StampaQuotidiana ,
Giovedì
-
Siamo
in
treno
.
La
radio
nel
corridoio
trasmette
una
canzone
popolare
.
È
una
donna
che
canta
:
pare
un
'
esplosione
di
gioia
furiosa
,
una
modulazione
di
brevi
grida
scattanti
su
un
ritmo
che
ricorda
le
caratteristiche
danze
russe
a
ginocchia
piegate
.
Chiedo
se
è
un
'
antica
canzone
contadina
:
Ljena
Constantinova
mi
spiega
che
è
una
canzone
colcosiana
d
'
una
ventina
d
'
anni
fa
.
Risale
agli
inizi
dell
'
elettrificazione
nelle
campagne
.
Ljena
mi
traduce
l
'
inizio
:
«
Per
la
prima
volta
la
donna
vede
il
sole
accendersi
nella
sua
stanza
...
»
Il
programma
che
la
radio
sta
trasmettendo
è
una
rassegna
di
canzoni
dell
'
anteguerra
.
Ora
ne
cantano
un
'
altra
di
questo
allegro
tipo
contadino
.
Ogni
strofa
finisce
con
un
'
esclamazione
:
«
Hoc
!
»
È
una
canzonetta
buffa
:
il
fidanzato
ha
accompagnato
la
bella
a
casa
e
non
sanno
separarsi
,
e
ogni
volta
trovano
una
scusa
per
restare
insieme
.
«
Hoc
!
»
La
Russia
è
un
mare
di
terra
.
I
paesi
sono
sparsi
e
lontani
.
La
storia
di
questo
paese
,
la
lentezza
del
suo
passato
,
il
valore
dei
risultati
del
socialismo
mi
si
colorano
di
nuovi
significati
,
ora
che
vedo
concretamente
la
terra
,
le
distanze
,
i
campi
.
Le
ore
di
viaggio
vanno
avanti
movimentate
solo
dai
cinque
pasti
quotidiani
.
Oltre
ai
tre
grossi
pasti
a
cui
ci
siamo
abituati
a
Mosca
,
c
'
è
uno
spuntino
a
base
di
mele
che
ci
vengono
portate
negli
scompartimenti
a
metà
mattina
,
e
il
tè
delle
cinque
,
in
vagone
ristorante
.
I
compagni
sovietici
sono
venuti
ben
attrezzati
di
scacchi
,
dama
e
domino
,
e
noi
,
messi
da
parte
i
nostri
mazzi
da
ramino
,
ci
cimentiamo
nei
giochi
in
cui
i
russi
sono
tradizionalmente
maestri
.
A
scacchi
non
riusciamo
a
vincere
neanche
una
partita
,
ma
(
con
qualche
trucco
)
ci
rifacciamo
a
domino
.
Venerdì
Passiamo
Rostov
,
estesissima
città
su
un
dosso
di
collina
in
mezzo
alla
pianura
,
tutta
di
basse
casette
.
Della
guerra
,
ormai
,
si
stenta
a
vedere
i
segni
.
Passiamo
il
Don
,
che
ora
,
d
'
autunno
,
non
è
largo
,
ma
che
ritirandosi
ha
lasciato
laghetti
e
pozze
d
'
acqua
per
dieci
chilometri
intorno
.
Siamo
in
una
campagna
abitata
e
immensa
.
Dall
'
ultimo
vagone
vedo
una
grossa
gazza
bianca
e
nera
posarsi
sui
binari
.
Discorriamo
di
sport
.
L
'
interprete
Vitalij
è
iscritto
alla
«
Spartak
»
,
la
società
dei
Sindacati
.
Paga
un
rublo
al
mese
ed
ha
tutte
le
possibilità
di
fare
tutti
gli
sport
che
vuole
,
nei
campi
e
con
l
'
attrezzatura
della
«
Spartak
»
.
Per
esempio
,
va
alle
stazioni
sciistiche
della
«
Spartak
»
e
se
non
ha
sci
,
o
scarponi
suoi
,
usufruisce
gratis
di
quelli
della
società
.
Se
vuole
può
anche
andare
ai
campi
della
«
Dynamo
»
o
di
un
'
altra
società
,
ma
non
essendo
socio
,
deve
pagare
una
piccola
quota
.
Si
parla
di
matrimoni
.
Un
particolare
curioso
.
All
'
atto
del
matrimonio
la
moglie
può
scegliere
se
chiamarsi
col
cognome
del
marito
o
tenere
il
proprio
;
oppure
anche
il
marito
può
prendere
il
cognome
della
moglie
;
oppure
possono
lasciare
entrambi
i
vecchi
cognomi
e
scegliersene
uno
nuovo
.
Sabato
In
treno
nel
Daghestan
.
Da
stamane
siamo
in
riva
al
Caspio
,
mare
grigio
e
triste
tal
quale
lo
s
'
immagina
vedendolo
nelle
carte
geografiche
.
Le
montagne
del
Caucaso
ci
fiancheggiano
sulla
destra
.
Ogni
tanto
spunta
la
torre
a
traliccio
di
un
pozzo
di
petrolio
.
Ad
una
stazione
scendiamo
a
far
quattro
passi
giù
dal
treno
.
Con
allegria
prendo
contatto
con
questa
terra
così
nuova
e
in
cui
pure
basta
poco
,
un
muro
di
strada
in
salita
,
lo
sguardo
nero
delle
donne
,
per
riportarmi
nell
'
atmosfera
familiare
delle
città
rivierasche
.
Anche
il
clima
è
da
inverno
di
riviera
;
solo
i
colori
sono
più
smorti
.
Viaggiare
in
coda
al
treno
,
tra
Caspio
e
Caucaso
!
Ma
al
vecchio
ferroviere
,
che
sta
qui
in
coda
con
le
sue
bandierine
e
le
sue
lanterne
,
questi
paesi
non
piacciono
per
via
del
vento
;
lui
è
di
Smolensk
.
Ljena
Constantinova
lo
rimprovera
filialmente
perché
non
si
rade
la
lanuggine
bianca
e
rada
che
incespuglia
il
suo
viso
.
Ride
tutto
grinzoso
e
sdentato
:
dice
che
non
importa
,
ormai
è
vecchio
.
È
un
simpatico
tipo
di
chiacchierone
;
anche
se
sono
solo
,
lì
a
guardare
il
panorama
,
senza
nessuno
che
mi
faccia
da
interprete
,
lui
vuole
attaccar
discorso
e
parla
,
parla
,
nonostante
i
miei
«
Nepognemai
!
»
(
Non
capisco
)
.
Ad
una
stazione
vengono
donne
sotto
i
finestrini
a
vendere
yogurt
e
carne
cruda
.
Graziose
,
con
in
testa
fazzoletti
disegnati
.
Sulla
collina
,
i
paesi
che
s
'
incontrano
adesso
sono
ammucchiati
come
i
nostri
,
non
sparsi
come
nella
pianura
russa
.
Certe
case
tra
gli
orti
hanno
i
muri
a
secco
come
i
casolari
in
Liguria
.
Attraversiamo
vigne
basse
(
«
come
in
Sicilia
»
,
dice
Michele
L
.
che
è
siciliano
e
bracciante
,
anzi
batrak
,
come
abbiamo
imparato
a
chiamarlo
qui
)
.
Vigne
e
campi
di
cotone
,
e
girasoli
.
Le
donne
sono
tipi
tra
il
siciliano
e
il
turco
:
vengono
giù
da
una
stradetta
tra
i
campi
e
vorrebbero
entrare
in
stazione
di
lì
,
invece
di
fare
il
giro
dall
'
entrata
dell
'
edificio
,
e
un
tipo
di
controllore
con
la
barbetta
continua
a
rimandarle
indietro
e
ognuna
di
loro
protesta
e
racconta
chissà
che
storia
per
convincerlo
;
e
lui
scuote
sempre
il
capo
,
inflessibile
e
paziente
.
Da
ieri
non
vedo
che
uccelli
neri
o
bianchi
e
neri
;
credo
siano
gazze
.
Ora
il
cielo
verso
il
Caucaso
è
percorso
da
una
striscia
senza
fine
di
uccelli
neri
in
volo
;
forse
una
migrazione
?
Per
chilometri
e
chilometri
continua
a
volare
questa
enorme
schiera
di
uccelli
e
seguendoli
entriamo
nell
'
Azerbaigian
.
A
un
torrente
,
V
.
m
'
indica
i
segni
bianchi
del
confine
della
Repubblica
.
StampaQuotidiana ,
Milano
.
Due
colpi
alla
spalla
sinistra
.
Uno
alla
gamba
destra
,
un
quarto
che
gli
sfiora
la
spalla
destra
e
si
conficca
sotto
una
finestra
.
Walter
Tobagi
,
33
anni
,
presidente
dell
'
Associazione
lombarda
dei
giornalisti
,
inviato
di
punta
del
«
Corriere
della
Sera
»
,
si
accascia
sul
marciapiede
,
l
'
ombrello
sbatte
per
terra
al
suo
fianco
,
la
Parker
schizza
fuori
dal
taschino
,
una
macchia
rossa
si
allarga
sulla
giacca
nera
.
Forse
è
già
incosciente
mentre
si
piega
,
faccia
in
avanti
,
quando
lo
finiscono
con
un
quinto
colpo
:
sotto
l
'
orecchio
sinistro
,
il
colpo
di
grazia
.
Un
'
esecuzione
spietata
,
velocissima
.
Chi
ha
sparato
con
una
calibro
9
corta
è
un
giovane
,
17-18
anni
,
secondo
i
testimoni
,
con
un
baschetto
blu
alla
Nicholson
calato
fin
sugli
occhi
.
Sono
le
11
e
un
quarto
,
minuto
più
minuto
meno
,
in
via
Andrea
Salaino
,
una
piccola
traversa
della
via
Solari
che
porta
alla
via
Valparaiso
.
Negozi
,
una
fabbrica
,
un
ristorante
,
una
scuola
,
palazzi
signorili
e
vecchie
case
popolari
.
All
'
altezza
della
Trattoria
dai
gemelli
,
davanti
al
portone
numero
12
,
un
commando
della
Brigata
28
marzo
ha
eliminato
con
quei
cinque
colpi
secchi
di
pistola
«
il
terrorista
di
Stato
Walter
Tobagi
»
.
Questi
i
termini
con
i
quali
viene
rivendicato
l
'
attentato
mortale
al
centralino
della
nostra
redazione
milanese
un
'
ora
e
mezzo
dopo
,
alle
12
e
54
:
«
Continua
la
campagna
contro
la
stampa
di
regime
.
Seguirà
al
più
presto
un
comunicato
»
.
Quattro
sono
i
componenti
del
commando
assassino
.
Il
giornalista
sapeva
da
tempo
di
essere
nel
mirino
dei
terroristi
:
il
suo
nome
era
comparso
in
un
elenco
trovato
dai
carabinieri
nella
notte
fra
il
10
e
1'11
gennaio
del
'79
in
una
valigetta
«24
ore
»
sotto
una
FIAT
500
parcheggiata
all
'
angolo
fra
piazza
Durante
e
viale
Lombardia
.
Nella
valigetta
c
'
erano
documenti
dei
«
Reparti
comunisti
d
'
attacco
»
e
di
«
Prima
linea
»
,
fra
cui
quell
'
elenco
di
46
nomi
di
magistrati
,
di
avvocati
e
di
tre
giornalisti
.
Uno
era
proprio
lui
,
Walter
Tobagi
.
Venne
convocato
dal
procuratore
capo
Mauro
Gresti
,
gli
fu
suggerito
di
cambiar
città
,
abitudini
,
di
farsi
scortare
.
Tobagi
prese
atto
,
con
rassegnazione
,
della
sua
situazione
,
ma
rifiutò
la
scorta
e
continuò
la
sua
attività
di
giornalista
e
di
sindacalista
.
Certo
,
aveva
coscienza
del
rischio
e
non
lo
nascondeva
,
anzi
lo
confidava
agli
amici
,
ma
con
pudore
.
Anche
la
DIGOS
,
tempo
fa
,
gli
aveva
fatto
capire
che
era
il
caso
di
«
cambiar
aria
»
,
ma
nemmeno
quest
'
ultimo
avvertimento
lo
convinse
a
mutar
parere
.
Un
mese
fa
la
SIP
gli
modificò
il
numero
di
telefono
.
In
realtà
l
'
unico
accorgimento
che
adottò
fu
quello
di
variare
i
propri
orari
,
uscendo
di
casa
alle
ore
più
impensate
.
Ma
non
gli
è
servito
a
nulla
.
Ieri
mattina
la
porta
del
suo
appartamento
al
pianterreno
di
via
Solari
2
,
accanto
quasi
alla
portineria
,
si
è
aperta
alle
11
.
Uno
sguardo
alla
posta
,
un
saluto
al
custode
.
La
moglie
Stella
Olivieri
e
la
piccola
Benedetta
di
tre
anni
(
Luca
,
l
'
altro
figlio
di
7
anni
,
è
a
scuola
)
lo
salutano
,
sono
appena
rientrate
dalla
spesa
.
Tobagi
deve
andare
al
giornale
,
nel
pomeriggio
ha
in
programma
un
viaggio
a
Venezia
,
c
'
è
un
convegno
sulla
«
qualità
della
vita
»
,
lo
ha
seguito
martedì
e
mercoledì
.
Ma
la
sera
di
mercoledì
era
ritornato
a
Milano
per
un
dibattito
al
Circolo
della
Stampa
sui
segreti
professionali
e
istruttorie
,
il
caso
Isman
e
i
verbali
di
Peci
.
È
lui
che
riassume
,
all
'
una
di
notte
,
i
vari
interventi
.
Forse
,
uscendo
di
casa
,
Tobagi
pensa
al
dibattito
della
sera
prima
.
