Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> categoria_s:"StampaQuotidiana"
StampaQuotidiana ,
L ' Agenzia Stefani ci comunica il seguente dolorosissimo dispaccio : « Roma 9 - Un ' immensa sciagura ha colpito l ' Italia ! S.M. Vittorio Emanuele II cessò di vivere alle 2,30 p . m . dopo ricevuti i conforti della religione . S.M. Umberto , suo augusto figlio è salito al trono ed ha confermato ne l ' ufficio gli attuali ministri » .
IL MITO ( Abbagnano Nicola , 1967 )
StampaQuotidiana ,
Nell ' età della tecnica , della progettazione scientifica , della razionalizzazione di tutte le attività umane , risorge , per uno strano paradosso , l ' interesse per il mito . A prima vista , il mito è l ' opposto simmetrico di ogni attività razionale o razionalizzante : è un racconto fantastico intorno a personaggi irreali , trasmesso per tradizione , abbellito o esaltato dai poeti e ricco di insegnamenti religiosi e morali . Ma anche i filosofi si sono spesso avvalsi del mito , considerandolo come un mezzo di espressione più rapido e popolare delle loro dottrine ; e Platone faceva ricorso al mito tutte le volte che riteneva impossibile spingere oltre l ' indagine razionale , per completare e arricchire questa indagine e fare intendere chiaramente gli insegnamenti che da essa derivano . Spesso i filosofi hanno visto nel mito l ' origine della religione o dell ' arte : così faceva Vico . Hegel affermava che per quanto bizzarro , grottesco o frivolo il mito possa apparire , esso contiene sempre « un pensiero filosofico sulla natura di Dio » espresso in forma imperfetta e perciò prepara la strada all ' arte ` e alla religione . Dall ' altro lato , l ' arte e la religione moderne cercano di scindere i propri rapporti con il mito . L ' arte rivendica oggi la propria libertà d ' espressione e combina arbitrariamente parole , forme , colori o elementi eterogenei per esprimere significati che non trovano riscontro nella realtà delle cose e non pretendono insegnare nulla . Nell ' ambito religioso , le correnti più moderne della teologia cristiana sono impegnate in uno sforzo di demitizzazione della religione : cioè a liberare il cristianesimo dall ' apparato mitico che esso ha rivestito nel corso della storia e in primo luogo dai vecchi e ormai consunti miti sull ' origine e la natura del mondo , per far risonare chiaramente il messaggio che esso racchiude per la salvezza degli uomini . E così proprio le attività umane che più strettamente apparivano congiunte con la forma fantastica del mito , l ' arte e la religione , sono anche quelle che oggi rivendicano energicamente la loro indipendenza dal mito o cercano di liberarsene . E allora il problema è questo : può l ' uomo fare a meno del mito ? Il mito non è proprio soltanto delle civiltà primitive , perché tutte le civiltà e tutti i popoli hanno avuto e hanno miti . Ma i miti delle società primitive sono quelli che oggi più richiamano l ' attenzione degli studiosi , perché è più facile rendersi conto della loro struttura , cioè degli elementi che li compongono , della loro organizzazione e della loro finalità . Recentemente un gruppo di antropologi inglesi ha discusso in un volume collettivo ( The Structural Study o f Myth and Totemism , ed. Edmund Leach , Tavistock Publications , 1967 ) l ' interpretazione del mito proposta da Lévy - Strauss e specialmente l ' analisi che Lévy - Strauss ha fatto della « storia di Asdiwal » , un mito diffuso presso un gruppo di indiani che vivono nella Columbia britannica a sud dell ' Alaska . Gli studiosi inglesi rimproverano a Lévy - Strauss un eccessivo semplicismo e formalismo nell ' interpretazione del mito : ridotto , nel suo schema , a opposizioni elementari come quelle di femmina - maschio , fame - sazietà , movimento - immobilità e così via ; ma si trovano d ' accordo su certi caratteri fondamentali dei miti primitivi che d ' altronde sono riconosciuti da buona parte degli antropologi contemporanei . In primo luogo , il mito non è un racconto storico ma è e vuol essere la rappresentazione generalizzata di fatti che ricorrono con una certa uniformità nella vita dei gruppi umani : la nascita , la morte , la lotta contro la fame e le forze della natura , la sconfitta e la vittoria , il rapporto tra i sessi . In secondo luogo , la rappresentazione che il mito dà di questi fatti spesso non è realistica cioè non riproduce esattamente la situazione corrispondente che vige presso il popolo cui il mito appartiene , ma è opposta a questa situazione , nel senso che la rappresenta abbellita , corretta o perfezionata ed esprime così piuttosto le aspirazioni che la situazione reale fa sorgere . Lévy - Strauss adopera la parola dialettica per caratterizzare il rapporto tra il mito e la realtà che lo ispira . Questa parola suscita la ragionevole diffidenza dei suoi critici , qualcuno dei quali propone , per designare quel rapporto , il concetto di retroazione ( feed - back ) introdotto dai costruttori di cervelli elettronici . Secondo questo concetto , il mito reagisce sulla situazione che l ' ha provocato , cioè tende a modificare l ' universo sociale dal quale sorge che , a sua volta , così modificato , provoca una risposta nel campo del mito ; e così via . Tra mito e realtà sociale ci sarebbe , in altri termini , un complesso scambio di azioni e reazioni , dal quale l ' uno e l ' altra resterebbero continuamente modificati . In terzo luogo , e come conclusione , il mito può essere considerato ( come dice Lévy - Strauss ) « una filosofia nativa » o almeno un qualche aspetto di essa , cioè la forma in cui un gruppo sociale esprime un proprio atteggiamento di fronte al mondo , un modo ( o uno dei modi ) per risolvere il problema della sua esistenza . Questo significato esistenziale del mito difficilmente potrebbe essere negato . Attraverso il mito , un gruppo umano prospetta a se stesso i problemi fondamentali della sua esistenza , i mezzi che ha a disposizione per sopravvivere e quelli che vorrebbe avere e non ha . Prospetta , anche , il modo in cui possono e devono atteggiarsi i rapporti fra gli uomini nella società in cui vivono nonché i loro pericoli , i conflitti cui danno luogo e le soluzioni possibili . In altri termini , come ogni filosofia - fantastica e primitiva o razionale e raffinata che sia - il mito prospetta all ' uomo le scelte fondamentali che gli si offrono nella porzione limitata di mondo in cui deve vivere ; e gli raccomanda alcune di queste scelte a preferenza di altre con la forma di un racconto esemplare e della suggestione emotiva che ne deriva . Se per Giambattista Vico il mito o , come egli diceva , le « favole » erano la storia autentica , per quanto fantastica , dei popoli primitivi , secondo gli antropologi moderni esso è piuttosto la filosofia di questi popoli . E per coloro che ritengono che la filosofia sia un lusso di gente sazia e raffinata , che ha l ' agio di darsi alla contemplazione , questa è una lezione tanto più efficace in quanto viene , non da filosofi , ma da scienziati che non fanno professione di filosofia . Nel linguaggio colto corrente , la parola mito non è ristretta a significare un racconto fantastico imperniato su personaggi irreali , ma è estesa a designare qualsiasi nozione , esaltata al di là dei propri limiti scientifici o razionali , carica di persuasione emotiva e adatta perciò a controllare , in un modo qualsiasi , la condotta degli individui . Sorel parlava del « mito dello sciopero generale » diretto a tener desta l ' energia combattiva della classe operaia . Oggi si parla del « mito della libertà » e « della democrazia » o del « mito della rivoluzione » ; del « mito del benessere » o « della tecnica » ; del « mito della pace » o « della guerra » ; e così via . In realtà ogni concetto buono o cattivo , valido o no , può essere adoperato come simbolo o bandiera per difendere certe cose o distruggerne altre , cioè per influire in modo diretto ed immediato sul comportamento umano . Si può ritenere valido o no quest ' uso del termine , ma è certo che la tendenza ad amplificare , a retoricizzare , ad arricchire di cariche emotive sproporzionate idee o nozioni fondamentali con la pretesa di farle servire più efficacemente e rapidamente alla direzione della condotta pratica di individui o di gruppi , è presente nella società contemporanea e ne costituisce un aspetto essenziale . Ma non meno presente a questa società e non meno essenziale è la tendenza opposta a demitizzare , a considerare nozioni e concetti nei loro limiti , a esaminarli per definire appunto tali limiti e stabilirne la validità e la funzione effettive . La scienza e la filosofia sono oggi impegnate , al pari della religione e dell ' arte , in questo compito di demitizzazione che è anche un compito di demistificazione perché tende a dare a ogni uomo la nozione precisa delle alternative tra cui deve scegliere . Si consideri , ad esempio , il concetto di libertà . Non si serve bene , oggi , la causa della libertà esaltandola come la realtà della storia o l ' ideale incarnato o il pane di cui vivere tutti i giorni . La si serve meglio , nei confronti di individui capaci di critica e di responsabilità , definendola nella sua funzione effettiva : come condizione indispensabile di tutte le attività umane e , a lungo andare , della stessa sopravvivenza dell ' uomo : ma come condizione imperfetta e difficile a realizzare , sempre esposta a pericoli , sempre da difendere e a volte scomoda e atta a chiedere sacrifici . La tendenza a mitologizzare e quella a razionalizzare si scontrano in tutti i campi , ma permangono ormai pochi dubbi su quella alla quale l ' uomo moderno deve affidare le sue sorti . Forse miti ce ne saranno sempre o in ogni caso tenderanno sempre a risorgere o riformarsi : la via del mito è la più facile . Ma la via più difficile , qui come altrove , è la migliore ; e la ragione non deve deporre le sue armi di fronte a nessun mito .
