Miscellanea ,
PARTE
PRIMA
IL
PRIMO
CADAVERE
DEL
6
MAGGIO
1898
Era
venerdì
.
S
andava
via
per
l
atmosfera
tepida
come
tanti
punti
interrogativi
.
Gli
uni
guardavano
in
faccia
agli
altri
e
tutti
sentivano
dell
inquietudine
dell
Italia
agitata
dalla
fame
.
Pavia
come
Sesto
Fiorentino
e
come
Soresina
,
aveva
avuto
i
suoi
ciottoli
innaffiati
dalla
strage
militare
.
Il
povero
Muzio
Mussi
,
il
figlio
del
vice
presidente
della
Camera
,
era
stato
tramazzato
al
suolo
a
ventitre
anni
e
la
notizia
angosciosa
,
propalata
dai
giornali
,
passava
sui
nervi
della
cittadinanza
come
una
scarica
d
indignazione
.
In
mezzo
alle
piazze
,
lungo
le
vie
,
si
temeva
e
si
presentiva
la
fucilata
.
La
conversazione
sentiva
del
momento
.
Era
una
conversazione
animata
,
concitata
,
che
lasciava
udire
un
po
della
campana
a
martello
.
La
gente
parlava
a
monosillabi
tragici
,
coi
gesti
che
facevano
sobbalzare
il
pensiero
,
con
l
atto
finale
della
mano
in
aria
che
traduceva
l
impotenza
e
la
minaccia
.
Nei
sobborghi
,
dove
è
più
fitta
la
popolazione
operaia
,
sarebbe
bastata
un
po
di
retorica
calda
per
mettere
sottosopra
il
sangue
cittadino
che
spumeggiava
nelle
vene
.
Con
tanta
irritazione
che
si
andava
accumulando
per
i
quartieri
di
ora
in
ora
,
a
ogni
telegramma
che
annunciava
che
il
governo
curava
,
dappertutto
,
lo
stomaco
vuoto
con
la
balistite
,
Milano
avrebbe
avuto
bisogno
di
uomini
prudenti
che
avessero
saputo
,
con
dolcezza
,
togliere
e
non
aggiungere
combustibile
alla
catasta
che
aspettava
lo
zolfino
.
Invece
la
metropoli
lombarda
ha
avuto
Vigoni
,
Negri
,
Minozzi
,
Prina
,
Winspeare
e
Bava
Beccaris
,
regi
lenoni
che
vedevano
in
ogni
aggruppamento
di
operai
masse
di
rivoltosi
o
di
congiurati
,
imbecilli
feroci
che
avrebbero
livragato
tutti
coloro
che
non
fossero
caduti
ai
loro
piedi
a
implorare
la
vita
.
Senza
costoro
,
senza
agenti
di
pubblica
sicurezza
,
senza
soldati
,
è
certo
che
io
non
sarei
qui
a
cucire
insieme
i
brandelli
sanguinolenti
della
pagina
che
ha
iniziato
le
giornate
di
Bava
Beccaris
,
il
vecchio
rimbambito
che
nasconde
la
testa
nella
sabbia
come
la
testuggine
per
non
udire
le
maledizioni
che
imperversano
intorno
al
suo
capo
.
Alla
mattina
,
come
tutte
le
altre
mattine
,
i
grandi
stabilimenti
dei
dintorni
di
Ponte
Seveso
,
spalancarono
i
portoni
e
i
proletari
vi
entrarono
a
frotte
per
non
uscire
che
a
mezzogiorno
.
Nelle
fabbriche
si
era
lavorato
con
disattenzione
e
si
era
chiacchierato
molto
sugli
avvenimenti
.
In
via
Galilei
,
il
contingente
dei
lavoratori
,
come
il
solito
,
ingrossava
di
minuto
in
minuto
.
Poiché
vi
si
fermavano
come
negli
altri
giorni
,
quelli
del
Pirelli
,
quelli
del
Grondona
,
quelli
dello
Stigler
,
quelli
del
Vago
,
quelli
dell
Elvetica
e
quelli
di
altri
stabilimenti
vicini
,
così
non
era
una
meraviglia
se
si
vedeva
in
quella
via
e
nelle
adiacenze
una
massa
nera
di
diecimila
persone
.
In
mezzo
a
tanta
gente
che
discuteva
,
alcuni
operai
e
parecchi
ragazzi
distribuivano
il
manifesto
pubblicato
la
sera
prima
dal
partito
socialista
,
manifesto
redatto
dalla
penna
turatiana
che
sentiva
il
momento
e
mandava
in
piazza
la
protesta
d
«
intonazione
-
repubblicana
»
,
,
come
dissero
il
Secolo
e
L
Italia
del
Popolo
.
Ma
per
gli
agenti
non
educati
all
agitazione
costituzionale
e
resi
prepotenti
dall
incoraggiamento
dei
superiori
,
un
semplice
foglio
volante
che
riassuma
la
condizione
miserabile
del
proletariato
diventa
una
perturbazione
pubblica
,
un
delitto
.
Due
agenti
della
squadra
volante
,
certo
Rossi
e
certo
Domenico
Viola
,
detto
il
calabrese
,
si
avvicinarono
ai
distributori
,
strapparono
loro
di
mano
gli
stampati
e
ne
arrestarono
due
.
Potete
immaginarvi
il
subbuglio
.
Uomini
e
donne
si
misero
a
gridare
:
molla
!
molla
!
Ma
il
Viola
,
che
era
il
Prina
della
bassa
forza
,
tirò
via
con
la
sua
preda
fino
in
via
Napo
Torriani
,
fermandosi
al
numero
24
,
la
sede
della
questura
del
quartiere
.
-
Io
ero
sul
posto
,
-
mi
disse
un
testimone
oculare
,
capo
sala
in
una
Sezione
dello
Stabilimento
Pirelli
.
-
Alcuni
compagni
mi
invitarono
a
trovare
il
mezzo
di
liberare
gli
arrestati
,
i
quali
erano
seguiti
da
una
moltitudine
di
tre
o
quattro
mila
persone
.
Avviandomi
presso
la
sezione
di
questura
trovai
Carlo
della
Valle
,
l
omino
che
amministrava
la
Lotta
di
Classe
e
si
poteva
dire
l
anima
del
partito
.
Ci
trovammo
in
via
Vittor
Pisani
e
andammo
senza
indugio
a
parlare
col
delegato
.
Intanto
di
fuori
si
urlava
e
si
scagliavano
sassate
incessanti
contro
lo
stemma
al
di
sopra
dell
entrata
.
Dicemmo
al
delegato
che
i
ragazzi
arrestati
erano
dello
Stabilimento
Pirelli
e
che
secondo
noi
non
avevano
commesso
che
qualche
ragazzata
.
E
il
delegato
ci
promise
che
dopo
aver
consultato
il
questore
,
sarebbero
stati
messi
in
libertà
.
Uscimmo
mentre
i
fischi
degli
stabilimenti
chiamavano
al
lavoro
.
Il
largo
del
Trotter
e
le
vie
adiacenti
erano
gremite
.
Ci
avviammo
verso
l
edificio
dei
sordo
-
muti
e
al
largo
del
Trotter
vedemmo
venire
il
Viola
,
con
la
rivoltella
in
mano
,
seguito
da
altri
sei
o
sette
poliziotti
in
borghese
,
che
tenevano
in
mano
lo
stesso
strumento
della
civiltà
moderna
.
I
cagnotti
in
borghese
saltavano
da
una
parte
e
dall
altra
,
puntando
le
bocche
da
fuoco
alla
faccia
delle
donne
e
degli
uomini
,
minacciandoli
e
dicendo
loro
ingiurie
che
facevano
impallidire
e
rimescolare
il
sangue
.
-
Mascalzoni
!
Vaianne
!
Con
tanta
confusione
,
non
so
più
se
sia
stato
il
Viola
o
un
suo
collega
.
So
che
uno
di
loro
si
avventò
contro
una
delle
ragazze
che
aveva
agitato
il
foulard
rosso
che
si
era
tolta
dal
collo
,
percuotendola
alla
fronte
con
il
calcio
della
rivoltella
.
Non
ricordo
bene
il
nome
della
sventurata
.
Ma
credo
si
chiamasse
Marietta
,
una
ragazza
dai
fianchi
opulenti
e
dalle
braccia
che
non
avevano
paura
.
La
Marietta
,
uscita
dallo
stordimento
,
con
la
faccia
rigata
di
sangue
,
con
la
bocca
tutta
agitata
che
gridava
:
assassini
!
assassini
!
,
divenne
una
demonia
che
non
si
sapeva
più
come
tenere
,
perché
voleva
rincorrere
e
agguantare
il
malandrino
e
punirlo
come
meritava
.
Ma
io
e
alcune
sue
compagne
riuscimmo
a
trattenerla
e
a
trascinarla
allo
stabilimento
a
farsi
medicare
nell
ambulanza
interna
.
Intanto
che
la
si
medicava
gli
operai
e
le
operaie
entrati
volevano
uscire
di
nuovo
perché
di
fuori
si
gridava
con
insistenza
che
si
doveva
smettere
di
lavorare
.
Il
direttore
dello
stabilimento
,
signor
Emilio
Calcagni
,
e
l
ispettore
dell
ordine
interno
,
signor
Cavalli
,
correvano
da
una
parte
all
altra
dell
edificio
raccomandando
a
tutti
la
calma
e
supplicando
ciascuno
di
dare
il
buon
esempio
e
riprendere
il
lavoro
.
Così
io
,
pur
sapendo
che
dovevano
venire
Turati
e
Rondani
,
stati
chiamati
d
urgenza
dal
della
Valle
e
dal
compagno
Songia
,
dovetti
acconciarmi
a
rimanere
chiuso
nello
stabilimento
!
Io
e
gli
altri
di
dentro
,
parevamo
sugli
aghi
.
Il
lavoro
che
si
faceva
era
un
lavoro
meccanico
.
La
mente
era
di
fuori
,
attorno
,
con
le
orecchie
che
venivano
perturbate
dalle
grida
che
si
udivano
nell
aria
:
abbasso
i
birri
!
morte
al
Viola
!
-
l
agente
esacrato
in
tutto
il
quartiere
per
il
suo
carattere
malvagio
e
violento
e
perché
si
diceva
da
tutti
che
era
stato
lui
a
menare
il
calcio
del
revolver
sulla
fronte
dell
operaia
ferita
.
Tra
le
due
e
le
due
e
mezzo
,
riuscii
a
mettermi
alla
grata
di
una
delle
finestre
che
guardano
in
Ponte
Seveso
,
proprio
tra
il
numero
ventitre
e
venticinque
dello
stabilimento
.
Era
giunto
il
Turati
e
per
i
fori
vedevo
che
era
sulle
spalle
di
due
giovani
tarchiati
,
con
la
mano
appoggiata
all
albero
,
che
parlava
a
pochi
passi
dall
ufficio
postale
.
-
Come
deputato
del
vostro
collegio
,
invoco
da
voi
calma
e
pazienza
.
Non
la
pazienza
dell
asino
,
intendiamoci
,
ma
una
pazienza
di
alcuni
momenti
,
affinché
in
nome
vostro
,
se
lo
consentite
,
noi
possiamo
trattare
con
le
autorità
per
la
liberazione
dell
arrestato
.
L
arrestato
era
Angelo
Amadio
,
detto
el
pompierin
,
di
diciannove
anni
.
Mezz
ora
dopo
ritornò
Turati
e
riparlò
alla
folla
su
per
giù
con
queste
parole
:
-
Sentite
,
compagni
.
Noi
abbiamo
saputo
che
ormai
questore
e
prefetto
non
possono
farci
nulla
.
L
arrestato
che
fu
trovato
coi
sassi
in
mano
...
(
Molte
voci
gridarono
:
No
,
non
è
vero
!
)
...
Credo
anch
io
,
anzi
mi
auguro
che
non
sia
vero
.
Ma
ora
l
arrestato
è
nelle
mani
del
procuratore
del
re
,
e
io
mi
recherò
da
lui
.
Ci
fu
una
lunga
pausa
.
-
Ascoltate
ora
un
mio
consiglio
,
o
compagni
!
Qualunque
possa
essere
la
risposta
,
ve
lo
dico
in
coscienza
,
non
dovete
insistere
.
Questo
non
è
il
giorno
.
(
Fu
interrotto
da
una
voce
:
E
quand
l
è
ch
el
vegnarà
el
dì
?
)
.
Ho
detto
che
questo
non
è
il
giorno
;
perché
tutto
è
preparato
per
le
più
feroci
repressioni
.
Il
popolo
deve
essere
abile
e
scegliere
lui
il
giorno
in
cui
si
crederà
preparato
e
organizzato
per
la
vittoria
.
Non
è
oggi
il
giorno
per
la
battaglia
in
piazza
(
grida
e
interruzione
in
vario
senso
)
.
Sono
di
parere
che
dobbiamo
limitarci
a
una
cosa
per
volta
.
Ora
dobbiamo
liberare
un
nostro
compagno
,
insistiamo
per
la
sua
liberazione
.
E
siccome
la
massa
era
assai
eccitata
e
le
pareva
poco
quello
che
le
offriva
il
deputato
del
quinto
collegio
,
così
il
Turati
fu
obbligato
a
ripetere
quello
che
aveva
detto
.
-
Vi
ripeto
,
compagni
,
non
dobbiamo
lasciar
scegliere
all
autorità
il
giorno
della
battaglia
.
Oggi
vi
dico
che
sarebbe
massacro
!
Fidatevi
di
me
in
questo
momento
:
oggi
è
una
rovina
!
Contentatevi
della
scarcerazione
.
La
cosa
si
era
fatta
seria
.
Su
circa
tremila
operai
non
ne
erano
entrati
,
tra
uomini
e
donne
ottocento
.
In
uno
dei
cortili
erano
stati
introdotti
,
alla
chetichella
,
un
centinaio
di
soldati
,
i
quali
caricavano
i
fucili
.
Di
fuori
,
in
giro
per
l
edificio
,
tutte
le
entrate
e
tutte
le
uscite
erano
bloccate
da
un
cordone
di
quattro
file
di
soldati
.
Il
fischio
delle
sei
fu
un
sollievo
per
tutti
.
Uscimmo
alla
spicciolata
,
passando
per
la
corte
zeppa
di
soldati
di
fanteria
,
dai
corridoi
che
precedono
la
porta
d
uscita
,
e
poi
tramezzo
agli
altri
soldati
allineati
sui
marciapiedi
.
Vidi
di
nuovo
il
Turati
,
il
Rondani
e
un
altro
che
non
ricordo
in
una
carrozza
scoperta
.
L
onorevole
Turati
annunciava
a
tutti
che
l
Amadio
sarebbe
stato
messo
in
libertà
prima
di
sera
.
Scomparsa
la
carrozza
e
gli
oratori
per
la
via
Galilei
,
la
moltitudine
pigiata
si
ruppe
e
la
maggioranza
,
che
abita
nei
paraggi
di
Corso
Loreto
e
alla
Cascina
Rotole
e
nelle
vicinanze
della
chiesa
di
San
Francesco
,
si
avviò
per
la
via
Napo
Torriani
-
anche
per
vedere
che
cosa
si
faceva
alla
sezione
di
P.S.
Fra
la
moltitudine
che
si
avviava
verso
casa
,
rasentando
la
sezione
di
P.S.
,
l
ultima
casa
della
via
in
faccia
al
Trotter
,
era
l
operaio
Silvestro
Savoldi
,
un
uomo
di
circa
trentacinque
anni
,
bassotto
,
tarchiato
,
dai
capelli
castano
chiari
,
con
due
baffoni
che
tiravano
al
rossiccio
,
con
due
occhi
che
lampeggiavano
.
È
impossibile
dire
,
in
mezzo
a
tanta
gente
,
se
era
un
tumultuante
o
un
operaio
che
rincasasse
.
Ma
la
gente
che
lo
ha
veduto
prima
di
cadere
,
mi
ha
assicurato
che
andava
via
lentamente
senza
badare
a
quello
che
avveniva
.
Dal
Trotter
,
dove
era
stata
chiusa
,
a
mezzogiorno
,
la
truppa
,
usciva
un
plotone
del
cinquantasettesimo
fanteria
,
attraversava
il
piazzale
Andrea
Doria
e
procedeva
verso
Napo
Torriani
coi
fucili
a
crociat
-
et
.
Il
grosso
dei
dimostranti
era
lungo
il
marciapiedi
dalla
parte
opposta
alla
caserma
dei
questurini
.
I
curiosi
si
erano
assiepati
a
dieci
metri
di
distanza
dalla
truppa
che
aveva
fatto
alt
,
e
qua
e
là
si
movevano
gli
individui
che
lanciavano
sassi
allo
stemma
questurinesco
.
Pare
che
qualche
sassata
abbia
raggiunto
anche
qualche
soldato
.
Fu
come
il
segnale
.
Si
udì
lo
squillo
di
tromba
.
Si
vide
il
fuggi
fuggi
,
e
si
sentì
il
ran
ran
che
spaventava
,
che
infuriava
,
che
sollevava
grida
disperate
da
tutte
le
parti
e
lanciava
in
aria
una
nube
bianca
in
un
silenzio
sepolcrale
.
Fu
allora
che
anch
io
gridai
come
la
Marietta
:
assassini
!
assassini
!
Far
seguire
allo
squillo
le
fucilate
,
senza
il
tempo
di
vuotare
la
via
a
gambe
levate
,
è
un
delitto
senza
nome
.
Non
vi
so
dire
se
il
fuoco
sia
stato
iniziato
dai
soldati
o
dai
questurini
.
Ma
se
tra
l
uno
e
l
altro
non
c
è
stato
attimo
di
mezzo
,
le
rivoltelle
e
i
fucili
devono
aver
incominciato
insieme
.
Non
erano
ancora
le
sei
e
mezzo
e
il
povero
Savoldi
che
credeva
di
andare
in
Corso
Loreto
,
40
,
era
vicino
all
altro
mondo
.
Stavano
per
suonare
le
sei
e
mezzo
e
il
disgraziato
giungeva
proprio
al
malaugurato
portone
della
sede
della
sezione
di
questura
,
dove
dovevano
essere
appiattati
gli
agenti
della
squadra
volante
.
I
dimostranti
di
fuori
schiamazzavano
e
domandavano
a
gola
piena
se
erano
stati
messi
in
libertà
gli
arrestati
.
E
in
questo
mentre
si
vide
sbucare
il
Viola
con
la
bocca
spalancata
e
la
rivoltella
tesa
verso
la
moltitudine
.
Il
Savoldi
,
sorpreso
,
vacillò
e
cadde
col
sangue
che
gli
usciva
a
fiotti
dalla
tempia
sinistra
.
Il
suo
assassino
non
ebbe
tempo
di
ritornare
indietro
a
leccarsi
le
labbra
,
perché
una
palla
all
inguine
lo
stese
al
suolo
cadavere
.
I
due
cadaveri
mi
avevano
terrorizzato
.
Non
ebbi
un
gesummaria
!
né
per
il
primo
né
per
il
secondo
.
Mi
batteva
il
cuore
,
mi
sentivo
in
fiamme
.
In
quel
momento
non
ho
potuto
fare
supposizioni
.
Ma
non
appena
mi
trovai
fuori
della
zona
dei
disastri
umani
mi
venne
spontanea
l
interrogazione
,
da
chi
era
stato
ammazzato
il
Viola
.
Da
chi
?
Dalla
folla
:
no
;
perché
nessuno
di
essa
possedeva
un
arma
da
fuoco
.
Dalla
truppa
?
No
,
perché
la
ferita
non
è
stata
fatta
da
una
pallottola
a
balistite
.
E
da
chi
allora
?
Mi
è
stato
spiegato
più
tardi
da
uno
che
ha
aiutato
a
raccoglierlo
.
È
una
supposizione
,
ma
pare
che
il
questurino
voltatosi
per
ritornare
a
corsa
sotto
la
porta
sia
stato
colpito
dalla
rivoltella
di
un
collega
che
lo
aiutava
a
sfollare
con
le
palle
di
piombo
.
La
stessa
persona
mi
ha
dato
l
altra
supposizione
,
che
la
prima
revolverata
del
Viola
sia
partita
proprio
tra
lo
squillo
e
la
scarica
,
come
un
incitazione
,
un
avviso
di
far
fuoco
.
Sia
avvenuto
in
un
modo
o
nell
altro
,
la
moltitudine
non
ha
avuto
tempo
di
mettersi
in
salvo
.
Dopo
le
tre
scariche
militari
corsi
dov
era
il
Savoldi
e
là
,
io
e
altri
amici
lo
raccogliemmo
,
prendendolo
per
i
piedi
e
per
le
ascelle
.
Respirava
ancora
e
lo
chiamammo
per
nome
.
-
Silvestro
?
Savoldi
?
Egli
guardava
,
con
gli
occhi
istupiditi
dalla
morte
che
lo
invadeva
,
senza
rispondere
.
Lo
riprendemmo
e
ci
avviammo
verso
il
Ponte
Seveso
per
vedere
se
era
possibile
farlo
medicare
nell
infermeria
dello
stabilimento
Pirelli
.
Ma
la
porta
era
chiusa
e
la
linea
dei
soldati
non
ci
permetteva
di
avvicinarci
allo
stabilimento
.
Senz
altro
decidemmo
di
metterlo
sul
tram
,
avviato
alla
Piazza
del
Duomo
per
il
Corso
di
Porta
Nuova
.
Fu
una
scena
pietosa
.
Scomodammo
la
gente
e
,
sorreggendolo
davanti
e
dietro
,
riuscimmo
a
tirarlo
sulla
carrozza
,
adagiarlo
lungo
il
cuscino
e
mettergli
la
testa
insanguinata
sulle
ginocchia
di
uno
di
noi
.
Il
tram
non
si
era
ancora
mosso
che
il
Savoldi
tirò
un
sospiro
lungo
che
ci
andò
al
cuore
,
e
chiuse
gli
occhi
.
Il
tram
andava
e
le
nostre
mani
palpavano
sul
suo
cuore
come
se
avessimo
voluto
che
continuasse
a
battere
e
a
mantenersi
caldo
.
Ma
la
pelle
andava
raffreddandosi
e
quando
fummo
in
piazza
Mercanti
il
medico
di
guardia
ci
mandò
via
con
un
bisillabo
:
morto
!
Il
padre
di
cinque
o
sei
figli
era
morto
.
E
noi
,
angosciati
,
ricaricammo
il
primo
cadavere
delle
giornate
di
Milano
sul
tram
che
andava
a
Porta
Volta
e
dal
luogo
di
sosta
lo
portammo
a
braccia
,
al
Cimitero
Monumentale
.
Ritornato
a
casa
seppi
che
la
balistite
aveva
lasciato
sul
terreno
delle
donne
e
degli
uomini
feriti
,
due
dei
quali
morirono
prima
o
subito
dopo
l
aurora
.
L
eccidio
di
Bava
Beccaris
era
incominciato
.
LA
PIAZZA
DEL
DUOMO
IL
VENERDI
SERA
Che
scena
!
La
nuvolaglia
si
voltolava
su
se
stessa
e
il
cielo
rumoreggiava
di
tanto
in
tanto
e
faceva
sentire
i
sordi
boati
che
annunciavano
l
uragano
.
Savoldi
,
l
operaio
dello
Stabilimento
Pirelli
,
era
appena
passato
coi
compagni
che
lo
accompagnavano
a
Musocco
.
La
moltitudine
che
aveva
veduto
il
tram
di
Porta
Volta
che
infilava
via
Carlo
Alberto
,
accorse
a
vederlo
.
Era
tenuto
su
dalle
braccia
degli
amici
sotto
le
ascelle
per
dargli
aria
di
passeggero
,
ma
si
vedeva
che
era
floscio
e
andato
.
Gli
occhi
erano
spenti
,
la
pelle
della
faccia
era
morta
da
far
paura
e
tutta
la
bocca
semiaperta
era
dissanguata
.
Vennero
consigliati
di
adagiarlo
lungo
e
disteso
.
Il
tram
andava
e
l
indignazione
incominciava
.
Il
cadavere
era
in
tutte
le
conversazioni
.
Pochi
lo
conoscevano
,
ma
tutti
sapevano
che
era
un
operaio
che
aveva
lavorato
fino
a
quando
la
campana
lo
aveva
messo
alla
porta
.
La
piazza
si
gremiva
,
i
portici
erano
quasi
affollati
,
la
fanteria
aveva
bloccato
le
entrate
della
Galleria
e
nell
interno
si
vedevano
gli
agenti
e
i
delegati
di
P
..
S
.
con
la
ciarpa
del
mestiere
che
andavano
e
venivano
o
sostavano
in
certi
punti
come
in
attesa
di
altri
ordini
.
A
qualche
passo
dalla
scalinata
della
cattedrale
,
dove
erano
i
bersaglieri
col
calcio
del
fucile
a
terra
,
ci
fu
un
tentativo
di
discorso
.
Non
ebbi
tempo
di
vedere
1oratore
sulle
spalle
di
un
gruppo
di
giovani
,
che
una
voce
imperiosa
lo
aveva
fatto
scomparire
.
-
Giù
,
giù
!
o
faccio
suonare
la
tromba
!
Eravamo
tutti
eccitati
,
tutti
in
un
atmosfera
ardente
.
Guai
se
in
quel
momento
un
Desmoulins
della
strada
avesse
buttato
nella
calca
una
scintilla
verbale
e
ci
avesse
spinti
alla
rivoluzione
!
Ci
sarebbe
stata
una
conflagrazione
sociale
.
Inaspriti
dal
dolore
,
l
incendio
sarebbe
diventato
generale
.
Invece
,
anche
con
la
truppa
che
urtava
la
folla
da
una
parte
e
dall
altra
per
separarla
e
disperderla
nelle
vie
adiacenti
,
prevalse
la
prudenza
.
Senza
lasciarsi
frazionare
si
muoveva
tutt
insieme
come
una
massa
enorme
.
Qua
e
là
si
respirava
a
disagio
.
Maledizione
di
Dio
!
Come
nelle
giornate
del
Colpo
di
Stato
a
Parigi
,
il
temporale
scioglieva
il
problema
di
spazzare
la
piazza
tutta
agitata
dalla
fermentazione
cittadina
.
Tra
le
otto
e
le
otto
e
mezzo
si
è
udito
come
uno
squarciamento
di
cateratte
.
Pareva
che
le
folgori
passassero
lacerando
il
cielo
e
prorompessero
lungo
la
corsa
con
esplosioni
di
tuoni
e
lampi
che
illuminassero
tutta
la
volta
sottosopra
.
Fu
un
diluvio
.
L
acqua
veniva
giù
a
rovesci
col
chiasso
dei
filoni
che
si
rompevano
sui
tetti
e
sul
selciato
.
La
gente
si
salvava
pigiandosi
sotto
i
portici
meridionali
e
settentrionali
e
per
gli
svolti
delle
vie
che
li
lambiscono
.
I
cordoni
militari
che
bloccavano
la
Galleria
venivano
rotti
dalla
lenta
fiumana
che
non
poteva
più
tornare
indietro
.
Lo
straripamento
era
così
possente
che
si
sono
dimezzati
o
frazionati
senza
resistenza
.
Nessuna
forza
avrebbe
potuto
trattenerla
.
Una
volta
ingorgati
nel
grande
tunnel
non
si
camminava
,
si
era
portati
e
si
andava
via
adagio
adagio
come
voleva
la
corrente
umana
.
Agli
ottagoni
la
respirazione
era
affannosa
.
Ci
si
sentiva
premuti
da
tutte
le
parti
.
Tuttavia
si
sentiva
l
inno
dei
lavoratori
cantato
da
mille
voci
.
Vicino
al
Gnocchi
era
un
impalcato
che
avrebbe
potuto
servire
benissimo
da
piattaforma
.
Più
d
uno
s
era
messo
tra
le
travi
con
la
voglia
di
sgolare
l
orazione
rivoluzionaria
,
ma
non
c
è
stato
verso
.
Gli
agenti
e
i
carabinieri
non
davano
tregua
a
coloro
che
avevano
la
gola
piena
di
prosa
veemente
.
Gli
squilli
facevano
il
resto
.
Tumultuavano
l
ambiente
,
respingevano
la
moltitudine
e
facevano
larghi
che
si
riempivano
quasi
simultaneamente
.
Ho
veduto
Zavattari
con
la
sua
bella
faccia
sincera
entrare
dalla
parte
della
Scala
,
dopo
che
era
stato
sul
balcone
municipale
a
pacificare
i
cittadini
con
gli
altri
oratori
.
L
interruzione
della
piazza
e
gli
squilli
erano
impotenti
a
rarefare
la
ressa
.
Le
trombe
con
la
loro
violenza
che
incalzava
alla
fuga
,
irritavano
e
indemoniavano
.
Alle
dieci
molta
gente
spinta
e
risospinta
era
rimasta
fuori
della
Galleria
e
si
era
avviata
a
domicilio
.
I
questurini
rincorrevano
i
dimostranti
più
clamorosi
e
facevano
arresti
.
Gli
arrestati
passavano
tra
gli
agenti
che
li
tenevano
per
il
colletto
o
per
le
braccia
.
Le
grida
di
molla
!
molla
!
moltiplicavano
il
numero
di
coloro
che
venivano
violentati
fino
a
San
Fedele
.
Alcuni
arrestati
s
imputavano
e
urlavano
e
si
scuotevano
per
divincolarsi
dai
tentacoli
polizieschi
.
L
odio
di
classe
si
era
manifestato
con
tutta
la
sua
perversione
.
I
signori
della
Brasera
Milanese
,
dal
balcone
del
terzo
piano
al
di
sopra
del
negozio
Munster
,
riversavano
sulla
folla
parecchi
secchi
d
acqua
.
La
gente
,
esasperata
,
volgeva
in
alto
i
visi
stravolti
dalla
collera
con
i
pugni
chiusi
e
la
bocca
divenuta
un
vulcano
d
improperi
.
I
più
lontani
,
quelli
dell
angolo
,
tiravano
al
balcone
sassi
che
precipitavano
per
la
parete
della
galleria
con
un
baccano
indiavolato
.
Senza
le
corse
e
le
rincorse
dei
questurini
e
dei
carabinieri
con
gli
squilli
di
tromba
,
avrebbero
scontata
la
loro
buaggine
pericolosa
con
la
morte
del
Prina
.
Guai
se
la
folla
avesse
saputo
da
qual
parte
si
saliva
per
entrare
nei
loro
clubs
!
Così
non
c
è
stato
che
uno
scambio
di
villanie
.
Ma
i
signori
che
hanno
irritata
la
gente
,
la
devono
aver
veduta
brutta
.
Perché
c
è
stato
un
momento
in
cui
ho
creduto
che
gli
epiteti
vergognosi
e
sanguinosi
che
le
buttavano
sopra
con
i
loro
scaracchi
la
inducesse
a
farsi
largo
attraverso
il
Campari
per
uscire
sulla
scala
esterna
e
salire
tumultuosamente
a
scaraventarli
dal
balcone
.
Gli
squilli
devono
aver
interrotto
il
pensiero
.
Verso
mezzanotte
tutti
erano
stanchi
,
tutti
avevano
bisogno
di
riposare
,
tutti
sentivano
la
necessità
di
una
sosta
.
Mai
come
in
quella
notte
la
piazza
della
Scala
,
la
Galleria
e
la
piazza
del
Duomo
sono
state
così
silenziose
.
Parevan
luoghi
disabitati
.
Quanti
ne
avevano
arrestati
!
mucchi
.
A
mucchi
son
stati
chiusi
nei
camerotti
puzzolenti
della
questura
di
San
Fedele
.
LE
PRIME
FUCILATE
IN
PIAZZA
DEL
DUOMO
(
dal
mio
diario
)
7
Maggio
.
-
Mi
alzo
,
sono
inquieto
,
ho
ancora
nella
testa
le
grida
e
le
scene
di
ieri
sera
durante
e
dopo
l
acquazzone
indiavolato
che
ha
fatto
scappare
tutti
dai
luoghi
aperti
,
e
sciolta
la
dimostrazione
prima
che
si
adunasse
.
In
Galleria
Vittorio
Emanuele
ci
sono
stati
momenti
terribili
.
Squilli
,
moltitudini
che
si
riversavano
da
una
parte
all
altra
,
aggruppamenti
che
si
disfacevano
in
un
fiato
e
si
ricomponevano
a
qualche
passo
di
distanza
.
Rivedo
i
provocatori
della
Brasera
con
spavento
.
Con
l
irritazione
incandescente
dappertutto
,
i
signoracci
,
in
alto
,
si
abbandonavano
allo
spasso
di
aggiungere
combustibile
per
l
incendio
,
buttando
giù
sulle
moltitudini
parole
oscene
e
villane
e
mostrando
i
pugni
chiusi
.
Ah
,
birbe
!
C
è
stato
un
attimo
in
cui
ho
veduto
nell
atmosfera
irritata
la
guerra
civile
.
I
mascalzoni
che
apparivano
e
scomparivano
dietro
i
vetri
rovesciavano
sui
capannelli
che
sostavano
e
passavano
secchi
d
acqua
.
Scellerati
!
Anche
in
casa
si
sente
che
siamo
in
tempi
anormali
.
C
è
un
inquietudine
,
c
è
un
malessere
,
c
è
qualcosa
che
non
so
spiegare
.
Sei
amici
sono
saliti
a
trovarmi
terrorizzati
.
C
è
tra
loro
un
deputato
.
Sembrano
tutti
in
preda
alla
febbre
.
A
loro
sembra
impossibile
che
io
sia
ancora
al
largo
.
Va
via
!
mi
dice
qualcuno
.
Mettiti
al
sicuro
.
Non
ci
penso
neanche
.
Rido
e
faccio
la
punta
al
lapis
che
voglio
mettermi
in
tasca
per
andare
in
giro
a
raccogliere
gli
avvenimenti
.
Non
capita
tutti
i
giorni
di
passare
in
mezzo
al
casaldiavolo
militare
con
la
matita
che
lo
raccoglie
.
La
matita
nelle
giornate
di
sommossa
è
forte
,
più
forte
dei
cannoni
a
tiro
rapido
.
Victor
Hugo
,
con
la
matita
che
Baudin
gli
ha
prestato
prima
di
morire
sulla
barricata
della
via
Santa
Margherita
,
ha
inchiodato
i
nomi
dei
malfattori
del
2
dicembre
alla
vergogna
dei
secoli
.
La
storia
di
un
delitto
è
un
libro
immortale
.
A
proposito
:
e
perché
non
lo
ha
pubblicato
subito
,
quando
gli
episodi
fumavano
del
sangue
delle
vittime
,
quando
gli
attori
principali
del
Colpo
di
Stato
suscitavano
ancora
gli
orrori
,
gli
spasimi
?
Io
non
voglio
imitarlo
.
Lui
ha
saputo
tener
il
manoscritto
chiuso
nell
armadio
per
venticinque
anni
.
Io
andrò
subito
alla
ricerca
di
una
stamperia
.
Voglio
la
scena
nell
atmosfera
in
cui
si
è
svolta
.
Ho
letto
la
Lombardia
con
disgusto
.
Ah
,
che
prosaccia
da
sentina
!
È
un
giornale
che
non
mi
è
mai
piaciuto
.
L
ho
sempre
considerato
un
fogliuolaccio
mal
messo
insieme
e
scritto
coi
piedi
.
Ha
lo
stile
del
negoziante
di
notizie
.
Ora
che
puzza
di
questura
mi
fa
recere
.
I
suoi
redattori
sono
caconi
.
Vorrebbero
essere
un
po
con
tutti
,
tranne
che
coi
«
sovversivi
»
o
coi
«
formidabili
nemici
delle
istituzioni
»
.
Non
c
è
che
la
presenza
del
cronista
che
la
lasci
vivere
nell
equivoco
.
Con
lui
,
iscritto
al
partito
socialista
,
non
si
ha
il
coraggio
di
metterla
tra
i
quotidiani
forcaioli
.
Ma
il
socialismo
del
cronista
del
Lombardia
è
un
socialista
ventraiuolo
.
Tant
è
vero
che
non
ha
mai
saputo
rinunciare
al
mensile
del
Popolo
Romano
di
Chauvet
.
Si
dice
che
il
cronista
è
apolitico
.
Imbecilli
.
Nella
notizia
o
nella
manipolazione
della
notizia
è
il
colore
.
Che
bella
giornata
!
Esco
.
La
portinaia
mi
saluta
con
aria
timida
.
Essa
ha
avuto
delle
visite
che
la
impensieriscono
.
-
Chi
erano
?
-
Facce
sinistre
.
Si
sente
per
le
vie
che
c
è
qualcosa
d
insolito
.
La
gente
è
affrettata
.
Sono
in
giro
molti
soldati
,
numerosi
questurini
,
parecchi
carabinieri
.
Ho
veduto
uno
squadrone
di
cavalleria
che
andava
verso
Porta
Garibaldi
.
Svolto
in
Via
Dante
e
svolto
alla
volta
di
Largo
Cairoli
.
Di
fianco
all
Eden
,
tra
il
monumento
e
l
ingresso
del
teatro
,
è
piazzata
una
batteria
di
cannoni
con
le
bocche
alte
verso
l
arteria
nuova
che
conduce
in
piazza
del
Duomo
.
La
gente
si
ferma
,
interroga
gli
artiglieri
e
va
via
senza
risposta
.
I
soldati
sembrano
accigliati
e
i
loro
superiori
hanno
l
aria
truce
.
Sentiamo
un
ran
ran
che
passa
come
per
i
tetti
.
Le
persone
guardano
in
aria
.
Nulla
.
Ma
il
ran
ran
è
entrato
in
tutti
come
un
brivido
.
I
passanti
raddoppiano
di
gamba
e
si
disperdono
per
le
vie
in
direzioni
opposte
ai
cannonieri
.
Ho
incontrato
un
amico
,
pallido
come
un
morto
...
Mi
ha
veduto
;
mi
ha
dovuto
vedere
,
e
non
mi
ha
salutato
.
Non
gliene
faccio
colpa
.
Con
Bava
Beccaris
il
saluto
può
costare
la
prigione
.
Tutte
le
muraglie
,
tutti
gli
assiti
sono
coperti
dagli
avvisi
di
questo
generale
che
ha
assunto
il
linguaggio
brutale
del
soldato
pronto
al
fuoco
.
In
uno
di
essi
dice
:
«
Milanesi
!
I
disordini
che
da
ieri
funestano
questa
città
vanno
prendendo
l
aspetto
di
una
vera
sommossa
,
e
perciò
,
a
seconda
degli
ordini
ministeriali
,
assumo
la
direzione
superiore
per
il
ristabilimento
dell
ordine
pubblico
.
«
Consiglio
i
cittadini
di
starsene
nelle
loro
case
affinché
le
truppe
abbiano
a
trovarsi
di
fronte
ai
soli
dimostranti
e
possano
così
agire
con
la
maggiore
vigoria
»
.
Ha
copiato
,
con
qualche
variante
,
il
generale
di
Saint
Arnaud
delle
famose
giornate
napoleoniche
.
«
Pas
des
curieux
inutiles
dans
les
rues
:
impediscono
i
movimenti
dei
valorosi
soldati
che
vi
proteggono
con
le
loro
baionette
»
.
Plagiario
!
La
città
dei
quarantottisti
è
senza
coraggio
.
Pare
che
tutto
il
sangue
delle
sue
arterie
sia
stato
convertito
in
acqua
.
La
popolazione
legge
e
fila
.
Non
c
è
una
mano
capace
di
strappare
gli
avvisi
che
riassumono
la
tracotanza
del
soldataccio
che
io
rovescerei
da
cavallo
se
lo
incontrassi
.
L
opinione
pubblica
è
sempre
rappresentata
dai
giornali
,
specialmente
nelle
giornate
di
torbidi
.
E
il
coraggio
dei
giornali
è
zero
.
Sbaglio
.
Nella
Perseveranza
e
nel
Corriere
della
Sera
è
il
coraggio
poliziesco
.
Aizzano
.
Nell
una
e
nell
altro
è
il
rancore
della
vendetta
.
Additano
i
confratelli
per
il
massacro
.
Sono
i
suggeritori
di
Bava
Beccaris
.
Tanto
la
prima
che
il
secondo
vanno
in
giro
carichi
della
prosa
melmosa
dei
loro
pennivendoli
.
Chi
sono
?
Dietro
il
redattore
responsabile
della
Perseveranza
,
è
una
turba
di
malviventi
intellettuali
dell
aristocrazia
milanese
,
il
cui
capo
è
Gaetano
Negri
,
l
uomo
dalle
esasperazioni
sociali
.
Il
direttore
del
Corriere
è
un
tipaccio
che
fa
il
gradasso
al
dorso
di
Bava
Beccaris
.
Figlio
di
un
procuratore
generale
che
esecrava
e
massacrava
i
giornali
che
non
idolatravano
le
«
istituzioni
»
,
,
ha
sentito
,
in
questi
giorni
di
baldoria
militare
,
la
collera
velenosa
del
padre
.
I
suoi
articoli
sono
dell
odio
in
fermentazione
.
La
sua
faccia
di
bonaccione
è
una
maschera
,
è
il
Prina
del
giornalismo
.
Terrorizza
i
terrorizzati
.
Emile
de
Girardin
mi
sbroncia
.
Egli
non
era
un
giacobino
,
ma
è
stato
solidale
con
la
stampa
insorta
contro
gli
arrestatori
e
i
massacratori
dei
repubblicani
che
volevano
conservare
la
Repubblica
.
Il
tipaccio
è
Domenico
Oliva
.
Godete
,
o
Giboyer
,
i
vostri
giornali
vanno
a
ruba
.
È
la
vostra
vendemmia
amministrativa
.
Bava
Beccaris
ha
parlato
ed
ecco
i
giornali
dell
ordine
invasi
dalla
paralisi
agitante
.
Pennivendoli
,
mangiapani
,
caratteri
di
zucchero
candito
,
vilissime
creature
che
non
avete
fede
che
nella
mesata
,
a
voi
,
sul
vostro
viso
,
gli
scaracchi
della
mia
indignazione
.
Io
vado
in
tutte
le
stamperie
che
conosco
,
a
implorare
la
grazia
di
stamparmi
un
bollettino
che
rimetta
in
piedi
i
ventraioli
in
ginocchio
,
i
pavidi
rappresentanti
del
quotidiano
divenuti
umili
servitori
di
Bava
Beccaris
.
Vergogna
,
vergogna
!
Hanno
tutti
paura
.
A
tutti
preme
il
pane
,
a
tutti
preme
la
famiglia
,
a
tutti
preme
la
quiete
,
a
tutti
preme
il
proprio
stabilimento
e
intanto
la
libertà
del
cittadino
muore
,
e
nessuno
è
più
sicuro
in
casa
sua
!
Ecco
che
sono
incominciati
gli
arresti
,
ecco
che
vanno
in
prigione
a
frotte
,
ecco
che
i
soldati
,
i
carabinieri
,
i
questurini
,
i
graduati
,
gli
ufficiali
non
sono
più
che
della
sbirraglia
che
agguanta
i
passanti
,
che
snida
la
gioventù
nelle
case
,
che
strappa
gli
sposi
dalle
braccia
delle
donne
piangenti
,
che
urta
brutalmente
i
bimbi
con
le
braccia
avviticchiate
alle
gambe
dei
padri
e
dei
fratelli
.
Il
mio
pensiero
è
in
fiamme
come
quello
di
Desmoulins
.
Mi
agita
,
mi
solleva
,
mi
grida
:
vile
!
rivoltati
,
alle
armi
!
alle
armi
!
ma
tutta
la
gente
tace
,
tutta
la
gente
si
lascia
condurre
in
prigione
e
tutti
i
giornalisti
applaudono
alle
vigliaccherie
di
Bava
Beccaris
e
mi
guardano
con
l
occhio
truce
del
rinnegato
.
Io
sono
solo
,
incapace
perfino
di
appendermi
ad
una
fune
di
campana
per
suonare
a
stormo
,
perché
tutte
le
chiese
sono
chiuse
,
ermeticamente
chiuse
.
Anche
il
dio
cattolico
partecipa
al
delitto
!
Oh
disperazione
di
questa
mia
giornata
di
torture
che
sciupo
nell
impotenza
senza
trovare
accenti
virili
che
diano
l
anima
dei
combattenti
del
48
alle
generazioni
di
cinquant
anni
dopo
!
Più
tardi
,
dopo
il
ran
ran
,
i
passanti
sembrano
degli
sconosciuti
.
Nessuno
dice
addio
all
altro
.
Vanno
via
rasente
ai
muri
come
incalzati
da
un
vento
impetuoso
.
Invece
c
è
un
sole
che
abbrustolisce
.
Io
sono
nel
sole
che
scalda
la
mia
desolazione
.
La
paura
è
nell
aria
.
Qua
e
là
si
chiudono
le
imposte
.
Pare
che
tutta
la
gente
stia
per
andare
in
campagna
.
Buon
viaggio
!
Mi
trovo
in
via
S
.
Vincenzino
.
Non
c
è
nessuno
,
non
c
è
anima
viva
.
Che
cos
ho
anch
io
?
Sono
inquieto
,
nervoso
,
trasalisco
per
nulla
.
Mi
si
è
chiamato
?
Chi
mi
ha
chiamato
?
Mi
sono
voltato
indietro
convinto
di
aver
qualcuno
alle
calcagna
.
Parola
d
onore
,
ho
tremato
.
Vile
!
Prima
di
sbucare
in
via
Meravigli
vedo
passare
un
delegato
con
la
sciarpa
lungo
il
panciotto
,
un
ufficiale
con
la
spada
sguainata
e
un
drappello
di
soldati
a
baionetta
in
canna
.
Dove
vanno
?
Raddoppio
il
passo
sulle
loro
pedate
.
Passano
e
sollevano
il
vespaio
nel
cervello
dei
passanti
.
Si
fanno
tutte
le
supposizioni
.
Il
parrucchiere
di
via
Meravigli
chiude
in
fretta
,
come
quando
si
ha
paura
che
la
tempesta
infuri
sui
vetri
.
Raggiungo
il
drappello
in
Santa
Maria
Porta
.
Il
delegato
si
volta
e
mi
fa
voltare
dall
altra
parte
con
un
gesto
.
Tutti
gli
ordigni
di
questura
sono
diventati
onnipotenti
.
Soldati
,
disse
egli
additandomi
,
fatelo
tornare
indietro
.
E
i
soldati
si
preparavano
a
curvare
gli
arnesi
della
civiltà
moderna
.
Non
c
è
bisogno
,
mi
dissi
mentalmente
.
La
disubbidienza
può
costarmi
una
fucilata
senza
che
alcuno
mi
raccolga
e
agiti
il
mio
cadavere
come
una
bandiera
.
Sono
in
giro
come
un
matto
.
Non
ho
direzione
.
In
corso
Magenta
vedo
altri
perduti
che
vengono
alla
mia
volta
e
io
li
evito
svoltando
in
via
San
Giovanni
sul
Muro
.
Al
margine
del
vicolo
dello
stesso
nome
sono
due
cenciose
della
bassa
prostituzione
che
aspettano
il
gozzovigliatore
che
faccia
guadagnar
loro
il
morsello
dell
esistenza
.
Sono
sudicione
che
fanno
ribrezzo
come
faceva
ribrezzo
la
Gervasa
,
prima
di
crepare
di
svaccamento
fra
le
gambe
del
beccamorto
.
Il
teatro
Dal
Verme
è
chiuso
,
la
chiesuola
più
in
giù
,
lungo
il
marciapiede
opposto
,
è
chiusa
,
le
ultime
imposte
si
chiudono
.
Non
si
vede
nulla
e
si
sente
che
lo
spavento
è
nelle
abitazioni
e
nella
strada
.
Non
smetto
di
camminare
.
Passo
un
altra
volta
al
Largo
Cairoli
.
L
Eden
traduce
il
momento
.
È
completamente
vuoto
.
Gli
artiglieri
sono
come
sull
attenti
.
Un
altro
ran
ran
rapido
,
precipitato
,
si
perde
via
come
in
fondo
a
un
bosco
.
Che
c
è
?
Cosa
c
è
?
Si
combatte
?
La
guerra
civile
è
nelle
vie
?
Mi
passa
per
la
schiena
un
brivido
.
Sono
in
piazza
Castello
,
dal
lato
di
Porta
Garibaldi
.
Mi
è
stato
detto
che
il
quartiere
popolare
è
già
tutto
in
faccende
per
le
barricate
.
Ran
,
ran
,
ran
!
Cerco
col
naso
e
con
gli
occhi
l
ombra
del
fumo
delle
fucilate
e
trovo
Vincenzo
Maresti
,
col
suo
cappello
nero
,
floscio
,
piatto
,
a
larga
tesa
,
piantato
sull
occhio
,
con
la
sua
giacca
accarezzata
alla
schiena
con
la
duttilità
del
panno
che
non
fa
pieghe
,
con
le
sue
gambe
lunghe
lunghe
,
con
quella
sua
faccia
abbronzata
anche
d
inverno
.
Senza
tirar
fuori
le
mani
dalle
tasche
mi
assicura
che
in
Porta
Garibaldi
c
è
fermento
.
Gli
pareva
di
camminare
su
di
un
terreno
infocato
.
A
ogni
momento
si
aspettava
un
grido
o
una
sollevazione
.
C
è
gente
a
frotte
.
Si
capisce
che
si
sono
vuotati
gli
opifici
.
La
direzione
generale
è
verso
il
Duomo
.
Maresti
mi
induce
a
cambiar
strada
e
filo
con
lui
in
via
Orefici
,
la
via
delle
catapecchie
in
demolizione
,
zuppa
di
femminacce
ulcerate
fino
agli
occhi
.
È
una
via
brutta
,
con
l
acciottolato
sempre
ricoperto
da
uno
strato
limaccioso
,
sempre
pieno
di
pozzanghere
e
di
prostitute
in
agguato
ad
aspettare
il
maschio
.
Dal
giorno
che
venne
decretato
il
suo
disfacimento
i
vecchi
orefici
,
che
vendevano
spadine
e
bucole
alle
brianzuole
,
se
ne
sono
andati
,
e
ogni
casupola
è
diventata
il
covo
della
prostituzione
che
si
sguinzaglia
di
notte
come
lupa
affamata
.
Anche
adesso
,
che
la
via
è
sottosopra
e
tumultuata
,
si
sente
l
odore
fetido
della
carne
sdrucita
e
vendereccia
che
attutisce
ancora
i
sensi
indiavolati
dei
briaconi
che
passano
.
Al
diavolo
il
carnimonio
!
Mi
spingo
avanti
,
dove
la
gente
è
più
fitta
e
calcando
cerco
di
mettermi
in
prima
fila
.
Sono
respinto
da
una
ondata
che
si
rovescia
indietro
,
spinta
da
un
altra
ondata
che
non
vedo
.
Riesco
vicino
al
muro
della
casa
che
lambisce
la
piazza
del
Duomo
,
senza
vedere
nulla
di
quello
che
avviene
al
di
là
della
barriera
umana
.
Maresti
,
più
alto
di
me
,
ha
veduto
che
c
è
un
cordone
che
va
dalla
offelleria
al
monumento
.
La
folla
che
mi
pigia
e
mi
toglie
la
respirazione
è
composta
in
maggioranza
di
operai
impazienti
di
attraversare
la
piazza
.
Pare
che
la
moltitudine
che
vorrebbe
irrompere
sia
trattenuta
dagli
alpini
.
Rizzandomi
sulla
punta
dei
piedi
vedo
,
attraverso
le
teste
che
si
protendono
,
la
scala
Porta
,
piegata
verso
la
coda
del
cavallo
del
monumento
,
come
vedo
dei
ragazzi
appollaiati
sui
gradini
di
legno
per
godersi
lo
spettacolo
della
piazza
popolata
di
gente
e
di
soldati
.
