StampaQuotidiana ,
Belluno
,
19
febbraio
-
Nel
cimitero
di
Sedico
è
stato
sepolto
oggi
il
minatore
Angelo
Casanova
,
accompagnato
all
'
ultima
dimora
da
una
grande
folla
in
lutto
.
Appena
cinque
mesi
fa
la
stessa
folla
aveva
accompagnato
al
medesimo
cimitero
altri
tre
compaesani
,
morti
a
Mattmark
.
Un
dolore
che
si
rinnova
È
un
dolore
che
si
rinnova
per
tragedie
purtroppo
ricorrenti
non
solo
a
Sedico
,
ma
in
tutti
i
paesi
della
provincia
:
non
ce
n
'
è
uno
che
non
abbia
emigranti
all
'
estero
,
soprattutto
nei
luoghi
dove
si
costruiscono
dighe
e
bacini
idroelettrici
.
I
nostri
lavoratori
sono
ormai
specializzati
in
questi
impieghi
:
in
parte
per
la
tradizione
ereditata
dai
padri
minatori
,
in
parte
per
l
'
esperienza
acquisita
nei
loro
paesi
d
'
origine
a
lavorare
nelle
gallerie
per
la
costruzione
dei
numerosi
bacini
idroelettrici
,
realizzati
nel
Bellunese
.
Realizzazioni
grandiose
,
ma
pericolosissime
e
lo
sanno
bene
le
società
costruttrici
tanto
da
preventivare
il
rischio
delle
vite
umane
sul
conto
della
spesa
complessiva
dell
'
opera
.
Quanti
dei
nostri
concittadini
hanno
finito
la
loro
vita
dentro
una
galleria
,
sotto
una
frana
,
o
cadendo
da
una
impalcatura
?
In
appena
venti
anni
certamente
diverse
centinaia
.
È
del
giorno
dopo
la
sciagura
del
Canton
Ticino
la
notizia
pervenuta
dal
Ghana
che
annunciava
la
morte
,
avvenuta
in
seguito
a
una
esplosione
in
galleria
,
di
Angelo
Zangrando
,
da
Perarolo
.
Anche
lui
lavorava
in
un
cantiere
idroelettrico
.
Tre
emigranti
morti
sul
lavoro
in
due
giorni
.
Spesso
la
notizia
di
un
decesso
passa
quasi
inosservata
,
a
meno
che
non
coinvolga
un
gruppo
numeroso
di
vittime
.
Si
sente
dire
che
un
operaio
del
tal
paese
è
morto
all
'
estero
e
la
ribellione
avviene
solo
nell
'
ambito
della
famiglia
interessata
;
spesso
l
'
opinione
pubblica
non
lo
viene
nemmeno
a
sapere
e
anche
quando
ne
ha
notizia
l
'
accetta
come
una
«
fatalità
»
derivata
dalla
condizione
stessa
dell
'
emigrazione
;
dalla
fortuna
o
dalla
sfortuna
personale
di
trovarsi
nel
momento
della
disgrazia
in
un
posto
della
galleria
invece
che
in
un
altro
.
Poche
volte
si
va
al
di
là
di
questo
semplice
ragionamento
anche
perché
la
condizione
dell
'
emigrante
poggia
sulla
leggenda
-
simbolo
del
bravo
e
operoso
lavoratore
che
rende
alla
patria
ed
è
il
benemerito
di
una
vasta
schiera
che
all
'
estero
contribuisce
al
progresso
della
civiltà
.
Commozione
tardiva
Agli
emigranti
che
tornano
si
preparano
d
'
inverno
festose
accoglienze
,
con
messe
,
banchetti
e
discorsi
,
dove
i
deputati
democristiani
hanno
modo
di
commuoversi
per
i
sacrifici
degli
emigranti
,
sperando
nei
voti
futuri
.
Ultimamente
è
nata
perfino
un
'
Associazione
degli
emigranti
,
che
ha
per
fondatori
tutte
le
organizzazioni
cattoliche
e
paragovernative
della
città
,
unite
allo
scopo
di
«
sollevare
»
le
condizioni
di
questi
lavoratori
attraverso
comitati
all
'
estero
e
in
Italia
,
affinché
l
'
emigrante
«
viva
nel
proprio
ambiente
»
e
non
senta
con
troppa
nostalgia
la
lontananza
del
paese
e
della
patria
.
Tra
tutte
le
clausole
inserite
nello
statuto
di
questa
associazione
non
ce
n
'
è
una
che
abbia
l
'
unico
significato
importante
e
umano
per
gli
emigranti
e
cioè
quello
di
farsi
promotrici
di
una
battaglia
concreta
affinché
i
lavoratori
trovino
,
in
quella
patria
sempre
indicata
con
la
iniziale
maiuscola
,
il
necessario
per
vivere
accanto
alla
famiglia
.
Oggi
dietro
la
bara
di
Angelo
Casanova
(
la
salma
dell
'
altro
bellunese
perito
nella
sciagura
del
Canton
Ticino
,
Valerio
Chenet
,
è
stata
sepolta
in
Svizzera
)
pensavamo
a
queste
cose
e
al
veramente
triste
destino
di
questo
operaio
.
Cacciato
dalla
valle
del
Mis
dalla
società
elettrica
che
gli
aveva
espropriato
la
terra
e
la
casa
per
poter
costruire
un
lago
artificiale
,
Angelo
Casanova
ha
finiti
col
morire
all
'
estero
,
nel
cantiere
di
un
'
altra
società
elettrica
,
quasi
che
il
suo
destino
di
uomo
fosse
quello
di
servire
,
fino
alla
morte
,
le
grandi
società
che
nel
mondo
capitalista
agiscono
da
padrone
di
tutto
e
di
tutti
.
Ancora
una
volta
le
autorità
«
ufficiali
»
diranno
di
lui
,
come
hanno
detto
di
tanti
,
che
il
suo
sacrificio
è
stato
utile
al
progresso
.
Come
quello
di
Valerio
Chenet
che
ha
speso
tutta
la
sua
vita
a
fare
l
'
emigrante
.
La
realtà
dell
'
emigrante
verrà
ancora
una
volta
camuffata
dal
pietismo
.
E
gli
emigranti
continueranno
a
morire
soffocati
nelle
gallerie
mentre
le
autorità
italiane
piangeranno
la
loro
sorte
senza
peraltro
adoperarsi
sul
serio
,
fino
in
fondo
,
per
cambiarla
.
StampaQuotidiana ,
Ciò
che
è
avvenuto
lascia
in
tutti
,
io
penso
,
un
sentimento
strano
e
potente
,
che
non
era
previsto
.
Dopo
il
decollo
dalla
Luna
,
il
ricongiungimento
e
il
rientro
dei
due
nella
navicella
principale
,
la
tensione
è
caduta
,
ogni
pauroso
dubbio
è
stato
superato
dalla
forza
degli
uomini
e
dalla
perfezione
delle
macchine
.
Si
può
dire
che
iersera
sia
già
cominciato
il
trionfo
.
Sull
'
altare
della
gloria
tutte
le
iperboli
,
tutti
i
superlativi
,
tutto
il
repertorio
della
nomenclatura
epica
e
apologetica
,
finalmente
usati
a
proposito
,
sono
stati
ormai
bruciati
.
E
ritentarli
qui
ancora
una
volta
sarebbe
vano
.
Nel
cielo
immenso
e
nero
,
rimane
quella
scatoletta
solitaria
con
dentro
i
tre
uomini
,
che
corre
verso
casa
.
La
precisione
pressoché
sovrumana
con
cui
si
è
realizzato
,
parola
per
parola
,
un
programma
che
fino
a
ieri
sembrava
utopia
ci
ha
perfino
risparmiato
gli
spasimi
di
una
vera
suspense
.
Ma
un
rintocco
nuovo
e
fortissimo
riecheggia
,
e
continuerà
a
riecheggiare
per
sempre
,
nell
'
animo
di
chi
ha
visto
:
soltanto
di
chi
ha
visto
la
scena
sullo
schermo
del
televisore
,
poiché
le
fotografie
,
i
film
e
i
resoconti
,
per
quanto
assai
più
perfetti
,
non
riusciranno
a
dare
neppure
un
centesimo
di
quel
brivido
misterioso
.
Dopo
l
'
atterraggio
dell
'
"
Aquila
"
,
che
si
sperava
in
qualche
modo
di
vedere
e
invece
non
si
è
visto
,
la
veglia
,
almeno
qui
in
Italia
,
si
era
fatta
lunga
e
pesante
.
La
discesa
di
Armstrong
sulla
Luna
era
stata
promessa
per
le
ore
tre
.
Poi
si
è
parlato
delle
tre
e
tre
quarti
,
delle
quattro
,
delle
quattro
e
mezzo
.
C
'
è
stato
sì
una
mezzora
di
incertezza
abbastanza
tormentosa
perché
sembrava
che
dalla
Luna
nessuno
più
rispondesse
.
Quindi
i
nervi
si
erano
di
nuovo
afflosciati
,
era
subentrata
una
stanchezza
sudaticcia
,
una
specie
di
opaco
intorpidimento
mentale
,
complici
forse
certe
trasmissioni
di
contorno
per
cui
queste
ore
solenni
minacciavano
di
trasformarsi
in
una
stentata
sagra
,
in
una
"
Canzonissima
"
di
serie
C
.
Quand
'
ecco
,
sullo
schermo
dietro
lo
speaker
,
è
comparsa
una
immagine
nuova
,
un
confuso
intreccio
di
sagome
nere
oscillanti
,
simile
ai
quadri
di
Kline
;
era
,
rovesciato
,
il
primo
piano
della
scaletta
e
dei
tralicci
della
capsula
lunare
,
con
Armstrong
che
scendeva
gradino
per
gradino
lentamente
:
di
per
sé
incomprensibile
.
Eppure
tutti
di
colpo
hanno
capito
,
tutti
,
anche
gli
scettici
,
sono
stati
presi
da
uno
sgomento
sconosciuto
.
Si
è
avuta
la
sensazione
di
essere
passati
oltre
una
porta
fatale
e
proibita
,
di
avere
varcato
una
delle
ultime
frontiere
:
del
mondo
?
della
conoscenza
?
della
vita
?
Come
quando
-
il
paragone
può
suonare
falso
,
lo
so
,
ma
è
tipico
-
durante
una
seduta
spiritica
,
dopo
una
lunga
attesa
,
all
'
improvviso
,
con
energia
selvaggia
,
si
rivela
lo
spirito
,
o
meglio
ciò
che
si
usa
chiamare
spirito
,
e
ai
presenti
par
di
oltrepassare
il
confine
della
comune
esistenza
,
a
contatto
col
regno
delle
ombre
.
Sì
,
Armstrong
e
Aldrin
ci
avevano
portati
in
una
sorta
di
aldilà
che
vedevamo
coi
nostri
occhi
e
in
cui
tuttavia
la
nostra
mente
si
smarriva
.
Sì
,
era
una
visione
simile
a
quelle
degli
iniziati
e
dei
santi
.
Tutto
però
stava
a
dimostrare
che
era
vera
.
E
la
favola
,
il
mito
,
la
poesia
,
anziché
venir
distrutti
dai
"
computers
"
,
dai
transistor
,
dai
sapienti
ordigni
tecnologici
,
rinascevano
in
proporzioni
gigantesche
.
La
sensazione
,
ripeto
,
di
essere
condotti
in
un
aldilà
arcano
,
da
cui
potranno
scendere
,
sulla
Terra
,
smisurate
cose
avvenire
.
Ecco
,
secondo
me
,
il
motivo
della
scossa
viscerale
e
struggente
che
gli
uomini
,
per
la
prima
volta
nella
storia
del
mondo
,
hanno
provato
l
'
altra
notte
alle
ore
4.57
dinanzi
ai
televisori
,
che
non
può
immaginare
chi
non
ha
visto
,
e
che
non
si
ripeterà
mai
più
nel
futuro
.
StampaQuotidiana ,
Sofia
,
agosto
.