Caro Barone ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Barone , lei aveva letto , quando mi ha scritto , l ' ottimo servizio che Guido Guidi ha dedicato al deposito della motivazione lo stesso giorno in cui esso è avvenuto . Ieri , l ' avrà visto , siamo tornati sull ' argomento , con un altro articolo di Guidi e con un commento di Pietro Radius , che ha seguito per quasi due anni il dibattimento . L ' uno e l ' altro spiegavano come meglio non si sarebbe potuto che la lettura integrale del monumentale saggio giuridico di Catanzaro aiuta ben poco a chiarire i dubbi . Questi ultimi resistono tenacemente a tutti gli sforzi dialettici dei giudici che hanno stabilito una prima e provvisoria verità sulla strage di piazza Fontana . La sensazione dei nostri esperti - alla cui competenza e probità intellettuale faccio illimitato credito - è che la Corte d ' Assise e più precisamente il magistrato estensore della motivazione - si siano affidati in alcune circostanze alle deduzioni anziché alle prove : che abbiano cioè rivestito di argomenti una tesi alla quale erano pervenuti da tempo . Non intendo assolutamente mettere in dubbio la buona fede dei giudici che hanno condotto in porto un processo disseminato di mine giuridiche e psicologiche . Essi sono stati assoggettati a pressioni ambientali , a intimidazioni politiche , e , per chiamare le cose con il loro nome , a un terrorismo morale ricattatorio , che avrebbero sgomentato le coscienze più alte e le volontà più risolute . Partiti , intellettuali , salotti , sindacati , giornali e giornalisti che si erano impegnati al di là della prudenza e anche al di là della decenza nell ' affermare la assoluta innocenza di Valpreda e la esistenza della « strage di Stato » , avrebbero scatenato contro una Corte che li avesse smentiti - e si badi bene che a questo riguardo l ' affermazione di colpevolezza di Freda e Ventura non cambia le cose - lo stesso linciaggio di cui era stato vittima il povero Cornelio Rolandi . E gran merito della Corte di Assise di avere dato a quel galantuomo pieno riconoscimento della sua rettitudine , e di avere tolto a Pietro Valpreda l ' aureola del martire , confinandolo nell ' ambiguo limbo della insufficienza di prove , non affollato da individui cui saremmo lieti di stringere la mano . Ma alla suggestione della strage di Stato i giudici non si sono sottratti . Hanno deciso , e spettava a loro di farlo . L ' Appello e la Cassazione potranno - chissà quando - accomodare storture e riparare errori . Ma fin d ' ora dobbiamo affermare con franchezza che per arrivare alla strage di Stato la Corte d ' Assise di Catanzaro ha dovuto conferire a Giannettini - infliggendogli l ' ergastolo - una dimensione criminale , e un ruolo politico , che superano enormemente la statura del personaggio . Quando Giannettini lamenta di essere stato condannato senza prove , dice quel che dicono quasi tutti gli imputati . Ma le mille pagine non gli danno torto , purtroppo . Da questa pena terribile inflitta su elementi fragili la nostra coscienza è stata turbata subito , quando la sentenza fu pronunciata alla fine del processo . La motivazione ha trasformato il turbamento in angoscia . Non siamo di quelli che valutano condanne e sofferenze in base alle tessere politiche . Una condanna ingiusta resta tale , anche se l ' imputato simpatizza per i fascisti . Ma gli innumerevoli garantisti di casa nostra , che trepidano per Toni Negri , spariscono quando la legge è severa , per non dire spietata , con un tipo come lo sciagurato Giannettini . Tutta l ' impalcatura della strage di Stato appare poco solida . I ministri reticenti furono destinati alla Difesa , in base ad alchimie e dosaggi politici . Avrebbero potuto essere al Tesoro o al Bilancio . Possibile che , una volta approdati casualmente a quel dicastero , si trasformassero ipso facto in complottatori contro la Repubblica ? Il generale Maletti entrò nel Sid due anni dopo l ' eccidio , dunque non ordì nulla . E possibile , anzi probabile , che su talune circostanze abbia mentito , così come ogni capo di servizi segreti , in ogni parte del mondo , dovrebbe mentire per non svelare affari magari loschi che quei servizi , appunto perché segreti , covano tra le loro carte . Questa è complicità nella « strategia della tensione » ? Una volta trasferitisi dal piano giudiziario che loro competeva - l ' accertamento delle responsabilità degli imputati - a un ambizioso piano politico e storico , i giudici dovrebbero ben chiarire perché e come quegli attentati del '69 avrebbero potuto sconquassare le istituzioni italiane , che hanno resistito al rapimento di Moro , e perché e come i leaders di una classe politica che dal golpe sarebbe stata travolta avrebbero dato una mano a prepararlo . Certo si può rispondere , con appropriate considerazioni , a questi nostri dubbi . Ma questa di cui ci occupiamo non è una conversazione da salotto : è una sentenza con tre ergastoli , e con condanne infamanti a ufficiali dal passato intemerato . Mille o diecimila pagine , non potranno mai sostituire una sola , semplice , convincente prova .
