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Governo degli onesti ( Bobbio Norberto , 1981 )
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Da quando è scoppiata la « questione morale » non si parla d ' altro . E giustamente ne ha parlato il presidente della Repubblica nel suo messaggio di fine d ' anno . Ma non mi pare si siano fatti grandi sforzi per capire di che si tratta . A giudicare dall ' occasione da cui è nata ( lo scandalo del petrolio e l ' affare Pecorelli ) sembra si voglia intendere che gli uomini politici debbono essere persone oneste nel senso comune della parola , persone cioè che non rubano , non mentono , non commettono nessuno di quei reati che sono puniti dal codice penale in quanto giudicate azioni che le persone perbene non dovrebbero compiere . Questa interpretazione è tanto diffusa che il partito comunista ha ritenuto di dover proporre come una svolta nella storia delle nostre istituzioni un governo degli onesti . Che la questione morale debba essere interpretata anche in questo modo , è fuori discussione . Fuori discussione perché ovvio . Non si vede infatti perché chi fa politica debba essere sottratto agli obblighi cui è sottoposto l ' uomo comune . Non esiste una morale pubblica distinta dalla morale privata . Se mai , l ' uomo pubblico dovrebbe essere più scrupoloso nel rispetto degli obblighi morali e di quelli giuridici ( ma questi sono generalmente obblighi morali sanzionati dallo Stato ) per la semplice ragione che le sue infrazioni sono più dannose alla collettività di quelle dell ' uomo comune . Non ignoro che il problema dei rapporti fra politica e morale è molto più intricato , che in politica vale il principio che il fine giustifica i mezzi , che gli Stati non si governano coi pater noster , e via discorrendo . Ma , girata e rigirata da tutte le parti , la famigerata dottrina della ragion di Stato significa soltanto questo : che l ' uomo di Stato si viene a trovare talora in circostanze eccezionali ( si badi « eccezionali » ) a dover prendere decisioni riguardanti il bene comune ( si badi « il bene comune » ) che non possono essere prese se non violando regole della morale corrente . Ciò che giustifica un mezzo moralmente discutibile è soltanto la nobiltà del fine , e la sua eccezionalità . Il che poi non è neppure una condizione particolare dell ' uomo politico perché lo stato di necessità vale come giustificazione anche per l ' uomo comune . Che l ' essenza del problema stia nella nobiltà del fine lo ha detto molto bene Ceronetti in un articolo sulla « Stampa » due settimane fa . Che il fine giustifichi i mezzi non vuol dire che i mezzi siano giustificati da qualsiasi fine . La stessa celebre frase di Machiavelli dice che « i mezzi saranno sempre iudicati onorevoli e da ciascuno laudati » quando il principe riesce a « vincere » e a « mantenere lo Stato » . Quale sia la nobiltà del fine per cui alcuni dei nostri uomini politici commettono atti disonesti e offendono la morale comune , non è dato capire . C ' è il sospetto che il dilagare della corruzione sia dovuto prevalentemente al bisogno di denaro per sostenere una campagna elettorale o per mantenere in vita una corrente di partito . Non che grandi , alcuni di questi fini sono politicamente tutt ' altro che corretti . Si tratta , sì , di vincere , non una guerra , bensì le elezioni . Si tratta di conservare non lo Stato , bensì il proprio potere personale . La massima che il fine giustifica i mezzi è di per se stessa discutibile . E non solo discutibile ma insostenibile quando il fine che dovrebbe giustificare i mezzi è esso stesso ingiustificabile . Tutto questo , come ho detto , è ovvio , ma non esaurisce il problema . Qualsiasi trattato di morale distingue la morale generale che regola l ' azione di tutti gli uomini , e al cui rispetto quindi tutti sono tenuti , dalle morali speciali cui sono sottoposti gl ' individui in quanto appartengono a una determinata classe o gruppo o categoria o professione . Accanto alla morale comune ci sono le etiche del medico e del sacerdote , del giudice e del commerciante , dell ' insegnante e del giornalista . In ognuna di queste valgono obblighi specifici , e anche specifiche esenzioni di obblighi . Un medico ha l ' obbligo di accorrere alla chiamata di un malato grave anche fuori della sua ora d ' ufficio , ma è esentato dall ' obbligo di dire allo stesso malato la verità sulla gravità della malattia . Ogni professione ha il suo codice morale , che con parola dotta e pretenziosa si chiama « deontologia » . Tra le morali speciali vi è anche la morale dell ' uomo politico . Tanto più poi quando anche la politica è diventata una professione . Per capire la specificità dei diversi codici morali occorre aver di mira la funzione sociale delle diverse Categorie cui si riferiscono . Dalla considerazione che la funzione sociale del medico è quella di provvedere alla guarigione degli infermi nascono tutti quei problemi delicatissimi di etica medica che vanno dall ' eutanasia al prolungamento artificiale di una vita condannata . La funzione sociale dell ' attività politica è quella di perseguire , e possibilmente conseguire , l ' interesse pubblico . Di qua deriva l ' etica specifica di chi si dedica all ' attività politica , il suo codice morale . C ' è una distinzione che corre lungo tutta la storia del pensiero politico , la distinzione fra buon governo e malgoverno , fondata sulla distinzione fra il governante che persegue il bene comune e quello che persegue il bene proprio . L ' etica specifica dell ' uomo pubblico è quella in cui la distinzione fra l ' azione buona e l ' azione cattiva corre parallelamente alla distinzione fra l ' azione volta al bene comune e quella volta al bene individuale . Ne deriva che l ' uomo politico ha oltre ai doveri di tutti anche i doveri che gli spettano in quanto uomo politico . Questi ultimi sono strettamente connessi alla funzione specifica della sua attività . La funzione specifica dell ' attività politica è il buon governo come la funzione specifica del medico è quella di ben curare , quella del giudice di ben giudicare , dell ' insegnante di ben insegnare . No , quando si pone la questione morale con riferimento all ' azione del politico , non si tratta soltanto del governo degli onesti nel senso generico della parola . Si tratta del governo di uomini che antepongano l ' interesse dello Stato al proprio , a quello del proprio partito , della propria corrente , del proprio clan , di uomini che rispettino non solo le regole della morale comune ma anche quelle della propria morale professionale . Uno dei maggiori rimproveri che oggi l ' uomo della strada , l ' uomo della morale comune , muove alla nostra classe politica nel suo insieme è di subordinare l ' interesse pubblico che è il fine specifico della sua azione specifica all ' interesse privato , di approfittare del potere pubblico che deve essere esercitato solo in vista del bene comune per accrescere il proprio potere personale . Una volta si diceva che cattivo governante è colui che mira a soddisfare il bene proprio anziché a provvedere al bene comune . Oggi si dice che il malgoverno consiste nel considerare gli affari di Stato come affari privati . Le parole cambiano ma la sostanza è la stessa . In questo senso , e solo in questo senso , la questione morale è anche una questione politica . Una questione politica che nessun ritocco della Costituzione potrà mai risolvere . Dai buoni costumi possono nascere buone leggi . Ma non bastano le buone leggi a produrre buoni costumi .