Fuori
pioviggina
come
d
'
autunno
e
siamo
quasi
a
giugno
,
una
primavera
grigia
e
fredda
.
La
sua
Mini
Morris
è
posteggiata
oltre
l
'
isolato
,
dentro
il
garage
«
del
Parco
»
di
via
Valparaiso
7/a
.
Duecento
metri
a
piedi
,
una
passeggiata
che
era
rituale
per
lui
,
costretto
dal
lavoro
a
ore
e
ore
di
scrivania
,
lo
diceva
spesso
agli
amici
,
«
col
nostro
lavoro
non
si
fa
mai
moto
»
.
Walter
,
un
po
'
corpulento
lo
era
,
un
viso
pacioso
,
l
'
aria
sempre
seria
anche
quando
scherzava
,
quel
suo
serrare
le
labbra
e
farle
a
fessura
,
uno
che
da
giovane
,
fin
dai
tempi
del
liceo
Parini
sezione
«
A
»
,
era
ritenuto
il
più
maturo
e
il
più
autorevole
,
nonostante
in
pieno
Sessantotto
la
sua
militanza
cattolica
.
Tobagi
arriva
all
'
incrocio
fra
la
via
Salaino
e
la
via
Solari
,
incerto
se
rimanere
sul
marciapiede
dei
numeri
pari
o
dirigersi
su
quello
opposto
.
Attraversa
la
strada
,
si
avvia
verso
la
via
Valparaiso
.
È
in
questo
momento
che
scatta
il
meccanismo
mortale
dell
'
agguato
.
Probabilmente
è
dal
portone
di
casa
che
il
giornalista
viene
seguito
da
un
giovane
,
pare
.
Ma
a
quell
'
ora
e
in
quella
zona
la
gente
per
strada
è
tanta
,
e
non
si
può
essere
sospettosi
fino
alla
paranoia
.
Tobagi
non
si
accorge
d
'
essere
pedinato
.
E
nemmeno
si
accorge
di
una
Peugeot
204
grigiometallizzata
con
altre
tre
persone
a
bordo
che
lo
supera
a
metà
della
via
Salaino
.
O
forse
no
,
l
'
auto
la
vede
,
osserva
che
rallenta
fino
a
fermarsi
poco
più
avanti
,
di
fronte
al
numero
14
.
Ma
non
realizza
l
'
idea
del
pericolo
.
L
'
auto
scarica
due
persone
.
Una
si
dirige
verso
il
marciapiede
dei
numeri
dispari
,
a
sinistra
,
lo
stesso
del
giornalista
.
L
'
altra
va
sul
marciapiede
di
destra
.
È
un
giovane
,
anzi
un
giovanissimo
,
quello
che
cammina
dalla
stessa
parte
di
Tobagi
,
che
si
acquatta
dietro
una
finta
siepe
,
di
quelle
un
poco
squallide
che
delimitano
l
'
area
«
estiva
»
dei
ristoranti
.
Tobagi
cammina
,
l
'
ombrello
sulla
sinistra
usato
come
bastone
da
passeggio
,
sovrappensiero
.
Passa
davanti
alle
prime
«
siepi
»
della
Trattoria
dai
gemelli
,
con
la
coda
dell
'
occhio
si
accorge
improvvisamente
di
un
'
ombra
.
Non
fa
in
tempo
a
fuggire
,
l
'
ombra
si
materializza
,
un
ragazzo
con
la
pistola
e
un
sacchetto
di
plastica
,
come
nei
film
delle
spie
,
il
sacchetto
di
plastica
per
raccogliere
i
bossoli
e
rendere
più
difficili
le
ricerche
balistiche
.
La
pistola
spara
cinque
volte
,
Tobagi
muore
.
Una
pozzanghera
raccoglie
il
suo
sangue
.
Dalle
finestre
si
urla
,
il
proprietario
della
trattoria
corre
fuori
,
in
tempo
per
vedere
Tobagi
ancora
sussultare
.
Il
killer
intanto
è
balzato
sulla
Peugeot
,
così
come
il
compagno
che
sorvegliava
il
marciapiede
di
destra
e
il
«
pedinatore
»
.
L
'
auto
fa
stridere
le
gomme
,
la
fuga
dei
terroristi
sembra
finire
contro
una
127
arancione
:
all
'
angolo
con
la
via
Valparaiso
,
le
due
auto
si
urtano
,
il
guidatore
della
127
impreca
,
apre
la
porta
,
i
quattro
della
Peugeot
tirano
diritti
verso
la
piazza
Bazzi
,
verso
il
Lorenteggio
,
verso
chissà
dove
.
L
'
auto
della
fuga
alle
sei
del
pomeriggio
non
è
ancora
stata
ritrovata
,
la
polizia
ha
cinque
numeri
della
targa
,
si
sa
che
è
rubata
,
ma
niente
più
.
Di
corsa
dalla
via
Solari
arriva
Stella
Olivieri
,
che
si
trascina
la
piccola
Benedetta
:
da
casa
ha
sentito
sparare
,
ha
avuto
come
un
presentimento
,
poi
le
sirene
.
Arriva
urlando
di
dolore
,
Walter
è
a
faccia
in
giù
,
sul
marciapiede
bagnato
,
immobile
,
una
striscia
di
sangue
che
cola
.
Arriva
dalla
vicina
parrocchia
di
Santa
Maria
del
Rosario
un
sacerdote
,
conosce
da
anni
i
Tobagi
,
è
lui
che
un
mese
fa
ha
dato
la
prima
comunione
a
Luca
.
Arriva
l
'
anziano
papà
di
Walter
,
si
china
sul
cadavere
,
piccolo
,
l
'
impermeabile
grigio
ancora
più
grigio
,
un
'
occhiata
perduta
al
corpo
immobile
:
«
Figlio
,
figlio
mio
,
che
ti
hanno
fatto
,
perché
?
»
urla
.
La
moglie
vuole
anche
lei
vedere
,
ma
glielo
impediscono
.
Comincia
il
rituale
pellegrinaggio
di
autorità
:
ecco
il
generale
Ferrara
dei
carabinieri
;
ecco
il
sindaco
Tognoli
,
socialista
come
socialista
era
Tobagi
;
ecco
gli
occhi
rossi
di
pianto
di
Bruno
Pellegrino
,
segretario
del
club
Turati
,
amico
di
Walter
;
ecco
Ugo
Finetti
,
segretario
provinciale
del
PSI
.
Arriva
il
procuratore
capo
Gresti
.
«
Allucinante
,
ieri
sera
ero
anch
'
io
al
dibattito
sul
segreto
istruttorio
»
dice
.
A
quel
dibattito
,
c
'
erano
un
centinaio
di
giornalisti
milanesi
,
eccoli
tutti
qui
davanti
alla
Trattoria
dai
gemelli
,
chi
con
la
faccia
stravolta
,
chi
incapace
di
parlare
,
per
molti
più
che
un
collega
Tobagi
era
anche
un
amico
.
Arrivano
il
direttore
del
«
Corriere
»
,
Franco
Di
Bella
e
l
'
editore
Rizzoli
:
assieme
agli
amici
più
cari
di
Tobagi
si
recano
a
casa
,
dalla
moglie
.
L
'
auto
nera
dei
becchini
arriva
alle
12
e
45
,
Gaspare
Barbiellini
Amidei
,
il
vicedirettore
del
«
Corriere
»
,
scoppia
in
un
pianto
dirotto
,
nel
pomeriggio
arriverà
all
'
obitorio
anche
il
ministro
Rognoni
.
La
mobilitazione
democratica
della
città
comincia
a
funzionare
,
purtroppo
,
come
tante
altre
volte
,
sette
quest
'
anno
,
per
i
morti
e
altrettante
per
i
feriti
.
Più
in
là
,
nella
casa
di
Walter
,
il
mesto
pellegrinaggio
,
il
padre
e
la
madre
disperati
,
«
mio
figlio
così
buono
che
non
faceva
male
a
una
mosca
»
,
lo
studio
così
vuoto
eppure
pieno
di
gente
impietrita
.
StampaQuotidiana ,
Già
si
miete
,
si
trebbia
,
si
insacca
.
La
terra
mantiene
le
sue
promesse
.
...
Intorno
e
sopra
la
trebbia
,
uomini
e
donne
lavorano
.
In
alto
,
alcuni
sciolgono
i
covoni
,
li
sparpagliano
e
li
affidano
all
'
avida
fauce
che
li
attira
e
li
divora
nella
sua
vertigine
folle
.
Giù
,
donne
rastrellano
pula
;
uomini
raccolgono
entro
la
sacca
i
rivoli
d
'
oro
che
sgorgano
impetuosi
dalle
bòtole
oblique
.
E
sole
,
sole
da
per
tutto
.
Un
sole
così
ardente
e
così
pazzo
,
che
sembra
compiacersi
di
quella
festa
da
lui
regalata
all
'
umanità
.
Finita
l
'
opera
,
tutti
i
lavoratori
si
riuniscono
intorno
a
una
grande
tavola
.
Il
lavoro
compiuto
ha
lasciato
sulle
carni
aduste
tracce
di
una
rude
bellezza
:
polvere
di
pula
,
pagliuzze
fra
i
capelli
,
nero
di
carbone
sui
volti
.
Ma
la
gioia
della
fatica
ha
destato
anche
la
gioia
dell
'
appetito
.
La
grande
tavola
fa
pensare
alle
agapi
antiche
;
e
questi
grandi
uomini
bruni
hanno
una
maestà
quasi
sacerdotale
.
Al
silenzio
tenuto
durante
il
lavoro
,
tien
dietro
scarsa
favella
,
ora
.
Ma
il
buon
vino
scioglie
loro
presto
la
lingua
.
E
si
parla
di
raccolto
,
di
speranze
,
e
anche
,
sì
,
d
'
amore
.
Gioia
della
giovinezza
,
sapore
della
vita
!
Santità
del
grano
.
Domani
,
o
fior
della
spiga
,
sarai
franto
dai
laboriosi
mulini
,
diverrai
farina
,
sarai
pane
ed
ostia
,
cibo
per
chi
vive
,
viatico
per
chi
muore
;
pane
del
corpo
,
pane
dello
spirito
.
Quando
tutti
saremo
fatti
migliori
sulle
basi
vere
dell
'
amor
cristiano
,
e
cesseranno
lotte
sopraffazioni
vendette
,
sarà
ancora
il
pane
a
riunirci
in
un
accordo
di
solidarietà
operosa
e
serena
.
Un
uomo
di
scienza
ha
detto
un
giorno
:
"
Quando
il
pane
è
sicuro
e
abbondante
,
l
'
uomo
sente
pensa
ed
opera
secondo
l
'
amore
,
non
solo
sessuale
,
ma
anche
fraterno
ed
umano
.
"
E
Virgilio
:
"
Noi
siamo
nati
a
vivere
di
pane
.
"
Risalendo
ancora
,
ad
Omero
:
"
Il
pane
è
la
forza
,
il
vigore
dell
'uomo."
Eppure
,
canto
di
poeti
,
parole
di
scienza
non
raggiungono
in
efficacia
l
'
invocazione
al
Padre
:
"
Dà
a
noi
oggi
il
nostro
pane
quotidiano
.
"
Forse
è
per
questa
bontà
e
per
questa
poesia
che
il
Capo
,
generoso
e
fraterno
,
ha
voluto
mietere
e
trebbiare
in
mezzo
al
popolo
,
sedersi
a
mensa
coi
lavoratori
,
dividere
con
essi
il
pane
della
fatica
.
E
il
popolo
lo
ha
rimeritato
gridandogli
tutto
il
suo
amore
.
StampaQuotidiana ,
Baku
,
domenica
-
Primo
mattino
di
sole
dopo
quaranta
giorni
piovosi
.
Quando
siamo
arrivati
ieri
sera
pioveva
ancora
e
alla
stazione
le
brune
ragazze
del
Komsomol
ci
coprivano
d
'
ombrelli
e
di
mazzi
di
fiori
.
Ora
siamo
su
un
'
altura
,
un
antico
forte
trasformato
in
giardino
,
ai
piedi
del
monumento
a
Kirov
,
il
grande
rivoluzionario
che
nei
primi
anni
del
potere
sovietico
diresse
l
'
organizzazione
comunista
nell
'
Azerbaigian
.
Sotto
di
noi
,
il
gran
golfo
sul
Caspio
grigio
,
e
Baku
che
innalza
i
minareti
delle
sue
moschee
e
le
torri
a
traliccio
dei
pozzi
di
petrolio
.
La
vecchia
città
araba
è
nel
centro
,
cinta
da
mura
del
1510
,
coi
suoi
tetti
tondi
e
le
moschee
.
Dal
1917
ad
oggi
Baku
è
quintuplicata
(
un
milione
di
abitanti
oggi
;
200
mila
allora
)
e
ha
triplicato
l
'
estensione
dei
suoi
giardini
.
I
pozzi
di
petrolio
spuntano
dappertutto
,
perfino
in
mezzo
al
mare
;
attorno
a
un
'
isoletta
dove
gli
archeologi
hanno
rintracciato
vestigia
di
un
caravanserraglio
del
XIII
secolo
.
Baku
ha
chiese
di
quattro
religioni
:
moschee
,
sinagoghe
,
chiese
ortodosse
,
chiese
armene
.
Ha
pure
(
e
tutte
cose
nuove
,
queste
)
dodici
scuole
superiori
,
quattro
grandi
teatri
,
un
'
accademia
filarmonica
,
biblioteche
con
milioni
di
volumi
,
un
nuovo
stadio
sul
mare
,
molto
bello
.
I
nuovi
palazzi
di
Baku
seguono
tutti
l
'
antico
stile
azerbaigiano
,
con
le
finestre
e
i
portici
a
sesto
acuto
e
i
contrasti
di
colore
dell
'
architettura
orientale
.