Lo Stato siamo noi ( Jemolo Arturo Carlo , 1956 )
StampaQuotidiana ,
I bambini non vi penseranno più fino a dicembre ; ma una gran parte d ' italiani continuerà a pensarvi tutti i giorni e ad invocarne i doni ; solo , non lo chiamerà con questo nome , ma con l ' altro , lo Stato . Cresce invero ogni anno , ogni mese , il numero di coloro che attendono qualcosa dallo Stato : la nuova autolinea , la fermata del direttissimo , la nuova pretura , il nuovo ginnasio , l ' inizio della costruzione della strada , l ' acquedotto , ma soprattutto la creazione di nuovi impieghi , ed i miglioramenti economici per i dipendenti , diretti ed indiretti , dello Stato . Né c ' è a stupire od a rammaricarsi . Le condizioni storiche , economiche , ambientali di ogni Paese , nascono da infiniti fattori ; e se può orgogliosamente affermarsi che la storia la fanno gli uomini , occorre subito aggiungere che sono però condizionati da una serie di premesse e di limiti , e che quel che ogni generazione può effettuare è la scelta tra un ventaglio non ampissimo di possibilità . Sarebbe veramente ingiusto rimproverare gl ' italiani del nostro tempo comparandoli agl ' inglesi della generazione di Stuart Mill od ai nord - Americani dell ' inizio di questo secolo , e raccontare loro che ogni operaio ha in tasca la possibilità di divenire un Ford , sol che si getti nella mischia ; che lavorando undici ore , risparmiando all ' osso , ciascuno può capovolgere la sua posizione . Ed ancora non giusto ricordare , come rimprovero , che fino ad alcuni decenni fa c ' erano regioni d ' Italia , le più ricche , dove nessuno domandava nulla allo Stato , i ceti commerciali ed industriali chiedevano soltanto di essere dimenticati e lasciati al loro lavoro , nessun giovane , del popolo o della borghesia , aspirava al pubblico impiego , e quando qualcuno finiva nei suoi ranghi era considerato un caduto dai compagni , operai o commessi viaggiatori . In tutto il mondo con l ' aumentare della popolazione , con l ' accrescersi dei compiti dello Stato , con nuove sacrosante esigenze di giustizia sociale , con una economia di fronte alla quale le frontiere non significano più gran che , ed è ad augurarsi abbiano a significare sempre meno , le cose sono mutate . Lo Stato non può e non deve essere assente , nemmeno là ( ahimè , sono molto pochi questi angoli di elezione ) dove si lavora forte e bene , e si guadagna in modo da consentire profitti , fondi per il rinnovo del materiale e per ampliamenti aziendali , alti salari , misure di previdenza . Né val la pena di rievocare un sogno che feci nella sfera di roveto ardente della primavera del '45 : una specie di " giornata della fede " , in cui ogni comunità italiana offriva qualcosa per il risanamento della vita nazionale , perché venisse speso bene il danaro che viene speso male ; e due Comuni chiedevano di fondersi , perché troppo poveri per avere servizi distinti , un altro Comune rinunciava alla vecchia tranvia , bastandogli l ' autolinea , un terzo offriva la soppressione del ginnasio che non ha mai accolto oltre dieci studenti : miei vaneggiamenti , forse causati dai lunghi digiuni durante l ' occupazione tedesca . Accettato però che lo Stato è la famiglia , ed i cittadini sono i figli , nell ' età in cui non è possibile realizzare nulla fuori della cerchia familiare , li vorrei come quei ragazzi giudiziosi , quali spesso s ' incontrano nelle famiglie povere , che discutono assennatamente con i genitori dove si debba spendere e si possa risparmiare . Perché è certo molto bella la famiglia tutta slanci ed affetti , dove il padre non fuma ed il ragazzo rinuncia ai libri desiderati perché la figlia possa farsi l ' abitino da ballo ; ma è anche confortevole la famiglia dove il bilancio domestico è discusso pacatamente , ed anche i ragazzi di undici anni dicono la loro ed avanzano le loro proposte di economie e di spese ; né mi scandalizzerei se , col dovuto garbo , un ragazzo facesse sentire alla mamma che non si possono spendere anche poche migliaia di lire mensili per la canasta , se le tasse scolastiche del figlio non sono pagate ed i libri non gli sono comprati in tempo . Fuor di metafora , posto che necessariamente gl ' italiani debbono sempre più per l ' economia delle loro famiglie guardare allo Stato , vorrei ricordassero che lo Stato sono loro , che l ' economia dello Stato è la somma delle economie degl ' italiani ; e non si comportassero come la famiglia scervellata , dove ciascuno dà ragione all ' altro quando questi chiede qualcosa per sé - sì , la poltrona per il nonno ; sì , il viaggio di piacere per papà e mamma ; sì , il gioiello per la signorina ; sì , la lambretta per il ragazzo - e nessuno si chiede da dove attingere . Nelle varie agitazioni di categoria , quel che mi dispiace è che viga la regola di non guardare mai nel piatto del vicino e di battere sempre le mani alle rivendicazioni altrui : quasi lo Stato fosse proprio papà Natale , del cui bilancio nessuno si preoccupa . Quella regola che non si fanno spese senza rispondere alla domanda " con che ? " , regola che Einaudi fece includere nella Costituzione e che di tanto in tanto ricordava nei suoi messaggi al Parlamento , vorrei penetrasse nella testa degl ' italiani . Possono esserci leghe di consumatori contro i produttori e di produttori contro ( anche se non lo dichiarino ) i consumatori ; dei cittadini che desiderano lo Stato spenda poco e metta poche tasse , e di chi vuoi l ' opposto ; di quanti vogliono un bilancio che si appoggi di più sulle imposte indirette e di quanti aspirano ad uno che gravi sulle dirette ; di coloro che non ricevono stipendi dallo Stato contrapposti a coloro che ne ricevono , e viceversa ; è perfettamente ragionevole che tra i dipendenti statali gli uni dicano che c ' è un ' altra categoria ingiustamente privilegiata , e questa neghi o difenda il suo privilegio . Tali contrasti d ' interessi sono nella vita , ed occorre il melenso ottimismo delle dittature per pretendere di negarli e di comporli per virtù di formula in un astratto superiore interesse . La fetta più grande per me dev ' essere più piccola per un altro ; e chi vuole negarlo e pretendere che si possa ingrandire la torta senza togliere a nessuno , dovrebbe avere proposte chiare da mettere avanti . Sono molto rispettoso dell ' agitazione di tranvieri che chiedendo aumenti di paghe dicano : ci sono troppe tessere gratuite di libera circolazione ; il costo del biglietto della corsa dev ' essere aumentato ; l ' Azienda acquista energia a prezzo troppo alto e le conviene avere centrali sue ; ci sono troppi impiegati negli uffici ; occorre abolire quel tratto di linea e quelle corse che sono passivi . Rispettoso dell ' agitazione degli assistenti universitari che indicasse capitoli di bilanci di altri Ministeri su cui tagliare per dare a quello della Istruzione , o magari , guardando solo a questo , affermasse : - le economie per venirci incontro si possono realizzare con la fusione di quegli istituti che sono dei doppioni , l ' abolizione di alcune pubblicazioni che non servono a nulla , la decurtazione delle spese per partecipazioni a congressi e missioni all ' estero ; e se non basta , sopprimendo un certo numero di cattedre , magari alcune facoltà , e se non basta ancora , diminuendo un po ' le paghe ai professori ordinari . Naturalmente proposte di questo genere - gli esempi potrebbero protrarsi all ' infinito - darebbero luogo a proteste , repliche e ritorsioni . Che considererei non scandalose , ma benefiche ; giacché anche nei bilanci più magri ci sono spese indifendibili , sperperi : che sarebbe sacrosanto portare alla luce del sole . E soprattutto perché è così che gl ' italiani acquisterebbero finalmente la persuasione che le casse dello Stato sono le loro casse , che lo Stato sono loro . Se non si riuscisse a far comprendere questo , e lo Stato dovesse venir sempre considerato come babbo Natale , cui si può chiedere senza preoccuparsi della provenienza dei suoi doni , occorrerebbe dubitare della intelligenza degl ' italiani .
