StampaQuotidiana ,
Lo
squisito
spettacolo
di
ieri
sera
,
al
Teatro
Nuovo
,
la
perfetta
rappresentazione
,
in
termini
di
puro
linguaggio
scenico
,
d
'
una
delle
opere
più
riuscite
di
Giraudoux
,
son
di
quelli
che
dovrebbero
riconciliare
col
teatro
anche
il
pubblico
più
distratto
.
Perché
ieri
sera
-
il
che
non
capita
spesso
,
coi
tempi
che
corrono
-
s
'
è
constatato
,
una
volta
di
più
,
che
la
protagonista
autentica
,
a
teatro
,
è
pur
sempre
la
parola
;
quando
,
ben
inteso
,
essa
assume
quella
presenza
fosforica
,
quella
specie
di
illuminazione
misteriosa
e
furtiva
che
le
deriva
direttamente
dalla
poesia
.
Un
sottile
legame
unisce
Ondina
di
Giraudoux
,
che
il
pubblico
italiano
conosce
per
averne
visto
,
due
anni
or
sono
,
la
realizzazione
scenica
data
dal
Teatro
Stabile
della
Città
di
Genova
,
a
Intermezzo
(
che
Enzo
Ferrieri
mise
in
scena
,
nel
1950
,
con
la
compagnia
della
radio
,
al
Piccolo
Teatro
)
.
Sia
la
protagonista
di
Ondina
sia
quella
di
Intermezzo
sono
delle
mediatrici
fra
il
mondo
dei
fantasmi
e
quello
dei
vivi
.
Anzi
,
secondo
René
Lalou
,
dotto
ammiratore
dell
'
opera
di
Giraudoux
,
il
vero
motivo
di
Ondina
è
quello
di
Intermezzo
.
Tutto
ciò
,
però
,
ha
un
interesse
relativo
.
Un
po
'
farraginosa
e
decorativa
,
Ondina
è
una
grande
féerie
.
Intermezzo
,
invece
,
una
felicissima
parabola
in
cui
una
provincia
francese
,
nella
quale
si
assommano
,
a
ben
guardare
,
individuabili
motivi
di
costume
e
di
storia
,
trasalisce
alle
soglie
di
un
mistero
,
visto
in
termini
di
favola
,
ma
non
troppo
.
Il
personaggio
della
maestrina
Isabella
che
,
nelle
campagne
intorno
a
una
cittadina
del
Limousin
,
intrattiene
un
'
incantata
conversazione
con
lo
spettro
di
un
giovane
suicida
per
amore
,
ha
,
come
figura
puramente
lirica
,
un
amaro
fascino
;
i
contorni
della
sua
giovanile
silhouette
sono
quelli
stessi
della
porta
che
si
schiude
sul
mondo
di
là
.
La
trama
vi
è
nota
:
l
'
apparizione
del
fantasma
nelle
campagne
intorno
alla
piccola
città
rovescia
i
termini
della
morale
borghese
,
rivoluziona
pericolosamente
il
linguaggio
-
cioè
la
convenzione
-
e
la
vita
.
Intervento
di
un
Ispettore
,
cioè
della
miope
e
semplicistica
Burocrazia
.
Da
quell
'
usciolo
aperto
sul
mistero
viene
un
'
infida
corrente
d
'
aria
,
un
soffio
che
può
essere
letale
alle
raffreddate
istituzioni
,
ai
catarrosi
Luoghi
Comuni
;
la
maestrina
Isabella
,
che
insegna
alle
sue
piccole
allieve
a
non
avere
paura
della
vita
reale
,
a
considerarla
nell
'
insieme
dei
suoi
due
emisferi
,
quello
palese
e
quello
invisibile
,
è
a
suo
modo
una
pericolosa
rivoluzionaria
.
Il
rischio
più
grave
,
tuttavia
,
è
lei
stessa
a
correrlo
:
c
'
è
in
quel
suo
franco
e
fiducioso
spenzolarsi
sull
'
abisso
,
in
quel
suo
cercare
con
fresca
semplicità
il
perché
del
premere
dei
morti
oceano
non
placato
-
ai
labili
confini
della
vita
,
il
principio
dell
'
annullamento
;
quasi
che
in
lei
si
accumulasse
una
forza
di
gravità
simile
al
peso
di
polpa
e
oscuro
sugo
che
stacca
il
frutto
dal
ramo
.
A
salvarla
è
l
'
amore
terreno
,
impersonato
,
nella
commedia
,
da
quel
«
controllore
dei
pesi
e
delle
misure
»
che
sembra
,
a
giudicare
da
quello
che
dice
,
dalla
poetica
ed
equilibrata
stupefazione
delle
sue
parole
,
un
patetico
sdoppiamento
dell
'
immagine
dell
'
autore
.
Così
il
fantasma
viene
dolcemente
risospinto
nel
mondo
dei
morti
e
tutto
ritorna
«
normale
»
,
i
pesi
specifici
dei
sentimenti
e
delle
convenzioni
morali
tornano
a
gravitare
nell
'
orbita
giusta
(
l
'
unica
possibile
,
d
'
altronde
,
perché
la
comunità
possa
vivere
)
e
il
cerchio
dell
'
abitudine
quotidiana
si
richiude
.
È
stato
da
qualcuno
detto
che
Intermezzo
è
soltanto
un
«
divertimento
»
.
A
noi
pare
che
questi
tre
atti
incantati
e
malinconici
vadano
ben
al
di
là
di
una
semplice
variazione
intellettualistica
.
A
saperci
mordere
,
in
questo
frutto
da
moderno
giardino
delle
Esperidi
c
'
è
molto
più
nocciolo
che
polpa
;
è
un
nocciolo
venuto
su
dall
'
humus
parigino
degli
anni
fra
le
due
guerre
(
la
commedia
fu
rappresentata
la
prima
volta
nel
1933
)
,
in
quell
'
aria
definita
,
felice
,
ma
piena
di
brividi
premonitori
,
increspata
da
una
specie
di
misteriosa
e
poetica
«
pelle
d
'
oca
»
,
che
caratterizzò
la
Terza
Repubblica
.
Si
potrà
obiettare
,
se
mai
,
che
su
un
teatro
di
questo
genere
sarà
bene
mettere
il
sigillo
dell
'
irripetibilità
.
Senso
unico
,
insomma
:
Giraudoux
,
e
basta
.
Non
è
facile
,
infatti
,
che
si
ripeta
,
contenuto
in
un
:
proporzione
quasi
classica
,
il
fenomeno
di
questo
impasto
di
spirito
,
intelligenza
,
umorismo
e
fantasia
.
Quale
occasione
poi
il
testo
offre
alla
compagnia
di
Jean
Louis
Barrault
.
Solo
attori
come
questi
,
sotto
la
guida
di
un
teatrante
in
equilibrio
sulle
più
raffinate
e
svariate
esperienze
intellettuali
come
Barrault
potevano
,
nello
scabro
anno
1958
,
dar
vita
scenica
plausibile
a
questa
«
toccata
e
fuga
»
in
tre
atti
.
Bisognerebbe
citarli
tutti
,
Simone
Valère
,
fresca
Isabella
corretta
da
un
pizzico
di
ironia
,
Jean
Desailly
,
poeticissimo
controllore
,
Pierre
Bertin
,
un
funzionario
lucido
e
tondo
come
uno
scarabeo
,
Jean
-
Pierre
Granval
,
lo
speziale
,
Paule
Dehelly
e
Maria
Hélène
D
'
Aste
,
il
coretto
delle
bambine
;
e
Barrault
stesso
,
che
s
'
era
riservata
la
fatale
figurazione
dello
Spettro
.
Le
delicate
musiche
di
Poulenc
e
le
scene
di
Maurice
Brianchon
hanno
fatto
il
resto
.
Platea
gremita
,
entusiasmo
vivissimo
.
Chi
ama
il
teatro
,
non
si
lasci
sfuggire
quest
'
occasione
.
StampaQuotidiana ,
C
'
è
un
solo
motivo
di
ottimismo
intorno
a
noi
.
E
non
viene
certamente
dalla
Calabria
:
dove
la
lotta
continua
,
aspra
,
impietosa
,
ostinata
negli
animi
prima
ancora
che
nelle
piazze
,
dove
le
barricate
della
periferia
sanfedista
di
Reggio
-
emula
ormai
degli
eserciti
della
Santa
Fede
-
scompaiono
e
ricompaiono
nel
giro
di
poche
ore
,
malinconico
simbolo
di
una
guerra
civile
che
l
'
imprevidenza
di
un
'
intera
classe
politica
,
governo
e
opposizione
,
non
è
riuscita
né
a
prevenire
né
a
comporre
.
Non
viene
da
Torino
:
dove
le
decine
di
migliaia
di
sospensioni
dal
lavoro
decise
dalla
Fiat
e
dalla
Lancia
indicano
il
grado
di
pericolosa
stretta
cui
va
incontro
il
nostro
sistema
produttivo
,
malgrado
tutti
gli
ottimismi
ufficiali
o
ufficiosi
,
che
non
possono
dissimulare
la
realtà
di
una
stagnazione
produttiva
inquietante
alla
lunga
soprattutto
per
i
riflessi
nell
'
occupazione
operaia
.
Non
viene
da
Roma
:
dove
le
polemiche
dei
partiti
sulla
violenza
sono
ancora
avvolte
in
un
labirinto
di
ipocrisie
e
di
strumentalizzazioni
,
che
nascondono
o
aggirano
il
problema
fondamentale
che
è
uno
e
uno
soltanto
,
la
necessità
dello
Stato
di
opporre
la
maestà
della
sua
legge
,
severa
e
imparziale
verso
tutti
,
agli
assalti
della
sedizione
o
della
rivolta
,
da
qualunque
parte
provengano
(
l
'
ha
detto
,
con
parole
alte
e
ferme
,
al
congresso
socialdemocratico
un
antifascista
come
Aldo
Garosci
che
non
ha
bisogno
,
in
materia
di
lealtà
e
di
fedeltà
democratica
,
di
prendere
lezioni
da
nessuno
:
contro
ogni
tipo
di
squadrismo
nero
o
rosso
esiste
solo
la
legge
,
eguale
per
tutti
,
della
Repubblica
)
.
L
'
orizzonte
della
politica
interna
non
giustifica
quindi
soverchie
illusioni
o
euforie
.
Ma
c
'
è
un
capitolo
che
negli
ultimi
giorni
ha
registrato
una
svolta
confortante
:
il
capitolo
dell
'
Europa
.
Gli
accordi
suggellati
a
Bruxelles
per
l
'
armonizzazione
delle
politiche
economiche
dei
Sei
e
per
l
'
instaurazione
di
una
moneta
comune
entro
dieci
anni
,
pur
circondati
da
riserve
e
da
condizioni
esplicite
,
hanno
riaperto
sull
'
Italia
,
travagliata
dalle
sue
lotte
municipali
e
dai
suoi
fermenti
di
degradante
anarchismo
,
la
speranza
europea
,
quella
speranza
che
accompagnò
gli
anni
degasperiani
e
illuminò
le
grandi
fatiche
della
ricostruzione
.
È
inutile
soffermarsi
sugli
ostacoli
,
che
sono
ancora
grandi
,
al
raggiungimento
della
sovrannazionalità
.
Un
fatto
è
certo
:
con
De
Gaulle
il
«
sì
»
francese
alla
sperimentazione
decisa
a
Bruxelles
non
si
sarebbe
avuto
.
Qualcosa
è
cambiato
in
Francia
,
qualcosa
sta
cambiando
un
po
'
dovunque
:
il
via
alla
ripresa
del
processo
europeistico
,
a
quattordici
anni
dai
trattati
di
Roma
,
è
ormai
un
dato
acquisito
.
Le
fasi
sono
graduali
:
i
passaggi
dall
'
una
all
'
altra
incerti
.
Occorreranno
tre
anni
di
«
prova
»
:
tre
anni
in
cui
l
'
intesa
di
Bruxelles
funzionerà
soprattutto
a
livello
tecnico
,
si
rifletterà
nel
sostegno
reciproco
delle
valute
comunitarie
sui
mercati
mondiali
,
nella
restrizione
dei
margini
di
fluttuazione
delle
monete
europee
,
in
una
maggiore
e
più
articolata
interpenetrazione
dei
capitali
.
La
Germania
di
Bonn
,
che
è
oggi
il
paese
economicamente
più
solido
,
conserva
il
diritto
-
attraverso
la
famosa
«
clausola
di
salvaguardia
»
-
di
far
decadere
nel
1975
le
misure
di
sostegno
monetario
reciproco
qualora
nel
frattempo
non
sia
stato
raggiunto
un
accordo
soddisfacente
sul
passaggio
alla
seconda
fase
.
La
Francia
di
Pompidou
non
fa
getto
almeno
formale
di
nessuno
dei
simboli
della
sua
disdegnosa
e
aristocratica
sovranità
nazionale
;
ammette
appena
un
diritto
di
intervento
e
di
controllo
del
Parlamento
europeo
.
Tutto
vero
:
ma
è
altrettanto
vero
che
un
salto
di
qualità
si
è
registrato
nel
meccanismo
dell
'
Europa
comunitaria
,
che
la
fase
della
pura
e
semplice
unione
doganale
è
ormai
chiusa
,
che
la
minaccia
dello
schiacciamento
fra
America
e
Russia
ha
finito
per
risvegliare
,
quasi
in
extremis
,
le
forze
di
resistenza
storica
e
psicologica
del
continente
europeo
,
paralizzate
da
veti
e
da
contrasti
che
sul
piano
mondiale
non
sono
molto
più
importanti
della
guerra
fra
Reggio
e
Catanzaro
per
l
'
Italia
.
Adesso
la
svolta
di
Bruxelles
lancia
una
nuova
sfida
alla
classe
dirigente
italiana
:
una
sfida
di
adeguamento
economico
e
sociale
che
dovrà
essere
superata
per
volgersi
alle
fasi
ulteriori
,
alle
conclusioni
di
un
'
integrazione
più
stretta
segnata
dal
simbolo
unificante
della
moneta
comune
(
altro
che
il
«
tallone
aureo
»
sognato
,
con
lo
spirito
di
Luigi
XIV
,
da
De
Gaulle
!
)
.
