StampaQuotidiana ,
Gerusalemme
,
19
.
L
'
incontro
impossibile
è
avvenuto
.
L
'
egiziano
Sadat
ha
lasciato
per
davvero
le
sponde
del
Nilo
per
stringere
la
mano
all
'
israeliano
Begin
.
Il
capo
di
una
nazione
araba
ha
messo
piede
per
la
prima
volta
sul
territorio
dello
Stato
ebraico
.
È
accaduto
alle
18.59
(
ora
italiana
)
di
stasera
all
'
aeroporto
di
Tel
Aviv
presidiato
dall
'
esercito
,
illuminato
dai
riflettori
,
tra
i
suoni
delle
fanfare
e
le
salve
di
cannone
.
Affiancati
l
'
uno
all
'
altro
,
quasi
a
sfiorarsi
,
il
volto
color
cuoio
del
presidente
egiziano
,
figlio
di
un
arabo
e
d
'
una
nubiana
,
e
quello
asciutto
,
leggermente
abbronzato
,
del
primo
ministro
israeliano
,
nato
in
una
famiglia
askenazi
di
Brest
-
Litwosk
,
sono
rimbalzati
in
milioni
di
case
arabe
e
musulmane
,
sui
teleschermi
,
accendendo
speranze
e
timori
.
Perché
da
quest
'
appuntamento
precipitoso
e
al
tempo
stesso
solenne
può
infatti
nascere
una
pace
inedita
,
o
una
nuova
tragedia
.
Ai
piedi
della
scaletta
dell
'
aereo
presidenziale
,
Sadat
è
stato
accolto
dal
capo
dello
Stato
Ephraim
Katzir
e
da
Begin
.
I
tre
si
sono
stretti
la
mano
,
quindi
-
mentre
la
banda
intonava
gli
inni
dei
due
paesi
-
hanno
passato
in
rassegna
la
guardia
d
'
onore
.
Sadat
aveva
il
viso
grave
,
ma
subito
dopo
l
'
atmosfera
s
'
è
fatta
più
distesa
.
Il
Rais
ha
chiesto
di
Ariel
Sharon
(
il
generale
che
nel
'73
circondò
la
Terza
armata
egiziana
)
,
e
quando
questi
s
'
è
fatto
avanti
gli
ha
stretto
la
mano
.
Altre
strette
di
mano
con
Dayan
,
con
Golda
Meir
,
con
Eban
,
quindi
Sadat
e
Begin
hanno
preso
posto
nell
'
automobile
che
li
ha
condotti
a
Gerusalemme
.
Il
dialogo
era
cominciato
.
Il
cronista
stenta
a
distinguere
tra
gli
appunti
,
le
dichiarazioni
e
le
emozioni
,
le
incertezze
e
i
miraggi
degli
uni
e
degli
altri
.
L
'
impazienza
è
unanime
,
mentre
viene
annunciato
il
decollo
dell
'
aereo
dal
territorio
egiziano
.
I
minuti
scanditi
sulla
pista
d
'
arrivo
a
Tel
Aviv
nell
'
attesa
che
il
jet
di
Sadat
giunga
a
portata
dei
riflettori
.
I
dubbi
e
i
trionfalismi
.
I
sorprendenti
discorsi
sulla
«
tradizionale
fraternità
giudeo
-
araba
»
.
L
'
amico
egiziano
euforico
e
poi
smarrito
che
dice
:
«
La
pace
è
a
portata
di
mano
.
Ma
come
raggiungerla
?
»
.
L
'
amico
israeliano
che
sogna
già
«
un
'
alleanza
Egitto
-
Israele
,
capace
di
colmare
il
vuoto
lasciato
dal
crollo
dell
'
impero
ottomano
settant
'
anni
fa
»
.
È
la
tristezza
,
le
perplessità
degli
arabi
dei
territori
occupati
che
denunciano
il
tradimento
e
al
tempo
stesso
sognano
,
come
gli
altri
,
la
pace
.
Infine
lo
sportello
che
si
spalanca
.
La
sfida
di
Sadat
comincia
.
Prima
di
ritirarsi
nell
'
appartamento
reale
dell
'
hotel
King
David
,
dove
dormì
Richard
Nixon
,
il
presidente
egiziano
ha
già
avuto
un
primo
colloquio
con
Begin
.
Essi
tentano
con
impazienza
,
senza
aspettare
,
le
prime
analisi
.
Non
vi
è
alcun
dubbio
che
Sadat
,
domani
,
davanti
al
Parlamento
d
'
Israele
,
chiederà
il
ritiro
totale
degli
israeliani
dai
territori
occupati
nel
1967
,
durante
la
Guerra
dei
sei
giorni
.
Cosa
potrà
promettere
Begin
in
cambio
per
non
ferire
irrimediabilmente
l
'
insperato
interlocutore
arabo
?
Lasciarlo
partire
a
mani
vuote
sarebbe
condannarlo
politicamente
a
morte
.
Forse
negoziati
per
il
Sinai
o
per
il
Golan
.
Ma
la
Cisgiordania
,
necessaria
per
risolvere
il
dramma
palestinese
,
sembra
irrinunciabile
per
Gerusalemme
.
Carter
ha
telefonato
più
volte
in
questi
giorni
a
Sadat
e
a
Begin
per
raccomandare
la
prudenza
.
E
non
ha
risparmiato
i
consigli
:
niente
intese
separate
,
non
escludere
del
tutto
i
sovietici
senza
i
quali
nulla
può
essere
risolto
stabilmente
,
attenzione
ai
palestinesi
che
costituiscono
una
carica
esplosiva
impossibile
da
disinnescare
.
La
natura
dei
due
uomini
,
Sadat
e
Begin
,
e
le
trasformazioni
che
essi
hanno
attuato
nei
rispettivi
paesi
hanno
contribuito
a
rendere
possibile
quest
'
incontro
.
I
loro
predecessori
rappresentavano
quasi
religiosamente
storie
inconciliabili
.
Erano
appesantiti
da
carismi
diversi
per
origine
e
specie
.
Gamal
Nasser
era
prigioniero
di
un
socialismo
panarabo
puritano
,
era
ingabbiato
in
un
dogmatismo
al
quale
non
sfuggivano
neppure
Golda
Meir
,
sionista
vincolata
ai
principi
socialdemocratici
mitteleuropei
,
e
chi
poi
occupò
la
sua
poltrona
di
primo
ministro
a
Gerusalemme
.
Hanno
molti
più
punti
in
comune
i
nazionalismi
meno
sofisticati
e
quindi
più
pragmatisti
di
Menahem
Begin
,
ex
terrorista
dell
'
Irgun
e
sostenitore
del
«
grande
Israele
»
,
e
di
Anuar
Sadat
,
ufficiale
musulmano
e
repubblicano
che
quasi
svenne
per
l
'
emozione
nel
1952
,
accompagnando
il
destituito
monarca
Faruk
sulla
nave
dell
'
esilio
.
Anzitutto
Sadat
e
Begin
hanno
demolito
in
gran
fretta
le
istituzioni
o
i
sogni
socialisti
che
ancora
sopravvivevano
nelle
loro
capitali
.
Il
nazionalismo
grezzo
che
li
anima
rende
possibile
un
dialogo
su
basi
irrazionali
,
che
i
loro
predecessori
respingevano
a
priori
.
Nella
storia
contemporanea
non
era
mai
accaduto
che
il
capo
di
una
nazione
,
senza
aver
posto
fine
allo
stato
di
guerra
,
visitasse
ufficialmente
il
nemico
tra
suoni
di
fanfare
e
discorsi
fraterni
.
E
questo
è
già
paradossale
.
È
un
gesto
riassunto
in
un
'
ingenua
scritta
araba
ben
visibile
su
un
muro
della
vecchia
Gerusalemme
:
«
Evviva
Sadat
messaggero
di
pace
e
dio
della
guerra
»
.
È
un
gesto
al
tempo
stesso
drammatico
e
disperato
.
Israele
in
queste
ore
esulta
ma
trattiene
anche
il
respiro
non
riuscendo
a
capire
quel
che
accadrà
nell
'
immediato
futuro
,
una
volta
partito
Sadat
.
Sente
il
brontolio
del
mondo
arabo
in
preda
a
convulsioni
,
forse
meno
gravi
del
previsto
ma
suscettibili
di
deflagrazioni
delle
quali
è
difficile
oggi
immaginare
le
dimensioni
.
Questi
sentimenti
contraddittori
sono
palpabili
nei
territori
occupati
,
nella
Cisgiordania
che
il
primo
ministro
Begin
chiama
Giudea
e
Samaria
,
considerandole
biblicamente
province
dello
Stato
ebraico
.
Anche
là
,
come
a
Tripoli
e
a
Damasco
,
ma
sottovoce
,
Sadat
viene
accusato
di
spezzare
il
fronte
arabo
e
molti
sindaci
cristiani
e
musulmani
si
asterranno
domani
dal
rendere
omaggio
al
presidente
egiziano
,
davanti
alla
moschea
di
Al
Aqsa
,
dove
si
recherà
per
la
preghiera
di
primo
mattino
.
I
sindaci
musulmani
o
cristiano
-
progressisti
festeggeranno
la
ricorrenza
del
«
sacrificio
»
di
Abramo
nelle
loro
città
con
ufficiale
mestizia
.
Ma
l
'
ordine
di
sciopero
,
lanciato
dalle
massime
organizzazioni
palestinesi
è
rimasto
inascoltato
,
le
botteghe
si
sono
aperte
stamane
come
al
solito
e
non
soltanto
perché
le
autorità
di
Gerusalemme
avevano
minacciato
le
abituali
sanzioni
contro
i
commercianti
insubordinati
.
Mi
ha
detto
con
severa
tristezza
un
esponente
palestinese
:
«
Anche
noi
vogliamo
la
pace
come
Sadat
,
ma
non
al
prezzo
richiesto
dai
suoi
amici
israeliani
»
.
E
dalle
sue
parole
trapelava
un
'
emozione
in
cui
non
c
'
era
soltanto
lo
sdegno
dei
manifesti
clandestini
.
Affiorava
anche
una
certa
speranza
.
«
Sadat
osa
molto
.
Chissà
dove
vuole
arrivare
»
.
StampaQuotidiana ,
In
un
salottino
dell
'
Excelsior
,
Guglielmo
Marconi
,
che
serba
una
mirabile
vivacità
giovanile
,
ha
consentito
a
parlarmi
delle
sempre
più
vaste
applicazioni
che
la
radiotelegrafia
va
realizzando
.
Ormai
mi
comincia
a
dire
quest
'
Italiano
veramente
illustre
che
rappresenta
la
inesauribile
genialità
della
nostra
stirpe
ormai
le
diffidenze
sono
completamente
cadute
.
Dovunque
,
e
specie
in
Inghilterra
,
i
fatti
si
sono
imposti
:
ed
oggi
è
la
stessa
opinione
pubblica
che
reclama
di
trarre
presto
e
compiutamente
profitto
dagli
indiscutibili
risultati
conseguiti
dalla
radiotelegrafia
.
Le
grandi
colonie
inglesi
e
prima
tra
questa
il
Canada
hanno
stipulato
convenzioni
importantissime
con
le
Compagnie
da
me
presiedute
.
Ed
anche
qui
i
risultati
sono
stati
più
che
soddisfacenti
perché
i
Primi
Ministri
dei
Dominios
hanno
espresso
il
voto
che
la
grande
rete
radiotelegrafica
imperiale
che
dovrà
avviluppare
il
globo
sia
completata
al
più
presto
.
Sicché
il
suo
programma
mondiale
si
va
attuando
?
Ecco
.
Il
Governo
inglese
,
dopo
aver
constatato
l
'
efficienza
dei
servizi
da
me
stabiliti
da
qualche
anno
fra
l
'
Inghilterra
e
l
'
America
,
ha
espresso
l
'
intenzione
di
iniziare
un
servizio
semistatale
d
'
accordo
con
la
mia
Compagnia
.
Ed
ha
proposto
di
destinare
al
servizio
di
Stato
,
i
collegamenti
radiotelegrafici
con
l
'
Europa
,
l
'
Egitto
,
il
Sud
Africa
e
il
Canada
,
desiderando
di
accordare
nuove
concessioni
alla
Compagnia
Marconi
per
l
'
America
del
Nord
e
del
Sud
,
le
Indie
,
l
'
Australia
e
per
tutti
gli
altri
paesi
.
Un
vasto
disegno
che
senz
'
altro
si
può
chiamare
mondiale
.
Quale
sistema
verrebbe
impiegato
nella
rete
imperiale
inglese
?
Come
è
noto
,
una
Commissione
tecnica
nominata
dal
Governo
inglese
due
anni
or
sono
,
suggerì
,
dopo
lunghe
pratiche
e
laboriosi
studi
l
'
adozione
del
mio
sistema
a
valvola
termoionica
.
Da
allora
in
poi
questo
sistema
si
è
ancora
più
perfezionato
e
certamente
sarà
impiegato
per
la
rete
mondiale
.
Quali
vantaggi
offre
questo
sistema
rispetto
agli
altri
attualmente
in
uso
?
I
vantaggi
sono
diversi
ed
importanti
.
Le
citerò
i
principali
:
1
.
grande
costanza
nella
frequenza
delle
oscillazioni
elettriche
prodotte
e
quindi
grande
regolarità
nel
servizio
;
2
.
grande
flessibilità
nel
variare
la
lunghezza
d
'
onda
;
3
.
minimo
consumo
di
energia
;
4
.
semplicità
di
impiego
e
facilità
di
riparazione
;
5
.
adattabilità
del
sistema
all
'
uso
di
onde
molto
corte
,
ciò
che
non
può
essere
ottenuto
con
gli
alternatori
.
A
proposito
di
onde
corte
si
è
parlato
molto
alcuni
mesi
or
sono
di
una
Sua
nuova
invenzione
.
Può
dirmi
qualche
cosa
?
Non
posso
dare
molti
dettagli
per
ragioni
che
saprà
facilmente
comprendere
;
posso
solo
dichiarare
che
,
con
un
centesimo
della
potenza
impiegata
nei
sistemi
attualmente
in
uso
sono
riuscito
a
corrispondere
regolarmente
fra
l
'
Inghilterra
e
le
isole
del
Capoverde
(5.000
chilometri
di
distanza
)
.
Ora
sto
completando
due
impianti
con
questo
nuovo
sistema
:
uno
in
Inghilterra
ed
uno
in
America
per
il
servizio
transatlantico
.
Per
il
collaudo
di
questi
due
impianti
partirò
prossimamente
per
l
'
America
.
