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Londra , 6 maggio 1959 - INGHILTERRA - ITALIA : 2-2 . NOTE : Circa 90.000 spettatori a Wembley , in una giornata di sole . Terreno molto erboso . Nella tribuna delle autorità l ' ambasciatore d ' Italia a Londra , conte Zoppi . Angoli 6-2 ( 2-2 ) per l ' Italia . Gli inglesi , questi simpaticoni , ci hanno gratificato della più totale indifferenza in attesa del settimo incontro fra bianchi ed azzurri . E il loro atteggiamento era tanto più comico in quanto , vista giocare la loro squadra nazionale , non è che se ne potessero dire incantati . Come sanno i nostri lettori , l ' impressione prodotta dalla squadra di Winterbottom nell ' ultima esibizione di Highbury era stata men che mediocre . Appresa la formazione azzurra , poco soddisfacente a nostro parere , non avevamo mutato il giudizio sugli inglesi , e anzi avevamo riferito per buona la segreta speranzella manifestata da Mocchetti in un onorevole pareggio . Gli inglesi , invece , seguitarono a snobbarci , gabellando l ' odierna prova per un « galoppo salutare » nella imminenza del volo in Sud America . E inoltre ci prodigarono un inno nazionale scaduto da tredici anni , quasi ignorassero che l ' Italia è retta a repubblica : dunque praticamente ignorando l ' Italia insieme con i loro giocatori ... Così stando le cose , il minimo era augurarsi che la boria e l ' albagia degli inglesi venissero smentite sul campo . E questo precisamente è avvenuto . L ' Italia ha dominato il primo quarto d ' ora , senza riuscire a trovare uno spiraglio valido ma impegnando Hopkinson assai più che non fosse impegnato il grande Buffon . Poi partirono gli inglesi e l ' imperfetta copertura attuata dai nostri terzini , incerti se seguire o meno le ali avversarie , molto arretrate , causò la prima stupenda rete di Charlton . La rete incassata al 26' spinse immediatamente gli italiani al contrattacco , e questo favorì gli inglesi , che avevano trovato schemi più validi per liberarsi a rete . Nella ripresa , giova precisarlo per onestà critica , gli inglesi perdettero Flowers , fastidiosissimo per Gratton , che moriva fra lui e Haynes ( come purtroppo era stato previsto ) , e gli italiani arrivarono di slancio al pareggio . Wembley non visse allora che degli incitamenti prodigati agli azzurri . Gli inglesi parvero smontati fino all ' abulia ( in tribuna ) , o all ' orgasmo ( sul campo ) . Zaglio , Buffon e Bernasconi compirono prodezze in difesa : Mariani e Brighenti ritrovarono la palla - gol per un successo certamente superiore alle loro speranze e la sciuparono . Gli inglesi tornarono all ' attacco e appunto per questo si aprivano meglio al contropiede . Non avevano avuto fortuna perdendo Flowers : non ne avevano avuta gli azzurri mancando di segnare nel primo tempo . Il pareggio dovrebbe accontentare tutti : fuor di ogni dubbio , mancava al nostro orgoglio così scioccamente offeso dagli ospiti . Sotto l ' aspetto tecnico , l ' incontro non è stato gran cosa : ha avuto spunti bellissimi e pause di gioco meno apprezzabili . Ancorché Castelletti fosse stroncato dall ' emozione , all ' inizio , fino a rischiare il deliquio , la difesa azzurra ha confermato di saper reggere a qualsiasi avversario , con Zaglio a far da regista come suole Liedholm nel Milan . Se Buffon e Bernasconi sono stati magnifici , Zaglío ha incantato tutti con finezze degne d ' un Djalma Santos in gran forma . Segato si è battuto al meglio . Farraginosa , talora convulsa la prestazione di Gratton - mal piazzato - che si è smarrito in vane e dissennate rincorse . Più astuto ( e fermo ) di lui , Galli ha reso il doppio in alcuni pochi ma felicissimi tocchi di rifinitura . Meraviglioso è stato l ' impegno di Mariani e Brighenti . I due gagliardi « provinciali » di Rocco , da lungo tempo in evidenza , hanno premiato chi , come noi , li aveva sempre stimati degni della maglia azzurra . Da Mariani , stupendo lottatore , avremmo altresì gradito qualche ritorno più arcigno su Flowers . Petris ha sempre fatto faville sospingendo la palla in corsa : è scaduto quando ha preteso di palleggiare alla stregua dei compagni : ha pure mancato due reti ma ha notevolmente contribuito a frastornare la difesa inglese . La quale difesa , disposta invariabilmente a WM , ha stroncato i mediani nel farsi soccorrere . Charlton ha fatto faville , ma alla lunga Zaglio l ' ha domato . Due interni meno modesti ( Galli per la scarsa mobilità , Gratton per la scarsa chiarezza ) avrebbero ancor più raffrenato i palleggi del trio centrale inglese , che Bernasconi fronteggiava da ultimo , costringendolo quasi sempre ad aprire all ' estrema . Così impostata , la squadra inglese non promette squisitezze in Sud America . Verosimilmente saranno sorbe : e tuttavia ci sarà sempre qualcuno , in Italia , che per mera ignoranza sarà indotto a tentarne l ' imitazione . E ora la cronaca . L ' arbitro Dusch è grasso e ... casalingo , come vedremo . E anche energico . Suonati gli inni ( mancava pure Giovinezza ) , Wright vince il campo e batte l ' Italia in favore di sole . Marcature come segue : Zaglio cerca Charlton che però svaria a destra per confonderlo . Segato su Broadbent , i terzini sulle ali ( ma poi terranno stolidamente la zona , pur avendo il libero ) . Gratton su Haynes , Galli presso Clayton , Petris all ' estrema su Howe , Mariani incerto fra Flowers e Shaw , Brighenti a ridosso del mastino Wright , che lo spintona spesso e volentieri . Libero è Flowers , e se ne accorgerà Buffon . Le ali inglesi tornano , le nostre quasi mai . Anche Haynes arretra fra i mediani . Si va . Tocchi di raccordo . Al 6' , fallo di Howe : batte Petris dal limite sinistro : testa di Wright : riprende Zaglio , elegantissimo e da venti metri scatena il destro : vola Hopkinson a deviare in angolo . Ritenta il tiro lungo Zaglio : fuori . Gioco discreto . Gli inglesi subiscono fino al 14' , allorché conclude basso Holden su apertura di Charlton . Para benissimo Buffon . Un istante dopo , Petris dà a Gratton , questi a Brighenti che scatta e serve a destra Mariani : guizzo e tiro ; Hopkinson sarebbe battuto : respinge Howe . Applausi . Finezze di Zaglio , che forse corre troppo ... Esce Buffon su Broadbent e sventa . Mariani cerca la testa di Galli al 18' . La trova : Galli previene Hopkinson , Shaw respinge la debole battuta ( che sarebbe uscita ) . Holden in fuori gioco ottiene un angolo : lo batte , libera Zaglio di testa , riprende fortissimo Flowers : vola Buffon a bloccare ( grandissimo ) . È il 21' . La sfuriata italiana è finita senza reti . Gli inglesi si riorganizzano . Al 22' , su punizione , Charlton tocca indietro a Flowers : altro proietto ; Buffon pare battuto : la diagonale esce a sinistra . Al 25' Buffon si supera : una girandola del trio centrale inglese libera Charlton , che spara fortissimo : Buffon ci arriva ad alzare con il pugno . Al 26' Brighenti sbaglia un tocco per Galli e serve Clayton : lancio a Broadbent : arriva fuori tempo in tackle Zaglio : Broadbent serve Charlton a sinistra : Bernasconi viene scartato : parte il tiro , basso , in diagonale : Buffon è spacciato ma senza colpa . Azzurri a capo basso . Brighenti pianta Wright e scatta a rete : poco oltre il limite , Wright lo spintona da tergo e sbilancia . L ' arbitro non vede . Lieve smarrimento degli italiani . È il 39' : Holden è venuto a sinistra e traversa lungo alto : pugni di Buffon , che cade : riprende Haynes e spara su Bernasconi : Buffon resta a terra , essendogli ruzzolato addosso Segato : il rimpallo serve stupendamente Bradley , che da sinistra segna a porta vuota . Marca male , ci diciamo . E invece , ecco partire Mariani ( su apertura di Brighenti ) : grintoso scatto e cross : vi arriva sopra solissimo Petris a gamba sinistra tesa : e mette fuori da tre metri . È il 43' . Galli tenta a sua volta : tiro fiacco , parato . E al 45' , l ' ultima jella : Galli apre a Petris : scatto gagliardissimo : tre avversari piantati : esce Hopkinson : Petris gli spara addosso . Da uccidere . Rilievo statistico del primo tempo . Conclusioni : azzurri 14 , inglesi 13 . Due angoli per parte . Ripresa . Gli inglesi palleggiano , i nostri guardano . Al 3' Brighenti salta in duello acrobatico con Flowers , che viene duramente inzuccato al naso . Tre minuti di sospensione . Flowers esce al 6'; arretra Haynes in mediana . Ancora qualche istante di lassismo in tutti . Poi esplodono gli italiani , inattesissimi , ormai : Gratton apre su Petris al 10' : Howe è fatto fuori : cross : al volo , in corsa , di sinistro , Brighenti spara a radere la traversa . Siamo tutti in piedi : allez ! E Segato vince un anticipo su Broadbent e dà a Gratton : questi tocca a Zaglio : ora il fuoriclasse ha ritrovato ... Charlton : lancia lungo e preciso a Brighenti : pronto scatto con Clayton a ridosso : cade l ' inglese , non Brighenti , che evita Shaw sparando di sinistro nell ' angolino . Stupendo gol : e meritato dall ' autore . Charlton si secca con i compagni al 14' e tenta da solo sbagliando il lungo tiro . Al 16' apre a Bradley : cross : Buffon non coglie la respinta : mucchio intorno a lui , tiri sbulinati con rimpalli di Haynes , Broadbent e Charlton : poi Bernasconi , magnifico , spara via : arresta Segato e appoggia a Galli : stupenda apertura profonda a Mariani : imperioso scatto e tiro in corsa , fra il palo e Hopkinson , folgorato . Due a due : coronarie in pericolo per tutti . Silenzio glaciale su Wembley . « Italia , Italia » invocano i « nostri » . Adesso Zaglio ( che sta su Broadbent ) offre numeri da sudamericano in vena . Lui non teme gli inglesi . Al 24' , l ' infarto possibile : Castelletti arriva di lungo a Brighenti : s ' incurva il leone e fa stramazzare Wright come una bestia stracca : accorrono i terzini : Brighenti apre a Mariani : perché non scende a rete , perché ? : si illude di sparare da 18 metri : e batterebbe tuttavia Hopkinson , ma sfiora soltanto la base del palo . Qualche fase di melina a torto conclusa con lanci ormai inutili ai nostri avanti , che hanno dato tutto . Rilievi statistici sul secondo tempo . Conclusioni : Italia 8 , Inghilterra 11; 4 angoli a 0 per l ' Italia . Gli inglesi schiumano rabbia . Ah , buon Dio , avrei dato una mano per un terzo gol ! Adesso , che inno suoniamo ?
