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16 MARZO. KOVANIEMI ( MONTANELLI INDRO , 1940 )
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Juhani morì il 7 marzo mentre tornava a Inari con la sua pulca . Morì per strada e la renna forse nemmeno se ne avvide . Quando arrivò a Utsamo , a cinque chilometri dal villaggio e dalla chiesa , i compagni lo condussero su quella stessa pulca al cimitero e qui lo interrarono . L ' orazione funebre fu questa : " Ti ringraziamo , nostro Signore , di avere fatto morire Juhani ora che è inverno . Se fosse morto d ' estate , quando le renne pascolano e le pulche sono ferme , avremmo dovuto lasciarlo nella foresta coperto di rami e di foglie , eppoi aspettare che la neve tornasse a cadere per dare al suo corpo il dovuto riposo " . Io non ho le statistiche precise , ma credo che Juhani sia l ' unico lappone morto in questa guerra . In suo onore non è stato elevato nessun monumento . Quando i Russi cominciarono a calare da Petsamo , l ' unica misura che i lapponi presero fu quella di aggiungere una traduzione in russo ai cartelli appesi agli alberi della foresta che dicevano : " Per piacere , fate attenzione a non buttare fiammiferi né altra roba che brucia nel bosco , specialmente quando il bosco è secco . Soltanto in questo modo potremo salvarci dagli incendi " . I lapponi non odiano - e forse non amano - nessuno . Solo Juhani aveva contro i Russi un fatto personale per via di una certa storia che gli aveva raccontato suo nonno . La storia era questa : un giorno un Russo venne a stabilirsi nel distretto di Inari e dichiarò che avrebbe messo su un branco di renne . I lapponi dei dintorni che possedevano anche loro dei branchi , in ognuno dei quali le renne erano segnate da un tatuaggio speciale all ' orecchio , chiesero al Russo di far sapere alla collettività qual era il tatuaggio che egli intendeva adottare per riconoscere le renne sue quando erano al pascolo con le altre . Il Russo rispose che le renne sue si sarebbero riconosciute perché lui le orecchie gliele avrebbe addirittura tagliate . I lapponi non trovarono nulla da ridire . Però nei tempi che seguirono avvenne che ora a uno ora all ' altro branco una renna ogni giorno mancava , mentre il branco del Russo aumentava proprio di una renna al giorno . Allora i lapponi cominciarono a pensare e dopo aver pensato bene bene il Russo finì in prigione . Juhani si ricordava di questa storia e per questo odiava i Russi e per questo quando i Russi cominciarono a calare da Nord si arruolò nei cacciatori di capitan Pajakka . Egli venne al campo con la sua renna , la sua pulca e il suo cane . E con la renna , la pulca e il cane cominciò a fare la guerra . Delle gesta di Juhani non è rimasto gran ricordo , ma solo delle sue storie . Juhani sapeva mille storie e sapeva raccontarle . Sapeva per esempio la storia del primo cane diventato amico dell ' uomo . Questo avvenne molti e molti anni fa , quando nemmeno il nonno di Juhani era nato . Il cane era allora un animale feroce e cacciava nel bosco insieme al lupo . Poi il lupo lo scacciò e allora il cane , che da solo non sapeva cacciare , divenne il paria degli altri animali più forti e viveva dei resti delle loro prede . Però un giorno esso incontrò nel bosco un lappone che cercava di riunire il suo branco di renne e non ci riusciva . Il cane si offrì di aiutarlo e così fa i due fu stabilito un patto : il cane bada il branco delle renne , lo riunisce e avverte l ' uomo quando i lupi stanno per venire . In compenso egli riceve un pezzo di carne al giorno , ha diritto di mangiare tutti . i resti che trova per strada , a non essere picchiato quando è stanco e a morire per impiccagione quando è vecchio . Questo fu , secondo Juhani , il primo e vero patto stabilito fra cane e uomo . E siccome il cane ha sempre mantenuto i suoi impegni , così anche l ' uomo deve mantenere i suoi , compreso quello d ' impiccare il vecchio cane , come appunto fanno i lapponi . Capitan Pajakka si divertiva alle storie di Juhani . Egli non aveva molta stima di lui come guerriero , ma diceva che i lapponi essendo non le spine ma i fiori della Finlandia era giusto che non sapessero combattere e uccidere . A metà dicembre la compagnia si trovava a Ivalo e i soldati vivevano in baracche di legno . Juhani stava col capitano che a sua volta stava col cannone . Perché c ' era un vecchio cannone russo a Ivalo , un cannone del '18 , l ' unico cannone della Lapponia . Capitan Pajakka prima di ripartire con i suoi uomini verso il Nord disse a Juhani : " Tu rimarrai a far la guardia al cannone " . E Juhani rimase . Egli trovò che la guerra non è un sacrificio né un eroismo . Queste parole del resto al suo povero vocabolario di lappone erano ignote . A Ivalo egli era solo col suo cane che si chiamava Leikko , la sua renna che si chiamava Peikko , e il suo Scita , cioè il suo Dio , che si chiamava Ukon , cioè il