StampaQuotidiana ,
Un
tempo
,
esisteva
nel
mondo
quella
qualità
atroce
,
quell
'
incomunicabile
dono
di
natura
,
che
Simone
Weil
chiamava
"
la
forza
"
.
Amava
incarnarsi
nel
volto
di
Giulio
Cesare
:
nel
viso
,
stranamente
femmineo
,
di
Augusto
:
nei
lineamenti
di
Napoleone
;
e
trovò
forse
la
sua
ultima
incarnazione
nella
figura
massiccia
di
Stalin
.
La
forza
si
proponeva
dei
fini
.
Aveva
immensi
progetti
:
invadere
popoli
,
conquistare
nazioni
,
allargare
il
potere
,
possedere
l
'
universo
,
spostare
sempre
più
lontano
i
confini
dell
'
orizzonte
.
Non
pensava
.
Centinaia
di
servi
,
sacerdoti
e
scrittori
,
elaboravano
idee
e
filosofie
di
ogni
specie
che
giustificavano
il
suo
potere
come
se
fosse
voluto
da
Dio
,
anzi
lo
stesso
Dio
in
terra
.
Non
aveva
scrupoli
.
Non
conosceva
sfumature
,
penombre
,
mezzi
termini
,
e
non
le
importava
di
costruire
i
propri
trionfi
sopra
mucchi
di
cadaveri
,
teste
tagliate
e
fiumi
di
sangue
.
Trovava
che
nulla
era
più
piacevole
di
quell
'
acuto
odore
di
sangue
:
nulla
più
sontuoso
di
quelle
montagne
di
corpi
sacrificati
per
lei
e
ammucchiati
ai
suoi
piedi
.
Mentre
gli
altri
uomini
si
lasciavano
trascinare
dalle
passioni
,
il
potente
era
calmo
,
freddo
,
distaccato
,
contemplativo
.
Dominava
le
proprie
passioni
,
impediva
al
proprio
io
di
esibirsi
:
rinviava
,
pazientava
,
attendeva
,
preciso
e
oggettivo
come
lo
sguardo
che
la
Stella
Polare
getta
sul
mondo
.
Se
conosceva
questa
calma
nella
tempesta
,
questa
freddezza
nello
scatenamento
,
se
dormiva
senza
sogni
la
vigilia
della
battaglia
che
avrebbe
deciso
il
suo
destino
,
egli
non
aveva
bisogno
di
combattere
.
Il
potere
era
già
saldo
nelle
sue
mani
.
Quando
agiva
,
aveva
di
fronte
centinaia
di
possibilità
che
si
contraddicevano
a
vicenda
:
migliaia
di
particolari
sui
quali
ciascuno
degli
altri
uomini
avrebbe
posato
lo
sguardo
.
Egli
non
scorgeva
queste
possibilità
,
né
questi
particolari
.
Alzava
il
braccio
,
dava
inizio
alla
battaglia
,
lanciava
una
parola
d
'
ordine
semplicissima
,
inventava
una
formula
elementare
,
che
coglieva
una
minima
parte
della
realtà
.
Gli
altri
uomini
si
chiedevano
:
"
Come
farà
a
vincere
,
se
non
capisce
le
cose
?
"
.
Ma
proprio
perché
non
capiva
i
particolari
,
il
potente
sapeva
aprire
con
la
violenza
le
porte
,
per
gli
altri
ostinatamente
chiuse
,
della
realtà
.
Vi
entrava
,
la
possedeva
,
insediandosi
come
un
sovrano
in
questo
luogo
che
non
capiva
.
Quanto
gli
uomini
hanno
adorato
la
forza
:
quanto
hanno
amato
i
loro
principi
,
tiranni
,
spietati
massacratori
.
Nessuna
qualità
ha
mai
esercitato
più
fascino
della
forza
,
suscitando
una
mescolanza
ripugnante
di
terrore
e
di
attrazione
:
desiderio
di
adorare
,
di
venire
schiacciati
,
umiliati
e
sacrificati
.
Tre
massacratori
come
Napoleone
,
Hitler
e
Stalin
sono
stati
idolatrati
.
In
molte
città
d
'
Europa
vive
ancora
qualcuno
,
che
ha
pianto
tutte
le
sue
lacrime
quando
Stalin
-
il
"
padre
"
mite
e
buono
-
è
stato
portato
via
dalla
morte
.
Alla
fine
,
la
forza
ripagava
i
propri
succubi
.
Quando
il
mondo
era
diventato
suo
,
il
potente
mutava
volto
.
Come
il
sole
allo
zenit
,
lasciava
cadere
sui
milioni
di
sudditi
che
si
agitavano
ai
suoi
piedi
,
sui
nemici
che
aveva
ucciso
,
sugli
uomini
ancora
da
nascere
che
avrebbero
continuato
ad
adorarlo
,
un
sorriso
stranamente
amoroso
.
Nessun
sorriso
umano
era
dolce
come
questo
sorriso
nutrito
di
sangue
.
Da
cinquant
'
anni
,
la
forza
è
quasi
scomparsa
dal
mondo
occidentale
.
Gli
europei
e
gli
americani
moderni
non
l
'
amano
più
.
Per
decine
di
secoli
,
hanno
conosciuto
i
suoi
orrori
,
le
sue
furie
,
il
suo
soffocante
dominio
,
il
suo
logorante
potere
.
Ora
vorrebbero
vivere
nel
regno
della
ragione
,
dove
il
commercio
,
la
mediazione
,
il
compromesso
,
il
discorso
,
forse
l
'
amore
sostituiscono
l
'
urto
degli
eserciti
in
battaglia
.
Nella
società
moderna
,
qualcosa
ripugna
profondamente
alla
forza
.
Le
banche
,
le
industrie
,
i
calcolatori
hanno
bisogno
di
essere
avvolti
e
fasciati
dalla
pace
:
tollerano
,
spesso
provocano
forme
terribili
di
oppressione
,
degenerazioni
che
soffocano
l
'
animo
quanto
la
più
assoluta
delle
dittature
;
ma
la
realtà
della
forza
-
con
quell
'
odore
di
terra
e
di
sangue
-
ripugna
alle
loro
narici
delicate
.
Amano
l
'
irrealtà
:
la
televisione
e
i
computer
ci
introducono
in
un
mondo
irreale
;
mentre
nulla
è
più
reale
della
forza
.
Il
potere
si
è
diffuso
.
È
immagine
televisiva
,
parola
detta
o
stampata
,
libro
che
finge
di
essere
innocente
,
partito
,
sindacato
,
musica
ripetuta
fino
all
'
ossessione
,
pubblicità
,
vestito
innocentemente
indossato
.
Tutti
ne
posseggono
una
piccola
parte
;
ed
è
difficile
che
si
produca
quella
paurosa
concentrazione
psicologica
di
potere
,
dalla
quale
un
tempo
nasceva
la
forza
.
Quando
ricorrono
alla
forza
,
gli
uomini
moderni
intervengono
tardi
,
con
dubbi
e
incertezze
.
Intervengono
con
un
tale
accompagnamento
di
cautele
e
di
riguardi
da
rendere
inefficaci
le
armi
;
e
alla
fine
,
quando
tutto
o
quasi
tutto
è
ormai
perduto
,
sovente
impiegano
la
forza
con
un
eccesso
,
che
tradisce
la
loro
cattiva
coscienza
.
Se
la
Francia
e
l
'
Inghilterra
avessero
obbligato
Mussolini
ad
abbandonare
l
'
Etiopia
,
se
avessero
salvato
la
democrazia
spagnola
,
se
avessero
impedito
a
Hitler
di
annettere
Austria
e
Cecoslovacchia
,
-
l
'
Europa
non
avrebbe
conosciuto
il
disastro
.
Questa
storia
si
è
ripetuta
senza
fine
nel
dopoguerra
:
in
Vietnam
,
in
Ruanda
,
in
Jugoslavia
,
dove
l
'
Occidente
ha
inviato
i
suoi
aerei
con
molti
anni
di
ritardo
.
Il
risultato
di
queste
inquietudini
,
paure
,
cautele
,
improvvisi
furori
sono
state
ondate
di
terrificante
violenza
.
Qualcuno
ci
dice
:
"
Rinunciate
alla
forza
"
,
ripetendo
agli
uomini
che
si
odiano
la
parola
del
Vangelo
.
Certo
,
la
parola
del
Vangelo
deve
essere
continuamente
proclamata
e
ripetuta
:
la
forza
deve
essere
negata
,
la
violenza
deve
essere
maledetta
,
nella
speranza
che
il
mondo
si
raccolga
alla
fine
nella
nuova
Gerusalemme
celeste
,
attorno
all
'
albero
della
vita
.
Non
dobbiamo
mai
dimenticare
che
Cristo
sta
per
giungere
:
la
storia
,
che
crediamo
una
cosa
semplicemente
umana
,
è
divorata
dall
'
imminenza
divina
.
Ma
il
regno
di
Dio
scenderà
in
terra
soltanto
alla
fine
dei
tempi
:
prima
di
allora
non
conosceremo
l
'
albero
della
vita
.
Se
vogliamo
anticiparlo
,
realizzando
completamente
e
totalmente
il
regno
di
Dio
,
costruiremo
soltanto
l
'
edificio
del
Male
Assoluto
,
come
ci
hanno
dimostrato
tutti
i
tempi
e
i
paesi
.
Intanto
,
mentre
viviamo
in
questo
tempo
intermediario
,
dobbiamo
accontentarci
di
mete
limitate
.
Se
gli
uomini
non
si
amano
tra
loro
,
possiamo
indurli
(
talvolta
costringerli
)
a
tollerarsi
a
vicenda
,
vivendo
gli
uni
accanto
agli
altri
come
coinquilini
se
non
come
fratelli
.
Non
è
possibile
rinunciare
alla
forza
.
Altrimenti
,
sempre
nuovi
assassini
offenderanno
i
loro
cittadini
e
i
loro
vicini
:
costruiranno
le
loro
montagne
di
teste
tagliate
:
si
bagneranno
nel
sangue
,
in
nome
di
ideologie
sempre
diverse
e
tutte
eguali
,
perché
"
lo
smunto
assassinio
"
sa
assumere
tutti
i
nomi
.
Giunti
alla
fine
del
ventesimo
secolo
,
mi
chiedo
se
in
futuro
potremo
usare
la
forza
con
più
saggezza
che
in
passato
.
È
soltanto
un
'
utopia
infantile
?
La
forza
non
è
che
brutalità
scatenata
,
alla
quale
è
necessario
sottometterci
?
Non
ci
resta
che
essere
succubi
e
complici
?
Penso
che
sia
possibile
usarla
e
domarla
.
Ormai
è
una
qualità
del
passato
:
noi
non
la
amiamo
,
siamo
lontanissimi
da
lei
e
dalle
sue
seduzioni
,
detestiamo
i
grandi
tiranni
e
massacratori
,
non
proviamo
nessuna
soggezione
psicologica
occulta
verso
di
loro
.
Proprio
per
questo
possiamo
studiarla
,
reimpararla
,
riapprenderla
,
come
si
tenta
di
apprendere
una
virtù
spirituale
.
È
una
specie
di
esercizio
ascetico
:
il
più
difficile
degli
esercizi
.
Lo
compiamo
contro
noi
stessi
:
odiamo
la
forza
mentre
la
usiamo
,
esecriamo
noi
stessi
che
assumiamo
le
sue
apparenze
;
non
ricorriamo
a
lei
per
imporre
il
nostro
dominio
,
ma
soltanto
per
evitare
mali
più
terribili
.
Compiamo
ogni
azione
come
un
sacrificio
,
del
quale
siamo
le
prime
vittime
.
Simone
Weil
visitò
la
Germania
giovanissima
,
l
'
anno
prima
che
Hitler
prendesse
il
potere
.
Mentre
l
'
Europa
era
cieca
e
confusa
,
mentre
nessuno
capiva
quali
drammi
e
orrori
si
andavano
preparando
,
lei
-
quasi
sola
-
comprese
cosa
avrebbe
travolto
la
Germania
di
Weimar
.
Negli
anni
successivi
,
commise
un
errore
,
di
cui
si
sentì
colpevole
per
il
resto
della
vita
.
Diventò
pacifista
.
Pensava
che
qualsiasi
male
,
persino
Hitler
,
sarebbe
stato
preferibile
alla
guerra
.
Ma
poi
espiò
quest
'
errore
;
e
via
via
che
si
avvicinava
sempre
più
al
suo
Dio
sconosciuto
,
venerando
ciò
che
è
puro
,
i
Vangeli
,
l
'
Antigone
,
Platone
,
la
Baghavadgita
,
la
musica
gregoriana
,
-
la
sua
conoscenza
dei
meccanismi
della
forza
diventò
perfetta
.
Sapeva
che
era
necessario
usare
tutta
la
forza
contro
Hitler
:
senza
limiti
,
né
compromessi
;
e
sacrificò
se
stessa
alla
necessità
tremenda
del
suo
compito
.
Possiamo
imparare
da
quest
'
Antigone
dei
tempi
moderni
.
Qualcuno
ha
già
cominciato
,
come
Emma
Bonino
o
Barbara
Spinelli
che
ci
ricorda
inflessibilmente
i
doveri
dell
'
Europa
mentre
guarda
i
quadri
di
Vermeer
e
gli
angeli
medioevali
.
Dobbiamo
esercitarci
,
stoicamente
,
freddamente
,
a
impiegare
la
forza
che
non
amiamo
.
Se
vogliamo
usarla
,
dobbiamo
domare
le
nostre
passioni
:
impedire
al
nostro
ego
di
offuscarci
lo
sguardo
:
cancellare
idee
,
interessi
,
sentimenti
e
fantasticherie
che
ci
turbano
l
'
animo
:
cercare
di
conoscere
le
diverse
situazioni
storiche
,
con
lucidità
e
precisione
assoluta
;
sapere
che
l
'
azione
deve
essere
rara
,
ma
non
conoscere
rinvii
e
compromessi
.
Solo
allora
,
essa
potrà
scendere
come
un
angelo
dell
'
Apocalisse
e
cauterizzare
il
male
e
la
ferita
.
