StampaQuotidiana ,
Da
quando
è
scoppiata
la
«
questione
morale
»
non
si
parla
d
'
altro
.
E
giustamente
ne
ha
parlato
il
presidente
della
Repubblica
nel
suo
messaggio
di
fine
d
'
anno
.
Ma
non
mi
pare
si
siano
fatti
grandi
sforzi
per
capire
di
che
si
tratta
.
A
giudicare
dall
'
occasione
da
cui
è
nata
(
lo
scandalo
del
petrolio
e
l
'
affare
Pecorelli
)
sembra
si
voglia
intendere
che
gli
uomini
politici
debbono
essere
persone
oneste
nel
senso
comune
della
parola
,
persone
cioè
che
non
rubano
,
non
mentono
,
non
commettono
nessuno
di
quei
reati
che
sono
puniti
dal
codice
penale
in
quanto
giudicate
azioni
che
le
persone
perbene
non
dovrebbero
compiere
.
Questa
interpretazione
è
tanto
diffusa
che
il
partito
comunista
ha
ritenuto
di
dover
proporre
come
una
svolta
nella
storia
delle
nostre
istituzioni
un
governo
degli
onesti
.
Che
la
questione
morale
debba
essere
interpretata
anche
in
questo
modo
,
è
fuori
discussione
.
Fuori
discussione
perché
ovvio
.
Non
si
vede
infatti
perché
chi
fa
politica
debba
essere
sottratto
agli
obblighi
cui
è
sottoposto
l
'
uomo
comune
.
Non
esiste
una
morale
pubblica
distinta
dalla
morale
privata
.
Se
mai
,
l
'
uomo
pubblico
dovrebbe
essere
più
scrupoloso
nel
rispetto
degli
obblighi
morali
e
di
quelli
giuridici
(
ma
questi
sono
generalmente
obblighi
morali
sanzionati
dallo
Stato
)
per
la
semplice
ragione
che
le
sue
infrazioni
sono
più
dannose
alla
collettività
di
quelle
dell
'
uomo
comune
.
Non
ignoro
che
il
problema
dei
rapporti
fra
politica
e
morale
è
molto
più
intricato
,
che
in
politica
vale
il
principio
che
il
fine
giustifica
i
mezzi
,
che
gli
Stati
non
si
governano
coi
pater
noster
,
e
via
discorrendo
.
Ma
,
girata
e
rigirata
da
tutte
le
parti
,
la
famigerata
dottrina
della
ragion
di
Stato
significa
soltanto
questo
:
che
l
'
uomo
di
Stato
si
viene
a
trovare
talora
in
circostanze
eccezionali
(
si
badi
«
eccezionali
»
)
a
dover
prendere
decisioni
riguardanti
il
bene
comune
(
si
badi
«
il
bene
comune
»
)
che
non
possono
essere
prese
se
non
violando
regole
della
morale
corrente
.
Ciò
che
giustifica
un
mezzo
moralmente
discutibile
è
soltanto
la
nobiltà
del
fine
,
e
la
sua
eccezionalità
.
Il
che
poi
non
è
neppure
una
condizione
particolare
dell
'
uomo
politico
perché
lo
stato
di
necessità
vale
come
giustificazione
anche
per
l
'
uomo
comune
.
Che
l
'
essenza
del
problema
stia
nella
nobiltà
del
fine
lo
ha
detto
molto
bene
Ceronetti
in
un
articolo
sulla
«
Stampa
»
due
settimane
fa
.
Che
il
fine
giustifichi
i
mezzi
non
vuol
dire
che
i
mezzi
siano
giustificati
da
qualsiasi
fine
.
La
stessa
celebre
frase
di
Machiavelli
dice
che
«
i
mezzi
saranno
sempre
iudicati
onorevoli
e
da
ciascuno
laudati
»
quando
il
principe
riesce
a
«
vincere
»
e
a
«
mantenere
lo
Stato
»
.
Quale
sia
la
nobiltà
del
fine
per
cui
alcuni
dei
nostri
uomini
politici
commettono
atti
disonesti
e
offendono
la
morale
comune
,
non
è
dato
capire
.
C
'
è
il
sospetto
che
il
dilagare
della
corruzione
sia
dovuto
prevalentemente
al
bisogno
di
denaro
per
sostenere
una
campagna
elettorale
o
per
mantenere
in
vita
una
corrente
di
partito
.
Non
che
grandi
,
alcuni
di
questi
fini
sono
politicamente
tutt
'
altro
che
corretti
.
Si
tratta
,
sì
,
di
vincere
,
non
una
guerra
,
bensì
le
elezioni
.
Si
tratta
di
conservare
non
lo
Stato
,
bensì
il
proprio
potere
personale
.
La
massima
che
il
fine
giustifica
i
mezzi
è
di
per
se
stessa
discutibile
.
E
non
solo
discutibile
ma
insostenibile
quando
il
fine
che
dovrebbe
giustificare
i
mezzi
è
esso
stesso
ingiustificabile
.
Tutto
questo
,
come
ho
detto
,
è
ovvio
,
ma
non
esaurisce
il
problema
.
Qualsiasi
trattato
di
morale
distingue
la
morale
generale
che
regola
l
'
azione
di
tutti
gli
uomini
,
e
al
cui
rispetto
quindi
tutti
sono
tenuti
,
dalle
morali
speciali
cui
sono
sottoposti
gl
'
individui
in
quanto
appartengono
a
una
determinata
classe
o
gruppo
o
categoria
o
professione
.
Accanto
alla
morale
comune
ci
sono
le
etiche
del
medico
e
del
sacerdote
,
del
giudice
e
del
commerciante
,
dell
'
insegnante
e
del
giornalista
.
In
ognuna
di
queste
valgono
obblighi
specifici
,
e
anche
specifiche
esenzioni
di
obblighi
.
Un
medico
ha
l
'
obbligo
di
accorrere
alla
chiamata
di
un
malato
grave
anche
fuori
della
sua
ora
d
'
ufficio
,
ma
è
esentato
dall
'
obbligo
di
dire
allo
stesso
malato
la
verità
sulla
gravità
della
malattia
.
Ogni
professione
ha
il
suo
codice
morale
,
che
con
parola
dotta
e
pretenziosa
si
chiama
«
deontologia
»
.
Tra
le
morali
speciali
vi
è
anche
la
morale
dell
'
uomo
politico
.
Tanto
più
poi
quando
anche
la
politica
è
diventata
una
professione
.
Per
capire
la
specificità
dei
diversi
codici
morali
occorre
aver
di
mira
la
funzione
sociale
delle
diverse
Categorie
cui
si
riferiscono
.
Dalla
considerazione
che
la
funzione
sociale
del
medico
è
quella
di
provvedere
alla
guarigione
degli
infermi
nascono
tutti
quei
problemi
delicatissimi
di
etica
medica
che
vanno
dall
'
eutanasia
al
prolungamento
artificiale
di
una
vita
condannata
.
La
funzione
sociale
dell
'
attività
politica
è
quella
di
perseguire
,
e
possibilmente
conseguire
,
l
'
interesse
pubblico
.
Di
qua
deriva
l
'
etica
specifica
di
chi
si
dedica
all
'
attività
politica
,
il
suo
codice
morale
.
C
'
è
una
distinzione
che
corre
lungo
tutta
la
storia
del
pensiero
politico
,
la
distinzione
fra
buon
governo
e
malgoverno
,
fondata
sulla
distinzione
fra
il
governante
che
persegue
il
bene
comune
e
quello
che
persegue
il
bene
proprio
.
L
'
etica
specifica
dell
'
uomo
pubblico
è
quella
in
cui
la
distinzione
fra
l
'
azione
buona
e
l
'
azione
cattiva
corre
parallelamente
alla
distinzione
fra
l
'
azione
volta
al
bene
comune
e
quella
volta
al
bene
individuale
.
Ne
deriva
che
l
'
uomo
politico
ha
oltre
ai
doveri
di
tutti
anche
i
doveri
che
gli
spettano
in
quanto
uomo
politico
.
Questi
ultimi
sono
strettamente
connessi
alla
funzione
specifica
della
sua
attività
.
La
funzione
specifica
dell
'
attività
politica
è
il
buon
governo
come
la
funzione
specifica
del
medico
è
quella
di
ben
curare
,
quella
del
giudice
di
ben
giudicare
,
dell
'
insegnante
di
ben
insegnare
.
No
,
quando
si
pone
la
questione
morale
con
riferimento
all
'
azione
del
politico
,
non
si
tratta
soltanto
del
governo
degli
onesti
nel
senso
generico
della
parola
.
Si
tratta
del
governo
di
uomini
che
antepongano
l
'
interesse
dello
Stato
al
proprio
,
a
quello
del
proprio
partito
,
della
propria
corrente
,
del
proprio
clan
,
di
uomini
che
rispettino
non
solo
le
regole
della
morale
comune
ma
anche
quelle
della
propria
morale
professionale
.
Uno
dei
maggiori
rimproveri
che
oggi
l
'
uomo
della
strada
,
l
'
uomo
della
morale
comune
,
muove
alla
nostra
classe
politica
nel
suo
insieme
è
di
subordinare
l
'
interesse
pubblico
che
è
il
fine
specifico
della
sua
azione
specifica
all
'
interesse
privato
,
di
approfittare
del
potere
pubblico
che
deve
essere
esercitato
solo
in
vista
del
bene
comune
per
accrescere
il
proprio
potere
personale
.
Una
volta
si
diceva
che
cattivo
governante
è
colui
che
mira
a
soddisfare
il
bene
proprio
anziché
a
provvedere
al
bene
comune
.
Oggi
si
dice
che
il
malgoverno
consiste
nel
considerare
gli
affari
di
Stato
come
affari
privati
.
Le
parole
cambiano
ma
la
sostanza
è
la
stessa
.
In
questo
senso
,
e
solo
in
questo
senso
,
la
questione
morale
è
anche
una
questione
politica
.
Una
questione
politica
che
nessun
ritocco
della
Costituzione
potrà
mai
risolvere
.
Dai
buoni
costumi
possono
nascere
buone
leggi
.
Ma
non
bastano
le
buone
leggi
a
produrre
buoni
costumi
.