È
lungo
il
tratto
di
strada
romana
,
dalla
Porta
di
Trajano
e
Tatar
-
Pasargik
,
che
si
è
svolto
l
'
ultimo
atto
del
dramma
sanguinoso
,
e
i
villaggi
di
Masomen
,
di
Vietrena
,
di
Golak
e
di
Giangarlj
,
che
fiancheggiano
da
dritta
e
da
sinistra
la
strada
,
serbano
ancora
qualche
segno
del
tristo
epilogo
.
Prendete
Giangarlj
,
per
esempio
.
La
sua
stazione
è
nuova
nuova
,
montata
e
intonacata
di
fresco
,
ché
si
chiamava
appunto
Stambulisky
,
in
omaggio
alla
famiglia
del
Dittatore
,
stabilitasi
da
poco
al
villaggio
,
ma
,
dopo
la
tragedia
,
ha
cambiato
nome
e
si
chiama
Sroboda
(
libertà
)
,
non
tanto
però
che
le
nuove
lettere
appena
stampigliate
non
lasciano
scorgere
di
sotto
il
vecchio
nome
.
Qui
appunto
,
sulla
porta
d
'
uscita
,
Vassili
Stambulisky
ha
revolverato
,
a
bruciapelo
,
tre
gendarmi
che
vi
erano
di
guardia
il
10
giugno
,
domenica
,
due
giorni
dopo
il
colpo
di
Stato
di
Zankof
,
e
qui
è
stato
ucciso
egli
stesso
il
giorno
dopo
,
lunedì
,
quando
la
partita
era
già
perduta
.
Quattro
piccoli
segni
di
croce
,
sul
muro
bianco
di
calce
.
Di
sangue
non
è
più
traccia
,
la
terra
ha
bevuto
tutto
.
"
Doveva
essere
così
!
"
.
Il
villaggio
di
Giangarlj
è
a
un
chilometro
a
nord
della
stazione
;
un
villaggio
nuovo
anch
'
esso
,
casupole
e
alberi
carichi
di
pere
,
di
susine
chermisine
,
mature
.
Intorno
,
grossi
campi
di
frumento
e
i
mietitori
che
vi
menano
la
falce
.
Dei
mietitori
,
laggiù
,
è
il
padre
stesso
di
Stambulisky
,
un
duro
vecchio
di
ottant
'
anni
,
un
po
'
curvo
,
un
po
'
lento
,
che
maneggia
la
sua
arma
da
buon
guerriero
ancora
.
Il
vecchio
è
sceso
nella
bastera
or
è
quindici
anni
,
con
altri
consorti
suoi
,
a
dissodarvi
i
prati
della
Maritza
,
poi
che
la
sua
piccola
terra
di
Slavoviza
,
sulle
colline
leggere
,
a
15
chilometri
in
su
,
rendeva
magro
e
a
stento
.
Così
ci
racconta
lui
stesso
,
a
sera
,
nel
piccolo
caffè
di
Giangarlj
davanti
a
un
bicchiere
di
raki
:
e
si
scusa
il
vecchio
di
non
poterci
accogliere
in
casa
,
dove
le
donne
si
destano
al
pianto
appena
si
nomina
Alessandro
.
Quanto
a
lui
,
non
già
d
'
ora
,
ma
l
'
aveva
sempre
tenuto
per
un
uomo
perduto
:
la
sua
fine
non
l
'
ha
sorpreso
:
doveva
essere
così
.
Non
era
più
un
contadino
,
ma
non
era
neanche
un
signore
.
Che
era
dunque
?
La
carne
è
carne
e
Dio
sa
che
punta
ci
ha
,
lui
,
il
vecchio
,
là
sotto
il
costato
;
ma
Alessandro
aveva
veramente
stancato
tutti
,
persino
i
contadini
,
e
lui
,
il
vecchio
,
glielo
aveva
pur
detto
tante
volte
.
Dicono
che
fosse
malato
e
dev
'
essere
così
,
dev
'
essere
così
.
Lì
,
nel
caffeuccio
di
Giangarlj
,
carta
in
tavola
e
testimoni
presenti
,
si
ricostituisce
il
dramma
.
La
notte
dal
venerdì
al
sabato
,
9
giugno
,
si
fece
il
colpo
a
Sofia
.
Ufficiali
della
riserva
,
mal
pagati
e
sprezzati
,
proprietari
minacciati
dai
rigori
della
legge
agraria
e
dal
capriccio
del
Dittatore
,
intellettuali
tenuti
in
remora
,
si
sono
stretti
a
un
professore
di
economia
politica
,
lo
Zankof
,
e
,
profittando
dell
'
assenza
di
Stambulisky
che
si
spassava
a
Slavoviza
,
si
sono
impadroniti
del
Governo
.
Aspra
difesa
.
Del
colpo
di
Sofia
seppero
subito
,
come
avviene
,
trasmesso
da
posto
a
posto
,
i
telefonisti
dei
villaggi
attorno
a
Slavoviza
,
Vietrena
,
Golak
,
e
dieder
voce
a
quei
di
Slavoviza
.
Stambulisky
si
preparò
alla
difesa
e
alla
riscossa
.
Munì
la
villa
di
uomini
in
arme
,
un
trecento
dei
dintorni
.
Vi
appostò
tre
mitragliatrici
e
attese
gli
eventi
.
Da
Sofia
si
era
già
dato
ordine
a
uno
squadrone
di
gendarmeria
di
Filippopoli
di
procedere
all
'
arresto
del
Dittatore
;
ma
i
quaranta
uomini
dello
squadrone
inoltratosi
verso
Slavoviza
,
già
prima
di
giungervi
,
furono
assaliti
,
decimati
e
costretti
a
ripiegare
a
Tatar
-
Pasargik
,
inseguiti
dallo
stormo
di
Stambulisky
e
dal
Dittatore
in
persona
che
,
fra
i
primi
al
fuoco
,
incalzò
i
resti
dello
squadrone
fino
alle
porte
di
Pasargik
,
dove
fece
di
sua
mano
ben
otto
vittime
fra
i
cittadini
corsi
a
rinforzo
dei
gendarmi
.
Ma
da
Filippopoli
giungevano
due
battaglioni
di
fanteria
e
due
cannoni
a
tiro
rapido
,
e
la
battaglia
si
accese
violentissima
,
ad
occidente
di
Pasargik
,
nello
stretto
angolo
di
colline
,
fra
la
strada
romana
e
il
fiumicello
di
Topolniza
.
Stambulisky
distese
i
suoi
cresciuti
di
numero
,
a
mille
circa
,
in
fronte
,
poggiandosi
da
dritta
alla
strada
romana
e
da
sinistra
alla
Topolniza
,
lungo
una
catena
di
trincee
scavate
in
fretta
,
mentre
un
'
ardita
mano
di
partigiani
cercava
,
valicando
Topolniza
,
di
aggirare
gli
avversari
e
di
tagliare
le
comunicazioni
da
Filippopoli
.
Ma
i
cannoni
a
tiro
rapido
ebbero
ragione
di
tutti
.
Piantati
sulla
strada
romana
,
uno
di
questi
,
maneggiato
a
dovere
,
prese
d
'
infilata
le
trincee
e
le
evacuò
.
Inseguito
come
una
belva
.
I
contadini
si
dispersero
sui
monti
,
vi
si
rintanarono
sconfessando
il
tiranno
,
celando
e
distruggendo
ogni
traccia
di
solidarietà
con
la
belva
inseguita
.
Però
che
i
gendarmi
non
davano
tregua
,
e
li
spronavano
e
li
eccitavano
quei
di
Pasargik
,
soprattutto
le
donne
dei
superstiti
,
ululanti
e
conclamanti
alla
vendetta
.
Abbandonato
il
lunedì
,
vagò
Stambulisky
,
due
giorni
,
di
rifugio
in
rifugio
,
senza
tregua
né
cibo
,
sin
che
necessità
di
alimenti
,
non
lo
sforzò
a
battere
alla
porta
di
un
mercante
di
legna
a
Golak
.
Era
il
mercoledì
sera
tardi
,
e
si
presentò
lo
sciagurato
,
in
sembianze
di
mercante
di
legna
egli
stesso
,
e
protestava
di
volerne
comprare
molta
,
della
legna
.
L
'
altro
lo
riconobbe
,
comprese
e
,
per
trattenerlo
,
cominciò
a
trastullarlo
di
buone
parole
,
fingendo
di
entrare
nel
giuoco
del
mercato
.
Chiese
anzi
una
caparra
di
trecento
leva
,
ma
inviò
sotto
mano
un
suo
garzoncello
ad
avvertire
i
gendarmi
,
che
frugavano
appunto
i
dintorni
.
Giunsero
e
Stambulisky
fu
preso
,
senza
resistenza
.
Era
disfatto
,
portava
addosso
il
solo
revolver
,
e
gli
fu
tolto
.
Fu
avviato
a
Pasargik
,
ma
la
folla
,
le
donne
volevano
giustizia
sommaria
.
Fu
disposto
di
allontanarlo
subito
e
partì
per
Sofia
,
in
auto
,
scortato
da
un
ufficiale
e
tre
gendarmi
.
Percorreva
la
strada
romana
e
chiese
,
presso
Vietrena
,
di
deviare
a
Slavoviza
,
alla
sua
villa
,
per
togliervi
,
diceva
,
alcune
carte
importanti
,
e
fu
concesso
.
Gli
usavano
riguardi
.
Era
stato
il
Presidente
e
che
Presidente
!
Ma
ecco
,
fra
Kara
Mussal
e
Slavoviza
,
presentarsi
una
mano
di
partigiani
e
tentare
di
liberarlo
.
La
scorta
è
impegnata
,
ma
l
'
ufficiale
ha
ordine
di
non
lasciare
il
suo
uomo
se
non
morto
;
e
poiché
Stambuliskj
reagisce
coi
suoi
,
diviene
il
punto
di
mira
della
scorta
ed
è
presto
abbattuto
da
una
fucilata
alla
tempia
.
StampaQuotidiana ,
Nessuno
di
noi
potrà
mai
dimenticare
questa
notte
di
giugno
.
La
nascita
della
Repubblica
Italiana
non
è
sorta
da
un
assalto
alla
Bastiglia
monarchica
,
né
da
alcuna
altra
forma
di
intervento
improvviso
di
forze
rivoluzionarie
;
e
pertanto
il
suo
annunzio
non
si
è
prodotto
come
un
grido
dell
'
impeto
creatore
del
popolo
,
ma
secondo
un
meccanismo
elettorale
affidato
ad
una
vecchia
burocrazia
che
pure
nei
momenti
più
solenni
non
dimentica
la
sua
virtù
principale
:
la
prudenza
.
L
'
intervento
burocratico
ha
potuto
evitare
che
la
attesissima
notizia
fosse
,
come
di
dovere
,
subito
promulgata
e
che
al
primo
annuncio
seguisse
la
naturale
esplosione
di
una
gioia
di
popolo
troppo
a
lungo
tenuta
a
freno
.
Noi
abbiamo
dunque
dovuto
sopportare
,
in
pochi
e
in
silenzio
,
durante
un
certo
numero
di
ore
,
l
'
eccezionale
notizia
;
e
l
'
indicibile
emozione
,
a
stento
dissimulata
,
ha
occupato
tutta
la
nostra
anima
,
acquistando
una
dimensione
di
vastità
e
profondità
irraggiungibili
agli
ordinari
fatti
politici
.
Non
potendo
subito
lanciare
la
lietissima
notizia
ai
vivi
,
ci
siamo
messi
allora
a
pensare
,
senza
enfasi
retorica
,
ma
semplicemente
e
naturalmente
,
in
obbedienza
ad
un
bisogno
irresistibile
di
comunione
,
ai
nostri
più
cari
,
agli
amici
e
compagni
che
per
la
libertà
sono
morti
e
che
oggi
non
sono
qui
,
tra
noi
,
per
rallegrarsi
assieme
a
noi
.
L
'
impressione
più
precisa
e
vicina
alla
nuova
realtà
è
legata
alla
nozione
stessa
di
nascita
:
la
vittoria
della
Repubblica
è
cioè
innegabilmente
un
atto
di
vita
.
