StampaQuotidiana ,
Meravigliandosi
che
«
nemmeno
Malagodi
o
Colombo
dicano
queste
cose
»
,
Enrico
Emanuelli
(
tornando
alla
discussione
sulla
lingua
,
nel
«
Corriere
della
Sera
»
del
21
febbraio
)
,
cita
un
mio
brano
sulle
questioni
linguistiche
,
con
l
'
aggiunta
di
alcuni
punti
interrogativi
a
indicare
i
luoghi
del
dubbio
.
Ecco
il
brano
coi
cartelli
segnaletici
del
dubbio
sparsi
dall
'
Emanuelli
:
«
La
nuova
borghesia
delle
città
del
Nord
non
è
più
la
vecchia
classe
dominante
che
ha
imposto
stupidamente
(
?
)
dall
'
alto
l
'
unificazione
politica
,
culturale
(
?
)
e
linguistica
dell
'
Italia
,
ma
è
una
nuova
classe
dominante
(
?
)
il
cui
reale
potere
economico
le
consente
realmente
(
?
)
,
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
(
?
)
di
porsi
come
egemonica
.
E
quindi
irradiatrice
simultaneamente
di
potere
(
?
)
,
di
cultura
(
?
)
e
di
lingua
»
.
Primo
punto
interrogativo
:
sì
,
«
stupidamente
»
,
e
non
soltanto
per
quel
che
si
riferisce
al
periodo
fascista
,
che
è
stato
il
momento
più
clamoroso
di
tale
stupidità
(
e
l
'
Emanuelli
è
certo
d
'
accordo
con
me
)
,
ma
per
tutto
ciò
che
di
fascista
c
'
era
stato
prima
e
per
tutto
ciò
che
di
fascista
c
'
è
rimasto
:
intendo
dire
lo
spirito
piccolo
-
borghese
,
cui
è
in
,
genere
affidato
il
ruolo
di
campo
delle
norme
culturali
.
All
'
unificazione
dell
'
Italia
attraverso
la
piccola
borghesia
piemontese
o
piemontesizzante
(
il
Sud
era
una
terra
di
banditi
,
o
«
Lazaronitum
»
come
lo
chiama
Marx
;
il
novanta
per
cento
circa
degli
italiani
era
analfabeta
,
cioè
non
solo
non
sapeva
scrivere
l
'
italiano
,
ma
non
era
nemmeno
italofona
)
si
è
creduto
che
l
'
unificazione
linguistica
potesse
essere
risolta
attraverso
lo
pseudo
-
umanesimo
piccolo
-
borghese
,
che
possedeva
una
lingua
solo
letteraria
,
l
'
italiano
,
divenuta
improvvisamente
lingua
nazionale
(
benché
sconosciuta
a
circa
i
nove
decimi
degli
italiani
)
.
E
si
è
creduto
di
imporla
con
gli
stessi
metodi
con
cui
si
imponevano
le
tasse
,
cioè
attraverso
la
burocrazia
e
la
polizia
.
Passando
dall
'
autoritarismo
paternalistico
a
quello
fascista
.
Ecco
perché
«
stupidamente
»
.
Certo
!
Non
tutta
la
borghesia
era
stupida
!
Nello
stesso
Manzoni
,
per
esempio
,
coesisteva
insieme
al
grande
poeta
(
che
ha
rischiato
di
rovinare
il
suo
romanzo
)
un
linguista
normativo
inattendibile
.
Ma
grazie
a
Dio
,
Graziadio
Isaia
Ascoli
(
borghese
anche
lui
)
,
come
scrive
Gramsci
,
«
alle
centinaia
di
pagine
del
Manzoni
aveva
contrapposto
una
trentina
di
pagine
per
dimostrare
:
che
neppure
una
lingua
nazionale
può
essere
suscitata
artificialmente
,
per
imposizione
di
Stato
;
che
la
lingua
italiana
si
sta
formando
da
sé
,
e
si
formerà
solo
in
quanto
la
convivenza
nazionale
abbia
suscitato
contatti
numerosi
e
stabili
tra
le
varie
parti
della
nazione
;
che
il
diffondersi
di
una
particolare
lingua
è
dovuto
all
'
attività
produttrice
di
scritti
,
di
traffici
,
di
commercio
degli
uomini
che
quella
particolare
lingua
parlano
...
»
.
Noi
,
piccolo
-
borghesi
,
abbiamo
sempre
accettato
non
criticamente
l
'
idea
di
questa
lingua
letterario
-
umanistica
.
E
abbiamo
sempre
pensato
che
centro
di
diffusione
sarebbe
stata
Roma
,
cioè
il
centro
statale
dello
Stato
:
magari
,
naturalmente
,
una
Roma
riscoperta
dal
neorealismo
.
Mentre
era
chiaro
che
il
reale
centro
diffusore
era
destinato
a
essere
il
Nord
:
perché
la
lingua
della
borghesia
moderna
è
la
lingua
dell
'
industria
,
non
quella
della
burocrazia
.
E
sempre
Gramsci
che
ricorda
nel
1918
come
«
il
prof.
Alfredo
Panzini
abbia
pubblicato
pochi
anni
fa
un
dizionario
della
lingua
parlata
moderna
,
e
da
esso
appare
quanti
'
milanesismi
'
siano
arrivati
persino
in
Sicilia
e
in
Puglia
.
Milano
manda
giornali
,
riviste
,
libri
,
merce
,
commessi
viaggiatori
in
tutta
Italia
,
e
manda
quindi
anche
alcune
peculiari
espressioni
della
lingua
italiana
che
i
suoi
abitanti
parlano
»
.
Questo
fatto
di
lingua
come
«
segno
orale
»
(
e
non
quello
«
letterario
»
del
Cattaneo
o
del
Dossi
)
,
è
un
vero
e
proprio
antefatto
della
nuova
evoluzione
linguistica
.
Ma
solo
oggi
per
la
prima
volta
nella
storia
d
'
Italia
si
ha
un
intero
linguaggio
,
il
linguaggio
della
meccanica
o
della
scienza
applicata
,
che
si
usa
in
tutta
Italia
ugualmente
(
sia
pure
con
pronunce
differenti
)
.
E
quello
che
più
conta
,
è
che
non
si
tratta
più
di
un
linguaggio
«
solo
»
particolaristico
:
ma
si
pone
come
linguaggio
guida
,
ha
in
sé
uno
spirito
unificatore
,
in
quanto
linguaggio
di
un
tipo
nuovo
di
cultura
.
Secondo
punto
interrogativo
:
perché
Emanuelli
ha
messo
questo
segno
di
dubbio
sulla
parola
«
culturale
»
?
Forse
perché
non
crede
nella
«
cultura
»
della
borghesia
italiana
?
Ma
io
uso
la
parola
«
cultura
»
nel
senso
con
cui
la
usa
un
marxista
,
e
com
'
è
usata
correntemente
dall
'
etnologia
o
dall
'
antropologia
.
Non
è
un
giudizio
di
valore
,
ma
un
dato
di
fatto
.
Sono
andato
l
'
altro
ieri
,
domenica
,
a
«
visitare
»
un
campo
profughi
,
ex
campo
di
concentramento
,
vicino
ad
Alatri
:
un
luogo
tremendo
,
dove
,
nelle
tragiche
baracche
oblunghe
,
dai
tetti
a
volta
,
dominate
dalle
torrette
rotonde
,
sotto
montagnole
grigie
e
senza
nome
,
vive
un
gruppo
di
espatriati
tunisini
.
Ebbene
,
ho
avuto
modo
di
accorgermi
come
la
loro
«
francesizzazione
»
non
consistesse
solo
in
una
francofonia
abbastanza
ortodossa
(
mille
volte
più
ortodossa
-
se
si
pensa
che
è
avvenuta
in
emigrati
in
ambiente
arabo
-
di
qualsiasi
italofonia
di
italiano
periferico
)
,
ma
in
una
commovente
francesizzazione
culturale
:
il
modo
con
cui
quegli
italiani
francesizzati
di
Tunisia
si
salutavano
,
si
davano
la
mano
,
pregavano
di
salutare
i
genitori
o
gli
amici
residenti
a
Roma
,
eccetera
,
era
assolutamente
più
vicino
alla
tipicità
del
borghese
medio
francese
,
che
qualsiasi
modo
usato
da
un
meridionale
,
finora
,
per
realizzare
un
modello
italiano
(
le
pagliacciate
poliziesco
-
avvocatesche
ecc.
ecc
.
)
:
insomma
la
borghesia
francese
francesizza
gli
allogeni
e
gli
alloglotti
con
un
reale
prestigio
culturale
,
così
da
prestare
una
reale
e
non
solo
mimetica
umanità
di
modi
e
di
espressioni
.
Terzo
punto
interrogativo
:
ebbene
,
su
questa
espressione
«
classe
dominante
»
io
non
ho
dubbi
,
anche
se
si
tratta
di
una
terminologia
un
po
'
lisa
,
e
un
po
'
superata
dai
modi
del
dominio
.
Lascio
dunque
la
perplessità
a
Emanuelli
e
ai
collaboratori
della
terza
pagina
del
«
Corriere
»
.
Quarto
punto
interrogativo
:
questo
«
realmente
»
sta
al
posto
di
quella
che
Gramsci
avrebbe
chiamato
condizione
di
«
necessità
»
dell
'
egemonia
.
A
tale
condizione
di
necessità
la
borghesia
italiana
del
Nord
si
è
trovata
per
inerzia
,
fuori
,
quasi
,
dalla
sua
coscienza
e
dalla
sua
volontà
.
Per
una
accelerazione
dello
sviluppo
produttivo
,
e
quindi
dilla
potenza
economica
,
che
ha
qualcosa
di
brutalmente
pragmatico
.
Quinto
punto
interrogativo
:
sì
,
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
.
Per
quanto
mi
sforzi
,
non
trovo
un
precedente
.
Soltanto
la
conquista
romana
presenta
dei
caratteri
simili
,
e
infatti
...
L
'
universalismo
della
Chiesa
è
stato
sempre
contraddetto
dai
particolarismi
locali
,
che
elaboravano
proprie
lingue
in
quanto
ponevano
le
basi
di
un
proprio
potere
(
la
borghesia
comunale
ecc.
ecc
.
)
.
Sesto
punto
interrogativo
:
intendo
«
potere
»
sostanzialmente
economico
,
non
codificato
.
Esso
probabilmente
non
vuole
essere
codificato
:
il
suo
pragmatismo
e
il
suo
tecnicismo
escludono
la
metafisicità
dei
codici
.
Esso
tende
a
deferire
a
qualcos
'
altro
una
codificazione
che
lo
lasci
libero
:
questo
qualcos
'
altro
è
lo
Stato
italiano
.
La
lotta
per
il
possesso
esclusivo
di
questo
pretesto
che
è
sempre
lo
Stato
per
il
Capitale
,
è
tra
forze
laburiste
(
il
centro
-
sinistra
)
e
forze
conservatrici
(
il
liberalismo
,
milanese
,
anziché
napoletano
)
.
Ma
questo
non
ha
niente
a
che
vedere
con
le
questioni
linguistiche
(
?
)
.
Settimo
punto
interrogativo
:
ancora
sulla
parola
«
cultura
»
...
Ebbene
,
facciamo
qualche
ulteriore
chiarificazione
:
la
«
cultura
piccolo
-
borghese
(
attraverso
una
spinta
dal
basso
,
cioè
dal
livello
dei
ceti
medi
-
il
diritto
di
voto
ecc
.
)
aveva
contestato
e
messo
fuori
gioco
il
«
classicismo
agrario
»
,
in
un
'
accettazione
,
sempre
tuttavia
sostanzialmente
classicistica
,
del
romanticismo
e
del
decadentismo
.
Una
nuova
spinta
dal
basso
,
dovuta
alla
Resistenza
,
alla
realizzazione
almeno
formale
della
democrazia
-
la
Repubblica
,
il
voto
alle
donne
ecc.
ecc.
-
ha
a
sua
volta
contestato
e
messo
fuori
gioco
il
«
classicismo
piccolo
-
borghese
»
fascista
(
in
tale
contestazione
ha
avuto
un
forte
peso
l
'
opposizione
marxista
:
stava
cioè
prendendo
forma
una
sorta
di
«
classicismo
popolare
»
,
attraverso
l
'
impegno
e
l
'
ideologia
letteraria
gramsciana
.
Ora
,
la
cultura
tecnocratica
-
tecnologica
,
non
contesta
nessun
particcolare
classicismo
:
ma
contesta
e
si
accinge
a
mettere
fiori
gioco
,
tutto
il
passato
classico
e
classicistico
dell
'
uomo
:
ossia
l
'
umanesimo
.
La
sua
novità
è
quella
di
coincidere
potenzialmente
non
con
una
nuora
epoca
della
storia
,
mia
con
una
nuova
era
dell
'
umanità
:
l
'
Era
della
Scienza
Applicata
.
Strumenti
di
tale
cultura
sono
i
grandi
mezzi
di
diffusione
di
notizie
:
i
giornali
,
la
radio
,
la
televisione
.
Strumenti
,
niente
altro
.
Non
entità
autonome
(
cui
deferire
ogni
responsabilità
,
come
fanno
insieme
,
un
giornalista
dell
'
«
Espresso
»
,
un
linguista
marxista
,
e
lo
stesso
Moravia
)
.
Non
sono
caduti
dal
cielo
.
Riferirsi
ad
essi
non
come
a
semplici
strumenti
di
una
cultura
significa
voler
evitare
,
magari
per
ragioni
diverse
,
la
discussione
.
Una
volta
inventati
dei
mezzi
di
diffusione
culturale
nuovi
,
non
si
possono
,
è
vero
,
ignorare
pii
?
.
Ma
l
'
applicazione
della
scienza
nel
produrre
questi
nuovi
mezzi
diffusori
di
cultura
è
il
principio
stesso
del
loro
ulteriore
apporto
culturale
specifico
.
