StampaQuotidiana ,
Nell
'
impubertà
,
avevo
due
spaventi
mitologici
:
quello
di
essere
sepolto
vivo
,
e
quello
di
essere
accusato
innocente
.
La
seconda
cosa
mi
è
tanto
accaduta
che
è
successo
l
'
incredibile
:
mi
ci
sono
abituato
.
Ora
sono
accusato
innocente
su
questioni
linguistiche
.
Per
fortuna
ho
un
alibi
,
come
si
dice
,
di
ferro
:
la
pubblicazione
delle
«
Nuove
questioni
linguistiche
»
per
intero
,
sulla
rivista
«
Rinascita
»
(
sabato
26
dicembre
1964
)
.
Del
resto
ho
anche
testimoni
che
mi
hanno
sentito
elogiare
con
fermezza
il
sublime
riassuntino
di
quella
mia
conferenza
,
sul
«
Corriere
della
Sera
»
.
Enrico
Emanuelli
-
che
,
dalle
colonne
del
«
Corriere
della
Sera
»
,
mi
«
accusa
innocente
»
-
poteva
fidarsi
più
di
quel
sublime
riassuntino
che
dell
'
intervista
sul
«
Giorno
»
nel
corso
della
quale
,
con
impeto
e
toni
colloquiali
,
ho
sfiorato
tanti
altri
problemi
oltre
a
quelli
linguistici
.
Lo
stesso
Arbasino
,
quel
caro
pazzo
,
mi
ha
capito
male
.
Sì
,
capito
male
,
capito
male
:
proprio
come
un
ascoltatore
che
ascolta
un
conferenziere
noioso
.
(
Ma
se
avesse
dato
un
'
occhiata
ai
testi
di
Marx
e
Lenin
almeno
una
volta
nella
sua
vita
,
forse
mi
avrebbe
capito
meglio
:
non
sarebbe
ora
che
Arbasino
citasse
almeno
un
pezzettino
di
Marx
?
Magari
anche
quello
del
centro
-
sinistra
,
non
chiedo
molto
.
Manca
a
Arbasino
la
«
dimensione
classista
»
del
mondo
,
e
questo
infatti
appiattisce
il
suo
ultimo
libro
«
Certi
romanzi
»
fino
a
renderlo
una
specie
di
centone
medioevale
:
in
cui
tutti
trovano
posto
,
isofoni
,
isoglotti
,
isocefali
nella
grande
piramide
gerarchica
dei
valori
di
un
solo
mondo
:
quello
della
borghesia
.
)
Io
,
nella
mia
conferenza
,
avevo
,
certo
scoperto
un
uovo
di
Colombo
:
lo
ammetto
.
Ma
non
ammetto
,
con
Emanuelli
,
che
quest
'
uovo
di
Colombo
sia
stato
scoperto
prima
.
Egli
cita
la
mia
amica
,
e
cara
amica
,
la
Corti
.
Ma
quello
che
dice
la
Corti
a
proposito
della
possibile
e
in
parte
attuata
nazionalizzazione
della
lingua
italiana
-
e
che
Emanuelli
cita
a
distruzione
di
ogni
mia
novità
-
io
l
'
avevo
già
detto
e
scritto
(
certo
con
minor
competenza
)
cinque
o
sei
anni
fa
!
Tutti
allora
-
e
anche
prima
-
in
piena
cultura
neorealistica
e
impegnata
,
credevamo
che
la
nazionalizzazione
dell
'
italiano
sarebbe
avvenuta
attraverso
quella
cultura
,
e
lungo
la
lenta
e
sicura
via
nazional
-
burocratica
,
con
Roma
capitale
televisiva
d
'
Italia
!
C
'
è
stato
un
momento
di
ottimismo
,
in
quegli
anni
,
che
ora
arriva
con
un
certo
ritardo
nelle
Università
:
l
'
ottimismo
dell
'
impegno
,
della
scoperta
della
«
vera
»
Italia
,
la
floridezza
letteraria
e
cinematografica
,
il
Terzo
Programma
ecc.
ecc.
Spero
molto
che
la
Corti
-
e
gli
altri
filologi
che
Emanuelli
dice
al
lavoro
per
smentirmi
-
prendano
in
esame
il
reale
documento
del
mio
atto
battesimale
dell
'
«
italiano
nazionale
»
e
non
si
accontentino
di
referti
(
come
quello
veramente
celestiale
di
una
certa
Berlinzoni
o
Berlinghieri
del
«
Paese
-
Sera
»
,
in
cui
risulta
che
io
«
auspico
»
-
sic
-
una
nuova
lingua
)
.
Ma
il
lettore
ha
diritto
di
sapere
meglio
come
stanno
le
cose
.
Non
ho
la
sublime
capacità
sinottica
del
cronista
del
«
Corriere
della
Sera
»
,
ma
proverò
a
riassumere
la
mia
conferenza
.
L
'
italiano
medio
non
è
una
lingua
«
nazionale
»
,
ma
è
sempre
stato
,
finora
,
la
lingua
della
borghesia
italiana
.
Essa
l
'
ha
formato
«
adattando
»
alla
vita
statale
una
lingua
puramente
letteraria
.
Ora
la
borghesia
italiana
è
sempre
stata
una
classe
«
dominante
»
retrograda
(
tanto
è
vero
che
ha
dato
il
fascismo
)
:
non
ha
mai
saputo
«
identificarsi
»
con
l
'
intera
nazione
.
Quindi
il
suo
potere
,
la
sua
cultura
e
la
sua
lingua
(
che
sono
una
cosa
sola
)
non
si
sono
mai
identificati
con
l
'
Italia
.
In
Francia
,
per
esempio
,
ci
sono
stati
due
momenti
realmente
«
egemonici
»
(
unità
di
potere
politico
,
cultura
e
lingua
)
:
la
monarchia
e
la
borghesia
rivoluzionaria
e
industrializzatrice
.
Ecco
perché
il
francese
è
una
lingua
realmente
nazionale
.
Ecco
perché
il
francese
è
una
lingua
profondamente
«
comunicativa
»
.
Dopo
il
fascismo
,
l
'
italiano
ha
risentito
una
prima
ondata
di
democraticità
.
La
Resistenza
è
stata
un
moto
popolare
:
ed
è
stata
l
'
Italia
popolare
,
dialettale
,
periferica
che
è
entrata
in
scena
.
Il
cinema
e
la
letteratura
se
ne
sono
impadroniti
:
ed
è
cominciata
quella
cultura
neorealistica
e
ottimistica
che
dicevo
prima
.
Essa
era
certa
di
una
lenta
modifica
della
lingua
italiana
attraverso
mezzi
puramente
culturali
e
letterari
:
era
certa
dell
'
unificazione
della
lingua
attraverso
un
democratico
arricchimento
linguistico
,
ottenuto
con
contributi
paritetici
da
tutti
i
livelli
culturali
,
religiosi
e
classisti
.
Pia
illusione
(
che
ora
si
perpetua
nelle
Università
)
.
Con
il
«
boom
»
le
cose
sono
violentemente
cambiate
.
Alla
vecchia
borghesia
italiana
paleocapitalistica
e
priva
di
ogni
tradizione
rivoluzionaria
,
si
è
sostituita
di
colpo
(
al
seguito
di
un
generale
avanzamento
del
capitalismo
europeo
in
questo
senso
)
una
nuova
borghesia
che
,
almeno
in
nuce
,
è
neocapitalistica
e
tecnocratica
.
L
'
Italia
del
Nord
si
è
posta
a
livello
decisamente
europeo
:
è
entrata
in
una
fase
di
completa
industrializzazione
,
e
ne
sono
nati
problemi
completamente
nuovi
per
l
'
Italia
.
Col
Sud
(
l
'
arcaico
Sud
,
partecipe
anche
esso
nel
dopoguerra
all
'
integrazione
dialettale
)
si
è
instaurato
un
rapporto
,
che
anziché
colonialistico
è
...
neocolonialistico
.
La
nuova
borghesia
delle
città
del
Nord
non
è
più
la
vecchia
classe
dominante
che
ha
imposto
stupidamente
dall
'
alto
l
'
unificazione
politica
,
culturale
e
linguistica
dell
'
Italia
:
ma
è
una
nuova
classe
dominante
il
cui
reale
potere
economico
le
consente
realmente
,
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
,
di
porsi
come
egemonica
.
E
quindi
irradiatrice
,
simultaneamente
,
di
potere
,
di
cultura
e
di
lingua
.
Un
esame
attento
dei
vari
sottolinguaggi
che
formano
una
lingua
,
dimostra
che
l
'
italiano
sta
infatti
subendo
una
profonda
modificazione
(
anche
se
non
siamo
che
ai
primi
vagiti
di
un
neonato
)
:
ossia
:
essendo
una
lingua
fondamentalmente
letteraria
,
l
'
italiano
è
sempre
stato
nella
sua
storia
«
conservatore
»
e
«
espressivo
»
.
Ogni
volta
che
succedeva
qualcosa
nella
società
o
nella
cultura
italiana
che
modificasse
la
lingua
,
le
nuove
stratificazioni
linguistiche
così
nate
venivano
«
ammassate
»
con
le
precedenti
,
conservate
,
e
usate
poi
in
funzione
espressiva
.
Ecco
perché
l
'
italiano
è
tanto
più
ricco
di
«
forme
»
di
ogni
altra
lingua
.
Ma
ora
succede
che
un
nuovo
«
spirito
»
(
a
sostituzione
dunque
di
quello
letterario
umanistico
)
investe
dal
profondo
la
nostra
lingua
.
È
lo
spirito
della
nuova
classe
egemonica
tecnocratica
:
lo
spirito
tecnico
.
Esso
tende
a
rendere
la
lingua
«
moderna
»
(
a
far
cadere
cioè
le
forme
e
le
stratificazioni
concorrenti
,
a
«
omologare
»
le
varietà
)
e
«
comunicativa
»
.
È
un
fenomeno
che
succede
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
,
anche
se
ancora
timidamente
,
perché
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
si
può
parlare
di
una
classe
egemonica
(
in
cui
il
tecnico
parla
come
il
tecnocrate
,
e
le
aziende
sostituiscono
i
monasteri
,
i
municipi
,
le
corti
e
le
università
come
centri
elaboratori
di
lingua
)
.
In
tutto
questo
non
c
'
è
nulla
di
anormale
:
è
così
-
e
non
nel
modo
previsto
ovviamente
alcuni
anni
fa
-
che
l
'
Italia
tende
a
diventare
una
nazione
moderna
ed
europea
.
E
mentre
l
'
avvento
della
tecnologia
e
del
suo
linguaggio
brutalmente
funzionale
,
nelle
altre
nazioni
avanzate
,
non
è
che
una
evoluzione
,
in
Italia
è
invece
una
«
rivoluzione
»
linguistica
:
«
perché
l
'
avvento
della
tecnologia
e
la
costituzione
di
una
classe
potenzialmente
egemonica
coincidono
»
.
Come
il
lettore
vede
bene
,
queste
non
sono
che
constatazioni
.
E
può
darsi
che
siano
constatazioni
sbagliate
(
schematiche
certamente
,
in
questo
riassuntino
)
:
e
allora
si
polemizzi
contro
le
mie
constatazioni
,
non
mi
si
«
accusi
innocente
»
di
desiderare
i
fenomeni
che
constato
.
Perché
al
contrario
-
umanista
elegiaco
come
sono
-
,
io
trovo
orrendo
un
futuro
tecnologico
:
ma
non
posso
nemmeno
,
però
,
fare
come
gli
struzzi
:
cioè
chiudere
gli
occhi
davanti
a
questa
realtà
.
Il
futuro
non
si
configura
come
una
lotta
tra
«
comunicatività
»
ed
«
espressività
»
:
ma
come
?
in
che
termini
?
con
che
mezzi
?
È
questa
la
serie
di
problemi
che
dobbiamo
affrontare
,
altro
che
tirar
fuori
Cattaneo
,
come
fa
Emanuelli
,
o
Dossi
,
come
fa
Arbasino
.
Essi
credono
che
la
letteratura
conti
qualcosa
,
come
se
non
sapessero
che
infine
non
ha
mai
contato
se
non
come
guida
spirituale
,
o
pretesto
,
o
paradigma
di
libertà
interiore
(
che
è
molto
,
molto
:
ma
non
è
nulla
contro
il
fatale
costituirsi
ed
evolversi
di
una
società
)
:
e
meno
ancora
conterà
nel
futuro
,
quando
l
'
industria
culturale
farà
ciò
che
vorrà
della
letteratura
(
e
già
comincia
:
dei
brutti
romanzi
sono
lanciati
come
prodotti
e
fatti
passare
come
prodotti
autentici
)
.
Quando
io
parlo
di
spostamento
linguistico
dall
'
asse
Roma
-
Firenze
all
'
asse
Torino
-
Milano
,
ne
parlo
con
dolore
.
Perché
non
si
tratta
di
recuperare
tradizioni
regionali
(
che
Dio
sa
quanto
io
amo
)
,
ma
si
tratta
di
stabilire
una
nuova
configurazione
dello
spirito
nazionale
italiano
.
Insomma
,
il
mito
della
tecnologia
,
l
'
hanno
le
avanguardie
.
Non
io
.
Sono
loro
che
da
qualche
anno
hanno
cominciato
a
mimare
il
«
parlato
»
dell
'
«
homo
technologicus
»
.
Pazzi
.
Lo
sanno
che
il
loro
mito
tecnologico
è
la
loro
distruzione
.
Ma
vogliono
distruggere
ed
essere
distrutti
.
Questa
è
la
situazione
pura
dell
'
ideologia
ideologica
delle
avanguardie
.
E
questo
loro
inserimento
in
un
momento
«
distruttivo
e
autodistruttivo
»
,
in
un
momento
«
zero
»
,
è
la
loro
autenticità
,
oggi
.
Sono
infatti
inattaccabili
:
e
ricordi
Emanuelli
la
penosa
tavola
rotonda
cui
egli
ha
partecipato
all
'
«
Espresso
»
.
La
realtà
è
che
un
borghese
non
può
attaccarli
,
se
non
identificandoli
con
certi
movimenti
d
'
avanguardia
del
passato
,
e
così
rimuovendoli
.
Una
nuova
mano
di
nero
sulla
coscienza
.
Quanto
a
me
,
ripeto
,
sono
in
piena
ricerca
.
Non
rinnego
affatto
il
mio
lavoro
degli
Anni
Cinquanta
,
e
non
accetto
le
critiche
moralistiche
che
in
nome
del
«
marxista
perfetto
»
mi
muovevano
gli
stalinisti
di
allora
.
Sento
tuttavia
superata
,
oggi
,
quell
'
operazione
di
scavo
in
materiali
sub
-
linguistici
che
è
stata
poi
l
'
operazione
principe
della
letteratura
impegnata
.
Occorrono
evidentemente
altri
strumenti
conoscitivi
:
ma
quali
?
Nell
'
intervista
citata
da
Emanuelli
parlavo
con
Barberis
,
l
'
intervistatore
,
del
linguaggio
tecnologico
come
allettante
,
è
vero
:
ma
semplicemente
in
questo
senso
.
Ho
in
mente
un
«
remake
»
dell
'
Inferno
dantesco
.
Si
tratta
di
un
'
opera
pamphlettistica
,
e
quindi
ironica
in
più
direzioni
:
e
,
siccome
del
Paradiso
in
costruzione
,
esistono
due
progetti
,
uno
marxista
e
uno
neocapitalistico
,
pensavo
di
esporre
il
progetto
neocapitalistico
in
una
lingua
italiana
futura
:
puramente
comunicativa
,
col
suo
principio
unificatore
e
omologatore
tecnologico
.
Tutto
qui
.
È
poco
,
lo
so
.
Siamo
ancora
a
Charlot
che
porta
l
'
antico
uomo
«
umano
»
dentro
la
fabbrica
disumana
.
Ma
finché
-
invece
di
collaborare
insieme
a
«
capire
»
il
nostro
futuro
-
ci
rinchiuderemo
nelle
nostre
competenze
coi
nostri
Cattaneo
o
i
nostri
Dossi
,
non
saremo
capaci
di
immaginare
altro
che
sotto
il
segno
di
un
umanesimo
con
la
bombetta
e
con
le
pezze
sul
sedere
.
StampaQuotidiana ,
È
lo
sport
un
'
attività
marginale
,
un
divertimento
,
un
'
evasione
dalle
occupazioni
quotidiane
:
o
ha
una
radice
profonda
in
qualche
tendenza
o
bisogno
reale
dell
'
uomo
?
La
domanda
è
resa
attuale
dalla
diffusione
crescente
degli
sport
nel
mondo
moderno
;
dal
numero
crescente
di
attori
e
di
spettatori
che
partecipano
ad
essi
,
nonché
dalla
crescente
quantità
di
denaro
che
viene
in
essi
investita
e
dal
volume
di
affari
cui
dànno
luogo
.
Lo
sport
è
altresì
l
'
occasione
frequente
di
entusiasmi
fanatici
,
di
conflitti
e
di
rivalità
;
induce
spesso
le
moltitudini
a
esaltarne
i
campioni
come
eroi
,
idoli
o
semidei
.
Un
qualche
movente
nascosto
ci
deve
pur
essere
,
alla
base
di
un
fenomeno
che
ha
raggiunto
una
tale
massiccia
imponenza
.
La
risposta
più
semplice
a
questo
problema
è
che
lo
sport
contribuisce
alla
salute
e
al
benessere
del
genere
umano
.
È
una
attività
sana
e
benefica
,
che
fa
contrappeso
alle
condizioni
di
vita
e
di
lavoro
,
spesso
malsane
,
in
cui
la
maggior
parte
di
esso
trascorre
il
suo
tempo
.
Contribuisce
al
benessere
fisico
,
quindi
all
'
equilibrio
mentale
:
contribuisce
a
mettere
e
a
tenere
in
forma
l
'
organismo
e
a
difenderlo
,
almeno
in
certi
limiti
,
contro
la
decadenza
e
i
malanni
.
Tutto
questo
,
almeno
in
parte
,
è
vero
,
ma
vale
solo
per
gli
attori
,
non
per
gli
spettatori
dello
sport
,
che
sono
di
gran
lunga
i
più
numerosi
.
Dall
'
altro
lato
,
vale
solo
per
gli
spettatori
,
e
non
per
gli
attori
,
la
concezione
dello
sport
come
divertimento
o
evasione
dalle
occupazioni
e
preoccupazioni
quotidiane
.
Da
coloro
che
lo
praticano
,
lo
sport
esige
una
disciplina
severa
che
presuppone
sin
dal
principio
un
organismo
capace
di
prestazioni
eccezionali
,
che
mette
a
dura
prova
le
capacità
di
tale
organismo
per
portarlo
al
punto
dovuto
e
mantenervelo
il
più
a
lungo
possibile
.
Da
più
parti
si
insiste
oggi
sulla
funzione
formativa
ed
educativa
che
lo
sport
esercita
sull
'
individuo
umano
,
preparandolo
ed
addestrandolo
a
vivere
nella
società
dei
suoi
simili
.
Lo
sport
infatti
,
come
ogni
giuoco
(
anche
il
più
semplice
ed
infantile
)
,
ha
regole
precise
che
si
devono
rigorosamente
osservare
e
così
impone
una
disciplina
morale
,
oltre
che
fisica
,
educando
i
giovani
che
lo
praticano
a
quel
rispetto
delle
norme
che
è
indispensabile
ad
ogni
forma
di
vita
sociale
.
