StampaQuotidiana ,
La
recente
ristampa
delle
opere
principali
di
Gaetano
Mosca
(
Scritti
politici
,
a
cura
di
Giorgio
Sola
,
2
voll
.
,
Utet
,
Torino
1982
)
potrà
richiamare
l
'
attenzione
del
lettore
di
oggi
sulla
critica
del
sistema
parlamentare
di
un
secolo
fa
,
di
cui
Mosca
fu
uno
dei
più
autorevoli
rappresentanti
.
Dopo
aver
affermato
che
le
istituzioni
politiche
debbono
essere
tali
da
non
porre
gli
uomini
nella
condizione
di
perseguire
soltanto
il
proprio
interesse
a
danno
del
senso
morale
,
osserva
che
il
sistema
parlamentare
«
è
congegnato
in
modo
da
riuscire
una
generale
e
sistematica
contraddizione
di
questa
massima
»
.
Segue
il
commento
:
«
Tutti
in
esso
,
dal
più
alto
al
più
basso
,
dal
ministro
all
'
elettore
,
trovano
il
loro
privato
interesse
nel
tradire
quegli
interessi
pubblici
che
loro
sono
affidati
.
Tutti
devono
,
per
farsi
avanti
e
sostenersi
,
favorire
gli
aderenti
e
gli
amici
a
scapito
del
buon
andamento
degli
affari
,
della
coscienza
e
della
giustizia
»
.
E
poco
più
avanti
:
«
Procedendo
così
siamo
ridotti
a
tale
che
ormai
,
in
molti
rami
della
pubblica
azienda
,
non
si
può
più
avere
a
che
fare
col
governo
usando
dei
soli
modi
onesti
e
legali
,
e
bisogna
fare
il
camorrista
se
non
si
vuol
subire
un
atto
di
camorra
»
.
E
proprio
il
caso
di
dire
:
nulla
di
nuovo
sotto
il
sole
.
Non
si
rendeva
conto
il
giovane
Mosca
(
quando
scrisse
quelle
pagine
aveva
venticinque
anni
)
che
il
male
lamentato
ineriva
al
sistema
democratico
in
quanto
tale
,
più
specificamente
al
sistema
della
democrazia
rappresentativa
,
ovvero
al
regime
in
cui
il
potere
di
prendere
le
decisioni
collettive
spetta
ai
rappresentanti
del
popolo
e
il
diritto
di
rappresentare
il
popolo
dipende
dal
beneplacito
degli
elettori
:
se
la
caccia
al
favore
dell
'
elettore
da
parte
del
deputato
era
un
male
,
era
un
male
necessario
e
,
chi
sa
,
rispetto
ad
altri
sistemi
politici
,
un
male
minore
.
Però
l
'
amarezza
di
Mosca
e
di
tutti
gli
altri
critici
del
sistema
parlamentare
era
perfettamente
spiegabile
con
la
delusione
che
la
pratica
quotidiana
aveva
in
loro
suscitato
rispetto
alle
speranze
delle
origini
.
Alla
fine
del
Settecento
,
uno
dei
maggiori
scrittori
politici
americani
,
James
Madison
,
aveva
esaltato
lo
Stato
rappresentativo
che
stava
facendo
le
prime
prove
negli
Stati
Uniti
,
sostenendo
che
la
delega
dell
'
azione
governativa
a
un
piccolo
numero
di
cittadini
eletto
dagli
altri
avrebbe
dato
vita
a
«
un
corpo
scelto
di
cittadini
,
la
cui
provata
saggezza
avrebbe
potuto
meglio
discernere
l
'
interesse
effettivo
del
proprio
paese
,
e
il
cui
patriottismo
e
la
cui
sete
di
giustizia
avrebbe
reso
meno
probabile
che
si
sacrificasse
il
bene
del
paese
a
considerazioni
particolarissime
e
transitorie
»
.
Occorre
anche
aggiungere
che
i
costituenti
del
tempo
non
si
erano
affidati
soltanto
alla
presunta
lungimiranza
degli
elettori
:
infatti
,
come
si
poteva
credere
sul
serio
che
il
cittadino
chiamato
a
scegliere
chi
avrebbe
dovuto
decidere
per
lui
non
scegliesse
la
persona
o
il
partito
da
cui
poteva
trarre
il
maggior
tornaconto
?
Giacché
non
era
possibile
che
l
'
elettore
rinunciasse
a
fare
richieste
interessate
,
non
vi
era
altro
rimedio
che
quello
di
imporre
all
'
eletto
di
non
tenerne
conto
.
Così
fu
formulato
e
fatto
valere
il
principio
,
passato
alla
storia
col
nome
di
«
divieto
di
mandato
imperativo
»
,
secondo
cui
gli
eletti
avrebbero
dovuto
prendere
le
decisioni
di
cui
erano
investiti
nel
solo
interesse
della
nazione
in
generale
,
ad
onta
delle
richieste
particolaristiche
e
campanilistiche
(
oggi
si
direbbe
corporative
e
clientelari
)
di
coloro
che
li
avevano
mandati
col
loro
voto
in
Parlamento
.
Nella
Costituzione
francese
del
1791
fu
introdotto
il
seguente
articolo
:
«
I
rappresentanti
nominati
nei
dipartimenti
non
saranno
rappresentanti
di
un
dipartimento
particolare
,
ma
dell
'
intera
nazione
,
e
non
potrà
essere
dato
loro
alcun
mandato
»
.
Con
l
'
introduzione
e
l
'
applicazione
di
questa
regola
generale
(
una
delle
vere
e
proprie
regole
del
gioco
della
democrazia
rappresentativa
)
si
voleva
che
la
rappresentanza
parlamentare
non
riproducesse
più
gl
'
inconvenienti
della
tradizionale
rappresentanza
corporativa
,
in
base
alla
quale
chi
riceve
la
delega
a
rappresentare
la
propria
corporazione
deve
fare
esclusivamente
gl
'
interessi
di
questa
,
e
s
'
imponeva
un
vincolo
formale
alla
naturale
tendenza
dell
'
eletto
ad
accaparrarsi
i
favori
di
coloro
da
cui
dipende
la
sua
elezione
,
cui
corrisponde
la
tendenza
altrettanto
naturale
dell
'
elettore
a
scegliere
il
candidato
più
disposto
a
proteggerlo
.
Da
allora
,
il
principio
è
diventato
un
elemento
fondamentale
della
democrazia
rappresentativa
.
Per
restare
in
casa
nostra
lo
Statuto
albertino
stabiliva
che
:
i
deputati
rappresentano
la
nazione
in
generale
e
non
le
sole
province
in
cui
furono
eletti
,
Nessun
mandato
imperativo
può
loro
darsi
dagli
elettori
»
(
art.
41
)
;
la
Costituzione
repubblicana
ripete
:
«
Ogni
membro
del
Parlamento
rappresenta
la
nazione
ed
esercita
le
sue
funzioni
senza
vincolo
di
mandato
»
(
art.
67
)
.
Mai
divieto
è
stato
più
trasgredito
.
Non
si
capisce
neppure
come
avrebbe
potuto
essere
rispettato
,
anzitutto
perché
l
'
interesse
nazionale
ciascuno
l
'
interpreta
a
suo
modo
e
ogni
partito
crede
,
magari
anche
in
buona
fede
,
che
l
'
interesse
del
partito
coincida
con
l
'
interesse
della
nazione
,
e
poi
perché
nella
gara
elettorale
viene
premiato
in
genere
il
rappresentante
o
il
partito
che
si
è
preoccupato
non
tanto
dell
'
interesse
nazionale
quanto
di
quello
dei
propri
clienti
.
Il
divieto
di
mandato
imperativo
è
una
regola
senza
sanzione
.
Anzi
,
l
'
unica
sanzione
temibile
per
il
rappresentante
o
il
partito
è
quella
che
viene
dalla
trasgressione
della
regola
opposta
,
dalla
regola
cioè
che
impone
,
o
per
lo
meno
consiglia
,
di
soddisfare
il
più
possibile
le
richieste
dei
propri
elettori
.
Elettori
ed
eletti
sono
legati
a
filo
doppio
.
Il
loro
rapporto
è
un
rapporto
di
«
do
ut
des
»
,
un
vero
e
proprio
rapporto
di
scambio
,
in
cui
l
'
uno
col
proprio
voto
attribuisce
all
'
altro
un
potere
da
cui
si
aspetta
un
beneficio
e
l
'
altro
dispensa
un
beneficio
da
cui
si
aspetta
il
consenso
.
Forzando
,
ma
non
troppo
,
l
'
analogia
tra
lo
scambio
politico
e
lo
scambio
economico
,
si
può
dire
che
l
'
elettore
è
un
produttore
e
l
'
eletto
un
consumatore
di
potere
,
e
inversamente
l
'
elettore
è
un
produttore
e
l
'
eletto
un
consumatore
di
consenso
.
L
'
idea
,
del
resto
non
nuova
,
che
la
democrazia
possa
essere
paragonata
a
un
grande
e
libero
mercato
la
cui
merce
principale
è
il
voto
non
è
esaltante
.
Ma
è
da
tener
sempre
presente
per
capire
il
comportamento
degli
uomini
politici
specie
nell
'
imminenza
di
elezioni
.
Come
il
mercato
economico
,
anche
il
mercato
politico
sfugge
a
ogni
controllo
che
si
voglia
imporre
dall
'
alto
e
anche
da
questo
punto
di
vista
l
'
analogia
regge
alla
prova
dei
fatti
.
StampaQuotidiana ,
Giova
sperare
che
i
legionari
di
Fiume
o
a
dir
meglio
coloro
che
vorrebbero
snaturare
gli
scopi
della
loro
sedizione
patriottica
e
portarli
,
oltre
Fiume
,
ad
avventurose
stravaganze
nelle
quali
essi
avrebbero
le
beffe
e
la
patria
il
danno
,
prendano
atto
dell
'
atteggiamento
assunto
dall
'
opinione
pubblica
italiana
non
appena
fu
possibile
divulgare
i
loro
nuovi
propositi
e
gl
'
inizi
di
attuazione
.
Non
è
affatto
esagerato
dire
che
un
coro
unanime
di
riprovazione
s
'
è
levato
da
un
capo
all
'
altro
d
'
Italia
.
Quasi
tutti
disapprovano
la
degenerazione
dell
'
impresa
in
quanto
nuoce
gravemente
ai
fini
di
politica
estera
e
d
'
integrazione
territoriale
;
ma
tutti
quelli
che
hanno
senso
di
responsabilità
la
deplorano
vivacemente
,
con
cordoglio
e
con
sdegno
,
in
quanto
spezza
o
mira
a
spezzare
il
cardine
stesso
dello
Stato
e
dell
'
unità
e
dell
'
indipendenza
nazionale
:
che
è
appunto
la
disciplina
militare
,
infirmata
dalle
sobillazioni
del
Comando
di
Fiume
,
sconsacrata
dal
pronunciamento
dell
'
ammiraglio
Millo
,
che
ha
creduto
di
servire
la
patria
e
il
Re
abiurando
il
suo
giuramento
di
obbedienza
alla
patria
e
al
Re
.
Pochissime
,
insignificanti
,
estremamente
fiacche
e
tortuose
sono
le
difese
.
Qualche
interessato
vuol
far
credere
che
i
dannunziani
si
mossero
a
queste
prodezze
perché
era
imminente
l
'
attuazione
del
progetto
Tittoni
,
il
quale
sacrifica
,
essi
dicono
,
la
massima
parte
della
Dalmazia
senza
raggiungere
una
soddisfacente
soluzione
del
problema
di
Fiume
.
Sia
detto
senza
eufemismi
che
questa
accusa
è
contraria
alla
verità
.
Il
progetto
di
Tittoni
,
dal
momento
in
cui
Wilson
lo
respinse
,
non
è
mai
stato
vicino
all
'
attuazione
,
la
nostra
situazione
adriatica
è
ancora
tutta
quanta
in
forse
,
e
i
recenti
sviluppi
della
politica
europea
ed
americana
presenterebbero
probabilità
di
equi
miglioramenti
,
se
le
impulsive
violenze
dei
«
condottieri
»
non
paralizzassero
ogni
volontà
di
giuste
transazioni
.
Comunque
,
sia
o
non
sia
il
progetto
Fittoni
prossimo
ad
essere
attuato
,
spetta
al
paese
,
al
Parlamento
,
al
Governo
del
Re
accettarlo
o
respingerlo
,
sanzionarlo
o
annullarlo
.
L
'
Italia
ha
per
capitale
Roma
,
non
Fiume
,
né
Zara
;
è
governata
dal
suo
popolo
,
non
da
una
congiura
che
cuoce
di
dover
chiamare
militare
a
chiunque
ricordi
che
il
lealismo
dell
'
esercito
nazionale
fu
da
Novara
a
Vittorio
Veneto
,
attraverso
Custoza
e
Caporetto
,
il
più
augurale
palladio
della
nostra
fortuna
,
il
più
sicuro
sostegno
d
'
Italia
durante
l
'
avversità
.
Altri
,
turbati
dal
pericolo
di
corresponsabilità
intollerabili
,
tentano
di
nascondere
il
sole
con
le
cinque
dita
,
di
negare
l
'
evidenza
dei
detti
e
dei
fatti
e
dei
propositi
confessi
.
Pretendono
(
senza
nemmen
l
'
ombra
di
una
dimostrazione
almeno
indiziaria
)
che
le
notizie
dell
'
altra
sponda
siano
tendenziose
e
allarmiste
.
Ebbene
,
no
.
