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È TORNATO EDUARDO ( De Monticelli Roberto , 1958 )
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Il ritorno di Eduardo De Filippo , ieri sera , all ' Odeon , non poteva essere più allegramente vittorioso . Eccolo al comando di quella « scarpettiana » , già arrivata , se non andiamo errati , al terzo anno di vita ; e interprete di una delle più meccanicamente spassose farse di Eduardo Scarpetta , quel Medico dei pazzi che non è stato mai rappresentato a Milano e che , pur vivendo per tre atti su una trovata unica , ripetuta in una serie di situazioni consimili , ha una sua irresistibile forza comica . Si sa come Eduardo Scarpetta , grande attore comico e , in Miseria e nobiltà , che è il suo capolavoro , notevolissimo commediografo , fabbricava i copioni di quei suoi facili successi al « San Carlino » che egli aveva fatto rivivere : prendeva le pochades e i vaudevilles francesi e li napoletanizzava , tenendo buona la trama ( vedi la famosa Na santarella , da Ma ' selle Nitouche ) e l ' ossatura generale , ma introducendovi una serie di spunti , di invenzioni e di personaggi nuovi ; e soprattutto , facendo girare tutto attorno a quel suo eterno lepido protagonista , Don Felice Sciosciammocca , che sostituì efficacemente la maschera di Pulcinella . Erano commedie costruite su misura per quella sua comicità estemporanea e violentemente mimica , testi che non vanno dunque giudicati disgiunti da una interpretazione . Eduardo , rinnova gli « exploits » interpretativi di Scarpetta , rendendo vivo e divertente un copione che di per sé ha ben poco . Qui Felice Sciosciammocca è un provinciale , venuto a Napoli con la moglie e la figliastra , per incontrarsi con un nipote che egli ha mantenuto per anni agli studi . Ora il giovanotto , scapestrato , giocatore e gaudente , gli ha dato a intendere d ' essersi laureato e , specializzato in psichiatria , d ' esercitare la professione , dirigendo una clinica per alienati . La trovata consiste in questo : che il giovanotto spaccia per casa di salute dei pazzi una tranquilla pensione nella quale vive un suo amico e la comicità deriva dalle situazioni in cui viene a trovarsi il candido Don Felice che scambia per più o meno pericolosi malati di mente gli esagitati ospiti della pensione stessa . È facile immaginarsi le risorse che un attore come Eduardo può cavare da una serie di scontri del genere ; anche perché non si direbbe proprio , a giudicare da queste scene , che i clienti della pensione abbiano , come si dice , tutte le rotelle a posto . Ecco dunque un Eduardo col parrucchino che gli piove sulle sopracciglia , un volto cavo e spaurito , una giacca lunga come la fame , un grosso ombrello appeso al braccio ; e quei suoi toni di terrore , di stupore , di angoscia esilarante , quelle sue trovate mimiche ; e , nel nobile istrionismo di una parte del genere , quel suo non passar mai la misura . Irresistibile e applauditissimo . Come sono stati applauditissimi intorno a lui il bravissimo Franco Sportelli , dalla comicità spiritata e nervosa , Pupella Maggio , colorita caratterista , Ugo D ' Alessio , Pietro De Vico , ottima « spalla » , Pietro Carloni , Anna Maria Ackerman , quel tipico interprete napoletano , specializzato in buffe e corpulente macchiette , che è Salvatore Cafiero , e tutti gli altri .
FEDELTÀ ( - , 1925 )
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Se riandiamo col pensiero a questo primo triennio mussoliniano , quale lo abbiamo ardentemente vissuto nella dura e immacolata posizione di battaglia di cui ci spettavano l ' onore ed il rischio , possiamo considerare con orgoglio la situazione politica che si è venuta determinando tra le popolazioni subalpine a cui più direttamente parliamo . Per quanto ormai possano dispensarcene le accoglienze che Mussolini ha trovato recentemente in Piemonte , ed i risultati della sottoscrizione del dollaro , quale noi l ' abbiamo condotta ed animata , dobbiamo rendere giustizia , ancora una volta , a questa sana e possente regione dove , innegabilmente , pure quando le apparenze erano scarse si andava affondando e diffondendo di zolla in zolla l ' humus rigeneratore . Poche regioni più che il Piemonte sono ardue ad intendersi , in certi stati d ' animo . Esso si rifiuta ai superficiali ed ai profani . Concede la sua confidenza soltanto attraverso lunga prova e lunga consuetudine . « Gente fredda » dicono i presuntuosi . « Gente seria » dice con l ' intuizione dei privilegiati Mussolini . L ' opera del giolittismo , lunga , gelida , corrompitrice ; la disordinata baldanza del sovversivismo ubriacato dal coraggio dell ' impunità ; i luoghi comuni che generalizzavano episodi particolari : tutto , in certi anni , concorse a determinare , intorno al Piemonte , un concetto di maniera , una specie di zona franca dell ' egoismo e dell ' indifferenza . L ' innata riservatezza della grande massa della popolazione , poco parolaia , punto retorica , non si curò troppo di polemizzare in proposito , ma l ' amarezza dell ' ingiustizia non affievolì l ' intimo , onesto fervore della buona razza . Diffidenze suscitate da qualche uomo o da qualche fatto non indussero mai ad avventate conclusioni generali . Senonché tutto concorse a determinare false apparenze , così durante il redentore triennio mussoliniano come già durante la guerra . Gli è che queste false apparenze erano adoperate non tanto nei giudizi esterni verso il Piemonte , quanto nel Piemonte stesso , da scaltre minoranze , per millantare , come forza propria , alcuni presunti caratteri negativi . Durante la guerra , nel fosco 1917 , a chi aveva l ' onore di portare di trincea in trincea contro gli austriaci l ' intima religione della Gazzetta del Popolo , Delfino Orsi , che allora dirigeva questo giornale , ed era rimasto all ' arduo comando col suo patriottismo intemerato , così scriveva amaramente : « Beati voi , che potete correre pericoli più onorevoli » . Ma non per questo s ' attenuava la sua fede : ché anzi chiamava a raccolta « per l ' ultimo sforzo » e non invano chiamava tutta Torino a giurare : « Vinceremo » . E tutta Torino fu una onda sola . Il dopo guerra della viltà ricercò anche qui le radici di male piante che la vittoria aveva travolte ; le ricercò per suggerne i perfidi succhi . Ma , malgrado il giolittismo ed i suoi derivati , malgrado la facile sobillazione di masse inquiete e disorientate , il Piemonte sentì , come niun ' altra terra forse , che occorreva cambiare : e vi erano segni confortanti come quelli del liberalismo e del combattentismo novarese . Sentì che occorreva , sopratutto , un uomo . E quando l ' uomo apparve , assai più vasto negli spiriti che nelle piazze fu il movimento di fiducia e di consenso . Ad ostacolarne l ' estrinsecazione , dettero opera i detentori di posizioni che vacillavano . Ed ogni errore , anche errore di parte , fascista in quella prima improvvisazione di uomini e di uffici , fu sfruttato per raffreddare l ' ambiente e scaldar l ' illusione degli assurdi ritorni . Ma a mano a mano che le artifiziose sovrastrutture si sono sgretolate sotto la incoercibile azione della realtà , il Piemonte è diventato tutto un irrompere di fiumi allo squaglio delle grandi nevi . Ne abbiamo avuta la sensazione precisa , durante questo triennio giornalistico a cui tanto dovrà attingere la storia della nuova e più grande Italia : la diffidenza cedeva terreno lentamente , tacitamente , ma costantemente ; e s ' afforzava e si affinava l ' ardimento dei credenti . Ogni giorno a questo giornale , che teneva a suo onore gridar più forte il verbo della passione italiana , quanto più torbido era il tempo e più restii gli ascoltatori lusingati da più facili allettamenti , ogni giorno la rispondenza all ' appello giunse più vibrante e più franca . L ' ondata matteottiana parve isolarci per un momento nella nostra fedeltà : ma sotto lo scomposto chiasso e le perfide speranze ritrovammo poi intatte le basi del patriottismo e della rettitudine subalpina . La grande industria , che usciva da prove tremende , ritrovava finalmente nelle nuove forme di vita nazionale le sue possibilità ed i diritti della produzione . Le maestranze , pur non adeguatamente avvicinate dagli iniziatori della organizzazione devota alla Patria , accettavano mirabilmente , come un bene proprio , anziché come un sacrificio , la disciplina e l ' ordine . L ' industria piemontese poteva così , vittoriosamente , fare il balzo verso il primo posto . Crisi locali ritardarono nelle provincie il consolidamento estensivo del fascismo , ma quanto più questo si identificava con la Nazione , tanto più il Piemonte viveva con spirito fascista , anche se non lo diceva . Sapendole volgere allo scopo , vi sono nel carattere piemontese le qualità più idonee all ' ordine nuovo : serietà , lavoro , gerarchia . L ' assimilazione fascista è un fatto naturale , ritardato , qua e là , da alcuni degli elementi e delle circostanze che siamo andati accennando . È bastato qualche mese di vigile lavoro dell ' on . Gianferrari per volgere a buon fine tante situazioni locali sfavorevoli o intricate . In provincia di Alessandria il fascismo ha ripreso tutte le sue posizioni ; il dissidentismo che pure alimentava tante illusioni ostili è polverizzato ; le resistenze di varia specie sono o capovolte o mortificate . Da Cuneo le notizie sono recenti e già le abbiamo ricollegate - a scanso di facili svalutazioni con la manifestazione di quella provincia per l ' interventismo e per l ' antidisfattismo della Gazzetta , nel 1919 . Nel Novarese si ricompone finalmente quella magnifica e poderosa solidarietà patriottica che non soffre antagonismi di tessere e che alla famosa « provincia rossa » sovrappose la gloria del tricolore . A Torino molti valori affiorano , molte energie si raccordano ; cómpiti delicati , ma attraenti si offrono e si impongono al fascismo . L ' on . Rossoni potrà pertanto compiacersi , nell ' attuale suo soggiorno , dei risultati raggiunti ed anche più delle possibilità imminenti . L ' eco della trionfale significativa campagna del dollaro è fervida , insistente , dovunque . Se il Piemonte , pur votatosi per primo agli ardimenti della guerra nazionale , rifugge da inquiete avventure , ben intende e ben accetta , nella definizione datane dal presidente del Consiglio ad un giornale americano , l ' imperialismo che è norma di vita per un maggior domani , maggiore in ogni elemento di pensiero e di azione . Talché il vecchio giornale , che tenne fede alle idealità , anche quando delle idealità si sorrideva come di fantasticherie , mentre esse recavano in grembo la realtà provvidenziale ; il vecchio giornale subalpino che non si distrasse dalla méta durante lo scomposto arrancare post - matteottiano , ed anche nei giorni più ardui , come aveva detto ai caporettisti : « L ' Italia vincerà » , aveva soggiunto più tardi : « Il Piemonte sarà con voi , on . Mussolini » , dice adesso , al , titano che spiana i secoli alla progrediente Patria : « È con voi » , con la fedeltà che affretta ogni giustizia .
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L ' inaugurazione del rinnovato Gerolamo con il « recital » di Eduardo costituisce un fatto importante della vita culturale milanese ; non soltanto perché quella inaugurazione ieri sera è una ribalta di più , di cui può disporre la prosa ; ma perché , aprendo un nuovo particolarissimo teatro , la città compie , nel settore dello spettacolo , un deciso balzo in avanti mettendosi sul piano di alcune grandi capitali europee che sono anche delle capitali del teatro ; e nelle quali lo spiraglio aperto nel muro del conformismo dalle piccole scene , dai teatrini finisce col costituire una grossa breccia , dalla quale spiare sull ' avvenire del teatro , sui suoi vari e imprevedibili modi d ' essere per sé e per il pubblico . I ) a quelle aperture viene di solito un vento aspro e pungente , che rovescia i gusti e le mode , manda all ' aria le abitudini , sciorina i pigri cortinaggi che difendono la convenzione e ne scuote la polvere . Che tutto ciò avvenga poi in un teatro che , pur splendidamente rinnovato e restaurato è sempre il vecchio Gerolamo , cioè l ' antico « Fiando » ( il teatro , come si sa , fu inaugurato nel 1868 , in sostituzione appunto del « Fiando » che era ospitato , nella stessa piazza Beccaria , nell ' oratorio del Bellarmino ) , è un fatto poetico , oltre che storicamente importante . Ieri sera , un fascino sottile , una sorta di felicità antica , emanava dal boccascena del teatrino mengoniano , dall ' alta cortina dell ' « arlecchino » , rosso come il sipario , da quei palchetti pure rivestiti di rosso e gremiti di pubblico . Paolo Grassi , prima dell ' inizio dello spettacolo , ha pronunciato brevi parole , illustrando le ragioni , le aspirazioni e le speranze dell ' iniziativa che vuole conservare l ' illustre teatrino alla città ; poi , Tino Carraro ha letto alcune squisite pagine di Carlo Cattaneo su Milano e la Lombardia . Si è affermata così la continuità della Milano attuale con la Milano del Risorgimento nella piccola sala in cui i celebri marionettisti Colla hanno visto passare generazioni di bambini milanesi ; e sulla minuscola ribalta che serviva a Gerolamo , nello spettacolo del suo centenario , per ambientarvi quella sua grande , allegra e patetica cavalcata attraverso le guerre di indipendenza , dalle Cinque Giornate del '48 al Piave . Il « recital » di Eduardo si è articolato su due parti , che traevano dalla loro stessa diversità , integrandosi a vicenda , un loro significato : nella prima , intitolata Opera del Pupo , l ' attore , ha fatto un commosso racconto di sé , della sua arte e della sua vita ; una specie di « mostra personale » ambientata nel suo camerino , fra le parrucche , i cappelli , i vestiti dei suoi personaggi , dal De Pretore Vincenzo della poesia e della commedia omonima , al reduce di Napoli milionaria , alle « macchiette » del suo primo teatro umoristico ; una antologia colorata , patetica e comica , d ' alto stile teatrale , che il pubblico ha accolto con ovazioni . Nella seconda parte , una farsa scritta da Antonio Petito , il più grande Pulcinella napoletano , « espressamente pel giovane attore Eduardo Scarpetta » : Pulcinella , vedovo e disgraziato , padre severo di una figlia nubile con Felice Sciosciammocca creduto guaglione ' e n ' anno . Questa farsa fu rappresentata per la prima volta al San Carlino nel maggio del 1871 e fu una specie di investitura che Antonio Petito ( il quale doveva morire cinque anni dopo , nel 1876 ) fece del giovane Eduardo Scarpetta ; un ' indicazione testamentaria , si sarebbe tentati di dire . Milleottocentosettantuno , un anno dopo la proclamazione di Roma capitale . Pulcinella cedeva lo scettro del San Carlino ( e , in senso assai più lato , del teatro comico napoletano ; poi sarebbe venuta la rivoluzione dei digiacomiani ) a Felice Sciosciammocca , cioè a una di quelle che il Di Giacomo chiamò « semimaschere » , quasi un « carattere » , insomma . Nella farsa rappresentata ieri sera Eduardo s ' è però giustamente riservata la parte di Antonio Petito , quel Pulcinella diventato artigiano miserabile che batte suole di vecchie scarpe , davanti a un suo deschetto nel « basso » ; e il giovane Don Felice , studente scioperato figlio d ' un ricco proprietario di Avezzano , viene a farsi aggiustare le scalcagnatissime calzature e intanto si innamora della figlia di Pulcinella e combina un appuntamento con lei ; e poi , per nascondersi al padre irato , deve acconciarsi a entrare nella culla del bambino , figlio lattante del vedovo Pulcinella . È una farsa tradizionale , chi sa da quali remoti canovacci derivata ; ma in cui , oltre al potente riso , elementare e , diremmo , sanguigno , della classica pulcinellata , c ' è pur sempre lo sberleffo grottesco della miseria e della fame , tipico di quel teatro in cui un popolo ride , senza angoscia , della propria condizione . La consapevolezza verrà poi con Viviani . Nei panni candidi di Pulcinella , Eduardo è stato di una comicità perentoria , pur nella sua misura ; una comicità davanti alla quale non c ' era che da arrendersi e dar sfogo alla felicità del riso ; ben coadiuvato dai suoi bravissimi compagni , il buffissimo Ugo D ' Alessio , Pupella Maggio e Graziella Marina . Risate fragorose e interminabili applausi .
