StampaQuotidiana ,
È
notte
.
Dalla
finestra
della
mia
camera
d
'
albergo
si
vedono
le
stelle
rosse
illuminate
del
Cremlino
.
Apro
l
'
altoparlante
che
c
'
è
in
ogni
camera
;
la
spina
può
essere
innestata
in
tre
prese
che
corrispondono
a
tre
stazioni
.
Guardo
le
finestre
illuminate
nelle
case
;
giù
nel
cortile
una
fila
di
carretti
dei
gelati
che
attendono
d
'
uscire
l
'
indomani
.
Sono
a
Mosca
da
dodici
ore
;
ci
ho
capito
ancora
poco
.
Case
di
legno
vicino
ai
grattacieli
,
gente
nerovestita
che
con
questo
freddo
mangia
gelati
per
le
strade
,
vie
piene
di
librerie
e
di
farmacie
,
i
negozi
d
'
alimentari
con
la
roba
finta
in
vetrina
,
case
di
otto
piani
che
per
allargar
la
strada
vengono
spostate
la
notte
mentre
gli
abitanti
dormono
...
Ci
capisco
ancora
poco
.
Martedì
mattina
Le
grandi
vie
di
Mosca
piene
d
'
automobili
d
'
ogni
forma
e
dimensione
,
dai
Moskovic
agli
«
Zis
»
,
di
autobus
gialli
e
rossi
,
di
camioncini
dei
panettieri
e
dei
lattai
,
di
tassì
grigi
con
la
striscia
a
scacchi
bianchi
e
neri
.
Le
auto
di
proprietà
privata
si
distinguono
dalla
targa
;
perché
dopo
1'«M»
(
Mosca
)
hanno
una
«
I
»
(
individuale
)
.
Le
auto
sovietiche
non
hanno
nulla
da
invidiare
alle
americane
,
in
quanto
a
lusso
e
modernità
di
linea
.
Ma
direi
che
hanno
l
'
aria
meno
tronfia
.
Forse
è
che
in
queste
strade
il
vero
padrone
è
il
pedone
,
non
l
'
automobilista
.
Le
regole
di
circolazione
-
mi
spiegano
-
sono
molto
severe
per
le
auto
.
Per
i
pedoni
no
,
mi
sembra
,
visto
che
attraversano
col
semaforo
rosso
e
le
auto
si
guardano
bene
dall
'
andar
loro
addosso
.
Mi
spiegano
che
qui
aver
la
patente
è
una
faccenda
seria
.
L
'
esame
è
severissimo
;
e
quando
uno
l
'
ha
ottenuta
deve
stare
attento
a
non
perderla
.
La
patente
ha
tre
fogli
;
se
uno
ha
un
incidente
gli
ritirano
il
primo
;
se
ha
un
altro
incidente
il
secondo
,
al
terzo
perde
la
patente
.
In
mezzo
alla
via
c
'
è
sempre
un
corridoio
delimitato
da
strisce
bianche
che
le
auto
non
possono
attraversare
.
In
autobus
,
ci
sembra
di
esser
partiti
da
un
bel
po
'
,
quando
ci
ritroviamo
di
fronte
all
'
albergo
;
per
passare
dall
'
altra
parte
della
via
,
abbiamo
dovuto
fare
tutto
un
giro
.
Ogni
mattina
passa
un
'
autospazzolatrice
a
spolverare
con
lo
spazzolone
rotante
i
segnali
bianchi
sull
'
asfalto
.
Ore
12,30
Sono
sui
monti
Lenin
(
la
collina
dei
Passeri
,
di
napoleonica
memoria
)
.
È
una
bella
giornata
;
a
Mosca
pare
non
ci
sia
quasi
mai
nebbia
,
la
vista
è
appena
appannata
in
lontananza
dall
'
aria
umida
autunnale
.
Già
vedo
la
Moscova
color
d
'
acciaio
e
al
di
là
,
estendersi
Mosca
.
I
quartieri
più
vicini
sono
di
legno
,
a
un
piano
,
casette
,
baracche
,
piccole
officine
(
segherie
,
autorimesse
)
e
,
proprio
accanto
quartieri
di
grandi
palazzi
nuovi
,
dall
'
aspetto
sontuoso
e
lustro
;
e
così
è
tutta
la
città
sterminata
;
una
scacchiera
di
vecchio
e
nuovo
,
d
'
alto
e
di
basso
,
di
zone
in
costruzione
e
di
zone
in
demolizione
.
In
mezzo
a
tutto
spuntano
le
ciminiere
delle
fabbriche
,
e
,
smisuratamente
alti
,
i
grattacieli
.
A
star
qui
penso
si
possa
vedere
Mosca
trasformarsi
sotto
gli
occhi
.
Anno
per
anno
aree
sterminate
di
casette
a
un
piano
scompaiono
,
e
gli
abitanti
passano
nei
grandi
isolati
in
muratura
che
hanno
visto
spuntare
giorno
per
giorno
lì
vicino
.
Comincio
a
capire
come
va
guardata
l
'U.R.S.S.:
come
un
mondo
che
non
sta
mai
fermo
e
di
cui
non
puoi
mai
dire
:
«
è
così
»
,
perché
sempre
vedi
insieme
com
'
era
e
come
sta
diventando
e
come
diventerà
.
Dietro
di
noi
,
solo
solo
,
lì
sui
colli
,
il
grattacielo
più
grande
di
tutti
-
32
piani
-
quello
dell
'
Università
,
che
,
cominciato
a
costruire
l
'
anno
scorso
,
sta
già
per
essere
finito
.
Con
la
sua
bianchezza
quasi
d
'
avorio
,
(
io
ricordo
le
città
del
duemila
nelle
figure
dei
libri
da
ragazzo
)
,
ha
un
'
aria
un
po
'
irreale
e
fuori
del
tempo
,
come
un
anticipo
di
età
ancora
da
venire
.
Invece
è
già
tutto
fissato
nel
piano
di
ricostruzione
:
attorno
all
'
Università
,
su
questi
colli
,
sorgerà
un
nuovo
quartiere
di
Mosca
,
tutto
marmoreo
e
verde
.
Sempre
sui
monti
Lenin
.
Due
ragazzetti
se
ne
scendono
per
un
sentiero
con
gli
sci
sulle
spalle
.
Vanno
a
sciare
sull
'
erba
.
Mi
sento
tutt
'
a
un
tratto
molto
allegro
.
Queste
casette
di
legno
non
sono
mica
brutte
,
però
.
Ci
sono
tra
loro
anche
molte
villette
civettuole
,
con
la
veranda
davanti
,
con
cornici
di
legno
traforato
alle
finestre
.
Sul
davanzale
,
tra
i
doppi
vetri
-
ma
questo
quasi
sempre
,
in
tutte
-
piante
da
fiore
in
vaso
.
Qualcosa
tra
lo
châlet
e
il
cottage
;
dello
châlet
hanno
l
'
aria
nordica
e
nevosa
,
mentre
il
giardinetto
intorno
,
cintato
da
un
basso
steccato
,
accentua
il
ricordo
anglosassone
.
Ma
ecco
che
a
poco
a
poco
mi
vengono
in
mente
riferimenti
di
vecchia
Russia
,
specie
nei
punti
di
Mosca
più
rustici
e
paesani
:
una
suggestione
di
atmosfere
alla
Gorki
.
Ed
è
pure
da
tetti
di
casette
come
queste
che
prendono
il
volo
gli
evasivi
folletti
di
Chagall
.
Sorprendo
in
me
stesso
un
nostalgico
attaccamento
alle
casette
di
legno
.
Ecco
che
mi
scopro
reazionario
;
ecco
che
preferisco
il
vecchio
al
nuovo
,
ecco
in
me
stesso
i
peggiori
vizi
del
turista
che
cerca
solo
il
«
pittoresco
»
;
ecco
che
mi
dispiace
che
le
casette
a
un
piano
scompaiano
e
cedano
il
posto
ai
palazzi
in
muratura
.
Ritrovo
un
punto
d
'
equilibrio
pensando
all
'
amore
dei
sovietici
per
tutto
quello
che
è
tradizione
russa
popolare
;
se
c
'
è
un
paese
«
conservatore
»
in
senso
positivo
,
cioè
non
insensatamente
distruggitore
,
è
questo
.
Certo
gli
orgogliosi
palazzi
di
ferro
e
di
cemento
armato
non
segneranno
la
fine
della
sommessa
,
familiare
gaiezza
della
Russia
dalle
finestrelle
traforate
e
dai
fori
sul
davanzale
.
StampaQuotidiana ,
Milano
,
dicembre
.
Qui
Milano
network
,
la
«
televisiun
»
,
privata
e
pubblica
,
reti
uno
,
quattro
,
cinque
,
Euro
TV
,
Rete
A
e
consideriamo
pure
a
parte
Antenna
3
,
il
cui
patron
,
Renzo
Villa
,
è
anche
il
conduttore
dello
show
festivo
,
tanto
per
capire
l
'
ambiente
,
un
po
'
saloon
.
Fin
che
la
dura
,
la
più
ricca
,
lussuosa
,
dissipatrice
televisione
del
creato
,
capace
da
sola
di
ingoiare
i
due
quinti
della
produzione
americana
e
di
consumare
in
un
giorno
tanti
film
,
telefilm
e
serial
quanto
gli
USA
o
la
Germania
in
una
settimana
.
Per
via
,
si
sa
,
della
sfida
infernale
delle
private
fra
di
loro
e
con
la
RAI
che
essendo
femmina
virtuosa
si
è
trovata
con
la
gonna
alzata
dalla
concorrenza
a
mostrar
natiche
un
po
'
rugose
e
biancheria
rattoppata
.
Reti
di
un
solo
proprietario
contro
reti
di
affiliati
,
come
i
contadini
contro
i
mandriani
del
West
,
per
disputarsi
l
'
immensa
prateria
televisiva
,
le
grasse
mandrie
pubblicitarie
da
condurre
al
santo
macello
,
con
lotta
all
'
ultimo
sangue
,
ossessiva
,
grottesca
per
la
audience
,
l
'
ascolto
pagato
con
cifre
enormi
,
non
sai
mai
se
autentiche
o
gonfiate
:
programmi
per
500
miliardi
e
2000
titoli
nei
magazzini
di
Canale
5
e
di
Rete
4
,
Dallas
contro
Dynasty
,
quanto
a
dire
serial
da
un
miliardo
a
puntata
,
per
la
produzione
,
comperati
prima
a
24.000
dollari
a
puntata
e
poi
,
a
forza
di
rilanci
,
a
100.000
.
E
dietro
a
valanga
Flamingo
road
,
Falcon
crest
,
Magnum
sino
alle
vette
di
Uccelli
di
rovo
e
di
Venti
di
guerra
in
quella
euforia
,
un
po
'
irresponsabile
,
che
vi
prende
nei
casinò
o
nel
salone
delle
grida
alla
Borsa
,
dicono
due
miliardi
a
testa
per
film
come
l
'
Ufficiale
e
gentiluomo
e
Rambo
e
sicuramente
mezzo
miliardo
per
qualsiasi
filmetto
pornodialettal
-
comico
.
Ma
chi
si
ferma
davanti
all
'
ascesa
continua
della
pubblicità
?
Le
sole
private
sono
passate
dai
60
miliardi
del
'79
,
ai
144
dell'80
,
ai
255
dell'81
,
ai
467
dell'82
,
ai
720
dell'83
ai
previsti
1400
dell'84
,
con
crescita
a
raddoppio
.
Sì
,
non
sarà
tutto
oro
quello
che
luce
,
le
cifre
sono
al
lordo
,
spesso
pagate
con
«
cambio
merci
»
cucine
,
piastrelle
,
liquori
che
poi
bisogna
rivendere
e
magari
quasi
al
limite
del
codice
,
con
ristorni
,
in
nero
,
ai
titolari
di
azienda
,
se
la
vedano
poi
loro
con
i
soci
,
le
banche
,
gli
azionisti
,
e
cospicui
gratuiti
:
se
mi
paghi
cento
spot
nelle
ore
di
punta
,
te
ne
regalo
cento
nelle
altre
ore
.
Non
sarà
tutto
oro
,
ma
tanto
oro
quanto
basta
per
celebrare
,
fra
addetti
,
le
gesta
dei
pistoleros
tivù
:
«
Giuseppe
Lamastra
,
direttore
acquisti
di
Rete
4
,
ha
soffiato
a
Berlusconi
tutto
lo
stock
della
Publikompass
»
.
Due
giorni
dopo
Silvio
Berlusconi
risponde
«
bloccando
l
'
intero
pacchetto
della
Cineriz
,
ha
scelto
fra
250
film
il
meglio
,
pagandoli
ognuno
36
milioni
(
cifre
del
'79
)
contro
i
35
del
concorrente
»
.
Allora
Formenton
,
boss
di
Rete
4
,
si
fionda
in
Brasile
a
mietere
telenovelas
.
Moltiplicando
per
cento
,
per
mille
è
un
po
'
come
il
boom
dei
rotocalchi
nell
'
immediato
dopoguerra
,
con
i
tipici
sviluppi
all
'
italiana
,
la
rana
che
si
gonfia
a
rischio
di
scoppiare
.
Nessuno
ha
tempo
per
studiare
,
per
inventare
si
fa
più
presto
a
comperare
il
meglio
che
c
'
è
,
íl
direttore
che
ha
avuto
successo
,
la
testata
fortunata
,
il
genere
che
va
.