Vecchio . Ukon era un buon uomo , lappone anche lui , e Juhani per onorarlo gli consacrò un grosso macigno . Era intorno a questo macigno che Peikko pascolava il lichene rompendo col muso la crosta di ghiaccio e Leikko le montava la guardia proprio come ai primi tempi del patto . Juhani , a cavallo del cannone dentro la capanna di legno , canticchiava all ' infinito , nel vuoto buio , l ' antica e bella storia di Battje e Nanna . Il lume della lanterna oscillava , i giorni passavano uguali , uguali alle notti che anch ' esse erano uguali . Nell ' angolo c ' erano scatole da mangiare , scaffali di galletta e una botte che capitan Pajakka aveva raccomandato di non toccare . Per molti giorni Juhan non la toccò . Poi una volta , chissà come , gli venne fatto di aprirne il coperchio . Chi gli consigliò quel gesto ? Forse Ukon , forse Leikko . C ' era dentro qualcosa che somigliava ad acqua , come acqua era ingenua ed incolore . Juhani vi vide rispecchiato il suo volto dagli zigomi acuti , dagli occhietti ridenti , come nel lago a primavera o nel torrente . Sullo specchio si curvò fino a toccarlo . Quell ' acqua chiara mandava un forte odore che , a respirarlo , dava una strana e felice torpidezza alla testa . Juhani lo respirò e quel giorno nella storia di Battje e Nanna gli venne fatto di apportare felici innovazioni personali che molto gli piacquero . Per un pezzo , nei giorni che seguirono , egli non riaprì la botte . Poi una notte di vento e di lupi vi si riaccostò . Il vecchio anno era finito e quello nuovo cominciato - lo si vedeva da una pallida colata di latte che per poche ore velocemente allungantisi interpolava la notte - quando un giorno capitan Pajakka tornò a Ivalo . Vi tornò con tre uomini soli , dopo due giorni e due notti di marcia nella neve : i volti erano infossati sotto il velame della barba lunga , sulle ciglia la neve si era rappresa in lacrime di ghiaccio . La porta della capanna era chiusa , ma dalle fessure si vedeva la luce filtrare e dentro qualcuno cantava . I quattro uomini ristettero , non capivano , bussarono , nessuno venne ad aprire , ribussarono , la voce seguitava a cantare . Quando ebbero buttato giù la porta a spallate , videro Juhani a cavallo del cannone che gridava qualcosa di cattivo contro Leikko impiccato a un gancio sopra il macigno di Ukon e Peikko con le orecchie monche distesa accanto alla botte e ubriaca fradicia di vodka . Capitan Pajakka non disse nulla , prese Juhani tra le sue forti braccia come un padre prende un bambino malato , lo stese sul tappeto di renna , aspettò che il sonno venisse . Intanto diceva dolcemente : " Perché hai impiccato Leikko ? Perché hai impiccato il cane ancora giovane ? Tu non hai rispettato il patto , Juhani , e sventura te ne verrà . Ukon era presente e ha visto tutto . È la prima volta che un lappone impicca il cane ancora giovane e taglia le orecchie alla renna e si ubriaca di vodka . Domani partiremo , Juhani , per abbandonare questo luogo di sventura , ma la sventura ti seguirà " . L ' indomani partirono con le renne che trascinavano il cannone , e il viaggio fu penoso . Juhani seguiva senza pulca tirando Peikko dalle orecchie monche . Stavolta ci vollero tre giorni e tre notti per arrivare a Nautsi . Ogni tanto si fermavano e dormivano in un buco di neve , vigilati dai cani di Lapponia . A Nautsi c ' erano i soldati , non proprio nel paese , ma un poco più a Nord , sulla strada dove i Russi stavano avanzando . Si udivano in quella direzione fucilate stracche e un gran clamore di motori . A un certo punto Juhani prese la pulca , vi attaccò Peikko e disse che voleva andare nella foresta a cercare Leikko che si era perduto . Capitan Pajakka cercò di dissuaderlo dicendogli che Leikko sarebbe tornato da solo e che nella foresta era pericoloso andarci per via dei Russi che pattugliavano dovunque ; ma Juhani insistè e capitan Pajakka comprese che non c ' era nulla da fare . Juhani diceva che sentiva due voci che lo chiamavano nella foresta : una veniva di fuori ed era quella di Leikko , l ' altra veniva di dentro ed era quella di Ukon . Così mosse con la pulca e per quel giorno più nessuno lo vide . Tornò l ' indomani all ' alba e disse che aveva inseguito Leikko di qua e di là e che Leikko a un certo punto si era lasciato prendere , ma solo per svanirgli nelle mani come una nuvola a primavera e proprio nello stesso istante , preceduta da un gran colpo , egli aveva udito la voce di Ukon che gli comandava di tornare a Inari , dove Leikko lo attendeva . Parlando , un rivolo di sangue gli scorreva dalla bocca atteggiata a sorriso . Poi aggiunse che ora doveva sbrigarsi a tornare perché Leikko poteva anche spazientirsi del ritardo . E capitan Pajakka non si oppose . Così tornò Juhani a Inari e per strada morì . Credo proprio che sia l ' unico lappone morto in questa guerra , e delle sue gesta non è rimasto gran ricordo , ma solo delle sue storie .