StampaQuotidiana ,
Oggi la Nazione dopo sforzi mirabili che attestano la sua perenne gioventù , offre al mondo quello spettacolo di volontà di lavoro , di unità di spiriti , di serena sicurezza nei proprio avvenire , che i nostri grandi sognarono , che da questa città e da questa tribuna venne anche appassionatamente invocato , ma che soltanto il genio di un Uomo , trasformando in realtà organica i risultati ideali della Vittoria , ha reso possibile . Or è un anno , Benito Mussolini tagliava corto ogni oscuro tentativo di ricondurre indietro , deviandolo nei torbidi rigagnoli della partigianeria parlamentare , il corso della vita nazionale ; e tracciava il programma del riconsolidamento dello Stato italiano , sulle fondamenta che il Fascismo aveva saputo costruire . Il Paese si risveglio come da un incubo , respirò , riaprì gli occhi alla luce , la mente al lavoro e l ' anima alla speranza . E ci sembra di buon augurio che la nuova direzione della Gazzetta coincida con l ' anniversario del risveglio . Sei giorni dopo il discorso del 3 gennaio , l ' eco ch ' esso ebbe nell ' Italia e nel mondo aveva già dato i suoi primi frutti . Da allora , il raccolto è stato prodigioso . Da quel giorno , l ' era delle polemiche sterili , dei colpi mancini , delle insidiose manovre e delle vane logomachie , è finita . Compiuta l ' opera di riassestamento dello Stato , la cui autorità e la cui forza , necessarie del pari a tutti i cittadini , poggiano finalmente sopra solide basi legislative e morali , il Governo nazionale affronterà e porterà a compimento il programma già iniziato del riassetto sociale , della sistemazione migliore del grande e progredito esercito dei lavoratori italiani . Mussolini , che ha vantato più volte con orgoglio l ' esser « figlio di fabbro » come il più ambito titolo di nobiltà , appena sarà liberato dalle preoccupazioni dei problemi incorso di soluzione ; appena deposte le cure del Partito , affidato ormai in solidissime mani ; fornita l ' opera più urgente , che era come abbiamo detto quella dell ' intiera riorganizzazione dello Stato , dedicherà la sua maggiore attenzione di domani ai suoi fratelli di ieri , ai suoi figli di oggi : agli operai e agli agricoltori . E noi saremo lieti di portargli in quest ' altro magnifico cómpito che lo attende il modesto , ma forse non inutile contributo della nostra collaborazione . Il Primo Ministro intende l ' avvenire della produzione nazionale , non come un tristo duello fra due classi , destinate fatalmente a far la fine di Eteocle e Polinice , ma come una possente solidarietà tra di esse , nella cerchia della Patria . I due fratelli tebani , invece di unirsi per il bene comune e della città natia , in un furore d ' odio dissennato , si trafissero a vicenda e caddero entrambi al suolo , col risultato di far trionfare gli stranieri ed i nemici comuni . Non così vorrà certo decadere il popolo italiano , che ha già mostrato di capire lucidamente qual ' è la via che lo condurrà alla prosperità economica ed all ' elevamento della sua cultura e del suo spirito . Ed ora , all ' opera . Che lo spirito della Grande Regina , assunta nel cielo della Patria , ci protegga ed assista .
SCRITTORE SOCIALE MARCEL PROUST? ( De Monticelli Roberto , 1958 )
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Du côté de chez Proust di Malaparte , tradotto col titolo di Con Proust da Enzo Ferrieri e Gli indifferenti , riduzione teatrale ad opera di Squarzina e Moravia del romanzo omonimo dello scrittore romano , sono i testi del nuovo spettacolo del Convegno , varato ieri sera sul palcoscenico di via degli Omenoni . Du côté de chez Proust è la prima delle tre opere teatrali di Malaparte e venne scritta , come si ricorderà , direttamente in francese e rappresentata , con un successo che ebbe sapore di scandalo , da Pierre Fresnay , Yvonne Printemps e Jacques Sernas . È un divertimento letterario , siamo d ' accordo , ma c ' è dentro un ' idea , paradossale e fosforica , che sarebbe forse piaciuta a GB . Shaw : « il presentimento » , come scrisse Malaparte stesso , in un saggio introduttivo alla pièce , « della parte che l ' omosessualità avrebbe rappresentato nella disintegrazione della società capitalistica » . Immaginate un ' idea del genere in mano a Malaparte e il partito che egli ne trae per una simile variazione « proustiana » , ambientata in una garçonnière parigina del quartiere dell ' Étoile , nel felice anno 1905 . Tre personaggi soltanto : Marcel Proust , Robert de Saint - Loup e Rachel Quand - du - Seigneur ; due figure della Recherche , dunque , un aristocratico , chiuso nell ' uniforme azzurra dei sottufficiali di cavalleria , e una attricetta e mondana che , sempre per citare Malaparte , « rappresenta la coscienza di questa fatalità delle leggi dell ' evoluzione socialista ... una specie di Marx in gonnella e stivaletti 1905 che prende in giro principesse e marchese e beve champagne alla morte delle immortali » . Questo dare a Proust una dimensione di scrittore sociale , di anticipatore di polemiche che sono di questi anni , doveva avere un sapore ben iconoclasta per i parigini e si capisce l ' esclamazione del povero Christian Dior che , come racconta Marcel Le Duc , uscì dal teatro della Michodière con le mani nei capelli , mormorando desolato : « Ha mandato in pezzi il nostro idolo » . Ma a parte queste considerazioni , che interessano relativamente la critica , bisogna vedere se oggi questa singolare operetta di Malaparte , portata su un palcoscenico italiano , sta ancora in piedi . Diremo allora che , nonostante una traduzione non troppo curata , il galante ricamo , la patetica e ironica evocazione d ' un mondo scomparso , splendido di parole impeccabili e nutrito di sentimenti raffinati , riesce a vivere ancora , d ' una vita un po ' fissa e vitrea , come una pupilla dietro un monocolo . La singolare interpretazione sociale e politica che lo scrittore fa , qui , di Proust e della sua opera illumina , baleno del dopoguerra , la squisitezza di questo perfetto dialogo principio di secolo . Vera Pescarolo , nella parte di Rachel , è stata disinvolta e morbida , ma l ' avremmo preferita , a un certo punto , più popolarescamente irruente . Hanno detto con eleganza le loro parti , Luciano Alberici , che era Robert de Saint - Loup , e Ruggero De Daninos , che era Marcel Proust . Prima dello spettacolo aveva parlato di Malaparte Arturo Tofanelli . La riduzione che Luigi Squarzina e Moravia stesso hanno fatto de Gli indifferenti è di qualche anno fa ma è la prima volta che la si rappresenta a Milano . La trama del romanzo , la storia di come l ' ambiguo gaudente Leo riesca a corrompere la figlia della propria amante e poi a sposarla ; di come il fratello di costei , Michele , allucinato dall ' equivoco che sta alla radice dei sentimenti « apparenti » , e preso alla fine nel gorgo dell ' indifferenza morale , non realizzi il proposito di uccidere il turpe Leo e si acconci anzi a diventare il fresco amante d ' una tardona corrotta ; tutto ciò è piuttosto noto . La riduzione teatrale si è limitata , con qualche inevitabile spostamento e adattamento , a prendere le parti dialogate del romanzo ( che di dialoghi è tutto fittamente intessuto ) e a distribuirle in scene e quadri . Ma l ' aria sordida e triste del romanzo , che fu la fulminante rivelazione del giovanissimo Moravia , quell ' inesprimibile senso di disfacimento morale e di impossibilità all ' azione , dove sono rimasti ? Qui non c ' è che una secca cronaca dialogata : le parole sono le stesse ma , non nutrite dai neri umori della prosa che le teneva insieme come una terra , fanno l ' effetto di arbusti secchi . Non abbiamo capito , poi , perché Enzo Ferrieri , che per il Malaparte ci ha dato una plausibile atmosfera proustiana , abbia volto in farsa ironica tutto il primo tempo del dramma : tanto più che nel secondo tempo ha dovuto arrendersi a quell ' atmosfera di amara perdizione . Ma intanto la prospettiva del dramma era stata decisamente falsata . Fra gli interpreti , ha fatto spicco Marisa Fabbri , applaudita anche a scena aperta ; efficace il Leo di Luciano Alberici ; il De Daninos ha eccessivamente ironizzato il suo personaggio ; davvero modeste Giuseppina Setti e Vera Corvin . Successo cordiale per tutt ' e due le commedie .
