StampaQuotidiana ,
L
'
Agenzia
Stefani
ci
comunica
il
seguente
dolorosissimo
dispaccio
:
«
Roma
9
-
Un
'
immensa
sciagura
ha
colpito
l
'
Italia
!
S.M.
Vittorio
Emanuele
II
cessò
di
vivere
alle
2,30
p
.
m
.
dopo
ricevuti
i
conforti
della
religione
.
S.M.
Umberto
,
suo
augusto
figlio
è
salito
al
trono
ed
ha
confermato
ne
l
'
ufficio
gli
attuali
ministri
»
.
IL MITO ( Abbagnano Nicola , 1967 )
StampaQuotidiana ,
Nell
'
età
della
tecnica
,
della
progettazione
scientifica
,
della
razionalizzazione
di
tutte
le
attività
umane
,
risorge
,
per
uno
strano
paradosso
,
l
'
interesse
per
il
mito
.
A
prima
vista
,
il
mito
è
l
'
opposto
simmetrico
di
ogni
attività
razionale
o
razionalizzante
:
è
un
racconto
fantastico
intorno
a
personaggi
irreali
,
trasmesso
per
tradizione
,
abbellito
o
esaltato
dai
poeti
e
ricco
di
insegnamenti
religiosi
e
morali
.
Ma
anche
i
filosofi
si
sono
spesso
avvalsi
del
mito
,
considerandolo
come
un
mezzo
di
espressione
più
rapido
e
popolare
delle
loro
dottrine
;
e
Platone
faceva
ricorso
al
mito
tutte
le
volte
che
riteneva
impossibile
spingere
oltre
l
'
indagine
razionale
,
per
completare
e
arricchire
questa
indagine
e
fare
intendere
chiaramente
gli
insegnamenti
che
da
essa
derivano
.
Spesso
i
filosofi
hanno
visto
nel
mito
l
'
origine
della
religione
o
dell
'
arte
:
così
faceva
Vico
.
Hegel
affermava
che
per
quanto
bizzarro
,
grottesco
o
frivolo
il
mito
possa
apparire
,
esso
contiene
sempre
«
un
pensiero
filosofico
sulla
natura
di
Dio
»
espresso
in
forma
imperfetta
e
perciò
prepara
la
strada
all
'
arte
`
e
alla
religione
.
Dall
'
altro
lato
,
l
'
arte
e
la
religione
moderne
cercano
di
scindere
i
propri
rapporti
con
il
mito
.
L
'
arte
rivendica
oggi
la
propria
libertà
d
'
espressione
e
combina
arbitrariamente
parole
,
forme
,
colori
o
elementi
eterogenei
per
esprimere
significati
che
non
trovano
riscontro
nella
realtà
delle
cose
e
non
pretendono
insegnare
nulla
.
Nell
'
ambito
religioso
,
le
correnti
più
moderne
della
teologia
cristiana
sono
impegnate
in
uno
sforzo
di
demitizzazione
della
religione
:
cioè
a
liberare
il
cristianesimo
dall
'
apparato
mitico
che
esso
ha
rivestito
nel
corso
della
storia
e
in
primo
luogo
dai
vecchi
e
ormai
consunti
miti
sull
'
origine
e
la
natura
del
mondo
,
per
far
risonare
chiaramente
il
messaggio
che
esso
racchiude
per
la
salvezza
degli
uomini
.
E
così
proprio
le
attività
umane
che
più
strettamente
apparivano
congiunte
con
la
forma
fantastica
del
mito
,
l
'
arte
e
la
religione
,
sono
anche
quelle
che
oggi
rivendicano
energicamente
la
loro
indipendenza
dal
mito
o
cercano
di
liberarsene
.
E
allora
il
problema
è
questo
:
può
l
'
uomo
fare
a
meno
del
mito
?
Il
mito
non
è
proprio
soltanto
delle
civiltà
primitive
,
perché
tutte
le
civiltà
e
tutti
i
popoli
hanno
avuto
e
hanno
miti
.
Ma
i
miti
delle
società
primitive
sono
quelli
che
oggi
più
richiamano
l
'
attenzione
degli
studiosi
,
perché
è
più
facile
rendersi
conto
della
loro
struttura
,
cioè
degli
elementi
che
li
compongono
,
della
loro
organizzazione
e
della
loro
finalità
.
Recentemente
un
gruppo
di
antropologi
inglesi
ha
discusso
in
un
volume
collettivo
(
The
Structural
Study
o
f
Myth
and
Totemism
,
ed.
Edmund
Leach
,
Tavistock
Publications
,
1967
)
l
'
interpretazione
del
mito
proposta
da
Lévy
-
Strauss
e
specialmente
l
'
analisi
che
Lévy
-
Strauss
ha
fatto
della
«
storia
di
Asdiwal
»
,
un
mito
diffuso
presso
un
gruppo
di
indiani
che
vivono
nella
Columbia
britannica
a
sud
dell
'
Alaska
.
Gli
studiosi
inglesi
rimproverano
a
Lévy
-
Strauss
un
eccessivo
semplicismo
e
formalismo
nell
'
interpretazione
del
mito
:
ridotto
,
nel
suo
schema
,
a
opposizioni
elementari
come
quelle
di
femmina
-
maschio
,
fame
-
sazietà
,
movimento
-
immobilità
e
così
via
;
ma
si
trovano
d
'
accordo
su
certi
caratteri
fondamentali
dei
miti
primitivi
che
d
'
altronde
sono
riconosciuti
da
buona
parte
degli
antropologi
contemporanei
.
In
primo
luogo
,
il
mito
non
è
un
racconto
storico
ma
è
e
vuol
essere
la
rappresentazione
generalizzata
di
fatti
che
ricorrono
con
una
certa
uniformità
nella
vita
dei
gruppi
umani
:
la
nascita
,
la
morte
,
la
lotta
contro
la
fame
e
le
forze
della
natura
,
la
sconfitta
e
la
vittoria
,
il
rapporto
tra
i
sessi
.
In
secondo
luogo
,
la
rappresentazione
che
il
mito
dà
di
questi
fatti
spesso
non
è
realistica
cioè
non
riproduce
esattamente
la
situazione
corrispondente
che
vige
presso
il
popolo
cui
il
mito
appartiene
,
ma
è
opposta
a
questa
situazione
,
nel
senso
che
la
rappresenta
abbellita
,
corretta
o
perfezionata
ed
esprime
così
piuttosto
le
aspirazioni
che
la
situazione
reale
fa
sorgere
.
Lévy
-
Strauss
adopera
la
parola
dialettica
per
caratterizzare
il
rapporto
tra
il
mito
e
la
realtà
che
lo
ispira
.
Questa
parola
suscita
la
ragionevole
diffidenza
dei
suoi
critici
,
qualcuno
dei
quali
propone
,
per
designare
quel
rapporto
,
il
concetto
di
retroazione
(
feed
-
back
)
introdotto
dai
costruttori
di
cervelli
elettronici
.
Secondo
questo
concetto
,
il
mito
reagisce
sulla
situazione
che
l
'
ha
provocato
,
cioè
tende
a
modificare
l
'
universo
sociale
dal
quale
sorge
che
,
a
sua
volta
,
così
modificato
,
provoca
una
risposta
nel
campo
del
mito
;
e
così
via
.
Tra
mito
e
realtà
sociale
ci
sarebbe
,
in
altri
termini
,
un
complesso
scambio
di
azioni
e
reazioni
,
dal
quale
l
'
uno
e
l
'
altra
resterebbero
continuamente
modificati
.
In
terzo
luogo
,
e
come
conclusione
,
il
mito
può
essere
considerato
(
come
dice
Lévy
-
Strauss
)
«
una
filosofia
nativa
»
o
almeno
un
qualche
aspetto
di
essa
,
cioè
la
forma
in
cui
un
gruppo
sociale
esprime
un
proprio
atteggiamento
di
fronte
al
mondo
,
un
modo
(
o
uno
dei
modi
)
per
risolvere
il
problema
della
sua
esistenza
.
Questo
significato
esistenziale
del
mito
difficilmente
potrebbe
essere
negato
.
Attraverso
il
mito
,
un
gruppo
umano
prospetta
a
se
stesso
i
problemi
fondamentali
della
sua
esistenza
,
i
mezzi
che
ha
a
disposizione
per
sopravvivere
e
quelli
che
vorrebbe
avere
e
non
ha
.
Prospetta
,
anche
,
il
modo
in
cui
possono
e
devono
atteggiarsi
i
rapporti
fra
gli
uomini
nella
società
in
cui
vivono
nonché
i
loro
pericoli
,
i
conflitti
cui
danno
luogo
e
le
soluzioni
possibili
.
In
altri
termini
,
come
ogni
filosofia
-
fantastica
e
primitiva
o
razionale
e
raffinata
che
sia
-
il
mito
prospetta
all
'
uomo
le
scelte
fondamentali
che
gli
si
offrono
nella
porzione
limitata
di
mondo
in
cui
deve
vivere
;
e
gli
raccomanda
alcune
di
queste
scelte
a
preferenza
di
altre
con
la
forma
di
un
racconto
esemplare
e
della
suggestione
emotiva
che
ne
deriva
.
Se
per
Giambattista
Vico
il
mito
o
,
come
egli
diceva
,
le
«
favole
»
erano
la
storia
autentica
,
per
quanto
fantastica
,
dei
popoli
primitivi
,
secondo
gli
antropologi
moderni
esso
è
piuttosto
la
filosofia
di
questi
popoli
.
E
per
coloro
che
ritengono
che
la
filosofia
sia
un
lusso
di
gente
sazia
e
raffinata
,
che
ha
l
'
agio
di
darsi
alla
contemplazione
,
questa
è
una
lezione
tanto
più
efficace
in
quanto
viene
,
non
da
filosofi
,
ma
da
scienziati
che
non
fanno
professione
di
filosofia
.
Nel
linguaggio
colto
corrente
,
la
parola
mito
non
è
ristretta
a
significare
un
racconto
fantastico
imperniato
su
personaggi
irreali
,
ma
è
estesa
a
designare
qualsiasi
nozione
,
esaltata
al
di
là
dei
propri
limiti
scientifici
o
razionali
,
carica
di
persuasione
emotiva
e
adatta
perciò
a
controllare
,
in
un
modo
qualsiasi
,
la
condotta
degli
individui
.
Sorel
parlava
del
«
mito
dello
sciopero
generale
»
diretto
a
tener
desta
l
'
energia
combattiva
della
classe
operaia
.
Oggi
si
parla
del
«
mito
della
libertà
»
e
«
della
democrazia
»
o
del
«
mito
della
rivoluzione
»
;
del
«
mito
del
benessere
»
o
«
della
tecnica
»
;
del
«
mito
della
pace
»
o
«
della
guerra
»
;
e
così
via
.
In
realtà
ogni
concetto
buono
o
cattivo
,
valido
o
no
,
può
essere
adoperato
come
simbolo
o
bandiera
per
difendere
certe
cose
o
distruggerne
altre
,
cioè
per
influire
in
modo
diretto
ed
immediato
sul
comportamento
umano
.
