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Roma , il suo popolo , l ' Italia del lavoro hanno tributato a Giuseppe Di Vittorio una manifestazione grandiosa , quasi indescrivibile , di cordoglio e di affetto . Lungo tutto il percorso , per almeno tre chilometri , una folla di centinaia di migliaia di persone ha fatto ala al corteo funebre , tra scene strazianti di dolore , mentre dietro le corone , i gonfaloni , il carro funebre , le personalità , una massa sterminata solcata da bandiere rosse e tricolori ha seguito il funerale . Forse 200.000 persone , forse di più hanno gremito quindi il piazzale delle Scienze e tutte le vie e i corsi adiacenti per ascoltare le parole dell ' estremo saluto alla salma pronunciate dagli oratori designati per la mesta e imponente cerimonia . Alle 16 , puntualmente , si è aperto il portone centrale del palazzo della CGIL , e la bara , issata a spalle da otto operai , è stata deposta nel carro funebre . Dai balconi si scorgevano , sotto i platani del Corso d ' Italia , una fitta selva di drappi abbrunati e folla a perdita d ' occhio . Un ' emozione intensa aveva contrassegnato gli ultimi turni di guardia , fatti dai compagni della direzione del PCI e della segreteria della CGIL nella camera ardente , nel teso silenzio della stanza , mentre si liberava il passaggio da un mare di fiori che via via si era accumulato al suolo , lungo i gradini dello scalone . E la stessa emozione ha preso la folla che vedeva scendere la bara dalla grande casa dei lavoratori . « Ci hai lasciato ! » gridava la gente , tra i singhiozzi . Dopo pochi minuti il corteo si è mosso , lentissimo . Per quasi un chilometro si sono incamminati , su triplice fila , i compagni che reggevano le corone , oltre 200 , i cuscini di fiori , più di .50 . Erano operai e operaie della Fiorentini e della Centrale del Latte , erano i braccianti venuti dalle Puglie , i lavoratori di ogni città italiana , donne , bambini , pensionati . Il gonfalone di Cerignola , issato dai valletti del Comune , era in testa , seguito dalla bandiera della Lega del paese natale di Di Vittorio . Poi , ancora , lo stendardo della FSM , la bandiera della CGIL , quella del Comune di Roma , della Provincia , del PCI , del PSI , della CDL , la bandiera dell ' ATAC seguita da uno stuolo enorme di tranvieri , ancora folla di contadini pugliesi , bandiere , le corone di Anita , dei figli , dei nipoti . Al lato del carro funebre si sono disposti i valletti della Camera dei deputati e del Comune , e dietro i congiunti dello scomparso , la vedova sorretta da due compagni , Baldina e Giuseppe Berti , Vindice Di Vittorio . La partecipazione delle personalità politiche e sindacali è stata altissima . Accanto al sindaco della città , Umberto Tupini erano il vicepresidente del Senato Molè , i vicepresidenti della Camera Targetti , Rapelli e D ' Onofrio , il ministro del Lavoro Gui in rappresentanza del governo , il presidente della Provincia di Roma , Bruno , l ' on. Rubinacci , il questore Musco , l ' on. Villabruna , la segreteria della CGIL , la segreteria della CISL guidata dall ' on. Pastore , quella della UIL , guidata dal dott. Italo Viglianesi , la direzione del PCI , con il compagno Luigi Longo , quella del PSI , guidata dal compagno Pietro Nenni , il segretario della CISNAL , prof. Landi , l ' ing. Salvi per la Confindustria , il dott. Donini , per la Confagricoltura , l ' on. Ferruccio Parri , l ' on. Chiaramello , l ' on. Cappugi , il gen. Brigante , Cesare Zavattini e l ' on. Terranova per il comitato nazionale della pace , i rappresentanti di tutte le Camere del Lavoro italiane , il segretario generale della Camera , dottor Piermani . La FSM era rappresentata da Saillant , Grassi , Casadei , Bras , Duvuet , Adducci , Banchieri . Seguiranno i funerali delegati dei Sindacati francesi : Le Brun e Raynaud ; sovietici : Berezin e Kanaier ; cecoslovacchi : Hnilic , Topek , Vondres ; polacchi : Gajeroski , Gebert , Wandas e una delegazione dei sindacati bulgari , un ' altra dei sindacati rumeni . Dietro , ancora , la folla dei lavoratori e dei compagni di tutte le Federazioni del Partito , con le bandiere in testa . Ad ogni minuto , man mano che il carro funebre avanzava , dalle 16.15 fino alle 18 , si sono ripetute le manifestazioni di cordoglio del popolo , ammassato lungo i viali alberati , sotto le mura di cinta che costeggiano il percorso , dai balconi delle case . In via Campania , parallela al Corso d ' Italia , abbiamo visto un gruppo di muratori sui tralicci di una casa in costruzione , sull ' attenti , il pugno chiuso nel saluto , dal cornicione che sormonta il ministero dei Lavori Pubblici , in piazza Fiume , una fila ininterrotta di impiegati ; sul tetto dei filobus fermi i tranvieri , tra le forbici dei rami , sui platani del corso , giovani e ragazzi , dalle finestre del Policlinico malati , infermiere , suore che pregavano . Non appena giungeva il carro funebre , trainato da due pariglie di cavalli , la folla era percorsa da un mormorio di compianto , dal grido disperato di uomini e donne , dai singhiozzi . Si sono ripetute così , ad ogni angolo di strada , le scene di dolore a cui avevamo assistito nella camera ardente , cenni di benedizione , segni di croce , bambini in ginocchio , carabinieri , agenti di PS , vigili del fuoco , soldati che nascondevano a fatica la commozione , nel rigido attenti del saluto militare . Anita Di Vittorio era raggiunta quasi ininterrottamente dalla voce di donne in lutto , come lei , che gridava : « Coraggio , fatti forza ! » . Tutti i negozi , lungo il percorso , avevano abbassato le saracinesche , così i cinema e i caffè . Pareva che tutta la città si fosse data questo mesto appuntamento e si confondesse , così , ogni divisione , di ceti sociali , di età , di mestiere . Mischiati tra la folla abbiamo visto i volti noti di amici , di operai e di intellettuali . Vasco Pratolini piangeva accoratamente , in prima fila lungo l ' ala destra del Corso Italia ; tipografi del giornale , fattorini , commesse di negozi , studenti , giardinieri di Villa Borghese , pensionati delle ferrovie , operai in tuta della sede Pirelli , vicino a piazza della Croce Rossa : tutti sostavano lungo il percorso . Era , davvero , come se fossero presenti qui i lavoratori di tutta l ' Italia , quegli operai che tenevano i ritratti di Di Vittorio nelle stanzette delle Commissioni Interne , nei saloni delle CDL , quei braccianti , quei mezzadri , quegli impiegati di ogni corrente sindacale e politica per i quali il nome del segretario della CGIL era prima di tutto il nome di un compagno e d ' un amico prezioso . Quando il carro funebre è giunto , verso le 17.40 al piazzale delle Scienze , una donna è giunta a toccare la bara e ha detto : « Peppino , non te ne dovevi andare , abbiamo ancora tanto bisogno di te » . La sua affettuosa parola sintetizzava il sentimento della grande folla che lentamente si ammassava nel piazzale , caduta la sera , sotto la luce di potenti riflettori che illuminavano il palco eretto al fondo , le corone , le bandiere , i visi dei presenti . Nel silenzio ha preso allora la parola Mario Mammucari , segretario della CDL di Roma . La città concludeva così coi discorsi celebrativi una manifestazione di cordoglio e di omaggio di cui non si ricorda l ' eguale . « I poveri sono tanti ! » diceva una donna a una sua vicina che le faceva osservare : « Quanta gente , quanta gente ! » . I poveri , le forze del lavoro , gli umili , i bisognosi hanno detto in questo modo , colla loro presenza , coi loro fiori ( in Roma non si trovava più un garofano rosso ) quanto amassero Di Vittorio , quanto sappiano riconoscere e onorare chi ha dedicato loro la sua vita , chi è morto lavorando per la causa del loro riscatto . Verso le 19.30 , chiusasi la cerimonia ufficiale di commiato , i lavoratori non sapevano staccarsi dalla salma di Di Vittorio . Ciò che già distingueva l ' anima popolare , durante il corteo , era la partecipazione accorata e personale di ciascuno , il bisogno che si manifestava in mille modi ( quanti privati cittadini , quanti gruppetti di massaie , hanno composto e recato sulle loro mani piccoli cuscini di fiori , quanti bimbi sono giunti con un crisantemo per gettarlo sul feretro ! ) di testimoniare singolarmente l ' omaggio . E , appunto , quando il feretro si è mosso verso il cimitero , il Verano , la folla lo ha accompagnato , preceduto , seguito , circondato , una folla di decine di migliaia di persone . Arrivando al quartiere San Lorenzo , quartiere operaio e antifascista , nuova gente si accodava . Lungo via Tiburtina due tranvieri hanno cominciato a disfare una corona e a gettare i fiori davanti al passaggio del carro funebre . L ' esempio è stato subito seguito . In pochi minuti dalle corone e cuscini , garofani , rose , gigli , crisantemi sono stati sfilati e sparsi per terra . La salma è stata inumata alle ore 20 nella tomba che già accoglie le spoglie di due altri grandi compagni , Ruggero Grieco e Concetto Marchesi . Mentre la bara veniva posata , un compagno di Cerignola , un venditore ambulante , si è buttato ad abbracciarla in un ultimo disperato saluto . Il padre di questo compagno era uno dei vecchi combattenti , dei braccianti che con Di Vittorio avevano fondato la Lega di lotta .
