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Belluno , 7 novembre - Il lago artificiale di Erto , nel cui bacino le acque sono state immesse da appena un mese , ha già cominciato a provocare disastri . Un ' enorme frana è precipitata in questi giorni entro il lago , staccandosi dai terreni sulla sponda sinistra in località Toc , poco più su della grande diga del Vajont . Un appezzamento di bosco e prato della lunghezza di circa 300 metri ha ceduto all ' erosione delle acque ed è piombato entro il lago . Non si conosce con esattezza la quantità del materiale franato ; certo si tratta di diverse centinaia di metri cubi . Si sa soltanto con precisione che esso ha fatto alzare il livello dell ' acqua di un metro e 10 centimetri . I valligiani di Erto hanno fatto ieri un altro calcolo : hanno preso come riferimento l ' altezza del vecchio ponte sul Colomber che è alto 138 metri . Il materiale franato ha quasi raggiunto la spalletta del ponte , una trentina di metri sotto . Il conto è per ciò fatto . Per puro caso il disastro non ha registrato qualche tragedia . All ' ora in cui si è verificato il crollo , circa verso le 13 , ragazzi e valligiani sono soliti aggirarsi con rudimentali zattere nel punto del lago dove la frana è precipitata per trarre in salvo dalle case , per metà sommerse , travi e materiale vario . Quel giorno non c ' era nessuno . La frana ha fatto sollevare un ' immensa colonna di acqua che ha spezzato come fuscelli i muri delle case ancora in piedi . Ora non si vedono più e sembra che non siano mai esistite . Gli abitanti del Toc , colti alla sprovvista , sono stati presi dal panico tanto più che alcune case sono proprio vicine al luogo franato . Pure alla sprovvista sono stati presi i tecnici e i dirigenti della S.A.D.E. che , accorsi sul luogo , hanno fatto evacuare le famiglie , che sono fuggite trascinandosi dietro i pochi capi di bestiame . Quasi tutte le case della zona presentano numerose fenditure . Ovunque si temono altri cedimenti . Le spie di vetro fatte apporre sui muri si sono spezzate rivelando l ' insidia che sovrasta la zona . A ridosso del lago , per una lunghezza di 600 metri , i reticolati della S.A.D.E. sbarrano la strada e numerosi cartelli avvisano della presenza di un grave pericolo . Oggi due lussuosissime macchine sono giunte sul posto , quelli che la popolazione chiama « i pezzi grossi » della S.A.D.E. Apparivano preoccupati ; hanno controllato , osservato ; se ne sono andati all ' avvicinarsi dei valligiani . « Non vogliono rispondere alle loro domande . S ' interessano solo del loro lago , di noi non importa loro proprio niente » . Questi sono stati gli amari , ma quanto veritieri , commenti degli abitanti della zona . Si era dunque nel giusto quando , raccogliendo le preoccupazioni della popolazione , e memori delle precedenti esperienze di Vallesella e Forno di Zoldo , si denunciava l ' esistenza di un sicuro pericolo costituito dalla formazione del lago . E il pericolo diventa sempre più incombente . Sul luogo della frana il terreno continua a cedere , si sente un impressionante rumore di terra e sassi che continuano a precipitare . E le larghe fenditure sul terreno , che abbracciano una superficie di interi chilometri non possono certo rendere tranquilli .
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Quetta ( Pakistan ) - « Vivo o morto » , aveva detto giorni fa il presidente George Bush in uno dei suoi brevi infuocati appelli all ' America e al mondo , sollecitando una rapida clamorosa conclusione della caccia al principe del terrorismo , Osama Bin Laden , e presunto responsabile numero uno del « più atroce crimine contro l ' umanità » di tutti i tempi . Non c ' è bisogno di una taglia sopra la sua testa , come per Jessie James nel Far West , per incentivare le migliaia di investigatori che dall ' 11 settembre stanno indagando senza sosta , con accanimento , ma finora senza tangibili risultati . La supposizione che Bin Laden abbia lasciato il Paese o sia stato trafugato altrove ( ad esempio attraverso lo stretto corridoio montano che lambisce , all ' estremità , il territorio cinese ) è stata accolta con scetticismo dai segugi più scaltri e meglio informati . Fino ad ora quasi tutte le piste confluiscono nel cuore tenebroso dell ' Afghanistan , un Paese così ricco di anfratti , spelonche , caverne , cunicoli , canyon , voragini e miniere abbandonate che sembra fatto apposta per offrire rifugio permanente a un uomo in fuga . Come territorio prediletto di caccia , è stata scelta la zona attorno a Kandahar , capoluogo della provincia omonima sudoccidentale , che dall ' autunno del ' 96 è la sede del governo talebano e del suo inclito capo , il mullah Mohammad Omar . È stato proprio quest ' ultimo a convincere Bin Laden a lasciare Kabul , città insidiosa e politicamente equivoca , e a trasferirsi nella capitale del Sud - ovest , dove avrebbe trovato terreno fertile per il suo fervore di apostolo dell ' integralismo . E in qualche modo tutto questo ha funzionato fino al mese scorso : ma dall ' 11 settembre , le mura di Kandahar non son più bastate a proteggerlo , né le sue moschee , né le fittissime siepi dei suoi fioriti giardini . Prima ancora che il mullah Omar glielo consigliasse , Bin Laden ha messo al sicuro la sua famiglia in luoghi estremi e a « prova di bomba » , fuori dall ' eventuale traiettoria degli ordigni punitivi di Bush : un gruppetto di sfollati Vip - vien suggerito con ironia - , di cui fanno parte le quattro mogli - l ' ultima sposata recentemente - e la numerosa prole . Se è rimasto in zona , Bin Laden non deve essere troppo lontano dalla sua famiglia : ma nel tentativo di neutralizzare e prevenire le segnalazioni degli spioni , si sposterebbe di continuo , con moto perpetuo , da un nascondiglio all ' altro . Ma non è improbabile che abbia scelto altri luoghi dove la sua presenza sarebbe meno sospetta . L ' Afghanistan lo conosce bene ( quasi certamente meglio della sua patria , l ' Arabia Saudita ) essendoci stato negli anni Ottanta per combattere contro i russi a fianco dei mujaheddin ; ed essendovi tornato nel ' 96 , quando lo scacciarono - lui , il munifico finanziatore del terrorismo islamico - dal Sudan . La maggior parte dei capi - guerriglieri della guerra santa contro gli sciuravi , i russi , non sono più - come si dice - « sulla piazza » : e se lo fossero , dubito che vogliano inginocchiarsi accanto a lui cinque volte al giorno per pregare Allah o spartire con lui , la sera , riso , montone e latte cagliato . Ahmad Shad Massud , il leone del Panshir , è morto assassinato due giorni prima dell ' attacco alla due Torri ; il comandante Abdul Haq - altro vero eroe - peregrina da un Paese all ' altro , in esilio permanente ; il generale uzbeko Dustan , uomo per tutte le stagioni , è chissà dove ; altri oscuri eroi della Resistenza ai sovietici si sono eclissati per sempre , senza medaglie . Il solo uomo che potrebbe tendergli la mano e oserebbe farlo è Gulbuddin Heckmatyar , ex leader dello Hezb - i - Islami ( uno dei sette partiti della Santa Alleanza contro i sovietici ) , che dall ' Iran - dove si trova - si è detto pronto a tornare e ad abbracciare la causa dei talebani . Accomunati dalla stessa indole , sono dotati , ambedue , di sentimenti gentili : quand ' era studente di ingegneria a Kabul , durante il regime filosovietico , Gulbuddin ( è stato lui stesso a raccontarmelo ) portava in tasca la cartavetro per raschiar via il rossetto dalle labbra delle studentesse più audaci . Avendo amici ovunque , Bin Laden avrebbe potuto scegliere il rifugio da lui ritenuto più sicuro in ognuna delle trentadue province dell ' Afghanistan . Era a Jalalabad , nel Ningrahar , il 12 settembre del ' 96 quando i talebani la misero a ferro e a fuoco ; ed era a Kabul , due settimane dopo , quando cacciarono il governo legittimo di Rabbani - Massud . Era a Khost , a fine agosto del ' 98 , quando i missili americani colpirono un campo d ' addestramento per ucciderlo e ne uscì illeso . « Vivo o morto » , ha detto il presidente Bush . C ' è chi suggerisce che , se lo vogliono vivo , la caccia all ' uomo deve assumere ritmi più veloci : e questo perché Bin Laden - 44 anni - non gode ottima salute . Afflitto da un mal di schiena che lo perseguita da anni , il finanziatore del terrorismo islamico cammina a fatica e deve appoggiarsi ad un bastone . Ma non basta . Ha problemi di bassa pressione e disturbi ai reni . Secondo notizie di cronaca impossibili da verificare , è stato necessario l ' intervento urgente di un medico iracheno che si è precipitato in Afghanistan per assisterlo . Ha destato perciò sorpresa l ' annuncio ( se non si tratta di pura fantasia ) che con tanti acciacchi il miliardario arabo - saudita abbia voluto inserire nel suo harem una nuova , incontaminata perla . Non diversamente dalla salute , anche il suo favoloso patrimonio economico - secondo fonti del più stretto entourage talebano - sarebbero in declino : al punto - scrivono i giornali - da non poter più accedere per mancanza di fondi alle organizzazioni finanziarie