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Caro Portioli ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Portioli , pubblico la sua lettera perché è una delle pochissime che mi rimproverano di aver posto ai lettori un quesito elettorale che serva ad illuminare loro e me . Lascio ad essi il giudizio sui suoi argomenti . Io mi limito ad alcune considerazioni pregiudiziali . 1 ) Non ho nulla in contrario che lei mi consideri digiuno di « scienza politica » , per il semplice motivo che io non considero la politica una « scienza » . Se lo fosse , non ci resterebbe che lasciarla in appalto ad alcuni specialisti , come avviene nei Paesi totalitari , dove la politica consiste nell ' impedire alla gente di ficcare il naso negli affari che la riguardano . Io mi rivolgo a dei lettori che , pur non essendo , come non sono io , « scienziati » di politica , il naso negli affari che li riguardano vogliono ficcarcelo , e cerco di aiutarli mettendo a loro disposizione il poco che ne so . Se lei si sente « scienziato » , ci lasci al nostro colloquio tra profani . Ma badi che la sua « scienza » è un po ' arretrata perché la legge tedesca , cui lei accenna a proposito dei comunisti , è stata revocata da un pezzo . In Germania il partito comunista non è riconosciuto in grazia di un ' altra legge : quella che condiziona la legittimità di un partito al fatto ch ' esso ottenga almeno il 5 per cento dei voti . Il Pc tedesco non esiste perché non raggiunge questo minimo , non perché è proibito . Dopodiché vorrei chiederle chi , in Italia , avrebbe avuto la forza di mettere fuori legge il Pci , e a cosa questo sarebbe servito . Ma lasciamo andare . 2 ) Lei è anche l ' unico ad attribuirmi l ' intenzione di spalleggiare , alle prossime elezioni , la Dc . E non capisco proprio come faccia , avendo io testualmente scritto nell ' articolo che lei cita come esempio di somaraggine politica : « In queste condizioni è chiaro che noi non potremo rinnovare l ' invito ai nostri lettori a votare Dc neanche turandosi il naso » : parole che non mi sembrano equivocabii . E ' vero che subito dopo mi chiedevo , e invitavo il lettore a chiedersi , se l ' indebolimento della Dc servirà a trattenerla o a spingerla all ' abbraccio col Pci . Ma questa domanda la ponevo al lettore perché la pongo a me stesso , e perché ritengo che qualsiasi persona dotata di un minimo di coscienza civica debba , prima di fare una scelta , prospettarsene le conseguenze . Questo non sarà da scienziato , ma mi pare che sia da galantuomo . O no ? 3 ) Lei mi richiama ai valori della liberal - democrazia . E io mi appello al lettore per chiedergli quale giornale in Italia ha difeso più del nostro questi valori , non solo sul piano della politica , ma anche su quello della cultura , contro la marea montante del marxismo , ora in reflusso , ma in reflusso grazie a noi , che abbiamo rotto il coro e tenuto botta quando l ' impresa sembrava disperata , e bisognava pagarla di persona , come abbiamo fatto , e come rischiamo di dover continuare a fare . Lei dice che io sono al seguito del gregge . Di quale gregge ? Il gregge è tutto dall ' altra parte , la parte marxista : lo vedono anche i ciechi . E aggiunge : « Non oso azzardare per questioni di biada » , ma lo insinua , adombrando un ' accusa che nemmeno il mio persecutore Fortebraccio mi ha mai lanciato : lui sa benissimo che da questo lato non mi si può attaccare . 4 ) Lei mi addita l ' esempio del giornalismo protestante , quasi facendo credere che il protestantesimo sia nato da quel giornalismo . Guardi che è proprio l ' opposto . Io ho scritto - non da « scienziato » - due libri , L ' Italia della Controriforma e L ' Italia del Seicento , per cercar di dimostrare quale rivoluzione la riforma protestante provocò non nel campo della teologia - che mi è estraneo - , ma in quello della cultura , del costume , della mentalità , del civismo , e quale jattura fu per l ' Italia , compresa quella cattolica , l ' esservi rimasta estranea . Non le chiedo di leggerli . Ma lei non chieda a me di comportarmi come se avessi Calvino alle spalle . Non ce l ' ho . E se mi mettessi a parlare come se ce l ' avessi , parlerei al vuoto . Io mi rivolgo , da povero italiano , ad altri poveri italiani . Fra noi ci conosciamo . Sappiamo i nostri difetti e debolezze . Ma sappiamo anche le nostre qualità , che non sono da buttar via . Cerchiamo di capirci e di aiutarci . Lei non ci sta ? Pazienza . Ma , scusi , se ci considera un giornale da gregge , perché ci legge ? Delle due , l ' una : o nemmeno noi siamo pecore , o anche lei lo è .