E
alla
vita
associata
prepara
pure
mediante
il
rapporto
costante
in
cui
mette
l
'
individuo
con
gli
altri
individui
.
Negli
sport
che
si
praticano
a
squadre
,
l
'
individuo
è
tenuto
ad
agire
solidalmente
colla
sua
squadra
,
a
coordinare
la
sua
attività
con
quella
degli
altri
componenti
di
essa
,
obbedendo
a
un
piano
o
progetto
comune
.
Ma
anche
negli
sport
in
cui
l
'
individuo
si
esibisce
da
solo
,
il
confronto
con
gli
altri
è
sempre
presente
,
perché
deve
tener
conto
delle
loro
prestazioni
e
superarle
,
pur
obbedendo
alle
stesse
regole
.
Da
un
altro
punto
di
vista
,
insistono
sulla
funzione
benefica
dello
sport
gli
antropologi
che
ammettono
nell
'
uomo
la
presenza
di
un
istinto
d
'
aggressione
che
sarebbe
a
fondamento
di
tutte
le
sue
attività
principali
.
A
tale
istinto
si
dovrebbe
lo
stato
,
almeno
potenziale
,
di
conflitto
che
esiste
permanentemente
tra
gli
uomini
.
Ma
l
'
aggressività
naturale
troverebbe
nello
sport
una
valvola
di
sicurezza
,
che
,
alla
lunga
,
potrebbe
diminuire
od
annullare
le
sue
manifestazioni
più
perniciose
.
E
in
realtà
la
competizione
sportiva
non
ha
i
caratteri
della
guerra
;
e
la
vittoria
,
che
in
essa
si
cerca
,
non
porta
alla
distruzione
o
alla
sottomissione
dell
'
avversario
,
ma
è
una
vittoria
accettabile
da
entrambi
i
lati
e
decretata
impersonalmente
sulla
base
delle
regole
stabilite
.
Non
manca
infine
chi
(
come
il
filosofo
americano
Paul
Weiss
che
ha
scritto
qualche
anno
fa
un
libro
sull
'
argomento
)
ha
dato
dello
sport
un
'
interpretazione
metafisica
,
scorgendo
in
esso
una
delle
vie
attraverso
le
quali
l
'
uomo
cerca
di
realizzare
la
perfezione
del
suo
essere
,
sviluppando
al
massimo
le
possibilità
del
suo
corpo
.
L
'
atleta
è
come
un
artista
riuscito
,
che
ha
saputo
esprimere
e
realizzare
una
forma
di
eccellenza
di
cui
tutti
gli
uomini
possono
essere
orgogliosi
e
di
cui
perciò
gli
spettatori
godono
vicariamente
,
sentendosene
in
qualche
modo
partecipi
.
In
realtà
lo
sport
è
cosa
umana
,
troppo
umana
,
per
realizzare
o
simboleggiare
questa
perfezione
o
per
compiere
efficacemente
tutte
le
funzioni
che
gli
si
vogliono
attribuire
.
Vanità
,
interesse
,
ambizione
si
mescolano
in
questo
campo
,
come
negli
altri
,
con
la
generosità
,
il
sacrificio
e
lo
sforzo
di
perfezionamento
.
Il
compromesso
,
e
talora
la
truffa
,
prendono
spesso
il
posto
della
competizione
autentica
;
e
la
vittoria
è
spesso
cercata
e
raggiunta
fuori
o
contro
le
regole
riconosciute
.
Gli
spettatori
non
sono
sempre
vicariamente
partecipi
dell
'
eccellenza
dell
'
impresa
,
ma
si
lasciano
spesso
andare
all
'
entusiasmo
provinciale
o
fanatico
e
traggono
motivi
di
violenza
dalla
vittoria
o
dalla
sconfitta
dei
loro
campioni
preferiti
.
Ma
forse
,
anche
per
questi
suoi
caratteri
negativi
,
lo
sport
è
,
nel
suo
complesso
,
la
rappresentazione
dell
'
esistenza
umana
nel
mondo
e
come
tale
ha
il
suo
fascino
.
In
questa
esistenza
,
ha
una
parte
ineliminabile
il
caso
,
cui
sono
dovute
molte
delle
circostanze
che
ne
determinano
la
conservazione
o
la
distruzione
,
la
riuscita
o
l
'
insuccesso
.
E
così
accade
nello
sport
.
L
'
intelligenza
,
la
forza
fisica
e
spirituale
,
il
numero
,
sono
,
nella
vita
come
nello
sport
,
i
fattori
che
favoriscono
la
sopravvivenza
ed
il
successo
.
La
vita
umana
è
,
a
tutti
i
livelli
,
una
competizione
incessante
che
può
assumere
la
forma
della
violenza
brutale
o
quella
della
gara
leale
che
rispetta
le
regole
del
giuoco
e
non
si
propone
la
distruzione
o
l
'
umiliazione
del
vinto
da
parte
del
vincitore
.
Lo
sport
dovrebbe
mantenersi
fedele
a
questa
seconda
forma
della
competizione
,
e
così
accade
quando
è
autenticamente
«
sport
»
e
non
interferiscono
in
esso
interessi
o
fattori
estranei
.
Ma
nello
sport
,
come
nella
vita
,
il
pericolo
di
questa
degradazione
c
'
è
sempre
.
L
'
esistenza
dell
'
uomo
,
a
partire
dalla
sua
prima
apparizione
sulla
Terra
,
è
stata
e
rimane
un
continuo
processo
di
selezione
,
attraverso
il
quale
riescono
a
sopravvivere
o
ad
avere
la
meglio
i
gruppi
più
organizzati
o
più
previdenti
,
gli
uomini
meglio
dotati
per
natura
o
per
educazione
,
attrezzati
a
cogliere
le
occasioni
favorevoli
che
ad
essi
si
offrono
,
a
prevederle
e
a
prepararsi
per
la
loro
occorrenza
e
a
riconoscere
gli
errori
commessi
per
correggerli
nel
futuro
.
E
così
fa
,
infatti
,
il
buon
atleta
sportivo
.
La
simpatia
degli
spettatori
gli
si
rivolge
naturalmente
perché
egli
è
un
esemplare
,
un
campione
,
non
solo
di
ciò
che
l
'
uomo
è
nelle
circostanze
ordinarie
della
vita
,
ma
anche
e
soprattutto
di
ciò
che
l
'
uomo
può
essere
in
circostanze
particolarmente
difficili
,
che
richiedono
il
pieno
impiego
delle
risorse
di
cui
dispone
.
L
'
ammirazione
suscitata
dall
'
atleta
che
ha
realizzato
un
record
eccezionale
è
suscitata
dal
riconoscimento
che
egli
si
è
posto
ai
limiti
delle
possibilità
umane
o
ha
mostrato
,
col
fatto
,
che
tali
possibilità
possono
essere
estese
,
perfezionate
,
o
almeno
sfruttate
,
col
vigore
fisico
e
con
l
'
intelligenza
,
al
di
là
del
grado
finora
raggiunto
.
Sicché
se
,
da
un
lato
,
lo
sport
è
l
'
immagine
esatta
dell
'
esistenza
,
nel
suo
duro
sforzo
di
sopravvivenza
e
di
progresso
,
è
dall
'
altro
lato
,
per
l
'
esistenza
stessa
,
un
motivo
di
incitamento
e
di
speranza
.
Purché
rimanga
sport
,
s
'
intende
cioè
finché
non
si
abbassi
a
diventare
il
luogo
di
scontro
di
rivalità
violente
e
meschine
,
il
campo
di
battaglia
di
interessi
affaristici
,
di
ambizioni
smodate
,
di
esibizionismi
disgustosi
,
offrendo
ancora
all
'
uomo
un
'
immagine
della
sua
esistenza
,
ma
un
'
immagine
che
lo
rappresenta
nei
suoi
aspetti
peggiori
,
che
la
minano
alla
radice
.
StampaQuotidiana ,
La
legge
che
determinò
il
primo
grave
urto
fra
monarchia
e
Fascismo
fu
la
legge
che
legalizzò
il
Gran
Consiglio
,
facendone
l
'
organo
supremo
,
fissandone
prerogative
e
compiti
.
Oltre
al
compito
di
tenere
aggiornata
una
lista
di
uomini
degni
di
governare
e
una
lista
del
genere
fu
una
volta
presentata
da
Mussolini
al
re
il
Gran
Consiglio
rivendicava
a
sé
il
diritto
di
intervenire
nella
successione
al
trono
.
Lo
scandalo
negli
ambienti
dinastici
fu
veramente
grande
.
Ciò
voleva
dire
un
colpo
mortale
allo
statuto
,
che
regolava
automaticamente
questo
problema
.
Taluni
arrivarono
ad
insinuare
che
quell
'
articolo
fosse
di
ispirazione
repubblicana
e
che
si
volesse
,
in
ogni
caso
,
ostacolare
l
'
assunzione
,
al
trono
del
principe
Umberto
e
proporre
l
'
allora
Duca
delle
Puglie
.
Da
quel
giorno
Vittorio
Savoia
cominciò
a
detestare
Mussolini
e
a
covare
un
odio
tremendo
contro
il
Fascismo
.
Il
Regime
disse
un
giorno
il
re
non
deve
entrare
in
queste
materie
che
una
legge
fondamentale
ha
già
regolato
.
Se
un
partito
in
regime
monarchico
vuole
decidere
circa
la
successione
al
trono
,
la
monarchia
non
è
più
tale
.
Il
grido
della
successione
non
può
essere
che
il
tradizionale
:
"
Il
re
è
morto
!
Viva
il
re
!
"
.
La
crisi
determinata
dalla
legge
del
Gran
Consiglio
durò
alcuni
mesi
,
pur
rimanendo
i
rapporti
della
diarchia
cordiali
alla
superficie
.
Nel
1929
,
l
'
evento
della
Conciliazione
dissipò
l
'
irritazione
e
le
relazioni
tornarono
normali
.
In
un
primo
tempo
il
re
non
credeva
alla
possibilità
della
soluzione
della
"
questione
romana
"
,
in
un
secondo
tempo
mise
in
dubbio
la
sincerità
del
Vaticano
,
finalmente
l
'
idea
che
l
'
ultima
ipoteca
su
Roma
da
parte
dell
'
ultimo
sovrano
spodestato
fosse
tolta
lo
lusingò
.
Anche
la
prospettiva
dello
scambio
delle
visite
fra
i
due
sovrani
confinanti
gli
sorrise
.
Vide
in
tutto
ciò
un
rafforzamento
delle
istituzioni
.
Anche
il
Concordato
non
gli
dispiacque
,
quantunque
il
suo
notorio
anticlericalismo
lo
rendesse
sospettoso
.
Ma
quando
vide
la
schiera
dei
vescovi
sfilare
davanti
a
lui
per
prestargli
giuramento
si
convinse
che
anche
nel
Concordato
ogni
concessione
al
Vaticano
aveva
avuto
la
sua
contropartita
.
Il
1929
fu
,
quindi
,
un
anno
fortunato
.
Qualche
tempo
dopo
la
firma
dei
Trattati
del
Laterano
,
in
uno
dei
soliti
colloqui
bisettimanali
,
il
re
disse
:
Siete
riuscito
in
un
'
opera
che
altri
non
avevano
tentato
e
non
avrebbero
condotto
a
termine
.
Coi
vostri
discorsi
al
Parlamento
avete
corretto
le
interpretazioni
estensive
di
taluni
circoli
clericali
.
Ciò
va
molto
bene
.
Non
so
come
potrei
attestarvi
davanti
al
pubblico
la
mia
riconoscenza
.
Non
so
,
veramente
...
Il
Collare
vi
fu
dato
dopo
l
'
annessione
di
Fiume
.
Forse
un
titolo
nobiliare
...
No
interruppe
Mussolini
.
Un
titolo
nobiliare
mi
renderebbe
immediatamente
ridicolo
.
Non
oserei
più
guardarmi
in
uno
specchio
.
Io
non
dirò
vanitosamente
:
"
Roi
ne
puis
,
prince
ne
daigne
,
Rohan
suis
"
,
ma
vi
prego
di
non
insistere
.
Ognuno
deve
avere
un
suo
stile
nella
vita
.
Il
re
comprese
e
la
cosa
non
ebbe
seguito
alcuno
.
Troppo
lungo
sarebbe
,
ora
,
narrare
tutti
gli
episodi
nei
quali
la
diarchia
fu
posta
a
più
o
meno
dura
prova
.
La
faccenda
aveva
aspetti
seri
e
talora
grotteschi
quando
ci
si
inoltrava
nei
sacri
quasi
imperscrutabili
labirinti
del
"
protocollo
"
.
Il
colmo
fu
raggiunto
durante
il
viaggio
del
Führer
a
Roma
.
La
diarchia
si
manifestò
allora
in
tutta
la
sua
pienezza
,
davanti
al
grande
pubblico
,
per
un
'
intera
settimana
,
con
episodi
che
sorpresero
,
irritarono
e
anche
divertirono
il
pubblico
.
Mussolini
aveva
visitato
nel
1937
la
Germania
.
Le
accoglienze
a
Berlino
e
a
Monaco
furono
memorabili
.
Milioni
di
berlinesi
si
riunirono
al
"
Maifeld
"
per
ascoltare
i
discorsi
del
Führer
e
del
Duce
.
L
'
eco
della
visita
nel
mondo
fu
grande
.
Nel
maggio
del
1938
il
Führer
giunse
a
Roma
.
Non
fu
sempre
facile
stabilire
le
formalità
della
visita
,
ma
è
chiaro
che
il
Führer
intendeva
soprattutto
visitare
la
Roma
del
Duce
.
Quando
il
treno
tedesco
giunse
alla
nuova
bellissima
stazione
di
San
Paolo
,
a
riceverlo
vi
era
,
insieme
col
re
,
il
Duce
.
Ma
poi
il
Führer
salì
nella
berlina
di
corte
insieme
col
re
e
si
diresse
al
Quirinale
.
La
folla
assiepata
lungo
la
via
dei
Trionfi
,
via
dell
'
Impero
,
piazza
Venezia
cercò
invano
il
Duce
:
egli
era
tornato
per
le
vie
secondarie
del
Testaccio
al
suo
ufficio
.
Il
Führer
apparve
urtato
di
ciò
.
Nei
giorni
successivi
ci
fu
l
'
alternanza
delle
funzioni
dell
'
ospitalità
.
Al
mattino
il
re
,
nel
pomeriggio
Mussolini
,
o
viceversa
,
accompagnavano
il
Führer
nelle
diverse
manifestazioni
,
a
seconda
del
loro
carattere
più
o
meno
politico
e
fascista
.
Nell
'
ambiente
gelido
del
Quirinale
,
anche
per
effetto
di
piccole
negligenze
di
carattere
materiale
,
il
Führer
si
sentì
a
disagio
.
Alla
grande
sfilata
militare
in
via
dei
Trionfi
il
seguito
del
Führer
notò
che
la
regina
e
le
sue
dame
,
mentre
si
curvavano
in
grandi
inchini
al
passaggio
delle
bandiere
dell
'
Esercito
,
fingevano
di
non
vedere
i
gagliardetti
della
Milizia
.
Nelle
cerimonie
in
cui
re
e
Duce
erano
insieme
presenti
,
il
Duce
stava
indietro
per
lasciare
al
proscenio
le
livree
del
seguito
.
La
cosa
fu
notata
specialmente
alla
festa
in
costume
di
piazza
di
Siena
,
una
delle
più
grandiose
e
pittoresche
manifestazioni
degli
ultimi
tempi
in
Roma
.
Il
Führer
invitò
il
Duce
a
venire
sulla
prima
fila
accanto
a
lui
.
Finalmente
il
soggiorno
romano
ebbe
termine
.
Uscito
da
quella
che
un
berlinese
chiamò
"
aria
delle
regie
catacombe
"
e
giunto
a
Firenze
,
il
Führer
cambiò
di
umore
.
Se
la
maestà
di
Roma
lo
aveva
fortemente
colpito
,
la
grazia
di
Firenze
lo
entusiasmò
.
Avrebbe
voluto
rimanervi
più
a
lungo
.
"
È
la
città
del
mio
sogno
"
,
egli
disse
.
Se
la
settimana
della
visita
del
Führer
a
Roma
rivelò
gli
aspetti
e
i
contrasti
che
potrebbero
chiamarsi
protocollari
della
diarchia
,
vi
fu
un
altro
episodio
che
fece
scoppiare
la
più
grave
delle
crisi
:
la
legge
che
creava
i
due
Primi
Marescialli
dell
'
Impero
.
Ciò
accadde
per
iniziativa
spontanea
di
alcuni
gruppi
di
deputati
e
di
senatori
,
dopo
un
discorso
di
Mussolini
,
discorso
che
aveva
sollevato
grande
entusiasmo
.
Approvata
la
legge
dai
due
rami
del
Parlamento
,
il
re
fu
in
procinto
di
negare
la
firma
che
la
promulgasse
.
Nel
colloquio
immediatamente
successivo
,
egli
era
eccitatissimo
.
Dopo
la
legge
del
Gran
Consiglio
egli
disse
-
questa
legge
è
un
altro
colpo
mortale
contro
le
mie
prerogative
sovrane
.
Io
avrei
potuto
darvi
,
quale
segno
della
mia
ammirazione
,
qualsiasi
grado
,
ma
questa
equiparazione
mi
crea
una
posizione
insostenibile
,
perché
è
un
'
altra
patente
violazione
dello
statuto
del
regno
.
Voi
sapete
obiettò
Mussolini
che
non
tengo
a
queste
che
possono
essere
considerate
esteriorità
.
I
promotori
hanno
ritenuto
che
conferendomi
tale
grado
,
voi
,
maestà
,
ne
venivate
automaticamente
insignito
.
No
.
Le
Camere
non
possono
prendere
iniziative
del
genere
.
Il
re
era
pallido
di
collera
.
Il
mento
gli
tremava
.
Questa
è
la
più
grossa
di
tutte
!
Data
l
'
imminenza
di
una
crisi
internazionale
non
voglio
aggiungere
altra
carne
al
fuoco
,
ma
in
altri
tempi
,
piuttosto
che
subire
questo
affronto
,
avrei
preferito
abdicare
.
Io
straccerei
questa
doppia
greca
.
E
guardò
con
un
'
occhiata
di
disprezzo
la
doppia
greca
al
braccio
e
al
berretto
.
Mussolini
rimase
alquanto
sorpreso
da
questo
scoppio
di
furore
e
volle
dal
punto
di
vista
strettamente
costituzionale
chiedere
il
parere
di
un
eminentissimo
cultore
di
tale
diritto
:
il
prof
.
Santi
Romano
,
presidente
del
Consiglio
di
Stato
.
Il
quale
mandò
una
memoria
di
poche
pagine
,
in
cui
dimostrava
con
rigore
logico
che
il
Parlamento
poteva
fare
ciò
che
aveva
fatto
e
che
insignendo
il
Duce
di
un
grado
militare
non
ancora
esistente
nella
gerarchia
,
di
tale
grado
doveva
essere
anche
insignito
il
re
,
nella
sua
qualità
di
Capo
supremo
di
detta
gerarchia
.
Quando
Mussolini
presentò
al
re
la
memoria
di
Santi
Romano
,
Vittorio
Emanuele
ebbe
un
nuovo
accesso
di
collera
.
I
professori
di
diritto
costituzionale
,
specialmente
quando
sono
dei
pusillanimi
opportunisti
,
come
il
prof
.