internazionali che hanno finora sostenuto il movimento integralista islamico da lui fondato nel ' 98 , Al Qaeda . Ma non si può escludere il sospetto che all ' origine di queste voci vi sia il tentativo di sgretolare l ' « invulnerabilità » e « sacralità » ( per i suoi seguaci ) del personaggio . Gli afghani in fuga da Kandahar non hanno molto da raccontare quando , esausti e bianchi di polvere , raggiungono il Passo di Chaman , dopo una marcia ( più spesso a piedi ) di 120 chilometri . Stanno ammucchiati sotto il sole per ore nella terra di nessuno mentre le guardie di frontiera pachistane esaminano i documenti . Solo chi ha le carte in regola , può andare oltre , appena fuori dalla minaccia della guerra . Solo qualche giorno fa , trecento profughi ( in maggioranza donne e bambini ) erano riusciti a superare in qualche modo , semiclandestinamente , la barriera e avevano trovato temporaneo rifugio in un « campo » di vecchi afghani , scappati negli anni Ottanta , durante l ' invasione sovietica . Ma la polizia pachistana li ha snidati , caricati sui camion e poi scaricati nella terra di nessuno , a Chaman . Le donne piangevano , i bambini strillavano . Niente da fare . Tra le sue molte tragedie , il Pakistan ha anche questa . Ci sono già tre milioni di profughi nei termitai umani lungo il confine : e quei trecento , cui se ne aggiungeranno fatalmente altre centinaia di migliaia nei prossimi mesi , erano già di troppo . A Chaman ero stato altre volte , negli anni Ottanta . Non era difficile passare la frontiera perché i militari pachistani davano man forte ai guerriglieri afghani , contro i russi . Il difficile era raggiungere Kandahar , perché l ' unica strada era sorvegliata dalle truppe sovietiche ed esposta alle mitragliate dei Mig che la sorvolavano regolarmente . Per noi cronisti non esisteva altra soluzione che affrontare la crosta del deserto su una moto , nel mio caso una Yamaha , guidata da uno spericolato mujaheddin . « Desert very big » , mi aveva detto prima che mi mettessi a cavalcioni sul sellino : davvero grande quel deserto . E lo stato delle mie ossa , quando arrivai a destinazione dopo quindici - sedici ore di marcia , non era quello della partenza . Era il maggio dell ' 86 . Dopo sei anni e mezzo di guerra - aveva scritto - Kandahar era ancora , tra i grandi capoluoghi di provincia afghani , la città discola e impertinente che l ' Armata Rossa non era mai riuscita completamente a soggiogare . Si trovava in una situazione di comproprietà militare tra le forze del regime ( filosovietico ) e i vari gruppi della Resistenza . La potevi visitare solo di notte , quando i russi si ritiravano nelle caserme di periferia e lei tornava in mano alla sua gente , ai mujaheddin . « Kandahar è nostra - dicevano - , almeno fino all ' alba » . Adesso è del mullah Omar , dei talebani , di Osama Bin Laden . E gli afghani se ne scappano via , per sempre .
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Poeta , Non intendo dedicarvi una epistola d ' aragoniana , né invocare la santa lampa perché la mia prosa possa piacervi di più , ma soltanto intendo rivolgervi poche parole che io sono sicuro esprimeranno il pensiero della grande maggioranza del Fascismo italiano e , posso anche azzardarmi a dire , del popolo italiano . Chi vi rivolge la parola in questo momento , così grave di eventi per l ' avvenire , non è uno degli ultimi venuti , uno dei tanti cioè che nell ' ora della vittoria e del trionfo , si fanno largo , per vantare virtù e meriti che non posseggono , pensieri ed azioni che mai sognarono o compirono . Combattente quando la Patria chiamava a raccolta i suoi figli , strenuo difensore dei diritti di Fiume , quando voi , con un gesto , che la storia consacra come la ispirazione del Genio baciato dalla Virtù , romanamente risolveste la questione della città Martire , assertore , tra le folle avvelenate dal virus bolscevico , del Diritto immortale della Patria che in voi si personificava , messo in carcere per obbedienza ai Vostri comandi , che erano gli ordini della nazione stessa , quando contro di voi e contro Fiume la canea aizzata dall ' infausto Cagoia gridava per le vie d ' Italia « morte a D ' Annunzio » , sollecitatore ed organizzatore dei soccorsi alla città santa e sofferente , ospite dei bambini fiumani , che la dura miseria cacciava dalle mura cittadine , io posso , o Poeta , dirvi la parola libera di un uomo libero ! E gli uomini liberi e voi siete tale ascoltano , meditano , accettano la parola di chi liberamente parla . Poeta , Noi viviamo a disagio , e dilacerante è la nostra perplessità , perché non arriviamo a comprendervi , non arriviamo a conoscere il vostro vero , reale , intimo pensiero ! Un giorno sentiamo che eravate con noi , solidale con l ' opera nostra , plaudente all ' Idea per cui combattemmo e per cui soffrimmo ! Nostri erano i giovani che passarono i confini per arruolarsi nei vostri legionari , e nostri quanti in Italia sostenevano quando altri o tacevano o cospiravano all ' ombra contro la putrida marea bolscevica , le ragioni della guerra liberatrice e le ragioni profonde della marcia di Ronchi . Allora voi , o Poeta soldato e noi umili vostri gregari , eravamo una anima sola , un solo pensiero ! Una l ' Idea che infiammava le nostre anime , uno il fine a cui concordi si mirava con l ' arco possentemente teso della nostra volontà forte e tenace ! Ma ora ... ? Ecco : quelli che ieri si servirono delle masse abbrutite dall ' odio e cioè i vari Baldesi e i vari Zaniboni per vilipendere e la vostra Persona e la causa per cui sopportaste la mutilazione incancellabile , oggi scendono tra le folle che , nuovamente con veste diversa , ma sempre turpe l ' intento , tentano di ingannare e dicono : il Poeta Soldato è con noi ! Ecco : quei che in nome della repubblica , e non di Mazzini , più si affannarono nella sfrenata corsa per oltrepassare il socialismo bolscevizzante nell ' ora sciagurata della criminale follia matricida , adesso , anch ' essi scendono tra le folle e dicono : il Poeta è con noi , per la repubblica ! Ecco : una qualunque fallofora anch ' essa si agita e corre per le vie e vocia : il Poeta è con me ! Il suo verbo è in me ! Ecco : gli espulsi del fascismo , i socialisti che negarono la suprema idealità della Patria , i ferrovieri che pur fino ad ieri maledirono alla guerra liberatrice , e si fecero istrumenti di bolscevismo , si costituiscono in sindacato sotto i vostri auspici e invocano voi come loro ispiratore e loro Duce ! Poeta ! Noi ricordiamo che un giorno giorno non lontano - plaudiste entusiasta dal Palazzo di città alle Camicie Nere che , conquistatrici di Palazzo Marino , avevano deterso l ' onta che un partito senza nome , bastardo tra i partiti d ' Italia e negazione della Patria , aveva per un lungo periodo di anni , inflitto alla città generosa delle Cinque Giornate ! Ricordiamo che al trionfo del Fascismo ascendente al Viminale e al Campidoglio , duce Mussolini , non mancò prima fra le prime la vostra parola di solidarietà , di adesione e di plauso , esultante per la Vittoria di quell ' Idea per cui voi foste Poeta , soldato , Comandante . E ci chiediamo : qual ' è ora il pensiero vero del Poeta ? Può egli darsi che Voi oggi vi sentiate solidale con quelli che ieri furono i nemici implacabili della nazione per la quale voi deste il meglio della vostra anima superiore ? Si può egli ammettere che la vostra chiaroveggenza , che vede il futuro e legge chiaro nei destini nostri , non comprenda i fini a cui tendono i sollecitatori di un vostro consenso fini che non sono quelli pei quali voi e noi aspramente combattemmo ? Poeta ! O costoro dicono il vero e non sapremmo , se non supponendo in voi uno spirito irto di insuperabili contraddizioni , come conciliare il discorde vostro pensiero di cui essi presumono essere gli esponenti o essi , ad arte , fraintendono , alterano , svisano la vostra parola e allora voi dovete sentire la necessità di uscire da un silenzio che perpetua l ' equivoco , a nulla giova , tutto e tutti danneggia ! Poeta ! Quelli che ieri ed oggi furono e sono i vostri leali amici vi dicono : parlate ! Lontano dagli avvenimenti , straniero al fervore della lotta , relegato lassù nel vostro romitaggio di Gardone , forse non vi giungono che le eco confuse ed alterate della nostra battaglia quotidiana e per la solitudine in cui vi siete ritirato e che erige un diaframma tra la realtà quale è e voi , potete essere facilmente avvinto da tesi partigiane e da informazioni di persone a cui preme alterare i fatti , svisandoli secondo il loro desiderio ! Scendete fra noi e vedete ! Fra noi immergendovi nella pulsante vita nostra , nelle lotte quali sono e come si combattono sentirete fremere l ' idea eternamente giovane che fu la vostra idea , straniera affatto ai vari Baldesi e Zaniboni ed altri , in questo momento umilianti a Canossa in nome della Patria a cui non credono e non amano ! Noi siamo quelli che ieri fummo , che domani saremo ! Parlate , Poeta ! Parlate e non trascorra lungo il tempo e non si sparga altro sangue