OLTRE IL PRUT ( MALAPARTE CURZIO , 1941 )
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Shante - Bani , in Bessarabia , 2 luglio Il tempo era incerto , un vento vivido e freddo trascorreva ieri sibilando nelle immense distese di giunchi , dove pascolano mandre di buoi e branchi di cavalli . Dopo cinque ore e mezza , verso le dieci , eravamo vicini a Stefanesti ( da Jasci a Stefanesti , per circa ottanta chilometri , la strada si svolge lungo la riva destra del Prut , sul ciglio dell ' ampia valle paludosa che sino a pochi giorni or sono segnava il confine tra la Romania e la Russia ) e già si intravedevano , nella nebbiosa mattina , tutta striata di sole , i tetti di lamiera di quel grosso borgo , quasi una cittadina , quando un rombo di motori e lo schianto caratteristico dei proiettili della difesa contraerea ci consigliavano di fermarci e di nascondere le macchine sotto un gruppo di alberi . Dopo alcuni istanti , le prime bombe sovietiche scoppiavano , laggiù , davanti a noi , fra le case di Stefanesti . Era un bombardamento violento , insistente : che ebbe fine soltanto allorché si profilarono nel cielo grigio gli apparecchi di una pattuglia di Messerschmitt . La battaglia aerea si svolse nelle dense nubi , fuori del nostro sguardo , si allontanò nel cielo della Bessarabia . Così potemmo rimetterci in moto , ed entrammo in Stefanesti . Di quella graziosa cittadina del Prut non è rimasto ormai , dopo i continui bombardamenti sovietici , che un mucchio di rovine fumanti . Molte case bruciavano , nelle strade deserte gruppi di soldati tedeschi passavano recando barelle pietosamente coperte di tele cerate , in una piazzetta dietro la chiesa due grossi autotrasporti germanici , colpiti in pieno , non erano ormai che un ammasso di ferraglia contorta . Una grossa bomba era caduta proprio davanti all ' entrata di quella specie di giardino che è intorno alla chiesa , a pochi passi dal piccolo cimitero dove dormono i soldati tedeschi vittime dei bombardamenti dei giorni scorsi . In piedi , in mezzo al crocicchio , il Feldgendarme stava rigido , immobile , il viso inondato di sangue : non s ' era mosso dal suo posto . " Per andare al ponte ? " , gli domandammo . Alzò la paletta bianca e rossa , stese il braccio nella direzione del ponte . E , nel voltarsi che fece , notò cinque o sei ragazzi , il maggiore avrà avuto dieci anni , che s ' erano raccolti , tutti spauriti , sulla soglia del caffè che è all ' angolo della strada . ( Nell ' insegna che pendeva divelta sulla porta lessi macchinalmente Cafe Central de Iancu Liebermann . ) L ' interno appariva distrutto , un po ' di fumo usciva dalla porta . " Weg , weg , Kinder ! " , gridò il Feldgendarme con voce dura e insieme bonaria . Sorrideva asciugandosi col dorso della mano il viso insanguinato . A quella voce i ragazzi fuggirono in silenzio , si nascosero fra le macerie d ' una casa poeti distante . Il Feldgendarme ci disse , ridendo , che stavano lì tutto il giorno a guardarlo sollevar le braccia , agitar la paletta , voltarsi di scatto per lasciar via libera . " Non se ne vanno neppure quando piovon le bombe " , aggiunse . " Hanno più paura di me che delle bombe sovietiche : ma appena volto la schiena ... " E infatti eran là , che spuntavan cauti da dietro un muro in rovina . " Nichts zu machen " , disse il Feldgendarme ridendo . I ponti sul Prut , a Stefanesti , erano due , costruiti di grosse travi di legno : all ' inizio delle ostilità , i russi riuscirono a farli saltare . E pareva che la distruzione dei due ponti avesse reso impossibile ai tedeschi il passaggio del fiume . In questo settore , infatti nei primi giorni della guerra , le truppe germaniche non si son mosse . Neppure un colpo di cannone , neppure un colpo di fucile partiva dalla riva romena contro la riva sovietica . Un vero idillio . La guerra , qui , si svolgeva nell ' aria , fra gli apparecchi sovietici che bombardavano Stefanesti e le formazioni da caccia germaniche , appoggiate dalla " Flak " . Ma ieri l ' altro , improvvisamente , i pontieri tedeschi , tranquilli sotto il fuoco russo , si sono messi a costruire un ponte di barche , e dopo tre ore dall ' inizio del combattimento i carri armati d ' una Panzerdivision scorrazzavano lungo la riva sovietica . Attraversiamo stamane il ponte di barche , presso il quale l ' organizzazione Todt sta già costruendo un secondo ponte . Sebbene disturbato dai continui bombardamenti aerei , il lavoro procede rapido e ordinato , come se le truppe sovietiche fossero a cento chilometri di distanza ; eppure non sono che a una ventina di chilometri , laggiù , dietro le colline . Passiamo sotto il rustico arco trionfale , sormontato dall ' emblema della falce e del martello , che i bolscevichi innalzavano a ogni loro posto di frontiera . Non una casa del villaggio sovietico , antistante a Stefanesti , appare distrutta . I tedeschi hanno voluto rispettare le case di quei poveri contadini romeni di Bessarabia ; hanno varcato il fiume senza sparare un