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Sadat a Gerusalemme ( Valli Bernardo , 1977 )
StampaQuotidiana ,
Gerusalemme , 19 . L ' incontro impossibile è avvenuto . L ' egiziano Sadat ha lasciato per davvero le sponde del Nilo per stringere la mano all ' israeliano Begin . Il capo di una nazione araba ha messo piede per la prima volta sul territorio dello Stato ebraico . È accaduto alle 18.59 ( ora italiana ) di stasera all ' aeroporto di Tel Aviv presidiato dall ' esercito , illuminato dai riflettori , tra i suoni delle fanfare e le salve di cannone . Affiancati l ' uno all ' altro , quasi a sfiorarsi , il volto color cuoio del presidente egiziano , figlio di un arabo e d ' una nubiana , e quello asciutto , leggermente abbronzato , del primo ministro israeliano , nato in una famiglia askenazi di Brest - Litwosk , sono rimbalzati in milioni di case arabe e musulmane , sui teleschermi , accendendo speranze e timori . Perché da quest ' appuntamento precipitoso e al tempo stesso solenne può infatti nascere una pace inedita , o una nuova tragedia . Ai piedi della scaletta dell ' aereo presidenziale , Sadat è stato accolto dal capo dello Stato Ephraim Katzir e da Begin . I tre si sono stretti la mano , quindi - mentre la banda intonava gli inni dei due paesi - hanno passato in rassegna la guardia d ' onore . Sadat aveva il viso grave , ma subito dopo l ' atmosfera s ' è fatta più distesa . Il Rais ha chiesto di Ariel Sharon ( il generale che nel '73 circondò la Terza armata egiziana ) , e quando questi s ' è fatto avanti gli ha stretto la mano . Altre strette di mano con Dayan , con Golda Meir , con Eban , quindi Sadat e Begin hanno preso posto nell ' automobile che li ha condotti a Gerusalemme . Il dialogo era cominciato . Il cronista stenta a distinguere tra gli appunti , le dichiarazioni e le emozioni , le incertezze e i miraggi degli uni e degli altri . L ' impazienza è unanime , mentre viene annunciato il decollo dell ' aereo dal territorio egiziano . I minuti scanditi sulla pista d ' arrivo a Tel Aviv nell ' attesa che il jet di Sadat giunga a portata dei riflettori . I dubbi e i trionfalismi . I sorprendenti discorsi sulla « tradizionale fraternità giudeo - araba » . L ' amico egiziano euforico e poi smarrito che dice : « La pace è a portata di mano . Ma come raggiungerla ? » . L ' amico israeliano che sogna già « un ' alleanza Egitto - Israele , capace di colmare il vuoto lasciato dal crollo dell ' impero ottomano settant ' anni fa » . È la tristezza , le perplessità degli arabi dei territori occupati che denunciano il tradimento e al tempo stesso sognano , come gli altri , la pace . Infine lo sportello che si spalanca . La sfida di Sadat comincia . Prima di ritirarsi nell ' appartamento reale dell ' hotel King David , dove dormì Richard Nixon , il presidente egiziano ha già avuto un primo colloquio con Begin . Essi tentano con impazienza , senza aspettare , le prime analisi . Non vi è alcun dubbio che Sadat , domani , davanti al Parlamento d ' Israele , chiederà il ritiro totale degli israeliani dai territori occupati nel 1967 , durante la Guerra dei sei giorni . Cosa potrà promettere Begin in cambio per non ferire irrimediabilmente l ' insperato interlocutore arabo ? Lasciarlo partire a mani vuote sarebbe condannarlo politicamente a morte . Forse negoziati per il Sinai o per il Golan . Ma la Cisgiordania , necessaria per risolvere il dramma palestinese , sembra irrinunciabile per Gerusalemme . Carter ha telefonato più volte in questi giorni a Sadat e a Begin per raccomandare la prudenza . E non ha risparmiato i consigli : niente intese separate , non escludere del tutto i sovietici senza i quali nulla può essere risolto stabilmente , attenzione ai palestinesi che costituiscono una carica esplosiva impossibile da disinnescare . La natura dei due uomini , Sadat e Begin , e le trasformazioni che essi hanno attuato nei rispettivi paesi hanno contribuito a rendere possibile quest ' incontro . I loro predecessori rappresentavano quasi religiosamente storie inconciliabili . Erano appesantiti da carismi diversi per origine e specie . Gamal Nasser era prigioniero di un socialismo panarabo puritano , era ingabbiato in un dogmatismo al quale non sfuggivano neppure Golda Meir , sionista vincolata ai principi socialdemocratici mitteleuropei , e chi poi occupò la sua poltrona di primo ministro a Gerusalemme . Hanno molti più punti in comune i nazionalismi meno sofisticati e quindi più pragmatisti di Menahem Begin , ex terrorista dell ' Irgun e sostenitore del « grande Israele » , e di Anuar Sadat , ufficiale musulmano e repubblicano che quasi svenne per l ' emozione nel 1952 , accompagnando il destituito monarca Faruk sulla nave dell ' esilio . Anzitutto Sadat e Begin hanno demolito in gran fretta le istituzioni o i sogni socialisti che ancora sopravvivevano nelle loro capitali . Il nazionalismo grezzo che li anima rende possibile un dialogo su basi irrazionali , che i loro predecessori respingevano a priori . Nella storia contemporanea non era mai accaduto che il capo di una nazione , senza aver posto fine allo stato di guerra , visitasse ufficialmente il nemico tra suoni di fanfare e discorsi fraterni . E questo è già paradossale . È un gesto riassunto in un ' ingenua scritta araba ben visibile su un muro della vecchia Gerusalemme : « Evviva Sadat messaggero di pace e dio della guerra » . È un gesto al tempo stesso drammatico e disperato . Israele in queste ore esulta ma trattiene anche il respiro non riuscendo a capire quel che accadrà nell ' immediato futuro , una volta partito Sadat . Sente il brontolio del mondo arabo in preda a convulsioni , forse meno gravi del previsto ma suscettibili di deflagrazioni delle quali è difficile oggi immaginare le dimensioni . Questi sentimenti contraddittori sono palpabili nei territori occupati , nella Cisgiordania che il primo ministro Begin chiama Giudea e Samaria , considerandole biblicamente province dello Stato ebraico . Anche là , come a Tripoli e a Damasco , ma sottovoce , Sadat viene accusato di spezzare il fronte arabo e molti sindaci cristiani e musulmani si asterranno domani dal rendere omaggio al presidente egiziano , davanti alla moschea di Al Aqsa , dove si recherà per la preghiera di primo mattino . I sindaci musulmani o cristiano - progressisti festeggeranno la ricorrenza del « sacrificio » di Abramo nelle loro città con ufficiale mestizia . Ma l ' ordine di sciopero , lanciato dalle massime organizzazioni palestinesi è rimasto inascoltato , le botteghe si sono aperte stamane come al solito e non soltanto perché le autorità di Gerusalemme avevano minacciato le abituali sanzioni contro i commercianti insubordinati . Mi ha detto con severa tristezza un esponente palestinese : « Anche noi vogliamo la pace come Sadat , ma non al prezzo richiesto dai suoi amici israeliani » . E dalle sue parole trapelava un ' emozione in cui non c ' era soltanto lo sdegno dei manifesti clandestini . Affiorava anche una certa speranza . « Sadat osa molto . Chissà dove vuole arrivare » .
