StampaQuotidiana ,
Nella
storia
di
tutti
i
tempi
e
di
tutti
i
popoli
vi
è
la
narrazione
di
fughe
e
di
liberazioni
drammatiche
,
romantiche
,
talora
rocambolesche
:
ma
quella
di
Mussolini
appare
anche
oggi
,
a
distanza
di
tempo
,
come
la
più
audace
,
la
più
romantica
e
al
tempo
stesso
la
più
"
moderna
"
,
dal
punto
di
vista
dei
mezzi
e
dello
stile
.
Veramente
,
essa
è
già
leggendaria
.
Mussolini
non
aveva
mai
nutrito
speranze
di
liberazione
da
parte
degli
Italiani
,
anche
fascisti
.
Che
qualcuno
ci
pensasse
è
sicuro
;
che
qua
e
là
si
siano
anche
imbastiti
piani
nei
gruppi
di
fascisti
tra
i
più
animosi
è
fuori
di
dubbio
;
ma
niente
andò
oltre
la
semplice
fase
del
progetto
:
d
'
altra
parte
,
i
gruppi
o
gli
individui
capaci
di
tentare
la
realizzazione
di
un
piano
erano
strettamente
sorvegliati
e
non
avevano
i
mezzi
necessari
per
effettuarlo
.
Sin
dal
principio
Mussolini
sentiva
che
il
Führer
avrebbe
tutto
tentato
pur
di
liberarlo
.
L
'
ambasciatore
Von
Mackensen
quasi
subito
andò
dal
re
per
avere
il
permesso
,
secondo
il
desiderio
del
Führer
,
di
visitare
Mussolini
,
ma
la
richiesta
fu
respinta
con
questa
nota
:
«
S
.
M
.
il
re
ha
fatto
presente
al
Maresciallo
Badoglio
il
desiderio
del
Führer
.
Nel
riconfermare
l
'
ottimo
stato
di
salute
di
S
.
E
.
Mussolini
e
il
suo
pieno
gradimento
per
il
trattamento
usatogli
,
il
Maresciallo
Badoglio
è
spiacente
di
non
poter
aderire
alla
richiesta
visita
,
e
ciò
nello
stesso
personale
interesse
di
S
.
E
.
Mussolini
.
È
però
pronto
a
fargli
subito
pervenire
quella
lettera
che
S
.
E
.
l
'
Ambasciatore
ritenesse
di
inviargli
e
di
riportarne
risposta
,
29
luglio
1943
»
.
Il
Capo
di
Gabinetto
del
Ministero
degli
Esteri
si
recò
dall
'
Ambasciatore
tedesco
e
ne
riferì
poi
al
Maresciallo
Badoglio
.
Data
la
situazione
di
un
Governo
italiano
che
"
fingeva
"
di
essere
alleato
e
di
voler
"
continuare
"
la
guerra
,
il
Governo
di
Berlino
non
poteva
con
"
passi
"
formali
,
quale
poteva
essere
la
richiesta
di
una
immediata
liberazione
,
compromettere
i
rapporti
fra
i
due
Governi
,
provocare
in
anticipo
una
crisi
nei
rapporti
medesimi
.
È
chiaro
che
Berlino
dubitava
degli
sviluppi
e
degli
obiettivi
della
politica
di
Badoglio
.
Ma
le
relazioni
diplomatiche
impedivano
di
rendere
il
dubbio
operante
,
prima
che
una
determinata
situazione
si
verificasse
.
Il
29
luglio
nessuno
si
ricordò
di
Mussolini
.
Ci
fu
una
eccezione
:
il
Maresciallo
del
Reich
Ermanno
Göring
telegrafava
al
Duce
nei
seguenti
termini
(
il
telegramma
fu
portato
a
Ponza
da
un
ufficiale
dei
carabinieri
)
:
«
Duce
,
mia
moglie
e
io
vi
mandiamo
in
questo
giorno
i
nostri
più
fervidi
auguri
.
Se
le
circostanze
mi
hanno
impedito
di
venire
a
Roma
come
mi
proponevo
,
per
offrirvi
,
insieme
coi
miei
voti
augurali
,
un
busto
di
Federico
il
Grande
,
più
cordiali
ancora
sono
i
sentimenti
della
mia
piena
solidarietà
e
fraterna
amicizia
che
vi
esprimo
in
questo
giorno
.
La
vostra
opera
di
uomo
di
Stato
rimane
nella
storia
dei
nostri
due
popoli
,
i
quali
sono
destinati
a
marciare
verso
un
comune
destino
.
Desidero
dirvi
che
i
nostri
pensieri
vi
seguono
costantemente
.
Voglio
ringraziarvi
per
l
'
ospitalità
gentile
che
mi
offriste
altra
volta
e
mi
proclamo
ancora
una
volta
,
con
incrollabile
fede
,
vostro
Göring
»
.
Anche
alla
Maddalena
Mussolini
notò
qualche
movimento
di
Germanici
:
essi
avevano
una
base
sul
lato
opposto
del
tratto
di
mare
,
a
Palau
.
Effettivamente
i
Tedeschi
avevano
ideato
un
piano
,
che
consisteva
nell
'
approdare
con
un
sottomarino
finto
inglese
,
con
equipaggi
dotati
di
uniformi
inglesi
che
avrebbero
prelevato
e
liberato
Mussolini
.
Il
piano
stava
per
essere
tentato
,
quando
Mussolini
fu
traslocato
al
Gran
Sasso
.
Il
sabato
sera
,
11
settembre
,
una
strana
atmosfera
di
incertezza
e
di
attesa
regnava
al
Gran
Sasso
.
Oramai
era
noto
che
il
Governo
era
fuggito
,
insieme
col
re
,
del
quale
veniva
annunciata
l
'
abdicazione
.
I
capi
che
avevano
la
sorveglianza
di
Mussolini
sembravano
imbarazzati
,
come
davanti
all
'
obbligo
di
dare
esecuzione
a
un
compito
particolarmente
ingrato
.
Nella
notte
dall'11
al
12
,
verso
le
2
,
Mussolini
si
alzò
e
scrisse
una
lettera
al
tenente
,
nella
quale
lo
avvertiva
che
gli
Inglesi
non
lo
avrebbero
mai
preso
vivo
.
Il
tenente
Faiola
,
dopo
avere
portato
via
dalla
stanza
del
Duce
tutto
ciò
che
rimaneva
di
metallico
e
di
tagliente
e
in
particolar
modo
le
lame
dei
rasoi
,
gli
ripeté
:
«
Fatto
prigioniero
a
Tobruk
,
dove
fui
gravemente
ferito
,
testimone
delle
crudeltà
britanniche
sugli
Italiani
,
io
non
consegnerò
mai
un
Italiano
agli
Inglesi
»
.
E
tornò
a
piangere
.
Il
resto
della
notte
trascorse
tranquillamente
.
Nelle
prime
ore
del
mastino
del
12
una
fitta
nuvolaglia
biancastra
copriva
le
cime
del
Gran
Sasso
,
ma
fu
tuttavia
possibile
avvertire
il
passaggio
di
alcuni
velivoli
.
Mussolini
sentiva
che
la
giornata
sarebbe
stata
decisiva
per
la
sua
sorte
.
Verso
mezzogiorno
il
sole
stracciò
le
nubi
e
tutto
il
cielo
apparve
luminoso
nella
chiarità
settembrina
.
Erano
esattamente
le
14
,
e
Mussolini
stava
con
le
braccia
incrociate
seduto
davanti
alla
finestra
aperta
,
quando
un
aliante
si
posò
a
cento
metri
di
distanza
dall
'
edificio
.
Ne
uscirono
quattro
o
cinque
uomini
in
kaki
i
quali
postarono
rapidamente
due
mitragliatrici
e
poi
avanzarono
.
Dopo
pochi
secondi
altri
alianti
atterrarono
nelle
immediate
vicinanze
e
gli
uomini
ripeterono
la
stessa
manovra
.
Altri
uomini
scesero
da
altri
alianti
.
Mussolini
non
pensò
minimamente
che
si
trattasse
di
Inglesi
.
Per
prelevarlo
e
condurlo
a
Salerno
non
avevano
bisogno
di
ricorrere
a
così
rischiosa
impresa
.
Fu
dato
l
'
allarme
.
Tutti
i
carabinieri
,
gli
agenti
si
precipitarono
con
le
armi
in
pugno
fuori
dal
portone
del
rifugio
,
schierandosi
contro
gli
assalitori
.
Nel
frattempo
il
ten
.
Faiola
irruppe
nella
stanza
del
Duce
intimandogli
:
Chiudete
la
finestra
e
non
muovetevi
!
Mussolini
rimase
invece
alla
finestra
e
vide
che
un
altro
più
folto
gruppo
di
Tedeschi
occupata
la
funivia
.
era
salito
e
dal
piazzale
di
arrivo
marciava
compatto
e
deciso
verso
l
'
albergo
.
Alla
testa
di
questo
gruppo
era
Skorzeni
.
I
carabinieri
avevano
già
le
armi
in
posizione
di
sparo
,
quando
Mussolini
scorse
nel
gruppo
Skorzeni
un
ufficiale
italiano
,
che
poi
giunto
più
vicino
riconobbe
per
il
generale
Soleti
del
corpo
dei
metropolitani
.
Allora
Mussolini
gridò
,
nel
silenzio
che
stava
per
precedere
di
pochi
secondi
il
fuoco
:
Che
fate
?
Non
vedete
?
C
'
è
un
generale
italiano
.
Non
sparate
!
Tutto
è
in
ordine
!
Alla
vista
del
generale
italiano
che
veniva
avanti
col
gruppo
tedesco
le
armi
si
abbassarono
.
Le
cose
erano
andate
così
.
Il
generale
Soleti
fu
prelevato
al
mattino
dal
reparto
Skorzeni
,
e
non
gli
fu
detto
nulla
circa
il
motivo
e
gli
scopi
.
Gli
fu
tolta
la
pistola
e
partì
per
l
'
ignota
destinazione
.
Quando
nel
momento
dell
'
irruzione
intuì
di
che
si
trattava
ne
fu
lieto
.
Si
dichiarò
felice
di
avere
contribuito
alla
liberazione
di
Mussolini
e
di
avere
,
forse
,
con
la
sua
presenza
,
evitato
un
sanguinoso
conflitto
.
Disse
a
Mussolini
che
non
era
consigliabile
tornare
immediatamente
a
Roma
,
dove
c
'
era
una
"
atmosfera
di
guerra
civile
"
,
diede
qualche
notizia
sulla
fuga
del
Governo
e
del
re
;
venne
ringraziato
dal
capitano
Skorzeni
e
poiché
il
Soleti
chiese
che
gli
fosse
riconsegnata
la
pistola
,
il
suo
desiderio
fu
accolto
,
così
come
l
'
altro
di
seguire
Mussolini
,
dovunque
fosse
andato
.
In
tutta
questa
rapidissima
successione
di
fatti
,
il
Gueli
non
ebbe
alcuna
parte
.
Si
fece
vedere
solo
all
'
epilogo
.
Gli
uomini
di
Skorzeni
,
dopo
essersi
impadroniti
delle
mitragliatrici
che
erano
state
posate
ai
lati
della
porta
d
'
ingresso
del
rifugio
,
salirono
in
gruppo
nella
stanza
del
Duce
.
Skorzeni
,
sudante
e
commosso
,
si
mise
sull
'
attenti
e
disse
:
«
Il
Führer
,
che
dopo
la
vostra
cattura
ha
pensato
per
notti
e
notti
al
modo
di
liberarvi
,
mi
ha
dato
questo
incarico
.
Io
ho
seguito
con
infinite
difficoltà
giorno
per
giorno
le
vostre
vicende
e
le
vostre
peregrinazioni
.
Oggi
ho
la
grande
gioia
,
liberandovi
,
di
aver
assolto
nel
modo
migliore
il
compito
che
mi
fu
assegnato
»
.
Il
Duce
rispose
:
«
Ero
convinto
sin
dal
principio
che
il
Führer
mi
avrebbe
dato
questa
prova
della
sua
amicizia
.
Lo
ringrazio
e
con
lui
ringrazio
voi
,
capitano
Skorzeni
,
e
i
vostri
camerati
che
hanno
con
voi
osato
»
.
Il
colloquio
si
portò
quindi
su
altri
argomenti
,
mentre
si
raccoglievano
le
carte
e
le
cose
di
Mussolini
.
Al
pianterreno
carabinieri
e
agenti
fraternizzavano
coi
Germanici
,
alcuni
dei
quali
erano
rimasti
non
gravemente
feriti
nell
'
atterraggio
.
Alle
15
tutto
era
pronto
per
la
partenza
.
All
'
uscita
,
Mussolini
salutò
con
effusione
i
camerati
del
gruppo
Skorzeni
e
tutti
insieme
-
Italiani
compresi
si
recarono
in
un
sottostante
breve
pianoro
dove
un
apparecchio
"
Cicogna
"
attendeva
.
Il
capitano
che
lo
pilotava
si
presentò
;
giovanissimo
:
Gerlach
,
un
asso
.
Prima
di
salire
sull
'
apparecchio
,
Mussolini
si
voltò
a
salutare
il
gruppo
dei
suoi
sorveglianti
:
sembravano
attoniti
.
Molti
sinceramente
commossi
.
Taluni
anche
con
le
lacrime
agli
occhi
.
Lo
spazio
dal
quale
il
"
Cicogna
"
doveva
partire
era
veramente
esiguo
.
Allora
fu
arretrato
per
guadagnare
qualche
metro
.
Al
termine
del
pianoro
vi
era
un
salto
abbastanza
profondo
.
Il
pilota
prese
posto
sull
'
apparecchio
;
dietro
lui
Skorzeni
e
quindi
Mussolini
.
Erano
le
ore
15
.
Il
"
Cicogna
"
si
mise
in
moto
.
Rullò
un
poco
.
Percorse
rapidamente
lo
spazio
sassoso
e
giunto
a
un
metro
dal
burrone
,
con
uno
strappo
violento
del
timone
,
spiccò
il
volo
.
Ancora
qualche
grido
.
Braccia
che
si
agitavano
.
E
poi
il
silenzio
dell
'
alta
atmosfera
.
Dopo
pochi
minuti
sorvolammo
L
'
Aquila
e
,
trascorsa
un
'
ora
,
il
"
Cicogna
"
planava
tranquillamente
all
'
aeroporto
di
Pratica
di
Mare
.
Quivi
un
grande
trimotore
era
già
pronto
,
Mussolini
vi
salì
.
Il
volo
aveva
per
mèta
Vienna
,
dove
si
giunse
a
notte
avanzata
.
Qualcuno
attendeva
all
'
aeroporto
.
Di
lì
al
"
Continentale
"
per
una
notte
.
All
'
indomani
,
verso
mezzogiorno
,
nuovo
volo
sino
a
Monaco
di
Baviera
.
Il
mattino
dopo
al
Quartier
generale
del
Führer
l
'
accoglienza
fu
semplicemente
fraterna
.
La
liberazione
di
Mussolini
ad
opera
di
"
arditi
"
tedeschi
suscitò
in
Germania
un
'
ondata
di
grande
entusiasmo
.
Si
può
dire
che
l
'
evento
fu
festeggiato
in
ogni
casa
.
La
radio
preparò
,
con
ripetute
emissioni
,
gli
ascoltatori
a
una
notizia
straordinaria
e
non
si
ebbe
delusione
alcuna
,
quando
la
notizia
,
verso
le
22
,
fu
conosciuta
.
Tutti
la
considerarono
come
un
avvenimento
eccezionale
.
Furono
mandati
a
Mussolini
centinaia
di
telegrammi
,
lettere
,
poesie
,
da
ogni
parte
del
Reich
.
Non
ebbe
l
'
evento
una
ripercussione
analoga
in
Italia
.
Erano
quelli
i
giorni
del
caos
,
della
distruzione
,
del
saccheggio
,
della
degradazione
.
La
notizia
fu
quindi
accolta
come
una
ingrata
sorpresa
,
con
fastidio
e
con
rancore
.
E
si
cominciò
col
negarla
:
si
diffuse
la
voce
che
si
trattava
di
una
commedia
,
che
Mussolini
era
già
morto
,
consegnato
agli
Inglesi
,
che
il
discorso
di
Monaco
era
stato
pronunciato
da
un
sosia
.
Questa
voce
continuò
a
circolare
anche
molti
mesi
dopo
,
elemento
indicativo
di
un
desiderio
.
Sebbene
centinaia
di
persone
abbiano
visto
Mussolini
,
tale
voce
non
è
del
tutto
scomparsa
.
Bisogna
spiegarsi
la
persistenza
di
questo
fenomeno
,
che
non
è
dovuto
semplicemente
alle
notizie
delle
emittenti
nemiche
sulla
salute
sempre
pericolante
di
Mussolini
,
sugli
attentati
in
continuazione
contro
di
lui
,
sulle
fughe
in
Germania
compiute
o
preannunciate
.
Bisogna
spiegarsi
altrimenti
il
fenomeno
e
riferirsi
a
certi
dati
della
rudimentale
psicologia
di
una
parte
del
popolo
italiano
,
più
"
talentosa
"
forse
che
"
intelligente
"
.
Mussolini
è
,
da
un
certo
punto
di
vista
,
un
uomo
"
duro
a
morire
"
.
Egli
è
stato
infatti
molte
volte
ai
margini
della
vita
.
All
'
ospedale
di
Ronchi
,
nel
marzo
del
1917
,
col
corpo
crivellato
di
schegge
,
doveva
morire
,
o
nella
migliore
delle
ipotesi
,
essere
amputato
della
gamba
destra
.
Non
accadde
niente
di
ciò
.
Dopo
la
guerra
,
al
ritorno
dal
Congresso
dei
Fasci
tenutosi
a
Firenze
nel
1920
,
un
formidabile
cozzo
,
che
frantumò
le
sbarre
di
un
passaggio
a
livello
nei
pressi
di
Faenza
,
non
provocò
che
un
leggero
stordimento
,
poiché
la
"
blindatura
"
cranica
di
Mussolini
aveva
brillantemente
"
neutralizzato
"
il
colpo
.
La
caduta
dell
'
aeroplano
sul
campo
di
Arcore
fu
una
esperienza
di
estremo
interesse
.
Mussolini
constatò
allora
che
la
velocità
della
caduta
dell
'
apparecchio
era
stata
uguale
alla
velocità
di
ideazione
del
pensiero
pensato
in
queste
parole
:
si
cade
!
Precipitare
di
piombo
da
un
'
altezza
di
50
metri
,
sia
pure
con
un
robusto
scassone
quale
il
non
dimenticabile
"
Aviati
"
,
non
è
uno
scherzo
.
Il
rombo
dell
'
urto
contro
il
suolo
fu
sonoro
assai
,
né
meno
stridulo
lo
scricchiolio
delle
ali
e
della
carlinga
.
Fu
un
accorrere
da
ogni
parte
del
campo
.
L
'
istruttore
pilota
quell
'
entusiasta
e
simpatico
veterano
del
volo
che
è
Cesare
Redaelli
era
leggermente
ferito
;
quanto
a
Mussolini
,
si
trattava
di
una
semplice
ammaccatura
al
ginocchio
.