fraterno e non si faccia di voi segnacolo in vessillo per combatterci in nome vostro come quando si copiò la parola schiavismo come se detta da voi e che sei lunghi mesi dopo , in cui tanto sangue fu sparso , finalmente smentiste ! Già si affilano le armi e si accendono formidabili le ire tra i legionari ed i fascisti e sangue fraterno scorre ancora per le vie d ' Italia come avvenne in questi giorni a Milano gli uni asserendo di parlare e di agire in nome vostro , gli altri energicamente negando ! Parlate ! Come fummo con voi sempre , domani saremo contro di voi se indugia il vostro silenzio o se la parola Vostra che deve essere parola libera e leale dirà : il Poeta Soldato è con i negatori della Patria che insidiarono di dentro nell ' ora tremenda mentre il nemico la offendeva di fuori , ai confini . E con voi saremo se la vostra parola sarà la parola con noi solidale , consacrante l ' opera nostra di combattenti , di italiani che nel Fascismo hanno raccolto le energie giovani e rinnovatrici della Patria e che col Fascismo assunto in Campidoglio , intendono rinnovellare la Patria , come voi la cantaste , come voi la sognaste , per la quale foste soldato e martire per la incancellabile stigmata che vi addita all ' ammirazione e all ' affetto degl ' italiani . Parlate , Poeta , O con noi , o contro di noi ! Chiarite la situazione e ognuno segua la sua via ! Ma una sola , o poeta , è la via della vita quella che guida all ' incremento e alla gloria d ' Italia , quella cioè che noi da tempo abbiamo scelta e percorsa , segnando le tappe del nostro aspro cammino con altrettanti eroi che col loro sangue fissarono le luminose pietre miliari dell ' ascender nostro e delle fortune della Patria !
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Belluno , 20 febbraio - Una delegazione guidata dal dott. Da Borso , presidente dell ' Ente provinciale conferirà a Roma con i ministri dei Lavori pubblici e delle Finanze ai quali verranno sottoposte le richieste che il Consiglio provinciale ha unanimemente formulato sui problemi idroelettrici , alcuni dei quali sono arrivati a una tale acutizzazione che comportano per il governo una chiara e decisa scelta finale . Se finora le autorità governative hanno potuto impunemente svolgere una politica di promesse per i montanari e di concessioni per la società elettrica ora , per quanto riguarda la provincia di Belluno , siamo allo scontro finale : ora il governo non dovrà soltanto dire ma fare adoperare le leggi come devono essere adoperate , poiché anche i suoi migliori sostenitori periferici - amministratori , deputati , parroci - hanno rinunciato a continuare a difendere apertamente il suo operato , perché è a tutti fin troppo chiaro che esso giova soltanto al potente monopolio . La discussione avvenuta in Consiglio provinciale sulla mozione del compagno on. Bettiol ha dimostrato l ' agitazione , l ' imbarazzo dei d.c. locali e il loro tentativo , seppur strumentale , dettato dall ' esigenza di differenziare almeno a parole il loro operato da quello del governo per esigenze propagandistiche di partito e personali , di risalire una china che erano andati scendendo pian piano , rendendoli complici della volontà del governo in fatti incresciosi e talvolta dolorosi , di fronte ai quali ci si limitava a deplorare , ma non si era in grado d ' imporsi , di protestare , di ottenere il proprio diritto . A scuotere le coscienze ci sono voluti fatti e avvenimenti che i d.c. non potevano prevedere . C ' è voluta la ribellione dei cittadini di Domegge , che si son sentiti indegnamente beffati dopo anni di fiduciosa attesa per la loro frazione di Vallesella , rovinata dal bacino SADE . Il governo e le autorità provinciali dovevano appoggiare e incoraggiare l ' azione intrapresa da quei cittadini per la difesa del loro paese ; invece si lasciava alla SADE ogni possibilità di sottrarsi sempre ai propri obblighi di legge , anche quando la stessa ha allungato una settantina di milioni per riparare le case danneggiate , a titolo però di elargizione e non di preciso indennizzo di responsabilità . Un atto inutile , perché le case continuano a dissestarsi , ma che l ' avarissima SADE , come dice una relazione del Comune di Domegge , « ha praticato come un ' iniezione di morfina al malato dolorante , solo per addormentarne il dolore , ma non è servita per addormentare la coscienza della popolazione » mentre , continua sempre la relazione « in altra sede si , la iniezione è servita e qualcuno si è addormentato » . È questa , una precisa accusa al potere costituito . L ' amarezza e la sfiducia dei cittadini di Domegge si è clamorosamente manifestata con l ' astensione totale dal voto per le elezioni amministrative dello scorso novembre , che ha assunto un preciso atto di protesta . Il rigetto da parte della GPA della delibera con la quale il Comune di Domegge aveva deciso d ' istruire una pratica giudiziaria contro la SADE , era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso . Ed anche i d.c. hanno dovuto aprire gli occhi sulla realtà . Un ' altra realtà che deve essere affrontata con urgenza è quella che si sta verificando ad Erto per l ' invaso del Vajont . Il P.C.I. ne ha parlato a iosa e sembrava che le sue parole fossero lanciate al vento . Ora si sta determinando l ' irreparabile quello che noi avevamo sempre temuto e denunciato . Una enorme massa di 50 milioni di metri cubi di materiale , tutta una montagna sul versante sinistro del lago artificiale , sta franando . Non si può sapere se il cedimento sarà lento o se avverrà con un terribile schianto . In quest ' ultimo caso non si possono prevedere le conseguenze . Può darsi che la famosa diga tecnicamente tanto decantata e a ragione , resista ( se si verificasse il contrario e quando il lago fosse pieno sarebbe un ' immane disastro per lo stesso paese di Longarone adagiato in fondovalle ) , ma sorgeranno lo stesso altri problemi di natura difficile e preoccupante . I più illustri tecnici fatti convocare per l ' occasione da varie parti del mondo , hanno suggerito alla SADE di costruire una galleria per far defluire l ' acqua da un lago all ' altro quando la montagna cadendo , avrà di fatto formato due invasi . Non si sa cosa succederà dell ' agglomerato del paese quando il lago superiore sarà pieno , poiché è notorio che esso è interamente poggiato su terreno di frana . La SADE dice che sotto questo terreno esiste uno strato di roccia . Ma come ci si può fidare di un giudizio che il monopolio ha fallito in pieno già diverse volte anche in provincia , come a Forno di Zoldo e nella stessa zona di Erto ? Il compagno Bettiol ha chiesto ed ottenuto che l ' Ente Provincia si associ al Comune per far fare altre perizie sul sottosuolo di Erto , per dare tranquillità a quei cittadini che si trovano in uno stato di perenne agitazione anche perché sulla sinistra , come tante volte denunciato anche dal nostro giornale , continuano a cadere frane sulla nuova strada di circonvallazione e una ventina di famiglie sono anche attualmente prive di ogni via di collegamento con il paese , perché un pezzo di strada è stata travolta e distrutta dagli ultimi franamenti . Questa è la realtà umana della popolazione . Poi c ' è la realtà dei cavilli giuridici e delle sentenze . Come è noto il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha emesso ultimamente una sentenza che priva il bacino imbrifero del Piave di 180 milioni all ' anno e di un miliardo e mezzo di arretrati , perché concede alla SADE di sottrarsi all ' obbligo di corrispondere i sovraccanoni sugli impianti di Fadalto . Qui i d.c. vorrebbero giuocare sull ' equilibrio , attribuendo tutta la colpa alla magistratura . E ai profani di queste cose forse parrebbe tale se non esistessero precedenti costituiti da precise richieste , dibattiti , azioni di enti locali e iniziative anche legislative , svolti in passato presso il governo e il ministro competente , richiedenti l ' estensione del pagamento del sovraccanone a tutti gli impianti esistenti . È il governo , perciò il responsabile dell ' attuale sentenza , come è responsabile di aver concesso i rimanenti 125 moduli d ' acqua , che ancora esistevano nell ' ormai striminzito Piave contro il parere degli enti locali , ed averli concessi per 60 anni alla SADE , che li utilizza negli impianti di Fadalto , proprio quando stanno per scadere le precedenti concessioni per quegli impianti , prorogando di fatto tutte le concessioni di quella zona fino al 2019 . Ma l ' assurdo ancora più grave è che autorizza la società elettrica a compiere un vero furto legalizzato , poiché le si concede la facoltà d ' iniziare a pagare i sovraccanoni per i 125 moduli dell ' ultima concessione al termine dei lavori , che di fatto non esistono se non per un semplice canale , poiché gli impianti sono già al completo . Cosicché la SADE già sfrutta quest ' acqua fin dal 1954 ( e illegalmente anche prima come è stato documentato ) senza dover ancora pagare una lira . È un mostruoso assurdo che non trova precedenti e di cui è interamente responsabile il governo .