Non
è
una
sfida
che
possa
passare
senza
influenzare
gli
indirizzi
di
fondo
della
politica
generale
del
paese
;
non
è
una
sfida
che
possa
essere
vinta
senza
imporre
una
radicale
correzione
di
rotta
alla
nostra
finanza
pubblica
facilona
e
disinvolta
,
alla
nostra
amministrazione
caotica
e
inefficiente
,
al
nostro
statalismo
parassitario
e
dispersivo
,
alle
tensioni
e
vocazioni
inflazioniate
cui
il
corso
delle
aspre
e
violente
lotte
sociali
continua
ad
esporci
,
nonostante
il
ristabilimento
dei
conti
con
l
'
estero
e
il
rafforzamento
della
lira
operati
dal
governo
Colombo
.
Sì
:
la
corsa
per
l
'
Europa
presuppone
sacrifici
e
rinunce
.
Il
presidente
del
Consiglio
,
che
è
un
europeista
convinto
e
benemerito
,
ha
giustamente
esaltato
il
traguardo
di
Bruxelles
,
altrettanto
importante
sul
piano
della
ripresa
psicologica
che
su
quello
degli
avviamenti
concreti
anche
per
l
'
ingresso
di
Londra
nel
Mec
:
ma
ora
toccherà
al
governo
da
lui
presieduto
,
e
a
tutti
i
partiti
che
lo
compongono
,
socialisti
compresi
,
onorare
gli
impegni
che
derivano
dalle
intese
di
Bruxelles
,
intese
«
a
termine
»
,
intese
sottoposte
ad
una
verifica
triennale
,
senza
la
quale
tutto
tornerebbe
in
alto
mare
.
Onorare
quegli
impegni
:
a
costo
di
impopolarità
,
a
costo
di
contrasti
coi
sindacati
e
coi
tanti
settori
corporativi
del
paese
,
a
costo
di
difficoltà
e
di
tensioni
politiche
non
prevedibili
.
Perché
l
'
Italia
possa
rispettare
fino
in
fondo
gli
obblighi
contratti
a
Bruxelles
si
impongono
un
maggior
rigore
nella
gestione
del
bilancio
statale
,
una
maggiore
oculatezza
nella
spesa
pubblica
,
una
completa
revisione
nella
copertura
dei
disavanzi
.
Ma
non
basta
:
tutta
l
'
amministrazione
del
paese
,
in
questa
fase
di
travaglio
e
di
confusione
accentuata
dalla
sovrapposizione
delle
competenze
fra
Stato
regioni
e
comuni
,
dovrà
essere
resa
più
razionale
e
più
moderna
,
tale
da
consentire
veramente
un
impiego
responsabile
delle
risorse
.
E
ogni
sforzo
dovrà
essere
compiuto
per
il
rilancio
degli
investimenti
produttivi
,
per
una
nuova
fase
di
espansione
economica
che
si
svolga
nel
segno
della
stabilità
monetaria
,
contro
tutte
le
suggestioni
avventurose
e
dilapidatrici
del
pauperismo
conciliare
.
Il
peronismo
non
è
conciliabile
con
l
'
Europa
.
La
retorica
delle
rivendicazioni
giustizialiste
,
cara
a
talune
ali
del
movimento
cattolico
e
socialista
,
ci
porterebbe
sulla
via
dell
'
autarchia
e
del
separatismo
:
una
via
che
ha
sullo
sfondo
gli
epiloghi
di
Danzica
,
la
tragedia
della
Polonia
.
L
'
ha
scritto
un
giornale
sempre
obiettivo
,
«
Le
Monde
»
:
«
se
l
'
inflazione
continuerà
a
dilagare
,
sarà
difficile
,
per
non
dire
impossibile
,
armonizzare
le
politiche
economiche
della
comunità
»
.
Chi
lavora
per
lo
scardinamento
del
sistema
,
dalle
opposte
sponde
,
lavora
anche
contro
l
'
Europa
,
la
sola
speranza
che
sia
rimasta
alla
nostra
generazione
dopo
le
delusioni
e
le
follie
di
mezzo
secolo
.
StampaQuotidiana ,
Nell
'
anticamera
di
Franklin
Delano
Roosevelt
,
trentaduesimo
Presidente
degli
Stati
Uniti
d
'
America
,
c
'
è
un
capo
indiano
che
attende
di
essere
ricevuto
.
È
sceso
poco
fa
da
un
tassì
e
ha
chiesto
qualcosa
a
un
usciere
,
aggiustandosi
il
casco
di
piume
che
gli
era
scivolato
sulla
nuca
.
Ha
una
casacca
di
pelle
d
'
antilope
,
le
gambe
storte
e
una
faccia
rugosa
,
senza
espressione
,
senza
età
,
senza
sesso
.
L
'
usciere
,
con
un
'
uniforme
da
poliziotto
e
la
parola
Capitano
scritta
in
lettere
d
'
oro
sul
berretto
,
lo
ha
trattato
con
cortesia
pomposa
,
senza
guardarlo
in
viso
.
Si
metta
a
sedere
e
aspetti
.
Si
può
vivere
tutta
una
vita
negli
Stati
Uniti
senza
mai
vedere
un
Indiano
.
Sono
creature
relegate
negli
stemmi
degli
Stati
(
sostengono
il
blasone
assieme
a
un
Puritano
)
,
nei
fregi
della
carta
moneta
e
nell
'
anticamera
del
Presidente
.
I
duecento
e
più
giornalisti
che
,
seduti
sui
tavoli
e
appoggiati
al
muro
,
attendono
di
intervistare
collettivamente
il
Gran
Padre
Bianco
,
hanno
a
malapena
voltato
gli
occhi
e
tolto
le
pipe
di
bocca
per
guardare
la
strana
figura
che
andava
a
scegliersi
una
sedia
in
fondo
alla
camera
.
È
mercoledì
mattina
,
e
mancano
pochi
minuti
alle
undici
e
mezzo
,
l
'
ora
in
cui
,
ogni
settimana
,
il
Capo
Esecutivo
riceve
i
rappresentanti
della
stampa
,
che
riferiranno
al
gran
pubblico
quello
che
il
Presidente
crede
,
pensa
,
spera
,
fa
.
È
una
delle
tradizioni
della
Capitale
questo
ricevimento
in
massa
dei
corrispondenti
,
i
quali
hanno
il
permesso
di
chiedere
qualunque
cosa
,
con
discrezione
e
cortesia
.
Il
Presidente
risponde
quando
lo
crede
opportuno
.
Un
corrispondente
estero
ci
spiega
le
regole
del
gioco
che
bisogna
rispettare
:
chi
bara
non
ha
più
il
permesso
di
assistere
.
Prima
di
tutto
:
è
consuetudine
che
gli
stranieri
non
parlino
,
e
ascoltino
solo
,
come
i
bambini
bene
educati
.
Nello
scrivere
i
servizi
è
rigorosamente
vietato
dire
che
«
Franklin
D
.
Roosevelt
ha
dichiarato
,
ha
annunciato
,
o
ha
rilevato
»
.
Chi
parla
è
«
una
sorgente
attendibile
»
,
gli
«
ambienti
ufficiali
»
,
«
qualcuno
vicino
al
Presidente
»
,
«
l
'
ufficioso
portavoce
della
Casa
Bianca
»
.
Se
il
Capo
Esecutivo
avvisa
:
«
Questo
è
per
vostra
informazione
personale
»
,
quello
che
dice
non
va
stampato
e
serve
come
illustrazione
.
Le
parole
:
«
Quello
che
sto
per
dirvi
non
va
nel
verbale
»
equivalgono
a
:
«
È
un
segreto
tra
me
e
voi
»
.
Allora
non
si
scrive
,
non
si
riferisce
,
non
se
ne
parla
.
Segreto
.
È
impossibile
avere
interviste
personali
con
il
Presidente
,
in
questi
momenti
in
cui
ci
sono
dei
membri
del
Gabinetto
che
attendono
giorni
e
giorni
prima
di
essere
ricevuti
.
Un
giovanotto
biondo
,
che
rappresenta
l
'
Agence
Havas
,
aggiunge
:
«
Vedrete
che
uomo
:
affascinante
!
»
.
Il
capo
indiano
,
indifferente
,
ci
guarda
entrare
nello
studio
quando
un
segretario
spalanca
i
battenti
.
Il
Presidente
è
pronto
a
ricevere
la
stampa
.
C
'
è
un
po
'
di
lavoro
di
gomiti
,
qualche
spinta
,
un
piccolo
tumulto
silenzioso
per
raggiungere
i
primi
posti
,
attorno
alla
scrivania
.
Lo
studio
è
una
grande
camera
perfettamente
rotonda
,
dipinta
di
bianco
,
in
stile
federale
(
che
è
lo
stile
di
Washington
:
inglese
della
fine
del
Settecento
,
con
un
tocco
nautico
,
e
un
'
aggiunta
di
neoclassico
-
repubblicano
)
.
In
fondo
,
di
faccia
alla
porta
,
con
le
spalle
alle
ampie
finestre
che
guardano
il
parco
invernale
e
scheletrico
,
sta
Franklin
Roosevelt
,
seduto
al
tavolo
da
lavoro
,
sorridente
,
composto
,
cortese
e
sicuro
.
Due
file
di
sedie
,
ai
lati
del
tavolo
,
impediscono
alla
piccola
folla
che
irrompe
di
passargli
dietro
le
spalle
,
dove
sta
un
gruppetto
di
segretari
e
guardie
del
corpo
,
con
le
braccia
conserte
.
Attorno
ai
muri
sono
appese
alcune
litografie
ottocentesche
con
panorami
del
fiume
Hudson
,
velieri
piegati
dal
vento
su
un
mare
irsuto
di
piccole
onde
verdi
.
Sul
calamaio
del
Presidente
è
una
ruota
di
timone
,
il
calendario
rappresenta
una
ruota
di
timone
,
l
'
appoggio
della
penna
stilografica
è
un
'
altra
ruota
di
timone
.
Davanti
ai
suoi
occhi
è
appeso
un
enorme
pesce
imbalsamato
.
La
personalità
nautica
di
Roosevelt
è
forse
quella
che
egli
considera
con
maggiore
soddisfazione
,
prima
ancora
della
sua
personalità
politica
.
È
vero
però
che
il
timone
è
pure
un
simbolo
di
governo
.
Silenzio
.
Roosevelt
dà
un
'
occhiata
circolare
agli
uomini
in
piedi
attorno
a
lui
,
muove
dei
fogli
di
carta
,
ne
sceglie
uno
,
e
comincia
a
leggere
delle
parole
segnate
in
matita
con
la
sua
scrittura
.
«
Qualcuno
mi
aveva
chiesto
,
giorni
fa
,
che
cosa
pensavo
di
questa
questione
»
dice
.
«
Ecco
quello
che
abbiamo
deciso
di
rispondere
.
»
Sorride
.
Tutti
i
giornalisti
si
sentono
per
un
momento
dietro
le
quinte
con
il
Presidente
degli
Stati
Uniti
,
occupati
nel
difficile
lavoro
di
manovrare
la
politica
del
Paese
.
«
Ecco
quello
che
abbiamo
deciso
di
rispondere
.
»
Il
suo
sorriso
è
rassicurante
,
sincero
,
amichevole
,
appena
professionale
:
il
sorriso
di
un
dottore
che
vuol
diminuire
la
gravità
di
un
caso
.
Disarma
,
perché
nessuno
potrebbe
indirizzare
una
domanda
insidiosa
,
ostile
,
chiara
,
a
un
uomo
che
ti
guarda
in
quel
modo
.
Poi
,
uno
dopo
l
'
altro
,
alcuni
giornalisti
fanno
domande
.
Non
si
vedono
i
loro
visi
,
nella
ressa
.
Roosevelt
volta
gli
occhi
nella
direzione
della
voce
e
risponde
senza
esitare
.
«
Non
sappiamo
ancora
.
Vedremo
.
Non
ho
ancora
studiato
il
problema
.
Non
posso
dichiarare
ancora
nulla
.
Tutto
quello
che
so
,
l
'
ho
letto
sul
giornale
questa
mattina
.
Ve
lo
saprò
dire
.
»
Si
schermisce
,
evita
i
colpi
,
para
.
Si
dilunga
solo
quando
può
spiegare
un
problema
che
non
troverà
oppositori
.
La
sua
testa
,
vista
di
profilo
,
è
calma
,
arguta
,
intelligente
.
Il
mento
è
forte
,
volitivo
.
La
pelle
ben
rasata
,
tesa
e
un
po
'
lucida
:
la
pelle
di
un
uomo
che
vive
all
'
aria
aperta
.
Ma
quando
volta
gli
occhi
ti
accorgi
che
le
pupille
non
sono
perfettamente
parallele
.
Allora
acquista
un
'
espressione
stanca
,
fissa
,
perplessa
.
Le
mani
pallide
e
magre
che
tiene
appoggiate
al
tavolo
gli
tremano
impercettibilmente
quando
accende
una
sigaretta
.
Fuma
continuamente
,
soffiando
il
fumo
verso
l
'
alto
dall
'
angolo
della
bocca
.
Soltanto
da
questi
piccoli
segni
si
indovina
che
cosa
ci
sia
nella
sua
testa
in
questo
momento
.
È
un
essere
sotto
pressione
,
che
lavora
da
quasi
un
anno
nell
'
atmosfera
di
un
Quartiere
generale
durante
una
grande
battaglia
.
È
il
capo
di
un
Paese
disorganizzato
e
caotico
che
cerca
una
via
d
'
uscita
nel
momento
più
duro
della
sua
storia
e
che
chiede
al
suo
Presidente
,
legato
e
ammanettato
dai
suoi
limitatissimi
poteri
,
il
colpo
di
genio
che
rovesci
la
situazione
da
un
giorno
all
'
altro
.
Dopo
tutto
la
Costituzione
gli
permette
soltanto
di
applicare
le
leggi
vigenti
,
di
nominare
ambasciatori
,
ministri
,
capi
degli
uffici
postali
e
altre
cariche
dipendenti
dal
potere
esecutivo
(
salvo
approvazione
del
Senato
)
,
di
fare
trattati
con
le
Potenze
estere
(
salvo
approvazione
del
Senato
)
e
di
scrivere
un
certo
numero
di
messaggi
al
Congresso
sui
bisogni
del
Paese
.
Ecco
tutto
.
Con
questi
poteri
in
mano
egli
deve
manovrare
.
Si
appella
all
'
opinione
pubblica
,
sospende
la
distribuzione
di
posti
governativi
,
per
far
obbedire
il
Congresso
ai
suoi
desideri
,
si
appoggia
a
dubbiosi
statuti
del
tempo
di
guerra
,
esce
cautamente
dal
sentiero
permessogli
,
chiede
poteri
straordinari
.