La macchina e le scelte dell'uomo ( Abbagnano Nicola , 1970 )
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Un esercito di scimmie che battessero a caso i tasti di macchine da scrivere riuscirebbe a produrre , in qualche milione di anni , tutti i libri di una grande biblioteca . Un risultato siffatto sarebbe il prodotto del puro caso . Tra le combinazioni innumerevoli di lettere , di sillabe , di parole e di frasi , finirebbero per uscir fuori , a lunga scadenza , quelle che compongono nel loro insieme la Divina Commedia o la Critica della ragion pura , le Odi di Pindaro o i Dialoghi di Galilei . Le scimmie però non sarebbero in grado di riconoscere queste opere né di imparare ad avvalersi , nel corso del loro lavoro , delle combinazioni più promettenti , selezionandole via via , accumulandole e trascurando le altre . Paradosso Questo paradosso , ironicamente proposto da alcuni scienziati contemporanei , è assai meno ragionevole di quello di Swift che nei Viaggi di Gulliver ( 1726 ) racconta che il suo eroe s ' incontra , nel paese di Lagado , con un maestro il quale fa manovrare ai suoi scolari le leve di una macchina , che contiene tutte le parole del Dizionario , così da combinarle in tutti i modi possibili . Quando le combinazioni risultavano significanti , venivano registrate su un quaderno ; e il maestro si riprometteva di ordinarle in maniera da produrre libri filosofici , politici , giuridici , matematici e teologici . Se quel maestro avesse anche addestrato i suoi allievi a non ripetere le combinazioni sbagliate e a selezionare e ordinare opportunamente quelle riuscite , avrebbe dato un buon modello del comportamento intelligente che oggi si ritiene proprio dell ' uomo , degli animali e delle macchine . Il comportamento intelligente è infatti una specie di incontro o di fusione tra il caso e la scelta . Il caso offre l ' occasione per tentativi che , in un primo momento , sono effettuati alla cieca : la scelta restringe l ' ambito di questi tentativi eliminando quelli che non conducono a nulla . Se uno è chiuso in una caverna buia e desidera uscirne , procede a caso in una certa direzione finché urta contro un muro ; cambiando direzione ogni volta che ciò accade , imboccherà alla fine l ' uscita . Ma per far questo deve registrare ( cioè ricordare ) la direzione dei movimenti che lo portano ad urtare contro il muro , eliminandoli via via , e correggere quindi di volta in volta la direzione del suo movimento . Ogni correzione sarà perciò la retroazione ( feedback ) del suo tentativo precedente e restringerà l ' ambito ( cioè il numero delle direzioni ) dei suoi tentativi ulteriori . Questo semplice schema è oggi utilizzato nelle discipline più disparate : dai biologi per spiegare l ' evoluzione degli organismi mediante il loro progressivo adattamento all ' ambiente ; dagli psicologi per spiegare il comportamento psichico degli animali e dell ' uomo ; dagli antropologi per spiegare la formazione e la trasformazione dei modi di vivere dei gruppi umani ; e dai cibernetici per progettare e costruire macchine intelligenti . In generale , ogni congegno elettronico possiede questa capacità : di correggere il suo funzionamento sulla base dei risultati di esso , selezionando e adattando meglio le sue operazioni allo scopo per cui è costruito . I congegni elettronici chiamati calcolatori , automi , elaboratori , cervelli o , con più retorica , macchine pensanti , posseggono a un grado eminente la capacità di autocorrezione , cioè di selezione delle proprie operazioni che è la caratteristica del comportamento intelligente . Le macchine elettroniche di cui oggi disponiamo e che sono adoperate nei più svariati campi dell ' attività umana , seguono , di regola , il compito determinato che il programmatore ha loro imposto . Esse sono semplici « risparmiatori di tempo » nel senso che eseguono un certo compito con rapidità e sicurezza enormemente maggiore di quanto il cervello umano può fare . Ma sono anche allo studio e in progetto macchine che sono state chiamate « amplificatori dell ' intelligenza » perché capaci di modificare il loro programma o , in altri termini , di apprendere e sviluppare una certa « iniziativa » . Così una macchina per giocare a dama ( o qualche altro gioco relativamente semplice ) può imparare a migliorare la strategia del gioco stesso . Se si procedesse abbastanza avanti su questa via , si potrebbero inventare macchine che risolvono i più importanti problemi dell ' uomo , economici o morali , politici o sociali . Non mancano , tra gli scienziati , le speranze più ottimistiche a questo proposito . Ma la macchina , come l ' uomo , si trova di fronte ai limiti che sono inerenti ad ogni situazione che offre alternative e scelte . In primo luogo , né l ' uomo né la macchina potranno mai disporre di informazioni esaurienti e complete , cioè di un sapere infinito che implicherebbe la previsione infallibile del futuro . In secondo luogo , non sempre esistono , per l ' uomo e la macchina , criteri sicuri di valutazione che consentano di riconoscere la importanza di un ' informazione rispetto ad un ' altra e di effettuare quindi la distinzione tra ciò che è essenziale e ciò che non è essenziale per la soluzione di un problema qualsiasi . L ' ignoto È stato osservato che una macchina potrebbe meglio di un giocatore comune prevedere il risultato di una corsa di cavalli tenendo presenti certi fattori , come l ' età e le vittorie precedenti dei cavalli , l ' abilità dei fantini e così via . Ma se dovesse preliminarmente valutare l ' importanza di fattori casuali e imprevedibili , come l ' allergia del cavallo , il malumore del fantino o le innumerevoli frodi che sono talora messe in atto , non riuscirebbe mai a completare il calcolo necessario per predire l ' esito di una corsa . Il cervello umano può far meglio della macchina perché è più vitalmente interessato agli scopi da raggiungere e può , di fronte ad una alternativa imprevista , mollare uno scopo per l ' altro e così salvare l ' essenziale . Non per niente Norbert Wiener , che non ha mai sottovalutato l ' importanza che gli automi hanno ed avranno per l ' uomo , ha sempre messo in guardia contro i pericoli che da essi possono derivare . « Se il processo di retroazione , egli ha scritto , è incorporato in una macchina che non può essere ispezionata finché lo scopo finale non si è raggiunto , le possibilità di una catastrofe aumentano grandemente » . La macchina è fatta per uno scopo e le tecniche che essa adopera sono adatte a raggiungerlo . Ma di fronte a un pericolo sconosciuto o a un fatto imprevisto , la realizzazione di questo scopo può essere perniciosa per l ' uomo . « Le conseguenze negative di errori di previsione , che sono già grandi adesso ( ha scritto ancora Wiener ) , cresceranno enormemente quando dell ' automazione si farà un uso pieno . » La polemica contro le macchine è stata prevalentemente ispirata da veri o presunti privilegi dell ' uomo : la coscienza , l ' intuizione , il sentimento , la genialità inventiva . Questa polemica , anche se tuttora in atto , ha fatto il suo tempo . I limiti della macchina sono , a un livello più alto o più basso ( a seconda dei casi ) , i limiti stessi dell ' uomo . Questi limiti sono costituiti dall ' incompiutezza delle informazioni , dalla difficoltà della loro selezione e organizzazione e dall ' incertezza circa i fini che si devono preferire nelle scelte . La macchina diventa pericolosa per l ' uomo quando lo scopo per cui è costruita si rivolge contro l ' uomo stesso o contro altri scopi che egli deve preferire , come la sua conservazione e la sua integrità . Ma così si comportano pure gli uomini e i gruppi umani tra loro . Lo scopo La polemica contro il conformismo e l ' appiattimento , che sarebbero propri della società contemporanea , ha fatto anch ' essa il suo tempo : non perché questi fenomeni non esistono , ma perché sono bilanciati da vistosi fenomeni opposti . Il genere umano si va sempre più dividendo in gruppi e sottogruppi che professano scopi essenzialmente diversi . La tendenza al benessere , che sembra così diffusa , è minata da critiche radicali , per le quali la cosiddetta « opulenza » è una maledizione divina . Il lavoro è ancora fonte per molti di soddisfazioni e di equilibrio vitale ; ma per altri è una penosa condanna . Il successo , che molti cercano , è per altri l ' avvio a problemi insolubili . L ' efficienza , il merito , le capacità eccezionali di individui e di gruppi sono talvolta ritenuti una minaccia all ' eguaglianza e all ' equilibrio della società umana . C ' è chi vorrebbe il ritorno dell ' uomo alla vita feudale o al primitivismo tribale e chi vorrebbe che la società tecnologica sviluppasse una perfetta gerarchia di compiti e di funzioni . C ' è chi si propone l ' ideale della vita attiva , fatta di lavoro , di ricerche , di scambi di ogni genere , che è stata propria per millenni della società occidentale ; e chi preferisce rivolgersi alla vita contemplativa che prospetta l ' estasi o l ' annullamento finale degli individui nel Tutto . Fra questi scopi , tutti dichiarati assoluti , e in aspro conflitto tra loro , le macchine non possono aiutare l ' uomo ad una scelta qualsiasi . Egli stesso potrebbe trovare un criterio di scelta , o almeno di orientamento , nella loro maggiore o minore capacità di contribuire alla sua sopravvivenza nel mondo . Ma molti dei comportamenti umani smentiscono che egli tenga costantemente presente questo criterio . I suicidi , le fughe , le evasioni di ogni genere , lo scarso impegno nella lotta contro la distruzione del suo ambiente , la sovrappopolazione minacciosa , la preferenza sempre più estesamente accordata a pochi attimi di una felicità artificiale e distruttiva , sono tutti fenomeni che fanno dubitare di un serio impegno del genere umano verso la ricerca , sempre più faticosa e difficile , di una sua pacifica sopravvivenza nel mondo . A questa sopravvivenza , l ' uomo dovrà pensare da sé , attraverso una scelta dei fini e dei mezzi suggeritagli dalla conoscenza precisa dei pericoli immediati e lontani che lo minacciano . Se terrà presente questo scopo finale e non si arrenderà alle seduzioni di sirene mortali , le macchine potranno aiutarlo . Ma in nessun caso potranno addossarsi la responsabilità che spetta a lui solo .