Si
può
ritenere
valido
o
no
quest
'
uso
del
termine
,
ma
è
certo
che
la
tendenza
ad
amplificare
,
a
retoricizzare
,
ad
arricchire
di
cariche
emotive
sproporzionate
idee
o
nozioni
fondamentali
con
la
pretesa
di
farle
servire
più
efficacemente
e
rapidamente
alla
direzione
della
condotta
pratica
di
individui
o
di
gruppi
,
è
presente
nella
società
contemporanea
e
ne
costituisce
un
aspetto
essenziale
.
Ma
non
meno
presente
a
questa
società
e
non
meno
essenziale
è
la
tendenza
opposta
a
demitizzare
,
a
considerare
nozioni
e
concetti
nei
loro
limiti
,
a
esaminarli
per
definire
appunto
tali
limiti
e
stabilirne
la
validità
e
la
funzione
effettive
.
La
scienza
e
la
filosofia
sono
oggi
impegnate
,
al
pari
della
religione
e
dell
'
arte
,
in
questo
compito
di
demitizzazione
che
è
anche
un
compito
di
demistificazione
perché
tende
a
dare
a
ogni
uomo
la
nozione
precisa
delle
alternative
tra
cui
deve
scegliere
.
Si
consideri
,
ad
esempio
,
il
concetto
di
libertà
.
Non
si
serve
bene
,
oggi
,
la
causa
della
libertà
esaltandola
come
la
realtà
della
storia
o
l
'
ideale
incarnato
o
il
pane
di
cui
vivere
tutti
i
giorni
.
La
si
serve
meglio
,
nei
confronti
di
individui
capaci
di
critica
e
di
responsabilità
,
definendola
nella
sua
funzione
effettiva
:
come
condizione
indispensabile
di
tutte
le
attività
umane
e
,
a
lungo
andare
,
della
stessa
sopravvivenza
dell
'
uomo
:
ma
come
condizione
imperfetta
e
difficile
a
realizzare
,
sempre
esposta
a
pericoli
,
sempre
da
difendere
e
a
volte
scomoda
e
atta
a
chiedere
sacrifici
.
La
tendenza
a
mitologizzare
e
quella
a
razionalizzare
si
scontrano
in
tutti
i
campi
,
ma
permangono
ormai
pochi
dubbi
su
quella
alla
quale
l
'
uomo
moderno
deve
affidare
le
sue
sorti
.
Forse
miti
ce
ne
saranno
sempre
o
in
ogni
caso
tenderanno
sempre
a
risorgere
o
riformarsi
:
la
via
del
mito
è
la
più
facile
.
Ma
la
via
più
difficile
,
qui
come
altrove
,
è
la
migliore
;
e
la
ragione
non
deve
deporre
le
sue
armi
di
fronte
a
nessun
mito
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Barone
,
lei
aveva
letto
,
quando
mi
ha
scritto
,
l
'
ottimo
servizio
che
Guido
Guidi
ha
dedicato
al
deposito
della
motivazione
lo
stesso
giorno
in
cui
esso
è
avvenuto
.
Ieri
,
l
'
avrà
visto
,
siamo
tornati
sull
'
argomento
,
con
un
altro
articolo
di
Guidi
e
con
un
commento
di
Pietro
Radius
,
che
ha
seguito
per
quasi
due
anni
il
dibattimento
.
L
'
uno
e
l
'
altro
spiegavano
come
meglio
non
si
sarebbe
potuto
che
la
lettura
integrale
del
monumentale
saggio
giuridico
di
Catanzaro
aiuta
ben
poco
a
chiarire
i
dubbi
.
Questi
ultimi
resistono
tenacemente
a
tutti
gli
sforzi
dialettici
dei
giudici
che
hanno
stabilito
una
prima
e
provvisoria
verità
sulla
strage
di
piazza
Fontana
.
La
sensazione
dei
nostri
esperti
-
alla
cui
competenza
e
probità
intellettuale
faccio
illimitato
credito
-
è
che
la
Corte
d
'
Assise
e
più
precisamente
il
magistrato
estensore
della
motivazione
-
si
siano
affidati
in
alcune
circostanze
alle
deduzioni
anziché
alle
prove
:
che
abbiano
cioè
rivestito
di
argomenti
una
tesi
alla
quale
erano
pervenuti
da
tempo
.
Non
intendo
assolutamente
mettere
in
dubbio
la
buona
fede
dei
giudici
che
hanno
condotto
in
porto
un
processo
disseminato
di
mine
giuridiche
e
psicologiche
.
Essi
sono
stati
assoggettati
a
pressioni
ambientali
,
a
intimidazioni
politiche
,
e
,
per
chiamare
le
cose
con
il
loro
nome
,
a
un
terrorismo
morale
ricattatorio
,
che
avrebbero
sgomentato
le
coscienze
più
alte
e
le
volontà
più
risolute
.
Partiti
,
intellettuali
,
salotti
,
sindacati
,
giornali
e
giornalisti
che
si
erano
impegnati
al
di
là
della
prudenza
e
anche
al
di
là
della
decenza
nell
'
affermare
la
assoluta
innocenza
di
Valpreda
e
la
esistenza
della
«
strage
di
Stato
»
,
avrebbero
scatenato
contro
una
Corte
che
li
avesse
smentiti
-
e
si
badi
bene
che
a
questo
riguardo
l
'
affermazione
di
colpevolezza
di
Freda
e
Ventura
non
cambia
le
cose
-
lo
stesso
linciaggio
di
cui
era
stato
vittima
il
povero
Cornelio
Rolandi
.
E
gran
merito
della
Corte
di
Assise
di
avere
dato
a
quel
galantuomo
pieno
riconoscimento
della
sua
rettitudine
,
e
di
avere
tolto
a
Pietro
Valpreda
l
'
aureola
del
martire
,
confinandolo
nell
'
ambiguo
limbo
della
insufficienza
di
prove
,
non
affollato
da
individui
cui
saremmo
lieti
di
stringere
la
mano
.
Ma
alla
suggestione
della
strage
di
Stato
i
giudici
non
si
sono
sottratti
.
Hanno
deciso
,
e
spettava
a
loro
di
farlo
.
L
'
Appello
e
la
Cassazione
potranno
-
chissà
quando
-
accomodare
storture
e
riparare
errori
.
Ma
fin
d
'
ora
dobbiamo
affermare
con
franchezza
che
per
arrivare
alla
strage
di
Stato
la
Corte
d
'
Assise
di
Catanzaro
ha
dovuto
conferire
a
Giannettini
-
infliggendogli
l
'
ergastolo
-
una
dimensione
criminale
,
e
un
ruolo
politico
,
che
superano
enormemente
la
statura
del
personaggio
.
Quando
Giannettini
lamenta
di
essere
stato
condannato
senza
prove
,
dice
quel
che
dicono
quasi
tutti
gli
imputati
.
Ma
le
mille
pagine
non
gli
danno
torto
,
purtroppo
.
Da
questa
pena
terribile
inflitta
su
elementi
fragili
la
nostra
coscienza
è
stata
turbata
subito
,
quando
la
sentenza
fu
pronunciata
alla
fine
del
processo
.
La
motivazione
ha
trasformato
il
turbamento
in
angoscia
.
Non
siamo
di
quelli
che
valutano
condanne
e
sofferenze
in
base
alle
tessere
politiche
.
Una
condanna
ingiusta
resta
tale
,
anche
se
l
'
imputato
simpatizza
per
i
fascisti
.
Ma
gli
innumerevoli
garantisti
di
casa
nostra
,
che
trepidano
per
Toni
Negri
,
spariscono
quando
la
legge
è
severa
,
per
non
dire
spietata
,
con
un
tipo
come
lo
sciagurato
Giannettini
.
Tutta
l
'
impalcatura
della
strage
di
Stato
appare
poco
solida
.
I
ministri
reticenti
furono
destinati
alla
Difesa
,
in
base
ad
alchimie
e
dosaggi
politici
.
Avrebbero
potuto
essere
al
Tesoro
o
al
Bilancio
.
Possibile
che
,
una
volta
approdati
casualmente
a
quel
dicastero
,
si
trasformassero
ipso
facto
in
complottatori
contro
la
Repubblica
?
Il
generale
Maletti
entrò
nel
Sid
due
anni
dopo
l
'
eccidio
,
dunque
non
ordì
nulla
.
E
possibile
,
anzi
probabile
,
che
su
talune
circostanze
abbia
mentito
,
così
come
ogni
capo
di
servizi
segreti
,
in
ogni
parte
del
mondo
,
dovrebbe
mentire
per
non
svelare
affari
magari
loschi
che
quei
servizi
,
appunto
perché
segreti
,
covano
tra
le
loro
carte
.
Questa
è
complicità
nella
«
strategia
della
tensione
»
?
Una
volta
trasferitisi
dal
piano
giudiziario
che
loro
competeva
-
l
'
accertamento
delle
responsabilità
degli
imputati
-
a
un
ambizioso
piano
politico
e
storico
,
i
giudici
dovrebbero
ben
chiarire
perché
e
come
quegli
attentati
del
'69
avrebbero
potuto
sconquassare
le
istituzioni
italiane
,
che
hanno
resistito
al
rapimento
di
Moro
,
e
perché
e
come
i
leaders
di
una
classe
politica
che
dal
golpe
sarebbe
stata
travolta
avrebbero
dato
una
mano
a
prepararlo
.
Certo
si
può
rispondere
,
con
appropriate
considerazioni
,
a
questi
nostri
dubbi
.
Ma
questa
di
cui
ci
occupiamo
non
è
una
conversazione
da
salotto
:
è
una
sentenza
con
tre
ergastoli
,
e
con
condanne
infamanti
a
ufficiali
dal
passato
intemerato
.
Mille
o
diecimila
pagine
,
non
potranno
mai
sostituire
una
sola
,
semplice
,
convincente
prova
.
StampaQuotidiana ,
I
bambini
non
vi
penseranno
più
fino
a
dicembre
;
ma
una
gran
parte
d
'
italiani
continuerà
a
pensarvi
tutti
i
giorni
e
ad
invocarne
i
doni
;
solo
,
non
lo
chiamerà
con
questo
nome
,
ma
con
l
'
altro
,
lo
Stato
.
Cresce
invero
ogni
anno
,
ogni
mese
,
il
numero
di
coloro
che
attendono
qualcosa
dallo
Stato
:
la
nuova
autolinea
,
la
fermata
del
direttissimo
,
la
nuova
pretura
,
il
nuovo
ginnasio
,
l
'
inizio
della
costruzione
della
strada
,
l
'
acquedotto
,
ma
soprattutto
la
creazione
di
nuovi
impieghi
,
ed
i
miglioramenti
economici
per
i
dipendenti
,
diretti
ed
indiretti
,
dello
Stato
.
Né
c
'
è
a
stupire
od
a
rammaricarsi
.
Le
condizioni
storiche
,
economiche
,
ambientali
di
ogni
Paese
,
nascono
da
infiniti
fattori
;
e
se
può
orgogliosamente
affermarsi
che
la
storia
la
fanno
gli
uomini
,
occorre
subito
aggiungere
che
sono
però
condizionati
da
una
serie
di
premesse
e
di
limiti
,
e
che
quel
che
ogni
generazione
può
effettuare
è
la
scelta
tra
un
ventaglio
non
ampissimo
di
possibilità
.