La
meta
immediata
del
nuovo
principio
strutturale
della
lingua
(
l
'
iperlingua
tecnologica
)
e
dei
suoi
mezzi
di
diffusione
pare
essere
la
comunicatività
.
E
infatti
è
assurdo
un
«
messaggio
»
radiofonico
o
televisivo
che
non
sia
capito
nell
'
attimo
stesso
in
cui
è
percepito
.
Come
non
è
concepibile
un
linguaggio
meccanico
particolare
solo
di
Milano
o
di
Torino
.
Ma
non
è
detto
che
ciò
che
è
chiaro
e
universalmente
comprensibile
sia
sempre
razionale
.
Molte
volte
,
il
buon
senso
,
che
è
il
contrario
della
ragione
,
fa
passare
per
chiare
delle
cose
profondamente
oscure
e
irrazionali
.
Così
è
molto
probabile
che
il
nuovo
tipo
di
linguaggio
guida
sia
comunicativo
ma
non
razionale
:
e
l
'
irrazionalità
sia
mascherata
da
una
sorta
di
qualunquismo
tecnico
,
come
prima
era
mascherata
da
un
qualunquismo
umanistico
.
Comunque
mentre
il
secondo
è
un
caso
particolaristico
,
di
portata
specialmente
italiana
,
il
primo
è
un
caso
generale
,
che
riguarda
tutto
l
'
immediato
futuro
degli
uomini
.
Sotto
questo
profilo
millenaristico
-
e
date
le
tendenze
metastoriche
di
ogni
cultura
depressa
-
spero
che
Emanuelli
e
la
sua
cerchia
mi
seguano
meglio
:
e
sentano
come
siano
anguste
le
illazioni
su
miei
eventuali
passi
avanti
o
indietro
.
StampaQuotidiana ,
Dicono
che
il
crocifisso
deve
essere
tolto
dalle
aule
della
scuola
.
Il
nostro
è
uno
stato
laico
che
non
ha
diritto
di
imporre
che
nelle
aule
ci
sia
il
crocifisso
.
La
signora
Maria
Vittoria
Montagnana
,
insegnante
a
Cuneo
,
aveva
tolto
il
crocefisso
dalle
pareti
della
sua
classe
.
Le
autorità
scolastiche
le
hanno
imposto
di
riappenderlo
.
Ora
si
sta
battendo
per
poterlo
togliere
di
nuovo
,
e
perché
lo
tolgano
da
tutte
le
classi
nel
nostro
Paese
.
Per
quanto
riguarda
la
sua
propria
classe
,
ha
pienamente
ragione
.
Però
a
me
dispiace
che
il
crocefisso
scompaia
per
sempre
da
tutte
le
classi
.
Mi
sembra
una
perdita
.
Tutte
o
quasi
tutte
le
persone
che
conosco
dicono
che
va
tolto
.
Altre
dicono
che
è
una
cosa
di
nessuna
importanza
.
I
problemi
sono
tanti
e
drammatici
,
nella
scuola
e
altrove
,
e
questo
è
un
problema
da
nulla
.
È
vero
.
Pure
,
a
me
dispiace
che
il
crocefisso
scompaia
.
Se
fossi
un
insegnante
,
vorrei
che
nella
mia
classe
non
venisse
toccato
.
Ogni
imposizione
delle
autorità
è
orrenda
,
per
quanto
riguarda
il
crocefisso
sulle
pareti
.
Non
può
essere
obbligatorio
appenderlo
.
Però
secondo
me
non
può
nemmeno
essere
obbligatorio
toglierlo
.
Un
insegnante
deve
poterlo
appendere
,
se
lo
vuole
,
e
toglierlo
se
non
vuole
.
Dovrebbe
essere
una
libera
scelta
.
Sarebbe
giusto
anche
consigliarsi
con
i
bambini
.
Se
uno
solo
dei
bambini
lo
volesse
,
dargli
ascolto
e
ubbidire
.
A
un
bambino
che
desidera
un
crocefisso
appeso
al
muro
,
nella
sua
classe
,
bisogna
ubbidire
.
Il
crocifisso
in
classe
non
può
essere
altro
che
l
'
espressione
di
un
desiderio
.
I
desideri
,
quando
sono
innocenti
,
vanno
rispettati
.
L
'
ora
di
religione
è
una
prepotenza
politica
.
È
una
lezione
.
Vi
si
spendono
delle
parole
.
La
scuola
è
di
tutti
,
cattolici
e
non
cattolici
.
Perchè
vi
si
deve
insegnare
la
religione
cattolica
?
Ma
il
crocifisso
non
insegna
nulla
.
Tace
.
L
'
ora
di
religione
genera
una
discriminazione
fra
cattolici
e
non
cattolici
,
fra
quelli
che
restano
nella
classe
in
quell
'
ora
e
quelli
che
si
alzano
e
se
ne
vanno
.
Ma
il
crocifisso
non
genera
nessuna
discriminazione
.
Tace
.
È
l
'
immagine
della
rivoluzione
cristiana
,
che
ha
sparso
per
il
mondo
l
'
idea
dell
'
uguaglianza
fra
gli
uomini
fino
allora
assente
.
La
rivoluzione
cristiana
ha
cambiato
il
mondo
.
Vogliamo
forse
negare
che
ha
cambiato
il
mondo
?
Sono
quasi
duemila
anni
che
diciamo
"
prima
di
Cristo
"
e
"
dopo
Cristo
"
.
O
vogliamo
forse
smettere
di
dire
così
?
Il
crocifisso
non
genera
nessuna
discriminazione
.
È
muto
e
silenzioso
.
C
'
è
stato
sempre
.
Per
i
cattolici
,
è
un
simbolo
religioso
.
Per
altri
,
può
essere
niente
,
una
parte
dei
muro
.
E
infine
per
qualcuno
,
per
una
minoranza
minima
,
o
magari
per
un
solo
bambino
,
può
essere
qualcosa
dì
particolare
,
che
suscita
pensieri
contrastanti
.
I
diritti
delle
minoranze
vanno
rispettati
.
Dicono
che
da
un
crocifisso
appeso
al
muro
,
in
classe
,
possono
sentirsi
offesi
gli
scolari
ebrei
.
Perché
mai
dovrebbero
sentirsene
offesi
gli
ebrei
?
Cristo
non
era
forse
un
ebreo
e
un
perseguitato
,
e
non
è
forse
morto
nel
martirio
,
come
è
accaduto
a
milioni
di
ebrei
nei
lager
?
Il
crocifisso
è
il
segno
del
dolore
umano
.
La
corona
di
spine
,
i
chiodi
,
evocano
le
sue
sofferenze
.
La
croce
che
pensiamo
alta
in
cima
al
monte
,
è
il
segno
della
solitudine
nella
morte
.
Non
conosco
altri
segni
che
diano
con
tanta
forza
il
senso
del
nostro
umano
destino
.
Il
crocifisso
fa
parte
della
storia
del
mondo
.
Per
i
cattolici
,
Gesù
Cristo
è
il
figlio
di
Dio
.
Per
i
non
cattolici
,
può
essere
semplicemente
l
'
immagine
di
uno
che
è
stato
venduto
,
tradito
,
martoriato
ed
è
morto
sulla
croce
per
amore
di
Dio
e
dei
prossimo
.
Chi
è
ateo
,
cancella
l
'
idea
di
Dio
ma
conserva
l
'
idea
dei
prossimo
.
Si
dirà
che
molti
sono
stati
venduti
,
traditi
e
martoriati
per
la
propria
fede
,
per
il
prossimo
,
per
le
generazioni
future
,
e
di
loro
sui
muri
delle
scuole
non
c
'
è
immagine
.
È
vero
,
ma
il
crocifisso
li
rappresenta
tutti
.
Come
mai
li
rappresenta
tutti
?
Perché
prima
di
Cristo
nessuno
aveva
mai
detto
che
gli
uomini
sono
uguali
e
fratelli
tutti
,
ricchi
e
poveri
,
credenti
e
non
credenti
,
ebrei
e
non
ebrei
e
neri
e
bianchi
,
e
nessuno
prima
di
lui
aveva
detto
che
nel
centro
della
nostra
esistenza
dobbiamo
situare
la
solidarietà
fra
gli
uomini
.
E
di
esser
venduti
,
traditi
e
martoriati
e
ammazzati
per
la
propria
fede
,
nella
vita
può
succedere
a
tutti
.
A
me
sembra
un
bene
che
i
ragazzi
,
i
bambini
,
lo
sappiano
fin
dai
banchi
della
scuola
.
Gesù
Cristo
ha
portato
la
croce
.
A
tutti
noi
è
accaduto
o
accade
di
portare
sulle
spalle
il
peso
di
una
grande
sventura
.
A
questa
sventura
diamo
il
nome
di
croce
,
anche
se
non
siamo
cattolici
,
perché
troppo
forte
e
da
troppi
secoli
è
impressa
l
'
idea
della
croce
nel
nostro
pensiero
.
Tutti
,
cattolici
e
laici
portiamo
o
porteremo
il
peso
,
di
una
sventura
,
versando
sangue
e
lacrime
e
cercando
di
non
crollare
.
Questo
dice
il
crocifisso
.
Lo
dice
a
tutti
,
mica
solo
ai
cattolici
.
Alcune
parole
di
Cristo
,
le
pensiamo
sempre
,
e
possiamo
essere
laici
,
atei
o
quello
che
si
vuole
,
ma
fluttuano
sempre
nel
nostro
pensiero
ugualmente
.
Ha
detto
"
ama
il
prossimo
come
te
stesso
"
.
Erano
parole
già
scritte
nell
'
Antico
Testamento
,
ma
sono
divenute
il
fondamento
della
rivoluzione
cristiana
.
Sono
la
chiave
di
tutto
.
Sono
il
contrario
di
tutte
le
guerre
.
Il
contrario
degli
aerei
che
gettano
le
bombe
sulla
gente
indifesa
.
Il
contrario
degli
stupri
e
dell
'
indifferenza
che
tanto
spesso
circonda
le
donne
violentate
nelle
strade
.
Si
parla
tanto
di
pace
,
ma
che
cosa
dire
,
a
proposito
della
pace
,
oltre
a
queste
semplici
parole
?
Sono
l
'
esatto
contrario
del
modo
in
cui
oggi
siamo
e
viviamo
.
Ci
pensiamo
sempre
,
trovando
esattamente
difficile
amare
noi
stessi
e
amare
il
prossimo
più
difficile
ancora
,
o
anzi
forse
completamente
impossibile
,
e
tuttavia
sentendo
che
là
è
la
chiave
di
tutto
.
Il
crocifisso
queste
parole
non
le
evoca
,
perché
siamo
abituati
a
veder
quel
piccolo
segno
appeso
,
e
tante
volte
ci
sembra
non
altro
che
una
parte
dei
muro
.
Ma
se
ci
viene
di
pensare
che
a
dirle
è
stato
Cristo
,
ci
dispiace
troppo
che
debba
sparire
dal
muro
quel
piccolo
segno
.
Cristo
ha
detto
anche
:
"
Beati
coloro
che
hanno
fame
e
sete
di
giustizia
perchè
saranno
saziati
"
.
Quando
e
dove
saranno
saziati
?
In
cielo
,
dicono
i
credenti
.
Gli
altri
invece
non
sanno
né
quando
né
dove
,
ma
queste
parole
fanno
,
chissà
perché
,
sentire
la
fame
e
la
sete
di
giustizia
più
severe
,
più
ardenti
e
più
forti
.
Cristo
ha
scacciato
i
mercanti
dal
Tempio
.
Se
fosse
qui
oggi
non
farebbe
che
scacciare
mercanti
.
Per
i
veri
cattolici
,
deve
essere
arduo
e
doloroso
muoversi
nel
cattolicesimo
quale
è
oggi
,
muoversi
in
questa
poltiglia
schiumosa
che
è
diventato
il
cattolicesimo
,
dove
politica
e
religione
sono
sinistramente
mischiate
.
Deve
essere
arduo
e
doloroso
,
per
loro
,
districare
da
questa
poltiglia
l
'
integrità
e
la
sincerità
della
propria
fede
.
lo
credo
che
i
laici
dovrebbero
pensare
più
spesso
ai
veri
cattolici
.
Semplicemente
per
ricordarsi
che
esistono
,
e
studiarsi
di
riconoscerli
,
nella
schiumosa
poltiglia
che
è
oggi
il
mondo
cattolico
e
che
essi
giustamente
odiano
.
Il
crocifisso
fa
parte
della
storia
del
mondo
.
I
modi
di
guardarlo
e
non
guardarlo
sono
,
come
abbiamo
detto
,
molti
.
Oltre
ai
credenti
e
non
credenti
,
ai
cattolici
falsi
e
veri
,
esistono
anche
quelli
che
credono
qualche
volta
sì
e
qualche
volta
no
.
Essi
sanno
bene
una
cosa
sola
,
che
il
credere
,
e
il
non
credere
vanno
e
vengono
come
le
onde
dei
mare
.
Hanno
le
idee
,
in
genere
,
piuttosto
confuse
e
incerte
.
Soffrono
di
cose
di
cui
nessuno
soffre
.
Amano
magari
il
crocifisso
e
non
sanno
perché
.
Amano
vederlo
sulla
parete
.
Certe
volte
non
credono
a
nulla
.
È
tolleranza
consentire
a
ognuno
di
costruire
intorno
a
un
crocifisso
i
più
incerti
e
contrastanti
pensieri
.
StampaQuotidiana ,
I
gerarchi
fascisti
hanno
condotto
tra
le
nuove
generazioni
italiane
una
campagna
sistematica
di
menzogne
e
di
calunnie
contro
la
democrazia
.
La
democrazia
,
secondo
loro
,
sarebbe
la
causa
di
tutti
i
mali
di
cui
soffrono
le
nazioni
.
