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DALLA COLLINA DEI PASSERI ( Calvino Italo , 1952 )
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È notte . Dalla finestra della mia camera d ' albergo si vedono le stelle rosse illuminate del Cremlino . Apro l ' altoparlante che c ' è in ogni camera ; la spina può essere innestata in tre prese che corrispondono a tre stazioni . Guardo le finestre illuminate nelle case ; giù nel cortile una fila di carretti dei gelati che attendono d ' uscire l ' indomani . Sono a Mosca da dodici ore ; ci ho capito ancora poco . Case di legno vicino ai grattacieli , gente nerovestita che con questo freddo mangia gelati per le strade , vie piene di librerie e di farmacie , i negozi d ' alimentari con la roba finta in vetrina , case di otto piani che per allargar la strada vengono spostate la notte mentre gli abitanti dormono ... Ci capisco ancora poco . Martedì mattina Le grandi vie di Mosca piene d ' automobili d ' ogni forma e dimensione , dai Moskovic agli « Zis » , di autobus gialli e rossi , di camioncini dei panettieri e dei lattai , di tassì grigi con la striscia a scacchi bianchi e neri . Le auto di proprietà privata si distinguono dalla targa ; perché dopo 1'«M» ( Mosca ) hanno una « I » ( individuale ) . Le auto sovietiche non hanno nulla da invidiare alle americane , in quanto a lusso e modernità di linea . Ma direi che hanno l ' aria meno tronfia . Forse è che in queste strade il vero padrone è il pedone , non l ' automobilista . Le regole di circolazione - mi spiegano - sono molto severe per le auto . Per i pedoni no , mi sembra , visto che attraversano col semaforo rosso e le auto si guardano bene dall ' andar loro addosso . Mi spiegano che qui aver la patente è una faccenda seria . L ' esame è severissimo ; e quando uno l ' ha ottenuta deve stare attento a non perderla . La patente ha tre fogli ; se uno ha un incidente gli ritirano il primo ; se ha un altro incidente il secondo , al terzo perde la patente . In mezzo alla via c ' è sempre un corridoio delimitato da strisce bianche che le auto non possono attraversare . In autobus , ci sembra di esser partiti da un bel po ' , quando ci ritroviamo di fronte all ' albergo ; per passare dall ' altra parte della via , abbiamo dovuto fare tutto un giro . Ogni mattina passa un ' autospazzolatrice a spolverare con lo spazzolone rotante i segnali bianchi sull ' asfalto . Ore 12,30 Sono sui monti Lenin ( la collina dei Passeri , di napoleonica memoria ) . È una bella giornata ; a Mosca pare non ci sia quasi mai nebbia , la vista è appena appannata in lontananza dall ' aria umida autunnale . Già vedo la Moscova color d ' acciaio e al di là , estendersi Mosca . I quartieri più vicini sono di legno , a un piano , casette , baracche , piccole officine ( segherie , autorimesse ) e , proprio accanto quartieri di grandi palazzi nuovi , dall ' aspetto sontuoso e lustro ; e così è tutta la città sterminata ; una scacchiera di vecchio e nuovo , d ' alto e di basso , di zone in costruzione e di zone in demolizione . In mezzo a tutto spuntano le ciminiere delle fabbriche , e , smisuratamente alti , i grattacieli . A star qui penso si possa vedere Mosca trasformarsi sotto gli occhi . Anno per anno aree sterminate di casette a un piano scompaiono , e gli abitanti passano nei grandi isolati in muratura che hanno visto spuntare giorno per giorno lì vicino . Comincio a capire come va guardata l 'U.R.S.S.: come un mondo che non sta mai fermo e di cui non puoi mai dire : « è così » , perché sempre vedi insieme com ' era e come sta diventando e come diventerà . Dietro di noi , solo solo , lì sui colli , il grattacielo più grande di tutti - 32 piani - quello dell ' Università , che , cominciato a costruire l ' anno scorso , sta già per essere finito . Con la sua bianchezza quasi d ' avorio , ( io ricordo le città del duemila nelle figure dei libri da ragazzo ) , ha un ' aria un po ' irreale e fuori del tempo , come un anticipo di età ancora da venire . Invece è già tutto fissato nel piano di ricostruzione : attorno all ' Università , su questi colli , sorgerà un nuovo quartiere di Mosca , tutto marmoreo e verde . Sempre sui monti Lenin . Due ragazzetti se ne scendono per un sentiero con gli sci sulle spalle . Vanno a sciare sull ' erba . Mi sento tutt ' a un tratto molto allegro . Queste casette di legno non sono mica brutte , però . Ci sono tra loro anche molte villette civettuole , con la veranda davanti , con cornici di legno traforato alle finestre . Sul davanzale , tra i doppi vetri - ma questo quasi sempre , in tutte - piante da fiore in vaso . Qualcosa tra lo châlet e il cottage ; dello châlet hanno l ' aria nordica e nevosa , mentre il giardinetto intorno , cintato da un basso steccato , accentua il ricordo anglosassone . Ma ecco che a poco a poco mi vengono in mente riferimenti di vecchia Russia , specie nei punti di Mosca più rustici e paesani : una suggestione di atmosfere alla Gorki . Ed è pure da tetti di casette come queste che prendono il volo gli evasivi folletti di Chagall . Sorprendo in me stesso un nostalgico attaccamento alle casette di legno . Ecco che mi scopro reazionario ; ecco che preferisco il vecchio al nuovo , ecco in me stesso i peggiori vizi del turista che cerca solo il « pittoresco » ; ecco che mi dispiace che le casette a un piano scompaiano e cedano il posto ai palazzi in muratura . Ritrovo un punto d ' equilibrio pensando all ' amore dei sovietici per tutto quello che è tradizione russa popolare ; se c ' è un paese « conservatore » in senso positivo , cioè non insensatamente distruggitore , è questo . Certo gli orgogliosi palazzi di ferro e di cemento armato non segneranno la fine della sommessa , familiare gaiezza della Russia dalle finestrelle traforate e dai fori sul davanzale .
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Milano , dicembre . Qui Milano network , la « televisiun » , privata e pubblica , reti uno , quattro , cinque , Euro TV , Rete A e consideriamo pure a parte Antenna 3 , il cui patron , Renzo Villa , è anche il conduttore dello show festivo , tanto per capire l ' ambiente , un po ' saloon . Fin che la dura , la più ricca , lussuosa , dissipatrice televisione del creato , capace da sola di ingoiare i due quinti della produzione americana e di consumare in un giorno tanti film , telefilm e serial quanto gli USA o la Germania in una settimana . Per via , si sa , della sfida infernale delle private fra di loro e con la RAI che essendo femmina virtuosa si è trovata con la gonna alzata dalla concorrenza a mostrar natiche un po ' rugose e biancheria rattoppata . Reti di un solo proprietario contro reti di affiliati , come i contadini contro i mandriani del West , per disputarsi l ' immensa prateria televisiva , le grasse mandrie pubblicitarie da condurre al santo macello , con lotta all ' ultimo sangue , ossessiva , grottesca per la audience , l ' ascolto pagato con cifre enormi , non sai mai se autentiche o gonfiate : programmi per 500 miliardi e 2000 titoli nei magazzini di Canale 5 e di Rete 4 , Dallas contro Dynasty , quanto a dire serial da un miliardo a puntata , per la produzione , comperati prima a 24.000 dollari a puntata e poi , a forza di rilanci , a 100.000 . E dietro a valanga Flamingo road , Falcon crest , Magnum sino alle vette di Uccelli di rovo e di Venti di guerra in quella euforia , un po ' irresponsabile , che vi prende nei casinò o nel salone delle grida alla Borsa , dicono due miliardi a testa per film come l ' Ufficiale e gentiluomo e Rambo e sicuramente mezzo miliardo per qualsiasi filmetto pornodialettal - comico . Ma chi si ferma davanti all ' ascesa continua della pubblicità ? Le sole private sono passate dai 60 miliardi del '79 , ai 144 dell'80 , ai 255 dell'81 , ai 467 dell'82 , ai 720 dell'83 ai previsti 1400 dell'84 , con crescita a raddoppio . Sì , non sarà tutto oro quello che luce , le cifre sono al lordo , spesso pagate con « cambio merci » cucine , piastrelle , liquori che poi bisogna rivendere e magari quasi al limite del codice , con ristorni , in nero , ai titolari di azienda , se la vedano poi loro con i soci , le banche , gli azionisti , e cospicui gratuiti : se mi paghi cento spot nelle ore di punta , te ne regalo cento nelle altre ore . Non sarà tutto oro , ma tanto oro quanto basta per celebrare , fra addetti , le gesta dei pistoleros tivù : « Giuseppe Lamastra , direttore acquisti di Rete 4 , ha soffiato a Berlusconi tutto lo stock della Publikompass » . Due giorni dopo Silvio Berlusconi risponde « bloccando l ' intero pacchetto della Cineriz , ha scelto fra 250 film il meglio , pagandoli ognuno 36 milioni ( cifre del '79 ) contro i 35 del concorrente » . Allora Formenton , boss di Rete 4 , si fionda in Brasile a mietere telenovelas . Moltiplicando per cento , per mille è un po ' come il boom dei rotocalchi nell ' immediato dopoguerra , con i tipici sviluppi all ' italiana , la rana che si gonfia a rischio di scoppiare . Nessuno ha tempo per studiare , per inventare si fa più presto a comperare il meglio che c ' è , íl direttore che ha avuto successo , la testata fortunata , il genere che va . Il bollettino di guerra