Nel centenario ( Jemolo Arturo Carlo , 1961 )
StampaQuotidiana ,
Sono uno dei pochissimi romani che hanno imbandierato le finestre il primo giorno del '61 . Non per conformismo , ma per schietta adesione alla celebrazione del centenario di questo Stato italiano che ho servito e servo ; che prima di me servirono mio padre , prima ancora figure sbiadite nel ricordo di zii e prozii lontani nel tempo ; che tutti i miei vecchi amarono , non sentendolo il datore di lavoro alle cui vicende il prestatore d ' opera partecipa solo per quel che possano riflettersi su lui , ma come l ' azienda familiare di cui si è parte , pure se si occupi in essa il posto più modesto . Centenario . Non hanno valore i dubbi che talora si affacciano , di distinzione tra nascita dello Stato e formazione dell ' unità . L ' Italia una e lo Stato nacquero ad un tempo nel '60-'61 . Allora si ebbe il grande problema , di fare convivere insieme popolazioni che parlavano la medesima lingua , avevano la stessa religione , tradizioni in gran parte comuni , ma istituzioni , coscienza di ciò che sia vita associata , forma statale , economie , profondamente diverse . Allora sorsero i grossi problemi . L ' annessione del Veneto nel '66 non ne pose alcuno ; quella di Roma nel '70 , la questione delle relazioni con la S . Sede , problema mondiale , ma nessuna difficoltà di amalgamare altri italiani allo Stato già formatosi ; Trento e Trieste posero problemi di popolazioni alloglotte , della vita economica di Trieste , ma non c ' era alcuna difficoltà di fare convivere italiani con altri italiani . Nel '60-'61 si era affrontato il punto cruciale dell ' unificazione . Anche per questo penso che a torto nelle celebrazioni si consideri sempre Massimo d ' Azeglio come personalità di secondo piano : lui ch ' era il piemontese che più si era preoccupato , quando ancora nessuno pensava alla unificazione come a qualcosa di prossimo , di scrutare gl ' italiani di regioni lontane , di comprenderli ed amarli ; e quegli che nel '49 aprì la strada fra gli sterpi , sorresse il re , anche non più ministro , nella crisi del '55 , contro le spinte molteplici ad abbandonare prima il regime costituzionale , poi la strada liberale . Sento dunque questo centenario come una solennità familiare , ciò che non significa che il cuore sia lieto . Nel bilancio dei cento anni , molti elementi favorevoli . Indubbia ascesa in tutti gli strati , in tutti i ceti : anche se non sia agevole istituire la comparazione che sarebbe più interessante , con la contemporanea ascesa degli altri popoli d ' Europa . Ascesa non solo economica , ma nella gentilezza dei costumi , nella cultura , nell ' allargamento degli orizzonti , e direi anche - se pure sappia d ' incontrare parecchi dissensi - nel fondo vero della religiosità , il ricordarsi di essere inseriti in una collettività e di avere gli altri uomini come fratelli che occorre aiutare , anche quando sia difficile amarli . Replicatissimi collaudi dell ' unità . Sì che mi offende come una troppo palese falsità ogni spunto polemico che accenni a possibilità di sue incrinature , ad esempio per l ' istituzione delle regioni . Un affermarsi continuo di nostre attività in paesi ed in campi nuovi , una spinta vitale , per cui chi parla di popoli invecchiati ed esausti ( e sono espressioni su cui fo sempre ampie riserve ) , non include mai tra questi il nostro . Ma se direi rafforzato un senso di solidarietà umana , il senso cristiano , tanto non ripeterei per quella solidarietà - di minor valore agli occhi di Dio , ma che è il cemento delle costruzioni terrene - che chiamo economico - giuridica , e che permette il costituirsi di una società civile . Cento anni or sono ci si poteva dilaniare intorno ai principi ed alle leggi che dovessero reggere lo Stato , intorno alla forma monarchica o repubblicana , e c ' era ancora chi avrebbe voluto vedere rinascere i vecchi Stati come i soli legittimi ; ma tutti erano d ' accordo su certi principi . Che le leggi dovessero essere chiare e comprensibili a tutti , ed una volta emesse dovessero venire rispettate ; che chi mancava avesse ad essere punito ; che fosse compito dei governanti far obbedire alle leggi , proporne il mutamento quando apparissero vecchie o inadeguate , ma non consentire mai fossero eluse ; che i magistrati