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L ' autorità politica di Milano ha creduto di dover proibire il comizio pro Fiume e Dalmazia italiana ch ' era stato annunciato per ieri sera alla Scala . Sui motivi particolari di questo provvedimento il lettore troverà notizie in altra parte del giornale . Ciò che conta è il motivo generale . Si temeva che la manifestazione non potesse svolgersi pacatamente , che le diverse opinioni dell ' una e dell ' altra parte del pubblico venissero a cozzi veementi , a disordinate esplosioni . In altri termini si temeva una ripetizione , forse ancora peggiorata , delle brutalità cui assistemmo con incoercibile disgusto la sera di sabato , quando la violenza dei partitanti riuscì a prevalere sulla onesta attenzione degli imparziali e a sovvertire le tradizioni di civile educazione di cui Milano si vanta . Un uomo immacolato che aveva dato tutta la sua vita a nobili idee e il suo sangue alla patria , un autorevole rappresentante del popolo che fino a pochi giorni innanzi era stato ministro , desiderava , com ' era suo diritto e suo dovere , spiegare davanti a un ' accolta di cittadini , in quella che usava chiamare la capitale morale d ' Italia , le cause del suo dissenso dal Governo e le sue concezioni della guerra e della pace e i modi in cui egli credeva necessario garantire al popolo reduce di trincea una pace che non fosse una tregua buona soltanto a prender fiato per ricominciare l ' eccidio . Alla cittadinanza che con incomparabile fervore aveva applaudito Wilson egli intendeva dire che non è lecito wilsoneggiare nelle parole salvo ad esasperare i più ciechi odi di razza e metter su le cataste pei nuovi incendi . Con patente premeditazione alcuni iracondi conculcarono , infierendo contro un uomo la cui superiorità rende ancora più imperdonabile l ' oltraggio , la libertà di parola : proibirono a Leonida Bissolati di dire le sue verità e i suoi errori , sicuri certo di domarlo con l ' insulto e col fischio che con le ragioni e i fatti . Non si commettono simili sopraffazioni senza esporsi alle conseguenze ; non si provoca senza suscitare reazione . Una parte della cittadinanza non intendeva , evidentemente , che rimanesse senza risposta la violenza fatta a Bissolati e che si falsasse la volontà di Milano comparando il pacifico e plaudente contegno che si sperava dal pubblico per la sera di martedì con la gazzarra che s ' era voluta inscenare tre sere innanzi e interpretando il contrasto come una prova plebiscitaria dell ' annessionismo integrale dei milanesi . Spieghiamo senza giustificare . Deploriamo profondamente che per timore di questa rappresaglia popolare sia stata vietata la parola , iersera , anche ad uomini a cui nessun milanese può aver pensato senza entusiastico consenso o senza accorato rispetto . Doveva parlare un oratore di Fiume . E non v ' è milanese , non v ' è italiano che non giudichi superiore ad ogni discussione l ' irredentismo fiumano . Dovevano parlare un oratore di Traù e uno di Spalato , ed esporre , certamente , la tesi della completa annessione dalmatica : tesi che non è la nostra , ma che rispettiamo perché dissimile dal Patto di Londra ove la Dalmazia è stroncata in due ed è abbandonato senza alcuna protezione tutto ciò che è italiano a Traù , a Spalato , a Ragusa , a Cattaro corrisponde almeno a un concetto organico e coerente ; tesi che rispettiamo vieppiù quando i suoi fautori vengono con commosso spirito di patria da quelle terre a noi per farci udire il loro grido di dolore . Qualunque debba essere il confine territoriale , quei nostri fratelli ci son sacri . Qualunque sia la volontà nazionale della Dalmazia , v ' è però , fuori d ' ogni contestazione , una italianità dalmatica , vi è una piccola , ma preziosa minoranza di dalmati italiani . Se può esser revocato in dubbio il loro diritto di chiedere che venga con - giunta all ' Italia una terra ove in immensa maggioranza vive un popolo di altra razza e di altra volontà che chiede di governarsi da sé , è certo però il loro diritto di chiedere che l ' Italia li tuteli , che non li abbandoni senza garanzie , che siano corretti in loro favore i trattati ufficiali . Che questi italiani di Fiume e di Dalmazia non abbiano potuto dire a Milano la loro sofferenza e la loro speranza è cosa profondamente triste ed iniqua . Il loro diritto alla parola , non può essere stato travolto da un ' animosità , che sarebbe stolta ed infame , verso i nostri fratelli dalmatici , ma dal turbine delle nefaste passioni politiche che i loro troppo zelanti amici vanno scatenando . E forse la loro esperienza non sarà stata invano . Forse essi potranno , con l ' autorità che viene dalla lontananza e dal dolore , persuadere i loro amici a più civili costumi politici , dimostrar loro il danno che viene alla causa nazionale ed alla dalmatica dal tentativo di trasformare Roma e Milano in due Zagabrie ; di abbassare il nostro paese al livello di quella Jugoslavia ove anche ieri un ministro negava perfino il diritto italiano su Trieste . Della grave iattura che minaccia al paese l ' imperversare di queste fazioni noi siamo , non da oggi , consapevoli . E non ci rassegniamo a credere che il frastuono debba a lungo sopprimere ogni volontà di meditazione , sopra tutto in una materia , come questa , atta come nessun ' altra a venir discussa alla luce calma dei dati , delle date , della geografia , della storia , del senno politico , e che gl ' ispiratori della parte avversa possano non presentire il peso delle responsabilità cui vanno incontro affocando una propaganda senza misura che falsifica i fatti , allucina le convinzioni , e confonde l ' indiscutibile rivendicazione di Fiume con le rivendicazioni di Spalato e di Traù che non solo tutti sanno escluse dal Patto di Londra , ma che nessuno può affermare siano oggi prese in pratica considerazione dal Governo o possano essere al Governo imposte con qualche probabilità di attuazione . È in errore chi crede che il disfattismo sia finito con la vittoria . Consapevole o inconsapevole , lavora praticamente a un fine disfattista chi fa ciò che è necessario e sufficiente perché nel giorno della pace questo popolo , che s ' è gloriosamente battuto e ha superbamente vinto e che ne avrà come compenso l ' unità nazionale , in - comparabili confini e prestigio internazionale ovunque e in ogni modo a dismisura accresciuto , sia piombato nella morbosa sensazione della disfatta . Chi convince il popolo italiano della necessità , della possibilità , della giustizia di un programma annessionistico di cui la realtà dei fatti e la situazione internazionale non ci garantiscono la realizzazione , lavora a defraudarlo della coscienza di aver vinto , la quale , di tutti i frutti della vittoria , è il più prezioso e il più fecondo . , I giusti e gli onesti di ogni partito dovrebbero , non meno che gli uomini di governo , sentire l ' imminenza e la serietà di questo pericolo , nel quale sono inclusi ed impliciti molti altri . Per conto nostro , continueremo imperturbati la nostra strada , sdegnosi di una falsa e momentanea popolarità della quale non esaminammo gli auspici quando ci dichiarammo antigermanici prima della Marna e quando non barcollammo dopo Caporetto . L ' Italia che chiedeva Trento e Trieste , che ancora tre mesi fa ripeteva questi due nomi come le parole di un ideale supremo compensatore di ogni sacrificio , sembrerebbe oggi , a prestar fede a certi gridi , non aver quasi attribuito pregio di difficoltà e di gloria a queste conquiste ed essersi battuta per le Alpi Dinariche e aver considerato come pace transattiva e parecchista quella che realizzasse il sogno secolare dei suoi giusti confini . Non ci lasceremo stordire da questo tumulto . Condannando , da qualunque parte vengano , l ' intolleranza e il disordine , vogliamo perseverare nel nostro costume di chiedere e ricambiare rispetto per le opinioni liberamente e ragionevolmente professate , di non scompagnare la fermezza nel pensare dalla temperanza e dalla civile moderazione nell ' esprimere il nostro pensiero . Su questi tristi fatti di cronaca vorremmo stendere l ' oblio . Ci chiama un còmpito più alto e più proficuo : il còmpito di documentare con le ragioni e coi fatti che ancora è necessario esporre il programma di pace che noi crediamo utile e giusto per l ' Italia .
