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Meravigliandosi che « nemmeno Malagodi o Colombo dicano queste cose » , Enrico Emanuelli ( tornando alla discussione sulla lingua , nel « Corriere della Sera » del 21 febbraio ) , cita un mio brano sulle questioni linguistiche , con l ' aggiunta di alcuni punti interrogativi a indicare i luoghi del dubbio . Ecco il brano coi cartelli segnaletici del dubbio sparsi dall ' Emanuelli : « La nuova borghesia delle città del Nord non è più la vecchia classe dominante che ha imposto stupidamente ( ? ) dall ' alto l ' unificazione politica , culturale ( ? ) e linguistica dell ' Italia , ma è una nuova classe dominante ( ? ) il cui reale potere economico le consente realmente ( ? ) , per la prima volta nella storia italiana ( ? ) di porsi come egemonica . E quindi irradiatrice simultaneamente di potere ( ? ) , di cultura ( ? ) e di lingua » . Primo punto interrogativo : sì , « stupidamente » , e non soltanto per quel che si riferisce al periodo fascista , che è stato il momento più clamoroso di tale stupidità ( e l ' Emanuelli è certo d ' accordo con me ) , ma per tutto ciò che di fascista c ' era stato prima e per tutto ciò che di fascista c ' è rimasto : intendo dire lo spirito piccolo - borghese , cui è in , genere affidato il ruolo di campo delle norme culturali . All ' unificazione dell ' Italia attraverso la piccola borghesia piemontese o piemontesizzante ( il Sud era una terra di banditi , o « Lazaronitum » come lo chiama Marx ; il novanta per cento circa degli italiani era analfabeta , cioè non solo non sapeva scrivere l ' italiano , ma non era nemmeno italofona ) si è creduto che l ' unificazione linguistica potesse essere risolta attraverso lo pseudo - umanesimo piccolo - borghese , che possedeva una lingua solo letteraria , l ' italiano , divenuta improvvisamente lingua nazionale ( benché sconosciuta a circa i nove decimi degli italiani ) . E si è creduto di imporla con gli stessi metodi con cui si imponevano le tasse , cioè attraverso la burocrazia e la polizia . Passando dall ' autoritarismo paternalistico a quello fascista . Ecco perché « stupidamente » . Certo ! Non tutta la borghesia era stupida ! Nello stesso Manzoni , per esempio , coesisteva insieme al grande poeta ( che ha rischiato di rovinare il suo romanzo ) un linguista normativo inattendibile . Ma grazie a Dio , Graziadio Isaia Ascoli ( borghese anche lui ) , come scrive Gramsci , « alle centinaia di pagine del Manzoni aveva contrapposto una trentina di pagine per dimostrare : che neppure una lingua nazionale può essere suscitata artificialmente , per imposizione di Stato ; che la lingua italiana si sta formando da sé , e si formerà solo in quanto la convivenza nazionale abbia suscitato contatti numerosi e stabili tra le varie parti della nazione ; che il diffondersi di una particolare lingua è dovuto all ' attività produttrice di scritti , di traffici , di commercio degli uomini che quella particolare lingua parlano ... » . Noi , piccolo - borghesi , abbiamo sempre accettato non criticamente l ' idea di questa lingua letterario - umanistica . E abbiamo sempre pensato che centro di diffusione sarebbe stata Roma , cioè il centro statale dello Stato : magari , naturalmente , una Roma riscoperta dal neorealismo . Mentre era chiaro che il reale centro diffusore era destinato a essere il Nord : perché la lingua della borghesia moderna è la lingua dell ' industria , non quella della burocrazia . E sempre Gramsci che ricorda nel 1918 come « il prof. Alfredo Panzini abbia pubblicato pochi anni fa un dizionario della lingua parlata moderna , e da esso appare quanti ' milanesismi ' siano arrivati persino in Sicilia e in Puglia . Milano manda giornali , riviste , libri , merce , commessi viaggiatori in tutta Italia , e manda quindi anche alcune peculiari espressioni della lingua italiana che i suoi abitanti parlano » . Questo fatto di lingua come « segno orale » ( e non quello « letterario » del Cattaneo o del Dossi ) , è un vero e proprio antefatto della nuova evoluzione linguistica . Ma solo oggi per la prima volta nella storia d ' Italia si ha un intero linguaggio , il linguaggio della meccanica o della scienza applicata , che si usa in tutta Italia ugualmente ( sia pure con pronunce differenti ) . E quello che più conta , è che non si tratta più di un linguaggio « solo » particolaristico : ma si pone come linguaggio guida , ha in sé uno spirito unificatore , in quanto linguaggio di un tipo nuovo di cultura . Secondo punto interrogativo : perché Emanuelli ha messo questo segno di dubbio sulla parola « culturale » ? Forse perché non crede nella « cultura » della borghesia italiana ? Ma io uso la parola « cultura » nel senso con cui la usa un marxista , e com ' è usata correntemente dall ' etnologia o dall ' antropologia . Non è un giudizio di valore , ma un dato di fatto . Sono andato l ' altro ieri , domenica , a « visitare » un campo profughi , ex campo di concentramento , vicino ad Alatri : un luogo tremendo , dove , nelle tragiche baracche oblunghe , dai tetti a volta , dominate dalle torrette rotonde , sotto montagnole grigie e senza nome , vive un gruppo di espatriati tunisini . Ebbene , ho avuto modo di accorgermi come la loro « francesizzazione » non consistesse solo in una francofonia abbastanza ortodossa ( mille volte più ortodossa - se si pensa che è avvenuta in emigrati in ambiente arabo - di qualsiasi italofonia di italiano periferico ) , ma in una commovente francesizzazione culturale : il modo con cui quegli italiani francesizzati di Tunisia si salutavano , si davano la mano , pregavano di salutare i genitori o gli amici residenti a Roma , eccetera , era assolutamente più vicino alla tipicità del borghese medio francese , che qualsiasi modo usato da un meridionale , finora , per realizzare un modello italiano ( le pagliacciate poliziesco - avvocatesche ecc. ecc . ) : insomma la borghesia francese francesizza gli allogeni e gli alloglotti con un reale prestigio culturale , così da prestare una reale e non solo mimetica umanità di modi e di espressioni . Terzo punto interrogativo : ebbene , su questa espressione « classe dominante » io non ho dubbi , anche se si tratta di una terminologia un po ' lisa , e un po ' superata dai modi del dominio . Lascio dunque la perplessità a Emanuelli e ai collaboratori della terza pagina del « Corriere » . Quarto punto interrogativo : questo « realmente » sta al posto di quella che Gramsci avrebbe chiamato condizione di « necessità » dell ' egemonia . A tale condizione di necessità la borghesia italiana del Nord si è trovata per inerzia , fuori , quasi , dalla sua coscienza e dalla sua volontà . Per una accelerazione dello sviluppo produttivo , e quindi dilla potenza economica , che ha qualcosa di brutalmente pragmatico . Quinto punto interrogativo : sì , per la prima volta nella storia italiana . Per quanto mi sforzi , non trovo un precedente . Soltanto la conquista romana presenta dei caratteri simili , e infatti ... L ' universalismo della Chiesa è stato sempre contraddetto dai particolarismi locali , che elaboravano proprie lingue in quanto ponevano le basi di un proprio potere ( la borghesia comunale ecc. ecc . ) . Sesto punto interrogativo : intendo « potere » sostanzialmente economico , non codificato . Esso probabilmente non vuole essere codificato : il suo pragmatismo e il suo tecnicismo escludono la metafisicità dei codici . Esso tende a deferire a qualcos ' altro una codificazione che lo lasci libero : questo qualcos ' altro è lo Stato italiano . La lotta per il possesso esclusivo di questo pretesto che è sempre lo Stato per il Capitale , è tra forze laburiste ( il centro - sinistra ) e forze conservatrici ( il liberalismo , milanese , anziché napoletano ) . Ma questo non ha niente a che vedere con le questioni linguistiche ( ? ) . Settimo punto interrogativo : ancora sulla parola « cultura » ... Ebbene , facciamo qualche ulteriore chiarificazione : la « cultura piccolo - borghese ( attraverso una spinta dal basso , cioè dal livello dei ceti medi - il diritto di voto ecc . ) aveva contestato e messo fuori gioco il « classicismo agrario » , in un ' accettazione , sempre tuttavia sostanzialmente classicistica , del romanticismo e del decadentismo . Una nuova spinta dal basso , dovuta alla Resistenza , alla realizzazione almeno formale della democrazia - la Repubblica , il voto alle donne ecc. ecc. - ha a sua volta contestato e messo fuori gioco il « classicismo piccolo - borghese » fascista ( in tale contestazione ha avuto un forte peso l ' opposizione marxista : stava cioè prendendo forma una sorta di « classicismo popolare » , attraverso l ' impegno e l ' ideologia letteraria gramsciana . Ora , la cultura tecnocratica - tecnologica , non contesta nessun particcolare classicismo : ma contesta e si accinge a mettere fiori gioco , tutto il passato classico e classicistico dell ' uomo : ossia l ' umanesimo . La sua novità è quella di coincidere potenzialmente non con una nuora epoca della storia , mia con una nuova era dell ' umanità : l ' Era della Scienza Applicata . Strumenti di tale cultura sono i grandi mezzi di diffusione di notizie : i giornali , la radio , la televisione . Strumenti , niente altro . Non entità autonome ( cui deferire ogni responsabilità , come fanno insieme , un giornalista dell ' « Espresso » , un linguista marxista , e lo stesso Moravia ) . Non sono caduti dal cielo . Riferirsi ad essi non come a semplici strumenti di una cultura significa voler evitare , magari per ragioni diverse , la discussione . Una volta inventati dei mezzi di diffusione culturale nuovi , non si possono , è vero , ignorare pii ? . Ma l ' applicazione della scienza nel produrre questi nuovi mezzi diffusori di cultura è il principio stesso del loro ulteriore apporto culturale specifico . La meta immediata del nuovo principio strutturale della lingua ( l ' iperlingua tecnologica ) e dei suoi mezzi di diffusione pare essere la comunicatività . E infatti è assurdo un « messaggio » radiofonico o televisivo che non sia capito nell ' attimo stesso in cui è percepito . Come non è concepibile un linguaggio meccanico particolare solo di Milano o di Torino . Ma non è detto che ciò che è chiaro e universalmente comprensibile sia sempre razionale . Molte volte , il buon senso , che è il contrario della ragione , fa passare per chiare delle cose profondamente oscure e irrazionali . Così è molto probabile che il nuovo tipo di linguaggio guida sia comunicativo ma non razionale : e l ' irrazionalità sia mascherata da una sorta di qualunquismo tecnico , come prima era mascherata da un qualunquismo umanistico . Comunque mentre il secondo è un caso particolaristico , di portata specialmente italiana , il primo è un caso generale , che riguarda tutto l ' immediato futuro degli uomini . Sotto questo profilo millenaristico - e date le tendenze metastoriche di ogni cultura depressa - spero che Emanuelli e la sua cerchia mi seguano meglio : e sentano come siano anguste le illazioni su miei eventuali passi avanti o indietro .