Ora
ci
vedo
bene
.
In
fondo
,
in
fondo
,
rasente
gli
scalini
della
cattedrale
,
c
è
una
moltitudine
di
cavalli
insellati
,
con
la
testa
nel
fieno
in
terra
e
dei
pezzi
di
cannoni
,
allineati
dalla
parte
del
palazzo
reale
,
con
le
bocche
spalancate
sul
Duomo
.
Si
ricomincia
a
ridiventare
inquieti
.
Maresti
ha
bisogno
di
rompere
la
diga
,
passare
in
Carlo
Alberto
e
andare
in
via
dell
Unione
,
dove
è
la
sede
del
partito
socialista
e
la
direzione
della
Lotta
di
classe
.
Il
non
si
passa
è
infrangibile
.
Io
provo
gli
spasimi
.
Sono
come
sugli
aghi
.
Sento
un
bisogno
prepotente
di
andare
in
mezzo
all
avvenimento
.
Inutile
.
I
soldati
sono
torvi
.
O
non
rispondono
o
rispondono
con
monosillabi
che
passano
le
orecchie
come
colpi
di
fucile
.
Il
momento
diventa
grave
.
Noi
che
volevamo
passare
siamo
obbligati
a
trattenere
gli
audaci
che
vorrebbero
rompere
il
cordone
,
anche
quando
i
soldati
spaventano
col
loro
indietro
.
-
Indietro
!
Sono
le
due
e
mezzo
o
le
due
e
mezzo
circa
.
C
è
ressa
e
non
posso
guardare
l
orologio
.
I
bersaglieri
allineati
hanno
sempre
il
fucile
col
calcio
in
terra
.
Ma
sono
lì
sull
attenti
,
in
attesa
di
un
ordine
.
Ecco
il
terrore
.
I
soldati
hanno
come
ricevuto
un
ordine
.
Si
impallidisce
,
siamo
tutti
stravolti
.
Quelli
in
prima
fila
si
rovesciano
sugli
altri
alla
schiena
come
indemoniati
.
Fermi
tutti
!
urla
Maresti
con
il
suo
vocione
,
credendo
di
riuscire
a
sedare
il
panico
e
a
trattenere
compatta
la
diga
.
Ma
la
diga
è
rotta
dalla
punta
della
baionetta
.
La
gente
si
rovescia
per
via
Orefici
e
scappa
,
sparpagliata
.
Le
donne
gridano
e
alcune
si
rifugiano
negli
edifici
che
hanno
chiusi
i
portoni
.
Non
si
capisce
più
niente
.
Gli
uni
rincorrono
gli
altri
senza
sapere
il
perché
della
fuga
generale
.
Io
arrivo
all
angolo
di
piazza
Mercanti
trafelato
.
Mi
pare
di
aver
veduto
la
morte
,
di
aver
udito
dei
rantoli
,
di
essere
passato
attraverso
un
fiat
spaventoso
.
Uomini
e
donne
si
voltano
indietro
biancastri
,
con
gli
occhi
spiritati
dalla
corsa
e
con
la
bocca
che
dice
e
ripete
:
Che
paura
,
oh
che
paura
,
madonna
santa
!
Passato
lo
stordimento
mi
risovvengo
d
aver
veduto
,
proprio
nell
ultimo
momento
,
Bava
Beccaris
a
cavallo
,
dietro
i
bersaglieri
,
che
dava
ordini
all
ufficiale
che
lo
seguiva
con
un
trombettiere
a
cavallo
.
Era
proprio
Bava
Beccaris
?
A
me
parve
lui
.
La
gente
puntava
col
dito
e
lo
additava
col
nome
.
A
ogni
modo
era
il
generale
,
che
stava
per
iniziare
il
massacro
.
Come
avviene
sempre
nei
tumulti
,
non
appena
i
soldati
sono
ritornati
al
loro
posto
,
gli
scappati
si
radunano
a
poco
a
poco
allo
stesso
luogo
,
credendo
che
l
ordine
di
andarsene
non
sia
imperativo
.
Ma
l
illusione
non
dura
molto
.
-
Indietro
!
Indietro
!
Il
nostro
posto
è
preso
un
altra
volta
dai
soldati
con
la
baionetta
piegata
verso
il
sedere
delle
persone
che
cercano
di
distrigarsi
dalla
ressa
.
La
gente
perde
la
testa
.
Tutte
le
porte
della
via
Orefici
si
chiudono
con
gli
inquilini
determinati
a
non
aprire
.
Così
non
c
è
più
scampo
.
Crudeli
!
A
noi
,
in
mezzo
la
strada
,
non
resta
più
che
combattere
o
lasciarci
sorprendere
dalle
scariche
.
Combattere
?
con
che
cosa
?
Tutte
le
finestre
hanno
le
imposte
chiuse
.
Molte
donne
gridano
come
scalmanate
,
svengono
,
cadono
con
dei
gesummaria
!
Io
non
ho
ancora
capito
bene
il
perché
dello
scompiglio
.
Ecco
,
la
punizione
è
incominciata
.
Non
ho
ancora
fatto
quattro
passi
e
siamo
perduti
.
Le
scariche
sono
nell
aria
.
Odo
le
fucilate
.
Si
tira
,
si
tira
sul
popolo
.
Un
altra
scarica
.
Sull
angolo
di
via
Ratti
mi
volto
mettendo
fuori
la
testa
.
È
una
nube
bianca
che
mi
nasconde
tutto
ciò
che
c
è
di
visibile
in
piazza
.
Pare
che
i
soldati
vengano
verso
la
via
Orefici
.
Vedo
indubbiamente
dei
monturati
in
atteggiamento
di
far
fuoco
.
Mi
pare
di
aver
udito
un
altra
scarica
.
I
fuggiti
si
sono
dispersi
in
direzione
della
via
Dante
o
sono
scomparsi
dall
arco
della
piazza
Mercanti
,
o
sono
gli
uni
sulle
calcagna
degli
altri
,
per
la
via
Ratti
,
per
la
via
Spadari
,
per
la
via
della
Rosa
,
per
piazza
della
Rosa
,
per
la
via
Ambrosiana
,
per
la
via
delle
Asole
e
per
piazza
S
.
Sepolcro
.
Il
terrore
è
indicibile
,
le
donne
sbalordite
,
scolorate
,
disfatte
,
trascinano
gli
uomini
ostinati
con
la
voce
della
disperazione
,
e
gli
uomini
sembrano
allucinati
.
Hanno
gli
occhi
fuori
dell
orbita
,
la
faccia
cadaverica
e
sembrano
intontiti
e
incapaci
di
riprendere
il
passo
.
Lo
sgomento
mi
impedisce
di
muovermi
.
Mi
avvio
.
In
via
Spadari
trovo
il
delirio
.
Si
capisce
che
il
fuoco
è
avvenuto
in
via
Torino
o
che
le
scariche
sono
state
fatte
in
quella
direzione
.
Tutta
la
folla
viene
verso
di
noi
.
Arriva
ansante
,
esterefatta
,
con
esclamazioni
che
lasciano
indovinare
il
dramma
.
Qualche
donna
o
qualche
uomo
sembra
impazzito
:
Gesticola
e
piange
.
Intanto
che
si
corre
,
guardo
.
La
casa
tollerata
è
chiusa
.
Tutte
le
porte
e
non
poche
finestre
sono
chiuse
,
la
farmacia
Tenca
,
sull
angolo
di
via
della
Rosa
,
è
chiusa
.
Si
sente
un
altra
fucilata
.
Qualcuno
giunge
con
la
notizia
che
il
popolo
si
difende
,
ma
nessuno
gli
crede
.
Come
?
Egli
non
sa
rispondere
:
certo
è
che
la
gente
continua
a
venire
alla
nostra
volta
come
se
fosse
inseguita
.
Ho
perduto
Maresti
,
ma
rivedo
il
suo
cappello
nero
che
torreggia
sulla
calca
.
Un
altro
scompiglio
.
La
moltitudine
che
viene
dalla
via
Torino
non
conserva
più
nulla
della
dignità
umana
.
L
orgoglio
personale
è
naufragato
.
Tutti
corrono
,
corrono
,
corrono
e
poi
si
fermano
come
soffocati
,
incominciando
le
parole
senza
finirle
,
tirando
su
il
grembiule
per
asciugarsi
gli
occhi
,
mettendo
le
mani
alla
fronte
con
accenti
disperati
,
restando
lì
istupiditi
,
insensati
,
pallidi
come
la
morte
,
senza
riuscire
a
riaversi
.
Che
cosa
avviene
?
Nessuno
parla
,
nessuno
sa
spiegarsi
,
nessuno
sa
raccontare
che
cosa
sia
avvenuto
.
Parlate
,
in
nome
del
vostro
dio
!
-
Largo
!
Largo
!
Indietro
!
Indietro
!
via
!
via
!
E
tutti
sono
ripresi
dalla
vertigine
della
corsa
e
tutti
corrono
e
corrono
,
andando
gli
uni
sui
piedi
degli
altri
,
spingendo
,
sgomitando
,
rovesciando
,
passando
sui
corpi
dei
caduti
senza
ascoltare
le
grida
,
andando
innanzi
come
tanti
ciechi
,
come
tanti
pazzi
.
-
Largo
!
Largo
!
Indietro
!
Indietro
!
via
!
via
!
Credevamo
che
fosse
la
folla
dei
soldati
che
spazzasse
la
via
.
Invece
sono
i
primi
feriti
sulle
braccia
del
popolo
,
raccolti
dal
popolo
,
portati
via
dal
luogo
micidiale
dal
popolo
.
I
primi
due
caduti
che
veggo
hanno
l
aria
di
operai
.
l
uno
è
abbandonato
di
peso
sulle
braccia
di
due
che
lo
sorreggono
e
sfiorano
le
labbra
smorte
,
gli
occhi
che
incominciano
a
chiudersi
,
la
pelle
del
volto
che
scolorisce
e
assume
un
non
so
che
di
diafano
.
L
altro
ha
il
viso
cosparso
di
sangue
e
si
dice
che
sia
pure
ferito
al
ventre
o
alle
gambe
.
Il
disgraziato
non
parla
.
Ha
le
braccia
abbandonate
sulle
spalle
di
uno
dei
due
che
lo
portano
,
e
le
gambe
penzoloni
.
Egli
è
come
seduto
.
Diventa
paonazzo
.
Chi
è
?
Come
si
chiama
?
Nessuno
lo
conosce
.
Il
piombo
lo
ha
fatto
stramazzare
.
Non
si
ha
tempo
di
intenerire
per
alcuno
.
Un
ferito
è
seguito
da
un
altro
.
È
una
ragazza
che
giunge
col
grembiule
in
una
sola
macchia
di
sangue
.
La
si
circonda
.
Pare
uscita
da
un
macello
.
la
si
crede
sventrata
.
È
abbattuta
,
piange
,
risponde
coi
singhiozzi
.
Finalmente
ci
toglie
l
oppressione
raccontandoci
che
tutto
il
sangue
del
grembiule
è
di
un
ragazzo
caduto
durante
il
primo
parapiglia
.
Il
poveretto
era
come
scallottato
.
Non
ha
potuto
passare
senza
raccoglierlo
.
Poi
glielo
hanno
portato
via
.
Tre
,
quattro
,
dieci
mani
se
ne
sono
impadronite
.
Tutti
i
momenti
arrivano
persone
in
fuga
.
Si
grida
:
alla
farmacia
!
alla
farmacia
!
È
un
mucchio
di
gente
intorno
a
un
ferito
o
morto
che
sia
,
e
si
grida
:
alla
farmacia
!
alla
farmacia
!
E
i
portatori
si
rivolgono
verso
la
farmacia
Tenca
e
l
ondata
nera
che
incominciava
a
incavallarsi
o
a
sovrapporsi
si
avvia
rapidamente
verso
lo
stesso
punto
.
La
bottega
chiusa
è
come
presa
d
assalto
.
Si
picchia
coi
piedi
,
con
le
mani
,
coi
bastoni
.
Si
prega
,
si
supplica
:
aprite
in
nome
del
cielo
!
Ci
sono
dei
feriti
,
aprite
!
Tutte
le
modulazioni
di
voce
non
commuovono
lo
speziale
.
Il
popolo
perde
la
pazienza
e
si
serve
delle
spalle
.
Aprite
,
abbiate
pietà
della
povera
gente
!
La
spallata
di
un
giovane
tarchiato
ne
fa
tremare
,
scricchiolare
le
ante
.
Largo
!
si
grida
.
Non
si
vuol
aprire
e
la
si
sfonda
.
E
dopo
una
spallata
,
un
altra
e
un
altra
ancora
,
tutte
accompagnate
da
maledizioni
e
da
grida
di
speranze
a
ogni
piegatura
.
Ma
le
ante
resistono
.
Nessuno
risponde
.
L
esasperazione
diventa
generale
.
Il
farmacista
crudele
è
chiamato
con
tutti
i
nomi
del
vocabolario
della
vigliaccheria
.
Silenzio
!
Udite
!
Qualcuno
viene
:
si
respira
.
Siamo
salvi
.
Attenti
,
ecco
si
apre
l
usciuolo
.
Fate
presto
,
ci
sono
feriti
,
per
amor
di
Dio
!
L
usciuolo
si
richiude
come
uno
schiaffo
.
Si
aspetta
a
prorompere
.
Si
crede
che
l
abbia
chiuso
per
spalancare
la
bottega
.
Si
aspetta
con
trepidazione
.
Coloro
che
hanno
sulle
braccia
i
feriti
grondano
sudore
.
Non
ne
possono
più
.
Si
mette
l
orecchio
alla
bottega
.
Nessun
fracasso
.
Dopo
due
minuti
di
ansia
la
folla
si
scarica
.
Gli
improperii
si
succedono
agli
improperii
.
Si
tendono
i
pugni
,
si
guarda
in
aria
,
si
ha
ancora
una
parvenza
di
speranza
,
ma
la
bottega
rimane
chiusa
.
Oh
!
la
vita
degli
uomini
!
Dunque
un
farmacista
non
è
obbligato
,
in
momenti
come
questi
,
di
aprire
e
soccorrere
chi
muore
,
chi
è
sorpreso
dagli
accidenti
della
strada
?
Ora
non
è
tempo
di
considerazione
.
Registro
il
delitto
per
ricordarmene
e
filo
.
Più
tardi
.
La
cosa
più
strana
di
questo
momento
tragico
è
il
pubblico
.
Il
pubblico
pare
reduce
da
una
corsa
affannosa
o
esca
da
un
sogno
.
È
come
trasecolato
.
È
per
le
strade
come
un
punto
interrogativo
.
La
sua
mente
è
confusa
,
le
sue
idee
sono
ingarbugliate
,
la
sua
lingua
è
in
moto
automaticamente
.
Ascolto
parole
slegate
,
affastellate
,
turbolente
.
Mi
trovo
faccia
a
faccia
con
degli
esaltati
,
mi
fermo
con
donne
e
uomini
che
hanno
perduto
la
memoria
di
ciò
che
è
avvenuto
.
Sono
lì
istupiditi
,
con
le
mani
in
mano
,
con
gli
occhi
imbambolati
,
come
se
aspettassero
o
cercassero
qualche
cosa
.
Che
cosa
avete
udito
,
che
cosa
avete
veduto
,
cosa
vi
hanno
fatto
?
Mi
si
lascia
pensare
quello
che
voglio
.
Non
riesco
a
cavar
loro
di
bocca
un
ette
.
Vado
innanzi
verso
la
parte
che
lambisce
via
Torino
.
C
è
folla
.
Vedo
che
svoltano
in
via
Spadari
altri
feriti
portati
a
braccia
e
altri
sorpresi
o
febbricitanti
o
esaltati
che
vanno
dalla
parte
opposta
con
esclamazioni
d
orrore
.
Raccolgo
un
episodio
.
Una
moglie
vede
il
marito
sorretto
da
tre
o
quattro
persone
,
scoppia
con
un
oh
Dio
,
e
sviene
!
Il
marito
non
è
che
malconcio
da
qualche
piede
che
gli
è
passato
sopra
durante
una
delle
scariche
.
Le
gelosie
della
casa
delle
perdute
in
fine
della
via
sono
semichiuse
e
si
vedono
le
donne
coi
gomiti
ai
davanzali
e
gli
occhi
nella
parte
dischiusa
a
curiosare
con
la
sigaretta
in
bocca
.
Neanche
la
sollevazione
riesce
a
far
loro
dimenticare
il
mestiere
.
Accidenti
alla
carnaccia
postribolare
!
La
sventura
cittadina
è
diffusa
.
Milano
sta
per
diventare
un
immensa
cassa
da
morto
,
un
gigantesco
serbatoio
di
sangue
.
È
un
giovane
che
passa
portato
da
quattro
uomini
.
La
sua
testa
segna
i
movimenti
dei
portatori
.
Le
braccia
sono
senza
vita
.
È
terreo
,
stralunato
,
con
la
bocca
appassita
come
in
un
atmosfera
ardente
.
Non
c
è
sangue
,
ha
il
panciotto
slacciato
e
la
camicia
macchiata
di
rosso
all
ombelico
.
Lo
si
lascia
passare
senza
ventate
di
collera
.
Non
si
ode
che
qualche
espressione
di
dolore
.
O
Bava
Beccaris
ha
succhiato
tutto
il
coraggio
milanese
,
riducendo
i
cittadini
a
dei
Giovanni
Bongé
,
o
il
pubblico
incomincia
ad
abituarsi
alla
strage
.
Gli
uomini
non
sono
più
uomini
.
Il
fucile
è
il
sovrano
,
è
il
padrone
della
nostra
vita
.
Uno
scappa
e
tutti
si
danno
alla
fuga
.
Un
semplice
grido
infuria
tutte
le
gambe
.
Nessuno
combatte
,
nessuno
vuol
combattere
.
Le
gocce
e
le
chiazze
disperse
per
via
Spadari
,
segnano
il
passaggio
delle
vittime
.
Il
sangue
coagulato
sui
marciapiedi
inorridisce
.
I
sassi
dinnanzi
l
osteria
riassumono
una
salassata
.
Pare
una
piazza
rossastra
.
Chi
passa
rabbrividisce
.
Mi
sovvengo
che
abbiamo
dei
deputati
.
E
gli
onorevoli
e
i
nostri
uomini
di
parata
,
dove
sono
?
cosa
fanno
?
I
nostri
deputati
non
sono
dei
Baudin
.
I
Baudin
sono
dell
eroismo
storico
o
vecchio
.
Non
sono
più
di
moda
.
Loro
morivano
.
I
nostri
vogliono
vivere
.
Questa
mattina
uno
di
loro
mi
diceva
che
l
asilo
più
sicuro
per
gli
uomini
in
«
vista
»
è
il
cellulare
.
Tanta
prudenza
in
un
parlamentare
della
montagna
mi
ha
costernato
.
Dell
altro
panico
.
Chi
ha
diffuso
lo
spavento
?
Si
è
udito
o
ci
è
parso
di
udire
una
voce
e
ci
siamo
mossi
tutti
,
alla
rinfusa
a
correre
.
Più
di
tre
quarti
della
via
sono
rimasti
vuoti
.
È
come
se
fossimo
stati
cacciati
in
fondo
da
un
irruzione
di
vento
infiammato
.
Ci
siamo
trovati
ammucchiati
,
sudati
,
tremanti
,
senza
saperne
la
ragione
.
Vedo
un
ferito
in
piazza
della
Rosa
e
seguo
coloro
che
lo
portano
.
Ha
una
palla
nella
gamba
.
Il
suo
passaggio
fa
chiudere
l
ultima
porta
che
poteva
ospitare
i
fuggenti
.
È
quella
dove
è
il
cicchettaio
dello
scotum
.
I
portatori
vanno
innanzi
col
passo
cadenzato
degli
uomini
di
fatica
con
un
peso
enorme
sulle
braccia
.
Il
ferito
soffre
,
si
lamenta
e
vorrebbe
muoversi
,
ma
il
dolore
lo
tiene
inchiodato
dove
si
trova
.
In
certi
momenti
di
spasimo
la
sua
faccia
dimagrata
ha
delle
contrazioni
.
Svoltano
alla
via
Ambrosiana
e
si
fermano
alla
prima
porticina
senza
numero
.
Picchiano
,
chiamano
,
si
apre
.
È
l
entrata
di
fianco
dell
osteria
sull
angolo
con
la
facciata
in
piazza
della
Rosa
.
Non
ho
che
il
tempo
di
darvi
un
occhiata
.
È
una
stanza
buia
con
un
tinone
in
un
angolo
della
parete
,
un
tavolo
in
mezzo
e
degli
uomini
in
piedi
.
Il
ferito
è
accolto
con
gridi
soffocati
.
Faccio
per
entrare
,
mi
si
respinge
e
l
uscio
si
chiude
.
Per
un
minuto
rimango
sotto
la
finestra
e
ascolto
il
sussurro
delle
voci
sommesse
,
spaventate
della
gente
che
si
è
salvata
nel
retrobottega
.
La
mia
memoria
funziona
male
.
Non
mi
ricordo
dove
ho
salutato
Maresti
.
Mi
pare
che
fosse
qui
con
me
,
perché
ho
per
i
timpani
la
sua
voce
con
gli
addii
.
Ma
ora
mi
ricordo
.
È
svoltato
.
Lo
vedo
ancora
.
Non
potendo
prendere
la
direzione
della
via
Unione
,
si
è
avviato
per
S
.
Sepolcro
,
ha
scantonato
,
si
è
trovato
in
Santa
Maria
Fulcorina
e
si
è
allontanato
dal
teatro
delle
operazioni
militari
perché
la
vedeva
brutta
.
Il
pensiero
mi
urta
,
m
incalza
,
mi
spinge
in
piazza
del
Duomo
,
da
dove
viene
come
un
silenzio
di
morte
,
e
m
incammino
,
rasente
il
muro
,
verso
le
Asole
.
All
imbocco
trovo
il
genio
del
momento
,
un
eroe
delle
perturbazioni
sociali
,
uno
di
quegli
uomini
che
sprecano
la
vita
in
un
attimo
senza
domandarne
il
prezzo
.
Pare
un
personaggio
da
romanzo
.
È
un
uomo
di
trentacinque
anni
,
forte
come
un
torello
.
Sulla
sua
faccia
è
la
determinazione
.
La
sua
voce
è
la
voce
dell
insorto
.
È
una
voce
che
fa
chiudere
tutte
le
finestre
,
tutte
le
botteghe
,
tutte
le
porte
.
I
passanti
hanno
paura
di
lui
e
ritornano
indietro
.
Egli
incomincia
buttando
la
giacca
vicino
alla
panca
dei
facchini
e
rimboccandosi
le
maniche
.
Si
sentono
gli
echi
delle
fucilate
.
Intanto
che
egli
si
snuda
le
braccia
va
in
su
e
in
giù
,
gridando
e
supplicando
gli
abitanti
di
buttargli
giù
le
masserizie
.
È
un
poeta
del
selciato
.
-
Buttate
giù
la
mobilia
,
i
materassi
,
buttate
giù
tutto
per
la
barricata
!
La
sua
audacia
mi
sbalordisce
.
È
il
primo
uomo
che
si
rivolta
contro
il
Magnan
delle
nostre
vie
.
Pare
una
sfida
ambulante
.
È
lui
che
inizia
il
duello
col
generale
che
uccide
.
La
sua
incoscienza
ha
del
grottesco
e
del
sublime
.
Nessuno
gli
presta
mano
.
Egli
ingiuria
i
fuggiaschi
:
vigliacchi
!
Ma
i
vigliacchi
non
si
voltano
indietro
.
Io
ascolto
l
improperio
che
m
incendia
la
faccia
,
ma
non
abbandono
il
muro
di
riparo
che
mi
permette
di
mettere
gli
occhi
,
quando
voglio
,
nella
via
delle
Asole
.
-
Vigliacchi
!
Vedo
in
via
Torino
come
un
polverio
bianco
e
ho
per
le
nari
un
odore
di
fucilate
.
L
uomo
del
popolo
s
impadronisce
dello
spazio
che
l
attraversa
dal
margine
di
via
delle
Asole
ai
margini
di
via
dell
Unione
con
la
panca
dei
facchini
che
stanzionano
sotto
le
finestre
dell
albergo
del
Pozzo
.
Dalla
via
dell
Unione
viene
un
carro
a
due
ruote
carico
di
pietre
.
L
eroe
ne
stacca
il
cavallo
che
manda
via
col
carrettiere
e
da
solo
,
con
la
spalla
alla
ruota
e
le
mani
ai
raggi
della
ruota
,
lo
rovescia
e
lo
gira
vuoto
,
lasciandone
le
stanghe
verso
le
Asole
.
Poi
lo
protegge
colle
pietre
,
senza
badare
che
là
in
fondo
,
verso
piazza
del
Duomo
,
è
ancora
schierata
la
fanteria
che
ha
fatto
un
fuoco
micidiale
.
Io
mi
avvicino
all
estremità
della
via
trasversale
e
lo
ammiro
estatico
.
-
Vigliacco
,
alla
barricata
!
Ha
ragione
.
Dinanzi
a
lui
siamo
tutte
creature
di
gesso
.
Egli
scrive
da
solo
una
pagina
indimenticabile
.
In
quel
simulacro
di
barricata
è
la
protesta
,
la
furia
,
la
rivolta
del
popolo
.
È
la
violenza
contro
la
violenza
;
la
forza
contro
la
forza
.
Mentre
assisto
a
tanto
sacrificio
io
mi
limito
a
far
delle
note
,
riparato
nella
rientratura
dell
albergo
del
Pozzo
,
senza
accorgermi
che
registro
la
mia
vigliaccheria
.
Il
giudice
istruttore
del
massacro
è
inutile
quando
si
muore
.
Tuttavia
continuo
.
Io
mi
sono
dato
il
compito
di
registrare
tutto
e
salto
dall
altra
parte
,
dove
è
la
trattoria
della
Candidezza
in
argine
alla
via
dell
Unione
,
luogo
che
mi
dà
modo
di
occhieggiare
da
una
parte
e
dall
altra
lungo
via
Torino
.
Il
popolano
,
l
eroe
della
barricata
,
è
ritornato
in
via
delle
Asole
per
compiere
il
suo
capolavoro
.
Egli
è
alla
ricerca
di
seggiole
,
di
imposte
,
di
tavoli
,
di
bauli
,
di
madie
,
di
credenze
,
di
letti
,
di
armadi
.
Vuota
le
abitazioni
.
Se
non
volete
dare
la
vita
sacrificate
almeno
le
masserizie
.
Giù
,
giù
tutto
!
Domani
la
libertà
vi
ripagherà
a
mille
doppi
il
miserabile
costo
delle
suppellettili
!
Lo
sconosciuto
strepita
presso
le
botteghe
e
le
porte
con
una
pietra
tolta
dalla
barricata
e
passa
e
ripassa
in
mezzo
alla
via
con
la
faccia
in
alto
,
con
le
braccia
spalancate
a
domandare
dappertutto
la
pietà
di
un
mobile
qualunque
per
la
barricata
.
Nessuno
apre
la
finestra
,
nessuna
bottega
si
schiude
,
nessuno
risponde
al
suo
invito
.
Egli
non
si
stanca
,
egli
non
è
preso
dal
panico
della
gente
che
si
salva
da
tutte
le
parti
;
egli
va
a
riprendere
la
panca
,
sale
e
comincia
a
staccare
le
imposte
dell
albergo
del
Pozzo
.
Gli
aiuti
vengono
.
Dall
ultima
finestra
di
una
casupola
a
destra
viene
precipitato
un
pagliericcio
che
gli
fa
battere
le
mani
.
È
sempre
la
povera
gente
che
si
commuove
.
La
barricata
rimane
una
povera
barricata
.
Essa
non
può
proteggere
che
qualche
individuo
in
terra
supino
o
a
boccone
.
Non
è
che
a
Parigi
che
si
formano
alte
quattro
o
cinque
piani
e
larghe
come
le
vie
.
La
mia
attenzione
è
distratta
da
due
nuovi
personaggi
che
sbucano
dalla
via
Sant
Alessandro
e
vengono
alla
mia
volta
rasente
gli
edifici
.
Si
fermano
a
un
negozio
chiuso
.
Non
riesco
subito
a
capire
che
cosa
stiano
facendo
,
perché
si
piegano
,
si
alzano
come
se
stessero
facendo
sforzi
erculei
.
Ho
udito
un
altra
scarica
e
l
aria
calda
che
si
è
levata
dal
suolo
mi
è
passata
sul
volto
e
mi
ha
ghiacciato
il
sangue
.
I
due
che
lavoravano
alla
bottega
chiusa
non
si
sono
neppur
mossi
.
Tutta
la
loro
precauzione
è
stata
di
premersi
all
insenatura
della
bottega
per
evitare
la
sfuriata
delle
palle
.
È
stata
una
scarica
di
fucili
?
Noi
siamo
tutti
sovreccitati
.
Noi
distinguiamo
la
cannonata
dalle
fucilate
collettive
.
Siamo
qui
in
parecchi
,
lividi
dalla
paura
.
Di
tanto
in
tanto
ci
voltiamo
indietro
per
non
essere
sorpresi
alle
spalle
dai
soldati
che
venissero
dalla
via
del
Falcone
.
La
barricata
migliora
ma
non
ha
nulla
ancora
della
costruzione
di
difesa
.
I
due
alla
bottega
staccano
uno
dei
coperchi
di
legno
alle
alte
vetrine
di
fianco
con
un
crac
!
crac
!
Le
loro
mani
sono
di
ferro
.
Se
le
ante
non
cedono
,
schiantano
.
Giungono
una
signora
e
una
bambina
spaventate
.
Vorrebbero
passare
dall
altra
parte
per
rincasare
.
Io
le
spavento
.
Faccio
loro
una
questione
di
vita
o
di
morte
.
La
madre
è
ansiosa
di
arrivare
a
casa
per
aver
notizie
del
marito
che
non
sa
dove
sia
.
Ma
io
le
dico
se
preferisce
rivederlo
più
tardi
o
arrischiare
di
rimanere
nella
strada
,
magari
morta
con
la
figlia
.
Ritorna
indietro
,
verso
Porta
Romana
.
La
barricata
non
arriva
a
toccare
i
due
punti
opposti
,
vi
si
passa
a
destra
e
a
sinistra
.
È
assolutamente
primitiva
,
ma
l
eroe
non
può
tramutarsi
in
un
carrozzone
.
Ah
,
se
ci
fossero
ancora
gli
omnibus
!
Parevano
fatti
a
posta
.
Le
finestruole
avrebbero
servito
da
feritoie
,
da
merli
,
dietro
i
quali
i
barricatisti
avrebbero
potuto
continuare
il
fuoco
...
Ohimè
!
I
lavoratori
alle
botteghe
si
moltiplicano
,
Con
le
punte
delle
aste
strappate
alle
botteghe
,
rompono
le
vetrine
e
le
bacheche
.
Alcuni
rubano
.
Si
mettono
nel
seno
camicie
,
fazzoletti
,
cravatte
,
gingilli
di
similoro
.
Lo
ha
detto
anche
Maupas
.
Le
sommosse
,
i
combattenti
di
strada
,
le
insurrezioni
chiamano
alla
superficie
i
bisognisti
,
gli
affamati
,
la
plebe
che
vive
come
vive
,
i
poveri
diavoli
che
crescono
fra
un
furto
e
l
altro
.
Le
tribolazioni
cittadine
danno
loro
un
po
d
abbondanza
.
Ma
con
che
rischio
s
imbottiscono
della
roba
rubata
!
Vedete
,
si
spara
e
loro
continuano
a
far
bottino
!
Alcuni
vogliono
migliorare
la
barricata
con
la
reclame
alle
muraglie
.
Le
lastre
di
ferro
sembrano
di
pasta
frolla
.
Le
schiodano
con
una
facilità
maravigliosa
.
Le
strappano
,
le
alzano
,
si
staccano
e
passano
tra
le
mani
di
coloro
che
le
portano
alla
barricata
.
Le
saracinesche
venivano
frantumate
.
Si
va
sui
tetti
.
È
l
irritazione
che
entra
in
scena
.
Le
fucilate
hanno
preparato
il
combustibile
nei
cervelli
e
i
morti
e
i
feriti
gli
danno
il
fuoco
.
Vedo
in
lontananza
gente
che
sfonda
gli
sportelli
dei
portoni
e
sale
a
frotte
.
È
ritornato
il
48
.
Il
tipo
di
Carlo
Porta
è
una
fantasticheria
.
Il
coraggio
è
ritornato
.
C
è
gara
per
la
morte
.
Giovani
e
maturi
si
contendono
l
entrata
.
Pochi
minuti
dopo
mi
valgo
dell
attimo
di
tregua
per
lasciare
il
mio
posto
di
vedetta
e
avviarmi
alla
lesta
verso
piazza
del
Duomo
,
addossandomi
alle
botteghe
,
dietro
le
quali
e
sopra
le
quali
si
svolge
indubbiamente
il
dramma
della
paura
,
della
gente
intanata
,
degli
uomini
che
si
aggruppano
e
si
abbracciano
come
nei
momenti
supremi
.
Le
mie
gambe
sembrano
consapevoli
del
pericolo
.
Vanno
innanzi
a
stento
come
se
fossero
cariche
di
piombo
.
Capisco
di
essere
in
combustione
.
La
mia
pelle
brucia
.
I
polsi
e
le
tempia
mi
scottano
.
Pure
metto
un
piede
dopo
l
altro
sul
marciapiedi
incandescente
e
tiro
via
,
sempre
in
direzione
della
strage
,
tenendomi
rasente
alle
botteghe
e
alle
muraglie
,
coi
nervi
tutti
agitati
,
col
cuore
che
pulsa
con
veemenza
.
Più
di
una
voce
intima
mi
incalza
di
ritornare
sulla
strada
fatta
e
non
mi
volto
indietro
per
lo
sbigottimento
.
Ho
l
idea
fissa
che
voltando
la
schiena
si
ecciti
il
soldato
a
far
fuoco
.
I
miei
occhi
traballano
,
vedono
doppio
,
travedono
.
Il
cambiamento
dei
soldati
che
hanno
fatto
fuoco
,
con
altri
soldati
,
mi
diventa
un
esercito
in
confusione
.
Più
mi
avvicino
verso
la
linea
militare
che
blocca
il
passo
e
più
io
non
sono
più
io
.
Sono
sottosopra
.
Passo
attraverso
emozioni
che
non
ho
mai
provato
.
Ora
è
un
ondata
fredda
che
mi
va
dal
dorso
alle
gambe
,
e
ora
mi
pare
il
trasudare
come
in
un
bagno
turco
.
Il
dramma
che
si
svolge
negli
appartamenti
delle
case
che
fiancheggio
mi
si
rinnova
nella
testa
e
la
commozione
mi
riprende
.
Ne
odo
il
trambusto
,
la
disperazione
,
i
gemiti
,
le
parole
monche
che
spariscono
e
ricacciano
in
gola
le
grida
che
vorrebbero
esplodere
.
Vedo
famiglie
intere
curve
,
con
le
orecchie
tese
,
con
le
mani
nel
vuoto
che
misurano
a
tutti
la
respirazione
e
impongono
ai
più
sovreccitati
di
padroneggiarsi
.
Il
cambiamento
dei
soldati
è
un
movimento
di
precauzione
.
Il
generale
Del
Majno
...
È
il
Del
Majno
?
No
,
no
,
ci
vedo
bene
adesso
.
È
Bava
Beccaris
.
Lo
vedo
come
in
una
fotografia
.
Ci
potrà
essere
anche
il
Del
Majno
sotto
i
suoi
ordini
.
Ma
quello
che
ha
ordinato
di
far
fuoco
,
di
compiere
la
strage
è
Bava
Beccaris
.
Anche
se
non
lo
si
vede
lo
si
sente
.
Il
suo
nome
è
nell
aria
.
È
lui
,
è
proprio
lui
.
Ah
,
se
potessi
averlo
nelle
mani
!
Bava
Beccaris
in
questo
momento
è
orribile
.
La
sua
faccia
è
una
ditta
patibolare
.
È
una
faccia
carnosa
.
I
suoi
baffoni
grigi
con
il
mento
tutto
coperto
dello
stesso
colore
dei
baffi
,
rammentano
la
figura
di
Napoleone
III
.
Egli
intuisce
,
fiuta
nell
aria
il
mormorio
sordo
del
popolo
contenuto
alle
imboccature
,
il
quale
aspetta
un
gesto
,
una
parola
,
un
grido
per
prorompere
,
straripare
,
invadere
la
piazza
e
travolgere
tutti
nel
sangue
della
guerra
civile
.
Forse
è
una
mia
supposizione
...
Forse
nessuno
si
muove
neanche
se
frustato
dallo
scudiscio
.
C
è
qui
una
donna
del
selciato
...
È
inutile
,
non
posso
servirmi
dell
eufemismo
neppure
quando
si
tratta
di
un
eroina
.
C
è
qui
una
perduta
che
ha
compiuto
un
atto
così
eroico
che
basta
da
sè
solo
a
incendiare
i
cervelli
di
entusiasmo
.
I
soldati
del
47°
fanteria
avevano
ancora
i
fucili
della
scarica
spianati
.
La
stradaiuola
,
rimasta
in
piedi
,
raccolse
un
sasso
dal
suolo
sterrato
e
andò
,
armata
del
proiettile
di
Balilla
,
come
una
furia
sul
muso
dell
ufficiale
per
romperglielo
.
-
Vigliacchi
!
disse
con
uno
scotimento
di
testa
e
in
atto
di
scagliare
la
sassata
.
L
ufficiale
,
bianco
di
terrore
,
rimase
nell
atteggiamento
arcigno
di
chi
ha
compiuto
un
atto
feroce
ed
è
pronto
a
ripeterlo
.
Non
si
mosse
,
non
ebbe
una
parola
,
lasciò
la
punta
della
spada
nel
terriccio
.
Se
un
giorno
avrò
modo
di
farmi
ascoltare
dai
miei
concittadini
,
inizierò
una
sottoscrizione
per
te
,
o
donna
.
Tu
sì
che
hai
avuto
del
coraggio
,
del
coraggio
impulsivo
,
se
vuoi
,
ma
del
coraggio
,
accidenti
!
In
battaglia
sono
gli
impulsivi
che
compiono
i
prodigi
.
Tu
non
ti
sei
consultata
.
Tu
ti
sei
abbandonata
ai
tuoi
nervi
e
i
tuoi
nervi
ti
hanno
precipitata
sul
sasso
e
scaraventata
sul
militare
che
convertiva
le
vie
e
le
piazze
in
campi
di
rovine
e
di
sciagure
umane
.
Ti
vedo
ancora
bella
come
una
dea
,
circonfusa
in
un
aureola
di
gloria
,
con
le
trecce
dei
capelli
biondi
quasi
sfatte
,
con
la
faccia
imporporata
di
salute
,
col
seno
che
ansa
dinanzi
le
bocche
di
fuoco
,
col
pugno
teso
che
stringe
il
proiettile
della
vendetta
popolare
.
In
un
momento
di
fuga
generale
ti
sei
elevato
un
monumento
.
Ma
per
la
nostra
società
non
sei
monumentabile
.
Tu
non
sei
che
un
ordigno
di
sfogo
.
Passata
la
commozione
cittadina
e
il
trambusto
della
legge
eccezionale
che
impera
sulla
legge
generale
,
passeggerai
ancora
dalle
due
alle
quattro
di
ogni
pomeriggio
per
i
portici
della
Galleria
in
cerca
di
uomini
(
)
.
Giù
dal
marciapiede
,
dinanzi
le
botteghe
del
Rituali
,
c
è
una
pioggia
di
copricapi
.
Rappresentano
la
sorpresa
,
lo
scompiglio
,
lo
sbigottimento
,
il
terrore
.
È
una
tragedia
senza
sangue
.
Non
c
è
nessuno
e
spaventano
e
fanno
correre
mentalmente
dietro
i
loro
proprietari
.
Saranno
morti
,
saranno
vivi
?
Sono
una
quarantina
di
cappelli
e
berretti
di
tutte
le
fogge
e
di
tutti
i
colori
.
C
è
il
cappello
floscio
,
disorlato
,
gualcito
,
con
dei
buchi
.
C
è
il
cappello
duro
,
ammaccato
,
impolverato
,
infangato
.
C
è
il
cappello
femminile
coi
fiori
appassiti
,
con
l
ala
che
ha
subito
lo
strappo
e
la
furia
del
momento
.
C
è
il
berretto
negro
,
piegato
su
se
stesso
come
un
morto
.
Sul
marciapiede
la
scena
intetra
e
si
completa
.
Le
pietre
sono
insanguinate
.
Ci
sono
corpi
immobili
.
Nessuno
si
muove
,
nessuno
fiata
.
Alcuni
sono
bocconi
con
le
braccia
larghe
,
con
le
mani
piatte
,
con
le
gambe
contorte
l
una
sull
altra
.
Altri
sono
supini
,
con
gli
occhi
chiusi
,
con
le
guance
e
le
labbra
dissanguate
,
coi
capelli
abbaruffati
come
in
una
zuffa
,
coi
piedi
da
tutte
le
parti
.
Fra
i
cinque
distesi
l
un
dietro
l
altro
come
se
fossero
rovesciati
da
un
vento
furioso
,
c
è
un
vecchio
con
la
faccia
patita
,
con
la
barba
sporca
di
terra
,
la
fronte
spruzzata
di
sangue
,
la
bocca
aperta
come
una
gola
di
carne
smunta
e
accanto
a
lui
è
un
giovanotto
svaligiato
della
vita
,
con
gli
occhi
ingrossati
dalla
violenza
che
li
ha
resi
inservibili
,
con
la
testa
squarciata
,
scallottata
.
Intorno
a
lui
è
la
strage
.
La
materia
del
suo
cervello
è
andata
un
po
dappertutto
.
È
spruzzata
sul
muro
,
è
cosparsa
sulla
pietra
,
è
rimasta
impegolata
nei
capelli
,
si
è
avviluppata
nel
sangue
in
fondo
al
berretto
.
È
una
testa
che
fa
raccapricciare
e
voltare
altrove
.
Nell
angolo
,
al
numero
due
,
dove
finisce
la
piazza
del
Duomo
e
incomincia
la
via
Torino
sono
due
zoccoli
,
uno
intriso
di
sangue
e
l
altro
capovolto
.
Non
vedo
piedi
senza
scarpe
.
Sono
dunque
di
una
ragazza
o
di
un
ragazzo
che
si
è
posto
in
salvo
.
La
tragedia
diventa
sempre
più
spaventevole
.
Pare
una
carneficina
.
Ci
sono
le
tracce
di
una
lotta
sanguinosa
.
A
ogni
passo
si
trasalisce
.
Ci
sono
gocce
di
sangue
rappreso
,
pezzi
di
cervello
impiaccistrati
di
spruzzi
sanguinosi
.
Ecco
là
un
occhio
.
Chi
è
stato
sdocchiato
?
Ecco
là
un
orecchio
e
l
orlo
di
un
orecchio
.
Di
chi
sono
?
Chi
li
ha
perduti
?
Giù
dal
marciapiede
,
lungo
il
negozio
degli
oggetti
casalinghi
di
L
.
Giannoni
,
le
palle
a
balistite
hanno
infuriato
come
una
gragnuola
di
piombo
che
turbina
intorno
agli
alberi
umani
.
Hanno
sorpreso
la
moltitudine
delle
persone
che
fuggivano
dopo
lo
squillo
ordinato
dal
capitano
del
47°
e
sono
cadute
le
une
sulle
altre
.
Ci
fu
un
momento
di
silenzio
terribile
.
Anche
i
vivi
rimasero
sepolti
sotto
i
morti
,
svenuti
o
inconsci
.
Il
quadro
è
indescrivibile
.
I
corpi
ammucchiati
o
sparsi
sono
quindici
o
diciotto
.
Sono
stati
sbattuti
in
terra
in
tutte
le
pose
.
Di
fianco
,
sulla
schiena
,
colle
labbra
sui
sassi
,
con
le
braccia
spalancate
,
con
la
bocca
al
cielo
che
non
so
più
se
sia
azzurro
,
scialbo
o
rosso
come
il
sangue
dei
morti
.
Il
sole
sui
cadaveri
pare
un
ingiuria
o
un
insulto
atroce
.
Mette
in
fuga
tutto
ciò
che
è
tragico
e
lascia
in
terra
lo
scherno
,
lo
sberleffo
,
la
derisione
.
Il
sole
sui
cadaveri
li
spoetizza
,
porta
via
loro
l
aria
funebre
,
li
rende
ignobili
.
I
raggi
diventano
triviali
.
Ne
abbrustoliscono
e
ne
ingialliscono
i
capelli
,
ne
rendono
gli
occhi
mostruosamente
vitrei
,
si
fermano
sulle
loro
bocche
stinte
o
paonazze
come
una
orribile
fiammata
impotente
a
scaldarle
e
a
colorirle
e
danno
una
chiarezza
alla
loro
pelle
inanimata
,
che
rabbrividisce
.
Il
sole
d
oggi
è
crudele
.
Si
diffonde
per
i
loro
abiti
come
una
gozzoviglia
...
Dà
risalto
a
tutto
.
Agli
strappi
,
alle
scuciture
,
agli
occhielli
sdrusciti
,
ai
lucidi
delle
maniche
e
delle
ginocchia
,
ai
bottoni
spellati
,
ai
baveri
unti
e
bisunti
.
Oh
,
povera
gente
!
Sono
morti
,
proprio
morti
,
senza
speranza
di
resurrezione
.
Quanti
sono
?
Ne
vedo
un
mucchio
che
mi
pare
un
piazzale
.
Saranno
diciotto
o
venti
e
la
mia
fantasia
eccitata
dal
sangue
se
ne
figura
un
cimitero
.
Tranne
uno
o
due
dei
quali
non
vedo
che
le
scarpe
e
le
braccia
,
mi
sembrano
tutti
pitocchi
,
tutti
spiantati
,
tutti
poveri
.
Sono
denutriti
,
sono
ditte
di
miseria
,
sono
problemi
sociali
stramazzati
al
suolo
come
sacchi
di
cenci
.
Le
loro
mani
sono
documenti
.
Rivelano
i
disagi
della
loro
esistenza
tribolata
.
Fra
loro
è
uno
scallottato
.
La
superficie
cranica
è
stata
dispersa
in
frantumi
.
Se
ne
vedono
le
fibrille
sui
due
grandi
vetri
del
Giannoni
,
fin
su
in
alto
dove
è
la
ditta
e
dappertutto
.
In
fondo
al
cappello
cencioso
è
rimasta
una
poltiglia
sanguinosa
piena
di
peli
.
I
grandi
cristalli
di
questo
negozio
sono
stati
forati
dalle
palle
.
Lo
spessore
ha
impedito
che
andassero
in
frantumi
.
Resiste
più
il
cristallo
che
il
fusto
umano
.
C
è
uno
spettatore
che
si
preoccupa
se
i
lastroni
verranno
pagati
.
E
che
importa
,
sciagurato
!
La
folla
è
sempre
la
folla
.
Non
si
sa
da
dove
sbuchi
,
ma
sbuca
,
ma
corre
dovunque
sono
feriti
o
morti
.
Qui
,
dov
è
il
mucchio
,
si
lavora
a
tutt
uomo
.
Si
disseppelisce
,
si
agita
questo
o
quello
come
per
restituirgli
la
vita
e
si
buttano
in
aria
bestemmie
scultoree
.
Un
tale
,
un
giovanotto
,
prima
di
dar
mano
al
trasporto
,
si
mette
nella
saccoccia
della
giacca
il
copricapo
con
la
materia
rossastra
di
uno
a
cui
è
stata
portata
via
la
superficie
del
capo
.
A
me
suscita
un
senso
d
orrore
,
ma
lui
,
il
giovanotto
,
è
un
documentista
.
Andrà
per
le
redazioni
dei
giornali
a
farlo
vedere
.
C
è
un
morto
che
risuscita
,
è
sotto
la
catasta
umana
.
È
un
giovane
di
23
o
24
anni
,
alto
con
i
baffetti
chiari
.
È
intontito
.
Spalanca
gli
occhi
senza
muoversi
.
Siete
ferito
?
Non
risponde
.
Lo
si
scuote
e
lo
si
riscuote
,
e
gli
si
danno
buffetti
e
schiaffetti
,
senza
riuscire
a
farlo
rinsensare
.
Che
cosa
avete
?
E
lui
rimane
sul
dorso
senza
parola
.
Lo
si
prende
per
le
spalle
e
lo
si
rialza
di
peso
.
È
un
sacco
di
carne
che
non
vuole
stare
in
piedi
.
Su
,
perdio
!
Lo
si
solleva
due
o
tre
volte
come
un
calcasassi
e
riprende
la
parola
.
Vi
sentite
male
,
vi
siete
fatto
male
?
Egli
è
ancora
istupidito
dall
avvenimento
,
ma
incomincia
a
palparsi
,
a
toccarsi
,
a
domandarsi
che
cosa
gli
è
accaduto
.
Per
un
minuto
buono
rimane
smemorato
.
Non
si
ricorda
di
nulla
.
E
a
poco
a
poco
gli
ritorna
la
memoria
e
con
la
memoria
gli
si
colorisce
l
avvenimento
.
Doveva
andare
in
Verziere
.
Ha
fatto
di
tutto
per
passare
dalla
via
Orefici
,
o
dal
passaggio
degli
Orefici
senza
riuscirvi
.
Rifece
la
strada
,
prese
la
piazza
della
Rosa
,
svoltò
in
via
delle
Asole
e
subito
dopo
fu
in
via
Torino
.
I
soldati
non
avevano
ancor
fatto
fuoco
e
la
gente
si
avvicinava
ai
monturati
senza
pensare
alla
catastrofe
umana
.
Lui
,
poi
,
un
richiamato
che
doveva
presentarsi
all
indomani
al
Castello
,
aveva
meno
paura
degli
altri
.
Fu
un
imprudenza
.
Giunto
dinanzi
alle
due
schiere
che
bloccavano
il
passaggio
,
s
avvicinò
a
un
sottufficiale
per
domandargli
se
avesse
potuto
usargli
la
cortesia
di
lasciarlo
andare
oltre
.
In
quei
giorni
i
soldati
che
chiudevano
la
via
all
altezza
del
negozio
del
signor
Rituali
,
erano
tutti
accigliati
e
nessuno
rispondeva
.
Allora
,
mi
dice
il
testimonio
oculare
,
quello
tratto
dal
mucchio
dei
cadaveri
,
mi
trovai
coi
curiosi
che
bighellonavano
dinanzi
i
soldati
chiacchierando
e
sperando
di
poter
andare
al
di
là
della
linea
.
Alla
mia
destra
c
erano
persone
che
facevano
commenti
sullo
sfoggio
esagerato
di
soldati
,
senza
però
inveire
o
dire
parole
sconvenienti
contro
chicchessia
,
e
alla
mia
sinistra
si
formava
e
si
sfaceva
un
gruppo
di
ragazzi
,
i
quali
,
in
tono
scherzoso
e
bonario
,
volevano
indurre
il
capitano
a
permettere
loro
di
raggiungere
i
compagni
sulla
scala
Porta
,
da
dove
si
poteva
assistere
allo
spettacolo
senza
pericolo
.
Se
mai
lo
avessero
importunato
,
egli
avrebbe
potuto
farli
scappare
come
un
nugolo
di
passere
,
con
un
solo
movimento
di
sciabola
.
Il
capitano
del
47°
fanteria
era
arrogante
,
brutale
e
guardava
tutti
noi
in
cagnesco
.