Chi brucia le legislature ( Bobbio Norberto , 1983 )
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Che il voto di scambio aumenti a danno del voto di opinione , come ho scritto precedentemente , è , anche questa , una vecchia storia . In un discorso pronunciato alla Camera dei deputati il 27 gennaio 1848 , Tocqueville , lamentando la degenerazione dei costumi pubblici , per cui « alle opinioni , ai sentimenti , alle idee comuni si sostituiscono sempre più interessi particolari » , diceva , rivolto ai colleghi del Parlamento : « Mi permetterei di domandarvi se , per quanto ne sapete , in questi ultimi cinque , o dieci , o quindici anni , non sia cresciuto incessantemente il numero di coloro che vi votano per interessi personali o particolari ; e se il numero di chi vi vota sulla base di un ' opinione politica non decresca incessantemente » . Considerava questa tendenza espressione di « morale bassa e volgare » seguendo la quale chi gode dei diritti politici « ritiene di essere in dovere verso se stesso , i propri figli , la propria moglie , i propri genitori , di farne un uso personale nel proprio interesse » . Se la storia è così vecchia bisogna concluderne che la democrazia ideale e la democrazia « realizzata » ( per servirci della stessa espressione con cui si rappresenta la degenerazione del sistema sovietico rispetto all ' ideale ottocentesco del socialismo ) non sono la stessa cosa . Idealmente la democrazia è la forma di governo in cui esistono alcuni istituti , in special modo il diritto di voto distribuito a tutti , destinati a consentire ai governati di controllare i governanti . In realtà le cose sono un po ' più complicate . E ' vero che il potere dei governanti dipende in larga misura dal numero dei voti , ma è anche vero che il numero dei voti dipende dalla maggiore o minor capacità dei governanti di trovare i mezzi per soddisfare le richieste degli elettori . Tra elettore ed eletto si viene così a stabilire un rapporto di dipendenza reciproca . L ' eletto dipende dall ' elettore riguardo alla sua legittimazione a governare ; l ' elettore dipende dall ' eletto se vuole ottenere certi benefici di cui il presunto dispensatore è chi dispone di pubbliche risorse . In questo modo colui che dovrebbe essere il controllore diventa a sua volta il controllato . Si ponga mente alla espressione comune del linguaggio politico : « Quanti voti controlla quel tale deputato , quel tale consigliere comunale , quel tale leader politico nel proprio partito ? » Tocqueville credeva che l ' unico rimedio fosse nell ' elevazione della pubblica moralità . Era convinto che al buongoverno contribuissero più i costumi che le istituzioni , più gli uomini che le leggi . Diceva : « Questa malattia da cui bisogna guarire ad ogni costo e che , credetemi , ci colpirà tutti , tutti capite , se non faremo attenzione , è nello stato in cui si trovano lo spirito pubblico e i pubblici costumi » . Non diversamente , un altro grande scrittore politico dell ' Ottocento , John Stuart Mill , riconosceva che il buongoverno dipende dalle buone leggi , ma aggiungeva che le buone leggi abbisognano di buoni uomini per essere applicate : « A che servono le buone regole di procedura - si domandava - se le condizioni morali del popolo sono tali che i testimoni generalmente mentono e i giudici si lasciano corrompere ? » Distinguendo i cittadini in attivi e passivi , sosteneva che i governi dispotici si reggono sui secondi , i governi democratici hanno bisogno dei primi . Di fronte alla pubblica corruzione , precisava , i passivi dicono : « Bisogna aver pazienza » , gli attivi : « Che vergogna ! » Senza aver mai letto né Tocqueville né Mill molti italiani di oggi la pensano nello stesso modo . Ma le prediche morali purtroppo non servono . Si tratta di sapere se ci sono rimedi istituzionali o politici . Scartata come inefficace la norma costituzionale che vieta il mandato imperativo ovvero impone al rappresentante una volta eletto di non tener conto degli interessi particolari dei suoi elettori ( non vi sono soltanto prediche inutili ma anche leggi inutili ) , di rimedi istituzionali non ne vedo che uno : la durata prestabilita e non troppo breve della legislatura . Prestabilita , perché non deve essere alla mercè della maggioranza , e non troppo breve perché deve consentire alla maggioranza di svolgere il programma senza essere incalzata dall ' assillo dell ' approvazione immediata da parte del corpo elettorale . Non è difficile capire che il mandato imperativo e una legislatura la cui durata pluriennale è stabilita dalla costituzione sono incompatibili . Là dove una costituzione fissa in anticipo la scadenza della legislatura dopo un certo numero di anni , è segno che il mandato del rappresentante non può essere vincolato agli interessi particolari e contingenti dei suoi elettori . Si dirà che una costituzione come la nostra che prevede il divieto di mandato imperativo prevede pure la possibilità dello scioglimento anticipato del Parlamento . Sì , ma è una misura eccezionale . Una delle maggiori aberrazioni del nostro sistema politico nel suo reale funzionamento sta nel fatto che la fine immatura delle legislature è diventata una prassi tanto che ci stiamo abituando a considerare eccezionali quelle che muoiono di morte naturale . Ma l ' assuefazione all ' idea che la legislatura possa essere troncata anzi tempo secondo il beneplacito delle forze politiche dominanti è deleteria , perché impedisce ai rappresentanti del popolo di distogliere i loro sguardi dagli interessi immediati del partito e indirettamente degli elettori . I programmi a lunga scadenza possono venir presentati soltanto all ' inizio : invece la prassi delle legislature bruciate ha fatto sì che sull ' inizio incomba già la fine , sicché la campagna elettorale appena finita ricomincia ed è sempre potenzialmente aperta . Sotto questo aspetto la legislatura più disgraziata è quella tuttora in corso , che ogni sei mesi è stata data per morta . Si capisce che ogni volta che ne viene annunciata la fine , i « moribondi » che vogliono rivivere guardano con rinnovata sollecitudine agli elettori che sono la loro fonte di vita . Una legislatura che sopravvive sotto la continua minaccia di scioglimento , se non a primavera in autunno , se non in autunno alla primavera successiva , attraverso una lunga agonia , non solamente è inoperosa ma contraddice allo spirito della costituzione che intende mantenere le debite distanze tra il momento della designazione dei rappresentanti e il momento della formazione delle leggi . Che questo sia un problema di fondo lo ha capito benissimo il presidente Pertini , di cui non si può che lodare l ' ostinata e a parer mio salutare opposizione alle elezioni anticipate . Occorre interrompere una prassi infausta e ristabilire una buona volta il principio che la durata di cinque anni è la regola , lo scioglimento anticipato l ' eccezione . L ' estrema facilità con cui attori e osservatori politici parlano di elezioni imminenti dipende anche dal non tener conto delle conseguenze che ne derivano , prima fra tutte il venir meno di una remora , l ' unica remora , istituzionale , alla frammentazione delle domande dal basso e al corrispondente particolarismo delle pubbliche decisioni dall ' alto .
