StampaQuotidiana ,
Londra
,
6
maggio
1959
-
INGHILTERRA
-
ITALIA
:
2-2
.
NOTE
:
Circa
90.000
spettatori
a
Wembley
,
in
una
giornata
di
sole
.
Terreno
molto
erboso
.
Nella
tribuna
delle
autorità
l
'
ambasciatore
d
'
Italia
a
Londra
,
conte
Zoppi
.
Angoli
6-2
(
2-2
)
per
l
'
Italia
.
Gli
inglesi
,
questi
simpaticoni
,
ci
hanno
gratificato
della
più
totale
indifferenza
in
attesa
del
settimo
incontro
fra
bianchi
ed
azzurri
.
E
il
loro
atteggiamento
era
tanto
più
comico
in
quanto
,
vista
giocare
la
loro
squadra
nazionale
,
non
è
che
se
ne
potessero
dire
incantati
.
Come
sanno
i
nostri
lettori
,
l
'
impressione
prodotta
dalla
squadra
di
Winterbottom
nell
'
ultima
esibizione
di
Highbury
era
stata
men
che
mediocre
.
Appresa
la
formazione
azzurra
,
poco
soddisfacente
a
nostro
parere
,
non
avevamo
mutato
il
giudizio
sugli
inglesi
,
e
anzi
avevamo
riferito
per
buona
la
segreta
speranzella
manifestata
da
Mocchetti
in
un
onorevole
pareggio
.
Gli
inglesi
,
invece
,
seguitarono
a
snobbarci
,
gabellando
l
'
odierna
prova
per
un
«
galoppo
salutare
»
nella
imminenza
del
volo
in
Sud
America
.
E
inoltre
ci
prodigarono
un
inno
nazionale
scaduto
da
tredici
anni
,
quasi
ignorassero
che
l
'
Italia
è
retta
a
repubblica
:
dunque
praticamente
ignorando
l
'
Italia
insieme
con
i
loro
giocatori
...
Così
stando
le
cose
,
il
minimo
era
augurarsi
che
la
boria
e
l
'
albagia
degli
inglesi
venissero
smentite
sul
campo
.
E
questo
precisamente
è
avvenuto
.
L
'
Italia
ha
dominato
il
primo
quarto
d
'
ora
,
senza
riuscire
a
trovare
uno
spiraglio
valido
ma
impegnando
Hopkinson
assai
più
che
non
fosse
impegnato
il
grande
Buffon
.
Poi
partirono
gli
inglesi
e
l
'
imperfetta
copertura
attuata
dai
nostri
terzini
,
incerti
se
seguire
o
meno
le
ali
avversarie
,
molto
arretrate
,
causò
la
prima
stupenda
rete
di
Charlton
.
La
rete
incassata
al
26'
spinse
immediatamente
gli
italiani
al
contrattacco
,
e
questo
favorì
gli
inglesi
,
che
avevano
trovato
schemi
più
validi
per
liberarsi
a
rete
.
Nella
ripresa
,
giova
precisarlo
per
onestà
critica
,
gli
inglesi
perdettero
Flowers
,
fastidiosissimo
per
Gratton
,
che
moriva
fra
lui
e
Haynes
(
come
purtroppo
era
stato
previsto
)
,
e
gli
italiani
arrivarono
di
slancio
al
pareggio
.
Wembley
non
visse
allora
che
degli
incitamenti
prodigati
agli
azzurri
.
Gli
inglesi
parvero
smontati
fino
all
'
abulia
(
in
tribuna
)
,
o
all
'
orgasmo
(
sul
campo
)
.
Zaglio
,
Buffon
e
Bernasconi
compirono
prodezze
in
difesa
:
Mariani
e
Brighenti
ritrovarono
la
palla
-
gol
per
un
successo
certamente
superiore
alle
loro
speranze
e
la
sciuparono
.
Gli
inglesi
tornarono
all
'
attacco
e
appunto
per
questo
si
aprivano
meglio
al
contropiede
.
Non
avevano
avuto
fortuna
perdendo
Flowers
:
non
ne
avevano
avuta
gli
azzurri
mancando
di
segnare
nel
primo
tempo
.
Il
pareggio
dovrebbe
accontentare
tutti
:
fuor
di
ogni
dubbio
,
mancava
al
nostro
orgoglio
così
scioccamente
offeso
dagli
ospiti
.
Sotto
l
'
aspetto
tecnico
,
l
'
incontro
non
è
stato
gran
cosa
:
ha
avuto
spunti
bellissimi
e
pause
di
gioco
meno
apprezzabili
.
Ancorché
Castelletti
fosse
stroncato
dall
'
emozione
,
all
'
inizio
,
fino
a
rischiare
il
deliquio
,
la
difesa
azzurra
ha
confermato
di
saper
reggere
a
qualsiasi
avversario
,
con
Zaglio
a
far
da
regista
come
suole
Liedholm
nel
Milan
.
Se
Buffon
e
Bernasconi
sono
stati
magnifici
,
Zaglío
ha
incantato
tutti
con
finezze
degne
d
'
un
Djalma
Santos
in
gran
forma
.
Segato
si
è
battuto
al
meglio
.
Farraginosa
,
talora
convulsa
la
prestazione
di
Gratton
-
mal
piazzato
-
che
si
è
smarrito
in
vane
e
dissennate
rincorse
.
Più
astuto
(
e
fermo
)
di
lui
,
Galli
ha
reso
il
doppio
in
alcuni
pochi
ma
felicissimi
tocchi
di
rifinitura
.
Meraviglioso
è
stato
l
'
impegno
di
Mariani
e
Brighenti
.
I
due
gagliardi
«
provinciali
»
di
Rocco
,
da
lungo
tempo
in
evidenza
,
hanno
premiato
chi
,
come
noi
,
li
aveva
sempre
stimati
degni
della
maglia
azzurra
.
Da
Mariani
,
stupendo
lottatore
,
avremmo
altresì
gradito
qualche
ritorno
più
arcigno
su
Flowers
.
Petris
ha
sempre
fatto
faville
sospingendo
la
palla
in
corsa
:
è
scaduto
quando
ha
preteso
di
palleggiare
alla
stregua
dei
compagni
:
ha
pure
mancato
due
reti
ma
ha
notevolmente
contribuito
a
frastornare
la
difesa
inglese
.
La
quale
difesa
,
disposta
invariabilmente
a
WM
,
ha
stroncato
i
mediani
nel
farsi
soccorrere
.
Charlton
ha
fatto
faville
,
ma
alla
lunga
Zaglio
l
'
ha
domato
.
Due
interni
meno
modesti
(
Galli
per
la
scarsa
mobilità
,
Gratton
per
la
scarsa
chiarezza
)
avrebbero
ancor
più
raffrenato
i
palleggi
del
trio
centrale
inglese
,
che
Bernasconi
fronteggiava
da
ultimo
,
costringendolo
quasi
sempre
ad
aprire
all
'
estrema
.
Così
impostata
,
la
squadra
inglese
non
promette
squisitezze
in
Sud
America
.
Verosimilmente
saranno
sorbe
:
e
tuttavia
ci
sarà
sempre
qualcuno
,
in
Italia
,
che
per
mera
ignoranza
sarà
indotto
a
tentarne
l
'
imitazione
.
E
ora
la
cronaca
.
L
'
arbitro
Dusch
è
grasso
e
...
casalingo
,
come
vedremo
.
E
anche
energico
.
Suonati
gli
inni
(
mancava
pure
Giovinezza
)
,
Wright
vince
il
campo
e
batte
l
'
Italia
in
favore
di
sole
.
Marcature
come
segue
:
Zaglio
cerca
Charlton
che
però
svaria
a
destra
per
confonderlo
.
Segato
su
Broadbent
,
i
terzini
sulle
ali
(
ma
poi
terranno
stolidamente
la
zona
,
pur
avendo
il
libero
)
.
Gratton
su
Haynes
,
Galli
presso
Clayton
,
Petris
all
'
estrema
su
Howe
,
Mariani
incerto
fra
Flowers
e
Shaw
,
Brighenti
a
ridosso
del
mastino
Wright
,
che
lo
spintona
spesso
e
volentieri
.
Libero
è
Flowers
,
e
se
ne
accorgerà
Buffon
.
Le
ali
inglesi
tornano
,
le
nostre
quasi
mai
.
Anche
Haynes
arretra
fra
i
mediani
.
Si
va
.
Tocchi
di
raccordo
.
Al
6'
,
fallo
di
Howe
:
batte
Petris
dal
limite
sinistro
:
testa
di
Wright
:
riprende
Zaglio
,
elegantissimo
e
da
venti
metri
scatena
il
destro
:
vola
Hopkinson
a
deviare
in
angolo
.
Ritenta
il
tiro
lungo
Zaglio
:
fuori
.
Gioco
discreto
.
Gli
inglesi
subiscono
fino
al
14'
,
allorché
conclude
basso
Holden
su
apertura
di
Charlton
.
Para
benissimo
Buffon
.
Un
istante
dopo
,
Petris
dà
a
Gratton
,
questi
a
Brighenti
che
scatta
e
serve
a
destra
Mariani
:
guizzo
e
tiro
;
Hopkinson
sarebbe
battuto
:
respinge
Howe
.
Applausi
.
Finezze
di
Zaglio
,
che
forse
corre
troppo
...
Esce
Buffon
su
Broadbent
e
sventa
.
Mariani
cerca
la
testa
di
Galli
al
18'
.
La
trova
:
Galli
previene
Hopkinson
,
Shaw
respinge
la
debole
battuta
(
che
sarebbe
uscita
)
.
Holden
in
fuori
gioco
ottiene
un
angolo
:
lo
batte
,
libera
Zaglio
di
testa
,
riprende
fortissimo
Flowers
:
vola
Buffon
a
bloccare
(
grandissimo
)
.
È
il
21'
.
La
sfuriata
italiana
è
finita
senza
reti
.
Gli
inglesi
si
riorganizzano
.
Al
22'
,
su
punizione
,
Charlton
tocca
indietro
a
Flowers
:
altro
proietto
;
Buffon
pare
battuto
:
la
diagonale
esce
a
sinistra
.
Al
25'
Buffon
si
supera
:
una
girandola
del
trio
centrale
inglese
libera
Charlton
,
che
spara
fortissimo
:
Buffon
ci
arriva
ad
alzare
con
il
pugno
.
Al
26'
Brighenti
sbaglia
un
tocco
per
Galli
e
serve
Clayton
:
lancio
a
Broadbent
:
arriva
fuori
tempo
in
tackle
Zaglio
:
Broadbent
serve
Charlton
a
sinistra
:
Bernasconi
viene
scartato
:
parte
il
tiro
,
basso
,
in
diagonale
:
Buffon
è
spacciato
ma
senza
colpa
.
Azzurri
a
capo
basso
.
Brighenti
pianta
Wright
e
scatta
a
rete
:
poco
oltre
il
limite
,
Wright
lo
spintona
da
tergo
e
sbilancia
.
L
'
arbitro
non
vede
.
Lieve
smarrimento
degli
italiani
.
È
il
39'
:
Holden
è
venuto
a
sinistra
e
traversa
lungo
alto
:
pugni
di
Buffon
,
che
cade
:
riprende
Haynes
e
spara
su
Bernasconi
:
Buffon
resta
a
terra
,
essendogli
ruzzolato
addosso
Segato
:
il
rimpallo
serve
stupendamente
Bradley
,
che
da
sinistra
segna
a
porta
vuota
.
Marca
male
,
ci
diciamo
.
E
invece
,
ecco
partire
Mariani
(
su
apertura
di
Brighenti
)
:
grintoso
scatto
e
cross
:
vi
arriva
sopra
solissimo
Petris
a
gamba
sinistra
tesa
:
e
mette
fuori
da
tre
metri
.
È
il
43'
.
Galli
tenta
a
sua
volta
:
tiro
fiacco
,
parato
.
E
al
45'
,
l
'
ultima
jella
:
Galli
apre
a
Petris
:
scatto
gagliardissimo
:
tre
avversari
piantati
:
esce
Hopkinson
:
Petris
gli
spara
addosso
.
Da
uccidere
.
Rilievo
statistico
del
primo
tempo
.
Conclusioni
:
azzurri
14
,
inglesi
13
.
Due
angoli
per
parte
.
Ripresa
.
Gli
inglesi
palleggiano
,
i
nostri
guardano
.
Al
3'
Brighenti
salta
in
duello
acrobatico
con
Flowers
,
che
viene
duramente
inzuccato
al
naso
.
Tre
minuti
di
sospensione
.
Flowers
esce
al
6';
arretra
Haynes
in
mediana
.
Ancora
qualche
istante
di
lassismo
in
tutti
.
Poi
esplodono
gli
italiani
,
inattesissimi
,
ormai
:
Gratton
apre
su
Petris
al
10'
:
Howe
è
fatto
fuori
:
cross
:
al
volo
,
in
corsa
,
di
sinistro
,
Brighenti
spara
a
radere
la
traversa
.