Simbolo
della
tradizione
culturale
nazionale
è
Nezami
,
il
Dante
azerbaigiano
(
1141-1203
)
,
a
cui
è
dedicato
un
monumento
e
un
museo
,
e
di
cui
s
'
incontra
spesso
la
statua
e
il
ritratto
.
Tutte
le
scritte
sono
bilingui
:
in
russo
e
azerbaigiano
.
Il
ritratto
di
Stalin
è
quasi
sempre
accompagnato
a
quello
del
compagno
Baghirov
,
dirigente
nazionale
del
partito
.
Spesso
i
ritratti
sono
arazzi
intessuti
,
con
variopinte
cornici
orientali
.
Gli
abitanti
di
Baku
amano
definire
la
propria
città
la
Napoli
del
Caspio
.
A
me
questo
saliscendere
di
vie
,
spesso
tra
il
verde
dei
parchi
,
e
queste
piazze
portuali
,
e
la
grigia
autunnale
aria
ventosa
e
anche
una
certa
procacità
angolosa
delle
donne
,
fanno
pensare
a
Genova
.
Gli
azerbaigiani
sono
meridionali
,
nelle
caratteristiche
esteriori
e
nella
vivacità
;
e
ci
tengono
.
Scherzando
coi
russi
,
vantano
sempre
il
proprio
temperamento
caloroso
.
La
prima
cosa
che
dicono
agli
italiani
è
:
«
Noi
e
voi
c
'
intendiamo
subito
,
siamo
meridionali
,
noi
!
»
Le
donne
sono
brune
e
spesso
attraenti
:
hanno
profili
fieri
e
taglienti
,
petti
arditi
,
a
sesto
acuto
come
le
loro
finestre
.
Nei
cinema
danno
gli
stessi
film
che
abbiamo
lasciato
a
Mosca
.
In
molti
dei
più
importanti
,
c
'
è
In
nome
della
legge
,
e
quindi
anche
qui
continuiamo
a
vedere
cartelloni
di
Massimo
Girotti
a
tutte
le
cantonate
.
Un
Girotti
un
po
'
azerbaigianizzato
,
con
qualche
lieve
sfumatura
orientale
nei
lineamenti
,
ma
sempre
lui
.
Per
le
vie
vediamo
passare
qualche
donnetta
ricoperta
di
un
velo
bianco
,
ali
'
uso
musulmano
.
Sono
le
vecchie
che
ancora
seguono
in
parte
i
costumi
d
'
un
tempo
.
Ma
hanno
il
viso
scoperto
:
la
ciandrà
,
il
velo
sotto
il
quale
la
donna
era
obbligata
a
nascondere
il
viso
,
è
del
tutto
scomparsa
.
Visita
a
una
casa
dei
pionieri
.
È
la
prima
che
visito
e
non
immaginavo
che
fosse
una
cosa
così
bella
.
La
mia
ammirazione
per
l
'
organizzazione
dei
pionieri
continua
a
crescere
,
di
fronte
ad
ogni
nuova
cosa
che
vedo
in
questo
campo
.
Questa
casa
è
frequentata
da
2500
bambini
che
vengono
due
volte
alla
settimana
,
a
turni
combinati
secondo
i
loro
orari
scolastici
.
I
frequentatori
sono
divisi
in
circoli
,
e
in
questa
grande
villa
ogni
circolo
ha
una
sua
saletta
e
i
suoi
insegnanti
specializzati
.
Ecco
una
sala
piena
di
piante
,
microscopi
e
uccelli
impagliati
:
è
quella
dei
naturalisti
,
la
cui
attività
già
ho
avuto
modo
di
apprezzare
a
Mosca
.
In
un
'
altra
sala
i
ragazzi
stanno
piallando
e
inchiodando
scafi
e
chiglie
:
è
il
cantiere
dei
«
navimodellisti
»
.
Gli
aeromodellisti
hanno
invece
una
sala
tutta
finestre
,
tra
fusoliere
bianche
ed
ali
;
dal
soffitto
pendono
gli
involucri
dei
palloni
aerostati
;
e
anche
i
pannelli
alle
pareti
,
dedicati
ai
pionieri
russi
dell
'
aviazione
(
qui
intendo
pioniere
nel
senso
storico
della
parola
)
,
sono
chiari
e
ariosi
.
C
'
è
lo
studio
dei
piccoli
pittori
e
quello
dei
piccoli
scultori
,
c
'
è
il
laboratorio
dei
fotografi
.
I
ragazzi
radiotecnici
costruiscono
apparecchi
a
onde
corte
con
cui
comunicano
coi
dilettanti
di
tutto
il
mondo
:
ci
fanno
vedere
le
cartoline
che
hanno
ricevuto
,
e
ce
n
'
è
anche
una
dall
'
Italia
,
di
un
radioamatore
livornese
;
e
ci
danno
le
cartoline
con
cui
avvertono
d
'
aver
captato
le
trasmissioni
,
secondo
i
dati
stabiliti
dalla
convenzione
internazionale
dei
radioamatori
.
I
piccoli
astronomi
hanno
addirittura
un
planetario
;
e
per
scrutare
il
cielo
vero
,
telescopi
,
che
imparano
anche
a
costruire
.
Tutto
questo
è
organizzato
nelle
sale
,
nei
corridoi
,
nei
pianerottoli
,
nelle
nicchie
,
nelle
logge
d
'
una
soleggiata
villa
gentilizia
.
In
una
saletta
triangolare
c
'
è
(
e
come
poteva
mancare
a
Baku
?
)
lo
studio
dei
metodi
d
'
estrazione
del
petrolio
:
modelli
di
pozzi
,
raccolte
di
minerali
,
cartelloni
degli
strati
geologici
.
I
sobri
affreschi
alle
pareti
hanno
la
funzione
di
creare
un
'
atmosfera
che
fa
presa
sulle
fantasie
infantili
,
e
li
infervora
in
questi
loro
giochi
che
sono
insieme
anche
studio
e
lavoro
;
così
qui
,
nella
saletta
del
petrolio
,
è
subito
creata
un
'
atmosfera
mineraria
.
Non
siamo
noi
i
soli
ospiti
d
'
eccezione
della
casa
dei
pionieri
,
stamane
.
Nel
salone
c
'
è
un
incontro
dei
bambini
con
Mussah
Babajev
,
l
'
azerbaigiano
campione
del
mondo
di
lotta
greco
-
romana
,
idolo
di
molti
piccoli
tifosi
sovietici
.
Le
bambine
ballano
,
in
onore
di
Babajev
,
una
specie
di
quadriglia
.
Poi
,
nel
teatrino
,
c
'
è
uno
spettacolo
in
onore
della
delegazione
italiana
.
I
bambini
eseguono
danze
e
canti
azerbaigiani
.
E
c
'
è
anche
,
manco
a
dirlo
,
un
pezzo
italiano
:
una
ragazzina
canta
«
Addio
,
Leonora
»
del
Trovatore
,
con
le
parole
della
nostra
lingua
.
All
'
Accademia
filarmonica
,
nell
'
intervallo
di
un
concerto
in
onore
della
nostra
delegazione
,
abbiamo
incontrato
Bul
-
Bul
,
ossia
Rosignolo
.
Bul
-
Bul
è
il
più
popolare
tenore
dell
'
Azerbaigian
,
già
sessantenne
e
pelato
,
ma
un
bel
tipo
di
buontempone
.
È
premio
Stalin
e
deputato
al
Soviet
supremo
della
Repubblica
.
Parla
italiano
perché
ha
studiato
in
Italia
(
ci
ha
cantato
tra
l
'
altro
«
La
donna
è
mobile
»
in
italiano
)
,
e
tra
gli
italiani
si
sente
a
casa
propria
.
Ci
subissa
di
domande
su
tenori
e
baritoni
italiani
.
«
A
quei
tempi
-
ci
dice
-
per
un
artista
dell
'
Azerbaigian
non
c
'
era
che
emigrare
.
Qui
non
c
'
era
nulla
;
era
un
paese
arretrato
,
incolto
.
Ora
abbiamo
tutto
,
industrie
,
scuole
,
università
,
teatri
,
conservatori
,
accademie
...
E
dire
che
quando
ero
in
Italia
,
e
dicevo
che
ero
dell
'
Azerbaigian
,
tutti
mi
guardavano
interrogativamente
:
nessuno
sapeva
che
1'Azerbaigian
esistesse
,
non
c
'
era
neppure
segnato
sulle
carte
.
,
.
Mi
sembrava
d
'
essere
comparso
così
,
dal
vuoto
...
Ora
posso
dire
a
tutti
che
l
'
Azerbaigian
esiste
sul
serio
...
»
StampaQuotidiana ,
Napoli
,
28
.
La
prima
traccia
,
un
pezzo
di
fusoliera
che
affiorava
sul
pelo
dell
'
acqua
,
è
stata
avvistata
da
un
elicottero
alle
sette
di
mattina
,
circa
60
chilometri
a
nord
dell
'
isola
di
Ustica
.
«
Posizione
39°49'
latitudine
nord
,
12°55'
longitudine
est
»
,
aveva
segnalato
il
pilota
.
Da
quel
momento
,
dopo
una
notte
di
ricerche
affannose
e
inutili
,
il
mare
ha
cominciato
a
restituire
i
brandelli
del
DC9
IH
870
dell
'
Itavia
partito
l
'
altra
sera
alle
ore
20
da
Bologna
con
81
persone
a
bordo
e
mai
arrivato
a
Palermo
:
un
breve
troncone
di
coda
,
un
altro
pezzo
di
fusoliera
,
qualche
solitario
salvagente
,
i
primi
cadaveri
sbattuti
avanti
e
indietro
dalle
onde
forza
4
.
Le
operazioni
di
ricerca
sono
andate
avanti
per
tutta
la
giornata
.
Continueranno
anche
domenica
.
Ma
le
speranze
di
trovare
qualcuno
in
vita
sono
praticamente
nulle
.
Il
compito
delle
unità
navali
ed
aeree
è
realisticamente
solo
quello
di
recuperare
il
recuperabile
,
che
è
poca
cosa
.
Tutto
il
resto
giace
su
un
fondale
irraggiungibile
,
percorso
da
fortissime
correnti
,
a
una
profondità
che
varia
tra
i
3000
e
i
3600
metri
.
A
sera
le
salme
avvistate
e
issate
a
bordo
delle
motolance
erano
35
.
All
'
appello
manca
più
della
metà
dei
passeggeri
.
Soprattutto
manca
la
scatola
nera
,
l
'
unica
che
allo
stato
attuale
potrebbe
stabilire
con
la
sua
memoria
elettronica
le
cause
del
disastro
.
Che
cosa
sia
accaduto
venerdì
sera
tra
il
cielo
stellato
illuminato
dalla
luna
piena
e
il
mare
agitato
del
basso
Tirreno
,
nessuno
è
ancora
in
grado
di
dirlo
.
Il
DC
9
dell
'
Itavia
era
partito
da
Bologna
verso
le
20
,
con
due
ore
di
ritardo
sull
'
orario
previsto
.
Settantasette
i
passeggeri
,
quattro
gli
uomini
dell
'
equipaggio
.
Ai
comandi
Domenico
Gatti
,
44
anni
,
7255
ore
di
volo
alle
spalle
.
L
'
ultimo
contatto
con
la
torre
di
controllo
di
Ciampino
c
'
è
stato
alle
20.55
.
Il
comandante
,
a
causa
dei
venti
contrari
,
aveva
chiesto
di
poter
scendere
di
quota
,
dagli
undici
mila
metri
di
crociera
ai
settemila
.
Dalla
torre
di
controllo
era
arrivato
1'OK
e
l
'
aereo
si
era
abbassato
.
Da
quel
momento
,
il
silenzio
assoluto
.
L
'
IH
870
era
poco
più
in
là
dell
'
isola
di
Ponza
.
Nessuno
aveva
comunicato
avarie
o
difficoltà
tecniche
.
Nessuno
aveva
lanciato
1'SOS
.
A
Palermo
si
è
aspettato
.
Invano
.
Il
DC
9
partito
da
Bologna
non
ha
dato
segni
di
vita
.
Quando
è
scattato
l
'
allarme
,
le
speranze
erano
ormai
ridotte
all
'
osso
.
E
ogni
minuto
che
passava
portava
la
certezza
della
tragedia
.
L
'
autonomia
del
velivolo
,
hanno
fatto
sapere
i
tecnici
,
arrivava
fino
alle
22.34
.
A
quell
'
ora
c
'
è
stata
,
anche
nei
meno
pessimisti
,
la
certezza
della
disgrazia
.
Ma
si
sperava
ancora
.
Magari
che
il
pilota
fosse
riuscito
ad
ammarare
:
le
81
persone
che
erano
a
bordo
potevano
essersi
salvate
con
i
salvagenti
.
Soltanto
un
sottile
filo
a
cui
appendersi
,
ma
un
filo
che
è
durato
fino
all
'
alba
quando
,
dall
'
alto
,
è
arrivata
la
prima
prova
tangibile
che
la
tragedia
si
era
consumata
fino
in
fondo
.
A
Napoli
l
'
allarme
alla
Capitaneria
di
porto
è
arrivato
poco
dopo
le
dieci
di
sera
.
Nel
tratto
di
mare
compreso
tra
Ponza
e
Ustica
,
un
'
area
d
'
acqua
grande
come
una
regione
,
erano
arrivate
le
navi
della
Marina
militare
coordinate
dall
'
incrociatore
Doria
,
quelle
della
Capitaneria
di
porto
,
i
mercantili
e
i
traghetti
che
a
quell
'
ora
si
trovavano
in
viaggio
tra
Palermo
e
Napoli
.