I CAVATORI DELLA «BAIA DEL RE» ( BARZINI LUIGI JR. , 1933 )
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A Lasa , nell ' Alto Adige , nel silenzio delle foreste di abeti e dei nevai immacolati , dove non ha mai risuonato il trionfale « Pista ! » dello sciatore , vengono dalla Toscana la sabbia della spiaggia di Viareggio e una quarantina di uomini . Uomini e sabbia sono impiegati nelle cave di marmo , le più giovani d ' Italia e le più alte del mondo : tre anni di età e 1700 metri sul mare . La sabbia , silicea , uniforme , arriva a vagonate , per essere portata in cava e colata lentamente nel solco dove passa , ronzando , il filo elicoidale che sega il marmo . Gli uomini , specialisti dei mille mestieri misteriosi dei cavatori , sono giunti tre anni fa per insegnare agli abitanti della vallata i secolari segreti delle Alpi Apuane . Siamo andati a trovare gli uomini . Abitano su per la Valle di Lasa ( una fessura scoscesa tagliata dal torrente sul fianco della montagna ) a qualche chilometro di distanza dal villaggio . Montagna , valle , torrente , villaggio , cave e marmo hanno un nome solo in comune : Lasa . La neve cadeva indecisa e svolazzante quando siamo scesi dal trenino che ci aveva portato da Bolzano . Le montagne erano ovattate di bianco , invisibili . Una vecchia , in scialle , ha accatastato sacchi di posta e pacchi di giornali su uno slittino , ed è partita verso il paese tirandoselo dietro come fanno i ragazzi . Oltre i binari , erano i blocchi di marmo bianco , in disordine , come i rottami di un muraglione ciclopico che fosse crollato . Sopra ognuno la neve aveva deposto un regolare cuscinetto azzurrognolo , che ne arrotondava la sagoma squadrata . Nel silenzio , il picchiettare di uno scalpellino invisibile , e lo sbuffo del treno che si allontanava . A gambe larghe sul marmo era la grue a ponte , disegnata di nero opaco contro il cielo bianco . Gli uffici della società stanno poco lontano , in una palazzina nuovissima . Una locomotiva elettrica attende alla porta . L ' ingegnere Antonio Consiglio , direttore della cava dell ' Acqua Bianca , ci ha fatto salire e siamo partiti nella neve , in piedi dietro il manovratore , sui binari impolverati di bianco , che lasciavamo neri e bagnati dietro a noi . Dopo pochi minuti siamo giunti al piano inclinato . Il piano inclinato è una funicolare , che sale per un chilometro sul fianco della montagna , in una trincea tagliata tra gli abeti immensi . È la funicolare più grande d ' Europa , perché trasporta un carrello con due tronchi di rotaia , sui quali possono stare quattro vagoni della ferrovia marmifera carichi di blocchi . Una specie di ferry - boat da montagna . Guardandola dal basso , si vedevano le grosse rotaie allargate scomparire in alto , verso la cima , perse nella nebbia . Per ordinare al manovratore , nella cabina di controllo , di farci partire , un operaio ha toccato uno dei fili telegrafici lungo il binario con una canna di bambù da cui parte un cordone elettrico . Un modo come un altro di suonare un campanello distante . Il grosso cavo d ' acciaio , che scende dalla montagna come un serpente , con la coda persa nella nebbia , si è stiracchiato e finalmente , con una scossa , siamo partiti lentamente e dolcemente . Diciassette minuti di ascensione . La valle si allontanava da noi , appiattendosi , il paese si velava a poco a poco , e gli abeti , carichi di neve , si inabissavano silenziosamente al nostro fianco . Con una scossa il carrello si è fermato nel suo alveo d ' arrivo , con le sue rotaie allineate a quelle del binario . Un ' altra locomotiva elettrica ci attende . Alcuni minuti di corsa lungo il fianco della montagna deserta , tra gli alberi , nel panorama natalizio . È il quarto mezzo di locomozione della giornata . All ' arrivo , ci sono i toscani . Abitano un baraccone di legname e di muratura , a picco sul torrente , tra gli alberi . Davanti alla loro villa , il torrente si divide in due , attorno a un vecchio masso rotolato chissà da dove , sul quale è cresciuto un albero . Gli uomini hanno costruito un tavolo e una panca di legno bianco , sulla grossa roccia , e hanno innalzato un cartello a lettere rosse : « Lido Polo Nord » . Il Lido è il punto di ritrovo estivo , supponiamo , poiché in questo momento è sepolto sotto la neve . Dalla tavola alla porta del rifugio corre un filo metallico teso . È una piccola funicolare privata , che scavalca il torrente , e serve al trasporto di fiaschi di vino dalla dispensa agli uomini che riposano , pancia al sole , sotto l ' abete contorto . Il rifugio , al quale si arriva su un ponticello di legno , a cui mancano diverse tavole , si chiama la « Tenda rossa » , comunemente . Ormai il nome è usato da tutto il personale , dalla direzione , nei rapporti e negli ordini . Nessuno sorride più . Così i capannoni a valle , in fondo alle rotaie della funicolare , si chiamano la « Baia del Re » . Forse , fra un paio di secoli , i nomi saranno rimasti e faranno parte incolore della geografia del posto . Qualcuno si informerà di quale Re si tratti e di quale Tenda senza trovar risposta , e un dotto locale scriverà una breve monografia per dimostrare , al contrario di quanto sostengono altri studiosi professori , che il Re in questione era Beovulfo il Rosso , e non Agilulfo Ottavo . Sulla porta del rifugio è un vecchio Cristo in croce , di stagno , trovato da uno dei toscani in una baita più in alto . Dentro s ' indovinano , nella penombra , delle figure d ' uomini attorno a una stufa accesa . Le pareti sono annerite dal fumo . Attorno al muro sono appesi pentole di rame , collane di agli , fiaschi . Gli uomini schizzano in piedi , timidi e silenziosi , all ' arrivo del superiore e del forestiero . Sono tutti giovanotti . « Chi fa da mangiare qui ? » La domanda rompe il silenzio sorridente e cerimonioso . « Tutti noi » risponde uno , dopo una pausa , scrollando le spalle , come se avesse trovato l ' interrogazione un po ' stupida . Il silenzio si ristabilisce , solenne . Diamo un ' occhiata , nella stanza vicina , alla fila delle brande militari allineate come un piccolo dormitorio . Altri dormono di sopra . Una baracca di retrovia , durante la guerra , doveva essere così . Gli uomini guardano fare , rispettosi , e tacciono . « Come va la vita nella Tenda Rossa ? » La domanda ha un finto tono cordiale . « Bene . Un c ' è male . » La risposta che si attendeva . Usciamo . Il