Quella croce rappresenta tutti ( Ginzburg Natalia , 1988 )
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Dicono che il crocifisso deve essere tolto dalle aule della scuola . Il nostro è uno stato laico che non ha diritto di imporre che nelle aule ci sia il crocifisso . La signora Maria Vittoria Montagnana , insegnante a Cuneo , aveva tolto il crocefisso dalle pareti della sua classe . Le autorità scolastiche le hanno imposto di riappenderlo . Ora si sta battendo per poterlo togliere di nuovo , e perché lo tolgano da tutte le classi nel nostro Paese . Per quanto riguarda la sua propria classe , ha pienamente ragione . Però a me dispiace che il crocefisso scompaia per sempre da tutte le classi . Mi sembra una perdita . Tutte o quasi tutte le persone che conosco dicono che va tolto . Altre dicono che è una cosa di nessuna importanza . I problemi sono tanti e drammatici , nella scuola e altrove , e questo è un problema da nulla . È vero . Pure , a me dispiace che il crocefisso scompaia . Se fossi un insegnante , vorrei che nella mia classe non venisse toccato . Ogni imposizione delle autorità è orrenda , per quanto riguarda il crocefisso sulle pareti . Non può essere obbligatorio appenderlo . Però secondo me non può nemmeno essere obbligatorio toglierlo . Un insegnante deve poterlo appendere , se lo vuole , e toglierlo se non vuole . Dovrebbe essere una libera scelta . Sarebbe giusto anche consigliarsi con i bambini . Se uno solo dei bambini lo volesse , dargli ascolto e ubbidire . A un bambino che desidera un crocefisso appeso al muro , nella sua classe , bisogna ubbidire . Il crocifisso in classe non può essere altro che l ' espressione di un desiderio . I desideri , quando sono innocenti , vanno rispettati . L ' ora di religione è una prepotenza politica . È una lezione . Vi si spendono delle parole . La scuola è di tutti , cattolici e non cattolici . Perchè vi si deve insegnare la religione cattolica ? Ma il crocifisso non insegna nulla . Tace . L ' ora di religione genera una discriminazione fra cattolici e non cattolici , fra quelli che restano nella classe in quell ' ora e quelli che si alzano e se ne vanno . Ma il crocifisso non genera nessuna discriminazione . Tace . È l ' immagine della rivoluzione cristiana , che ha sparso per il mondo l ' idea dell ' uguaglianza fra gli uomini fino allora assente . La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo . Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo ? Sono quasi duemila anni che diciamo " prima di Cristo " e " dopo Cristo " . O vogliamo forse smettere di dire così ? Il crocifisso non genera nessuna discriminazione . È muto e silenzioso . C ' è stato sempre . Per i cattolici , è un simbolo religioso . Per altri , può essere niente , una parte dei muro . E infine per qualcuno , per una minoranza minima , o magari per un solo bambino , può essere qualcosa dì particolare , che suscita pensieri contrastanti . I diritti delle minoranze vanno rispettati . Dicono che da un crocifisso appeso al muro , in classe , possono sentirsi offesi gli scolari ebrei . Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli ebrei ? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato , e non è forse morto nel martirio , come è accaduto a milioni di ebrei nei lager ? Il crocifisso è il segno del dolore umano . La corona di spine , i chiodi , evocano le sue sofferenze . La croce che pensiamo alta in cima al monte , è il segno della solitudine nella morte . Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino . Il crocifisso fa parte della storia del mondo . Per i cattolici , Gesù Cristo è il figlio di Dio . Per i non cattolici , può essere semplicemente l ' immagine di uno che è stato venduto , tradito , martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e dei prossimo . Chi è ateo , cancella l ' idea di Dio ma conserva l ' idea dei prossimo . Si dirà che molti sono stati venduti , traditi e martoriati per la propria fede , per il prossimo , per le generazioni future , e di loro sui muri delle scuole non c ' è immagine . È vero , ma il crocifisso li rappresenta tutti . Come mai li rappresenta tutti ? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti , ricchi e poveri , credenti e non credenti , ebrei e non ebrei e neri e bianchi , e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini . E di esser venduti , traditi e martoriati e ammazzati per la propria fede , nella vita può succedere a tutti . A me sembra un bene che i ragazzi , i bambini , lo sappiano fin dai banchi della scuola . Gesù Cristo ha portato la croce . A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura . A questa sventura diamo il nome di croce , anche se non siamo cattolici , perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l ' idea della croce nel nostro pensiero . Tutti , cattolici e laici portiamo o porteremo il peso , di una sventura , versando sangue e lacrime e cercando di non crollare . Questo dice il crocifisso . Lo dice a tutti , mica solo ai cattolici . Alcune parole di Cristo , le pensiamo sempre , e possiamo essere laici , atei o quello che si vuole , ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente . Ha detto " ama il prossimo come te stesso " . Erano parole già scritte nell ' Antico Testamento , ma sono divenute il fondamento della rivoluzione cristiana . Sono la chiave di tutto . Sono il contrario di tutte le guerre . Il contrario degli aerei che gettano le bombe sulla gente indifesa . Il contrario degli stupri e dell ' indifferenza che tanto spesso circonda le donne violentate nelle strade . Si parla tanto di pace , ma che cosa dire , a proposito della pace , oltre a queste semplici parole ? Sono l ' esatto contrario del modo in cui oggi siamo e viviamo . Ci pensiamo sempre , trovando esattamente difficile amare noi stessi e amare il prossimo più difficile ancora , o anzi forse completamente impossibile , e tuttavia sentendo che là è la chiave di tutto . Il crocifisso queste parole non le evoca , perché siamo abituati a veder quel piccolo segno appeso , e tante volte ci sembra non altro che una parte dei muro . Ma se ci viene di pensare che a dirle è stato Cristo , ci dispiace troppo che debba sparire dal muro quel piccolo segno . Cristo ha detto anche : " Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perchè saranno saziati " . Quando e dove saranno saziati ? In cielo , dicono i credenti . Gli altri invece non sanno né quando né dove , ma queste parole fanno , chissà perché , sentire la fame e la sete di giustizia più severe , più ardenti e più forti . Cristo ha scacciato i mercanti dal Tempio . Se fosse qui oggi non farebbe che scacciare mercanti . Per i veri cattolici , deve essere arduo e doloroso muoversi nel cattolicesimo quale è oggi , muoversi in questa poltiglia schiumosa che è diventato il cattolicesimo , dove politica e religione sono sinistramente mischiate . Deve essere arduo e doloroso , per loro , districare da questa poltiglia l ' integrità e la sincerità della propria fede . lo credo che i laici dovrebbero pensare più spesso ai veri cattolici . Semplicemente per ricordarsi che esistono , e studiarsi di riconoscerli , nella schiumosa poltiglia che è oggi il mondo cattolico e che essi giustamente odiano . Il crocifisso fa parte della storia del mondo . I modi di guardarlo e non guardarlo sono , come abbiamo detto , molti . Oltre ai credenti e non credenti , ai cattolici falsi e veri , esistono anche quelli che credono qualche volta sì e qualche volta no . Essi sanno bene una cosa sola , che il credere , e il non credere vanno e vengono come le onde dei mare . Hanno le idee , in genere , piuttosto confuse e incerte . Soffrono di cose di cui nessuno soffre . Amano magari il crocifisso e non sanno perché . Amano vederlo sulla parete . Certe volte non credono a nulla . È tolleranza consentire a ognuno di costruire intorno a un crocifisso i più incerti e contrastanti pensieri .