Nella
testa
tipo
"
panzer
"
una
leggera
scalfittura
fra
naso
e
fronte
.
Abbastanza
emozionante
fu
il
volo
da
Ostia
a
Salerno
,
nel
giorno
del
famoso
,
e
per
un
certo
tempo
inedito
,
discorso
di
Eboli
,
nel
giugno
1935
.
Era
un
tempo
ciclonico
.
Poco
prima
dell
'
arrivo
un
fulmine
scoppiò
sull
'
aeroplano
bruciando
gli
aggeggi
della
radio
.
Non
capita
bisogna
riconoscerlo
ad
ogni
comune
mortale
di
essere
folgorato
a
3000
metri
sul
livello
del
mare
,
rimanendo
incolume
.
Non
parliamo
dei
molti
duelli
i
quali
,
anche
quando
l
'
arma
di
combattimento
era
la
spada
triangolare
,
non
uscivano
dal
tipo
degli
"
scherzi
innocenti
"
.
Forse
meno
innocenti
,
ma
incredibilmente
noiosi
,
gli
attentati
degli
anni
1925-1926
.
Un
paio
di
bombe
e
una
serie
di
revolverate
femminili
e
maschili
,
indigene
e
britanniche
,
oltre
a
qualche
altro
tentativo
rimasto
nell
'
ombra
dell
'
incognito
.
Normale
amministrazione
.
Passiamo
ora
dal
regno
,
come
dire
?
"
traumatico
"
a
quello
costituzionale
,
ovverosia
organico
.
Da
venti
anni
oramai
,
e
precisamente
dal
15
febbraio
1925
,
Mussolini
è
"
dotato
"
di
una
gentile
ulcera
duodenale
,
la
cui
storia
minuziosa
e
dettagliata
è
insieme
con
altre
ben
70
mila
storie
di
malati
negli
archivi
del
prof
.
Frugoni
.
Vederla
attraverso
le
lastre
,
effettuate
la
prima
volta
dall
'
esperto
e
integerrimo
ora
scomparso
Aristide
Busi
,
preside
della
Facoltà
di
medicina
di
Roma
,
fu
motivo
di
una
spiegabilissima
e
molto
intima
soddisfazione
.
Da
quanto
esposto
si
può
evincere
che
Mussolini
può
essere
considerato
,
almeno
sin
qui
,
un
uomo
"
duro
a
morire
"
.
E
come
si
spiega
allora
che
la
vaga
indifferenziabile
opinione
pubblica
lo
ha
considerato
morto
?
Ci
sono
,
se
così
può
dirsi
,
diverse
incarnazioni
di
Mussolini
.
Anche
dal
punto
di
vista
politico
egli
è
un
"
duro
a
morire
"
.
Nel
1914
,
espulso
dal
partito
socialista
italiano
nella
memorabile
assemblea
del
Teatro
del
"
Popolo
"
,
tutti
o
quasi
i
tesserati
lo
considerarono
un
uomo
finito
,
schiacciato
da
un
plebiscito
provocato
tra
le
file
dell
'
armento
,
cui
si
aggiunse
al
solito
una
"
questione
morale
"
.
Dopo
pochi
mesi
il
socialismo
neutralista
veniva
sbaragliato
sulle
pubbliche
piazze
.
Conclusa
la
guerra
,
l
'
Italia
dovette
subire
l
'
ondata
bolscevica
.
Nelle
elezioni
del
1919
,
nelle
quali
Mussolini
ebbe
l
'
onore
di
avere
a
compagno
di
lista
Arturo
Toscanini
,
il
quale
perciò
è
un
fascista
della
prima
ora
,
egli
riportò
4000
voti
di
fronte
ai
milioni
di
voti
degli
avversari
.
Il
rosso
imperversava
trionfante
e
minaccioso
.
Nell
'
ebbrezza
della
vittoria
fu
simulato
un
funerale
di
Mussolini
,
e
una
bara
che
lo
conteneva
in
effigie
passò
,
con
il
relativo
corteo
vociante
,
davanti
alla
sua
abitazione
di
Foro
Buonaparte
38
,
ultimo
piano
.
Da
quella
bara
rispuntò
il
Mussolini
degli
anni
1921-1922
.
Come
nel
novembre
del
1919
qualche
cosa
del
genere
fu
tentato
nel
luglio
del
1943
.
Questa
doveva
essere
la
volta
buona
,
la
definitiva
.
Poi
la
morte
politica
e
quella
fisica
avrebbero
proceduto
di
conserva
con
una
ben
calcolata
simultaneità
.
Colui
che
nei
domini
dell
'
imperscrutabile
regge
i
destini
mutevoli
degli
umani
ha
deciso
altrimenti
.
Vi
è
un
Mussolini
che
contiene
,
quello
di
ieri
come
quello
di
ieri
conteneva
quello
di
oggi
,
e
questo
Mussolini
,
pur
avendo
la
sua
dimora
non
più
a
Palazzo
Venezia
ma
alla
Villa
delle
Orsoline
,
si
è
messo
sotto
le
stanghe
,
al
lavoro
,
con
la
volontà
di
sempre
,
e
quindi
,
o
falange
non
tebana
di
Tommasi
increduli
,
se
lavora
deve
essere
,
per
lo
meno
,
vivo
.
Talete
il
filosofo
greco
ringraziava
gli
dei
di
averlo
fatto
nascere
uomo
e
non
bestia
;
maschio
e
non
femmina
,
greco
e
non
barbaro
.
Mussolini
ringrazia
gli
dei
di
avergli
risparmiato
la
farsa
di
un
assordante
processo
a
Madison
Square
di
Nuova
York
,
al
che
avrebbe
preferito
di
gran
lunga
una
regolare
impiccagione
nella
Torre
di
Londra
,
e
di
avergli
consentito
,
insieme
coi
migliori
Italiani
,
di
vivere
il
quinto
atto
del
terribile
dramma
che
tormenta
la
Patria
.
StampaQuotidiana ,
I
30
mila
di
Milano
città
più
quelli
della
fascia
industriale
fanno
mezzo
milione
di
analfabeti
.
Numero
grande
e
parola
brutta
.
Allora
si
preferisce
dire
che
sono
«
privi
di
cultura
»
,
senonché
Milano
è
in
Europa
e
l
'
Europa
è
tanto
esigente
:
uno
può
saper
firmare
,
mettendocela
tutta
,
e
per
lei
resta
analfabeta
.
Dunque
analfabeti
,
integrali
o
di
ritorno
,
in
gran
parte
giovani
,
meglio
non
pensare
alle
inutili
menzogne
statistiche
e
dire
le
cose
come
stanno
,
per
esempio
nelle
pensioni
.
Le
pensioni
del
Milanese
ospitano
,
sette
su
dieci
,
gli
immigrati
da
meno
di
un
anno
.
Giratele
,
chiedete
e
troverete
che
il
livello
di
istruzione
è
il
seguente
:
tredici
su
cento
privi
del
titolo
elementare
;
ottanta
su
cento
fermi
al
titolo
elementare
;
quindici
con
qualche
anno
di
scuola
media
;
quattro
diplomati
,
un
laureato
.
L
'
ILSES
giunge
,
nella
sua
accuratissima
inchiesta
,
a
risultati
analoghi
:
privi
di
qualsiasi
istruzione
venti
su
cento
;
con
il
titolo
delle
elementari
sessanta
;
di
una
scuola
secondaria
undici
;
del
liceo
sei
;
laureati
poco
più
di
uno
.
Idem
nelle
case
popolari
dello
Stato
,
dove
dovrebbero
funzionare
i
Centri
sociali
di
rieducazione
.
Il
professor
Leone
Diena
ne
parla
in
diversi
quartieri
con
diversi
inquilini
e
scopre
«
che
pochissimi
ne
hanno
sentito
parlare
»
.
Mezzo
milione
di
analfabeti
nella
provincia
più
ricca
e
progredita
d
'
Italia
.
Tagliati
fuori
dalla
cultura
tradizionale
e
spesso
anche
dalle
sottoculture
popolari
,
persino
da
quella
sportiva
che
ha
il
merito
indubbio
di
iniziare
le
moltitudini
a
un
certo
stile
di
vita
,
a
una
certa
gerarchia
dei
valori
.
Su
cinquanta
inquilini
di
una
pensione
in
via
Moscova
solo
due
hanno
assistito
a
una
partita
di
calcio
a
San
Siro
e
molti
ignorano
l
'
esistenza
di
squadre
che
si
chiamano
Inter
o
Milan
.
La
scarsa
istruzione
scolastica
di
cui
si
è
detto
:
e
l
'
improvviso
inaridirsi
di
ogni
vena
della
cultura
popolare
,
sia
favola
,
sia
rito
,
sia
folklore
.
Roberto
Leydi
,
che
compie
da
anni
una
preziosa
ricerca
di
canzoni
popolari
,
dice
che
gli
immigrati
nel
Milanese
ricordano
quelli
nelle
Americhe
,
una
voce
che
si
spezza
nel
trauma
della
migrazione
,
lo
stesso
rifiuto
e
l
'
oblio
,
la
sordità
per
i
temi
e
i
motivi
che
legano
al
passato
.
Fine
delle
vecchie
canzoni
,
dei
vecchi
racconti
.
E
uomini
stranieri
alla
cultura
che
li
accoglie
come
a
quella
che
si
sono
lasciata
alle
spalle
.
Imprevedibili
,
inspiegabili
,
casuali
.
A
volte
scatenati
in
manifestazioni
di
isterismo
collettivo
,
migliaia
di
persone
che
assediano
il
bar
di
Cinisello
dove
si
è
rifugiato
il
cantante
Dallara
;
a
volte
freddi
,
assenti
,
poche
persone
ad
ascoltare
i
cantastorie
famosi
;
sicché
capita
un
tale
che
ha
la
mania
di
recitare
poesie
del
Trecento
,
si
pensa
che
la
piazza
resterà
vuota
,
i
carabinieri
neppure
si
scomodano
ed
ecco
migliaia
di
persone
che
ascoltano
senza
capire
e
applaudono
.
Gente
letteralmente
spaesata
,
che
sembra
incapace
di
rappresentarsi
il
nuovo
mondo
e
di
rappresentarsi
,
di
guardarsi
dentro
e
di
comunicare
.
Se
si
tratta
di
bimbi
,
di
ragazzini
si
può
ancora
rimediare
.
Anche
se
arrivano
educati
in
quel
modo
piuttosto
mediocre
.
Le
maestre
in
qualsiasi
centro
della
fascia
,
dicono
che
la
quinta
elementare
degli
immigrati
dal
Sud
equivale
alla
terza
di
quassù
e
non
esagerano
,
anche
qui
meglio
non
pensare
a
certe
informazioni
menzognere
sulla
pubblica
istruzione
.
Poi
si
mettono
di
mezzo
i
genitori
con
i
loro
pregiudizi
e
l
'
orgoglio
familiare
:
«
Vengo
io
dalla
maestra
,
se
ti
tocca
»
.
«
Dicci
che
si
provasse
con
il
figlio
di
Antonio
Cotronei
»
.
E
la
maestra
attenta
a
non
correggere
gli
strafalcioni
del
padre
in
presenza
del
figlio
potrebbero
nascere
chi
sa
quali
reazioni
psicologiche
a
catena
.
Ma
può
capitare
che
perda
la
pazienza
.
Una
maestra
di
Poasco
chiama
il
padre
di
un
alunno
per
dirgli
«
Stia
attento
,
ieri
ha
cercato
di
rubarmi
questo
temperino
»
e
il
padre
«
Lei
non
si
permetta
,
quello
ce
lo
detti
io
»
al
che
la
maestra
esce
dai
gangheri
e
lo
caccia
fuori
.
Con
tutto
ciò
i
bambini
e
i
ragazzini
fanno
presto
a
rimettersi
in
corsa
,
quasi
sempre
si
rinnova
il
miracolo
del
fondo
civile
che
riaffiora
dopo
secoli
di
ignoranza
,
la
direttrice
delle
scuole
della
Certosa
dice
che
i
figli
degli
immigrati
,
qui
da
almeno
tre
anni
,
superano
l
'
ammissione
alla
media
come
i
locali
,
meglio
dei
figli
dei
braccianti
e
dei
mungitori
locali
.
Per
gli
anziani
la
faccenda
è
diversa
,
spesso
irrisolvibile
.
Non
sono
stupidi
o
tardi
.
Alle
prove
della
civiltà
industriale
capiscono
che
l
'
istruzione
serve
.
Ma
stretti
dal
bisogno
,
affamati
«
come
lupi
»
di
ciò
che
la
vita
può
dare
subito
,
non
riescono
a
superare
il
criterio
dell
'
utilità
immediata
ed
è
in
nome
di
questa
utilità
immediata
che
risultano
o
accettano
l
'
istruzione
.
«
Se
uno
guadagna
la
paga
con
i
libri
i
soldi
bastano
solo
a
lui
»
.
«
Allora
è
impossibilissimo
quanto
mai
studiare
perdendo
un
'
ora
di
lavoro
perché
sarebbero
300
lire
»
.
«
Se
l
'
aumento
è
sicuro
magari
studierei
»
.
Così
se
studiano
,
studiano
quel
tanto
che
basta
per
poter
fare
quel
tal
lavoro
che
dà
il
tale
aumento
del
salario
e
basta
.
E
chi
potrebbe
chiedergli
di
più
pensando
al
lungo
cammino
che
hanno
percorso
,
ai
traumi
che
li
hanno
segnati
e
al
lavoro
che
li
logora
?
Forse
i
loro
figli
o
i
nipoti
capiranno
che
il
progresso
delle
macchine
impone
un
'
istruzione
permanente
,
che
nella
società
moderna
si
va
a
scuola
dall
'
asilo
infantile
alla
pensione
.
A
questo
punto
sembra
piuttosto
arduo
sostenere
che
la
migrazione
significa
un
apporto
culturale
positivo
.
Ma
qualcuno
ci
si
prova
:
«
Tutti
noi
abbiamo
dovuto
porci
delle
domande
,
chiederci
chi
eran
costoro
che
arrivavano
.
Il
nostro
mondo
si
è
allargato
»
.
«
L
'
ansia
di
imparare
è
un
'
ansia
che
si
riceve
ma
che
si
dà
.
»
«
Passiamo
dalle
culture
regionali
a
una
cultura
unica
,
le
immigrate
da
Melissa
spiegano
alle
operaie
brianzole
come
si
svolse
l
'
occupazione
delle
terre
,
se
c
'
è
mancanza
di
zucchero
le
immigrate
del
Ferrarese
,
che
conoscono
l
'
industria
saccarifera
,
sanno
trovare
un
perché
»
.
E
tutte
le
altre
belle
storie
che
avranno
un
valore
episodico
e
un
sapore
letterario
,
ma
poco
o
nessun
riscontro
con
la
situazione
generale
del
Milanese
.
Sicché
l
'
unico
apporto
culturale
,
inevitabile
più
che
positivo
,
resta
quello
della
lingua
,
dei
contributi
che
gli
immigrati
e
gli
altri
danno
al
formarsi
di
una
nuova
lingua
.
«
Gli
immigrati
»
si
legge
in
molte
inchieste
«
si
vergognano
a
tentare
le
inflessioni
lombarde
»
.
Certo
tutti
esitano
a
tentare
una
lingua
nuova
,
ma
non
credo
che
la
ragione
sia
questa
,
se
a
Torino
gli
stessi
immigrati
il
dialetto
lo
adottano
subito
.
Il
fatto
è
che
a
Torino
il
dialetto
è
necessario
,
è
il
linguaggio
ufficiale
della
grande
fabbrica
,
lo
parlano
negli
uffici
e
nei
negozi
;
mentre
a
Milano
possono
farne
a
meno
,
nella
gran
mescolanza
che
si
è
formata
dal
principio
del
secolo
ci
vuole
la
lingua
per
capirsi
:
«
Noi
stiamo
qui
a
far
chiacchiere
che
io
non
comprendo
voi
e
voi
non
comprendete
me
.
Allora
diciamocela
in
italiano
,
se
questo
bicchiere
è
tondo
deve
essere
tondo
per
tutti
»
.
È
la
necessità
che
forma
il
nuovo
italiano
:
la
lingua
del
ceto
egemonico
,
più
qualcosa
della
lingua
del
mondo
contadino
,
più
le
parole
e
le
immagini
del
progresso
tecnico
.
E
ne
diamo
alcune
note
sparse
che
,
naturalmente
,
non
pretendono
a
studio
filologico
.
Gli
immigrati
,
nei
primi
mesi
applicano
le
parole
italiane
,
frettolosamente
apprese
,
ai
costrutti
dialettali
.
E
qualcosa
resta
,
come
una
tendenza
a
mettere
il
verbo
al
fondo
della
frase
,
spesso
al
passato
remoto
,
tipico
di
culture
come
quelle
del
Sud
,
volte
al
passato
.
Ma
proprio
per
questo
rimettono
nel
circuito
parole
di
un
italiano
arcaico
,
che
può
sembrare
puro
per
la
diretta
derivazione
dal
latino
:
locare
per
affittare
,
stipare
per
mettere
assieme
,
conservare
per
tenere
.
Dalla
civiltà
arcaica
e
contadina
,
del
Sud
come
del
Nord
,
vengono
anche
i
modi
di
dire
e
le
immagini
che
hanno
il
fascino
delle
reliquie
.
Ripetuti
per
automatismo
nella
mancanza
di
altre
immagini
o
sentenze
,
anche
se
non
hanno
più
alcun
rapporto
con
la
realtà
.
Nei
negozi
di
oggetti
per
la
casa
,
si
trova
,
in
parecchi
centri
della
fascia
,
una
piastrella
maiolicata
su
cui
si
legge
:
«
Fare
credito
è
un
errore
,
si
perde
il
denaro
e
l
'
avventore
»
.
E
sono
negozi
che
chiuderebbero
immediatamente
se
non
vendessero
tutto
a
credito
.
Poi
le
sentenze
della
retorica
contadina
,
suggerita
dal
paternalismo
:
«
Bisogna
dirci
papà
a
chi
ti
dà
da
mangiare
»
.
«
Poco
ma
in
pace
.
»
«
Dove
c
'
è
pace
c
'
è
Dio
.
»
«
Casa
mia
,
mamma
mia
,
vita
mia
.
»
«
Il
denaro
è
la
rovina
dell
'umanità.»
Che
potrebbero
essere
un
'
autocritica
elegante
e
ironica
se
non
fossero
soltanto
pigrizia
e
povertà
mentale
.
Un
regalo
a
Togliatti
«
Parleranno
dieci
dialetti
diversi
»
diceva
Giancarlo
Pajetta
,
nel
1962
,
«
ma
sanno
dire
tutti
la
parola
sciopero
»
.
E
ora
potrebbe
aggiungere
:
«
E
votare
comunista
»
.
È
la
verità
,
l
'
aumento
dei
voti
comunisti
nel
Milanese
è
dovuto
agli
immigrati
,
ci
si
chiede
solo
che
abbia
fatto
il
partito
per
meritarselo
.