Essa
renderebbe
deboli
gli
Stati
e
impotenti
i
governi
.
La
propaganda
fascista
,
in
particolar
modo
,
accusava
la
democrazia
di
avere
provocato
l
'
indebolimento
d
'
Italia
subito
dopo
l
'
altra
guerra
mondiale
.
Gli
ordinamenti
democratici
e
gli
uomini
di
Stato
dei
regimi
liberali
sono
stati
presentati
dai
fascisti
,
persino
nei
libri
di
testo
delle
scuole
,
i
primi
come
modello
di
disordine
,
i
secondi
come
modello
di
corruzione
,
di
debolezza
,
d
'
incapacità
.
Per
vent
'
anni
è
stata
condotta
in
Italia
questa
campagna
antidemocratica
,
senza
che
a
nessuno
fosse
permesso
né
sul
terreno
dottrinale
e
meno
ancora
sul
terreno
politico
,
di
rispondere
ad
essa
,
di
metterne
a
nudo
l
'
inconsistenza
e
la
falsità
.
È
quindi
comprensibile
che
oggi
,
quando
si
parla
di
libertà
e
di
democrazia
a
giovani
italiani
ancora
ieri
fascisti
,
si
incontri
spesso
dello
scetticismo
,
e
quasi
sempre
della
incomprensione
.
Chiarire
le
idee
a
proposito
di
questi
concetti
politici
elementari
fa
dunque
parte
di
quell
'
opera
di
rieducazione
collettiva
della
nazione
,
alla
quale
tutti
gli
italiani
hanno
oggi
il
dovere
di
accingersi
.
Per
respingere
la
menzognera
propaganda
fascista
contro
la
democrazia
,
ci
si
potrebbe
accontentare
di
fare
una
cosa
molto
semplice
.
Basterebbe
domandare
ai
critici
fascisti
della
democrazia
che
cosa
ha
fatto
il
loro
regime
antidemocratico
,
dittatoriale
,
tirannico
.
La
sola
cosa
che
è
stato
capace
di
fare
è
di
portare
l
'
Italia
alla
rovina
e
di
mantenere
per
vent
'
anni
alla
testa
del
paese
una
banda
di
birbe
e
di
malandrini
.
Si
capisce
che
fosse
contro
la
democrazia
,
il
gerarca
fascista
,
che
privando
i
cittadini
di
ogni
forma
di
controllo
politico
e
amministrativo
,
assicura
l
'
impunità
delle
sue
ruberie
.
Ed
è
pure
assolutamente
sicuro
che
se
il
popolo
avesse
potuto
partecipare
alla
vita
politica
e
far
trionfare
la
sua
volontà
,
Mussolini
non
avrebbe
potuto
rimanere
a
lungo
al
potere
,
non
avrebbe
potuto
gettare
l
'
Italia
nell
'
abisso
in
cui
l
'
ha
gettata
,
perché
,
se
non
altro
,
dopo
la
prima
delle
sue
vergognose
sconfitte
sarebbe
stato
mandato
davanti
a
un
'
alta
corte
di
giustizia
e
a
un
plotone
di
esecuzione
.
Si
capisce
,
dunque
,
che
Mussolini
fosse
contro
la
democrazia
e
per
quello
ch
'
egli
chiamava
un
governo
forte
.
Il
governo
«
forte
»
,
per
lui
,
era
quello
che
gli
permetteva
di
infischiarsi
della
volontà
popolare
,
di
calpestare
gli
interessi
della
nazione
,
di
saccheggiare
la
ricchezza
dello
Stato
,
di
farsi
passare
per
un
gran
uomo
di
Stato
e
persino
per
un
grande
capitano
mentre
non
era
che
un
demagogo
incapace
e
ridicolo
,
e
di
vendere
l
'
Italia
allo
straniero
per
evitare
di
render
conto
dei
suoi
delitti
.
In
un
regime
di
democrazia
questo
è
certo
queste
cose
non
gli
sarebbero
state
permesse
.
Dopo
l
'
esperienza
tragica
e
devastatrice
del
fascismo
,
insomma
,
sarà
ben
difficile
che
in
Italia
qualcuno
possa
sul
serio
prendere
davanti
al
popolo
le
difese
delle
forme
di
governo
antidemocratico
,
tirannico
,
che
furono
proprie
del
fascismo
.
Ma
,
d
'
altra
parte
,
sarebbe
un
grave
errore
non
capire
che
un
paese
come
l
'
Italia
,
il
quale
uscirà
dalla
guerra
devastato
nei
suoi
beni
materiali
e
lacerato
nella
sua
compagine
morale
,
avrà
bisogno
di
un
governo
che
veramente
sia
forte
,
cioè
goda
di
una
vera
autorità
,
realizzi
attorno
a
sé
l
'
unità
di
tutte
le
forze
sane
della
nazione
,
e
abbia
l
'
energia
necessaria
per
stroncare
in
germe
ogni
tentativo
di
rinascita
della
reazione
fascista
.
I
vecchi
regimi
e
governi
liberali
e
democratici
peccavano
assai
sotto
questo
aspetto
.
È
vero
,
essi
assicuravano
formalmente
alle
masse
popolari
certe
libertà
(
di
stampa
,
di
riunione
,
di
organizzazione
,
ecc
.
)
che
erano
scritte
nella
Costituzione
.
Ma
essi
non
garantirono
il
popolo
contro
la
violenza
e
soppressione
della
Costituzione
stessa
,
che
venne
realizzata
dal
fascismo
con
la
complicità
delle
caste
dirigenti
italiane
.
In
che
cosa
consisteva
dunque
la
debolezza
,
il
difetto
,
dei
vecchi
regimi
e
governi
democratici
?
Ci
sembra
,
a
voler
riassumere
,
che
consistesse
in
tre
cose
:
1
.
le
libertà
concesse
al
popolo
erano
incomplete
,
limitate
;
erano
quasi
date
di
malincuore
;
nessuno
o
ben
pochi
ammettevano
,
in
sostanza
,
che
le
libertà
democratiche
non
sono
una
specie
di
regalo
che
si
fa
al
popolo
per
tenerlo
tranquillo
,
ma
sono
la
base
stessa
dello
Stato
,
perché
sono
esse
che
consentono
al
popolo
di
tenere
nelle
sue
mani
,
com
'
è
necessario
,
le
sorti
della
nazione
;
2
.
se
le
libertà
popolari
erano
in
tutti
i
modi
limitate
e
ristrette
,
illimitata
era
invece
la
libertà
di
cui
disponevano
le
caste
plutocratiche
del
paese
,
le
quali
si
consideravano
ed
erano
di
fatto
padrone
delle
sorti
d
'
Italia
.
A
queste
caste
plutocratiche
non
solo
era
concesso
di
disporre
nel
loro
interesse
esclusivo
delle
ricchezze
nazionali
,
ma
era
concesso
di
intrigare
contro
la
volontà
popolare
,
per
far
prevalere
sugli
interessi
collettivi
della
nazione
i
loro
interessi
egoistici
;
3
.
infine
,
la
debolezza
più
grave
fu
che
quando
sorse
un
movimento
come
quello
fascista
,
che
si
proponeva
di
sopprimere
la
democrazia
,
questa
non
si
difese
,
non
prese
misure
energiche
per
stroncare
il
fascismo
in
germe
e
difendere
le
libertà
popolari
;
anzi
,
capitolò
davanti
al
fascismo
e
gli
aprì
la
strada
.
E
questo
perché
?
Perché
il
fascismo
era
la
creatura
di
quei
gruppi
plutocratici
che
erano
i
veri
padroni
del
paese
!
Per
queste
ragioni
la
democrazia
,
non
avendo
né
voluto
né
saputo
distruggere
i
suoi
nemici
,
fu
colpita
a
morte
,
e
coloro
stessi
che
la
colpivano
la
prendevano
in
giro
,
dicendo
ch
'
essa
era
un
governo
«
debole
»
.
Sulle
rovine
del
fascismo
dovrà
essere
costruito
in
Italia
un
regime
democratico
.
Su
questo
sembra
che
oggi
tutti
siano
d
'
accordo
.
Ma
l
'
essenziale
è
che
questo
sia
non
solo
un
regime
democratico
,
ma
un
regime
nazionale
veramente
forte
,
capace
di
assicurare
il
lavoro
,
l
'
ordine
e
la
disciplina
di
tutta
la
nazione
,
capace
di
garantire
l
'
Italia
e
il
mondo
da
ogni
rigurgito
e
ritorno
offensivo
della
barbarie
fascista
sul
nostro
paese
.
Tale
potrà
essere
soltanto
un
regime
che
sia
democratico
non
solo
di
nome
,
ma
di
fatto
,
che
non
abbia
paura
di
appoggiarsi
veramente
sul
popolo
,
di
estendere
e
garantire
tutte
le
libertà
popolari
,
di
affidare
alle
masse
popolari
la
direzione
e
il
controllo
effettivo
della
vita
nazionale
.
I
rigori
di
questo
regime
non
dovranno
essere
diretti
contro
i
lavoratori
,
gli
intellettuali
,
gli
operai
,
i
contadini
;
ma
contro
quei
gruppi
di
plutocrazia
avida
e
cinica
,
che
ha
generato
il
fascismo
,
che
ha
voluto
la
guerra
e
la
rovina
della
nazione
,
che
ha
dimostrato
di
essere
una
forza
antinazionale
.
Quali
misure
dovranno
essere
prese
per
rendere
impotenti
questi
gruppi
di
nemici
della
nazione
,
è
una
cosa
che
la
nazione
stessa
,
nella
sua
sovranità
,
dovrà
decidere
.
Una
cosa
però
può
e
deve
essere
detta
sin
d
'
ora
:
una
democrazia
forte
dovrà
essere
una
democrazia
antiplutocratica
e
antifascista
,
la
quale
non
strappi
soltanto
i
denti
alla
reazione
e
al
fascismo
per
aspettare
che
ne
crescan
degli
altri
,
ma
che
spezzi
tanto
al
fascismo
che
ad
ogni
altra
forma
di
reazione
,
il
filo
della
schiena
per
sempre
,
ne
distrugga
le
radici
e
in
questo
modo
assicuri
all
'
Italia
un
futuro
di
libertà
,
di
benessere
e
di
grandezza
.
StampaQuotidiana ,
L
'
intervento
di
Citati
sulla
«
nuova
questione
»
della
lingua
mi
sembra
utile
per
due
ragioni
:
a
)
riporta
il
discorso
alla
realtà
dell
'
osservazione
,
al
di
là
di
tutte
le
esperienze
«
ritardate
»
e
un
po
'
banali
che
ognuno
che
interviene
nel
dibattito
dimostra
di
possedere
;
b
)
impone
una
delucidazione
sulla
parola
«
comunicatività
»
.
È
vero
che
Citati
si
mostra
«
negativo
»
sull
'
impostazione
generale
del
problema
e
quindi
tende
a
rovesciare
la
situazione
,
per
criticarla
:
ma
allora
devo
dire
che
io
avevo
«
battezzato
»
un
infante
,
non
una
persona
adulta
.
Il
«
nuovo
italiano
nazionale
»
vagisce
,
è
virtuale
.
Come
sarà
questo
bambino
da
grande
?
Assomiglierà
ai
genitori
?
Sarà
un
figlio
degenere
?
Sarà
ligio
e
ordinato
?
O
sarà
folle
e
fuori
della
legge
?
Siccome
nessuno
di
noi
ha
doti
di
cartomante
,
è
questo
un
problema
che
fatalmente
si
presenta
come
insolubile
.
Io
non
ho
fatto
nessuna
descrizione
linguistica
dell
'
italiano
nuovo
,
ho
detto
solo
che
è
nato
.
La
sua
nascita
è
dovuta
alla
presenza
di
un
nuovo
tipo
di
borghesia
potenzialmente
egemonica
ecc.
ecc.
(
vedi
«
Il
Giorno
»
del
6
gennaio
scorso
)
:
la
questione
è
in
definitiva
più
politico
-
sociale
che
linguistica
.
Ma
su
questo
terreno
Citati
non
poteva
e
non
voleva
spingersi
:
tuttavia
,
ripeto
,
per
quel
tanto
che
il
problema
è
problema
linguistico
il
suo
intervento
non
poteva
essere
più
utile
.
Cominciamo
dal
punto
a
)
.
In
Italia
non
esistono
osservatorii
linguistici
,
neanche
credo
nelle
riviste
specializzate
,
che
regolarmente
,
sistematicamente
,
si
pongano
come
rilievi
socio
-
linguistici
,
e
-
con
la
puntualità
dei
bollettini
meteorologici
che
dicono
«
Che
tempo
fa
»
-
ci
dicano
«
Che
lingua
fa
»
.
Citati
nel
suo
articolo
-
pessimista
com
'
è
sulle
generalizzazioni
e
ideologizzazioni
dei
temi
-
ci
dà
un
ottimo
referto
«
linguologico
»
(
inventiamo
un
altro
orrendo
termine
!
)
:
«
che
lingua
fa
»
in
un
treno
delle
linee
Roma
-
Milano
o
Napoli
-
Torino
?
Con
orecchi
di
linguista
amaro
e
sconfortato
,
Citati
ha
raccolto
del
materiale
molto
significativo
:
il
discorso
deragliante
di
un
compagno
di
viaggio
(
dalla
sintassi
smoccolata
,
dai
nessi
smangiati
,
dai
cursus
incastrati
e
inestricabili
,
senza
soluzione
di
continuità
,
dai
«
sì
»
sostituiti
da
un
atroce
«
esatto
»
,
detto
con
tutti
i
denti
fuori
)
:
e
lo
propone
come
esempio
ideale
del
reale
italiano
che
si
parla
oggi
.
È
vero
,
Citati
ha
ragione
.
Mentre
il
«
nuovo
italiano
nazionale
»
vagisce
nelle
aziende
del
Nord
,
l
'
italiano
medio
,
la
koinè
dialettizzata
,
e
la
valanga
dei
dialetti
e
dei
gerghi
,
da
quello
letterario
a
quello
della
malavita
,
continuano
,
per
inerzia
,
il
loro
sviluppo
.