È
inutile
tergiversare
quando
i
propositi
di
«
propagare
l
'
incendio
»
e
di
far
cominciare
«
il
bello
»
furono
dal
Comando
di
Fiume
propalati
e
vantati
fin
dalla
metà
di
settembre
,
e
poi
sempre
nel
sèguito
,
tranne
quella
parentesi
di
sagge
parole
che
ingannarono
,
senza
addormentarli
,
quanti
sperarono
che
la
carità
di
patria
e
la
saggezza
fossero
nei
volontari
di
Ronchi
più
forti
della
faziosità
senza
legge
.
Non
serve
sofisticare
quando
i
detti
e
i
fatti
e
gli
scritti
di
D
'
Annunzio
e
di
Millo
sono
sulle
bocche
di
tutti
.
Non
ha
senso
smentire
quando
quelli
stessi
che
smentiscono
conobbero
e
volentieri
ripeterono
le
parole
di
colore
non
oscuro
preferite
dal
Comando
di
Fiume
.
Queste
scarse
e
inefficaci
eccezioni
non
fanno
che
confermare
la
regola
.
La
regola
è
,
nella
stampa
e
nell
'
opinione
pubblica
,
la
deplorazione
dei
fatti
e
dei
propositi
manifestati
a
Fiume
e
a
Zara
,
sopra
tutto
in
quanto
mandano
in
aria
la
disciplina
dell
'
esercito
e
della
flotta
e
staccano
la
forza
armata
dal
corpo
della
patria
,
facendone
un
moncherino
convulso
.
Vi
sono
giornali
,
non
sospetti
di
malanimo
verso
i
legionari
e
i
loro
capi
,
che
nello
sfruttamento
socialista
dello
spauracchio
imperialista
vedono
una
,
e
non
l
'
ultima
,
fra
le
cause
della
catastrofe
elettorale
del
16
novembre
.
Vi
sono
altri
che
sanno
quanto
l
'
infatuazione
sciovinista
abbia
nociuto
ai
fini
di
politica
estera
dell
'
Italia
ed
al
conseguimento
di
una
giusta
pace
adriatica
.
I
legionari
di
Fiume
o
,
a
dir
meglio
,
i
loro
capi
se
lo
tengano
per
detto
.
Ancora
sono
in
tempo
per
far
prevalere
il
bene
che
vogliono
all
'
Italia
sul
male
che
vorrebbero
arrecarle
,
per
farsi
assolvere
delle
cattive
intenzioni
con
l
'
astenersi
dalle
pessime
azioni
.
CAPRI ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
17
marzo
.
A
CAPRI
sta
per
scoppiare
la
primavera
.
Il
cielo
è
già
d
'
aprile
.
I
primi
mandorli
e
le
prime
violette
sono
fiorite
,
ma
i
limoni
sono
ancora
coperti
con
le
stoie
,
con
le
pagliarelle
come
dicono
qui
,
e
le
glicine
sono
ancora
in
boccio
.
Tutta
Capri
dal
monte
Solaro
alla
villa
di
Giove
è
in
boccio
.
Se
t
'
affacci
al
belvedere
dei
giardini
,
diciamo
pure
,
d
'
Augusto
,
se
passi
in
barca
tra
punta
Tragara
e
i
Faraglioni
e
fermi
un
minuto
i
remi
o
il
motore
,
sopra
l
'
asciutto
odor
del
salmastro
respiri
a
tratti
un
profumo
dolce
ma
lontano
,
come
un
canto
spezzato
dal
vento
.
S
'
arriva
di
sera
stanchi
e
distratti
.
Riusciremo
a
riposarci
?
Sotto
la
luna
e
le
poche
stelle
le
case
e
le
casette
di
gesso
bianco
,
di
gesso
crema
,
di
gesso
rosa
sulla
piazza
sembrano
finte
;
una
messinscena
per
Cavalleria
rusticana
o
per
le
Baruffe
chiozzotte
.
Si
va
a
dormire
,
sicuri
intanto
della
solitudine
e
del
silenzio
;
e
la
mattina
dopo
,
quando
si
spalanca
la
finestra
sul
mare
,
s
'
è
già
diversi
:
curiosi
,
alacri
,
ilari
,
in
pace
con
tutti
,
perfino
con
noi
stessi
.
Una
cinciallegra
gorgheggia
tra
i
rami
d
'
un
pino
.
Atmosfera
radiattiva
,
avvertono
le
guide
.
Svetonio
,
cui
quest
'
isola
deve
tanto
per
le
favole
di
cui
l
'
ha
incoronata
,
racconta
che
Augusto
s
'
innamorò
di
Capri
anche
perché
al
suo
arrivo
i
rami
secchi
d
'
un
antico
leccio
a
un
tratto
rinverdirono
.
All
'
aggettivo
nuovo
e
scientifico
preferisco
questa
favola
di
Svetonio
,
visibile
e
tangibile
.
Non
avevo
mai
compiuto
il
periplo
dell
'
isola
.
Da
questo
mare
di
zaffiri
e
brillanti
che
fa
nel
confronto
illividire
il
cielo
,
chi
visiti
giro
giro
tutte
le
grotte
,
da
quella
Azzurra
a
quella
Bianca
e
vi
penetri
finché
l
'
occhio
s
'
abitua
all
'
ombra
e
ai
riflessi
;
chi
guardi
dall
'
acqua
le
altezze
scoscese
delle
rupi
dei
monti
e
a
un
tratto
ammiri
dalla
Marina
piccola
il
biancheggiare
delle
ville
,
l
'
affoltarsi
degli
alberi
,
dei
parchi
,
dei
vigneti
,
dei
colonnati
,
delle
arcate
,
di
ripiano
in
ripiano
,
proprio
in
quel
punto
dove
l
'
isola
si
restringe
e
s
'
avvalla
come
una
donna
alla
cintola
,
i
misteri
dell
'
incanto
di
Capri
si
svelano
tutti
;
e
si
possono
dire
tutti
ad
alta
voce
.
Primo
,
il
più
elementare
:
che
Capri
è
un
'
isola
,
meglio
una
piccola
isola
,
a
distanza
ragionevole
da
una
grande
città
.
S
'
è
isolati
,
ma
non
tanto
;
protetti
,
ma
non
carcerati
.
Si
sbarca
a
Palermo
o
a
Messina
,
a
Cagliari
o
a
Golfo
Aranci
,
e
dopo
dieci
minuti
di
treno
o
d
'
automobile
il
fatto
d
'
essere
in
un
'
isola
è
solo
una
nozione
,
non
più
una
sensazione
.
Ora
,
per
essere
commosso
e
sedotto
,
l
'
uomo
deve
prima
vedere
che
sentire
,
prima
sentire
che
pensare
.
Qui
ad
ogni
passo
vediamo
il
mare
,
sentiamo
il
mare
,
l
'
odore
e
il
fiotto
del
mare
che
ci
separa
dal
resto
dell
'
umanità
.
In
chi
viene
qui
,
cresce
con
pochi
giorni
un
orgoglio
simile
a
quello
del
castellano
dentro
il
suo
castello
nel
mezzo
dei
suoi
bastioni
e
fossati
.
Quelli
infatti
che
vogliono
raggiungere
l
'
isola
,
prima
hanno
da
purificarsi
in
un
lavacro
almeno
di
vento
e
d
'
azzurro
;
e
quando
approdano
sono
i
barbari
,
venuti
in
barca
da
oltre
mare
.
Appena
dal
buco
della
funicolare
escono
al
sole
sulla
piazza
Umberto
,
i
vecchi
di
Capri
,
anche
se
romani
o
milanesi
,
tedeschi
o
americani
,
li
sbirciano
con
aria
benevola
ma
distratta
:
E
adesso
che
farà
questo
sperduto
?
E
adesso
dove
andrà
questo
spaesato
?
Loro
conoscono
tutta
Capri
,
che
è
un
poco
più
di
mezzo
mondo
;
e
quel
neonato
ancora
ha
da
imparare
come
si
respira
quest
'
aria
,
ancora
non
sa
che
domani
sarà
un
altro
.
Il
facchino
che
gli
porta
le
valige
,
gli
parla
con
tenerezza
come
la
nutrice
al
poppante
.
E
si
pensi
che
ogni
anno
passa
da
Capri
un
mezzo
milione
di
forestieri
e
che
un
altro
mezzo
milione
vi
dorme
almeno
una
notte
:
quelli
che
gli
albergatori
,
con
un
termine
tra
ascetico
e
spiritico
,
chiamano
le
presenze
.
Certo
chi
arriva
è
preparato
bene
.
Coloro
che
approdano
a
Capri
,
vengono
da
Napoli
o
da
Sorrento
:
città
e
luoghi
di
quelli
che
in
ogni
angolo
del
mondo
gl
'
innamorati
e
i
sapienti
,
i
poeti
e
i
politici
,
i
mistici
e
gli
epicurei
,
i
malati
con
la
speranza
di
fuggire
la
morte
e
i
sani
col
proposito
di
raddoppiare
la
vita
,
èvocano
tra
un
sospiro
di
rimpianto
e
un
sorriso
di
speranza
.
Ma
sono
città
di
terraferma
da
dove
si
passa
anche
per
necessità
,
senza
pensare
propriamente
a
ristorarsi
e
a
curarsi
anima
e
corpo
.
Capri
invece
,
dall
'
apparenza
inviolabile
,
è
la
tebaide
degli
epicurei
:
epicurei
,
spero
,
nel
senso
buono
ed
autentico
,
che
pongono
cioè
la
rettitudine
nel
dire
la
verità
,
la
verità
nella
concreta
esperienza
,
la
felicità
del
corpo
,
modestamente
,
nell
'
assenza
del
dolore
,
e
la
felicità
dell
'
animo
nella
serenità
della
coscienza
,
anche
a
costo
di
tempestive
rinunzie
.
Per
questa
vaga
somiglianza
con
la
Tebaide
degli
anacoreti
,
ma
a
portata
di
tutte
le
macchine
fotografiche
,
Capri
ha
appunto
i
suoi
monti
deserti
e
dirupati
che
si
sprofondano
a
picco
nel
mare
per
altre
centinaia
di
metri
e
che
soltanto
le
bigie
spatole
dei
fichidindia
,
le
chiazze
cupe
dei
lentischi
,
i
ciuffi
azzurrastri
dei
ginepri
e
gli
scheletri
d
'
antiche
torri
ravvivano
;
e
ha
le
sue
cento
grotte
dagli
echi
infernali
e
dai
riflessi
insidiosi
proprio
come
quelli
che
abbagliavano
sedici
secoli
fa
nel
deserto
tebaico
gli
occhi
di
Antonio
e
di
Pacomio
.
Si
pensi
che
per
entrare
nella
Grotta
azzurra
dallo
spacco
tagliato
o
allargato
dai
romani
s
'
ha
da
chinare
il
capo
o
stendersi
umili
sul
fondo
della
barchetta
,
e
che
destate
nella
gran
calura
molte
bagnanti
,
vestite
come
tutti
le
vedono
,
vanno
a
immergervisi
e
a
nuotare
,
con
l
'
illusione
d
'
entrare
nel
turchino
del
paradiso
facendo
semplicemente
le
morte
sull
'
acqua
.
Illusioni
,
ripeto
,
le
quali
talvolta
arrivano
all
'
allucinazione
;
ma
sul
cammino
della
virtù
dovunque
,
specie
a
Capri
dove
ogni
sentierucolo
è
forcuto
come
le
corna
del
demonio
,
sperar
di
distinguere
sùbito
l
'
illusione
dalla
realtà
è
quasi
inumano
.
Si
distingue
dopo
,
quando
,
reclinato
ancora
una
volta
il
capo
in
atto
di
penitenza
,
si
riscivola
verso
l
'
aperto
sole
,
e
le
barchette
verdi
bianche
turchine
ci
ballano
attorno
leggere
come
per
congratularsi
della
nostra
salvazione
.
Questa
maestà
,
grandezza
,
rudezza
o
indifferenza
della
natura
è
necessaria
all
'
uomo
che
cerca
la
pace
,
e
volentieri
la
chiama
felicità
.
A
Capri
la
trova
presto
:
sulla
terra
dopo
pochi
passi
,
sul
mare
dopo
poche
bracciate
.
Sotto
la
rupe
eccelsa
e
inaccessibile
,
ecco
,
egli
si
sente
minimo
,
trascurabile
,
invisibile
,
dimenticato
;
si
sente
cioè
in
libertà
.
Anche
se
sono
in
due
,
si
sentono
invisibili
e
in
libertà
,
e
stesi
su
uno
scoglio
polito
dall
'
onde
o
tappezzato
di
licheni
,
si
crògiolano
a
occhi
chiusi
nell
'
afa
del
mezzodì
,
si
lasciano
ventilare
dalla
bava
che
là
sotto
increspa
l
'
onda
.
Una
lucertola
.
Una
farfalla
.
Silenzio
.
Tutto
il
loquacissimo
mondo
è
finalmente
ammutolito
.
L
'
umanità
è
di
là
dal
mare
.
Lo
sguardo
più
vicino
è
quello
del
sole
;
la
legge
più
vicina
è
quella
del
sole
,
che
fa
la
notte
e
il
giorno
,
e
niente
altro
.
Ma
nell
'
isola
di
Capri
è
un
altro
elemento
che
può
sembrare
misterioso
e
non
lo
è
:
la
storia
.
Nessun
paese
del
mondo
è
,
in
questo
,
più
misterioso
dell
'
Italia
la
quale
invece
appare
tutta
limpida
e
assolata
.
Nessun
paese
è
infatti
formato
di
tante
civiltà
sovrapposte
,
l
'
una
nascosta
dall
'
altra
ma
anche
l
'
una
nata
dall
'
altra
.