Siamo
tutti
in
piedi
:
allez
!
E
Segato
vince
un
anticipo
su
Broadbent
e
dà
a
Gratton
:
questi
tocca
a
Zaglio
:
ora
il
fuoriclasse
ha
ritrovato
...
Charlton
:
lancia
lungo
e
preciso
a
Brighenti
:
pronto
scatto
con
Clayton
a
ridosso
:
cade
l
'
inglese
,
non
Brighenti
,
che
evita
Shaw
sparando
di
sinistro
nell
'
angolino
.
Stupendo
gol
:
e
meritato
dall
'
autore
.
Charlton
si
secca
con
i
compagni
al
14'
e
tenta
da
solo
sbagliando
il
lungo
tiro
.
Al
16'
apre
a
Bradley
:
cross
:
Buffon
non
coglie
la
respinta
:
mucchio
intorno
a
lui
,
tiri
sbulinati
con
rimpalli
di
Haynes
,
Broadbent
e
Charlton
:
poi
Bernasconi
,
magnifico
,
spara
via
:
arresta
Segato
e
appoggia
a
Galli
:
stupenda
apertura
profonda
a
Mariani
:
imperioso
scatto
e
tiro
in
corsa
,
fra
il
palo
e
Hopkinson
,
folgorato
.
Due
a
due
:
coronarie
in
pericolo
per
tutti
.
Silenzio
glaciale
su
Wembley
.
«
Italia
,
Italia
»
invocano
i
«
nostri
»
.
Adesso
Zaglio
(
che
sta
su
Broadbent
)
offre
numeri
da
sudamericano
in
vena
.
Lui
non
teme
gli
inglesi
.
Al
24'
,
l
'
infarto
possibile
:
Castelletti
arriva
di
lungo
a
Brighenti
:
s
'
incurva
il
leone
e
fa
stramazzare
Wright
come
una
bestia
stracca
:
accorrono
i
terzini
:
Brighenti
apre
a
Mariani
:
perché
non
scende
a
rete
,
perché
?
:
si
illude
di
sparare
da
18
metri
:
e
batterebbe
tuttavia
Hopkinson
,
ma
sfiora
soltanto
la
base
del
palo
.
Qualche
fase
di
melina
a
torto
conclusa
con
lanci
ormai
inutili
ai
nostri
avanti
,
che
hanno
dato
tutto
.
Rilievi
statistici
sul
secondo
tempo
.
Conclusioni
:
Italia
8
,
Inghilterra
11;
4
angoli
a
0
per
l
'
Italia
.
Gli
inglesi
schiumano
rabbia
.
Ah
,
buon
Dio
,
avrei
dato
una
mano
per
un
terzo
gol
!
Adesso
,
che
inno
suoniamo
?
StampaQuotidiana ,
Un
esercito
di
scimmie
che
battessero
a
caso
i
tasti
di
macchine
da
scrivere
riuscirebbe
a
produrre
,
in
qualche
milione
di
anni
,
tutti
i
libri
di
una
grande
biblioteca
.
Un
risultato
siffatto
sarebbe
il
prodotto
del
puro
caso
.
Tra
le
combinazioni
innumerevoli
di
lettere
,
di
sillabe
,
di
parole
e
di
frasi
,
finirebbero
per
uscir
fuori
,
a
lunga
scadenza
,
quelle
che
compongono
nel
loro
insieme
la
Divina
Commedia
o
la
Critica
della
ragion
pura
,
le
Odi
di
Pindaro
o
i
Dialoghi
di
Galilei
.
Le
scimmie
però
non
sarebbero
in
grado
di
riconoscere
queste
opere
né
di
imparare
ad
avvalersi
,
nel
corso
del
loro
lavoro
,
delle
combinazioni
più
promettenti
,
selezionandole
via
via
,
accumulandole
e
trascurando
le
altre
.
Paradosso
Questo
paradosso
,
ironicamente
proposto
da
alcuni
scienziati
contemporanei
,
è
assai
meno
ragionevole
di
quello
di
Swift
che
nei
Viaggi
di
Gulliver
(
1726
)
racconta
che
il
suo
eroe
s
'
incontra
,
nel
paese
di
Lagado
,
con
un
maestro
il
quale
fa
manovrare
ai
suoi
scolari
le
leve
di
una
macchina
,
che
contiene
tutte
le
parole
del
Dizionario
,
così
da
combinarle
in
tutti
i
modi
possibili
.
Quando
le
combinazioni
risultavano
significanti
,
venivano
registrate
su
un
quaderno
;
e
il
maestro
si
riprometteva
di
ordinarle
in
maniera
da
produrre
libri
filosofici
,
politici
,
giuridici
,
matematici
e
teologici
.
Se
quel
maestro
avesse
anche
addestrato
i
suoi
allievi
a
non
ripetere
le
combinazioni
sbagliate
e
a
selezionare
e
ordinare
opportunamente
quelle
riuscite
,
avrebbe
dato
un
buon
modello
del
comportamento
intelligente
che
oggi
si
ritiene
proprio
dell
'
uomo
,
degli
animali
e
delle
macchine
.
Il
comportamento
intelligente
è
infatti
una
specie
di
incontro
o
di
fusione
tra
il
caso
e
la
scelta
.
Il
caso
offre
l
'
occasione
per
tentativi
che
,
in
un
primo
momento
,
sono
effettuati
alla
cieca
:
la
scelta
restringe
l
'
ambito
di
questi
tentativi
eliminando
quelli
che
non
conducono
a
nulla
.
Se
uno
è
chiuso
in
una
caverna
buia
e
desidera
uscirne
,
procede
a
caso
in
una
certa
direzione
finché
urta
contro
un
muro
;
cambiando
direzione
ogni
volta
che
ciò
accade
,
imboccherà
alla
fine
l
'
uscita
.
Ma
per
far
questo
deve
registrare
(
cioè
ricordare
)
la
direzione
dei
movimenti
che
lo
portano
ad
urtare
contro
il
muro
,
eliminandoli
via
via
,
e
correggere
quindi
di
volta
in
volta
la
direzione
del
suo
movimento
.
Ogni
correzione
sarà
perciò
la
retroazione
(
feedback
)
del
suo
tentativo
precedente
e
restringerà
l
'
ambito
(
cioè
il
numero
delle
direzioni
)
dei
suoi
tentativi
ulteriori
.
Questo
semplice
schema
è
oggi
utilizzato
nelle
discipline
più
disparate
:
dai
biologi
per
spiegare
l
'
evoluzione
degli
organismi
mediante
il
loro
progressivo
adattamento
all
'
ambiente
;
dagli
psicologi
per
spiegare
il
comportamento
psichico
degli
animali
e
dell
'
uomo
;
dagli
antropologi
per
spiegare
la
formazione
e
la
trasformazione
dei
modi
di
vivere
dei
gruppi
umani
;
e
dai
cibernetici
per
progettare
e
costruire
macchine
intelligenti
.
In
generale
,
ogni
congegno
elettronico
possiede
questa
capacità
:
di
correggere
il
suo
funzionamento
sulla
base
dei
risultati
di
esso
,
selezionando
e
adattando
meglio
le
sue
operazioni
allo
scopo
per
cui
è
costruito
.
I
congegni
elettronici
chiamati
calcolatori
,
automi
,
elaboratori
,
cervelli
o
,
con
più
retorica
,
macchine
pensanti
,
posseggono
a
un
grado
eminente
la
capacità
di
autocorrezione
,
cioè
di
selezione
delle
proprie
operazioni
che
è
la
caratteristica
del
comportamento
intelligente
.
Le
macchine
elettroniche
di
cui
oggi
disponiamo
e
che
sono
adoperate
nei
più
svariati
campi
dell
'
attività
umana
,
seguono
,
di
regola
,
il
compito
determinato
che
il
programmatore
ha
loro
imposto
.
Esse
sono
semplici
«
risparmiatori
di
tempo
»
nel
senso
che
eseguono
un
certo
compito
con
rapidità
e
sicurezza
enormemente
maggiore
di
quanto
il
cervello
umano
può
fare
.
Ma
sono
anche
allo
studio
e
in
progetto
macchine
che
sono
state
chiamate
«
amplificatori
dell
'
intelligenza
»
perché
capaci
di
modificare
il
loro
programma
o
,
in
altri
termini
,
di
apprendere
e
sviluppare
una
certa
«
iniziativa
»
.
Così
una
macchina
per
giocare
a
dama
(
o
qualche
altro
gioco
relativamente
semplice
)
può
imparare
a
migliorare
la
strategia
del
gioco
stesso
.
Se
si
procedesse
abbastanza
avanti
su
questa
via
,
si
potrebbero
inventare
macchine
che
risolvono
i
più
importanti
problemi
dell
'
uomo
,
economici
o
morali
,
politici
o
sociali
.
Non
mancano
,
tra
gli
scienziati
,
le
speranze
più
ottimistiche
a
questo
proposito
.
Ma
la
macchina
,
come
l
'
uomo
,
si
trova
di
fronte
ai
limiti
che
sono
inerenti
ad
ogni
situazione
che
offre
alternative
e
scelte
.
In
primo
luogo
,
né
l
'
uomo
né
la
macchina
potranno
mai
disporre
di
informazioni
esaurienti
e
complete
,
cioè
di
un
sapere
infinito
che
implicherebbe
la
previsione
infallibile
del
futuro
.
In
secondo
luogo
,
non
sempre
esistono
,
per
l
'
uomo
e
la
macchina
,
criteri
sicuri
di
valutazione
che
consentano
di
riconoscere
la
importanza
di
un
'
informazione
rispetto
ad
un
'
altra
e
di
effettuare
quindi
la
distinzione
tra
ciò
che
è
essenziale
e
ciò
che
non
è
essenziale
per
la
soluzione
di
un
problema
qualsiasi
.
L
'
ignoto
È
stato
osservato
che
una
macchina
potrebbe
meglio
di
un
giocatore
comune
prevedere
il
risultato
di
una
corsa
di
cavalli
tenendo
presenti
certi
fattori
,
come
l
'
età
e
le
vittorie
precedenti
dei
cavalli
,
l
'
abilità
dei
fantini
e
così
via
.
Ma
se
dovesse
preliminarmente
valutare
l
'
importanza
di
fattori
casuali
e
imprevedibili
,
come
l
'
allergia
del
cavallo
,
il
malumore
del
fantino
o
le
innumerevoli
frodi
che
sono
talora
messe
in
atto
,
non
riuscirebbe
mai
a
completare
il
calcolo
necessario
per
predire
l
'
esito
di
una
corsa
.
Il
cervello
umano
può
far
meglio
della
macchina
perché
è
più
vitalmente
interessato
agli
scopi
da
raggiungere
e
può
,
di
fronte
ad
una
alternativa
imprevista
,
mollare
uno
scopo
per
l
'
altro
e
così
salvare
l
'
essenziale
.
Non
per
niente
Norbert
Wiener
,
che
non
ha
mai
sottovalutato
l
'
importanza
che
gli
automi
hanno
ed
avranno
per
l
'
uomo
,
ha
sempre
messo
in
guardia
contro
i
pericoli
che
da
essi
possono
derivare
.
«
Se
il
processo
di
retroazione
,
egli
ha
scritto
,
è
incorporato
in
una
macchina
che
non
può
essere
ispezionata
finché
lo
scopo
finale
non
si
è
raggiunto
,
le
possibilità
di
una
catastrofe
aumentano
grandemente
»
.
La
macchina
è
fatta
per
uno
scopo
e
le
tecniche
che
essa
adopera
sono
adatte
a
raggiungerlo
.
Ma
di
fronte
a
un
pericolo
sconosciuto
o
a
un
fatto
imprevisto
,
la
realizzazione
di
questo
scopo
può
essere
perniciosa
per
l
'
uomo
.
«
Le
conseguenze
negative
di
errori
di
previsione
,
che
sono
già
grandi
adesso
(
ha
scritto
ancora
Wiener
)
,
cresceranno
enormemente
quando
dell
'
automazione
si
farà
un
uso
pieno
.
»
La
polemica
contro
le
macchine
è
stata
prevalentemente
ispirata
da
veri
o
presunti
privilegi
dell
'
uomo
:
la
coscienza
,
l
'
intuizione
,
il
sentimento
,
la
genialità
inventiva
.
Questa
polemica
,
anche
se
tuttora
in
atto
,
ha
fatto
il
suo
tempo
.
I
limiti
della
macchina
sono
,
a
un
livello
più
alto
o
più
basso
(
a
seconda
dei
casi
)
,
i
limiti
stessi
dell
'
uomo
.
Questi
limiti
sono
costituiti
dall
'
incompiutezza
delle
informazioni
,
dalla
difficoltà
della
loro
selezione
e
organizzazione
e
dall
'
incertezza
circa
i
fini
che
si
devono
preferire
nelle
scelte
.