solo colpo di artiglieria , con una audacia fredda e insolente . Una decina di bianche croci di legno di acacia sono allineate sul ciglio della strada , presso il villaggio intatto . Mi fermo a leggere i nomi dei caduti : sono tutti giovanissimi , ragazzi dai venti ai venticinque anni . I soldati tedeschi scendono dalle loro macchine , strappano dei fiori di campo , li depongono sulle tombe dei compagni . Mi guardo intorno . Le case del villaggio sono linde , dai muti bianchi di calce , dai tetti di paglia . Gli infissi delle finestre sono di legno traforato a mano , con bei ricami d ' intarsio . Gruppi di donne e di ragazzi , in piedi dietro la staccionata del piccolo giardino che circonda ogni casa , guardano passare la colonna motorizzata . I vecchi , seduti sulle soglie , stanno immoti , il viso lievemente piegato sul petto . Non ci sono giovanotti , né uomini dai trenta ai quarant ' anni . Molti bambini , molte ragazze , giovanissime , e non senza grazia nei loro vestiti dai colori vivaci , la fronte coperta dalla pezzuola bianca o rossa . Tutti hanno gli occhi ridenti , ma il viso è pallido , di una tristezza quasi dura . Non è il pallore della fame , ma di un sentimento che non saprei spiegare a parole . È tutto un complesso morale , di cui dirò forse in seguito , quando io pure sarò riuscito a capire il segreto di quegli occhi ridenti in quei visi pallidi e tristi . Fa meraviglia vedere il bestiame pascolare nei prati , i campi biondi di messi ondeggiare nel vento , le galline razzolare fra i cingoli dei carri armati , sulla strada polverosa . Abbiamo lasciato poc ' anzi la riva romena coperta di fango , qui troviamo la polvere . E ciò dipende , credo , dal fatto che la riva romena è bassa , paludosa , in contrasto con la riva sovietica , a poco a poco elevantesi in ampi ondeggiamenti per gl ' immensi cerchi di un anfiteatro di colline coperte di biade e di boschi . Appena fuori del villaggio è ferma la colonna motorizzata tedesca con la quale dobbiamo proseguire verso la linea del fuoco . Verso mezzogiorno la colonna si mette in moto . Un ' altissima nube di polvere si solleva al nostro passaggio , offusca il verde delle colline , sembra il fumo di un vasto incendio . Le colonne di avanguardia ci precedono di poche ore , i segni della battaglia intorno a noi sono , si può dire , ancora caldi . E sono i segni di scontri rapidi e violenti , piuttosto che le tracce di combattimenti veri e propri . L ' attacco tedesco in questo settore ha progredito lentamente , ma senza soste : superando con alternativa continua di manovre e di urti la mobilità della difesa russa che , appoggiata da carri armati , lancia frequenti puntate controffensive contro la testa e contro i fianchi delle colonne . Ma sono contrattacchi condotti debolmente , più per ritardare che per arrestare la marcia tedesca . Sembra , tuttavia , che da stamane le truppe sovietiche reagiscano con maggiore violenza , sulle colline a est e a nord di Zaicani , a una decina di chilometri da qui . Il rombo delle artiglierie , cui si accompagna lo schianto secco delle batterie contraeree , si fa di ora in ora più cupo . Procediamo con lentezza , sia per l ' ingombro del traffico , sia per superare gli ostacoli di cui i russi , ritirandosi , hanno seminato il terreno . Ogni tanto la strada è interrotta dal cratere di una mina . ( Intorno , per un gran raggio , carcasse di automobili sventrate dallo scoppio , motociclette contorte , elmi di acciaio sparsi nell 'erba.) Di mano in mano che saliamo verso il sommo della collina che sovrasta Stefanesti , il terreno vien mostrando più frequenti e profonde le tracce della lotta . Ogni metro è sconvolto dalie buche dei proiettili . Finché , a una svolta , coricato sul fianco proprio sul ciglio della strada , ci appare un carro armato sovietico , le lunghe canne dei suoi due cannoni puntate verso la valle . È qui che la battaglia si è protratta a lungo , rabbiosa e accanita . Il carro russo era solo , appoggiato da esigui reparti di fucilieri del Turkestan , trincerati qua e là nei campi di grano e nei boschi . Sembra quasi che l ' aria sia ancora piena del rombo delle esplosioni , sospeso su noi con quella vibrazione lunga che segue gli schianti rauchi delle artiglierie . Nubi di piccoli uccelli grigi volano rasente il grano con un frullio di pallottole di mitragliatrice . Durante il breve alt , impostoci da una delle tante interruzioni stradali , scendiamo a osservare il terreno della lotta . Il carro armato sovietico ha uno squarcio nel fianco , da cui sporgono le interiora di ferro contorto . Per quanto cerchiamo intorno , non un cadavere russo . Le truppe bolsceviche , quando è possibile , si portano dietro i propri morti . Sempre li spogliano delle carte che hanno indosso , e dei distintivi dei reparti cui appartengono . Un gruppo di soldati tedeschi si indugia a osservare il carro armato . Sembra di assistere a un sopraluogo , a un controllo di esperti . Quello che interessa soprattutto i soldati tedeschi