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Mercato politico ( Bobbio Norberto , 1983 )
StampaQuotidiana ,
La recente ristampa delle opere principali di Gaetano Mosca ( Scritti politici , a cura di Giorgio Sola , 2 voll . , Utet , Torino 1982 ) potrà richiamare l ' attenzione del lettore di oggi sulla critica del sistema parlamentare di un secolo fa , di cui Mosca fu uno dei più autorevoli rappresentanti . Dopo aver affermato che le istituzioni politiche debbono essere tali da non porre gli uomini nella condizione di perseguire soltanto il proprio interesse a danno del senso morale , osserva che il sistema parlamentare « è congegnato in modo da riuscire una generale e sistematica contraddizione di questa massima » . Segue il commento : « Tutti in esso , dal più alto al più basso , dal ministro all ' elettore , trovano il loro privato interesse nel tradire quegli interessi pubblici che loro sono affidati . Tutti devono , per farsi avanti e sostenersi , favorire gli aderenti e gli amici a scapito del buon andamento degli affari , della coscienza e della giustizia » . E poco più avanti : « Procedendo così siamo ridotti a tale che ormai , in molti rami della pubblica azienda , non si può più avere a che fare col governo usando dei soli modi onesti e legali , e bisogna fare il camorrista se non si vuol subire un atto di camorra » . E proprio il caso di dire : nulla di nuovo sotto il sole . Non si rendeva conto il giovane Mosca ( quando scrisse quelle pagine aveva venticinque anni ) che il male lamentato ineriva al sistema democratico in quanto tale , più specificamente al sistema della democrazia rappresentativa , ovvero al regime in cui il potere di prendere le decisioni collettive spetta ai rappresentanti del popolo e il diritto di rappresentare il popolo dipende dal beneplacito degli elettori : se la caccia al favore dell ' elettore da parte del deputato era un male , era un male necessario e , chi sa , rispetto ad altri sistemi politici , un male minore . Però l ' amarezza di Mosca e di tutti gli altri critici del sistema parlamentare era perfettamente spiegabile con la delusione che la pratica quotidiana aveva in loro suscitato rispetto alle speranze delle origini . Alla fine del Settecento , uno dei maggiori scrittori politici americani , James Madison , aveva esaltato lo Stato rappresentativo che stava facendo le prime prove negli Stati Uniti , sostenendo che la delega dell ' azione governativa a un piccolo numero di cittadini eletto dagli altri avrebbe dato vita a « un corpo scelto di cittadini , la cui provata saggezza avrebbe potuto meglio discernere l ' interesse effettivo del proprio paese , e il cui patriottismo e la cui sete di giustizia avrebbe reso meno probabile che si sacrificasse il bene del paese a considerazioni particolarissime e transitorie » . Occorre anche aggiungere che i costituenti del tempo non si erano affidati soltanto alla presunta lungimiranza degli elettori : infatti , come si poteva credere sul serio che il cittadino chiamato a scegliere chi avrebbe dovuto decidere per lui non scegliesse la persona o il partito da cui poteva trarre il maggior tornaconto ? Giacché non era possibile che l ' elettore rinunciasse a fare richieste interessate , non vi era altro rimedio che quello di imporre all ' eletto di non tenerne conto . Così fu formulato e fatto valere il principio , passato alla storia col nome di « divieto di mandato imperativo » , secondo cui gli eletti avrebbero dovuto prendere le decisioni di cui erano investiti nel solo interesse della nazione in generale , ad onta delle richieste particolaristiche e campanilistiche ( oggi si direbbe corporative e clientelari ) di coloro che li avevano mandati col loro voto in Parlamento . Nella Costituzione francese del 1791 fu introdotto il seguente articolo : « I rappresentanti nominati nei dipartimenti non saranno rappresentanti di un dipartimento particolare , ma dell ' intera nazione , e non potrà essere dato loro alcun mandato » . Con l ' introduzione e l ' applicazione di questa regola generale ( una delle vere e proprie regole del gioco della democrazia rappresentativa ) si voleva che la rappresentanza parlamentare non riproducesse più gl ' inconvenienti della tradizionale rappresentanza corporativa , in base alla quale chi riceve la delega a rappresentare la propria corporazione deve fare esclusivamente gl ' interessi di questa , e s ' imponeva un vincolo formale alla naturale tendenza dell ' eletto ad accaparrarsi i favori di coloro da cui dipende la sua elezione , cui corrisponde la tendenza altrettanto naturale dell ' elettore a scegliere il candidato più disposto a proteggerlo . Da allora , il principio è diventato un elemento fondamentale della democrazia rappresentativa . Per restare in casa nostra lo Statuto albertino stabiliva che : i deputati rappresentano la nazione in generale e non le sole province in cui furono eletti , Nessun mandato imperativo può loro darsi dagli elettori » ( art. 41 ) ; la Costituzione repubblicana ripete : « Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato » ( art. 67 ) . Mai divieto è stato più trasgredito . Non si capisce neppure come avrebbe potuto essere rispettato , anzitutto perché l ' interesse nazionale ciascuno l ' interpreta a suo modo e ogni partito crede , magari anche in buona fede , che l ' interesse del partito coincida con l ' interesse della nazione , e poi perché nella gara elettorale viene premiato in genere il rappresentante o il partito che si è preoccupato non tanto dell ' interesse nazionale quanto di quello dei propri clienti . Il divieto di mandato imperativo è una regola senza sanzione . Anzi , l ' unica sanzione temibile per il rappresentante o il partito è quella che viene dalla trasgressione della regola opposta , dalla regola cioè che impone , o per lo meno consiglia , di soddisfare il più possibile le richieste dei propri elettori . Elettori ed eletti sono legati a filo doppio . Il loro rapporto è un rapporto di « do ut des » , un vero e proprio rapporto di scambio , in cui l ' uno col proprio voto attribuisce all ' altro un potere da cui si aspetta un beneficio e l ' altro dispensa un beneficio da cui si aspetta il consenso . Forzando , ma non troppo , l ' analogia tra lo scambio politico e lo scambio economico , si può dire che l ' elettore è un produttore e l ' eletto un consumatore di potere , e inversamente l ' elettore è un produttore e l ' eletto un consumatore di consenso . L ' idea , del resto non nuova , che la democrazia possa essere paragonata a un grande e libero mercato la cui merce principale è il voto non è esaltante . Ma è da tener sempre presente per capire il comportamento degli uomini politici specie nell ' imminenza di elezioni . Come il mercato economico , anche il mercato politico sfugge a ogni controllo che si voglia imporre dall ' alto e anche da questo punto di vista l ' analogia regge alla prova dei fatti .
L'AMMONIMENTO ( - , 1919 )
StampaQuotidiana ,
Giova sperare che i legionari di Fiume o a dir meglio coloro che vorrebbero snaturare gli scopi della loro sedizione patriottica e portarli , oltre Fiume , ad avventurose stravaganze nelle quali essi avrebbero le beffe e la patria il danno , prendano atto dell ' atteggiamento assunto dall ' opinione pubblica italiana non appena fu possibile divulgare i loro nuovi propositi e gl ' inizi di attuazione . Non è affatto esagerato dire che un coro unanime di riprovazione s ' è levato da un capo all ' altro d ' Italia . Quasi tutti disapprovano la degenerazione dell ' impresa in quanto nuoce gravemente ai fini di politica estera e d ' integrazione territoriale ; ma tutti quelli che hanno senso di responsabilità la deplorano vivacemente , con cordoglio e con sdegno , in quanto spezza o mira a spezzare il cardine stesso dello Stato e dell ' unità e dell ' indipendenza nazionale : che è appunto la disciplina militare , infirmata dalle sobillazioni del Comando di Fiume , sconsacrata dal pronunciamento dell ' ammiraglio Millo , che ha creduto di servire la patria e il Re abiurando il suo giuramento di obbedienza alla patria e al Re . Pochissime , insignificanti , estremamente fiacche e tortuose sono le difese . Qualche interessato vuol far credere che i dannunziani si mossero a queste prodezze perché era imminente l ' attuazione del progetto Tittoni , il quale sacrifica , essi dicono , la massima parte della Dalmazia senza raggiungere una soddisfacente soluzione del problema di Fiume . Sia detto senza eufemismi che questa accusa è contraria alla verità . Il progetto di Tittoni , dal momento in cui Wilson lo respinse , non è mai stato vicino all ' attuazione , la nostra situazione adriatica è ancora tutta quanta in forse , e i recenti sviluppi della politica europea ed americana presenterebbero probabilità di equi miglioramenti , se le impulsive violenze dei « condottieri » non paralizzassero ogni volontà di giuste transazioni . Comunque , sia o non sia il progetto Fittoni prossimo ad essere attuato , spetta al paese , al Parlamento , al Governo del Re accettarlo o respingerlo , sanzionarlo o annullarlo . L ' Italia ha per capitale Roma , non Fiume , né Zara ; è governata dal suo popolo , non da una congiura che cuoce di dover chiamare militare a chiunque ricordi che il lealismo dell ' esercito nazionale fu da Novara a Vittorio Veneto , attraverso Custoza e Caporetto , il più augurale palladio della nostra fortuna , il più sicuro sostegno d ' Italia durante l ' avversità . Altri , turbati dal pericolo di corresponsabilità intollerabili , tentano di nascondere il sole con le cinque dita , di negare l ' evidenza dei detti e dei fatti e dei propositi confessi . Pretendono ( senza nemmen l ' ombra di una dimostrazione almeno indiziaria ) che le notizie dell ' altra sponda siano tendenziose e allarmiste . Ebbene , no . È inutile tergiversare quando i propositi di « propagare l ' incendio » e di far cominciare « il bello » furono dal Comando di Fiume propalati e vantati fin dalla metà di settembre , e poi sempre nel sèguito , tranne quella parentesi di sagge parole che ingannarono , senza addormentarli , quanti sperarono che la carità di patria e la saggezza fossero nei volontari di Ronchi più forti della faziosità senza legge . Non serve sofisticare quando i detti e i fatti e gli scritti di D ' Annunzio e di Millo sono sulle bocche di tutti . Non ha senso smentire quando quelli stessi che smentiscono conobbero e volentieri ripeterono le parole di colore non oscuro preferite dal Comando di Fiume . Queste scarse e inefficaci eccezioni non fanno che confermare la regola . La regola è , nella stampa e nell ' opinione pubblica , la deplorazione dei fatti e dei propositi manifestati a Fiume e a Zara , sopra tutto in quanto mandano in aria la disciplina dell ' esercito e della flotta e staccano la forza armata dal corpo della patria , facendone un moncherino convulso . Vi sono giornali , non sospetti di malanimo verso i legionari e i loro capi , che nello sfruttamento socialista dello spauracchio imperialista vedono una , e non l ' ultima , fra le cause della catastrofe elettorale del 16 novembre . Vi sono altri che sanno quanto l ' infatuazione sciovinista abbia nociuto ai fini di politica estera dell ' Italia ed al conseguimento di una giusta pace adriatica . I legionari di Fiume o , a dir meglio , i loro capi se lo tengano per detto . Ancora sono in tempo per far prevalere il bene che vogliono all ' Italia sul male che vorrebbero arrecarle , per farsi assolvere delle cattive intenzioni con l ' astenersi dalle pessime azioni .