StampaQuotidiana ,
A
Lasa
,
nell
'
Alto
Adige
,
nel
silenzio
delle
foreste
di
abeti
e
dei
nevai
immacolati
,
dove
non
ha
mai
risuonato
il
trionfale
«
Pista
!
»
dello
sciatore
,
vengono
dalla
Toscana
la
sabbia
della
spiaggia
di
Viareggio
e
una
quarantina
di
uomini
.
Uomini
e
sabbia
sono
impiegati
nelle
cave
di
marmo
,
le
più
giovani
d
'
Italia
e
le
più
alte
del
mondo
:
tre
anni
di
età
e
1700
metri
sul
mare
.
La
sabbia
,
silicea
,
uniforme
,
arriva
a
vagonate
,
per
essere
portata
in
cava
e
colata
lentamente
nel
solco
dove
passa
,
ronzando
,
il
filo
elicoidale
che
sega
il
marmo
.
Gli
uomini
,
specialisti
dei
mille
mestieri
misteriosi
dei
cavatori
,
sono
giunti
tre
anni
fa
per
insegnare
agli
abitanti
della
vallata
i
secolari
segreti
delle
Alpi
Apuane
.
Siamo
andati
a
trovare
gli
uomini
.
Abitano
su
per
la
Valle
di
Lasa
(
una
fessura
scoscesa
tagliata
dal
torrente
sul
fianco
della
montagna
)
a
qualche
chilometro
di
distanza
dal
villaggio
.
Montagna
,
valle
,
torrente
,
villaggio
,
cave
e
marmo
hanno
un
nome
solo
in
comune
:
Lasa
.
La
neve
cadeva
indecisa
e
svolazzante
quando
siamo
scesi
dal
trenino
che
ci
aveva
portato
da
Bolzano
.
Le
montagne
erano
ovattate
di
bianco
,
invisibili
.
Una
vecchia
,
in
scialle
,
ha
accatastato
sacchi
di
posta
e
pacchi
di
giornali
su
uno
slittino
,
ed
è
partita
verso
il
paese
tirandoselo
dietro
come
fanno
i
ragazzi
.
Oltre
i
binari
,
erano
i
blocchi
di
marmo
bianco
,
in
disordine
,
come
i
rottami
di
un
muraglione
ciclopico
che
fosse
crollato
.
Sopra
ognuno
la
neve
aveva
deposto
un
regolare
cuscinetto
azzurrognolo
,
che
ne
arrotondava
la
sagoma
squadrata
.
Nel
silenzio
,
il
picchiettare
di
uno
scalpellino
invisibile
,
e
lo
sbuffo
del
treno
che
si
allontanava
.
A
gambe
larghe
sul
marmo
era
la
grue
a
ponte
,
disegnata
di
nero
opaco
contro
il
cielo
bianco
.
Gli
uffici
della
società
stanno
poco
lontano
,
in
una
palazzina
nuovissima
.
Una
locomotiva
elettrica
attende
alla
porta
.
L
'
ingegnere
Antonio
Consiglio
,
direttore
della
cava
dell
'
Acqua
Bianca
,
ci
ha
fatto
salire
e
siamo
partiti
nella
neve
,
in
piedi
dietro
il
manovratore
,
sui
binari
impolverati
di
bianco
,
che
lasciavamo
neri
e
bagnati
dietro
a
noi
.
Dopo
pochi
minuti
siamo
giunti
al
piano
inclinato
.
Il
piano
inclinato
è
una
funicolare
,
che
sale
per
un
chilometro
sul
fianco
della
montagna
,
in
una
trincea
tagliata
tra
gli
abeti
immensi
.
È
la
funicolare
più
grande
d
'
Europa
,
perché
trasporta
un
carrello
con
due
tronchi
di
rotaia
,
sui
quali
possono
stare
quattro
vagoni
della
ferrovia
marmifera
carichi
di
blocchi
.
Una
specie
di
ferry
-
boat
da
montagna
.
Guardandola
dal
basso
,
si
vedevano
le
grosse
rotaie
allargate
scomparire
in
alto
,
verso
la
cima
,
perse
nella
nebbia
.
Per
ordinare
al
manovratore
,
nella
cabina
di
controllo
,
di
farci
partire
,
un
operaio
ha
toccato
uno
dei
fili
telegrafici
lungo
il
binario
con
una
canna
di
bambù
da
cui
parte
un
cordone
elettrico
.
Un
modo
come
un
altro
di
suonare
un
campanello
distante
.
Il
grosso
cavo
d
'
acciaio
,
che
scende
dalla
montagna
come
un
serpente
,
con
la
coda
persa
nella
nebbia
,
si
è
stiracchiato
e
finalmente
,
con
una
scossa
,
siamo
partiti
lentamente
e
dolcemente
.
Diciassette
minuti
di
ascensione
.
La
valle
si
allontanava
da
noi
,
appiattendosi
,
il
paese
si
velava
a
poco
a
poco
,
e
gli
abeti
,
carichi
di
neve
,
si
inabissavano
silenziosamente
al
nostro
fianco
.
Con
una
scossa
il
carrello
si
è
fermato
nel
suo
alveo
d
'
arrivo
,
con
le
sue
rotaie
allineate
a
quelle
del
binario
.
Un
'
altra
locomotiva
elettrica
ci
attende
.
Alcuni
minuti
di
corsa
lungo
il
fianco
della
montagna
deserta
,
tra
gli
alberi
,
nel
panorama
natalizio
.
È
il
quarto
mezzo
di
locomozione
della
giornata
.
All
'
arrivo
,
ci
sono
i
toscani
.
Abitano
un
baraccone
di
legname
e
di
muratura
,
a
picco
sul
torrente
,
tra
gli
alberi
.
Davanti
alla
loro
villa
,
il
torrente
si
divide
in
due
,
attorno
a
un
vecchio
masso
rotolato
chissà
da
dove
,
sul
quale
è
cresciuto
un
albero
.
Gli
uomini
hanno
costruito
un
tavolo
e
una
panca
di
legno
bianco
,
sulla
grossa
roccia
,
e
hanno
innalzato
un
cartello
a
lettere
rosse
:
«
Lido
Polo
Nord
»
.
Il
Lido
è
il
punto
di
ritrovo
estivo
,
supponiamo
,
poiché
in
questo
momento
è
sepolto
sotto
la
neve
.
Dalla
tavola
alla
porta
del
rifugio
corre
un
filo
metallico
teso
.
È
una
piccola
funicolare
privata
,
che
scavalca
il
torrente
,
e
serve
al
trasporto
di
fiaschi
di
vino
dalla
dispensa
agli
uomini
che
riposano
,
pancia
al
sole
,
sotto
l
'
abete
contorto
.
Il
rifugio
,
al
quale
si
arriva
su
un
ponticello
di
legno
,
a
cui
mancano
diverse
tavole
,
si
chiama
la
«
Tenda
rossa
»
,
comunemente
.
Ormai
il
nome
è
usato
da
tutto
il
personale
,
dalla
direzione
,
nei
rapporti
e
negli
ordini
.
Nessuno
sorride
più
.
Così
i
capannoni
a
valle
,
in
fondo
alle
rotaie
della
funicolare
,
si
chiamano
la
«
Baia
del
Re
»
.
Forse
,
fra
un
paio
di
secoli
,
i
nomi
saranno
rimasti
e
faranno
parte
incolore
della
geografia
del
posto
.
Qualcuno
si
informerà
di
quale
Re
si
tratti
e
di
quale
Tenda
senza
trovar
risposta
,
e
un
dotto
locale
scriverà
una
breve
monografia
per
dimostrare
,
al
contrario
di
quanto
sostengono
altri
studiosi
professori
,
che
il
Re
in
questione
era
Beovulfo
il
Rosso
,
e
non
Agilulfo
Ottavo
.
Sulla
porta
del
rifugio
è
un
vecchio
Cristo
in
croce
,
di
stagno
,
trovato
da
uno
dei
toscani
in
una
baita
più
in
alto
.
Dentro
s
'
indovinano
,
nella
penombra
,
delle
figure
d
'
uomini
attorno
a
una
stufa
accesa
.
Le
pareti
sono
annerite
dal
fumo
.
Attorno
al
muro
sono
appesi
pentole
di
rame
,
collane
di
agli
,
fiaschi
.
Gli
uomini
schizzano
in
piedi
,
timidi
e
silenziosi
,
all
'
arrivo
del
superiore
e
del
forestiero
.
Sono
tutti
giovanotti
.
«
Chi
fa
da
mangiare
qui
?
»
La
domanda
rompe
il
silenzio
sorridente
e
cerimonioso
.
«
Tutti
noi
»
risponde
uno
,
dopo
una
pausa
,
scrollando
le
spalle
,
come
se
avesse
trovato
l
'
interrogazione
un
po
'
stupida
.
Il
silenzio
si
ristabilisce
,
solenne
.
Diamo
un
'
occhiata
,
nella
stanza
vicina
,
alla
fila
delle
brande
militari
allineate
come
un
piccolo
dormitorio
.
Altri
dormono
di
sopra
.
Una
baracca
di
retrovia
,
durante
la
guerra
,
doveva
essere
così
.
Gli
uomini
guardano
fare
,
rispettosi
,
e
tacciono
.
«
Come
va
la
vita
nella
Tenda
Rossa
?
»
La
domanda
ha
un
finto
tono
cordiale
.
«
Bene
.
Un
c
'
è
male
.
»
La
risposta
che
si
attendeva
.
Usciamo
.
Il
direttore
spiega
che
l
'
uomo
che
ha
risposto
è
un
po
'
il
caporione
,
perché
è
stato
a
Fiume
con
D
'
Annunzio
,
e
il
mondo
l
'
ha
girato
più
degli
altri
.
Sono
quasi
tutti
filai
,
o
filisti
(
la
parola
non
è
stata
ancora
acchiappata
nella
rete
di
un
glottologo
e
appuntata
nelle
pagine
di
un
dizionario
con
un
'
etichetta
sotto
)
,
cioè
manovratori
dei
fili
elicoidali
che
segano
il
marmo
.
Altri
sono
minatori
,
maestri
nell
'
arte
misteriosa
di
dosare
esplosivi
,
che
in
una
cava
è
difficilissima
,
per
il
numero
di
cose
diverse
che
deve
fare
la
polvere
:
staccare
un
masso
,
senza
romperlo
,
o
aprire
una
galleria
,
senza
incrinare
la
montagna
.