Il
bollettino
di
guerra
risuona
per
corridoi
e
uffici
.
Udite
!
Udite
!
Lillo
Tombolini
è
passato
da
Rete
uno
a
Rete
4
con
Enzo
Papelli
in
fuga
dalla
RAI
e
allora
Canale
5
ha
sparato
a
zero
sulla
Sipra
,
concessionaria
RAI
,
le
ha
rubato
Longhi
,
direttore
vendite
!
Ma
di
queste
lotte
stellari
fra
gli
staff
televisivi
il
pubblico
sa
poco
e
nulla
e
poi
non
se
ne
cura
attonito
come
è
di
fronte
ai
trasferimenti
di
Mike
(
Bongiorno
)
di
Pippo
(
Baudo
)
e
di
Corrado
.
Come
ai
tempi
eroici
dei
rotocalchi
si
torna
all
'
editore
leggendario
,
al
padre
padrone
come
furono
l
'
Angelo
Rízzoli
e
l
'
Arnoldo
Mondadori
,
al
boss
duro
-
fraterno
,
capitalista
ma
amico
del
fattorino
,
tecnico
,
contabile
,
grafico
,
inventore
,
esperto
in
tette
da
copertina
,
simpatico
anche
nelle
sue
«
ire
funeste
»
,
il
factotum
che
attraversa
le
aziende
in
ogni
direzione
per
provvedere
a
tutto
,
per
tenere
assieme
questo
mondo
nuovo
che
sembra
sempre
sul
punto
di
sfasciarsi
,
di
dissolversi
.
Silvio
Berlusconi
è
il
padre
padrone
più
noto
,
conosciuto
anche
come
«
mister
five
»
o
«
il
ragazzo
della
via
Gluck
»
o
per
antonomasia
«
quello
che
trova
sempre
i
soldi
,
chi
sa
dove
»
fulmineo
e
onnipresente
e
vorace
come
un
Howard
Hughes
,
speriamo
per
lui
e
per
noi
un
po
'
meno
«
cabiria
»
;
o
il
Mario
Formenton
,
esitante
fra
l
'
aplomb
del
grande
editore
e
la
grinta
del
vecchio
rugbista
,
o
il
re
del
latte
Calisto
Tanzi
,
forse
il
più
temerario
dato
il
finanziamento
del
«
Globo
»
e
l
'
Alberto
Peruzzo
,
per
antonomasia
«
ma
da
dove
è
spuntato
?
»
.
E
al
loro
seguito
i
comprimari
e
le
macchinette
,
i
self
made
man
e
i
portaborracce
,
i
forzuti
e
le
bionde
eroine
.
Ecco
Annamaria
Frizzi
,
veneta
,
moglie
di
industriale
e
industriale
essa
stessa
che
pianta
marito
e
azienda
per
mettersi
nella
pubblicità
con
Berlusconi
e
tirar
su
in
un
anno
,
da
sola
,
15
miliardi
.
Non
male
al
15
per
cento
di
interessenza
.
E
papà
Balini
?
Per
anni
lo
hanno
visto
fare
anticamera
nei
corridoi
della
RAI
con
la
sua
valigia
piena
di
pizze
cinematografiche
italo
-
americane
che
i
signori
di
via
Mazzini
non
degnavano
di
uno
sguardo
.
Adesso
è
miliardario
,
si
è
stabilito
a
Hollywood
e
siccome
la
cucina
locale
non
gli
va
sta
aprendo
dei
ristoranti
italiani
,
mentre
procura
serial
a
Berlusconi
che
lo
paga
con
la
metà
degli
inserti
pubblicitari
inseriti
,
come
usa
dire
alla
brianzola
«
dentro
la
pucetta
»
dentro
lo
zabaione
del
successo
.
Uno
che
ricorda
un
po
'
Lombardi
,
«
l
'
amico
degli
animali
»
della
prima
televisione
,
è
il
Rino
Tommasi
consulente
sportivo
e
americanista
,
1800
libri
sullo
sport
yankee
,
intervista
di
un
'
ora
a
Kissinger
sul
soccer
e
l
'
olimpiade
,
un
tipico
«
superstat
»
macchina
statistica
.
A
parte
mettiamo
Carlo
Freccero
trentasette
anni
,
re
dei
programmi
che
hanno
fatto
la
fortuna
di
Canale
5
e
1
,
o
meglio
dire
del
palinsesto
,
che
se
lo
cerchi
sullo
Zingarellí
trovi
«
pergamena
più
volte
grattata
e
riscritta
»
che
non
è
poi
molto
distante
dal
significato
televisivo
.
Ci
incontriamo
alla
cafeteria
di
Milano
2
,
che
sembra
di
essere
a
Santa
Monica
California
,
luci
tenui
,
olive
e
Martini
,
stangone
biondo
platino
in
attesa
della
prova
di
balletto
,
registi
che
fanno
il
baciamano
.
E
c
'
è
anche
lui
,
Carlo
Freccero
intellettuale
sessantottino
,
raffinato
,
fra
la
nostalgia
e
l
'
incubo
della
stagione
utopica
.
«
Lei
Freccero
come
ha
sfondato
?
»
«
Mi
sono
sforzato
di
capire
tre
o
quattro
cose
,
già
molte
,
no
?
La
prima
è
che
sul
prodotto
non
puoi
bluffare
,
devi
avere
il
meglio
,
dunque
muoverti
sul
mercato
americano
.
La
seconda
l
'
avevo
scoperta
in
una
mia
archeologia
delle
TV
private
degli
inizi
:
quella
loro
rivelazione
del
prato
basso
italiano
,
ignoto
ma
ricco
e
vitale
,
il
prato
di
Portobello
,
degli
spettacoli
a
premi
,
partecipati
,
della
gente
che
parte
in
pullman
dalla
provincia
per
i
suoi
pellegrinaggi
laici
,
non
più
ai
santuari
per
chieder
la
grazia
alla
Madonna
,
ma
ai
teatri
televisivi
dove
si
celebra
il
dio
denaro
.
Poi
la
RAI
,
come
punto
di
riferimento
obbligatorio
,
perché
la
RAI
vuol
dire
venti
anni
di
abitudine
,
di
appuntamenti
fissi
,
magari
anche
di
noie
famigliari
,
ma
comunque
la
televisione
.
Quando
io
sono
arrivato
nella
professione
,
le
private
avevano
già
occupato
le
ore
vuote
o
silenziose
o
noiose
della
RAI
nel
pomeriggio
e
nella
tarda
sera
.
Restava
da
conquistare
il
peak
point
,
come
lo
chiamano
,
il
massimo
ascolto
delle
8
e
30
di
sera
.
Ce
l
'
abbiamo
fatta
con
dei
programmi
omogenei
,
sempre
riferiti
all
'
immagine
dell
'
emittente
,
famigliar
-
americana
di
Canale
5
,
italiano
popolare
di
Rete
uno
,
e
sottraendo
alla
RAI
i
Mike
e
i
Corrado
,
i
portavoce
o
maieutici
del
"
prato
basso
".»
Ora
andiamo
al
ristorante
dove
si
attende
il
boss
dei
boss
,
Silvio
Berlusconi
,
che
ha
appena
finito
di
festeggiare
non
so
quale
tribù
televisiva
di
venditori
o
di
aficionados
.
«
È
vero
»
gli
chiedo
«
che
mandriani
e
contadini
del
nostro
West
televisivo
stanno
per
fare
la
pace
?
Che
andate
a
un
'
unica
concessionaria
di
pubblicità
già
chiamata
Sipra
2
,
per
dire
nuovo
monopolio
in
vista
?
»
«
Lei
crede
che
il
primo
Agnelli
o
il
primo
Pirelli
potessero
davvero
autodimensionare
le
loro
aziende
?
No
e
neppure
noi
delle
TV
private
,
anche
noi
dobbiamo
misurarci
con
il
mercato
,
con
le
risorse
,
i
quali
dicono
che
solo
gli
oligopoli
possono
sopravvivere
.
»
«
Allora
continuerete
a
gettare
miliardi
nella
fornace
?
»
«
Spero
di
no
,
spero
in
un
gentleman
agreement
,
in
una
regola
di
comportamento
.
Ma
non
dimenticate
i
nostri
meriti
:
abbiamo
creato
una
ricchezza
pubblicitaria
in
crescita
anche
negli
anni
di
crisi
»
.
Il
boss
di
Rete
4
e
della
Mondadori
,
Mario
Formenton
,
sta
invece
meditabondo
ai
suoi
laghi
Masuri
,
pardon
,
ai
laghetti
ghiacciati
di
Segrate
(
chi
sa
le
tinche
giganti
come
se
la
passano
sotto
il
pack
)
.
«
Ho
qui
una
buona
notizia
»
dice
,
«
l
'
Associazione
degli
utenti
pubblicitari
si
è
decisa
a
creare
un
istituto
statistico
credibile
.
Dobbiamo
finirla
con
questi
rilevamenti
di
parte
che
a
sommarli
fanno
più
della
popolazione
italiana
»
.
«
Ma
a
Canale
5
dicono
che
il
vero
parametro
è
quello
delle
vendite
dei
prodotti
pubblicizzati
»
.
«
Già
,
come
non
sapessimo
che
una
campagna
pubblicitaria
punta
su
una
ventina
di
media
e
che
è
impossibile
dire
chi
ha
reso
di
più
per
le
vendite
»
.
«
È
il
meter
,
dottor
Formenton
,
l
'
aggeggio
elettronico
che
misura
l
'
ascolto
di
un
apparecchio
minuto
per
minuto
?
»
.
«
Sì
,
il
meter
,
ma
lo
gestisce
la
RAI
che
si
riserva
il
segreto
delle
postazioni
e
di
certi
rilevamenti
politici
.
Se
lo
immagina
lei
cosa
capiterebbe
se
facesse
sapere
che
appena
è
apparso
il
grande
leader
la
gente
è
scappata
?
»
.
L
'
alluvione
televisiva
è
come
quelle
del
Nilo
o
del
Mississippi
:
qui
distrugge
villaggi
,
là
posa
limo
fecondo
.
Una
rivoluzione
benefica
l
'
ha
compiuta
abbattendo
lo
steccato
della
TV
pubblica
,
storico
come
quello
vaticano
.
Mettendo
fine
a
una
lunga
stagione
di
sonni
,
di
alterigie
,
di
supponenza
,
vedi
la
Sipra
che
metteva
i
clienti
in
coda
,
zitti
e
buoni
.
Così
,
il
giorno
in
cui
un
suo
funzionario
di
nome
Trainetti
ha
dovuto
salire
le
scale
di
una
agenzia
pubblicitaria
,
lo
guardavano
increduli
come
la
vergine
di
Fatima
,
apparizione
divina
,
ma
anche
un
po
'
da
prendere
per
i
fondelli
:
«
Come
andiamo
Trainetti
,
è
vero
che
non
riuscite
a
raggiungere
il
tetto
pubblicitario
?
»
.
Si
è
dovuta
dare
una
regolata
anche
la
Sacis
,
che
per
anni
ha
svolto
l
'
unico
ridicolo
compito
della
censura
e
proibiva
negli
annunci
parole
come
estro
,
perché
pare
che
così
si
dica
dei
cavalli
in
calore
,
oltre
i
tradizionali
membro
,
sega
e
,
va
sans
dire
,
«
seghetto
alternativo
»
.
Adesso
in
difesa
della
RAI
e
della
Sipra
italiane
si
levano
i
«
vespri
»
patriottici
di
Flaminio
Piccoli
e
di
Gianni
Pasquarelli
che
se
la
prendono
con
la
colonizzazione
dell
'
Italia
,
con
l
'
americanismo
trionfante
che
mortifica
«
ogni
sforzo
onesto
di
produzione
plurima
»
.
Suvvia
,
lasciamo
perdere
,
diciamo
piuttosto
,
con
l
'
ingegner
Mattucci
direttore
RAI
in
Milano
,
che
le
private
sono
passate
«
dalla
cattiva
produzione
al
buon
acquisto
»
ma
solo
all
'
acquisto
,
incapaci
per
ora
di
creare
una
industria
televisiva
in
crescita
armonica
,
produttiva
.
L
'
antiamericanismo
alla
Jack
Lang
,
ministro
mitterrandiano
,
del
tipo
vive
la
France
abbasso
les
amerlos
,
gli
imitatori
dell
'
America
,
ha
un
senso
se
lo
traduci
in
capacità
produttive
,
in
somma
di
risorse
.
Ma
siccome
le
cifre
sono
quelle
che
sono
e
gli
investimenti
televisivi
italiani
sono
di
3000
miliardi
contro
i
30.000
delle
televisioni
americane
,
siccome
a
Broadway
e
a
Hollywood
ci
sono
migliaia
di
registi
,
scenografi
,
attori
,
operatori
che
da
noi
non
ci
sono
,
comperare
bisogna
.
Certo
,
come
macchina
socialculturale
,
la
televisione
commerciale
può
spaventare
,
ha
ragione
l
'
ingegner
Mattucci
a
dire
che
essa
«
può
far
morire
e
rinascere
il
cinema
,
dominare
le
comunicazioni
di
massa
,
creare
nuove
professioni
,
rovesciare
i
rapporti
culturali
»
.