Taluni
dei
ragazzi
hanno
cercato
di
passare
tra
le
file
dei
soldati
,
così
,
ridendo
,
senza
spingere
.
Non
so
che
cosa
abbia
potuto
decidere
il
capitano
a
dar
ordine
di
far
fuoco
.
Io
non
ho
visto
alcun
movimento
.
Sono
abbastanza
alto
e
potevo
vedere
benissimo
se
qualche
contingente
di
insorti
fosse
stato
in
marcia
verso
i
soldati
.
Il
daltonismo
del
capitano
fu
forse
la
causa
dello
sparo
.
Con
un
aria
minacciosa
e
un
comando
che
non
ammetteva
discussione
,
il
capitano
ordinò
uno
squillo
seguito
subito
dal
fuoco
di
due
file
fitte
di
soldati
.
Il
valoroso
sottufficiale
al
quale
avevo
domandato
con
tanta
gentilezza
il
permesso
di
andare
oltre
,
mi
puntò
la
bocca
del
fucile
alla
mia
bocca
.
Che
cosa
è
avvenuto
di
me
?
Fu
il
freddo
della
canna
?
Non
vi
posso
dire
nulla
,
né
come
sono
caduto
,
né
perché
mi
sono
trovato
fra
tanti
cadaveri
,
con
dei
cadaveri
sullo
stomaco
.
Aspettate
.
Dio
mio
,
sono
minuti
che
invecchiano
di
dieci
anni
.
Lasciate
che
mi
raccapezzi
;
adesso
incomincio
a
vedere
più
chiaro
.
Sì
,
mi
sono
risvegliato
e
rinsensai
pochi
minuti
dopo
.
Mi
sentivo
addosso
un
peso
enorme
e
mi
pareva
di
soffocare
.
Per
quanti
sforzi
facessi
non
riuscii
a
levarmi
che
aiutato
dalle
persone
.
Ero
circondato
da
feriti
che
imploravano
soccorso
,
e
da
morti
che
mi
guardavano
in
faccia
con
la
loro
faccia
gelata
e
coi
loro
occhi
ingrossati
e
spaventati
dalla
morte
.
Non
dimenticherò
mai
quello
dalla
testa
scallottata
.
Il
disgraziato
era
tutto
impillaccherato
del
suo
sangue
.
I
capelli
alle
pareti
craniche
ne
erano
incatramati
e
le
guance
e
il
collo
ne
erano
lastricati
.
Giaceva
come
un
orrore
.
In
quel
momento
non
ho
potuto
trattenermi
in
gola
la
parola
concitata
.
Io
ho
detto
qualche
cosa
contro
i
soldati
,
ho
detto
che
non
avrei
mai
fatto
il
soldato
.
Il
ricordo
lo
fa
ricadere
nel
silenzio
.
Egli
è
commosso
,
agitato
.
Gli
dico
che
è
tutto
insanguinato
.
Ha
del
sangue
e
delle
cervella
sui
calzoni
,
sulla
giacca
,
sul
cappello
.
Se
vi
prendono
così
come
siete
,
sarete
fucilato
.
Nascondetevi
al
primo
portone
aperto
.
Egli
mi
guarda
,
si
accorge
finalmente
di
avere
una
scheggia
di
palla
nel
braccio
sinistro
e
senza
darmi
retta
prende
la
rincorsa
e
mi
lascia
con
le
persone
che
ascoltavano
la
sua
narrazione
con
i
pallori
della
morte
.
Corre
come
un
disperato
e
svolta
alla
prima
via
trasversale
.
Io
e
alcuni
altri
ritorniamo
indietro
a
vedere
il
popolo
che
portava
via
i
feriti
e
aiutava
a
caricare
i
morti
sul
furgone
militare
.
C
è
un
uomo
in
manica
di
camicia
che
pare
diventato
matto
.
Egli
va
sotto
le
finestre
a
gridare
,
con
le
nove
dita
in
alto
,
il
numero
dei
morti
.
Sono
nove
,
hanno
ammazzato
nove
persone
!
Più
tardi
.
Sono
quasi
le
sei
.
Il
sole
sta
per
scomparire
completamente
.
I
fatti
della
giornata
hanno
triplicata
l
esasperazione
cittadina
.
Corre
voce
che
la
questura
abbia
invasa
la
redazione
dell
Italia
del
Popolo
.
Per
andare
in
San
Pietro
all
Orto
dove
sono
i
suoi
uffici
,
faccio
un
giro
che
completa
la
mia
stanchezza
.
È
vero
.
Tutti
i
redattori
sono
sotto
chiave
in
un
camerotto
di
San
Fedele
.
Si
dice
che
si
siano
trovate
le
file
del
complotto
rivoluzionario
.
Hanno
sequestrato
documenti
che
compromettono
molte
persone
-
uno
dei
quali
è
il
biglietto
da
visita
dell
avvocato
Gian
Paolo
Garavaglia
-
che
dava
appuntamento
in
redazione
al
deputato
Filippo
Turati
.
Ma
dunque
?
Io
mi
ci
perdo
.
C
è
o
non
c
è
questa
rivoluzione
?
Bava
Beccaris
diventa
atroce
di
ora
in
ora
.
Egli
non
sta
quieto
un
minuto
.
Dopo
il
massacro
,
la
soppressione
di
un
giornale
,
e
dopo
la
soppressione
del
giornale
,
la
proclamazione
dello
stato
d
assedio
.
Fra
poco
il
generale
sarà
il
nostro
padrone
.
Egli
potrà
disporre
di
noi
come
se
fossimo
del
bestiame
.
Il
manifesto
che
ho
potuto
leggere
in
bozze
,
sarà
affisso
su
tutte
le
muraglie
questa
sera
alle
dieci
.
Lo
trascrivo
tale
e
quale
,
perché
esso
riassume
la
coercizione
militare
che
incomincerà
ad
affliggere
e
a
martoriare
i
cittadini
domani
.
Per
il
generale
le
armi
sono
del
denaro
contante
.
Esse
dovranno
essere
versate
alla
questura
...
Leggete
.
«
Per
lo
stato
d
assedio
proclamato
in
questa
provincia
con
R
.
Decreto
del
7
corrente
,
assumo
i
pieni
poteri
,
nella
qualità
di
Regio
Commissario
straordinario
e
decreto
quanto
segue
:
1
Sono
annullati
tutti
i
permessi
di
porto
d
armi
;
quelli
che
possedessero
armi
da
fuoco
dovranno
versarle
nel
circondario
di
Milano
,
a
questa
questura
centrale
e
per
altri
Circondari
alle
rispettive
Sottoprefetture
.
Le
armi
appartenenti
ad
abitanti
della
città
di
Milano
e
sobborghi
dovranno
essere
consegnate
non
più
tardi
della
mezzanotte
dell8
al
9
corrente
,
quelle
del
circondario
di
Milano
e
degli
altri
Circondari
entro
24
ore
dall
affissione
del
presente
Manifesto
.
Trascorso
tale
termine
i
detentori
di
armi
da
fuoco
saranno
deferiti
al
Tribunale
Militare
.
2
Rimane
vietato
ogni
assembramento
per
le
vie
,
e
gli
abitanti
dovranno
rincasare
non
più
tardi
delle
ore
23
.
3
Finché
durano
gli
attuali
disordini
i
pubblici
esercizi
verranno
chiusi
alle
ore
21
.
4
Sotto
la
responsabilità
dei
vari
inquilini
,
verificandosi
conflitti
per
le
vie
,
si
dovranno
chiudere
le
persiane
che
prospettano
le
vie
medesime
.
5
I
telegrammi
privati
che
danno
informazioni
sui
presenti
disordini
non
saranno
ammessi
se
non
dietro
il
visto
di
questo
Comando
.
6
I
contravventori
alle
presenti
disposizioni
,
saranno
deferiti
ai
Tribunali
Militari
,
come
pure
vi
saranno
deferiti
i
rivoltosi
.
7
Le
autorità
dipendenti
cureranno
l
esecuzione
del
presente
Decreto
.
Milano
7
maggio
1898
Il
Regio
Commissario
Generale
Bava
.
Parecchi
giorni
dopo
,
mentre
i
Tribunali
di
Guerra
erano
al
lavoro
,
ho
potuto
rivedere
il
poveraccio
rimasto
sepolto
sotto
i
morti
in
margine
al
negozio
del
Giannoni
.
Era
in
Castello
vestito
da
alpino
.
Non
potendo
parlarmi
mi
ha
fatto
pervenire
una
narrazione
di
quello
che
gli
è
capitato
nella
giornata
.
«
Uscii
di
casa
,
mi
scriveva
,
circa
le
8
e
mezzo
.
Passai
per
il
corso
V.E.
e
il
corso
Venezia
leggendo
la
Perseveranza
,
il
giornale
che
costa
5
centesimi
dall
ascensione
di
Bava
Beccaris
.
Vi
trovai
i
fatti
di
via
Napo
Torriani
.
Giunsi
in
via
Panfilo
Castaldi
,
senza
avere
notato
nulla
di
straordinario
.
Verso
le
undici
ho
dovuto
andare
per
i
miei
lavori
a
porta
Vittoria
.
Rincasai
e
feci
colazione
.
Non
avevo
ancora
in
bocca
il
boccone
che
è
venuta
in
casa
una
inquilina
con
aria
disperata
a
raccontarmi
che
in
piazza
del
Duomo
c
era
la
rivoluzione
.
Non
ho
potuto
continuare
.
In
pochi
minuti
mi
trovai
all
angolo
del
palazzo
reale
,
verso
via
Rastrelli
.
C
era
gente
sparsa
un
po
dappertutto
.
Il
primo
accenno
che
c
era
qualche
cosa
me
lo
ha
dato
un
ufficiale
medico
che
andava
alla
volta
del
palazzo
reale
,
passando
dalla
gradinata
del
Duomo
.
Egli
era
seguito
da
tutta
una
ragazzaglia
che
schiamazzava
come
quando
è
alle
calcagna
di
un
ubriaco
.
«
In
quel
tempo
si
stava
mettendo
giù
il
binario
per
il
tram
a
Porta
Vittoria
.
La
via
era
tutta
sossopra
fin
giù
quasi
in
piazza
Fontana
.
I
ragazzi
si
sono
caricate
le
tasche
di
sassi
.
Li
dissuasi
a
servirsene
contro
l
ufficiale
.
M
accorsi
che
intorno
loro
c
erano
due
o
tre
persone
col
bastoncino
in
mano
.
Tirate
,
dissero
ai
ragazzi
i
due
o
tre
impertinenti
,
e
voi
badate
ai
fatti
vostri
.
Chi
erano
?
L
ho
saputo
dopo
dagli
stessi
monelli
.
Erano
due
agenti
di
questura
,
due
provocatori
,
due
accenditori
,
come
si
dice
in
gergo
.
Così
non
appena
apparve
un
ufficiale
alla
finestra
sopra
l
entrata
del
palazzo
reale
,
si
misero
a
lanciare
le
munizioni
che
avevano
in
saccoccia
da
quella
parte
.
Poi
si
avviarono
in
via
Carlo
Alberto
e
in
via
Cappellari
a
ricominciare
la
sassaiola
.
Notai
l
accanimento
contro
le
finestre
della
ditta
Colombo
e
Menotti
.
Allungai
il
passo
fino
al
ponte
di
porta
Ticinese
.
Ho
trovato
gente
che
andava
e
veniva
meco
tutti
i
giorni
e
null
altro
.
Nemmeno
l
ombra
di
una
sollevazione
.
Rifeci
la
strada
curiosando
.
Si
vedeva
un
po
d
inquietudine
.
Tutti
s
aspettavano
qualche
cosa
ma
nessuno
mi
sapeva
dire
il
perché
doveva
avvenire
.
Dalla
via
Spadari
alla
via
Orefici
ho
trovato
gli
spazi
gremiti
.
Tutta
gente
che
voleva
vedere
.
Via
Orefici
era
ingorgata
.
Passai
e
trovai
schierata
una
compagnia
del
57°
.
Siccome
ero
un
richiamato
e
dovevo
presentarmi
all
indomani
,
così
mi
misi
a
chiacchierare
coi
soldati
vicini
.
Non
sospettai
neanche
che
ci
fosse
in
aria
odore
di
polvere
.
Me
ne
andai
convinto
che
sciupavo
il
mio
tempo
.
Non
avevo
fatto
una
ventina
di
passi
che
udii
uno
squillo
e
simultaneamente
una
scarica
di
fucileria
.
Non
è
stato
possibile
voltarmi
.
La
gente
infuriata
mi
spinse
fin
quasi
all
angolo
di
via
Spadari
.
Venni
rovesciato
;
mi
sentii
addosso
i
piedi
delle
persone
che
passavano
,
perdetti
i
sensi
.
Mi
risvegliai
fra
una
quantità
di
bastoni
,
di
ombrelli
,
di
cappelli
,
di
roba
perduta
.
Guardavo
e
vedevo
gente
in
terra
come
uno
che
non
si
muoveva
.
Richiusi
gli
occhi
e
passai
come
attraverso
un
altro
deliquio
.
So
che
qualcuno
mi
ha
tirato
di
sotto
a
coloro
che
mi
stavano
sopra
e
che
mi
ha
fatto
rinvenire
»
..
Riprendo
la
narrazione
della
strada
,
solo
perché
ho
dimenticato
il
documento
più
importante
della
giornata
.
È
il
manifesto
del
sindaco
.
Cittadini
,
Luttuosi
avvenimenti
hanno
funestato
la
città
.
Milano
che
pensa
e
lavora
non
può
essere
solidale
con
coloro
che
,
obliosi
d
ogni
dovere
,
attentano
alla
pubblica
pace
.
Si
stringano
i
buoni
fra
loro
,
e
,
rispettosi
dei
fratelli
dell
esercito
,
che
sapranno
difendere
l
ordine
pubblico
loro
affidato
,
facciano
che
Milano
torni
alla
sua
industre
tranquillità
che
la
rese
fin
qui
rispettata
e
invidiata
.
La
Rappresentanza
cittadina
,
facendo
questo
appello
,
confida
che
le
sue
parole
non
rimarranno
inascoltate
.
Il
Sindaco
Vigoni
.
LA
SCENA
PIU
TRAGICA
DEL
7
MAGGIO
98
Scrivo
all
indomani
dell
avvenimento
,
ma
ne
sono
ancora
tutto
sgomentato
.
Ero
lì
in
via
Valpetrosa
che
non
sapevo
proprio
quanti
ne
avessi
in
tasca
.
Le
poche
botteghe
erano
chiuse
come
i
portoni
delle
case
.
Non
c
era
aperta
che
la
bottega
del
fumista
Pietro
Lomazzi
del
numero
8
,
la
casa
di
faccia
alla
via
che
si
curva
leggermente
fino
al
margine
di
via
Torino
.
La
Valpetrosa
era
come
il
rifugio
delle
persone
che
capitavano
in
via
Torino
e
si
trovavano
subito
in
mezzo
alle
palle
che
sibilavano
da
tutte
le
parti
.
Entravano
trafelate
e
bianche
come
il
latte
.
Uomini
e
donne
erano
tutti
esterrefatti
.
Balbettavano
,
monologavano
,
parlavano
come
a
se
stessi
.
Alcune
donne
entravano
col
grembiule
sulla
testa
come
se
avessero
voluto
proteggersela
dalla
grandine
di
piombo
che
prorompeva
e
saltellava
per
le
tegole
o
schiantava
imposte
o
andava
alle
muraglie
col
fracasso
di
una
sfuriata
di
pam
!
pam
!
Coloro
che
avevano
paura
o
fretta
di
rincasare
sostavano
per
assicurarsi
se
erano
illesi
o
vivi
e
riprendevano
la
rincorsa
per
la
piazza
San
Sepolcro
.
Io
e
parecchi
altri
facevamo
delle
scappate
fino
alla
estremità
della
via
e
mettevamo
la
testa
in
via
Torino
,
allungando
il
collo
da
una
parte
e
dall
altra
per
vedere
che
cosa
avveniva
e
dove
il
fuoco
era
più
assassino
.
Con
il
corpo
in
via
Valpetrosa
e
la
testa
in
via
Torino
mi
pareva
che
il
combattimento
fosse
accanito
.
Udivo
un
fragore
come
di
tegole
che
cadevano
dall
alto
e
si
frantumavano
e
degli
spari
ora
simultanei
e
ora
isolati
.
I
colpi
isolati
mi
davano
l
idea
della
caccia
all
uomo
.
Mi
figuravo
i
soldati
in
catena
,
addossati
alle
facciate
delle
case
o
sotto
le
entrature
dei
portoni
chiusi
con
la
mano
sul
grilletto
del
fucile
in
posizione
di
far
fuoco
.
Durante
questi
intervalli
che
mi
facevano
passare
attimi
spasmodici
mi
spingevo
sul
marciapiede
e
qualche
volta
dal
marciapiede
fino
a
mezzo
alla
strada
,
adocchiando
da
una
parte
e
dall
altra
e
ritornando
di
corsa
in
Valpetrosa
,
non
appena
udivo
i
proiettili
che
infuriavano
per
l
aria
o
mi
pareva
di
sentire
sulla
faccia
la
ventata
calda
di
una
palla
passata
via
come
una
saetta
.
A
sinistra
,
cioè
verso
la
piazza
del
Duomo
,
mentre
le
scariche
davano
l
idea
della
guerra
civile
,
avveniva
il
saccheggio
alle
vetrine
delle
botteghe
.
Erano
pochi
ladruncoli
che
le
scoperchiavano
con
le
mani
o
con
una
spranga
di
ferro
strappata
o
dischiodata
da
una
delle
imposte
chiuse
col
lucchetto
.
Si
sentivano
i
crack
del
legname
che
si
schiantava
e
il
frastuono
dei
vetri
che
frantumavano
con
le
punte
delle
imposte
o
coi
pugni
nudi
addirittura
.
Nell
aria
infuocata
della
guerra
di
strada
perdevo
di
vista
il
ladro
,
e
non
vedevo
che
l
eroe
.
Tutta
Milano
scappava
,
si
tappava
in
casa
,
si
nascondeva
nei
solai
,
nelle
cantine
o
nelle
stanze
più
lontane
e
loro
,
gli
inquilini
degli
abissi
più
profondi
della
vita
sociale
,
continuavano
a
esercitare
la
loro
professione
senza
neppure
darsi
pensiero
del
diavolerio
militare
.
La
paura
degli
altri
era
il
loro
coraggio
.
A
pochi
passi
di
distanza
si
uccideva
e
loro
si
imbottivano
di
camicie
,
di
mutande
,
di
merletti
,
di
cianfrusaglie
,
di
quello
che
capitava
loro
tra
le
mani
.
Ho
veduto
uno
di
quei
ragazzotti
ritornare
indietro
a
raccogliere
uno
degli
ombrelli
caduto
dalla
vetrina
dei
fratelli
Guarnaschelli
,
almeno
se
non
ho
scambiato
una
bottega
per
l
altra
,
come
se
si
fosse
trattato
di
roba
sua
.
Il
ragazzotto
lo
raccolse
e
senza
affrettare
il
passo
se
lo
trascinò
dietro
come
uno
a
zonzo
,
svoltando
nella
via
che
conduce
in
piazza
di
Sant
Alessandro
.
Era
in
lui
l
imperturbabilità
di
Gavroche
,
quando
involava
la
giberna
di
cartucce
ai
soldati
per
portare
la
munizione
ai
«
camerati
»
sulla
barricata
.
A
destra
il
pam
!
pam
!
degli
spari
si
era
come
allontanato
.
Pareva
che
i
soldati
facessero
fuoco
marciando
verso
il
Carrobbio
.
Anche
la
caduta
dei
coppi
non
era
più
così
fracassosa
e
tempestosa
.
Tendendo
l
orecchio
udivo
che
si
era
andata
rallentando
,
come
se
il
fucile
avesse
diminuito
il
numero
dei
combattenti
sui
tetti
.
Qualche
tegola
però
si
rompeva
ancora
sul
selciato
con
rumore
.
Mi
arrischiai
a
passare
dall
altra
parte
mettendomi
colle
spalle
al
pilastro
dell
arco
del
palazzo
chiuso
che
porta
il
numero
ventinove
,
con
la
faccia
un
po
protesa
per
vedere
che
cosa
avvenisse
dalla
parte
opposta
.
Ma
c
era
l
angolo
di
via
della
Palla
che
impediva
ai
miei
occhi
di
andare
oltre
.
Passando
di
corsa
ho
potuto
convincermi
che
prima
di
arrivare
al
Carrobbio
la
battaglia
a
tegole
e
a
palle
di
piombo
doveva
essere
stata
disperata
.
Nel
momento
in
cui
sono
passato
non
c
era
un
anima
.
Il
silenzio
e
il
vuoto
riassumevano
il
terrore
.
Pareva
che
i
cittadini
avessero
consumato
l
ultimo
coppo
prima
di
lasciarsi
ammazzare
.
Tutto
il
selciato
era
letteralmente
coperto
di
tegole
,
di
coppi
infranti
,
di
sassi
,
di
cocci
,
di
polvere
rossa
.
I
soldati
al
di
là
del
materiale
di
combattimento
erano
in
agguato
sotto
le
porte
o
distesi
lungo
i
muri
,
con
gli
occhi
ai
tetti
e
il
fucile
in
atto
di
far
fuoco
.
Con
un
salto
fui
all
angolo
di
via
Palla
,
di
fronte
alla
madonna
che
deve
aver
servito
di
bersaglio
a
qualche
alpino
.
Il
proiettile
a
balistite
l
ha
colpita
sotto
il
braccio
,
bruciacchiandone
l
orlo
del
foro
.
La
balistite
distrugge
pure
la
religione
o
la
superstizione
incastrata
nelle
muraglie
delle
case
.
Pam
!
È
meglio
che
le
palle
buchino
i
corpi
delle
madonne
dipinte
che
delle
madonne
vive
.
Stavo
cercando
se
vi
fosse
per
la
tela
qualche
altra
ferita
,
quando
una
voce
bruca
e
brutale
mi
diede
la
levata
con
degli
imperativi
che
non
ammettevano
discussione
.
Non
mi
volsi
neanche
indietro
.
Ho
udito
che
dovevo
andarmene
o
si
sarebbe
fatto
fuoco
.
In
un
balzo
mi
trovai
in
S
.
Maurilio
.
In
fondo
vedevo
persone
che
correvano
,
ma
la
parte
verso
il
corso
era
completamente
deserta
.
Coi
soldati
in
giro
il
pericolo
diventava
sempre
più
grave
.
In
San
Maurilio
udivo
distintamente
che
il
fuoco
era
ricominciato
e
continuava
con
maggiore
insistenza
.
A
ogni
sparo
o
a
ogni
scarica
sentivo
la
risposta
fragorosa
che
veniva
lanciata
dai
tetti
.
Erano
tegole
o
mattoni
che
andavano
a
farsi
in
pezzi
sulle
muraglie
o
sulle
botteghe
o
sui
marciapiedi
.
Mi
giungeva
l
eco
di
edifici
in
demolizione
.
Il
combattimento
che
mi
disseppelliva
il
materiale
storico
che
mi
si
era
adagiato
nella
testa
leggendo
i
tumulti
popolari
di
parecchie
nazioni
,
mi
attirava
.
Io
pensavo
al
modo
di
trovarmi
vicino
o
di
vederlo
da
qualche
altura
ed
entrai
al
numero
uno
,
dove
avevo
veduto
comparire
alla
spicciolata
parecchi
giovani
.
È
una
porta
lunga
e
stretta
,
divisa
da
un
cancello
di
ferro
che
si
può
sfasciare
con
una
spallata
.
A
sinistra
,
dietro
il
cancello
,
è
l
entrata
laterale
dell
osteria
.
Il
cortile
è
angusto
,
sente
di
chiuso
,
ha
una
pompa
vicino
alla
latrina
e
due
latrine
a
fianco
dell
edificio
che
paiono
sospese
alle
muraglie
.
La
portinaia
è
al
primo
piano
,
vicino
alla
prima
scala
.
È
una
donna
piuttosto
alta
,
con
la
faccia
allungata
.
Era
sull
uscio
tutta
spaventata
.
Non
aveva
mai
visto
salire
e
discendere
tante
persone
.
Tremava
a
ogni
interrogazione
.
Le
domandai
se
sapeva
che
cosa
andava
di
sopra
a
fare
la
gente
che
avevo
visto
scomparire
nel
budello
buio
di
sotto
,
ma
la
povera
donna
rispondeva
che
non
ne
sapeva
nulla
.
Era
una
giornata
di
tribolazione
che
il
Signore
le
aveva
mandato
per
punirla
di
qualche
peccato
.
La
curiosità
di
vedere
o
il
desiderio
di
trovarmi
un
osservatorio
,
mi
fece
infilare
la
seconda
scala
.
Dopo
pochi
gradini
mi
fermai
terrorizzato
.
Intuii
il
dramma
che
si
svolgeva
o
che
si
era
svolto
all
ultimo
piano
.
La
ringhiera
del
ballatoio
dell
ultimo
piano
comunicava
con
una
vasta
terrazza
,
sulla
quale
i
vicini
salgono
a
distendere
al
sole
la
biancheria
che
lavano
dabbasso
nel
lavello
della
pompa
.
Con
uno
sforzo
qualunque
dalla
terrazza
si
può
salire
sul
tetto
alla
portata
delle
mani
,
e
dal
tetto
bassissimo
è
facile
saltare
sul
tetto
più
alto
,
correre
da
una
casa
all
altra
,
riparandosi
dietro
i
comignoli
tutte
le
volte
che
ci
fosse
bisogno
di
salvarsi
dalle
palle
micidiali
.
Io
sentivo
sulla
mia
testa
una
moltitudine
di
piedi
pesanti
che
faceva
tremare
l
edificio
e
delle
voci
confuse
che
traducevano
il
subbuglio
.
Pareva
che
i
corpi
si
urtassero
l
un
l
altro
per
sostenere
un
peso
enorme
,
un
peso
di
piombo
.
Su
,
su
,
si
diceva
,
sta
su
,
per
la
madonna
!
Ma
pare
che
l
uomo
che
volevano
che
stesse
in
piedi
,
si
lasciasse
andare
su
se
stesso
come
morto
.
Venivano
giù
tutti
assieme
ingorgandosi
nelle
stretture
spingendosi
per
la
scala
e
scambiandosi
parole
concitate
,
come
se
avessero
avuto
paura
di
venire
colti
col
documento
sulle
braccia
di
esser
stati
sui
tetti
.
Tanto
più
si
avvicinavano
al
piano
inferiore
,
quanto
più
il
rumore
tumultuoso
delle
loro
scarpe
si
attutiva
e
diventava
lugubre
.
Pareva
la
discesa
di
gente
che
andasse
al
patibolo
.
Io
passavo
e
riandavo
attraverso
tutte
le
sensazioni
.
Mi
figuravo
il
combattimento
per
i
tetti
,
cogli
insorti
gattoni
sulle
tegole
,
che
strisciavano
fino
alle
grondaie
,
fin
dove
è
la
vertigine
e
vedevo
il
materiale
di
guerra
passare
di
mano
in
mano
,
fino
agli
eroi
al
margine
del
precipizio
,
e
vedevo
gli
eroi
rotolare
dalla
tettoia
,
con
alte
strida
d
orrore
che
turbavano
l
aria
.
Vedevo
una
scena
più
spaventevole
dell
altra
.
Vedevo
i
rappresentanti
del
coraggio
popolare
che
andavano
giù
al
posto
dei
caduti
e
tutti
gli
altri
che
riprendevano
il
movimento
isocrono
di
passare
da
una
fila
all
altra
le
tegole
nel
silenzio
e
nell
ansia
fino
a
quando
quelli
al
margine
precipitavano
come
i
primi
o
giacevano
supini
,
senza
vita
,
sull
altura
pensile
,
con
l
ultimo
coppo
nella
mano
che
irrigidiva
.
La
moltitudine
discendeva
,
e
la
mia
visione
si
insanguinava
e
diventava
spaventosa
e
il
mio
pensiero
si
attorcigliava
come
sotto
l
azione
di
un
dolore
intenso
.
Quando
mi
furono
vicini
ero
come
assiderato
dallo
strazio
.
Guardavo
istupidito
e
lasciavo
passare
il
gruppo
che
sorreggeva
il
giovine
che
incadaveriva
ad
ogni
gradino
,
che
moriva
con
la
faccia
bianca
.
come
la
farina
,
con
gli
occhi
smorti
che
si
travolgevano
,
con
le
guance
che
assumevano
la
durezza
del
marmo
,
con
le
labbra
che
si
scoloravano
e
diventavano
violacee
,
e
si
aprivano
per
lasciar
passare
l
alito
della
vita
.
Il
su
!
su
!
dei
compagni
,
che
non
volevano
che
morisse
sulle
loro
braccia
,
che
avevano
bisogno
di
portarlo
altrove
,
perché
nessuno
voleva
sul
piano
un
uomo
che
potesse
diventare
la
sventura
di
tutti
,
mi
scosse
,
mi
ridette
i
sensi
.
Molti
di
loro
che
aveva
intorno
avevano
la
camicia
fatta
a
ventriera
piena
di
sassi
.
Erano
saliti
e
discesi
coi
proiettili
della
strada
che
non
avevano
potuto
consumare
.
I
soldati
di
Bava
Beccaris
erano
andati
sui
tetti
delle
case
dall
altra
parte
della
via
e
a
colpi
di
balistite
li
avevano
fatti
scappare
,
prima
di
dar
loro
tempo
di
accendersi
con
un
lanciamento
senza
tregua
e
resistere
fino
alla
morte
.
Io
mi
misi
alle
loro
calcagna
e
discesi
con
loro
e
dietro
loro
subivo
tutta
la
loro
disperazione
di
non
essere
già
lontano
un
miglio
.
Il
terrore
di
incontrarsi
faccia
a
faccia
con
delegati
o
questurini
in
borghese
,
o
soldati
alla
ricerca
di
rivoltosi
,
rianimava
le
loro
gambe
stracche
,
e
le
voci
incitavano
il
ferito
al
ventre
a
stare
in
piedi
,
a
camminare
,
a
correre
,
a
nascondersi
.
-
Su
,
su
!
che
siamo
vicini
!
Io
li
vedo
ancora
sbucare
nella
via
,
rossi
come
se
fossero
usciti
da
un
forno
e
sbandarsi
in
un
fiato
a
rotta
di
collo
.
Solo
i
due
compagni
,
con
le
ascelle
del
ferito
sulle
braccia
hanno
dovuto
continuare
la
parte
dell
eroe
,
andando
via
adagio
adagio
col
moribondo
,
scuotendolo
,
facendolo
sussultare
e
traballare
e
dicendogli
di
stare
in
piedi
se
non
voleva
essere
arrestato
.
Andavano
via
come
tre
amici
,
braccio
sotto
braccio
,
e
io
tenevo
loro
dietro
con
gli
occhi
ai
piedi
che
descrivevano
nel
mezzo
della
strada
gli
orrori
di
una
vita
che
si
spengeva
.
I
piedi
che
si
lasciavano
tirar
dietro
,
scappucciavano
,
si
contorcevano
,
voltavano
la
suola
dalla
parte
opposta
,
urtavano
contro
i
sassi
,
sfioravano
il
suolo
,
piegavano
,
puntavano
le
punte
nei
solchi
dell
acciottolato
come
piedi
morti
.
Io
sono
rincasato
vecchio
di
cento
anni
.
Ho
veduto
i
cadaveri
buttati
sulle
spiagge
dei
mari
a
dozzina
,
ho
veduto
morire
gente
sui
campi
di
battaglia
,
ma
non
ho
mai
subito
il
terrore
che
mi
ha
fatto
subire
un
uomo
calato
da
un
tetto
e
sorretto
dai
combattenti
e
fatto
andare
per
le
strade
come
un
fusto
di
carne
morta
.
Il
cadavere
che
cammina
e
piega
su
se
stesso
con
la
testa
che
va
da
una
parte
all
altra
,
toglie
il
respiro
.
Si
allibisce
come
in
mezzo
ai
fantasmi
dell
incubo
notturno
.
UNA
PAGINA
SCONOSCIUTA
Il
pomeriggio
della
seconda
giornata
del
maggio
novantotto
,
è
stato
per
tutti
una
sorpresa
.
Coi
serra
serra
del
giorno
prima
,
durante
i
quali
sono
caduti
morti
un
questurino
e
un
operaio
,
c
era
in
giro
qualche
apprensione
,
ma
nessun
Mathieu
de
la
Drôme
avrebbe
preveduto
che
due
o
tre
ore
dopo
si
sarebbero
fatte
le
fucilate
per
le
vie
come
in
tempo
di
rivoluzione
.
La
gente
che
passava
e
vedeva
la
truppa
che
si
sparpagliava
per
le
arterie
principali
veniva
presa
dal
panico
ma
non
correva
fino
alla
disperazione
.
Più
tardi
le
notizie
si
facevano
e
si
sfacevano
.
Chi
narrava
di
aver
assistito
al
massacro
e
chi
smentiva
il
narratore
.
La
cosa
curiosa
di
tutti
i
momenti
tragici
della
vita
pubblica
,
è
che
nessuno
era
sicuro
di
quello
che
raccontava
..
Le
persone
che
asserivano
di
aver
l
eco
della
scarica
nelle
orecchie
,
si
lasciavano
poi
convincere
dagli
altri
che
lo
sbigottimento
aveva
dato
loro
una
fantasia
spaventata
.
Mi
ricordo
come
se
fosse
adesso
.
Un
uomo
tutto
grigio
,
tutto
tremante
,
diceva
balbettando
che
cinque
o
sei
operai
erano
andati
uno
sull
altro
fulminati
da
una
scarica
militare
.
Il
ricordo
della
scena
lo
faceva
piangere
in
un
modo
convulsonario
.
Un
altro
presente
lo
guardava
meravigliato
e
si
convinceva
di
essere
davanti
ad
un
pazzoide
.
Era
passato
lui
dallo
stesso
punto
,
alla
stessa
ora
,
e
non
vi
aveva
veduto
anima
viva
.
Si
trattava
di
un
caso
di
allucinazione
?
Certi
spargitori
di
notizie
false
dovrebbero
essere
arrestati
,
si
diceva
.
Si
fa
presto
a
disonorare
la
truppa
.
In
quel
momento
tutti
avevano
bisogno
di
credere
che
i
soldati
fossero
incapaci
di
ubbidire
ad
ordini
selvaggi
e
il
vecchio
incominciò
a
titubare
,
a
credere
di
aver
straveduto
e
a
ritirarsi
dal
capannello
come
un
diffamatore
colto
in
piena
calunnia
.
Di
vero
non
c
era
che
un
berretto
che
passava
da
un
centro
all
altro
,
per
ricomparire
più
tardi
con
la
materia
cerebrale
di
un
pitocco
buttato
in
terra
col
cranio
sfracellato
.
Verso
l
imbrunire
le
notizie
erano
sempre
allo
stato
confusionario
,
ma
i
cittadini
prudenti
rincasavano
in
fretta
e
in
furia
,
sbalorditi
e
disperati
.
Nessuno
o
pochi
sapevano
quello
che
era
avvenuto
dalle
due
a
sera
,
ma
tutti
sentivano
che
c
era
stato
qualche
cosa
di
grave
,
di
sanguinoso
,
di
furioso
,
che
bisognava
salvarsi
o
caricare
il
fucile
per
difendersi
.
Io
ero
violento
contro
me
stesso
.
Avevo
veduto
,
avevo
negli
occhi
i
morti
e
i
feriti
,
negli
orecchi
gli
spari
e
i
rantoli
ed
ero
per
la
strada
pallido
di
collera
a
fare
nodi
alla
cordicella
che
avevo
tra
le
dita
per
contenermi
.
Tutti
i
nostri
uomini
pubblici
,
tutti
i
nostri
grandi
,
tutti
i
nostri
deputati
,
tutti
i
nostri
consiglieri
,
tutti
i
nostri
giornalisti
,
tutti
i
nostri
personaggi
,
sono
rimasti
assenti
,
non
si
sono
fatti
vivi
,
hanno
ignorato
che
nella
via
i
soldati
ammazzavano
il
popolo
disarmato
,
il
popolo
che
non
sapeva
nulla
.
Quanta
viltà
!
I
nostri
uomini
politici
non
sono
eroi
che
ai
banchetti
.
Lamartine
nel
48
e
Victor
Hugo
nel
51
non
hanno
insegnato
loro
niente
.
L
uno
e
l
altro
,
illustri
,
hanno
osato
passare
tra
selve
di
baionette
,
quando
le
baionette
facevano
strage
;
l
uno
e
l
altro
sono
rimasti
imperturbabili
sotto
la
grandine
di
piombo
;
l
uno
e
l
altro
hanno
saputo
apostrofare
la
truppa
che
non
fraternizzava
col
popolo
.
I
deputati
del
51
hanno
fatto
le
barricate
.
Baudin
vi
è
rimasto
.
I
nostri
non
hanno
neanche
l
età
senile
che
li
scusi
davanti
la
storia
.
In
quel
momento
che
io
pensavo
alle
crudeltà
militari
e
buttavo
in
terra
tutti
gli
idoli
della
vita
pubblica
milanese
,
facevo
mentalmente
un
manifesto
da
affiggersi
per
ricomporre
il
coraggio
cittadino
se
ve
ne
fosse
rimasto
.
Proprio
in
quell
attimo
mi
sono
trovato
a
faccia
a
faccia
con
un
medico
che
mi
diede
l
appuntamento
per
la
sera
in
una
trattoria
dove
solevamo
pranzare
qualche
volta
.
Qualcuno
gli
aveva
raccontato
che
ero
stato
in
giro
a
raccogliere
episodi
con
la
matita
e
perciò
alla
riunione
che
doveva
aver
luogo
ero
indispensabile
.
Dove
?
Non
lo
sapeva
neppure
lui
.
Non
si
supponevano
spie
fra
noi
,
ma
le
preoccupazioni
in
momenti
così
turbati
erano
necessarie
.
Il
segreto
in
tante
bocche
è
sempre
un
pericolo
.
Alle
volte
,
o
per
mania
di
darsi
dell
importanza
o
per
fiducia
con
chi
si
parla
,
si
fanno
confidenze
che
diventano
di
tutti
.
Ci
salutammo
e
ci
ritrovammo
a
tavola
con
un
giovane
deputato
che
rappresenta
anche
ora
un
collegio
piemontese
.
La
trattoria
sentiva
della
giornata
.
Molti
posti
erano
vuoti
.
Coloro
che
mangiavano
parevano
costernati
,
o
tacevano
o
conversavano
sottovoce
con
una
sobrietà
di
parole
che
dava
all
ambiente
un
non
so
che
di
lugubre
.
Ci
separammo
con
l
intesa
di
andare
ciascuno
per
nostro
conto
alla
redazione
di
un
giornale
,
dove
saremmo
stati
ricevuti
dalla
persona
incaricata
di
dirci
il
luogo
della
riunione
.
Vi
trovai
molte
facce
sconosciute
,
facce
garibaldine
,
facce
democratiche
e
un
via
vai
di
gente
che
andava
e
veniva
.
Anche
la
redazione
traduceva
la
giornata
del
diavolo
.
Le
figure
passavano
tristi
e
mute
,
poi
ripassavano
con
lo
stesso
contegno
riguardoso
delle
persone
che
non
vogliono
essere
interrogate
.
Tuttavia
sovente
l
amicizia
interrompeva
la
musoneria
e
costringeva
a
parlare
.
Si
sentiva
un
po
di
tutto
.
Chi
diceva
con
la
voce
dimessa
che
non
c
era
più
nulla
da
fare
,
perché
ormai
la
libertà
dei
cittadini
era
alla
mercè
del
comandante
della
truppa
di
Milano
,
e
chi
raccontava
che
gli
insorti
avevano
dato
fuoco
al
palazzo
Saporiti
dopo
di
aver
fatta
una
gigantesca
barricata
sul
corso
Venezia
,
e
chi
faceva
venir
su
la
pelle
d
oca
con
mucchi
di
cadaveri
portati
via
dal
luogo
del
disastro
a
braccia
di
popolo
.
Da
tutte
quelle
narrazioni
contraddittorie
le
mie
illusioni
continuavano
a
volar
via
,
Qualcuno
aggiungeva
che
erano
incominciati
gli
arresti
a
domicilio
e
aggiungeva
panico
a
panico
.
I
più
prudenti
prendevano
la
via
del
loro
domicilio
senza
voltarsi
indietro
.
Ce
ne
andammo
alla
spicciolata
come
eravamo
entrati
.
Io
e
il
mio
amico
deputato
prendemmo
la
via
dell
Ospedale
Maggiore
,
attraversammo
il
corso
di
Porta
Romana
,
infilammo
una
delle
vie
che
lo
lambiscono
e
seguitammo
a
camminare
in
direzione
di
San
Celso
.
La
via
era
piuttosto
deserta
e
il
medico
che
prestava
il
suo
appartamento
per
il
convegno
era
dabbasso
in
strada
che
additava
la
porta
agli
aspettati
e
adocchiava
se
sbucasse
da
qualche
parte
la
polizia
.
La
portinaia
era
di
cera
.
Tremava
.
Essa
è
quella
tale
stata
citata
al
Tribunale
per
riconoscere
se
la
signora
Kuliscioff
fosse
stata
la
donna
velata
,
cercata
invano
per
provare
il
complotto
.
Salimmo
un
altra
scala
dopo
il
primo
piano
,
suonammo
e
ci
venne
aperto
.
Passati
dall
anticamera
al
salotto
di
riunione
vi
trovammo
un
po
di
tutti
i
colori
politici
,
dal
rivoluzionario
scarlatto
al
radicale
pallidissimo
.
Capi
di
organizzazioni
operaie
,
deputati
socialisti
,
deputati
repubblicani
,
deputati
radicali
,
consiglieri
municipali
,
qualche
ex
-
assessore
municipale
,
direttori
di
giornali
,
giornalisti
,
avvocati
,
ingegneri
,
medici
,
persone
che
si
occupano
di
politica
e
di
questioni
sociali
,
leaders
di
questa
e
di
quella
piattaforma
.
l
uscio
non
stava
mai
quieto
.
Ogni
momento
si
apriva
e
lasciava
passare
due
o
tre
persone
.
Sovente
passavano
nel
salottino
senza
salutare
alcuno
,
qualche
volta
stringevano
le
mani
di
qualche
amico
e
davano
la
buona
sera
.
Pochi
minuti
dopo
non
c
era
più
posto
che
sul
pavimento
e
l
uscio
non
aveva
cessato
di
andare
avanti
e
indietro
.
Coloro
che
entravano
dovevano
contentarsi
di
rimanere
all
entrata
o
nel
corridoio
che
faceva
da
anticamera
.
Siccome
nessuno
degli
invitati
sapeva
dove
e
con
chi
si
sarebbe
trovato
,
così
ho
veduto
molte
facce
diventare
smorte
o
biancastre
o
paonazze
.
Alcuni
non
sapevano
neppure
in
casa
di
chi
si
trovavano
.
La
maggioranza
era
terrorizzata
,
l
inquietudine
di
alcuni
era
tale
che
pareva
che
avessero
i
piedi
sugli
aghi
,
la
casa
del
medico
pareva
un
braciere
.
Vi
si
respirava
un
aria
ardente
.
Parecchi
sono
entrati
e
sono
usciti
senza
dire
parola
.
In
quasi
tutti
era
la
preoccupazione
di
un
irruzione
di
poliziotti
.
Se
non
fosse
stata
una
vergogna
assentarsi
dopo
essere
stati
veduti
,
parecchi
avrebbero
preso
la
scala
.
Tutti
assieme
rappresentavano
la
fortuna
di
Di
Rudini
,
di
Bava
Beccaris
e
di
Minozzi
,
il
questore
.
Per
tutti
loro
saremmo
stati
il
complotto
,
i
preparatori
dell
insurrezione
,
i
capi
della
rivolta
.
Non
ci
fu
scelta
di
presidente
,
ma
uno
dei
presenti
si
incaricò
di
dirigere
la
discussione
.
Ascoltavo
e
tutte
le
mie
illusioni
se
ne
andavano
.
In
nessuno
era
l
idea
della
resistenza
.
Scarlatto
o
rosso
l
oratore
era
mansueto
,
timido
,
capace
di
sciorinare
tutte
le
platitudes
della
prudenza
.
Non
c
era
niente
da
fare
e
si
mancava
di
tutto
.
L
idea
più
forte
era
quella
di
affiggere
un
avviso
per
pacificare
la
popolazione
e
impedirle
di
farsi
ammazzare
così
stupidamente
,
come
spettatori
a
mani
vuote
,
mentre
i
soldati
scaricavano
senza
pronunciare
una
parola
.
Il
manifesto
per
pacificare
la
gente
aggredita
a
colpi
di
balistite
mi
sembrava
ingiurioso
.
Qualcuno
ha
manifestato
la
rancida
idea
giacobina
.
La
truppa
fraternizzi
col
popolo
!
La
truppa
non
fraternizza
mai
col
popolo
!
Se
ha
fraternizzato
è
cosa
del
passato
.
È
cosa
del
48
.
Non
è
che
a
Parigi
,
al
tempo
di
Luigi
Filippo
,
che
si
è
veduto
simile
spettacolo
.
Gli
ostaggi
!
Chi
ha
parlato
di
ostaggi
?
È
roba
da
cartisti
.
Allora
si
credeva
che
nascondendo
Wellington
e
gli
altri
ministri
,
e
gli
altri
personaggi
ufficiali
,
e
il
principe
di
Galles
,
si
potesse
costringere
il
Parlamento
a
concedere
la
carta
della
loro
riforma
.
Ma
adesso
?
Morto
o
scomparso
un
ministro
se
ne
fa
un
altro
.
Che
cosa
hanno
giovato
gli
ostaggi
ai
comunardi
?
La
loro
morte
ha
affrettato
il
trionfo
di
Thiers
.
Un
moto
simultaneo
?
Ferrovecchi
!
Quando
voi
vi
sarete
impadroniti
di
Bava
Beccaris
,
del
prefetto
,
del
sindaco
,
della
giunta
,
del
questore
e
di
tutti
coloro
che
contano
per
qualche
cosa
nel
mondo
ufficiale
,
e
vi
sarete
contemporaneamente
impadroniti
,
diciamo
,
della
polveriera
,
delle
caserme
,
dei
telegrafi
,
della
questura
,
delle
carceri
per
liberare
i
prigionieri
politici
,
delle
banche
,
perché
la
guerra
senza
munizione
monetaria
è
impossibile
,
quando
,
diciamo
,
avrete
tagliate
tutte
le
comunicazioni
e
avrete
eliminate
tutte
le
teste
governative
,
voi
vi
troverete
in
una
condizione
peggiore
di
prima
.
Sarete
imbarazzati
della
vittoria
.
L
insurrezione
milanese
del
48
,
si
è
trovata
,
su
per
giù
,
nelle
stesse
condizioni
.
I
capi
del
movimento
si
sono
contentati
di
conquistare
Milano
,
e
così
i
nuovi
contingenti
austriaci
venuti
dal
di
fuori
li
hanno
sopraffatti
.
Neanche
un
rovescio
di
dinamite
sui
soldati
potrebbe
salvare
dal
disastro
.
All
indomani
la
città
sarebbe
bloccata
e
bombardata
.
La
colpa
cadrebbe
sulle
nostre
teste
.
Non
c
è
nulla
da
fare
.
Una
sollevazione
generale
spontanea
?
Voi
avete
udito
.
Non
ci
sono
neanche
i
ferrovieri
.
I
ferrovieri
rifiutano
di
abbandonare
i
treni
.
Allora
che
cosa
sono
venuti
a
fare
?
E
se
non
ci
sono
loro
che
sono
organizzati
e
disciplinati
,
chi
volete
che
insorga
?
Gli
impiegati
,
gli
esercenti
,
i
negozianti
,
gli
industriali
tenuti
lontani
da
ogni
movimento
insurrezionale
dai
loro
istinti
e
dai
loro
interessi
?
Una
scampanellata
ha
agitato
tutti
i
nervi
e
precipitata
la
discussione
.
Era
entrata
una
signora
velata
a
prendere
il
marito
deputato
e
dietro
lei
eran
giunti
due
o
tre
altri
a
far
gelare
il
sangue
.
Si
continuava
ad
arrestare
a
domicilio
.
Alcuni
si
valsero
del
momento
di
commozione
per
prendere
la
scala
.
Guai
se
la
polizia
ci
avesse
sorpresi
.
Nessuno
avrebbe
cavato
dalla
testa
pubblica
che
l
adunanza
avesse
intendimenti
insurrezionali
.
Le
figure
più
note
della
democrazia
milanese
sarebbero
state
sotto
chiave
e
tutti
sarebbero
stati
convinti
che
i
propositi
dei
radunati
erano
rivoluzionari
.
Proprio
non
ci
rimaneva
che
scioglierci
e
dirci
addio
.
L
affissione
di
un
manifesto
di
pacificazione
era
pericoloso
.
Poteva
dar
ragione
a
Bava
Beccaris
.
Non
c
era
alternativa
:
o
mettersi
alla
testa
della
rivolta
,
se
fosse
una
rivolta
,
o
tacere
e
lasciare
che
gli
avvenimenti
si
svolgessero
da
sè
.
Il
padrone
di
casa
era
ansioso
.
Le
pattuglie
erano
in
giro
.
La
portinaia
era
sottosopra
.
Ci
si
è
raccomandato
di
andarcene
alla
spicciolata
come
vi
eravamo
venuti
.
In
pochi
minuti
fummo
tutti
dispersi
.
Io
ero
con
tre
o
quattro
alla
distanza
di
dieci
o
dodici
passi
l
uno
dall
altro
.
Alcuni
minuti
di
ritardo
e
saremmo
stati
tutti
in
gabbia
.
Il
delegato
,
o
l
ispettore
che
fosse
,
con
una
frotta
di
questurini
in
borghese
,
era
avviato
al
domicilio
del
medico
,
o
in
quella
direzione
.
Ci
disperdemmo
vicino
al
Baj
.
Durante
la
notte
molti
dei
convenuti
si
sono
dati
alla
fuga
,
alcuni
sono
stati
arrestati
,
parecchi
sono
stati
ghermiti
più
tardi
e
non
pochi
sono
rimasti
ignoti
.
La
riunione
è
stata
sospettata
o
scoperta
quando
eravamo
tutti
al
largo
,
compreso
il
padrone
dell
appartamento
che
ci
aveva
ospitati
,
il
quale
era
già
in
viaggio
per
la
via
di
Lugano
.
La
portinaia
fortunatamente
ha
fatto
la
stupida
per
progetto
o
non
ha
potuto
compromettere
alcuno
,
perché
quella
gente
non
era
mai
passata
dalla
sua
portineria
.
Ella
non
ha
saputo
dire
alla
polizia
se
non
che
erano
salite
molte
persone
dal
dottore
e
che
fra
le
molte
persone
era
una
signora
coperta
da
un
fittissimo
velo
.
La
si
è
cercata
per
tutta
Milano
.
Con
essa
si
sarebbe
messo
assieme
il
complotto
,
la
congiura
,
la
cospirazione
,
il
proposito
di
insorgere
.
Ma
la
signora
è
rimasta
sconosciuta
e
i
tribunali
militari
,
dopo
che
la
portinaia
non
ha
saputo
riconoscere
nella
signora
Kuliscioff
la
signora
velata
,
hanno
dovuto
abbandonare
il
clou
del
processo
dei
giornalisti
e
dei
deputati
:
vale
a
dire
l
intesa
per
rovesciare
la
monarchia
e
dare
all
ltalia
una
repubblica
.