AVANTI! ( - , 1926 )
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Il Fascismo entra nel quinto anno della sua responsabilità statale e governativa . Quella che oggi si commemora in tutta Italia , non è soltanto una marcia rivoluzionaria , per quanto ardita ; geniale e tatticamente tempestica ella fosse . Oggi si celebra il trionfo di un nuovo spirito , di una nuova mentalità , di una nuova civiltà . Là dove era il disordinato tumulto degli egoismi e dei particolarismi individuali , ecco ristabilirsi l ' ordine e la disciplina .. Là dove imperava il dogma distruttore della lotta di classe , ecco subentrare il principio vitale della collaborazione fra le classi . Là dove la concorrenza delle categorie immobilizzava ed esautorava lo Stato cioè la condizione fondamentale della vita e della libertà di tutti ecco sostituirsi il concetto dell ' armonia degl ' individui inquadrati in un organismo unico , grande quanto la Nazione , forte come un esercito . La Marcia su Roma , culminata con la sfilata delle legioni dinanzi alla Maestà del Re , in quel pomeriggio del 28 ottobre 1922 che dette a chi lo vide la sensazione di vivere in un ' atmosfera di leggenda , aprì veramente le porte a quella che Goethe e Carducci avrebbero chiamato « una novella istoria » . Perché non si limitò ad innalzare alla direzione del Paese la generazione che aveva fatto la guerra ; non risolvette soltanto una crisi cronica di governo ; non operò semplicemente la sostituzione d ' un gabinetto ad un altro : ma trasformò gl ' italiani , dal cuore al cervello , dall ' intimo della coscienza alla visione della realtà quotidiana .. In quel giorno , veramente nacque , come da un battesimo nuovo , l ' italiano , moderno . Non si sentì più una creatura dispersa , miserevole corpo sballottato fra gli appetiti fisici e la presunzione che avevano di metterlo nel loro gregge ciascuno , dei capipopolo che si spartivano le piazze . Non si sentì più rottame ondeggiante sulle tempeste dei partiti . Ma sentì , per la prima volta , di essere un elemento : indispensabile della società in cui viveva ; sentì di aderire alla terra che l ' aveva fatto nascere e che l ' avrebbe fatto vivere in dignità ; sentì che i suoi connazionali non gli erano avversati , né estranei ; ma commilitoni , ma fratelli . finalmente si sentì guidato da un Uomo in cui poteva riporre , non solo fiducia , ma amore ; che aveva svegliato in lui , non il torpore del ventre , ma la favilla dell ' anima . Quell ' Uomo , figliuolo di fabbro , che nulla chiedeva per sé , ma tutto per tutti , era veramente un capo , era , finalmente , il Capo . Dall ' officina all ' esilio , dalla trincea all ' ospedale , dal sacrificio di sé al posto della suprema responsabilità , fu l ' esempio . L ' italiano moderno poteva finalmente camminare a sguardo limpido a testa alta ed a cuore tranquillo sulle vie dell ' avvenire , perché si sentiva investito di una missione nel mondo ; aveva nel cuore una fede e poteva seguire senza esitazioni né sgomento l ' esempio d ' un condottiero . Se in questi quattro anni il Fascismo non avesse fatto altro che creare l ' italiano nuovo , ciò potrebbe da vero bastare alla sua gloria . Ma no . Il Fascismo non è solo evangelio , non è soltanto sentimento e passione ; è anche milizia operante , è azione quotidiana , è attività di governo . Orbene . Volgiamoci indietro e guardiamo ciò che è stato compiuto , di lavoro e d ' opere , in un periodo di tempo così breve di fronte alla continuità della storia che in altri tempo sarebbe stato appena sufficiente all ' altalena di dieci mutamenti ministeriali , senz ' altro costrutto che quello di veder rifare da ciascun Gabinetto i progetti lasciati a mezzo dai predecessori . I nemici del Fascismo , all ' indomani della sua ascesa al potere , dissero , fra preoccupati e scettici : « Vedremo come il Governo della rivoluzione riuscirà a mettere a posto i gregarii e gli squadristi » . Ebbene , ecco l ' inquadramento della milizia , rapidamente e magnificamente compiuto fino al giuramento al Sovrano . Dissero allora i farisei : « Oh , non basta . Vedremo come sarà risolto il problema della milizia e dell ' esercito » . Ed ecco : là dove gli avversari speravano in un dualismo che avrebbe spezzate le forze fondamentali del Paese , sorgere una costruzione ferrea di difesa nazionale da destare l ' invidia degli Stati di Europa . Assicurata la tranquillità all ' interno e rassicurato l ' estero dei suoi pregiudizii , ecco incominciare l ' opera veramente poderosa e gigantesca della nuova legislazione . Mussolini , discendente da una stirpe di lavoratori , operaio egli pure , non poteva non consacrare alle masse le sue prime cure , la sua maggiore attenzione . Ed ecco la riorganizzazione di tutte le forze produttive nazionali in un grande inquadramento sindacale , non più alla mercé di capoccia interessati od incompetenti , ma disciplinato in un funzionamento geniale , di cui , egli stesso , il Capo del Governo , è alla testa , e i cui eventuali contrasti sono sicuri di trovare la più equa soluzione nell ' interesse comune . Tutti i problemi del dopoguerra lasciati insoluti , anzi aggravati ed incancreniti , da quattro anni di sgoverno , messi a posto , non senza fatica , ma con rapidità sorprendente . Le bardature belliche , soppresse . L ' abisso pauroso del deficit dell ' erario , colmato ; anzi , sostituito da un avanzo crescente , che apre al credito dell ' Italia possibilità insperate nell ' economia mondiale . I servizi pubblici trovati in sfacelo e con passività fallimentari riordinati , rinnovati e ricostituiti finanziariamente in modo da essere redditizii , pur triplicando la loro efficienza tecnica e pratica . Lo sbilancio fra le importazioni e le esportazioni , frenato e diminuito . La sudditanza passiva dell ' Italia alla tirannia dei fornitori stranieri , mitigata da accordi dignitosi ; poi sostituita da intese verso nuovi orizzonti , se non di assoluta libertà ( pur troppo , gli ostacoli della natura non sono interamente sopprimibili dagli uomini ) , almeno di sopportabilità . La produzione interna del grano avviata verso una méta miracolosa : quella di far bastare l ' Italia ai bisogni dei proprii figli . La nostra schiavitù in materia di combustibili fossili sensibilmente diminuita con un ' accorta politica idroelettrica . Oggi , da Modane a Livorno , i treni mediterranei non consumano più un chilo di carbon fossile . E le nostre maggiori industrie sono attivate con l ' energia delle cascate montane . La disoccupazione , terribile male sociale che prostra potenze ben più ricche della nostra come l ' Inghilterra , resa quasi trascurabile da noi , quantunque i Paesi d ' emigrazione abbiano chiuse le porte alla nostra esuberanza demografica . Le braccia dei connazionali che non troverebbero adeguato impiego nelle industrie , eccole riavviate all ' agricoltura l ' infallibile donatrice della prosperità futura , ricondotta dal Capo del Governo alla sua dignità romana , o verso opere pubbliche non indegne del ricordo imperiale . Il caro vita , l ' altro flagello cui nessun popolo del mondo ha potuto sottrarsi , destinato in un tempo più o meno breve ( ciò dipenderà dal grado di sobrietà e di resistenza del nostro magnifico popolo ) a diminuire in proporzione notevolissima il suo peso schiacciante , grazie all ' opera lenta , ma gradualmente sicura , della rivalutazione della