risuona per corridoi e uffici . Udite ! Udite ! Lillo Tombolini è passato da Rete uno a Rete 4 con Enzo Papelli in fuga dalla RAI e allora Canale 5 ha sparato a zero sulla Sipra , concessionaria RAI , le ha rubato Longhi , direttore vendite ! Ma di queste lotte stellari fra gli staff televisivi il pubblico sa poco e nulla e poi non se ne cura attonito come è di fronte ai trasferimenti di Mike ( Bongiorno ) di Pippo ( Baudo ) e di Corrado . Come ai tempi eroici dei rotocalchi si torna all ' editore leggendario , al padre padrone come furono l ' Angelo Rízzoli e l ' Arnoldo Mondadori , al boss duro - fraterno , capitalista ma amico del fattorino , tecnico , contabile , grafico , inventore , esperto in tette da copertina , simpatico anche nelle sue « ire funeste » , il factotum che attraversa le aziende in ogni direzione per provvedere a tutto , per tenere assieme questo mondo nuovo che sembra sempre sul punto di sfasciarsi , di dissolversi . Silvio Berlusconi è il padre padrone più noto , conosciuto anche come « mister five » o « il ragazzo della via Gluck » o per antonomasia « quello che trova sempre i soldi , chi sa dove » fulmineo e onnipresente e vorace come un Howard Hughes , speriamo per lui e per noi un po ' meno « cabiria » ; o il Mario Formenton , esitante fra l ' aplomb del grande editore e la grinta del vecchio rugbista , o il re del latte Calisto Tanzi , forse il più temerario dato il finanziamento del « Globo » e l ' Alberto Peruzzo , per antonomasia « ma da dove è spuntato ? » . E al loro seguito i comprimari e le macchinette , i self made man e i portaborracce , i forzuti e le bionde eroine . Ecco Annamaria Frizzi , veneta , moglie di industriale e industriale essa stessa che pianta marito e azienda per mettersi nella pubblicità con Berlusconi e tirar su in un anno , da sola , 15 miliardi . Non male al 15 per cento di interessenza . E papà Balini ? Per anni lo hanno visto fare anticamera nei corridoi della RAI con la sua valigia piena di pizze cinematografiche italo - americane che i signori di via Mazzini non degnavano di uno sguardo . Adesso è miliardario , si è stabilito a Hollywood e siccome la cucina locale non gli va sta aprendo dei ristoranti italiani , mentre procura serial a Berlusconi che lo paga con la metà degli inserti pubblicitari inseriti , come usa dire alla brianzola « dentro la pucetta » dentro lo zabaione del successo . Uno che ricorda un po ' Lombardi , « l ' amico degli animali » della prima televisione , è il Rino Tommasi consulente sportivo e americanista , 1800 libri sullo sport yankee , intervista di un ' ora a Kissinger sul soccer e l ' olimpiade , un tipico « superstat » macchina statistica . A parte mettiamo Carlo Freccero trentasette anni , re dei programmi che hanno fatto la fortuna di Canale 5 e 1 , o meglio dire del palinsesto , che se lo cerchi sullo Zingarellí trovi « pergamena più volte grattata e riscritta » che non è poi molto distante dal significato televisivo . Ci incontriamo alla cafeteria di Milano 2 , che sembra di essere a Santa Monica California , luci tenui , olive e Martini , stangone biondo platino in attesa della prova di balletto , registi che fanno il baciamano . E c ' è anche lui , Carlo Freccero intellettuale sessantottino , raffinato , fra la nostalgia e l ' incubo della stagione utopica . « Lei Freccero come ha sfondato ? » « Mi sono sforzato di capire tre o quattro cose , già molte , no ? La prima è che sul prodotto non puoi bluffare , devi avere il meglio , dunque muoverti sul mercato americano . La seconda l ' avevo scoperta in una mia archeologia delle TV private degli inizi : quella loro rivelazione del prato basso italiano , ignoto ma ricco e vitale , il prato di Portobello , degli spettacoli a premi , partecipati , della gente che parte in pullman dalla provincia per i suoi pellegrinaggi laici , non più ai santuari per chieder la grazia alla Madonna , ma ai teatri televisivi dove si celebra il dio denaro . Poi la RAI , come punto di riferimento obbligatorio , perché la RAI vuol dire venti anni di abitudine , di appuntamenti fissi , magari anche di noie famigliari , ma comunque la televisione . Quando io sono arrivato nella professione , le private avevano già occupato le ore vuote o silenziose o noiose della RAI nel pomeriggio e nella tarda sera . Restava da conquistare il peak point , come lo chiamano , il massimo ascolto delle 8 e 30 di sera . Ce l ' abbiamo fatta con dei programmi omogenei , sempre riferiti all ' immagine dell ' emittente , famigliar - americana di Canale 5 , italiano popolare di Rete uno , e sottraendo alla RAI i Mike e i Corrado , i portavoce o maieutici del " prato basso ".» Ora andiamo al ristorante dove si attende il boss dei boss , Silvio Berlusconi , che ha appena finito di festeggiare non so quale tribù televisiva di venditori o di aficionados . « È vero » gli chiedo « che mandriani e contadini del nostro West televisivo stanno per fare la pace ? Che andate a un ' unica concessionaria di pubblicità già chiamata Sipra 2 , per dire nuovo monopolio in vista ? » « Lei crede che il primo Agnelli o il primo Pirelli potessero davvero autodimensionare le loro aziende ? No e neppure noi delle TV private , anche noi dobbiamo misurarci con il mercato , con le risorse , i quali dicono che solo gli oligopoli possono sopravvivere . » « Allora continuerete a gettare miliardi nella fornace ? » « Spero di no , spero in un gentleman agreement , in una regola di comportamento . Ma non dimenticate i nostri meriti : abbiamo creato una ricchezza pubblicitaria in crescita anche negli anni di crisi » . Il boss di Rete 4 e della Mondadori , Mario Formenton , sta invece meditabondo ai suoi laghi Masuri , pardon , ai laghetti ghiacciati di Segrate ( chi sa le tinche giganti come se la passano sotto il pack ) . « Ho qui una buona notizia » dice , « l ' Associazione degli utenti pubblicitari si è decisa a creare un istituto statistico credibile . Dobbiamo finirla con questi rilevamenti di parte che a sommarli fanno più della popolazione italiana » . « Ma a Canale 5 dicono che il vero parametro è quello delle vendite dei prodotti pubblicizzati » . « Già , come non sapessimo che una campagna pubblicitaria punta su una ventina di media e che è impossibile dire chi ha reso di più per le vendite » . « È il meter , dottor Formenton , l ' aggeggio elettronico che misura l ' ascolto di un apparecchio minuto per minuto ? » . « Sì , il meter , ma lo gestisce la RAI che si riserva il segreto delle postazioni e di certi rilevamenti politici . Se lo immagina lei cosa capiterebbe se facesse sapere che appena è apparso il grande leader la gente è scappata ? » . L ' alluvione televisiva è come quelle del Nilo o del Mississippi : qui distrugge villaggi , là posa limo fecondo . Una rivoluzione benefica l ' ha compiuta abbattendo lo steccato della TV pubblica , storico come quello vaticano . Mettendo fine a una lunga stagione di sonni , di alterigie , di supponenza , vedi la Sipra che metteva i clienti in coda , zitti e buoni . Così , il giorno in cui un suo funzionario di nome Trainetti ha dovuto salire le scale di una agenzia pubblicitaria , lo guardavano increduli come la vergine di Fatima , apparizione divina , ma anche un po ' da prendere per i fondelli : « Come andiamo Trainetti , è vero che non riuscite a raggiungere il tetto pubblicitario ? » . Si è dovuta dare una regolata anche la Sacis , che per anni ha svolto l ' unico ridicolo compito della censura e proibiva negli annunci parole come estro , perché pare che così si dica dei cavalli in calore , oltre i tradizionali membro , sega e , va sans dire , « seghetto alternativo » . Adesso in difesa della RAI e della Sipra italiane si levano i « vespri » patriottici di Flaminio Piccoli e di Gianni Pasquarelli che se la prendono con la colonizzazione dell ' Italia , con l ' americanismo trionfante che mortifica « ogni sforzo onesto di produzione plurima » . Suvvia , lasciamo perdere , diciamo piuttosto , con l ' ingegner Mattucci direttore RAI in Milano , che le private sono passate « dalla cattiva produzione al buon acquisto » ma solo all ' acquisto , incapaci per ora di creare una industria televisiva in crescita armonica , produttiva . L ' antiamericanismo alla Jack Lang , ministro mitterrandiano , del tipo vive la France abbasso les amerlos , gli imitatori dell ' America , ha un senso se lo traduci in capacità produttive , in somma di risorse . Ma siccome le cifre sono quelle che sono e gli investimenti televisivi italiani sono di 3000 miliardi contro i 30.000 delle televisioni americane , siccome a Broadway e a Hollywood ci sono migliaia di registi , scenografi , attori , operatori che da noi non ci sono , comperare bisogna . Certo , come macchina socialculturale , la televisione commerciale può spaventare , ha ragione l ' ingegner Mattucci a dire che essa « può far morire e rinascere il cinema , dominare le comunicazioni di massa , creare nuove professioni , rovesciare i rapporti culturali » . Il boom delle private ha avuto , per dire , effetti massicci nella stampa di intrattenimento sollevando a un milione e seicentomila copie , massima tiratura italiana ( il 25 per cento dei