StampaQuotidiana ,
Roma
,
il
suo
popolo
,
l
'
Italia
del
lavoro
hanno
tributato
a
Giuseppe
Di
Vittorio
una
manifestazione
grandiosa
,
quasi
indescrivibile
,
di
cordoglio
e
di
affetto
.
Lungo
tutto
il
percorso
,
per
almeno
tre
chilometri
,
una
folla
di
centinaia
di
migliaia
di
persone
ha
fatto
ala
al
corteo
funebre
,
tra
scene
strazianti
di
dolore
,
mentre
dietro
le
corone
,
i
gonfaloni
,
il
carro
funebre
,
le
personalità
,
una
massa
sterminata
solcata
da
bandiere
rosse
e
tricolori
ha
seguito
il
funerale
.
Forse
200.000
persone
,
forse
di
più
hanno
gremito
quindi
il
piazzale
delle
Scienze
e
tutte
le
vie
e
i
corsi
adiacenti
per
ascoltare
le
parole
dell
'
estremo
saluto
alla
salma
pronunciate
dagli
oratori
designati
per
la
mesta
e
imponente
cerimonia
.
Alle
16
,
puntualmente
,
si
è
aperto
il
portone
centrale
del
palazzo
della
CGIL
,
e
la
bara
,
issata
a
spalle
da
otto
operai
,
è
stata
deposta
nel
carro
funebre
.
Dai
balconi
si
scorgevano
,
sotto
i
platani
del
Corso
d
'
Italia
,
una
fitta
selva
di
drappi
abbrunati
e
folla
a
perdita
d
'
occhio
.
Un
'
emozione
intensa
aveva
contrassegnato
gli
ultimi
turni
di
guardia
,
fatti
dai
compagni
della
direzione
del
PCI
e
della
segreteria
della
CGIL
nella
camera
ardente
,
nel
teso
silenzio
della
stanza
,
mentre
si
liberava
il
passaggio
da
un
mare
di
fiori
che
via
via
si
era
accumulato
al
suolo
,
lungo
i
gradini
dello
scalone
.
E
la
stessa
emozione
ha
preso
la
folla
che
vedeva
scendere
la
bara
dalla
grande
casa
dei
lavoratori
.
«
Ci
hai
lasciato
!
»
gridava
la
gente
,
tra
i
singhiozzi
.
Dopo
pochi
minuti
il
corteo
si
è
mosso
,
lentissimo
.
Per
quasi
un
chilometro
si
sono
incamminati
,
su
triplice
fila
,
i
compagni
che
reggevano
le
corone
,
oltre
200
,
i
cuscini
di
fiori
,
più
di
.50
.
Erano
operai
e
operaie
della
Fiorentini
e
della
Centrale
del
Latte
,
erano
i
braccianti
venuti
dalle
Puglie
,
i
lavoratori
di
ogni
città
italiana
,
donne
,
bambini
,
pensionati
.
Il
gonfalone
di
Cerignola
,
issato
dai
valletti
del
Comune
,
era
in
testa
,
seguito
dalla
bandiera
della
Lega
del
paese
natale
di
Di
Vittorio
.
Poi
,
ancora
,
lo
stendardo
della
FSM
,
la
bandiera
della
CGIL
,
quella
del
Comune
di
Roma
,
della
Provincia
,
del
PCI
,
del
PSI
,
della
CDL
,
la
bandiera
dell
'
ATAC
seguita
da
uno
stuolo
enorme
di
tranvieri
,
ancora
folla
di
contadini
pugliesi
,
bandiere
,
le
corone
di
Anita
,
dei
figli
,
dei
nipoti
.
Al
lato
del
carro
funebre
si
sono
disposti
i
valletti
della
Camera
dei
deputati
e
del
Comune
,
e
dietro
i
congiunti
dello
scomparso
,
la
vedova
sorretta
da
due
compagni
,
Baldina
e
Giuseppe
Berti
,
Vindice
Di
Vittorio
.
La
partecipazione
delle
personalità
politiche
e
sindacali
è
stata
altissima
.
Accanto
al
sindaco
della
città
,
Umberto
Tupini
erano
il
vicepresidente
del
Senato
Molè
,
i
vicepresidenti
della
Camera
Targetti
,
Rapelli
e
D
'
Onofrio
,
il
ministro
del
Lavoro
Gui
in
rappresentanza
del
governo
,
il
presidente
della
Provincia
di
Roma
,
Bruno
,
l
'
on.
Rubinacci
,
il
questore
Musco
,
l
'
on.
Villabruna
,
la
segreteria
della
CGIL
,
la
segreteria
della
CISL
guidata
dall
'
on.
Pastore
,
quella
della
UIL
,
guidata
dal
dott.
Italo
Viglianesi
,
la
direzione
del
PCI
,
con
il
compagno
Luigi
Longo
,
quella
del
PSI
,
guidata
dal
compagno
Pietro
Nenni
,
il
segretario
della
CISNAL
,
prof.
Landi
,
l
'
ing.
Salvi
per
la
Confindustria
,
il
dott.
Donini
,
per
la
Confagricoltura
,
l
'
on.
Ferruccio
Parri
,
l
'
on.
Chiaramello
,
l
'
on.
Cappugi
,
il
gen.
Brigante
,
Cesare
Zavattini
e
l
'
on.
Terranova
per
il
comitato
nazionale
della
pace
,
i
rappresentanti
di
tutte
le
Camere
del
Lavoro
italiane
,
il
segretario
generale
della
Camera
,
dottor
Piermani
.
La
FSM
era
rappresentata
da
Saillant
,
Grassi
,
Casadei
,
Bras
,
Duvuet
,
Adducci
,
Banchieri
.
Seguiranno
i
funerali
delegati
dei
Sindacati
francesi
:
Le
Brun
e
Raynaud
;
sovietici
:
Berezin
e
Kanaier
;
cecoslovacchi
:
Hnilic
,
Topek
,
Vondres
;
polacchi
:
Gajeroski
,
Gebert
,
Wandas
e
una
delegazione
dei
sindacati
bulgari
,
un
'
altra
dei
sindacati
rumeni
.
Dietro
,
ancora
,
la
folla
dei
lavoratori
e
dei
compagni
di
tutte
le
Federazioni
del
Partito
,
con
le
bandiere
in
testa
.
Ad
ogni
minuto
,
man
mano
che
il
carro
funebre
avanzava
,
dalle
16.15
fino
alle
18
,
si
sono
ripetute
le
manifestazioni
di
cordoglio
del
popolo
,
ammassato
lungo
i
viali
alberati
,
sotto
le
mura
di
cinta
che
costeggiano
il
percorso
,
dai
balconi
delle
case
.
In
via
Campania
,
parallela
al
Corso
d
'
Italia
,
abbiamo
visto
un
gruppo
di
muratori
sui
tralicci
di
una
casa
in
costruzione
,
sull
'
attenti
,
il
pugno
chiuso
nel
saluto
,
dal
cornicione
che
sormonta
il
ministero
dei
Lavori
Pubblici
,
in
piazza
Fiume
,
una
fila
ininterrotta
di
impiegati
;
sul
tetto
dei
filobus
fermi
i
tranvieri
,
tra
le
forbici
dei
rami
,
sui
platani
del
corso
,
giovani
e
ragazzi
,
dalle
finestre
del
Policlinico
malati
,
infermiere
,
suore
che
pregavano
.
Non
appena
giungeva
il
carro
funebre
,
trainato
da
due
pariglie
di
cavalli
,
la
folla
era
percorsa
da
un
mormorio
di
compianto
,
dal
grido
disperato
di
uomini
e
donne
,
dai
singhiozzi
.
Si
sono
ripetute
così
,
ad
ogni
angolo
di
strada
,
le
scene
di
dolore
a
cui
avevamo
assistito
nella
camera
ardente
,
cenni
di
benedizione
,
segni
di
croce
,
bambini
in
ginocchio
,
carabinieri
,
agenti
di
PS
,
vigili
del
fuoco
,
soldati
che
nascondevano
a
fatica
la
commozione
,
nel
rigido
attenti
del
saluto
militare
.
Anita
Di
Vittorio
era
raggiunta
quasi
ininterrottamente
dalla
voce
di
donne
in
lutto
,
come
lei
,
che
gridava
:
«
Coraggio
,
fatti
forza
!
»
.
Tutti
i
negozi
,
lungo
il
percorso
,
avevano
abbassato
le
saracinesche
,
così
i
cinema
e
i
caffè
.
Pareva
che
tutta
la
città
si
fosse
data
questo
mesto
appuntamento
e
si
confondesse
,
così
,
ogni
divisione
,
di
ceti
sociali
,
di
età
,
di
mestiere
.
Mischiati
tra
la
folla
abbiamo
visto
i
volti
noti
di
amici
,
di
operai
e
di
intellettuali
.
Vasco
Pratolini
piangeva
accoratamente
,
in
prima
fila
lungo
l
'
ala
destra
del
Corso
Italia
;
tipografi
del
giornale
,
fattorini
,
commesse
di
negozi
,
studenti
,
giardinieri
di
Villa
Borghese
,
pensionati
delle
ferrovie
,
operai
in
tuta
della
sede
Pirelli
,
vicino
a
piazza
della
Croce
Rossa
:
tutti
sostavano
lungo
il
percorso
.
Era
,
davvero
,
come
se
fossero
presenti
qui
i
lavoratori
di
tutta
l
'
Italia
,
quegli
operai
che
tenevano
i
ritratti
di
Di
Vittorio
nelle
stanzette
delle
Commissioni
Interne
,
nei
saloni
delle
CDL
,
quei
braccianti
,
quei
mezzadri
,
quegli
impiegati
di
ogni
corrente
sindacale
e
politica
per
i
quali
il
nome
del
segretario
della
CGIL
era
prima
di
tutto
il
nome
di
un
compagno
e
d
'
un
amico
prezioso
.
Quando
il
carro
funebre
è
giunto
,
verso
le
17.40
al
piazzale
delle
Scienze
,
una
donna
è
giunta
a
toccare
la
bara
e
ha
detto
:
«
Peppino
,
non
te
ne
dovevi
andare
,
abbiamo
ancora
tanto
bisogno
di
te
»
.
La
sua
affettuosa
parola
sintetizzava
il
sentimento
della
grande
folla
che
lentamente
si
ammassava
nel
piazzale
,
caduta
la
sera
,
sotto
la
luce
di
potenti
riflettori
che
illuminavano
il
palco
eretto
al
fondo
,
le
corone
,
le
bandiere
,
i
visi
dei
presenti
.
Nel
silenzio
ha
preso
allora
la
parola
Mario
Mammucari
,
segretario
della
CDL
di
Roma
.
La
città
concludeva
così
coi
discorsi
celebrativi
una
manifestazione
di
cordoglio
e
di
omaggio
di
cui
non
si
ricorda
l
'
eguale
.
«
I
poveri
sono
tanti
!
»
diceva
una
donna
a
una
sua
vicina
che
le
faceva
osservare
:
«
Quanta
gente
,
quanta
gente
!
»
.
I
poveri
,
le
forze
del
lavoro
,
gli
umili
,
i
bisognosi
hanno
detto
in
questo
modo
,
colla
loro
presenza
,
coi
loro
fiori
(
in
Roma
non
si
trovava
più
un
garofano
rosso
)
quanto
amassero
Di
Vittorio
,
quanto
sappiano
riconoscere
e
onorare
chi
ha
dedicato
loro
la
sua
vita
,
chi
è
morto
lavorando
per
la
causa
del
loro
riscatto
.
Verso
le
19.30
,
chiusasi
la
cerimonia
ufficiale
di
commiato
,
i
lavoratori
non
sapevano
staccarsi
dalla
salma
di
Di
Vittorio
.
Ciò
che
già
distingueva
l
'
anima
popolare
,
durante
il
corteo
,
era
la
partecipazione
accorata
e
personale
di
ciascuno
,
il
bisogno
che
si
manifestava
in
mille
modi
(
quanti
privati
cittadini
,
quanti
gruppetti
di
massaie
,
hanno
composto
e
recato
sulle
loro
mani
piccoli
cuscini
di
fiori
,
quanti
bimbi
sono
giunti
con
un
crisantemo
per
gettarlo
sul
feretro
!