Non
è
un
fatto
occasionale
,
non
un
'
improvvisazione
,
non
un
gesto
fortuito
,
o
arbitrario
,
ma
un
atto
necessario
,
impellente
,
improrogabile
;
è
un
avvenimento
preparato
da
una
lunga
,
oscura
,
dolorosa
gestazione
,
nel
più
intimo
della
storia
d
'
Italia
.
È
un
atto
di
vita
;
un
atto
di
buona
salute
,
un
atto
di
liberazione
,
un
atto
di
creazione
,
una
forma
nuova
per
una
realtà
nuova
.
È
una
nascita
;
una
presenza
,
una
rivelazione
,
un
'
apparizione
,
«
qualche
cosa
che
viene
da
lontano
e
va
lontano
»
.
Ma
è
anche
,
e
soprattutto
,
un
atto
di
modernità
:
la
società
italiana
si
è
liberata
da
una
parassitaria
sovrastruttura
di
origine
feudale
,
e
se
n
'
è
liberata
per
merito
prevalente
delle
classi
lavoratrici
,
le
quali
sono
le
forze
motrici
principali
di
ogni
vero
progresso
nella
nostra
epoca
;
e
per
questo
noi
siamo
poco
inclini
,
oggi
,
alle
reminiscenze
retoriche
,
classiche
o
risorgimentali
,
o
le
tolleriamo
quel
tanto
che
può
essere
lecito
,
presso
la
culla
di
un
neonato
,
parlare
di
morti
.
La
vittoria
della
Repubblica
è
un
fatto
di
vita
e
non
di
ideologia
;
è
la
risposta
improrogabile
ad
alcuni
bisogni
acuti
ed
essenziali
della
società
italiana
.
È
un
vero
atto
di
nascita
,
un
atto
di
festa
.
È
la
giornata
più
lieta
della
lunga
storia
della
nostra
patria
.
StampaQuotidiana ,
Può
darsi
che
il
rinvio
a
giudizio
di
Berlusconi
rafforzi
in
Parlamento
la
convergenza
verso
Dini
ormai
in
atto
presso
alcune
schegge
della
destra
e
della
sinistra
.
Ma
è
sicuro
che
nel
Paese
questa
convergenza
verso
la
palude
centrale
genera
una
divergenza
eguale
e
contraria
,
e
cioè
divarica
le
posizioni
.
D
'
altronde
il
Parlamento
sembra
aver
dimenticato
assai
più
degli
elettori
il
voto
del
18
aprile
,
che
ha
sicuramente
condannato
il
centrismo
pur
senza
scegliere
fra
destra
e
sinistra
.
Da
allora
il
dilemma
della
politica
italiana
è
"
avanti
o
indietro
"
sulla
strada
della
trasformazione
,
assai
più
che
"
di
qua
o
di
là
"
rispetto
ai
punti
cardinali
della
tradizione
.
Purtroppo
questo
trapasso
risulta
illeggibile
se
si
seguono
soltanto
le
intenzioni
e
il
destino
degli
eletti
.
Infatti
:
Berlusconi
non
si
accorge
che
una
stessa
ondata
porta
lui
al
successo
del
27
marzo
e
Andreotti
all
'
umiliazione
di
un
processo
;
mentre
la
stampa
sembra
ignorare
che
il
medesimo
sommovimento
consente
a
Berlusconi
di
insediarsi
a
Palazzo
Chigi
e
a
Mani
pulite
di
rinviarlo
a
giudizio
.
E
,
anche
prima
:
Segni
non
capisce
che
il
plebiscito
sul
maggioritario
,
da
lui
così
appassionatamente
voluto
,
è
destinato
a
travolgere
il
bastione
centrista
sul
quale
si
arrocca
;
Occhetto
non
vede
nell
'
esplosione
di
Tangentopoli
la
premessa
di
un
'
alternativa
radicale
al
sistema
dei
partiti
anziché
una
semplice
alternanza
della
sinistra
al
Caf
;
Buttiglione
provoca
la
crisi
di
dicembre
per
strappare
a
Forza
Italia
la
direzione
del
Polo
,
ma
perde
per
strada
il
suo
esercito
;
D
'
Alema
entra
alla
cieca
nel
ribaltone
e
constata
,
alla
fine
,
di
aver
lavorato
per
Dini
;
e
Dini
rinuncia
andreottianamente
a
governare
per
stare
al
governo
,
trascurando
la
perdita
dello
strumento
(
l
'
erario
)
con
il
quale
Andreotti
aveva
tacitato
le
innumerevoli
clientele
in
cui
era
stata
scomposta
la
cittadinanza
.
A
intenzioni
così
imprecise
non
possono
che
corrispondere
destini
incompiuti
:
Berlusconi
azzoppato
,
Prodi
abbandonato
,
Dini
sospeso
a
una
presidenza
fondata
su
un
Parlamento
screditato
e
sprofondato
nello
Stige
;
la
transizione
ferma
,
il
vortice
bloccato
.
Da
tre
anni
gli
eletti
interpretano
balbettando
le
spinte
che
vengono
dagli
elettori
senza
riuscire
a
comporre
un
'
offerta
politica
che
corrisponda
alla
domanda
civile
.
Ed
è
ormai
inutile
ribadire
l
'
equazione
che
mette
sullo
stesso
piano
governanti
e
governati
,
perché
nel
movimento
a
tentoni
dei
primi
si
esprime
un
istinto
di
conservazione
collettivo
che
nei
secondi
si
sminuzza
nel
respiro
corto
della
sopravvivenza
propria
,
personale
o
di
parte
.
Certo
,
l
'
elettorato
non
ha
soluzioni
,
ma
sente
sia
pure
confusamente
i
problemi
.
Ha
capito
che
i
favori
accordati
nel
presente
dal
centrismo
precludono
il
futuro
;
che
la
crisi
delle
città
,
dei
servizi
,
dell
'
ordine
pubblico
,
della
legalità
e
dello
Stato
è
una
conseguenza
della
paralisi
amministrativa
,
la
quale
discende
dall
'
incapacità
di
decidere
,
a
sua
volta
dovuta
all
'
impossibilità
di
scegliere
tra
opzioni
chiare
e
responsabili
.
Insomma
,
il
pubblico
sa
che
il
labirinto
delle
clientele
,
delle
mediazioni
e
degli
interessi
corporativi
ha
prodotto
una
situazione
paradossale
in
cui
la
crescita
economica
è
contraddetta
dal
regresso
civile
;
e
sa
che
è
ormai
impossibile
conservare
il
benessere
se
continua
il
regresso
.
Per
questo
ha
scelto
plebiscitariamente
il
maggioritario
e
cioè
il
rifiuto
dell
'
imbuto
centrale
nel
quale
spariscono
,
si
sovrappongono
o
si
neutralizzano
le
scelte
e
si
accampa
la
dissoluzione
inarrestabile
dello
Stato
e
dei
princì
pi
stessi
della
convivenza
.
Invece
,
almeno
fino
a
oggi
,
Parlamento
e
governi
hanno
offerto
soluzioni
che
scavalcano
i
problemi
,
o
li
ignorano
,
e
sembrano
orientati
adesso
a
rifugiarsi
nel
gorgo
della
Prima
Repubblica
,
dal
quale
li
ha
fatti
uscire
il
sommovimento
elettorale
.
La
superiorità
degli
elettori
sugli
eletti
è
tutta
in
questo
divario
.
Per
il
resto
non
bisogna
dimenticare
che
è
in
crisi
una
democrazia
fondata
sul
consenso
,
e
che
il
consenso
coinvolge
,
anche
quando
è
comprato
e
venduto
.
In
un
Paese
deragliato
,
forse
non
restava
che
la
ramazza
del
Codice
per
farla
tornare
in
sé
.
Ma
non
esiste
un
Codice
che
preveda
l
'
incriminazione
,
la
punizione
e
il
riscatto
di
una
società
intera
,
anche
se
accanto
alla
centralità
del
Parlamento
si
è
istituita
una
anomala
centralità
della
Magistratura
.
In
ogni
caso
il
nostro
linguaggio
politico
è
troppo
abituato
ad
attribuire
centri
geometrici
a
figure
sociali
che
non
hanno
circonferenza
.
Per
il
momento
l
'
Italia
resta
come
pizzicata
nella
chiusura
lampo
della
legge
,
che
si
apre
e
si
chiude
tra
garanzie
costituzionali
e
avvisi
di
garanzia
.
E
questa
sensazione
di
impotenza
prelude
a
una
rabbia
cupa
e
insaziabile
.
Cupa
perché
afflitta
da
un
oscuro
senso
di
colpa
.
Insaziabile
perché
la
rabbia
non
sfama
,
se
non
al
modo
di
Filippo
Argenti
,
che
"
in
sé
medesmo
si
volgea
co
'
denti
"
.
Il
mondo
assiste
incredulo
all
'
annaspare
di
un
Paese
che
per
liberarsi
di
un
esiziale
sistema
politico
non
sa
e
non
può
fare
altro
che
incriminare
,
dal
primo
all
'
ultimo
,
i
suoi
rappresentanti
vecchi
e
nuovi
,
tornando
però
indietro
alla
vecchia
ammucchiata
centrista
che
ha
prodotto
la
corruzione
.
La
Magistratura
applica
le
leggi
e
dunque
arresta
i
timonieri
.
E
la
nave
entra
nella
mareggiata
europea
con
la
plancia
di
comando
vuota
e
le
sentine
piene
dei
suoi
ex
capitani
.
Un
Paese
economicamente
importante
come
l
'
Italia
non
può
restare
a
lungo
politicamente
inconsistente
senza
diventare
un
pericolo
per
sé
e
per
gli
altri
,
perché
nel
divario
tra
la
ricchezza
dell
'
economia
e
la
povertà
della
politica
si
insinuano
fatalmente
appetiti
e
timori
molteplici
,
e
dunque
rischi
di
lacerazioni
sempre
più
gravi
.
Per
ridurre
questo
scompenso
è
però
necessario
eliminarne
un
altro
:
quello
tra
la
domanda
civile
del
popolo
e
l
'
offerta
politica
del
Parlamento
.
La
crisi
italiana
è
illeggibile
se
si
seguono
solo
le
intenzioni
degli
eletti
e
le
soluzioni
che
ci
offrono
.
Ma
è
leggibilissima
se
si
guarda
agli
elettori
e
alla
lunga
marcia
che
hanno
intrapreso
per
uscire
dal
labirinto
in
cui
il
corso
impazzito
della
politica
li
ha
chiusi
insieme
ai
problemi
del
Paese
.
Nella
grande
confusione
resta
un
punto
fermo
che
non
si
può
ribaltare
:
il
18
aprile
.
StampaQuotidiana ,
I
problemi
della
scuola
e
la
riforma
universitaria
.
Giovanni
Gentile
è
uno
di
quegli
uomini
,
che
nel
traffico
d
'
ogni
giorno
,
tra
il
continuo
sopraffarsi
di
vanità
e
presunzioni
,
ha
la
segreta
e
incomparabile
virtù
di
tenersi
in
disparte
,
e
quasi
nascondersi
.
Così
,
ieri
,
nella
operosa
solitudine
dei
suoi
studi
:
così
oggi
,
al
governo
della
Pubblica
Istruzione
.
E
se
,
per
caso
,
l
'
eco
della
quotidiana
battaglia
riesce
a
raggiungerlo
,
egli
le
oppone
un
suo
fresco
sorriso
bonario
,
che
gli
illumina
gli
occhi
e
tutto
il
volto
di
una
linea
di
cordiale
e
saggia
tranquillità
.
E
lo
stesso
immancabile
sorriso
ch
'
egli
offre
con
dolce
umiltà
ai
suoi
visitatori
,
anche
se
questi
sono
due
giornalisti
...
male
intenzionati
.
Musacchio
si
dà
subito
da
fare
ed
io
avvio
la
conversazione
.
Eccellenza
,
i
padri
di
famiglia
sono
in
grande
allarme
...
Capisco
.