ZAVORRA ( - , 1934 )
StampaQuotidiana ,
All ' indomani del plebiscito dell ' anno XII , si disse che in Italia esistevano quindicimila deficienti . Questa cifra non è eccessiva , specialmente se posta in relazione col totale della popolazione del Regno che supera i 43 milioni di abitanti . Abbiamo , però , dovuto constatare che nella settimana precedente l ' ultimo Consiglio dei Ministri , il numero dei deficienti in Italia è parso straordinariamente aumentato . Speriamo che si tratti di una deficienza temporanea , di un cretinismo intermittente , di un ' idiozia non assolutamente inguaribile . Solo , infatti , dei deficienti in funzione di speculatori o degli speculatori in funzione di deficienti mentali , hanno potuto diffondere , specie nei paraggi delle Borse , una serie di voci una più assurda dell ' altra . E cioè che si sarebbero nuovamente decurtati gli stipendi dei dipendenti dello Stato , che si sarebbero tassate le cedole dei titoli pubblici , ribassati gli affitti e , dulcis in fundo , svalutata la lira . Il Consiglio dei Ministri si è riunito , sabato scorso 8 , alle ore 10 , al Viminale , e non è accaduto niente di ciò . Gli stipendi non sono stati toccati , perché , per quanto gli stipendi non siano mai stati diminuiti dal 1922 ad oggi , com ' è stato irrefutabilmente documentato , il tema stipendi è stato sempre toccato a distanza di molti anni e non si può certo riprendere , ora specialmente che i prezzi tendono , sia pure lievemente , all ' aumento . Parlare di tassazione alle cedole è grottesco , quando i detentori dei titoli pubblici hanno avuto , nel febbraio di quest ' anno , con la conversione del Consolidato , una riduzione del loro reddito pari al 30 % . La proprietà edilizia ha nell ' aprile scorso subìto una diminuzione del 12 e del 15% delle pigioni : deve essere quindi lasciata tranquilla , anche per non interrompere o troppo rallentare il ritmo dell ' attività costruttrice , il che aumenterebbe la massa dei disoccupati . Finalmente i drastici provvedimenti adottati circa il commercio delle divise , sono più eloquenti di ogni discorso circa le direttive del Governo in materia di moneta . La loro applicazione , che avverrà con estremo rigore , farà il resto . Dove si sono , ora , dopo il Consiglio dei Ministri , nascosti i 15 o i 100 mila deficienti che esistono in Italia ? Avranno ancora molti , troppi di essi il coraggio o meglio la sfrontatezza di portare il distintivo del Littorio ? Perché il P . N . F . non libera sollecitamente i ranghi da questa opaca zavorra ?
Ho Ci Min ci espone i risultati di cinque anni di pace nel Viet Nam ( Boffa Giuseppe - Sarzi Amadé Emilio , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Hanoi , giugno . - Il presidente Ho Ci Min , che ci aveva dato appuntamento per le sei e mezzo del mattino - ora in cui Hanoi pulsa già di attività - per evitare le impossibili ore in cui il sole è alto sull ' orizzonte e l ' aria umida e rovente , ci venne incontro nel parco del palazzo presidenziale salutandoci da lontano con un sonoro e divertito « Buongiorno » . Camminava svelto , e per un attimo ci sembrò di vedere una sequenza del documentario sulla battaglia di Dien Bien Phu , che lo mostrava marciare a passo svelto nella giungla che nascondeva la capitale provvisoria e clandestina della Repubblica democratica del Viet Nam . Poi , avvicinandosi , giunse le mani in un gesto di saluto dicendo , a noi che lo attendevamo presso il tavolo che egli aveva fatto preparare in un angolo del grande parco , « così così » . Poi abbandonò l ' italiano , appreso nel corso di un viaggio in Italia al tempo in cui la faccia di Mussolini era dipinta su tutti i muri ( « Il y avait sa gueule partout » disse ridendo il presidente ) , per condurre la conversazione in francese , con noi , e in cinese , con un gruppo di giornalisti cinesi che assistevano alla nostra intervista . Parla perfettamente entrambe le lingue , e ne parla anche qualche altra : corresse varie volte l ' interprete il cui compito era di tradurre in cinese ciò che il presidente diceva in francese , e in francese ciò che il presidente diceva in cinese , e gli fornì i vocaboli di cui quello di tanto in tanto mancava . E se , come talvolta accade per la lingua cinese , pronunciare una parola non bastava , ne scriveva il carattere sul primo foglietto di carta che gli capitasse sottomano . Portava la leggerissima veste color marrone dei contadini vietnamiti , un poco lisa sopra il taschino della stilografica . E , sulle spalle , aveva un ' altra giubba leggera , che gli scivolava continuamente sulla schiena ; qualcuno cercò a più riprese di rimettergliela a posto , e il presidente si schermì ripetutamente , un poco infastidito da quelle attenzioni . Finché egli stesso se la tolse , sistemandola sulla spalliera della sedia e dicendo a noi , accennando alle nostre giacche sotto le quali già cominciavamo a sudare , « enlevez ça » , « toglietevela » , con un gesto che mandava all ' aria ogni capitolo del protocollo , ma era in carattere con la figura stessa del presidente , un uomo che fece tutti i mestieri , contadino , garzone d ' albergo , giornalista , fotografo , che conobbe le più infami prigioni dei colonialisti stranieri e dei reazionari asiatici , che seppe guidare un paziente lavoro di organizzazione e dirigere la guerra nella giungla . Ormai sulla soglia dei settant ' anni , che compirà l ' anno prossimo , Ho Ci Min conserva nel viso e nella elasticità che accompagna i suoi movimenti , una carica di freschezza e vitalità nemmeno segnata dai decenni di vita incredibilmente dura che egli condusse fino a cinque anni fa , fino a dopo quella battaglia di Dien Bien Phu che piegò definitivamente i colonialisti francesi . Vennero portate , mentre ancora si stava conversando e l ' intervista vera e propria doveva cominciare , tazze di nero caffè vietnamita , e il presidente offrì la sua agli inviati dell ' « Unità » , insistendo perché si facesse a metà . Lui , sorbì tè profumato , come i giornalisti cinesi . « Ditemi qualcosa » disse ad un certo punto , « ditemi qualcosa dell 'Italia...» Si informò della salute di Togliatti , che aveva incontrato l ' ultima volta a Mosca in occasione del XXI congresso del PCUS ; del Partito italiano , del movimento contadino nel Nord e nel Mezzogiorno , dei giovani . Ricordò anche l ' intervista che , quando ancora infuriava la guerra anti - colonialista , concesse ad un altro inviato dell ' « Unità » , Calamandrei . Poi trasse dalla cartella i fogli dattiloscritti con le domande che gli avevamo sottoposto il giorno prima e in francese , lentamente per non costringerci a prendere appunti affrettati e mozzi , rispose a tutte le domande . D . - Le date previste dalla conferenza di Ginevra per la riunificazione del Viet Nam sono da tempo passate . Ritenete tuttavia che la riunificazione resti possibile e quali sono le condizioni che possono favorirla ? R . - Sì , la riunificazione è possibile . Presto o tardi il Viet Nam sarà di nuovo unito , nonostante gli intrighi americani nel Sud . Quanto alle condizioni necessarie , ve ne sono di internazionali e di interne . Fra le prime vi è la crescente forza del mondo socialista , cui già corrisponde oggi una maggiore debolezza dell ' imperialismo . All ' interno