)
di
testimoniare
singolarmente
l
'
omaggio
.
E
,
appunto
,
quando
il
feretro
si
è
mosso
verso
il
cimitero
,
il
Verano
,
la
folla
lo
ha
accompagnato
,
preceduto
,
seguito
,
circondato
,
una
folla
di
decine
di
migliaia
di
persone
.
Arrivando
al
quartiere
San
Lorenzo
,
quartiere
operaio
e
antifascista
,
nuova
gente
si
accodava
.
Lungo
via
Tiburtina
due
tranvieri
hanno
cominciato
a
disfare
una
corona
e
a
gettare
i
fiori
davanti
al
passaggio
del
carro
funebre
.
L
'
esempio
è
stato
subito
seguito
.
In
pochi
minuti
dalle
corone
e
cuscini
,
garofani
,
rose
,
gigli
,
crisantemi
sono
stati
sfilati
e
sparsi
per
terra
.
La
salma
è
stata
inumata
alle
ore
20
nella
tomba
che
già
accoglie
le
spoglie
di
due
altri
grandi
compagni
,
Ruggero
Grieco
e
Concetto
Marchesi
.
Mentre
la
bara
veniva
posata
,
un
compagno
di
Cerignola
,
un
venditore
ambulante
,
si
è
buttato
ad
abbracciarla
in
un
ultimo
disperato
saluto
.
Il
padre
di
questo
compagno
era
uno
dei
vecchi
combattenti
,
dei
braccianti
che
con
Di
Vittorio
avevano
fondato
la
Lega
di
lotta
.
StampaQuotidiana ,
All
'
indomani
del
plebiscito
dell
'
anno
XII
,
si
disse
che
in
Italia
esistevano
quindicimila
deficienti
.
Questa
cifra
non
è
eccessiva
,
specialmente
se
posta
in
relazione
col
totale
della
popolazione
del
Regno
che
supera
i
43
milioni
di
abitanti
.
Abbiamo
,
però
,
dovuto
constatare
che
nella
settimana
precedente
l
'
ultimo
Consiglio
dei
Ministri
,
il
numero
dei
deficienti
in
Italia
è
parso
straordinariamente
aumentato
.
Speriamo
che
si
tratti
di
una
deficienza
temporanea
,
di
un
cretinismo
intermittente
,
di
un
'
idiozia
non
assolutamente
inguaribile
.
Solo
,
infatti
,
dei
deficienti
in
funzione
di
speculatori
o
degli
speculatori
in
funzione
di
deficienti
mentali
,
hanno
potuto
diffondere
,
specie
nei
paraggi
delle
Borse
,
una
serie
di
voci
una
più
assurda
dell
'
altra
.
E
cioè
che
si
sarebbero
nuovamente
decurtati
gli
stipendi
dei
dipendenti
dello
Stato
,
che
si
sarebbero
tassate
le
cedole
dei
titoli
pubblici
,
ribassati
gli
affitti
e
,
dulcis
in
fundo
,
svalutata
la
lira
.
Il
Consiglio
dei
Ministri
si
è
riunito
,
sabato
scorso
8
,
alle
ore
10
,
al
Viminale
,
e
non
è
accaduto
niente
di
ciò
.
Gli
stipendi
non
sono
stati
toccati
,
perché
,
per
quanto
gli
stipendi
non
siano
mai
stati
diminuiti
dal
1922
ad
oggi
,
com
'
è
stato
irrefutabilmente
documentato
,
il
tema
stipendi
è
stato
sempre
toccato
a
distanza
di
molti
anni
e
non
si
può
certo
riprendere
,
ora
specialmente
che
i
prezzi
tendono
,
sia
pure
lievemente
,
all
'
aumento
.
Parlare
di
tassazione
alle
cedole
è
grottesco
,
quando
i
detentori
dei
titoli
pubblici
hanno
avuto
,
nel
febbraio
di
quest
'
anno
,
con
la
conversione
del
Consolidato
,
una
riduzione
del
loro
reddito
pari
al
30
%
.
La
proprietà
edilizia
ha
nell
'
aprile
scorso
subìto
una
diminuzione
del
12
e
del
15%
delle
pigioni
:
deve
essere
quindi
lasciata
tranquilla
,
anche
per
non
interrompere
o
troppo
rallentare
il
ritmo
dell
'
attività
costruttrice
,
il
che
aumenterebbe
la
massa
dei
disoccupati
.
Finalmente
i
drastici
provvedimenti
adottati
circa
il
commercio
delle
divise
,
sono
più
eloquenti
di
ogni
discorso
circa
le
direttive
del
Governo
in
materia
di
moneta
.
La
loro
applicazione
,
che
avverrà
con
estremo
rigore
,
farà
il
resto
.
Dove
si
sono
,
ora
,
dopo
il
Consiglio
dei
Ministri
,
nascosti
i
15
o
i
100
mila
deficienti
che
esistono
in
Italia
?
Avranno
ancora
molti
,
troppi
di
essi
il
coraggio
o
meglio
la
sfrontatezza
di
portare
il
distintivo
del
Littorio
?
Perché
il
P
.
N
.
F
.
non
libera
sollecitamente
i
ranghi
da
questa
opaca
zavorra
?
StampaQuotidiana ,
Hanoi
,
giugno
.
-
Il
presidente
Ho
Ci
Min
,
che
ci
aveva
dato
appuntamento
per
le
sei
e
mezzo
del
mattino
-
ora
in
cui
Hanoi
pulsa
già
di
attività
-
per
evitare
le
impossibili
ore
in
cui
il
sole
è
alto
sull
'
orizzonte
e
l
'
aria
umida
e
rovente
,
ci
venne
incontro
nel
parco
del
palazzo
presidenziale
salutandoci
da
lontano
con
un
sonoro
e
divertito
«
Buongiorno
»
.
Camminava
svelto
,
e
per
un
attimo
ci
sembrò
di
vedere
una
sequenza
del
documentario
sulla
battaglia
di
Dien
Bien
Phu
,
che
lo
mostrava
marciare
a
passo
svelto
nella
giungla
che
nascondeva
la
capitale
provvisoria
e
clandestina
della
Repubblica
democratica
del
Viet
Nam
.
Poi
,
avvicinandosi
,
giunse
le
mani
in
un
gesto
di
saluto
dicendo
,
a
noi
che
lo
attendevamo
presso
il
tavolo
che
egli
aveva
fatto
preparare
in
un
angolo
del
grande
parco
,
«
così
così
»
.
Poi
abbandonò
l
'
italiano
,
appreso
nel
corso
di
un
viaggio
in
Italia
al
tempo
in
cui
la
faccia
di
Mussolini
era
dipinta
su
tutti
i
muri
(
«
Il
y
avait
sa
gueule
partout
»
disse
ridendo
il
presidente
)
,
per
condurre
la
conversazione
in
francese
,
con
noi
,
e
in
cinese
,
con
un
gruppo
di
giornalisti
cinesi
che
assistevano
alla
nostra
intervista
.
Parla
perfettamente
entrambe
le
lingue
,
e
ne
parla
anche
qualche
altra
:
corresse
varie
volte
l
'
interprete
il
cui
compito
era
di
tradurre
in
cinese
ciò
che
il
presidente
diceva
in
francese
,
e
in
francese
ciò
che
il
presidente
diceva
in
cinese
,
e
gli
fornì
i
vocaboli
di
cui
quello
di
tanto
in
tanto
mancava
.
E
se
,
come
talvolta
accade
per
la
lingua
cinese
,
pronunciare
una
parola
non
bastava
,
ne
scriveva
il
carattere
sul
primo
foglietto
di
carta
che
gli
capitasse
sottomano
.
Portava
la
leggerissima
veste
color
marrone
dei
contadini
vietnamiti
,
un
poco
lisa
sopra
il
taschino
della
stilografica
.
E
,
sulle
spalle
,
aveva
un
'
altra
giubba
leggera
,
che
gli
scivolava
continuamente
sulla
schiena
;
qualcuno
cercò
a
più
riprese
di
rimettergliela
a
posto
,
e
il
presidente
si
schermì
ripetutamente
,
un
poco
infastidito
da
quelle
attenzioni
.
Finché
egli
stesso
se
la
tolse
,
sistemandola
sulla
spalliera
della
sedia
e
dicendo
a
noi
,
accennando
alle
nostre
giacche
sotto
le
quali
già
cominciavamo
a
sudare
,
«
enlevez
ça
»
,
«
toglietevela
»
,
con
un
gesto
che
mandava
all
'
aria
ogni
capitolo
del
protocollo
,
ma
era
in
carattere
con
la
figura
stessa
del
presidente
,
un
uomo
che
fece
tutti
i
mestieri
,
contadino
,
garzone
d
'
albergo
,
giornalista
,
fotografo
,
che
conobbe
le
più
infami
prigioni
dei
colonialisti
stranieri
e
dei
reazionari
asiatici
,
che
seppe
guidare
un
paziente
lavoro
di
organizzazione
e
dirigere
la
guerra
nella
giungla
.
Ormai
sulla
soglia
dei
settant
'
anni
,
che
compirà
l
'
anno
prossimo
,
Ho
Ci
Min
conserva
nel
viso
e
nella
elasticità
che
accompagna
i
suoi
movimenti
,
una
carica
di
freschezza
e
vitalità
nemmeno
segnata
dai
decenni
di
vita
incredibilmente
dura
che
egli
condusse
fino
a
cinque
anni
fa
,
fino
a
dopo
quella
battaglia
di
Dien
Bien
Phu
che
piegò
definitivamente
i
colonialisti
francesi
.
Vennero
portate
,
mentre
ancora
si
stava
conversando
e
l
'
intervista
vera
e
propria
doveva
cominciare
,
tazze
di
nero
caffè
vietnamita
,
e
il
presidente
offrì
la
sua
agli
inviati
dell
'
«
Unità
»
,
insistendo
perché
si
facesse
a
metà
.
Lui
,
sorbì
tè
profumato
,
come
i
giornalisti
cinesi
.
«
Ditemi
qualcosa
»
disse
ad
un
certo
punto
,
«
ditemi
qualcosa
dell
'Italia...»
Si
informò
della
salute
di
Togliatti
,
che
aveva
incontrato
l
'
ultima
volta
a
Mosca
in
occasione
del
XXI
congresso
del
PCUS
;
del
Partito
italiano
,
del
movimento
contadino
nel
Nord
e
nel
Mezzogiorno
,
dei
giovani
.
Ricordò
anche
l
'
intervista
che
,
quando
ancora
infuriava
la
guerra
anti
-
colonialista
,
concesse
ad
un
altro
inviato
dell
'
«
Unità
»
,
Calamandrei
.
Poi
trasse
dalla
cartella
i
fogli
dattiloscritti
con
le
domande
che
gli
avevamo
sottoposto
il
giorno
prima
e
in
francese
,
lentamente
per
non
costringerci
a
prendere
appunti
affrettati
e
mozzi
,
rispose
a
tutte
le
domande
.
D
.
-
Le
date
previste
dalla
conferenza
di
Ginevra
per
la
riunificazione
del
Viet
Nam
sono
da
tempo
passate
.
Ritenete
tuttavia
che
la
riunificazione
resti
possibile
e
quali
sono
le
condizioni
che
possono
favorirla
?
R
.
-
Sì
,
la
riunificazione
è
possibile
.
Presto
o
tardi
il
Viet
Nam
sarà
di
nuovo
unito
,
nonostante
gli
intrighi
americani
nel
Sud
.
Quanto
alle
condizioni
necessarie
,
ve
ne
sono
di
internazionali
e
di
interne
.
Fra
le
prime
vi
è
la
crescente
forza
del
mondo
socialista
,
cui
già
corrisponde
oggi
una
maggiore
debolezza
dell
'
imperialismo
.
All
'
interno
noi
ci
preoccupiamo
di
costruire
il
socialismo
nel
nord
del
paese
:
sarà
questa
una
solida
base
per
la
riunificazione
del
Viet
Nam
.
