StampaQuotidiana ,
Belluno
,
7
novembre
-
Il
lago
artificiale
di
Erto
,
nel
cui
bacino
le
acque
sono
state
immesse
da
appena
un
mese
,
ha
già
cominciato
a
provocare
disastri
.
Un
'
enorme
frana
è
precipitata
in
questi
giorni
entro
il
lago
,
staccandosi
dai
terreni
sulla
sponda
sinistra
in
località
Toc
,
poco
più
su
della
grande
diga
del
Vajont
.
Un
appezzamento
di
bosco
e
prato
della
lunghezza
di
circa
300
metri
ha
ceduto
all
'
erosione
delle
acque
ed
è
piombato
entro
il
lago
.
Non
si
conosce
con
esattezza
la
quantità
del
materiale
franato
;
certo
si
tratta
di
diverse
centinaia
di
metri
cubi
.
Si
sa
soltanto
con
precisione
che
esso
ha
fatto
alzare
il
livello
dell
'
acqua
di
un
metro
e
10
centimetri
.
I
valligiani
di
Erto
hanno
fatto
ieri
un
altro
calcolo
:
hanno
preso
come
riferimento
l
'
altezza
del
vecchio
ponte
sul
Colomber
che
è
alto
138
metri
.
Il
materiale
franato
ha
quasi
raggiunto
la
spalletta
del
ponte
,
una
trentina
di
metri
sotto
.
Il
conto
è
per
ciò
fatto
.
Per
puro
caso
il
disastro
non
ha
registrato
qualche
tragedia
.
All
'
ora
in
cui
si
è
verificato
il
crollo
,
circa
verso
le
13
,
ragazzi
e
valligiani
sono
soliti
aggirarsi
con
rudimentali
zattere
nel
punto
del
lago
dove
la
frana
è
precipitata
per
trarre
in
salvo
dalle
case
,
per
metà
sommerse
,
travi
e
materiale
vario
.
Quel
giorno
non
c
'
era
nessuno
.
La
frana
ha
fatto
sollevare
un
'
immensa
colonna
di
acqua
che
ha
spezzato
come
fuscelli
i
muri
delle
case
ancora
in
piedi
.
Ora
non
si
vedono
più
e
sembra
che
non
siano
mai
esistite
.
Gli
abitanti
del
Toc
,
colti
alla
sprovvista
,
sono
stati
presi
dal
panico
tanto
più
che
alcune
case
sono
proprio
vicine
al
luogo
franato
.
Pure
alla
sprovvista
sono
stati
presi
i
tecnici
e
i
dirigenti
della
S.A.D.E.
che
,
accorsi
sul
luogo
,
hanno
fatto
evacuare
le
famiglie
,
che
sono
fuggite
trascinandosi
dietro
i
pochi
capi
di
bestiame
.
Quasi
tutte
le
case
della
zona
presentano
numerose
fenditure
.
Ovunque
si
temono
altri
cedimenti
.
Le
spie
di
vetro
fatte
apporre
sui
muri
si
sono
spezzate
rivelando
l
'
insidia
che
sovrasta
la
zona
.
A
ridosso
del
lago
,
per
una
lunghezza
di
600
metri
,
i
reticolati
della
S.A.D.E.
sbarrano
la
strada
e
numerosi
cartelli
avvisano
della
presenza
di
un
grave
pericolo
.
Oggi
due
lussuosissime
macchine
sono
giunte
sul
posto
,
quelli
che
la
popolazione
chiama
«
i
pezzi
grossi
»
della
S.A.D.E.
Apparivano
preoccupati
;
hanno
controllato
,
osservato
;
se
ne
sono
andati
all
'
avvicinarsi
dei
valligiani
.
«
Non
vogliono
rispondere
alle
loro
domande
.
S
'
interessano
solo
del
loro
lago
,
di
noi
non
importa
loro
proprio
niente
»
.
Questi
sono
stati
gli
amari
,
ma
quanto
veritieri
,
commenti
degli
abitanti
della
zona
.
Si
era
dunque
nel
giusto
quando
,
raccogliendo
le
preoccupazioni
della
popolazione
,
e
memori
delle
precedenti
esperienze
di
Vallesella
e
Forno
di
Zoldo
,
si
denunciava
l
'
esistenza
di
un
sicuro
pericolo
costituito
dalla
formazione
del
lago
.
E
il
pericolo
diventa
sempre
più
incombente
.
Sul
luogo
della
frana
il
terreno
continua
a
cedere
,
si
sente
un
impressionante
rumore
di
terra
e
sassi
che
continuano
a
precipitare
.
E
le
larghe
fenditure
sul
terreno
,
che
abbracciano
una
superficie
di
interi
chilometri
non
possono
certo
rendere
tranquilli
.
StampaQuotidiana ,
Quetta
(
Pakistan
)
-
«
Vivo
o
morto
»
,
aveva
detto
giorni
fa
il
presidente
George
Bush
in
uno
dei
suoi
brevi
infuocati
appelli
all
'
America
e
al
mondo
,
sollecitando
una
rapida
clamorosa
conclusione
della
caccia
al
principe
del
terrorismo
,
Osama
Bin
Laden
,
e
presunto
responsabile
numero
uno
del
«
più
atroce
crimine
contro
l
'
umanità
»
di
tutti
i
tempi
.
Non
c
'
è
bisogno
di
una
taglia
sopra
la
sua
testa
,
come
per
Jessie
James
nel
Far
West
,
per
incentivare
le
migliaia
di
investigatori
che
dall
'
11
settembre
stanno
indagando
senza
sosta
,
con
accanimento
,
ma
finora
senza
tangibili
risultati
.
La
supposizione
che
Bin
Laden
abbia
lasciato
il
Paese
o
sia
stato
trafugato
altrove
(
ad
esempio
attraverso
lo
stretto
corridoio
montano
che
lambisce
,
all
'
estremità
,
il
territorio
cinese
)
è
stata
accolta
con
scetticismo
dai
segugi
più
scaltri
e
meglio
informati
.
Fino
ad
ora
quasi
tutte
le
piste
confluiscono
nel
cuore
tenebroso
dell
'
Afghanistan
,
un
Paese
così
ricco
di
anfratti
,
spelonche
,
caverne
,
cunicoli
,
canyon
,
voragini
e
miniere
abbandonate
che
sembra
fatto
apposta
per
offrire
rifugio
permanente
a
un
uomo
in
fuga
.
Come
territorio
prediletto
di
caccia
,
è
stata
scelta
la
zona
attorno
a
Kandahar
,
capoluogo
della
provincia
omonima
sudoccidentale
,
che
dall
'
autunno
del
'
96
è
la
sede
del
governo
talebano
e
del
suo
inclito
capo
,
il
mullah
Mohammad
Omar
.
È
stato
proprio
quest
'
ultimo
a
convincere
Bin
Laden
a
lasciare
Kabul
,
città
insidiosa
e
politicamente
equivoca
,
e
a
trasferirsi
nella
capitale
del
Sud
-
ovest
,
dove
avrebbe
trovato
terreno
fertile
per
il
suo
fervore
di
apostolo
dell
'
integralismo
.
E
in
qualche
modo
tutto
questo
ha
funzionato
fino
al
mese
scorso
:
ma
dall
'
11
settembre
,
le
mura
di
Kandahar
non
son
più
bastate
a
proteggerlo
,
né
le
sue
moschee
,
né
le
fittissime
siepi
dei
suoi
fioriti
giardini
.
Prima
ancora
che
il
mullah
Omar
glielo
consigliasse
,
Bin
Laden
ha
messo
al
sicuro
la
sua
famiglia
in
luoghi
estremi
e
a
«
prova
di
bomba
»
,
fuori
dall
'
eventuale
traiettoria
degli
ordigni
punitivi
di
Bush
:
un
gruppetto
di
sfollati
Vip
-
vien
suggerito
con
ironia
-
,
di
cui
fanno
parte
le
quattro
mogli
-
l
'
ultima
sposata
recentemente
-
e
la
numerosa
prole
.
Se
è
rimasto
in
zona
,
Bin
Laden
non
deve
essere
troppo
lontano
dalla
sua
famiglia
:
ma
nel
tentativo
di
neutralizzare
e
prevenire
le
segnalazioni
degli
spioni
,
si
sposterebbe
di
continuo
,
con
moto
perpetuo
,
da
un
nascondiglio
all
'
altro
.
Ma
non
è
improbabile
che
abbia
scelto
altri
luoghi
dove
la
sua
presenza
sarebbe
meno
sospetta
.
L
'
Afghanistan
lo
conosce
bene
(
quasi
certamente
meglio
della
sua
patria
,
l
'
Arabia
Saudita
)
essendoci
stato
negli
anni
Ottanta
per
combattere
contro
i
russi
a
fianco
dei
mujaheddin
;
ed
essendovi
tornato
nel
'
96
,
quando
lo
scacciarono
-
lui
,
il
munifico
finanziatore
del
terrorismo
islamico
-
dal
Sudan
.
La
maggior
parte
dei
capi
-
guerriglieri
della
guerra
santa
contro
gli
sciuravi
,
i
russi
,
non
sono
più
-
come
si
dice
-
«
sulla
piazza
»
:
e
se
lo
fossero
,
dubito
che
vogliano
inginocchiarsi
accanto
a
lui
cinque
volte
al
giorno
per
pregare
Allah
o
spartire
con
lui
,
la
sera
,
riso
,
montone
e
latte
cagliato
.
Ahmad
Shad
Massud
,
il
leone
del
Panshir
,
è
morto
assassinato
due
giorni
prima
dell
'
attacco
alla
due
Torri
;
il
comandante
Abdul
Haq
-
altro
vero
eroe
-
peregrina
da
un
Paese
all
'
altro
,
in
esilio
permanente
;
il
generale
uzbeko
Dustan
,
uomo
per
tutte
le
stagioni
,
è
chissà
dove
;
altri
oscuri
eroi
della
Resistenza
ai
sovietici
si
sono
eclissati
per
sempre
,
senza
medaglie
.
Il
solo
uomo
che
potrebbe
tendergli
la
mano
e
oserebbe
farlo
è
Gulbuddin
Heckmatyar
,
ex
leader
dello
Hezb
-
i
-
Islami
(
uno
dei
sette
partiti
della
Santa
Alleanza
contro
i
sovietici
)
,
che
dall
'
Iran
-
dove
si
trova
-
si
è
detto
pronto
a
tornare
e
ad
abbracciare
la
causa
dei
talebani
.
Accomunati
dalla
stessa
indole
,
sono
dotati
,
ambedue
,
di
sentimenti
gentili
:
quand
'
era
studente
di
ingegneria
a
Kabul
,
durante
il
regime
filosovietico
,
Gulbuddin
(
è
stato
lui
stesso
a
raccontarmelo
)
portava
in
tasca
la
cartavetro
per
raschiar
via
il
rossetto
dalle
labbra
delle
studentesse
più
audaci
.
Avendo
amici
ovunque
,
Bin
Laden
avrebbe
potuto
scegliere
il
rifugio
da
lui
ritenuto
più
sicuro
in
ognuna
delle
trentadue
province
dell
'
Afghanistan
.
Era
a
Jalalabad
,
nel
Ningrahar
,
il
12
settembre
del
'
96
quando
i
talebani
la
misero
a
ferro
e
a
fuoco
;
ed
era
a
Kabul
,
due
settimane
dopo
,
quando
cacciarono
il
governo
legittimo
di
Rabbani
-
Massud
.
Era
a
Khost
,
a
fine
agosto
del
'
98
,
quando
i
missili
americani
colpirono
un
campo
d
'
addestramento
per
ucciderlo
e
ne
uscì
illeso
.
«
Vivo
o
morto
»
,
ha
detto
il
presidente
Bush
.
C
'
è
chi
suggerisce
che
,
se
lo
vogliono
vivo
,
la
caccia
all
'
uomo
deve
assumere
ritmi
più
veloci
:
e
questo
perché
Bin
Laden
-
44
anni
-
non
gode
ottima
salute
.
Afflitto
da
un
mal
di
schiena
che
lo
perseguita
da
anni
,
il
finanziatore
del
terrorismo
islamico
cammina
a
fatica
e
deve
appoggiarsi
ad
un
bastone
.
Ma
non
basta
.
Ha
problemi
di
bassa
pressione
e
disturbi
ai
reni
.
Secondo
notizie
di
cronaca
impossibili
da
verificare
,
è
stato
necessario
l
'
intervento
urgente
di
un
medico
iracheno
che
si
è
precipitato
in
Afghanistan
per
assisterlo
.