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I gerarchi fascisti hanno condotto tra le nuove generazioni italiane una campagna sistematica di menzogne e di calunnie contro la democrazia . La democrazia , secondo loro , sarebbe la causa di tutti i mali di cui soffrono le nazioni . Essa renderebbe deboli gli Stati e impotenti i governi . La propaganda fascista , in particolar modo , accusava la democrazia di avere provocato l ' indebolimento d ' Italia subito dopo l ' altra guerra mondiale . Gli ordinamenti democratici e gli uomini di Stato dei regimi liberali sono stati presentati dai fascisti , persino nei libri di testo delle scuole , i primi come modello di disordine , i secondi come modello di corruzione , di debolezza , d ' incapacità . Per vent ' anni è stata condotta in Italia questa campagna antidemocratica , senza che a nessuno fosse permesso né sul terreno dottrinale e meno ancora sul terreno politico , di rispondere ad essa , di metterne a nudo l ' inconsistenza e la falsità . È quindi comprensibile che oggi , quando si parla di libertà e di democrazia a giovani italiani ancora ieri fascisti , si incontri spesso dello scetticismo , e quasi sempre della incomprensione . Chiarire le idee a proposito di questi concetti politici elementari fa dunque parte di quell ' opera di rieducazione collettiva della nazione , alla quale tutti gli italiani hanno oggi il dovere di accingersi . Per respingere la menzognera propaganda fascista contro la democrazia , ci si potrebbe accontentare di fare una cosa molto semplice . Basterebbe domandare ai critici fascisti della democrazia che cosa ha fatto il loro regime antidemocratico , dittatoriale , tirannico . La sola cosa che è stato capace di fare è di portare l ' Italia alla rovina e di mantenere per vent ' anni alla testa del paese una banda di birbe e di malandrini . Si capisce che fosse contro la democrazia , il gerarca fascista , che privando i cittadini di ogni forma di controllo politico e amministrativo , assicura l ' impunità delle sue ruberie . Ed è pure assolutamente sicuro che se il popolo avesse potuto partecipare alla vita politica e far trionfare la sua volontà , Mussolini non avrebbe potuto rimanere a lungo al potere , non avrebbe potuto gettare l ' Italia nell ' abisso in cui l ' ha gettata , perché , se non altro , dopo la prima delle sue vergognose sconfitte sarebbe stato mandato davanti a un ' alta corte di giustizia e a un plotone di esecuzione . Si capisce , dunque , che Mussolini fosse contro la democrazia e per quello ch ' egli chiamava un governo forte . Il governo « forte » , per lui , era quello che gli permetteva di infischiarsi della volontà popolare , di calpestare gli interessi della nazione , di saccheggiare la ricchezza dello Stato , di farsi passare per un gran uomo di Stato e persino per un grande capitano mentre non era che un demagogo incapace e ridicolo , e di vendere l ' Italia allo straniero per evitare di render conto dei suoi delitti . In un regime di democrazia questo è certo queste cose non gli sarebbero state permesse . Dopo l ' esperienza tragica e devastatrice del fascismo , insomma , sarà ben difficile che in Italia qualcuno possa sul serio prendere davanti al popolo le difese delle forme di governo antidemocratico , tirannico , che furono proprie del fascismo . Ma , d ' altra parte , sarebbe un grave errore non capire che un paese come l ' Italia , il quale uscirà dalla guerra devastato nei suoi beni materiali e lacerato nella sua compagine morale , avrà bisogno di un governo che veramente sia forte , cioè goda di una vera autorità , realizzi attorno a sé l ' unità di tutte le forze sane della nazione , e abbia l ' energia necessaria per stroncare in germe ogni tentativo di rinascita della reazione fascista . I vecchi regimi e governi liberali e democratici peccavano assai sotto questo aspetto . È vero , essi assicuravano formalmente alle masse popolari certe libertà ( di stampa , di riunione , di organizzazione , ecc . ) che erano scritte nella Costituzione . Ma essi non garantirono il popolo contro la violenza e soppressione della Costituzione stessa , che venne realizzata dal fascismo con la complicità delle caste dirigenti italiane . In che cosa consisteva dunque la debolezza , il difetto , dei vecchi regimi e governi democratici ? Ci sembra , a voler riassumere , che consistesse in tre cose : 1 . le libertà concesse al popolo erano incomplete , limitate ; erano quasi date di malincuore ; nessuno o ben pochi ammettevano , in sostanza , che le libertà democratiche non sono una specie di regalo che si fa al popolo per tenerlo tranquillo , ma sono la base stessa dello Stato , perché sono esse che consentono al popolo di tenere nelle sue mani , com ' è necessario , le sorti della nazione ; 2 . se le libertà popolari erano in tutti i modi limitate e ristrette , illimitata era invece la libertà di cui disponevano le caste plutocratiche del paese , le quali si consideravano ed erano di fatto padrone delle sorti d ' Italia . A queste caste plutocratiche non solo era concesso di disporre nel loro interesse esclusivo delle ricchezze nazionali , ma era concesso di intrigare contro la volontà popolare , per far prevalere sugli interessi collettivi della nazione i loro interessi egoistici ; 3 . infine , la debolezza più grave fu che quando sorse un movimento come quello fascista , che si proponeva di sopprimere la democrazia , questa non si difese , non prese misure energiche per stroncare il fascismo in germe e difendere le libertà popolari ; anzi , capitolò davanti al fascismo e gli aprì la strada . E questo perché ? Perché il fascismo era la creatura di quei gruppi plutocratici che erano i veri padroni del paese ! Per queste ragioni la democrazia , non avendo né voluto né saputo distruggere i suoi nemici , fu colpita a morte , e coloro stessi che la colpivano la prendevano in giro , dicendo ch ' essa era un governo « debole » . Sulle rovine del fascismo dovrà essere costruito in Italia un regime democratico . Su questo sembra che oggi tutti siano d ' accordo . Ma l ' essenziale è che questo sia non solo un regime democratico , ma un regime nazionale veramente forte , capace di assicurare il lavoro , l ' ordine e la disciplina di tutta la nazione , capace di garantire l ' Italia e il mondo da ogni rigurgito e ritorno offensivo della barbarie fascista sul nostro paese . Tale potrà essere soltanto un regime che sia democratico non solo di nome , ma di fatto , che non abbia paura di appoggiarsi veramente sul popolo , di estendere e garantire tutte le libertà popolari , di affidare alle masse popolari la direzione e il controllo effettivo della vita nazionale . I rigori di questo regime non dovranno essere diretti contro i lavoratori , gli intellettuali , gli operai , i contadini ; ma contro quei gruppi di plutocrazia avida e cinica , che ha generato il fascismo , che ha voluto la guerra e la rovina della nazione , che ha dimostrato di essere una forza antinazionale . Quali misure dovranno essere prese per rendere impotenti questi gruppi di nemici della nazione , è una cosa che la nazione stessa , nella sua sovranità , dovrà decidere . Una cosa però può e deve essere detta sin d ' ora : una democrazia forte dovrà essere una democrazia antiplutocratica e antifascista , la quale non strappi soltanto i denti alla reazione e al fascismo per aspettare che ne crescan degli altri , ma che spezzi tanto al fascismo che ad ogni altra forma di reazione , il filo della schiena per sempre , ne distrugga le radici e in questo modo assicuri all ' Italia un futuro di libertà , di benessere e di grandezza .
Vagisce appena il nuovo italiano nazionale ( Pasolini Pier Paolo , 1965 )
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L ' intervento di Citati sulla « nuova questione » della lingua mi sembra utile per due ragioni : a ) riporta il discorso alla realtà dell ' osservazione , al di là di tutte le esperienze « ritardate » e un po ' banali che ognuno che interviene nel dibattito dimostra di possedere ; b ) impone una delucidazione sulla parola « comunicatività » . È vero che Citati si mostra « negativo » sull ' impostazione generale del problema e quindi tende a rovesciare la situazione , per criticarla : ma allora devo dire che io avevo « battezzato » un infante , non una persona adulta . Il « nuovo italiano nazionale » vagisce , è virtuale . Come sarà questo bambino da grande ? Assomiglierà ai genitori ? Sarà un figlio degenere ? Sarà ligio e ordinato ? O sarà folle e fuori della legge ? Siccome nessuno di noi ha doti di cartomante , è questo un problema che fatalmente si presenta come insolubile . Io non ho fatto nessuna descrizione linguistica dell ' italiano nuovo , ho detto solo che è nato . La sua nascita è dovuta alla presenza di un nuovo tipo di borghesia potenzialmente egemonica ecc. ecc. ( vedi « Il Giorno » del 6 gennaio scorso ) : la questione è in definitiva più politico - sociale che linguistica . Ma su questo terreno Citati non poteva e non voleva spingersi : tuttavia , ripeto , per quel tanto che il problema è problema linguistico il suo intervento non poteva essere più utile . Cominciamo dal punto a ) . In Italia non esistono osservatorii linguistici , neanche credo nelle riviste specializzate , che regolarmente , sistematicamente , si pongano come rilievi socio - linguistici , e - con la puntualità dei bollettini meteorologici che dicono « Che tempo fa » - ci dicano « Che lingua fa » . Citati nel suo articolo - pessimista com ' è sulle generalizzazioni e ideologizzazioni dei temi - ci dà un ottimo referto « linguologico » ( inventiamo un altro orrendo termine ! ) : « che lingua fa » in un treno delle linee Roma - Milano o Napoli - Torino ? Con orecchi di linguista amaro e sconfortato , Citati ha raccolto del materiale molto significativo : il discorso deragliante di un compagno di viaggio ( dalla sintassi smoccolata , dai nessi smangiati , dai cursus incastrati e inestricabili , senza soluzione di continuità , dai « sì » sostituiti da un atroce « esatto » , detto con tutti i denti fuori ) : e lo propone come esempio ideale del reale italiano che si parla oggi . È vero , Citati ha ragione . Mentre il « nuovo italiano nazionale » vagisce nelle aziende del Nord , l ' italiano medio , la koinè dialettizzata , e la valanga dei dialetti e dei gerghi , da quello letterario a quello della malavita , continuano , per inerzia , il loro sviluppo . E la storia della crescita dell ' italiano nazionale che io ho indicato , è la storia del rapporto tra la nuova stratificazione tecnologica - quale principio unificante e modificante dell ' italiano - con tutte queste stratificazioni precedenti e tutti questi tipi di linguaggi ancora vivi . Il proletario del Nord Il « monstrum » linguistico che le orecchie di Citati hanno captato con la precisione di un apparato scientifico , è un momento di questa fase evolutiva , è l ' italiano che si parla realmente oggi in Italia , è un « vagito » : il fondo è quello medio dell ' italiano letterario adottato dalla borghesia come una specie di lingua franca , l ' archetipo soprattutto sintattico è il latino , il centro socio - politico diffusore « primario » è la burocrazia , il centro irradiatore effettivo le « infrastrutture di base » , il fondo antropologico è quello umanistico ecc. ecc . : però c ' è qualcosa di nuovo , rispetto a un simile discorso udito nelle III classi dei diretti degli anni quaranta , e anche cinquanta : è nato un nuovo « modello sociale » per l ' umile parlante del Sud - o comunque per l ' appartenente alle stratificazioni ritardatarie dell ' umile Italia - : questo modello è il proletario del Nord borghesizzato attraverso il possesso di nuovi tipi di beni di consumo e di un nuovo livello linguistico che esprime tale possesso . Nell ' archetipo latino si è insinuato lo spirito dell ' « esattezza » , della « comunicazione funzionale » , che essendo esattamente il contrario del latino - possedendo cioè una sintassi di sequenze progressive , ed essendo profondamente nominale rende pazzesca la sintassi latina , carica di forme concorrenti , di possibilità allocutorie e di subordinazioni . Così anche per l ' italiano di Moro , che io ho scelto come esempio dell ' azione omologante e unificante esercitata dalla tecnologia sul linguaggio politico : e che Alberto Moravia ha criticato . A livello infinitamente più alto , anche il « linguaggio politico » di Moro si presenta come uno dei primi « vagiti » dell ' italiano nascente : certo - Moravia ha ragione - nell ' italiano di Moro permane la sua formazione umanistica , l ' ideale latino ecc. ecc . : ma , con maggiore evidenza e maggiore coscienza , anche qui , anche in questa formazione e in questo ideale , si insinua il nuovo tipo di lingua , che essendo la lingua della produzione e del consumo - e non la lingua dell ' uomo - si presenta come implacabilmente deterministica : essa vuole soltanto comunicare funzionalmente , non vuole né perorare , né esaltare , né convincere : a tutto questo ci pensano gli slogan della pubblicità . Ecco insomma che dobbiamo passare al punto b ) : alla delucidazione della parola « comunicatività » . Io dicevo nel saggio che ha provocato questo dibattito che la nuova stratificazione tecnica modifica e omologa tutti i tipi di linguaggi della koinè italiana , nel senso della comunicazione , a discapito dell ' espressività . Tale espressività derivava dal fatto che l ' italiano era fondamentalmente letterario , cioè fuori della storia , e quindi tendeva a conservare in una specie di empireo espressivo tutte le sue stratificazioni storiche , che non avevano il potere socio - politico di superarsi e annullarsi . Spirito rivoluzionario Ora per la prima volta , almeno virtualmente e ipoteticamente ( c ' è da fare i conti almeno con il marxismo e la classe operaia ) , tale potere socio - politico esiste , e per la prima volta , dunque , almeno teoricamente , la nuova stratificazione linguistica è in grado di superare le altre , e di livellare l ' italiano . Dicevo ancora nella replica citata sul « Giorno » che mentre nelle altre nazioni linguisticamente unite lo spirito tecnologico si presenta come evolutivo , in Italia si presenta come rivoluzionario , in quanto coincide con la formazione in potenza di una classe egemonica . Il primo fenomeno che io potevo supporre era dunque una forte tendenza dell ' italiano alla comunicazione , per analogia con le lingue che prima dell ' italiano avevano avuto una esperienza unitaria , nazionale dovuta alla presenza di una classe egemonica identificantesi con l ' intera nazione ( le monarchie , le grandi borghesie ) . Tuttavia quella che per altre nazioni è stata un ' esperienza di secoli per l ' Italia sarà probabilmente un ' esperienza da bruciarsi in pochi anni o decenni : nell ' atto stesso in cui l ' italiano comincia a diventare « comunicativo » nel senso delle descrizioni linguistiche classiche ( Francia , Inghilterra eccetera ) , esso quasi subito , seguendo il destino di tutto il mondo capitalistico , passa al nuovo tipo di « comunicatività » , quella appunto delle tecnocrazie tecnologiche . Ora , la comunicatività linguistica dell ' industrializzazione ancora umanistica era comunicazione in senso , diciamo , filosofico : e la stessa espressività non era che una « comunicazione » espressiva , una mozione di sentimenti , dopo tutto . La « comunicatività » del mondo della scienza applicata , dell ' eternità industriale , si presenta come strettamente pratica . E quindi mostruosa , quando nessuna parola avrà senso se non funzionale entro l ' ambito della necessità : sarà inconcepibile l ' espressione autonoma di un sentimento « gratuito » . Il determinismo linguistico sarà dunque la caratteristica della comunicatività tecnologica . Una comunicatività simile a noi sembra mostruosa , e , a suo modo - ha ragione Citati - , espressiva ! Ma il nostro punto di vista , dentro gli ultimi baluardi del mondo classico , è comodo : e l ' orrore della comunicatività tecnologica si presenta come espressivo solo se messo in contatto con la nostra idea della comunicazione e dell ' espressività . Come tale ci appare munito di tutto l ' armamentario folle , sovvertitore , sacrilego del gergo . E in realtà la comunicazione tecnologica è gergale : nulla nasce in funzione così strettamente pratica come il gergo ( il divertimento e la vivacità sono elementi fiancheggiatori : pregergali , dialettali ) . Ma il gergo rivela i suoi caratteri divertenti solo se usato in funzione espressiva : cioè messo a contatto con una lingua colta , non gergale , o altrimenti espressiva . Insomma la comunicatività da noi pensabile , caratteristica del mondo futuro , tutto industrializzato e tecnicizzato , nella « eternità industriale » , si presenta come un linguaggio di alienati : e come tale ci può fare anche angosciosamente ridere , come ci fa ridere il « franglais » di cui parla Citati . Ma c ' è poco da ridere .
Sinistra, ricominciamo da tre ( Gravagnuolo Bruno , 2001 )
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Metti che due filosofi politici , suppergiù coetanei , decidano di sedersi a un tavolo con un registratore . Per raccontare la loro parabola generazionale , cosi come s ' è dipanata negli ultimi decenni . E per tentare di aggiornare la rotta , riassestando le idee sul corso del mondo . Potrebbero venirne fuori sproloqui . O confessioni reducistiche , specie se i due si sono formati in pieno sessantotto . In passato è già accaduto , e con interlocutori illustri . E il tentativo non ha lasciato tracce , se non fiumi di inchiostro malinconici . Invece , nel caso di Angelo Bolaffi e Giacomo Marramao , il tandem ha funzionato . E il verbale merita di essere conservato : Frammento e sistema ( Donzelli , pagine 173 , lire 18.000 ) . Conservati dai più giovani e anche da quelli - che immersi nella medesima temperie - volessero capire quel che hanno pensato , lungo gli anni , due ex giovani neo - marxisti di fine anni sessanta . I quali , pur senza essere « pentiti » , han mutato a fondo il loro modo di pensare . Bolaffi e Marramao sono due filosofi politici , entrambi legati in origine all ' « impero filosofico del Reich » , alla Germania . Studioso di Weimar e di Weber , il primo . Direttore della Fondazione Basso il secondo : ermeneuta del « tempo » e del nesso « potere - secolarizzazione » , studioso di Mondolfo . Allievo di Colletti , il primo . Di Eugenio Garin il secondo . Due marxisti inizialmente , autori vent ' anni fa su Rinascita di un articolo intitolato « Chi , ha paura di Bad Godesberg ? » , che suscitò reprimende . Oggi approdati a un pensiero di sinistra democratica , che fa perno sui diritti in era di globalizzazione . E sull ' universalismo in era di differenze ed « etiche in conflitto . Frammento e sistema sono i due corni del dilemma ricorrente nel libro . Quello profilatosi con la crisi del marxismo già negli anni settanta . E che vedeva il nichilismo decostruttivo opporsi alla grande sintesi ideologica incrinata . Sino al dilemma attuale , che vede sul pianeta lo scontro / incontro tra dimensione globale e dimensione locale ( il « glocale » ) . Con l ' avvertenza però che non di topografia si tratta . Bensì di « sinergia - allergia » . Compenetrazione tra simultaneità dell ' economia mondiale , e « reazione allergica » di identità culturali attivate e schiacciate dal global - market . Prima di entrare in questa sindrome d ' epoca , sprigionata dal 1989 , soffermiamoci sul cammino anteriore dei due studiosi . E ' la crisi del marxismo e del comunismo lo snodo . E poi , in entrambi , la scoperta di alcune questioni capitali . La crisi di rappresentanza democratica . I divieti dei corporativismi incrociati . La paralisi della decisione . Lo svelarsi nichilistico della politica « infondata » , dissolte ormai le filosofie della storia . E perciò , Schmitt e Kelsen . Nietzsche e Heidegger . E la tragedia di Weimar , laboratorio di una democrazia avanzata che collassa , plebiscitariamente , per eccesso di domande nel 1933 . Ma il tutto ben dentro lo scontro Oriente - Occidente , nel cuore d ' Europa . Notazione interessante a due : il totalitarismo è frutto dell ' esplosione moderna del pluralismo . In una realtà « massificata dalla tecnica » ( Marramao ) . E senza più il freno del « diritto naturale » e dello « Ius pubblicum europaeum » ( Bolaffi ) . Cruna d ' ago per scorgere il futuro ­ cioè l ' oggi - è così il balzo nel passato della democrazia , « prima » della catastrofe continentale del '900 . Gli addentellati a ritroso ? Ben prima del fascismo e del comunismo , stanno in due modelli : lo stato nazione « tellurico - continentale » , e lo « stato « oceanico » di tipo anglo - americano . Sovranità territoriale e arcipelago sovrano , secondo la vecchia profezia di Karl Schmitt . E arriviamo all ' altro fulcro della discussione . Si è eclissato il Leviatano , sia nella forma territoriale che in quella « transmarina » ? Marramao propende per il sì , come pure Bolaffi . E qui forse esagerano , benché poi il primo scorga nuovi « Microleviatani » sulla mappa del dopo '89 . Infatti , non solo ci sono le nuove entità nazionaliste , attivate dal crollo comunista . Ci sono anche gli Usa , rimasti unici arbitri . E quanto all ' Europa , ci son gli stati - guida al suo interno , per nulla intenzionati a rinunciare al loro « direttorio » . Poi c ' è la Russia , neo - stato nazionale , in lizza geopolitica . E la Cina . E i fondamentalismi a base etnico - nazionale . Vince un nuovo bellum omnium contro omnes , per giunta planetario ? Bolaffi ne è preoccupato . Al punto da rivalutare l ' istanza del « diritto naturale » - contro il decisionista Schmitt e contro il relativista Kelsen - come garanzia cosmopolita armata di forza . Marramao al contrario diffida di ogni « etica normativa » , da imporre con i ragionamenti duri del « contratto sociale » , e della filosofia analitica anglosassone ( John Rawls ) . E quindi con l ' imperium degli stati più forti , bardati di tornado e « diritto positivo » . E allora ? Qui la filosofia sconta il suo limite sugli scogli del mondo . Come convincere un Talebano ha gli stessi diritti dell ' uomo ? Che l ' « Altro » ha gli stessi diritti dell ' islamico ? E viceversa , come convincere un « leghista » , a dismettere la sua intolleranza ? Insomma , siamo tutti « stranieri morali » nel mondo che ci divide , e che però ci avvicina in tempo reale e simultaneo . Può bastare , come suggerisce Marramao , lo scambio di reciproche narrazioni tra « diversi » ? O una « fusione di orizzonti » , basata sulla medesima « capacità simbolizzante » che tutti ci accomuna sotto ogni latitudine ? Forse no , senza arene internazionali del diritto , legittimate da forza e da consenso . Altra questione , molto dibattuta nel dialogo : il nesso « interessi - valori - identità » . Ebbene , è giusta la proposta di una « politica universalista delle differenze » avanzata da Marramao , inclusiva di una « Magna carta dei diritti biologici » . Ma perché il tutto non si risolva in un « elegante escamotage » o in « deregulation morale » - come teme Bolaffi - non basta denunciare le opposte prigioni del « comunitarismo » e dell ' « individualismo » . Occorre invece isolare un serie di valori davvero portanti e irrinunciabili . A far da filtro , al di sopra delle « differenze » individuali e di gruppo . E perciò , libertà politiche e civili . Diritto all ' « autorealizzazione » , inclusa l ' attuazione della propria specificità culturale . Diritto alla fecondazione assistita , nel rispetto dei nascituri . Limiti alle manipolazioni genetiche del vivente . E diritti economici : lavoro , bisogni di base , welfare . In tal senso è ben vero che l ' « interesse economico » , senza « forme simboliche » , non si esprime ( Marramao ) . E ' cieco ed afono . Ma non per questo il « conflitto distributivo » finisce . Al contrario , proprio l ' esplodere delle « differenze » segnala l ' irruzione dell ' « economia - mondo - ineguale » , che acuisce il conflitto di culture . E impone quindi politiche economiche post - liberiste , per sedare lo « Scontro di civiltà » che insidia dal di dentro e dal di fuori l ' Occidente ( e Huntington non ignora le « faglie interne » all ' Occidente ! ) . Il capitolo finale del libro porta impressa l ' eco delle Twin - Towers . E vi rimbalzano tutti i temi precedenti . Per Bolaffi e Marramao è ormai fine del « Secolo americano » e unipolare . Una fase che impone di rilanciare il dialogo inter - culturale . Assieme a una nuova geopolitica a più attori . A partire - con Walter Benjamin - dall ' « infelicità degli ultimi » , non dal Bene come « Virtù occidentale » . Nondimeno , per capire la tragedia , non basta dire che il primum movens del fondamentalismo è la « nevrosi identitaria » di un certo Islam subalterno ( Marramao ) . La domanda è : da chi , e perché , quell ' Islam radicale , povero e ricco , è stato eccitato ? Per quale disegno geopolitico ed economico ? Per uscire dal nuovo luttuoso disordine mondiale - oltre la guerra al terrorismo - dobbiamo continuare a chiedercelo . Malgrado gli inviti patriottici al silenzio del professor Panebianco .
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Da diversi campi ci scrivono chiedendoci di precisare i motivi della posizione vivacemente critica che abbiamo assunto e mantenuto , dopo la caduta di Mussolini , verso il maresciallo Badoglio , il suo governo e la sua politica . Aderiamo tanto più volentieri a questa richiesta in quanto il problema della politica del governo di Badoglio non è di piccola importanza , anzi , tocca alcune questioni essenziali della vita politica italiana . È inutile nascondersi la gravità della odierna situazione italiana . Il popolo italiano si trova oggi di fronte a una vera e propria catastrofe nazionale . Questo comprenderanno agevolmente quei prigionieri di guerra , ufficiali e soldati , che nel corso del loro viaggio verso l ' Unione Sovietica hanno potuto osservare , in Polonia e altrove , che cosa vuol dire per un paese e per i suoi abitanti l ' occupazione tedesca . Quando i tedeschi saranno cacciati d ' Italia , là dove essi sono passati non rimarranno che rovine e lutti . Il suolo sarà intriso di sangue ; dappertutto vi saranno le tracce del delitto ; dappertutto i risultati di un ' opera sistematica e perversa di devastazione . Da queste rovine e da questi lutti si leverà il più terribile degli atti di accusa contro le classi dirigenti , contro le istituzioni e contro gli uomini responsabili di questa catastrofe . Il popolo italiano , laborioso , fecondo e forte , si accingerà ancora una volta a ricostruire la sua casa distrutta , come tante volte esso ha già fatto nei secoli . Ma non dimenticherà . Non potrà dimenticare . Guai , anzi , se dovesse dimenticare ! Guai , se dalla lezione tremenda del fascismo non saremo capaci di ricavare tutti gli insegnamenti che ne derivano : guai se non avremo la forza di mandare sul banco degli accusati tutti i responsabili , tutti i complici . È l ' amore stesso per la nostra patria che ci obbligherà a farlo : è la necessità di sradicare senza pietà un male ch ' è stato troppo grave e profondo perché possa guarire senza che si metta il ferro nella piaga . Ebbene , nei confronti con il fascismo e con la situazione tragica in cui si trovava l ' Italia già al tempo della caduta di Mussolini , quale fu la politica di Badoglio ? Fu un tentativo di compromesso , durante il quale l ' azione governativa , dominata da preoccupazioni reazionarie , dalla paura stolta delle masse e della loro azione liberatrice , venne condotta in modo che contribuì ad aggravare , e non ad alleviare , le condizioni della catastrofe odierna . Oggi incominciamo a ricevere i giornali di quel periodo . Veniamo a conoscere i particolari dei fatti . Siamo quindi in grado di giudicare meglio di prima . Ebbene , ogni fatto che veniamo a conoscere ci conferma nelle nostre posizioni . Il giorno preciso in cui Badoglio decise di iniziare le trattative con gli alleati , non ha importanza decisiva . Decisivo è il fatto che , caduto Mussolini , la minaccia dell ' invasione tedesca era evidente e imminente . Che cosa poteva opporre l ' Italia a questo minaccia ? Due forze sole : l ' esercito e il popolo . L ' uno e l ' altro dovevano essere messi in grado di far fronte alla grande , alla terribile prova . Il primo doveva essere epurato di tutti i vecchi arnesi del fascismo e della reazione , pronti a diventare gli agenti dello straniero . Il secondo doveva essere messo in grado di spiegare tutte le sue energie e tutta la sua iniziativa . Per questo era urgente e vitale permettergli di riorganizzare rapidamente le sue forze in regime di libertà . Non venne fatta né la prima cosa , né la seconda . Chi ne fa le spese , oggi , è il popolo : è il nostro paese . È con senso di profonda amarezza che oggi , leggendo i giornali ispirati dal governo di Badoglio , si vede com ' essi dirigessero i loro colpi , sin dai primi istanti , non contro i traditori della nazione , ma contro coloro che chiedevano si procedesse contro di loro con la più grande energia . È con senso di amarezza profonda che si ricorda come la preoccupazione essenziale di Badoglio fosse di negare sino all ' ultimo la libertà politica ai cittadini , la libertà di parlare di unirsi , di prepararsi alla lotta , di armarsi , per essere pronti al combattimento imminente contro i nemici del paese . A Milano , nel momento dell ' aggressione tedesca , il generale comandante la guarnigione rifiutò di armare il popolo delle « cinque giornate » , e i pochi distaccamenti di cittadini armati che esistevano li allontanò dalla città , e quindi fece entrare i tedeschi . Questo generale , traditore della patria , era stato messo a quel posto solo perché aveva fama di reazionario , perché si sapeva che non avrebbe ceduto alle pressioni di massa antifascista e patriottica , anzi , sarebbe stato capace di far sparare su di essa , come , del resto , gli era stato ordinato . Oggi Milano è stata messa a sacco dai tedeschi , i cittadini si difendono come possono senz ' armi , e il traditore si è rifugiato in Germania , a Innsbruck . Da che cosa fu dettata , questa politica esiziale di Badoglio e del suo governo ? Essa fu dettata dall ' anima reazionaria delle classi dirigenti italiane , dalla loro paura organica del popolo e della libertà . Perisca l ' Italia e abbiano via libera i tedeschi , ma fino all ' ultimo sia esclusa la nazione dall ' esercizio dei suoi diritti , anche quando essa chiede di esercitarli esclusivamente per fronteggiare il nemico , e schiacciare i traditori . Così ragiona il reazionario italiano e tale è stata , in sostanza , la politica di Badoglio dalla caduta di Mussolini alla firma dell ' armistizio . Nella grande tragedia vissuta dal popolo italiano negli ultimi vent ' anni , questa politica appare come l ' ultimo episodio , per ora , di una catena , ahimè , troppo lunga di inganni , di soprusi , di violenze , di arbitri , il cui risultato ultimo è stato e non poteva essere altro che l ' odierna catastrofe . Se l ' Italia vuole salvarsi , se l ' Italia vuole rinascere , se l ' Italia vuole evitare nuove tragedie e nuove catastrofi , essa deve liquidare senza residui non solo il fascismo , ma tutte le manifestazioni di quello spirito reazionario , che preferisce la rovina della nazione allo scatenamento salutare delle energie popolari in regime di libertà e per la difesa della patria . Per questo è necessario , che anche dall ' esperienza del regime di Badoglio si traggano tutti gli insegnamenti necessari . O ci liberiamo per sempre , attraverso la durissima prova di oggi , da ogni sorta di schiavitù alle caste reazionarie che hanno portato il nostro paese alla catastrofe , oppure non riusciremo mai a essere né un popolo grande , né un popolo libero , né un popolo felice .