Sarebbe
veramente
ingiusto
rimproverare
gl
'
italiani
del
nostro
tempo
comparandoli
agl
'
inglesi
della
generazione
di
Stuart
Mill
od
ai
nord
-
Americani
dell
'
inizio
di
questo
secolo
,
e
raccontare
loro
che
ogni
operaio
ha
in
tasca
la
possibilità
di
divenire
un
Ford
,
sol
che
si
getti
nella
mischia
;
che
lavorando
undici
ore
,
risparmiando
all
'
osso
,
ciascuno
può
capovolgere
la
sua
posizione
.
Ed
ancora
non
giusto
ricordare
,
come
rimprovero
,
che
fino
ad
alcuni
decenni
fa
c
'
erano
regioni
d
'
Italia
,
le
più
ricche
,
dove
nessuno
domandava
nulla
allo
Stato
,
i
ceti
commerciali
ed
industriali
chiedevano
soltanto
di
essere
dimenticati
e
lasciati
al
loro
lavoro
,
nessun
giovane
,
del
popolo
o
della
borghesia
,
aspirava
al
pubblico
impiego
,
e
quando
qualcuno
finiva
nei
suoi
ranghi
era
considerato
un
caduto
dai
compagni
,
operai
o
commessi
viaggiatori
.
In
tutto
il
mondo
con
l
'
aumentare
della
popolazione
,
con
l
'
accrescersi
dei
compiti
dello
Stato
,
con
nuove
sacrosante
esigenze
di
giustizia
sociale
,
con
una
economia
di
fronte
alla
quale
le
frontiere
non
significano
più
gran
che
,
ed
è
ad
augurarsi
abbiano
a
significare
sempre
meno
,
le
cose
sono
mutate
.
Lo
Stato
non
può
e
non
deve
essere
assente
,
nemmeno
là
(
ahimè
,
sono
molto
pochi
questi
angoli
di
elezione
)
dove
si
lavora
forte
e
bene
,
e
si
guadagna
in
modo
da
consentire
profitti
,
fondi
per
il
rinnovo
del
materiale
e
per
ampliamenti
aziendali
,
alti
salari
,
misure
di
previdenza
.
Né
val
la
pena
di
rievocare
un
sogno
che
feci
nella
sfera
di
roveto
ardente
della
primavera
del
'45
:
una
specie
di
"
giornata
della
fede
"
,
in
cui
ogni
comunità
italiana
offriva
qualcosa
per
il
risanamento
della
vita
nazionale
,
perché
venisse
speso
bene
il
danaro
che
viene
speso
male
;
e
due
Comuni
chiedevano
di
fondersi
,
perché
troppo
poveri
per
avere
servizi
distinti
,
un
altro
Comune
rinunciava
alla
vecchia
tranvia
,
bastandogli
l
'
autolinea
,
un
terzo
offriva
la
soppressione
del
ginnasio
che
non
ha
mai
accolto
oltre
dieci
studenti
:
miei
vaneggiamenti
,
forse
causati
dai
lunghi
digiuni
durante
l
'
occupazione
tedesca
.
Accettato
però
che
lo
Stato
è
la
famiglia
,
ed
i
cittadini
sono
i
figli
,
nell
'
età
in
cui
non
è
possibile
realizzare
nulla
fuori
della
cerchia
familiare
,
li
vorrei
come
quei
ragazzi
giudiziosi
,
quali
spesso
s
'
incontrano
nelle
famiglie
povere
,
che
discutono
assennatamente
con
i
genitori
dove
si
debba
spendere
e
si
possa
risparmiare
.
Perché
è
certo
molto
bella
la
famiglia
tutta
slanci
ed
affetti
,
dove
il
padre
non
fuma
ed
il
ragazzo
rinuncia
ai
libri
desiderati
perché
la
figlia
possa
farsi
l
'
abitino
da
ballo
;
ma
è
anche
confortevole
la
famiglia
dove
il
bilancio
domestico
è
discusso
pacatamente
,
ed
anche
i
ragazzi
di
undici
anni
dicono
la
loro
ed
avanzano
le
loro
proposte
di
economie
e
di
spese
;
né
mi
scandalizzerei
se
,
col
dovuto
garbo
,
un
ragazzo
facesse
sentire
alla
mamma
che
non
si
possono
spendere
anche
poche
migliaia
di
lire
mensili
per
la
canasta
,
se
le
tasse
scolastiche
del
figlio
non
sono
pagate
ed
i
libri
non
gli
sono
comprati
in
tempo
.
Fuor
di
metafora
,
posto
che
necessariamente
gl
'
italiani
debbono
sempre
più
per
l
'
economia
delle
loro
famiglie
guardare
allo
Stato
,
vorrei
ricordassero
che
lo
Stato
sono
loro
,
che
l
'
economia
dello
Stato
è
la
somma
delle
economie
degl
'
italiani
;
e
non
si
comportassero
come
la
famiglia
scervellata
,
dove
ciascuno
dà
ragione
all
'
altro
quando
questi
chiede
qualcosa
per
sé
-
sì
,
la
poltrona
per
il
nonno
;
sì
,
il
viaggio
di
piacere
per
papà
e
mamma
;
sì
,
il
gioiello
per
la
signorina
;
sì
,
la
lambretta
per
il
ragazzo
-
e
nessuno
si
chiede
da
dove
attingere
.
Nelle
varie
agitazioni
di
categoria
,
quel
che
mi
dispiace
è
che
viga
la
regola
di
non
guardare
mai
nel
piatto
del
vicino
e
di
battere
sempre
le
mani
alle
rivendicazioni
altrui
:
quasi
lo
Stato
fosse
proprio
papà
Natale
,
del
cui
bilancio
nessuno
si
preoccupa
.
Quella
regola
che
non
si
fanno
spese
senza
rispondere
alla
domanda
"
con
che
?
"
,
regola
che
Einaudi
fece
includere
nella
Costituzione
e
che
di
tanto
in
tanto
ricordava
nei
suoi
messaggi
al
Parlamento
,
vorrei
penetrasse
nella
testa
degl
'
italiani
.
Possono
esserci
leghe
di
consumatori
contro
i
produttori
e
di
produttori
contro
(
anche
se
non
lo
dichiarino
)
i
consumatori
;
dei
cittadini
che
desiderano
lo
Stato
spenda
poco
e
metta
poche
tasse
,
e
di
chi
vuoi
l
'
opposto
;
di
quanti
vogliono
un
bilancio
che
si
appoggi
di
più
sulle
imposte
indirette
e
di
quanti
aspirano
ad
uno
che
gravi
sulle
dirette
;
di
coloro
che
non
ricevono
stipendi
dallo
Stato
contrapposti
a
coloro
che
ne
ricevono
,
e
viceversa
;
è
perfettamente
ragionevole
che
tra
i
dipendenti
statali
gli
uni
dicano
che
c
'
è
un
'
altra
categoria
ingiustamente
privilegiata
,
e
questa
neghi
o
difenda
il
suo
privilegio
.
Tali
contrasti
d
'
interessi
sono
nella
vita
,
ed
occorre
il
melenso
ottimismo
delle
dittature
per
pretendere
di
negarli
e
di
comporli
per
virtù
di
formula
in
un
astratto
superiore
interesse
.
La
fetta
più
grande
per
me
dev
'
essere
più
piccola
per
un
altro
;
e
chi
vuole
negarlo
e
pretendere
che
si
possa
ingrandire
la
torta
senza
togliere
a
nessuno
,
dovrebbe
avere
proposte
chiare
da
mettere
avanti
.
Sono
molto
rispettoso
dell
'
agitazione
di
tranvieri
che
chiedendo
aumenti
di
paghe
dicano
:
ci
sono
troppe
tessere
gratuite
di
libera
circolazione
;
il
costo
del
biglietto
della
corsa
dev
'
essere
aumentato
;
l
'
Azienda
acquista
energia
a
prezzo
troppo
alto
e
le
conviene
avere
centrali
sue
;
ci
sono
troppi
impiegati
negli
uffici
;
occorre
abolire
quel
tratto
di
linea
e
quelle
corse
che
sono
passivi
.
Rispettoso
dell
'
agitazione
degli
assistenti
universitari
che
indicasse
capitoli
di
bilanci
di
altri
Ministeri
su
cui
tagliare
per
dare
a
quello
della
Istruzione
,
o
magari
,
guardando
solo
a
questo
,
affermasse
:
-
le
economie
per
venirci
incontro
si
possono
realizzare
con
la
fusione
di
quegli
istituti
che
sono
dei
doppioni
,
l
'
abolizione
di
alcune
pubblicazioni
che
non
servono
a
nulla
,
la
decurtazione
delle
spese
per
partecipazioni
a
congressi
e
missioni
all
'
estero
;
e
se
non
basta
,
sopprimendo
un
certo
numero
di
cattedre
,
magari
alcune
facoltà
,
e
se
non
basta
ancora
,
diminuendo
un
po
'
le
paghe
ai
professori
ordinari
.
Naturalmente
proposte
di
questo
genere
-
gli
esempi
potrebbero
protrarsi
all
'
infinito
-
darebbero
luogo
a
proteste
,
repliche
e
ritorsioni
.
Che
considererei
non
scandalose
,
ma
benefiche
;
giacché
anche
nei
bilanci
più
magri
ci
sono
spese
indifendibili
,
sperperi
:
che
sarebbe
sacrosanto
portare
alla
luce
del
sole
.
E
soprattutto
perché
è
così
che
gl
'
italiani
acquisterebbero
finalmente
la
persuasione
che
le
casse
dello
Stato
sono
le
loro
casse
,
che
lo
Stato
sono
loro
.
Se
non
si
riuscisse
a
far
comprendere
questo
,
e
lo
Stato
dovesse
venir
sempre
considerato
come
babbo
Natale
,
cui
si
può
chiedere
senza
preoccuparsi
della
provenienza
dei
suoi
doni
,
occorrerebbe
dubitare
della
intelligenza
degl
'
italiani
.
StampaQuotidiana ,
Caro
amico
,
intanto
le
faccio
subito
spedire
un
volumetto
di
Controcorrente
che
ne
riunisce
un
certo
numero
.
Poi
,
a
settembre
,
quando
il
Giornale
avrà
recuperato
i
suoi
organici
,
che
ora
sono
-
com
'
è
giusto
-
per
la
maggior
parte
in
ferie
,
lei
verrà
a
trovarci
,
e
noi
le
metteremo
a
disposizione
la
nostra
collezione
e
la
macchina
fotocopiatrice
in
modo
che
lei
possa
fotocopiare
tutto
ciò
che
vuole
.
Ma
:
e
se
poi
sua
moglie
torna
a
bruciarle
tutto
?
Il
problema
è
qui
.
Vediamo
di
affrontarlo
con
calma
.
Io
non
posso
rimproverarle
di
aver
sbagliato
moglie
,
perché
questo
succede
a
tutti
:
chiunque
si
sposi
,
l
'
indomani
mattina
ci
si
accorge
che
è
un
'
altra
persona
.
Non
posso
nemmeno
rimproverarle
di
non
averla
uccisa
,
visto
che
il
nostro
codice
penale
continua
a
considerare
delitto
l
'
uxoricidio
,
che
secondo
me
non
lo
è
,
né
quando
lo
commette
lui
,
né
quando
lo
commette
lei
.
Poiché
dunque
è
condannato
a
vita
a
una
moglie
comunista
,
lei
deve
imparare
il
modo
di
usarla
.
Su
questo
,
non
posso
esserle
molto
utile
perché
grazie
a
Dio
non
ho
esperienze
in
proposito
.