Il
partito
ha
creato
un
ufficio
che
si
occupa
come
può
,
con
i
pochi
mezzi
che
ha
del
fenomeno
migratorio
;
ha
favorito
la
formazione
di
alcuni
gruppi
regionali
prestando
sedi
e
dirigenti
,
ma
sempre
una
goccia
nel
mare
,
intendiamoci
;
e
in
alcune
sezioni
della
fascia
,
da
contare
sulle
dita
di
una
mano
,
ha
organizzato
la
custodia
dei
bimbi
perché
le
madri
possono
partecipare
,
di
sera
alla
vita
del
partito
.
Tutto
qui
?
Tutto
qui
a
giudicare
dalle
critiche
che
gli
stessi
comunisti
si
rivolgevano
alla
vigilia
delle
elezioni
:
«
Manca
una
politica
,
non
abbiamo
una
piattaforma
sicura
rispetto
gli
immigrati
»
.
«
Per
anni
abbiamo
ignorato
il
fenomeno
.
E
mentre
il
partito
si
indeboliva
al
Sud
abbiamo
trascurato
di
rafforzarlo
al
Nord
.
»
«
I
compagni
che
vengono
al
Nord
dimenticano
il
partito
e
noi
non
facciamo
niente
per
recuperarli
.
»
Sicché
a
un
convegno
del
1962
l
'
onorevole
Pietro
Amendola
poteva
dire
,
scandalizzato
:
«
Visitavo
una
baracca
di
Magenta
e
mi
sono
sentito
tirare
per
una
manica
.
Mi
volto
e
riconosco
fra
gli
altri
i
migliori
compagni
di
Eboli
,
quelli
che
avevano
guidato
le
più
dure
lotte
.
Mescolati
fra
gli
altri
inutilizzati
»
.
Eppure
il
voto
di
molti
immigrati
va
al
partito
:
forse
il
meno
assente
fra
gli
assenti
,
forse
più
favorito
dai
demeriti
altrui
che
dai
meriti
propri
.
Si
dice
che
il
voto
degli
immigrati
è
stato
un
voto
di
protesta
:
i
muratori
di
Milano
che
conoscono
i
guadagni
di
chi
specula
sui
terreni
,
cioè
in
pochi
mesi
ciò
che
essi
guadagneranno
in
tutta
la
vita
;
quelli
di
Ispra
che
costruiscono
la
cittadella
atomica
dell
'
avvenire
abitando
in
baracche
cadenti
,
quelli
che
si
avventurano
nella
Milano
cara
scoprendo
dimensioni
e
valutazioni
a
distanze
astronomiche
.
«
Solo
un
voto
di
protesta
»
si
dice
«
questi
scontenti
si
immaginano
rivoluzionari
,
ma
la
tensione
rivoluzionaria
non
c
'
è
,
manca
una
chiara
convinzione
ideologica
,
sono
altri
voti
in
frigorifero
»
.
Altri
però
pensano
che
questo
frigorifero
incomincia
ad
essere
piuttosto
ingombrante
e
non
sono
proprio
sicuri
della
pretesa
superiorità
ideologica
degli
altri
voti
,
pensano
che
il
voto
di
certa
borghesia
agiata
è
stato
altrettanto
istintivo
e
protestatorio
.
Vedono
piuttosto
che
la
borghesia
agiata
,
quella
dell
'
alternativa
liberale
,
fa
niente
,
assolutamente
niente
per
avvicinare
gli
immigrati
,
per
aiutarli
,
per
consigliarli
.
Vedono
che
ancora
una
volta
gli
unici
avversari
validi
del
comunismo
sono
i
cattolici
che
appartengono
alle
ACLI
e
non
all
'
alternativa
liberale
,
essi
ad
aprire
nella
fascia
i
circoli
,
le
cooperative
,
i
doposcuola
.
I
sindaci
e
la
mafia
La
migrazione
rompe
gli
atteggiamenti
di
«
rispetto
verso
le
autorità
indifferenti
del
Sud
ed
esalta
,
al
Nord
,
l
'
autorità
più
impegnata
e
,
apparentemente
,
più
disinteressata
,
quella
del
sindaco
.
Nei
villaggi
città
della
fascia
il
sindaco
è
la
persona
più
autorevole
.
Più
dell
'
onorevole
,
del
parroco
,
del
comandante
dei
carabinieri
.
Egli
fa
parte
della
triade
onnipotente
società
immobiliare
-
municipio
-
ufficio
tecnico
e
ne
è
spesso
l
'
arbitro
.
Raramente
a
favore
suo
,
spesso
a
favore
del
suo
partito
.
Ma
queste
operazioni
di
alta
finanza
comunale
interessano
relativamente
gli
immigrati
,
ad
essi
basta
di
aver
trovato
,
per
la
prima
volta
dopo
secoli
,
qualcuno
che
si
occupa
effettivamente
dei
loro
bisogni
e
che
ha
un
potere
autonomo
e
sufficiente
per
soddisfarli
.
Gli
si
rivolgono
dapprima
per
avere
le
carte
necessarie
alla
residenza
e
al
lavoro
,
poi
per
la
casa
e
finisce
che
diventa
il
loro
padre
spirituale
e
magari
il
loro
consigliere
sentimentale
:
la
immigrata
cui
il
sindaco
ha
regolato
una
spinosa
faccenda
familiare
che
ogni
volta
gli
sorride
come
se
fosse
«
uno
della
congiura
»
;
le
mogli
che
gli
raccontano
i
tradimenti
dei
mariti
;
quelli
che
lo
vogliono
arbitro
di
una
loro
lite
.
I
sindaci
quasi
tutti
settentrionali
non
riescono
a
rendersi
conto
,
a
volte
,
del
potere
acquisito
,
né
a
prevedere
le
conseguenze
.
Un
giorno
,
a
una
riunione
di
immigrati
,
il
sindaco
di
San
Donato
dice
che
effettivamente
è
vero
,
quel
tale
padrone
di
case
si
comporta
da
esoso
.
E
poi
deve
fermare
la
corsa
al
linciaggio
,
quelli
sentendosi
approvati
dal
sindaco
,
dal
signore
«
della
Commune
»
muovono
già
alla
spedizione
punitiva
,
hanno
scambiato
un
suo
giudizio
per
una
autorizzazione
a
procedere
.
Come
arbitri
tra
le
immobiliari
e
gli
uffici
tecnici
i
sindaci
devono
fare
i
conti
con
l
'
organizzazione
mafiosa
che
si
è
trasferita
o
ricostruita
al
Nord
.
Il
«
ragioniere
»
o
«
la
napoletana
»
o
«
il
barista
»
che
intermediano
fra
i
nuovi
arrivano
e
i
proprietari
di
terreni
e
di
case
devono
per
forza
avere
qualche
«
aggancio
»
nel
municipio
,
sotto
questo
aspetto
qui
come
nel
Sud
la
mafia
rappresenta
una
degenerazione
dell
'
amministrazione
pubblica
.
Le
organizzazioni
mafiose
si
occupano
di
mediazioni
commerciali
e
di
reclutamento
operaio
.
Per
ora
non
sono
arrivate
a
uccidere
,
ma
usano
le
minacce
,
le
percosse
,
la
fame
.
Parecchi
gruppi
mafiosi
spediscono
i
loro
emissari
nel
Sud
per
offrire
«
casa
e
lavoro
»
.
Chi
accetta
deve
solo
firmare
un
impegno
e
quasi
sempre
lo
firma
senza
leggerlo
.
Poi
scoprirà
che
è
un
impegno
da
strozzino
,
persa
la
casa
alla
prima
rata
non
pagata
.
Il
controllo
è
difficile
,
molti
immigrati
non
conoscono
altra
mediazione
che
quella
mafiosa
.
Alcuni
arrivano
al
punto
di
rimpiangerla
.
Un
giorno
la
polizia
arresta
un
certo
Fioramonte
Panando
.
Ha
ucciso
un
reclutatore
di
manodopera
.
Perché
aveva
deciso
di
chiuder
bottega
e
non
voleva
più
occuparsi
di
trovargli
un
lavoro
.
Si
tratta
di
un
caso
limite
,
ma
anche
al
limite
è
una
triste
faccenda
.
Ne
abbiamo
ancora
di
strada
da
fare
,
non
vi
sembra
?
StampaQuotidiana ,
Una
campagna
elettorale
decente
?
Ecco
tre
idee
che
ci
possono
aiutare
.
Nel
confronto
non
ci
sono
nemici
,
solo
avversari
.
Le
regole
vanno
osservate
,
anche
quando
non
ci
piacciono
.
E
ci
vuole
rispetto
tra
i
competitori
.
Negli
anni
Trenta
del
secolo
scorso
Carlo
Rosselli
si
chiede
nel
suo
Socialismo
liberale
quale
fosse
la
natura
del
conflitto
politico
in
una
democrazia
.
Si
chiedeva
anche
perché
fosse
fondamentale
l
'
osservanza
del
"
metodo
liberale
o
democratico
di
lotta
politica
"
.
Vale
la
pena
di
riflettere
sulle
sue
risposte
.
Il
metodo
di
lotta
politica
è
quel
metodo
chi
"
per
la
intima
essenza
,
è
tutto
penetrato
dal
principio
di
libertà
.
E
ancora
:
"
Sul
terreno
politico
si
potrebbe
definire
come
un
complesso
di
regole
di
giuoco
che
tutte
le
parti
in
lotta
si
impegnano
a
rispettare
.
Prima
ancora
di
essere
un
sistema
di
meccanica
politica
,
esso
vuol
essere
una
sorta
patto
di
civiltà
che
gli
uomini
di
tutte
le
fedi
stringono
fra
loro
per
salvare
nella
lotta
gli
attributi
della
loro
umanità
"
.
Ci
sono
almeno
tre
idee
importanti
in
queste
parole
di
Rosselli
pensate
e
scritte
al
confino
di
Lipari
negli
anni
terribili
del
collasso
europeo
delle
democrazie
,
gli
anni
del
consolidamento
e
della
nascita
dei
regimi
totalitari
.
Tre
idee
che
possono
forse
aiutarci
a
fissare
i
minima
moralia
di
una
campagna
elettorale
decente
.
La
prima
riguarda
la
mutua
compatibilità
fra
la
condivisione
di
alcuni
valori
politici
di
base
e
la
sacrosanta
divisione
fra
idee
di
società
e
di
agenda
politica
alternative
fra
loro
.
In
parole
povere
,
non
c
'
è
alcuna
contraddizione
fra
quanto
ci
unisce
e
quanto
ci
divide
.
Dividendoci
nettamente
,
radicalmente
e
duramente
su
promesse
distinte
di
governo
,
noi
non
revochiamo
la
nostra
lealtà
civile
a
quanto
in
ogni
caso
ci
accomuna
.
E
accettare
questa
prima
idea
è
solo
un
atto
dovuto
per
chiunque
accetti
e
sostenga
la
priorità
della
libertà
delle
persone
come
valore
che
non
è
controverso
.
Come
valore
che
è
e
deve
essere
sottratto
alla
controversia
.
Questo
vuol
dire
che
nel
confronto
non
ci
sono
nemici
:
ci
sono
avversari
.
Ci
sono
competitori
,
punto
e
basta
.
Chi
si
confronti
con
gli
avversari
trattandoli
come
nemici
viene
meno
alla
prima
regola
aurea
del
metodo
e
non
prende
sul
serio
nei
fatti
la
priorità
della
libertà
delle
persone
,
per
quanto
liberale
si
dichiari
a
parole
.
Veniamo
alla
seconda
idea
:
essa
chiarisce
la
natura
propriamente
controversiale
della
democrazia
che
proprio
nella
fase
elettorale
assume
un
carattere
di
spicco
.
Non
c
'
è
democrazia
senza
conflitto
.
Il
patto
di
civiltà
,
di
cui
parlava
Carlo
Rosselli
nei
terribili
anni
Trenta
di
un
secolo
in
cui
,
come
si
dice
,
chiunque
desiderasse
una
vita
tranquilla
ha
fatto
male
a
nascere
,
regola
il
conflitto
.
A
che
cosa
servono
le
regole
per
la
competizione
,
le
famose
regole
del
gioco
?
Esse
stabiliscono
quali
mosse
siano
ammesse
e
quali
no
.
E
se
i
partecipanti
vogliono
giocare
a
quel
gioco
,
vogliono
vincere
quella
partita
,
vogliono
prevalere
sugli
avversari
con
un
punteggio
superiore
che
,
fino
a
prova
contraria
,
consiste
nell
'
ammontare
di
fiducia
che
ottengono
dai
votanti
.
Chiunque
sgarri
rispetto
alle
regole
,
le
violi
o
le
usi
opportunisticamente
si
tira
fuori
,
defeziona
dalla
controversia
democratica
.
Contravviene
ai
fondamentali
della
moralità
politica
ed
è
semplicemente
degno
di
biasimo
.
L
'
insofferenza
per
le
regole
è
un
brutto
segnale
.
E
non
vale
l
'
argomento
per
cui
non
ci
piacciono
le
regole
e
,
quindi
,
non
siamo
tenuti
a
osservarle
.
Al
critico
delle
regole
si
dovrà
replicare
che
c
'
è
un
solo
modo
nella
controversia
democratica
,
per
ottenere
il
cambiamento
delle
regole
o
la
loro
abolizione
,
se
è
il
caso
.
E
'
quello
di
far
crescere
il
consenso
e
la
fiducia
a
favore
della
propria
posizione
che
deve
misurarsi
lealmente
con
quella
degli
avversari
.
Osservo
di
sfuggita
che
per
misurarsi
con
gli
avversari
è
sfortunatamente
necessario
che
ci
si
confronti
,
davanti
a
un
uditorio
,
con
gli
avversari
.
Se
no
,
di
che
diavolo
di
confronto
democratico
parliamo
?
E
perché
tirare
in
ballo
la
solenne
natura
controversiale
della
democrazia
?
Che
Berlusconi
insista
nel
rífiutarsi
a
un
confronto
con
Rutelli
è
intrinsecamente
sbagliato
.
Uno
potrebbe
obiettare
:
perché
è
sbagliato
?
Che
male
c
'
è
?
Non
è
forse
libero
di
scegliere
il
leader
della
Casa
delle
libertà
?
Per
replicare
,
ci
viene
in
soccorso
la
terza
idea
sui
minima
moralia
di
una
campagna
elettorale
decente
.
La
terza
idea
è
quella
del
mutuo
riconoscimento
o
dell
'
eguale
rispetto
dovuto
a
chiunque
sia
un
partecipante
alla
competizione
.
L
'
espressione
"
eguale
rispetto
"
è
terribilmente
vaga
.
E
'
curioso
che
noi
sappiamo
benissimo
spiegare
in
quali
circostanze
proviamo
l
'
esperienza
del
deficit
o
della
mancanza
del
rispetto
da
parte
di
altri
e
facciamo
più
fatica
a
chiarire
le
cose
in
positivo
.
Rispettare
una
persona
non
vuol
dire
esprimere
stima
nei
confronti
di
quella
persona
.
La
stima
è
variabile
,
dipende
dal
merito
o
dal
valore
di
mercato
di
una
persona
per
le
sue
capacità
,
le
sue
competenze
o
le
sue
abilità
in
un
qualche
campo
.
L
'
egualitarismo
con
la
stima
fa
dei
brutti
scherzi
.
Ma
il
rispetto
deve
essere
invece
distribuito
ugualmente
:
perché
,
almeno
in
democrazia
,
ciascuno
vale
almeno
quanto
ciascun
altro
.
Mancare
di
rispetto
allora
vuol
dire
o
ritenere
che
le
persone
abbiano
solo
un
valore
di
mercato
o
ritenere
di
valere
,
per
qualche
misteriosa
ragione
,
più
o
molto
più
degli
altri
.
Queste
credenze
sono
del
tutto
legittime
in
molti
campi
della
nostra
vita
individuale
e
collettiva
,
in
amore
,
in
affari
,
in
cucina
e
nello
sport
.
Ma
non
hanno
diritto
di
cittadinanza
nella
sfera
pubblica
della
controversia
democratica
.
E
questo
ce
lo
suggeriscono
le
nostre
tre
idee
a
proposito
dell
'
abc
della
moralità
politica
.
StampaQuotidiana ,
Accade
ancora
oggi
,
in
pieno
anno
XIII
,
aprendo
dei
giornali
stranieri
di
trovare
usata
troppo
spesso
e
svisata
nei
modi
più
bestiali
la
parola
«
Fascismo
»
.
Tale
abuso
deve
finire
.
È
l
'
ultima
offensiva
della
socialdemocrazia
che
,
dopo
aver
combattuto
inutilmente
l
'
affermazione
della
dottrina
mussoliniana
in
Italia
,
cerca
oggi
di
arginarne
l
'
espansione
spontanea
nel
mondo
,
spostando
la
lotta
dal
campo
teorico
:
al
campo
pratico
del
suo
divenire
fra
i
diversi
popoli
.
Un
colpo
di
Stato
,
una
repressione
sanguinosa
,
l
'
affermarsi
brutale
di
una
dittatura
,
tutto
è
buono
per
venire
raccolto
e
buttato
di
peso
nelle
colonne
della
stampa
internazionale
socialdemocratica
,
goffamente
standardizzato
sotto
la
dicitura
«
Fascismo
»
.
La
demagogia
proletaria
,
secondo
il
suo
costume
,
crede
ancora
alla
potenza
del
famoso
detto
creato
da
un
poeta
e
finito
da
un
re
:
vulgus
vult
decipi
ergo
decipiatur
.
Ma
il
trucco
è
troppo
grossolano
per
sfuggire
anche
ad
una
superficiale
osservazione
.
La
Rivoluzione
delle
Camicie
Nere
,
che
continua
e
che
rappresenta
l
'
espressione
unica
e
viva
del
vastissimo
movimento
sociale
che
ha
caratterizzato
il
sec
.
xx
,
ed
altri
secoli
caratterizzerà
,
trae
la
sua
quotidiana
e
normale
affermazione
universale
non
dalle
profezie
utopistiche
di
divinità
improvvisate
,
ma
dal
profondo
spirito
di
umanità
che
l
'
anima
e
ne
dirige
il
cammino
storico
.
È
pur
sempre
essa
che
,
sfuggendo
alle
strettoie
dei
modelli
convenzionali
delle
rivoluzioni
,
si
è
affermata
senza
bisogno
di
una
Enciclopedia
,
e
con
il
retaggio
di
una
guerra
vittoriosa
.
È
il
Fascismo
che
si
trova
sempre
presente
dove
il
popolo
lavoratore
si
crea
meraviglioso
artefice
dei
suoi
destini
,
dove
la
menzogna
tortuosa
della
diplomazia
vecchio
stile
viene
smascherata
in
tutta
la
sua
ipocrita
meschinità
,
dove
senza
tregua
si
afferma
la
lotta
intransigente
contro
la
mistificazione
classista
.