Caro amico ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro amico , intanto le faccio subito spedire un volumetto di Controcorrente che ne riunisce un certo numero . Poi , a settembre , quando il Giornale avrà recuperato i suoi organici , che ora sono - com ' è giusto - per la maggior parte in ferie , lei verrà a trovarci , e noi le metteremo a disposizione la nostra collezione e la macchina fotocopiatrice in modo che lei possa fotocopiare tutto ciò che vuole . Ma : e se poi sua moglie torna a bruciarle tutto ? Il problema è qui . Vediamo di affrontarlo con calma . Io non posso rimproverarle di aver sbagliato moglie , perché questo succede a tutti : chiunque si sposi , l ' indomani mattina ci si accorge che è un ' altra persona . Non posso nemmeno rimproverarle di non averla uccisa , visto che il nostro codice penale continua a considerare delitto l ' uxoricidio , che secondo me non lo è , né quando lo commette lui , né quando lo commette lei . Poiché dunque è condannato a vita a una moglie comunista , lei deve imparare il modo di usarla . Su questo , non posso esserle molto utile perché grazie a Dio non ho esperienze in proposito . Ma qualche avvertimento e suggerimento mi sento di poterglielo dare , alla svelta . 1° ) Si ricordi che una moglie comunista , prima è comunista , e poi ( molto poi ) è moglie . 2° ) Come tale , si porta in corpo due Inquisizioni : quella , sentimentale e sessuale , della moglie ; e quella , ideologica , della comunista . 3° ) Essa è tenuta ad avere , di tutti i fatti della vita , anche i più casuali e superficiali , come il guasto del televisore o l ' inceppamento dell ' aspirapolvere , una visione seriosa , drammatica , « impegnata » , che la porta a vederci sotto lo zampino delle « multinazionali » e del capitalismo demoplutogiudaico - massonico , che le impedisce di sorriderne . Ecco : è su quest ' ultimo punto che lei ha qualche possibilità di manovra e di rivincita . Per esempio : le annunci solennemente che ha ripudiato il Giornale , vada a leggerselo di nascosto ( sappiamo che questo avviene anche in altre famiglie ) , e quando vi trova un « Controcorrente » spiritoso ( non sempre lo sono ) , lo impari a memoria , e nell ' occasione più propizia glielo ripeta , con l ' aria d ' improvvisarlo , come farina del suo sacco . Se riesce a farla sorridere , le dica brutalmente : « Bada che è del Giornale » . Seguirà una scenata . Lei la sopporti stoicamente ( oramai dev ' esserci abituato ) . Poi , dopo qualche giorno , ripeta il colpo . Stavolta sua moglie reagirà con un ghigno sprezzante . E lei glielo blocchi dicendo : « bada che è di Fortebraccio » . Se nemmeno così riesce a ridurla alla ragione , me lo faccia sapere . E io , rompendo gl ' indugi , mi deciderò finalmente a lanciare , o a far lanciare dal mio collega Antonio Buono , che è presidente di Tribunale , la proposta di depennare l ' uxoricidio dal codice penale . Non so come sarà accolta . Ma altra speranza , né al marito di una comunista , né alla moglie di un comunista , non resta .
StampaQuotidiana ,
Albenga , 17 luglio , notte - La camera ardente di Albenga resterà fra le cose più grandi e spaventose di tutti questi anni e della mia personale vita : la camera ardente e ciò che vi è accaduto nel pomeriggio di oggi . Ad un certo punto ha perso ogni significato il sapere come i 43 bambini fossero morti , non è importato più né il nome , né i cosiddetti episodi , né gli sforzi per il salvataggio , né di chi potesse essere la colpa . È rimasto unicamente lo spettacolo indicibile del basso stanzone della Croce Bianca , col soffitto imbiancato a calce , lungo le pareti le vetrine con le bandiere del sodalizio e appesi i ritratti di vecchi benefattori . Perché qui la morte aveva allestito una faccenda talmente infernale che tutte le stragi degli anni scorsi , per quanto crudeli e cariche di sangue , risultano al paragone pallidi e quasi grotteschi tentativi . Ridicolo al paragone il famoso Trionfo della Morte della pittura antica , retorici i campi di battaglia di Napoleone , inutilmente esagerato lo sterminio delle città bombardate dagli aeroplani , perfino Buchenwald e Auschwitz non raggiungono una così sobria potenza . Mai , diciamo , la morte aveva chiuso in un quadro così compatto e inesorabile il suo trionfo . Chi entrava oggi nell ' ambulatorio della Croce Bianca di Albenga sentiva , nel senso letterale della parola , una cosa diaccia e pesantissima entrargli poco più su della bocca dello stomaco dentro al petto . E più guardava , più questa cosa indefinibile faceva forza dentro di lui . Non serve dire : 43 anime tenerissime volate in un sol colpo al Creatore ; non serve pensare a diecine e diecine di famiglie spezzate all ' improvviso da un telegramma o dalla tremebonda ambasciata d ' un messo comunale ; le parole non servono a niente . Bisognava vedere quei 43 piccolissimi uomini allineati su un unico pancone , poi a destra quelle quattro donne , unite a loro da un bizzarro destino , distese su un pancone separato , quasi fossero delle intruse . È evidente che su queste povere donne la morte non faceva assegnamento nel suo calcolo di catastrofe , che le ha portate via perché non poteva farne a meno e che le erano del tutto superflue . Bisognava vedere - e bastava un baleno d ' occhiata - quello schieramento di testine ceree , di manine ugualmente raccolte sul petto , di gambette esili , di piccoli piedi abbandonati in un immobile sonno . Bisognava vedere come si assomigliavano in modo allucinante le 43 faccine , non impaurite , non doloranti , bensì dolcemente attonite e , in certo modo , rassegnate . Fra le mani ciascuno teneva con delicatezza una immagine sacra e un fiore , le palpebre erano attaccate appena appena . Senza nessuna retorica erano tutti belli ed estremamente gentili . « Tante bambole , sembrano » disse uno . Quarantatré bambole con dentro chiuso in ciascuna il vasto mistero della morte . Un Gesù in croce abbandonato al peso del corpo e con le braccia tese in su in modo spasmodico era posto sopra l ' immenso capezzale dei 43 innocenti . E anche lui , sebbene ciò sia assurdo , sembrava non capire il perché . La gente di Albenga sfilava silenziosamente davanti : negli interstizi tra bimbo e bimbo crescevano i fiori e cresceva il loro inequivocabile profumo . Fuori risplendeva il sole e suonavano i clacson dei viandanti spensierati . E le 43 faccine diventavano sempre più di cera , si facevano sempre più diafane e perfette e il Cristo pareva sempre più allungarsi nello spasimo della crocifissione e piegava desolatamente la testa da un lato , perché , assurdo o no che fosse , neppure lui riusciva a capire . Così quella cosa diaccia e pesante entrava come una trave di ferro nel petto di coloro che guardavano . Così le frasi che di regola sono giudicate false e sciocche diventavano rigorosamente vere : ad Albenga , diremo per puro dovere di cronisti , si era concentrato , nel pieno della serenità , tutto il dolore del mondo e si spezzavano cuori rimasti fino a stamane di pietra . Ma la morte , com ' è evidente , non era ancora contenta , e desiderava sfruttare , per così dire , ancora di più il suo abominevole capolavoro . E Cristo e gli uomini evidentemente non avevano sofferto abbastanza . Perciò alle ore 15 , nella piazza di Albenga , arrivò il primo autobus proveniente da Milano con a bordo circa quaranta persone adulte : le madri , i padri , i nonni e gli zii dei bambini che erano morti . Nella piazza battuta dal sole la gente formò per istinto una specie di corridoio come nella scena famosa del massacro spagnolo di Hemingway . E con sguardi di terrore , al pensiero di quanto sarebbe successo , la gente vide avanzare il gruppo . Trattenuta da due parenti , venne avanti per prima , precipitando , una donna giovane e grassa . Teneva la faccia rivolta al cielo , una mano aggrappata