I
nostri
compatrioti
del
sud
sono
animati
da
un
grande
spirito
nazionale
.
Più
volte
si
sono
ribellati
contro
la
oppressione
coloniale
:
per
nove
anni
hanno
fatto
la
guerra
contro
i
francesi
.
Anche
oggi
,
nonostante
il
terrore
instaurato
dagli
americani
e
dal
loro
agente
,
Ngo
Din
Diem
,
continuano
a
lottare
.
Ngo
ha
dichiarato
lui
stesso
di
sentirsi
seduto
su
un
vulcano
:
impiega
intere
divisioni
e
aerei
da
bombardamento
contro
le
popolazioni
che
vogliono
essere
libere
.
Siamo
sicuri
quindi
che
il
Viet
Nam
ritroverà
la
sua
unità
.
D
.
-
Gli
imperialisti
americani
hanno
concentrato
molti
sforzi
nel
sud
-
est
asiatico
per
crearvi
un
focolaio
di
tensione
.
Quali
sono
,
a
vostro
parere
,
le
prospettive
dei
rapporti
internazionali
in
questo
settore
del
globo
?
R
.
-
È
vero
quanto
dite
degli
imperialisti
:
ma
non
solo
nel
sud
-
est
asiatico
.
Ovunque
vi
sono
paesi
socialisti
,
movimenti
operai
,
lotte
nazionali
,
gli
americani
intervengono
con
le
loro
basi
,
i
loro
satelliti
,
i
loro
fantocci
.
Ebbene
,
io
penso
che
ha
ragione
il
compagno
Mao
Tse
-
dung
quando
dice
che
tutti
questi
sono
cappi
al
collo
dell
'
imperialismo
.
Egli
lo
dice
in
base
alla
esperienza
storica
del
popolo
cinese
.
Guardate
oggi
:
hanno
seminato
basi
militari
lungo
tutto
il
nostro
continente
,
in
Corea
del
Sud
,
in
Giappone
,
a
Formosa
,
nelle
Filippine
,
a
Singapore
.
Ma
ovunque
raccolgono
odio
per
l
'
imperialismo
e
sentimenti
antiamericani
.
Anche
nei
paesi
che
erano
per
loro
amici
fedeli
,
come
le
Filippine
,
vi
è
oggi
ostilità
contro
gli
Stati
Uniti
.
Questi
contavano
su
due
«
argomenti
»
:
i
dollari
e
le
bombe
atomiche
.
Adesso
,
però
,
davanti
ai
nuovi
piani
dell
'
URSS
e
degli
altri
paesi
socialisti
,
sono
costretti
ad
ammettere
nella
loro
stampa
che
nel
'65
l
'
economia
socialista
supererà
quella
capitalistica
:
allora
i
dollari
conteranno
sempre
meno
.
Quanto
alle
bombe
,
l
'
URSS
non
ne
ha
certo
meno
di
loro
e
in
un
avvenire
non
lontano
anche
i
cinesi
ne
avranno
.
L
'
imperialismo
americano
va
perdendo
così
i
suoi
strumenti
di
ricatto
.
D
.
-
Dopo
i
vostri
incontri
con
i
dirigenti
indiani
e
indonesiani
,
come
giudicate
i
rapporti
della
Repubblica
democratica
del
Viet
Nam
con
i
paesi
non
socialisti
dell
'
Asia
,
oggi
liberi
dall
'
oppressione
coloniale
?
R
.
-
Sono
rapporti
che
noi
vogliamo
sempre
più
amichevoli
.
Le
mie
impressioni
tratte
dalla
visita
in
India
,
in
Birmania
e
in
Indonesia
sono
molto
buone
.
Certo
,
ogni
paese
ha
i
suoi
problemi
.
Ognuno
ha
anche
il
proprio
regime
politico
,
che
in
India
è
diverso
da
quello
indonesiano
,
dove
pure
vi
sono
molte
differenze
dalla
Birmania
.
Anche
il
nostro
sistema
è
diverso
dal
loro
.
Ma
i
popoli
di
quei
paesi
ci
hanno
accolto
con
entusiasmo
:
i
dirigenti
hanno
mostrato
verso
di
noi
sentimenti
di
calda
amicizia
.
Soprattutto
in
Indonesia
abbiamo
trovato
comprensione
e
simpatia
particolare
,
perché
quel
popolo
ha
compiuto
un
cammino
che
ha
molte
analogie
col
nostro
:
una
rivoluzione
nazionale
,
seguita
da
anni
di
guerra
patriottica
,
poi
la
conquista
dell
'
indipendenza
,
mentre
una
parte
del
territorio
,
quella
dell
'
Irian
occidentale
resta
sotto
il
dominio
olandese
.
D
.
-
A
cinque
anni
dalla
storica
vittoria
di
Dien
Bien
Phu
come
valutate
la
strada
percorsa
e
i
successi
ottenuti
dalla
Repubblica
democratica
del
Viet
Nam
?
R
.
-
Dopo
la
pace
noi
abbiamo
compiuto
dei
progressi
:
forse
non
grandissimi
,
ma
ugualmente
significativi
.
Li
abbiamo
realizzati
con
i
nostri
sforzi
e
con
l
'
aiuto
realmente
fraterno
della
Cina
,
dell
'
URSS
e
degli
altri
paesi
amici
.
Abbiamo
terminato
la
riforma
agraria
,
adesso
si
sviluppa
un
grande
movimento
per
la
cooperazione
.
Sia
per
l
'
agricoltura
che
per
l
'
industria
abbiamo
costruito
nuove
imprese
.
Abbiamo
quasi
liquidato
l
'
analfabetismo
:
abbiamo
creato
e
continuiamo
a
creare
nuove
scuole
.
Se
però
ci
paragoniamo
agli
altri
paesi
fratelli
,
vediamo
che
siamo
ancora
in
ritardo
(
per
non
parlare
dell
'
Unione
Sovietica
,
che
è
ad
un
livello
altissimo
)
.
In
Cina
si
compiono
giganteschi
balzi
in
avanti
:
qualche
industria
produce
già
più
che
in
Inghilterra
,
mentre
per
le
colture
del
cotone
si
supera
l
'
America
.
Se
foste
stati
in
Cina
dieci
anni
fa
,
come
ci
sono
stato
io
,
potreste
constatare
meglio
come
tutto
quel
paese
sia
oggi
trasformato
.
Ma
prendiamo
pure
un
paese
più
piccolo
:
la
Corea
.
La
collettivizzazione
si
è
conclusa
l
'
anno
scorso
:
il
piano
quinquennale
sarà
terminato
con
2
anni
e
4
mesi
di
anticipo
.
Noi
non
possiamo
quindi
dormire
sui
nostri
modesti
allori
:
dobbiamo
ancora
lavorare
molto
.
D
.
-
Quali
sono
le
principali
difficoltà
incontrate
dal
popolo
vietnamita
nella
sua
opera
di
edificazione
pacifica
?
Come
le
avete
superate
e
come
le
state
superando
?
R
.
-
La
principale
difficoltà
è
la
divisione
del
paese
.
Poi
vi
è
la
scarsezza
di
quadri
tecnici
.
Infine
abbiamo
dovuto
combattere
una
certa
ideologia
arretrata
e
conservatrice
.
Quanto
alla
prima
,
ho
già
indicato
la
via
di
uscita
:
costruire
il
socialismo
nel
Nord
.
Per
la
seconda
,
prezioso
è
l
'
aiuto
dei
paesi
fratelli
,
che
da
un
lato
ci
danno
il
concorso
dei
loro
specialisti
e
dall
'
altro
ci
aiutano
a
formare
i
nostri
quadri
:
gruppi
di
nostri
giovani
studiano
nell
'
URSS
,
in
Cina
e
nelle
altre
democrazie
popolari
.
Quanto
alla
terza
difficoltà
,
la
vinciamo
con
un
'
opera
di
educazione
nell
'
ideologia
marxista
-
leninista
che
si
rivolge
al
partito
,
ai
giovani
,
al
popolo
tutto
.
Siamo
certi
di
superare
questi
ostacoli
:
passo
a
passo
vi
riusciremo
.
D
.
-
Il
partito
del
Lavoro
vietnamita
ha
sempre
voluto
applicare
alle
condizioni
storiche
concrete
del
Viet
Nam
l
'
insegnamento
marxista
-
leninista
e
l
'
esperienza
del
movimento
comunista
e
operaio
internazionale
.
Quali
sono
oggi
i
tratti
caratteristici
della
rivoluzione
socialista
nel
Viet
Nam
?
R
.
-
Sono
tratti
che
nascono
dalla
storia
del
nostro
paese
.
Questo
era
coloniale
e
semifeudale
.
La
sua
agricoltura
era
molto
arretrata
.
L
'
industria
poverissima
.
Soprattutto
nel
Nord
la
produzione
agricola
non
era
sufficiente
per
nutrire
il
popolo
.
La
vecchia
cultura
nazionale
era
stata
quasi
distrutta
dal
colonialismo
,
mentre
una
nuova
cultura
non
era
ancora
stata
costruita
.
Sono
queste
diffícoltà
«
tipiche
»
del
nostro
paese
,
se
così
volete
chiamarle
.
A
queste
difficoltà
corrispondono
però
altri
fattori
eminentemente
favorevoli
:
la
potenza
e
i
progressi
dei
paesi
fratelli
,
uniti
nel
grande
campo
socialista
,
e
l
'
immensa
fiducia
del
nostro
popolo
-
operai
,
contadini
e
grande
maggioranza
degli
intellettuali
-
verso
il
nostro
partito
,
che
ne
ha
guidato
la
lotta
per
l
'
indipendenza
nazionale
.
Tenuto
conto
di
tutti
questi
fattori
-
di
quelle
difficoltà
da
un
lato
,
e
di
questi
grandi
elementi
positivi
dall
'
altro
-
noi
costruiamo
il
socialismo
nel
Viet
Nam
:
lo
costruiamo
però
soltanto
in
una
metà
del
paese
,
mentre
nell
'
altra
dobbiamo
ancora
condurre
a
termine
la
rivoluzione
democratico
-
borghese
e
antimperialista
.
In
sostanza
,
il
nostro
partito
deve
compiere
oggi
contemporaneamente
due
diverse
rivoluzioni
al
nord
e
al
sud
:
è
questo
uno
dei
tratti
più
caratteristici
della
nostra
lotta
.
StampaQuotidiana ,
Invano
i
comunisti
italiani
negano
che
si
tratti
di
un
altro
momento
della
«
crisi
del
sistema
»
.
La
tragedia
polacca
,
ai
loro
occhi
,
si
identifica
con
una
«
strada
sbagliata
»
,
con
una
serie
di
errori
di
direzione
politica
.
È
la
stessa
tesi
che
fu
adottata
per
i
delitti
di
Stalin
,
dopo
il
rapporto
Kruscev
;
è
la
stessa
tesi
che
fu
assunta
per
l
'
Ungheria
.
Ma
come
continuare
a
sostenerla
?
Il
sistema
comunista
,
cioè
collettivista
,
appare
in
crisi
quasi
in
eguale
misura
nelle
società
industriali
avanzate
,
come
la
Cecoslovacchia
,
e
nelle
società
prevalentemente
rurali
e
di
limitata
o
parziale
evoluzione
capitalistica
,
come
la
Polonia
.
Una
volta
sono
gli
operai
di
Praga
a
sollevarsi
contro
il
comunismo
,
sia
pure
in
nome
di
un
ideale
di
revisionismo
neo
-
marxista
duramente
represso
e
soffocato
dai
carri
armati
sovietici
;
un
'
altra
volta
sono
le
massaie
di
Danzica
o
di
Gdynia
a
rinnovare
le
antiche
jacqueries
plebee
con
la
devastazione
dei
magazzini
,
il
saccheggio
dei
negozi
,
l
'
incendio
delle
sedi
del
partito
,
identificato
nel
simbolo
di
un
potere
predatore
e
sopraffattore
.
Scene
che
ricordano
l
'
ancien
régime
.