Potosí ( Moravia Alberto , 1970 )
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La Paz . L ' aeroporto di La Paz a quattromila metri di altezza pare nient ' altro che un minimo lembo , dello sterminato aeroporto che è l ' altipiano boliviano . L ' altipiano è deserto , spianato e vertiginosamente ventoso e luminoso come sanno esserlo soltanto le piste degli aeroporti . Di un colore brullo uniforme , l ' altipiano fugge d ' ogni parte verso remoti orizzonti circolari dai quali si affaccia , bizzarramente , tutta una fila di picchi nevosi . È la cordigliera Real , la catena andina al di là della quale la Bolivia , paese dualistico , precipita senza transizione nelle bassure tropicali . Non ci sono che due piccoli aeroplani da turismo , ad una sola elica , nell ' aeroporto . Trappoco una di queste libellule bianche e azzurre ci porterà , sgattaiolando intorno i picchi , a Potosí , la città morta dell ' argento . Saliamo , ci chiudiamo nell ' abitacolo non più grande di quello di una comune automobile . Il pilota , un capitano dell ' aviazione militare boliviana , non dispone , per dirigersi , che di una piccola carta geografica sulla quale con una matita tira una linea retta da La Paz a Potosí . Volerà tra rupi altissime , al di sopra di voragini spalancate , servendosi unicamente di questa carta . Partiamo . L ' aeroplano romba , ma neppure tanto , corre un poco sulla pista e quindi decolla e si dirige con esasperante lentezza ( duecento chilometri all ' ora ) verso le montagne all ' orizzonte . Sorvoliamo La Paz , che per proteggerla dai venti , gli spagnoli hanno costruito in fondo ad una specie di cratere dalle pareti erose , di un giallo leonino , che ricordano le crete di Siena ; sorvoliamo ancora per un po ' l ' altipiano ; quindi entriamo tra le montagne . La Bolivia è un paese di miniere . O meglio è un paese di contadini che per sua disgrazia è ricchissimo di minerali . Gli Incas conoscevano le miniere ; ma la loro civiltà comunitaria , isolata tra le Ande e l ' oceano , era per forza di cose disinteressata ; e perciò si servivano dei metalli soltanto per scopi domestici . Gli spagnoli invece erano dei colonialisti , i primi , in ordine di tempo , del mondo moderno . È interessante notare come all ' origine del colonialismo spagnolo c ' è una deviazione psicologica che forse riguarda più il moralista che lo scienziato di cose economiche . L ' idea dell ' arricchimento facile , senza lavoro , per rapina o per fortuna o per tutte e due , ha corrotto in partenza la conquista dell ' America . Il mito asiatico dell ' oro , dell ' argento , delle pietre preziose , delle essenze rare , delle spezie si frapponeva come un miraggio tra gli occhi dei soldati spagnoli e la umile realtà primitiva del nuovo mondo . Purtroppo questo mito trovò una conferma nella natura e fu allora la rovina della Bolivia . L ' agricoltura , un tempo pianificata con complicati sistemi di irrigazione , fu lasciata decadere fino all ' attuale livello di mera sussistenza ; gli indios furono avviati in massa alle miniere con metodi schiavistici . Volando sulla cordigliera Real , tutto questo si può vedere a occhio nudo . Giù , giù , in fondo alle vallate anguste , si aprono ogni tanto dei piccoli slarghi e sopra un ripiano si scorgono tanti rettangolini grigi disposti in simmetria . Al di sopra di questi rettangolini incombono altissime montagne brulle e dirupate che , ad uno sguardo attento , si rivelano tutte sforacchiate di caverne oscure . Sono le miniere , le famose , funeste miniere d ' oro , d ' argento , di antimonio , di zinco , di piombo , di stagno , di rame della Bolivia . Guardando a quei miseri villaggi sprofondati nelle gole solitarie si capiscono tante cose : l ' isolamento assoluto dei minatori , causa di continui moti rivoluzionari che mirano , a ben guardare , a inserire quelle sperdute comunità nella vita sociale e politica del paese ; le immense difficoltà dei trasporti del minerale che gli spagnoli avevano risolto con l ' asservimento degli indiani ma che oggi , dopo la nazionalizzazione di due terzi delle miniere , rende passivi i bilanci delle amministrazioni statali . Ecco finalmente Potosí . La sorvoliamo planando obliquamente . Potosí appare come una città testuggine , a causa dei tetti accostati come le piastre , appunto , della corazza della tartaruga . L ' aeroplano continua a planare tutt ' intorno l ' arida nuda valle , ed ecco ci viene incontro la celebre montagna triangolare che domina Potosí , il Cerro Rico . È una montagna brulla , color tabacco , sparsa delle solite caverne oscure . Da questa montagna , gli economisti moderni calcolano che la corona di Spagna ha estratto in tre secoli per un valore di un miliardo di dollari di argento . Nel Seicento , da Potosí veniva la metà dell ' argento di tutta Europa . A Potosí , più poeticamente , dicono che con l ' argento ricavato dal Cerro Rico si potrebbe costruire un ponte tutto d ' argento massiccio dalla città fino alla lontanissima Madrid . Potosí è una città coloniale spagnola del tipo di quelle messicane per esempio Oaxaca . C ' è la solita plana , i soliti grandi alberi fronzuti , le solite panchine , la solita cattedrale barocca . Soltanto , a differenza delle città messicane , Potosí è morta , di una morte antica che non risale a ieri ma al Settecento , quando le miniere d ' argento , esaurite , non pagarono più le spese dell ' estrazione . Potosí è dunque la città simbolica del colonialismo spagnolo : nata con l ' argento , è morta con l ' argento . La sua vita è stata anche d ' argento , poiché , per cupidigia del prezioso metallo , ci sono state , a Potosí , perfino delle guerre civili . Di questo parere , del resto , è anche l ' anonimo poeta che ha scritto , verso il Settecento , il poema Testamento di Potosí , alla maniera dei testamenti di François Villon . Il poema è un elenco di lasciti ora descrittivi e ora burleschi fatti dalla celebre città in punto di morte . Tra le altre cose , Potosí lascia a Dio la propria anima ; la quale , però come nota ironicamente il poeta , es la plata pura , è fatta di puro argento . Naturale che il centro di una città così emblematica non sia , a ben guardare , la cattedrale bensì il famoso Palazzo della Moneta , uno dei più belli dell ' America Latina . È la stagione delle piogge , piove a dirotto ; così visitiamo il palazzo quasi al buio perché , per economia , la luce elettrica c ' è soltanto negli uffici della direzione . Percorriamo in fretta le sale del museo di pittura coloniale nelle quali , dalla penombra , ci guardano le solite ninfe spropositate , le solite Madonne dalle facce sciocche , i soliti gentiluomini e le solite dame pieni di galloni e di sufficienza ; quindi scendiamo a pianterreno , dove si trovava la zecca . Sempre al buio , ecco le enormi macchine tutte di legno , senza un solo chiodo di ferro , con le quali si batteva moneta ; ecco , dentro le teche , gli stampi delle monete con le armi di Castiglia da una parte e l ' effigie del sovrano dall ' altra . Siamo dunque nel cuore stesso , morto e secco , del colonialismo spagnolo . Queste grandi ruote dentate di legno durissimo delle foreste boliviane non gireranno mai più ; gli stampi non imprimeranno mai più nell ' argento antichi stemmi e profili accigliati di re . E tuttavia non si può negare che proprio in questa penombra , tra questa roba defunta , si avverta più che altrove il senso riposto della storia del subcontinente . La sola riflessione che venga fatto di formulare è che queste sale sono più eloquenti di qualsiasi chiesa . Certo , l ' arte , i riti , le cerimonie della religione hanno varcato l ' oceano e si sono radicate in America ; ma , come avviene ancor oggi , con tutti i colonialismi di tutti i generi e di tutti i paesi , il messaggio che era legato a quelle forme è come se fosse rimasto in Europa , tanto poco ha informato di sé il rapporto fra conquistatori e indigeni . Così che qualche anno fa ha potuto addirittura essere ripresentato come un messaggio rivoluzionario dal prete guerrigliero Camilo Torres e dai suoi seguaci . Giriamo per Potosí tutto il giorno , sotto la pioggia . La serata ci vedrà seduti nel grande atrio gelido dell ' albergo , in un cerchio di notabili venuti a visitarci : l ' alcalde o sindaco , il comandante della guarnigione , qualche altro personaggio ufficiale . Si mangiano olive e mandorle salate , si sorseggia una bevanda che rassomiglia alla tequila messicana . La conversazione langue ; si parla del tempo che fa , come in un salotto inglese dell ' era vittoriana . Poi , non senza intenzione , buttiamo là una qualsiasi allusione politica e allora , come d ' incanto , i discorsi diventano vivacissimi . Gli è che i boliviani hanno la passione della politica ; forse perché i problemi di questo paese sono così antichi e così intrattabili da diventare , per forza di cose e quasi per la consapevolezza della loro intrattabilità , prima di tutto politici . Naturalmente , ad un certo punto , si parla del " Che " Guevara e della sua tragica avventura . Se ne parla tuttora e dappertutto in Bolivia ; e anche da parte degli avversari con una strana , quasi inconscia riconoscenza ; è una tragedia che ha ricordato al mondo , a livello storico , la Bolivia , paese isolato e frustrato ; e al tempo stesso ne ha innalzato , per così dire , il tasso di vitalità . Ma la discussione suscita strane interpretazioni che bisogna pur chiamare " provinciali " . Non odo forse qualcuno attribuire la spedizione cubana alla massoneria ? Partiremo la mattina dopo ; ma il pilota , dopo aver captato alla radio le notizie sul tempo e consultato la sua carta , decide di dirigersi verso Oruro . Come se , in Italia , chi volesse andare da Milano a Roma puntasse sopra Trieste . Voliamo sotto un cielo basso e scuro , tra i picchi , seguendo i canaloni , in direzione di un chiarore sulfureo che sta a indicare una spera di sole sull ' altipiano . Ecco di nuovo , in fondo alle vallate nude e aride , i villaggi delle miniere ; si vedono le piste serpeggiare lontano , bianche e sottili tra i monti : a dorso di mulo o a piedi ci vogliono anche venti giorni per percorrere la distanza che il nostro monoplano varca in poco più di un ' ora . Sbuchiamo finalmente sull ' altipiano , c ' è il sole e piove attraverso il sole . Ecco l ' aeroporto , un prato come un altro . Prendiamo un tassi , ci precipitiamo alla stazione per sentirci dire che il treno parte tra mezz ' ora ma che non c ' è posto perché tutto è stato già prenotato da quindici giorni . Poiché il cattivo tempo peggiora nel pomeriggio , come avviene di regola nella stagione delle piogge , con lo stesso tassì , correndo a perdifiato per la pista allagata , attraverso l ' altipiano , in quattro ore arriviamo a La Paz . Durante il viaggio non ci fermiamo che una sola volta : per ammirare un lama , il primo che abbiamo visto sinora , fermo sotto la pioggia , nel mezzo di una steppa sterminata , simile ad un cammello con le gambe corte .
L'ILLEGALISMO FASCISTA ( BOTTAI GIUSEPPE , 1924 )
StampaQuotidiana ,
Il 1922 fu , per il Fascismo , l ' anno del dinamismo squadrista . Dalle piccole e limitate azioni del 1921 , attraverso esperimenti di mobilitazione in grande stile , si giunse alla Marcia , primo esempio di rivoluzione politica svoltasi con la metodicità e il sincronismo caratteristici dei fatti guerreschi . Gli avversari , di cui si constatò e provò in quell ' anno l ' impotenza fisica e morale a contrastarci il cammino vittorioso , tentano di sminuire l ' importanza militare dell ' azione fascista del 1922 , in ispecie dell ' ottobre . A parte il fatto che il togliere alla nostra forza accresce la misura dell ' altrui viltà , non è consentibile prendere sul serio dei giudizi dovuti al senno d ' una classe politica , che fino alla vigilia del Congresso di Napoli ignorava il Fascismo come fattore politico nazionale . Chi , come noi reduci della grande guerra , ha potuto vivere il Fascismo senza le facili infatuazioni eroiche di chi , per età o per altro , non portava in sé dalla trincea l ' esperienza dura del sangue e della morte , può attestare , senza bisogno di dar fiato nelle trombe , che lo sviluppo dell ' azione fascista , tra la fine del '21 e l ' ottobre del '22 , fu , nell ' insieme e nei capitali episodi che qui non occorre ricordare , di linee propriamente guerresche : operò in essa , cioè , la potenza alta , nobile , necessaria per cui i grandi moti spirituali avvengono . Al diverbio , all ' alterco , alla zuffa , alla contesa , alla rissa in cui la litigiosità misera e guardinga degli avversari sciupò ogni virtù tattica , la combattività irrompente , audace , generosa del Fascismo contrappose l ' azione vasta e decisiva , e la lotta , che avrebbe forse ancora a lungo crepitato tra casa e casa , da siepe a siepe , imboccò la grande strada di Roma , verso la determinazione storica dei suoi fini . Nell ' anno 1922 la potenza spirituale del Fascismo si espresse nel massimo di potenza materiale ; al « manganello » dei castighi paesani si sostituirono le armi delle ore decisive . La violenza si risolse storicamente nel grandioso fatto compiuto . Nel 1923 la nostalgia dell ' azione è l ' elemento fondamentale del complesso stato d ' animo del Partito Nazionale Fascista . L ' esercito delle camicie nere , sorpreso dal subitaneo sistemarsi dello sforzo rivoluzionario nell ' azione metodica di governo , ripiega i ricordi . Ogni richiamo e ogni ammonimento urtano contro l ' insofferenza di giovani , non giunti ancora a stabilire un rapporto tra l ' ardimentoso sacrificio di ieri e il monotono sacrifizio di oggi nelle varie fasi della ricostruzione . Da questo stato d ' animo procede l ' illegalismo fascista e per questo stato d ' animo si giustifica . L ' impazienza degli avversari non ha ragion d ' essere ; non ha , sopra tutto , ragion di divampare in sterili invettive , che creano , di rimbalzo , noiose complicazioni . Non si smobilita in un giorno un esercito , non si placa in un giorno il suo cuore esagitato dalla battaglia . Ma questo reale stato d ' animo non ci preoccupa . Conosciamo la docilità della massa fascista nelle grandi direttive spirituali e politiche . Sappiamo che la si può condurre dove si vuole , anche a forme di vita il più possibile diverse da quelle del passato . L ' indisciplina dei gregari è , quasi sempre , un riflesso dell ' incomprensione dei capi . È d ' uopo avere il coraggio di affermare questa elementare verità . Il 1923 è ricco di documenti che valgono a provare il nostro asserto : proclami altisonanti , manifesti retorici , appelli enfatici , tutt ' una serie di scritti , di atti e di detti non precisamente utili a risolvere in serena e cosciente operosità la nostalgia e il rammarico lievitanti nell ' animo dei fascisti . C ' è una retorica fascista che fa più male alla nostra causa di mille articoli di opposizione : è la retorica del coraggio , esibito , scodellato , servito in tutte le salse , è la retorica cafona dei comizi domenicali , dei giornali diretti e scritti dagli illetterati , è la retorica infeconda degli uomini che nel passaggio dall ' agitazione alla calma sentono il proprio annullamento . Bisogna veramente torcere il collo alla mala bestia . Bisogna rasserenare il nostro linguaggio , scegliere le nostre parole , meditare i nostri discorsi . Le indigestioni di squilli di guerra e di diane e di rulli di tamburo fanno male alla salute . Il nobilissimo messaggio , che il Direttorio Nazionale ha indirizzato fascisti in principio , è illuminato d ' un senso nuovo di vita riposata e armoniosa : possano i truculenti amatori della violenza verbale trarne insegnamento . Le parole grosse non generano i grandi fatti : il « manganello » dopo la rivoluzione è uno strumento ridicolo ! Nella marcia su Roma la violenza fascista trovò la sua pratica risoluzione . Quel che ne sopravvisse si espresse in gesti inutili , antistorici . Il 1923 comportò , tutta via , un vasto residuo sentimentale di quella violenza . Nel 1924 noi dovremmo realizzarne la completa scomparsa . Ormai , dopo il coronamento vittorioso della gesta rivoluzionaria , la violenza non può tornare ad essere se non rissa , litigio , altercazione : non serve , quindi , mantenerla viva ; serve , piuttosto , sedarla , perché la cronaca non si ripeta a scapito della storia , e perché la magnifica forza delle camicie nere non può , in ogni caso , che avere esplicazioni logiche , guidate da una lucida volontà dall ' alto , secondo direttive ben definite e scopi essenziali al divenire del Fascismo . C ' è un circolo vizioso entro cui nostri uomini e alcuni avversari vanamente si dibattono : è il circolo delle parole superflue , inspirate , a quelli e a questi , da un ' incomprensione fondamentale della Marcia , che agli uni appare come una enorme spedizione punitiva suscettibile di episodiche ripetizioni , agli altri come evento superabile e superato verso sospirati ritorni . Se , invece , la rivoluzione fascista apparisse a tutti quello che irreparabilmente è , una discriminazione assoluta di tempi , per cui e le antiche tattiche politiche e i metodi stessi onde la rivoluzione trionfò non sono più possibili senza gravi perturbazioni , e , da ognuno , si sentisse il dovere d ' un linguaggio più onesto , più alto , più limpido , quale la raggiunta sistemazione sociale esige , noi potremmo , alla fin fine , uscire dal dibattito noioso d ' una retorica e d ' una dialettica , superate nella coscienza dei buoni cittadini : la retorica nostra e la dialettica degli avversari , che a un solo effetto riescono , a quello di eccitare e giustificare l ' illegalismo residuo . Il popolo è sano , non chiede che di lavorare : facciamo sì che contro la sua stessa volontà e il suo stesso interesse l ' illegalismo delle parole non crei l ' illegalismo dei fatti !