noi ci preoccupiamo di costruire il socialismo nel nord del paese : sarà questa una solida base per la riunificazione del Viet Nam . I nostri compatrioti del sud sono animati da un grande spirito nazionale . Più volte si sono ribellati contro la oppressione coloniale : per nove anni hanno fatto la guerra contro i francesi . Anche oggi , nonostante il terrore instaurato dagli americani e dal loro agente , Ngo Din Diem , continuano a lottare . Ngo ha dichiarato lui stesso di sentirsi seduto su un vulcano : impiega intere divisioni e aerei da bombardamento contro le popolazioni che vogliono essere libere . Siamo sicuri quindi che il Viet Nam ritroverà la sua unità . D . - Gli imperialisti americani hanno concentrato molti sforzi nel sud - est asiatico per crearvi un focolaio di tensione . Quali sono , a vostro parere , le prospettive dei rapporti internazionali in questo settore del globo ? R . - È vero quanto dite degli imperialisti : ma non solo nel sud - est asiatico . Ovunque vi sono paesi socialisti , movimenti operai , lotte nazionali , gli americani intervengono con le loro basi , i loro satelliti , i loro fantocci . Ebbene , io penso che ha ragione il compagno Mao Tse - dung quando dice che tutti questi sono cappi al collo dell ' imperialismo . Egli lo dice in base alla esperienza storica del popolo cinese . Guardate oggi : hanno seminato basi militari lungo tutto il nostro continente , in Corea del Sud , in Giappone , a Formosa , nelle Filippine , a Singapore . Ma ovunque raccolgono odio per l ' imperialismo e sentimenti antiamericani . Anche nei paesi che erano per loro amici fedeli , come le Filippine , vi è oggi ostilità contro gli Stati Uniti . Questi contavano su due « argomenti » : i dollari e le bombe atomiche . Adesso , però , davanti ai nuovi piani dell ' URSS e degli altri paesi socialisti , sono costretti ad ammettere nella loro stampa che nel '65 l ' economia socialista supererà quella capitalistica : allora i dollari conteranno sempre meno . Quanto alle bombe , l ' URSS non ne ha certo meno di loro e in un avvenire non lontano anche i cinesi ne avranno . L ' imperialismo americano va perdendo così i suoi strumenti di ricatto . D . - Dopo i vostri incontri con i dirigenti indiani e indonesiani , come giudicate i rapporti della Repubblica democratica del Viet Nam con i paesi non socialisti dell ' Asia , oggi liberi dall ' oppressione coloniale ? R . - Sono rapporti che noi vogliamo sempre più amichevoli . Le mie impressioni tratte dalla visita in India , in Birmania e in Indonesia sono molto buone . Certo , ogni paese ha i suoi problemi . Ognuno ha anche il proprio regime politico , che in India è diverso da quello indonesiano , dove pure vi sono molte differenze dalla Birmania . Anche il nostro sistema è diverso dal loro . Ma i popoli di quei paesi ci hanno accolto con entusiasmo : i dirigenti hanno mostrato verso di noi sentimenti di calda amicizia . Soprattutto in Indonesia abbiamo trovato comprensione e simpatia particolare , perché quel popolo ha compiuto un cammino che ha molte analogie col nostro : una rivoluzione nazionale , seguita da anni di guerra patriottica , poi la conquista dell ' indipendenza , mentre una parte del territorio , quella dell ' Irian occidentale resta sotto il dominio olandese . D . - A cinque anni dalla storica vittoria di Dien Bien Phu come valutate la strada percorsa e i successi ottenuti dalla Repubblica democratica del Viet Nam ? R . - Dopo la pace noi abbiamo compiuto dei progressi : forse non grandissimi , ma ugualmente significativi . Li abbiamo realizzati con i nostri sforzi e con l ' aiuto realmente fraterno della Cina , dell ' URSS e degli altri paesi amici . Abbiamo terminato la riforma agraria , adesso si sviluppa un grande movimento per la cooperazione . Sia per l ' agricoltura che per l ' industria abbiamo costruito nuove imprese . Abbiamo quasi liquidato l ' analfabetismo : abbiamo creato e continuiamo a creare nuove scuole . Se però ci paragoniamo agli altri paesi fratelli , vediamo che siamo ancora in ritardo ( per non parlare dell ' Unione Sovietica , che è ad un livello altissimo ) . In Cina si compiono giganteschi balzi in avanti : qualche industria produce già più che in Inghilterra , mentre per le colture del cotone si supera l ' America . Se foste stati in Cina dieci anni fa , come ci sono stato io , potreste constatare meglio come tutto quel paese sia oggi trasformato . Ma prendiamo pure un paese più piccolo : la Corea . La collettivizzazione si è conclusa l ' anno scorso : il piano quinquennale sarà terminato con 2 anni e 4 mesi di anticipo . Noi non possiamo quindi dormire sui nostri modesti allori : dobbiamo ancora lavorare molto . D . - Quali sono le principali difficoltà incontrate dal popolo vietnamita nella sua opera di edificazione pacifica ? Come le avete superate e come le state superando ? R . - La principale difficoltà è la divisione del paese . Poi vi è la scarsezza di quadri tecnici . Infine abbiamo dovuto combattere una certa ideologia arretrata e conservatrice . Quanto alla prima , ho già indicato la via di uscita : costruire il socialismo nel Nord . Per la seconda , prezioso è l ' aiuto dei paesi fratelli , che da un lato ci danno il concorso dei loro specialisti e dall ' altro ci aiutano a formare i nostri quadri : gruppi di nostri giovani studiano nell ' URSS , in Cina e nelle altre democrazie popolari . Quanto alla terza difficoltà , la vinciamo con un ' opera di educazione nell ' ideologia marxista - leninista che si rivolge al partito , ai giovani , al popolo tutto . Siamo certi di superare questi ostacoli : passo a passo vi riusciremo . D . - Il partito del Lavoro vietnamita ha sempre voluto applicare alle condizioni storiche concrete del Viet Nam l ' insegnamento marxista - leninista e l ' esperienza del movimento comunista e operaio internazionale . Quali sono oggi i tratti caratteristici della rivoluzione socialista nel Viet Nam ? R . - Sono tratti che nascono dalla storia del nostro paese . Questo era coloniale e semifeudale . La sua agricoltura era molto arretrata . L ' industria poverissima . Soprattutto nel Nord la produzione agricola non era sufficiente per nutrire il popolo . La vecchia cultura nazionale era stata quasi distrutta dal colonialismo , mentre una nuova cultura non era ancora stata costruita . Sono queste diffícoltà « tipiche » del nostro paese , se così volete chiamarle . A queste difficoltà corrispondono però altri fattori eminentemente favorevoli : la potenza e i progressi dei paesi fratelli , uniti nel grande campo socialista , e l ' immensa fiducia del nostro popolo - operai , contadini e grande maggioranza degli intellettuali - verso il nostro partito , che ne ha guidato la lotta per l ' indipendenza nazionale . Tenuto conto di tutti questi fattori - di quelle difficoltà da un lato , e di questi grandi elementi positivi dall ' altro - noi costruiamo il socialismo nel Viet Nam : lo costruiamo però soltanto in una metà del paese , mentre nell ' altra dobbiamo ancora condurre a termine la rivoluzione democratico - borghese e antimperialista . In sostanza , il nostro partito deve compiere oggi contemporaneamente due diverse rivoluzioni al nord e al sud : è questo uno dei tratti più caratteristici della nostra lotta .