CAPRI ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
17 marzo . A CAPRI sta per scoppiare la primavera . Il cielo è già d ' aprile . I primi mandorli e le prime violette sono fiorite , ma i limoni sono ancora coperti con le stoie , con le pagliarelle come dicono qui , e le glicine sono ancora in boccio . Tutta Capri dal monte Solaro alla villa di Giove è in boccio . Se t ' affacci al belvedere dei giardini , diciamo pure , d ' Augusto , se passi in barca tra punta Tragara e i Faraglioni e fermi un minuto i remi o il motore , sopra l ' asciutto odor del salmastro respiri a tratti un profumo dolce ma lontano , come un canto spezzato dal vento . S ' arriva di sera stanchi e distratti . Riusciremo a riposarci ? Sotto la luna e le poche stelle le case e le casette di gesso bianco , di gesso crema , di gesso rosa sulla piazza sembrano finte ; una messinscena per Cavalleria rusticana o per le Baruffe chiozzotte . Si va a dormire , sicuri intanto della solitudine e del silenzio ; e la mattina dopo , quando si spalanca la finestra sul mare , s ' è già diversi : curiosi , alacri , ilari , in pace con tutti , perfino con noi stessi . Una cinciallegra gorgheggia tra i rami d ' un pino . Atmosfera radiattiva , avvertono le guide . Svetonio , cui quest ' isola deve tanto per le favole di cui l ' ha incoronata , racconta che Augusto s ' innamorò di Capri anche perché al suo arrivo i rami secchi d ' un antico leccio a un tratto rinverdirono . All ' aggettivo nuovo e scientifico preferisco questa favola di Svetonio , visibile e tangibile . Non avevo mai compiuto il periplo dell ' isola . Da questo mare di zaffiri e brillanti che fa nel confronto illividire il cielo , chi visiti giro giro tutte le grotte , da quella Azzurra a quella Bianca e vi penetri finché l ' occhio s ' abitua all ' ombra e ai riflessi ; chi guardi dall ' acqua le altezze scoscese delle rupi dei monti e a un tratto ammiri dalla Marina piccola il biancheggiare delle ville , l ' affoltarsi degli alberi , dei parchi , dei vigneti , dei colonnati , delle arcate , di ripiano in ripiano , proprio in quel punto dove l ' isola si restringe e s ' avvalla come una donna alla cintola , i misteri dell ' incanto di Capri si svelano tutti ; e si possono dire tutti ad alta voce . Primo , il più elementare : che Capri è un ' isola , meglio una piccola isola , a distanza ragionevole da una grande città . S ' è isolati , ma non tanto ; protetti , ma non carcerati . Si sbarca a Palermo o a Messina , a Cagliari o a Golfo Aranci , e dopo dieci minuti di treno o d ' automobile il fatto d ' essere in un ' isola è solo una nozione , non più una sensazione . Ora , per essere commosso e sedotto , l ' uomo deve prima vedere che sentire , prima sentire che pensare . Qui ad ogni passo vediamo il mare , sentiamo il mare , l ' odore e il fiotto del mare che ci separa dal resto dell ' umanità . In chi viene qui , cresce con pochi giorni un orgoglio simile a quello del castellano dentro il suo castello nel mezzo dei suoi bastioni e fossati . Quelli infatti che vogliono raggiungere l ' isola , prima hanno da purificarsi in un lavacro almeno di vento e d ' azzurro ; e quando approdano sono i barbari , venuti in barca da oltre mare . Appena dal buco della funicolare escono al sole sulla piazza Umberto , i vecchi di Capri , anche se romani o milanesi , tedeschi o americani , li sbirciano con aria benevola ma distratta : E adesso che farà questo sperduto ? E adesso dove andrà questo spaesato ? Loro conoscono tutta Capri , che è un poco più di mezzo mondo ; e quel neonato ancora ha da imparare come si respira quest ' aria , ancora non sa che domani sarà un altro . Il facchino che gli porta le valige , gli parla con tenerezza come la nutrice al poppante . E si pensi che ogni anno passa da Capri un mezzo milione di forestieri e che un altro mezzo milione vi dorme almeno una notte : quelli che gli albergatori , con un termine tra ascetico e spiritico , chiamano le presenze . Certo chi arriva è preparato bene . Coloro che approdano a Capri , vengono da Napoli o da Sorrento : città e luoghi di quelli che in ogni angolo del mondo gl ' innamorati e i sapienti , i poeti e i politici , i mistici e gli epicurei , i malati con la speranza di fuggire la morte e i sani col proposito di raddoppiare la vita , èvocano tra un sospiro di rimpianto e un sorriso di speranza . Ma sono città di terraferma da dove si passa anche per necessità , senza pensare propriamente a ristorarsi e a curarsi anima e corpo . Capri invece , dall ' apparenza inviolabile , è la tebaide degli epicurei : epicurei , spero , nel senso buono ed autentico , che pongono cioè la rettitudine nel dire la verità , la verità nella concreta esperienza , la felicità del corpo , modestamente , nell ' assenza del dolore , e la felicità dell ' animo nella serenità della coscienza , anche a costo di tempestive rinunzie . Per questa vaga somiglianza con la Tebaide degli anacoreti , ma a portata di tutte le macchine fotografiche , Capri ha appunto i suoi monti deserti e dirupati che si sprofondano a picco nel mare per altre centinaia di metri e che soltanto le bigie spatole dei fichidindia , le chiazze cupe dei lentischi , i ciuffi azzurrastri dei ginepri e gli scheletri d ' antiche torri ravvivano ; e ha le sue cento grotte dagli echi infernali e dai riflessi insidiosi proprio come quelli che abbagliavano sedici secoli fa nel deserto tebaico gli occhi di Antonio e di Pacomio . Si pensi che per entrare nella Grotta azzurra dallo spacco tagliato o allargato dai romani s ' ha da chinare il capo o stendersi umili sul fondo della barchetta , e che destate nella gran calura molte bagnanti , vestite come tutti le vedono , vanno a immergervisi e a nuotare , con l ' illusione d ' entrare nel turchino del paradiso facendo semplicemente le morte sull ' acqua . Illusioni , ripeto , le quali talvolta arrivano all ' allucinazione ; ma sul cammino della virtù dovunque , specie a Capri dove ogni sentierucolo è forcuto come le corna del demonio , sperar di distinguere sùbito l ' illusione dalla realtà è quasi inumano . Si distingue dopo , quando , reclinato ancora una volta il capo in atto di penitenza , si riscivola verso l ' aperto sole , e le barchette verdi bianche turchine ci ballano attorno leggere come per congratularsi della nostra salvazione . Questa maestà , grandezza , rudezza o indifferenza della natura è necessaria all ' uomo che cerca la pace , e volentieri la chiama felicità . A Capri la trova presto : sulla terra dopo pochi passi , sul mare dopo poche bracciate . Sotto la rupe eccelsa e inaccessibile , ecco , egli si sente minimo , trascurabile , invisibile , dimenticato ; si sente cioè in libertà . Anche se sono in due , si sentono invisibili e in libertà , e stesi su uno scoglio polito dall ' onde o tappezzato di licheni , si crògiolano a occhi chiusi nell ' afa del mezzodì , si lasciano ventilare dalla bava che là sotto increspa l ' onda . Una lucertola . Una farfalla . Silenzio . Tutto il loquacissimo mondo è finalmente ammutolito . L ' umanità è di là dal mare . Lo sguardo più vicino è quello del sole ; la legge più vicina è quella del sole , che fa la notte e il giorno , e niente altro . Ma nell ' isola di Capri è un altro elemento che può sembrare misterioso e non lo è : la storia . Nessun paese del mondo è , in questo , più misterioso dell ' Italia la quale invece appare tutta limpida e assolata . Nessun paese è infatti formato di tante civiltà sovrapposte , l ' una nascosta dall ' altra ma anche l ' una nata dall ' altra . Civiltà fenicia , civiltà greca , civiltà etrusca , civiltà romana , civiltà bisantina , civiltà cristiana , civiltà musulmana , qui s ' intrecciano e si confondono tanto indissolubilmente , per formare dal mille in poi la civiltà italiana , che non v ' è mente umana capace di sciogliere il groviglio delle cento radici al piede di quest ' albero sovrano e sempre fiorito . Non v ' è bisogno che il viaggiatore sia un erudito per provare sotto questo incanto uno sgomento quasi religioso , come non occorre essere astronomi per sentire l ' infinito del cielo dietro il palpito delle stelle . Basta ch ' egli abbia gli occhi aperti e un cuore d ' uomo . Anche a Capri , in questa isoletta , sono passati fenici , greci , romani , bisantini , saraceni e , alla fine , i napoletani del Seicento e del Settecento , i secoli della musica e della passione ; e ancora cantano . Ma sopra tutti stanno Augusto e Tiberio , Timberio come lo chiamano qui . Non si vedono ? Dovunque si scava , alla Marina Grande o alla Certosa , su a Santa Maria del Soccorso o giù a Punta Tragara , anche dopo secoli di ladrerie straniere , blocchi di tufo , muraglie di piscine , fondamenti di ville , rocchi di colonne , lapidi schiantate tornano alla luce . Le rovine romane sul mare , gialle e rosse in mezzo all ' acqua , sembrano più resistenti degli scogli . L ' onda vi si rompe da secoli , e a mare mosso le copre ; torna la calma , e rieccole , lucide , regolari , solenni . Non è vero che il turista distratto e cronometrato rimanga indifferente alla vista di questi ruderi . Non si renderà conto a parole dell ' effetto che gli fanno , perché questo è il nostro destino dal primo vagito all ' ultimo addio : che di quanto veramente ci tocca nel profondo e ci forma e ci muta e ci uccide , l ' intelletto per lo