Il
quinto
mezzo
di
locomozione
della
giornata
ci
attende
.
È
una
teleferica
,
costruita
per
il
trasporto
del
marmo
,
che
ci
farà
passare
la
fenditura
sopra
il
torrente
.
Ci
sediamo
nel
vagoncino
su
una
tavola
che
due
operai
hanno
agganciato
al
bordo
.
È
la
panca
delle
grandi
occasioni
,
spiega
l
'
ingegnere
,
per
i
visitatori
che
vengono
dal
lontano
mondo
delle
città
.
I
cavi
sopra
di
noi
si
tendono
e
rimaniamo
sospesi
e
ballonzolanti
nel
vuoto
candido
.
Si
sale
lentamente
,
con
un
movimento
ovattato
,
come
un
aeroplano
silenzioso
au
ralenti
.
Attraversiamo
la
nebbia
da
cui
spuntano
sotto
di
noi
le
guglie
degli
abeti
incrostate
di
ghiaccio
.
Passiamo
rasente
a
una
parete
di
roccia
a
picco
,
con
festoni
di
ghiaccioli
azzurrognoli
.
Allungando
una
mano
si
potrebbe
spaccarne
uno
.
Il
viaggio
aereo
dura
pochi
minuti
.
Il
vagone
si
ferma
,
e
scende
ronzando
lungo
i
fili
fino
a
toccare
per
terra
.
Saltiamo
sulla
neve
,
all
'
entrata
della
cava
.
Siamo
a
un
'
altezza
da
rifugio
,
da
alpinisti
,
da
pipa
,
da
corda
,
da
guida
e
da
borraccia
di
grappa
.
Qui
,
invece
,
si
lavora
.
La
cava
è
un
'
immensa
caverna
,
che
si
ficca
nella
montagna
,
da
cui
esce
in
un
rombo
confuso
il
suono
di
motori
,
di
martelli
pneumatici
,
di
ruote
.
Si
sente
,
nel
ventre
del
monte
,
il
boato
di
una
mina
,
seguito
subito
da
altri
,
come
un
tiro
di
artiglieria
comandato
da
un
ufficiale
impetuoso
.
Sul
fondo
della
caverna
lavorano
gli
uomini
,
nella
penombra
,
attorno
ai
massi
di
marmo
bianco
,
informe
,
impolverato
.
Un
blocco
è
legato
a
un
cavo
d
'
acciaio
teso
da
un
argano
lontano
,
e
sta
per
rovesciarsi
in
avanti
.
Un
altro
è
formicolante
di
operai
che
lo
tagliano
a
pezzi
più
piccoli
.
Le
pareti
sono
perpendicolari
,
altissime
,
lisce
,
con
le
forme
dei
blocchi
che
sono
stati
staccati
.
Rasente
al
soffitto
,
a
una
trentina
di
metri
sopra
di
noi
,
corre
un
ballatoio
di
tavole
sconnesse
.
Conduce
ai
locali
dei
compressori
elettrici
,
che
sono
scavati
nella
roccia
,
in
alto
.
Di
fianco
alla
caverna
c
'
è
una
fenditura
,
larga
un
metro
e
mezzo
,
alta
una
quindicina
di
metri
,
che
si
ficca
nel
ventre
della
montagna
.
Le
pareti
sono
un
taglio
solo
,
di
marmo
.
Nel
fondo
,
alla
luce
di
un
riflettore
elettrico
,
inginocchiato
su
un
mucchio
di
rottami
biancastri
,
un
operaio
tormenta
la
roccia
con
un
martello
pneumatico
che
sparacchia
sollevando
degli
sbuffi
di
polvere
candida
.
L
'
uomo
ha
il
viso
infarinato
,
quando
si
alza
;
la
polvere
gli
ha
asciugato
i
capelli
e
gli
ha
disegnato
le
rughe
.
Sta
scavando
una
galleria
ad
angolo
retto
con
il
corridoio
dal
quale
siamo
entrati
,
spiega
l
'
ingegnere
,
per
far
passare
il
filo
elicoidale
,
ed
isolare
un
masso
di
10.000
tonnellate
.
Il
lavoro
è
incominciato
nell
'
agosto
del
1931
,
quando
si
è
tagliato
il
grande
corridoio
.
Il
marmo
è
stato
isolato
,
a
forma
di
cuneo
.
Poi
una
carica
di
polvere
nera
,
dietro
,
ha
fatto
scivolare
il
monolito
di
1500
metri
cubi
fin
nel
centro
della
galleria
,
dove
è
stato
tagliato
a
pezzetti
uniformi
,
caricato
sulla
teleferica
,
e
portato
alla
ferrovia
.
Le
battaglie
contro
la
montagna
sono
lente
.
Si
lavora
per
la
produzione
futura
,
si
stabiliscono
piani
che
verranno
portati
a
termine
dai
nostri
nipoti
.
L
'
operaio
continua
il
lavoro
che
dura
da
due
anni
.
Il
corridoio
crescerà
,
fino
a
chiudere
il
masso
da
ogni
parte
.
Poi
un
'
altra
carica
di
polvere
nera
farà
scivolare
un
blocco
di
10.000
metri
cubi
fin
nel
centro
della
galleria
,
dove
gli
uomini
gli
si
getteranno
addosso
,
per
sminuzzarlo
in
tanti
piccoli
blocchi
regolari
.
La
cava
ha
l
'
aspetto
di
una
miniera
,
con
queste
gallerie
oscure
che
si
addentrano
nel
ventre
del
monte
,
queste
luci
che
illuminano
le
figure
degli
uomini
al
lavoro
.
Due
operai
,
in
piedi
su
un
masso
addossato
alla
parete
,
ficcano
nell
'
interstizio
tra
il
blocco
e
la
montagna
dei
cunei
di
metallo
,
e
vi
battono
la
mazza
pesante
,
insieme
,
dandosi
la
voce
.
Dondolano
il
martello
tra
le
gambe
aperte
,
lo
rialzano
sopra
una
spalla
,
e
,
abbandonandosi
con
tutto
il
corpo
,
lo
abbattono
di
schianto
sulla
testa
del
cuneo
,
che
entra
di
qualche
centimetro
.
Da
tutte
le
parti
è
un
rimbombare
di
martellate
,
di
voci
.
Sulle
nostre
teste
passano
i
fili
metallici
,
che
ronzano
.
In
una
galleria
lontana
esplodono
ancora
mine
,
con
un
boato
che
scuote
l
'
aria
e
che
fa
vibrare
la
stoffa
dei
pantaloni
contro
la
gamba
,
sventolati
da
una
raffica
di
vento
lievissima
e
secca
.
Giriamo
per
i
budelli
oscuri
.
Arriviamo
in
ampii
saloni
,
dalle
pareti
sbocconcellate
dalle
mine
,
o
segate
,
lisce
e
perpendicolari
,
dal
filo
.
C
'
è
un
lieve
odore
di
acetilene
,
di
polvere
da
sparo
,
nell
'
aria
.
La
bocca
si
asciuga
,
respirando
la
polvere
bianca
,
impalpabile
.
Le
ombre
degli
operai
,
proiettate
dalle
lampade
,
s
'
ingigantiscono
contro
le
immani
muraglie
,
ripetendo
,
con
esasperazione
grottesca
,
il
piccolo
gesto
dell
'
uomo
.
Carrelli
carichi
di
detriti
escono
spinti
a
braccia
dai
lavoratori
imbiancati
.
Passa
un
vecchietto
che
tiene
appeso
all
'
indice
un
pacchetto
avvolto
di
carta
nera
,
come
si
porta
una
scatola
di
dolciumi
.
È
l
'
esplosivo
.
Dovrebbe
,
secondo
il
regolamento
,
passare
gridando
:
«
Io
porto
la
dinamite
!
Io
porto
la
dinamite
!
»
e
al
suo
passare
gli
operai
si
dovrebbero
gettare
dietro
un
riparo
,
nascondersi
in
una
trincea
,
buttarsi
in
un
buco
.
Non
succede
niente
.
L
'
uomo
passa
,
in
silenzio
.
Gli
altri
continuano
a
lavorare
.
È
un
peccato
.
Troviamo
la
via
dell
'
uscita
,
per
oscuri
corridoi
,
per
scalette
improvvisate
di
tronchi
di
abete
,
per
ballatoi
di
tavole
sfilacciate
dai
chiodi
delle
scarpe
.
L
'
imbocco
della
galleria
è
un
immenso
arco
di
luce
pallida
.
Contro
il
nero
delle
baracche
che
ingombrano
l
'
apertura
,
si
vede
la
neve
bianca
che
cade
.
Ha
ripreso
a
nevicare
forte
.
StampaQuotidiana ,
Con
Fin
de
partie
di
Samuel
Beckett
,
rappresentato
questa
sera
al
Ridotto
da
Roger
Blin
(
che
fu
il
primo
interprete
di
En
attendant
Godot
)
,
siamo
sull
'
altro
versante
di
questo
allucinato
teatro
francese
,
scritto
da
romeni
(
Ionesco
)
,
da
russi
(
Adamov
)
e
da
irlandesi
(
Beckett
,
appunto
)
:
siamo
sul
versante
che
guarda
verso
la
notte
,
non
c
'
è
che
il
buio
da
questa
parte
,
il
buio
nel
vuoto
.
Quattro
personaggi
in
una
stanza
grigia
,
assolutamente
nuda
,
circolare
:
due
piccole
finestre
,
una
orientata
verso
la
terra
,
l
'
altra
verso
il
mare
;
l
'
unico
quadro
appeso
alla
parete
è
stato
rovesciato
,
mostra
il
dorso
della
tela
;
al
centro
,
paralizzato
su
una
poltrona
,
avvolto
in
un
vecchio
drappo
,
Hamm
:
cieco
,
con
occhiali
neri
sugli
occhi
bianchi
e
vuoti
;
accanto
a
lui
,
in
piedi
,
stancamente
docile
ai
suoi
comandi
e
ai
suoi
richiami
,
vibrati
nell
'
aria
come
frustate
,
a
colpi
di
fischietto
,
Clov
,
che
è
figlio
di
Hamm
e
insieme
il
suo
schiavo
,
condizionato
da
lui
e
a
lui
unito
da
un
invisibile
cordone
ombelicale
;
ridotti
a
tronconi
umani
,
chiusi
entro
bidoni
per
la
spazzatura
,
ai
cui
bordi
si
afferrano
con
le
mani
come
agli
orli
d
'
un
pozzo
,
Nagg
e
Nell
,
i
due
«
maledetti
progenitori
»
di
Hamm
.