LA POLONIA INSEGNA ( Spadolini Giovanni , 1970 )
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Invano i comunisti italiani negano che si tratti di un altro momento della « crisi del sistema » . La tragedia polacca , ai loro occhi , si identifica con una « strada sbagliata » , con una serie di errori di direzione politica . È la stessa tesi che fu adottata per i delitti di Stalin , dopo il rapporto Kruscev ; è la stessa tesi che fu assunta per l ' Ungheria . Ma come continuare a sostenerla ? Il sistema comunista , cioè collettivista , appare in crisi quasi in eguale misura nelle società industriali avanzate , come la Cecoslovacchia , e nelle società prevalentemente rurali e di limitata o parziale evoluzione capitalistica , come la Polonia . Una volta sono gli operai di Praga a sollevarsi contro il comunismo , sia pure in nome di un ideale di revisionismo neo - marxista duramente represso e soffocato dai carri armati sovietici ; un ' altra volta sono le massaie di Danzica o di Gdynia a rinnovare le antiche jacqueries plebee con la devastazione dei magazzini , il saccheggio dei negozi , l ' incendio delle sedi del partito , identificato nel simbolo di un potere predatore e sopraffattore . Scene che ricordano l ' ancien régime . La Polonia è il solo paese dell ' Est europeo che aveva tentato una sua strada nazionale al comunismo : il contemperamento della proprietà pubblica dei mezzi di produzione e di scambio con la salvaguardia della piccola e media proprietà contadina , radicata in un tessuto di tradizioni tanto profondo da apparire inestirpabile perfino nel periodo del più cupo e ottuso stalinismo , lo stalinismo di cui fu vittima , a suo tempo eroica , Gomulka . Ma si tratta di un esperimento che è naufragato , non meno del comunismo integrale incondizionato adottato a Budapest od a Praga . Lo spazio riservato all ' impresa agricola , in uno Stato fondato su una prevalente struttura centralizzata , è apparso troppo ristretto per alimentare le capacità dell ' iniziativa e dell ' inventiva individuale ; lo spazio occupato dall ' impresa pubblica nell ' industria troppo vasto e soffocante per consentire un equilibrio effettivo di forze . E le leggi del mercato hanno preso la loro rivincita , una volta di più , su tutte le coercizioni , parziali o totali . È la stessa tragedia che si è riflessa in altri aspetti della vita polacca . In quella religiosa , per esempio . È certo che la Polonia rappresenta la sola nazione dell ' Est europeo , che sia riuscita a difendere l ' indipendenza e l ' integrità della fede cattolica nella grande maggioranza del popolo anche durante l ' epoca nera dell ' oppressione e del terrore staliniani . Il cardinale Wyszinsky è una figura legata al mondo , adesso tanto lontano da sembrare quasi irreale , di Pio XII . Abbozzi e sforzi per un concordato fra Santa Sede e regime comunista non furono mai intermessi , neppure nell ' età delle grandi purghe . Senonché ilprezzo pagato per evitare la prevalenza dell ' ateismo appare grandissimo ; i compromessi volti a salvare il salvabile infiniti ed estenuanti : le deviazioni di parte del clero a favore di un ' intesa diretta col regime - si ricordi il movimento pro sovietico « pax » - insidiose e ritornanti ; la salvaguardia dell ' equilibrio fra i due poteri malsicura e precaria . Quando il presidente polacco Ochab , un fedelissimo di Gomulka , venne in Italia , or sono tre anni e mezzo , finì per non rendere visita al Papa : lui , il rappresentante di uno degli Stati più tenacemente e direi misticamente cattolici d ' Europa . A differenza , magari , del genero di Kruscev o di Gromiko ! Tanti erano i motivi di contrasto e di contrapposizione : tutt ' altro che « conciliari » , allora . Certo , il dramma della Polonia impone un senso profondo di rispetto non disgiunto da un ' accorata vena di malinconia . La stessa repressione ordinata dalle autorità di Varsavia nelle zone baltiche del Paese , zone in gran parte ex tedesche , appare particolarmente severa , e in molti casi spietata , proprio in vista di togliere alla Russia il pretesto ad un qualunque intervento militare . Stretta fra Germania e Russia da secoli , la Polonia non ha dimenticato il turpe mercato del '39 fra Hitler e Stalin , mercato che portò alla sua scomparsa come nazione , all ' amputazione di larga parte delle sue province orientali in favore dell ' Unione Sovietica , ai successivi compensi post - bellici con Pomerania e Alta Slesia , quasi nell ' intento di creare un fossato incolmabile fra tedeschi e polacchi . I riflessi della Ostpolitik di Brandt , cioè dell ' avvicinamento fra Bonn e Mosca , non sono estranei alla nuova fase di turbamenti e di sconvolgimenti della Polonia . Da un lato c ' è il modello economico della Germania occidentale che esercita un indubbio fascino sulle regioni non lontane della Polonia , degradate ad un livello di vita infinitamente più basso ( altro che la polemica contro la civiltà dei consumi ! ) . Dall ' altro c ' è l ' attenuazione del terrore , tradizionale e tutt ' altro che ingiustificato , verso il nemico germanico e la ripresa di un sentimento nazionale anti - russo , che è comune a quasi tutto il Paese , non escluso il grosso del partito comunista . Si è detto che , se la Russia ripetesse in Polonia anche la metà dell ' operazione cecoslovacca , assisteremmo ad una autentica carneficina : le forze armate polacche ripeterebbero contro l ' invasore dell ' Est quello che fecero , con incomparabile eroismo , nei diciassette giorni della resistenza agli invasori dell ' Ovest , nel settembre del '39 . Per tali motivi di fondo , Gomulka , che pur tornò al potere sull ' onda dei fatti di Poznan del '56 , evitò di trarre poi tutte le conseguenze dalla liberalizzazione del comunismo , che invano fu attesa in Europa ; per tali ragioni di fondo , la successiva evoluzione del regime revisionista polacco coincise piuttosto con una involuzione , non priva di ombre inquietanti , come la formazione di un ' ala nazionalstalinista , con un fondo antisemita , quella di Moczar . Oggi tutti i nodi tornano al pettine : riesplodono le contraddizioni , che Gomulka si era illuso di conciliare sull ' onda di un prestigio personale tanto alto quanto meritato . Il divario fra Stato comunista e società civile si approfondisce : al livello della gioventù universitaria non meno che delle maestranze operaie , non meno che delle grandi masse contadine . La struttura del comunismo centralizzatore appare sempre più imposta , ed imposta dall ' alto , ad un paese pluralista , fedele ad una visione occidentale della vita , nutrito da un ' esperienza cattolica che è esperienza di costume e di civiltà . Le eresie , invano respinte o represse , ritornano attraverso forme imprevedibili , che squarciano e lacerano tutti gli ottimismi ufficiali . E l ' ombra della dottrina Breznev sulla sovranità limitata torna a gravare sulla nazione che pur si rifiutò di alzare anche una sola statua a Stalin , nel periodo del suo splendore . A differenza della Cecoslovacchia , che elevò la statua più alta . Nessuna speculazione , quindi , ma una lezione chiarissima . È il sistema del comunismo che appare dovunque in crisi , in una crisi profonda cui non si ripara con le furbizie o le ambiguità delle « vie nazionali » , comode ed evasive nei paesi a democrazia garantita e sicura , come l ' Italia o la Francia . Motivo di meditazione per tutti i fautori della « nuova maggioranza » . Purtroppo , in Italia , c ' è una crisi che appare più grande e profonda di quella dei comunisti : ed è la crisi dei democratici , di troppi democratici . Una crisi , anzi - diciamolo pure - una mancanza di fede in se stessi . E nella libertà .