Ho
taciuto
tutti
i
nomi
perché
non
sono
autorizzato
a
pubblicarli
.
Così
taccio
anche
quello
della
signora
,
dicendo
solo
che
la
donna
velata
non
era
proprio
la
signora
Anna
Kuliscioff
.
LE
CANNONATE
IN
CORSO
COMO
Domenica
,
8
maggio
98
.
Sono
venuto
a
casa
spaventato
.
Nel
pomeriggio
d
oggi
,
il
ponte
dello
Scalo
Merci
,
si
era
affollato
di
persone
che
volevano
vedere
cosa
facesse
l
ufficiale
col
cannone
e
coi
soldati
al
dazio
di
Porta
Garibaldi
.
Si
era
lì
tutti
a
chiacchierare
,
quando
vedemmo
come
un
movimento
intorno
alla
bocca
da
fuoco
che
mette
paura
.
Non
eravamo
ancora
usciti
dalla
sorpresa
,
che
udimmo
l
esplosione
di
un
colpo
a
salve
.
La
moltitudine
,
quantunque
non
potesse
essere
udita
,
scoppiò
nelle
grida
indignate
,
e
non
pochi
tesero
le
braccia
come
per
minacciarlo
..
L
artigliere
era
al
lavoro
e
noi
credevamo
che
stesse
preparando
un
altra
scarica
a
salve
.
Passarono
cinque
minuti
di
ansie
terribili
.
Malgrado
l
illusione
in
tutti
noi
,
che
non
si
sarebbe
osato
scaricare
della
mitraglia
,
eravamo
tutti
silenziosi
.
Il
secondo
colpo
sollevò
una
nube
che
ci
tolse
dalla
vista
soldati
,
cannone
e
ufficiale
.
Prima
o
durante
il
rumoreggiamento
,
un
uomo
attraversava
la
piazza
dello
Scalo
Merci
con
la
propria
figlia
di
nove
anni
.
I
particolari
li
ho
saputi
quando
siamo
accorsi
ad
aiutarlo
.
La
ragazzina
è
stata
colpita
alla
fronte
.
Il
padre
non
ebbe
che
un
grido
di
dolore
.
Si
precipitò
su
lei
per
sollevarla
.
Ma
una
volta
che
se
l
ebbe
tra
le
braccia
,
l
uomo
svenne
.
Piegò
sulle
gambe
e
andò
a
sbattere
la
fronte
sul
selciato
.
Lo
aiutammo
ad
alzarsi
.
Qualcuno
raccolse
la
morticina
e
non
pochi
seguirono
il
padre
,
il
quale
ha
continuato
a
piangere
fino
all
abitazione
.
Non
ci
eravamo
accorti
che
al
tempo
stesso
uno
stalliere
,
il
quale
aveva
appena
finito
di
dare
da
mangiare
e
da
bere
alle
bestie
e
divorarsi
la
solita
scodella
di
minestra
,
avviato
all
osteria
in
faccia
a
berne
un
quinto
,
aveva
subito
la
stessa
sorte
.
Non
aveva
fatto
che
tre
o
quattro
passi
che
precipitava
a
terra
con
il
ventre
squarciato
dalla
mitraglia
.
Più
innanzi
trovammo
un
giovane
tedesco
,
del
quale
non
ho
saputo
scrivere
il
nome
,
colpito
al
cuore
da
un
proiettile
,
mentre
era
uscito
di
casa
a
comperarsi
un
sigaro
.
Tutto
sommato
,
la
seconda
cannonata
ha
lasciato
in
terra
tre
cadaveri
.
L
ASSALTO
AL
CONVENTO
Nove
maggio
.
Sono
a
zonzo
,
come
gli
altri
giorni
,
col
lapis
e
il
libro
delle
note
in
saccoccia
.
Mi
darei
dei
pugni
.
Ho
dimenticato
a
casa
il
kodak
,
che
mi
avrebbe
aiutato
a
raccogliere
le
scene
della
strada
.
La
giornata
è
splendida
,
ma
il
sole
non
riesce
a
far
rifiorire
le
guance
della
popolazione
terrorizzata
.
La
gente
è
smorta
,
biancastra
,
inquieta
.
Ciascuno
va
via
per
la
sua
strada
,
senza
voltarsi
indietro
,
senza
salutare
gli
amici
.
È
come
se
uno
sospettasse
dell
altro
.
In
ogni
persona
che
passa
si
fiuta
un
insorto
o
un
delatore
.
Le
muraglie
sono
impiastrate
di
avvisi
di
tutte
le
dimensioni
.
È
Bava
Beccaris
che
ingiunge
alle
masse
i
suoi
ordini
,
senza
punto
far
sussultare
i
nervi
della
popolazione
.
C
è
qualcuno
che
mormora
.
Ma
gli
altri
che
leggono
gli
cacciano
gli
occhi
negli
occhi
come
se
volessero
divorarlo
.
Nella
fraseologia
del
generale
,
c
è
sempre
del
padrone
che
parla
al
servo
e
dell
imbecille
che
dalla
scuola
militare
non
ha
portato
via
che
la
brutalità
del
mestiere
.
Egli
invita
i
cittadini
a
versare
le
armi
da
fuoco
,
come
se
i
fucili
,
gli
spadoni
e
i
fioretti
fossero
sacchi
di
noci
o
bottiglie
di
liquori
,
o
fiaschi
di
vino
!
Durante
le
sommosse
popolari
l
aristocrazia
e
la
borghesia
inglesi
vanno
direttamente
alla
sezione
di
polizia
a
prestare
giuramento
e
a
cingersi
i
fianchi
del
conciapopolo
,
il
quale
è
un
randello
corto
che
spacca
la
testa
del
rivoltoso
al
primo
colpo
.
I
policemen
non
sono
per
le
vie
e
per
gli
squares
dei
tumulti
soli
,
abbandonati
al
disprezzo
della
folla
che
mugge
contro
i
nemici
dei
suoi
diritti
.
Escono
dalle
caserme
con
le
upper
classes
,
con
dei
pari
,
degli
ammiragli
,
dei
generali
,
dei
deputati
,
degli
avvocati
,
dei
medici
,
dei
banchieri
e
col
resto
dei
cani
grossi
della
terrocrazia
e
della
plutocrazia
.
Le
upper
classes
della
paneropoli
,
si
contentano
invece
di
lasciare
il
loro
biglietto
di
visita
alla
residenza
del
generale
Bava
Beccaris
,
il
quale
è
,
come
tutti
sanno
,
nel
palazzo
del
comando
militare
in
via
Brera
,
15
.
Un
biglietto
di
visita
costa
poco
e
sopprime
la
noia
di
un
probabile
conflitto
con
le
moltitudini
.
Leggo
la
Perseveranza
-
il
quotidiano
della
consorteria
milanese
,
che
incomincia
questa
mane
la
vitaccia
a
cinque
centesimi
.
In
questo
giorno
è
un
giornale
che
sbalordisce
.
Non
è
più
il
leone
sdentato
e
invecchiato
nella
gabbia
del
serraglio
.
È
un
leone
in
piedi
che
rugge
squassando
la
giubba
e
guarda
la
«
plebe
»
con
la
minaccia
negli
occhi
torvi
.
Dal
primo
giorno
dei
tumulti
,
la
Perseveranza
ha
buttato
via
ogni
solidarietà
professionale
.
È
divenuto
un
foglio
fratricida
.
Si
presenta
ogni
mattina
al
pubblico
,
con
le
mani
gocciolanti
del
sangue
dei
colleghi
che
ha
sgozzato
nella
notte
.
Le
sue
colonne
sono
piene
di
delazioni
.
Essa
incita
gli
agenti
a
piombare
sui
difensori
della
libertà
di
stampa
.
La
maggioranza
dei
giornalisti
milanesi
è
composta
di
forcaioli
.
Non
pensa
che
col
ventre
.
Manderebbe
al
patibolo
tutti
noi
che
abbiamo
l
audacia
di
prendere
i
ventraioli
della
penna
di
redazione
a
pedate
.
I
vostri
nomi
sono
registrati
nel
mio
diario
.
In
questo
momento
di
disgusto
mi
ricordo
con
compiacenza
della
Parigi
giornalistica
delle
giornate
di
luglio
,
dei
giornalisti
del
30
,
i
quali
rimasero
uniti
a
difendere
i
diritti
della
libertà
di
scrivere
contro
le
ordinanze
reali
che
volevano
distruggerla
.
Piuttosto
che
subire
il
bavaglio
,
hanno
preferito
lasciare
la
penna
in
redazione
e
discendere
nelle
vie
a
combattere
sulle
barricate
fino
a
monarchia
finita
.
I
soldati
fraternizzarono
coi
«
rivoltosi
»
per
il
rispetto
alla
Carta
,
e
Carlo
X
dovette
scappare
dal
«
cervello
del
mondo
»
di
notte
,
come
un
ladro
.
Piazza
San
Fedele
è
popolata
.
Ci
sono
qua
e
là
dei
capannelli
che
chiacchierano
.
I
gradini
del
teatro
Manzoni
e
della
chiesa
in
faccia
sono
gremiti
di
spettatori
.
Intorno
al
monumento
discutono
parecchi
signori
dal
solino
lucido
e
dalle
mani
inguantate
.
Approvano
l
energia
del
generale
e
dicono
che
Milano
finalmente
ha
trovato
la
mano
di
ferro
che
le
mancava
.
Ma
aggiungono
che
avrebbe
dovuto
risparmiare
Turati
«
perché
non
è
mica
uno
scalmanato
che
vada
in
piazza
con
una
palata
di
parole
roventi
a
rimescolare
il
fondaccio
delle
passioni
volgari
della
plebaglia
.
Egli
è
un
intellettuale
con
idee
che
non
sono
le
nostre
,
ma
che
si
possono
discutere
»
.
Si
aspetta
la
solita
processione
degli
arrestati
del
giorno
prima
.
È
uno
spettacolo
desolante
questo
di
assistere
alla
sfilata
di
sessanta
o
ottanta
individui
,
legati
a
due
a
due
,
circondati
dalla
cavalleria
,
dai
carabinieri
e
dagli
agenti
di
pubblica
sicurezza
,
con
la
bocca
della
rivoltella
che
li
guarda
in
bocca
.
Il
pensiero
che
la
distrazione
possa
farne
scattare
qualcuna
,
mi
fa
sentire
il
tormento
degli
aghi
nella
pelle
.
Perché
fate
loro
attraversare
mezza
Milano
a
piedi
,
a
rischio
di
trovare
qualche
esaltato
che
gridi
viva
o
abbasso
qualche
nome
?
Per
procombere
su
loro
ed
ammazzarli
?
Mi
sento
male
a
pensarci
.
No
,
oggi
non
voglio
vederla
.
Mi
bastano
quelle
di
ieri
e
dell
altro
ieri
.
Filo
per
Santa
Radegonda
e
mi
fermo
rasente
il
Duomo
,
cogli
occhi
verso
la
piazza
.
È
occupata
militarmente
e
i
soldati
hanno
l
aria
di
poveracci
che
non
hanno
riposato
nel
proprio
letto
.
Coloro
che
tentano
di
flanellare
lungo
i
cordoni
militari
,
vengono
mandati
al
diavolo
con
la
voce
rude
che
sente
del
momento
.
Domando
il
permesso
all
ufficiale
vicino
ai
magazzini
del
Bocconi
di
attraversare
la
Galleria
per
salire
all
associazione
della
stampa
.
Gli
presento
la
tessera
sulla
quale
è
incollata
la
mia
fotografia
.
Non
si
può
.
Non
è
permesso
.
Gli
ordini
militari
non
si
discutono
,
e
volto
indietro
per
il
corso
Vittorio
Emanuele
.
Non
sono
ancora
vicino
al
ristorante
dell
Orologio
,
che
la
gente
si
mette
a
scappare
in
tutte
le
direzioni
e
i
negozi
semichiusi
si
chiudono
precipitosamente
,
come
se
un
esercito
di
pitocchi
stesse
per
irrompere
a
dare
il
sacco
alle
botteghe
.
Il
fuggi
fuggi
fa
andare
gli
uni
addosso
agli
altri
e
il
panico
corre
per
il
corso
a
mettere
tutti
sossopra
.
Si
chiudono
le
porte
,
si
chiudono
le
finestre
e
si
lasciano
i
pedoni
senza
un
rifugio
per
salvarsi
dai
pericoli
della
strada
.
Qualche
signora
che
non
sa
allungare
il
passo
o
decidersi
a
raccogliere
le
vesti
ed
imitare
le
altre
,
si
spaventa
,
scolorisce
e
pronuncia
parole
che
racchiudono
la
sua
desolazione
di
essersi
lasciata
sorprendere
dalla
sciagura
cittadina
.
Si
senton
le
ruote
dei
carri
pesanti
che
sussultano
lungo
l
acciottolato
e
le
zampe
dei
cavalli
enormi
che
sdrucciolano
di
tanto
in
tanto
sulle
pietre
dei
ruotabili
.
Sono
due
cannoni
di
grosso
calibro
accompagnati
dai
carri
con
gli
attrezzi
e
con
la
munizione
.
Vanno
via
al
trotto
e
lasciano
supporre
che
siano
avviati
verso
il
teatro
della
insurrezione
.
All
annuncio
che
vengono
i
cannoni
,
San
Pietro
all
Orto
-
ove
erano
gli
uffici
dell
Italia
del
Popolo
-
perde
la
testa
.
Donne
e
uomini
gridano
,
piangono
e
si
inseguono
come
invasi
dal
terrore
.
Una
delle
cuoche
della
casa
tollerata
si
dispera
,
percuotendo
coi
pugni
la
porta
che
non
vuole
aprirsi
,
neppure
dopo
aver
premuto
e
ripremuto
il
bottocino
del
campanello
elettrico
.
La
lattaia
,
a
qualche
passo
di
distanza
,
sviene
sul
gradino
della
bottega
che
stava
per
chiudere
.
A
mano
a
mano
che
i
cannoni
e
le
mitragliere
si
avanzano
,
la
gente
infuriata
svolta
in
S
.
Pietro
all
Orto
e
completa
il
quadro
di
una
popolazione
tribolata
dalla
guerra
civile
.
Si
sentono
gli
sbatacchiamenti
delle
ultime
porte
,
delle
ultime
imposte
,
delle
ultime
botteghe
aperte
.
Non
si
vedono
che
gambe
in
fuga
.
Il
corso
è
quasi
deserto
.
Passano
tre
lancieri
,
l
uno
dietro
l
altro
,
a
pancia
a
terra
e
scompaiono
per
la
via
Monforte
.
Gli
artiglieri
a
cavallo
frustano
le
bestie
;
e
le
bestie
infuriate
divorano
la
via
,
e
i
cannonieri
,
appoggiati
agli
affusti
,
hanno
assunto
un
atteggiamento
più
bellicoso
.
Svoltano
a
destra
sul
naviglio
.
Io
torno
indietro
e
imbocco
,
come
i
lancieri
,
la
via
Monforte
,
scavata
nel
mezzo
per
i
lavori
di
tubazione
,
fin
quasi
al
ponte
di
San
Damiano
.
Oltre
il
ponte
la
via
Monforte
non
ha
che
due
o
tre
bottegucce
del
polentaio
,
del
giornalaio
,
di
un
merciaiuolo
di
cianfrusaglie
,
eccetera
.
Il
resto
è
popolato
di
residenze
signorili
.
A
destra
,
quasi
in
faccia
alla
via
Conservatorio
,
è
il
superbo
Palazzo
della
Prefettura
,
col
suo
balcone
immenso
,
sorretto
dalle
colonne
a
scanalature
.
Arrivo
proprio
in
tempo
a
vedere
un
reggimento
o
parte
di
un
reggimento
di
fanteria
che
va
verso
il
dazio
spacchettando
le
cartucce
nella
giberna
.
Sembrano
soldati
che
vengano
da
lontano
.
Sono
impolverati
fino
ai
capelli
e
taluni
piegano
sotto
il
peso
dello
zaino
e
del
fucile
.
A
due
passi
dalla
Prefettura
c
è
il
via
vai
della
giornata
di
perturbazione
cittadina
.
Via
Monforte
non
subisce
la
paura
degli
abitanti
delle
altre
vie
.
Vicino
al
rappresentante
del
governo
la
gente
si
sente
più
sicura
.
I
balconi
sono
pigiati
di
signori
e
di
signore
che
applaudono
entusiasticamente
ai
soldati
che
passano
.
Da
una
parte
e
dall
altra
,
si
vedono
i
fazzoletti
candidi
che
agitano
l
aria
e
le
manine
che
si
aprono
come
se
lasciassero
cadere
dei
fiori
.
I
soldati
tirano
innanzi
senza
guardare
in
alto
.
Solo
gli
ufficiali
danno
segno
di
compiacimento
.
Si
parla
di
studenti
venuti
da
Pavia
a
ingrossare
il
numero
dei
rivoltosi
,
nascosti
nelle
cascine
di
Acquabella
e
accampati
nelle
vicinanze
.
Se
ne
discorre
e
si
allibisce
,
affrettando
il
passo
.
Alcuni
squilli
di
tromba
mi
fanno
ritornare
presso
il
ponte
di
San
Damiano
.
Mi
pare
di
essere
bloccato
al
centro
delle
operazioni
militari
.
Continuano
gli
squilli
.
È
un
generale
con
degli
altri
ufficiali
a
cavallo
,
seguito
dai
trombettieri
e
parecchi
lancieri
.
Alcuni
mi
dicono
che
sia
il
generale
Bava
Beccaris
in
persona
.
Ma
i
più
lo
credono
Ponza
di
San
Martino
.
Può
darsi
che
sia
invece
né
l
uno
né
l
altro
.
Il
generale
e
gli
ufficiali
entrano
in
via
Monforte
colle
spade
sguainate
e
ciascuno
di
loro
grida
dappertutto
:
«
Chiudete
le
finestre
o
faccio
tirare
!
»
.
I
cavalli
caracollano
,
s
impennano
,
nitriscono
e
tentano
di
prendere
la
mano
ai
cavalieri
.
La
gente
,
colle
mani
calde
del
battimani
fragoroso
che
aveva
salutato
la
truppa
,
scompare
chiudendo
le
imposte
.
I
passanti
vengono
respinti
verso
il
ponte
.
Gli
imbocchi
delle
vie
trasversali
si
chiudono
con
mucchi
di
soldati
.
Si
prepara
qualche
cosa
di
grosso
.
L
entrata
al
ponte
ha
una
siepe
di
monturati
che
impedisce
il
passaggio
.
Si
allineano
i
soldati
anche
davanti
il
portone
della
prefettura
.
Al
limitare
c
è
ressa
.
Vedo
gruppi
di
persone
che
si
sciolgono
e
si
rifanno
o
si
perdono
dietro
le
colonne
.
Qui
al
cordone
di
San
Damiano
c
è
voluto
del
fiato
per
indurre
i
soldati
a
lasciar
passare
i
fattorini
con
manate
di
telegrammi
.
Sono
le
undici
e
mezzo
.
Incominciano
le
fucilate
di
Porta
Monforte
.
Si
sentono
colpi
a
intervalli
.
Dal
mio
posto
vedo
una
nube
di
polvere
bianca
verso
il
dazio
e
dei
cavalli
che
sbucano
e
ritornano
nella
nuvolaglia
qualche
volta
illuminata
dalle
esplosioni
.
Dei
signori
che
stanno
in
via
del
Conservatorio
vogliono
assolutamente
passare
.
Le
famiglie
,
sapendoli
per
le
strade
,
devono
essere
inquiete
.
-
Signor
ufficiale
,
ci
faccia
passare
o
accompagnare
.
Ecco
il
nostro
biglietto
di
visita
.
-
Mi
duole
,
ma
ho
ordini
severi
:
non
si
passa
.
Il
fuoco
fuori
di
Porta
Monforte
diventa
accelerato
.
Pam
,
pam
,
pam
!
Pam
,
pam
,
pam
,
pam
!
La
commozione
diventa
generale
.
Tuona
il
cannone
.
Indietro
!
Indietro
!
Con
le
cannonate
che
imperversano
per
l
aria
,
ho
tempo
di
fare
delle
considerazioni
giornalistiche
!
È
un
mio
debole
di
sostenere
i
diritti
della
penna
pubblica
,
dovunque
si
tenta
metterli
in
dubbio
o
sopprimerli
.
Le
autorità
militari
vedono
nel
reporter
un
intruso
o
un
nemico
.
Lo
respingono
dappertutto
come
un
rognoso
.
Questi
signori
non
hanno
ancora
capito
ch
egli
è
lo
strumento
più
utile
dei
popoli
che
non
hanno
vergogna
di
far
sapere
al
mondo
come
si
svolga
la
vita
nazionale
.
Il
reporter
è
il
raccoglitore
degli
avvenimenti
che
si
compiono
sotto
i
suoi
occhi
.
È
impersonale
.
Voi
fate
bene
,
e
il
fatto
,
ch
egli
serve
caldo
al
pubblico
,
vi
copre
di
elogi
e
vi
circonda
di
ammirazione
.
Voi
fate
male
,
e
la
gente
col
documento
che
egli
ha
diffuso
,
vi
critica
,
vi
biasima
e
magari
vi
stramaledice
,
come
perturbatori
della
quiete
pubblica
o
come
autori
di
sventure
cittadine
.
Carlo
Houard
Russel
,
il
reporter
della
guerra
in
Crimea
,
ha
fatto
piangere
il
Regno
Unito
,
con
le
rivelazioni
ch
egli
metteva
assieme
sulle
alture
di
Alma
,
di
Balaclava
e
davanti
a
Sebastopoli
,
vivendo
in
mezzo
ai
soldati
,
chiacchierando
cogli
ufficiali
,
conversando
coi
superiori
che
sapevano
di
strategia
,
e
passando
delle
ore
coi
medici
e
col
personale
addetto
alle
ambulanze
.
Senza
di
lui
,
migliaia
di
soldati
di
più
si
conterebbero
tra
le
vittime
del
colera
,
della
fame
e
delle
bocche
da
fuoco
.
Senza
di
lui
,
lord
Ragan
sarebbe
passato
alla
storia
assai
più
che
come
il
mutilato
di
Waterloo
,
come
l
eroe
degli
eserciti
alleati
che
hanno
combattuto
per
la
conquista
di
Sabastopoli
-
il
grande
arsenale
russo
del
mar
Nero
.
Invece
le
lettere
di
Russel
lo
hanno
fatto
nicchiare
tra
i
generali
confusionarii
,
che
perdono
la
testa
come
Bazaine
,
pur
essendo
circondati
da
un
materiale
di
guerra
che
basterebbe
a
condurli
alla
vittoria
.
È
un
supplizio
crudele
quello
di
stare
qui
,
al
margine
del
teatro
di
guerra
,
con
le
orecchie
rintronate
da
un
fuoco
incessante
di
fucileria
,
a
straziarvi
col
pensiero
che
a
pochi
passi
dai
vostri
piedi
si
combatte
disperatamente
,
senza
poter
rompere
il
cordone
militare
!
Farei
in
due
la
mia
tessera
giornalistica
!
Ma
dunque
,
o
colleghi
,
avete
o
non
avete
conquistato
il
diritto
professionale
di
passare
dovunque
?
Corro
,
corro
lungo
il
naviglio
verso
porta
Vittoria
,
con
l
idea
di
voltare
in
via
Stella
e
riuscire
a
percorrere
fin
sotto
i
casini
daziarii
di
Porta
Monforte
.
Non
incontro
che
una
ragazza
e
una
bimba
che
chiamano
tutti
i
nomi
del
vicinato
senza
commuovere
alcuno
.
-
Luigia
,
Giovanna
,
Marta
,
aprite
,
fate
presto
,
per
amor
di
Dio
!
L
egoismo
li
ha
resi
tutti
sordi
.
Loro
sono
in
casa
,
rannicchiati
come
tanti
conigli
,
e
chi
è
fuori
,
crepi
!
Col
battaglio
del
portone
metto
a
rumore
il
casone
.
-
Aprite
,
in
nome
della
legge
!
Si
apre
,
e
io
continuo
il
mio
itinerario
.
Avvicinandomi
all
estremità
del
naviglio
,
le
fucilate
si
fanno
sentire
una
dopo
l
altra
,
come
se
i
soldati
fossero
dietro
qualche
riparo
a
far
fuoco
contro
i
passanti
rimasti
per
la
strada
.
Sull
angolo
di
via
Francesco
Sforza
,
è
un
gruppo
di
gente
,
addossato
alla
bottega
della
farmacia
chiusa
,
che
non
sa
più
da
che
parte
avviarsi
.
Sul
ponte
Vittoria
le
palle
passano
fischiando
e
,
al
dorso
,
dove
incomincia
il
corso
Vittoria
,
è
la
cavalleria
che
scorrazza
inseguendo
chiunque
col
revolver
alla
mano
e
il
grido
:
indietro
,
indietro
!
Una
vecchia
del
gruppo
continua
a
farsi
il
segno
della
croce
.
Giunge
,
trafelata
,
vicino
alla
farmacia
,
una
lavandaia
,
che
abita
in
via
della
Cerva
,
cioè
giù
dal
ponte
,
a
destra
del
Verziere
.
Vuole
assolutamente
rincasare
.
Ha
dei
figli
e
le
preme
di
sapere
dove
siano
i
suoi
figli
.
-
Fanno
fuoco
,
badate
,
Teresa
,
ritornate
indietro
!
Ella
,
la
grandigliona
non
ha
paura
.
Protetta
dal
grembiule
,
che
si
è
tirato
sulla
testa
,
prende
la
rincorsa
e
scompare
,
seguita
dai
pam
!
pam
!
che
vengono
dalla
via
Stella
.
-
Gesumaria
!
gridano
le
donne
dall
altra
parte
.
Dal
naviglio
di
San
Damiano
,
arrivano
al
mio
posto
due
donne
esterrefatte
che
abitano
nel
corso
Lodi
,
fuori
di
Porta
Romana
.
Sono
inquiete
per
le
loro
famiglie
,
e
anche
loro
,
come
la
lavandaia
,
vogliono
passare
attraverso
i
pericoli
,
a
costo
di
perdere
la
vita
.
Cerco
di
far
entrare
nella
loro
testa
che
è
meglio
rivedere
la
famiglia
un
po
più
tardi
che
lasciarsi
ammazzare
.
Spreco
il
fiato
.
Raccolgono
le
vesti
e
passano
di
corsa
il
ponte
.
-
Pam
,
pam
,
pam
!
Passate
incolumi
,
le
persone
addossate
alla
farmacia
si
convincono
che
i
soldati
tirano
in
aria
.
-
Andiamo
,
andiamo
,
che
fanno
per
spaventarci
!
E
il
gruppo
si
scioglie
e
sbuca
sul
ponte
,
come
una
filata
di
fannulloni
,
che
vanno
per
il
sole
a
scaldarsi
.
Una
scarica
di
fucili
li
scompiglia
.
Scappano
in
tutte
le
direzione
.
È
un
fuggi
fuggi
,
un
si
salvi
chi
può
.
Una
ragazza
precipita
a
terra
dallo
spavento
e
completa
la
scena
del
terrore
.
Un
operaio
,
che
la
vede
in
pericolo
,
ritorna
indietro
,
gettandosi
sulle
mani
per
evitare
le
pallottole
.
Raccoglie
la
fanciulla
sul
fianco
e
se
la
trascina
giù
dal
ponte
,
rasentando
la
muraglia
.
Io
mi
rifugio
nell
osteria
di
fianco
.
Vi
si
entra
discendendo
due
gradini
.
Ha
l
aria
d
una
taverna
dei
vecchi
romanzieri
.
È
tetra
,
si
sente
il
soffitto
sulla
testa
,
e
ha
i
tavoli
popolati
di
facce
che
paiono
ditte
di
gente
istupidite
votando
i
bicchieri
.
Sono
invece
persone
che
si
sono
salvate
scappando
«
per
lasciare
passare
la
tempesta
»
.
Nessuno
ha
voglia
di
parlare
.
Ogni
fucilata
si
ripercuote
sul
loro
sistema
nervoso
come
una
bastonata
.
Entra
l
avvocato
Crosti
della
Lombardia
,
Ha
l
aria
di
un
uomo
che
ha
buttato
via
più
di
una
notte
.
I
tumulti
non
gli
hanno
dato
tregua
.
Ci
salutiamo
con
un
semplice
ciao
.
Ci
mettiamo
sul
tavolo
sotto
un
finestrone
a
inferriata
che
guarda
in
via
Stella
.
Assistiamo
per
alcuni
minuti
al
va
e
vieni
di
corsa
degli
uomini
e
delle
donne
in
cerca
di
rifugio
.
Le
fucilate
continuano
alla
spicciolata
,
rimbombano
spesso
sulle
pareti
come
schiaffi
.
Incalzato
dalla
mia
idea
di
voler
assistere
al
combattimento
tra
la
truppa
e
gli
insorti
,
rifaccio
il
naviglio
e
non
svolto
che
in
via
della
Passione
.
L
arteria
è
deserta
.
Le
imposte
sono
chiuse
ermeticamente
.
Non
trovo
che
un
pitocco
sdraiato
sulla
pietra
di
una
cavità
sulla
facciata
di
un
edificio
.
Giungo
dinanzi
alla
chiesa
della
Passione
.
Un
caporale
e
due
soldati
sono
distesi
lungo
l
imboccatura
di
via
Vincenzo
Bellini
.
Al
di
là
è
il
bastione
sotto
il
quale
è
lo
stabilimento
Ricordi
.
Mi
si
ingiunge
di
andarmene
.
Per
il
cielo
è
una
gazzarra
di
spari
.
Filo
per
la
via
Conservatorio
verso
via
Stella
.
È
caduta
una
palla
dalla
parte
opposta
al
mio
marciapiede
.
Non
c
è
un
portone
aperto
.
Non
ho
paura
,
ma
non
sono
tranquillo
.
A
metà
via
,
entra
da
via
Stella
un
signore
bassotto
,
abbottonato
nello
stifelius
,
con
la
faccia
spaventata
,
che
mi
interrompe
il
cammino
con
un
imperativo
brutale
.
-
Indietro
!
Indietro
!
..
-
Chi
siete
?
-
Ve
lo
faccio
sapere
subito
chi
sono
.
Soldati
,
fuoco
!
Discutere
coi
signori
che
vi
possono
scaricare
mezzo
chilogrammo
di
polvere
nello
stomaco
,
è
da
insensati
.
Non
mi
faccio
ripetere
la
ingiunzione
,
e
mogio
mogio
riprendo
la
via
fatta
.
Mi
pare
di
non
avere
più
sangue
nelle
vene
.
A
ogni
passo
mi
aspetto
di
precipitare
fulminato
dai
proiettili
.
Sono
perduto
.
Mi
trovo
in
mezzo
ad
una
rete
di
sentinelle
.
Da
tutte
le
parti
si
grida
:
Indietro
!
Indietro
!
Due
cavalleggeri
irrompono
dalla
via
Monforte
,
con
le
lance
piegate
e
m
inseguono
spronando
i
cavalli
.
-
Via
!
via
!
Indietro
!
Indietro
!
I
proiettili
saltellano
freneticamente
per
le
tegole
dei
tetti
.
Riesco
in
via
..
della
Passione
più
morto
che
vivo
.
Il
cencioso
continua
a
dormire
.
Rieccomi
di
nuovo
sul
ponte
di
San
Damiano
.
Al
palazzo
della
prefettura
c
è
un
andirivieni
che
traduce
il
tumulto
intorno
allo
stato
maggiore
in
margine
al
campo
di
battaglia
.
Il
fuoco
continua
.
Ci
sono
persone
che
si
staccano
e
vengono
alla
nostra
volta
.
Tra
loro
sono
il
signor
Elia
Fumagalli
,
un
ricco
industriale
,
almeno
così
mi
si
dice
,
e
l
ingegnere
Macchi
,
un
proprietario
di
case
al
Foro
Bonaparte
e
un
uomo
assolutamente
d
ordine
.
Tutti
questi
signori
sono
stati
trattenuti
nel
casino
daziario
,
ov
è
il
comandante
,
per
più
d
un
ora
.
Il
loro
racconto
è
sommario
,
ma
rivela
una
pagina
dei
tumulti
che
stanno
scrivendo
le
bocche
del
cannoni
e
dei
fucili
.
Il
signor
Fumagalli
dice
che
passava
dalla
via
Guicciardini
-
la
prima
a
destra
del
corso
Concordia
,
fuori
Porta
Monforte
in
una
vettura
aperta
,
col
procuratore
Enrico
Pirolli
.
Essi
vennero
fatti
discendere
tra
le
undici
e
le
undici
e
un
quarto
,
e
condotti
al
dazio
,
ove
trovarono
l
ingegnere
Macchi
,
arrestato
un
po
prima
di
loro
.
Mentre
erano
nel
casino
daziario
,
il
comandante
era
tutto
in
faccende
a
dare
le
disposizioni
dell
attacco
imminente
.
L
ingegnere
Macchi
,
il
quale
non
sembra
mica
uno
scervellato
,
fece
coraggiosamente
delle
osservazioni
;
come
per
convincere
l
ufficiale
superiore
che
i
rivoltosi
,
se
c
erano
,
dovevano
essere
altrove
.
Lui
,
personalmente
,
non
ne
aveva
veduto
uno
.
Le
osservazioni
dell
ingegnere
erano
fatte
tra
un
complimento
e
una
scusa
perché
il
momento
scottava
e
perché
il
comandante
,
che
aveva
la
sua
cavalleria
che
batteva
la
campagna
,
poteva
essere
in
grado
di
saperne
più
di
un
borghese
.
Fu
così
che
parecchi
di
questi
signori
assistettero
alle
fucilate
fatte
contro
le
persiane
di
alcune
finestre
del
palazzo
a
sinistra
,
quasi
di
faccia
al
casino
daziario
,
che
lambisce
il
bastione
di
Porta
Venezia
.
L
ingegnere
Macchi
aveva
fatto
di
tutto
per
assicurare
i
signori
ufficiali
che
le
loro
informazioni
non
potevano
essere
esatte
,
perché
in
quel
casone
signorile
abitavano
buonissime
famiglie
,
ch
egli
conosceva
personalmente
.
E
,
dicendolo
,
dava
la
sua
parola
d
onore
,
che
non
erano
famiglie
che
si
occupassero
di
dimostrazioni
.
Aggiungeva
anche
che
dietro
le
persiane
agitate
,
contro
le
quali
si
voleva
far
fuoco
,
era
l
abitazione
di
un
ottimo
padre
di
famiglia
,
che
sedeva
tutti
i
giorni
nel
seggiolone
di
giudice
di
tribunale
.
Ma
il
tenente
incaricato
di
ordinare
il
fuoco
non
volle
sentire
ragioni
.
Era
nella
testa
delle
autorità
daziarie
,
della
sicurezza
pubblica
e
militare
,
che
dalle
finestre
del
giudice
di
tribunale
erano
usciti
dei
colpi
di
revolver
e
di
fucile
.
Non
potendo
reggere
allo
strazio
di
vedere
la
truppa
che
tirava
contro
le
finestre
degli
amici
,
l
ingegnere
Macchi
prese
per
un
braccio
il
signor
Fumagalli
,
e
tutti
e
due
rientrarono
nel
casino
daziario
ad
aspettare
che
il
comandante
si
persuadesse
della
loro
innocenza
.
Intanto
che
erano
chiusi
nell
anticamera
dell
ufficio
,
gli
squilli
di
tromba
e
le
cannonate
li
facevano
impallidire
.
I
due
cannoni
che
vomitavano
la
mitraglia
micidiale
erano
appostati
colla
bocca
verso
corso
Concordia
.
Il
secondo
,
a
pochi
passi
dal
marciapiede
sinistro
del
piazzale
Monforte
,
tirava
sul
convento
dei
Cappuccini
.
Dopo
i
due
squilli
,
udirono
quattro
cannonate
:
la
prima
fece
sussultare
i
vetri
del
casino
dove
erano
,
e
l
ultima
diede
a
tutto
l
edificio
uno
scotimento
,
che
fece
traballare
il
suolo
sotto
i
loro
piedi
.
Intanto
che
i
proiettili
imperversavano
per
l
aria
,
nel
casino
daziario
si
diceva
che
gli
studenti
di
Pavia
avevano
fatto
le
fucilate
con
la
truppa
schierata
lungo
i
cancelli
di
Porta
Venezia
.
Si
parlava
di
un
fuoco
disperato
.
Inseguiti
,
si
sarebbero
nascosti
nel
convento
e
nella
chiesa
dei
frati
,
da
dove
vennero
sloggiati
dalla
mitraglia
.
Poi
si
sarebbero
dispersi
per
le
cascine
di
Acquabella
,
lasciando
a
torno
gli
avamposti
in
bicicletta
.
Cessato
il
fuoco
,
l
incaricato
militare
annunciò
a
tutti
che
erano
liberi
di
andarsene
«
perché
di
loro
non
aveva
dubbio
alcuno
»
.
Saputo
che
erano
persone
per
bene
,
il
comandante
li
fece
scortare
fin
dove
cessava
il
pericolo
.
Lieti
di
poter
correre
a
casa
a
tranquillizzare
le
famiglie
,
i
signori
vollero
manifestare
la
loro
gratitudine
ai
soldati
con
un
beveraggio
.
L
ingegnere
Macchi
fu
il
primo
ad
iniziare
il
movimento
con
un
biglietto
da
cinque
o
da
dieci
.
Gli
altri
lo
imitarono
con
dei
biglietti
da
una
o
da
due
lire
.
Il
soldato
che
aveva
ricevuto
il
denaro
,
senza
protestare
,
diede
l
esempio
che
i
soldati
non
si
lasciano
pagare
,
per
nessun
servigio
.
Non
appena
al
primo
cordone
,
li
denunciò
in
massa
all
ufficiale
di
picchetto
,
come
tanti
corruttori
.
Ci
volle
del
bello
e
del
buono
per
farlo
placare
e
fargli
capire
che
loro
,
non
potendo
offrire
alla
scorta
né
bibite
né
bevande
,
avevano
voluto
contribuire
con
qualche
cosa
,
perché
se
le
comprassero
.
Spiegato
l
equivoco
,
il
tenente
li
lasciò
passare
.
L
AMBIENTE
Il
convento
,
destinato
a
signoreggiare
gli
avvenimenti
della
quarta
giornata
,
non
è
«
quasi
nascosto
tra
gli
alti
fabbricati
»
,
,
come
vorrebbe
uno
sciocco
redattore
della
Lega
Lombarda
,
che
riempie
le
colonne
della
«
Milano
durante
i
tumulti
»
di
inesattezze
delittuose
e
di
sentimenti
anti
-
cristiani
.
È
un
edificio
che
in
piazza
Monforte
nessuno
può
evitare
di
vedere
.
Ha
il
fianco
destro
completamente
libero
,
che
margina
il
principio
di
corso
Concordia
e
la
fronte
che
corre
lungo
il
viale
,
che
porta
il
nome
del
centro
ov
è
accampata
la
truppa
.
La
parte
della
cinta
del
cortile
,
dimezzata
dal
cancello
di
ferro
,
è
sul
rialzo
dei
pedoni
,
sotto
il
quale
è
il
binario
del
tram
.
Il
viale
è
largo
e
a
due
binari
,
e
il
convento
ha
di
faccia
il
casone
della
farmacia
,
che
incomincia
il
viale
interrotto
dal
piazzale
,
sul
rialzo
dei
pedoni
,
dalla
parte
opposta
.
L
interno
del
cortile
può
essere
descritto
da
un
ragazzo
.
Dinanzi
il
cancello
è
la
chiesuola
del
Sacro
Cuore
con
il
suo
pronao
rustico
,
sotto
cui
seggono
tutti
i
giorni
i
poveri
che
mangiano
la
minestra
distribuita
dai
frati
.
A
destra
è
la
muraglia
addosso
alla
quale
i
pitocchi
si
appoggiano
o
si
distendono
a
mezzodì
,
col
cucchiaio
di
legno
nella
mano
sul
ventre
che
borbotta
.
Nell
angolo
è
l
entrata
al
convento
propriamente
detto
.
Tra
il
limitare
e
la
postierla
è
un
andito
piuttosto
buio
con
lo
sportello
a
sinistra
,
dal
quale
sbuca
la
testa
simpatica
del
frate
Melitone
che
scodella
la
minestra
e
aggiunge
,
per
i
più
affamati
,
fette
di
polenta
e
tozzi
di
pane
.
All
altro
fianco
del
cortile
è
un
portone
che
non
si
apre
che
quando
la
frateria
riceve
i
carri
carichi
di
legna
o
di
fieno
o
di
paglia
o
di
farina
o
di
pasta
.
Dall
angolo
di
questo
portone
della
muraglia
parallela
all
altra
sono
due
abitazioni
:
quella
del
coronaio
e
quella
del
signor
Roveda
,
un
vecchietto
di
70
e
più
anni
,
che
passa
la
vecchiaia
giocondata
dalla
presenza
della
moglie
e
di
cinque
figli
.
È
una
famiglia
della
quale
tutti
vi
parlano
bene
.
Il
coronaio
è
un
uomo
alto
e
brutto
.
Ha
il
naso
grosso
e
gualcito
degli
ubriaconi
.
Al
momento
dell
invasione
militare
,
egli
era
in
casa
con
le
convulsioni
.
Le
palle
percotevano
fragorosamente
le
sue
gelosie
e
il
suo
uscio
d
entrata
.
Di
sopra
,
sua
sorella
,
gravemente
ammalata
,
piangeva
dirottamente
dalla
paura
.
Calci
del
fucile
gli
fecero
aprire
.
-
In
ginocchio
!
-
gli
gridò
l
ufficiale
piantandogli
in
faccia
la
bocca
della
rivoltella
.
E
il
povero
coronaio
,
con
la
pelle
lividastra
,
si
lasciò
andare
sulle
ginocchia
colle
mani
giunte
.
-
Dove
sono
i
rivoltosi
?
-
Non
lo
so
,
signor
tenente
.
E
il
tenente
lo
fece
arrestare
.
Il
capo
dei
mendicanti
è
il
Cerina
,
un
tipo
che
io
ho
dovuto
studiare
più
di
una
volta
nella
mia
Milano
sconosciuta
e
Milano
moderna
.
È
un
ex
-
librivendolo
disgustato
della
vita
ladra
che
lo
obbliga
,
a
70
anni
e
impotente
,
a
dormire
sotto
un
cielo
indiavolato
,
o
sui
gradini
delle
chiese
,
o
in
fondo
agli
angiporti
,
o
con
le
spalle
al
pilastro
d
un
arcata
qualunque
,
nelle
notti
ch
egli
chiama
polari
.
Pare
un
Aronne
.
La
sua
barba
,
folta
e
fluente
,
gli
tiene
caldo
lo
stomaco
,
e
la
sua
capigliatura
,
che
ingrigia
adagio
adagio
,
documenta
la
sua
discesa
nell
inferno
sociale
.
Il
suo
sogno
è
di
rialzarsi
con
una
bracciata
di
libri
vecchi
o
arcivecchi
.
Mi
diceva
l
altro
giorno
che
,
se
non
gli
avessero
arrestato
il
suo
amico
Carlo
Romussi
,
direttore
del
Secolo
,
a
quest
ora
la
sua
fortuna
sarebbe
fatta
.
Prima
dell
arresto
gli
aveva
promesso
una
carriolata
di
classici
della
biblioteca
Sonzogno
.
La
sua
predilezione
per
i
frati
del
convento
del
viale
Monforte
è
spiegabilissima
.
In
mezzo
alla
pitoccaglia
,
egli
è
ancora
qualche
cosa
.
A
mezzogiorno
il
buon
Cerina
diventa
una
specie
di
caporale
di
un
pelottone
di
pezzenti
.
Separa
gli
spiantati
dalle
spiantate
,
mette
in
fila
gli
uni
e
le
altre
e
lascia
prendere
a
ciascuno
di
loro
una
scodella
di
minestra
fumante
.
«
Non
faccio
per
dire
ma
è
minestra
di
brodo
che
sente
della
pestata
di
lardo
.
A
me
piace
e
piace
anche
ai
miei
colleghi
»
..
Il
portinaio
è
frate
Daniele
.
Un
uomo
alto
e
ossuto
,
con
gli
occhiacci
della
gente
che
porta
nel
petto
il
male
crudele
che
manda
sollecitamente
all
altro
mondo
.
È
stato
parecchi
anni
al
Chilì
,
ove
prese
una
febbriciattola
che
lo
tormenta
ancora
.
Il
suo
italiano
ha
molto
del
bergamasco
.
È
di
una
intelligenza
più
che
comune
.
Non
posso
mettere
in
dubbio
la
sua
vocazione
religiosa
,
perché
indossa
la
tonaca
da
una
filata
d
anni
.
Ma
non
sono
sicuro
ch
egli
sia
capace
di
capire
quello
che
legge
,
se
pure
legge
.
Coi
poverelli
è
di
una
bontà
femminile
.
Fino
a
caldaia
vuota
non
nega
mai
una
scodellata
di
minestra
a
chi
gli
riporge
la
ciotola
per
saziarsi
.
I
mangiatori
di
minestra
appartengono
ai
due
sessi
.
Le
donne
sono
malvestite
,
stracciate
,
piene
di
pezze
,
coi
piedi
negli
zoccoli
che
piegano
sui
sassi
.
La
loro
faccia
riassume
un
secolo
di
patimenti
.
Talune
entrano
dinoccolate
,
coi
bimbi
sulle
braccia
,
che
paiono
sacchetti
di
carne
morta
,
o
coi
piccini
a
mano
,
che
strascinano
dietro
come
il
bastone
gli
sfaccendati
.
I
bimbi
,
abituati
ai
pasti
irregolari
e
a
tutte
le
sofferenze
degli
adulti
,
hanno
perso
il
vezzo
di
piangere
.
Sono
piccini
,
stracchi
,
stremati
,
spolpati
,
anemici
,
biancastri
,
che
fanno
andar
via
la
voglia
di
vederli
.
Sono
sporchi
,
puzzolenti
con
la
mucidaglia
assecchita
sotto
i
nasucci
pavonazzi
,
con
gli
occhi
incatramati
di
secrezioni
,
con
le
manine
vischiose
,
coi
pannolini
a
sbrendoli
,
che
penzolano
pieni
di
cacherie
.
Le
madri
non
sono
vecchie
.
Sembrano
donne
state
sorprese
sullo
stradone
dalla
bufera
,
che
ha
loro
portato
via
la
fioritura
dalle
guance
.
Non
hanno
più
nulla
.
Sono
volti
scarni
,
mammelle
vuote
,
fianchi
sfiancati
.
Il
loro
occhio
smarrito
traduce
la
fame
.
Gli
straccioni
sono
vecchi
e
giovani
.
C
è
chi
ha
il
piede
nella
fossa
e
chi
lo
ha
appena
alla
soglia
della
vita
.
Indossano
abiti
frustati
da
tre
o
quattro
generazioni
.
Giacchettoni
scuciti
,
chiazzati
di
untume
,
coi
baveri
impegolati
dal
sudiciume
delle
zazzere
.
Cappelli
stinti
,
sforacchiati
,
con
la
tesa
staccata
giù
per
la
nuca
o
per
l
orecchio
.
Calzoni
consumati
,
che
perdono
il
sedere
,
che
mostrano
le
ginocchia
,
che
lasciano
vedere
i
malleoli
impaltati
.
Qualcuno
sembra
un
viandante
che
abbia
sospeso
il
cammino
per
ristorarsi
lo
stomaco
.
Porta
appeso
alla
schiena
il
parapioggia
di
cotone
mezzo
marcio
,
colle
bacchette
che
scappano
fuori
da
tutte
le
parti
,
e
qualche
altro
scalcagnato
tiene
sotto
il
braccio
il
fagotto
dei
propri
cenci
.
A
scarpe
stanno
tutti
male
.
Sono
sfondate
,
slabbrate
,
piene
di
buchi
e
di
cicatrici
.
I
loro
padroni
vanno
via
lemme
lemme
,
come
se
avessero
i
piedi
piagati
o
le
dita
suggellate
di
calli
scellerati
.
Passata
la
postierla
vi
trovate
sotto
i
portici
che
inquadrano
il
primo
giardino
.
La
floricoltura
non
deve
essere
spasso
dei
frati
scalzi
,
perché
non
si
vedono
che
alberelle
morenti
o
tisiche
,
o
campanule
rosse
come
nei
prati
.
Lungo
il
portico
,
a
sinistra
,
è
l
entrata
dei
cappuccini
nella
chiesa
.
Al
di
là
è
un
altro
«
giardino
»
,
incorniciato
da
portici
identici
a
quelli
del
primo
.
È
un
po
più
rifiorito
dell
altro
ed
è
riservato
ai
soli
«
padri
»
e
agli
«
studenti
»
.
Sotto
i
portici
sono
la
«
scuola
di
eloquenza
»
e
il
«
refettorio
»
.
Gli
studenti
non
superano
la
dozzina
.
Non
so
che
cosa
imparino
,
perché
,
interrogandoli
,
mi
salutarono
e
non
mi
risposero
.
Avranno
forse
qualche
regola
speciale
,
che
non
permette
loro
di
parlare
coi
civili
!
...
Appena
ritornati
dalla
prigionia
,
vi
sembravano
tanti
smemorati
che
avessero
dimenticato
tutto
in
una
notte
,
o
individui
cresciuti
in
un
isolotto
disabitato
e
senza
comunicazioni
col
mondo
.
Le
pareti
dei
portici
del
primo
e
del
secondo
giardino
,
sono
illustrate
da
oleografie
che
rappresentano
tutte
le
tradizioni
dei
...
padri
...
che
li
precedettero
.
Sono
orribili
frati
del
500
!
con
la
palma
in
mano
,
con
la
bocca
aperta
,
con
le
braccia
slargate
,
dinanzi
le
apparizioni
di
dio
e
della
madonna
o
di
qualche
altro
demonio
santificato
.
Alcuni
volano
,
altri
sono
coi
piedi
nell
aria
e
con
le
mani
che
stanno
per
aggrapparsi
alla
nuvolaglia
celeste
.
Sono
tutti
frati
inebriati
,
estasiati
,
imparadisati
.
Le
biografie
sotto
le
illustrazioni
,
fanno
scompisciare
dalle
risa
anche
le
persone
che
vogliono
essere
serie
ad
ogni
costo
..
Il
caporale
maggiore
,
che
dall
alto
del
carretto
ha
scambiato
i
cenciosi
per
una
banda
di
ribelli
,
ha
pure
sentito
un
colpo
di
fucile
,
che
gli
parve
uscito
dalla
folla
del
cortile
.
Fu
forse
questa
esplosione
che
lo
fece
saltare
in
terra
terrorizzato
.
Il
testimonio
che
non
vuole
essere
riconosciuto
,
mi
raccontò
l
assalto
al
convento
senza
fremere
e
senza
una
parola
di
biasimo
o
di
lode
per
alcuno
.
-
Dopo
le
comunicazioni
del
caporale
maggiore
,
la
truppa
circondò
il
convento
e
incominciò
un
fuoco
di
colpi
secchi
e
insistenti
.
Gli
inquilini
delle
case
,
che
udivano
lo
strepito
delle
palle
,
credevano
che
i
soldati
stessero
contendendo
il
terreno
ai
rivoltosi
,
comandati
,
come
dicevano
alcuni
,
dal
Pirolini
repubblicano
.
Siccome
non
compariva
nessuno
,
aumentarono
le
scariche
.
Dietro
le
griglie
della
mia
casa
,
non
vedevo
che
fumo
e
non
sentivo
che
un
pam
!
pam
!
che
infuriava
e
una
gragnuola
di
proiettili
che
penetrava
negli
edifici
,
frantumava
i
vetri
,
faceva
cadere
tegole
o
portava
via
tocchi
di
grondaie
.