La
questione
se
pel
prossimo
anno
scolastico
vi
saranno
posti
sufficienti
per
tutti
gli
alunni
,
a
me
pare
utile
e
benefica
,
soprattutto
perché
ha
contribuito
a
schiarire
le
idee
attorno
ai
concetti
fondamentali
,
o
meglio
attorno
allo
spirito
della
mia
riforma
.
Alla
domanda
,
un
po
'
irosa
:
Come
si
fa
a
trovar
posto
per
tutti
gli
alunni
?
,
io
rispondo
:
Non
si
deve
trovar
posto
per
tutti
.
E
mi
spiego
.
Lo
spirito
della
riforma
tende
proprio
a
questo
:
a
diminuire
e
ridurre
la
popolazione
scolastica
,
che
,
negli
ultimi
anni
,
per
universale
riconoscimento
,
s
'
era
accresciuta
sino
a
diventare
pletorica
con
evidente
danno
,
così
degli
studenti
come
degli
stessi
insegnanti
.
Poco
fa
leggevo
in
un
giornale
notizie
statistiche
significative
:
quest
'
anno
si
sono
laureati
a
Milano
ben
1.500
ingegneri
.
Che
cosa
devono
essi
fare
e
dove
possono
impiegarsi
?
Sino
all
'
anno
scorso
,
la
media
annuale
dei
diplomi
per
maestri
elementari
era
di
15.000
mentre
il
fabbisogno
era
per
2.000
o
3.000
.
Naturalmente
il
numero
esorbitante
non
faceva
che
premere
nelle
Amministrazioni
pubbliche
per
trovare
,
comunque
,
impiego
.
Ora
il
criterio
fondamentale
della
mia
riforma
è
diretto
proprio
ad
evitare
simili
perniciosi
inconvenienti
.
Ma
v
'
è
di
più
:
c
'
è
anche
una
ragione
didattica
.
Col
«
caos
»
delle
classi
aggiunte
non
esistevano
più
istituti
che
avessero
un
loro
vero
organismo
.
Non
v
'
era
un
liceo
,
un
ginnasio
che
avesse
un
corpo
di
insegnanti
proprio
,
perché
,
in
genere
,
l
'
insegnamento
,
date
le
necessità
delle
divisioni
e
suddivisioni
delle
classi
aggiunte
,
finiva
per
essere
affidato
a
un
personale
fluttuante
.
Sono
fermamente
convinto
,
che
la
fondazione
dei
nuovi
istituti
,
ciascuno
dei
quali
avrà
un
corso
ben
disciplinato
di
classi
,
e
l
'
inevitabile
allontanamento
della
parte
esuberante
della
popolazione
scolastica
,
risolveranno
il
problema
.
La
cui
soluzione
,
d
'
altra
parte
,
comincia
ad
essere
avviata
anche
per
opera
diretta
dei
padri
di
famiglia
.
Mai
,
come
in
quest
'
anno
,
il
problema
dell
'
educazione
ha
interessato
così
vivamente
il
nostro
paese
.
Il
Ministero
è
un
continuo
pellegrinaggio
di
sindaci
,
assessori
,
deputati
,
senatori
che
chiedono
l
'
istituzione
di
nuove
scuole
o
la
trasformazione
di
quelle
vecchie
e
che
,
oltre
particolari
motivi
,
si
mostrano
veramente
solleciti
,
con
iniziative
e
proposte
,
del
nuovo
assetto
scolastico
.
E
pensare
che
,
sino
a
ieri
tutti
si
sono
affidati
all
'
azione
paterna
dello
Stato
!
...
E
a
proposito
della
riforma
universitaria
,
Eccellenza
,
quali
ne
sono
i
criteri
informatori
?
Spero
nella
prossima
sessione
del
Consiglio
dei
Ministri
di
presentare
lo
schema
della
riforma
universitaria
.
La
quale
mira
ad
attuare
il
più
ampio
e
rigoroso
sistema
di
autonomia
didattica
e
amministrativa
,
riducendo
il
numero
delle
Università
di
Stato
a
circa
una
decina
,
o
poco
più
,
senza
,
peraltro
,
spegnere
nessuno
di
quei
focolari
di
cultura
superiore
che
si
sono
storicamente
formati
da
secoli
nelle
varie
regioni
.
Anzi
mi
son
deciso
a
crearne
uno
nuovo
a
Bari
che
,
sia
nell
'
interesse
proprio
,
sia
nell
'
interesse
dell
'
Università
di
Napoli
,
che
sembra
travagliata
da
un
numero
eccessivo
di
studenti
,
sia
nello
stesso
interesse
nazionale
,
che
richiede
,
di
fronte
all
'
altra
sponda
dell
'
Adriatico
un
centro
di
attrazione
di
cultura
superiore
e
professionale
,
merita
una
sua
Università
.
La
quale
,
per
altro
,
non
potrà
da
principio
essere
completa
ma
,
son
sicuro
,
è
destinata
,
per
le
virtù
morali
e
le
capacità
economiche
della
regione
,
a
svilupparsi
mirabilmente
.
Quanto
alla
riduzione
degli
Istituti
superiori
,
io
mi
propongo
di
fare
in
modo
che
quelli
che
saranno
scelti
a
continuare
la
loro
preziosa
attività
vengano
dotati
più
riccamente
e
possano
avere
quelle
specializzazioni
che
sono
condizioni
indispensabili
per
il
progresso
scientifico
della
Nazione
.
Pertanto
il
nuovo
sistema
universitario
renderà
possibile
una
vita
sana
e
prospera
alle
Università
libere
,
le
quali
saranno
messe
in
grado
di
gareggiare
con
quelle
statali
,
senz
'
essere
,
peraltro
,
sottratte
ad
ogni
controllo
dello
Stato
stesso
,
cui
spetterà
sempre
una
funzione
superiore
di
garanzia
e
di
eccitamento
della
vita
scientifica
della
Nazione
.
Ma
quali
sono
i
criteri
della
riforma
?
E
in
breve
detto
.
Ciascuna
Università
,
statale
o
libera
,
potrà
organizzarsi
in
piena
autonomia
,
anche
per
il
quadro
degli
studi
costitutivi
di
ciascuna
facoltà
.
E
basterà
che
le
proposte
,
dai
singoli
corpi
locali
,
siano
esaminate
e
approvate
dal
Consiglio
Superiore
della
Pubblica
Istruzione
.
Saranno
aboliti
gli
esami
speciali
,
i
quali
,
d
'
ordinario
,
si
riducevano
a
prove
di
esercitazione
mnemonica
,
sopra
la
materia
dei
corsi
impartiti
annualmente
dai
rispettivi
professori
;
e
saranno
sostituiti
da
esami
per
gruppi
di
materie
,
diretti
ad
accertare
la
cultura
organica
,
dei
giovani
nei
singoli
rami
della
scienza
.
Questo
sistema
di
ampia
libertà
esporrebbe
,
certamente
,
la
cultura
scientifica
e
professionale
della
Nazione
ai
più
gravi
rischi
,
senza
l
'
introduzione
d
'
un
esame
di
Stato
per
l
'
abilitazione
all
'
esercizio
delle
singole
professioni
.
E
come
è
evidente
che
l
'
esame
di
Stato
potrebbe
minacciare
gravemente
la
serietà
degli
studi
,
inducendo
studenti
e
professori
a
considerare
la
propria
funzione
universitaria
come
una
semplice
preparazione
alla
prova
dell
'
esame
di
Stato
,
così
è
chiaro
che
questo
sistema
avrà
un
importante
correttivo
nella
disposizione
che
pone
come
condizione
imprescindibile
per
adire
all
'
esame
di
Stato
,
la
laurea
o
il
diploma
scientifico
conseguito
nelle
Università
.
Questo
è
in
breve
il
complesso
della
riforma
che
presenterò
al
Consiglio
e
mi
lusingo
di
aver
cercato
con
essa
di
organizzare
su
basi
nuove
e
più
rispondenti
all
'
ambiente
spirituale
e
morale
della
Nazione
,
i
nostri
studi
universitari
.
Naturalmente
si
solleveranno
critiche
e
polemiche
:
ma
io
non
amo
i
pieni
consensi
.
E
nessuna
cosa
al
mondo
mi
distrarrà
dall
'
opera
,
che
mi
sono
imposta
,
e
colla
quale
io
aspiro
a
dare
all
'
Italia
una
scuola
degna
del
suo
avvenire
e
del
suo
destino
.
Mi
perdoni
,
Eccellenza
,
ma
quale
sarà
la
sorte
delle
Università
abolite
?
Le
Università
attualmente
di
Stato
e
che
cesseranno
di
esserlo
,
conserveranno
un
notevole
contributo
finanziario
da
parte
dello
Stato
,
col
quale
verrà
assicurato
il
funzionamento
di
quelle
facoltà
,
che
nell
'
ordinamento
generale
degli
studi
,
si
possano
realmente
considerare
come
utili
strumenti
di
coltura
e
non
pure
e
semplici
sopravvivenze
di
antiche
se
pur
gloriose
tradizioni
locali
.
L
'
intervista
è
finita
ed
anche
Musacchio
dà
gli
ultimi
colpi
al
lavoro
,
che
Giovanni
Gentile
ammira
lungamente
,
non
tanto
con
complimentose
parole
di
elogio
,
quanto
con
quel
suo
chiaro
leggero
sorridere
,
mirabilmente
colto
dalla
«
matita
»
di
Musacchio
.
StampaQuotidiana ,
Pavese
si
è
ucciso
in
un
albergo
di
Torino
.
Ci
hanno
insegnato
che
la
vita
non
testimonia
della
letteratura
.
Che
cosa
può
contare
questa
saggezza
,
queste
distinzioni
,
quando
noi
siamo
vivi
,
faccia
a
faccia
col
medesimo
mondo
e
con
le
medesime
ragioni
che
l
'
hanno
fatto
morire
;
e
quando
la
presenza
o
la
sparizione
di
un
viso
amico
può
essere
decisiva
per
resistere
,
per
non
perdersi
?
La
gente
si
domanderà
perché
,
e
non
terrà
conto
del
suo
amorevole
e
ironico
ammonimento
:
«
Non
fate
troppi
pettegolezzi
»
.
Conosceva
la
gente
e
il
pettegolezzo
,
il
ricamo
,
lo
svago
della
«
gente
che
si
lava
tutti
i
giorni
»
,
com
'
ebbe
a
scrivere
.
Non
ci
sono
mai
definitivi
«
perché
»
,
quando
un
uomo
si
uccide
;
ma
quando
si
tratta
di
uno
scrittore
come
Pavese
è
impossibile
che
a
ciascuno
di
noi
quel
gesto
non
appaia
come
una
conclusione
razionale
;
e
vien
tanto
di
dirci
che
,
sì
,
lo
sappiamo
da
tanto
,
è
da
tanto
che
le
cose
ci
hanno
logorati
e
uccisi
dentro
,
e
lui
non
ha
fatto
che
essere
più
coerente
.
Ma
,
si
dirà
dai
mercanti
di
ottimismo
e
di
quelle
speranze
«
onde
consola
/
sé
coi
fanciulli
il
mondo
»
,
ma
Pavese
aveva
una
fede
in
cui
credere
,
il
suo
comunismo
;
aveva
il
successo
;
aveva
riuscita
una
espressione
di
sé
.
Ma
,
diranno
coloro
che
sono
preoccupati
sempre
del
lieto
fine
,
ma
...
E
allora
diciamo
chiaro
che
,
per
noi
,
Pavese
è
il
primo
caduto
della
nuova
guerra
;
ne
aveva
vista
venire
una
,
sapeva
che
cos
'
era
.
Avete
letto
La
casa
in
collina
?
O
credete
davvero
che
lo
scrittore
sia
quella
maschera
di
cinismo
che
si
pone
per
poter
resistere
a
vivere
?
Io
ricordo
che
,
intorno
al
1938
,
molti
giovani
si
uccisero
-
a
Firenze
-
per
quello
che
sentivano
venire
.