STATO E LIBERTA' ( - , 1944 )
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Negli affanni in cui si dibatte gran parte di questa povera umanità , in mezzo alle idee e alle dottrine politiche tutte vecchie e decadenti che innumerevoli partiti presentano come la vera ancora di salvezza , come la migliore piattaforma su cui edificare la nuova società , queste genti , di tutti i paesi i cui governi e regimi trascinarono in una così immensa catastrofe esitano perplesse davanti al bisogno immediato di una scelta : esse sono deluse e disorientate . Queste genti sono deluse e disorientate davanti ai problemi di vitale importanza che non ammettono proroghe né ripieghi . Se la presente situazione è la conseguenza dei regimi statali liberali ed autoritari su quali pesa la responsabilità di aver condotto o comunque contribuito alla completa rovina della cosidetta civiltà Europea , la diffidenza dei popoli verso tutti partiti e regimi che più o meno contribuirono al disastro , è più che legittima . Difatti la guerra attuale , come gran parte delle guerre passate , è dovuta all ' essenza stessa della costituzione degli stati . Si potrebbe dire che le guerre sono elementi congeniti degli stati autoritari stessi . E non si può dire che vi siano stati buoni e stati cattivi , essi diventano tali a seconda dei periodi storici che attraversano . Ma tutti gli stati però essendo l ' espressione dell ' autorità costituita sono perciò stesso tutti cattivi , e quindi da combattere e sopprimere . Socialisti e comunisti sono d ' accordo nel dire che lo Stato col suo governo è l ' espressione della classe dominante . Che lo Stato sia fascista , hitleriano o marxista è sempre un ' entità che sfrutta ed opprime una parte della popolazione a profitto della classe al potere . Lo Stato moderno è una creazione tedesca , il cui teorico massimo fu Hegel . Da questo filosofo dello Stato assoluto e onnipotente procedono i teorici dello Stato marxista , fascista e nazista , per i quali lo Stato è tutto ; l ' individuo nullo . Questi tipi di stati , la cui autorità e disciplina ha raggiunto il parossismo a guisa di una malattia tifoidea si rivelano nella loro breve esperienza così nefasti ed avvilenti per la personalità umana da far rimpiangere , da certo punto di vista , perfino le antiche teocrazie . Essi tolgono all ' individuo la facoltà di pensare , d ' intraprendere iniziative indipendenti , ecc . Con la Grande Rivoluzione francese la società civile europea aveva fatto un passo in avanti sulla faticosa via del progresso : dalla monarchia assoluta che rappresentava la sopravvivenza dello stato feudale si era passati alla monarchia costituzionale prima , alla democrazia liberale e repubblicana poi . Ma l ' evoluzione della società civile non può fermarsi ad uno stadio che è ben lungi dal rappresentare lo sviluppo massimo cui può e deve giungere la civiltà umana . Sotto il punto di vista della evoluzione lo Stato autoritario rappresenta un regresso . Questo stato fu combattuto per più di un secolo dai teorici del comunismo libertario : da Proudhon , Bakunin , Kropstkin , S . Faure , B . Tuker , Caffiero , Pisacane , Malatesta e tanti altri ; i quali , primi nella storia del mondo , scrissero opere numerose dimostrando in esse la grande necessità di uscire una volta per sempre dai regimi autoritari e di disporre la istruzione e l ' educazione dei cittadini e le loro istituzioni in modo da renderli atti a vivere in una società veramente civile , senza padroni , senza servi , senza l ' onerosa e schiacciante tutela d ' uno Stato ; senza autorità . Ora questa civiltà borghese europea che credeva di salvarsi ricorrendo ad un inasprimento dello Stato autoritario stà per giungere al suo epicedio . Essa crolla da tutte le parti per decrepitudine e sarà ben tosto sepolta sotto le rovine delle sue città , delle sue istituzioni , delle sue infamie e turpitudini . È necessario che essa scompaia al più presto ; e la rivoluzione che si annuncia da tutte le parti le darà il colpo finale . Ma questa rivoluzione o ci porterà ad una società libertaria o sarà un altro inganno come lo furono quella nazista e quella fascista . In ogni modo è nostro compito di vigilare attenti in modo che un nuovo Stato autoritario non prevalga sulla libertà dei cittadini di darsi quelle istituzioni che meglio corrispondono ai loro interessi e alle loro legittime aspirazioni .
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Un filippino , Bert Somodio , forse sarà gradito da Duilio Loi per un combattimento valido per il sempre più commerciale campionato dei welter - juniors . Questa è la prima notizia messa in giro da via Cantù poche ore dopo il termine della drammatica sfida di San Siro in cui Carlos Ortiz , un giovane portoricano troppo crudo e monotono nella sua azione , dovette accettare una bocciatura , forse definitiva , dal suo nemico italiano . Dunque Duilio Loi rimane ancorato alla « cintura » delle 140 libbre , anzi fa sapere , tramite la voce del manager e trainer suo , Steve Klaus , di aver promesso una partita ufficiale al filippino . Il match si svolgerà a Manila , se l ' impresario isolano Lope Sarreal firma un assegno di almeno 30 mila dollari , si può pensare in questo angolo ; altrimenti l ' orientale potrebbe magari presentarsi a Milano . Tuttavia questa seconda possibilità sembra piuttosto vaga e per un logico motivo sotto il profilo affaristico . Difatti se la terza sfida fra Duilio Loi e Carlos Ortiz , quella di mercoledì notte , malgrado gli infiniti polemici fuochi d ' artificio scoppiati durante la sua doppia , interminabile vigilia , ha attirato nello Stadio di San Siro soltanto 40 mila spettatori paganti , magari meno , come risponderebbe il difficile pubblico di Milano nei riguardi di un match con protagonista straniero il poco conosciuto ( dalle nostre parti ) Bert Somodio ? Ritengo che il dottor Strumolo , leader della SIS , ci penserà a lungo prima di impegnarsi in una faccenda del genere . Probabilmente Bert Somodio merita una prova con Duilio Loi . I filippini risultano dei vigorosi lottatori , pronti alle alterne vicende di un combattimento all ' arma bianca . Nelle categorie piccine vantano parecchi campioni fioriti in un passato più o meno remoto : pensate a Pancho Villa , a Small Montana , a Dado Marino tutti vincitori di una « cintura » mondiale mentre nelle categorie intermedie ed alte essi valgono meno malgrado l ' esplosione , prima la guerra , di Ceferino Garcia che , in New York , abbatté Fred Apostoli per il campionato dei medi con il suo crudele bolo punch di cui risulta inventore . Anche oggi , nei leggeri , come nei leggeri juniors , vanta parecchio credito proprio un filippino . Si tratta di quel « Flash » Elorde , un picchiatore mancino , che nel ring di casa attende il nostro Campari . Ebbene , Bert Somodio viene ritenuto degno di Elorde . Il peso normale di Somodio si aggira sulle 136 libbre , quindi si tratta di un peso leggero più che di un welter - juniors . La sua più recente e brillante vittoria , Bert la riportò mesi fa nello Araneta Coliseum di Quezon City , Filippine , contro Vincente Rivas , di Caracas , presentatosi sulla bilancia al peso di 138 libbre . La partita ebbe bruscamente termine nel terzo round con il KO di Rivas , centrato al mento da un pesante hook sinistro di Somodio , illustrato come un fighter aggressivo e estremamente duro nel colpire . Si capisce che Duilio Loí potrebbe affrontare nei prossimi mesi altri pugili , lasciando perdere la promessa fatta a Bert Somodio . Sono cose , queste , che accadono di frequente . La divisione di peso delle «140 libbre » non è riconosciuta ovunque , quindi si interessano a tale « cintura » uno scarso numero di pugili . Tuttavia l ' inglese Dave « Silent » Charnley , attuale campione europeo dei leggeri , come del resto il francese Aissa Hashas , pure lui un 135 libbre , inoltre gli americani Louis Molina , Lennie Matthews , Joe Brown e LC . Morgan potrebbero farsi avanti , sebbene non pare molto probabile . Forse Loi riceverà maggiori sollecitazioni dai pesi welters europei dato che ne detiene il primato . Lo zingaro francese Hippolyte Anner ha deciso d ' invadere il mondo dei pesi medi , in compenso sta maturando il tunisino Omrane Sadok . In Danimarca vive il vecchio Chris Christensen che vuole battersi per il campionato del Continente , in più il ligure Bruno Visintin , il sardo Fortunato Manca ed il gallese Brian Curvis , probabilmente íl migliore di tutti , sembrano pronti a battersi con Loi . Duilio non avrà che da scegliere . Da parte sua il nostro ormai stagionato pugile ha qualche cosa da chiedere - ed in fretta - agli americani , ossia una prova al campione mondiale delle 147 libbre che oggi si chiama Emile Griffith . Costui risulta un giovane negro di 23 anni domiciliato a New York City . A questo punto si può scrivere che ogni cosa rischia di tramutarsi nella solita farsa , proprio come quando Duilio Loi faceva sapere di tanto in tanto di aver lanciata una sfida al campione mondiale dei leggeri : Wallace « Bud » Smith oppure Joe Brown . Infatti mentre la categoria dei welter - juniors viene controllata da tipi di periferia , come Dewey Fragetta ( Bert Somodio viene appunto caldeggiato dal nostro allegro « paesano » di Broadway ) , la divisione dei welters , una divisione seria , appartiene ai veri « padroni » del pugilato maggiore degli « States » . Magari Duilio Loi verrà invitato a battersi a New York , o altrove , con Emile Griffith , però prima dovrà venire a patti con certi « amici » che Steve Klaus , per esempio , ben conosce , di conseguenza sa quale è la loro legge , quali sono le loro abitudini , i loro desideri , le loro percentuali . Steve Klaus , l ' americano che vive in Italia da oltre 20 anni , risulta uno dei trionfatori della serata pugilistica svoltasi il 10 maggio nello Stadio di San Siro . Gli altri trionfatori sono Duilio Loi , si capisce , gli argentini Ernesto Miranda e Juan Carlos Duran , infine lo sport . Lo sport del pugilato , uno dei più virili ed inesorabilmente sinceri , ha battuto tutti gli uomini di affari , i Machiavelli nostrani e stranieri , tutti gli opportunisti - compreso il giudice René Schemann - pecorilmente legati al carro di via Cantù . Lungo la severa rotta dei 15 round Duilio Loi íl campione e Carlos Ortis lo sfidante hanno dato il loro meglio , senza risparmio , senza calcoli di astuta cautela . Persino Duilio , forse per la prima volta nella sua carriera che dura ormai da 13 anni , si è prodigato dall ' inizio alla fine dimenticandosi delle solite pause . Le vicende ed il risultato del big match li conoscete già . Ieri , inoltre , nella cronaca ancora calda dell ' infiammata lotta , ho cercato di descrivere l ' atmosfera che aveva resi prigionieri della violenza , del rancore , della vendetta , i due protagonisti . Duilio Loi , contro Ortiz , ha disputato il suo migliore combattimento dimostrandosi , per la prima volta , un autentico campione del mondo . Nel passato hanno lavorato nei rings di tutto il mondo campioni ancora migliori : per esempio Cleto Locatelli in campo italiano , Henry Armstrong , Tony Canzonari , Barney Ross , Benny Leonard , Johnny Dundee , Willie Pep , tanto per citare boxeurs americani al disotto delle 150 libbre . Tuttavia Duilio Loi si trova in un posto abbastanza lusinghiero nella graduatoria dei valori internazionali . Sono ridicole , ad ogni modo , certe esagerazioni lette su giornali sempre pronti a far scoppiare petardi pur di vendere una copia in più . Il pugilato merita di venire considerato una scienza quasi esatta ed il suo libro della storia , un volume immenso , è sempre pronto a confondere i superficiali . Del resto un campione del ring non lo si può giudicare con rigorosa esattezza , prima che non abbia appeso per sempre i guantoni alla porta di casa ; bisogna attendere per qualche anno . Sicuramente egli si trova già nel gruppetto scelto dei campioni da ricordare . La sua terza lotta sostenuta contro Carlos Ortiz è pure da ricordare . Rare volte se ne sono viste di più aspre , impietose e drammatiche non tanto per gli episodi di violenza e distruzione , quanto per la carica intima , solo astiosa , dei due lottatori . Il corto fulminante destro con cui Loi rovesciò Ortiz nel sesto round non sarà facilmente dimenticato e non soltanto dal portoricano che ne dovette sopportare le decisive conseguenze . È stata una botta corta , durissima , perfetta nella esecuzione , un big punch da passare alla storia come certi hooks ragionati , inesorabili che sono serviti a Ray « Sugar » Robinson per vincere certi polemici avversari , per esempio « Bobo » Olson , oppure Fullmer . Dopo il pur breve knock - down , Carlos Ortiz sembrava trasognato . Solo stringendo i denti e la sua energia primordiale gli hanno permesso di uscire senza troppi danni dalla bufera , anzi nel corso degli ultimi istanti della battaglia a scaraventare sul nemico una combinazione appunto velenosa . Duilio Loi è caduto sulla stuoia . Pur rialzandosi subito , non può certo cambiare le carte in tavola con sprezzanti dichiarazioni . Nel complesso Carlos Ortiz ha dimostrato d ' essere valido in fase di attacco , assai meno se costretto a difendersi . Quando viene pressato , il portoricano si scompone , la sua corazza si apre : i destri guizzanti di Loi lo hanno allegramente centrato . Il verdetto dell ' arbitro Frank Carter e dei giudici René Schemann e Neuhold De Cotre è stato unanime . Non poteva essere altrimenti tanto chiara la superiorità di abilità , di efficacia , di « classe » in una parola , del pugile di casa . Secondo il referee Frank Carter , Loi vinse con tre punti di vantaggio mentre lo svizzero Neuhold ha visto Carlos Ortiz distaccato di cinque punti . Per il francese Schemann ben otto punti dividevano il campione dallo sfidante . Le perplessità su René Schemann , il fido di Gilbert Benaim , non erano dunque infondate . Secondo il vostro osservatore il giudizio più esatto gli risulta quello di Frank Carter anche se , in fondo , il vantaggio di Duilio Loi , largheggiando , poteva venire valutato in quattro punti . Si tratta di un particolare che non diminuisce , certo , la prova del riconfermato campione del mondo per i welter - juniors che qualche giornale confonde simpaticamente con l ' altra dei welter - leggeri in uso per i dilettanti . Melanconicamente Carlos Ortiz lascia l ' Italia con una seconda delusione . Si consola con i 22 mila dollari della sua paga . Forse chiederà a Duilio un quarto match in un ring di Portorico . Il campione nostro sembra disposto ad esaminare l ' eventuale richiesta per un compenso sui 50 mila dollari . A questo prezzo la partita non si farà . Magro , asciutto , nervoso , il piccolo argentino Ernesto Miranda ha agevolmente dominato , ai punti , il coriaceo Scarponi , antico campione d ' Italia dei pesi gallo . Però il platense non poté fare i suoi soliti numeri spettacolari dato lo stile scorbutico del poco complimentoso avversario , solito a colpire con i pugni e con tutto il resto . L ' altro argentino , il peso medio Juan Carlos Duran , all ' inizio sembrava piuttosto timoroso . Il suo maestro , Nando Strozzi , ammette che il rinvio ha snervato il suo guerriero . D ' altra parte Garbelli si era lanciato in un furioso assalto a testa bassa che pareva concludersi con il rapido annientamento dell ' altro . Dal secondo round in poi , Duran sempre agile e pronto nei colpi di rimessa incominciava invece a manovrare il suo rivale , come sempre impreciso , arruffone , sconclusionato . Il boxeur , in altre parole Juan Carlos Duran , si è in seguito imposto con sempre maggiore chiarezza , malgrado qualche sporadica carica da toro , del Garbelli attuale , ormai alla deriva . Il round migliore risultò il quarto , tre minuti di infuocata battaglia , mentre sul finire il confronto corse il rischio di tramutarsi in una ignobile rissa da strada . Garbelli ha le maggiori colpe . Con questa nuova sconfitta - Duran lo ha superato largamente , circa quattro punti - con questa ennesima battuta di arresto , il milanese vede allontanarsi il suo sogno , ossia Lazslo Papp ed il campionato d ' Europa per i medi . Per Juan Carlos Duran - che deve aver risentito del gran freddo milanese - il meglio dovrebbe ancora venire : Fortilli e Bruno Visintin , ad un limite di peso ragionevole , sembrano gli unici italiani in grado di affrontarlo . Mercoledì notte Nando Strozzi ha confessato , in giro , di allenare , nella sua palestra , un terzo argentino che gli darà soddisfazione : si chiama Kid Oliva , fa il « leggero » . Presto Vecchiatto , Nobile e Campari se Io troveranno fra i piedi . Gli altri tre vincitori , Renato Bianchini , Plinio Scarabellin e Mastellaro , non mi sembra il caso di giudicarla , almeno stavolta .