Le
palle
si
rovesciavano
sul
convento
a
centinaia
per
volta
,
con
un
accanimento
che
gelava
il
sangue
.
Tutti
poi
,
dalle
case
vicine
,
credevano
a
una
resistenza
inaudita
e
pensavano
alla
strage
.
Alle
fucilate
si
aggiunse
il
cannone
.
Buum
!
Buuummm
!
-
Lo
spavento
delle
famiglie
fa
venir
su
la
pelle
d
oca
anche
adesso
.
Non
abituate
a
trovarsi
così
vicine
ai
combattimenti
di
uomini
contro
uomini
,
le
donne
gridavano
,
si
stringevano
al
petto
i
figli
e
si
nascondevano
,
dove
l
entrata
dei
proiettili
era
meno
probabile
.
-
Buumm
!
Buuuummmm
!
-
Le
cannonate
si
prolungavano
nell
aria
e
diffondevano
il
terrore
.
Furono
per
me
,
e
credo
per
tutti
,
momenti
crudeli
.
Mi
aspettavo
una
scarica
di
cannone
nel
salotto
,
ove
mi
trovavo
,
di
minuto
in
minuto
.
Deploravo
di
non
aver
mandato
la
moglie
e
i
figli
altrove
.
Ma
poi
dicevo
che
non
ne
avevo
colpa
.
La
muraglia
venne
sfondata
in
due
minuti
.
Il
cannone
aveva
fatto
una
larga
breccia
,
nella
prima
muraglia
vicino
al
pilastro
del
cancello
,
dalla
quale
potevano
passare
tre
uomini
assieme
.
I
soldati
entrarono
nel
cortile
a
baionetta
in
canna
al
grido
di
:
vittoria
!
vittoria
!
Non
vi
trovarono
che
gli
ultimi
poveri
che
fuggivano
,
dopo
aver
aiutato
a
spalancare
la
postierla
,
e
tre
cadaveri
.
Il
primo
,
mi
disse
il
Cerina
,
che
era
presente
,
venne
ucciso
mentre
metteva
in
bocca
l
ultima
cucchiaiata
di
pasta
.
Era
addossato
al
muro
vicino
al
pisciatoio
e
cadde
in
terra
morto
con
la
tazzina
in
mano
.
Il
secondo
credevano
che
fosse
diventato
matto
.
Prese
la
rincorsa
,
fece
quattro
o
cinque
passi
verso
il
centro
del
cortile
e
precipitò
supino
come
un
sacco
di
stracci
.
Egli
era
morto
come
l
altro
.
Il
terzo
irrigidiva
sotto
il
portico
della
chiesa
,
stiracchiandosi
con
dei
moti
convulsi
.
Un
altro
mendicante
era
stato
colpito
durante
le
prime
fucilate
a
pochi
passi
dal
cancello
,
evidentemente
in
cammino
per
entrare
a
mangiare
la
minestra
.
I
tre
del
cortile
erano
vecchiotti
.
La
loro
esistenza
era
forse
inutile
!
Dio
li
abbia
in
gloria
!
-
Il
cancello
era
aperto
o
chiuso
?
-
Chiuso
.
La
chiave
era
nella
mia
tasca
.
Dal
principio
dei
tumulti
,
i
frati
avevano
creduto
che
le
precauzioni
non
fossero
mai
troppe
.
-
Cerina
-
mi
dissero
-
voi
conoscete
quasi
tutta
la
«
nostra
famiglia
»
che
viene
a
mangiare
a
mezzogiorno
.
Non
aprite
che
ai
nostri
amici
.
-
Avreste
aperto
anche
ai
soldati
,
suppongo
,
se
ve
lo
avessero
ordinato
.
-
Subito
.
Non
avrebbero
avuto
da
dirmi
che
questo
:
«Aprite.!»
perché
il
cancello
venisse
loro
spalancato
.
IL
MENDICANTE
CERINA
RACCONTA
LA
SCENA
SPAVENTOSA
Luigi
Cerina
,
con
la
sua
deposizione
alla
buona
,
c
introduce
nell
intimità
del
dramma
.
«
Le
turbolenze
dei
primi
due
giorni
mi
avevano
insegnato
un
po
di
prudenza
.
Dopo
la
sollevazione
di
Porta
Ticinese
,
consigliai
i
frati
a
sospendere
la
distribuzione
della
minestra
.
Dicevo
loro
che
la
ragazzaglia
avrebbe
potuto
mischiarsi
coi
mendicanti
e
far
nascere
qualche
cosa
di
grosso
nel
convento
.
I
frati
,
buoni
,
isolati
dagli
avvenimenti
,
pensavano
più
allo
stomaco
dei
loro
ospiti
che
alla
perturbazione
cittadina
.
Essi
si
credevano
lontani
mille
miglia
dalle
operazioni
militari
.
Così
non
furono
del
mio
parere
,
e
bisogna
convenire
che
non
avevano
tutti
i
torti
.
Chiudere
il
cancello
ai
mangiaminestra
era
facile
,
ma
dove
avrebbero
trovato
da
mangiare
tutti
questi
poveri
cristi
la
cui
esistenza
era
basata
sulla
tazzina
calda
che
dava
loro
il
convento
?
Sospendendo
la
distribuzione
,
avevano
poi
paura
di
venire
biasimati
e
di
contribuire
,
senza
volerlo
,
a
dare
il
combustibile
alle
barricate
.
I
cenciosi
,
la
cui
maggioranza
era
composta
di
giovani
,
avrebbero
potuto
fare
del
baccano
e
abbandonarsi
cogli
altri
al
malfare
.
Questo
solo
pensiero
dava
loro
i
brividi
.
A
ogni
modo
mi
dissero
:
Voi
,
Cerina
,
che
li
conoscete
tutti
,
resterete
al
convento
.
E
,
dicendomelo
,
mi
affidavano
le
chiavi
del
cancello
d
entrata
,
coll
ingiunzione
di
non
far
entrare
che
forestieri
e
pitocchi
.
I
forestieri
sono
i
frati
che
passano
da
Milano
e
sostano
al
convento
una
notte
o
due
prima
di
riprendere
il
viaggio
.
«
Vi
ho
detto
dei
tre
morti
nel
cortile
.
La
confusione
di
quel
momento
non
era
poco
e
posso
avere
straveduto
.
Ma
,
se
i
miei
occhi
non
mi
hanno
tradito
,
potete
dire
che
le
prime
duecento
o
trecento
fucilate
hanno
fatto
,
nell
interno
tre
vittime
.
Il
terzo
mendicante
venne
raggiunto
non
so
dove
da
una
palla
,
mentre
finiva
di
vuotare
la
ciotola
sotto
il
piccolo
portico
della
chiesuola
.
Egli
mangiava
seduto
sulle
calcagna
.
Rovesciato
,
supino
,
si
agitava
,
come
se
avesse
avuto
le
convulsioni
.
Può
darsi
che
non
fosse
che
ferito
.
Era
vecchio
,
bassotto
,
sciancato
.
Alloggiava
presso
qualcuno
in
via
Stella
.
Non
l
ho
più
veduto
in
nessuna
parte
.
«
I
pitocchi
,
presi
dal
panico
,
si
erano
pigiati
nell
andito
e
calcati
uno
sull
altro
lungo
l
entrata
del
convento
.
Tutti
assieme
facevano
compassione
.
I
proiettili
cadevano
da
ogni
parte
e
noi
non
avevamo
per
coprirci
che
le
nostre
mani
e
per
proteggerci
che
le
nostre
preghiere
.
Le
donne
coi
bimbi
piangevano
e
nascondevano
la
testa
delle
loro
creature
con
le
braccia
.
Gli
uomini
cercavano
di
ficcare
la
faccia
tra
le
spalle
degli
altri
.
«
Con
lo
spavento
,
la
lotta
per
la
conservazione
della
propria
esistenza
era
diventata
generale
ed
accanita
.
Ciascuno
di
noi
cercava
di
mettersi
più
al
sicuro
che
poteva
,
spingendosi
innanzi
,
magari
brutalmente
,
facendosi
largo
coi
pugni
chiusi
,
risospingendo
i
più
audaci
che
prendevano
gli
uomini
e
le
donne
per
le
spalle
per
aprirsi
la
via
verso
la
postierla
.
«
La
scarica
,
che
ci
fece
sussultare
sul
suolo
,
finì
per
incalzarci
tutti
a
cercare
un
rifugio
al
di
là
dell
assito
.
Si
gridava
come
disperati
.
-
Oh
,
Signore
!
Oh
,
Madonna
!
salvateci
!
salvateci
!
-
Ci
ammazzano
!
salvate
i
poveri
diavoli
che
non
hanno
fatto
niente
di
male
!
«
E
un
altra
scarica
,
che
mi
parve
una
cannonata
,
ci
fece
perdere
la
bussola
.
Infuriati
dal
parossismo
,
non
ci
furono
più
riguardi
nè
per
un
sesso
nè
per
l
altro
.
Si
spingeva
e
si
calcava
come
si
poteva
.
La
postierla
subiva
le
ondate
impetuose
senza
cedere
.
Allora
diventammo
tutti
pazzi
.
-
Aprite
!
Aprite
!
-
Oh
,
Dio
,
si
muore
!
«
E
in
un
momento
supremo
,
come
se
tutte
le
forze
riunite
si
fossero
rovesciate
verso
un
punto
,
le
lastre
di
ferro
dei
catenacci
che
ci
precludevano
la
via
del
rifugio
si
staccarono
quasi
fossero
state
di
pasta
frolla
,
e
l
uscio
della
postierla
andò
al
suolo
con
un
fracasso
che
fece
scappare
gli
ultimi
frati
in
coro
.
«
L
invasione
fu
un
attimo
indescrivibile
.
Si
fuggiva
come
quando
si
è
inseguiti
dall
acqua
straripata
dal
fiume
.
A
gambe
levate
,
senza
pensare
ai
caduti
,
senza
voltarci
indietro
,
infilando
la
scala
che
sale
o
discende
,
svoltando
a
destra
o
a
sinistra
,
tappandoci
in
una
latrina
,
in
una
cella
rimasta
aperta
,
nascondendoci
nel
solaio
,
nella
paglia
della
stalla
,
o
buttandoci
attraverso
le
fascine
della
legnaia
nel
cortile
del
fabbricato
rustico
.
Tutto
era
buono
per
salvarci
.
Un
buco
,
una
tana
,
un
sottoscala
,
un
armadio
o
il
porcile
.
«
Il
rimbombo
delle
cannonate
entrava
nel
monastero
come
una
sciagura
cittadina
,
che
rincupiva
per
il
porticato
e
si
schiantava
sull
alto
della
muraglia
in
fondo
,
come
un
immenso
piatto
di
rame
che
andava
in
frantumi
.
«
Ero
riuscito
ad
accovacciarmi
sull
ultimo
scalino
della
cantina
,
ove
trovai
due
frati
laici
che
tremavano
come
foglie
.
Dopo
di
me
discesero
due
altri
mendicanti
.
Nessuno
di
noi
fiatava
.
Il
cannone
pareva
che
avesse
cessato
.
Non
si
sentivano
più
che
fucilate
che
rumoreggiavano
in
varie
direzioni
.
Un
minuto
dopo
udivamo
i
soldati
che
sacramentavano
per
i
portici
,
dicendo
parole
che
la
mia
bocca
educata
non
può
ripetere
.
Confesso
che
il
minuto
ci
parve
un
secolo
.
Avevamo
paura
che
i
fucili
ci
ammazzassero
giù
al
buio
come
tanti
conigli
.
Eravamo
così
appiattati
l
uno
addosso
all
altro
,
quando
una
voce
dall
alto
della
scala
ci
gelò
il
sangue
nelle
vene
.
-
Arrendetevi
!
Arrendetevi
!
«
Con
la
voce
si
faceva
sentire
una
spada
sguainata
che
percoteva
il
muro
.
-
Arrendetevi
!
«
Era
un
capitano
che
discendeva
,
accompagnato
da
parecchi
soldati
che
avevano
il
fucile
con
la
baionetta
inastata
.
-
Arrendetevi
!
«
Mi
feci
coraggio
e
risposi
:
-
Cosa
vuole
che
«
rendiamo
»
,
,
signor
capitano
?
Semm
tutt
poveritt
.
«
Il
capitano
mi
prese
per
un
braccio
e
mi
trascinò
su
per
la
scala
,
buttandomi
in
mezzo
agli
altri
già
stati
radunati
sotto
il
portico
in
mezzo
a
un
nugolo
di
soldati
.
«
Intanto
soldati
e
superiori
frugavano
il
convento
dal
soffitto
alla
base
.
Snidavano
quelli
che
erano
riusciti
a
trovare
un
nascondiglio
e
cercavano
le
armi
.
Noi
eravamo
stati
palpeggiati
fino
ai
capelli
,
e
per
fortuna
nessuno
di
noi
aveva
in
saccoccia
un
coltello
.
«
A
intervalli
di
minuti
,
alcuni
soldati
venivano
con
qualche
frate
o
qualche
pidocchioso
che
avevano
scovato
in
una
parte
recondita
dell
edificio
.
«
Una
volta
che
fummo
tutti
sotto
il
portico
,
ci
si
ordinò
di
andare
in
Chiesa
.
I
frati
laici
erano
dietro
i
padri
.
Noi
eravamo
in
coda
a
tutti
.
«
Colui
che
aveva
dato
il
comando
era
un
ufficiale
più
che
energico
.
La
sua
voce
faceva
accapponare
la
pelle
e
le
sue
parole
passavano
nelle
orecchie
come
potenti
schiaffi
.
«
Entrando
in
chiesa
,
sentii
uno
sparo
di
fucile
.
Mi
pare
che
venisse
dalla
stanza
attigua
al
coro
.
Lo
hanno
udito
anche
quelli
vicino
a
me
.
Ma
,
come
ho
detto
,
nessuno
di
noi
aveva
la
testa
a
segno
.
Eravamo
terrorizzati
e
potevamo
benissimo
scambiare
una
fucilata
per
una
cannonata
.
«
Entrammo
in
coro
come
gente
che
va
al
patibolo
.
Chi
piangeva
dirottamente
,
chi
singhiozzava
in
un
modo
da
rompere
il
cuore
,
chi
raccomandava
l
anima
a
Dio
e
chi
mormorava
preci
con
le
mani
giunte
o
coi
polsi
incrociati
e
le
mani
piatte
sul
petto
.
Le
donne
tenevano
fra
le
braccia
i
bimbi
come
una
preghiera
.
«
I
soldati
erano
sfilati
dinanzi
a
questo
esercito
di
piangenti
col
fucile
a
baionetta
in
canna
puntato
verso
il
loro
petto
.
Ciascuno
di
noi
aveva
paura
che
un
grido
,
un
gesto
facesse
prorompere
tutte
quelle
bocche
di
fuoco
in
una
volta
sola
.
Io
sono
un
povero
infelice
senza
colori
sulla
tavolozza
.
Ma
forse
anche
coloro
che
l
hanno
più
ricca
della
mia
riusciranno
difficilmente
a
tradurre
in
poche
parole
lo
stato
dell
animo
nostro
in
quei
minuti
di
trepidazione
angosciosa
.
«
Pare
che
nella
mente
dell
ufficiale
fosse
l
idea
di
farci
fucilare
in
massa
.
Ci
credeva
rivoltosi
,
finti
mendicanti
,
falsi
frati
tutti
truccati
per
la
rivoluzione
.
Parecchi
della
comitiva
erano
sulle
ginocchia
e
pregavano
con
la
sollecitudine
della
gente
che
non
ha
tempo
da
perdere
o
si
sente
la
morte
alla
schiena
.
Alle
madri
si
riempivano
gli
occhi
.
C
era
una
donna
che
aveva
due
piccini
attaccati
alle
vesti
,
che
piangevano
,
e
un
altro
al
seno
che
strillava
.
E
c
era
pure
un
padre
che
aveva
tre
figli
.
Era
un
uomo
che
si
era
ammalato
ed
era
caduto
nell
ultima
miseria
.
«
L
ansia
era
stata
protratta
fino
allo
svenimento
.
Alcuni
dinanzi
le
baionette
cominciarono
a
sentirsi
male
.
-
Fermi
!
Fermi
!
«
Fu
il
nostro
salvatore
.
Era
un
tenente
...
sul
grado
posso
anche
sbagliarmi
.
Era
un
tenente
di
fanteria
che
entrava
col
revolver
in
mano
.
-
Capitano
!
Che
cosa
fa
!
non
vede
che
sono
tutti
poveri
?
«
La
voce
del
tenente
rianimò
tutti
,
e
tutti
si
misero
a
dire
m
coro
:
-
Grazia
,
grazia
,
scior
tenente
,
che
alcuni
chiamavan
maggiore
!
Dio
lo
benedica
!
Dio
gliene
renda
merito
!
Che
Dio
el
ghe
daga
del
ben
!
«
E
,
se
avessimo
potuto
,
ci
saremmo
prostrati
ai
suoi
piedi
e
gli
avremmo
baciate
le
scarpe
.
«
Senza
di
lui
saremmo
tutti
morti
.
Cinque
minuti
più
tardi
e
il
coro
sarebbe
stato
uno
stanzone
di
cadaveri
.
Nelle
mie
preghiere
non
dimenticherò
mai
il
mio
salvatore
.
«
Circondati
dai
soldati
uscimmo
tutti
e
ci
avviammo
alla
prefettura
di
via
Monforte
,
pallidi
e
invecchiati
di
dieci
anni
»
.
«
Scusi
,
mi
son
dimenticato
di
dirle
che
a
mezzogiorno
in
punto
ho
aperto
il
cancello
del
cortile
del
convento
a
tre
negozianti
che
mi
scongiuravano
.
-
Oh
signor
,
ch
el
ne
salva
che
fan
i
sciupettad
!
«
Apersi
loro
e
vennero
arrestati
con
tutti
gli
altri
.
L
arresto
è
stato
per
loro
un
fastidio
.
Ma
senza
di
me
a
quest
ora
sarebbero
al
cimitero
di
Musocco
»
..
LE
RIVELAZIONI
DI
PADRE
ISAIA
Io
ero
dinanzi
la
cinta
del
viale
Monforte
,
e
dicevo
,
tra
me
e
me
,
che
era
proprio
un
peccato
che
scomparisse
una
muraglia
storica
.
Se
fossi
ricco
,
mi
andavo
ripetendo
,
la
comprerei
e
la
regalerei
a
un
museo
che
avesse
per
compito
di
conservare
i
monumenti
che
rappresentano
una
pagina
della
vita
pubblica
.
Con
queste
idee
,
mi
trovai
alla
postierla
del
convento
,
col
cordone
del
campanello
in
mano
,
determinato
a
lamentarmi
col
padre
Isaia
,
un
sacerdote
cappuccino
che
avevo
intervistato
più
di
una
volta
.
Il
frate
portinaio
non
è
più
quello
.
Egli
è
stato
cambiato
subito
dopo
le
giornate
di
maggio
,
perché
il
povero
Daniele
è
ancora
ammalato
di
paura
.
Mentre
si
facevano
le
fucilate
,
il
poveraccio
era
nella
stanza
contigua
all
entrata
a
scodellare
la
minestra
ai
poveri
,
come
tutti
gli
altri
giorni
.
Quello
d
oggi
non
è
così
alto
,
ma
non
è
meno
gentile
dell
altro
.
Tutte
le
volte
che
mi
vede
sorride
,
e
va
difilato
ad
annunciarmi
a
qualche
padre
.
-
Ho
bisogno
di
parlare
col
padre
Isaia
.
-
Vado
di
sopra
a
vedere
,
ma
credo
che
sia
in
coro
.
Il
padre
discese
con
un
giornale
religioso
in
mano
che
si
era
occupato
di
un
mio
articolo
:
era
l
Unità
Cattolica
.
-
Perché
non
me
li
mandate
mai
questi
vostri
articoli
?
mi
disse
egli
,
tendendomi
le
due
mani
,
col
trasporto
d
un
amicizia
sentita
.
Lo
fotografo
con
due
colpi
di
lapis
,
mentre
diamo
una
capatina
in
coro
.
È
tutt
assieme
una
figura
simpatica
e
vigorosa
.
La
sua
faccia
,
larga
e
massiccia
,
è
spruzzata
dalla
lucentezza
degli
occhioni
,
che
traducono
la
bonarietà
e
la
salute
.
Sull
altura
della
callotta
che
pare
appesa
alla
nuca
,
è
accoccolato
un
ciuffetto
di
capelli
abbaruffati
,
il
quale
documenta
che
è
ancora
in
lui
la
fierezza
del
cittadino
.
Le
sue
orecchie
alte
,
coi
padiglioni
larghi
e
ammantati
di
rosso
come
i
lobi
,
rivelano
l
uomo
che
si
tuffa
con
piacere
nell
acqua
lustrale
.
La
sua
barba
fluente
è
una
ditta
fratesca
.
È
una
distesa
di
peli
morbidi
filettata
di
qualche
capello
che
ingrigia
ai
margini
delle
due
punte
.
Usciti
dal
coro
girammo
per
il
porticato
e
infilammo
la
scala
che
conduce
alla
sua
cella
.
-
È
vero
,
padre
,
che
avete
venduto
il
terreno
sul
quale
è
la
muraglia
con
la
breccia
tappata
?
-
È
vero
che
abbiamo
venduto
del
terreno
per
fabbricare
un
altro
convento
fuori
di
Porta
Magenta
,
alla
Maddalena
Grande
.
Ma
quasi
tutta
la
facciata
lungo
il
viale
è
rimasta
nostra
.
La
breccia
rimane
tale
e
quale
.
Una
chiazza
bianca
coperta
del
lastrone
di
metallo
per
gli
avvisi
sacri
.
La
breccia
era
rasente
il
pilastro
destro
della
cancellata
.
Giungendo
al
piano
superiore
,
incontrammo
tre
frati
,
i
quali
si
prostrano
ai
piedi
del
padre
Isaia
con
un
abbandono
supplichevole
,
curvando
la
testa
fin
quasi
a
terra
e
non
alzandosi
che
dopo
avergli
baciato
la
mano
con
effusione
.
Capii
ch
egli
era
il
padre
vicario
.
La
cella
di
ogni
padre
ha
un
motto
stampato
su
una
striscia
di
cartone
inchiodata
all
uscio
.
Quello
del
padre
vicario
è
questo
:
Si
omni
anno
unum
vitium
extirparemus
,
cis
viri
perfecti
efficiemur
:
se
ogni
anno
estirperemo
un
vizio
,
diventeremo
,
quaggiù
,
uomini
perfetti
.
La
cella
numero
3
del
padre
Isaia
-
come
quella
di
tutti
gli
altri
inquilini
del
convento
-
non
ha
spazio
che
per
una
persona
.
Si
entra
uno
dietro
l
altro
.
La
finestra
che
dà
sull
ortaglia
è
in
faccia
all
uscio
.
A
sinistra
,
è
un
lettuccio
di
acero
con
un
semplice
pagliericcio
poco
soffice
,
nascosto
sotto
una
coperta
di
lana
colorata
.
Ai
piedi
del
letto
,
è
un
inginocchiatoio
,
con
lo
schienale
sormontato
da
un
asse
lucida
e
giallognola
come
il
resto
che
serve
da
leggio
o
da
tavolo
di
lavoro
.
A
destra
è
un
piccolo
scaffale
,
pieno
di
libri
religiosi
,
agganciato
alla
parete
.
Intanto
che
il
padre
Isaia
sfogliava
il
libro
che
gli
avevano
portato
,
io
pensavo
alle
due
baionettate
che
aveva
ricevuto
senza
punto
accorgersene
.
Non
era
uno
smemorato
,
non
aveva
perduto
la
conoscenza
né
prima
né
dopo
l
avvenimento
;
era
rimasto
calmo
anche
quando
era
stato
adagiato
nel
letto
dell
Ospedale
Maggiore
,
e
tuttavia
non
sapeva
spiegarsi
come
le
baionette
gli
fossero
entrate
nelle
carni
e
lo
avessero
inondato
di
sangue
.
-
Proprio
,
padre
vicario
,
non
avete
sentito
né
dolore
,
né
il
freddo
dell
acciaio
che
penetrava
nel
corpo
?
-
Non
ho
sentito
nulla
,
proprio
nulla
.
Mi
sono
sentito
spossato
solo
vicino
alla
breccia
.
Là
,
dinanzi
al
muro
squarciato
,
incominciai
a
respirare
affannosamente
.
Pareva
che
avessi
sullo
stomaco
una
specie
di
oppressione
.
Non
appena
mi
trovai
sotto
l
atrio
del
palazzo
prefettizio
,
domandai
da
bere
,
perché
mi
sentivo
la
gola
che
bruciava
,
e
una
sedia
perché
non
potevo
stare
più
in
piedi
.
Dovevo
essere
pallido
come
un
morto
perché
parecchi
mi
domandavano
se
mi
sentivo
male
.
Io
rispondevo
che
mi
pareva
d
essere
invaso
da
un
languore
che
mi
faceva
desiderare
un
giaciglio
.
Mi
si
condusse
all
Ospedale
ove
mi
si
domandò
che
cosa
avevo
.
Risposi
che
potevo
essere
un
po
agitato
e
li
pregavo
con
insistenza
perché
mi
salassassero
subito
o
mi
mettessero
le
sanguisughe
.
Nella
sala
dell
ambulanza
medica
mi
si
rifece
la
domanda
di
prima
.
-
Che
cosa
si
sente
?
-
Nulla
.
Sono
un
po
fiacco
,
un
po
spossato
.
Pare
che
mi
manchi
il
fiato
.
-
Non
è
ferito
?
-
Nossignore
.
-
Eppure
dove
c
è
sangue
c
è
ferita
.
Non
vede
che
perde
sangue
?
-
Avevo
i
sandali
inaffiati
di
sangue
.
-
Provi
a
levarsi
la
tonaca
.
-
Non
ero
più
che
un
immensa
macchia
rossa
.
Il
panno
della
sottoveste
,
movendosi
,
si
era
inzuppato
e
mi
aveva
insudiciato
tutta
la
pelle
.
Mi
si
voleva
mandare
all
ambulanza
chirurgica
,
ma
per
la
gentilezza
del
carissimo
dottor
Conti
mi
adagiarono
nell
infermeria
ove
si
constatò
che
ero
stato
bucato
da
due
colpi
di
baionetta
.
Uno
mi
era
stato
dato
a
sinistra
,
in
direzione
del
polmone
,
e
un
altro
lungo
la
stessa
parte
dell
inguine
.
Mi
medicarono
e
vi
rimasi
più
di
dieci
giorni
.
-
Che
cosa
avevate
fatto
per
trattarvi
a
colpi
di
baionetta
?
Il
cappuccino
rimase
pensoso
.
Pareva
che
non
avesse
voglia
di
rimestare
il
passato
.
L
esitazione
non
durò
che
pochi
secondi
.
Egli
si
convinse
che
non
poteva
tacere
..
La
storia
è
storia
,
e
nessuno
ha
diritto
di
sopprimerla
.
-
Io
parlo
pro
veritate
.
Quando
entrarono
i
soldati
mi
trovavo
nella
stanzettina
vicino
alla
postierla
d
entrata
a
lavare
la
ferita
alla
gamba
di
un
pitocco
,
che
non
aveva
potuto
finire
di
mangiare
la
minestra
.
Gliela
fasciai
in
fretta
e
in
furia
per
impedire
l
emorragia
e
poi
uscii
con
la
bottiglia
dell
aceto
in
mano
.
L
invasione
militare
dopo
le
cannonate
non
mi
poteva
sorprendere
.
Deposi
la
bottiglia
sul
murello
dei
vani
tra
le
colonne
del
portico
,
voltai
a
destra
e
tentai
di
raggiungere
la
testa
dei
soldati
-
che
andavano
in
su
,
.
all
impazzata
,
coi
fucili
e
le
baionette
in
canna
puntati
verso
il
petto
dei
poveri
diavoli
ch
essi
credevano
rivoltosi
-
per
assicurare
l
ufficiale
che
li
comandava
che
in
convento
non
c
era
anima
viva
,
tranne
i
frati
e
i
poveri
venuti
a
mangiare
la
minestra
.
I
soldati
era
eccitati
.
Schiamazzavano
e
dicevano
parole
ingiuriose
.
-
Per
esempio
?
-
Non
posso
ripeterle
.
-
Ripetetele
,
padre
,
in
nome
della
storia
!
Non
ci
fu
verso
di
fargliele
ripetere
.
-
Per
istornare
qualche
terribile
eccidio
,
pensai
di
parlare
al
primo
ufficiale
che
mi
fosse
capitato
,
vedendo
che
i
soldati
correvano
con
gli
occhi
smarriti
,
terrorizzati
.
-
Ritornai
verso
la
stanzuccia
,
dove
avevo
lasciato
il
ferito
,
e
mi
imbattei
appunto
in
un
ufficiale
che
stava
in
coda
ai
soldati
,
e
mostrandogli
la
caldaia
della
minestra
lo
pregai
che
non
facesse
alcun
male
a
quei
poverelli
che
erano
venuti
per
sfamarsi
.
Se
mi
ricordo
bene
,
era
un
tenente
.
Mi
guardò
in
faccia
come
per
scovare
il
ribelle
e
poi
,
con
un
«
frataccio
cane
!
»
mi
agguantò
per
il
collo
della
tonaca
e
mi
piantò
la
canna
del
suo
revolver
al
ventre
.
Forse
sarà
stata
la
mia
impressione
.
Mi
pareva
che
il
suo
dito
cercasse
il
grilletto
.
Col
coraggio
della
gente
che
difende
la
propria
esistenza
,
gli
contorsi
la
mano
e
lo
costrinsi
a
mettere
la
canna
nel
vuoto
.
Egli
si
mise
a
scuotermi
senza
mai
abbandonare
il
colletto
della
veste
e
con
dei
continui
tentativi
di
rimettermi
l
arma
nella
posizione
di
potermi
uccidere
.
Si
trattava
della
mia
vita
e
io
gliela
contesi
con
tutte
le
mie
forze
.
-
Permettetemi
,
padre
,
di
stringervi
la
mano
.
Io
avevo
bisogno
di
una
pausa
per
sottrarmi
alle
sensazioni
dolorose
.
-
Il
tenente
insisteva
ed
io
non
abbandonavo
mai
la
canna
.
-
Mi
bruttava
di
villanie
e
io
gli
rispondevo
che
si
sbagliava
e
che
non
ero
un
«
frataccio
cane
»
.
Per
il
collo
della
tonaca
egli
mi
trascinava
sempre
verso
l
uscita
.
Io
pensavo
in
quel
momento
che
egli
volesse
condurmi
nel
cortile
e
farmi
fucilare
dai
soldati
.
-
Signor
ufficiale
,
gli
dissi
,
non
mi
faccia
questa
figura
.
Se
vuole
uccidermi
mi
uccida
qui
subito
,
senza
condurmi
di
fuori
.
Sarebbe
uno
strazio
inutile
.
Se
devo
morire
,
è
meglio
che
muoia
nella
casa
dei
miei
fratelli
.
-
Io
pregavo
,
e
l
ufficiale
,
invece
di
darmi
retta
,
mi
scoteva
e
mi
trascinava
a
colpi
per
il
cortile
.
Mi
credevo
perduto
.
-
Il
suo
pensiero
doveva
essere
quello
di
farmi
ammazzare
dai
soldati
.
Senza
mai
abbandonare
la
canna
del
revolver
,
cercavo
di
proteggere
il
mio
col
suo
corpo
.
E
lui
,
l
ufficiale
,
impiegava
tutti
i
suoi
sforzi
per
mettermi
alla
mercè
dei
fucili
.
-
Giunti
al
fianco
della
breccia
,
egli
fu
lì
lì
per
finirmi
.
-
Io
gli
dissi
che
infine
non
ero
che
un
povero
frate
stato
colto
a
medicare
un
ferito
.
-
Creda
,
signor
tenente
,
che
nel
convento
non
ci
furono
mai
nè
insorti
,
nè
armi
da
fuoco
.
-
Passò
nella
sua
mente
un
dubbio
?
Non
ve
lo
saprei
dire
.
La
verità
è
che
le
sue
parole
mi
rivelarono
ch
egli
mi
stava
proprio
mandando
all
altro
mondo
.
-
Con
disprezzo
,
come
quando
si
abbandona
un
nemico
indegno
perfino
dell
ultimo
supplizio
,
mi
disse
:
-
Per
questa
volta
ti
perdono
!
-
Con
una
fiatata
che
riassumeva
il
sacrificio
che
compiva
,
mi
buttò
per
il
buco
della
breccia
,
chiamando
i
soldati
.
Stramazzai
bocconi
,
colle
mani
che
mi
salvarono
la
faccia
.
Alzandomi
vidi
che
il
mio
piede
era
insanguinato
.
Non
mi
allarmai
,
perché
supponevo
il
sangue
uscito
dalla
scorticatura
che
mi
feci
cadendo
.
-
Fuori
della
breccia
è
stato
uno
spavento
.
Ogni
soldato
aveva
una
sudiceria
da
buttarmi
in
faccia
:
e
quello
che
mi
fece
più
pena
,
fu
di
veder
un
maggiore
,
credo
,
d
artiglieria
,
alto
,
magro
,
ruvido
,
che
portava
appesa
all
occhiello
una
lente
(
caramella
)
,
il
quale
,
incontrandomi
sul
piazzale
Monforte
,
alla
preghiera
di
rimandarmi
libero
perché
ero
innocente
,
con
burbero
cipiglio
mi
minacciò
con
la
mano
in
aria
un
manrovescio
,
e
...
Il
mio
contegno
di
frate
che
non
aveva
paura
di
morire
non
aveva
presa
su
di
loro
.
-
Figlio
si
di
p
!
.
-
Consegnatelo
-
disse
ad
alta
voce
il
superiore
ai
soldati
al
di
là
della
breccia
-
agli
alpini
.
-
Venni
preso
brutalmente
per
le
braccia
da
due
soldati
,
che
mi
incalzavano
con
le
parole
più
svergognate
del
postribolo
.
Il
terzo
,
il
caporale
,
mi
diceva
:
-
Avanti
,
frataccio
!
-
e
mi
teneva
la
punta
della
baionetta
alle
reni
.
-
Mi
pareva
di
perdere
il
cingolo
e
tentai
con
le
mani
di
tirarmelo
in
alto
,
avendo
già
perduti
i
grani
della
corona
fratesca
.
-
Sta
fermo
-
mi
disse
uno
dei
soldati
-
o
ti
brucio
le
cervella
!
-
Da
viale
Monforte
alla
via
Vivaio
,
mi
copersero
di
tutto
ciò
che
potete
immaginare
di
sconcio
e
di
osceno
.
-
Sull
angolo
della
via
Vivaio
erano
altri
soldati
e
un
capitano
.
Mi
duole
di
non
sapere
il
nome
del
superiore
.
Fu
il
primo
gentiluomo
che
incontrai
dopo
la
mia
sciagura
.
-
Badi
,
signor
capitano
,
che
è
un
rivoltoso
.
-
Non
importa
,
non
occupatevene
.
È
nelle
mie
mani
.
Alpini
,
conducetelo
alla
prefettura
.
-
Anche
gli
alpini
mi
trattarono
con
tutti
i
riguardi
.
Invece
di
trascinarmi
per
le
braccia
,
mi
lasciarono
libero
e
ingiunsero
ai
soldati
di
prima
di
lasciarmi
stare
,
perché
ero
sotto
la
loro
responsabilità
.
-
Il
prefetto
Winspeare
,
non
appena
mi
vide
entrare
,
mi
venne
incontro
dicendo
:
-
Come
,
mi
arrestate
anche
i
frati
?
-
I
soldati
del
viale
Monforte
gli
dissero
che
ero
un
rivoltoso
stato
colto
col
fucile
in
mano
.
-
Dov
è
questo
fucile
?
domandò
il
prefetto
.
-
Non
sappiamo
,
perché
questo
individuo
ci
venne
consegnato
dal
tenente
.
-
Mentre
io
stavo
dando
la
spiegazione
al
signor
prefetto
della
nostra
innocenza
e
che
dal
convento
non
poteva
essere
partito
alcun
colpo
di
fuoco
per
la
semplice
ragione
che
non
vi
erano
né
armi
né
armati
,
eccomi
ancora
davanti
quell
ufficiale
d
artiglieria
,
col
medesimo
atto
del
manrovescio
,
gridando
che
aveva
veduto
partire
il
colpo
dal
Convento
lui
stesso
!
...
-
Non
ci
sono
stati
altri
frati
,
padre
vicario
,
all
Ospedale
?
-
C
è
stato
frate
Alessandrino
,
il
vecchietto
che
le
ho
fatto
vedere
dabbasso
.
La
nocca
di
qualcuno
ci
interruppe
.
-
Ave
-
rispose
padre
Isaia
.
Entrò
un
frate
laico
a
portargli
un
piego
suggellato
.
Mi
voltai
dalla
parte
della
finestra
a
schizzare
il
frate
laico
Alessandrino
,
col
quale
avevo
parlato
più
di
una
volta
.
È
un
ometto
di
settanta
e
più
anni
,
mingherlino
,
ha
la
faccia
lentamente
consumata
dai
digiuni
,
con
gli
occhi
celesti
nelle
occhiaie
vizze
,
con
una
punta
di
barba
grigiastra
al
mento
e
dei
peli
dello
stesso
colore
disseminati
per
il
labbro
superiore
.
È
ammalato
da
un
pezzo
,
passa
il
tempo
tra
un
orazione
e
l
altra
,
pregando
il
signore
di
volergli
bene
.
Il
giornalista
lo
spaventa
più
del
diavolo
.
Mi
vedeva
e
scappava
.
Un
giorno
che
mi
aveva
sorpreso
col
lapis
e
il
note
book
in
mano
,
corse
ad
inginocchiarsi
all
altare
in
coro
e
ritornò
una
ventina
di
minuti
dopo
a
pregarmi
di
non
fargli
del
male
,
di
lasciarlo
stare
,
perché
lui
aveva
bisogno
,
per
la
sua
salute
,
di
una
grande
quiete
,
e
a
scongiurarmi
in
nome
del
Signore
Iddio
,
di
non
metterlo
sul
giornale
,
perché
lui
,
dopo
tutto
,
non
sapeva
nulla
,
non
aveva
fatto
nulla
e
non
voleva
dir
nulla
.
Era
un
uomo
che
aveva
paura
,
che
si
spaventava
per
delle
inezie
e
che
godeva
la
pace
del
coro
,
quando
era
vuoto
.
I
soldati
lo
facevano
rabbrividire
solo
a
pensarci
.
Non
appena
li
seppe
nel
convento
,
scomparve
dietro
il
coro
,
passò
in
chiesa
e
passò
sul
pulpito
,
rimanendovi
appiattito
sotto
la
croce
,
senza
quasi
respirare
,
per
timore
di
farsi
sentire
.
Se
lo
avessero
lasciato
sarebbe
rimasto
là
a
costo
di
morire
in
ginocchio
.
Invece
i
soldati
e
un
ufficiale
lo
hanno
scoperto
e
trascinato
giù
per
la
tonaca
.
Il
terrore
era
così
immenso
in
lui
che
tremava
tutto
e
dal
Convento
alla
Prefettura
venne
portato
a
braccia
da
due
giovani
frati
.
Il
prefetto
,
quando
vi
giunse
cogli
altri
,
lo
mandò
subito
all
ospedale
.
Padre
Isaia
aveva
finito
di
leggere
e
io
di
scrivere
.
-
Lo
hanno
trattato
bene
,
padre
,
all
ospedale
?
-
Con
tutti
i
riguardi
..
Le
monache
della
sala
di
San
Lazzaro
erano
di
una
gentilezza
materna
;
le
infermiere
e
gli
infermieri
nonostante
il
grande
lavoro
,
mi
usavano
speciali
riguardi
e
non
so
trovar
parole
di
gratitudine
e
di
ringraziamento
per
i
bravi
signori
medici
e
chirurghi
che
con
tanta
pazienza
e
delicatezza
mi
assistettero
nei
dieci
giorni
che
vi
dimorai
.
Sissignore
,
c
era
ordine
di
non
lasciarci
parlare
con
alcuno
senza
speciale
permesso
.
-
Dunque
sono
rimasti
tutto
il
tempo
senza
una
visita
?
-
Sono
venute
a
trovarci
parecchie
persone
,
come
il
Prevosto
di
Sant
Alessandro
,
di
S
.
Stefano
,
Monsignor
Montegagra
,
il
Cardinale
,
Monsignor
Nasoni
e
Magistretti
,
il
Conte
Greppi
,
il
nobile
Corti
,
D
.
Battista
,
le
contesse
Sormani
e
Sola
,
il
marchese
Cornaggia
eccetera
eccetera
eccetera
che
or
tutti
non
ricordo
...
il
deputato
Piola
,
per
esempio
.
-
Non
è
mai
stato
interrogato
?
-
Sissignore
,
sono
stato
interrogato
da
un
capitano
,
il
quale
fu
gentilissimo
.
Fu
lui
anzi
a
dirmi
che
almeno
una
baionettata
dovevo
averla
presa
in
convento
...
-
C
era
anche
il
tenente
che
lo
aveva
trascinato
e
buttato
attraverso
il
buco
della
breccia
?
-
C
era
,
e
mi
sembrava
alquanto
mortificato
...
Si
bussò
un
altra
volta
all
uscio
.
-
Ave
.
L
APPELLO
DEI
SOLDATI
Dieci
maggio
.
Sono
in
piedi
di
buon
mattino
.
Ho
buttato
giù
alcune
note
inaffiate
di
sangue
e
sono
uscito
.
Il
sole
è
rutilante
.
Questi
fasci
di
luce
calda
mi
fanno
male
.
Vorrei
che
lo
stesso
cielo
fosse
annuvolato
come
il
mio
cervello
.
Io
sono
tetro
,
sono
triste
,
sono
un
funerale
.
Darei
dieci
anni
di
vita
per
dimenticare
di
aver
vissuto
ieri
.
A
ogni
passo
il
lunedì
mi
risorge
nella
testa
affollata
di
cadaveri
e
dilagata
di
sangue
.
Le
muraglie
sono
tappezzate
di
decreti
di
Bava
Beccaris
.
I
«
Vogliamo
»
di
Napoleone
I
sentono
del
genio
dell
autore
.
I
suoi
proclami
sono
modelli
di
stile
vigoroso
.
È
tutta
una
prosa
,
la
prosa
napoleonica
,
che
si
legge
con
ammirazione
anche
a
tanti
anni
di
distanza
.
La
prosa
di
Bava
Beccaris
è
piena
di
solecismi
volgari
.
È
prosa
piatta
e
amanuense
.
Quando
mi
parla
di
provvedere
alla
«
confezione
del
rancio
giornaliero
»
,
mi
pare
di
essere
a
tu
per
tu
con
uno
speziale
di
campagna
abituato
a
«
confezionare
»
il
lattovario
,
o
alla
presenza
di
una
sarta
,
,
«
confezionista
»
d
abiti
.
Questo
«
appello
»
per
domandare
gratis
o
con
buoni
a
«
richiesta
»
la
«
concessione
temporanea
delle
cucine
e
di
quanto
occorra
per
la
cottura
del
vitto
»
,
è
un
altro
documento
della
sua
buaggine
e
del
suo
cuore
.
Questo
imbecille
si
crede
assediato
dagli
insorti
.
Non
si
ricorda
di
ieri
che
per
i
soldati
.
Il
pubblico
ricco
è
con
lui
.
Ha
aperto
la
borsa
con
entusiasmo
.
Si
vedono
dappertutto
breaks
carichi
di
viveri
da
distribuire
alla
truppa
accampata
per
le
piazze
.
Il
merito
di
aver
suscitato
direi
quasi
del
fanatismo
per
soccorrere
i
soldati
non
è
tutto
del
commissario
che
ci
ha
ingiunto
di
andare
a
dormire
alle
undici
precise
.
Ma
è
anche
del
tenente
generale
Genova
di
Revel
,
presidente
del
circolo
militare
,
che
ha
pubblicato
il
seguente
«
appello
»
:
«
Una
lunga
esperienza
di
servizio
militare
mi
rende
consapevole
di
quanto
debbono
soffrire
i
militari
comandati
alla
tutela
dell
ordine
ed
a
reprimere
il
saccheggio
.
«
Mancanza
di
riposo
,
di
rancio
regolare
e
l
ansietà
di
vedersi
attaccati
dai
rivoluzionari
affrangono
il
fisico
di
quei
bravi
giovani
sostenuti
unicamente
dal
sentimento
del
dovere
.
«
Devo
quindi
fare
appello
a
coloro
che
vorranno
associarsi
ad
una
sottoscrizione
per
alleggerire
le
loro
dolorose
fatiche
»
..
L
esperienza
militare
del
generale
è
nei
suoi
ricordi
e
io
non
ho
punto
voglia
di
metterla
in
dubbio
.
Sarà
stata
lunga
e
lunghissima
.
Ma
volerci
far
credere
che
in
Milano
,
con
un
generale
che
abbia
la
testa
sulle
spalle
,
non
si
sappia
mica
come
dare
il
rancio
quotidiano
a
ventimila
soldati
,
è
semplicemente
ridicolo
.
Non
è
necessario
di
avere
studiato
l
organizzazione
militare
attraverso
i
libri
di
Moltke
per
sapere
che
con
dei
denari
in
saccoccia
,
dei
magazzini
pieni
,
dei
fornai
ad
ogni
angolo
,
e
degli
alberghi
e
delle
osterie
e
dei
macellai
a
ogni
due
passi
di
ciascuna
via
,
si
può
mangiare
dappertutto
-
anche
in
piazza
del
Duomo
-
e
bene
.
Generale
,
godetevi
il
riposo
se
ve
lo
siete
meritato
,
ma
non
venite
fuori
a
dirci
sciocchezze
.
Se
Bava
Beccaris
,
che
la
storia
giudicherà
come
un
sanguinario
,
non
aveva
tempo
di
occuparsene
,
doveva
dirlo
al
buon
Consonni
dell
Orologio
-
un
restaurant
frequentato
anche
dai
gros
bonnets
dell
esercito
-
.
Bastava
dirgli
che
voleva
ventimila
ranci
al
giorno
per
essere
sicuro
che
non
uno
dei
suoi
soldati
avrebbe
patito
la
fame
.
E
poi
vorreste
dirmi
che
la
cittadinanza
che
ha
il
superfluo
,
non
ha
già
fatto
spontaneamente
quello
che
voialtri
due
generali
la
incitate
a
fare
?
Leggete
la
Perseveranza
di
stamane
:
«
Dobbiamo
aggiungere
che
già
molto
fece
la
cittadinanza
per
i
soldati
.
Dovunque
un
drappello
,
una
compagnia
,
un
battaglione
faceva
sosta
esausto
,
assonnato
,
assetato
,
esercenti
e
famiglie
distribuivano
pane
,
cibi
e
bibite
»
.
Che
cosa
vi
aspettavate
di
più
?
La
dimostrazione
?
Ecco
,
la
«
Unione
popolare
milanese
»
di
piazza
San
Pietro
e
Lino
4
che
vi
compiace
.
Essa
con
altri
due
circoli
monarchici
ha
aperto
due
sottoscrizioni
:
«
l
una
per
un
voto
di
plauso
e
di
ringraziamento
all
esercito
che
con
tanta
abnegazione
lotta
per
ristabilire
l
ordine
pubblico
»
-
l
altra
«
per
sussidiare
le
famiglie
dei
soldati
vittime
del
loro
dovere
»
..
Ma
io
sciupo
il
tempo
a
dimostrare
ai
generali
che
a
Milano
con
un
sistema
organizzato
la
truppa
poteva
mangiare
bene
,
ieri
,
ieri
l
altro
e
sempre
.
I
due
mattoidi
dell
esercito
vorrebbero
farci
credere
che
l
assedio
di
Milano
non
differisce
dall
assedio
parigino
quando
si
misuravano
le
razioni
di
asini
,
di
cani
,
di
ratti
,
di
topi
,
quando
il
pane
era
un
miscuglio
di
patate
,
di
piselli
secchi
,
di
fagiuoli
avariati
,
di
avena
,
di
segala
spolverata
,
di
farina
di
frumento
,
quando
la
carne
di
cavallo
era
divenuta
una
leccornia
dell
ambiente
,
quando
i
gatti
erano
le
lepri
di
tutti
i
grandi
restaurant
,
quando
un
coniglio
costava
60
franchi
,
un
oca
140
,
un
tacchino
180
,
l
ultimo
montone
1164
!
Ah
,
burloni
!
generali
burloni
!
Qualche
giorno
dopo
sono
passato
dalla
via
Tre
Alberghi
,
dove
la
Perseveranza
ha
i
suoi
uffici
.
Indovinate
chi
ho
veduto
salirvi
.
Il
generale
Bava
Beccaris
in
persona
.
Egli
è
il
padrone
di
andare
dove
vuole
.
Io
registro
semplicemente
ch
egli
faceva
visite
alla
Perseveranza
.
Ecco
tutto
.
Gli
arresti
notturni
sono
infiniti
.
I
cittadini
che
si
dimenticano
che
Bava
Beccaris
non
scherza
,
perdono
il
tempo
a
ciaramellare
per
le
vie
e
si
trovano
alle
undici
nella
rete
delle
pattuglie
.
Soldati
e
questurini
vi
domandano
nome
e
cognome
,
chi
siete
,
dove
andate
evi
conducono
a
San
Fedele
.
Per
questa
semplice
infrazione
si
passano
delle
notti
nei
cameroni
polizieschi
e
si
arrischia
di
andare
al
Castello
o
al
cellulare
come
rivoltosi
.
Ho
assistito
a
scene
strazianti
.
Un
povero
garzone
di
osteria
che
aveva
travasato
il
vino
nella
cantina
del
padrone
venne
agguantato
cinque
minuti
dopo
le
undici
con
lo
sparato
della
camicia
inaffiato
di
rosso
.
L
ho
trovato
nel
camerotto
della
sezione
di
questura
di
S
.
Simpliciano
che
si
disperava
e
diceva
ad
alta
voce
che
lui
non
poteva
stare
in
prigione
perché
aveva
a
casa
moglie
e
figli
che
lo
aspettavano
!
Il
suo
caso
era
così
crudele
che
faceva
pietà
anche
ai
questurini
.
Uno
di
essi
a
mezzogiorno
gli
portò
una
tazzina
di
pasta
condita
con
del
pane
e
un
quinto
di
vino
.
È
stata
una
gentilezza
di
cuore
e
la
registro
.
I
borghesi
che
applaudiscono
Bava
Beccaris
possono
invece
girellare
a
tutte
le
ore
.
Per
loro
non
c
è
coprifuoco
.
Col
passe
-
partout
vanno
dove
vogliono
e
quando
vogliono
.
Copio
quello
che
era
stato
rilasciato
,
per
ragioni
professionali
,
al
signor
Romolo
Agosti
-
l
ex
segretario
dell
Associazione
Lombarda
dei
giornalisti
.
È
un
documento
che
completa
la
giornata
.
È
sormontato
dallo
stemma
reale
,
ha
il
bollo
del
«
Comando
del
III
Corpo
d
armata
»
e
vi
si
legge
:
REGIO
COMMISSARIO
STRAORDINARIO
Si
autorizza
il
libero
transito
al
signor
Romolo
Agosti
per
recarsi
dall
interno
all
esterno
della
città
e
viceversa
anche
nelle
ore
di
notte
.
Milano
12
maggio
1898
D
ordine
del
tenente
generale
R
.