StampaQuotidiana ,
Ci
sono
porte
destinate
a
non
aprirsi
.
Scantinati
senza
finestre
.
Luoghi
riservati
.
Letti
di
contenzione
,
sedie
per
slogare
.
È
raro
che
vengano
alla
luce
:
per
un
terremoto
,
per
un
'
eruzione
vulcanica
.
È
raro
che
se
ne
parli
:
gli
ospitati
non
ne
escono
vivi
.
È
più
facile
che
ne
parlino
i
gestori
:
si
resiste
difficilmente
alle
vanterie
,
anche
quando
possono
costare
.
Nel
Kosovo
riaperto
si
sapeva
-
purché
lo
si
volesse
sapere
-
che
si
sarebbero
trovati
forni
e
fosse
comuni
.
Non
era
facile
immaginare
lo
scantinato
della
tortura
.
Gira
in
questi
anni
una
-
detestabile
-
mostra
sugli
strumenti
di
tortura
:
la
vergine
di
Norimberga
,
le
ruote
dentate
,
genere
che
ha
i
suoi
amatori
.
Il
repertorio
interrato
che
da
Pristina
è
arrivato
sui
nostri
teleschermi
è
tecnologicamente
grossolano
,
ma
moralmente
scelto
:
i
pugni
di
ferro
,
i
coltellacci
,
i
mazzi
di
preservativi
,
il
bastone
spaccato
in
due
(
ne
sarà
stato
orgoglioso
,
o
seccato
,
quello
che
ha
dato
il
colpo
?
)
,
la
rinfusa
di
documenti
personali
dei
torturati
e
dei
giornaletti
zozzi
dei
torturatori
.
Eloquente
repertorio
:
museo
già
pronto
per
le
scolaresche
.
Resistono
stupidi
pregiudizi
sul
conto
della
tortura
,
di
cui
i
torturatori
sarebbero
i
primi
a
farsi
beffe
.
Che
serva
a
qualcosa
,
a
far
parlare
...
Ma
no
.
La
tortura
è
un
'
arte
,
è
un
piacere
,
è
gratuita
.
Deve
far
male
dentro
il
corpo
dell
'
altro
,
dell
'
altra
.
Quello
scantinato
è
altra
cosa
dall
'
assassinio
di
strada
e
dallo
stupro
compiuto
a
cielo
aperto
,
al
caso
dell
'
agguato
e
della
furia
improvvisa
.
Quello
scantinato
è
la
sala
operatoria
di
una
chirurgia
d
'
eccezione
,
in
cui
la
potenza
dell
'
odio
si
è
presa
un
ufficio
,
e
lavora
con
metodo
.
Il
paziente
è
di
preferenza
una
giovane
donna
,
e
se
no
un
uomo
su
cui
si
compiano
atti
di
effeminazione
oltraggiosa
.
Il
torturatore
è
un
uomo
:
lo
diventa
davvero
lì
dentro
.
È
un
luogo
di
iniziazione
completa
:
dal
giornaletto
porno
alla
precauzione
del
preservativo
,
dal
corpo
spogliato
e
legato
alla
carne
incisa
,
alle
ossa
frantumate
,
al
sangue
scolato
in
un
recipiente
lurido
.
Nella
camera
della
tortura
ogni
movente
mostra
la
propria
fuorviante
superfluità
.
Non
importa
più
la
divergenza
nazionale
e
religiosa
,
neanche
quella
spinta
all
'
assassinio
di
massa
o
allo
stupro
di
massa
.
C
'
è
il
rapporto
di
potere
nella
sua
essenza
:
il
corpo
a
corpo
fra
il
gruppo
di
armati
e
l
'
inerme
denudato
.
Sempre
la
tortura
prende
la
mano
ai
suoi
apprendisti
,
dovunque
,
nelle
caserme
di
polizia
,
nelle
celle
di
punizione
,
nelle
stanze
private
in
cui
uomini
piccoli
e
impazziti
si
vendicano
della
propria
paura
.
Succede
molto
,
molto
largamente
.
Ieri
era
anche
uscito
il
benemerito
rapporto
annuale
di
Amnesty
,
impressionante
:
eppure
succede
ancora
più
largamente
.
L
'
omertà
e
la
paura
tengono
ancora
chiuse
molte
cantine
.
Possiamo
fingere
di
non
saperlo
.
La
mia
generazione
ebbe
fra
le
prime
letture
civili
il
saggio
sulla
tortura
di
Henri
Alleg
:
era
il
1958
,
l
'
Algeria
.
A
nessuna
generazione
è
mancato
il
suo
addestramento
.
Ora
i
bambini
vedono
al
telegiornale
-
i
bambini
vedono
tutto
,
infatti
-
quel
pavimento
disseminato
di
ferri
e
mazze
,
in
uno
strano
disordine
;
ci
si
aspetterebbe
una
cura
diversa
,
da
uomini
d
'
ordine
per
eccellenza
come
sono
i
torturatori
.
Non
so
se
si
solleveranno
dubbi
,
sull
'
"
autenticità
"
di
questo
scantinato
.
Se
le
cose
stanno
così
-
mi
pare
di
sì
-
vorrà
forse
dire
che
gli
aguzzini
si
sono
lasciati
prendere
di
sorpresa
;
ma
anche
che
è
costato
loro
caro
staccarsi
da
quel
laboratorio
professionale
.
Si
dice
che
un
'
antica
dama
implorasse
graziosamente
:
"
Ancora
un
minuto
,
signor
boia
"
.
Qui
,
forse
,
era
il
boia
a
chiedere
per
sè
ancora
un
minuto
.
Chi
ha
percorso
in
questi
anni
la
Jugoslavia
conosce
la
scena
infinita
delle
Pompei
dei
vivi
,
delle
case
abbandonate
senza
il
tempo
di
afferrare
un
oggetto
,
di
dare
un
'
ultima
occhiata
.
A
Spalato
un
soldato
appena
reduce
dalla
"
pulizia
"
della
Krajna
di
Knin
,
bevendo
birra
un
po
'
per
festeggiare
un
po
'
per
tristezza
,
mi
disse
:
"
Si
entra
nelle
case
e
si
trova
la
vita
normale
,
due
bicchieri
di
plastica
colorata
da
bambini
,
ho
visto
un
orsacchiotto
posato
sullo
schienale
di
un
divano
esattamente
come
ce
n
'
è
uno
a
casa
mia
...
Questa
è
la
cosa
più
dolorosa
.
Poi
ho
finito
anch
'
io
col
prendermi
una
targa
d
'
auto
,
come
hanno
fatto
tutti
"
.
Un
altro
mi
volle
regalare
una
bomba
a
mano
serba
,
declinai
,
e
accettai
una
banconota
datata
Knin
1992
.
Neanche
i
soldi
avevano
fatto
in
tempo
a
portarsi
via
.
Nella
cantina
di
Pristina
non
hanno
fatto
in
tempo
a
raccogliere
i
machete
,
né
i
preservativi
.
Bisogna
tener
ferme
le
distinzioni
.
Riconoscere
,
dietro
la
fisionomia
comune
della
violenza
fisica
,
della
violazione
corporale
,
della
tortura
,
i
tratti
speciali
di
ogni
nuova
impresa
.
Pristina
è
Pristina
:
non
solo
un
altro
nome
da
aggiungere
alla
mappa
della
tortura
nel
mondo
.
A
Pristina
la
"
polizia
"
serbista
ha
dovuto
fuggire
all
'
improvviso
,
questo
ci
dicono
le
immagini
dell
'
ispezione
imprevista
.
Ma
ci
dicono
anche
che
avevano
avuto
molto
tempo
.
Per
78
giorni
lo
scantinato
è
stato
un
quieto
riparo
antiaereo
,
nel
quale
fare
il
lavoro
.
Per
78
giorni
noi
abbiamo
fissato
un
buco
nero
che
si
chiamava
Kosovo
,
senza
vederne
se
non
i
bordi
,
persone
schizzate
fuori
a
suon
di
minacce
botte
sparatorie
e
bombe
.
Abbiamo
gremito
il
cielo
,
e
perso
di
vista
la
terra
.
Ci
siamo
chiesti
che
cosa
stesse
succedendo
,
per
terra
,
sotto
la
terra
.
Si
lavorava
,
nella
cantina
di
Pristina
.
È
doloroso
,
oggi
,
guardare
il
corteo
vilipeso
o
esasperato
di
serbi
che
abbandonano
a
loro
volta
il
Kosovo
:
era
diventato
fatale
.
Ma
è
commovente
vedere
il
corteo
di
ritorno
dei
kosovari
albanesi
cacciati
fuori
dai
confini
.
Mai
,
che
mi
ricordi
,
una
popolazione
deportata
ha
fatto
ritorno
alle
sue
case
-
alle
sue
macerie
:
si
possono
amare
le
proprie
macerie
-
per
effetto
del
soccorso
dei
potenti
.
Non
certo
dopo
la
Seconda
guerra
,
e
tanto
meno
per
i
suoi
scampati
ebrei
.
Bisogna
esultare
per
questo
rientro
,
ed
esserne
grati
.
Bisogna
dire
che
l
'
incriminazione
di
Milosevic
e
i
suoi
all
'
Aia
non
ha
affatto
dilazionato
la
resa
,
ma
l
'
ha
accelerata
:
e
sarebbe
stata
comunque
giusta
.
Bisogna
riconoscere
in
sé
il
rischio
orribile
del
negazionismo
e
della
minimizzazione
di
fronte
alla
misura
e
alla
profondità
di
una
persecuzione
,
in
nome
di
diffidenze
e
di
partiti
presi
.
Bisogna
congratularsi
che
la
nostra
parte
di
mondo
,
a
differenza
che
per
la
Bosnia
,
non
si
sia
lasciata
piegare
dall
'
antipatia
per
l
'
anagrafe
musulmana
della
maggioranza
della
gente
kosovaro
-
albanese
.
Tuttavia
,
si
deve
tornare
all
'
inizio
della
questione
.
Perché
una
ottusità
politica
indusse
a
chiedersi
se
si
dovesse
o
no
intervenire
a
difesa
dei
kosovari
,
piuttosto
che
come
intervenire
.
Anche
dopo
l
'
inizio
dell
'
intervento
,
quando
le
milizie
serbiste
hanno
risposto
con
l
'
inaudita
deportazione
di
centinaia
di
migliaia
di
persone
,
e
nessuno
avrebbe
dovuto
più
esitare
ad
affrontare
quella
tragedia
,
qualunque
giudizio
si
desse
sulla
sua
origine
.
Oggi
ci
si
congratula
dello
scampato
maggior
pericolo
,
e
si
rischia
di
barattare
la
"
vittoria
"
-
com
'
era
possibile
che
una
"
vittoria
"
non
arrivasse
?
-
con
la
rassegnazione
al
modo
in
cui
è
stata
ottenuta
.
Credo
che
non
dovrebbe
succedere
.
Né
per
questa
volta
,
né
per
le
prossime
,
che
purtroppo
ci
saranno
.
Non
si
può
lasciare
per
tanto
tempo
una
gente
indifesa
in
balia
degli
scannatori
.
Non
si
può
tenersi
il
cielo
,
e
abbandonare
loro
il
suolo
e
gli
scantinati
.
Risparmiare
le
"
nostre
"
vite
è
un
proposito
lodevole
,
purché
non
manchi
il
soccorso
.
Non
è
con
quel
proposito
che
agiscono
le
forze
di
polizia
,
o
i
vigili
del
fuoco
:
perché
dev
'
essere
altrimenti
per
la
strapotenza
militare
del
soccorso
internazionale
?
Qualunque
conclusione
si
raggiunga
sull
'
efficacia
di
interventi
militari
nel
corso
della
seconda
guerra
mondiale
,
resta
imperdonabile
l
'
omissione
,
vile
o
rassegnata
,
di
qualunque
tentativo
per
anni
,
mentre
si
sapeva
dello
sterminio
,
dei
suoi
modi
,
dei
suoi
luoghi
.
Altri
paragoni
troppo
ravvicinati
sono
impropri
,
ma
questo
confronto
è
difficile
da
eludere
.
Chi
di
noi
non
ha
ceduto
al
sarcasmo
nei
confronti
delle
armi
"
intelligenti
"
,
e
degli
imbecilli
che
le
hanno
chiamate
così
?
Ma
è
un
fatto
che
una
delle
obiezioni
-
non
la
peggiore
-
all
'
invocazione
di
bombardare
Auschwitz
-
Birkenau
durante
la
guerra
riguardava
l
'
imprecisione
delle
armi
.
L
'
obiezione
principale
fu
che
nessuna
energia
andava
distolta
dalla
vittoria
nella
guerra
,
e
che
quella
sarebbe
coincisa
con
il
salvataggio
delle
vittime
.
Col
Kosovo
,
non
poteva
essere
ripetuta
.
Bisognava
soccorrere
le
vittime
,
non
"
vincere
la
guerra
"
.
Mi
dispiace
del
fraintendimento
che
mi
procurerò
,
ma
voglio
fare
un
altro
paragone
.
I
nazisti
si
servirono
della
guerra
,
che
aveva
i
suoi
propri
fini
,
per
spingersi
alla
soluzione
finale
del
problema
ebraico
-
per
sterminare
gli
ebrei
.
Anche
per
questo
la
posizione
degli
Alleati
-
vincere
la
guerra
per
salvare
le
vittime
dello
sterminio
-
era
fuori
luogo
.
In
un
certo
senso
,
questo
spostamento
si
è
ripetuto
nella
vicenda
del
Kosovo
:
la
Nato
ha
trattato
come
una
guerra
il
suo
intervento
,
e
ha
affidato
alla
ripetizione
della
strategia
aerea
la
"
vittoria
"
.
Il
regime
serbo
ha
usato
della
"
guerra
"
come
dell
'
occasione
per
liquidare
il
problema
kosovaro
:
cioè
decimare
con
gli
assassinii
la
popolazione
maschile
,
deportare
quanta
più
gente
possibile
,
e
ridurre
un
popolo
in
gran
maggioranza
numerica
e
in
forte
crescita
demografica
a
una
proporzione
"
accettabile
"
:
la
metà
.