In
questo
momento
davanti
a
lui
sono
duecentocinquanta
giornalisti
,
con
la
matita
in
mano
.
Un
errore
sarebbe
quasi
irreparabile
,
certamente
dannosissimo
.
Ed
egli
non
ha
la
mente
limpida
cha
potersi
abbandonare
.
Deve
stare
in
guardia
,
senza
lasciar
vedere
che
è
nervoso
,
perché
distruggerebbe
la
fiducia
quasi
infantile
che
tutti
questi
uomini
hanno
in
lui
.
Sorride
,
chiama
per
nome
(
«
John
,
Fred
»
)
quei
pochi
che
conosce
bene
,
perché
erano
ad
Albany
(
Nuova
York
)
con
lui
quando
egli
era
governatore
dello
Stato
,
e
gli
tremano
le
mani
quando
fuma
.
Si
parla
di
fondi
d
'
ammortamento
per
le
Compagnie
ferroviarie
.
Molte
hanno
costruito
le
linee
,
nel
secolo
scorso
,
emettendo
obbligazioni
.
Al
momento
di
ritirarle
hanno
lanciato
nuovi
prestiti
,
pagando
il
primo
con
il
secondo
,
e
continuano
così
.
La
Commissione
del
commercio
interstatale
ha
proposto
in
questi
giorni
una
legge
che
rende
obbligatoria
la
istituzione
di
un
fondo
.
«
Signor
Presidente
,
»
qualcuno
domanda
subito
«
ella
è
dunque
in
favore
di
un
aumento
delle
tariffe
ferroviarie
(
che
sono
fissate
dal
Governo
)
per
permettere
alle
Compagnie
di
ritirare
le
loro
obbligazioni
?
»
Roosevelt
ha
un
momento
d
'
esitazione
.
La
domanda
è
rischiosa
.
Ma
ribatte
subito
:
«
Voltiamola
dall
'
altra
parte
.
Io
sono
favorevole
a
una
diminuzione
delle
tariffe
,
ma
non
tale
da
impedire
la
creazione
di
un
fondo
d
'ammortamento.»
È
il
suo
campo
favorito
:
la
politica
del
minuto
,
la
rapida
manovra
,
la
risposta
immediata
.
Là
è
riconosciuto
imbattibile
.
Durante
la
sua
campagna
presidenziale
,
quand
'
egli
era
governatore
,
l
'
investigazione
condotta
dal
giudice
Seabury
nell
'
amministrazione
della
città
di
Nuova
York
scoprì
cose
compromettenti
negli
affari
privati
di
James
Walker
,
il
sindaco
.
Franklin
Roosevelt
si
trovò
in
questo
dilemma
:
o
espellere
Walker
o
non
farne
niente
e
dare
un
'
arma
in
mano
all
'
opposizione
.
Egli
risolse
il
problema
invitando
Walker
ad
Albany
e
preparandogli
udienze
speciali
per
render
conto
della
sua
condotta
.
Roosevelt
sedette
su
un
'
altissima
cattedra
,
con
le
spalle
alla
luce
,
e
fece
accomodare
il
sindaco
ai
suoi
piedi
,
nel
raggio
di
due
riflettori
.
Da
una
tribuna
ascoltavano
i
giornalisti
e
gli
stenografi
.
Dopo
pochi
minuti
Walker
,
il
meno
intelligente
dei
due
,
si
era
compromesso
irreparabilmente
,
aveva
detto
delle
sciocchezze
annotate
dalla
stampa
,
schiacciato
dalla
luce
,
dall
'
autorità
,
dall
'
altezza
.
E
Roosevelt
aveva
vinto
.
Le
domande
continuano
.
Non
si
tocca
mai
nessuna
questione
fondamentale
,
ma
piccoli
problemi
di
corrente
amministrazione
.
Il
giornalista
riassume
i
dati
recenti
e
chiede
che
ne
pensi
il
Presidente
.
Le
risposte
sono
evasive
,
caute
,
ma
qualche
volta
stranamente
nette
e
decise
.
Dopo
circa
mezz
'
ora
,
un
uomo
si
stacca
da
dietro
le
spalle
di
Roosevelt
,
e
mormorando
:
«
Adesso
basta
!
»
prende
senza
cerimonie
il
giornalista
più
vicino
a
lui
per
il
braccio
e
comincia
a
spingerlo
via
.
Tutti
gli
altri
seguono
senza
dire
più
una
parola
.
Fuori
il
capo
indiano
non
attende
più
.
È
scomparso
.
Franklin
Delano
Roosevelt
,
nel
gennaio
1882
,
è
stato
tenuto
a
battesimo
da
Eliott
Roosevelt
,
il
fratello
di
Teodoro
.
Le
due
famiglie
dello
stesso
nome
avevano
solamente
un
comune
antenato
nel
1700
,
un
mercante
olandese
,
scaltro
e
abile
nei
commerci
.
Ma
la
cerimonia
segnava
il
legame
che
stringe
,
negli
Stati
Uniti
,
le
aristocratiche
famiglie
di
origine
olandese
che
hanno
mantenuto
attraverso
i
secoli
un
attaccamento
europeo
alla
struttura
tradizionale
.
Il
giovane
Franklin
,
a
ventotto
anni
,
sposò
la
figlia
del
suo
padrino
,
cugina
in
sesto
grado
,
Anna
Eleonora
,
condotta
all
'
altare
da
Teodoro
Roosevelt
,
suo
zio
,
poiché
il
padre
era
morto
qualche
anno
prima
.
Franklin
è
un
patrizio
americano
,
attentamente
educato
in
una
scuola
privata
,
allenato
agli
sport
e
alla
vita
semplice
.
Suo
padre
si
era
dedicato
al
commercio
per
qualche
tempo
,
e
si
era
poi
ritirato
con
la
moglie
e
i
figli
in
una
tenuta
sul
fiume
Hudson
,
a
vivere
nello
stile
di
un
gentiluomo
inglese
.
I
ragazzi
facevano
del
canottaggio
d
'
estate
,
cacciavano
alla
volpe
d
'
autunno
.
Forse
l
'
amore
per
la
vela
fu
ispirato
a
Franklin
dalla
madre
,
Sarah
Delano
,
figlia
di
un
capitano
di
veliero
,
discendente
di
una
di
quelle
famiglie
di
Valloni
che
nel
1616
furono
le
prime
ad
occupare
la
deserta
isola
di
Manhattan
per
la
Compagnia
della
Nuova
Amsterdam
.
La
signora
Roosevelt
,
da
ragazza
,
aveva
fatto
un
lunghissimo
viaggio
col
padre
,
arrivando
a
Hong
-
Kong
,
attraverso
lo
stretto
di
Magellano
.
A
14
anni
il
figlio
maggiore
già
era
proprietario
di
un
piccolo
panfilo
di
7
metri
,
con
una
cabina
e
una
cuccetta
,
col
quale
andava
gironzolando
per
il
fiume
.
Le
altre
sue
passioni
erano
il
cavallo
,
il
tennis
,
il
nuoto
e
la
bicicletta
.
Andò
con
un
amico
in
Germania
,
e
la
girò
tutta
in
tandem
,
facendosi
arrestare
quattro
volte
.
Uno
dei
suoi
passatempi
favoriti
era
imbalsamare
gli
animali
che
uccideva
:
strana
occupazione
di
campagna
.
La
sua
carriera
avrebbe
dovuto
portarlo
sul
mare
,
con
una
uniforme
azzurra
e
i
bottoni
d
'
oro
.
L
'
Accademia
di
Annapolis
era
la
mèta
dei
suoi
primi
anni
.
Allo
scoppio
della
guerra
con
la
Spagna
,
nel
1898
,
Franklin
Roosevelt
aveva
perfino
preparato
la
fuga
dalla
casa
paterna
per
arruolarsi
nella
Marina
,
ma
il
morbillo
lo
immobilizzò
in
letto
per
diverso
tempo
,
e
la
guerra
finì
troppo
presto
perché
egli
potesse
provare
l
'
emozione
dell
'
eroismo
.
Finì
ad
Harvard
,
l
'
elegante
Università
vicina
a
Boston
,
che
ha
ancora
un
vecchio
sapore
seicentesco
inglese
.
Tra
i
giovanotti
della
sua
età
egli
cominciò
a
sperimentare
le
qualità
di
tutti
i
Roosevelt
:
una
vitalità
sovrumana
,
un
interesse
spontaneo
in
tutto
quello
che
li
circonda
,
un
istinto
per
il
pittoresco
,
per
l
'
impetuoso
,
per
l
'
inaspettato
,
e
una
grande
scaltrezza
,
se
non
un
'
intelligenza
sintetica
e
astratta
.
Egli
dominava
,
servendosi
degli
amici
,
cavando
,
in
un
turbine
di
parole
,
informazioni
e
consigli
.
Divenne
il
direttore
del
quotidiano
dell
'
Università
,
il
«
Crimson
»
,
e
sbalordì
Facoltà
e
studenti
con
proposte
signorilmente
rivoluzionarie
.
Il
contatto
con
gli
uomini
,
servirsi
di
loro
,
giocarli
l
'
uno
contro
l
'
altro
,
lo
affascinavano
.
Nel
1912
,
alla
convenzione
democratica
di
Baltimora
,
aiutò
Thomas
Woodrow
Wilson
a
raggiungere
la
candidatura
alla
Presidenza
,
e
venne
premiato
dopo
la
vittoria
col
posto
di
sottosegretario
alla
Marina
.
Erano
gli
anni
in
cui
la
guerra
sembrava
imminente
,
e
Franklin
Roosevelt
si
mise
d
'
impegno
ad
allestire
la
flotta
in
previsione
di
uri
conflitto
.
Il
Ministero
della
Guerra
si
dovette
rivolgere
a
Wilson
perché
era
assolutamente
impossibile
rifornire
i
magazzini
dell
'
Esercito
:
Roosevelt
aveva
comprato
tutto
quello
che
i
fornitori
potevano
produrre
al
momento
.
Le
proposte
del
sottosegretario
riuscivano
a
trovare
sempre
un
posto
nella
prima
pagina
dei
giornali
(
un
'
altra
delle
qualità
dei
Roosevelt
)
.
Un
giorno
propose
con
molto
rumore
un
regolamento
che
imponeva
a
tutti
gli
ufficiali
della
Marina
americana
di
imparare
a
nuotare
se
volevano
mantenere
il
rango
.
Durante
la
guerra
egli
sorvegliò
il
trasporto
di
truppe
attraverso
l
'
Atlantico
,
dalla
Francia
,
e
ritornando
in
patria
trovò
che
la
popolarità
di
Wilson
era
finita
,
i
suoi
progetti
ostacolati
dall
'
opposizione
del
Paese
,
e
il
Presidente
quasi
paralitico
.
Roosevelt
si
batté
per
il
partito
democratico
,
come
candidato
alla
vice
-
Presidenza
nel
1920
e
,
dopo
una
gloriosa
sconfitta
,
si
ritirò
in
un
ufficio
legale
,
abbandonando
la
vita
pubblica
.
A
trentanove
anni
,
facendo
un
bagno
in
un
laghetto
di
montagna
con
i
suoi
bambini
in
un
'
afosa
giornata
d
'
agosto
,
fu
colpito
dalla
malattia
che
gli
ha
profondamente
trasformato
il
carattere
:
la
paralisi
infantile
.
Tutti
credevano
che
la
sua
carriera
fosse
definitivamente
finita
.
Egli
si
ritirò
nella
Georgia
,
si
chiuse
in
se
stesso
,
e
mentre
il
Paese
veniva
travolto
dall
'
ondata
di
speculazione
frenetica
egli
riuscì
a
comprendere
il
valore
,
nella
vita
della
Nazione
,
del
contributo
oscuro
e
doloroso
del
piccolo
uomo
qualunque
,
perseguitato
da
forze
che
non
capisce
e
non
controlla
.
Roosevelt
ha
scritto
:
«
Due
terzi
dell
'
industria
americana
sono
concentrati
in
poche
centinaia
di
società
per
azioni
e
diretti
da
non
più
di
cinquemila
uomini
...
Il
potere
economico
è
concentrato
in
poche
mani
»
.
Egli
ha
difeso
l
'
«
uomo
dimenticato
»
nella
sua
campagna
presidenziale
del
1932
.
La
malattia
lo
aveva
riavvicinato
alla
massa
.
Franklin
D
.
Roosevelt
ha
una
mente
mobile
,
curiosa
,
che
ama
sperimentare
e
correggersi
.
Egli
s
'
incammina
per
diverse
strade
prima
di
continuare
per
una
sola
.
Tuttavia
i
suoi
obiettivi
sono
abbastanza
limpidi
e
sicuri
.
Egli
vuole
evitare
il
ripetersi
nel
futuro
del
fenomeno
della
prosperità
speculativa
,
e
vorrebbe
vedere
la
vita
economica
del
Paese
seguire
linee
razionali
segnate
in
precedenza
.
La
macchinosa
organizzazione
del
Governo
di
Washington
rallenta
la
sua
marcia
e
frena
i
suoi
entusiasmi
.
Ma
egli
possiede
una
grande
capacità
di
manovratore
politico
,
sa
adoperare
gli
uomini
che
ha
attorno
e
sa
trasmettere
a
chi
viene
in
contatto
con
lui
quel
sereno
ottimismo
che
è
forse
la
sua
caratteristica
principale
.
StampaQuotidiana ,
Prima
di
recarci
a
teatro
,
ieri
sera
,
avevamo
dato
una
scorsa
ad
alcune
recensioni
di
giornali
romani
,
settimanali
e
non
,
che
de
La
fiaccola
sotto
il
moggio
,
presentata
dalla
Compagnia
De
Lullo
-
Falk
-
Guarnieri
-
Valli
,
nella
regia
di
Giorgio
De
Lullo
,
parlavano
in
tono
entusiastico
e
per
Rossella
Falk
,
interprete
del
personaggio
di
Gigliola
,
adottavano
l
'
impegnativa
definizione
di
«
grande
attrice
»
.
Già
,
quindi
,
pregustavamo
,
oasi
rara
nel
nostro
mestiere
,
una
serata
di
alto
teatro
,
con
un
testo
discutibile
,
ma
illustre
,
e
una
regia
e
un
'
interpretazione
,
se
non
eccezionali
,
poco
meno
.