Dagli
aeroporti
della
zona
erano
partiti
gli
elicotteri
,
gli
Atlantic
e
i
caccia
attrezzati
per
compiti
anti
-
sommergibili
,
capaci
di
individuare
una
massa
metallica
a
grandi
profondità
.
Ore
e
ore
di
ricerche
.
Ma
il
DC
9
non
si
trovava
.
Verso
le
cinque
di
mattina
è
arrivata
la
prima
segnalazione
.
Dalla
nave
traghetto
Carducci
era
stata
avvistata
una
macchia
di
carburante
.
La
chiazza
,
però
,
non
proveniva
dal
velivolo
.
Alle
sette
,
finalmente
il
primo
segno
.
Da
un
elicottero
è
stato
comunicato
al
Doria
,
e
da
questo
alla
Capitaneria
di
porto
,
l
'
avvistamento
di
un
pezzo
di
fusoliera
.
La
speranza
,
a
quel
punto
,
era
di
aver
delimitato
,
dopo
ore
di
ricerca
alla
cieca
,
una
zona
su
cui
concentrare
navi
ed
aerei
.
Ma
è
stata
una
nuova
illusione
.
Un
'
altra
parte
del
velivolo
è
stata
infatti
identificata
poco
dopo
da
una
motonave
a
venticinque
miglia
di
distanza
dalla
prima
.
Un
'
altra
,
ancora
più
distante
,
è
stata
incrociata
dal
Carducci
che
si
stava
allontanando
in
direzione
della
Sicilia
.
È
la
conferma
indiretta
che
il
DC
9
è
esploso
in
volo
,
spandendo
a
raggiera
dall
'
alto
,
per
miglia
e
miglia
lamiere
e
cadaveri
.
Sabotaggio
?
Incidente
tecnico
?
Errore
umano
?
Sono
le
domande
a
cui
dovranno
rispondere
le
due
commissioni
di
inchiesta
nominate
rispettivamente
dall
'
Itavia
e
dai
ministeri
della
Marina
e
dei
Trasporti
.
Le
uniche
tracce
sono
,
al
momento
,
le
parti
del
velivolo
recuperate
dai
mezzi
di
soccorso
e
la
registrazione
dell
'
ultimo
rilevamento
radar
effettuato
dall
'
aeroporto
di
Capodichino
,
pochi
minuti
dopo
il
contatto
radio
tra
il
comandante
Gatti
e
la
torre
di
controllo
di
Ciampino
.
Le
ricerche
,
come
si
è
detto
,
continueranno
anche
nella
giornata
di
domenica
.
Le
salme
recuperate
,
42
,
trasbordate
sul
Doria
,
sono
già
partite
in
elicottero
per
Palermo
.
Anche
il
centro
di
coordinamento
delle
operazioni
,
sinora
guidate
da
Napoli
,
dovrebbe
spostarsi
nelle
prossime
ore
nella
città
siciliana
.
La
lotta
per
strappare
al
mare
almeno
i
corpi
da
restituire
ai
parenti
in
attesa
,
è
,
ora
,
anche
contro
il
tempo
.
In
serata
una
motovedetta
si
è
imbattuta
in
quello
che
molti
temevano
:
un
branco
di
squali
.
StampaQuotidiana ,
Che
cosa
è
il
servizio
civile
obbligatorio
?
Per
comprendere
la
nuova
politica
operaia
del
Reich
è
necessario
inquadrare
i
provvedimenti
di
questi
giorni
in
quelle
linee
programmatiche
di
riforma
sociale
della
quale
Hitler
come
capo
-
partito
si
è
fatto
banditore
e
come
cancelliere
si
fa
oggi
realizzatore
.
La
stampa
,
nei
suoi
commenti
,
si
chiede
in
quale
modo
possa
avvenire
il
passaggio
dai
principi
rivoluzionari
del
nazionalsocialismo
alla
nuova
politica
hitleriana
che
si
troverà
necessariamente
di
fronte
ai
vasti
interessi
agrari
ed
industriali
.
È
questo
il
problema
che
rende
particolarmente
interessante
l
'
attuale
fase
della
politica
sociale
tedesca
.
Il
«
Programma
di
Monaco
»
,
che
è
il
nucleo
primitivo
della
dottrina
hitleriana
,
ha
un
'
orientazione
decisamente
collettivistica
:
nei
venticinque
articoli
di
questa
carta
fondamentale
,
oltre
l
'
affermazione
che
ogni
cittadino
deve
essere
lavoratore
o
intellettuale
o
materiale
e
che
l
'
attività
di
ciascuno
deve
essere
subordinata
all
'
interesse
generale
,
vi
si
leggono
espliciti
propositi
di
socializzazione
statale
.
Nel
«
Programma
di
Monaco
»
è
infatti
caldeggiata
la
statizzazione
delle
imprese
,
la
municipalizzazione
dei
grandi
magazzini
:
vi
si
parla
inoltre
di
soppressione
delle
servitù
ipotecarie
e
dei
benefici
di
guerra
,
della
partecipazione
agli
utili
delle
imprese
e
si
promette
anche
l
'
espulsione
di
coloro
che
non
sono
tedeschi
di
sangue
,
nel
caso
di
mancanza
di
alimenti
.
Come
potrà
il
vecchio
programma
trovare
applicazione
nella
nuova
realtà
politica
che
è
sotto
il
diretto
potere
e
controllo
dello
stesso
Hitler
?
Alcuni
suoi
recenti
discorsi
ed
alcuni
fatti
di
questi
giorni
contribuiscono
a
precisare
l
'
orientamento
del
governo
sul
terreno
della
politica
sociale
.
Hitler
nel
suo
recente
discorso
tenuto
a
Tempelhof
ha
recisamente
affermata
la
necessità
di
sostituire
al
principio
della
lotta
di
classe
il
principio
dell
'
unità
del
popolo
tedesco
.
Perfino
la
serenità
climatica
di
calendimaggio
gli
ispira
parole
di
pace
:
«
Non
si
può
fare
di
questo
bel
giorno
di
primavera
il
simbolo
della
lotta
,
ma
il
simbolo
del
lavoro
costruttore
»
.
Hitler
infatti
si
è
posto
questo
programma
:
«
Creare
lavoro
!
»
.
Ma
quali
saranno
i
metodi
taumaturgici
capaci
di
far
balzare
dal
nulla
ciò
che
milioni
di
uomini
ogni
mattina
sperano
ed
ogni
sera
rimpiangono
delusi
?
Tra
i
mezzi
creativi
proposti
da
Hitler
,
quello
più
miracoloso
è
ritenuto
il
servizio
o
prestazione
di
lavoro
obbligatorio
.
Si
tratta
di
una
militarizzazione
del
proletariato
.
Come
il
militarismo
passa
,
almeno
secondo
la
critica
storica
di
Hitler
,
dalla
fase
mercenaria
a
quella
obbligatoria
che
nobilita
il
mestiere
delle
armi
,
così
il
lavoro
trasformandosi
da
servizio
libero
e
mercenario
a
servizio
obbligatorio
potrà
acquistare
la
sua
piena
dignità
.
Hitler
,
nel
suo
discorso
del
maggio
,
ha
testualmente
detto
:
«
Come
i
lanzichenecchi
mercenari
di
una
volta
sono
diventati
i
soldati
del
servizio
obbligatorio
,
così
vogliamo
risvegliare
la
dignità
del
servizio
obbligatorio
.
Come
già
il
carattere
militare
venne
in
onore
per
tutti
per
mezzo
del
servizio
obbligatorio
,
così
il
servizio
obbligatorio
del
lavoro
conferisce
al
lavoro
una
nuova
nobiltà
»
.
È
certamente
questa
una
nuova
concezione
del
lavoro
:
per
quanto
si
può
capire
dalle
prime
enunciazioni
vien
fatto
di
pensare
ad
una
trasformazione
del
lavoro
dal
suo
tipo
contrattuale
(
rapporto
fra
datore
e
prestatore
)
ad
un
nuovo
tipo
istituzionale
.
Il
lavoro
viene
considerato
come
istituzione
sociale
da
organizzarsi
e
valutarsi
in
funzione
dei
fini
dello
Stato
.
Al
concetto
liberale
del
lavoro
come
diritto
individuale
si
sostituisce
il
concetto
societario
del
lavoro
come
dovere
nazionale
.
Il
lavoro
non
è
più
una
facoltà
ma
una
obbligazione
.
Anche
la
Russia
è
arrivata
alla
militarizzazione
del
proletariato
ed
alla
socializzazione
dell
'
industria
.
Non
indifferenti
sono
le
difficoltà
per
la
realizzazione
sociale
di
dottrine
il
cui
esperimento
sembrerebbe
più
facile
in
momenti
di
tranquillità
economica
.
Intanto
Hitler
preannuncia
già
i
primi
esperimenti
che
hanno
lo
scopo
di
livellare
lo
spirito
di
classe
nell
'
unità
dell
'
educazione
e
dell
'
obbedienza
.
«
Noi
abbiamo
deciso
,
disse
Hitler
,
che
ogni
tedesco
,
di
qualsiasi
condizione
per
nascita
,
ricco
o
povero
,
figlio
dell
'
intellettuale
o
dell
'
operaio
,
debba
una
volta
nella
sua
vita
compiere
dei
lavori
manuali
affinché
apprenda
a
saper
obbedire
prima
che
comandare
.
Quest
'
anno
realizzeremo
per
la
prima
volta
questa
grande
idea
morale
e
sappiamo
che
vi
sarà
bisogno
di
almeno
40
anni
perché
le
parole
lavoro
e
lavoratore
manuale
cambino
di
senso
per
milioni
di
uomini
,
come
milioni
d
'
uomini
hanno
dimenticato
il
lanzichenecco
per
mettere
al
suo
posto
il
soldato
tedesco
»
.
Con
queste
parole
è
nuovamente
affermato
il
carattere
di
milizia
che
deve
assumere
il
lavoro
manuale
,
abituando
al
quale
anche
le
classi
intellettuali
,
in
pochi
decenni
si
potrà
realizzare
per
la
prima
volta
una
«
grande
idea
morale
»
.
Che
si
tratti
di
una
impostazione
istituzionale
ed
anticontrattualista
dei
problemi
del
lavoro
è
confermato
da
quanto
Hitler
disse
a
proposito
dei
contratti
:
«
L
'
uomo
non
vive
per
i
contratti
,
ma
i
contratti
sono
fatti
per
facilitare
la
vita
dell
'
uomo
»
,
la
quale
affermazione
pone
nel
campo
del
relativismo
tutto
ciò
che
ha
carattere
contrattuale
.
Per
affrettare
un
decisivo
orientamento
della
politica
economica
in
senso
nazionalsocialistico
,
sono
stati
presi
in
questi
ultimi
giorni
provvedimenti
di
notevole
importanza
.
Dopo
l
'
eliminazione
del
sistema
maggioritario
sul
terreno
politico
-
parlamentare
,
Hitler
mira
ad
una
identica
eliminazione
sul
terreno
economico
-
sindacale
.
Con
la
conquista
dei
sindacati
liberi
si
è
realizzato
il
sindacato
unico
che
apre
la
strada
alla
corporazione
di
Stato
,
e
,
d
'
altra
parte
,
in
seguito
agli
accordi
di
Hitler
con
Krupp
von
Bohlen
,
presidente
dell
'
industria
tedesca
,
si
provvede
a
porre
anche
l
'
industria
sotto
il
controllo
dello
Stato
.
Qualche
giornale
,
come
la
«
Morning
Post
»
,
Si
chiede
come
sia
possibile
eliminare
,
con
i
nuovi
sistemi
annunciati
da
Hitler
,
la
disoccupazione
.
Infatti
,
mentre
i
disoccupati
sono
ancora
5
milioni
e
mezzo
(
essendosi
avuto
nell
'
ultimo
mese
un
miglioramento
di
112
mila
unità
)
,
il
colonnello
Hierl
,
segretario
di
Stato
all
'
Ufficio
del
lavoro
,
prevede
un
arruolamento
,
al
servizio
obbligatorio
,
di
350
mila
giovani
per
il
1°
gennaio
1934
e
prevede
inoltre
di
arrivare
al
milione
entro
il
periodo
di
10
anni
.
A
parte
gli
obiettivi
disciplinari
ai
quali
può
mirare
l
'
organizzazione
obbligatoria
del
lavoro
,
si
prevedono
maggiori
possibilità
di
assorbimento
di
mano
d
'
opera
nella
colonizzazione
interna
che
potrebbe
occupare
un
paio
di
milioni
di
disoccupati
.
Ma
per
ciò
occorrono
i
miliardi
di
capitali
d
'
impianto
mentre
i
commerci
stagnano
e
la
stessa
eccedenza
delle
esportazioni
è
discesa
da
una
media
di
90
milioni
al
mese
nel
1932
ad
una
media
di
30
milioni
al
mese
nel
1933
.
Nel
recentissimo
discorso
che
Hitler
ha
tenuto
al
primo
Congresso
nazionale
del
lavoro
in
Berlino
,
è
stata
affermata
l
'
opportunità
della
creazione
di
un
Senato
del
lavoro
e
sono
state
segnate
linee
più
precise
di
riorganizzazione
sindacale
.
StampaQuotidiana ,
Il
petrolio
è
la
ricchezza
di
Baku
.
Non
puoi
girare
lo
sguardo
senza
vedere
pozzi
da
tutte
le
parti
,
perfino
in
mare
.
Nello
stemma
della
repubblica
sovietica
azerbaigiana
c
'
è
la
torre
di
un
pozzo
.
Dappertutto
annusi
,
senti
odor
di
petrolio
.
Sarà
una
mia
idea
,
ma
mi
par
di
sentire
il
petrolio
anche
nelle
grasse
minestre
e
pietanze
di
questa
cucina
orientale
.