La
Polonia
è
il
solo
paese
dell
'
Est
europeo
che
aveva
tentato
una
sua
strada
nazionale
al
comunismo
:
il
contemperamento
della
proprietà
pubblica
dei
mezzi
di
produzione
e
di
scambio
con
la
salvaguardia
della
piccola
e
media
proprietà
contadina
,
radicata
in
un
tessuto
di
tradizioni
tanto
profondo
da
apparire
inestirpabile
perfino
nel
periodo
del
più
cupo
e
ottuso
stalinismo
,
lo
stalinismo
di
cui
fu
vittima
,
a
suo
tempo
eroica
,
Gomulka
.
Ma
si
tratta
di
un
esperimento
che
è
naufragato
,
non
meno
del
comunismo
integrale
incondizionato
adottato
a
Budapest
od
a
Praga
.
Lo
spazio
riservato
all
'
impresa
agricola
,
in
uno
Stato
fondato
su
una
prevalente
struttura
centralizzata
,
è
apparso
troppo
ristretto
per
alimentare
le
capacità
dell
'
iniziativa
e
dell
'
inventiva
individuale
;
lo
spazio
occupato
dall
'
impresa
pubblica
nell
'
industria
troppo
vasto
e
soffocante
per
consentire
un
equilibrio
effettivo
di
forze
.
E
le
leggi
del
mercato
hanno
preso
la
loro
rivincita
,
una
volta
di
più
,
su
tutte
le
coercizioni
,
parziali
o
totali
.
È
la
stessa
tragedia
che
si
è
riflessa
in
altri
aspetti
della
vita
polacca
.
In
quella
religiosa
,
per
esempio
.
È
certo
che
la
Polonia
rappresenta
la
sola
nazione
dell
'
Est
europeo
,
che
sia
riuscita
a
difendere
l
'
indipendenza
e
l
'
integrità
della
fede
cattolica
nella
grande
maggioranza
del
popolo
anche
durante
l
'
epoca
nera
dell
'
oppressione
e
del
terrore
staliniani
.
Il
cardinale
Wyszinsky
è
una
figura
legata
al
mondo
,
adesso
tanto
lontano
da
sembrare
quasi
irreale
,
di
Pio
XII
.
Abbozzi
e
sforzi
per
un
concordato
fra
Santa
Sede
e
regime
comunista
non
furono
mai
intermessi
,
neppure
nell
'
età
delle
grandi
purghe
.
Senonché
ilprezzo
pagato
per
evitare
la
prevalenza
dell
'
ateismo
appare
grandissimo
;
i
compromessi
volti
a
salvare
il
salvabile
infiniti
ed
estenuanti
:
le
deviazioni
di
parte
del
clero
a
favore
di
un
'
intesa
diretta
col
regime
-
si
ricordi
il
movimento
pro
sovietico
«
pax
»
-
insidiose
e
ritornanti
;
la
salvaguardia
dell
'
equilibrio
fra
i
due
poteri
malsicura
e
precaria
.
Quando
il
presidente
polacco
Ochab
,
un
fedelissimo
di
Gomulka
,
venne
in
Italia
,
or
sono
tre
anni
e
mezzo
,
finì
per
non
rendere
visita
al
Papa
:
lui
,
il
rappresentante
di
uno
degli
Stati
più
tenacemente
e
direi
misticamente
cattolici
d
'
Europa
.
A
differenza
,
magari
,
del
genero
di
Kruscev
o
di
Gromiko
!
Tanti
erano
i
motivi
di
contrasto
e
di
contrapposizione
:
tutt
'
altro
che
«
conciliari
»
,
allora
.
Certo
,
il
dramma
della
Polonia
impone
un
senso
profondo
di
rispetto
non
disgiunto
da
un
'
accorata
vena
di
malinconia
.
La
stessa
repressione
ordinata
dalle
autorità
di
Varsavia
nelle
zone
baltiche
del
Paese
,
zone
in
gran
parte
ex
tedesche
,
appare
particolarmente
severa
,
e
in
molti
casi
spietata
,
proprio
in
vista
di
togliere
alla
Russia
il
pretesto
ad
un
qualunque
intervento
militare
.
Stretta
fra
Germania
e
Russia
da
secoli
,
la
Polonia
non
ha
dimenticato
il
turpe
mercato
del
'39
fra
Hitler
e
Stalin
,
mercato
che
portò
alla
sua
scomparsa
come
nazione
,
all
'
amputazione
di
larga
parte
delle
sue
province
orientali
in
favore
dell
'
Unione
Sovietica
,
ai
successivi
compensi
post
-
bellici
con
Pomerania
e
Alta
Slesia
,
quasi
nell
'
intento
di
creare
un
fossato
incolmabile
fra
tedeschi
e
polacchi
.
I
riflessi
della
Ostpolitik
di
Brandt
,
cioè
dell
'
avvicinamento
fra
Bonn
e
Mosca
,
non
sono
estranei
alla
nuova
fase
di
turbamenti
e
di
sconvolgimenti
della
Polonia
.
Da
un
lato
c
'
è
il
modello
economico
della
Germania
occidentale
che
esercita
un
indubbio
fascino
sulle
regioni
non
lontane
della
Polonia
,
degradate
ad
un
livello
di
vita
infinitamente
più
basso
(
altro
che
la
polemica
contro
la
civiltà
dei
consumi
!
)
.
Dall
'
altro
c
'
è
l
'
attenuazione
del
terrore
,
tradizionale
e
tutt
'
altro
che
ingiustificato
,
verso
il
nemico
germanico
e
la
ripresa
di
un
sentimento
nazionale
anti
-
russo
,
che
è
comune
a
quasi
tutto
il
Paese
,
non
escluso
il
grosso
del
partito
comunista
.
Si
è
detto
che
,
se
la
Russia
ripetesse
in
Polonia
anche
la
metà
dell
'
operazione
cecoslovacca
,
assisteremmo
ad
una
autentica
carneficina
:
le
forze
armate
polacche
ripeterebbero
contro
l
'
invasore
dell
'
Est
quello
che
fecero
,
con
incomparabile
eroismo
,
nei
diciassette
giorni
della
resistenza
agli
invasori
dell
'
Ovest
,
nel
settembre
del
'39
.
Per
tali
motivi
di
fondo
,
Gomulka
,
che
pur
tornò
al
potere
sull
'
onda
dei
fatti
di
Poznan
del
'56
,
evitò
di
trarre
poi
tutte
le
conseguenze
dalla
liberalizzazione
del
comunismo
,
che
invano
fu
attesa
in
Europa
;
per
tali
ragioni
di
fondo
,
la
successiva
evoluzione
del
regime
revisionista
polacco
coincise
piuttosto
con
una
involuzione
,
non
priva
di
ombre
inquietanti
,
come
la
formazione
di
un
'
ala
nazionalstalinista
,
con
un
fondo
antisemita
,
quella
di
Moczar
.
Oggi
tutti
i
nodi
tornano
al
pettine
:
riesplodono
le
contraddizioni
,
che
Gomulka
si
era
illuso
di
conciliare
sull
'
onda
di
un
prestigio
personale
tanto
alto
quanto
meritato
.
Il
divario
fra
Stato
comunista
e
società
civile
si
approfondisce
:
al
livello
della
gioventù
universitaria
non
meno
che
delle
maestranze
operaie
,
non
meno
che
delle
grandi
masse
contadine
.
La
struttura
del
comunismo
centralizzatore
appare
sempre
più
imposta
,
ed
imposta
dall
'
alto
,
ad
un
paese
pluralista
,
fedele
ad
una
visione
occidentale
della
vita
,
nutrito
da
un
'
esperienza
cattolica
che
è
esperienza
di
costume
e
di
civiltà
.
Le
eresie
,
invano
respinte
o
represse
,
ritornano
attraverso
forme
imprevedibili
,
che
squarciano
e
lacerano
tutti
gli
ottimismi
ufficiali
.
E
l
'
ombra
della
dottrina
Breznev
sulla
sovranità
limitata
torna
a
gravare
sulla
nazione
che
pur
si
rifiutò
di
alzare
anche
una
sola
statua
a
Stalin
,
nel
periodo
del
suo
splendore
.
A
differenza
della
Cecoslovacchia
,
che
elevò
la
statua
più
alta
.
Nessuna
speculazione
,
quindi
,
ma
una
lezione
chiarissima
.
È
il
sistema
del
comunismo
che
appare
dovunque
in
crisi
,
in
una
crisi
profonda
cui
non
si
ripara
con
le
furbizie
o
le
ambiguità
delle
«
vie
nazionali
»
,
comode
ed
evasive
nei
paesi
a
democrazia
garantita
e
sicura
,
come
l
'
Italia
o
la
Francia
.
Motivo
di
meditazione
per
tutti
i
fautori
della
«
nuova
maggioranza
»
.
Purtroppo
,
in
Italia
,
c
'
è
una
crisi
che
appare
più
grande
e
profonda
di
quella
dei
comunisti
:
ed
è
la
crisi
dei
democratici
,
di
troppi
democratici
.
Una
crisi
,
anzi
-
diciamolo
pure
-
una
mancanza
di
fede
in
se
stessi
.
E
nella
libertà
.
StampaQuotidiana ,
Negli
affanni
in
cui
si
dibatte
gran
parte
di
questa
povera
umanità
,
in
mezzo
alle
idee
e
alle
dottrine
politiche
tutte
vecchie
e
decadenti
che
innumerevoli
partiti
presentano
come
la
vera
ancora
di
salvezza
,
come
la
migliore
piattaforma
su
cui
edificare
la
nuova
società
,
queste
genti
,
di
tutti
i
paesi
i
cui
governi
e
regimi
trascinarono
in
una
così
immensa
catastrofe
esitano
perplesse
davanti
al
bisogno
immediato
di
una
scelta
:
esse
sono
deluse
e
disorientate
.
Queste
genti
sono
deluse
e
disorientate
davanti
ai
problemi
di
vitale
importanza
che
non
ammettono
proroghe
né
ripieghi
.
Se
la
presente
situazione
è
la
conseguenza
dei
regimi
statali
liberali
ed
autoritari
su
quali
pesa
la
responsabilità
di
aver
condotto
o
comunque
contribuito
alla
completa
rovina
della
cosidetta
civiltà
Europea
,
la
diffidenza
dei
popoli
verso
tutti
partiti
e
regimi
che
più
o
meno
contribuirono
al
disastro
,
è
più
che
legittima
.
Difatti
la
guerra
attuale
,
come
gran
parte
delle
guerre
passate
,
è
dovuta
all
'
essenza
stessa
della
costituzione
degli
stati
.
Si
potrebbe
dire
che
le
guerre
sono
elementi
congeniti
degli
stati
autoritari
stessi
.
E
non
si
può
dire
che
vi
siano
stati
buoni
e
stati
cattivi
,
essi
diventano
tali
a
seconda
dei
periodi
storici
che
attraversano
.
Ma
tutti
gli
stati
però
essendo
l
'
espressione
dell
'
autorità
costituita
sono
perciò
stesso
tutti
cattivi
,
e
quindi
da
combattere
e
sopprimere
.
Socialisti
e
comunisti
sono
d
'
accordo
nel
dire
che
lo
Stato
col
suo
governo
è
l
'
espressione
della
classe
dominante
.
Che
lo
Stato
sia
fascista
,
hitleriano
o
marxista
è
sempre
un
'
entità
che
sfrutta
ed
opprime
una
parte
della
popolazione
a
profitto
della
classe
al
potere
.
Lo
Stato
moderno
è
una
creazione
tedesca
,
il
cui
teorico
massimo
fu
Hegel
.
Da
questo
filosofo
dello
Stato
assoluto
e
onnipotente
procedono
i
teorici
dello
Stato
marxista
,
fascista
e
nazista
,
per
i
quali
lo
Stato
è
tutto
;
l
'
individuo
nullo
.
Questi
tipi
di
stati
,
la
cui
autorità
e
disciplina
ha
raggiunto
il
parossismo
a
guisa
di
una
malattia
tifoidea
si
rivelano
nella
loro
breve
esperienza
così
nefasti
ed
avvilenti
per
la
personalità
umana
da
far
rimpiangere
,
da
certo
punto
di
vista
,
perfino
le
antiche
teocrazie
.