Assassino! ( Giglio Tommaso , 1947 )
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Venezia , 17 febbraio - I documenti che dimostrano la diretta responsabilità di Kesselring per l ' eccidio delle Fosse Ardeatine e per i delitti compiuti in Italia dalle truppe naziste , sono stati presentati oggi alla Corte militare alleata dal pubblico accusatore , il « Prosecutor » . I documenti formano quattro volumi , nei quali sono raccolti tutti i bandi , le lettere , le ordinanze ed i messaggi emanati da Kesselring durante il periodo in cui ebbe il comando delle forze tedesche in Italia . Il Prosecutor , nella sua requisitoria , ha tenuto soprattutto a mettere in rilievo che le responsabilità degli eccidi perpetrati in Italia dai tedeschi a danno della popolazione civile e delle formazioni partigiane , deve essere fatta risalire a Kesselring personalmente . La sua accusa ha fatto leva su un concetto basilare : l ' infierire della crudeltà tedesca si è verificato soltanto dopo che dal Quartier Generale del feldmaresciallo erano stati emanati precisi ordini a questo proposito . Il Prosecutor ha parlato per due ore e mezza . Questa è la ragione per cui il processo non potrà essere ripreso domani , ma solo nella mattinata di mercoledì ; in modo da permettere agli stenografi di trascrivere il testo della requisitoria e consegnarlo agli avvocati difensori . Si calcola che la trascrizione degli stenografi richiederà un tempo non inferiore alle sette ore . Kesselring è entrato nell ' aula alle 10 precise e si è inchinato alla Corte solennemente . Aveva a fianco il suo interprete personale e faceva di tutto per non guardare dalla parte del pubblico . Dopo breve discussione sulle modalità della traduzione in tedesco della requisitoria del Prosecutor , questi ha avuto la parola . Una donna , dal fondo della sala , ha gridato : « Assassino ! » all ' indirizzo del feldmaresciallo . Kesselring è rimasto impassibile , con lo sguardo vuoto fisso in avanti . Non si sono udite altre parole italiane per tutta la durata dell ' udienza . Per prima cosa , il Prosecutor ha messo in rilievo che i capi d ' imputazione di cui deve rispondere Kesselring si riferiscono soltanto all ' eccidio delle Fosse Ardeatine ed ai delitti commessi dalle sue truppe tra il giugno e l ' agosto del 1944 . Alcuni , da questa affermazione hanno dedotto che difficilmente verranno accolte tutte le denunce di cui è stato fatto oggetto il feldmaresciallo nel corso di questi ultimi giorni . Si è dell ' opinione , infatti , che questi documenti , se fossero accolti , provocherebbero la necessità di una nuova istruttoria e di conseguenza nuovo illimitato rinvio del processo . Ciò sembra essere avvalorato dal fatto che il Prosecutor ha dichiarato che non sarà accolto nessun suggerimento della stampa circa nuovi delitti da imputare al feldmaresciallo . Tuttavia è difficile prevedere quale sarà l ' andamento della causa , anche perché la Corte dovrà regolare le sue imputazioni in base alle deposizioni che raccoglierà dai numerosi interessati . Sin d ' ora si può dire soltanto che il processo durerà una ventina di giorni in luogo dei dieci previsti . La principale carta che giocherà Laterner , difensore di Kesselring , e già avvocato dei criminali di Norimberga , è quella della distinzione tra esercito e SS . Il Prosecutor , nella sua requisitoria , ha già cercato di prevenire questa manovra ed allora non è difficile affermare che questo sarà un punto cardinale del processo , un punto attorno al quale l ' accusa ed i difensori si daranno battaglia violentemente . Il Prosecutor ha dichiarato sin da oggi che la responsabilità di Kesselring , quale comandante della Wehrmacht in Italia , non può essere in nessun modo scaricata interamente sui comandi della polizia o delle SS . A questo proposito , egli ha citato l ' esempio dell ' attentato di via Rasella a Roma . A quell ' epoca l ' imputato era a capo delle forze militari in Italia . Invece i servizi di sicurezza erano agli ordini del generale Wolf . Ora , bisogna tener presente i fatti : immediatamente dopo l ' attentato il comando supremo tedesco aveva stabilito una rappresaglia in proporzione di sessanta italiani per ogni tedesco ucciso . In seguito la rappresaglia fu ridotta alla proporzione di dieci italiani per ogni tedesco . Tuttavia il comando supremo di Hitler aveva ordinato di fucilare soltanto quelle persone che erano già detenute a titolo di ostaggio . Kesselring ricevette personalmente questo ordine , ma nel trasmetterlo al capo dei servizi speciali di Roma ordinò testualmente di giustiziare al più presto dieci italiani per ogni tedesco ucciso . Di sua iniziativa , cioè , cancellò dall ' ordine questo lieve particolare : che dovevano essere fucilati soltanto gli ostaggi già detenuti come tali . Kesselring , al massimo , avrebbe potuto ordinare la fucilazione immediata di coloro che erano già stati condannati a morte da tribunali tedeschi in Italia . Invece la sua rappresaglia si rivolse contro persone innocenti , molte delle quali erano state arrestate dopo l ' attentato , solo perché erano ebrei o perché semplicemente sospette . Il Prosecutor ha parlato con calma , bevendo ogni tanto qualche sorso d ' acqua e sedendosi spesso sulla spalliera della sedia con una gamba penzoloni . Il feldmaresciallo - ha precisato l ' accusatore - non ha tenuto conto delle leggi internazionali ed ogni volta che ha emanato una ordinanza , non ha mai voluto interpellare il consulente legale che aveva a sua disposizione . Egli ha dato direttamente ordini alle proprie truppe di bruciare i villaggi italiani e di impiccare i capi partigiani che venivano catturati . In seguito alle sue disposizioni gli ufficiali nazisti in Italia hanno cominciato a fucilare tanto i partigiani quanto i civili italiani sul luogo stesso in cui li facevano prigionieri e senza mai deferirli a nessun tribunale competente . Il Prosecutor leggeva le date di questi ordini : 1° maggio , 8 maggio , 3 giugno , 26 giugno , scandendole una alla volta , tornando più volte a caricare la voce su di esse , quasi volesse rievocare con la sua voce l ' esasperante lunghezza di quei giorni bollenti del popolo italiano ; quasi volesse dire che durante la sua permanenza in Italia Kesselring non trascorse un sol giorno senza commettere un delitto . Dopo che il Prosecutor aveva smesso di parlare , il giudice gli ha sorriso ed ha detto : « Avete fatto un lungo discorso » . Ma si aveva l ' impressione che si rivolgesse a Kesselring e gli dicesse : « Avete commesso un lungo delitto » .