Ha
destato
perciò
sorpresa
l
'
annuncio
(
se
non
si
tratta
di
pura
fantasia
)
che
con
tanti
acciacchi
il
miliardario
arabo
-
saudita
abbia
voluto
inserire
nel
suo
harem
una
nuova
,
incontaminata
perla
.
Non
diversamente
dalla
salute
,
anche
il
suo
favoloso
patrimonio
economico
-
secondo
fonti
del
più
stretto
entourage
talebano
-
sarebbero
in
declino
:
al
punto
-
scrivono
i
giornali
-
da
non
poter
più
accedere
per
mancanza
di
fondi
alle
organizzazioni
finanziarie
internazionali
che
hanno
finora
sostenuto
il
movimento
integralista
islamico
da
lui
fondato
nel
'
98
,
Al
Qaeda
.
Ma
non
si
può
escludere
il
sospetto
che
all
'
origine
di
queste
voci
vi
sia
il
tentativo
di
sgretolare
l
'
«
invulnerabilità
»
e
«
sacralità
»
(
per
i
suoi
seguaci
)
del
personaggio
.
Gli
afghani
in
fuga
da
Kandahar
non
hanno
molto
da
raccontare
quando
,
esausti
e
bianchi
di
polvere
,
raggiungono
il
Passo
di
Chaman
,
dopo
una
marcia
(
più
spesso
a
piedi
)
di
120
chilometri
.
Stanno
ammucchiati
sotto
il
sole
per
ore
nella
terra
di
nessuno
mentre
le
guardie
di
frontiera
pachistane
esaminano
i
documenti
.
Solo
chi
ha
le
carte
in
regola
,
può
andare
oltre
,
appena
fuori
dalla
minaccia
della
guerra
.
Solo
qualche
giorno
fa
,
trecento
profughi
(
in
maggioranza
donne
e
bambini
)
erano
riusciti
a
superare
in
qualche
modo
,
semiclandestinamente
,
la
barriera
e
avevano
trovato
temporaneo
rifugio
in
un
«
campo
»
di
vecchi
afghani
,
scappati
negli
anni
Ottanta
,
durante
l
'
invasione
sovietica
.
Ma
la
polizia
pachistana
li
ha
snidati
,
caricati
sui
camion
e
poi
scaricati
nella
terra
di
nessuno
,
a
Chaman
.
Le
donne
piangevano
,
i
bambini
strillavano
.
Niente
da
fare
.
Tra
le
sue
molte
tragedie
,
il
Pakistan
ha
anche
questa
.
Ci
sono
già
tre
milioni
di
profughi
nei
termitai
umani
lungo
il
confine
:
e
quei
trecento
,
cui
se
ne
aggiungeranno
fatalmente
altre
centinaia
di
migliaia
nei
prossimi
mesi
,
erano
già
di
troppo
.
A
Chaman
ero
stato
altre
volte
,
negli
anni
Ottanta
.
Non
era
difficile
passare
la
frontiera
perché
i
militari
pachistani
davano
man
forte
ai
guerriglieri
afghani
,
contro
i
russi
.
Il
difficile
era
raggiungere
Kandahar
,
perché
l
'
unica
strada
era
sorvegliata
dalle
truppe
sovietiche
ed
esposta
alle
mitragliate
dei
Mig
che
la
sorvolavano
regolarmente
.
Per
noi
cronisti
non
esisteva
altra
soluzione
che
affrontare
la
crosta
del
deserto
su
una
moto
,
nel
mio
caso
una
Yamaha
,
guidata
da
uno
spericolato
mujaheddin
.
«
Desert
very
big
»
,
mi
aveva
detto
prima
che
mi
mettessi
a
cavalcioni
sul
sellino
:
davvero
grande
quel
deserto
.
E
lo
stato
delle
mie
ossa
,
quando
arrivai
a
destinazione
dopo
quindici
-
sedici
ore
di
marcia
,
non
era
quello
della
partenza
.
Era
il
maggio
dell
'
86
.
Dopo
sei
anni
e
mezzo
di
guerra
-
aveva
scritto
-
Kandahar
era
ancora
,
tra
i
grandi
capoluoghi
di
provincia
afghani
,
la
città
discola
e
impertinente
che
l
'
Armata
Rossa
non
era
mai
riuscita
completamente
a
soggiogare
.
Si
trovava
in
una
situazione
di
comproprietà
militare
tra
le
forze
del
regime
(
filosovietico
)
e
i
vari
gruppi
della
Resistenza
.
La
potevi
visitare
solo
di
notte
,
quando
i
russi
si
ritiravano
nelle
caserme
di
periferia
e
lei
tornava
in
mano
alla
sua
gente
,
ai
mujaheddin
.
«
Kandahar
è
nostra
-
dicevano
-
,
almeno
fino
all
'
alba
»
.
Adesso
è
del
mullah
Omar
,
dei
talebani
,
di
Osama
Bin
Laden
.
E
gli
afghani
se
ne
scappano
via
,
per
sempre
.
StampaQuotidiana ,
Poeta
,
Non
intendo
dedicarvi
una
epistola
d
'
aragoniana
,
né
invocare
la
santa
lampa
perché
la
mia
prosa
possa
piacervi
di
più
,
ma
soltanto
intendo
rivolgervi
poche
parole
che
io
sono
sicuro
esprimeranno
il
pensiero
della
grande
maggioranza
del
Fascismo
italiano
e
,
posso
anche
azzardarmi
a
dire
,
del
popolo
italiano
.
Chi
vi
rivolge
la
parola
in
questo
momento
,
così
grave
di
eventi
per
l
'
avvenire
,
non
è
uno
degli
ultimi
venuti
,
uno
dei
tanti
cioè
che
nell
'
ora
della
vittoria
e
del
trionfo
,
si
fanno
largo
,
per
vantare
virtù
e
meriti
che
non
posseggono
,
pensieri
ed
azioni
che
mai
sognarono
o
compirono
.
Combattente
quando
la
Patria
chiamava
a
raccolta
i
suoi
figli
,
strenuo
difensore
dei
diritti
di
Fiume
,
quando
voi
,
con
un
gesto
,
che
la
storia
consacra
come
la
ispirazione
del
Genio
baciato
dalla
Virtù
,
romanamente
risolveste
la
questione
della
città
Martire
,
assertore
,
tra
le
folle
avvelenate
dal
virus
bolscevico
,
del
Diritto
immortale
della
Patria
che
in
voi
si
personificava
,
messo
in
carcere
per
obbedienza
ai
Vostri
comandi
,
che
erano
gli
ordini
della
nazione
stessa
,
quando
contro
di
voi
e
contro
Fiume
la
canea
aizzata
dall
'
infausto
Cagoia
gridava
per
le
vie
d
'
Italia
«
morte
a
D
'
Annunzio
»
,
sollecitatore
ed
organizzatore
dei
soccorsi
alla
città
santa
e
sofferente
,
ospite
dei
bambini
fiumani
,
che
la
dura
miseria
cacciava
dalle
mura
cittadine
,
io
posso
,
o
Poeta
,
dirvi
la
parola
libera
di
un
uomo
libero
!
E
gli
uomini
liberi
e
voi
siete
tale
ascoltano
,
meditano
,
accettano
la
parola
di
chi
liberamente
parla
.
Poeta
,
Noi
viviamo
a
disagio
,
e
dilacerante
è
la
nostra
perplessità
,
perché
non
arriviamo
a
comprendervi
,
non
arriviamo
a
conoscere
il
vostro
vero
,
reale
,
intimo
pensiero
!
Un
giorno
sentiamo
che
eravate
con
noi
,
solidale
con
l
'
opera
nostra
,
plaudente
all
'
Idea
per
cui
combattemmo
e
per
cui
soffrimmo
!
Nostri
erano
i
giovani
che
passarono
i
confini
per
arruolarsi
nei
vostri
legionari
,
e
nostri
quanti
in
Italia
sostenevano
quando
altri
o
tacevano
o
cospiravano
all
'
ombra
contro
la
putrida
marea
bolscevica
,
le
ragioni
della
guerra
liberatrice
e
le
ragioni
profonde
della
marcia
di
Ronchi
.
Allora
voi
,
o
Poeta
soldato
e
noi
umili
vostri
gregari
,
eravamo
una
anima
sola
,
un
solo
pensiero
!
Una
l
'
Idea
che
infiammava
le
nostre
anime
,
uno
il
fine
a
cui
concordi
si
mirava
con
l
'
arco
possentemente
teso
della
nostra
volontà
forte
e
tenace
!
Ma
ora
...
?
Ecco
:
quelli
che
ieri
si
servirono
delle
masse
abbrutite
dall
'
odio
e
cioè
i
vari
Baldesi
e
i
vari
Zaniboni
per
vilipendere
e
la
vostra
Persona
e
la
causa
per
cui
sopportaste
la
mutilazione
incancellabile
,
oggi
scendono
tra
le
folle
che
,
nuovamente
con
veste
diversa
,
ma
sempre
turpe
l
'
intento
,
tentano
di
ingannare
e
dicono
:
il
Poeta
Soldato
è
con
noi
!
Ecco
:
quei
che
in
nome
della
repubblica
,
e
non
di
Mazzini
,
più
si
affannarono
nella
sfrenata
corsa
per
oltrepassare
il
socialismo
bolscevizzante
nell
'
ora
sciagurata
della
criminale
follia
matricida
,
adesso
,
anch
'
essi
scendono
tra
le
folle
e
dicono
:
il
Poeta
è
con
noi
,
per
la
repubblica
!
Ecco
:
una
qualunque
fallofora
anch
'
essa
si
agita
e
corre
per
le
vie
e
vocia
:
il
Poeta
è
con
me
!
Il
suo
verbo
è
in
me
!
Ecco
:
gli
espulsi
del
fascismo
,
i
socialisti
che
negarono
la
suprema
idealità
della
Patria
,
i
ferrovieri
che
pur
fino
ad
ieri
maledirono
alla
guerra
liberatrice
,
e
si
fecero
istrumenti
di
bolscevismo
,
si
costituiscono
in
sindacato
sotto
i
vostri
auspici
e
invocano
voi
come
loro
ispiratore
e
loro
Duce
!
Poeta
!
Noi
ricordiamo
che
un
giorno
giorno
non
lontano
-
plaudiste
entusiasta
dal
Palazzo
di
città
alle
Camicie
Nere
che
,
conquistatrici
di
Palazzo
Marino
,
avevano
deterso
l
'
onta
che
un
partito
senza
nome
,
bastardo
tra
i
partiti
d
'
Italia
e
negazione
della
Patria
,
aveva
per
un
lungo
periodo
di
anni
,
inflitto
alla
città
generosa
delle
Cinque
Giornate
!
Ricordiamo
che
al
trionfo
del
Fascismo
ascendente
al
Viminale
e
al
Campidoglio
,
duce
Mussolini
,
non
mancò
prima
fra
le
prime
la
vostra
parola
di
solidarietà
,
di
adesione
e
di
plauso
,
esultante
per
la
Vittoria
di
quell
'
Idea
per
cui
voi
foste
Poeta
,
soldato
,
Comandante
.
E
ci
chiediamo
:
qual
'
è
ora
il
pensiero
vero
del
Poeta
?
Può
egli
darsi
che
Voi
oggi
vi
sentiate
solidale
con
quelli
che
ieri
furono
i
nemici
implacabili
della
nazione
per
la
quale
voi
deste
il
meglio
della
vostra
anima
superiore
?
Si
può
egli
ammettere
che
la
vostra
chiaroveggenza
,
che
vede
il
futuro
e
legge
chiaro
nei
destini
nostri
,
non
comprenda
i
fini
a
cui
tendono
i
sollecitatori
di
un
vostro
consenso
fini
che
non
sono
quelli
pei
quali
voi
e
noi
aspramente
combattemmo
?
Poeta
!
O
costoro
dicono
il
vero
e
non
sapremmo
,
se
non
supponendo
in
voi
uno
spirito
irto
di
insuperabili
contraddizioni
,
come
conciliare
il
discorde
vostro
pensiero
di
cui
essi
presumono
essere
gli
esponenti
o
essi
,
ad
arte
,
fraintendono
,
alterano
,
svisano
la
vostra
parola
e
allora
voi
dovete
sentire
la
necessità
di
uscire
da
un
silenzio
che
perpetua
l
'
equivoco
,
a
nulla
giova
,
tutto
e
tutti
danneggia
!