Essi
tolgono
all
'
individuo
la
facoltà
di
pensare
,
d
'
intraprendere
iniziative
indipendenti
,
ecc
.
Con
la
Grande
Rivoluzione
francese
la
società
civile
europea
aveva
fatto
un
passo
in
avanti
sulla
faticosa
via
del
progresso
:
dalla
monarchia
assoluta
che
rappresentava
la
sopravvivenza
dello
stato
feudale
si
era
passati
alla
monarchia
costituzionale
prima
,
alla
democrazia
liberale
e
repubblicana
poi
.
Ma
l
'
evoluzione
della
società
civile
non
può
fermarsi
ad
uno
stadio
che
è
ben
lungi
dal
rappresentare
lo
sviluppo
massimo
cui
può
e
deve
giungere
la
civiltà
umana
.
Sotto
il
punto
di
vista
della
evoluzione
lo
Stato
autoritario
rappresenta
un
regresso
.
Questo
stato
fu
combattuto
per
più
di
un
secolo
dai
teorici
del
comunismo
libertario
:
da
Proudhon
,
Bakunin
,
Kropstkin
,
S
.
Faure
,
B
.
Tuker
,
Caffiero
,
Pisacane
,
Malatesta
e
tanti
altri
;
i
quali
,
primi
nella
storia
del
mondo
,
scrissero
opere
numerose
dimostrando
in
esse
la
grande
necessità
di
uscire
una
volta
per
sempre
dai
regimi
autoritari
e
di
disporre
la
istruzione
e
l
'
educazione
dei
cittadini
e
le
loro
istituzioni
in
modo
da
renderli
atti
a
vivere
in
una
società
veramente
civile
,
senza
padroni
,
senza
servi
,
senza
l
'
onerosa
e
schiacciante
tutela
d
'
uno
Stato
;
senza
autorità
.
Ora
questa
civiltà
borghese
europea
che
credeva
di
salvarsi
ricorrendo
ad
un
inasprimento
dello
Stato
autoritario
stà
per
giungere
al
suo
epicedio
.
Essa
crolla
da
tutte
le
parti
per
decrepitudine
e
sarà
ben
tosto
sepolta
sotto
le
rovine
delle
sue
città
,
delle
sue
istituzioni
,
delle
sue
infamie
e
turpitudini
.
È
necessario
che
essa
scompaia
al
più
presto
;
e
la
rivoluzione
che
si
annuncia
da
tutte
le
parti
le
darà
il
colpo
finale
.
Ma
questa
rivoluzione
o
ci
porterà
ad
una
società
libertaria
o
sarà
un
altro
inganno
come
lo
furono
quella
nazista
e
quella
fascista
.
In
ogni
modo
è
nostro
compito
di
vigilare
attenti
in
modo
che
un
nuovo
Stato
autoritario
non
prevalga
sulla
libertà
dei
cittadini
di
darsi
quelle
istituzioni
che
meglio
corrispondono
ai
loro
interessi
e
alle
loro
legittime
aspirazioni
.
StampaQuotidiana ,
Un
filippino
,
Bert
Somodio
,
forse
sarà
gradito
da
Duilio
Loi
per
un
combattimento
valido
per
il
sempre
più
commerciale
campionato
dei
welter
-
juniors
.
Questa
è
la
prima
notizia
messa
in
giro
da
via
Cantù
poche
ore
dopo
il
termine
della
drammatica
sfida
di
San
Siro
in
cui
Carlos
Ortiz
,
un
giovane
portoricano
troppo
crudo
e
monotono
nella
sua
azione
,
dovette
accettare
una
bocciatura
,
forse
definitiva
,
dal
suo
nemico
italiano
.
Dunque
Duilio
Loi
rimane
ancorato
alla
«
cintura
»
delle
140
libbre
,
anzi
fa
sapere
,
tramite
la
voce
del
manager
e
trainer
suo
,
Steve
Klaus
,
di
aver
promesso
una
partita
ufficiale
al
filippino
.
Il
match
si
svolgerà
a
Manila
,
se
l
'
impresario
isolano
Lope
Sarreal
firma
un
assegno
di
almeno
30
mila
dollari
,
si
può
pensare
in
questo
angolo
;
altrimenti
l
'
orientale
potrebbe
magari
presentarsi
a
Milano
.
Tuttavia
questa
seconda
possibilità
sembra
piuttosto
vaga
e
per
un
logico
motivo
sotto
il
profilo
affaristico
.
Difatti
se
la
terza
sfida
fra
Duilio
Loi
e
Carlos
Ortiz
,
quella
di
mercoledì
notte
,
malgrado
gli
infiniti
polemici
fuochi
d
'
artificio
scoppiati
durante
la
sua
doppia
,
interminabile
vigilia
,
ha
attirato
nello
Stadio
di
San
Siro
soltanto
40
mila
spettatori
paganti
,
magari
meno
,
come
risponderebbe
il
difficile
pubblico
di
Milano
nei
riguardi
di
un
match
con
protagonista
straniero
il
poco
conosciuto
(
dalle
nostre
parti
)
Bert
Somodio
?
Ritengo
che
il
dottor
Strumolo
,
leader
della
SIS
,
ci
penserà
a
lungo
prima
di
impegnarsi
in
una
faccenda
del
genere
.
Probabilmente
Bert
Somodio
merita
una
prova
con
Duilio
Loi
.
I
filippini
risultano
dei
vigorosi
lottatori
,
pronti
alle
alterne
vicende
di
un
combattimento
all
'
arma
bianca
.
Nelle
categorie
piccine
vantano
parecchi
campioni
fioriti
in
un
passato
più
o
meno
remoto
:
pensate
a
Pancho
Villa
,
a
Small
Montana
,
a
Dado
Marino
tutti
vincitori
di
una
«
cintura
»
mondiale
mentre
nelle
categorie
intermedie
ed
alte
essi
valgono
meno
malgrado
l
'
esplosione
,
prima
la
guerra
,
di
Ceferino
Garcia
che
,
in
New
York
,
abbatté
Fred
Apostoli
per
il
campionato
dei
medi
con
il
suo
crudele
bolo
punch
di
cui
risulta
inventore
.
Anche
oggi
,
nei
leggeri
,
come
nei
leggeri
juniors
,
vanta
parecchio
credito
proprio
un
filippino
.
Si
tratta
di
quel
«
Flash
»
Elorde
,
un
picchiatore
mancino
,
che
nel
ring
di
casa
attende
il
nostro
Campari
.
Ebbene
,
Bert
Somodio
viene
ritenuto
degno
di
Elorde
.
Il
peso
normale
di
Somodio
si
aggira
sulle
136
libbre
,
quindi
si
tratta
di
un
peso
leggero
più
che
di
un
welter
-
juniors
.
La
sua
più
recente
e
brillante
vittoria
,
Bert
la
riportò
mesi
fa
nello
Araneta
Coliseum
di
Quezon
City
,
Filippine
,
contro
Vincente
Rivas
,
di
Caracas
,
presentatosi
sulla
bilancia
al
peso
di
138
libbre
.
La
partita
ebbe
bruscamente
termine
nel
terzo
round
con
il
KO
di
Rivas
,
centrato
al
mento
da
un
pesante
hook
sinistro
di
Somodio
,
illustrato
come
un
fighter
aggressivo
e
estremamente
duro
nel
colpire
.
Si
capisce
che
Duilio
Loí
potrebbe
affrontare
nei
prossimi
mesi
altri
pugili
,
lasciando
perdere
la
promessa
fatta
a
Bert
Somodio
.
Sono
cose
,
queste
,
che
accadono
di
frequente
.
La
divisione
di
peso
delle
«140
libbre
»
non
è
riconosciuta
ovunque
,
quindi
si
interessano
a
tale
«
cintura
»
uno
scarso
numero
di
pugili
.
Tuttavia
l
'
inglese
Dave
«
Silent
»
Charnley
,
attuale
campione
europeo
dei
leggeri
,
come
del
resto
il
francese
Aissa
Hashas
,
pure
lui
un
135
libbre
,
inoltre
gli
americani
Louis
Molina
,
Lennie
Matthews
,
Joe
Brown
e
LC
.
Morgan
potrebbero
farsi
avanti
,
sebbene
non
pare
molto
probabile
.
Forse
Loi
riceverà
maggiori
sollecitazioni
dai
pesi
welters
europei
dato
che
ne
detiene
il
primato
.
Lo
zingaro
francese
Hippolyte
Anner
ha
deciso
d
'
invadere
il
mondo
dei
pesi
medi
,
in
compenso
sta
maturando
il
tunisino
Omrane
Sadok
.
In
Danimarca
vive
il
vecchio
Chris
Christensen
che
vuole
battersi
per
il
campionato
del
Continente
,
in
più
il
ligure
Bruno
Visintin
,
il
sardo
Fortunato
Manca
ed
il
gallese
Brian
Curvis
,
probabilmente
íl
migliore
di
tutti
,
sembrano
pronti
a
battersi
con
Loi
.
Duilio
non
avrà
che
da
scegliere
.
Da
parte
sua
il
nostro
ormai
stagionato
pugile
ha
qualche
cosa
da
chiedere
-
ed
in
fretta
-
agli
americani
,
ossia
una
prova
al
campione
mondiale
delle
147
libbre
che
oggi
si
chiama
Emile
Griffith
.
Costui
risulta
un
giovane
negro
di
23
anni
domiciliato
a
New
York
City
.
A
questo
punto
si
può
scrivere
che
ogni
cosa
rischia
di
tramutarsi
nella
solita
farsa
,
proprio
come
quando
Duilio
Loi
faceva
sapere
di
tanto
in
tanto
di
aver
lanciata
una
sfida
al
campione
mondiale
dei
leggeri
:
Wallace
«
Bud
»
Smith
oppure
Joe
Brown
.
Infatti
mentre
la
categoria
dei
welter
-
juniors
viene
controllata
da
tipi
di
periferia
,
come
Dewey
Fragetta
(
Bert
Somodio
viene
appunto
caldeggiato
dal
nostro
allegro
«
paesano
»
di
Broadway
)
,
la
divisione
dei
welters
,
una
divisione
seria
,
appartiene
ai
veri
«
padroni
»
del
pugilato
maggiore
degli
«
States
»
.
Magari
Duilio
Loi
verrà
invitato
a
battersi
a
New
York
,
o
altrove
,
con
Emile
Griffith
,
però
prima
dovrà
venire
a
patti
con
certi
«
amici
»
che
Steve
Klaus
,
per
esempio
,
ben
conosce
,
di
conseguenza
sa
quale
è
la
loro
legge
,
quali
sono
le
loro
abitudini
,
i
loro
desideri
,
le
loro
percentuali
.
Steve
Klaus
,
l
'
americano
che
vive
in
Italia
da
oltre
20
anni
,
risulta
uno
dei
trionfatori
della
serata
pugilistica
svoltasi
il
10
maggio
nello
Stadio
di
San
Siro
.
Gli
altri
trionfatori
sono
Duilio
Loi
,
si
capisce
,
gli
argentini
Ernesto
Miranda
e
Juan
Carlos
Duran
,
infine
lo
sport
.
Lo
sport
del
pugilato
,
uno
dei
più
virili
ed
inesorabilmente
sinceri
,
ha
battuto
tutti
gli
uomini
di
affari
,
i
Machiavelli
nostrani
e
stranieri
,
tutti
gli
opportunisti
-
compreso
il
giudice
René
Schemann
-
pecorilmente
legati
al
carro
di
via
Cantù
.
Lungo
la
severa
rotta
dei
15
round
Duilio
Loi
íl
campione
e
Carlos
Ortis
lo
sfidante
hanno
dato
il
loro
meglio
,
senza
risparmio
,
senza
calcoli
di
astuta
cautela
.
Persino
Duilio
,
forse
per
la
prima
volta
nella
sua
carriera
che
dura
ormai
da
13
anni
,
si
è
prodigato
dall
'
inizio
alla
fine
dimenticandosi
delle
solite
pause
.
Le
vicende
ed
il
risultato
del
big
match
li
conoscete
già
.