Quali
altri
vantaggi
oltre
quelli
importanti
di
risparmio
di
energia
offre
il
nuovo
sistema
?
Esso
concentra
l
'
irradiazione
dell
'
energia
in
un
dato
settore
,
in
modo
che
non
solo
il
rendimento
delle
stazioni
è
molto
maggiore
ma
viene
anche
assicurato
il
segreto
telegrafico
,
entro
limiti
molto
elevati
.
Inoltre
con
questo
nuovo
sistema
si
può
raggiungere
una
velocità
di
trasmissione
altissima
.
Una
conseguenza
pratica
indiscutibile
è
che
si
potrà
ottenere
di
ridurre
enormemente
le
tariffe
radiotelegrafiche
a
vantaggio
del
pubblico
.
Ed
è
questo
il
maggiore
risultato
che
io
mi
sono
proposto
di
conseguire
a
beneficio
delle
comunicazioni
rapide
fra
le
genti
.
E
negli
altri
Paesi
,
oltre
l
'
Inghilterra
,
come
si
sviluppa
il
suo
lavoro
?
Bene
.
La
mole
degli
impianti
da
eseguire
è
quasi
superiore
al
tempo
accordato
.
Così
per
esempio
è
stata
conclusa
una
importate
convenzione
con
il
Portogallo
per
l
'
impianto
di
una
intera
rete
radiotelegrafica
che
comprende
buona
parte
del
globo
che
va
da
Lisbona
alla
Isole
Azzorre
,
alle
Isole
del
Capoverde
,
all
'
Angola
,
al
Mozambico
,
a
Goa
in
India
,
a
Timor
in
Oceania
,
a
Macao
in
Cina
.
Tale
convenzione
comprende
il
monopolio
esclusivo
per
quarant
'
anni
,
ed
è
stata
conclusa
dopo
accurati
confronti
e
dopo
minuti
esami
fatti
da
una
Commissione
tecnica
di
ufficiali
della
marina
portoghese
.
La
rete
radiotelegrafica
del
mio
sistema
stabilito
nell
'
Europa
Meridionale
comprende
oltre
il
Portogallo
anche
la
Spagna
dove
,
sotto
gli
auspici
del
Re
Alfonso
che
mi
onora
spesso
di
una
sua
visita
sul
mio
yacht
,
è
stata
accordata
una
concessione
per
venti
anni
ad
una
Società
spagnuola
da
me
presieduta
.
La
stessa
Svizzera
malgrado
la
forte
influenza
dell
'
industria
tedesca
,
ha
desiderato
avere
a
Berna
una
mia
grande
stazione
che
fa
un
ottimo
servizio
ad
alta
velocità
con
le
principali
capitali
dell
'
Europa
e
serve
anche
spesso
le
Banche
italiane
di
Milano
che
ne
hanno
constatato
tutta
la
rapidità
.
Quasi
tutti
i
paesi
balcanici
hanno
adottato
il
mio
sistema
,
per
modo
che
posso
dire
che
gli
Stati
che
circondano
l
'
Italia
si
sono
intesi
con
me
per
lo
sviluppo
dei
loro
servizi
radiotelegrafici
pubblici
.
Anche
Fiume
aprirà
la
sua
stazione
al
servizio
pubblico
lunedì
venturo
.
E
in
Italia
quale
è
il
suo
lavoro
?
Marconi
non
mi
ha
risposto
ed
ha
preferito
parlarmi
del
famoso
servizio
radiotelegrafico
del
broadcasting
,
che
in
Italia
chiamano
delle
audizioni
circolari
.
È
un
servizio
di
una
importanza
enorme
,
che
va
assumendo
in
Inghilterra
,
in
America
e
recentemente
anche
nella
Spagna
,
nella
Svizzera
,
in
Francia
e
in
Germania
un
grande
sviluppo
.
In
Inghilterra
si
calcola
che
esistono
500
mila
apprendisti
.
Il
suo
impiego
avrà
un
effetto
pari
a
quello
che
ha
avuto
l
'
invenzione
della
stampa
.
Per
suo
mezzo
la
voce
umana
viene
portata
in
modo
limpidissimo
attraverso
terre
e
mari
ed
è
udita
contemporaneamente
da
migliaia
di
persone
.
Nel
«
Times
»
del
25
ottobre
era
pubblicato
un
importante
articolo
sotto
il
titolo
«
Il
Broadcasting
nella
politica
»
che
descrive
l
'
enorme
effetto
prodotto
dalla
trasmissione
radiotelefonica
del
primo
Ministro
dal
Sud
Africa
.
Il
poter
sentire
in
qualunque
angolo
di
una
grande
Nazione
la
voce
dei
suoi
uomini
politici
più
autorevoli
;
il
poterne
ascoltare
le
inflessioni
e
le
particolari
intonazioni
ha
un
effetto
politico
di
una
importanza
tale
da
rendere
questa
nuova
applicazione
della
radiotelefonia
un
mezzo
potentissimo
di
influenza
,
di
persuasione
e
di
affratellamento
della
gente
.
Gli
apparecchi
ricevitori
del
«
broadcasting
»
sono
assai
semplici
:
richiedono
pochissima
materia
prima
e
molta
mano
d
'
opera
,
e
sarebbero
perciò
specialmente
adatti
per
l
'
industria
italiana
.
Ma
per
quanto
il
«
broadcasting
»
si
è
diffuso
all
'
estero
da
circa
tre
anni
,
non
esiste
ancora
in
Italia
.
Non
credo
che
siano
mancate
iniziative
anche
in
Italia
ma
ritengo
che
in
Italia
si
sia
troppo
guidati
da
preoccupazioni
fiscali
che
arrestano
lo
sviluppo
di
nuove
iniziative
.
Quali
servizi
a
suo
parere
esistono
in
Italia
paragonabili
a
quelli
esistenti
all
'
estero
?
Ritengo
che
i
servizi
radiotelegrafici
fra
l
'
Italia
e
le
nostre
colonie
siano
soddisfacenti
e
che
i
servizi
della
Marina
Mercantile
non
siano
affatto
inferiori
a
quelli
stabiliti
all
'
estero
.
Rimarrà
in
Italia
ancora
per
qualche
tempo
?
No
...
Non
ritengo
che
la
mia
presenza
qui
sia
necessaria
.
Io
credo
di
aver
fatto
per
l
'
Italia
quanto
ho
potuto
in
ogni
campo
e
son
sempre
disposto
a
facilitare
lo
sviluppo
dei
servizi
a
vantaggio
della
difesa
nazionale
.
Ogni
qualvolta
siano
in
giuoco
gli
interessi
della
mia
Patria
io
non
mancherò
.
La
devozione
all
'
Italia
non
ha
avuto
mai
interesse
.
E
credo
con
tutte
le
mie
forze
ai
suoi
grandi
destini
.
L
'
interessante
conversazione
è
finita
.
E
mi
congedo
ammirato
,
da
questo
grande
Italiano
che
non
ha
altro
orgoglio
ed
altra
ambizione
che
di
servire
umilmente
il
suo
Paese
.
StampaQuotidiana ,
GROSSETO
,
novembre
-
La
scoperta
della
provincia
è
stata
,
in
questo
dopoguerra
,
uno
dei
temi
scelti
dalla
nostra
cultura
viva
:
e
pareva
che
un
approfondimento
di
ricerca
nell
'
Italia
periferica
e
negletta
fosse
,
oltre
tutto
,
l
'
unico
modo
di
uscire
dal
provincialismo
(
magari
pariginizzante
)
che
ci
aveva
mortificato
,
nel
ventennio
,
ma
forse
sempre
.
Il
cinema
neorealista
,
ed
in
misura
non
piccola
,
ha
fatto
questo
;
ha
fatto
questo
una
parte
non
trascurabile
della
nostra
narrativa
,
specialmente
quella
giovane
(
diciamo
,
per
far
dei
nomi
,
Levi
,
Pratolini
,
Jovine
,
Rea
)
.
Ma
anche
i
giornali
quotidiani
e
rotocalco
,
pur
con
vario
e
non
sempre
lodevole
intento
,
hanno
assunto
una
loro
parte
,
per
niente
trascurabile
,
in
questa
«
scoperta
»
della
provincia
e
non
è
raro
,
oggi
,
leggere
«
servizi
»
,
anche
illustrati
,
nei
quali
si
«
scopre
»
una
città
,
un
villaggio
,
un
lembo
d
'
Italia
,
insomma
.
In
questa
direzione
anche
la
Maremma
ha
avuto
i
suoi
«
scopritori
»
,
che
di
solito
però
han
seguito
itinerari
suggeriti
dalla
tradizione
:
gli
etruschi
,
per
esempio
,
od
i
butteri
,
o
i
cinghiali
.
Ma
non
pare
che
sia
questa
la
strada
più
sicura
per
intendere
davvero
la
Maremma
.
Gli
etruschi
sono
un
tema
allettante
(
oltre
che
per
gli
archeologi
seri
,
s
'
intende
)
solo
per
chi
vuol
trastullarsi
coi
fumosi
e
dilettanteschi
idoli
della
origine
illustre
,
i
butteri
non
esistono
più
da
quando
in
Maremma
si
è
iniziato
l
'
appoderamento
e
son
scomparsi
di
conseguenza
i
larghi
spazi
a
pascolo
;
i
cinghiali
,
ed
in
genere
la
caccia
,
fanno
parte
di
un
fenomeno
domestico
,
ormai
,
e
si
trovano
solo
in
bandita
.
La
cerchia
delle
mura
Grosseto
,
in
breve
,
non
è
questo
:
e
credere
che
sia
questo
è
un
atteggiamento
di
comodo
,
conservatore
.
Grosseto
si
scopre
davvero
giungendo
dalle
alte
terre
dell
'
interno
,
per
esempio
dai
poggi
di
Scansano
,
meglio
se
d
'
autunno
inoltrato
.
Quando
si
aprono
le
nubi
un
raggio
di
sole
rivela
la
città
,
bianca
e
distesa
in
mezzo
alla
pianura
con
le
sue
strade
diritte
ad
affrontare
la
campagna
.
Il
vecchio
nucleo
urbano
si
distingue
ancora
,
chiuso
e
contorto
nella
vecchia
cerchia
delle
mura
,
che
in
questo
caso
,
più
che
a
difendere
la
città
,
pare
che
servano
,
al
contrario
,
a
difendere
proprio
la
campagna
,
contro
gli
assalti
della
città
.
La
quale
ha
ormai
rotto
le
difese
e
trabocca
e
cresce
vittoriosa
fuori
da
quei
limiti
angusti
:
eccola
là
,
a
mezza
strada
fra
Livorno
e
Roma
,
la
vera
capitale
di
questi
trecentocinquanta
chilometri
di
costa
tirrenica
.
La
stessa
sensazione
se
la
guardiamo
dall
'
interno
.
Qui
a
Grosseto
,
più
che
le
vecchie
strade
della
città
antica
,
ben
più
modeste
che
nelle
illustri
sorelle
di
Toscana
,
Firenze
,
Pisa
,
Lucca
,
ma
anche
San
Gimignano
e
Volterra
e
Massa
Marittima
,
più
che
la
stessa
città
delle
mura
,
rifatta
dai
Medici
su
resti
senesi
,
più
che
la
modernissima
cattedrale
,
più
insomma
che
tutto
quel
che
di
solito
segnalano
le
guide
turistiche
,
qui
a
Grosseto
si
«
scopre
»
davvero
la
periferia
,
dove
rinasce
appunto
quella
sensazione
di
slancio
attivo
e
di
conquista
della
città
sulla
campagna
.
In
certe
zone
della
periferia
lo
sviluppo
è
stato
così
improvviso
che
la
pur
vigile
amministrazione
democratica
della
città
non
riesce
a
tener
dentro
,
con
la
strada
e
l
'
acqua
e
la
luce
,
alle
nuove
case
,
ai
nuovi
quartieri
che
sorgono
nel
breve
volgere
d
'
una
stagione
.
Si
direbbe
quasi
che
nella
sua
vittoriosa
avanzata
contro
la
campagna
,
nel
cuore
della
campagna
,
la
città
trascuri
questi
frammenti
di
campagna
:
ha
fretta
,
e
penserà
più
tardi
a
completare
la
conquista
.
Così
sta
nascendo
,
all
'
estrema
periferia
nord
,
una
grande
arteria
che
ha
preso
il
nome
beneaugurante
di
«
Viale
della
pace
»
.
In
questo
modo
accade
a
Grosseto
di
trovarsi
di
fronte
ad
una
nuovissima
villetta
borghese
,
con
il
giardino
e
la
siepe
di
rose
,
sorta
improvvisa
in
mezzo
ad
uno
spiazzo
erboso
accanto
ad
uno
sterrato
,
ad
un
orto
;
o
un
grosso
moderno
blocco
di
case
popolari
che
sovrasta
un
antico
casolare
cadente
ed
abbandonato
(
proprio
la
«
casina
lontana
lontana
»
della
nostra
infanzia
)
tanto
che
ormai
serve
solo
ai
bambini
,
che
ci
giocano
dentro
.
Il
giorno
di
mercato
Le
case
hanno
l
'
intonaco
ancor
fresco
,
e
già
portano
visibili
i
segni
della
vita
cominciata
,
i
panni
tesi
,
le
tendine
fresche
,
un
vaso
di
gerani
,
qualche
particolare
insomma
che
già
personalizza
un
appartamento
,
una
finestra
,
un
piano
.
Ancora
la
stessa
sensazione
se
a
Grosseto
si
capita
in
un
giorno
di
mercato
,
quando
dalla
campagna
e
dalla
montagna
accorrono
venditori
e
compratori
:
il
loro
concreto
e
rapido
contrattare
nella
piazza
affollata
dice
la
vitalità
del
commercio
.
E
si
compra
,
si
vende
,
olio
,
grano
,
vino
,
legna
,
bestiame
,
macchine
agricole
,
i
prodotti
della
provincia
che
dalla
provincia
partono
per
ogni
luogo
d
'
Italia
.
Non
è
un
paese
sterile
,
questo
,
o
sfiduciato
.
Con
quarantaquattro
abitanti
per
chilometro
quadrato
,
la
Maremma
ha
fiducia
nel
proprio
avvenire
,
e
si
apre
ai
forestieri
,
li
chiama
a
lavorare
.
Anche
per
questo
la
Maremma
è
democratica
.
Non
a
caso
un
ufficiale
americano
,
che
visse
in
Maremma
durante
la
guerra
,
diceva
che
ogni
volta
,
passando
da
Grosseto
,
aveva
la
sensazione
di
trovarsi
a
casa
sua
,
a
Kansas
City
.