Fuori
da
questa
stanza
è
1'«altro
inferno
»
,
il
deserto
;
ma
il
deserto
dove
tutto
è
già
stato
consumato
e
bruciato
,
poiché
,
alle
domande
di
Hamm
,
Clov
,
lo
schiavo
-
figlio
,
risponde
«
non
c
'
è
più
natura
»
,
e
se
l
'
altro
,
con
apparente
banalità
,
gli
chiede
che
ora
è
,
egli
ribatte
:
«
Non
esiste
più
tempo
»
.
Hamm
,
è
stato
detto
,
deriva
il
suo
nome
dalla
parola
inglese
hammer
,
martello
,
ed
è
la
continuazione
del
personaggio
di
Pozzo
in
En
attendant
Godot
:
è
il
padrone
,
il
cosiddetto
padrone
dell
'
universo
,
l
'
Uomo
.
È
il
martello
che
batte
sui
tre
chiodi
rappresentati
dagli
altri
tre
personaggi
,
i
cui
nomi
sono
variazioni
linguistiche
della
parola
«
chiodo
»
,
e
li
conficca
sempre
più
nel
niente
della
vita
e
della
morte
.
Cosa
accade
?
Non
può
accadere
nulla
,
evidentemente
.
Nel
dramma
precedente
di
Samuel
Beckett
c
'
era
,
unico
baleno
di
speranza
,
l
'
attesa
dell
'
invisibile
Godot
.
Questo
Godot
che
non
arriva
mai
è
diventato
quasi
un
simbolo
nell
'
angoscia
del
mondo
contemporaneo
,
in
cui
gli
uomini
si
avviano
rapidamente
a
prendere
i
connotati
indefiniti
,
fatti
di
sabbia
sporca
,
di
questi
personaggi
,
di
Hamm
,
di
Clov
,
dei
due
tronconi
agonizzanti
nei
secchi
di
lamiera
.
Qui
,
invece
,
non
c
'
è
nessuna
attesa
,
la
partita
è
chiusa
e
mentre
i
due
vecchi
muoiono
,
sgranocchiando
l
'
ultimo
biscotto
,
nei
bidoni
il
cui
coperchio
è
stato
riabbassato
per
sempre
,
Clov
se
ne
va
,
ha
visto
qualcosa
che
si
muove
fuori
,
nel
deserto
,
non
sa
se
uomo
,
donna
o
bestia
;
ma
che
importanza
ha
?
Tanto
,
fuori
di
lì
,
è
la
morte
;
come
la
morte
è
dentro
,
fra
quei
muri
grigi
,
dove
rimane
soltanto
Hamm
,
ad
aspettare
la
fine
,
mettendosi
,
sulla
faccia
senza
sguardo
,
sudario
miserabile
,
un
fazzoletto
macchiato
di
sangue
.
Comodità
della
tragedia
,
direbbe
Jean
Anouilh
,
che
se
ne
intende
;
nella
tragedia
tutto
è
previsto
e
accade
al
punto
giusto
.
Non
ci
sono
attese
.
Non
ci
sono
speranze
.
Non
c
'
è
che
da
urlare
,
al
momento
opportuno
,
quando
la
trappola
si
chiude
.
È
appunto
ciò
che
fa
la
forza
di
questo
dramma
,
dove
non
si
grida
per
la
verità
,
ma
si
soffoca
entro
un
triste
e
beffardo
sentore
di
tomba
.
È
veramente
il
«
teatro
nero
»
dei
nostri
giorni
;
agghiacciante
ma
efficacissimo
.
C
'
è
da
chiedersi
soltanto
;
e
poi
?
La
strada
di
Beckett
,
a
differenza
di
quella
di
Ionesco
,
sembra
qui
interrompersi
per
dar
luogo
a
una
parete
verticale
,
oltre
non
c
'
è
che
l
'
abisso
.
È
da
notare
come
Roger
Blin
,
interprete
e
regista
(
fu
allievo
di
Antonin
Artaud
)
e
i
suoi
bravissimi
attori
,
Jean
Martin
,
Alice
Reicher
,
Georges
Adet
,
abbiano
,
per
un
'
ora
e
mezzo
di
tensione
fortissima
,
portato
su
,
a
spirale
,
l
'
immobile
,
filosofica
drammaticità
del
testo
,
facendone
balenare
alcuni
aspetti
grotteschi
,
di
ironia
sepolcrale
,
di
macabra
comicità
.
Acte
sans
paroles
,
pure
di
Beckett
,
che
si
è
rappresentato
insieme
a
Fin
de
partie
,
è
una
pantomima
su
musica
di
John
Beckett
,
cugino
dello
scrittore
.
Interpretata
dal
mimo
inglese
Deryk
Mendel
,
è
la
storia
degli
inutili
tentativi
che
l
'
uomo
compie
per
ottenere
il
diritto
alla
propria
presenza
in
un
mondo
che
gli
si
nega
.
Anche
il
ramo
d
'
albero
cui
vorrebbe
impiccarsi
,
diventa
improvvisamente
pieghevole
,
cede
.
StampaQuotidiana ,
In
un
articolo
di
alcuni
mesi
orsono
(
Il
potere
invisibile
,
«
La
Stampa
»
,
23
novembre
1980
)
avevo
definito
la
democrazia
il
governo
del
potere
visibile
,
e
avevo
constatato
amaramente
che
nel
nostro
paese
il
potere
invisibile
non
solo
non
era
stato
debellato
ma
aveva
continuato
a
prosperare
e
a
dilatarsi
in
tutte
le
direzioni
.
Scrivevo
:
«
Non
si
capisce
nulla
del
nostro
sistema
di
potere
se
non
si
è
disposti
ad
ammettere
che
al
di
sotto
del
governo
visibile
c
'
è
un
governo
che
agisce
nella
penombra
(
il
cosiddetto
"
sottogoverno
"
)
e
ancora
più
in
fondo
un
governo
che
agisce
nella
più
assoluta
oscurità
e
che
potrebbe
essere
chiamato
"
criptogoverno
"
»
.
Vi
è
sempre
stato
e
sempre
vi
sarà
un
potere
invisibile
contro
lo
Stato
,
che
comprende
le
associazioni
a
delinquere
,
la
mafia
,
le
associazioni
sovversive
,
i
gruppi
di
cospiratori
,
di
terroristi
(
la
sigla
della
famigerata
Oas
significava
Organisation
d
'
armée
secrète
)
.
Vi
è
sempre
stato
,
e
purtroppo
sembra
che
non
se
ne
possa
fare
a
meno
,
un
potere
invisibile
dentro
lo
Stato
,
che
comprende
i
servizi
segreti
per
la
sicurezza
interna
ed
esterna
dello
Stato
,
l
'
organizzazione
dello
spionaggio
e
del
controspionaggio
.
Ciò
che
in
un
regime
democratico
è
assolutamente
inammissibile
è
l
'
esistenza
di
un
potere
invisibile
che
agisce
accanto
a
quello
dello
Stato
,
insieme
dentro
e
contro
,
sotto
certi
aspetti
concorrente
,
sotto
altri
connivente
,
che
si
vale
del
segreto
non
proprio
per
abbatterlo
ma
neppure
per
servirlo
.
Se
ne
vale
principalmente
per
aggirare
o
addirittura
violare
impunemente
le
leggi
,
oppure
per
ottenere
favori
straordinari
o
illeciti
.
Un
potere
che
compie
atti
politicamente
rilevanti
senza
avere
alcuna
responsabilità
politica
,
anzi
cercando
di
sottrarsi
attraverso
la
segretezza
anche
alle
normali
responsabilità
civili
,
amministrative
e
penali
.
Tralascio
di
discutere
il
problema
dal
punto
di
vista
morale
,
anche
se
non
sono
il
solo
a
essere
disgustato
del
malcostume
imperversante
e
ho
provato
quasi
vergogna
nel
leggere
tutti
quei
nomi
di
persone
altolocate
unite
non
si
sa
da
che
cosa
,
se
non
da
un
desiderio
smodato
di
potere
,
da
ambizioni
spropositate
,
o
soltanto
da
fatue
vanità
.
Non
dubito
che
il
trarre
vantaggi
personali
di
carriera
,
di
potere
e
di
ricchezza
da
un
'
affiliazione
segreta
sia
moralmente
riprovevole
,
e
che
dia
un
ben
miserabile
spettacolo
di
sé
un
paese
in
cui
un
così
gran
numero
di
personaggi
appartenenti
alla
classe
dirigente
,
alla
classe
«
eletta
»
,
come
si
diceva
una
volta
(
e
come
oggi
non
si
potrebbe
più
dire
)
,
entra
a
far
parte
di
associazioni
che
si
nascondono
per
nascondere
.
Non
discuto
la
questione
morale
perché
non
ce
n
'
è
bisogno
.
Mi
fermo
alla
questione
politica
che
basta
da
sola
a
permettere
di
esprimere
un
giudizio
severo
nei
riguardi
di
un
'
associazione
il
cui
unico
scopo
reale
,
al
di
fuori
degli
scopi
dichiarati
,
è
di
esercitare
un
potere
occulto
:
dico
«
unico
»
almeno
sino
a
che
qualcuno
,
meglio
se
è
membro
dell
'
associazione
stessa
,
me
ne
saprà
indicare
un
altro
.
Anch
'
io
,
come
Vittorio
Gorresio
,
sarei
contento
di
capire
per
quali
ragioni
personaggi
già
potenti
per
ricchezza
o
per
condizione
sociale
(
non
mi
risulta
che
nella
famosa
lista
vi
siano
operai
,
modesti
impiegati
,
la
solita
gente
che
tira
la
carretta
)
sentano
il
bisogno
di
associarsi
con
uomini
di
malaffare
o
politicamente
sospetti
.
Abbiamo
forse
dimenticato
che
«
repubblica
»
viene
da
«
res
publica
»
,
e
che
«
res
publica
»
significa
cosa
pubblica
,
nel
duplice
senso
di
governo
del
pubblico
e
di
governo
in
pubblico
?