TEOREMA E COROLLARIO ( MICHELACCIO , 1934 )
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C ' è un teorema di geometria piana il quale dimostra come due parallele , anche prolungate all ' infinito , non si incontrino mai . Ricordo che il mio professore , per imprimerci meglio il concetto della curiosa vicenda , diceva sempre : « Figuriamoci che su una rotaia del tram cammini Tizio e sull ' altra Caio : potranno i due incontrarsi anche camminando cento anni ? » . E ricordo che noi tutti , sempre , rispondevamo in coro : « Nossignore ! » . Quindi , forse entusiasmati dalla matematica ma vibrante dimostrazione , chiedevamo in massa d ' andare al camerino . C ' è dunque un teorema che , da secoli , tiranneggia incontrastato sulle parallele . Esiste ed è perfettamente inutile inquietarsi se Tizio e Caio , camminando su due strade parallele , non riescono a incontrarsi . È una cosa inevitabile , necessaria . Matematica . Matematica , però , fino a quando lungo le dette strade parallele non camminino – anziché Tizio e Caio – Tizio e Caia : in questo caso , infatti , la regola crolla con sinistro fragore . Perché l ' amore è più forte anche della matematica . Un esempio ? Subito : ma , prego , che non succeda poi , alla fine della dimostrazione , quel che accadeva col mio professore di matematica . nell ' un dei quali procede Tizio e nel secondo Caia , io affermo che senza che ci sia bisogno dell ' intervento di un ' altra strada intersecante le due prime a un bel momento Tizio e Caia si incontrano . Impossibile dire il rituale « vedere per credere » perché quando Tizio si incontra con Caia non li può vedere nessuno . Per essere più precisi diremo : « Non li poteva vedere nessuno » : infatti la vicenda appartiene già al passato . Uscendo alfine dalla metafora per entrare nell ' argomento e per dare alla dimostrazione matematica sapore più piccante , diremo che qualche settimana fa giunse a una stimabilissima signora abitante nelle adiacenze di Porta Farini un misterioso bigliettino senza firma nel quale si diceva come « allora tale di ogni sera fisse possibile vedere uscire il signor Tale ( il marito della signora ) da una certa porta del borgo » che noi chiamammo « breve e diritto » . Il bigliettino parlava inoltre di una piacente sartina così e così della quale certamente la signora avrebbe fatto volentieri conoscenza , come , sembra , assai volentieri « aveva da parecchio tempo fatto conoscenza il marito » . Inutile dire che la signora , la sera dopo , all ' ora denunciata , era appostata nel borgo : ma inutilmente attese . Dalla porticina non uscì anima viva . Ripeté la sera dopo e per parecchie altre sere seguenti la manovra : neanche un ' ombra di marito . Convinta oramai trattarsi d ' un cattivo scherzo , la signora mise il cuore in pace quando ... Quando una bella mattina ecco un nuovo biglietto in cui si diceva tutto quanto era detto nel primo con la semplice variante che invece della porta numero tale del borgo da noi detto « breve e diritto » si trattava della porta numero talaltro del borgo da noi chiamato « parallelo » . Cosa importante : il mittente era diverso . Inutile dire che la signora tornò alla carica e si appostò ripetutamente nelle ombre del borgo « parallelo » . Ma non cavò un ragno dal buco . Dalla porticina non uscì nessuno . Anche questa volta la signora aveva deciso oramai di mettere il cuore in pace , quando ... Quando , eccole un nuovo bigliettino del primo ignoto mittente : poi dopo due giorni eccole un altro del secondo mittente . E l ' uno le consigliava di far la guardia nel borgo « breve e diritto » , e l ' altro di appostarsi nel borgo « parallelo » . Cominciò così una vita di guai , d ' inferno per la brava signora che aveva il cuore diviso fra la gelosia e l ' affetto e il corpo diviso fra due borghi . Finalmente nel suo cervello si accese , come nei cartoni di Topolino , una lampadina : « Idea ! » . Fu così che intervenne la madre della signora , ovvero la suocera del « presunto traditore fantasma » . E una sera , forse l ' altra sera , verso le 22 , davanti alla porta famosa del borgo « breve e diritto » ci si piantò in bella vista la suocera , e celata nelle ombre del borgo « parallelo » , davanti all ' altra non meno famosa porticina , ci si piazzò la consorte . E fu così che , a un bel momento , dopo un ' ora di attesa paziente , nel borgo « parallelo » si udì un urlo felino ; poi altre urla che fecero accorrere la vecchia signora appostata nel borgo vicino e tant ' altra gente che non vi dico . L ' azione era riuscita . Vista sbarrata l ' uscita sul borgo « breve e diritto » ( la suocera s ' era messa in piena luce ) , il galante marito e la sartina così e così avevano tentata una sortita dalla porta che dà sul borgo « parallelo » , non immaginando come , nell ' ombra , si celasse l ' insidia . Così , finì un amore . Mentre rinunciamo a raccontare la semplice cerimonia che , davanti a una ragguardevole folla , si svolse nel borgo « parallelo » , rinunciamo pure a spiegare come mai da sola la signora non fosse mai riuscita a pescare il colombo e la colombella . Tanto si capisce benissimo lo capì alla fine anche la signora – che la cameretta aveva due porte d ' accesso : una dal borgo breve e diritto vigilato da una torre snella , l ' altra dal borgo parallelo che si stacca pigramente dall ' ombra di un antico tempio per passare in rivista poche case . Due porticine che permettevano a Tizio e Caia , procedenti ogni sera per due strade parallele , di sfuggire alla legge inflessibile di un arcigno teorema e all ' occhio infallibile della malsana curiosità della gente . Come volevasi dimostrare .