Non
a
caso
,
perché
davvero
Grosseto
deve
somigliare
alle
città
americane
del
tempo
dei
pionieri
,
alle
città
della
frontiera
.
Grosseto
come
Kansas
City
.
StampaQuotidiana ,
L
'
attesa
spasmodica
di
un
nuovo
comunicato
delle
BR
e
le
concitate
discussioni
su
come
ci
si
sarebbe
comportati
in
quel
caso
hanno
portato
la
stampa
a
reagire
in
modo
contraddittorio
.
C
'
è
stato
chi
non
ha
riportato
il
comunicato
,
ma
non
ha
potuto
evitare
di
pubblicizzarlo
con
titoli
a
piena
pagina
;
chi
l
'
ha
riportato
,
ma
in
caratteri
così
piccoli
da
privilegiare
solo
i
lettori
con
dieci
decimi
di
vista
(
discriminazione
inaccettabile
)
.
Quanto
al
contenuto
anche
qui
la
reazione
è
stata
imbarazzata
,
perché
tutti
si
attendevano
inconsciamente
un
testo
disseminato
di
«
ach
so
!
»
o
di
parole
con
cinque
consonanti
di
seguito
,
così
da
tradire
subito
la
mano
del
terrorista
tedesco
o
dell
'
agente
cecoslovacco
,
e
invece
ci
si
è
trovati
di
fronte
a
una
lunga
argomentazione
politica
.
Che
di
argomentazione
si
trattasse
non
è
sfuggito
a
nessuno
e
ai
più
acuti
è
apparso
anche
che
era
una
argomentazione
diretta
non
al
«
nemico
»
,
ma
agli
amici
potenziali
,
per
dimostrare
che
le
BR
non
sono
un
manipolo
di
disperati
che
menano
colpi
a
vuoto
,
ma
vanno
viste
come
l
'
avanguardia
di
un
movimento
che
si
giustifica
proprio
sullo
sfondo
della
situazione
internazionale
.
Se
così
stanno
le
cose
,
non
si
reagisce
affermando
soltanto
che
il
comunicato
è
farneticante
,
delirante
,
fumoso
,
folle
.
Esso
va
analizzato
con
calma
e
attenzione
;
solo
così
si
potrà
chiarire
dove
il
comunicato
,
che
parte
da
premesse
abbastanza
lucide
,
manifesta
la
fatale
debolezza
teorica
e
pratica
delle
BR
.
Dobbiamo
avere
il
coraggio
di
dire
che
questo
«
delirante
»
messaggio
contiene
una
premessa
molto
accettabile
e
traduce
,
sia
pure
in
modo
un
po
'
abborracciato
,
una
tesi
che
tutta
la
cultura
europea
e
americana
,
dagli
studenti
del
'68
ai
teorici
della
«
Monthly
Review
»
,
sino
ai
partiti
di
sinistra
ripetono
da
tempo
.
E
dunque
se
«
paranoia
»
c
'
è
,
non
è
nelle
premesse
ma
,
come
vedremo
,
nelle
conclusioni
pratiche
che
se
ne
traggono
.
Non
mi
pare
il
caso
di
sorridere
sul
delirio
del
cosiddetto
SIM
ovvero
Stato
Imperialistico
delle
Multinazionali
.
Magari
il
modo
in
cui
è
rappresentato
è
un
po
'
folkloristico
,
ma
nessuno
si
nasconde
che
la
politica
internazionale
planetaria
non
è
più
determinata
dai
singoli
governi
ma
appunto
da
una
rete
d
'
interessi
produttivi
(
e
chiamiamola
pure
la
rete
delle
Multinazionali
)
la
quale
decide
delle
politiche
locali
,
delle
guerre
e
delle
paci
e
-
essa
-
stabilisce
í
rapporti
tra
mondo
capitalistico
,
Cina
,
Russia
e
Terzo
Mondo
.
Caso
mai
è
interessante
che
le
BR
abbiano
abbandonato
la
loro
mitologia
alla
Walt
Disney
,
per
cui
da
una
parte
c
'
era
un
capitalista
cattivo
individuale
chiamato
Paperon
de
'
Paperoni
e
dall
'
altra
la
Banda
Bassotti
,
canagliesca
e
truffaldina
è
vero
,
ma
con
una
sua
carica
estrosa
di
simpatia
perché
svaligiava
a
suono
di
espropri
proletari
il
capitalista
avaraccio
ed
egoista
.
Il
gioco
della
Banda
Bassotti
l
'
avevano
giocato
i
tupamaros
uruguayani
,
convinti
che
i
Paperoni
del
Brasile
e
dell
'
Argentina
si
sarebbero
seccati
e
avrebbero
trasformato
l
'
Uruguay
in
un
secondo
Viet
Nam
,
mentre
i
cittadini
,
condotti
a
simpatizzare
coi
Bassotti
,
si
sarebbero
trasformati
in
tanti
vietcong
.
Il
gioco
non
è
riuscito
perché
il
Brasile
non
si
è
mosso
e
le
Multinazionali
,
che
avevano
da
produrre
e
da
vendere
nel
Cono
Sur
,
hanno
lasciato
tornare
Perón
in
Argentina
,
hanno
diviso
le
forze
rivoluzionarie
o
guerrigliere
,
hanno
permesso
che
Perón
e
i
suoi
discendenti
sprofondassero
nella
merda
fino
al
collo
,
e
a
quel
punto
i
montoneros
più
svelti
se
ne
sono
fuggiti
in
Spagna
e
i
più
idealisti
ci
hanno
rimesso
la
pelle
.
È
proprio
perché
esiste
il
potere
delle
Multinazionali
(
ci
siamo
dimenticati
del
Cile
?
)
che
l
'
idea
di
rivoluzione
alla
Che
Guevara
è
diventata
impossibile
.
Si
fa
la
rivoluzione
in
Russia
mentre
tutti
gli
Stati
europei
sono
impegnati
in
una
guerra
mondiale
;
si
organizza
la
lunga
marcia
in
Cina
quando
tutto
il
resto
del
mondo
ha
altro
a
cui
pensare
...
Ma
quando
si
vive
in
un
universo
in
cui
un
sistema
d
'
interessi
produttivi
si
avvale
dell
'
equilibrio
atomico
per
imporre
una
pace
che
fa
comodo
a
tutti
e
manda
per
il
cielo
satelliti
che
si
sorvegliano
a
vicenda
,
a
questo
punto
la
rivoluzione
nazionale
non
la
si
fa
più
,
perché
tutto
è
deciso
altrove
.
Il
compromesso
storico
da
una
parte
e
il
terrorismo
dall
'
altra
rappresentano
due
risposte
(
ovviamente
antitetiche
)
a
questa
situazione
.
L
'
idea
confusa
che
muove
il
terrorismo
è
un
principio
molto
moderno
e
molto
capitalistico
(
rispetto
a
cui
il
marxismo
classico
si
è
trovato
impreparato
)
di
Teoria
dei
Sistemi
.
I
grandi
sistemi
non
hanno
testa
,
non
hanno
protagonisti
e
non
vivono
neppure
sull
'
egoismo
individuale
.
Quindi
non
si
colpiscono
uccidendone
il
Re
,
ma
rendendoli
instabili
attraverso
gesti
di
disturbo
che
si
avvalgono
proprio
della
loro
logica
:
se
esiste
una
fabbrica
interamente
automatizzata
,
essa
non
sarà
disturbata
dalla
morte
del
padrone
ma
solo
da
una
serie
d
'
informazioni
aberranti
inserite
qua
e
là
,
che
rendano
difficile
il
lavoro
dei
computers
che
la
reggono
.
Il
terrorismo
moderno
finge
(
o
crede
)
di
avere
meditato
Marx
,
ma
in
effetti
,
anche
per
vie
indirette
,
ha
meditato
Norbert
Wiener
da
un
lato
e
la
letteratura
di
fantascienza
dall
'
altro
.
Il
problema
è
che
non
l
'
ha
meditata
abbastanza
-
né
ha
studiato
a
sufficienza
cibernetica
.
Prova
ne
sia
che
in
tutta
la
loro
propaganda
precedente
le
BR
parlavano
ancora
di
«
colpire
il
cuore
dello
Stato
»
,
coltivando
da
un
lato
la
nozione
ancora
ottocentesca
di
Stato
e
dall
'
altro
l
'
idea
che
l
'
avversario
avesse
un
cuore
o
una
testa
,
così
come
nelle
battaglie
di
un
tempo
,
se
si
riusciva
a
colpire
il
Re
,
che
cavalcava
davanti
alle
truppe
,
l
'
esercito
nemico
era
demoralizzato
e
distrutto
.
Nell
'
ultimo
volantino
le
BR
abbandonano
l
'
idea
di
cuore
,
di
Stato
,
di
capitalista
cattivo
,
di
ministro
«
boia
»
.
Adesso
l
'
avversario
è
il
sistema
delle
Multinazionali
,
di
cui
Moro
è
un
commesso
,
al
massimo
un
depositario
di
informazioni
.
Qual
è
allora
l
'
errore
di
ragionamento
(
teorico
e
pratico
)
che
a
questo
punto
commettono
le
BR
,
specie
quando
si
appellano
,
contro
la
multinazionale
del
capitale
,
alla
multinazionale
del
terrorismo
?
Prima
ingenuità
.
Una
volta
colta
l
'
idea
dei
grandi
sistemi
,
li
si
mitologizza
di
nuovo
ritenendo
che
essi
abbiano
«
piani
segreti
»
di
cui
Moro
sarebbe
uno
dei
depositari
.
In
realtà
i
grandi
sistemi
non
hanno
nulla
di
segreto
e
si
sa
benissimo
come
funzionano
.
Se
l
'
equilibrio
multinazionale
sconsiglia
la
formazione
di
un
governo
di
sinistra
in
Italia
,
è
puerile
pensare
che
si
invii
a
Moro
una
velina
in
cui
gli
si
insegna
come
sconfiggere
la
classe
operaia
.
Basta
(
si
fa
per
dire
)
provocare
qualcosa
in
Sudafrica
,
sconvolgere
il
mercato
dei
diamanti
a
Amsterdam
,
influenzare
il
corso
del
dollaro
,
ed
ecco
che
la
lira
entra
in
crisi
.
Seconda
ingenuità
.
Il
terrorismo
non
è
il
nemico
dei
grandi
sistemi
,
ne
è
al
contrario
la
contropartita
naturale
,
accettata
,
prevista
.
Il
sistema
delle
Multinazionali
non
può
vivere
in
una
economia
di
guerra
mondiale
(
e
atomica
per
giunta
)
,
ma
sa
che
non
può
nemmeno
ridurre
le
spinte
naturali
dell
'
aggressività
biologica
o
l
'
insofferenza
di
popoli
o
di
gruppi
.
Per
questo
accetta
piccole
guerre
locali
,
che
verranno
di
volta
in
volta
disciplinate
e
ridotte
da
oculati
interventi
internazionali
,
e
dall
'
altro
lato
accetta
appunto
il
terrorismo
.
Una
fabbrica
qua
,
una
fabbrica
là
,
sconvolte
da
qualche
sabotaggio
,
ma
il
sistema
può
andare
avanti
.
Un
aereo
dirottato
ogni
tanto
,
ci
perdono
per
una
settimana
le
compagnie
aeree
,
ma
in
compenso
ci
guadagnano
le
catene
giornalistiche
e
televisive
.
Inoltre
il
terrorismo
serve
a
dare
una
ragion
d
'
essere
alle
polizie
e
agli
eserciti
,
che
a
lasciarli
inoperosi
chiedono
poi
di
realizzarsi
in
qualche
conflitto
più
allargato
.
Infine
il
terrorismo
serve
a
favorire
interventi
disciplinanti
là
dove
un
eccesso
di
democrazia
rende
la
situazione
poco
governabile
.
Il
capitalista
«
nazionale
»
alla
Paperon
de
'
Paperoni
teme
la
rivolta
,
il
furto
e
la
rivoluzione
che
gli
sottraggono
i
mezzi
di
produzione
.
Il
capitalismo
moderno
,
che
investe
in
paesi
diversi
,
ha
sempre
uno
spazio
di
manovra
abbastanza
ampio
per
poter
sopportare
l
'
attacco
terroristico
in
un
punto
,
due
punti
,
tre
punti
isolati
.
Poiché
è
senza
testa
e
senza
cuore
,
il
sistema
manifesta
un
'
incredibile
capacità
di
rimarginazione
e
di
riequilibrio
.
Dovunque
venga
colpito
,
sarà
sempre
alla
sua
periferia
.
Se
poi
il
presidente
degli
industriali
tedeschi
ci
rimette
la
pelle
,
sono
incidenti
statisticamente
accettabili
,
come
la
mortalità
sulle
autostrade
.
Per
il
resto
(
e
lo
si
era
descritto
da
tempo
)
si
procede
a
una
medievalizzazione
del
territorio
,
con
castelli
fortificati
e
grandi
apparati
residenziali
con
guardie
private
e
cellule
fotoelettriche
.
L
'
unico
incidente
serio
sarebbe
un
'
insorgenza
terroristica
diffusa
su
tutto
il
territorio
mondiale
,
un
terrorismo
di
massa
(
come
le
BR
paiono
invocare
)
:
ma
il
sistema
delle
multinazionali
«
sa
»
(
per
quanto
un
sistema
possa
«
sapere
»
)
che
questa
ipotesi
è
da
escludersi
.
Il
sistema
delle
multinazionali
non
manda
i
bambini
in
miniera
:
il
terrorista
è
colui
che
non
ha
più
nulla
da
perdere
se
non
le
proprie
catene
,
ma
il
sistema
gestisce
le
cose
in
modo
che
,
salvo
gli
emarginati
inevitabili
,
tutti
gli
altri
abbiano
qualcosa
da
perdere
in
una
situazione
di
terrorismo
generalizzato
.
Sa
che
quando
il
terrorismo
,
al
di
là
di
qualche
azione
pittoresca
,
comincerà
a
rendere
troppo
inquieta
la
giornata
quotidiana
delle
masse
,
le
masse
faranno
barriera
contro
il
terrorismo
.
Che
cos
'
è
che
il
sistema
delle
multinazionali
vede
invece
di
malocchio
,
come
si
è
dimostrato
negli
ultimi
tempi
?
Che
di
colpo
,
ad
esempio
,
in
Spagna
,
in
Italia
e
in
Francia
,
vadano
al
potere
partiti
che
hanno
dietro
di
sé
le
organizzazioni
operaie
.