Cercare
quindi
di
costringere
il
Fascismo
in
un
fenomeno
di
natura
inferiore
,
in
un
accidente
sorto
dalla
sfrenata
ambizione
di
un
sogno
imperialistico
,
in
una
contingenza
voluta
dalla
versatile
malvagità
di
subdoli
affaristi
sarebbe
come
pretendere
di
chiudere
in
un
pugno
una
folgore
.
StampaQuotidiana ,
Ci
vuole
una
tragedia
come
quella
della
miniera
di
Marcinelle
;
ci
vuole
il
cordoglio
,
lo
sgomento
del
paese
,
la
partenza
dei
ministri
per
Charleroi
;
ci
vogliono
i
titoli
sulla
prima
pagina
dei
quotidiani
,
le
fotografie
della
vedova
e
degli
orfani
perché
l
'
Italia
si
domandi
dov
'
è
Manoppello
e
perché
la
gente
di
questo
paese
è
così
povera
e
che
cosa
si
può
fare
per
sollevarla
dalla
miseria
senza
mandarla
a
morire
in
Belgio
.
Diciamo
subito
che
non
si
può
fare
niente
,
perché
il
tessuto
sociale
di
Manoppello
,
il
connettivo
che
tiene
insieme
le
200
case
del
paese
intorno
alla
parrocchia
è
qui
,
come
in
migliaia
di
altri
comuni
dell
'
Abruzzo
,
della
Campania
,
della
Calabria
,
della
Basilicata
,
della
Sicilia
,
proprio
la
miseria
.
La
miseria
,
a
Manoppello
,
è
quello
che
è
a
Ivrea
la
Olivetti
,
la
Fiat
a
Torino
,
il
porto
a
Genova
,
i
commerci
e
le
industrie
a
Milano
,
la
burocrazia
a
Roma
.
Se
non
ci
fosse
la
miseria
,
una
delle
miserie
più
compatte
del
Mezzogiorno
,
gli
abitanti
di
questo
cocuzzolo
nudo
,
circondato
da
valli
desolate
,
smetterebbero
di
levarsi
alle
quattro
di
mattina
per
andare
a
carezzare
con
l
'
aratro
e
i
buoi
la
terra
arida
,
gialla
e
avara
dei
campi
.
Se
quelli
di
Manoppello
avessero
i
quattrini
per
andare
in
Argentina
,
in
Brasile
,
in
Canada
,
in
Australia
,
per
impiantare
in
qualunque
parte
d
'
Italia
,
che
non
sia
questo
sciocco
villaggio
,
dimenticato
dalla
storia
fuori
delle
strade
,
un
commercio
o
una
bottega
artigiana
,
Manoppello
potrebbe
essere
cancellato
dall
'
elenco
dei
comuni
d
'
Italia
.
La
scoperta
di
Charleroi
Il
primo
che
,
dopo
la
guerra
,
si
rifiutò
di
morire
di
fame
e
prese
la
strada
del
Belgio
fu
Raffaele
Mazzaferro
.
Voleva
andare
anche
lui
nel
Sud
America
,
in
Australia
e
in
Canadà
,
come
avevano
fatto
centinaia
di
altre
famiglie
dei
paesi
,
ma
non
aveva
i
soldi
per
il
viaggio
,
né
l
'
atto
di
richiamo
,
né
il
visto
.
Così
scoprì
Charleroi
,
dove
si
potevano
guadagnare
sottoterra
tremila
lire
al
giorno
scavando
carbone
.
Mazzaferro
partì
nel
1946
e
di
anno
in
anno
aumentò
il
numero
di
quelli
che
lo
seguirono
o
dei
fortunati
che
s
'
imbarcarono
per
i
paesi
d
'
oltre
oceano
.
Manoppello
,
che
aveva
7500
abitanti
nel
1946
,
ne
ha
oggi
meno
di
7
mila
.
Quelli
che
sono
rimasti
hanno
continuato
a
sperare
nell
'
industria
,
quell
'
industria
astratta
e
possibilmente
meccanica
di
cui
si
sogna
nel
Sud
,
a
sperare
nella
Cassa
del
Mezzogiorno
,
nella
bonifica
.
Non
già
che
credano
nella
Cassa
o
nella
bonifica
,
ma
sperano
di
avere
un
impiego
al
Consorzio
di
Bonifica
:
perché
nei
paesi
poveri
succede
questo
,
che
i
poveri
restano
poveri
ma
la
burocrazia
che
si
occupa
dei
poveri
diventa
ricca
.
Il
sindaco
di
Manoppello
,
che
si
chiama
Giuseppe
Di
Martino
ed
è
democristiano
e
maestro
elementare
,
ci
ha
raccontato
a
questo
riguardo
molte
cose
interessanti
che
ripetiamo
come
le
abbiamo
udite
,
lasciando
a
lui
la
responsabilità
di
quello
che
ha
detto
.
Il
capo
dell
'
ufficio
tecnico
del
Consorzio
di
bonifica
per
la
riva
sinistra
del
Pescara
s
'
è
attribuito
uno
stipendio
di
4
milioni
all
'
anno
,
più
assicurazione
di
10
milioni
.
Ma
non
si
vede
mai
.
E
si
vedono
poco
anche
i
18
geometri
che
formano
l
'
organico
dell
'
ufficio
tecnico
.
Per
eseguire
certe
livellazioni
,
che
non
so
bene
come
siano
,
questo
bel
gruppo
di
tecnici
,
che
è
forse
troppo
occupato
a
curare
gli
affari
propri
,
si
rivolse
a
una
ditta
specializzata
di
Parma
,
che
livellò
,
sbagliò
,
ricominciò
daccapo
,
sbagliò
di
nuovo
,
ma
alla
fine
si
fece
pagare
.
Le
livellazioni
furono
poi
fatte
dai
geometri
dell
'
ufficio
statale
del
catasto
e
si
dovette
,
naturalmente
,
pagare
anche
questo
,
aggiustando
i
conti
delle
altre
spese
per
trovare
i
fondi
.
Il
presidente
del
Consorzio
è
il
ragioniere
Tenaglia
,
il
quale
per
compensare
un
'
impresa
del
mancato
appalto
di
un
canale
d
'
irrigazione
le
ha
affidato
,
a
trattativa
privata
,
la
costruzione
di
una
strada
di
bonifica
da
Capagatti
a
Rosciano
:
opera
,
dicono
,
di
scarsissima
utilità
.
Le
ville
di
un
certo
barone
Zambra
,
che
vanta
parentele
altolocate
,
è
stata
riparata
a
cura
e
spese
della
Sovraintendenza
ai
monumenti
,
perché
alla
villa
è
annessa
una
chiesa
monumentale
,
ma
tuttavia
privata
.
E
,
sempre
per
via
della
parentela
altolocata
,
nell
'
imminenza
delle
elezioni
del
1953
si
annunciò
alla
gente
di
Manoppello
la
posa
della
prima
pietra
del
villaggio
«
Dino
Zambra
»
per
le
case
dei
poveri
.
Il
nome
era
sempre
quello
del
barone
ma
i
soldi
erano
quelli
della
legge
Aldisio
,
cioè
dello
Stato
.
La
cosa
,
poi
,
come
tante
altre
,
finì
in
nulla
perché
la
seconda
pietra
non
si
è
mai
messa
.
La
gestione
elettoralistica
delle
opere
pubbliche
,
la
confusione
delle
iniziative
,
la
sproporzione
fra
le
promesse
e
i
fatti
hanno
tolto
alla
gente
di
qui
ogni
fiducia
nello
Stato
.
«
La
Cassa
del
Mezzogiorno
»
esagera
il
sindaco
di
Manoppello
«
è
un
baraccone
;
tutto
quello
che
ha
fatto
per
noi
è
stato
di
depolverizzare
una
strada
.
»
Una
strada
superflua
A
Turrivalignani
il
collocatore
comunale
Antonio
Squaserio
dirige
il
cantiere
di
lavoro
per
l
'
assorbimento
della
disoccupazione
,
e
sta
costruendo
una
strada
da
Turrivalignani
a
Lettomanoppello
.
Solo
la
mancanza
d
'
immaginazione
e
lo
spirito
di
dissipazione
della
burocrazia
può
progettare
un
'
opera
simile
.
Per
capire
come
si
sprecano
i
milioni
dello
Stato
bisognerebbe
mandare
una
delegazione
di
contribuenti
a
vedere
che
cos
'
è
Turrivalignani
e
che
cos
'
è
Lettomanoppello
e
che
bisogno
c
'
era
di
collegare
i
due
paesi
con
una
nuova
via
diretta
,
come
se
fra
di
essi
fervesse
chissà
quale
febbrile
attività
.
Turrivalignani
e
Lettomanoppello
,
come
Manoppello
,
sono
espressioni
geografiche
per
indicare
alcuni
gruppi
di
naufraghi
delle
società
italiana
che
sono
rimasti
appollaiati
intorno
al
loro
cucuzzolo
,
con
la
solita
creta
gialla
nei
campi
e
le
montagne
pelate
.
Tutto
ciò
è
inesplicabile
.
Si
possono
metter
su
cento
cantieri
di
lavoro
,
aprire
mille
strade
,
dare
la
casa
a
tutti
i
paesani
,
fare
le
fontane
sulle
piazze
,
e
tuttavia
non
succederà
niente
.
Se
lo
Stato
ha
deciso
che
questa
gente
deve
restare
qui
,
gli
conviene
pensionarla
.
Nel
1948
,
dopo
le
elezioni
del
18
aprile
,
una
delegazione
di
sindaci
del
basso
Pescara
andò
da
Fanfani
,
che
era
allora
ministro
del
Lavoro
,
a
dire
che
i
campi
si
spopolavano
,
che
la
gente
se
ne
andava
in
Sud
America
,
in
Australia
,
in
Belgio
.
Gli
domandarono
se
l
'
industria
,
in
Abruzzo
,
arrivava
o
no
.
Fanfani
si
strinse
nelle
spalle
e
allargò
le
braccia
:
«
Avviateli
in
Belgio
»
disse
«
fateli
entrare
nell
'
ordine
di
idee
di
emigrare
.
Non
c
'
è
di
meglio
da
fare
»
.
Tutta
l
'
industria
di
Manoppello
è
la
SAMA
,
Società
anonima
miniere
di
asfalto
,
che
la
carità
di
Parodi
mantiene
in
attività
con
675
operai
,
di
cui
165
soltanto
sono
del
paese
.
La
fabbrica
rende
esattamente
quello
che
costa
.
Quando
il
sindaco
,
Giuseppe
Di
Martino
,
domandò
al
principe
D
'
Orleans
,
genero
di
Parodi
,
perché
non
si
faceva
mai
vedere
fra
loro
,
si
sentì
rispondere
che
era
troppo
occupato
altrove
.
Ed
è
giusto
.
Fra
una
cava
d
'
asfalto
,
che
è
più
beneficienza
che
industria
,
e
il
cementificio
di
Scafa
,
che
è
poco
distante
di
lì
ed
è
una
cava
d
'
oro
,
è
naturale
che
un
uomo
d
'
affari
si
occupi
del
secondo
e
cerchi
di
ridurre
più
che
può
le
spese
del
primo
.
Poi
c
'
è
la
questione
del
petrolio
.
Anche
a
Manoppello
,
come
ad
Alanno
,
le
perforazioni
hanno
rilevato
che
i
giacimenti
sono
abbondanti
.
Ma
tutto
si
è
fermato
lì
,
le
torri
di
Valvone
sono
scomparse
,
le
speranze
si
sono
dissolte
fra
risate
amare
e
maldicenza
.
«
Vuoi
sapere
perché
non
si
pompa
il
petrolio
?
»
mi
dice
il
sindaco
.
«
Perché
Luciano
Tracanna
vuol
dare
il
petrolio
alla
Cassa
del
Mezzogiorno
e
preparano
una
legge
per
farlo
»
.
Non
so
chi
è
Luciano
Tracanna
e
che
cosa
c
'
entri
la
Cassa
col
petrolio
.
E
mi
pare
troppo
lungo
spiegare
al
sindaco
la
difficilissima
questione
della
legge
mineraria
.
E
penso
che
non
vale
la
pena
di
farlo
,
perché
tutto
sommato
il
sindaco
ha
ragione
.
Tracanna
o
non
Tracanna
,
è
ridicolo
che
,
dopo
aver
scoperto
sotto
queste
argille
miserabili
la
prima
speranza
di
benessere
,
si
lasci
tutto
lì
per
mettere
d
'
accordo
i
troppi
appetiti
e
si
dica
alla
gente
che
,
fino
a
nuovo
ordine
,
deve
tornare
a
graffiare
la
terra
con
l
'
aratro
.
Le
parole
del
sindaco
Tutta
la
miseria
di
Manoppello
viene
dalla
terra
.
I
campi
danno
sei
quintali
di
grano
per
ettaro
e
qualche
po
'
di
formaggio
di
capra
.
Su
questo
reddito
il
fisco
,
che
prende
le
alici
e
fa
scappare
i
tonni
,
preleva
15
ed
anche
20
mila
lire
.
Lavoriamo
per
pagare
le
tasse
,
dicono
i
contadini
.
E
hanno
ragione
,
perché
quello
che
resta
non
basta
per
mangiare
.
Sono
gli
ultimi
servi
della
gleba
.
Faticano
soltanto
per
sopravvivere
.
Sono
esclusi
interamente
dal
giro
dell
'
economia
monetaria
,
perché
non
vendono
niente
e
non
comprano
niente
.
Non
c
'
è
nessuna
ragazza
del
paese
,
ha
detto
il
sindaco
,
che
accetta
di
sposare
un
contadino
.
Preferiscono
restare
zitelle
.
Il
numero
dei
fondi
incolti
aumenta
,
mentre
ci
sono
500
uomini
inseriti
all
'
ufficio
di
collocamento
.
Questo
è
il
panorama
sociale
di
Manoppello
,
che
può
valere
come
tipo
per
innumerevoli
altri
comuni
meridionali
della
provincia
di
Pescara
,
di
Matera
,
di
Cosenza
,
di
Agrigento
,
di
Siracusa
,
dell
'
Italia
in
soprannumero
.
Esistono
in
Italia
migliaia
di
Manoppello
.
Ma
questo
,
dell
'
Abruzzo
,
ha
acquistato
,
con
la
sciagura
di
Marcinelle
,
il
diritto
alla
celebrità
.
S
'
è
presentato
,
per
così
dire
,
alla
televisione
.
Ha
gridato
più
forte
degli
altri
e
adesso
tutti
si
domandano
perché
la
gente
di
Manoppello
muore
di
fame
o
in
miniera
.
«
Far
ballare
i
piatti
»
Che
cosa
rispondere
?
Una
cosa
prima
di
tutto
,
per
mettere
fine
al
gioco
delle
finzioni
che
la
Cassa
del
Mezzogiorno
,
i
cantieri
di
lavoro
,
i
cantieri
-
scuola
,
l
'I.N.A.-Casa,
i
corsi
Inapli
,
i
pacchi
della
Prefettura
,
e
quelli
della
P.C.A.
,
non
servono
a
nulla
.
La
gente
se
ne
deve
andare
da
Manoppello
perché
la
terra
di
Manoppello
,
come
le
rocce
del
Monte
Bianco
,
non
fa
parte
della
superficie
agricola
.
Se
ne
deve
andare
all
'
estero
,
ma
non
a
Charleroi
.
Può
andare
in
Italia
,
per
esempio
.
Anche
l
'
Italia
,
per
i
poveri
,
è
estero
:
fino
a
quando
non
sarà
pubblicata
la
più
semplice
legge
della
Repubblica
,
quella
che
permetterà
agli
italiani
di
andare
in
Italia
,
gli
Izzo
e
i
Mazzaferro
abruzzesi
non
potranno
avere
il
passaporto
per
cercare
lavoro
a
Roma
,
a
Milano
,
a
Bologna
,
a
Padova
,
a
Biella
,
a
Prato
.
E
chi
ci
va
clandestinamente
e
si
fa
pescare
,
viene
rimpatriato
d
'
autorità
.
Quanto
all
'
estero
vero
e
proprio
,
al
di
là
del
mare
e
delle
Alpi
,
è
ora
di
cominciare
a
far
sul
serio
,
di
togliere
gli
affari
della
emigrazione
dalle
mani
dei
dilettanti
,
dell
'I.C.I.E.,
del
C.I.M.E.
,
delle
burocrazie
.
È
ora
di
domandarsi
che
cosa
significa
la
comunità
internazionale
e
come
si
può
pretendere
da
un
contadino
abruzzese
la
difesa
dei
valori
occidentali
.
È
ora
che
i
nostri
ministri
non
si
vergognino
della
povertà
dell
'
Italia
e
dei
suoi
e
,
come
disse
l
'
onorevole
Merzagora
,
«
facciano
ballare
i
piatti
»
per
il
collocamento
della
manodopera
disoccupata
.
Noi
vorremmo
che
da
oggi
,
alle
spalle
del
ministro
Martino
,
ogni
volta
che
siede
in
una
conferenza
,
ci
fosse
,
come
un
«
memorandum
»
,
un
contadino
di
Manoppello
.
StampaQuotidiana ,
La
violenza
avanza
su
tutti
i
fronti
.
Questo
è
il
fatto
più
evidente
del
mondo
contemporaneo
.
La
violenza
non
è
più
ristretta
agli
spazi
periferici
o
ai
momenti
critici
della
vita
;
alla
delinquenza
,
alla
pazzia
,
all
'
anormalità
e
alle
crisi
di
ribellione
e
di
liberazione
o
di
conquista
o
di
soggiogamento
;
ma
esplode
,
con
manifestazioni
imponenti
,
nella
vita
di
ogni
giorno
,
nella
famiglia
,
nei
rapporti
sessuali
,
nelle
competizioni
sociali
,
nella
politica
e
nello
sport
.
Solo
raramente
suscita
sdegno
o
riprovazione
;
il
più
delle
volte
viene
giustificata
e
talvolta
esaltata
come
soluzione
dei
problemi
,
via
d
'
uscita
dalle
difficoltà
,
matrice
del
progresso
.
Ma
essa
esplode
per
i
motivi
più
futili
o
senza
motivo
,
come
per
quelli
più
seri
;
e
anche
l
'
arte
,
il
cinema
e
i
divertimenti
sembrano
insipidi
e
fuori
del
tempo
se
non
se
ne
fanno
lo
specchio
.
Si
tratta
di
un
fenomeno
passeggero
dovuto
alla
crisi
dei
valori
tradizionali
,
alle
sperequazioni
economiche
,
alle
trasformazioni
troppo
rapide
che
la
società
sta
subendo
?
O
si
tratta
invece
di
qualcosa
che
sta
venendo
ora
alla
luce
in
forme
più
vistose
ma
ha
le
sue
radici
nella
stessa
natura
dell
'
uomo
?
Certo
è
che
l
'
uomo
è
per
l
'
uomo
(
come
diceva
Pascal
)
un
mostro
incomprensibile
.
Nonostante
l
'
enorme
patrimonio
di
esperienze
e
dottrine
che
la
psicologia
,
l
'
antropologia
,
l
'
etologia
comparata
hanno
accumulato
negli
ultimi
decenni
,
le
motivazioni
ultime
,
o
almeno
più
costanti
,
dei
comportamenti
umani
rimangono
problematiche
.