StampaQuotidiana ,
Castelgandolfo , 8 ottobre , notte - Un secondo collasso , arrivato dopo quarantotto ore precise da quello che due giorni fa aveva messo in trepida angoscia il mondo cristiano , ha capovolto repentinamente una situazione che pareva avviata alle più fondate speranze , ed il successivo manifestarsi di complicazioni di carattere bronco - polmonare ha chiuso , nelle prime ore del pomeriggio , ogni strada a un possibile ricupero della crisi di carattere circolatorio che ha colpito Pio XII . Uscendo a mezzogiorno dal palazzo di Castelgandolfo , la signora Rossignani , sorella del Pontefice , che aveva appena sostato al letto dell ' infermo , aveva confermato le notizie di un lieve miglioramento che i medici avevano appena riscontrato . La signora si trattenne a colazione in casa di amici e lì la raggiunse alle 15 una successiva comunicazione la quale confermava le notizie già date , aggiungendo che il lieve aumento della temperatura verificatosi in seguito era interpretato come un segno che l ' organismo reagiva sempre più efficacemente al male . Alle 16 la signora Rossignani , che si disponeva a rientrare a Roma , credette bene di mettersi in comunicazione telefonica con gli altri congiunti che stavano presso l ' infermo , e subito dopo fu vista rientrare precipitosamente al palazzo dal quale non è più uscita , come non ne è uscito oggi nessuno dei quattro medici che hanno prestato le loro cure a Pio XII e che ora attendono rassegnati il compiersi dell ' evento nella camera d ' angolo al terzo piano , nella quale non si ode che il respiro affannato del morente . In quella stessa camera , seduto sul letto nell ' atteggiamento sereno di un convalescente , il Papa aveva conversato ieri sera , con la solita vivacità di tratto , con alcuni degli intimi , ed aveva ribadito la sua speranza di poter tornare quanto prima al suo solito lavoro . E poche ore prima , mentre il sole non era ancora calato all ' orizzonte , aveva pregato i suoi assistenti di concedergli un intermezzo musicale , ed aveva ascoltato con il trasporto dell ' appassionato la prima sinfonia di Beethoven incisa su dischi , ed aveva seguito l ' onda dei suoni facendo con la destra il segno di chi batte il tempo . A detta dei più , la giornata di ieri non poteva concludersi meglio per l ' augusto degente . Superato nel modo più brillante l ' incubo delle conseguenze che poteva tirarsi dietro 1'ictus cerebrale di lunedì mattina , nessuno faceva più caso al disturbo del singhiozzo , che pure si era manifestato a tratti anche nel pomeriggio di ieri . I medici però non riuscivano a nascondere del tutto un ' ombra di riserbo , pareva che avessero la mente fissa ad una circostanza inattesa ; c ' era nei loro discorsi , pur improntati ad aperto ottimismo , un sottinteso inquietante che non aveva niente a che fare con il pericolo che nessuno si nascondeva di una seconda crisi di carattere circolatorio . Non tutti avevano interpretato allo stesso modo il lungo sonno meridiano di Pio XII , e tanto meno l ' abbondante sudore che l ' aveva accompagnato . Ma il dato più serio che nascondeva il loro riserbo era un altro . I rilievi fatti subito dopo il risveglio avevano segnalato una aritmia cardiaca inattesa , dato che il Papa aveva sempre disposto di un cuore in condizioni eccellenti . « Un cuore da giovanotto » come aveva detto qualche anno fa Gasbarrini visitando per la prima volta il Pontefice . Era stato inoltre riscontrato un vistoso , repentino mutamento della pressione del paziente , il che poteva significare proprio una predisposizione dell ' organismo a nuovi assalti del male che ne aveva messo improvvisamente a repentaglio la vita . E nessuno si nascondeva che un secondo collasso non avrebbe potuto avere che conseguenze fatali . È proprio questa eventualità che si è verificata stamane , allo scadere esatto delle quarantotto ore dal primo insulto . Il Papa aveva passato una notte buona , dormendo anche per lunghi tratti , vegliato dalla stanza accanto , che rimaneva con la porta aperta , dall ' archiatra Galeazzi Lisi , dal dott. Corelli , e a turno da una delle tre suore addette all ' appartamento privato . E stamane egli aveva visto le prime luci del nuovo giorno in ottime condizioni di spirito , ed i medici non avevano riscontrato niente che potesse contraddire alle loro speranze nella prima visita che gli avevano praticata . È stato più tardi , esattamente alle 8.30 , quando il paziente si levò a sedere sul letto per prestarsi ad un intervento di importanza molto secondaria , che sopraggiunse repentino il secondo collasso . Accasciatosi supino sul letto senza conoscenza , Pio XII non ha più ripreso i sensi da quel momento , nonostante che i sanitari presenti gli abbiano prestato immediatamente tutte le cure del caso . La prostrazione delle forze , conseguenza della prima crisi , ha impedito che i farmaci , ai quali l ' organismo aveva tanto efficacemente reagito lunedì mattina , potessero avere questa volta l ' esito desiderato . Da quel momento in poi la vicenda che si è svolta nella stanza d ' angolo del vecchio palazzo di Castelgandolfo è stata quella di una lotta disperata contro il male , confortata solo da qualche temporaneo barlume di speranza , e quindi dell ' impietrito dolore di familiari , prelati e medici davanti all ' uomo vestito di bianco anche sul letto di morte , sia pure in modo diverso dal solito , e per il quale non c ' è più speranza . Il letto sul quale giace il Papa è ancora quello di ottone che fece collocare in questa camera il suo predecessore . È disposto in modo da avere a destra le due finestre che guardano dalla parte di Roma e di fronte quella che prospetta invece verso il mare . Dietro la spalliera del letto è applicata al muro una specie di arazzo . E sopra è appeso il quadro di una Madonna cinquecentesca di buona scuola . Figurano ai lati due cassettoni , che non hanno nessun pregio particolare , e nell ' ambiente , molto luminoso ma non vasto , si trova sempre un radiogrammofono . Pio XII non è in corna ; ancora a mezzanotte il suo respiro era regolare anche se ansimante , e , non aveva niente a che fare con il rantolo dei morenti . È per questo che solo la ultima comunicazione parla di agonia . L ' infermo ha gli occhi chiusi , ed i più sono convinti ch ' egli non sia in condizioni da rendersi conto di quanto avviene attorno a lui , ma nessuno può dire con certezza che egli abbia perduta del tutto la conoscenza . È stato sempre così dopo ch ' è sopravvenuto l ' ultimo collasso . Padre Leiber , che è uno dei due segretari addetti alla biblioteca personale , e che in questi ultimi tempi ha assolto anche i compiti di confessore del Papa essendo malato il confessore titolare padre Bea , celebrava stamane la Messa nella cappella che sta accanto alla camera da letto quando sopravvenne la seconda crisi . In precedenza Pio XII aveva detto al suo fedele collaboratore che , non potendo celebrare lui la Messa , era almeno confortato dall ' idea di poter ricevere la Comunione , come aveva fatto nei giorniprecedenti . Ma quando padre Leiber fu in grado di poter soddisfare quel desiderio , non c ' era più la possibilità fisica che l ' infermo potesse ricevere le sacre specie ed il gesuita , con le lacrime agli occhi , si limitò ad impartire al Pontefice la benedizione . Pochissime sono state le persone ammesse nella stanza del malato in questi tre drammatici giorni . Hanno fatto sempre eccezione i prelati di palazzo , mons . Canori di Vignale e mons . Nasalli Rocca , i familiari del Pontefice , tra i quali i nipoti Pacelli sono stati i più assidui , e naturalmente le suore , che fanno di continuo la spola fra la camera dell ' infermo e i locali del piano sottostante dove sono allogati i servizi . Affrante da un ' assistenza che dura ininterrottamente da diversi giorni , le suore piangono quando recano alle labbra del morente il Crocefisso o ne umettano le labbra riarse ; anche qualcuno dei familiari piange , i più pregano , una radio lontana del palazzo reca nella stanza del morente un ' eco delle musiche sacre che la stazione vaticana da stamane intercala ininterrottamente ai bollettini dei medici trasmessi in tutte le lingue . Anche i cardinali presentatisi lunedì alle prime notizie del collasso avevano dovuto sostare nella sala del Concistoro , ch ' è l ' ultima grande aula dell ' appartamento nobile di Castelgandolfo , ed a mettere le loro firme sul registro esposto . Solo il cardinale decano , Tisserant , aveva potuto affacciarsi lunedì per un breve momento nella stanza e l ' aveva fatto levando la destra nell ' atto della benedizione . Oggi nel pomeriggio , quando fu chiaro che il Papa si andava spegnendo e che la sua sorte era segnata senza possibilità di umano rimedio , la severa consegna è stata un poco attenuata e nella stanza sono state ammesse altre persone , fra le quali i cardinali Tisserant , il quale si è poi trattenuto a Castelgandolfo fino a tarda ora , Aloisi - Masella , Fumasoni - Biondi e Valeri . A quell ' ora due Guardie nobili , con la spada sguainata , si collocarono di fazione in un locale attiguo alla camera del morente . In precedenza , vedendo entrare i militi alla spicciolata ed in abito civile dal portone del palazzo , chi è pratico del costume vaticano aveva già capito tutto , anche se per caso non fosse stato al corrente di nulla . Vuole infatti la tradizione che , quando il Papa si trova agli estremi , la Guardia nobile vegli il morente e ne custodisca poi senza interruzione la spoglia fino al momento della tumulazione . Pio XII è il primo nella serie dei Papi a chiudere la sua vita a Castelgandolfo , e la chiude sotto la particolare protezione della Vergine , dopo che il caso ha voluto che a questo intento sia stata dedicata domenica l ' ultima funzione religiosa di carattere pubblico alla quale egli ha preso parte . È stata questa la cosiddetta Supplica alla Vergine di Pompei , che è stata trasmessa anche per radio , ed è stata trasmessa per radio proprio dal palazzo di Castelgandolfo . È avvenuto così che Pio XII , particolarmente devoto alla Vergine , si sia trovato a invocare dalla Regina del cielo la buona morte proprio alla vigilia del suo trapasso terreno , che questo fosse l ' ultimo atto della sua spirituale paternità del mondo cristiano , e che a quell ' atto si trovassero a partecipare indirettamente , sia pure senza saperlo , milioni di fedeli . Poiché la sorte ha voluto che Pio XII chiudesse la sua vita a Castelgandolfo , è già stabilito che la piccola località dei Castelli romani abbia una parte notevole e del tutto insolita nel cerimoniale che accompagna il decesso di un Pontefice . Non solo il riconoscimento ufficiale della morte verrà fatto sul posto , ma nel palazzo della villa papale si farà anche la prima esposizione della salma , che avveniva di regola nella Cappella Sistina . Rivestito degli abiti corali , cioè con rocchetto , mozzetta e stola , il corpo del Pontefice sarà collocato su un catafalco nel salone degli Svizzeri e là avverranno le visite di rito anche dei membri della Corte , del corpo diplomatico e della prelatura romana . La traslazione a Roma avrà carattere privato , ma il piccolo corteo del quale faranno parte tutti i cardinali non si dirigerà a San Pietro ma a San Giovanni al Laterano , alla basilica cioè che è la cattedrale del Vescovo di Roma , ed anche questo fatto rappresenterà una innovazione piuttosto vistosa rispetto al passato . Dalla basilica lateranense muoverà poi , a piedi , con la partecipazione di tutte le autorità e di tutto il clero romano , il solenne funerale che , attraversando Roma , come ai tempi in cui i Papi morivano al Quirinale , scorterà la salma a San Pietro , dove avrà luogo l ' esposizione solenne come vuole la tradizione . Però anche in questo caso , la tradizione non sarà rispettata che in parte , in quanto l ' esposizione della salma non avverrà nella cappella del Sacramento ma nella « confessione » , cioè al centro della crociera .