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Oggi a Comiso decine di migliaia di siciliani e con essi delegazioni provenienti da ogni parte d ' Italia e d ' Europa si danno appuntamento per una grande manifestazione per la pace e il disarmo e per chiedere che alla Sicilia sia evitato il destino sciagurato di essere trasformata in un avamposto nello scontro atomico tra i due blocchi militari contrapposti . La scelta dell ' estremo lembo a sud della Sicilia per la costruzione di una grande base di missili " Cruise " ha alimentato una polemica sul reale bersaglio degli ordigni atomici che vi si intendono installare . Come dimenticare che , nei giorni immediatamente successivi all ' annuncio del governo italiano di costruire la base a Comiso , si verificava il pericoloso scontro tra aerei americani e libici nel Golfo della Sirte ? E che il presidente Reagan dichiarava , in quella occasione , di aver voluto mostrare i muscoli al colonnello Gheddafi ? E che , infine , quest ' ultimo , replicando aspramente , chiamava anche in causa l ' Italia proprio per la progettata base di Comiso ? L ' assassinio del presidente egiziano Sadat ha portato ora nuovi elementi di inquietudine e di destabilizzazione in un ' area alle soglie di casa nostra , sempre più gravata da minacce che possono da un momento all ' altro precipitare e innescare processi incontrollabili . Sentiamo così avvicinarsi i rischi che dai focolai di guerra del Medio Oriente si estendono al Mediterraneo . Nasce da questa realtà il bisogno di non risparmiare sforzi e iniziative che , riducendo la tensione in quest ' area , contribuiscano alla ripresa di quei negoziati da cui dipende la causa della pace nel mondo . L ' Italia può e deve giocare un ruolo decisivo perchè il Mediterraneo diventi nel suo complesso un mare di pace , che aiuti la prospettiva della distensione e nello stesso tempo quella di un nuovo ordine internazionale fondato sul progresso e l ' eliminazione degli squilibri tra nord e sud del mondo . Proprio in questa visione la Sicilia può assolvere la funzione di ponte nel dialogo fra le nazioni che si affacciano sul Mediterraneo . Non si può certo sostenere che la costruzione della base di Comiso vada in questa direzione . Anzi trasformerebbe la nostra isola in un polo di aggravamento delle tensioni in questo mare e in bersaglio predestinato nello scontro tra i blocchi contrapposti . Il popolo siciliano dirà , oggi , a Comiso che intende rifiutare questo orrendo destino . La Sicilia ha una storia millenaria interessata di tragedie e di sofferenze inaudite . Essa è stata più volte terra di conquista e il suo popolo ha subito le oppressioni più brutali , il cui retaggio si è espresso in miseria e arretratezza . La conquista dello Statuto dell ' autonomia , nel quadro della Costituzione repubblicana , frutto della lotta antifascista e della guerra di liberazione , aveva aperto una fase di progresso civile e democratico del popolo siciliano . Questo sviluppo , conquistato con grandi lotte di popolo , è ora in crisi . Negli ultimi anni in Sicilia sono accaduti dei fatti gravissimi . Il potere mafioso ha rialzato la testa e abbiamo assistito ad una sequenza drammatica di omicidi politici culminati nell ' assassinio del presidente della Regione Piersanti Mattarella . Da quel momento si è accelerato il processo di degradazione della vita politica e delle stesse istituzioni autonomistiche . Il già insufficiente apparato produttivo dell ' isola è duramente scosso dalla crisi economica mentre lo Stato si dimostra sempre più impotente di fronte alla violenza criminale e mafiosa che ogni giorno semina terrore e morte . E come non vedere il pericolo che la trasformazione della Sicilia in una gigantesca base di guerra spingerebbe alle estreme conseguenze i processi degenerativi già così allarmanti ? Il nostro no alla installazione a Comiso della base atomica tende ad impedire un avvenire davvero oscuro per il popolo siciliano . Lo dico convinto che questo oggi sia un obiettivo giusto e anche realistico . Il 30 novembre inizieranno a Ginevra le trattative tra URSS e USA e al primo punto dell ' agenda vi è la questione degli euromissili . La conclusione positiva della trattativa - a cui tutti devono lavorare - deve riguardare la fissazione di un equilibrio al più basso livello possibile dei missili contrapposti : gli SS-20 sovietici e i nuovi missili americani nell ' Europa occidentale . Questo livello di equilibrio potrebbe essere la " soluzione zero " , cioè la non installazione dei Cruise , bilanciata da misure di pari significato per gli SS-20 . Ecco perchè è raggiungibile l ' obiettivo di impedire la costruzione della base a Comiso . Chiedere , come noi facciamo oggi , di sospendere l ' inizio dei lavori della costruzione della base è il modo più giusto ed efficace per il popolo siciliano di premere perchè la trattativa di Ginevra abbia uno sbocco positivo . Quello di oggi , è pertanto , il primo atto di una mobilitazione che nei prossimi mesi dovrà via via allargarsi come una grande fiumana di uomini e donne , di giovani e anziani di ogni ceto sociale e di ogni fede pubblica e religiosa . Noi comunisti vogliamo essere soltanto una componente di questo grande movimento unitario e opereremo , con sempre maggiore consapevolezza , perchè altre forze democratiche , superando incomprensioni e strumentalizzazioni , scendano in campo per dare il loro contributo originale a questa lotta decisiva per l ' avvenire del popolo siciliano e per la salvezza della pace nel mondo .
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La situazione d ' Italia continua a essere complicata , confusa , tragica . Praticamente , l ' unità del paese non esiste . Una parte geme e sanguina sotto il regime brutale dell ' occupazione tedesca . Un ' altra parte è soggetta all ' amministrazione temporanea delle autorità angloamericane . Una terza è governata dai residui della vecchia amministrazione governativa italiana , a capo della quale si trova il maresciallo Badoglio . La lentezza e cautela con cui si svolgono le operazioni militari ha d ' altra parte contribuito a far sparire quella zona intermedia nella quale i tedeschi , scarsi di forze , non erano potuti arrivare , oppure , se arrivati , non si erano potuti consolidare , grazie alla resistenza e alla lotta del popolo . Questa zona intermedia , che comprendeva all ' inizio la maggior parte dell ' Italia centrale e una piccola parte di quella settentrionale , è probabilmente oggi teatro delle gesta sanguinose degli ultimi squadristi mussoliniani , traditori della patria e strumenti ignobili dell ' invasore straniero . È evidente e non vi è bisogno di dimostrarlo , che è interesse vitale della nazione italiana che questa situazione di smembramento del paese cessi al più presto . Quanto più essa durerà , tanto più gravi saranno le sofferenze del popolo , tanto più profonde le conseguenze di cui avrà a soffrire nel futuro tutto il paese . Perciò il primo dovere di ogni italiano è oggi di prendere le armi e combattere affinché i tedeschi siano al più presto cacciati per sempre dal suolo della patria . Perciò il primo dovere di tutti gli uomini , che dopo il crollo del regime fascista si sono assunti la responsabilità del potere , è di mettere tutto in opera affinché l ' unità , l ' indipendenza e la libertà della patria vengano riconquistate e restaurate al più presto . Ma che occorre fare per raggiungere questi obiettivi , i quali riassumono le aspirazioni profonde e sincere di tutto il popolo ? E viene realmente fatto da parte di tutti , in questo periodo , tutto quello che è indispensabile a questo scopo ? Certo , non è sempre facile , lontani e con una informazione frammentaria , dare su tutto un giudizio esatto . Supponiamo che il popolo , in numerose località , è sceso in campo contro l ' invasore , ha combattuto con coraggio ed eroismo , continua con tenacia la lotta . Sappiamo che il maresciallo Badoglio ha fatto appello alla guerra di popolo contro i tedeschi . Sappiamo che unità dell ' esercito ricostituite e in legame con le organizzazioni popolari , sono schierate e si battono sul fronte della resistenza e della riscossa nazionale . Tutto questo è vero , ed è segno della incipiente rinascita del nostro paese ; ma basta tutto questo , oppure esiste una questione fondamentale , che deve essere posta e che deve essere risolta , e la quale costituisce come una premessa alla soluzione sollecita e giusta di tutti gli altri problemi a cui è legato e da cui dipende il fatto che veramente e rapidamente l ' Italia , lottando per uscire dall ' abisso in cui l ' ha gettata il fascismo , rinasca a nuova vita ? Senza dubbio , una simile questione fondamentale esiste : è assurdo negarlo ; è assurdo chiudere gli occhi per non vederlo . Essa si riassume nella necessità di una politica italiana democratica , come linea di condotta obbligatoria per tutti coloro i quali assumono oggi una qualsiasi responsabilità davanti al popolo italiano e , in nome d ' Italia , davanti all ' opinione pubblica internazionale . Tutto il mondo civile è oggi in lotta per abbattere i regimi di tirannide fascista e il loro campione e baluardo principale : la Germania imperialista e hitleriana . Tutti i popoli amanti della libertà sono in piedi e combattono per instaurare , sulle rovine dei barbari regimi di tirannide o d ' occupazione , un mondo nuovo , fondato sui princìpi della democrazia , della libertà di tutti i popoli , della indipendenza di tutte le nazioni . Se l ' Italia vuole risorgere a nuova vita , se l ' Italia vuole aprirsi nuovamente la strada dell ' unità , dell ' indipendenza , della dignità nazionale , essa non può rimanere su una posizione che in qualsiasi modo contrasti con questi princìpi ; essa , cioè , deve seguire la via di una politica democratica coerente , di una politica che liquidi completamente la vergogna fascista , tanto all ' interno quanto nei rapporti internazionali . Ci si è posti per questa via e si è progredito per essa , dal momento che Mussolini e il suo regime sono stati travolti ? Purtroppo , non si può rispondere affermativamente . Vi è stato , prima , un mese e mezzo di esitazioni e di intrighi non chiari . In questo mese e mezzo la classe operaia , più decisa e meglio organizzata di tutti gli altri gruppi sociali , era riuscita a strappare delle conquiste democratiche serie . La politica governativa , però , rimase nella sua essenza reazionaria ostile alla restaurazione di tutte le libertà popolari , esitante di fronte al compito della liquidazione conseguente di tutto il fascismo . Poi sopravvenne la catastrofe dell ' invasione tedesca ; ma ancora oggi , a un mese dall ' armistizio , il popolo italiano e il mondo intiero non sanno se quello che si chiama il governo italiano è veramente un governo democratico , oppure è soltanto un gruppo di uomini i quali cercano di salvare quanto più possono di quello che invece deve essere distrutto . Che cosa pensano questi uomini della criminale politica internazionale di rapina del fascismo , che ha seminato di rovine non solo l ' Italia , ma paesi e popoli che all ' Italia non avevano fatto nulla di male ? Come si fa ad avere fiducia in chi , a questo proposito , tace ed evita ogni atto chiarificatore ? Come si fa ad aver fiducia in chi rinvia e non si sa perché la restituzione del popolo in quei diritti il cui esercizio non può essere che di aiuto a uscire dalla dura situazione attuale ? In chi esita a liquidare senza residui metodi di governo e uomini che sono stati gli autori della rovina del paese che hanno suscitato contro l ' Italia la diffidenza e l ' ostilità del mondo intiero ? Non vogliamo parlare , per ora , del domani , dei problemi della ricostituzione di un ' Italia democratica e civile , che a suo tempo si porranno e dovranno essere risolti . Quello che ci interessa è il presente ; è , lo ripetiamo , la rapidità con cui si fa uscire l ' Italia dalla gravissima situazione in cui si trova oggi . Questa rapidità dipende , prima di tutto , dal fatto che il paese cambi seriamente strada , che esso cessi di essere un paese fascista , o un paese semifascista , o un paese che ha paura di liberarsi dal fascismo sia nell ' interno che nei rapporti internazionali , e diventi un paese il quale riprenda a vivere , senza impacci e senza riserve , secondo le norme di una civiltà democratica . Una politica italiana democratica , chiara e senza equivoci tanto all ' interno che nei rapporti internazionali , è oggi necessaria e indispensabile per la salvezza della nazione .