Il crollo della diga del Vajont ( Merlin Tina , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Ponte delle Alpi , 9 notte - Sono a Ponte delle Alpi : la strada è bloccata da agenti della polizia , carabinieri , soldati . Non si passa . Solo le autoambulanze , i mezzi della polizia e dell ' esercito possono passare il posto di blocco , avanzare verso Longarone , il paese di duemila abitanti sommerso nella notte dalla valanga d ' acqua che l ' ha investito dopo che la diga sul Vajont ha ceduto . Le notizie giungono incerte , frammentarie , confuse , rimbalzano nella notte da un crocchio all ' altro : si parla di decine di morti , qualcuno dice centinaia . Una ventata di terrore è passata , insieme al torrente impietoso , sprigionatosi dalla diga « saltata » . Venendo verso Ponte delle Alpi ho visto , alla periferia di Belluno e in altri paesi , donne coi bambini in braccio fuggire nella notte , lontano dal Piave le cui acque , per un raggio di molti chilometri , si sono spaventosamente ingrossate . Anche qui , a Ponte delle Alpi , molta gente ha abbandonato la casa , è fuggita perché le acque del Piave hanno raggiunto un ' altezza che mette paura . Mentre tento ancora , inutilmente , di forzare il posto di blocco giungono altre forze di polizia e reparti dell ' esercito , vigili del fuoco da tutte le province venete . Solo questo incessante e frenetico affluire delle squadre di soccorso dà per ora un ' idea della gravità del disastro che ha colpito Longarone , il paese che si trova ai piedi della grande diga crollata , e la vallata del Piave . Qualcuno dice che il crollo è stato parziale e che i danni forse sono più limitati di quello che pareva in un primo momento . Ma sono voci , soltanto voci . Quello che tutti dicono è che a Longarone i morti e i feriti sono molti . Duemila persone sorprese nel sonno dalla disastrosa inondazione ; Solo qualcuno ha udito il rombo minaccioso delle acque che stavano scatenandosi nella loro corsa di morte . La grande maggioranza è stata sorpresa a casa , nel letto . Decine di abitazioni sono state spazzate via dalla furia delle acque . Impossibile telefonare a Longarone : le comunicazioni sono interrotte . Questa impossibilità di comunicare rende più drammatica l ' ansia che pervade quanti si assiepano , in attesa di notizie , attorno al posto di blocco di Ponte delle Alpi e a quelli istituiti in altre località della zona . Un testimonio oculare ha portato a Longarone le seguenti drammatiche notizie : il paese è stato spazzato via per tre quarti della sua estensione . L ' aspetto è agghiacciante , non si ode un gemito , sembra un immenso cimitero . Molte decine di persone , intere famiglie , mancano all ' appello . Le frazioni attorno a Longarone sono pure state investite dall ' enorme massa di acqua : Pirago sarebbe completamente distrutta , Villanova e Faè semidistrutte , Codissago molto danneggiata . La massa d ' acqua che si è riversata nella valle seminando distruzione e morte sarebbe di 60 milioni di metri cubi . Sulle cause del disastro non si hanno particolari . Par che una enorme frana si sia staccata dalla montagna precipitando nel bacino della diga e sollevando un ' ondata d ' acqua di grandiose proporzioni . Non è accertato se l ' ondata ha tracimato dal bordo della diga riversandosi nella vallata o se la pressione dell ' acqua mossa dalla frana ha fatto crollare la diga stessa . Numerosi feriti sono stati trasportati negli ospedali di Auronzo , Pieve di Cadore , Cortina e Belluno . C ' è bisogno di sangue : un pressante appello è stato lanciato ai donatori . Con le prime luci dell ' alba elicotteri ed aerei sorvoleranno la zona colpita e solo allora si avranno le esatte dimensioni del disastro .
La mamma perbene col figlio bandito ( Vergani Leonardo , 1977 )
StampaQuotidiana ,
Milano . È una mattina grigia , a Milano , in fondo a viale Porpora . La gente esce dai portoni , qualcuno la notizia l ' ha già ascoltata alla radio , Renato Vallanzasca è stato preso , non ha sparato , s ' è arreso . Qui , dove viale Porpora sbuca in piazza Gobetti , Renato ha passato tutta l ' infanzia e l ' adolescenza , da queste parti ha abitato con la madre e il padre fino a pochi anni fa . Nei giardini di piazza Gobetti , che fra poco si popoleranno di pensionati , Vallanzasca ha giocato con gli altri ragazzi del quartiere . È probabile che tempo fa non ci fosse lo scivolo di metallo e i tre tubi dipinti di rosso dentro i quali si nascondono i bambini , un triste « parco giochi » da periferia . « Certo che lo conosco » dice una panettiera che ha il negozio sull ' angolo « da piccolo veniva insieme al fratello a comperare le brioches prima di andare a scuola . Gentili , educati , stavano sempre assieme . Due brioches da cento lire , i soldi li teneva Renato . Poi , diventati grandi , non li ho più visti nel mio negozio . Ma se l ' incontravo , Renato o Roberto mi salutavano sempre . » Al 162 di viale Porpora un citofono con una lista di cognomi , Vallanzasca è il terzo . La madre di Renato abita al primo piano , due stanze e un locale dove fino all ' anno scorso lei e suo marito tenevano gli scatoloni di maglieria per il negozietto proprio sotto casa . Adesso il negozio è stato rilevato da una signora che continua nello stesso commercio . « Gente perbene , io ho rilevato soltanto i muri , da tempo in questo negozio non entrava più nessuno per via di tutto il chiasso che s ' era fatto attorno a Renato . Di lui non abbiamo mai parlato , la donna mi diceva ogni tanto che era costretta a vendere per le grane che le davano i figli . Prima stava dietro il banco per tutto il giorno , il marito scendeva ogni tanto per aiutarla . Qualche volta portava in negozio un bambino piccolo , Massimiliano , il figlio di Renato . Il bambino si metteva a giocare con un pezzo di spago e rimaneva buono buono . Poi anche il bambino e la donna di Renato se ne sono andati . Lei era una bruna , molto bella . Renato , mi dicevano , era innamoratissimo , geloso . » Dunque , come sempre nelle storie di malavita , ecco l ' uomo con due facce , ai vicini non il minimo fastidio , buongiorno e buonasera , premuroso , servizievole , e poi dall ' altra parte il killer con la bomba a mano in tasca , donne , champagne , appartamenti lussuosi , fotomodelle , bische , forse anche un po ' di droga . Due mondi , insomma , lontanissimi uno dall ' altro , quasi che uno dei due non fosse vero , fosse una finzione quasi cinematografica . Una rampa di scale , al pianerottolo del primo piano due porte verniciate di marrone , aria da casa con affitto bloccato , gli inquilini quasi tutti anziani . Il portiere è trincerato nel suo bugigattolo , ringhia che non vuol parlare con nessuno , grida : « Mi avete scocciato , non