Santi
Romano
,
trovano
sempre
argomenti
per
giustificare
le
tesi
più
assurde
:
è
il
loro
mestiere
;
ma
io
continuo
ad
essere
della
mia
opinione
.
Del
resto
non
ho
nascosto
questo
mio
stato
d
'
animo
ai
due
presidenti
delle
Camere
,
perché
lo
rendessero
noto
ai
promotori
di
questo
smacco
alla
Corona
,
che
dovrà
essere
l
'
ultimo
.
Da
quel
momento
Vittorio
Emanuele
giurò
a
se
stesso
di
trarre
vendetta
.
Si
trattava
oramai
di
attendere
l
'
epoca
propizia
.
Nella
primavera
-
estate
del
1943
,
il
rapporto
tra
le
forze
della
diarchia
si
era
profondamente
alterato
.
Il
"
complesso
"
fascista
Governo
,
Partito
,
sindacati
,
amministrazione
appariva
sofferente
dell
'
usura
della
guerra
.
Decine
di
migliaia
di
fascisti
erano
caduti
sui
campi
di
battaglia
:
fra
di
essi
non
meno
di
duemila
gerarchi
.
Ecco
un
dato
di
fatto
che
parrebbe
delittuoso
dimenticare
.
Oltre
un
milione
di
fascisti
erano
sotto
le
armi
,
dispersi
dal
Varo
a
Rodi
,
da
Aiaccio
ad
Atene
.
Nel
Partito
in
Italia
erano
rimasti
pochi
elementi
,
i
quali
si
erano
applicati
oramai
a
un
compito
quasi
esclusivamente
assistenziale
.
A
ciò
aggiungasi
il
corso
sfortunato
delle
operazioni
militari
,
con
la
perdita
di
tutte
le
colonie
africane
;
i
bombardamenti
terroristici
sulle
città
;
i
crescenti
disagi
alimentari
.
Fu
allora
incominciata
una
sottile
,
continua
,
intelligente
opera
di
disintegrazione
del
morale
della
Nazione
.
Tutto
fu
utilizzato
a
tal
fine
.
E
quando
i
fatti
mancavano
furono
inventati
o
amplificati
.
A
un
certo
momento
fu
diffusa
l
'
impressione
che
l
'
edificio
fosse
minato
dall
'
interno
e
che
bastasse
un
urto
qualsiasi
per
farlo
crollare
.
Niente
e
nessuno
fu
risparmiato
.
Bisognava
soprattutto
"
demoralizzare
"
i
giovani
.
Due
forze
concorrenti
,
ma
affini
,
perché
entrambe
internazionali
,
agirono
con
particolare
intensità
in
tutti
i
campi
:
da
quello
della
politica
a
quello
dell
'
economia
.
La
massoneria
che
aveva
lungamente
dormito
,
ma
che
non
era
mai
morta
,
comprese
che
il
suo
momento
era
tornato
e
lavorò
gli
ambienti
che
a
lei
facevano
capo
:
professionisti
liberi
e
funzionari
civili
e
militari
dello
Stato
.
Un
sabotaggio
misterioso
e
inafferrabile
cominciò
ed
ebbe
ripercussioni
immediate
in
tutta
la
compagine
delle
Forze
armate
.
Le
voci
più
assurde
furono
diffuse
.
Contatti
con
le
forze
massoniche
anglosassoni
furono
riannodati
via
Lisbona
.
Questo
risveglio
dell
'
attività
massonica
non
passò
naturalmente
inosservato
oltre
il
portone
di
bronzo
e
si
partì
in
gara
,
sia
pure
sopra
un
altro
terreno
,
non
meno
demoralizzante
ed
insidioso
,
quale
è
quello
di
un
pacifismo
supernazionale
,
che
,
predicato
in
italiano
e
soprattutto
in
Italia
,
agiva
quale
deprimente
dell
'
animo
del
popolo
specialmente
in
talune
zone
.
A
questa
manovra
delle
due
grandi
organizzazioni
si
aggiungeva
l
'
apporto
dei
vecchi
e
nuovi
partiti
antifascisti
i
quali
avevano
un
programma
di
pura
e
semplice
rivincita
.
Mancata
con
lo
sbarco
in
Sicilia
l
'
ultima
speranza
di
un
successo
militare
,
la
crisi
della
diarchia
doveva
scoppiare
in
tutta
la
sua
brutale
espressione
.
Constatata
l
'
usura
del
Fascismo
,
l
'
altra
forza
della
diarchia
,
che
si
era
tenuta
in
riserva
e
che
aveva
anche
in
riserva
tenuto
le
forze
che
tradizionalmente
la
sostenevano
,
coglieva
l
'
occasione
propizia
per
passare
all
'
attacco
.
Nel
luglio
del
1943
la
Corona
,
che
finalmente
si
riteneva
la
più
forte
,
non
era
guidata
che
dall
'
istinto
della
sua
.
conservazione
fisica
;
la
guerra
,
la
Patria
,
l
'
avvenire
della
Nazione
non
entravano
minimamente
nei
suoi
calcoli
:
l
'
egoismo
più
miserabile
forse
anche
di
natura
strettamente
personale
ispirò
l
'
azione
del
re
,
il
quale
,
secondo
una
sua
personale
postuma
dichiarazione
da
Bari
,
volle
"
farla
finita
col
Fascismo
"
.
Il
re
ha
sbagliato
i
suoi
calcoli
e
la
Patria
crocifissa
sconta
le
conseguenze
del
tradimento
regio
.
Il
Fascismo
generoso
e
romantico
come
fu
nell
'
ottobre
del
1922
ha
scontato
l
'
errore
di
non
essere
stato
totalitario
sino
alla
vetta
della
piramide
e
di
aver
creduto
di
risolvere
il
problema
con
un
sistema
che
nelle
sue
applicazioni
storiche
remote
e
vicine
ha
palesato
la
sua
natura
di
difficile
e
temporaneo
compromesso
.
La
Rivoluzione
fascista
si
fermò
davanti
a
un
trono
.
Parve
allora
inevitabile
.
Gli
eventi
hanno
voluto
che
la
Corona
espiasse
con
la
sua
caduta
il
colpo
mancino
tirato
al
Regime
e
il
delitto
imperdonabile
commesso
contro
la
Patria
.
Questa
non
può
risorgere
e
vivere
che
sotto
le
insegne
della
Repubblica
.
StampaQuotidiana ,
Una
profonda
rivoluzione
sta
trasformando
,
secondo
Pier
Paolo
Pasolini
,
la
lingua
italiana
parlata
.
Sotto
l
'
influenza
unificatrice
delle
grandi
aziende
settentrionali
,
il
linguaggio
della
tecnica
invade
il
lessico
;
e
fissa
o
stravolge
le
forme
,
avvicinandole
a
quelle
del
francese
moderno
.
La
forza
dei
dialetti
si
spegne
,
il
latino
finisce
di
influenzare
le
nostre
strutture
sintattiche
.
La
nuova
lingua
italiana
non
cerca
,
come
l
'
antica
,
l
'
espressione
ricca
,
varia
ed
efficace
;
ma
«
la
precisione
inespressiva
della
comunicazione
tecnica
»
.
«
D
'
ora
in
poi
alla
guida
della
lingua
non
sarà
più
la
letteratura
,
ma
la
tecnica
.
Quindi
il
fine
della
lingua
rientrerà
nel
ciclo
produzione
-
consumo
,
dando
all
'
italiano
quella
spinta
rivoluzionaria
che
sarà
appunto
il
prevalere
del
fine
comunicativo
su
quello
espressivo
»
.
Con
la
sua
insinuante
protervia
pedagogica
,
con
una
comunicativa
degna
di
un
grande
capitano
di
folle
,
Pasolini
produce
e
si
trascina
dietro
avvenimenti
e
configurazioni
storiche
,
come
un
albero
,
ogni
primavera
,
mette
fiori
e
foglie
.
Mentre
scrivo
,
forse
qualche
manipolo
di
imitatori
blasfemi
,
che
da
tempo
contemplava
invano
l
'
unica
sorgente
delle
proprie
gioie
e
dei
propri
dolori
,
già
si
affanna
a
ripeterlo
fedelmente
.
Non
potrei
né
vorrei
arrestare
questa
nuova
ondata
di
storia
:
e
mi
limiterò
dunque
a
correggere
,
come
posso
,
il
profilo
dell
'
italiano
moderno
tracciato
da
Pasolini
.
In
appendice
alla
recente
traduzione
della
«
Linguistica
generale
e
linguistica
francese
»
del
Bally
(
Il
Saggiatore
)
,
Cesare
Segre
ha
mostrato
come
l
'
italiano
moderno
conservi
,
assai
più
del
francese
,
le
sue
forme
fondamentali
.
Difende
i
propri
paradigmi
verbali
,
continua
a
distinguere
tra
il
singolare
e
il
plurale
,
non
scorcia
né
scioglie
la
parola
nelle
selvagge
agglutinazioni
che
fioriscono
sulle
labbra
infantili
di
Zazie
.
E
non
sacrifica
nemmeno
quella
ricchezza
morfologica
,
fraseologica
ed
espressiva
,
che
ha
sempre
entusiasmato
i
linguisti
romantici
.
Naturalmente
conservatore
,
l
'
italiano
non
corre
rischi
di
rivoluzioni
né
di
evoluzioni
precipitose
.
Con
il
suo
«
passato
posato
e
tranquillo
»
,
sa
conciliare
e
filtrare
assai
meglio
del
francese
le
tendenze
opposte
alla
lingua
,
come
l
'
aggressione
degli
avvenimenti
.
Non
so
condividere
completamente
le
osservazioni
di
Segre
.
Mi
sembra
,
ad
esempio
,
che
il
congiuntivo
stia
attraversando
una
crisi
profonda
.
La
ricchezza
fraseologica
tradizionale
si
offusca
,
come
un
bene
ignorato
o
dimenticato
in
un
angolo
della
memoria
.
E
,
tuttavia
,
negli
ultimi
anni
il
divario
tra
l
'
evoluzione
del
francese
e
dell
'
italiano
è
perfino
aumentato
.
L
'
americano
si
confonde
con
il
francese
:
ne
distrugge
e
ne
cambia
le
forme
;
e
questo
connubio
sembra
sul
punto
di
generare
una
lingua
nuova
,
un
esperanto
giornalistico
e
infantile
(
Etiemble
,
«
Parlez
-
vous
franglais
?
»
,
Gallimard
)
.
Nemmeno
il
più
geniale
fra
i
nostri
inventori
pubblicitari
riuscirebbe
a
esaltare
le
«
télébrités
»
o
il
«
chocorêve
»
(
chocolat
+
rêve
)
:
nessun
giornalista
oserebbe
anticipare
normalmente
,
come
in
inglese
,
l
'
aggettivo
al
nome
,
spiegando
ai
propri
lettori
la
«
scientifique
composition
de
l
'
idéal
équipage
»
,
che
avrebbe
comunicato
agli
americani
«
ses
cosmiques
impressions
»
;
o
stravolgere
la
costruzione
dei
verbi
.
Se
lo
paragoniamo
con
il
«
franglais
»
,
l
'
italiano
del
1965
sembra
dunque
rivendicare
la
propria
anima
conservatrice
.
Ma
anche
l
'
italiano
muta
.
Di
colpo
,
mentre
leggiamo
o
ascoltiamo
,
la
nostra
sensibilità
linguistica
viene
offesa
da
qualcosa
che
ci
sembra
inaudito
,
inosabile
,
e
tuttavia
si
proroga
senza
sosta
.
Prendiamo
il
caso
della
sintassi
.
Nemmeno
trent
'
anni
fa
Giorgio
Pasquali
scriveva
che
«
l
'
italiano
corrente
,
in
gran
parte
nuovo
nel
lessico
,
è
rimasto
quanto
alla
sintassi
arcaicissimo
»
;
e
aggiungeva
che
il
passaggio
«
dallo
stile
verbale
al
nominale
»
,
caratteristico
di
tutte
le
lingue
moderne
,
avveniva
da
noi
in
modo
assai
cauto
e
lento
(
«
Lingua
nuova
e
antica
»
,
Le
Monnier
)
.
Oggi
,
mi
sembra
,
lo
stile
nominale
sta
cacciando
quello
verbale
,
con
effetti
assai
più
rovinosi
che
in
francese
,
dove
il
puro
intarsio
dei
sostantivi
può
comunicare
alla
frase
un
'
astratta
,
rigida
e
aerea
,
eleganza
.
E
il
periodo
italiano
,
sopraffatto
dai
sostantivi
,
reagisce
in
due
modi
diversi
.
Da
un
lato
,
nella
prosa
giornalistica
e
tecnica
davvero
semplice
e
«
comunicativa
»
,
si
alleggerisce
.
Abbiamo
una
linea
esilissima
,
composta
da
nomi
legati
da
preposizioni
,
da
una
copula
o
da
pochi
verbi
svuotati
della
loro
forza
.
Nello
stesso
tempo
,
una
nuova
sintassi
boccaccesca
dilaga
nella
lingua
scritta
e
parlata
.
Enormi
periodi
di
venti
o
di
trenta
righe
si
disegnano
,
ostentando
le
loro
grazie
sublimi
,
sulla
bocca
dei
nostri
vicini
di
treno
.
Mentre
la
sintassi
italiana
disponeva
le
proposizioni
secondo
un
piano
e
un
ordine
logico
sovente
complesso
,
il
tronco
di
questi
nuovi
periodi
potrebbe
venir
enunciato
da
un
bambino
di
sei
anni
.
Poi
,
via
via
,
su
quel
tronco
lievissimo
,
senza
badare
né
al
senso
né
al
nesso
,
sempre
nuove
frasi
si
aggiungono
,
si
aggrappano
,
si
accavallano
:
una
foltissima
vegetazione
verbale
cresce
penosamente
,
con
il
soccorso
di
un
groviglio
di
apposizioni
,
di
preposizioni
,
di
costrutti
avverbiali
,
di
participi
presenti
(
«
al
di
là
di
»
,
«
in
forza
di
»
,
«
di
fronte
a
»
,
«
attraverso
»
:
«
per
»
,
«
su
»
e
«
come
»
usati
a
caso
:
«
riguardante
»
,
«concernente»...)
.
E
,
quando
l
'
emissione
di
voce
o
di
penna
si
è
calmata
,
noi
ci
guardiamo
intorno
prostrati
e
confusi
.
Non
abbiamo
compreso
nulla
.
Urtiamo
contro
un
'
armatura
di
preposizioni
e
di
avverbi
,
che
sta
in
piedi
da
sé
,
quale
sia
il
pensiero
che
le
affidiamo
:
un
intrico
di
cerniere
neutre
e
inespressive
:
una
pseudo
-
sintassi
automatica
.
Se
davvero
vogliamo
capire
,
dobbiamo
distruggere
il
periodo
,
individuare
gli
elementi
primi
del
pensiero
,
scoprire
il
loro
ordine
nascosto
e
riedificarlo
...
Colui
che
sta
parlando
o
scrivendo
rinuncia
,
in
modo
assai
più
radicale
di
qualsiasi
«
Dada
»
,
alla
costruzione
elementare
del
proprio
pensiero
.
Si
trova
davanti
un
lessico
accresciuto
:
non
cerca
di
metterlo
in
rapporto
con
l
'
idea
che
gli
affiora
alla
mente
;
e
lo
affida
alla
voce
o
lo
butta
sulla
carta
,
con
l
'
aiuto
di
qualche
strano
legame
sintattico
.
E
intanto
insegue
,
più
o
meno
consciamente
,
un
ideale
estetico
.
Con
i
mezzi
espressivi
di
un
analfabeta
,
si
sforza
di
ripetere
la
dignità
del
«
cursus
»
latino
.
Nata
e
coltivata
amorosamente
nelle
anticamere
dei
ministri
,
negli
studi
degli
avvocati
e
dei
letterati
,
capace
di
ornare
le
schermaglie
dei
nostri
uomini
politici
,
questa
vegetazione
sintattica
non
funesta
,
io
credo
,
nessun
'
altra
lingua
europea
.
Intanto
ha
raggiunto
anche
le
grandi
aziende
del
Nord
.
E
forse
fiorisce
volentieri
soprattutto
lì
,
tra
quei
tecnocrati
e
tecnici
piemontesi
e
lombardi
,
che
,
secondo
Pasolini
,
starebbero
per
imporci
una
lingua
«
strumentale
»
.
Quanto
al
linguaggio
della
tecnica
e
della
scienza
,
non
credo
che
esso
ci
stia
conducendo
,
come
pensa
Pasolini
,
verso
una
lingua
«
precisa
e
inespressiva
»
.
Certo
il
fisico
che
discorre
di
«
protoni
»
e
di
«
neutroni
»
rinuncia
a
qualsiasi
finalità
espressiva
.
Poi
i
termini
tecnici
raggiungono
la
lingua
quotidiana
,
dove
vengono
utilizzati
,
stravolti
,
trasformati
in
metafore
.
Così
Rita
Hayworth
diventò
per
sempre
«
l
'
atomica
»
.
E
in
quelle
parole
irte
,
inaudite
,
una
volta
quasi
impronunciabili
,
colui
che
parla
non
insegue
il
sogno
di
una
pura
comunicazione
razionale
.
Come
nei
dialetti
,
vi
trova
un
tesoro
di
espressività
,
di
colore
,
talvolta
di
decorazione
linguistica
.
Sovente
le
due
lingue
confondono
e
contaminano
le
loro
acque
;
e
le
forme
del
dialetto
cuneese
accolgono
confidenzialmente
la
parola
impiegata
anche
a
Chicago
e
nella
Ruhr
.
In
quest
'
impasto
,
l
'
espressività
tecnica
brilla
di
una
luce
sempre
più
intensa
;
giacché
soltanto
essa
ci
conferisce
prestigio
davanti
agli
altri
e
a
noi
stessi
.
Sempre
più
di
frequente
ci
sentiamo
rispondere
,
per
una
ragione
analoga
,
«
esatto
»
invece
di
«
Sì
»
.
Perché
mai
«
esatto
»
?
Avevamo
chiesto
il
nome
di
una
strada
;
o
qualcosa
di
vago
e
opinabile
,
come
un
parere
su
un
libro
o
una
persona
.
Ma
il
generoso
sorriso
di
soddisfazione
,
la
pronuncia
enfatica
con
un
«
esatto
»
esce
dalla
chiostra
dei
denti
,
ci
garantisce
che
il
nostro
interlocutore
sa
di
rivoluzionare
,
anche
lui
,
le
forme
della
tribù
.
E
intanto
rivendica
la
propria
efficienza
:
con
una
sola
parola
ci
dimostra
l
'
incontestabile
verità
di
tutto
quello
che
gli
accadrà
di
pensare
o
di
testimoniare
.
Si
direbbe
,
qualche
volta
,
che
la
«
comunicazione
»
sia
l
'
ultima
tra
le
mete
delle
lingue
moderne
.
La
loro
ossatura
diventa
così
fragile
e
inconsistente
,
da
impedirci
di
comunicare
.
Ma
,
in
superficie
,
quale
straordinaria
ricchezza
!
Proprio
la
lingua
media
,
nella
quale
gli
stimoli
espressivi
dovrebbero
spegnersi
o
filtrarsi
,
ostenta
la
sua
infrazione
alla
media
.
Neologismi
,
metafore
,
analogie
,
allusioni
,
parodici
,
corti
circuiti
espressivi
vengono
inventati
di
continuo
,
e
si
attraggono
o
migrano
da
Nuova
York
a
Roma
,
da
Leningrado
a
Pechino
:
sembrano
,
per
qualche
mese
,
dominare
l
'
orizzonte
e
scompaiono
come
non
fossero
mai
esistiti
.