E
la
storia
della
crescita
dell
'
italiano
nazionale
che
io
ho
indicato
,
è
la
storia
del
rapporto
tra
la
nuova
stratificazione
tecnologica
-
quale
principio
unificante
e
modificante
dell
'
italiano
-
con
tutte
queste
stratificazioni
precedenti
e
tutti
questi
tipi
di
linguaggi
ancora
vivi
.
Il
proletario
del
Nord
Il
«
monstrum
»
linguistico
che
le
orecchie
di
Citati
hanno
captato
con
la
precisione
di
un
apparato
scientifico
,
è
un
momento
di
questa
fase
evolutiva
,
è
l
'
italiano
che
si
parla
realmente
oggi
in
Italia
,
è
un
«
vagito
»
:
il
fondo
è
quello
medio
dell
'
italiano
letterario
adottato
dalla
borghesia
come
una
specie
di
lingua
franca
,
l
'
archetipo
soprattutto
sintattico
è
il
latino
,
il
centro
socio
-
politico
diffusore
«
primario
»
è
la
burocrazia
,
il
centro
irradiatore
effettivo
le
«
infrastrutture
di
base
»
,
il
fondo
antropologico
è
quello
umanistico
ecc.
ecc
.
:
però
c
'
è
qualcosa
di
nuovo
,
rispetto
a
un
simile
discorso
udito
nelle
III
classi
dei
diretti
degli
anni
quaranta
,
e
anche
cinquanta
:
è
nato
un
nuovo
«
modello
sociale
»
per
l
'
umile
parlante
del
Sud
-
o
comunque
per
l
'
appartenente
alle
stratificazioni
ritardatarie
dell
'
umile
Italia
-
:
questo
modello
è
il
proletario
del
Nord
borghesizzato
attraverso
il
possesso
di
nuovi
tipi
di
beni
di
consumo
e
di
un
nuovo
livello
linguistico
che
esprime
tale
possesso
.
Nell
'
archetipo
latino
si
è
insinuato
lo
spirito
dell
'
«
esattezza
»
,
della
«
comunicazione
funzionale
»
,
che
essendo
esattamente
il
contrario
del
latino
-
possedendo
cioè
una
sintassi
di
sequenze
progressive
,
ed
essendo
profondamente
nominale
rende
pazzesca
la
sintassi
latina
,
carica
di
forme
concorrenti
,
di
possibilità
allocutorie
e
di
subordinazioni
.
Così
anche
per
l
'
italiano
di
Moro
,
che
io
ho
scelto
come
esempio
dell
'
azione
omologante
e
unificante
esercitata
dalla
tecnologia
sul
linguaggio
politico
:
e
che
Alberto
Moravia
ha
criticato
.
A
livello
infinitamente
più
alto
,
anche
il
«
linguaggio
politico
»
di
Moro
si
presenta
come
uno
dei
primi
«
vagiti
»
dell
'
italiano
nascente
:
certo
-
Moravia
ha
ragione
-
nell
'
italiano
di
Moro
permane
la
sua
formazione
umanistica
,
l
'
ideale
latino
ecc.
ecc
.
:
ma
,
con
maggiore
evidenza
e
maggiore
coscienza
,
anche
qui
,
anche
in
questa
formazione
e
in
questo
ideale
,
si
insinua
il
nuovo
tipo
di
lingua
,
che
essendo
la
lingua
della
produzione
e
del
consumo
-
e
non
la
lingua
dell
'
uomo
-
si
presenta
come
implacabilmente
deterministica
:
essa
vuole
soltanto
comunicare
funzionalmente
,
non
vuole
né
perorare
,
né
esaltare
,
né
convincere
:
a
tutto
questo
ci
pensano
gli
slogan
della
pubblicità
.
Ecco
insomma
che
dobbiamo
passare
al
punto
b
)
:
alla
delucidazione
della
parola
«
comunicatività
»
.
Io
dicevo
nel
saggio
che
ha
provocato
questo
dibattito
che
la
nuova
stratificazione
tecnica
modifica
e
omologa
tutti
i
tipi
di
linguaggi
della
koinè
italiana
,
nel
senso
della
comunicazione
,
a
discapito
dell
'
espressività
.
Tale
espressività
derivava
dal
fatto
che
l
'
italiano
era
fondamentalmente
letterario
,
cioè
fuori
della
storia
,
e
quindi
tendeva
a
conservare
in
una
specie
di
empireo
espressivo
tutte
le
sue
stratificazioni
storiche
,
che
non
avevano
il
potere
socio
-
politico
di
superarsi
e
annullarsi
.
Spirito
rivoluzionario
Ora
per
la
prima
volta
,
almeno
virtualmente
e
ipoteticamente
(
c
'
è
da
fare
i
conti
almeno
con
il
marxismo
e
la
classe
operaia
)
,
tale
potere
socio
-
politico
esiste
,
e
per
la
prima
volta
,
dunque
,
almeno
teoricamente
,
la
nuova
stratificazione
linguistica
è
in
grado
di
superare
le
altre
,
e
di
livellare
l
'
italiano
.
Dicevo
ancora
nella
replica
citata
sul
«
Giorno
»
che
mentre
nelle
altre
nazioni
linguisticamente
unite
lo
spirito
tecnologico
si
presenta
come
evolutivo
,
in
Italia
si
presenta
come
rivoluzionario
,
in
quanto
coincide
con
la
formazione
in
potenza
di
una
classe
egemonica
.
Il
primo
fenomeno
che
io
potevo
supporre
era
dunque
una
forte
tendenza
dell
'
italiano
alla
comunicazione
,
per
analogia
con
le
lingue
che
prima
dell
'
italiano
avevano
avuto
una
esperienza
unitaria
,
nazionale
dovuta
alla
presenza
di
una
classe
egemonica
identificantesi
con
l
'
intera
nazione
(
le
monarchie
,
le
grandi
borghesie
)
.
Tuttavia
quella
che
per
altre
nazioni
è
stata
un
'
esperienza
di
secoli
per
l
'
Italia
sarà
probabilmente
un
'
esperienza
da
bruciarsi
in
pochi
anni
o
decenni
:
nell
'
atto
stesso
in
cui
l
'
italiano
comincia
a
diventare
«
comunicativo
»
nel
senso
delle
descrizioni
linguistiche
classiche
(
Francia
,
Inghilterra
eccetera
)
,
esso
quasi
subito
,
seguendo
il
destino
di
tutto
il
mondo
capitalistico
,
passa
al
nuovo
tipo
di
«
comunicatività
»
,
quella
appunto
delle
tecnocrazie
tecnologiche
.
Ora
,
la
comunicatività
linguistica
dell
'
industrializzazione
ancora
umanistica
era
comunicazione
in
senso
,
diciamo
,
filosofico
:
e
la
stessa
espressività
non
era
che
una
«
comunicazione
»
espressiva
,
una
mozione
di
sentimenti
,
dopo
tutto
.
La
«
comunicatività
»
del
mondo
della
scienza
applicata
,
dell
'
eternità
industriale
,
si
presenta
come
strettamente
pratica
.
E
quindi
mostruosa
,
quando
nessuna
parola
avrà
senso
se
non
funzionale
entro
l
'
ambito
della
necessità
:
sarà
inconcepibile
l
'
espressione
autonoma
di
un
sentimento
«
gratuito
»
.
Il
determinismo
linguistico
sarà
dunque
la
caratteristica
della
comunicatività
tecnologica
.
Una
comunicatività
simile
a
noi
sembra
mostruosa
,
e
,
a
suo
modo
-
ha
ragione
Citati
-
,
espressiva
!
Ma
il
nostro
punto
di
vista
,
dentro
gli
ultimi
baluardi
del
mondo
classico
,
è
comodo
:
e
l
'
orrore
della
comunicatività
tecnologica
si
presenta
come
espressivo
solo
se
messo
in
contatto
con
la
nostra
idea
della
comunicazione
e
dell
'
espressività
.
Come
tale
ci
appare
munito
di
tutto
l
'
armamentario
folle
,
sovvertitore
,
sacrilego
del
gergo
.
E
in
realtà
la
comunicazione
tecnologica
è
gergale
:
nulla
nasce
in
funzione
così
strettamente
pratica
come
il
gergo
(
il
divertimento
e
la
vivacità
sono
elementi
fiancheggiatori
:
pregergali
,
dialettali
)
.
Ma
il
gergo
rivela
i
suoi
caratteri
divertenti
solo
se
usato
in
funzione
espressiva
:
cioè
messo
a
contatto
con
una
lingua
colta
,
non
gergale
,
o
altrimenti
espressiva
.
Insomma
la
comunicatività
da
noi
pensabile
,
caratteristica
del
mondo
futuro
,
tutto
industrializzato
e
tecnicizzato
,
nella
«
eternità
industriale
»
,
si
presenta
come
un
linguaggio
di
alienati
:
e
come
tale
ci
può
fare
anche
angosciosamente
ridere
,
come
ci
fa
ridere
il
«
franglais
»
di
cui
parla
Citati
.
Ma
c
'
è
poco
da
ridere
.
StampaQuotidiana ,
Metti
che
due
filosofi
politici
,
suppergiù
coetanei
,
decidano
di
sedersi
a
un
tavolo
con
un
registratore
.
Per
raccontare
la
loro
parabola
generazionale
,
cosi
come
s
'
è
dipanata
negli
ultimi
decenni
.
E
per
tentare
di
aggiornare
la
rotta
,
riassestando
le
idee
sul
corso
del
mondo
.
Potrebbero
venirne
fuori
sproloqui
.
O
confessioni
reducistiche
,
specie
se
i
due
si
sono
formati
in
pieno
sessantotto
.
In
passato
è
già
accaduto
,
e
con
interlocutori
illustri
.
E
il
tentativo
non
ha
lasciato
tracce
,
se
non
fiumi
di
inchiostro
malinconici
.
Invece
,
nel
caso
di
Angelo
Bolaffi
e
Giacomo
Marramao
,
il
tandem
ha
funzionato
.
E
il
verbale
merita
di
essere
conservato
:
Frammento
e
sistema
(
Donzelli
,
pagine
173
,
lire
18.000
)
.
Conservati
dai
più
giovani
e
anche
da
quelli
-
che
immersi
nella
medesima
temperie
-
volessero
capire
quel
che
hanno
pensato
,
lungo
gli
anni
,
due
ex
giovani
neo
-
marxisti
di
fine
anni
sessanta
.
I
quali
,
pur
senza
essere
«
pentiti
»
,
han
mutato
a
fondo
il
loro
modo
di
pensare
.
Bolaffi
e
Marramao
sono
due
filosofi
politici
,
entrambi
legati
in
origine
all
'
«
impero
filosofico
del
Reich
»
,
alla
Germania
.
Studioso
di
Weimar
e
di
Weber
,
il
primo
.
Direttore
della
Fondazione
Basso
il
secondo
:
ermeneuta
del
«
tempo
»
e
del
nesso
«
potere
-
secolarizzazione
»
,
studioso
di
Mondolfo
.
Allievo
di
Colletti
,
il
primo
.
Di
Eugenio
Garin
il
secondo
.
Due
marxisti
inizialmente
,
autori
vent
'
anni
fa
su
Rinascita
di
un
articolo
intitolato
«
Chi
,
ha
paura
di
Bad
Godesberg
?
»
,
che
suscitò
reprimende
.
Oggi
approdati
a
un
pensiero
di
sinistra
democratica
,
che
fa
perno
sui
diritti
in
era
di
globalizzazione
.
E
sull
'
universalismo
in
era
di
differenze
ed
«
etiche
in
conflitto
.
Frammento
e
sistema
sono
i
due
corni
del
dilemma
ricorrente
nel
libro
.
Quello
profilatosi
con
la
crisi
del
marxismo
già
negli
anni
settanta
.
E
che
vedeva
il
nichilismo
decostruttivo
opporsi
alla
grande
sintesi
ideologica
incrinata
.
Sino
al
dilemma
attuale
,
che
vede
sul
pianeta
lo
scontro
/
incontro
tra
dimensione
globale
e
dimensione
locale
(
il
«
glocale
»
)
.
Con
l
'
avvertenza
però
che
non
di
topografia
si
tratta
.
Bensì
di
«
sinergia
-
allergia
»
.
Compenetrazione
tra
simultaneità
dell
'
economia
mondiale
,
e
«
reazione
allergica
»
di
identità
culturali
attivate
e
schiacciate
dal
global
-
market
.
Prima
di
entrare
in
questa
sindrome
d
'
epoca
,
sprigionata
dal
1989
,
soffermiamoci
sul
cammino
anteriore
dei
due
studiosi
.
E
'
la
crisi
del
marxismo
e
del
comunismo
lo
snodo
.
E
poi
,
in
entrambi
,
la
scoperta
di
alcune
questioni
capitali
.
La
crisi
di
rappresentanza
democratica
.
I
divieti
dei
corporativismi
incrociati
.
La
paralisi
della
decisione
.
Lo
svelarsi
nichilistico
della
politica
«
infondata
»
,
dissolte
ormai
le
filosofie
della
storia
.
E
perciò
,
Schmitt
e
Kelsen
.
Nietzsche
e
Heidegger
.
E
la
tragedia
di
Weimar
,
laboratorio
di
una
democrazia
avanzata
che
collassa
,
plebiscitariamente
,
per
eccesso
di
domande
nel
1933
.
Ma
il
tutto
ben
dentro
lo
scontro
Oriente
-
Occidente
,
nel
cuore
d
'
Europa
.
Notazione
interessante
a
due
:
il
totalitarismo
è
frutto
dell
'
esplosione
moderna
del
pluralismo
.
In
una
realtà
«
massificata
dalla
tecnica
»
(
Marramao
)
.