direttore spiega che l ' uomo che ha risposto è un po ' il caporione , perché è stato a Fiume con D ' Annunzio , e il mondo l ' ha girato più degli altri . Sono quasi tutti filai , o filisti ( la parola non è stata ancora acchiappata nella rete di un glottologo e appuntata nelle pagine di un dizionario con un ' etichetta sotto ) , cioè manovratori dei fili elicoidali che segano il marmo . Altri sono minatori , maestri nell ' arte misteriosa di dosare esplosivi , che in una cava è difficilissima , per il numero di cose diverse che deve fare la polvere : staccare un masso , senza romperlo , o aprire una galleria , senza incrinare la montagna . Il quinto mezzo di locomozione della giornata ci attende . È una teleferica , costruita per il trasporto del marmo , che ci farà passare la fenditura sopra il torrente . Ci sediamo nel vagoncino su una tavola che due operai hanno agganciato al bordo . È la panca delle grandi occasioni , spiega l ' ingegnere , per i visitatori che vengono dal lontano mondo delle città . I cavi sopra di noi si tendono e rimaniamo sospesi e ballonzolanti nel vuoto candido . Si sale lentamente , con un movimento ovattato , come un aeroplano silenzioso au ralenti . Attraversiamo la nebbia da cui spuntano sotto di noi le guglie degli abeti incrostate di ghiaccio . Passiamo rasente a una parete di roccia a picco , con festoni di ghiaccioli azzurrognoli . Allungando una mano si potrebbe spaccarne uno . Il viaggio aereo dura pochi minuti . Il vagone si ferma , e scende ronzando lungo i fili fino a toccare per terra . Saltiamo sulla neve , all ' entrata della cava . Siamo a un ' altezza da rifugio , da alpinisti , da pipa , da corda , da guida e da borraccia di grappa . Qui , invece , si lavora . La cava è un ' immensa caverna , che si ficca nella montagna , da cui esce in un rombo confuso il suono di motori , di martelli pneumatici , di ruote . Si sente , nel ventre del monte , il boato di una mina , seguito subito da altri , come un tiro di artiglieria comandato da un ufficiale impetuoso . Sul fondo della caverna lavorano gli uomini , nella penombra , attorno ai massi di marmo bianco , informe , impolverato . Un blocco è legato a un cavo d ' acciaio teso da un argano lontano , e sta per rovesciarsi in avanti . Un altro è formicolante di operai che lo tagliano a pezzi più piccoli . Le pareti sono perpendicolari , altissime , lisce , con le forme dei blocchi che sono stati staccati . Rasente al soffitto , a una trentina di metri sopra di noi , corre un ballatoio di tavole sconnesse . Conduce ai locali dei compressori elettrici , che sono scavati nella roccia , in alto . Di fianco alla caverna c ' è una fenditura , larga un metro e mezzo , alta una quindicina di metri , che si ficca nel ventre della montagna . Le pareti sono un taglio solo , di marmo . Nel fondo , alla luce di un riflettore elettrico , inginocchiato su un mucchio di rottami biancastri , un operaio tormenta la roccia con un martello pneumatico che sparacchia sollevando degli sbuffi di polvere candida . L ' uomo ha il viso infarinato , quando si alza ; la polvere gli ha asciugato i capelli e gli ha disegnato le rughe . Sta scavando una galleria ad angolo retto con il corridoio dal quale siamo entrati , spiega l ' ingegnere , per far passare il filo elicoidale , ed isolare un masso di 10.000 tonnellate . Il lavoro è incominciato nell ' agosto del 1931 , quando si è tagliato il grande corridoio . Il marmo è stato isolato , a forma di cuneo . Poi una carica di polvere nera , dietro , ha fatto scivolare il monolito di 1500 metri cubi fin nel centro della galleria , dove è stato tagliato a pezzetti uniformi , caricato sulla teleferica , e portato alla ferrovia . Le battaglie contro la montagna sono lente . Si lavora per la produzione futura , si stabiliscono piani che verranno portati a termine dai nostri nipoti . L ' operaio continua il lavoro che dura da due anni . Il corridoio crescerà , fino a chiudere il masso da ogni parte . Poi un ' altra carica di polvere nera farà scivolare un blocco di 10.000 metri cubi fin nel centro della galleria , dove gli uomini gli si getteranno addosso , per sminuzzarlo in tanti piccoli blocchi regolari . La cava ha l ' aspetto di una miniera , con queste gallerie oscure che si addentrano nel ventre del monte , queste luci che illuminano le figure degli uomini al lavoro . Due operai , in piedi su un masso addossato alla parete , ficcano nell ' interstizio tra il blocco e la montagna dei cunei di metallo , e vi battono la mazza pesante , insieme , dandosi la voce . Dondolano il martello tra le gambe aperte , lo rialzano sopra una spalla , e , abbandonandosi con tutto il corpo , lo abbattono di schianto sulla testa del cuneo , che entra di qualche centimetro . Da tutte le parti è un rimbombare di martellate , di voci . Sulle nostre teste passano i fili metallici , che ronzano . In una galleria lontana esplodono ancora mine , con un boato che scuote l ' aria e che fa vibrare la stoffa dei pantaloni contro la gamba , sventolati da una raffica di vento lievissima e secca . Giriamo per i budelli oscuri . Arriviamo in ampii saloni , dalle pareti sbocconcellate dalle mine , o segate , lisce e perpendicolari , dal filo . C ' è un lieve odore di acetilene , di polvere da sparo , nell ' aria . La bocca si asciuga , respirando la polvere bianca , impalpabile . Le ombre degli operai , proiettate dalle lampade , s ' ingigantiscono contro le immani muraglie , ripetendo , con esasperazione grottesca , il piccolo gesto dell ' uomo . Carrelli carichi di detriti escono spinti a braccia dai lavoratori imbiancati . Passa un vecchietto che tiene appeso all ' indice un pacchetto avvolto di carta nera , come si porta una scatola di dolciumi . È l ' esplosivo . Dovrebbe , secondo il regolamento , passare gridando : « Io porto la dinamite ! Io porto la dinamite ! » e al suo passare gli operai si dovrebbero gettare dietro un riparo , nascondersi in una trincea , buttarsi in un buco . Non succede niente . L ' uomo passa , in silenzio . Gli altri continuano a lavorare . È un peccato . Troviamo la via dell ' uscita , per oscuri corridoi , per scalette improvvisate di tronchi di abete , per ballatoi di tavole sfilacciate dai chiodi delle scarpe . L ' imbocco della galleria è un immenso arco di luce pallida . Contro il nero delle baracche che ingombrano l ' apertura , si vede la neve bianca che cade . Ha ripreso a nevicare forte .