La
macchina
diventa
pericolosa
per
l
'
uomo
quando
lo
scopo
per
cui
è
costruita
si
rivolge
contro
l
'
uomo
stesso
o
contro
altri
scopi
che
egli
deve
preferire
,
come
la
sua
conservazione
e
la
sua
integrità
.
Ma
così
si
comportano
pure
gli
uomini
e
i
gruppi
umani
tra
loro
.
Lo
scopo
La
polemica
contro
il
conformismo
e
l
'
appiattimento
,
che
sarebbero
propri
della
società
contemporanea
,
ha
fatto
anch
'
essa
il
suo
tempo
:
non
perché
questi
fenomeni
non
esistono
,
ma
perché
sono
bilanciati
da
vistosi
fenomeni
opposti
.
Il
genere
umano
si
va
sempre
più
dividendo
in
gruppi
e
sottogruppi
che
professano
scopi
essenzialmente
diversi
.
La
tendenza
al
benessere
,
che
sembra
così
diffusa
,
è
minata
da
critiche
radicali
,
per
le
quali
la
cosiddetta
«
opulenza
»
è
una
maledizione
divina
.
Il
lavoro
è
ancora
fonte
per
molti
di
soddisfazioni
e
di
equilibrio
vitale
;
ma
per
altri
è
una
penosa
condanna
.
Il
successo
,
che
molti
cercano
,
è
per
altri
l
'
avvio
a
problemi
insolubili
.
L
'
efficienza
,
il
merito
,
le
capacità
eccezionali
di
individui
e
di
gruppi
sono
talvolta
ritenuti
una
minaccia
all
'
eguaglianza
e
all
'
equilibrio
della
società
umana
.
C
'
è
chi
vorrebbe
il
ritorno
dell
'
uomo
alla
vita
feudale
o
al
primitivismo
tribale
e
chi
vorrebbe
che
la
società
tecnologica
sviluppasse
una
perfetta
gerarchia
di
compiti
e
di
funzioni
.
C
'
è
chi
si
propone
l
'
ideale
della
vita
attiva
,
fatta
di
lavoro
,
di
ricerche
,
di
scambi
di
ogni
genere
,
che
è
stata
propria
per
millenni
della
società
occidentale
;
e
chi
preferisce
rivolgersi
alla
vita
contemplativa
che
prospetta
l
'
estasi
o
l
'
annullamento
finale
degli
individui
nel
Tutto
.
Fra
questi
scopi
,
tutti
dichiarati
assoluti
,
e
in
aspro
conflitto
tra
loro
,
le
macchine
non
possono
aiutare
l
'
uomo
ad
una
scelta
qualsiasi
.
Egli
stesso
potrebbe
trovare
un
criterio
di
scelta
,
o
almeno
di
orientamento
,
nella
loro
maggiore
o
minore
capacità
di
contribuire
alla
sua
sopravvivenza
nel
mondo
.
Ma
molti
dei
comportamenti
umani
smentiscono
che
egli
tenga
costantemente
presente
questo
criterio
.
I
suicidi
,
le
fughe
,
le
evasioni
di
ogni
genere
,
lo
scarso
impegno
nella
lotta
contro
la
distruzione
del
suo
ambiente
,
la
sovrappopolazione
minacciosa
,
la
preferenza
sempre
più
estesamente
accordata
a
pochi
attimi
di
una
felicità
artificiale
e
distruttiva
,
sono
tutti
fenomeni
che
fanno
dubitare
di
un
serio
impegno
del
genere
umano
verso
la
ricerca
,
sempre
più
faticosa
e
difficile
,
di
una
sua
pacifica
sopravvivenza
nel
mondo
.
A
questa
sopravvivenza
,
l
'
uomo
dovrà
pensare
da
sé
,
attraverso
una
scelta
dei
fini
e
dei
mezzi
suggeritagli
dalla
conoscenza
precisa
dei
pericoli
immediati
e
lontani
che
lo
minacciano
.
Se
terrà
presente
questo
scopo
finale
e
non
si
arrenderà
alle
seduzioni
di
sirene
mortali
,
le
macchine
potranno
aiutarlo
.
Ma
in
nessun
caso
potranno
addossarsi
la
responsabilità
che
spetta
a
lui
solo
.
StampaQuotidiana ,
L
'
autorità
politica
di
Milano
ha
creduto
di
dover
proibire
il
comizio
pro
Fiume
e
Dalmazia
italiana
ch
'
era
stato
annunciato
per
ieri
sera
alla
Scala
.
Sui
motivi
particolari
di
questo
provvedimento
il
lettore
troverà
notizie
in
altra
parte
del
giornale
.
Ciò
che
conta
è
il
motivo
generale
.
Si
temeva
che
la
manifestazione
non
potesse
svolgersi
pacatamente
,
che
le
diverse
opinioni
dell
'
una
e
dell
'
altra
parte
del
pubblico
venissero
a
cozzi
veementi
,
a
disordinate
esplosioni
.
In
altri
termini
si
temeva
una
ripetizione
,
forse
ancora
peggiorata
,
delle
brutalità
cui
assistemmo
con
incoercibile
disgusto
la
sera
di
sabato
,
quando
la
violenza
dei
partitanti
riuscì
a
prevalere
sulla
onesta
attenzione
degli
imparziali
e
a
sovvertire
le
tradizioni
di
civile
educazione
di
cui
Milano
si
vanta
.
Un
uomo
immacolato
che
aveva
dato
tutta
la
sua
vita
a
nobili
idee
e
il
suo
sangue
alla
patria
,
un
autorevole
rappresentante
del
popolo
che
fino
a
pochi
giorni
innanzi
era
stato
ministro
,
desiderava
,
com
'
era
suo
diritto
e
suo
dovere
,
spiegare
davanti
a
un
'
accolta
di
cittadini
,
in
quella
che
usava
chiamare
la
capitale
morale
d
'
Italia
,
le
cause
del
suo
dissenso
dal
Governo
e
le
sue
concezioni
della
guerra
e
della
pace
e
i
modi
in
cui
egli
credeva
necessario
garantire
al
popolo
reduce
di
trincea
una
pace
che
non
fosse
una
tregua
buona
soltanto
a
prender
fiato
per
ricominciare
l
'
eccidio
.
Alla
cittadinanza
che
con
incomparabile
fervore
aveva
applaudito
Wilson
egli
intendeva
dire
che
non
è
lecito
wilsoneggiare
nelle
parole
salvo
ad
esasperare
i
più
ciechi
odi
di
razza
e
metter
su
le
cataste
pei
nuovi
incendi
.
Con
patente
premeditazione
alcuni
iracondi
conculcarono
,
infierendo
contro
un
uomo
la
cui
superiorità
rende
ancora
più
imperdonabile
l
'
oltraggio
,
la
libertà
di
parola
:
proibirono
a
Leonida
Bissolati
di
dire
le
sue
verità
e
i
suoi
errori
,
sicuri
certo
di
domarlo
con
l
'
insulto
e
col
fischio
che
con
le
ragioni
e
i
fatti
.
Non
si
commettono
simili
sopraffazioni
senza
esporsi
alle
conseguenze
;
non
si
provoca
senza
suscitare
reazione
.
Una
parte
della
cittadinanza
non
intendeva
,
evidentemente
,
che
rimanesse
senza
risposta
la
violenza
fatta
a
Bissolati
e
che
si
falsasse
la
volontà
di
Milano
comparando
il
pacifico
e
plaudente
contegno
che
si
sperava
dal
pubblico
per
la
sera
di
martedì
con
la
gazzarra
che
s
'
era
voluta
inscenare
tre
sere
innanzi
e
interpretando
il
contrasto
come
una
prova
plebiscitaria
dell
'
annessionismo
integrale
dei
milanesi
.
Spieghiamo
senza
giustificare
.
Deploriamo
profondamente
che
per
timore
di
questa
rappresaglia
popolare
sia
stata
vietata
la
parola
,
iersera
,
anche
ad
uomini
a
cui
nessun
milanese
può
aver
pensato
senza
entusiastico
consenso
o
senza
accorato
rispetto
.
Doveva
parlare
un
oratore
di
Fiume
.
E
non
v
'
è
milanese
,
non
v
'
è
italiano
che
non
giudichi
superiore
ad
ogni
discussione
l
'
irredentismo
fiumano
.
Dovevano
parlare
un
oratore
di
Traù
e
uno
di
Spalato
,
ed
esporre
,
certamente
,
la
tesi
della
completa
annessione
dalmatica
:
tesi
che
non
è
la
nostra
,
ma
che
rispettiamo
perché
dissimile
dal
Patto
di
Londra
ove
la
Dalmazia
è
stroncata
in
due
ed
è
abbandonato
senza
alcuna
protezione
tutto
ciò
che
è
italiano
a
Traù
,
a
Spalato
,
a
Ragusa
,
a
Cattaro
corrisponde
almeno
a
un
concetto
organico
e
coerente
;
tesi
che
rispettiamo
vieppiù
quando
i
suoi
fautori
vengono
con
commosso
spirito
di
patria
da
quelle
terre
a
noi
per
farci
udire
il
loro
grido
di
dolore
.
Qualunque
debba
essere
il
confine
territoriale
,
quei
nostri
fratelli
ci
son
sacri
.
Qualunque
sia
la
volontà
nazionale
della
Dalmazia
,
v
'
è
però
,
fuori
d
'
ogni
contestazione
,
una
italianità
dalmatica
,
vi
è
una
piccola
,
ma
preziosa
minoranza
di
dalmati
italiani
.
Se
può
esser
revocato
in
dubbio
il
loro
diritto
di
chiedere
che
venga
con
-
giunta
all
'
Italia
una
terra
ove
in
immensa
maggioranza
vive
un
popolo
di
altra
razza
e
di
altra
volontà
che
chiede
di
governarsi
da
sé
,
è
certo
però
il
loro
diritto
di
chiedere
che
l
'
Italia
li
tuteli
,
che
non
li
abbandoni
senza
garanzie
,
che
siano
corretti
in
loro
favore
i
trattati
ufficiali
.
Che
questi
italiani
di
Fiume
e
di
Dalmazia
non
abbiano
potuto
dire
a
Milano
la
loro
sofferenza
e
la
loro
speranza
è
cosa
profondamente
triste
ed
iniqua
.
Il
loro
diritto
alla
parola
,
non
può
essere
stato
travolto
da
un
'
animosità
,
che
sarebbe
stolta
ed
infame
,
verso
i
nostri
fratelli
dalmatici
,
ma
dal
turbine
delle
nefaste
passioni
politiche
che
i
loro
troppo
zelanti
amici
vanno
scatenando
.
E
forse
la
loro
esperienza
non
sarà
stata
invano
.
Forse
essi
potranno
,
con
l
'
autorità
che
viene
dalla
lontananza
e
dal
dolore
,
persuadere
i
loro
amici
a
più
civili
costumi
politici
,
dimostrar
loro
il
danno
che
viene
alla
causa
nazionale
ed
alla
dalmatica
dal
tentativo
di
trasformare
Roma
e
Milano
in
due
Zagabrie
;
di
abbassare
il
nostro
paese
al
livello
di
quella
Jugoslavia
ove
anche
ieri
un
ministro
negava
perfino
il
diritto
italiano
su
Trieste
.
Della
grave
iattura
che
minaccia
al
paese
l
'
imperversare
di
queste
fazioni
noi
siamo
,
non
da
oggi
,
consapevoli
.
E
non
ci
rassegniamo
a
credere
che
il
frastuono
debba
a
lungo
sopprimere
ogni
volontà
di
meditazione
,
sopra
tutto
in
una
materia
,
come
questa
,
atta
come
nessun
'
altra
a
venir
discussa
alla
luce
calma
dei
dati
,
delle
date
,
della
geografia
,
della
storia
,
del
senno
politico
,
e
che
gl
'
ispiratori
della
parte
avversa
possano
non
presentire
il
peso
delle
responsabilità
cui
vanno
incontro
affocando
una
propaganda
senza
misura
che
falsifica
i
fatti
,
allucina
le
convinzioni
,
e
confonde
l
'
indiscutibile
rivendicazione
di
Fiume
con
le
rivendicazioni
di
Spalato
e
di
Traù
che
non
solo
tutti
sanno
escluse
dal
Patto
di
Londra
,
ma
che
nessuno
può
affermare
siano
oggi
prese
in
pratica
considerazione
dal
Governo
o
possano
essere
al
Governo
imposte
con
qualche
probabilità
di
attuazione
.
È
in
errore
chi
crede
che
il
disfattismo
sia
finito
con
la
vittoria
.
Consapevole
o
inconsapevole
,
lavora
praticamente
a
un
fine
disfattista
chi
fa
ciò
che
è
necessario
e
sufficiente
perché
nel
giorno
della
pace
questo
popolo
,
che
s
'
è
gloriosamente
battuto
e
ha
superbamente
vinto
e
che
ne
avrà
come
compenso
l
'
unità
nazionale
,
in
-
comparabili
confini
e
prestigio
internazionale
ovunque
e
in
ogni
modo
a
dismisura
accresciuto
,
sia
piombato
nella
morbosa
sensazione
della
disfatta
.