C
'
è
chi
vede
nell
'
uomo
un
essere
essenzialmente
buono
,
portato
dal
suo
istinto
alla
contemplazione
e
alla
pace
gioiosa
.
La
società
,
reprimendo
questo
istinto
in
misura
superiore
alle
esigenze
della
sua
conservazione
,
sarebbe
allora
responsabile
della
violenza
che
cerca
di
ripristinarlo
.
Questa
è
la
tesi
dei
filosofi
dell
'
Eros
che
ritengono
l
'
uomo
modellato
sull
'
ideale
di
Narciso
e
di
Orfeo
.
Ma
ci
sono
altri
che
ritengono
l
'
uomo
dominato
da
un
istinto
di
aggressione
,
da
una
tendenza
innata
alla
lotta
e
al
dominio
.
Costoro
partono
dall
'
osservazione
che
i
comportamenti
che
chiamiamo
«
brutali
»
non
si
riscontrano
affatto
nelle
bestie
,
ma
sono
propri
dell
'
uomo
:
l
'
uomo
è
la
più
crudele
e
violenta
delle
specie
animali
.
Questo
non
è
solo
un
suo
aspetto
negativo
.
Proprio
perché
è
il
più
aggressivo
degli
animali
,
l
'
uomo
riesce
a
dominare
l
'
ambiente
esterno
e
a
superarne
gli
ostacoli
.
È
l
'
aggressione
che
consente
all
'
individuo
e
alla
specie
di
sopravvivere
,
anche
a
costo
del
pericolo
di
guerra
che
le
è
immanente
.
Come
Giano
,
l
'
aggressione
ha
due
facce
,
una
positiva
,
l
'
altra
negativa
.
Anche
quando
gli
uomini
si
stringono
in
una
comunità
di
eguali
nella
quale
si
considerano
come
fratelli
,
hanno
bisogno
di
opporsi
aggressivamente
ad
altre
comunità
che
si
ispirano
ad
altri
principi
e
contro
le
quali
lottano
solidalmente
tra
loro
.
In
un
modo
o
nell
'
altro
,
l
'
aggressione
deve
sfogarsi
.
Come
animale
«
territoriale
»
geloso
del
proprio
dominio
,
l
'
uomo
nutre
un
'
ostilità
innata
contro
il
suo
vicino
.
Il
bambino
sviluppa
la
sua
aggressività
opponendosi
all
'
ordine
e
alla
disciplina
che
l
'
educazione
cerca
di
imporgli
.
Il
maschio
sviluppa
la
sua
aggressività
nei
confronti
della
femmina
;
giacché
la
sua
stessa
struttura
fisiologica
lo
porta
a
dominarla
.
La
femmina
sviluppa
la
sua
aggressività
contro
il
maschio
non
sufficientemente
aggressivo
che
non
riesce
a
dominarla
.
I
vecchi
clichés
dell
'
uomo
scimmia
con
la
clava
,
che
suscita
l
'
ammirazione
delle
donne
,
e
del
piccolo
uomo
dominato
dalla
donna
forte
,
che
suscita
riso
e
pietà
in
tutti
,
rappresentano
bene
la
realtà
delle
cose
.
E
così
l
'
aggressione
è
la
condizione
necessaria
dell
'
equilibrio
e
della
vita
.
Ha
scritto
uno
psichiatra
(
Winnicott
)
:
«
Se
la
società
è
in
pericolo
,
non
lo
è
per
l
'
aggressività
dell
'
uomo
,
ma
per
la
repressione
dell
'
aggressività
personale
degli
individui
»
.
La
mancanza
di
aggressività
,
determinando
insuccesso
e
frustrazione
,
trasforma
l
'
istinto
di
aggressione
in
odio
,
abbassa
le
difese
che
l
'
individuo
erge
intorno
al
proprio
io
contro
l
'
invadenza
degli
altri
e
gli
fa
odiare
gli
altri
o
se
stesso
,
inducendolo
talora
al
suicidio
.
Umiliazioni
e
frustrazioni
sono
anche
alla
base
della
schizofrenia
e
della
paranoia
,
nelle
quali
l
'
odio
e
l
'
incapacità
di
considerare
gli
altri
come
persone
dànno
origine
alle
peggiori
forme
di
crudeltà
raffinata
e
gratuita
.
Tale
è
il
quadro
della
natura
umana
che
si
trova
descritto
da
molti
etologi
,
psicologi
e
psichiatri
contemporanei
,
e
che
è
stato
diffuso
e
reso
popolare
da
Lorenz
e
Storr
.
Ma
quali
sono
le
vie
d
'
uscita
?
La
trasformazione
dell
'
aggressione
nelle
forme
«
rituali
»
delle
competizioni
civili
,
la
ricerca
di
forme
non
distruttive
da
aggressione
come
gli
sport
,
la
diminuzione
del
numero
degli
individui
umani
perché
l
'
affollamento
accresce
l
'
aggressività
.
Troppo
poco
per
combattere
e
controllare
un
istinto
che
è
la
stessa
natura
dell
'
uomo
.
L
'
istinto
è
infatti
un
meccanismo
innato
,
automatico
,
che
può
scatenarsi
alla
prima
occasione
.
Anzi
,
non
ha
neppure
bisogno
di
un
'
occasione
,
cioè
di
uno
stimolo
,
per
scatenarsi
:
è
come
un
'
arma
che
può
sparare
senza
che
ne
sia
toccato
il
grilletto
.
E
come
potrebbero
le
forme
«
rituali
»
della
competizione
civile
,
gli
sport
o
altri
espedienti
controllarne
il
meccanismo
?
Essi
non
forniscono
che
altre
occasioni
per
scatenarlo
.
Inoltre
,
si
può
odiare
,
esser
frustrati
e
portati
alla
violenza
da
una
famiglia
poco
accorta
,
da
un
matrimonio
sbagliato
,
da
una
ambizione
non
soddisfatta
,
da
un
risentimento
o
un
'
invidia
ingiustificati
,
dal
fanatismo
per
un
ideale
non
raggiunto
o
non
raggiungibile
,
e
da
altri
motivi
più
futili
,
evanescenti
o
fittizi
.
E
se
l
'
aggressione
domina
(
come
deve
dominare
,
se
è
un
istinto
)
ogni
rapporto
umano
,
ci
sarà
sempre
,
in
ogni
rapporto
,
un
vincitore
e
un
vinto
,
un
dominatore
e
una
vittima
:
e
l
'
odio
,
il
risentimento
e
la
violenza
saranno
inevitabili
.
Sembra
che
oggi
resti
solo
la
scelta
tra
il
mito
del
«
buon
selvaggio
»
che
diventa
violento
perché
viene
represso
il
suo
istinto
d
'
amore
e
il
mito
del
«
cattivo
selvaggio
»
che
diventa
violento
perché
viene
represso
il
suo
istinto
aggressivo
.
Quest
'
ultimo
mito
non
prospetta
utopie
,
ma
neppure
rende
possibili
difese
efficaci
contro
la
violenza
.
Se
l
'
uomo
è
posseduto
dall
'
istinto
,
come
da
un
demone
che
non
può
esorcizzare
,
si
sentirà
sempre
represso
,
in
qualsiasi
forma
di
società
,
in
qualsiasi
rapporto
anche
superficiale
con
gli
altri
.
Ma
è
l
'
uomo
veramente
una
creatura
d
'
istinto
?
Ed
esiste
veramente
l
'
istinto
come
forza
irreprensibile
e
sostanzialmente
benefica
,
che
adatta
gli
esseri
viventi
all
'
ordine
delle
cose
?
Se
ne
può
dubitare
,
in
base
alle
indagini
della
psicologia
moderna
.
Ciò
che
chiamiamo
«
istinto
»
non
è
un
meccanismo
immutabile
e
infallibile
;
può
essere
nocivo
,
adattarsi
e
mutare
anche
nelle
specie
animali
in
cui
agisce
da
solo
.
E
nell
'
uomo
ciò
che
chiamiamo
«
istinto
»
è
il
più
delle
volte
la
forma
che
certe
funzioni
biologiche
hanno
assunto
sotto
l
'
influenza
di
un
determinato
ambiente
sociale
.
Se
l
'
uomo
non
fosse
che
istinto
(
nel
senso
proprio
del
termine
)
non
avrebbe
avuto
storia
:
sarebbe
rimasto
nella
forma
di
vita
(
buona
o
cattiva
)
nella
quale
apparve
per
la
prima
volta
sulla
Terra
.
In
realtà
l
'
uomo
fa
la
storia
ed
è
fatto
(
cioè
condizionato
)
da
essa
.
I
modi
di
appagare
i
suoi
bisogni
,
di
trattare
se
stesso
e
i
propri
simili
mutano
col
tempo
e
sono
diversi
da
una
società
all
'
altra
.
E
di
questo
mutamento
e
di
questa
diversità
l
'
istinto
non
è
responsabile
.
Ogni
uomo
,
qualunque
sia
il
suo
talento
e
il
suo
grado
sociale
,
incontra
limiti
e
resistenze
che
sfidano
la
sua
ragione
e
la
sua
volontà
.
Può
cercare
di
conoscere
tali
limiti
e
trovare
i
mezzi
per
venirne
a
capo
;
ma
non
può
farlo
da
solo
.
Può
anche
credere
che
la
violenza
gli
dia
partita
vinta
e
idealizzare
nella
violenza
,
o
nell
'
aggressione
che
ne
è
la
causa
,
la
fine
di
tutti
i
suoi
mali
.
Oggi
come
ieri
,
nei
momenti
cruciali
della
sua
storia
,
l
'
uomo
si
trova
a
dovere
scegliere
.
Il
gioco
della
violenza
non
può
prolungarsi
all
'
infinito
perché
nessun
uomo
e
nessun
gruppo
umano
può
veder
garantita
dalla
violenza
la
sua
vittoria
.
Se
la
violenza
continuasse
ad
apparire
come
la
sola
alternativa
possibile
,
la
scelta
sarebbe
decisa
,
il
gioco
sarebbe
fatto
.
Non
ci
sarebbe
un
lungo
avvenire
per
il
genere
umano
.
StampaQuotidiana ,
La
mattina
del
25
luglio
il
conte
Dino
Grandi
di
Mordano
si
rese
irreperibile
.
Invano
fu
cercato
alla
Camera
,
invano
fu
cercato
nella
sua
villa
pare
abbastanza
sontuosa
di
Frascati
,
anche
vana
fu
la
telefonata
per
rintracciarlo
a
Bologna
presso
il
Resto
del
Carlino
.
Nessuno
degli
interpellati
seppe
dare
qualche
notizia
:
da
Frascati
si
disse
che
era
partito
in
auto
diretto
a
Bologna
.
In
realtà
egli
era
rimasto
a
Roma
,
nascosto
,
nell
'
attesa
del
colpo
di
Stato
.
Anche
nei
giorni
successivi
rimase
a
Roma
.
Non
appena
conobbe
la
composizione
del
Governo
Badoglio
,
egli
scrisse
una
lettera
al
Maresciallo
,
per
dirgli
che
"
si
trattava
di
un
Ministero
solido
e
che
la
scelta
degli
uomini
non
avrebbe
potuto
essere
migliore
"
.
Dopo
qualche
altro
giorno
di
inutile
attesa
,
diventò
l
'
avvocato
Domenico
Galli
,
e
filò
verso
la
penisola
iberica
.
Si
trattenne
poco
in
Spagna
,
dove
trovò
una
ospitalità
che
si
può
chiamare
singolare
da
parte
del
console
di
Siviglia
,
e
non
sentendosi
sicuro
,
sotto
il
regime
di
Franco
,
si
trasferì
nel
Portogallo
,
nelle
vicinanze
di
Lisbona
,
e
precisamente
a
Estoril
.
Il
suo
atteggiamento
di
prima
,
il
suo
discorso
nella
seduta
del
Gran
Consiglio
,
la
sua
fuga
in
aereo
dall
'
Italia
,
con
passaporti
badoglieschi
,
tolgono
anche
l
'
ombra
del
dubbio
sulla
parte
sostenuta
da
lui
nell
'
effettuazione
della
congiura
.
Da
lui
,
prima
Sottogretario
all
'
Interno
,
quindi
Sottosegretario
agli
Esteri
,
successivamente
Ministro
degli
Esteri
,
poi
ambasciatore
a
Londra
,
finalmente
Ministro
della
Giustizia
e
nel
contempo
Presidente
della
Camera
dei
Fasci
e
delle
Corporazioni
nonché
coNte
col
predicato
di
Mordano
.
Poteva
bastare
?
No
.
Non
bastava
.
Ai
primi
di
marzo
del
1943
,
egli
si
presentò
a
Palazzo
Venezia
,
munito
dell
'
annuario
del
Ministero
degli
Esteri
e
così
parlò
a
Mussolini
:
Non
è
la
prima
volta
che
io
sono
imbarazzato
davanti
a
te
,
ma
in
questa
circostanza
lo
sono
in
modo
particolare
.
Tu
sai
che
dopo
un
certo
periodo
di
tempo
gli
ambasciatori
,
specialmente
se
sono
stati
lunghi
anni
accreditati
presso
la
Corte
di
San
Giacomo
a
Londra
,
sono
insigniti
del
Collare
dell
'
Annunziata
.
Io
credo
di
trovarmi
in
queste
condizioni
.
Vorresti
parlarne
al
re
?
Questi
erano
i
discorsi
che
annoiavano
terribilmente
Mussolini
.
Già
altra
volta
,
a
proposito
del
Collare
,
egli
aveva
rinunciato
al
suo
,
in
favore
di
Tomaso
Tittoni
.
Va
bene
rispose
Mussolini
ne
parlerò
al
prossimo
colloquio
.
Così
avvenne
.
Ma
di
primo
acchito
il
re
non
parve
affatto
entusiasta
della
cosa
.
Anzitutto
,
egli
disse
,
non
è
vero
che
chi
è
stato
ambasciatore
a
Londra
sia
per
ciò
decano
degli
ambasciatori
e
abbia
diritto
al
Collare
.
Questo
è
un
motivo
che
non
va
.
L
'
altro
,
ampliamento
del
territorio
dello
Stato
,
non
esiste
nel
caso
Grandi
.
Egli
può
essere
insignito
del
Collare
solo
in
quanto
è
Presidente
della
Camera
.
Però
,
conferendolo
a
lui
,
bisognerebbe
darlo
anche
al
conte
Suardo
,
Presidente
del
Senato
,
e
non
è
il
caso
dopo
le
chiacchiere
fattesi
,
in
questi
ultimi
tempi
,
a
carico
di
senatori
che
avrebbero
fornito
notizie
alla
Polizia
.
Mussolini
interruppe
per
dire
che
una
inchiesta
aveva
a
tal
proposito
concluso
con
la
insussistenza
del
fatto
.
Nell
'
udienza
successiva
,
il
re
non
fece
più
alcuna
obiezione
.
Al
contrario
,
riconobbe
che
anche
come
Guardasigilli
dopo
la
ultimazione
dei
Codici
il
Grandi
meritava
l
'
alta
distinzione
.
Questo
cambiamento
alla
distanza
di
quarantott
'
ore
sembrò
strano
.
Quanto
all
'
epoca
,
fu
scelta
la
festa
dell
'
Annunziata
,
e
di
lì
a
poco
,
il
25
marzo
del
1943
,
il
conte
Dino
Grandi
diventava
cugino
di
Vittorio
Emanuele
Savoia
.
I
giornali
pubblicarono
la
notizia
senza
eccessivo
rilievo
.
Il
Grandi
di
lì
a
qualche
giorno
tornò
a
Palazzo
Venezia
e
fece
tali
dichiarazioni
di
fedeltà
,
di
devozione
a
Mussolini
,
da
fare
tremare
i
muri
perimetrali
dell
'
edificio
.
Che
il
conferimento
del
Collare
fosse
un
elemento
della
congiura
?
Chi
avrebbe
infatti
potuto
dubitare
della
fede
fascista
di
Grandi
?
Qualcuno
c
'
era
,
ma
non
fu
ascoltato
.
Nelle
diverse
migliaia
di
"
fascicoli
"
che
contengono
vita
,
morte
e
miracoli
di
duecentomila
personaggi
fra
i
maggiori
e
minori
d
'
Italia
,
quello
di
Grandi
è
straordinariamente
voluminoso
.
Per
non
essere
costretti
a
scrivere
centinaia
di
pagine
,
trascuriamo
le
manifestazioni
pubbliche
scritte
e
orali
,
dalle
quali
risulta
che
egli
si
gloriava
di
essere
un
"
ortodosso
"
del
Fascismo
;
un
fedelissimo
di
Mussolini
,
che
aveva
fatto
di
lui
,
oscuro
cronista
del
Resto
del
Carlino
,
un
uomo
politico
di
rilievo
prima
nel
Partito
,
quindi
nella
Nazione
.
Che
cosa
sarei
stato
io
diceva
Grandi
-
se
non
ti
avessi
incontrato
?
Nella
più
propizia
delle
ipotesi
un
oscuro
avvocato
di
provincia
.
Sfogliamo
il
fascicolo
che
contiene
documenti
non
destinati
alla
pubblicità
e
quindi
,
si
suppone
,
senza
secondi
fini
.
Dopo
la
Marcia
su
Roma
e
precisamente
nel
marzo
del
1923
viene
chiamato
a
Roma
per
riprendere
l
'
attività
politica
e
in
tale
occasione
così
scrive
al
Duce
:
«
Ti
ringrazio
per
le
tue
parole
che
mi
hanno
ridato
a
un
tratto
tutta
la
mia
vecchia
forza
di
lottare
e
di
lavorare
.
Rimprovero
a
me
stesso
questo
tempo
perduto
a
consumarmi
in
silenzio
sterilmente
.
Nessuno
più
di
me
conosce
e
sa
i
miei
difetti
.
Essi
sono
grandissimi
e
infiniti
.
Ma
tu
che
sei
il
mio
Capo
mi
vedrai
alla
prova
.
Vedrai
di
quale
devozione
e
di
quale
lealtà
sarà
esempio
il
tuo
Dino
Grandi
»
.
Nel
maggio
del
1925
,
Mussolini
chiamò
Dino
Grandi
a
coprire
la
carica
di
Sottosegretario
al
Ministero
degli
Esteri
.
Il
Grandi
aveva
molto
desiderato
questa
nomina
e
non
lo
nasconde
.
In
questi
termini
egli
ringrazia
il
Duce
:
«
Senza
perplessità
e
goffe
modestie
ti
dico
che
la
inaspettata
nomina
mi
ha
molto
lusingato
,
anche
perché
l
'
avermi
tu
prescelto
ad
una
funzione
tanto
importante
mi
permetterà
di
esserti
più
vicino
.
Questa
è
la
massima
ambizione
e
il
maggior
premio
che
io
possa
desiderare
.
Tu
sai
d
'
altra
parte
quanto
illimitata
e
incondizionata
sia
la
mia
fedeltà
e
come
mio
unico
desiderio
sia
quello
di
ubbidirti
.