rompetemi le tasche » . Di prima mattina è arrivata una troupe televisiva con le lampade . La gente s ' è affacciata ai balconi , il portinaio ha inveito , ha mandato via tutti in malo modo . Adesso la moglie gli sta facendo bollire un po ' di caffelatte e cerca di calmarlo . Quelli della televisione , spingendo la porta , hanno fatto cadere un vaso di gerani , di quelli pallidi , abituati alla penombra delle portinerie . Sull ' uscio di casa Vallanzasca non c ' è targhetta , l ' hanno probabilmente tolta per tentare di conservare un ' ultima parvenza di anonimato . Dall ' interno non proviene alcun rumore , il piccolo appartamento sembra disabitato . I Vallanzasca non hanno mai avuto telefono . Dalla porta accanto viene il ronzio di un aspirapolvere . La signora Esterina Rossi , settant ' anni , si affaccia dopo due colpi di campanello . « No , non so se sono in casa , credo di no . Qualche volta mi invitano a prendere il caffè , sono persone a modo , ogni tanto sono venuti anche da me a vedere la televisione , tanto per non star soli . Sì , la televisione ce l ' hanno anche loro , ci mancherebbe altro . Renato e il fratello ? Li ho sempre visti da quando erano bambini , io abito qui da quasi quarant ' anni . Lui è un bel figliolo , sorridente , di quelli che prendono la vita come viene . Roberto è diverso , negli ultimi tempi si era immusonito . Qualche volta suono per avere un uovo , un po ' di olio , o la signora Maria li domanda a me . Eh , certo , adesso qui attorno tutti hanno paura di dire che conoscevano Vallanzasca , non vogliono finire sui giornali . Ma mi sont vegia , cosa volete che ne sappia di bande , di rapine ? Lui mi è sempre sembrato un bravo ragazzo almeno fino a quando ha abitato con la madre e il padre . Poi s ' è messo in un brutto giro . La signora Maria piangeva quando andavo da lei a prendere il caffè , ma non mi ha mai raccontato niente . Diceva : " I figli ci fanno dannare " . Renato , un bel fioeu , ghe piasevan i tosann . Naturale . Ma le ragazze vogliono qualcuno con la grana in tasca , cose risapute . » Sul pianerottolo fa freddo , il pavimento si sta coprendo di mozziconi di sigarette che domani faranno imbestialire il portinaio . Possibile che non ci sia nessuno in casa Vallanzasca ? Non si ode il minimo fruscio . Si scende al bar con bigliardo per sapere qualcosa . Nessuno ha visto i genitori di Renato , ormai tutti sanno la notizia della sua cattura . C ' è un tavolo di vecchi giocatori di scopone , come in un quadro di Ottone Rosai . I giocatori rispondono con qualche borbottio , non vogliono essere disturbati . Il giornalaio di piazza Gobetti si affaccia dietro una catasta di riviste . Maria Vallanzasca non s ' è vista . Scende ogni mattina a prendere il giornale per saper qualcosa del figlio . Oggi non s ' è fatta viva . E non s ' è fatta viva dal lattaio , dal panettiere . Il marito , Osvaldo Pistoia , non ha comperato neppure le Nazionali . Davanti all ' edicola scaricano i pacchi dei quotidiani del pomeriggio con titoli enormi . I pensionati , che cercano un po ' di sole sulle panchine della piazza , si avvicinano per sbirciare . « Non poteva che finir così » dice qualcuno . La signora Esterina ha ripreso a far funzionare l ' aspirapolvere . Allora si sposta la piastrina di metallo che protegge lo spioncino dell ' uscio dei Vallanzasca e dentro si vede , sfumata , una donnetta grigia , quasi un ' ombra indistinta . Sul fondo c ' è un televisore con sopra un vaso di fiori finti . Maria Vallanzasca si muove senza rumore , non ha neppure avuto l ' animo di uscire per comperare i giornali . C ' è come un ' atmosfera di assedio , timore della curiosità della gente , paura delle domande , da anni ormai questa povera donna vive in un incubo , l ' hanno messa in prigione dopo che s ' è incontrata con il figlio a Cagliari , le hanno perquisito la casa infinite volte , c ' era sempre qualche agente in borghese sotto il portone , qualche finto hippy nel bar che fingeva di giocare al flipper . Anche qui , come in molte storie di malavita ci sono due case , il rifugio lussuoso di Renato , divani moderni di nappa , tappeti , il giradischi , il mobile bar con i liquori , e , dall ' altra , il piccolo , povero appartamentino dei genitori , con il ballatoio che dà sul cortile , la corda con i panni tesi ad asciugare , qualche piantina striminzita : anche qui due mondi terribilmente diversi tra loro . Maria Vallanzasca non vuoi aprire . Le infiliamo i giornali sotto il battente , ma ci vuoi del tempo prima che si decida a raccoglierli . Si sente soltanto un passo furtivo , un piccolissimo rumore come di un topo che esca dalla tana . Le abbiamo passato soltanto il primo foglio , gli altri hanno titoli troppo sanguinosi . Si sente solo il fruscio della carta . L ' ombra ripassa davanti allo spicchio di luce dello spioncino . Fra poco sullo schermo della televisione apparirà Renato Vallanzasca in pigiama e stampelle . Renato è strafottente , sicuro di sé , non assomiglia affatto alle fotografie segnaletiche , nessuno , incontrandolo per strada , avrebbe potuto riconoscerlo . Ma in casa Vallanzasca non si accende neppure il televisore , il silenzio è sempre totale , rotto di tanto in tanto da uno scalpiccio guardingo . Il mestiere impone di insistere , si pigia di nuovo il campanello . Allora , attraverso una fessura della porta , esce un biglietto piegato in quattro . C ' è scritto : « Andate via » . Poi dopo qualche minuto la voce del marito : « Andate via , lasciateci soli , abbiamo già tanti dispiaceri ... » . Anche la signora Esterina si affaccia con la scopa in mano e fa : « Povera gente , non insistete . Sono mesi che fanno questa vita » . Nel « parco giochi » di piazza Gobetti corrono i bambini , per i pensionati è venuta l ' ora del bianco , le madri escono per prendere i figli a scuola . Il portinaio del 162 ha tirato le tendine a fiori e adesso sta mangiando i suoi spaghetti . In casa Vallanzasca non si mangia . Non si sente neppur correre l ' acqua , il silenzio è sempre profondissimo , come se il piccolo appartamento di tre stanze fosse abitato da fantasmi . Un ' altra storia di malavita finisce così con tutti i suoi ingredienti da film di violenza , le raffiche di mitra , gli agenti assassinati , i due miliardi bruciati in una vasca da bagno , le fughe , i morti , i poliziotti con il giubbetto antiproiettile . Sono tutte cose che in via Porpora , angolo piazza Gobetti , sembravano impossibili . Eppure sono successe . I giocatori di scopone se ne sono andati , al vincitore della partita interminabile è stato offerto un grappino . Alle sei di sera arriveranno i patiti del bigliardo . La storia di Vallanzasca finisce anche qui , in una periferia parsimoniosa , affaccendata .