è la qualità del materiale nemico , e il modo come questo materiale viene impiegato sul terreno : è la tecnica sovietica , voglio dire , nel suo duplice aspetto industriale e tattico . Osservano le piccole trincee scavate dai russi , i bossoli delle cartucce , i fucili abbandonati , le buche delle granate intorno al carro , esaminano l ' acciaio del carro armato , il congegno dei due cannoni e scuotono la testa dicendo : " Ja , ja , aber ... " . Il segreto dei successi tedeschi è in gran parte in questo " aber ... " , in questo " ma ... " . La nostra colonna si rimette in moto , risale battaglioni di fanteria , treni di artiglieria , squadroni di cavalleria . Il rombo dei motori squarcia la rossa nube di polvere che copre le colline . Fredde lame di sole tagliano quella caligine densa , rimbalzano sull ' acciaio dei carri , sulle groppe dei cavalli bianchi di schiuma . Gelide raffiche di vento formano nel polverone grumi taglienti di terriccio . La bocca si riempie di sabbia , gli occhi bruciano , le palpebre sanguinano . Siamo in luglio e il freddo è intenso . Da quante ore siamo in cammino ? Quanti chilometri abbiamo percorso ? È già il tramonto , l ' umidità della sera imminente appesantisce la nube di polvere , appanna l ' acciaio dei carri . Il cannone batte all ' orizzonte come un ' enorme trave . II rombo si avvicina , si allontana , in un ' alterna vicenda di echi sonori o soffocati . A un certo punto un motociclista trasmette alla colonna l ' ordine di fermarsi e di disporsi per la sosta in un prato che fiancheggia la strada , al riparo di un bosco . In breve la colonna assume la formazione prescritta per le soste notturne . Un ronzio di motori scende dal cielo sulle colline e sulle valli già umide d ' ombra . " Laggiù si combatte " , mi dice il tenente Lauser , un giovanotto di Lipsia , dalle spalle atletiche e dagli occhi giovanili dietro gli spessi occhiali di miope ( è Dozent in qualche università , se non sbaglio ) , e mi accenna un punto del prossimo orizzonte dove la nube di polvere è più alta , più densa , simile al fumo di un incendio . Una sera verde si posa leggera sugli alberi e sul grano . Sulla strada passano alcune autoambulanze cariche di feriti . Quanto diversi i feriti di questa guerra da quelli della guerra di venticinque anni or sono ! L ' ho già detto altra volta : sembrano operai vittime di un infortunio sul lavoro piuttosto che soldati feriti in combattimento . Fumano in silenzio , un po ' pallidi . Un autobus della CFR di Bucarest , requisito per il servizio sanitario , si ferma per pochi istanti vicino alla nostra colonna . È carico di feriti leggeri , moltissimi hanno la testa avvolta di bende . Un carrista tedesco ha le due braccia fasciate fino alle spalle . Un compagno gli mette fra le labbra una sigaretta accesa . L ' ampio berretto basco di panno nero inclinato sull ' occhio , il carrista fuma in silenzio , guardandosi intorno . Si direbbe che non soffrano . Forse il dolore non può nulla su quegli animi intimamente distratti dallo strazio della ferita , su quegli animi assenti , segretamente assorti . Passano quei volti pallidi nella sera verde . I soldati della nostra colonna siedono sull ' erba , mangiano fette di pane spalmate di marmellata , bevono il tè che si sono portati nel termos , gridano , scherzano fra loro , parlano a voce bassa . Non parlano della guerra . Ho osservato che non parlano mai della guerra . Cantano , ma quasi per conto proprio , non in coro . Finito il breve pasto si mettono intorno alle macchine , stringono dadi , bulloni , lubrificano gli ingranaggi , si stendono , sotto il ventre dei carri a verificare , ad aggiustare . Poi , quando è scesa la notte , si avvolgono nelle coperte , dormono sui sedili delle loro macchine . Mi avvolgo anch ' io nella mia coperta , cerco di addormentarmi . Un chiarore nasce a poco a poco , ed è il chiarore della luna . Io penso alla ritirata delle truppe sovietiche , a quella loro triste , solitaria , disperata lotta . Non è la classica ritirata russa , quella di Guerra e pace , la ritirata nel bagliore degli incendi , sulle vie ingombre di fuggiaschi , di feriti , di armi abbandonate . È questa , una ritirata che lascia nell ' aria la fredda , vuota , deserta atmosfera dei cortili delle fabbriche dopo uno sciopero fallito . Qualche arma per terra , qualche indumento , qualche carcassa di macchine . Un enorme sciopero è fallito . Non c ' è forse , su questo campo di battaglia , nessun Andrea Wolkonski disteso nel grano , come nella notte di Austerlitz : ma soltanto qualche stakanovista dei carri armati , qualche fuciliere del Turkestan . A un tratto odo passare gente sulla strada . Poi all ' improvviso una voce rauca , una voce triste . Parla in russo , dice : " Niet , niet " , con insistenza , come un grido . Dice : " Niet , no " , come una protesta . Il calpestio si allontana . Non posso vedere in viso i prigionieri , e a poco a poco m ' addormento , affondo a occhi chiusi dentro la voce del cannone .