Ma
qualche
avvertimento
e
suggerimento
mi
sento
di
poterglielo
dare
,
alla
svelta
.
1°
)
Si
ricordi
che
una
moglie
comunista
,
prima
è
comunista
,
e
poi
(
molto
poi
)
è
moglie
.
2°
)
Come
tale
,
si
porta
in
corpo
due
Inquisizioni
:
quella
,
sentimentale
e
sessuale
,
della
moglie
;
e
quella
,
ideologica
,
della
comunista
.
3°
)
Essa
è
tenuta
ad
avere
,
di
tutti
i
fatti
della
vita
,
anche
i
più
casuali
e
superficiali
,
come
il
guasto
del
televisore
o
l
'
inceppamento
dell
'
aspirapolvere
,
una
visione
seriosa
,
drammatica
,
«
impegnata
»
,
che
la
porta
a
vederci
sotto
lo
zampino
delle
«
multinazionali
»
e
del
capitalismo
demoplutogiudaico
-
massonico
,
che
le
impedisce
di
sorriderne
.
Ecco
:
è
su
quest
'
ultimo
punto
che
lei
ha
qualche
possibilità
di
manovra
e
di
rivincita
.
Per
esempio
:
le
annunci
solennemente
che
ha
ripudiato
il
Giornale
,
vada
a
leggerselo
di
nascosto
(
sappiamo
che
questo
avviene
anche
in
altre
famiglie
)
,
e
quando
vi
trova
un
«
Controcorrente
»
spiritoso
(
non
sempre
lo
sono
)
,
lo
impari
a
memoria
,
e
nell
'
occasione
più
propizia
glielo
ripeta
,
con
l
'
aria
d
'
improvvisarlo
,
come
farina
del
suo
sacco
.
Se
riesce
a
farla
sorridere
,
le
dica
brutalmente
:
«
Bada
che
è
del
Giornale
»
.
Seguirà
una
scenata
.
Lei
la
sopporti
stoicamente
(
oramai
dev
'
esserci
abituato
)
.
Poi
,
dopo
qualche
giorno
,
ripeta
il
colpo
.
Stavolta
sua
moglie
reagirà
con
un
ghigno
sprezzante
.
E
lei
glielo
blocchi
dicendo
:
«
bada
che
è
di
Fortebraccio
»
.
Se
nemmeno
così
riesce
a
ridurla
alla
ragione
,
me
lo
faccia
sapere
.
E
io
,
rompendo
gl
'
indugi
,
mi
deciderò
finalmente
a
lanciare
,
o
a
far
lanciare
dal
mio
collega
Antonio
Buono
,
che
è
presidente
di
Tribunale
,
la
proposta
di
depennare
l
'
uxoricidio
dal
codice
penale
.
Non
so
come
sarà
accolta
.
Ma
altra
speranza
,
né
al
marito
di
una
comunista
,
né
alla
moglie
di
un
comunista
,
non
resta
.
StampaQuotidiana ,
Albenga
,
17
luglio
,
notte
-
La
camera
ardente
di
Albenga
resterà
fra
le
cose
più
grandi
e
spaventose
di
tutti
questi
anni
e
della
mia
personale
vita
:
la
camera
ardente
e
ciò
che
vi
è
accaduto
nel
pomeriggio
di
oggi
.
Ad
un
certo
punto
ha
perso
ogni
significato
il
sapere
come
i
43
bambini
fossero
morti
,
non
è
importato
più
né
il
nome
,
né
i
cosiddetti
episodi
,
né
gli
sforzi
per
il
salvataggio
,
né
di
chi
potesse
essere
la
colpa
.
È
rimasto
unicamente
lo
spettacolo
indicibile
del
basso
stanzone
della
Croce
Bianca
,
col
soffitto
imbiancato
a
calce
,
lungo
le
pareti
le
vetrine
con
le
bandiere
del
sodalizio
e
appesi
i
ritratti
di
vecchi
benefattori
.
Perché
qui
la
morte
aveva
allestito
una
faccenda
talmente
infernale
che
tutte
le
stragi
degli
anni
scorsi
,
per
quanto
crudeli
e
cariche
di
sangue
,
risultano
al
paragone
pallidi
e
quasi
grotteschi
tentativi
.
Ridicolo
al
paragone
il
famoso
Trionfo
della
Morte
della
pittura
antica
,
retorici
i
campi
di
battaglia
di
Napoleone
,
inutilmente
esagerato
lo
sterminio
delle
città
bombardate
dagli
aeroplani
,
perfino
Buchenwald
e
Auschwitz
non
raggiungono
una
così
sobria
potenza
.
Mai
,
diciamo
,
la
morte
aveva
chiuso
in
un
quadro
così
compatto
e
inesorabile
il
suo
trionfo
.
Chi
entrava
oggi
nell
'
ambulatorio
della
Croce
Bianca
di
Albenga
sentiva
,
nel
senso
letterale
della
parola
,
una
cosa
diaccia
e
pesantissima
entrargli
poco
più
su
della
bocca
dello
stomaco
dentro
al
petto
.
E
più
guardava
,
più
questa
cosa
indefinibile
faceva
forza
dentro
di
lui
.
Non
serve
dire
:
43
anime
tenerissime
volate
in
un
sol
colpo
al
Creatore
;
non
serve
pensare
a
diecine
e
diecine
di
famiglie
spezzate
all
'
improvviso
da
un
telegramma
o
dalla
tremebonda
ambasciata
d
'
un
messo
comunale
;
le
parole
non
servono
a
niente
.
Bisognava
vedere
quei
43
piccolissimi
uomini
allineati
su
un
unico
pancone
,
poi
a
destra
quelle
quattro
donne
,
unite
a
loro
da
un
bizzarro
destino
,
distese
su
un
pancone
separato
,
quasi
fossero
delle
intruse
.
È
evidente
che
su
queste
povere
donne
la
morte
non
faceva
assegnamento
nel
suo
calcolo
di
catastrofe
,
che
le
ha
portate
via
perché
non
poteva
farne
a
meno
e
che
le
erano
del
tutto
superflue
.
Bisognava
vedere
-
e
bastava
un
baleno
d
'
occhiata
-
quello
schieramento
di
testine
ceree
,
di
manine
ugualmente
raccolte
sul
petto
,
di
gambette
esili
,
di
piccoli
piedi
abbandonati
in
un
immobile
sonno
.
Bisognava
vedere
come
si
assomigliavano
in
modo
allucinante
le
43
faccine
,
non
impaurite
,
non
doloranti
,
bensì
dolcemente
attonite
e
,
in
certo
modo
,
rassegnate
.
Fra
le
mani
ciascuno
teneva
con
delicatezza
una
immagine
sacra
e
un
fiore
,
le
palpebre
erano
attaccate
appena
appena
.
Senza
nessuna
retorica
erano
tutti
belli
ed
estremamente
gentili
.
«
Tante
bambole
,
sembrano
»
disse
uno
.
Quarantatré
bambole
con
dentro
chiuso
in
ciascuna
il
vasto
mistero
della
morte
.
Un
Gesù
in
croce
abbandonato
al
peso
del
corpo
e
con
le
braccia
tese
in
su
in
modo
spasmodico
era
posto
sopra
l
'
immenso
capezzale
dei
43
innocenti
.
E
anche
lui
,
sebbene
ciò
sia
assurdo
,
sembrava
non
capire
il
perché
.
La
gente
di
Albenga
sfilava
silenziosamente
davanti
:
negli
interstizi
tra
bimbo
e
bimbo
crescevano
i
fiori
e
cresceva
il
loro
inequivocabile
profumo
.
Fuori
risplendeva
il
sole
e
suonavano
i
clacson
dei
viandanti
spensierati
.
E
le
43
faccine
diventavano
sempre
più
di
cera
,
si
facevano
sempre
più
diafane
e
perfette
e
il
Cristo
pareva
sempre
più
allungarsi
nello
spasimo
della
crocifissione
e
piegava
desolatamente
la
testa
da
un
lato
,
perché
,
assurdo
o
no
che
fosse
,
neppure
lui
riusciva
a
capire
.
Così
quella
cosa
diaccia
e
pesante
entrava
come
una
trave
di
ferro
nel
petto
di
coloro
che
guardavano
.
Così
le
frasi
che
di
regola
sono
giudicate
false
e
sciocche
diventavano
rigorosamente
vere
:
ad
Albenga
,
diremo
per
puro
dovere
di
cronisti
,
si
era
concentrato
,
nel
pieno
della
serenità
,
tutto
il
dolore
del
mondo
e
si
spezzavano
cuori
rimasti
fino
a
stamane
di
pietra
.
Ma
la
morte
,
com
'
è
evidente
,
non
era
ancora
contenta
,
e
desiderava
sfruttare
,
per
così
dire
,
ancora
di
più
il
suo
abominevole
capolavoro
.
E
Cristo
e
gli
uomini
evidentemente
non
avevano
sofferto
abbastanza
.
Perciò
alle
ore
15
,
nella
piazza
di
Albenga
,
arrivò
il
primo
autobus
proveniente
da
Milano
con
a
bordo
circa
quaranta
persone
adulte
:
le
madri
,
i
padri
,
i
nonni
e
gli
zii
dei
bambini
che
erano
morti
.
Nella
piazza
battuta
dal
sole
la
gente
formò
per
istinto
una
specie
di
corridoio
come
nella
scena
famosa
del
massacro
spagnolo
di
Hemingway
.
E
con
sguardi
di
terrore
,
al
pensiero
di
quanto
sarebbe
successo
,
la
gente
vide
avanzare
il
gruppo
.
Trattenuta
da
due
parenti
,
venne
avanti
per
prima
,
precipitando
,
una
donna
giovane
e
grassa
.
Teneva
la
faccia
rivolta
al
cielo
,
una
mano
aggrappata
ai
capelli
come
Niobe
.
Parole
sconnesse
che
non
si
riusciva
a
capire
uscivano
dalla
sua
bocca
con
crescente
precipitazione
,
mentre
si
avvicinava
all
'
ingresso
della
camera
ardente
.
Ma
un
uomo
magro
e
pallido
,
sui
trent
'
anni
,
improvvisamente
la
sopravanzò
ululando
,
le
mani
tese
in
avanti
,
e
irruppe
nella
sala
.
Dio
,
fa
per
misericordia
che
non
si
ripeta
mai
più
l
'
orrore
senza
nome
del
17
luglio
ad
Albenga
.
Una
madre
nella
camera
ardente
non
vedeva
il
suo
figlioletto
morto
:
ma
lo
vedeva
morto
quarantatré
volte
nello
stesso
istante
,
quarantatré
volte
nello
stesso
istante
strappato
via
dalle
sue
viscere
.
I
suoi
sguardi
impazziti
cominciavano
poi
a
ondeggiare
qua
e
là
cercando
.
Poi
il
sangue
chiamava
e
lei
si
gettava
sul
misero
bimbo
di
cera
,
ormai
così
lontano
,
baciandolo
e
accarezzandolo
con
atroce
tenerezza
e
mettendogli
a
posto
la
vestina
e
stringendogli
piano
le
mani
.
Finché
un
barlume
di
verità
si
faceva
in
lei
e
la
rivolta
esplodeva
con
grida
da
agghiacciare
il
sangue
.