Commissario
Straordinario
BATTILANI
I
MORTI
E
I
FERITI
DEL
9
MAGGIO
Li
riassumo
in
una
ventina
di
morti
e
una
quarantina
di
feriti
.
Non
posso
darne
il
numero
esatto
perché
tutte
le
volte
che
ripasso
sul
terreno
della
mia
inchiesta
trovo
dei
cadaveri
e
dei
feriti
che
avevo
lasciato
per
la
strada
.
Il
dottor
Sigismondo
Arkel
,
il
quale
era
in
giro
con
la
truppa
a
soccorrere
i
feriti
,
contò
,
dal
convento
all
Acquabella
,
sette
morti
e
diciotto
feriti
.
Egli
mi
diceva
che
i
morti
erano
quasi
tutti
colpiti
nella
regione
del
petto
.
Nessuno
all
addome
.
-
Questo
vuol
dire
,
o
signore
,
che
si
tirava
sui
passanti
a
poca
distanza
.
Tra
i
disgraziati
che
caddero
fulminati
dai
proiettili
militari
non
uno
fece
nascere
il
sospetto
di
essere
stato
un
rivoltoso
.
Erano
operai
,
come
il
falegname
Antonelli
di
via
Nino
Bixio
,
o
dei
buoni
borghesi
,
come
il
salsamentario
Giuseppe
Colombo
di
via
Sottocorno
17
,
il
quale
perdette
la
vita
stando
alla
finestra
a
chiacchierare
con
la
figlia
che
perdette
un
occhio
.
Non
uno
dei
soldati
che
presero
parte
a
questa
sedicente
battaglia
coi
rivoltosi
è
ritornato
in
caserma
ferito
o
contuso
.
PARTE
SECONDA
L
ARRESTO
DEI
REDATTORI
DELL
«
ITALIA
DEL
POPOLO
»
NARRATO
DA
UN
TESTIMONE
A
me
pare
una
scena
che
inchiuda
Bava
Beccaris
.
Una
di
quelle
scene
che
sì
svolgono
con
una
rapidità
straordinaria
,
e
lasciano
dovunque
tracce
di
un
momento
che
passa
alla
storia
.
Rifacendola
per
il
tuo
libro
,
il
mio
pensiero
si
commuove
e
si
contrista
come
dinanzi
una
sventura
.
Gli
è
come
rivivere
l
ora
tragica
,
in
cui
la
stampa
si
lasciava
strangolare
senza
neppure
il
grido
della
resistenza
legale
.
Ma
non
perdiamoci
in
considerazioni
.
Tu
non
ne
vuoi
.
Voialtri
del
giornalismo
moderno
non
volete
che
il
fatto
nudo
e
crudo
.
Io
crepo
a
digerire
i
fatti
nella
prosa
arida
.
Ma
sia
fatta
la
volontà
di
quelli
che
sentono
l
avvenire
del
quotidiano
diverso
dal
mio
.
La
giornata
era
il
7
maggio
1898
-
una
giornata
piena
di
sole
.
I
fatti
di
Ponte
Seveso
e
di
via
Napo
Torriani
avevano
fatto
scrivere
al
direttore
dell
Italia
del
Popolo
l
ormai
famoso
trafiletto
intitolato
:
«
Ne
erano
assetati
»
.
Lo
salto
senza
commenti
,
perché
tu
non
hai
bisogno
di
essere
sequestrato
.
Tu
non
godi
i
privilegi
del
Corriere
della
Sera
,
neppure
in
tempi
ordinari
.
Il
Corriere
della
Sera
,
il
quale
nei
giorni
di
Bava
Beccaris
è
stato
fratricida
,
ha
potuto
,
senza
molestia
di
sorta
,
darlo
e
ridarlo
,
tale
e
quale
,
ai
suoi
lettori
,
in
tre
edizioni
consecutive
.
Il
proposito
del
giornale
di
via
Soncino
Merati
non
può
essere
sfuggito
ad
alcuno
.
Lo
pubblicava
e
ripubblicava
con
l
intenzione
assassina
d
infuriare
la
mano
militare
contro
i
redattori
del
giornale
di
S
.
Pietro
all
Orto
.
Questa
è
storia
.
Potevano
essere
le
quattro
e
mezzo
.
Mi
sentivo
spossato
dalla
fame
e
dal
lavoro
e
la
testa
confusa
dagli
avvenimenti
.
In
redazione
c
era
stato
l
andirivieni
della
commozione
cittadina
.
Sembrava
una
sala
d
aspetto
.
La
gente
era
andata
e
venuta
sbalordita
,
concitata
,
terrorizzata
.
Gli
sconosciuti
entravano
,
raccontavano
con
la
parola
spaventata
dal
loro
spavento
o
esaltata
dalla
loro
esaltazione
e
scomparivano
,
senza
magari
lasciarsi
mai
più
vedere
.
Erano
i
reporters
spontanei
delle
giornate
tumultuose
.
I
locali
dell
Italia
del
Popolo
li
conosci
.
Si
entrava
dal
portone
della
casa
di
via
S
.
Pietro
all
Orto
,
si
saliva
al
primo
piano
,
si
passava
dallo
stanzone
amministrativo
,
si
voltava
a
sinistra
,
si
entrava
nella
sala
di
redazione
,
e
si
vedeva
il
direttore
spingendo
l
uscio
in
fondo
alla
parete
di
fronte
.
Il
reportage
spontaneo
era
cessato
.
Nella
direzione
si
trovavano
Chiesi
e
Federici
-
in
redazione
Ulisse
Cermenati
e
l
avvocato
Valentini
,
il
quale
,
come
sai
,
scriveva
,
in
quei
giorni
,
degli
articoli
finanziarii
.
Il
Seneci
era
dabbasso
in
tipografia
che
lasciava
andare
a
casa
gli
operai
,
raccomandando
loro
di
ritornare
per
l
edizione
di
notte
.
Di
fuori
,
dinanzi
il
locale
di
distribuzione
,
la
folla
degli
strilloni
aspettava
con
impazienza
l
ultima
edizione
della
giornata
.
Ne
avevano
vendute
delle
bracciate
nella
mattina
e
nel
pomeriggio
,
e
s
impromettevano
di
spacciarne
assai
più
nella
sera
.
Il
pubblico
era
ansioso
di
sapere
che
cosa
avveniva
,
ma
la
cronaca
di
qualunque
giornale
non
gli
portava
che
fatti
slegati
e
non
gli
diceva
come
avevano
avuto
principio
,
se
erano
inanellati
e
perché
continuavano
.
La
via
di
S
.
Pietro
all
Orto
venne
occupata
militarmente
.
Non
pensavamo
neanche
che
si
trattasse
di
noi
.
Io
poi
,
che
avevo
dovuto
essere
da
una
parte
e
dall
altra
e
mi
ero
convinto
che
Milano
stava
per
diventare
una
rete
di
cordoni
militari
,
tirai
via
a
chiacchierare
sui
tumulti
spaventosi
senza
badare
a
ciò
che
avveniva
nella
strada
.
I
fatti
ci
assorbivano
.
Come
si
erano
compiuti
?
Chi
li
aveva
provocati
?
C
era
stato
scambio
di
fucilate
?
Chi
sarà
stato
il
primo
a
far
fuoco
?
Annegavamo
nelle
supposizioni
senza
venire
in
chiaro
di
nulla
.
Il
tavolo
del
cronista
rigurgitava
di
note
sanguinose
,
ma
nessuna
ci
dava
la
chiave
della
giornata
.
La
nostra
conversazione
venne
interrotta
da
una
moltitudine
di
piedi
che
sentivamo
venire
alla
nostra
volta
.
Erano
il
viceispettore
Prina
,
il
delegato
Gislon
e
parecchi
agenti
in
borghese
che
invadevano
gli
uffici
dell
Italia
del
Popolo
.
Le
prime
parole
che
ci
dissero
furono
che
il
giornale
era
sequestrato
.
Una
notizia
che
ci
lasciò
tranquilli
.
Non
era
la
prima
volta
che
ci
si
capitava
addosso
coi
sequestri
.
Ma
il
Prina
non
ci
permise
di
tirare
il
fiato
liberamente
,
senza
aggiungere
che
era
dolente
di
comunicarci
«
la
cessazione
del
giornale
fino
a
nuovo
ordine
»
.
Il
direttore
rimase
senza
sorpresa
.
Passammo
in
stamperia
.
Assistevano
alla
scomposizione
del
giornale
Chiesi
,
Federici
,
Cermenati
e
Seneci
.
Prima
di
risalire
negli
uffici
il
Prina
diede
ordine
di
non
permettere
l
uscita
ad
alcuno
.
In
redazione
ci
disse
:
-
Ci
rincresce
,
ma
siamo
incaricati
di
fare
una
perquisizione
.
-
Nessuno
di
noi
rispose
.
Tanto
e
tanto
il
nostro
consenso
o
la
nostra
protesta
non
avrebbe
contato
per
nulla
.
Si
misero
a
perquisire
.
Guardavano
nei
cassetti
del
direttore
e
dei
redattori
,
leggevano
o
scorrevano
affrettatamente
i
manoscritti
,
raccoglievano
le
cartelle
scritte
o
incominciate
per
i
tavoli
e
frugavano
e
adocchiavano
dappertutto
.
Intanto
che
avveniva
questa
operazione
,
Federici
si
era
affacciato
alla
finestra
,
proprio
nel
momento
in
cui
De
Andreis
riusciva
,
nella
sua
qualità
di
deputato
,
a
passare
il
cordone
militare
.
Si
protese
e
gli
disse
:
-
Hanno
sequestrato
il
giornale
e
stanno
facendo
una
perquisizione
.
Vieni
di
sopra
.
Due
minuti
dopo
era
anche
lui
in
redazione
.
Terminata
la
perquisizione
,
il
Federici
chiese
,
come
di
legge
,
che
si
facesse
il
verbale
delle
cose
sequestrate
.
Uno
dei
funzionarii
rispose
:
-
Lo
faremo
in
questura
,
dove
abbiamo
l
incarico
di
accompagnarli
.
Loro
signori
sono
invitati
dal
questore
per
delle
comunicazioni
.
Carmenati
:
Allora
vuol
dire
che
siamo
tutti
in
arresto
.
Gislon
:
Non
abbiamo
quest
ordine
,
non
credo
ci
sia
probabilità
d
arresto
.
De
Andreis
:
Come
deputato
protesto
per
la
perquisizione
e
per
la
violazione
di
domicilio
,
senza
mandato
dell
autorità
giudiziaria
.
Suggellati
i
pacchi
dei
manoscritti
sequestrati
,
il
Prina
invitò
Chiesi
,
Federici
,
Cermenati
,
l
avvocato
Valentini
e
Seneci
ad
andare
con
loro
a
S
.
Fedele
.
Seneci
,
in
pantofole
,
domandò
il
permesso
di
mettersi
le
scarpe
.
-
Faccia
.
De
Andreis
:
Vengo
anch
io
.
Prina
:
Scusi
,
onorevole
,
ma
io
non
ho
ordini
che
riguardino
lei
.
De
Andreis
:
Io
voglio
andare
dove
vanno
i
miei
amici
.
Prina
:
Se
crede
,
s
accomodi
.
Cermenati
:
Se
non
siamo
in
arresto
,
noi
non
vogliamo
essere
accompagnati
dagli
agenti
di
P.S.
Il
delegato
Gislon
li
fece
allontanare
.
In
via
Soncino
Merati
,
dinanzi
l
entrata
del
Corriere
della
Sera
,
incontrammo
Colautti
.
Il
Chiesi
,
incrociando
i
polsi
,
gli
fece
segno
che
eravamo
in
arresto
.
-
Ci
siamo
!
Colautti
rispose
,
con
un
gesto
,
che
non
poteva
essere
.
In
S
.
Paolo
,
Seneci
entrò
dal
tabaccaio
a
bere
una
bibita
.
Era
stato
in
tipografia
e
nel
locale
di
distribuzione
tutto
il
giorno
,
e
aveva
sete
.
I
funzionari
non
lo
aspettarono
neanche
.
Ci
raggiunse
correndo
.
Questo
fatto
ci
lasciò
credere
che
non
eravamo
in
arresto
.
Che
si
tratti
solo
di
dirci
che
la
stampa
subirà
la
censura
preventiva
da
qualche
impiegato
di
questura
?
In
questura
ci
si
lasciò
in
un
anticamera
.
-
Aspettino
;
saranno
ricevuti
dal
questore
non
appena
sarà
libero
.
Aspettammo
una
buona
mezz
ora
,
facendo
mille
supposizioni
.
Annoiati
di
essere
trattenuti
tanto
tempo
,
incominciammo
a
mormorare
.
Ma
dunque
?
Ci
prendono
per
dei
domestici
,
questi
signori
di
questura
!
Facciano
presto
,
ci
dicano
se
siamo
in
arresto
,
se
siamo
liberi
,
e
che
cosa
vogliono
da
noi
.
Entrò
un
impiegato
ad
invitarci
di
andare
con
lui
.
-
Tutti
,
meno
l
onorevole
De
Andreis
.
De
Andreis
non
voleva
saperne
di
aria
libera
.
Si
mise
a
protestare
con
parole
vibrate
e
a
dichiarare
ch
egli
sarebbe
andato
dove
andavano
i
suoi
amici
.
E
tutti
noi
,
compreso
l
on
.
De
Andreis
,
passammo
in
un
altra
stanza
,
dove
ci
si
trattenne
un
altra
buona
mezz
ora
.
Aspettavamo
e
parlavamo
sottovoce
.
Perché
in
questa
seconda
anticamera
eravamo
tenuti
d
occhio
da
un
agente
in
borghese
,
seduto
in
mezzo
a
noi
come
un
muto
.
Conversando
,
si
almanaccava
sul
tempo
che
ci
avrebbero
fatto
perdere
.
Federici
manifestava
la
sua
opinione
che
anche
De
Andreis
sarebbe
stato
trattenuto
.
Qualche
altro
pregava
quest
ultimo
a
prendere
l
uscio
intanto
che
era
libero
.
-
Libero
ci
potrai
essere
più
utile
che
non
chiuso
in
carcere
con
noi
.
Fu
testardo
e
rimase
.
Alle
sei
e
mezzo
circa
entrò
un
vecchio
impiegato
a
dirci
queste
parole
:
-
Sono
spiacente
di
comunicar
loro
che
,
essendo
stato
proclamato
in
questo
momento
lo
stato
d
assedio
,
loro
signori
sono
tutti
in
arresto
.
Ci
fu
un
irruzione
di
guardie
in
borghese
le
quali
,
senza
tanti
complimenti
,
ci
presero
per
la
manica
.
Protestammo
e
dicemmo
che
non
era
il
modo
di
trattare
persone
che
non
volevano
fuggire
,
e
i
delegati
ordinarono
agli
agenti
di
lasciarci
andare
.
Discendemmo
ed
entrammo
nell
ufficio
del
delegato
Eula
,
il
quale
,
per
essere
sinceri
,
ci
trattò
con
la
massima
gentilezza
.
Ci
sequestrò
carte
e
matite
che
avevamo
nelle
tasche
.
ci
lasciò
denari
,
orologi
e
anelli
e
ci
fece
firmare
il
verbale
,
porgendo
ad
ognuno
la
penna
.
-
Già
che
ci
deve
mandare
in
guardina
,
ci
potrà
mandare
anche
da
mangiare
.
-
Senza
dubbio
.
E
il
delegato
promise
che
ci
avrebbe
fatto
portare
qualcosa
dall
Orologio
.
-
Devono
avere
un
po
di
pazienza
,
perché
in
questo
momento
ho
molte
cose
da
fare
.
Ci
si
chiuse
nel
camerotto
riservato
alle
donne
,
il
quale
,
secondo
l
espressione
dell
Eula
,
era
«
il
meno
peggio
»
.
Avevamo
fame
ma
non
aspettammo
molto
.
Tre
quarti
d
ora
dopo
si
spalancava
l
uscio
ed
entravano
roast
-
beef
,
un
fiasco
di
vino
,
del
formaggio
,
della
frutta
e
delle
sigarette
.
Mangiando
si
chiacchierava
e
si
rideva
.
De
Andreis
era
di
opinione
che
avrebbero
montata
qualche
macchina
per
tenerci
in
prigione
.
Federici
fumava
disperatamente
una
sigaretta
dopo
l
altra
per
cambiare
l
odore
dell
ambiente
.
Chiesi
si
contentò
di
dire
che
avrebbe
pagato
il
conto
.
Un
po
più
tardi
Seneci
ci
faceva
sapere
che
non
aveva
mai
dormito
così
bene
.
-
Vi
raccomando
di
ravvolgervi
la
testa
nel
fazzoletto
,
se
non
volete
che
certe
bestioline
vi
vadano
nelle
orecchie
.
Cermenati
si
allungò
sul
tavolato
con
una
frase
tragica
:
-
Così
giovane
e
già
tanto
galeotto
!
Qualche
minuto
dopo
,
ricordandosi
d
essere
stato
dilettante
drammatico
,
si
drizzò
in
piedi
e
si
mise
a
declamare
un
po
d
Amleto
:
Potesse
,
oh
!
questa
troppo
salda
carne
Che
mi
veste
,
scomporsi
,
andar
diffusa
,
Sfarsi
come
rugiada
!
Il
carceriere
,
lungo
il
corridoio
,
ci
impose
il
silenzio
.
-
Signori
,
faccian
silenzio
!
Ci
addormentammo
.
Tra
le
dodici
e
mezzo
e
la
una
venimmo
svegliati
dal
fracasso
che
si
fece
a
schiudere
l
uscio
.
Entrarono
,
tra
la
sorpresa
generale
,
l
avvocato
Carlo
Romussi
e
il
professore
Emilio
Girardi
,
accompagnati
dalla
guardia
carceraria
che
portava
la
lanterna
fumosa
.
Romussi
:
Ho
ottenuto
il
permesso
di
venirvi
a
trovare
coll
amico
Girardi
.
E
giacché
ci
siamo
,
vogliamo
tenervi
compagnia
fino
a
domattina
.
Girardi
andò
sul
tavolato
con
un
:
dio
cane
!
Seneci
fece
loro
la
raccomandazione
del
fazzoletto
.
Romussi
ci
raccontò
che
gli
agenti
erano
andati
al
Secolo
a
perquisire
la
redazione
,
a
far
scomporre
il
giornale
e
ad
arrestare
tutti
i
redattori
che
vi
si
trovavano
.
Non
vi
hanno
trovato
che
il
direttore
ed
un
redattore
.
Negli
uffici
vi
erano
parecchie
persone
,
come
l
Antongini
e
il
Missori
.
Ma
nessuno
di
loro
venne
arrestato
.
L
episodio
storico
dell
arresto
del
direttore
del
Secolo
fu
quello
della
sedia
.
Romussi
era
al
suo
tavolo
che
scriveva
non
so
più
che
cosa
sulle
ultime
notizie
.
Il
delegato
,
col
codazzo
dei
questurini
in
borghese
,
gli
annunciò
la
perquisizione
e
credo
anche
la
sospensione
del
giornale
.
Romussi
disse
qualche
parola
sulla
libertà
di
stampa
e
lasciò
che
l
uomo
di
questura
andasse
a
mettere
sottosopra
il
suo
cassetto
e
a
rovistare
le
carte
del
tavolo
unito
a
quello
di
lavoro
.
Per
la
maledetta
abitudine
di
Romussi
di
accumulare
i
manoscritti
,
gli
sequestrarono
un
numero
infinito
di
carte
e
di
lettere
,
non
poche
delle
quali
dovevano
essere
di
Cavallotti
.
Suggellati
i
pacchi
e
fatto
il
verbale
di
sequestro
,
Romussi
e
Girardi
vennero
invitati
in
questura
.
Romussi
,
prima
d
andarsene
,
voleva
scrivere
due
righe
non
so
se
alla
moglie
o
ai
colleghi
.
Prima
di
sedere
buttò
via
la
penna
con
la
quale
aveva
scritto
il
delegato
,
diede
un
calcio
alla
sedia
,
sulla
quale
era
stato
seduto
e
ordinò
al
portiere
di
portarla
via
subito
e
di
bruciarla
.
-
Portamene
un
altra
e
dammi
un
altra
penna
.
Alla
mattina
ci
svegliammo
con
le
ossa
rotte
.
Avevamo
sulla
faccia
il
colore
di
una
notte
trambasciata
.
Ci
eravamo
coricati
sul
tavolazzo
,
vestiti
come
eravamo
entrati
,
e
lungo
la
notte
il
sonno
ci
era
stato
interrotto
centinaia
di
volte
.
Dal
fracasso
degli
usci
che
si
aprivano
e
si
chiudevano
,
dal
trambusto
,
nel
cortile
,
dei
soldati
che
pareva
arrivassero
ogni
quarto
d
ora
,
dai
piedi
che
tumultuavano
sotto
il
portico
e
dalle
voci
che
giungevano
a
noi
come
di
gente
ammutinata
.
Verso
le
dieci
antimeridiane
il
delegato
Eula
ci
annunciò
che
era
giunto
l
ordine
della
traduzione
al
cellulare
.
Venimmo
chiamati
a
due
a
due
,
e
a
due
a
due
venimmo
legati
,
polso
a
polso
,
con
una
catenella
,
da
un
maresciallo
dei
carabinieri
alto
e
spalluto
.
Eravamo
così
appaiati
:
Valentini
e
Chiesi
,
Seneci
e
Federici
,
Cermenati
e
Romussi
,
De
Andreis
e
Girardi
.
Uscimmo
ed
entrammo
in
una
folla
di
circa
ottanta
arrestati
.
Il
balcone
del
palazzo
di
questura
era
gremito
di
altri
monturati
con
alcuni
borghesi
.
Non
posso
dire
se
vi
era
Bava
Beccaris
,
perché
non
lo
avevo
mai
visto
neppure
sulla
fotografia
.
C
era
certamente
il
questore
.
Un
uomo
magrettino
c
ha
ha
l
aria
di
essere
gobbo
.
I
grandi
gallonati
parlavano
tra
loro
e
gli
uni
ci
additavano
agli
altri
col
dito
puntato
verso
noi
.
Prima
che
il
convoglio
si
mettesse
in
moto
,
il
delegato
Birondi
disse
a
tutti
:
-
Non
salutino
alcuno
e
non
parlino
,
perché
ho
ordini
severissimi
.
Eravamo
tutti
a
piedi
,
circondati
dai
carabinieri
e
dai
soldati
di
cavalleria
col
revolver
in
pugno
.
Qua
e
là
c
erano
parecchi
questurini
.
C
incamminammo
verso
le
undici
.
L
itinerario
fu
questo
:
piazza
S
.
Fedele
,
piazza
della
Scala
,
Santa
Margherita
,
via
Mercanti
,
via
Dante
,
foro
Bonaparte
,
S
.
Gerolamo
,
S
.
Vittore
,
via
Filangieri
.
Gustavo
Chiesi
abita
in
foro
Bonaparte
93
.
I
suoi
vecchi
genitori
erano
alla
finestra
che
si
asciugavano
le
lagrime
col
fazzoletto
.
Nessun
altro
incidente
.
Sai
come
si
è
ricevuti
al
Cellulare
.
De
Andreis
,
il
quale
si
sentiva
male
per
il
lungo
digiuno
,
domandò
subito
da
mangiare
.
Gli
altri
lo
imitarono
.
Impolverati
,
sudati
,
passati
traverso
un
ora
piena
di
pericoli
,
avevamo
una
sete
da
cani
trafelati
.
L
Astengo
,
il
direttore
,
ci
fece
portare
dell
acqua
con
del
fernet
dal
bettoliniere
.
Ci
si
separò
in
tante
celle
e
ci
si
riunì
in
un
cellone
a
mangiare
.
Mangiammo
del
salame
,
della
pasta
al
sugo
,
dell
arrosto
e
del
formaggio
e
bevemmo
del
vino
comune
.
Eravamo
serviti
da
due
scopini
e
sorvegliati
da
due
guardie
carcerarie
.
Terminato
il
pasto
,
venimmo
visitati
dal
cappellano
,
accompagnato
dal
direttore
.
Subito
dopo
Federici
,
Cermenati
,
Seneci
,
Valentini
e
De
Andreis
vennero
cellularizzati
in
infermeria
.
Romussi
e
Chiesi
vennero
chiusi
in
celle
separate
al
secondo
raggio
.
Il
secondo
giorno
vedemmo
arrivare
in
infermeria
i
deputati
Turati
e
Bissolati
.
Il
resto
ti
è
troppo
noto
perché
io
sciupi
dell
inchiostro
.
IL
SOCCORSO
È
una
scena
piangevole
che
potete
vedere
ogni
mercoledì
e
ogni
domenica
,
tra
le
dieci
e
la
una
,
sulla
piazzetta
Filangeri
,
dinanzi
l
edificio
della
sventura
sociale
.
Ma
in
un
giorno
o
nell
altro
non
troverete
mai
la
folla
delle
giornate
di
Bava
Beccaris
,
quando
ciascun
cittadino
aveva
paura
di
non
essere
più
cittadino
e
ogni
donna
poteva
essere
disgiunta
dall
uomo
da
un
ordine
imperativo
o
da
una
mano
brutale
.
La
mia
pagina
è
una
fotografia
senza
ritocchi
di
una
di
queste
domeniche
.
L
orologio
di
un
campanile
suonava
le
otto
e
il
sole
bruciava
le
cervella
.
Sul
piazzale
si
vedevano
alcune
carriole
cariche
di
frutta
acerbe
o
sfatte
,
di
dolci
perseguitati
dalle
mosche
e
di
cose
mangerecce
coperte
di
polvere
.
Il
portone
traduceva
un
corpo
di
guardia
improvvisato
in
una
città
insorta
,
Un
portone
coll
andirivieni
della
gente
che
fa
paura
.
C
erano
soldati
in
piedi
,
soldati
che
riposavano
sulla
paglia
sternita
nei
fianchi
,
soldati
che
entravano
e
uscivano
,
soldati
che
si
asciugavano
la
fronte
e
si
aggiustavano
la
giberna
sul
ventre
.
Si
vedevano
andare
e
venire
secondini
,
guardie
di
finanza
,
delegati
,
questurini
,
carabinieri
,
ufficiali
,
autorità
carcerarie
,
autorità
militari
-
tutte
persone
che
ricordavano
il
momento
,
persone
dalla
faccia
feroce
,
persone
che
passavano
come
ventate
di
collera
,
persone
pronte
a
venire
alle
mani
col
primo
che
avesse
detto
una
corbelleria
.
L
ufficiale
di
guardia
pareva
,
col
pensiero
,
a
spasso
.
Con
la
ciarpa
azzurra
a
tracolla
,
seduto
sulla
sedia
addossata
al
pilastro
con
una
gamba
sopra
l
altra
,
si
ninnolava
buttando
in
alto
il
fumo
diafano
della
sigaretta
.
Le
donne
giungevano
sole
e
a
gruppi
con
i
fagotti
,
i
canestri
e
le
corbe
piene
di
roba
e
si
appoggiavano
al
muro
della
carcere
o
andavano
ad
occupare
i
sedili
di
granito
della
piazzetta
o
si
aggruppavano
alle
altre
aggruppate
nel
largo
in
faccia
al
bastione
.
Tra
le
popolane
dal
faccione
prosperoso
e
dalle
maniche
rimboccate
sull
avambraccio
bronzato
,
c
erano
vecchie
che
si
reggevano
a
mala
pena
in
piedi
,
teste
che
riassumevano
la
primavera
nella
chiarezza
mattinale
e
figure
dalla
faccia
bianca
o
scolorata
che
uscivano
dalla
moltitudine
con
le
loro
vesti
e
i
loro
cappelli
neri
come
tante
ditte
di
un
ufficio
mortuario
.
Imperava
il
dolore
.
Ah
,
se
si
potesse
uscire
dal
dolore
come
si
esce
dalle
porte
cittadine
!
Il
dolore
distruggeva
la
ripugnanza
delle
vestite
bene
per
le
vestite
male
e
assorellava
le
donne
colpite
da
una
sventura
comune
.
Tutte
queste
mamme
,
tutte
queste
spose
,
tutte
queste
amanti
,
tutte
queste
sorelle
vedute
assieme
storcevano
il
cuore
e
facevano
venir
sulle
labbra
una
parola
tragica
,
una
bestemmia
brunita
dal
rancore
,
una
maledizione
che
si
rompeva
nella
testa
col
suono
della
lastra
di
metallo
che
la
martellata
manda
in
frantumi
.
Riproducevano
l
afflizione
,
l
ambascia
,
il
dietroscena
domestico
,
il
naufragio
femminile
,
la
devozione
sublime
delle
donne
affezionate
agli
uomini
chiusi
laggiù
,
oltre
il
portone
,
al
di
là
dei
cancelli
,
negli
sgabuzzini
del
lugubre
edificio
imbevuto
delle
lagrime
dell
esercito
della
sventura
,
che
ha
patito
più
del
Cristo
in
croce
.
Nei
loro
occhi
non
era
l
ardimento
.
Nei
loro
occhi
era
la
stupefazione
,
lo
sbalordimento
,
l
umiliazione
.
Povere
donne
!
Erano
donne
abbattute
,
costernate
,
vinte
dal
supremo
cordoglio
che
non
le
lasciava
disfogare
la
piena
del
loro
martirio
.
I
carrettoni
chiusi
scompigliavano
e
buttavano
manate
di
nero
sulla
tela
lugubre
che
s
allargava
a
ogni
minuto
.
I
traballamenti
delle
ruote
andavano
sul
cuore
della
moltitudine
come
fitte
che
si
sprofondavano
nelle
ferite
palpitanti
e
sollevavano
in
tutti
il
vespaio
delle
supposizioni
.
A
ogni
sussulto
si
correva
involontariamente
col
pensiero
nelle
cellette
del
veicolo
che
accarezzavano
l
arrestato
come
la
guaina
accarezza
la
lama
,
a
palpeggiare
gli
incassati
come
se
si
avesse
avuto
paura
che
si
fossero
rotta
la
testa
o
stessero
in
lotta
coll
ultimo
alito
di
vita
.
Chi
saranno
?
E
l
interrogazione
faceva
rabbrividire
.
Forse
saranno
dei
ladruncoli
o
dei
rivoluzionari
o
degli
innocenti
usciti
dalle
braccia
della
famiglia
,
rimasta
in
casa
a
piangere
la
loro
sciagura
!
E
i
veicoli
della
tortura
scomparivano
e
lasciavano
le
donne
più
avvilite
di
prima
.
Questa
campana
!
Si
aspettava
la
campana
del
soccorso
,
la
campana
che
doveva
far
dimenticare
ai
cellularizzati
la
smisurata
intelligenza
malvagia
degli
uomini
,
degli
uomini
che
hanno
per
idealità
il
male
,
la
campana
che
consolava
lo
stomaco
di
chi
mangia
poco
e
male
.
Fate
presto
,
in
nome
del
Signore
.
Spalancate
il
cancello
,
prendetevi
la
corba
delle
vivande
divenute
fredde
lungo
la
strada
,
divenute
immangiabili
aspettando
qui
sul
selciato
due
ore
,
tutto
un
secolo
.
Siate
buoni
,
siate
caritatevoli
con
le
povere
donne
trambasciate
!
Il
convoglio
degli
arrestati
che
veniva
verso
il
Cellulare
a
piedi
suscitava
in
ogni
seno
un
orrore
indicibile
.
Non
poche
donne
erano
state
obbligate
a
chiudere
gli
occhi
come
quando
si
riceve
un
ondata
di
luce
in
pieno
viso
.
Era
una
banda
che
falciava
gli
ideali
di
redenzione
più
modesti
.
Sfilavano
appaiati
ai
polsi
come
individui
usciti
da
un
porcaio
o
da
un
sotterraneo
,
con
le
ragnatele
sulle
spalle
,
con
l
umidore
nella
gonfiezza
sotto
gli
occhi
,
con
i
capelli
irrigiditi
in
una
zuffa
spaventosa
.
Erano
laidi
,
stracciati
,
dilaniati
dai
patimenti
.
Circondati
da
questurini
,
da
carabinieri
e
dai
soldati
,
il
loro
volto
assumeva
il
colore
acceso
degli
aggressori
di
strada
che
stramazzano
i
viandanti
a
coltellate
.
Alcuni
,
con
gli
abiti
che
non
avevano
perduta
tutta
l
eleganza
e
con
la
faccia
cadaverica
fino
alla
fronte
,
davano
l
idea
degli
insorti
colti
sulle
barricate
colle
mani
odoranti
la
polvere
.
Altri
,
a
piedi
nudi
,
coi
gomiti
all
aria
come
le
ginocchia
,
traducevano
la
loro
vita
grama
di
poveracci
che
basivano
sul
marciapiede
e
stendevano
la
mano
ai
passanti
,
Le
donne
si
lasciavano
commuovere
.
Alcune
singhiozzavano
e
dicevano
che
era
meglio
morire
che
vedersi
trattati
come
birbaccioni
che
avevano
fatto
del
male
.
Altre
si
mordevano
le
labbra
e
si
scricchiolavano
le
dita
per
reprimere
la
sensazione
che
dava
loro
stille
di
sudore
e
faceva
loro
pulsare
le
tempie
dal
disgusto
e
dalla
furia
.
Non
mancavano
più
che
cinque
minuti
.
La
calca
piegava
verso
l
entrata
.
La
prima
fila
,
spinta
dai
nuovi
venuti
che
si
cercavano
un
posto
al
centro
tra
le
proteste
generali
,
andava
più
di
una
volta
sul
cordone
militare
che
non
si
rompeva
.
La
ragazzaglia
aveva
dimenticato
la
tensione
dell
angoscia
generale
e
si
era
abbandonata
al
chiasso
,
e
le
donne
,
le
più
attempate
,
che
si
straccavano
a
stare
in
piedi
,
mormoravano
con
la
voce
piagnolosa
.
Proprio
,
non
si
aveva
pietà
per
le
donne
dei
poveri
prigionieri
.
Con
tanta
gente
che
soffre
e
con
tanti
soccorsi
,
la
direzione
non
s
era
commossa
.
Continuava
a
ricevere
alla
stessa
ora
,
nelle
stesse
ore
,
come
se
nulla
fosse
avvenuto
di
straordinario
.
Inzuccherate
il
veleno
,
o
signori
!
Ci
farete
penare
meno
,
ci
farete
!
Non
ci
voleva
un
gran
giudizio
per
capire
che
bisognava
far
porta
un
po
prima
.
Pazienza
!
pazienza
!
pazienza
!
Sì
,
pazienza
se
si
avesse
avuto
il
buon
senso
di
mettere
alla
porta
un
cristiano
che
non
strapazzasse
tutti
come
tanti
servitori
!
Ma
no
!
Ci
avevano
lasciato
quell
anticristo
di
vecchio
sciancato
che
aveva
l
anima
nera
con
le
povere
donne
.
Tutte
le
volte
che
si
doveva
passare
sotto
un
volpone
di
quella
fatta
ingrossava
il
cuore
davvero
.
Era
un
secondino
ripugnante
,
col
collo
che
si
gonfiava
come
quello
del
serpente
quando
va
in
collera
,
con
la
faccia
ridotta
a
una
grossa
cipolla
ammaccata
.
Bastava
spremerla
per
vederla
colare
di
marcia
.
Dio
non
poteva
dare
del
bene
a
questi
mostri
verdi
come
la
bile
.
Respingeva
la
gente
dilatando
la
gola
e
dicendo
parole
che
facevano
andare
il
sangue
in
acqua
.
Pazienza
.
Si
era
nelle
sue
mani
e
non
c
era
che
dire
.
Anche
quegli
altri
del
soccorso
erano
buone
lane
.
Non
sapevano
dove
stava
di
casa
la
buona
maniera
.
Bastava
non
aprir
bene
il
canestro
o
avere
dimenticato
di
fare
la
lista
come
volevano
loro
per
vederli
dar
fuori
come
vipere
.
-
L
ultima
volta
m
hanno
mandata
a
casa
la
figlia
tutta
piangente
.
Era
uscita
dalla
coda
per
isbaglio
.
Si
sa
,
una
povera
tosa
non
può
sapere
i
regolamenti
.
L
hanno
mandata
in
fila
con
un
codazzo
di
rimproveri
come
se
fosse
stata
la
loro
figliuola
!
Forconi
!
Non
hanno
creanza
,
non
hanno
.
Ci
vorrebbe
...
Lo
so
io
cosa
ci
vorrebbe
.
Acqua
in
bocca
,
che
i
tempi
sono
tristi
.
-
A
me
mi
è
toccato
il
peggio
.
Mi
hanno
lasciato
il
mio
Alberto
per
ultimo
perché
non
aveva
la
lista
scritta
.
Noi
,
povera
gente
,
non
si
ha
tempo
di
scrivere
.
Loro
hanno
un
bel
dire
.
Vorrei
vederli
al
nostro
posto
.
La
ragione
volete
che
ve
la
dica
io
?
Hanno
la
bocca
larga
come
quella
dei
coccodrilli
e
i
denti
in
gola
.
Quella
è
la
ragione
.
Ma
i
miei
denari
li
mangio
io
.
Sissignori
,
li
mangio
io
.
C
è
già
troppo
da
fare
colle
disgrazie
che
ci
manda
il
Signore
,
per
avere
da
pensare
a
queste
sanguisughe
che
ci
beverebbero
tutto
il
sangue
in
una
volta
!
-
Se
ci
fossero
delle
persone
con
due
dita
di
testa
ci
lascierebbero
entrare
senza
farci
fare
anticamera
e
senza
buttar
all
aria
i
cesti
come
se
fosse
roba
rubata
.
Tirano
fuori
tutto
,
mettono
le
mani
in
tutto
,
cacciano
il
risotto
nel
salame
,
la
torta
nello
stufato
,
le
ciliege
nell
insalata
e
l
arrosto
nella
minestra
.
Ci
vuole
dello
stomaco
a
mangiare
il
soccorso
.
-
Non
ditelo
a
me
,
per
amor
del
cielo
,
che
ho
veduto
quello
che
voialtri
forse
non
avete
veduto
.
Ho
veduto
al
di
là
del
terzo
cancello
come
si
trattano
i
cesti
.
Non
ne
avete
idea
.
Non
ci
sarebbe
che
la
morte
che
potrebbe
farmi
dimenticare
il
disgusto
che
ho
provato
in
quella
mattina
che
ho
assistito
al
tanto
scempio
.
Credetelo
,
in
certi
luoghi
si
ha
più
considerazione
per
i
torsoli
che
si
gettano
ai
maiali
.
Vuotavano
i
canestri
come
se
fossero
stati
sacchi
di
patate
.
Rovesciavano
sul
tavolo
tazzine
,
piatti
,
scodelle
,
tegami
,
stoviglie
,
senza
badare
se
il
condimento
dell
insalata
andava
sul
minestrone
o
se
la
marmellata
si
versava
sull
arrosto
.
Erano
sgarbati
che
facevano
venire
la
rabbia
.
Ma
quando
si
ha
bisogno
di
loro
,
bisogna
tacere
.
È
una
grande
punizione
questa
che
Dio
ci
ha
mandata
.
Con
lo
stesso
coltellaccio
facevano
tutto
.
Assaggiavano
,
tagliavano
,
mettevano
sottosopra
.
Con
lo
stesso
coltello
infarinato
e
impiastricciato
di
intingoli
affettavano
la
pera
,
rivoltavano
la
minestra
e
il
risotto
,
dimezzavano
il
pane
,
facevano
in
due
i
limoni
,
sparavano
i
polli
,
dividevano
lo
stracotto
,
mettendosi
in
bocca
ora
una
fetta
di
coratella
,
ora
una
striscia
di
anitra
,
tra
le
risate
che
facevano
male
.
Riducevano
le
torte
e
i
pasticci
,
fatti
in
casa
chissà
con
quanti
sacrifici
,
in
una
condizione
compassionevole
.
Siate
poveri
diavoli
e
vedrete
come
è
dura
la
vita
.
Voi
state
a
casa
a
darvi
del
male
per
mettere
assieme
un
pranzetto
come
si
deve
,
per
il
povero
diavolo
che
avete
in
prigione
,
correte
come
una
disperata
o
prendete
l
omnibus
per
farglielo
mangiare
caldo
,
e
poi
vedete
che
tutto
va
alla
malora
,
che
tutto
diventa
freddo
,
che
tutto
si
mescola
,
le
cose
giulebbate
con
la
carne
arrostita
nel
brodo
succoso
e
la
cipollata
col
fegato
nel
piatto
delle
fragole
o
dei
lamponi
grossi
come
le
more
.
Portate
le
uova
fresche
per
tirar
su
lo
stomaco
a
chi
ne
ha
tanto
bisogno
e
poi
venite
a
sapere
che
gli
sono
arrivate
in
cella
sfracellate
,
coi
tuorli
dispersi
per
le
vivande
.
È
una
grande
punizione
questa
che
Dio
ci
ha
mandata
!
Ah
sì
,
non
credevo
che
si
potesse
penare
tanto
a
questo
mondo
!
Si
fa
di
tutto
per
risparmiare
i
soldi
per
un
cartoccio
di
tabacco
e
al
colloquio
vi
si
dice
che
non
avete
cuore
di
lasciare
il
vostro
uomo
senza
una
pipata
per
passare
il
tempo
che
non
passa
mai
!
-
I
sigari
o
il
tabacco
,
pazienza
.
Se
non
si
fuma
,
non
si
crepa
.
A
me
è
andato
perduto
il
cesto
,
una
volta
dopo
l
altra
,
per
due
o
tre
giorni
.
Se
non
ci
fosse
stata
una
buona
guardia
,
mio
marito
sarebbe
morto
consunto
di
fame
.
Con
una
pagnotta
di
regalo
ha
potuto
tirar
innanzi
e
scrivermi
per
domandarmi
se
ero
morta
,
se
l
avevo
dimenticato
.
È
stato
un
vero
crepacuore
.
Gli
avevo
mandato
un
pranzo
da
far
risuscitare
i
morti
,
un
cesto
pieno
di
grazia
di
Dio
,
e
lui
,
povero
diavolo
,
era
rimasto
in
cella
a
straziare
il
mio
nome
onorato
con
delle
ingiurie
che
non
meritavo
.
Avete
ragione
voi
,
Antonia
.
È
una
grande
punizione
questa
che
Dio
ci
ha
mandato
!
Finalmente
!
I
primi
rintocchi
rovesciarono
la
folla
verso
il
banco
delle
guardie
.
La
gente
sgomitava
,
si
sbuttonava
,
si
riversava
tenendo
in
alto
i
canestri
,
protendendo
le
borse
e
i
fagotti
,
pregando
di
accettare
la
corba
e
supplicando
gli
agenti
a
essere
buoni
,
che
erano
lì
da
un
pezzo
con
la
roba
gelata
.
Le
guardie
non
avevano
tempo
da
ascoltare
storie
.
Prima
della
una
dovevano
verificare
circa
mille
soccorsi
.
Prendevano
quelli
che
capitavano
loro
alle
mani
,
senza
guardare
e
senza
commuoversi
.
Chi
non
rispondeva
sollecitamente
alle
domande
,
veniva
lasciato
col
pranzo
in
mano
.
Ogni
donna
era
obbligata
a
dire
,
in
fretta
e
in
furia
,
nome
e
cognome
del
detenuto
,
il
numero
della
cella
,
se
il
padre
e
la
madre
erano
morti
o
vivi
.
-
Cella
89
,
Giuseppe
Agesilao
,
del
fu
Pietro
e
della
vivente
Teresa
Baragni
.
-
Avete
fatta
la
lista
?
E
il
braccio
di
chi
non
poteva
farla
vedere
,
veniva
scansato
e
buttato
dall
altra
parte
.
Alla
una
pomeridiana
,
le
donne
giunte
tardi
o
rimaste
tra
quelle
che
non
avevano
potuto
consegnare
i
fagotti
,
piangevano
dirottamente
.
La
campana
aveva
chiusa
la
consegna
e
la
campana
non
aveva
budella
.
Era
un
grande
dolore
rifare
la
strada
con
il
mangiare
,
dopo
aver
fatto
tanta
fatica
e
avere
speso
tutto
quello
che
c
era
in
casa
per
consolare
i
poveri
cristi
in
prigione
.
-
Aveva
ragione
Antonia
di
dire
che
era
una
grande
punizione
questa
che
Dio
ci
aveva
mandato
!
IL
DIARIO
DI
UN
MESE
DI
CELLULARE
La
mia
cella
è
una
fornace
.
Ho
il
sole
sulla
muraglia
esterna
dal
sorgere
al
tramonto
del
sole
.
Subisco
una
trasudazione
che
mi
snerva
.
Preferisco
però
l
isolamento
alla
compagnia
della
stanza
intermedia
.
Coi
miei
compagni
sarei
divenuto
uno
scemoide
.
A
poco
a
poco
il
loro
linguaggio
antintellettuale
e
trivialmente
sbracato
sarebbe
divenuto
il
mio
.
In
otto
giorni
mi
ero
già
abituato
a
passeggiare
sull
ammattonato
fracido
dei
loro
sputacchiamenti
.
Gli
habitués
del
carcere
manifestano
ogni
giorno
,
alle
finestre
,
i
loro
rancori
contro
i
cosiddetti
rivoluzionari
.
La
polizia
ne
ha
fatte
delle
retate
e
l
autorità
carceraria
ha
dovuto
affollarli
nelle
celle
.
Ci
accusano
di
essere
gli
autori
delle
loro
disgrazie
.
Dicono
che
i
giudici
,
in
conseguenza
dei
tumulti
,
sono
diventati
eccessivamente
severi
.
Coloro
che
in
tempi
ordinarii
se
la
sarebbero
cavata
con
delle
settimane
o
dei
mesi
,
ritornano
al
Cellulare
con
degli
anni
di
lavori
forzati
e
di
sorveglianza
.
-
La
sorveglianza
-
disse
uno
di
loro
-
conduce
al
domino
(
domicilio
coatto
)
.
Il
capoguardia
è
uno
sbilucione
con
tanto
di
pancia
.
In
questo
momento
è
impossibile
dire
se
egli
sia
un
burbero
con
del
cuore
o
se
sia
in
lui
l
anima
dell
aguzzino
.
Perché
il
personale
di
custodia
è
come
invaso
dalla
paura
di
riuscire
mite
.
Parla
a
monosillabi
,
ha
una
voce
che
sente
del
carceriere
e
preferisce
dire
di
no
ai
detenuti
che
gli
domandano
qualche
cosa
.
Ieri
,
dopo
tanta
insistenza
,
ho
ottenuto
il
permesso
di
tagliarmi
le
unghie
vellutate
e
lunghe
.
Ma
ho
dovuto
tagliarmele
alla
presenza
di
questo
omaccione
che
rintuzza
ogni
desiderio
col
regolamento
.
Il
suo
ufficio
è
un
bugigattolo
in
faccia
all
ufficio
di
matricola
.
È
in
esso
che
ho
avuto
il
primo
colloquio
.
Il
capo
metteva
la
sua
faccia
tra
la
mia
e
quella
del
mio
amico
.
Ci
teneva
addosso
gli
occhi
semichiusi
e
ci
interrompeva
tutte
le
volte
che
tentavamo
di
parlare
degli
avvenimenti
e
di
scambiarci
notizie
che
sapevano
tutti
.
Gli
ho
ridomandato
una
cella
a
pagamento
per
avere
il
chiaro
alla
sera
,
la
materassa
sulla
branda
e
un
tavolino
con
la
scranna
.
-
Ce
ne
sarebbero
così
delle
persone
che
vorrebbero
questi
comodi
!
Abbiamo
faticato
a
trasformare
una
cella
a
pagamento
per
don
Davide
Albertario
,
venuto
qui
il
24
.
Con
un
prete
non
potevamo
fare
diversamente
.
Con
le
guardie
occupatissime
siamo
anzi
obbligati
a
mandarlo
al
passeggio
solo
per
impedire
che
qualche
mascalzone
lo
insulti
.
Si
sa
,
il
Cellulare
non
è
un
collegio
.
È
suonata
la
campana
che
annuncia
la
distribuzione
del
pane
.
I
prigionieri
la
chiamano
la
«
voce
di
Dio
»
.
È
un
minuto
di
raccoglimento
.
Le
finestre
diventano
quelle
di
un
edificio
disabitato
.
Non
si
sente
più
un
anima
.
I
detenuti
sono
all
uscio
ad
aspettare
che
si
apra
l
usciuolo
con
la
parola
che
li
invade
di
piacere
:
«
Pane
»
!
Il
distributore
che
è
uno
scopino
la
ripete
a
ogni
pagnotta
che
passa
per
il
buco
.
Lo
ricevo
anch
io
,
ma
lo
passo
,
colombando
,
al
delinquente
vicino
alla
mia
cella
che
ha
sempre
fame
.
È
un
ragazzo
di
diciassette
anni
,
scolorato
come
un
onanista
,
e
già
recidivo
.
L
ultimo
furto
lo
ha
consumato
nello
studio
del
capomastro
suo
padrone
.
Egli
si
aspetta
il
dibattimento
di
giorno
in
giorno
.
La
vita
carceraria
è
fatta
per
imbestiare
le
persone
più
buone
e
più
altamente
educate
.
Dall
oggi
all
indomani
si
passa
dal
finimento
da
tavola
alla
scodella
di
terraglia
del
cane
dell
accattone
orbo
.
Non
c
è
più
biancheria
,
non
ci
sono
più
posate
,
non
ci
sono
più
cristalli
,
non
ci
sono
più
tondi
,
più
tondini
,
più
fruttiere
,
più
portampolle
,
più
insalatiere
,
più
portastecchi
.
Non
c
è
più
che
il
maiale
con
un
pezzaccio
di
legno
scavato
malamente
in
fondo
.
Come
,
o
signori
,
ma
io
sono
un
inquisito
,
sono
una
persona
che
deve
essere
creduta
innocente
fino
all
ultima
parola
della
Cassazione
,
e
voi
mi
punite
mettendomi
in
mano
uno
scopino
disfatto
e
laido
perché
mi
scopi
la
cella
,
e
voi
mi
obbligate
,
con
le
mie
mani
abituate
ai
guanti
,
a
portare
fuori
e
dentro
la
mia
tana
il
vasone
da
notte
come
un
latrinaio
qualunque
!
No
,
accidenti
,
no
,
mi
ribello
!
capite
,
mi
ribello
!
Voi
non
siete
autorizzati
a
punirmi
.
Voi
dovete
rispettare
in
me
il
cittadino
anche
se
fossi
uno
squartadonne
.
Ho
perduto
.
Mi
è
toccato
proprio
scopare
e
mettere
fuori
le
porcherie
con
le
mie
mani
.
La
guardia
al
mio
no
!
di
stamane
se
n
è
andata
chiudendomi
l
uscio
sui
piedi
.
Ella
mi
avrebbe
fatto
marcire
nella
puzza
e
nel
sudiciume
.
Potevo
ringraziare
Dio
-
diceva
-
che
non
mi
aveva
fatto
rapporto
.
I
superiori
mi
avrebbero
convinto
che
avevo
torto
,
con
dei
giorni
di
pane
e
acqua
.
Sia
fatta
la
volontà
degli
altri
.
Ma
se
divento
io
direttore
generale
delle
carceri
!
....
Noiosi
!
gente
noiosa
!
Sono
entrati
per
la
seconda
volta
i
battitori
e
mi
hanno
stordito
.
Battono
i
ferri
delle
finestre
con
un
gusto
e
con
dei
finali
che
spaccano
la
testa
.
Tirlic
-
tirlac
,
tirlic
-
tirlac
,
tirlac
,
tirlac
!