Poeta
!
Quelli
che
ieri
ed
oggi
furono
e
sono
i
vostri
leali
amici
vi
dicono
:
parlate
!
Lontano
dagli
avvenimenti
,
straniero
al
fervore
della
lotta
,
relegato
lassù
nel
vostro
romitaggio
di
Gardone
,
forse
non
vi
giungono
che
le
eco
confuse
ed
alterate
della
nostra
battaglia
quotidiana
e
per
la
solitudine
in
cui
vi
siete
ritirato
e
che
erige
un
diaframma
tra
la
realtà
quale
è
e
voi
,
potete
essere
facilmente
avvinto
da
tesi
partigiane
e
da
informazioni
di
persone
a
cui
preme
alterare
i
fatti
,
svisandoli
secondo
il
loro
desiderio
!
Scendete
fra
noi
e
vedete
!
Fra
noi
immergendovi
nella
pulsante
vita
nostra
,
nelle
lotte
quali
sono
e
come
si
combattono
sentirete
fremere
l
'
idea
eternamente
giovane
che
fu
la
vostra
idea
,
straniera
affatto
ai
vari
Baldesi
e
Zaniboni
ed
altri
,
in
questo
momento
umilianti
a
Canossa
in
nome
della
Patria
a
cui
non
credono
e
non
amano
!
Noi
siamo
quelli
che
ieri
fummo
,
che
domani
saremo
!
Parlate
,
Poeta
!
Parlate
e
non
trascorra
lungo
il
tempo
e
non
si
sparga
altro
sangue
fraterno
e
non
si
faccia
di
voi
segnacolo
in
vessillo
per
combatterci
in
nome
vostro
come
quando
si
copiò
la
parola
schiavismo
come
se
detta
da
voi
e
che
sei
lunghi
mesi
dopo
,
in
cui
tanto
sangue
fu
sparso
,
finalmente
smentiste
!
Già
si
affilano
le
armi
e
si
accendono
formidabili
le
ire
tra
i
legionari
ed
i
fascisti
e
sangue
fraterno
scorre
ancora
per
le
vie
d
'
Italia
come
avvenne
in
questi
giorni
a
Milano
gli
uni
asserendo
di
parlare
e
di
agire
in
nome
vostro
,
gli
altri
energicamente
negando
!
Parlate
!
Come
fummo
con
voi
sempre
,
domani
saremo
contro
di
voi
se
indugia
il
vostro
silenzio
o
se
la
parola
Vostra
che
deve
essere
parola
libera
e
leale
dirà
:
il
Poeta
Soldato
è
con
i
negatori
della
Patria
che
insidiarono
di
dentro
nell
'
ora
tremenda
mentre
il
nemico
la
offendeva
di
fuori
,
ai
confini
.
E
con
voi
saremo
se
la
vostra
parola
sarà
la
parola
con
noi
solidale
,
consacrante
l
'
opera
nostra
di
combattenti
,
di
italiani
che
nel
Fascismo
hanno
raccolto
le
energie
giovani
e
rinnovatrici
della
Patria
e
che
col
Fascismo
assunto
in
Campidoglio
,
intendono
rinnovellare
la
Patria
,
come
voi
la
cantaste
,
come
voi
la
sognaste
,
per
la
quale
foste
soldato
e
martire
per
la
incancellabile
stigmata
che
vi
addita
all
'
ammirazione
e
all
'
affetto
degl
'
italiani
.
Parlate
,
Poeta
,
O
con
noi
,
o
contro
di
noi
!
Chiarite
la
situazione
e
ognuno
segua
la
sua
via
!
Ma
una
sola
,
o
poeta
,
è
la
via
della
vita
quella
che
guida
all
'
incremento
e
alla
gloria
d
'
Italia
,
quella
cioè
che
noi
da
tempo
abbiamo
scelta
e
percorsa
,
segnando
le
tappe
del
nostro
aspro
cammino
con
altrettanti
eroi
che
col
loro
sangue
fissarono
le
luminose
pietre
miliari
dell
'
ascender
nostro
e
delle
fortune
della
Patria
!
StampaQuotidiana ,
Belluno
,
20
febbraio
-
Una
delegazione
guidata
dal
dott.
Da
Borso
,
presidente
dell
'
Ente
provinciale
conferirà
a
Roma
con
i
ministri
dei
Lavori
pubblici
e
delle
Finanze
ai
quali
verranno
sottoposte
le
richieste
che
il
Consiglio
provinciale
ha
unanimemente
formulato
sui
problemi
idroelettrici
,
alcuni
dei
quali
sono
arrivati
a
una
tale
acutizzazione
che
comportano
per
il
governo
una
chiara
e
decisa
scelta
finale
.
Se
finora
le
autorità
governative
hanno
potuto
impunemente
svolgere
una
politica
di
promesse
per
i
montanari
e
di
concessioni
per
la
società
elettrica
ora
,
per
quanto
riguarda
la
provincia
di
Belluno
,
siamo
allo
scontro
finale
:
ora
il
governo
non
dovrà
soltanto
dire
ma
fare
adoperare
le
leggi
come
devono
essere
adoperate
,
poiché
anche
i
suoi
migliori
sostenitori
periferici
-
amministratori
,
deputati
,
parroci
-
hanno
rinunciato
a
continuare
a
difendere
apertamente
il
suo
operato
,
perché
è
a
tutti
fin
troppo
chiaro
che
esso
giova
soltanto
al
potente
monopolio
.
La
discussione
avvenuta
in
Consiglio
provinciale
sulla
mozione
del
compagno
on.
Bettiol
ha
dimostrato
l
'
agitazione
,
l
'
imbarazzo
dei
d.c.
locali
e
il
loro
tentativo
,
seppur
strumentale
,
dettato
dall
'
esigenza
di
differenziare
almeno
a
parole
il
loro
operato
da
quello
del
governo
per
esigenze
propagandistiche
di
partito
e
personali
,
di
risalire
una
china
che
erano
andati
scendendo
pian
piano
,
rendendoli
complici
della
volontà
del
governo
in
fatti
incresciosi
e
talvolta
dolorosi
,
di
fronte
ai
quali
ci
si
limitava
a
deplorare
,
ma
non
si
era
in
grado
d
'
imporsi
,
di
protestare
,
di
ottenere
il
proprio
diritto
.
A
scuotere
le
coscienze
ci
sono
voluti
fatti
e
avvenimenti
che
i
d.c.
non
potevano
prevedere
.
C
'
è
voluta
la
ribellione
dei
cittadini
di
Domegge
,
che
si
son
sentiti
indegnamente
beffati
dopo
anni
di
fiduciosa
attesa
per
la
loro
frazione
di
Vallesella
,
rovinata
dal
bacino
SADE
.
Il
governo
e
le
autorità
provinciali
dovevano
appoggiare
e
incoraggiare
l
'
azione
intrapresa
da
quei
cittadini
per
la
difesa
del
loro
paese
;
invece
si
lasciava
alla
SADE
ogni
possibilità
di
sottrarsi
sempre
ai
propri
obblighi
di
legge
,
anche
quando
la
stessa
ha
allungato
una
settantina
di
milioni
per
riparare
le
case
danneggiate
,
a
titolo
però
di
elargizione
e
non
di
preciso
indennizzo
di
responsabilità
.
Un
atto
inutile
,
perché
le
case
continuano
a
dissestarsi
,
ma
che
l
'
avarissima
SADE
,
come
dice
una
relazione
del
Comune
di
Domegge
,
«
ha
praticato
come
un
'
iniezione
di
morfina
al
malato
dolorante
,
solo
per
addormentarne
il
dolore
,
ma
non
è
servita
per
addormentare
la
coscienza
della
popolazione
»
mentre
,
continua
sempre
la
relazione
«
in
altra
sede
si
,
la
iniezione
è
servita
e
qualcuno
si
è
addormentato
»
.
È
questa
,
una
precisa
accusa
al
potere
costituito
.
L
'
amarezza
e
la
sfiducia
dei
cittadini
di
Domegge
si
è
clamorosamente
manifestata
con
l
'
astensione
totale
dal
voto
per
le
elezioni
amministrative
dello
scorso
novembre
,
che
ha
assunto
un
preciso
atto
di
protesta
.
Il
rigetto
da
parte
della
GPA
della
delibera
con
la
quale
il
Comune
di
Domegge
aveva
deciso
d
'
istruire
una
pratica
giudiziaria
contro
la
SADE
,
era
stata
la
goccia
che
aveva
fatto
traboccare
il
vaso
.
Ed
anche
i
d.c.
hanno
dovuto
aprire
gli
occhi
sulla
realtà
.
Un
'
altra
realtà
che
deve
essere
affrontata
con
urgenza
è
quella
che
si
sta
verificando
ad
Erto
per
l
'
invaso
del
Vajont
.
Il
P.C.I.
ne
ha
parlato
a
iosa
e
sembrava
che
le
sue
parole
fossero
lanciate
al
vento
.
Ora
si
sta
determinando
l
'
irreparabile
quello
che
noi
avevamo
sempre
temuto
e
denunciato
.
Una
enorme
massa
di
50
milioni
di
metri
cubi
di
materiale
,
tutta
una
montagna
sul
versante
sinistro
del
lago
artificiale
,
sta
franando
.
Non
si
può
sapere
se
il
cedimento
sarà
lento
o
se
avverrà
con
un
terribile
schianto
.
In
quest
'
ultimo
caso
non
si
possono
prevedere
le
conseguenze
.
Può
darsi
che
la
famosa
diga
tecnicamente
tanto
decantata
e
a
ragione
,
resista
(
se
si
verificasse
il
contrario
e
quando
il
lago
fosse
pieno
sarebbe
un
'
immane
disastro
per
lo
stesso
paese
di
Longarone
adagiato
in
fondovalle
)
,
ma
sorgeranno
lo
stesso
altri
problemi
di
natura
difficile
e
preoccupante
.
I
più
illustri
tecnici
fatti
convocare
per
l
'
occasione
da
varie
parti
del
mondo
,
hanno
suggerito
alla
SADE
di
costruire
una
galleria
per
far
defluire
l
'
acqua
da
un
lago
all
'
altro
quando
la
montagna
cadendo
,
avrà
di
fatto
formato
due
invasi
.
Non
si
sa
cosa
succederà
dell
'
agglomerato
del
paese
quando
il
lago
superiore
sarà
pieno
,
poiché
è
notorio
che
esso
è
interamente
poggiato
su
terreno
di
frana
.
La
SADE
dice
che
sotto
questo
terreno
esiste
uno
strato
di
roccia
.
Ma
come
ci
si
può
fidare
di
un
giudizio
che
il
monopolio
ha
fallito
in
pieno
già
diverse
volte
anche
in
provincia
,
come
a
Forno
di
Zoldo
e
nella
stessa
zona
di
Erto
?
Il
compagno
Bettiol
ha
chiesto
ed
ottenuto
che
l
'
Ente
Provincia
si
associ
al
Comune
per
far
fare
altre
perizie
sul
sottosuolo
di
Erto
,
per
dare
tranquillità
a
quei
cittadini
che
si
trovano
in
uno
stato
di
perenne
agitazione
anche
perché
sulla
sinistra
,
come
tante
volte
denunciato
anche
dal
nostro
giornale
,
continuano
a
cadere
frane
sulla
nuova
strada
di
circonvallazione
e
una
ventina
di
famiglie
sono
anche
attualmente
prive
di
ogni
via
di
collegamento
con
il
paese
,
perché
un
pezzo
di
strada
è
stata
travolta
e
distrutta
dagli
ultimi
franamenti
.
Questa
è
la
realtà
umana
della
popolazione
.
Poi
c
'
è
la
realtà
dei
cavilli
giuridici
e
delle
sentenze
.
Come
è
noto
il
Tribunale
superiore
delle
acque
pubbliche
ha
emesso
ultimamente
una
sentenza
che
priva
il
bacino
imbrifero
del
Piave
di
180
milioni
all
'
anno
e
di
un
miliardo
e
mezzo
di
arretrati
,
perché
concede
alla
SADE
di
sottrarsi
all
'
obbligo
di
corrispondere
i
sovraccanoni
sugli
impianti
di
Fadalto
.
Qui
i
d.c.
vorrebbero
giuocare
sull
'
equilibrio
,
attribuendo
tutta
la
colpa
alla
magistratura
.