La
temperatura
linguistica
cresce
:
quello
che
ieri
era
«
bello
»
o
«
brutto
»
,
oggi
sembra
«
stupendo
»
,
«
meraviglioso
»
,
«
orribile
»
,
«
osceno
»
.
Questi
fenomeni
sono
sempre
accaduti
.
Ma
un
tempo
non
avvenivano
ad
una
velocità
così
sconvolgente
.
Mentre
l
'
innovazione
linguistica
scocca
,
mentre
la
parola
o
la
metafora
nuova
cancellano
quelle
antiche
,
mentre
il
mare
della
lingua
ribolle
-
ecco
che
,
in
questo
stesso
momento
,
l
'
invenzione
si
sclerotizza
,
e
raggiunge
il
cimitero
delle
parole
perdute
.
Ci
troviamo
in
mano
una
forma
piena
di
forza
enfatica
;
e
inespressiva
come
un
numero
o
una
preposizione
.
La
lingua
trabocca
di
relitti
arcaicissimi
,
che
ieri
mattina
minacciavano
di
far
esplodere
il
mondo
.
Fra
poco
ci
vorrà
un
archeologo
per
spiegarli
.
E
intanto
usiamo
una
formula
che
significa
tutto
e
nulla
:
possiamo
interpretarla
in
molti
modi
diversi
:
simile
a
un
cartellino
o
a
una
bandiera
,
che
tenta
di
ricordarci
che
,
lì
sotto
,
giace
un
oscuro
significato
.
Un
tempo
,
in
un
angolo
dei
grandi
sistemi
espressivi
,
esistevano
,
e
talvolta
esistono
ancora
,
delle
lingue
«
speciali
»
:
il
gergo
della
malavita
,
delle
caserme
,
degli
studenti
o
,
perfino
,
il
lessico
di
certi
gruppi
familiari
.
In
confronto
alla
lingua
,
possedevano
una
fortissima
carica
di
allusività
,
al
punto
da
trasformare
ogni
parola
in
una
parola
d
'
ordine
.
Gridando
«
me
ne
frego
!
»
,
il
fascista
della
prima
ora
stabiliva
con
altri
fascisti
un
rapporto
di
complicità
che
la
parola
«
albero
»
non
gli
avrebbe
mai
consentito
.
Mentre
le
lingue
speciali
decadono
rapidamente
,
tutta
la
lingua
sembra
oggi
trasformarsi
in
un
gergo
furbesco
.
Intorno
alle
nuove
forme
si
stabilisce
un
arco
larghissimo
di
complicità
:
ognuna
di
loro
ci
ricorda
la
persona
o
la
situazione
che
l
'
hanno
suggerita
,
ricostruisce
una
psicologia
o
una
classe
,
allude
ai
nostri
ideali
compagni
.
Metà
delle
parole
che
pronunciamo
sono
tra
virgolette
.
Continue
associazioni
collegano
tra
loro
tutti
i
parlanti
del
mondo
.
Quei
Riccetti
e
quei
Tommasi
che
sembrano
a
Pasolini
,
dieci
anni
dopo
«
Ragazzi
di
Vita
»
,
«
remoti
come
su
un
'
urna
greca
»
,
sono
,
forse
,
entrati
da
padroni
nell
'
edificio
della
lingua
.
StampaQuotidiana ,
È
l
'
individuo
solo
di
fronte
al
mondo
?
Ha
la
capacità
di
forgiare
,
con
le
sole
sue
forze
,
quello
che
chiama
il
suo
Io
,
la
sua
personalità
intera
,
e
di
crearsi
la
forma
di
vita
che
più
gli
piace
?
Può
rompere
il
contratto
tacito
che
lo
lega
agli
altri
ed
agire
al
di
fuori
di
ogni
regola
,
seguendo
la
sua
ispirazione
o
,
più
semplicemente
,
il
suo
piacere
momentaneo
?
Sono
questi
gli
interrogativi
che
dominano
da
un
capo
all
'
altro
il
romanzo
di
Saul
Bellow
,
Il
pianeta
di
Mr
.
Sammler
(
Feltrinelli
,
1971
)
,
il
più
filosofico
dei
nostri
giorni
,
quello
che
meglio
ne
esprime
l
'
incertezza
,
la
disperazione
e
l
'
angoscia
.
Spettatore
disinteressato
,
eppure
coinvolto
nelle
vicende
che
narra
,
Mr
.
Sammler
è
privo
di
amarezza
e
di
odio
,
è
umano
e
compassionevole
:
ma
la
sua
analisi
della
condizione
dell
'
uomo
contemporaneo
è
lucida
e
spietata
.
Ciò
di
cui
Mr
.
Sammler
va
in
cerca
,
ciò
che
vorrebbe
salvaguardare
e
contribuire
ad
accrescere
,
è
la
consapevolezza
che
l
'
uomo
può
avere
di
sé
,
della
propria
condizione
,
dei
propri
limiti
.
Questa
consapevolezza
esclude
ogni
assolutizzazione
o
esaltazione
sia
dello
stato
presente
delle
cose
,
sia
di
uno
stato
futuro
previsto
o
vagheggiato
.
Sammler
non
vuol
sentire
parlare
né
della
fine
imminente
del
mondo
,
né
della
creazione
di
altri
mondi
superumani
nello
spazio
cosmico
.
L
'
Io
non
è
solo
di
fronte
all
'
Universo
.
L
'
essere
umano
è
condizionato
dagli
altri
esseri
umani
ma
questo
condizionamento
,
per
quanto
oppressivo
o
pesante
,
non
lo
rende
schiavo
.
L
'
individuo
non
è
il
giudice
supremo
di
nulla
,
ma
è
il
giudice
intermedio
di
un
'
esistenza
che
non
può
essere
una
volta
per
tutte
giustificata
e
può
assumere
solo
la
forma
di
un
progetto
instabile
e
poco
sicuro
.
«
L
'
umanità
,
dice
Sammler
,
non
può
liberarsi
di
se
stessa
se
non
attraverso
un
atto
di
universale
autodistruzione
.
Non
spetta
a
noi
neppure
votare
sì
o
no
.
»
La
consapevolezza
dei
propri
limiti
dovrebbe
in
primo
luogo
salvare
l
'
uomo
dalla
ricerca
dell
'
originalità
ad
ogni
costo
.
Questa
ricerca
è
oggi
la
peggiore
degradazione
dell
'
individualismo
,
una
degradazione
che
trova
le
sue
radici
nella
stessa
struttura
del
mondo
moderno
.
«
Noi
viviamo
in
un
mare
sociale
e
umano
.
Invenzioni
e
idee
bagnano
i
nostri
cervelli
che
,
a
volte
,
come
spugne
,
devono
ricevere
qualsiasi
cosa
portano
le
correnti
e
digerire
i
protozoi
mentali
...
Ci
sono
momenti
o
situazioni
in
cui
soggiaciamo
a
tutto
questo
e
sentiamo
l
'
orrendo
male
della
consapevolezza
cumulativa
,
sentiamo
il
peso
del
mondo
.
»
Ma
cosa
si
fa
per
liberarsi
di
questo
peso
?
Ci
si
contorce
come
clowns
,
si
assumono
maniere
stravaganti
,
si
accumula
l
'
odio
seguendo
puntualmente
la
routine
della
vita
quotidiana
.
L
'
uomo
cerca
di
far
di
se
stesso
una
leggenda
,
un
mito
,
e
così
di
sollevarsi
al
di
sopra
delle
limitazioni
della
vita
comune
.
La
vita
si
identifica
con
l
'
arte
nella
ricerca
della
originalità
ad
ogni
costo
.
Come
l
'
arte
,
essa
rigetta
ogni
modello
,
intende
fare
a
meno
di
ogni
imitazione
.
Ma
ci
riesce
veramente
?
In
realtà
si
imitano
vecchi
modelli
o
copie
a
buon
mercato
di
originali
lontani
,
simili
agli
scenari
e
alle
comparse
di
Hollywood
.
Riaffiorano
in
forma
puerile
e
volgare
antiche
idee
religiose
,
l
'
orfismo
,
il
manicheismo
,
il
mitraismo
,
lo
gnosticismo
.
Si
sente
la
nostalgia
per
la
preistoria
,
per
lo
stato
selvaggio
e
per
la
ferocia
crudele
dei
primitivi
.
Si
sente
persino
dire
che
il
vero
scopo
della
civilizzazione
è
quello
di
permettere
a
tutti
di
vivere
come
i
popoli
primitivi
e
condurre
un
'
esistenza
neolitica
in
una
società
automatizzata
.
E
si
esalta
,
per
giustificare
la
ricerca
dell
'
originalità
ad
ogni
costo
,
l
'
unicità
dell
'
anima
,
l
'
assoluta
singolarità
della
persona
.
Ma
con
quali
mezzi
si
crede
di
realizzarla
?
«
Con
i
capelli
,
con
i
vestiti
,
le
droghe
e
i
cosmetici
,
con
i
genitali
,
con
i
viaggi
di
andata
e
ritorno
attraverso
il
male
,
la
mostruosità
e
l
'
orgia
,
e
addirittura
con
Dio
avvicinato
per
mezzo
dell
'
oscenità
.
»
La
liberazione
dell
'
individuo
da
ogni
limite
o
costrizione
che
gli
venga
dagli
altri
,
il
tentativo
di
distinguersi
ad
ogni
costo
,
di
uscire
dall
'
anonimato
,
di
rendersi
«
interessante
»
,
porta
gli
uomini
ad
indossare
maschere
grottesche
,
di
cui
avvertono
,
più
o
meno
oscuramente
,
la
nullità
e
la
pena
.
Gli
uomini
vorrebbero
visitare
o
incarnare
tutti
i
modi
d
'
essere
possibili
,
tutte
le
forme
di
vita
,
ma
senza
sceglierne
né
realizzarne
nessuna
,
per
rimanere
liberi
di
andare
e
venire
a
loro
piacimento
.
Ma
questo
andare
e
venire
senza
costrutto
è
il
nulla
stesso
,
o
almeno
il
desiderio
del
nulla
.
II
risultato
di
questo
agitarsi
disordinato
,
di
questo
vagheggiamento
velleitario
di
possibilità
di
vita
,
fra
cui
non
è
possibile
scegliere
e
in
cui
non
è
possibile
calarsi
realmente
,
sono
l
'
infelicità
e
la
disperazione
,
che
costituiscono
i
tratti
salienti
della
vita
contemporanea
e
fanno
vivere
gli
uomini
nell
'
attesa
di
una
catastrofe
imminente
,
del
nulla
finale
.
Da
tre
secoli
a
questa
parte
,
nel
mondo
occidentale
,
l
'
individuo
ha
rivendicato
il
diritto
di
pensare
con
la
propria
testa
,
di
dissentire
dagli
altri
,
di
criticare
gli
ordinamenti
sotto
cui
vive
e
di
cercare
di
cambiarli
,
di
perseguire
la
forma
di
vita
e
di
felicità
che
preferisce
.
Questa
rivendicazione
gli
è
stata
resa
possibile
da
circostanze
storiche
determinate
,
da
un
complesso
di
condizioni
economiche
,
sociali
e
politiche
che
si
sono
venute
determinando
in
modo
e
gradi
diversi
nei
diversi
paesi
.
Ma
l
'
esercizio
effettivo
di
questo
diritto
è
rimasto
e
rimane
allo
stadio
iniziale
.
Le
stesse
condizioni
che
lo
hanno
fatto
sorgere
tendono
a
limitarlo
o
a
incepparlo
.
Quando
si
è
liberato
dalla
schiavitù
del
bisogno
,
attraverso
un
'
organizzazione
produttiva
efficiente
e
complessa
,
l
'
individuo
è
da
questa
stessa
organizzazione
destinato
a
compiti
e
funzioni
che
spesso
risente
come
una
nuova
schiavitù
.
Di
qui
la
ricerca
di
un
'
evasione
,
il
vagheggiamento
di
una
libertà
sconfinata
per
la
quale
non
ci
sia
che
lui
a
scegliere
la
sua
forma
di
vita
.
Di
qui
l
'
odio
e
il
disprezzo
per
gli
altri
,
degradati
a
semplici
ostacoli
per
la
realizzazione
dei
suoi
desideri
,
e
il
sentimento
della
sua
solitudine
di
fronte
al
mondo
.
Di
qui
la
nostalgia
e
il
rimpianto
di
forme
di
vita
lontane
o
diverse
,
primitive
o
naturali
:
di
forme
di
vita
in
cui
,
nella
realtà
,
l
'
aspirazione
alla
libertà
individuale
non
può
neppur
nascere
.
L
'
individuo
tende
oggi
a
disconoscere
o
a
obliare
i
suoi
limiti
,
i
suoi
condizionamenti
naturali
e
storici
:
proprio
mentre
il
suo
sforzo
di
liberazione
può
riuscire
efficace
solo
agganciandosi
alle
possibilità
che
tali
condizionamenti
gli
offrono
.
Ma
quando
l
'
individuo
preferisce
il
«
gruppo
»
alla
società
,
il
libero
incontro
all
'
impegno
contrattuale
,
mette
in
forse
le
sue
stesse
possibilità
di
sopravvivenza
perché
gruppi
o
incontri
si
formano
e
si
dissolvono
come
nugoli
di
coriandoli
al
vento
.
Una
comunità
tribale
può
esistere
solo
ai
margini
di
una
società
automatizzata
e
a
spese
del
surplus
che
essa
produce
:
se
si
diffondesse
oltre
un
certo
limite
,
la
società
automatizzata
cadrebbe
.
La
consapevolezza
umana
di
cui
parla
Mr
.
Sammler
concerne
appunto
questi
limiti
e
queste
condizioni
.
Uno
sfondo
ottimistico
traluce
attraverso
la
desolata
tristezza
del
romanzo
di
Bellow
,
che
si
conclude
con
l
'
elogio
di
un
personaggio
mediocre
che
«
ha
rispettato
le
condizioni
del
suo
contratto
»
:
ha
cioè
cercato
di
fare
ciò
che
da
lui
si
aspettavano
gli
altri
.
Ognuno
,
conclude
Bellow
,
conosce
nel
suo
cuore
queste
condizioni
:
tutti
le
conoscono
.
Ma
-
ci
domandiamo
-
non
è
forse
troppo
anche
questo
modesto
e
nascosto
ottimismo
?
StampaQuotidiana ,
Il
giorno
2
aprile
del
1925
,
Mussolini
,
appena
convalescente
,
pronunciava
al
Senato
discutendosi
il
progetto
di
legge
Di
Giorgio
un
discorso
di
carattere
militare
che
ebbe
l
'
onore
dell
'
affissione
in
tutti
i
Comuni
del
regno
per
acclamazione
,
quasi
unanime
,
del
Senato
.
Pochi
giorni
dopo
il
Duce
assumeva
la
direzione
del
Ministero
della
Guerra
.
L
'
allora
generale
d
'
armata
Pietro
Badoglio
,
da
Rio
de
Janeiro
,
dove
era
stato
mandato
ambasciatore
,
inviava
al
Duce
,
in
data
10
aprile
1925
,
il
seguente
telegramma
:
«
Nel
momento
in
cui
assume
direzione
Ministero
della
Guerra
,
voglia
V
.
E
.
gradire
mio
fervido
saluto
di
generale
dell
'
Esercito
e
di
soldato
della
Patria
vittoriosa
e
rispettata
»
.
Dopo
la
Marcia
su
Roma
,
Badoglio
fu
mandato
a
ricoprire
la
carica
di
ambasciatore
d
'
Italia
nel
Brasile
.
Poco
prima
dell
'
insurrezione
fascista
dell
'
ottobre
,
gli
erano
state
attribuite
dichiarazioni
che
provocarono
un
violento
trafiletto
pubblicato
in
data
14
ottobre
su
Il
Popolo
d
'
Italia
.
Nominato
ambasciatore
,
il
Badoglio
non
fece
difficoltà
di
sorta
e
partì
per
la
nuova
destinazione
,
dove
rimase
un
paio
d
'
anni
,
senza
acquistarsi
particolari
benemerenze
.
Quando
fece
ritorno
,
la
sua
adesione
al
regime
fascista
che
nel
frattempo
aveva
superato
la
prova
del
1924
parve
assolutamente
sincera
.
Egli
andava
dicendo
:
«
Dovunque
mi
si
mandi
ci
vado
:
quando
voi
ordinate
Badoglio
è
sempre
pronto
a
partire
»
.
Nella
primavera
del
1925
,
fu
questione
di
creare
la
carica
di
Capo
di
S
.
M
.
generale
,
per
la
preparazione
coordinata
di
tutte
le
Forze
armate
.
Il
generale
d
'
armata
Badoglio
era
i1
candidato
degli
ambienti
di
Corte
e
distanziava
tutti
gli
altri
:
il
re
stesso
diceva
che
dal
punto
di
vista
professionale
era
la
testa
migliore
»
.
Che
cosa
sia
avvenuto
dell
'
avv
.
Edoardo
Rotigliano
,
già
Senatore
del
regno
e
passato
al
Fascismo
dal
nazionalismo
fiorentino
,
non
è
possibile
sapere
in
questo
momento
:
l
'
ultima
sua
manifestazione
oratoria
fu
un
discorso
piuttosto
frondista
pronunciato
al
Senato
nella
primavera
del
1943
nel
quale
si
evocava
l
'
atteggiamento
del
re
dopo
Caporetto
.
Ora
l
'
ex
-
deputato
Rotigliano
mandò
in
data
4
aprile
1925
la
seguente
sintomatica
e
,
in
certa
guisa
,
quasi
profetica
lettera
al
Capo
del
Governo
Mussolini
:
«
Eccellenza
Presidente
.
Oggi
alla
Camera
si
parlava
insistentemente
della
nomina
del
generale
Badoglio
a
Capo
di
S
.
M
.
dell
'
Esercito
.
Mi
auguro
che
la
voce
sia
infondata
.
Ho
avuto
occasione
di
conoscere
in
guerra
il
generale
Badoglio
e
di
seguire
molto
da
vicino
la
sua
azione
.
Posso
assicurarle
che
non
ha
le
doti
di
carattere
indispensabili
per
essere
posto
a
capo
dell
'
Esercito
.
Molti
sanno
che
Badoglio
è
il
maggior
responsabile
di
Caporetto
,
ma
pochi
conoscono
il
contegno
ignobile
tenuto
da
lui
all
'
indomani
della
disfatta
,
quando
abbandonò
senza
comando
,
sulla
sinistra
dell
'
Isonzo
,
tre
delle
quattro
divisioni
del
suo
27°
corpo
d
'
armata
per
correre
a
Udine
e
a
Padova
ad
assicurarsi
la
impunità
e
a
brigare
per
la
sua
nomina
a
sottocapo
di
Stato
Maggiore
.
È
un
uomo
di
un
'
ambizione
insaziabile
.
Se
si
trovasse
a
capo
dell
'
Esercito
sono
sicuro
che
egli
approfitterebbe
della
carica
per
tentare
la
scalata
al
Governo
.
Io
non
ho
candidati
da
proporre
,
confermo
,
anzi
,
che
dei
generali
più
in
vista
,
nessuno
,
secondo
me
,
dà
sufficienti
garanzie
di
fedeltà
al
nostro
Regime
.