Civiltà
fenicia
,
civiltà
greca
,
civiltà
etrusca
,
civiltà
romana
,
civiltà
bisantina
,
civiltà
cristiana
,
civiltà
musulmana
,
qui
s
'
intrecciano
e
si
confondono
tanto
indissolubilmente
,
per
formare
dal
mille
in
poi
la
civiltà
italiana
,
che
non
v
'
è
mente
umana
capace
di
sciogliere
il
groviglio
delle
cento
radici
al
piede
di
quest
'
albero
sovrano
e
sempre
fiorito
.
Non
v
'
è
bisogno
che
il
viaggiatore
sia
un
erudito
per
provare
sotto
questo
incanto
uno
sgomento
quasi
religioso
,
come
non
occorre
essere
astronomi
per
sentire
l
'
infinito
del
cielo
dietro
il
palpito
delle
stelle
.
Basta
ch
'
egli
abbia
gli
occhi
aperti
e
un
cuore
d
'
uomo
.
Anche
a
Capri
,
in
questa
isoletta
,
sono
passati
fenici
,
greci
,
romani
,
bisantini
,
saraceni
e
,
alla
fine
,
i
napoletani
del
Seicento
e
del
Settecento
,
i
secoli
della
musica
e
della
passione
;
e
ancora
cantano
.
Ma
sopra
tutti
stanno
Augusto
e
Tiberio
,
Timberio
come
lo
chiamano
qui
.
Non
si
vedono
?
Dovunque
si
scava
,
alla
Marina
Grande
o
alla
Certosa
,
su
a
Santa
Maria
del
Soccorso
o
giù
a
Punta
Tragara
,
anche
dopo
secoli
di
ladrerie
straniere
,
blocchi
di
tufo
,
muraglie
di
piscine
,
fondamenti
di
ville
,
rocchi
di
colonne
,
lapidi
schiantate
tornano
alla
luce
.
Le
rovine
romane
sul
mare
,
gialle
e
rosse
in
mezzo
all
'
acqua
,
sembrano
più
resistenti
degli
scogli
.
L
'
onda
vi
si
rompe
da
secoli
,
e
a
mare
mosso
le
copre
;
torna
la
calma
,
e
rieccole
,
lucide
,
regolari
,
solenni
.
Non
è
vero
che
il
turista
distratto
e
cronometrato
rimanga
indifferente
alla
vista
di
questi
ruderi
.
Non
si
renderà
conto
a
parole
dell
'
effetto
che
gli
fanno
,
perché
questo
è
il
nostro
destino
dal
primo
vagito
all
'
ultimo
addio
:
che
di
quanto
veramente
ci
tocca
nel
profondo
e
ci
forma
e
ci
muta
e
ci
uccide
,
l
'
intelletto
per
lo
più
non
s
'
avveda
perché
non
ha
tempo
o
ha
paura
.
Ma
la
vista
di
queste
antichità
dànno
anche
al
passante
,
al
gaudente
e
all
'
ignorante
il
conforto
d
'
un
sentimento
che
noi
Italiani
possiamo
chiamare
l
'
immortalità
dell
'
Italia
e
che
a
uno
straniero
basta
chiamare
la
certezza
della
durata
.
Egli
sbarca
qui
,
solo
o
in
compagnia
,
stanco
o
ammalato
o
innamorato
.
Ha
udito
tanto
parlare
di
Capri
e
del
suo
fascino
.
Capri
,
dieci
chilometri
quadrati
:
un
ninnolo
.
Nuova
York
è
molto
più
grande
.
Sul
moletto
di
Sorrento
,
accanto
alla
garitta
gialla
e
blu
,
un
omino
vende
nacchere
,
le
gitta
destramente
dalla
riva
nel
battello
,
coglie
a
volo
i
soldi
che
gli
pagano
.
È
l
'
Italiano
,
pel
turista
,
stereotipato
:
ballerino
,
canterino
,
giocoliere
,
merciaio
ambulante
.
Ma
Capri
s
'
avvicina
:
monti
rocciosi
,
nudi
,
scabri
,
rósi
dal
vento
,
ostili
,
e
a
fior
d
'
acqua
muraglie
immani
,
fatte
d
'
un
reticolato
a
scacchi
di
tufo
.
-
Che
cosa
?
Tiberio
?
La
piscina
di
Tiberio
?
Quasi
duemil
'
anni
?
Il
peso
dei
millenni
come
il
peso
della
rupe
riducono
anonimo
e
minimo
lo
straniero
:
uno
,
sperduto
tra
milioni
.
Cerca
con
lo
sguardo
l
'
amico
o
l
'
amica
.
Anch
'
essi
cercano
lo
sguardo
di
lui
,
ma
senza
appoggiarvisi
,
quasi
che
la
troppa
luce
annebbi
tutti
gli
occhi
.
I
più
restii
puntano
sulle
rupi
e
sulle
rovine
la
macchinetta
fotografica
:
ne
rapiscono
un
attimo
,
della
loro
misura
.
Poi
anche
essi
si
stancano
di
chiudere
un
occhio
e
di
schiacciare
l
'
altro
sulla
spia
,
per
veder
piccolo
;
e
si
lasciano
invadere
dalla
luce
e
dalla
grandezza
,
come
chi
si
gitti
a
nuoto
,
finalmente
,
nel
refrigerio
del
mare
.
Di
preciso
niente
sanno
.
Vedono
e
sentono
;
e
basta
.
La
forza
degl
'
imponderabili
,
come
una
volta
i
fisici
chiamavano
nientemeno
l
'
elettricità
,
il
calore
e
la
luce
.
Se
la
primavera
fosse
scoppiata
,
non
s
'
avrebbe
più
voglia
di
tessere
queste
tele
di
ragno
che
si
chiamano
ipotesi
.
Ma
siamo
proprio
sulla
soglia
.
Stamane
,
affacciandomi
dal
mio
poggiolo
sul
giardino
dell
'
albergo
,
ho
udito
una
voce
femminile
,
di
contralto
,
annunciare
da
giù
in
inglese
a
qualcuno
che
doveva
guardare
dal
piano
sopra
al
mio
:
John
,
John
,
sai
che
ho
trovato
?
Ho
trovato
due
fiori
d
'
arancio
.
Una
voce
sarcastica
e
rugginosa
ha
risposto
dall
'
alto
:
Esagerata
.
Oh
John
...
La
donna
in
giardino
aveva
la
figura
svelta
e
giovanile
,
il
volto
meno
;
e
indossava
un
paio
di
pantaloni
turchini
,
tagliati
a
campana
come
quelli
dei
marinai
.
Ma
non
avevo
badato
all
'
accento
sull
'
o
di
John
,
aperto
o
chiuso
,
e
non
ho
capito
se
chi
le
rispondeva
dall
'
alto
era
una
Joan
o
un
John
,
una
Giovanna
o
un
Giovanni
.
Piccolezze
.
StampaQuotidiana ,
Direttore
del
Piccolo
Teatro
,
Paolo
Grassi
,
presentando
questa
commedia
,
primo
tentativo
di
Cesare
Zavattini
in
teatro
,
ha
scritto
che
non
si
tratta
tanto
di
una
commedia
quanto
d
'
una
conferenza
biografica
,
d
'
una
specie
di
«
mostra
personale
»
dell
'
autore
.
È
giusto
.
Se
qualcuno
,
questa
sera
,
si
è
recato
alla
«
Fenice
»
per
la
prima
rappresentazione
di
Come
nasce
un
soggetto
cinematografico
aspettandosi
di
assistere
ad
una
commedia
costruita
secondo
i
moduli
normali
(
la
cui
gamma
varia
,
naturalmente
,
dalla
tradizione
all
'
avanguardia
)
non
può
che
esserne
rimasto
deluso
.
Ma
costui
dimostrerebbe
di
non
aver
capito
lo
spirito
dell
'
iniziativa
presa
dal
Piccolo
Teatro
:
che
era
di
portare
alla
prova
del
palcoscenico
la
particolarissima
fantasia
di
questo
scrittore
:
non
uno
Zavattini
drammaturgo
,
regolarmente
inquadrato
entro
le
tecniche
(
e
le
convenzioni
)
,
uno
Zavattini
cioè
che
probabilmente
non
avremo
mai
;
ma
la
sua
fantasia
,
surreale
,
tenera
,
crepuscolare
,
con
la
lacrima
;
stupefacente
e
un
tantino
meccanica
.
Nella
sua
non
folta
produzione
letteraria
Zavattini
,
lo
sanno
tutti
,
ha
un
versante
diaristico
,
autobiografico
.
Egli
ha
il
gusto
della
confessioncella
quotidiana
,
del
giornalismo
privato
.
Come
nasce
un
soggetto
cinematografico
è
una
lunga
pagina
di
quei
suoi
diari
portata
in
termini
drammatici
.
Se
sfrondiamo
lo
spettacolo
di
tutti
i
particolari
accessori
(
che
sono
molti
,
alcuni
funzionali
,
numerosi
altri
no
)
,
esso
si
riduce
a
questo
:
Antonio
,
scrittore
di
cinema
,
che
ha
raggiunto
con
il
suo
lavoro
l
'
agiatezza
,
che
ha
una
bella
moglie
in
procinto
di
dargli
un
bambino
,
una
comoda
casa
,
insomma
una
solida
posizione
borghese
,
morde
il
freno
della
censura
e
del
conformismo
,
sente
la
punta
della
solidarietà
sociale
,
il
«
dolore
del
mondo
»
,
insomma
,
o
come
volete
chiamarlo
,
che
gli
arriva
,
se
appena
tende
l
'
orecchio
,
simile
al
rombo
del
mare
in
una
conchiglia
.
Che
può
fare
?
Come
due
carabinieri
gli
stanno
ai
fianchi
,
mentre
lavora
,
da
una
parte
il
censore
,
dall
'
altra
il
produttore
,
voci
alleate
,
quantunque
a
volte
discordi
,
della
convenzione
morale
e
dell
'
utile
economico
.
In
uno
stato
di
esterrefatto
fervore
,
che
si
prolunga
per
una
buona
metà
del
primo
tempo
,
egli
propone
ai
due
diversi
spunti
e
idee
che
vengono
regolarmente
bocciati
,
finché
trova
la
storia
dell
'
occhio
.
Un
disoccupato
,
Giacomo
N
.
,
accetta
di
vendere
uno
dei
propri
occhi
a
un
guercio
riccone
,
un
grosso
industriale
che
si
sente
gravemente
menomato
nella
condotta
dei
propri
affari
dal
fatto
di
vederci
da
una
parte
sola
.
Sennonché
,
già
pattuito
il
compenso
,
dodici
milioni
,
un
istante
prima
che
l
'
operazione
venga
eseguita
,
Giacomo
e
sua
moglie
si
pentono
e
fuggono
.
Vengono
inseguiti
e
ripresi
.
È
la
società
che
non
permette
loro
di
uscire
dal
cerchio
di
un
crudele
dare
e
avere
.
A
una
conclusione
simile
del
progettato
film
sia
il
produttore
che
il
censore
,
naturalmente
,
si
oppongono
.
Ed
è
allora
che
Antonio
si
ribella
,
abbandona
la
casa
,
la
comoda
posizione
borghese
,
la
bella
moglie
e
torna
alla
sua
vecchia
abitazione
e
condizione
,
di
quando
ancora
non
era
celebre
e
ricco
,
fra
la
gente
del
popolo
.
A
questo
punto
però
si
rivela
la
sua
insufficienza
morale
.
Perché
capitolerà
alla
fine
,
Antonio
?
Cosa
lo
piega
alla
sconfitta
?
Sono
le
insinuazioni
dei
ricordi
,
dirà
qualcuno
,
la
nostalgia
della
vita
di
prima
,
le
memorie
e
gli
affetti
abbandonati
.
Ma
altri
potrà
affermare
,
con
uguali
probabilità
di
non
sbagliarsi
:
è
l
'
impossibilità
di
vivere
tra
gli
uomini
,
lo
dice
lui
stesso
.
Questa
è
comunque
la
parte
più
confusa
della
liricizzante
sceneggiatura
;
inconveniente
pericoloso
,
siamo
alla
svolta
dialettica
della
vicenda
.
Antonio
finirà
con
l
'
immaginare
di
uccidersi
.
In
realtà
non
lo
farà
,
quello
della
morte
sarà
,
nella
commedia
,
un
tetro
sogno
didascalico
per
dar
la
possibilità
all
'
autore
di
dire
determinate
cose
.
Il
falso
ribelle
tornerà
,
invece
,
nel
comodo
alveo
del
compromesso
,
accanto
alla
moglie
esigente
e
dolce
,
fra
i
due
angeli
custodi
della
sua
condizione
economica
e
sociale
:
il
produttore
e
il
censore
.
È
il
film
dell
'
uomo
che
doveva
vendere
un
occhio
avrà
la
conclusione
ottimistica
suggerita
da
costoro
.
Questo
è
il
traliccio
della
sceneggiatura
,
cui
sono
appesi
,
come
a
un
albero
,
le
«
gags
»
,
gli
«
sketches
»
le
«
punte
secche
»
,
i
piccoli
fulmini
satirici
tipici
dello
Zavattini
del
cinema
;
e
,
soprattutto
,
dell
'
umorista
stupefatto
di
I
poveri
matti
e
Parliamo
tanto
di
me
.
Un
orecchio
attento
troverà
anche
,
in
tutto
questo
,
una
certa
dose
di
cattiva
letteratura
;
ma
anche
molto
coraggio
,
vedi
il
quadro
del
prete
che
viene
per
richiamare
il
protagonista
alla
coscienza
religiosa
e
si
lascia
convincere
a
confessarsi
:
Io
ascoltiamo
versare
nell
'
orecchio
del
laico
i
propri
sussurri
di
penitente
.
Le
nostre
riserve
non
sono
su
certi
aspetti
formali
del
poemetto
teatrale
-
cinematografico
,
sappiamo
benissimo
che
Zavattini
è
questo
,
intuizioni
e
lampi
geniali
su
uno
sfondo
di
sentimentalismo
.