Se
ci
si
inoltra
nell
'
entroterra
di
Baku
,
si
continua
a
viaggiare
per
chilometri
e
chilometri
su
uno
scenario
brullo
,
irto
d
'
alte
torri
dei
pozzi
di
petrolio
.
Visitiamo
un
settore
di
reparto
del
trust
Kírov
(
a
Baku
ci
sono
più
di
dieci
trusts
petroliferi
)
.
Ci
guida
l
'
ingegnere
capo
Kafarov
,
figlio
d
'
operai
petroliferi
e
lui
stesso
ex
operaio
.
Ha
fatto
,
come
moltissimi
qui
,
insieme
l
'
operaio
e
lo
studente
,
frequentando
l
'
Istituto
del
petrolio
nei
corsi
serali
della
gioventù
lavoratrice
.
Kafarov
ha
trovato
un
metodo
per
prolungare
la
vita
dei
pozzi
,
ha
il
premio
Stalin
ed
è
deputato
al
Soviet
supremo
della
Repubblica
.
Ha
trent
'
anni
.
Tutti
i
tecnici
dei
pozzi
sono
ex
operai
.
L
una
classe
operaia
molto
evoluta
;
il
90%
degli
operai
studiano
per
migliorare
la
propria
qualifica
.
I
procedimenti
d
'
estrazione
sono
perfezionati
in
modo
da
richiedere
pochissima
mano
d
'
opera
,
tutta
specializzata
.
Un
elettrotecnico
e
due
operatori
controllano
cinquanta
pozzi
.
Le
industrie
di
Baku
(
prima
della
Rivoluzione
non
ce
n
'
era
nessuna
)
raffinano
il
petrolio
e
lavorano
i
sottoprodotti
,
e
tutto
il
loro
macchinario
viene
pure
fabbricato
a
Baku
.
«
Qui
non
è
come
in
Iran
!
-
ci
dice
Kafarov
.
-
Di
là
devono
mandare
tutto
il
petrolio
in
Inghilterra
!
»
Il
sindacato
dei
petroliferi
ha
undici
grandi
case
della
cultura
nei
vari
rioni
di
Baku
,
e
trenta
case
filiali
(
tutte
con
il
loro
cinema
,
perché
se
non
hanno
neanche
un
cinema
si
chiamano
club
o
«
angoli
rossi
»
)
.
Visitiamo
la
casa
della
cultura
del
rione
operaio
Sciaumian
.
È
un
gran
palazzo
nuovo
,
frequentato
ogni
giorno
e
ogni
sera
da
3000-3500
persone
;
è
aperta
a
tutti
,
e
la
frequenza
alle
conferenze
,
ai
circoli
dilettantistici
,
sportivi
,
culturali
è
gratuita
.
C
'
è
un
cinema
che
dà
,
per
i
soci
della
casa
,
gli
stessi
film
dei
locali
di
prima
visione
.
Ora
stanno
organizzando
un
laboratorio
tecnico
che
sarà
il
più
grande
e
attrezzato
di
Baku
;
e
gli
operai
potranno
venire
a
perfezionarsi
e
a
imparare
nuovi
procedimenti
tecnici
;
perché
qui
svago
e
cultura
sono
sempre
legati
al
miglioramento
dell
'
uomo
,
e
quindi
anche
della
qualifica
produttiva
.
Le
case
della
cultura
(
come
le
case
dei
pionieri
)
sono
una
delle
chiavi
della
vita
sovietica
;
se
si
vuol
capire
questo
fervore
culturale
di
massa
del
popolo
sovietico
,
questo
continuo
elevarsi
d
'
operai
a
dirigenti
,
questo
fatto
così
comune
qui
di
passare
dal
lavoro
manuale
a
quello
intellettuale
,
bisogna
vedere
queste
case
della
cultura
affollate
ogni
sera
,
capire
come
queste
nuove
abitudini
siano
entrate
nel
costume
sovietico
.
La
casa
della
cultura
che
visitiamo
ha
una
biblioteca
circolante
di
75
mila
volumi
,
in
azerbaigiano
,
in
russo
e
in
armeno
;
se
ne
servono
circa
seimila
lettori
.
La
biblioteca
ha
,
nel
rione
,
80
filiali
,
in
circoli
minori
e
aziendali
.
Le
filiali
hanno
un
fondo
di
libri
cambiabile
;
periodicamente
la
biblioteca
-
madre
ritira
i
libri
dalla
filiale
e
li
sostituisce
con
altri
.
I
lettori
invalidi
ricevono
il
cambio
dei
libri
a
casa
.
Tutto
è
gratis
;
i
lettori
non
pagano
neanche
un
rublo
.
Tutti
i
servizi
della
biblioteca
sono
disimpegnati
gratuitamente
da
attivisti
volontari
.
Alla
sera
.
Al
Teatro
Nazionale
.
Balletto
sul
raccolto
del
cotone
.
È
un
idillio
colcosiano
,
piuttosto
ingenuo
,
ma
sincero
,
colorato
ed
esuberante
.
Non
c
'
è
l
'
esperienza
spettacolare
dei
teatri
moscoviti
,
ma
è
un
esempio
di
come
tutti
i
popoli
sovietici
coltivino
,
con
ricchezza
di
mezzi
,
le
proprie
vocazioni
più
caratteristiche
,
le
proprie
vene
più
genuine
.
In
questo
balletto
vediamo
una
bella
colcosiana
e
l
'
ingegnere
che
sta
costruendo
una
diga
che
s
'
innamorano
.
L
'
agronomo
è
geloso
.
C
'
è
la
sfida
tra
í
colcosiani
e
quelli
della
diga
per
chi
supererà
di
più
il
piano
.
Le
colcosiane
vanno
a
raccogliere
il
cotone
di
notte
per
terminare
prima
il
raccolto
.
Ci
sono
belle
scene
di
campi
di
cotone
in
cui
i
fiori
che
sbocciano
sono
tante
ballerine
.
L
'
inaugurazione
della
centrale
elettrica
è
interrotta
da
un
temporale
;
il
fiume
si
gonfia
.
Con
virtuosismi
scenografici
è
mostrato
sulla
scena
Io
straripamento
del
fiume
,
l
'
alluvione
,
e
finti
fiotti
d
'
acqua
invadono
il
palcoscenico
.
L
'
ingegnere
è
travolto
dalla
corrente
e
l
'
agronomo
,
vinta
la
gelosia
,
lo
salva
.
Il
finale
è
la
festa
per
la
fine
del
raccolto
;
il
piano
è
superato
da
ambe
le
parti
,
ma
hanno
vinto
i
colcosiani
.
Gli
innamorati
si
sposeranno
.
Nell
'
intervallo
,
il
direttore
d
'
orchestra
,
un
giovane
maestro
premio
Stalin
che
sa
un
po
'
d
'
italiano
,
mi
parla
bene
di
Mario
Zafred
,
di
cui
ha
diretto
una
composizione
,
e
male
della
nuova
opera
di
Stravinski
data
a
Venezia
.
Visita
al
museo
Stalin
,
dedicato
alla
storia
del
Partito
bolscevico
nell
'
Azerbaigian
.
Che
è
un
settore
della
storia
del
Partito
molto
interessante
,
dato
che
si
svolge
in
gran
parte
sotto
la
direzione
,
indiretta
(
da
Tiflis
)
o
diretta
,
di
Stalin
,
e
dato
che
la
Baku
mineraria
era
uno
dei
maggiori
agglomerati
proletari
dell
'
impero
zarista
.
(
Un
particolare
poco
noto
:
tra
gli
organizzatori
di
scioperi
petroliferi
a
Baku
vi
fu
anche
Viscinski
)
.
Dopo
la
Rivoluzione
,
l
'
Azerbaigian
subì
fino
al
1920
l
'
oppressione
delle
truppe
d
'
invasione
occidentali
venute
dalla
Persia
e
aiutate
dal
partito
«
mussawadista
»
.
Nel
1919
ventisei
dirigenti
comunisti
di
Baku
furono
fucilati
dagli
anglo
-
americani
.
La
ragazza
direttrice
del
museo
che
ci
guida
nella
nostra
visita
,
è
la
nipote
d
'
uno
dei
ventisei
fucilati
.
I
musei
sovietici
sulla
storia
della
Rivoluzione
sono
disposti
in
questo
modo
:
alle
pareti
vi
sono
fotografie
dei
rivoluzionari
e
dei
luoghi
;
esemplari
della
stampa
,
diagrammi
economici
,
frasi
dei
maestri
incorniciate
;
torno
torno
bacheche
con
libri
e
documenti
;
in
mezzo
alla
sala
statue
e
modelli
d
'
edifici
storici
,
tra
cui
quelli
in
cui
i
rivoluzionari
vivevano
clandestini
,
con
lo
spaccato
che
mostra
i
nascondigli
segreti
.
Ma
alle
pareti
,
al
di
sopra
delle
foto
e
dei
documenti
,
corre
una
serie
di
dipinti
.
Sono
quadri
che
rievocano
tutti
gli
episodi
più
salienti
della
storia
del
Partito
,
perché
qui
i
musei
hanno
un
intento
didattico
(
li
massa
,
prima
ancora
che
di
raccolta
di
cimeli
storici
,
e
la
ricostruzione
dei
pittori
serve
a
dare
subito
una
sintesi
di
quel
che
significano
gli
sparsi
documenti
.
I
pittori
azerbaigiani
,
a
giudicare
dai
quadri
di
questo
museo
,
per
molti
aspetti
s
'
avvicinano
allo
spirito
dei
pittori
italiani
d
'
oggi
della
tendenza
realista
,
o
dei
messicani
dell
'
«
Arte
Grafica
Popular
»
.
Certo
,
nei
quadri
dei
musei
storici
il
fattore
decisivo
non
è
la
perizia
artistica
ma
l
'
evidenza
rappresentativa
.
Ma
io
penso
che
per
far
ritrovare
alla
pittura
occidentale
una
via
di
comunicazione
e
di
funzione
collettiva
,
questa
è
forse
l
'
unica
via
:
raccontare
una
storia
che
abbia
un
significato
per
tutti
,
interpretare
secondo
la
propria
fantasia
soggetti
carichi
di
sentimenti
umani
,
ostinarsi
a
ripetere
un
tema
,
una
scena
.
Visita
a
una
tipografia
clandestina
del
Partito
,
trasformata
in
piccolo
museo
.
Non
ci
si
dimentica
mai
,
in
U.R.S.S.
,
che
siamo
in
una
società
uscita
dalla
Rivoluzione
e
che
alla
Rivoluzione
tutto
deve
.
L
'
amore
che
circonda
i
ricordi
dell
'
attività
rivoluzionaria
,
e
perfino
cerca
di
non
disperdere
l
'
atmosfera
di
quei
tempi
,
sembra
sottolineare
che
non
c
'
è
soluzione
di
continuità
tra
le
lotte
di
ieri
e
le
tanto
diverse
lotte
d
'
oggi
.
Visita
all
'
Istituto
Superiore
Industriale
di
Baku
,
più
grande
e
meglio
attrezzato
d
'
un
nostro
politecnico
.
L
'
Istituto
ha
,
naturalmente
,
un
suo
policlinico
(
come
ogni
luogo
di
lavoro
e
di
studio
da
noi
visitato
in
U.R.S.S.
)
e
ha
pure
un
bellissimo
nido
d
'
infanzia
dove
una
ventina
di
bambini
giocano
in
una
sala
allegramente
arredata
al
suono
di
un
pianoforte
suonato
da
una
delle
nurses
.
Anche
i
nidi
d
'
infanzia
li
ho
visti
dappertutto
,
in
U.R.S.S.
,
ma
di
trovarne
uno
in
un
'
università
non
ci
avevo
mai
pensato
.
Eppure
qui
è
una
cosa
naturale
,
perché
le
insegnanti
e
le
studentesse
che
hanno
un
bambino
possono
tranquillamente
lasciarlo
mentre
vanno
a
lezione
.
La
studentessa
Firuseh
Hadjiva
proviene
dalla
campagna
.
Da
giovinetta
ha
portato
la
riandrà
,
il
velo
che
ricopre
il
viso
alle
donne
musulmane
.
Ora
l
'
abbiamo
incontrata
mentre
faceva
esperimenti
nel
laboratorio
di
fisica
.
Iersera
,
a
teatro
,
siamo
stati
letteralmente
sommersi
e
fatti
prigionieri
da
una
folla
di
giovani
e
di
ragazze
che
volevano
farci
scrivere
il
nostro
nome
e
indirizzo
sul
loro
taccuino
,
volevano
far
cambi
di
distintivi
,
volevano
dirci
quella
frase
italiana
che
ricordavano
(
che
poi
era
napoletana
:
«
O
sole
mio
-
sta
in
fronte
a
te
»
)
.
Oggi
l
'
Istituto
Superiore
Industriale
è
pieno
di
giovani
venuti
a
farci
festa
,
che
gremiscono
le
scale
e
i
corridoi
,
s
'
accodano
a
noi
,
ci
prendono
per
braccio
,
cercano
una
qualche
lingua
per
comunicare
con
noi
,
vogliono
sapere
notizie
dell
'
Italia
,
(
io
mi
sono
sentito
chiedere
cosa
ne
pensavo
della
festa
di
Palazzo
Labia
a
Venezia
)
.
Fin
sotto
le
finestre
dell
'
albergo
«
Intourist
»
dove
siamo
alloggiati
vengono
gruppi
di
giovani
e
ragazze
a
far
festa
alla
delegazione
della
gioventù
italiana
.
Alla
partenza
,
il
regalo
dei
compagni
di
Baku
alla
nostra
delegazione
è
una
piccola
biblioteca
di
libri
azerbaigiani
a
ciascuno
di
noi
.