E
senza
più
il
freno
del
«
diritto
naturale
»
e
dello
«
Ius
pubblicum
europaeum
»
(
Bolaffi
)
.
Cruna
d
'
ago
per
scorgere
il
futuro
cioè
l
'
oggi
-
è
così
il
balzo
nel
passato
della
democrazia
,
«
prima
»
della
catastrofe
continentale
del
'900
.
Gli
addentellati
a
ritroso
?
Ben
prima
del
fascismo
e
del
comunismo
,
stanno
in
due
modelli
:
lo
stato
nazione
«
tellurico
-
continentale
»
,
e
lo
«
stato
«
oceanico
»
di
tipo
anglo
-
americano
.
Sovranità
territoriale
e
arcipelago
sovrano
,
secondo
la
vecchia
profezia
di
Karl
Schmitt
.
E
arriviamo
all
'
altro
fulcro
della
discussione
.
Si
è
eclissato
il
Leviatano
,
sia
nella
forma
territoriale
che
in
quella
«
transmarina
»
?
Marramao
propende
per
il
sì
,
come
pure
Bolaffi
.
E
qui
forse
esagerano
,
benché
poi
il
primo
scorga
nuovi
«
Microleviatani
»
sulla
mappa
del
dopo
'89
.
Infatti
,
non
solo
ci
sono
le
nuove
entità
nazionaliste
,
attivate
dal
crollo
comunista
.
Ci
sono
anche
gli
Usa
,
rimasti
unici
arbitri
.
E
quanto
all
'
Europa
,
ci
son
gli
stati
-
guida
al
suo
interno
,
per
nulla
intenzionati
a
rinunciare
al
loro
«
direttorio
»
.
Poi
c
'
è
la
Russia
,
neo
-
stato
nazionale
,
in
lizza
geopolitica
.
E
la
Cina
.
E
i
fondamentalismi
a
base
etnico
-
nazionale
.
Vince
un
nuovo
bellum
omnium
contro
omnes
,
per
giunta
planetario
?
Bolaffi
ne
è
preoccupato
.
Al
punto
da
rivalutare
l
'
istanza
del
«
diritto
naturale
»
-
contro
il
decisionista
Schmitt
e
contro
il
relativista
Kelsen
-
come
garanzia
cosmopolita
armata
di
forza
.
Marramao
al
contrario
diffida
di
ogni
«
etica
normativa
»
,
da
imporre
con
i
ragionamenti
duri
del
«
contratto
sociale
»
,
e
della
filosofia
analitica
anglosassone
(
John
Rawls
)
.
E
quindi
con
l
'
imperium
degli
stati
più
forti
,
bardati
di
tornado
e
«
diritto
positivo
»
.
E
allora
?
Qui
la
filosofia
sconta
il
suo
limite
sugli
scogli
del
mondo
.
Come
convincere
un
Talebano
ha
gli
stessi
diritti
dell
'
uomo
?
Che
l
'
«
Altro
»
ha
gli
stessi
diritti
dell
'
islamico
?
E
viceversa
,
come
convincere
un
«
leghista
»
,
a
dismettere
la
sua
intolleranza
?
Insomma
,
siamo
tutti
«
stranieri
morali
»
nel
mondo
che
ci
divide
,
e
che
però
ci
avvicina
in
tempo
reale
e
simultaneo
.
Può
bastare
,
come
suggerisce
Marramao
,
lo
scambio
di
reciproche
narrazioni
tra
«
diversi
»
?
O
una
«
fusione
di
orizzonti
»
,
basata
sulla
medesima
«
capacità
simbolizzante
»
che
tutti
ci
accomuna
sotto
ogni
latitudine
?
Forse
no
,
senza
arene
internazionali
del
diritto
,
legittimate
da
forza
e
da
consenso
.
Altra
questione
,
molto
dibattuta
nel
dialogo
:
il
nesso
«
interessi
-
valori
-
identità
»
.
Ebbene
,
è
giusta
la
proposta
di
una
«
politica
universalista
delle
differenze
»
avanzata
da
Marramao
,
inclusiva
di
una
«
Magna
carta
dei
diritti
biologici
»
.
Ma
perché
il
tutto
non
si
risolva
in
un
«
elegante
escamotage
»
o
in
«
deregulation
morale
»
-
come
teme
Bolaffi
-
non
basta
denunciare
le
opposte
prigioni
del
«
comunitarismo
»
e
dell
'
«
individualismo
»
.
Occorre
invece
isolare
un
serie
di
valori
davvero
portanti
e
irrinunciabili
.
A
far
da
filtro
,
al
di
sopra
delle
«
differenze
»
individuali
e
di
gruppo
.
E
perciò
,
libertà
politiche
e
civili
.
Diritto
all
'
«
autorealizzazione
»
,
inclusa
l
'
attuazione
della
propria
specificità
culturale
.
Diritto
alla
fecondazione
assistita
,
nel
rispetto
dei
nascituri
.
Limiti
alle
manipolazioni
genetiche
del
vivente
.
E
diritti
economici
:
lavoro
,
bisogni
di
base
,
welfare
.
In
tal
senso
è
ben
vero
che
l
'
«
interesse
economico
»
,
senza
«
forme
simboliche
»
,
non
si
esprime
(
Marramao
)
.
E
'
cieco
ed
afono
.
Ma
non
per
questo
il
«
conflitto
distributivo
»
finisce
.
Al
contrario
,
proprio
l
'
esplodere
delle
«
differenze
»
segnala
l
'
irruzione
dell
'
«
economia
-
mondo
-
ineguale
»
,
che
acuisce
il
conflitto
di
culture
.
E
impone
quindi
politiche
economiche
post
-
liberiste
,
per
sedare
lo
«
Scontro
di
civiltà
»
che
insidia
dal
di
dentro
e
dal
di
fuori
l
'
Occidente
(
e
Huntington
non
ignora
le
«
faglie
interne
»
all
'
Occidente
!
)
.
Il
capitolo
finale
del
libro
porta
impressa
l
'
eco
delle
Twin
-
Towers
.
E
vi
rimbalzano
tutti
i
temi
precedenti
.
Per
Bolaffi
e
Marramao
è
ormai
fine
del
«
Secolo
americano
»
e
unipolare
.
Una
fase
che
impone
di
rilanciare
il
dialogo
inter
-
culturale
.
Assieme
a
una
nuova
geopolitica
a
più
attori
.
A
partire
-
con
Walter
Benjamin
-
dall
'
«
infelicità
degli
ultimi
»
,
non
dal
Bene
come
«
Virtù
occidentale
»
.
Nondimeno
,
per
capire
la
tragedia
,
non
basta
dire
che
il
primum
movens
del
fondamentalismo
è
la
«
nevrosi
identitaria
»
di
un
certo
Islam
subalterno
(
Marramao
)
.
La
domanda
è
:
da
chi
,
e
perché
,
quell
'
Islam
radicale
,
povero
e
ricco
,
è
stato
eccitato
?
Per
quale
disegno
geopolitico
ed
economico
?
Per
uscire
dal
nuovo
luttuoso
disordine
mondiale
-
oltre
la
guerra
al
terrorismo
-
dobbiamo
continuare
a
chiedercelo
.
Malgrado
gli
inviti
patriottici
al
silenzio
del
professor
Panebianco
.
StampaQuotidiana ,
Da
diversi
campi
ci
scrivono
chiedendoci
di
precisare
i
motivi
della
posizione
vivacemente
critica
che
abbiamo
assunto
e
mantenuto
,
dopo
la
caduta
di
Mussolini
,
verso
il
maresciallo
Badoglio
,
il
suo
governo
e
la
sua
politica
.
Aderiamo
tanto
più
volentieri
a
questa
richiesta
in
quanto
il
problema
della
politica
del
governo
di
Badoglio
non
è
di
piccola
importanza
,
anzi
,
tocca
alcune
questioni
essenziali
della
vita
politica
italiana
.
È
inutile
nascondersi
la
gravità
della
odierna
situazione
italiana
.
Il
popolo
italiano
si
trova
oggi
di
fronte
a
una
vera
e
propria
catastrofe
nazionale
.
Questo
comprenderanno
agevolmente
quei
prigionieri
di
guerra
,
ufficiali
e
soldati
,
che
nel
corso
del
loro
viaggio
verso
l
'
Unione
Sovietica
hanno
potuto
osservare
,
in
Polonia
e
altrove
,
che
cosa
vuol
dire
per
un
paese
e
per
i
suoi
abitanti
l
'
occupazione
tedesca
.
Quando
i
tedeschi
saranno
cacciati
d
'
Italia
,
là
dove
essi
sono
passati
non
rimarranno
che
rovine
e
lutti
.
Il
suolo
sarà
intriso
di
sangue
;
dappertutto
vi
saranno
le
tracce
del
delitto
;
dappertutto
i
risultati
di
un
'
opera
sistematica
e
perversa
di
devastazione
.
Da
queste
rovine
e
da
questi
lutti
si
leverà
il
più
terribile
degli
atti
di
accusa
contro
le
classi
dirigenti
,
contro
le
istituzioni
e
contro
gli
uomini
responsabili
di
questa
catastrofe
.
Il
popolo
italiano
,
laborioso
,
fecondo
e
forte
,
si
accingerà
ancora
una
volta
a
ricostruire
la
sua
casa
distrutta
,
come
tante
volte
esso
ha
già
fatto
nei
secoli
.
Ma
non
dimenticherà
.
Non
potrà
dimenticare
.
Guai
,
anzi
,
se
dovesse
dimenticare
!
Guai
,
se
dalla
lezione
tremenda
del
fascismo
non
saremo
capaci
di
ricavare
tutti
gli
insegnamenti
che
ne
derivano
:
guai
se
non
avremo
la
forza
di
mandare
sul
banco
degli
accusati
tutti
i
responsabili
,
tutti
i
complici
.
È
l
'
amore
stesso
per
la
nostra
patria
che
ci
obbligherà
a
farlo
:
è
la
necessità
di
sradicare
senza
pietà
un
male
ch
'
è
stato
troppo
grave
e
profondo
perché
possa
guarire
senza
che
si
metta
il
ferro
nella
piaga
.
Ebbene
,
nei
confronti
con
il
fascismo
e
con
la
situazione
tragica
in
cui
si
trovava
l
'
Italia
già
al
tempo
della
caduta
di
Mussolini
,
quale
fu
la
politica
di
Badoglio
?
Fu
un
tentativo
di
compromesso
,
durante
il
quale
l
'
azione
governativa
,
dominata
da
preoccupazioni
reazionarie
,
dalla
paura
stolta
delle
masse
e
della
loro
azione
liberatrice
,
venne
condotta
in
modo
che
contribuì
ad
aggravare
,
e
non
ad
alleviare
,
le
condizioni
della
catastrofe
odierna
.
Oggi
incominciamo
a
ricevere
i
giornali
di
quel
periodo
.
Veniamo
a
conoscere
i
particolari
dei
fatti
.
Siamo
quindi
in
grado
di
giudicare
meglio
di
prima
.
Ebbene
,
ogni
fatto
che
veniamo
a
conoscere
ci
conferma
nelle
nostre
posizioni
.
Il
giorno
preciso
in
cui
Badoglio
decise
di
iniziare
le
trattative
con
gli
alleati
,
non
ha
importanza
decisiva
.
Decisivo
è
il
fatto
che
,
caduto
Mussolini
,
la
minaccia
dell
'
invasione
tedesca
era
evidente
e
imminente
.
Che
cosa
poteva
opporre
l
'
Italia
a
questo
minaccia
?
Due
forze
sole
:
l
'
esercito
e
il
popolo
.
L
'
uno
e
l
'
altro
dovevano
essere
messi
in
grado
di
far
fronte
alla
grande
,
alla
terribile
prova
.
Il
primo
doveva
essere
epurato
di
tutti
i
vecchi
arnesi
del
fascismo
e
della
reazione
,
pronti
a
diventare
gli
agenti
dello
straniero
.
Il
secondo
doveva
essere
messo
in
grado
di
spiegare
tutte
le
sue
energie
e
tutta
la
sua
iniziativa
.
Per
questo
era
urgente
e
vitale
permettergli
di
riorganizzare
rapidamente
le
sue
forze
in
regime
di
libertà
.
Non
venne
fatta
né
la
prima
cosa
,
né
la
seconda
.
Chi
ne
fa
le
spese
,
oggi
,
è
il
popolo
:
è
il
nostro
paese
.
È
con
senso
di
profonda
amarezza
che
oggi
,
leggendo
i
giornali
ispirati
dal
governo
di
Badoglio
,
si
vede
com
'
essi
dirigessero
i
loro
colpi
,
sin
dai
primi
istanti
,
non
contro
i
traditori
della
nazione
,
ma
contro
coloro
che
chiedevano
si
procedesse
contro
di
loro
con
la
più
grande
energia
.
È
con
senso
di
amarezza
profonda
che
si
ricorda
come
la
preoccupazione
essenziale
di
Badoglio
fosse
di
negare
sino
all
'
ultimo
la
libertà
politica
ai
cittadini
,
la
libertà
di
parlare
di
unirsi
,
di
prepararsi
alla
lotta
,
di
armarsi
,
per
essere
pronti
al
combattimento
imminente
contro
i
nemici
del
paese
.
A
Milano
,
nel
momento
dell
'
aggressione
tedesca
,
il
generale
comandante
la
guarnigione
rifiutò
di
armare
il
popolo
delle
«
cinque
giornate
»
,
e
i
pochi
distaccamenti
di
cittadini
armati
che
esistevano
li
allontanò
dalla
città
,
e
quindi
fece
entrare
i
tedeschi
.
Questo
generale
,
traditore
della
patria
,
era
stato
messo
a
quel
posto
solo
perché
aveva
fama
di
reazionario
,
perché
si
sapeva
che
non
avrebbe
ceduto
alle
pressioni
di
massa
antifascista
e
patriottica
,
anzi
,
sarebbe
stato
capace
di
far
sparare
su
di
essa
,
come
,
del
resto
,
gli
era
stato
ordinato
.