Per
«
corrompibili
»
che
siano
questi
partiti
,
il
giorno
che
le
organizzazioni
di
massa
metteranno
il
naso
nella
gestione
internazionale
del
capitale
,
potrebbero
sorgerne
dei
disturbi
.
Non
è
che
le
multinazionali
morirebbero
se
Marchais
andasse
al
posto
di
Giscard
,
ma
tutto
diventerebbe
più
difficile
.
È
pretestuosa
la
preoccupazione
per
cui
i
comunisti
al
potere
conoscerebbero
i
segreti
della
NATO
(
segreti
di
Pulcinella
)
:
la
vera
preoccupazione
del
sistema
delle
Multinazionali
(
e
lo
dico
con
molta
freddezza
,
non
simpatizzando
col
compromesso
storico
così
come
ci
viene
oggi
proposto
)
è
che
il
controllo
dei
partiti
popolari
disturbi
una
gestione
del
potere
che
non
può
permettersi
i
tempi
morti
delle
verifiche
alla
base
.
Il
terrorismo
invece
preoccupa
molto
meno
,
perché
delle
multinazionali
è
conseguenza
biologica
,
così
come
un
giorno
di
febbre
è
il
prezzo
ragionevole
per
un
vaccino
efficiente
.
Se
le
BR
hanno
ragione
nella
loro
analisi
di
un
governo
mondiale
delle
multinazionali
,
allora
devono
riconoscere
che
esse
,
le
BR
,
ne
sono
la
controparte
naturale
e
prevista
.
Esse
devono
riconoscere
che
stanno
recitando
un
copione
già
scritto
dai
loro
presunti
nemici
.
Invece
,
dopo
di
aver
scoperto
,
sia
pure
rozzamente
,
un
importante
principio
di
logica
dei
sistemi
,
le
BR
rispondono
con
un
romanzo
d
'
appendice
ottocentesco
fatto
di
vendicatori
e
giustizieri
bravi
e
efficienti
come
il
conte
di
Montecristo
.
Ci
sarebbe
da
ridere
,
se
questo
romanzo
non
fosse
scritto
col
sangue
.
La
lotta
è
tra
grandi
forze
,
non
tra
demoni
ed
eroi
.
Sfortunato
allora
quel
popolo
che
si
trova
tra
i
piedi
gli
«
eroi
»
,
specie
se
costoro
pensano
ancora
in
termini
religiosi
e
coinvolgono
il
popolo
nella
loro
sanguinosa
scalata
ad
un
paradiso
disabitato
.
StampaQuotidiana ,
Questa
che
oggi
appare
,
sottoscritta
eccezionalmente
da
due
firme
,
non
è
un
'
intervista
.
L
'
on
.
Mussolini
non
ama
e
non
concede
interviste
.
È
invece
il
risultato
di
circostanze
inattese
e
favorevoli
,
per
le
quali
ammessi
ambedue
dalla
singolare
cortesia
del
Presidente
del
Consiglio
parecchie
settimane
addietro
ad
un
colloquio
cordiale
ed
amichevole
,
noi
sentimmo
imperioso
il
bisogno
,
non
appena
usciti
da
Palazzo
Chigi
,
di
gettar
giù
in
furia
,
e
tuttavia
fedelmente
,
talune
delle
lucide
e
interessanti
dichiarazioni
ch
'
egli
ci
aveva
fatte
,
consentendo
ambedue
così
nel
loro
intrinseco
quanto
nel
loro
storico
valore
.
E
poi
,
come
venimmo
rileggendole
,
e
come
più
ce
ne
appariva
imponente
e
attuale
la
verità
politica
e
la
benefica
influenza
nazionale
,
decidemmo
di
inviare
all
'
on
.
Mussolini
medesimo
la
trascrizione
modesta
e
scrupolosa
di
quelle
sue
parole
,
per
vedere
se
egli
consentiva
almeno
nella
loro
fedeltà
.
E
ce
ne
venne
la
convalida
delle
cose
da
noi
trascritte
,
ma
non
l
'
autorizzazione
alla
loro
pubblicità
.
Ma
poiché
l
'
on
.
Mussolini
è
ormai
in
dominio
della
storia
,
e
poiché
questa
nostra
professione
(
della
quale
il
Duce
sente
imperiosa
nostalgia
)
non
consente
di
tener
troppo
a
lungo
nel
cassetto
documenti
così
notevoli
,
quale
diremo
così
questo
processo
verbale
di
una
elevata
conversazione
con
un
così
eccezionale
uomo
,
ci
lasciamo
oggi
cogliere
dall
'
invincibile
desiderio
di
far
conoscere
ai
nostri
lettori
alcune
idee
fondamentali
che
il
Duce
ci
espose
sulla
sua
concezione
dello
Stato
e
del
Governo
.
Andammo
,
dunque
,
a
Palazzo
Chigi
e
fummo
ammessi
,
in
quel
sobrio
e
severo
salone
ove
il
Duce
attende
alla
sua
opera
infaticabile
.
Uno
di
noi
due
,
reduce
da
un
lungo
soggiorno
all
'
estero
,
non
aveva
mai
conosciuto
né
veduto
l
'
onorevole
Mussolini
.
Gliene
derivava
dunque
e
per
quella
sua
curiosità
e
per
la
necessità
spontanea
del
raffronto
con
altri
eminenti
uomini
politici
europei
coi
quali
aveva
avuta
frequenza
,
un
vivo
bisogno
di
studio
e
di
esame
della
sua
personalità
eccezionale
.
Né
quello
di
noi
due
fu
disilluso
.
V
'
è
nell
'
on
.
Mussolini
una
fascinazione
facile
e
imperiosa
che
costantemente
sovrasta
la
rudezza
breve
del
gesto
,
dell
'
espressione
e
del
pensiero
,
onde
il
visitatore
è
insieme
di
fronte
a
lui
compreso
di
rispetto
ed
entusiasta
di
ammirazione
.
La
burocrazia
.
L
'
on
.
Mussolini
,
dopo
aver
discorso
di
altri
numerosi
argomenti
così
si
espresse
sul
problema
della
burocrazia
:
Io
sono
l
'
imperatore
dell
'
impiegati
.
È
facile
l
'
ironia
sulla
«
pratica
»
.
Ma
la
pratica
è
una
petizione
,
è
un
bisogno
,
è
una
giustizia
.
Si
dice
molto
male
della
burocrazia
.
Ma
,
la
burocrazia
è
in
molta
parte
lo
Stato
.
In
fondo
,
il
Presidente
del
Consiglio
è
colui
il
quale
si
impone
di
venire
ogni
mattina
alle
10
,
davanti
al
proprio
tavolo
e
di
studiare
e
di
controllare
le
pratiche
.
La
burocrazia
è
sempre
migliore
di
quello
che
si
dipinge
.
È
una
forza
continua
e
quotidiana
dello
Stato
che
va
sapientemente
secondata
,
con
amore
e
senza
falsi
disprezzi
.
È
come
un
motore
gigantesco
,
il
quale
nei
primi
attimi
del
suo
funzionamento
,
ha
un
suo
ritmo
regolare
e
fervido
che
è
suscettibile
di
un
improvviso
arresto
...
Allora
intervengo
io
.
Spingo
una
leva
ed
il
motore
che
si
era
arrestato
oppure
girava
a
folle
,
sotto
l
'
impulso
di
quella
leva
s
'
ingrana
e
il
ritmo
ripiglia
regolare
...
Bisogna
controllarla
,
questa
macchina
che
in
fondo
è
lo
strumento
mirabile
e
agile
attraverso
il
quale
lo
Stato
si
perpetua
e
si
realizza
.
Volete
un
esempio
?
...
Io
ho
risolto
recentemente
un
grave
problema
d
'
importanza
nazionale
qui
in
questa
stanza
.
Erano
riuniti
degli
uomini
tutti
competenti
,
tutti
in
buona
fede
,
tutti
armati
delle
loro
proprie
buone
ragioni
.
Ma
,
naturalmente
,
per
il
contrasto
di
quella
loro
competenza
e
di
quella
loro
stessa
fede
,
la
risoluzione
del
problema
,
in
una
diversa
concezione
dei
doveri
del
Governo
che
non
sia
la
mia
,
avrebbe
richiesto
tempo
sufficiente
a
ridurre
ed
eliminare
quel
contrasto
medesimo
.
Ebbene
,
che
ho
fatto
io
?
Sono
andato
a
quella
porta
che
voi
vedete
,
l
'
ho
chiusa
,
mi
sono
messa
la
chiave
in
tasca
e
ho
detto
:
«
Signori
,
voi
non
uscirete
di
qua
prima
che
il
problema
sia
risolto
...
»
.
E
in
poche
ore
si
ebbe
la
soluzione
...
Presidente
,
ma
talvolta
non
basta
l
'
imposizione
del
fare
;
occorre
la
sicurezza
di
ben
fare
...
Appunto
,
con
la
stessa
facilità
con
cui
ho
chiuso
quel
giorno
la
porta
di
quella
stanza
,
io
andrò
un
giorno
sul
posto
a
riconoscere
se
si
è
«
ben
fatto
»
...
Perché
un
mucchio
di
pietrisco
,
una
palata
di
calce
,
una
distesa
di
rotaie
,
non
rappresentano
per
me
che
il
segno
rivelatore
e
necessario
della
progressiva
elevazione
di
questo
nostro
paese
che
,
quando
avrà
la
sua
agricoltura
prospera
,
la
sua
industria
operosa
,
il
suo
traffico
sicuro
,
il
suo
sottosuolo
esplorato
,
le
sue
mille
forze
naturali
ben
dirette
e
sfruttate
,
solo
allora
avrà
acquistato
il
valore
della
sua
vita
e
il
rispetto
del
suo
destino
...
Oggi
io
sento
che
l
'
Italia
è
su
questa
via
e
che
si
spezza
una
rete
tessuta
di
menzogne
demagogiche
per
cui
era
soffocato
e
fatto
incerto
il
bisogno
e
il
desiderio
degli
uomini
al
lavoro
e
alla
valorizzazione
immediata
del
loro
lavoro
...
Funzione
storica
del
capitalismo
.
In
verità
,
presidente
,
ci
sembra
che
questa
realtà
cominci
a
farsi
strada
anche
nel
nostro
paese
e
singolare
a
dirsi
proprio
per
effetto
di
un
fenomeno
rivoluzionario
quale
fu
il
fascismo
...
Bisogna
che
l
'
Italia
rapidamente
guarisca
dalle
sue
secolari
intossicazioni
per
porsi
sul
piano
dei
grandi
paesi
.
Io
non
sono
di
coloro
i
quali
pensano
che
la
funzione
e
la
missione
storica
del
capitalismo
siano
presso
ad
esaurirsi
.
Io
sono
anzi
d
'
avviso
totalmente
opposto
.
Noi
non
siamo
ancora
nella
storia
ma
solamente
nella
preistoria
del
capitalismo
.
Quando
si
pensi
che
in
Europa
oltre
alcuni
nuclei
capitalistici
in
Inghilterra
,
in
Francia
e
in
Germania
e
con
un
po
'
di
ritardo
ancora
embrionali
in
Italia
,
esistono
regioni
immense
e
ricche
come
la
Balcania
,
come
la
Russia
,
assolutamente
estranee
ai
coefficienti
della
moderna
organizzazione
capitalista
,
è
facile
capire
come
la
vera
e
propria
storia
del
capitalismo
non
sia
ancora
incominciata
o
sia
appena
all
'
inizio
.
Ma
non
basta
.
Pensate
che
vi
sono
nuovi
continenti
che
il
capitalismo
appena
ha
lambito
.
Pensate
al
giorno
in
cui
si
potrà
traversare
a
volo
l
'
Africa
dal
Mediterraneo
alla
Colonia
del
Capo
,
al
giorno
in
cui
nella
sterminata
immensità
dell
'
Asia
saranno
territori
di
rapido
e
intenso
sfruttamento
industriale
e
commerciale
da
parte
di
questo
capitalismo
che
appena
oggi
,
come
ho
detto
,
inizia
la
sua
funzione
storica
e
inevitabile
,
ed
allora
sarà
chiaro
che
questa
potrà
maturarsi
e
svolgersi
interamente
soltanto
nel
giro
di
qualche
secolo
...
Quando
il
capitalismo
avrà
valorizzato
le
immense
possibilità
e
capacità
del
nostro
paese
,
allora
soltanto
l
'
Italia
prenderà
il
suo
posto
e
assumerà
la
sua
propria
fisionomia
nel
quadro
delle
forze
componenti
l
'
equilibrio
mondiale
.
Il
Fascismo
giudicato
all
'
estero
.
Ella
ha
ragione
,
Presidente
,
questo
fervore
mirabilmente
innovatore
del
fascismo
è
ormai
inteso
all
'
estero
.
Sicuro
.
L
'
Europa
sente
oggi
che
in
Italia
governano
uomini
di
salda
mano
e
di
sicura
volontà
.
Quando
nei
giornali
stranieri
leggo
lunghi
articoli
dedicati
al
fatto
tanto
semplice
e
tanto
spontaneo
che
l
'
on
.
Mussolini
attraversa
il
paese
volando
per
otto
ore
ininterrotte
su
un
apparecchio
,
io
mi
rendo
conto
che
quelle
cronache
significano
che
l
'
Europa
non
si
è
ancora
avvezza
a
considerare
la
possibilità
che
il
Capo
di
un
Governo
abbandoni
il
wagon
-
salon
o
la
comoda
poltrona
presidenziale
,
per
la
carlinga
disagevole
di
un
apparecchio
aereo
...
Il
fascismo
all
'
estero
ha
ancora
diffidenze
a
sinistra
e
a
destra
:
a
sinistra
perché
si
dice
antidemocratico
e
antisocialista
,
a
destra
perché
esso
è
affermazione
di
valori
nazionali
,
in
contrasto
con
altri
opposti
e
concorrenti
valori
dello
stesso
genere
.
Ma
tutto
ciò
non
dispiace
anzi
conforta
chi
avverte
che
proprio
attraverso
questa
diffidenza
per
il
sistema
politico
,
si
fa
strada
il
riconoscimento
delle
virtù
e
dei
valori
nazionali
che
il
fascismo
rappresenta
.
La
resistenza
del
Fascismo
.
E
v
'
è
certamente
chi
si
illude
sulla
sua
caducità
.
Vero
.
Le
illusioni
che
fino
a
qualche
tempo
fa
furono
alimentate
nel
nostro
Paese
,
ebbero
una
eco
anche
all
'
estero
.
E
vi
fu
chi
condivise
quelle
illusioni
e
aspettò
ingenuamente
di
ora
in
ora
l
'
aprirsi
della
crisi
.