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In un salottino dell ' Excelsior , Guglielmo Marconi , che serba una mirabile vivacità giovanile , ha consentito a parlarmi delle sempre più vaste applicazioni che la radiotelegrafia va realizzando . Ormai mi comincia a dire quest ' Italiano veramente illustre che rappresenta la inesauribile genialità della nostra stirpe ormai le diffidenze sono completamente cadute . Dovunque , e specie in Inghilterra , i fatti si sono imposti : ed oggi è la stessa opinione pubblica che reclama di trarre presto e compiutamente profitto dagli indiscutibili risultati conseguiti dalla radiotelegrafia . Le grandi colonie inglesi e prima tra questa il Canada hanno stipulato convenzioni importantissime con le Compagnie da me presiedute . Ed anche qui i risultati sono stati più che soddisfacenti perché i Primi Ministri dei Dominios hanno espresso il voto che la grande rete radiotelegrafica imperiale che dovrà avviluppare il globo sia completata al più presto . Sicché il suo programma mondiale si va attuando ? Ecco . Il Governo inglese , dopo aver constatato l ' efficienza dei servizi da me stabiliti da qualche anno fra l ' Inghilterra e l ' America , ha espresso l ' intenzione di iniziare un servizio semistatale d ' accordo con la mia Compagnia . Ed ha proposto di destinare al servizio di Stato , i collegamenti radiotelegrafici con l ' Europa , l ' Egitto , il Sud Africa e il Canada , desiderando di accordare nuove concessioni alla Compagnia Marconi per l ' America del Nord e del Sud , le Indie , l ' Australia e per tutti gli altri paesi . Un vasto disegno che senz ' altro si può chiamare mondiale . Quale sistema verrebbe impiegato nella rete imperiale inglese ? Come è noto , una Commissione tecnica nominata dal Governo inglese due anni or sono , suggerì , dopo lunghe pratiche e laboriosi studi l ' adozione del mio sistema a valvola termoionica . Da allora in poi questo sistema si è ancora più perfezionato e certamente sarà impiegato per la rete mondiale . Quali vantaggi offre questo sistema rispetto agli altri attualmente in uso ? I vantaggi sono diversi ed importanti . Le citerò i principali : 1 . grande costanza nella frequenza delle oscillazioni elettriche prodotte e quindi grande regolarità nel servizio ; 2 . grande flessibilità nel variare la lunghezza d ' onda ; 3 . minimo consumo di energia ; 4 . semplicità di impiego e facilità di riparazione ; 5 . adattabilità del sistema all ' uso di onde molto corte , ciò che non può essere ottenuto con gli alternatori . A proposito di onde corte si è parlato molto alcuni mesi or sono di una Sua nuova invenzione . Può dirmi qualche cosa ? Non posso dare molti dettagli per ragioni che saprà facilmente comprendere ; posso solo dichiarare che , con un centesimo della potenza impiegata nei sistemi attualmente in uso sono riuscito a corrispondere regolarmente fra l ' Inghilterra e le isole del Capoverde (5.000 chilometri di distanza ) . Ora sto completando due impianti con questo nuovo sistema : uno in Inghilterra ed uno in America per il servizio transatlantico . Per il collaudo di questi due impianti partirò prossimamente per l ' America . Quali altri vantaggi oltre quelli importanti di risparmio di energia offre il nuovo sistema ? Esso concentra l ' irradiazione dell ' energia in un dato settore , in modo che non solo il rendimento delle stazioni è molto maggiore ma viene anche assicurato il segreto telegrafico , entro limiti molto elevati . Inoltre con questo nuovo sistema si può raggiungere una velocità di trasmissione altissima . Una conseguenza pratica indiscutibile è che si potrà ottenere di ridurre enormemente le tariffe radiotelegrafiche a vantaggio del pubblico . Ed è questo il maggiore risultato che io mi sono proposto di conseguire a beneficio delle comunicazioni rapide fra le genti . E negli altri Paesi , oltre l ' Inghilterra , come si sviluppa il suo lavoro ? Bene . La mole degli impianti da eseguire è quasi superiore al tempo accordato . Così per esempio è stata conclusa una importate convenzione con il Portogallo per l ' impianto di una intera rete radiotelegrafica che comprende buona parte del globo che va da Lisbona alla Isole Azzorre , alle Isole del Capoverde , all ' Angola , al Mozambico , a Goa in India , a Timor in Oceania , a Macao in Cina . Tale convenzione comprende il monopolio esclusivo per quarant ' anni , ed è stata conclusa dopo accurati confronti e dopo minuti esami fatti da una Commissione tecnica di ufficiali della marina portoghese . La rete radiotelegrafica del mio sistema stabilito nell ' Europa Meridionale comprende oltre il Portogallo anche la Spagna dove , sotto gli auspici del Re Alfonso che mi onora spesso di una sua visita sul mio yacht , è stata accordata una concessione per venti anni ad una Società spagnuola da me presieduta . La stessa Svizzera malgrado la forte influenza dell ' industria tedesca , ha desiderato avere a Berna una mia grande stazione che fa un ottimo servizio ad alta velocità con le principali capitali dell ' Europa e serve anche spesso le Banche italiane di Milano che ne hanno constatato tutta la rapidità . Quasi tutti i paesi balcanici hanno adottato il mio sistema , per modo che posso dire che gli Stati che circondano l ' Italia si sono intesi con me per lo sviluppo dei loro servizi radiotelegrafici pubblici . Anche Fiume aprirà la sua stazione al servizio pubblico lunedì venturo . E in Italia quale è il suo lavoro ? Marconi non mi ha risposto ed ha preferito parlarmi del famoso servizio radiotelegrafico del broadcasting , che in Italia chiamano delle audizioni circolari . È un servizio di una importanza enorme , che va assumendo in Inghilterra , in America e recentemente anche nella Spagna , nella Svizzera , in Francia e in Germania un grande sviluppo . In Inghilterra si calcola che esistono 500 mila apprendisti . Il suo impiego avrà un effetto pari a quello che ha avuto l ' invenzione della stampa . Per suo mezzo la voce umana viene portata in modo limpidissimo attraverso terre e mari ed è udita contemporaneamente da migliaia di persone . Nel « Times » del 25 ottobre era pubblicato un importante articolo sotto il titolo « Il Broadcasting nella politica » che descrive l ' enorme effetto prodotto dalla trasmissione radiotelefonica del primo Ministro dal Sud Africa . Il poter sentire in qualunque angolo di una grande Nazione la voce dei suoi uomini politici più autorevoli ; il poterne ascoltare le inflessioni e le particolari intonazioni ha un effetto politico di una importanza tale da rendere questa nuova applicazione della radiotelefonia un mezzo potentissimo di influenza , di persuasione e di affratellamento della gente . Gli apparecchi ricevitori del « broadcasting » sono assai semplici : richiedono pochissima materia prima e molta mano d ' opera , e sarebbero perciò specialmente adatti per l ' industria italiana . Ma per quanto il « broadcasting » si è diffuso all ' estero da circa tre anni , non esiste ancora in Italia . Non credo che siano mancate iniziative anche in Italia ma ritengo che in Italia si sia troppo guidati da preoccupazioni fiscali che arrestano lo sviluppo di nuove iniziative . Quali servizi a suo parere esistono in Italia paragonabili a quelli esistenti all ' estero ? Ritengo che i servizi radiotelegrafici fra l ' Italia e le nostre colonie siano soddisfacenti e che i servizi della Marina Mercantile non siano affatto inferiori a quelli stabiliti all ' estero . Rimarrà in Italia ancora per qualche tempo ? No ... Non ritengo che la mia presenza qui sia necessaria . Io credo di aver fatto per l ' Italia quanto ho potuto in ogni campo e son sempre disposto a facilitare lo sviluppo dei servizi a vantaggio della difesa nazionale . Ogni qualvolta siano in giuoco gli interessi della mia Patria io non mancherò . La devozione all ' Italia non ha avuto mai interesse . E credo con tutte le mie forze ai suoi grandi destini . L ' interessante conversazione è finita . E mi congedo ammirato , da questo grande Italiano che non ha altro orgoglio ed altra ambizione che di servire umilmente il suo Paese .
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GROSSETO , novembre - La scoperta della provincia è stata , in questo dopoguerra , uno dei temi scelti dalla nostra cultura viva : e pareva che un approfondimento di ricerca nell ' Italia periferica e negletta fosse , oltre tutto , l ' unico modo di uscire dal provincialismo ( magari pariginizzante ) che ci aveva mortificato , nel ventennio , ma forse sempre . Il cinema neorealista , ed in misura non piccola , ha fatto questo ; ha fatto questo una parte non trascurabile della nostra narrativa , specialmente quella giovane ( diciamo , per far dei nomi , Levi , Pratolini , Jovine , Rea ) . Ma anche i giornali quotidiani e rotocalco , pur con vario e non sempre lodevole intento , hanno assunto una loro parte , per niente trascurabile , in questa « scoperta » della provincia e non è raro , oggi , leggere « servizi » , anche illustrati , nei quali si « scopre » una città , un villaggio , un lembo d ' Italia , insomma . In questa direzione anche la Maremma ha avuto i suoi « scopritori » , che di solito però han seguito itinerari suggeriti dalla tradizione : gli etruschi , per esempio , od i butteri , o i cinghiali . Ma non pare che sia questa la strada più sicura per intendere davvero la Maremma . Gli etruschi sono un tema allettante ( oltre che per gli archeologi seri , s ' intende ) solo per chi vuol trastullarsi coi fumosi e dilettanteschi idoli della origine illustre , i butteri non esistono più da quando in Maremma si è iniziato l ' appoderamento e son scomparsi di conseguenza i larghi spazi a pascolo ; i cinghiali , ed in genere la caccia , fanno parte di un fenomeno domestico , ormai , e si trovano solo in bandita . La cerchia delle mura Grosseto , in breve , non è questo : e credere che sia questo è un atteggiamento di comodo , conservatore . Grosseto si scopre davvero giungendo dalle alte terre dell ' interno , per esempio dai poggi di Scansano , meglio se d ' autunno inoltrato . Quando si aprono le nubi un raggio di sole rivela la città , bianca e distesa in mezzo alla pianura con le sue strade diritte ad affrontare la campagna . Il vecchio nucleo urbano si distingue ancora , chiuso e contorto nella vecchia cerchia delle mura , che in questo caso , più che a difendere la città , pare che servano , al contrario , a difendere proprio la campagna , contro gli assalti della città . La quale ha ormai rotto le difese e trabocca e cresce vittoriosa fuori da quei limiti angusti : eccola là , a mezza strada fra Livorno e Roma , la vera capitale di questi trecentocinquanta chilometri di costa tirrenica . La stessa sensazione se la guardiamo dall ' interno . Qui a Grosseto , più che le vecchie strade della città antica , ben più modeste che nelle illustri sorelle di Toscana , Firenze , Pisa , Lucca , ma anche San Gimignano e Volterra e Massa Marittima , più che la stessa città delle mura , rifatta dai Medici su resti senesi , più che la modernissima cattedrale , più insomma che tutto quel che di solito segnalano le guide turistiche , qui a Grosseto si « scopre » davvero la periferia , dove rinasce appunto quella sensazione di slancio attivo e di conquista della città sulla campagna . In certe zone della periferia lo sviluppo è stato così improvviso che la pur vigile amministrazione democratica della città non riesce a tener dentro , con la strada e l ' acqua e la luce , alle nuove case , ai nuovi quartieri che sorgono nel breve volgere d ' una stagione . Si direbbe quasi che nella sua vittoriosa avanzata contro la campagna , nel cuore della campagna , la città trascuri questi frammenti di campagna : ha fretta , e penserà più tardi a completare la conquista . Così sta nascendo , all ' estrema periferia nord , una grande arteria che ha preso il nome beneaugurante di « Viale della pace » . In questo modo accade a Grosseto di trovarsi di fronte ad una nuovissima villetta borghese , con il giardino e la siepe di rose , sorta improvvisa in mezzo ad uno spiazzo erboso accanto ad uno sterrato , ad un orto ; o un grosso moderno blocco di case popolari che sovrasta un antico casolare cadente ed abbandonato ( proprio la « casina lontana lontana » della nostra infanzia ) tanto che ormai serve solo ai bambini , che ci giocano dentro . Il giorno di mercato Le case hanno l ' intonaco ancor fresco , e già portano visibili i segni della vita cominciata , i panni tesi , le tendine fresche , un vaso di gerani , qualche particolare insomma che già personalizza un appartamento , una finestra , un piano . Ancora la stessa sensazione se a Grosseto si capita in un giorno di mercato , quando dalla campagna e dalla montagna accorrono venditori e compratori : il loro concreto e rapido contrattare nella piazza affollata dice la vitalità del commercio . E si compra , si vende , olio , grano , vino , legna , bestiame , macchine agricole , i prodotti della provincia che dalla provincia partono per ogni luogo d ' Italia . Non è un paese sterile , questo , o sfiduciato . Con quarantaquattro abitanti per chilometro quadrato , la Maremma ha fiducia nel proprio avvenire , e si apre ai forestieri , li chiama a lavorare . Anche per questo la Maremma è democratica . Non a caso un ufficiale americano , che visse in Maremma durante la guerra , diceva che ogni volta , passando da Grosseto , aveva la sensazione di trovarsi a casa sua , a Kansas City . Non a caso , perché davvero Grosseto deve somigliare alle città americane del tempo dei pionieri , alle città della frontiera . Grosseto come Kansas City .