dovessero applicarle secondo il loro spirito ; che chi spontaneamente s ' inquadrava nei ranghi delle amministrazioni pubbliche assumesse con ciò un più intenso obbligo di fedeltà , promettesse di servire attivamente , avendo in mente il bene dello Stato , ed accettasse altresì una obbedienza più austera di quella degli altri cittadini ; che si dovessero pagare le imposte e non fosse lecito mentire allo Stato : erano punti su cui convenivano Solaro della Margarita come Cavour , D ' Azeglio come Garibaldi , Minghetti come Mazzini . E tutti credevano negli elettori che devono scegliere il più degno , nei capi di un ' amministrazione , pubblica o privata , tenuti a chiamare il più capace , anche a scapito dei propri figli ( c ' è una commovente lettera di Quintino Sella indignato per ciò che , in una società privata , si è nominato ad alto posto un amico ) . Sarebbe falso creare una immagine agiografica del Risorgimento , in cui tutti i grandi della politica o dell ' amministrazione apparissero puri , non tocchi da debolezze umane . Ma credo possa dirsi che non mancava la fede nei principi ; i meno buoni erano nella posizione del prete che pecca , senza che al peccato si accompagni alcun dubbio intorno al valore delle leggi della Chiesa . E questa fede nei principi che mi sembra venuta meno . Direi che oggi si sentano perfettamente a posto con la coscienza i potenti dell ' economia che chiedono trattati internazionali e leggi guardando solo al loro ramo , incuranti degli altri ; i burocrati che allestiscono disegni di legge volutamente oscuri , i quali saranno approvati senza che si comprenda ciò che nascondono tra le righe , gli ampissimi poteri che lasciano a chi applicherà quelle norme ; i grandi capi che preferiscono l ' amico , il compagno di partito , quegli che può dare qualcosa in contraccambio , al più meritevole , e che chiudono gli occhi , perché l ' interesse di partito lo vuole , su mancamenti gravissimi , che sfiorano la legge penale ; i gruppi che vogliono imporre il loro interesse allo Stato anche con l ' arma dello sciopero , noncuranti se il Parlamento non ritenga che quell ' interesse possa venire anteposto ad altri ; gli infiniti evasori dell ' obbligo della testimonianza , o di quello dell ' imposta ; quanti irridono alle norme di circolazione stradale . Ci sono molti credenti , per cui lo Stato è ciò ch ' era la casa chiusa nella mente di parecchi benpensanti : il luogo dove si deve dare sfogo al peccato , per non commetterlo poi altrove . Tutto muta , e non mi allarmerebbe che pure lo Stato , forma storica , s ' indebolisse ed invecchiasse , ove sorgessero altre istituzioni che ne prendessero il posto . Ma nessuna se ne delinea ; non si profila un ideale teocratico , né uno anarchico . C ' è un diffuso egoismo , una diffusa volontà ' di non sacrificarsi ; e su questa nulla si costruisce . Tale la meditazione che mi sembra vada fatta nell ' anno del centenario . Gli economisti insegnano che non possono esserci investimenti non preceduti da risparmio . Anche nell ' ambito delle istituzioni , nulla si può lasciare di sano ai propri figli , se si è dato ad ogni ora sfogo ai nostri egoismi . Prima di affermare ( come mi sento ripetere irosamente ogni volta che tocco questo argomento ) che non si ha alcuna ragione di amare lo Stato , di servirlo con animo diverso da quello di chi porge riluttante le spalle al duro giogo che non può evitare , occorrerebbe chiedersi se non sia dato migliorarlo , se per migliorarlo non necessiti un po ' di amore . E se ancora la risposta sia negativa , avvisare ad un ' altra forma di solidarietà ( non vaga , non tutta interiore ) che lo possa sostituire .