Ma
oggi
è
facile
avvertire
dovunque
,
alla
Camera
e
fuori
della
Camera
,
la
sensazione
che
il
mio
governo
«
durerà
ben
a
lungo
»
.
Non
v
'
è
maggior
forza
per
un
Governo
che
la
sua
«
certezza
di
durare
»
.
Nulla
recide
più
i
nervi
alla
opposizione
che
questo
senso
della
ineluttabile
stabilità
di
un
Governo
.
Lasciatemi
dirvi
qualcosa
che
vi
sembrerà
singolare
:
ma
la
stessa
capacità
di
resistenza
del
bolscevismo
in
Russia
consiste
soprattutto
in
questa
determinata
sicurezza
che
è
nei
suoi
governanti
,
di
«
durare
»
e
di
resistere
...
L
'
idea
dello
Stato
.
Il
Paese
appare
già
partecipe
di
questa
necessità
...
Sì
.
Il
Fascismo
ha
suscitato
e
rivelato
questa
coscienza
nazionale
italiana
,
in
cui
è
per
la
prima
volta
implicita
l
'
idea
della
coscienza
dello
Stato
,
forte
e
sovrano
.
Risaliamo
un
poco
nella
storia
di
questa
nostra
Italia
,
la
quale
fu
dapprima
una
popolazione
e
a
poco
a
poco
si
trasformò
in
popolo
.
Allo
scoppiare
della
guerra
essa
non
tardò
a
sentirsi
Nazione
e
fu
proprio
questa
coscienza
della
Nazione
che
fece
e
vinse
il
cimento
tremendo
.
Oggi
questa
coscienza
della
Nazione
diventa
insieme
coscienza
dello
Stato
.
Che
cosa
è
infatti
lo
Stato
?
È
la
coscienza
giuridica
della
Nazione
.
Il
Fascismo
è
sorto
ad
attuare
e
realizzare
questa
necessità
nova
ed
estrema
che
istintivamente
ha
presentito
:
che
una
Nazione
tanto
è
forte
e
tanto
vale
quanto
più
è
forte
e
vale
il
suo
Stato
.
Per
questa
ragione
io
mi
sono
preoccupato
di
costituire
con
ogni
mezzo
quella
coscienza
.
Sono
gli
strumenti
attivi
dello
Stato
che
conferiscono
al
popolo
la
certezza
della
sua
solidità
.
Per
esempio
:
io
sono
il
primo
Presidente
del
Consiglio
che
si
dica
orgoglioso
di
essere
insieme
il
capo
della
polizia
.
Per
questo
io
ho
migliorato
con
ogni
cura
le
condizioni
degli
agenti
rappresentativi
della
disciplina
e
della
forza
statale
;
voglio
e
spero
di
arrivare
a
suscitare
la
stessa
convinzione
popolare
per
la
quale
ad
esempio
in
Inghilterra
il
«
policeman
»
e
lord
Curzon
possono
ad
un
certo
momento
trovarsi
allo
stesso
livello
ed
esplicare
una
funzione
ugualmente
nobile
ed
importante
.
Il
carabiniere
è
lo
strumento
formidabile
e
sicuro
attraverso
cui
in
ogni
contingenza
,
giorno
per
giorno
l
'
uomo
umile
ed
il
potente
possono
vedere
realizzato
a
beneficio
della
superiore
armonia
sociale
,
la
volontà
e
l
'
imperio
dello
Stato
.
Il
Governo
è
un
fatto
di
volontà
.
Il
Governo
è
un
fatto
di
volontà
ed
io
opero
senza
smarrire
mai
il
senso
freddo
e
preciso
della
destinazione
di
quella
volontà
.
Ecco
perché
io
non
nutro
mai
fiducia
:
ossia
non
mi
abbandono
mai
ad
una
fiducia
aprioristica
e
sentimentale
.
Dopo
aver
lungamente
vagliato
la
realtà
attraverso
un
esame
implacabile
ed
assiduo
,
allora
soltanto
io
son
capace
di
provare
la
gioia
e
l
'
orgoglio
della
fiducia
.
Il
mio
Governo
è
solido
ed
è
forte
,
non
solo
per
l
'
immensa
forza
che
attraverso
il
fascismo
lo
nutre
,
ma
soprattutto
perché
esso
sempre
più
appare
e
si
rivela
interprete
ed
esponente
di
quella
magnifica
e
giovanile
volontà
nazionale
che
volle
,
fece
,
pago
,
vinse
la
guerra
.
Il
mio
può
dirsi
veramente
Governo
Nazionale
.
Poi
il
nostro
desiderio
di
ascoltare
ancora
il
Duce
dovette
cedere
alle
imperiose
esigenze
del
suo
lavoro
.
StampaQuotidiana ,
GROSSETO
,
dicembre
-
C
'
è
un
proverbio
dell
'
Ottocento
che
dice
:
«
Per
fare
un
grossetano
,
uomo
di
Pistoia
e
donna
di
Scansano
»
.
Ed
in
realtà
Grosseto
si
è
formata
proprio
quando
uomini
di
ogni
parte
di
Toscana
sono
scesi
a
bonificare
,
a
dissodare
.
Pistoia
,
è
chiaro
,
significa
Toscana
tutta
,
e
forse
qualcosa
di
più
.
Venivano
dal
Casentino
e
da
Siena
,
dalla
val
di
Nievole
e
da
Lucca
,
dal
Valdarno
e
da
Livorno
,
ma
c
'
erano
anche
dell
'
Appennino
romagnolo
,
persino
della
Valle
padana
,
quelli
che
,
nelle
colline
della
Maremma
alta
,
con
un
termine
complessivo
e
storicamente
esatto
,
ancora
oggi
si
chiamano
«
lombardi
»
.
E
c
'
erano
abruzzesi
e
marchigiani
,
dalla
parlata
stretta
e
difficile
,
che
a
fatica
si
capivano
:
erano
pastori
,
barrocciai
,
badilanti
,
muratori
,
medici
,
preti
.
Avevano
tutti
fiducia
nell
'
avvenire
di
una
terra
che
concedeva
solo
aspra
fatica
,
disagi
,
e
la
terribile
micidiale
malaria
che
gonfia
la
milza
ed
atterra
in
poco
tempo
anche
l
'
uomo
più
robusto
:
«
Grosseto
ingrossa
,
Batignano
fa
la
mossa
,
Paganico
sotterra
l
'
osso
»
:
anche
questo
,
triste
,
è
un
proverbio
dell
'
Ottocento
.
In
Maremma
,
il
lavoro
ed
il
disagio
erano
per
tutti
,
accomunavano
tanti
,
era
difficile
che
ci
si
potesse
costituire
una
comunità
divisa
in
caste
od
in
circoli
chiusi
.
Ed
anche
il
grande
proprietario
era
come
gli
altri
,
se
non
altro
affrontava
il
caldo
e
le
zanzare
:
di
questo
,
perfino
ora
che
il
latifondista
ha
fatto
il
suo
tempo
,
resta
una
traccia
nel
costume
cittadino
,
rimasto
aperto
e
spregiudicato
.
Non
ci
sono
a
Grosseto
locali
esclusivi
,
circoli
chiusi
,
e
molto
difficilmente
prosperano
i
gruppi
di
élite
.
Qui
sono
tutti
figli
di
«
pionieri
»
,
scesi
nella
città
della
«
frontiera
»
,
quasi
per
una
battaglia
contro
il
padule
e
la
morte
.
Grosseto
come
Kansas
City
anche
in
questo
senso
,
insomma
.
Gli
storici
eruditi
ed
i
fanatici
delle
tradizioni
locali
(
e
questo
,
per
la
verità
,
è
un
guaio
che
succede
un
po
'
dovunque
)
quando
han
cercato
le
origini
di
Grosseto
,
non
han
resistito
all
'
ambizione
della
antichità
illustre
:
1e
origini
etrusche
,
i
resti
di
monumenti
romani
,
le
bolle
papali
che
nominano
Grosseto
durante
il
Medioevo
.
Ma
è
chiaro
che
la
ricerca
così
condotta
rimane
astratta
.
Può
anche
essere
utile
sapere
che
Innocenzo
II
concesse
a
Grosseto
,
nel
1138
,
il
titolo
di
città
,
ordinandovi
il
trasferimento
della
sede
vescovile
;
ma
l
'
atto
di
Innocenzo
Il
resta
una
mera
formalità
,
cui
non
corrisponde
un
effettivo
rifiorimento
di
vita
cittadina
.
'
Troviamo
infatti
che
alla
metà
del
secolo
xvn
la
città
supera
di
poco
i
mille
abitanti
,
e
che
un
secolo
più
tardi
la
popolazione
si
è
addirittura
dimezzata
.
In
Maremma
si
giunge
persino
a
rifiutare
il
dono
di
vaste
distese
di
terra
.
Quanto
agli
etruschi
,
dobbiamo
senz
'
altro
riconoscere
loro
il
grosso
merito
di
aver
saputo
dare
alla
zona
una
regola
idraulica
che
impediva
,
con
ingegnosi
impianti
,
la
formazione
del
padule
.
Ma
non
par
giusto
,
soltanto
per
questo
,
mitizzare
gli
etruschi
come
se
fossero
i
diretti
progenitori
dei
maremmani
d
'
oggi
.
O
forse
i
localisti
,
senz
'
avvedersene
,
hanno
ragione
,
nel
senso
che
anche
gli
etruschi
,
in
fondo
,
più
che
un
popolo
etnicamente
identificabile
,
furono
un
gruppo
attivissimo
,
e
di
formazione
eterogenea
,
che
tenne
allora
queste
cose
,
come
le
tengono
oggi
i
maremmani
.
Ma
questa
,
evidentemente
,
è
letteratura
,
perché
la
storia
vera
di
Grosseto
comincia
coi
Lorena
,
ai
quali
si
deve
non
soltanto
la
sistemazione
amministrativa
della
Maremma
,
ma
soprattutto
l
'
inizio
e
lo
sviluppo
di
ampi
lavori
di
bonifica
,
di
cui
anche
oggi
,
pur
con
i
progressi
fatti
dalla
scienza
idraulica
,
si
apprezza
l
'
utilità
.
Ma
ancora
alla
fine
del
secolo
scorso
,
Grosseto
viveva
in
una
condizione
di
inferiorità
e
di
semiabbandono
.
Qualcuno
dei
nostri
vecchi
ricorda
le
strade
bianche
,
polverose
,
del
grosso
borgo
oppresso
dalla
canicola
e
dall
'
afa
estive
,
abbandonato
,
solo
:
«
Da
Porta
Vecchia
a
Porta
Nuova
era
tanto
se
si
incontrava
un
cane
con
la
lingua
ciondoloni
»
.
Era
il
tempo
dell
'
estatatura
,
che
durava
da
sei
secoli
.
Era
cominciato
nel
1333
,
quando
il
podestà
di
Grosseto
chiese
alla
repubblica
di
Siena
il
permesso
di
abbandonare
la
città
e
di
trasferirsi
,
con
tutti
gli
uffici
,
a
Scansano
,
durante
i
mesi
di
luglio
,
agosto
e
settembre
.
Da
allora
si
continuò
l
'
esodo
estivo
,
e
Napoleone
pensò
bene
di
estenderlo
all
'
intero
anno
:
il
che
significava
che
Grosseto
era
ormai
il
capoluogo
soltanto
di
nome
.
I
vecchi
ricordano
l
'
estatatura
,
e
ci
dovrebbe
essere
una
pagina
del
Civinini
,
piuttosto
felice
,
dove
si
racconta
lo
squallore
di
questa
emigrazione
.
Oggi
Grosseto
ha
un
clima
nuovo
,
l
'
inverno
vi
è
mite
e
l
'
estate
ventilata
.
La
città
può
aprirsi
,
oggi
,
ai
venti
ed
ai
forestieri
.
Che
continueranno
a
venire
:
contadini
del
Veneto
,
minatori
di
Sicilia
,
carbonai
calabresi
,
pastori
del
Casentino
e
dell
'
Abruzzo
.
In
un
mondo
più
giusto
,
in
un
'
Italia
democratica
e
socialista
,
la
Maremma
accoglierà
almeno
mezzo
milione
di
forestieri
.
Verranno
,
un
giorno
:
purché
abbiano
buona
volontà
e
fiducia
nell
'
avvenire
,
la
Maremma
li
accoglierà
tutti
a
braccia
aperte
.
Ed
in
poco
tempo
diventeranno
anche
loro
maremmani
.
StampaQuotidiana ,
Fra
i
capi
storici
del
comunismo
,
il
presidente
a
vita
o
«
re
proletario
»
della
Jugoslavia
è
stato
il
più
longevo
e
resistente
al
potere
.
È
sopravvissuto
a
Stalin
,
Mao
Tse
-
tung
,
Ho
Chi
Minh
.
Ha
tutelato
con
la
sua
patriarcale
autorità
la
coesione
del
federalismo
jugoslavo
,
quel
mosaico
etnico
-
economico
che
unisce
regioni
già
governate
dall
'
impero
austro
-
ungarico
e
regioni
già
tributarie
dell
'
impero
ottomano
.
Ha
garantito
la
resistenza
dell
'
eresia
jugosocialista
,
che
aprì
la
serie
delle
insubordinazioni
alla
legge
del
blocco
sovietico
.
Lo
scisma
titoista
,
nel
1948
,
coincise
con
la
prima
guerra
fredda
.
Ora
Josip
Broz
Tito
,
che
osò
ribellarsi
a
Stalin
e
al
Cominform
,
abbandona
la
scena
mentre
comincia
forse
la
seconda
guerra
fredda
.
Potrà
reggersi
il
titoismo
senza
Tito
?
La
successione
sarà
collegiale
.
Tito
ha
predisposto
una
specie
di
«
legge
salica
»
dello
jugosocialismo
,
per
cui
la
presidenza
del
Presidium
eletto
dall
'
assemblea
federale
dovrebbe
ruotare
ogni
anno
tra
i
suoi
nove
membri
,
un
rappresentante
per
ogni
repubblica
(
Bosnia
-
Erzegovina
,
Croazia
,
Macedonia
,
Montenegro
,
Slovenia
,
Serbia
)
o
provincia
autonoma
(
Kosovo
,
Vojvodina
)
e
il
presidente
della
Lega
dei
comunisti
jugoslavi
.
Ma
rimane
affidata
al
corso
degli
eventi
la
distribuzione
del
potere
reale
tra
personaggi
d
'
influenza
variabile
come
Bakaric
,
Dolanc
,
Stambolic
,
Minic
,
Grlichov
,
Zarkovic
,
Ljubicic
,
Vrhonic
,
Kolisevski
.