LA STRADA DI BECKETT FINISCE IN UN ABISSO ( De Monticelli Roberto , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Con Fin de partie di Samuel Beckett , rappresentato questa sera al Ridotto da Roger Blin ( che fu il primo interprete di En attendant Godot ) , siamo sull ' altro versante di questo allucinato teatro francese , scritto da romeni ( Ionesco ) , da russi ( Adamov ) e da irlandesi ( Beckett , appunto ) : siamo sul versante che guarda verso la notte , non c ' è che il buio da questa parte , il buio nel vuoto . Quattro personaggi in una stanza grigia , assolutamente nuda , circolare : due piccole finestre , una orientata verso la terra , l ' altra verso il mare ; l ' unico quadro appeso alla parete è stato rovesciato , mostra il dorso della tela ; al centro , paralizzato su una poltrona , avvolto in un vecchio drappo , Hamm : cieco , con occhiali neri sugli occhi bianchi e vuoti ; accanto a lui , in piedi , stancamente docile ai suoi comandi e ai suoi richiami , vibrati nell ' aria come frustate , a colpi di fischietto , Clov , che è figlio di Hamm e insieme il suo schiavo , condizionato da lui e a lui unito da un invisibile cordone ombelicale ; ridotti a tronconi umani , chiusi entro bidoni per la spazzatura , ai cui bordi si afferrano con le mani come agli orli d ' un pozzo , Nagg e Nell , i due « maledetti progenitori » di Hamm . Fuori da questa stanza è 1'«altro inferno » , il deserto ; ma il deserto dove tutto è già stato consumato e bruciato , poiché , alle domande di Hamm , Clov , lo schiavo - figlio , risponde « non c ' è più natura » , e se l ' altro , con apparente banalità , gli chiede che ora è , egli ribatte : « Non esiste più tempo » . Hamm , è stato detto , deriva il suo nome dalla parola inglese hammer , martello , ed è la continuazione del personaggio di Pozzo in En attendant Godot : è il padrone , il cosiddetto padrone dell ' universo , l ' Uomo . È il martello che batte sui tre chiodi rappresentati dagli altri tre personaggi , i cui nomi sono variazioni linguistiche della parola « chiodo » , e li conficca sempre più nel niente della vita e della morte . Cosa accade ? Non può accadere nulla , evidentemente . Nel dramma precedente di Samuel Beckett c ' era , unico baleno di speranza , l ' attesa dell ' invisibile Godot . Questo Godot che non arriva mai è diventato quasi un simbolo nell ' angoscia del mondo contemporaneo , in cui gli uomini si avviano rapidamente a prendere i connotati indefiniti , fatti di sabbia sporca , di questi personaggi , di Hamm , di Clov , dei due tronconi agonizzanti nei secchi di lamiera . Qui , invece , non c ' è nessuna attesa , la partita è chiusa e mentre i due vecchi muoiono , sgranocchiando l ' ultimo biscotto , nei bidoni il cui coperchio è stato riabbassato per sempre , Clov se ne va , ha visto qualcosa che si muove fuori , nel deserto , non sa se uomo , donna o bestia ; ma che importanza ha ? Tanto , fuori di lì , è la morte ; come la morte è dentro , fra quei muri grigi , dove rimane soltanto Hamm , ad aspettare la fine , mettendosi , sulla faccia senza sguardo , sudario miserabile , un fazzoletto macchiato di sangue . Comodità della tragedia , direbbe Jean Anouilh , che se ne intende ; nella tragedia tutto è previsto e accade al punto giusto . Non ci sono attese . Non ci sono speranze . Non c ' è che da urlare , al momento opportuno , quando la trappola si chiude . È appunto ciò che fa la forza di questo dramma , dove non si grida per la verità , ma si soffoca entro un triste e beffardo sentore di tomba . È veramente il « teatro nero » dei nostri giorni ; agghiacciante ma efficacissimo . C ' è da chiedersi soltanto ; e poi ? La strada di Beckett , a differenza di quella di Ionesco , sembra qui interrompersi per dar luogo a una parete verticale , oltre non c ' è che l ' abisso . È da notare come Roger Blin , interprete e regista ( fu allievo di Antonin Artaud ) e i suoi bravissimi attori , Jean Martin , Alice Reicher , Georges Adet , abbiano , per un ' ora e mezzo di tensione fortissima , portato su , a spirale , l ' immobile , filosofica drammaticità del testo , facendone balenare alcuni aspetti grotteschi , di ironia sepolcrale , di macabra comicità . Acte sans paroles , pure di Beckett , che si è rappresentato insieme a Fin de partie , è una pantomima su musica di John Beckett , cugino dello scrittore . Interpretata dal mimo inglese Deryk Mendel , è la storia degli inutili tentativi che l ' uomo compie per ottenere il diritto alla propria presenza in un mondo che gli si nega . Anche il ramo d ' albero cui vorrebbe impiccarsi , diventa improvvisamente pieghevole , cede .
Nel labirinto dell'anti-Stato ( Bobbio Norberto , 1981 )
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In un articolo di alcuni mesi orsono ( Il potere invisibile , « La Stampa » , 23 novembre 1980 ) avevo definito la democrazia il governo del potere visibile , e avevo constatato amaramente che nel nostro paese il potere invisibile non solo non era stato debellato ma aveva continuato a prosperare e a dilatarsi in tutte le direzioni . Scrivevo : « Non si capisce nulla del nostro sistema di potere se non si è disposti ad ammettere che al di sotto del governo visibile c ' è un governo che agisce nella penombra ( il cosiddetto " sottogoverno " ) e ancora più in fondo un governo che agisce nella più assoluta oscurità e che potrebbe essere chiamato " criptogoverno " » . Vi è sempre stato e sempre vi sarà un potere invisibile contro lo Stato , che comprende le associazioni a delinquere , la mafia , le associazioni sovversive , i gruppi di cospiratori , di terroristi ( la sigla della famigerata Oas significava Organisation d ' armée secrète ) . Vi è sempre stato , e purtroppo sembra che non se ne possa fare a meno , un potere invisibile dentro lo Stato , che comprende i servizi segreti per la sicurezza interna ed esterna dello Stato , l ' organizzazione dello spionaggio e del controspionaggio . Ciò che in un regime democratico è assolutamente inammissibile è l ' esistenza di un potere invisibile che agisce accanto a quello dello Stato , insieme dentro e contro , sotto certi aspetti concorrente , sotto altri connivente , che si vale del segreto non proprio per abbatterlo ma neppure per servirlo . Se ne vale principalmente per aggirare o addirittura violare impunemente le leggi , oppure per ottenere favori straordinari o illeciti . Un potere che compie atti politicamente rilevanti senza avere alcuna responsabilità politica , anzi cercando di sottrarsi attraverso la segretezza anche alle normali responsabilità civili , amministrative e penali . Tralascio di discutere il problema dal punto di vista morale , anche se non sono il solo a essere disgustato del malcostume imperversante e ho provato quasi vergogna nel leggere tutti quei nomi di persone altolocate unite non si sa da che cosa , se non da un desiderio smodato di potere , da ambizioni spropositate , o soltanto da fatue vanità . Non dubito che il trarre vantaggi personali di carriera , di potere e di ricchezza da un ' affiliazione segreta sia moralmente riprovevole , e che dia un ben miserabile spettacolo di sé un paese in cui un così gran numero di personaggi appartenenti