Matematica, automi e libertà dell'uomo ( Abbagnano Nicola , 1970 )
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Uno studente ritorna dall ' Università , dopo aver seguito il suo primo corso di psicologia , e scandalizza sua zia dicendole che tutte le attività cui ella si dedica - andare in chiesa , far beneficenza , visitare mostre d ' arte ecc. - sono soltanto surrogati o compensi per la sua mancanza di soddisfazioni sessuali . Dopo averci pensato sopra , la zia gli risponde che , sì , essa è d ' accordo sul principio che tutte le attività sono manifestazioni della libido e che non ha obbiezioni contro il sesso ; soltanto , preferisce le manifestazioni della sessualità cui essa si dedica , a quelle che hanno a che fare con gli organi genitali . La zia non si scandalizza più e il nipote rimane senza risposta . L ' episodio insegna che quando a un concetto o a una parola si tolgono i limiti che lo definiscono nei confronti di altri concetti o parole e si dice che « tutto è questo » o « tutto è quello » , concetto o parola perdono ogni significato e non servono a nulla . Quando si dice che tutte le attività umane sono « sessuali » , « religiose » o « politiche » ecc. non si dice nulla , perché i termini relativi hanno perduto il loro significato specifico e possono riacquistarlo soltanto ridistinguendosi dagli altri . Lo stesso vale per la libertà umana . Che tutte le azioni siano libere o che tutte siano determinate da fattori causali , sono due tesi che tolgono alle parole « libertà » e « determinismo » il loro significato specifico e rendono impossibile stabilire , in ogni caso particolare , se un ' azione è libera o no , determinata o no . Eppure , proprio di un criterio utile a questo scopo abbiamo bisogno per decidere se , e in quali limiti , l ' uomo è responsabile delle sue azioni . Sembra che a misura che si estendono le nostre conoscenze biologiche , antropologiche e sociologiche , il determinismo abbia partita vinta e i limiti della responsabilità umana divengano sempre più ristretti . L ' eredità biologica , l ' ambiente , le condizioni sociali e politiche sono spesso ritenuti fattori determinanti della condotta di individui e gruppi , e anche delle forme più aberranti di tale condotta . Siamo sempre più guardinghi nell ' ascrivere ad un uomo la responsabilità di ciò che ha fatto perché siamo sempre più al corrente dei fattori che hanno potuto determinare la sua azione . Ma che cosa ne è , allora , della libertà ? Il problema è affrontato nell ' opera recentissima del filosofo inglese J . R . Lucas ( The Freedom of the Will , Clarendon Press : Oxford University Press , 1970 ) la cui parte più originale è la discussione di ciò che la matematica moderna può dirci pro o contro la libertà umana . Quest ' argomento è solo apparentemente paradossale . Spinoza diceva già nel XVII secolo che tutte le azioni dell ' uomo seguono dalla sua natura con la stessa necessità con la quale un teorema geometrico segue dagli assiomi della geometria . L ' uomo non può essere o agire diversamente , come non può esser diverso un teorema : è egli stesso un teorema nella grande geometria della Natura . Ma la matematica ha cambiato completamente faccia dai tempi di Spinoza : è diventata molto più astratta e formale , perché prescinde da ogni particolare oggetto ( numeri , figure , quantità ) ed è diventata semplicemente la disciplina che deduce rigorosamente le conclusioni dalle premesse implicite negli assiomi o postulati che costituiscono i suoi punti di partenza . Non importa che tali assiomi o postulati siano « veri » in un senso qualsiasi : importante è che il procedimento matematico derivi con rigore tutti i teoremi che sono impliciti in essi . Con rigore significa : senza mai dar luogo ad una contraddizione , cioè a teoremi che sono incompatibili l ' uno con l ' altro . In questa nuova veste , la matematica si è dimostrata fecondissima : nuovi sistemi di calcolo sono stati inventati e perfezionati e sono applicati nei campi più disparati , che vanno dalla fisica all ' organizzazione industriale e alla costruzione dei computers . Ma , da questo punto di vista , l ' unica cosa che conferisce validità a un qualsiasi sistema di calcolo è la sua coerenza intrinseca , la sua assenza di contraddizioni . Il matematico dovrebbe esser sempre sicuro che un certo calcolo , per quanto condotto avanti e sviluppato , non condurrà mai ad una contraddizione ; se vi conducesse , sarebbe da buttar via . Qui appunto s ' incontra l ' ostacolo . Il matematico non potrà mai avere questa sicurezza . Un teorema stabilito da Gödel nel 1931 , che è uscito indenne da tutte le critiche , stabilisce che nessun calcolo è in grado di provare , con i mezzi di cui dispone , che esso è perfettamente coerente , cioè non condurrà mai a contraddizioni . L ' aritmetica , per esempio , non può provare , aritmeticamente , di essere coerente . In certi casi ( come quello dell ' aritmetica ) , la prova della coerenza si può ottenere ricorrendo ad altri tipi di calcolo logico ; ma , a loro volta , questi calcoli sono sottoposti alla stessa limitazione : non possono provare la loro coerenza , cioè la loro legittimità o validità logica . Su questa conclusione fa leva il libro di Lucas per mostrare che non si può considerare l ' uomo come determinato necessariamente dai fattori causali : perché non può essere identificato o paragonato con un qualsiasi sistema di calcolo . Egli sa infatti di essere coerente , può correggere i suoi errori e le sue incoerenze , scegliere le vie che li evitano e decidere in conformità . Ma non potrebbe far questo se fosse ridotto a un puro calcolo logico . Ma c ' è di più . Il teorema di Gödel significa pure ( secondo una certa interpretazione che è accettata da Lucas , ma non da tutti i cibernetici ) che non si possono costruire macchine o automi che rispondano a tutti i problemi . Si possono costruire automi sempre più perfetti e complessi , che fanno assai meglio e più rapidamente dell ' uomo certe operazioni di calcolo . Ma nessuno di questi automi si sottrarrà alla minaccia rappresentata dal teorema di Gödel : di trovarsi , ad un certo punto , privo di risposta di fronte a un problema nuovo , che metta in giuoco la coerenza del calcolo su cui è fondato . Questo vuol dire , secondo Lucas , che l ' uomo non può essere considerato un automa , cioè che la sua condotta e le sue scelte non possono essere preformate o predeterminate come il determinismo suppone . All ' uomo è essenziale la decisione di essere coerente , di disciplinare il suo pensiero , di stabilire una qualche distinzione tra il vero e il falso . Ma poiché nessuna prova può esser addotta di questa sua razionalità irrinunciabile , questa razionalità è solo una professione di fede , una proposizione di « teologia matematica » . Di essa non si può dar prova ; tuttavia , senza di essa , la condotta dell ' uomo sarebbe stolta , perché egli non potrebbe distinguere tra ciò che è vero e degno di esser creduto e ciò che è falso e va rigettato . Certamente , l ' uomo non può rinunciare all ' uso del principio di causalità che collega insieme tutti i fenomeni e gli dà una veduta d ' insieme , semplice e completa , della natura . Ma , dall ' altro lato , non può rinunciare ad agire secondo ragioni di cui egli stesso è il solo arbitro e giudice , al di fuori di ogni calcolo matematico o logico . Per ogni azione effettuata , l ' uomo può dare le sue ragioni ; non gli è possibile invece dare le ragioni di tali ragioni . Perciò Lucas conclude : « Io rispondo per le mie azioni . Io sono libero di scegliere quello che farò . Ma io , e solo io , sono responsabile per la mia scelta » . Il libro di Lucas è un esempio notevole del modo in cui oggi vengono trattati i problemi della filosofia . Apparentemente , tali problemi sono sempre quelli , i cosiddetti « problemi eterni » sui quali l ' uomo si è affaticato sin dagli inizi della sua riflessione . Ma il modo di trattarli oggi è radicalmente diverso . Essi vengono considerati sul fondamento delle acquisizioni scientifiche più recenti e utilizzando tali acquisizioni per prospettarne soluzioni nuove . Lucas ha messo come epigrafe del suo libro un passo di Epicuro : « Era meglio credere ai miti sugli Dei piuttosto che essere schiavi del destino dei fisici : quelli infatti suggerivano la speranza di placare gli Dei per mezzo degli onori , questo invece ha implacabile necessità » . E questa sembra veramente la conclusione dell ' opera di Lucas : nella quale « l ' implacabile necessità » non è esorcizzata del tutto e la libertà è piuttosto affidata alla « teologia matematica » , cioè a un atto di fede nella razionalità dell ' uomo . Ma così la libertà è ridotta entro i limiti della soggettività umana , dell ' io individuale : sappiamo solo che non è impossibile , non sappiamo ancora cos ' è . Un ' analisi più ravvicinata dovrebbe mostrarcela operante nelle scelte che l ' uomo fa e nelle condizioni oggettive in cui le scelte sono effettuate . Un ' indagine sulla nozione di scelta , sui suoi limiti e sulle possibilità obbiettive che le sono offerte nei vari campi in cui l ' uomo agisce , diventa sempre più urgente , non solo ai fini della scienza e della filosofia , ma anche per mettere l ' uomo di fronte alle sue responsabilità precise .