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L ' attesa spasmodica di un nuovo comunicato delle BR e le concitate discussioni su come ci si sarebbe comportati in quel caso hanno portato la stampa a reagire in modo contraddittorio . C ' è stato chi non ha riportato il comunicato , ma non ha potuto evitare di pubblicizzarlo con titoli a piena pagina ; chi l ' ha riportato , ma in caratteri così piccoli da privilegiare solo i lettori con dieci decimi di vista ( discriminazione inaccettabile ) . Quanto al contenuto anche qui la reazione è stata imbarazzata , perché tutti si attendevano inconsciamente un testo disseminato di « ach so ! » o di parole con cinque consonanti di seguito , così da tradire subito la mano del terrorista tedesco o dell ' agente cecoslovacco , e invece ci si è trovati di fronte a una lunga argomentazione politica . Che di argomentazione si trattasse non è sfuggito a nessuno e ai più acuti è apparso anche che era una argomentazione diretta non al « nemico » , ma agli amici potenziali , per dimostrare che le BR non sono un manipolo di disperati che menano colpi a vuoto , ma vanno viste come l ' avanguardia di un movimento che si giustifica proprio sullo sfondo della situazione internazionale . Se così stanno le cose , non si reagisce affermando soltanto che il comunicato è farneticante , delirante , fumoso , folle . Esso va analizzato con calma e attenzione ; solo così si potrà chiarire dove il comunicato , che parte da premesse abbastanza lucide , manifesta la fatale debolezza teorica e pratica delle BR . Dobbiamo avere il coraggio di dire che questo « delirante » messaggio contiene una premessa molto accettabile e traduce , sia pure in modo un po ' abborracciato , una tesi che tutta la cultura europea e americana , dagli studenti del '68 ai teorici della « Monthly Review » , sino ai partiti di sinistra ripetono da tempo . E dunque se « paranoia » c ' è , non è nelle premesse ma , come vedremo , nelle conclusioni pratiche che se ne traggono . Non mi pare il caso di sorridere sul delirio del cosiddetto SIM ovvero Stato Imperialistico delle Multinazionali . Magari il modo in cui è rappresentato è un po ' folkloristico , ma nessuno si nasconde che la politica internazionale planetaria non è più determinata dai singoli governi ma appunto da una rete d ' interessi produttivi ( e chiamiamola pure la rete delle Multinazionali ) la quale decide delle politiche locali , delle guerre e delle paci e - essa - stabilisce í rapporti tra mondo capitalistico , Cina , Russia e Terzo Mondo . Caso mai è interessante che le BR abbiano abbandonato la loro mitologia alla Walt Disney , per cui da una parte c ' era un capitalista cattivo individuale chiamato Paperon de ' Paperoni e dall ' altra la Banda Bassotti , canagliesca e truffaldina è vero , ma con una sua carica estrosa di simpatia perché svaligiava a suono di espropri proletari il capitalista avaraccio ed egoista . Il gioco della Banda Bassotti l ' avevano giocato i tupamaros uruguayani , convinti che i Paperoni del Brasile e dell ' Argentina si sarebbero seccati e avrebbero trasformato l ' Uruguay in un secondo Viet Nam , mentre i cittadini , condotti a simpatizzare coi Bassotti , si sarebbero trasformati in tanti vietcong . Il gioco non è riuscito perché il Brasile non si è mosso e le Multinazionali , che avevano da produrre e da vendere nel Cono Sur , hanno lasciato tornare Perón in Argentina , hanno diviso le forze rivoluzionarie o guerrigliere , hanno permesso che Perón e i suoi discendenti sprofondassero nella merda fino al collo , e a quel punto i montoneros più svelti se ne sono fuggiti in Spagna e i più idealisti ci hanno rimesso la pelle . È proprio perché esiste il potere delle Multinazionali ( ci siamo dimenticati del Cile ? ) che l ' idea di rivoluzione alla Che Guevara è diventata impossibile . Si fa la rivoluzione in Russia mentre tutti gli Stati europei sono impegnati in una guerra mondiale ; si organizza la lunga marcia in Cina quando tutto il resto del mondo ha altro a cui pensare ... Ma quando si vive in un universo in cui un sistema d ' interessi produttivi si avvale dell ' equilibrio atomico per imporre una pace che fa comodo a tutti e manda per il cielo satelliti che si sorvegliano a vicenda , a questo punto la rivoluzione nazionale non la si fa più , perché tutto è deciso altrove . Il compromesso storico da una parte e il terrorismo dall ' altra rappresentano due risposte ( ovviamente antitetiche ) a questa situazione . L ' idea confusa che muove il terrorismo è un principio molto moderno e molto capitalistico ( rispetto a cui il marxismo classico si è trovato impreparato ) di Teoria dei Sistemi . I grandi sistemi non hanno testa , non hanno protagonisti e non vivono neppure sull ' egoismo individuale . Quindi non si colpiscono uccidendone il Re , ma rendendoli instabili attraverso gesti di disturbo che si avvalgono proprio della loro logica : se esiste una fabbrica interamente automatizzata , essa non sarà disturbata dalla morte del padrone ma solo da una serie d ' informazioni aberranti inserite qua e là , che rendano difficile il lavoro dei computers che la reggono . Il terrorismo moderno finge ( o crede ) di avere meditato Marx , ma in effetti , anche per vie indirette , ha meditato Norbert Wiener da un lato e la letteratura di fantascienza dall ' altro . Il problema è che non l ' ha meditata abbastanza - né ha studiato a sufficienza cibernetica . Prova ne sia che in tutta la loro propaganda precedente le BR parlavano ancora di « colpire il cuore dello Stato » , coltivando da un lato la nozione ancora ottocentesca di Stato e dall ' altro l ' idea che l ' avversario avesse un cuore o una testa , così come nelle battaglie di un tempo , se si riusciva a colpire il Re , che cavalcava davanti alle truppe , l ' esercito nemico era demoralizzato e distrutto . Nell ' ultimo volantino le BR abbandonano l ' idea di cuore , di Stato , di capitalista cattivo , di ministro « boia » . Adesso l ' avversario è il sistema delle Multinazionali , di cui Moro è un commesso , al massimo un depositario di informazioni . Qual è allora l ' errore di ragionamento ( teorico e pratico ) che a questo punto commettono le BR , specie quando si appellano , contro la multinazionale del capitale , alla multinazionale del terrorismo ? Prima ingenuità . Una volta colta l ' idea dei grandi sistemi , li si mitologizza di nuovo ritenendo che essi abbiano « piani segreti » di cui Moro sarebbe uno dei depositari . In realtà i grandi sistemi non hanno nulla di segreto e si sa benissimo come funzionano . Se l ' equilibrio multinazionale sconsiglia la formazione di un governo di sinistra in Italia , è puerile pensare che si invii a Moro una velina in cui gli si insegna come sconfiggere la classe operaia . Basta ( si fa per dire ) provocare qualcosa in Sudafrica , sconvolgere il mercato dei diamanti a Amsterdam , influenzare il corso del dollaro , ed ecco che la lira entra in crisi . Seconda ingenuità . Il terrorismo non è il nemico dei grandi sistemi , ne è al contrario la contropartita naturale , accettata , prevista . Il sistema delle Multinazionali non può vivere in una economia di guerra mondiale ( e atomica per giunta ) , ma sa che non può nemmeno ridurre le spinte naturali dell ' aggressività biologica o l ' insofferenza di popoli o di gruppi . Per questo accetta piccole guerre locali , che verranno di volta in volta disciplinate e ridotte da oculati interventi internazionali , e dall ' altro lato accetta appunto il terrorismo . Una fabbrica qua , una fabbrica là , sconvolte da qualche sabotaggio , ma il sistema può andare avanti . Un aereo dirottato ogni tanto , ci perdono per una settimana le compagnie aeree , ma in compenso ci guadagnano le catene giornalistiche e televisive . Inoltre il terrorismo serve a dare una ragion d ' essere alle polizie e agli eserciti , che a lasciarli inoperosi chiedono poi di realizzarsi in qualche conflitto più allargato . Infine il terrorismo serve a favorire interventi disciplinanti là dove un eccesso di democrazia rende la situazione poco governabile . Il capitalista « nazionale » alla Paperon de ' Paperoni teme la rivolta , il furto e la rivoluzione che gli sottraggono i mezzi di produzione . Il capitalismo moderno , che investe in paesi diversi , ha sempre uno spazio di manovra abbastanza ampio per poter sopportare l ' attacco terroristico in un punto , due punti , tre punti isolati . Poiché è senza testa e senza cuore , il sistema manifesta un ' incredibile capacità di rimarginazione e di riequilibrio . Dovunque venga colpito , sarà sempre alla sua periferia . Se poi il presidente degli industriali tedeschi ci rimette la pelle , sono incidenti statisticamente accettabili , come la mortalità sulle autostrade . Per il resto ( e lo si era descritto da tempo ) si procede a una medievalizzazione del territorio , con castelli fortificati e grandi apparati residenziali con guardie private e cellule fotoelettriche . L ' unico incidente serio sarebbe un ' insorgenza terroristica diffusa su tutto il territorio mondiale , un terrorismo di massa ( come le BR paiono invocare ) : ma il sistema delle multinazionali « sa » ( per quanto un sistema possa « sapere » ) che questa ipotesi è da escludersi . Il sistema delle multinazionali non manda i bambini in miniera : il terrorista è colui che non ha più nulla da perdere se non le proprie catene , ma il sistema gestisce le cose in modo che , salvo gli emarginati inevitabili , tutti gli altri abbiano qualcosa da perdere in una situazione di terrorismo generalizzato . Sa che quando il terrorismo , al di là di qualche azione pittoresca , comincerà a rendere troppo inquieta la giornata quotidiana delle masse , le masse faranno barriera contro il terrorismo . Che cos ' è che il sistema delle multinazionali vede invece di malocchio , come si è dimostrato negli ultimi tempi ? Che di colpo , ad esempio , in Spagna , in Italia e in Francia , vadano al potere partiti che hanno dietro di sé le organizzazioni operaie . Per « corrompibili » che siano questi partiti , il giorno che le organizzazioni di massa metteranno il naso nella gestione internazionale del capitale , potrebbero sorgerne dei disturbi . Non è che le multinazionali morirebbero se Marchais andasse al posto di Giscard , ma tutto diventerebbe più difficile . È pretestuosa la preoccupazione per cui i comunisti al potere conoscerebbero i segreti della NATO ( segreti di Pulcinella ) : la vera preoccupazione del sistema delle Multinazionali ( e lo dico con molta freddezza , non simpatizzando col compromesso storico così come ci viene oggi proposto ) è che il controllo dei partiti popolari disturbi una gestione del potere che non può permettersi i tempi morti delle verifiche alla base . Il terrorismo invece preoccupa molto meno , perché delle multinazionali è conseguenza biologica , così come un giorno di febbre è il prezzo ragionevole per un vaccino efficiente . Se le BR hanno ragione nella loro analisi di un governo mondiale delle multinazionali , allora devono riconoscere che esse , le BR , ne sono la controparte naturale e prevista . Esse devono riconoscere che stanno recitando un copione già scritto dai loro presunti nemici . Invece , dopo di aver scoperto , sia pure rozzamente , un importante principio di logica dei sistemi , le BR rispondono con un romanzo d ' appendice ottocentesco fatto di vendicatori e giustizieri bravi e efficienti come il conte di Montecristo . Ci sarebbe da ridere , se questo romanzo non fosse scritto col sangue . La lotta è tra grandi forze , non tra demoni ed eroi . Sfortunato allora quel popolo che si trova tra i piedi gli « eroi » , specie se costoro pensano ancora in termini religiosi e coinvolgono il popolo nella loro sanguinosa scalata ad un paradiso disabitato .