ai capelli come Niobe . Parole sconnesse che non si riusciva a capire uscivano dalla sua bocca con crescente precipitazione , mentre si avvicinava all ' ingresso della camera ardente . Ma un uomo magro e pallido , sui trent ' anni , improvvisamente la sopravanzò ululando , le mani tese in avanti , e irruppe nella sala . Dio , fa per misericordia che non si ripeta mai più l ' orrore senza nome del 17 luglio ad Albenga . Una madre nella camera ardente non vedeva il suo figlioletto morto : ma lo vedeva morto quarantatré volte nello stesso istante , quarantatré volte nello stesso istante strappato via dalle sue viscere . I suoi sguardi impazziti cominciavano poi a ondeggiare qua e là cercando . Poi il sangue chiamava e lei si gettava sul misero bimbo di cera , ormai così lontano , baciandolo e accarezzandolo con atroce tenerezza e mettendogli a posto la vestina e stringendogli piano le mani . Finché un barlume di verità si faceva in lei e la rivolta esplodeva con grida da agghiacciare il sangue . Ogni madre e ogni padre che entrava era lo stesso . Si formò nella sala un vortice di atrocissimo dolore umano . Non avevo mai immaginato che il cuore potesse essere così totalmente sconvolto dalla sofferenza del prossimo . Tutti , non esagero , piangevano senza ritegno . « Oh , oh , Giorgio mio » si sentiva urlare . « Oh , mamma ... il mio Alberto , oh che morte gli hanno fatto fare ! ... Oh , Signore , dammi la grazia » invocava un ' altra coprendo di baci i piedini del suo bimbo . Mamme si dibattevano lanciando insensate invettive come travolte dalla pazzia . Mamme ingannate da false segnalazioni non trovavano il figlio creduto morto e a poco a poco nella faccia sconvolta si apriva come una luce di speranza . Mamme si slanciavano sulla loro creatura irrigidita gridando di felicità : « È vivo , è vivo ! » . Mamme uscivano correndo nella piazza come folli lanciando degli evviva fra un singhiozzo e l ' altro . Era finalmente soddisfatta la morte ? Era questo che desiderava ? Per tre volte nel pomeriggio si ripeté l ' assalto - bisogna proprio dire così - delle madri e dei padri ai cerei simulacri delle loro creature . La morte di un bambino è sempre una incomprensibile tragedia . Oggi ad Albenga di queste tragedie ne esplodevano sei o sette contemporaneamente in pochissimi metri quadrati ; e non si poteva resistere . Il volto rigato di lagrime , il sindaco Greppi , smarrito , si aggirava da uno strazio all ' altro anche lui sbalordito da tanto orrore . Il vescovo , i sacerdoti , le infermiere , gli infermieri della Croce Bianca , uomini e donne del popolo tentavano di ridurre la disperazione dei poveretti . Ma che consolazione potevano offrire ? Poi da Roma giunse in volo Parri , delegato dall ' Ufficio dell ' Assistenza postbellica , da cui dipende la sfortunata colonia , e anche nel suo petto vedemmo sprofondare quella cosa diaccia e pesante come metallo , tanto la sua faccia si fece terrea . Intanto , dimenticate da tutti , in disparte , le quattro donne dormivano sul loro bancone riservato . Non un cane sembrava occuparsi di loro ( sono state riconosciute per Paola Conte , vedova Tonoli di sessantaquattro anni , da Maredria [ Mantova ] , Francesca Piloni , Maria Moro e la figlia Giuseppina di undici anni , tutte e tre da Caravaggio ) . Soprattutto terribile mi sembrò un padre . Guidato come un automa da un infermiere ritrovò quasi subito il suo bimbo . Era un signore sui trent ' anni vestito correttamente di grigio , dal volto nobile e in certo senso avventuroso . Veniva da solo . L ' infermiere presto lo lasciò richiamato da altre scene miserande . E lui non disse una parola , non ebbe un sospiro o una lagrima , lo vidi anzi a poco a poco diventare di pietra . Fissava con avida intensità il figlio nato inutilmente da lui e mi parve di leggere nella sua faccia un rimorso cupo , senza rimedio , quasi che tra l ' uomo e il bimbo ci fosse stato un lungo e meschino malinteso . Avrei giurato che lui chissà per quali mediocri motivi non avesse mai sentito il bisogno di tenerselo vicino e che ora invece capisse di avere sbagliato l ' intera vita ; ma era troppo tardi e il malinteso continuerà in eterno e l ' ingiustizia brucerà dentro di lui per anni ed anni . Gli altri ululavano , si torcevano le mani , piombavano in ginocchio pregando o maledicendo . Il taciturno signore , immobile come una statua , faceva più paura di tutti . Nel frattempo il mare , di un meraviglioso colore violetto , continuava a lambire placidamente l ' estremità dell ' albero dell ' Annamaria , la tragica motobarca sprofondata a poco più di cento metri dalla riva . Un pontone con gru e una motovedetta della marina manovravano per sollevare il relitto . E un palombaro calatosi nel fondale di appena quattro metri riscontrava nello scafo dell ' imbarcazione uno squarcio di quaranta centimetri per cinquanta . A che serve ormai ? Veniva fatto di dire pensando all ' irreparabile conto dei morti . Eppure è anche giusto stabilire le colpe , se colpe ci sono . Ha responsabilità , per esempio , il dott. Armando Ducci , direttore del preventorio colonia Fondazione Solidarietà Nazionale , per avere lasciato andare in gita gli ottantuno bambini senza prendere le necessarie precauzioni e che è stato fermato ? Parri ha fatto presente l ' eventuale opportunità di liberarlo , tenuto conto dell ' ausilio che egli potrebbe offrire ai bimbi superstiti . Il colonnello dei carabinieri e il procuratore della Repubblica che conducono l ' inchiesta hanno però confermato il fermo . Hanno colpa i barcaioli , fratelli Podestà , pure fermati e che sembra non avessero l ' autorizzazione legale a noleggiare la loro imbarcazione ? Ha responsabilità , per caso , la Capitaneria del Porto o la Delegazione di spiaggia per non avere eliminato in acque così battute il palo che fu causa della catastrofe ? E all ' Ufficio tecnico municipale , sempre per via di questo maledetto palo messo a sostegno della fognatura , non si deve imputare nulla ? Un ingegnere di quest ' Ufficio ha fatto presente che il palo stesso prima della guerra sporgeva dal mare come di dovere , ma che qualche razziatore di ferro l ' aveva tranciato tempo fa sotto il livello dell ' acqua . Ma perché , si può allora rispondere , l ' Ufficio non aveva pensato a segnalare l ' insidia ? Certo il motivo della tragedia fu il palo ; su questo non c ' è alcun dubbio . Spetta ora all ' autorità stabilire se ci furono e di chi furono le negligenze . Il ministero dell ' Interno , su richiesta dello stesso presidente della Fondazione di Solidarietà Nazionale , on. Parri , ha disposto che sia effettuata una severa inchiesta dandone incarico al viceprefetto Arnaldo Adami della direzione generale dell ' Assistenza postbellica . Il dott. Adami è già sul posto . Parli ha destinato alle famiglie delle vittime tre milioni e la signora Eva Perón , prima di lasciare l ' Italia , ha inviato la somma di un milione di lire . Questa sera , mentre il padre stava per arrivare in autobus da Milano , il bimbo Antonio Oliva , dopo avere lottato con le sue flebili forze contro l ' onnipotente morte , si è spento all ' ospedale . Il papà lo ha potuto stringere che era ancora tiepido di vita . Gli altri bimbi superstiti del naufragio sono intanto quasi tutti fuori pericolo . In ottime condizioni le tre assistenti , il bagnino e i due barcaioli finiti anch ' essi in acqua . I quarantatré , anzi , da stasera i quarantaquattro morticini , verranno chiusi nelle casse domani a mezzogiorno . Alle 17.30 saranno trasportati nella cattedrale per l ' ultimo solenne commiato . Alle 19.30 partiranno in treno alla volta di Milano . Un bimbo però sarà sepolto a Loano e cinque altri verranno lasciati a Pavia perché in questa provincia vivono le loro famiglie . Sabato mattina Milano vedrà l ' inverosimile sfilata delle rimanenti trentotto minuscole bare .