SILENZIO ( - , 1934 )
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A Collecchio , in una misera soffitta , abitava da molti anni un poveruomo che aveva oramai viste settantacinque primavere . Viveva del poco lavoro che le vecchie braccia gli permettevano , e della carità dei vicini . Poi , silenziosamente , morì . Storia antica come il mondo e dolorosa come tutte le cose del mondo . Il vecchio , Giuseppe Monica , fu visto tre o quattro giorni or sono rincasare , poi non fu più visto . Una coinquilina , l ' altra mattina , passando davanti alla porta della soffitta e non udendo alcun rumore , appressava l ' occhio alla toppa e intravedeva il vecchio immobile , sdraiato su un cumulo di cenci . Presto accorrevano i casigliani , i quali , rinvenuta la chiave che il vecchio era solito lasciare su un davanzale , aprirono la porta , chiusa solo dal cric della serratura . Pietoso spettacolo , si trovarono davanti a un cadavere già in decomposizione . Il medico , giunto assieme ai Regi Carabinieri , riscontrò che il vecchio era stato ucciso da una paralisi cardiaca .
Alla Juventus l'undicesimo scudetto ( Brera Gianni , 1960 )
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Torino , 15 maggio 1960 JUVENTUS - MILAN : 3-1 . NOTE : Pomeriggio afoso per via di una incombente cappa di nubi . Terreno ottimamente tenuto . Spettatori 60.000 circa . Nessun incidente . Angoli : Juventus 4 , Milan 3 ( 1-2 ) . Al 90' , Ornar Sivori andò a tre quarti di campo in area juventina , prese la palla e incominciò a dribblare torno torno . Era un dribbling gratuito e insensato , di pura esibizione . Il pubblico si spellò le mani . Poi l ' arbitro Rigato ( in discreta forma ) fischiò la fine e i giocatori del Milan e della Juventus si strinsero la mano , perfino Grillo e Boniperti , che se ne erano dette per i porcelli . Una cancellata venne aperta dalla parte dei popolari . Il pubblico si mise a correre verso i giocatori juventini che lentamente si avviavano al sottopassaggio . Sivori venne agguantato e issato sulle spalle dei più prestanti , che gli decretarono il trionfo . Anche a Boniperti toccò questo onore , ma non a Charles , per una pura questione di chilogrammetri . Alcuni pazzarielli , brandendo bandiere , presero a correre lungo la corda della pista d ' atletica , alla maniera degli americani del sud : il pubblico tornò a spellarsi le mani . I fotografi scalarono le porte e sedettero sulla traversa per riprendere dall ' alto le scene di entusiasmo popolare . La frigida Juventus viveva senza grande partecipazione , anzi , quasi snobbando , la sua apoteosi . Le radioline avevano annunciato che la Fiorentina era stata sconfitta a Marassi dalla Samp . Il campionato era virtualmente finito : evviva ora e sempre la grande Juvèntus ( con la « è » accentata grave ) . La partita dell ' apoteosi fu uno strazio che tutti compresero , anche il pubblico di più facile contentatura . L ' afa conciliava il sonno . La nausea da pallone rendeva nervosi quasi tutti . Fatte poche eccezioni ( Alfieri , Maldini , Liedholm , Charles , Schiaffino , Cervato ) nessuno aveva voglia di correre . Il Milan assunse il forcing e pareva un paralitico in foia . La difesa reggeva ottimamente ai grandi della Juventus ( eccezion fatta per lo sfocato Fontana ) . Occhetta teneva benino Sivori . Liedholm pendolava maestoso sull ' arco dei centottanta gradi . Schiaffino bastava per Boniperti , ancor più sciroccato di lui . Parato il colpo , la difesa milanista si disimpegnava come suole , cioè armoniosamente bene . I guai incominciavano quando la palla giungeva a una delle quattro punte avanzate . Grillo riceveva da fermo , aspettava Emoli e ingaggiava il dribbling : o lo falliva , e allora si metteva le mani sui fianchi , scuotendo il capo , o lo vinceva , e allora aspettava Cervato o chi per lui : poi cercava un compagno , che riceveva pure da fermo e ricominciava la manfrina . Insomma , una lagna da correre in campo con la frusta . Altafini si sbizzarrì una sola volta a staffilare sulla traversa , poi stette a vedere o , che è peggio , si defilò addirittura perché a nessuno saltasse in mente di servirlo e farlo correre . Bean toccò due o tre palle battendo punizioni ( tutte alte ) . Danova fece fumo piroettando sotto i bulloni arcigni di Sarti o di Garzena . Sbagliò una palla - gol sul due a uno . Non vidi altro , fatto da lui . Il povero Schiaffino , andando le due squadre a segatura , era effettivamente in paradiso . Riceveva da fermo , smistava , corricchiava ad aspettare il rilancio ( oh , illuso ! ) , leticava con Boniperti che , decisamente incarognito , gli tirava sgambetti odiosissimi . Ma tutto era moscio e dimesso , talché avresti creduto che le due squadre fossero d ' accordo di non umiliarsi . In tutto il primo tempo , dodici volte concluse la Juventus e sette il Milan , pur avendo tenuto assai più a lungo la palla . Vavassori non dovette parare un sol tiro ( perché Altafini incocciò la traversa dal limite ) . Il bravo Alfieri , invece , se la vide più brutta , ma non di tanto . Respinse un tiro troppo centrato di Nicolè all'8' , non parò un tiro cross di Sivori al 10' , ma lo vide respingere da Maldini sulla linea . Un ' altra palla - gol incornata da Sivori ebbe la fortuna di trovarsi , papale papale , fra le mani . Alla ripresa , Nicolè si liberò una seconda volta , e molto bene , a rete , e Alfieri seppe ancora sventare ( al 3' ) . Schiaffino riprese al volo un comodo pallonetto e consentì a Vavassori di accontentare la platea in un plastico tuffo . Al 10' , Liedholm venne punito per un dubbio fallo su Boniperti e batté la punizione Garzena per Colombo : questi fece triangolo su Charles e toccò di piatto verso rete : due o tre milanisti aggrappolati cercarono di incornare per la respinta : la palla rotolò beffarda su di loro e cadde presso la zampa di Sivori , che toccò sveltamente per l ' uno a zero . Il sospetto di un accordo a non procedere venne rincrudito dall ' immediato pareggio . Sívori stava ancora sotto le tribune a ricevere l ' ovazione , come fanno i toreri dopo aver concesso due banderillas straordinarie : Altafini toccò a Grillo che scattò in avanti : Grillo scartò il solito Emoli e cercò il centravanti ormai lanciato : balzò Cervato sul primo tocco di dribbling ma fece rimpallo : in quella , usciva di porta anche Vavassori : Mazzola si trovò fra i piedi il più comodo dei palloni : non poté esimersi dal toccare in rete . Era trascorso quasi un minuto , fra abbracci , ovazioni e tocco di avvio . Poi , fu di nuovo gnàgnera oscena . Al 21' batté una punizione Sivori per Charles e la vinse di testa Cecco Zagatti : sulla respinta , arrivò allupato Garzena e incocciò un destraccio da svellere le braccia a qualsiasi portiere : la palla schizzò dallo spigolo inferiore della traversa e tornò largamente alle spalle di Garzena ! Si sderenava intanto Charles a caricare , simile a un ariete : Maldini lo fermava di agilità . Liedholm eseguiva dignitosi passaggi in avanti ma l ' attacco del Milan era da fustigare . Mazzola rifiutava ostentatamente la palla . Grillo si metteva le mani sui fianchi dopo il solito dribbling perduto . Le ali , un pianto . Né bastava Schiaffino , gamba saggia . Così ebbe ancora Sivori la palla buona sottomisura e la rovesciò in rete di prepotenza . L ' azione era stata animosamente condotta da Charles a destra : sul suo cross , aveva trepestato Stacchini al centro senza cavarne più di un rachitico spioventino verso porta : ma su quello saltò il demoniaco Sivori e fu il due a uno ( al 30' ) . Qui , il Milan ebbe un breve sussulto , come un somaro stracco e legnato . Una punizione di Grillo venne incornata da Cervato quando già Vavassori stava fuori dai pali : sul rimpallo arrivò il melenso Danova e sorvolò la traversa ( 35' ) . Al 36' , un traversone di Emoli venne svirgolato da Maldini verso sinistra , fu Stacchini a trattenere la palla , che sarebbe andata in angolo ; Stacchini si mise a fare il gigione non riuscendo a spiazzare Fontana per il cross : così saltellava fintando da destra a sinistra : poi finalmente vide Boniperti sul limite e la gente si accorse allora che Stacchini tutto sarà fuorché un micco : la sua palla trovò infatti Boniperti , che la aggiustò con la sinistra e , dirigendosi verso destra , la incocciò di collo , sorprendendo Alfieri alla sua sinistra . Vi fu ancora una stramazzata di Charles lanciato oltre il proprio limite dinamico e magari anche cianchettato da Maldini in furibondo gomito a gomito . Rigato non volle vedere falli di sorta e lasciò che lo strazio finisse . « Juve ! Juve ! » invocavano sgolandosi i sessantamila . E incominciò il rodeo delle bandiere .