Chi
convince
il
popolo
italiano
della
necessità
,
della
possibilità
,
della
giustizia
di
un
programma
annessionistico
di
cui
la
realtà
dei
fatti
e
la
situazione
internazionale
non
ci
garantiscono
la
realizzazione
,
lavora
a
defraudarlo
della
coscienza
di
aver
vinto
,
la
quale
,
di
tutti
i
frutti
della
vittoria
,
è
il
più
prezioso
e
il
più
fecondo
.
,
I
giusti
e
gli
onesti
di
ogni
partito
dovrebbero
,
non
meno
che
gli
uomini
di
governo
,
sentire
l
'
imminenza
e
la
serietà
di
questo
pericolo
,
nel
quale
sono
inclusi
ed
impliciti
molti
altri
.
Per
conto
nostro
,
continueremo
imperturbati
la
nostra
strada
,
sdegnosi
di
una
falsa
e
momentanea
popolarità
della
quale
non
esaminammo
gli
auspici
quando
ci
dichiarammo
antigermanici
prima
della
Marna
e
quando
non
barcollammo
dopo
Caporetto
.
L
'
Italia
che
chiedeva
Trento
e
Trieste
,
che
ancora
tre
mesi
fa
ripeteva
questi
due
nomi
come
le
parole
di
un
ideale
supremo
compensatore
di
ogni
sacrificio
,
sembrerebbe
oggi
,
a
prestar
fede
a
certi
gridi
,
non
aver
quasi
attribuito
pregio
di
difficoltà
e
di
gloria
a
queste
conquiste
ed
essersi
battuta
per
le
Alpi
Dinariche
e
aver
considerato
come
pace
transattiva
e
parecchista
quella
che
realizzasse
il
sogno
secolare
dei
suoi
giusti
confini
.
Non
ci
lasceremo
stordire
da
questo
tumulto
.
Condannando
,
da
qualunque
parte
vengano
,
l
'
intolleranza
e
il
disordine
,
vogliamo
perseverare
nel
nostro
costume
di
chiedere
e
ricambiare
rispetto
per
le
opinioni
liberamente
e
ragionevolmente
professate
,
di
non
scompagnare
la
fermezza
nel
pensare
dalla
temperanza
e
dalla
civile
moderazione
nell
'
esprimere
il
nostro
pensiero
.
Su
questi
tristi
fatti
di
cronaca
vorremmo
stendere
l
'
oblio
.
Ci
chiama
un
còmpito
più
alto
e
più
proficuo
:
il
còmpito
di
documentare
con
le
ragioni
e
coi
fatti
che
ancora
è
necessario
esporre
il
programma
di
pace
che
noi
crediamo
utile
e
giusto
per
l
'
Italia
.
StampaQuotidiana ,
C
'
è
un
teorema
di
geometria
piana
il
quale
dimostra
come
due
parallele
,
anche
prolungate
all
'
infinito
,
non
si
incontrino
mai
.
Ricordo
che
il
mio
professore
,
per
imprimerci
meglio
il
concetto
della
curiosa
vicenda
,
diceva
sempre
:
«
Figuriamoci
che
su
una
rotaia
del
tram
cammini
Tizio
e
sull
'
altra
Caio
:
potranno
i
due
incontrarsi
anche
camminando
cento
anni
?
»
.
E
ricordo
che
noi
tutti
,
sempre
,
rispondevamo
in
coro
:
«
Nossignore
!
»
.
Quindi
,
forse
entusiasmati
dalla
matematica
ma
vibrante
dimostrazione
,
chiedevamo
in
massa
d
'
andare
al
camerino
.
C
'
è
dunque
un
teorema
che
,
da
secoli
,
tiranneggia
incontrastato
sulle
parallele
.
Esiste
ed
è
perfettamente
inutile
inquietarsi
se
Tizio
e
Caio
,
camminando
su
due
strade
parallele
,
non
riescono
a
incontrarsi
.
È
una
cosa
inevitabile
,
necessaria
.
Matematica
.
Matematica
,
però
,
fino
a
quando
lungo
le
dette
strade
parallele
non
camminino
anziché
Tizio
e
Caio
Tizio
e
Caia
:
in
questo
caso
,
infatti
,
la
regola
crolla
con
sinistro
fragore
.
Perché
l
'
amore
è
più
forte
anche
della
matematica
.
Un
esempio
?
Subito
:
ma
,
prego
,
che
non
succeda
poi
,
alla
fine
della
dimostrazione
,
quel
che
accadeva
col
mio
professore
di
matematica
.
nell
'
un
dei
quali
procede
Tizio
e
nel
secondo
Caia
,
io
affermo
che
senza
che
ci
sia
bisogno
dell
'
intervento
di
un
'
altra
strada
intersecante
le
due
prime
a
un
bel
momento
Tizio
e
Caia
si
incontrano
.
Impossibile
dire
il
rituale
«
vedere
per
credere
»
perché
quando
Tizio
si
incontra
con
Caia
non
li
può
vedere
nessuno
.
Per
essere
più
precisi
diremo
:
«
Non
li
poteva
vedere
nessuno
»
:
infatti
la
vicenda
appartiene
già
al
passato
.
Uscendo
alfine
dalla
metafora
per
entrare
nell
'
argomento
e
per
dare
alla
dimostrazione
matematica
sapore
più
piccante
,
diremo
che
qualche
settimana
fa
giunse
a
una
stimabilissima
signora
abitante
nelle
adiacenze
di
Porta
Farini
un
misterioso
bigliettino
senza
firma
nel
quale
si
diceva
come
«
allora
tale
di
ogni
sera
fisse
possibile
vedere
uscire
il
signor
Tale
(
il
marito
della
signora
)
da
una
certa
porta
del
borgo
»
che
noi
chiamammo
«
breve
e
diritto
»
.
Il
bigliettino
parlava
inoltre
di
una
piacente
sartina
così
e
così
della
quale
certamente
la
signora
avrebbe
fatto
volentieri
conoscenza
,
come
,
sembra
,
assai
volentieri
«
aveva
da
parecchio
tempo
fatto
conoscenza
il
marito
»
.
Inutile
dire
che
la
signora
,
la
sera
dopo
,
all
'
ora
denunciata
,
era
appostata
nel
borgo
:
ma
inutilmente
attese
.
Dalla
porticina
non
uscì
anima
viva
.
Ripeté
la
sera
dopo
e
per
parecchie
altre
sere
seguenti
la
manovra
:
neanche
un
'
ombra
di
marito
.
Convinta
oramai
trattarsi
d
'
un
cattivo
scherzo
,
la
signora
mise
il
cuore
in
pace
quando
...
Quando
una
bella
mattina
ecco
un
nuovo
biglietto
in
cui
si
diceva
tutto
quanto
era
detto
nel
primo
con
la
semplice
variante
che
invece
della
porta
numero
tale
del
borgo
da
noi
detto
«
breve
e
diritto
»
si
trattava
della
porta
numero
talaltro
del
borgo
da
noi
chiamato
«
parallelo
»
.
Cosa
importante
:
il
mittente
era
diverso
.
Inutile
dire
che
la
signora
tornò
alla
carica
e
si
appostò
ripetutamente
nelle
ombre
del
borgo
«
parallelo
»
.
Ma
non
cavò
un
ragno
dal
buco
.
Dalla
porticina
non
uscì
nessuno
.
Anche
questa
volta
la
signora
aveva
deciso
oramai
di
mettere
il
cuore
in
pace
,
quando
...
Quando
,
eccole
un
nuovo
bigliettino
del
primo
ignoto
mittente
:
poi
dopo
due
giorni
eccole
un
altro
del
secondo
mittente
.
E
l
'
uno
le
consigliava
di
far
la
guardia
nel
borgo
«
breve
e
diritto
»
,
e
l
'
altro
di
appostarsi
nel
borgo
«
parallelo
»
.
Cominciò
così
una
vita
di
guai
,
d
'
inferno
per
la
brava
signora
che
aveva
il
cuore
diviso
fra
la
gelosia
e
l
'
affetto
e
il
corpo
diviso
fra
due
borghi
.
Finalmente
nel
suo
cervello
si
accese
,
come
nei
cartoni
di
Topolino
,
una
lampadina
:
«
Idea
!
»
.
Fu
così
che
intervenne
la
madre
della
signora
,
ovvero
la
suocera
del
«
presunto
traditore
fantasma
»
.
E
una
sera
,
forse
l
'
altra
sera
,
verso
le
22
,
davanti
alla
porta
famosa
del
borgo
«
breve
e
diritto
»
ci
si
piantò
in
bella
vista
la
suocera
,
e
celata
nelle
ombre
del
borgo
«
parallelo
»
,
davanti
all
'
altra
non
meno
famosa
porticina
,
ci
si
piazzò
la
consorte
.
E
fu
così
che
,
a
un
bel
momento
,
dopo
un
'
ora
di
attesa
paziente
,
nel
borgo
«
parallelo
»
si
udì
un
urlo
felino
;
poi
altre
urla
che
fecero
accorrere
la
vecchia
signora
appostata
nel
borgo
vicino
e
tant
'
altra
gente
che
non
vi
dico
.
L
'
azione
era
riuscita
.
Vista
sbarrata
l
'
uscita
sul
borgo
«
breve
e
diritto
»
(
la
suocera
s
'
era
messa
in
piena
luce
)
,
il
galante
marito
e
la
sartina
così
e
così
avevano
tentata
una
sortita
dalla
porta
che
dà
sul
borgo
«
parallelo
»
,
non
immaginando
come
,
nell
'
ombra
,
si
celasse
l
'
insidia
.
Così
,
finì
un
amore
.
Mentre
rinunciamo
a
raccontare
la
semplice
cerimonia
che
,
davanti
a
una
ragguardevole
folla
,
si
svolse
nel
borgo
«
parallelo
»
,
rinunciamo
pure
a
spiegare
come
mai
da
sola
la
signora
non
fosse
mai
riuscita
a
pescare
il
colombo
e
la
colombella
.
Tanto
si
capisce
benissimo
lo
capì
alla
fine
anche
la
signora
che
la
cameretta
aveva
due
porte
d
'
accesso
:
una
dal
borgo
breve
e
diritto
vigilato
da
una
torre
snella
,
l
'
altra
dal
borgo
parallelo
che
si
stacca
pigramente
dall
'
ombra
di
un
antico
tempio
per
passare
in
rivista
poche
case
.
Due
porticine
che
permettevano
a
Tizio
e
Caia
,
procedenti
ogni
sera
per
due
strade
parallele
,
di
sfuggire
alla
legge
inflessibile
di
un
arcigno
teorema
e
all
'
occhio
infallibile
della
malsana
curiosità
della
gente
.
Come
volevasi
dimostrare
.
StampaQuotidiana ,
Castelgandolfo
,
8
ottobre
,
notte
-
Un
secondo
collasso
,
arrivato
dopo
quarantotto
ore
precise
da
quello
che
due
giorni
fa
aveva
messo
in
trepida
angoscia
il
mondo
cristiano
,
ha
capovolto
repentinamente
una
situazione
che
pareva
avviata
alle
più
fondate
speranze
,
ed
il
successivo
manifestarsi
di
complicazioni
di
carattere
bronco
-
polmonare
ha
chiuso
,
nelle
prime
ore
del
pomeriggio
,
ogni
strada
a
un
possibile
ricupero
della
crisi
di
carattere
circolatorio
che
ha
colpito
Pio
XII
.
Uscendo
a
mezzogiorno
dal
palazzo
di
Castelgandolfo
,
la
signora
Rossignani
,
sorella
del
Pontefice
,
che
aveva
appena
sostato
al
letto
dell
'
infermo
,
aveva
confermato
le
notizie
di
un
lieve
miglioramento
che
i
medici
avevano
appena
riscontrato
.
La
signora
si
trattenne
a
colazione
in
casa
di
amici
e
lì
la
raggiunse
alle
15
una
successiva
comunicazione
la
quale
confermava
le
notizie
già
date
,
aggiungendo
che
il
lieve
aumento
della
temperatura
verificatosi
in
seguito
era
interpretato
come
un
segno
che
l
'
organismo
reagiva
sempre
più
efficacemente
al
male
.
Alle
16
la
signora
Rossignani
,
che
si
disponeva
a
rientrare
a
Roma
,
credette
bene
di
mettersi
in
comunicazione
telefonica
con
gli
altri
congiunti
che
stavano
presso
l
'
infermo
,
e
subito
dopo
fu
vista
rientrare
precipitosamente
al
palazzo
dal
quale
non
è
più
uscita
,
come
non
ne
è
uscito
oggi
nessuno
dei
quattro
medici
che
hanno
prestato
le
loro
cure
a
Pio
XII
e
che
ora
attendono
rassegnati
il
compiersi
dell
'
evento
nella
camera
d
'
angolo
al
terzo
piano
,
nella
quale
non
si
ode
che
il
respiro
affannato
del
morente
.