Caro Damato ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Damato , io non milito nel Partito liberale e non ho con esso nulla da spartire . Ma non posso condividere ciò che lei ne dice e che rasenta la bestemmia . Che nel Partito liberale ci siano degl ' imbecilli settari e faziosi , è inutile insegnarlo a me che li ho quotidianamente sul gobbo con le loro proteste spesso sgrammaticate . Ma che liberalismo e tolleranza siano , storicamente e filosoficamente , sinonimi , è inutile che lei lo contesti perché è dimostrato dai fatti . Certo , la tolleranza non può spingersi fino al punto di tollerare l ' intolleranza di certi ordini religiosi - che poi sono uno solo : i Gesuiti - che la predicavano e la praticavano . Ma mi vuol dire quali monumenti hanno distrutto e quali biblioteche dilapidato i liberali ? Ho l ' impressione che lei sia rimasto a un vocabolario di duecent ' anni fa , quando il termine liberale veniva confuso con quello di giacobino , nome che spetta a un altro tipo d ' intollerante dissacratore e persecutorio , di cui i liberali furono , al pari dei preti , le vittime ghigliottinate e impiccate . La matrice giacobina fu quella da cui derivò non il partito liberale , ma quello d ' Azione che i liberali hanno sempre aborrito . E veniamo , come dice lei , ai tempi d ' oggi . Lei dice che la Dc non è responsabile della politica scolastica attuale perché è stata condizionata dagli altri partiti . Ma in tal caso non è responsabile di nulla , neanche delle dissennate nazionalizzazioni coi fallimentari enti che ne sono derivati , neanche dello sfascio dei servizi pubblici , neanche dei casi Sindona e Rovelli , neanche dell ' equo canone ecc. Se lei crede di salvare la Dc dicendo che , in un trentennio di potere , essa ha dovuto sempre fare la politica degli altri , temo che si sbagli : di tutte le colpe che le si possono addebitare , questa è la più grave . No , caro Damato , diciamo la verità . I democristiani non hanno mai avuto una politica scolastica per il semplice motivo che non hanno mai avuto una politica culturale : essi stessi , o almeno i migliori fra loro , lo riconoscono . Ed è anche naturale perché mentre la Chiesa ha una grande , enorme cultura a carattere universale , la Dc non ne ha nessuna : i suoi sacri testi - a parte la Rerum Novarum che è ancora roba di Chiesa - si riducono a quelli di Toniolo , e non aggiungo altro . I suoi due « Grandi » moderni - Don Sturzo e De Gasperi - erano , sì , grandi , ma non come uomini di cultura . La cultura la Dc l ' ha lasciata in esclusiva ai marxisti . E lei , caro Damato , ringrazi Dio che alcuni desperados della cultura liberale , quelli che oggi fanno capo a questo giornale e fra i quali militano anche molti cattolici ( Pampaloni , Mathieu , Burgess ecc . ) abbiano puntato i piedi e resistito all ' ondata ; altrimenti oggi tutta la cultura italiana , compresa la vostra , non sarebbe che un sottoprodotto di Marx . Quanto alla scuola , i maligni dicono che i democristiani , i quali l ' hanno quasi ininterrottamente gestita per tre decenni , hanno volutamente lasciato andare in malora quella pubblica per favorire quella privata , per gran parte in mano alla Chiesa . Io rifiuto questa calunniosa ipotesi . Ma è un fatto che quella privata funziona , in genere , molto meglio di quella pubblica , e quindi non vedo i motivi del suo lamento . Lei dice : ma lo Stato ( Io Stato democristiano , noto io ) seguita a privilegiare la scuola pubblica , rendendola gratuita , mentre quella privata costa . Ma in tal caso cosa deve fare , lo Stato ? Se rende costosa anche quella pubblica , ne esclude i bisognosi , che è proprio ciò che uno Stato non deve fare , e che lei stesso non può volere . Per rendere gratuita quella privata , bisogna che se ne assuma gli oneri , e con gli oneri la responsabilità , il che equivale a renderla pubblica . Un ' ultima cosa . Lei protesta perché Alfieri attribuisce a un certo filone del terrorismo una matrice catto - comunista . Io posso dirle soltanto questo : un Curcio e un Toni Negri , dalle fila liberali non verranno mai fuori ; dalla scuola sociologica di Trento , voluta e sponsorizzata dai democristiani tipo Alberoni , sì .
Il bello e il comodo ( Jemolo Arturo Carlo , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Ero pressocché bambino quando lessi un articolo , « Re Piccone » , ove Domenico Gnoli deplorava gli sventramenti che mutavano il volto delle città italiane ; seguo ora i frequenti articoli di Antonio Cederna sulle devastazioni ai danni dell ' arte , della storia , del paesaggio , che compie quotidianamente la speculazione . Cinquant ' anni : di continue , ininterrotte sconfitte di quanti oppongono valori estetici o storici all ' interesse privato . Ben so come non sia possibile , né in Italia né fuori , mantenere immutato il volto delle città ; conosco i diritti della igiene e della viabilità , e pur il diritto di ogni secolo d ' imprimere una sua orma . Ma , appena si passa la frontiera , si scorge altrove una vigile cura nel distinguere , e considerare sacre certe limitate zone , intoccabili alcuni paesaggi . Fino alla seconda guerra mondiale le città tedesche , sviluppando ad anello intorno ai vecchi nuclei nuove città commerciali , avevano rispettato in ogni dettaglio l ' opera di altri secoli . Nel cuore di Londra si trovano ancora chiese con giardini , antichi cimiteri , su cui nessuno pensa erigere grattacieli . Il centro di Parigi è immutato da ottant ' anni . Da noi solo , nulla riesce a salvarsi , neppure quelle poche cose che senza rettorica potrebbero dirsi patrimonio della nostra civiltà più che dell ' Italia . Dal teatro di Siracusa la vista del mare già è interrotta da una serie di costruzioni industriali . E stato fatto scempio dell ' Aventino , della Via Appia ; irremissibilmente guastata l ' unica opera meritevole , in quest ' ambito , della terza Italia , la passeggiata archeologica , cortina di verde che saldava ricordi classici e chiese medievali ; Venezia è in continuo pericolo . Non griderei contro l ' ingordigia degli speculatori . Trovo umano che chi possiede un giardino nel cuore di Milano o di Venezia o una vecchia villa in Roma , proprietà che non rendono o sono passive , aspiri a ricavarne le centinaia di milioni che danno , vendute come aree edificabili . Penso che il proprietario inglese , tedesco o francese abbia identico desiderio . Ma altrove funzionano i freni ; da noi , no . Se non al primo , al secondo , al terzo attacco , commissioni edilizie , Sovraintendenze ai monumenti , Consiglio Superiore delle Belle Arti , finiscono per cedere . Progetti di transazione , varianti , esecuzione non conforme al progetto , che viene poi sanata : lo scempio è compiuto . Gli uffici pubblici non sono secondi ai privati . Non c ' è direttore generale o ministro che sacrifichi al rispetto del monumento il bisogno degli uffici di allargarsi , di avere più respiro . Scomparsi in Roma per questo bisogno di uffici , i due incantevoli chiostri - giardini ricchi di aranci a San Silvestro ; fino al 1946 l ' antico chiostro agostiniano era il più delizioso giardino : scrosciare sommesso di acque , gorgheggi di uccelli , che in certe ore avevano a sfondo sonoro le campane di Sant ' Agostino ; ma quella è la sede dell ' Avvocatura dello Stato ( che difende in giudizio anche gl ' interessi dell ' arte e del paesaggio ) e quel giardino non consentiva la sosta delle macchine dei funzionari . Ora solo in due angoli alcuni alberelli , ma sostano tante macchine su bella ghiaia spianata . Come non fo colpa ai proprietari che pensano ai loro interessi , ne fo una relativa ai colonnelli che avendo caserme in antichi edifici pensano anzitutto alle esigenze dei soldati , od ai vescovi che curano quelle dei seminaristi o dell ' episcopio ( ma chi passi per Foligno , guardi un po ' cosa l ' autorità vescovile ha combinato nel vecchio centro cittadino ) ; e do le attenuanti anche a sovraintendenti e consiglieri delle Belle Arti , perché , a differenza che in altri Paesi , non hanno dietro di sé il deciso appoggio della opinione pubblica . Manca l ' indignazione . Si sono fatti scioperi generali di anticipata protesta contro la minacciata abolizione di una fermata ferroviaria , contro la minacciata soppressione di un ospedale , agitazioni per il trasferimento di un insignificante ufficio ; nessun agitatore riuscirebbe a far divampare l ' ira popolare contro alcuno scempio di centri cittadini . Ed è altresì significativo , a mostrare il vuoto di certa rettorica , che quei partiti e correnti che più amano insistere sulle grandi memorie e sulle glorie degli avi , siano sempre stati oltremodo distratti allorché si è trattato di cancellare vestigie ; la rovina della Mèta sudante , che aveva attraversato i secoli , fu cancellata dal fascismo per fare una bella spianata dinanzi all ' arco di Costantino , ed il culto dei ricordi sabaudi dei gerarchi piemontesi portò ad incombere su piazza Castello la torre littoria . Sono gl ' italiani più negati al bello , al senso della tradizione , di altri popoli ? Lo negherei recisamente . Ma , qui ancora , gli italiani sentono l ' interesse dell ' uno , non quello di tutti . Pare naturale che si litighi accanitamente perché in un cortile , in una strada , il proprietario di fronte abbia alzato la costruzione di qualche centimetro più che non gli fosse consentito , ed ineccepibile che si faccia demolire se si era tolto un po ' di vista o di sole a chi poteva invocare una disposizione di legge o di regolamento ; ma quando è la popolazione , sono le generazioni avvenire , ad essere spossessate , il metro è diverso . Quante volte un sindaco ordina l ' arresto di lavori , il proprietario ricorre al Consiglio di Stato e chiede la sospensione del provvedimento ; e la causa si decide in fatto nell ' incidente di sospensione ; se l ' ordine del sindaco è sospeso ed i lavori continuano , nulla più a fare . Nemmeno il più appassionato amante di paesaggi romani o napoletani o di ricordi fiorentini o torinesi si sentirebbe di reclamare poi la demolizione dell ' opera ; l ' opinione pubblica direbbe che " esagera " , che non si può rovinare il costruttore in pro del paesaggio o della storia . Siamo sempre al " capo ha cosa fatta " , ai buoni propositi ( in avvenire saremo senza pietà , ma per questa volta ... ) , alla indulgenza . Dove non c ' è in gioco l ' interesse del singolo , ma quello della collettività , la sanzione sembra odiosa . C ' è una nota stazione montana che ho l ' impressione abbia iniziato la sua decadenza , da quando costruzioni di casamenti , col criterio di far rendere le aree di maggior valore , hanno tolto alle vie l ' incantevole vista dei monti e della valle . Da anni questo era paventato , ed era sul tappeto un piano che limitasse le costruzioni in quelle aree ; ma come recar dispiacere a Tizio , Caio , compaesani , a vantaggio di una collettività , sia pure di tre o quattromila persone ? In questa vicenda - danno di tutti per non osar contrastare all ' interesse di pochi - è un po ' la sintesi della nostra vita nazionale .