Il
fatto
è
piuttosto
che
l
'
individuale
caso
di
coscienza
messo
in
scena
non
riesce
a
diventare
processo
per
tutti
,
richiamo
a
una
responsabilità
collettiva
,
come
deve
essere
sempre
del
teatro
impegnato
sulle
verità
morali
.
Ma
sulla
felicità
inventiva
e
l
'
audacia
polemica
,
specialmente
nella
prima
parte
,
non
ci
sono
dubbi
.
Un
testo
del
genere
lascia
al
regista
una
libertà
solo
apparente
;
in
realtà
determina
la
linea
stilistica
dello
spettacolo
.
Zavattini
ha
inserito
in
questo
suo
lungo
monologo
proiezioni
di
diapositive
,
.
un
impressionante
via
vai
di
«
barzellette
animate
»
,
alcune
canzoni
e
due
minuti
buoni
di
pellicola
al
finale
.
Virginio
Puecher
ha
messo
ordine
nel
mobile
plasma
e
lo
spettacolo
con
le
scene
di
Damiani
e
le
musiche
di
Carpi
ha
l
'
indubbio
marchio
di
fabbrica
delle
produzioni
del
«
Piccolo
»
,
ma
dovrà
essere
rodato
e
snellito
.
Quanto
agli
interpreti
bisognerebbe
esaminarli
in
una
occasione
più
tranquilla
:
ci
limiteremo
a
sottolineare
l
'
appassionato
impegno
di
tutto
il
complesso
,
nel
quale
spiccano
Tino
Buazzelli
,
il
protagonista
,
per
quella
sua
lirica
ironica
concitazione
,
Enzo
Tarascio
e
Andrea
Matteuzzi
suoi
vibranti
antagonisti
dialettici
,
il
recuperato
interprete
di
Ladri
di
biciclette
,
Lamberto
Maggiorani
,
che
supera
con
popolaresca
sincerità
l
'
impaccio
dell
'
esordiente
,
la
bella
Luisa
Rossi
,
Elena
Borgo
,
Lia
Rainer
,
Ottavio
Fanfani
e
Gabriella
Giacobbe
.
StampaQuotidiana ,
L
'
analogia
tra
mercato
economico
e
mercato
politico
deve
essere
però
presa
con
una
certa
cautela
.
L
'
analogia
è
fondata
sulla
considerazione
che
tra
l
'
elettore
e
l
'
eletto
si
può
configurare
un
rapporto
di
«
do
ut
des
»
,
come
quello
che
avviene
nel
mercato
tra
compratore
e
venditore
.
Ciò
che
l
'
elettore
dà
al
partito
o
alla
persona
cui
concede
il
proprio
voto
è
il
bene
politico
per
eccellenza
,
il
potere
,
ovvero
la
capacità
di
ottenere
effetti
desiderati
.
Ciò
che
egli
si
aspetta
in
cambio
è
che
il
potere
così
conferito
venga
esercitato
a
suo
vantaggio
.
Ma
a
differenza
di
quel
che
avviene
nel
mercato
,
l
'
elettore
non
conosce
in
anticipo
l
'
effetto
della
sua
scelta
,
perché
il
maggiore
o
minor
potere
del
partito
o
del
candidato
cui
ha
dato
il
voto
dipende
anche
dal
maggiore
o
minore
numero
di
voti
che
essi
riceveranno
da
altri
elettori
sui
quali
egli
non
esercita
di
solito
alcuna
influenza
.
In
un
sistema
maggioritario
,
in
cui
dei
due
candidati
in
lizza
l
'
uno
vince
e
l
'
altro
perde
,
chi
vota
per
il
candidato
perdente
ha
scambiato
il
proprio
voto
,
il
bene
che
egli
possiede
come
cittadino
che
gode
dei
diritti
politici
,
con
una
speranza
che
non
si
è
realizzata
.
Ma
anche
in
un
sistema
proporzionale
dove
ogni
voto
va
a
segno
,
il
maggiore
o
minore
effetto
del
mio
voto
come
datore
di
consenso
dipende
da
come
votano
gli
altri
,
cioè
da
una
circostanza
di
cui
ogni
elettore
non
può
avere
che
una
vaga
conoscenza
.
Anche
nel
caso
in
cui
il
voto
contribuisca
a
dare
potere
a
un
partito
o
a
un
candidato
,
non
è
detto
che
il
potere
da
questi
ricevuto
sia
tanto
grande
da
consentire
l
'
esaudimento
delle
domande
poste
dall
'
elettore
.
Superfluo
sottolineare
la
diversa
capacità
di
rispondere
alle
domande
degli
elettori
,
rispettivamente
,
di
un
partito
di
governo
e
di
un
partito
di
opposizione
.
Votando
,
l
'
elettore
non
sa
con
esattezza
in
anticipo
se
il
partito
o
il
candidato
che
egli
vota
farà
parte
del
governo
o
dell
'
opposizione
.
Vota
anche
in
questo
caso
a
suo
rischio
e
pericolo
,
offrendo
l
'
unico
bene
che
ha
nell
'
arena
politica
,
ancora
una
volta
,
per
scambiarlo
con
un
bene
soltanto
sperato
.
Il
rapporto
che
si
viene
instaurando
fra
l
'
elettore
e
l
'
eletto
è
simile
a
quello
di
un
contratto
aleatorio
,
in
cui
a
una
prestazione
certa
da
una
parte
corrisponde
una
prestazione
incerta
dall
'
altra
,
come
avviene
in
una
lotteria
.
(
La
miglior
prova
che
le
elezioni
vengono
percepite
come
una
sorta
di
lotteria
,
sta
nell
'
intensa
curiosità
con
cui
nei
giorni
successivi
al
voto
sono
seguite
le
operazioni
di
spoglio
delle
schede
)
.
L
'
altra
ragione
per
cui
l
'
analogia
del
mercato
politico
non
può
essere
presa
alla
lettera
sta
nella
varietà
e
complessità
delle
motivazioni
di
voto
.
Il
rapporto
tra
elettore
ed
eletto
si
può
assimilare
a
un
rapporto
di
scambio
,
paragonabile
a
quelli
che
avvengono
nel
mercato
,
solo
nel
caso
del
cosiddetto
voto
clientelare
,
nel
caso
cioè
in
cui
tra
elettore
ed
eletto
sia
avvenuta
un
'
intesa
personale
come
quella
che
passa
tra
patrono
e
cliente
,
e
il
primo
abbia
concordato
col
secondo
,
se
pure
sempre
con
un
margine
di
rischio
,
un
beneficio
specifico
,
come
l
'
assegnazione
di
una
pensione
,
di
una
casa
o
di
un
posto
.
Che
poi
il
cliente
sia
,
anziché
un
singolo
individuo
,
un
gruppo
d
'
interesse
che
ottiene
un
favore
economico
in
cambio
di
un
appoggio
politico
,
la
cosa
non
cambia
.
Ma
non
tutti
i
voti
sono
clientelari
.
Gli
studiosi
di
politica
(
mi
riferisco
in
particolare
a
Gianfranco
Pasquino
)
prendono
in
considerazione
,
accanto
al
voto
di
scambio
,
il
voto
di
appartenenza
,
che
è
il
voto
di
chi
si
è
identificato
talmente
in
un
determinato
partito
da
dare
ad
esso
il
proprio
appoggio
indipendentemente
dalle
decisioni
politiche
che
esso
prenderà
e
da
quelle
che
impedirà
,
e
quindi
dall
'
esigenza
di
soddisfare
interessi
individuali
e
specifici
;
e
il
voto
di
opinione
,
che
è
il
voto
dato
a
un
partito
per
una
certa
consonanza
o
concordanza
nelle
vedute
generali
,
nel
programma
globale
di
conservazione
o
di
riforma
,
senza
un
particolare
riguardo
ai
propri
interessi
immediati
.
Di
queste
ultime
due
motivazioni
di
voto
quella
che
si
contrappone
maggiormente
alla
motivazione
derivata
dall
'
interesse
personale
,
è
la
motivazione
che
sottostà
al
voto
di
opinione
.
Il
voto
di
appartenenza
è
per
certi
aspetti
un
voto
di
opinione
(
«
le
idee
del
partito
sono
le
mie
idee
»
)
,
sotto
altri
un
voto
di
scambio
(
«
gl
'
interessi
del
partito
sono
i
miei
stessi
interessi
»
)
.
Ma
entrambi
irrigiditi
:
infatti
,
fra
tutte
le
specie
di
voto
è
quello
più
stabile
.
Chi
vota
comunista
per
solidarietà
di
gruppo
continua
a
votare
pci
quale
che
sia
la
linea
politica
seguita
dai
dirigenti
(
fronte
popolare
,
compromesso
storico
,
alternativa
democratica
)
.
Chi
vota
democristiano
perché
è
cattolico
,
perché
ritiene
,
a
torto
o
a
ragione
,
che
la
democrazia
cristiana
difenda
gl
'
interessi
e
i
principi
dei
cattolici
,
continua
a
concederle
la
propria
fiducia
a
onta
degli
scandali
e
senza
tenere
il
minimo
conto
della
pratica
quotidiana
di
governo
.
Se
si
vuol
capire
perché
nelle
analisi
degli
osservatori
torni
sempre
più
insistentemente
l
'
immagine
del
mercato
politico
,
nonostante
la
varietà
delle
motivazioni
di
voto
,
bisogna
prender
coscienza
del
fatto
che
nelle
democrazie
più
consolidate
,
dove
la
ripetizione
delle
elezioni
rende
sempre
più
stretto
il
rapporto
fra
elettori
ed
eletti
,
si
manifesta
una
chiara
tendenza
alla
diminuzione
del
voto
di
opinione
e
all
'
aumento
del
voto
di
scambio
.
Il
voto
di
opinione
sopravvive
con
maggiore
intensità
nei
piccoli
partiti
che
hanno
minore
capacità
di
soddisfare
interessi
particolari
.
Occorre
se
mai
fare
attenzione
all
'
aumento
delle
astensioni
e
delle
schede
bianche
:
entrambi
gli
atteggiamenti
esprimono
una
vera
e
propria
opinione
.
Tanto
che
qualcuno
ha
potuto
affermare
che
mentre
i
partiti
raccolgono
sempre
più
voti
di
scambio
,
il
voto
di
opinione
si
rifugia
paradossalmente
in
coloro
che
non
vanno
a
votare
o
non
votano
nessuno
dei
partiti
in
gara
.
Queste
osservazioni
,
e
altre
che
si
potrebbero
fare
sulla
«
democrazia
reale
»
,
non
sono
irriverenti
.
Sono
semplicemente
realistiche
.
Servono
a
farci
capire
che
in
crisi
non
è
la
democrazia
ma
una
sua
falsa
immagine
.
StampaQuotidiana ,
Tre
anni
e
mezzo
di
guerra
contro
il
nemico
secolare
,
sacrifici
inenarrabili
,
una
vittoria
senza
eguale
,
due
anni
di
torbido
e
febbrile
armistizio
con
tumulti
,
ire
,
miserie
,
amarezze
di
ogni
genere
.
Finalmente
il
12
novembre
la
pace
è
scritta
.
Quasi
tutti
gl
'
italiani
,
e
tutti
gli
stranieri
a
una
voce
la
proclamano
degna
della
vittoria
.
L
'
Austria
-
Ungheria
degli
Absburgo
è
una
morta
senza
resurrezione
,
i
Jugoslavi
che
mirarono
all
'
Isonzo
si
ritraggono
dietro
il
crinale
delle
Alpi
Giulie
;
Gorizia
,
Trieste
,
Pola
,
tutta
l
'
Istria
,
Zara
son
nostre
;
Fiume
è
libera
.
Nell
'
inevitabile
dibattito
gli
Slavi
cedono
cinquecentomila
loro
fratelli
all
'
Italia
,
l
'
Italia
cede
.
poche
decine
di
migliaia
d
'
italiani
al
vicino
,
ma
li
vuole
protetti
con
effettive
garanzie
.
Il
12
novembre
pareva
il
principio
di
nuova
storia
,
la
data
iniziale
della
pace
e
della
ricostruzione
.
Ed
ecco
la
nuova
storia
.
Ecco
la
pace
e
la
ricostruzione
.
Un
figlio
dell
'
Italia
,
glorioso
per
opere
scritte
ed
agite
,
esige
che
la
sua
gloria
sia
sopra
a
tutte
le
leggi
e
la
sua
volontà
personale
stia
sopra
ai
Trattati
.
Egli
rifiuta
di
sanzionare
il
Trattato
di
Rapallo
sanzionato
dal
Governo
,
dai
due
rami
del
Parlamento
,
dal
Re
;
insulta
;
minaccia
;
semina
lo
spirito
di
sedizione
fra
le
truppe
dell
'
esercito
patrio
e
fra
le
unità
della
marina
nazionale
;
accoglie
trionfalmente
i
marinai
che
gli
portano
in
dono
navi
di
cui
non
erano
i
padroni
;
tollera
che
i
suoi
legionari
versino
il
sangue
fraterno
;
respinge
le
lusinghe
,
le
preghiere
,
le
supplicazioni
di
tutto
un
popolo
che
sta
quasi
ai
suoi
piedi
implorando
che
un
figlio
prediletto
risparmi
alla
patria
un
lutto
ed
un
'
onta
incancellabili
per
sempre
.
Finalmente
alla
dichiarazione
di
blocco
egli
risponde
con
una
dichiarazione
di
guerra
in
piena
regola
contro
il
Governo
d
'
Italia
.
Il
sangue
scorre
ed
è
sangue
italiano
,
di
commilitoni
che
furono
allo
stesso
fuoco
e
patirono
le
stesse
ferite
.