BISOGNA COLPIRE NEL SEGNO ( FARINACCI , 1924 )
StampaQuotidiana ,
Più volte abbiamo sostenuto che uno dei provvedimenti più necessari per reprimere il giustificato illegalismo fascista sarebbe quello del controllo della stampa . Ieri fu sequestrato l ' Avanti ! che aveva usato verso il Sovrano un linguaggio violento e così nessuna copia di quel numero venne incendiata in segno di protesta . Si deduce quindi che lo Stato , prevenendo l ' illegalismo fascista , ossia assumendo certe funzioni del Partito fascista , ottiene senza provocare l ' avversione dell ' opposizione e senza i consigli dei giornali detti mussoliniani giornali che ci fanno semplicemente schifo , quando pensiamo al loro contegno nei primi giorni l ' agognata normalizzazione . Però il provvedimento contro l ' Avanti ! non trova il nostro entusiastico consenso . L ' Unità comunista e l ' organo massimalista sono i giornali ai quali il Fascismo deve molto . Infatti essi , con un linguaggio sincero , hanno detto , in questi giorni , il loro pensiero . Sono d ' accordo con tutte le opposizioni nel voler la testa di Mussolini , lo scioglimento della Milizia e lo scioglimento della Camera . Ma mentre però gli unitari , i popolari , i repubblicani e gli oppositori costituzionali non dicono quale sarà la meta da raggiungere , i massimalisti ed i comunisti , più decisamente , hanno dichiarato di voler disarmare il fascismo per armare le centurie rosse , costituire i consigli di fabbrica e compiere le più sanguinose vendette contro di noi . E sebbene tutto dovrebbe risolversi a nostro danno , i propositi di questi ultimi nostri leali avversari sono i più logici . Sarebbero degli idioti se domani , in una loro riscossa , commettessero gli errori da noi compiuti durante la rivoluzione , che limitammo solo all ' occupazione delle Prefetture , delle Poste e delle Ferrovie . Lasciare domani a noi la libera circolazione significherebbe lasciarci riorganizzare una controriscossa . La stampa comunista e massimalista ha così posto il popolo italiano di fronte ad un dilemma : o rimanere col fascismo o ritornare sotto il dominio rosso . Naturalmente una parte del popolo , che si era lasciata impressionare nei primi giorni dalle arti avversarie , che s ' impadronirono del fattaccio per ignobilmente sfruttarlo , già reagisce di fronte al programma avversario e già invoca da Mussolini una parola forte . Il fascismo ha ritrovato il suo antico entusiasmo , ha serrato le file e attende ordini . Ma noi vorremmo che i provvedimenti contro la stampa colpissero i veri responsabili dell ' attuale situazione . Il Corriere della Sera è l ' organo che più ci danneggia all ' estero . E questo giornale che giustifica i commenti aspri della stampa estera contro di noi , cinicamente , uniformandosi al desiderio del senatore Albertini , li riproduce , come monito , agli italiani . Il Mondo è il giornale , se non nella forma , nella sostanza , il più violento ; nessun giornale sovversivo ha stampato contro la Corona ed il Governo del Re attacchi così malvagi ! Il senatore Albertini e l ' on . Amendola devono essere messi legalmente in condizione di non nuocere più al Paese . La loro opera è delittuosa ; essi vorrebbero inasprire sempre più la situazione per prendersi delle rivincite contro il fascismo che li ha gettati , come meritano , nella fogna . Il Corriere organo dei comunisti italiani all ' estero il Mondo , organo della peggiore delinquenza politica all ' interno sono giornali che , sotto il manto di una certa normalizzazione , vogliono inasprire sempre più gli animi e portarci all ' anarchia . Diciamo anarchia , perché pretendere la liquidazione di una situazione e non saper prospettarne una nuova che possa garantire alla Nazione disciplina e lavoro , è opera da incoscienti e da delinquenti . Diciamo anarchia perché i due giornali si compiacciono dello stile dell ' Avanti ! e dell ' Unità comunista , e si guardano bene dal prospettare al paese le tragiche conseguenze di un Governo non capeggiato da Mussolini . Il fascismo non può più oltre rimanere passivo dinanzi a queste manovre : chiede allo Stato quelle leggi eccezionali che avrebbe dovuto promulgare subito dopo la nostra rivoluzione . Gli avversari hanno ragione quando dicono che il nuovo regime non ha nulla che lo differenzi da quelli precedenti . Diamo il contenuto , che i diritti della rivoluzione impongono , al nuovo regime e la normalizzazione si otterrà automaticamente .
StampaQuotidiana ,
Belluno , 10 - È stato un genocidio . Lo gridano i pochi sopravvissuti , resi folli dal terrore della valanga d ' acqua e dalla disperazione di trovarsi soli e impotenti a superare una realtà tragica , fatta oramai di nulla , o meglio fatta di sassi e melma amalgamati dal sangue dei loro cari . Una realtà che ha sconvolto all ' improvviso la fisionomia di intieri paesi , ma che era purtroppo prevedibile da anni , da quando ancora all ' inizio dei lavori del grande invaso idroelettrico del Vajont i tecnici sapevano di costruire su terreno argilloso e franabile , che perciò potevano portare alla catastrofe . Genocidio quindi , da gridare ad alta voce a tutti , affinché il grido scuota le coscienze del popolo e il popolo , la cui pelle non conta mai niente di fronte ai dividenti dei padroni del vapore , spazzi via alfine con un ' ondata di collera e di sdegno chi gioca impunemente , a sangue freddo , con la vita di migliaia di creature umane , allo scopo di accrescere i propri profitti e il proprio potere . Che qualcuno , se ne ha il coraggio , mi smentisca in questo momento . Io assumo la responsabilità di quanto dico ; i colpevoli si assumano la responsabilità di quanto hanno fatto . E la giustizia giudichi . Affermo che si sono responsabilità morali e materiali . Ho seguito la vicenda dell ' invaso del Vajont con passione non solo da giornalista , ma di figlia di questo popolo contadino e montanaro che si ribella alla retorica delle « virtù tradizionali » che mal nasconde il cinismo dello sfruttamento più spietato . Con questo cuore ho seguito tutte le vicissitudini , le resistenze , le paure dei montanari di Erto contro la « Sade » , non per impedirle di costruire il grande bacino idroelettrico del Vajont , ma per impedire di compiere un delitto . L ' intuito e l ' esperienza di quei montanari , confortati peraltro da pareri di grandi geologi , indicavano la Valle del Vajont non adatta a reggere la pressione di 160 milioni di metri - cubi d ' acqua . La realtà ha dimostrato la ragione dei montanari , non quella dei tecnici della « Sade » . La società elettrica sapeva che le pareti dell ' invaso erano formate dal terreno di una enorme frana caduta centinaia di anni fa , sulla quale è sorto in seguito il paese di Erto . Sapeva che il Monte Toc era esso stesso parte di quella frana e che era prevedibile che l ' acqua immessa nel bacino dovesse erodere piano piano il sottosuolo e provocare disastri . Quattro anni fa , quando è stata esperimentata la resistenza del bacino , grosse fenditure avevano segnato le case di S . Martino e delle altre frazioni di Erto alle pendici del Toc . Esse piano piano si estesero a ridosso del monte , facendo nascere la paura tra gli abitanti di Erto . Costoro si appellarono inutilmente ad ogni autorità possibile dando veste giuridica ad un largo comitato unitario che lottò per anni nel tentativo di opporsi alla costruzione dell ' invaso , sorretto anche dall ' autorevole parere tecnico del geologo prof. Gortani , contrario in pieno alla perizia del geologo della « Sade » , prof. Dal Piaz . Il prof. Gortani riteneva , infatti , pazzesco costruire il bacino su un terreno tanto inadatto come quello di Erto . Il comitato inoltrò ricorsi . Organizzò petizioni e pubbliche proteste . Interessò autorità governative e amministratori locali . Presso qualcuna di queste autorità la voce del comitato venne accolta . Il Consiglio provinciale , in data 15 febbraio 1961 , votava all ' unanimità un ordine del giorno per chiedere la revoca di ogni concessione alla « Sade » per inadempienze di legge . In esso si faceva preciso riferimento alla situazione del Vajont chiedendo l ' approntamento tempestivo di tutte le misure di sicurezza per garantire la incolumità di quelle popolazioni . Fu una presa di posizione che restò senza risposta . Cosa sarebbe successo se il monte fosse franato nel lago al massimo della sua capienza ? Io mi feci portavoce di quei montanari e scrissi per « l ' Unità » un articolo , indicando quello che sarebbe potuto accadere e che oggi è accaduto così come esattamente lo avevo descritto . La pubblica autorità mi accusò di propagare notizie false e tendenziose atte a turbare l ' ordine pubblico . L ' autorità giudiziaria mi incriminò di reato , senza peraltro recarsi sul posto per accertare la verità . Venni processato a Milano assieme al direttore responsabile dell ' « Unità » . A Milano si offersero generosamente di venire a testimoniare tanti abitanti di Erto che mi ebbero vicina nelle loro proteste , nelle loro pubbliche manifestazioni , nel sostenere la lotta ; cosa che non fecero tanti parlamentari governativi e non governativi di allora , malgrado fossero stati ufficialmente invitati ad intervenire dalla popolazione . Io e il compagno onorevole Bettiol , che rappresentavamo il Partito comunista , fummo solo e sempre gli unici a sostenere attivamente le ragioni dei montanari di Erto . Essi mi difesero energicamente davanti ai giudici del Tribunale di Milano e dimostrarono , con prove e testimonianze , non solo che io avevo scritto la verità , ma che tutto il paese si trovava in pericolo e che , assieme ad Erto , anche i paesi del Longaronese correvano rischi . I giudici mi assolsero , ma le autorità che dovevano tener conto dei fatti e impedire un possibile massacro , diedero invece via libera alla « Sade » per i suoi esperimenti criminosi . Fatti , oltretutto , con i miliardi del popolo italiano , i tanti miliardi che il governo diede alla « Sade » a fondo perduto per la costruzione del lago artificiale e che , magari , ora stanno al sicuro oltre frontiera . Miliardi rubati al popolo , col consenso delle autorità di governo . Quelle stessa autorità che gestendo oggi gli impianti idroelettrici , e sapendo che da circa un mese la situazione del Vajont peggiorava , non hanno provveduto a scongiurare la immane sciagura che si è abbattuta stanotte sul Bellunese , creando un cimitero su una vasta zona popolata . Sto scrivendo queste righe col cuore stretto dai rimorsi per non aver fatto di più per indurre il popolo di queste terre a ribellarsi alla minaccia mortale che ora è diventata una tragica realtà . Oggi tuttavia non si può soltanto piangere . È tempo di imparare qualcosa .