QUEL CHE CI DISSE L'ON. MUSSOLINI ( CALZA_BEDOLO GINO TINO ADOLFO , 1923 )
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Questa che oggi appare , sottoscritta eccezionalmente da due firme , non è un ' intervista . L ' on . Mussolini non ama e non concede interviste . È invece il risultato di circostanze inattese e favorevoli , per le quali ammessi ambedue dalla singolare cortesia del Presidente del Consiglio parecchie settimane addietro ad un colloquio cordiale ed amichevole , noi sentimmo imperioso il bisogno , non appena usciti da Palazzo Chigi , di gettar giù in furia , e tuttavia fedelmente , talune delle lucide e interessanti dichiarazioni ch ' egli ci aveva fatte , consentendo ambedue così nel loro intrinseco quanto nel loro storico valore . E poi , come venimmo rileggendole , e come più ce ne appariva imponente e attuale la verità politica e la benefica influenza nazionale , decidemmo di inviare all ' on . Mussolini medesimo la trascrizione modesta e scrupolosa di quelle sue parole , per vedere se egli consentiva almeno nella loro fedeltà . E ce ne venne la convalida delle cose da noi trascritte , ma non l ' autorizzazione alla loro pubblicità . Ma poiché l ' on . Mussolini è ormai in dominio della storia , e poiché questa nostra professione ( della quale il Duce sente imperiosa nostalgia ) non consente di tener troppo a lungo nel cassetto documenti così notevoli , quale diremo così questo processo verbale di una elevata conversazione con un così eccezionale uomo , ci lasciamo oggi cogliere dall ' invincibile desiderio di far conoscere ai nostri lettori alcune idee fondamentali che il Duce ci espose sulla sua concezione dello Stato e del Governo . Andammo , dunque , a Palazzo Chigi e fummo ammessi , in quel sobrio e severo salone ove il Duce attende alla sua opera infaticabile . Uno di noi due , reduce da un lungo soggiorno all ' estero , non aveva mai conosciuto né veduto l ' onorevole Mussolini . Gliene derivava dunque e per quella sua curiosità e per la necessità spontanea del raffronto con altri eminenti uomini politici europei coi quali aveva avuta frequenza , un vivo bisogno di studio e di esame della sua personalità eccezionale . Né quello di noi due fu disilluso . V ' è nell ' on . Mussolini una fascinazione facile e imperiosa che costantemente sovrasta la rudezza breve del gesto , dell ' espressione e del pensiero , onde il visitatore è insieme di fronte a lui compreso di rispetto ed entusiasta di ammirazione . La burocrazia . L ' on . Mussolini , dopo aver discorso di altri numerosi argomenti così si espresse sul problema della burocrazia : – Io sono l ' imperatore dell ' impiegati . È facile l ' ironia sulla « pratica » . Ma la pratica è una petizione , è un bisogno , è una giustizia . Si dice molto male della burocrazia . Ma , la burocrazia è in molta parte lo Stato . In fondo , il Presidente del Consiglio è colui il quale si impone di venire ogni mattina alle 10 , davanti al proprio tavolo e di studiare e di controllare le pratiche . La burocrazia è sempre migliore di quello che si dipinge . È una forza continua e quotidiana dello Stato che va sapientemente secondata , con amore e senza falsi disprezzi . È come un motore gigantesco , il quale nei primi attimi del suo funzionamento , ha un suo ritmo regolare e fervido che è suscettibile di un improvviso arresto ... Allora intervengo io . Spingo una leva ed il motore che si era arrestato oppure girava a folle , sotto l ' impulso di quella leva s ' ingrana e il ritmo ripiglia regolare ... Bisogna controllarla , questa macchina che in fondo è lo strumento mirabile e agile attraverso il quale lo Stato si perpetua e si realizza . Volete un esempio ? ... Io ho risolto recentemente un grave problema d ' importanza nazionale qui in questa stanza . Erano riuniti degli uomini tutti competenti , tutti in buona fede , tutti armati delle loro proprie buone ragioni . Ma , naturalmente , per il contrasto di quella loro competenza e di quella loro stessa fede , la risoluzione del problema , in una diversa concezione dei doveri del Governo che non sia la mia , avrebbe richiesto tempo sufficiente a ridurre ed eliminare quel contrasto medesimo . Ebbene , che ho fatto io ? Sono andato a quella porta che voi vedete , l ' ho chiusa , mi sono messa la chiave in tasca e ho detto : « Signori , voi non uscirete di qua prima che il problema sia risolto ... » . E in poche ore si ebbe la soluzione ... – Presidente , ma talvolta non basta l ' imposizione del fare ; occorre la sicurezza di ben fare ... – Appunto , con la stessa facilità con cui ho chiuso quel giorno la porta di quella stanza , io andrò un giorno sul posto a riconoscere se si è « ben fatto » ... Perché un mucchio di pietrisco , una palata di calce , una distesa di rotaie , non rappresentano per me che il segno rivelatore e necessario della progressiva elevazione di questo nostro paese che , quando avrà la sua agricoltura prospera , la sua industria operosa , il suo traffico sicuro , il suo sottosuolo esplorato , le sue mille forze naturali ben dirette e sfruttate , solo allora avrà acquistato il valore della sua vita e il rispetto del suo destino ... Oggi io sento che l ' Italia è su questa via e che si spezza una rete tessuta di menzogne demagogiche per cui era soffocato e fatto incerto il bisogno e il desiderio degli uomini al lavoro e alla valorizzazione immediata del loro lavoro ... Funzione storica del capitalismo . – In verità , presidente , ci sembra che questa realtà cominci a farsi strada anche nel nostro paese – e singolare a dirsi – proprio per effetto di un fenomeno rivoluzionario quale fu il fascismo ... – Bisogna che l ' Italia rapidamente guarisca dalle sue secolari intossicazioni per porsi sul piano dei grandi paesi . Io non sono di coloro i quali pensano che la funzione e la missione storica del capitalismo siano presso ad esaurirsi . Io sono anzi d ' avviso totalmente opposto . Noi non siamo ancora nella storia ma solamente nella preistoria del capitalismo . Quando si pensi che in Europa oltre alcuni nuclei capitalistici in Inghilterra , in Francia e in Germania e con un po ' di ritardo ancora embrionali in Italia , esistono regioni immense e ricche come la Balcania , come la Russia , assolutamente estranee ai coefficienti della moderna organizzazione capitalista , è facile capire come la vera e propria storia del capitalismo non sia ancora incominciata o sia appena all ' inizio . Ma non basta . Pensate che vi sono nuovi continenti che il capitalismo appena ha lambito . Pensate al giorno in cui si potrà traversare a volo l ' Africa dal Mediterraneo alla Colonia del Capo , al giorno in cui nella sterminata immensità dell ' Asia saranno territori di rapido e intenso sfruttamento industriale e commerciale da parte di questo capitalismo che appena oggi , come ho detto , inizia la sua funzione storica e inevitabile , ed allora sarà chiaro che questa potrà maturarsi e svolgersi interamente soltanto nel giro di qualche secolo ... Quando il capitalismo avrà valorizzato le immense possibilità e capacità del nostro paese , allora soltanto l ' Italia prenderà il suo posto e assumerà la sua propria fisionomia nel quadro delle forze componenti l ' equilibrio mondiale . Il Fascismo giudicato all ' estero . – Ella ha ragione , Presidente , questo fervore mirabilmente innovatore del fascismo è ormai inteso all ' estero . – Sicuro . L ' Europa sente oggi che in Italia governano uomini di salda mano e di sicura volontà . Quando nei giornali stranieri leggo lunghi articoli dedicati al fatto tanto semplice e tanto spontaneo che l ' on . Mussolini attraversa il paese volando per otto ore ininterrotte su un apparecchio , io mi rendo conto che quelle cronache significano che l ' Europa non si è ancora avvezza a considerare la possibilità che il Capo di un Governo abbandoni il wagon - salon o la comoda poltrona presidenziale , per la carlinga disagevole di un apparecchio aereo ... Il fascismo all ' estero ha ancora diffidenze a sinistra e a destra : a sinistra perché si dice antidemocratico e antisocialista , a destra perché esso è affermazione di valori nazionali , in contrasto con altri opposti e concorrenti valori dello stesso genere . Ma tutto ciò non dispiace anzi conforta chi avverte che proprio attraverso questa diffidenza per il sistema politico , si fa strada il riconoscimento delle virtù e dei valori nazionali che il fascismo rappresenta . La resistenza del Fascismo . – E v ' è certamente chi si illude sulla sua caducità . – Vero . Le illusioni che fino a qualche tempo fa furono alimentate nel nostro Paese , ebbero una eco anche all ' estero . E vi fu chi condivise quelle