E
ai
profani
di
queste
cose
forse
parrebbe
tale
se
non
esistessero
precedenti
costituiti
da
precise
richieste
,
dibattiti
,
azioni
di
enti
locali
e
iniziative
anche
legislative
,
svolti
in
passato
presso
il
governo
e
il
ministro
competente
,
richiedenti
l
'
estensione
del
pagamento
del
sovraccanone
a
tutti
gli
impianti
esistenti
.
È
il
governo
,
perciò
il
responsabile
dell
'
attuale
sentenza
,
come
è
responsabile
di
aver
concesso
i
rimanenti
125
moduli
d
'
acqua
,
che
ancora
esistevano
nell
'
ormai
striminzito
Piave
contro
il
parere
degli
enti
locali
,
ed
averli
concessi
per
60
anni
alla
SADE
,
che
li
utilizza
negli
impianti
di
Fadalto
,
proprio
quando
stanno
per
scadere
le
precedenti
concessioni
per
quegli
impianti
,
prorogando
di
fatto
tutte
le
concessioni
di
quella
zona
fino
al
2019
.
Ma
l
'
assurdo
ancora
più
grave
è
che
autorizza
la
società
elettrica
a
compiere
un
vero
furto
legalizzato
,
poiché
le
si
concede
la
facoltà
d
'
iniziare
a
pagare
i
sovraccanoni
per
i
125
moduli
dell
'
ultima
concessione
al
termine
dei
lavori
,
che
di
fatto
non
esistono
se
non
per
un
semplice
canale
,
poiché
gli
impianti
sono
già
al
completo
.
Cosicché
la
SADE
già
sfrutta
quest
'
acqua
fin
dal
1954
(
e
illegalmente
anche
prima
come
è
stato
documentato
)
senza
dover
ancora
pagare
una
lira
.
È
un
mostruoso
assurdo
che
non
trova
precedenti
e
di
cui
è
interamente
responsabile
il
governo
.
Potosí ( Moravia Alberto , 1970 )
StampaQuotidiana ,
La
Paz
.
L
'
aeroporto
di
La
Paz
a
quattromila
metri
di
altezza
pare
nient
'
altro
che
un
minimo
lembo
,
dello
sterminato
aeroporto
che
è
l
'
altipiano
boliviano
.
L
'
altipiano
è
deserto
,
spianato
e
vertiginosamente
ventoso
e
luminoso
come
sanno
esserlo
soltanto
le
piste
degli
aeroporti
.
Di
un
colore
brullo
uniforme
,
l
'
altipiano
fugge
d
'
ogni
parte
verso
remoti
orizzonti
circolari
dai
quali
si
affaccia
,
bizzarramente
,
tutta
una
fila
di
picchi
nevosi
.
È
la
cordigliera
Real
,
la
catena
andina
al
di
là
della
quale
la
Bolivia
,
paese
dualistico
,
precipita
senza
transizione
nelle
bassure
tropicali
.
Non
ci
sono
che
due
piccoli
aeroplani
da
turismo
,
ad
una
sola
elica
,
nell
'
aeroporto
.
Trappoco
una
di
queste
libellule
bianche
e
azzurre
ci
porterà
,
sgattaiolando
intorno
i
picchi
,
a
Potosí
,
la
città
morta
dell
'
argento
.
Saliamo
,
ci
chiudiamo
nell
'
abitacolo
non
più
grande
di
quello
di
una
comune
automobile
.
Il
pilota
,
un
capitano
dell
'
aviazione
militare
boliviana
,
non
dispone
,
per
dirigersi
,
che
di
una
piccola
carta
geografica
sulla
quale
con
una
matita
tira
una
linea
retta
da
La
Paz
a
Potosí
.
Volerà
tra
rupi
altissime
,
al
di
sopra
di
voragini
spalancate
,
servendosi
unicamente
di
questa
carta
.
Partiamo
.
L
'
aeroplano
romba
,
ma
neppure
tanto
,
corre
un
poco
sulla
pista
e
quindi
decolla
e
si
dirige
con
esasperante
lentezza
(
duecento
chilometri
all
'
ora
)
verso
le
montagne
all
'
orizzonte
.
Sorvoliamo
La
Paz
,
che
per
proteggerla
dai
venti
,
gli
spagnoli
hanno
costruito
in
fondo
ad
una
specie
di
cratere
dalle
pareti
erose
,
di
un
giallo
leonino
,
che
ricordano
le
crete
di
Siena
;
sorvoliamo
ancora
per
un
po
'
l
'
altipiano
;
quindi
entriamo
tra
le
montagne
.
La
Bolivia
è
un
paese
di
miniere
.
O
meglio
è
un
paese
di
contadini
che
per
sua
disgrazia
è
ricchissimo
di
minerali
.
Gli
Incas
conoscevano
le
miniere
;
ma
la
loro
civiltà
comunitaria
,
isolata
tra
le
Ande
e
l
'
oceano
,
era
per
forza
di
cose
disinteressata
;
e
perciò
si
servivano
dei
metalli
soltanto
per
scopi
domestici
.
Gli
spagnoli
invece
erano
dei
colonialisti
,
i
primi
,
in
ordine
di
tempo
,
del
mondo
moderno
.
È
interessante
notare
come
all
'
origine
del
colonialismo
spagnolo
c
'
è
una
deviazione
psicologica
che
forse
riguarda
più
il
moralista
che
lo
scienziato
di
cose
economiche
.
L
'
idea
dell
'
arricchimento
facile
,
senza
lavoro
,
per
rapina
o
per
fortuna
o
per
tutte
e
due
,
ha
corrotto
in
partenza
la
conquista
dell
'
America
.
Il
mito
asiatico
dell
'
oro
,
dell
'
argento
,
delle
pietre
preziose
,
delle
essenze
rare
,
delle
spezie
si
frapponeva
come
un
miraggio
tra
gli
occhi
dei
soldati
spagnoli
e
la
umile
realtà
primitiva
del
nuovo
mondo
.
Purtroppo
questo
mito
trovò
una
conferma
nella
natura
e
fu
allora
la
rovina
della
Bolivia
.
L
'
agricoltura
,
un
tempo
pianificata
con
complicati
sistemi
di
irrigazione
,
fu
lasciata
decadere
fino
all
'
attuale
livello
di
mera
sussistenza
;
gli
indios
furono
avviati
in
massa
alle
miniere
con
metodi
schiavistici
.
Volando
sulla
cordigliera
Real
,
tutto
questo
si
può
vedere
a
occhio
nudo
.
Giù
,
giù
,
in
fondo
alle
vallate
anguste
,
si
aprono
ogni
tanto
dei
piccoli
slarghi
e
sopra
un
ripiano
si
scorgono
tanti
rettangolini
grigi
disposti
in
simmetria
.
Al
di
sopra
di
questi
rettangolini
incombono
altissime
montagne
brulle
e
dirupate
che
,
ad
uno
sguardo
attento
,
si
rivelano
tutte
sforacchiate
di
caverne
oscure
.
Sono
le
miniere
,
le
famose
,
funeste
miniere
d
'
oro
,
d
'
argento
,
di
antimonio
,
di
zinco
,
di
piombo
,
di
stagno
,
di
rame
della
Bolivia
.
Guardando
a
quei
miseri
villaggi
sprofondati
nelle
gole
solitarie
si
capiscono
tante
cose
:
l
'
isolamento
assoluto
dei
minatori
,
causa
di
continui
moti
rivoluzionari
che
mirano
,
a
ben
guardare
,
a
inserire
quelle
sperdute
comunità
nella
vita
sociale
e
politica
del
paese
;
le
immense
difficoltà
dei
trasporti
del
minerale
che
gli
spagnoli
avevano
risolto
con
l
'
asservimento
degli
indiani
ma
che
oggi
,
dopo
la
nazionalizzazione
di
due
terzi
delle
miniere
,
rende
passivi
i
bilanci
delle
amministrazioni
statali
.
Ecco
finalmente
Potosí
.
La
sorvoliamo
planando
obliquamente
.
Potosí
appare
come
una
città
testuggine
,
a
causa
dei
tetti
accostati
come
le
piastre
,
appunto
,
della
corazza
della
tartaruga
.
L
'
aeroplano
continua
a
planare
tutt
'
intorno
l
'
arida
nuda
valle
,
ed
ecco
ci
viene
incontro
la
celebre
montagna
triangolare
che
domina
Potosí
,
il
Cerro
Rico
.
È
una
montagna
brulla
,
color
tabacco
,
sparsa
delle
solite
caverne
oscure
.
Da
questa
montagna
,
gli
economisti
moderni
calcolano
che
la
corona
di
Spagna
ha
estratto
in
tre
secoli
per
un
valore
di
un
miliardo
di
dollari
di
argento
.
Nel
Seicento
,
da
Potosí
veniva
la
metà
dell
'
argento
di
tutta
Europa
.
A
Potosí
,
più
poeticamente
,
dicono
che
con
l
'
argento
ricavato
dal
Cerro
Rico
si
potrebbe
costruire
un
ponte
tutto
d
'
argento
massiccio
dalla
città
fino
alla
lontanissima
Madrid
.
Potosí
è
una
città
coloniale
spagnola
del
tipo
di
quelle
messicane
per
esempio
Oaxaca
.
C
'
è
la
solita
plana
,
i
soliti
grandi
alberi
fronzuti
,
le
solite
panchine
,
la
solita
cattedrale
barocca
.
Soltanto
,
a
differenza
delle
città
messicane
,
Potosí
è
morta
,
di
una
morte
antica
che
non
risale
a
ieri
ma
al
Settecento
,
quando
le
miniere
d
'
argento
,
esaurite
,
non
pagarono
più
le
spese
dell
'
estrazione
.
Potosí
è
dunque
la
città
simbolica
del
colonialismo
spagnolo
:
nata
con
l
'
argento
,
è
morta
con
l
'
argento
.
La
sua
vita
è
stata
anche
d
'
argento
,
poiché
,
per
cupidigia
del
prezioso
metallo
,
ci
sono
state
,
a
Potosí
,
perfino
delle
guerre
civili
.
Di
questo
parere
,
del
resto
,
è
anche
l
'
anonimo
poeta
che
ha
scritto
,
verso
il
Settecento
,
il
poema
Testamento
di
Potosí
,
alla
maniera
dei
testamenti
di
François
Villon
.
Il
poema
è
un
elenco
di
lasciti
ora
descrittivi
e
ora
burleschi
fatti
dalla
celebre
città
in
punto
di
morte
.
Tra
le
altre
cose
,
Potosí
lascia
a
Dio
la
propria
anima
;
la
quale
,
però
come
nota
ironicamente
il
poeta
,
es
la
plata
pura
,
è
fatta
di
puro
argento
.
Naturale
che
il
centro
di
una
città
così
emblematica
non
sia
,
a
ben
guardare
,
la
cattedrale
bensì
il
famoso
Palazzo
della
Moneta
,
uno
dei
più
belli
dell
'
America
Latina
.
È
la
stagione
delle
piogge
,
piove
a
dirotto
;
così
visitiamo
il
palazzo
quasi
al
buio
perché
,
per
economia
,
la
luce
elettrica
c
'
è
soltanto
negli
uffici
della
direzione
.
Percorriamo
in
fretta
le
sale
del
museo
di
pittura
coloniale
nelle
quali
,
dalla
penombra
,
ci
guardano
le
solite
ninfe
spropositate
,
le
solite
Madonne
dalle
facce
sciocche
,
i
soliti
gentiluomini
e
le
solite
dame
pieni
di
galloni
e
di
sufficienza
;
quindi
scendiamo
a
pianterreno
,
dove
si
trovava
la
zecca
.
Sempre
al
buio
,
ecco
le
enormi
macchine
tutte
di
legno
,
senza
un
solo
chiodo
di
ferro
,
con
le
quali
si
batteva
moneta
;
ecco
,
dentro
le
teche
,
gli
stampi
delle
monete
con
le
armi
di
Castiglia
da
una
parte
e
l
'
effigie
del
sovrano
dall
'
altra
.
Siamo
dunque
nel
cuore
stesso
,
morto
e
secco
,
del
colonialismo
spagnolo
.
Queste
grandi
ruote
dentate
di
legno
durissimo
delle
foreste
boliviane
non
gireranno
mai
più
;
gli
stampi
non
imprimeranno
mai
più
nell
'
argento
antichi
stemmi
e
profili
accigliati
di
re
.
E
tuttavia
non
si
può
negare
che
proprio
in
questa
penombra
,
tra
questa
roba
defunta
,
si
avverta
più
che
altrove
il
senso
riposto
della
storia
del
subcontinente
.