D
'
Annunzio
pubblica
un
bollettino
di
guerra
,
in
cui
l
'
esercito
d
'
Italia
è
chiamato
l
'
esercito
avversario
e
dove
,
come
dopo
un
'
azione
contro
lo
straniero
implacabile
,
il
Comando
di
Fiume
si
vanta
che
le
sue
perdite
siano
«
certamente
di
gran
lunga
inferiori
a
quelle
subite
dall
'
avversario
»
.
Ma
l
'
«
avversario
»
marciava
il
più
spesso
con
l
'
ordine
:
avanti
senza
sparare
!
Lo
spettacolo
è
orrendo
,
e
l
'
animo
se
ne
ritrae
sbigottito
.
A
Fiume
,
in
questa
che
era
l
'
ultimogenita
fra
le
città
sacre
dell
'
Italia
e
per
due
anni
di
passione
diventò
la
più
cara
,
furono
adunate
armi
contro
l
'
Italia
!
Da
Fiume
si
dirama
un
comunicato
,
il
secondo
di
D
'
Annunzio
,
anche
più
incredibile
del
primo
,
in
cui
gli
alpini
costretti
a
un
duro
dovere
sono
oltraggiati
come
ubriachi
e
gli
ufficiali
di
marina
sono
vituperati
come
assassini
e
l
'
Italia
è
trattata
da
un
italiano
con
lo
stesso
stile
che
adoperavano
i
tedeschi
,
nei
tempi
del
loro
più
truce
orgoglio
,
contro
gli
spregevoli
nemici
.
Prova
di
insania
più
lampante
di
quella
che
offre
questo
secondo
bollettino
di
guerra
civile
non
potrebbe
né
desiderarsi
dai
malvagi
né
temersi
dai
buoni
.
Gli
occhi
stessi
non
reggono
alla
lettura
di
queste
intollerabili
cronache
.
Quale
spirito
puro
avrà
la
forza
di
commuovere
l
'
anima
di
Gabriele
D
'
Annunzio
?
di
persuadergli
che
non
è
umiliazione
e
vergogna
,
ma
gloria
suprema
alzare
bandiera
bianca
davanti
all
«
avversario
»
,
quando
l
'
avversario
è
la
patria
?
StampaQuotidiana ,
31
marzo
.
FIRENZE
.
È
passato
già
un
mese
da
quando
l
'
ho
veduto
nella
corte
del
Vittoriale
,
disteso
sotto
un
arco
,
all
'
aria
aperta
,
vestito
da
generale
,
il
volto
cereo
senza
labbra
,
le
mani
riunite
sul
grembo
,
le
gambe
coperte
dal
tricolore
;
e
prima
d
'
inginocchiarmi
l
'
ho
baciato
sulla
fronte
,
più
fredda
del
marmo
.
Una
miseria
dei
molti
anni
è
che
davanti
a
un
amico
morto
si
cade
senza
volerlo
a
pensare
a
noi
stessi
,
a
confrontare
l
'
età
sua
con
la
nostra
,
i
malanni
che
l
'
hanno
spento
coi
malanni
che
presto
o
tardi
spegneranno
noi
.
Davanti
a
lui
,
per
fortuna
,
no
.
Sempre
,
chi
gli
ha
voluto
bene
,
l
'
ha
sentito
d
'
un
'
altra
razza
e
d
'
un
'
altra
specie
,
intento
in
ogni
gesto
e
parola
a
foggiare
di
sé
stesso
l
'
immagine
e
la
persona
che
dovevano
sopravvivere
.
Ecco
infatti
la
triste
e
cascante
maschera
che
la
vecchiaia
gli
aveva
imposta
,
in
meno
d
'
un
mese
scomparsa
dalla
mia
memoria
.
Penso
a
lui
,
rileggo
lui
,
sillabo
Gabriele
,
allungando
la
prima
e
com
'
egli
stesso
faceva
quasi
per
assaporare
il
miele
del
suo
nome
;
e
Gabriele
mi
riappare
giovane
fresco
snello
scattante
agghindato
profumato
,
una
mano
sul
fianco
stringendolo
tra
pollice
e
indice
,
la
gamba
destra
un
poco
piegata
,
col
piccolo
piede
ritto
sopra
la
punta
,
come
d
'
un
corridore
sulla
mossa
.
Aveva
allora
il
gesto
rapido
a
seguire
il
pensiero
,
la
risata
squillante
a
braccia
levate
,
la
voce
di
testa
,
nitida
e
acuta
che
accompagnava
la
parola
fino
all
'
ultima
vocale
,
tagliava
la
tua
frase
con
una
forbiciata
,
e
poneva
sùbito
la
conversazione
un
tono
più
su
dell
'
ordinario
.
Una
punta
di
barbino
biondo
gli
aguzzava
il
mento
e
metteva
anche
più
distanza
tra
mento
e
orecchio
,
tra
mento
e
zigomo
:
una
distanza
che
a
guardarlo
di
fronte
non
s
'
immaginava
,
ma
che
dava
al
profilo
di
lui
uno
slancio
aggressivo
,
un
che
del
falchetto
pronto
a
osare
e
a
beccare
.
La
bocca
schiusa
,
le
labbra
scoperte
,
gli
occhi
lunghi
d
'
un
color
marrone
chiaro
che
mutava
in
grigio
,
il
naso
forte
,
un
po
'
carnoso
come
erano
le
mani
,
e
tra
i
due
sopraccigli
una
piega
verticale
così
fonda
che
,
quando
era
stanco
,
sembrava
una
cicatrice
.
Siamo
in
molti
ancora
a
ricordarcelo
così
ma
,
fossi
io
solo
,
mi
sembra
che
tra
cent
'
anni
,
se
non
si
trovasse
più
un
ritratto
di
lui
,
da
ciò
ch
'
egli
ha
scritto
e
ha
fatto
e
dalle
leggende
in
cui
s
'
è
avvolto
,
un
lettore
attento
se
lo
figurerebbe
proprio
quale
adesso
io
lo
rivedo
.
Come
in
questa
troppo
lunga
Italia
era
già
capitato
pel
trasporto
di
Carducci
,
quella
mattina
dietro
a
D
'
Annunzio
s
'
era
in
tanto
pochi
scrittori
che
il
poeta
,
tra
ministri
in
divisa
militare
,
marescialli
,
generali
,
ufficiali
,
legionari
,
soldati
,
portato
su
un
affusto
di
cannone
,
pareva
dimenticato
:
un
condottiero
,
non
un
poeta
.
Eppure
la
guerra
predicata
,
difesa
e
combattuta
,
e
l
'
occupazione
di
Fiume
erano
state
il
coronamento
della
sua
poesia
,
il
frutto
di
quel
fiore
.
La
notte
avanti
,
a
vederne
la
salma
esposta
all
'
aria
aperta
come
non
avevo
mai
veduto
altre
salme
,
e
a
sentire
l
'
aura
fresca
e
lieve
che
saliva
dal
lago
,
passava
tra
gli
archi
e
gli
alberi
,
s
'
impregnava
del
profumo
delle
violette
nelle
ghirlande
e
sfiorava
lui
in
un
sospiro
,
m
'
era
tornata
in
mente
una
terzina
sul
principio
dell
'
Alcyone
:
Deterso
d
'
ogni
umano
lezzo
in
fonti
gelidi
,
ei
chiederà
per
la
sua
festa
sol
l
'
anello
degli
ultimi
orizzonti
.
Era
con
noi
fedelmente
dietro
la
salma
Ruggero
Ruggeri
,
in
borghese
,
lui
,
come
il
Gabriele
d
'
una
volta
.
Me
ne
avvidi
sulla
gradinata
della
chiesa
di
Cargnacco
.
D
'
Annunzio
in
chiesa
,
benedetto
con
l
'
aspersorio
e
l
'
incensiere
,
davanti
alla
croce
di
Gesù
:
ecco
l
'
altra
novità
inaspettata
,
e
questa
,
sì
,
ci
annunciava
l
'
estrema
pace
.
Se
Ruggeri
,
che
con
la
sua
pronuncia
lenta
e
precisa
sembra
leggendo
una
poesia
confidare
il
segreto
d
'
un
miracolo
,
ci
avesse
detto
sottovoce
dieci
versi
di
lui
,
in
quanti
tra
quella
calca
li
avremmo
riconosciuti
?
Di
quel
trasporto
due
immagini
mi
stanno
ancora
negli
occhi
:
Mussolini
e
donna
Maria
,
l
'
avvenire
e
il
passato
.
Il
volto
di
Mussolini
era
chiuso
ma
dolce
;
le
spalle
quadrate
,
incrollabili
;
il
passo
su
per
la
salita
sicuro
uguale
pesante
:
«
Sta
certo
,
sta
certo
,
sta
certo
:
con
questo
passo
l
'
Italia
arriverà
sulla
vetta
che
io
so
,
sulla
vetta
che
tu
poeta
hai
sognata
»
.
Donna
Maria
d
'
Annunzio
procedeva
alla
destra
di
lui
,
dentro
un
lungo
fitto
velo
nero
,
alta
e
sottile
come
quando
si
sposò
e
come
Sartorio
la
ritrasse
nel
dittico
delle
Vergini
savie
e
delle
Vergini
folli
.
Le
avevo
parlato
poco
prima
;
anche
lo
sguardo
era
quello
,
anche
la
voce
era
rimasta
quella
,
piana
e
soave
tanto
che
nel
pieno
d
'
una
calca
riusciva
sempre
a
formare
una
zona
di
tranquilla
intimità
,
quasi
che
la
pace
emanasse
dalla
sua
grazia
.
A
ogni
svolta
distinguevo
sotto
il
velo
il
suo
profilo
affilato
e
le
gote
smunte
.
Vicini
andavano
i
due
figli
,
Mario
e
Gabrielino
.
Il
cranio
nudo
di
Mario
pareva
il
cranio
del
padre
.
Fin
nell
'
occipite
,
dove
la
sutura
sagittale
si
biforca
,
le
due
fossette
erano
calcate
su
quello
.
V
'
era
sole
,
ma
velato
.
Una
luce
bianca
e
diffusa
rischiarava
tutto
,
il
lago
,
la
strada
,
gli
ulivi
,
le
case
,
senza
un
filo
d
'
ombra
:
una
luce
di
limbo
.
I
ricordi
andavano
e
venivano
,
ora
fugaci
e
sbiaditi
perché
non
avevo
la
forza
di
trattenerli
e
definirli
;
ora
così
netti
che
non
vedevo
più
chi
mi
camminava
allato
.
I
tanti
amici
cui
egli
e
io
siamo
stati
legati
e
che
lo
hanno
preceduto
di
là
,
De
Bosis
,
Michetti
,
Conti
,
Scarfoglio
,
Matilde
Serao
,
Morello
,
Sartorio
,
Jarro
,
Tenneroni
,
Trentacoste
,
Praga
,
Treves
,
Origo
,
passavano
in
quei
ricordi
.
Erano
molti
,
e
quasi
mi
rimordeva
di
dimenticarne
uno
solo
,
in
quel
salire
verso
la
tomba
.
Lo
scalpiccio
del
corteo
dietro
a
me
,
senza
una
parola
,
senza
una
voce
,
per
un
attimo
l
'
ho
creduto
di
loro
.
Adolfo
,
Edoardo
,
Marco
...
Un
richiamo
m
'
ha
scosso
.
Ero
accanto
al
generale
Moizo
,
tale
e
quale
il
Moizo
aviatore
del
1915
e
del
1916;
soltanto
,
canuto
.
Mi
diceva
sommesso
:
Vi
ricordate
?
Gabriele
,
ancora
con
la
divisa
di
Novara
cavalleria
e
il
collo
di
panno
bianco
,
non
parlava
ormai
che
d
'
aviazione
.
Una
sera
a
Gradisca
,
appena
sceso
dal
Carso
,
alla
mensa
della
brigata
Toscana
tra
tutti
fanti
non
sognava
che
ali
:
Domandatelo
a
Ugo
che
mi
conosce
da
anni
.
Io
le
ali
le
ho
avute
sempre
.
Soltanto
allora
non
mi
si
vedevano
.
Quando
la
salma
è
giunta
presso
la
cima
del
colle
,
è
cominciata
la
salva
del
cannone
.
Donna
Maria
ha
alzato
il
volto
come
se
quei
colpi
a
rosario
venissero
dal
cielo
;
e
un
ricordo
m
'
è
venuto
al
pensiero
,
da
lontano
lontano
.
Una
sera
di
maggio
a
Roma
pranzavamo
sulla
terrazza
di
Maria
d
'
Annunzio
che
allora
abitava
a
Trinità
dei
Monti
,
con
le
finestre
sulla
scalinata
verso
piazza
di
Spagna
.
Anche
Gabriele
era
invitato
,
ma
arrivò
tardi
scusandosi
con
aria
di
mistero
.
Appena
venne
buio
,
condusse
De
Bosis
e
me
nell
'
anticamera
,
ci
affidò
due
pacchi
ed
egli
ne
prese
un
terzo
,
più
grande
.
Quando
rientrò
davanti
ai
convitati
,
avverti
serio
serio
:
Non
toccate
,
sono
pacchi
di
esplosivi
.
Erano
fochetti
artificiali
,
razzi
,
stelle
,
bengali
,
petardi
,
candele
romane
,
e
li
cominciò
a
legare
prestamente
ai
ferri
della
ringhiera
,
rimproverandoci
di
non
essere
così
rapidi
e
capaci
com
'
era
lui
abruzzese
.
La
testa
,
bada
,
verso
piazza
di
Spagna
.
Se
no
,
ti
scoppia
in
bocca
.
A
Francavilla
qualunque
ragazzo
ne
sa
più
di
te
.