lira . Il risparmio , che la inflazione aveva allontanato dalle abitudini dei popoli a moneta svalutata , ricondotto alle sue tradizioni nostrane , col ritorno della fiducia pubblica nella potenza d ' acquisto della moneta nazionale . Il problema dei nostri debiti all ' estero , che avrebbe impedito per decenni il risanamento economico e finanziario del Paese , risolto in modo soddisfacente . Il credito estero , sopra tutto americano , riassicurato all ' Italia , dopo un quinquennio di latitanza e di diffidenza . La Marina ricostituita in modo superbo ; tanto quella per la difesa della Patria quanto quella del commercio e dei trasporti di viaggiatori . Anzi , in questi pochi anni l ' Italia s ' è arricchita dei più belli e rapidi transatlantici del mondo ; fonte d ' oro per il Paese , poiché , com ' é noto , i noli sono pagati in oro . Le colonie mediterranee , che la guerra ci aveva fatte perdere , non solo riconquistate , ma pacificamente riorganizzate in modo da poter bastare a se stesse e cominciare a dar contributi alla vita metropolitana . Le colonie eritree e somale valorizzate in modo promettentissimo , senza contare il recente e rilevante loro estendimento territoriale . La pace adriatica divenuta , non una ironica espressione diplomatica , ma una realtà della politica europea . I rapporti con gli Stati principali d ' Europa impiantati sulla base della dignità , della parità , del prestigio nazionali , oltre che orientati ad un utile scambievole con trattati di amicizia e di commercio che i Governi cosidetti democratici ed ispirati a tenerezze internazionali , non seppero mai attuare in modo concreto e duraturo . E non entriamo nel campo religioso , né in quello dell ' istruzione , né in quello dell ' arte e dell ' artigianato , né in quello della cultura , né in quello del riordinamento della giustizia , né in quello delle Amministrazioni pubbliche , poiché solo per riassumere l ' attività del Governo fascista e del Fascismo in tali dominii occorrerebbe un volume . Concludiamo col ricordare le imprese dell ' ardimento umano cui lo spirito fascista ha saputo dare impulso , incitamento , vittoria . Sono il segno , non solo di un Paese dove la giovinezza è fremente d ' attività , di lavoro , di intelligenza , di possibilità ; ma sono la pietra di paragone del metallo « uomo » che la gran fiamma del Fascismo ha saputo temprare per le battaglie future . De Pinedo , Nobile , la falange di coloro che s ' apprestano a misurarsi nei formidabili cimenti internazionali con quanto di meglio abbia prodotto il mondo , non sono nomi di risultati acquisiti . Sono punti di partenza . Rappresentano , non le conclusioni di un passato , ma le origini del nostro immancabile divenire . Questo ha fatto il Regime , in quattro anni . Ricordiamolo , in una ricorrenza che permette di volgere per un istante gli occhi indietro , e considerare il cammino percorso . Domani , non lo potremmo più . Perché il Duce non ama l ' ombra degli allori , né le contemplazioni del paesaggio lasciato dietro spalle . Il Duce ha insegnato agli italiani a guardare dritto innanzi a loro . Egli non comanda l ' alt . Dice : « Avanti » .
BARRAULT AL NUOVO ( De Monticelli Roberto , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Le Misanthrope che ieri sera la compagnia Barrault - Renaud ha presentato a Milano , nella perfetta edizione che è già stata applaudita dai pubblici di altre città d ' Italia , è , per unanime consenso della critica , la più grande commedia di Molière . Appartiene a quella triade delle commedie di carattere , che comprende anche L ' Avare e Tartufi . Comincia con queste commedie , specialmente col Misanthrope e Tartufe , la rappresentazione sul teatro dell ' uomo moderno , 1'«homo duplex » ; la passione - l ' eloquenza del cuore , siamo nel secolo del Giansenismo , di Pascal e di Racine - scinde la personalità . Così Alceste , il protagonista del Misanthrope , è la prima grande rappresentazione fantastica dell ' uomo che , per la critica morale di cui è pieno , non può adeguarsi alla realtà che lo circonda . Di qui il dissidio comico - tragico che corre , come il perplesso riso d ' una maschera , per tutti i cinque atti del capolavoro . Giustamente ha scritto Jean - Louis Barrault , nella presentazione dello spettacolo che di fronte a « Le Misanthrope non si sa se ridere o piangere » ; « è evidente » aggiunge « che la situazione di Alceste è grottesca , fatta di contrasti ; quest ' uomo , che si pretende puro , ama una donna di un ambiente dove regnano maldicenza , calunnia e malignità ; la sua condotta è però talmente sincera , che non si può soltanto ridere di lui » . L ' accento di questa sua interpretazione è dunque posto , giustamente , sulla parte tragica del personaggio . E con acuta intuizione il Barrault ha sottolineato anche il lato amoroso della grande commedia : Le Misanthrope è , a ben guardare , la rappresentazione di una passione d ' amore entro un mondo ambiguo , nel quale il filisteismo e l ' ipocrisia l ' hanno vinta sulla sincerità e sulla consapevolezza morale . Ma la passione di Alceste per la frivola Celimene mantiene un accento purissimo quasi eroico ; se ne accorge infatti la sensibile Eliante , che in Alceste trova « quelque chose de noble et d ' héroique » . Questa purezza della passione d ' Alceste dà a tutta l ' opera un tono lirico e filosofico insieme ; Alceste è solo in un mondo che non si può neanche definire ostile , ma sordo , indifferente . La comprensione degli altri , della dolce Eliante , per esempio , l ' amore ambizioso che gli porta la « prude » Arsinoe , non gli servono ; gli servirebbe l ' amore di Celimene . Anche di queste mancate corrispondenze di sensi amorosi è fatta la straziante grandezza della commedia e del personaggio . E un che di metafisico è nella conclusione , nella rinuncia dell ' eroe al consorzio umano . Jean - Louis Barrault ha rappresentato Le Misanthrope in tutto il mondo , è uno dei testi da cui discende una delle più alte lezioni di civiltà che un teatro possa dare ; lo ha recitato anche nella grande sala dell ' assemblea dell 'O.N.U . a Nuova York ; ma non gli è mai capitato , crediamo , di doverlo recitare , all ' estero , in un momento così drammatico per il suo paese . Ciò faceva la singolarità della serata di ieri al Nuovo : ogni volta che , lontano dalla Francia , interpreta Molière , disse una volta Barrault , gli sembra d ' essere chiamato a rendere conto di un patrimonio comune , di cui la Francia è depositaria . Questa sensazione era più avvertibile ieri sera , fra gli spettatori più partecipi . Barrault , bisogna aggiungere , ha dato uno spettacolo stilisticamente perfetto incorniciato dalla squisita scena di Pierre Delbée e gustosamente colorato dai costumi di Marcel Escoffier . Un grande Alceste è stato Barrault , carico di consapevolezza e di tristezza ; specialmente quando , nella seconda parte , abbandonate alcune , del resto gradevoli sottolineature mimiche , è arrivato all ' amaro nocciolo della questione . Madeleine Renaud , cia quella acuta « comédienne » che è , una raffinata Celimene . Perfetti , intorno a loro , esatte immagini della grande società molieresca , Simone Valère , quel grande attore comico che è Pierre Bertin , Jean Desailly , Paule Dehelly , Jean - Pierre Granval e Jean - François Calvé . Molti applausi a scena aperta e alla fine non meno di una decina di chiamate .