E
se
il
Presidium
fosse
discorde
,
fra
contrasti
d
'
interessi
e
spinte
centrifughe
,
non
si
sa
con
quali
mezzi
potrebbe
presiederlo
per
esempio
il
rappresentante
di
Kosovo
,
«
un
albanese
»
.
Il
parziale
benessere
della
Jugoslavia
,
almeno
al
confronto
con
le
nazioni
del
Comecon
o
SEV
,
è
oggi
minacciato
dall
'
iperinflazione
cronica
.
Negli
ultimi
decenni
un
rapido
sviluppo
industriale
ha
scavato
«
un
tunnel
nel
Medioevo
balcanico
»
,
ma
l
'
assetto
dell
'
economia
è
ancora
fragile
.
Tra
pianificazione
e
meccanismi
di
mercato
,
miti
e
delusioni
dell
'
autogestione
socialista
,
deficit
della
bilancia
valutaria
e
arretratezze
tecnologiche
,
migrazioni
di
massa
e
disoccupazione
,
il
divario
tra
il
Nord
«
austro
-
ungarico
»
e
il
Sud
«
ottomano
»
aumenta
anziché
ridursi
.
Rimane
l
'
egemonia
industriale
sloveno
-
croata
sulle
regioni
che
hanno
appena
sostituito
il
cavallo
-
elettricità
al
cavallo
-
cavallo
,
anche
se
per
esempio
i
croati
lamentano
che
il
6
per
cento
del
loro
reddito
di
trent
'
anni
è
stato
requisito
a
vantaggio
del
Sud
.
Qui
può
innescarsi
la
reviviscenza
dei
nazionalismi
come
forze
centrifughe
.
Sulle
frontiere
orientali
,
la
sola
nazione
amica
è
la
Romania
,
oltre
le
Porte
di
Ferro
.
Se
le
antiche
ostilità
tra
le
etnie
oggi
federate
dovessero
un
giorno
riemergere
,
con
l
'
additivo
delle
nuove
contraddizioni
economiche
,
aprirebbero
un
varco
sicuro
alle
pressioni
del
blocco
sovietico
.
Già
l
'
URSS
,
attraverso
gli
scambi
economici
,
tenta
di
guadagnare
influenza
nelle
Repubbliche
del
Sud
.
Già
la
Bulgaria
ritorna
a
periodi
alterni
sulla
questione
macedone
,
mentre
il
quindicesimo
volume
dell
'
enciclopedia
sovietica
non
menziona
in
alcun
modo
l
'
esistenza
della
Repubblica
jugoslava
di
Macedonia
.
Già
nel
'74
fu
inquietante
l
'
episodio
di
quei
gruppi
filosovietici
,
che
nel
Sud
serbo
-
montenegrino
avevano
costituito
un
partito
clandestino
con
diramazioni
nell
'
URSS
e
materiali
stampati
in
Ungheria
.
Come
appare
da
un
documento
essenziale
qual
è
il
diario
di
Veljko
Miciunovich
,
per
lungo
tempo
ambasciatore
a
Mosca
,
lo
scisma
del
'48
non
è
stato
mai
assolto
veramente
dai
sovietici
.
Allo
stesso
modo
,
nei
tempi
delle
guerre
di
religione
in
Europa
,
nessun
compromesso
poteva
far
dimenticare
i
dissidi
originari
che
avevano
suscitato
decenni
di
conflitti
e
stragi
.
Tuttora
non
si
sa
quanti
furono
,
da
Sofia
a
Praga
e
da
Budapest
a
Varsavia
,
i
sospetti
di
titoismo
fucilati
negli
ultimi
anni
di
Stalin
,
o
i
seguaci
del
Cominform
fucilati
in
Jugoslavia
.
I
sovietici
non
hanno
mai
rinunciato
a
immaginare
che
senza
lo
scisma
e
l
'
asilo
eretico
della
Jugoslavia
non
avrebbero
dovuto
fronteggiare
i
moti
polacchi
,
la
rivolta
ungherese
,
il
revisionismo
cecoslovacco
,
il
separatismo
romeno
.
E
così
oggi
,
mentre
comincia
la
seconda
guerra
fredda
,
non
rinunciano
a
pensare
che
la
condanna
dell
'
intervento
in
Afghanistan
non
sarebbe
stata
votata
da
104
nazioni
dell
'
ONU
senza
il
pronunciamento
della
Jugoslavia
e
la
sua
influenza
nel
Terzo
Mondo
.
Prima
o
poi
,
nessuno
a
Belgrado
ne
dubita
,
l
'
URSS
tenterà
il
recupero
della
Jugoslavia
,
focolaio
d
'
ogni
dissidenza
per
il
mondo
sovietico
e
base
di
transito
d
'
un
possibile
sbocco
nel
Mediterraneo
.
La
riconquista
non
avverrà
necessariamente
secondo
lo
scenario
della
Cecoslovacchia
,
poiché
un
'
invasione
potrebbe
rinsaldare
la
coesione
anziché
far
leva
sulle
discordie
.
Questo
teatro
naturale
di
guerriglia
fra
le
montagne
di
Serbia
e
Croazia
non
è
la
Cecoslovacchia
,
né
lo
sperduto
Afghanistan
.
«
I
nostri
otto
milioni
di
guerriglieri
territoriali
»
ricordava
il
generale
Stev
Ilic
,
dirigente
della
scuola
di
guerra
«
possono
equivalere
a
una
bomba
atomica
.
»
L
'
intervento
potrebbe
passare
«
sotto
»
le
frontiere
più
facilmente
che
«
sopra
»
,
utilizzando
le
contraddizioni
fra
le
sei
repubbliche
e
le
due
province
autonome
della
Serbia
.
Come
programma
minimo
,
la
destabilizzazione
del
federalismo
jugoslavo
sarebbe
rivolta
a
instaurare
due
sfere
d
'
interessi
,
il
Sud
fino
al
Basso
Adriatico
quale
zona
d
'
influenza
sovietica
e
il
Nord
quale
zona
d
'
influenza
occidentale
,
il
resto
dello
scenario
sarebbe
affidato
alle
svalutazioni
del
dinaro
,
alle
manovre
del
KGB
di
Jurij
Andropov
,
alla
«
crisi
epocale
»
dell
'
Occidente
.
Insomma
sono
passati
gli
Zar
,
Lenin
,
Stalin
,
Kruscev
,
Breznev
,
e
ancora
una
volta
i
«
grandi
russi
»
premono
sulla
Serbia
.
Continuità
o
stabilità
?
Finora
il
confine
tra
l
'
Ovest
e
l
'
Est
non
è
a
Muggia
,
ma
sul
Danubio
.
Mentre
in
massima
parte
le
importazioni
jugoslave
di
macchinari
industriali
provengono
dalla
CEE
e
un
milione
sui
ventidue
milioni
di
jugoslavi
sono
emigrati
nella
CEE
,
la
Repubblica
federativa
gravita
verso
l
'
Europa
occidentale
.
I
successori
di
Tito
affermano
che
niente
potrà
cambiare
.
Ma
da
vent
'
anni
a
Belgrado
ricorre
anche
il
detto
:
«
Solo
un
ingenuo
può
fare
domande
sul
"
dopo
Tito
"
,
e
solo
un
pazzo
potrebbe
rispondere
»
.
Quanto
maggiori
sono
le
pubbliche
rassicurazioni
,
tanto
più
numerose
le
incognite
.
È
certo
solo
che
se
l
'
ipotesi
della
destabilizzazione
dovesse
prevalere
,
in
Italia
avremmo
ciò
che
si
chiama
«
una
poltrona
di
prima
fila
per
il
prossimo
dramma
della
storia
»
.
StampaQuotidiana ,
Con
Musacchio
,
nello
studio
del
ministro
dell
'
Economia
Nazionale
.
Il
sen
.
Corbino
è
un
illustre
studioso
dei
problemi
idroelettrici
e
si
comincia
a
parlare
del
disastro
di
Val
di
Scalve
.
È
stata
un
'
orribile
sciagura
che
ha
colpito
una
delle
più
operose
popolazioni
italiane
.
Per
ora
non
è
possibile
dir
niente
sulle
cause
che
hanno
determinato
il
disastro
.
Ma
è
certo
che
se
responsabilità
saranno
accertate
dall
'
inchiesta
subito
disposta
dal
Governo
,
dovranno
essere
immediatamente
e
severamente
punite
.
A
proposito
del
trattato
di
commercio
colla
Russia
,
a
che
punto
sono
le
trattative
?
L
'
attività
del
Governo
,
nella
stipulazione
di
trattati
commerciali
,
procede
senza
soste
.
Come
è
noto
,
la
Camera
ha
già
approvato
i
contratti
con
la
Svizzera
e
l
'
Austria
e
le
convenzioni
con
la
Russia
.
Dopo
le
importanti
dichiarazioni
del
Presidente
del
Consiglio
,
sono
in
corso
trattative
con
i
rappresentanti
della
Repubblica
del
Soviety
.
E
su
queste
,
come
il
signor
Jordowski
ha
dichiarato
che
sarebbe
imprudente
ogni
dichiarazione
a
trattative
aperte
,
devo
riconoscere
anch
'
io
che
sarebbe
assai
inopportuno
discutere
.
Ciò
che
importa
,
è
che
sia
stata
eliminata
la
pregiudiziale
politica
e
che
,
perciò
,
la
discussione
si
vada
svolgendo
sul
terreno
puro
e
semplice
della
convenienza
economica
dei
due
paesi
.
In
Russia
si
devono
essere
persuasi
delle
nostre
buone
intenzioni
e
della
gravità
degli
ostacoli
di
carattere
tecnico
che
sono
al
di
sopra
delle
favorevoli
disposizioni
dei
contraenti
.
Si
saranno
anche
persuasi
che
al
desiderio
vivo
che
il
Governo
ha
di
concludere
,
non
aggiunge
nulla
la
pressione
che
vorrebbe
esercitare
una
parte
,
se
pur
esigua
,
della
Camera
,
e
che
,
anzi
,
da
questo
punto
di
vista
,
qualche
dichiarazione
,
fatta
da
oratori
dell
'
Estrema
,
va
considerata
,
per
lo
meno
,
intempestiva
ed
imprudente
.
In
ogni
caso
,
quali
che
siano
le
particolari
vedute
,
al
Governo
è
presente
solo
l
'
interesse
del
paese
.
Perciò
,
ad
evitare
equivoci
ed
illusioni
,
bisogna
senz
'
altro
convincersi
che
i
frutti
di
questi
accordi
,
chi
si
studiano
e
discutono
con
la
Russia
,
potranno
esser
goduti
a
lunga
scadenza
,
poiché
,
nelle
condizioni
attuali
,
i
traffici
tra
i
due
paesi
dovranno
inevitabilmente
limitarsi
.
Comunque
,
quali
sono
i
benefici
che
la
nostra
economia
potrà
trarre
da
una
ripresa
commerciale
con
la
Russia
?
Alcune
materie
prime
importanti
possono
indubbiamente
venirci
dalla
Russia
.
Ed
anzi
qui
la
ragione
di
preferenza
deve
essere
soltanto
economica
.
Per
esempio
,
già
oggi
,
siccome
noi
non
imponiamo
alcun
dazio
sul
grano
,
in
entrata
,
nessuno
vieterebbe
alla
Russa
,
indipendentemente
da
qualsiasi
trattato
,
di
importarci
del
grano
,
Nessun
trattato
può
dar
più
dell
'
esenzione
di
dazio
,
oggi
vigente
.
Ma
,
se
il
grano
russo
non
costerà
meno
di
quello
americano
beninteso
,
valutato
al
porto
d
'
arrivo
,
noi
non
dobbiamo
nessuna
ragione
di
non
preferire
quello
americano
al
grano
russo
.
Si
può
sostenere
,
come
alcuni
fanno
,
che
convenga
,
anche
a
costo
di
qualche
sacrificio
,
fabbricarci
in
patria
il
grano
che
ci
abbisogna
,
considerato
che
,
nell
'
ipotesi
di
complicazioni
internazionali
,
non
è
detto
a
priori
che
il
grano
russo
possa
giungerci
più
facilmente
di
quello
di
altri
paesi
.
L
'
esempio
dell
'
ultima
guerra
,
colla
chiusura
dello
Stretto
dei
Dardanelli
lo
dimostra
.
E
con
quali
argomenti
si
sostiene
la
convenienza
di
fabbricarci
in
patria
il
grano
necessario
?
Da
molti
si
propongono
argomenti
,
per
così
dire
,
politici
,
che
si
riconnettono
con
l
'
antico
desiderio
di
rendersi
indipendenti
dall
'
estero
.
Dal
punto
di
vista
puramente
economico
,
l
'
Italia
non
ha
interesse
di
sostituire
la
produzione
del
grano
ad
altre
produzioni
più
redditizie
.
Ma
quando
io
dico
più
redditizie
,
bisogna
mettere
in
conto
,
oltre
all
'
interesse
particolare
del
padrone
dei
fondi
,
anche
l
'
interesse
generale
.
Così
se
abbandonando
i
terreni
alla
produzione
spontanea
del
pascoli
,
il
proprietario
ne
trae
un
beneficio
maggiore
che
non
coltivandoli
a
grano
,
le
leggi
economiche
consigliano
di
non
favorire
artificialmente
la
produzione
meno
redditizia
.
Ma
si
deve
anche
tener
presente
che
la
coltura
a
grano
non
solo
dà
dei
redditi
al
proprietario
,
ma
anche
lavoro
ai
contadini
.
Perciò
s
'
impone
la
considerazione
del
reddito
lordo
,
oltre
che
del
reddito
netto
,
in
vista
delle
difficoltà
che
oggi
si
oppongono
alla
possibilità
per
i
nostri
lavoratori
di
trovare
impiego
nei
paesi
stranieri
.
E
,
per
tornare
alla
Russia
,
che
cosa
noi
,
in
cambio
del
grano
,
potremo
corrispondere
?
Parte
della
nostra
produzione
agricola
potrebbe
avere
,
in
quei
paesi
,
largo
smercio
.
Ma
,
soprattutto
,
noi
contiamo
sulla
possibilità
di
esportare
prodotti
industriali
,
quali
macchine
,
tessuti
,
ecc
.
Ed
è
per
le
prime
soprattutto
che
contiamo
sulle
buone
disposizioni
della
Russia
,
anche
perché
il
contatto
più
immediato
di
questo
vasto
paese
con
paesi
potentemente
industriali
,
come
la
Germania
e
la
Cecoslovacchia
,
pone
la
nostra
industria
in
evidenti
condizioni
di
sfavore
.