alla classe dirigente , alla classe « eletta » , come si diceva una volta ( e come oggi non si potrebbe più dire ) , entra a far parte di associazioni che si nascondono per nascondere . Non discuto la questione morale perché non ce n ' è bisogno . Mi fermo alla questione politica che basta da sola a permettere di esprimere un giudizio severo nei riguardi di un ' associazione il cui unico scopo reale , al di fuori degli scopi dichiarati , è di esercitare un potere occulto : dico « unico » almeno sino a che qualcuno , meglio se è membro dell ' associazione stessa , me ne saprà indicare un altro . Anch ' io , come Vittorio Gorresio , sarei contento di capire per quali ragioni personaggi già potenti per ricchezza o per condizione sociale ( non mi risulta che nella famosa lista vi siano operai , modesti impiegati , la solita gente che tira la carretta ) sentano il bisogno di associarsi con uomini di malaffare o politicamente sospetti . Abbiamo forse dimenticato che « repubblica » viene da « res publica » , e che « res publica » significa cosa pubblica , nel duplice senso di governo del pubblico e di governo in pubblico ? Governo del pubblico significa governo del popolo , e non di uno o di pochi ; governo in pubblico significa che gli atti del potere , o vengono esercitati direttamente davanti al popolo , oppure vengono in varie forme fatti conoscere ai naturali destinatari e non diventano ufficialmente validi sino a che non hanno ricevuto la dovuta pubblicità . Vi sono due tipi ideali di forme di governo , opposte l ' una all ' altra : democrazia e autocrazia . La democrazia avanza e l ' autocrazia retrocede via via che il potere diventa sempre più visibile e gli arcana imperii , i segreti di Stato , da regola diventano eccezione , un ' eccezione accolta in ambiti sempre più ristretti e tassativamente stabiliti . All ' inizio del Cinquecento Francesco Guicciardini poteva scrivere tranquillamente senza suscitare scandalo : « E ' incredibile quanto giovi a chi ha amministrazione che le cose sue siano segrete » . Ma alla fine del Settecento Michele Natale ( il vescovo di Vico giustiziato a Napoli il 20 agosto 1799 ) scriverà nel Catechismo repubblicano : « Vi è niente di segreto nel governo democratico ? Tutte le operazioni dei governanti devono essere note al Popolo Sovrano » . Non esiste democrazia senza opinione pubblica , senza la formazione di un pubblico che pretende di avere diritto a essere informato delle decisioni che vengono prese nell ' interesse collettivo e di esprimere su di esse la propria libera critica . Qualsiasi forma di potere occulto , rendendo vano questo diritto , distrugge uno dei pilastri su cui si regge il governo democratico . Del resto chi promuove forme di potere occulto e chi vi aderisce vuole proprio questo : sottrarre le proprie azioni al controllo democratico , non sottostare agli obblighi che una qualsiasi costituzione democratica impone a chi detiene il potere di prendere decisioni vincolanti per tutti i cittadini , se mai , al contrario , controllare lo Stato senza essere a sua volta controllato . Nello Stato dispotico il sovrano vede senza essere visto . L ' ideale di ogni forma di potere occulto è che il sovrano , che nella democrazia è il popolo , agendo alla luce del sole , possa essere visto e non veda . Fra i vari malanni della nostra democrazia l ' estensione sempre più ampia di zone di potere occulto non è dei meno gravi . Ma sarebbe ancora più grave se la zona che è stata ora scoperta fosse di nuovo ricoperta . Già gli amici e gli amici degli amici si apprestano a « fare quadrato » non per difendere le istituzioni democratiche ma per difendere il proprio partito , il proprio gruppo , il proprio clan . L ' unico modo per difendere le istituzioni democratiche è quello di fare quadrato intorno a coloro che non hanno mai avuto la tentazione di sprofondare nel sottosuolo per non farsi riconoscere . Sono molti per fortuna . Ma debbono avere coraggio e agire di conseguenza . Nessuno vuole , intendiamoci , che non si facciano le debite distinzioni : che non si distinguano i colpevoli dagli innocenti , gli scaltri dagli sprovveduti , coloro che hanno ordito la ragnatela da coloro che vi sono caduti . Personalmente io ho persino qualche dubbio circa la precipitazione con cui la lista è stata pubblicata . Ma sia chiaro : distinguere , non estinguere .
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Il direttore dell ' Avanti , Benito Mussolini , ha chiesto la convocazione della direzione del partito socialista per discutere su questo ordine del giorno : Atteggiamento dell ' Avanti ! e situazione nazionale . La richiesta del prof . Mussolini , contrariamente a quanto è stato affermato , è precedente alle polemiche di questi giorni circa il pensiero intimo del direttore dell ' Avanti ! su una eventuale guerra dell ' Italia contro l ' Austria . La direzione del partito socialista si riunirà oggi e domani domenica a Bologna . Alcuni credono che il prof . Mussolini abbia richiesto la convocazione della direzione del partito per le accuse che gli sono state recentemente rivolte .
I «CENTRISTI» ( - , 1934 )
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Il Prometeo , giornale dei leninisti di sinistra da non confondersi con quelli di destra e meno ancora con quelli del centro , nel suo numero dell'11 novembre in 1a pagina 4a colonna accusa i « centristi » di avere voluto festeggiare l ' anniversario della rivoluzione russa , espellendo dal partito comunista tre assi del comunismo e cioè Fortichiari , Damen , Repossi . Abbiamo già dato notizia di questo evento . Per dare un ' idea dello stato d ' animo degli scrittori di Prometeo basti dire che il numero in questione reca a caratteri di scatola , in prima pagina , il titolo seguente : « Il proletariato spagnuolo commemora , col suo sangue , l ' ottobre rosso , mentre la Russia s ' ingrana nel covo dei briganti ... » . Il giornale , nel corsivo dedicato alla espulsione dei tre gentiluomini di cui sopra , arriva a scrivere che i reazionari repubblicani di Spagna , autori delle repressioni di Oviedo , hanno potuto farlo perché « esiste una garanzia sicura ed infrangibile ; il centrismo è là e getta , negl ' interessi della controrivoluzione , il peso formidabile di uno Stato che controlla il sesto del mondo . Ma le vittorie di oggi preparano le battaglie di domani , ed al fuoco delle future battaglie rivoluzionarie il proletariato saprà sbarazzarsi di tutti i suoi nemici , fra i quali prendono posto di prima fila i centristi che devono persino cancellare i nomi di quelli che fondarono il partito , e che il fascismo ha potuto immobilizzare , ma che non è riuscito a piegare ad accettare la politica centrista che ha condotto alla catastrofe della rivoluzione mondiale » . Stalin , dittatore perpetuo di tutte le Russie bolsceviche , è dunque avvertito . Stia in guardia . Ci sono dei comunisti che lo considerano il più ignobile dei traditori e vogliono fare una rivoluzione per sbalzarlo di seggio . Vero è che tra il dire e il fare c ' è di mezzo il mare e nel caso in questione la G . Pe . U . , che non ha mai scherzato , come Trotzki e i trotzkisti sanno per loro personale esperienza .