Caro Giorgio ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Giorgio , ti rispondo pubblicamente perché le domande dei tuoi amici sono un esemplare condensato dello sciocchezzaio che certi falsi profeti hanno seminato nelle teste dei giovani . 1° ) Gli uomini non sono affatto tutti uguali , e basta guardarsi intorno per accorgersene : c ' è l ' alto e il basso , il diritto e lo storto , il biondo e il bruno , e anche l ' intelligente e il cretino . Io non ho idee molto chiare sul buon Dio , ma escludo in maniera assoluta che fosse socialista , perché di tanti miliardi di uomini che ha creato non ce n ' è uno uguale all ' altro , come il socialismo vorrebbe che fossero . Può darsi che un giorno , sostituendosi a Dio , la scienza riesca a creare questa uguaglianza . Quel giorno l ' umanità si ridurrà a un formicaio , e io sono contento di non fare in tempo a vederlo . 2° ) Chi ha detto che il capace opprime il proletario ? Già questa parola « proletario » dimostra quanto vecchie siano le idee e i concetti dei tuoi amici . Oggi il proletariato , come classe , non esiste più . Esistono degli « emarginati » che per qualche motivo non riescono a inserirsi nella società , e a cui naturalmente bisogna dare una mano . Ma quelli che si continua a chiamare proletari sono ormai come condizioni economiche dei « borghesi » ( un operaio specializzato guadagna più di un professore di scuole medie ) . E questo è avvenuto perché ci sono stati degli uomini che , più capaci degli altri , sono riusciti , grazie all ' inventiva tecnologica e all ' energia organizzativa , a mettere anche i meno capaci in condizione di vivere bene , o almeno molto meglio di come vivevano un secolo e anche solo trent ' anni fa . Cosa farebbero i cento e più mila dipendenti della Fiat se una settantina d ' anni fa un certo signor Agnelli , piccolo proprietario terriero , non avesse creato quell ' azienda ? Le condizioni in cui gli operai vi lavorano avranno i loro disagi . Ma sono infinitamente migliori di quelle in cui vivevano i loro padri zappaterra . Gramsci , il massimo teorico del comunismo italiano , diceva : « Sia Benedetto Agnelli » . 3° ) Non sempre il padrone , che molto spesso è un ex - operaio , mangia meglio dell ' operaio . Gli sforzi , anche di cinghia , fatti per accumulare il primo piccolo capitale che gli ha consentito di diventare padrone , gli hanno rovinato lo stomaco e le coronarie , il che gl ' impone strette diete . Ma ammettiamo pure che mangi meglio . E con ciò ? Che cosa gli avrebbe dato lo stimolo a emergere , a lavorare e a risparmiare più degli altri , se non anche il desiderio non dico di mangiare meglio , ma di stare meglio ? Di ' a questi poveri imbecillotti amici di sinistra che anch ' essi vogliono stare meglio . Solo che , invece che col lavoro , lo sforzo e il sacrificio , cercano di arrivarci con la demagogia , cioè sfruttando i malcontenti altrui e facendocisi sopra una « posizione » . 4° ) Le società libere non sono mai perfette . Quella italiana lo è meno di molte altre . Delle ingiustizie ci sono . Ci sono dei privilegi e dei parassitismi , che possiamo e dobbiamo ridurre senza tuttavia illuderci di poterli eliminare completamente . Però questa società imperfetta è l ' unica che , grazie alla libertà , sia perfettibile , o comunque migliorabile . Quella dei Paesi socialisti che hanno soppresso la libertà , che hanno legalizzato l ' ingiustizia facendo del potente un onnipotente e del cittadino un suddito senza neanche il diritto alla parola , non è perfettibile , e deve contentarsi di restare com ' è sotto le pistole spianate della polizia . 5° ) I tuoi amici imbecillotti fanno una grossa confusione tra uguaglianza e parità . L ' uguaglianza è impossibile perché la stessa natura la esclude . La si può imporre solo con la violenza , cioè tagliando le gambe a chi le ha più lunghe degli altri e livellando tutti sull ' altezza dei nani . L ' unica forma di giustizia realizzabile tra gli uomini è , oltre alla parità dei diritti che ormai è raggiunta da un pezzo ( anche se in pratica poi soffre parecchie eccezioni ) , quella che chiamerei del regolamento di corsa . Tutti i giovani , a qualsiasi ceto appartengano , debbono essere messi , al palo di partenza , nelle stesse condizioni : eppoi vinca il migliore . A questo dovrebbe provvedere la scuola . Purtroppo la scuola non vi provvede più perché gl ' imbecillotti hanno detto che , tutti gli uomini essendo uguali , hanno tutti diritto alla promozione . E così al figlio intelligente e volenteroso dell ' operaio è stato tolto il mezzo più valido per battere sul traguardo il figlio scemo e sfaticato del padrone . Bella giustizia !