illusioni e aspettò ingenuamente di ora in ora l ' aprirsi della crisi . Ma oggi è facile avvertire dovunque , alla Camera e fuori della Camera , la sensazione che il mio governo « durerà ben a lungo » . Non v ' è maggior forza per un Governo che la sua « certezza di durare » . Nulla recide più i nervi alla opposizione che questo senso della ineluttabile stabilità di un Governo . Lasciatemi dirvi qualcosa che vi sembrerà singolare : ma la stessa capacità di resistenza del bolscevismo in Russia consiste soprattutto in questa determinata sicurezza che è nei suoi governanti , di « durare » e di resistere ... L ' idea dello Stato . – Il Paese appare già partecipe di questa necessità ... – Sì . Il Fascismo ha suscitato e rivelato questa coscienza nazionale italiana , in cui è per la prima volta implicita l ' idea della coscienza dello Stato , forte e sovrano . Risaliamo un poco nella storia di questa nostra Italia , la quale fu dapprima una popolazione e a poco a poco si trasformò in popolo . Allo scoppiare della guerra essa non tardò a sentirsi Nazione e fu proprio questa coscienza della Nazione che fece e vinse il cimento tremendo . Oggi questa coscienza della Nazione diventa insieme coscienza dello Stato . Che cosa è infatti lo Stato ? È la coscienza giuridica della Nazione . Il Fascismo è sorto ad attuare e realizzare questa necessità nova ed estrema che istintivamente ha presentito : che una Nazione tanto è forte e tanto vale quanto più è forte e vale il suo Stato . Per questa ragione io mi sono preoccupato di costituire con ogni mezzo quella coscienza . Sono gli strumenti attivi dello Stato che conferiscono al popolo la certezza della sua solidità . Per esempio : io sono il primo Presidente del Consiglio che si dica orgoglioso di essere insieme il capo della polizia . Per questo io ho migliorato con ogni cura le condizioni degli agenti rappresentativi della disciplina e della forza statale ; voglio e spero di arrivare a suscitare la stessa convinzione popolare per la quale ad esempio in Inghilterra il « policeman » e lord Curzon possono ad un certo momento trovarsi allo stesso livello ed esplicare una funzione ugualmente nobile ed importante . Il carabiniere è lo strumento formidabile e sicuro attraverso cui in ogni contingenza , giorno per giorno l ' uomo umile ed il potente possono vedere realizzato a beneficio della superiore armonia sociale , la volontà e l ' imperio dello Stato . Il Governo è un fatto di volontà . Il Governo è un fatto di volontà ed io opero senza smarrire mai il senso freddo e preciso della destinazione di quella volontà . Ecco perché io non nutro mai fiducia : ossia non mi abbandono mai ad una fiducia aprioristica e sentimentale . Dopo aver lungamente vagliato la realtà attraverso un esame implacabile ed assiduo , allora soltanto io son capace di provare la gioia e l ' orgoglio della fiducia . Il mio Governo è solido ed è forte , non solo per l ' immensa forza che attraverso il fascismo lo nutre , ma soprattutto perché esso sempre più appare e si rivela interprete ed esponente di quella magnifica e giovanile volontà nazionale che volle , fece , pago , vinse la guerra . Il mio può dirsi veramente Governo Nazionale . Poi il nostro desiderio di ascoltare ancora il Duce dovette cedere alle imperiose esigenze del suo lavoro .
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GROSSETO , dicembre - C ' è un proverbio dell ' Ottocento che dice : « Per fare un grossetano , uomo di Pistoia e donna di Scansano » . Ed in realtà Grosseto si è formata proprio quando uomini di ogni parte di Toscana sono scesi a bonificare , a dissodare . Pistoia , è chiaro , significa Toscana tutta , e forse qualcosa di più . Venivano dal Casentino e da Siena , dalla val di Nievole e da Lucca , dal Valdarno e da Livorno , ma c ' erano anche dell ' Appennino romagnolo , persino della Valle padana , quelli che , nelle colline della Maremma alta , con un termine complessivo e storicamente esatto , ancora oggi si chiamano « lombardi » . E c ' erano abruzzesi e marchigiani , dalla parlata stretta e difficile , che a fatica si capivano : erano pastori , barrocciai , badilanti , muratori , medici , preti . Avevano tutti fiducia nell ' avvenire di una terra che concedeva solo aspra fatica , disagi , e la terribile micidiale malaria che gonfia la milza ed atterra in poco tempo anche l ' uomo più robusto : « Grosseto ingrossa , Batignano fa la mossa , Paganico sotterra l ' osso » : anche questo , triste , è un proverbio dell ' Ottocento . In Maremma , il lavoro ed il disagio erano per tutti , accomunavano tanti , era difficile che ci si potesse costituire una comunità divisa in caste od in circoli chiusi . Ed anche il grande proprietario era come gli altri , se non altro affrontava il caldo e le zanzare : di questo , perfino ora che il latifondista ha fatto il suo tempo , resta una traccia nel costume cittadino , rimasto aperto e spregiudicato . Non ci sono a Grosseto locali esclusivi , circoli chiusi , e molto difficilmente prosperano i gruppi di élite . Qui sono tutti figli di « pionieri » , scesi nella città della « frontiera » , quasi per una battaglia contro il padule e la morte . Grosseto come Kansas City anche in questo senso , insomma . Gli storici eruditi ed i fanatici delle tradizioni locali ( e questo , per la verità , è un guaio che succede un po ' dovunque ) quando han cercato le origini di Grosseto , non han resistito all ' ambizione della antichità illustre : 1e origini etrusche , i resti di monumenti romani , le bolle papali che nominano Grosseto durante il Medioevo . Ma è chiaro che la ricerca così condotta rimane astratta . Può anche essere utile sapere che Innocenzo II concesse a Grosseto , nel 1138 , il titolo di città , ordinandovi il trasferimento della sede vescovile ; ma l ' atto di Innocenzo Il resta una mera formalità , cui non corrisponde un effettivo rifiorimento di vita cittadina . ' Troviamo infatti che alla metà del secolo xvn la città supera di poco i mille abitanti , e che un secolo più tardi la popolazione si è addirittura dimezzata . In Maremma si giunge persino a rifiutare il dono di vaste distese di terra . Quanto agli etruschi , dobbiamo senz ' altro riconoscere loro il grosso merito di aver saputo dare alla zona una regola idraulica che impediva , con ingegnosi impianti , la formazione del padule . Ma non par giusto , soltanto per questo , mitizzare gli etruschi come se fossero i diretti progenitori dei maremmani d ' oggi . O forse i localisti , senz ' avvedersene , hanno ragione , nel senso che anche gli etruschi , in fondo , più che un popolo etnicamente identificabile , furono un gruppo attivissimo , e di formazione eterogenea , che tenne allora queste cose , come le tengono oggi i maremmani . Ma questa , evidentemente , è letteratura , perché la storia vera di Grosseto comincia coi Lorena , ai quali si deve non soltanto la sistemazione amministrativa della Maremma , ma soprattutto l ' inizio e lo sviluppo di ampi lavori di bonifica , di cui anche oggi , pur con i progressi fatti dalla scienza idraulica , si apprezza l ' utilità . Ma ancora alla fine del secolo scorso , Grosseto viveva in una condizione di inferiorità e di semiabbandono . Qualcuno dei nostri vecchi ricorda le strade bianche , polverose , del grosso borgo oppresso dalla canicola e dall ' afa estive , abbandonato , solo : « Da Porta Vecchia a Porta Nuova era tanto se si incontrava un cane con la lingua ciondoloni » . Era il tempo dell ' estatatura , che durava da sei secoli . Era cominciato nel 1333 , quando il podestà di Grosseto chiese alla repubblica di Siena il permesso di abbandonare la città e di trasferirsi , con tutti gli uffici , a Scansano , durante i mesi di luglio , agosto e settembre . Da allora si continuò l ' esodo estivo , e Napoleone pensò bene di estenderlo all ' intero anno : il che significava che Grosseto era ormai il capoluogo soltanto di nome . I vecchi ricordano l ' estatatura , e ci dovrebbe essere una pagina del Civinini , piuttosto felice , dove si racconta lo squallore di questa emigrazione . Oggi Grosseto ha un clima nuovo , l ' inverno vi è mite e l ' estate ventilata . La città può aprirsi , oggi , ai venti ed ai forestieri . Che continueranno a venire : contadini del Veneto , minatori di Sicilia , carbonai calabresi , pastori del Casentino e dell ' Abruzzo . In un mondo più giusto , in un ' Italia democratica e socialista , la Maremma accoglierà almeno mezzo milione di forestieri . Verranno , un giorno : purché abbiano buona volontà e fiducia nell ' avvenire , la Maremma li accoglierà tutti a braccia aperte . Ed in poco tempo diventeranno anche loro maremmani .