In
pochi
minuti
la
batteria
era
in
ordine
,
ed
egli
con
un
cerino
cominciò
ad
accendere
.
Nella
conca
della
scalinata
ogni
scoppio
rimbombava
assordante
.
Finestre
e
logge
si
gremirono
di
spettatori
.
Dagli
altri
piani
qualcuno
cominciò
a
protestare
,
e
Gabriele
alla
luce
dei
bengali
spiegava
felice
,
ridendo
e
saltando
:
Non
abbiate
paura
,
non
sono
che
tipitappi
,
non
sono
che
tipitappi
.
Quando
dei
fochetti
non
restò
che
il
fumo
,
gli
chiedemmo
:
Che
sono
i
tipitappi
?
Non
sapete
che
cosa
sono
i
tipitappi
?
Ignoranti
.
Sono
quello
che
i
napoletani
chiamano
tricchitracchi
,
e
non
volle
dire
altro
.
Queste
parole
sono
troppe
,
perché
quel
ricordo
fu
un
lampo
.
Il
corteo
s
'
era
disperso
.
Il
Duce
era
ripartito
.
Ma
l
'
Abruzzo
quella
mattina
non
doveva
per
fortuna
lasciarmi
più
,
ché
la
chiave
di
D
'
Annunzio
è
nascosta
lì
davanti
al
mare
,
tra
gli
aguglioli
della
pineta
alla
foce
del
Pescara
.
Incontro
Giacomo
Acerbo
,
a
capo
d
'
un
manipolo
d
'
abruzzesi
:
il
priore
della
nuova
chiesa
di
Pescara
,
il
preside
della
Provincia
,
una
donna
in
capelli
che
reca
in
un
'
olla
la
terra
presa
sulla
tomba
di
donna
Luisa
,
della
madre
del
poeta
,
e
v
'
ha
piantato
su
qualche
fiore
reciso
per
mettere
un
poco
di
luce
su
quel
terriccio
di
morti
.
È
un
conforto
ascoltarli
,
udire
in
quella
parlata
grave
ed
antica
le
notizie
di
D
'
Annunzio
e
della
sua
casa
e
della
sua
chiesa
,
come
s
'
egli
da
laggiù
fosse
partito
ieri
.
Vecchio
infatti
non
l
'
hanno
veduto
;
da
vecchio
egli
laggiù
non
s
'
è
lasciato
vedere
.
Ieri
notte
ero
tornato
per
la
terza
volta
al
Vittoriale
.
M
'
ero
chiuso
col
dottor
Duse
e
con
Antonio
Bruers
a
parlare
degli
ultimi
momenti
di
lui
.
Bruers
piangeva
:
L
'
avesse
veduto
nel
suo
pigiama
marrone
,
quando
l
'
hanno
portato
dalla
poltrona
sul
letto
.
Il
capo
cadeva
indietro
,
le
braccia
pendevano
.
Il
comandante
,
capisce
,
il
comandante
,
ridotto
come
un
fantoccio
.
Atroce
:
come
un
fantoccio
.
Ed
era
ancora
caldo
,
così
caldo
che
io
lo
credevo
svenuto
,
e
affettuoso
metteva
la
fronte
sulla
mia
spalla
e
piangeva
.
Interrogavo
Duse
.
Era
proprio
vero
,
Gabriele
si
voleva
sempre
curare
da
sé
:
per
tre
giorni
non
prendeva
cibo
,
poi
d
'
un
colpo
tre
o
quattro
uova
.
Noi
in
Abruzzo
ci
curiamo
così
,
e
si
campa
cent
'
anni
.
Un
pastore
della
Majella
ne
sa
più
di
te
.
Fuori
,
davanti
alla
salma
,
era
ancora
un
poco
di
gente
.
La
campana
della
parrocchia
continuava
a
rintoccare
nell
'
aria
nera
,
col
ritmo
inesorabile
d
'
un
palpito
,
come
per
misurare
il
nostro
tempo
mortale
nel
confronto
con
l
'
immobile
eternità
dove
egli
era
scomparso
.
Parlavano
dell
'
età
di
lui
,
della
morte
improvvisa
.
E
uno
,
invisibile
,
ha
detto
:
Ha
lavorato
tanto
,
e
una
voce
di
donna
ha
soggiunto
con
un
sospiro
materno
:
Poveromo
.
Il
pastore
della
Majella
,
Aligi
,
che
ieri
ha
cominciato
a
dormire
per
non
svegliarsi
più
.
Così
m
'
è
venuto
alla
mente
un
ritratto
donatomi
da
lui
la
prima
volta
che
sono
andato
a
Francavilla
.
Adesso
l
'
ho
qui
davanti
agli
occhi
.
Gabriele
porta
una
mantella
pesante
e
un
berretto
a
punta
,
di
maglia
di
lana
,
col
fiocco
in
cima
.
Con
la
mantella
ricopre
anche
la
sua
figliola
Renata
,
incappucciata
come
lui
,
e
un
folto
di
riccioli
le
sfugge
dal
cappuccio
.
Renata
,
o
Cicciuzza
come
allora
la
chiamava
,
avrà
in
questa
fotografia
quattro
o
cinque
anni
.
È
l
'
infermiera
del
Notturno
.
Ho
riaperto
il
libro
.
Anche
il
padre
lì
la
rievoca
a
cinque
anni
,
in
quella
casa
bianca
sul
mare
,
dove
fu
fatto
il
ritratto
che
io
guardo
e
dove
ella
gli
«
appariva
senza
rumore
,
come
uno
di
quelli
uccelli
che
si
posano
sopra
un
ramo
leggiero
e
aspettano
che
esso
cessi
d
'
oscillare
per
intraprendere
il
loro
canto
»
.
Quel
giorno
invece
nel
Notturno
ella
tornava
presso
il
letto
del
padre
infermo
dopo
la
visita
dei
Sepolcri
.
«
Su
la
sua
veste
bruna
,
mi
sembra
di
fiutare
un
odore
di
ceri
,
un
odore
d
'
erbe
scolorate
e
di
violacciocche
.
Il
viso
è
più
stretto
,
il
mento
è
più
affilato
.
È
piccola
,
stasera
.
È
una
povera
piccola
stanca
,
affaticata
dalle
tenebre
e
dal
profumo
funebre
,
bisognosa
di
riposarsi
.
»
Proprio
così
era
stamane
,
dietro
al
feretro
,
pallida
,
stanca
,
vestita
di
lutto
,
sola
coi
suoi
ricordi
.
StampaQuotidiana ,
Ogni
anno
l
'
Istituto
del
Dramma
Popolare
di
San
Miniato
sceglie
un
testo
di
accento
cristiano
da
mettere
in
scena
,
tra
luglio
ed
agosto
,
nell
'
antica
piazza
della
cittadina
.
Quest
'
anno
la
scelta
è
caduta
sull
'
ultima
opera
di
T.S.
Eliot
,
Il
grande
statista
(
traduzione
piuttosto
libera
del
titolo
originale
,
The
Elder
Statesman
)
,
che
fu
recitata
per
la
prima
volta
l
'
estate
scorsa
al
Festival
di
Edimburgo
.
Lo
spettacolo
diretto
questa
sera
da
Luigi
Squarzina
nella
piazza
della
cittadina
toscana
può
dunque
essere
considerato
come
la
prima
continentale
dell
'
opera
di
Eliot
.
Il
grande
statista
è
la
rappresentazione
simbolica
della
fine
di
una
vita
.
Definizione
alquanto
approssimativa
,
soprattutto
se
si
pensa
alla
quantità
di
significati
che
si
possono
attribuire
alle
vicende
,
in
genere
solo
apparenti
,
svolte
da
Eliot
nelle
sue
pièces
teatrali
,
esemplificazione
drammatica
della
sua
poesia
.
Definizione
che
ha
,
qui
,
uno
scopo
puramente
didascalico
,
e
alla
quale
potremmo
aggiungere
,
precisando
,
che
tema
dell
'
opera
è
una
espiazione
,
una
redenzione
attraverso
il
tempo
,
motivo
fondamentale
in
Eliot
.
Il
vecchio
statista
è
Lord
Claverton
-
Ferry
.
Raggiunto
il
culmine
degli
onori
,
nella
politica
e
nell
'
economia
,
costretto
da
incerta
salute
a
ritirarsi
a
vita
privata
,
egli
fa
la
sua
apparizione
nel
primo
atto
con
in
mano
un
'
agenda
le
cui
pagine
sono
bianche
,
più
nessun
impegno
,
più
nessun
gesto
da
compiere
,
il
tempo
è
vuoto
.
Lord
Claverton
ha
accanto
una
figlia
,
amorosa
e
sensibile
,
e
il
fidanzato
di
costei
uomo
retto
e
onesto
.
Ma
queste
dolci
apparenze
della
vita
che
continua
,
vengono
ben
presto
respinte
ai
limiti
di
un
cerchio
d
'
ombra
.
Cala
infatti
sul
vecchio
uomo
l
'
ombra
del
passato
,
apportatrice
di
fantasmi
,
è
dapprima
un
suo
vecchio
compagno
di
Oxford
,
Fred
Culverwell
,
che
ora
si
presenta
sotto
il
nome
di
Federico
Gomez
.
Il
destino
di
costui
,
ragazzo
povero
e
assetato
di
successo
,
era
stato
modificato
dalla
vicinanza
del
giovane
che
sarebbe
poi
diventato
Lord
Claverton
.
Il
pernicioso
esempio
di
una
intelligente
e
ironica
dissolutezza
lo
aveva
condotto
sulla
via
di
compromessi
morali
.
Cosa
vuole
?
Apparentemente
,
soltanto
l
'
amicizia
dell
'
antico
compagno
di
studi
e
d
'
orgie
.
In
realtà
,
è
venuto
a
esigere
qualcosa
di
più
,
la
moneta
del
rimorso
che
saldi
i
vecchi
conti
.
La
stessa
amara
moneta
chiede
,
dolcemente
sorridendo
,
come
campita
in
aria
esterrefatta
,
antica
,
Maisie
Batterson
,
la
donna
che
Claverton
-
Ferry
aveva
illuso
in
giovinezza
e
poi
abbandonata
.
Essi
,
i
fantasmi
,
gli
porteranno
via
il
figlio
,
Michael
,
che
è
,
sì
,
ribelle
al
dispotismo
paterno
,
ma
che
è
anche
,
di
giovanili
difetti
e
vizi
paterni
,
una
tenera
reincarnazione
,
l
'
immagine
proiettata
in
uno
specchio
,
di
un
'
amata
e
odiata
giovinezza
.
Ora
,
rimasto
solo
,
accanto
alla
figlia
fedele
e
all
'
austero
fidanzato
di
lei
,
il
vecchio
uomo
potrà
finalmente
riaccettare
se
stesso
,
confessare
ad
alta
voce
le
proprie
colpe
segrete
,
e
avviarsi
,
sotto
lo
sguardo
dei
due
,
che
continueranno
la
vita
nell
'
amore
,
verso
la
«
tenebra
di
Dio
»
,
così
Eliot
stesso
chiama
la
morte
in
uno
dei
suoi
Quartetti
.
Tutto
ciò
avviene
,
(
secondo
e
terzo
atto
)
nel
giardino
di
una
clinica
o
,
meglio
,
di
una
casa
di
riposo
,
di
un
albergo
per
ricchi
estenuati
,
luogo
evidentemente
allegorico
.
Come
sempre
nei
drammi
di
Eliot
(
Assassinio
nella
Cattedrale
a
parte
)
il
linguaggio
è
quello
della
vita
quotidiana
,
i
modi
sono
quelli
convenzionali
ed
eleganti
della
buona
società
inglese
.
La
carica
simbolica
è
sotto
le
parole
,
rompe
qua
e
là
ad
opera
dei
personaggi
consapevoli
,
dei
veggenti
.
A
nostro
parere
il
fascino
di
quest
'
opera
,
specialmente
nel
terzo
atto
,
il
più
alto
e
compiuto
,
deriva
da
dati
tutti
moderni
di
cultura
,
non
ultimi
i
contributi
della
psicoanalisi
portati
a
livello
della
poesia
.
Anche
per
questo
la
traduzione
di
Desideria
Pasolini
,
pulita
e
prosastica
,
è
sembrata
insufficiente
anche
a
chi
-
e
sono
i
più
,
l
'
opera
è
nuova
-
non
conosce
il
testo
inglese
originale
.
Ciò
che
appare
veramente
notevole
,
invece
,
,
è
la
regia
di
Squarzina
.
Specialmente
nel
secondo
e
terzo
atto
,
egli
ha
saputo
sfruttare
l
'
incanto
naturale
e
architettonico
della
piazza
di
San
Miniato
.
In
questa
cornice
l
'
apparato
scenico
di
Luciano
Damiani
,
aveva
una
sua
suggestione
di
incubo
,
ma
un
incubo
bianco
,
leggero
,
nelle
sue
cadenze
geometriche
,
simili
a
rime
.
Ivo
Garrani
era
il
protagonista
e
ha
recitato
con
una
pensosa
interiorità
,
Gianrico
Tedeschi
,
plastico
,
efficiente
,
è
stato
un
po
'
troppo
realistico
nel
personaggio
dell
'
amico
tornato
sotto
le
apparenze
del
rimorso
.
Più
di
tutti
ci
è
piaciuta
Laura
Adani
,
che
sotto
la
guida
di
Squarzina
va
evidentemente
scoprendo
una
sua
nuova
,
assai
fine
,
personalità
.
Completavano
il
gruppo
degli
interpreti
Corrado
Pani
,
Franco
Graziosi
,
la
ben
caratterizzata
Giusy
Dandolo
e
una
giovane
allieva
dell
'
Accademia
,
Giovanna
Pellizzi
,
inevitabilmente
acerba
ma
certamente
sincera
.