Caro Maldini ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Maldini , il suo appello è un po ' superato dagli avvenimenti in quanto il responsabile dello sciagurato episodio Di Sarro è già stato deferito all ' autorità giudiziaria , cui dovrà rispondere del suo gesto . Per il resto , la sua argomentazione non fa una grinza . Si capisce che , normalmente , un carabiniere deve operare in divisa perché è la divisa che conferisce a chi la riveste il diritto di fermare il cittadino , e al cittadino il dovere di obbedirgli . Ma a lei sembra , caro Maldini , che viviamo in tempi normali ? A me , no . Quella che stiamo vivendo è una guerriglia in cui gli uomini in divisa , che rispettano gli obblighi connessi alla divisa , si trovano in condizione di netta inferiorità nei confronti di un avversario che può occultarsi e mimetizzarsi come vuole , spesso addirittura nelle divise dei carabinieri . Contro un avversario di questo genere , che attacca alle spalle e di sorpresa , che si camuffa come vuole , che insomma non rispetta nessuna regola , come possono le forze dell ' ordine attenersi alle loro ? Certo , per il povero cittadino il non sapere se il delinquente che lo insegue è proprio un delinquente o un carabiniere vestito da delinquente , e se il carabiniere che lo blocca è proprio un carabiniere o un delinquente vestito da carabiniere , la vita diventa difficile . Ma è appunto questo che rende orribile la guerriglia : il fatto che nessuno è più sicuro di nulla e deve temere di tutto : del pacco che gli recapita la posta e che potrebbe contenere una bomba , del trombaio che gli entra in casa e che potrebbe essere un terrorista , e nemmeno del figlio in cui qualunque padre può scoprire d ' un tratto un pistolero . In queste condizioni , onestamente , io non mi sento di chiedere a poliziotti e carabinieri lo scrupoloso rispetto del regolamento , che fa obbligo di sparare solo dopo i tre squilli di tromba . Sarebbe come spingere un pugile con un braccio legato contro un avversario che picchia anche coi piedi . Si capisce che di questo tipo di lotta senza esclusione di colpi e a chi spara per primo , è il cittadino che poi paga qualche volta le spese , com ' è successo al povero Di Sarro . Ma la lotta al terrorismo , o la si fa così , o è meglio rinunziare a farla . Cerchiamo dunque di ragionare non con gli occhi fissi alle nuvole , ma coi piedi piantati nella realtà , che è quella che è , e non quella che noi vorremmo che fosse . Se vogliamo difenderci dal terrorismo , dobbiamo sospendere - sia pure temporaneamente - quelle misure cautelative e garantistiche che caratterizzano e costituiscono il blasone delle società bene ordinate , ma che rappresentano un lusso insostenibile in quelle dissestate e periclitanti come la nostra . Nelle condizioni in cui versiamo , contentiamoci di esigere dalle forze dell ' ordine ciò che possono darci senza danno per la loro efficienza : e cioè un addestramento individuale e collettivo che riduca al minimo i pericoli per il cittadino . Ma non illudiamoci che si possano del tutto eliminare . Per concludere . Un discorso come il suo , caro Maldini , applicato al tempo di Giolitti , sarebbe stato perfetto . Applicato al tempo delle Brigate rosse , diventa utopistico . Il buon Dio mi ha condannato a vivere al tempo delle Brigate rosse . Non è stato , da parte sua , un gesto di amicizia . Ma lei si trova nelle stesse condizioni . Questo è il nostro tempo , questa è la nostra società . Essi ci espongono a un ' infinità di pericoli . Ma il più grosso ce lo costruiremmo con le nostre mani pretendendo di viverci come se fossimo in un altro tempo e in un ' altra società .
StampaQuotidiana ,
A New York è stato finalmente arrestato il famigerato brigante Giuseppe Esposito , detto Randazzo , che fu per molti anni , insieme al capo brigante Leone , il terrore della Sicilia . Preso ed incarcerato , insieme a due suoi compagni , dopo accanito combattimento con la forza pubblica , il Randazzo , mentre il 5 settembre 1878 dalle carceri di Palermo veniva condotto nella carrozza cellulare alla corte d ' assise per essere giudicato , trovò modo di fuggire e di render vane le ricerche fatte dall ' autorità di pubblica sicurezza d ' Italia . Si pensò allora che poteva essersi rifugiato all ' estero , e più probabilmente in America . Si mandò il ritratto del feroce quanto audace malfattore a tutte le autorità estere di polizia , alle quali non si cessò mai di raccomandare la pratica . Il Randazzo . veniva finalmente arrestato circa quindici giorni or sono a New York . Il ministero dell ' interno , informatone tosto , ha disposto perché due carabinieri si rechino in America per prendervi in consegna il famoso brigante e lo riconducano in Palermo , ove sarà giudicato . La spesa che costerà al Governo l ' arresto ed il ritorno in Italia del Randazzo . non sarà minore di L . 30.000 . I due carabinieri s ' imbarcheranno nella settimana per New York .