Ma
sotto
questo
aspetto
,
Badoglio
sarebbe
certamente
il
peggiore
di
tutti
.
Perdoni
,
Eccellenza
,
se
ho
creduto
mio
dovere
esprimerle
un
convincimento
che
è
frutto
di
una
mia
personale
diretta
conoscenza
di
avvenimenti
,
dei
quali
potrei
,
quando
Ella
lo
desiderasse
,
darle
la
prova
,
e
voglia
gradire
l
'
attestazione
della
mia
devozione
immutabile
.
-
E
.
Rotigliano
»
.
Seguiva
il
seguente
P
.
S
.
battuto
a
macchina
:
Tentò
,
mediante
un
telegramma
falsificato
,
di
fare
apparire
di
essere
stato
trasferito
ad
altro
Comando
,
prima
dello
sfondamento
del
suo
corpo
d
'
armata
.
La
lettera
del
Rotigliano
non
passò
inosservata
,
e
provocò
nuovi
colloqui
e
ulteriori
indagini
.
In
un
successivo
incontro
,
Mussolini
ebbe
l
'
impressione
che
si
trattasse
di
una
"
posizione
"
polemica
.
È
noto
che
i
nazionalisti
difendevano
a
spada
tratta
Cadorna
.
Il
quale
,
a
sua
volta
,
in
una
lettera
datata
da
Villar
Pellice
il
12
settembre
del
1919
così
scriveva
al
direttore
di
Vita
Italiana
:
«
La
Gazzetta
del
Popolo
ha
pubblicato
ieri
le
conclusioni
dell
'
inchiesta
su
Caporetto
»
.
Dopo
aver
detto
che
«
dovrebbe
scrivere
un
libro
per
replicare
»
,
così
testualmente
continua
:
«
Si
accollano
delle
responsabilità
a
me
e
ai
generali
Porro
,
Capello
,
Montuori
,
Bongiovanni
,
Cavaciocchi
e
neppure
si
parla
di
Badoglio
,
le
cui
responsabilità
sono
gravissime
.
Fu
proprio
il
suo
corpo
d
'
armata
(
il
27°
)
che
fu
sfondato
di
fronte
a
Tolmino
,
perdendo
in
un
sol
giorno
tre
fortissime
linee
di
difesa
e
ciò
sebbene
il
giorno
prima
(
23
ottobre
)
avesse
espresso
proprio
a
me
la
più
completa
fiducia
nella
resistenza
,
confermandomi
ciò
che
già
aveva
annunciato
il
19
ottobre
al
colonnello
Calcagno
,
da
me
inviatogli
per
assumere
informazioni
sulle
condizioni
del
suo
corpo
d
'
armata
e
sui
suoi
bisogni
.
La
rotta
di
questo
corpo
fu
quella
che
determinò
la
rottura
del
fronte
dell
'
intero
Esercito
.
E
il
Badoglio
la
passa
liscia
!
Qui
c
'
entra
evidentemente
la
massoneria
e
probabilmente
altre
influenze
,
visto
gli
onori
che
gli
hanno
elargito
in
seguito
.
E
mi
pare
che
basti
per
ora
!
»
.
Le
altre
influenze
alle
quali
alludeva
il
Cadorna
erano
quelle
della
monarchia
.
Sempre
a
proposito
di
Caporetto
,
sono
depositati
al
Museo
della
Guerra
di
Milano
i
tre
manoscritti
inediti
del
generale
Cavaciocchi
,
consegnati
dalla
figlia
al
Duce
a
mezzo
del
generale
Segato
,
quindici
anni
fa
e
da
rendere
pubblici
fra
qualche
tempo
.
Questa
battaglia
pro
e
contro
Badoglio
svoltasi
negli
ambienti
politico
-
militari
si
risolse
,
soprattutto
per
l
'
adesione
del
Duca
della
Vittoria
,
a
favore
di
Badoglio
.
Il
quale
assumendo
la
carica
,
in
una
lettera
datata
1°
maggio
1925
,
occupandosi
della
scelta
del
sottocapo
di
Stato
Maggiore
,
scartati
Grazioli
,
perché
"
scivoloso
"
,
Vaccari
perché
"
svanito
"
,
Ferrari
perché
"
scaduto
"
di
prestigio
,
proponeva
il
generale
Scipioni
nonostante
la
sua
aria
di
farmacista
.
Poi
così
concludeva
:
«
Quanto
sopra
ho
detto
è
quello
che
esattamente
penso
.
Ma
con
qualsiasi
sottocapo
di
Stato
maggiore
farò
lo
stesso
e
V
.
E
.
avrà
l
'
Esercito
che
desidera
.
Mi
rimetto
perciò
completamente
alle
decisioni
di
V
.
E
.
»
.
Il
primo
problema
che
fu
allora
affrontato
in
una
serie
di
sedute
tenutesi
al
Ministero
della
Guerra
,
sotto
la
presidenza
di
Mussolini
e
con
la
presenza
di
Bonzani
,
Thaon
di
Revel
,
fu
l
'
organizzazione
dell
'
Aeronautica
come
Forza
Armata
autonoma
.
Dopo
il
fallito
attentato
Zaniboni
,
su
carta
intestata
,
in
data
7
novembre
1925
,
Badoglio
mandava
al
Duce
la
seguente
lettera
:
«
Eccellenza
,
quale
capo
di
S
.
M
.
generale
e
collaboratore
fedele
del
Governo
nazionale
,
di
fronte
alla
conferma
che
l
'
ex
-
deputato
Zaniboni
nel
momento
del
suo
criminoso
tentativo
indossava
la
divisa
di
maggiore
degli
Alpini
,
sento
il
dovere
di
protestare
indignato
in
nome
di
quanti
indossano
l
'
uniforme
di
soldato
d
'
Italia
contro
l
'
atto
esecrando
di
chi
,
dimentico
delle
leggi
dell
'
onore
,
cercò
coi
segni
delle
benemerenze
del
passato
di
rendere
possibile
la
perpetrazione
del
più
vile
e
odioso
dei
misfatti
.
Dio
ha
protetto
V
.
E
.
e
l
'
Italia
!
Nel
palpito
della
Nazione
che
in
questi
giorni
vibrante
di
commozione
e
di
esultanza
le
si
è
serrata
affettuosamente
d
'
intorno
,
V
.
E
.
avrà
certo
riconosciuto
e
sentito
vicino
il
cuore
di
quanti
portiamo
le
armi
al
servizio
della
Patria
,
e
,
nel
nome
augusto
del
re
,
le
siamo
ossequientissimi
e
devoti
.
-
Suo
dev.mo
Badoglio
»
.
Fa
una
certa
impressione
a
distanza
di
quasi
vent
'
anni
sentire
dalle
labbra
del
Maresciallo
parlare
«
delle
leggi
dell
'
onore
»
.
Ed
è
curioso
che
fra
i
primi
collaboratori
del
governo
di
Bari
,
sorto
dalla
resa
a
discrezione
,
sia
stato
chiamato
il
fallito
attentatore
del
1925
!
Assunta
definitivamente
la
carica
,
Badoglio
si
occupò
di
problemi
militari
,
molto
dall
'
alto
,
limitandosi
a
impartire
direttive
di
ordine
generale
.
Raramente
frequentava
le
grandi
manovre
annuali
,
per
non
incontrarsi
con
gli
uomini
che
egli
detestava
,
come
ad
esempio
Cavallero
.
Ciò
non
gli
impediva
,
in
data
24
dicembre
del
1926
,
di
«
formulare
al
Duce
i
più
devoti
e
sentiti
auguri
»
insieme
col
voto
che
«
sotto
l
'
energica
direzione
del
Duce
,
l
'
Esercito
possa
raggiungere
la
più
completa
efficienza
.
Io
affermo
a
V
.
E
.
che
in
questa
grandiosa
opera
noi
le
saremo
collaboratori
instancabili
e
devotissimi
.
-
Pietro
Badoglio
»
.
Nell
'
autunno
del
1928
,
Badoglio
fu
nominato
Governatore
della
Libia
,
in
sostituzione
di
De
Bono
,
il
quale
aveva
avviato
lo
sviluppo
agricolo
della
colonia
.
Fu
convenuto
che
Badoglio
avrebbe
conservato
la
carica
di
Capo
di
S
.
M
.
generale
,
che
salvo
avvenimenti
imprevedibili
sarebbe
rimasto
in
Libia
dal
10
gennaio
1929
al
31
dicembre
1933
,
che
avrebbe
avuto
conservati
gli
stipendi
goduti
più
quelli
di
Governatore
,
che
Badoglio
chiedeva
fossero
almeno
uguali
a
quelli
che
aveva
come
ambasciatore
nel
Brasile
.
È
in
questo
momento
che
spunta
il
Marchesato
del
Sabotino
.
In
una
lettera
datata
12
settembre
1928-VI
egli
scriveva
:
«
Poiché
è
nota
la
generosità
di
V
.
E
.
nel
premiare
tutti
i
suoi
fedeli
collaboratori
,
io
mi
sono
permesso
di
rivolgermi
a
V
.
E
.
perché
mi
proponesse
a
S
.
M
.
il
re
per
la
concessione
di
un
titolo
nobiliare
estensibile
ai
figli
e
riferentesi
alla
mia
azione
sul
Sabotino
.
Sarei
gratissimo
a
V
.
E
.
se
mi
volesse
confermare
quanto
io
ho
l
'
onore
di
scriverle
in
questa
lettera
.
Come
ho
detto
ieri
a
voce
,
V
.
E
.
può
contare
ora
e
sempre
sulla
mia
più
completa
e
assoluta
devozione
.
-
Piero
Badoglio
,
Maresciallo
d
'
Italia
»
.
Non
è
qui
il
caso
di
esaminare
l
'
opera
politica
,
militare
,
economica
svolta
dal
Badoglio
in
Libia
durante
il
quinquennio
del
suo
Governo
.
Per
quella
obiettività
che
inspira
la
nostra
narrazione
,
si
può
dire
che
l
'
opera
iniziata
da
De
Bono
fu
perfezionata
su
più
vasta
scala
.
Di
quando
in
quanto
per
far
vedere
che
la
Libia
"
non
era
una
debolezza
per
l
'
Italia
"
mandava
al
Duce
frutta
e
verdure
e
uva
,
quali
primizie
di
quella
terra
che
le
braccia
industri
di
migliaia
di
Italiani
rendevano
feconda
.
Naufragato
nel
1933
l
'
unico
logico
razionale
storico
tentativo
di
realizzare
una
intesa
fra
le
Potenze
occidentali
che
coordinasse
la
evoluzione
politico
-
sociale
dell
'
Europa
,
apparve
chiaro
che
l
'
Italia
se
voleva
vivere
doveva
assicurarsi
un
più
largo
e
fertile
spazio
africano
.
In
data
30
dicembre
1934
,
Mussolini
mandava
ai
suoi
principali
collaboratori
politico
-
militari
la
sua
memoria
nella
quale
era
illustrato
il
piano
per
la
conquista
dell
'
Etiopia
.
Il
documento
esiste
ancora
come
esistono
le
centinaia
di
telegrammi
autografi
,
coi
quali
Mussolini
diresse
tutta
la
preparazione
e
le
diverse
fasi
della
campagna
.
Chi
potrà
mai
,
fra
coloro
che
l
'
hanno
vissuta
,
dimenticare
l
'
adunata
nazionale
del
2
ottobre
1935
?
E
quelle
del
5
e
del
9
maggio
del
1936
?
Chi
non
si
inorgoglisce
al
pensiero
della
resistenza
contro
l
'
assedio
societario
?
Chi
non
si
commuove
al
ricordo
della
"
giornata
della
fede
"
?
Nessuno
può
cancellare
queste
grandi
pagine
della
storia
del
popolo
italiano
.
Nelle
prefazioni
ai
libri
dei
tre
condottieri
dell
'
Impero
,
Mussolini
ha
riconosciuto
i
meriti
di
ognuno
di
essi
.
Date
le
proporzioni
che
la
guerra
poteva
assumere
fra
militari
e
civili
oltre
mezzo
milione
di
Italiani
si
erano
trasferiti
in
A
.
O
.
,
in
barba
agli
Inglesi
Mussolini
pensò
che
spettasse
al
Capo
di
S
.
M
.
generale
il
compito
di
dirigerla
.
Nel
settembre
,
all
'
apparire
della
flotta
inglese
nel
Mediterraneo
,
il
Maresciallo
Badoglio
ebbe
una
grave
crisi
e
considerò
compromessa
la
partita
.
In
una
lettera
egli
invocava
dal
Duce
,
«
che
tanto
aveva
fatto
per
l
'
Italia
,
un
gesto
che
impedisse
un
urto
con
la
Gran
Bretagna
»
e
Mussolini
gli
rispondeva
che
l
'
Italia
non
avrebbe
preso
l
'
iniziativa
nel
Mediterraneo
,
ma
avrebbe
resistito
al
ricatto
e
si
sarebbe
difesa
,
se
attaccata
.
La
flotta
inglese
venne
,
passeggiò
per
il
Mediterraneo
,
non
sparò
un
colpo
e
la
temuta
crisi
fu
scongiurata
.
Badoglio
non
fece
alcuna
difficoltà
,
quando
ebbe
l
'
ordine
di
andare
in
Africa
.
Da
Napoli
,
prima
di
partire
,
in
data
18
novembre
del
1935
,
così
telegrafava
al
Duce
:
«
Nel
lasciare
l
'
Italia
per
raggiungere
l
'
Eritrea
,
desidero
esprimere
a
V
.
E
.
i
sentimenti
della
mia
profonda
gratitudine
per
avermi
dato
modo
di
servire
ancora
una
volta
agli
ordini
dell
'
E
.
V
.
la
causa
dell
'
Italia
fascista
nelle
terre
d
'
oltremare
.
L
'
opera
felicemente
iniziala
sarà
portata
a
compimento
secondo
la
volontà
del
Duce
e
nello
sforzo
che
unisce
in
un
solo
blocco
di
fede
e
di
passione
popolo
,
soldati
e
Camicie
Nere
»
.
Durante
la
campagna
,
nelle
giornate
appassionanti
del
maggio
1936
,
nelle
successive
manifestazioni
,
il
Maresciallo
Badoglio
non
solo
non
attenuò
,
ma
ostentò
il
suo
fascismo
,
anche
se
non
tesserato
.
I
fascisti
gli
resero
onori
dovunque
.
Lo
consideravano
uno
dei
loro
.
E
intanto
presentò
i
conti
.
Il
primo
fu
la
richiesta
di
un
altro
titolo
nobiliare
.
Ciò
accadde
subito
,
appena
tornato
da
Addis
Abeba
nel
luglio
del
1936
.
Il
bravo
Fedele
,
allora
commissario
della
Consulta
Araldica
,
mentre
era
favorevole
al
conferimento
del
titolo
di
Duca
,
era
contrario
al
predicato
di
Addis
Abeba
e
alla
trasmissibilità
del
titolo
che
il
Maresciallo
non
voleva
soltanto
per
i
figli
maschi
,
ma
anche
per
la
figlia
.
Chiedeva
inoltre
per
tutta
la
vita
gli
assegni
di
guerra
e
che
le
spese
per
la
concessione
del
motu
proprio
fossero
sostenute
dalla
Presidenza
del
Consiglio
.
Il
re
oppose
qualche
resistenza
soprattutto
per
il
predicato
.
Ma
poi
finì
per
accondiscendere
.
Mussolini
si
limitò
a
"
seguire
la
pratica
"
.
Così
sorse
il
Duca
di
Addis
Abeba
.
Il
Badoglio
riprese
,
quindi
,
la
sua
carica
,
lasciando
ad
altri
la
fatica
ingrata
di
pacificare
l
'
Impero
.
Si
era
costituito
a
Roma
una
specie
di
"
clan
"
badogliano
che
aveva
cura
di
custodire
i
lauri
della
gloria
sulla
testa
del
Maresciallo
.
Quando
Sem
Benelli
nella
parte
finale
del
libro
"
Io
e
l
'
Africa
"
attribuì
a
Mussolini
il
merito
della
conclusione
vittoriosa
e
rapida
della
campagna
,
Badoglio
mandò
allo
scrittore
una
vivacissima
lettera
di
protesta
,
alla
quale
fu
risposto
in
termini
espliciti
ed
esaurienti
.
Così
quando
nel
1940
uscì
il
libro
di
Alberto
Cappa
su
"
La
guerra
totale
"
,
il
colonnello
Gandin
,
capo
ufficio
del
Maresciallo
Badoglio
,
segnalava
il
fatto
alla
Segreteria
del
Duce
con
questi
sdegnatissimi
termini
:
«
Per
il
caso
non
sia
a
voi
ancora
noto
,
vi
segnalo
l
'
accluso
libro
dove
si
ripetono
ignobili
accuse
contro
la
persona
del
Maresciallo
Badoglio
.
Ciò
credo
mio
dovere
di
fare
,
dato
che
il
Maresciallo
non
intende
fare
alcun
passo
al
riguardo
.
Devoti
ossequi
»
.
Il
libro
parlava
della
battaglia
di
Caporetto
e
aveva
una
prefazione
di
Enrico
Caviglia
che
diceva
:
«
È
uno
studio
meritevole
di
essere
letto
e
meditato
da
chi
si
occupa
di
arte
militare
e
di
politica
generale
.
Chi
ha
una
responsabilità
qualsiasi
,
politica
o
militare
,
non
può
oggi
ignorare
gli
elementi
della
guerra
totale
che
investono
tutte
le
forze
della
nazione
»
.
Sino
a
tutto
il
1938-1939
i
rapporti
con
Mussolini
furono
,
almeno
nelle
apparenze
,
cordiali
.
Tanto
che
in
data
21
settembre
1938
,
in
occasione
di
una
visita
del
Duce
alla
provincia
di
Alessandria
,
il
Maresciallo
gli
offriva
l
'
ospitalità
della
villa
o
almeno
un
tè
,
il
che
«
sarebbe
stato
di
grandissimo
onore
per
lui
e
di
grande
soddisfazione
per
l
'
intera
provincia
»
.
La
guerra
contro
la
Francia
fu
accettata
da
Badoglio
con
apparente
entusiasmo
.
La
volle
ritardare
però
sino
al
possibile
.
È
autentico
che
quando
il
Badoglio
presentò
a
Villa
Incisa
,
nei
dintorni
di
Roma
,
le
condizioni
dell
'
armistizio
ai
Francesi
,
i
suoi
occhi
si
riempirono
di
lacrime
.
Ancora
nel
1940
,
il
Maresciallo
,
in
occasione
dell
'
anniversario
della
fondazione
dei
Fasci
,
rivolgeva
al
Duce
«
il
suo
fervido
pensiero
augurale
»
.
Con
questa
rapida
corsa
retrospettiva
nel
ventennio
fascista
la
figura
del
Maresciallo
più
volte
traditore
è
nettamente
messa
a
fuoco
e
bollata
in
maniera
definitiva
.
Egli
si
appartò
dal
Regime
e
cominciò
a
premeditare
la
sua
vendetta
dopo
l
'
inizio
della
campagna
di
Grecia
,
quando
fu
esonerato
dalla
carica
di
Capo
di
S
.
M
.
generale
.
StampaQuotidiana ,
Il
problema
della
lingua
e
le
tesi
di
Pasolini
Non
ho
mai
scritto
poesie
,
non
sono
mai
stato
ermetico
(
anagraficamente
,
avrei
avuto
il
tempo
di
esserlo
)
.