giornali venduti nei centri con meno di cinquemila abitanti ) , « Sorrisi e Canzoni » che segue le trasmissioni , se non di tutte le quattrocento antenne italiane di gran parte , prima redazione computerizzata per tener memoria e ordine nel mare di notizie televisive , mentre crollava a 200.000 copie il « Radiocorriere Tv » che ha pagato la sua fedeltà alla televisione pubblica . La « televisiun » ha anche tolto la puzza sotto il naso degli editori racé . Se uno pensa cosa era lo snobismo della Einaudi al tempo delle vacanze con Vittorini a Bocca di Magra quando unici interlocutori accettabili sembravano il poeta Sereni e i letterati toscani dell ' altra sponda , i Tobino , i Benedetti , i Cancogni ; o ai ricevimenti cattedratici in casa Laterza con i professori e signore in nero e oggi vede Pippo Baudo al centro del premio Strega , adulato , corteggiato assieme al suo dirimpettaio televisivo della domenica , Minà , per il potere televisivo che hanno di farti vendere come niente diecimila copie in più , capisce che se ne è fatta di strada dalle élites alle masse . Carlo Freccero che ha l ' occhio del mestiere mi faceva osservare : « Ha notato che Baudo , adesso , delega a Grillo ed altri attori le parti grottesche satiriche ? Adesso si riserva quelle del talk show autorevole , dell ' amabile cerimoniere ormai entrato nell ' establishment culturale » . La televisione è un ' alluvione di cui pochi conoscono davvero i possibili sbocchi . Per ora , i suoi capitani coraggiosi come Berlusconi e Formenton navigano un po ' a vista , intuiscono le connessioni con i teatri , i giornali , l ' editoria specializzata , la produzione filmistica in proprio , l ' azionariato popolare , l ' informazione , ma senza sapere esattamente cosa c ' è dietro quelle porte aperte o socchiuse . Oggi le prospettive della televisione italiana privata e pubblica oscillano fra previsioni trionfali e rischi sempre più grandi . Si scommette su una crescita senza fine della pubblicità , si preferisce non pensare a cosa accadrebbe se dovesse fermarsi . È in piena angoscia da futuro incerto la televisione pubblica . C ' è una commissione parlamentare che dovrebbe varare la famosa legge per la televisione che va interrogando un po ' tutti , in cerca della pietra filosofale nel Mugnone , capace di cambiar i sassi in oro . Mi confida il dottor Berretta del sindacato pubblicitari : « Hanno convocato anche noi , ma che gli diciamo ? Che quattordicimila dipendenti e quattromila consulenti sono una follia ? Che bisogna tagliarne almeno i due terzi ? Ma se continuano ad assumere giornalisti democristiani , comunisti , socialisti raccomandati dai partiti . Gli proponi un canale sovvenzionato dagli abbonamenti e pulito di pubblicità ? Proprio noi ? Ma le pare ? Eppure sono nei guai , riescono a coprire gli spazi pubblicitari vicini al telegiornale della sera , ma nelle altre ore hanno il fiato lungo » . Per l ' ingegner Luigi Mattucci , direttore della RA1 a Milano , l ' unica soluzione praticabile è quella di una televisione pubblica assistita , ma concorrenziale : « Se molliamo la concorrenza pubblicitaria e dell ' audience siamo morti . Non vedo come riusciremo a sfoltire il personale . Abbiamo bisogno di quattro o cinque anni di assistenza , il tempo necessario per riciclare competenze e funzioni , diventare una azienda che dà servizi e fa ricerca come la SIP , come l ' ENEL » . Allora , altri cinque anni di compromessi ? Di informazione televisiva mutilata , congelata ? Dice Freccero : « C ' è una sola via per vincere tutte le censure e ottenere tutte le interconnessioni . Fare un ' informazione che abbia una grande audience . Allora nessuno si preoccuperà che sia di sinistra o di destra , tutti staranno attenti agli indici di gradimento e ai miliardi di pubblicità » .
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Nuovo impulso allo vita dei paesi devastati dalla guerra . I soccorsi alle popolazioni e il problema dei trasporti - Suscitare lo spirito di iniziativa . Si combatteva ancora nell ' Africa settentrionale quando l 'A.M.G . ( Governo Militare Alleato ) dava le prime disposizioni per la riorganizzazione dell ' Italia . Fin da allora vennero designati i funzionari che avrebbero dovuto assumere nelle varie zone la responsabilità di dare un nuovo impulso alla vita di un paese devastato , saccheggiato dai nazisti , quasi totalmente disorganizzato e per giunta ancora inquinato da pericolosi e subdoli residui di fascismo . Bisognava , per virtù di competenti , ricostituire un servizio di polizia e di trasporti , provvedere alla scelta del personale addetto alle amministrazioni pubbliche , dare consistenza e ordine ai servizi dell ' alimentazione e a quelli sanitari , riparare ove fosse possibile , gli impianti dell ' acqua potabile , le centrali e le linee elettriche . Le difficoltà superate . Avviata la liberazione , i problemi si dimostrarono particolarmente complicati a causa della carenza di generi alimentari e , specie nelle province meridionali , dallo scarso senso della cosa pubblica determinato , in gran parte , da un ventennio di oppressione e di malcostume fascista . Primo compito dell 'A.M.G . è la fornitura di viveri . Nell ' ordinamento che viene stabilito non sono ammessi fascisti ; ma è inteso che l ' epurazione verrà eseguita dal governo italiano man mano che esso assumerà il potere nelle zone liberate . Non fu facile incominciare con criteri nuovi e pratici il sistema dei granai e degli oleari del popolo . L ' organizzazione fascista si era dissolta e inoltre i contadini credevano che , caduto il fascismo , fosse finito per sempre il sistema dei granai . In conseguenza si rese necessario un richiamo degli agricoltori al senso della responsabilità , e si dovette dare l ' opportuno assetto alla Sepral , ottenendo risultati soddisfacenti nonostante le difficoltà sorte in seguito alla scarsezza dei mezzi di trasporto . Chi ha assistito al grandioso spiegamento delle forze alleate , si meraviglierà , forse , nel sentir dire che i mezzi di trasporto non abbondavano . In realtà , le operazioni di guerra , condotte su un duro terreno , su vie mal ridotte e frettolosamente riparate con grande logorio di macchine , imponevano limiti al numero di mezzi da porre quotidianamente a disposizione del traffico per i rifornimenti delle popolazioni . Ma le difficoltà furono superate ; ed oggi , nell ' Italia a sud dell ' Appennino Tosco - emiliano , la situazione alimentare è soddisfacente . Ad esempio , la razione giornaliera di pane è stata portata a trecento grammi a sud dell ' Appennino tosco - emiliano . L ' opera dell 'A.M.G . comincia immediatamente , dopo l ' avanzata delle truppe liberatrici , i funzionari non di rado iniziano il loro lavoro , e provvedono alla distribuzione di viveri e medicinali , in località vicinissime alle prime linee e ancora percosse dal fuoco nemico ; e ad essi Le popolazioni hanno manifestato viva gratitudine . Dove prima erano passati gli assassini e i razziatori nazisti , la solidarietà umana ricompariva , sollecita , nel modo più attivo , con gli uomini dell 'A.M.G . L ' incitamento e l ' esempio risuscitavano lo spirito organizzativo , il quale , man mano che la liberazione procedeva , andò manifestandosi sempre più intenso e operante , specie nelle province dell ' Italia centrale ove il movimento patriottico era ben controllato e diretto dai Comitati di liberazione . Il potere agli antifascisti . Quanto ai soccorsi , bisogna dire che provvede come meglio è possibile e in rapporto alla necessità delle singole zone . Ma occorre tener conto della disponibilità di generi alimentari e di materiali . In questi mesi cruciali del conflitto mondiale , le Nazioni Unite devono prima di tutto impegnare i trasporti marittimi per i rifornimenti degli eserciti che combatttono in Europa , nell ' Estremo Oriente e nel Pacifico . Si pensi quale sia , in questo momento , il compito affidato alla Marina , per le operazioni che si stanno svolgendo negli arcipelaghi intorno al Giappone . Inoltre , ormai , con la liberazione di tanti paesi europei , ridotti ad estrema rovina dal terrore tedesco , gli Alleati sono costretti a repartire i soccorsi , dalle rive del Mar del Nord , sino ai Balcani . La strapotenza economica degli Alleati non può sorpassare i limiti imposti dalla produzione agricola e industriale e dal tonnellaggio navale . L 'A.M.G., che ha il compito essenziale di far funzionare organi di governo nelle zone prossime al fronte e nelle immediate retrovie , obbedisce a un principio cardinale : affidare , non appena possibile , il potere agli antifascisti . Ciò impone la selezione dell ' « uomo giusto per il posto giusto » : è una mèta che non si può raggiungere di colpo , ma solo con un ' accurata e difficile selezione , che richiede un certo tempo . Il bilancio dell 'A.M.G . è dunque attivo : l ' esperimento iniziatosi nella bufera della guerra ha stabilito forme democratiche di organizzazioni che sopravviveranno all ' occupazione alleata e lo spettacolo di uomini di potenze fino a ieri nemiche , che collaborano intensamente , è un fatto che l ' Italia e l ' Europa non dimenticheranno troppo presto .