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Una incredibile notte dalle parti di Tuscania , a due passi da Roma , tra raffiche di mitra , bengala che si alzavano in cielo , gracidio di radio portatili , ordini imperiosi gridati in un megafono e l ' allora colonnello dei carabinieri Mori che , a grandi gesti , invitava noi cronisti a buttarsi per terra per non essere presi in pieno dai colpi . Che anno era ? Non lo ricordo più . Un gruppo di fuoco dei brigatisti rossi , ad un posto di blocco della zona , aveva massacrato due giovanissimi e inesperti carabinieri . Rivedo ancora , con gli occhi della memoria , la scarpa di uno di quei ragazzi che si era sfilata , la banda rossa sui pantaloni della divisa e il corpo appoggiato di lato . Nel buio , nel gelo , tra forre , pozzi e alberi , i due gruppi armati avevano cominciato a spararsi tra loro in un caos indescrivibile e con le pallottole che fischiavano da tutte le parti . Ad un tratto , per la sciabolata di luce di una torcia elettrica , avevo visto Paolo Zardo di « Paese Sera » che cercava di traversare una stradina , senza rendersi bene conto di quello che stava accadendo . Allora mi ero messo a gridare come un pazzo : « Paolo , Paolo , buttati giù . Qui sparano tutti » . Il colonnello Mori , mi aveva tirato per il cappotto per mettermi al riparo . Ma io continuavo ad urlare : « Paolo , Paolo , attento » . Per un attimo , mi si erano parati davanti i visi in lacrime di Lilli Bonucci , la « sua ragazzona » e quelli dei loro figli piccolissimi : Piero e Francesco . Allora avevo spiccato la corsa e raggiunto Paolo in mezzo alla stradina . Lo avevo subito acchiappato al volo scaraventandolo a terra in mezzo alla polvere nella quale eravamo rotolati insieme . Ricordo ancora un paio di insulti in veneziano e una specie di grido strozzato : « Ma che cazzo fai ? » . La spiegazione aveva richiesto solo qualche istante affannoso . Quello era il lavoro , di giorno e di notte , di noi cronisti , nel periodo più terribile e angoscioso del terrorismo . Fu l ' ultima volta che lavorai con Paolo Zardo e non riesco che a ricordarlo come lo vidi in quella situazione : calmo , tranquillo , con il loden verde in quella notte maledetta , piena di freddo paura e angoscia . Caro Paolo , quanto lavoro e quanta fatica , in nome della verità , della giustizia . E con la profonda convinzione che stavamo combattendo per una Italia migliore , contro le trame , le stragi , il golpismo imperante e per la democrazia del nostro scassatissimo paese . Ma di quale giornalismo distaccato e freddo si va raccontando ? C ' erano le trame nere e i delitti infami dei brigatisti rossi che , stranamente , sparavano ai magistrati democratici e onesti o a semplici carabinieri e poliziotti da un milione e mezzo al mese . Subito dopo gridavano di aver « colpito al cuore lo Stato » . Ci facevano orrore le loro chiacchiere , i loro documenti di rivendicazione , così ridondanti , difficili , funerei , scritti con la puzza sotto il naso e molto , molto borghesi . Un anno fa , proprio in questi giorni , Paolo Zardo è andato via per sempre e all ' improvviso . Era convinto che , forse , ce l ' avrebbe fatta con quel suo cuore ballerino . Invece proprio lui , il cuore , lo aveva fregato . Ma il cuore , per convenzione , è anche sede di tante cose . Il tuo era quello di uomo coraggioso , di una persona leale e onesta . Onesta e testarda come lo sono tutti i veneziani . Quelli che , quando scelgono , scelgono fino in fondo , costi quel che costi . Viene da ridere a pensare che eri l ' unico cronista e inviato di « Paese Sera » che avrebbe voluto lavorare , come atto di fede , all ' Unità dove , ai vecchi tempi , davano lo stipendio di un operaio metallurgico . Al grande e diffusissimo « Paese Sera » , la paga era , invece , quella sindacale . Insomma , eri uno dei pochi che chiedeva , in nome di quel tuo essere comunista e iscritto al Pci , di guadagnare ancora di meno , lavorando - come si diceva allora - nel giornale di Gramsci e di Togliatti . Ovviamente non ti accontentarono mai . Tra i banconi della tipografia e le grandi stanze a vetrate della vecchia sede di via dei Taurini , eri necessario per « Paese Sera » che aveva bisogno di cronisti con i fiocchi che credevano davvero - senza puzza sotto il naso - in quel che stavano facendo . A volte , negli intervalli del pranzo , ne parlavamo fuori , facendo due passi . Ci raggiungeva Gianni Rodari che , con grande dolcezza , ti diceva di piantarla . Eri un comunista ? Allora dovevi stare dove eri più utile al partito e al giornale . E tu , ovviamente , brontolando a bassa voce come facevi sempre , finivi per dire , ridendo : « Va bene , obbedisco » . Un anno fa , quando Paolo Zardo ci ha lasciati , l ' Unità non era in edicola e non abbiamo potuto ricordarlo come sarebbe stato giusto . Né lui , né il suo lavoro . Lo facciamo ora . Nato nel 1928 , Paolo Zardo , figlio di musicisti , era subito entrato in contatto con i giornali . Era orgogliosissimo di essere un veneziano puro , vero , autentico . Nel 1958 era arrivato a Roma e lo avevano piazzato subito nella cronaca di « Paese Sera » . Era curioso , onesto . Scriveva con misura e senza esagerazioni . Quando aveva in mano una qualche notizia , riusciva sempre ad arrivare fino in fondo . Dopo una certa attesa ( allora non era facile diventarlo ) lo avevano promosso « inviato di cronaca per i grandi fatti » . Così , Zardo aveva seguito , con dolore , orrore e rabbia , la strage di Piazza Fontana , quella di Brescia , quella dell ' Italicus , i neofascisti di Pian di Rascino , il sequestro di Cristina Mazzotti , il terremoto in Friuli , i funerali di Togliatti , l ' assassinio di Moro . Mille volte e a qualunque ora , ci incontravamo sul lavoro . Purtroppo , ricordare un cronista e un inviato , significa sempre ricollegarsi ai grandi « fatti » e alle tragedie di mezzo mondo per raccontare le quali i giornalisti - sia detto senza retorica - spendono tutto il loro tempo , la passione , la fatica e , a volte , persino la vita . Paolo Zardo ha sempre dato con generosità e coraggio . Fare il cronista , per lui , significava semplicemente stare con la gente , aiutarla , capirla , dare una mano . Paolo , nella vita , ha scritto un solo libro . Era intitolato : « Cronaca addio » .
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Voi siete e vi sentite liberi . Tutti i sofismi di una misera filosofia , che vorrebbe sostituire , una dottrina non so quale fatalismo al grido della coscienza umana , non valgono a cancellare due testimonianze invincibili a favore della libertà : il rimorso ed il martirio . Da Socrate a Gesù , da Gesù fino agli uomini che son morti e che muoiono per la patria , i martiri di una fede protestano contro la servile dottrina , gridando : « Noi amavamo la vita ; amavamo esseri che ce la rendevano cara e che ci supplicavano di cedere ; tutti gli impulsi del cuore dicevano « Vivi » a ciascuno di noi ; ma per la salute delle generazioni avvenire scegliemmo morire » . Da Caino alla spia volgare dei nostri giorni , i traditori dei proprii fratelli gli uomini che si son messi sulla via del male ; sentono nel profondo dell ' anima una condanna , una irrequietezza , un rimprovero , che dice a ciascuno di essi : « Perché ti allontani dalla via del bene ? » . Voi siete liberi quindi responsabili . Da questa libertà morale scende il vostro diritto alla libertà politica , il vostro dovere di conquistarvela e di mantenerla inviolata , il dovere in altrui di non menomarla . Partigiani , a distanza di un secolo così vi saluta Giuseppe Mazzini .
Se questo è un uomo ( Calvino Italo , 1948 )
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C ' era un sogno , racconta Primo Levi , che tornava spesso ad angustiare le notti dei prigionieri dei campi di annientamento : il sogno di esser tornati a casa e di cercar di raccontare ai famigliari e agli amici le sofferenze passate , ed accorgersi con un senso di pena desolata ch ' essi non ascoltano , che non capiscono nulla di quello che loro si dice . Io credo che tutti gli scampati che abbiano provato a scrivere le proprie memorie su quella terribile esperienza , si siano sentiti prendere da quella pena desolata : d ' aver vissuto un ' esperienza che passa i limiti del dicibile e dell ' umano , una esperienza che non potranno mai comunicare in tutto il suo orrore a nessuno , e il cui ricordo continuerà a perseguitarli col tormento della sua incomunicabilità , come un prolungamento della pena . Per fatti come i campi d ' annientamento sembra che qualsiasi libro debba essere troppo da meno della realtà per poterli reggere . Pure , Primo Levi ci ha dato su questo argomento un magnifico libro ( Se questo è un uomo , Ed . De Silva , 1948 ) che non è solo una testimonianza efficacissima , ma ha delle pagine di autentica potenza narrativa , che rimarranno nella nostra memoria tra le più belle della letteratura sulla Seconda guerra mondiale . Primo Levi fu deportato ad Auschwitz al principio del '44 insieme col contingente d ' ebrei italiani del campo di concentramento di Fossoli . Il libro si apre appunto colla scena della partenza da Fossoli , scena d ' una apertura biblica ( vedi l ' episodio del vecchio Gattegno ) e in cui già si sente quel peso di rassegnazione di popolo ramingo sulla terra da secoli e secoli che peserà su tutto il libro . Poi , il viaggio , l ' arrivo ad Auschwitz , e , altra scena di struggente potenza , la separazione degli uomini dalle donne e dai bambini , di cui mai più sapranno nulla . Poi la vita del campo : Levi non si limita a lasciare parlare i fatti , li commenta senza forzar mai la voce e pure senza accenti di studiata freddezza . Studia con una pacatezza accorata cosa resta di umano in chi è sottoposto a una prova che di umano non ha nulla . Null - Achtzen , « zero - diciotto » , il suo compagno di lavoro che ormai è come un automa che non reagisce più e marcia senza ribellarsi verso la morte , è il tipo umano cui i più si modellano , in quel lento processo d ' annientamento morale e fisico che porta inevitabilmente alle camere a gas . Suo termine antitetico è il « Prominenten » , il privilegiato , l ' uomo che si « organizza » che riesce a trovare il modo di aumentare il suo cibo quotidiano di quel tanto che basta per non esser eliminato , che riesce ad acquistare una posizione di predominio sugli altri e a vivere sulla rovina altrui ; tutte le sue facoltà sono tese a uno scopo elementare e supremo : sopravvivere . Le figure che Levi ci disegna sono dei veri e propri personaggi con una compiuta psicologia : l ' ingegner Alfred L . che continua a mantenere tra i compagni di sofferenze la posizione di predominio che ha sempre tenuto nella vita sociale , e quell ' assurdo Elias , che sembra nato dal fango del Lager e che è impossibile immaginare come uomo libero , e quell ' agghiacciante personaggio del dottor Pannwitz , personificazione del fanatismo scientifico del germanesimo . Certe scene raccontate dal Levi ci ricostruiscono tutta un ' atmosfera e un mondo : il suono della banda musicale che accompagna ogni mattina i forzati al lavoro , fantomatico simbolo di quella geometrica follia ; e le notti angosciose nella stretta cuccetta , coi piedi del compagno vicino al volto ; e la terribile scena della scelta degli uomini da mandare alle camere a gas , e quella dell ' impiccagione di chi , in quell ' inferno di rassegnazione e di annientamento , trova ancora il coraggio di cospirare e di resistere , con quel grido sulla forca : « Kamaraden , ich bin der Letzte ! » . Compagni , io sono l ' ultimo !