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Dovendo rinnovarsi l ' appalto dei trasporti di neve in questa Città dalle due montagne nominate Pizzuta presso Piana dei Greci e Busambra vicino il sito di Ficuzza pel corso di due anni da gennaro 1862 a dicembre 1863 , sono invitati gli attendenti a comparire in questo Palazzo di Città nel giorno trenta corrente a mezzodì , onde procedersi all ' aggiudicazione preparatoria in persona del miglior dicitore allo stato , coi seguenti patti e condizioni : Art . 1 . L ' appaltatore è obbligato trasportare tutta quella neve , che giornalmente sarà dimandata dall ' Amministratore , dalle neviere della Montagna della Pizzuta in Piana dei Greci , e di quella di Busambra esistente nel bosco di Ficuzza giusta gli ordini del suddetto Amministratore , e suoi Uffiziali competenti , e consegnarla tanto nel riposto di neve in Palermo allo Spasimo , che nelle botteghe di smercio , e particolari compratori analogamente alle disposizioni del replicato Amministratore . Art . 2 . Deve l ' Appaltatore a proprie spese trasportare dalle neviere suddette fino al punto di stradone tutta la neve , che sarà per richiedergli il suddetto Amministratore a schiena di mulo , e dal punto di stradone fino in Palermo con appositi carri , anche a sue spese , che debbonsi trovare in detto punto di strada allo arrivo delle mule , onde la neve , che devesi trasportare soffra il minor sfrido possibile , ed arrivi al più presto in Palermo ; al quale oggetto l ' appaltatore è obbligato a mantenere a disposizione del detto Amministratore numero sessanta mule pcl trasporto suddetto . Art . 3 . L ' Appaltatore dovrà eseguire in ogni giorno dalla Montagna della Pizzuta , ovvero da quella di Busambra fino al punto della strada rotabile tutti quei viaggi , che abbisognano , onde fornire ai carri , che come sopra si è detto , debbonsi trovare nella strada , di tutta quella neve , che dal detto Aministratore sarà stata richiamata ...
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Elenco dei Senatori stati nominati nelle Provincie Siciliane da S . M . in udienza del 20 corr . : Ruggiero Settimo , Principe Romualdo Trigona di S . Elia , Principe Torremuzza , Principe Pandolfina di S . Giuseppe , Professore Michele Amari , Principe di S . Cataldo , Marchese Spedalieri . Barone Bruca , Conte Sommatino dei Principi di Butera , Giuseppe Lella , Marchese di Gregorio , Marchese di S . Giuliano
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Mi sono recato talune sere ai Colli onde fare delle osservazioni benché solo , trovandosi in Firenze l ' Abb . Pirrone , che altre volte mi ha assistito . Fra tutte ne ho fatto tre , che sono , io credo , molto approssimate . Mi sono servito del Refrattore costruito a Monaco , che ha 72 pollici di fuoco e 52 di apertura , che non è però montato parallatticamente ; per cui ho fatto le osservazioni col micrometro circolare ove sono passate le comete , e la stessa di confronto . Se la cometa è nuova , ovvero di quelle calcolate , saranno primi a darne giudizio i grandi Osservatori . Da principio sembrava quella di Carlo V , che si è veduta due volte , e si attendeva nel 1848 , ma potrebbe essere più facilmente quella del 1807 . Il suo moto da principio fu molto rapido ; comparì nella costellazione della Lince , indi passò nell ' Orsa Maggiore , e poscia nel Dragone ; benché il 4 e 5 non potei fare osservazioni , credo , però , che fu in uno di detti giorni che toccò il 67° grado boreale all ' incirca ; mentre ora però è molto scemata detta declinazione . L ' istessa , di giorno in giorno si va allontanando sì dalla terra che dal sole , e non passerà molto tempo che si renderà invisibile ad occhio nudo ....
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Il Pretore della città di Palermo . Visti i regolamenti del Consiglio edile ; Ritenuto che molte strade principali di questa città si trovano oggi ricostruite in miglior forma , e rifatte , tra le quali sono precisamente annoverate le seguenti : via Butera , via Alloro , via di Casaprofessa e Ponticello , via di S . Agostino al Crocifisso di Lucca , via Montevergine e Gelso , strada della Bara all ' Olivella sino al Monte di Santa Rosalia , stradone S . Antonino ; Volendo recare un provvedimento tale che riesca a togliere ogni causa di danneggiamento delle strade che trovansi riformate , non che delle altre che vanno a riformarsi : ORDINA 1 ) Tutti i proprietari delle case , le quali fiancheggiano la strada Macqueda non che le altre di sopra notate , nel termine improrogabile di tre mesi a contare da oggi , faranno incanalare le grondaie delle loro case nei modi e nelle forme stabilite dal Consiglio edile , cui prima presenteranno gli analoghi disegni per l ' approvazione ... 4 ) I Senatori delle Sezioni , ciascuno per la parte che lo riguarda , cureranno la esecuzione della presente ordinanza . Palermo , 1 aprile 1861 . II Pretore : Duca DI VERDURA
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Siccome era stato precedentemente annunziato , il 2 giugno alle 5 p . m . avea luogo la solenne funzione di collocare la prima pietra dello scalo della ferrovia fuori la porta S . Antonino . Nel sito designato dalla pianta che venne qui inviata dal Ministero dei Lavori Pubblici , erasi nel breve tempo concesso agli apparecchi , innalzato un grande ed elegante padiglione e di fianco un gran palco , per accogliere gl ' invitati . La Guardia Nazionale chiudeva il recinto formando un gran rettangolo di là dal quale era una grande massa di popolo tranquillo e giulivo . Nel centro del recinto stava un grosso cubo di pietra tenuto in sospeso da un argano . All ' ora indicata convenivano nel padiglione S . E . il Luogotenente Generale del Re Cav . Della Rovere col suo seguito , S.E. Rev.ma Monsignor Naselli Arcivescovo di Palermo accompagnato dal suo clero , tutte le autorità civili e militari , ed una eletta di cittadini di ogni ordine e di eleganti signore . L ' Arcivescovo avendo rivestito gli abiti del suo ministero , secondo le prescrizioni del rituale , seguito dai suoi chierici , avanzavasi insieme al Luogotenente del Re dinanzi allo scavo sul quale pendeva la pietra . Ivi il Segretario Generale dei Lavori Pubblici pronunziò un discorso , dopo il quale Monsignore Arcivescovo recitò le preghiere e benedisse la pietra . Indi Sua Eccellenza il Rappresentante del Re versò nella fossa un cucchiaio di calce . Venne compilato verbale del fatto dal Notaro di Casa Reale , il quale fu sottoscritto dal Luogotenente , dall ' Arcivescovo , dai Segretari Generali , e da molte altre autorità presenti alla cerimonia .