Non
ho
mai
creduto
troppo
alla
letteratura
;
la
filosofia
,
la
scienza
,
la
tecnica
mi
hanno
sempre
interessato
di
più
.
E
pazienza
.
Il
tecnicismo
può
sempre
venir
buono
.
Il
grave
è
che
non
ho
mai
maneggiato
dialetti
.
Mai
ho
avuto
un
mio
dialetto
.
Ciò
mi
ha
dato
,
negli
anni
Cinquanta
,
un
penoso
complesso
di
inferiorità
.
Per
forza
:
pareva
che
nessuna
operazione
letteraria
di
avvicinamento
alla
realtà
sociale
,
popolare
(
cui
tenevo
tanto
)
,
cioè
di
mimesi
,
risultasse
efficace
senza
o
un
dialetto
o
un
pasticcio
di
dialetti
o
una
prosa
che
risentisse
del
dialetto
.
Ma
come
facevo
,
se
il
dialetto
non
ce
l
'
avevo
?
Mi
sentivo
,
dalla
lingua
,
condannato
a
essere
un
signorino
di
buona
famiglia
,
che
,
nato
a
Roma
da
genitori
senesi
,
era
determinato
dal
privilegio
di
parlare
romano
con
una
bocca
toscana
:
privilegio
che
mi
rovinava
agli
occhi
della
storia
e
dell
'
engagement
.
Come
romanziere
degli
operai
e
dell
'
industria
uno
con
una
bocca
come
la
mia
,
che
non
riusciva
nemmeno
a
dire
«
sifulum
»
e
nemmeno
«
e
mo
'
che
famo
»
,
era
spacciato
.
Ho
pensato
a
prendere
lezioni
di
dialetto
:
ma
da
chi
?
Gli
operai
che
frequentavo
si
sforzavano
di
parlare
pulito
,
come
me
,
l
'
italiano
medio
era
la
spia
della
coscienza
sindacale
e
politica
cui
tendevano
con
me
,
spasmodicamente
.
Se
chiedevo
loro
qualche
spiegazione
sul
milanese
,
credevano
che
li
prendessi
in
giro
.
Parlare
italiano
era
il
loro
vanto
culturale
e
quando
ricadevano
istintivamente
nel
dialetto
,
si
sentivano
risucchiati
dalla
schiavitù
.
Una
Berlitz
School
per
i
dialetti
non
c
'
era
.
Mi
tormentavo
.
Il
mio
carnefice
linguistico
era
Pasolini
,
l
'
amico
che
ho
sempre
amato
e
ammirato
e
che
mi
metteva
soggezione
perché
oltre
che
essere
geniale
,
ne
aveva
due
,
di
dialetti
:
il
suo
,
il
friulano
,
e
un
altro
,
il
romanesco
,
che
aveva
imparato
.
Lui
due
dialetti
e
io
nessuno
.
Scrivevo
senza
accorgermene
una
lingua
molto
pasticciata
di
terminologie
tecniche
,
psicotecniche
,
metalmeccaniche
e
commerciali
:
che
risente
del
gergo
industriale
più
che
a
livello
operaistico
-
popolare
,
a
livello
degli
operai
specializzati
,
dei
periti
,
degli
ingegneri
e
dei
venditori
.
Non
lo
facevo
apposta
,
vivo
con
loro
,
sono
uno
di
loro
.
Con
la
tecnica
mi
consolavo
della
castrazione
di
non
aver
dialetto
;
mi
vendicavo
della
letteratura
(
che
non
stimava
la
mia
bocca
)
fornicando
con
la
psicotecnica
.
Un
notissimo
critico
diceva
che
avrebbe
cominciato
a
farmi
delle
recensioni
decenti
solo
quando
mi
fossi
deciso
a
buttare
via
la
psicologia
e
l
'
industria
.
E
avevo
davanti
a
me
il
fantasma
di
Pasolini
,
abitando
io
a
Milano
e
lui
a
Roma
:
egli
non
mi
rimproverava
soltanto
la
poca
dimestichezza
con
la
lingua
,
il
non
saperla
riplasmare
con
picaresca
reinvenzione
(
quanto
ho
sofferto
di
non
riuscire
mai
a
essere
un
picaro
!
)
.
No
.
Dentro
la
lingua
,
percepivo
la
condanna
ideologica
di
tradire
,
macchinando
con
le
aristocrazie
operaie
imborghesite
,
con
la
tecnocrazia
neocapitalistica
portatrice
di
riformismi
e
false
rivoluzioni
,
la
carica
rivoluzionaria
vera
,
di
cui
soltanto
il
sottoproletariato
è
depositario
:
quindi
il
dialetto
.
La
mia
bocca
denunciava
in
me
il
goffo
populista
da
strapazzo
,
senza
cuore
autentico
e
senza
orecchio
per
il
popolo
autentico
.
Ma
il
dialetto
è
come
il
coraggio
:
uno
non
se
lo
può
dare
.
Sono
passati
così
lunghi
anni
che
hanno
medicato
la
piaga
,
alla
meglio
.
Il
gergo
della
tecnocrazia
D
'
un
tratto
,
una
grigia
sera
d
'
autunno
,
ascolto
al
teatro
Manzoni
di
Milano
Pasolini
,
il
tanto
invidiato
.
Egli
dichiara
che
andiamo
finalmente
verso
una
lingua
nazionale
italiana
,
ad
opera
di
un
gergo
egemone
,
quello
industriale
della
tecnocrazia
.
Quali
semi
esemplari
del
nuovo
italiano
,
verso
cui
Pasolini
è
ambivalentissimo
(
lo
sento
)
,
ma
cui
rende
l
'
onore
delle
armi
e
che
accetta
di
porre
sul
trono
anche
della
letteratura
(
nonostante
ciò
segni
una
sconfitta
della
letteratura
e
una
vittoria
della
tecnica
)
,
Pasolini
cita
due
brani
:
uno
del
presidente
del
Consiglio
onorevole
Aldo
Moro
,
e
uno
mio
(
cioè
tratto
da
un
mio
libro
)
.
Che
dire
?
Non
sono
mai
stato
un
antilinguista
.
Ma
,
quasi
sempre
,
un
alinguista
.
Che
cosa
è
l
'
alinguismo
?
È
una
inconsapevolezza
verso
la
lingua
che
si
adopera
:
come
si
adopera
un
braccio
,
o
una
gamba
.
Chi
è
consapevole
dei
propri
arti
,
tranne
il
filosofante
e
colui
al
quale
si
rompono
?
Descrivendo
il
modo
in
cui
il
bambino
impara
la
lingua
,
Von
Mises
dice
:
«
Né
fa
stupire
il
fatto
che
,
data
una
tale
maniera
quasi
istintiva
di
apprendere
la
lingua
,
la
grande
maggioranza
degli
uomini
abbia
un
atteggiamento
acritico
di
fronte
alla
propria
lingua
»
.
L
'
alinguismo
è
dunque
diffuso
e
comprensibile
.
Ciò
non
toglie
che
sia
una
forma
d
'
incoscienza
.
Senza
dubbio
ha
le
sue
ragioni
psicologiche
,
per
le
quali
si
prolunga
in
qualcuno
più
che
in
qualcun
altro
.
È
il
segno
di
una
opacità
di
qualcosa
di
noi
e
del
mondo
a
noi
stessi
:
e
ritengo
che
dipenda
da
una
cecità
psicosociologica
particolare
,
che
colpisce
proprio
la
presa
di
coscienza
della
lingua
.
Viene
il
momento
in
cui
,
piano
piano
,
l
'
uomo
può
«
rendersi
conto
»
della
lingua
che
usa
.
Se
è
uno
scrittore
,
diventa
-
come
ha
detto
un
critico
francese
-
responsabile
della
propria
scrittura
.
La
distacca
da
sé
,
e
la
classifica
,
vi
incide
.
Alcuni
scrittori
accentuano
questo
processo
,
altri
lo
annacquano
.
La
maggiore
o
minore
sensibilità
al
determinismo
linguistico
-
che
è
un
determinismo
sociale
-
e
alla
presa
di
coscienza
di
esso
,
può
rappresentare
due
modi
diversi
di
essere
scrittori
.
Oggi
,
ad
esempio
,
la
linguistica
,
la
scienza
che
aiuta
alla
presa
di
coscienza
della
lingua
(
come
il
marxismo
aiuta
alla
comprensione
dei
determinismi
economici
)
,
è
di
gran
moda
.
La
nuova
linguistica
ha
una
sua
carica
rivoluzionaria
che
si
estende
,
con
illuminazioni
e
terminologie
,
a
scienze
dell
'
uomo
attigue
e
non
riguarda
unicamente
la
letteratura
.
Il
momento
filosofico
della
scoperta
della
lingua
è
capitale
.
La
rivelazione
delle
leggi
interne
della
lingua
è
affascinante
,
come
sempre
quando
si
aprono
gli
occhi
su
qualcosa
che
è
sempre
stato
sotto
il
naso
;
è
gravida
di
conseguenze
fuori
e
nella
letteratura
.
Le
distinzioni
,
dovute
alla
linguistica
,
fra
significante
e
significato
,
fra
Lingua
e
Parola
e
,
in
genere
,
lo
strutturalismo
smuovono
dal
di
dentro
i
modi
dello
scrivere
,
dell
'
estetista
,
della
critica
.
Lo
strutturalismo
,
l
'
ultimo
degli
«
ismi
»
contemporanei
,
rischia
di
assumere
un
valore
analogo
a
quello
,
mettiamo
,
dell
'
esistenzialismo
;
è
un
modo
del
conoscere
:
e
nasce
per
la
gran
parte
dalla
linguistica
nuova
.
Il
momento
filosofico
offusca
,
almeno
per
me
,
il
successivo
momento
storico
,
la
disputa
circa
la
formazione
di
una
lingua
nazionale
,
circa
la
supremazia
di
un
tipo
di
lingua
su
un
altro
:
problemi
per
i
quali
,
come
vecchio
alinguista
,
non
ho
nessuna
competenza
e
che
certe
volte
danno
l
'
idea
di
essere
noiosi
.
Soprattutto
se
affermazioni
sulla
situazione
linguistica
d
'
oggi
,
previsioni
sulla
lingua
di
domani
,
subiscono
il
medesimo
pericolo
delle
poetiche
:
essere
razionalizzazioni
,
ammantate
con
storicità
e
razionalità
,
di
fatti
personali
.
Davvero
l
'
epicentro
linguistico
muove
da
Roma
a
Milano
,
o
non
è
Pasolini
che
,
pensando
di
tornare
alla
letteratura
,
si
accorge
di
aver
consumato
linguisticamente
Roma
e
scopre
Milano
per
suo
uso
privato
?
Lo
accenno
,
perché
spesso
salgono
da
Roma
a
Milano
persone
che
hanno
bisogno
di
ricaricarsi
poeticamente
:
allora
immaginando
l
'
industria
e
vedendola
da
fuori
,
la
mitizzano
.
La
mitizzano
come
strapotere
o
kafkismo
,
o
produttrice
di
occultismi
,
di
nevrosi
,
eccetera
.
Quella
linguistica
potrebbe
essere
l
'
ennesima
mitizzazione
(
ambivalentissima
)
del
mondo
industriale
.
(
Teniamo
però
presenti
il
fiuto
e
la
genialità
di
Pasolini
.
Tra
lui
e
altri
c
'
è
differenza
...
)
Certo
,
se
mi
arriva
la
domanda
di
impiego
di
un
neolaureato
della
provincia
-
e
non
sempre
meridionale
-
il
quale
inizia
con
«
Il
sottoscritto
»
;
fa
tutto
un
periodo
fino
alla
firma
,
spezzandolo
con
«
dichiara
...
fa
rispettosa
istanza
...
compiega
...
»
messi
soli
al
centro
della
pagina
;
usa
magari
la
carta
da
bollo
e
conclude
affermando
:
«
Possiede
patente
auto
»
-
mi
trovo
davanti
un
documento
di
un
mondo
che
l
'
industria
(
ma
lentamente
)
erode
.
Ma
il
bello
è
che
all
'
interno
dell
'
industria
gli
uomini
migliori
(
ingegneri
intendo
e
non
umanisti
,
quegli
ingegneri
che
alla
moglie
si
rivolgerebbero
chiamandola
comunicativamente
e
non
espressivamente
«
mia
programmazione
a
tutti
i
livelli
»
«
stocastica
»
e
«
algoritmo
mio
»
)
già
si
preoccupano
di
ridimensionare
(scusatemi...)
l
'
ondata
tecnocratica
,
il
fanatismo
per
«
l
'
uomo
della
organizzazione
»
e
per
l
'
organizzazione
stessa
.
Anzi
,
dall
'
America
arrivano
ultime
notizie
che
auspicano
«
l
'
uomo
della
disorganizzazione
»
e
teorizzano
la
necessità
di
una
personalità
artistica
a
capo
delle
aziende
,
invece
che
di
personalità
tecnocratiche
!
La
verità
è
che
,
almeno
in
Italia
,
cessato
il
boom
,
l
'
industria
si
accorge
di
non
poter
continuare
con
il
mito
passepartout
dell
'
organizzazione
;
e
che
i
suoi
uomini
di
avanguardia
lavorano
di
continuo
perché
sulla
tecnica
vinca
la
scienza
e
sulla
tecnocrazia
la
mentalità
scientifica
.
Lo
scontro
supera
quello
,
che
sembra
tanto
concreto
,
invece
è
astratto
,
fra
dialetto
e
gergo
dei
periti
industriali
.
È
lo
scontro
,
che
sta
nel
fondo
della
nostra
epoca
,
fra
l
'
arte
e
la
scienza
,
fra
la
proposizione
filosofico
-
scientifica
e
la
proposizione
lirico
-
narrativa
.
StampaQuotidiana ,
Sono
ormai
passati
più
di
dieci
giorni
dal
giorno
in
cui
Mussolini
e
il
suo
governo
sono
stati
cacciati
dal
potere
.
Nonostante
ciò
,
l
'
Italia
è
ancora
in
guerra
;
il
nuovo
governo
italiano
non
ha
ancora
iniziato
i
passi
necessari
per
mettere
fine
alla
guerra
;
i
resti
di
due
divisioni
scelte
tedesche
continuano
a
offrire
resistenza
all
'
avanzata
degli
alleati
da
Catania
verso
Messina
;
i
nodi
ferroviari
e
i
centri
dell
'
industria
di
guerra
del
Mezzogiorno
e
delle
isole
continuano
a
essere
severamente
bombardati
.
Perché
questa
situazione
,
la
quale
a
prima
vista
non
può
che
apparire
a
ogni
italiano
paradossale
,
assurda
,
incomprensibile
?
Il
25
luglio
è
stato
cacciato
Mussolini
.
Egli
è
stato
cacciato
perché
,
evidentemente
,
in
tutti
gli
strati
della
società
italiana
era
penetrata
la
coscienza
che
la
sua
politica
e
il
suo
regime
avevano
fatto
fallimento
,
in
modo
completo
e
clamoroso
e
in
tutti
i
campi
della
vita
del
paese
.
Mussolini
ha
fatto
fallimento
nel
campo
militare
,
perché
sotto
la
sua
direzione
l
'
esercito
si
è
sfasciato
e
il
paese
è
passato
di
sconfitta
in
sconfitta
.
Mussolini
ha
fatto
fallimento
nel
campo
economico
,
perché
non
solo
ha
profondamente
disorganizzato
l
'
economia
del
paese
,
ma
ha
trasformato
l
'
Italia
,
sotto
questo
aspetto
,
in
una
pura
e
semplice
appendice
della
Germania
.
Mussolini
ha
fatto
fallimento
nel
campo
della
politica
internazionale
perché
dell
'
Italia
,
che
prima
di
lui
era
una
grande
potenza
,
ha
fatto
un
vassallo
dell
'
imperialismo
tedesco
.
Mussolini
ha
fatto
fallimento
,
infine
,
nel
campo
della
politica
interna
,
perché
sotto
il
suo
governo
il
paese
si
è
completamente
disgregato
,
la
compattezza
e
la
disciplina
nazionali
sono
venute
meno
,
dappertutto
hanno
dilagato
la
corruzione
,
il
malcontento
,
la
rivolta
contro
il
suo
regime
tirannico
.
Se
Mussolini
è
stato
cacciato
,
è
dunque
perché
la
stragrande
maggioranza
del
popolo
aveva
capito
ch
'
egli
portava
l
'
Italia
alla
rovina
,
alla
catastrofe
.
Ma
qual
era
la
causa
prima
e
fondamentale
di
questa
catastrofe
?
Domandatelo
a
qualsiasi
italiano
ed
egli
vi
risponderà
franco
e
senza
esitare
:
la
guerra
.
Qual
è
stata
l
'
origine
di
tutti
i
mali
che
Mussolini
ha
fatto
cadere
sul
popolo
italiano
?
È
stata
la
guerra
;
è
stata
la
guerra
ingiusta
,
imperialista
,
di
conquista
e
di
rapina
preparata
e
predicata
dal
fascismo
per
vent
'
anni
,
e
da
lui
scatenata
in
combutta
con
l
'
imperialismo
tedesco
al
principio
,
e
in
seguito
,
dopo
le
prime
vergognose
sconfitte
,
come
vassallo
e
servo
di
esso
.
È
possibile
separare
Mussolini
dalla
guerra
?
No
,
non
è
possibile
.
È
possibile
fare
del
fascismo
e
della
guerra
contro
le
potenze
democratiche
antihitleriane
e
antifasciste
due
cose
diverse
?
Non
solo
non
è
possibile
;
ma
è
assurdo
.
È
possibile
cacciare
Mussolini
,
sciogliere
il
partito
fascista
,
proclamare
la
propria
volontà
di
liberare
l
'
Italia
dal
fascismo
,
e
in
pari
tempo
continuare
imperterriti
la
guerra
mussoliniana
,
la
guerra
fascista
,
la
guerra
dell
'
Asse
,
la
guerra
dell
'
imperialismo
tedesco
e
di
Hitler
?
Non
solo
è
impossibile
;
non
solo
è
assurdo
;
ma
il
tentare
di
farlo
è
puramente
e
semplicemente
un
delitto
,
perché
significa
né
più
né
meno
che
frustrare
la
volontà
così
chiaramente
manifestata
dal
popolo
italiano
di
salvarsi
dalla
catastrofe
alla
quale
Mussolini
e
il
regime
fascista
l
'
hanno
trascinato
.
Liquidare
il
fascismo
e
salvare
l
'
Italia
,
senza
rompere
l
'
Asse
e
senza
iniziare
un
'
ardita
politica
di
riavvicinamento
dell
'
Italia
alle
grandi
potenze
democratiche
civili
,
non
si
può
.
Ecco
perché
,
cacciato
Mussolini
immediatamente
un
altro
problema
si
è
posto
davanti
al
popolo
italiano
,
ed
esige
da
esso
una
soluzione
.
Gli
uomini
che
sotto
la
pressione
delle
masse
popolari
sono
stati
costretti
a
disfarsi
di
Mussolini
,
è
evidente
che
non
intendono
soddisfare
in
modo
conseguente
le
aspirazioni
della
nazione
e
soprattutto
l
'
aspirazione
fondamentale
,
ch
'
è
quella
della
rottura
con
la
Germania
hitleriana
e
della
fine
della
guerra
.
È
evidente
adunque
che
questi
uomini
non
sono
andati
al
potere
per
adempiere
la
volontà
del
popolo
e
della
nazione
;
ma
soltanto
per
riuscire
,
facendo
alle
masse
alcune
concessioni
,
a
continuare
,
nella
sostanza
,
la
stessa
politica
mussoliniana
.