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È andata in scena questa sera , nel teatro all ' aperto dei Giardini alla Biennale , la seconda novità italiana del Festival Internazionale del Teatro : La rosa di zolfo di Antonio Aniante . Molti erano i motivi di curiosità che si intrecciavano intorno a questo spettacolo : innanzitutto , l ' esordio in grande stile , nel teatro , in un ' occasione particolare , dello scrittore siciliano che , sì , alla letteratura drammatica si era avvicinato , negli anni dal '25 al '30 , ai tempi dello Sperimentale di Bragaglia ; ma che poi si era prevalentemente dedicato alla narrativa ( anche La rosa di zolfi è tratta da un romanzo ) . Inoltre per la prima volta , si sarebbe visto all ' opera un complesso come il Teatro Stabile della città di Trieste col quale , per la sua stessa posizione periferica , non è facile l ' incontro ; nel caso , poi , dello spettacolo diretto da Franco Enriquez , c ' erano due altri elementi di interesse : la partecipazione di Domenico Modugno , che non solo recita , ma canta , naturalmente , e ha composto anche le musiche che accompagnano il testo , su terni popolari siciliani ; e di quell ' attrice sempre entusiasta ed ardente che è Paola Borboni . Cos ' è la rosa di zolfo ? È il simbolo di una Sicilia remota , perduta nella memoria e per questo intrisa dagli umori della nostalgia . Fiore arido e splendido lo regala , alla bella e svagata moglie Rosalia , lo zolfataro Colao e vuol significare il suo amore , infuocato e geloso . La virtù di Rosalia è insidiata dal conte di Pagnolo , il giovane padrone della zolfara . Inevitabile il duello rusticano , a lampi di coltello . Ucciso il rivale , Colao brucia la zolfara e Rosalia fugge , disperata ma anelante l ' avventura , sulle montagne delle Madonie . Qui , sentinella a una sorgente d ' acqua , incontra il Carabiniere , che altri non è che una diversa immagine di Colao ; lo zolfataro è rivestito d ' una fiammante , un po ' fiabesca divisa dell ' Italia umbertina ; così come , a contenderla al Carabiniere , avvolto in un non meno fiabesco mantello azzurro , con cappello a pan di zucchero e trombone , appare il Brigante , vale a dire il Pagnolo . Sfuggita anche ai rischi di questo scontro , che si risolve , per i due eterni rivali , in una reciproca beffa , Rosalia , sempre seguita dalla Pilucchera , vecchia serva fedele ed ex - nutrice , ripara nel basso porto di Palermo , decisa a darsi alla « vita » . E qui , nuove incarnazioni dei due uomini che se la contendono . Ecco , da una parte , lo scaricatore Colao , dall ' altra il capo - mafia Pagnolo : la tratta delle bianche , l ' ombra del poliziotto Petrosino , la nave che aspetta nel porto ; con la stiva piena di fresche e giovani donne ... ma non è stato che un sogno , Rosalia non s ' è mai mossa in realtà dalla casa dello zolfataro , ecco che gli prepara la minestra della sera e alza la pentola , piena di selvagge ortiche , spezie e pan secco , verso il cielo asciutto , che le mandi l ' acqua . È chiaro il senso della favola : fra i fuochi dell ' amore e della gelosia , che zampillano dalla terra come la gialla lingua dello zolfo , Rosalia , nel suo sogno canicolare , va in cerca dell ' acqua , che è comprensione , civiltà e balsamo sugli inferni della passione e della miseria . Tutto ciò è detto più che rappresentato , con molta eloquenza ( si sente più il narratore , anzi il popolaresco rapsodo che lo scrittore di teatro ) , con uno stile oscillante fra richiami dannunziani e aperture liriche alla Garcia Lorca , con canti presi all ' epos locale e lunghi interventi descrittivi del coro . È insomma un ' opera composita , un ' idillio a tre che si ripete tre volte , generando forse una sorta di immobilità , una certa monotonia . Ma i punti di poesia autentica non mancano : diremo che sono sparsi , come improvvisi granelli di fuoco , nella polpa di questa prosa dal sapore noto . Franco Enriquez ha montato uno spettacolo movimentato , sullo sfondo delle scene , forse eccessivamente realistiche , dovute a Nino Perizi : uno spettacolo che , tuttavia , non ha toccato l ' autentica vena dell ' opera ; uno spettacolo fantasioso ma pesante , che ha preso le sue risorse più poetiche da un ' antica riserva di malinconia e musica . Degli interpreti , il migliore è stato Modugno che ha recitato e cantato con una tristezza solare , antica ; Enrica Corti ha dato alla protagonista un ardore sulfureo ( ma il personaggio non richiedeva anche umorismo e malinconia ? ) ; troppo realista Ottorino Guerrini ha però dato estro e ironia alle varie figurazioni del Pagnolo : la Borboni ha caratterizzato con tenerezza sordida la figura della Pilucchera . La monotonia dell ' opera ha ingenerato alla lunga una certa stanchezza e gli applausi alla fine sono stati freddini , non mancando qualche contrasto .
La crisi è permanente ( Bobbio Norberto , 1981 )
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Ancora una crisi . Si è sempre detto che le crisi non dovevano essere al buio . Ma più al buio di così ? Si è ammesso che una crisi poteva essere al buio purché fosse « pilotata » . Ma c ' è il pilota ? E se c ' è , si può sapere chi è ? Dal 1968 , da quando è cominciata la degenerazione del nostro sistema politico con quattro legislature interrotte anzitempo , e una quinta , la presente , sulla cui fine naturale nessuno è disposto a giurare , anche i tempi dei governi si sono accorciati : quindici in dodici anni rispetto ai venticinque dei primi ventitrè . Mi domando se questi dati di fatto siano presenti ai nostri governanti e perché , essendo impossibile che siano a loro ignoti , non ne tengano il minimo conto . La nostra classe politica ha inventato non la rivoluzione permanente ma la crisi permanente . Mai una volta che i protagonisti si degnino di spiegare ai loro elettori , di fronte ai quali sono o dovrebbero essere responsabili dei loro atti , quali siano la ragione e la necessità di una nuova crisi che in genere scoppia improvvisa come un temporale , anche se se n ' è sentito talvolta da lontano il brontolio . Si scopre un centro di potere occulto , dove ci sono corruttori , corrotti e corrompibili ? Un governo di persone responsabili , un governo autorevole , sospende subito i ministri sospettati , prende rapidamente provvedimenti per diminuire il danno e il discredito che le istituzioni democratiche ricevono da una scoperta così scandalosa , cerca di far luce al più presto sull ' associazione segreta contraria alla Costituzione ed eventualmente la scioglie . Niente di tutto questo : il governo si dimette , apre la crisi , e quindi lascia tutti i problemi non risolti per trovarseli aggravati quando la crisi sarà finita . Un governo di persone responsabili . Responsabili di fronte a chi ? Responsabili rispetto a che cosa ? Si è discusso in questi giorni in un convegno a cui io stesso ho partecipato il tema della responsabilità politica , un tema da affrontare con spirito realistico e strumenti concettuali adeguati . Quando si dice di una persona che è responsabile si possono intendere due cose diverse : a ) che risponde delle proprie azioni di fronte a qualcuno che sta sopra di lui ; b ) che agisce rendendosi esatto conto delle conseguenze delle proprie azioni . Proviamo a verificare l ' esattezza di questi due aspetti del problema considerando il termine contrario : irresponsabile . Nel linguaggio del diritto costituzionale si dice che un organo è irresponsabile , quando essendo al vertice del sistema non ha nessuno al di sopra di sé cui rispondere delle proprie azioni politiche ( si tratta di una caratteristica tradizionale del sovrano che vale , in base all ' art. 90 della nostra Costituzione , anche per il presidente della Repubblica ) . Ma quando dico , ad esempio , che uno di quei centauri catafratti come un guerriero antico che corre all ' impazzata in una via della città con la sua motocicletta fragorosa , è un irresponsabile , voglio dire non già che non risponde della sua azione di fronte a nessuno , ma che si comporta da scriteriato , da individuo che agisce senza tener conto delle conseguenze della propria azione . La gente dice sempre più spesso che la maggior parte dei nostri uomini politici sono degli irresponsabili . Ma in che senso lo dice ? Nel senso che non rispondono di fronte a nessuno ? o nel senso che agiscono senza preoccuparsi troppo dei malanni che la loro azione produce ? Credo che nell ' opinione pubblica prevalga il secondo significato , specie di fronte alle crisi di governo , che sono giustamente percepite come una malattia del sistema , onde l ' impressione che tanto più frequenti le crisi tanto più grave il malato . Nel giudizio comune la crisi di governo è un atto che richiede ponderazione e prudenza . L ' esperienza di questi anni dovrebbe aver insegnato che crisi di governo non ponderate e imprudenti impediscono alla legislatura di arrivare sino alla fine : una legislatura non sopporta più di cinque governi , in media uno all ' anno . La presente è già giunta al quarto ( dopo due governi Cossiga e uno Forlani ) ad appena due anni dall ' inizio con un ' accelerazione senza precedenti : un governo ogni sei mesi . Dal governo annuale al governo semestrale . A quando quello mensile ? Mentre i governi si accorciano , le crisi si allungano . E quando le crisi si allungano , le legislature si accorciano . Il presidente Pertini , che non è responsabile nel primo significato del termine ma ha un alto senso di responsabilità nel secondo ( il che prova quanto i due significati debbano essere tenuti distinti ) , ha più volte dichiarato che non intende sciogliere ancora una volta il Parlamento . Ha capito benissimo che la fine prematura della legislatura sarebbe un colpo mortale inferto al sistema democratico . Ma l ' hanno capito coloro che sono responsabili , nel senso costituzionale , del governo del paese ? Quando appaiono sugli schermi della televisione questi timonieri più bravi nel pilotare le crisi che i governi , appaiono sereni , sicuri di sé , non sfiorati da dubbi sulla rotta da seguire , come se fossero già in vista del porto . Lo spettatore si domanda con un senso di angoscia : sono o non sono coscienti del lento ma inesorabile logoramento del regime democratico provocato da queste crisi , sempre brevi a parole , sempre lunghe nei fatti , tanto promettenti quando si aprono quanto deludenti quando si chiudono ? Ma se fossero davvero coscienti si comporterebbero davvero in questo modo ? Ma allora sono degli incoscienti ? A questa domanda si può rispondere soltanto prendendo in considerazione l ' altra faccia del problema e ponendosi una diversa domanda : « Verso chi sono responsabili ? » Viene la tentazione di rispondere : « Verso nessuno » . Quando debbono cadere le teste , cadono generalmente quelle degli altri . Tanto che a giudicare dalle teste che cadono , si dovrebbe concludere che la nostra classe politica conti il maggior numero di cittadini illibati e incorruttibili . Eppure in un sistema democratico non dovrebbe rispondere , la classe politica , agli elettori ? Le elezioni popolari non dovrebbero servire a discriminare i buoni dai cattivi reggitori , gli onesti dai disonesti ? Ma è proprio così ? Purtroppo non è così . La reale potenza dei partiti sta nella capacità che essi hanno di controllare i loro controllori . I risultati elettorali di questi anni sono lì a dimostrare che la cosiddetta verifica periodica del consenso in cui consiste l ' essenza della democrazia si svolge in modo da dare alla classe politica che ci ha governato sinora la tranquilla coscienza che viene dall ' aver sottoposto la propria azione al verdetto del popolo , e insieme la convinzione di aver ben meritato della salvezza della patria . Controllando i propri controllori essa finisce per essere responsabile , sì , ma solo di fronte a se stessa . In tal modo , il sistema è , almeno sino ad ora , bloccato . Ma chi è in grado di sbloccarlo ?
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( Trieste , 16 gennaio 1915 ) . La notizia della terribile sciagura abbattutasi sul Lazio e sull ' Abruzzo ha destato qui profondo sgomento . La popolazione triestina , nonostante le gravi sventure che l ' hanno duramente colpita in questi ultimi tempi , ha avuto momenti di vera commozione e di pietà . Quando si diffuse in Trieste la voce degli spaventosi effetti del disastro , il compianto generale è stato vivissimo ed anche fra i più poveri , tra le famiglie stesse che hanno i loro cari al campo , si è manifestata l ' intenzione di contribuire all ' opera di soccorso in pro dei colpiti . Per coordinare nel miglior modo tutte queste volontà , si è pensato di costituire un comitato . Il male è che le autorità austriache di Trieste hanno fatto capire che in questi tempi di guerra non dovrebbe uscire neanche un soldo dai confini austriaci . Chi avvicina la luogotenenza , racconta che la notizia del terremoto fu accolta con soddisfazione immensa , poiché si spera che impedirà all ' Italia di intervenire nella guerra . Anche a Vienna la notizia del terremoto fu accolta con compiacimento .
PELLEGRINAGGIO ANNUALE DEGLI ORGANETTI ( BARZINI LUIGI JR. , 1933 )
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In primavera tutti i buoni organetti vanno a Novara . Vanno a farsi rinnovare le viscere come i grossi uomini d ' affari vanno nella stessa stagione a far la cura delle acque . Il repertorio di dieci saltellanti pezzi , che hanno divertito la folla domenicale in maniche di camicia , i giocatori di bocce e gli innamorati che si tengono la mano sotto il pergolato di mille osterie di campagna , va cambiato , e dieci nuove canzonette prendono il loro posto , segnate con dei chiodini sul grosso cilindro di legno nel ventre dello strumento . Nella cornicetta circolare sul fianco dell ' organetto s ' infila un nuovo menu musicale , scritto in due inchiostri , in tondo . Le lettere dei primi numeri e quelle degli ultimi sono serrate , per la mancanza di spazio , mentre quelle di mezzo si stirano per tutta la riga . Il lavoro di rinnovamento delle anime degli organetti , che occupa ora i tre mesi primaverili , un tempo invece , quando il pubblico non era così difficile , si faceva una volta ogni tanti anni . Sul cilindro stavano piantati dei buoni valzer , delle mazurke , delle polke che non stancavano mai . Ma oggi si vuole la canzonetta di moda , il nuovo ballo , e ci si annoia subito di tutto . È un pubblico eternamente insoddisfatto , sempre alla ricerca di brividi nuovi . E , una volta all ' anno , il repertorio va cambiato interamente . In un grande magazzino , oltre i binari della ferrovia , a Novara , in questi giorni , si lavora a tornire i cilindri di legno , a coprirli di carta bianca , a segnare le piccole tacche dove andranno i chiodini , e a piantare i chiodi tutti di un ' altezza uniforme . Il maestro è seduto davanti a una specie di piano sventrato che mostra la sua anima di arpa vestita di legno nero . Tutt ' intorno nel magazzino sono cadaveri di strumenti scoperchiati , odore di colla , e legname nuovo , bianco , di quel biancore indecente da nudità cittadina . Il musicista suona velocissimo una sinfonia silenziosa con un dito solo toccando uno dopo l ' altro i molti martelli di legno bianco . Con la mano sinistra gira