Fai
perciò
di
me
quello
che
riterrai
più
opportuno
e
più
rispondente
alle
esigenze
del
momento
che
tu
soltanto
sai
e
puoi
valutare
»
.
In
data
14
dicembre
1927
,
indirizzò
un
'
altra
lettera
al
Duce
nella
quale
sono
contenute
le
seguenti
parole
:
«
Qualche
mese
fa
tu
mi
ordinasti
di
riprendere
il
mio
posto
.
L
'
ho
ripreso
.
E
riprendendolo
con
tutta
la
mia
passione
non
ti
ripeto
che
una
assicurazione
che
è
un
giuramento
di
fedeltà
.
Ti
dico
solo
che
la
mia
fedeltà
è
cieca
,
assoluta
e
indistruttibile
.
Essa
è
la
conquista
spirituale
di
un
uomo
di
silenzio
e
di
meditazione
.
Mi
vedrai
alla
prova
»
.
Dopo
avere
diretto
per
molti
anni
il
Ministero
degli
Esteri
,
egli
fu
sostituito
.
Perché
?
Frequentando
assiduamente
Ginevra
,
egli
si
era
alquanto
mimetizzato
in
quel
perfido
ambiente
.
La
sua
linea
era
oramai
"
societaria
"
.
Non
vi
è
dubbio
che
egli
si
era
fatto
un
certo
nome
nel
mondo
internazionale
.
Aveva
visitato
quasi
tutte
le
capitali
europee
,
compresa
Ankara
.
Lo
si
considerava
un
uomo
di
tendenze
democratiche
,
un
uomo
di
destra
nella
politica
estera
del
Fascismo
.
La
linea
del
Governo
,
dopo
il
fallimento
del
patto
a
quattro
,
divergeva
.
Un
giorno
,
egli
fu
sostituito
e
mandato
ambasciatore
a
Londra
.
Si
può
pensare
che
da
quel
giorno
egli
cominciasse
a
covare
un
risentimento
che
lo
avrebbe
portato
lontano
.
Tuttavia
lo
tenne
accuratamente
celato
.
Quando
già
nell
'
aria
si
sentiva
che
qualche
cosa
di
nuovo
maturava
in
terra
d
'
Africa
,
in
data
20
febbraio
1935
,
da
Londra
così
scriveva
:
«
Sono
ritornato
al
mio
posto
di
lavoro
con
una
immagine
dell
'
Italia
fascista
quale
non
avevo
visto
mai
;
la
vera
Italia
del
tuo
tempo
,
che
va
incontro
agli
eventi
misurandoli
freddamente
,
senza
preoccupazioni
da
una
parte
,
senza
manifestazioni
di
isterico
entusiasmo
dall
'
altra
.
Le
cose
che
sono
.
I
Romani
che
se
ne
intendevano
avrebbero
chiamato
questo
il
tempo
della
Fortuna
virile
.
Credo
che
tu
debba
essere
soddisfatto
del
come
l
'
Italia
ha
risposto
al
tuo
ordine
di
marcia
»
.
Di
quando
in
quando
,
l
'
ambasciatore
a
Londra
scende
a
riprendere
contatto
con
la
vita
della
Nazione
e
del
Regime
.
Nessuna
riserva
o
critica
nelle
manifestazioni
destinate
alla
pubblicità
,
nessuna
riserva
nelle
manifestazioni
epistolari
riservate
,
ma
apologia
osannante
di
tutto
.
Nel
febbraio
del
1939
,
visitando
una
caserma
della
Milizia
così
scrive
:
«
L
'
impressione
che
vi
ho
riportata
è
profonda
.
Guidonia
è
il
più
maschio
generatore
di
potenza
per
la
nostra
guerra
di
domani
,
e
,
tra
le
tue
creazioni
,
quella
che
dà
forse
con
più
plastica
evidenza
il
senso
del
Genio
e
della
Potenza
»
.
È
l
'
anno
in
cui
nell
'
Esercito
italiano
si
introduce
,
cominciando
dalla
Milizia
,
il
"
passo
romano
"
di
parata
,
sul
quale
tante
oziose
discussioni
si
fecero
allora
.
Sta
di
fatto
che
l
'
unico
esercito
al
mondo
che
sfilasse
senza
uno
"
stile
"
di
marcia
,
era
l
'
Esercito
italiano
.
Che
il
passo
di
parata
sia
il
coronamento
indispensabile
dell
'
istruzione
in
ordine
chiuso
è
di
tutta
evidenza
e
che
tale
passo
sia
di
una
importanza
educativa
grandissima
è
indiscutibile
.
È
noto
l
'
episodio
di
Waterloo
.
A
un
certo
momento
della
battaglia
,
sorpresi
da
un
violento
fuoco
a
massa
dell
'
artiglieria
francese
,
alcuni
reparti
prussiani
ebbero
un
momento
di
incertezza
.
Blücher
li
fece
ritornare
in
linea
al
"
passo
dell
'
oca
"
e
ripresero
intrepidamente
il
combattimento
.
Quando
in
una
delle
sue
periodiche
visite
a
Roma
,
l
'
ambasciatore
Grandi
ha
l
'
occasione
di
assistere
alle
prime
sfilate
del
"
passo
romano
"
,
egli
ne
resta
semplicemente
elettrizzato
.
Lo
spettatore
si
lascia
trasportare
dall
'
entusiasmo
e
interpreta
dal
punto
di
vista
fonico
e
da
quello
morale
l
'
importanza
del
"
passo
"
con
questo
brano
di
una
lettera
apologetica
indirizzata
a
Mussolini
:
«
La
terra
tremava
sotto
la
picchiata
o
meglio
la
martellata
dei
piedi
dei
legionari
.
Ho
osservato
da
vicino
queste
Camicie
Nere
:
quando
essi
marciano
al
passo
romano
,
i
loro
occhi
sfavillano
,
la
bocca
si
fa
dura
e
lineare
e
la
faccia
acquista
un
senso
nuovo
che
,
non
è
soltanto
il
senso
marziale
,
ma
è
piuttosto
il
senso
di
superbia
soddisfatta
di
un
martellatore
che
spacca
,
che
schiaccia
la
testa
del
suo
nemico
.
Infatti
,
è
dopo
i
primi
10-12
passi
che
la
picchiata
diventa
di
una
potenza
uniformemente
crescente
e
questo
perché
la
eco
della
martellata
nell
'
orecchio
stesso
del
martellatore
vi
raddoppia
la
forza
.
Nella
necessaria
rivoluzione
del
costume
,
che
tu
stai
facendo
,
il
passo
romano
,
è
e
sarà
sempre
più
il
più
potente
strumento
di
pedagogia
fascista
.
Per
questo
mi
domando
se
nel
passo
di
parata
la
musica
non
vi
sia
di
troppo
.
Mentre
il
tamburo
"
sigilla
"
,
la
musica
della
banda
(
non
darmi
del
presuntuoso
per
queste
impressioni
)
crea
delle
diversioni
spirituali
a
tutto
scapito
di
quello
che
deve
essere
ingigantito
dal
silenzio
e
dal
tamburo
,
la
eco
e
la
vibrazione
di
questa
ritmica
potente
collettiva
martellata
di
bronzo
»
.
Erano
quelli
gli
anni
in
cui
il
Partito
si
proponeva
di
"
rivoluzionare
"
il
costume
.
A
tale
scopo
fu
introdotta
la
cerimonia
del
cambio
della
guardia
.
Il
cambio
della
guardia
era
diventato
col
tempo
la
più
sciatta
delle
cerimonie
militari
.
Non
aveva
pubblico
,
perché
non
interessava
nessuno
.
Dopo
avere
migliorato
lo
stile
del
cambio
della
guardia
al
Quirinale
,
facendo
marciare
insieme
alla
guardia
almeno
una
compagnia
con
musica
,
quasi
identica
cerimonia
si
svolgeva
davanti
a
Palazzo
Venezia
,
dinanzi
a
un
pubblico
sempre
più
numeroso
di
Italiani
e
di
stranieri
.
Una
volta
,
Grandi
ha
l
'
occasione
di
assistere
al
cambio
della
guardia
a
Palazzo
Venezia
e
dopo
aver
definito
la
cerimonia
"
superba
e
formidabile
"
così
prosegue
:
«
Quanto
ho
visto
a
Berlino
tempo
fa
,
e
quello
che
vedo
assai
spesso
a
Londra
non
hanno
nulla
a
che
vedere
.
L
'
ordine
chiuso
che
tu
hai
insegnato
ai
tuoi
soldati
è
di
una
originalità
unica
e
superba
.
Quei
tuoi
soldati
stamane
,
del
colore
dell
'
acciaio
,
si
muovevano
con
cuore
,
muscoli
e
tendini
di
acciaio
.
Non
era
il
"
balletto
"
anglo
-
sassone
.
Non
era
la
"
catapulta
"
teutonica
.
Era
un
monoblocco
di
acciaio
,
una
massa
potentemente
pesante
come
quella
tedesca
,
ma
non
tuttavia
di
ghisa
,
bensì
di
metallo
vibrante
.
È
il
più
potente
strumento
di
pedagogia
popolare
che
tu
abbia
creato
»
.
Chi
non
ha
in
questi
ultimi
tempi
gettato
un
sassolino
contro
il
Segretario
Starace
?
Nella
seduta
del
Gran
Consiglio
,
il
Grandi
fu
addirittura
feroce
.
Eppure
nel
1938
,
in
una
lettera
scritta
a
Mussolini
,
dopo
una
visita
alla
Farnesina
,
trova
modo
di
dire
«
che
ivi
Starace
sta
facendo
delle
cose
straordinarie
»
e
annunciando
la
sua
partenza
per
Londra
dichiara
che
eviterà
di
passare
per
la
Francia
,
ma
andrà
via
Germania
perché
,
egli
dice
,
«
in
questi
sette
anni
dacché
sono
a
Londra
,
io
non
mi
sono
mai
,
dico
mai
,
fermato
una
sola
notte
a
Parigi
,
città
che
odio
»
.
All
'
epoca
dell
'
occupazione
dell
'
Albania
,
così
scriveva
da
Londra
:
«
Gli
avvenimenti
di
oggi
mi
hanno
elettrizzato
lo
spirito
.
Tu
,
Duce
,
fai
camminare
la
Rivoluzione
col
moto
fatale
e
spietato
della
trattrice
.
Dopo
la
vendetta
di
Adua
,
la
vendetta
di
Valona
,
il
tuo
collaboratore
fedele
,
il
quale
ha
avuto
il
privilegio
di
essere
stato
,
per
otto
anni
,
testimonio
quotidiano
della
tua
azione
,
sa
che
questa
azione
tu
non
l
'
hai
mollata
mai
,
neppure
per
un
secondo
.
Questa
conquista
fa
dell
'
Adriatico
,
per
la
prima
volta
,
un
mare
militarmente
italiano
e
apre
all
'
Italia
di
Mussolini
le
antiche
strade
delle
conquiste
romane
in
Oriente
»
.
Quando
all
'
atteggiamento
del
conte
Grandi
di
fronte
alla
guerra
attuale
,
esso
fu
,
all
'
inizio
,
di
assoluta
entusiastica
adesione
.
Il
9
agosto
del
1940
presentando
al
Duce
una
copia
fotografica
di
un
suo
articolo
scritto
26
anni
prima
(
dicembre
1914
)
,
dal
quale
risulta
che
le
basi
dell
'
interventismo
del
1914
erano
le
stesse
basi
ideali
e
politiche
dell
'
interventismo
di
25
anni
dopo
,
scrive
:
«
Sin
da
allora
,
sotto
la
tua
guida
,
Duce
,
pensavamo
che
la
guerra
vera
,
la
guerra
rivoluzionaria
dell
'
Italia
,
doveva
ancora
venire
e
sarebbe
stata
la
guerra
futura
,
la
guerra
proletaria
fra
Italia
,
Germania
e
Russia
da
un
lato
,
Francia
e
Inghilterra
dall
'
altro
e
contro
queste
ultime
che
sin
da
allora
dichiaravamo
essere
le
nostre
vere
nemiche
,
anche
se
ci
preparavamo
a
combattere
insieme
ad
esse
»
.
Tornato
definitivamente
da
Londra
dove
in
taluni
circoli
godeva
di
una
certa
considerazione
,
fu
nominato
Guardasigilli
e
come
tale
diede
forte
impulso
al
completamento
dei
Codici
ch
'
egli
volle
chiamati
"
mussoliniani
"
.
Scelto
a
presiedere
la
Camera
dei
Fasci
e
delle
Corporazioni
,
pur
rimanendo
Guardasigilli
,
in
data
27
marzo
XVIII
così
scriveva
al
Duce
:
«
Ti
sono
profondamente
grato
di
quanto
hai
avuto
la
bontà
di
dirmi
stasera
.
Essere
sempre
più
uno
degli
Italiani
nuovi
che
sbalzi
a
martellate
.
Questo
vogliono
la
mia
vita
,
la
mia
fede
,
il
mio
spirito
che
da
25
anni
sono
tuoi
,
del
mio
Duce
»
.
Il
2
dicembre
del
1942
,
il
Duce
parlò
alla
Camera
sulla
situazione
politico
-
militare
.
Presiedeva
Grandi
.
L
'
assemblea
ebbe
una
tonalità
accesa
e
sembrava
denunciare
una
perfetta
unanimità
degli
spiriti
.
All
'
indomani
,
fu
consegnata
al
Duce
una
lettera
firmata
"
una
donna
"
che
così
si
esprimeva
:
«
Voi
avete
accanto
due
o
tre
gerarchi
che
tramano
qualche
cosa
.
Dalla
tribuna
della
stampa
ho
seguito
la
seduta
di
ieri
e
osservato
l
'
atteggiamento
impenetrabile
di
Grandi
.
I
suoi
applausi
erano
di
convenienza
.
È
stato
troppo
tempo
a
Londra
.
Una
che
lo
conosce
vi
dice
:
diffidate
!
»
Il
caso
Grandi
non
è
il
solo
,
è
uno
dei
tanti
,
e
tutti
si
rassomigliano
.
Storicamente
è
accertato
che
nelle
grandi
crisi
i
capi
mollano
o
tradiscono
mentre
i
piccoli
tengono
e
rimangono
fedeli
.
È
,
dunque
,
il
calcolo
(
cioè
l
'
intelligenza
)
che
gioca
nei
primi
,
mentre
nei
secondi
è
la
forza
primigenia
ed
elementare
del
sentimento
che
li
guida
.
Davanti
a
capovolgimenti
spirituali
come
quelli
che
l
'
epistolario
Grandi
documenta
(
e
non
è
che
una
minima
parte
)
,
si
comprende
lo
scetticismo
di
Mussolini
,
dovuto
anche
al
fatto
che
nella
sua
vita
egli
non
ha
mai
avuto
amici
.
È
stato
un
bene
?
Un
male
?
Alla
Maddalena
egli
si
è
posto
il
problema
,
ma
non
lo
ha
risolto
perché
:
«
Bene
o
male
oramai
è
troppo
tardi
.
Vi
è
nel
mondo
biblico
chi
ha
gridato
:
Guai
ai
solitari
e
chi
nel
mondo
del
Rinascimento
ha
proclamato
:
Sii
solo
e
sarai
tutto
tuo
.
Se
oggi
io
avessi
degli
amici
,
dovrebbero
o
potrebbero
"
compatirmi
"
,
cioè
letteralmente
"
patire
con
me
"
.
Non
avendone
,
i
miei
casi
non
escono
dal
cerchio
chiuso
della
mia
vita
»
.
StampaQuotidiana ,
Diversi
anni
fa
una
poverina
,
che
si
firmava
«
Zagara
sicula
»
,
chiese
a
una
rubrica
femminile
come
farsi
il
suo
paltoncino
nuovo
.
«
Nessun
dubbio
,
secondo
l
'
ultimo
Harper
'
s
Bazaar
-
rispose
feroce
Irene
Brin
-
:
Viola
,
e
con
le
frange
d
'
oro
!
»
.
E
qualche
mese
fa
,
a
Ferragosto
,
il
direttore
di
un
rotocalco
romano
,
rimasto
in
città
a
lavorare
,
incontrava
in
piazza
del
Popolo
un
letterato
fra
i
nostri
più
fini
,
che
gli
gridava
desolato
:
«
Abbiamo
sbagliato
!
Sono
'
tutti
'
in
Sardegna
!
»
.
In
quel
momento
,
chi
aveva
lanciato
la
Costa
Smeralda
affollata
di
facoltosi
dopolavoristi
,
stava
probabilmente
facendo
i
suoi
bagni
in
un
'
isoletta
greca
solitaria
;
mentre
le
modiste
che
impongono
«
allunga
!
»
o
«
stringi
!
»
da
una
stagione
all
'
altra
,
si
vestono
poi
come
vogliono
,
in
tutt
'
altri
modi
:
un
po
'
come
il
pastore
maligno
che
indica
il
sentiero
sbagliato
,
come
la
cuoca
malvagia
che
consiglia
:
«
per
far
bene
il
sufflé
?
dentro
la
farina
di
colpo
mentre
s
'
alza
!
»
.
In
letteratura
si
vede
lo
stesso
:
mode
che
si
succedono
con
rapidità
sconcertanti
,
precetti
capovolti
ogni
stagione
.
E
anche
qui
,
da
un
lato
,
personaggi
definibili
(
all
'
americana
)
«
indicatori
di
strade
»
,
cioè
iniziatori
di
voghe
.
Dall
'
altro
,
anime
candide
o
snob
che
li
seguono
,
come
una
tale
signora
inglese
tanto
sfortunata
da
incontrare
in
via
Cimarosa
un
gentiluomo
palermitano
famoso
per
i
suoi
brutti
scherzi
;
e
gli
ha
chiesto
dove
fosse
via
Pergolesi
.
«
Dentro
questo
portone
,
su
quattro
rampe
,
e
giù
in
fondo
-
le
risponde
lui
-
,
sembra
complicato
ma
è
una
scorciatoia
»
.
Lei
si
fida
,
e
si
trova
in
un
appartamento
dove
lui
è
già
lì
pronto
e
la
bastona
,
per
di
più
svillaneggiandola
:
«
brutta
sciocca
,
e
tu
vatti
a
fidare
di
chi
ti
dice
che
per
andare
da
una
via
all
'
altra
bisogna
salire
quattro
rampe
di
scale
!
»
.
Non
bisogna
dunque
dar
retta
agli
agenti
provocatori
?
Sì
,
invece
,
in
un
'
accademia
stagnante
come
la
nostra
società
letteraria
!
Viva
,
sempre
,
i
sobillatori
di
coscienze
!
Come
Pasolini
:
basta
stare
attenti
a
non
cadere
in
tutte
le
imboscate
dove
ci
trascinano
,
e
ce
ne
vorrebbero
cinquanta
come
lui
,
da
accompagnare
nelle
loro
avventure
...