La bandiera tricolore ( Jemolo Arturo Carlo , 1961 )
StampaQuotidiana ,
Mi ha commosso la lettera dei monarchici piemontesi che vorrebbero esporre la bandiera il 17 marzo ( il diciassette , non il 27; è del 17 marzo la legge con cui Vittorio Emanuele assume per sé e successori il titolo di re d ' Italia ) , ma a condizione che il drappo recasse lo stemma sabaudo . Mi auguro che la loro richiesta sia accolta ; vi scorgerei soprattutto la tranquilla coscienza di una repubblica che non ha ancora quindici anni di vita , ma che sembra ormai alla quasi totalità degl ' italiani la sola forma statale concepibile , sì che se molti altri ritorni del passato sono da temere , quello al capo dello Stato che è tale solo perché appartiene ad una certa famiglia , sia tra i più impensabili . Se nutro scarsa simpatia per certi monarchici , più persuasi che mai che la monarchia non ritornerà , senza nessun legame con la tradizione sabauda , senza nessun desiderio di provocare crisi di regime , ma che costruiscono piccoli partiti con lo stesso accorgimento con cui in seno alle grandi anonime si possono creare gruppi omogenei , che possedendo un dieci per cento , anche meno , delle azioni , possono negoziare un apporto decisivo nelle assemblee - questi monarchici piemontesi , tutti volti ancora alle glorie sabaude , oltre Vittorio Emanuele II a Vittorio Amedeo , ad Emanuele Filiberto , mi sono veramente simpatici . Così come a Croce finivano di essere cari gli ultimi nostalgici borbonici , e recensiva con qualche compiacimento un dimenticato romanzo di Amilcare Lauria , che raffigurava due antichi ufficiali di Ferdinando II , mai riconciliati con l ' Italia , ma che si entusiasmavano e commuovevano leggendo sui giornali degli eroismi e dei sacrifici italiani nello scontro di Dogali . In un mondo ove tutti guardano all ' avvenire e dimenticano ciò ch ' è alle spalle ( salvo per la piccola parte in cui glorie o rancori siano ancora merce utilizzabile ) , ove il disinteresse delle masse per la storia è generale , a chi ritiene che questo disinteresse sia imbarbarimento non può dispiacere certo tenace attaccamento al passato . Il tricolore ! Quando io nascevo c ' erano ancora , particolarmente a Roma e nell ' antico Stato pontificio , delle famiglie che lo rifiutavano ; in certi palazzi dell ' aristocrazia nera non apparve che con 1'11 febbraio 1929; in altri una prima timida apparizione l ' aveva fatta nel 1915 . Nella stessa Torino del cinquantenario sembrava grosso ardimento che qualche istituto religioso , dinanzi alle cui finestre sfilavano cortei , l ' inalberasse . Ma nessun confronto con ciò ch ' era seguito in Francia , dove per un buon secolo , fino alla prima guerra mondiale , erano rimasti tenaci gli astii contro il tricolore ; dove ancora intorno al 1890 vecchie damigelle chiuse negli aviti castelli di provincia guardavano con sbigottimento i nipoti che militavano sotto il tricolore ; il conte di Chambord aveva rinunciato al trono piuttosto che accettarlo ; nella striscia rossa del suo drappo aristocratici e legittimisti scorgevano ancora tutto il sangue versato dalla Rivoluzione francese . In Italia è apparso segno di convergenza ; quando ancora non era ammesso in chiesa e nelle processioni , i circoli cattolici adornavano con nastri tricolori i loro stendardi bianchi od azzurri ; il partito comunista lo accettò senza esitare , sia pure affiancato alla bandiera rossa del proletariato mondiale . Il fascismo ebbe senso politico sufficiente per comprendere che non era il caso di modificare la bandiera ; nello stemma dello Stato furono inseriti i fasci littori ; la bandiera rimase inalterata . Si sovvertivano tutte le istituzioni , l ' eredità risorgimentale era tutta dispersa , ma si avvertiva che nei cuori degl ' italiani ancora viveva , che occorreva celare quanto possibile quella dispersione , almeno agli occhi dei semplici , non toccare ai simboli . Saggiamente la Repubblica non appose sul tricolore né berretti frigi , né croci , né spade , né libri , né falci ; volle fosse la bandiera di tutti . E tale deve restare ; la concessione che auspico è per un giorno di rievocazione del passato ; non dovrebbe aprire la via all ' uso di due bandiere . Certo , non è una bandiera , non un simbolo , che può attenuare le divisioni profonde , il modo radicalmente diverso di guardare alle mète da raggiungere , al nuovo assetto che ci si deve proporre . Un abbraccio in un giorno di festa non elimina questi distacchi . Può solo giovare a ricordare , anche ai più remoti da ogni senso nazionalista , anche a chi si sente cittadino del mondo , la realtà di questa famiglia italiana , che ha suoi problemi , sue solidarietà ( Torino avverte più che mai , attraverso l ' intensa immigrazione , come i mali di altre regioni assurgano a mali nazionali , come certi germi infetti allignino più prosperosi in un tessuto più ricco : ingenua e fallace speranza , quella che basti il benessere economico a stroncare certe malattie sociali ) . Anche il cittadino del mondo che sia uomo di buona volontà comincerà a cercar di fare il bene tra coloro cui è vicino , di ripulire il giardinetto della sua casa . Non si risolve alcun problema con abbracci e con oblii ; occorre però ben distinguere le nostalgie cui non possiamo aderire ma che non recano in sé alcun pericolo per l ' indomani , da correnti d ' idee gravide di minacce , soprattutto da quei movimenti irrazionalistici , fondati sul culto della razza o del sangue , sulla esaltazione della violenza , suscettibili di minare il mondo della ragione , del lavoro pacifico , che ci sforziamo di edificare . Mi sembra che la Repubblica abbia dato segno di non essere afflitta dai complessi d ' inferiorità , dai timori senza perché , che troppa parte hanno avuto ed hanno nella trama della vita italiana , non volendo dimenticare nelle manifestazioni , nei discorsi del centenario , l ' apporto che diede la monarchia alla formazione della unità . I sintetici ed equilibrati articoli di Salvatorelli hanno rappresentato il giusto terreno su cui ci si deve porre . I riconoscimenti del passato non possono avere alcun peso sulla realtà del presente e dell ' avvenire . Tanto più , come nel caso , quando non danno vita a miti ; se Napoleone ed in una certa misura anche Luigi XIV possono essere ombre che oltr ' Alpe déstino qualche apprensione , è perché il predominio del potere militare , la divinizzazione di un uomo , l ' accentramento dello Stato nelle mani di uno solo , costituiscono pericoli sempre incombenti . La figura del Re Galantuomo non può essere invocata a dare lustro ad alcuna concezione illiberale , ad approntare giustificazioni storiche a qualsiasi colpo di mano ai danni della legalità democratica . Per questo , mi auguro che sia concesso ai monarchici piemontesi , per la celebrazione torinese del centenario , quel che domandano .