Non più cappelli per le vie d'Italia ( Jemolo Arturo Carlo , 1957 )
StampaQuotidiana ,
Non più cappelli per le vie d ' Italia . È una delle note visive che contribuisce a rendere inconfondibili i colpi d ' occhio d ' oggi con le immagini della mia infanzia . Nell ' orbita maschile , qualche berrettino su teste di vecchi cadenti , che camminano appoggiandosi al bastone , evoca tristi immagini d ' infermità e di ospizio . Resistono , specie nel mezzogiorno , i cappelli tondi dei preti che or è un secolo sostituirono il tricorno : i giovani preti vanno senza cappello o portano il basco . Anche i copricapo di divise si restringono , accennano a scomparire : non più gli imponenti berretti , alti , adorni di ben cinque galloni , che davano tanta maestà al controllore ferroviario , il quale allora indossava la redingote ; non più i rigidi berretti cari agli ufficiali della prima guerra mondiale ; berretti appiattiti , baschi , bustine : è il declino , il passo verso la scomparsa . A tratti l ' uniformità è rotta : larghissimi cappelli di paglia ordinaria , portati da stranieri , che considerano l ' Italia il Paese del sole : nessuno li guarda . Mi dicono che in Brasile è considerato un insulto al Paese coprirsi col casco coloniale . L ' italiano è superiore a queste suscettibilità e lo straniero si sente intimidito , al secondo giorno lascia in albergo il sombrero . In Alta Italia il copricapo femminile l ' inverno ancora oppone qualche resistenza : da Roma in giù è pressoché scomparso : scialli o cappucci . Mi duole veder mutare anche in questi dettagli il quadro che conobbe la mia giovinezza , quando l ' alternarsi dei copricapo segnava pure l ' ordine che l ' uomo pretendeva d ' imporre alle stagioni . C ' era il giorno in cui s ' inaugurava la paglietta , e se pure il tempo fosse mite era di cattivo gusto portarla dopo il primo di ottobre . Mi duole il declino di un prodotto che ha dato vita ad una grande industria nazionale , ad una industria che si è affermata nel mondo , esportando ampliamente . Non so dolermi della scomparsa di un segno tangibile di distinzione delle classi . Perché tale era . Il copricapo della classe operaia era il cappello a cencio tondo , la caciottella ; che vedete nelle fotografie che riproducono scene dei primi scioperi , dei primi moti , intorno al 1890; si mescolavano berretti di pelo l ' inverno , ed un po ' più tardi , i berretti " da ciclista " , con la visiera di panno . La lobbia segnava il passo dal popolo alla borghesia : cominciavano ad usarla , senza esporsi al dileggio dei compagni o dei più umili , il commesso di negozio , il piccolissimo impiegato ; fu un ' affermazione dell ' operaio specializzato , quando sorse in luogo dell ' artigiano . Il cappello duro significava la rivendicazione di un posto almeno nella media borghesia : il cappello del professionista , del cavaliere . Il cilindro non l ' ho visto che come cappello da cerimonia - un funerale non aveva tono se non c ' era qualche dozzina di cilindri - : qualche vecchio signore ancora lo portava sedendo in carrozza al corso che non mancava in nessuna città , e soprattutto guidando il tilbury . Scomparso presto il cilindro come cappello della vita quotidiana , sopravvissero per un buon decennio ancora i mezzi - cilindri , cappelli rigidi di feltro , mescolanza di cappello duro e di cilindro . Credo che in Piemonte siano durati più che altrove : qualche mio insegnante universitario ancora usava il mezzo - cilindro . Dall ' essere la lobbia ed il cappello duro cappelli borghesi , derivava il loro rifiuto da parte dei vecchi socialisti , che usavano cappelli che non erano quelli dell ' operaio , ma piuttosto il copricapo dei mazziniani risorgimentali : molli , tondeggianti , a larghe tese . Lo portava Enrico Ferri , era il contrassegno socialista di Guido Podrecca , che l ' amore della musica aveva spinto ad accettare la marsina per le sere dell ' opera : tondo e floscio , ma a piccole tese , il cappello di Turati , che appariva accanto al modestissimo cappellino nero della inseparabile Kulisciof : ma Claudio Treves che nella passeggiatina nel primo pomeriggio intorno a Montecitorio si accompagnava con loro , aveva una lobbia non scevra di eleganza . Il cappello era anche altrimenti un simbolo politico . I monarchici tradizionalisti irridevano ai repubblicani , che volevano porre a Capo dello Stato , e pur delle forze armate , un signore in cilindro : gli agnostici intorno alla forma di stato dicevano che non valeva la pena di una rivoluzione per avere un capo in cilindro o in cheppì . Dubito che agli occhi di molti semplici un primo colpo il prestigio della monarchia italiana lo subisse quando intorno al 1905 fu soppresso l ' elmo ed il pennacchio dei generali . Ma il distacco sociale più profondo lo segnava il cappello femminile , c ' era un solco incolmabile tra la donna " in capelli " e quella " che portava il cappello " : strazio della famiglia piccolissimo - borghese , cui mancavano sempre diciannove soldi per fare una lira , se il figlio sposava una ragazza - magari prole di agiati bottegai - che " non portava il cappello " . Grido di rancore di classe quello che risuonava di continuo nei mercati romani quando la moglie del piccolo impiegato voleva tirare troppo , pretendeva eccessivi ribassi : la rivenditrice sdegnata gridava alto : " E ce porta puro la ciavattella " . Angoscie non troppo dissimili da quelle di un ' abiura o almeno di un uso di passaporto falso , allorché l ' agiata popolana , la " minente " romana carica d ' ori come una madonna e dal portamento altezzoso , alla vigilia di un viaggio era persuasa a mettere il primo cappello : perché , le avevano detto , all ' estero o al nord , senza cappello non si è rispettate . Ricordo penoso di poveri cappellini , spennati e rossastri , ultima difesa di vedove , di decadute : che si abbarbicavano a quel simbolo per non confessare che non erano più delle borghesi . Visione così penosa , per visi ben noti che nel ricordo si profilano sotto quelle larve di cappellini , da annullare la gioia che mi darebbe la rievocazione dei buffi cappelli che vidi nella mia infanzia - ceste con ogni sorta di fiori , di erbe , di uccelli , in cima alla testa , mezzi meloni con pennacchio alla bersagliera - o l ' altra visione , che invece mi accarezza l ' occhio , dei larghi ricchi cappelli che ombreggiavano il viso , degli svelti tricorni , delle estive pamele in pizzi o tela e nastri , in voga intorno al 1910 ( gli anni di Gozzano : " La nera chioma ondosa - chiusa nel casco enorme " ) . Il cappello maschile con la sua scomparsa ha eliminato un segno di distinzione di classi . Il cilindro da cerimonia è una divisa che ha sostituito la feluca delle uniformi civili descritte nei decreti della unificazione e , più accuratamente , in quelli dei primi anni del fascismo . Un direttore generale od un capo di gabinetto debbono possedere un cilindro , ma un duca ne può fare a meno . Nell ' ambito femminile le cose sono sempre meno semplici , ed è sempre maggiore la possibilità di ritorni . Scomparsi i cappelli da passeggio , restano quelli dei ricevimenti pomeridiani , per le cerimonie mondane , in genere : cappelli neri piattissimi e larghi tutti eguali tra loro , o semplici decorazioni intorno alla chioma : fiori , arabeschi , piumaggi , minuscole cuffiette , che paiono copiate da ritratti di dame del Settecento . La linea divisoria segnata dal possesso di questi cappelli non coincide con quella ch ' era marcata dal cappello dell ' Ottocento , corre più in alto : non più distinzione tra popolo e borghesia , ma tra alta borghesia e tutto il resto . Gli uomini politici possono trovare argomento di meditazione , ed i partiti di sinistra di compiacimento : la media e la piccola borghesia sono saldate al proletariato . Signore austere , che tengono ad affermarsi per quello che sono , scrittrici o giornaliste o professoresse , le vedo , talora rifiutarsi a questi cappelli rappresentare in un ricevimento la minoranza delle teste né coperte né addobbate . Non credo che neppure questa trincea opposta alla mescolanza delle classi sia destinata a durare : o il cappello da ricevimento scomparirà o si generalizzerà in ogni ceto . Più attendibile la seconda ipotesi . Con altrettanta facilità potessero scomparire le reali trincee , che sono costituite non solo dalle differenze delle fortune , ma da quelle dei gusti , delle abitudini , degli atteggiamenti dello spirito , dei modi di ragionare . Perché , ahimè , a dispetto di ogni logica formale a base di sillogismi , dipende dall ' ambiente in cui ci si è formati ( oltre , va da sé , che dallo spirito di sopraffazione che più o meno vivo è in ogni uomo , almeno nella prima parte della sua vita ) che , troppo spesso , per gli uni due più due faccia quattro , e per gli altri invece cinque .