Il
boom
delle
private
ha
avuto
,
per
dire
,
effetti
massicci
nella
stampa
di
intrattenimento
sollevando
a
un
milione
e
seicentomila
copie
,
massima
tiratura
italiana
(
il
25
per
cento
dei
giornali
venduti
nei
centri
con
meno
di
cinquemila
abitanti
)
,
«
Sorrisi
e
Canzoni
»
che
segue
le
trasmissioni
,
se
non
di
tutte
le
quattrocento
antenne
italiane
di
gran
parte
,
prima
redazione
computerizzata
per
tener
memoria
e
ordine
nel
mare
di
notizie
televisive
,
mentre
crollava
a
200.000
copie
il
«
Radiocorriere
Tv
»
che
ha
pagato
la
sua
fedeltà
alla
televisione
pubblica
.
La
«
televisiun
»
ha
anche
tolto
la
puzza
sotto
il
naso
degli
editori
racé
.
Se
uno
pensa
cosa
era
lo
snobismo
della
Einaudi
al
tempo
delle
vacanze
con
Vittorini
a
Bocca
di
Magra
quando
unici
interlocutori
accettabili
sembravano
il
poeta
Sereni
e
i
letterati
toscani
dell
'
altra
sponda
,
i
Tobino
,
i
Benedetti
,
i
Cancogni
;
o
ai
ricevimenti
cattedratici
in
casa
Laterza
con
i
professori
e
signore
in
nero
e
oggi
vede
Pippo
Baudo
al
centro
del
premio
Strega
,
adulato
,
corteggiato
assieme
al
suo
dirimpettaio
televisivo
della
domenica
,
Minà
,
per
il
potere
televisivo
che
hanno
di
farti
vendere
come
niente
diecimila
copie
in
più
,
capisce
che
se
ne
è
fatta
di
strada
dalle
élites
alle
masse
.
Carlo
Freccero
che
ha
l
'
occhio
del
mestiere
mi
faceva
osservare
:
«
Ha
notato
che
Baudo
,
adesso
,
delega
a
Grillo
ed
altri
attori
le
parti
grottesche
satiriche
?
Adesso
si
riserva
quelle
del
talk
show
autorevole
,
dell
'
amabile
cerimoniere
ormai
entrato
nell
'
establishment
culturale
»
.
La
televisione
è
un
'
alluvione
di
cui
pochi
conoscono
davvero
i
possibili
sbocchi
.
Per
ora
,
i
suoi
capitani
coraggiosi
come
Berlusconi
e
Formenton
navigano
un
po
'
a
vista
,
intuiscono
le
connessioni
con
i
teatri
,
i
giornali
,
l
'
editoria
specializzata
,
la
produzione
filmistica
in
proprio
,
l
'
azionariato
popolare
,
l
'
informazione
,
ma
senza
sapere
esattamente
cosa
c
'
è
dietro
quelle
porte
aperte
o
socchiuse
.
Oggi
le
prospettive
della
televisione
italiana
privata
e
pubblica
oscillano
fra
previsioni
trionfali
e
rischi
sempre
più
grandi
.
Si
scommette
su
una
crescita
senza
fine
della
pubblicità
,
si
preferisce
non
pensare
a
cosa
accadrebbe
se
dovesse
fermarsi
.
È
in
piena
angoscia
da
futuro
incerto
la
televisione
pubblica
.
C
'
è
una
commissione
parlamentare
che
dovrebbe
varare
la
famosa
legge
per
la
televisione
che
va
interrogando
un
po
'
tutti
,
in
cerca
della
pietra
filosofale
nel
Mugnone
,
capace
di
cambiar
i
sassi
in
oro
.
Mi
confida
il
dottor
Berretta
del
sindacato
pubblicitari
:
«
Hanno
convocato
anche
noi
,
ma
che
gli
diciamo
?
Che
quattordicimila
dipendenti
e
quattromila
consulenti
sono
una
follia
?
Che
bisogna
tagliarne
almeno
i
due
terzi
?
Ma
se
continuano
ad
assumere
giornalisti
democristiani
,
comunisti
,
socialisti
raccomandati
dai
partiti
.
Gli
proponi
un
canale
sovvenzionato
dagli
abbonamenti
e
pulito
di
pubblicità
?
Proprio
noi
?
Ma
le
pare
?
Eppure
sono
nei
guai
,
riescono
a
coprire
gli
spazi
pubblicitari
vicini
al
telegiornale
della
sera
,
ma
nelle
altre
ore
hanno
il
fiato
lungo
»
.
Per
l
'
ingegner
Luigi
Mattucci
,
direttore
della
RA1
a
Milano
,
l
'
unica
soluzione
praticabile
è
quella
di
una
televisione
pubblica
assistita
,
ma
concorrenziale
:
«
Se
molliamo
la
concorrenza
pubblicitaria
e
dell
'
audience
siamo
morti
.
Non
vedo
come
riusciremo
a
sfoltire
il
personale
.
Abbiamo
bisogno
di
quattro
o
cinque
anni
di
assistenza
,
il
tempo
necessario
per
riciclare
competenze
e
funzioni
,
diventare
una
azienda
che
dà
servizi
e
fa
ricerca
come
la
SIP
,
come
l
'
ENEL
»
.
Allora
,
altri
cinque
anni
di
compromessi
?
Di
informazione
televisiva
mutilata
,
congelata
?
Dice
Freccero
:
«
C
'
è
una
sola
via
per
vincere
tutte
le
censure
e
ottenere
tutte
le
interconnessioni
.
Fare
un
'
informazione
che
abbia
una
grande
audience
.
Allora
nessuno
si
preoccuperà
che
sia
di
sinistra
o
di
destra
,
tutti
staranno
attenti
agli
indici
di
gradimento
e
ai
miliardi
di
pubblicità
»
.
StampaQuotidiana ,
Nuovo
impulso
allo
vita
dei
paesi
devastati
dalla
guerra
.
I
soccorsi
alle
popolazioni
e
il
problema
dei
trasporti
-
Suscitare
lo
spirito
di
iniziativa
.
Si
combatteva
ancora
nell
'
Africa
settentrionale
quando
l
'A.M.G
.
(
Governo
Militare
Alleato
)
dava
le
prime
disposizioni
per
la
riorganizzazione
dell
'
Italia
.
Fin
da
allora
vennero
designati
i
funzionari
che
avrebbero
dovuto
assumere
nelle
varie
zone
la
responsabilità
di
dare
un
nuovo
impulso
alla
vita
di
un
paese
devastato
,
saccheggiato
dai
nazisti
,
quasi
totalmente
disorganizzato
e
per
giunta
ancora
inquinato
da
pericolosi
e
subdoli
residui
di
fascismo
.
Bisognava
,
per
virtù
di
competenti
,
ricostituire
un
servizio
di
polizia
e
di
trasporti
,
provvedere
alla
scelta
del
personale
addetto
alle
amministrazioni
pubbliche
,
dare
consistenza
e
ordine
ai
servizi
dell
'
alimentazione
e
a
quelli
sanitari
,
riparare
ove
fosse
possibile
,
gli
impianti
dell
'
acqua
potabile
,
le
centrali
e
le
linee
elettriche
.
Le
difficoltà
superate
.
Avviata
la
liberazione
,
i
problemi
si
dimostrarono
particolarmente
complicati
a
causa
della
carenza
di
generi
alimentari
e
,
specie
nelle
province
meridionali
,
dallo
scarso
senso
della
cosa
pubblica
determinato
,
in
gran
parte
,
da
un
ventennio
di
oppressione
e
di
malcostume
fascista
.
Primo
compito
dell
'A.M.G
.
è
la
fornitura
di
viveri
.
Nell
'
ordinamento
che
viene
stabilito
non
sono
ammessi
fascisti
;
ma
è
inteso
che
l
'
epurazione
verrà
eseguita
dal
governo
italiano
man
mano
che
esso
assumerà
il
potere
nelle
zone
liberate
.
Non
fu
facile
incominciare
con
criteri
nuovi
e
pratici
il
sistema
dei
granai
e
degli
oleari
del
popolo
.
L
'
organizzazione
fascista
si
era
dissolta
e
inoltre
i
contadini
credevano
che
,
caduto
il
fascismo
,
fosse
finito
per
sempre
il
sistema
dei
granai
.
In
conseguenza
si
rese
necessario
un
richiamo
degli
agricoltori
al
senso
della
responsabilità
,
e
si
dovette
dare
l
'
opportuno
assetto
alla
Sepral
,
ottenendo
risultati
soddisfacenti
nonostante
le
difficoltà
sorte
in
seguito
alla
scarsezza
dei
mezzi
di
trasporto
.
Chi
ha
assistito
al
grandioso
spiegamento
delle
forze
alleate
,
si
meraviglierà
,
forse
,
nel
sentir
dire
che
i
mezzi
di
trasporto
non
abbondavano
.
In
realtà
,
le
operazioni
di
guerra
,
condotte
su
un
duro
terreno
,
su
vie
mal
ridotte
e
frettolosamente
riparate
con
grande
logorio
di
macchine
,
imponevano
limiti
al
numero
di
mezzi
da
porre
quotidianamente
a
disposizione
del
traffico
per
i
rifornimenti
delle
popolazioni
.
Ma
le
difficoltà
furono
superate
;
ed
oggi
,
nell
'
Italia
a
sud
dell
'
Appennino
Tosco
-
emiliano
,
la
situazione
alimentare
è
soddisfacente
.
Ad
esempio
,
la
razione
giornaliera
di
pane
è
stata
portata
a
trecento
grammi
a
sud
dell
'
Appennino
tosco
-
emiliano
.
L
'
opera
dell
'A.M.G
.
comincia
immediatamente
,
dopo
l
'
avanzata
delle
truppe
liberatrici
,
i
funzionari
non
di
rado
iniziano
il
loro
lavoro
,
e
provvedono
alla
distribuzione
di
viveri
e
medicinali
,
in
località
vicinissime
alle
prime
linee
e
ancora
percosse
dal
fuoco
nemico
;
e
ad
essi
Le
popolazioni
hanno
manifestato
viva
gratitudine
.
Dove
prima
erano
passati
gli
assassini
e
i
razziatori
nazisti
,
la
solidarietà
umana
ricompariva
,
sollecita
,
nel
modo
più
attivo
,
con
gli
uomini
dell
'A.M.G
.
L
'
incitamento
e
l
'
esempio
risuscitavano
lo
spirito
organizzativo
,
il
quale
,
man
mano
che
la
liberazione
procedeva
,
andò
manifestandosi
sempre
più
intenso
e
operante
,
specie
nelle
province
dell
'
Italia
centrale
ove
il
movimento
patriottico
era
ben
controllato
e
diretto
dai
Comitati
di
liberazione
.
Il
potere
agli
antifascisti
.
Quanto
ai
soccorsi
,
bisogna
dire
che
provvede
come
meglio
è
possibile
e
in
rapporto
alla
necessità
delle
singole
zone
.
Ma
occorre
tener
conto
della
disponibilità
di
generi
alimentari
e
di
materiali
.
In
questi
mesi
cruciali
del
conflitto
mondiale
,
le
Nazioni
Unite
devono
prima
di
tutto
impegnare
i
trasporti
marittimi
per
i
rifornimenti
degli
eserciti
che
combatttono
in
Europa
,
nell
'
Estremo
Oriente
e
nel
Pacifico
.
Si
pensi
quale
sia
,
in
questo
momento
,
il
compito
affidato
alla
Marina
,
per
le
operazioni
che
si
stanno
svolgendo
negli
arcipelaghi
intorno
al
Giappone
.
Inoltre
,
ormai
,
con
la
liberazione
di
tanti
paesi
europei
,
ridotti
ad
estrema
rovina
dal
terrore
tedesco
,
gli
Alleati
sono
costretti
a
repartire
i
soccorsi
,
dalle
rive
del
Mar
del
Nord
,
sino
ai
Balcani
.
La
strapotenza
economica
degli
Alleati
non
può
sorpassare
i
limiti
imposti
dalla
produzione
agricola
e
industriale
e
dal
tonnellaggio
navale
.
L
'A.M.G.,
che
ha
il
compito
essenziale
di
far
funzionare
organi
di
governo
nelle
zone
prossime
al
fronte
e
nelle
immediate
retrovie
,
obbedisce
a
un
principio
cardinale
:
affidare
,
non
appena
possibile
,
il
potere
agli
antifascisti
.
Ciò
impone
la
selezione
dell
'
«
uomo
giusto
per
il
posto
giusto
»
:
è
una
mèta
che
non
si
può
raggiungere
di
colpo
,
ma
solo
con
un
'
accurata
e
difficile
selezione
,
che
richiede
un
certo
tempo
.
Il
bilancio
dell
'A.M.G
.
è
dunque
attivo
:
l
'
esperimento
iniziatosi
nella
bufera
della
guerra
ha
stabilito
forme
democratiche
di
organizzazioni
che
sopravviveranno
all
'
occupazione
alleata
e
lo
spettacolo
di
uomini
di
potenze
fino
a
ieri
nemiche
,
che
collaborano
intensamente
,
è
un
fatto
che
l
'
Italia
e
l
'
Europa
non
dimenticheranno
troppo
presto
.
StampaQuotidiana ,
Ore
18
.
Un
giro
al
metrò
.
Vedremo
solo
quattro
o
cinque
stazioni
d
'
una
linea
,
perché
adesso
comincia
allo
stadio
una
partita
importante
(
qui
giocano
anche
i
giorni
feriali
,
di
pomeriggio
tardi
sul
campo
illuminato
)
,
e
nelle
stazioni
ci
sarà
troppa
ressa
per
compiere
una
visita
di
delegazione
.