più non s ' avveda perché non ha tempo o ha paura . Ma la vista di queste antichità dànno anche al passante , al gaudente e all ' ignorante il conforto d ' un sentimento che noi Italiani possiamo chiamare l ' immortalità dell ' Italia e che a uno straniero basta chiamare la certezza della durata . Egli sbarca qui , solo o in compagnia , stanco o ammalato o innamorato . Ha udito tanto parlare di Capri e del suo fascino . Capri , dieci chilometri quadrati : un ninnolo . Nuova York è molto più grande . Sul moletto di Sorrento , accanto alla garitta gialla e blu , un omino vende nacchere , le gitta destramente dalla riva nel battello , coglie a volo i soldi che gli pagano . È l ' Italiano , pel turista , stereotipato : ballerino , canterino , giocoliere , merciaio ambulante . Ma Capri s ' avvicina : monti rocciosi , nudi , scabri , rósi dal vento , ostili , e a fior d ' acqua muraglie immani , fatte d ' un reticolato a scacchi di tufo . - Che cosa ? Tiberio ? La piscina di Tiberio ? Quasi duemil ' anni ? Il peso dei millenni come il peso della rupe riducono anonimo e minimo lo straniero : uno , sperduto tra milioni . Cerca con lo sguardo l ' amico o l ' amica . Anch ' essi cercano lo sguardo di lui , ma senza appoggiarvisi , quasi che la troppa luce annebbi tutti gli occhi . I più restii puntano sulle rupi e sulle rovine la macchinetta fotografica : ne rapiscono un attimo , della loro misura . Poi anche essi si stancano di chiudere un occhio e di schiacciare l ' altro sulla spia , per veder piccolo ; e si lasciano invadere dalla luce e dalla grandezza , come chi si gitti a nuoto , finalmente , nel refrigerio del mare . Di preciso niente sanno . Vedono e sentono ; e basta . La forza degl ' imponderabili , come una volta i fisici chiamavano nientemeno l ' elettricità , il calore e la luce . Se la primavera fosse scoppiata , non s ' avrebbe più voglia di tessere queste tele di ragno che si chiamano ipotesi . Ma siamo proprio sulla soglia . Stamane , affacciandomi dal mio poggiolo sul giardino dell ' albergo , ho udito una voce femminile , di contralto , annunciare da giù in inglese a qualcuno che doveva guardare dal piano sopra al mio : John , John , sai che ho trovato ? Ho trovato due fiori d ' arancio . Una voce sarcastica e rugginosa ha risposto dall ' alto : Esagerata . Oh John ... La donna in giardino aveva la figura svelta e giovanile , il volto meno ; e indossava un paio di pantaloni turchini , tagliati a campana come quelli dei marinai . Ma non avevo badato all ' accento sull ' o di John , aperto o chiuso , e non ho capito se chi le rispondeva dall ' alto era una Joan o un John , una Giovanna o un Giovanni . Piccolezze .
ZAVATTINI METTE IN SCENA LE PAGINE DEL SUO DIARIO ( De Monticelli Roberto , 1959 )
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Direttore del Piccolo Teatro , Paolo Grassi , presentando questa commedia , primo tentativo di Cesare Zavattini in teatro , ha scritto che non si tratta tanto di una commedia quanto d ' una conferenza biografica , d ' una specie di « mostra personale » dell ' autore . È giusto . Se qualcuno , questa sera , si è recato alla « Fenice » per la prima rappresentazione di Come nasce un soggetto cinematografico aspettandosi di assistere ad una commedia costruita secondo i moduli normali ( la cui gamma varia , naturalmente , dalla tradizione all ' avanguardia ) non può che esserne rimasto deluso . Ma costui dimostrerebbe di non aver capito lo spirito dell ' iniziativa presa dal Piccolo Teatro : che era di portare alla prova del palcoscenico la particolarissima fantasia di questo scrittore : non uno Zavattini drammaturgo , regolarmente inquadrato entro le tecniche ( e le convenzioni ) , uno Zavattini cioè che probabilmente non avremo mai ; ma la sua fantasia , surreale , tenera , crepuscolare , con la lacrima ; stupefacente e un tantino meccanica . Nella sua non folta produzione letteraria Zavattini , lo sanno tutti , ha un versante diaristico , autobiografico . Egli ha il gusto della confessioncella quotidiana , del giornalismo privato . Come nasce un soggetto cinematografico è una lunga pagina di quei suoi diari portata in termini drammatici . Se sfrondiamo lo spettacolo di tutti i particolari accessori ( che sono molti , alcuni funzionali , numerosi altri no ) , esso si riduce a questo : Antonio , scrittore di cinema , che ha raggiunto con il suo lavoro l ' agiatezza , che ha una bella moglie in procinto di dargli un bambino , una comoda casa , insomma una solida posizione borghese , morde il freno della censura e del conformismo , sente la punta della solidarietà sociale , il « dolore del mondo » , insomma , o come volete chiamarlo , che gli arriva , se appena tende l ' orecchio , simile al rombo del mare in una conchiglia . Che può fare ? Come due carabinieri gli stanno ai fianchi , mentre lavora , da una parte il censore , dall ' altra il produttore , voci alleate , quantunque a volte discordi , della convenzione morale e dell ' utile economico . In uno stato di esterrefatto fervore , che si prolunga per una buona metà del primo tempo , egli propone ai due diversi spunti e idee che vengono regolarmente bocciati , finché trova la storia dell ' occhio . Un disoccupato , Giacomo N . , accetta di vendere uno dei propri occhi a un guercio riccone , un grosso industriale che si sente gravemente menomato nella condotta dei propri affari dal fatto di vederci da una parte sola . Sennonché , già pattuito il compenso , dodici milioni , un istante prima che l ' operazione venga eseguita , Giacomo e sua moglie si pentono e fuggono . Vengono inseguiti e ripresi . È la società che non permette loro di uscire dal cerchio di un crudele dare e avere . A una conclusione simile del progettato film sia il produttore che il censore , naturalmente , si oppongono . Ed è allora che Antonio si ribella , abbandona la casa , la comoda posizione borghese , la bella moglie e torna alla sua vecchia abitazione e condizione , di quando ancora non era celebre e ricco , fra la gente del popolo . A questo punto però si rivela la sua insufficienza morale . Perché capitolerà alla fine , Antonio ? Cosa lo piega alla sconfitta ? Sono le insinuazioni dei ricordi , dirà qualcuno , la nostalgia della vita di prima , le memorie e gli affetti abbandonati . Ma altri potrà affermare , con uguali probabilità di non sbagliarsi : è l ' impossibilità di vivere tra gli uomini , lo dice lui stesso . Questa è comunque la parte più confusa della liricizzante sceneggiatura ; inconveniente pericoloso , siamo alla svolta dialettica della vicenda . Antonio finirà con l ' immaginare di uccidersi . In realtà non lo farà , quello della morte sarà , nella commedia , un tetro sogno didascalico per dar la possibilità all ' autore di dire determinate cose . Il falso ribelle tornerà , invece , nel comodo alveo del compromesso , accanto alla moglie esigente e dolce , fra i due angeli custodi della sua condizione economica e sociale : il produttore e il censore . È il film dell ' uomo che doveva vendere un occhio avrà la conclusione ottimistica suggerita da costoro . Questo è il traliccio della sceneggiatura , cui sono appesi , come a un albero , le « gags » , gli « sketches » le « punte secche » , i piccoli fulmini satirici tipici dello Zavattini del cinema ; e , soprattutto , dell ' umorista stupefatto di I poveri matti e Parliamo tanto di me . Un orecchio attento troverà anche , in tutto questo , una certa dose di cattiva letteratura ; ma anche molto coraggio , vedi il quadro del prete che viene per richiamare il protagonista alla coscienza religiosa e si lascia convincere a confessarsi : Io ascoltiamo versare nell ' orecchio del laico i propri sussurri di penitente . Le nostre riserve non sono su certi aspetti formali del poemetto teatrale - cinematografico , sappiamo benissimo che Zavattini è questo , intuizioni e lampi geniali su uno sfondo di sentimentalismo . Il fatto è piuttosto che l ' individuale caso di coscienza messo in scena non riesce a diventare processo per tutti , richiamo a una responsabilità collettiva , come deve essere sempre del teatro impegnato sulle verità morali . Ma sulla felicità inventiva e l ' audacia polemica , specialmente nella prima parte , non ci sono dubbi . Un testo del genere lascia al regista una libertà solo apparente ; in realtà determina la linea stilistica dello spettacolo . Zavattini ha inserito in questo suo lungo monologo proiezioni di diapositive , . un impressionante via vai di « barzellette animate » , alcune canzoni e due minuti buoni di pellicola al finale . Virginio Puecher ha messo ordine nel mobile plasma e lo spettacolo con le scene di Damiani e le musiche di Carpi ha l ' indubbio marchio di fabbrica delle produzioni del « Piccolo » , ma dovrà essere rodato e snellito . Quanto agli interpreti bisognerebbe esaminarli in una occasione più tranquilla : ci limiteremo a sottolineare l ' appassionato impegno di tutto il complesso , nel quale spiccano Tino Buazzelli , il protagonista , per quella sua lirica ironica concitazione , Enzo Tarascio e Andrea Matteuzzi suoi vibranti antagonisti dialettici , il recuperato interprete di Ladri di biciclette , Lamberto Maggiorani , che supera con popolaresca sincerità l ' impaccio dell ' esordiente , la bella Luisa Rossi , Elena Borgo , Lia Rainer , Ottavio Fanfani e Gabriella Giacobbe .