E
per
l
'
invio
di
mano
d
'
opera
?
Anche
questa
possibilità
è
nei
nostri
desideri
;
ma
,
per
qualche
tempo
,
sarà
difficilmente
realizzabile
.
I
nostro
operai
sono
abituati
a
trovare
fuori
della
Patria
degli
elevati
compensi
economici
che
li
confortano
del
distacco
doloroso
dalla
loro
terra
.
S
'
intende
,
perciò
,
che
sia
da
essi
desiderata
la
emigrazione
negli
Stati
Uniti
d
'
America
,
in
parecchi
Stati
dell
'
America
del
Sud
,
in
alcuni
paesi
a
noi
confinanti
e
in
generale
dove
i
salari
raggiungono
valori
elevati
.
Difficilmente
,
invece
,
i
nostri
operai
si
decideranno
a
trasportarsi
in
Russia
dove
non
troverebbero
,
per
adesso
,
condizioni
di
vita
molto
agevoli
e
dove
non
godrebbero
,
come
nell
'
America
del
Nord
,
della
convivenza
con
numerosissimi
connazionali
,
già
ivi
dimoranti
,
e
che
danno
loro
la
sensazione
di
trovare
una
seconda
patria
.
Passando
ad
argomento
non
meno
importante
,
che
cosa
può
dirmi
,
Eccellenza
,
dell
'
attuale
situazione
bancaria
?
Io
mi
occupo
,
nel
mio
Ministero
,
direttamente
degli
Istituti
di
credito
che
si
potrebbero
chiamare
di
assoluto
riposo
,
come
le
Casse
di
risparmio
,
in
quanto
hanno
il
compito
di
lasciare
perfettamente
tranquilli
i
risparmiatori
sulla
solidarietà
degli
investimenti
,
a
garanzia
dei
loro
depositi
.
Il
23
prossimo
avrò
occasione
,
a
Milano
,
di
pronunciare
un
discorso
sul
credito
,
festeggiandosi
,
in
quel
giorno
,
il
centenario
della
gloriosa
e
potente
Cassa
di
Risparmio
delle
Province
lombarde
.
Ma
sin
d
'
ora
posso
dire
che
è
oggetto
di
viva
attenzione
,
da
parte
del
Governo
,
l
'
eccessivo
costo
in
Italia
del
servizio
bancario
in
genere
.
Per
molte
cause
,
che
sarebbe
lungo
indicare
ed
esaminare
,
questo
servizio
grava
un
po
'
troppo
sull
'
economia
del
Paese
.
Mentre
il
risparmiatore
affida
l
'
ingente
mole
dei
suoi
depositi
a
un
interesse
mitissimo
,
appare
,
invece
,
eccessivamente
elevato
l
'
onere
dell
'
interesse
che
grava
sull
'
industria
e
sul
commercio
per
i
prestiti
che
ottengono
dalle
banche
.
Ciò
è
particolarmente
grave
per
il
nostro
Paese
,
perché
la
grande
massa
degli
Italiani
che
lavorano
e
per
la
loro
sobrietà
istintiva
risparmio
,
nonostante
le
difficili
condizioni
attuali
,
non
ha
ancora
la
maturità
necessaria
per
sapere
investire
direttamente
i
propri
risparmi
nelle
varie
forme
d
'
investimento
del
capitale
.
L
'
avversione
generale
del
pubblico
verso
le
società
anonime
non
invoglia
la
gente
ad
investire
in
azioni
il
proprio
danaro
.
Perciò
il
finanziamento
di
quasi
tutte
le
industrie
e
delle
società
commerciali
,
avviene
sempre
con
i
danari
dei
risparmiatori
,
ma
attraverso
le
Banche
,
visto
che
solo
in
queste
i
risparmiatori
hanno
fiducia
.
Si
può
quindi
dire
che
in
fondo
le
Banche
esercitano
una
azione
benefica
,
con
la
maggiore
esperienza
dei
loro
dirigenti
;
esercitano
quella
lezione
tra
i
diversi
possibili
impieghi
,
che
i
risparmiatori
impreparati
non
saprebbero
fare
.
Ma
c
'
è
la
contropartita
.
La
quale
consiste
in
un
doppio
inconveniente
:
primo
che
le
Banche
sono
un
po
'
troppo
arbitre
di
tutto
il
movimento
delle
industrie
e
dei
commerci
del
Paese
;
secondo
,
che
il
cattivo
andamento
di
qualcuna
di
queste
industrie
,
si
può
ripercuotere
troppo
potentemente
sulla
situazione
delle
Banche
,
dando
luogo
a
quei
tracolli
,
di
cui
abbiamo
avuto
qualche
esempio
,
più
o
meno
recente
.
In
conclusione
,
si
può
affermare
che
anche
in
questo
campo
il
Governo
intende
procedere
con
ogni
cautela
,
e
attenuando
ogni
forma
di
intervento
antieconomico
,
ma
non
può
disinteressarsi
del
tutto
di
questo
formidabile
problema
,
come
accade
nei
paesi
economicamente
più
evoluti
del
nostro
.
StampaQuotidiana ,
Parigi
,
14
luglio
,
notte
-
Bisogna
tornare
indietro
di
molti
anni
per
vedere
Parigi
dominata
,
come
oggi
,
dal
Giro
di
Francia
.
Passati
i
tempi
di
Coppi
,
aveva
cominciato
a
trascurarlo
.
Neppure
gli
arrivi
di
Anquetil
riuscivano
a
riempire
le
strade
dell
'
ultima
tappa
e
le
gradinate
del
Parc
des
Princes
.
Il
miracolo
di
risuscitare
,
non
solo
in
Francia
,
ma
in
tutta
Europa
l
'
entusiasmo
per
il
ciclismo
lo
ha
compiuto
Felice
Gimondi
non
tanto
per
aver
costretto
alla
resa
Raymond
Poulidor
,
il
più
forte
corridore
dopo
Anquetil
,
quanto
per
come
ve
lo
ha
costretto
,
meno
per
superiorità
di
muscoli
che
di
cervello
e
d
'
animo
,
il
campione
il
cui
stampo
sembrava
perduto
,
il
nuovo
Girardengo
,
il
nuovo
Guerra
,
il
nuovo
Coppi
,
il
corridore
che
prima
ancora
che
alla
considerazione
dei
tecnici
si
impone
alla
simpatia
e
all
'
intuito
della
folla
.
C
'
era
oggi
un
milione
di
persone
lungo
i
quasi
38
chilometri
della
Versailles
-
Parigi
,
strada
stretta
,
percorso
tormentato
,
salite
,
discese
e
curve
attraverso
boschi
e
lungo
vie
e
vicoli
di
villaggi
,
la
gente
non
lasciava
agli
atleti
che
il
più
angusto
dei
corridoi
,
bastava
il
gesto
d
'
uno
sconsiderato
per
mandare
all
'
aria
il
Tour
de
France
alterandone
il
risultato
,
la
più
grande
corsa
del
mondo
era
affidata
alla
certezza
,
da
parte
degli
organizzatori
,
che
non
uno
del
milione
di
spettatori
tradisse
le
regole
dello
sport
.
Monsieur
Goddet
ha
avuto
ragione
,
Gimondi
e
Motta
hanno
potuto
correre
con
la
stessa
sicurezza
di
Poulidor
,
quando
il
nostro
ragazzo
è
entrato
al
Parc
des
Princes
con
oltre
un
minuto
di
vantaggio
sul
campione
francese
l
'
applauso
dei
40
mila
che
gremivano
la
Scala
del
ciclismo
è
stato
unanime
.
Vero
è
che
almeno
5
mila
erano
italiani
,
e
agitavano
tante
bandiere
da
sembrare
che
il
14
luglio
non
fosse
più
festa
nazionale
francese
,
ma
nostra
,
ma
nessuno
dei
35
mila
parigini
ha
avuto
il
cattivo
gusto
di
non
unirsi
alla
loro
ammirazione
per
il
giovanotto
che
il
giorno
in
cui
,
arrivato
al
tramonto
,
scriverà
le
sue
memorie
potrà
del
Tour
1965
lapidariamente
dire
come
Cesare
«
Veni
,
vidi
,
vici
»
,
e
a
differenza
di
Cesare
potrà
aggiungere
:
«
Fu
la
cosa
più
facile
del
mondo
,
un
divertimento
,
ricordo
che
l
'
ultima
tappa
la
vinsi
battendo
Poulidor
di
un
tempo
che
,
modestia
a
parte
,
sarebbe
riuscito
difficile
allo
stesso
Anquetil
»
.
Noi
che
abbiamo
passato
le
ore
della
corsa
sul
prato
del
Parc
des
Princes
dinanzi
alle
lavagne
sulle
quali
venivano
via
via
segnati
i
tempi
di
ciascun
corridore
(
decimo
chilometro
,
ventiquattresimo
chilometro
e
tempo
totale
)
aggiungeremo
a
nostra
volta
che
dinanzi
a
quelle
lavagne
,
mischiato
ai
230
inviati
speciali
di
tutta
Europa
che
hanno
seguito
il
Tour
c
'
era
Jacques
Anquetil
.
Era
pensieroso
.
Quando
ha
visto
che
ad
ogni
chilometro
Gimondi
si
avvantaggiava
regolarmente
di
2
secondi
,
quanti
,
cioè
,
egli
non
è
capace
di
portar
via
a
Raymond
,
il
più
forte
corridore
del
mondo
ha
sentito
vacillare
il
proprio
trono
:
la
dura
sconfitta
inflitta
a
Poulidor
è
la
preparazione
a
quella
di
Anquetil
,
anche
per
la
legge
dell
'
età
,
non
potrà
sfuggire
.
È
solo
nelle
ultime
tappe
che
Gimondi
ha
acquistato
la
coscienza
del
proprio
valore
.
Se
la
Versailles
-
Parigi
fosse
stata
disputata
a
metà
Tour
non
l
'
avrebbe
vinta
con
l
'
autorità
e
la
sicurezza
dimostrate
oggi
,
o
fors
'
anche
l
'
avrebbe
perduta
come
perse
,
seppure
di
soli
7
secondi
,
all
'
inizio
del
Tour
,
la
«
cronometro
»
di
Chateaulin
.
Poi
venne
la
«
cronometro
»
del
Revard
,
in
salita
.
Due
difficoltà
in
una
corsa
sola
.
Ma
la
correva
un
Gimondi
in
maglia
gialla
,
le
cui
forze
ingigantivano
via
via
che
le
spendeva
.
Si
rivelò
arrampicatore
di
gran
classe
,
e
vinse
la
sua
prima
«
cronometro
»
da
professionista
.
Ventitré
secondi
di
vantaggio
,
diventati
,
in
questa
trionfale
Versailles
-
Parigi
,
un
minuto
e
8
,
a
conclusione
di
un
Tour
condotto
in
crescendo
,
con
Poulidor
condannato
da
oggi
al
ruolo
di
eterno
secondo
.
L
'
eterno
secondo
per
eccellenza
,
come
sapete
,
fu
Gaetano
Belloni
,
vittima
di
quel
Girardengo
,
altro
campione
suscitatore
di
indescrivibili
entusiasmi
,
la
cui
ruota
gli
riusciva
insuperabile
.
I
miei
ricordi
sportivi
di
gioventù
sono
costellati
di
ordini
d
'
arrivo
i
quali
invariabilmente
cominciavano
con
primo
Girardengo
Costante
di
Novi
Ligure
e
secondo
Belloni
Gaetano
di
Pizzighettone
,
a
una
macchina
.
Ma
Belloní
,
che
oggi
porta
benissimo
i
suoi
72
anni
,
secondo
solo
a
Girardengo
che
porta
benissimo
i
suoi
73
,
era
un
secondo
che
aveva
avanti
a
sé
un
solo
primo
.
Poulidor
ne
ha
due
,
quell
'
Anquetil
che
per
fargli
finalmente
vincere
un
Tour
è
rimasto
a
casa
,
e
quel
Gimondi
che
gli
ha
impedito
di
vincerlo
,
e
forse
ne
ha
tre
,
perché
fra
poco
dovremo
aggiungere
Gianni
Motta
,
il
quale
oggi
lo
ha
battuto
classificandosi
fra
lui
e
Gimondi
.
Anche
Motta
è
un
campione
di
classe
superiore
,
ma
in
questo
Tour
ha
avuto
la
sfortuna
di
trovare
un
Gimondi
che
illuminando
di
luce
riflessa
solo
il
proprio
avversario
diretto
,
ha
lasciato
nell
'
ombra
tutti
gli
altri
.
Sentiremo
presto
parlare
del
corridorino
dagli
occhi
celesti
la
cui
ambizione
è
smisurata
e
il
cui
desiderio
di
rivincita
è
acuto
come
una
spada
.
Oggi
che
il
percorso
matto
della
tappa
era
favorevole
al
suo
estro
e
alla
sua
agilità
ha
tentato
il
colpo
,
ma
la
vittoria
che
s
'
era
ripromesso
su
Gimondi
gli
è
riuscita
solo
su
Poulidor
.
Questi
,
arrivato
al
Parc
des
Princes
,
dopo
Motta
che
già
si
sapeva
averlo
battuto
,
e
prima
di
Gimondi
,
che
si
sapeva
essere
in
forte
vantaggio
,
è
stato
accolto
come
solo
il
pubblico
parigino
sa
accogliere
lo
sconfitto
che
s
'
è
battuto
con
onore
.
Poulidor
non
è
mai
stato
un
corridore
simpatico
,
ma
oggi
ha
avuto
tanti
applausi
quanti
mai
in
vita
sua
.
C
'
era
più
pietà
che
ammirazione
,
più
affetto
che
entusiasmo
.
Il
tramonto
d
'
un
atleta
mai
giunto
al
pieno
del
suo
meriggio
.
Raymond
è
arrivato
scuro
in
viso
avvilito
.
La
sua
è
una
di
quelle
sconfitte
dalle
quali
non
ci
si
risolleva
.
Credevamo
nel
successo
di
Felice
Gimondi
,
ma
pensavamo
sarebbe
stato
di
misura
inferiore
.
Abbiamo
avuto
torto
,
ma
la
prudenza
ci
veniva
suggerita
,
anzi
imposta
dalla
sicurezza
,
che
avrebbe
potuto
finire
con
l
'
essere
giudicata
leggerezza
,
con
la
quale
fin
dal
principio
del
Tour
avevamo
puntato
su
di
lui
.
Non
siamo
dei
tecnici
,
ma
dei
sentimentali
.