UNA SERA MOSCOVITA ( Calvino Italo , 1952 )
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Ore 18 . Un giro al metrò . Vedremo solo quattro o cinque stazioni d ' una linea , perché adesso comincia allo stadio una partita importante ( qui giocano anche i giorni feriali , di pomeriggio tardi sul campo illuminato ) , e nelle stazioni ci sarà troppa ressa per compiere una visita di delegazione . Nella pianta del metrò sono tracciate non solo le varie linee in funzione , ma anche , in colore diverso , le linee che saranno terminate di qui a un anno o cinque anni . I sovietici vivono sempre proiettati per metà nel futuro ; ognuno oltre a quello che ha , dispone di beni - pubblici o privati - ancora da costruire , ma che sa certamente che verranno . Un tapis - roulant lunghissimo ci trasporta in luminosi abissi sotterranei . ( Accanto a noi , sull ' altro tapis - roulant che sale , c ' è molta gente che legge , anche libri ) . Sto entrando nella città del duemila ? Alle composite e luccicanti architetture che mi si parano dinanzi , direi piuttosto d ' essere a Ninive , a Babilonia , a Atlantide . Fuori dal tempo , certo . Perciò mi è difficile dare un giudizio , abituato come sono alla classificazione storicistica degli stili , dei gusti , delle mode . E non è fuori del tempo anche lo squallido e amichevole metrò di Parigi ? Ma con quello trovo subito il rapporto ironico e affettuoso che si ha con le vecchie cose pratiche e fin troppo familiari : qui , attraverso queste stazioni ognuna diversa dall ' altra , in questo spiegamento di opulenza , di materiali e di varietà di gusti , mi aggiro spaesato . Al teatro Bolsciòi . Ivan Susanin di Glinka . Questa , da noi , si direbbe un ' opera statica , senza azione , con poca « scena » . Qui , proprio come spettacolo , è una cosa da starla a guardare a bocca aperta da principio alla fine , e si vorrebbe avere dieci occhi per non perdere nessun particolare . Il secondo atto è un ballo a corte : tutto un ' invenzione , sulla trama musicale , di movimenti e figure di balletto , di caratterizzazioni di personaggi , di caricatura e di dramma . Il balletto non è un ornamento per il teatro lirico russo , ma è il fondamento stesso dello spettacolo . Messinscena e costumi sono ricchi e curatissimi , con una attenzione speciale - mi sembra - alla precisione della ricostruzione storica , più che allo « stile » . Ma nell ' epilogo , alla musica tutta metallica e vibrata corrisponde la coreografia tutta brevi lampeggiamenti e scintillii di corazze e di elmi . Gli italiani come me che non capiscono niente di musica non dovrebbero mai andare all ' estero , pena il far brutte figure tutti i momenti . V . Stepanovic è appassionatissimo di musica , invece , e vorrebbe discutere ; io non posso che trincerarmi dietro la mia ignoranza . V . mi parla di certi giovani compositori sovietici a parer suo interessantissimi . I pareri di V . sulla musica classica e moderna sono dissimili da quelli più noti della critica sovietica , ma lui è sempre caloroso e vivace . V . è studioso di storia e diritto internazionale , e parla un ottimo francese . Sua moglie è una violoncellista assai nota e ora è in Georgia per una serie di concerti . Unità della cultura russa . L ' Ivan Susanin di Glinka è un ' opera dell ' Ottocento d ' ispirazione fondamentalmente politica e popolare . Rientra perpetuamente nei criteri dell ' arte sovietica d ' oggi . Tra lo spirito di Glinka e quello degli artisti sovietici non c ' è un salto : rientrano entrambi in una stessa linea . L ' ispirazione politica è uno dei principali filoni della tradizione culturale russa . Per quanto lo spettacolo mi attragga moltissimo , alle volte mi sorprendo con lo sguardo rivolto al pubblico . È un pubblico ben diverso da tutti gli altri , come la gente per le strade ; e difficile da definire sinteticamente , perché è fatto di centomila tipi . Forse chi dà il tono sono queste ragazze non dipinte , molte con le trecce , con le camicette di seta artificiale bianche o a fiorellini , coi vestitucci di lana ; ma questo è ancora dir niente perché si potrebbe pensare che abbiano un ' aria bigotta , o puritana , o noiosa , o provinciale : invece sono tipi svegli e attentissimi , sguardi trepidi e pur semplici ; un ' aria da studentesse d ' altri tempi ; un ' aria insieme intellettuale e campagnola ; e , naturalmente , un ' aria russa . Questo tipo tra l ' intellettuale e il campagnolo si ritrova anche tra i giovanotti , - in molti degli operai - in certi tipi biondi dalle spalle spesse , con un loro modo di pettinarsi , di portare la giacca a doppio petto , il colletto della camicia ; spesso ineleganti ma tutti misura e compostezza . Mica che tutti siano così , però : tutt ' altro . Di classici tipi dell ' « intellighenzia » russa se ne vedono parecchi , specie tra le donne , altere e occhialute . Nella stessa fila di poltrone puoi vedere una signora vestita con cura e distinzione e semplice buon gusto , un uomo col giubbotto con le cerniere lampo che certo è uscito di fabbrica mezz ' ora fa , una donnona dipinta con l ' abito da sera e i gioielli ( che però non ha affatto l ' aria di appartenere a una nuova borghesia , come dicono certi giornalisti , ma l ' aspetto d ' una brava lavoratrice dalle ambizioni un po ' ingenue ) , un vecchietto alla Cecov in colletto duro e con una decorazione all ' occhiello . Nessuno - questo è il punto - ha l ' aria di sentirsi a disagio rispetto agli altri ; né perché è vestito troppo male né perché è vestito troppo bene . Ecco che vengo precisando quell ' impressione di « uguaglianza » che ho avvertito ieri : « uguaglianza » vuol dire sentirsi sempre a proprio agio , di fronte a chicchessia . Incontrandosi , prendendo posto nella propria poltrona , si trattano con cordialità e cortesia , pur non conoscendosi ; e sempre si rivolgono l ' un l ' altro - uomini e donne - col tovàric ( compagno ) .
Così lo ha salutato la sua Italia ( Guzzanti Paolo , 1984 )
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Roma . Quanti ? Ce lo domanderemo per un pezzo . Più che per i funerali di Togliatti , questo è certo . Più che per chiunque nell ' età repubblicana è probabile . Chi ha visto le immagini in televisione si sarà fatta un ' idea : Roma si è dilatata fra le sue mura e i suoi Fori per accogliere questo popolo comunista che sembrava una nazione e che sotto un sole tardivo ma implacabile è andata a dire addio a Berlinguer . Ce lo diranno meglio ancora le immagini che su dal cielo andavano filmando Ettore Scola e Francesco Maselli , dall ' elicottero che ronzava e sibilava , planava e si arrestava come una creatura degli stagni . Forse erano un milione e mezzo . Un milione è certamente un numero per difetto , considerato che soltanto fra le Botteghe Oscure e San Giovanni , prima dei cortei periferici e senza calcolare la piazza già gremita , erano almeno ottocentomila . Davanti al rosso palazzo di Botteghe Oscure , chiusa la camera ardente , la folla era stipata fino al collasso , fitta nelle zone d ' ombra fino a sembrare un muro respirante e stravolto nell ' attesa . Alle 14.45 è uscita la bara chiara con il corpo di Berlinguer . Fino ad un attimo prima era silenzio . Volti molto affaticati . Occhi di pianto . Poi l ' applauso come un uragano . I bambini in braccio , sulle spalle . Urlano « Enrico » . Lo ritmano . Lo ripetono a triplette - « Enrico - Enrico - Enrico » - sempre più veloci . Si levano i pugni . Partono sei o sette tentativi di intonare Bandiera rossa che si sommergono l ' un l ' altro su diverse tonalità . Perentoria si impone la marcia funebre di Chopin numero uno , diretta dallo stesso maestro Franco Castellani che la suonò vent ' anni fa per i funerali di Togliatti . Chissà se si farà un altro quadro gigantesco per questi funerali . Proviamo a immaginarlo , dipinto così come lo abbiamo visto oggi vivo : in prima fila , dietro il disadorno furgone nero , i familiari di Enrico Berlinguer , di cui non si cesserà di lodare la compostezza e quella impensabile misura di partecipazione e separazione dal lutto pubblico , di partito , politico , corale . Non sarà facile dipingerli senza forzarne i tratti . E poi , a qualche metro , Nilde Jotti con un foulard celeste per ripararsi dal sole che arde i capelli di tutti , Giancarlo Pajetta e Napolitano col berretto in testa , Pietro Ingrao , Reichlin , Occhetto che in questi giorni ha retto il peso organizzativo del presidio di Botteghe Oscure , Tortorella , Pecchioli sempre più diafano ed eretto nel suo dolore personale , il sindaco di Roma Vetere , Novelli . Poi c ' era un cordone d ' ordine terribile , che sgomitava e chiudeva senza pietà . Un servizio di contenimento della folla efficiente , duro , concitato , sicuramente necessario , ma che faceva singolare contrasto con la mestizia , la folla che si trascinava su un asfalto pastoso , appiccicoso nel quale non soltanto le suole delle scarpe lasciavano l ' impronta , ma in cui garofani , gladioli e rose si incorporavano come fossili istantanei . Il corteo funebre si muove lentamente . Pochi metri e si ferma . Davanti si incolonnano centinaia di corone : sono i fiori delle sezioni , delle federazioni , e più avanti quelle dei consigli di fabbrica , della FGCI e quelle tricolori del presidente della Repubblica , della Camera dei deputati , del Senato e dei presidenti del Parlamento . Elenchiamo intanto le poche cifre note . I pullman che sono arrivati a Roma sono stati più di cinquemila . I treni speciali venticinque . Le persone arrivate a piazza San Giovanni per conto loro , senza far parte di nessuno dei tre cortei collaterali o di quello centrale , erano più di trentamila . Alle 