Governo
del
pubblico
significa
governo
del
popolo
,
e
non
di
uno
o
di
pochi
;
governo
in
pubblico
significa
che
gli
atti
del
potere
,
o
vengono
esercitati
direttamente
davanti
al
popolo
,
oppure
vengono
in
varie
forme
fatti
conoscere
ai
naturali
destinatari
e
non
diventano
ufficialmente
validi
sino
a
che
non
hanno
ricevuto
la
dovuta
pubblicità
.
Vi
sono
due
tipi
ideali
di
forme
di
governo
,
opposte
l
'
una
all
'
altra
:
democrazia
e
autocrazia
.
La
democrazia
avanza
e
l
'
autocrazia
retrocede
via
via
che
il
potere
diventa
sempre
più
visibile
e
gli
arcana
imperii
,
i
segreti
di
Stato
,
da
regola
diventano
eccezione
,
un
'
eccezione
accolta
in
ambiti
sempre
più
ristretti
e
tassativamente
stabiliti
.
All
'
inizio
del
Cinquecento
Francesco
Guicciardini
poteva
scrivere
tranquillamente
senza
suscitare
scandalo
:
«
E
'
incredibile
quanto
giovi
a
chi
ha
amministrazione
che
le
cose
sue
siano
segrete
»
.
Ma
alla
fine
del
Settecento
Michele
Natale
(
il
vescovo
di
Vico
giustiziato
a
Napoli
il
20
agosto
1799
)
scriverà
nel
Catechismo
repubblicano
:
«
Vi
è
niente
di
segreto
nel
governo
democratico
?
Tutte
le
operazioni
dei
governanti
devono
essere
note
al
Popolo
Sovrano
»
.
Non
esiste
democrazia
senza
opinione
pubblica
,
senza
la
formazione
di
un
pubblico
che
pretende
di
avere
diritto
a
essere
informato
delle
decisioni
che
vengono
prese
nell
'
interesse
collettivo
e
di
esprimere
su
di
esse
la
propria
libera
critica
.
Qualsiasi
forma
di
potere
occulto
,
rendendo
vano
questo
diritto
,
distrugge
uno
dei
pilastri
su
cui
si
regge
il
governo
democratico
.
Del
resto
chi
promuove
forme
di
potere
occulto
e
chi
vi
aderisce
vuole
proprio
questo
:
sottrarre
le
proprie
azioni
al
controllo
democratico
,
non
sottostare
agli
obblighi
che
una
qualsiasi
costituzione
democratica
impone
a
chi
detiene
il
potere
di
prendere
decisioni
vincolanti
per
tutti
i
cittadini
,
se
mai
,
al
contrario
,
controllare
lo
Stato
senza
essere
a
sua
volta
controllato
.
Nello
Stato
dispotico
il
sovrano
vede
senza
essere
visto
.
L
'
ideale
di
ogni
forma
di
potere
occulto
è
che
il
sovrano
,
che
nella
democrazia
è
il
popolo
,
agendo
alla
luce
del
sole
,
possa
essere
visto
e
non
veda
.
Fra
i
vari
malanni
della
nostra
democrazia
l
'
estensione
sempre
più
ampia
di
zone
di
potere
occulto
non
è
dei
meno
gravi
.
Ma
sarebbe
ancora
più
grave
se
la
zona
che
è
stata
ora
scoperta
fosse
di
nuovo
ricoperta
.
Già
gli
amici
e
gli
amici
degli
amici
si
apprestano
a
«
fare
quadrato
»
non
per
difendere
le
istituzioni
democratiche
ma
per
difendere
il
proprio
partito
,
il
proprio
gruppo
,
il
proprio
clan
.
L
'
unico
modo
per
difendere
le
istituzioni
democratiche
è
quello
di
fare
quadrato
intorno
a
coloro
che
non
hanno
mai
avuto
la
tentazione
di
sprofondare
nel
sottosuolo
per
non
farsi
riconoscere
.
Sono
molti
per
fortuna
.
Ma
debbono
avere
coraggio
e
agire
di
conseguenza
.
Nessuno
vuole
,
intendiamoci
,
che
non
si
facciano
le
debite
distinzioni
:
che
non
si
distinguano
i
colpevoli
dagli
innocenti
,
gli
scaltri
dagli
sprovveduti
,
coloro
che
hanno
ordito
la
ragnatela
da
coloro
che
vi
sono
caduti
.
Personalmente
io
ho
persino
qualche
dubbio
circa
la
precipitazione
con
cui
la
lista
è
stata
pubblicata
.
Ma
sia
chiaro
:
distinguere
,
non
estinguere
.
StampaQuotidiana ,
Il
direttore
dell
'
Avanti
,
Benito
Mussolini
,
ha
chiesto
la
convocazione
della
direzione
del
partito
socialista
per
discutere
su
questo
ordine
del
giorno
:
Atteggiamento
dell
'
Avanti
!
e
situazione
nazionale
.
La
richiesta
del
prof
.
Mussolini
,
contrariamente
a
quanto
è
stato
affermato
,
è
precedente
alle
polemiche
di
questi
giorni
circa
il
pensiero
intimo
del
direttore
dell
'
Avanti
!
su
una
eventuale
guerra
dell
'
Italia
contro
l
'
Austria
.
La
direzione
del
partito
socialista
si
riunirà
oggi
e
domani
domenica
a
Bologna
.
Alcuni
credono
che
il
prof
.
Mussolini
abbia
richiesto
la
convocazione
della
direzione
del
partito
per
le
accuse
che
gli
sono
state
recentemente
rivolte
.
StampaQuotidiana ,
Il
Prometeo
,
giornale
dei
leninisti
di
sinistra
da
non
confondersi
con
quelli
di
destra
e
meno
ancora
con
quelli
del
centro
,
nel
suo
numero
dell'11
novembre
in
1a
pagina
4a
colonna
accusa
i
«
centristi
»
di
avere
voluto
festeggiare
l
'
anniversario
della
rivoluzione
russa
,
espellendo
dal
partito
comunista
tre
assi
del
comunismo
e
cioè
Fortichiari
,
Damen
,
Repossi
.
Abbiamo
già
dato
notizia
di
questo
evento
.
Per
dare
un
'
idea
dello
stato
d
'
animo
degli
scrittori
di
Prometeo
basti
dire
che
il
numero
in
questione
reca
a
caratteri
di
scatola
,
in
prima
pagina
,
il
titolo
seguente
:
«
Il
proletariato
spagnuolo
commemora
,
col
suo
sangue
,
l
'
ottobre
rosso
,
mentre
la
Russia
s
'
ingrana
nel
covo
dei
briganti
...
»
.
Il
giornale
,
nel
corsivo
dedicato
alla
espulsione
dei
tre
gentiluomini
di
cui
sopra
,
arriva
a
scrivere
che
i
reazionari
repubblicani
di
Spagna
,
autori
delle
repressioni
di
Oviedo
,
hanno
potuto
farlo
perché
«
esiste
una
garanzia
sicura
ed
infrangibile
;
il
centrismo
è
là
e
getta
,
negl
'
interessi
della
controrivoluzione
,
il
peso
formidabile
di
uno
Stato
che
controlla
il
sesto
del
mondo
.
Ma
le
vittorie
di
oggi
preparano
le
battaglie
di
domani
,
ed
al
fuoco
delle
future
battaglie
rivoluzionarie
il
proletariato
saprà
sbarazzarsi
di
tutti
i
suoi
nemici
,
fra
i
quali
prendono
posto
di
prima
fila
i
centristi
che
devono
persino
cancellare
i
nomi
di
quelli
che
fondarono
il
partito
,
e
che
il
fascismo
ha
potuto
immobilizzare
,
ma
che
non
è
riuscito
a
piegare
ad
accettare
la
politica
centrista
che
ha
condotto
alla
catastrofe
della
rivoluzione
mondiale
»
.
Stalin
,
dittatore
perpetuo
di
tutte
le
Russie
bolsceviche
,
è
dunque
avvertito
.
Stia
in
guardia
.
Ci
sono
dei
comunisti
che
lo
considerano
il
più
ignobile
dei
traditori
e
vogliono
fare
una
rivoluzione
per
sbalzarlo
di
seggio
.
Vero
è
che
tra
il
dire
e
il
fare
c
'
è
di
mezzo
il
mare
e
nel
caso
in
questione
la
G
.
Pe
.
U
.
,
che
non
ha
mai
scherzato
,
come
Trotzki
e
i
trotzkisti
sanno
per
loro
personale
esperienza
.
StampaQuotidiana ,
È
andata
in
scena
questa
sera
,
nel
teatro
all
'
aperto
dei
Giardini
alla
Biennale
,
la
seconda
novità
italiana
del
Festival
Internazionale
del
Teatro
:
La
rosa
di
zolfo
di
Antonio
Aniante
.
Molti
erano
i
motivi
di
curiosità
che
si
intrecciavano
intorno
a
questo
spettacolo
:
innanzitutto
,
l
'
esordio
in
grande
stile
,
nel
teatro
,
in
un
'
occasione
particolare
,
dello
scrittore
siciliano
che
,
sì
,
alla
letteratura
drammatica
si
era
avvicinato
,
negli
anni
dal
'25
al
'30
,
ai
tempi
dello
Sperimentale
di
Bragaglia
;
ma
che
poi
si
era
prevalentemente
dedicato
alla
narrativa
(
anche
La
rosa
di
zolfi
è
tratta
da
un
romanzo
)
.
Inoltre
per
la
prima
volta
,
si
sarebbe
visto
all
'
opera
un
complesso
come
il
Teatro
Stabile
della
città
di
Trieste
col
quale
,
per
la
sua
stessa
posizione
periferica
,
non
è
facile
l
'
incontro
;
nel
caso
,
poi
,
dello
spettacolo
diretto
da
Franco
Enriquez
,
c
'
erano
due
altri
elementi
di
interesse
:
la
partecipazione
di
Domenico
Modugno
,
che
non
solo
recita
,
ma
canta
,
naturalmente
,
e
ha
composto
anche
le
musiche
che
accompagnano
il
testo
,
su
terni
popolari
siciliani
;
e
di
quell
'
attrice
sempre
entusiasta
ed
ardente
che
è
Paola
Borboni
.