Nella
pianta
del
metrò
sono
tracciate
non
solo
le
varie
linee
in
funzione
,
ma
anche
,
in
colore
diverso
,
le
linee
che
saranno
terminate
di
qui
a
un
anno
o
cinque
anni
.
I
sovietici
vivono
sempre
proiettati
per
metà
nel
futuro
;
ognuno
oltre
a
quello
che
ha
,
dispone
di
beni
-
pubblici
o
privati
-
ancora
da
costruire
,
ma
che
sa
certamente
che
verranno
.
Un
tapis
-
roulant
lunghissimo
ci
trasporta
in
luminosi
abissi
sotterranei
.
(
Accanto
a
noi
,
sull
'
altro
tapis
-
roulant
che
sale
,
c
'
è
molta
gente
che
legge
,
anche
libri
)
.
Sto
entrando
nella
città
del
duemila
?
Alle
composite
e
luccicanti
architetture
che
mi
si
parano
dinanzi
,
direi
piuttosto
d
'
essere
a
Ninive
,
a
Babilonia
,
a
Atlantide
.
Fuori
dal
tempo
,
certo
.
Perciò
mi
è
difficile
dare
un
giudizio
,
abituato
come
sono
alla
classificazione
storicistica
degli
stili
,
dei
gusti
,
delle
mode
.
E
non
è
fuori
del
tempo
anche
lo
squallido
e
amichevole
metrò
di
Parigi
?
Ma
con
quello
trovo
subito
il
rapporto
ironico
e
affettuoso
che
si
ha
con
le
vecchie
cose
pratiche
e
fin
troppo
familiari
:
qui
,
attraverso
queste
stazioni
ognuna
diversa
dall
'
altra
,
in
questo
spiegamento
di
opulenza
,
di
materiali
e
di
varietà
di
gusti
,
mi
aggiro
spaesato
.
Al
teatro
Bolsciòi
.
Ivan
Susanin
di
Glinka
.
Questa
,
da
noi
,
si
direbbe
un
'
opera
statica
,
senza
azione
,
con
poca
«
scena
»
.
Qui
,
proprio
come
spettacolo
,
è
una
cosa
da
starla
a
guardare
a
bocca
aperta
da
principio
alla
fine
,
e
si
vorrebbe
avere
dieci
occhi
per
non
perdere
nessun
particolare
.
Il
secondo
atto
è
un
ballo
a
corte
:
tutto
un
'
invenzione
,
sulla
trama
musicale
,
di
movimenti
e
figure
di
balletto
,
di
caratterizzazioni
di
personaggi
,
di
caricatura
e
di
dramma
.
Il
balletto
non
è
un
ornamento
per
il
teatro
lirico
russo
,
ma
è
il
fondamento
stesso
dello
spettacolo
.
Messinscena
e
costumi
sono
ricchi
e
curatissimi
,
con
una
attenzione
speciale
-
mi
sembra
-
alla
precisione
della
ricostruzione
storica
,
più
che
allo
«
stile
»
.
Ma
nell
'
epilogo
,
alla
musica
tutta
metallica
e
vibrata
corrisponde
la
coreografia
tutta
brevi
lampeggiamenti
e
scintillii
di
corazze
e
di
elmi
.
Gli
italiani
come
me
che
non
capiscono
niente
di
musica
non
dovrebbero
mai
andare
all
'
estero
,
pena
il
far
brutte
figure
tutti
i
momenti
.
V
.
Stepanovic
è
appassionatissimo
di
musica
,
invece
,
e
vorrebbe
discutere
;
io
non
posso
che
trincerarmi
dietro
la
mia
ignoranza
.
V
.
mi
parla
di
certi
giovani
compositori
sovietici
a
parer
suo
interessantissimi
.
I
pareri
di
V
.
sulla
musica
classica
e
moderna
sono
dissimili
da
quelli
più
noti
della
critica
sovietica
,
ma
lui
è
sempre
caloroso
e
vivace
.
V
.
è
studioso
di
storia
e
diritto
internazionale
,
e
parla
un
ottimo
francese
.
Sua
moglie
è
una
violoncellista
assai
nota
e
ora
è
in
Georgia
per
una
serie
di
concerti
.
Unità
della
cultura
russa
.
L
'
Ivan
Susanin
di
Glinka
è
un
'
opera
dell
'
Ottocento
d
'
ispirazione
fondamentalmente
politica
e
popolare
.
Rientra
perpetuamente
nei
criteri
dell
'
arte
sovietica
d
'
oggi
.
Tra
lo
spirito
di
Glinka
e
quello
degli
artisti
sovietici
non
c
'
è
un
salto
:
rientrano
entrambi
in
una
stessa
linea
.
L
'
ispirazione
politica
è
uno
dei
principali
filoni
della
tradizione
culturale
russa
.
Per
quanto
lo
spettacolo
mi
attragga
moltissimo
,
alle
volte
mi
sorprendo
con
lo
sguardo
rivolto
al
pubblico
.
È
un
pubblico
ben
diverso
da
tutti
gli
altri
,
come
la
gente
per
le
strade
;
e
difficile
da
definire
sinteticamente
,
perché
è
fatto
di
centomila
tipi
.
Forse
chi
dà
il
tono
sono
queste
ragazze
non
dipinte
,
molte
con
le
trecce
,
con
le
camicette
di
seta
artificiale
bianche
o
a
fiorellini
,
coi
vestitucci
di
lana
;
ma
questo
è
ancora
dir
niente
perché
si
potrebbe
pensare
che
abbiano
un
'
aria
bigotta
,
o
puritana
,
o
noiosa
,
o
provinciale
:
invece
sono
tipi
svegli
e
attentissimi
,
sguardi
trepidi
e
pur
semplici
;
un
'
aria
da
studentesse
d
'
altri
tempi
;
un
'
aria
insieme
intellettuale
e
campagnola
;
e
,
naturalmente
,
un
'
aria
russa
.
Questo
tipo
tra
l
'
intellettuale
e
il
campagnolo
si
ritrova
anche
tra
i
giovanotti
,
-
in
molti
degli
operai
-
in
certi
tipi
biondi
dalle
spalle
spesse
,
con
un
loro
modo
di
pettinarsi
,
di
portare
la
giacca
a
doppio
petto
,
il
colletto
della
camicia
;
spesso
ineleganti
ma
tutti
misura
e
compostezza
.
Mica
che
tutti
siano
così
,
però
:
tutt
'
altro
.
Di
classici
tipi
dell
'
«
intellighenzia
»
russa
se
ne
vedono
parecchi
,
specie
tra
le
donne
,
altere
e
occhialute
.
Nella
stessa
fila
di
poltrone
puoi
vedere
una
signora
vestita
con
cura
e
distinzione
e
semplice
buon
gusto
,
un
uomo
col
giubbotto
con
le
cerniere
lampo
che
certo
è
uscito
di
fabbrica
mezz
'
ora
fa
,
una
donnona
dipinta
con
l
'
abito
da
sera
e
i
gioielli
(
che
però
non
ha
affatto
l
'
aria
di
appartenere
a
una
nuova
borghesia
,
come
dicono
certi
giornalisti
,
ma
l
'
aspetto
d
'
una
brava
lavoratrice
dalle
ambizioni
un
po
'
ingenue
)
,
un
vecchietto
alla
Cecov
in
colletto
duro
e
con
una
decorazione
all
'
occhiello
.
Nessuno
-
questo
è
il
punto
-
ha
l
'
aria
di
sentirsi
a
disagio
rispetto
agli
altri
;
né
perché
è
vestito
troppo
male
né
perché
è
vestito
troppo
bene
.
Ecco
che
vengo
precisando
quell
'
impressione
di
«
uguaglianza
»
che
ho
avvertito
ieri
:
«
uguaglianza
»
vuol
dire
sentirsi
sempre
a
proprio
agio
,
di
fronte
a
chicchessia
.
Incontrandosi
,
prendendo
posto
nella
propria
poltrona
,
si
trattano
con
cordialità
e
cortesia
,
pur
non
conoscendosi
;
e
sempre
si
rivolgono
l
'
un
l
'
altro
-
uomini
e
donne
-
col
tovàric
(
compagno
)
.
StampaQuotidiana ,
Roma
.
Quanti
?
Ce
lo
domanderemo
per
un
pezzo
.
Più
che
per
i
funerali
di
Togliatti
,
questo
è
certo
.
Più
che
per
chiunque
nell
'
età
repubblicana
è
probabile
.
Chi
ha
visto
le
immagini
in
televisione
si
sarà
fatta
un
'
idea
:
Roma
si
è
dilatata
fra
le
sue
mura
e
i
suoi
Fori
per
accogliere
questo
popolo
comunista
che
sembrava
una
nazione
e
che
sotto
un
sole
tardivo
ma
implacabile
è
andata
a
dire
addio
a
Berlinguer
.
Ce
lo
diranno
meglio
ancora
le
immagini
che
su
dal
cielo
andavano
filmando
Ettore
Scola
e
Francesco
Maselli
,
dall
'
elicottero
che
ronzava
e
sibilava
,
planava
e
si
arrestava
come
una
creatura
degli
stagni
.
Forse
erano
un
milione
e
mezzo
.
Un
milione
è
certamente
un
numero
per
difetto
,
considerato
che
soltanto
fra
le
Botteghe
Oscure
e
San
Giovanni
,
prima
dei
cortei
periferici
e
senza
calcolare
la
piazza
già
gremita
,
erano
almeno
ottocentomila
.
Davanti
al
rosso
palazzo
di
Botteghe
Oscure
,
chiusa
la
camera
ardente
,
la
folla
era
stipata
fino
al
collasso
,
fitta
nelle
zone
d
'
ombra
fino
a
sembrare
un
muro
respirante
e
stravolto
nell
'
attesa
.
Alle
14.45
è
uscita
la
bara
chiara
con
il
corpo
di
Berlinguer
.
Fino
ad
un
attimo
prima
era
silenzio
.
Volti
molto
affaticati
.
Occhi
di
pianto
.
Poi
l
'
applauso
come
un
uragano
.
I
bambini
in
braccio
,
sulle
spalle
.
Urlano
«
Enrico
»
.
Lo
ritmano
.
Lo
ripetono
a
triplette
-
«
Enrico
-
Enrico
-
Enrico
»
-
sempre
più
veloci
.
Si
levano
i
pugni
.
Partono
sei
o
sette
tentativi
di
intonare
Bandiera
rossa
che
si
sommergono
l
'
un
l
'
altro
su
diverse
tonalità
.
Perentoria
si
impone
la
marcia
funebre
di
Chopin
numero
uno
,
diretta
dallo
stesso
maestro
Franco
Castellani
che
la
suonò
vent
'
anni
fa
per
i
funerali
di
Togliatti
.
Chissà
se
si
farà
un
altro
quadro
gigantesco
per
questi
funerali
.
Proviamo
a
immaginarlo
,
dipinto
così
come
lo
abbiamo
visto
oggi
vivo
:
in
prima
fila
,
dietro
il
disadorno
furgone
nero
,
i
familiari
di
Enrico
Berlinguer
,
di
cui
non
si
cesserà
di
lodare
la
compostezza
e
quella
impensabile
misura
di
partecipazione
e
separazione
dal
lutto
pubblico
,
di
partito
,
politico
,
corale
.
Non
sarà
facile
dipingerli
senza
forzarne
i
tratti
.
E
poi
,
a
qualche
metro
,
Nilde
Jotti
con
un
foulard
celeste
per
ripararsi
dal
sole
che
arde
i
capelli
di
tutti
,
Giancarlo
Pajetta
e
Napolitano
col
berretto
in
testa
,
Pietro
Ingrao
,
Reichlin
,
Occhetto
che
in
questi
giorni
ha
retto
il
peso
organizzativo
del
presidio
di
Botteghe
Oscure
,
Tortorella
,
Pecchioli
sempre
più
diafano
ed
eretto
nel
suo
dolore
personale
,
il
sindaco
di
Roma
Vetere
,
Novelli
.
Poi
c
'
era
un
cordone
d
'
ordine
terribile
,
che
sgomitava
e
chiudeva
senza
pietà
.
Un
servizio
di
contenimento
della
folla
efficiente
,
duro
,
concitato
,
sicuramente
necessario
,
ma
che
faceva
singolare
contrasto
con
la
mestizia
,
la
folla
che
si
trascinava
su
un
asfalto
pastoso
,
appiccicoso
nel
quale
non
soltanto
le
suole
delle
scarpe
lasciavano
l
'
impronta
,
ma
in
cui
garofani
,
gladioli
e
rose
si
incorporavano
come
fossili
istantanei
.
Il
corteo
funebre
si
muove
lentamente
.
Pochi
metri
e
si
ferma
.
Davanti
si
incolonnano
centinaia
di
corone
:
sono
i
fiori
delle
sezioni
,
delle
federazioni
,
e
più
avanti
quelle
dei
consigli
di
fabbrica
,
della
FGCI
e
quelle
tricolori
del
presidente
della
Repubblica
,
della
Camera
dei
deputati
,
del
Senato
e
dei
presidenti
del
Parlamento
.
Elenchiamo
intanto
le
poche
cifre
note
.
I
pullman
che
sono
arrivati
a
Roma
sono
stati
più
di
cinquemila
.
I
treni
speciali
venticinque
.