Quel voto di scambio ( Bobbio Norberto , 1983 )
StampaQuotidiana ,
L ' analogia tra mercato economico e mercato politico deve essere però presa con una certa cautela . L ' analogia è fondata sulla considerazione che tra l ' elettore e l ' eletto si può configurare un rapporto di « do ut des » , come quello che avviene nel mercato tra compratore e venditore . Ciò che l ' elettore dà al partito o alla persona cui concede il proprio voto è il bene politico per eccellenza , il potere , ovvero la capacità di ottenere effetti desiderati . Ciò che egli si aspetta in cambio è che il potere così conferito venga esercitato a suo vantaggio . Ma a differenza di quel che avviene nel mercato , l ' elettore non conosce in anticipo l ' effetto della sua scelta , perché il maggiore o minor potere del partito o del candidato cui ha dato il voto dipende anche dal maggiore o minore numero di voti che essi riceveranno da altri elettori sui quali egli non esercita di solito alcuna influenza . In un sistema maggioritario , in cui dei due candidati in lizza l ' uno vince e l ' altro perde , chi vota per il candidato perdente ha scambiato il proprio voto , il bene che egli possiede come cittadino che gode dei diritti politici , con una speranza che non si è realizzata . Ma anche in un sistema proporzionale dove ogni voto va a segno , il maggiore o minore effetto del mio voto come datore di consenso dipende da come votano gli altri , cioè da una circostanza di cui ogni elettore non può avere che una vaga conoscenza . Anche nel caso in cui il voto contribuisca a dare potere a un partito o a un candidato , non è detto che il potere da questi ricevuto sia tanto grande da consentire l ' esaudimento delle domande poste dall ' elettore . Superfluo sottolineare la diversa capacità di rispondere alle domande degli elettori , rispettivamente , di un partito di governo e di un partito di opposizione . Votando , l ' elettore non sa con esattezza in anticipo se il partito o il candidato che egli vota farà parte del governo o dell ' opposizione . Vota anche in questo caso a suo rischio e pericolo , offrendo l ' unico bene che ha nell ' arena politica , ancora una volta , per scambiarlo con un bene soltanto sperato . Il rapporto che si viene instaurando fra l ' elettore e l ' eletto è simile a quello di un contratto aleatorio , in cui a una prestazione certa da una parte corrisponde una prestazione incerta dall ' altra , come avviene in una lotteria . ( La miglior prova che le elezioni vengono percepite come una sorta di lotteria , sta nell ' intensa curiosità con cui nei giorni successivi al voto sono seguite le operazioni di spoglio delle schede ) . L ' altra ragione per cui l ' analogia del mercato politico non può essere presa alla lettera sta nella varietà e complessità delle motivazioni di voto . Il rapporto tra elettore ed eletto si può assimilare a un rapporto di scambio , paragonabile a quelli che avvengono nel mercato , solo nel caso del cosiddetto voto clientelare , nel caso cioè in cui tra elettore ed eletto sia avvenuta un ' intesa personale come quella che passa tra patrono e cliente , e il primo abbia concordato col secondo , se pure sempre con un margine di rischio , un beneficio specifico , come l ' assegnazione di una pensione , di una casa o di un posto . Che poi il cliente sia , anziché un singolo individuo , un gruppo d ' interesse che ottiene un favore economico in cambio di un appoggio politico , la cosa non cambia . Ma non tutti i voti sono clientelari . Gli studiosi di politica ( mi riferisco in particolare a Gianfranco Pasquino ) prendono in considerazione , accanto al voto di scambio , il voto di appartenenza , che è il voto di chi si è identificato talmente in un determinato partito da dare ad esso il proprio appoggio indipendentemente dalle decisioni politiche che esso prenderà e da quelle che impedirà , e quindi dall ' esigenza di soddisfare interessi individuali e specifici ; e il voto di opinione , che è il voto dato a un partito per una certa consonanza o concordanza nelle vedute generali , nel programma globale di conservazione o di riforma , senza un particolare riguardo ai propri interessi immediati . Di queste ultime due motivazioni di voto quella che si contrappone maggiormente alla motivazione derivata dall ' interesse personale , è la motivazione che sottostà al voto di opinione . Il voto di appartenenza è per certi aspetti un voto di opinione ( « le idee del partito sono le mie idee » ) , sotto altri un voto di scambio ( « gl ' interessi del partito sono i miei stessi interessi » ) . Ma entrambi irrigiditi : infatti , fra tutte le specie di voto è quello più stabile . Chi vota comunista per solidarietà di gruppo continua a votare pci quale che sia la linea politica seguita dai dirigenti ( fronte popolare , compromesso storico , alternativa democratica ) . Chi vota democristiano perché è cattolico , perché ritiene , a torto o a ragione , che la democrazia cristiana difenda gl ' interessi e i principi dei cattolici , continua a concederle la propria fiducia a onta degli scandali e senza tenere il minimo conto della pratica quotidiana di governo . Se si vuol capire perché nelle analisi degli osservatori torni sempre più insistentemente l ' immagine del mercato politico , nonostante la varietà delle motivazioni di voto , bisogna prender coscienza del fatto che nelle democrazie più consolidate , dove la ripetizione delle elezioni rende sempre più stretto il rapporto fra elettori ed eletti , si manifesta una chiara tendenza alla diminuzione del voto di opinione e all ' aumento del voto di scambio . Il voto di opinione sopravvive con maggiore intensità nei piccoli partiti che hanno minore capacità di soddisfare interessi particolari . Occorre se mai fare attenzione all ' aumento delle astensioni e delle schede bianche : entrambi gli atteggiamenti esprimono una vera e propria opinione . Tanto che qualcuno ha potuto affermare che mentre i partiti raccolgono sempre più voti di scambio , il voto di opinione si rifugia paradossalmente in coloro che non vanno a votare o non votano nessuno dei partiti in gara . Queste osservazioni , e altre che si potrebbero fare sulla « democrazia reale » , non sono irriverenti . Sono semplicemente realistiche . Servono a farci capire che in crisi non è la democrazia ma una sua falsa immagine .
IL SANGUE FRATERNO ( - , 1920 )
StampaQuotidiana ,
Tre anni e mezzo di guerra contro il nemico secolare , sacrifici inenarrabili , una vittoria senza eguale , due anni di torbido e febbrile armistizio con tumulti , ire , miserie , amarezze di ogni genere . Finalmente il 12 novembre la pace è scritta . Quasi tutti gl ' italiani , e tutti gli stranieri a una voce la proclamano degna della vittoria . L ' Austria - Ungheria degli Absburgo è una morta senza resurrezione , i Jugoslavi che mirarono all ' Isonzo si ritraggono dietro il crinale delle Alpi Giulie ; Gorizia , Trieste , Pola , tutta l ' Istria , Zara son nostre ; Fiume è libera . Nell ' inevitabile dibattito gli Slavi cedono cinquecentomila loro fratelli all ' Italia , l ' Italia cede . poche decine di migliaia d ' italiani al vicino , ma li vuole protetti con effettive garanzie . Il 12 novembre pareva il principio di nuova storia , la data iniziale della pace e della ricostruzione . Ed ecco la nuova storia . Ecco la pace e la ricostruzione . Un figlio dell ' Italia , glorioso per opere scritte ed agite , esige che la sua gloria sia sopra a tutte le leggi e la sua volontà personale stia sopra ai Trattati . Egli rifiuta di sanzionare il Trattato di Rapallo sanzionato dal Governo , dai due rami del Parlamento , dal Re ; insulta ; minaccia ; semina lo spirito di sedizione fra le truppe dell ' esercito patrio e fra le unità della marina nazionale ; accoglie trionfalmente i marinai che gli portano in dono navi di cui non erano i padroni ; tollera che i suoi legionari versino il sangue fraterno ; respinge le lusinghe , le preghiere , le supplicazioni di tutto un popolo che sta quasi ai suoi piedi implorando che un figlio prediletto risparmi alla patria un lutto ed un ' onta incancellabili per sempre . Finalmente alla dichiarazione di blocco egli risponde con una dichiarazione di guerra in piena regola contro il Governo d ' Italia . Il sangue scorre ed è sangue italiano , di commilitoni che furono allo stesso fuoco e patirono le stesse ferite . D ' Annunzio pubblica un bollettino di guerra , in cui l ' esercito d ' Italia è chiamato l ' esercito avversario e dove , come dopo un ' azione contro lo straniero implacabile , il Comando di Fiume si vanta che le sue perdite siano « certamente di gran lunga inferiori a quelle subite dall ' avversario » . Ma l ' « avversario » marciava il più spesso con l ' ordine : avanti senza sparare ! Lo spettacolo è orrendo , e l ' animo se ne ritrae sbigottito . A Fiume , in questa che era l ' ultimogenita fra le città sacre dell ' Italia e per due anni di passione diventò la più cara , furono adunate armi contro l ' Italia ! Da Fiume si dirama un comunicato , il secondo di D ' Annunzio , anche più incredibile del primo , in cui gli alpini costretti a un duro dovere sono oltraggiati come ubriachi e gli ufficiali di marina sono vituperati come assassini e l ' Italia è trattata da un italiano con lo stesso stile che adoperavano i tedeschi , nei tempi del loro più truce orgoglio , contro gli spregevoli nemici . Prova di insania più lampante di quella che offre questo secondo bollettino di guerra civile non potrebbe né desiderarsi dai malvagi né temersi dai buoni . Gli occhi stessi non reggono alla lettura di queste intollerabili cronache . Quale spirito puro avrà la forza di commuovere l ' anima di Gabriele D ' Annunzio ? di persuadergli che non è umiliazione e vergogna , ma gloria suprema alzare bandiera bianca davanti all ’ « avversario » , quando l ' avversario è la patria ?