Ieri
,
inoltre
,
nella
cronaca
ancora
calda
dell
'
infiammata
lotta
,
ho
cercato
di
descrivere
l
'
atmosfera
che
aveva
resi
prigionieri
della
violenza
,
del
rancore
,
della
vendetta
,
i
due
protagonisti
.
Duilio
Loi
,
contro
Ortiz
,
ha
disputato
il
suo
migliore
combattimento
dimostrandosi
,
per
la
prima
volta
,
un
autentico
campione
del
mondo
.
Nel
passato
hanno
lavorato
nei
rings
di
tutto
il
mondo
campioni
ancora
migliori
:
per
esempio
Cleto
Locatelli
in
campo
italiano
,
Henry
Armstrong
,
Tony
Canzonari
,
Barney
Ross
,
Benny
Leonard
,
Johnny
Dundee
,
Willie
Pep
,
tanto
per
citare
boxeurs
americani
al
disotto
delle
150
libbre
.
Tuttavia
Duilio
Loi
si
trova
in
un
posto
abbastanza
lusinghiero
nella
graduatoria
dei
valori
internazionali
.
Sono
ridicole
,
ad
ogni
modo
,
certe
esagerazioni
lette
su
giornali
sempre
pronti
a
far
scoppiare
petardi
pur
di
vendere
una
copia
in
più
.
Il
pugilato
merita
di
venire
considerato
una
scienza
quasi
esatta
ed
il
suo
libro
della
storia
,
un
volume
immenso
,
è
sempre
pronto
a
confondere
i
superficiali
.
Del
resto
un
campione
del
ring
non
lo
si
può
giudicare
con
rigorosa
esattezza
,
prima
che
non
abbia
appeso
per
sempre
i
guantoni
alla
porta
di
casa
;
bisogna
attendere
per
qualche
anno
.
Sicuramente
egli
si
trova
già
nel
gruppetto
scelto
dei
campioni
da
ricordare
.
La
sua
terza
lotta
sostenuta
contro
Carlos
Ortiz
è
pure
da
ricordare
.
Rare
volte
se
ne
sono
viste
di
più
aspre
,
impietose
e
drammatiche
non
tanto
per
gli
episodi
di
violenza
e
distruzione
,
quanto
per
la
carica
intima
,
solo
astiosa
,
dei
due
lottatori
.
Il
corto
fulminante
destro
con
cui
Loi
rovesciò
Ortiz
nel
sesto
round
non
sarà
facilmente
dimenticato
e
non
soltanto
dal
portoricano
che
ne
dovette
sopportare
le
decisive
conseguenze
.
È
stata
una
botta
corta
,
durissima
,
perfetta
nella
esecuzione
,
un
big
punch
da
passare
alla
storia
come
certi
hooks
ragionati
,
inesorabili
che
sono
serviti
a
Ray
«
Sugar
»
Robinson
per
vincere
certi
polemici
avversari
,
per
esempio
«
Bobo
»
Olson
,
oppure
Fullmer
.
Dopo
il
pur
breve
knock
-
down
,
Carlos
Ortiz
sembrava
trasognato
.
Solo
stringendo
i
denti
e
la
sua
energia
primordiale
gli
hanno
permesso
di
uscire
senza
troppi
danni
dalla
bufera
,
anzi
nel
corso
degli
ultimi
istanti
della
battaglia
a
scaraventare
sul
nemico
una
combinazione
appunto
velenosa
.
Duilio
Loi
è
caduto
sulla
stuoia
.
Pur
rialzandosi
subito
,
non
può
certo
cambiare
le
carte
in
tavola
con
sprezzanti
dichiarazioni
.
Nel
complesso
Carlos
Ortiz
ha
dimostrato
d
'
essere
valido
in
fase
di
attacco
,
assai
meno
se
costretto
a
difendersi
.
Quando
viene
pressato
,
il
portoricano
si
scompone
,
la
sua
corazza
si
apre
:
i
destri
guizzanti
di
Loi
lo
hanno
allegramente
centrato
.
Il
verdetto
dell
'
arbitro
Frank
Carter
e
dei
giudici
René
Schemann
e
Neuhold
De
Cotre
è
stato
unanime
.
Non
poteva
essere
altrimenti
tanto
chiara
la
superiorità
di
abilità
,
di
efficacia
,
di
«
classe
»
in
una
parola
,
del
pugile
di
casa
.
Secondo
il
referee
Frank
Carter
,
Loi
vinse
con
tre
punti
di
vantaggio
mentre
lo
svizzero
Neuhold
ha
visto
Carlos
Ortiz
distaccato
di
cinque
punti
.
Per
il
francese
Schemann
ben
otto
punti
dividevano
il
campione
dallo
sfidante
.
Le
perplessità
su
René
Schemann
,
il
fido
di
Gilbert
Benaim
,
non
erano
dunque
infondate
.
Secondo
il
vostro
osservatore
il
giudizio
più
esatto
gli
risulta
quello
di
Frank
Carter
anche
se
,
in
fondo
,
il
vantaggio
di
Duilio
Loi
,
largheggiando
,
poteva
venire
valutato
in
quattro
punti
.
Si
tratta
di
un
particolare
che
non
diminuisce
,
certo
,
la
prova
del
riconfermato
campione
del
mondo
per
i
welter
-
juniors
che
qualche
giornale
confonde
simpaticamente
con
l
'
altra
dei
welter
-
leggeri
in
uso
per
i
dilettanti
.
Melanconicamente
Carlos
Ortiz
lascia
l
'
Italia
con
una
seconda
delusione
.
Si
consola
con
i
22
mila
dollari
della
sua
paga
.
Forse
chiederà
a
Duilio
un
quarto
match
in
un
ring
di
Portorico
.
Il
campione
nostro
sembra
disposto
ad
esaminare
l
'
eventuale
richiesta
per
un
compenso
sui
50
mila
dollari
.
A
questo
prezzo
la
partita
non
si
farà
.
Magro
,
asciutto
,
nervoso
,
il
piccolo
argentino
Ernesto
Miranda
ha
agevolmente
dominato
,
ai
punti
,
il
coriaceo
Scarponi
,
antico
campione
d
'
Italia
dei
pesi
gallo
.
Però
il
platense
non
poté
fare
i
suoi
soliti
numeri
spettacolari
dato
lo
stile
scorbutico
del
poco
complimentoso
avversario
,
solito
a
colpire
con
i
pugni
e
con
tutto
il
resto
.
L
'
altro
argentino
,
il
peso
medio
Juan
Carlos
Duran
,
all
'
inizio
sembrava
piuttosto
timoroso
.
Il
suo
maestro
,
Nando
Strozzi
,
ammette
che
il
rinvio
ha
snervato
il
suo
guerriero
.
D
'
altra
parte
Garbelli
si
era
lanciato
in
un
furioso
assalto
a
testa
bassa
che
pareva
concludersi
con
il
rapido
annientamento
dell
'
altro
.
Dal
secondo
round
in
poi
,
Duran
sempre
agile
e
pronto
nei
colpi
di
rimessa
incominciava
invece
a
manovrare
il
suo
rivale
,
come
sempre
impreciso
,
arruffone
,
sconclusionato
.
Il
boxeur
,
in
altre
parole
Juan
Carlos
Duran
,
si
è
in
seguito
imposto
con
sempre
maggiore
chiarezza
,
malgrado
qualche
sporadica
carica
da
toro
,
del
Garbelli
attuale
,
ormai
alla
deriva
.
Il
round
migliore
risultò
il
quarto
,
tre
minuti
di
infuocata
battaglia
,
mentre
sul
finire
il
confronto
corse
il
rischio
di
tramutarsi
in
una
ignobile
rissa
da
strada
.
Garbelli
ha
le
maggiori
colpe
.
Con
questa
nuova
sconfitta
-
Duran
lo
ha
superato
largamente
,
circa
quattro
punti
-
con
questa
ennesima
battuta
di
arresto
,
il
milanese
vede
allontanarsi
il
suo
sogno
,
ossia
Lazslo
Papp
ed
il
campionato
d
'
Europa
per
i
medi
.
Per
Juan
Carlos
Duran
-
che
deve
aver
risentito
del
gran
freddo
milanese
-
il
meglio
dovrebbe
ancora
venire
:
Fortilli
e
Bruno
Visintin
,
ad
un
limite
di
peso
ragionevole
,
sembrano
gli
unici
italiani
in
grado
di
affrontarlo
.
Mercoledì
notte
Nando
Strozzi
ha
confessato
,
in
giro
,
di
allenare
,
nella
sua
palestra
,
un
terzo
argentino
che
gli
darà
soddisfazione
:
si
chiama
Kid
Oliva
,
fa
il
«
leggero
»
.
Presto
Vecchiatto
,
Nobile
e
Campari
se
Io
troveranno
fra
i
piedi
.
Gli
altri
tre
vincitori
,
Renato
Bianchini
,
Plinio
Scarabellin
e
Mastellaro
,
non
mi
sembra
il
caso
di
giudicarla
,
almeno
stavolta
.
StampaQuotidiana ,
Una
incredibile
notte
dalle
parti
di
Tuscania
,
a
due
passi
da
Roma
,
tra
raffiche
di
mitra
,
bengala
che
si
alzavano
in
cielo
,
gracidio
di
radio
portatili
,
ordini
imperiosi
gridati
in
un
megafono
e
l
'
allora
colonnello
dei
carabinieri
Mori
che
,
a
grandi
gesti
,
invitava
noi
cronisti
a
buttarsi
per
terra
per
non
essere
presi
in
pieno
dai
colpi
.
Che
anno
era
?
Non
lo
ricordo
più
.
Un
gruppo
di
fuoco
dei
brigatisti
rossi
,
ad
un
posto
di
blocco
della
zona
,
aveva
massacrato
due
giovanissimi
e
inesperti
carabinieri
.
Rivedo
ancora
,
con
gli
occhi
della
memoria
,
la
scarpa
di
uno
di
quei
ragazzi
che
si
era
sfilata
,
la
banda
rossa
sui
pantaloni
della
divisa
e
il
corpo
appoggiato
di
lato
.
Nel
buio
,
nel
gelo
,
tra
forre
,
pozzi
e
alberi
,
i
due
gruppi
armati
avevano
cominciato
a
spararsi
tra
loro
in
un
caos
indescrivibile
e
con
le
pallottole
che
fischiavano
da
tutte
le
parti
.
Ad
un
tratto
,
per
la
sciabolata
di
luce
di
una
torcia
elettrica
,
avevo
visto
Paolo
Zardo
di
«
Paese
Sera
»
che
cercava
di
traversare
una
stradina
,
senza
rendersi
bene
conto
di
quello
che
stava
accadendo
.
Allora
mi
ero
messo
a
gridare
come
un
pazzo
:
«
Paolo
,
Paolo
,
buttati
giù
.
Qui
sparano
tutti
»
.
Il
colonnello
Mori
,
mi
aveva
tirato
per
il
cappotto
per
mettermi
al
riparo
.
Ma
io
continuavo
ad
urlare
:
«
Paolo
,
Paolo
,
attento
»
.
Per
un
attimo
,
mi
si
erano
parati
davanti
i
visi
in
lacrime
di
Lilli
Bonucci
,
la
«
sua
ragazzona
»
e
quelli
dei
loro
figli
piccolissimi
:
Piero
e
Francesco
.
Allora
avevo
spiccato
la
corsa
e
raggiunto
Paolo
in
mezzo
alla
stradina
.
Lo
avevo
subito
acchiappato
al
volo
scaraventandolo
a
terra
in
mezzo
alla
polvere
nella
quale
eravamo
rotolati
insieme
.
Ricordo
ancora
un
paio
di
insulti
in
veneziano
e
una
specie
di
grido
strozzato
:
«
Ma
che
cazzo
fai
?
»
.
La
spiegazione
aveva
richiesto
solo
qualche
istante
affannoso
.
Quello
era
il
lavoro
,
di
giorno
e
di
notte
,
di
noi
cronisti
,
nel
periodo
più
terribile
e
angoscioso
del
terrorismo
.