Il titoismo senza Tito ( Ronchey Alberto , 1980 )
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Fra i capi storici del comunismo , il presidente a vita o « re proletario » della Jugoslavia è stato il più longevo e resistente al potere . È sopravvissuto a Stalin , Mao Tse - tung , Ho Chi Minh . Ha tutelato con la sua patriarcale autorità la coesione del federalismo jugoslavo , quel mosaico etnico - economico che unisce regioni già governate dall ' impero austro - ungarico e regioni già tributarie dell ' impero ottomano . Ha garantito la resistenza dell ' eresia jugosocialista , che aprì la serie delle insubordinazioni alla legge del blocco sovietico . Lo scisma titoista , nel 1948 , coincise con la prima guerra fredda . Ora Josip Broz Tito , che osò ribellarsi a Stalin e al Cominform , abbandona la scena mentre comincia forse la seconda guerra fredda . Potrà reggersi il titoismo senza Tito ? La successione sarà collegiale . Tito ha predisposto una specie di « legge salica » dello jugosocialismo , per cui la presidenza del Presidium eletto dall ' assemblea federale dovrebbe ruotare ogni anno tra i suoi nove membri , un rappresentante per ogni repubblica ( Bosnia - Erzegovina , Croazia , Macedonia , Montenegro , Slovenia , Serbia ) o provincia autonoma ( Kosovo , Vojvodina ) e il presidente della Lega dei comunisti jugoslavi . Ma rimane affidata al corso degli eventi la distribuzione del potere reale tra personaggi d ' influenza variabile come Bakaric , Dolanc , Stambolic , Minic , Grlichov , Zarkovic , Ljubicic , Vrhonic , Kolisevski . E se il Presidium fosse discorde , fra contrasti d ' interessi e spinte centrifughe , non si sa con quali mezzi potrebbe presiederlo per esempio il rappresentante di Kosovo , « un albanese » . Il parziale benessere della Jugoslavia , almeno al confronto con le nazioni del Comecon o SEV , è oggi minacciato dall ' iperinflazione cronica . Negli ultimi decenni un rapido sviluppo industriale ha scavato « un tunnel nel Medioevo balcanico » , ma l ' assetto dell ' economia è ancora fragile . Tra pianificazione e meccanismi di mercato , miti e delusioni dell ' autogestione socialista , deficit della bilancia valutaria e arretratezze tecnologiche , migrazioni di massa e disoccupazione , il divario tra il Nord « austro - ungarico » e il Sud « ottomano » aumenta anziché ridursi . Rimane l ' egemonia industriale sloveno - croata sulle regioni che hanno appena sostituito il cavallo - elettricità al cavallo - cavallo , anche se per esempio i croati lamentano che il 6 per cento del loro reddito di trent ' anni è stato requisito a vantaggio del Sud . Qui può innescarsi la reviviscenza dei nazionalismi come forze centrifughe . Sulle frontiere orientali , la sola nazione amica è la Romania , oltre le Porte di Ferro . Se le antiche ostilità tra le etnie oggi federate dovessero un giorno riemergere , con l ' additivo delle nuove contraddizioni economiche , aprirebbero un varco sicuro alle pressioni del blocco sovietico . Già l ' URSS , attraverso gli scambi economici , tenta di guadagnare influenza nelle Repubbliche del Sud . Già la Bulgaria ritorna a periodi alterni sulla questione macedone , mentre il quindicesimo volume dell ' enciclopedia sovietica non menziona in alcun modo l ' esistenza della Repubblica jugoslava di Macedonia . Già nel '74 fu inquietante l ' episodio di quei gruppi filosovietici , che nel Sud serbo - montenegrino avevano costituito un partito clandestino con diramazioni nell ' URSS e materiali stampati in Ungheria . Come appare da un documento essenziale qual è il diario di Veljko Miciunovich , per lungo tempo ambasciatore a Mosca , lo scisma del '48 non è stato mai assolto veramente dai sovietici . Allo stesso modo , nei tempi delle guerre di religione in Europa , nessun compromesso poteva far dimenticare i dissidi originari che avevano suscitato decenni di conflitti e stragi . Tuttora non si sa quanti furono , da Sofia a Praga e da Budapest a Varsavia , i sospetti di titoismo fucilati negli ultimi anni di Stalin , o i seguaci del Cominform fucilati in Jugoslavia . I sovietici non hanno mai rinunciato a immaginare che senza lo scisma e l ' asilo eretico della Jugoslavia non avrebbero dovuto fronteggiare i moti polacchi , la rivolta ungherese , il revisionismo cecoslovacco , il separatismo romeno . E così oggi , mentre comincia la seconda guerra fredda , non rinunciano a pensare che la condanna dell ' intervento in Afghanistan non sarebbe stata votata da 104 nazioni dell ' ONU senza il pronunciamento della Jugoslavia e la sua influenza nel Terzo Mondo . Prima o poi , nessuno a Belgrado ne dubita , l ' URSS tenterà il recupero della Jugoslavia , focolaio d ' ogni dissidenza per il mondo sovietico e base di transito d ' un possibile sbocco nel Mediterraneo . La riconquista non avverrà necessariamente secondo lo scenario della Cecoslovacchia , poiché un ' invasione potrebbe rinsaldare la coesione anziché far leva sulle discordie . Questo teatro naturale di guerriglia fra le montagne di Serbia e Croazia non è la Cecoslovacchia , né lo sperduto Afghanistan . « I nostri otto milioni di guerriglieri territoriali » ricordava il generale Stev Ilic , dirigente della scuola di guerra « possono equivalere a una bomba atomica . » L ' intervento potrebbe passare « sotto » le frontiere più facilmente che « sopra » , utilizzando le contraddizioni fra le sei repubbliche e le due province autonome della Serbia . Come programma minimo , la destabilizzazione del federalismo jugoslavo sarebbe rivolta a instaurare due sfere d ' interessi , il Sud fino al Basso Adriatico quale zona d ' influenza sovietica e il Nord quale zona d ' influenza occidentale , il resto dello scenario sarebbe affidato alle svalutazioni del dinaro , alle manovre del KGB di Jurij Andropov , alla « crisi epocale » dell ' Occidente . Insomma sono passati gli Zar , Lenin , Stalin , Kruscev , Breznev , e ancora una volta i « grandi russi » premono sulla Serbia . Continuità o stabilità ? Finora il confine tra l ' Ovest e l ' Est non è a Muggia , ma sul Danubio . Mentre in massima parte le importazioni jugoslave di macchinari industriali provengono dalla CEE e un milione sui ventidue milioni di jugoslavi sono emigrati nella CEE , la Repubblica federativa gravita verso l ' Europa occidentale . I successori di Tito affermano che niente potrà cambiare . Ma da vent ' anni a Belgrado ricorre anche il detto : « Solo un ingenuo può fare domande sul " dopo Tito " , e solo un pazzo potrebbe rispondere » . Quanto maggiori sono le pubbliche rassicurazioni , tanto più numerose le incognite . È certo solo che se l ' ipotesi della destabilizzazione dovesse prevalere , in Italia avremmo ciò che si chiama « una poltrona di prima fila per il prossimo dramma della storia » .
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Con Musacchio , nello studio del ministro dell ' Economia Nazionale . Il sen . Corbino è un illustre studioso dei problemi idroelettrici e si comincia a parlare del disastro di Val di Scalve . È stata un ' orribile sciagura che ha colpito una delle più operose popolazioni italiane . Per ora non è possibile dir niente sulle cause che hanno determinato il disastro . Ma è certo che se responsabilità saranno accertate dall ' inchiesta subito disposta dal Governo , dovranno essere immediatamente e severamente punite . A proposito del trattato di commercio colla Russia , a che punto sono le trattative ? L ' attività del Governo , nella stipulazione di trattati commerciali , procede senza soste . Come è noto , la Camera ha già approvato i contratti con la Svizzera e l ' Austria e le convenzioni con la Russia . Dopo le importanti dichiarazioni del Presidente del Consiglio , sono in corso trattative con i rappresentanti della Repubblica del Soviety . E su queste , come il signor Jordowski ha dichiarato che sarebbe imprudente ogni dichiarazione a trattative aperte , devo riconoscere anch ' io che sarebbe assai inopportuno discutere . Ciò che importa , è che sia stata eliminata la pregiudiziale politica e che , perciò , la discussione si vada svolgendo sul terreno puro e semplice della convenienza economica dei due paesi . In Russia si devono essere persuasi delle nostre buone intenzioni e della gravità degli ostacoli di carattere tecnico che sono al di sopra delle favorevoli disposizioni dei contraenti . Si saranno anche persuasi che al desiderio vivo che il Governo ha di concludere , non aggiunge nulla la pressione che vorrebbe esercitare una parte , se pur esigua , della Camera , e che , anzi , da questo punto di vista , qualche dichiarazione , fatta da oratori dell ' Estrema , va considerata , per lo meno , intempestiva ed imprudente . In ogni caso , quali che siano le particolari vedute , al Governo è presente solo l ' interesse del paese . Perciò , ad evitare equivoci ed illusioni , bisogna senz ' altro convincersi che i frutti di questi accordi , chi si studiano e discutono con la Russia , potranno esser goduti a lunga scadenza , poiché , nelle condizioni attuali , i traffici tra i due paesi dovranno inevitabilmente limitarsi . Comunque , quali sono i benefici che la nostra economia potrà trarre da una ripresa commerciale con la Russia ? Alcune materie prime importanti possono indubbiamente venirci dalla Russia . Ed anzi qui la ragione di preferenza deve essere soltanto economica . Per esempio , già oggi , siccome noi non imponiamo alcun dazio sul grano , in entrata , nessuno vieterebbe alla Russa , indipendentemente da qualsiasi trattato , di importarci del grano , Nessun trattato può dar più dell ' esenzione di dazio , oggi vigente . Ma , se il grano russo non costerà meno di quello americano – beninteso , valutato al porto d ' arrivo – , noi non dobbiamo nessuna ragione di non preferire quello americano al grano russo . Si può sostenere , come alcuni fanno , che convenga , anche a costo di qualche sacrificio , fabbricarci in patria il grano che ci abbisogna , considerato che , nell ' ipotesi di complicazioni internazionali , non è detto a priori che il grano russo possa giungerci più facilmente di quello di altri paesi . L ' esempio dell ' ultima guerra , colla chiusura dello Stretto dei Dardanelli lo dimostra . – E con quali argomenti si sostiene la convenienza di fabbricarci in patria il grano necessario ? – Da molti si propongono argomenti , per così dire , politici , che si riconnettono con l ' antico desiderio di rendersi indipendenti dall ' estero . Dal punto di vista puramente economico , l ' Italia non ha interesse di sostituire la produzione del grano ad altre produzioni più redditizie . Ma quando io dico più redditizie , bisogna mettere in conto , oltre all ' interesse particolare del padrone dei fondi , anche l ' interesse generale . Così se abbandonando i terreni alla produzione spontanea del pascoli , il proprietario ne trae un beneficio maggiore che non coltivandoli a grano , le leggi economiche consigliano di non favorire artificialmente la produzione meno redditizia . Ma si deve anche tener presente che la coltura a grano non solo dà dei redditi al proprietario , ma anche lavoro ai contadini . Perciò s ' impone la considerazione del reddito lordo , oltre che del reddito netto , in vista delle difficoltà che oggi si oppongono alla possibilità per i nostri lavoratori di trovare impiego nei paesi stranieri . – E , per tornare alla Russia , che cosa noi , in cambio del grano , potremo corrispondere ? – Parte della nostra produzione agricola potrebbe avere , in quei paesi , largo smercio . Ma , soprattutto , noi contiamo sulla possibilità di esportare prodotti industriali , quali macchine , tessuti , ecc . Ed è per le prime soprattutto che contiamo sulle buone disposizioni della Russia , anche perché il contatto più immediato di questo vasto paese con paesi potentemente industriali , come la Germania e la Cecoslovacchia , pone la nostra industria in evidenti condizioni di sfavore . – E per l ' invio di mano d ' opera ? – Anche questa possibilità è nei nostri desideri ; ma , per qualche tempo , sarà difficilmente realizzabile . I nostro operai sono abituati a trovare fuori della Patria degli elevati compensi