Ogni
madre
e
ogni
padre
che
entrava
era
lo
stesso
.
Si
formò
nella
sala
un
vortice
di
atrocissimo
dolore
umano
.
Non
avevo
mai
immaginato
che
il
cuore
potesse
essere
così
totalmente
sconvolto
dalla
sofferenza
del
prossimo
.
Tutti
,
non
esagero
,
piangevano
senza
ritegno
.
«
Oh
,
oh
,
Giorgio
mio
»
si
sentiva
urlare
.
«
Oh
,
mamma
...
il
mio
Alberto
,
oh
che
morte
gli
hanno
fatto
fare
!
...
Oh
,
Signore
,
dammi
la
grazia
»
invocava
un
'
altra
coprendo
di
baci
i
piedini
del
suo
bimbo
.
Mamme
si
dibattevano
lanciando
insensate
invettive
come
travolte
dalla
pazzia
.
Mamme
ingannate
da
false
segnalazioni
non
trovavano
il
figlio
creduto
morto
e
a
poco
a
poco
nella
faccia
sconvolta
si
apriva
come
una
luce
di
speranza
.
Mamme
si
slanciavano
sulla
loro
creatura
irrigidita
gridando
di
felicità
:
«
È
vivo
,
è
vivo
!
»
.
Mamme
uscivano
correndo
nella
piazza
come
folli
lanciando
degli
evviva
fra
un
singhiozzo
e
l
'
altro
.
Era
finalmente
soddisfatta
la
morte
?
Era
questo
che
desiderava
?
Per
tre
volte
nel
pomeriggio
si
ripeté
l
'
assalto
-
bisogna
proprio
dire
così
-
delle
madri
e
dei
padri
ai
cerei
simulacri
delle
loro
creature
.
La
morte
di
un
bambino
è
sempre
una
incomprensibile
tragedia
.
Oggi
ad
Albenga
di
queste
tragedie
ne
esplodevano
sei
o
sette
contemporaneamente
in
pochissimi
metri
quadrati
;
e
non
si
poteva
resistere
.
Il
volto
rigato
di
lagrime
,
il
sindaco
Greppi
,
smarrito
,
si
aggirava
da
uno
strazio
all
'
altro
anche
lui
sbalordito
da
tanto
orrore
.
Il
vescovo
,
i
sacerdoti
,
le
infermiere
,
gli
infermieri
della
Croce
Bianca
,
uomini
e
donne
del
popolo
tentavano
di
ridurre
la
disperazione
dei
poveretti
.
Ma
che
consolazione
potevano
offrire
?
Poi
da
Roma
giunse
in
volo
Parri
,
delegato
dall
'
Ufficio
dell
'
Assistenza
postbellica
,
da
cui
dipende
la
sfortunata
colonia
,
e
anche
nel
suo
petto
vedemmo
sprofondare
quella
cosa
diaccia
e
pesante
come
metallo
,
tanto
la
sua
faccia
si
fece
terrea
.
Intanto
,
dimenticate
da
tutti
,
in
disparte
,
le
quattro
donne
dormivano
sul
loro
bancone
riservato
.
Non
un
cane
sembrava
occuparsi
di
loro
(
sono
state
riconosciute
per
Paola
Conte
,
vedova
Tonoli
di
sessantaquattro
anni
,
da
Maredria
[
Mantova
]
,
Francesca
Piloni
,
Maria
Moro
e
la
figlia
Giuseppina
di
undici
anni
,
tutte
e
tre
da
Caravaggio
)
.
Soprattutto
terribile
mi
sembrò
un
padre
.
Guidato
come
un
automa
da
un
infermiere
ritrovò
quasi
subito
il
suo
bimbo
.
Era
un
signore
sui
trent
'
anni
vestito
correttamente
di
grigio
,
dal
volto
nobile
e
in
certo
senso
avventuroso
.
Veniva
da
solo
.
L
'
infermiere
presto
lo
lasciò
richiamato
da
altre
scene
miserande
.
E
lui
non
disse
una
parola
,
non
ebbe
un
sospiro
o
una
lagrima
,
lo
vidi
anzi
a
poco
a
poco
diventare
di
pietra
.
Fissava
con
avida
intensità
il
figlio
nato
inutilmente
da
lui
e
mi
parve
di
leggere
nella
sua
faccia
un
rimorso
cupo
,
senza
rimedio
,
quasi
che
tra
l
'
uomo
e
il
bimbo
ci
fosse
stato
un
lungo
e
meschino
malinteso
.
Avrei
giurato
che
lui
chissà
per
quali
mediocri
motivi
non
avesse
mai
sentito
il
bisogno
di
tenerselo
vicino
e
che
ora
invece
capisse
di
avere
sbagliato
l
'
intera
vita
;
ma
era
troppo
tardi
e
il
malinteso
continuerà
in
eterno
e
l
'
ingiustizia
brucerà
dentro
di
lui
per
anni
ed
anni
.
Gli
altri
ululavano
,
si
torcevano
le
mani
,
piombavano
in
ginocchio
pregando
o
maledicendo
.
Il
taciturno
signore
,
immobile
come
una
statua
,
faceva
più
paura
di
tutti
.
Nel
frattempo
il
mare
,
di
un
meraviglioso
colore
violetto
,
continuava
a
lambire
placidamente
l
'
estremità
dell
'
albero
dell
'
Annamaria
,
la
tragica
motobarca
sprofondata
a
poco
più
di
cento
metri
dalla
riva
.
Un
pontone
con
gru
e
una
motovedetta
della
marina
manovravano
per
sollevare
il
relitto
.
E
un
palombaro
calatosi
nel
fondale
di
appena
quattro
metri
riscontrava
nello
scafo
dell
'
imbarcazione
uno
squarcio
di
quaranta
centimetri
per
cinquanta
.
A
che
serve
ormai
?
Veniva
fatto
di
dire
pensando
all
'
irreparabile
conto
dei
morti
.
Eppure
è
anche
giusto
stabilire
le
colpe
,
se
colpe
ci
sono
.
Ha
responsabilità
,
per
esempio
,
il
dott.
Armando
Ducci
,
direttore
del
preventorio
colonia
Fondazione
Solidarietà
Nazionale
,
per
avere
lasciato
andare
in
gita
gli
ottantuno
bambini
senza
prendere
le
necessarie
precauzioni
e
che
è
stato
fermato
?
Parri
ha
fatto
presente
l
'
eventuale
opportunità
di
liberarlo
,
tenuto
conto
dell
'
ausilio
che
egli
potrebbe
offrire
ai
bimbi
superstiti
.
Il
colonnello
dei
carabinieri
e
il
procuratore
della
Repubblica
che
conducono
l
'
inchiesta
hanno
però
confermato
il
fermo
.
Hanno
colpa
i
barcaioli
,
fratelli
Podestà
,
pure
fermati
e
che
sembra
non
avessero
l
'
autorizzazione
legale
a
noleggiare
la
loro
imbarcazione
?
Ha
responsabilità
,
per
caso
,
la
Capitaneria
del
Porto
o
la
Delegazione
di
spiaggia
per
non
avere
eliminato
in
acque
così
battute
il
palo
che
fu
causa
della
catastrofe
?
E
all
'
Ufficio
tecnico
municipale
,
sempre
per
via
di
questo
maledetto
palo
messo
a
sostegno
della
fognatura
,
non
si
deve
imputare
nulla
?
Un
ingegnere
di
quest
'
Ufficio
ha
fatto
presente
che
il
palo
stesso
prima
della
guerra
sporgeva
dal
mare
come
di
dovere
,
ma
che
qualche
razziatore
di
ferro
l
'
aveva
tranciato
tempo
fa
sotto
il
livello
dell
'
acqua
.
Ma
perché
,
si
può
allora
rispondere
,
l
'
Ufficio
non
aveva
pensato
a
segnalare
l
'
insidia
?
Certo
il
motivo
della
tragedia
fu
il
palo
;
su
questo
non
c
'
è
alcun
dubbio
.
Spetta
ora
all
'
autorità
stabilire
se
ci
furono
e
di
chi
furono
le
negligenze
.
Il
ministero
dell
'
Interno
,
su
richiesta
dello
stesso
presidente
della
Fondazione
di
Solidarietà
Nazionale
,
on.
Parri
,
ha
disposto
che
sia
effettuata
una
severa
inchiesta
dandone
incarico
al
viceprefetto
Arnaldo
Adami
della
direzione
generale
dell
'
Assistenza
postbellica
.
Il
dott.
Adami
è
già
sul
posto
.
Parli
ha
destinato
alle
famiglie
delle
vittime
tre
milioni
e
la
signora
Eva
Perón
,
prima
di
lasciare
l
'
Italia
,
ha
inviato
la
somma
di
un
milione
di
lire
.
Questa
sera
,
mentre
il
padre
stava
per
arrivare
in
autobus
da
Milano
,
il
bimbo
Antonio
Oliva
,
dopo
avere
lottato
con
le
sue
flebili
forze
contro
l
'
onnipotente
morte
,
si
è
spento
all
'
ospedale
.
Il
papà
lo
ha
potuto
stringere
che
era
ancora
tiepido
di
vita
.
Gli
altri
bimbi
superstiti
del
naufragio
sono
intanto
quasi
tutti
fuori
pericolo
.
In
ottime
condizioni
le
tre
assistenti
,
il
bagnino
e
i
due
barcaioli
finiti
anch
'
essi
in
acqua
.
I
quarantatré
,
anzi
,
da
stasera
i
quarantaquattro
morticini
,
verranno
chiusi
nelle
casse
domani
a
mezzogiorno
.
Alle
17.30
saranno
trasportati
nella
cattedrale
per
l
'
ultimo
solenne
commiato
.
Alle
19.30
partiranno
in
treno
alla
volta
di
Milano
.
Un
bimbo
però
sarà
sepolto
a
Loano
e
cinque
altri
verranno
lasciati
a
Pavia
perché
in
questa
provincia
vivono
le
loro
famiglie
.
Sabato
mattina
Milano
vedrà
l
'
inverosimile
sfilata
delle
rimanenti
trentotto
minuscole
bare
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Damato
,
io
non
milito
nel
Partito
liberale
e
non
ho
con
esso
nulla
da
spartire
.
Ma
non
posso
condividere
ciò
che
lei
ne
dice
e
che
rasenta
la
bestemmia
.
Che
nel
Partito
liberale
ci
siano
degl
'
imbecilli
settari
e
faziosi
,
è
inutile
insegnarlo
a
me
che
li
ho
quotidianamente
sul
gobbo
con
le
loro
proteste
spesso
sgrammaticate
.
Ma
che
liberalismo
e
tolleranza
siano
,
storicamente
e
filosoficamente
,
sinonimi
,
è
inutile
che
lei
lo
contesti
perché
è
dimostrato
dai
fatti
.
Certo
,
la
tolleranza
non
può
spingersi
fino
al
punto
di
tollerare
l
'
intolleranza
di
certi
ordini
religiosi
-
che
poi
sono
uno
solo
:
i
Gesuiti
-
che
la
predicavano
e
la
praticavano
.
Ma
mi
vuol
dire
quali
monumenti
hanno
distrutto
e
quali
biblioteche
dilapidato
i
liberali
?