Oggi
Milano
è
stata
messa
a
sacco
dai
tedeschi
,
i
cittadini
si
difendono
come
possono
senz
'
armi
,
e
il
traditore
si
è
rifugiato
in
Germania
,
a
Innsbruck
.
Da
che
cosa
fu
dettata
,
questa
politica
esiziale
di
Badoglio
e
del
suo
governo
?
Essa
fu
dettata
dall
'
anima
reazionaria
delle
classi
dirigenti
italiane
,
dalla
loro
paura
organica
del
popolo
e
della
libertà
.
Perisca
l
'
Italia
e
abbiano
via
libera
i
tedeschi
,
ma
fino
all
'
ultimo
sia
esclusa
la
nazione
dall
'
esercizio
dei
suoi
diritti
,
anche
quando
essa
chiede
di
esercitarli
esclusivamente
per
fronteggiare
il
nemico
,
e
schiacciare
i
traditori
.
Così
ragiona
il
reazionario
italiano
e
tale
è
stata
,
in
sostanza
,
la
politica
di
Badoglio
dalla
caduta
di
Mussolini
alla
firma
dell
'
armistizio
.
Nella
grande
tragedia
vissuta
dal
popolo
italiano
negli
ultimi
vent
'
anni
,
questa
politica
appare
come
l
'
ultimo
episodio
,
per
ora
,
di
una
catena
,
ahimè
,
troppo
lunga
di
inganni
,
di
soprusi
,
di
violenze
,
di
arbitri
,
il
cui
risultato
ultimo
è
stato
e
non
poteva
essere
altro
che
l
'
odierna
catastrofe
.
Se
l
'
Italia
vuole
salvarsi
,
se
l
'
Italia
vuole
rinascere
,
se
l
'
Italia
vuole
evitare
nuove
tragedie
e
nuove
catastrofi
,
essa
deve
liquidare
senza
residui
non
solo
il
fascismo
,
ma
tutte
le
manifestazioni
di
quello
spirito
reazionario
,
che
preferisce
la
rovina
della
nazione
allo
scatenamento
salutare
delle
energie
popolari
in
regime
di
libertà
e
per
la
difesa
della
patria
.
Per
questo
è
necessario
,
che
anche
dall
'
esperienza
del
regime
di
Badoglio
si
traggano
tutti
gli
insegnamenti
necessari
.
O
ci
liberiamo
per
sempre
,
attraverso
la
durissima
prova
di
oggi
,
da
ogni
sorta
di
schiavitù
alle
caste
reazionarie
che
hanno
portato
il
nostro
paese
alla
catastrofe
,
oppure
non
riusciremo
mai
a
essere
né
un
popolo
grande
,
né
un
popolo
libero
,
né
un
popolo
felice
.
StampaQuotidiana ,
Venezia
,
17
febbraio
-
I
documenti
che
dimostrano
la
diretta
responsabilità
di
Kesselring
per
l
'
eccidio
delle
Fosse
Ardeatine
e
per
i
delitti
compiuti
in
Italia
dalle
truppe
naziste
,
sono
stati
presentati
oggi
alla
Corte
militare
alleata
dal
pubblico
accusatore
,
il
«
Prosecutor
»
.
I
documenti
formano
quattro
volumi
,
nei
quali
sono
raccolti
tutti
i
bandi
,
le
lettere
,
le
ordinanze
ed
i
messaggi
emanati
da
Kesselring
durante
il
periodo
in
cui
ebbe
il
comando
delle
forze
tedesche
in
Italia
.
Il
Prosecutor
,
nella
sua
requisitoria
,
ha
tenuto
soprattutto
a
mettere
in
rilievo
che
le
responsabilità
degli
eccidi
perpetrati
in
Italia
dai
tedeschi
a
danno
della
popolazione
civile
e
delle
formazioni
partigiane
,
deve
essere
fatta
risalire
a
Kesselring
personalmente
.
La
sua
accusa
ha
fatto
leva
su
un
concetto
basilare
:
l
'
infierire
della
crudeltà
tedesca
si
è
verificato
soltanto
dopo
che
dal
Quartier
Generale
del
feldmaresciallo
erano
stati
emanati
precisi
ordini
a
questo
proposito
.
Il
Prosecutor
ha
parlato
per
due
ore
e
mezza
.
Questa
è
la
ragione
per
cui
il
processo
non
potrà
essere
ripreso
domani
,
ma
solo
nella
mattinata
di
mercoledì
;
in
modo
da
permettere
agli
stenografi
di
trascrivere
il
testo
della
requisitoria
e
consegnarlo
agli
avvocati
difensori
.
Si
calcola
che
la
trascrizione
degli
stenografi
richiederà
un
tempo
non
inferiore
alle
sette
ore
.
Kesselring
è
entrato
nell
'
aula
alle
10
precise
e
si
è
inchinato
alla
Corte
solennemente
.
Aveva
a
fianco
il
suo
interprete
personale
e
faceva
di
tutto
per
non
guardare
dalla
parte
del
pubblico
.
Dopo
breve
discussione
sulle
modalità
della
traduzione
in
tedesco
della
requisitoria
del
Prosecutor
,
questi
ha
avuto
la
parola
.
Una
donna
,
dal
fondo
della
sala
,
ha
gridato
:
«
Assassino
!
»
all
'
indirizzo
del
feldmaresciallo
.
Kesselring
è
rimasto
impassibile
,
con
lo
sguardo
vuoto
fisso
in
avanti
.
Non
si
sono
udite
altre
parole
italiane
per
tutta
la
durata
dell
'
udienza
.
Per
prima
cosa
,
il
Prosecutor
ha
messo
in
rilievo
che
i
capi
d
'
imputazione
di
cui
deve
rispondere
Kesselring
si
riferiscono
soltanto
all
'
eccidio
delle
Fosse
Ardeatine
ed
ai
delitti
commessi
dalle
sue
truppe
tra
il
giugno
e
l
'
agosto
del
1944
.
Alcuni
,
da
questa
affermazione
hanno
dedotto
che
difficilmente
verranno
accolte
tutte
le
denunce
di
cui
è
stato
fatto
oggetto
il
feldmaresciallo
nel
corso
di
questi
ultimi
giorni
.
Si
è
dell
'
opinione
,
infatti
,
che
questi
documenti
,
se
fossero
accolti
,
provocherebbero
la
necessità
di
una
nuova
istruttoria
e
di
conseguenza
nuovo
illimitato
rinvio
del
processo
.
Ciò
sembra
essere
avvalorato
dal
fatto
che
il
Prosecutor
ha
dichiarato
che
non
sarà
accolto
nessun
suggerimento
della
stampa
circa
nuovi
delitti
da
imputare
al
feldmaresciallo
.
Tuttavia
è
difficile
prevedere
quale
sarà
l
'
andamento
della
causa
,
anche
perché
la
Corte
dovrà
regolare
le
sue
imputazioni
in
base
alle
deposizioni
che
raccoglierà
dai
numerosi
interessati
.
Sin
d
'
ora
si
può
dire
soltanto
che
il
processo
durerà
una
ventina
di
giorni
in
luogo
dei
dieci
previsti
.
La
principale
carta
che
giocherà
Laterner
,
difensore
di
Kesselring
,
e
già
avvocato
dei
criminali
di
Norimberga
,
è
quella
della
distinzione
tra
esercito
e
SS
.
Il
Prosecutor
,
nella
sua
requisitoria
,
ha
già
cercato
di
prevenire
questa
manovra
ed
allora
non
è
difficile
affermare
che
questo
sarà
un
punto
cardinale
del
processo
,
un
punto
attorno
al
quale
l
'
accusa
ed
i
difensori
si
daranno
battaglia
violentemente
.
Il
Prosecutor
ha
dichiarato
sin
da
oggi
che
la
responsabilità
di
Kesselring
,
quale
comandante
della
Wehrmacht
in
Italia
,
non
può
essere
in
nessun
modo
scaricata
interamente
sui
comandi
della
polizia
o
delle
SS
.
A
questo
proposito
,
egli
ha
citato
l
'
esempio
dell
'
attentato
di
via
Rasella
a
Roma
.
A
quell
'
epoca
l
'
imputato
era
a
capo
delle
forze
militari
in
Italia
.
Invece
i
servizi
di
sicurezza
erano
agli
ordini
del
generale
Wolf
.
Ora
,
bisogna
tener
presente
i
fatti
:
immediatamente
dopo
l
'
attentato
il
comando
supremo
tedesco
aveva
stabilito
una
rappresaglia
in
proporzione
di
sessanta
italiani
per
ogni
tedesco
ucciso
.
In
seguito
la
rappresaglia
fu
ridotta
alla
proporzione
di
dieci
italiani
per
ogni
tedesco
.
Tuttavia
il
comando
supremo
di
Hitler
aveva
ordinato
di
fucilare
soltanto
quelle
persone
che
erano
già
detenute
a
titolo
di
ostaggio
.
Kesselring
ricevette
personalmente
questo
ordine
,
ma
nel
trasmetterlo
al
capo
dei
servizi
speciali
di
Roma
ordinò
testualmente
di
giustiziare
al
più
presto
dieci
italiani
per
ogni
tedesco
ucciso
.
Di
sua
iniziativa
,
cioè
,
cancellò
dall
'
ordine
questo
lieve
particolare
:
che
dovevano
essere
fucilati
soltanto
gli
ostaggi
già
detenuti
come
tali
.
Kesselring
,
al
massimo
,
avrebbe
potuto
ordinare
la
fucilazione
immediata
di
coloro
che
erano
già
stati
condannati
a
morte
da
tribunali
tedeschi
in
Italia
.
Invece
la
sua
rappresaglia
si
rivolse
contro
persone
innocenti
,
molte
delle
quali
erano
state
arrestate
dopo
l
'
attentato
,
solo
perché
erano
ebrei
o
perché
semplicemente
sospette
.
Il
Prosecutor
ha
parlato
con
calma
,
bevendo
ogni
tanto
qualche
sorso
d
'
acqua
e
sedendosi
spesso
sulla
spalliera
della
sedia
con
una
gamba
penzoloni
.
Il
feldmaresciallo
-
ha
precisato
l
'
accusatore
-
non
ha
tenuto
conto
delle
leggi
internazionali
ed
ogni
volta
che
ha
emanato
una
ordinanza
,
non
ha
mai
voluto
interpellare
il
consulente
legale
che
aveva
a
sua
disposizione
.
Egli
ha
dato
direttamente
ordini
alle
proprie
truppe
di
bruciare
i
villaggi
italiani
e
di
impiccare
i
capi
partigiani
che
venivano
catturati
.
In
seguito
alle
sue
disposizioni
gli
ufficiali
nazisti
in
Italia
hanno
cominciato
a
fucilare
tanto
i
partigiani
quanto
i
civili
italiani
sul
luogo
stesso
in
cui
li
facevano
prigionieri
e
senza
mai
deferirli
a
nessun
tribunale
competente
.
Il
Prosecutor
leggeva
le
date
di
questi
ordini
:
1°
maggio
,
8
maggio
,
3
giugno
,
26
giugno
,
scandendole
una
alla
volta
,
tornando
più
volte
a
caricare
la
voce
su
di
esse
,
quasi
volesse
rievocare
con
la
sua
voce
l
'
esasperante
lunghezza
di
quei
giorni
bollenti
del
popolo
italiano
;
quasi
volesse
dire
che
durante
la
sua
permanenza
in
Italia
Kesselring
non
trascorse
un
sol
giorno
senza
commettere
un
delitto
.
Dopo
che
il
Prosecutor
aveva
smesso
di
parlare
,
il
giudice
gli
ha
sorriso
ed
ha
detto
:
«
Avete
fatto
un
lungo
discorso
»
.
Ma
si
aveva
l
'
impressione
che
si
rivolgesse
a
Kesselring
e
gli
dicesse
:
«
Avete
commesso
un
lungo
delitto
»
.
StampaQuotidiana ,
Oggi
a
Comiso
decine
di
migliaia
di
siciliani
e
con
essi
delegazioni
provenienti
da
ogni
parte
d
'
Italia
e
d
'
Europa
si
danno
appuntamento
per
una
grande
manifestazione
per
la
pace
e
il
disarmo
e
per
chiedere
che
alla
Sicilia
sia
evitato
il
destino
sciagurato
di
essere
trasformata
in
un
avamposto
nello
scontro
atomico
tra
i
due
blocchi
militari
contrapposti
.
La
scelta
dell
'
estremo
lembo
a
sud
della
Sicilia
per
la
costruzione
di
una
grande
base
di
missili
"
Cruise
"
ha
alimentato
una
polemica
sul
reale
bersaglio
degli
ordigni
atomici
che
vi
si
intendono
installare
.
Come
dimenticare
che
,
nei
giorni
immediatamente
successivi
all
'
annuncio
del
governo
italiano
di
costruire
la
base
a
Comiso
,
si
verificava
il
pericoloso
scontro
tra
aerei
americani
e
libici
nel
Golfo
della
Sirte
?
E
che
il
presidente
Reagan
dichiarava
,
in
quella
occasione
,
di
aver
voluto
mostrare
i
muscoli
al
colonnello
Gheddafi
?
E
che
,
infine
,
quest
'
ultimo
,
replicando
aspramente
,
chiamava
anche
in
causa
l
'
Italia
proprio
per
la
progettata
base
di
Comiso
?
L
'
assassinio
del
presidente
egiziano
Sadat
ha
portato
ora
nuovi
elementi
di
inquietudine
e
di
destabilizzazione
in
un
'
area
alle
soglie
di
casa
nostra
,
sempre
più
gravata
da
minacce
che
possono
da
un
momento
all
'
altro
precipitare
e
innescare
processi
incontrollabili
.