Quando il gioco è pesante ( Bobbio Norberto , 1987 )
StampaQuotidiana ,
Nell ' articolo L ' oggetto misterioso , pubblicato sulla « Stampa » il 30 aprile , Sergio Romano ci ha spiegato le ragioni per cui gli stranieri non riescono a capire il nostro sistema politico . Ma le ragioni addotte riguardano il rapporto fra governo e Parlamento , il regionalismo , l ' istituto del referendum abrogativo , non il modo e la forma della lotta politica . Sono tutti argomenti che interessano esclusivamente gli uomini politici , i giornalisti , gli esperti di diritto costituzionale . A me pare molto più preoccupante che disorientati siano i cittadini italiani . Basta ascoltare i loro commenti di questi giorni . La verità è che si è svolto sotto i loro occhi , specie in questi mesi di crisi , un gioco di potere , di cui conoscono poco le regole , che oltretutto sono , come in genere tutte le regole , troppo vaghe , interpretabili nei modi più diversi secondo gl ' interessi prevalenti dell ' una o dell ' altra parte . Ho anche l ' impressione che la maggior parte dei cittadini non abbia molto interesse a penetrare nel segreto delle regole di strategia , vale a dire delle regole che insegnano quale sia il modo migliore per condurre il gioco allo scopo di vincerlo . La prima volta che mi trovai ad assistere in una università degli Stati Uniti a una partita di football americano , di cui mi erano completamente ignote le regole del gioco e le regole di strategia , non riuscii assolutamente a capire che cosa stessero facendo quei giovanottoni corazzati che si accanivano intorno a una palla ovale che assomigliava a un uovo di struzzo , ora ammucchiandosi l ' uno sull ' altro ora disperdendosi e inseguendosi nel campo . Siccome non ero in grado di capire che cosa stesse succedendo e quale fosse lo scopo di tanto affaccendamento , non riuscii a divertirmi . L ' osservatore comune , come mi è accaduto di notare più volte , non ha neppure la più pallida idea della differenza tra regole del gioco che assegnano ai giocatori i diversi ruoli , imponendo obblighi e attribuendo diritti o poteri , e regole di strategia che suggeriscono le mosse più convenienti per battere l ' avversario . La regola che attribuisce al presidente della Repubblica il potere di nominare il presidente del Consiglio o quella che prevede che il governo debba presentarsi in Parlamento per ottenere la fiducia sono regole del gioco , le quali debbono essere accettate da tutti i giocatori affinché il gioco , qualunque ne sia l ' esito , che dipende dalle diverse strategie adottate , si possa svolgere . Le mosse che ogni partito compie per riuscire a far parte del governo o per appoggiarlo o per farlo cadere , per provocare la fiducia o la sfiducia , per convogliare il proprio voto verso l ' approvazione o la disapprovazione di un disegno di legge , per formare o disfare un ' alleanza , appartengono invece alla sfera dei comportamenti dai quali , nel rispetto delle regole del gioco che tutti sono tenuti a seguire , dipende che alla fine della partita ci sia un vincitore e un vinto . Nel gioco politico il fine del gioco è il potere , vale a dire una maggiore capacità , rispetto agli avversari , di ottenere gli effetti voluti . Ciò vuol dire che alla fine della partita si considera vincitore chi è riuscito ad acquistare maggiore potere , o in senso assoluto , nel senso cioè di essere il più potente , oppure in senso relativo , nel senso cioè di aver acquistato maggiore potere di quello che aveva prima . A differenza di quel che accade nelle forme di governo autocratico , in cui il maggiore o minore potere dipende soprattutto dal possesso della forza militare , dal peso della tradizione e dall ' alleanza di ristrette consorterie , la caratteristica essenziale del governo democratico è che il potere si misura in base al numero dei voti , anche se oltre il numero dei voti conta il collocamento lungo l ' arco dei partiti del sistema , il cosiddetto potere di coalizione . Ma la quantità dei voti è un elemento essenziale del potere democratico : necessaria se non sufficiente . Nella gara fra partiti , particolarmente intensa in periodi di competizione elettorale , lo scopo di ogni partito è , usando un ' espressione del linguaggio economico , « massimizzare » il numero dei voti . Questo spiega perché la campagna elettorale venga combattuta non solo proponendo un programma per il futuro ma anche presentando un rendiconto , il più possibile positivo , dell ' azione svolta durante gli anni della legislatura scaduta . Tutto ciò che il partito fa , tutto ciò che fanno gli eletti nei loro rispettivi collegi , è fatto in vista di quel rendiconto periodico finale , che avviene nel giorno del voto . Come nell ' arena di un sistema economico concorrenziale ogni mossa dei concorrenti è rivolta al procacciamento del maggior numero di consumatori , così nell ' arena politica di un sistema pluralistico com ' è quello democratico , e in quanto pluralistico concorrenziale , ogni atto di un singolo partito è rivolto , direttamente o indirettamente , a breve o a lunga scadenza , non solo negli ultimi giorni prima delle elezioni ma già sin dal primo giorno dopo la formazione del governo , a raccogliere il maggior numero di voti . I cittadini hanno un bell ' essere infastiditi , irritati , indignati dalla grande partita di cui dicono di non capir nulla perché sono « affari loro » , ma è un fatto che , al contrario , sono affari che li riguardano direttamente e dei quali sono , anzi , i veri protagonisti in quanto , come elettori , hanno il diritto di gettare nell ' urna una scheda e quindi di determinare con questo semplice gesto la maggiore o minore quantità di potere di cui ogni partito potrà godere dopo il voto , e in conseguenza del voto , rispetto a tutti gli altri . Sono loro , i cittadini infastiditi , irritati , indignati , i destinatari di questo gioco , coi loro diversi interessi , i loro sentimenti o umori , che i giocatori cercano d ' interpretare e rappresentare . Chi si è battuto per lo svolgimento dei referendum pensava a un pubblico desideroso di partecipare in prima persona a una decisione importante . Chi si è battuto per le elezioni anticipate , pensava , al contrario , di raccogliere il consenso di chi era ormai giunto alla convinzione che si dovesse voltar pagina al più presto . E così via e così via . Domandarsi oggi chi ha vinto e chi ha perso , non ha senso . Proprio perché i destinatari del gioco sono gli elettori , la vittoria degli uni o la sconfitta degli altri dipenderà esclusivamente da loro . I singoli giocatori possono aver sbagliato i loro calcoli , ma i calcoli sono sempre stati fatti avendo davanti agli occhi coloro che col loro voto sono i detentori del potere ultimo e decisivo in un governo democratico e permettono di stabilire alla fine chi ha sbagliato di più e chi meno . Resta il dubbio che il fastidio , l ' irritazione , l ' indignazione , possano avere per effetto , certamente non previsto e tanto meno voluto dai partiti in lizza , una considerevole diminuzione di partecipanti al voto o un altrettanto considerevole aumento di schede bianche o nulle . In questo caso nessuno avrebbe vinto , tutti avrebbero perduto . Avrebbe perso soprattutto la democrazia . Si sa che gli spettatori in genere non amano il gioco pesante , neppure quello della propria squadra .