C
'
è
qualche
libro
dei
maggiori
autori
nazionali
tradotto
in
russo
,
ma
per
la
maggior
parte
sono
libri
in
azerbaigiano
,
tra
í
quali
una
traduzione
di
Resurrezione
di
Tolstoj
.
Non
so
se
qualcuno
di
noi
imparerà
mai
l
'
azerbaigiano
e
potrà
gustare
fino
in
fondo
questo
ricco
regalo
:
ma
certo
il
suo
significato
non
ci
sfugge
.
Questo
popolo
cui
sotto
gli
zar
era
proibito
perfino
scrivere
nella
propria
lingua
,
ora
ha
ripreso
le
tradizioni
della
sua
antica
letteratura
,
ha
case
editrici
,
riviste
,
scrittori
,
ha
traduzioni
dei
maggiori
classici
del
mondo
(
tra
i
quali
il
Decamerone
)
.
E
poter
regalare
libri
in
azerbaigiano
ai
visitatori
forestieri
è
la
cosa
che
più
lo
inorgoglisce
.
Al
commiato
,
i
dirigenti
della
gioventù
comunista
azerbaigiana
,
che
erano
diventati
cari
amici
nostri
,
ci
hanno
detto
:
«
Se
una
notte
v
'
accadrà
di
sognare
Baku
,
voltate
il
cuscino
,
e
noi
sogneremo
voi
»
.
È
una
vecchia
credenza
di
laggiù
:
quando
si
sogna
una
persona
e
si
vuole
che
essa
ci
sogni
,
si
volta
il
cuscino
.
Ma
i
compagni
azerbaigiani
aggiungono
:
«
Però
,
se
voi
sognate
noi
,
vorrà
dire
che
noi
abbiamo
già
voltato
il
cuscino
»
.
StampaQuotidiana ,
Bologna
,
2
.
È
la
guerra
.
Un
pezzo
di
guerra
dentro
una
città
ordinata
,
civile
e
tranquilla
.
Un
pezzo
di
guerra
che
si
è
abbattuto
su
questa
vecchia
stazione
attraverso
la
quale
tutti
siamo
passati
,
decine
di
volte
,
nella
nostra
vita
.
E
rivederla
oggi
così
sconvolta
,
invasa
dai
vigili
del
fuoco
,
da
infermieri
,
dai
militari
,
tutti
con
le
mascherine
sulla
bocca
e
gli
occhi
allucinati
,
faceva
male
al
cuore
.
«
È
come
in
guerra
»
diceva
un
poliziotto
giovane
.
E
lui
che
la
guerra
finora
l
'
aveva
vista
solo
al
cinema
,
ne
viveva
imprevedibilmente
un
atto
,
e
quale
atto
!
,
in
questo
primo
sabato
d
'
agosto
riservato
tutt
'
al
più
a
qualche
incidente
stradale
dovuto
al
Grande
Esodo
.
«
Trent
'
anni
di
stazione
ho
fatto
»
mi
sussurra
un
ferroviere
con
gli
occhiali
,
alto
,
anziano
,
offrendomi
una
sigaretta
con
la
mano
che
trema
«
ma
non
ho
mai
visto
una
cosa
simile
.
Nemmeno
in
guerra
.
»
Torna
sulla
bocca
di
tutti
la
parola
che
evoca
la
strage
inutile
,
incomprensibile
.
E
come
in
guerra
a
chi
tocca
tocca
.
Tra
le
vittime
ci
sono
sempre
,
come
nei
bollettini
dei
bombardamenti
,
tante
donne
e
bambini
,
perché
sono
loro
i
più
goffi
,
impacciati
,
lenti
nel
cercare
e
trovare
una
via
di
fuga
.
Ma
poi
che
via
di
fuga
potevano
immaginar
di
cercare
,
questi
viaggiatori
,
che
nei
sottopassaggi
e
sulla
banchina
aspettavano
un
treno
che
doveva
condurli
al
sole
,
alle
vacanze
al
mare
?
Avevano
zaini
,
pacchi
,
borse
di
plastica
,
valigie
zeppe
di
sandali
,
costumi
da
bagno
,
magliette
e
jeans
,
riempite
ieri
sera
in
allegria
.
Ora
queste
loro
povere
cose
colorate
si
ammucchiano
contro
le
pareti
nell
'
atrio
della
stazione
,
e
questi
bagagli
sventrati
serviranno
forse
soltanto
a
facilitare
un
riconoscimento
.
E
ne
viene
una
pena
,
un
'
amarezza
,
un
dolore
acuto
,
come
se
ognuno
di
quegli
oggetti
ci
appartenesse
,
come
se
ognuna
di
quelle
vittime
sconosciute
facesse
un
po
'
parte
anche
della
nostra
famiglia
.
Tutti
gli
orologi
della
stazione
sono
fermi
alle
10.25
.
È
fermo
l
'
orologio
dell
'
atrio
sopra
il
tabellone
degli
arrivi
e
partenze
,
oggi
inutile
,
sopra
l
'
edicola
dei
giornali
chiusa
.
È
fermo
l
'
orologio
esterno
sul
frontone
della
stazione
dove
si
fermavano
i
taxi
per
scaricare
i
viaggiatori
in
partenza
.
Il
piazzale
è
tenuto
sgombro
dalla
polizia
e
dall
'
esercito
.
C
'
è
molta
gente
dietro
le
transenne
.
Ma
non
c
'
è
un
grido
:
né
un
'
invettiva
,
né
una
protesta
.
E
ciò
che
stupisce
,
e
dà
una
sensazione
di
irrealtà
,
è
proprio
questo
silenzio
appena
rotto
dall
'
ordine
di
un
medico
che
chiama
una
barella
per
l
'
ultimo
cadavere
estratto
dalle
macerie
.
E
in
silenzio
le
infermiere
corrono
chiuse
nel
loro
camice
bianco
,
la
mascherina
allacciata
sul
volto
,
le
mani
nei
guanti
gialli
di
gomma
a
raccogliere
un
altro
corpo
massacrato
.
Ci
gettano
sopra
rapidamente
un
lenzuolo
,
con
gesti
accorti
.
Ed
è
tutto
.
Qualcuno
segna
un
numero
.
L
'
identificazione
avverrà
,
se
sarà
possibile
,
più
tardi
.
Tutt
'
intorno
,
davanti
alla
stazione
,
ci
sono
le
ambulanze
,
è
la
Croce
Viola
di
Bologna
,
la
Croce
Rossa
di
Modena
,
ci
sono
i
furgoni
bianchi
dell
'
Associazione
Maria
Buturini
di
Barberino
di
Mugello
,
del
Centro
di
rianimazione
di
Parma
.
Decine
di
mezzi
di
soccorso
,
da
tutta
la
regione
e
dalle
province
vicine
,
si
sono
concentrati
qui
,
in
questo
pezzo
di
guerra
,
in
questo
spezzone
di
trincea
,
a
curare
la
ferita
che
si
è
aperta
come
una
voragine
a
fianco
del
binario
numero
1
,
dove
transitano
i
rapidi
Roma
-
Milano
e
Milano
-
Roma
.
Un
'
ala
intera
della
stazione
,
quella
che
dall
'
ingresso
porta
a
sinistra
ai
binari
3
,
4
e
5
attraverso
i
relativi
sottopassaggi
,
è
crollata
sotto
la
violenta
,
inspiegabile
esplosione
.
I
pompieri
sui
loro
ponteggi
verniciati
di
rosso
si
muovono
rapidi
,
sgombrando
travi
e
macerie
.
Di
tanto
in
tanto
,
un
nuovo
crollo
solleva
polvere
e
calcinacci
.
Fa
caldo
,
ormai
c
'
è
un
sole
a
picco
.
Appoggiate
alle
biciclette
,
ragazze
in
vestiti
leggeri
,
giovani
in
canottiera
,
uomini
anziani
,
osservano
senza
parlare
il
trasporto
dei
cadaveri
sulle
barelle
.
Di
una
donna
si
vedono
solo
i
piedi
nelle
scarpe
di
gomma
e
le
caviglie
gonfie
.
«
Doveva
essere
vecchia
»
mormora
qualcuno
al
mio
fianco
.
E
lo
dice
con
tenerezza
.
I
cadaveri
vengono
caricati
su
un
autobus
che
ha
ancora
la
sua
brava
targa
in
vista
.
È
il
numero
37
.
Ai
finestrini
sono
stati
stesi
teli
bianchi
.
Un
domenicano
sta
fermo
davanti
al
predellino
e
,
mano
a
mano
che
arrivano
,
dà
l
'
assoluzione
«
sotto
condizione
»
a
quelle
povere
salme
.
Il
tempo
passa
rapido
ma
interminabile
.
Sulla
città
è
scesa
un
'
afa
pesante
.
Però
la
gente
non
si
allontana
dal
piazzale
della
stazione
.
Anzi
,
altra
gente
arriva
e
si
ferma
senza
parlare
.
E
,
sotto
i
loro
occhi
,
continua
a
svolgersi
il
rito
delle
barelle
chiamate
di
corsa
,
caricate
di
un
corpo
avvolto
in
un
lenzuolo
,
depositate
nell
'
autobus
numero
37
.
«
Forse
adesso
arriva
Pertini
»
dice
qualcuno
.
Un
altro
commenta
:
«
La
guerra
civile
è
la
peggiore
di
tutte
le
guerre
»
.
Il
cielo
è
quasi
grigio
.
La
città
è
come
ferma
,
attonita
,
silenziosa
.
Per
arrivare
alla
stazione
ho
attraversato
lunghe
strade
vuote
.
Dai
muri
,
un
manifesto
annuncia
per
domani
uno
show
di
Renato
Zero
.
Bar
e
negozi
chiusi
.
Forse
soltanto
perché
è
sabato
pomeriggio
,
ma
forse
anche
perché
la
città
è
già
naturalmente
in
lutto
.
Comunque
,
appare
così
a
chi
arriva
.
Mentre
le
ore
passano
,
una
disperata
stanchezza
sembra
scendere
sulle
ragazze
vestite
di
bianco
,
i
pompieri
,
i
poliziotti
,
i
soldati
,
i
ferrovieri
che
hanno
occupato
da
stamattina
la
stazione
.
Il
piccolo
domenicano
che
assolve
si
asciuga
il
sudore
della
fronte
e
non
vuol
dire
il
suo
nome
.
Ma
c
'
è
su
queste
facce
stanche
anche
una
straordinaria
compostezza
,
il
rifiuto
ad
abbandonarsi
a
gesti
di
nervosismo
e
di
isteria
.
La
stessa
compostezza
si
legge
sui
volti
della
gente
che
continua
ad
ammassarsi
contro
le
transenne
senza
premere
,
senza
protestare
,
senza
gridare
.
Questa
compostezza
,
quest
'
ordine
,
questa
severità
,
questa
stanchezza
controllata
,
sembrano
il
connotato
essenziale
della
città
.
È
come
se
tutti
camminassero
un
po
'
in
punta
di
piedi
,
come
se
tutti
parlassero
a
bassa
voce
.
Non
solo
e
non
tanto
perché
ci
sono
questi
morti
da
estrarre
e
seppellire
,
ma
come
per
voler
riflettere
su
se
stessi
,
sulla
propria
storia
,
sul
proprio
particolare
di
essere
.
E
questi
morti
forniscono
all
'
esame
di
coscienza
un
ulteriore
elemento
di
riflessione
.
«
Dio
,
quante
cose
son
successe
in
questi
anni
»
confessa
,
quasi
a
se
stessa
,
una
donna
anziana
.
Nessuno
crede
all
'
incidente
.
La
tragedia
viene
vissuta
fino
in
fondo
come
una
tragedia
politica
,
come
un
ulteriore
prezzo
che
la
città
paga
a
un
'
aggressione
di
cui
non
sono
chiari
né
l
'
origine
e
né
il
fine
.
E
questa
oscurità
genera
nuova
sofferenza
.
«
Una
volta
»
dice
uno
«
sapevamo
chi
era
il
nemico
»
.
Una
volta
.
Quando
c
'
era
la
guerra
vera
.
Si
combatteva
e
si
moriva
anche
allora
,
ma
era
un
'
altra
cosa
,
faccia
a
faccia
,
ognuno
lealmente
sotto
la
sua
bandiera
.
Ora
la
città
ha
l
'
impressione
di
essere
obiettivo
di
un
nemico
invisibile
e
imprendibile
,
come
in
un
'
allucinazione
.
E
per
difendersi
,
la
gente
non
sa
che
fare
se
non
stringersi
l
'
uno
con
l
'
altro
,
come
dietro
quelle
transenne
,
aspettando
che
arrivi
Pertini
,
in
silenzio
e
in
dignità
.
Così
è
Bologna
in
queste
ore
.
Da
un
muro
,
un
manifesto
che
ricorda
la
strage
dell
'
Italicus
sembra
l
'
unico
grido
di
protesta
.
E
se
anche
la
tragedia
di
oggi
avesse
quel
segno
?
Ma
che
segno
aveva
esattamente
la
tragedia
dell
'
Italicus
?
StampaQuotidiana ,
Il
messaggio
di
Roosevelt
ed
il
discorso
di
Hitler
2
sono
due
elementi
di
notevole
importanza
nell
'
agitata
atmosfera
della
politica
mondiale
.
Per
capire
il
valore
di
questi
due
documenti
è
necessario
non
solo
analizzarli
nel
loro
contenuto
intrinseco
ma
anche
ambientarli
in
quel
particolare
clima
storico
nel
quale
America
e
Germania
hanno
saputo
dire
una
parola
chiara
,
meditata
e
rasserenante
.
All
'
inizio
di
questa
settimana
la
temperatura
della
politica
europea
era
alquanto
elevata
e
forse
pur
minacciosa
.