10.30 il centro storico era chiuso e bloccato . A quell ' ora , soltanto fra via del Teatro di Marcello e piazza Venezia , per un chilometro e mezzo di strada , erano già stipate trentamila persone . Il Comune di Roma ha impiegato per il governo del traffico mille e duecento vigili urbani . Davanti a Botteghe Oscure , nei giardini adiacenti a piazza Venezia , sui prati e sui marciapiedi hanno dormito migliaia di comunisti arrivati durante la notte . Alle 4 del mattino si è dovuta riaprire la camera ardente perché la folla premeva . Fino alle 14 , quando è stata chiusa , i visitatori che sono riusciti a passare davanti a quella bara sono stati almeno centoventicinquemila . Gli ultimi a fare il picchetto d ' onore sono stati gli attori , i registi , la gente di spettacolo . C ' erano Monica Vitti , Giovanna Ralli , Ettore Scola , Carla Gravina , Carla Tatò , Giuliano Montaldo , Mariangela Melato , Felice Laudadio . È stato visto Alberto Sordi , che comunista non è , passare e fermarsi un istante , commosso . Fra gli ultimi politici sono passati il democristiano Mario Segni e Aldo Aniasi , socialista . E poi i rappresentanti della comunità israelitica che sono stati ricevuti da Pietro Ingrao , con cui si sono fermati a parlare della « straordinaria umanità » del segretario del PCI scomparso . Così , quando la città - Roma si è svegliata , già era in piedi e quasi stremata un ' altra città che l ' aveva invasa sovrapponendosi : almeno mezzo milione di persone erano a mezzogiorno su via delle Botteghe Oscure e qualcuno già sveniva . Abbiamo visto diverse persone accasciarsi per il caldo e sono state soccorse con molto affetto . Una è morta per malore . Le ambulanze sono state chiamate in qualche caso . I siciliani che sono arrivati stremati dopo venti ore di treno hanno trovato latte e yogurt offerto gratis dai dipendenti della Centrale del Latte che si sono autotassati . Il Comune di Roma ha predisposto numerose autobotti che hanno fornito acqua fresca alle migliaia di assetati . A piazza San Giovanni già alle 13 era impossibile entrare . E per tutto il tempo dei comizi , dei discorsi ufficiali , folla e folla ha seguitato a premere sulla piazza , a riempire tutte le vie adiacenti , come un liquido palpitante e colorato , sul quale spiccavano le bandiere rosse . E anche piazza San Giovanni non ricordiamo di averla mai vista arredata con un palco di quelle dimensioni e di quella funzionale architettura . Rivedremo quel palco di 320 metri quadrati nei filmati e nelle foto , costruito in gran fretta da sessanta carpentieri di attrezzature metalliche e falegnami e sormontato da quella grande foto di Berlinguer mite e duro , forse timido ma anche ironico , alta quattro metri e mezzo e larga tre . Una coreografia , paradossalmente trattandosi di un funerale , assai viva : ideata per contenere cinquecento invitati fra europei , asiatici , africani ed americani . Anche in questo senso ci sembra di poter dire che non si era mai vista una cosa del genere . La gente . Giovani tantissimi , con i loro jeans ( e due copie dell ' « Unità » ficcate una per tasca ) , e le loro magliette , il loro modo di parlare che trascende ormai i dialetti in un esperanto adolescente e militante . Ma tanti , tantissimi i vecchi , la gente d ' età , i capelli bianchi . Le barbe e le pinguedini dei quarantenni . E i romani , in maggioranza subito seguiti dai milanesi , che quando sono comunisti si ritrovano anche in un loro linguaggio , popolare ma affettuosamente brusco . Così quando la folla trascina e si cade travolti , i mariti proteggono le mogli : « Bianca ! Acchiappate ar braccio mio » . E i fotografi impostano i loro servizi : « Avvisa tutti : tirate fuori 1' " Unità " e fateci un cappelluccio . Ma che si veda la parola " addio " davanti . Poi mettetevi lì che faccio il gruppo » . I giovani toccano , ti toccano , palpano , è una folla carezzevole e confidenziale . E quando l ' emozione passa in un grido , in uno slogan , l ' alito contamina tutti : « Non ti dimenticheremo » , « Enrico » , « Vivrai per sempre » . Togliatti morì in agosto . Berlinguer di giugno . E soltanto oggi si può dire che è estate : « Fa lo stesso caldo di quando morì Palmiro » dice un vecchio operaio . Il furgone avanza e il vento generosamente ingrossa le bandiere che si dispiegano con maestà : quella grande del Comitato centrale , frangiata e abbrunata , e il tricolore della Repubblica . E poi quella strana bandiera ibrida : verde e bianca in parti uguali e poi la sezione rossa di dimensioni triple . Il furgone va avanti e l ' asfalto fonde . Cantano Bandiera rossa e la banda procede a passi lillipuziani , con imprevisti schianti dei piatti . Ai lati del corteo le transenne . Oltre , c ' è altro popolo che si stringe e soffoca e piange . Si direbbe che un sottile velo di lacrime renda tremula questa immagine . O forse il miraggio dell ' alito rovente dall ' asfalto . Un urlo verso i Fori imperiali : « Viva il grande Partito comunista di Gramsci , Togliatti e Berlinguer » . Folla bianca e rossa sui giardini . Arriva la limousine nera del presidente della Repubblica : riceverà un applauso grande come un boato allo stadio , a piazza San Giovanni . Qui lo vedono in pochi e lo chiamano . I capi del servizio d ' ordine sono implacabili . E bravi . « Forza , forza co ' sto cordone , su , su , sbrigarsi » . Quando passa Berlinguer tutti levano in alto il giornale del partito nell ' edizione straordinaria che dice grande « Addio » in rosso . Inatteso un grande cartello declama : « Genitori , non crescete i vostri figli come schiavi , i figli non si picchiano » . Una vecchia signora genovese filosovietica si è messa ai lati del corteo con un cartello : « Oggi non c ' è scelta , o amici dell ' URSS , o servi di Reagan » . Distribuisce a pacchi la rivista « Realtà sovietica » . Grida : « Siete dei criminali , venduti all ' America » . Qualcuno , con rapida intolleranza , le fa a pezzi il cartello . Resta lì , patetica e testarda . Avanzano i gonfaloni delle città . Sono centinaia , forse migliaia , con i nomi dei paesi dell ' Umbria , delle Marche , del Lazio , della Calabria , della Toscana . E ne arrivano sempre più , sempre più , con i loro vigili urbani nelle uniformi fantasiose e diverse , tutte sull ' azzurrino . E arriva , preceduto dal rullo dei tamburi , il corteo torinese dai grandi cartelli e gli striscioni rossi . E i sardi del Sulcis che hanno montato la guardia al feretro col casco dei minatori e la lampada accesa , avanzando lentamente dietro il loro striscione . Sulla colonna Traiana , imbragata nell ' impalcatura del restauro , un lungo cartello verticale : « Vivrai sempre » . Le bandiere rosse sono vecchie e nuove . Le nuove sembrano di plastica , di questo nailon luccicante che si arroventa e non stinge . Quelle vecchie sono gloriose e slavate , falci e martelli ricamati a mano , all ' ingiù , come si usava all ' inizio del secolo . Tre i cortei che sono confluiti man mano su quello principale , fino alla piazza . Uno è partito dalla stazione Tiburtina , uno dall ' Ostiense e l ' ultimo da Cinecittà . Del primo facevano parte i comunisti padovani , trattati con riguardo perché la loro città è stata affettuosa e vicina al dramma di Berlinguer . Si radunavano lì i comunisti di Mantova , di Varese , di Bologna , del Friuli , di Verona . E poi i petrolchimici di Marghera , di Milano . Fischiano Bella ciao nel caldo . Lacrime e sudore . Si muovono al canto di Bandiera rossa . Pugni chiusi . Pugni chiusi , ma molti di quelli che riusciranno ad arrivare fino alla camera ardente renderanno omaggio a Berlinguer prima con íl segno di croce e poi col pugno : pietas cattolica e militanza . Se c ' era chi gridava : « Enrico , vivi in tutti noi » , non è mancato chi amaramente inalberava un cartello che dichiarava « Enrico , sei morto insieme a noi » , riecheggiando la battuta addolorata di Benigni che ha scritto più o meno : adesso andremo tutti indietro . I comunisti piemontesi sono arrivati all ' Ostiense . E anche quelli liguri , i toscani e gli umbri , con le loro bande musicali e i gonfaloni . A mezzogiorno intorno alla Piramide erano più di sessantamila , con i ragazzi della FGCI in prima linea , seguiti dagli operai della FIAT Lingotto , di Rivalta , Mirafiori , tutti con i cappelli di carta , con i berretti di tela , i golf della notte annodati alla vita , í fazzoletti sui capelli . Cartelli grandi e affettuosi : « Enrico , sei stato grande » , « Enrico , ti prometto un mondo più bello , ti voglio bene , Dalia » . Bisogna dire che l ' eco del titolo del film di Benigni ha fatto scuola : « Ti voglio bene » era dovunque . E deve avere influenzato anche quel confidenziale , personale « ciao Enrico » dell ' « Unità » , così nuovo in un giornale che fu paludato fino alla tristezza . Molti cartelli del tenore « Grazie Enrico per quello che ci hai insegnato » e drammatico quello che promette : « Senza di te , senza perderti » . I cortei si sono mossi ininterrottamente , come fluidi continui . Al Circo Massimo í primi malori . I « compagni medici » intervengono spesso . Ed ecco í portuali di Genova , di Riva Trigoso , gli stessi che udirono il comizio del giorno prima di Padova . A Cinecittà si raduna il popolo del Sud . Centinaia di pullman che vengono da Bari , Brindisi , Matera , Napoli , Potenza . Una folla eterogenea che ha usato pullman di gran turismo con TV e toilette , oppure vecchie corriere degli anni Cinquanta . C ' è stato chi si è preoccupato di raccogliere le cartacce e molte donne hanno aperto fagotti di viveri . Anche da Cinecittà sono partiti a migliaia diretti verso piazza San Giovanni , attraverso una città trasfigurata .