CHIESA E STATO ( Spadolini Giovanni , 1970 )
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I rapporti fra Chiesa e Stato , specie in Italia , sono fatti di sfumature . Ecco perché si impone sempre , ma soprattutto nei momenti di tensione o di inquietudine , una grande dose di discrezione , di prudenza , di misura . Talvolta può bastare un aggettivo ad alterarli , una parola di troppo a turbarli . Un esempio . All ' indomani del varo della legge sul divorzio , dopo il contrastato e tormentato dibattito prolungatosi fino all ' alba di martedì a Montecitorio , in un clima evocante le grandi dispute del Risorgimento ( con un tono di nobiltà comune alle due sponde : basti pensare ad un Gonella per i cattolici ) , giunse da Sydney la notizia che il Papa aveva espresso « profondo dolore » per il voto del Parlamento italiano . Ci furono due versioni , a distanza di poche ore , di quello che era presentato come un comunicato della sala stampa della Santa Sede . Una accennava all ' iter della legge che non poteva dirsi ancora completo , « esigendosi per questo la firma del capo dello Stato » . L ' altro testo , quello poi ripreso dalle fonti cattoliche , si limitava a parlare della decisione dell ' assemblea , « per quanto non inattesa » , che aveva colpito il Pontefice , ma ometteva giustamente , e responsabilmente , ogni riferimento , diretto o indiretto , al capo dello Stato . Tutto fa pensare che la seconda versione , la più cauta e la più vigilata , corrispondesse al vero pensiero di Paolo VI . La prima , scritta in fretta da qualche collaboratore forse troppo zelante , poteva generare l ' impressione che la Santa Sede ipotizzasse un possibile contrasto - del tutto inimmaginabile - fra il Parlamento e il capo dello Stato , calcolasse su un gesto di reazione o di ritardo da parte del presidente della Repubblica nei riguardi del solenne « sì » di Montecitorio : un gesto che costituzionalmente non era pensabile , per il carattere parlamentare della nostra Repubblica , e nel caso specifico era escluso dai sentimenti e dalle convinzioni di fedeltà laica e risorgimentale , anche se al di fuori di ogni suggestione anticlericale , caratteristiche di Saragat ( immaginate il dramma di un presidente democristiano ! ) . Ecco un ' area in cui la prudenza non è mai troppa . Se il testo del comunicato pontificio non avesse contenuto , in nessuna delle due versioni , l ' incauto ed in ogni caso impreciso riferimento al capo dello Stato e alla sua « firma » , si sarebbe evitato un momento , non diciamo di antagonismo o di contrapposizione , ma semplicemente di ombra e di sospetto fra Chiesa e Stato , fra Vaticano e Quirinale . È quello che dobbiamo augurarci per i prossimi sviluppi della vicenda divorzista , all ' indomani del ritorno del Pontefice dal suo lungo e drammatico periplo asiatico , cominciato con l ' attentato delle Filippine e terminato con 1'«autocensura» del messaggio di Hong - Kong , di fronte alla polemica , ormai aperta e non senza abili inserimenti comunisti , sulla revisione del Concordato davanti alle prospettive di una nuova regolamentazione dell ' intero diritto di famiglia . La democrazia cristiana ha dimostrato , occorre riconoscerlo , un grande senso di responsabilità nell ' ultimo arco della battaglia divorzista . Dapprima ha appoggiato - merito della segretaria Forlani - la mediazione Leone sul progetto Fortuna - Baslini ; in un secondo tempo , nonostante le oscure e spesso oblique manovre sul decretone , ha imposto alla Camera la salvaguardia sostanziale dei patti di palazzo Madama , che implicavano la rinuncia , non formale ma nei fatti , ad ulteriori emendamenti al testo del progetto già rivisto . Le pressioni del mondo cattolico più oltranzista sono state respinte o contenute . Non si è ceduto alla tentazione , pur forte , di una « guerra di religione » sul divorzio ; si sono salvaguardate le intese , ben altrimenti importanti , coi partiti di democrazia laica , malgrado il prezzo così amaro . L ' atteggiamento della parte migliore della Dc , sul referendum è indicativo al riguardo . Né Colombo né Forlani hanno detto « no » all ' iniziativa di un possibile referendum abrogativo , annunciata da gruppi anche autorevoli del laicato credente ; ma hanno fatto capire chiaramente , attraverso calcolati silenzi o indirette allusioni , che non desidererebbero una prova di forza , necessariamente estesa a rimettere in discussione l ' anagrafe cattolica degli italiani . Non vorrebbero trovarsi alleati con la sola estrema destra , una compagna di strada troppo ingombrante ; non vorrebbero rialzare gli storici steccati fra guelfi e ghibellini , che tanto preoccupavano De Gasperi . La Dc preferirebbe una riforma concordata - Colombo l ' ha detto con lealtà - del diritto di famiglia : concordata nell ' ambito della coalizione quadripartita , e senza le ritornanti e riammiccanti offerte dei comunisti , più che mai cauti e sottili nel loro complesso rapporto col mondo cattolico . E pronti a spostarsi , dal « sì » obbligato al divorzio , ad una linea possibilista e di dialogo articolato . Non sappiamo quanto le prudenze della Dc saranno premiate , o confortate , dallo sviluppo dei fatti . Tutto è incerto : la linea dell ' azione cattolica , l ' atteggiamento dei vescovi , le stesse decisioni della conferenza episcopale , che riflette le divisioni post - conciliari . Sappiamo solo che molto dipende dalla Curia , dal Vaticano , diciamolo pure senza mezzi termini dal Papa , da questo Papa tormentato e problematico in cui sembrano consumarsi tutte le contraddizioni della Chiesa di oggi , tese e laceranti fino quasi ad un ' ansia di martirio . Per la formazione anche culturale e familiare tipica di Paolo VI , il colpo subito dal Papa , con l ' introduzione del divorzio in Italia , deve essere stato grandissimo . Pensiamo alla vecchia borghesia cattolica di Brescia , al clima in cui il giovane Montini si è formato , in quell ' età giolittiana in cui nessun progetto di divorzio arrivava alle soglie dell ' aula , anche per l ' ironica resistenza di Giolitti ( « il divorzio interessa solo due scapoli : il Papa e Zanardelli » : amava dire il grande statista quando era ancora ministro dell ' interno nel governo di Zanardelli , un altro bresciano , il contraltare laico del mondo guelfo ) . Ma la delicatezza dei rapporti fra Chiesa e Stato in Italia , e degli stessi precari assetti concordatari , sopravvissuti ad un regime così diverso e lontano da quello di oggi , deve spingere il Pontefice ad un grande sforzo di comprensione e di moderazione , il solo degno dei tempi , il solo ispirato alla carità pastorale del Pontificato , all ' ecumenismo che equipara l ' Italia alle Filippine . Tutta la materia del Concordato è oggetto di revisione : fin dalla commissione costituita da Moro . Il matrimonio concordatario come tale è un monstrum giuridico , seguito ad un ' abdicazione irripetibile del potere civile , in cambio di vantaggi di prestigio oggi irreali . Ci sono certe difese , che non difendono nulla ; certe resistenze ad oltranza , che compromettono solo i valori fondamentali . Ed oggi il valore fondamentale è , per ammissione generale , la salvezza della libertà religiosa , la difesa della libertà di coscienza : egualmente sacre al mondo laico e al mondo cattolico . Un secolo non dovrebbe essere passato invano dal 20 settembre .