lentamente una manovella , e s ' interrompe ogni tanto per dare un ' occhiata alla musica e per aggiustarsi gli occhiali sul naso . Ogni martello abbassato segna una tacca sulla carta del cilindro . La distanza tra nota e nota viene dosata con dei mezzi giri alla manovella che fa muovere il cilindro . Un operaio nella camera vicina sta piantando le puntine ; dove la musica vuole un trillo , sono una vicino all ' altra come una serie di punti di sospensione ... La musica per organetto viene adattata , prima di essere trascritta con i chiodi . Le possibilità dello strumento sono infinite , poiché si possono suonare quante note si vogliono contemporaneamente . Alcune case editrici pubblicano addirittura la partitura pronta per essere composta sul cilindro di legno . Per altri ballabili , gli adattamenti li fanno i maestri specializzati , all ' impiego delle case produttrici di Novara , sapienti nel cavare effetti dai tamburelli , dalle nacchere e dalla mandola introdotte negli strumenti migliori . Il periodo primaverile è forse quello che tiene più occupate le ditte di piani automatici a cilindro ( è il loro nome tecnico : chi li chiama organetti dimostra una indifferente ignoranza dell ' uso esatto delle parole ) . Perché l ' industria si trova immobilizzata da diverso tempo e sostiene una battaglia disperata contro dei nemici fortissimi : il grammofono e la radio . Il lavoro si è ridotto a qualche riparazione e al rinnovamento dei repertori . Strumenti nuovi non se ne fanno quasi più . Abbiamo condotto una piccola inchiesta tra i maggiori produttori per chiarire il loro punto di vista di fronte alla formidabile lotta che ha per campo tutte le trattorie con giardinetto , le « balere » pubbliche , i caffè , le osterie e perfino la pubblica strada , dove il girovago che vagava con un pianino montato su un carro va ora con un grammofono a valigetta , una sedia da pittore e quattro dischi afoni . Il primo fabbricante l ' abbiamo trovato in una casetta nascosta tra le muraglie anonime di magazzini di legname . Ci ha mostrato , nel suo laboratorio , alcuni piani nei diversi stadi di maturazione , piani di quelli veri , da suonarsi con dieci dita . Si è dedicato a questa produzione ha spiegato come ripiego , per tentare una strada nuova , poiché capiva che non andava più avanti nel vecchio articolo . Poi ci ha mostrato il magazzino , pieno di piani a cilindro polverosi , che nessuno vuole più . Pianini neri , con sul davanti una bella veduta di montagne , abeti e cascatella d ' acqua in litografia . Piani grossi , con tamburello , triangolo , mandola e nacchere , istoriati dalle evoluzioni rigidamente simmetriche di liane liberty . Lavorano in due : lui e un suo lungo figliolone , le cui gambe sembrano cresciute subitamente come quelle di un treppiede di macchina fotografica . « Le ragioni per cui l ' industria decade sono due : il gusto del pubblico , che va cambiando troppo rapidamente perché gli si possa tener dietro , e i diritti d ' autore da pagare , che , essendo rimasti fissi , sono diventati fuori proporzione al prezzo dello strumento , calato in questi anni . Immagini che in un anno l ' affittuario di un piano automatico paga di diritti più del costo dello strumento . È troppo . » Il secondo fabbricante ci ha aperto la porta tirando una funicella dalla cantina e ci ha chiesto attraverso un buco nel pavimento che cosa desideravamo . È salito per illustrarci alcuni strumenti che teneva di sopra , e un grande « gioco del calcio brevettato » , che ha mandato alla Fiera di Milano . I ventidue piccoli pupazzetti che rappresentano i giocatori hanno una gamba mobile e i calci si dirigono tirando delle maniglie . Il campo è fatto in modo che la palla va sempre a finire davanti allo scarpone di un giocatore . Abbiamo fatto una partita col proprietario , disputatissima . Questo è uno dei suoi tentativi per impiegare l ' ingegnosità appresa nel fabbricare piani automatici in qualcosa che sia più vicino al pubblico di oggi . Ma egli crede fermamente in una ripresa della sua arte . Appena potrà , si metterà a studiare uno strumento moderno . « Magari mettendoci un sassofono suonato da un mantice » spiega con entusiasmo . « Il periodo più fortunato , per me , » ha ricordato « è stato subito dopo la guerra . Gli strumenti andavano a ruba . Ma nel 1925 abbiamo cominciato a sentirci vicini alla fine . Oggi non si fa quasi più nulla . Per facilitare il rinnovamento dei repertori ho studiato un tipo di piano intercambiabile fatto in modo che qualsiasi cilindro della mia ditta vi si possa incastrare e suonare . Una volta era necessario spedire il piano completo alla fabbrica per far incidere nuove musiche . Oggi basta inviare il cilindro . Li abbiamo costruiti anche un poco più leggeri , ma pesano sempre più di una ventina di chili . In confronto al disco del grammofono , è enorme . » « I suoi ultimi lavori ? » « Sto facendo un piano grosso per Siracusa . Stile Settecento , con intagli e dorature . Dentro avrà tutto quello che c ' è di più moderno . » L ' intervista è stata interrotta dall ' arrivo di un girovago baffuto , il quale si è presentato sulla porta con la frusta in mano per spiegare che il suo piano non andava . Lo strumento era fuori , sul carretto , a cui era attaccato un cavalluccio melanconico dalle gambe storte . Si erano rallentate le corde della mandola e non aveva potuto far niente il giorno prima a Legnano . Sfortuna . C ' erano altri sei girovaghi arrivati per la fiera ed hanno guadagnato tutti abbastanza bene . Lui era stato obbligato ad andarsene . Sorridente , il suonatore ( che veniva da Frosinone , come quasi tutti i proprietari di piani automatici peripatetici ) ci ha mostrato il suo strumento . Di legno lucido , nuovo , portava davanti , al posto del panorama alpestre , una vetrinetta con una scena di campo di football e due giocatori di legno che muovevano una gamba lanciandosi a suon di musica una palla di gomma infissa su un filo di ferro che dondolava come un pendolo rovesciato . Il figlio del girovago , Michele , un bambinetto dagli occhi azzurri e la pancetta spinta in avanti , guardava silenzioso i due pupazzi , con ammirazione . La terza visita è stata dedicata alla più antica delle fabbriche e alla più famosa . Il nome del proprietario si leggeva scritto tra enormi viole del pensiero e margherite sulla tela che nascondeva la schiena di piani automatici in ogni parte del mondo . La grande casa , che l ' industria , nel suo periodo d ' oro , occupava completamente , è stata costruita dal defunto proprietario . Stile medioevale di terracotta , tra La partita a scacchi e il Trovatore , con piccole torri a poivrière , che sboccano dagli angoli . Nei fregi , la lira e la tromba s ' intrecciano con le foglie di palma e i rotoli di musica . Delle grandi donne sono affrescate lungo il muro , con in mano compassi , mappamondi , pennelli , tavolozze , rotoli di carta e lire . Potrebbero essere le nove muse se non fossero soltanto cinque . Saranno cinque muse scelte . L ' attività si è ridotta a un grande stanzone al primo piano . Là dove una volta lavoravano quaranta operai non ci sono , più che i tre soci proprietari : un giovanotto , che dirige l ' azienda , il più vecchio operaio che ha lavorato per trentotto anni allo stesso posto , e un altro veterano . Lo stanzone ha la volta bassa , nera di fumo . In fondo , un camino annerito , con un pentolino di colla fredda . Accatastate contro il muro , una decina di imposte da finestra , nuove , non ancora verniciate . Il più vecchio , con un ciuffo di capelli grigi e un paio d ' occhiali a stanghetta d ' acciaio , ci racconta i fasti della ditta .