Si
sa
che
,
nonostante
le
sue
ambizioni
di
ripetere
l
'
immagine
di
Elettra
,
un
'
Elettra
ambientata
in
terra
d
'
Abruzzo
,
La
fiaccola
sotto
il
moggio
resta
un
dramma
naturalistico
e
,
niente
da
fare
,
decadente
.
Il
suo
motivo
autentico
,
e
più
intimo
,
non
è
quello
della
vendetta
riparatrice
di
Gigliola
contro
Angizia
,
la
«
femmina
di
laico
»
che
le
ha
ucciso
la
madre
;
quella
vendetta
per
cui
Oreste
fa
strage
di
Egisto
e
Clitennestra
.
D
'
Annunzio
proietta
perentoriamente
l
'
azione
verso
quella
catastrofe
ma
intanto
ciò
che
veramente
gli
sta
a
cuore
è
l
'
amara
musica
che
viene
dal
disfacimento
della
casa
dei
Sangro
.
Punta
al
tramonto
sanguigno
che
conclude
la
tragedia
greca
e
arriva
al
crepuscolo
,
polveroso
e
perplesso
,
del
decadentismo
principio
di
secolo
.
Nella
casa
dei
Sangro
c
'
è
,
a
cercarlo
,
tutto
il
repertorio
dei
crepuscolari
:
la
fontana
muta
che
non
dà
più
acqua
;
il
grido
del
fanciullo
:
«
Sono
un
povero
malato
-
altro
non
posso
che
morire
...
»
;
che
qualche
anno
dopo
riecheggerà
Sergio
Corazzini
,
poeta
morto
,
ventenne
,
di
tisi
;
la
«
sillaba
del
tarlo
»
;
«
la
polvere
delle
cose
consunte
»
;
le
pergamene
corrose
,
memoria
di
una
grandezza
perduta
;
le
statue
dei
vecchi
re
,
caduti
dalle
nicchie
e
con
la
testa
mozza
;
la
portantina
dal
velluto
stinto
,
come
il
sangue
di
Simonetto
;
e
di
suo
padre
Tibaldo
,
quel
sangue
pallido
che
ha
tuttavia
torbide
accensioni
e
concilia
la
vampa
per
la
serva
assassina
alla
vigliaccheria
e
all
'
impotenza
ad
agire
.
Il
sapore
di
morte
che
è
in
questa
tragedia
fin
dai
primi
versi
non
deriva
dalla
pura
determinazione
ad
agire
degli
eroi
classici
;
ma
caso
mai
proprio
dal
suo
contrario
;
da
quella
perplessità
,
da
quella
decadenza
,
da
quel
rovinio
che
è
nelle
cose
e
negli
uomini
e
che
D
'
Annunzio
esprime
con
gli
arcaici
,
malinconici
fasti
del
suo
linguaggio
.
È
chiaro
che
tragedia
vera
e
propria
non
c
'
è
;
c
'
è
una
specie
di
allucinazione
torbida
,
che
ha
ancora
una
sua
indubbia
forza
teatrale
(
l
'
opera
sopporta
sulle
spalle
,
coperte
da
uno
scialle
a
lutto
,
cinquantatré
anni
buoni
)
purché
venga
,
rispettato
quell
'
ambiente
,
che
D
'
Annunzio
descrive
con
le
sue
fulgide
didascalie
;
e
i
personaggi
si
muovano
secondo
la
loro
coerenza
drammatica
,
perché
insomma
si
tratta
di
un
'
Elettra
borbonica
e
Tibaldo
dev
'
essere
un
barone
consunto
e
vizioso
,
la
femmina
di
Luco
,
Angizia
,
una
criminale
aspra
donna
plebea
,
il
Serparo
un
Deus
ex
-
machina
uscito
da
sotterranei
di
città
morte
;
e
così
via
.
Giorgio
De
Lullo
ha
invece
messo
in
scena
La
fiaccola
sotto
il
moggio
,
senza
credere
ai
suoi
valori
che
,
poco
o
molto
,
sono
quelli
indicati
sopra
;
e
l
'
ha
trasformata
in
una
specie
di
alto
oratorio
,
di
immobile
lettura
.
Dizione
spiegata
,
leggermente
inamidata
da
una
punta
accademica
,
statuarietà
dei
personaggi
su
una
specie
di
piattaforma
rotonda
,
di
cui
la
strana
scena
,
allusiva
,
irreale
,
creata
da
Pier
Luigi
Pizzi
,
ripeteva
il
movimento
.
Così
,
niente
più
casa
dei
Sangro
,
dove
tutto
è
«
consunto
,
corroso
,
fenduto
,
coperto
di
polvere
,
condannato
a
perire
»
;
niente
più
azione
,
plausibilità
allucinata
,
come
il
testo
richiede
.
Insomma
,
uno
stile
da
tragedia
classica
per
un
testo
che
di
classico
non
ha
nulla
,
se
non
le
unità
aristoteliche
,
di
tempo
,
di
luogo
e
d
'
azione
.
Scelta
questa
linea
,
lo
spettacolo
è
coerentissimo
,
rigoroso
,
con
quei
suggestivi
rintocchi
di
musica
sullo
sfondo
;
ma
,
chiamateci
codini
,
non
è
più
La
fiaccola
sotto
il
moggio
.
Rossella
Falk
ha
realizzato
fedelmente
l
'
immagine
che
del
personaggio
di
Gigliola
ha
voluto
darci
il
regista
e
ha
avuto
,
specialmente
nei
primi
due
atti
,
quando
è
stata
applaudita
a
scena
aperta
,
forti
accenti
tragici
;
ma
non
ci
pare
che
abbia
approfondito
le
ragioni
di
disperata
dolcezza
dell
'
eroina
,
quella
sua
amara
perplessità
che
fermenta
sotto
un
volto
impassibile
.
Romolo
Valli
è
stato
un
Tibaldo
malinconico
e
sfatto
,
il
più
vicino
,
fra
gli
interpreti
,
allo
spirito
autentico
del
testo
;
acre
ed
efficace
l
'
Angizia
di
Elsa
Albani
,
piuttosto
esile
il
Simonetto
di
Umberto
Orsini
e
poco
funzionali
Corrado
Nardi
e
Nino
Marchesini
,
rispettivamente
l
'
Acclozamora
e
il
Serparo
.
Completano
il
cast
Italia
Marchesini
,
Nicky
De
Fernex
e
Gabriella
Gabrielli
.
Successo
;
e
molti
applausi
anche
al
regista
,
alla
fine
.
Ma
,
con
buona
pace
degli
entusiasti
,
De
Lullo
e
compagni
,
nel
nostro
teatro
,
hanno
fatto
ben
altro
.
StampaQuotidiana ,
Affrontare
la
questione
morale
partendo
dall
'
osservazione
realistica
che
la
corruzione
non
viene
sempre
elettoralmente
punita
,
quasi
ci
fosse
una
tacita
intesa
fra
corrotto
e
corruttore
,
significa
non
limitarsi
a
fare
delle
prediche
,
che
sono
in
questa
materia
tanto
facili
quanto
inutili
.
E
un
invito
a
conoscere
meglio
il
fenomeno
,
in
tutte
le
sue
manifestazioni
e
ramificazioni
,
perché
solo
conoscendolo
si
può
più
facilmente
correggerlo
.
Sulla
riforma
costituzionale
sono
state
scritte
intere
biblioteche
,
già
in
parte
diventate
carta
da
macero
.
Sulla
corruzione
politica
,
che
per
lo
sviluppo
delle
nostre
istituzioni
democratiche
è
problema
non
meno
importante
,
le
ricerche
e
gli
studi
,
nel
nostro
paese
,
si
contano
sulle
punte
delle
dita
.
Vorrei
almeno
segnalare
il
saggio
del
prof.
Belligni
della
nostra
università
,
Corruzione
e
scienza
politica
,
pubblicato
recentemente
sull
'
ultimo
numero
della
bella
rivista
nata
da
poco
ma
già
affermata
,
«
Teoria
politica
»
.
Questo
saggio
contiene
un
utile
rendiconto
degli
scritti
sull
'
argomento
,
che
vengono
per
la
maggior
parte
dagli
Stati
Uniti
,
e
molte
osservazioni
stimolanti
per
tutti
coloro
che
in
questi
giorni
,
ripetendosi
gli
arresti
di
uomini
politici
e
di
amministratori
per
scandali
,
si
domandano
e
ci
domandano
:
«
Perché
Torino
?
»
o
«
Perché
Firenze
?
»
,
mentre
farebbero
meglio
a
porsi
la
domanda
più
generale
:
«
Perché
la
corruzione
?
»
Siccome
è
chiaro
,
chiarissimo
,
e
tutti
lo
sanno
,
anche
coloro
che
a
ogni
arresto
fingono
di
cascare
dalle
nuvole
e
riscoprono
la
questione
morale
,
che
la
corruzione
politica
è
dovuta
in
gran
parte
al
finanziamento
dei
partiti
,
può
essere
utile
questa
seconda
informazione
:
sin
dall
'
agosto
1984
esiste
una
proposta
dell
'
on.
Valdo
Spini
,
socialista
,
sulla
disciplina
dell
'
attività
e
del
finanziamento
dei
partiti
,
che
al
suo
apparire
ha
avuto
buone
accoglienze
da
giuristi
e
politologi
,
è
stata
discussa
in
varie
pubbliche
riunioni
,
ma
non
ha
mai
avuto
neppure
un
inizio
di
discussione
nella
sede
propria
che
è
il
Parlamento
.
L
'
on.
Spini
ha
avuto
un
notevole
successo
elettorale
,
smentendo
l
'
opinione
che
la
questione
morale
sia
politicamente
irrilevante
.
Probabilmente
di
questa
proposta
si
dovrà
tornare
a
parlare
.
L
'
area
della
corruzione
è
vastissima
.
Perché
ci
sia
corruzione
politica
,
da
distinguersi
dalla
corruzione
in
senso
generale
,
occorre
che
almeno
uno
dei
due
soggetti
del
rapporto
sia
una
persona
investita
di
un
potere
politico
o
pubblico
,
vale
a
dire
del
diritto
di
esercitare
il
potere
di
prendere
decisioni
a
nome
e
per
conto
della
collettività
nazionale
.
Due
sono
le
situazioni
in
cui
si
osservano
abitualmente
rapporti
di
corruzione
:
quella
in
cui
il
soggetto
politico
agisce
per
conquistare
o
conservare
o
non
perdere
il
potere
,
e
quella
in
cui
,
una
volta
che
l
'
ha
acquistato
e
lo
tiene
ben
fermo
nelle
proprie
mani
,
se
ne
serve
per
trarne
vantaggi
privati
.
Inutile
dire
che
le
due
situazioni
sono
strettamente
connesse
perché
nel
mercato
politico
democratico
il
potere
si
conquista
coi
voti
:
uno
dei
modi
di
conquistare
i
voti
è
di
acquistarli
e
uno
dei
modi
per
rifarsi
delle
spese
è
di
servirsi
del
potere
conquistato
o
acquistato
per
ottenere
benefici
anche
pecuniari
da
coloro
cui
l
'
uso
di
quel
potere
può
procurare
vantaggi
.
Il
potere
costa
ma
rende
.
Se
costa
deve
rendere
.
Il
gioco
è
rischioso
:
talora
infatti
costa
più
di
quel
che
rende
,
quando
il
candidato
non
viene
eletto
;
ma
spesso
rende
più
di
quel
che
costa
.
Le
due
situazioni
sono
connesse
ma
occorre
distinguerle
:
nella
prima
l
'
uomo
politico
agisce
da
corruttore
,
nella
seconda
da
corrotto
.
Dall
'
altra
parte
del
rapporto
c
'
è
,
nella
prima
,
l
'
elettore
che
offre
potere
in
cambio
di
un
compenso
;
nella
seconda
un
gruppo
d
'
interesse
,
che
offre
un
compenso
in
cambio
di
una
prestazione
che
solo
il
detentore
del
potere
può
offrire
.
Considerata
l
'
arena
politica
come
una
forma
di
mercato
,
dove
tutto
è
merce
,
cioè
cosa
vendibile
e
comprabile
,
l
'
uomo
politico
si
presenta
,
in
un
primo
momento
come
compratore
(
del
voto
)
,
in
un
secondo
come
venditore
(
delle
risorse
pubbliche
di
cui
grazie
al
voto
è
diventato
potenziale
dispensatore
)
.
Questa
distinzione
è
importante
perché
i
due
casi
sono
,
moralmente
e
anche
giuridicamente
,
di
diversa
gravità
.
Anche
se
negli
studi
sulla
corruzione
politica
si
fa
rientrare
di
solito
il
fenomeno
del
clientelismo
,
vale
a
dire
il
procacciamento
dei
voti
attraverso
l
'
offerta
all
'
elettore
di
vantaggi
personali
,
anche
pecuniari
,
questo
deve
essere
considerato
una
forma
di
degenerazione
del
rapporto
elettorale
,
che
rientra
,
come
la
corruzione
,
nella
categoria
generale
della
«
privatizzazione
del
pubblico
»
,
ma
non
è
una
forma
di
corruzione
strettamente
intesa
.
Altro
è
corrompere
,
o
istigare
il
compimento
di
atti
che
implicano
l
'
incitamento
a
compiere
un
atto
illecito
;
altro
sedurre
,
tentare
,
promettere
a
vuoto
,
che
è
l
'
arte
del
demagogo
,
non
molto
diversa
da
quella
dell
'
imbonitore
.
La
differenza
si
rivela
anche
nel
fatto
che
le
varie
forme
di
procacciamento
della
clientela
si
svolgono
generalmente
in
pubblico
e
possono
suscitare
irritazione
,
deplorazione
,
indignazione
,
ma
non
vengono
perseguite
giuridicamente
.
Offendono
più
il
costume
che
il
diritto
o
la
morale
.
Al
contrario
,
l
'
abuso
del
potere
per
ottenerne
vantaggi
personali
,
il
cui
esempio
più
comune
è
la
«
tangente
»
,
non
si
può
esercitare
che
in
segreto
.
Una
volta
scoperto
,
cade
,
o
dovrebbe
cadere
,
sotto
i
rigori
della
legge
.
Tutti
gli
studi
sulla
corruzione
politica
tendono
a
mettere
in
rilievo
la
vastità
del
fenomeno
anche
negli
Stati
democratici
,
e
la
difficoltà
di
eliminarlo
.