Le
persone
arrivate
a
piazza
San
Giovanni
per
conto
loro
,
senza
far
parte
di
nessuno
dei
tre
cortei
collaterali
o
di
quello
centrale
,
erano
più
di
trentamila
.
Alle
10.30
il
centro
storico
era
chiuso
e
bloccato
.
A
quell
'
ora
,
soltanto
fra
via
del
Teatro
di
Marcello
e
piazza
Venezia
,
per
un
chilometro
e
mezzo
di
strada
,
erano
già
stipate
trentamila
persone
.
Il
Comune
di
Roma
ha
impiegato
per
il
governo
del
traffico
mille
e
duecento
vigili
urbani
.
Davanti
a
Botteghe
Oscure
,
nei
giardini
adiacenti
a
piazza
Venezia
,
sui
prati
e
sui
marciapiedi
hanno
dormito
migliaia
di
comunisti
arrivati
durante
la
notte
.
Alle
4
del
mattino
si
è
dovuta
riaprire
la
camera
ardente
perché
la
folla
premeva
.
Fino
alle
14
,
quando
è
stata
chiusa
,
i
visitatori
che
sono
riusciti
a
passare
davanti
a
quella
bara
sono
stati
almeno
centoventicinquemila
.
Gli
ultimi
a
fare
il
picchetto
d
'
onore
sono
stati
gli
attori
,
i
registi
,
la
gente
di
spettacolo
.
C
'
erano
Monica
Vitti
,
Giovanna
Ralli
,
Ettore
Scola
,
Carla
Gravina
,
Carla
Tatò
,
Giuliano
Montaldo
,
Mariangela
Melato
,
Felice
Laudadio
.
È
stato
visto
Alberto
Sordi
,
che
comunista
non
è
,
passare
e
fermarsi
un
istante
,
commosso
.
Fra
gli
ultimi
politici
sono
passati
il
democristiano
Mario
Segni
e
Aldo
Aniasi
,
socialista
.
E
poi
i
rappresentanti
della
comunità
israelitica
che
sono
stati
ricevuti
da
Pietro
Ingrao
,
con
cui
si
sono
fermati
a
parlare
della
«
straordinaria
umanità
»
del
segretario
del
PCI
scomparso
.
Così
,
quando
la
città
-
Roma
si
è
svegliata
,
già
era
in
piedi
e
quasi
stremata
un
'
altra
città
che
l
'
aveva
invasa
sovrapponendosi
:
almeno
mezzo
milione
di
persone
erano
a
mezzogiorno
su
via
delle
Botteghe
Oscure
e
qualcuno
già
sveniva
.
Abbiamo
visto
diverse
persone
accasciarsi
per
il
caldo
e
sono
state
soccorse
con
molto
affetto
.
Una
è
morta
per
malore
.
Le
ambulanze
sono
state
chiamate
in
qualche
caso
.
I
siciliani
che
sono
arrivati
stremati
dopo
venti
ore
di
treno
hanno
trovato
latte
e
yogurt
offerto
gratis
dai
dipendenti
della
Centrale
del
Latte
che
si
sono
autotassati
.
Il
Comune
di
Roma
ha
predisposto
numerose
autobotti
che
hanno
fornito
acqua
fresca
alle
migliaia
di
assetati
.
A
piazza
San
Giovanni
già
alle
13
era
impossibile
entrare
.
E
per
tutto
il
tempo
dei
comizi
,
dei
discorsi
ufficiali
,
folla
e
folla
ha
seguitato
a
premere
sulla
piazza
,
a
riempire
tutte
le
vie
adiacenti
,
come
un
liquido
palpitante
e
colorato
,
sul
quale
spiccavano
le
bandiere
rosse
.
E
anche
piazza
San
Giovanni
non
ricordiamo
di
averla
mai
vista
arredata
con
un
palco
di
quelle
dimensioni
e
di
quella
funzionale
architettura
.
Rivedremo
quel
palco
di
320
metri
quadrati
nei
filmati
e
nelle
foto
,
costruito
in
gran
fretta
da
sessanta
carpentieri
di
attrezzature
metalliche
e
falegnami
e
sormontato
da
quella
grande
foto
di
Berlinguer
mite
e
duro
,
forse
timido
ma
anche
ironico
,
alta
quattro
metri
e
mezzo
e
larga
tre
.
Una
coreografia
,
paradossalmente
trattandosi
di
un
funerale
,
assai
viva
:
ideata
per
contenere
cinquecento
invitati
fra
europei
,
asiatici
,
africani
ed
americani
.
Anche
in
questo
senso
ci
sembra
di
poter
dire
che
non
si
era
mai
vista
una
cosa
del
genere
.
La
gente
.
Giovani
tantissimi
,
con
i
loro
jeans
(
e
due
copie
dell
'
«
Unità
»
ficcate
una
per
tasca
)
,
e
le
loro
magliette
,
il
loro
modo
di
parlare
che
trascende
ormai
i
dialetti
in
un
esperanto
adolescente
e
militante
.
Ma
tanti
,
tantissimi
i
vecchi
,
la
gente
d
'
età
,
i
capelli
bianchi
.
Le
barbe
e
le
pinguedini
dei
quarantenni
.
E
i
romani
,
in
maggioranza
subito
seguiti
dai
milanesi
,
che
quando
sono
comunisti
si
ritrovano
anche
in
un
loro
linguaggio
,
popolare
ma
affettuosamente
brusco
.
Così
quando
la
folla
trascina
e
si
cade
travolti
,
i
mariti
proteggono
le
mogli
:
«
Bianca
!
Acchiappate
ar
braccio
mio
»
.
E
i
fotografi
impostano
i
loro
servizi
:
«
Avvisa
tutti
:
tirate
fuori
1'
"
Unità
"
e
fateci
un
cappelluccio
.
Ma
che
si
veda
la
parola
"
addio
"
davanti
.
Poi
mettetevi
lì
che
faccio
il
gruppo
»
.
I
giovani
toccano
,
ti
toccano
,
palpano
,
è
una
folla
carezzevole
e
confidenziale
.
E
quando
l
'
emozione
passa
in
un
grido
,
in
uno
slogan
,
l
'
alito
contamina
tutti
:
«
Non
ti
dimenticheremo
»
,
«
Enrico
»
,
«
Vivrai
per
sempre
»
.
Togliatti
morì
in
agosto
.
Berlinguer
di
giugno
.
E
soltanto
oggi
si
può
dire
che
è
estate
:
«
Fa
lo
stesso
caldo
di
quando
morì
Palmiro
»
dice
un
vecchio
operaio
.
Il
furgone
avanza
e
il
vento
generosamente
ingrossa
le
bandiere
che
si
dispiegano
con
maestà
:
quella
grande
del
Comitato
centrale
,
frangiata
e
abbrunata
,
e
il
tricolore
della
Repubblica
.
E
poi
quella
strana
bandiera
ibrida
:
verde
e
bianca
in
parti
uguali
e
poi
la
sezione
rossa
di
dimensioni
triple
.
Il
furgone
va
avanti
e
l
'
asfalto
fonde
.
Cantano
Bandiera
rossa
e
la
banda
procede
a
passi
lillipuziani
,
con
imprevisti
schianti
dei
piatti
.
Ai
lati
del
corteo
le
transenne
.
Oltre
,
c
'
è
altro
popolo
che
si
stringe
e
soffoca
e
piange
.
Si
direbbe
che
un
sottile
velo
di
lacrime
renda
tremula
questa
immagine
.
O
forse
il
miraggio
dell
'
alito
rovente
dall
'
asfalto
.
Un
urlo
verso
i
Fori
imperiali
:
«
Viva
il
grande
Partito
comunista
di
Gramsci
,
Togliatti
e
Berlinguer
»
.
Folla
bianca
e
rossa
sui
giardini
.
Arriva
la
limousine
nera
del
presidente
della
Repubblica
:
riceverà
un
applauso
grande
come
un
boato
allo
stadio
,
a
piazza
San
Giovanni
.
Qui
lo
vedono
in
pochi
e
lo
chiamano
.
I
capi
del
servizio
d
'
ordine
sono
implacabili
.
E
bravi
.
«
Forza
,
forza
co
'
sto
cordone
,
su
,
su
,
sbrigarsi
»
.
Quando
passa
Berlinguer
tutti
levano
in
alto
il
giornale
del
partito
nell
'
edizione
straordinaria
che
dice
grande
«
Addio
»
in
rosso
.
Inatteso
un
grande
cartello
declama
:
«
Genitori
,
non
crescete
i
vostri
figli
come
schiavi
,
i
figli
non
si
picchiano
»
.
Una
vecchia
signora
genovese
filosovietica
si
è
messa
ai
lati
del
corteo
con
un
cartello
:
«
Oggi
non
c
'
è
scelta
,
o
amici
dell
'
URSS
,
o
servi
di
Reagan
»
.
Distribuisce
a
pacchi
la
rivista
«
Realtà
sovietica
»
.
Grida
:
«
Siete
dei
criminali
,
venduti
all
'
America
»
.
Qualcuno
,
con
rapida
intolleranza
,
le
fa
a
pezzi
il
cartello
.
Resta
lì
,
patetica
e
testarda
.
Avanzano
i
gonfaloni
delle
città
.
Sono
centinaia
,
forse
migliaia
,
con
i
nomi
dei
paesi
dell
'
Umbria
,
delle
Marche
,
del
Lazio
,
della
Calabria
,
della
Toscana
.
E
ne
arrivano
sempre
più
,
sempre
più
,
con
i
loro
vigili
urbani
nelle
uniformi
fantasiose
e
diverse
,
tutte
sull
'
azzurrino
.
E
arriva
,
preceduto
dal
rullo
dei
tamburi
,
il
corteo
torinese
dai
grandi
cartelli
e
gli
striscioni
rossi
.
E
i
sardi
del
Sulcis
che
hanno
montato
la
guardia
al
feretro
col
casco
dei
minatori
e
la
lampada
accesa
,
avanzando
lentamente
dietro
il
loro
striscione
.
Sulla
colonna
Traiana
,
imbragata
nell
'
impalcatura
del
restauro
,
un
lungo
cartello
verticale
:
«
Vivrai
sempre
»
.
Le
bandiere
rosse
sono
vecchie
e
nuove
.
Le
nuove
sembrano
di
plastica
,
di
questo
nailon
luccicante
che
si
arroventa
e
non
stinge
.
Quelle
vecchie
sono
gloriose
e
slavate
,
falci
e
martelli
ricamati
a
mano
,
all
'
ingiù
,
come
si
usava
all
'
inizio
del
secolo
.
Tre
i
cortei
che
sono
confluiti
man
mano
su
quello
principale
,
fino
alla
piazza
.
Uno
è
partito
dalla
stazione
Tiburtina
,
uno
dall
'
Ostiense
e
l
'
ultimo
da
Cinecittà
.
Del
primo
facevano
parte
i
comunisti
padovani
,
trattati
con
riguardo
perché
la
loro
città
è
stata
affettuosa
e
vicina
al
dramma
di
Berlinguer
.
Si
radunavano
lì
i
comunisti
di
Mantova
,
di
Varese
,
di
Bologna
,
del
Friuli
,
di
Verona
.
E
poi
i
petrolchimici
di
Marghera
,
di
Milano
.
Fischiano
Bella
ciao
nel
caldo
.
Lacrime
e
sudore
.
Si
muovono
al
canto
di
Bandiera
rossa
.
Pugni
chiusi
.
Pugni
chiusi
,
ma
molti
di
quelli
che
riusciranno
ad
arrivare
fino
alla
camera
ardente
renderanno
omaggio
a
Berlinguer
prima
con
íl
segno
di
croce
e
poi
col
pugno
:
pietas
cattolica
e
militanza
.
Se
c
'
era
chi
gridava
:
«
Enrico
,
vivi
in
tutti
noi
»
,
non
è
mancato
chi
amaramente
inalberava
un
cartello
che
dichiarava
«
Enrico
,
sei
morto
insieme
a
noi
»
,
riecheggiando
la
battuta
addolorata
di
Benigni
che
ha
scritto
più
o
meno
:
adesso
andremo
tutti
indietro
.
I
comunisti
piemontesi
sono
arrivati
all
'
Ostiense
.
E
anche
quelli
liguri
,
i
toscani
e
gli
umbri
,
con
le
loro
bande
musicali
e
i
gonfaloni
.
A
mezzogiorno
intorno
alla
Piramide
erano
più
di
sessantamila
,
con
i
ragazzi
della
FGCI
in
prima
linea
,
seguiti
dagli
operai
della
FIAT
Lingotto
,
di
Rivalta
,
Mirafiori
,
tutti
con
i
cappelli
di
carta
,
con
i
berretti
di
tela
,
i
golf
della
notte
annodati
alla
vita
,
í
fazzoletti
sui
capelli
.
Cartelli
grandi
e
affettuosi
:
«
Enrico
,
sei
stato
grande
»
,
«
Enrico
,
ti
prometto
un
mondo
più
bello
,
ti
voglio
bene
,
Dalia
»
.
Bisogna
dire
che
l
'
eco
del
titolo
del
film
di
Benigni
ha
fatto
scuola
:
«
Ti
voglio
bene
»
era
dovunque
.
E
deve
avere
influenzato
anche
quel
confidenziale
,
personale
«
ciao
Enrico
»
dell
'
«
Unità
»
,
così
nuovo
in
un
giornale
che
fu
paludato
fino
alla
tristezza
.