economici che li confortano del distacco doloroso dalla loro terra . S ' intende , perciò , che sia da essi desiderata la emigrazione negli Stati Uniti d ' America , in parecchi Stati dell ' America del Sud , in alcuni paesi a noi confinanti e in generale dove i salari raggiungono valori elevati . Difficilmente , invece , i nostri operai si decideranno a trasportarsi in Russia dove non troverebbero , per adesso , condizioni di vita molto agevoli e dove non godrebbero , come nell ' America del Nord , della convivenza con numerosissimi connazionali , già ivi dimoranti , e che danno loro la sensazione di trovare una seconda patria . – Passando ad argomento non meno importante , che cosa può dirmi , Eccellenza , dell ' attuale situazione bancaria ? – Io mi occupo , nel mio Ministero , direttamente degli Istituti di credito che si potrebbero chiamare di assoluto riposo , come le Casse di risparmio , in quanto hanno il compito di lasciare perfettamente tranquilli i risparmiatori sulla solidarietà degli investimenti , a garanzia dei loro depositi . Il 23 prossimo avrò occasione , a Milano , di pronunciare un discorso sul credito , festeggiandosi , in quel giorno , il centenario della gloriosa e potente Cassa di Risparmio delle Province lombarde . Ma sin d ' ora posso dire che è oggetto di viva attenzione , da parte del Governo , l ' eccessivo costo in Italia del servizio bancario in genere . Per molte cause , che sarebbe lungo indicare ed esaminare , questo servizio grava un po ' troppo sull ' economia del Paese . Mentre il risparmiatore affida l ' ingente mole dei suoi depositi a un interesse mitissimo , appare , invece , eccessivamente elevato l ' onere dell ' interesse che grava sull ' industria e sul commercio per i prestiti che ottengono dalle banche . Ciò è particolarmente grave per il nostro Paese , perché la grande massa degli Italiani che lavorano e per la loro sobrietà istintiva risparmio , nonostante le difficili condizioni attuali , non ha ancora la maturità necessaria per sapere investire direttamente i propri risparmi nelle varie forme d ' investimento del capitale . L ' avversione generale del pubblico verso le società anonime non invoglia la gente ad investire in azioni il proprio danaro . Perciò il finanziamento di quasi tutte le industrie e delle società commerciali , avviene sempre con i danari dei risparmiatori , ma attraverso le Banche , visto che solo in queste i risparmiatori hanno fiducia . Si può quindi dire che in fondo le Banche esercitano una azione benefica , con la maggiore esperienza dei loro dirigenti ; esercitano quella lezione tra i diversi possibili impieghi , che i risparmiatori impreparati non saprebbero fare . Ma c ' è la contropartita . La quale consiste in un doppio inconveniente : primo che le Banche sono un po ' troppo arbitre di tutto il movimento delle industrie e dei commerci del Paese ; secondo , che il cattivo andamento di qualcuna di queste industrie , si può ripercuotere troppo potentemente sulla situazione delle Banche , dando luogo a quei tracolli , di cui abbiamo avuto qualche esempio , più o meno recente . In conclusione , si può affermare che anche in questo campo il Governo intende procedere con ogni cautela , e attenuando ogni forma di intervento antieconomico , ma non può disinteressarsi del tutto di questo formidabile problema , come accade nei paesi economicamente più evoluti del nostro .
Meraviglioso Gimondi ( Mosca Giovanni , 1965 )
StampaQuotidiana ,
Parigi , 14 luglio , notte - Bisogna tornare indietro di molti anni per vedere Parigi dominata , come oggi , dal Giro di Francia . Passati i tempi di Coppi , aveva cominciato a trascurarlo . Neppure gli arrivi di Anquetil riuscivano a riempire le strade dell ' ultima tappa e le gradinate del Parc des Princes . Il miracolo di risuscitare , non solo in Francia , ma in tutta Europa l ' entusiasmo per il ciclismo lo ha compiuto Felice Gimondi non tanto per aver costretto alla resa Raymond Poulidor , il più forte corridore dopo Anquetil , quanto per come ve lo ha costretto , meno per superiorità di muscoli che di cervello e d ' animo , il campione il cui stampo sembrava perduto , il nuovo Girardengo , il nuovo Guerra , il nuovo Coppi , il corridore che prima ancora che alla considerazione dei tecnici si impone alla simpatia e all ' intuito della folla . C ' era oggi un milione di persone lungo i quasi 38 chilometri della Versailles - Parigi , strada stretta , percorso tormentato , salite , discese e curve attraverso boschi e lungo vie e vicoli di villaggi , la gente non lasciava agli atleti che il più angusto dei corridoi , bastava il gesto d ' uno sconsiderato per mandare all ' aria il Tour de France alterandone il risultato , la più grande corsa del mondo era affidata alla certezza , da parte degli organizzatori , che non uno del milione di spettatori tradisse le regole dello sport . Monsieur Goddet ha avuto ragione , Gimondi e Motta hanno potuto correre con la stessa sicurezza di Poulidor , quando il nostro ragazzo è entrato al Parc des Princes con oltre un minuto di vantaggio sul campione francese l ' applauso dei 40 mila che gremivano la Scala del ciclismo è stato unanime . Vero è che almeno 5 mila erano italiani , e agitavano tante bandiere da sembrare che il 14 luglio non fosse più festa nazionale francese , ma nostra , ma nessuno dei 35 mila parigini ha avuto il cattivo gusto di non unirsi alla loro ammirazione per il giovanotto che il giorno in cui , arrivato al tramonto , scriverà le sue memorie potrà del Tour 1965 lapidariamente dire come Cesare « Veni , vidi , vici » , e a differenza di Cesare potrà aggiungere : « Fu la cosa più facile del mondo , un divertimento , ricordo che l ' ultima tappa la vinsi battendo Poulidor di un tempo che , modestia a parte , sarebbe riuscito difficile allo stesso Anquetil » . Noi che abbiamo passato le ore della corsa sul prato del Parc des Princes dinanzi alle lavagne sulle quali venivano via via segnati i tempi di ciascun corridore ( decimo chilometro , ventiquattresimo chilometro e tempo totale ) aggiungeremo a nostra volta che dinanzi a quelle lavagne , mischiato ai 230 inviati speciali di tutta Europa che hanno seguito il Tour c ' era Jacques Anquetil . Era pensieroso . Quando ha visto che ad ogni chilometro Gimondi si avvantaggiava regolarmente di 2 secondi , quanti , cioè , egli non è capace di portar via a Raymond , il più forte corridore del mondo ha sentito vacillare il proprio trono : la dura sconfitta inflitta a Poulidor è la preparazione a quella di Anquetil , anche per la legge dell ' età , non potrà sfuggire . È solo nelle ultime tappe che Gimondi ha acquistato la coscienza del proprio valore . Se la Versailles - Parigi fosse stata disputata a metà Tour non l ' avrebbe vinta con l ' autorità e la sicurezza dimostrate oggi , o fors ' anche l ' avrebbe perduta come perse , seppure di soli 7 secondi , all ' inizio del Tour , la « cronometro » di Chateaulin . Poi venne la « cronometro » del Revard , in salita . Due difficoltà in una corsa sola . Ma la correva un Gimondi in maglia gialla , le cui forze ingigantivano via via che le spendeva . Si rivelò arrampicatore di gran classe , e vinse la sua prima « cronometro » da professionista . Ventitré secondi di vantaggio , diventati , in questa trionfale Versailles - Parigi , un minuto e 8 , a conclusione di un Tour condotto in crescendo , con Poulidor condannato da oggi al ruolo di eterno secondo . L ' eterno secondo per eccellenza , come sapete , fu Gaetano Belloni , vittima di quel Girardengo , altro campione suscitatore di indescrivibili entusiasmi , la cui ruota gli riusciva insuperabile . I miei ricordi sportivi di gioventù sono costellati di ordini d ' arrivo i quali invariabilmente cominciavano con primo Girardengo Costante di Novi Ligure e secondo Belloni Gaetano di Pizzighettone , a una macchina . Ma Belloní , che oggi porta benissimo i suoi 72 anni , secondo solo a Girardengo che porta benissimo i suoi 73 , era un secondo che aveva avanti a sé un solo primo . Poulidor ne ha due , quell ' Anquetil che per fargli finalmente vincere un Tour è rimasto a casa , e quel Gimondi che gli ha impedito di vincerlo , e forse ne ha tre , perché fra poco dovremo aggiungere Gianni Motta , il quale oggi lo ha battuto classificandosi fra lui e Gimondi . Anche Motta è un campione di classe superiore , ma in questo Tour ha avuto la sfortuna di trovare un Gimondi che illuminando di luce riflessa solo il proprio avversario diretto , ha lasciato nell ' ombra tutti gli altri . Sentiremo presto parlare del corridorino dagli occhi celesti la cui ambizione è smisurata e il cui desiderio di rivincita è acuto come una spada . Oggi che il percorso matto della tappa era favorevole al suo estro e alla sua agilità ha tentato il colpo , ma la vittoria che s ' era ripromesso su Gimondi gli è riuscita solo su Poulidor . Questi , arrivato al Parc des Princes , dopo Motta che già si sapeva averlo battuto , e prima di Gimondi , che si sapeva essere in forte vantaggio , è stato accolto come solo il pubblico parigino sa accogliere lo sconfitto che s ' è battuto con onore . Poulidor non è mai stato un corridore simpatico , ma oggi ha avuto tanti applausi quanti mai in vita sua . C ' era più pietà che ammirazione , più affetto che entusiasmo . Il tramonto d ' un atleta mai giunto al pieno del suo meriggio . Raymond è arrivato scuro in viso avvilito . La sua è una di quelle sconfitte dalle quali non ci si risolleva . Credevamo nel successo di Felice Gimondi , ma pensavamo sarebbe stato di misura inferiore . Abbiamo avuto torto , ma la prudenza ci veniva suggerita , anzi imposta dalla sicurezza , che avrebbe potuto finire con l ' essere giudicata leggerezza , con la quale fin dal principio del Tour avevamo puntato su di lui . Non siamo dei tecnici , ma dei sentimentali . Amiamo il ciclismo , questo vecchio sport che sembrava in punto di morte , per le fatiche che esso comporta , legate all ' Italia dalla povertà e dallo spirito di sacrificio , per le sue imprese che la televisione non può tutte seguire e portarci in casa , e perciò ancora capaci di farci fantasticare , e infine per le immense feste di popolo cui dà luogo , di cui il più grande degli stadi non potrebbe contenere la decima parte . Abbiamo intuito in Gimondi una nuova forza , l ' uomo capace di ringiovanire il ciclismo e riportarlo alle folle che se ne erano allontanate . Le sue vittorie , la maglia gialla difesa contro tutti per 18 tappe , il suo impeto , la sua autorità che andavano via via crescendo trasformando , nel giro di tre settimane , un gregario in un asso , ci rallegravano e spaventavano nello stesso tempo . E se un malessere , come quello occorso a Adorni , lo avesse costretto all ' abbandono ? E se nel bel mezzo d ' una di quelle battaglie che ha tutte spavaldamente combattuto gli fossero improvvisamente venute meno le forze ? Non ha che 22 anni . Nulla di più forte e nello stesso tempo di più fragile della giovinezza . Perciò ci tenevamo prudenti e trepidavamo . Perciò quando si è saputo che dopo 7 chilometri Gimondi aveva già 10 secondi di vantaggio su Poulidor , subito ci siamo detti : « S ' avvantaggiò subito anche sul Revard , ma a metà corsa era in testa Poulidor » . Ma oggi Felice Gimondi era più forte delle nostre speranze , la sua ruota d ' oro correva oltre le promesse con le quali c ' eravamo impegnati con i lettori . Oggi Felice Gimondi ha dato la prova definitiva delle straordinarie qualità che nel suo fisico e nel suo morale avevamo indovinate . Non c ' è stato un momento nel quale si sia potuta temere la riscossa di Poulidor . In 21 tappe il francese aveva perduto un minuto e 12 secondi , nella sola ventiduesima ne ha perduti quasi altrettanti , e quasi non ci siamo accorti , presi come eravamo , dal duello che iniziatosi a Colonia ha avuto a Parigi la stoccata decisiva , quasi non ci siamo accorti di Gianni Motta secondo per un solo mezzo minuto . Primo e secondo due italiani . Più felice conclusione il Giro di Francia non poteva avere , più meravigliosa l ' avventura parigina del ragazzo di Sedrina e di quello di Cassano d ' Adda non avrebbe potuto essere .