Ho
l
'
impressione
che
lei
sia
rimasto
a
un
vocabolario
di
duecent
'
anni
fa
,
quando
il
termine
liberale
veniva
confuso
con
quello
di
giacobino
,
nome
che
spetta
a
un
altro
tipo
d
'
intollerante
dissacratore
e
persecutorio
,
di
cui
i
liberali
furono
,
al
pari
dei
preti
,
le
vittime
ghigliottinate
e
impiccate
.
La
matrice
giacobina
fu
quella
da
cui
derivò
non
il
partito
liberale
,
ma
quello
d
'
Azione
che
i
liberali
hanno
sempre
aborrito
.
E
veniamo
,
come
dice
lei
,
ai
tempi
d
'
oggi
.
Lei
dice
che
la
Dc
non
è
responsabile
della
politica
scolastica
attuale
perché
è
stata
condizionata
dagli
altri
partiti
.
Ma
in
tal
caso
non
è
responsabile
di
nulla
,
neanche
delle
dissennate
nazionalizzazioni
coi
fallimentari
enti
che
ne
sono
derivati
,
neanche
dello
sfascio
dei
servizi
pubblici
,
neanche
dei
casi
Sindona
e
Rovelli
,
neanche
dell
'
equo
canone
ecc.
Se
lei
crede
di
salvare
la
Dc
dicendo
che
,
in
un
trentennio
di
potere
,
essa
ha
dovuto
sempre
fare
la
politica
degli
altri
,
temo
che
si
sbagli
:
di
tutte
le
colpe
che
le
si
possono
addebitare
,
questa
è
la
più
grave
.
No
,
caro
Damato
,
diciamo
la
verità
.
I
democristiani
non
hanno
mai
avuto
una
politica
scolastica
per
il
semplice
motivo
che
non
hanno
mai
avuto
una
politica
culturale
:
essi
stessi
,
o
almeno
i
migliori
fra
loro
,
lo
riconoscono
.
Ed
è
anche
naturale
perché
mentre
la
Chiesa
ha
una
grande
,
enorme
cultura
a
carattere
universale
,
la
Dc
non
ne
ha
nessuna
:
i
suoi
sacri
testi
-
a
parte
la
Rerum
Novarum
che
è
ancora
roba
di
Chiesa
-
si
riducono
a
quelli
di
Toniolo
,
e
non
aggiungo
altro
.
I
suoi
due
«
Grandi
»
moderni
-
Don
Sturzo
e
De
Gasperi
-
erano
,
sì
,
grandi
,
ma
non
come
uomini
di
cultura
.
La
cultura
la
Dc
l
'
ha
lasciata
in
esclusiva
ai
marxisti
.
E
lei
,
caro
Damato
,
ringrazi
Dio
che
alcuni
desperados
della
cultura
liberale
,
quelli
che
oggi
fanno
capo
a
questo
giornale
e
fra
i
quali
militano
anche
molti
cattolici
(
Pampaloni
,
Mathieu
,
Burgess
ecc
.
)
abbiano
puntato
i
piedi
e
resistito
all
'
ondata
;
altrimenti
oggi
tutta
la
cultura
italiana
,
compresa
la
vostra
,
non
sarebbe
che
un
sottoprodotto
di
Marx
.
Quanto
alla
scuola
,
i
maligni
dicono
che
i
democristiani
,
i
quali
l
'
hanno
quasi
ininterrottamente
gestita
per
tre
decenni
,
hanno
volutamente
lasciato
andare
in
malora
quella
pubblica
per
favorire
quella
privata
,
per
gran
parte
in
mano
alla
Chiesa
.
Io
rifiuto
questa
calunniosa
ipotesi
.
Ma
è
un
fatto
che
quella
privata
funziona
,
in
genere
,
molto
meglio
di
quella
pubblica
,
e
quindi
non
vedo
i
motivi
del
suo
lamento
.
Lei
dice
:
ma
lo
Stato
(
Io
Stato
democristiano
,
noto
io
)
seguita
a
privilegiare
la
scuola
pubblica
,
rendendola
gratuita
,
mentre
quella
privata
costa
.
Ma
in
tal
caso
cosa
deve
fare
,
lo
Stato
?
Se
rende
costosa
anche
quella
pubblica
,
ne
esclude
i
bisognosi
,
che
è
proprio
ciò
che
uno
Stato
non
deve
fare
,
e
che
lei
stesso
non
può
volere
.
Per
rendere
gratuita
quella
privata
,
bisogna
che
se
ne
assuma
gli
oneri
,
e
con
gli
oneri
la
responsabilità
,
il
che
equivale
a
renderla
pubblica
.
Un
'
ultima
cosa
.
Lei
protesta
perché
Alfieri
attribuisce
a
un
certo
filone
del
terrorismo
una
matrice
catto
-
comunista
.
Io
posso
dirle
soltanto
questo
:
un
Curcio
e
un
Toni
Negri
,
dalle
fila
liberali
non
verranno
mai
fuori
;
dalla
scuola
sociologica
di
Trento
,
voluta
e
sponsorizzata
dai
democristiani
tipo
Alberoni
,
sì
.
StampaQuotidiana ,
Ero
pressocché
bambino
quando
lessi
un
articolo
,
«
Re
Piccone
»
,
ove
Domenico
Gnoli
deplorava
gli
sventramenti
che
mutavano
il
volto
delle
città
italiane
;
seguo
ora
i
frequenti
articoli
di
Antonio
Cederna
sulle
devastazioni
ai
danni
dell
'
arte
,
della
storia
,
del
paesaggio
,
che
compie
quotidianamente
la
speculazione
.
Cinquant
'
anni
:
di
continue
,
ininterrotte
sconfitte
di
quanti
oppongono
valori
estetici
o
storici
all
'
interesse
privato
.
Ben
so
come
non
sia
possibile
,
né
in
Italia
né
fuori
,
mantenere
immutato
il
volto
delle
città
;
conosco
i
diritti
della
igiene
e
della
viabilità
,
e
pur
il
diritto
di
ogni
secolo
d
'
imprimere
una
sua
orma
.
Ma
,
appena
si
passa
la
frontiera
,
si
scorge
altrove
una
vigile
cura
nel
distinguere
,
e
considerare
sacre
certe
limitate
zone
,
intoccabili
alcuni
paesaggi
.
Fino
alla
seconda
guerra
mondiale
le
città
tedesche
,
sviluppando
ad
anello
intorno
ai
vecchi
nuclei
nuove
città
commerciali
,
avevano
rispettato
in
ogni
dettaglio
l
'
opera
di
altri
secoli
.
Nel
cuore
di
Londra
si
trovano
ancora
chiese
con
giardini
,
antichi
cimiteri
,
su
cui
nessuno
pensa
erigere
grattacieli
.
Il
centro
di
Parigi
è
immutato
da
ottant
'
anni
.
Da
noi
solo
,
nulla
riesce
a
salvarsi
,
neppure
quelle
poche
cose
che
senza
rettorica
potrebbero
dirsi
patrimonio
della
nostra
civiltà
più
che
dell
'
Italia
.
Dal
teatro
di
Siracusa
la
vista
del
mare
già
è
interrotta
da
una
serie
di
costruzioni
industriali
.
E
stato
fatto
scempio
dell
'
Aventino
,
della
Via
Appia
;
irremissibilmente
guastata
l
'
unica
opera
meritevole
,
in
quest
'
ambito
,
della
terza
Italia
,
la
passeggiata
archeologica
,
cortina
di
verde
che
saldava
ricordi
classici
e
chiese
medievali
;
Venezia
è
in
continuo
pericolo
.
Non
griderei
contro
l
'
ingordigia
degli
speculatori
.
Trovo
umano
che
chi
possiede
un
giardino
nel
cuore
di
Milano
o
di
Venezia
o
una
vecchia
villa
in
Roma
,
proprietà
che
non
rendono
o
sono
passive
,
aspiri
a
ricavarne
le
centinaia
di
milioni
che
danno
,
vendute
come
aree
edificabili
.
Penso
che
il
proprietario
inglese
,
tedesco
o
francese
abbia
identico
desiderio
.
Ma
altrove
funzionano
i
freni
;
da
noi
,
no
.
Se
non
al
primo
,
al
secondo
,
al
terzo
attacco
,
commissioni
edilizie
,
Sovraintendenze
ai
monumenti
,
Consiglio
Superiore
delle
Belle
Arti
,
finiscono
per
cedere
.
Progetti
di
transazione
,
varianti
,
esecuzione
non
conforme
al
progetto
,
che
viene
poi
sanata
:
lo
scempio
è
compiuto
.
Gli
uffici
pubblici
non
sono
secondi
ai
privati
.
Non
c
'
è
direttore
generale
o
ministro
che
sacrifichi
al
rispetto
del
monumento
il
bisogno
degli
uffici
di
allargarsi
,
di
avere
più
respiro
.
Scomparsi
in
Roma
per
questo
bisogno
di
uffici
,
i
due
incantevoli
chiostri
-
giardini
ricchi
di
aranci
a
San
Silvestro
;
fino
al
1946
l
'
antico
chiostro
agostiniano
era
il
più
delizioso
giardino
:
scrosciare
sommesso
di
acque
,
gorgheggi
di
uccelli
,
che
in
certe
ore
avevano
a
sfondo
sonoro
le
campane
di
Sant
'
Agostino
;
ma
quella
è
la
sede
dell
'
Avvocatura
dello
Stato
(
che
difende
in
giudizio
anche
gl
'
interessi
dell
'
arte
e
del
paesaggio
)
e
quel
giardino
non
consentiva
la
sosta
delle
macchine
dei
funzionari
.
Ora
solo
in
due
angoli
alcuni
alberelli
,
ma
sostano
tante
macchine
su
bella
ghiaia
spianata
.
Come
non
fo
colpa
ai
proprietari
che
pensano
ai
loro
interessi
,
ne
fo
una
relativa
ai
colonnelli
che
avendo
caserme
in
antichi
edifici
pensano
anzitutto
alle
esigenze
dei
soldati
,
od
ai
vescovi
che
curano
quelle
dei
seminaristi
o
dell
'
episcopio
(
ma
chi
passi
per
Foligno
,
guardi
un
po
'
cosa
l
'
autorità
vescovile
ha
combinato
nel
vecchio
centro
cittadino
)
;
e
do
le
attenuanti
anche
a
sovraintendenti
e
consiglieri
delle
Belle
Arti
,
perché
,
a
differenza
che
in
altri
Paesi
,
non
hanno
dietro
di
sé
il
deciso
appoggio
della
opinione
pubblica
.
Manca
l
'
indignazione
.
Si
sono
fatti
scioperi
generali
di
anticipata
protesta
contro
la
minacciata
abolizione
di
una
fermata
ferroviaria
,
contro
la
minacciata
soppressione
di
un
ospedale
,
agitazioni
per
il
trasferimento
di
un
insignificante
ufficio
;
nessun
agitatore
riuscirebbe
a
far
divampare
l
'
ira
popolare
contro
alcuno
scempio
di
centri
cittadini
.
Ed
è
altresì
significativo
,
a
mostrare
il
vuoto
di
certa
rettorica
,
che
quei
partiti
e
correnti
che
più
amano
insistere
sulle
grandi
memorie
e
sulle
glorie
degli
avi
,
siano
sempre
stati
oltremodo
distratti
allorché
si
è
trattato
di
cancellare
vestigie
;
la
rovina
della
Mèta
sudante
,
che
aveva
attraversato
i
secoli
,
fu
cancellata
dal
fascismo
per
fare
una
bella
spianata
dinanzi
all
'
arco
di
Costantino
,
ed
il
culto
dei
ricordi
sabaudi
dei
gerarchi
piemontesi
portò
ad
incombere
su
piazza
Castello
la
torre
littoria
.