Molti
cartelli
del
tenore
«
Grazie
Enrico
per
quello
che
ci
hai
insegnato
»
e
drammatico
quello
che
promette
:
«
Senza
di
te
,
senza
perderti
»
.
I
cortei
si
sono
mossi
ininterrottamente
,
come
fluidi
continui
.
Al
Circo
Massimo
í
primi
malori
.
I
«
compagni
medici
»
intervengono
spesso
.
Ed
ecco
í
portuali
di
Genova
,
di
Riva
Trigoso
,
gli
stessi
che
udirono
il
comizio
del
giorno
prima
di
Padova
.
A
Cinecittà
si
raduna
il
popolo
del
Sud
.
Centinaia
di
pullman
che
vengono
da
Bari
,
Brindisi
,
Matera
,
Napoli
,
Potenza
.
Una
folla
eterogenea
che
ha
usato
pullman
di
gran
turismo
con
TV
e
toilette
,
oppure
vecchie
corriere
degli
anni
Cinquanta
.
C
'
è
stato
chi
si
è
preoccupato
di
raccogliere
le
cartacce
e
molte
donne
hanno
aperto
fagotti
di
viveri
.
Anche
da
Cinecittà
sono
partiti
a
migliaia
diretti
verso
piazza
San
Giovanni
,
attraverso
una
città
trasfigurata
.
StampaQuotidiana ,
Il
Comando
Alleato
ha
rivelato
che
sono
in
circolazione
biglietti
falsi
della
moneta
di
occupazione
nei
tagli
di
L
.
500
e
L
.
1000
.
Il
biglietto
falso
da
1000
lire
è
stampato
su
carta
di
qualità
inferiore
a
quella
dei
biglietti
legali
.
Le
linee
azzurre
,
contenute
nelle
parole
«
Allied
Military
Currency
»
,
hanno
più
rilievo
di
quelle
dei
biglietti
buoni
.
Sul
retro
dei
biglietti
falsi
il
numero
1000
può
essere
letto
attraverso
la
carta
senza
esporla
alla
luce
.
I
biglietti
da
500
sono
stati
invece
falsificati
mediante
l
'
aggiunto
di
uno
zero
a
quelli
da
50
.
Essi
si
distinguono
da
quelli
buoni
perché
sono
stampati
con
inchiostro
verde
più
sbiadito
e
per
il
fatto
che
le
piccole
linee
che
circondano
il
numero
500
non
sono
tanto
sottili
come
quelle
dei
biglietti
legittimi
.
StampaQuotidiana ,
Mosca
,
mercoledì
mattina
-
Un
grande
tappeto
dell
'
Azerbaigian
ci
dà
il
benvenuto
nella
mostra
dei
doni
a
Stalin
per
il
suo
70°
compleanno
.
Il
vederlo
mi
rallegra
perché
1'Azerbaigian
è
la
repubblica
sovietica
extra
-
europea
che
la
nostra
delegazione
ha
in
programma
di
visitare
,
e
il
tappeto
mi
schiude
un
mondo
orientale
ricco
e
fascinoso
.
Nel
tappeto
i
tradizionali
disegni
arabescati
incorniciano
scenette
colorate
sull
'
attività
rivoluzionaria
di
Stalin
nel
Caucaso
,
e
vedute
dell
'
Azerbaigian
.
I
quadretti
sono
70
,
i
colori
sono
70
,
il
tappeto
è
stato
tessuto
da
70
artigiani
,
non
so
più
cosa
ancora
sono
70
,
per
ricordare
il
70°
compleanno
.
I
doni
giunti
da
tutto
il
mondo
sono
raccolti
in
questo
museo
di
Mosca
;
e
a
chi
si
reca
in
U.R.S.S.
per
la
prima
volta
consiglio
di
dedicargli
una
delle
prime
visite
,
particolarmente
alle
molte
sale
dei
doni
sovietici
.
Perché
si
tratta
di
un
museo
d
'
artigianato
di
tutte
le
Repubbliche
dell
'
Unione
,
con
gli
oggetti
più
vari
,
pittoreschi
e
preziosi
di
ogni
paese
,
e
mi
sembra
che
possa
servire
da
chiave
per
rendersi
conto
del
terreno
popolare
e
artigiano
in
cui
la
cultura
sovietica
,
l
'
arte
,
il
gusto
dei
sovietici
affondano
le
radici
;
e
per
scoprire
il
legame
con
la
tradizione
e
il
folklore
,
del
loro
amore
per
tutto
ciò
che
è
ricco
ed
esuberante
.
Molti
di
questi
oggetti
di
minuta
e
doviziosa
oreficeria
,
di
queste
ornatissime
ceramiche
,
di
questi
sfavillanti
arazzi
,
vengono
da
lontani
colcos
,
dove
pazienti
artigiani
sono
mantenuti
a
spese
della
collettività
perché
abbelliscano
con
le
loro
opere
le
case
e
perpetuino
antiche
tradizioni
.
Le
forze
stilistiche
locali
sono
predominanti
;
ma
pure
l
'
intrusione
di
componenti
stilistiche
diverse
,
come
il
realismo
fotografico
delle
effigi
di
Stalin
(
che
talvolta
,
invece
,
sono
più
felicemente
assimilate
allo
stile
nazionale
)
,
non
è
che
un
nuovo
elemento
di
quel
gusto
per
il
composito
,
lo
straricco
che
caratterizza
questa
produzione
.
Il
piacere
dell
'
abilità
artigiana
,
della
tecnica
minuziosa
,
del
«
bel
lavoro
»
,
domina
questi
regali
;
prove
di
bravura
in
onore
di
Stalin
,
piene
d
'
orgoglio
personale
e
regionale
,
fieri
omaggi
al
proprio
capo
.
E
,
insieme
,
c
'
è
l
'
amore
per
i
bei
materiali
,
i
metalli
preziosi
,
più
fini
,
le
belle
pietre
,
i
bei
legni
,
una
gioia
tutta
naturale
e
terrestre
a
provare
le
proprie
capacità
di
lavoro
sul
materiale
migliore
,
a
confrontare
le
virtù
umane
sulle
virtù
delle
cose
.
(
Ecco
,
che
questa
sia
la
via
per
avvicinarmi
a
intendere
lo
spirito
delle
architetture
del
metrò
?
)
Questo
amore
per
il
contatto
manuale
con
le
cose
della
natura
si
nota
anche
nel
gran
numero
di
ritratti
di
Stalin
,
fatti
nei
colcos
delle
varie
repubbliche
coi
materiali
più
strani
:
di
stoffa
,
di
seta
,
di
cotone
,
di
grani
di
tabacco
,
di
cereali
di
varietà
diverse
,
di
semi
di
diverse
piante
,
di
pezzi
di
legno
rosso
,
e
perfino
di
foglie
secche
e
di
penne
d
'
uccelli
.
Ricordo
,
tra
le
tante
sale
dei
paesi
stranieri
,
quella
della
Cina
.
Raffigurato
sulle
sete
,
sui
paramenti
,
sulle
porcellane
,
c
'
è
sempre
la
figura
di
un
vegliardo
dall
'
aria
astuta
,
basso
,
calvo
,
con
una
lunga
barba
bianca
e
una
bozza
in
fronte
.
È
un
personaggio
popolare
cinese
,
e
simboleggia
la
longevità
;
la
prominenza
sulla
fronte
è
simbolo
di
saggezza
.
Pomeriggio
Visita
alla
stazione
sperimentale
dei
piccoli
naturalisti
.
Siamo
alla
periferia
di
Mosca
,
tra
il
verde
.
Nella
casetta
della
direzione
,
tra
piante
in
vaso
e
animali
impagliati
,
ci
riceve
la
direttrice
Macorina
.
I
ragazzi
delle
scuole
di
questa
parte
di
Mosca
,
iscritti
al
circolo
dei
pionieri
naturalisti
,
frequentano
la
stazione
nei
pomeriggi
liberi
.
Si
aggregano
ai
vari
laboratori
:
di
frutticoltura
,
di
cerealicoltura
,
di
giardinaggio
,
di
botanica
,
di
zoologia
,
di
zootecnica
.
I
temi
degli
esperimenti
li
propone
la
direzione
,
ma
anche
alle
volte
l
'
Orto
Botanico
dell
'
Università
o
l
'
Accademia
delle
Scienze
.
Lysenko
in
persona
ha
assegnato
degli
esperimenti
ai
pionieri
.
I
piccoli
naturalisti
hanno
le
loro
feste
tradizionali
;
il
giorno
degli
uccelli
,
la
settimana
dei
giardini
,
ogni
anno
le
feste
del
raccolto
,
e
pure
d
'
estate
le
feste
dei
fiori
.
Ogni
estate
fanno
un
viaggio
di
esplorazione
:
quest
'
anno
sono
stati
al
monte
Altai
.
Giriamo
per
il
campo
.
In
fondo
a
un
'
aiuola
,
tra
i
fiori
,
c
'
è
un
busto
di
Miciurin
,
questo
favoloso
nonnino
con
la
barbetta
e
il
cappellone
.
Intervistiamo
un
ragazzetto
,
caposquadra
dei
frutticoltori
;
ci
parla
del
metodo
della
loro
piantagione
,
peri
e
ciliegi
alternati
in
ogni
filare
,
tra
due
filari
una
fila
di
cespugli
di
rubus
.
Ha
l
'
aria
di
chi
sa
il
fatto
suo
;
è
appena
appena
intimidito
dalla
presenza
di
venti
forestieri
che
lo
stanno
a
sentire
;
si
sente
in
lui
una
punta
d
'
orgoglio
d
'
avere
degli
argomenti
in
cui
la
sa
più
lunga
di
tutti
i
profani
.
Comincia
a
far
buio
;
tra
le
aiuole
e
i
vivai
passa
una
squadra
di
ragazzette
;
sono
quelle
che
coltivano
il
rubus
;
ora
hanno
finito
il
loro
lavoro
e
se
ne
vanno
.
Qualcuna
ha
il
fazzoletto
rosso
dei
pionieri
attorno
al
collo
;
molte
hanno
le
trecce
,
le
calze
lunghe
di
lana
.
Ci
guardano
coi
loro
grandi
e
chiari
occhi
russi
,
curiose
ma
solo
un
poco
,
allegre
,
attente
e
imperturbabili
.
Sento
come
non
mai
di
trovarmi
in
un
mondo
che
va
avanti
con
un
suo
ritmo
naturale
,
lontanissimo
dal
nostro
mondo
inquieto
.
Passiamo
in
rassegna
le
serre
,
il
laboratorio
d
'
orticoltura
in
cui
ci
mostrano
pomodori
di
tutte
le
forme
:
a
cuore
,
a
cubo
,
a
piramide
,
a
biglia
.
Ci
dicono
che
«
la
coltivazione
più
amata
è
il
pomodoro
»
e
il
mio
cuore
di
ligure
gioisce
.
La
serra
delle
piante
ornamentali
mi
riporta
una
ventata
di
sensazioni
della
mia
infanzia
rivierasca
;
ma
là
non
riuscivo
a
collegare
quei
quieti
e
tranquilli
paradisi
vegetali
e
scientifici
col
resto
del
mondo
intorno
;
qui
invece
le
stesse
cose
sono
all
'
apice
di
tutta
una
società
,
una
civiltà
.
Fiancheggiamo
un
piccolo
zoo
di
ragazzi
con
volpi
e
lontre
,
ed
eccoci
tra
gli
allevamenti
dei
conigli
.
Le
piccole
allevatrici
ci
si
fanno
attorno
:
sono
scolarette
di
otto
o
nove
anni
.
La
direttrice
apre
qualche
gabbia
,
per
farci
vedere
le
bestie
.
Una
bambina
corre
via
,
apre
una
gabbia
,
ritorna
con
un
coniglio
dal
lungo
pelo
bianco
tra
le
braccia
.
Un
'
altra
la
imita
e
torna
anche
lei
con
un
coniglio
pezzato
,
grosso
che
quasi
non
ce
la
fa
a
portarlo
.
Continuano
ad
arrivarci
intorno
bambine
che
ci
porgono
conigli
sempre
più
grossi
da
carezzare
;
è
quasi
buio
,
la
sera
d
'
ottobre
non
è
fredda
,
la
periferia
moscovita
ha
odore
di
campagna
,
sui
rumori
smorzati
si
alza
il
sibilo
dei
treni
,
e
questo
vialetto
che
fiancheggia
le
piccole
gabbie
è
pieno
di
bambine
e
di
conigli
.
Si
chiude
la
giornata
col
cinema
in
rilievo
.
I
film
stereoscopici
vengono
proiettati
in
sale
speciali
,
e
d
'
essi
c
'
è
ormai
una
produzione
regolare
,
sebbene
il
procedimento
sia
ancora
considerato
dai
sovietici
alla
fase
sperimentale
.
Siccome
nei
cinema
moscoviti
si
entra
solo
all
'
inizio
di
ogni
spettacolo
,
attendiamo
nel
ridotto
del
cinema
.
Molti
sovietici
aspettano
come
noi
,
seduti
intorno
,
e
tutti
leggono
.
C
'
è
un
tavolo
con
giornali
e
riviste
a
disposizione
degli
spettatori
in
attesa
.
Gli
spettacoli
cinematografici
a
Mosca
durano
tutta
la
giornata
;
il
primo
comincia
il
mattino
alle
9,30;
l
'
ultimo
alle
21,30
.