Amiamo
il
ciclismo
,
questo
vecchio
sport
che
sembrava
in
punto
di
morte
,
per
le
fatiche
che
esso
comporta
,
legate
all
'
Italia
dalla
povertà
e
dallo
spirito
di
sacrificio
,
per
le
sue
imprese
che
la
televisione
non
può
tutte
seguire
e
portarci
in
casa
,
e
perciò
ancora
capaci
di
farci
fantasticare
,
e
infine
per
le
immense
feste
di
popolo
cui
dà
luogo
,
di
cui
il
più
grande
degli
stadi
non
potrebbe
contenere
la
decima
parte
.
Abbiamo
intuito
in
Gimondi
una
nuova
forza
,
l
'
uomo
capace
di
ringiovanire
il
ciclismo
e
riportarlo
alle
folle
che
se
ne
erano
allontanate
.
Le
sue
vittorie
,
la
maglia
gialla
difesa
contro
tutti
per
18
tappe
,
il
suo
impeto
,
la
sua
autorità
che
andavano
via
via
crescendo
trasformando
,
nel
giro
di
tre
settimane
,
un
gregario
in
un
asso
,
ci
rallegravano
e
spaventavano
nello
stesso
tempo
.
E
se
un
malessere
,
come
quello
occorso
a
Adorni
,
lo
avesse
costretto
all
'
abbandono
?
E
se
nel
bel
mezzo
d
'
una
di
quelle
battaglie
che
ha
tutte
spavaldamente
combattuto
gli
fossero
improvvisamente
venute
meno
le
forze
?
Non
ha
che
22
anni
.
Nulla
di
più
forte
e
nello
stesso
tempo
di
più
fragile
della
giovinezza
.
Perciò
ci
tenevamo
prudenti
e
trepidavamo
.
Perciò
quando
si
è
saputo
che
dopo
7
chilometri
Gimondi
aveva
già
10
secondi
di
vantaggio
su
Poulidor
,
subito
ci
siamo
detti
:
«
S
'
avvantaggiò
subito
anche
sul
Revard
,
ma
a
metà
corsa
era
in
testa
Poulidor
»
.
Ma
oggi
Felice
Gimondi
era
più
forte
delle
nostre
speranze
,
la
sua
ruota
d
'
oro
correva
oltre
le
promesse
con
le
quali
c
'
eravamo
impegnati
con
i
lettori
.
Oggi
Felice
Gimondi
ha
dato
la
prova
definitiva
delle
straordinarie
qualità
che
nel
suo
fisico
e
nel
suo
morale
avevamo
indovinate
.
Non
c
'
è
stato
un
momento
nel
quale
si
sia
potuta
temere
la
riscossa
di
Poulidor
.
In
21
tappe
il
francese
aveva
perduto
un
minuto
e
12
secondi
,
nella
sola
ventiduesima
ne
ha
perduti
quasi
altrettanti
,
e
quasi
non
ci
siamo
accorti
,
presi
come
eravamo
,
dal
duello
che
iniziatosi
a
Colonia
ha
avuto
a
Parigi
la
stoccata
decisiva
,
quasi
non
ci
siamo
accorti
di
Gianni
Motta
secondo
per
un
solo
mezzo
minuto
.
Primo
e
secondo
due
italiani
.
Più
felice
conclusione
il
Giro
di
Francia
non
poteva
avere
,
più
meravigliosa
l
'
avventura
parigina
del
ragazzo
di
Sedrina
e
di
quello
di
Cassano
d
'
Adda
non
avrebbe
potuto
essere
.
StampaQuotidiana ,
Roma
.
Doveva
arrivare
,
questo
18
aprile
a
piazza
del
Gesù
,
ma
nessuno
lo
immaginava
così
carico
d
'
angoscia
,
così
straziato
fra
notizie
vere
e
notizie
incerte
,
così
crudele
nell
'
alternarsi
dei
messaggi
di
morte
e
dei
lampi
di
speranza
.
La
prima
telefonata
,
alle
10.30
,
è
di
Lettieri
,
sottosegretario
all
'
Interno
:
c
'
è
l
'
ultimo
comunicato
delle
Brigate
Rosse
,
Moro
è
stato
assassinato
.
Zaccagnini
ascolta
,
con
lui
c
'
è
soltanto
Pisanu
,
il
capo
della
sua
segreteria
politica
.
E
noi
,
adesso
,
siamo
tutti
qui
col
taccuino
in
mano
,
a
torchiare
Pisanu
,
per
sapere
le
solite
cose
inutili
e
un
po
'
feroci
.
Com
'
era
Zac
?
Che
cosa
ha
fatto
Zac
?
Che
cosa
ha
mormorato
Zac
?
Pisanu
ci
fissa
senza
vederci
,
poi
replica
:
«
Zaccagnini
non
ha
detto
niente
»
.
Subito
dopo
,
il
segretario
della
DC
chiama
gli
amici
che
in
quel
momento
stanno
a
piazza
del
Gesù
:
Bodrato
,
Galloni
,
Belci
,
Cavina
.
Ed
è
su
di
loro
che
cade
la
prima
mezza
conferma
del
Viminale
:
gli
esperti
dicono
che
quel
foglio
ricevuto
dal
«
Messaggero
»
può
essere
autentico
.
È
la
notizia
che
apprendono
anche
Salvi
e
il
ministro
della
Sanità
,
Tina
Anselmi
,
accorsi
dopo
le
prime
voci
.
Si
mette
in
moto
un
frenetico
meccanismo
di
accertamento
,
e
intanto
l
'
Anselmi
corre
dalla
famiglia
Moro
.
La
vediamo
uscire
stravolta
,
non
vuoi
dir
nulla
,
sale
in
silenzio
su
di
un
tassì
che
parte
per
via
di
Forte
Trionfale
.
Alle
12.30
anche
Zaccagnini
lascia
piazza
del
Gesù
per
la
casa
dell
'
amico
.
E
terreo
,
entra
nell
'
Alfetta
e
si
abbandona
sullo
schienale
,
ad
occhi
chiusi
.
Con
lui
ci
sono
Salvi
e
il
medico
personale
di
Moro
,
il
professor
Mario
Giacovazzo
.
Qualcuno
di
noi
dice
:
«
Forse
il
corpo
è
stato
trovato
,
oppure
il
Viminale
ha
una
prova
che
l
'
assassinio
è
avvenuto
»
.
In
realtà
,
non
esistono
né
prove
né
conferme
.
I
capi
democristiani
che
in
questo
tragico
18
aprile
accorrono
alla
sede
del
partito
,
ne
sanno
quanto
noi
.
Arriva
Emilio
Colombo
e
allarga
le
braccia
in
un
gesto
disperato
:
«
Ho
saputo
soltanto
che
esiste
un
volantino
»
.
Forlani
:
«
Non
so
niente
»
.
Rumor
:
«
Ho
ascoltato
la
radio
e
mi
sono
precipitato
qui
»
.
Dall
'
ufficio
del
segretario
scende
Mario
Segni
,
deputato
sardo
:
«
Non
ci
sono
prove
,
ma
la
tendenza
è
di
credere
a
quel
messaggio
»
.
Poco
dopo
l
'
una
,
esce
anche
Evangelisti
,
cupo
come
mai
l
'
avevamo
visto
:
«
Abbiamo
questa
drammatica
certezza
nel
cuore
.
Ma
fino
a
quando
i
sommozzatori
non
saranno
scesi
sul
fondo
di
quel
lago
,
la
certezza
matematica
non
ci
sarà
»
.
Passano
Andreatta
e
Grassini
,
e
non
domandano
nulla
.
Trascorre
un
'
ora
vuota
.
Poi
Pisanu
dice
:
«
Vi
ripeto
che
quel
volantino
sembra
autentico
.
Aspettiamo
un
riscontro
certo
di
questa
sciagurata
notizia
e
viviamo
tutti
nell
'
angoscia
»
.
Il
centralino
è
sovraccarico
di
telefonate
,
la
periferia
del
partito
ha
saputo
e
da
tutta
Italia
chiamano
Roma
.
Ma
Roma
non
è
in
grado
di
dire
nulla
.
E
nulla
dice
Zaccagnini
al
suo
ritorno
da
casa
Moro
:
una
visita
brevissima
,
non
più
di
dieci
minuti
.
Lo
vediamo
uscire
dall
'
auto
un
po
'
barcollante
e
vien
freddo
a
pensare
che
cosa
íl
segretario
deve
aver
visto
e
sentito
in
quella
casa
.
Come
in
un
brutto
giallo
,
il
bianco
e
il
nero
s
'
intrecciano
,
si
sovrappongono
,
si
annullano
.
Evangelisti
,
di
ritorno
da
Palazzo
Chigi
,
dice
:
«
Il
luogo
indicato
dal
messaggio
è
impervio
.
Ci
vorranno
ore
per
raggiungerlo
»
.
Bartolomei
,
il
presidente
dei
senatori
,
s
'
aggrappa
ad
una
speranza
:
«
Alla
procura
della
Repubblica
hanno
dei
dubbi
.
E
se
fosse
soltanto
una
beffa
crudele
?
»
.
Evangelisti
:
«
Dubbi
?
Magari
,
magari
»
.
Piccoli
:
«
Il
volantino
sembra
autentico
.
Gli
elicotteri
sono
sul
posto
,
ma
c
'
è
molta
neve
e
non
possono
atterrare
accanto
al
lago
»
.
La
stessa
notizia
ci
dà
alle
14.30
,
Andreotti
:
«
Sarà
un
lavoro
di
ricerca
piuttosto
lungo
»
.
Si
rifiuta
di
rispondere
ad
altre
domande
e
sale
nell
'
ufficio
di
Zac
.
Due
minuti
dopo
,
entrano
a
piazza
del
Gesù
Berlinguer
e
Chiaromonte
.
Al
secondo
piano
,
c
'
è
un
incontro
fra
gli
esponenti
comunisti
e
Andreotti
,
Galloni
e
il
segretario
democristiano
.
Il
colloquio
dura
una
ventina
di
minuti
,
poi
il
segretario
del
PCI
ridiscende
.
Dice
:
«
Siamo
venuti
qui
a
portare
la
nostra
solidarietà
a
Zaccagnini
e
alla
DC
»
.
Poi
,
con
Chiaromonte
,
si
fa
largo
tra
la
gente
e
s
'
incammina
per
via
d
'
Aracoeli
,
diretto
alle
vicinissime
Botteghe
Oscure
.
Cinque
uomini
del
servizio
d
'
ordine
comunista
lo
circondano
e
lo
accompagnano
,
passo
dopo
passo
.
Inutile
fare
altre
domande
.
Il
viso
di
Berlinguer
è
una
maschera
tesa
,
silenziosa
.
Il
pomeriggio
si
consuma
senza
novità
.
Il
lago
della
Duchessa
sembra
un
posto
lontanissimo
e
irraggiungibile
.
Vito
Napoli
deputato
della
Calabria
,
mormora
:
«
Non
facciamoci
illusioni
.
Moro
è
lassù
ed
è
morto
.
Qui
non
c
'
è
aria
di
scoramento
,
ma
dolore
e
rabbia
,
questo
sì
»
.
Evangelisti
:
«
Mago
è
gelato
e
le
ricerche
sono
difficili
»
.
Da
casa
Moro
rientra
l
'
Anselmi
e
passa
tra
la
gente
piangendo
.
Poco
prima
delle
17
,
un
portavoce
della
segreteria
dice
:
«
Sin
a
questo
momento
,
piazza
del
Gesù
non
ha
la
certezza
che
Moro
sia
morto
»
.
Non
è
possibile
che
il
volantino
sia
un
diversivo
delle
Brigate
Rosse
per
potere
«
operare
»
con
calma
in
un
'
altra
zona
?
«
È
un
'
ipotesi
.
Ma
che
cosa
possiamo
saperne
?
»
Pisanu
riferisce
di
una
telefonata
del
vicesegretario
Gaspari
,
da
due
ore
sul
luogo
indicato
nel
messaggio
:
«
La
lastra
di
ghiaccio
che
copre
il
lago
sembra
intatta
,
e
non
presenta
gibbosità
.
Sembra
da
escludere
che
un
corpo
di
un
certo
peso
possa
esservi
stato
gettato
fra
ieri
e
oggi
»
.
Le
stesse
cose
Zaccagnini
dice
a
La
Malfa
e
al
segretario
repubblicano
Biasini
che
in
quel
momento
arrivano
alla
sede
DC
.
E
poco
dopo
,
questo
18
aprile
ci
offre
una
delle
immagini
più
laceranti
:
il
vecchio
La
Malfa
,
vestito
di
nero
,
magrissimo
,
sparuto
,
gli
occhi
dilatati
,
che
piange
.
«
Nessun
commento
»
mormora
.
«
Soltanto
angoscia
e
attesa
.
»
Poi
,
duro
:
«
È
un
momento
di
estrema
gravità
.
E
a
mio
giudizio
questa
situazione
,
sin
dal
primo
istante
,
è
stata
presa
troppo
alla
leggera
»
.
A
spallate
,
due
agenti
di
polizia
in
tuta
gli
fanno
strada
tra
la
folla
che
ormai
occupa
piazza
del
Gesù
.
Il
traffico
sembra
impazzito
.
Paurosi
ingorghi
stradali
bloccano
il
centro
.
Roma
si
avvia
ad
una
sera
fra
le
più
tragiche
.
Una
donna
grida
a
Forlani
:
«
Fate
una
legge
forte
,
che
noi
vi
appoggiamo
!
»
.
Sul
fianco
del
palazzo
,
sfilano
pullman
di
turisti
stranieri
che
guardano
senza
capire
.
Tutt
'
intorno
,
nel
triangolo
fra
piazza
Venezia
,
il
Senato
e
Montecitorio
sono
comparse
pattuglie
di
agenti
e
carabinieri
anche
in
luoghi
prima
d
'
ora
mai
presidiati
.
Verso
le
19
,
entrano
a
palazzo
del
Gesù
Craxi
e
Signorile
.
E
mentre
i
due
esponenti
socialisti
vanno
a
colloquio
con
Zaccagnini
,
Pisanu
annuncia
che
tutti
i
comitati
provinciali
e
le
sezioni
della
DC
sono
convocati
nelle
loro
sedi
per
le
21.30
.
Un
comunicato
dice
:
«
Nell
'
assoluta
incertezza
sulla
sorte
di
Moro
,
non
verrà
promossa
alcuna
manifestazione
pubblica
.
La
direzione
della
DC
ritiene
non
del
tutto
esaurito
il
tenue
filo
di
speranza
per
la
vita
del
suo
presidente
»
.