E
noi
scrittori
,
che
pensiamo
di
sapere
con
maggiore
delicatezza
degli
altri
uomini
che
cosa
sia
la
morte
,
dobbiamo
riconoscere
un
segno
dei
tempi
,
non
solo
o
non
appena
un
evento
personale
,
nel
corpo
dello
scrittore
piemontese
,
in
un
albergo
della
sua
Torino
;
come
Toller
nell
'
albergo
di
Nuova
York
,
come
Majakovskij
.
(
Ho
sul
tavolo
una
lettera
per
lui
,
già
chiusa
,
da
spedire
.
E
pochi
giorni
fa
avevo
mandato
una
replica
al
suo
scritto
sul
«
mito
»
che
apriva
il
1°
numero
di
«
Cultura
e
Realtà
».)
Solo
negli
ultimi
tempi
ci
si
era
avveduti
di
come
il
passo
tranquillo
,
campagnolo
,
di
Pavese
avesse
una
sicurezza
più
grande
di
quello
di
nomi
più
noti
del
suo
.
Aveva
lavorato
con
una
ostinazione
,
una
caparbietà
eccezionali
;
e
raccoglieva
i
frutti
del
suo
lavoro
.
Ci
si
era
avveduti
che
Pavese
non
era
più
ai
secondi
posti
.
I
neo
-
populisti
,
che
credono
di
averlo
scoperto
loro
il
proletariato
,
avevano
ancora
tutto
da
imparare
da
Lavorare
stanca
.
E
di
quale
anno
lontano
è
Paesi
tuoi
?
Erano
venuti
poi
Feria
d
'
Agosto
e
,
dopo
l
'
intervallo
della
guerra
e
il
lavoro
di
traduzione
che
ci
aveva
dato
Melville
e
Joyce
,
De
Foe
e
Faulkner
,
il
Compagno
,
i
Dialoghi
con
Leucò
,
i
due
racconti
di
Prima
che
il
gallo
canti
,
í
tre
romanzi
brevi
di
La
Bella
Estate
e
,
ultimo
,
quel
La
Luna
e
i
falò
che
per
noi
è
il
suo
più
bel
libro
,
un
libro
che
abbiamo
letto
con
una
commozione
inaspettata
,
noi
avvezzi
al
Pavese
scontroso
e
irto
degli
altri
scritti
;
un
libro
la
cui
prima
metà
almeno
possiamo
contare
già
consegnata
alla
storia
della
nostra
letteratura
in
questo
secolo
.
I
fanatici
della
salute
a
ogni
costo
,
che
avevano
rimproverato
a
Pavese
di
essersi
compiaciuto
a
descrivere
il
mondo
di
perversione
e
di
corruzione
de
La
Bella
Estate
-
ed
era
invece
,
scrivevo
mesi
fa
,
solo
l
'
immagine
di
«
una
vita
irreale
,
culturalistica
,
alienata
;
dalla
quale
si
sfugge
solo
col
cinismo
o
coi
barbiturici
»
-
leggano
questo
libro
puro
e
forte
.
Pochi
mesi
fa
,
quando
gli
dissi
che
cosa
ne
pensavo
,
Pavese
mi
ascoltò
sogghignando
,
come
faceva
,
contento
di
«
avercela
fatta
»
;
e
con
una
specie
di
furbo
sarcasmo
verso
la
critica
di
amici
e
avversari
che
«
avrebbero
visto
»
finalmente
,
dopo
avergli
fatta
fare
una
così
lunga
anticamera
di
riserve
.
Ma
non
ora
e
qui
posso
parlare
da
critico
del
suo
lavoro
.
Di
tutta
la
letteratura
di
sinistra
di
questo
dopoguerra
,
di
quella
letteratura
che
aveva
sentito
dilemmaticamente
la
durezza
della
lotta
di
classe
e
la
speranza
di
una
umanità
diversa
,
antifascista
,
il
compagno
comunista
Pavese
(
la
cosa
che
odiava
di
più
al
mondo
,
scrisse
una
volta
per
sue
note
biografiche
,
era
la
Spagna
di
Franco
)
è
stato
il
più
conseguente
scrittore
,
quello
che
non
ha
mai
sacrificato
all
'
improvvisazione
e
alla
commozione
,
che
ha
voluto
tagliar
sodo
e
in
fondo
.
Il
Piemonte
e
la
Torino
che
egli
ci
ha
dato
sono
ormai
una
provincia
dell
'
anima
,
un
luogo
morale
.
E
dobbiamo
,
oggi
,
ricordare
anche
l
'
uomo
di
cultura
,
quel
suo
modo
umano
e
antico
di
alternare
una
bevuta
fuori
porta
con
una
lettura
di
Omero
nel
testo
,
la
curiosità
scientifica
e
la
passione
che
avevano
fatto
di
lui
un
degno
continuatore
di
Ginzburg
presso
l
'
editore
Einaudi
.
Voleva
,
lui
così
silenzioso
e
asciutto
,
che
fosse
possibile
parlare
e
discutere
per
non
tradire
«
prima
che
il
gallo
canti
»
;
che
gli
uomini
,
i
compagni
operai
e
intellettuali
,
non
fossero
inchiodati
ai
dogmi
.
Non
so
se
li
avesse
letti
,
questi
versi
recenti
di
Eluard
:
né
so
se
li
amasse
,
lui
che
un
sospetto
di
eloquenza
doveva
ammutolire
:
«
Camarades
mineurs
je
vous
le
dis
ici
/
Mon
chant
n
'
a
pas
de
sens
si
vous
n
'
avez
raison
.
/
Si
l
'
homme
doit
mourir
avant
d
'
avoir
son
heure
/
Il
faut
que
les
poètes
meurent
les
premiers
»
;
bisogna
che
i
poeti
muoiano
per
i
primi
se
gli
uomini
debbono
morire
prima
di
aver
avuto
la
loro
ora
umana
.
Facciamo
in
modo
che
i
compagni
di
Pavese
,
gli
operai
di
Torino
e
i
vignaioli
di
Santo
Stefano
Belbo
,
dov
'
era
nato
quarantadue
anni
fa
,
«
abbiano
ragione
»
,
perché
la
sua
poesia
,
per
loro
e
per
noi
,
abbia
sempre
più
senso
,
parli
sempre
più
percettibili
verità
.
StampaQuotidiana ,
Hong
Kong
,
18
.
La
Cina
si
è
fermata
.
Per
tre
commoventi
minuti
,
ottocento
milioni
di
cinesi
,
un
quarto
dell
'
umanità
,
sono
rimasti
immobili
,
sull
'
attenti
,
la
testa
china
,
moltissimi
in
lacrime
,
a
rendere
l
'
ultimo
omaggio
a
Mao
Tse
tung
.
Il
lavoro
,
il
traffico
e
tutte
le
attività
si
sono
bloccate
in
ogni
città
,
in
ogni
villaggio
del
paese
.
L
'
immenso
silenzio
caduto
sulla
Cina
,
unita
nel
ricordo
del
suo
Presidente
,
è
stato
rotto
dall
'
unisono
,
funereo
ululare
delle
sirene
dei
treni
,
delle
fabbriche
,
delle
navi
.
A
Pechino
un
milione
di
persone
,
scelte
dalle
varie
organizzazioni
rivoluzionarie
,
hanno
assistito
sulla
piazza
della
Pace
celeste
alla
cerimonia
che
ha
concluso
i
dieci
giorni
di
lutto
.
Sulla
spianata
di
cemento
nel
centro
della
capitale
,
coperta
da
uno
sterminato
tappeto
di
teste
immobili
,
spalla
a
spalla
,
soldati
dell
'
esercito
popolare
nelle
loro
uniformi
verdi
,
lavoratori
nelle
tute
blu
,
operaie
con
le
cuffie
bianche
,
studenti
coi
fazzoletti
rossi
attorno
al
collo
,
hanno
seguito
le
istruzioni
di
tacere
ed
inchinarsi
date
dal
giovane
vicepresidente
del
Partito
comunista
Wang
Hung
-
wen
che
presiedeva
il
rito
ed
hanno
ascoltato
il
discorso
commemorativo
pronunciato
dal
primo
ministro
e
primo
vicepresidente
del
PCC
,
Hua
Kuo
-
feng
.
Al
loro
fianco
,
su
un
rostro
costruito
significativamente
un
piano
più
basso
di
quello
dal
quale
era
solito
parlare
Mao
,
stavano
allineati
gli
altri
capi
del
partito
e
dello
Stato
.
In
sesta
posizione
,
uniforme
e
sciarpa
in
testa
,
stava
la
vedova
Ciang
Cing
.
Dal
pennone
sul
quale
Mao
nell
'
ottobre
1949
issò
per
la
prima
volta
i
colori
della
Repubblica
popolare
sventolava
a
mezz
'
asta
la
bandiera
rossa
a
cinque
stelle
,
mentre
gli
altoparlanti
spandevano
sull
'
intero
paese
le
note
della
marcia
funebre
,
dell
'
inno
nazionale
ed
infine
quelle
dell
'
Internazionale
.
Nelle
ore
precedenti
la
cerimonia
il
partito
,
l
'
esercito
e
la
milizia
popolare
-
incaricata
del
servizio
d
'
ordine
-
avevano
messo
in
guardia
contro
eventuali
provocazioni
o
incidenti
.
Non
ce
ne
sono
stati
.
Nella
accoppiata
Wang
Hung
-
wen
,
il
giovane
«
radicale
»
di
Shangai
,
e
Hua
Kuofeng
,
primo
ministro
non
identificato
con
nessuna
delle
due
correnti
in
cui
si
dividerebbe
il
partito
,
la
leadership
del
paese
ha
mostrato
per
il
momento
la
sua
unità
.
È
stato
questo
un
tema
che
Hua
ha
ripetuto
nel
suo
discorso
durato
venti
minuti
.
Citando
una
vecchia
frase
di
Mao
l
'
attuale
primo
ministro
e
numero
uno
del
paese
ha
detto
:
«
Dobbiamo
praticare
il
marxismo
e
non
il
revisionismo
,
dobbiamo
unirci
e
non
dividerci
.
Non
dobbiamo
perderci
in
complotti
o
congiure
»
.
Hua
Kuo
-
feng
ha
concluso
il
suo
discorso
con
quello
che
pur
in
termini
generali
sembra
essere
il
programma
politico
della
Cina
dopo
Mao
.
Questi
i
punti
principali
:
sul
piano
interno
:
-
continuare
la
lotta
di
classe
e
la
rivoluzione
sotto
la
dittatura
del
proletariato
;
-
approfondire
la
critica
di
Teng
Hsiao
-
ping
,
respingere
i
tentativi
di
deviazionismo
di
destra
e
combattere
il
revisionismo
;
-
lavorare
per
fare
del
paese
un
forte
Stato
socialista
;
-
liberare
Taiwan
.
Sul
piano
esterno
:
-
perseguire
l
'
internazionalismo
proletario
senza
cercare
l
'
egemonia
;
-
rafforzare
l
'
unione
coi
popoli
del
Terzo
mondo
e
le
nazioni
oppresse
;
-
formare
il
più
vasto
«
fronte
unito
»
possibile
contro
l
'
imperialismo
,
in
particolare
contro
l
'
egemonia
delle
due
superpotenze
,
Unione
Sovietica
e
Stati
Uniti
.
Hua
Kuo
-
feng
ha
concluso
dicendo
«
dobbiamo
unirci
con
tutti
i
partiti
genuinamente
marxisti
-
leninisti
ed
altre
organizzazioni
nel
mondo
per
condurre
una
lotta
comune
per
l
'
abolizione
del
sistema
di
sfruttamento
dell
'
uomo
sull
'
uomo
,
la
realizzazione
del
comunismo
nel
mondo
,
e
per
la
liberazione
di
tutta
l
'
umanità
»
.
Pur
in
questa
fraseologia
standard
di
ogni
leader
cinese
sembra
emergere
una
nota
di
moderazione
ed
una
indicazione
di
eventuali
novità
nei
rapporti
con
l
'
URSS
ed
i
partiti
«
revisionisti
»
occidentali
.