Sono
gl
'
italiani
più
negati
al
bello
,
al
senso
della
tradizione
,
di
altri
popoli
?
Lo
negherei
recisamente
.
Ma
,
qui
ancora
,
gli
italiani
sentono
l
'
interesse
dell
'
uno
,
non
quello
di
tutti
.
Pare
naturale
che
si
litighi
accanitamente
perché
in
un
cortile
,
in
una
strada
,
il
proprietario
di
fronte
abbia
alzato
la
costruzione
di
qualche
centimetro
più
che
non
gli
fosse
consentito
,
ed
ineccepibile
che
si
faccia
demolire
se
si
era
tolto
un
po
'
di
vista
o
di
sole
a
chi
poteva
invocare
una
disposizione
di
legge
o
di
regolamento
;
ma
quando
è
la
popolazione
,
sono
le
generazioni
avvenire
,
ad
essere
spossessate
,
il
metro
è
diverso
.
Quante
volte
un
sindaco
ordina
l
'
arresto
di
lavori
,
il
proprietario
ricorre
al
Consiglio
di
Stato
e
chiede
la
sospensione
del
provvedimento
;
e
la
causa
si
decide
in
fatto
nell
'
incidente
di
sospensione
;
se
l
'
ordine
del
sindaco
è
sospeso
ed
i
lavori
continuano
,
nulla
più
a
fare
.
Nemmeno
il
più
appassionato
amante
di
paesaggi
romani
o
napoletani
o
di
ricordi
fiorentini
o
torinesi
si
sentirebbe
di
reclamare
poi
la
demolizione
dell
'
opera
;
l
'
opinione
pubblica
direbbe
che
"
esagera
"
,
che
non
si
può
rovinare
il
costruttore
in
pro
del
paesaggio
o
della
storia
.
Siamo
sempre
al
"
capo
ha
cosa
fatta
"
,
ai
buoni
propositi
(
in
avvenire
saremo
senza
pietà
,
ma
per
questa
volta
...
)
,
alla
indulgenza
.
Dove
non
c
'
è
in
gioco
l
'
interesse
del
singolo
,
ma
quello
della
collettività
,
la
sanzione
sembra
odiosa
.
C
'
è
una
nota
stazione
montana
che
ho
l
'
impressione
abbia
iniziato
la
sua
decadenza
,
da
quando
costruzioni
di
casamenti
,
col
criterio
di
far
rendere
le
aree
di
maggior
valore
,
hanno
tolto
alle
vie
l
'
incantevole
vista
dei
monti
e
della
valle
.
Da
anni
questo
era
paventato
,
ed
era
sul
tappeto
un
piano
che
limitasse
le
costruzioni
in
quelle
aree
;
ma
come
recar
dispiacere
a
Tizio
,
Caio
,
compaesani
,
a
vantaggio
di
una
collettività
,
sia
pure
di
tre
o
quattromila
persone
?
In
questa
vicenda
-
danno
di
tutti
per
non
osar
contrastare
all
'
interesse
di
pochi
-
è
un
po
'
la
sintesi
della
nostra
vita
nazionale
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Giorgio
,
ti
rispondo
pubblicamente
perché
le
domande
dei
tuoi
amici
sono
un
esemplare
condensato
dello
sciocchezzaio
che
certi
falsi
profeti
hanno
seminato
nelle
teste
dei
giovani
.
1°
)
Gli
uomini
non
sono
affatto
tutti
uguali
,
e
basta
guardarsi
intorno
per
accorgersene
:
c
'
è
l
'
alto
e
il
basso
,
il
diritto
e
lo
storto
,
il
biondo
e
il
bruno
,
e
anche
l
'
intelligente
e
il
cretino
.
Io
non
ho
idee
molto
chiare
sul
buon
Dio
,
ma
escludo
in
maniera
assoluta
che
fosse
socialista
,
perché
di
tanti
miliardi
di
uomini
che
ha
creato
non
ce
n
'
è
uno
uguale
all
'
altro
,
come
il
socialismo
vorrebbe
che
fossero
.
Può
darsi
che
un
giorno
,
sostituendosi
a
Dio
,
la
scienza
riesca
a
creare
questa
uguaglianza
.
Quel
giorno
l
'
umanità
si
ridurrà
a
un
formicaio
,
e
io
sono
contento
di
non
fare
in
tempo
a
vederlo
.
2°
)
Chi
ha
detto
che
il
capace
opprime
il
proletario
?
Già
questa
parola
«
proletario
»
dimostra
quanto
vecchie
siano
le
idee
e
i
concetti
dei
tuoi
amici
.
Oggi
il
proletariato
,
come
classe
,
non
esiste
più
.
Esistono
degli
«
emarginati
»
che
per
qualche
motivo
non
riescono
a
inserirsi
nella
società
,
e
a
cui
naturalmente
bisogna
dare
una
mano
.
Ma
quelli
che
si
continua
a
chiamare
proletari
sono
ormai
come
condizioni
economiche
dei
«
borghesi
»
(
un
operaio
specializzato
guadagna
più
di
un
professore
di
scuole
medie
)
.
E
questo
è
avvenuto
perché
ci
sono
stati
degli
uomini
che
,
più
capaci
degli
altri
,
sono
riusciti
,
grazie
all
'
inventiva
tecnologica
e
all
'
energia
organizzativa
,
a
mettere
anche
i
meno
capaci
in
condizione
di
vivere
bene
,
o
almeno
molto
meglio
di
come
vivevano
un
secolo
e
anche
solo
trent
'
anni
fa
.
Cosa
farebbero
i
cento
e
più
mila
dipendenti
della
Fiat
se
una
settantina
d
'
anni
fa
un
certo
signor
Agnelli
,
piccolo
proprietario
terriero
,
non
avesse
creato
quell
'
azienda
?
Le
condizioni
in
cui
gli
operai
vi
lavorano
avranno
i
loro
disagi
.
Ma
sono
infinitamente
migliori
di
quelle
in
cui
vivevano
i
loro
padri
zappaterra
.
Gramsci
,
il
massimo
teorico
del
comunismo
italiano
,
diceva
:
«
Sia
Benedetto
Agnelli
»
.
3°
)
Non
sempre
il
padrone
,
che
molto
spesso
è
un
ex
-
operaio
,
mangia
meglio
dell
'
operaio
.
Gli
sforzi
,
anche
di
cinghia
,
fatti
per
accumulare
il
primo
piccolo
capitale
che
gli
ha
consentito
di
diventare
padrone
,
gli
hanno
rovinato
lo
stomaco
e
le
coronarie
,
il
che
gl
'
impone
strette
diete
.
Ma
ammettiamo
pure
che
mangi
meglio
.
E
con
ciò
?
Che
cosa
gli
avrebbe
dato
lo
stimolo
a
emergere
,
a
lavorare
e
a
risparmiare
più
degli
altri
,
se
non
anche
il
desiderio
non
dico
di
mangiare
meglio
,
ma
di
stare
meglio
?
Di
'
a
questi
poveri
imbecillotti
amici
di
sinistra
che
anch
'
essi
vogliono
stare
meglio
.
Solo
che
,
invece
che
col
lavoro
,
lo
sforzo
e
il
sacrificio
,
cercano
di
arrivarci
con
la
demagogia
,
cioè
sfruttando
i
malcontenti
altrui
e
facendocisi
sopra
una
«
posizione
»
.
4°
)
Le
società
libere
non
sono
mai
perfette
.
Quella
italiana
lo
è
meno
di
molte
altre
.
Delle
ingiustizie
ci
sono
.
Ci
sono
dei
privilegi
e
dei
parassitismi
,
che
possiamo
e
dobbiamo
ridurre
senza
tuttavia
illuderci
di
poterli
eliminare
completamente
.
Però
questa
società
imperfetta
è
l
'
unica
che
,
grazie
alla
libertà
,
sia
perfettibile
,
o
comunque
migliorabile
.
Quella
dei
Paesi
socialisti
che
hanno
soppresso
la
libertà
,
che
hanno
legalizzato
l
'
ingiustizia
facendo
del
potente
un
onnipotente
e
del
cittadino
un
suddito
senza
neanche
il
diritto
alla
parola
,
non
è
perfettibile
,
e
deve
contentarsi
di
restare
com
'
è
sotto
le
pistole
spianate
della
polizia
.
5°
)
I
tuoi
amici
imbecillotti
fanno
una
grossa
confusione
tra
uguaglianza
e
parità
.
L
'
uguaglianza
è
impossibile
perché
la
stessa
natura
la
esclude
.
La
si
può
imporre
solo
con
la
violenza
,
cioè
tagliando
le
gambe
a
chi
le
ha
più
lunghe
degli
altri
e
livellando
tutti
sull
'
altezza
dei
nani
.
L
'
unica
forma
di
giustizia
realizzabile
tra
gli
uomini
è
,
oltre
alla
parità
dei
diritti
che
ormai
è
raggiunta
da
un
pezzo
(
anche
se
in
pratica
poi
soffre
parecchie
eccezioni
)
,
quella
che
chiamerei
del
regolamento
di
corsa
.
Tutti
i
giovani
,
a
qualsiasi
ceto
appartengano
,
debbono
essere
messi
,
al
palo
di
partenza
,
nelle
stesse
condizioni
:
eppoi
vinca
il
migliore
.
A
questo
dovrebbe
provvedere
la
scuola
.
Purtroppo
la
scuola
non
vi
provvede
più
perché
gl
'
imbecillotti
hanno
detto
che
,
tutti
gli
uomini
essendo
uguali
,
hanno
tutti
diritto
alla
promozione
.
E
così
al
figlio
intelligente
e
volenteroso
dell
'
operaio
è
stato
tolto
il
mezzo
più
valido
per
battere
sul
traguardo
il
figlio
scemo
e
sfaticato
del
padrone
.
Bella
giustizia
!
StampaQuotidiana ,
Non
più
cappelli
per
le
vie
d
'
Italia
.
È
una
delle
note
visive
che
contribuisce
a
rendere
inconfondibili
i
colpi
d
'
occhio
d
'
oggi
con
le
immagini
della
mia
infanzia
.
Nell
'
orbita
maschile
,
qualche
berrettino
su
teste
di
vecchi
cadenti
,
che
camminano
appoggiandosi
al
bastone
,
evoca
tristi
immagini
d
'
infermità
e
di
ospizio
.
Resistono
,
specie
nel
mezzogiorno
,
i
cappelli
tondi
dei
preti
che
or
è
un
secolo
sostituirono
il
tricorno
:
i
giovani
preti
vanno
senza
cappello
o
portano
il
basco
.
Anche
i
copricapo
di
divise
si
restringono
,
accennano
a
scomparire
:
non
più
gli
imponenti
berretti
,
alti
,
adorni
di
ben
cinque
galloni
,
che
davano
tanta
maestà
al
controllore
ferroviario
,
il
quale
allora
indossava
la
redingote
;
non
più
i
rigidi
berretti
cari
agli
ufficiali
della
prima
guerra
mondiale
;
berretti
appiattiti
,
baschi
,
bustine
:
è
il
declino
,
il
passo
verso
la
scomparsa
.