Sentiamo
così
avvicinarsi
i
rischi
che
dai
focolai
di
guerra
del
Medio
Oriente
si
estendono
al
Mediterraneo
.
Nasce
da
questa
realtà
il
bisogno
di
non
risparmiare
sforzi
e
iniziative
che
,
riducendo
la
tensione
in
quest
'
area
,
contribuiscano
alla
ripresa
di
quei
negoziati
da
cui
dipende
la
causa
della
pace
nel
mondo
.
L
'
Italia
può
e
deve
giocare
un
ruolo
decisivo
perchè
il
Mediterraneo
diventi
nel
suo
complesso
un
mare
di
pace
,
che
aiuti
la
prospettiva
della
distensione
e
nello
stesso
tempo
quella
di
un
nuovo
ordine
internazionale
fondato
sul
progresso
e
l
'
eliminazione
degli
squilibri
tra
nord
e
sud
del
mondo
.
Proprio
in
questa
visione
la
Sicilia
può
assolvere
la
funzione
di
ponte
nel
dialogo
fra
le
nazioni
che
si
affacciano
sul
Mediterraneo
.
Non
si
può
certo
sostenere
che
la
costruzione
della
base
di
Comiso
vada
in
questa
direzione
.
Anzi
trasformerebbe
la
nostra
isola
in
un
polo
di
aggravamento
delle
tensioni
in
questo
mare
e
in
bersaglio
predestinato
nello
scontro
tra
i
blocchi
contrapposti
.
Il
popolo
siciliano
dirà
,
oggi
,
a
Comiso
che
intende
rifiutare
questo
orrendo
destino
.
La
Sicilia
ha
una
storia
millenaria
interessata
di
tragedie
e
di
sofferenze
inaudite
.
Essa
è
stata
più
volte
terra
di
conquista
e
il
suo
popolo
ha
subito
le
oppressioni
più
brutali
,
il
cui
retaggio
si
è
espresso
in
miseria
e
arretratezza
.
La
conquista
dello
Statuto
dell
'
autonomia
,
nel
quadro
della
Costituzione
repubblicana
,
frutto
della
lotta
antifascista
e
della
guerra
di
liberazione
,
aveva
aperto
una
fase
di
progresso
civile
e
democratico
del
popolo
siciliano
.
Questo
sviluppo
,
conquistato
con
grandi
lotte
di
popolo
,
è
ora
in
crisi
.
Negli
ultimi
anni
in
Sicilia
sono
accaduti
dei
fatti
gravissimi
.
Il
potere
mafioso
ha
rialzato
la
testa
e
abbiamo
assistito
ad
una
sequenza
drammatica
di
omicidi
politici
culminati
nell
'
assassinio
del
presidente
della
Regione
Piersanti
Mattarella
.
Da
quel
momento
si
è
accelerato
il
processo
di
degradazione
della
vita
politica
e
delle
stesse
istituzioni
autonomistiche
.
Il
già
insufficiente
apparato
produttivo
dell
'
isola
è
duramente
scosso
dalla
crisi
economica
mentre
lo
Stato
si
dimostra
sempre
più
impotente
di
fronte
alla
violenza
criminale
e
mafiosa
che
ogni
giorno
semina
terrore
e
morte
.
E
come
non
vedere
il
pericolo
che
la
trasformazione
della
Sicilia
in
una
gigantesca
base
di
guerra
spingerebbe
alle
estreme
conseguenze
i
processi
degenerativi
già
così
allarmanti
?
Il
nostro
no
alla
installazione
a
Comiso
della
base
atomica
tende
ad
impedire
un
avvenire
davvero
oscuro
per
il
popolo
siciliano
.
Lo
dico
convinto
che
questo
oggi
sia
un
obiettivo
giusto
e
anche
realistico
.
Il
30
novembre
inizieranno
a
Ginevra
le
trattative
tra
URSS
e
USA
e
al
primo
punto
dell
'
agenda
vi
è
la
questione
degli
euromissili
.
La
conclusione
positiva
della
trattativa
-
a
cui
tutti
devono
lavorare
-
deve
riguardare
la
fissazione
di
un
equilibrio
al
più
basso
livello
possibile
dei
missili
contrapposti
:
gli
SS-20
sovietici
e
i
nuovi
missili
americani
nell
'
Europa
occidentale
.
Questo
livello
di
equilibrio
potrebbe
essere
la
"
soluzione
zero
"
,
cioè
la
non
installazione
dei
Cruise
,
bilanciata
da
misure
di
pari
significato
per
gli
SS-20
.
Ecco
perchè
è
raggiungibile
l
'
obiettivo
di
impedire
la
costruzione
della
base
a
Comiso
.
Chiedere
,
come
noi
facciamo
oggi
,
di
sospendere
l
'
inizio
dei
lavori
della
costruzione
della
base
è
il
modo
più
giusto
ed
efficace
per
il
popolo
siciliano
di
premere
perchè
la
trattativa
di
Ginevra
abbia
uno
sbocco
positivo
.
Quello
di
oggi
,
è
pertanto
,
il
primo
atto
di
una
mobilitazione
che
nei
prossimi
mesi
dovrà
via
via
allargarsi
come
una
grande
fiumana
di
uomini
e
donne
,
di
giovani
e
anziani
di
ogni
ceto
sociale
e
di
ogni
fede
pubblica
e
religiosa
.
Noi
comunisti
vogliamo
essere
soltanto
una
componente
di
questo
grande
movimento
unitario
e
opereremo
,
con
sempre
maggiore
consapevolezza
,
perchè
altre
forze
democratiche
,
superando
incomprensioni
e
strumentalizzazioni
,
scendano
in
campo
per
dare
il
loro
contributo
originale
a
questa
lotta
decisiva
per
l
'
avvenire
del
popolo
siciliano
e
per
la
salvezza
della
pace
nel
mondo
.
StampaQuotidiana ,
La
situazione
d
'
Italia
continua
a
essere
complicata
,
confusa
,
tragica
.
Praticamente
,
l
'
unità
del
paese
non
esiste
.
Una
parte
geme
e
sanguina
sotto
il
regime
brutale
dell
'
occupazione
tedesca
.
Un
'
altra
parte
è
soggetta
all
'
amministrazione
temporanea
delle
autorità
angloamericane
.
Una
terza
è
governata
dai
residui
della
vecchia
amministrazione
governativa
italiana
,
a
capo
della
quale
si
trova
il
maresciallo
Badoglio
.
La
lentezza
e
cautela
con
cui
si
svolgono
le
operazioni
militari
ha
d
'
altra
parte
contribuito
a
far
sparire
quella
zona
intermedia
nella
quale
i
tedeschi
,
scarsi
di
forze
,
non
erano
potuti
arrivare
,
oppure
,
se
arrivati
,
non
si
erano
potuti
consolidare
,
grazie
alla
resistenza
e
alla
lotta
del
popolo
.
Questa
zona
intermedia
,
che
comprendeva
all
'
inizio
la
maggior
parte
dell
'
Italia
centrale
e
una
piccola
parte
di
quella
settentrionale
,
è
probabilmente
oggi
teatro
delle
gesta
sanguinose
degli
ultimi
squadristi
mussoliniani
,
traditori
della
patria
e
strumenti
ignobili
dell
'
invasore
straniero
.
È
evidente
e
non
vi
è
bisogno
di
dimostrarlo
,
che
è
interesse
vitale
della
nazione
italiana
che
questa
situazione
di
smembramento
del
paese
cessi
al
più
presto
.
Quanto
più
essa
durerà
,
tanto
più
gravi
saranno
le
sofferenze
del
popolo
,
tanto
più
profonde
le
conseguenze
di
cui
avrà
a
soffrire
nel
futuro
tutto
il
paese
.
Perciò
il
primo
dovere
di
ogni
italiano
è
oggi
di
prendere
le
armi
e
combattere
affinché
i
tedeschi
siano
al
più
presto
cacciati
per
sempre
dal
suolo
della
patria
.
Perciò
il
primo
dovere
di
tutti
gli
uomini
,
che
dopo
il
crollo
del
regime
fascista
si
sono
assunti
la
responsabilità
del
potere
,
è
di
mettere
tutto
in
opera
affinché
l
'
unità
,
l
'
indipendenza
e
la
libertà
della
patria
vengano
riconquistate
e
restaurate
al
più
presto
.
Ma
che
occorre
fare
per
raggiungere
questi
obiettivi
,
i
quali
riassumono
le
aspirazioni
profonde
e
sincere
di
tutto
il
popolo
?
E
viene
realmente
fatto
da
parte
di
tutti
,
in
questo
periodo
,
tutto
quello
che
è
indispensabile
a
questo
scopo
?
Certo
,
non
è
sempre
facile
,
lontani
e
con
una
informazione
frammentaria
,
dare
su
tutto
un
giudizio
esatto
.
Supponiamo
che
il
popolo
,
in
numerose
località
,
è
sceso
in
campo
contro
l
'
invasore
,
ha
combattuto
con
coraggio
ed
eroismo
,
continua
con
tenacia
la
lotta
.
Sappiamo
che
il
maresciallo
Badoglio
ha
fatto
appello
alla
guerra
di
popolo
contro
i
tedeschi
.
Sappiamo
che
unità
dell
'
esercito
ricostituite
e
in
legame
con
le
organizzazioni
popolari
,
sono
schierate
e
si
battono
sul
fronte
della
resistenza
e
della
riscossa
nazionale
.
Tutto
questo
è
vero
,
ed
è
segno
della
incipiente
rinascita
del
nostro
paese
;
ma
basta
tutto
questo
,
oppure
esiste
una
questione
fondamentale
,
che
deve
essere
posta
e
che
deve
essere
risolta
,
e
la
quale
costituisce
come
una
premessa
alla
soluzione
sollecita
e
giusta
di
tutti
gli
altri
problemi
a
cui
è
legato
e
da
cui
dipende
il
fatto
che
veramente
e
rapidamente
l
'
Italia
,
lottando
per
uscire
dall
'
abisso
in
cui
l
'
ha
gettata
il
fascismo
,
rinasca
a
nuova
vita
?
Senza
dubbio
,
una
simile
questione
fondamentale
esiste
:
è
assurdo
negarlo
;
è
assurdo
chiudere
gli
occhi
per
non
vederlo
.
Essa
si
riassume
nella
necessità
di
una
politica
italiana
democratica
,
come
linea
di
condotta
obbligatoria
per
tutti
coloro
i
quali
assumono
oggi
una
qualsiasi
responsabilità
davanti
al
popolo
italiano
e
,
in
nome
d
'
Italia
,
davanti
all
'
opinione
pubblica
internazionale
.
Tutto
il
mondo
civile
è
oggi
in
lotta
per
abbattere
i
regimi
di
tirannide
fascista
e
il
loro
campione
e
baluardo
principale
:
la
Germania
imperialista
e
hitleriana
.
Tutti
i
popoli
amanti
della
libertà
sono
in
piedi
e
combattono
per
instaurare
,
sulle
rovine
dei
barbari
regimi
di
tirannide
o
d
'
occupazione
,
un
mondo
nuovo
,
fondato
sui
princìpi
della
democrazia
,
della
libertà
di
tutti
i
popoli
,
della
indipendenza
di
tutte
le
nazioni
.
Se
l
'
Italia
vuole
risorgere
a
nuova
vita
,
se
l
'
Italia
vuole
aprirsi
nuovamente
la
strada
dell
'
unità
,
dell
'
indipendenza
,
della
dignità
nazionale
,
essa
non
può
rimanere
su
una
posizione
che
in
qualsiasi
modo
contrasti
con
questi
princìpi
;
essa
,
cioè
,
deve
seguire
la
via
di
una
politica
democratica
coerente
,
di
una
politica
che
liquidi
completamente
la
vergogna
fascista
,
tanto
all
'
interno
quanto
nei
rapporti
internazionali
.
Ci
si
è
posti
per
questa
via
e
si
è
progredito
per
essa
,
dal
momento
che
Mussolini
e
il
suo
regime
sono
stati
travolti
?
Purtroppo
,
non
si
può
rispondere
affermativamente
.
Vi
è
stato
,
prima
,
un
mese
e
mezzo
di
esitazioni
e
di
intrighi
non
chiari
.
In
questo
mese
e
mezzo
la
classe
operaia
,
più
decisa
e
meglio
organizzata
di
tutti
gli
altri
gruppi
sociali
,
era
riuscita
a
strappare
delle
conquiste
democratiche
serie
.
La
politica
governativa
,
però
,
rimase
nella
sua
essenza
reazionaria
ostile
alla
restaurazione
di
tutte
le
libertà
popolari
,
esitante
di
fronte
al
compito
della
liquidazione
conseguente
di
tutto
il
fascismo
.
Poi
sopravvenne
la
catastrofe
dell
'
invasione
tedesca
;
ma
ancora
oggi
,
a
un
mese
dall
'
armistizio
,
il
popolo
italiano
e
il
mondo
intiero
non
sanno
se
quello
che
si
chiama
il
governo
italiano
è
veramente
un
governo
democratico
,
oppure
è
soltanto
un
gruppo
di
uomini
i
quali
cercano
di
salvare
quanto
più
possono
di
quello
che
invece
deve
essere
distrutto
.
Che
cosa
pensano
questi
uomini
della
criminale
politica
internazionale
di
rapina
del
fascismo
,
che
ha
seminato
di
rovine
non
solo
l
'
Italia
,
ma
paesi
e
popoli
che
all
'
Italia
non
avevano
fatto
nulla
di
male
?
Come
si
fa
ad
avere
fiducia
in
chi
,
a
questo
proposito
,
tace
ed
evita
ogni
atto
chiarificatore
?
Come
si
fa
ad
aver
fiducia
in
chi
rinvia
e
non
si
sa
perché
la
restituzione
del
popolo
in
quei
diritti
il
cui
esercizio
non
può
essere
che
di
aiuto
a
uscire
dalla
dura
situazione
attuale
?