Cos
'
è
la
rosa
di
zolfo
?
È
il
simbolo
di
una
Sicilia
remota
,
perduta
nella
memoria
e
per
questo
intrisa
dagli
umori
della
nostalgia
.
Fiore
arido
e
splendido
lo
regala
,
alla
bella
e
svagata
moglie
Rosalia
,
lo
zolfataro
Colao
e
vuol
significare
il
suo
amore
,
infuocato
e
geloso
.
La
virtù
di
Rosalia
è
insidiata
dal
conte
di
Pagnolo
,
il
giovane
padrone
della
zolfara
.
Inevitabile
il
duello
rusticano
,
a
lampi
di
coltello
.
Ucciso
il
rivale
,
Colao
brucia
la
zolfara
e
Rosalia
fugge
,
disperata
ma
anelante
l
'
avventura
,
sulle
montagne
delle
Madonie
.
Qui
,
sentinella
a
una
sorgente
d
'
acqua
,
incontra
il
Carabiniere
,
che
altri
non
è
che
una
diversa
immagine
di
Colao
;
lo
zolfataro
è
rivestito
d
'
una
fiammante
,
un
po
'
fiabesca
divisa
dell
'
Italia
umbertina
;
così
come
,
a
contenderla
al
Carabiniere
,
avvolto
in
un
non
meno
fiabesco
mantello
azzurro
,
con
cappello
a
pan
di
zucchero
e
trombone
,
appare
il
Brigante
,
vale
a
dire
il
Pagnolo
.
Sfuggita
anche
ai
rischi
di
questo
scontro
,
che
si
risolve
,
per
i
due
eterni
rivali
,
in
una
reciproca
beffa
,
Rosalia
,
sempre
seguita
dalla
Pilucchera
,
vecchia
serva
fedele
ed
ex
-
nutrice
,
ripara
nel
basso
porto
di
Palermo
,
decisa
a
darsi
alla
«
vita
»
.
E
qui
,
nuove
incarnazioni
dei
due
uomini
che
se
la
contendono
.
Ecco
,
da
una
parte
,
lo
scaricatore
Colao
,
dall
'
altra
il
capo
-
mafia
Pagnolo
:
la
tratta
delle
bianche
,
l
'
ombra
del
poliziotto
Petrosino
,
la
nave
che
aspetta
nel
porto
;
con
la
stiva
piena
di
fresche
e
giovani
donne
...
ma
non
è
stato
che
un
sogno
,
Rosalia
non
s
'
è
mai
mossa
in
realtà
dalla
casa
dello
zolfataro
,
ecco
che
gli
prepara
la
minestra
della
sera
e
alza
la
pentola
,
piena
di
selvagge
ortiche
,
spezie
e
pan
secco
,
verso
il
cielo
asciutto
,
che
le
mandi
l
'
acqua
.
È
chiaro
il
senso
della
favola
:
fra
i
fuochi
dell
'
amore
e
della
gelosia
,
che
zampillano
dalla
terra
come
la
gialla
lingua
dello
zolfo
,
Rosalia
,
nel
suo
sogno
canicolare
,
va
in
cerca
dell
'
acqua
,
che
è
comprensione
,
civiltà
e
balsamo
sugli
inferni
della
passione
e
della
miseria
.
Tutto
ciò
è
detto
più
che
rappresentato
,
con
molta
eloquenza
(
si
sente
più
il
narratore
,
anzi
il
popolaresco
rapsodo
che
lo
scrittore
di
teatro
)
,
con
uno
stile
oscillante
fra
richiami
dannunziani
e
aperture
liriche
alla
Garcia
Lorca
,
con
canti
presi
all
'
epos
locale
e
lunghi
interventi
descrittivi
del
coro
.
È
insomma
un
'
opera
composita
,
un
'
idillio
a
tre
che
si
ripete
tre
volte
,
generando
forse
una
sorta
di
immobilità
,
una
certa
monotonia
.
Ma
i
punti
di
poesia
autentica
non
mancano
:
diremo
che
sono
sparsi
,
come
improvvisi
granelli
di
fuoco
,
nella
polpa
di
questa
prosa
dal
sapore
noto
.
Franco
Enriquez
ha
montato
uno
spettacolo
movimentato
,
sullo
sfondo
delle
scene
,
forse
eccessivamente
realistiche
,
dovute
a
Nino
Perizi
:
uno
spettacolo
che
,
tuttavia
,
non
ha
toccato
l
'
autentica
vena
dell
'
opera
;
uno
spettacolo
fantasioso
ma
pesante
,
che
ha
preso
le
sue
risorse
più
poetiche
da
un
'
antica
riserva
di
malinconia
e
musica
.
Degli
interpreti
,
il
migliore
è
stato
Modugno
che
ha
recitato
e
cantato
con
una
tristezza
solare
,
antica
;
Enrica
Corti
ha
dato
alla
protagonista
un
ardore
sulfureo
(
ma
il
personaggio
non
richiedeva
anche
umorismo
e
malinconia
?
)
;
troppo
realista
Ottorino
Guerrini
ha
però
dato
estro
e
ironia
alle
varie
figurazioni
del
Pagnolo
:
la
Borboni
ha
caratterizzato
con
tenerezza
sordida
la
figura
della
Pilucchera
.
La
monotonia
dell
'
opera
ha
ingenerato
alla
lunga
una
certa
stanchezza
e
gli
applausi
alla
fine
sono
stati
freddini
,
non
mancando
qualche
contrasto
.
StampaQuotidiana ,
Ancora
una
crisi
.
Si
è
sempre
detto
che
le
crisi
non
dovevano
essere
al
buio
.
Ma
più
al
buio
di
così
?
Si
è
ammesso
che
una
crisi
poteva
essere
al
buio
purché
fosse
«
pilotata
»
.
Ma
c
'
è
il
pilota
?
E
se
c
'
è
,
si
può
sapere
chi
è
?
Dal
1968
,
da
quando
è
cominciata
la
degenerazione
del
nostro
sistema
politico
con
quattro
legislature
interrotte
anzitempo
,
e
una
quinta
,
la
presente
,
sulla
cui
fine
naturale
nessuno
è
disposto
a
giurare
,
anche
i
tempi
dei
governi
si
sono
accorciati
:
quindici
in
dodici
anni
rispetto
ai
venticinque
dei
primi
ventitrè
.
Mi
domando
se
questi
dati
di
fatto
siano
presenti
ai
nostri
governanti
e
perché
,
essendo
impossibile
che
siano
a
loro
ignoti
,
non
ne
tengano
il
minimo
conto
.
La
nostra
classe
politica
ha
inventato
non
la
rivoluzione
permanente
ma
la
crisi
permanente
.
Mai
una
volta
che
i
protagonisti
si
degnino
di
spiegare
ai
loro
elettori
,
di
fronte
ai
quali
sono
o
dovrebbero
essere
responsabili
dei
loro
atti
,
quali
siano
la
ragione
e
la
necessità
di
una
nuova
crisi
che
in
genere
scoppia
improvvisa
come
un
temporale
,
anche
se
se
n
'
è
sentito
talvolta
da
lontano
il
brontolio
.
Si
scopre
un
centro
di
potere
occulto
,
dove
ci
sono
corruttori
,
corrotti
e
corrompibili
?
Un
governo
di
persone
responsabili
,
un
governo
autorevole
,
sospende
subito
i
ministri
sospettati
,
prende
rapidamente
provvedimenti
per
diminuire
il
danno
e
il
discredito
che
le
istituzioni
democratiche
ricevono
da
una
scoperta
così
scandalosa
,
cerca
di
far
luce
al
più
presto
sull
'
associazione
segreta
contraria
alla
Costituzione
ed
eventualmente
la
scioglie
.
Niente
di
tutto
questo
:
il
governo
si
dimette
,
apre
la
crisi
,
e
quindi
lascia
tutti
i
problemi
non
risolti
per
trovarseli
aggravati
quando
la
crisi
sarà
finita
.
Un
governo
di
persone
responsabili
.
Responsabili
di
fronte
a
chi
?
Responsabili
rispetto
a
che
cosa
?
Si
è
discusso
in
questi
giorni
in
un
convegno
a
cui
io
stesso
ho
partecipato
il
tema
della
responsabilità
politica
,
un
tema
da
affrontare
con
spirito
realistico
e
strumenti
concettuali
adeguati
.
Quando
si
dice
di
una
persona
che
è
responsabile
si
possono
intendere
due
cose
diverse
:
a
)
che
risponde
delle
proprie
azioni
di
fronte
a
qualcuno
che
sta
sopra
di
lui
;
b
)
che
agisce
rendendosi
esatto
conto
delle
conseguenze
delle
proprie
azioni
.
Proviamo
a
verificare
l
'
esattezza
di
questi
due
aspetti
del
problema
considerando
il
termine
contrario
:
irresponsabile
.
Nel
linguaggio
del
diritto
costituzionale
si
dice
che
un
organo
è
irresponsabile
,
quando
essendo
al
vertice
del
sistema
non
ha
nessuno
al
di
sopra
di
sé
cui
rispondere
delle
proprie
azioni
politiche
(
si
tratta
di
una
caratteristica
tradizionale
del
sovrano
che
vale
,
in
base
all
'
art.
90
della
nostra
Costituzione
,
anche
per
il
presidente
della
Repubblica
)
.
Ma
quando
dico
,
ad
esempio
,
che
uno
di
quei
centauri
catafratti
come
un
guerriero
antico
che
corre
all
'
impazzata
in
una
via
della
città
con
la
sua
motocicletta
fragorosa
,
è
un
irresponsabile
,
voglio
dire
non
già
che
non
risponde
della
sua
azione
di
fronte
a
nessuno
,
ma
che
si
comporta
da
scriteriato
,
da
individuo
che
agisce
senza
tener
conto
delle
conseguenze
della
propria
azione
.
La
gente
dice
sempre
più
spesso
che
la
maggior
parte
dei
nostri
uomini
politici
sono
degli
irresponsabili
.
Ma
in
che
senso
lo
dice
?
Nel
senso
che
non
rispondono
di
fronte
a
nessuno
?
o
nel
senso
che
agiscono
senza
preoccuparsi
troppo
dei
malanni
che
la
loro
azione
produce
?
