia
su
Roma
il
quadrumviro
di
questa
terra
è
sempre
un
atto
di
pura
fede
.
«
I
Piemontesi
l
'
amano
come
i
loro
monti
,
come
i
loro
fiumi
,
come
le
loro
vecchie
case
»
.
Possiamo
dunque
levare
con
mano
non
indegna
e
con
serena
coscienza
la
gloriosa
bandiera
,
in
mezzo
alla
selva
dei
gagliardetti
e
dire
alle
prodi
Camicie
nere
che
per
giovinezza
lo
ignorano
:
all
'
indomani
di
Novara
,
Bottero
,
mentre
da
queste
colonne
incitava
fascisticamente
gl
'
italiani
ad
armarsi
per
la
riscossa
contro
i
vili
di
dentro
ed
i
nemici
di
fuori
,
inseriva
nel
rettangolo
bianco
del
tricolore
il
Fascio
littorio
.
Ecco
perché
,
compiendosi
il
quinquennio
del
Regime
,
siamo
lieti
e
fieri
di
sentirci
un
ponte
di
passaggio
,
un
anello
di
concatenazione
,
un
punto
di
congiungimento
fra
il
passato
e
l
'
avvenire
.
Ogni
qualvolta
l
'
Italia
ha
chiamato
,
qui
si
è
risposto
:
«
presente
»
.
Il
Duce
squillante
voce
della
Patria
comanda
un
più
energico
:
«
A
noi
»
.
Come
da
otto
decennii
ce
ne
hanno
dato
l
'
esempio
gli
artefici
della
prima
rivoluzione
italiana
,
fondatori
di
questa
nostra
casa
;
come
hanno
fatto
sempre
i
loro
continuatori
con
fedeltà
di
giuramento
non
mai
ritrattata
né
smentita
,
al
nuovo
comando
di
durare
,
ripetiamo
:
Presenti
!