In
chi
esita
a
liquidare
senza
residui
metodi
di
governo
e
uomini
che
sono
stati
gli
autori
della
rovina
del
paese
che
hanno
suscitato
contro
l
'
Italia
la
diffidenza
e
l
'
ostilità
del
mondo
intiero
?
Non
vogliamo
parlare
,
per
ora
,
del
domani
,
dei
problemi
della
ricostituzione
di
un
'
Italia
democratica
e
civile
,
che
a
suo
tempo
si
porranno
e
dovranno
essere
risolti
.
Quello
che
ci
interessa
è
il
presente
;
è
,
lo
ripetiamo
,
la
rapidità
con
cui
si
fa
uscire
l
'
Italia
dalla
gravissima
situazione
in
cui
si
trova
oggi
.
Questa
rapidità
dipende
,
prima
di
tutto
,
dal
fatto
che
il
paese
cambi
seriamente
strada
,
che
esso
cessi
di
essere
un
paese
fascista
,
o
un
paese
semifascista
,
o
un
paese
che
ha
paura
di
liberarsi
dal
fascismo
sia
nell
'
interno
che
nei
rapporti
internazionali
,
e
diventi
un
paese
il
quale
riprenda
a
vivere
,
senza
impacci
e
senza
riserve
,
secondo
le
norme
di
una
civiltà
democratica
.
Una
politica
italiana
democratica
,
chiara
e
senza
equivoci
tanto
all
'
interno
che
nei
rapporti
internazionali
,
è
oggi
necessaria
e
indispensabile
per
la
salvezza
della
nazione
.
StampaQuotidiana ,
Il
grande
airone
ha
chiuso
le
ali
.
Quante
volte
Fausto
Coppi
evocò
in
noi
l
'
immagine
di
un
grande
airone
lanciato
in
volo
con
il
battere
delle
lunghe
ali
e
sfiorare
valli
e
monti
,
spiagge
e
nevai
?
Fortissimo
e
fragile
al
tempo
stesso
,
qualche
volta
la
stanchezza
o
la
sfortuna
lo
abbattevano
e
lo
facevano
crollare
a
terra
,
sul
ciglio
di
una
strada
o
sull
'
erba
del
prato
di
un
velodromo
;
la
sua
figura
sembrava
spezzarsi
in
una
strana
geometria
,
come
quella
di
un
pantografo
,
e
una
volta
di
più
suscitava
l
'
immagine
di
un
airone
ferito
.
Altre
volte
,
era
l
'
immagine
di
una
tragica
conclusione
di
caccia
.
Quante
volte
,
di
lui
affranto
per
la
stanchezza
sull
'
erba
,
a
pochi
metri
da
un
traguardo
,
sentimmo
dire
:
«
Sembra
un
cervo
moribondo
!
»
.
L
'
occhio
galleggiava
immobile
,
con
la
pupilla
arrovesciata
al
limite
della
palpebra
:
le
guance
erano
scavate
,
le
labbra
anelanti
per
l
'
amara
fatica
:
le
lunghe
braccia
,
le
lunghe
gambe
come
buttate
là
,
senza
più
armonia
,
scompostamente
,
in
una
stanchezza
mortale
.
La
fragilità
fu
la
compagna
sinistra
di
quest
'
uomo
che
per
tanti
anni
sembrò
un
ragazzo
,
il
ragazzo
più
forte
di
tutti
,
sostenuto
da
una
energia
quasi
magica
,
una
forza
da
racconto
delle
fate
.
Il
trittico
su
cui
poggiava
il
misterioso
«
sistema
»
delle
sue
capacità
fisiche
-
cuore
,
polmoni
,
muscoli
-
nascondeva
,
quasi
invisibile
,
un
punto
di
estrema
vulnerabilità
.
Questa
era
la
vulnerabilità
dei
ragazzi
.
Coppi
era
rimasto
tale
:
sembrava
si
fosse
fermato
al
gradino
dei
sedici
anni
:
ossa
troppo
leggere
-
dicevano
:
«
uno
scheletro
di
canna
...
»
-
nervi
troppo
scoperti
,
un
ingenuo
palpitare
dei
sentimenti
,
un
difficile
equilibrio
fra
l
'
animo
del
ragazzotto
di
campagna
ch
'
egli
era
stato
e
l
'
uomo
che
la
vita
l
'
aveva
costretto
a
diventare
.
Un
abulico
che
poteva
scatenare
fulminei
scatti
di
lampeggiante
volontà
:
un
uomo
rimasto
per
tutta
la
vita
stranamente
melanconico
;
favorito
dalla
natura
,
perseguitato
-
bisogna
dirlo
anche
se
toccò
le
soglie
della
più
alta
fortuna
-
perseguitato
,
ripeto
,
dalla
sorte
.
Ora
che
le
ali
del
«
campionissimo
»
si
sono
chiuse
,
non
si
può
non
ricordare
quante
volte
la
sua
carriera
e
la
sua
vita
stessa
corsero
il
rischio
di
essere
spezzate
da
quello
che
si
chiama
abitualmente
un
«
banale
incidente
»
:
una
caduta
come
un
ragazzo
ne
fa
a
centinaia
,
cavandosela
con
una
sbucciatura
ad
un
gomito
o
ad
un
ginocchio
.
Non
mai
nella
forsennata
vertigine
della
corsa
,
quando
la
ruota
della
bicicletta
va
saettando
a
disegnare
il
filo
sospeso
fra
la
vita
e
la
morte
sul
ciglio
di
un
burrone
:
ma
a
metà
di
una
pedalata
senza
storia
,
a
passo
di
carovana
,
a
passo
di
trasferta
.
Anche
oggi
,
è
un
piccolo
,
misterioso
,
atroce
e
imponderabile
intervento
del
fato
-
dicono
l
'
insidia
invincibile
di
un
«
virus
»
tropicale
,
o
la
funesta
chimica
organica
di
una
per
ora
inesplicabile
intossicazione
-
quello
che
colloca
l
'
angosciosa
parola
della
fine
al
romanzo
della
sua
vita
.
Ricordate
?
Non
meno
rapido
fu
il
«
banale
incidente
»
che
,
una
decina
di
anni
or
sono
,
fece
morire
,
dopo
due
o
tre
ore
di
agonia
,
suo
fratello
Serse
.
I
due
fratelli
in
«
bianco
-
celeste
»
avevano
finito
di
correre
sulle
strade
sferzate
dalla
pioggia
il
Giro
del
Piemonte
.
La
gara
si
era
conclusa
sull
'
anello
di
cemento
del
velodromo
torinese
.
Tra
la
folla
che
si
assiepava
sul
viale
di
periferia
e
all
'
uscita
della
pista
,
Fausto
aveva
cercato
un
rifugio
-
troppi
applausi
,
troppi
abbracci
,
troppo
clamore
-
sull
'
automobile
della
casa
.
Serse
,
che
poteva
passare
tra
la
folla
inosservato
,
aveva
preferito
risalire
in
bicicletta
,
per
andarsene
all
'
albergo
al
piccolo
passo
.
Non
pioveva
più
,
l
'
asfalto
si
asciugava
.
Bastò
un
piccolo
scarto
della
ruota
.
Serse
cadde
,
toccò
appena
con
la
tempia
sul
cordone
di
un
marciapiede
.
Non
sentì
che
un
piccolo
colpo
:
le
dita
non
trovarono
nemmeno
una
goccia
di
sangue
.
Rimontò
in
sella
,
fece
senza
altri
pensieri
il
percorso
sul
lungo
viale
che
portava
all
'
albergo
:
salì
alla
sua
camera
senza
attendere
l
'
ascensore
,
si
spogliò
della
maglia
fangosa
,
andò
subito
alla
doccia
,
si
coricò
sul
letto
in
attesa
del
massaggio
.
Quando
il
masseur
girò
la
maniglia
della
porta
la
stanza
era
al
buio
:
Serse
pareva
addormentato
.
Invece
,
era
già
in
agonia
.
La
stessa
cosa
,
senza
nemmeno
la
spiegazione
di
una
piccola
caduta
,
è
avvenuta
adesso
,
nel
doloroso
Capodanno
di
Novi
Ligure
,
al
ritorno
da
una
tournée
sulle
strade
equatoriali
del
Centro
-
Africa
,
piccole
corse
da
kermesse
alternate
con
le
quattro
schioppettate
di
qualche
partita
di
caccia
grossa
.
Fausto
è
andato
a
ritrovare
Serse
.
La
loro
mamma
piange
due
figli
:
Serse
l
'
oscuro
,
Fausto
il
lampeggiante
.
E
nella
stessa
corsia
d
'
ospedale
piangono
due
donne
,
diversamente
e
tragicamente
uscite
dalla
sua
storia
d
'
uomo
,
in
quel
romanzo
d
'
amore
che
fece
tanto
e
così
triste
clamore
e
che
ebbe
anch
'
esso
-
ci
sembra
di
poterlo
dire
ora
-
la
sigla
del
destino
di
un
ragazzo
inquieto
condannato
dalla
stessa
fragilità
dei
suoi
nervi
agli
errori
di
coloro
la
cui
adolescenza
non
sa
concludersi
.
Inutile
dire
che
l
'
atleta
appartenne
alla
ristrettissima
schiera
dei
«
fenomeni
»
,
come
Paavo
Nurmi
,
come
Carpentier
,
come
Ladoumègue
,
come
Zatopek
.
Egli
-
nella
lunga
stagione
che
enumerò
i
nomi
deí
Ganna
,
dei
Girardengo
,
dei
Binda
,
dei
Guerra
,
dei
Bartali
,
tanto
per
nominare
solamente
gli
italiani
-
fu
veramente
«
l
'
atleta
del
secolo
»
.
In
altre
sedi
agonistiche
-
penso
alla
Spagna
,
e
agli
uragani
di
entusiasmo
delle
Plazas
de
Toros
-
i
suoi
«
gemelli
»
potevano
essere
i
grandi
espada
come
Juan
Belmonte
.
Sua
mamma
è
forse
la
sola
che
lo
ricorda
ragazzino
,
ai
tempi
della
sua
prima
bicicletta
,
la
vecchia
bicicletta
di
suo
padre
contadino
.
Quale
sarebbe
stato
il
suo
avvenire
?
Quale
il
mestiere
a
cui
si
sarebbe
avviato
?
Viver
sempre
tra
le
siepi
,
le
stalle
,
le
nebbie
della
piatta
campagna
?
Allora
,
Tortona
sembrò
la
«
metropoli
»
dove
il
ragazzino
Fausto
avrebbe
potuto
trovare
il
sentiero
di
una
nuova
vita
.
Era
un
ragazzo
gentile
,
timido
,
riservato
.
Sembrò
una
fortuna
ch
'
egli
trovasse
un
«
posto
»
come
garzoncello
di
salumeria
:
portava
i
pacchetti
a
domicilio
,
imparava
la
manovra
dell
'
affettatrice
automatica
,
abituava
l
'
occhio
a
misurare
l
'
etto
e
mezzo
o
i
due
etti
di
formaggio
.
Sono
molte
donne
di
Tortona
che
lo
ricordano
quando
,
ventitré
,
venticinque
anni
fa
,
con
il
grembiule
bianco
avvolto
alla
cintola
,
Fausto
arrivava
di
gran
carriera
sulla
rugginosa
bicicletta
di
suo
padre
,
e
suonava
un
colpetto
timido
di
campanello
...
È
la
storia
umile
,
quasi
crepuscolare
,
di
un
ragazzetto
di
campagna
che
portava
ogni
tanto
a
sua
madre
il
gruzzolo
delle
piccole
mance
.
La
sua
prima
vittoria
,
a
vent
'
anni
,
sull
'
Abetone
,
quando
«
scavalcò
»
sotto
alla
pioggia
di
una
tappa
del
Giro
d
'
Italia
il
«
solitario
delle
Dolomiti
»
,
e
suo
caposquadra
Gino
Barrali
?
Una
ragazzata
,
un
atto
di
quasi
fanciullesca
indisciplina
...
L
'
airone
di
Castellania
aveva
aperto
all
'
improvviso
le
ali
in
confronto
al
«
gallo
cedrone
»
di
Ponte
a
Ema
.
Lo
ricordo
mentre
andava
su
-
pareva
che
addirittura
corresse
fischiettando
-
su
per
le
svolte
delle
salite
,
sulla
strada
sparsa
degli
«
aghi
»
degli
abeti
,
sferzata
dal
taglio
gelido
della
pioggia
.
La
gente
ai
lati
della
strada
si
accucciava
sotto
gli
ombrelli
,
cercando
di
leggere
il
«
numero
»
stampato
sul
telaio
,
cercava
nel
giornale
il
nome
che
corrispondeva
a
quel
numero
...
Coppi
;
un
ignoto
...
Fausto
,
nome
ancora
più
ignoto
...
Fausto
vinse
sempre
senza
mai
sorridere
,
quasi
non
credendo
mai
totalmente
in
se
stesso
.
Sembrava
sempre
soprapensiero
:
come
stranamente
e
fissamente
in
ascolto
di
una
qualche
voce
interna
che
gli
andasse
mormorando
dentro
una
incomprensibile
parola
.
Quella
parola
segreta
non
era
:
«Fortuna...»
.
La
«
guigne
»
,
vecchia
parola
dei
tempi
lontanissimi
delle
antiche
corse
su
strada
,
ha
spezzato
il
filo
della
sua
vita
fragilissima
,
come
un
piccolo
soffio
di
vento
spezza
il
filo
di
una
tela
di
ragno
coperta
di
brina
,
là
,
sulle
siepi
invernali
del
suo
paese
di
campagna
.
Restano
una
mamma
desolata
:
e
due
donne
diversamente
ma
egualmente
infelici
:
una
bambina
che
non
lo
vedeva
da
anni
,
un
fanciulletto
che
,
come
lui
,
si
chiama
Fausto
.
Desolata
mattina
del
due
gennaio
...