Gli
osservatori
di
cose
cinesi
fanno
notare
che
Unione
Sovietica
e
Stati
Uniti
vengono
di
nuovo
citati
come
nemici
dello
stesso
livello
(
e
non
più
l
'
URSS
«
nemico
numero
uno
»
come
avveniva
in
passato
)
;
inoltre
il
riferimento
ad
altre
«
organizzazioni
»
potrebbe
indicare
l
'
inizio
di
un
ripensamento
sul
ruolo
che
possono
svolgere
nel
mondo
occidentale
i
partiti
che
non
sono
,
almeno
nella
valutazione
cinese
,
«
genuinamente
marxisti
-
leninisti
»
.
Ed
è
presto
per
tirare
delle
conclusioni
.
Dal
discorso
di
Hua
-
che
certo
è
stato
preventivamente
approvato
dall
'
intero
Politburo
nelle
sue
componenti
«
radicale
»
e
«
moderata
»
-
per
il
momento
neppure
il
destino
della
salma
di
Mao
è
chiaro
.
Sembra
che
il
Presidente
avesse
espresso
il
desiderio
di
essere
cremato
,
come
è
stato
fatto
con
tutti
gli
altri
leaders
storici
del
paese
che
lo
hanno
preceduto
nella
morte
,
compreso
Ciu
En
-
lai
.
L
'
urna
delle
sue
ceneri
però
non
era
oggi
(
come
avvenne
nel
caso
degli
altri
)
sul
rostro
della
piazza
della
Pace
celeste
,
e
ciò
potrebbe
indicare
che
ci
sono
stati
ripensamenti
sull
'
esecuzione
della
volontà
di
Mao
su
questo
punto
.
Con
una
decisione
che
potrebbe
venir
giustificata
con
«
la
volontà
del
popolo
»
,
la
sua
salma
potrebbe
essere
conservata
così
come
l
'
abbiamo
vista
nei
giorni
scorsi
in
una
urna
di
vetro
e
potrebbe
divenire
la
meta
di
future
generazioni
in
un
mausoleo
eretto
in
suo
nome
,
come
è
avvenuto
per
Lenin
a
Mosca
e
per
Ho
Ci
-
min
ad
Hanoi
.
StampaQuotidiana ,
Il
Ministro
Benes
è
infaticabile
.
Dopo
la
giornata
di
ieri
,
che
fu
una
lunga
ininterrotta
serie
di
colloqui
,
visite
e
ricevimenti
,
stamane
si
è
levato
di
buon
'
ora
,
e
di
buon
'
ora
mi
ha
ricevuto
.
Piccolo
,
magro
,
bruno
,
vivaci
occhi
neri
che
sembrano
star
lì
,
a
vigilare
sul
suo
pensiero
,
e
quasi
sulla
sua
frase
,
parla
sobrio
e
netto
con
la
evidente
e
continua
preoccupazione
di
riuscir
chiaro
e
persuasivo
.
Qua
e
là
,
ogni
tanto
,
un
breve
gesto
interrompe
o
ravviva
e
sottolinea
il
discorso
.
È
il
primo
giornalista
comincia
col
dirmi
il
Ministro
Benes
col
quale
ho
l
'
opportunità
di
parlare
.
E
colgo
l
'
occasione
per
dichiararmi
veramente
lieto
,
non
solo
delle
cordiali
accoglienze
che
mi
sono
state
fatte
,
ma
soprattutto
dei
risultati
che
negli
abboccamenti
di
ieri
sono
stati
raggiunti
.
I
miei
colloqui
con
l
'
on
.
Mussolini
e
i
Ministri
De
Stefani
e
Corbino
sono
serviti
a
confermare
e
ribadire
quei
vincoli
di
sincera
e
sicura
amicizia
che
legano
la
Ceco
Slovacchia
all
'
Italia
.
Quali
sono
stati
gli
argomenti
trattati
con
l
'
on
.
Mussolini
?
Naturalmente
il
primo
e
più
importante
argomento
è
stato
quello
che
riguarda
direttamente
,
e
più
da
vicino
,
i
due
paesi
.
I
rapporti
tra
l
'
Italia
e
la
Ceco
-
Slovacchia
sono
stati
largamente
e
minutamente
esaminati
,
e
posso
con
piacere
affermare
che
essi
continueranno
a
svolgersi
in
quell
'
ambiente
di
schietta
e
fervida
amicizia
,
in
cui
dalla
fine
della
guerra
ad
oggi
si
sono
mantenuti
e
sviluppati
.
Molti
altri
argomenti
sono
stati
toccati
.
Sulla
situazione
europea
,
in
genere
,
l
'
accordo
più
completo
è
stato
confermato
.
E
quanto
alla
Piccola
Intesa
,
io
ho
sostenuto
e
sostengo
che
nessuna
ragione
esiste
la
quale
possa
comunque
dividerci
dall
'
Italia
.
Anzi
,
se
ben
si
guarda
,
gli
stessi
motivi
che
hanno
determinato
la
nascita
della
Piccola
Intesa
concorrono
a
favorire
una
sempre
maggiore
intimità
di
rapporti
con
l
'
Italia
.
Ma
quali
sono
le
direttive
attuali
della
Piccola
Intesa
dopo
il
governo
di
Sinaja
?
A
Sinaja
i
rappresentanti
dei
tre
Stati
hanno
fissato
chiaramente
gli
scopi
e
le
finalità
dell
'
alleanza
,
la
quale
si
propone
,
innanzi
tutto
,
di
difendere
,
contro
qualsiasi
tentativo
e
nei
limiti
insuperabili
dei
trattati
,
il
nuovo
assetto
uscito
dalla
guerra
e
quindi
la
pace
.
La
questione
ungherese
,
di
cui
molto
si
parla
,
va
appunto
riguardata
da
questo
punto
di
vista
,
che
è
fondamentale
e
da
cui
la
Piccola
Intesa
non
devierà
.
L
'
applicazione
dei
trattati
:
questo
è
quanto
noi
chiediamo
all
'
Ungheria
.
Ed
è
anche
su
questo
argomento
l
'
on
.
Mussolini
si
è
mostrato
pienamente
consenziente
.
D
'
altra
parte
,
lo
ripeto
,
io
sono
fermamente
convito
che
mille
sono
le
ragioni
che
contribuiscono
fatalmente
a
far
coincidere
gli
interessi
dell
'
Italia
con
quelli
della
Piccola
Intesa
.
Oltre
le
ragioni
geografiche
,
che
sono
a
tutti
evidenti
,
esistono
insopprimibili
ragioni
storiche
e
non
meno
importanti
ragioni
politiche
,
che
spingono
l
'
Italia
ad
essere
accanto
a
noi
,
su
tutti
quei
problemi
che
abbiamo
ereditato
dalla
guerra
e
dalla
cui
soluzione
dipende
uno
stabile
assetto
di
pace
.
Si
è
detto
che
la
Piccola
Intesa
si
allargherà
,
comprendendo
nuovi
aderenti
?
Sì
,
ne
hanno
molto
parlato
i
giornali
.
Ma
sinora
niente
v
'
è
,
che
io
sappia
,
di
deciso
o
di
fondato
.
La
Piccola
Intesa
,
limitata
ai
tre
Stati
che
attualmente
la
compongono
,
ha
una
funzione
anch
'
essa
limitata
.
Noi
non
amiamo
abbandonarci
al
bluff
.
La
Piccola
Intesa
,
come
ho
detto
,
è
stata
creata
da
profonde
necessità
,
che
hanno
giustificazione
e
chiarimento
nella
attuale
situazione
dell
'
Europa
centro
orientale
.
E
però
non
si
illude
di
cambiare
il
corso
della
storia
o
di
bouleverser
il
mondo
.
Noi
viviamo
nella
realtà
e
tutti
i
nostri
sforzi
sono
proprio
diretti
a
questo
scopo
:
non
perdere
mai
di
vista
o
altrimenti
esagerare
,
i
termini
della
realtà
.
La
Ceco
-
Slovacchia
,
la
Rumenia
e
la
Jugoslavia
hanno
una
base
comune
di
interessi
economici
e
politici
,
che
dispersi
o
separati
,
sarebbero
stati
altrettante
ragioni
,
prossime
o
remote
,
di
dissidio
e
che
,
coordinati
,
tendono
a
riassestare
il
più
presto
e
il
più
facilmente
possibile
,
l
'
equilibrio
,
non
rotto
dalla
guerra
.
In
questi
limiti
e
per
assicurare
ai
nostri
paesi
un
periodo
di
pace
e
di
lavoro
,
noi
abbiamo
sinora
agito
e
ci
proponiamo
di
agire
.
E
della
questione
di
Fiume
,
si
è
fatto
cenno
nei
colloqui
?
Direttamente
no
.
Però
io
sono
convinto
che
una
soluzione
,
soddisfacente
le
esigenze
dei
due
Stati
,
sarà
presto
concordata
.
L
'
Italia
e
la
Jugoslavia
hanno
molti
interessi
comuni
,
sui
quali
potrà
iniziarsi
un
periodo
di
attiva
e
fattiva
collaborazione
.
Sulla
questione
delle
riparazioni
,
quale
è
la
tesi
che
la
Piccola
Intesa
sostiene
?
È
in
breve
detto
.
La
Piccola
Intesa
,
che
nei
suoi
riguardi
difende
l
'
applicazione
dei
trattati
,
segue
lo
stesso
criterio
a
proposito
delle
riparazioni
.
È
necessario
che
un
accordo
tra
Francia
e
Germania
sia
presto
definito
,
perché
un
periodo
di
tranquillità
e
di
lavoro
si
apra
in
Europa
,
la
cui
economia
risente
ancora
e
fortemente
degli
sconquassi
della
guerra
.
Pertanto
la
Piccola
Intesa
,
essendosi
la
discussione
sulle
riparazioni
limitata
in
questi
ultimi
tempi
,
soprattutto
tra
l
'
Inghilterra
,
la
Francia
,
il
Belgio
e
la
Germania
,
ha
creduto
opportuno
rimanere
fuori
dalle
polemiche
.
Ha
seguito
,
in
parte
,
l
'
esempio
dell
'
Italia
,
la
quale
svolge
una
politica
saggia
e
accorta
e
che
attende
con
vigile
senso
della
realtà
il
buon
momento
per
intervenire
.
È
cardine
fondamentale
della
nostra
politica
seguire
e
secondare
,
nei
sui
scopi
di
pace
,
l
'
indirizzo
della
Grande
Intesa
.
La
quale
non
ha
affatto
esaurita
la
sua
funzione
ma
deve
conservarsi
forte
ed
unita
,
a
difendere
l
'
equilibrio
europeo
.
L
'
Inghilterra
,
la
Francia
e
l
'
Italia
non
possono
e
non
debbono
separarsi
.
Ed
è
mia
profonda
convinzione
che
solo
da
una
più
stretta
concordia
dei
tre
grandi
Stati
potranno
all
'
Europa
venire
benefici
e
vantaggi
incalcolabili
.
La
Piccola
Intesa
si
riconosce
un
po
'
figlia
della
Grande
e
la
loro
azione
comune
è
la
più
sicura
garanzia
di
pace
contro
minacce
e
tentativi
di
nuove
guerre
.
E
,
venendo
a
questioni
di
più
diretto
interesse
quali
sono
i
risultati
dei
colloqui
per
una
più
intima
collaborazione
tra
l
'
Italia
e
la
Ceco
Slovacchia
?
Come
ho
detto
,
sono
più
che
lieto
dei
risultati
raggiunti
.
Tanto
nel
colloquio
con
l
'
on
.
Mussolini
,
che
io
conosco
sin
dal
1918
quando
ero
in
Italia
esule
e
che
io
ammiro
per
la
sua
tenace
volontà
,
quanto
negli
abboccamenti
con
i
ministri
De
Stefani
e
Corbino
sono
state
gettate
le
basi
di
nuovi
accordi
economici
e
commerciali
che
saranno
la
condizione
d
'
una
più
intima
e
più
fervida
collaborazione
tra
i
due
paesi
.