I
deportati
che
non
torneranno
,
gli
uccisi
che
riempiono
le
fosse
comuni
o
i
pozzi
di
miniera
,
sono
un
risultato
acquisito
.
L
'
intervento
della
Nato
non
l
'
ha
impedito
,
l
'
ha
in
parte
involontariamente
favorito
.
E
la
scoperta
del
sotterraneo
della
tortura
ha
divaricato
fino
al
paradosso
la
distanza
fra
il
pilota
cui
era
interdetto
scendere
sotto
i
5000
metri
,
e
il
perseguitato
nel
sottosuolo
.
La
camera
della
tortura
di
Pristina
è
un
di
più
,
un
lusso
che
la
pulizia
etnica
si
è
regalata
,
nei
suoi
attori
più
scelti
.
Come
ogni
impresa
gratuita
,
ha
rivelato
a
perfezione
il
fondo
della
contesa
.
L
'
attaccamento
all
'
odio
,
al
potere
,
al
sangue
versato
,
all
'
abiezione
inflitta
in
gruppo
a
ciascuno
degli
altri
.
La
morte
del
nemico
,
nella
tortura
,
diventa
un
'
appendice
,
un
effetto
finale
,
se
non
addirittura
un
infortunio
:
la
cosa
sta
nella
sottomissione
e
nell
'
agonia
protratta
,
nel
dolore
distillato
,
nello
spettacolo
offerto
dal
suppliziato
al
macellaio
.
Le
vittime
sono
comunque
inermi
:
alla
tortura
ci
si
addestra
tormentando
una
lucertola
,
sbatacchiando
furiosamente
un
neonato
che
piange
.
Alla
vista
del
locale
e
dei
suoi
utensili
abbandonati
,
non
riesco
a
vedere
né
a
sentire
le
vittime
,
perché
non
voglio
.
Da
quella
cantina
non
si
sentiva
il
rombo
dei
bombardieri
della
Nato
:
figurarsi
se
si
potessero
sentire
dal
nostro
cielo
le
urla
e
i
gemiti
dei
tormentati
.
Mute
,
le
vittime
.
Quella
camera
improvvisamente
spalancata
non
deve
mostrar
loro
,
né
farle
immaginare
con
paura
o
con
raccapriccio
.
Deve
far
vedere
gli
aguzzini
,
il
loro
spalleggiarsi
,
le
loro
risate
ubriache
,
i
loro
giornaletti
e
le
loro
tre
dita
levate
.
Restituire
i
jingle
politici
-
la
nazione
serba
,
la
battaglia
sacra
di
Lazar
,
i
monasteri
magnifici
e
la
fraternità
panslava
-
alla
loro
dimensione
personale
,
alla
libertà
senza
confini
di
mettere
alla
prova
se
stessi
sul
corpo
dell
'
altro
.
Sono
scappati
a
gambe
levate
,
quegli
artigiani
efferati
:
lungo
la
strada
avranno
alzato
le
tre
dita
,
incrociando
i
carri
russi
,
o
le
telecamere
di
ogni
parte
.
A
Belgrado
,
o
in
un
'
altra
loro
città
,
in
un
'
osteria
o
in
una
caserma
,
non
resisteranno
al
piacere
di
raccontare
che
cos
'
hanno
fatto
a
Pristina
.
Troveranno
altri
come
loro
cui
le
cose
si
possono
dire
.
Il
bello
di
essere
poliziotti
-
o
paramilitari
,
è
lo
stesso
,
anzi
meglio
:
parastatali
della
brutalità
-
in
tempo
di
guerra
patriottica
è
che
si
può
fare
tutto
per
una
causa
superiore
.
Sarebbe
la
dimostrazione
finale
del
fatto
che
il
male
è
più
forte
del
bene
,
fra
gli
animali
umani
,
se
non
si
ricevesse
ogni
volta
di
nuovo
la
prova
che
resta
nei
torturatori
e
nei
massacratori
il
fondo
di
una
paura
e
una
vergogna
,
la
foga
di
cancellare
le
tracce
.
Qualcuno
di
noi
l
'
aveva
temuto
:
i
serbisti
tiravano
per
le
lunghe
solo
per
avere
il
tempo
di
cancellare
le
tracce
.
La
stessa
cosa
era
successa
ai
nazisti
.
Quando
lo
sterminio
passò
dalle
fucilazioni
di
massa
alle
camere
a
gas
,
fu
anche
per
smaltire
le
scorie
nei
forni
.
I
nazisti
(
e
tanti
altri
)
seppellirono
e
riesumarono
tante
loro
vittime
per
riseppellirle
o
bruciarle
:
come
hanno
appena
fatto
bande
serbe
.
Dicevano
,
gli
altruisti
carnefici
nazisti
:
il
mondo
non
è
ancora
preparato
a
capire
.
Non
si
può
lavorare
alla
luce
del
sole
.
Anche
i
serbisti
devono
aver
pensato
così
.
Il
mondo
non
è
ancora
preparato
,
e
anzi
ha
incaricato
un
tribunale
di
occuparsene
:
benché
non
lo
prenda
ancora
abbastanza
sul
serio
.
StampaQuotidiana ,
In
queste
settimane
di
guerra
nei
Balcani
due
parole
mi
tornano
alla
mente
.
La
prima
è
di
Bertolt
Brecht
al
termine
del
suo
lavoro
teatrale
:
La
resistibile
ascesa
di
Arturo
Ui
:
"
E
voi
imparate
che
occorre
vedere
e
non
guardare
in
aria
;
occorre
agire
e
non
parlare
.
Questo
mostro
stava
,
una
volta
,
per
governare
il
mondo
.
I
popoli
lo
spensero
,
ma
ora
non
cantiamo
vittoria
troppo
presto
,
il
grembo
da
cui
nacque
è
ancora
fecondo
"
.
Questa
metafora
del
grembo
ancora
fecondo
evoca
una
delle
cause
di
quanto
sta
avvenendo
.
C
'
è
una
matrice
dalla
quale
sono
stati
generati
molti
stermini
,
fino
alla
Shoah
.
Essa
continua
a
generarne
.
I
conflitti
nelle
terre
dell
'
ex
Jugoslavia
,
la
"
pulizia
etnica
"
,
l
'
esodo
forzato
delle
genti
del
Kosovo
lo
attestano
,
come
pure
tanti
altri
conflitti
in
altre
regioni
del
mondo
che
,
pur
drammaticamente
vivi
,
non
fanno
notizia
.
Tutto
questo
non
è
lontano
da
noi
.
Anche
il
nostro
Paese
ha
conosciuto
vergognose
"
leggi
razziali
"
.
Altre
"
notti
feroci
"
gravano
sull
'
Europa
,
come
Primo
Levi
ci
aveva
avvertiti
.
Avevamo
sperato
in
un
sempre
più
diffuso
e
radicato
costume
democratico
e
invece
di
nuovo
rinascono
forme
di
dittatura
,
di
violenta
privazione
della
libertà
.
Questo
millennio
si
avvia
alla
conclusione
tra
incursioni
aeree
,
bombardamenti
,
stragi
.
La
seconda
parola
a
cui
ripenso
in
questi
giorni
è
stata
pronunciata
dall
'
Assemblea
delle
chiese
cristiane
europee
a
Basilea
nel
maggio
1989
:
"
Abbiamo
causato
guerre
e
non
siamo
stati
capaci
di
sfruttare
tutte
le
opportunità
di
dialogo
e
di
riconciliazione
:
abbiamo
accettato
e
spesso
giustificato
con
troppa
facilità
le
guerre
"
.
Questa
parola
ci
ricorda
le
responsabilità
che
portiamo
anche
come
cristiani
.
Sulle
ragioni
possibili
di
alcuni
atti
di
guerra
(
cioè
sul
tema
di
una
eventuale
"
guerra
giusta
"
)
,
si
è
ragionato
a
lungo
nei
due
millenni
cristiani
.
Sant
'
Agostino
scriveva
:
"
Fare
la
guerra
è
una
felicità
per
i
malvagi
,
ma
per
i
buoni
una
necessità
...
è
ingiusta
la
guerra
fatta
contro
popoli
inoffensivi
,
per
desiderio
di
nuocere
,
per
sete
di
potere
,
per
ingrandire
un
impero
,
per
ottenere
ricchezze
e
acquistare
gloria
.
In
tutti
questi
casi
la
guerra
va
considerata
un
"
brigantaggio
in
grande
stile
"
"
(
De
Civitate
Dei
,
IV
,
6
)
.
Ma
Giovanni
XXIII
nella
Pacem
in
terris
,
afferma
:
"
Nell
'
era
atomica
è
irrazionale
(
alienum
est
a
ratione
)
pensare
che
la
guerra
possa
essere
utilizzata
come
strumento
di
riparazione
dei
diritti
violati
"
.
Il
concetto
di
"
guerra
giusta
"
viene
così
superato
.
E
il
Concilio
,
che
per
lo
più
non
ha
voluto
pronunciare
anatemi
,
ha
tuttavia
su
questo
punto
un
parola
ferma
e
dura
:
"
Ogni
atto
di
guerra
che
indiscriminatamente
mira
alla
distruzione
di
intere
città
o
di
vaste
regioni
e
dei
loro
abitanti
,
è
delitto
contro
Dio
e
contro
la
stessa
umanità
e
con
fermezza
e
senza
esitazione
deve
essere
condannato
"
.
Tra
le
ragioni
che
hanno
portato
al
superamento
della
dottrina
della
guerra
giusta
,
accanto
alla
percezione
dei
danni
incalcolabili
prodotti
dalle
"
moderne
armi
scientifiche
"
,
vi
è
la
progressiva
adesione
alla
struttura
politica
di
tipo
democratico
,
con
il
riconoscimento
dell
'
opinione
pubblica
come
istanza
di
controllo
e
di
guida
nella
gestione
del
potere
politico
.
Anche
sul
piano
internazionale
,
il
progressivo
consolidarsi
di
una
istanza
sovranazionale
costituisce
una
(
sia
pur
gracile
)
alternativa
alla
guerra
mediante
la
mediazione
politica
.
Con
la
condanna
del
ricorso
alla
guerra
,
la
coscienza
cristiana
va
progressivamente
superando
anche
la
logica
della
deterrenza
.
La
deterrenza
,
afferma
il
Concilio
,
"
non
è
via
sicura
per
conservare
saldamente
la
pace
...
le
cause
di
guerre
anziché
venire
eliminate
da
tale
corsa
minacciano
piuttosto
di
aggravarsi
gradatamente
...
mentre
si
spendono
enormi
ricchezze
per
procurarsi
sempre
nuove
armi
,
diventa
poi
impossibile
arrecare
sufficiente
rimedio
alle
miserie
così
grandi
del
mondo
presente
"
.
In
queste
settimane
di
guerra
ci
ha
costantemente
guidato
il
magistero
coerente
e
coraggioso
del
papa
Giovanni
Paolo
II
.
Non
dimentico
le
sue
parole
il
mattino
del
primo
giorno
della
guerra
nel
Golfo
,
era
il
17
gennaio
1991
:
"
In
queste
ore
di
grandi
pericoli
,
vorrei
ripetere
con
forza
che
la
guerra
non
può
essere
un
mezzo
adeguato
per
risolvere
completamente
i
problemi
esistenti
tra
le
nazioni
.
Non
lo
è
mai
stato
e
non
lo
sarà
mai
.
Continuo
a
sperare
che
ciò
che
è
iniziato
abbia
fine
al
più
presto
.
Prego
affinché
l
'
esperienza
di
questo
primo
giorno
di
conflitto
sia
sufficiente
per
far
comprendere
l
'
orrore
di
quanto
sta
succedendo
e
far
capire
la
necessità
che
le
aspirazioni
e
i
diritti
di
tutti
i
popoli
della
regione
siano
oggetto
di
un
particolare
impegno
della
comunità
internazionale
.
Si
tratta
di
problemi
la
cui
soluzione
può
essere
ricercata
solamente
in
un
contesto
internazionale
,
ove
tutte
le
parti
interessate
siano
presenti
e
cooperino
con
lealtà
"
.
"
Declino
dell
'
umanità
,
scacco
della
comunità
internazionale
,
attentato
ai
valori
più
cari
a
tutte
le
religioni
"
,
così
diceva
il
Papa
a
proposito
della
guerra
nel
Golfo
.
Parole
che
dobbiamo
ancora
ripetere
per
la
guerra
nei
Balcani
.
Dobbiamo
instancabilmente
cercare
,
pensare
una
alternativa
all
'
uso
delle
armi
,
anche
quando
essa
sembra
impossibile
.
Come
vescovo
avverto
l
'
urgenza
di
contribuire
ad
una
educazione
alla
pace
:
solo
scrutando
le
ragioni
misteriose
del
male
nella
storia
e
nel
cuore
dell
'
uomo
possiamo
comprendere
perché
la
pace
sia
problema
sempre
aperto
.
Il
riconoscimento
del
male
in
tutte
le
sue
forme
,
questa
immane
potenza
del
negativo
che
ha
nella
guerra
la
sua
manifestazione
più
drammatica
,
non
deve
però
indurci
al
pessimismo
paralizzando
la
fiducia
nelle
risorse
positive
dell
'
uomo
.
Nasce
di
qui
la
tensione
al
dialogo
come
via
privilegiata
alla
pace
:
"
Ogni
uomo
,
credente
o
no
,
pur
restando
prudente
e
lucido
circa
la
possibile
ostinazione
del
suo
fratello
,
può
e
deve
conservare
una
sufficiente
fiducia
nell
'
uomo
,
nella
sua
capacità
di
essere
ragionevole
,
nel
suo
senso
del
bene
,
della
giustizia
,
dell
'
equità
,
nella
sua
possibilità
di
amore
fraterno
e
di
speranza
,
mai
totalmente
pervertiti
,
per
scommettere
sul
ricorso
al
dialogo
e
sulla
sua
possibile
ripresa
"
(
Giovanni
Paolo
II
,
Messaggio
per
la
Giornata
della
pace
1983
)
.
Questa
fiducia
nell
'
uomo
è
anzitutto
fiducia
nelle
risorse
della
sua
coscienza
,
soprattutto
di
quanti
patiscono
ingiustizia
.