D'ANNUNZIO MORTO ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
31 marzo . FIRENZE . È passato già un mese da quando l ' ho veduto nella corte del Vittoriale , disteso sotto un arco , all ' aria aperta , vestito da generale , il volto cereo senza labbra , le mani riunite sul grembo , le gambe coperte dal tricolore ; e prima d ' inginocchiarmi l ' ho baciato sulla fronte , più fredda del marmo . Una miseria dei molti anni è che davanti a un amico morto si cade senza volerlo a pensare a noi stessi , a confrontare l ' età sua con la nostra , i malanni che l ' hanno spento coi malanni che presto o tardi spegneranno noi . Davanti a lui , per fortuna , no . Sempre , chi gli ha voluto bene , l ' ha sentito d ' un ' altra razza e d ' un ' altra specie , intento in ogni gesto e parola a foggiare di sé stesso l ' immagine e la persona che dovevano sopravvivere . Ecco infatti la triste e cascante maschera che la vecchiaia gli aveva imposta , in meno d ' un mese scomparsa dalla mia memoria . Penso a lui , rileggo lui , sillabo Gabriele , allungando la prima e com ' egli stesso faceva quasi per assaporare il miele del suo nome ; e Gabriele mi riappare giovane fresco snello scattante agghindato profumato , una mano sul fianco stringendolo tra pollice e indice , la gamba destra un poco piegata , col piccolo piede ritto sopra la punta , come d ' un corridore sulla mossa . Aveva allora il gesto rapido a seguire il pensiero , la risata squillante a braccia levate , la voce di testa , nitida e acuta che accompagnava la parola fino all ' ultima vocale , tagliava la tua frase con una forbiciata , e poneva sùbito la conversazione un tono più su dell ' ordinario . Una punta di barbino biondo gli aguzzava il mento e metteva anche più distanza tra mento e orecchio , tra mento e zigomo : una distanza che a guardarlo di fronte non s ' immaginava , ma che dava al profilo di lui uno slancio aggressivo , un che del falchetto pronto a osare e a beccare . La bocca schiusa , le labbra scoperte , gli occhi lunghi d ' un color marrone chiaro che mutava in grigio , il naso forte , un po ' carnoso come erano le mani , e tra i due sopraccigli una piega verticale così fonda che , quando era stanco , sembrava una cicatrice . Siamo in molti ancora a ricordarcelo così ma , fossi io solo , mi sembra che tra cent ' anni , se non si trovasse più un ritratto di lui , da ciò ch ' egli ha scritto e ha fatto e dalle leggende in cui s ' è avvolto , un lettore attento se lo figurerebbe proprio quale adesso io lo rivedo . Come in questa troppo lunga Italia era già capitato pel trasporto di Carducci , quella mattina dietro a D ' Annunzio s ' era in tanto pochi scrittori che il poeta , tra ministri in divisa militare , marescialli , generali , ufficiali , legionari , soldati , portato su un affusto di cannone , pareva dimenticato : un condottiero , non un poeta . Eppure la guerra predicata , difesa e combattuta , e l ' occupazione di Fiume erano state il coronamento della sua poesia , il frutto di quel fiore . La notte avanti , a vederne la salma esposta all ' aria aperta come non avevo mai veduto altre salme , e a sentire l ' aura fresca e lieve che saliva dal lago , passava tra gli archi e gli alberi , s ' impregnava del profumo delle violette nelle ghirlande e sfiorava lui in un sospiro , m ' era tornata in mente una terzina sul principio dell ' Alcyone : Deterso d ' ogni umano lezzo in fonti gelidi , ei chiederà per la sua festa sol l ' anello degli ultimi orizzonti . Era con noi fedelmente dietro la salma Ruggero Ruggeri , in borghese , lui , come il Gabriele d ' una volta . Me ne avvidi sulla gradinata della chiesa di Cargnacco . D ' Annunzio in chiesa , benedetto con l ' aspersorio e l ' incensiere , davanti alla croce di Gesù : ecco l ' altra novità inaspettata , e questa , sì , ci annunciava l ' estrema pace . Se Ruggeri , che con la sua pronuncia lenta e precisa sembra leggendo una poesia confidare il segreto d ' un miracolo , ci avesse detto sottovoce dieci versi di lui , in quanti tra quella calca li avremmo riconosciuti ? Di quel trasporto due immagini mi stanno ancora negli occhi : Mussolini e donna Maria , l ' avvenire e il passato . Il volto di Mussolini era chiuso ma dolce ; le spalle quadrate , incrollabili ; il passo su per la salita sicuro uguale pesante : « Sta certo , sta certo , sta certo : con questo passo l ' Italia arriverà sulla vetta che io so , sulla vetta che tu poeta hai sognata » . Donna Maria d ' Annunzio procedeva alla destra di lui , dentro un lungo fitto velo nero , alta e sottile come quando si sposò e come Sartorio la ritrasse nel dittico delle Vergini savie e delle Vergini folli . Le avevo parlato poco prima ; anche lo sguardo era quello , anche la voce era rimasta quella , piana e soave tanto che nel pieno d ' una calca riusciva sempre a formare una zona di tranquilla intimità , quasi che la pace emanasse dalla sua grazia . A ogni svolta distinguevo sotto il velo il suo profilo affilato e le gote smunte . Vicini andavano i due figli , Mario e Gabrielino . Il cranio nudo di Mario pareva il cranio del padre . Fin nell ' occipite , dove la sutura sagittale si biforca , le due fossette erano calcate su quello . V ' era sole , ma velato . Una luce bianca e diffusa rischiarava tutto , il lago , la strada , gli ulivi , le case , senza un filo d ' ombra : una luce di limbo . I ricordi andavano e venivano , ora fugaci e sbiaditi perché non avevo la forza di trattenerli e definirli ; ora così netti che non vedevo più chi mi camminava allato . I tanti amici cui egli e io siamo stati legati e che lo hanno preceduto di là , De Bosis , Michetti , Conti , Scarfoglio , Matilde Serao , Morello , Sartorio , Jarro , Tenneroni , Trentacoste , Praga , Treves , Origo , passavano in quei ricordi . Erano molti , e quasi mi rimordeva di dimenticarne uno solo , in quel salire verso la tomba . Lo scalpiccio del corteo dietro a me , senza una parola , senza una voce , per un attimo l ' ho creduto di loro . Adolfo , Edoardo , Marco ... Un richiamo m ' ha scosso . Ero accanto al generale Moizo , tale e quale il Moizo aviatore del 1915 e del 1916; soltanto , canuto . Mi diceva sommesso : Vi ricordate ? Gabriele , ancora con la divisa di Novara cavalleria e il collo di panno bianco , non parlava ormai che d ' aviazione . Una sera a Gradisca , appena sceso dal Carso , alla mensa della brigata Toscana tra tutti fanti non sognava che ali : Domandatelo a Ugo che mi conosce da anni . Io le ali le ho avute sempre . Soltanto allora non mi si vedevano . Quando la salma è giunta presso la cima del colle , è cominciata la salva del cannone . Donna Maria ha alzato il volto come se quei colpi a rosario venissero dal cielo ; e un ricordo m ' è venuto al pensiero , da lontano lontano . Una sera di maggio a Roma pranzavamo sulla terrazza di Maria d ' Annunzio che allora abitava a Trinità dei Monti , con le finestre sulla scalinata verso piazza di Spagna . Anche Gabriele era invitato , ma arrivò tardi scusandosi con aria di mistero . Appena venne buio , condusse De Bosis e me nell ' anticamera , ci affidò due pacchi ed egli ne prese un terzo , più grande . Quando rientrò davanti ai convitati , avverti serio serio : Non toccate , sono pacchi di esplosivi . Erano fochetti artificiali , razzi , stelle , bengali , petardi , candele romane , e li cominciò a legare prestamente ai ferri della ringhiera , rimproverandoci di non essere così rapidi e capaci com ' era lui abruzzese . La testa , bada , verso piazza di Spagna . Se no , ti scoppia in bocca . A Francavilla qualunque ragazzo ne sa più di te . In pochi minuti la batteria era in ordine , ed egli con un cerino cominciò ad accendere . Nella conca della scalinata ogni scoppio rimbombava assordante . Finestre e logge si gremirono di spettatori . Dagli altri piani qualcuno cominciò a protestare , e Gabriele alla luce dei bengali spiegava felice , ridendo e saltando : Non abbiate paura , non sono che tipitappi , non sono che tipitappi . Quando dei fochetti non restò che il fumo , gli chiedemmo : Che sono i tipitappi ? Non sapete che cosa sono i tipitappi ? Ignoranti . Sono quello che i napoletani chiamano tricchitracchi , e non volle dire altro . Queste parole sono troppe , perché quel ricordo fu un lampo . Il corteo s ' era disperso . Il Duce era ripartito . Ma l ' Abruzzo quella mattina non doveva per fortuna lasciarmi più , ché la chiave di D ' Annunzio è nascosta lì davanti al mare , tra gli aguglioli della pineta alla foce del Pescara . Incontro