Anfiteatro
gremito
e
molti
applausi
.
StampaQuotidiana ,
Da
tre
giorni
l
'
impresa
dell
'
«
Apollo
13
»
,
che
al
suo
inizio
non
aveva
suscitato
né
interesse
né
scalpore
,
tiene
col
fiato
sospeso
tutta
l
'
umanità
che
dispone
di
servizi
d
'
informazione
sufficienti
.
L
'
impresa
è
fallita
e
gli
astronauti
sono
in
pericolo
.
Il
lato
umano
della
vicenda
per
ora
prevale
,
nell
'
atmosfera
di
suspense
che
si
è
creata
.
Tre
uomini
eccezionali
per
la
loro
struttura
psicofisica
,
la
loro
preparazione
tecnica
e
il
loro
coraggio
,
devono
sfruttare
al
massimo
le
loro
risorse
e
la
loro
vita
rimane
attaccata
ad
un
filo
.
Tutti
sperano
che
se
la
caveranno
e
tutti
faranno
il
possibile
per
aiutarli
;
ma
nessuno
riesce
ad
essere
troppo
ottimista
.
Ma
comunque
vadano
le
cose
,
il
fallimento
dell
'
impresa
contiene
una
lezione
solenne
.
È
facile
prevedere
che
esso
rinfocolerà
le
polemiche
sull
'
opportunità
stessa
dei
voli
spaziali
:
sulla
saggezza
di
una
scelta
che
destina
a
tali
voli
somme
enormi
di
ricchezza
,
di
energie
umane
e
di
sacrifici
,
somme
che
potrebbero
essere
più
utilmente
,
o
almeno
con
vantaggi
più
evidenti
e
immediati
,
destinate
ad
alleviare
le
miserie
,
le
disuguaglianze
e
le
conseguenti
tensioni
che
ancora
regnano
in
tutte
le
parti
del
mondo
,
anche
nelle
più
fortunate
.
I
vantaggi
immediati
ricavati
dai
viaggi
spaziali
sono
finora
minimi
:
a
prescindere
dalla
somma
di
conoscenze
nuove
(
ma
ancora
non
decisive
)
che
essi
hanno
apportato
,
si
riducono
a
perfezionamenti
tecnici
che
,
scoperti
o
messi
a
prova
per
la
prima
volta
in
occasione
di
quei
viaggi
,
possono
essere
utilizzati
in
campi
diversi
.
Il
problema
dunque
permane
.
E
non
c
'
è
dubbio
che
la
soluzione
negativa
di
questo
problema
,
fondata
com
'
è
su
un
argomento
d
'
immediata
evidenza
,
vedrà
crescere
il
numero
dei
suoi
sostenitori
.
Tuttavia
ci
si
accorgerà
subito
che
,
se
essa
viene
sufficientemente
generalizzata
,
prova
troppo
,
come
dicevano
gli
antichi
logici
.
L
'
umanità
ha
sempre
sofferto
di
miserie
,
ingiustizie
e
disuguaglianze
.
Se
tutte
le
sue
risorse
fossero
state
destinate
al
soddisfacimento
dei
suoi
bisogni
immediati
e
non
anche
,
in
parte
,
all
'
arricchimento
delle
sue
conoscenze
,
avrebbe
rinunciato
agli
strumenti
più
efficaci
per
fronteggiare
i
suoi
mali
;
anzi
,
forse
,
non
sarebbe
giunta
neppure
a
conoscere
l
'
estensione
,
la
portata
,
e
la
causa
dei
suoi
mali
.
Non
ne
avrebbe
avuti
i
mezzi
né
l
'
opportunità
,
le
sarebbero
sfuggiti
i
dati
indispensabili
per
la
loro
diagnosi
e
la
loro
prognosi
.
E
,
sempre
in
quell
'
ipotesi
,
che
cosa
dire
della
somma
di
ricchezze
e
di
energie
che
,
in
tutte
le
civiltà
passate
e
presenti
,
sono
state
e
sono
impiegate
per
l
'
arte
e
il
divertimento
:
templi
,
edifici
grandiosi
,
tombe
monumentali
,
opere
d
'
arte
di
tutte
le
specie
,
giochi
spettacolari
,
mantenimento
di
caste
sacerdotali
o
privilegiate
per
la
natura
del
compito
loro
affidato
,
sono
il
frutto
dell
'
impiego
di
una
parte
delle
sempre
limitate
risorse
di
cui
l
'
umanità
è
stata
fornita
per
scopi
che
non
erano
quelli
dei
bisogni
immediati
.
Certo
,
non
sappiamo
se
e
quando
le
conoscenze
acquisite
con
le
imprese
spaziali
si
trasformeranno
in
denaro
contante
,
in
benefici
o
vantaggi
per
l
'
umanità
tutta
.
Ma
la
storia
della
scienza
è
ricca
d
'
insegnamenti
a
questo
proposito
.
Scoperte
o
invenzioni
ritenute
inutili
,
inconcludenti
o
troppo
«
astratte
»
per
servire
a
un
qualsiasi
scopo
pratico
,
si
sono
rivelate
feconde
di
risultati
concreti
e
utilizzabili
nei
più
disparati
campi
per
la
salute
o
il
benessere
dell
'
uomo
.
E
così
la
missione
dell
'
«
Apollo
13
»
è
fallita
;
e
questo
fallimento
è
la
lezione
principale
da
mandare
a
memoria
.
Ad
eccezione
dei
tre
astronauti
che
,
in
virtù
dell
'
addestramento
ricevuto
,
hanno
conservato
una
calma
esemplare
e
,
forse
,
dei
dirigenti
dell
'
impresa
che
li
guidano
da
terra
,
questo
fallimento
ha
colpito
il
resto
del
genere
umano
come
un
fulmine
a
ciel
sereno
,
come
un
evento
straordinario
e
fatale
.
Tutti
davano
per
scontata
la
perfezione
degli
ordigni
,
l
'
efficienza
infallibile
dell
'
organizzazione
,
l
'
assenza
di
imprevisti
rischiosi
.
Una
volta
raggiunto
un
successo
,
che
può
anche
essere
un
colpo
di
fortuna
,
l
'
uomo
tende
a
credere
di
aver
avuto
partita
vinta
e
che
il
successo
continuerà
,
ed
è
portato
ad
imprecare
e
a
sentirsi
offeso
dalla
sorte
e
a
perdere
ogni
coraggio
appena
si
accorge
che
le
cose
non
stanno
così
,
che
il
rischio
permane
tutt
'
ora
.
In
particolare
,
per
quanto
riguarda
il
dominio
delle
forze
naturali
,
gli
uomini
sono
portati
a
credere
oggi
che
la
scienza
sia
pressoché
onnipotente
,
che
il
dominio
da
essa
stabilito
sulla
natura
sia
totale
e
definitivo
e
che
la
natura
sia
diventata
docile
ai
suoi
comandi
come
uno
spirito
folletto
agli
incantesimi
di
uno
stregone
.
Purtroppo
le
cose
non
stanno
così
e
,
per
quel
che
è
dato
sapere
,
non
saranno
mai
così
.
Una
quota
ineliminabile
di
rischio
rimane
nelle
imprese
della
scienza
come
nelle
più
banali
azioni
quotidiane
dell
'
uomo
.
Può
comportare
un
rischio
entrare
in
una
vasca
da
bagno
,
manovrare
un
aggeggio
domestico
o
uscir
di
casa
la
mattina
.
E
anzi
,
quanto
più
complessi
,
meticolosi
e
raffinati
sono
i
congegni
che
l
'
uomo
riesce
a
creare
,
tanto
più
son
delicati
e
soggetti
a
guasti
imprevisti
.
Un
granello
di
sabbia
non
dà
nessun
fastidio
a
una
macchina
semplice
ma
può
bloccare
un
calcolatore
elettronico
.
La
dipendenza
dell
'
uomo
dalla
natura
non
è
ridotta
a
zero
dagli
strumenti
di
cui
egli
si
serve
per
dominarla
,
ma
è
elevata
a
potenza
in
proporzione
della
complessità
delle
macchine
.
E
lo
stesso
vale
per
ogni
tipo
o
forma
di
organizzazione
,
di
istituzione
,
di
struttura
umana
o
sociale
.
A
misura
che
queste
organizzazioni
e
strutture
diventano
più
complesse
e
ordinate
,
quindi
più
efficienti
rispetto
agli
scopi
che
si
propongono
,
la
loro
fragilità
aumenta
e
si
accrescono
i
rischi
che
incombono
sul
loro
funzionamento
.
Istituzioni
secolari
possono
esser
messe
in
crisi
dal
granello
di
sabbia
di
un
problema
non
risolto
,
di
un
dissenso
interno
e
di
un
mutamento
di
circostanze
.
Siamo
tutti
portati
a
credere
,
con
ingenuità
quasi
infantile
,
che
la
potenzialità
scientifica
,
tecnica
ed
economica
della
nostra
società
sia
destinata
a
raggiungere
punte
sempre
più
alte
,
che
il
progresso
verso
la
libertà
non
possa
arrestarsi
,
che
la
vita
dell
'
uomo
sarà
in
tutti
i
sensi
meglio
garantita
,
nel
futuro
,
dalla
forza
intrinseca
e
impersonale
degli
organismi
collettivi
,
a
prescindere
dalla
buona
o
cattiva
volontà
di
coloro
che
vi
prendono
parte
.
Ma
questi
organismi
diventano
tanto
più
fragili
quanto
più
si
perfezionano
e
la
loro
vita
può
essere
messa
in
pericolo
,
ad
ogni
istante
,
dalla
mancanza
di
impegno
,
di
vigilanza
e
di
controllo
.
Oggi
più
che
mai
l
'
uomo
deve
sottrarsi
alla
morsa
dell
'
alternativa
tra
l
'
esaltazione
entusiastica
e
la
disperazione
angosciata
.
Dove
considerare
ogni
successo
una
conquista
che
richiede
ancora
lavoro
e
sacrifici
per
essere
conservata
e
potenziata
e
ogni
insuccesso
come
un
rischio
inevitabile
che
non
deve
distoglierlo
dal
lavoro
e
dalla
ricerca
ulteriore
.
Forse
tra
alcune
ore
,
come
tutti
speriamo
,
i
tre
uomini
dello
spazio
saranno
di
nuovo
sulla
Terra
,
trionfatori
nell
'
insuccesso
.
Ma
l
'
insuccesso
rimane
con
la
sua
perdita
enorme
di
denaro
,
di
lavoro
e
di
energie
.
E
l
'
importante
è
che
la
lezione
salutare
che
esso
ci
ha
inflitta
non
vada
dimenticata
e
sia
messa
a
partito
da
tutti
quelli
che
possono
e
debbono
intenderla
.
StampaQuotidiana ,
12
aprile
.
ROMA
.
Da
quasi
un
anno
per
l
'
esposizione
mondiale
del
1942
hanno
cominciato
a
spianare
di
là
dalla
basilica
di
San
Paolo
le
collinette
verso
il
bosco
d
'
eucalitti
che
una
volta
difendeva
dalla
malaria
l
'
abazia
delle
Tre
Fontane
.
Tempi
preistorici
:
allora
,
quando
eravamo
ragazzi
,
andare
alle
Tre
Fontane
era
un
'
escursione
per
la
quale
si
partiva
da
casa
con
la
colazione
o
la
merenda
nel
tascapane
.
Era
un
'
escursione
e
quasi
un
'
esplorazione
perché
a
chi
di
noi
s
'
allontanava
dalla
strada
Laurentina
gli
anziani
annunciavano
pericoli
addirittura
di
morte
per
le
buche
e
le
frane
delle
cento
vecchie
cave
di
pozzolana
,
nascoste
tra
cardi
e
pruni
,
popolate
di
serpi
e
,
alle
prime
piogge
,
di
rospi
e
raganelle
.
Il
mondo
s
'
è
fatto
più
piccolo
e
,
dicono
,
più
sicuro
.
Per
uguagliare
questo
pianoro
di
cinquecento
ettari
,
lungo
,
presso
a
poco
,
quanto
dal
Campidoglio
a
piazza
del
Popolo
,
anzi
fino
al
Ministero
della
Marina
,
e
largo
altrettanto
,
si
dovranno
smuovere
cinque
milioni
e
mezzo
di
metri
cubi
;
e
già
se
n
'
è
smossa
quasi
la
metà
.
Ma
l
'
importante
è
che
,
spenta
e
chiusa
dopo
sei
mesi
l
'
esposizione
,
là
non
tornerà
un
arido
deserto
di
calcinacci
di
cemento
,
con
altrettanti
trabocchetti
e
buche
come
quelle
di
terra
che
spianatori
e
costruttori
trovano
adesso
e
cólmano
.
Là
resterà
una
città
,
un
altro
grande
e
comodo
e
monumentale
quartiere
di
Roma
,
col
suo
lago
,
le
sue
strade
,
piazze
,
giardini
,
alberate
,
fontane
,
con
la
sua
chiesa
,
i
suoi
musei
,
teatri
,
uffici
e
alberghi
,
a
sette
od
otto
minuti
dal
Colosseo
:
Roma
nuova
,
come
nella
suddetta
preistoria
chiamavamo
la
Roma
da
via
Nazionale
in
su
.
Insomma
adesso
il
cómpito
dato
da
Mussolini
a
Vittorio
Cini
è
di
preparare
,
sì
,
una
grande
e
ricca
e
piacevole
esposizione
dove
la
gente
abbia
da
imparare
e
da
divertirsi
senza
affaticarsi
,
ma
anche
lo
schema
e
l
'
ossatura
d
'
una
bella
città
.