Bisogna
puntare
"
sulle
forze
di
pace
nascoste
negli
uomini
e
nei
popoli
che
soffrono
...
così
da
sottoporre
le
forze
oppressive
a
delle
spinte
efficaci
di
trasformazione
,
più
efficaci
di
quelle
fiammate
di
violenza
che
in
genere
non
producono
nulla
,
se
non
un
futuro
di
sofferenze
ancora
più
grandi
"
(
Messaggio
per
la
Giornata
della
pace
,
1980
)
.
Alla
forza
della
coscienza
e
non
alla
violenza
è
affidata
la
causa
della
pace
.
Sul
versante
politico
,
la
pace
richiede
strutture
politiche
sovranazionali
davvero
efficaci
nell
'
arginare
le
possibili
sopraffazioni
.
Era
già
questo
l
'
auspicio
di
Paolo
VI
nel
suo
discorso
alle
Nazioni
Unite
nel
1965
:
"
Il
bene
comune
universale
pone
ora
problemi
a
dimensioni
mondiali
che
non
possono
essere
adeguatamente
affrontati
e
risolti
che
ad
opera
di
Poteri
pubblici
aventi
ampiezza
,
strutture
e
mezzi
delle
stesse
proporzioni
,
di
Poteri
pubblici
cioè
,
che
siano
in
grado
di
operare
in
modo
efficiente
sul
piano
mondiale
.
Lo
stesso
ordine
morale
quindi
domanda
che
tali
poteri
vengano
istituiti
...
Chi
non
vede
il
bisogno
di
giungere
così
,
progressivamente
,
a
instaurare
un
'
autorità
mondiale
,
capace
di
agire
con
efficacia
sul
piano
giuridico
e
politico
?
"
.
In
questi
giorni
di
guerra
ripenso
al
lungo
,
difficile
cammino
della
coscienza
cristiana
durante
due
millenni
nel
giudicare
la
guerra
e
gli
armamenti
.
Prima
delle
armi
nucleari
e
chimiche
il
principio
della
legittima
difesa
poteva
in
certi
casi
condurre
a
parlare
di
guerra
giusta
.
Ora
invece
si
è
convinti
della
tragica
inutilità
e
moralità
di
una
guerra
condotta
con
questi
nuovi
tipi
di
armamenti
.
Dobbiamo
augurarci
che
la
coscienza
critica
dei
cristiani
e
di
ogni
uomo
faccia
ancora
dei
passi
ulteriori
.
Intanto
occorre
che
la
mobilitazione
contro
il
male
sia
accompagnata
da
un
'
opera
progettuale
,
che
dia
nuova
consistenza
alla
pace
,
alla
sicurezza
,
alla
stessa
dissuasione
.
In
tale
linea
:
una
ricerca
di
giustizia
,
di
eguaglianza
,
di
solidarietà
,
il
potenziamento
del
dialogo
,
dei
sistemi
democratici
,
degli
organismi
di
controllo
internazionali
.
La
stessa
dissuasione
dovrebbe
fondarsi
non
già
sulla
minaccia
rappresentata
dagli
arsenali
,
bensì
su
quelle
risorse
ben
più
degne
dell
'
uomo
che
sono
la
solidarietà
internazionale
,
le
sanzioni
giuridiche
,
l
'
isolamento
di
chi
fa
ricorso
alla
prepotenza
e
alla
forza
.
Rassegnarsi
alla
logica
della
guerra
o
della
dissuasione
armata
vuol
dire
accettare
la
spirale
perversa
degli
armamenti
e
finire
in
una
trappola
mortale
per
l
'
umanità
.
Dal
punto
di
vista
progettuale
,
accanto
alla
proposta
di
studiare
forme
efficaci
di
difesa
civile
non
violenta
,
sta
il
riconoscimento
del
valore
della
obiezione
di
coscienza
,
la
denuncia
di
certe
forme
di
ricerca
scientifica
subalterne
a
logiche
di
distruzione
,
lo
scandalo
rappresentato
dal
divario
crescente
Nord
-
Sud
alimentato
dal
commercio
delle
armi
.
Sta
l
'
appello
alla
mediazione
politica
come
strumento
di
composizione
dei
conflitti
;
l
'
appello
a
disarmare
gli
animi
,
armando
la
ragione
;
l
'
appello
a
credere
nella
Parola
:
"
Forgeranno
le
loro
spade
in
vomeri
,
le
loro
lance
in
falci
,
un
popolo
non
alzerà
più
la
spada
contro
un
altro
popolo
"
.
(
Isaia
,
2,4
)
.
StampaQuotidiana ,
Nel
dicembre
del
1993
si
è
svolto
alla
Sorbona
,
sotto
l
'
egida
della
Academie
Universelle
des
Cultures
,
un
congresso
sul
concetto
di
intervento
internazionale
.
C
'
erano
non
solo
giuristi
,
politologi
,
militari
,
politici
,
ma
anche
filosofi
e
storici
come
Paul
Ricoeur
o
Jacques
Le
Goff
,
medici
senza
frontiere
come
Bernard
Koutchner
,
rappresentanti
di
minoranze
un
tempo
perseguitate
come
Elie
Wiesel
,
Ariel
Dorfmann
,
Toni
Morrison
,
vittime
della
repressione
di
vari
dittatori
,
come
Leszek
Kolakowski
o
Bronislaw
Geremek
o
Jorge
Semprun
,
insomma
molta
gente
a
cui
la
guerra
non
piace
,
non
è
mai
piaciuta
e
non
vorrebbero
vederne
più
.
Si
aveva
paura
a
usare
parole
come
"
intervento
"
,
che
sapeva
troppo
di
ingerenza
(
anche
Sagunto
è
stato
un
intervento
,
e
ha
permesso
ai
romani
di
fare
fuori
i
cartaginesi
)
,
e
si
preferiva
parlare
di
soccorso
e
di
"
azione
internazionale
"
.
Pura
ipocrisia
?
No
,
i
romani
che
intervengono
a
favore
di
Sagunto
sono
romani
,
e
basta
.
In
quel
convegno
invece
si
stava
parlando
di
comunità
internazionale
,
di
un
gruppo
di
paesi
che
ritengono
che
la
situazione
,
in
un
punto
qualsiasi
del
globo
,
abbia
raggiunto
l
'
intollerabile
,
e
decidono
di
intervenire
per
porre
fine
a
quello
che
la
coscienza
comune
definisce
un
delitto
.
Ma
quali
paesi
fanno
parte
della
comunità
internazionale
,
e
quali
sono
i
limiti
della
coscienza
comune
?
Si
può
certo
sostenere
che
per
ogni
civiltà
uccidere
sia
un
male
,
ma
solo
entro
certi
limiti
.
Noi
europei
e
cristiani
ammettiamo
per
esempio
l
'
omicidio
per
legittima
difesa
,
ma
gli
antichi
abitanti
del
Centro
e
Sud
America
ammettevano
il
sacrificio
umano
rituale
,
e
gli
attuali
abitanti
degli
Stati
Uniti
ammettono
la
pena
di
morte
.
Una
delle
conclusioni
di
quel
tormentatissimo
convegno
era
stata
che
,
come
avviene
in
chirurgia
,
intervenire
significa
agire
energicamente
per
interrompere
o
eliminare
un
male
.
La
chirurgia
vuole
il
bene
,
ma
i
suoi
metodi
sono
violenti
.
È
consentita
una
chirurgia
internazionale
?
Tutta
la
filosofia
politica
moderna
ci
dice
che
,
per
evitare
la
guerra
di
tutti
contro
tutti
,
lo
Stato
deve
esercitare
una
certa
violenza
sugli
individui
.
Ma
quegli
individui
hanno
sottoscritto
un
contratto
sociale
.
Che
cosa
avviene
tra
stati
che
non
hanno
sottoscritto
un
contratto
comune
?
Di
solito
una
comunità
,
che
si
ritiene
depositaria
di
valori
molto
diffusi
(
diciamo
i
paesi
democratici
)
stabilisce
i
limiti
di
ciò
che
essa
giudica
intollerabile
.
Non
è
tollerabile
condannare
a
morte
per
reati
d
'
opinione
.
Non
è
tollerabile
il
genocidio
.
Non
è
tollerabile
l
'
infibulazione
(
almeno
,
se
praticata
a
casa
nostra
)
.
Pertanto
si
decide
di
difendere
coloro
che
sono
danneggiati
ai
limiti
dell
'
intollerabile
.
Ma
sia
chiaro
che
quell
'
intollerabile
è
intollerabile
per
noi
,
non
per
"loro".Chi
siamo
noi
?
I
cristiani
?
Non
necessariamente
,
cristiani
rispettabilissimi
,
anche
se
non
cattolici
,
appoggiano
Milosevic
.
Il
bello
è
che
questo
"
noi
"
(
anche
se
è
definito
da
un
trattato
,
come
quello
nord
-
atlantico
)
è
un
Noi
impreciso
.
È
una
Comunità
che
si
riconosce
su
alcuni
valori
.
Dunque
quando
si
decide
di
intervenire
in
base
ai
valori
di
una
Comunità
,
si
fa
una
scommessa
:
che
i
nostri
valori
,
e
il
nostro
senso
dei
limiti
tra
tollerabile
e
intollerabile
,
siano
giusti
.
Si
tratta
di
una
sorta
di
scommessa
storica
non
diversa
da
quella
che
legittima
le
rivoluzioni
,
o
i
tirannicidi
:
chi
mi
dice
che
io
abbia
diritto
di
esercitare
la
violenza
(
e
che
violenza
,
talora
)
per
ristabilire
quella
che
ritengo
una
giustizia
violata
?
Non
c
'
è
nulla
che
legittimi
una
rivoluzione
,
per
chi
l
'
avversa
:
semplicemente
chi
vi
si
impegna
crede
,
scommette
,
che
ciò
che
fa
sia
giusto
.
Non
diversamente
accade
per
la
decisione
di
un
intervento
internazionale
.
È
questa
situazione
quella
che
spiega
l
'
angoscia
che
afferra
tutti
in
questi
giorni
.
C
'
è
un
male
terribile
a
cui
opporsi
(
la
pulizia
etnica
)
:
è
l
'
intervento
bellico
lecito
o
no
?
Si
deve
fare
una
guerra
per
impedire
una
ingiustizia
?
Secondo
giustizia
sì
.
E
secondo
carità
?
Ancora
una
volta
si
ripropone
il
problema
della
scommessa
:
se
con
una
violenza
minima
avrò
impedito
una
ingiustizia
enorme
,
avrò
agito
secondo
carità
,
come
fa
il
poliziotto
che
spara
al
pazzo
assassino
per
salvare
la
vita
a
molti
innocenti
.
Ma
la
scommessa
è
duplice
.
Da
un
lato
si
scommette
che
noi
siamo
in
accordo
col
senso
comune
,
che
quello
che
vogliamo
reprimere
è
qualche
cosa
di
universalmente
intollerabile
(
e
peggio
per
chi
non
lo
capisce
e
ammette
ancora
)
.
Dall
'
altro
si
scommette
che
la
violenza
che
giustifichiamo
riuscirà
a
prevenire
violenze
maggiori
.
Sono
due
problemi
assolutamente
diversi
.
Ora
provo
a
dare
per
scontato
il
primo
,
che
scontato
non
è
,
ma
vorrei
ricordare
a
tutti
che
questo
non
è
un
trattato
di
etica
,
bensì
un
articolo
di
giornale
,
sordidamente
ricattato
da
esigenze
di
spazio
e
di
comprensibilità
.
In
altre
parole
,
il
primo
problema
è
così
grave
,
e
angoscioso
,
che
non
può
,
anzi
non
deve
essere
trattato
sulle
gazzette
.
Diciamo
allora
che
è
giusto
,
per
impedire
un
delitto
come
la
pulizia
etnica
(
foriero
di
altri
delitti
e
di
altre
atrocità
che
il
nostro
secolo
ha
conosciuto
)
,
ricorrere
alla
violenza
.
Ma
la
seconda
domanda
è
se
la
forma
di
violenza
che
esercitiamo
possa
davvero
prevenire
violenze
maggiori
.
Qui
non
siamo
più
di
fronte
a
un
problema
etico
bensì
a
un
problema
tecnico
,
il
quale
ha
tuttavia
un
risvolto
etico
:
se
l
'
ingiustizia
a
cui
mi
piego
non
prevenisse
l
'
ingiustizia
maggiore
,
sarebbe
stato
lecito
usarla
?
Questo
equivale
a
fare
un
discorso
sulla
utilità
della
guerra
,
nel
senso
di
guerra
guerreggiata
,
di
guerra
tradizionale
,
che
ha
per
fine
l
'
annientamento
finale
del
nemico
e
la
vittoria
del
vincitore
.
Il
discorso
sulla
inutilità
della
guerra
è
difficile
perché
pare
che
chi
lo
fa
parli
in
favore
dell
'
ingiustizia
che
la
guerra
cerca
di
sanare
.
Ma
questo
è
un
ricatto
psicologico
.
Se
qualcuno
per
esempio
dicesse
che
tutti
i
guai
della
Serbia
derivano
dalla
dittatura
di
Milosevic
,
e
che
se
i
servizi
segreti
occidentali
riuscissero
a
uccidere
Milosevic
tutto
si
risolverebbe
in
un
giorno
,
questo
qualcuno
criticherebbe
la
guerra
come
strumento
utile
per
risolvere
il
problema
del
Kosovo
,
ma
non
sarebbe
pro
-
Milosevic
.
D
'
accordo
?
Perché
nessuno
adotta
questa
posizione
?
Per
due
ragioni
.
Una
,
che
i
servizi
segreti
di
tutto
il
mondo
sono
per
definizione
inefficienti
,
non
sono
stati
capaci
di
fare
ammazzare
né
Castro
né
Saddam
ed
è
vergognoso
che
si
consideri
ancora
giusto
sperperare
per
essi
pubblico
denaro
.
L
'
altro
è
che
non
è
affatto
vero
che
quello
che
fanno
i
serbi
sia
dovuto
alla
follia
di
un
dittatore
,
ma
dipende
da
odi
etnici
millenari
,
che
coinvolgono
e
loro
e
altre
etnie
balcaniche
,
il
che
rende
il
problema
ancora
più
drammatico
.