Tragico 18 aprile a piazza del Gesù ( Pansa Giampaolo , 1978 )
StampaQuotidiana ,
Roma . Doveva arrivare , questo 18 aprile a piazza del Gesù , ma nessuno lo immaginava così carico d ' angoscia , così straziato fra notizie vere e notizie incerte , così crudele nell ' alternarsi dei messaggi di morte e dei lampi di speranza . La prima telefonata , alle 10.30 , è di Lettieri , sottosegretario all ' Interno : c ' è l ' ultimo comunicato delle Brigate Rosse , Moro è stato assassinato . Zaccagnini ascolta , con lui c ' è soltanto Pisanu , il capo della sua segreteria politica . E noi , adesso , siamo tutti qui col taccuino in mano , a torchiare Pisanu , per sapere le solite cose inutili e un po ' feroci . Com ' era Zac ? Che cosa ha fatto Zac ? Che cosa ha mormorato Zac ? Pisanu ci fissa senza vederci , poi replica : « Zaccagnini non ha detto niente » . Subito dopo , il segretario della DC chiama gli amici che in quel momento stanno a piazza del Gesù : Bodrato , Galloni , Belci , Cavina . Ed è su di loro che cade la prima mezza conferma del Viminale : gli esperti dicono che quel foglio ricevuto dal « Messaggero » può essere autentico . È la notizia che apprendono anche Salvi e il ministro della Sanità , Tina Anselmi , accorsi dopo le prime voci . Si mette in moto un frenetico meccanismo di accertamento , e intanto l ' Anselmi corre dalla famiglia Moro . La vediamo uscire stravolta , non vuoi dir nulla , sale in silenzio su di un tassì che parte per via di Forte Trionfale . Alle 12.30 anche Zaccagnini lascia piazza del Gesù per la casa dell ' amico . E terreo , entra nell ' Alfetta e si abbandona sullo schienale , ad occhi chiusi . Con lui ci sono Salvi e il medico personale di Moro , il professor Mario Giacovazzo . Qualcuno di noi dice : « Forse il corpo è stato trovato , oppure il Viminale ha una prova che l ' assassinio è avvenuto » . In realtà , non esistono né prove né conferme . I capi democristiani che in questo tragico 18 aprile accorrono alla sede del partito , ne sanno quanto noi . Arriva Emilio Colombo e allarga le braccia in un gesto disperato : « Ho saputo soltanto che esiste un volantino » . Forlani : « Non so niente » . Rumor : « Ho ascoltato la radio e mi sono precipitato qui » . Dall ' ufficio del segretario scende Mario Segni , deputato sardo : « Non ci sono prove , ma la tendenza è di credere a quel messaggio » . Poco dopo l ' una , esce anche Evangelisti , cupo come mai l ' avevamo visto : « Abbiamo questa drammatica certezza nel cuore . Ma fino a quando i sommozzatori non saranno scesi sul fondo di quel lago , la certezza matematica non ci sarà » . Passano Andreatta e Grassini , e non domandano nulla . Trascorre un ' ora vuota . Poi Pisanu dice : « Vi ripeto che quel volantino sembra autentico . Aspettiamo un riscontro certo di questa sciagurata notizia e viviamo tutti nell ' angoscia » . Il centralino è sovraccarico di telefonate , la periferia del partito ha saputo e da tutta Italia chiamano Roma . Ma Roma non è in grado di dire nulla . E nulla dice Zaccagnini al suo ritorno da casa Moro : una visita brevissima , non più di dieci minuti . Lo vediamo uscire dall ' auto un po ' barcollante e vien freddo a pensare che cosa íl segretario deve aver visto e sentito in quella casa . Come in un brutto giallo , il bianco e il nero s ' intrecciano , si sovrappongono , si annullano . Evangelisti , di ritorno da Palazzo Chigi , dice : « Il luogo indicato dal messaggio è impervio . Ci vorranno ore per raggiungerlo » . Bartolomei , il presidente dei senatori , s ' aggrappa ad una speranza : « Alla procura della Repubblica hanno dei dubbi . E se fosse soltanto una beffa crudele ? » . Evangelisti : « Dubbi ? Magari , magari » . Piccoli : « Il volantino sembra autentico . Gli elicotteri sono sul posto , ma c ' è molta neve e non possono atterrare accanto al lago » . La stessa notizia ci dà alle 14.30 , Andreotti : « Sarà un lavoro di ricerca piuttosto lungo » . Si rifiuta di rispondere ad altre domande e sale nell ' ufficio di Zac . Due minuti dopo , entrano a piazza del Gesù Berlinguer e Chiaromonte . Al secondo piano , c ' è un incontro fra gli esponenti comunisti e Andreotti , Galloni e il segretario democristiano . Il colloquio dura una ventina di minuti , poi il segretario del PCI ridiscende . Dice : « Siamo venuti qui a portare la nostra solidarietà a Zaccagnini e alla DC » . Poi , con Chiaromonte , si fa largo tra la gente e s ' incammina per via d ' Aracoeli , diretto alle vicinissime Botteghe Oscure . Cinque uomini del servizio d ' ordine comunista lo circondano e lo accompagnano , passo dopo passo . Inutile fare altre domande . Il viso di Berlinguer è una maschera tesa , silenziosa . Il pomeriggio si consuma senza novità . Il lago della Duchessa sembra un posto lontanissimo e irraggiungibile . Vito Napoli deputato della Calabria , mormora : « Non facciamoci illusioni . Moro è lassù ed è morto . Qui non c ' è aria di scoramento , ma dolore e rabbia , questo sì » . Evangelisti : « Mago è gelato e le ricerche sono difficili » . Da casa Moro rientra l ' Anselmi e passa tra la gente piangendo . Poco prima delle 17 , un portavoce della segreteria dice : « Sin a questo momento , piazza del Gesù non ha la certezza che Moro sia morto » . Non è possibile che il volantino sia un diversivo delle Brigate Rosse per potere « operare » con calma in un ' altra zona ? « È un ' ipotesi . Ma che cosa possiamo saperne ? » Pisanu riferisce di una telefonata del vicesegretario Gaspari , da due ore sul luogo indicato nel messaggio : « La lastra di ghiaccio che copre il lago sembra intatta , e non presenta gibbosità . Sembra da escludere che un corpo di un certo peso possa esservi stato gettato fra ieri e oggi » . Le stesse cose Zaccagnini dice a La Malfa e al segretario repubblicano Biasini che in quel momento arrivano alla sede DC . E poco dopo , questo 18 aprile ci offre una delle immagini più laceranti : il vecchio La Malfa , vestito di nero , magrissimo , sparuto , gli occhi dilatati , che piange . « Nessun commento » mormora . « Soltanto angoscia e attesa . » Poi , duro : « È un momento di estrema gravità . E a mio giudizio questa situazione , sin dal primo istante , è stata presa troppo alla leggera » . A spallate , due agenti di polizia in tuta gli fanno strada tra la folla che ormai occupa piazza del Gesù . Il traffico sembra impazzito . Paurosi ingorghi stradali bloccano il centro . Roma si avvia ad una sera fra le più tragiche . Una donna grida a Forlani : « Fate una legge forte , che noi vi appoggiamo ! » . Sul fianco del palazzo , sfilano pullman di turisti stranieri che guardano senza capire . Tutt ' intorno , nel triangolo fra piazza Venezia , il Senato e Montecitorio sono comparse pattuglie di agenti e carabinieri anche in luoghi prima d ' ora mai presidiati . Verso le 19 , entrano a palazzo del Gesù Craxi e Signorile . E mentre i due esponenti socialisti vanno a colloquio con Zaccagnini , Pisanu annuncia che tutti i comitati provinciali e le sezioni della DC sono convocati nelle loro sedi per le 21.30 . Un comunicato dice : « Nell ' assoluta incertezza sulla sorte di Moro , non verrà promossa alcuna manifestazione pubblica . La direzione della DC ritiene non del tutto esaurito il tenue filo di speranza per la vita del suo presidente » .