Vi
è
una
scuola
di
rassegnati
,
che
,
ispirandosi
alle
teorie
funzionalistiche
,
ritengono
che
alla
corruzione
si
debba
attribuire
una
sorta
di
utilità
sociale
,
una
«
funzione
»
appunto
,
che
sarebbe
quella
,
metaforicamente
,
di
ungere
le
ruote
di
una
macchina
che
altrimenti
stenterebbe
a
mettersi
in
moto
.
Ma
la
constatazione
che
nella
sua
forma
propria
la
corruzione
non
può
svolgersi
che
in
segreto
,
mostra
,
più
di
qualsiasi
altra
considerazione
,
la
sua
totale
estraneità
all
'
etica
della
democrazia
,
cioè
a
quella
forma
di
governo
che
richiede
la
pubblicità
degli
atti
di
governo
,
in
quanto
si
fonda
sulla
regola
fondamentale
della
controllabilità
ad
ogni
istante
di
chi
esercita
il
potere
non
in
nome
proprio
ma
in
nome
di
tutti
,
e
ha
messo
fine
per
sempre
alla
politica
degli
arcana
imperii
,
propria
degli
Stati
autoritari
di
un
tempo
e
di
quelli
ancor
oggi
esistenti
.
In
uno
Stato
democratico
la
pubblica
moralità
non
è
solo
un
obbligo
morale
o
giuridico
,
ma
anche
un
obbligo
politico
,
anzi
è
l
'
obbligo
politico
per
eccellenza
imposto
dal
principio
stesso
che
regola
la
vita
del
governo
democratico
,
e
che
lo
contraddistingue
da
tutte
le
altre
forme
di
governo
sinora
esistite
,
il
principio
del
«
potere
in
pubblico
»
.
StampaQuotidiana ,
Nicola
,
il
capo
dei
bestiai
della
tenuta
della
Marsigliana
,
ha
fatto
mettere
oggi
una
vecchia
sella
da
buttero
,
con
il
«
pallino
»
,
sul
suo
cavallo
.
Il
«
pallino
»
è
un
corno
di
cuoio
e
di
ferro
sul
davanti
della
sella
che
serve
per
legare
le
bestie
prese
al
laccio
.
Il
vecchio
buttero
vuole
per
nostra
edificazione
istruire
oggi
una
cavalla
selvaggia
,
alla
quale
però
ha
già
dato
due
o
tre
lezioni
del
come
ci
si
comporta
in
compagnia
degli
uomini
.
Nicola
è
contrario
al
sistema
brutale
di
domare
le
bestie
piantandosi
a
cavalcioni
«
a
pelo
»
e
facendole
galoppare
,
saltare
e
scalciare
finché
cadono
a
terra
sfinite
,
o
finché
il
buttero
fa
un
rotolone
nella
polvere
.
Alla
descrizione
di
un
«
rodeo
»
nordamericano
,
dove
piantano
la
sella
sui
puledri
selvaggi
e
vi
montano
sopra
e
rimangono
attaccati
a
forza
di
ginocchia
malgrado
tutti
gli
scarti
e
i
salti
da
montone
,
Nicola
crolla
la
testa
:
è
un
sistema
inumano
.
L
'
animale
va
educato
a
poco
a
poco
,
come
un
bambino
,
secondo
lui
.
Nicola
ama
prendersi
i
puledri
a
uno
a
uno
,
portarseli
nel
rimessino
una
piccola
arena
circondata
da
una
staccionata
e
abituarli
gradatamente
,
lezione
per
lezione
,
con
qualche
giorno
di
riposo
e
d
'
intervallo
tramezzo
,
alla
presenza
dell
'
uomo
,
al
suo
odore
,
alla
sua
mano
,
alla
sua
volontà
,
al
suo
peso
,
alla
capezza
,
alla
sella
,
al
morso
e
alla
fatica
.
Egli
ha
imparato
in
tanti
anni
a
dosare
le
lezioni
per
difficoltà
.
La
prima
volta
,
egli
spiega
,
la
tradizione
maremmana
vuole
che
il
buttero
catturi
l
'
animale
col
laccio
e
,
tenendogli
la
testa
fra
le
mani
,
gli
sputi
in
una
narice
.
Dicono
che
sia
per
fargli
sentire
l
'
odore
dell
'
uomo
.
È
un
gesto
millenario
,
forse
,
che
verrà
dalle
pianure
dell
'
Asia
con
i
primi
cavalieri
e
con
i
primi
cavalli
.
Nella
seconda
lezione
del
corso
di
Nicola
,
il
puledro
legato
vien
fatto
trottare
e
galoppare
intorno
al
rimessino
.
Poi
s
'
incomincia
a
fargli
sentire
la
capezza
e
la
mano
dell
'
uomo
che
comanda
.
Nella
lezione
successiva
il
cavallo
impara
a
conoscere
il
peso
della
sella
,
la
pesante
«
bardella
»
maremmana
,
e
poi
quello
del
cavaliere
.
Il
resto
del
lavoro
non
lo
fa
più
Nicola
,
ma
il
buttero
a
cui
viene
assegnato
il
cavallo
e
che
lo
monta
in
giro
per
la
tenuta
per
giornate
intere
.
Il
capo
bestiaio
ci
segna
,
con
la
punta
del
lungo
bastone
di
corniolo
,
una
cavalla
lontana
in
un
pascolo
.
È
l
'
allieva
di
oggi
.
Due
butteri
si
staccano
dal
gruppo
e
vanno
a
prenderla
per
condurla
nel
rimessino
,
all
'
ombra
di
un
ciuffo
d
'
alberi
.
Nicola
entra
nel
recinto
,
staccando
dalla
sella
il
laccio
e
facendoselo
scorrere
tra
le
mani
,
in
attesa
.
In
mezzo
al
rimessino
è
un
vecchio
tronco
d
'
albero
senza
corteccia
,
con
due
rami
mozzi
.
Lo
chiamano
il
«
giudice
»
e
serve
a
legare
il
bestiame
,
e
ad
appoggiare
le
corde
per
tirarlo
.
Da
un
pascolo
vicino
uno
stallone
nitrisce
:
chiama
una
cavalla
che
non
vediamo
e
che
gli
risponde
ogni
tanto
.
Una
folata
di
vento
fa
rabbrividire
le
foglie
.
Il
vecchio
bestiaio
attende
con
il
laccio
pronto
.
Con
i
buoni
baffi
bianchi
ad
arco
sulla
bocca
,
il
cappellaccio
di
feltro
stinto
,
il
giacchettone
di
fustagno
,
le
gambe
penzolanti
lungo
la
sella
,
egli
non
somiglia
,
neppure
lontanamente
,
a
una
di
quelle
leggendarie
figure
di
centauri
armati
di
laccio
e
di
pistola
dei
libri
d
'
avventure
ginnasiali
e
del
vecchio
cinema
eroico
.
I
due
butteri
,
con
la
cavalla
davanti
a
loro
,
arrivano
di
galoppo
.
Il
cancello
del
rimessino
si
spalanca
,
e
inghiotte
l
'
animale
trafelato
,
che
si
ferma
indeciso
e
atterrito
,
mentre
i
due
uomini
saltano
di
sella
e
gettano
le
briglie
sulla
staccionata
.
La
bestia
cerca
un
'
uscita
,
abbozza
un
galoppo
,
s
'
impenna
e
riparte
nell
'
altra
direzione
,
ficca
la
testa
fra
le
travi
di
legno
cercando
una
uscita
,
nitrisce
disperatamente
.
Un
urlo
di
un
buttero
appollaiato
sulla
staccionata
la
fa
partire
di
corsa
,
chinata
verso
l
'
interno
come
un
cavallo
da
circo
,
mentre
Nicola
,
con
la
lingua
stretta
fra
i
denti
,
per
paura
di
sbagliare
il
colpo
,
fa
roteare
l
'
anello
di
corda
sulla
sua
testa
e
lo
lancia
.
Il
cerchio
si
abbatte
molle
attorno
al
collo
dell
'
animale
,
che
si
ferma
indeciso
.
Il
buttero
lega
immediatamente
al
«
pallino
»
della
sella
la
corda
che
si
tende
,
mentre
la
bestia
indietreggia
puntando
gli
zoccoli
,
scuotendo
il
collo
.
Ma
il
cavallo
di
Nicola
,
che
conosce
il
mestiere
forse
quanto
lui
,
pianta
solidamente
i
ferri
nella
polvere
e
resiste
a
gambe
tese
,
senza
muoversi
.
La
cavalla
quasi
soffoca
,
nello
sforzo
di
liberarsi
dal
laccio
,
ed
ansima
con
un
breve
soffio
rauco
.
Il
grido
improvviso
di
un
buttero
la
fa
ripartire
al
galoppo
,
disordinatamente
,
scuotendo
la
criniera
.
Nicola
manovra
cauto
per
tenere
sempre
libera
la
corda
del
«
giudice
»
,
perché
se
si
dovesse
arrotolare
attorno
al
tronco
la
cavalla
soffocherebbe
.
Ma
il
suo
cavallo
,
quasi
senza
comandi
,
si
ferma
,
si
gira
,
calmo
e
attento
.
L
'
animale
,
dopo
una
corsa
affannosa
e
spossante
,
s
'
è
fermato
e
guarda
attorno
,
diffidente
e
pauroso
.
«
Prova
un
po
'
la
capezza
!
»
comanda
Nicola
,
ed
uno
dei
butteri
sospende
l
'
arnese
al
bastone
di
corniolo
e
si
avvicina
adagissimo
alla
cavalla
,
facendoglielo
odorare
a
braccio
teso
.
La
bestia
ha
dei
tremiti
convulsi
,
e
tenta
ancora
di
svincolarsi
dal
laccio
,
squassando
disperatamente
il
collo
.
A
poco
a
poco
l
'
uomo
riesce
ad
avvicinarsi
,
a
infilarle
il
muso
nella
capezza
,
e
lentamente
gliela
passa
dietro
le
orecchie
e
l
'
affibbia
.
Tutto
questo
Nicola
l
'
aveva
già
fatto
nella
prima
lezione
che
egli
ha
dato
alla
cavalla
qualche
giorno
fa
.
Ma
ad
ogni
lezione
bisogna
ricominciare
da
capo
.
I
cavalli
sono
scolari
senza
memoria
.
Il
laccio
,
ora
,
è
inutile
,
e
Nicola
lo
fa
sfilare
,
afferrando
la
cima
della
capezza
per
guidare
la
bestia
,
che
incomincia
a
galoppare
in
giro
,
con
un
rauco
suono
fischiante
di
respiro
affrettato
.
Ogni
tanto
s
'
impunta
,
davanti
a
un
'
ombra
,
a
un
ramo
mosso
dal
vento
,
a
un
buttero
appollaiato
sulla
staccionata
;
poi
riparte
di
carriera
,
per
fermarsi
poco
più
in
là
,
e
non
muoversi
se
uno
dei
bestiai
non
scende
nel
rimessino
e
la
fa
ripartire
urlando
e
agitando
le
braccia
.
A
un
certo
punto
si
mette
nel
centro
e
si
lascia
cadere
a
terra
,
rotolando
sul
dorso
con
le
gambe
all
'
aria
come
un
cane
che
vuol
giocare
.
Nicola
,
paziente
,
la
segue
,
manovrando
la
corda
,
attorno
al
«
pallino
»
della
sella
,
accorciandola
ed
allungandola
,
girando
attorno
al
«
giudice
»
,
e
dando
dei
brevi
comandi
ai
butteri
che
l
'
aiutano
.
Man
mano
che
l
'
animale
si
stanca
,
Nicola
accorcia
la
corda
tesa
che
lo
divide
dalla
cavalla
.
Finalmente
,
dopo
molti
minuti
,
la
bestia
sfibrata
,
ansimante
,
si
ferma
e
Nicola
si
avvicina
,
adagio
per
non
farla
fuggire
.
Vuol
tentare
di
metterle
per
la
prima
volta
la
«
bardella
»
la
pesantissima
sella
maremmana
e
deve
farlo
senza
destare
i
sospetti
della
bestia
,
che
non
si
è
mai
sentita
la
schiena
legata
e
costretta
da
un
forte
peso
.
Uno
dei
bestiai
,
da
un
lato
,
tiene
la
«
bardella
»
pronta
,
appoggiata
alla
staccionata
.
Nicola
porta
il
suo
cavallo
,
lentissimamente
,
con
precauzione
,
sotto
al
collo
dell
'
allievo
,
finché
può
afferrare
la
cavalla
selvaggia
per
le
due
orecchie
,
passarle
l
'
avambraccio
sugli
occhi
,
e
appoggiarle
la
testa
alla
groppa
del
suo
cavallo
.
Un
bestiaio
,
per
prepararla
al
contatto
duro
della
sella
ed
alla
stretta
della
sottopancia
,
le
passa
sul
dorso
e
sul
ventre
un
ramo
,
disegnando
sul
pelo
sudato
il
profilo
della
«
bardella
»
.
Finalmente
,
a
un
comando
di
Nicola
,
il
buttero
porta
a
due
braccia
la
sella
e
la
depone
sulla
groppa
della
cavalla
,
la
quale
,
al
contatto
,
tenta
di
rinculare
timorosamente
scuotendo
il
collo
.
Ma
il
vecchio
buttero
la
tiene
immobile
nella
morsa
delle
braccia
,
ed
i
bestiai
possono
affibbiare
ogni
cinghia
,
ed
assestare
la
sella
,
legando
le
staffe
in
cima
:
se
ciondolassero
lungo
i
fianchi
la
metterebbero
presto
in
furore
.
Quando
la
lasciano
libera
,
la
cavalla
comincia
a
girarsi
intorno
,
furibonda
,
come
se
un
tafano
la
stesse
tormentando
,
poi
abbozza
un
piccolo
galoppo
sfrenato
,
s
'
impunta
,
scalcia
,
salta
,
ansimando
.
I
butteri
ridono
delle
manovre
della
bestia
che
non
ha
compreso
che
cosa
sia
successo
e
che
tenta
di
liberarsi
dalla
stretta
e
dal
peso
insopportabili
.
Quando
si
è
stancata
,
Nicola
le
va
vicino
e
le
prende
di
nuovo
la
testa
fra
le
braccia
.
Uno
dei
butteri
si
stacca
di
dosso
i
cosciali
di
pelo
di
capra
che
gli
proteggono
le
gambe
dai
pruni
quando
traversa
la
macchia
,
e
,
ridendo
,
glieli
attacca
ciondoloni
ai
due
lati
della
sella
.