Il grande airone ha chiuso le ali ( Vergani Orio , 1960 )
StampaQuotidiana ,
Il grande airone ha chiuso le ali . Quante volte Fausto Coppi evocò in noi l ' immagine di un grande airone lanciato in volo con il battere delle lunghe ali e sfiorare valli e monti , spiagge e nevai ? Fortissimo e fragile al tempo stesso , qualche volta la stanchezza o la sfortuna lo abbattevano e lo facevano crollare a terra , sul ciglio di una strada o sull ' erba del prato di un velodromo ; la sua figura sembrava spezzarsi in una strana geometria , come quella di un pantografo , e una volta di più suscitava l ' immagine di un airone ferito . Altre volte , era l ' immagine di una tragica conclusione di caccia . Quante volte , di lui affranto per la stanchezza sull ' erba , a pochi metri da un traguardo , sentimmo dire : « Sembra un cervo moribondo ! » . L ' occhio galleggiava immobile , con la pupilla arrovesciata al limite della palpebra : le guance erano scavate , le labbra anelanti per l ' amara fatica : le lunghe braccia , le lunghe gambe come buttate là , senza più armonia , scompostamente , in una stanchezza mortale . La fragilità fu la compagna sinistra di quest ' uomo che per tanti anni sembrò un ragazzo , il ragazzo più forte di tutti , sostenuto da una energia quasi magica , una forza da racconto delle fate . Il trittico su cui poggiava il misterioso « sistema » delle sue capacità fisiche - cuore , polmoni , muscoli - nascondeva , quasi invisibile , un punto di estrema vulnerabilità . Questa era la vulnerabilità dei ragazzi . Coppi era rimasto tale : sembrava si fosse fermato al gradino dei sedici anni : ossa troppo leggere - dicevano : « uno scheletro di canna ... » - nervi troppo scoperti , un ingenuo palpitare dei sentimenti , un difficile equilibrio fra l ' animo del ragazzotto di campagna ch ' egli era stato e l ' uomo che la vita l ' aveva costretto a diventare . Un abulico che poteva scatenare fulminei scatti di lampeggiante volontà : un uomo rimasto per tutta la vita stranamente melanconico ; favorito dalla natura , perseguitato - bisogna dirlo anche se toccò le soglie della più alta fortuna - perseguitato , ripeto , dalla sorte . Ora che le ali del « campionissimo » si sono chiuse , non si può non ricordare quante volte la sua carriera e la sua vita stessa corsero il rischio di essere spezzate da quello che si chiama abitualmente un « banale incidente » : una caduta come un ragazzo ne fa a centinaia , cavandosela con una sbucciatura ad un gomito o ad un ginocchio . Non mai nella forsennata vertigine della corsa , quando la ruota della bicicletta va saettando a disegnare il filo sospeso fra la vita e la morte sul ciglio di un burrone : ma a metà di una pedalata senza storia , a passo di carovana , a passo di trasferta . Anche oggi , è un piccolo , misterioso , atroce e imponderabile intervento del fato - dicono l ' insidia invincibile di un « virus » tropicale , o la funesta chimica organica di una per ora inesplicabile intossicazione - quello che colloca l ' angosciosa parola della fine al romanzo della sua vita . Ricordate ? Non meno rapido fu il « banale incidente » che , una decina di anni or sono , fece morire , dopo due o tre ore di agonia , suo fratello Serse . I due fratelli in « bianco - celeste » avevano finito di correre sulle strade sferzate dalla pioggia il Giro del Piemonte . La gara si era conclusa sull ' anello di cemento del velodromo torinese . Tra la folla che si assiepava sul viale di periferia e all ' uscita della pista , Fausto aveva cercato un rifugio - troppi applausi , troppi abbracci , troppo clamore - sull ' automobile della casa . Serse , che poteva passare tra la folla inosservato , aveva preferito risalire in bicicletta , per andarsene all ' albergo al piccolo passo . Non pioveva più , l ' asfalto si asciugava . Bastò un piccolo scarto della ruota . Serse cadde , toccò appena con la tempia sul cordone di un marciapiede . Non sentì che un piccolo colpo : le dita non trovarono nemmeno una goccia di sangue . Rimontò in sella , fece senza altri pensieri il percorso sul lungo viale che portava all ' albergo : salì alla sua camera senza attendere l ' ascensore , si spogliò della maglia fangosa , andò subito alla doccia , si coricò sul letto in attesa del massaggio . Quando il masseur girò la maniglia della porta la stanza era al buio : Serse pareva addormentato . Invece , era già in agonia . La stessa cosa , senza nemmeno la spiegazione di una piccola caduta , è avvenuta adesso , nel doloroso Capodanno di Novi Ligure , al ritorno da una tournée sulle strade equatoriali del Centro - Africa , piccole corse da kermesse alternate con le quattro schioppettate di qualche partita di caccia grossa . Fausto è andato a ritrovare Serse . La loro mamma piange due figli : Serse l ' oscuro , Fausto il lampeggiante . E nella stessa corsia d ' ospedale piangono due donne , diversamente e tragicamente uscite dalla sua storia d ' uomo , in quel romanzo d ' amore che fece tanto e così triste clamore e che ebbe anch ' esso - ci sembra di poterlo dire ora - la sigla del destino di un ragazzo inquieto condannato dalla stessa fragilità dei suoi nervi agli errori di coloro la cui adolescenza non sa concludersi . Inutile dire che l ' atleta appartenne alla ristrettissima schiera dei « fenomeni » , come Paavo Nurmi , come Carpentier , come Ladoumègue , come Zatopek . Egli - nella lunga stagione che enumerò i nomi deí Ganna , dei Girardengo , dei Binda , dei Guerra , dei Bartali , tanto per nominare solamente gli italiani - fu veramente « l ' atleta del secolo » . In altre sedi agonistiche - penso alla Spagna , e agli uragani di entusiasmo delle Plazas de Toros - i suoi « gemelli » potevano essere i grandi espada come Juan Belmonte . Sua mamma è forse la sola che lo ricorda ragazzino , ai tempi della sua prima bicicletta , la vecchia bicicletta di suo padre contadino . Quale sarebbe stato il suo avvenire ? Quale il mestiere a cui si sarebbe avviato ? Viver sempre tra le siepi , le stalle , le nebbie della piatta campagna ? Allora , Tortona sembrò la « metropoli » dove il ragazzino Fausto avrebbe potuto trovare il sentiero di una nuova vita . Era un ragazzo gentile , timido , riservato . Sembrò una fortuna ch ' egli trovasse un « posto » come garzoncello di salumeria : portava i pacchetti a domicilio , imparava la manovra dell ' affettatrice automatica , abituava l ' occhio a misurare l ' etto e mezzo o i due etti di formaggio . Sono molte donne di Tortona che lo ricordano quando , ventitré , venticinque anni fa , con il grembiule bianco avvolto alla cintola , Fausto arrivava di gran carriera sulla rugginosa bicicletta di suo padre , e suonava un colpetto timido di campanello ... È la storia umile , quasi crepuscolare , di un ragazzetto di campagna che portava ogni tanto a sua madre il gruzzolo delle piccole mance . La sua prima vittoria , a vent ' anni , sull ' Abetone , quando « scavalcò » sotto alla pioggia di una tappa del Giro d ' Italia il « solitario delle Dolomiti » , e suo caposquadra Gino Barrali ? Una ragazzata , un atto di quasi fanciullesca indisciplina ... L ' airone di Castellania aveva aperto all ' improvviso le ali in confronto al « gallo cedrone » di Ponte a Ema . Lo ricordo mentre andava su - pareva che addirittura corresse fischiettando - su per le svolte delle salite , sulla strada sparsa degli « aghi » degli abeti , sferzata dal taglio gelido della pioggia . La gente ai lati della strada si accucciava sotto gli ombrelli , cercando di leggere il « numero » stampato sul telaio , cercava nel giornale il nome che corrispondeva a quel numero ... Coppi ; un ignoto ... Fausto , nome ancora più ignoto ... Fausto vinse sempre senza mai sorridere , quasi non credendo mai totalmente in se stesso . Sembrava sempre soprapensiero : come stranamente e fissamente in ascolto di una qualche voce interna che gli andasse mormorando dentro una incomprensibile parola . Quella parola segreta non era : «Fortuna...» . La « guigne » , vecchia parola dei tempi lontanissimi delle antiche corse su strada , ha spezzato il filo della sua vita fragilissima , come un piccolo soffio di vento spezza il filo di una tela di ragno coperta di brina , là , sulle siepi invernali del suo paese di campagna . Restano una mamma desolata : e due donne diversamente ma egualmente infelici : una bambina che non lo vedeva da anni , un fanciulletto che , come lui , si chiama Fausto . Desolata mattina del due gennaio ...