Il
cinema
stereoscopico
sovietico
non
richiede
l
'
uso
di
occhiali
rossi
e
verdi
come
il
tentativo
americano
di
circa
quindici
anni
fa
.
Bisogna
trovare
l
'
inclinazione
giusta
con
cui
puntare
lo
sguardo
sullo
schermo
multiplo
,
e
non
muoversi
:
e
si
vede
il
film
a
tre
dimensioni
.
Il
film
(
a
colori
)
è
Il
sole
nella
steppa
,
tratto
da
un
racconto
di
Pavlenko
che
avevo
letto
tempo
fa
su
«
Littérature
sovietique
»
.
La
storia
di
un
camionista
che
viene
lasciato
solo
per
una
giornata
in
un
colcos
durante
la
trebbiatura
.
Il
film
punta
molto
sugli
effetti
stereoscopici
;
getti
di
grano
dalle
trebbiatrici
che
sembra
ti
arrivino
addosso
,
mannelli
di
spighe
che
volano
nell
'
immaginaria
profondità
dello
schermo
.
Ma
è
un
film
che
mi
sembra
riesca
,
per
una
via
tutta
sua
,
a
creare
un
'
atmosfera
,
un
colore
generale
da
tanti
colori
disparati
,
una
sua
gioia
poetica
,
o
meglio
prima
naturale
che
poetica
,
al
di
fuori
d
'
ogni
nostra
suggestione
stilistica
.
Questi
colori
di
frutta
,
queste
mele
sulle
quali
con
tanto
piacere
indugia
la
macchina
da
presa
(
e
la
stereoscopia
fa
sì
che
i
rami
dei
meli
s
'
allunghino
,
s
'
allunghino
nella
sala
,
a
portare
í
frutti
quasi
in
bocca
allo
spettatore
)
,
ci
introduce
in
un
mondo
che
ha
l
'
ottimismo
e
l
'
allegria
dei
cataloghi
colorati
delle
ditte
orticole
.
Ed
il
rilievo
si
dimostra
già
capace
di
nuovi
risultati
artistici
,
d
'
una
nuova
poetica
cinematografica
tridimensionale
,
con
tutti
i
possibili
rapporti
di
prospettive
e
di
risalto
dei
piani
.
Ne
ho
avuto
la
sensazione
vedendo
una
scena
di
un
bambino
e
una
bambina
che
s
'
incontrano
muovendosi
un
po
'
a
zig
-
zag
su
diversi
piani
,
tra
rami
di
melo
che
incorniciano
l
'
inquadratura
con
successivi
festoni
.
Dopo
il
film
c
'
è
un
documentario
,
pure
in
rilievo
e
a
colori
,
sulla
scuola
degli
artisti
del
circo
sovietico
.
La
scuola
è
in
un
giardino
.
Il
film
è
tutto
giochi
e
scherzi
d
'
acrobati
,
funamboli
,
giocolieri
,
animali
ammaestrati
,
su
fondali
verdi
fioriti
di
rosso
.
La
stereoscopia
ha
da
sbizzarrirsi
quanto
vuole
;
ma
a
parte
la
novità
tecnica
,
nel
film
c
'
è
uno
spirito
libero
e
allegro
d
'
amore
perla
destrezza
fisica
e
per
l
'
aria
aperta
che
mi
trova
molto
consenziente
.
In
conclusione
quella
d
'
oggi
è
stata
una
giornata
bellissima
,
tutta
colori
e
natura
.
Doni
a
Stalin
,
pionieri
naturalisti
e
film
in
rilievo
:
tre
esperienze
che
si
sono
seguite
in
crescendo
,
completandosi
l
'
una
con
l
'
altra
in
un
unico
quadro
.
Qui
l
'
amore
per
la
natura
non
è
un
mito
esaltato
e
confuso
(
né
un
mito
d
'
evasione
,
né
un
mito
di
religione
paganeggiante
,
né
un
mito
astrattamente
scientifico
)
,
è
un
amore
nitido
,
minuto
,
quasi
da
pari
a
pari
,
e
pur
goduto
in
tutta
la
sua
multiforme
pienezza
.
La
natura
s
'
apre
come
il
campo
d
'
ogni
azione
umana
,
come
l
'
integrazione
dell
'
uomo
,
il
suo
specchio
ideale
.
E
l
'
immagine
della
natura
non
ci
raggiunge
attraverso
le
trasfigurazioni
stilistiche
a
noi
consuete
,
ma
per
una
via
che
forse
ha
più
dell
'
entusiasmo
scientifico
(
nel
cinema
,
nel
nuovo
folklore
dei
pionieri
)
,
o
attraverso
(
nei
doni
)
la
laboriosa
soddisfazione
artigiana
.
Tutti
i
colori
visti
oggi
,
vegetali
e
minerali
,
s
'
integrano
in
una
per
me
nuova
immagine
dell
'U.R.S.S.,
in
una
chiave
per
comprendere
il
paese
che
sto
visitando
.
StampaQuotidiana ,
Il
villaggio
globale
vede
circolare
alla
velocità
degli
elettroni
il
denaro
,
gli
ordini
di
merci
,
le
idee
.
Ma
anche
la
paura
.
È
una
delle
lezioni
dell'11
settembre
.
Lezione
che
ai
cristiani
,
tra
le
tante
,
pone
anche
questa
domanda
:
è
possibile
globalizzare
la
speranza
?
Dare
al
mondo
motivi
per
sperare
,
destrutturando
la
paura
?
Questo
pensiero
così
formulato
non
c
'
è
,
nel
libro
di
don
Mario
Toso
,
Umanesimo
sociale
(
Edizioni
Las
,
453
pagine
,
48.000
lire
)
.
Quando
ha
finito
di
scriverlo
,
le
Twin
Towers
erano
ancora
dritte
,
ben
puntate
verso
il
cielo
di
Manhattan
.
Ma
questo
pensiero
è
come
se
ci
fosse
.
Perché
alla
fine
del
poderoso
volume
,
con
la
sua
architettura
forte
e
la
sua
ambizione
di
essere
al
tempo
stesso
analitico
e
sintetico
,
rimane
questa
impressione
:
il
cristianesimo
è
chiamato
a
riprendere
a
produrre
cultura
,
a
dare
al
mondo
un
progetto
di
speranza
e
di
pace
fondato
sull
'
uomo
,
non
su
un
'
ideologia
,
o
una
religione
ideologizzata
.
Gli
strumenti
per
farcela
li
ha
.
Forse
però
li
ha
anche
,
in
parte
,
dimenticati
.
Dove
sono
?
Nella
dottrina
sociale
,
che
Toso
ci
fa
visitare
.
Un
umanesimo
sociale
,
dunque
;
e
teocentrico
:
"
Un
umanesimo
-
spiega
Toso
-
aperto
alla
trascendenza
,
cosa
tutt
'
altro
che
scontata
.
C
'
è
chi
propone
sì
un
umanesimo
,
ma
di
segno
diverso
,
affermando
che
la
democrazia
per
sostenersi
ha
bisogno
di
una
"
religione
civile
"
,
nutrita
di
un
umanesimo
fondato
su
una
ragione
che
prescinda
da
Dio
e
faccia
"
come
se
Dio
non
ci
fosse
"
.
No
.
La
vera
libertà
dell
'
uomo
consiste
non
nel
distaccarsi
da
Dio
,
ma
nella
relazione
con
Dio
.
L
'
umanesimo
in
cui
crediamo
non
è
immanentista
e
chiuso
,
ma
aperto
a
Dio
.
E
proprio
tale
apertura
gli
dà
respiro
,
lo
fa
lievitare
"
.
Toso
insegna
Filosofia
sociale
presso
l
'
Ups
(
Università
Pontificia
Salesiana
)
e
Magistero
sociale
presso
l
'
Istituto
di
pastorale
della
Pontificia
Università
Lateranense
.
Non
è
certo
la
prima
volta
che
sostiene
che
per
un
progetto
capace
di
dare
speranza
al
mondo
non
occorre
andare
lontano
.
Basta
la
dottrina
sociale
,
di
cui
il
suo
ultimo
libro
ripercorre
tutti
i
temi
fondamentali
,
una
gigantesca
sintesi
che
finisce
per
fare
da
piedistallo
all
'
umanesimo
cristiano
,
sociale
,
trascendente
.
Umanesimo
che
si
propone
come
pensiero
forte
.
E
spinge
Toso
ad
affermazioni
controcorrente
,
come
questa
:
lo
scetticismo
genera
intolleranza
.
Non
il
contrario
?
"
Lo
scetticismo
nega
la
possibilità
di
verità
oggettive
.
Ma
in
tal
modo
è
costretto
a
negare
pure
una
verità
del
bene
.
L
'
uomo
perde
l
'
orientamento
e
tutti
i
diritti
diventano
al
tempo
stesso
"
veri
"
e
"
falsi
"
.
Dove
trovare
le
ragioni
per
rispettare
l
'
altro
,
se
un
bene
oggettivo
non
esiste
?
In
questo
modo
ci
si
predispone
all
'
intolleranza
"
.
Toso
conosce
le
obiezioni
.
Non
sarebbe
migliore
una
democrazia
che
si
basasse
sullo
scetticismo
assoluto
?
Non
sarebbe
intollerante
proprio
se
si
basasse
,
invece
,
sulla
verità
?
"
Se
tutto
è
relativo
,
ognuno
si
tiene
la
propria
opinione
e
non
esiste
possibilità
di
confronto
reale
,
perché
,
se
la
verità
non
esiste
,
a
quale
scopo
dovremmo
confrontarci
?
"
.
D
'
accordo
,
ma
per
il
cristiano
con
il
suo
umanesimo
che
cos
'
è
il
confronto
se
non
il
tentativo
di
persuadere
?
Se
il
cristiano
possiede
già
la
verità
,
non
ha
bisogno
di
confrontarsi
per
cercarla
insieme
agli
altri
...
"
Sì
,
la
verità
ci
è
stata
donata
.
La
"
possediamo
"
,
ma
come
esseri
limitati
.
Ne
cogliamo
dei
barlumi
.
E
accanto
alla
verità
,
al
singolare
,
ce
ne
sono
tante
altre
,
al
plurale
,
che
vanno
conquistate
grazie
alla
ragione
"
.
Quindi
il
credente
non
è
un
despota
?
"
Nei
Parlamenti
,
il
credente
fa
ricorso
non
ad
argomenti
teologici
,
ma
persuasivi
.
Deve
mostrare
la
ragionevolezza
di
ciò
in
cui
crede
.
Un
esempio
attuale
?
Il
dibattito
sulla
famiglia
"
.
E
qui
siamo
al
nuovo
umanesimo
cristiano
,
verità
alla
ricerca
di
altre
verità
.
Una
sorta
di
work
in
progress
?
"
In
un
certo
senso
,
sì
.
I
nuovi
modelli
di
vita
ispirati
cristianamente
vanno
realizzati
in
un
contesto
multiculturale
,
in
un
confronto
con
le
altre
religioni
e
visioni
della
vita
.
Di
qui
la
necessità
,
oggi
,
di
mostrare
il
volto
del
proprio
umanesimo
in
termini
chiari
,
comprensibili
anche
da
chi
è
molto
diverso
.
I
contesti
cambiano
,
di
conseguenza
anche
il
nuovo
umanesimo
muta
profilo
.
Sarà
forse
una
nuova
cultura
popolata
di
tante
culture
"
.
E
Jacques
Maritain
?
Toso
non
nega
di
ritenerlo
ancora
il
faro
dell
'
umanesimo
futuro
.
Non
è
datato
?
"
In
parte
sì
,
lo
è
.
Ma
l
'
anima
della
"
città
dell
'
uomo
"
a
ispirazione
cristiana
,
la
città
pluralista
fondata
su
una
libertà
non
radicale
,
non
indifferente
riguardo
al
vero
e
al
bene
,
la
città
fraterna
in
cui
l
'
autorità
è
a
servizio
della
persona
...
Questo
nucleo
rimane
validissimo
"
.
Ma
criticato
,
anche
in
casa
cattolica
.
L
'
idea
di
pluralismo
e
apertura
,
contestano
alcuni
,
nuoce
all
'
identità
cristiana
:
"
Ma
no
.
I
credenti
,
anche
quando
operano
nel
sociale
,
non
possono
spogliarsi
del
loro
essere
.
L
'
errore
consiste
nell
'
intendere
l
'
autonomia
del
credente
come
distacco
dalla
comunione
della
Chiesa
.
E
perché
mai
?
È
proprio
all
'
interno
della
Chiesa
che
il
credente
trova
elementi
per
il
progetto
"
.
L
'
umanesimo
cristiano
è
più
che
mai
vivo
,
dunque
.
E
la
sensazione
è
che
farà
da
fulcro
al
prossimo
compendio
di
dottrina
sociale
in
preparazione
presso
il
Pontificio
Consiglio
"
Giustizia
e
pace
"
.
Originali
e
profetici
,
capaci
di
dare
speranza
a
un
mondo
attanagliato
dalla
paura
:
a
questo
sono
chiamati
i
cristiani
.
Toso
non
ha
dubbi
:
ci
riusciranno
radicandosi
nell
'
umanesimo
trascendente
;
nell
'
uomo
capace
di
guardare
nel
modo
vero
,
giusto
e
buono
agli
altri
uomini
e
alla
storia
perché
rivolto
,
con
gli
occhi
dello
spirito
,
verso
l
'
alto
.