Torniamo
allora
al
discorso
sulla
utilità
della
guerra
.
Qual
è
stato
nel
corso
dei
secoli
il
fine
di
quella
che
chiameremo
paleo
-
guerra
?
Sconfiggere
l
'
avversario
in
modo
da
trarre
un
beneficio
dalla
sua
perdita
.
Questo
imponeva
tre
condizioni
:
che
al
nemico
dovessero
essere
tenute
segrete
le
nostre
forze
e
le
nostre
intenzioni
,
in
modo
da
poterlo
prendere
di
sorpresa
;
che
ci
fosse
una
forte
solidarietà
nel
fronte
interno
;
che
infine
tutte
le
forze
a
disposizione
fossero
utilizzate
per
distruggere
il
nemico
.
Per
questo
nella
paleo
-
guerra
(
compresa
la
guerra
fredda
)
si
stroncavano
coloro
che
dall
'
interno
del
fronte
amico
trasmettevano
informazioni
al
fronte
nemico
(
fucilazione
di
Mata
Hari
,
i
Rosenberg
sulla
sedia
elettrica
)
,
si
impediva
la
propaganda
del
fronte
avverso
(
si
metteva
in
prigione
chi
ascoltava
Radio
Londra
,
McCarthy
condannava
i
filocomunisti
di
Hollywood
)
,
e
si
punivano
coloro
che
,
dall
'
interno
del
fronte
nemico
,
lavoravano
contro
il
proprio
paese
(
impiccagione
di
John
Amery
,
segregazione
a
vita
di
Ezra
Pound
)
perché
non
si
doveva
fiaccare
lo
spirito
dei
cittadini
.
E
infine
si
insegnava
a
tutti
che
il
nemico
andava
ucciso
,
e
i
bollettini
di
guerra
esultavano
quando
le
forze
nemiche
venivano
sterminate
.
Queste
condizioni
sono
entrate
in
crisi
con
la
prima
neo
-
guerra
,
quella
del
Golfo
,
ma
si
attribuiva
ancora
la
smagliatura
alla
stupidità
dei
popoli
di
colore
,
che
ammettevano
i
giornalisti
americani
a
Bagdad
,
forse
per
vanità
,
o
per
corruzione
.
Ora
non
ci
sono
più
equivoci
,
l
'
Italia
invia
aerei
in
Serbia
ma
mantiene
relazioni
diplomatiche
con
la
Jugoslavia
,
le
televisioni
della
Nato
comunicano
ora
per
ora
ai
serbi
quali
aerei
Nato
stanno
lasciando
Aviano
,
agenti
serbi
sostengono
le
ragioni
del
governo
avversario
dagli
schermi
della
televisione
di
stato
,
giornalisti
italiani
trasmettono
da
Belgrado
con
l
'
appoggio
delle
autorità
locali
.
Ma
è
guerra
questa
,
col
nemico
in
casa
che
fa
propaganda
per
i
suoi
?
Nella
neo
-
guerra
ciascun
belligerante
ha
il
nemico
nelle
retrovie
e
,
dando
continuamente
la
parola
all
'
avversario
,
i
media
demoralizzano
i
cittadini
(
mentre
Clausewitz
ricordava
che
condizione
della
vittoria
è
la
coesione
morale
di
tutti
i
combattenti
)
.
D
'
altra
parte
,
quand
'
anche
i
media
fossero
imbavagliati
,
le
nuove
tecnologie
della
comunicazione
permettono
flussi
d
'
informazione
inarrestabili
-
e
non
so
quanto
Milosevic
possa
bloccare
non
dico
Internet
ma
le
trasmissioni
radio
da
paesi
nemici
.
Tutte
le
cose
che
ho
detto
sembrano
contraddire
il
bell
'
articolo
di
Furio
Colombo
su
Repubblica
del
19
aprile
scorso
,
dove
si
sostiene
che
il
Villaggio
Globale
di
McLuhaniana
memoria
sarebbe
morto
il
13
aprile
1999
,
quando
in
un
mondo
di
media
,
cellulari
,
satelliti
,
spie
spaziali
e
così
via
,
si
dovette
dipendere
dal
telefonino
da
campo
di
un
funzionario
di
agenzia
internazionale
,
incapace
di
chiarire
se
davvero
fosse
avvenuta
una
infiltrazione
serba
in
territorio
albanese
.
"
Noi
non
sappiamo
nulla
dei
serbi
.
I
serbi
non
sanno
nulla
di
noi
.
Gli
albanesi
non
riescono
a
vedere
sopra
il
mare
di
teste
che
li
sta
invadendo
.
La
Macedonia
scambia
i
profughi
per
nemici
e
li
massacra
di
botte
"
.
Ma
allora
,
questa
è
una
guerra
dove
ciascuno
sa
tutto
degli
altri
o
dove
nessuno
sa
niente
?
Tutte
e
due
le
cose
.
Il
fronte
interno
è
trasparente
,
mentre
la
frontiera
è
opaca
.
Gli
agenti
di
Milosevic
parlano
nelle
trasmissioni
di
Gad
Lerner
,
mentre
sul
fronte
,
là
dove
i
generali
di
un
tempo
esploravano
col
binocolo
,
e
sapevano
benissimo
dove
si
appostava
il
nemico
,
oggi
non
si
sa
niente
.
Questo
accade
perché
,
se
il
fine
della
paleo
-
guerra
era
distruggere
quanti
più
nemici
fosse
possibile
,
pare
tipico
della
neo
-
guerra
cercare
di
ucciderne
il
meno
possibile
,
perché
a
ucciderne
troppi
si
incorrerebbe
nella
riprovazione
dei
media
.
Nella
neo
-
guerra
non
si
è
ansiosi
di
distruggere
il
nemico
,
perché
i
media
ci
rendono
vulnerabili
di
fronte
alla
sua
morte
-
non
più
evento
lontano
e
impreciso
,
ma
evidenza
visiva
insostenibile
.
Nella
neo
-
guerra
ogni
armata
si
muove
all
'
insegna
del
vittimismo
.
Milosevic
accusa
orribili
perdite
(
Mussolini
se
ne
sarebbe
vergognato
)
,
e
basta
che
un
aviatore
della
Nato
caschi
a
terra
che
tutti
si
commuovono
.
Insomma
,
nella
neo
-
guerra
perde
,
di
fronte
all
'
opinione
pubblica
,
chi
ha
ammazzato
troppo
.
E
dunque
è
giusto
che
alla
frontiera
nessuno
si
affronti
e
nessuno
sappia
niente
dell
'
altro
.
In
fondo
la
neo
-
guerra
è
all
'
insegna
della
"
bomba
intelligente
"
,
che
dovrebbe
distruggere
il
nemico
senza
ammazzarlo
,
e
si
capiscono
i
nostri
ministri
che
dicono
:
noi
,
scontri
col
nemico
?
ma
niente
affatto
!
Che
poi
un
sacco
di
gente
muoia
lo
stesso
è
tecnicamente
irrilevante
.
Anzi
,
il
difetto
della
neo
-
guerra
è
che
muore
della
gente
,
ma
non
si
vince
.
Ma
possibile
che
nessuno
sappia
condurre
una
neo
-
guerra
?
Nessuno
,
è
naturale
.
L
'
equilibrio
del
terrore
aveva
preparato
gli
strateghi
a
una
guerra
atomica
ma
non
a
una
terza
guerra
mondiale
,
dove
si
dovessero
spezzare
le
reni
alla
Serbia
.
É
come
se
i
migliori
laureati
del
Politecnico
fossero
stati
tenuti
per
cinquant
'
anni
a
fare
videogiochi
.
Vi
fidereste
a
lasciargli
fare
ora
un
ponte
?
Ma
infine
,
l
'
ultima
beffa
della
neo
-
guerra
non
è
che
non
ci
sia
nessuno
oggi
in
servizio
che
sia
vecchio
abbastanza
da
avere
imparato
a
fare
una
guerra
-
e
non
ci
potrebbe
essere
in
ogni
caso
,
perché
la
neo
-
guerra
è
un
gioco
dove
per
definizione
si
perde
sempre
,
anche
perché
la
tecnologia
che
viene
usata
è
più
complessa
del
cervello
di
coloro
che
la
manovrano
e
un
semplice
computer
,
benché
fondamentalmente
idiota
,
può
giocare
più
scherzi
di
quanti
ne
immagini
colui
che
lo
manovra
..
Bisogna
intervenire
contro
il
delitto
del
nazionalismo
serbo
,
ma
forse
la
guerra
è
un
'
arma
spuntata
.
Forse
l
'
unica
speranza
è
nell
'
avidità
umana
.
Se
la
vecchia
guerra
ingrassava
i
mercanti
di
cannoni
,
e
questo
guadagno
faceva
passare
in
secondo
piano
l
'
arresto
provvisorio
di
alcuni
scambi
commerciali
,
la
neo
-
guerra
,
se
pure
permette
di
smerciare
un
surplus
di
armamenti
prima
che
diventino
obsoleti
,
mette
in
crisi
i
trasporti
aerei
,
il
turismo
,
gli
stessi
media
(
che
perdono
pubblicità
commerciale
)
e
in
genere
tutta
l
'
industria
del
superfluo
.
Se
l
'
industria
degli
armamenti
ha
bisogno
di
tensione
,
quella
del
superfluo
ha
bisogno
di
pace
.
Prima
o
poi
qualcuno
più
potente
di
Clinton
e
di
Milosevic
dirà
basta
,
e
tutti
e
due
ci
staranno
a
perdere
un
poco
di
faccia
,
pur
di
salvare
il
resto
.
È
triste
,
ma
almeno
è
vero
.
StampaQuotidiana ,
POTREBBE
essere
un
racconto
di
Pirandello
.
Il
racconto
di
un
uomo
sempre
controcorrente
,
che
sul
marciare
controvento
ha
costruito
una
clamorosa
e
onoratissima
carriera
diventando
il
simbolo
stesso
della
demolizione
delle
regole
e
del
rovesciamento
degli
schemi
,
che
tuttavia
non
riesce
ad
ammettere
-
neanche
per
un
attimo
,
nemmeno
con
se
stesso
-
la
prima
e
la
più
assoluta
delle
sue
trasgressioni
:
l
'
adesione
a
una
"
causa
sbagliata
"
,
poi
diventata
nell
'
arco
degli
anni
un
autentico
tabù
sociale
e
storico
.
Potrebbe
essere
un
racconto
di
Pirandello
,
e
invece
è
la
vicenda
di
Dario
Fo
,
tornata
d
'
attualità
sull
'
onda
della
polemica
sulle
"
confessioni
"
di
Roberto
Vivarelli
riguardo
all
'
adesione
alla
Rsi
.
Anche
Dario
Fo
vestì
la
divisa
della
Rsi
.
Anche
lui
è
stato
interpellato
di
recente
sui
motivi
di
quella
scelta
.
A
oltre
cinquantanni
di
distanza
,
da
uno
così
uno
che
sul
"
coraggio
di
dire
di
no
"
ha
costruito
una
carriera
da
Nobel
,
ci
si
poteva
aspettare
un
fulminante
"
outing
"
.
E
vero
,
l
'
ho
fatto
.
Invece
è
arrivato
un
deprimente
contorcimento
.
Deprimente
sia
per
il
compagno
di
"
Guerra
di
popolo
in
Cile
"
sia
per
il
camerata
di
"
Battaglioni
del
Duce
battaglioni
"
.
"
A
differenza
di
Vivarelli
che
,
sebbene
per
poco
,
ci
credette
-
ha
spiegato
Dario
Fo
al
"
Corriere
"
-
io
aderii
alla
Rsi
per
ragioni
molto
più
pratiche
:
cercare
di
imboscarmi
,
portare
a
casa
la
pelle
"
.
Fo
dice
di
aver
scelto
l
'
artiglieria
contraerea
di
Varese
perché
tanto
"
non
aveva
cannoni
"
ed
era
facile
prevedere
che
gli
arruolati
sarebbero
presto
stati
rimandati
a
casa
.
Quando
capì
che
invece
rischiava
di
essere
spedito
in
Germania
"
a
sostituire
gli
artiglieri
tedeschi
massacrati
dalle
bombe
"
,
trovò
un
'
altra
scappatoia
.
Si
arruolò
nella
scuola
paracadutisti
di
Tradate
.
Frequentò
il
corso
.
E
"
finito
l
'
addestramento
,
fuga
finale
.
Tornai
nelle
mie
valli
,
cercai
di
unirmi
a
qualche
gruppo
di
partigiani
,
ma
non
ne
era
rimasto
nessuno
"
.
E
'
una
versione
ben
differente
da
quella
che
lo
stesso
Fo
fornì
vent
'
anni
fa
,
e
di
cui
diamo
conto
nell
'
articolo
qui
a
fianco
.
All
'
epoca
il
giullare
di
"
Mistero
buffo
"
sosteneva
addirittura
di
essere
entrato
nella
Rsi
su
incarico
di
formazioni
partigiane
.
Smentito
in
processo
,
è
stato
probabilmente
costretto
a
"
emendare
"
i
suoi
ricordi
.
Resta
da
chiedersi
come
mai
nemmeno
dopo
mezzo
secolo
,
nemmeno
dopo
il
Nobel
,
nemmeno
dopo
l
'
incrinatura
del
tabù
che
ha
ossessionato
due
generazioni
di
italiani
,
un
pluri
-
settantenne
del
calibro
di
Fo
,
ormai
al
riparo
dalle
intemperie
della
discriminazione
,
riesca
a
riconciliarsi
con
le
scelte
della
sua
giovinezza
.
Delle
due
l
'
una
:
o
la
gabbia
creata
dalle
vestali
del
"
politicamente
corretto
"
è
infrangibile
,
o
è
molto
fragile
-
debole
,
succubo
conformista
-
lui
.
StampaQuotidiana ,
Un
telegramma
da
Londra
annuncia
la
creazione
di
commissioni
miste
polono
-
cecoslovacche
,
allo
scopo
di
gettale
le
basi
di
una
confederazione
futura
fra
i
due
Stati
dell
Europa
Orientale
.