Sin
dal
giorno
in
cui
trovai
in
Italia
aiuti
e
favori
per
costruire
e
organizzare
la
legione
ceco
slovacca
,
io
pensai
e
stabilii
in
cuor
mio
,
quali
dovevano
essere
i
rapporti
tra
l
'
Italia
e
la
nostra
repubblica
,
ch
'
era
allora
la
mia
fede
e
il
mio
sogno
.
Da
quel
giorno
io
non
ho
mai
mutato
e
mai
muterò
.
Ma
oltre
queste
ragioni
sentimentali
,
che
pur
servono
,
come
nessun
'
altra
ragione
a
creare
un
'
atmosfera
di
spirituale
fraternità
fra
i
due
paesi
,
ne
esistono
altre
che
vanno
consolidate
,
secondate
,
e
dirette
e
che
riguardano
la
vita
quotidiana
.
Io
sono
un
realista
e
credo
che
tra
due
popoli
,
i
quali
hanno
formidabili
e
indimenticabili
vincoli
sentimentali
,
è
necessario
questi
vincoli
ribadirli
sul
terreno
pratico
della
vita
economica
.
Ecco
perché
la
parte
più
proficua
dei
miei
colloqui
ha
trattato
di
quelle
questioni
attraverso
le
quali
si
potranno
realizzare
rapporti
commerciali
più
fervidi
e
più
intensi
.
Quando
si
pensa
che
l
'
anno
scorso
il
commercio
di
esportazione
e
d
'
importazione
tra
i
due
paesi
ha
raggiunto
il
miliardo
,
è
chiaro
che
esistono
le
condizioni
elementari
perché
queste
correnti
commerciali
,
cui
si
legano
tenacemente
interessi
di
migliaia
di
cittadini
,
siano
ravvivate
,
migliorate
perfezionate
e
soprattutto
meglio
coordinate
.
Questo
il
principale
risultato
dei
miei
colloqui
e
credo
che
con
esso
non
ho
solo
tutelato
gli
interessi
del
mio
paese
ma
ho
cercato
di
stringere
,
sempre
più
fortemente
,
quei
rapporti
che
la
guerra
e
la
vittoria
hanno
consacrato
tra
l
'
Italia
e
la
Repubblica
Ceco
Slovacchia
.
StampaQuotidiana ,
Di
ritorno
dall
'
Algeria
,
novembre
.
I
soldati
dell
'
Armata
di
Liberazione
Nazionale
algerina
erano
lì
ad
aspettarmi
ai
lati
della
strada
,
ed
io
non
me
ne
sono
accorto
.
Quando
la
jeep
si
arresta
silenziosamente
vicino
ad
una
catasta
di
legna
nel
bel
mezzo
della
strada
che
segna
il
confine
fra
l
'
Algeria
e
la
Tunisia
,
sembra
che
non
vi
sia
intorno
anima
viva
.
A
destra
,
sul
territorio
tunisino
,
la
montagna
scende
ripida
fino
ad
un
bosco
di
querce
.
A
sinistra
,
sul
territorio
algerino
,
si
apre
una
distesa
verde
punteggiata
di
massi
biancastri
e
di
cespugli
di
rovi
.
Dinanzi
a
noi
la
strada
continua
a
svolgere
per
un
breve
tratto
il
suo
nastro
rossastro
e
poi
scompare
alla
vista
dietro
un
ammasso
roccioso
,
in
cima
al
quale
si
levano
le
rovine
di
un
fortino
abbandonato
.
Il
capitano
Laissani
,
che
da
G
...
mi
ha
accompagnato
fin
quassù
,
lancia
alcuni
ordini
e
d
'
improvviso
i
cespugli
,
le
pietre
,
gli
alberi
si
animano
di
figure
,
una
decina
di
soldati
,
con
i
berretti
a
visiera
,
alcuni
con
le
bustine
nere
,
azzurre
,
grigie
,
prese
ai
soldati
francesi
,
i
fucili
mitragliatori
a
tracolla
,
le
uniformi
di
tela
color
senape
che
ricordano
la
tenuta
di
marcia
dei
marines
americani
,
ai
piedi
calzature
di
tela
alte
fino
alla
caviglia
e
con
le
suole
di
caucciù
.
Sono
tutti
molto
giovani
,
fra
i
sedici
e
i
diciotto
anni
,
i
volti
scuri
,
gli
occhi
che
cercano
invano
di
nascondere
dietro
una
maschera
di
impassibilità
la
loro
curiosità
nei
miei
confronti
.
Il
capitano
Laissani
mi
indica
una
striscia
azzurro
-
cupo
che
si
intravede
lontana
,
inquadrata
fra
due
punte
rocciose
:
è
il
mare
che
bagna
le
coste
algerine
fra
La
Calle
e
Bone
e
qui
,
ad
oltre
mille
metri
di
altezza
,
si
distingue
ancora
nitidamente
.
Un
bagliore
argenteo
ci
rivela
la
presenza
di
una
nave
francese
,
forse
un
guardiacoste
incaricato
di
pattugliare
le
acque
territoriali
per
impedire
lo
sbarco
di
armi
destinate
ai
combattenti
dell
'
ALN
.
Sopraggiunge
di
corsa
un
giovane
ufficiale
.
La
stelletta
d
'
argento
che
porta
sul
petto
,
a
sinistra
,
indica
che
egli
riveste
il
grado
di
aspirante
.
Nello
stringergli
la
mano
mi
accorgo
che
gli
mancano
due
dita
,
l
'
indice
e
il
medio
.
Più
tardi
,
dopo
alcune
settimane
trascorse
assieme
fra
queste
montagne
,
sono
riuscito
a
vincere
il
diffidente
silenzio
dell
'
aspirante
Ammar
(
tale
è
il
suo
nome
)
.
Siamo
anzi
diventati
buoni
amici
,
ed
egli
mi
ha
raccontato
come
perse
quelle
due
dita
in
Indocina
,
combattendo
al
servizio
della
Francia
,
nel
corso
di
una
imboscata
sulla
strada
che
da
Hanoi
porta
a
Nin
Binh
.
Sono
le
due
del
pomeriggio
.
Stamane
ero
a
G
...
Ieri
ho
lasciato
S
.
el
A
...
e
ieri
l
'
altro
ero
ancora
a
Tunisi
.
Non
è
stato
particolarmente
difficile
prendere
contatto
con
i
delegati
«
esterni
»
dell
'
ALN
.
A
Tunisi
un
amico
mi
fornisce
un
indirizzo
:
42
,
rue
de
la
Corse
,
una
strada
costellata
di
botteghe
artigiane
,
che
si
snoda
in
prossimità
del
porto
,
parallela
alla
grande
Avenue
Bourguiba
.
In
rue
de
la
Corse
l
'
edificio
contraddistinto
col
numero
42
non
offre
caratteristiche
particolari
.
Il
piccolo
portone
d
'
accesso
,
in
ferro
lavorato
,
è
chiuso
.
Premo
su
un
bottone
sul
quale
qualcuno
ha
scritto
,
in
minuti
caratteri
neri
,
la
parola
«
Presse
»
,
«
Stampa
»
,
e
sento
ripercuotersi
all
'
interno
il
tintinnio
di
una
suoneria
.
Poco
dopo
un
debole
ronzio
mi
avverte
che
è
stato
azionato
il
comando
elettrico
per
l
'
apertura
della
porta
.
Entro
,
chiudo
il
battente
dietro
di
me
,
e
salgo
la
scala
che
mi
sta
dinanzi
.
Al
primo
piano
mi
trovo
di
fronte
ad
una
nuova
porta
,
premo
un
altro
bottone
,
mi
aprono
,
mi
fanno
entrare
in
una
piccola
stanza
,
e
infine
parlo
con
B
.
,
ex
consigliere
dell
'
Unione
Francese
,
di
recente
passato
nelle
file
dell
'
ALN
dopo
la
morte
del
fratello
,
avvenuta
ad
Algeri
per
le
torture
inflittegli
dalla
polizia
.
B
.
è
un
uomo
alto
e
grosso
,
biondo
di
capelli
,
dal
sorriso
cordiale
,
sposato
con
una
francese
.
Molto
probabilmente
è
destinato
a
ricoprire
incarichi
importanti
nell
'
organizzazione
politica
dell
'
ALN
,
anche
se
per
ora
si
occupa
di
una
attività
marginale
:
i
contatti
con
i
giornalisti
stranieri
che
desiderano
essere
meglio
informati
sul
Fronte
di
Liberazione
Nazionale
(
FLN
)
e
sulla
sua
diretta
emanazione
,
l
'
Armata
di
Liberazione
Nazionale
(
ALN
)
.
B
.
ascolta
le
mie
richieste
e
promette
che
farà
quanto
è
possibile
per
mettermi
a
contatto
con
i
«
militari
»
,
i
quali
a
loro
volta
si
incaricheranno
di
farmi
passare
in
territorio
algerino
con
una
unità
combattente
dell
'
ALN
.
Poi
mi
fissa
un
nuovo
appuntamento
per
l
'
indomani
,
al
numero
24
della
rue
Es
Sadikia
.
Il
numero
24
della
rue
Es
Sadikia
sorge
quasi
di
fronte
all
'
Ambasciata
di
Francia
.
Vi
ritrovo
B
.
:
abbiamo
un
terzo
appuntamento
,
al
caffè
di
fronte
,
con
un
ufficiale
dell
'
ALN
.
Il
proprietario
del
caffè
Sadikia
mi
è
stato
presentato
da
un
collega
francese
.
È
un
tolosano
,
ed
ha
dovuto
abbandonare
la
città
natale
per
alcuni
«
dissensi
»
con
la
polizia
.
Ora
,
con
i
risparmi
portati
da
Tolosa
,
ha
aperto
questo
piccolo
caffè
,
giusto
lo
spazio
per
il
banco
di
mescita
,
quattro
o
cinque
tavoli
,
e
un
paio
di
bigliardini
elettrici
.
L
'
ufficiale
dell
'
ALN
ci
attende
ad
un
tavolo
di
fondo
.
È
piccolo
di
statura
,
giovane
,
due
occhi
brillanti
,
e
una
ferita
sul
labbro
superiore
.
Gli
piace
condurre
il
discorso
con
un
tono
leggermente
enfatico
,
si
vede
che
è
particolarmente
fiero
dei
progressi
raggiunti
dall
'
ALN
in
campo
militare
e
in
campo
organizzativo
dopo
tre
anni
di
guerra
,
è
ovvio
che
è
sicuro
,
assolutamente
sicuro
,
della
bontà
della
propria
causa
,
che
non
ha
dubbi
,
contraddizioni
o
incertezze
.
È
,
in
una
parola
,
un
soldato
,
e
il
suo
lavoro
è
la
guerra
.
Ma
alla
fine
mi
sorprende
con
una
frase
del
genere
:
«
L
'
ottanta
per
cento
di
noi
ama
la
Francia
.
Io
stesso
parlo
meglio
il
francese
che
la
lingua
araba
.
È
questa
,
se
volete
chiamarla
così
,
una
delle
contraddizioni
fondamentali
della
guerra
»
.
Evidentemente
l
'
ho
mal
giudicato
,
evidentemente
sotto
questa
maschera
di
tranquillo
operaio
della
guerra
si
agitano
problemi
e
domande
più
complesse
e
più
inquietanti
.
Sfortunatamente
non
ho
tempo
per
parlare
più
a
lungo
con
lui
.
«
Ci
rivedremo
»
mi
dice
«
dopodomani
,
al
numero
26
di
questa
stessa
via
.
»
Due
giorni
dopo
salgo
i
gradini
del
numero
26
in
rue
Es
Sadikia
.
Sono
rassegnato
a
sentirmi
dire
:
«
Ci
vedremo
domani
,
dopodomani
,
fra
tre
giorni
,
al
numero
tale
,
della
via
...
»
.
Mi
dicono
invece
che
tutto
è
pronto
.
Partirò
nel
pomeriggio
,
giungerò
in
serata
a
S
.
El
A
...
,
domani
sarò
a
G
...
e
là
qualcuno
si
incaricherà
di
farmi
passare
oltre
la
frontiera
,
in
territorio
algerino
.