Giacomo Acerbo , a capo d ' un manipolo d ' abruzzesi : il priore della nuova chiesa di Pescara , il preside della Provincia , una donna in capelli che reca in un ' olla la terra presa sulla tomba di donna Luisa , della madre del poeta , e v ' ha piantato su qualche fiore reciso per mettere un poco di luce su quel terriccio di morti . È un conforto ascoltarli , udire in quella parlata grave ed antica le notizie di D ' Annunzio e della sua casa e della sua chiesa , come s ' egli da laggiù fosse partito ieri . Vecchio infatti non l ' hanno veduto ; da vecchio egli laggiù non s ' è lasciato vedere . Ieri notte ero tornato per la terza volta al Vittoriale . M ' ero chiuso col dottor Duse e con Antonio Bruers a parlare degli ultimi momenti di lui . Bruers piangeva : L ' avesse veduto nel suo pigiama marrone , quando l ' hanno portato dalla poltrona sul letto . Il capo cadeva indietro , le braccia pendevano . Il comandante , capisce , il comandante , ridotto come un fantoccio . Atroce : come un fantoccio . Ed era ancora caldo , così caldo che io lo credevo svenuto , e affettuoso metteva la fronte sulla mia spalla e piangeva . Interrogavo Duse . Era proprio vero , Gabriele si voleva sempre curare da sé : per tre giorni non prendeva cibo , poi d ' un colpo tre o quattro uova . Noi in Abruzzo ci curiamo così , e si campa cent ' anni . Un pastore della Majella ne sa più di te . Fuori , davanti alla salma , era ancora un poco di gente . La campana della parrocchia continuava a rintoccare nell ' aria nera , col ritmo inesorabile d ' un palpito , come per misurare il nostro tempo mortale nel confronto con l ' immobile eternità dove egli era scomparso . Parlavano dell ' età di lui , della morte improvvisa . E uno , invisibile , ha detto : Ha lavorato tanto , e una voce di donna ha soggiunto con un sospiro materno : Poveromo . Il pastore della Majella , Aligi , che ieri ha cominciato a dormire per non svegliarsi più . Così m ' è venuto alla mente un ritratto donatomi da lui la prima volta che sono andato a Francavilla . Adesso l ' ho qui davanti agli occhi . Gabriele porta una mantella pesante e un berretto a punta , di maglia di lana , col fiocco in cima . Con la mantella ricopre anche la sua figliola Renata , incappucciata come lui , e un folto di riccioli le sfugge dal cappuccio . Renata , o Cicciuzza come allora la chiamava , avrà in questa fotografia quattro o cinque anni . È l ' infermiera del Notturno . Ho riaperto il libro . Anche il padre lì la rievoca a cinque anni , in quella casa bianca sul mare , dove fu fatto il ritratto che io guardo e dove ella gli « appariva senza rumore , come uno di quelli uccelli che si posano sopra un ramo leggiero e aspettano che esso cessi d ' oscillare per intraprendere il loro canto » . Quel giorno invece nel Notturno ella tornava presso il letto del padre infermo dopo la visita dei Sepolcri . « Su la sua veste bruna , mi sembra di fiutare un odore di ceri , un odore d ' erbe scolorate e di violacciocche . Il viso è più stretto , il mento è più affilato . È piccola , stasera . È una povera piccola stanca , affaticata dalle tenebre e dal profumo funebre , bisognosa di riposarsi . » Proprio così era stamane , dietro al feretro , pallida , stanca , vestita di lutto , sola coi suoi ricordi .
UN ANZIANO STATISTA CONFESSA LE PROPRIE COLPE ( De Monticelli Roberto , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Ogni anno l ' Istituto del Dramma Popolare di San Miniato sceglie un testo di accento cristiano da mettere in scena , tra luglio ed agosto , nell ' antica piazza della cittadina . Quest ' anno la scelta è caduta sull ' ultima opera di T.S. Eliot , Il grande statista ( traduzione piuttosto libera del titolo originale , The Elder Statesman ) , che fu recitata per la prima volta l ' estate scorsa al Festival di Edimburgo . Lo spettacolo diretto questa sera da Luigi Squarzina nella piazza della cittadina toscana può dunque essere considerato come la prima continentale dell ' opera di Eliot . Il grande statista è la rappresentazione simbolica della fine di una vita . Definizione alquanto approssimativa , soprattutto se si pensa alla quantità di significati che si possono attribuire alle vicende , in genere solo apparenti , svolte da Eliot nelle sue pièces teatrali , esemplificazione drammatica della sua poesia . Definizione che ha , qui , uno scopo puramente didascalico , e alla quale potremmo aggiungere , precisando , che tema dell ' opera è una espiazione , una redenzione attraverso il tempo , motivo fondamentale in Eliot . Il vecchio statista è Lord Claverton - Ferry . Raggiunto il culmine degli onori , nella politica e nell ' economia , costretto da incerta salute a ritirarsi a vita privata , egli fa la sua apparizione nel primo atto con in mano un ' agenda le cui pagine sono bianche , più nessun impegno , più nessun gesto da compiere , il tempo è vuoto . Lord Claverton ha accanto una figlia , amorosa e sensibile , e il fidanzato di costei uomo retto e onesto . Ma queste dolci apparenze della vita che continua , vengono ben presto respinte ai limiti di un cerchio d ' ombra . Cala infatti sul vecchio uomo l ' ombra del passato , apportatrice di fantasmi , è dapprima un suo vecchio compagno di Oxford , Fred Culverwell , che ora si presenta sotto il nome di Federico Gomez . Il destino di costui , ragazzo povero e assetato di successo , era stato modificato dalla vicinanza del giovane che sarebbe poi diventato Lord Claverton . Il pernicioso esempio di una intelligente e ironica dissolutezza lo aveva condotto sulla via di compromessi morali . Cosa vuole ? Apparentemente , soltanto l ' amicizia dell ' antico compagno di studi e d ' orgie . In realtà , è venuto a esigere qualcosa di più , la moneta del rimorso che saldi i vecchi conti . La stessa amara moneta chiede , dolcemente sorridendo , come campita in aria esterrefatta , antica , Maisie Batterson , la donna che Claverton - Ferry aveva illuso in giovinezza e poi abbandonata . Essi , i fantasmi , gli porteranno via il figlio , Michael , che è , sì , ribelle al dispotismo paterno , ma che è anche , di giovanili difetti e vizi paterni , una tenera reincarnazione , l ' immagine proiettata in uno specchio , di un ' amata e odiata giovinezza . Ora , rimasto solo , accanto alla figlia fedele e all ' austero fidanzato di lei , il vecchio uomo potrà finalmente riaccettare se stesso , confessare ad alta voce le proprie colpe segrete , e avviarsi , sotto lo sguardo dei due , che continueranno la vita nell ' amore , verso la « tenebra di Dio » , così Eliot stesso chiama la morte in uno dei suoi Quartetti . Tutto ciò avviene , ( secondo e terzo atto ) nel giardino di una clinica o , meglio , di una casa di riposo , di un albergo per ricchi estenuati , luogo evidentemente allegorico . Come sempre nei drammi di Eliot ( Assassinio nella Cattedrale a parte ) il linguaggio è quello della vita quotidiana , i modi sono quelli convenzionali ed eleganti della buona società inglese . La carica simbolica è sotto le parole , rompe qua e là ad opera dei personaggi consapevoli , dei veggenti . A nostro parere il fascino di quest ' opera , specialmente nel terzo atto , il più alto e compiuto , deriva da dati tutti moderni di cultura , non ultimi i contributi della psicoanalisi portati a livello della poesia . Anche per questo la traduzione di Desideria Pasolini , pulita e prosastica , è sembrata insufficiente anche a chi - e sono i più , l ' opera è nuova - non conosce il testo inglese originale . Ciò che appare veramente notevole , invece , , è la regia di Squarzina . Specialmente nel secondo e terzo atto , egli ha saputo sfruttare l ' incanto naturale e architettonico della piazza di San Miniato . In questa cornice l ' apparato scenico di Luciano Damiani , aveva una sua suggestione di incubo , ma un incubo bianco , leggero , nelle sue cadenze geometriche , simili a rime . Ivo Garrani era il protagonista e ha recitato con una pensosa interiorità , Gianrico Tedeschi , plastico , efficiente , è stato un po ' troppo realistico nel personaggio dell ' amico tornato sotto le apparenze del rimorso . Più di tutti ci è piaciuta Laura Adani , che sotto la guida di Squarzina va evidentemente scoprendo una sua nuova , assai fine , personalità . Completavano il gruppo degli interpreti Corrado Pani , Franco Graziosi , la ben caratterizzata Giusy Dandolo e una giovane allieva dell ' Accademia , Giovanna Pellizzi , inevitabilmente acerba ma certamente sincera . Anfiteatro gremito e molti applausi .