Fu
l
'
ultima
volta
che
lavorai
con
Paolo
Zardo
e
non
riesco
che
a
ricordarlo
come
lo
vidi
in
quella
situazione
:
calmo
,
tranquillo
,
con
il
loden
verde
in
quella
notte
maledetta
,
piena
di
freddo
paura
e
angoscia
.
Caro
Paolo
,
quanto
lavoro
e
quanta
fatica
,
in
nome
della
verità
,
della
giustizia
.
E
con
la
profonda
convinzione
che
stavamo
combattendo
per
una
Italia
migliore
,
contro
le
trame
,
le
stragi
,
il
golpismo
imperante
e
per
la
democrazia
del
nostro
scassatissimo
paese
.
Ma
di
quale
giornalismo
distaccato
e
freddo
si
va
raccontando
?
C
'
erano
le
trame
nere
e
i
delitti
infami
dei
brigatisti
rossi
che
,
stranamente
,
sparavano
ai
magistrati
democratici
e
onesti
o
a
semplici
carabinieri
e
poliziotti
da
un
milione
e
mezzo
al
mese
.
Subito
dopo
gridavano
di
aver
«
colpito
al
cuore
lo
Stato
»
.
Ci
facevano
orrore
le
loro
chiacchiere
,
i
loro
documenti
di
rivendicazione
,
così
ridondanti
,
difficili
,
funerei
,
scritti
con
la
puzza
sotto
il
naso
e
molto
,
molto
borghesi
.
Un
anno
fa
,
proprio
in
questi
giorni
,
Paolo
Zardo
è
andato
via
per
sempre
e
all
'
improvviso
.
Era
convinto
che
,
forse
,
ce
l
'
avrebbe
fatta
con
quel
suo
cuore
ballerino
.
Invece
proprio
lui
,
il
cuore
,
lo
aveva
fregato
.
Ma
il
cuore
,
per
convenzione
,
è
anche
sede
di
tante
cose
.
Il
tuo
era
quello
di
uomo
coraggioso
,
di
una
persona
leale
e
onesta
.
Onesta
e
testarda
come
lo
sono
tutti
i
veneziani
.
Quelli
che
,
quando
scelgono
,
scelgono
fino
in
fondo
,
costi
quel
che
costi
.
Viene
da
ridere
a
pensare
che
eri
l
'
unico
cronista
e
inviato
di
«
Paese
Sera
»
che
avrebbe
voluto
lavorare
,
come
atto
di
fede
,
all
'
Unità
dove
,
ai
vecchi
tempi
,
davano
lo
stipendio
di
un
operaio
metallurgico
.
Al
grande
e
diffusissimo
«
Paese
Sera
»
,
la
paga
era
,
invece
,
quella
sindacale
.
Insomma
,
eri
uno
dei
pochi
che
chiedeva
,
in
nome
di
quel
tuo
essere
comunista
e
iscritto
al
Pci
,
di
guadagnare
ancora
di
meno
,
lavorando
-
come
si
diceva
allora
-
nel
giornale
di
Gramsci
e
di
Togliatti
.
Ovviamente
non
ti
accontentarono
mai
.
Tra
i
banconi
della
tipografia
e
le
grandi
stanze
a
vetrate
della
vecchia
sede
di
via
dei
Taurini
,
eri
necessario
per
«
Paese
Sera
»
che
aveva
bisogno
di
cronisti
con
i
fiocchi
che
credevano
davvero
-
senza
puzza
sotto
il
naso
-
in
quel
che
stavano
facendo
.
A
volte
,
negli
intervalli
del
pranzo
,
ne
parlavamo
fuori
,
facendo
due
passi
.
Ci
raggiungeva
Gianni
Rodari
che
,
con
grande
dolcezza
,
ti
diceva
di
piantarla
.
Eri
un
comunista
?
Allora
dovevi
stare
dove
eri
più
utile
al
partito
e
al
giornale
.
E
tu
,
ovviamente
,
brontolando
a
bassa
voce
come
facevi
sempre
,
finivi
per
dire
,
ridendo
:
«
Va
bene
,
obbedisco
»
.
Un
anno
fa
,
quando
Paolo
Zardo
ci
ha
lasciati
,
l
'
Unità
non
era
in
edicola
e
non
abbiamo
potuto
ricordarlo
come
sarebbe
stato
giusto
.
Né
lui
,
né
il
suo
lavoro
.
Lo
facciamo
ora
.
Nato
nel
1928
,
Paolo
Zardo
,
figlio
di
musicisti
,
era
subito
entrato
in
contatto
con
i
giornali
.
Era
orgogliosissimo
di
essere
un
veneziano
puro
,
vero
,
autentico
.
Nel
1958
era
arrivato
a
Roma
e
lo
avevano
piazzato
subito
nella
cronaca
di
«
Paese
Sera
»
.
Era
curioso
,
onesto
.
Scriveva
con
misura
e
senza
esagerazioni
.
Quando
aveva
in
mano
una
qualche
notizia
,
riusciva
sempre
ad
arrivare
fino
in
fondo
.
Dopo
una
certa
attesa
(
allora
non
era
facile
diventarlo
)
lo
avevano
promosso
«
inviato
di
cronaca
per
i
grandi
fatti
»
.
Così
,
Zardo
aveva
seguito
,
con
dolore
,
orrore
e
rabbia
,
la
strage
di
Piazza
Fontana
,
quella
di
Brescia
,
quella
dell
'
Italicus
,
i
neofascisti
di
Pian
di
Rascino
,
il
sequestro
di
Cristina
Mazzotti
,
il
terremoto
in
Friuli
,
i
funerali
di
Togliatti
,
l
'
assassinio
di
Moro
.
Mille
volte
e
a
qualunque
ora
,
ci
incontravamo
sul
lavoro
.
Purtroppo
,
ricordare
un
cronista
e
un
inviato
,
significa
sempre
ricollegarsi
ai
grandi
«
fatti
»
e
alle
tragedie
di
mezzo
mondo
per
raccontare
le
quali
i
giornalisti
-
sia
detto
senza
retorica
-
spendono
tutto
il
loro
tempo
,
la
passione
,
la
fatica
e
,
a
volte
,
persino
la
vita
.
Paolo
Zardo
ha
sempre
dato
con
generosità
e
coraggio
.
Fare
il
cronista
,
per
lui
,
significava
semplicemente
stare
con
la
gente
,
aiutarla
,
capirla
,
dare
una
mano
.
Paolo
,
nella
vita
,
ha
scritto
un
solo
libro
.
Era
intitolato
:
«
Cronaca
addio
»
.
StampaQuotidiana ,
Voi
siete
e
vi
sentite
liberi
.
Tutti
i
sofismi
di
una
misera
filosofia
,
che
vorrebbe
sostituire
,
una
dottrina
non
so
quale
fatalismo
al
grido
della
coscienza
umana
,
non
valgono
a
cancellare
due
testimonianze
invincibili
a
favore
della
libertà
:
il
rimorso
ed
il
martirio
.
Da
Socrate
a
Gesù
,
da
Gesù
fino
agli
uomini
che
son
morti
e
che
muoiono
per
la
patria
,
i
martiri
di
una
fede
protestano
contro
la
servile
dottrina
,
gridando
:
«
Noi
amavamo
la
vita
;
amavamo
esseri
che
ce
la
rendevano
cara
e
che
ci
supplicavano
di
cedere
;
tutti
gli
impulsi
del
cuore
dicevano
«
Vivi
»
a
ciascuno
di
noi
;
ma
per
la
salute
delle
generazioni
avvenire
scegliemmo
morire
»
.
Da
Caino
alla
spia
volgare
dei
nostri
giorni
,
i
traditori
dei
proprii
fratelli
gli
uomini
che
si
son
messi
sulla
via
del
male
;
sentono
nel
profondo
dell
'
anima
una
condanna
,
una
irrequietezza
,
un
rimprovero
,
che
dice
a
ciascuno
di
essi
:
«
Perché
ti
allontani
dalla
via
del
bene
?
»
.
Voi
siete
liberi
quindi
responsabili
.
Da
questa
libertà
morale
scende
il
vostro
diritto
alla
libertà
politica
,
il
vostro
dovere
di
conquistarvela
e
di
mantenerla
inviolata
,
il
dovere
in
altrui
di
non
menomarla
.
Partigiani
,
a
distanza
di
un
secolo
così
vi
saluta
Giuseppe
Mazzini
.
StampaQuotidiana ,
C
'
era
un
sogno
,
racconta
Primo
Levi
,
che
tornava
spesso
ad
angustiare
le
notti
dei
prigionieri
dei
campi
di
annientamento
:
il
sogno
di
esser
tornati
a
casa
e
di
cercar
di
raccontare
ai
famigliari
e
agli
amici
le
sofferenze
passate
,
ed
accorgersi
con
un
senso
di
pena
desolata
ch
'
essi
non
ascoltano
,
che
non
capiscono
nulla
di
quello
che
loro
si
dice
.
Io
credo
che
tutti
gli
scampati
che
abbiano
provato
a
scrivere
le
proprie
memorie
su
quella
terribile
esperienza
,
si
siano
sentiti
prendere
da
quella
pena
desolata
:
d
'
aver
vissuto
un
'
esperienza
che
passa
i
limiti
del
dicibile
e
dell
'
umano
,
una
esperienza
che
non
potranno
mai
comunicare
in
tutto
il
suo
orrore
a
nessuno
,
e
il
cui
ricordo
continuerà
a
perseguitarli
col
tormento
della
sua
incomunicabilità
,
come
un
prolungamento
della
pena
.
Per
fatti
come
i
campi
d
'
annientamento
sembra
che
qualsiasi
libro
debba
essere
troppo
da
meno
della
realtà
per
poterli
reggere
.
Pure
,
Primo
Levi
ci
ha
dato
su
questo
argomento
un
magnifico
libro
(
Se
questo
è
un
uomo
,
Ed
.
De
Silva
,
1948
)
che
non
è
solo
una
testimonianza
efficacissima
,
ma
ha
delle
pagine
di
autentica
potenza
narrativa
,
che
rimarranno
nella
nostra
memoria
tra
le
più
belle
della
letteratura
sulla
Seconda
guerra
mondiale
.
Primo
Levi
fu
deportato
ad
Auschwitz
al
principio
del
'44
insieme
col
contingente
d
'
ebrei
italiani
del
campo
di
concentramento
di
Fossoli
.
Il
libro
si
apre
appunto
colla
scena
della
partenza
da
Fossoli
,
scena
d
'
una
apertura
biblica
(
vedi
l
'
episodio
del
vecchio
Gattegno
)
e
in
cui
già
si
sente
quel
peso
di
rassegnazione
di
popolo
ramingo
sulla
terra
da
secoli
e
secoli
che
peserà
su
tutto
il
libro
.
Poi
,
il
viaggio
,
l
'
arrivo
ad
Auschwitz
,
e
,
altra
scena
di
struggente
potenza
,
la
separazione
degli
uomini
dalle
donne
e
dai
bambini
,
di
cui
mai
più
sapranno
nulla
.
Poi
la
vita
del
campo
:
Levi
non
si
limita
a
lasciare
parlare
i
fatti
,
li
commenta
senza
forzar
mai
la
voce
e
pure
senza
accenti
di
studiata
freddezza
.
Studia
con
una
pacatezza
accorata
cosa
resta
di
umano
in
chi
è
sottoposto
a
una
prova
che
di
umano
non
ha
nulla
.
Null
-
Achtzen
,
«
zero
-
diciotto
»
,
il
suo
compagno
di
lavoro
che
ormai
è
come
un
automa
che
non
reagisce
più
e
marcia
senza
ribellarsi
verso
la
morte
,
è
il
tipo
umano
cui
i
più
si
modellano
,
in
quel
lento
processo
d
'
annientamento
morale
e
fisico
che
porta
inevitabilmente
alle
camere
a
gas
.
Suo
termine
antitetico
è
il
«
Prominenten
»
,
il
privilegiato
,
l
'
uomo
che
si
«
organizza
»
che
riesce
a
trovare
il
modo
di
aumentare
il
suo
cibo
quotidiano
di
quel
tanto
che
basta
per
non
esser
eliminato
,
che
riesce
ad
acquistare
una
posizione
di
predominio
sugli
altri
e
a
vivere
sulla
rovina
altrui
;
tutte
le
sue
facoltà
sono
tese
a
uno
scopo
elementare
e
supremo
:
sopravvivere
.