Il
durevole
,
prima
di
succedere
all
'
effimero
,
deve
intanto
dargli
,
poiché
siamo
a
Roma
e
si
ragiona
da
romani
,
forma
,
comodità
e
maestà
:
problema
,
prima
di
tutto
,
d
'
architettura
.
Per
adesso
,
tutti
d
'
accordo
,
perché
v
'
è
soltanto
il
nudo
terreno
,
anzi
il
luogo
dove
uomini
e
macchine
vanno
preparando
il
terreno
.
A
settentrione
di
là
d
'
un
gran
prato
verde
s
'
intravvede
di
Roma
un
quartiere
nuovo
nuovo
,
non
propriamente
monumentale
,
ma
una
nebbiola
bassa
e
azzurrina
lo
vela
gentilmente
;
e
dietro
il
Gianicolo
appare
la
cima
della
cupola
di
San
Pietro
,
d
'
argento
opaco
,
come
una
luna
che
sorge
.
Il
silenzio
è
rotto
da
fischi
di
locomotive
,
da
brevi
ànsiti
di
macchine
scavatrici
,
fondi
talvolta
come
ruggiti
quando
il
raffio
addenta
terra
e
sassi
e
le
catene
cigolano
.
Ma
l
'
aria
immobile
ingoia
d
'
un
colpo
ogni
suono
e
il
silenzio
torna
padrone
:
un
silenzio
d
'
eternità
.
Il
suolo
vulcanico
su
cui
i
re
e
la
repubblica
fondarono
e
aggrandirono
Roma
,
è
simile
a
questo
,
falda
a
falda
:
al
sole
un
palmo
o
due
di
terra
buona
da
seminare
;
sotto
questo
po
'
di
terra
,
pozzolana
bigia
o
rossa
e
tufo
,
buoni
per
murare
e
per
costruire
.
Dove
una
volta
le
frane
e
adesso
le
macchine
hanno
tagliato
il
terreno
,
questi
filoni
orizzontali
appaiono
netti
,
sovrapposti
regolarmente
come
gli
strati
di
fondazione
d
'
un
grande
edificio
.
Poco
da
mangiare
,
molto
da
lavorare
;
poco
da
godere
,
molto
da
costruire
:
non
sono
queste
le
basi
morali
dell
'
antica
Roma
?
E
senza
questa
miracolosa
pozzolana
laziale
che
con
poco
grassello
di
calce
fa
presa
anche
sott
'
acqua
,
compatta
per
millenni
più
d
'
una
roccia
,
l
'
architettura
romana
,
la
forma
cioè
e
il
volto
di
Roma
,
e
l
'
incrollabile
prova
della
sua
durata
non
esisterebbero
.
Bisogna
diffidare
,
lo
so
,
delle
similitudini
;
ma
gli
acquedotti
e
il
Colosseo
sono
insieme
fatti
e
idee
.
L
'
aratro
che
adopera
il
senatore
Cini
non
è
per
fortuna
quello
che
adoperò
Romolo
tracciando
il
solco
quadrato
.
È
meccanico
,
va
giù
col
vomere
fino
a
settanta
centimetri
,
rovescia
terra
e
pezzi
di
tufo
;
e
la
trattrice
che
lo
trascina
,
sobbalza
come
un
carro
armato
all
'
assalto
d
'
una
trincera
.
Talvolta
lo
sforzo
è
tanto
che
la
corda
d
'
acciaio
si
strappa
.
Sùbito
dietro
l
'
aratro
,
i
badilanti
caricano
sui
vagoncini
la
terra
sconvolta
,
e
appena
i
venti
vagoncini
sono
colmi
,
la
piccola
locomotiva
se
li
trascina
via
fischiettando
,
laggiù
dove
il
terreno
s
'
ha
da
alzare
e
non
da
abbassare
.
Mille
e
cento
sono
adesso
questi
operai
;
scamiciati
,
impolverati
e
contenti
,
nella
certezza
d
'
avere
lavoro
per
quattr
'
anni
.
Uno
s
'
è
ficcato
tra
l
'
orecchio
e
la
tempia
una
di
queste
piccole
orchidee
selvatiche
,
bianche
e
verdi
come
il
fiore
dell
'
aglio
,
e
mentre
il
rosario
dei
vagoncini
parte
con
un
fracasso
di
ferraglie
sulle
verghe
malconnesse
della
decoville
,
s
'
appoggia
con
le
due
mani
sul
manico
del
badile
,
guarda
lontano
e
a
mezza
voce
canta
:
Vivere
senza
malinconia
,
Vivere
senza
più
gelosia
...
Mentre
canta
,
è
più
solo
lui
dei
compagni
silenziosi
che
allineati
aspettano
un
'
altra
fila
di
vagoncini
,
vuoti
.
Un
minuto
:
arriva
,
e
i
manovali
le
si
mettono
a
fianco
.
Una
goccia
di
saliva
sulla
palma
delle
mani
,
e
il
lavoro
ricomincia
,
così
puntuale
che
si
coglie
il
ritmo
delle
pale
ficcate
nella
terra
,
della
terra
rovesciata
nel
carrello
,
del
lampo
bianco
della
pala
in
aria
.
Così
ordinato
fosse
il
lavoro
di
tutti
noi
,
con
quella
pausa
del
fiore
e
del
canto
.
La
ragione
sarà
che
io
purtroppo
non
riesco
a
diventare
ancora
il
vero
uomo
moderno
,
homo
occidentalis
mechanicus
neobarbarus
;
ma
il
fatto
è
che
il
lavoro
d
'
una
macchina
mi
piace
quando
assomiglia
nei
gesti
al
lavoro
umano
,
centuplicato
,
s
'
intende
,
nella
forza
,
e
senza
rischio
mai
di
stanchezza
perché
la
macchina
con
un
poco
di
lubrificante
è
sempre
giovane
e
sempre
attenta
.
Insomma
per
me
il
modello
del
mondo
resta
ancora
l
'
uomo
,
e
la
macchina
non
è
ancora
diventata
il
modello
dell
'
uomo
:
difetto
grave
,
e
il
peggio
è
che
talvolta
me
ne
vanto
.
Ora
delle
oneste
macchine
le
quali
lavorano
qui
,
le
più
simpatiche
mi
sembrano
le
scavatrici
.
Una
me
la
sono
goduta
stamane
da
vicino
,
e
il
soprastante
che
me
ne
spiegava
i
congegni
,
le
sorrideva
affettuoso
come
a
un
bel
cavallo
da
circo
,
docile
e
lustro
,
e
aveva
ragione
quando
diceva
:
Le
manca
la
parola
,
le
manca
.
Quella
infatti
alzava
il
braccio
con
la
benna
,
l
'
avvicinava
al
greppo
da
mordere
,
contro
gli
puntava
quattro
lucide
zanne
d
'
acciaio
aguzze
come
pugnali
,
e
oscillando
un
poco
per
lo
sforzo
gliele
conficcava
dentro
fino
in
fondo
.
Poi
le
quattro
zanne
si
rizzavano
,
e
zolle
,
sassi
,
schegge
,
terriccio
entravano
nella
benna
giusto
giusto
,
ché
la
scavatrice
non
ne
aveva
afferrato
un
pugno
di
troppo
.
Allora
il
braccio
si
girava
e
si
fermava
preciso
sopra
un
carrello
del
trenino
.
La
benna
s
'
apriva
ed
empiva
il
carrello
;
e
la
macchina
tornava
a
puntare
i
denti
contro
il
costone
da
abbattere
.
L
'
omino
che
era
il
cervello
della
macchina
,
maneggiava
due
leve
con
più
leggerezza
d
'
un
cavaliere
quando
tira
a
destra
o
a
sinistra
la
briglia
.
Il
soprastante
accanto
a
me
fissava
l
'
orologio
:
La
benna
contiene
un
metro
cubo
e
venti
.
In
ventisette
secondi
si
riempie
e
si
scarica
.
Dieci
di
queste
macchine
scavatrici
lavorano
a
preparare
il
pianoro
per
l
'
esposizione
;
ma
tanto
pesano
che
bisogna
saggiare
bene
il
terreno
prima
di
collocarle
,
non
abbiano
a
sprofondare
in
uno
di
questi
grottoni
.
Quando
nel
1885
sul
fianco
settentrionale
del
Campidoglio
si
tentò
di
piantare
le
fondazioni
del
monumento
a
re
Vittorio
Emanuele
,
non
s
'
incontrarono
che
tane
e
cunicoli
tagliati
per
cavar
tufo
o
per
difendere
l
'
arce
;
e
la
somma
che
s
'
era
stanziata
per
erigere
tutto
il
Vittoriano
,
bastò
appena
a
riempire
e
consolidare
quell
'
alveare
.
Così
qui
.
Il
suolo
traditore
è
provato
continuamente
dalle
sonde
,
le
quali
ogni
poco
incontrano
il
vuoto
.
Quando
s
'
è
determinato
così
il
luogo
d
'
una
caverna
nascosta
,
si
cinge
subito
con
una
stecconata
quadra
,
perché
carri
o
macchine
non
s
'
avventurino
là
sopra
.
Sono
chilometri
e
chilometri
di
gallerie
da
cavar
pozzolana
,
alcune
praticabili
dai
carretti
,
anche
se
adesso
ostruite
dagli
scoscendimenti
.
A
guardarle
dall
'
alto
,
profonde
e
cupe
tra
rovi
e
sterpi
,
sembrano
rifugi
di
trogloditi
o
di
banditi
o
,
nei
primi
secoli
dopo
Cristo
,
di
cristiani
perseguitati
.
Talune
catacombe
sono
infatti
nate
così
,
in
questi
antri
.
Tre
aeroplani
che
volano
alti
a
triangolo
,
mi
fanno
alzare
gli
occhi
al
cielo
.
Per
godere
un
paesaggio
la
luce
è
quello
ch
'
è
la
voce
per
capire
un
uomo
.
Anche
la
luce
ha
un
tono
.
Se
mi
trasportassero
addormentato
a
Roma
,
a
Firenze
,
a
Venezia
,
a
Milano
e
svegliandomi
spalancassero
la
finestra
sul
cielo
vuoto
,
io
mi
vanterei
di
saper
dire
,
dalla
luce
,
dove
mi
trovo
;
ma
forse
è
un
'
illusione
come
quando
,
se
odo
uno
parlare
,
mi
provo
a
non
badare
al
senso
delle
parole
ma
solo
al
suono
e
alla
modulazione
della
voce
,
e
a
giudicarlo
così
,
colui
che
parla
,
sincero
o
retore
,
affranto
o
audace
,
meschino
o
magnanimo
.
La
mia
guida
m
'
indica
il
punto
verso
Roma
dove
la
via
Imperiale
taglierà
il
viale
di
pioppi
delle
Tre
Fontane
.
La
via
Imperiale
sarà
l
'
asse
dell
'
esposizione
,
si
biforcherà
per
passare
su
due
ponti
il
lago
,
attraverserà
il
bosco
e
dalla
Porta
del
Mare
filerà
lucida
e
diritta
verso
Castel
Fusano
e
il
lido
.
Via
,
lago
,
bosco
:
tutto
è
ancora
sulla
carta
,
e
laggiù
verso
mezzodì
mi
commuove
la
sorte
d
'
un
bel
ciuffo
di
pini
a
cupola
perché
essi
sono
già
realtà
.
Si
tenterà
di
trasportarli
,
diciamo
così
,
in
vaso
.
Morranno
?
Vivacchieranno
estenuati
,
sostenuti
da
tre
puntelli
?
Siamo
venuti
dentro
una
baracca
a
guardare
la
planimetria
a
colori
dell
'
esposizione
:
opera
difficile
meditatissima
ed
equilibrata
cui
per
mesi
e
mesi
ha
atteso
Marcello
Piacentini
.
Ecco
gli
edifici
che
sopravviveranno
,
ecco
le
strade
,
ecco
i
luoghi
di
sosta
per
le
automobili
,
ecco
la
stazione
della
ferrovia
sotterranea
,
ecco
i
giardini
,
ecco
la
chiesa
,
ecco
il
lago
della
città
futura
.
Quale
altra
città
avrà
un
così
bel
lago
,
tra
sponde
di
pietra
,
con
un
teatro
aperto
all
'
uno
dei
capi
,
con
una
scalinata
di
marmo
bianco
e
oro
da
cui
l
'
acqua
scenderà
sfavillando
?
Meraviglie
.
Ma
questa
mattina
ho
anche
meno
fantasia
del
solito
.
La
carta
resta
carta
,
il
verde
non
riesce
ai
miei
occhi
a
diventare
bosco
,
né
il
turchino
acqua
.
Il
gran
vuoto
fuori
della
baracca
,
il
cielo
altissimo
e
quasi
bianco
negli
eccelsi
,
i
fischi
rauchi
delle
piccole
locomotive
,
la
collinetta
col
bosco
d
'
eucalitti
,
ai
nostri
piedi
le
grotte
nere
aperte
,
chi
sa
,
da
secoli
,
laggiù
quel
folto
di
pini
che
stanno
per
morire
;
questa
solitudine
che
abbiamo
appena
cominciato
a
sconvolgere
con
metodo
inesorabile
e
che
tra
un
anno
sarà
irta
di
bianchi
scheletri
di
case
e
di
palazzi
;
questa
solitudine
che
,
salvo
qualche
carrettiere
e
qualche
cacciatore
,
era
inviolata
,
anzi
dimenticata
da
millenni
,
ecco
quello
che
m
'
attira
stamane
,
soltanto
perché
non
lo
rivedrò
più
.
Vivere
senza
malinconia
...
cantava
il
manovale
.
Ma
no
,
un
poco
di
malinconia
aiuta
a
vivere
.
La
malinconia
non
è
che
l
'
ombra
della
memoria
.