Il senso della sfida ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Da tre giorni l ' impresa dell ' « Apollo 13 » , che al suo inizio non aveva suscitato né interesse né scalpore , tiene col fiato sospeso tutta l ' umanità che dispone di servizi d ' informazione sufficienti . L ' impresa è fallita e gli astronauti sono in pericolo . Il lato umano della vicenda per ora prevale , nell ' atmosfera di suspense che si è creata . Tre uomini eccezionali per la loro struttura psicofisica , la loro preparazione tecnica e il loro coraggio , devono sfruttare al massimo le loro risorse e la loro vita rimane attaccata ad un filo . Tutti sperano che se la caveranno e tutti faranno il possibile per aiutarli ; ma nessuno riesce ad essere troppo ottimista . Ma comunque vadano le cose , il fallimento dell ' impresa contiene una lezione solenne . È facile prevedere che esso rinfocolerà le polemiche sull ' opportunità stessa dei voli spaziali : sulla saggezza di una scelta che destina a tali voli somme enormi di ricchezza , di energie umane e di sacrifici , somme che potrebbero essere più utilmente , o almeno con vantaggi più evidenti e immediati , destinate ad alleviare le miserie , le disuguaglianze e le conseguenti tensioni che ancora regnano in tutte le parti del mondo , anche nelle più fortunate . I vantaggi immediati ricavati dai viaggi spaziali sono finora minimi : a prescindere dalla somma di conoscenze nuove ( ma ancora non decisive ) che essi hanno apportato , si riducono a perfezionamenti tecnici che , scoperti o messi a prova per la prima volta in occasione di quei viaggi , possono essere utilizzati in campi diversi . Il problema dunque permane . E non c ' è dubbio che la soluzione negativa di questo problema , fondata com ' è su un argomento d ' immediata evidenza , vedrà crescere il numero dei suoi sostenitori . Tuttavia ci si accorgerà subito che , se essa viene sufficientemente generalizzata , prova troppo , come dicevano gli antichi logici . L ' umanità ha sempre sofferto di miserie , ingiustizie e disuguaglianze . Se tutte le sue risorse fossero state destinate al soddisfacimento dei suoi bisogni immediati e non anche , in parte , all ' arricchimento delle sue conoscenze , avrebbe rinunciato agli strumenti più efficaci per fronteggiare i suoi mali ; anzi , forse , non sarebbe giunta neppure a conoscere l ' estensione , la portata , e la causa dei suoi mali . Non ne avrebbe avuti i mezzi né l ' opportunità , le sarebbero sfuggiti i dati indispensabili per la loro diagnosi e la loro prognosi . E , sempre in quell ' ipotesi , che cosa dire della somma di ricchezze e di energie che , in tutte le civiltà passate e presenti , sono state e sono impiegate per l ' arte e il divertimento : templi , edifici grandiosi , tombe monumentali , opere d ' arte di tutte le specie , giochi spettacolari , mantenimento di caste sacerdotali o privilegiate per la natura del compito loro affidato , sono il frutto dell ' impiego di una parte delle sempre limitate risorse di cui l ' umanità è stata fornita per scopi che non erano quelli dei bisogni immediati . Certo , non sappiamo se e quando le conoscenze acquisite con le imprese spaziali si trasformeranno in denaro contante , in benefici o vantaggi per l ' umanità tutta . Ma la storia della scienza è ricca d ' insegnamenti a questo proposito . Scoperte o invenzioni ritenute inutili , inconcludenti o troppo « astratte » per servire a un qualsiasi scopo pratico , si sono rivelate feconde di risultati concreti e utilizzabili nei più disparati campi per la salute o il benessere dell ' uomo . E così la missione dell ' « Apollo 13 » è fallita ; e questo fallimento è la lezione principale da mandare a memoria . Ad eccezione dei tre astronauti che , in virtù dell ' addestramento ricevuto , hanno conservato una calma esemplare e , forse , dei dirigenti dell ' impresa che li guidano da terra , questo fallimento ha colpito il resto del genere umano come un fulmine a ciel sereno , come un evento straordinario e fatale . Tutti davano per scontata la perfezione degli ordigni , l ' efficienza infallibile dell ' organizzazione , l ' assenza di imprevisti rischiosi . Una volta raggiunto un successo , che può anche essere un colpo di fortuna , l ' uomo tende a credere di aver avuto partita vinta e che il successo continuerà , ed è portato ad imprecare e a sentirsi offeso dalla sorte e a perdere ogni coraggio appena si accorge che le cose non stanno così , che il rischio permane tutt ' ora . In particolare , per quanto riguarda il dominio delle forze naturali , gli uomini sono portati a credere oggi che la scienza sia pressoché onnipotente , che il dominio da essa stabilito sulla natura sia totale e definitivo e che la natura sia diventata docile ai suoi comandi come uno spirito folletto agli incantesimi di uno stregone . Purtroppo le cose non stanno così e , per quel che è dato sapere , non saranno mai così . Una quota ineliminabile di rischio rimane nelle imprese della scienza come nelle più banali azioni quotidiane dell ' uomo . Può comportare un rischio entrare in una vasca da bagno , manovrare un aggeggio domestico o uscir di casa la mattina . E anzi , quanto più complessi , meticolosi e raffinati sono i congegni che l ' uomo riesce a creare , tanto più son delicati e soggetti a guasti imprevisti . Un granello di sabbia non dà nessun fastidio a una macchina semplice ma può bloccare un calcolatore elettronico . La dipendenza dell ' uomo dalla natura non è ridotta a zero dagli strumenti di cui egli si serve per dominarla , ma è elevata a potenza in proporzione della complessità delle macchine . E lo stesso vale per ogni tipo o forma di organizzazione , di istituzione , di struttura umana o sociale . A misura che queste organizzazioni e strutture diventano più complesse e ordinate , quindi più efficienti rispetto agli scopi che si propongono , la loro fragilità aumenta e si accrescono i rischi che incombono sul loro funzionamento . Istituzioni secolari possono esser messe in crisi dal granello di sabbia di un problema non risolto , di un dissenso interno e di un mutamento di circostanze . Siamo tutti portati a credere , con ingenuità quasi infantile , che la potenzialità scientifica , tecnica ed economica della nostra società sia destinata a raggiungere punte sempre più alte , che il progresso verso la libertà non possa arrestarsi , che la vita dell ' uomo sarà in tutti i sensi meglio garantita , nel futuro , dalla forza intrinseca e impersonale degli organismi collettivi , a prescindere dalla buona o cattiva volontà di coloro che vi prendono parte . Ma questi organismi diventano tanto più fragili quanto più si perfezionano e la loro vita può essere messa in pericolo , ad ogni istante , dalla mancanza di impegno , di vigilanza e di controllo . Oggi più che mai l ' uomo deve sottrarsi alla morsa dell ' alternativa tra l ' esaltazione entusiastica e la disperazione angosciata . Dove considerare ogni successo una conquista che richiede ancora lavoro e sacrifici per essere conservata e potenziata e ogni insuccesso come un rischio inevitabile che non deve distoglierlo dal lavoro e dalla ricerca ulteriore . Forse tra alcune ore , come tutti speriamo , i tre uomini dello spazio saranno di nuovo sulla Terra , trionfatori nell ' insuccesso . Ma l ' insuccesso rimane con la sua perdita enorme di denaro , di lavoro e di energie . E l ' importante è che la lezione salutare che esso ci ha inflitta non vada dimenticata e sia messa a partito da tutti quelli che possono e debbono intenderla .