La
sola
riflessione
che
venga
fatto
di
formulare
è
che
queste
sale
sono
più
eloquenti
di
qualsiasi
chiesa
.
Certo
,
l
'
arte
,
i
riti
,
le
cerimonie
della
religione
hanno
varcato
l
'
oceano
e
si
sono
radicate
in
America
;
ma
,
come
avviene
ancor
oggi
,
con
tutti
i
colonialismi
di
tutti
i
generi
e
di
tutti
i
paesi
,
il
messaggio
che
era
legato
a
quelle
forme
è
come
se
fosse
rimasto
in
Europa
,
tanto
poco
ha
informato
di
sé
il
rapporto
fra
conquistatori
e
indigeni
.
Così
che
qualche
anno
fa
ha
potuto
addirittura
essere
ripresentato
come
un
messaggio
rivoluzionario
dal
prete
guerrigliero
Camilo
Torres
e
dai
suoi
seguaci
.
Giriamo
per
Potosí
tutto
il
giorno
,
sotto
la
pioggia
.
La
serata
ci
vedrà
seduti
nel
grande
atrio
gelido
dell
'
albergo
,
in
un
cerchio
di
notabili
venuti
a
visitarci
:
l
'
alcalde
o
sindaco
,
il
comandante
della
guarnigione
,
qualche
altro
personaggio
ufficiale
.
Si
mangiano
olive
e
mandorle
salate
,
si
sorseggia
una
bevanda
che
rassomiglia
alla
tequila
messicana
.
La
conversazione
langue
;
si
parla
del
tempo
che
fa
,
come
in
un
salotto
inglese
dell
'
era
vittoriana
.
Poi
,
non
senza
intenzione
,
buttiamo
là
una
qualsiasi
allusione
politica
e
allora
,
come
d
'
incanto
,
i
discorsi
diventano
vivacissimi
.
Gli
è
che
i
boliviani
hanno
la
passione
della
politica
;
forse
perché
i
problemi
di
questo
paese
sono
così
antichi
e
così
intrattabili
da
diventare
,
per
forza
di
cose
e
quasi
per
la
consapevolezza
della
loro
intrattabilità
,
prima
di
tutto
politici
.
Naturalmente
,
ad
un
certo
punto
,
si
parla
del
"
Che
"
Guevara
e
della
sua
tragica
avventura
.
Se
ne
parla
tuttora
e
dappertutto
in
Bolivia
;
e
anche
da
parte
degli
avversari
con
una
strana
,
quasi
inconscia
riconoscenza
;
è
una
tragedia
che
ha
ricordato
al
mondo
,
a
livello
storico
,
la
Bolivia
,
paese
isolato
e
frustrato
;
e
al
tempo
stesso
ne
ha
innalzato
,
per
così
dire
,
il
tasso
di
vitalità
.
Ma
la
discussione
suscita
strane
interpretazioni
che
bisogna
pur
chiamare
"
provinciali
"
.
Non
odo
forse
qualcuno
attribuire
la
spedizione
cubana
alla
massoneria
?
Partiremo
la
mattina
dopo
;
ma
il
pilota
,
dopo
aver
captato
alla
radio
le
notizie
sul
tempo
e
consultato
la
sua
carta
,
decide
di
dirigersi
verso
Oruro
.
Come
se
,
in
Italia
,
chi
volesse
andare
da
Milano
a
Roma
puntasse
sopra
Trieste
.
Voliamo
sotto
un
cielo
basso
e
scuro
,
tra
i
picchi
,
seguendo
i
canaloni
,
in
direzione
di
un
chiarore
sulfureo
che
sta
a
indicare
una
spera
di
sole
sull
'
altipiano
.
Ecco
di
nuovo
,
in
fondo
alle
vallate
nude
e
aride
,
i
villaggi
delle
miniere
;
si
vedono
le
piste
serpeggiare
lontano
,
bianche
e
sottili
tra
i
monti
:
a
dorso
di
mulo
o
a
piedi
ci
vogliono
anche
venti
giorni
per
percorrere
la
distanza
che
il
nostro
monoplano
varca
in
poco
più
di
un
'
ora
.
Sbuchiamo
finalmente
sull
'
altipiano
,
c
'
è
il
sole
e
piove
attraverso
il
sole
.
Ecco
l
'
aeroporto
,
un
prato
come
un
altro
.
Prendiamo
un
tassi
,
ci
precipitiamo
alla
stazione
per
sentirci
dire
che
il
treno
parte
tra
mezz
'
ora
ma
che
non
c
'
è
posto
perché
tutto
è
stato
già
prenotato
da
quindici
giorni
.
Poiché
il
cattivo
tempo
peggiora
nel
pomeriggio
,
come
avviene
di
regola
nella
stagione
delle
piogge
,
con
lo
stesso
tassì
,
correndo
a
perdifiato
per
la
pista
allagata
,
attraverso
l
'
altipiano
,
in
quattro
ore
arriviamo
a
La
Paz
.
Durante
il
viaggio
non
ci
fermiamo
che
una
sola
volta
:
per
ammirare
un
lama
,
il
primo
che
abbiamo
visto
sinora
,
fermo
sotto
la
pioggia
,
nel
mezzo
di
una
steppa
sterminata
,
simile
ad
un
cammello
con
le
gambe
corte
.
StampaQuotidiana ,
Il
1922
fu
,
per
il
Fascismo
,
l
'
anno
del
dinamismo
squadrista
.
Dalle
piccole
e
limitate
azioni
del
1921
,
attraverso
esperimenti
di
mobilitazione
in
grande
stile
,
si
giunse
alla
Marcia
,
primo
esempio
di
rivoluzione
politica
svoltasi
con
la
metodicità
e
il
sincronismo
caratteristici
dei
fatti
guerreschi
.
Gli
avversari
,
di
cui
si
constatò
e
provò
in
quell
'
anno
l
'
impotenza
fisica
e
morale
a
contrastarci
il
cammino
vittorioso
,
tentano
di
sminuire
l
'
importanza
militare
dell
'
azione
fascista
del
1922
,
in
ispecie
dell
'
ottobre
.
A
parte
il
fatto
che
il
togliere
alla
nostra
forza
accresce
la
misura
dell
'
altrui
viltà
,
non
è
consentibile
prendere
sul
serio
dei
giudizi
dovuti
al
senno
d
'
una
classe
politica
,
che
fino
alla
vigilia
del
Congresso
di
Napoli
ignorava
il
Fascismo
come
fattore
politico
nazionale
.
Chi
,
come
noi
reduci
della
grande
guerra
,
ha
potuto
vivere
il
Fascismo
senza
le
facili
infatuazioni
eroiche
di
chi
,
per
età
o
per
altro
,
non
portava
in
sé
dalla
trincea
l
'
esperienza
dura
del
sangue
e
della
morte
,
può
attestare
,
senza
bisogno
di
dar
fiato
nelle
trombe
,
che
lo
sviluppo
dell
'
azione
fascista
,
tra
la
fine
del
'21
e
l
'
ottobre
del
'22
,
fu
,
nell
'
insieme
e
nei
capitali
episodi
che
qui
non
occorre
ricordare
,
di
linee
propriamente
guerresche
:
operò
in
essa
,
cioè
,
la
potenza
alta
,
nobile
,
necessaria
per
cui
i
grandi
moti
spirituali
avvengono
.
Al
diverbio
,
all
'
alterco
,
alla
zuffa
,
alla
contesa
,
alla
rissa
in
cui
la
litigiosità
misera
e
guardinga
degli
avversari
sciupò
ogni
virtù
tattica
,
la
combattività
irrompente
,
audace
,
generosa
del
Fascismo
contrappose
l
'
azione
vasta
e
decisiva
,
e
la
lotta
,
che
avrebbe
forse
ancora
a
lungo
crepitato
tra
casa
e
casa
,
da
siepe
a
siepe
,
imboccò
la
grande
strada
di
Roma
,
verso
la
determinazione
storica
dei
suoi
fini
.
Nell
'
anno
1922
la
potenza
spirituale
del
Fascismo
si
espresse
nel
massimo
di
potenza
materiale
;
al
«
manganello
»
dei
castighi
paesani
si
sostituirono
le
armi
delle
ore
decisive
.
La
violenza
si
risolse
storicamente
nel
grandioso
fatto
compiuto
.
Nel
1923
la
nostalgia
dell
'
azione
è
l
'
elemento
fondamentale
del
complesso
stato
d
'
animo
del
Partito
Nazionale
Fascista
.
L
'
esercito
delle
camicie
nere
,
sorpreso
dal
subitaneo
sistemarsi
dello
sforzo
rivoluzionario
nell
'
azione
metodica
di
governo
,
ripiega
i
ricordi
.
Ogni
richiamo
e
ogni
ammonimento
urtano
contro
l
'
insofferenza
di
giovani
,
non
giunti
ancora
a
stabilire
un
rapporto
tra
l
'
ardimentoso
sacrificio
di
ieri
e
il
monotono
sacrifizio
di
oggi
nelle
varie
fasi
della
ricostruzione
.
Da
questo
stato
d
'
animo
procede
l
'
illegalismo
fascista
e
per
questo
stato
d
'
animo
si
giustifica
.
L
'
impazienza
degli
avversari
non
ha
ragion
d
'
essere
;
non
ha
,
sopra
tutto
,
ragion
di
divampare
in
sterili
invettive
,
che
creano
,
di
rimbalzo
,
noiose
complicazioni
.
Non
si
smobilita
in
un
giorno
un
esercito
,
non
si
placa
in
un
giorno
il
suo
cuore
esagitato
dalla
battaglia
.
Ma
questo
reale
stato
d
'
animo
non
ci
preoccupa
.
Conosciamo
la
docilità
della
massa
fascista
nelle
grandi
direttive
spirituali
e
politiche
.
Sappiamo
che
la
si
può
condurre
dove
si
vuole
,
anche
a
forme
di
vita
il
più
possibile
diverse
da
quelle
del
passato
.
L
'
indisciplina
dei
gregari
è
,
quasi
sempre
,
un
riflesso
dell
'
incomprensione
dei
capi
.
È
d
'
uopo
avere
il
coraggio
di
affermare
questa
elementare
verità
.
Il
1923
è
ricco
di
documenti
che
valgono
a
provare
il
nostro
asserto
:
proclami
altisonanti
,
manifesti
retorici
,
appelli
enfatici
,
tutt
'
una
serie
di
scritti
,
di
atti
e
di
detti
non
precisamente
utili
a
risolvere
in
serena
e
cosciente
operosità
la
nostalgia
e
il
rammarico
lievitanti
nell
'
animo
dei
fascisti
.
C
'
è
una
retorica
fascista
che
fa
più
male
alla
nostra
causa
di
mille
articoli
di
opposizione
:
è
la
retorica
del
coraggio
,
esibito
,
scodellato
,
servito
in
tutte
le
salse
,
è
la
retorica
cafona
dei
comizi
domenicali
,
dei
giornali
diretti
e
scritti
dagli
illetterati
,
è
la
retorica
infeconda
degli
uomini
che
nel
passaggio
dall
'
agitazione
alla
calma
sentono
il
proprio
annullamento
.
Bisogna
veramente
torcere
il
collo
alla
mala
bestia
.
Bisogna
rasserenare
il
nostro
linguaggio
,
scegliere
le
nostre
parole
,
meditare
i
nostri
discorsi
.
Le
indigestioni
di
squilli
di
guerra
e
di
diane
e
di
rulli
di
tamburo
fanno
male
alla
salute
.
Il
nobilissimo
messaggio
,
che
il
Direttorio
Nazionale
ha
indirizzato
fascisti
in
principio
,
è
illuminato
d
'
un
senso
nuovo
di
vita
riposata
e
armoniosa
:
possano
i
truculenti
amatori
della
violenza
verbale
trarne
insegnamento
.
Le
parole
grosse
non
generano
i
grandi
fatti
:
il
«
manganello
»
dopo
la
rivoluzione
è
uno
strumento
ridicolo
!
Nella
marcia
su
Roma
la
violenza
fascista
trovò
la
sua
pratica
risoluzione
.
Quel
che
ne
sopravvisse
si
espresse
in
gesti
inutili
,
antistorici
.
Il
1923
comportò
,
tutta
via
,
un
vasto
residuo
sentimentale
di
quella
violenza
.
Nel
1924
noi
dovremmo
realizzarne
la
completa
scomparsa
.