Caro Ortolani ( Montanelli Indro , 1979 )
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Caro Ortolani , il caso che lei cita è senza dubbio vero . Risulta anche a me che subito dopo la liberazione il Partito socialista era pieno di comunisti in servizio comandato . Probabilmente ce ne sono ancora . Ma questo non è certo il caso di Lombardi , personaggio rovinoso , annunciatore di tempeste , che ha provocato un mare di guai con la sua tenace pretesa di applicare le sue astratte utopie a una realtà che vi si ribella ; ma di specchiata onestà , in buona fede , e perfino privo di ambizioni di potere . Quanto a De Martino , considerandolo un traditore , lei lo sopravvaluta . Per tradire ci vuole un cinismo ma anche un ' intelligenza , di cui questo sonnolento bonzo non ha mai dato segno . Che non sia un vero socialista , lo penso anch ' io . Ma nemmeno un comunista . E solo l ' ultimo scampolo di quel Partito d ' azione , i cui naufraghi , ad eccezione di La Malfa , hanno appestato tutti i partiti in cui si sono accasati . Bisogna però dire che quello socialista si è mostrato il più congeniale al contagio per la sua mancanza di un sicuro ancoraggio ideologico e per le sue endemiche risse e divisioni interne . Ci sarebbe un lungo discorso da fare sull ' ostinato rifiuto di questo partito a costruirsi una dottrina indipendente da quella del Pci - come hanno fatto tutti gli altri socialismi europei - , che fu il tormento dei suoi uomini migliori , i Turati , i Treves , i Momigliano , e a lasciare sempre il passo a quelli peggiori . Ma stiamo all ' attualità . Craxi ha tentato di dare al Psi una sua autonomia culturale e strategica . Finché si è trattato della prima , i suoi avversari lo hanno lasciato fare : non per convinzione , credo , ma per totale sordità a questo genere di cose : per loro , che il socialismo italiano ripudi Lenin per adottare Proudhon non è un problema serio , anche perché probabilmente non conoscono né l ' uno né l ' altro . Ma quando si è trattato di tradurre sul piano concreto l ' autonomia dai comunisti , sono tornati a litigare e a dividersi rivelando la solita e ormai storica indecisione a tutto . Non so se Craxi abbia commesso , sul piano tattico , degli errori , come alcuni gli rimproverano . Secondo me , il vero errore lo ha commesso iscrivendosi a quel partito e illudendosi di poterne fare qualcosa di coerente , efficiente e modernamente europeo . Lo dico con tristezza perché una liberal - democrazia coi socialisti vive male , ma senza i socialisti non vive affatto . Ed è questo che dapprincipio non capirono alcuni nostri lettori che scambiarono per una nostra conversione al socialismo ( figuriamoci ! ) quello che era invece l ' interesse di un vero liberale ( Giolitti e De Gasperi insegnino ) ad avere come interlocutore e dirimpettaio un partito socialista con cui si potesse ragionare . I soliti sogni , purtroppo . Ma quali altri possiamo fare ?
StampaQuotidiana ,
L ’ Amministrazione delle ferrovie meridionali ha disposto degli studi per mettere in servizio quanto prima sulle linee calabro - sicule , delle vetture a letto , di cui fin qui si è lamentata la mancanza su queste strade ferrate .