E
la
lezione
«
numero
uno
»
nell
'
arte
di
portare
un
cavaliere
,
fatta
con
dei
cosciali
spelacchiati
che
non
hanno
paura
di
essere
rotolati
per
terra
e
che
rimangono
sempre
attaccati
.
Infatti
la
cavalla
è
presa
dal
terrore
al
contatto
di
quelle
due
cose
che
ciondolano
e
la
solleticano
sui
fianchi
,
e
parte
saltando
e
scalciando
.
Abbozza
due
o
tre
salti
da
montone
,
abbassando
la
testa
fra
le
ginocchia
e
,
mentre
i
butteri
ridono
dello
scherzo
,
si
rotola
per
terra
,
con
gli
zoccoli
all
'
aria
.
Quando
si
rialza
i
cosciali
danzano
ancora
sulla
sella
ad
ogni
salto
,
legati
solidamente
.
Dopo
qualche
minuto
,
Nicola
le
si
avvicina
ed
ordina
che
venga
liberata
.
La
lezione
è
finita
.
Il
cancello
si
spalanca
e
la
cavalla
sudata
e
lucente
parte
al
galoppo
verso
i
pascoli
lontani
.
Nicola
arrotola
il
laccio
,
facendolo
scorrere
tra
i
due
pugni
con
un
gesto
marinaresco
.
Fra
qualche
giorno
,
dice
,
un
buttero
la
monterà
.
«
Deve
essere
un
lavoro
difficile
,
la
prima
volta
»
suggeriamo
noi
.
«
Che
!
»
risponde
sorridente
.
«
Chi
monta
è
fatto
com
'
un
omo
,
no
?
»
StampaQuotidiana ,
È
veramente
una
commedia
d
'
amore
la
novità
di
Giuseppe
Patroni
Griffi
,
rappresentata
questa
sera
alla
Fenice
,
a
inaugurazione
del
«
XVII
Festival
Internazionale
del
Teatro
»
,
dalla
compagnia
De
Lullo
-
Falk
-
Guarnieri
-
Valli
?
A
noi
ha
fatto
piuttosto
l
'
impressione
d
'
una
commedia
contro
l
'
amore
.
Una
commedia
d
'
amore
del
tempo
nostro
,
impegno
arduo
,
bisogna
riconoscerlo
,
ma
affascinante
,
non
può
che
partire
dall
'
ambiguità
dei
sentimenti
,
dal
loro
essere
e
non
parere
,
dalla
difficoltà
,
tipica
dell
'
uomo
moderno
,
di
riconoscerli
,
anzi
addirittura
di
individuarli
,
mentre
si
dibattono
nell
'
oscura
trappola
del
cuore
.
È
la
triste
ambivalenza
con
altri
moti
,
per
cui
l
'
amore
viene
mutato
,
equivocato
,
mediato
con
sentimenti
di
natura
diversa
,
per
non
dire
opposta
,
che
fa
l
'
angoscia
dell
'
«
uomo
d
'
amore
»
contemporaneo
.
Perché
questa
viva
,
tuttavia
,
in
una
trascrizione
poetica
(
teatro
o
no
)
occorre
che
l
'
amore
esista
nella
sua
difficile
,
spesso
asimmetrica
,
reciprocità
,
cioè
che
accanto
all
'
uomo
ci
sia
la
donna
:
innamorata
magari
di
un
altro
,
magari
prostituta
e
dedita
alla
cocaina
,
ma
donna
e
amante
.
Nei
tre
atti
di
Patroni
Griffi
,
invece
,
non
ci
sono
donne
,
ma
figurazioni
odiose
e
beffarde
di
una
femminilità
avida
e
arida
.
Si
tratta
,
dunque
,
del
consueto
tema
,
ormai
da
qualche
tempo
circolante
nell
'
aria
come
un
polline
irritante
,
per
cui
la
donna
è
considerata
le
nemica
,
la
distruttrice
,
l
'
incapace
di
sentimenti
autentici
.
Di
lei
si
può
anche
morire
,
ma
forse
è
meglio
lasciarla
perdere
.
Con
tutto
ciò
,
voi
capite
,
non
è
possibile
scrivere
una
commedia
d
'
amore
;
e
i
tre
atti
di
Patroni
Griffi
sono
,
se
mai
,
una
requisitoria
contro
l
'
amore
,
o
per
lo
meno
una
denuncia
dell
'
impossibilità
della
sua
presenza
nel
mondo
,
fra
uomo
e
donna
.
La
commedia
(
che
è
condotta
con
una
tecnica
spezzata
,
e
assai
abile
,
da
sceneggiatura
cinematografica
)
si
svolge
ai
margini
dell
'
ambiente
romano
del
cinema
.
Due
aspiranti
sceneggiatori
,
Renato
ed
Eduardo
,
detto
Eddy
,
vivono
insieme
,
in
un
appartamentino
d
'
affitto
,
che
è
una
specie
di
«
porto
di
mare
»
,
al
quale
approdano
,
da
tempestose
navigazioni
,
Tea
,
ragazzetta
ambiziosa
e
proterva
che
vuol
diventare
una
diva
ed
Enzo
,
un
attore
preso
dalla
strada
,
che
ebbe
con
un
film
neorealista
il
suo
quarto
d
'
ora
di
fortuna
,
e
che
ora
non
riesce
più
a
mettersi
sul
filo
del
vento
buono
.
L
'
amore
di
Renato
per
Elena
Davidson
,
bella
altera
e
autonoma
donna
,
separata
dal
marito
,
che
gestisce
un
'
agenzia
di
collocamento
per
aspiranti
attori
e
attrici
,
nasce
così
,
in
questo
ambiente
sciamannato
e
vociante
,
pieno
degli
scrosci
d
'
acqua
delle
vasche
da
bagno
e
d
'
una
sorta
di
cinismo
patetico
.
Ma
è
una
amore
impossibile
,
perché
Elena
,
e
lo
confessa
durante
una
gita
al
mare
con
l
'
amico
(
secondo
atto
,
di
gran
lunga
il
meglio
dei
tre
)
,
è
negata
all
'
abbandono
del
cuore
;
già
tentò
,
e
fallì
,
col
marito
,
cui
è
tuttavia
unita
da
una
specie
di
riconoscente
tenerezza
.
Ciò
non
le
impedisce
,
però
,
facilitata
anche
dal
suo
lavoro
,
di
prendersi
,
per
indulgenza
coi
sensi
,
gli
uomini
che
vuole
:
come
quell
'
Enzo
,
«
fusto
»
barbaro
e
inconsapevole
.
Su
questo
filone
principale
si
innesta
l
'
arida
relazione
Eddy
-
Tea
,
relazione
puramente
,
diciamo
così
,
di
«
comodo
»
per
entrambi
;
con
lui
che
a
un
certo
punto
si
stanca
e
vorrebbe
troncare
,
lei
che
rimane
incinta
,
e
allora
è
lui
,
commosso
dall
'
idea
del
figlio
,
che
ha
un
momento
di
sincerità
e
sarebbe
disposto
a
sposare
la
ragazza
.
Macché
,
quella
ha
mentito
solo
per
vendicarsi
,
ora
ha
trovato
un
produttore
che
la
lancia
,
perciò
alza
le
spalle
e
se
ne
va
.
Lella
Mare
,
diva
del
microfono
,
non
più
giovanissima
e
sentimentalona
,
pencola
nel
frattempo
,
con
melodica
tenerezza
,
da
Renato
al
rude
Enzo
,
che
poi
si
piglia
,
per
tenerselo
,
finché
almeno
il
successo
non
glielo
porterà
via
di
nuovo
.
Intanto
,
abbandonato
da
Elena
,
che
si
è
allontanata
per
guarirlo
,
Renato
,
tornato
alla
provincia
natia
,
si
spegne
in
silenzio
,
letteralmente
muore
.
Perché
?
La
volontà
di
vivere
ha
abbandonato
il
suo
corpo
ed
egli
se
n
'
è
andato
così
,
di
un
male
misterioso
,
non
previsto
da
alcuna
diagnosi
.
Eddy
alla
fine
dirà
ad
Elena
«
Ci
manca
l
'
educazione
del
cuore
.
Come
ci
costruiamo
con
le
nostre
mani
il
lavoro
,
gli
interessi
,
una
personalità
,
perché
non
dovremmo
costruirci
un
sentimento
?
»
.
La
realtà
è
che
nessuna
«
educazione
sentimentale
»
potrebbe
insegnare
l
'
amore
a
questi
personaggi
così
come
l
'
autore
ce
li
presenta
.
E
ne
varrebbe
poi
la
pena
,
con
donne
di
quel
genere
?
Come
rappresentazione
di
costumi
,
come
acre
documentario
di
un
ambiente
particolare
,
dunque
,
l
'
opera
ha
una
sua
efficacia
,
il
dialogo
vi
è
brusco
,
magro
,
ha
il
volto
sporco
e
trasandato
di
questi
giorni
;
come
commedia
d
'
amore
,
no
,
ché
anzi
i
suoi
momenti
più
sensibili
li
ha
proprio
,
al
secondo
atto
,
.
quando
,
attraverso
alcune
livide
battute
,
l
'
autore
arriva
a
stabilire
ciò
che
veramente
sembra
interessargli
:
l
'
impossibilità
,
per
colpa
,
della
donna
,
del
rapporto
d
'
amore
.
Salvo
qualche
lungaggine
e
un
certo
calo
di
tensione
al
terzo
atto
,
la
commedia
è
ben
costruita
;
e
piacerà
,
vedrete
,
al
pubblico
d
'
oggi
,
per
quel
tanto
di
poetica
ambiguità
,
(
più
apparente
che
reale
,
ma
è
appunto
quanto
si
vuole
)
che
lascia
intravedere
.
Anche
perché
poi
lo
spettacolo
montato
da
Giorgio
De
Lullo
,
è
,
nel
suo
genere
,
perfetto
;
la
scena
multipla
di
Pier
Luigi
Pizzi
,
trasformabile
a
vista
,
rende
ottimamente
quelle
atmosfere
realistiche
e
allucinate
;
così
la
colonna
sonora
.
Degli
interpreti
,
De
Lullo
,
che
ritorna
con
questa
commedia
alla
sua
attività
di
attore
,
dà
alla
figura
del
protagonista
una
tenerezza
,
una
sorta
di
pietà
fraterna
,
anche
nelle
punte
di
isterismo
sentimentale
;
e
il
Valli
delinea
il
personaggio
dell
'
amico
con
una
pacata
malinconia
.
Rossella
Falk
è
,
con
tenerezza
e
crudeltà
insieme
,
l
'
inaccessibile
(
relativamente
)
Elena
;
Annamaria
Guarnieri
mette
semplice
,
animalesco
cinismo
nel
personaggio
della
proterva
ragazzetta
Tea
;
Umberto
Orsini
è
un
brusco
,
indolente
ammiccante
Enzo
.
Assai
intonati
tutti
gli
altri
,
da
Nicky
De
Fenex
al
Maranzana
alla
Marchesini
.
Ma
un
cenno
a
parte
merita
Elsa
Albani
,
che
nella
parte
della
canterina
sentimentale
dà
un
saggio
notevolissimo
delle
sue
qualità
di
attrice
ironica
e
tenera
,
colma
di
densi
umori
.
StampaQuotidiana ,
Chi
s
'
era
immaginato
che
le
proteste
degli
abusivi
siciliani
fossero
una
subitanea
esplosione
di
rabbia
,
è
costretto
a
ricredersi
.
A
più
di
un
mese
dalla
marcia
su
Roma
dei
trentamila
,
avvenuta
il
17
febbraio
,
il
movimento
è
passato
dalla
protesta
pacifica
all
'
azione
illegale
di
massa
.
Un
'
azione
che
in
quanto
tale
avrebbe
dovuto
essere
fermamente
condannata
dal
governo
e
dall
'
opposizione
.
Anche
dall
'
opposizione
che
,
sino
a
prova
contraria
,
è
l
'
opposizione
di
uno
Stato
democratico
.
Ciò
che
è
avvenuto
in
Sicilia
è
uno
degli
episodi
più
gravi
,
forse
il
più
grave
,
di
disobbedienza
civile
,
che
il
nostro
paese
abbia
conosciuto
in
questi
quarant
'
anni
.
Oggetto
in
un
primo
tempo
d
'
istigazione
,
cui
non
sono
stati
estranei
alcuni
sindaci
,
la
disobbedienza
è
ora
oggetto
di
una
vera
e
propria
minaccia
,
compiuta
con
azioni
di
continuata
violenza
.
Per
«
disobbedienza
civile
»
s
'
intende
quella
particolare
forma
di
disobbedienza
che
viene
attuata
allo
scopo
immediato
di
mostrare
pubblicamente
che
la
legge
cui
si
dovrebbe
prestare
obbedienza
è
ingiusta
e
allo
scopo
mediato
d
'
indurre
il
governo
a
cambiarla
.
Abitualmente
viene
accompagnata
da
giustificazioni
tali
da
farla
apparire
non
solo
lecita
ma
anche
doverosa
,
e
da
esigere
che
venga
tollerata
,
contrariamente
a
qualsiasi
altra
trasgressione
,
dalle
pubbliche
autorità
.
Si
chiama
«
civile
»
perché
chi
la
compie
ritiene
di
non
venir
meno
al
proprio
dovere
di
cittadino
,
anzi
ritiene
di
comportarsi
da
buon
cittadino
piuttosto
disobbedendo
che
obbedendo
.
Per
questo
suo
carattere
dimostrativo
tende
a
esprimersi
in
pubblico
a
differenza
dalla
disobbedienza
comune
la
quale
per
raggiungere
il
proprio
scopo
deve
nascondersi
.
La
disobbedienza
civile
può
essere
giudicata
da
due
punti
di
vista
:
l
'
uno
strettamente
giuridico
,
l
'
altro
etico
.
Dal
punto
di
vista
dello
stretto
diritto
ogni
forma
di
disobbedienza
è
da
considerarsi
in
generale
illecita
.
La
nostra
Costituzione
stabilisce
all
'
art.
54
che
«
tutti
i
cittadini
hanno
il
dovere
di
essere
fedeli
alla
Repubblica
e
di
osservarne
la
Costituzione
e
le
leggi
»
.
Non
c
'
è
bisogno
di
consultare
un
libro
di
logica
per
rendersi
conto
che
l
'
obbligo
di
osservare
le
leggi
implica
il
divieto
di
non
osservarle
.
A
maggior
ragione
in
un
regime
democratico
.