Ormai
,
dopo
il
coronamento
vittorioso
della
gesta
rivoluzionaria
,
la
violenza
non
può
tornare
ad
essere
se
non
rissa
,
litigio
,
altercazione
:
non
serve
,
quindi
,
mantenerla
viva
;
serve
,
piuttosto
,
sedarla
,
perché
la
cronaca
non
si
ripeta
a
scapito
della
storia
,
e
perché
la
magnifica
forza
delle
camicie
nere
non
può
,
in
ogni
caso
,
che
avere
esplicazioni
logiche
,
guidate
da
una
lucida
volontà
dall
'
alto
,
secondo
direttive
ben
definite
e
scopi
essenziali
al
divenire
del
Fascismo
.
C
'
è
un
circolo
vizioso
entro
cui
nostri
uomini
e
alcuni
avversari
vanamente
si
dibattono
:
è
il
circolo
delle
parole
superflue
,
inspirate
,
a
quelli
e
a
questi
,
da
un
'
incomprensione
fondamentale
della
Marcia
,
che
agli
uni
appare
come
una
enorme
spedizione
punitiva
suscettibile
di
episodiche
ripetizioni
,
agli
altri
come
evento
superabile
e
superato
verso
sospirati
ritorni
.
Se
,
invece
,
la
rivoluzione
fascista
apparisse
a
tutti
quello
che
irreparabilmente
è
,
una
discriminazione
assoluta
di
tempi
,
per
cui
e
le
antiche
tattiche
politiche
e
i
metodi
stessi
onde
la
rivoluzione
trionfò
non
sono
più
possibili
senza
gravi
perturbazioni
,
e
,
da
ognuno
,
si
sentisse
il
dovere
d
'
un
linguaggio
più
onesto
,
più
alto
,
più
limpido
,
quale
la
raggiunta
sistemazione
sociale
esige
,
noi
potremmo
,
alla
fin
fine
,
uscire
dal
dibattito
noioso
d
'
una
retorica
e
d
'
una
dialettica
,
superate
nella
coscienza
dei
buoni
cittadini
:
la
retorica
nostra
e
la
dialettica
degli
avversari
,
che
a
un
solo
effetto
riescono
,
a
quello
di
eccitare
e
giustificare
l
'
illegalismo
residuo
.
Il
popolo
è
sano
,
non
chiede
che
di
lavorare
:
facciamo
sì
che
contro
la
sua
stessa
volontà
e
il
suo
stesso
interesse
l
'
illegalismo
delle
parole
non
crei
l
'
illegalismo
dei
fatti
!
StampaQuotidiana ,
Ponte
delle
Alpi
,
9
notte
-
Sono
a
Ponte
delle
Alpi
:
la
strada
è
bloccata
da
agenti
della
polizia
,
carabinieri
,
soldati
.
Non
si
passa
.
Solo
le
autoambulanze
,
i
mezzi
della
polizia
e
dell
'
esercito
possono
passare
il
posto
di
blocco
,
avanzare
verso
Longarone
,
il
paese
di
duemila
abitanti
sommerso
nella
notte
dalla
valanga
d
'
acqua
che
l
'
ha
investito
dopo
che
la
diga
sul
Vajont
ha
ceduto
.
Le
notizie
giungono
incerte
,
frammentarie
,
confuse
,
rimbalzano
nella
notte
da
un
crocchio
all
'
altro
:
si
parla
di
decine
di
morti
,
qualcuno
dice
centinaia
.
Una
ventata
di
terrore
è
passata
,
insieme
al
torrente
impietoso
,
sprigionatosi
dalla
diga
«
saltata
»
.
Venendo
verso
Ponte
delle
Alpi
ho
visto
,
alla
periferia
di
Belluno
e
in
altri
paesi
,
donne
coi
bambini
in
braccio
fuggire
nella
notte
,
lontano
dal
Piave
le
cui
acque
,
per
un
raggio
di
molti
chilometri
,
si
sono
spaventosamente
ingrossate
.
Anche
qui
,
a
Ponte
delle
Alpi
,
molta
gente
ha
abbandonato
la
casa
,
è
fuggita
perché
le
acque
del
Piave
hanno
raggiunto
un
'
altezza
che
mette
paura
.
Mentre
tento
ancora
,
inutilmente
,
di
forzare
il
posto
di
blocco
giungono
altre
forze
di
polizia
e
reparti
dell
'
esercito
,
vigili
del
fuoco
da
tutte
le
province
venete
.
Solo
questo
incessante
e
frenetico
affluire
delle
squadre
di
soccorso
dà
per
ora
un
'
idea
della
gravità
del
disastro
che
ha
colpito
Longarone
,
il
paese
che
si
trova
ai
piedi
della
grande
diga
crollata
,
e
la
vallata
del
Piave
.
Qualcuno
dice
che
il
crollo
è
stato
parziale
e
che
i
danni
forse
sono
più
limitati
di
quello
che
pareva
in
un
primo
momento
.
Ma
sono
voci
,
soltanto
voci
.
Quello
che
tutti
dicono
è
che
a
Longarone
i
morti
e
i
feriti
sono
molti
.
Duemila
persone
sorprese
nel
sonno
dalla
disastrosa
inondazione
;
Solo
qualcuno
ha
udito
il
rombo
minaccioso
delle
acque
che
stavano
scatenandosi
nella
loro
corsa
di
morte
.
La
grande
maggioranza
è
stata
sorpresa
a
casa
,
nel
letto
.
Decine
di
abitazioni
sono
state
spazzate
via
dalla
furia
delle
acque
.
Impossibile
telefonare
a
Longarone
:
le
comunicazioni
sono
interrotte
.
Questa
impossibilità
di
comunicare
rende
più
drammatica
l
'
ansia
che
pervade
quanti
si
assiepano
,
in
attesa
di
notizie
,
attorno
al
posto
di
blocco
di
Ponte
delle
Alpi
e
a
quelli
istituiti
in
altre
località
della
zona
.
Un
testimonio
oculare
ha
portato
a
Longarone
le
seguenti
drammatiche
notizie
:
il
paese
è
stato
spazzato
via
per
tre
quarti
della
sua
estensione
.
L
'
aspetto
è
agghiacciante
,
non
si
ode
un
gemito
,
sembra
un
immenso
cimitero
.
Molte
decine
di
persone
,
intere
famiglie
,
mancano
all
'
appello
.
Le
frazioni
attorno
a
Longarone
sono
pure
state
investite
dall
'
enorme
massa
di
acqua
:
Pirago
sarebbe
completamente
distrutta
,
Villanova
e
Faè
semidistrutte
,
Codissago
molto
danneggiata
.
La
massa
d
'
acqua
che
si
è
riversata
nella
valle
seminando
distruzione
e
morte
sarebbe
di
60
milioni
di
metri
cubi
.
Sulle
cause
del
disastro
non
si
hanno
particolari
.
Par
che
una
enorme
frana
si
sia
staccata
dalla
montagna
precipitando
nel
bacino
della
diga
e
sollevando
un
'
ondata
d
'
acqua
di
grandiose
proporzioni
.
Non
è
accertato
se
l
'
ondata
ha
tracimato
dal
bordo
della
diga
riversandosi
nella
vallata
o
se
la
pressione
dell
'
acqua
mossa
dalla
frana
ha
fatto
crollare
la
diga
stessa
.
Numerosi
feriti
sono
stati
trasportati
negli
ospedali
di
Auronzo
,
Pieve
di
Cadore
,
Cortina
e
Belluno
.
C
'
è
bisogno
di
sangue
:
un
pressante
appello
è
stato
lanciato
ai
donatori
.
Con
le
prime
luci
dell
'
alba
elicotteri
ed
aerei
sorvoleranno
la
zona
colpita
e
solo
allora
si
avranno
le
esatte
dimensioni
del
disastro
.
StampaQuotidiana ,
Milano
.
È
una
mattina
grigia
,
a
Milano
,
in
fondo
a
viale
Porpora
.
La
gente
esce
dai
portoni
,
qualcuno
la
notizia
l
'
ha
già
ascoltata
alla
radio
,
Renato
Vallanzasca
è
stato
preso
,
non
ha
sparato
,
s
'
è
arreso
.
Qui
,
dove
viale
Porpora
sbuca
in
piazza
Gobetti
,
Renato
ha
passato
tutta
l
'
infanzia
e
l
'
adolescenza
,
da
queste
parti
ha
abitato
con
la
madre
e
il
padre
fino
a
pochi
anni
fa
.
Nei
giardini
di
piazza
Gobetti
,
che
fra
poco
si
popoleranno
di
pensionati
,
Vallanzasca
ha
giocato
con
gli
altri
ragazzi
del
quartiere
.
È
probabile
che
tempo
fa
non
ci
fosse
lo
scivolo
di
metallo
e
i
tre
tubi
dipinti
di
rosso
dentro
i
quali
si
nascondono
i
bambini
,
un
triste
«
parco
giochi
»
da
periferia
.
«
Certo
che
lo
conosco
»
dice
una
panettiera
che
ha
il
negozio
sull
'
angolo
«
da
piccolo
veniva
insieme
al
fratello
a
comperare
le
brioches
prima
di
andare
a
scuola
.
Gentili
,
educati
,
stavano
sempre
assieme
.
Due
brioches
da
cento
lire
,
i
soldi
li
teneva
Renato
.
Poi
,
diventati
grandi
,
non
li
ho
più
visti
nel
mio
negozio
.
Ma
se
l
'
incontravo
,
Renato
o
Roberto
mi
salutavano
sempre
.
»
Al
162
di
viale
Porpora
un
citofono
con
una
lista
di
cognomi
,
Vallanzasca
è
il
terzo
.
La
madre
di
Renato
abita
al
primo
piano
,
due
stanze
e
un
locale
dove
fino
all
'
anno
scorso
lei
e
suo
marito
tenevano
gli
scatoloni
di
maglieria
per
il
negozietto
proprio
sotto
casa
.
Adesso
il
negozio
è
stato
rilevato
da
una
signora
che
continua
nello
stesso
commercio
.
«
Gente
perbene
,
io
ho
rilevato
soltanto
i
muri
,
da
tempo
in
questo
negozio
non
entrava
più
nessuno
per
via
di
tutto
il
chiasso
che
s
'
era
fatto
attorno
a
Renato
.
Di
lui
non
abbiamo
mai
parlato
,
la
donna
mi
diceva
ogni
tanto
che
era
costretta
a
vendere
per
le
grane
che
le
davano
i
figli
.
Prima
stava
dietro
il
banco
per
tutto
il
giorno
,
il
marito
scendeva
ogni
tanto
per
aiutarla
.
Qualche
volta
portava
in
negozio
un
bambino
piccolo
,
Massimiliano
,
il
figlio
di
Renato
.
Il
bambino
si
metteva
a
giocare
con
un
pezzo
di
spago
e
rimaneva
buono
buono
.
Poi
anche
il
bambino
e
la
donna
di
Renato
se
ne
sono
andati
.
Lei
era
una
bruna
,
molto
bella
.
Renato
,
mi
dicevano
,
era
innamoratissimo
,
geloso
.
»
Dunque
,
come
sempre
nelle
storie
di
malavita
,
ecco
l
'
uomo
con
due
facce
,
ai
vicini
non
il
minimo
fastidio
,
buongiorno
e
buonasera
,
premuroso
,
servizievole
,
e
poi
dall
'
altra
parte
il
killer
con
la
bomba
a
mano
in
tasca
,
donne
,
champagne
,
appartamenti
lussuosi
,
fotomodelle
,
bische
,
forse
anche
un
po
'
di
droga
.
Due
mondi
,
insomma
,
lontanissimi
uno
dall
'
altro
,
quasi
che
uno
dei
due
non
fosse
vero
,
fosse
una
finzione
quasi
cinematografica
.
Una
rampa
di
scale
,
al
pianerottolo
del
primo
piano
due
porte
verniciate
di
marrone
,
aria
da
casa
con
affitto
bloccato
,
gli
inquilini
quasi
tutti
anziani
.
Il
portiere
è
trincerato
nel
suo
bugigattolo
,
ringhia
che
non
vuol
parlare
con
nessuno
,
grida
:
«
Mi
avete
scocciato
,
non
rompetemi
le
tasche
»
.
Di
prima
mattina
è
arrivata
una
troupe
televisiva
con
le
lampade
.
La
gente
s
'
è
affacciata
ai
balconi
,
il
portinaio
ha
inveito
,
ha
mandato
via
tutti
in
malo
modo
.