Una
larga
sezione
della
nostra
cultura
gli
ha
deferito
questo
incarico
di
rischiare
,
a
nome
di
tutti
:
perché
è
vero
che
-
soprattutto
letterariamente
-
chi
scandalizza
i
puri
di
cuore
va
sacrificato
a
nome
della
collettività
(
che
è
rimasta
a
casa
,
a
godere
e
soffrire
)
;
però
è
pur
sempre
giusto
(
«
oportet
»
)
che
gli
scandali
avvengano
.
E
come
potremmo
non
entusiasmarci
per
l
'
efferato
virtuosismo
di
un
finto
capro
espiatorio
che
detta
di
anno
in
anno
il
«
compito
a
casa
»
ai
suoi
adepti
-
persecutori
,
li
costringe
all
'
idioma
romanesco
,
li
obbliga
ai
Vangeli
,
li
incatena
a
Freud
oppure
agli
studi
linguistici
,
se
li
tira
dietro
dove
vuole
,
e
finisce
dopo
tutto
canonizzato
in
apoteosi
?
Non
sempre
però
si
cadrà
senza
strillare
in
fondo
alla
trappola
aperta
.
Ultimamente
,
per
esempio
,
Pasolini
ha
dichiarato
in
un
'
intervista
al
«
Giorno
»
e
in
una
conferenza
dell
'
ACI
di
rinnegare
certe
sue
convinzioni
di
ieri
.
Ritiene
«
ancora
possibile
»
il
romanzo
;
non
lo
trova
più
«
esaurito
come
genere
»
;
soprattutto
constatando
l
'
esistenza
di
una
lingua
italiana
media
«
unificata
»
(
e
fino
a
ieri
mancante
)
.
Una
lingua
nazionale
e
non
pseudonazionale
:
basata
non
più
su
riferimenti
al
latino
,
ma
al
linguaggio
tecnologico
dei
politici
e
degli
industriali
;
e
prodotta
non
più
fra
Roma
e
Firenze
,
ma
fra
Milano
e
Torino
.
Parecchi
commentatori
si
sono
già
lamentati
:
che
«
scoperta
»
è
mai
questa
?
«
Ci
troviamo
impegolati
in
un
bel
pasticcio
»
,
scrive
Emanuelli
,
osservando
che
sarà
giusto
abbandonare
«
l
'
italiano
borghese
e
burocratico
»
.
Ma
non
sarà
uno
'
stratagemma
'
questo
«
abbandonare
anche
l
'
italiano
d
'
oggi
scoperto
poco
prima
come
'
lingua
'
nazionale
e
buttarsi
nelle
braccia
del
'
linguaggio
'
tecnologico
?...»
.
Cercando
di
non
franare
nell
'
autobiografia
,
come
lombardo
vorrei
osservare
qui
che
non
mi
sembra
d
'
essermi
mai
sentito
privo
di
uno
strumento
abbastanza
moderno
e
abbastanza
duttile
per
ogni
esigenza
,
che
non
deve
nulla
ai
dialetti
e
può
fare
a
meno
quando
vuole
d
'
ogni
parola
straniera
.
Questa
lingua
esisteva
.
E
forse
si
ha
torto
di
prendere
per
una
constatazione
di
carattere
generale
,
valevole
«
erga
omnes
»
,
quella
che
probabilmente
è
una
esperienza
privata
di
Pasolini
,
simile
alla
«
trouvaille
»
di
chi
arrivando
in
Piemonte
«
scopra
»
l
'
esistenza
del
barolo
e
del
barbera
.
Parlando
da
lettore
di
Saussure
,
poi
,
si
potrebbe
«
lavorare
»
secondo
le
leggi
della
linguistica
il
concetto
di
Emanuelli
:
sostituendo
al
suo
termine
di
«
linguaggio
»
quello
saussuriano
di
«
parola
»
,
per
sottolineare
il
carattere
«
individuale
e
momentaneo
»
della
terminologia
tecnologica
rispetto
alla
«
lingua
»
che
è
per
definizione
un
fatto
«
sociale
nella
sua
essenza
e
indipendente
dall
'
individuo
»
.
Come
lettore
di
Carlo
Dossi
,
infine
,
vorrei
suggerire
che
nelle
«
Note
azzurre
»
esiste
già
perfetta
e
incantevole
la
lingua
«
nazionale
»
secondo
«
questa
nuova
angolazione
linguistica
»
vagamente
nordista
sognata
da
Pasolini
.
Manca
qualche
stilema
olivettiano
o
moroteo
,
pazienza
.
Ma
è
uno
strumento
affascinante
ai
fini
della
narrativa
più
«
moderna
»
di
oggi
:
quella
delle
«
Note
azzurre
»
stesse
.
Cioè
un
romanzo
che
vede
la
realtà
per
elenchi
e
la
cultura
per
analogie
,
fa
i
suoi
usi
giusti
sia
dell
'
ironia
sia
dell
'
Inghilterra
,
sia
del
plurilinguismo
,
ed
è
talmente
aperto
che
si
può
cominciare
a
leggere
in
ogni
pagina
.
StampaQuotidiana ,
L
'
istigatore
della
strage
di
Sharon
Tate
,
Charles
Manson
,
condannato
in
questi
giorni
a
morte
da
un
tribunale
americano
,
si
è
costantemente
presentato
al
pubblico
e
ai
suoi
giudici
come
il
profeta
di
una
nuova
fede
.
«
Se
Dio
è
uno
,
che
cosa
è
male
?
»
,
aveva
detto
in
un
'
intervista
:
intendendo
che
,
se
il
male
non
c
'
è
,
non
si
può
né
giudicarlo
né
punirlo
.
È
questa
certo
la
parodia
di
una
vecchia
tesi
teologica
sul
problema
del
male
,
una
parodia
che
potrebbe
facilmente
capovolgersi
contro
chi
la
propone
:
perché
,
se
il
male
non
c
'
è
,
non
è
un
male
neppure
la
condanna
di
Manson
.
Ma
anche
Manson
ha
i
suoi
seguaci
;
ed
hanno
i
loro
seguaci
gl
'
innumerevoli
profeti
che
spuntano
da
ogni
parte
,
fondano
sètte
,
raccolgono
denaro
e
talvolta
commettono
crimini
in
nome
della
loro
fede
.
Le
loro
voci
sono
così
disparate
e
contrastanti
da
formare
una
cacofonia
indecifrabile
.
Alcuni
riecheggiano
credenze
e
dottrine
antichissime
:
l
'
induismo
,
il
buddismo
,
la
magia
,
la
stregoneria
.
Altri
si
presentano
come
riformatori
o
rinnovatori
del
cristianesimo
o
di
qualche
sua
particolare
confessione
.
Altri
ancora
si
fanno
banditori
di
un
paradiso
terrestre
che
si
può
raggiungere
con
la
violenza
o
la
droga
.
Il
successo
di
questi
profeti
,
che
è
maggiore
nelle
società
tecnologicamente
avanzate
,
è
in
realtà
l
'
indice
di
un
malessere
diffuso
e
di
un
'
aspirazione
inappagata
.
Molti
oggi
cercano
la
fede
,
ma
pochi
la
trovano
.
La
cercano
,
perché
essa
appare
come
la
via
d
'
uscita
dalle
angosce
,
dai
timori
,
dalle
tensioni
della
vita
contemporanea
,
come
il
porto
sicuro
tra
le
tempeste
che
imperversano
.
Ma
non
si
sa
a
che
cosa
ancorarla
.
I
porti
e
gli
approdi
familiari
,
cui
le
vecchie
tradizioni
la
indirizzavano
,
non
sembrano
più
al
riparo
dalle
tempeste
:
lo
stesso
sforzo
di
rammodernarne
o
rafforzarne
le
attrezzature
dimostra
la
perdita
della
sicurezza
che
essi
un
tempo
riuscivano
a
dare
.
Ma
,
dall
'
altro
lato
,
non
si
può
credere
,
se
non
si
sa
a
che
cosa
credere
.
E
il
profeta
,
per
quanto
rozzo
o
maligno
sia
il
suo
messaggio
,
offre
,
al
bisogno
della
fede
,
un
appiglio
o
un
'
occasione
,
un
contenuto
intorno
a
cui
concretarsi
:
un
contenuto
che
si
accetta
tanto
più
volentieri
quanto
più
promette
e
meno
esige
,
quanto
più
fa
leva
sulla
debolezza
,
anziché
sulla
forza
,
dell
'
uomo
.
Se
si
volesse
cogliere
il
tratto
che
accomuna
le
fedi
disparate
che
vengono
proposte
all
'
attenzione
dei
contemporanei
,
si
potrebbe
vederlo
nella
divinizzazione
dell
'
uomo
.
Nello
stesso
ambito
del
cristianesimo
,
si
insiste
sempre
meno
sulla
trascendenza
di
Dio
.
Per
i
«
nuovi
teologi
»
,
Cristo
non
è
il
Figlio
di
Dio
che
si
è
assunto
il
compito
di
riportare
l
'
uomo
alla
divinità
,
ma
il
Figlio
dell
'
Uomo
che
si
è
assunto
il
compito
di
portare
la
divinità
all
'
uomo
.
Da
questo
punto
di
vista
,
la
divinità
vive
nell
'
uomo
e
si
realizza
nella
sua
storia
.
Ma
se
è
così
,
tutto
ciò
che
è
umano
è
divino
.
È
divino
,
soprattutto
,
ciò
che
ogni
uomo
più
intimamente
e
profondamente
desidera
:
la
soddisfazione
e
il
piacere
immediato
,
la
liberazione
da
controlli
e
da
vincoli
,
il
gioco
delle
sue
attività
e
dei
suoi
poteri
senza
impedimenti
o
repressioni
,
la
liberazione
da
ogni
senso
di
colpa
.
L
'
uomo
divinizzato
non
può
amare
la
ragione
,
ma
solo
l
'
istinto
,
il
sentimento
,
l
'
immaginazione
creativa
,
che
lo
fanno
sentire
libero
da
limiti
e
costrizioni
e
gli
consentono
di
trasformare
l
'
intera
sua
vita
in
un
gioco
.
Danzare
,
giocare
,
godere
,
questo
è
il
destino
dell
'
uomo
,
il
paradiso
terrestre
cui
la
sua
natura
lo
indirizza
.
Ma
istinto
,
sentimento
,
fantasia
appartengono
al
mondo
privato
dell
'
individuo
,
alla
sua
coscienza
interiore
.
A
differenza
della
ragione
che
è
obbiettiva
,
comune
a
tutti
gli
uomini
,
pubblica
,
essi
rinchiudono
l
'
individuo
in
se
stesso
.
Il
piacere
di
un
altro
non
è
il
mio
piacere
,
il
mio
mondo
fantastico
mi
esclude
dagli
altri
e
può
essere
agli
altri
comunicato
solo
attraverso
parole
o
segni
,
che
sono
essi
stessi
inutili
e
defatiganti
artifici
.
La
condanna
della
ragione
ha
,
come
sua
conseguenza
,
un
individualismo
estremo
,
una
rinuncia
preliminare
e
totale
,
anche
se
non
dichiarata
,
alla
realtà
degli
altri
uomini
.
Questi
diventano
solo
immagini
o
fantasmi
del
mio
sogno
privato
,
oggetti
e
strumenti
del
mio
desiderio
o
attrezzi
del
mio
gioco
.
Spesso
i
filosofi
hanno
paragonato
la
vita
ad
un
sogno
:
ma
se
la
vita
è
veramente
tale
,
perché
non
rendere
più
attraente
il
sogno
con
la
droga
?
E
che
differenza
porre
tra
il
«
mondo
normale
»
in
cui
crediamo
abitualmente
di
vivere
e
quello
che
chiamiamo
«
anormale
»
del
paranoico
?
Questi
temi
ricorrono
frequentemente
in
tutte
le
voci
profetiche
del
nostro
tempo
che
amano
decorarsi
come
«
nuove
»
:
la
nuova
politica
,
la
nuova
teologia
,
la
nuova
sociologia
,
la
nuova
psicologia
,
la
nuova
psichiatria
.
Esse
si
prestano
a
formulare
facili
slogans
e
giudizi
inappellabili
;
si
prestano
a
condannare
in
blocco
il
patrimonio
culturale
acquisito
dal
genere
umano
negli
ultimi
secoli
,
e
la
società
che
lo
incorpora
,
e
ad
alimentare
la
fede
nell
'
avvento
imminente
di
un
nuovo
paradiso
terrestre
.
Anzi
,
per
molte
di
queste
voci
,
il
paradiso
non
è
imminente
,
è
già
presente
nell
'
uomo
e
alla
portata
della
sua
mano
:
può
afferrarlo
quando
vuole
.
Ma
questa
fede
suppone
che
l
'
uomo
possa
e
debba
far
tutto
ciò
che
gli
piace
:
che
l
'
uomo
sia
la
divinità
stessa
o
che
la
divinità
si
identifichi
con
il
mondo
privato
dei
suoi
desideri
.
E
fin
qui
tutto
ha
una
certa
logica
,
come
d
'
altronde
ha
la
sua
logica
e
la
sua
coerenza
il
mondo
del
paranoico
.
Le
difficoltà
insorgono
quando
si
tratta
di
comprendere
o
almeno
di
dar
conto
dei
rapporti
tra
gli
uomini
.
Esistono
veramente
altri
uomini
,
come
realtà
autentiche
,
allo
stesso
titolo
in
cui
esisto
io
stesso
?
Se
io
sono
istinto
,
sentimento
,
fantasia
,
gli
altri
uomini
sono
soltanto
strumenti
del
mio
piacere
o
fantasmi
della
mia
immaginazione
.
In
tal
caso
le
loro
sofferenze
,
le
loro
miserie
,
le
ingiustizie
o
i
mali
di
cui
sono
vittime
,
fanno
parte
anch
'
esse
del
mio
mondo
privato
:
sono
angosce
di
cui
posso
liberarmi
con
l
'
immaginazione
o
con
la
droga
o
lo
sfondo
oscuro
su
cui
posso
proiettare
il
mio
libero
gioco
.
Se
invece
esistono
,
e
sono
anch
'
essi
,
come
me
,
istinto
,
sentimento
e
immaginazione
,
i
mali
di
cui
soffrono
sono
inerenti
al
mondo
privato
di
ciascuno
,
riguardano
loro
e
non
me
:
essi
li
creano
,
creando
il
loro
mondo
,
come
io
creo
il
mio
.
Nell
'
un
caso
e
nell
'
altro
,
i
motivi
di
critica
della
società
attuale
,
che
dànno
lo
spunto
a
queste
nuove
forme
di
profezia
,
sono
semplici
pretesti
.
Perché
preoccuparsi
della
guerra
,
della
violenza
,
della
delinquenza
,
del
deterioramento
dell
'
ambiente
naturale
,
della
pazzia
,
delle
ingiustizie
sociali
,
se
tutto
ciò
appartiene
a
una
realtà
artificiosa
e
falsificata
dalla
ragione
e
dalla
scienza
,
che
non
tocca
o
diminuisce
la
potenza
creativa
di
cui
ciascun
individuo
è
naturalmente
in
possesso
?
Perché
parlare
di
amore
,
di
fraternità
,
di
uguaglianza
,
se
ciascun
essere
umano
ha
a
sua
disposizione
lo
strumento
per
raggiungere
il
suo
paradiso
privato
?
E
come
può
la
società
,
nel
suo
insieme
,
essere
un
male
o
generare
il
male
,
se
essa
stessa
non
è
che
il
fantasma
di
un
sogno
?
Comunque
si
atteggi
,
la
nuova
profezia
,
che
divinizza
l
'
uomo
,
disprezza
la
realtà
,
volta
le
spalle
alla
ragione
e
abolisce
ogni
regola
di
misura
,
è
l
'
evasione
nel
sogno
dell
'
individualità
isolata
che
crede
di
essere
Dio
.
Se
la
realtà
è
sogno
o
se
il
male
non
c
'
è
,
è
inutile
affaticarsi
e
combattere
.
Nessuno
ha
colpa
di
nulla
.
E
la
colpa
stessa
,
a
chiunque
attribuita
o
da
chiunque
sentita
,
è
un
prodotto
dell
'
immaginazione
.
Ma
non
è
tutto
questo
un
semplice
armamentario
per
sfuggire
proprio
al
senso
di
colpa
?
E
non
è
un
armamentario
fittizio
,
che
lascia
le
cose
come
sono
,
trascurando
i
fatti
e
i
problemi
,
e
si
rifugia
in
una
fede
impossibile
?
StampaQuotidiana ,
Quando
si
è
dinanzi
a
fenomeni
storici
di
vasta
portata
,
come
una
guerra
o
una
rivoluzione
,
-
la
ricerca
delle
cause
prime
è
straordinariamente
difficile
.
Soprattutto
è
difficile
fissare
,
nel
tempo
,
l
'
origine
degli
avvenimenti
.
Si
corre
il
rischio
,
risalendo
nei
secoli
,
di
arrivare
alla
preistoria
,
poiché
causa
ed
effetto
si
condizionano
e
si
rincorrono
a
vicenda
.
Per
evitare
questo
è
necessario
stabilire
un
punto
di
partenza
:
un
atto
di
nascita
.
La
prima
manifestazione
del
Fascismo
risale
agli
anni
1914-1915
,
all
'
epoca
della
prima
guerra
mondiale
,
quando
i
"
Fasci
di
Azione
Rivoluzionaria
"
imposero
l
'
intervento
.
Rinascono
il
23
marzo
1919
come
"
Fasci
di
Combattimento
"
.
Tre
anni
dopo
,
la
Marcia
su
Roma
.
Dal
28
ottobre
del
1922
bisogna
partire
,
quando
si
voglia
esaminare
il
ventennio
del
regime
sino
al
luglio
del
1943
e
rintracciare
le
cause
prime
del
colpo
di
Stato
.
Che
cosa
fu
la
Marcia
su
Roma
?
Una
semplice
crisi
di
Governo
,
un
normale
cambiamento
di
Ministeri
?
No
.
Fu
qualche
cosa
di
più
.
Fu
una
insurrezione
?
Sì
.
Durata
,
con
varie
alternative
,
circa
due
anni
.
Sboccò
questa
insurrezione
in
una
rivoluzione
?
No
.
Premesso
che
una
rivoluzione
si
ha
quando
si
cambia
con
la
forza
non
il
solo
sistema
di
governo
,
ma
la
forma
istituzionale
dello
Stato
,
bisogna
riconoscere
che
da
questo
punto
di
vista
il
Fascismo
non
fece
nell
'
ottobre
del
1922
una
rivoluzione
.
C
'
era
una
monarchia
prima
,
e
una
monarchia
rimase
dopo
.
Mussolini
una
volta
disse
che
quando
nel
pomeriggio
del
31
ottobre
le
Camicie
Nere
marciarono
per
le
vie
di
Roma
,
fra
il
giubilo
acclamante
del
popolo
,
vi
fu
un
piccolo
errore
nel
determinare
l
'
itinerario
:
invece
di
passare
davanti
al
Palazzo
del
Quirinale
,
sarebbe
stato
meglio
penetrarvi
dentro
.
Non
lo
si
pensò
perché
in
quel
momento
tale
proposito
sarebbe
apparso
a
chiunque
inattuale
e
assurdo
.