In
quella
stessa
camera
,
seduto
sul
letto
nell
'
atteggiamento
sereno
di
un
convalescente
,
il
Papa
aveva
conversato
ieri
sera
,
con
la
solita
vivacità
di
tratto
,
con
alcuni
degli
intimi
,
ed
aveva
ribadito
la
sua
speranza
di
poter
tornare
quanto
prima
al
suo
solito
lavoro
.
E
poche
ore
prima
,
mentre
il
sole
non
era
ancora
calato
all
'
orizzonte
,
aveva
pregato
i
suoi
assistenti
di
concedergli
un
intermezzo
musicale
,
ed
aveva
ascoltato
con
il
trasporto
dell
'
appassionato
la
prima
sinfonia
di
Beethoven
incisa
su
dischi
,
ed
aveva
seguito
l
'
onda
dei
suoni
facendo
con
la
destra
il
segno
di
chi
batte
il
tempo
.
A
detta
dei
più
,
la
giornata
di
ieri
non
poteva
concludersi
meglio
per
l
'
augusto
degente
.
Superato
nel
modo
più
brillante
l
'
incubo
delle
conseguenze
che
poteva
tirarsi
dietro
1'ictus
cerebrale
di
lunedì
mattina
,
nessuno
faceva
più
caso
al
disturbo
del
singhiozzo
,
che
pure
si
era
manifestato
a
tratti
anche
nel
pomeriggio
di
ieri
.
I
medici
però
non
riuscivano
a
nascondere
del
tutto
un
'
ombra
di
riserbo
,
pareva
che
avessero
la
mente
fissa
ad
una
circostanza
inattesa
;
c
'
era
nei
loro
discorsi
,
pur
improntati
ad
aperto
ottimismo
,
un
sottinteso
inquietante
che
non
aveva
niente
a
che
fare
con
il
pericolo
che
nessuno
si
nascondeva
di
una
seconda
crisi
di
carattere
circolatorio
.
Non
tutti
avevano
interpretato
allo
stesso
modo
il
lungo
sonno
meridiano
di
Pio
XII
,
e
tanto
meno
l
'
abbondante
sudore
che
l
'
aveva
accompagnato
.
Ma
il
dato
più
serio
che
nascondeva
il
loro
riserbo
era
un
altro
.
I
rilievi
fatti
subito
dopo
il
risveglio
avevano
segnalato
una
aritmia
cardiaca
inattesa
,
dato
che
il
Papa
aveva
sempre
disposto
di
un
cuore
in
condizioni
eccellenti
.
«
Un
cuore
da
giovanotto
»
come
aveva
detto
qualche
anno
fa
Gasbarrini
visitando
per
la
prima
volta
il
Pontefice
.
Era
stato
inoltre
riscontrato
un
vistoso
,
repentino
mutamento
della
pressione
del
paziente
,
il
che
poteva
significare
proprio
una
predisposizione
dell
'
organismo
a
nuovi
assalti
del
male
che
ne
aveva
messo
improvvisamente
a
repentaglio
la
vita
.
E
nessuno
si
nascondeva
che
un
secondo
collasso
non
avrebbe
potuto
avere
che
conseguenze
fatali
.
È
proprio
questa
eventualità
che
si
è
verificata
stamane
,
allo
scadere
esatto
delle
quarantotto
ore
dal
primo
insulto
.
Il
Papa
aveva
passato
una
notte
buona
,
dormendo
anche
per
lunghi
tratti
,
vegliato
dalla
stanza
accanto
,
che
rimaneva
con
la
porta
aperta
,
dall
'
archiatra
Galeazzi
Lisi
,
dal
dott.
Corelli
,
e
a
turno
da
una
delle
tre
suore
addette
all
'
appartamento
privato
.
E
stamane
egli
aveva
visto
le
prime
luci
del
nuovo
giorno
in
ottime
condizioni
di
spirito
,
ed
i
medici
non
avevano
riscontrato
niente
che
potesse
contraddire
alle
loro
speranze
nella
prima
visita
che
gli
avevano
praticata
.
È
stato
più
tardi
,
esattamente
alle
8.30
,
quando
il
paziente
si
levò
a
sedere
sul
letto
per
prestarsi
ad
un
intervento
di
importanza
molto
secondaria
,
che
sopraggiunse
repentino
il
secondo
collasso
.
Accasciatosi
supino
sul
letto
senza
conoscenza
,
Pio
XII
non
ha
più
ripreso
i
sensi
da
quel
momento
,
nonostante
che
i
sanitari
presenti
gli
abbiano
prestato
immediatamente
tutte
le
cure
del
caso
.
La
prostrazione
delle
forze
,
conseguenza
della
prima
crisi
,
ha
impedito
che
i
farmaci
,
ai
quali
l
'
organismo
aveva
tanto
efficacemente
reagito
lunedì
mattina
,
potessero
avere
questa
volta
l
'
esito
desiderato
.
Da
quel
momento
in
poi
la
vicenda
che
si
è
svolta
nella
stanza
d
'
angolo
del
vecchio
palazzo
di
Castelgandolfo
è
stata
quella
di
una
lotta
disperata
contro
il
male
,
confortata
solo
da
qualche
temporaneo
barlume
di
speranza
,
e
quindi
dell
'
impietrito
dolore
di
familiari
,
prelati
e
medici
davanti
all
'
uomo
vestito
di
bianco
anche
sul
letto
di
morte
,
sia
pure
in
modo
diverso
dal
solito
,
e
per
il
quale
non
c
'
è
più
speranza
.
Il
letto
sul
quale
giace
il
Papa
è
ancora
quello
di
ottone
che
fece
collocare
in
questa
camera
il
suo
predecessore
.
È
disposto
in
modo
da
avere
a
destra
le
due
finestre
che
guardano
dalla
parte
di
Roma
e
di
fronte
quella
che
prospetta
invece
verso
il
mare
.
Dietro
la
spalliera
del
letto
è
applicata
al
muro
una
specie
di
arazzo
.
E
sopra
è
appeso
il
quadro
di
una
Madonna
cinquecentesca
di
buona
scuola
.
Figurano
ai
lati
due
cassettoni
,
che
non
hanno
nessun
pregio
particolare
,
e
nell
'
ambiente
,
molto
luminoso
ma
non
vasto
,
si
trova
sempre
un
radiogrammofono
.
Pio
XII
non
è
in
corna
;
ancora
a
mezzanotte
il
suo
respiro
era
regolare
anche
se
ansimante
,
e
,
non
aveva
niente
a
che
fare
con
il
rantolo
dei
morenti
.
È
per
questo
che
solo
la
ultima
comunicazione
parla
di
agonia
.
L
'
infermo
ha
gli
occhi
chiusi
,
ed
i
più
sono
convinti
ch
'
egli
non
sia
in
condizioni
da
rendersi
conto
di
quanto
avviene
attorno
a
lui
,
ma
nessuno
può
dire
con
certezza
che
egli
abbia
perduta
del
tutto
la
conoscenza
.
È
stato
sempre
così
dopo
ch
'
è
sopravvenuto
l
'
ultimo
collasso
.
Padre
Leiber
,
che
è
uno
dei
due
segretari
addetti
alla
biblioteca
personale
,
e
che
in
questi
ultimi
tempi
ha
assolto
anche
i
compiti
di
confessore
del
Papa
essendo
malato
il
confessore
titolare
padre
Bea
,
celebrava
stamane
la
Messa
nella
cappella
che
sta
accanto
alla
camera
da
letto
quando
sopravvenne
la
seconda
crisi
.
In
precedenza
Pio
XII
aveva
detto
al
suo
fedele
collaboratore
che
,
non
potendo
celebrare
lui
la
Messa
,
era
almeno
confortato
dall
'
idea
di
poter
ricevere
la
Comunione
,
come
aveva
fatto
nei
giorniprecedenti
.
Ma
quando
padre
Leiber
fu
in
grado
di
poter
soddisfare
quel
desiderio
,
non
c
'
era
più
la
possibilità
fisica
che
l
'
infermo
potesse
ricevere
le
sacre
specie
ed
il
gesuita
,
con
le
lacrime
agli
occhi
,
si
limitò
ad
impartire
al
Pontefice
la
benedizione
.
Pochissime
sono
state
le
persone
ammesse
nella
stanza
del
malato
in
questi
tre
drammatici
giorni
.
Hanno
fatto
sempre
eccezione
i
prelati
di
palazzo
,
mons
.
Canori
di
Vignale
e
mons
.
Nasalli
Rocca
,
i
familiari
del
Pontefice
,
tra
i
quali
i
nipoti
Pacelli
sono
stati
i
più
assidui
,
e
naturalmente
le
suore
,
che
fanno
di
continuo
la
spola
fra
la
camera
dell
'
infermo
e
i
locali
del
piano
sottostante
dove
sono
allogati
i
servizi
.
Affrante
da
un
'
assistenza
che
dura
ininterrottamente
da
diversi
giorni
,
le
suore
piangono
quando
recano
alle
labbra
del
morente
il
Crocefisso
o
ne
umettano
le
labbra
riarse
;
anche
qualcuno
dei
familiari
piange
,
i
più
pregano
,
una
radio
lontana
del
palazzo
reca
nella
stanza
del
morente
un
'
eco
delle
musiche
sacre
che
la
stazione
vaticana
da
stamane
intercala
ininterrottamente
ai
bollettini
dei
medici
trasmessi
in
tutte
le
lingue
.
Anche
i
cardinali
presentatisi
lunedì
alle
prime
notizie
del
collasso
avevano
dovuto
sostare
nella
sala
del
Concistoro
,
ch
'
è
l
'
ultima
grande
aula
dell
'
appartamento
nobile
di
Castelgandolfo
,
ed
a
mettere
le
loro
firme
sul
registro
esposto
.
Solo
il
cardinale
decano
,
Tisserant
,
aveva
potuto
affacciarsi
lunedì
per
un
breve
momento
nella
stanza
e
l
'
aveva
fatto
levando
la
destra
nell
'
atto
della
benedizione
.
Oggi
nel
pomeriggio
,
quando
fu
chiaro
che
il
Papa
si
andava
spegnendo
e
che
la
sua
sorte
era
segnata
senza
possibilità
di
umano
rimedio
,
la
severa
consegna
è
stata
un
poco
attenuata
e
nella
stanza
sono
state
ammesse
altre
persone
,
fra
le
quali
i
cardinali
Tisserant
,
il
quale
si
è
poi
trattenuto
a
Castelgandolfo
fino
a
tarda
ora
,
Aloisi
-
Masella
,
Fumasoni
-
Biondi
e
Valeri
.
A
quell
'
ora
due
Guardie
nobili
,
con
la
spada
sguainata
,
si
collocarono
di
fazione
in
un
locale
attiguo
alla
camera
del
morente
.
In
precedenza
,
vedendo
entrare
i
militi
alla
spicciolata
ed
in
abito
civile
dal
portone
del
palazzo
,
chi
è
pratico
del
costume
vaticano
aveva
già
capito
tutto
,
anche
se
per
caso
non
fosse
stato
al
corrente
di
nulla
.
Vuole
infatti
la
tradizione
che
,
quando
il
Papa
si
trova
agli
estremi
,
la
Guardia
nobile
vegli
il
morente
e
ne
custodisca
poi
senza
interruzione
la
spoglia
fino
al
momento
della
tumulazione
.
Pio
XII
è
il
primo
nella
serie
dei
Papi
a
chiudere
la
sua
vita
a
Castelgandolfo
,
e
la
chiude
sotto
la
particolare
protezione
della
Vergine
,
dopo
che
il
caso
ha
voluto
che
a
questo
intento
sia
stata
dedicata
domenica
l
'
ultima
funzione
religiosa
di
carattere
pubblico
alla
quale
egli
ha
preso
parte
.
È
stata
questa
la
cosiddetta
Supplica
alla
Vergine
di
Pompei
,
che
è
stata
trasmessa
anche
per
radio
,
ed
è
stata
trasmessa
per
radio
proprio
dal
palazzo
di
Castelgandolfo
.
È
avvenuto
così
che
Pio
XII
,
particolarmente
devoto
alla
Vergine
,
si
sia
trovato
a
invocare
dalla
Regina
del
cielo
la
buona
morte
proprio
alla
vigilia
del
suo
trapasso
terreno
,
che
questo
fosse
l
'
ultimo
atto
della
sua
spirituale
paternità
del
mondo
cristiano
,
e
che
a
quell
'
atto
si
trovassero
a
partecipare
indirettamente
,
sia
pure
senza
saperlo
,
milioni
di
fedeli
.
Poiché
la
sorte
ha
voluto
che
Pio
XII
chiudesse
la
sua
vita
a
Castelgandolfo
,
è
già
stabilito
che
la
piccola
località
dei
Castelli
romani
abbia
una
parte
notevole
e
del
tutto
insolita
nel
cerimoniale
che
accompagna
il
decesso
di
un
Pontefice
.