Adesso
la
moglie
gli
sta
facendo
bollire
un
po
'
di
caffelatte
e
cerca
di
calmarlo
.
Quelli
della
televisione
,
spingendo
la
porta
,
hanno
fatto
cadere
un
vaso
di
gerani
,
di
quelli
pallidi
,
abituati
alla
penombra
delle
portinerie
.
Sull
'
uscio
di
casa
Vallanzasca
non
c
'
è
targhetta
,
l
'
hanno
probabilmente
tolta
per
tentare
di
conservare
un
'
ultima
parvenza
di
anonimato
.
Dall
'
interno
non
proviene
alcun
rumore
,
il
piccolo
appartamento
sembra
disabitato
.
I
Vallanzasca
non
hanno
mai
avuto
telefono
.
Dalla
porta
accanto
viene
il
ronzio
di
un
aspirapolvere
.
La
signora
Esterina
Rossi
,
settant
'
anni
,
si
affaccia
dopo
due
colpi
di
campanello
.
«
No
,
non
so
se
sono
in
casa
,
credo
di
no
.
Qualche
volta
mi
invitano
a
prendere
il
caffè
,
sono
persone
a
modo
,
ogni
tanto
sono
venuti
anche
da
me
a
vedere
la
televisione
,
tanto
per
non
star
soli
.
Sì
,
la
televisione
ce
l
'
hanno
anche
loro
,
ci
mancherebbe
altro
.
Renato
e
il
fratello
?
Li
ho
sempre
visti
da
quando
erano
bambini
,
io
abito
qui
da
quasi
quarant
'
anni
.
Lui
è
un
bel
figliolo
,
sorridente
,
di
quelli
che
prendono
la
vita
come
viene
.
Roberto
è
diverso
,
negli
ultimi
tempi
si
era
immusonito
.
Qualche
volta
suono
per
avere
un
uovo
,
un
po
'
di
olio
,
o
la
signora
Maria
li
domanda
a
me
.
Eh
,
certo
,
adesso
qui
attorno
tutti
hanno
paura
di
dire
che
conoscevano
Vallanzasca
,
non
vogliono
finire
sui
giornali
.
Ma
mi
sont
vegia
,
cosa
volete
che
ne
sappia
di
bande
,
di
rapine
?
Lui
mi
è
sempre
sembrato
un
bravo
ragazzo
almeno
fino
a
quando
ha
abitato
con
la
madre
e
il
padre
.
Poi
s
'
è
messo
in
un
brutto
giro
.
La
signora
Maria
piangeva
quando
andavo
da
lei
a
prendere
il
caffè
,
ma
non
mi
ha
mai
raccontato
niente
.
Diceva
:
"
I
figli
ci
fanno
dannare
"
.
Renato
,
un
bel
fioeu
,
ghe
piasevan
i
tosann
.
Naturale
.
Ma
le
ragazze
vogliono
qualcuno
con
la
grana
in
tasca
,
cose
risapute
.
»
Sul
pianerottolo
fa
freddo
,
il
pavimento
si
sta
coprendo
di
mozziconi
di
sigarette
che
domani
faranno
imbestialire
il
portinaio
.
Possibile
che
non
ci
sia
nessuno
in
casa
Vallanzasca
?
Non
si
ode
il
minimo
fruscio
.
Si
scende
al
bar
con
bigliardo
per
sapere
qualcosa
.
Nessuno
ha
visto
i
genitori
di
Renato
,
ormai
tutti
sanno
la
notizia
della
sua
cattura
.
C
'
è
un
tavolo
di
vecchi
giocatori
di
scopone
,
come
in
un
quadro
di
Ottone
Rosai
.
I
giocatori
rispondono
con
qualche
borbottio
,
non
vogliono
essere
disturbati
.
Il
giornalaio
di
piazza
Gobetti
si
affaccia
dietro
una
catasta
di
riviste
.
Maria
Vallanzasca
non
s
'
è
vista
.
Scende
ogni
mattina
a
prendere
il
giornale
per
saper
qualcosa
del
figlio
.
Oggi
non
s
'
è
fatta
viva
.
E
non
s
'
è
fatta
viva
dal
lattaio
,
dal
panettiere
.
Il
marito
,
Osvaldo
Pistoia
,
non
ha
comperato
neppure
le
Nazionali
.
Davanti
all
'
edicola
scaricano
i
pacchi
dei
quotidiani
del
pomeriggio
con
titoli
enormi
.
I
pensionati
,
che
cercano
un
po
'
di
sole
sulle
panchine
della
piazza
,
si
avvicinano
per
sbirciare
.
«
Non
poteva
che
finir
così
»
dice
qualcuno
.
La
signora
Esterina
ha
ripreso
a
far
funzionare
l
'
aspirapolvere
.
Allora
si
sposta
la
piastrina
di
metallo
che
protegge
lo
spioncino
dell
'
uscio
dei
Vallanzasca
e
dentro
si
vede
,
sfumata
,
una
donnetta
grigia
,
quasi
un
'
ombra
indistinta
.
Sul
fondo
c
'
è
un
televisore
con
sopra
un
vaso
di
fiori
finti
.
Maria
Vallanzasca
si
muove
senza
rumore
,
non
ha
neppure
avuto
l
'
animo
di
uscire
per
comperare
i
giornali
.
C
'
è
come
un
'
atmosfera
di
assedio
,
timore
della
curiosità
della
gente
,
paura
delle
domande
,
da
anni
ormai
questa
povera
donna
vive
in
un
incubo
,
l
'
hanno
messa
in
prigione
dopo
che
s
'
è
incontrata
con
il
figlio
a
Cagliari
,
le
hanno
perquisito
la
casa
infinite
volte
,
c
'
era
sempre
qualche
agente
in
borghese
sotto
il
portone
,
qualche
finto
hippy
nel
bar
che
fingeva
di
giocare
al
flipper
.
Anche
qui
,
come
in
molte
storie
di
malavita
ci
sono
due
case
,
il
rifugio
lussuoso
di
Renato
,
divani
moderni
di
nappa
,
tappeti
,
il
giradischi
,
il
mobile
bar
con
i
liquori
,
e
,
dall
'
altra
,
il
piccolo
,
povero
appartamentino
dei
genitori
,
con
il
ballatoio
che
dà
sul
cortile
,
la
corda
con
i
panni
tesi
ad
asciugare
,
qualche
piantina
striminzita
:
anche
qui
due
mondi
terribilmente
diversi
tra
loro
.
Maria
Vallanzasca
non
vuoi
aprire
.
Le
infiliamo
i
giornali
sotto
il
battente
,
ma
ci
vuoi
del
tempo
prima
che
si
decida
a
raccoglierli
.
Si
sente
soltanto
un
passo
furtivo
,
un
piccolissimo
rumore
come
di
un
topo
che
esca
dalla
tana
.
Le
abbiamo
passato
soltanto
il
primo
foglio
,
gli
altri
hanno
titoli
troppo
sanguinosi
.
Si
sente
solo
il
fruscio
della
carta
.
L
'
ombra
ripassa
davanti
allo
spicchio
di
luce
dello
spioncino
.
Fra
poco
sullo
schermo
della
televisione
apparirà
Renato
Vallanzasca
in
pigiama
e
stampelle
.
Renato
è
strafottente
,
sicuro
di
sé
,
non
assomiglia
affatto
alle
fotografie
segnaletiche
,
nessuno
,
incontrandolo
per
strada
,
avrebbe
potuto
riconoscerlo
.
Ma
in
casa
Vallanzasca
non
si
accende
neppure
il
televisore
,
il
silenzio
è
sempre
totale
,
rotto
di
tanto
in
tanto
da
uno
scalpiccio
guardingo
.
Il
mestiere
impone
di
insistere
,
si
pigia
di
nuovo
il
campanello
.
Allora
,
attraverso
una
fessura
della
porta
,
esce
un
biglietto
piegato
in
quattro
.
C
'
è
scritto
:
«
Andate
via
»
.
Poi
dopo
qualche
minuto
la
voce
del
marito
:
«
Andate
via
,
lasciateci
soli
,
abbiamo
già
tanti
dispiaceri
...
»
.
Anche
la
signora
Esterina
si
affaccia
con
la
scopa
in
mano
e
fa
:
«
Povera
gente
,
non
insistete
.
Sono
mesi
che
fanno
questa
vita
»
.
Nel
«
parco
giochi
»
di
piazza
Gobetti
corrono
i
bambini
,
per
i
pensionati
è
venuta
l
'
ora
del
bianco
,
le
madri
escono
per
prendere
i
figli
a
scuola
.
Il
portinaio
del
162
ha
tirato
le
tendine
a
fiori
e
adesso
sta
mangiando
i
suoi
spaghetti
.
In
casa
Vallanzasca
non
si
mangia
.
Non
si
sente
neppur
correre
l
'
acqua
,
il
silenzio
è
sempre
profondissimo
,
come
se
il
piccolo
appartamento
di
tre
stanze
fosse
abitato
da
fantasmi
.
Un
'
altra
storia
di
malavita
finisce
così
con
tutti
i
suoi
ingredienti
da
film
di
violenza
,
le
raffiche
di
mitra
,
gli
agenti
assassinati
,
i
due
miliardi
bruciati
in
una
vasca
da
bagno
,
le
fughe
,
i
morti
,
i
poliziotti
con
il
giubbetto
antiproiettile
.
Sono
tutte
cose
che
in
via
Porpora
,
angolo
piazza
Gobetti
,
sembravano
impossibili
.
Eppure
sono
successe
.
I
giocatori
di
scopone
se
ne
sono
andati
,
al
vincitore
della
partita
interminabile
è
stato
offerto
un
grappino
.
Alle
sei
di
sera
arriveranno
i
patiti
del
bigliardo
.
La
storia
di
Vallanzasca
finisce
anche
qui
,
in
una
periferia
parsimoniosa
,
affaccendata
.
StampaQuotidiana ,
Più
volte
abbiamo
sostenuto
che
uno
dei
provvedimenti
più
necessari
per
reprimere
il
giustificato
illegalismo
fascista
sarebbe
quello
del
controllo
della
stampa
.
Ieri
fu
sequestrato
l
'
Avanti
!
che
aveva
usato
verso
il
Sovrano
un
linguaggio
violento
e
così
nessuna
copia
di
quel
numero
venne
incendiata
in
segno
di
protesta
.
Si
deduce
quindi
che
lo
Stato
,
prevenendo
l
'
illegalismo
fascista
,
ossia
assumendo
certe
funzioni
del
Partito
fascista
,
ottiene
senza
provocare
l
'
avversione
dell
'
opposizione
e
senza
i
consigli
dei
giornali
detti
mussoliniani
giornali
che
ci
fanno
semplicemente
schifo
,
quando
pensiamo
al
loro
contegno
nei
primi
giorni
l
'
agognata
normalizzazione
.
Però
il
provvedimento
contro
l
'
Avanti
!
non
trova
il
nostro
entusiastico
consenso
.
L
'
Unità
comunista
e
l
'
organo
massimalista
sono
i
giornali
ai
quali
il
Fascismo
deve
molto
.
Infatti
essi
,
con
un
linguaggio
sincero
,
hanno
detto
,
in
questi
giorni
,
il
loro
pensiero
.
Sono
d
'
accordo
con
tutte
le
opposizioni
nel
voler
la
testa
di
Mussolini
,
lo
scioglimento
della
Milizia
e
lo
scioglimento
della
Camera
.
Ma
mentre
però
gli
unitari
,
i
popolari
,
i
repubblicani
e
gli
oppositori
costituzionali
non
dicono
quale
sarà
la
meta
da
raggiungere
,
i
massimalisti
ed
i
comunisti
,
più
decisamente
,
hanno
dichiarato
di
voler
disarmare
il
fascismo
per
armare
le
centurie
rosse
,
costituire
i
consigli
di
fabbrica
e
compiere
le
più
sanguinose
vendette
contro
di
noi
.
E
sebbene
tutto
dovrebbe
risolversi
a
nostro
danno
,
i
propositi
di
questi
ultimi
nostri
leali
avversari
sono
i
più
logici
.
Sarebbero
degli
idioti
se
domani
,
in
una
loro
riscossa
,
commettessero
gli
errori
da
noi
compiuti
durante
la
rivoluzione
,
che
limitammo
solo
all
'
occupazione
delle
Prefetture
,
delle
Poste
e
delle
Ferrovie
.