Tirlic
,
tirlac
,
tirlic
-
tirlac
,
tirlac
,
tirlac
,
tirlac
,
tirlac
tirlac
,
lac
,
lac
,
lac
,
lac
,
lac
!
Di
che
cosa
avete
paura
?
Come
è
possibile
che
io
possa
segare
o
schiantare
i
bastoni
di
ferro
se
mi
avete
fatto
svestire
e
se
vi
siete
assicurati
che
non
è
a
mia
disposizione
neppure
un
chiodo
?
Se
le
vostre
guardie
non
sono
corrotte
,
voi
potete
smettere
di
sciupare
il
tempo
e
il
personale
per
rintronarmi
le
orecchie
!
Mi
è
rimasto
in
mano
il
manico
del
chiccherotto
e
la
terraglia
è
andata
in
frantumi
.
È
come
se
avessi
rotto
una
caraffa
di
cristallo
finissimo
.
C
è
tutto
il
Cellulare
sottosopra
.
Il
secondino
di
servizio
guardò
i
cocci
con
aria
di
sospetto
,
fece
un
annotazione
e
richiuse
l
uscio
.
Rividi
lo
stesso
agente
con
un
sottocapo
,
il
quale
entrò
a
dare
un
occhiatina
ai
frantumi
.
-
Come
avete
fatto
a
romperla
?
-
Cadde
.
Me
ne
faccia
dare
un
altra
a
mie
spese
.
-
Uhm
!
Stamattina
sono
stato
chiamato
ad
«
udienza
»
.
Tra
le
sette
e
le
otto
il
direttore
viene
al
centro
della
carcere
;
va
in
una
stanza
che
partecipa
della
rotonda
lambita
dagli
esagoni
e
dà
«
udienza
»
..
Coloro
che
si
sono
fatti
iscrivere
e
coloro
che
sono
stati
iscritti
a
loro
insaputa
,
escono
dalla
cella
al
suono
della
campana
che
chiama
a
«
udienza
»
,
discendono
e
si
fermano
sulla
punta
del
raggio
,
dove
aspettano
che
Minosse
vada
in
sedia
.
È
una
mezz
ora
che
l
ho
veduto
.
Il
direttore
era
seduto
a
un
tavolo
di
cucina
,
con
la
faccia
sullo
sfogliazzo
e
le
braccia
sul
tavolo
come
pesi
in
riposo
.
Con
una
mano
faceva
dei
segni
rossi
in
margine
al
nome
e
con
l
altra
andava
alla
ricerca
della
pagina
.
-
Come
avete
fatto
a
romperla
?
-
Mi
restò
il
manico
in
mano
.
Mi
entrò
negli
occhi
come
per
precipitarsi
negli
abissi
della
mia
coscienza
e
risalirne
con
la
bugia
in
mano
.
-
Andate
!
mi
disse
.
Ho
saputo
dopo
che
ero
stato
condannato
a
pagarla
.
Non
sono
i
venti
o
i
trenta
centesimi
che
mi
fanno
sprecare
l
inchiostro
.
Ma
io
domando
se
è
giustizia
di
farmi
pagare
un
chiccherotto
che
mi
si
è
dato
slabbrato
e
pieno
di
crepe
e
che
aveva
servito
a
chi
sa
quanti
detenuti
.
Vi
pare
,
o
signor
direttore
,
è
giusto
che
un
poveraccio
sconti
col
digiuno
un
avvenimento
che
può
avvenire
a
voi
,
alle
vostre
figlie
,
alla
vostra
signora
,
alla
vostra
serva
,
a
tutti
coloro
che
bevono
?
Mi
tocca
proprio
dare
dell
animale
all
avvocato
Guglielmo
Gambarotta
.
È
qui
nel
mio
raggio
,
sullo
stesso
piano
,
ha
la
cella
piena
di
volumi
,
mi
ha
lasciato
supporre
che
mi
avrebbe
fatto
fare
un
indigestione
di
libri
e
poi
mi
tiene
qui
a
penare
e
ad
aspettarli
ad
ogni
piede
che
passa
!
Che
la
guardia
non
abbia
voluto
prenderli
?
Ma
e
la
«
colomba
»
,
non
ha
ancora
imparato
a
«
colombare
»
?
Non
ho
ancora
finito
di
scrivere
l
interrogazione
che
sono
stato
chiamato
alla
spia
da
una
voce
sconosciuta
.
-
L
avvocato
Gambarotta
è
uscito
.
Lo
saluta
.
-
Chi
siete
?
Nessuna
risposta
.
La
sua
uscita
mi
lasciò
fantasticare
.
Che
si
sia
incominciata
la
scarcerazione
degli
innocenti
?
Il
passeggio
è
monotono
.
È
come
un
altra
cella
scoperchiata
.
Il
gruppo
dei
passeggi
è
di
venti
raggi
che
fanno
capo
a
una
rotonda
di
mattoni
,
circondata
di
pietre
,
sull
alto
della
quale
è
la
guardia
seduta
che
sorveglia
i
detenuti
.
In
direzione
opposta
i
raggi
si
slargano
fino
a
far
posto
a
una
filata
di
otto
uomini
,
l
uno
a
gomito
dell
altro
.
Il
cancello
dalla
parte
più
larga
del
passeggio
ha
un
lastrone
di
ferro
che
impedisce
di
vedere
il
viso
di
chi
passa
.
I
muri
divisori
sono
alti
quattro
metri
,
così
che
i
passeggiatori
di
un
passeggio
non
possono
vedere
,
né
capire
quello
che
dicono
,
i
passeggiatori
di
un
altro
.
In
venti
raggi
passeggiano
dagli
ottanta
ai
cento
individui
.
Una
volta
che
i
raggi
sono
popolati
,
la
guardia
discende
la
scaletta
che
conduce
alla
sua
altura
con
una
manata
di
fidibus
,
li
accende
e
li
distribuisce
,
di
raggio
in
raggio
,
ai
fumatori
.
-
Fuoco
!
Chiusi
tra
queste
pareti
vi
accorgete
subito
che
il
detenuto
che
possegga
un
pezzo
di
matita
lascia
traccia
della
sua
passeggiata
,
quantunque
sia
proibitissimo
insudiciare
o
scrivere
sui
muri
.
In
questi
segni
grafici
io
non
vedo
né
il
grafomane
,
né
il
delinquente
.
Vedo
semplicemente
l
individuo
che
dice
sul
muro
quello
che
non
può
dire
su
un
pezzetto
di
carta
.
Supponete
che
un
condannato
di
ieri
possa
credere
che
i
suoi
amici
,
oggi
o
domani
,
passeranno
per
lo
stesso
passeggio
.
Non
esiterà
un
minuto
a
scrivere
:
«
Amici
,
salute
.
Condannato
a
14
anni
e
otto
mesi
.
Uscirò
il
1913
.
Coraggio
!
Salutatemi
la
Nina
.
Addio
»
.
Si
è
detto
che
la
muraglia
è
il
libro
della
canaglia
,
perché
vi
si
leggono
ideacce
che
non
possono
nascere
nel
cervello
dei
galantuomini
.
È
dubbio
.
Io
vorrei
vedere
costoro
per
qualche
anno
nello
stesso
ambiente
.
A
nessuno
di
noi
,
liberi
,
viene
in
mente
di
scarabocchiare
sui
muri
i
«
morte
al
boia
!
»
State
in
prigione
e
vi
vedrete
un
giorno
o
l
altro
trascinati
a
manifestare
il
vostro
odio
contro
la
spia
che
vi
avrà
denunciato
,
o
al
giudice
per
salvarsi
,
o
alla
guardia
per
ingraziarsela
,
o
al
direttore
per
ottenere
qualche
favore
.
Le
stesse
guardie
carcerarie
,
le
quali
sovente
sono
vittime
dello
spionaggio
,
partecipano
di
questo
sentimento
che
erompe
e
trova
il
suo
sfogo
sulle
muraglie
delle
casematte
,
degli
ergastoli
,
dei
bagni
di
tutto
il
mondo
.
In
Francia
i
delatori
sono
perseguitati
sulle
muraglie
come
in
Italia
.
-
«
Mort
aux
vaches
!
»
Ci
è
toccata
la
prima
ora
di
passeggio
.
Si
esce
volentieri
alla
mattina
,
specialmente
quando
si
ha
avuto
una
notte
fosforescente
come
quella
passata
.
Non
sarebbe
mancata
che
l
imprudenza
di
un
solfanello
per
metterci
in
mezzo
alle
fiamme
.
I
miei
compagni
sono
quelli
di
ieri
.
Passeggiavano
col
piacere
delle
persone
che
godono
mezzo
mondo
a
sentirsi
in
mezzo
all
aria
fresca
.
Il
detenuto
che
ha
i
capelli
ritti
come
setole
piantate
nella
testa
,
spingeva
innanzi
la
faccia
per
sentirsela
alitare
sugli
occhi
.
Andavamo
in
su
e
in
giù
fumacchiando
e
sparlando
della
direzione
.
Un
compagno
ci
raccontava
che
in
un
libro
,
che
gli
aveva
prestato
il
cappellano
,
era
detto
che
al
bagno
di
Tolone
i
forzati
avevano
due
arie
di
un
ora
ciascuna
.
Qui
invece
ci
si
lesina
anche
quella
poca
ora
regolamentare
.
Col
sistema
della
direzione
che
ci
conta
l
ora
dal
primo
tocco
della
campana
d
uscita
al
primo
tocco
della
campana
d
entrata
,
il
prigioniero
del
Cellulare
non
sta
mai
a
passeggio
più
di
cinquanta
minuti
.
Non
c
è
errore
e
ve
lo
dimostro
.
Siamo
in
un
raggio
di
cento
persone
.
Ci
sono
due
o
tre
guardie
di
servizio
.
Le
celle
non
si
possono
spalancare
che
tirando
indietro
il
catenaccio
.
Mettete
quattro
o
sei
mani
ad
aprirle
tutte
,
e
poi
ditemi
se
gli
ultimi
non
devono
uscire
otto
o
dieci
minuti
dopo
.
La
rientrata
ha
gli
stessi
inconvenienti
.
Perché
i
primi
a
uscire
sono
anche
i
primi
a
rientrare
.
Il
regolamento
non
è
oscuro
.
Dice
chiaro
e
tondo
che
ci
si
deve
,
nei
giorni
feriali
,
«
almeno
un
ora
»
e
maggior
tempo
«
alla
domenica
»
.
Invece
alla
domenica
ci
si
rubano
degli
altri
minuti
.
Nei
giorni
domenicali
non
si
sta
mai
a
passeggio
più
di
tre
quarti
d
ora
.
La
ragione
è
che
si
aumentano
i
servizi
con
lo
stesso
personale
di
sorveglianza
.
È
facile
capire
perché
non
si
protesta
.
Prima
di
tutto
non
è
possibile
trovarsi
d
accordo
in
un
carcere
che
ha
tanti
detenuti
che
vanno
e
vengono
in
un
giorno
.
Poi
si
farebbe
del
male
alle
guardie
che
stanno
più
male
di
noi
che
abbiamo
svaligiato
o
assassinato
qualcuno
.
Hanno
un
servizio
di
diciassette
o
diciotto
ore
sulle
ventiquattro
e
pagano
,
con
le
trattenute
sullo
stipendio
ridevole
,
i
pisolini
notturni
,
e
le
mancanze
che
fuori
di
questo
luogo
farebbero
storcere
le
budella
dalle
risa
.
La
barba
lunga
mi
ha
sempre
fatto
schifo
.
Al
largo
me
la
faccio
radere
una
volta
al
giorno
.
In
questo
periodo
di
Bava
Beccaris
ho
dovuto
lasciarmela
crescere
quattordici
giorni
.
I
peli
mi
pungevano
come
tante
pagliuzze
.
Adesso
sono
sbarbato
e
non
mi
pento
.
Ma
vi
so
dire
che
ho
passato
un
brutto
momento
.
È
entrato
nella
mia
cella
un
uomo
che
mi
pareva
avesse
gli
occhi
lucidi
del
bevitore
.
Il
suo
alito
puzzava
di
grappa
e
le
maniche
della
sua
giacca
sucida
erano
lastricate
del
pattume
del
mestiere
.
A
ogni
movimento
sputava
in
terra
la
saliva
negra
della
cicca
che
egli
rivolgeva
come
un
boccone
sotto
i
denti
.
Mi
ha
messo
al
collo
uno
straccio
sporco
come
un
cencio
di
cucina
.
Gli
aveva
servito
per
sbarbare
un
raggio
intiero
.
A
ogni
rasoiata
sudavo
come
sotto
un
operazione
chirurgica
.
Avevo
sempre
paura
di
vedermi
cadere
..
una
sleppa
di
carne
insanguinata
.
Sbatteva
sul
pavimento
,
che
avevo
reso
lucido
con
le
mie
braccia
,
le
ditate
della
spuma
coi
peli
che
si
era
accumulata
sul
suo
rasoio
.
Il
suo
modo
era
spiccio
.
Dalla
eminenza
dello
zigomo
passava
per
la
guancia
come
una
strisciata
di
rasoio
.
Lascia
peli
dappertutto
,
specialmente
dove
il
rasoio
non
può
scorrere
liberamente
,
come
nella
pozzetta
del
mento
.
Mi
brucia
la
pelle
della
faccia
come
se
fosse
stata
scorticata
e
ho
ancora
per
il
naso
l
odore
putrilaginoso
del
suo
sapone
orribile
.
NOTERELLE
DEL
MIO
AMICO
ALLA
MATRICOLA
Maggio
1898
So
quanto
deve
avere
sofferto
in
una
stanza
con
degli
altri
di
un
altra
condizione
.
Ma
non
ho
potuto
aiutarla
.
Dalla
sua
entrata
sono
avvenute
cose
incredibili
.
Il
personale
di
custodia
è
terrorizzato
.
Noi
scrivanelli
non
abbiamo
più
modo
di
entrare
nei
raggi
dei
politici
.
L
Astengo
se
n
è
andato
.
Era
un
direttore
umano
.
Il
suo
delitto
è
di
avere
permesso
ai
più
grossi
detenuti
politici
di
pranzare
insieme
.
Siccome
non
ci
sono
locali
sufficienti
e
siccome
anche
nella
cella
i
prigionieri
sono
appaiati
per
mancanza
di
spazio
,
così
non
si
capisce
il
rigore
della
direzione
carceraria
di
Roma
.
Provvisoriamente
ha
preso
il
suo
posto
l
ispettore
De
Luca
.
È
uomo
di
cuore
.
Se
ce
lo
lasciano
non
abbiamo
perduto
nulla
.
Ha
fatto
migliorare
il
vitto
e
non
punisce
che
quelli
che
vogliono
proprio
essere
puniti
.
È
la
prima
volta
che
mi
capita
di
vedere
una
testa
direttiva
che
riconosce
i
diritti
dei
carcerati
.
Di
solito
i
direttori
dei
nostri
giudiziari
sono
un
po
come
i
direttori
delle
caserme
dei
forzati
in
Siberia
,
descritti
dal
Dostoïewsky
-
un
autore
che
non
mi
lascia
mai
uscire
dalla
tristezza
.
Individui
che
hanno
sempre
bisogno
di
passare
sul
regolamento
per
schiacciare
qualcuno
o
levare
qualche
cosa
a
qualcun
altro
.
Ho
ricevuto
la
sua
noticina
.
Si
fidi
pure
.
È
un
uomo
che
per
me
andrebbe
nel
fuoco
.
La
guardia
che
sorveglia
la
sua
cella
non
è
cattiva
,
ma
dice
tutto
quello
che
avviene
nel
suo
raggio
.
È
dunque
pericolosa
.
Non
ci
sono
stanze
a
pagamento
a
pagarle
un
occhio
.
È
inutile
strepitare
.
Procuri
di
adattarsi
.
Sono
momenti
eccezionali
.
Il
suo
pranzo
è
andato
per
due
giorni
in
qualche
altra
cella
.
Si
consoli
che
lo
avrà
mangiato
un
povero
diavolo
.
La
confusione
è
inevitabile
.
C
è
una
media
di
settecento
soccorsi
al
giorno
.
Si
raccomandi
alla
madonna
perché
non
le
capiti
qualcosa
di
peggio
.
Va
bene
,
va
bene
.
Dia
sempre
retta
ai
miei
suggerimenti
.
Io
la
so
più
lunga
di
lei
e
non
lo
dico
per
vantarmi
.
Lo
dico
perché
la
mia
esperienza
è
più
lunga
della
sua
.
Ascolti
attentamente
.
Un
buon
prigioniero
deve
essere
sempre
pronto
a
subire
la
perquisizione
.
Ravvolga
i
miei
fogliolini
nella
carta
incerata
che
le
mando
e
appenda
il
sacchetto
dove
la
camicia
è
più
nascosta
.
In
queste
giornate
di
sorprese
è
una
precauzione
necessaria
.
Sugli
arrestati
di
maggio
non
posso
giovarle
molto
,
perché
una
volta
registrati
noi
non
abbiamo
più
alcuna
comunicazione
con
loro
.
Il
giorno
sette
,
cioè
sabato
,
eravamo
qui
che
aspettavamo
,
di
minuto
in
minuto
,
gli
arrestati
della
giornata
.
Ma
non
abbiamo
registrato
che
quattro
imputati
di
delitti
comuni
,
completamente
estranei
ai
tumulti
.
Non
ricordo
bene
la
data
dei
primi
rivoltosi
capitati
al
Cellulare
.
So
che
i
primi
sono
entrati
alle
sei
ore
mattina
,
la
seconda
o
terza
giornata
che
fosse
dei
tumulti
di
Milano
.
Erano
gli
arrestati
di
Porta
Ticinese
.
Sono
giunti
in
uno
stato
da
far
pietà
ai
sassi
.
Erano
stati
trattenuti
,
nella
caserma
di
S
.
Eustorgio
,
più
di
quarant
ore
colle
manette
ai
polsi
.
È
un
po
troppo
.
Non
siamo
mica
in
Russia
.
La
mia
speranza
era
il
dubbio
.
Non
volevo
credere
che
ci
fosse
gente
con
tanto
di
pelo
sullo
stomaco
.
Ho
interrogato
coloro
che
li
avevano
accompagnati
al
Cellulare
.
Il
fatto
è
vero
.
Le
autorità
militari
,
senza
locali
adatti
,
avevano
dovuto
assicurarsi
dei
barricatisti
con
le
manette
.
Poca
gente
di
buono
e
fra
loro
parecchi
già
noti
ai
nostri
registri
.
Il
grosso
convoglio
degli
arrestati
è
stato
quello
di
domenica
.
Parlo
sempre
delle
quattro
giornate
.
Era
accompagnato
dal
delegato
Birondi
.
Egli
entrò
nella
nostra
stanza
smorto
che
faceva
paura
.
Ci
si
diceva
che
aveva
sofferto
orribilmente
a
passare
per
le
vie
con
tanti
arrestati
e
cogli
ordini
severi
che
avevano
soldati
e
agenti
di
P
.
S
.
Un
molla
!
molla
!
di
qualche
matto
al
largo
poteva
far
nascere
chi
sa
che
tragedia
.
Tra
gli
arrestati
c
erano
il
deputato
De
Andreis
,
il
direttore
dell
ltalia
del
Popolo
,
l
avvocato
Federici
,
Valentini
,
ex
direttore
della
Sera
,
Ulisse
Cermenati
dell
ltalia
del
Popolo
e
il
professore
Gilardi
del
Secolo
.
Lunedì
ho
registrato
gli
onorevoli
Turati
e
Bissolati
e
la
dottora
Anna
Kuliscioff
.
Il
Turati
,
non
appena
libero
dalle
manette
,
ci
disse
che
non
era
nuovo
ai
nostri
registri
.
Era
stato
qui
,
non
so
quando
,
a
scontare
una
sentenza
per
un
reato
di
stampa
.
L
avvocato
Leonida
Bissolati
,
direttore
dell
Avanti
!
,
parla
con
la
grazia
di
una
signora
altamente
educata
.
È
tutt
assieme
una
faccia
intelligente
ammantata
di
un
ombra
spirituale
.
So
che
ha
tradotto
Carlo
Marx
con
un
suo
amico
cremonese
.
Ma
non
ho
mai
potuto
leggerlo
.
Non
c
è
ancora
nella
nostra
biblioteca
.
Se
avrà
occasione
di
vederlo
me
lo
saluti
tanto
e
gli
dica
della
mia
simpatia
per
lui
.
La
dottora
venne
registrata
dopo
.
Io
non
l
ho
veduta
.
Ma
mi
s
è
detto
che
essa
è
venuta
qui
in
vestaglia
.
È
stata
arrestata
alle
cinque
del
mattino
in
casa
sua
e
non
le
si
è
dato
tempo
neppure
di
acconciarsi
alla
meglio
.
La
sua
guardiana
mi
ha
raccontato
che
la
prima
cosa
che
fece
in
cella
fu
di
accendere
una
sigaretta
.
Ho
saputo
che
è
una
fumatrice
instancabile
.
È
avvenuto
quello
che
doveva
avvenire
.
Coi
continui
arresti
non
sappiamo
più
dove
mettere
gli
arrestati
.
Ieri
eravamo
1048
.
Il
numero
eccessivo
ha
obbligato
il
direttore
a
ficcarne
,
parecchi
,
tre
per
cella
,
coi
pagliericci
in
terra
.
Fortuna
che
non
fa
troppo
caldo
.
L
ultimo
pesce
grosso
che
registrai
fu
don
Davide
Albertario
.
È
alto
,
dalle
forme
erculee
.
Venne
da
San
Fedele
con
una
comitiva
di
venti
individui
della
peggior
specie
.
Quasi
tutti
recidivi
.
Per
impedire
agli
screanzati
di
dirgli
qualche
insolenza
,
il
direttore
lo
manda
al
passeggio
solo
.
Mangia
bene
e
riceve
il
pranzo
e
la
colazione
da
una
trattoria
esterna
.
Fuma
anche
lui
come
un
turco
.
Dopo
alcuni
giorni
gli
concessero
,
come
ai
deputati
e
ai
giornalisti
,
carta
,
penna
e
calamaio
.
Scrive
tutto
il
giorno
ed
è
sempre
in
nota
per
della
carta
.
Deve
essere
un
grafomane
.
Domenica
si
sarà
accorto
che
diceva
messa
un
altra
voce
.
Il
cappellano
Enrico
Villa
è
stato
sospeso
e
non
può
più
mettere
piede
nel
carcere
..
Al
suo
posto
officiava
un
frate
.
Lei
sa
che
io
sono
religioso
e
può
darsi
che
pecchi
d
indulgenza
.
Ma
credo
che
sia
impossibile
trovare
un
cappellano
come
don
Enrico
.
Era
un
sacerdote
che
adempiva
al
suo
ministero
con
entusiasmo
.
Lo
si
vedeva
andare
e
venire
come
il
moto
perpetuo
.
Appena
uno
era
in
cella
,
andava
a
trovarlo
,
a
consolarlo
,
a
incoraggiarlo
.
Non
lasciava
mai
alcuno
senza
libri
e
diceva
a
tutti
parole
che
aiutavano
a
tirare
innanzi
la
vitaccia
del
cellularizzato
.
Il
nuovo
direttore
è
tra
noi
come
un
flagello
.
Non
dissimula
.
È
una
sovrapotenza
assoluta
,
arricchita
dalla
funzione
di
punire
.
È
in
lui
come
una
spaventevole
rettitudine
.
Respira
il
dolore
degli
altri
come
una
donna
virtuosa
la
spiritualità
dell
incenso
.
La
sua
vanteria
è
di
essere
il
direttore
che
ha
fatto
mangiare
,
come
si
esprime
lui
,
più
cella
di
rigore
ai
detenuti
di
tutti
i
direttori
d
Italia
.
Le
guardie
che
vogliono
entrare
nelle
sue
grazie
devono
dargli
ogni
mattina
prova
del
loro
zelo
.
Non
si
sono
mai
visti
tanti
puniti
a
pane
ed
acqua
come
in
questi
giorni
.
Se
qualcuno
si
lamenta
dicendo
che
la
sua
infrazione
non
è
di
quelle
punibili
col
regolamento
,
il
direttore
gli
risponde
,
in
modo
piuttosto
brusco
,
che
il
regolamento
interno
del
carcere
lo
fa
lui
,
perché
ne
è
il
giudice
e
il
responsabile
.
Il
mio
compagno
all
ufficio
di
matricola
è
stato
castigato
stamane
con
dieci
giorni
di
camicia
di
forza
.
La
sua
mancanza
era
grave
.
Aveva
dato
uno
schiaffo
a
un
collega
che
lo
aveva
accusato
di
poltroneria
in
questi
giorni
che
non
abbiamo
avuto
tempo
neanche
di
dormire
!
Era
qui
con
me
da
diciannove
mesi
.
Lavorava
come
un
negro
ed
era
forse
,
tra
noi
,
il
più
intelligente
.
Dopo
un
semestre
di
tirocinio
gratis
il
suo
«
stipendio
»
,
per
un
lavoro
di
diciotto
ore
sulle
ventiquattro
,
era
di
dodici
lire
il
mese
.
Aspetti
a
dire
che
non
c
era
male
.
Perché
il
governo
,
sulle
dodici
lire
guadagnate
dal
detenuto
,
se
ne
prende
sette
e
venti
.
Non
ho
mai
capito
perché
il
governo
si
trattiene
sui
guadagni
dei
carcerati
il
sessanta
per
cento
.
Per
me
è
una
truffa
.
E
lo
dirò
sempre
,
anche
se
si
tenterà
di
convincermi
del
contrario
,
come
si
è
già
fatto
,
mettendomi
nella
camicia
di
forza
.
Rubare
al
detenuto
è
il
più
delittuoso
dei
delitti
.
Non
le
pare
?
La
camicia
di
forza
è
di
tela
grossolana
come
quella
delle
brande
dei
soldati
e
va
giù
fin
quasi
alle
ginocchia
.
Gli
occhielli
per
stringervi
il
condannato
al
supplizio
corrono
per
il
dorso
da
una
estremità
all
altra
.
Le
maniche
non
hanno
uscita
per
le
mani
.
Il
supplizio
maggiore
è
intorno
al
collo
.
È
una
tela
rigida
che
lo
sega
.
Se
le
guardie
incaricate
di
chiudervi
l
individuo
non
sono
umane
,
la
camicia
di
forza
diventa
una
vera
tortura
.
Io
credevo
di
non
arrivare
alla
fine
.
Vi
respiravo
con
una
fatica
rantolosa
e
lo
stringimento
mi
dava
una
molestia
che
mi
faceva
impazzire
.
Dopo
qualche
ora
passata
con
le
braccia
legate
sulla
schiena
,
come
Gesù
Cristo
,
diventai
furioso
.
Gridavo
,
mi
rotolavo
per
il
suolo
della
cella
buia
e
sotterranea
con
degli
sforzi
per
liberarmi
dal
camiciotto
che
mi
dava
un
tormento
spasmodico
,
ma
nessuno
veniva
a
calmarmi
o
a
vedermi
.
Non
fu
che
il
sonno
che
mi
diede
un
po
di
requie
.
Molti
dei
condannati
al
camiciotto
che
sopprime
ogni
movimento
,
implorano
la
commutazione
del
castigo
.
Preferiscono
un
periodo
più
lungo
di
camerella
con
pane
e
acqua
alla
tela
che
pigia
le
carni
su
se
stesse
con
intendimenti
assassini
.
Ma
è
difficile
che
si
riesca
ad
ammansare
i
direttori
.
La
clemenza
non
è
il
loro
forte
.
Ho
conosciuto
un
detenuto
,
imbestialito
dagli
spasimi
atroci
,
che
portò
via
coi
denti
un
pezzo
del
tavolato
sul
quale
doveva
dormire
.
La
maggioranza
tace
.
Essa
soffre
il
supplizio
senza
mandare
un
lamento
.
Ci
sono
individui
che
si
farebbero
attanagliare
piuttosto
che
domandare
perdono
al
loro
carnefice
,
come
ci
sono
nature
che
possono
resistere
a
tutte
le
pene
dell
inferno
.
Il
regolamento
è
meno
scellerato
dei
loro
interpreti
.
Esso
dà
dei
riposi
anche
alla
camicia
di
forza
e
ingiunge
che
dopo
quarantotto
ore
consecutive
rimanga
inoperosa
per
ventiquattro
.
Le
infrazioni
di
poco
conto
,
come
le
infrazioni
al
silenzio
,
sono
punite
secondo
il
sistema
del
direttore
.
LA
PAGINA
INTIMA
DEL
PROCESSO
AI
GIORNALISTI
Il
processo
dei
ventiquattro
è
stato
chiamato
dei
giornalisti
per
fare
del
lusso
(
)
.
In
verità
,
i
giornalisti
rappresentavano
la
minoranza
.
Tanto
è
vero
che
ciascuno
di
loro
leggeva
l
atto
d
accusa
facendo
tanto
d
occhi
.
-
Come
,
che
c
entro
io
con
costoro
?
Si
conobbero
,
o
almeno
si
videro
,
alle
tre
del
mattino
del
15
giugno
1898
,
nella
stanza
ove
si
«
caricano
e
si
scaricano
»
gli
arrestati
che
vanno
e
vengono
dal
Cellulare
.
Fuori
e
dentro
c
era
ressa
di
carabinieri
silenziosi
,
tetri
,
colle
mani
piene
di
ferri
.
Il
loro
capo
era
un
capitano
con
l
occhialino
nel
cavo
dell
orbita
,
con
una
cera
accigliata
,
con
due
baffi
marziali
,
che
passava
da
una
parte
all
altra
,
col
frustino
in
mano
,
facendo
risuonare
gli
speroni
degli
alti
stivali
alla
scudiera
,
mentre
assisteva
all
ammanettamento
.
Romussi
pareva
un
po
più
ingrigiato
.
Era
ilare
,
salutava
gli
amici
e
presentava
i
polsi
al
suo
ammanettatore
con
la
faccia
illuminata
dal
sorriso
.
I
carabinieri
giovani
che
adempivano
a
questo
servizio
erano
più
spietati
dei
vecchi
.
Continuavano
a
dare
dei
giri
anche
quando
si
diceva
loro
che
i
polsi
facevano
sangue
.
Don
Davide
era
conosciuto
da
tutti
,
ma
lui
,
personalmente
,
non
conosceva
che
l
avvocato
Romussi
,
Valera
e
Zavattari
.
Non
si
capiva
se
era
seccato
in
mezzo
a
tanti
ignoti
che
lo
guardavano
come
una
bestia
rara
.
Il
capitano
lo
squadrò
dal
capo
ai
piedi
,
gli
girò
intorno
col
fare
di
un
domatore
di
belve
,
e
si
voltò
dall
altra
,
parte
percotendo
leggermente
lo
stivalone
.
Si
capiva
che
l
aveva
su
coi
preti
o
che
ci
aveva
gusto
a
vederne
uno
nelle
peste
.
Don
Davide
pareva
imbronciato
.
Rispondeva
al
buon
giorno
di
qualche
amico
con
la
voce
grossa
di
chi
è
in
collera
con
se
stesso
.
La
sua
veste
talare
ambrosiana
e
il
suo
paltò
di
panno
nero
sentivano
il
bisogno
di
parecchie
spazzolate
.
Indossava
la
veste
,
cinta
dalla
fascia
di
seta
nera
,
dal
giorno
in
cui
dieci
tra
carabinieri
e
soldati
di
linea
entrarono
nella
casa
paterna
di
Filighera
ad
arrestarlo
.
Il
suo
paltò
polveroso
era
stato
buttato
nell
angolo
della
cella
dal
momento
che
vi
era
entrato
.
L
avvocato
Bortolo
Federici
,
noto
a
molti
come
repubblicano
,
attirava
l
attenzione
di
parecchi
per
il
suo
cappello
Oberdan
nero
,
sopra
un
«
completo
»
caffè
scuro
.
Zavattari
era
abbattuto
,
dimagrato
,
colle
guance
infossate
e
biancastre
e
con
le
mani
che
tremavano
come
se
avesse
avuto
la
febbre
.
A
uno
degli
arrestati
,
che
aveva
dato
il
buon
giorno
,
rispose
che
era
ammalato
,
gravemente
ammalato
e
che
,
se
non
lo
si
lasciava
andare
presto
,
sarebbe
morto
in
prigione
.
Fu
una
nota
che
diffuse
un
po
di
tristezza
in
coloro
che
gli
erano
vicini
.
I
carrettoni
che
li
portavano
al
Castello
erano
nicchie
che
obbligavano
gli
ammanettati
a
stare
con
le
labbra
ai
fori
della
respirazione
.
Smontarono
nel
cortile
ducale
pallidi
come
cadaveri
.
Il
primo
a
discendere
fu
del
Vecchio
,
un
omettino
che
nessuno
,
prima
dell
accusa
,
aveva
sospettato
che
fosse
un
leone
capace
di
arringare
la
folla
sulle
barricate
.
Girava
gli
occhi
come
trasecolato
.
Non
sapeva
trovare
una
parola
e
non
seppe
trovarla
neanche
al
processo
.
Accompagnati
da
molti
carabinieri
,
si
fecero
passare
in
mezzo
a
due
file
di
soldati
a
salire
per
le
scale
anguste
,
al
primo
e
al
secondo
piano
,
disperdendoli
per
gli
stanzoni
anticamente
occupati
dalla
Corte
degli
Sforza
.
Lungo
la
ringhiera
del
primo
piano
,
avevano
messo
Chiesi
,
Seneci
,
Cermenati
,
Federici
,
Valera
,
Lallici
,
Ghiglioni
,
Romussi
.
Al
secondo
piano
,
Lazzari
,
Valsecchi
,
Zavattari
,
qualche
altro
socialista
,
parecchi
anarchici
e
il
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
,
il
quale
occupava
la
stanza
N
.
10
,
colla
finestra
sul
tetto
che
gli
lasciava
entrare
l
aria
,
il
vento
e
la
pioggia
.
Il
primo
temporale
della
seconda
notte
lo
obbligò
a
salvarsi
dall
acqua
torrenziale
che
lo
aveva
sorpreso
in
letto
in
mutande
.
I
buchi
al
centro
degli
usci
dei
ventiquattro
processandi
permettevano
di
andare
cogli
occhi
negli
stanzoni
in
faccia
,
gremiti
di
arrestati
.
Davano
a
volte
l
impressione
di
un
immenso
lazzaretto
pieno
di
colerosi
,
e
a
volte
di
lunghi
corridoi
affollati
di
insorti
che
agitavano
entusiasticamente
i
cappelli
,
i
fazzoletti
e
le
mani
.
All
uscio
di
ciascuno
dei
ventiquattro
,
era
una
sentinella
.
Al
minimo
rumore
che
la
seccava
,
metteva
la
bocca
al
buco
e
diceva
:
-
Eh
,
fate
silenzio
o
vi
mando
dentro
una
pallottola
!
Più
di
uno
degli
arrestati
,
per
proteggersi
dalla
«
pallottola
»
,
,
è
stato
obbligato
a
far
chiamare
il
capoposto
.
Don
Davide
,
che
non
ha
mai
avuto
paura
di
farla
a
pugni
con
coloro
che
lo
hanno
insultato
e
come
uomo
e
come
prete
,
nella
sua
stanza
si
sentiva
a
disagio
.
Temeva
sempre
che
un
Misdea
qualunque
o
una
sentinella
che
esagerasse
nella
consegna
lo
allungasse
cadavere
.
Una
sera
,
mentre
passeggiava
fumando
un
virginia
,
una
sentinella
,
che
doveva
essere
anticlericale
,
continuava
a
perseguitarlo
dalla
spia
dicendogli
di
non
fare
fracasso
,
di
buttare
via
il
sigaro
che
era
proibito
fumare
e
di
andare
a
letto
se
non
voleva
che
ve
lo
mandasse
lui
.
Il
sacerdote
,
che
non
aveva
angolo
che
non
fosse
visibile
alla
bocca
di
fuoco
,
venne
preso
da
una
specie
di
panico
che
lo
obbligò
a
chiamare
ad
alta
voce
il
capoposto
,
il
quale
,
per
fortuna
,
era
un
chierico
.
I
ventiquattro
,
dopo
dieci
ore
di
processo
,
ritornavano
in
camera
sfiniti
o
stracchi
morti
,
mangiavano
un
boccone
e
si
buttavano
sul
pagliericcio
con
la
speranza
d
addormentarsi
subito
e
dimenticare
ciò
che
avevano
sentito
nella
giornata
.
Le
venti
o
trenta
sentinelle
,
alla
distanza
di
pochi
passi
l
una
dall
altra
,
alle
otto
precise
incominciavano
a
gridare
con
delle
voci
sgangherate
:
Sentinella
all
ertaaa
!
-
All
erta
stooo
!
Sentinella
all
ertaaa
!
-
All
erta
stooo
!
-
Sentinella
all
ertaaa
!
-
All
erta
stooo
!
-
Sentinella
all
ertaaaaaaaa
!
-
all
erta
stoooooooo
!
-
Sentinella
all
ertaaaaaaa
!
-
All
erta
stooooooooooooooooo
!
Una
voce
seguiva
l
altra
con
degli
o
e
degli
a
larghi
che
spesso
morivano
nell
aria
come
un
agonia
e
talvolta
si
rompevano
con
un
fracasso
che
metteva
sottosopra
il
cervello
dei
detenuti
che
non
potevano
dormire
.
E
dopo
dieci
o
quindici
minuti
di
riposo
,
ricominciavano
a
gettare
le
voci
per
lo
spazio
più
sgangherate
di
prima
.
Gli
accusati
si
alzavano
al
suono
della
campana
con
le
occhiaie
della
gente
che
patisce
d
insonnia
.
Il
direttore
del
Secolo
,
che
non
può
dormire
che
al
buio
e
in
luogo
tranquillo
,
tormentato
dalle
grida
degli
incappottati
,
si
voltava
e
si
rivoltava
anche
quando
aveva
preso
un
po
di
solfonal
o
di
trional
.
Il
Chiesi
,
che
non
sa
leggere
in
letto
perché
gli
si
chiudono
subito
gli
occhi
,
in
Castello
aveva
dei
momenti
di
disperazione
perché
non
gli
si
concedeva
il
riposo
notturno
.
Ulisse
Cermenati
,
che
sa
stare
ritto
sulle
gambe
,
andava
al
processo
dinoccolato
e
pieno
di
sonno
,
e
Federici
raccontava
agli
amici
che
accendeva
,
spegneva
e
riaccendeva
il
lume
con
dei
tentativi
di
passare
la
notte
leggendo
.
Si
credeva
che
il
processo
fosse
ancora
più
sommario
di
quello
che
è
stato
.
E
ognuno
che
aveva
qualcosa
da
dire
si
era
alzato
nell
ultima
notte
prima
dell
alba
,
col
permesso
del
capoguardia
,
a
buttar
giù
qualche
nota
.
Alcuni
dei
ventiquattro
avrebbero
voluto
che
si
fosse
andati
al
Tribunale
col
proposito
dell
on
.
A
.
Costa
,
quando
era
tra
gli
arrestati
al
Cellulare
.
Lasciarsi
trascinare
dinanzi
il
Tribunale
di
guerra
senza
dire
una
parola
.
Ma
quest
idea
non
ha
potuto
prevalere
,
un
po
perché
non
si
conoscevano
tutti
,
un
po
perché
nessuno
poteva
comunicare
coll
altro
e
un
po
perché
gli
accusati
appartenevano
a
diversi
partiti
in
lotta
fra
di
loro
.
Valera
,
andata
a
male
la
proposta
del
silenzio
,
credeva
che
sarebbe
stato
utile
,
per
suo
conto
,
di
servirsi
del
sistema
di
O
Donovan
Rossa
,
cioè
di
guadagnar
tempo
e
provare
,
con
la
lettura
dei
documenti
sparsi
per
i
libri
e
per
i
giornali
,
che
l
Italia
era
gravida
di
socialismo
.
Ma
il
tampone
presidenziale
gli
è
stato
messo
in
bocca
tante
volte
che
dovette
sedere
come
un
uomo
letteralmente
imbavagliato
.
Il
sistema
di
O
Donovan
Rossa
,
il
quale
,
tra
parentesi
,
non
era
ancora
il
capo
dei
dinamitardi
,
era
di
valersi
del
Tribunale
per
far
conoscere
al
popolo
la
condizione
del
suo
paese
e
protrarre
il
giorno
della
sentenza
con
la
lettura
della
storia
irlandese
attraverso
gli
ottantatrè
Acts
o
leggi
eccezionali
,
che
avevano
coercizzata
la
nazione
per
punirla
di
domandare
con
insistenza
la
libertà
che
avevano
gli
Inglesi
.
Dopo
tre
giorni
il
giudice
tappò
la
bocca
al
feniano
,
ma
il
suo
sistema
divenne
un
arma
poderosa
nella
Camera
dei
Comuni
,
ove
i
parnellisti
costringevano
i
deputati
coercizionisti
ad
assistere
a
delle
sedute
parlamentari
che
duravano
perfino
quarantadue
ore
e
impedivano
ai
ministri
,
per
delle
settimane
e
dei
mesi
,
di
far
votare
i
bills
che
dovevano
imbavagliare
gli
Irlandesi
.
Don
Davide
,
che
era
sempre
stato
tenuto
separato
dagli
altri
e
che
anche
al
Cellulare
si
mandava
al
passeggio
da
solo
,
si
era
preparata
un
autodifesa
di
circa
venti
o
venticinque
fogli
da
protocollo
,
per
provare
,
con
grande
semplicità
,
la
sua
innocenza
.
Cominciava
dal
dire
di
ignorare
il
perché
era
stato
arrestato
,
carcerato
e
condotto
al
Tribunale
,
e
tirava
via
affermando
che
,
né
direttamente
,
né
indirettamente
,
aveva
mai
preso
parte
ai
tumulti
.
«
Non
solo
,
diceva
egli
in
terza
persona
,
né
indirettamente
,
né
direttamente
non
ha
preso
parte
a
tumulti
,
ma
sempre
in
vita
sua
usò
dello
scritto
e
della
parola
per
l
ordine
nella
religione
,
maestra
di
rispetto
,
fonte
di
civiltà
e
di
proprietà
.
Lo
stesso
avvocato
fiscale
che
lo
incolpa
di
fini
speciali
,
confessa
di
non
sapere
il
perché
lo
si
perseguita
.
Fini
speciali
?
Dunque
,
non
connivenze
con
altri
partiti
,
ma
un
azione
solitaria
.
Quale
?
Repubblicana
,
no
;
socialista
,
no
;
dunque
?
Distruzione
dell
Italia
attuale
e
ricostituzione
del
poter
temporale
del
papa
;
questo
,
suppone
l
accusatore
.
Ora
,
questo
è
assurdo
,
perché
don
Davide
Albertario
in
proposito
ha
per
programma
di
attenersi
a
quello
che
gli
altri
poteri
,
l
ecclesiastico
e
il
laicale
,
concertino
tra
di
loro
.
«
Domando
dunque
,
concludeva
don
Davide
,
che
mi
si
lasci
libero
al
mio
lavoro
benefico
,
al
mio
altare
,
alla
mia
famiglia
.
Sono
cittadino
e
sacerdote
e
scrittore
che
ha
fatto
il
suo
dovere
.
Non
rapitemi
la
libertà
.
L
onore
,
né
voi
né
nessuno
me
lo
rapiranno
giammai
.
Rimandatemi
al
mio
luogo
di
lavoro
»
.
Romussi
,
che
,
come
tutti
sanno
,
è
un
lavoratore
instancabile
,
si
era
alzato
alle
due
antimeridiane
a
gettar
giù
cartelle
sopra
cartelle
,
dolendosi
,
di
tanto
in
tanto
,
di
non
avere
avuto
con
sè
la
collezione
del
Secolo
per
poter
documentare
la
sua
vita
di
giornalista
.
Ciononostante
,
scrisse
un
mucchio
di
cartelle
che
sono
state
distrutte
o
perdute
.
Al
Castello
vi
doveva
essere
un
raccoglitore
di
manoscritti
.
Perché
di
tanto
in
tanto
si
sentiva
qualcuno
dei
ventiquattro
lamentarsi
di
avere
smarrito
dei
foglietti
pieni
delle
idee
che
intendeva
svolgere
al
Tribunale
militare
.
Don
Davide
fu
il
più
sventurato
di
tutti
.
Perché
,
oltre
all
avere
sciupata
la
fatica
per
l
autodifesa
,
trovò
che
una
mano
ignota
gli
aveva
involato
dalla
valigia
un
manoscritto
ch
egli
aveva
preparato
nelle
lugubri
giornate
al
Cellulare
e
che
intendeva
pubblicare
subito
dopo
la
sentenza
.
Egli
ha
potuto
far
avere
a
me
una
di
queste
cartelle
,
scritta
con
una
calligrafia
quasi
femminile
e
piena
di
parole
feroci
contro
quelli
che
chiama
i
suoi
delatori
.
La
cosa
più
noiosa
durante
gli
otto
giorni
di
processo
erano
le
manette
.
A
tutti
noi
si
mettevano
i
ferri
quando
si
usciva
dalla
stanza
per
andare
al
tribunale
nel
cortile
della
Rocchetta
,
quando
dal
tribunale
si
era
accompagnati
nella
stanza
a
far
colazione
,
quando
ci
si
riconduceva
sul
banco
degli
accusati
e
quando
ci
si
riconsegnava
al
secondino
per
essere
chiusi
in
prigione
fino
all
indomani
alla
stessa
ora
.
Lungo
il
passaggio
tra
un
cortile
e
l
altro
,
v
era
sempre
folla
.
In
quello
ducale
,
era
una
siepe
di
ufficiali
che
amavano
vedere
da
vicino
queste
persone
pubbliche
che
avevano
scritto
delittuosamente
nel
giornale
socialista
,
repubblicano
,
radicale
,
liberale
,
cattolico
.
In
quello
della
Rocchetta
,
era
la
moltitudine
,
composta
di
curiosi
,
di
amici
,
di
preti
,
di
soldati
,
che
sgomitava
per
mettersi
in
prima
fila
a
vedere
,
salutare
,
commuoversi
,
piangere
.
Si
vedevano
persone
che
si
tergevano
le
lagrime
col
dorso
della
mano
,
persone
che
agitavano
il
cappello
per
dir
loro
:
coraggio
!
e
persone
che
levavano
in
alto
le
mani
giunte
per
tradurre
la
loro
desolazione
.
La
prima
volta
che
riattraversavano
il
cortile
della
Rocchetta
per
salire
a
colazione
,
vi
fu
un
fotografo
che
sentiva
indubbiamente
la
prepotenza
della
funzione
del
giornalismo
moderno
di
riprodurre
la
vita
sociale
illustrata
.
Si
staccò
da
un
capannello
e
si
presentò
colla
sua
macchina
sullo
stomaco
dinanzi
i
primi
due
dei
ventiquattro
,
i
quali
erano
il
direttore
del
Secolo
e
il
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
colle
mani
legate
assieme
.
Romussi
si
mise
un
braccio
attraverso
il
naso
e
don
Davide
si
tirò
il
cappello
sugli
occhi
voltandosi
di
fianco
-
entrambi
per
tradurre
la
loro
indignazione
e
per
impedirgli
di
esercitare
la
sua
professione
.
Anche
adesso
che
correggo
le
bozze
mi
duole
di
questo
loro
scatto
antigiornalistico
.
Perché
ci
hanno
soppresso
uno
dei
documenti
più
preziosi
delle
giornate
di
Bava
Beccaris
.
Se
fossi
direttore
di
giornale
vorrei
che
tutti
i
miei
corrispondenti
avessero
l
audacia
del
fotografo
giornalista
.
Allora
sarei
sicuro
che
il
mio
quotidiano
sarebbe
il
primo
quotidiano
d
Italia
.
Tra
la
folla
degli
avvocati
accorsi
a
dare
l
ultimo
addio
ai
condannati
,
si
distingueva
il
Majno
che
camminava
con
l
ombrello
in
una
mano
e
il
cappello
nell
altra
,
salutando
dappertutto
:
«
Addio
,
Chiesi
,
ciao
,
Federici
,
coraggio
,
Romussi
,
sta
allegro
,
Valera
,
arrivederci
presto
,
don
Davide
,
ecc
.
»
.
Nei
suoi
addii
era
lo
strazio
di
un
avvocato
e
di
un
amico
reso
impotente
dalla
legge
marziale
.
Questa
traversata
fu
un
attimo
solenne
,
indimenticabile
che
fece
piangere
più
di
uno
dei
diciannove
che
ritornarono
in
camera
carichi
di
mesi
e
di
anni
.
La
Kuliscioff
non
ha
mai
partecipato
a
questi
strazi
e
a
queste
consolazioni
,
perché
la
sua
residenza
rimase
sempre
al
Cellulare
.
Ne
veniva
e
vi
ritornava
in
brougham
,
vestita
di
nero
come
un
funerale
.
Il
suo
contegno
è
stato
di
donna
equilibrata
.
Nelle
poche
parole
che
le
si
permise
di
dire
,
non
si
occupò
che
delle
sue
idee
marxiste
.
Il
resto
sembrava
per
lei
estraneo
.
Di
tanto
in
tanto
si
assentava
per
fumare
una
sigaretta
.
D
altronde
,
non
era
la
prima
volta
che
essa
passava
delle
giornate
in
prigione
.
Era
già
stata
nelle
carceri
parigine
e
poi
per
più
di
due
anni
nelle
prigioni
d
Italia
.
Poche
ore
dopo
la
sentenza
,
gli
anarchici
vennero
mandati
a
Finalborgo
,
e
i
giornalisti
partirono
il
giorno
seguente
,
cioè
alle
11
della
sera
del
ventitrè
.
Alla
Stazione
Centrale
,
c
era
una
folla
enorme
ch
era
riuscita
a
sapere
l
ora
della
partenza
.
Ma
i
carabinieri
fecero
entrare
i
condannati
dalla
parte
opposta
-
evitando
di
passare
sulla
prima
piattaforma
,
piena
di
amici
che
volevano
salutarci
.
Tra
gli
intimi
di
Romussi
,
vi
era
il
professore
Pietro
Panzeri
,
direttore
dell
Istituto
dei
rachitici
,
che
piangeva
come
un
ragazzo
.
Il
vagone
cellulare
era
nuovo
e
pennelleggiato
di
fresco
.
Perdeva
un
odore
di
vernice
che
faceva
turare
il
naso
.
Don
Albertario
,
grosso
come
era
,
non
riuscì
a
mettere
il
piede
sul
predellino
che
aiutato
.
Nello
sforzo
gli
cadde
il
cappello
da
prete
:
istintivamente
tentò
di
raccoglierlo
,
ma
si
avvide
tosto
di
essere
ammanettato
ed
alzò
gli
occhi
al
cielo
.
Nessuno
disse
una
parola
.
Pareva
che
la
vita
fosse
finita
sul
montatoio
.
Ciascuno
,
ravvolto
nel
proprio
dolore
come
in
un
mantello
,
sentiva
gli
strazii
delle
famiglie
che
singhiozzavano
sotto
la
tettoia
.
IN
VAGONE
CELLULARE
Viaggio
notturno
da
Milano
a
Finalborgo
la
notte
dal
24
al
25
giugno
1898
.
Mentre
i
carabinieri
si
preparavano
a
metterci
i
ferri
per
avviarci
alla
casa
di
pena
a
scontare
le
sentenze
militari
,
ciascuno
di
noi
pensava
,
involontariamente
,
al
carrozzone
che
ci
doveva
condurre
dal
Castello
alla
Stazione
Centrale
.
Nessuno
di
noi
aveva
potuto
dimenticare
la
nicchia
nella
quale
,
venendo
dal
Cellulare
,
aveva
subìto
,
per
più
di
mezz
ora
,
lo
strazio
di
pencolare
tra
la
vita
e
la
morte
per
mancanza
d
aria
!