Le
figure
che
Levi
ci
disegna
sono
dei
veri
e
propri
personaggi
con
una
compiuta
psicologia
:
l
'
ingegner
Alfred
L
.
che
continua
a
mantenere
tra
i
compagni
di
sofferenze
la
posizione
di
predominio
che
ha
sempre
tenuto
nella
vita
sociale
,
e
quell
'
assurdo
Elias
,
che
sembra
nato
dal
fango
del
Lager
e
che
è
impossibile
immaginare
come
uomo
libero
,
e
quell
'
agghiacciante
personaggio
del
dottor
Pannwitz
,
personificazione
del
fanatismo
scientifico
del
germanesimo
.
Certe
scene
raccontate
dal
Levi
ci
ricostruiscono
tutta
un
'
atmosfera
e
un
mondo
:
il
suono
della
banda
musicale
che
accompagna
ogni
mattina
i
forzati
al
lavoro
,
fantomatico
simbolo
di
quella
geometrica
follia
;
e
le
notti
angosciose
nella
stretta
cuccetta
,
coi
piedi
del
compagno
vicino
al
volto
;
e
la
terribile
scena
della
scelta
degli
uomini
da
mandare
alle
camere
a
gas
,
e
quella
dell
'
impiccagione
di
chi
,
in
quell
'
inferno
di
rassegnazione
e
di
annientamento
,
trova
ancora
il
coraggio
di
cospirare
e
di
resistere
,
con
quel
grido
sulla
forca
:
«
Kamaraden
,
ich
bin
der
Letzte
!
»
.
Compagni
,
io
sono
l
'
ultimo
!
StampaQuotidiana ,
I
rapporti
fra
Chiesa
e
Stato
,
specie
in
Italia
,
sono
fatti
di
sfumature
.
Ecco
perché
si
impone
sempre
,
ma
soprattutto
nei
momenti
di
tensione
o
di
inquietudine
,
una
grande
dose
di
discrezione
,
di
prudenza
,
di
misura
.
Talvolta
può
bastare
un
aggettivo
ad
alterarli
,
una
parola
di
troppo
a
turbarli
.
Un
esempio
.
All
'
indomani
del
varo
della
legge
sul
divorzio
,
dopo
il
contrastato
e
tormentato
dibattito
prolungatosi
fino
all
'
alba
di
martedì
a
Montecitorio
,
in
un
clima
evocante
le
grandi
dispute
del
Risorgimento
(
con
un
tono
di
nobiltà
comune
alle
due
sponde
:
basti
pensare
ad
un
Gonella
per
i
cattolici
)
,
giunse
da
Sydney
la
notizia
che
il
Papa
aveva
espresso
«
profondo
dolore
»
per
il
voto
del
Parlamento
italiano
.
Ci
furono
due
versioni
,
a
distanza
di
poche
ore
,
di
quello
che
era
presentato
come
un
comunicato
della
sala
stampa
della
Santa
Sede
.
Una
accennava
all
'
iter
della
legge
che
non
poteva
dirsi
ancora
completo
,
«
esigendosi
per
questo
la
firma
del
capo
dello
Stato
»
.
L
'
altro
testo
,
quello
poi
ripreso
dalle
fonti
cattoliche
,
si
limitava
a
parlare
della
decisione
dell
'
assemblea
,
«
per
quanto
non
inattesa
»
,
che
aveva
colpito
il
Pontefice
,
ma
ometteva
giustamente
,
e
responsabilmente
,
ogni
riferimento
,
diretto
o
indiretto
,
al
capo
dello
Stato
.
Tutto
fa
pensare
che
la
seconda
versione
,
la
più
cauta
e
la
più
vigilata
,
corrispondesse
al
vero
pensiero
di
Paolo
VI
.
La
prima
,
scritta
in
fretta
da
qualche
collaboratore
forse
troppo
zelante
,
poteva
generare
l
'
impressione
che
la
Santa
Sede
ipotizzasse
un
possibile
contrasto
-
del
tutto
inimmaginabile
-
fra
il
Parlamento
e
il
capo
dello
Stato
,
calcolasse
su
un
gesto
di
reazione
o
di
ritardo
da
parte
del
presidente
della
Repubblica
nei
riguardi
del
solenne
«
sì
»
di
Montecitorio
:
un
gesto
che
costituzionalmente
non
era
pensabile
,
per
il
carattere
parlamentare
della
nostra
Repubblica
,
e
nel
caso
specifico
era
escluso
dai
sentimenti
e
dalle
convinzioni
di
fedeltà
laica
e
risorgimentale
,
anche
se
al
di
fuori
di
ogni
suggestione
anticlericale
,
caratteristiche
di
Saragat
(
immaginate
il
dramma
di
un
presidente
democristiano
!
)
.
Ecco
un
'
area
in
cui
la
prudenza
non
è
mai
troppa
.
Se
il
testo
del
comunicato
pontificio
non
avesse
contenuto
,
in
nessuna
delle
due
versioni
,
l
'
incauto
ed
in
ogni
caso
impreciso
riferimento
al
capo
dello
Stato
e
alla
sua
«
firma
»
,
si
sarebbe
evitato
un
momento
,
non
diciamo
di
antagonismo
o
di
contrapposizione
,
ma
semplicemente
di
ombra
e
di
sospetto
fra
Chiesa
e
Stato
,
fra
Vaticano
e
Quirinale
.
È
quello
che
dobbiamo
augurarci
per
i
prossimi
sviluppi
della
vicenda
divorzista
,
all
'
indomani
del
ritorno
del
Pontefice
dal
suo
lungo
e
drammatico
periplo
asiatico
,
cominciato
con
l
'
attentato
delle
Filippine
e
terminato
con
1'«autocensura»
del
messaggio
di
Hong
-
Kong
,
di
fronte
alla
polemica
,
ormai
aperta
e
non
senza
abili
inserimenti
comunisti
,
sulla
revisione
del
Concordato
davanti
alle
prospettive
di
una
nuova
regolamentazione
dell
'
intero
diritto
di
famiglia
.
La
democrazia
cristiana
ha
dimostrato
,
occorre
riconoscerlo
,
un
grande
senso
di
responsabilità
nell
'
ultimo
arco
della
battaglia
divorzista
.
Dapprima
ha
appoggiato
-
merito
della
segretaria
Forlani
-
la
mediazione
Leone
sul
progetto
Fortuna
-
Baslini
;
in
un
secondo
tempo
,
nonostante
le
oscure
e
spesso
oblique
manovre
sul
decretone
,
ha
imposto
alla
Camera
la
salvaguardia
sostanziale
dei
patti
di
palazzo
Madama
,
che
implicavano
la
rinuncia
,
non
formale
ma
nei
fatti
,
ad
ulteriori
emendamenti
al
testo
del
progetto
già
rivisto
.
Le
pressioni
del
mondo
cattolico
più
oltranzista
sono
state
respinte
o
contenute
.
Non
si
è
ceduto
alla
tentazione
,
pur
forte
,
di
una
«
guerra
di
religione
»
sul
divorzio
;
si
sono
salvaguardate
le
intese
,
ben
altrimenti
importanti
,
coi
partiti
di
democrazia
laica
,
malgrado
il
prezzo
così
amaro
.
L
'
atteggiamento
della
parte
migliore
della
Dc
,
sul
referendum
è
indicativo
al
riguardo
.
Né
Colombo
né
Forlani
hanno
detto
«
no
»
all
'
iniziativa
di
un
possibile
referendum
abrogativo
,
annunciata
da
gruppi
anche
autorevoli
del
laicato
credente
;
ma
hanno
fatto
capire
chiaramente
,
attraverso
calcolati
silenzi
o
indirette
allusioni
,
che
non
desidererebbero
una
prova
di
forza
,
necessariamente
estesa
a
rimettere
in
discussione
l
'
anagrafe
cattolica
degli
italiani
.
Non
vorrebbero
trovarsi
alleati
con
la
sola
estrema
destra
,
una
compagna
di
strada
troppo
ingombrante
;
non
vorrebbero
rialzare
gli
storici
steccati
fra
guelfi
e
ghibellini
,
che
tanto
preoccupavano
De
Gasperi
.
La
Dc
preferirebbe
una
riforma
concordata
-
Colombo
l
'
ha
detto
con
lealtà
-
del
diritto
di
famiglia
:
concordata
nell
'
ambito
della
coalizione
quadripartita
,
e
senza
le
ritornanti
e
riammiccanti
offerte
dei
comunisti
,
più
che
mai
cauti
e
sottili
nel
loro
complesso
rapporto
col
mondo
cattolico
.
E
pronti
a
spostarsi
,
dal
«
sì
»
obbligato
al
divorzio
,
ad
una
linea
possibilista
e
di
dialogo
articolato
.
Non
sappiamo
quanto
le
prudenze
della
Dc
saranno
premiate
,
o
confortate
,
dallo
sviluppo
dei
fatti
.
Tutto
è
incerto
:
la
linea
dell
'
azione
cattolica
,
l
'
atteggiamento
dei
vescovi
,
le
stesse
decisioni
della
conferenza
episcopale
,
che
riflette
le
divisioni
post
-
conciliari
.
Sappiamo
solo
che
molto
dipende
dalla
Curia
,
dal
Vaticano
,
diciamolo
pure
senza
mezzi
termini
dal
Papa
,
da
questo
Papa
tormentato
e
problematico
in
cui
sembrano
consumarsi
tutte
le
contraddizioni
della
Chiesa
di
oggi
,
tese
e
laceranti
fino
quasi
ad
un
'
ansia
di
martirio
.
Per
la
formazione
anche
culturale
e
familiare
tipica
di
Paolo
VI
,
il
colpo
subito
dal
Papa
,
con
l
'
introduzione
del
divorzio
in
Italia
,
deve
essere
stato
grandissimo
.
Pensiamo
alla
vecchia
borghesia
cattolica
di
Brescia
,
al
clima
in
cui
il
giovane
Montini
si
è
formato
,
in
quell
'
età
giolittiana
in
cui
nessun
progetto
di
divorzio
arrivava
alle
soglie
dell
'
aula
,
anche
per
l
'
ironica
resistenza
di
Giolitti
(
«
il
divorzio
interessa
solo
due
scapoli
:
il
Papa
e
Zanardelli
»
:
amava
dire
il
grande
statista
quando
era
ancora
ministro
dell
'
interno
nel
governo
di
Zanardelli
,
un
altro
bresciano
,
il
contraltare
laico
del
mondo
guelfo
)
.
Ma
la
delicatezza
dei
rapporti
fra
Chiesa
e
Stato
in
Italia
,
e
degli
stessi
precari
assetti
concordatari
,
sopravvissuti
ad
un
regime
così
diverso
e
lontano
da
quello
di
oggi
,
deve
spingere
il
Pontefice
ad
un
grande
sforzo
di
comprensione
e
di
moderazione
,
il
solo
degno
dei
tempi
,
il
solo
ispirato
alla
carità
pastorale
del
Pontificato
,
all
'
ecumenismo
che
equipara
l
'
Italia
alle
Filippine
.
Tutta
la
materia
del
Concordato
è
oggetto
di
revisione
:
fin
dalla
commissione
costituita
da
Moro
.
Il
matrimonio
concordatario
come
tale
è
un
monstrum
giuridico
,
seguito
ad
un
'
abdicazione
irripetibile
del
potere
civile
,
in
cambio
di
vantaggi
di
prestigio
oggi
irreali
.
Ci
sono
certe
difese
,
che
non
difendono
nulla
;
certe
resistenze
ad
oltranza
,
che
compromettono
solo
i
valori
fondamentali
.
Ed
oggi
il
valore
fondamentale
è
,
per
ammissione
generale
,
la
salvezza
della
libertà
religiosa
,
la
difesa
della
libertà
di
coscienza
:
egualmente
sacre
al
mondo
laico
e
al
mondo
cattolico
.
Un
secolo
non
dovrebbe
essere
passato
invano
dal
20
settembre
.