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Il Comando Alleato ha rivelato che sono in circolazione biglietti falsi della moneta di occupazione nei tagli di L . 500 e L . 1000 . Il biglietto falso da 1000 lire è stampato su carta di qualità inferiore a quella dei biglietti legali . Le linee azzurre , contenute nelle parole « Allied Military Currency » , hanno più rilievo di quelle dei biglietti buoni . Sul retro dei biglietti falsi il numero 1000 può essere letto attraverso la carta senza esporla alla luce . I biglietti da 500 sono stati invece falsificati mediante l ' aggiunto di uno zero a quelli da 50 . Essi si distinguono da quelli buoni perché sono stampati con inchiostro verde più sbiadito e per il fatto che le piccole linee che circondano il numero 500 non sono tanto sottili come quelle dei biglietti legittimi .
BAMBINE E CONIGLI ( Calvino Italo , 1952 )
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Mosca , mercoledì mattina - Un grande tappeto dell ' Azerbaigian ci dà il benvenuto nella mostra dei doni a Stalin per il suo 70° compleanno . Il vederlo mi rallegra perché 1'Azerbaigian è la repubblica sovietica extra - europea che la nostra delegazione ha in programma di visitare , e il tappeto mi schiude un mondo orientale ricco e fascinoso . Nel tappeto i tradizionali disegni arabescati incorniciano scenette colorate sull ' attività rivoluzionaria di Stalin nel Caucaso , e vedute dell ' Azerbaigian . I quadretti sono 70 , i colori sono 70 , il tappeto è stato tessuto da 70 artigiani , non so più cosa ancora sono 70 , per ricordare il 70° compleanno . I doni giunti da tutto il mondo sono raccolti in questo museo di Mosca ; e a chi si reca in U.R.S.S. per la prima volta consiglio di dedicargli una delle prime visite , particolarmente alle molte sale dei doni sovietici . Perché si tratta di un museo d ' artigianato di tutte le Repubbliche dell ' Unione , con gli oggetti più vari , pittoreschi e preziosi di ogni paese , e mi sembra che possa servire da chiave per rendersi conto del terreno popolare e artigiano in cui la cultura sovietica , l ' arte , il gusto dei sovietici affondano le radici ; e per scoprire il legame con la tradizione e il folklore , del loro amore per tutto ciò che è ricco ed esuberante . Molti di questi oggetti di minuta e doviziosa oreficeria , di queste ornatissime ceramiche , di questi sfavillanti arazzi , vengono da lontani colcos , dove pazienti artigiani sono mantenuti a spese della collettività perché abbelliscano con le loro opere le case e perpetuino antiche tradizioni . Le forze stilistiche locali sono predominanti ; ma pure l ' intrusione di componenti stilistiche diverse , come il realismo fotografico delle effigi di Stalin ( che talvolta , invece , sono più felicemente assimilate allo stile nazionale ) , non è che un nuovo elemento di quel gusto per il composito , lo straricco che caratterizza questa produzione . Il piacere dell ' abilità artigiana , della tecnica minuziosa , del « bel lavoro » , domina questi regali ; prove di bravura in onore di Stalin , piene d ' orgoglio personale e regionale , fieri omaggi al proprio capo . E , insieme , c ' è l ' amore per i bei materiali , i metalli preziosi , più fini , le belle pietre , i bei legni , una gioia tutta naturale e terrestre a provare le proprie capacità di lavoro sul materiale migliore , a confrontare le virtù umane sulle virtù delle cose . ( Ecco , che questa sia la via per avvicinarmi a intendere lo spirito delle architetture del metrò ? ) Questo amore per il contatto manuale con le cose della natura si nota anche nel gran numero di ritratti di Stalin , fatti nei colcos delle varie repubbliche coi materiali più strani : di stoffa , di seta , di cotone , di grani di tabacco , di cereali di varietà diverse , di semi di diverse piante , di pezzi di legno rosso , e perfino di foglie secche e di penne d ' uccelli . Ricordo , tra le tante sale dei paesi stranieri , quella della Cina . Raffigurato sulle sete , sui paramenti , sulle porcellane , c ' è sempre la figura di un vegliardo dall ' aria astuta , basso , calvo , con una lunga barba bianca e una bozza in fronte . È un personaggio popolare cinese , e simboleggia la longevità ; la prominenza sulla fronte è simbolo di saggezza . Pomeriggio Visita alla stazione sperimentale dei piccoli naturalisti . Siamo alla periferia di Mosca , tra il verde . Nella casetta della direzione , tra piante in vaso e animali impagliati , ci riceve la direttrice Macorina . I ragazzi delle scuole di questa parte di Mosca , iscritti al circolo dei pionieri naturalisti , frequentano la stazione nei pomeriggi liberi . Si aggregano ai vari laboratori : di frutticoltura , di cerealicoltura , di giardinaggio , di botanica , di zoologia , di zootecnica . I temi degli esperimenti li propone la direzione , ma anche alle volte l ' Orto Botanico dell ' Università o l ' Accademia delle Scienze . Lysenko in persona ha assegnato degli esperimenti ai pionieri . I piccoli naturalisti hanno le loro feste tradizionali ; il giorno degli uccelli , la settimana dei giardini , ogni anno le feste del raccolto , e pure d ' estate le feste dei fiori . Ogni estate fanno un viaggio di esplorazione : quest ' anno sono stati al monte Altai . Giriamo per il campo . In fondo a un ' aiuola , tra i fiori , c ' è un busto di Miciurin , questo favoloso nonnino con la barbetta e il cappellone . Intervistiamo un ragazzetto , caposquadra dei frutticoltori ; ci parla del metodo della loro piantagione , peri e ciliegi alternati in ogni filare , tra due filari una fila di cespugli di rubus . Ha l ' aria di chi sa il fatto suo ; è appena appena intimidito dalla presenza di venti forestieri che lo stanno a sentire ; si sente in lui una punta d ' orgoglio d ' avere degli argomenti in cui la sa più lunga di tutti i profani . Comincia a far buio ; tra le aiuole e i vivai passa una squadra di ragazzette ; sono quelle che coltivano il rubus ; ora hanno finito il loro lavoro e se ne vanno . Qualcuna ha il fazzoletto rosso dei pionieri attorno al collo ; molte hanno le trecce , le calze lunghe di lana . Ci guardano coi loro grandi e chiari occhi russi , curiose ma solo un poco , allegre , attente e imperturbabili . Sento come non mai di trovarmi in un mondo che va avanti con un suo ritmo naturale , lontanissimo dal nostro mondo inquieto . Passiamo in rassegna le serre , il laboratorio d ' orticoltura in cui ci mostrano pomodori di tutte le forme : a cuore , a cubo , a piramide , a biglia . Ci dicono che « la coltivazione più amata è il pomodoro » e il mio cuore di ligure gioisce . La serra delle piante ornamentali mi riporta una ventata di sensazioni della mia infanzia rivierasca ; ma là non riuscivo a collegare quei quieti e tranquilli paradisi vegetali e scientifici col resto del mondo intorno ; qui invece le stesse cose sono all ' apice di tutta una società , una civiltà . Fiancheggiamo un piccolo zoo di ragazzi con volpi e lontre , ed eccoci tra gli allevamenti dei conigli . Le piccole allevatrici ci si fanno attorno : sono scolarette di otto o nove anni . La direttrice apre qualche gabbia , per farci vedere le bestie . Una bambina corre via , apre una gabbia , ritorna con un coniglio dal lungo pelo bianco tra le braccia . Un ' altra la imita e torna anche lei con un coniglio pezzato , grosso che quasi non ce la fa a portarlo . Continuano ad arrivarci intorno bambine che ci porgono conigli sempre più grossi da carezzare ; è quasi buio , la sera d ' ottobre non è fredda , la periferia moscovita ha odore di campagna , sui rumori smorzati si alza il sibilo dei treni , e questo vialetto che fiancheggia le piccole gabbie è pieno di bambine e di conigli . Si chiude la giornata col cinema in rilievo . I film stereoscopici vengono proiettati in sale speciali , e d ' essi c ' è ormai una produzione regolare , sebbene il procedimento sia ancora considerato dai sovietici alla fase sperimentale . Siccome nei cinema moscoviti si entra solo all ' inizio di ogni spettacolo , attendiamo nel ridotto del cinema . Molti sovietici aspettano come noi , seduti intorno , e tutti leggono . C ' è un tavolo con giornali e riviste a disposizione degli spettatori in attesa . Gli spettacoli cinematografici a Mosca durano tutta la giornata ; il primo comincia il mattino alle 9,30; l ' ultimo alle 21,30 . Il cinema stereoscopico sovietico non richiede l ' uso di occhiali rossi e verdi come il tentativo americano di circa quindici anni fa . Bisogna trovare l ' inclinazione giusta con cui puntare lo sguardo sullo schermo multiplo , e non muoversi : e si vede il film a tre dimensioni . Il film ( a colori ) è Il sole nella steppa , tratto da un racconto di Pavlenko che avevo letto tempo fa su « Littérature sovietique » . La storia di