A
tratti
l
'
uniformità
è
rotta
:
larghissimi
cappelli
di
paglia
ordinaria
,
portati
da
stranieri
,
che
considerano
l
'
Italia
il
Paese
del
sole
:
nessuno
li
guarda
.
Mi
dicono
che
in
Brasile
è
considerato
un
insulto
al
Paese
coprirsi
col
casco
coloniale
.
L
'
italiano
è
superiore
a
queste
suscettibilità
e
lo
straniero
si
sente
intimidito
,
al
secondo
giorno
lascia
in
albergo
il
sombrero
.
In
Alta
Italia
il
copricapo
femminile
l
'
inverno
ancora
oppone
qualche
resistenza
:
da
Roma
in
giù
è
pressoché
scomparso
:
scialli
o
cappucci
.
Mi
duole
veder
mutare
anche
in
questi
dettagli
il
quadro
che
conobbe
la
mia
giovinezza
,
quando
l
'
alternarsi
dei
copricapo
segnava
pure
l
'
ordine
che
l
'
uomo
pretendeva
d
'
imporre
alle
stagioni
.
C
'
era
il
giorno
in
cui
s
'
inaugurava
la
paglietta
,
e
se
pure
il
tempo
fosse
mite
era
di
cattivo
gusto
portarla
dopo
il
primo
di
ottobre
.
Mi
duole
il
declino
di
un
prodotto
che
ha
dato
vita
ad
una
grande
industria
nazionale
,
ad
una
industria
che
si
è
affermata
nel
mondo
,
esportando
ampliamente
.
Non
so
dolermi
della
scomparsa
di
un
segno
tangibile
di
distinzione
delle
classi
.
Perché
tale
era
.
Il
copricapo
della
classe
operaia
era
il
cappello
a
cencio
tondo
,
la
caciottella
;
che
vedete
nelle
fotografie
che
riproducono
scene
dei
primi
scioperi
,
dei
primi
moti
,
intorno
al
1890;
si
mescolavano
berretti
di
pelo
l
'
inverno
,
ed
un
po
'
più
tardi
,
i
berretti
"
da
ciclista
"
,
con
la
visiera
di
panno
.
La
lobbia
segnava
il
passo
dal
popolo
alla
borghesia
:
cominciavano
ad
usarla
,
senza
esporsi
al
dileggio
dei
compagni
o
dei
più
umili
,
il
commesso
di
negozio
,
il
piccolissimo
impiegato
;
fu
un
'
affermazione
dell
'
operaio
specializzato
,
quando
sorse
in
luogo
dell
'
artigiano
.
Il
cappello
duro
significava
la
rivendicazione
di
un
posto
almeno
nella
media
borghesia
:
il
cappello
del
professionista
,
del
cavaliere
.
Il
cilindro
non
l
'
ho
visto
che
come
cappello
da
cerimonia
-
un
funerale
non
aveva
tono
se
non
c
'
era
qualche
dozzina
di
cilindri
-
:
qualche
vecchio
signore
ancora
lo
portava
sedendo
in
carrozza
al
corso
che
non
mancava
in
nessuna
città
,
e
soprattutto
guidando
il
tilbury
.
Scomparso
presto
il
cilindro
come
cappello
della
vita
quotidiana
,
sopravvissero
per
un
buon
decennio
ancora
i
mezzi
-
cilindri
,
cappelli
rigidi
di
feltro
,
mescolanza
di
cappello
duro
e
di
cilindro
.
Credo
che
in
Piemonte
siano
durati
più
che
altrove
:
qualche
mio
insegnante
universitario
ancora
usava
il
mezzo
-
cilindro
.
Dall
'
essere
la
lobbia
ed
il
cappello
duro
cappelli
borghesi
,
derivava
il
loro
rifiuto
da
parte
dei
vecchi
socialisti
,
che
usavano
cappelli
che
non
erano
quelli
dell
'
operaio
,
ma
piuttosto
il
copricapo
dei
mazziniani
risorgimentali
:
molli
,
tondeggianti
,
a
larghe
tese
.
Lo
portava
Enrico
Ferri
,
era
il
contrassegno
socialista
di
Guido
Podrecca
,
che
l
'
amore
della
musica
aveva
spinto
ad
accettare
la
marsina
per
le
sere
dell
'
opera
:
tondo
e
floscio
,
ma
a
piccole
tese
,
il
cappello
di
Turati
,
che
appariva
accanto
al
modestissimo
cappellino
nero
della
inseparabile
Kulisciof
:
ma
Claudio
Treves
che
nella
passeggiatina
nel
primo
pomeriggio
intorno
a
Montecitorio
si
accompagnava
con
loro
,
aveva
una
lobbia
non
scevra
di
eleganza
.
Il
cappello
era
anche
altrimenti
un
simbolo
politico
.
I
monarchici
tradizionalisti
irridevano
ai
repubblicani
,
che
volevano
porre
a
Capo
dello
Stato
,
e
pur
delle
forze
armate
,
un
signore
in
cilindro
:
gli
agnostici
intorno
alla
forma
di
stato
dicevano
che
non
valeva
la
pena
di
una
rivoluzione
per
avere
un
capo
in
cilindro
o
in
cheppì
.
Dubito
che
agli
occhi
di
molti
semplici
un
primo
colpo
il
prestigio
della
monarchia
italiana
lo
subisse
quando
intorno
al
1905
fu
soppresso
l
'
elmo
ed
il
pennacchio
dei
generali
.
Ma
il
distacco
sociale
più
profondo
lo
segnava
il
cappello
femminile
,
c
'
era
un
solco
incolmabile
tra
la
donna
"
in
capelli
"
e
quella
"
che
portava
il
cappello
"
:
strazio
della
famiglia
piccolissimo
-
borghese
,
cui
mancavano
sempre
diciannove
soldi
per
fare
una
lira
,
se
il
figlio
sposava
una
ragazza
-
magari
prole
di
agiati
bottegai
-
che
"
non
portava
il
cappello
"
.
Grido
di
rancore
di
classe
quello
che
risuonava
di
continuo
nei
mercati
romani
quando
la
moglie
del
piccolo
impiegato
voleva
tirare
troppo
,
pretendeva
eccessivi
ribassi
:
la
rivenditrice
sdegnata
gridava
alto
:
"
E
ce
porta
puro
la
ciavattella
"
.
Angoscie
non
troppo
dissimili
da
quelle
di
un
'
abiura
o
almeno
di
un
uso
di
passaporto
falso
,
allorché
l
'
agiata
popolana
,
la
"
minente
"
romana
carica
d
'
ori
come
una
madonna
e
dal
portamento
altezzoso
,
alla
vigilia
di
un
viaggio
era
persuasa
a
mettere
il
primo
cappello
:
perché
,
le
avevano
detto
,
all
'
estero
o
al
nord
,
senza
cappello
non
si
è
rispettate
.
Ricordo
penoso
di
poveri
cappellini
,
spennati
e
rossastri
,
ultima
difesa
di
vedove
,
di
decadute
:
che
si
abbarbicavano
a
quel
simbolo
per
non
confessare
che
non
erano
più
delle
borghesi
.
Visione
così
penosa
,
per
visi
ben
noti
che
nel
ricordo
si
profilano
sotto
quelle
larve
di
cappellini
,
da
annullare
la
gioia
che
mi
darebbe
la
rievocazione
dei
buffi
cappelli
che
vidi
nella
mia
infanzia
-
ceste
con
ogni
sorta
di
fiori
,
di
erbe
,
di
uccelli
,
in
cima
alla
testa
,
mezzi
meloni
con
pennacchio
alla
bersagliera
-
o
l
'
altra
visione
,
che
invece
mi
accarezza
l
'
occhio
,
dei
larghi
ricchi
cappelli
che
ombreggiavano
il
viso
,
degli
svelti
tricorni
,
delle
estive
pamele
in
pizzi
o
tela
e
nastri
,
in
voga
intorno
al
1910
(
gli
anni
di
Gozzano
:
"
La
nera
chioma
ondosa
-
chiusa
nel
casco
enorme
"
)
.
Il
cappello
maschile
con
la
sua
scomparsa
ha
eliminato
un
segno
di
distinzione
di
classi
.
Il
cilindro
da
cerimonia
è
una
divisa
che
ha
sostituito
la
feluca
delle
uniformi
civili
descritte
nei
decreti
della
unificazione
e
,
più
accuratamente
,
in
quelli
dei
primi
anni
del
fascismo
.
Un
direttore
generale
od
un
capo
di
gabinetto
debbono
possedere
un
cilindro
,
ma
un
duca
ne
può
fare
a
meno
.
Nell
'
ambito
femminile
le
cose
sono
sempre
meno
semplici
,
ed
è
sempre
maggiore
la
possibilità
di
ritorni
.
Scomparsi
i
cappelli
da
passeggio
,
restano
quelli
dei
ricevimenti
pomeridiani
,
per
le
cerimonie
mondane
,
in
genere
:
cappelli
neri
piattissimi
e
larghi
tutti
eguali
tra
loro
,
o
semplici
decorazioni
intorno
alla
chioma
:
fiori
,
arabeschi
,
piumaggi
,
minuscole
cuffiette
,
che
paiono
copiate
da
ritratti
di
dame
del
Settecento
.
La
linea
divisoria
segnata
dal
possesso
di
questi
cappelli
non
coincide
con
quella
ch
'
era
marcata
dal
cappello
dell
'
Ottocento
,
corre
più
in
alto
:
non
più
distinzione
tra
popolo
e
borghesia
,
ma
tra
alta
borghesia
e
tutto
il
resto
.
Gli
uomini
politici
possono
trovare
argomento
di
meditazione
,
ed
i
partiti
di
sinistra
di
compiacimento
:
la
media
e
la
piccola
borghesia
sono
saldate
al
proletariato
.
Signore
austere
,
che
tengono
ad
affermarsi
per
quello
che
sono
,
scrittrici
o
giornaliste
o
professoresse
,
le
vedo
,
talora
rifiutarsi
a
questi
cappelli
rappresentare
in
un
ricevimento
la
minoranza
delle
teste
né
coperte
né
addobbate
.
Non
credo
che
neppure
questa
trincea
opposta
alla
mescolanza
delle
classi
sia
destinata
a
durare
:
o
il
cappello
da
ricevimento
scomparirà
o
si
generalizzerà
in
ogni
ceto
.
Più
attendibile
la
seconda
ipotesi
.
Con
altrettanta
facilità
potessero
scomparire
le
reali
trincee
,
che
sono
costituite
non
solo
dalle
differenze
delle
fortune
,
ma
da
quelle
dei
gusti
,
delle
abitudini
,
degli
atteggiamenti
dello
spirito
,
dei
modi
di
ragionare
.
Perché
,
ahimè
,
a
dispetto
di
ogni
logica
formale
a
base
di
sillogismi
,
dipende
dall
'
ambiente
in
cui
ci
si
è
formati
(
oltre
,
va
da
sé
,
che
dallo
spirito
di
sopraffazione
che
più
o
meno
vivo
è
in
ogni
uomo
,
almeno
nella
prima
parte
della
sua
vita
)
che
,
troppo
spesso
,
per
gli
uni
due
più
due
faccia
quattro
,
e
per
gli
altri
invece
cinque
.