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Questura della città e Circondario di Palermo . IL QUESTORE Ad evitare gl ' inconvenienti che possonsi sperimentare in pregiudizio del pubblico in occasione del passeggio delle carrozze tanto nello stradone della Libertà , che al Foro Italico Dispone Art . 1 . Il passeggio delle carrozze nello stradone della Libertà , e lungo il Foro Italico , sarà sempre in due file , le quali tanto allo andarsi dalla città , che al ritornare , dovranno sempre tenere la destra , lasciando nel centro uno spazio sufficiente . Art . 2 . Le carrozze che vorranno fermarsi potranno farlo nel seguente modo . Quelle che passeggiano nello stradone della Libertà si fermeranno sulla propria diritta alla estremità dello stesso stradone , che divide questo dal viale alberato destinato alla passeggiata a piedi . Quelle che vanno al Foro Italico potranno fermarsi sempre sulla propria diritta , cioè parte rasente la panchina , e parte nello spazio limitrofo a quello destinato pel passeggio delle carrozze , e sempre ad una conveniente distanza . Art . 3 . La passeggiata nello stradone della Libertà si estenderà sino al palazzo del signor Duca di Realmena , e quella nel Foro Italico sino alla casina del principe di Cutò , salvo prolungarsi , qualora il numero delle carrozze sia così eccedente da portare ostacolo al libero cammino . Art . 4 . Il passeggio delle carrozze alla Marina nelle ore serotine sarà eseguito collo stesso ordine , se non che nel solo intervallo in cui l ' orchestra suonerà dei pezzi di musica , è permesso alle carrozze che vorranno fermarsi innanzi al teatrino di praticarlo con raddoppiare le file e lasciando sempre al centro lo spazio sufficiente a potere le due file ordinarie proseguire la passeggiata . Finito il pezzo di musica le carrozze fermate riprenderanno il corso seguendo la propria direzione per rimettersi nelle fila ordinarie , e non potranno retrocedere , se non giunte alla distanza di 300 passi dal teatrino . Art . 5 . I cocchieri contravventori alle suddette disposizioni soggiaceranno ad una multa ai termini dell ' articolo 39 delle leggi penali che resta fissata in tarì dieci . I recidivi oltre della multa saranno sottoposti alla pena della detenzione ai sensi dell ' art . 36 suddette leggi
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Questura della Città e Circondario di Palermo . IL QUESTORE Nello scopo di far conservare la pubblica decenza , in occasione dei bagni nelle acque del mare ; Dispone Art . 1 . Tutti coloro che vorranno bagnarsi rimpetto l ' abitato all ' Acquasanta , o nella spiaggia di Romagnolo , debbono praticarlo in mutande . Art . 2 . È però assolutamente proibito di bagnarsi anche in mutande , lungo la passeggiata della Marina , dal punto della scogliera che guarda la sinistra di Porta Felice , sino alla casina del Principe Cutò . Art . 3 . Tutti coloro che vorranno bagnarsi in luoghi prossimi alle camere dei pubblici bagni , dovranno pure essere in mutande . Art . 4 . È vietato a chiunque , ancorché fosse in mutande , di avvicinarsi a nuoto alle camere dei bagni . Art . 5 . I contravventori saranno puniti colla detenzione ai termini dell ' articolo 36 LL . PP . Art . 6 . Gli Ispettori di Sezione , tutti gli Agenti di Pubblica Sicurezza , e specialmente l ' arma dei Reali Carabinieri , sono incaricati della esatta esecuzione della presente ordinanza . Art . 7 . I Comandanti della forza armata sono invitati a prestar braccio forte in caso di bisogno .