Come
attaccare
la
monarchia
che
invece
di
sbarrare
le
porte
le
aveva
spalancate
?
Il
re
aveva
effettivamente
revocato
lo
stato
d
'
assedio
proclamato
all
'
ultima
ora
da
Facta
;
non
aveva
ascoltato
le
suggestioni
del
Maresciallo
Badoglio
o
quelle
che
gli
erano
state
attribuite
e
che
provocarono
una
molto
violenta
nota
del
Popolo
d
'
Italia
;
aveva
dato
a
Mussolini
l
'
incarico
di
comporre
un
Ministero
,
il
quale
fatta
esclusione
delle
sinistre
incapsulate
nella
pregiudiziale
antifascista
nasceva
sotto
i
segni
della
rivendicata
vittoria
e
della
concordia
nazionale
.
Un
improvviso
obiettivo
di
carattere
repubblicano
dato
alla
Marcia
avrebbe
complicato
le
cose
.
C
'
era
stato
il
discorso
di
Udine
del
settembre
1922
che
aveva
accantonato
la
tendenzialità
repubblicana
,
ma
già
dagli
inizi
del
movimento
la
posizione
del
Fascismo
di
fronte
alla
forma
delle
istituzioni
politiche
dello
Stato
era
stata
fissata
nella
dichiarazione
programmatica
del
primo
Comitato
centrale
dei
Fasci
italiani
di
Combattimento
nell
'
anno
1919
con
sede
in
via
Paolo
da
Cannobio
37
.
Tale
programma
,
al
comma
D
,
proponeva
la
«
convocazione
di
una
Assemblea
nazionale
per
la
durata
di
tre
anni
,
il
cui
primo
compito
sia
quello
di
stabilire
la
forma
dicostituzione
dello
Stato
»
.
Non
c
'
era
dunque
alcuna
formulazione
o
pregiudiziale
repubblicana
.
Un
anno
dopo
,
nell
'
adunata
nazionale
tenutasi
nel
ridotto
del
teatro
Lirico
di
Milano
nei
giorni
24
e
25
maggio
del
1920
,
alcuni
principi
orientatori
dell
'
azione
fascista
venivano
formulati
.
Essi
sono
condensati
nell
'
opuscolo
:
Orientamenti
tecnici
e
postulati
pratici
del
Fascismo
(
sede
centrale
in
via
Monte
di
Pietà
)
,
dove
,
dopo
avere
dichiarato
che
i
Fasci
di
Combattimento
«
non
si
opponevano
al
socialismo
in
sé
e
per
sé
dottrina
e
movimento
discutibili
ma
si
opponevano
alle
due
degenerazioni
teoriche
e
pratiche
,
che
si
riassumono
nella
parola
bolscevismo
»
passando
al
problema
del
regime
politico
,
in
questi
precisi
termini
si
esprimeva
:
«
Per
i
Fasci
di
Combattimento
la
questione
del
regime
è
subordinata
agli
interessi
morali
e
materiali
,
presenti
e
futuri
della
Nazione
,
intesa
nella
sua
realtà
e
nel
suo
divenire
storico
;
per
questo
essi
non
hanno
pregiudiziali
pro
o
contro
le
attuali
istituzioni
.
Ciò
non
autorizza
alcuno
a
considerare
i
Fasci
monarchici
,
né
dinastici
.
Se
per
tutelare
gli
interessi
della
Nazione
e
garantirne
l
'
avvenire
si
appalesa
necessario
un
cambiamento
di
regime
,
i
fascisti
si
appronteranno
a
questa
eventualità
,
ma
ciò
non
in
base
agli
immortali
principi
,
bensì
in
base
a
valutazioni
concrete
di
fatto
.
Non
tutti
i
regimi
sono
adatti
per
tutti
i
popoli
.
Non
tutte
le
teste
sono
adatte
per
il
berretto
frigio
.
A
un
dato
popolo
si
confà
un
dato
regime
.
Un
regime
può
svuotarsi
di
tutto
il
suo
contenuto
antiquato
e
democratizzarsi
come
in
Inghilterra
.
Ci
possono
essere
,
invece
,
e
ci
sono
delle
Repubbliche
ferocemente
aristocratiche
,
come
la
Russia
dei
cosiddetti
Sovieti
.
Oggi
i
fascisti
non
si
ritengono
affatto
legati
alle
sorti
delle
attuali
istituzioni
politiche
monarchiche
»
.
Come
si
vede
anche
nella
dichiarazione
del
1920
l
'
atteggiamento
del
Fascismo
potrebbe
chiamarsi
«
pragmatistico
»
.
Né
questo
atteggiamento
sostanzialmente
mutò
durante
gli
anni
1921-1922
.
Nel
momento
della
insurrezione
,
la
repubblica
,
come
dottrina
o
come
istituto
,
non
era
presente
all
'
animo
del
popolo
.
Dopo
la
morte
di
Giuseppe
Mazzini
e
dei
suoi
compagni
di
apostolato
l
'
ultimo
,
Aurelio
Saffi
,
morì
nel
1890
il
partito
repubblicano
visse
sulle
«
sante
memorie
»
,
soffocato
dalla
realtà
monarchica
e
premuto
dalle
nuove
dottrine
socialistiche
.
Tre
uomini
si
stagliano
dal
grigiore
collettivo
di
questo
crepuscolo
:
Dario
Papa
,
Giovanni
Bovio
e
Arcangelo
Ghisleri
,
quest
'
ultimo
di
una
intransigentissima
adamantina
fede
,
per
cui
non
volle
mai
essere
deputato
per
non
dover
giurare
.
Ma
gli
altri
esponenti
del
partito
si
erano
mimetizzati
attraverso
l
'
elemento
corruttore
per
eccellenza
,
che
è
il
parlamento
con
le
forme
monarchiche
,
sino
,
durante
la
guerra
,
ad
assumere
responsabilità
ministeriali
.
Questo
tipo
di
repubblicanesimo
demo
-
massonico
era
rappresentato
dall
'
ebreo
Salvatore
Barzilai
.
Si
può
affermare
che
monarchia
da
una
parte
e
massoneria
dall
'
altra
avevano
praticamente
svirilizzato
l
'
idea
e
il
partito
.
D
'
altra
parte
con
la
guerra
del
1915-18
,
con
la
liberazione
di
Trento
e
Trieste
,
il
compito
storico
del
partito
poteva
considerarsi
esaurito
.
Il
sogno
di
un
secolo
di
sacrifici
,
di
martiri
,
di
battaglie
era
stato
realizzato
.
Il
merito
di
avere
per
tanti
decenni
tenuta
accesa
questa
fiaccola
spetta
incontestabilmente
al
partito
repubblicano
.
Nel
dopoguerra
,
fatta
esclusione
della
«
parata
»
rossa
alla
riapertura
della
prima
Camera
eletta
nel
novembre
del
1919
,
nessuno
parlò
più
di
repubblica
,
nemmeno
fra
le
sinistre
.
Dal
giorno
in
cui
il
re
fece
a
Turati
l
'
"
onore
"
di
chiamarlo
a
conferire
al
Quirinale
e
Turati
vi
andò
,
sia
pure
in
cappello
a
cencio
e
giacca
,
parlare
di
repubblica
in
Italia
dove
la
monarchia
aveva
associato
il
suo
nome
alla
vittoria
sembrava
un
anacronismo
.
Dei
quadrumviri
uno
era
intransigentemente
monarchico
e
savoiardo
,
il
De
Vecchi
;
non
meno
,
in
fondo
,
monarchico
era
il
De
Bono
;
solo
Italo
Balbo
aveva
avuto
trascorsi
repubblicani
nella
sua
gioventù
,
mentre
Michele
Bianchi
il
cervello
"
politico
"
della
squadra
venuto
al
Fascismo
dalla
esperienza
sindacalistica
considerava
anch
'
egli
inattuale
il
problema
istituzionale
italiano
.
Date
queste
condizioni
storiche
e
politiche
contingenti
,
la
Marcia
su
Roma
non
poteva
instaurare
la
repubblica
,
alla
quale
il
popolo
era
completamente
impreparato
,
mentre
il
tentativo
di
realizzare
tale
istituto
fuori
tempo
avrebbe
probabilmente
complicato
,
se
non
pregiudicato
,
le
sorti
del
movimento
insurrezionale
.
La
monarchia
rimase
ma
il
Fascismo
sentì
quasi
immediatamente
il
bisogno
di
crearsi
istituti
suoi
propri
come
il
Gran
Consiglio
e
la
Milizia
Volontaria
per
la
Sicurezza
Nazionale
.
Nella
riunione
tenutasi
al
Grande
Albergo
di
Roma
nel
gennaio
del
1923
non
soltanto
nacquero
il
Gran
Consiglio
e
la
Milizia
,
ma
ebbe
inizio
un
sistema
politico
che
può
chiamarsi
"
diarchia
"
,
il
governo
in
due
,
il
"
doppio
comando
"
.
Mussolini
,
che
talvolta
è
un
terribile
umorista
senza
saperlo
,
disse
che
il
sistema
era
quello
della
stanza
matrimoniale
con
letti
separati
,
pessima
situazione
secondo
quanto
affermava
nella
sua
Fisiologia
del
matrimonio
Onorato
Balzac
.
A
poco
a
poco
la
diarchia
prese
un
carattere
sempre
più
definito
,
anche
se
non
sempre
fissato
in
leggi
speciali
.
Al
culmine
c
'
era
il
re
e
il
Duce
,
e
quando
le
truppe
schierate
salutavano
alla
voce
lo
facevano
per
l
'
uno
e
per
l
'
altro
.
Vi
fu
un
momento
in
cui
,
dopo
la
conquista
dell
'
Impero
,
il
generale
Baistrocchi
,
cedendo
alla
sua
vulcanica
esuberanza
,
faceva
ripetere
tre
volte
il
saluto
,
sino
a
quando
Mussolini
lo
invitò
a
non
introdurre
le
"
litanie
"
nei
reggimenti
.
Accanto
all
'
Esercito
che
obbediva
prevalentemente
al
re
,
c
'
era
la
Milizia
che
obbediva
prevalentemente
al
Duce
.
Il
re
aveva
una
guardia
del
corpo
,
composta
di
carabinieri
con
una
speciale
statura
,
e
un
giorno
Gino
Calza
-
Bini
,
creò
,
coi
"
Moschettieri
"
,
la
guardia
personale
del
Duce
.
Il
Consiglio
dei
ministri
discendeva
dallo
Statuto
,
ma
il
Gran
Consiglio
lo
precedeva
in
importanza
perché
proveniva
dalla
rivoluzione
.
L
'
inno
"
Giovinezza
"
,
marziale
e
impetuoso
,
si
appaiava
nelle
cerimonie
alla
marcia
reale
di
Gabetti
,
chiassosa
e
prolissa
,
che
poteva
essere
suonata
,
come
il
"
moto
perpetuo
"
,
a
consumazione
degli
esecutori
e
degli
ascoltatori
.
Per
evitare
la
noia
di
una
eccessivamente
lunga
ascoltazione
,
venivano
suonate
dell
'
uno
e
dell
'
altro
inno
soltanto
le
prime
battute
.
Anche
il
saluto
militare
non
sfuggì
al
sistema
della
diarchia
:
il
vecchio
saluto
fu
conservato
col
copricapo
;
il
saluto
romano
o
fascista
,
senza
berretto
(
come
se
nel
frattempo
le
teste
fossero
cambiate
!
)
.
Delle
tre
Forze
armate
la
più
realista
era
l
'
Esercito
,
seguiva
la
Marina
,
specie
nello
Stato
maggiore
,
solo
l
'
Aviazione
ostentava
i
segni
del
Littorio
,
sotto
i
quali
era
nata
o
almeno
rinata
.
Nell
'
Esercito
vi
era
un
'
arma
che
aveva
sopra
tutte
carattere
esclusivamente
dinastico
:
l
'
arma
dei
carabinieri
.
Era
questa
l
'
arma
del
re
.
Anche
qui
il
Fascismo
cercò
di
organizzare
una
polizia
che
desse
garanzie
dal
punto
di
vista
politico
e
vi
aggiunse
un
'
organizzazione
segreta
:
l
'
Ovra
.
Ma
la
dinastia
aveva
anch
'
essa
una
sua
polizia
e
un
servizio
di
informazioni
dall
'
interno
che
nelle
provincie
veniva
assolto
da
vecchi
funzionari
civili
o
militari
collocati
in
pensione
.
Che
la
monarchia
avesse
,
oltre
a
quella
del
Governo
,
una
sua
diplomazia
,
è
certo
:
non
solo
attraverso
i
diplomatici
che
si
recavano
sempre
a
conferire
al
Quirinale
quando
tornavano
a
Roma
,
ma
anche
attraverso
le
parentele
delle
famiglie
principesche
o
reali
o
attraverso
quella
che
una
volta
era
la
assai
numerosa
e
potente
"
internazionale
"
dei
re
,
oggi
ridotta
a
un
circolo
di
poche
larve
spettrali
.
Nessun
dubbio
che
il
corpo
di
stato
maggiore
dell
'
Esercito
fosse
soprattutto
"
regio
"
;
esso
formava
una
specie
di
casta
molto
circoscritta
se
non
completamente
chiusa
,
sulla
quale
la
dinastia
faceva
assegnamento
in
modo
assoluto
.
Se
la
Camera
appariva
un
'
emanazione
del
Partito
e
rappresentante
specifica
del
Regime
,
il
Senato
sottolineava
invece
il
suo
lealismo
dinastico
,
e
per
il
fatto
della
nomina
regia
e
per
la
sua
stessa
composizione
.
Il
numero
dei
generali
,
degli
ammiragli
,
dei
nominati
per
censo
era
sempre
imponente
.
Il
Senato
costituiva
quindi
,
più
che
una
forza
materiale
,
una
riserva
politico
-
morale
in
favore
della
dinastia
.
Tutta
l
'
aristocrazia
italiana
,
prima
la
bianca
,
poi
,
dopo
la
Conciliazione
,
anche
la
nera
,
costituiva
un
'
altra
forza
monarchica
.
Definita
la
questione
romana
,
la
curia
e
il
clero
entrarono
nell
'
orbita
regia
,
cosicché
nelle
cerimonie
religiose
era
di
prescrizione
la
preghiera
per
il
re
.
La
grossa
borghesia
,
industriali
,
agrari
,
banchieri
pur
non
esponendosi
in
prima
linea
,
marciava
anch
'
essa
sotto
le
insegne
regie
.
La
massoneria
considerava
il
re
come
uno
dei
"
fratelli
onorari
"
.
Il
giudaismo
del
pari
.
Precettore
del
principe
era
stato
l
'
ebreo
professore
Polacco
.
Perché
il
sistema
della
"
diarchia
"
a
base
di
"
parallele
"
funzionasse
,
occorreva
che
le
parallele
non
cessassero
di
essere
tali
.
Per
tutto
il
1923
,
l
'
anno
dei
"
pieni
poteri
"
,
non
ci
furono
grandi
novità
,
meno
il
grosso
incidente
di
Corfù
che
fu
in
sede
ginevrina
composto
con
piena
soddisfazione
del
Governo
italiano
.
Anno
di
crisi
seria
fu
,
invece
,
il
1924
.
Il
Regime
dovette
fronteggiare
le
conseguenze
di
un
delitto
che
prescindendo
da
ogni
altra
considerazione
era
per
il
modo
e
per
il
tempo
politicamente
sbagliato
.
La
pressione
dell
'
Aventino
sul
re
e
sui
circoli
vicini
nell
'
estate
del
1924
fu
assai
forte
.
Si
ebbero
passi
"
formali
"
al
Quirinale
da
parte
delle
opposizioni
.
Il
re
diede
qualche
assicurazione
generica
sul
terreno
propriamente
penale
,
ma
esitò
a
seguire
gli
aventiniani
sul
terreno
delle
responsabilità
politiche
.
Anche
il
famoso
memoriale
di
Cesare
Rossi
verso
la
fine
di
dicembre
,
pubblicato
per
iniziativa
del
Governo
in
anticipo
sugli
avversari
,
non
fece
una
impressione
eccessiva
sul
re
.
Oramai
gli
avversari
del
Fascismo
si
erano
imbottigliati
in
una
questione
morale
senza
vie
di
uscita
e
anche
,
esiliandosi
,
avevano
liberato
il
terreno
sul
quale
al
momento
prescelto
si
sarebbe
sferrato
il
contrattacco
del
Regime
.
Il
che
accadde
col
discorso
del
3
gennaio
1925
e
con
le
misure
prese
nelle
48
ore
successive
.
Mentre
il
re
aveva
resistito
con
abbastanza
decisione
alle
manovre
aventiniane
nella
seconda
metà
del
1924
anche
quando
più
o
meno
direttamente
era
stato
chiamato
in
gioco
non
apparve
invece
molto
soddisfatto
dall
'
azione
del
3
gennaio
,
attraverso
la
quale
,
con
la
soppressione
di
tutti
i
partiti
,
si
gettavano
le
basi
dello
Stato
totalitario
.
Fu
quello
il
primo
"
scontro
"
della
diarchia
.
Il
re
sentì
che
da
quel
giorno
la
monarchia
cessava
di
essere
costituzionale
nel
senso
parlamentare
della
parola
.
Non
vi
era
più
alcuna
possibilità
di
scelta
.
Il
gioco
dei
partiti
e
la
loro
alternanza
al
potere
finivano
.
La
funzione
della
monarchia
si
illanguidiva
.
Le
ricorrenti
crisi
ministeriali
,
insieme
con
le
grandi
calamità
nazionali
e
gli
auguri
di
capo
d
'
anno
,
poi
aboliti
,
erano
le
sole
occasioni
nelle
quali
il
re
faceva
qualche
cosa
che
lo
ricordasse
agli
Italiani
,
non
solo
come
collezionista
di
vecchie
monete
,
diligente
sino
al
fanatismo
.
Durante
una
crisi
ministeriale
la
sfilata
dei
papabili
al
Quirinale
era
un
avvenimento
,
al
centro
del
quale
stava
il
re
.
Dal
1925
,
tutto
ciò
finiva
.
Da
quell
'
anno
in
poi
,
il
cambio
dei
dirigenti
avrebbe
rivestito
il
carattere
di
un
movimento
di
ordine
interno
nell
'
ambito
del
Partito
.
Il
1925
fu
l
'
anno
delle
leggi
eccezionali
.
Il
1926
fu
quello
delle
leggi
costruttive
sul
piano
sociale
.
Ma
verso
il
novembre
la
Camera
che
si
chiamava
oramai
fascista
espulse
dal
suo
seno
colpevoli
di
decadenza
-
i
fuggiaschi
dell
'
Aventino
.
Anche
questo
inasprimento
in
senso
totalitario
della
politica
del
Regime
non
passò
inosservato
negli
ambienti
di
Corte
.
Da
quel
momento
si
cominciò
a
parlare
di
una
monarchia
prigioniera
del
Partito
,
e
si
compassionò
il
re
,
oramai
relegato
al
secondo
piano
,
di
fronte
al
Duce
.
Tuttavia
il
biennio
1925-26
trascorse
tranquillo
.