Questa
notizia
,
del
progetto
di
fusione
federale
tra
i
due
Stati
nati
a
Versailles
e
in
continua
lite
fra
loro
durante
gli
ultimi
venti
anni
scorsi
,
getta
una
luce
nuova
sul
problema
dell
'
Europa
di
domani
.
Ostacoli
insormontabili
,
inimicizie
tradizionali
,
costituzione
politica
e
sociale
diversa
,
tutto
sparisce
oggi
dinanzi
alla
necessità
di
unione
di
tutti
i
popoli
d
Europa
dopo
questa
guerra
.
Questa
guerra
.
infatti
,
sembra
l
'
ultimo
episodio
di
quel
processo
di
formazione
delle
nazionalità
e
di
fusione
in
una
unità
superiore
,
iniziatosi
il
secolo
scorso
.
Si
è
potuto
constatare
che
il
semplice
riconoscimento
ad
ogni
nazione
del
diritto
di
costituirsi
ad
unità
statale
non
è
stato
sufficiente
per
fare
scomparite
le
cause
di
conflitto
fra
le
nazioni
europee
.
Si
è
visto
,
infatti
,
che
il
riconoscere
ad
una
nazione
il
diritto
di
possedere
un
determinato
territorio
e
di
formare
insieme
con
questo
uno
Stato
,
ha
forse
soddisfatto
gli
uni
ma
ne
ha
scontentati
tanti
altri
.
La
formazione
e
la
disgregazione
delle
nazioni
europee
,
negli
ultimi
dieci
secoli
,
cioè
dopo
che
è
avvenuta
la
fusione
tra
l
'
elemento
indigeno
europeo
e
l
'
elemento
germanico
o
slavo
invadente
,
hanno
mescolato
a
tal
punto
nazionalità
,
razze
,
religioni
e
culture
che
non
si
può
più
oggi
ricorrere
all
'
esclusivo
concetto
di
nazione
per
gettare
le
fondamenta
di
un
normale
e
pacifico
ordine
internazionale
europeo
.
I1
numero
delle
nazioni
d
Europa
è
infatti
grandissimo
e
non
è
sempre
facile
,
anzi
,
-
lo
hanno
potuto
constatare
i
tecnici
che
si
sono
riuniti
a
Versailles
nel
1919
-
il
concedere
ad
una
nazione
il
territorio
nazionale
a
cui
essa
legittimamente
può
aspirare
.
Salvo
per
quelle
nazioni
che
hanno
conquistato
la
propria
indipendenza
e
si
sono
erette
a
unità
statali
da
almeno
cinque
secoli
,
tutte
le
altre
nazioni
si
sono
disperse
attraverso
il
territorio
europeo
e
non
è
oggi
possibile
dare
a
ciascuna
di
loro
una
parte
di
questo
territorio
.
Il
concetto
di
nazionalità
essendo
insufficiente
,
sarà
così
necessario
ricorrere
a
concetti
più
vasti
e
profondi
,
che
permettono
,
su
una
base
più
umana
,
su
una
base
più
politica
e
sociale
di
fondare
la
più
concreta
unità
europea
.
Se
,
tuttavia
,
non
è
oggi
possibile
dividere
l
'
Europa
in
tanti
territori
nazionali
che
soddisfino
ciascuno
Stato
nazionale
,
non
bisogna
tuttavia
disconoscere
diversità
profonde
,
che
talvolta
oppongono
e
dividono
le
nazioni
europee
:
non
bisogna
.
cioè
,
mischiare
in
una
astratta
unità
destinata
a
sgretolarsi
,
popoli
così
diversi
come
quelli
dell
'
Europa
centrale
e
orientale
e
dell
'
Europa
atlantica
.
Gli
accordi
fra
la
Polonia
e
la
Cecoslovacchia
si
situano
appunto
su
questo
piano
di
unificazione
concreta
dell
'
Europa
:
come
non
è
possibile
dividere
la
storia
in
periodi
cronologici
fissi
,
così
è
ancora
meno
possibile
dividere
l
'
Europa
in
territori
internamente
chiusi
alla
penetrazione
degli
altri
popoli
.
La
progettata
fusione
polono
-
cecoslovacca
tende
appunto
,
per
due
popoli
così
simili
per
lingua
,
cultura
,
tradizioni
di
lotta
per
l
'
indipendenza
,
come
quello
polacco
e
quello
ceco
,
a
cementare
quell
'
inizio
di
unità
federale
europea
,
in
quella
parte
dell
'
Europa
orientale
.
Il
principio
federalistico
presenta
appunto
questo
vantaggio
:
di
unire
popoli
diversi
,
senza
distruggere
la
loro
originalità
.
L
'
unità
tra
questi
popoli
.
come
tra
tutti
gli
altri
popoli
europei
non
può
venire
attuata
,
infatti
,
con
la
creazione
di
organismi
tendenti
astrattamente
a
riunirli
tutti
.
Essa
viene
invece
ottimamente
preparata
grazie
alla
creazione
di
unità
internazionali
limitate
,
tra
popoli
più
vicini
,
tra
loro
,
e
aventi
interessi
più
urgenti
da
regolare
insieme
.
Una
unità
federale
tra
la
Polonia
e
la
Cecoslovacchia
può
costituire
un
nucleo
attorno
al
quale
vengano
ad
aggregarsi
anche
gli
Stati
del
sud
:
un
nucleo
,
cioè
,
che
impedisca
,
in
avvenire
,
quelle
lotte
fratricide
,
che
hanno
già
visto
ergersi
,
nella
scorsa
guerra
,
l
'
uno
contro
l
'
altro
,
due
popoli
fratelli
come
quello
bulgaro
e
quello
serbo
.
Importante
sul
piano
locale
,
questa
fusione
è
anche
importante
sul
piano
europeo
:
è
,
infatti
,
una
presa
di
posizione
di
principio
,
che
può
essere
di
esempio
ad
altri
popoli
europei
,
che
oggi
sono
avversari
.
Perfino
gli
Stati
Uniti
,
che
poi
costituiscono
oggi
,
in
realtà
,
se
non
in
apparenza
,
una
unità
statale
perfettamente
omogenea
,
hanno
dovuto
combattere
la
sanguinosissima
guerra
di
Secessione
,
prima
di
unirsi
definitivamente
.
Anche
l
'
Europa
combatte
oggi
la
sua
Guerra
di
Secessione
.
Anche
l
'
Europa
conosce
due
campi
avversi
come
gli
Stati
Uniti
nel
1864
:
coloro
i
quali
vogliono
sopprimere
la
schiavitù
e
quelli
che
invece
la
vogliono
creare
.
Non
bisogna
credere
che
i
Governi
i
quali
oggi
pretendono
di
fondare
un
nuovo
ordine
europeo
,
su
una
base
gerarchica
di
tipo
feudale
,
siano
appoggiati
dalle
masse
popolari
.
Nessuno
ignora
,
infatti
,
che
una
gerarchia
di
popoli
avrebbe
come
conseguenza
,
sul
piano
interno
,
perfino
dei
popoli
dominatori
,
una
gerarchia
di
classi
e
di
individui
.
Questa
è
la
realtà
profonda
e
concreta
del
problema
politico
europeo
.
Questo
problema
non
è
semplicemente
un
problema
di
ordine
internazionale
;
abbiamo
veduto
che
le
nazioni
oggi
tendono
a
fondersi
sempre
di
più
in
una
unità
superiore
;
abbiamo
veduto
che
diventa
indispensabile
all
'
Europa
,
per
conoscere
un
periodo
di
lavoro
e
di
pace
,
superare
quelle
barriere
che
dividono
le
sue
moltiplici
nazionalità
.
L
'
unità
,
perciò
avrà
come
conseguenza
di
porre
il
problema
politico
sulla
sua
vera
base
,
di
politica
interna
e
sociale
.
Oggi
,
tutte
le
oppressioni
interne
di
popolo
si
giustificano
con
i
vari
nazionalismi
;
quelli
che
hanno
interesse
a
mantenere
queste
barriere
nazionali
sona
i
reazionari
di
tutti
i
paesi
.
Non
possiamo
non
rallegrarci
profondamente
,
dunque
,
della
formazione
di
unità
che
facciano
scomparire
definitivamente
le
barriere
meschine
e
grette
tra
popolo
e
popolo
,
che
derivavano
da
misere
aspirazioni
territoriali
.
La
scomparsa
di
queste
frontiere
e
la
formazione
di
unità
federali
superiori
pungono
il
problema
politico
sotto
una
luce
nuda
e
cruda
:
la
luce
,
non
di
vaghe
e
sentimentali
aspirazioni
imperialistiche
,
ma
della
dominazione
-
che
si
chiami
gerarchica
o
in
altro
modo
-
di
tutto
il
popolo
da
parte
di
una
classe
ristrettissima
di
dirigenti
.
Questo
è
il
problema
europeo
come
è
problema
nostro
.
Perciò
,
se
vogliamo
anche
noi
risolvere
tutti
i
problemi
interni
che
ci
assillano
.
dobbiamo
porci
su
un
piano
più
umano
,
e
cioè
,
su
un
piano
europeo
.
Dobbiamo
,
in
questo
modo
,
dimenticare
inimicizie
create
,
giorno
per
giorno
,
dai
nostri
dirigenti
,
allo
scopo
di
giustificare
le
loro
misure
oppressive
e
ingiuste
di
politica
interna
,
per
capire
che
queste
inimicizie
riposano
su
fondamenta
inesistenti
;
per
capire
che
noi
non
abbiamo
né
ragione
né
interesse
a
collaborare
a
una
guerra
,
in
cui
l
'
unico
,
reale
,
scopo
bellico
,
è
quello
di
sgretolare
l
'
Europa
in
una
infinitesimale
molteplicità
di
piccole
o
piccolissime
unità
nazionali
.
Sottrarci
a
quest
'
opera
,
voluta
e
impostaci
dai
nostri
dirigenti
attuali
,
costituisce
,
per
noi
,
un
dovere
di
uomini
,
di
Europei
e
di
Italiani
.
TACERE! ( VITTORELLI PAOLO , 1941 )
StampaQuotidiana ,
Una
nota
del
Segretario
del
Partito
sottolinea
aspramente
"
la
necessità
di
osservare
un
rigoroso
riserbo
sugli
argomenti
che
interessano
direttamente
o
indirettamente
la
difesa
del
paese
,
anche
nei
suoi
aspetti
produttivi
ed
economici
"
,
la
quale
,
dice
la
nota
,
"
diviene
in
un
tempo
di
guerra
un
dovere
assoluto
che
si
riassume
in
una
categorica
consegna
:
TACERE
"
.
Questa
nota
si
rivolge
soprattutto
contro
"
i
discorsi
in
apparenza
futili
"
,
"
le
affermazioni
insignificanti
"
,
"
le
notizie
banali
;
essa
condanna
quelli
che
la
nota
qualifica
"
i
chiacchieroni
incorreggibili
"
,
"
i
fantastici
raccoglitori
e
amplificatori
di
voci
,
e
finalmente
"
la
non
mai
abbastanza
deprecata
categoria
dei
ben
informati
"
.
Contro
questi
atti
,
conto
queste
persone
,
il
Segretario
del
Partito
lancia
ora
alla
riscossa
gli
squadristi
affinché
essi
intervengano
dappertutto
ed
impartiscano
,
conclude
la
nota
,
"
salutari
lezioni
"
.
La
campagna
fascista
contro
le
unanimi
proteste
del
popolo
continua
così
a
svolgersi
con
ritmo
accelerato
;
sembrava
che
dopo
diciotto
anni
di
rigidissima
disciplina
del
silenzio
,
non
fosse
più
necessario
di
ripetere
la
consegna
salutare
per
qualsiasi
cittadino
che
non
vuole
avete
noie
con
la
Questura
di
osservare
il
più
perfetto
silenzio
intorno
agli
avvenimenti
politici
del
giorno
.
Questo
salutare
atteggiamento
di
prudenza
,
che
per
troppo
tempo
da
noi
si
è
osservato
,
sembra
essere
oggi
superato
dagli
avvenimenti
.
I
quali
diventano
così
gravi
per
il
nostro
paese
,
che
nessuno
può
più
tacere
,
anche
se
ciò
gli
deve
costare
una
lezione
da
parte
degli
squadristi
,
anche
se
ciò
significherà
per
lui
il
ritiro
della
tessera
e
quindi
l
'
impossibilità
di
lavorare
o
addirittura
il
confino
o
il
Tribunale
speciale
.
La
serie
degli
spauracchi
con
cui
il
Governo
ci
ha
fatto
sempre
tacere
diventa
ora
insufficiente
di
fronte
all
'
incalzare
della
situazione
interna
e
militare
dell
'
Italia
.
Questi
spauracchi
,
i
quali
hanno
avuto
sfortunatamente
una
reale
e
tristissima
esistenza
,
non
spaventano
più
nessuno
.
Essi
potevano
forse
servire
in
tempo
di
pace
quando
gli
interessi
lesi
dalla
popolazione
si
limitavano
a
volta
a
volta
a
singoli
individui
o
a
singole
classi
sociali
o
politiche
.
Essi
sono
diventati
nettamente
insufficienti
di
fronte
agli
interessi
solidali
di
tutti
i
cittadini
e
di
tulle
le
classi
della
nazione
,
colpiti
in
pieno
dalla
guerra
attuale
.
Quelli
che
si
lagnano
oggi
della
politica
del
nostro
Governo
non
sono
singoli
borbottatori
cospargitori
di
voci
;
non
sono
chiacchieroni
incorreggibili
o
persone
bene
informate
.
Sono
tutti
quanti
.
Sono
quelli
che
nei
caffè
,
quando
ascoltavano
il
bollettino
delle
forze
armate
,
nei
primi
giorni
dei
nostri
rovesci
in
Albania
,
borbottavano
commentando
sarcasticamente
o
in
modo
critico
l
'
annuncio
delle
prime
ritirate
delle
nostre
truppe
.
E
i
frequentatori
dei
caffè
non
si
limitano
a
pochi
individui
.