Anzitutto
dopo
quindici
mesi
la
Conferenza
di
Ginevra
si
era
arenata
in
difficoltà
poste
dall
'
intransigenza
delle
parti
contrastanti
che
avevano
un
po
'
ridotto
la
discussione
a
sembrar
schermaglia
di
responsabilità
.
Lloyd
George
,
uno
dei
pochi
sopravvissuti
della
tragica
politica
del
secondo
decennio
del
nostro
secolo
,
chiudeva
un
discorso
,
tenuto
lunedì
ad
un
'
assemblea
di
700
donne
londinesi
,
con
queste
oscure
parole
:
«
La
situazione
è
allarmante
e
lo
diventa
sempre
più
con
rapidità
terribile
.
Ricordo
quello
che
successe
nel
1914
quando
la
guerra
è
scoppiata
nel
momento
in
cui
nessuno
al
potere
la
desiderava
.
Io
spero
che
noi
non
permetteremo
a
questa
crisi
di
svilupparsi
in
modo
tale
da
trovarci
tutti
coinvolti
in
un
terribile
conflitto
che
nessuno
effettivamente
ha
mai
desiderato
»
.
A
queste
parole
facevano
eco
quelle
pronunciate
al
di
là
del
Reno
da
von
Papen
,
il
quale
fra
l
'
altro
diceva
di
essere
persuaso
che
«
oggi
,
come
nel
1914
,
si
voglia
nient
'
altro
che
l
'
isolamento
non
soltanto
militare
,
ma
anche
morale
della
Germania
»
.
Inoltre
,
von
Neurath
,
in
un
articolo
pubblicato
nella
«
Leipziger
Illustrierte
Zeitung
»
dichiarava
:
«
Noi
saremo
obbligati
a
completare
i
nostri
armamenti
,
qualunque
debba
essere
,
nel
quadro
britannico
,
la
limitazione
e
la
riduzione
generale
degli
armamenti
»
.
A
queste
dichiarazioni
del
ministro
degli
Esteri
,
duramente
attaccato
dalla
stampa
francese
come
annunciatore
del
proposito
di
riarmo
della
Germania
,
si
aggiungevano
quelle
del
vice
-
cancelliere
von
Papen
,
il
quale
nel
discorso
di
Münster
affermava
che
«
la
nazione
tedesca
ha
radiato
dal
suo
vocabolario
l
'
idea
del
pacifismo
»
idea
ispirata
alla
«
filosofia
della
debolezza
»
,
e
che
Hitler
potrà
dire
alla
fine
della
sua
vita
:
«
Ho
posto
al
centro
del
pensiero
della
nazione
il
soldato
tedesco
»
.
A
queste
manifestazioni
verbali
si
devono
aggiungere
i
piani
tedeschi
di
militarizzazione
dei
lavoratori
,
ed
i
contrasti
con
l
'
Austria
dalla
quale
un
ministro
tedesco
veniva
espulso
mentre
nel
raduno
di
Schönbrunn
venivano
passati
in
rassegna
40
mila
militi
delle
Heimwehren
.
Dall
'
altra
sponda
,
non
certo
tranquillo
era
il
tono
della
stampa
francese
,
né
l
'
Inghilterra
aveva
lasciato
sfuggire
l
'
occasione
per
dimostrare
alla
Germania
il
suo
atteggiamento
.
Dopo
gli
attacchi
di
Lord
Cecil
ai
Comuni
,
ove
il
vecchio
parlamentare
arrivò
a
dire
:
«
piuttosto
il
fallimento
della
Conferenza
di
Ginevra
che
il
riarmamento
della
Germania
»
,
e
dopo
gl
'
inconvenienti
per
la
visita
di
Rosenberg
,
il
ministro
della
Guerra
Lord
Hailsham
parlava
di
eventuali
«
sanzioni
»
nel
caso
di
riarmamento
della
Germania
con
violazione
delle
clausole
militari
del
trattato
di
Versailles
.
In
questa
turbata
atmosfera
il
messaggio
di
Roosevelt
ha
portato
del
sano
ossigeno
ed
il
discorso
di
Hitler
ha
fugato
alcune
delle
nubi
più
oscure
.
Che
cosa
dicono
questi
due
documenti
?
Si
tratta
di
due
voci
di
tono
diverso
,
di
due
discorsi
ciascuno
dei
quali
è
animato
da
preoccupazioni
tutte
particolari
.
Però
il
primo
ha
influito
sul
secondo
,
il
quale
a
sua
volta
integra
il
primo
,
anche
se
talvolta
lo
contraddice
.
I
due
documenti
vanno
perciò
considerati
congiuntamente
anche
se
non
collimano
,
poiché
la
loro
contemporaneità
e
lo
spirito
che
li
anima
fa
sì
che
l
'
ulteriore
sviluppo
della
politica
internazionale
sia
sotto
la
diretta
influenza
di
quanto
a
Washington
ed
a
Berlino
è
stato
detto
.
Il
problema
di
Roosevelt
è
il
problema
economico
.
Il
problema
di
Hitler
è
un
problema
politico
.
Roosevelt
vuole
in
ultima
analisi
la
pace
economica
per
raggiungere
la
quale
promuove
«
la
lotta
comune
contro
il
caos
economico
»
.
Questa
è
la
sua
nobile
e
generosa
battaglia
.
Per
questo
parla
al
mondo
:
ai
re
,
ai
governanti
,
ai
popoli
.
Hitler
invece
si
rivolge
anzitutto
alla
nazione
tedesca
:
il
suo
discorso
incomincia
così
:
«
Deputati
,
uomini
e
donne
del
Reichstag
tedesco
!
»
,
ed
il
suo
scopo
è
una
«
presa
di
posizione
»
della
Germania
ufficiale
sui
problemi
che
turbano
il
mondo
.
Roosevelt
parte
dai
fatti
economici
,
cioè
dall
'
attuale
crisi
economica
,
e
per
mezzo
della
pace
politica
di
Ginevra
vuole
arrivare
alla
pace
economica
della
conferenza
di
Londra
,
cioè
raggiungere
tre
grandi
obiettivi
:
stabilizzazione
delle
monete
,
tregua
doganale
,
rialzo
dei
prezzi
.
Il
suo
programma
si
potrebbe
così
riassumere
:
la
pace
economica
attraverso
la
pace
politica
.
Hitler
più
che
dei
fatti
porta
dei
princìpi
,
guarda
più
al
diritto
ed
alla
storia
che
all
'
economia
:
si
propone
più
di
spiegare
il
passato
che
di
segnare
,
come
Roosevelt
,
l
'
avvenire
.
Roosevelt
non
si
perde
ad
indagare
i
motivi
della
crisi
;
vi
sono
già
tante
biblioteche
di
scritti
quasi
inutili
.
Hitler
invece
crede
fin
dalle
sue
prime
parole
di
afferrare
il
nucleo
della
questione
,
di
additare
la
sorgente
inquinata
di
tutti
i
mali
:
«
Tutti
i
problemi
,
egli
dice
,
che
sono
motivo
delle
odierne
inquietudini
stanno
nella
manchevolezza
del
Trattato
di
Pace
»
.
Questa
è
la
prima
constatazione
che
assume
il
carattere
di
un
dogma
politico
,
di
un
postulato
dal
quale
si
possono
dedurre
rigorose
conseguenze
.
Hitler
ha
sintetizzate
le
cause
per
le
quali
la
Germania
ritiene
non
equo
il
trattato
di
Versailles
:
non
ha
reso
ragione
al
principio
di
nazionalità
«
per
passione
,
per
odio
o
per
incomprensione
»
;
ha
escogitato
«
concetti
sterili
e
pericolosi
come
sanzioni
,
riparazioni
,
ecc
.
»
portando
alla
conseguenza
che
«
la
matematica
finanziaria
ha
strangolato
la
ragione
economica
»
;
ha
sostenuta
la
«
bugia
»
della
responsabilità
tedesca
della
guerra
,
bugia
che
ha
fatto
sì
che
la
Germania
fosse
passata
«
al
posto
di
popolo
di
seconda
classe
»
;
ha
diviso
il
mondo
in
vincitori
e
vinti
ed
ha
disarmato
solo
una
parte
delle
nazioni
.
Se
tale
è
il
trattato
,
quale
conclusione
dovrà
trarre
la
Germania
dopo
14
anni
di
esperienza
?
Rompere
i
trattati
?
No
!
«
Nessun
governo
tedesco
,
dice
Hitler
,
dal
canto
suo
procederà
alla
rottura
di
un
accordo
che
non
si
può
eliminare
senza
sostituirlo
con
uno
migliore
»
.
«
La
Germania
,
aggiunge
,
ha
avuto
una
fedeltà
che
rasenta
il
suicidio
»
.
Resta
allora
,
secondo
Hitler
,
una
sola
via
:
la
revisione
.
«
Il
diritto
di
chiedere
la
revisione
di
questo
trattato
è
fondata
nel
trattato
stesso
»
.
È
questo
uno
dei
punti
delicati
dell
'
argomentazione
hitleriana
che
trova
,
in
contraddittorio
,
affermazioni
di
giuristi
i
quali
negano
l
'
interpretazione
che
Hitler
fa
degli
articoli
che
prevedono
la
revisione
.
Diversi
i
punti
di
partenza
,
diversi
i
procedimenti
;
convergono
invece
gli
obiettivi
nel
comune
intento
di
disarmare
e
pacificare
gli
uomini
.
Roosevelt
dice
:
la
causa
degli
armamenti
non
è
tanto
la
mira
di
conquista
quanto
la
paura
dell
'
offesa
.
E
ciò
non
per
una
particolare
e
correggibile
psicologia
degli
uomini
,
ma
per
le
ragioni
immanenti
nello
stesso
progresso
della
tecnica
che
rende
più
pronto
il
gas
che
offende
che
la
maschera
che
protegge
.
Il
disagio
quindi
si
cura
in
un
solo
modo
.
Eliminazione
totale
delle
armi
offensive
.
Hitler
risponde
:
«
Il
motivo
degli
odierni
armamenti
della
Francia
e
della
Polonia
non
può
assolutamente
essere
il
timore
di
un
'
invasione
tedesca
.
La
Germania
non
possiede
affatto
armi
di
aggressione
moderna
»
.
Il
cancelliere
tedesco
infatti
cerca
di
dimostrare
lo
spirito
pacifico
della
Germania
con
il
quale
non
concordavano
invece
né
la
documentazione
degli
armamenti
tedeschi
cui
accennava
ultimamente
il
ministro
Boncour
,
né
altri
discorsi
,
articoli
e
discussioni
ginevrine
.
Ad
ogni
modo
le
parole
di
Hitler
sono
chiare
e
sono
rivolte
al
futuro
.
La
Germania
non
vuole
nuove
guerre
.
«
L
'
esplosione
di
una
tale
pazzia
senza
fine
,
dice
Hitler
,
porterebbe
al
crollo
dell
'
odierno
ordine
statale
e
sociale
europeo
»
.
La
rivoluzione
hitleriana
dovrebbe
avere
,
secondo
il
suo
capo
,
lo
scopo
di
salvar
la
società
restaurando
la
proprietà
contro
il
comunismo
,
dando
lavoro
al
popolo
ed
unità
alla
rappresentanza
politica
.
Nient
'
altro
,
poiché
i
tedeschi
dichiarano
,
malgrado
le
recenti
lotte
,
di
voler
vivere
in
pace
con
tutti
(
«
rispettiamo
,
dice
Hitler
,
i
diritti
degli
altri
e
ci
auguriamo
dal
profondo
del
cuore
di
vivere
con
essi
in
pace
ed
amicizia
»
)
,
e
dichiarano
inoltre
,
malgrado
la
campagna
razzista
,
di
negare
ogni
idea
del
germanesimo
imperialista
(
«
noi
nazionalsocialisti
,
aggiunge
Hitler
,
non
conosciamo
nemmeno
il
concetto
di
germanizzazione
,
mentalità
spirituale
del
secolo
passato
e
che
fece
credere
che
di
polacchi
e
francesi
si
potesse
fare
dei
tedeschi
»
)
.
Questa
rettifica
dei
principi
del
germanesimo
del
secolo
scorso
(
principi
che
alimentarono
l
'
ascesa
del
partito
hitleriano
e
che
furono
sempre
l
'
argomento
più
efficace
dell
'
oratoria
dei
capi
)
è
ben
salutare
perché
spiana
non
poco
la
via
della
pace
.
Appunto
per
questa
promettente
conclusione
,
cogliamo
volentieri
l
'
impressione
che
oltre
al
messaggio
del
signor
Roosevelt
,
abbia
concorso
alla
sostanza
ed
alla
tonalità
delle
dichiarazioni
hitleriane
,
la
politica
moderatrice
del
capo
del
governo
italiano
,
nei
riguardi
della
Germania
.
La
parte
più
positiva
e
di
più
immediato
interesse
del
felice
messaggio
di
Roosevelt
è
quella
finale
che
si
riferisce
a
ciò
che
le
nazioni
devono
fare
per
disarenare
la
Conferenza
del
disarmo
.
Roosevelt
molto
semplicemente
propone
l
'
immediata
accettazione
del
piano
Mac
Donald
con
precisa
determinazione
delle
fasi
ulteriori
del
disarmo
:
nel
frattempo
nessuna
nazione
potrà
aumentare
gli
armamenti
,
ma
tutte
dovranno
stringere
un
patto
di
non
-
aggressione
.
Sulla
nazione
che
resista
cada
la
responsabilità
di
un
così
disastroso
fallimento
.