È
assurdo
però
pensare
che
questo
loro
piano
riesca
.
Le
potenze
democratiche
hanno
gli
occhi
ben
aperti
,
e
non
si
lasciano
trarre
in
inganno
.
Esse
sanno
che
fino
a
che
non
si
rompe
con
Hitler
,
e
non
si
è
decisi
,
se
occorre
,
a
schierarsi
contro
Hitler
,
non
si
è
data
la
prova
di
aver
veramente
rotto
col
fascismo
e
di
volerlo
liquidare
senza
residui
.
Ma
anche
il
popolo
italiano
ha
aperto
gli
occhi
e
non
si
lascerà
trarre
in
inganno
.
Fatto
il
primo
passo
sulla
via
della
emancipazione
,
esso
non
esiterà
a
compiere
,
costi
quello
che
costi
,
tutti
i
passi
successivi
,
necessari
a
che
questa
emancipazione
sia
completa
ed
effettiva
.
StampaQuotidiana ,
Spaventosa
sciagura
aerea
:
un
DC-8
dell
'
Alitalia
,
con
115
persone
a
bordo
,
è
precipitato
ieri
sera
,
verso
le
23
,
pochi
minuti
prima
di
atterrare
all
'
aeroporto
dì
Palermo
.
L
'
aereo
che
era
partito
da
Roma
alle
21,45
,
si
è
andato
a
schiantare
su
una
montagnola
nei
pressi
di
Carini
.
Nessuno
si
è
salvato
.
Fra
le
vittime
-
abbiamo
appreso
con
costernazione
a
tarda
notte
-
vi
sono
il
compagno
Alberto
Scandone
dell
'
Ufficio
stampa
della
Direzione
del
PCI
,
la
compagna
Angela
Fais
della
segreteria
di
redazione
di
«
Paese
Sera
»
e
Carla
Colajanni
sorella
del
compagno
on.
Napoleone
Colajanni
.
Secondo
le
prime
testimonianze
raccolte
anche
fra
le
numerose
persone
che
prendevano
parte
ad
un
comizio
a
Carini
,
una
grande
fiammata
avrebbe
squarciato
il
buio
della
notte
,
sembra
che
un
motore
dell
'
aereo
sia
andato
in
fiamme
.
Poi
lo
schianto
contro
la
montagna
.
Un
bagliore
fulmineo
e
poi
l
'
esplosione
sul
terreno
roccioso
-
Difficilissime
le
prime
operazioni
di
recupero
dei
corpi
dei
passeggeri
-
Trovata
intatta
la
«
scatola
nera
»
che
registra
tutte
le
fasi
del
volo
-
Coincidenza
con
un
altro
atterraggio
per
un
lieve
ritardo
nella
partenza
da
Roma
-
Ultimo
messaggio
:
«
Vedo
la
pista
,
atterro
manualmente
»
,
ha
detto
il
comandante
Roberto
Bartoli
-
Le
commissioni
d
'
inchiesta
al
lavoro
-
Dovranno
rispondere
ad
una
lunga
serie
di
interrogativi
-
Emozione
e
sgomento
in
tutta
Italia
.
«
E
'
una
carneficina
no
,
non
si
è
salvato
nessuno
sono
tutti
morti
e
incendiati
c
'
e
un
silenzio
orribile
C
'
è
bisogno
di
tutto
Anzi
,
ormai
è
tutto
inutile
»
.
Trasmesso
da
una
gracchiante
radio
da
campo
,
l
'
annuncio
e
arrivato
al
grosso
degli
impotenti
soccorritori
dalla
prima
squadra
di
vigili
del
fuoco
che
era
riuscita
,
tra
mezzanotte
e
l
'
una
,
a
raggiungere
il
luogo
incredibilmente
aspro
del
disastro
attraverso
una
dissestata
trazzera
.
In
gippone
,
e
poi
,
con
una
lunga
marcia
forzata
,
a
piedi
,
arrampicandosi
sui
costoni
della
«
Montagna
lunga
»
il
brullo
massiccio
che
,
insieme
a
Monte
Pecoraro
separa
la
fettuccia
di
costa
in
cui
hanno
voluto
incastrare
l
'
aeroporto
di
Punta
Raisi
dal
desolato
entroterra
di
Montelepre
.
Qui
sopra
-
anzi
,
qui
dentro
-
in
una
collina
che
si
allarga
in
un
pianoro
a
7-800
metri
di
altezza
,
è
andato
a
schiantarsi
il
DC-8-43
,
il
quadrireattore
in
servizio
sulla
rotta
Roma
-
Palermo
da
soli
cinque
mesi
,
dopo
dieci
anni
filati
di
servizio
sulle
linee
transoceaniche
.
La
tragedia
si
è
consumata
in
pochi
istanti
:
un
bagliore
nel
cielo
,
un
rogo
fulmineo
,
un
pauroso
disintegrarsi
di
tutto
in
un
largo
raggio
vastissimo
,
terribilmente
accidentato
,
assai
difficile
da
battere
palmo
a
palmo
nel
disperato
tentativo
di
ricostruire
le
salme
dei
108
passeggeri
(
e
infatti
,
fino
a
questa
sera
,
solo
quelle
di
14
vittime
sono
state
identificate
e
dei
sette
membri
del
'
equipaggio
.
Un
bilancio
catastrofico
,
la
più
spaventosa
tragedia
che
la
storia
dell
'
aviazione
italiana
ricordi
.
Il
messaggio
lanciato
dalla
prima
pattuglia
è
tragicamente
risolutivo
di
tutte
le
angosce
,
di
ogni
platonica
speranza
:
per
molte
ore
,
più
tardi
,
e
fino
all
'
alba
,
i
collegamenti
con
le
zone
del
disastro
,
si
complicano
ulteriormente
:
la
trazzera
non
resiste
al
peso
delle
prime
autolettighe
e
fotoelettriche
,
e
ora
c
'
è
anche
una
frana
che
blocca
il
traffico
già
periglioso
e
congestionato
:
ad
andare
e
venire
dalla
più
vicina
strada
di
collegamento
,
è
diventato
un
viaggio
di
4-5
ore
.
In
pratica
,
è
avvenuto
questo
:
un
lieve
ritardo
nella
partenza
del
DC
8
da
Roma
-
Fiumicino
ha
fatto
coincidere
l
'
arrivo
su
Palermo
di
questo
aereo
con
quello
di
un
velivolo
dell
'
ATI
(
un
DC-9
,
di
più
modeste
dimensioni
)
in
servizio
sulla
linea
Catania
-
Palermo
.
La
torre
di
controllo
ha
dato
la
preferenza
nell
'
atterraggio
all
'
aereo
più
piccolo
.
Erano
le
22
e
19
.
Tre
minuti
dopo
-
il
tempo
che
il
DC-9
da
Catania
si
posasse
a
terra
e
si
ponesse
in
area
di
parcheggio
-
ed
è
stato
dato
il
via
al
secondo
atterraggio
.
L
'
ultimo
contatto
radio
tra
il
comandante
del
jet
e
la
torre
di
Punta
Raisi
è
fissato
nel
nastro
(
posto
sotto
sequestro
)
sulle
22
e
22
:
«
Vedo
la
pista
-
ha
detto
il
comandante
Roberto
Bartoli
-
,
atterro
manualmente
»
.
La
visibilità
era
di
cinque
chilometri
.
Una
volta
tanto
non
c
'
era
vento
.
Ma
quelle
maledette
montagne
erano
sempre
lì
,
a
ridosso
del
campo
.
Volava
molto
più
in
basso
Il
DC-8
ha
scelto
-
poteva
farlo
,
dal
momento
che
stava
sorvolando
Punta
Raisi
in
attesa
dell
'
autorizzazione
alla
discesa
-
di
fare
la
virata
non
sul
mare
,
ma
sulle
colline
.
Secondo
i
piani
di
volo
l
'
aereo
doveva
trovarsi
a
1.500
metri
,
al
momento
della
manovra
.
Invece
volava
-
o
si
è
trovato
per
cause
ancora
imprecisate
-
molto
più
in
basso
,
sui
700
metri
.
La
montagna
gli
si
è
parata
addosso
,
l
'
ala
sinistra
del
jet
ha
urtato
un
costone
di
roccia
e
si
è
staccata
di
netto
.
L
'
aereo
è
scivolato
allora
rasente
il
costone
per
trecento
metri
,
già
in
fiamme
:
orride
lingue
nerastre
tracciano
sulla
pietra
gli
attimi
che
hanno
preceduto
l
'
ultimo
e
terribile
schianto
tra
fiamme
ed
esplosioni
.
I
rottami
-
e
la
maggior
parte
dei
poveri
corpi
-
hanno
bruciato
per
alcuni
minuti
.
Ma
probabilmente
nessuno
ha
avuto
tempo
né
modo
di
accorgersi
di
nulla
.
L
'
atroce
scena
dei
corpi
scempiati
e
sparsi
per
due
chilometri
quadrati
di
terreno
scosceso
,
come
il
fatto
che
del
gigantesco
aereo
non
ci
sia
più
altra
traccia
che
nei
motori
,
in
un
troncone
di
coda
e
in
un
carrello
,
dicono
del
resto
non
solo
della
selvaggia
violenza
con
cui
è
avvenuto
il
disastro
,
ma
anche
del
terribile
concatenarsi
e
sommarsi
di
tutte
le
possibili
e
peggiori
conseguenze
di
un
impatto
.
Ma
questo
è
il
poi
della
catastrofe
;
un
poi
cui
anche
il
più
smagato
e
coriaceo
cronista
non
ha
potuto
resistere
,
pur
mosso
dalla
finora
vana
speranza
di
ritrovare
qualcosa
della
dolce
compagna
Fais
o
di
Alberto
Scandone
.
Le
infamie
di
Punta
Raisi
Qui
.
purtroppo
ma
necessariamente
,
interessa
il
prima
della
catastrofe
.
E
non
e
senno
di
poi
:
da
almeno
tredici
anni
si
andavano
denunciando
,
anche
e
soprattutto
su
queste
colonne
,
le
infamie
di
Punta
Raisi
e
ancora
ieri
i
motoristi
dell
'
Alitalia
avevano
denunciato
i
crescenti
pericoli
per
la
sicurezza
dei
voli
sui
DC-8
dell
'
Alitaiia
provocati
anche
dalla
riduzione
e
dalla
progressiva
dequalificazione
del
personale
di
bordo
.
Anche
la
Magistratura
era
stata
sollecitata
a
intervenire
immediatamente
.
Che
,
ora
,
non
si
piangano
lacrime
di
coccodrillo
.
Ora
si
chiede
giustizia
anche
per
chi
è
morto
non
sull
'
altare
della
«
tecnologia
»
ma
su
quello
-
lo
si
può
già
dire
-
della
speculazione
e
del
profitto
.
Dalle
prime
ore
del
pomeriggio
,
e
ininterrottamente
per
tutta
la
notte
,
centinaia
di
parenti
e
di
amici
delle
vittime
si
sono
avvicendati
nelle
sale
dell
'
istituto
di
medicina
legale
nel
tentativo
,
estremamente
difficile
,
di
identificare
le
salme
.
Spesso
qualche
volta
-
rare
volte
-
l
'
identificazione
è
resa
agevole
dal
rinvenimento
,
tra
i
resti
degli
indumenti
,
di
qualche
documento
di
identità
,
o
di
un
conto
corrente
,
o
persino
di
una
bolletta
del
telefono
appena
pagata
.
In
altri
casi
si
conta
su
piccoli
particolari
:
una
fibbia
di
cinta
,
un
anello
,
una
catenina
.
Le
prime
cinquanta
salme
arrivate
all
'
istituto
di
medicina
legale
sono
quasi
tutte
irriconoscibili
(
la
parte
più
devastata
è
quasi
sempre
il
volto
)
ma
,
mano
a
mano
che
subentrano
i
nuovi
arrivi
di
resti
,
la
situazione
peggiora
:
spesso
,
dentro
un
sacco
di
juta
,
c
'
è
solo
un
arto
,
un
indumento
,
poche
impalpabili
cose
.
I
riconoscimenti
,
sino
alle
20
,
non
superano
i
25;
tra
questi
,
quello
di
Carla
Colajanni
effettuato
dal
fratello
.
Nella
serata
le
salme
recuperate
e
composte
nelle
bare
erano
quaranta
.
Fino
all
'
ultimo
impegnati
nel
loro
lavoro
di
militanti
appassionati
e
instancabili
.
Un
tremendo
lutto
del
nostro
partito
i
cinque
giovani
compagni
scomparsi
Alberto
Scandone
,
Angela
Fais
,
Carla
Colajanni
,
Giuseppe
e
Rosalia
Ricci
:
indimenticabili
figure
di
comunisti
-
Le
famiglie
legate
alla
storia
del
nostro
movimento
in
Sicilia
e
nel
Lazio
-
Scomparsa
anche
la
figlia
di
un
dirigente
toscano
che
lavorava
all
'
ltalturist
-
Altre
personalità
nell
'
elenco
Di
questa
sconvolgente
tragedia
una
parte
è
tutta
nostra
,
purtroppo
.
Il
disastro
a
«
Montagna
lunga
»
ci
ha
privati
improvvisamente
di
giovani
e
capaci
dirigenti
,
di
giornalisti
apprezzati
,
di
esponenti
sindacali
,
di
organizzatori
appassionati
.
Il
lutto
,
colpisce
anche
il
nostro
giornale
e
i
quotidiani
democratici
L
'
Ora
e
Paese
Sera
.
Prezioso
contributo
La
luminosa
,
vivacissima
intelligenza
di
Alberto
Scandone
arricchiva
tanto
le
pagine
dell
'
Ora
(
di
cui
era
stato
redattore
e
per
il
quale
continuava
a
redigere
una
acuta
nota
politica
romana
)
quanto
quelle
dell
'
Unità
e
di
Rinascita
,
dove
scriveva
soprattutto
della
vita
e
dei
problemi
del
mondo
cattolico
Ma
arricchiva
insieme
,
ormai
da
assi
,
l
'
esperienza
e
l
'
elaborazione
di
molti
di
noi
,
compagni
siciliani
,
come
sottolinea
in
questo
stesso
giornale
Emanuele
Macaluso
.
All
'
Unità
era
addirittura
nata
,
in
pratica
,
Angela
Fais
.
«
Angelina
»
o
«
Topolino
»
,
come
la
chiamavamo
noi
compagni
della
redazione
siciliana
tra
i
quali
questa
incredibile
e
trascinante
forza
della
natura
(
incredibile
anche
per
le
sue
dimensioni
,
minutissime
e
delicate
)
esplose
con
la
sua
freschezza
giovanile
,
con
il
suo
impegno
politico
,
con
la
sua
mai
stanca
inventiva
.
Ce
la
invidiavano
tutti
,
perchè
a
tutti
-
non
solo
al
giornale
,
ma
alla
sua
sezione
,
alla
Federazione
,
al
comitato
regionale
,
ai
colleghi
degli
altri
giornali
,
a
chiunque
lavorasse
nel
«
giro
»
della
politica
e
delle
informazioni
-
sapeva
dare
un
prezioso
contributo
.
Infatti
ce
la
«
rubarono
»
nel
'62
:
prima
L
'
Ora
,
di
cui
divenne
rapidamente
molto
più
di
una
segretaria
di
redazione
,
un
punto
di
riferimento
,
una
colonna
,
una
tradizione
;
poi
Paese
Sera
,
dove
aveva
cominciato
a
lavorare
da
pochi
mesi
,
eppure
già
si
era
imposta
con
le
sue
straordinarie
doti
politiche
,
e
umane
,
organizzative
.
Ma
anche
a
Roma
,
il
suo
vero
amore
-
per
lei
,
sarda
,
la
più
giovane
di
una
formidabile
famiglia
di
militanti
comunisti
che
da
molti
anni
aveva
messo
le
radici
qui
,
letteralmente
confondendo
la
propria
vita
e
la
propria
storia
con
quelle
del
partito
-
il
suo
vero
amore
restavano
Palermo
e
la
Sicilia
:
e
come
Scandone
,
anche
lei
ieri
stava
tornando
«
a
casa
»
per
votare
.
Avevo
lavorato
con
lei
.
l
'
ultima
volta
,
appena
una
settimana
fa
,
in
queste
stesse
ore
.
In
campagna
elettorale
stampiamo
l
'
Unità
domenicale
anche
a
Palermo
per
poter
tirare
più
copie
e
più
in
fretta
:
lei
si
era
offerta
-
al
posto
del
tradizionale
corriere
-
per
portarci
in
fretta
e
furia
,
con
un
volo
aereo
identico
a
quello
che
ieri
l
'
ha
uccisa
,
quei
flani
,
quei
negativi
delle
pagine
da
cui
avremmo
nella
notte
tratto
l
'
edizione
siciliana
dell
'
Unità
,
della
sua
Unità
.
E
venne
in
tipografia
al
l
'
Ora
,
col
fiatone
,
dopo
la
corsa
dall
'
aeroporto
al
giornale
,
con
quel
pacco
di
flani
più
grande
di
lei
,
che
teneva
stretto
al
petto
come
una
staffetta
.
Era
felice
che
tutto
fosse
andato
ancora
una
volta
liscio
,
in
una
tradizionale
gara
contro
il
tempo
condotta
sul
filo
dei
minuti
per
non
compromettere
una
importante
operazione
non
solo
editoriale
ma
soprattutto
politica
.
Una
famiglia
comunista
Con
lei
,
stavolta
,
viaggiava
un
'
altra
compagna
«
emigrata
»
a
Roma
:
Carla
Colajanni
.
funzionaria
del
Banco
di
Sicilia
,
dirigente
sindacale
,
militante
comunista
come
i
suoi
fratelli
Benedetto
e
Napoleone
,
come
suo
cugino
Pompeo
,
come
tutti
in
un
'
altra
di
quelle
famiglie
che
hanno
legato
il
loro
nome
alla
storia
e
alla
costruzione
del
partito
in
Sicilia
.
E
sull
'
aereo
c
'
erano
altri
tre
compagni
:
c
'
era
Giuseppe
Ricci
,
della
segreteria
della
Federazione
di
Viterbo
,
che
accompagnava
la
moglie
.
Rosalia
Chianello
,
siciliana
,
colpita
da
un
improvviso
lutto
.
Di
lui
.
in
questa
stessa
pagina
i
compagni
di
Viterbo
ricordano
il
fondamentale
impegno
.
Terribile
equivoco
L
'
Ora
piange
un
altro
giornalista
che
era
stato
della
sua
famiglia
:
il
dott.
Francesco
Crispi
,
che
ne
fu
direttore
nei
primi
anni
'50
,
e
che
dirigeva
adesso
l
'
ufficio
stampa
della
Cassa
di
Risparmio
e
la
rivista
ufficiale
del
parlamento
regionale
.
Ancora
se
ne
è
andata
Diana
Lucchesini
,
la
giovane
e
dinamica
direttrice
degli
uffici
siciliani
dell
'
ltalturist
,
figlia
dì
un
compagno
di
Montecatini
,
da
anni
consigliere
comunale
.
Era
andata
a
Roma
per
una
riunione
di
lavoro
,
tornava
di
corsa
a
casa
anche
per
accudire
al
figlio
di
pochi
mesi
.