Nel
quale
ai
cittadini
è
riconosciuto
il
diritto
di
riunirsi
e
di
associarsi
pacificamente
per
protestare
contro
una
legge
che
ritengono
ingiusta
e
impedirne
l
'
approvazione
o
promuoverne
l
'
abrogazione
.
Un
regime
democratico
può
essere
definito
come
quello
in
cui
alla
disobbedienza
civile
,
che
è
l
'
extrema
ratio
cui
possono
ricorrere
i
sudditi
di
un
regime
dispotico
,
si
sostituisce
il
diritto
di
protesta
e
oltre
la
protesta
il
diritto
di
partecipare
direttamente
o
indirettamente
alla
formazione
delle
leggi
.
Dal
diritto
sacrosanto
di
protestare
contro
l
'
emanazione
di
una
legge
non
discende
il
diritto
di
non
osservarla
dopo
che
essa
sia
stata
democraticamente
approvata
.
Così
pure
dal
dovere
di
osservare
una
legge
non
discende
l
'
obbligo
di
rinunciare
a
protestare
affinché
sia
modificata
o
abrogata
.
Vi
sono
due
modi
per
reagire
a
una
legge
che
si
considera
ingiusta
:
la
protesta
e
la
disobbedienza
.
In
un
regime
dispotico
sono
proibiti
tutti
e
due
.
In
un
regime
democratico
è
ammesso
il
primo
e
non
il
secondo
.
Non
esiste
alcun
regime
politico
in
cui
siano
ammessi
entrambi
.
Il
che
vuol
dire
che
la
disobbedienza
civile
può
essere
attuata
,
in
ogni
caso
,
sempre
e
soltanto
a
proprio
rischio
e
pericolo
.
Che
all
'
istigazione
abbiano
sin
dall
'
inizio
partecipato
non
soltanto
semplici
cittadini
ma
anche
persone
investite
di
pubblica
autorità
,
rende
la
«
rivolta
»
siciliana
ancora
più
preoccupante
.
Mi
pare
che
il
caso
non
abbia
precedenti
,
e
bisogna
ammettere
che
come
precedente
è
di
una
gravità
eccezionale
.
Tra
i
mille
segni
di
disgregazione
della
nostra
vita
civile
,
è
uno
dei
più
funesti
.
Uomini
chiamati
a
provvedere
all
'
interesse
pubblico
proteggono
i
più
sfacciati
e
insolenti
interessi
privati
.
Invece
di
reprimere
gli
abusi
li
difendono
e
difendendoli
li
favoriscono
.
Invece
di
mettersi
dalla
parte
dei
pochi
onesti
danno
voce
ai
molti
che
onesti
non
sono
stati
.
Giustificandoli
con
argomenti
spesso
speciosi
(
in
Sicilia
non
ci
sarebbero
abusi
per
causa
di
speculazione
)
li
incoraggiano
a
perseverare
nell
'
oltraggio
alle
leggi
e
nella
violenza
contro
lo
Stato
.
Diverso
è
il
punto
di
vista
morale
.
La
disobbedienza
civile
può
essere
in
alcuni
casi
moralmente
giustificata
.
Ma
occorre
che
la
causa
sia
nobile
.
Occorre
,
per
usare
una
nota
formula
giuridica
,
«
l
'
aver
agito
per
motivi
di
particolare
valore
morale
e
sociale
»
.
Giustifichiamo
(
e
ammiriamo
)
la
disobbedienza
dei
neri
nell
'
Africa
del
Sud
.
Ci
siamo
schierati
dalla
parte
dei
neri
che
negli
Stati
Uniti
entravano
pacificamente
in
un
locale
pubblico
o
in
un
autobus
riservato
ai
soli
bianchi
.
Ma
rispetto
a
questi
esempi
,
le
parti
sono
,
nell
'
attuale
vicenda
siciliana
,
invertite
.
Lo
scopo
della
rivolta
è
la
difesa
non
già
di
un
diritto
conculcato
ma
della
violazione
di
un
diritto
.
L
'
impunità
viene
chiesta
non
contro
il
sopruso
altrui
ma
per
non
subire
le
conseguenze
della
propria
condotta
sin
dall
'
inizio
giuridicamente
illecita
e
in
molti
casi
socialmente
rovinosa
.
Si
disobbedisce
non
per
non
essere
più
sottoposti
a
una
legge
iniqua
,
ma
per
essere
autorizzati
da
una
legge
che
sarebbe
non
meno
iniqua
a
perpetuare
uno
stato
d
'
ingiustizia
.
Il
nostro
Stato
di
diritto
è
una
nave
che
fa
acqua
da
tutte
le
parti
.
Ma
il
consentire
che
ognuno
si
faccia
la
legge
che
vuole
,
e
il
cittadino
rispettoso
delle
leggi
paghi
anche
per
coloro
che
non
le
rispettano
,
è
assolutamente
intollerabile
.
E
anche
il
modo
più
sicuro
e
più
rapido
per
farla
affondare
.
StampaQuotidiana ,
C
'
immergiamo
nella
notte
,
lasciando
dietro
a
noi
i
fiochi
fanali
del
villaggio
velati
di
pioggia
.
Il
viottolo
fangoso
sembra
candido
nell
'
oscurità
e
non
è
difficile
seguirlo
.
Davanti
a
noi
è
il
capomanipolo
con
le
mani
ficcate
nelle
tasche
dell
'
impermeabile
.
Dietro
,
si
sentono
i
passi
pesanti
e
sicuri
di
due
militi
confinari
,
con
un
rumore
cadenzato
di
fango
spremuto
e
di
ghiaietta
stritolata
dai
chiodi
.
Piove
.
Marciamo
in
silenzio
.
Andiamo
ad
appostarci
su
uno
dei
sentieri
di
montagna
che
vengono
dal
confine
e
dove
,
qualche
volta
,
di
notte
,
tentano
di
passare
contrabbandieri
e
gente
sospetta
,
che
non
ha
le
carte
in
regola
.
I
contrabbandieri
,
in
Val
di
Spluga
,
sono
per
lo
più
montanari
che
trasportano
a
spalla
,
per
dei
sentieri
da
capra
,
trenta
o
quaranta
chili
di
caffè
,
di
zucchero
o
di
tabacco
.
È
un
contrabbando
spicciolo
,
da
queste
parti
,
un
contrabbando
casalingo
,
che
non
penetra
nel
paese
,
ma
viene
smerciato
e
consumato
nei
villaggi
della
valle
.
Il
carico
passa
il
confine
e
viene
deposto
in
qualche
baita
isolata
,
in
qualche
capanna
da
pastori
abbandonata
,
mentre
il
contrabbandiere
va
a
proporre
la
vendita
per
i
villaggi
.
Si
racconta
che
un
vecchio
valligiano
,
un
giorno
,
è
apparso
nella
cucina
della
moglie
del
maresciallo
delle
guardie
di
finanza
di
uno
dei
paesi
della
valle
,
col
cappello
in
mano
,
a
chiedere
se
la
signora
voleva
dello
zucchero
.
Le
trattative
della
vendita
procedevano
pacificamente
quando
è
apparso
il
marito
in
uniforme
.
Il
contrabbandiere
ha
infilato
la
porta
,
di
corsa
,
e
non
si
è
più
fatto
vedere
.
Quando
si
è
trovato
il
compratore
per
la
merce
,
il
contrabbandiere
ritorna
al
suo
deposito
,
carica
il
sacco
sulle
spalle
e
riprende
la
strada
.
Per
essere
più
sicuro
,
manda
avanti
un
compagno
,
che
gli
eviti
incontri
con
le
pattuglie
.
Spesso
il
trasporto
viene
fatto
in
tre
o
quattro
tappe
,
da
diversi
compagni
,
che
si
lasciano
il
carico
in
diversi
nascondigli
stabiliti
.
Di
notte
,
le
guardie
di
finanza
e
le
Camicie
nere
non
fermano
quasi
mai
il
primo
uomo
che
incontrano
per
un
sentiero
di
montagna
.
Quello
,
nella
bisaccia
,
non
ha
mai
nulla
di
compromettente
.
Serve
soltanto
perché
il
compagno
,
che
segue
a
qualche
passo
,
si
accorga
dell
'
incontro
e
possa
scappare
,
o
nascondere
a
tempo
il
fardello
dietro
un
cespuglio
.
Appena
i
contrabbandieri
hanno
escogitato
un
nuovo
trucco
,
i
militi
e
le
guardie
lo
scoprono
immediatamente
e
bisogna
cominciare
da
capo
.
Così
le
pattuglie
non
escono
mai
alla
stessa
ora
,
e
non
percorrono
mai
lo
stesso
itinerario
.
È
una
sorda
lotta
continua
,
una
partita
che
non
ha
mai
fine
,
tra
gli
uomini
in
uniforme
e
gli
altri
.
Ma
le
Camicie
nere
di
confine
,
di
cui
un
manipolo
è
distaccato
a
Campodolcino
e
a
Madesimo
,
non
dovrebbero
specialmente
prender
parte
alla
lotta
contro
il
contrabbando
.
Il
loro
compito
è
la
sorveglianza
di
tutte
le
attività
di
frontiera
che
possano
minacciare
la
sicurezza
nazionale
.
In
Val
di
Spluga
però
le
avventure
non
sono
molto
frequenti
.
Regolarmente
,
dal
ministero
degli
Interni
,
arrivano
i
bollettini
con
i
nomi
,
gli
alias
e
le
caratteristiche
delle
persone
ricercate
dalla
Pubblica
Sicurezza
.
I
militi
fanno
passare
i
fogli
,
fissano
quelle
teste
di
disperati
,
dal
colletto
sbottonato
,
i
capelli
lunghi
e
gli
occhi
attoniti
,
con
la
speranza
di
riconoscerne
uno
,
da
un
momento
all
'
altro
,
appiattato
dietro
un
cespuglio
,
nascosto
in
una
baita
o
a
passeggio
per
un
sentiero
troppo
vicino
al
confine
,
ed
attaccano
il
bollettino
a
due
ganci
,
assieme
a
tutti
i
numeri
dell
'
annata
,
con
un
sospiro
.
Raccontava
il
capomanipolo
Fiaccarini
che
,
recentemente
,
le
autorità
svizzere
l
'
avevano
avvisato
che
due
carcerati
,
armati
e
pronti
a
tutto
,
erano
evasi
da
un
penitenziario
,
e
che
si
credeva
avessero
passato
il
confine
.
Infatti
,
durante
la
notte
,
un
contadino
della
valle
si
è
accorto
che
due
figure
erano
penetrate
silenziosamente
nella
sua
stalla
,
e
si
è
precipitato
a
darne
notizia
alle
Camicie
nere
.
Racconta
il
capomanipolo
:
«
Mi
sono
fermato
davanti
a
quella
porta
,
col
moschetto
stretto
nei
pugni
,
appoggiato
alla
spalla
.
Non
sapevo
che
cosa
avrei
trovato
,
dall
'
altra
parte
.
Forse
i
due
evasi
avevano
sentito
i
passi
chiodati
nel
cortile
,
le
voci
nostre
,
ed
attendevano
con
le
pistole
spianate
che
la
porta
si
aprisse
,
pronti
a
piantare
due
palle
nella
prima
testa
che
apparisse
.
Mi
sono
ricordato
che
,
da
squadrista
,
avevo
preso
parte
a
una
spedizione
identica
.
Un
buon
amico
mio
era
entrato
per
il
primo
,
allora
,
alla
ricerca
di
alcuni
comunisti
,
e
non
aveva
fatto
un
passo
nell
'
interno
della
stalla
,
che
due
colpi
di
moschetto
l
'
avevano
steso
a
terra
.
«
Entrai
col
moschetto
spianato
,
seguito
da
due
militi
.
«
Nessuno
.
La
stalla
sembrava
completamente
vuota
.
Finalmente
in
un
angolo
buio
vidi
due
occhi
che
mi
fissavano
,
vitrei
.
Una
testa
rasata
sporgeva
immobile
dal
fieno
,
come
una
di
quelle
teste
di
legno
a
cui
si
buttano
tre
palle
alla
fiera
.
Puntai
l
'
arma
verso
di
lui
e
gli
ordinai
di
alzarsi
.
L
'
uomo
non
si
mosse
.
Lo
feci
tirar
su
di
peso
dai
due
militi
e
chiesi
dov
'
era
il
compagno
:
non
rispose
.
Capiva
poco
l
'
italiano
.
Salii
sul
fieno
,
per
scoprire
il
nascondiglio
dell
'
altro
.
Sentii
sotto
i
miei
piedi
qualcosa
di
duro
.
Dal
fieno
sporgeva
il
naso
dell
'
altro
evaso
,
il
quale
si
era
fatto
calpestare
senza
pronunciare
una
parola
,
senza
muoversi
.
Sperava
di
passare
inosservato
.
»
Questa
è
l
'
ultima
avventura
delle
Camicie
nere
di
Campodolcino
.
Marciamo
,
nel
fango
,
sotto
lo
stillicidio
della
pioggia
invisibile
.
Ogni
tanto
qualcuno
inciampa
nel
buio
,
e
si
sentono
due
o
tre
passi
precipitati
.
L
'
ufficiale
si
ferma
,
si
avvicina
a
un
muretto
irregolare
,
appoggia
le
mani
e
lo
scavalca
.
Poi
si
volta
e
fa
piovere
sul
muro
un
po
'
di
luce
rosata
da
una
lampadina
tascabile
,
velata
dalle
dita
aperte
.
Nella
breve
macchia
luminosa
brillano
le
gocce
di
pioggia
.
Scavalchiamo
tutti
e
si
riprende
la
marcia
per
un
prato
fradicio
d
'
acqua
.
I
piedi
affondano
.
Davanti
,
all
'
orlo
del
prato
,
la
nostra
via
è
sbarrata
da
un
torrente
che
non
vediamo
ma
che
sentiamo
scorrere
violento
tra
le
pietre
.
Il
rombo
si
avvicina
lentamente
,
finché
ormai
non
è
più
che
a
pochi
passi
davanti
a
noi
,
nell
'
oscurità
.
Il
capomanipolo
volta
a
destra
,
s
'
arrampica
per
una
scarpata
e
infila
un
ponticello
di
legno
.
L
'
acqua
scorre
rapida
sotto
di
noi
.
Oltre
il
ponte
infiliamo
un
sentiero
sassoso
,
che
s
'
inerpica
sul
fianco
della
montagna
.