un camionista che viene lasciato solo per una giornata in un colcos durante la trebbiatura . Il film punta molto sugli effetti stereoscopici ; getti di grano dalle trebbiatrici che sembra ti arrivino addosso , mannelli di spighe che volano nell ' immaginaria profondità dello schermo . Ma è un film che mi sembra riesca , per una via tutta sua , a creare un ' atmosfera , un colore generale da tanti colori disparati , una sua gioia poetica , o meglio prima naturale che poetica , al di fuori d ' ogni nostra suggestione stilistica . Questi colori di frutta , queste mele sulle quali con tanto piacere indugia la macchina da presa ( e la stereoscopia fa sì che i rami dei meli s ' allunghino , s ' allunghino nella sala , a portare í frutti quasi in bocca allo spettatore ) , ci introduce in un mondo che ha l ' ottimismo e l ' allegria dei cataloghi colorati delle ditte orticole . Ed il rilievo si dimostra già capace di nuovi risultati artistici , d ' una nuova poetica cinematografica tridimensionale , con tutti i possibili rapporti di prospettive e di risalto dei piani . Ne ho avuto la sensazione vedendo una scena di un bambino e una bambina che s ' incontrano muovendosi un po ' a zig - zag su diversi piani , tra rami di melo che incorniciano l ' inquadratura con successivi festoni . Dopo il film c ' è un documentario , pure in rilievo e a colori , sulla scuola degli artisti del circo sovietico . La scuola è in un giardino . Il film è tutto giochi e scherzi d ' acrobati , funamboli , giocolieri , animali ammaestrati , su fondali verdi fioriti di rosso . La stereoscopia ha da sbizzarrirsi quanto vuole ; ma a parte la novità tecnica , nel film c ' è uno spirito libero e allegro d ' amore perla destrezza fisica e per l ' aria aperta che mi trova molto consenziente . In conclusione quella d ' oggi è stata una giornata bellissima , tutta colori e natura . Doni a Stalin , pionieri naturalisti e film in rilievo : tre esperienze che si sono seguite in crescendo , completandosi l ' una con l ' altra in un unico quadro . Qui l ' amore per la natura non è un mito esaltato e confuso ( né un mito d ' evasione , né un mito di religione paganeggiante , né un mito astrattamente scientifico ) , è un amore nitido , minuto , quasi da pari a pari , e pur goduto in tutta la sua multiforme pienezza . La natura s ' apre come il campo d ' ogni azione umana , come l ' integrazione dell ' uomo , il suo specchio ideale . E l ' immagine della natura non ci raggiunge attraverso le trasfigurazioni stilistiche a noi consuete , ma per una via che forse ha più dell ' entusiasmo scientifico ( nel cinema , nel nuovo folklore dei pionieri ) , o attraverso ( nei doni ) la laboriosa soddisfazione artigiana . Tutti i colori visti oggi , vegetali e minerali , s ' integrano in una per me nuova immagine dell 'U.R.S.S., in una chiave per comprendere il paese che sto visitando .
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Il villaggio globale vede circolare alla velocità degli elettroni il denaro , gli ordini di merci , le idee . Ma anche la paura . È una delle lezioni dell'11 settembre . Lezione che ai cristiani , tra le tante , pone anche questa domanda : è possibile globalizzare la speranza ? Dare al mondo motivi per sperare , destrutturando la paura ? Questo pensiero così formulato non c ' è , nel libro di don Mario Toso , Umanesimo sociale ( Edizioni Las , 453 pagine , 48.000 lire ) . Quando ha finito di scriverlo , le Twin Towers erano ancora dritte , ben puntate verso il cielo di Manhattan . Ma questo pensiero è come se ci fosse . Perché alla fine del poderoso volume , con la sua architettura forte e la sua ambizione di essere al tempo stesso analitico e sintetico , rimane questa impressione : il cristianesimo è chiamato a riprendere a produrre cultura , a dare al mondo un progetto di speranza e di pace fondato sull ' uomo , non su un ' ideologia , o una religione ideologizzata . Gli strumenti per farcela li ha . Forse però li ha anche , in parte , dimenticati . Dove sono ? Nella dottrina sociale , che Toso ci fa visitare . Un umanesimo sociale , dunque ; e teocentrico : " Un umanesimo - spiega Toso - aperto alla trascendenza , cosa tutt ' altro che scontata . C ' è chi propone sì un umanesimo , ma di segno diverso , affermando che la democrazia per sostenersi ha bisogno di una " religione civile " , nutrita di un umanesimo fondato su una ragione che prescinda da Dio e faccia " come se Dio non ci fosse " . No . La vera libertà dell ' uomo consiste non nel distaccarsi da Dio , ma nella relazione con Dio . L ' umanesimo in cui crediamo non è immanentista e chiuso , ma aperto a Dio . E proprio tale apertura gli dà respiro , lo fa lievitare " . Toso insegna Filosofia sociale presso l ' Ups ( Università Pontificia Salesiana ) e Magistero sociale presso l ' Istituto di pastorale della Pontificia Università Lateranense . Non è certo la prima volta che sostiene che per un progetto capace di dare speranza al mondo non occorre andare lontano . Basta la dottrina sociale , di cui il suo ultimo libro ripercorre tutti i temi fondamentali , una gigantesca sintesi che finisce per fare da piedistallo all ' umanesimo cristiano , sociale , trascendente . Umanesimo che si propone come pensiero forte . E spinge Toso ad affermazioni controcorrente , come questa : lo scetticismo genera intolleranza . Non il contrario ? " Lo scetticismo nega la possibilità di verità oggettive . Ma in tal modo è costretto a negare pure una verità del bene . L ' uomo perde l ' orientamento e tutti i diritti diventano al tempo stesso " veri " e " falsi " . Dove trovare le ragioni per rispettare l ' altro , se un bene oggettivo non esiste ? In questo modo ci si predispone all ' intolleranza " . Toso conosce le obiezioni . Non sarebbe migliore una democrazia che si basasse sullo scetticismo assoluto ? Non sarebbe intollerante proprio se si basasse , invece , sulla verità ? " Se tutto è relativo , ognuno si tiene la propria opinione e non esiste possibilità di confronto reale , perché , se la verità non esiste , a quale scopo dovremmo confrontarci ? " . D ' accordo , ma per il cristiano con il suo umanesimo che cos ' è il confronto se non il tentativo di persuadere ? Se il cristiano possiede già la verità , non ha bisogno di confrontarsi per cercarla insieme agli altri ... " Sì , la verità ci è stata donata . La " possediamo " , ma come esseri limitati . Ne cogliamo dei barlumi . E accanto alla verità , al singolare , ce ne sono tante altre , al plurale , che vanno conquistate grazie alla ragione " . Quindi il credente non è un despota ? " Nei Parlamenti , il credente fa ricorso non ad argomenti teologici , ma persuasivi . Deve mostrare la ragionevolezza di ciò in cui crede . Un esempio attuale ? Il dibattito sulla famiglia " . E qui siamo al nuovo umanesimo cristiano , verità alla ricerca di altre verità . Una sorta di work in progress ? " In un certo senso , sì . I nuovi modelli di vita ispirati cristianamente vanno realizzati in un contesto multiculturale , in un confronto con le altre religioni e visioni della vita . Di qui la necessità , oggi , di mostrare il volto del proprio umanesimo in termini chiari , comprensibili anche da chi è molto diverso . I contesti cambiano , di conseguenza anche il nuovo umanesimo muta profilo . Sarà forse una nuova cultura popolata di tante culture " . E Jacques Maritain ? Toso non nega di ritenerlo ancora il faro dell ' umanesimo futuro . Non è datato ? " In parte sì , lo è . Ma l ' anima della " città dell ' uomo " a ispirazione cristiana , la città pluralista fondata su una libertà non radicale , non indifferente riguardo al vero e al bene , la città fraterna in cui l ' autorità è a servizio della persona ... Questo nucleo rimane validissimo " . Ma criticato , anche in casa cattolica . L ' idea di pluralismo e apertura , contestano alcuni , nuoce all ' identità cristiana : " Ma no . I credenti , anche quando operano nel sociale , non possono spogliarsi del loro essere . L ' errore consiste nell ' intendere l ' autonomia del credente come distacco dalla comunione della Chiesa . E perché mai ? È proprio all ' interno della Chiesa che il credente trova elementi per il progetto " . L ' umanesimo cristiano è più che mai vivo , dunque . E la sensazione è che farà da fulcro al prossimo compendio di dottrina sociale in preparazione presso il Pontificio Consiglio " Giustizia e pace " . Originali e profetici , capaci di dare speranza a un mondo attanagliato dalla paura : a questo sono chiamati i cristiani . Toso non ha dubbi : ci riusciranno radicandosi nell ' umanesimo trascendente ; nell ' uomo capace di guardare nel modo vero , giusto e buono agli altri uomini e alla storia perché rivolto , con gli occhi dello spirito , verso l ' alto .