Credo
che
nell
'
opinione
pubblica
prevalga
il
secondo
significato
,
specie
di
fronte
alle
crisi
di
governo
,
che
sono
giustamente
percepite
come
una
malattia
del
sistema
,
onde
l
'
impressione
che
tanto
più
frequenti
le
crisi
tanto
più
grave
il
malato
.
Nel
giudizio
comune
la
crisi
di
governo
è
un
atto
che
richiede
ponderazione
e
prudenza
.
L
'
esperienza
di
questi
anni
dovrebbe
aver
insegnato
che
crisi
di
governo
non
ponderate
e
imprudenti
impediscono
alla
legislatura
di
arrivare
sino
alla
fine
:
una
legislatura
non
sopporta
più
di
cinque
governi
,
in
media
uno
all
'
anno
.
La
presente
è
già
giunta
al
quarto
(
dopo
due
governi
Cossiga
e
uno
Forlani
)
ad
appena
due
anni
dall
'
inizio
con
un
'
accelerazione
senza
precedenti
:
un
governo
ogni
sei
mesi
.
Dal
governo
annuale
al
governo
semestrale
.
A
quando
quello
mensile
?
Mentre
i
governi
si
accorciano
,
le
crisi
si
allungano
.
E
quando
le
crisi
si
allungano
,
le
legislature
si
accorciano
.
Il
presidente
Pertini
,
che
non
è
responsabile
nel
primo
significato
del
termine
ma
ha
un
alto
senso
di
responsabilità
nel
secondo
(
il
che
prova
quanto
i
due
significati
debbano
essere
tenuti
distinti
)
,
ha
più
volte
dichiarato
che
non
intende
sciogliere
ancora
una
volta
il
Parlamento
.
Ha
capito
benissimo
che
la
fine
prematura
della
legislatura
sarebbe
un
colpo
mortale
inferto
al
sistema
democratico
.
Ma
l
'
hanno
capito
coloro
che
sono
responsabili
,
nel
senso
costituzionale
,
del
governo
del
paese
?
Quando
appaiono
sugli
schermi
della
televisione
questi
timonieri
più
bravi
nel
pilotare
le
crisi
che
i
governi
,
appaiono
sereni
,
sicuri
di
sé
,
non
sfiorati
da
dubbi
sulla
rotta
da
seguire
,
come
se
fossero
già
in
vista
del
porto
.
Lo
spettatore
si
domanda
con
un
senso
di
angoscia
:
sono
o
non
sono
coscienti
del
lento
ma
inesorabile
logoramento
del
regime
democratico
provocato
da
queste
crisi
,
sempre
brevi
a
parole
,
sempre
lunghe
nei
fatti
,
tanto
promettenti
quando
si
aprono
quanto
deludenti
quando
si
chiudono
?
Ma
se
fossero
davvero
coscienti
si
comporterebbero
davvero
in
questo
modo
?
Ma
allora
sono
degli
incoscienti
?
A
questa
domanda
si
può
rispondere
soltanto
prendendo
in
considerazione
l
'
altra
faccia
del
problema
e
ponendosi
una
diversa
domanda
:
«
Verso
chi
sono
responsabili
?
»
Viene
la
tentazione
di
rispondere
:
«
Verso
nessuno
»
.
Quando
debbono
cadere
le
teste
,
cadono
generalmente
quelle
degli
altri
.
Tanto
che
a
giudicare
dalle
teste
che
cadono
,
si
dovrebbe
concludere
che
la
nostra
classe
politica
conti
il
maggior
numero
di
cittadini
illibati
e
incorruttibili
.
Eppure
in
un
sistema
democratico
non
dovrebbe
rispondere
,
la
classe
politica
,
agli
elettori
?
Le
elezioni
popolari
non
dovrebbero
servire
a
discriminare
i
buoni
dai
cattivi
reggitori
,
gli
onesti
dai
disonesti
?
Ma
è
proprio
così
?
Purtroppo
non
è
così
.
La
reale
potenza
dei
partiti
sta
nella
capacità
che
essi
hanno
di
controllare
i
loro
controllori
.
I
risultati
elettorali
di
questi
anni
sono
lì
a
dimostrare
che
la
cosiddetta
verifica
periodica
del
consenso
in
cui
consiste
l
'
essenza
della
democrazia
si
svolge
in
modo
da
dare
alla
classe
politica
che
ci
ha
governato
sinora
la
tranquilla
coscienza
che
viene
dall
'
aver
sottoposto
la
propria
azione
al
verdetto
del
popolo
,
e
insieme
la
convinzione
di
aver
ben
meritato
della
salvezza
della
patria
.
Controllando
i
propri
controllori
essa
finisce
per
essere
responsabile
,
sì
,
ma
solo
di
fronte
a
se
stessa
.
In
tal
modo
,
il
sistema
è
,
almeno
sino
ad
ora
,
bloccato
.
Ma
chi
è
in
grado
di
sbloccarlo
?
StampaQuotidiana ,
(
Trieste
,
16
gennaio
1915
)
.
La
notizia
della
terribile
sciagura
abbattutasi
sul
Lazio
e
sull
'
Abruzzo
ha
destato
qui
profondo
sgomento
.
La
popolazione
triestina
,
nonostante
le
gravi
sventure
che
l
'
hanno
duramente
colpita
in
questi
ultimi
tempi
,
ha
avuto
momenti
di
vera
commozione
e
di
pietà
.
Quando
si
diffuse
in
Trieste
la
voce
degli
spaventosi
effetti
del
disastro
,
il
compianto
generale
è
stato
vivissimo
ed
anche
fra
i
più
poveri
,
tra
le
famiglie
stesse
che
hanno
i
loro
cari
al
campo
,
si
è
manifestata
l
'
intenzione
di
contribuire
all
'
opera
di
soccorso
in
pro
dei
colpiti
.
Per
coordinare
nel
miglior
modo
tutte
queste
volontà
,
si
è
pensato
di
costituire
un
comitato
.
Il
male
è
che
le
autorità
austriache
di
Trieste
hanno
fatto
capire
che
in
questi
tempi
di
guerra
non
dovrebbe
uscire
neanche
un
soldo
dai
confini
austriaci
.
Chi
avvicina
la
luogotenenza
,
racconta
che
la
notizia
del
terremoto
fu
accolta
con
soddisfazione
immensa
,
poiché
si
spera
che
impedirà
all
'
Italia
di
intervenire
nella
guerra
.
Anche
a
Vienna
la
notizia
del
terremoto
fu
accolta
con
compiacimento
.
StampaQuotidiana ,
In
primavera
tutti
i
buoni
organetti
vanno
a
Novara
.
Vanno
a
farsi
rinnovare
le
viscere
come
i
grossi
uomini
d
'
affari
vanno
nella
stessa
stagione
a
far
la
cura
delle
acque
.
Il
repertorio
di
dieci
saltellanti
pezzi
,
che
hanno
divertito
la
folla
domenicale
in
maniche
di
camicia
,
i
giocatori
di
bocce
e
gli
innamorati
che
si
tengono
la
mano
sotto
il
pergolato
di
mille
osterie
di
campagna
,
va
cambiato
,
e
dieci
nuove
canzonette
prendono
il
loro
posto
,
segnate
con
dei
chiodini
sul
grosso
cilindro
di
legno
nel
ventre
dello
strumento
.
Nella
cornicetta
circolare
sul
fianco
dell
'
organetto
s
'
infila
un
nuovo
menu
musicale
,
scritto
in
due
inchiostri
,
in
tondo
.
Le
lettere
dei
primi
numeri
e
quelle
degli
ultimi
sono
serrate
,
per
la
mancanza
di
spazio
,
mentre
quelle
di
mezzo
si
stirano
per
tutta
la
riga
.
Il
lavoro
di
rinnovamento
delle
anime
degli
organetti
,
che
occupa
ora
i
tre
mesi
primaverili
,
un
tempo
invece
,
quando
il
pubblico
non
era
così
difficile
,
si
faceva
una
volta
ogni
tanti
anni
.
Sul
cilindro
stavano
piantati
dei
buoni
valzer
,
delle
mazurke
,
delle
polke
che
non
stancavano
mai
.
Ma
oggi
si
vuole
la
canzonetta
di
moda
,
il
nuovo
ballo
,
e
ci
si
annoia
subito
di
tutto
.
È
un
pubblico
eternamente
insoddisfatto
,
sempre
alla
ricerca
di
brividi
nuovi
.
E
,
una
volta
all
'
anno
,
il
repertorio
va
cambiato
interamente
.
In
un
grande
magazzino
,
oltre
i
binari
della
ferrovia
,
a
Novara
,
in
questi
giorni
,
si
lavora
a
tornire
i
cilindri
di
legno
,
a
coprirli
di
carta
bianca
,
a
segnare
le
piccole
tacche
dove
andranno
i
chiodini
,
e
a
piantare
i
chiodi
tutti
di
un
'
altezza
uniforme
.
Il
maestro
è
seduto
davanti
a
una
specie
di
piano
sventrato
che
mostra
la
sua
anima
di
arpa
vestita
di
legno
nero
.
Tutt
'
intorno
nel
magazzino
sono
cadaveri
di
strumenti
scoperchiati
,
odore
di
colla
,
e
legname
nuovo
,
bianco
,
di
quel
biancore
indecente
da
nudità
cittadina
.
Il
musicista
suona
velocissimo
una
sinfonia
silenziosa
con
un
dito
solo
toccando
uno
dopo
l
'
altro
i
molti
martelli
di
legno
bianco
.
Con
la
mano
sinistra
gira
lentamente
una
manovella
,
e
s
'
interrompe
ogni
tanto
per
dare
un
'
occhiata
alla
musica
e
per
aggiustarsi
gli
occhiali
sul
naso
.
Ogni
martello
abbassato
segna
una
tacca
sulla
carta
del
cilindro
.
La
distanza
tra
nota
e
nota
viene
dosata
con
dei
mezzi
giri
alla
manovella
che
fa
muovere
il
cilindro
.
Un
operaio
nella
camera
vicina
sta
piantando
le
puntine
;
dove
la
musica
vuole
un
trillo
,
sono
una
vicino
all
'
altra
come
una
serie
di
punti
di
sospensione
...
La
musica
per
organetto
viene
adattata
,
prima
di
essere
trascritta
con
i
chiodi
.