Rusconi Edilio ( Incontro con Thomas Mann , 1947 )
StampaQuotidiana ,
Meina , 30 luglio , notte - Thomas Mann , premio Nobel per la letteratura , era oggi a Meina , ospite dell ' editore Mondadori . È un uomo alto , coi capelli corti e divisi da una scriminatura a sinistra , d ' aspetto assai più giovane dei 72 anni che ha , tanto che non mi sembra molto diverso dal ritratto che ne vidi quasi vent ' anni fa . È signore nei modi e sicuro nella conversazione anche sotto i lampi di magnesio dei fotografi e i lampi di quelle domande un po ' disordinate e un po ' improvvisate che fanno i giornalisti . Ma quando nel rispondere è troppo impulsivo e oltrepassa il limite di prudenza in dichiarazioni alla stampa , interviene la moglie , vigile e cortese a richiamarlo . Anche i premi Nobel hanno infatti bisogno di una buona moglie . Thomas Mann parla preferibilmente in tedesco , sebbene conosca anche l ' inglese , il francese e qualcosa d ' italiano . Gli abbiamo chiesto , quasi per scherzo , d ' indicarci i nomi dei tre scrittori europei viventi che giudica più importanti . Ha risposto : «G.B . Shaw , André Gide » . Ma il terzo non riusciva a trovarlo . Infine si è deciso , e ha concluso candidamente : « Il terzo sono io » . Aveva ragione , ed anzi io metterei il suo nome al primo posto . Né può dispiacere la risposta , se viene dall ' autore dei Buddenbrook , della Montagna incantata e della quadrilogia Giuseppe e i suoi fratelli . D ' altra parte , Mann è troppo vicino , per affinità elettiva , al Goethe che disse una volta : « Solo gli straccioni sono modesti » , per non avere il coraggio di simili candori . È lo scrittore moderno che più estesamente e più coerentemente ha lavorato ; e anche questa sua sicurezza di non sbagliare è goethiana . E anche il suo amore del reale come vero ideale . Credo che una delle soddisfazioni della sua vita sia stato l ' incidente che nel 1933 toccò ai figli Erika e Klaus , i quali furono arrestati per errore a Stoccolma nelle medesime circostanze in cui egli aveva fatto arrestare il protagonista del romanzo Tonio Kroeger : perché un romanziere come lui inventa , sì , ma inventa la vita reale . In quel medesimo libro , quarant ' anni fa , Mann dichiarava il proprio amore per tutto ciò che è umano , vivente , abituale , per gli esseri chiari , felici , amabili ; e con ciò si professava scrittore borghese . Gli ho domandato dunque , bruscamente , se oggi si professa ancora come in quel tempo di giovinezza . « No » ha risposto . « Ho visto molte sofferenze ; ed oggi il mio pensiero va verso l 'avvenire.» « Ma » gli ho osservato « anche nel 1932 egli guardava all ' avvenire , ancora nel nome della borghesia , poiché , in un discorso su Goethe , invitava la borghesia a staccarsi dai sentimentalismi , ad assumere le proprie responsabilità e a volgersi coraggiosamente al domani , se non voleva perdersi . » « Crede » ho insistito « che la borghesia abbia oggi assunto le sue responsabilità e si sia volta all ' avvenire ? » « No » ha risposto ; ed era malinconico . « La borghesia si è perduta nel fascismo e nel nazismo . » Era un giudizio duro ; forse troppo . Ma l ' esilio e le delusioni hanno indurito i giudizi di quest ' uomo . Soprattutto verso il proprio Paese egli è aspro . Ricordo la lettera aperta che , nel 1945 , egli rivolse allo scrittore tedesco Walter von Molo , dal quale era stato invitato a rientrare in Germania per aiutare il Paese con l ' azione e con il consiglio . Mann ripudiava l ' antica patria che lo aveva perseguitato , e dichiarava il proprio affetto verso gli Stati Uniti , dei quali era diventato cittadino . Ma poi , nell ' ultima parte della lettera , lo sopraffacevano sentimenti incancellabili , e la nostalgia , e il dolore . Oggi conferma quei giudizi : con la medesima nostalgia sottaciuta . Ma , venuto in Europa , non metterà piede in Germania , non rivedrà la sua Lubecca . Da Meina andrà a Zurigo ; poi in Olanda , e s ' imbarcherà per tornare in California dove lo aspettano i figli , i nipoti , i generi , tra i quali ultimi è G.A. Borgese . Il rancore è troppo forte perché egli possa godere la commozione del ritorno . Non ha potuto vivere con la felicità del suo Goethe . Dal 1933 è un esiliato ; lui , nato da signori , per vivere da signore . E la sua voce sottintende ancora la domanda che egli scrisse in fine alla Montagna incantata , accomiatandosi dal protagonista Giovanni Castorp allontanato verso il ferro , il fuoco e il fango della prima guerra mondiale : « Da questa festa mondiale della morte , da questo delirio che incendia intorno a noi la notte piovosa , sorgerà un giorno l ' amore ? » . Ma , dopo la seconda festa mondiale della morte , la domanda è debole , senza speranza . Mann è stato , come tutti , sconfitto .