Hitler
,
da
parte
sua
,
si
dichiara
pronto
al
disarmo
assoluto
(
se
su
ciò
si
accordano
tutte
le
nazioni
)
o
per
lo
meno
al
Patto
a
quattro
inteso
come
«
uno
stretto
rapporto
di
fiducia
e
di
lavoro
delle
quattro
grandi
potenze
europee
»
.
Pur
essendo
,
secondo
Hitler
,
le
altre
nazioni
contravvenute
al
trattato
di
Versailles
(
il
quale
,
al
contrario
,
secondo
l
'
interpretazione
francese
prescriverebbe
non
il
disarmo
ma
semplicemente
di
«
rendere
possibile
la
preparazione
di
una
limitazione
generale
degli
armamenti
di
tutte
le
nazioni
»
-
parte
V
)
,
la
Germania
è
disposta
ad
aderire
ancora
al
piano
Mac
Donald
.
La
Germania
insiste
nella
sua
domanda
di
parità
di
diritto
e
chiede
che
la
distruzione
del
suo
sistema
di
difesa
sia
condizionato
al
riconoscimento
della
parità
qualitativa
.
Accetta
inoltre
il
periodo
di
trapasso
di
cinque
anni
per
la
costituzione
della
sua
sicurezza
,
purché
dopo
il
periodo
si
realizzi
la
parità
.
Queste
sono
le
premesse
delle
prossime
discussioni
di
Ginevra
.
Il
messaggio
di
Roosevelt
è
stato
accolto
con
vera
unanimità
di
consensi
,
sia
per
la
positività
delle
proposte
come
per
l
'
alto
senso
morale
che
lo
anima
.
«
Una
vittoria
egoista
,
ha
scritto
Roosevelt
,
è
sempre
destinata
ad
essere
una
disfatta
finale
»
.
«
La
nostra
azione
,
ha
soggiunto
,
deve
essere
concertata
e
basata
su
ciò
che
è
il
massimo
bene
per
il
maggior
numero
»
.
Questi
due
principi
etici
non
possono
non
riscuotere
il
generale
consenso
ed
essere
garanzia
di
successo
.
L
'
Italia
ha
aderito
per
prima
«
nel
modo
più
cordiale
»
ed
il
capo
del
governo
ha
risposto
dicendo
che
intende
collaborare
«
per
giungere
nel
modo
più
sollecito
ed
efficace
alla
realizzazione
dell
'
iniziativa
americana
»
.
Anche
il
presidente
del
Consiglio
francese
ha
dichiarato
di
aver
«
preso
conoscenza
con
la
più
sincera
soddisfazione
del
messaggio
»
e
di
trovarsi
«
d
'
accordo
per
intraprendere
un
'
efficace
azione
dal
successo
della
quale
dipende
il
mantenimento
della
pace
»
.
Così
von
Hindenburg
e
gli
altri
capi
di
Stato
.
Della
salutare
influenza
delle
proposte
di
Roosevelt
e
della
rinuncia
di
Hitler
a
porre
difficoltà
al
piano
di
Mac
Donald
,
si
è
avuto
un
immediato
sentore
a
Ginevra
dove
,
alla
ripresa
della
conferenza
,
Nadolny
dichiarava
che
«
il
governo
tedesco
accetta
il
progetto
Mac
Donald
di
disarmo
non
solo
come
base
di
discussione
,
ma
addirittura
come
base
della
stessa
prossima
convenzione
sul
disarmo
»
.
A
queste
chiare
parole
si
aggiungevano
quelle
beneauguranti
del
delegato
francese
:
«
L
'
ostacolo
è
spezzato
,
la
via
è
libera
ed
alla
conferenza
non
resta
che
lavorare
»
.
Con
il
nuovo
spirito
di
collaborazione
il
successo
non
potrà
venir
meno
.
StampaQuotidiana ,
In
treno
un
nostro
compagno
s
'
ammala
di
tonsillite
ed
ha
la
febbre
alta
.
Facciamo
avvertire
a
una
stazione
,
che
telefonino
per
un
medico
alla
stazione
seguente
;
alla
città
dopo
,
durante
la
fermata
,
sale
un
medico
a
visitare
il
malato
;
è
una
donna
.
Da
una
stazione
all
'
altra
si
telegrafano
che
su
quel
treno
viaggia
un
malato
,
che
gli
va
fatta
la
tale
iniezione
,
ecc
.
,
e
alla
fermata
dopo
c
'
è
sempre
un
medico
,
-
una
donna
,
e
tutte
giovani
,
e
alcune
anche
carine
-
con
la
cuffietta
bianca
e
il
camice
sotto
il
cappotto
,
e
la
valigetta
degli
strumenti
,
e
spesso
un
infermiere
dietro
.
Vicino
a
Mosca
visitiamo
il
colcos
Makarov
,
dedicato
a
un
valoroso
commissario
che
morì
ucciso
dai
kulaki
durante
la
lotta
per
la
collettivizzazione
.
Lo
fucilarono
nel
cortile
d
'
un
antico
monastero
,
ora
trasformato
in
un
museo
di
biologia
.
I
diritti
di
proprietà
qui
sono
diversi
da
quelli
che
abbiamo
riscontrato
nell
'
Azerbaigian
,
data
la
differenza
di
clima
e
di
coltura
(
qui
la
terra
produce
meno
,
e
la
proprietà
privata
è
fissata
a
1/2
ettaro
per
lavoratore
,
invece
che
1/4
)
.
Le
giornate
mi
pare
vengano
pagate
un
po
'
meno
qui
che
là
,
calcolando
approssimativamente
perché
i
pagamenti
in
natura
sono
di
prodotti
diversi
.
E
questa
è
una
nuova
smentita
a
chi
parla
di
sfruttamento
russo
rispetto
agli
altri
popoli
dell
'
Unione
.
Il
vecchio
colcosiano
Vassili
Varghin
,
ha
una
casetta
a
un
piano
,
con
gerani
alle
finestre
,
modesta
,
pulita
,
con
molte
fotografie
familiari
,
riproduzioni
di
quadri
classici
russi
,
e
una
antica
icona
.
Le
mele
ci
perseguitano
.
A
un
sovkos
del
Caucaso
il
direttore
ce
ne
ha
fatto
fare
una
scorpacciata
,
a
un
colcos
poco
distante
ce
ne
hanno
regalato
una
cassetta
a
testa
,
e
qui
a
Mosca
la
nostra
camera
d
'
albergo
è
ingombra
di
fruttiere
straripanti
.
Nei
ricevimenti
troviamo
tavole
imbandite
con
fruttiere
di
mele
e
bottiglie
di
succo
di
mela
.
Andiamo
al
cinema
e
cosa
vediamo
.
Mele
!
Il
nuovo
film
che
danno
in
questi
giorni
a
Mosca
:
La
luce
a
Koordi
,
è
una
drammatica
vicenda
sulle
lotte
per
la
collettivizzazione
agricola
in
Lettonia
.
Il
film
è
a
colori
(
come
,
credo
,
tutti
i
nuovi
film
sovietici
)
,
e
ci
sono
molte
visioni
di
frutteti
colcosiani
,
carichi
di
pomi
maturi
.
Già
in
un
film
in
rilievo
abbiamo
visto
rami
carichi
di
mele
che
parevano
arrivarci
in
bocca
.
Mi
pare
che
ci
siano
più
mele
nel
cinema
sovietico
che
rivoltellate
nel
cinema
americano
.
Il
nostro
albergo
è
pieno
di
cinesi
:
delegazioni
di
militari
,
di
studenti
,
di
intellettuali
,
hanno
dei
magnifici
distintivi
con
una
testa
di
Mao
-
Tse
-
Tung
dorata
su
sfondo
rosso
incorniciato
d
'
oro
.
Ogni
volta
che
incontriamo
i
cinesi
ci
fermiamo
a
fare
scambi
di
distintivi
.
Lo
scambio
dei
distintivi
,
usanza
nata
nei
festival
internazionali
della
gioventù
,
è
diventata
la
classica
manifestazione
di
fraternità
,
quando
la
disparità
di
lingue
rende
difficile
la
conversazione
.
S
'
avvicina
il
7
novembre
,
e
l
'
albergo
si
va
affollando
di
delegazioni
di
tutti
i
paesi
.
Per
le
scale
e
gli
ascensori
c
'
è
un
continuo
saliscendi
di
compagnie
di
personaggi
incappottati
.
Tutto
solo
,
per
le
hall
e
i
corridoi
,
gira
Kim
Ghi
-
u
,
l
'
eroe
coreano
.
Kim
Ghi
-
u
ha
diciott
'
anni
,
è
alto
un
metro
e
mezzo
,
ha
abbattuto
11
aerei
americani
in
20
giorni
,
porta
sulla
divisa
due
enormi
medaglie
di
eroe
della
Repubblica
Popolare
Coreana
,
ha
la
testa
rasa
,
la
tonda
faccia
da
ragazzo
su
cui
s
'
aprono
due
occhietti
a
mandorla
.
Il
suo
paese
è
in
una
zona
montagnosa
e
poverissima
della
Corea
del
Nord
;
nella
riforma
agraria
suo
padre
ricevette
un
pezzetto
di
terra
in
una
zona
migliore
;
lui
poté
cominciare
ad
andare
a
scuola
,
ma
scoppiò
la
guerra
;
aveva
sedici
anni
e
s
'
arruolò
volontario
.
Con
quella
faccia
impassibile
di
bambino
col
raffreddore
,
in
cui
appena
appena
traluce
un
raggio
di
malizia
,
imparò
a
puntare
la
sua
mitragliatrice
contro
gli
aerei
che
si
buttano
in
picchiata
e
a
colpirli
nel
motore
.
Così
ne
ha
buttati
giù
undici
ed
ha
due
volte
il
titolo
di
eroe
.
Due
anni
fa
non
conosceva
che
il
suo
villaggio
sperduto
.
Ora
ha
conosciuto
il
fronte
,
i
mitragliamenti
aerei
,
l
'
emozione
di
incendiare
un
aereo
americano
che
voleva
devastare
il
suo
paese
;
è
stato
a
Berlino
,
a
Praga
,
a
Mosca
,
in
mezzo
mondo
.
E
sono
sicuro
che
dappertutto
,
in
ogni
situazione
,
è
rimasto
così
,
con
quest
'
aria
del
più
piccolo
della
classe
,
con
gli
occhiuzzi
socchiusi
e
,
ogni
tanto
,
un
piccolo
sorriso
tutto
suo
.
Visita
all
'
Università
di
Mosca
in
costruzione
.
Nel
1952
l
'
edificio
principale
sarà
finito
ed
entrerà
in
funzione
.
La
sua
parte
centrale
,
di
32
piani
,
è
alta
240
metri
,
e
da
essa
si
dipartono
quattro
braccia
di
18
piani
.
La
costruzione
è
durata
due
anni
e
mezzo
.
Gran
parte
della
mano
d
'
opera
è
costituita
da
brigate
di
volontari
;
partecipano
al
lavoro
anche
reparti
del
genio
militare
.
Circa
metà
dei
lavoratori
sono
giovani
,
e
molti
di
loro
,
contemporaneamente
,
studiano
e
danno
gli
esami
per
essere
i
primi
ad
abitare
e
frequentare
l
'
Università
da
loro
costruita
.
Il
grattacielo
dell
'
Università
sarà
al
centro
d
'
una
intera
nuova
città
d
'
un
milione
e
mezzo
d
'
abitanti
,
che
sarà
costruita
tra
cinque
anni
.
Per
far
onore
alla
loro
Università
,
i
sovietici
non
risparmiano
lo
sforzo
:
l
'
edificio
sarà
ornato
di
marmo
,
di
granito
,
di
ceramica
,
di
vetro
dorato
;
ci
saranno
grandi
statue
e
orologi
sulle
torri
;
colonne
d
'
alabastro
,
pavimenti
di
granito
,
pareti
trasparenti
coi
mosaici
luminosi
,
e
una
gran
vasca
in
cui
il
grattacielo
si
specchierà
tutt
'
intero
.
Nelle
quattro
braccia
,
ci
saranno
le
abitazioni
;
visitiamo
i
modelli
di
stanze
degli
studenti
e
di
appartamenti
dei
professori
.
È
già
buio
.
Alla
luce
dei
riflettori
,
sulle
altissime
impalcature
c
'
è
chi
lavora
ancora
.
L
'
ingegnere
direttore
dei
lavori
ci
guida
per
l
'
accidentato
terreno
dei
cantieri
.
Tira
un
'
aria
freddissima
.
Vediamo
un
gruppo
di
soldati
che
si
scaldano
accoccolati
attorno
a
un
fuoco
,
a
ridosso
d
'
una
roccia
.
È
il
reparto
che
lavora
alla
costruzione
delle
«
Alpi
artificiali
»
:
un
giardino
di
piante
alpine
che
stanno
piantando
tra
grandi
massi
di
roccia
finlandese
.
Ci
arrampichiamo
nel
buio
,
sulle
rocce
:
qua
è
l
'
Elbrus
,
là
l
'
Himalaja
,
ecco
il
Monte
Bianco
,
la
Cordigliera
delle
Ande
.
Il
vento
freddo
agita
obliquo
il
fuoco
dei
soldati
,
e
al
guizzo
di
quella
fiamma
tutto
per
un
attimo
appare
favoloso
e
inconcepibile
:
quell
'
edificio
smisurato
nel
buio
,
in
cima
al
quale
futuri
allievi
s
'
arrampicano
per
ricoprirlo
di
marmo
e
di
granito
,
le
piantine
di
genziana
tra
quei
pietroni
dai
nomi
pieni
di
vertiginose
lontananze
,
le
parole
in
lingue
sconosciute
e
piene
anch
'
esse
di
lontananza
di
quei
soldati
intorno
al
fuoco
.
È
un
attimo
;
poi
tutto
ritorna
logico
,
prevedibile
,
esattissimo
.