Non
solo
il
riconoscimento
ufficiale
della
morte
verrà
fatto
sul
posto
,
ma
nel
palazzo
della
villa
papale
si
farà
anche
la
prima
esposizione
della
salma
,
che
avveniva
di
regola
nella
Cappella
Sistina
.
Rivestito
degli
abiti
corali
,
cioè
con
rocchetto
,
mozzetta
e
stola
,
il
corpo
del
Pontefice
sarà
collocato
su
un
catafalco
nel
salone
degli
Svizzeri
e
là
avverranno
le
visite
di
rito
anche
dei
membri
della
Corte
,
del
corpo
diplomatico
e
della
prelatura
romana
.
La
traslazione
a
Roma
avrà
carattere
privato
,
ma
il
piccolo
corteo
del
quale
faranno
parte
tutti
i
cardinali
non
si
dirigerà
a
San
Pietro
ma
a
San
Giovanni
al
Laterano
,
alla
basilica
cioè
che
è
la
cattedrale
del
Vescovo
di
Roma
,
ed
anche
questo
fatto
rappresenterà
una
innovazione
piuttosto
vistosa
rispetto
al
passato
.
Dalla
basilica
lateranense
muoverà
poi
,
a
piedi
,
con
la
partecipazione
di
tutte
le
autorità
e
di
tutto
il
clero
romano
,
il
solenne
funerale
che
,
attraversando
Roma
,
come
ai
tempi
in
cui
i
Papi
morivano
al
Quirinale
,
scorterà
la
salma
a
San
Pietro
,
dove
avrà
luogo
l
'
esposizione
solenne
come
vuole
la
tradizione
.
Però
anche
in
questo
caso
,
la
tradizione
non
sarà
rispettata
che
in
parte
,
in
quanto
l
'
esposizione
della
salma
non
avverrà
nella
cappella
del
Sacramento
ma
nella
«
confessione
»
,
cioè
al
centro
della
crociera
.
StampaQuotidiana ,
Uno
studente
ritorna
dall
'
Università
,
dopo
aver
seguito
il
suo
primo
corso
di
psicologia
,
e
scandalizza
sua
zia
dicendole
che
tutte
le
attività
cui
ella
si
dedica
-
andare
in
chiesa
,
far
beneficenza
,
visitare
mostre
d
'
arte
ecc.
-
sono
soltanto
surrogati
o
compensi
per
la
sua
mancanza
di
soddisfazioni
sessuali
.
Dopo
averci
pensato
sopra
,
la
zia
gli
risponde
che
,
sì
,
essa
è
d
'
accordo
sul
principio
che
tutte
le
attività
sono
manifestazioni
della
libido
e
che
non
ha
obbiezioni
contro
il
sesso
;
soltanto
,
preferisce
le
manifestazioni
della
sessualità
cui
essa
si
dedica
,
a
quelle
che
hanno
a
che
fare
con
gli
organi
genitali
.
La
zia
non
si
scandalizza
più
e
il
nipote
rimane
senza
risposta
.
L
'
episodio
insegna
che
quando
a
un
concetto
o
a
una
parola
si
tolgono
i
limiti
che
lo
definiscono
nei
confronti
di
altri
concetti
o
parole
e
si
dice
che
«
tutto
è
questo
»
o
«
tutto
è
quello
»
,
concetto
o
parola
perdono
ogni
significato
e
non
servono
a
nulla
.
Quando
si
dice
che
tutte
le
attività
umane
sono
«
sessuali
»
,
«
religiose
»
o
«
politiche
»
ecc.
non
si
dice
nulla
,
perché
i
termini
relativi
hanno
perduto
il
loro
significato
specifico
e
possono
riacquistarlo
soltanto
ridistinguendosi
dagli
altri
.
Lo
stesso
vale
per
la
libertà
umana
.
Che
tutte
le
azioni
siano
libere
o
che
tutte
siano
determinate
da
fattori
causali
,
sono
due
tesi
che
tolgono
alle
parole
«
libertà
»
e
«
determinismo
»
il
loro
significato
specifico
e
rendono
impossibile
stabilire
,
in
ogni
caso
particolare
,
se
un
'
azione
è
libera
o
no
,
determinata
o
no
.
Eppure
,
proprio
di
un
criterio
utile
a
questo
scopo
abbiamo
bisogno
per
decidere
se
,
e
in
quali
limiti
,
l
'
uomo
è
responsabile
delle
sue
azioni
.
Sembra
che
a
misura
che
si
estendono
le
nostre
conoscenze
biologiche
,
antropologiche
e
sociologiche
,
il
determinismo
abbia
partita
vinta
e
i
limiti
della
responsabilità
umana
divengano
sempre
più
ristretti
.
L
'
eredità
biologica
,
l
'
ambiente
,
le
condizioni
sociali
e
politiche
sono
spesso
ritenuti
fattori
determinanti
della
condotta
di
individui
e
gruppi
,
e
anche
delle
forme
più
aberranti
di
tale
condotta
.
Siamo
sempre
più
guardinghi
nell
'
ascrivere
ad
un
uomo
la
responsabilità
di
ciò
che
ha
fatto
perché
siamo
sempre
più
al
corrente
dei
fattori
che
hanno
potuto
determinare
la
sua
azione
.
Ma
che
cosa
ne
è
,
allora
,
della
libertà
?
Il
problema
è
affrontato
nell
'
opera
recentissima
del
filosofo
inglese
J
.
R
.
Lucas
(
The
Freedom
of
the
Will
,
Clarendon
Press
:
Oxford
University
Press
,
1970
)
la
cui
parte
più
originale
è
la
discussione
di
ciò
che
la
matematica
moderna
può
dirci
pro
o
contro
la
libertà
umana
.
Quest
'
argomento
è
solo
apparentemente
paradossale
.
Spinoza
diceva
già
nel
XVII
secolo
che
tutte
le
azioni
dell
'
uomo
seguono
dalla
sua
natura
con
la
stessa
necessità
con
la
quale
un
teorema
geometrico
segue
dagli
assiomi
della
geometria
.
L
'
uomo
non
può
essere
o
agire
diversamente
,
come
non
può
esser
diverso
un
teorema
:
è
egli
stesso
un
teorema
nella
grande
geometria
della
Natura
.
Ma
la
matematica
ha
cambiato
completamente
faccia
dai
tempi
di
Spinoza
:
è
diventata
molto
più
astratta
e
formale
,
perché
prescinde
da
ogni
particolare
oggetto
(
numeri
,
figure
,
quantità
)
ed
è
diventata
semplicemente
la
disciplina
che
deduce
rigorosamente
le
conclusioni
dalle
premesse
implicite
negli
assiomi
o
postulati
che
costituiscono
i
suoi
punti
di
partenza
.
Non
importa
che
tali
assiomi
o
postulati
siano
«
veri
»
in
un
senso
qualsiasi
:
importante
è
che
il
procedimento
matematico
derivi
con
rigore
tutti
i
teoremi
che
sono
impliciti
in
essi
.
Con
rigore
significa
:
senza
mai
dar
luogo
ad
una
contraddizione
,
cioè
a
teoremi
che
sono
incompatibili
l
'
uno
con
l
'
altro
.
In
questa
nuova
veste
,
la
matematica
si
è
dimostrata
fecondissima
:
nuovi
sistemi
di
calcolo
sono
stati
inventati
e
perfezionati
e
sono
applicati
nei
campi
più
disparati
,
che
vanno
dalla
fisica
all
'
organizzazione
industriale
e
alla
costruzione
dei
computers
.
Ma
,
da
questo
punto
di
vista
,
l
'
unica
cosa
che
conferisce
validità
a
un
qualsiasi
sistema
di
calcolo
è
la
sua
coerenza
intrinseca
,
la
sua
assenza
di
contraddizioni
.
Il
matematico
dovrebbe
esser
sempre
sicuro
che
un
certo
calcolo
,
per
quanto
condotto
avanti
e
sviluppato
,
non
condurrà
mai
ad
una
contraddizione
;
se
vi
conducesse
,
sarebbe
da
buttar
via
.
Qui
appunto
s
'
incontra
l
'
ostacolo
.
Il
matematico
non
potrà
mai
avere
questa
sicurezza
.
Un
teorema
stabilito
da
Gödel
nel
1931
,
che
è
uscito
indenne
da
tutte
le
critiche
,
stabilisce
che
nessun
calcolo
è
in
grado
di
provare
,
con
i
mezzi
di
cui
dispone
,
che
esso
è
perfettamente
coerente
,
cioè
non
condurrà
mai
a
contraddizioni
.
L
'
aritmetica
,
per
esempio
,
non
può
provare
,
aritmeticamente
,
di
essere
coerente
.
In
certi
casi
(
come
quello
dell
'
aritmetica
)
,
la
prova
della
coerenza
si
può
ottenere
ricorrendo
ad
altri
tipi
di
calcolo
logico
;
ma
,
a
loro
volta
,
questi
calcoli
sono
sottoposti
alla
stessa
limitazione
:
non
possono
provare
la
loro
coerenza
,
cioè
la
loro
legittimità
o
validità
logica
.
Su
questa
conclusione
fa
leva
il
libro
di
Lucas
per
mostrare
che
non
si
può
considerare
l
'
uomo
come
determinato
necessariamente
dai
fattori
causali
:
perché
non
può
essere
identificato
o
paragonato
con
un
qualsiasi
sistema
di
calcolo
.
Egli
sa
infatti
di
essere
coerente
,
può
correggere
i
suoi
errori
e
le
sue
incoerenze
,
scegliere
le
vie
che
li
evitano
e
decidere
in
conformità
.
Ma
non
potrebbe
far
questo
se
fosse
ridotto
a
un
puro
calcolo
logico
.
Ma
c
'
è
di
più
.
Il
teorema
di
Gödel
significa
pure
(
secondo
una
certa
interpretazione
che
è
accettata
da
Lucas
,
ma
non
da
tutti
i
cibernetici
)
che
non
si
possono
costruire
macchine
o
automi
che
rispondano
a
tutti
i
problemi
.
Si
possono
costruire
automi
sempre
più
perfetti
e
complessi
,
che
fanno
assai
meglio
e
più
rapidamente
dell
'
uomo
certe
operazioni
di
calcolo
.
Ma
nessuno
di
questi
automi
si
sottrarrà
alla
minaccia
rappresentata
dal
teorema
di
Gödel
:
di
trovarsi
,
ad
un
certo
punto
,
privo
di
risposta
di
fronte
a
un
problema
nuovo
,
che
metta
in
giuoco
la
coerenza
del
calcolo
su
cui
è
fondato
.
Questo
vuol
dire
,
secondo
Lucas
,
che
l
'
uomo
non
può
essere
considerato
un
automa
,
cioè
che
la
sua
condotta
e
le
sue
scelte
non
possono
essere
preformate
o
predeterminate
come
il
determinismo
suppone
.
All
'
uomo
è
essenziale
la
decisione
di
essere
coerente
,
di
disciplinare
il
suo
pensiero
,
di
stabilire
una
qualche
distinzione
tra
il
vero
e
il
falso
.
Ma
poiché
nessuna
prova
può
esser
addotta
di
questa
sua
razionalità
irrinunciabile
,
questa
razionalità
è
solo
una
professione
di
fede
,
una
proposizione
di
«
teologia
matematica
»
.
Di
essa
non
si
può
dar
prova
;
tuttavia
,
senza
di
essa
,
la
condotta
dell
'
uomo
sarebbe
stolta
,
perché
egli
non
potrebbe
distinguere
tra
ciò
che
è
vero
e
degno
di
esser
creduto
e
ciò
che
è
falso
e
va
rigettato
.
Certamente
,
l
'
uomo
non
può
rinunciare
all
'
uso
del
principio
di
causalità
che
collega
insieme
tutti
i
fenomeni
e
gli
dà
una
veduta
d
'
insieme
,
semplice
e
completa
,
della
natura
.
Ma
,
dall
'
altro
lato
,
non
può
rinunciare
ad
agire
secondo
ragioni
di
cui
egli
stesso
è
il
solo
arbitro
e
giudice
,
al
di
fuori
di
ogni
calcolo
matematico
o
logico
.
Per
ogni
azione
effettuata
,
l
'
uomo
può
dare
le
sue
ragioni
;
non
gli
è
possibile
invece
dare
le
ragioni
di
tali
ragioni
.
Perciò
Lucas
conclude
:
«
Io
rispondo
per
le
mie
azioni
.
Io
sono
libero
di
scegliere
quello
che
farò
.
Ma
io
,
e
solo
io
,
sono
responsabile
per
la
mia
scelta
»
.
Il
libro
di
Lucas
è
un
esempio
notevole
del
modo
in
cui
oggi
vengono
trattati
i
problemi
della
filosofia
.
Apparentemente
,
tali
problemi
sono
sempre
quelli
,
i
cosiddetti
«
problemi
eterni
»
sui
quali
l
'
uomo
si
è
affaticato
sin
dagli
inizi
della
sua
riflessione
.
Ma
il
modo
di
trattarli
oggi
è
radicalmente
diverso
.