Essi
sono
i
borghesi
che
vanno
a
prendere
l
'
aperitivo
all
'
ora
del
comunicato
prima
di
tornare
a
casa
;
sono
gli
operai
,
che
nell
'
ora
del
riposo
vanno
a
fare
quella
chiacchierata
che
nelle
officine
è
proibita
,
insieme
con
gli
amici
;
sono
i
contadini
che
la
sera
,
tornando
a
casa
si
soffermano
nei
caffè
del
villaggio
prima
di
andare
a
raggiungere
la
loro
famigliola
.
Chiacchierare
,
raccontare
barzellette
,
commentare
pacificamente
gli
ultimi
avvenimenti
del
giorno
,
accettare
di
buona
fede
lutto
quello
che
dice
il
Governo
-
perché
il
nostro
popolo
è
di
natura
docile
e
crede
a
quello
che
i
dirigenti
gli
vogliono
far
credere
-
;
lupe
queste
sono
necessità
imprescindibili
per
tutte
le
categorie
degli
italiani
.
"
Tutte
queste
sono
necessità
dettate
dal
bisogno
che
risente
ciascuno
di
noi
in
Italia
,
non
potendo
partecipare
più
direttamente
alla
vita
pubblica
,
di
sfogarsi
almeno
con
gli
amici
nelle
ore
di
riposo
.
Questo
legittimo
sfogo
,
che
oggi
supera
i
limiti
della
semplice
chiacchiera
per
raggiungere
quelli
della
coscienza
di
una
nuova
necessità
di
azione
più
diretta
,
più
immediata
,
magari
rivoluzionaria
,
diventa
un
reale
pericolo
per
la
pacifica
e
incontestata
continuazione
del
regime
.
Quando
il
Segretario
del
Partito
vuole
costringere
gli
Italiani
a
tacere
,
quando
l
'
osservare
il
più
perfetto
silenzio
diventa
una
consegna
politica
che
si
vuole
fare
rispettare
con
l
'
intervento
delle
squadre
di
azione
,
ciò
significa
che
il
popolo
italiano
ha
qualcosa
da
dire
.
E
quello
che
deve
dire
non
è
gradito
ai
nostri
dirigenti
.
Se
infatti
i
nostri
dirigenti
fossero
al
coperto
,
se
essi
non
avessero
da
temere
nessuna
reazione
delle
masse
popolari
,
se
non
giungessero
perfino
a
temere
per
la
salvezza
della
propria
pelle
,
non
si
troverebbero
oggi
nella
vile
e
abbietta
necessità
di
mandare
gli
squadristi
per
le
piazze
pubbliche
a
fare
lacere
gli
Italiani
.
I
nostri
dirigenti
protetti
dalle
loro
squadre
d
'
azione
sono
diventati
una
razza
separata
in
seno
alla
nazione
italiana
.
Essi
non
sono
più
italiani
,
non
hanno
più
nessun
interesse
comune
con
noi
.
Liberarsi
dalla
loro
ridicola
e
oppressiva
dominazione
,
diventa
un
compito
di
cui
ogni
italiano
è
sempre
più
chiaramente
cosciente
.
Non
è
più
risentito
come
un
doloroso
dovere
ma
come
un
compito
gradito
a
ciascun
italiano
,
perché
egli
è
cosciente
che
,
non
appena
adempiuto
questo
compito
,
potrà
di
nuovo
parlare
liberamente
e
rendere
a
se
stesso
e
alla
nazione
intera
quella
vita
libera
,
quel
diritto
di
parlare
e
quella
originalità
politica
e
sociale
senza
i
quali
la
fibra
nazionale
morrebbe
ineluttabilmente
.
StampaQuotidiana ,
Dopo
lunghe
settimane
di
strenua
resistenza
,
Cheren
è
caduta
in
mano
al
nemico
.
Le
nostre
truppe
,
ha
detto
il
corrispondente
militare
di
Reuter
,
hanno
combattuto
a
Cheren
come
non
avevano
mai
combattuto
finora
nella
nostra
storia
nazionale
.
Questo
omaggio
reso
alle
truppe
italiane
da
una
autorevole
voce
inglese
mostra
chiaramente
il
significato
di
questa
lotta
.
Lotta
che
può
,
finché
rimane
sul
piano
umano
,
presentare
episodi
gloriosi
,
ma
che
,
trasportata
sul
piano
politico
,
diventa
un
inutile
spargimento
di
sangue
.
*
*
*
In
questo
punto
della
nostra
seconda
guerra
d
Etiopia
,
conviene
domandarsi
:
era
dunque
savio
cominciare
la
prima
,
valeva
dunque
la
pena
attirarsi
l
'
inimicizia
di
52
nazioni
che
votarono
contro
di
noi
le
sanzioni
economiche
per
dovere
poi
,
poco
più
di
un
lustro
dopo
,
per
necessità
non
inerenti
a
una
politica
propriamente
nazionale
,
perdere
quello
che
si
era
così
faticosamente
guadagnato
?
Prescindendo
da
considerazioni
intrinseche
alla
prima
guerra
d
'
Etiopia
,
conviene
attualmente
porre
il
seguente
quesito
:
pur
supponendo
che
la
prima
guerra
d
'
Etiopia
fosse
giustificata
,
non
era
logico
avere
una
politica
estera
capace
di
farci
conservare
questa
conquista
e
ricavarne
i
frutti
?
Invece
di
avere
una
politica
estera
pacifica
alle
frontiere
del
nostro
impero
coloniale
.
senza
nessuna
necessità
propriamente
.
nazionale
,
per
rispettare
,
cioè
,
un
'
alleanza
odiosa
a
tutto
il
popolo
italiano
,
siamo
entrati
in
guerra
.
proprio
contro
quell
'
impero
.
che
stringeva
il
nostro
in
una
morsa
.
Dal
punto
di
vista
strategico
africano
,
avremmo
potuto
dichiarare
la
guerra
al
Perù
,
alla
Cina
o
a
qualsiasi
altro
Stato
senza
nessun
pregiudizio
:
ma
vi
era
un
solo
dato
che
,
prescindendo
da
ragioni
sentimentali
e
di
amicizia
tradizionale
,
avevamo
non
solo
il
dovere
ma
anche
il
preciso
interesse
di
non
attaccare
:
questo
Stato
è
l
'
Impero
britannico
.
Eccone
,
ora
,
il
risultato
:
come
diceva
il
commentatore
fascista
di
Radio
Roaa
,
alcuni
mesi
fa
,
il
nostro
impero
africano
viene
ora
sbocconcellato
a
poco
a
poco
dall
'
Inghilterra
.
*
*
*
Questo
fatto
richiama
alla
nostra
attenzione
un
problema
che
si
è
troppo
voluto
considerare
da
noi
come
un
fatto
compiuto
:
la
prima
guerra
d
'
Etiopia
.
La
facilità
con
cui
,
nonostante
la
formale
opposizione
della
Società
delle
Nazioni
,
abbiamo
conquistato
l
'
Impero
d
'
Etiopia
,
ci
ha
fatto
spesso
dimenticare
il
giudizio
degli
altri
intorno
a
questa
conquista
.
Il
Governo
fascista
ha
sempre
affermato
che
questa
conquista
veniva
impresa
per
permetterci
di
avere
finalmente
un
posto
al
sole
:
poi
,
quando
questo
posto
al
sole
l
'
abbiamo
avuto
,
quando
,
cioè
le
condizioni
per
inviare
una
massa
di
centinaia
di
migliaia
di
coloni
sono
state
attuate
,
allora
il
Governo
si
è
ricordato
che
sotto
il
sole
cocente
d
'
Etiopia
faceva
troppo
caldo
.
E
invece
di
quel
mezzo
milione
di
coloni
all
'
anno
,
che
avremmo
potuto
mandare
in
Etiopia
,
allo
scopo
di
colmare
,
in
questo
modo
,
l
'
incremento
naturale
della
nostra
popolazione
,
sono
partite
quelle
poche
centinaia
di
rurali
disoccupati
a
cui
si
è
mostrato
che
non
vi
era
scelta
che
quella
di
andare
a
lavorare
in
Etiopia
o
di
morire
sui
campi
di
battaglia
di
Spagna
.
Oggi
,
la
conquista
compiuta
,
appare
chiaramente
che
i
vantaggi
promessici
con
la
conquista
dell
'
impero
erano
illusori
.
Oggi
,
quella
conquista
,
che
la
politica
estera
del
nostro
Governo
non
ci
ha
permesso
di
difendere
contro
la
Nemesi
storica
del
ritorno
del
Negus
in
Etiopia
,
con
le
sue
truppe
e
i
suoi
ras
,
ci
fa
capire
che
l
'
Etiopia
è
stato
un
peso
effettivo
nella
politica
italiana
.
Ci
accorgiamo
,
cioè
,
che
,
dal
momento
in
cui
si
è
iniziata
la
guerra
d
'
Etiopia
,
siamo
stati
costretti
ad
intervenire
tutte
le
guerre
che
si
facevano
nel
mondo
:
ci
accorgiamo
ancora
che
abbiamo
dovuto
sempre
per
quell
'
atto
fatale
e
per
l
'
inimicizia
da
esso
suscitata
contro
di
noi
fra
tutti
i
popoli
del
mondo
,
allearci
con
i
Governi
più
retrogradi
e
più
oppressivi
del
mondo
.
Ci
accorgiamo
,
infine
,
che
da
quando
è
cominciata
la
guerra
d
'
Etiopia
,
da
quando
,
cioè
.
abbiamo
tolto
l
'
indipendenza
al
popolo
abissino
,
il
popolo
italiano
ha
sofferto
di
una
crisi
economica
e
sociale
sempre
più
acuta
.
Dalla
guerra
d
'
Etiopia
in
poi
,
nessuna
classe
sociale
è
stata
più
risparmiata
.
Contro
tutte
le
classi
della
nazione
italiana
si
è
elevata
,
in
questi
anni
dolorosi
della
nostra
storia
,
una
famelica
plutogerarchia
le
cui
ambizioni
e
la
cui
sete
di
potere
politico
cd
economico
non
è
stata
frenata
da
nessun
sacrificio
da
imporsi
al
resto
della
Nazione
.
Dal
punto
di
vista
interno
,
perciò
.
che
è
quello
che
massimamente
ci
preoccupa
,
dalla
guerra
d
'
Etiopia
in
poi
,
tutto
è
andato
a
catafascio
.
*
*
*
Ecco
quello
che
ci
ricorda
la
caduta
di
Cheren
.
Questa
caduta
ha
,
dunque
,
un
valore
non
solo
militare
ma
soprattutto
politico
e
sentimentale
.
Cheren
ci
ricorda
l
'
inutilità
della
prima
guerra
d
'
Etiopia
.
Cheren
ci
ricorda
i
sacrifici
causati
da
questa
gialla
e
le
penose
e
tragiche
conseguenze
da
essa
arrecate
alla
nostra
situazione
politica
,
interna
ed
internazionale
.
Cheren
ci
ricorda
che
la
conquista
dell
'
Etiopia
era
un
sacrificio
troppo
grande
da
imporsi
al
popolo
italiano
,
che
non
giustificava
la
soppressione
dell
'
indipendenza
,
neanche
di
un
paese
barbaro
africano
.
Quando
venne
proclamato
l
'
Impero
,
Carlo
Rosselli
scrisse
che
quello
era
il
momento
per
gli
Italiani
di
proclamarsi
:
contro
l
'
Impero
per
la
Nazione
.
Quella
voce
,
in
quel
momento
.
rimase
senza
eco
.
Oggi
,
nel
momento
in
cui
l
'
Impero
va
in
rovina
,
non
ci
lasciamo
abbattere
da
questo
tragico
fato
.
Ricordiamoci
che
la
Nazione
sempre
esiste
e
che
nulla
è
perduto
per
l
'
Italia
finché
abbiamo
fole
nelle
virtù
del
nostro
popolo
.
StampaQuotidiana ,
Il
colpo
di
stato
militare
operatosi
in
Iugoslavia
ha
sostanzialmente
modificato
la
posizione
del
problema
politico
e
militare
nel
settore
balcanico
.
*
*
*
Politicamente
,
anzitutto
,
la
reazione
del
popolo
iugoslavo
all
'
adesione
del
suo
Governo
al
patto
tripartito
è
stata
immediata
e
diretta
;
il
popolo
iugoslavo
,
senza
sottoporsi
a
considerazioni
di
opportunità
politica
,
senza
riflettere
a
possibili
effetti
militari
della
sua
reazione
,
ha
manifestato
subito
,
intuitivamente
,
la
sua
opinione
e
ha
fatto
tutto
quello
che
era
stato
in
suo
potere
per
attuarla
negli
istituti
politici
.
L
atto
del
popolo
iugoslavo
è
quindi
estremamente
significativo
dal
punto
di
vista
politico
perché
mostra
che
quei
sentimenti
,
affermati
,
ormai
,
da
lunghissimi
anni
,
da
questo
medesimo
popolo
,
non
erano
semplici
illusioni
,
nella
mente
degli
uomini
di
Stato
democratici
,
ma
realtà
concrete
,
che
oggi
si
affermano
nella
pratica
.
La
Iugoslavia
è
uno
Stato
di
sedici
milioni
di
cittadini
.
È
,
cioè
,
uno
Stato
,
la
cui
massa
popolare
,
unita
alle
nasse
della
Turchia
e
della
(
h
-
cela
,
forma
un
compatto
blocco
di
quaranta
milioni
di
uomini
.
L
altra
importante
.
conseguenza
politica
del
colpo
di
stato
iugoslavo
è
quel
ritorno
a
concezioni
di
solidarietà
balcanica
da
cui
sembrava
,
con
l
'
adesione
al
patto
tripartito
,
che
la
Iugoslavia
si
fosse
definitivamente
allontanata
.
Per
quanto
meno
visibile
,
per
quanto
producente
effetti
meno
immediati
,
questa
seconda
conseguenza
può
divenire
di
gran
lunga
più
importante
di
tutte
le
altre
:
può
,
cioè
,
permettere
ai
Balcani
di
ritrovare
la
coscienza
unitaria
,
da
cui
le
mene
naziste
di
questi
ultimi
anni
li
avevano
allontanati
.