NELL'ANNO SESTO ( - , 1927 )
StampaQuotidiana ,
Entrando il Regime nel suo sesto annuale , la « Gazzetta del Popolo » saluta il proprio ottantesimo anno di vita . Il rilievo di questa coincidenza non sembri immodesto ai cittadini di Torino , ai lettori , agli amici , ai commilitoni di tutto il Piemonte . Se è oggi per noi motivo di fierezza e di orgoglio , ne sentiamo anche il peso dell ' accresciuta responsabilità ; ne comprendiamo il più rigido dovere . Se è ai nostri occhi un titolo di nobiltà , è anche un impegno d ' onore di fronte alla Nazione . Questo ottantennio di gloria richiede al nostro lavoro più lavoro ; esige dalla severità della nostra coscienza maggiore severità . Ha diritto di ordinare al nostro tradizionale patriottismo un di più di sacrifici . Per questo , e non per vanità esibizionistiche , accomuniamo le due ricorrenze in una stessa parola : Fascismo . Abbiamo il 28 ottobre riassunto , sia pure nei limiti troppo brevi consentiti ad un quotidiano , la mole immensa di riforme e di opere condotta a termine , con un crescendo miracoloso di volontà e di ardimenti , di genialità e di pazienza , di fede e di sforzi , dal Governo fascista e dal popolo italiano , sotto la direzione l ' esempio la guida di Benito Mussolini . Oggi che il Duce dà alla Nazione la parola d ' ordine per il sicuro domani : DURARE , non è possibile che noi dimentichiamo quanto il Capo stesso aggiunge per chiodare nella nostra testa e nell ' anima nostra la ferrea bellezza dell ' austero comandamento : « Come per il passato , durare è il motto dell ' avvenire . Durare con disciplina perfetta , con dedizione assoluta . Perfezionare gli strumenti della Rivoluzione , moltiplicarne le nostre forze , temprare gli spiriti per tutte le battaglie » . Come per il passato . Soli in Italia , gli uomini che per 80 anni ebbero l ' onore di dirigere questo vecchio e sempre rinnovantesi giornale subalpino , trasmettendosi il sacro retaggio come nelle lampadoforie elleniche i portatori di fiaccole si passavano in corsa l ' un l ' altro le fiamme da tenere perennemente accese , tutti , i morti ed i vivi , gli illustri e gli oscuri , possono oggi presentarsi in serena coscienza dinanzi al Ricostruttore dell ' Italia nuova e dirgli : « Duce , tenemmo fede al tuo comandamento » . E possono ricordargli : « La volontà rettilinea che dal 1848 al sesto annuale del Fascismo impresse a questo strumento d ' idee e di battaglia una continuità d ' azione che non ha forse riscontro in altri organismi viventi della Penisola , ci sia presso di te arra e garanzia , malleveria e testimonianza che dureremo in avvenire come durammo in passato , superando tutte le tempeste , compresa la momentanea sconfitta , resistendo a tutte le lusinghe , comprese quelle della popolarità . « Dall ' indomani di Novara all ' indomani di Lissa , da qui partì , prima che ancora nascessi alle fortune d ' Italia , la tua grande parola : « Durare » . Dalla triste primavera di Adua all ' ottobre di Caporetto , primavera anch ' esso della riscossa della Patria da qui venne lanciato il tuo grido di moltiplicare le forze e preparar gli spiriti a tutte le battaglie . « E quando il Paese si smarrì , dimentico della Vittoria , dietro gli stracci rossi d ' avvelenate illusioni straniere , da qui mosse la voce che sembrò a molti quella del deserto : Dio salvi l ' Italia . E fummo esauditi con la miracolosa rapidità delle preghiere giuste , delle invocazioni fidenti , della speranza certa . Il Destino già ti aveva inviato fra noi . « E quando l ' Adriatico parve perduto ed i frutti stessi della Vittoria compromessi , mentre un pugno d ' uomini guidati da un poeta soldato osava contrastare la volontà del mondo , da qui gli vennero l ' aiuto e la solidarietà che fin d ' allora tu indicasti necessari . « E quando la struttura stessa della Nazione scricchiolò nelle sue vertebre annunziando imminente il disordinato immeritato sfacelo di un popolo che aveva fatto volger le spalle ad uno degli eserciti più potenti d ' Europa ; e tu convocavi a Napoli l ' adunata degli uomini nuovi capaci di risuscitare dal crollo e dai pantani l ' immagine giovanile dell ' Italia e il volto eterno di Roma , da qui parti l ' invocazione che scosse il Piemonte da Superga a Santena : « Mussolini » . Il 30 ottobre 1922 Benito Mussolini , già designato dal Re Primo Ministro , giungeva a Roma , entrava al Quirinale in camicia nera e portava al Sovrano la devozione dell ' Italia di Vittorio Veneto . Sia consentito a questo ottuagenario giornale subalpino , nell ' anniversario dell ' evento memorabile , ripetere al Duce la parola dell ' intatta fedeltà piemontese ; sia concesso di rievocare ora la continuità della sua missione non mai interrotta : quella di saper ridestare , nei momenti decisivi per la vita del Paese , le tradizioni del tempo eroico delle sue origini , . « ricongiungendo com ' ebbe a scrivere Giovanni Gentile nella sua propria storia la fine col principio del Risorgimento italiano » . È la vecchia bandiera dei nostri patrioti che sanno donare e tacere . La sua espressione dichiarò all ' indomani della Marcia su Roma il quadrumviro di questa terra è sempre un atto di pura fede . « I Piemontesi l ' amano come i loro monti , come i loro fiumi , come le loro vecchie case » . Possiamo dunque levare con mano non indegna e con serena coscienza la gloriosa bandiera , in mezzo alla selva dei gagliardetti e dire alle prodi Camicie nere che per giovinezza lo ignorano : all ' indomani di Novara , Bottero , mentre da queste colonne incitava fascisticamente gl ' italiani ad armarsi per la riscossa contro i vili di dentro ed i nemici di fuori , inseriva nel rettangolo bianco del tricolore il Fascio littorio . Ecco perché , compiendosi il quinquennio del Regime , siamo lieti e fieri di sentirci un ponte di passaggio , un anello di concatenazione , un punto di congiungimento fra il passato e l ' avvenire . Ogni qualvolta l ' Italia ha chiamato , qui si è risposto : « presente » . Il Duce squillante voce della Patria comanda un più energico : « A noi » . Come da otto decennii ce ne hanno dato l ' esempio gli artefici della prima rivoluzione italiana , fondatori di questa nostra casa ; come hanno fatto sempre i loro continuatori con fedeltà di giuramento non mai ritrattata né smentita , al nuovo comando di durare , ripetiamo : Presenti !