ROMA NUOVA ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
12 aprile . ROMA . Da quasi un anno per l ' esposizione mondiale del 1942 hanno cominciato a spianare di là dalla basilica di San Paolo le collinette verso il bosco d ' eucalitti che una volta difendeva dalla malaria l ' abazia delle Tre Fontane . Tempi preistorici : allora , quando eravamo ragazzi , andare alle Tre Fontane era un ' escursione per la quale si partiva da casa con la colazione o la merenda nel tascapane . Era un ' escursione e quasi un ' esplorazione perché a chi di noi s ' allontanava dalla strada Laurentina gli anziani annunciavano pericoli addirittura di morte per le buche e le frane delle cento vecchie cave di pozzolana , nascoste tra cardi e pruni , popolate di serpi e , alle prime piogge , di rospi e raganelle . Il mondo s ' è fatto più piccolo e , dicono , più sicuro . Per uguagliare questo pianoro di cinquecento ettari , lungo , presso a poco , quanto dal Campidoglio a piazza del Popolo , anzi fino al Ministero della Marina , e largo altrettanto , si dovranno smuovere cinque milioni e mezzo di metri cubi ; e già se n ' è smossa quasi la metà . Ma l ' importante è che , spenta e chiusa dopo sei mesi l ' esposizione , là non tornerà un arido deserto di calcinacci di cemento , con altrettanti trabocchetti e buche come quelle di terra che spianatori e costruttori trovano adesso e cólmano . Là resterà una città , un altro grande e comodo e monumentale quartiere di Roma , col suo lago , le sue strade , piazze , giardini , alberate , fontane , con la sua chiesa , i suoi musei , teatri , uffici e alberghi , a sette od otto minuti dal Colosseo : Roma nuova , come nella suddetta preistoria chiamavamo la Roma da via Nazionale in su . Insomma adesso il cómpito dato da Mussolini a Vittorio Cini è di preparare , sì , una grande e ricca e piacevole esposizione dove la gente abbia da imparare e da divertirsi senza affaticarsi , ma anche lo schema e l ' ossatura d ' una bella città . Il durevole , prima di succedere all ' effimero , deve intanto dargli , poiché siamo a Roma e si ragiona da romani , forma , comodità e maestà : problema , prima di tutto , d ' architettura . Per adesso , tutti d ' accordo , perché v ' è soltanto il nudo terreno , anzi il luogo dove uomini e macchine vanno preparando il terreno . A settentrione di là d ' un gran prato verde s ' intravvede di Roma un quartiere nuovo nuovo , non propriamente monumentale , ma una nebbiola bassa e azzurrina lo vela gentilmente ; e dietro il Gianicolo appare la cima della cupola di San Pietro , d ' argento opaco , come una luna che sorge . Il silenzio è rotto da fischi di locomotive , da brevi ànsiti di macchine scavatrici , fondi talvolta come ruggiti quando il raffio addenta terra e sassi e le catene cigolano . Ma l ' aria immobile ingoia d ' un colpo ogni suono e il silenzio torna padrone : un silenzio d ' eternità . Il suolo vulcanico su cui i re e la repubblica fondarono e aggrandirono Roma , è simile a questo , falda a falda : al sole un palmo o due di terra buona da seminare ; sotto questo po ' di terra , pozzolana bigia o rossa e tufo , buoni per murare e per costruire . Dove una volta le frane e adesso le macchine hanno tagliato il terreno , questi filoni orizzontali appaiono netti , sovrapposti regolarmente come gli strati di fondazione d ' un grande edificio . Poco da mangiare , molto da lavorare ; poco da godere , molto da costruire : non sono queste le basi morali dell ' antica Roma ? E senza questa miracolosa pozzolana laziale che con poco grassello di calce fa presa anche sott ' acqua , compatta per millenni più d ' una roccia , l ' architettura romana , la forma cioè e il volto di Roma , e l ' incrollabile prova della sua durata non esisterebbero . Bisogna diffidare , lo so , delle similitudini ; ma gli acquedotti e il Colosseo sono insieme fatti e idee . L ' aratro che adopera il senatore Cini non è per fortuna quello che adoperò Romolo tracciando il solco quadrato . È meccanico , va giù col vomere fino a settanta centimetri , rovescia terra e pezzi di tufo ; e la trattrice che lo trascina , sobbalza come un carro armato all ' assalto d ' una trincera . Talvolta lo sforzo è tanto che la corda d ' acciaio si strappa . Sùbito dietro l ' aratro , i badilanti caricano sui vagoncini la terra sconvolta , e appena i venti vagoncini sono colmi , la piccola locomotiva se li trascina via fischiettando , laggiù dove il terreno s ' ha da alzare e non da abbassare . Mille e cento sono adesso questi operai ; scamiciati , impolverati e contenti , nella certezza d ' avere lavoro per quattr ' anni . Uno s ' è ficcato tra l ' orecchio e la tempia una di queste piccole orchidee selvatiche , bianche e verdi come il fiore dell ' aglio , e mentre il rosario dei vagoncini parte con un fracasso di ferraglie sulle verghe malconnesse della decoville , s ' appoggia con le due mani sul manico del badile , guarda lontano e a mezza voce canta : Vivere senza malinconia , Vivere senza più gelosia ... Mentre canta , è più solo lui dei compagni silenziosi che allineati aspettano un ' altra fila di vagoncini , vuoti . Un minuto : arriva , e i manovali le si mettono a fianco . Una goccia di saliva sulla palma delle mani , e il lavoro ricomincia , così puntuale che si coglie il ritmo delle pale ficcate nella terra , della terra rovesciata nel carrello , del lampo bianco della pala in aria . Così ordinato fosse il lavoro di tutti noi , con quella pausa del fiore e del canto . La ragione sarà che io purtroppo non riesco a diventare ancora il vero uomo moderno , homo occidentalis mechanicus neobarbarus ; ma il fatto è che il lavoro d ' una macchina mi piace quando assomiglia nei gesti al lavoro umano , centuplicato , s ' intende , nella forza , e senza rischio mai di stanchezza perché la macchina con un poco di lubrificante è sempre giovane e sempre attenta . Insomma per me il modello del mondo resta ancora l ' uomo , e la macchina non è ancora diventata il modello dell ' uomo : difetto grave , e il peggio è che talvolta me ne vanto . Ora delle oneste macchine le quali lavorano qui , le più simpatiche mi sembrano le scavatrici . Una me la sono goduta stamane da vicino , e il soprastante che me ne spiegava i congegni , le sorrideva affettuoso come a un bel cavallo da circo , docile e lustro , e aveva ragione quando diceva : Le manca la parola , le manca . Quella infatti alzava il braccio con la benna , l ' avvicinava al greppo da mordere , contro gli puntava quattro lucide zanne d ' acciaio aguzze come pugnali , e oscillando un poco per lo sforzo gliele conficcava dentro fino in fondo . Poi le quattro zanne si rizzavano , e zolle , sassi , schegge , terriccio entravano nella benna giusto giusto , ché la scavatrice non ne aveva afferrato un pugno di troppo . Allora il braccio si girava e si fermava preciso sopra un carrello del trenino . La benna s ' apriva ed empiva il carrello ; e la macchina tornava a puntare i denti contro il costone da abbattere . L ' omino che era il cervello della macchina , maneggiava due leve con più leggerezza d ' un cavaliere quando tira a destra o a sinistra la briglia . Il soprastante accanto a me fissava l ' orologio : La benna contiene un metro cubo e venti . In ventisette secondi si riempie e si scarica . Dieci di queste macchine scavatrici lavorano a preparare il pianoro per l ' esposizione ; ma tanto pesano che bisogna saggiare bene il terreno prima di collocarle , non abbiano a sprofondare in uno di questi grottoni . Quando nel 1885 sul fianco settentrionale del Campidoglio si tentò di piantare le fondazioni del monumento a re Vittorio Emanuele , non s ' incontrarono che tane e cunicoli tagliati per cavar tufo o per difendere l ' arce ; e la somma che s ' era stanziata per erigere tutto il Vittoriano , bastò appena a riempire e consolidare quell ' alveare . Così qui . Il suolo traditore è provato continuamente dalle sonde , le quali ogni poco incontrano il vuoto . Quando s ' è determinato così il luogo d ' una caverna nascosta , si cinge subito con una stecconata quadra , perché carri o macchine non s ' avventurino là sopra . Sono chilometri e chilometri di gallerie da cavar pozzolana , alcune praticabili dai carretti , anche se adesso ostruite dagli scoscendimenti . A guardarle dall ' alto , profonde e cupe tra rovi e sterpi , sembrano rifugi di trogloditi o di banditi o , nei primi secoli dopo Cristo , di cristiani perseguitati . Talune catacombe sono infatti nate così , in questi antri . Tre aeroplani che volano alti a triangolo , mi fanno alzare gli occhi al cielo . Per godere un paesaggio la luce è quello ch ' è la voce per capire un uomo . Anche la luce ha un tono . Se mi trasportassero addormentato a Roma , a Firenze , a Venezia , a Milano e svegliandomi spalancassero la finestra sul cielo vuoto , io mi vanterei di saper dire , dalla luce , dove mi trovo ; ma forse è un ' illusione come quando , se odo uno parlare , mi provo a non badare al senso delle parole ma solo al suono e alla modulazione della voce , e a giudicarlo così , colui che parla , sincero o retore , affranto o audace , meschino o magnanimo . La mia guida m ' indica il punto verso Roma dove la via Imperiale taglierà il viale di pioppi delle Tre Fontane . La via Imperiale sarà l ' asse dell ' esposizione , si biforcherà per passare su due ponti il lago , attraverserà il bosco e dalla Porta del Mare filerà lucida e diritta verso Castel Fusano e il lido . Via , lago , bosco : tutto è ancora sulla carta , e laggiù verso mezzodì mi commuove la sorte d ' un bel ciuffo di pini a cupola perché essi sono già realtà . Si tenterà di trasportarli , diciamo così , in vaso . Morranno ? Vivacchieranno estenuati , sostenuti da tre puntelli ? Siamo venuti dentro una baracca a guardare la planimetria a colori dell ' esposizione : opera difficile meditatissima ed equilibrata cui per mesi e mesi ha atteso Marcello Piacentini . Ecco gli edifici che sopravviveranno , ecco le strade , ecco i luoghi di sosta per le automobili , ecco la stazione della ferrovia sotterranea , ecco i giardini , ecco la chiesa , ecco il lago della città futura . Quale altra città avrà un così bel lago , tra sponde di pietra , con un teatro aperto all ' uno dei capi , con una scalinata di marmo bianco e oro da cui l ' acqua scenderà sfavillando ? Meraviglie . Ma questa mattina ho anche meno fantasia del solito . La carta resta carta , il verde non riesce ai miei occhi a diventare bosco , né il turchino acqua . Il gran vuoto fuori della baracca , il cielo altissimo e quasi bianco negli eccelsi , i fischi rauchi delle piccole locomotive , la collinetta col bosco d ' eucalitti , ai nostri piedi le grotte nere aperte , chi sa , da secoli , laggiù quel folto di pini che stanno per morire ; questa solitudine che abbiamo appena cominciato a sconvolgere con metodo inesorabile e che tra un anno sarà irta di bianchi scheletri di case e di palazzi ; questa solitudine che , salvo qualche carrettiere e qualche cacciatore , era inviolata , anzi dimenticata da millenni , ecco quello che m ' attira stamane , soltanto perché non lo rivedrò più . Vivere senza malinconia ... cantava il manovale . Ma no , un poco di malinconia aiuta a vivere . La malinconia non è che l ' ombra della memoria .