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Dopo gli sbarchi di Sicilia e di Salerno due perfette attuazioni che sono considerate esemplari nella tecnica della guerra moderna e dopo la liberazione di Roma e di Firenze , si iniziava l ' attacco alle difese della linea gotica . Impiantata sulle difese naturali costituite principalmente nel settore centrale dai baluardi montani in cui si aprono gli alti passi del Giogo e della Futa , era stata rafforzata con opere di cemento , campi di mine estesissimi e reticolati , nonché munita di potenti artiglierie . Con la liberazione di Pesaro , alla fine di agosto , la linea gotica era intaccata su un fronte di 32 km . , fino a 20 km . a sud di Rimini . Nella prima quindicina di settembre le truppe del settore occidentale occupavano Lucca , Prato e Pistoia , mentre sulla costa Adriatica , Rimini veniva evacuata dai tedeschi minacciati di accerchiamento . Con perfetta scelta di tempo il Comando alleato dirigeva l ' urto contro i punti cruciali , smantellando sistematicamente i vitali caposaldi nemici . Con la caduta di Forlì e poi di Ravenna i germanici videro pericolante un largo tratto del baluardo appenninico e resa problematica la ulteriore difesa di gran parte del loro schieramento . Irrigidirono la resistenza nel faentino e sul Lamone , ma non poterono tenere Faenza già stretta da tre lati ; intanto l ' ottava Armata progrediva oltre Ravenna , raggiungeva le paludi di Comacchio , tagliava strade preziose al traffico nemico nella pianura emiliana . Verso la fine di dicembre i tedeschi tentavano un ' offensiva nella Valle del Serchio e riuscivano a riconquistare alcune località montane nella Garfagnana ; ma non per molto tempo , perché gli alleati , passati al contrattacco , rioccupavano le posizioni che avevano perdute . Durante i mesi invernali non si ebbero a registrare che operazioni di valore locale e solamente col giungere dell ' aprile la battaglia per la liberazione di Bologna allargava i suoi temi tattici . Truppe dell ' VIII Armata sbarcavano sul tratto di terreno sabbioso tra la laguna di Comacchio e l ' Adriatico e liberate alcune isole , investivano Porto Garibaldi dove il nemico si era trincerato in munitissime posizioni . Preceduta da violenti bombardamenti aerei entro le posizioni nemiche aveva inizio l ' offensiva che doveva concludersi nella luce della vittoriosa liberazione di Bologna . La battaglia veniva impegnata su due diverse direttrici . Contro le posizioni tedesche nelle montagne dominanti la pianura costiera ligure balzavano con improvviso attacco le truppe della V Armata che occupavano Massa e Carrara . Nel settore adriatico scattava all ' attacco l ' VIII Armata che varcava il Senio su largo fronte e occupava Lugo , Fusignano , Massalombarda , Conselice e Alfonsine . Il Sillaro veniva rapidamente raggiunto e superato in diversi punti : truppe indiane entravano a Medicina e forze polacche espugnavano Castelguelfo e Castel S . Pietro . A questo punto la 5.a Armata scendeva dall ' Appennino nella Valle Padana e , tagliata la via Emilia presso Ponte Samoggia , si spingeva verso sud - est in direzione della capitale emiliana , mentre altre unità raggiungevano Casalecchio sul Reno . Contemporaneamente , nel settore tirrenico veniva liberata Sarzana e nel settore adriatico l'8.a Armata oltrepassava Portomaggiore e S . Nicolò Ferrarese , avanzando verso Ferrara . Bologna , stretta da tre lati e superata da ovest , veniva liberata con un attacco convergente della 5.a e 8.a Armata .
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Roma , 3 giugno , notte - « È morto alle 19.49 , in questo momento » . Chi diceva queste parole era un signore che parlava con un forte accento inglese e che stava arrivando , affannato , da via di Porta Angelica , dove è il portone di Sant ' Anna dal quale entrano i civili della città del Vaticano . Correva a dare l ' annunzio ai colleghi sparsi fra l ' immensa folla che ancora gremiva la piazza San Pietro . La Messa era terminata appena da pochi minuti . E la gente , ancora profondamente commossa dal rito celebrato in una cornice e in un ' occasione così straordinaria , sostava ancora , non voleva muoversi , quasi oscuramente intuendo che l ' evento temuto , atteso , doloroso , stava per verificarsi . In quel momento però nessuno ancora sapeva nulla . Forse solo un gruppo di suore della carità , tra le quali era una negra , avevano intuito che l ' ora del trapasso era arrivata per il vecchio Papa . Stavano serrate in gruppo , oltre il colonnato , nella piazzetta che è divisa da un arco da via di Porta Angelica , e fissavano attonite le finestre dell ' appartamento papale . E , in realtà , una luce fortissima , una violenta luce , stranamente faceva sfolgorare i vetri della finestra dello studio dal quale Giovanni XXIII si affacciava e si diffondeva , come un incendio candido , alle finestre accanto . Per cinque giorni solo un tenue chiarore rossastro era apparso dietro quei vetri , verso i quali erano stati ininterrottamente fissi centinaia di migliaia di occhi ansiosi e trepidi . Era certo un segno funesto . Ma , prima che le suore e qualche altro passante avesse potuto trarne una illazione , ecco il giornalista americano che me ne dava , con crudezza involontaria , la conferma . Il Papa era morto . Le suore mi videro correre verso la piazza , ma forse non capirono . Quelle centomila persone , immobili , con lo sguardo fisso a quella luce splendente , che sembrava una luce gioiosa , ancora erano ignare . Esse avevano assistito alla Messa che , pur nella semplicità del rito , aveva assunto un tono solenne , degno di una scena antica quando la religiosità era anche un costume esteriore . I credenti erano spesso in ginocchio e tutti volgevano il pensiero all ' uomo venerando che si spegneva , intanto , nella sua cameretta , là in alto , mentre anche il giorno moriva in un tramonto lunghissimo , che tingeva di rosso le colonne , le pietre , l ' obelisco . Il silenzio profondo , teso , di questa folla immensa , era rotto solo dallo stridio delle rondini che salivano e scendevano , in un vorticoso girotondo , sfiorando le finestre del Papa , radendo l ' ampio emiciclo . Correvo , dunque , nella piazza e , appena giunto , ecco che , da un gruppo di donne del popolo , che stavano ferme , si levò come un grido accorato : « È morto , è morto ! » . Come un sasso gettato in un lago immobile che apre intorno a sé cerchi sempre più ampi , così quel grido si allargò e si diffuse , tra molti : « È morto il Papa » . Per un attimo , intorno a quel gruppo di donne , si creò come un compianto popolare , il compianto unico che ritrovava gli accenti antichi ed eterni di fra Jacopone . Ma non c ' era neppure tempo di immergersi in quel sentimento . Ormai la notizia stava per essere chiara a tutti . Di corsa la gente si lanciava verso il portone di bronzo . Era vero . Il battente destro era stato chiuso . Anche quel portone era stato fissato per cinque giorni ininterrottamente . Adesso l ' alabardiere svizzero era nascosto a metà dietro il battente verdastro ; si vedeva solo la visiera del suo elmo rinascimentale , la mano che sosteneva l ' alabarda . Donne avevano le mani fra i capelli nel gesto antico del dolore femminile ; altre piangevano o si tergevano le lacrime con fazzoletti . Occhi rossi degli uomini , volti contratti di seminaristi , pianti nascosti nel soggolo di giovani suore e lacrime anche di bimbi , di ragazze dei collegi religiosi . Poi , calmatosi questo scoppio così sincero di dolore , un silenzio assoluto . La folla era ora sgomenta . E ho capito che essa , nonostante tutto , irrazionalmente , aveva sperato fino all ' ultimo che Giovanni XXIII potesse sopravvivere , vincere il male . Poi , erano le 20 , si è udita da un altoparlante , una voce triste che dava l ' annunzio ufficiale . Taciturna , col capo chino , la gente ha ascoltato lo speaker della radio vaticana . La voce suonava accorata , ma ferma . Poi la voce , finita la lettura del comunicato , tacque . Ed ecco risuonare in rintocchi profondi , cupo , il campanone di San Pietro , al quale , d ' improvviso , come in un ' eco che correggeva il luttuoso squillo , rispondevano altre campane , quasi gioiose , in un suono argentino . Questi rintocchi erano raccolti e sparsi dai campanili di tutte le chiese di Roma . Altra folla accorreva dalle strade nell ' emiciclo ormai gremito . Sul sagrato , intanto , stavano smontando l ' altare , dove il cardinale Traglia aveva celebrato la Messa « Pro Pontefice infirmo » . Toglievano il drappo purpureo che era stato steso davanti al portone della basilica , i sei semplici candelabri che avevano brillato nel tramonto , mentre si levava il coro degli inni gregoriani nei passi più solenni del rito . Le guardie palatine , un piccolo gruppo di dignitari del Vaticano , fra i quali erano anche due cardinali e molti vescovi , gli studenti del seminario maggiore romano , che avevano cantato , in un coro solenne , il Veni Sancte Spiritus della sequenza della Messa di Pentecoste , erano andati via . Mai si era celebrata una Messa sul sagrato di San Pietro , in una simile circostanza , mentre un Papa stava morendo . Erano le 19.45 , quando l ' officiante , il provicario di Roma , cardinale Traglia , che aveva celebrato il rito coi paramenti di un semplice sacerdote , pronunziava l ' Ite Missa est . Dopo quattro minuti Giovanni XXIII spirava .