Caro Possenti ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Non ho alcuna riluttanza , caro Possenti , ad affrontare il « caso Bocca » . E ' vero : in altri tempi gli articoli , le prese di posizione , gli atteggiamenti di Bocca servirono da avallo alle tesi di aspiranti rivoluzionari che non sapevano quel che volevano , ma lo volevano subito . Quando lei ci si arrabbiava mi ci arrabbiavo anch ' io , per motivi generali e per motivi personali . Del giornalista avevo sempre ammirato la capacità e l ' efficacia , dell ' uomo avevo sempre stimato la indiscussa probità : e non sapevo darmi pace nel vedere queste qualità , così rare nel panorama intellettuale italiano , messe al servizio di cause sbagliate . « Bastian contrario » per istinto e per scelta , Bocca portava acqua , senza volerlo , al mulino della faciloneria populista , e copriva con la sua autorevolezza onesta le più spregiudicate manovre di molti furbastri . Tutto questo non l ' ho dimenticato . Ma non ho neppure dimenticato , e non dimentico , che Bocca ad un certo punto guardò attorno a sé , e constatò da chi fosse composto , e verso quali traguardi stesse marciando l ' esercito , smisuratamente ingrossato , che issava stendardi con i suoi slogans e con le sue denunce . La compagnia non gli piacque . Era troppo becera e troppo numerosa , per i suoi gusti . E mirava a traguardi assai diversi da quelli che egli aveva indicato , magari idealizzandoli ingenuamente . Si era battuto contro il grigio conformismo democristiano , e stava per essere travolto da un altro conformismo , meno molle , meno tollerante , meno bonario . Voleva maggiori libertà , e assisteva allo spettacolo di una intolleranza violenta , nelle università e nelle piazze . Predicava una società austera , rigorosa , ed aveva aiutato a far trionfare il facilismo , il rifiuto del lavoro , il disordine , la demagogia prepotente . Aveva puntato l ' indice contro il terrorismo fascista , e assisteva con sgomento al proliferare delle Br , dei Nap , insomma del « partito armato » rosso . Di fronte a questa realtà Bocca non ha chiuso gli occhi ; non ha avuto paura di restare isolato , e di essere di nuovo , come vuole la sua vocazione , minoritario . Ha riconosciuto i suoi errori senza invocare scusanti o attenuanti , ha deplorato le degenerazioni che le sue idee avevano subìto , ha sacrificato una popolarità facile al rispetto della verità . La sua conversione è venuta prima che il partito comunista desse ad essa il « placet » , e non è mai stata - né è ora - in sintonia con le parole d ' ordine di Berlinguer . Bocca ha « rifluito » prima che « rifluisse » la massa degli opportunisti . Il suo verbo , in anni passati osannato , è ora esecrato nelle grandi e piccole sagrestie dell ' ultrasinistra . Ammetto senz ' altro che in un certo momento Bocca sia stato un « utile intelligente » . Ma ora , restando intelligente , non è più utile , anzi è dannoso ai propalatori di luoghi comuni , di dogmi prefabbricati , di bugie comode . Categoria alla quale invece appartengono gli « utili intelligenti » della nostra inchiesta . Io riconosco a tutti il diritto di sbagliare . Ne ho fatto uso anch ' io e non me ne vergogno . Riconosco anche il diritto ai ravvedimenti , purché non coincidano platealmente con i propri interessi , con la propria carriera , con le indicazioni del « potere » presente o supposto , magari a torto , prossimo venturo . Di questi peccati e di queste ipocrisie Bocca non può essere sospettato . Merita sempre rispetto : quando è d ' accordo con noi e quando non lo è . Detto questo , dobbiamo aggiungere che incombe , su Bocca , e su noi che gli siamo amici , un grave pericolo . Poiché il « riflusso » trionfa , la ragione si apre un varco nella dissennatezza , la moderazione è di moda - anche per merito dell ' ultimo Bocca - c ' è il rischio di vederlo ripiombare nella contestazione , nauseato dai troppi consensi , avvilito dal numero e dalla qualità di coloro che abbracciano il suo nuovo corso . Per farlo restare dov ' è , il migliore sistema è di continuare a dirgli che ha torto .
StampaQuotidiana ,
Da alcune settimane corre sulla strada ferrata da Londra a Brighton un treno rapido composto da una serie di salotti e di camere ammobigliate con molta eleganza , illuminate a luce elettrica . Il viaggiatore può passeggiare da capo a fondo il treno , nel quale si trovano sale di lettura , fumoir , restaurant , gabinetto di toeletta , tutto insomma come in un albergo di prim ' ordine . L ' illuminazione s ' ottiene col mezzo di ottanta accumulatori Faure , posti alle due estremità del treno e di lampade Edison distribuite nei vagoni . Gli accumulatori si caricano ogni sera alla stazione Vittoria , servendosi di una piccola macchina dinamo elettrica . Una manovella che può mettere in comunicazione le lampade con gli accumulatori o interruttori , o interrompere la corrente permette di accendere o spegnere a volontà ed istantaneamente le lampade , ciascuna delle quali è munita di un apparecchio speciale con cui si può isolarla dal circuito e quindi spegnerla o accenderla come meglio piace .