La
Iugoslavia
,
insieme
con
la
Turchia
,
è
infatti
una
delle
principali
potenze
balcanico
-
danubiane
.
Il
fiero
rifiuto
del
popolo
iugoslavo
di
sottoporsi
al
dominio
hitleriano
può
essere
uno
sprone
ad
altri
popoli
che
,
certamente
,
come
quello
iugoslavo
.
sono
ostili
alla
sottomissione
allo
straniero
.
Militarmente
,
poi
,
per
quanto
non
sia
possibile
fondare
eccessive
speranze
su
una
resistenza
militare
ad
oltranza
contro
la
penetrazione
germanica
,
dell
'
esercito
iugoslavo
,
conviene
tuttavia
,
tenere
sempre
presente
la
fiera
reazione
che
il
popolo
iugoslavo
ha
saputo
opporre
ad
Hitler
.
Durante
la
guerra
di
Spagna
,
i
repubblicani
spagnuoli
,
privi
di
armi
;
privi
di
vettovagliamento
,
privi
di
qualsiasi
aiuto
concreto
dall
'
estero
,
hanno
combattuto
da
leoni
durante
tre
anni
contro
le
potenze
totalitarie
,
solo
perché
,
in
quella
lotta
,
tutto
il
popolo
spagnuolo
era
schierato
da
una
parte
per
lottare
contro
l
'
oppressione
straniera
e
l
'
ingiustizia
interna
.
Le
reazioni
popolari
sono
capaci
di
generare
i
più
grandi
eserciti
del
mondo
.
Quando
una
causa
è
giusta
gli
uomini
combattono
da
leoni
.
Così
,
per
quanto
scarseggino
attualmente
gli
elementi
di
giudizio
intorno
ad
una
resistenza
militare
dell
'
esercito
iugoslavo
contro
un
'
eventuale
invasione
nazista
,
rimane
pertanto
un
elemento
concreto
eli
valutazione
da
cui
non
si
può
prescindere
:
questo
elemento
è
costituito
dall
'
indomito
coraggio
del
popolo
iugoslavo
.
*
*
*
Comunque
venga
giudicata
la
situazione
nei
suoi
aspetti
positivi
non
va
dimenticato
,
nel
giudicare
gli
effetti
del
colpo
di
Stato
iugoslavo
,
che
sull
'
adesione
della
Iugoslavia
al
patto
tripartito
la
Germania
hitleriana
fondava
le
più
grandi
speranze
.
Quali
erano
le
mire
di
Hitler
quando
la
sua
diplomazia
tanto
si
affannò
per
ottenere
l
'
adesione
iugoslava
?
Queste
mire
potevano
essere
di
due
categorie
:
anzitutto
,
permettere
alle
truppe
tedesche
di
attraversare
il
territorio
iugoslavo
allo
scopo
di
attaccare
la
Grecia
alla
spalle
,
per
l
'
unica
sua
frontiera
non
montuosa
;
oppure
,
e
ciò
è
più
probabile
,
proteggere
semplicemente
il
passaggio
delle
truppe
tedesche
attraverso
l
'
Ungheria
e
la
Bulgaria
contro
un
attacco
laterale
proveniente
da
una
Iugoslavia
ostile
.
Sembra
improbabile
che
Hitler
abbia
deciso
di
attaccare
la
Grecia
alle
spalle
e
di
ottenere
perciò
la
complicità
iugoslava
.
Infatti
,
finora
,
la
Germania
non
ha
nemmeno
rotto
le
relazioni
diplomatiche
con
la
Grecia
,
e
poi
,
Hitler
non
ha
veramente
nessun
interesse
a
conquistare
la
Grecia
,
se
non
quello
di
potere
,
attraverso
la
strada
di
Salonicco
,
giungere
più
facilmente
ai
Dardanelli
.
La
Grecia
,
in
sé
per
sé
,
non
presenta
per
Hitler
nessun
interesse
,
poiché
non
conduce
a
nessuna
via
terrestre
eli
comunicazione
con
il
Vicino
Oriente
.
È
dunque
una
semplice
illusione
mantenuta
dalla
propaganda
fascista
,
quella
che
consiste
nel
credere
che
Hitler
ci
voglia
aiutare
a
conquistare
la
Grecia
.
Egli
non
sprecherà
nemmeno
un
nomo
per
far
vincere
,
ad
altri
,
guerre
che
non
presentino
per
lui
un
interesse
politico
o
militare
immediato
.
È
molto
più
probabile
.
invece
,
che
Hitler
,
il
quale
ha
aspettato
fino
ad
oggi
per
chiedere
alla
Iugoslavia
la
sua
adesione
al
patto
tripartito
,
abbia
voluto
con
questa
adesione
ottenere
una
garanzia
di
non
essere
attaccato
alle
spalle
da
truppe
.
provenienti
dal
territorio
iugoslavo
.
Infatti
l
'
unica
preoccupazione
di
Hitler
nella
sua
guerra
balcanica
,
oltre
quella
di
rifornirsi
in
derrate
agricole
,
è
quella
di
giungere
ai
Dardanelli
.
Tutta
la
sua
diplomazia
ha
teso
finora
a
quello
.
Il
suo
migliore
agente
diplomatico
,
von
Papen
,
che
aveva
reso
così
utili
servizi
alla
Germania
guglielmina
durante
la
guerra
scorsa
,
come
capo
del
servizio
di
sabotaggio
negli
Stati
Uniti
,
è
oggi
Ambasciatore
di
Germania
ad
Ankara
.
Quale
sarebbe
il
valore
di
una
conquista
hitleriana
dei
Dardanelli
?
Esso
sarebbe
duplice
.
Sullo
scacchiere
militare
,
i
Dardanelli
aprono
la
via
a
tutto
il
Vicino
Oriente
.
Sul
piano
politico
,
invece
,
i
Dardanelli
rimangono
oggi
l
unica
porta
che
la
Russia
sovietica
abbia
per
passare
da
Oriente
ad
Occidente
.
La
Russia
,
infatti
,
incontra
oggi
,
su
tutte
le
sue
frontiere
occidentali
,
l
ombra
hitleriana
:
basta
guardare
una
carta
d
'
Europa
in
cui
vengano
segnati
i
territori
dominati
o
controllati
da
Hitler
,
per
vedere
che
,
dall
'
estremo
nord
norvegese
.
,
Hitler
taglia
la
strada
dell
'
Occidente
alla
Russia
fino
ai
Dardanelli
l
'
unico
paese
,
l
'
unico
territorio
per
cui
la
Russia
possa
ancora
passare
per
rimanere
in
contatto
con
l
'
Occidente
è
la
Turchia
.
Il
giorno
in
cui
Hitler
avesse
occupato
i
Dardanelli
,
la
Russia
sovietica
non
avrebbe
più
nessuna
via
d
'
accesso
all
'
Occidente
europeo
.
Essa
sarebbe
costretta
,
per
ragioni
geografiche
imprescindibili
,
a
diventare
realmente
e
materialmente
una
potenza
asiatica
.
Il
colpo
di
stato
iugoslavo
allontana
forse
per
sempre
tutte
queste
possibilità
.
Per
capirne
l
'
importanza
era
dunque
necessario
esaminare
i
calcoli
che
Hitler
aveva
probabilmente
fondato
su
una
adesione
della
Iugoslavia
al
patto
tripartito
.
Oggi
che
la
Iugoslavia
non
permette
più
ad
Hitler
di
fare
quello
che
vuole
sul
proprio
territorio
,
tutti
questi
piani
sono
svaniti
.
Inoltre
,
l
'
avversario
è
ormai
in
guardia
tanto
sul
terreno
politico
quanto
su
quello
militare
.
StampaQuotidiana ,
La
mattina
del
30
marzo
,
unità
della
Marina
Britannica
da
guerra
sono
state
attaccate
da
un
cacciatorpediniere
francese
,
dalle
batterie
costiere
dell
'
Africa
del
Nord
e
da
due
bombardieri
francesi
.
Tale
attacco
è
avvenuto
quando
,
sull
'
ingiunzione
delle
unità
britanniche
,
ad
un
convoglio
mercantile
francese
,
di
fermarsi
per
subire
la
visita
regolamentare
,
il
caccia
francese
che
scortava
queste
navi
mercantili
,
invece
di
obbedire
a
questo
ordine
,
aprì
il
fuoco
.
Questo
incidente
,
e
soprattutto
l
'
intervento
nella
zuffa
di
alcuni
bombardieri
francesi
,
fa
rinascere
tristi
ricordi
e
ci
costringe
ad
amare
considerazioni
.
Durante
la
battaglia
di
Francia
non
apparve
mai
nessun
comunicato
dell
'
Aeronautica
francese
intorno
ad
una
partecipazione
importante
di
velivoli
francesi
da
combattimento
nella
lotta
Regolarmente
,
invece
.
la
R.A.F.
diramava
bollettini
intorno
alle
operazioni
a
cui
avevano
partecipato
velivoli
britannici
.
Oggi
,
l
'
aviazione
francese
,
a
guerra
ultimata
,
ha
ritrovato
abbastanza
fiato
per
bombardare
unità
della
flotta
della
Nazione
ex
alleata
.
Questo
conflitto
non
è
semplicemente
di
natura
militare
,
non
deriva
soltanto
dall
'
imposizione
all
'
attuale
governo
francese
di
imperative
norme
di
condotta
da
parte
del
Governo
del
Reich
.
Questo
atteggiamento
risale
a
cause
molto
remote
,
cause
che
hanno
turbato
e
viziato
tutta
la
vita
politica
francese
.
*
*
*
Gli
uomini
che
governano
oggi
la
Plancia
,
quelli
che
hanno
preferito
un
armistizio
umiliante
ad
una
lotta
ad
oltranza
,
sono
vecchie
figure
del
parlamentarismo
francese
tradizionale
.
Sono
quelli
che
,
negli
ultimi
anni
del
secolo
scorso
,
giustificavano
per
passione
nazionale
-
perlomeno
pretendevano
che
tale
fosse
-
il
falso
giudiziario
commesso
dagli
uffici
del
Ministero
della
Guerra
nell
'
affare
Dreyfus
.
Sono
gli
stessi
che
,
nel
1919
,
a
Versailles
,
imposero
ai
rappresentanti
degli
altri
Stati
alleati
,
le
condizioni
umilianti
di
pace
per
la
Germania
di
Weimar
.
Sono
gli
stessi
che
,
durante
vent
'
anni
,
ispiratisi
ad
un
falso
orgoglio
nazionale
e
ad
interessi
di
classe
,
hanno
diretto
la
politica
estera
francese
in
un
senso
antieuropeo
.
Sono
gli
stessi
che
hanno
sempre
ostacolato
l
'
opera
della
Società
delle
Nazioni
,
che
hanno
ostacolato
l
'
amicizia
con
gli
altri
popoli
europei
,
sono
gli
stessi
che
hanno
sempre
criticato
la
politica
pacifista
di
Briand
e
le
alleanze
con
i
vari
popoli
dell
'
Furopa
centrale
ed
orientale
.
Sono
gli
stessi
,
infine
,
che
hanno
sempre
appoggiato
tutti
i
tentativi
di
disgregazione
dell
'
Europa
effettuati
dal
nazismo
a
scapito
di
tutte
le
nazioni
europee
,
ivi
compresa
anche
la
Francia
.
Sono
questi
stessi
dirigenti
che
hanno
oggi
sottoscritto
volontariamente
alle
condizioni
di
armistizio
e
al
regime
di
controllo
politico
che
Hitler
ha
dettato
loro
allo
scopo
di
disgregare
il
loro
paese
.
L
'
accettazione
della
divisione
della
Francia
in
due
zone
,
l
'
accettazione
di
discutere
il
problema
della
consegna
dei
rifugiati
politici
che
avevano
chiesto
e
ottenuto
dalla
Francia
ospitale
che
precedette
questa
,
il
diritto
d
'
asilo
,
sono
atti
degradanti
per
gli
attuali
dirigenti
della
Francia
.
Questi
dirigenti
-
conviene
ripeterlo
incessantemente
-
i
quali
oggi
vendono
il
loro
paese
allo
straniero
,
che
oggi
violano
le
norme
più
sacrosante
dell
'
umanità
,
che
oggi
non
temono
di
voltare
contro
quelli
che
avevano
avuto
fiducia
in
loro
e
li
avevano
aiutati
a
difendere
il
loro
territorio
i
propri
cannoni
diventati
improvvisamente
feroci
,
non
sono
altro
che
i
rappresentanti
più
puri
della
destra
nazionalista
.
Una
volta
per
sempre
,
l
'
atteggiamento
degli
attuali
dirigenti
francesi
,
che
può
andare
avvicinato
a
quello
di
tanti
altri
,
serva
d
'
esempio
a
tutti
quanti
.
Anche
da
noi
,
venti
anni
fa
,
si
è
prodotta
una
reazione
nazionalista
.
Anche
da
noi
si
è
voluto
far
credere
che
l
'
atteggiamento
della
maggioranza
del
popolo
italiano
,
dopo
la
guerra
scorsa
,
era
un
atteggiamento
antinazionale
.
Eppure
,
i
nazionalisti
da
noi
,
oggi
uniti
al
partito
fascista
,
i
quali
avevano
sempre
segnalato
il
pericolo
germanico
come
la
piovra
che
avvinceva
l
'
Italia
,
non
hanno
esitato
oggi
a
consegnare
gli
uomini
,
le
risorse
e
i
punti
strategici
del
territorio
nazionale
.
al
nemico
ereditario
.
Questa
,
del
nazionalismo
italiano
,
non
è
una
contraddizione
politica
;
è
la
dimostrazione
più
evidente
che
il
nazionalismo
nostro
,
come
quello
staniero
,
è
semplicemente
una
maschera
di
interessi
di
casta
,
incorporati
oggi
con
quelli
della
nostra
plutogerarchia
,
opposti
a
quelli
di
tutto
il
popolo
italiano
.
Smascherando
il
nostro
nazionalismo
,
come
tutti
i
nazionalismi
stranieri
,
noi
contribuiamo
a
smascherare
i
nemici
delle
masse
popolari
italiane
e
quelli
delle
masse
popolari
di
tutta
l
'
Europa
.