Sulle
nostre
teste
è
teso
un
tetto
di
nebbia
biancastra
che
copre
la
valle
come
un
coperchio
.
Dopo
qualche
minuto
di
cammino
,
l
'
ufficiale
si
ferma
,
dietro
un
riparo
di
terreno
.
E
qui
.
Attendiamo
.
I
due
militi
,
col
giacchettone
di
pelo
,
dal
bavero
rialzato
sopra
alle
orecchie
,
le
mani
infilate
nelle
due
tasche
verticali
tagliate
sul
petto
,
e
il
moschetto
rovesciato
appeso
a
una
spalla
,
stanno
immobili
.
Si
sente
in
lontananza
il
rumoreggiare
del
torrente
,
e
in
quel
vago
rombo
si
crede
di
sentire
tanti
altri
rumori
indistinti
.
La
pioggia
cade
con
un
tambureggiare
minuto
sull
'
ala
del
cappello
,
indurito
dall
'
acqua
,
e
sull
'
impermeabile
,
eternamente
.
I
minuti
passano
,
lentissimi
.
Una
macchina
è
passata
per
il
villaggio
.
Probabilmente
sciatori
che
vanno
a
Madesimo
o
al
passo
dello
Spluga
.
L
'
automobile
non
si
vede
,
ma
i
due
coni
di
luce
incendiano
la
nebbia
,
salendo
laboriosamente
per
la
strada
ripida
,
dall
'
altra
parte
della
valle
.
I
minuti
passano
.
Una
campana
lontana
batte
le
ore
.
Attendiamo
,
tesi
nel
silenzio
,
per
il
suono
di
un
passo
cauto
,
per
un
ciottolo
smosso
che
rotoli
.
Dopo
mezz
'
ora
o
due
ore
uno
dei
militi
si
piega
in
avanti
,
per
vedere
meglio
,
e
lascia
scivolare
il
moschetto
dalla
spalla
,
impugnandolo
come
per
tenersi
pronto
a
sparare
.
L
'
altro
,
senza
una
parola
,
fissa
il
punto
che
il
primo
sta
scrutando
,
e
prepara
l
'
arma
.
A
una
trentina
di
passi
davanti
a
noi
due
ombre
si
muovono
.
Stiamo
,
protesi
,
col
respiro
mózzo
,
attendendo
,
per
secondi
interminabili
.
Le
due
Camicie
nere
,
a
gambe
larghe
,
con
il
calcio
del
moschetto
stretto
sotto
l
'
ascella
e
la
canna
rivolta
verso
le
due
ombre
che
si
avvicinano
,
sono
irrigidite
nell
'
attesa
.
Si
sentono
,
nell
'
infinito
silenzio
della
valle
,
i
due
scatti
metallici
,
l
'
uno
dopo
l
'
altro
,
dei
moschetti
che
i
militi
hanno
passato
dalla
posizione
di
sicurezza
a
quella
di
sparo
.
Le
due
ombre
sono
di
fronte
a
due
moschetti
carichi
,
pronti
a
sparare
.
Ormai
non
sono
più
che
a
pochi
passi
.
«
Chi
va
là
?
»
Uno
dei
due
militi
ha
urlato
le
tre
sillabe
veloci
nella
notte
.
La
sua
voce
è
roca
e
strozzata
dall
'
attesa
spasmodica
.
«
Ispezione
Milizia
!
»
grida
una
delle
ombre
,
immediatamente
.
«
Parola
d
'
ordine
?
»
«
Udine
!
Controparola
?
»
«
Umberto
!
»
È
il
caposquadra
delle
Camicie
nere
,
accompagnato
da
un
milite
,
in
giro
d
'
ispezione
.
Le
battute
si
sono
svolte
rapidissime
,
secche
,
a
un
metro
di
distanza
tra
gli
uomini
,
che
si
gettavano
le
parole
sul
viso
.
Il
milite
ha
proiettato
la
luce
della
lampada
tascabile
sulla
faccia
del
graduato
,
che
ha
battuto
le
palpebre
,
accecato
per
un
secondo
.
Anche
stasera
,
niente
contrabbandieri
.
StampaQuotidiana ,
Mosca
,
4
novembre
,
notte
-
Laika
è
il
nome
della
cagnetta
eschimese
che
sta
girando
attorno
alla
Terra
rinchiusa
nella
cabina
del
satellite
n
.
2
,
lanciato
ieri
mattina
all
'
alba
da
una
base
sconosciuta
dell
'
Unione
Sovietica
.
Il
nome
Laika
deriva
dalla
voce
russa
«
abbaiare
»
.
Dai
primi
dati
radiotelemetrici
ricevuti
,
gli
scienziati
russi
hanno
potuto
convincersi
che
,
nelle
sue
prime
ore
di
volo
al
limite
estremo
della
ionosfera
,
Laika
si
comportava
bene
e
che
le
sue
condizioni
generali
erano
soddisfacenti
.
Finora
,
sono
stati
pubblicati
solo
due
comunicati
ufficiali
,
uno
sul
lancio
del
satellite
e
l
'
altro
sul
suo
movimento
intorno
alla
Terra
;
ma
in
nessuno
dei
due
si
parla
esplicitamente
della
possibilità
che
Laika
un
giorno
ritorni
sulla
Terra
dov
'
è
nata
.
È
probabile
,
tuttavia
,
che
gli
scienziati
sovietici
abbiano
studiato
qualche
congegno
che
permetta
al
razzo
di
avvicinarsi
alla
Terra
,
di
penetrare
nel
campo
di
azione
della
gravità
terrestre
e
di
lanciare
la
cabina
dove
è
rinchiusa
la
cagnetta
,
affinché
questa
possa
scendere
sulla
superficie
terrestre
per
mezzo
di
un
paracadute
.
Oggi
,
nel
pomeriggio
,
il
professor
Scevliakov
,
parlando
al
planetario
di
Mosca
,
non
ha
escluso
la
possibilità
che
la
cabina
raggiunga
la
Terra
.
Egli
ha
ricordato
che
gli
scienziati
sovietici
hanno
già
lanciato
nella
stratosfera
dei
razzi
con
dei
cani
a
bordo
che
poterono
ritornare
sulla
Terra
sani
e
salvi
da
un
'
altezza
di
210
chilometri
.
Il
prof.
Scevliakov
ha
soggiunto
che
il
lancio
della
cabina
potrebbe
avvenire
mentre
il
satellite
n
.
2
si
troverà
al
perigeo
della
sua
orbita
,
ossia
alla
minima
distanza
dalla
Terra
,
che
si
aggira
tra
i
300
e
i
400
chilometri
.
Il
catapultamento
della
cabina
costituisce
un
problema
difficile
;
tuttavia
il
professore
ha
ammesso
che
tale
problema
potrebbe
essere
stato
già
risolto
,
poiché
al
recente
congresso
di
astronautica
di
Barcellona
,
gli
scienziati
sovietici
comunicarono
di
aver
escogitato
un
sistema
per
far
ritornare
sulla
Terra
certi
satelliti
dotati
di
speciali
congegni
.
Nel
corso
della
sua
lezione
,
il
professore
ha
dichiarato
anche
che
il
secondo
satellite
artificiale
avrebbe
una
lunghezza
di
una
decina
di
metri
.
L
'
accademico
Blagonravov
,
che
è
uno
degli
scienziati
che
hanno
partecipato
alla
realizzazione
del
primo
sputnik
,
non
accenna
in
una
sua
breve
comunicazione
,
riprodotta
stamane
dalla
«
Pravda
»
,
alla
possibilità
del
ritorno
di
Laika
sulla
Terra
.
Egli
ha
scritto
che
,
con
il
lancio
del
satellite
n
.
2
,
si
è
compiuto
un
nuovo
passo
verso
la
soluzione
dei
problemi
del
volo
umano
nel
cosmo
in
quanto
il
sistema
radiotelemetrico
permette
di
ricevere
continuamente
i
dati
sulle
condizioni
di
un
organismo
vivente
durante
il
suo
volo
nello
spazio
e
,
nel
caso
particolare
,
sulla
respirazione
e
sul
funzionamento
del
cuore
del
primo
cane
viaggiatore
che
giri
attorno
al
nostro
globo
.
Il
secondo
satellite
sovietico
ha
la
forma
di
un
sigaro
in
quanto
non
è
altro
che
il
terzo
elemento
del
missile
che
ha
forato
l
'
atmosfera
ad
altissima
velocità
per
entrare
in
un
'
orbita
prefissa
,
inclinata
di
65
gradi
sul
piano
dell
'
equatore
terrestre
.
Gli
scienziati
assicurano
che
la
massima
distanza
dalla
Terra
che
lo
sputnik
n
.
2
raggiunge
nelle
sue
rivoluzioni
è
di
circa
1700
chilometri
,
superiore
quindi
di
circa
800
chilometri
all
'
apogeo
iniziale
del
primo
satellite
.
La
velocità
del
secondo
satellite
è
di
circa
8
chilometri
al
secondo
;
il
periodo
delle
sue
rivoluzioni
è
oggi
di
un
'
ora
e
quarantatré
minuti
.
Considerato
che
il
peso
degli
apparecchi
e
del
cane
è
di
508,3
chili
-
non
è
noto
il
peso
del
razzo
-
e
considerando
la
maggiore
ampiezza
della
orbita
,
si
dovrebbe
dedurre
che
il
missile
sovietico
n
.
2
abbia
sviluppato
una
potenza
maggiore
di
quella
che
permise
al
missile
del
primo
sputnik
di
allontanarsi
di
900
chilometri
dalla
Terra
.
Il
secondo
satellite
è
equipaggiato
di
strumenti
per
studiare
le
radiazioni
solari
nei
settori
dei
raggi
ultravioletti
e
dei
raggi
X
dello
spettro
del
Sole
,
di
strumenti
per
lo
studio
dei
raggi
cosmici
e
per
la
misura
della
temperatura
e
della
pressione
esterna
.
Inoltre
,
il
razzo
contiene
una
cabina
stagna
ad
aria
condizionata
e
gli
apparecchi
per
la
registrazione
delle
funzioni
vitali
della
cagnetta
eschimese
,
nonché
i
viveri
per
la
sua
alimentazione
.
Alle
apparecchiature
del
secondo
.
sputnik
si
devono
aggiungere
,
infine
,
le
due
radiotrasmittenti
e
le
relative
batterie
.
Nel
secondo
comunicato
ufficiale
è
detto
che
le
stazioni
di
controllo
a
terra
stanno
già
ricevendo
regolarmente
i
primi
dati
di
grande
valore
scientifico
.
Due
esperti
sovietici
,
in
un
articolo
pubblicato
oggi
sempre
sulla
«
Pravda
»
,
illustrano
le
ricerche
biologiche
che
gli
scienziati
russi
si
propongono
di
effettuare
per
mezzo
dello
sputnik
n
.
2
in
previsione
della
possibilità
del
volo
umano
negli
spazi
cosmici
.
Secondo
gli
scienziati
sovietici
le
esperienze
già
felicemente
concluse
con
cani
,
che
sono
saliti
fino
a
quota
210
chilometri
,
fanno
prevedere
che
il
giorno
in
cui
l
'
uomo
potrà
penetrare
nello
spazio
cosmico
non
dovrebbe
essere
molto
lontano
.
Tuttavia
,
molti
problemi
devono
essere
ancora
risolti
.
Le
conseguenze
biologiche
dell
'
assenza
del
peso
e
delle
radiazioni
solari
e
cosmiche
non
sono
ancora
conosciute
c
perciò
i
dati
che
potranno
essere
registrati
in
base
alle
reazioni
di
Laika
saranno
certamente
decisivi
per
migliorare
le
condizioni
di
vita
della
cabina
stagna
di
un
razzo
e
per
tentare
il
primo
esperimento
umano
.
Le
osservazioni
sul
comportamento
di
Laika
potranno
anche
permettere
di
risolvere
altri
problemi
biologici
che
sono
impossibili
da
studiare
per
mezzo
di
esperienze
di
laboratorio
,
o
per
mezzo
di
voli
normali
anche
se
a
grande
altezza
.
Dai
primi
dati
ricevuti
dal
satellite
n
.
2
,
gli
effetti
dell
'
accelerazione
alla
partenza
del
missile
e
nella
fase
che
ha
preceduto
il
suo
orientamento
nell
'
orbita
,
sembra
che
non
abbiano
avuto
sensibili
conseguenze
sulla
cagnetta
eschimese
.
Quando
lo
sputnik
è
entrato
nella
sua
orbita
sono
cessati
gli
effetti
dell
'
accelerazione
.
La
velocità
ha
assunto
un
ritmo
normale
.
A
questo
punto
,
però
,
devono
essere
sopravvenuti
gli
effetti
dell
'
assenza
del
peso
.
Dinamicamente
sono
già
state
riprodotte
le
condizioni
dell
'
assenza
del
peso
per
pochi
secondi
negli
aerei
e
per
pochi
minuti
a
bordo
dei
razzi
.
Negli
esperimenti
a
bordo
degli
aerei
si
è
osservato
che
l
'
assenza
del
peso
provoca
dei
disturbi
nella
coordinazione
dei
movimenti
e
nella
circolazione
del
sangue
.
I
due
esperti
sovietici
,
sulla
base
di
considerazioni
di
ordine
teorico
,
ammettono
la
possibilità
che
alcune
funzioni
biologiche
siano
disturbate
anche
dalle
radiazioni
solari
e
cosmiche
e
che
,
pertanto
,
sarà
necessario
proteggere
un
essere
vivente
con
schermi
speciali
nei
futuri
viaggi
interplanetari
.
I
due
esperti
credono
anche
che
altri
esperimenti
saranno
necessari
affinché
gli
scienziati
possano
rendersi
conto
dell
'
esatta
possibilità
di
resistenza
dell
'
uomo
fuori
del
suo
ambiente
naturale
.
È
probabile
,
essi
scrivono
,
che
sia
necessario
lanciare
nello
spazio
a
bordo
di
altri
satelliti
delle
scimmie
antropoidi
,
dei
topi
,
dei
molluschi
e
degli
insetti
per
chiarire
altri
aspetti
scientifici
,
prima
di
poter
compiere
il
primo
esperimento
cosmico
con
esseri
umani
.
Questa
notte
,
Radio
Mosca
ha
annunciato
che
dai
segnali
ricevuti
nella
serata
dal
satellite
n
.
2
,
le
condizioni
di
Laika
continuano
a
rimanere
soddisfacenti
.