Essi
vengono
considerati
sul
fondamento
delle
acquisizioni
scientifiche
più
recenti
e
utilizzando
tali
acquisizioni
per
prospettarne
soluzioni
nuove
.
Lucas
ha
messo
come
epigrafe
del
suo
libro
un
passo
di
Epicuro
:
«
Era
meglio
credere
ai
miti
sugli
Dei
piuttosto
che
essere
schiavi
del
destino
dei
fisici
:
quelli
infatti
suggerivano
la
speranza
di
placare
gli
Dei
per
mezzo
degli
onori
,
questo
invece
ha
implacabile
necessità
»
.
E
questa
sembra
veramente
la
conclusione
dell
'
opera
di
Lucas
:
nella
quale
«
l
'
implacabile
necessità
»
non
è
esorcizzata
del
tutto
e
la
libertà
è
piuttosto
affidata
alla
«
teologia
matematica
»
,
cioè
a
un
atto
di
fede
nella
razionalità
dell
'
uomo
.
Ma
così
la
libertà
è
ridotta
entro
i
limiti
della
soggettività
umana
,
dell
'
io
individuale
:
sappiamo
solo
che
non
è
impossibile
,
non
sappiamo
ancora
cos
'
è
.
Un
'
analisi
più
ravvicinata
dovrebbe
mostrarcela
operante
nelle
scelte
che
l
'
uomo
fa
e
nelle
condizioni
oggettive
in
cui
le
scelte
sono
effettuate
.
Un
'
indagine
sulla
nozione
di
scelta
,
sui
suoi
limiti
e
sulle
possibilità
obbiettive
che
le
sono
offerte
nei
vari
campi
in
cui
l
'
uomo
agisce
,
diventa
sempre
più
urgente
,
non
solo
ai
fini
della
scienza
e
della
filosofia
,
ma
anche
per
mettere
l
'
uomo
di
fronte
alle
sue
responsabilità
precise
.
StampaQuotidiana ,
A
Collecchio
,
in
una
misera
soffitta
,
abitava
da
molti
anni
un
poveruomo
che
aveva
oramai
viste
settantacinque
primavere
.
Viveva
del
poco
lavoro
che
le
vecchie
braccia
gli
permettevano
,
e
della
carità
dei
vicini
.
Poi
,
silenziosamente
,
morì
.
Storia
antica
come
il
mondo
e
dolorosa
come
tutte
le
cose
del
mondo
.
Il
vecchio
,
Giuseppe
Monica
,
fu
visto
tre
o
quattro
giorni
or
sono
rincasare
,
poi
non
fu
più
visto
.
Una
coinquilina
,
l
'
altra
mattina
,
passando
davanti
alla
porta
della
soffitta
e
non
udendo
alcun
rumore
,
appressava
l
'
occhio
alla
toppa
e
intravedeva
il
vecchio
immobile
,
sdraiato
su
un
cumulo
di
cenci
.
Presto
accorrevano
i
casigliani
,
i
quali
,
rinvenuta
la
chiave
che
il
vecchio
era
solito
lasciare
su
un
davanzale
,
aprirono
la
porta
,
chiusa
solo
dal
cric
della
serratura
.
Pietoso
spettacolo
,
si
trovarono
davanti
a
un
cadavere
già
in
decomposizione
.
Il
medico
,
giunto
assieme
ai
Regi
Carabinieri
,
riscontrò
che
il
vecchio
era
stato
ucciso
da
una
paralisi
cardiaca
.
StampaQuotidiana ,
Torino
,
15
maggio
1960
JUVENTUS
-
MILAN
:
3-1
.
NOTE
:
Pomeriggio
afoso
per
via
di
una
incombente
cappa
di
nubi
.
Terreno
ottimamente
tenuto
.
Spettatori
60.000
circa
.
Nessun
incidente
.
Angoli
:
Juventus
4
,
Milan
3
(
1-2
)
.
Al
90'
,
Ornar
Sivori
andò
a
tre
quarti
di
campo
in
area
juventina
,
prese
la
palla
e
incominciò
a
dribblare
torno
torno
.
Era
un
dribbling
gratuito
e
insensato
,
di
pura
esibizione
.
Il
pubblico
si
spellò
le
mani
.
Poi
l
'
arbitro
Rigato
(
in
discreta
forma
)
fischiò
la
fine
e
i
giocatori
del
Milan
e
della
Juventus
si
strinsero
la
mano
,
perfino
Grillo
e
Boniperti
,
che
se
ne
erano
dette
per
i
porcelli
.
Una
cancellata
venne
aperta
dalla
parte
dei
popolari
.
Il
pubblico
si
mise
a
correre
verso
i
giocatori
juventini
che
lentamente
si
avviavano
al
sottopassaggio
.
Sivori
venne
agguantato
e
issato
sulle
spalle
dei
più
prestanti
,
che
gli
decretarono
il
trionfo
.
Anche
a
Boniperti
toccò
questo
onore
,
ma
non
a
Charles
,
per
una
pura
questione
di
chilogrammetri
.
Alcuni
pazzarielli
,
brandendo
bandiere
,
presero
a
correre
lungo
la
corda
della
pista
d
'
atletica
,
alla
maniera
degli
americani
del
sud
:
il
pubblico
tornò
a
spellarsi
le
mani
.
I
fotografi
scalarono
le
porte
e
sedettero
sulla
traversa
per
riprendere
dall
'
alto
le
scene
di
entusiasmo
popolare
.
La
frigida
Juventus
viveva
senza
grande
partecipazione
,
anzi
,
quasi
snobbando
,
la
sua
apoteosi
.
Le
radioline
avevano
annunciato
che
la
Fiorentina
era
stata
sconfitta
a
Marassi
dalla
Samp
.
Il
campionato
era
virtualmente
finito
:
evviva
ora
e
sempre
la
grande
Juvèntus
(
con
la
«
è
»
accentata
grave
)
.
La
partita
dell
'
apoteosi
fu
uno
strazio
che
tutti
compresero
,
anche
il
pubblico
di
più
facile
contentatura
.
L
'
afa
conciliava
il
sonno
.
La
nausea
da
pallone
rendeva
nervosi
quasi
tutti
.
Fatte
poche
eccezioni
(
Alfieri
,
Maldini
,
Liedholm
,
Charles
,
Schiaffino
,
Cervato
)
nessuno
aveva
voglia
di
correre
.
Il
Milan
assunse
il
forcing
e
pareva
un
paralitico
in
foia
.
La
difesa
reggeva
ottimamente
ai
grandi
della
Juventus
(
eccezion
fatta
per
lo
sfocato
Fontana
)
.
Occhetta
teneva
benino
Sivori
.
Liedholm
pendolava
maestoso
sull
'
arco
dei
centottanta
gradi
.
Schiaffino
bastava
per
Boniperti
,
ancor
più
sciroccato
di
lui
.
Parato
il
colpo
,
la
difesa
milanista
si
disimpegnava
come
suole
,
cioè
armoniosamente
bene
.
I
guai
incominciavano
quando
la
palla
giungeva
a
una
delle
quattro
punte
avanzate
.
Grillo
riceveva
da
fermo
,
aspettava
Emoli
e
ingaggiava
il
dribbling
:
o
lo
falliva
,
e
allora
si
metteva
le
mani
sui
fianchi
,
scuotendo
il
capo
,
o
lo
vinceva
,
e
allora
aspettava
Cervato
o
chi
per
lui
:
poi
cercava
un
compagno
,
che
riceveva
pure
da
fermo
e
ricominciava
la
manfrina
.
Insomma
,
una
lagna
da
correre
in
campo
con
la
frusta
.
Altafini
si
sbizzarrì
una
sola
volta
a
staffilare
sulla
traversa
,
poi
stette
a
vedere
o
,
che
è
peggio
,
si
defilò
addirittura
perché
a
nessuno
saltasse
in
mente
di
servirlo
e
farlo
correre
.
Bean
toccò
due
o
tre
palle
battendo
punizioni
(
tutte
alte
)
.
Danova
fece
fumo
piroettando
sotto
i
bulloni
arcigni
di
Sarti
o
di
Garzena
.
Sbagliò
una
palla
-
gol
sul
due
a
uno
.
Non
vidi
altro
,
fatto
da
lui
.
Il
povero
Schiaffino
,
andando
le
due
squadre
a
segatura
,
era
effettivamente
in
paradiso
.
Riceveva
da
fermo
,
smistava
,
corricchiava
ad
aspettare
il
rilancio
(
oh
,
illuso
!
)
,
leticava
con
Boniperti
che
,
decisamente
incarognito
,
gli
tirava
sgambetti
odiosissimi
.
Ma
tutto
era
moscio
e
dimesso
,
talché
avresti
creduto
che
le
due
squadre
fossero
d
'
accordo
di
non
umiliarsi
.
In
tutto
il
primo
tempo
,
dodici
volte
concluse
la
Juventus
e
sette
il
Milan
,
pur
avendo
tenuto
assai
più
a
lungo
la
palla
.
Vavassori
non
dovette
parare
un
sol
tiro
(
perché
Altafini
incocciò
la
traversa
dal
limite
)
.
Il
bravo
Alfieri
,
invece
,
se
la
vide
più
brutta
,
ma
non
di
tanto
.
Respinse
un
tiro
troppo
centrato
di
Nicolè
all'8'
,
non
parò
un
tiro
cross
di
Sivori
al
10'
,
ma
lo
vide
respingere
da
Maldini
sulla
linea
.
Un
'
altra
palla
-
gol
incornata
da
Sivori
ebbe
la
fortuna
di
trovarsi
,
papale
papale
,
fra
le
mani
.
Alla
ripresa
,
Nicolè
si
liberò
una
seconda
volta
,
e
molto
bene
,
a
rete
,
e
Alfieri
seppe
ancora
sventare
(
al
3'
)
.
Schiaffino
riprese
al
volo
un
comodo
pallonetto
e
consentì
a
Vavassori
di
accontentare
la
platea
in
un
plastico
tuffo
.
Al
10'
,
Liedholm
venne
punito
per
un
dubbio
fallo
su
Boniperti
e
batté
la
punizione
Garzena
per
Colombo
:
questi
fece
triangolo
su
Charles
e
toccò
di
piatto
verso
rete
:
due
o
tre
milanisti
aggrappolati
cercarono
di
incornare
per
la
respinta
:
la
palla
rotolò
beffarda
su
di
loro
e
cadde
presso
la
zampa
di
Sivori
,
che
toccò
sveltamente
per
l
'
uno
a
zero
.
Il
sospetto
di
un
accordo
a
non
procedere
venne
rincrudito
dall
'
immediato
pareggio
.
Sívori
stava
ancora
sotto
le
tribune
a
ricevere
l
'
ovazione
,
come
fanno
i
toreri
dopo
aver
concesso
due
banderillas
straordinarie
:
Altafini
toccò
a
Grillo
che
scattò
in
avanti
:
Grillo
scartò
il
solito
Emoli
e
cercò
il
centravanti
ormai
lanciato
:
balzò
Cervato
sul
primo
tocco
di
dribbling
ma
fece
rimpallo
:
in
quella
,
usciva
di
porta
anche
Vavassori
:
Mazzola
si
trovò
fra
i
piedi
il
più
comodo
dei
palloni
:
non
poté
esimersi
dal
toccare
in
rete
.
Era
trascorso
quasi
un
minuto
,
fra
abbracci
,
ovazioni
e
tocco
di
avvio
.
Poi
,
fu
di
nuovo
gnàgnera
oscena
.
Al
21'
batté
una
punizione
Sivori
per
Charles
e
la
vinse
di
testa
Cecco
Zagatti
:
sulla
respinta
,
arrivò
allupato
Garzena
e
incocciò
un
destraccio
da
svellere
le
braccia
a
qualsiasi
portiere
:
la
palla
schizzò
dallo
spigolo
inferiore
della
traversa
e
tornò
largamente
alle
spalle
di
Garzena
!
Si
sderenava
intanto
Charles
a
caricare
,
simile
a
un
ariete
:
Maldini
lo
fermava
di
agilità
.
Liedholm
eseguiva
dignitosi
passaggi
in
avanti
ma
l
'
attacco
del
Milan
era
da
fustigare
.
Mazzola
rifiutava
ostentatamente
la
palla
.
Grillo
si
metteva
le
mani
sui
fianchi
dopo
il
solito
dribbling
perduto
.
Le
ali
,
un
pianto
.
Né
bastava
Schiaffino
,
gamba
saggia
.
Così
ebbe
ancora
Sivori
la
palla
buona
sottomisura
e
la
rovesciò
in
rete
di
prepotenza
.
L
'
azione
era
stata
animosamente
condotta
da
Charles
a
destra
:
sul
suo
cross
,
aveva
trepestato
Stacchini
al
centro
senza
cavarne
più
di
un
rachitico
spioventino
verso
porta
:
ma
su
quello
saltò
il
demoniaco
Sivori
e
fu
il
due
a
uno
(
al
30'
)
.