StampaQuotidiana ,
Dopo
gli
sbarchi
di
Sicilia
e
di
Salerno
due
perfette
attuazioni
che
sono
considerate
esemplari
nella
tecnica
della
guerra
moderna
e
dopo
la
liberazione
di
Roma
e
di
Firenze
,
si
iniziava
l
'
attacco
alle
difese
della
linea
gotica
.
Impiantata
sulle
difese
naturali
costituite
principalmente
nel
settore
centrale
dai
baluardi
montani
in
cui
si
aprono
gli
alti
passi
del
Giogo
e
della
Futa
,
era
stata
rafforzata
con
opere
di
cemento
,
campi
di
mine
estesissimi
e
reticolati
,
nonché
munita
di
potenti
artiglierie
.
Con
la
liberazione
di
Pesaro
,
alla
fine
di
agosto
,
la
linea
gotica
era
intaccata
su
un
fronte
di
32
km
.
,
fino
a
20
km
.
a
sud
di
Rimini
.
Nella
prima
quindicina
di
settembre
le
truppe
del
settore
occidentale
occupavano
Lucca
,
Prato
e
Pistoia
,
mentre
sulla
costa
Adriatica
,
Rimini
veniva
evacuata
dai
tedeschi
minacciati
di
accerchiamento
.
Con
perfetta
scelta
di
tempo
il
Comando
alleato
dirigeva
l
'
urto
contro
i
punti
cruciali
,
smantellando
sistematicamente
i
vitali
caposaldi
nemici
.
Con
la
caduta
di
Forlì
e
poi
di
Ravenna
i
germanici
videro
pericolante
un
largo
tratto
del
baluardo
appenninico
e
resa
problematica
la
ulteriore
difesa
di
gran
parte
del
loro
schieramento
.
Irrigidirono
la
resistenza
nel
faentino
e
sul
Lamone
,
ma
non
poterono
tenere
Faenza
già
stretta
da
tre
lati
;
intanto
l
'
ottava
Armata
progrediva
oltre
Ravenna
,
raggiungeva
le
paludi
di
Comacchio
,
tagliava
strade
preziose
al
traffico
nemico
nella
pianura
emiliana
.
Verso
la
fine
di
dicembre
i
tedeschi
tentavano
un
'
offensiva
nella
Valle
del
Serchio
e
riuscivano
a
riconquistare
alcune
località
montane
nella
Garfagnana
;
ma
non
per
molto
tempo
,
perché
gli
alleati
,
passati
al
contrattacco
,
rioccupavano
le
posizioni
che
avevano
perdute
.
Durante
i
mesi
invernali
non
si
ebbero
a
registrare
che
operazioni
di
valore
locale
e
solamente
col
giungere
dell
'
aprile
la
battaglia
per
la
liberazione
di
Bologna
allargava
i
suoi
temi
tattici
.
Truppe
dell
'
VIII
Armata
sbarcavano
sul
tratto
di
terreno
sabbioso
tra
la
laguna
di
Comacchio
e
l
'
Adriatico
e
liberate
alcune
isole
,
investivano
Porto
Garibaldi
dove
il
nemico
si
era
trincerato
in
munitissime
posizioni
.
Preceduta
da
violenti
bombardamenti
aerei
entro
le
posizioni
nemiche
aveva
inizio
l
'
offensiva
che
doveva
concludersi
nella
luce
della
vittoriosa
liberazione
di
Bologna
.
La
battaglia
veniva
impegnata
su
due
diverse
direttrici
.
Contro
le
posizioni
tedesche
nelle
montagne
dominanti
la
pianura
costiera
ligure
balzavano
con
improvviso
attacco
le
truppe
della
V
Armata
che
occupavano
Massa
e
Carrara
.
Nel
settore
adriatico
scattava
all
'
attacco
l
'
VIII
Armata
che
varcava
il
Senio
su
largo
fronte
e
occupava
Lugo
,
Fusignano
,
Massalombarda
,
Conselice
e
Alfonsine
.
Il
Sillaro
veniva
rapidamente
raggiunto
e
superato
in
diversi
punti
:
truppe
indiane
entravano
a
Medicina
e
forze
polacche
espugnavano
Castelguelfo
e
Castel
S
.
Pietro
.
A
questo
punto
la
5.a
Armata
scendeva
dall
'
Appennino
nella
Valle
Padana
e
,
tagliata
la
via
Emilia
presso
Ponte
Samoggia
,
si
spingeva
verso
sud
-
est
in
direzione
della
capitale
emiliana
,
mentre
altre
unità
raggiungevano
Casalecchio
sul
Reno
.
Contemporaneamente
,
nel
settore
tirrenico
veniva
liberata
Sarzana
e
nel
settore
adriatico
l'8.a
Armata
oltrepassava
Portomaggiore
e
S
.
Nicolò
Ferrarese
,
avanzando
verso
Ferrara
.
Bologna
,
stretta
da
tre
lati
e
superata
da
ovest
,
veniva
liberata
con
un
attacco
convergente
della
5.a
e
8.a
Armata
.
StampaQuotidiana ,
Roma
,
3
giugno
,
notte
-
«
È
morto
alle
19.49
,
in
questo
momento
»
.
Chi
diceva
queste
parole
era
un
signore
che
parlava
con
un
forte
accento
inglese
e
che
stava
arrivando
,
affannato
,
da
via
di
Porta
Angelica
,
dove
è
il
portone
di
Sant
'
Anna
dal
quale
entrano
i
civili
della
città
del
Vaticano
.
Correva
a
dare
l
'
annunzio
ai
colleghi
sparsi
fra
l
'
immensa
folla
che
ancora
gremiva
la
piazza
San
Pietro
.
La
Messa
era
terminata
appena
da
pochi
minuti
.
E
la
gente
,
ancora
profondamente
commossa
dal
rito
celebrato
in
una
cornice
e
in
un
'
occasione
così
straordinaria
,
sostava
ancora
,
non
voleva
muoversi
,
quasi
oscuramente
intuendo
che
l
'
evento
temuto
,
atteso
,
doloroso
,
stava
per
verificarsi
.
In
quel
momento
però
nessuno
ancora
sapeva
nulla
.
Forse
solo
un
gruppo
di
suore
della
carità
,
tra
le
quali
era
una
negra
,
avevano
intuito
che
l
'
ora
del
trapasso
era
arrivata
per
il
vecchio
Papa
.
Stavano
serrate
in
gruppo
,
oltre
il
colonnato
,
nella
piazzetta
che
è
divisa
da
un
arco
da
via
di
Porta
Angelica
,
e
fissavano
attonite
le
finestre
dell
'
appartamento
papale
.
E
,
in
realtà
,
una
luce
fortissima
,
una
violenta
luce
,
stranamente
faceva
sfolgorare
i
vetri
della
finestra
dello
studio
dal
quale
Giovanni
XXIII
si
affacciava
e
si
diffondeva
,
come
un
incendio
candido
,
alle
finestre
accanto
.
Per
cinque
giorni
solo
un
tenue
chiarore
rossastro
era
apparso
dietro
quei
vetri
,
verso
i
quali
erano
stati
ininterrottamente
fissi
centinaia
di
migliaia
di
occhi
ansiosi
e
trepidi
.
Era
certo
un
segno
funesto
.
Ma
,
prima
che
le
suore
e
qualche
altro
passante
avesse
potuto
trarne
una
illazione
,
ecco
il
giornalista
americano
che
me
ne
dava
,
con
crudezza
involontaria
,
la
conferma
.
Il
Papa
era
morto
.
Le
suore
mi
videro
correre
verso
la
piazza
,
ma
forse
non
capirono
.
Quelle
centomila
persone
,
immobili
,
con
lo
sguardo
fisso
a
quella
luce
splendente
,
che
sembrava
una
luce
gioiosa
,
ancora
erano
ignare
.
Esse
avevano
assistito
alla
Messa
che
,
pur
nella
semplicità
del
rito
,
aveva
assunto
un
tono
solenne
,
degno
di
una
scena
antica
quando
la
religiosità
era
anche
un
costume
esteriore
.
I
credenti
erano
spesso
in
ginocchio
e
tutti
volgevano
il
pensiero
all
'
uomo
venerando
che
si
spegneva
,
intanto
,
nella
sua
cameretta
,
là
in
alto
,
mentre
anche
il
giorno
moriva
in
un
tramonto
lunghissimo
,
che
tingeva
di
rosso
le
colonne
,
le
pietre
,
l
'
obelisco
.
Il
silenzio
profondo
,
teso
,
di
questa
folla
immensa
,
era
rotto
solo
dallo
stridio
delle
rondini
che
salivano
e
scendevano
,
in
un
vorticoso
girotondo
,
sfiorando
le
finestre
del
Papa
,
radendo
l
'
ampio
emiciclo
.
Correvo
,
dunque
,
nella
piazza
e
,
appena
giunto
,
ecco
che
,
da
un
gruppo
di
donne
del
popolo
,
che
stavano
ferme
,
si
levò
come
un
grido
accorato
:
«
È
morto
,
è
morto
!
»
.
Come
un
sasso
gettato
in
un
lago
immobile
che
apre
intorno
a
sé
cerchi
sempre
più
ampi
,
così
quel
grido
si
allargò
e
si
diffuse
,
tra
molti
:
«
È
morto
il
Papa
»
.
Per
un
attimo
,
intorno
a
quel
gruppo
di
donne
,
si
creò
come
un
compianto
popolare
,
il
compianto
unico
che
ritrovava
gli
accenti
antichi
ed
eterni
di
fra
Jacopone
.
Ma
non
c
'
era
neppure
tempo
di
immergersi
in
quel
sentimento
.
Ormai
la
notizia
stava
per
essere
chiara
a
tutti
.
Di
corsa
la
gente
si
lanciava
verso
il
portone
di
bronzo
.
Era
vero
.
Il
battente
destro
era
stato
chiuso
.
Anche
quel
portone
era
stato
fissato
per
cinque
giorni
ininterrottamente
.
Adesso
l
'
alabardiere
svizzero
era
nascosto
a
metà
dietro
il
battente
verdastro
;
si
vedeva
solo
la
visiera
del
suo
elmo
rinascimentale
,
la
mano
che
sosteneva
l
'
alabarda
.
Donne
avevano
le
mani
fra
i
capelli
nel
gesto
antico
del
dolore
femminile
;
altre
piangevano
o
si
tergevano
le
lacrime
con
fazzoletti
.
Occhi
rossi
degli
uomini
,
volti
contratti
di
seminaristi
,
pianti
nascosti
nel
soggolo
di
giovani
suore
e
lacrime
anche
di
bimbi
,
di
ragazze
dei
collegi
religiosi
.
Poi
,
calmatosi
questo
scoppio
così
sincero
di
dolore
,
un
silenzio
assoluto
.
La
folla
era
ora
sgomenta
.
E
ho
capito
che
essa
,
nonostante
tutto
,
irrazionalmente
,
aveva
sperato
fino
all
'
ultimo
che
Giovanni
XXIII
potesse
sopravvivere
,
vincere
il
male
.
Poi
,
erano
le
20
,
si
è
udita
da
un
altoparlante
,
una
voce
triste
che
dava
l
'
annunzio
ufficiale
.
Taciturna
,
col
capo
chino
,
la
gente
ha
ascoltato
lo
speaker
della
radio
vaticana
.
La
voce
suonava
accorata
,
ma
ferma
.
Poi
la
voce
,
finita
la
lettura
del
comunicato
,
tacque
.
Ed
ecco
risuonare
in
rintocchi
profondi
,
cupo
,
il
campanone
di
San
Pietro
,
al
quale
,
d
'
improvviso
,
come
in
un
'
eco
che
correggeva
il
luttuoso
squillo
,
rispondevano
altre
campane
,
quasi
gioiose
,
in
un
suono
argentino
.
Questi
rintocchi
erano
raccolti
e
sparsi
dai
campanili
di
tutte
le
chiese
di
Roma
.
Altra
folla
accorreva
dalle
strade
nell
'
emiciclo
ormai
gremito
.
Sul
sagrato
,
intanto
,
stavano
smontando
l
'
altare
,
dove
il
cardinale
Traglia
aveva
celebrato
la
Messa
«
Pro
Pontefice
infirmo
»
.
Toglievano
il
drappo
purpureo
che
era
stato
steso
davanti
al
portone
della
basilica
,
i
sei
semplici
candelabri
che
avevano
brillato
nel
tramonto
,
mentre
si
levava
il
coro
degli
inni
gregoriani
nei
passi
più
solenni
del
rito
.
Le
guardie
palatine
,
un
piccolo
gruppo
di
dignitari
del
Vaticano
,
fra
i
quali
erano
anche
due
cardinali
e
molti
vescovi
,
gli
studenti
del
seminario
maggiore
romano
,
che
avevano
cantato
,
in
un
coro
solenne
,
il
Veni
Sancte
Spiritus
della
sequenza
della
Messa
di
Pentecoste
,
erano
andati
via
.
Mai
si
era
celebrata
una
Messa
sul
sagrato
di
San
Pietro
,
in
una
simile
circostanza
,
mentre
un
Papa
stava
morendo
.
Erano
le
19.45
,
quando
l
'
officiante
,
il
provicario
di
Roma
,
cardinale
Traglia
,
che
aveva
celebrato
il
rito
coi
paramenti
di
un
semplice
sacerdote
,
pronunziava
l
'
Ite
Missa
est
.
Dopo
quattro
minuti
Giovanni
XXIII
spirava
.