Le
possibilità
dello
strumento
sono
infinite
,
poiché
si
possono
suonare
quante
note
si
vogliono
contemporaneamente
.
Alcune
case
editrici
pubblicano
addirittura
la
partitura
pronta
per
essere
composta
sul
cilindro
di
legno
.
Per
altri
ballabili
,
gli
adattamenti
li
fanno
i
maestri
specializzati
,
all
'
impiego
delle
case
produttrici
di
Novara
,
sapienti
nel
cavare
effetti
dai
tamburelli
,
dalle
nacchere
e
dalla
mandola
introdotte
negli
strumenti
migliori
.
Il
periodo
primaverile
è
forse
quello
che
tiene
più
occupate
le
ditte
di
piani
automatici
a
cilindro
(
è
il
loro
nome
tecnico
:
chi
li
chiama
organetti
dimostra
una
indifferente
ignoranza
dell
'
uso
esatto
delle
parole
)
.
Perché
l
'
industria
si
trova
immobilizzata
da
diverso
tempo
e
sostiene
una
battaglia
disperata
contro
dei
nemici
fortissimi
:
il
grammofono
e
la
radio
.
Il
lavoro
si
è
ridotto
a
qualche
riparazione
e
al
rinnovamento
dei
repertori
.
Strumenti
nuovi
non
se
ne
fanno
quasi
più
.
Abbiamo
condotto
una
piccola
inchiesta
tra
i
maggiori
produttori
per
chiarire
il
loro
punto
di
vista
di
fronte
alla
formidabile
lotta
che
ha
per
campo
tutte
le
trattorie
con
giardinetto
,
le
«
balere
»
pubbliche
,
i
caffè
,
le
osterie
e
perfino
la
pubblica
strada
,
dove
il
girovago
che
vagava
con
un
pianino
montato
su
un
carro
va
ora
con
un
grammofono
a
valigetta
,
una
sedia
da
pittore
e
quattro
dischi
afoni
.
Il
primo
fabbricante
l
'
abbiamo
trovato
in
una
casetta
nascosta
tra
le
muraglie
anonime
di
magazzini
di
legname
.
Ci
ha
mostrato
,
nel
suo
laboratorio
,
alcuni
piani
nei
diversi
stadi
di
maturazione
,
piani
di
quelli
veri
,
da
suonarsi
con
dieci
dita
.
Si
è
dedicato
a
questa
produzione
ha
spiegato
come
ripiego
,
per
tentare
una
strada
nuova
,
poiché
capiva
che
non
andava
più
avanti
nel
vecchio
articolo
.
Poi
ci
ha
mostrato
il
magazzino
,
pieno
di
piani
a
cilindro
polverosi
,
che
nessuno
vuole
più
.
Pianini
neri
,
con
sul
davanti
una
bella
veduta
di
montagne
,
abeti
e
cascatella
d
'
acqua
in
litografia
.
Piani
grossi
,
con
tamburello
,
triangolo
,
mandola
e
nacchere
,
istoriati
dalle
evoluzioni
rigidamente
simmetriche
di
liane
liberty
.
Lavorano
in
due
:
lui
e
un
suo
lungo
figliolone
,
le
cui
gambe
sembrano
cresciute
subitamente
come
quelle
di
un
treppiede
di
macchina
fotografica
.
«
Le
ragioni
per
cui
l
'
industria
decade
sono
due
:
il
gusto
del
pubblico
,
che
va
cambiando
troppo
rapidamente
perché
gli
si
possa
tener
dietro
,
e
i
diritti
d
'
autore
da
pagare
,
che
,
essendo
rimasti
fissi
,
sono
diventati
fuori
proporzione
al
prezzo
dello
strumento
,
calato
in
questi
anni
.
Immagini
che
in
un
anno
l
'
affittuario
di
un
piano
automatico
paga
di
diritti
più
del
costo
dello
strumento
.
È
troppo
.
»
Il
secondo
fabbricante
ci
ha
aperto
la
porta
tirando
una
funicella
dalla
cantina
e
ci
ha
chiesto
attraverso
un
buco
nel
pavimento
che
cosa
desideravamo
.
È
salito
per
illustrarci
alcuni
strumenti
che
teneva
di
sopra
,
e
un
grande
«
gioco
del
calcio
brevettato
»
,
che
ha
mandato
alla
Fiera
di
Milano
.
I
ventidue
piccoli
pupazzetti
che
rappresentano
i
giocatori
hanno
una
gamba
mobile
e
i
calci
si
dirigono
tirando
delle
maniglie
.
Il
campo
è
fatto
in
modo
che
la
palla
va
sempre
a
finire
davanti
allo
scarpone
di
un
giocatore
.
Abbiamo
fatto
una
partita
col
proprietario
,
disputatissima
.
Questo
è
uno
dei
suoi
tentativi
per
impiegare
l
'
ingegnosità
appresa
nel
fabbricare
piani
automatici
in
qualcosa
che
sia
più
vicino
al
pubblico
di
oggi
.
Ma
egli
crede
fermamente
in
una
ripresa
della
sua
arte
.
Appena
potrà
,
si
metterà
a
studiare
uno
strumento
moderno
.
«
Magari
mettendoci
un
sassofono
suonato
da
un
mantice
»
spiega
con
entusiasmo
.
«
Il
periodo
più
fortunato
,
per
me
,
»
ha
ricordato
«
è
stato
subito
dopo
la
guerra
.
Gli
strumenti
andavano
a
ruba
.
Ma
nel
1925
abbiamo
cominciato
a
sentirci
vicini
alla
fine
.
Oggi
non
si
fa
quasi
più
nulla
.
Per
facilitare
il
rinnovamento
dei
repertori
ho
studiato
un
tipo
di
piano
intercambiabile
fatto
in
modo
che
qualsiasi
cilindro
della
mia
ditta
vi
si
possa
incastrare
e
suonare
.
Una
volta
era
necessario
spedire
il
piano
completo
alla
fabbrica
per
far
incidere
nuove
musiche
.
Oggi
basta
inviare
il
cilindro
.
Li
abbiamo
costruiti
anche
un
poco
più
leggeri
,
ma
pesano
sempre
più
di
una
ventina
di
chili
.
In
confronto
al
disco
del
grammofono
,
è
enorme
.
»
«
I
suoi
ultimi
lavori
?
»
«
Sto
facendo
un
piano
grosso
per
Siracusa
.
Stile
Settecento
,
con
intagli
e
dorature
.
Dentro
avrà
tutto
quello
che
c
'
è
di
più
moderno
.
»
L
'
intervista
è
stata
interrotta
dall
'
arrivo
di
un
girovago
baffuto
,
il
quale
si
è
presentato
sulla
porta
con
la
frusta
in
mano
per
spiegare
che
il
suo
piano
non
andava
.
Lo
strumento
era
fuori
,
sul
carretto
,
a
cui
era
attaccato
un
cavalluccio
melanconico
dalle
gambe
storte
.
Si
erano
rallentate
le
corde
della
mandola
e
non
aveva
potuto
far
niente
il
giorno
prima
a
Legnano
.
Sfortuna
.
C
'
erano
altri
sei
girovaghi
arrivati
per
la
fiera
ed
hanno
guadagnato
tutti
abbastanza
bene
.
Lui
era
stato
obbligato
ad
andarsene
.
Sorridente
,
il
suonatore
(
che
veniva
da
Frosinone
,
come
quasi
tutti
i
proprietari
di
piani
automatici
peripatetici
)
ci
ha
mostrato
il
suo
strumento
.
Di
legno
lucido
,
nuovo
,
portava
davanti
,
al
posto
del
panorama
alpestre
,
una
vetrinetta
con
una
scena
di
campo
di
football
e
due
giocatori
di
legno
che
muovevano
una
gamba
lanciandosi
a
suon
di
musica
una
palla
di
gomma
infissa
su
un
filo
di
ferro
che
dondolava
come
un
pendolo
rovesciato
.
Il
figlio
del
girovago
,
Michele
,
un
bambinetto
dagli
occhi
azzurri
e
la
pancetta
spinta
in
avanti
,
guardava
silenzioso
i
due
pupazzi
,
con
ammirazione
.
La
terza
visita
è
stata
dedicata
alla
più
antica
delle
fabbriche
e
alla
più
famosa
.
Il
nome
del
proprietario
si
leggeva
scritto
tra
enormi
viole
del
pensiero
e
margherite
sulla
tela
che
nascondeva
la
schiena
di
piani
automatici
in
ogni
parte
del
mondo
.
La
grande
casa
,
che
l
'
industria
,
nel
suo
periodo
d
'
oro
,
occupava
completamente
,
è
stata
costruita
dal
defunto
proprietario
.
Stile
medioevale
di
terracotta
,
tra
La
partita
a
scacchi
e
il
Trovatore
,
con
piccole
torri
a
poivrière
,
che
sboccano
dagli
angoli
.
Nei
fregi
,
la
lira
e
la
tromba
s
'
intrecciano
con
le
foglie
di
palma
e
i
rotoli
di
musica
.
Delle
grandi
donne
sono
affrescate
lungo
il
muro
,
con
in
mano
compassi
,
mappamondi
,
pennelli
,
tavolozze
,
rotoli
di
carta
e
lire
.
Potrebbero
essere
le
nove
muse
se
non
fossero
soltanto
cinque
.
Saranno
cinque
muse
scelte
.
L
'
attività
si
è
ridotta
a
un
grande
stanzone
al
primo
piano
.
Là
dove
una
volta
lavoravano
quaranta
operai
non
ci
sono
,
più
che
i
tre
soci
proprietari
:
un
giovanotto
,
che
dirige
l
'
azienda
,
il
più
vecchio
operaio
che
ha
lavorato
per
trentotto
anni
allo
stesso
posto
,
e
un
altro
veterano
.
Lo
stanzone
ha
la
volta
bassa
,
nera
di
fumo
.
In
fondo
,
un
camino
annerito
,
con
un
pentolino
di
colla
fredda
.
Accatastate
contro
il
muro
,
una
decina
di
imposte
da
finestra
,
nuove
,
non
ancora
verniciate
.
Il
più
vecchio
,
con
un
ciuffo
di
capelli
grigi
e
un
paio
d
'
occhiali
a
stanghetta
d
'
acciaio
,
ci
racconta
i
fasti
della
ditta
.