Qui
,
il
Milan
ebbe
un
breve
sussulto
,
come
un
somaro
stracco
e
legnato
.
Una
punizione
di
Grillo
venne
incornata
da
Cervato
quando
già
Vavassori
stava
fuori
dai
pali
:
sul
rimpallo
arrivò
il
melenso
Danova
e
sorvolò
la
traversa
(
35'
)
.
Al
36'
,
un
traversone
di
Emoli
venne
svirgolato
da
Maldini
verso
sinistra
,
fu
Stacchini
a
trattenere
la
palla
,
che
sarebbe
andata
in
angolo
;
Stacchini
si
mise
a
fare
il
gigione
non
riuscendo
a
spiazzare
Fontana
per
il
cross
:
così
saltellava
fintando
da
destra
a
sinistra
:
poi
finalmente
vide
Boniperti
sul
limite
e
la
gente
si
accorse
allora
che
Stacchini
tutto
sarà
fuorché
un
micco
:
la
sua
palla
trovò
infatti
Boniperti
,
che
la
aggiustò
con
la
sinistra
e
,
dirigendosi
verso
destra
,
la
incocciò
di
collo
,
sorprendendo
Alfieri
alla
sua
sinistra
.
Vi
fu
ancora
una
stramazzata
di
Charles
lanciato
oltre
il
proprio
limite
dinamico
e
magari
anche
cianchettato
da
Maldini
in
furibondo
gomito
a
gomito
.
Rigato
non
volle
vedere
falli
di
sorta
e
lasciò
che
lo
strazio
finisse
.
«
Juve
!
Juve
!
»
invocavano
sgolandosi
i
sessantamila
.
E
incominciò
il
rodeo
delle
bandiere
.
StampaQuotidiana ,
È
proprio
vero
che
il
mondo
in
cui
viviamo
è
il
prodotto
del
semplice
caso
?
Dobbiamo
proprio
credere
alla
scienza
che
,
dopo
aver
espulso
ogni
ordine
necessario
dalla
fisica
,
tende
ora
a
espungerlo
anche
dalla
biologia
che
,
mostrandoci
la
complessità
e
la
perfezione
degli
organismi
viventi
,
sembrava
testimoniare
la
presenza
di
un
disegno
finalistico
,
di
un
programma
diretto
alla
conservazione
e
all
'
arricchimento
della
vita
dell
'
universo
?
Non
dobbiamo
piuttosto
ricorrere
a
considerazioni
di
metafisica
e
tecnologia
che
ci
consentano
di
intravedere
nel
mondo
quell
'
ordine
,
quella
finalità
,
quel
disegno
che
la
scienza
rifiuta
?
Queste
e
molte
altre
domande
mi
sono
state
rivolte
a
proposito
di
un
articolo
pubblicato
su
queste
colonne
il
29
novembre
1970
dal
titolo
.
«
Dunque
l
'
universo
non
è
programmato
»
,
articolo
che
prendeva
lo
spunto
dal
libro
del
biologo
francese
Jacques
Monod
Il
caso
e
la
necessità
ora
apparso
anche
nell
'
edizione
italiana
.
Una
delle
lettere
giuntemi
è
un
vero
e
proprio
saggio
di
trentadue
pagine
di
Valentino
Azzolini
.
Ma
ora
un
articolo
di
Gustavo
Bontadini
apparso
su
L
'
educatore
italiano
del
15
marzo
sottopone
quel
mio
articolo
a
una
critica
tanto
acuta
e
stringente
quanto
rispettosa
e
cordiale
.
Rispondendo
a
questa
critica
,
risponderò
,
almeno
parzialmente
,
anche
alle
altre
critiche
che
mi
sono
state
rivolte
.
Innanzitutto
,
non
sembra
che
la
filosofia
possa
allegramente
infischiarsi
della
scienza
;
in
realtà
non
l
'
ha
mai
fatto
.
La
scienza
non
risolve
certo
tutti
i
problemi
dell
'
uomo
,
ma
offre
i
dati
di
fatto
indispensabili
per
affrontarli
con
qualche
probabilità
di
successo
.
Ciò
che
vale
nella
vita
di
ogni
giorno
,
vale
in
filosofia
:
se
mi
dispongo
a
fare
una
spesa
,
devo
prima
farmi
i
conti
in
tasca
,
cioè
ricorrere
all
'
aritmetica
.
Potrò
scegliere
le
spese
da
fare
ma
,
senza
quel
conto
,
mi
troverò
nei
pasticci
.
Così
la
filosofia
:
può
elaborare
concetti
e
dottrine
,
avanzare
ipotesi
più
o
meno
convincenti
,
ma
non
prescindere
dai
risultati
della
scienza
se
non
vuole
avventurarsi
in
fantasie
inconcludenti
e
parlare
di
cose
che
,
rigorosamente
parlando
,
non
esistono
.
La
scienza
può
mutare
i
suoi
risultati
,
come
giustamente
osserva
Bontadini
;
ma
anche
la
filosofia
muta
le
sue
dottrine
e
i
filosofi
che
Bontadini
cita
,
Teilhard
de
Chardin
e
Bonhoeffer
,
ci
offrono
dottrine
diverse
da
quelle
di
Sant
'
Agostino
e
di
San
Tommaso
,
pur
ispirandosi
alla
stessa
tradizione
religiosa
.
La
scienza
oggi
si
avvale
del
caso
per
elaborare
le
sue
ipotesi
esplicative
e
i
suoi
calcoli
.
Bontadini
dice
che
questo
significa
«
la
nostra
ignoranza
del
profondo
determinismo
della
natura
,
del
suo
programma
universale
»
piuttosto
che
«
l
'
esistenza
-
la
verità
-
dell
'
indeterminazione
,
della
casualità
»
.
Ma
come
si
possono
elaborare
dottrine
e
prospettive
,
effettuare
scelte
e
orientarsi
,
in
filosofia
o
nella
vita
,
sulla
base
di
ciò
che
ignoriamo
?
Anche
una
debole
lanterna
val
meglio
del
buio
per
procedere
su
un
sentiero
sconosciuto
.
Ma
Bontadini
non
si
mantiene
coerente
a
questa
riduzione
del
caso
all
'
ignoranza
.
Egli
aggiunge
subito
che
«
nessuno
può
vietare
a
Dio
di
giocare
ai
dadi
»
:
e
se
è
così
,
il
caso
non
è
la
nostra
ignoranza
,
ma
la
natura
stessa
del
mondo
,
voluta
e
stabilita
da
Dio
.
E
proprio
su
questo
punto
Bontadini
fa
leva
per
la
sua
difesa
della
metafisica
teologica
tradizionale
:
«
Quella
conseguenza
-
se
il
mondo
fosse
creato
da
Dio
allora
dovrebbe
essere
"
ordinato
"
nel
senso
che
sappiamo
-
non
sussiste
:
Dio
può
creare
il
mondo
come
gli
pare
e
piace
,
nessuno
può
vietargli
di
"
giocare
ai
dadi
"
(
per
ciò
che
riguarda
la
storia
della
natura
e
senza
che
venga
meno
la
Sua
Provvidenza
)
»
.
Sta
veramente
qui
il
punto
cruciale
.
Quale
significato
possono
avere
l
'
esistenza
e
la
provvidenza
di
Dio
in
un
mondo
dominato
dal
caso
?
Quale
indizio
,
segno
o
prova
,
questo
mondo
può
offrire
di
esse
?
Non
si
tratta
di
«
vietare
»
a
Dio
di
giocare
ai
dadi
:
si
tratta
di
vedere
come
in
un
giuoco
di
dadi
si
può
scorgere
la
presenza
di
Dio
o
l
'
azione
della
sua
provvidenza
.
Qui
comincia
veramente
il
problema
filosofico
.
E
mi
sembra
paradossale
dover
ricordare
a
Bontadini
,
cultore
emerito
della
metafisica
tradizionale
,
che
tutte
le
prove
da
essa
fornite
dell
'
esistenza
di
Dio
e
soprattutto
quelle
passate
attraverso
il
vaglio
di
S
.
Tommaso
,
sono
fondate
sull
'
ordine
e
sulla
finalità
del
mondo
,
sulla
necessità
della
catena
causale
,
sulla
gerarchia
perfetta
e
sulla
connessione
necessaria
degli
esseri
dell
'
universo
.
Se
il
mondo
è
un
giuoco
di
dadi
,
queste
prove
vanno
a
gambe
all
'
aria
.
Non
ce
n
'
è
una
che
regga
,
dal
punto
di
vista
in
cui
Bontadini
si
mette
.
Che
valore
può
essere
allora
riconosciuto
a
quella
metafisica
tradizionale
che
Bontadini
intende
difendere
?
Si
possono
certo
tentare
altre
vie
.
Si
può
,
per
esempio
,
tentare
di
scorgere
,
nell
'
infinitamente
vario
e
complesso
gioco
di
dadi
che
è
il
mondo
,
una
mano
maestra
che
,
alla
lunga
o
alla
lontana
,
come
quella
di
un
grande
giocatore
professionista
,
riesca
a
dirigere
il
gioco
e
a
indirizzarlo
ai
suoi
fini
.
Questi
tentativi
non
sono
stati
fatti
finora
.
Bontadini
potrebbe
intraprenderne
qualcuno
perché
ne
ha
la
capacità
;
e
,
quando
l
'
avrà
elaborato
,
potremo
discuterlo
.
Ma
per
ora
siamo
lasciati
a
mani
vuote
.
Affermare
che
Dio
può
avere
creato
tanto
un
mondo
deterministicamente
o
casualmente
ordinato
quanto
un
mondo
indeterministico
,
significa
semplicemente
togliere
ogni
significato
all
'
esistenza
di
Dio
.
Che
cosa
è
Dio
,
allora
?
Non
l
'
essere
necessario
,
non
la
causa
prima
,
non
il
primo
motore
,
non
l
'
essere
perfettissimo
,
non
l
'
onnipotente
:
perché
tutto
ciò
che
egli
fa
è
solo
il
risultato
di
una
gettata
di
dadi
.
Forse
questi
dadi
sono
truccati
;
ma
bisogna
averne
una
prova
o
almeno
darne
un
indizio
.
E
si
ritorna
da
capo
al
problema
del
caso
.
Non
si
tratta
perciò
di
una
scelta
fra
la
scienza
e
la
metafisica
e
neppure
fra
ateismo
e
teismo
.
Si
tratta
di
elaborare
dottrine
filosofiche
,
che
non
si
risolvano
in
una
negazione
dei
fatti
meglio
accertati
e
delle
ipotesi
più
probabili
.
Sarebbe
certo
assai
consolante
per
l
'
uomo
credere
di
vivere
in
un
mondo
amichevole
,
che
si
prenda
cura
di
lui
e
gli
garantisca
la
sopravvivenza
e
il
successo
.
Ma
la
metafisica
tradizionale
si
è
rivelata
incapace
di
dare
un
fondamento
a
questa
credenza
;
e
molti
teologi
e
spiriti
religiosi
ne
hanno
preso
atto
.
Giacché
,
quanto
alla
fede
,
essa
è
certamente
fuori
questione
e
continua
ad
offrirsi
all
'
opzione
degli
uomini
.
Basta
non
dimenticare
che
la
fede
si
può
perdere
come
si
può
acquistare
.
D
'
altronde
,
se
non
è
vietato
a
Dio
di
giocare
ai
dadi
,
perché
dovrebbe
essere
vietato
all
'
uomo
?
StampaQuotidiana ,
Nel
Salone
del
Circolo
Interessi
Industriali
e
Commerciali
ha
avuto
luogo
ieri
un
convegno
per
la
costituzione
dei
fasci
regionali
fra
gruppi
di
interventisti
.
Al
Convegno
parlarono
l
'
avv
.
Enzo
Ferrari
,
il
capitano
degli
arditi
Vecchi
e
diversi
altri
.
Il
prof
.
Mussolini
illustrò
i
capisaldi
su
cui
dovrebbe
svolgersi
l
'
azione
dei
fasci
e
cioè
:
valorizzazione
della
guerra
e
di
chi
la
guerra
ha
combattuto
,
dimostrare
che
l
'
imperialismo
,
di
cui
si
fa
colpa
agli
italiani
,
è
l
'
imperialismo
voluto
da
tutti
i
popoli
non
escluso
il
Belgio
ed
il
Portogallo
,
e
perciò
opposizione
agli
imperialismi
esteri
a
danno
del
nostro
paese
ed
opposizione
ad
un
imperialismo
italiano
contro
le
altre
nazioni
;
infine
accettare
la
battaglia
elettorale
sul
«
fatto
»
di
guerra
e
quindi
opporsi
a
tutti
quei
partiti
e
candidati
che
la
guerra
hanno
avversata
.
Le
proposte
di
Mussolini
,
dopo
che
ebbero
parlato
numerosi
oratori
,
vennero
approvate
.
Al
Convegno
erano
rappresentate
diverse
città
d
'
Italia
.