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Il 1° del novello anno , verso le ore 3 pom . videsi in vari punti del detto Comune un aggirarsi inquieto e minaccioso di parecchi individui armati ; e sulla via Garibaldi presero specialmente a tirarsi molte fucilate alle grida di « abbasso la leva , morte ai liberali , viva la repubblica » . Di un subito si vide anche inalberata una bandiera rossa . Il Delegato di Pubblica Sicurezza accorse coraggioso unitamente a un suo figlio , tentando colla parola ridurre al dovere i tumultuanti ; per tutta risposta ebbero tratti addosso molti colpi di fucile , e furono ben fortunati a rimanerne illesi . Accorsero a quella scarica i pochi Carabinieri Reali colà stanziati e il Giudice di Mandamento ; ma , visto voltarsi il fuoco anche contro loro , furono nella necessità d ' indietreggiare , e di ricoverarsi l ' uno in casa dei signori Coppola , e gli altri nella loro caserma . Poco dopo i medesimi Carabinieri si trovavano aggrediti , circondati , sopraffatti dal numero , disarmati nella detta caserma . I tumultuanti si dirigevano in seguito contro la casa del Comandante della Guardia Nazionale . Attaccato da presso , oppone quel prode quella resistenza che la certezza di una morte vicina sa ispirare a ' generosi . Fu sparso il suo sangue , ed insieme quello di una giovane figlia . Per mano di feroci assassini la casa andò in fiamme . Andò ugualmente in fiamme la casa della famiglia Asaro , che diede altre vittime al loro furore . Poi furono manomessi e bruciati l ' Ufficio e l ' Archivio Comunale , l ' Ufficio Doganale , la Cancelleria Mandamentale : seguì la uccisione del sig . Antonio Calandra , e l ' incendio dell ' abitazione del medico dottor Calandra ; al Percettore fu tolto il numerarlo che trovavasi in cassa di oltre a 200 ducati . Così passavasi quella luttuosa notte ; all ' alba del 2 le grida di « morte ai liberali » ricominciarono a frustare le vie . Dopo lungo stormeggiare qua e là senza freno né scopo , alle ore 10 a.m. i tumultuanti assalivano a fucilate la casa del delegato di Sicurezza Signor Fundarò , il quale , trovando inutile ogni resistenza , rendevasi vinto a quell ' orda frenetica , che con angoscioso alternare gridava morte e grazia a vicenda . Il SottoPrefetto di Alcamo , che fino a quell ' ora nessuna notizia aveva ricevuto di quelle deplorabili scene , al primo annunzio spediva persona ad indagare il vero stato delle cose , con obbligo di riferirne a ' RR . Carabinieri , Militi a cavallo e truppa di linea da cui l ' avrebbe fatto seguitare . Lungo il cammino si poté veramente conoscere come la sommossa avesse un carattere alquanto grave , e il Maresciallo de ' Carabinieri inchinava al consiglio di chi dissuadeva dal cimentarsi in sì scarso numero . Il Comandante de ' Militi a cavallo signor Varvaro , spinto a improvviso ardire , spronò con quattro de ' suoi verso la città ; sperava che la voce e la presenza di lui , nella sua qualità di pubblico ufficiale , imporrebbe a que ' tristi ; ma ne fu crudelmente deluso al suo ingresso , e pagava colla propria vita e con quella di due de ' propri compagni una troppa generosa fiducia . La Luogotenenza Generale del Re in Palermo ebbe il primo avviso degli scoppiati tumulti alle ore 5 p . m . del giorno 2 per dispaccio di Alcamo , partito da quella città alle ore 4 . E fu immantinente disposto e co ' mezzi più celeri che il battaglione di linea , il quale , reduce da Trapani , era in Calatafimi , marciasse su Alcamo e Castellammare con truppa e con a bordo il Maggior Generale Quintini , a cui si diede il comando di tutte le forze . Le truppe imbarcate sul « Monzambano » arrivarono alle 4 della mattina del 3 , ma lo sbarco non si operò che a giorno . È falso che da ' tumultuanti si fosse cercato impedirlo con due piccoli pezzi di artiglieria . Le truppe misero piede a terra senza opposizione . Avanzatesi nel paese , furono aggredite a fucilate ; si rispose vivamente ; ridottisi su per la sovrastante montagna , i tumultuanti ne furono sloggiati con alcuni colpi di cannone tratti dal « Monzambano » e dall ' « Ardita » . Nello scontro avuto fu a deplorare acerbamente la morte del bravo capitano Mazzetti , e quella di un sergente de ' bersaglieri , oltre le ferite toccate ad un uffiziale e taluni soldati . Il battaglione di Calatafimi era intanto arrivato in Alcamo verso il mezzogiorno del 3 . Non avendo preso cibo né riposo , dové fermarsi quivi alcun poco ; e partitosi non prima delle ore 2 e mezzo p . m . arrivava in Castellammare presso alle ore 6 . Il SottoPrefetto marciava colla vanguardia di quel battaglione . Giunto in Castellammare , trovò già l ' ordine ristabilito , ordinato il disarmo ; seppe inoltre che sei de ' colpevoli , presi colle armi alle mani e in atto di far fuoco contro le truppe , furono fucilati ; di costoro tre non vollero palesare il loro nome , uno fu un tristo prete imbrancatosi fra quella sanguinaria ribaldaglia . Le cure tanto del nominato SottoPrefetto che dell ' onorevole Maggior Generale Quintini si sono quindi rivolte a dare ordine e norma per le indagini politiche e per la punizione dei rei . Si è stabilita una commissione composta del giudice , del Sindaco , del Delegato , e da due altri onesti cittadini per la ricognizione di coloro che possansi lasciare rientrare impuni nel paese . Si è ordinato al Sindaco di convocare immediatamente la Giunta e il Consiglio Municipale per le operazioni richieste dalla urgenza del Comune .