Ma
con
noi
tutta
Palermo
piange
decine
di
suoi
figli
,
molti
dei
quali
noti
in
vari
settori
della
vita
pubblica
:
dal
regista
cinematografico
Franco
Indovina
alla
signora
Gabriella
Giaconia
Zanca
cognata
del
giudice
Terranova
,
dal
figlio
(
e
suo
omonimo
)
del
popolare
allenatore
della
Juventus
Ctsmir
Vicpaleck
,
a
magistrati
,
professionisti
,
docenti
,
studenti
,
bambini
in
tenera
età
.
anche
un
sacerdote
.
don
Giuseppe
Zaratti
,
che
curava
il
lavoro
tra
i
giovani
della
parrocchia
Regina
Pacis
.
Molte
identificazioni
sono
terribilmente
problematiche
,
ancora
stasera
:
non
si
può
per
ora
fare
conto
preciso
delle
salme
,
sui
documenti
,
sulle
tracce
rimaste
.
Si
lavora
faticosamente
sulla
semplice
scorta
dell
'
elenco
dei
soli
cognomi
che
formano
la
così
detta
«
lista
di
imbarco
»
dell
'
Alitalia
.
Così
è
potuto
accadere
anche
un
terribile
equivoco
:
si
credeva
che
tra
i
morti
ci
fosse
iì
giudice
Giuseppe
Lombardo
,
perchè
a
suo
nome
era
segnato
un
posto
.
Lui
invece
non
era
partito
:
ha
fatto
il
cambio
con
il
suo
collega
Ninni
Ales
che
aveva
più
fretta
di
lui
di
raggiungere
Palermo
.
Il
destino
.
Giuseppe
Ricci
:
un
dirigente
maturato
nelle
lotte
contadine
Giuseppe
Ricci
avrebbe
compiuto
35
anni
il
26
luglio
prossimo
se
un
tragico
destino
non
ne
avesse
stroncata
l
'
esistenza
.
Figlio
di
coloni
,
nato
ad
Acquapendente
,
ricca
di
tradizioni
democratiche
e
antifasciste
ove
il
compagno
Ricci
si
educò
alla
lotta
politica
fin
dall
'
infanzia
nel
clima
delle
epiche
battaglie
contadine
.
A
diciotto
anni
è
segretario
del
circolo
locale
della
FGCI
.
La
serietà
,
la
coerenza
,
l
'
impegno
non
comune
con
le
quali
si
dedica
alla
attività
politica
ne
fanno
ben
presto
un
dirigente
provinciale
,
prima
segretario
della
FGCI
,
poi
membro
della
segreteria
del
Partito
.
La
fiducia
del
partito
e
la
stima
popolare
lo
portarono
a
ricoprire
incarichi
di
consigliere
comunale
e
di
consigliere
provinciale
,
divenendo
capo
gruppo
del
PCI
alla
Provincia
di
Viterbo
.
Insieme
con
lui
è
perita
la
,
consorte
,
la
compagna
Rosalia
Chianello
.
Lasciano
due
figliolette
.
Mirna
di
5
anni
,
Helga
di
2
,
La
tragica
notizia
ha
gettito
nel
lutto
i
comunisti
del
viterbese
che
,
solidali
,
uniscono
il
loro
dolore
a
quello
dei
genitori
e
dei
familiari
.
Il
segretario
regionale
del
Partito
,
Paolo
Ciofi
,
e
il
segretario
della
Federazione
di
Viterbo
si
sono
recati
in
visita
ai
parenti
così
drammaticamente
colpiti
.
Manifesti
di
cordoglio
per
la
trapica
scomparsa
di
Giuseppe
Ricci
sono
stati
fatti
affiggere
dall
'
amministrazione
provinciale
di
Viterbo
e
dalla
Federazione
del
PCI
.
Numerosissimi
i
telegrammi
giunti
ai
familiari
fra
i
quali
quelli
del
compagno
Berlinguer
di
cui
riferiamo
in
altra
parte
del
giornale
dei
compagni
Petroselli
,
Marisa
Rodano
,
Pochetti
,
dei
sindaci
di
diversi
comuni
,
della
UIL
,
dei
circoli
della
PGCI
,
delle
organizzazioni
del
Partito
,
dalla
Federazione
del
PCI
,
dall
'
amministrazione
provinciale
.
Il
commosso
saluto
dei
comunisti
e
dei
lavoratori
I
messaggi
del
segretario
generale
del
PCI
Decine
e
decine
di
messaggi
,
telegrammi
,
espressioni
di
cordoglio
giungono
da
ogni
parte
per
la
sciagura
di
Palermo
:
fra
i
primi
sono
stati
i
telegrammi
che
il
segretario
del
PCI
,
compagno
Enrico
Berlinguer
ha
inviato
alle
famiglie
e
alle
organizzazioni
di
cui
facevano
parte
i
compagni
scomparsi
.
Commissioni
d
'
inchiesta
Si
sono
messe
al
lavoro
tre
commissioni
d
'
inchiesta
.
Una
è
quella
nominata
dal
ministero
dei
trasporti
e
dell
'
aviazione
civile
.
Essa
che
ha
cominciato
i
suoi
lavori
sul
posto
ieri
pomeriggio
,
è
presieduta
dall
'
ispettore
generale
dell
'
aviazione
civile
,
Francesco
Lino
,
ed
è
composta
dal
membro
della
sicurezza
volo
,
comandante
Renzo
Dentesano
;
per
l
'
assistenza
al
volo
,
capitano
Mario
Valenti
;
dal
membro
sanitario
maggiore
del
corpo
di
sanità
aeronautica
.
Ottavio
Scerrino
;
dal
membro
dell
'
aviazione
civile
,
ispettore
principale
Giulio
Martucci
:
dal
membro
del
RAI
(
registro
aeronautico
ita
liano
)
,
ing.
Francesco
Paolo
Lavea
;
dal
membro
della
ANPAC
«
associazione
nazionale
piloti
aviazione
civile
»
comandante
Guglielmo
Ferretti
.
L
'
altra
commissione
d
'
inchiesta
è
quella
predisposta
dall
'
Alitalia
.
Essa
è
formata
dal
direttore
centrale
,
gen.
pilota
Reinero
,
dal
direttore
operazioni
di
volo
comandante
Chiappelli
,
dal
vicedirettore
della
manutenzione
ingegner
Bartoli
,
dal
capo
pilota
del
settore
DC
8
comandante
Cattaneo
,
dall
'
istruttore
di
volo
comandante
Dentesano
e
dagli
ing.
Costa
,
Cucco
,
Ruccia
,
esperti
in
varie
branche
della
tecnologia
aeronautica
.
La
commissione
d
'
inchiesta
giudiziaria
continua
intanto
il
lavoro
di
identificazione
delle
salme
.
A
Palermo
lutto
cittadino
II
sindaco
di
Palermo
ha
proclamato
il
lutto
cittadino
per
il
disastro
aereo
.
In
segno
di
lutto
per
la
sciagura
.
l
'
Associazione
Nazionale
dei
piloti
dell
'
aviazione
commerciale
ha
deciso
di
revocare
lo
stato
di
agitazione
della
rategoria
all
'
Alitalia
.
all
'
ATI
e
alla
SAM
.
Due
telegrammi
sono
stati
inviati
dalla
Federazione
nazionale
della
stampa
italiana
alle
redazioni
dell
'
Unità
e
di
Paese
Sera
per
la
scomparsa
di
Alberto
Scandone
e
di
Angela
Fais
.
Un
comunicato
è
stato
emesso
dall
'
associazione
siciliana
della
stampa
,
in
cui
in
particolare
si
ricordano
i
colleghi
Francesco
Crispi
,
Alberto
Scandone
,
Giacomo
Buttitta
,
Angela
Fais
e
si
dispone
una
breve
pausa
del
lavoro
nelle
redazioni
,
in
segno
di
lutto
.
Messaggi
di
cordoglio
per
la
sciagura
sono
stati
infine
inviati
da
numerosissime
personalità
politiche
,
dal
capo
dello
Stato
Giovanni
Leone
a
Paolo
VI
,
al
presidente
del
consiglio
,
ai
ministri
,
al
presidente
della
regione
siciliana
.
La
Lega
nazionale
professionisti
,
associandosi
al
lutto
dell
'
allenatore
della
Juventus
Vycpalek
,
ha
autorizzato
un
minuto
di
raccoglimento
in
occasione
della
partita
Juventus
-
Cagliari
di
oggi
,
in
memoria
del
figlio
.
StampaQuotidiana ,
Raccontano
i
giornali
che
nelle
giornate
successive
al
25
luglio
,
cioè
dopo
la
caduta
di
Mussolini
,
gruppi
di
cittadini
,
armati
di
scale
,
di
corde
e
di
scalpelli
,
si
sono
dedicati
,
nelle
vie
e
nelle
piazze
d
'
Italia
,
all
'
opera
di
far
scomparire
i
segni
esteriori
del
ventennio
di
dominio
fascista
.
Si
abbattono
gli
stemmi
e
le
insegne
.
Si
fanno
a
pezzi
e
si
trascinano
nel
fango
le
statue
.
Si
fanno
sparire
dagli
edifici
gli
emblemi
di
un
regime
che
fu
regime
di
schiavitù
,
che
ha
portato
il
popolo
alla
disperazione
e
la
nazione
alla
rovina
.
Sembra
che
anche
dai
biglietti
da
mille
,
per
decisione
del
governo
,
dovrà
sparire
il
fascio
littorio
.
E
quest
'
ultimo
,
specialmente
,
mi
pare
dovrebb
'
essere
un
buon
segno
,
se
volesse
dire
che
persino
coloro
i
quali
sono
abituati
a
trattare
a
tu
per
tu
coi
biglietti
da
mille
,
cioè
coloro
che
detengono
,
con
le
ricchezze
,
il
potere
effettivo
nella
società
,
vedono
oggi
con
fastidio
persino
i
simboli
della
tirannide
mussolinesca
,
e
che
tutto
un
passato
di
violenze
,
di
umiliazioni
,
di
vergogna
,
veramente
si
sta
liquidando
.
Ma
sarà
poi
veramente
così
?
Il
popolo
è
sincero
,
spontaneo
,
diretto
,
nelle
sue
azioni
.
Il
popolo
sa
che
la
rovina
d
'
Italia
è
stato
il
fascismo
.
Quando
dà
alle
fiamme
uno
stemma
o
scalpella
un
'
insegna
,
esso
esprime
una
esigenza
elementare
di
giustizia
e
di
rinnovamento
del
paese
.
Esso
dice
che
il
fascismo
deve
essere
sradicato
dalla
vita
e
dall
'
animo
della
nazione
,
se
si
vuole
che
questa
veramente
sia
libera
,
e
trovi
,
e
sia
in
grado
di
percorrere
sino
in
fondo
la
strada
della
propria
rinascita
.
Ma
che
cos
'
è
il
fascismo
?
I
simboli
e
le
insegne
contano
,
ma
non
decidono
.
Mussolini
ebbe
a
dire
,
una
volta
,
che
il
fascismo
si
identificava
con
la
sua
persona
.
In
realtà
,
sono
così
poche
e
così
negative
le
facoltà
di
cui
quest
'
uomo
ha
dato
prova
,
la
sua
figura
e
l
'
opera
sua
si
collocano
così
in
basso
nella
scala
dei
valori
umani
,
che
sarebbe
offesa
profonda
alla
nazione
italiana
affermare
ch
'
è
bastata
l
'
azione
del
corruttore
e
del
somaro
di
Predappio
per
farla
precipitare
così
miseramente
.
In
realtà
,
il
fascismo
è
stato
un
processo
profondo
di
degenerazione
e
decomposizione
della
società
italiana
,
di
cui
bisogna
ben
comprendere
le
cause
e
gli
aspetti
,
se
si
vuole
poterlo
sradicare
.
Alla
radice
di
questo
processo
vi
è
un
fatto
che
ci
sembra
l
'
essenziale
,
perché
determina
tutto
il
rimanente
.
Alcuni
gruppi
più
avidi
e
più
rapaci
e
quindi
più
reazionari
,
identificano
se
stessi
con
la
nazione
,
osano
presentare
come
programma
nazionale
quello
che
non
è
altro
che
il
soddisfacimento
dei
loro
interessi
egoistici
di
casta
.
Era
nell
'
interesse
della
nazione
italiana
gettare
tutte
le
sue
risorse
e
tutta
se
stessa
in
una
serie
di
guerre
di
rapina
,
che
la
rendono
nemica
di
tutti
i
popoli
liberi
e
civili
,
e
serva
di
quella
potenza
da
preda
ch
'
è
la
Germania
imperialista
hitleriana
?
Quanto
poco
ciò
fosse
nell
'
interesse
della
nazione
italiana
lo
dimostra
il
risultato
che
questa
politica
ha
avuto
,
e
che
sta
oggi
davanti
agli
occhi
esterrefatti
di
tutti
gli
italiani
.
Il
paese
è
sconfitto
,
devastato
;
intiere
città
distrutte
;
distrutta
l
'
opera
di
alcune
generazioni
.
Come
l
'
Italia
uscirà
da
questo
abisso
,
ancora
non
lo
si
può
dire
.
Ma
era
prevedibile
questo
risultato
?
Non
soltanto
era
prevedibile
,
ma
fu
previsto
dagli
uomini
più
illuminati
del
paese
,
liberali
,
democratici
,
comunisti
,
cattolici
,
e
conservatori
persino
.
L
'
Italia
,
con
la
sua
debole
struttura
statale
e
dopo
la
prova
assai
dura
della
prima
guerra
mondiale
,
non
poteva
nazionalmente
rafforzarsi
se
non
consacrandosi
alla
soluzione
dei
suoi
problemi
economici
e
politici
interni
.
Alle
grandi
masse
del
popolo
dagli
operai
alla
piccola
e
media
borghesia
,
ai
contadini
e
ai
ceti
intellettuali
dovevano
essere
aperte
le
porte
del
benessere
e
quelle
del
potere
.
Nel
soddisfacimento
dei
bisogni
di
queste
masse
,
e
non
nella
preparazione
di
una
guerra
di
rapina
si
doveva
trovare
lo
stimolo
a
uno
sviluppo
impetuoso
di
tutta
la
economia
del
paese
.
La
vera
grandezza
del
paese
doveva
essere
trovata
nello
sviluppo
logico
di
quei
principi
di
democrazia
,
di
libertà
,
e
di
collaborazione
pacifica
tra
i
popoli
,
nel
nome
dei
quali
l
'
Italia
è
risorta
,
è
riuscita
a
costituirsi
come
Stato
unitario
.
Ma
democrazia
,
libertà
,
collaborazione
pacifica
tra
i
popoli
erano
e
sono
cose
non
ammissibili
per
i
mercanti
di
cannoni
,
per
i
pescicani
della
finanza
e
della
siderurgia
,
per
i
latifondisti
,
per
i
grossi
agrari
e
per
gli
uomini
politici
legati
a
loro
.
Ciò
che
contava
e
conta
per
costoro
è
il
loro
privilegio
di
casta
;
ciò
ch
'
essi
intendono
quando
parlano
di
«
grandezza
della
nazione
»
è
l
'
accrescimento
astronomico
della
loro
ricchezza
,
le
cui
basi
sono
nella
miseria
e
nello
sfruttamento
del
popolo
.
Le
guerre
di
conquista
e
di
rapina
non
sono
altro
,
per
costoro
,
che
la
continuazione
,
sopra
un
piano
internazionale
della
politica
che
corrisponde
alla
loro
natura
di
classi
parassitarie
e
di
animali
da
preda
.
La
sciagura
attuale
d
'
Italia
ha
la
sua
radice
nel
fatto
che
il
fascismo
,
da
una
parte
sopprimendo
col
terrore
fisico
ogni
possibilità
di
discussione
,
di
opposizione
e
di
movimento
,
dall
'
altra
parte
abbagliando
una
parte
del
popolo
con
la
sua
retorica
nazionalista
e
militaresca
,
ha
coperto
di
una
maschera
sedicente
nazionale
la
politica
dei
veri
nemici
della
nazione
,
perché
nemici
del
benessere
e
delle
libertà
nazionali
.
Per
vent
'
anni
tutta
la
vita
del
paese
e
dello
Stato
è
stata
costruita
su
una
menzogna
,
su
un
inganno
;
e
questo
spiega
tutte
le
forme
di
decomposizione
proprie
del
regime
di
Mussolini
,
dal
trionfo
della
plutocrazia
alla
sommità
,
sino
al
dilagare
nei
quadri
intermedi
della
corruzione
e
della
prepotenza
sfacciate
,
sino
alla
permanenza
ventennale
a
capo
dello
Stato
e
dell
'
esercito
di
un
uomo
di
cui
la
storia
dirà
che
all
'
infuori
della
capacità
di
ingannare
tutta
una
generazione
,
altre
non
ne
possedeva
.
Il
rimedio
a
male
così
grave
che
già
ha
gli
aspetti
di
una
vera
catastrofe
,
non
si
potrà
trovare
né
in
un
mezzo
termine
,
né
in
un
cambio
di
facciata
.
Badoglio
ha
cambiato
la
facciata
,
prendendo
il
posto
di
Mussolini
e
sciogliendo
il
partito
fascista
.
Ma
con
lui
continua
l
'
essenziale
:
continua
la
guerra
al
servizio
dell
'
imperialismo
tedesco
,
e
continua
la
privazione
di
libertà
delle
masse
popolari
.
Segno
che
egli
continua
a
essere
l
'
uomo
di
quei
gruppi
che
non
vogliono
rinunciare
alla
politica
di
guerra
e
di
intrighi
imperialistici
che
ha
portato
la
nazione
alla
rovina
.
Segno
ch
'
egli
continua
a
essere
l
'
uomo
di
quei
gruppi
che
le
libertà
popolari
della
nazione
non
le
vogliono
veder
restaurate
,
perché
sanno
che
questo
aprirebbe
la
strada
alla
distruzione
dei
loro
privilegi
.
Ed
è
invece
in
queste
due
direzioni
che
i
colpi
e
l
'
attività
ricostruttive
devono
essere
rivolti
,
se
davvero
si
vuole
sradicare
il
fascismo
.
La
plutocrazia
non
è
la
nazione
,
anzi
,
è
il
nemico
della
nazione
;
la
politica
imperialista
dei
gruppi
plutocratici
non
è
una
politica
nazionale
,
anzi
,
è
la
politica
che
ha
portato
la
nazione
alla
rovina
.
Questa
è
la
prima
cosa
da
mettersi
bene
nella
testa
,
l
'
essenziale
.
La
seconda
è
che
la
nazione
deve
essere
libera
e
non
serva
di
una
cricca
di
gruppi
privilegiati
.
Devono
essere
liberi
e
partecipare
in
pieno
alla
vita
politica
i
lavoratori
,
gli
operai
,
i
contadini
,
gli
intellettuali
,
gli
uomini
delle
classi
produttrici
.
La
libertà
politica
per
le
masse
è
condizione
preliminare
del
risorgimento
d
'
Italia
.
Chi
non
comprende
queste
necessità
primordiali
della
vita
politica
italiana
nel
momento
presente
e
non
lotta
per
soddisfarle
,
non
solo
non
può
dire
di
volere
la
rinascita
della
nazione
,
ma
è
un
ostacolo
nel
suo
cammino
.
Essere
nazionale
,
oggi
,
in
Italia
,
vuol
dire
essere
antifascista
;
cioè
vuoi
dire
essere
contro
l
'
imperialismo
plutocratico
e
per
la
libertà
.
Qui
sono
le
radici
del
fascismo
,
e
qui
deve
essere
diretto
il
colpo
decisivo
.