Lasciare
domani
a
noi
la
libera
circolazione
significherebbe
lasciarci
riorganizzare
una
controriscossa
.
La
stampa
comunista
e
massimalista
ha
così
posto
il
popolo
italiano
di
fronte
ad
un
dilemma
:
o
rimanere
col
fascismo
o
ritornare
sotto
il
dominio
rosso
.
Naturalmente
una
parte
del
popolo
,
che
si
era
lasciata
impressionare
nei
primi
giorni
dalle
arti
avversarie
,
che
s
'
impadronirono
del
fattaccio
per
ignobilmente
sfruttarlo
,
già
reagisce
di
fronte
al
programma
avversario
e
già
invoca
da
Mussolini
una
parola
forte
.
Il
fascismo
ha
ritrovato
il
suo
antico
entusiasmo
,
ha
serrato
le
file
e
attende
ordini
.
Ma
noi
vorremmo
che
i
provvedimenti
contro
la
stampa
colpissero
i
veri
responsabili
dell
'
attuale
situazione
.
Il
Corriere
della
Sera
è
l
'
organo
che
più
ci
danneggia
all
'
estero
.
E
questo
giornale
che
giustifica
i
commenti
aspri
della
stampa
estera
contro
di
noi
,
cinicamente
,
uniformandosi
al
desiderio
del
senatore
Albertini
,
li
riproduce
,
come
monito
,
agli
italiani
.
Il
Mondo
è
il
giornale
,
se
non
nella
forma
,
nella
sostanza
,
il
più
violento
;
nessun
giornale
sovversivo
ha
stampato
contro
la
Corona
ed
il
Governo
del
Re
attacchi
così
malvagi
!
Il
senatore
Albertini
e
l
'
on
.
Amendola
devono
essere
messi
legalmente
in
condizione
di
non
nuocere
più
al
Paese
.
La
loro
opera
è
delittuosa
;
essi
vorrebbero
inasprire
sempre
più
la
situazione
per
prendersi
delle
rivincite
contro
il
fascismo
che
li
ha
gettati
,
come
meritano
,
nella
fogna
.
Il
Corriere
organo
dei
comunisti
italiani
all
'
estero
il
Mondo
,
organo
della
peggiore
delinquenza
politica
all
'
interno
sono
giornali
che
,
sotto
il
manto
di
una
certa
normalizzazione
,
vogliono
inasprire
sempre
più
gli
animi
e
portarci
all
'
anarchia
.
Diciamo
anarchia
,
perché
pretendere
la
liquidazione
di
una
situazione
e
non
saper
prospettarne
una
nuova
che
possa
garantire
alla
Nazione
disciplina
e
lavoro
,
è
opera
da
incoscienti
e
da
delinquenti
.
Diciamo
anarchia
perché
i
due
giornali
si
compiacciono
dello
stile
dell
'
Avanti
!
e
dell
'
Unità
comunista
,
e
si
guardano
bene
dal
prospettare
al
paese
le
tragiche
conseguenze
di
un
Governo
non
capeggiato
da
Mussolini
.
Il
fascismo
non
può
più
oltre
rimanere
passivo
dinanzi
a
queste
manovre
:
chiede
allo
Stato
quelle
leggi
eccezionali
che
avrebbe
dovuto
promulgare
subito
dopo
la
nostra
rivoluzione
.
Gli
avversari
hanno
ragione
quando
dicono
che
il
nuovo
regime
non
ha
nulla
che
lo
differenzi
da
quelli
precedenti
.
Diamo
il
contenuto
,
che
i
diritti
della
rivoluzione
impongono
,
al
nuovo
regime
e
la
normalizzazione
si
otterrà
automaticamente
.
StampaQuotidiana ,
Belluno
,
10
-
È
stato
un
genocidio
.
Lo
gridano
i
pochi
sopravvissuti
,
resi
folli
dal
terrore
della
valanga
d
'
acqua
e
dalla
disperazione
di
trovarsi
soli
e
impotenti
a
superare
una
realtà
tragica
,
fatta
oramai
di
nulla
,
o
meglio
fatta
di
sassi
e
melma
amalgamati
dal
sangue
dei
loro
cari
.
Una
realtà
che
ha
sconvolto
all
'
improvviso
la
fisionomia
di
intieri
paesi
,
ma
che
era
purtroppo
prevedibile
da
anni
,
da
quando
ancora
all
'
inizio
dei
lavori
del
grande
invaso
idroelettrico
del
Vajont
i
tecnici
sapevano
di
costruire
su
terreno
argilloso
e
franabile
,
che
perciò
potevano
portare
alla
catastrofe
.
Genocidio
quindi
,
da
gridare
ad
alta
voce
a
tutti
,
affinché
il
grido
scuota
le
coscienze
del
popolo
e
il
popolo
,
la
cui
pelle
non
conta
mai
niente
di
fronte
ai
dividenti
dei
padroni
del
vapore
,
spazzi
via
alfine
con
un
'
ondata
di
collera
e
di
sdegno
chi
gioca
impunemente
,
a
sangue
freddo
,
con
la
vita
di
migliaia
di
creature
umane
,
allo
scopo
di
accrescere
i
propri
profitti
e
il
proprio
potere
.
Che
qualcuno
,
se
ne
ha
il
coraggio
,
mi
smentisca
in
questo
momento
.
Io
assumo
la
responsabilità
di
quanto
dico
;
i
colpevoli
si
assumano
la
responsabilità
di
quanto
hanno
fatto
.
E
la
giustizia
giudichi
.
Affermo
che
si
sono
responsabilità
morali
e
materiali
.
Ho
seguito
la
vicenda
dell
'
invaso
del
Vajont
con
passione
non
solo
da
giornalista
,
ma
di
figlia
di
questo
popolo
contadino
e
montanaro
che
si
ribella
alla
retorica
delle
«
virtù
tradizionali
»
che
mal
nasconde
il
cinismo
dello
sfruttamento
più
spietato
.
Con
questo
cuore
ho
seguito
tutte
le
vicissitudini
,
le
resistenze
,
le
paure
dei
montanari
di
Erto
contro
la
«
Sade
»
,
non
per
impedirle
di
costruire
il
grande
bacino
idroelettrico
del
Vajont
,
ma
per
impedire
di
compiere
un
delitto
.
L
'
intuito
e
l
'
esperienza
di
quei
montanari
,
confortati
peraltro
da
pareri
di
grandi
geologi
,
indicavano
la
Valle
del
Vajont
non
adatta
a
reggere
la
pressione
di
160
milioni
di
metri
-
cubi
d
'
acqua
.
La
realtà
ha
dimostrato
la
ragione
dei
montanari
,
non
quella
dei
tecnici
della
«
Sade
»
.
La
società
elettrica
sapeva
che
le
pareti
dell
'
invaso
erano
formate
dal
terreno
di
una
enorme
frana
caduta
centinaia
di
anni
fa
,
sulla
quale
è
sorto
in
seguito
il
paese
di
Erto
.
Sapeva
che
il
Monte
Toc
era
esso
stesso
parte
di
quella
frana
e
che
era
prevedibile
che
l
'
acqua
immessa
nel
bacino
dovesse
erodere
piano
piano
il
sottosuolo
e
provocare
disastri
.
Quattro
anni
fa
,
quando
è
stata
esperimentata
la
resistenza
del
bacino
,
grosse
fenditure
avevano
segnato
le
case
di
S
.
Martino
e
delle
altre
frazioni
di
Erto
alle
pendici
del
Toc
.
Esse
piano
piano
si
estesero
a
ridosso
del
monte
,
facendo
nascere
la
paura
tra
gli
abitanti
di
Erto
.
Costoro
si
appellarono
inutilmente
ad
ogni
autorità
possibile
dando
veste
giuridica
ad
un
largo
comitato
unitario
che
lottò
per
anni
nel
tentativo
di
opporsi
alla
costruzione
dell
'
invaso
,
sorretto
anche
dall
'
autorevole
parere
tecnico
del
geologo
prof.
Gortani
,
contrario
in
pieno
alla
perizia
del
geologo
della
«
Sade
»
,
prof.
Dal
Piaz
.
Il
prof.
Gortani
riteneva
,
infatti
,
pazzesco
costruire
il
bacino
su
un
terreno
tanto
inadatto
come
quello
di
Erto
.
Il
comitato
inoltrò
ricorsi
.
Organizzò
petizioni
e
pubbliche
proteste
.
Interessò
autorità
governative
e
amministratori
locali
.
Presso
qualcuna
di
queste
autorità
la
voce
del
comitato
venne
accolta
.
Il
Consiglio
provinciale
,
in
data
15
febbraio
1961
,
votava
all
'
unanimità
un
ordine
del
giorno
per
chiedere
la
revoca
di
ogni
concessione
alla
«
Sade
»
per
inadempienze
di
legge
.
In
esso
si
faceva
preciso
riferimento
alla
situazione
del
Vajont
chiedendo
l
'
approntamento
tempestivo
di
tutte
le
misure
di
sicurezza
per
garantire
la
incolumità
di
quelle
popolazioni
.
Fu
una
presa
di
posizione
che
restò
senza
risposta
.
Cosa
sarebbe
successo
se
il
monte
fosse
franato
nel
lago
al
massimo
della
sua
capienza
?
Io
mi
feci
portavoce
di
quei
montanari
e
scrissi
per
«
l
'
Unità
»
un
articolo
,
indicando
quello
che
sarebbe
potuto
accadere
e
che
oggi
è
accaduto
così
come
esattamente
lo
avevo
descritto
.
La
pubblica
autorità
mi
accusò
di
propagare
notizie
false
e
tendenziose
atte
a
turbare
l
'
ordine
pubblico
.
L
'
autorità
giudiziaria
mi
incriminò
di
reato
,
senza
peraltro
recarsi
sul
posto
per
accertare
la
verità
.
Venni
processato
a
Milano
assieme
al
direttore
responsabile
dell
'
«
Unità
»
.
A
Milano
si
offersero
generosamente
di
venire
a
testimoniare
tanti
abitanti
di
Erto
che
mi
ebbero
vicina
nelle
loro
proteste
,
nelle
loro
pubbliche
manifestazioni
,
nel
sostenere
la
lotta
;
cosa
che
non
fecero
tanti
parlamentari
governativi
e
non
governativi
di
allora
,
malgrado
fossero
stati
ufficialmente
invitati
ad
intervenire
dalla
popolazione
.
Io
e
il
compagno
onorevole
Bettiol
,
che
rappresentavamo
il
Partito
comunista
,
fummo
solo
e
sempre
gli
unici
a
sostenere
attivamente
le
ragioni
dei
montanari
di
Erto
.
Essi
mi
difesero
energicamente
davanti
ai
giudici
del
Tribunale
di
Milano
e
dimostrarono
,
con
prove
e
testimonianze
,
non
solo
che
io
avevo
scritto
la
verità
,
ma
che
tutto
il
paese
si
trovava
in
pericolo
e
che
,
assieme
ad
Erto
,
anche
i
paesi
del
Longaronese
correvano
rischi
.
I
giudici
mi
assolsero
,
ma
le
autorità
che
dovevano
tener
conto
dei
fatti
e
impedire
un
possibile
massacro
,
diedero
invece
via
libera
alla
«
Sade
»
per
i
suoi
esperimenti
criminosi
.
Fatti
,
oltretutto
,
con
i
miliardi
del
popolo
italiano
,
i
tanti
miliardi
che
il
governo
diede
alla
«
Sade
»
a
fondo
perduto
per
la
costruzione
del
lago
artificiale
e
che
,
magari
,
ora
stanno
al
sicuro
oltre
frontiera
.
Miliardi
rubati
al
popolo
,
col
consenso
delle
autorità
di
governo
.
Quelle
stessa
autorità
che
gestendo
oggi
gli
impianti
idroelettrici
,
e
sapendo
che
da
circa
un
mese
la
situazione
del
Vajont
peggiorava
,
non
hanno
provveduto
a
scongiurare
la
immane
sciagura
che
si
è
abbattuta
stanotte
sul
Bellunese
,
creando
un
cimitero
su
una
vasta
zona
popolata
.
Sto
scrivendo
queste
righe
col
cuore
stretto
dai
rimorsi
per
non
aver
fatto
di
più
per
indurre
il
popolo
di
queste
terre
a
ribellarsi
alla
minaccia
mortale
che
ora
è
diventata
una
tragica
realtà
.
Oggi
tuttavia
non
si
può
soltanto
piangere
.
È
tempo
di
imparare
qualcosa
.