Lasciamo
Tunisi
verso
le
quattro
del
pomeriggio
su
una
piccola
Dauphine
,
diretti
a
S
.
El
A
...
Siamo
in
quattro
sulla
macchina
:
io
,
l
'
autista
,
e
due
uomini
di
scorta
,
vestiti
bene
inteso
in
abiti
borghesi
,
anche
se
sotto
la
giacca
dell
'
uomo
che
mi
siede
accanto
intravedo
il
calcio
di
una
pistola
.
L
'
autista
,
che
è
poi
il
capo
della
piccola
spedizione
,
ha
voglia
di
parlare
.
È
un
ex
sergente
dell
'
esercito
francese
,
e
come
ogni
ex
sergente
che
si
rispetti
è
malcontento
di
tutto
e
di
tutti
.
Ha
servito
in
Francia
nel
reggimento
del
colonnello
De
Mathieu
,
«
in
fede
mia
,
un
porco
perfetto
»
.
Ha
fatto
la
guerra
in
Italia
,
a
Cassino
,
a
Roma
,
su
su
fino
a
San
Geminiano
.
Dopo
otto
anni
di
servizio
nell
'
esercito
ha
ottenuto
la
cittadinanza
francese
e
si
è
stabilito
a
Parigi
.
Perché
è
passato
nelle
file
dell
'
ALN
?
Ci
tiene
a
farmi
sapere
che
lui
non
è
ricercato
dalla
polizia
per
la
sua
attività
a
favore
del
Fronte
Nazionale
,
ma
solo
sospettato
.
Con
tutto
ciò
ha
ritenuto
opportuno
lasciare
Parigi
con
la
famiglia
e
raggiungere
Tunisi
.
È
ovvio
che
egli
desidera
una
sola
cosa
al
mondo
:
che
la
guerra
finisca
al
più
presto
,
e
che
egli
possa
tornarsene
a
Parigi
,
ai
suoi
amici
,
alla
sua
bottega
,
al
suo
piccolo
caffè
di
Square
Monthelon
.
Ma
quando
finirà
questa
guerra
?
Su
questa
domanda
cade
un
lungo
silenzio
.
Infine
l
'
ex
sergente
scatta
ancora
,
con
un
gesto
di
rabbia
.
«
Quando
hanno
cominciato
a
sospettare
che
io
lavorassi
per
1'FLN
,
mi
hanno
detto
che
non
ero
un
buon
patriota
.
Io
?
Io
sono
talmente
buon
patriota
che
in
Francia
ho
votato
per
la
destra
.
Prima
hanno
promesso
l
'
indipendenza
.
Poi
hanno
detto
:
integrazione
.
D
'
accordo
.
Viva
la
Francia
!
Ma
almeno
fossimo
eguali
,
con
gli
stessi
doveri
e
gli
stessi
diritti
dei
francesi
.
»
I
miei
compagni
di
viaggio
ridono
fra
di
loro
e
gli
dicono
qualche
parola
in
arabo
.
L
'
ex
sergente
scuote
la
testa
e
aggiunge
:
«
È
difficile
...
è
veramente
difficile
per
un
algerino
vivere
a
Parigi
,
oggi
come
oggi
...
»
.
Poi
tace
per
il
resto
del
tragitto
(
ho
riferito
pressoché
integralmente
questa
conversazione
,
poiché
mi
sembra
abbastanza
indicativa
di
un
certo
stato
d
'
animo
,
nei
confronti
della
Francia
,
diffuso
fra
i
militanti
dell
'
ALN
che
abbiano
superato
i
venticinque
anni
.
Cioè
a
dire
un
misto
di
amore
e
di
odio
,
forse
gli
stessi
sentimenti
che
agitano
un
innamorato
respinto
e
maltrattato
.
Ma
su
questo
argomento
mi
fermerò
più
a
lungo
in
seguito
)
.
È
già
notte
quando
arriviamo
a
S
.
El
A
...
accolti
dal
latrare
allegro
dei
cani
,
La
cittadina
è
vivacemente
animata
.
Dalle
innumerevoli
botteghe
che
aprono
le
loro
luci
sulla
strada
giunge
un
brusio
interrotto
,
la
eco
di
una
conversazione
,
lo
squillo
improvviso
di
una
risata
.
Pernottiamo
a
S
.
El
A
...
e
ripartiamo
al
mattino
per
G
...
Qui
,
in
una
vecchia
rimessa
,
mi
attendono
una
jeep
,
un
nuovo
autista
e
una
nuova
scorta
.
Riprendiamo
a
correre
sulla
strada
,
in
mezzo
a
campi
coltivati
a
tabacco
.
A
pochi
chilometri
dal
posto
di
dogana
tunisino
la
jeep
sterza
a
destra
,
in
mezzo
ai
campi
,
e
raggiunge
una
strada
secondaria
che
passa
per
un
piccolo
bosco
.
D
'
improvviso
giunge
un
fischio
acuto
e
prolungato
.
Ci
fermiamo
.
Una
figura
esce
dal
fitto
degli
alberi
.
Un
uomo
di
media
statura
,
il
volto
asciutto
,
gli
occhi
inquieti
,
che
parla
a
scatti
,
con
voce
dura
,
impaziente
.
Indossa
una
impeccabile
uniforme
di
tela
,
berretto
a
visiera
,
la
pistola
nella
fondina
,
due
stellette
dorate
che
porta
sul
petto
,
a
sinistra
,
indicano
che
egli
riveste
il
grado
di
capitano
.
Mi
porge
la
destra
.
«
Sono
»
dice
«
il
capitano
Laissani
,
comandante
il
1°
battaglione
della
base
est
.
Benvenuto
fra
noi
.
»
Poi
,
senza
aggiungere
altro
,
sale
sulla
jeep
,
accanto
all
'
autista
.
Solo
allora
mi
accorgo
che
la
scorta
,
per
fargli
posto
,
toglie
due
mitra
dal
sedile
e
li
ripone
sul
pavimento
della
vettura
.
Ovviamente
non
c
'
è
tempo
per
altre
domande
.
La
jeep
compie
un
lungo
giro
nel
bosco
per
evitare
il
posto
di
controllo
tunisino
e
alla
fine
sbuca
nuovamente
sulla
strada
che
si
inoltra
nella
montagna
.
Siamo
nella
«
terra
di
nessuno
»
che
corre
fra
la
frontiera
tunisina
e
la
frontiera
algerina
.
La
strada
sale
a
tornanti
lungo
il
fianco
della
montagna
in
mezzo
a
foreste
fitte
di
querce
,
interrotta
qua
e
là
da
sprazzi
di
verde
.
Dopo
circa
tre
ore
il
capitano
Laissani
mi
annuncia
:
«
Di
qua
è
ancora
il
territorio
tunisino
,
di
là
,
a
sinistra
della
strada
,
incomincia
l
'
Algeria
»
.
Mi
rendo
conto
,
ancora
una
volta
,
che
i
confini
sono
linee
astratte
,
immateriali
,
tracciati
che
non
hanno
alcun
rapporto
con
la
realtà
.
Infatti
solo
alcuni
frammenti
di
filo
spinato
indicano
che
alla
nostra
sinistra
si
apre
il
territorio
algerino
.
E
i
francesi
?
La
linea
Morice
?
I
posti
di
blocco
?
Laissani
mi
spiega
che
tutta
la
regione
a
cavallo
della
frontiera
algero
-
tunisina
,
per
una
profondità
di
una
decina
di
chilometri
dalla
frontiera
,
è
interamente
controllata
dalle
unità
dell
'
ALN
,
e
che
i
piccoli
posti
francesi
sono
stati
distrutti
.
Qui
siamo
ancora
ai
margini
della
guerra
.
I
francesi
sono
rinchiusi
nei
posti
fortificati
più
importanti
o
nelle
cittadine
come
Lacroix
,
La
Calle
,
Bone
,
Souk
Ahras
,
Divivier
.
Ne
escono
per
attaccare
le
formazioni
dell
'
ALN
,
con
l
'
appoggio
dell
'
aviazione
o
dei
carri
armati
.
La
linea
Morice
,
questo
lungo
serpente
di
filo
spinato
,
corre
ad
un
centinaio
di
chilometri
dalla
frontiera
,
e
protegge
la
linea
ferroviaria
che
da
Bone
scende
fino
a
Tebessa
.
La
base
est
,
di
cui
il
1°
battaglione
fa
parte
,
controlla
tutto
il
dipartimento
di
Bone
fino
ad
una
decina
di
chilometri
oltre
la
linea
Morice
.
I
battaglioni
della
base
est
sono
incaricati
della
distruzione
sistematica
della
linea
Morice
,
e
di
assicurare
i
rifornimenti
di
armi
alle
altre
regioni
.
«
Vedete
»
conclude
Laissani
,
dopo
questa
sommaria
spiegazione
sui
compiti
della
base
est
,
«
noi
siamo
come
il
mare
,
e
i
francesi
come
le
isole
.
Voi
ora
siete
nel
mare
,
cioè
a
dire
nella
montagna
,
nella
foresta
...
»
Siamo
giunti
a
destinazione
.
Dopo
l
'
arrivo
di
Ammar
(
dí
cui
ho
già
parlato
all
'
inizio
di
questa
corrispondenza
)
la
jeep
riparte
per
G
...
Lasciamo
la
strada
e
ci
inoltriamo
sulla
distesa
che
si
apre
in
territorio
algerino
.
Un
debole
ronzio
sopra
le
nostre
teste
induce
il
capitano
Laissani
ad
ordinare
l
'
alt
.
«
Un
B-26»
annuncia
laconicamente
Ammar
.
L
'
aereo
si
distingue
appena
,
non
è
che
un
punto
luminoso
nel
cielo
assolato
e
scompare
rapidamente
alla
vista
.
Ad
ogni
buon
conto
Laissani
ordina
di
entrare
nel
bosco
e
di
marciare
fra
gli
alberi
.
Dopo
una
mezz
'
ora
di
marcia
raggiungiamo
una
piccola
radura
che
si
apre
nella
foresta
.
Il
terreno
,
intriso
d
'
acqua
,
luccica
come
uno
specchio
verdastro
.
Tutto
attorno
,
fra
gli
alberi
,
si
intravedono
le
sagome
coniche
dei
gourbi
,
le
tipiche
capanne
dei
contadini
algerini
,
come
berretti
baschi
posati
fra
i
tronchi
grigiastri
delle
querce
.
Attorno
a
noi
soldati
in
divisa
sono
intenti
a
consumare
il
rancio
,
a
ripulire
le
armi
,
vanno
e
vengono
fra
gli
alberi
,
dentro
e
fuori
i
gourbi
,
occupati
in
mille
faccende
.
«
Siamo
al
comando
del
l
°
battaglione
»
mi
annuncia
Laissani
,
con
una
punta
di
orgoglio
,
come
un
padrone
di
casa
che
faccia
le
presentazioni
.
Mi
guardo
attorno
.
Questa
è
dunque
l
'
Algeria
,
queste
vette
dal
disegno
dolcemente
ondulato
,
questi
pendii
rocciosi
bizzarramente
tagliati
,
questa
luce
calda
,
questi
tronchi
contorti
,
questo
terreno
diseguale
,
ora
arido
e
brullo
,
ora
di
un
bel
colore
bruno
-
rossastro
,
queste
capanne
di
foglie
che
segnano
macchie
più
scure
in
mezzo
agli
alberi
,
e
dalle
quali
giungono
le
voci
allegre
dei
soldati
.
Questa
è
l
'
Algeria
,
e
questi
sono
gli
uomini
che
stanno
«
dall
'
altra
parte
»
,
i
fellagha
dei
bollettini
dell
'
Alto
Comando
francese
,
la
materia
prima
della
guerra
.
Chi
sono
?
Come
vivono
?
Perché
combattono
?
Come
combattono
?
Quali
sono
le
loro
idee
,
i
loro
sentimenti
,
i
loro
affetti
d
'
uomini
?
Sono
tutte
domande
,
queste
,
alle
quali
cercherò
di
trovare
una
risposta
.