La divinità e il caso ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
È proprio vero che il mondo in cui viviamo è il prodotto del semplice caso ? Dobbiamo proprio credere alla scienza che , dopo aver espulso ogni ordine necessario dalla fisica , tende ora a espungerlo anche dalla biologia che , mostrandoci la complessità e la perfezione degli organismi viventi , sembrava testimoniare la presenza di un disegno finalistico , di un programma diretto alla conservazione e all ' arricchimento della vita dell ' universo ? Non dobbiamo piuttosto ricorrere a considerazioni di metafisica e tecnologia che ci consentano di intravedere nel mondo quell ' ordine , quella finalità , quel disegno che la scienza rifiuta ? Queste e molte altre domande mi sono state rivolte a proposito di un articolo pubblicato su queste colonne il 29 novembre 1970 dal titolo . « Dunque l ' universo non è programmato » , articolo che prendeva lo spunto dal libro del biologo francese Jacques Monod Il caso e la necessità ora apparso anche nell ' edizione italiana . Una delle lettere giuntemi è un vero e proprio saggio di trentadue pagine di Valentino Azzolini . Ma ora un articolo di Gustavo Bontadini apparso su L ' educatore italiano del 15 marzo sottopone quel mio articolo a una critica tanto acuta e stringente quanto rispettosa e cordiale . Rispondendo a questa critica , risponderò , almeno parzialmente , anche alle altre critiche che mi sono state rivolte . Innanzitutto , non sembra che la filosofia possa allegramente infischiarsi della scienza ; in realtà non l ' ha mai fatto . La scienza non risolve certo tutti i problemi dell ' uomo , ma offre i dati di fatto indispensabili per affrontarli con qualche probabilità di successo . Ciò che vale nella vita di ogni giorno , vale in filosofia : se mi dispongo a fare una spesa , devo prima farmi i conti in tasca , cioè ricorrere all ' aritmetica . Potrò scegliere le spese da fare ma , senza quel conto , mi troverò nei pasticci . Così la filosofia : può elaborare concetti e dottrine , avanzare ipotesi più o meno convincenti , ma non prescindere dai risultati della scienza se non vuole avventurarsi in fantasie inconcludenti e parlare di cose che , rigorosamente parlando , non esistono . La scienza può mutare i suoi risultati , come giustamente osserva Bontadini ; ma anche la filosofia muta le sue dottrine e i filosofi che Bontadini cita , Teilhard de Chardin e Bonhoeffer , ci offrono dottrine diverse da quelle di Sant ' Agostino e di San Tommaso , pur ispirandosi alla stessa tradizione religiosa . La scienza oggi si avvale del caso per elaborare le sue ipotesi esplicative e i suoi calcoli . Bontadini dice che questo significa « la nostra ignoranza del profondo determinismo della natura , del suo programma universale » piuttosto che « l ' esistenza - la verità - dell ' indeterminazione , della casualità » . Ma come si possono elaborare dottrine e prospettive , effettuare scelte e orientarsi , in filosofia o nella vita , sulla base di ciò che ignoriamo ? Anche una debole lanterna val meglio del buio per procedere su un sentiero sconosciuto . Ma Bontadini non si mantiene coerente a questa riduzione del caso all ' ignoranza . Egli aggiunge subito che « nessuno può vietare a Dio di giocare ai dadi » : e se è così , il caso non è la nostra ignoranza , ma la natura stessa del mondo , voluta e stabilita da Dio . E proprio su questo punto Bontadini fa leva per la sua difesa della metafisica teologica tradizionale : « Quella conseguenza - se il mondo fosse creato da Dio allora dovrebbe essere " ordinato " nel senso che sappiamo - non sussiste : Dio può creare il mondo come gli pare e piace , nessuno può vietargli di " giocare ai dadi " ( per ciò che riguarda la storia della natura e senza che venga meno la Sua Provvidenza ) » . Sta veramente qui il punto cruciale . Quale significato possono avere l ' esistenza e la provvidenza di Dio in un mondo dominato dal caso ? Quale indizio , segno o prova , questo mondo può offrire di esse ? Non si tratta di « vietare » a Dio di giocare ai dadi : si tratta di vedere come in un giuoco di dadi si può scorgere la presenza di Dio o l ' azione della sua provvidenza . Qui comincia veramente il problema filosofico . E mi sembra paradossale dover ricordare a Bontadini , cultore emerito della metafisica tradizionale , che tutte le prove da essa fornite dell ' esistenza di Dio e soprattutto quelle passate attraverso il vaglio di S . Tommaso , sono fondate sull ' ordine e sulla finalità del mondo , sulla necessità della catena causale , sulla gerarchia perfetta e sulla connessione necessaria degli esseri dell ' universo . Se il mondo è un giuoco di dadi , queste prove vanno a gambe all ' aria . Non ce n ' è una che regga , dal punto di vista in cui Bontadini si mette . Che valore può essere allora riconosciuto a quella metafisica tradizionale che Bontadini intende difendere ? Si possono certo tentare altre vie . Si può , per esempio , tentare di scorgere , nell ' infinitamente vario e complesso gioco di dadi che è il mondo , una mano maestra che , alla lunga o alla lontana , come quella di un grande giocatore professionista , riesca a dirigere il gioco e a indirizzarlo ai suoi fini . Questi tentativi non sono stati fatti finora . Bontadini potrebbe intraprenderne qualcuno perché ne ha la capacità ; e , quando l ' avrà elaborato , potremo discuterlo . Ma per ora siamo lasciati a mani vuote . Affermare che Dio può avere creato tanto un mondo deterministicamente o casualmente ordinato quanto un mondo indeterministico , significa semplicemente togliere ogni significato all ' esistenza di Dio . Che cosa è Dio , allora ? Non l ' essere necessario , non la causa prima , non il primo motore , non l ' essere perfettissimo , non l ' onnipotente : perché tutto ciò che egli fa è solo il risultato di una gettata di dadi . Forse questi dadi sono truccati ; ma bisogna averne una prova o almeno darne un indizio . E si ritorna da capo al problema del caso . Non si tratta perciò di una scelta fra la scienza e la metafisica e neppure fra ateismo e teismo . Si tratta di elaborare dottrine filosofiche , che non si risolvano in una negazione dei fatti meglio accertati e delle ipotesi più probabili . Sarebbe certo assai consolante per l ' uomo credere di vivere in un mondo amichevole , che si prenda cura di lui e gli garantisca la sopravvivenza e il successo . Ma la metafisica tradizionale si è rivelata incapace di dare un fondamento a questa credenza ; e molti teologi e spiriti religiosi ne hanno preso atto . Giacché , quanto alla fede , essa è certamente fuori questione e continua ad offrirsi all ' opzione degli uomini . Basta non dimenticare che la fede si può perdere come si può acquistare . D ' altronde , se non è vietato a Dio di giocare ai dadi , perché dovrebbe essere vietato all ' uomo ?
StampaQuotidiana ,
Nel Salone del Circolo Interessi Industriali e Commerciali ha avuto luogo ieri un convegno per la costituzione dei fasci regionali fra gruppi di interventisti . Al Convegno parlarono l ' avv . Enzo Ferrari , il capitano degli arditi Vecchi e diversi altri . Il prof . Mussolini illustrò i capisaldi su cui dovrebbe svolgersi l ' azione dei fasci e cioè : valorizzazione della guerra e di chi la guerra ha combattuto , dimostrare che l ' imperialismo , di cui si fa colpa agli italiani , è l ' imperialismo voluto da tutti i popoli non escluso il Belgio ed il Portogallo , e perciò opposizione agli imperialismi esteri a danno del nostro paese ed opposizione ad un imperialismo italiano contro le altre nazioni ; infine accettare la battaglia elettorale sul « fatto » di guerra e quindi opporsi a tutti quei partiti e candidati che la guerra hanno avversata . Le proposte di Mussolini , dopo che ebbero parlato numerosi oratori , vennero approvate . Al Convegno erano rappresentate diverse città d ' Italia .