I
ferri
ci
distrassero
.
I
carabinieri
adempivano
alla
funzione
di
ammanettarci
,
incalzati
dal
«
fate
presto
!
»
del
tenente
dei
carabinieri
,
che
ci
guardava
con
la
caramella
nell
occhio
.
L
ordine
era
di
ammanettarci
a
fior
di
pelle
.
E
chi
si
lamentava
riceveva
la
buona
misura
di
qualche
altro
giro
di
vite
.
Io
protestai
.
Dissi
che
non
era
possibile
che
ci
fosse
ordine
di
stringerci
i
polsi
fino
a
farceli
sprizzare
di
sangue
.
Mi
si
fece
tacere
,
assicurandomi
che
alla
stazione
mi
sarebbero
stati
allargati
.
Chiusi
nel
carrozzone
,
credevamo
di
morire
.
C
era
un
fetore
che
dava
il
capogiro
.
La
cella
era
angusta
,
buia
,
col
sedile
di
legno
cosparso
di
crostini
di
pane
e
coi
fori
per
l
aria
che
parevano
tappati
.
Il
veicolo
ci
sballottava
in
un
modo
crudele
.
Quando
le
ruote
sussultavano
sui
sassi
o
attraversavano
i
binari
,
ci
sembrava
che
il
carrozzone
stesse
per
rovesciarci
sulla
strada
.
Non
abituati
a
questi
viaggi
di
punizione
,
sognavamo
il
treno
.
Alla
stazione
ci
si
fece
discendere
passandoci
sotto
l
ascella
,
a
zig
-
zag
,
una
catena
che
ci
teneva
uno
dietro
l
altro
e
ci
impediva
di
pensare
alla
fuga
.
Per
scappare
bisognava
che
il
condannato
si
trascinasse
dietro
tutti
gli
altri
.
Eravamo
così
male
informati
sul
trasporto
del
bestiame
di
galera
,
che
credevamo
sul
serio
che
ci
avrebbero
fatti
viaggiare
in
un
vagone
di
terza
classe
.
Invece
fummo
disillusi
non
appena
ci
trovammo
in
quella
specie
di
corridoio
lungo
due
filate
di
celle
.
A
mano
a
mano
che
si
saliva
,
si
veniva
spinti
e
incassati
dal
carabiniere
che
aspettava
il
condannato
dietro
l
uscio
.
L
operazione
di
cellularizzarci
veniva
fatta
in
un
modo
fracassoso
.
Si
schiudevano
gli
usci
con
collera
,
si
bestemmiava
contro
i
catenacci
che
cigolavano
senza
andare
avanti
o
indietro
,
si
ingiungeva
il
silenzio
con
degli
imperativi
brutali
a
coloro
che
volevano
sapere
dove
diavolo
ci
si
mandava
,
e
si
sbattevano
sulla
faccia
gli
usci
come
tanti
schiaffi
ribaldi
.
Rimanemmo
per
qualche
minuto
sbalorditi
.
Io
mi
trovavo
in
una
cella
di
mezzo
,
tra
Romussi
e
don
Davide
Albertario
.
Chiesi
era
in
faccia
al
direttore
del
Secolo
e
io
potevo
vederlo
,
attraverso
la
ferriata
,
di
profilo
.
L
avvocato
Federici
era
in
una
delle
prime
celle
della
fila
a
destra
e
gli
altri
,
compresi
due
che
non
conoscevo
,
erano
sparsi
nelle
celle
in
fondo
.
Aspettavamo
con
ansia
che
venissero
a
liberarci
le
mani
indolenzite
dal
peso
del
ferro
che
diventava
sempre
più
enorme
.
Faceva
un
caldo
eccessivo
.
Nella
tana
inverniciata
il
giorno
prima
,
coll
uscio
sulle
ginocchia
che
non
ci
permetteva
né
di
allungare
,
né
di
incavalcare
le
gambe
,
si
respirava
un
aria
pestilenziale
e
si
sudava
come
in
un
forno
.
L
indugio
del
treno
a
mettersi
in
moto
era
per
noi
un
vero
supplizio
.
Speravamo
che
,
lanciandosi
nello
spazio
,
folate
d
aria
sarebbero
venute
ad
attutirci
la
sete
e
a
rinfrescarci
la
faccia
.
Finalmente
il
treno
si
era
mosso
.
La
lentezza
e
le
prime
fermate
ci
fecero
capire
ch
eravamo
attaccati
a
un
treno
omnibus
.
Il
treno
,
che
s
incammina
adagio
adagio
e
sosta
a
tutte
le
stazioni
,
diventa
una
tortura
per
i
poveracci
calcati
nelle
nicchie
che
lasciano
respirare
a
disagio
e
intetrano
l
ultima
scena
dei
condannati
sulla
via
della
espiazione
.
Invece
delle
buffate
d
aria
fresca
che
non
venivano
,
né
potevano
venire
,
perché
il
nostro
vagone
era
l
ultimo
e
aveva
le
aperture
in
faccia
a
due
altri
,
fummo
obbligati
a
incominciare
una
lotta
disperata
contro
l
usciuolo
dell
inferriara
a
scacchi
,
che
si
chiudeva
e
minacciava
di
soffocarci
a
ogni
scossa
.
-
Signori
carabinieri
,
facciano
il
piacere
di
fermarci
l
usciuolo
!
I
signori
carabinieri
non
potevano
essere
umani
con
noi
,
perché
avevano
ricevuto
ordini
imperiosi
di
essere
severi
e
perché
temevano
,
a
ogni
stazione
,
di
trovarsi
alla
presenza
di
qualche
ufficiale
incaricato
di
«
dare
un
occhiata
ai
polli
nella
stia
»
.
Ma
per
l
usciuolo
facevano
proprio
di
tutto
per
inchiodarlo
alla
parete
e
spesso
sacramentavano
contro
la
compagnia
ferroviaria
che
si
era
dimenticata
di
configgervi
la
molla
o
l
uncino
per
tenerlo
aperto
.
Di
tanto
in
tanto
veniva
qualcuno
di
loro
a
sbattercelo
indietro
con
un
sostantivo
energico
.
Ma
il
più
delle
volte
dovevamo
respingerlo
noi
con
la
punta
delle
dita
.
Alla
stazione
di
Pavia
,
una
voce
umana
riuscì
a
intenerirci
fino
alle
lagrime
.
-
Signor
Romussi
,
signor
Chiesi
,
posso
fare
qualche
cosa
per
loro
e
per
i
loro
compagni
?
La
persona
che
parlava
era
invisibile
.
Si
sentiva
solamente
che
la
sua
voce
era
commossa
.
A
così
poca
distanza
,
eravamo
già
tutti
stracchi
morti
per
la
posizione
incomoda
in
cui
ci
teneva
la
celletta
,
per
i
ferri
che
ci
avevano
intormentite
le
braccia
e
per
l
arsura
che
ci
faceva
dire
a
ogni
minuto
:
-
Signori
carabinieri
,
un
po
d
acqua
!
La
voce
dello
sconosciuto
ci
era
andata
al
cuore
come
una
consolazione
.
C
era
dunque
qualcuno
che
pensava
ai
poveri
diavoli
che
soffrivano
.
Romussi
,
interpretando
il
pensiero
di
tutti
,
con
una
voce
che
avrebbe
impietosito
i
sassi
,
disse
:
-
Se
ci
potesse
dare
una
gasosa
!
Lo
sconosciuto
ci
rispose
con
dei
singulti
.
Era
troppo
tardi
.
Il
ristorante
era
chiuso
e
il
treno
stava
per
partire
.
-
Addio
e
coraggio
!
ci
disse
lo
sconosciuto
con
degli
altri
singhiozzi
.
Lungo
questo
viaggio
indimenticabile
ci
domandavamo
di
tanto
in
tanto
l
un
l
altro
se
eravamo
vivi
.
Chiesi
:
Come
stai
,
Fritz
?
Federici
:
Bene
.
-
Don
Davide
,
dormite
?
-
Magari
potessi
dormire
!
-
Romussi
,
come
ti
senti
?
-
Maledettamente
male
.
Non
avrei
mai
creduto
che
il
trasporto
dei
prigionieri
fosse
fatto
in
questo
modo
.
Siamo
trattati
peggio
delle
bestie
.
-
Pazienza
,
che
non
siamo
lontani
da
Sampierdarena
.
Guardando
nelle
celle
della
fila
opposta
mi
si
agghiacciava
il
sangue
.
La
testa
dei
cellularizzati
che
ubbidiva
al
moto
del
treno
si
delinquentizzava
in
un
modo
spaventevole
.
Pareva
la
testa
di
un
mostro
.
Illuminata
dalla
luce
fosca
che
tremolava
,
assumeva
proporzioni
spaventevoli
.
La
fronte
si
allungava
sovente
con
delle
gibbosità
che
facevano
abbassare
le
palpebre
dalla
paura
.
Gli
occhi
ingrossavano
e
venivano
alla
superficie
con
una
luminosità
feroce
.
La
bocca
,
sbadigliando
,
spalancava
un
abisso
circondato
da
una
dentiera
enorme
che
digrignava
come
quella
di
un
teschio
appeso
nella
penombra
.
Lazzari
sembrava
una
iena
in
agguato
.
Lungo
le
gallerie
avevamo
il
fumo
della
macchina
che
entrava
nelle
celle
a
volumi
a
ubriacarci
e
ad
avvelenarci
le
ultime
ore
.
-
Signori
carabinieri
,
un
po
d
acqua
.
Io
muoio
dalla
sete
!
A
Sampierdarena
il
cuore
del
brigadiere
si
lasciò
intenerire
dalla
voce
piangevole
dei
condannati
.
-
Ci
faccia
dare
un
caffè
,
signor
brigadiere
.
Sia
buono
.
-
Dio
gliene
renderà
merito
,
gli
disse
don
Davide
che
tirava
il
fiato
come
un
uomo
che
si
sente
morire
.
Il
carabiniere
con
la
caffettiera
in
una
mano
e
la
chicchera
nell
altra
ci
conciliò
con
l
umanità
che
sembrava
composta
di
tigri
.
Ci
si
aperse
la
cella
e
ce
lo
si
versò
in
bocca
a
sorsi
,
con
una
pazienza
materna
.
Bravo
carabiniere
!
Discendemmo
a
Finalmarina
come
gente
scampata
a
un
pericolo
.
Aprivamo
la
bocca
per
sorseggiare
l
aria
e
ci
auguravamo
che
il
reclusorio
fosse
lontano
lontano
per
aver
tempo
di
sgranchirci
le
gambe
e
di
rimetterci
dallo
sbalordimento
di
un
vagone
che
chiamavamo
assassino
.
Qualche
mese
dopo
,
nella
quinta
camerata
del
reclusorio
di
Finalborgo
,
ricordando
questo
episodio
della
nostra
vita
carceraria
,
i
direttori
del
Secolo
,
dell
Osservatore
Cattolico
e
dell
Italia
del
popolo
si
strinsero
la
mano
e
promisero
che
,
non
appena
ritornati
al
largo
,
avrebbero
intrapresa
la
campagna
contro
questa
abbominazione
che
si
chiama
vagone
cellulare
.
L
ARRIVO
AL
RECLUSORIO
Alla
stazione
di
Finalmarina
non
c
erano
che
cinque
o
sei
persone
,
compresi
due
preti
.
Eravamo
disfatti
.
Avevamo
gli
occhi
della
gente
che
non
ha
dormito
,
i
capelli
spettinati
,
le
guance
cadaveriche
e
le
punte
dei
baffi
piegate
come
una
desolazione
.
Il
sole
ci
illuminava
le
lividure
ai
polsi
che
avevano
assunto
un
colore
nerastro
.
Ci
si
passò
la
catena
da
un
braccio
all
altro
e
fiancheggiati
dai
carabinieri
e
seguiti
dai
facchini
coi
fagotti
,
ci
avviammo
verso
il
reclusorio
.
Il
silenzio
intristiva
la
scena
.
Attraversammo
il
binario
,
continuammo
lungo
la
linea
ferroviaria
fin
quasi
all
imboccatura
di
un
tunnel
e
voltammo
a
destra
,
per
lo
stradone
carrozzabile
che
i
finalborghigiani
chiamano
delle
«
catene
»
,
perché
è
percorso
dai
galeotti
che
vanno
e
vengono
dalla
Casa
di
pena
.
I
carabinieri
ci
stavano
ai
panni
e
ci
incalzavano
con
degli
avanti
!
È
per
loro
il
momento
più
trepido
.
Anche
legati
come
cani
,
potrebbe
saltare
in
testa
a
qualcuno
di
darsi
alla
fuga
.
Sprofondavamo
i
piedi
nella
polvere
alta
,
sollevando
un
pulviscolo
che
ci
imbiancava
e
ci
andava
per
la
gola
e
per
le
nari
come
un
prurito
che
ci
raddoppiava
il
malessere
.
Rasentavamo
Capra
Zoppa
perseguitati
da
un
arsura
indicibile
.
Ciascuno
di
noi
sognava
una
sorsata
di
latte
o
un
altra
chicchera
di
caffè
per
snebbiarci
il
cervello
.
Quando
fummo
a
metà
strada
,
al
dorso
di
un
parapetto
,
trovammo
un
giovine
che
aveva
l
aria
di
un
chierico
e
piangeva
come
un
ragazzo
.
Forse
sapeva
chi
eravamo
o
forse
provava
una
commozione
violenta
dinanzi
un
prete
alto
e
spalluto
che
passava
incatenato
come
un
grassatore
.
Dopo
una
ventina
di
minuti
,
vedevamo
sorgere
a
destra
la
torre
quadrata
del
malaugurato
edificio
nel
quale
dovevamo
passare
tanto
tempo
.
Svoltammo
il
ponte
,
passammo
tra
mezzo
alla
folla
,
infilammo
il
viottolo
tortuoso
a
sinistra
e
,
dopo
pochi
passi
,
ci
trovammo
alla
porta
del
reclusorio
di
Finalborgo
.
L
entrata
è
quella
di
un
portone
qualunque
.
Non
dà
l
impressione
di
una
tomba
di
vivi
,
neppure
pensando
alle
sentinelle
di
guardia
.
Ci
si
tolsero
i
ferri
tra
due
cancelli
che
inchiudono
l
ufficio
del
capoguardia
e
ci
si
domandò
se
avevamo
bisogno
di
qualche
cosa
.
-
Dell
acqua
,
rispondemmo
.
Ce
ne
portarono
due
bottiglie
e
i
secondini
,
con
la
premura
di
dissetarci
,
ci
diedero
l
impressione
di
persone
che
non
incrudeliscono
col
Regolamento
.
Anche
colle
mani
libere
,
sembravamo
galeotti
autentici
.
Romussi
,
coll
ala
del
cappello
floscio
che
gli
ombreggiava
la
faccia
fuligginosa
,
col
solino
gualcito
e
annerito
dal
sudore
e
coi
baffi
sottosopra
,
aveva
assunto
l
aspetto
di
un
uomo
feroce
.
Chiesi
,
colla
barba
e
coi
capelli
impolverati
e
coi
neracci
della
notte
perduta
sotto
gli
occhi
,
pareva
un
capo
ciurma
invecchiato
di
dieci
anni
in
poche
ore
.
Don
Davide
in
un
altro
luogo
avrebbe
fatto
scompisciare
dalle
risa
.
Aveva
l
aria
di
un
Ernani
passato
attraverso
il
polverone
della
strada
.
Al
margine
del
cubicolo
,
colla
tesa
del
tricorno
pelosa
e
abbandonata
dalle
stringhe
,
colla
collarina
scomparsa
sotto
il
merinos
,
col
panciotto
dai
bottoni
escoriati
pieno
di
chiazze
,
colla
veste
talare
ammantata
di
polvere
e
colle
scarpe
scalcagnate
e
coperte
d
uno
strato
bianco
,
faceva
compassione
.
Sulla
sua
faccia
erano
tutti
i
patimenti
di
uno
strazio
inenarrabile
.
I
carabinieri
consegnarono
le
buste
dei
nostri
denari
al
capoguardia
,
il
quale
si
mise
a
registrarle
,
ci
salutarono
e
noi
passammo
nello
stanzone
a
pianterreno
intitolato
«
banchi
di
rigore
»
.
Lo
stanzone
,
colle
due
finestrucole
che
davano
sul
viottolo
,
era
buio
.
Col
suo
immenso
lastrone
infisso
lungo
la
parete
,
cogli
anelloni
sotto
il
rialzo
dei
piedi
al
disopra
della
testa
,
faceva
rabbrividire
.
Si
vedeva
che
eravamo
proprio
in
una
casa
di
pena
.
Ogni
ìnfrazione
al
regolamento
voleva
dire
andare
sul
tavolato
di
pietra
incatenato
alle
mani
e
ai
piedi
.
Il
capoguardia
non
ci
fece
cattiva
impressione
.
Era
alto
,
piuttosto
magro
,
con
una
voce
che
faceva
sentire
il
twang
americano
e
con
un
accento
leggermente
meridionale
.
Valera
lo
battezzò
subito
per
il
Javert
del
reclusorio
,
per
un
Regolamento
ambulante
,
per
il
funzionario
che
si
sarebbe
stroncata
la
vita
piuttosto
che
violarlo
.
E
attraverso
i
mesi
che
siamo
rimasti
sotto
la
sua
sorveglianza
non
abbiamo
avuto
occasione
di
modificare
il
giudizio
valerano
.
Egli
è
rimasto
,
per
tutti
noi
,
l
uomo
-
regolamento
,
guidato
da
uno
zinzino
di
buon
senso
.
Prima
di
noi
,
in
altre
galere
,
egli
aveva
avuto
sotto
di
sè
Amilcare
Cipriani
e
De
Felice
.
Per
ammazzare
il
tempo
e
impedire
agli
amici
di
pensare
che
stavamo
per
diventare
dei
numeri
di
matricola
,
mi
misi
a
narrar
loro
la
fuga
del
principe
Krapotkine
dall
ospedale
dei
detenuti
di
San
Nicola
di
Pietroburgo
.
Fu
un
grido
unanime
di
protesta
.
Era
una
fuga
che
sapevano
tutti
a
memoria
.
Sapevano
della
stanzetta
al
terzo
piano
dirimpetto
all
ospedale
,
del
violino
che
suonava
che
la
via
era
libera
e
la
carrozza
di
fuori
ad
aspettarlo
,
e
dei
passi
guadagnati
sulla
sentinella
coi
famosi
due
lati
del
triangolo
.
Entrò
il
capoguardia
mentre
don
Davide
e
Federici
,
dall
alto
del
tavolato
,
cercavano
di
capire
dalla
finestruola
da
che
parte
dell
edificio
penale
ci
trovavamo
.
Egli
aveva
in
mano
un
opuscolo
.
-
Loro
sono
persone
educate
.
Questo
è
il
Regolamento
.
Lo
leggano
e
procurino
di
non
violarlo
per
non
obbligarci
a
infligger
loro
delle
punizioni
.
Rientrò
il
capo
con
una
guardia
che
portava
il
misuratore
e
con
un
altra
che
aveva
sotto
il
braccio
il
mastro
dei
delinquenti
.
-
Adesso
,
dobbiamo
registrarli
e
prendere
loro
la
misura
.
Ci
lasciammo
registrare
e
misurate
con
la
docilità
delle
pecore
.
Non
eravamo
mica
in
galera
per
romperci
la
testa
contro
gli
articoli
del
regolamento
.
Il
primo
a
sottomettersi
fu
Chiesi
e
l
ultimo
Achille
Ghiglioni
,
l
uomo
terribile
che
aveva
messo
sossopra
tutto
Niguarda
con
una
Cooperativa
di
commestibili
di
trecento
o
quattrocento
lire
!
L
attraction
,
sulla
piattaforma
del
misuratore
con
l
asta
che
discendeva
sulla
testa
,
era
don
Davide
,
il
quale
,
tra
noi
,
aveva
raggiunto
l
altezza
massima
.
Sul
misuratore
,
con
le
cosce
voluminose
e
la
grandiosità
del
torace
,
egli
aveva
più
del
granatiere
che
del
sacerdote
.
Finita
questa
operazione
,
ci
si
annunciò
il
bagno
.
Era
quello
che
desideravamo
.
Dopo
tanti
giorni
di
processo
,
tante
notti
passate
sul
saccone
in
terra
e
un
viaggio
che
ci
aveva
diminuito
di
peso
,
un
bagno
era
la
suprema
delle
consolazioni
corporali
.
Vi
andammo
l
uno
dopo
l
altro
senza
ritornare
ai
«
banchi
di
rigore
»
.
Il
bagno
era
in
un
angolo
della
vasta
cucina
,
ove
cuoce
la
minestra
quotidiana
dei
condannati
,
diviso
da
una
coperta
appesa
a
due
chiodi
.
Ciascuno
di
noi
dovette
svestirsi
e
tuffarsi
nell
acqua
alla
presenza
di
una
guardia
incaricata
di
tener
sempre
gli
occhi
sul
recluso
.
Don
Davide
ebbe
delle
ritrosie
.
Egli
non
seppe
decidersi
a
liberarsi
degli
ultimi
indumenti
che
quando
la
guardia
si
rassegnò
a
voltare
la
faccia
dall
altra
parte
.
FILIPPO
TURATI
Il
criterio
nostro
è
questo
;
ogni
provvedimento
sarà
vano
se
non
sia
assicurata
al
Paese
piena
ed
intera
libertà
:
libertà
di
propaganda
,
di
pensiero
,
d
'
associazione
,
d
'
organizzazione
,
a
tutte
le
classi
della
società
.
(
(
Dal
primo
discorso
alla
Camera
)
.
L
ho
conosciuto
nell
ottanta
o
nell
ottantuno
.
Io
caricavo
l
appendice
della
Plebe
di
Bignami
della
zavorra
umana
che
scovavo
e
raccoglievo
negli
angiporti
e
nelle
stamberghe
,
e
lui
riempiva
le
colonne
di
una
terapeutica
che
inchiudeva
,
colle
spinte
e
controspinte
romagnosiane
,
i
germi
della
giustizia
sociale
.
Era
forse
la
prima
volta
che
la
democrazia
adulta
leggeva
in
un
giornale
socialista
che
la
questione
criminale
è
intimamente
connessa
colla
questione
economica
.
Con
un
centinaio
di
pagine
intitolate
Il
delitto
e
la
questione
sociale
il
Turati
si
rivelava
un
naturalista
della
scienza
penale
,
un
verista
che
studiava
oggettivamente
l
uomo
delinquente
,
un
sociologo
che
accusava
la
società
di
essere
«
complice
impune
dei
misfatti
che
freddamente
puniva
»
.
Egli
credeva
fino
d
allora
che
l
ordinamento
punitivo
fosse
essenzialmente
transitorio
e
che
il
delitto
troverebbe
la
sua
cura
in
uno
Stato
che
volesse
«
a
tutti
garantito
il
frutto
integrale
del
proprio
lavoro
»
.
Il
suo
cruccio
erano
i
suoi
nervi
.
I
nervi
non
gli
davano
requie
.
Non
lo
lasciavano
dormire
,
non
lo
lasciavano
lavorare
e
gli
distruggevano
il
pensiero
di
prepararsi
un
futuro
intellettuale
.
Egli
si
diceva
sfibrato
,
fiacco
,
senza
attività
cerebrale
.
Doveva
morire
.
Sarebbe
morto
fra
due
o
tre
anni
o
fra
due
o
tre
mesi
,
non
lasciando
di
sè
che
«
misere
strofe
»
ai
suoi
cari
.
Tutti
i
medici
l
avevano
abbandonato
.
Egli
era
un
nevrastenico
.
La
sua
era
una
nevrosi
inguaribile
.
Pazienza
.
E
ci
salutava
commosso
e
ritornava
,
sfiduciato
,
alla
sua
villa
di
S
.
Croce
,
a
due
passi
da
Como
,
colle
tasche
e
le
valige
piene
di
libri
che
aveva
comperato
dal
Dumolard
o
che
gli
aveva
dato
a
prestito
il
suo
e
il
mio
amico
intimo
Felice
Cameroni
-
il
critico
che
aveva
incominciato
a
predicare
lo
zolismo
nell
appendice
del
Sole
.
Durante
questa
battaglia
accanita
tra
lui
e
il
suo
sistema
nervoso
egli
,
come
il
dott
.
Pascal
,
si
preparava
silenziosamente
i
dossiers
coi
quali
avrebbe
poi
intrapresa
la
campagna
per
liberare
la
società
borghese
dalle
sofferenze
sociali
.
Condannato
da
una
malattia
implacabile
,
consumava
le
sue
ultime
ore
nel
laboratorio
della
putredine
sociale
a
cercare
i
parassiti
distruttori
che
saccheggiano
l
organismo
umano
.
Morente
,
sentiva
,
come
Pascal
,
la
voluttà
e
la
grandiosità
della
vita
,
della
vita
sana
,
economicamente
e
moralmente
sana
.
Oui
,
je
crois
au
triomphe
final
de
la
vie
.
Egli
leggeva
,
postillava
,
ammucchiava
note
sopra
note
e
maturava
nel
cervello
allargato
dallo
studio
febbrile
la
rivista
alla
quale
diede
poi
tutta
la
sua
intelligenza
.
Con
la
tendenza
a
credersi
esternamente
ammalato
e
dotato
della
pigrizia
del
divoratore
di
libri
che
non
darebbe
mai
mano
alla
penna
della
produzione
,
il
Turati
sarebbe
forse
divenuto
un
frutto
secco
o
rimasto
un
autore
stitico
s
egli
non
avesse
potuto
fondere
la
sua
esistenza
con
quella
di
una
donna
capace
di
agitargli
lo
spirito
cogli
stessi
ideali
e
di
piegarlo
a
un
lavoro
meno
sbandato
e
più
omogeneo
.
E
questa
donna
fu
Anna
Kuliscioff
.
È
lei
che
lo
ha
incalzato
,
che
lo
ha
fortificato
,
che
lo
ha
imparadisato
.
Lei
e
lui
e
la
Critica
Sociale
non
si
distinguono
più
.
La
Critica
Sociale
,
Filippo
Turati
e
Anna
Kuliscioff
non
sono
più
che
un
nome
.
L
una
e
l
altro
e
l
altra
si
completano
.
la
Critica
Sociale
è
fatta
della
loro
carne
,
nutrita
del
loro
ingegno
,
calda
dei
loro
pensieri
.
In
essa
è
la
redenzione
degli
uomini
,
è
la
pace
nel
benessere
economico
,
è
il
trionfo
della
felicità
della
specie
sull
egoismo
e
sugli
interessi
degli
individui
.
La
Critica
Sociale
è
stata
l
università
della
generazione
crescente
.
È
essa
che
ha
dato
a
quasi
tutti
noi
la
«
coscienza
sociale
»
.
Nata
il
quindici
gennaio
1891
,
quando
il
socialismo
scientifico
era
un
lusso
per
i
superuomini
delle
scienze
economiche
,
fece
nascere
nella
gioventù
la
fede
nell
uguaglianza
di
condizione
e
un
bisogno
prepotente
di
gettarsi
negli
studi
che
devono
avere
per
risultato
la
sconfitta
della
borghesia
e
l
elevazione
del
proletariato
.
La
bibbia
di
Filippo
Turati
è
il
Capitale
.
Non
c
è
altro
di
più
nutriente
.
Dal
Capitale
si
esce
uomini
completi
.
Un
giorno
che
gli
si
è
domandato
di
dire
pubblicamente
quale
libro
avrebbe
raccomandato
a
chi
fosse
condannato
a
portarsi
seco
in
un
eremo
tre
soli
volumi
,
egli
rispose
ripetendo
tre
volte
il
Capitale
.
Con
questo
libro
che
egli
paragona
o
mette
al
disopra
al
Darwin
s
Journal
,
la
gioventù
entra
nella
vita
corazzata
di
altruismo
,
con
una
idea
chiara
dello
Stato
a
base
di
produzione
socializzata
.
Ammiratore
convinto
del
grande
novatore
della
scienza
sociale
,
egli
è
,
necessariamente
,
entusiasta
dei
socialisti
tedeschi
-
tali
erompenti
,
dice
lui
,
dal
forte
ceppo
scientifico
di
Carlo
Marx
-
i
quali
,
con
la
loro
marcia
gloriosa
,
hanno
infuturato
il
più
grande
fatto
e
l
esempio
più
significante
della
storia
contemporanea
.
Cresciuto
in
un
ambiente
prefettizio
-
idolatrato
dalla
mamma
-
con
un
avvenire
trionfale
nel
foro
milanese
-
circondato
dagli
agi
della
vita
,
egli
preferì
discendere
nell
agone
sociale
a
lottare
per
l
esistenza
collettiva
-
a
sostenere
i
diritti
dei
proletari
incatenati
agli
anelloni
del
salario
-
ad
agitare
il
programma
marxista
che
deve
eliminare
dalla
società
i
ricchi
e
i
poveri
.
Lui
,
coi
nervi
che
gli
impedivano
un
occupazione
costante
,
si
dedicò
a
un
lavoro
febbrile
-
a
un
lavoro
che
aumentava
in
ragione
degli
anni
-
a
un
lavoro
che
lo
cacciava
dalla
redazione
sulla
piattaforma
pubblica
-
e
dall
angolo
del
correttore
di
bozze
nel
girone
legislativo
.
Perdutamente
innamorato
dei
suoi
ideali
,
egli
non
sospettava
che
sarebbe
venuto
il
giorno
in
cui
i
suoi
nemici
-
che
sono
anche
i
nostri
-
lo
avrebbero
sorpreso
sulla
strada
e
svaligiato
di
tutto
.
È
stato
mandato
al
reclusorio
di
Pallanza
come
incitatore
di
tumulti
e
come
un
demagogo
che
mette
un
po
di
barricata
in
ogni
frase
.
Ma
non
c
è
nessuno
che
abbia
mai
sentito
come
lui
tanta
avversione
per
la
turbolenza
oratoria
che
sprona
alla
battaglia
ogni
minuto
e
per
i
«
discorsi
che
acclamano
la
rivoluzione
,
sovreccitano
i
sentimenti
delle
masse
e
fanno
sbottonare
le
stifelius
di
un
delegato
di
pubblica
sicurezza
»
.
No
,
il
bavardage
épouvantable
degli
esaltati
non
ha
mai
fatto
parte
del
suo
bagaglio
di
piattaforma
.
Il
socialismo
in
bocca
di
costoro
non
può
impensierire
alcuno
.
Dovrebbe
impensierire
i
suoi
nemici
quando
si
ritrae
dal
palcoscenico
dei
teatri
diurni
per
entrare
nel
laboratorio
«
a
notomizzare
col
bisturi
della
scienza
il
carcame
sociale
steso
sul
tavolaccio
della
statistica
e
della
disciplina
positiva
»
.
Allora
sì
.
Allora
gli
statisti
dovrebbero
proprio
incominciare
a
sentire
delle
apprensioni
.
«
Perché
quei
miti
pensatori
,
nutriti
di
cifre
e
di
sillogismi
,
onesti
,
riservati
,
impeccabili
sovente
nella
vita
privata
,
magari
un
po
puritani
e
un
po
quacqueri
se
se
ne
gratta
la
scorza
,
quei
sacerdoti
dell
altruismo
,
quei
mangiatori
d
hascisch
dell
ideale
,
hanno
più
dinamite
nella
loro
parola
e
nella
scatola
ch
è
sotto
il
loro
cappello
,
che
non
ne
sia
nelle
tasche
dei
feniani
e
nelle
cantine
di
Pietroburgo
:
con
quest
aggravante
che
,
di
cotesta
nitroglicerina
spirituale
,
non
c
è
doganiere
o
segugio
di
polizia
dal
fiuto
fine
che
ne
possa
sentire
l
odore
e
mettervi
sopra
la
zampa
.
Quando
il
moderno
Anteo
-
come
il
Colaianni
definisce
il
socialismo
-
che
ad
ogni
caduta
risorge
più
vigoroso
,
agguerritosi
negli
studi
e
nel
raccoglimento
,
uscirà
in
piazza
con
idee
mature
e
propositi
determinati
,
è
allora
che
sarà
davvero
formidabile
,
quanto
prima
era
innocuo
»
(
)
.
Nell
ambiente
parlamentare
egli
era
una
forza
legislativa
-
una
voce
gagliarda
che
domanda
giustizia
per
gli
affamati
di
pane
,
di
libertà
e
di
pensiero
-
un
ragionatore
che
sa
disorientare
i
legislatori
borghesi
,
i
quali
non
vogliono
convincersi
che
la
società
degli
sfruttatori
s
avvia
verso
il
periodo
della
sua
naturale
decomposizione
.
Eloquente
,
con
una
dizione
esatta
,
egli
sa
far
ingoiare
,
con
garbo
,
agli
onorevoli
tutto
quel
diavolo
che
vuole
,
spruzzando
la
sua
prosa
tersa
ed
elegante
di
una
ironia
e
di
un
sarcasmo
che
non
trovate
se
non
in
bocca
degli
oratori
altamente
educati
.
I
discorsi
di
Sheridan
si
leggevano
una
sola
volta
e
si
mettevano
in
libreria
.
Quelli
di
Filippo
Turati
si
leggono
e
si
consultano
sovente
come
quelli
di
Burke
,
perché
sono
densi
di
pensieri
,
pronunciati
in
una
lingua
che
dovrebbe
far
testo
nelle
scuole
,
caldi
dell
anima
dell
oratore
che
vuole
condurci
ad
espropriare
la
società
a
beneficio
di
tutti
.
Va
sulla
piattaforma
con
riluttanza
.
Preferisce
il
tavolino
di
redazione
al
palco
dinanzi
la
folla
che
lo
saluta
col
battimano
fragoroso
e
lo
ascolta
a
bocca
aperta
.
Nemico
dei
parolai
e
degli
smargiassoni
che
sciolgono
i
problemi
con
qualche
frase
alcoolizzata
,
non
capisce
la
piattaforma
che
quando
si
ha
qualcosa
da
dire
.
È
una
tolda
che
lo
impensierisce
,
che
lo
mette
in
orgasmo
,
che
lo
obbliga
a
buttar
giù
note
,
a
raccogliere
fatti
,
a
pulire
della
prosa
che
andrà
perduta
per
l
aria
,
perduta
fino
a
quando
avremo
anche
noi
il
quotidiano
che
darà
il
discorso
tale
e
quale
è
pronunciato
.
Ma
una
volta
che
egli
è
in
piedi
,
pieno
dell
argomento
,
il
suo
discorso
esce
come
dal
libro
di
un
grande
uomo
.
Tutti
lo
hanno
sentito
parlare
.
La
sua
eloquenza
non
è
l
eloquenza
bolsa
che
va
in
giro
per
il
comizio
a
mendicare
gli
applausi
.
È
l
eloquenza
di
un
grande
oratore
.
Qualche
volta
pare
una
tempesta
di
pensieri
.
I
suoi
periodi
snodati
,
brevi
,
vigorosi
sull
uditorio
come
un
uragano
intellettuale
.
La
sua
penna
di
giornalista
,
che
gli
ha
conquistato
un
mondo
di
lettori
,
è
una
penna
che
cesella
ed
ubbidisce
al
padrone
.
Non
è
mai
sbrigliata
anche
quando
è
virulenta
o
infuria
sull
avversario
.
Produce
uno
stile
nervoso
-
uno
stile
che
ti
mette
sottosopra
il
sangue
-
che
ti
accarezza
-
che
ti
schiaffeggia
-
che
ti
intenerisce
.
Ha
immagini
scultorie
,
grandiose
,
indimenticabili
.
Adesso
che
i
nervi
lo
lasciano
tranquillo
,
la
sua
salute
si
è
rinvigorita
e
le
sue
forze
intellettuali
si
sono
triplicate
.
Egli
è
diventato
un
lavoratore
metodico
come
l
autore
dei
Rougon
-
Macquart
.
Vi
può
dire
coll
orologio
alla
mano
il
manoscritto
che
vi
potrà
consegnare
in
un
mese
per
un
anno
di
seguito
.
Veste
male
,
non
è
mai
stato
vestito
bene
.
Da
giovane
andava
per
le
vie
coi
calzoni
che
gli
lasciavano
vedere
tutto
il
corame
della
scarpa
,
con
una
giacca
o
un
paletot
che
lo
tirava
da
tutte
le
parti
e
un
cappello
floscio
che
lasciava
vedere
il
suo
alto
disprezzo
per
la
spazzola
e
il
copricapo
nuovo
.
Il
nodo
della
cravatta
traduceva
l
uomo
che
non
si
guarda
mai
nello
specchio
;
era
mal
fatto
e
andava
da
tutte
le
parti
,
tranne
che
sotto
il
bottone
del
solino
spesso
sgualcito
.
Parecchi
di
noi
che
scrivevamo
nella
Farfalla
lo
credevamo
un
bohémien
eternamente
alla
caccia
di
un
louis
d
or
come
gli
eroi
di
Murger
.
Lo
si
vedeva
e
si
pensava
all
assalto
alla
borsa
.
Ma
lui
ci
stringeva
la
mano
,
ci
parlava
di
qualche
pubblicazione
e
ci
salutava
senza
domandarci
nulla
.
La
giornata
dopo
che
il
Giarelli
lo
aveva
fatto
diventare
celebre
presentandolo
ai
lettori
della
Ragione
come
autore
del
Mago
-
un
canto
che
sentiva
del
profumo
dei
suoi
anni
e
che
sgretolava
il
vecchio
mondo
come
il
canto
satanico
di
Carducci
-
lo
pregai
di
prestarmi
un
libro
.
-
Figurati
!
Mi
lasciai
trascinare
a
casa
sua
con
uno
stringimento
di
cuore
.
Mi
aspettavo
di
vedermi
spalancato
l
uscio
di
un
uomo
in
mare
.
Credevo
di
trovarlo
in
una
soffitta
che
venisse
inaffiata
dalla
pioggia
,
con
una
dozzina
di
volumi
pieni
di
ditate
untuose
per
il
suolo
,
con
dei
fogli
imbrattati
di
inchiostro
su
un
tavolo
che
non
sta
mai
quieto
,
con
una
seggiola
sventrata
,
con
una
camicia
sudicia
appesa
alla
parete
e
un
paio
di
ciabatte
squinternate
vicino
a
un
saccone
di
foglie
di
granturco
sui
cavalletti
di
legno
.
All
entrata
diventai
di
tutti
i
colori
.
La
sua
casa
in
via
Gesù
era
di
quelle
che
respirano
il
benessere
degli
inquilini
.
La
portinaia
lo
salutò
con
una
mezza
riverenza
,
lo
chiamò
signor
dottore
,
e
gli
lasciò
prendere
un
mucchio
di
lettere
da
un
casellario
che
rivelava
l
ambiente
signorile
.
Salimmo
per
uno
scalone
,
entrammo
per
l
uscio
aperto
da
una
cameriera
e
mi
trovai
coi
piedi
sul
tappeto
,
in
un
salotto
sontuoso
,
circondato
da
mobili
eleganti
,
cogli
occhi
che
andavano
da
una
tela
di
qualche
sommità
del
pennello
ai
bibelots
di
un
étagère
superba
.
La
mamma
non
pareva
la
mamma
di
un
figlio
che
si
trascurava
negli
abiti
fino
all
indecenza
.
La
guardavo
e
pensavo
alla
castellana
:
alla
signora
alta
,
coi
capelli
bipartiti
come
una
Madonna
,
con
la
faccia
signorilmente
lunga
,
con
l
abito
nero
giù
a
piombo
,
illuminato
intorno
al
collo
dal
pizzo
antico
e
illustrato
al
seno
da
una
nidiata
di
solitari
sepolti
nelle
trine
.
Nella
penombra
del
salotto
le
sue
dita
affusolate
si
muovevano
e
perdevano
faville
dappertutto
.
Se
avessi
qualcosa
da
amministrare
e
potessi
indurre
Filippo
Turati
a
prendersi
cura
del
mio
patrimonio
,
non
esiterei
un
minuto
ad
affidargli
la
mia
amministrazione
.
In
pochi
anni
sarei
sicuro
di
andare
verso
la
ricchezza
che
ride
dei
rovesci
degli
altri
.
Egli
è
un
ragioniere
consumato
.
Ha
l
occhio
nell
avvenire
ed
è
di
una
esattezza
direi
quasi
scrupolosa
.
Questa
abilità
,
che
in
un
uomo
di
cifre
diventerebbe
una
virtù
grandiosa
,
in
lui
è
un
difetto
che
gli
costa
una
somma
enorme
di
lavoro
intellettuale
perduto
.
Mi
sento
male
quando
vedo
il
direttore
della
Critica
Sociale
scrivere
gli
indirizzi
degli
abbonati
,
registrare
gli
incassi
,
impaccare
libri
e
correre
alla
posta
carico
come
un
facchino
.
Ma
lui
non
smetterà
mai
.
Egli
chiama
tutto
questo
una
distrazione
.
Abituato
a
non
darsi
al
riposo
,
continuerebbe
a
scrivere
e
diventerebbe
prolisso
e
slavato
come
un
pennivendolo
da
ottanta
lire
il
mese
.
Fuma
dalla
mattina
alla
sera
.
Terminata
una
sigaretta
ne
accende
un
altra
e
continua
così
fino
al
momento
di
addormentarsi
.
Alcuni
che
non
lo
conoscono
bene
sospettano
in
lui
il
tirchione
che
si
lascerebbe
ammazzare
piuttosto
che
metter
fuori
un
centesimo
o
offrire
una
bibita
agli
intimi
che
vanno
a
trovarlo
.
È
un
errore
grossolano
.
Filippo
Turati
non
è
uno
sciupone
.
Ma
coloro
che
frequentano
la
sua
casa
sanno
che
la
sua
tavola
è
sempre
popolata
di
amici
e
che
la
sua
mano
mette
sempre
nella
mano
dei
bisognisti
dei
biglietti
di
banca
.
Una
sola
volta
l
ho
veduto
seccato
di
sapersi
all
uscio
persone
che
hanno
bisogno
di
dirgli
una
parola
.
Stava
facendo
colazione
e
questi
signori
lo
avevano
fatto
smettere
sei
volte
.
Alla
settima
rifiutò
di
muoversi
.
-
Ah
,
per
oggi
basta
,
perdio
!
Ditegli
che
non
ci
sono
,
ditegli
!
Poi
,
dopo
qualche
boccone
,
si
trovò
pentito
.
-
Era
forse
uno
che
meritava
più
degli
altri
.
La
ragione
è
che
ne
ho
troppi
.
Da
un
po
di
tempo
il
mio
uscio
sembra
l
uscio
del
duca
Scotti
.
È
buono
,
generoso
,
leale
,
capace
di
amicizie
vere
,
sentite
.
Il
socialismo
è
la
sua
anima
,
la
sua
fede
,
il
suo
ideale
.
Per
esso
ha
combattuto
-
per
esso
soffre
-
per
esso
sarà
pronto
domani
e
sempre
a
morire
.
IL
CUBICOLO
Passando
per
il
corridoio
dei
cubicoli
,
vidi
nel
secondo
Chiesi
,
nel
terzo
Romussi
,
nel
quarto
Federici
,
e
nel
quinto
don
Davide
.
Credo
di
essere
diventato
pallido
come
un
morto
.
Veduti
col
viso
ai
due
bastoni
di
ferro
in
croce
dell
uscio
,
mi
parvero
delle
bestie
o
delle
ditte
di
un
museo
di
criminali
.
Le
loro
facce
non
erano
più
che
grinte
spaventevoli
,
con
delle
mascelle
enormi
,
degli
occhi
biechi
,
delle
fronti
con
tutte
le
stimmate
del
delinquente
nato
.
Entrai
nel
sesto
.
Dopo
di
me
,
venivano
Achille
Ghiglioni
e
Costantino
Lazzari
.
Il
cubicolo
era
completamente
vuoto
.
Non
vi
trovai
che
una
lastra
d
ardesia
,
larga
poco
più
del
corpo
d
un
uomo
,
infissa
nella
parete
a
destra
.
Mi
distesi
carico
di
emozioni
,
chiudendo
gli
occhi
come
per
obbliarmi
.
Sarebbe
bastata
una
parola
qualunque
per
farmi
piangere
.
Non
avevo
paura
,
ma
tutto
ciò
che
si
compiva
nel
silenzio
di
quell
attimo
mi
commoveva
fino
alla
gola
.
Vi
rimasi
assopito
non
so
più
quanti
minuti
.
Mi
risvegliai
spossato
.
Il
cubicolo
era
così
tetro
e
angusto
che
mi
ricordai
delle
camerucce
dei
famosi
forni
di
Monza
,
ove
i
Visconti
avevano
scontato
i
loro
mesi
di
prigionia
.
Per
muovermi
,
non
avevo
che
uno
spazio
di
un
metro
e
sessanta
di
lunghezza
e
un
metro
circa
di
larghezza
.
Era
alto
,
con
una
finestrolina
sopra
la
porta
che
riceveva
la
luce
scialba
del
corridoio
chiuso
e
largo
poco
più
della
tana
.
Per
vederci
malamente
dovevo
stare
cogli
occhi
alla
inferriata
.
Nessuno
dei
miei
compagni
fiatava
.
Si
capiva
che
attraversavano
anche
loro
il
momento
della
prostrazione
.
Sentii
Chiesi
che
domandava
a
Fritz
come
stava
.
-
Bene
,
grazie
.
Nacque
subito
il
dialogo
.
Romussi
:
Mi
pare
di
essere
in
un
antro
.
È
possibile
che
ci
si
facciano
passare
degli
anni
in
questo
buco
?
Federici
:
lo
tranquillava
assicurandolo
che
la
segregazione
personale
non
poteva
durare
più
di
un
sesto
della
pena
.
Romussi
:
Saccorotto
!
Ci
dici
poco
a
vivere
in
questa
tana
per
sette
od
otto
mesi
?
Ho
tentato
di
leggere
col
libro
alla
ferriata
,
ma
ho
dovuto
smettere
.
Vi
avrei
lasciata
la
vista
...
Chiamammo
due
o
tre
volte
don
Davide
senza
averne
risposta
.
Credevamo
che
dormisse
.
Invece
,
il
povero
prete
,
entrato
nel
cubicolo
,
non
seppe
più
reggere
.
Pianse
dirottamente
.
Pianse
nel
silenzio
soffocando
i
singhiozzi
per
non
farsi
sentire
dai
colleghi
,
pregando
Dio
di
aiutarlo
in
un
momento
di
tanta
ambascia
.
Io
,
che
personalmente
lo
conoscevo
da
parecchi
anni
e
che
durante
il
processo
avevo
ribadita
l
amicizia
,
inquieto
del
suo
silenzio
,
gridai
:
-
Don
Davide
?
Che
cosa
fate
?
Dormite
?
Rispose
con
una
voce
cavernosa
che
non
dormiva
.
Non
aveva
bisogno
che
un
po
di
calma
per
riaversi
da
tutte
quelle
emozioni
che
stavano
per
strangolarlo
.
Fummo
sorpresi
dalla
guardia
con
le
scarpe
di
cimossa
,
la
quale
ci
spiava
in
agguato
.
-
Silenzio
!
gridò
imperiosamente
il
secondino
.
Mezz
ora
dopo
venne
il
direttore
a
vederci
,
cubicolo
per
cubicolo
,
col
cappello
in
testa
e
la
voce
che
sentiva
dell
uomo
abituato
a
parlare
coi
galeotti
.
Così
fu
anche
in
seguito
.
Venne
sempre
nella
nostra
camerata
col
cappello
in
testa
e
col
linguaggio
dell
uomo
che
vuole
essere
temuto
e
vuole
essere
considerato
un
domatore
di
dannati
alla
galera
.
Uscito
il
direttore
dal
corridoio
,
entrò
nel
cubicolo
un
pagliericcio
di
crine
vegetale
puntato
,
assolutamente
insufficiente
anche
per
un
corpo
mingherlino
come
quello
di
Romussi
.
Mancava
ai
piedi
di
mezzo
braccio
e
bisognava
addormentarsi
sul
fianco
e
con
la
faccia
al
muro
,
se
non
si
voleva
cadere
sull
impiantito
.
-
Pane
!
Trasalimmo
.
Era
un
galeotto
con
la
catena
a
parecchie
maglie
,
accompagnato
da
una
guardia
,
che
andava
di
buco
in
buco
a
distribuire
la
pagnotta
.
Il
pane
regio
-
come
lo
chiamavamo
-
parve
a
tutti
noi
immangiabile
.
Dovevamo
avere
fame
,
perché
eravamo
ancora
con
l
ultima
costoletta
e
l
ultimo
risotto
che
avevamo
mangiato
al
Castello
.
Romussi
mi
fece
sapere
che
aveva
divorata
la
sua
pagnotta
fino
all
ultima
briciola
.
Coi
suoi
denti
da
mastino
e
il
suo
apparecchio
digestivo
sempre
in
ordine
,
ne
avrebbe
mangiata
un
altra
.
Gli
altri
la
sbriciolarono
.
-
Minestra
!
-
Uh
!
-
sentii
dire
.
Era
un
uh
!
che
traduceva
la
nausea
.
Nessuno
di
noi
seppe
ingoiare
la
minestra
.
Guardai
che
cosa
mi
aveva
scodellato
nella
gamella
.
Vidi
una
pasta
che
mi
pareva
esalasse
un
non
so
che
di
tufaceo
e
una
broda
piena
di
scandellature
gialle
alla
superficie
.
Tutto
assieme
mi
faceva
recere
.
L
afa
del
pomeriggio
ci
rendeva
inquieti
e
ci
faceva
sentire
un
bisogno
prepotente
di
uscire
all
aria
a
vedere
un
po
di
cielo
.
Verso
sera
,
ci
si
portò
una
coperta
,
un
fiaschetto
d
acqua
,
un
catino
di
zinco
ed
un
asciugatoio
ruvido
a
quadrettoni
colorati
,
largo
come
un
fazzoletto
.
Alle
cinque
,
per
noi
era
notte
fatta
.
Ci
augurammo
la
buona
sera
.
Mi
adagiai
sul
pagliericcio
nella
speranza
di
addormentarmi
.
La
tristezza
aumentava
in
ragione
della
oscurità
che
andava
diffondendosi
nel
cubicolo
.
Verso
le
nove
,
sentii
due
mandate
all
uscio
del
portico
.
Era
la
ronda
.
La
ronda
è
composta
di
un
sottocapo
e
di
due
guardie
,
una
delle
quali
porta
la
lanterna
fumosa
e
puzzolente
.
Entra
in
ogni
cubicolo
tre
volte
per
notte
,
sbatte
in
faccia
la
luce
della
lanterna
,
dà
un
occhiata
alla
finestra
e
alla
ferriata
e
se
ne
va
richiudendo
l
uscio
a
chiave
.
Ci
vogliono
dei
mesi
prima
di
abituarsi
a
queste
sorprese
notturne
.
Romussi
non
poteva
dormire
che
con
dei
narcotici
.
Gli
sbatacchiamenti
gli
davano
sui
nervi
.
Il
secondo
giorno
fu
più
triste
.
Ci
eravamo
alzati
all
alba
,
chiamati
dalla
campana
come
gente
che
non
aveva
tempo
da
perdere
e
poi
ci
si
era
lasciati
nella
capponaia
a
cellucce
senza
darci
un
libro
,
senza
dirci
una
parola
,
senza
lasciarci
sperare
che
all
indomani
saremmo
usciti
.
Bisogna
proprio
essere
aguzzini
che
gustano
la
voluttà
dell
altrui
sventura
,
per
tenere
degli
infelici
cento
e
più
ore
sotto
l
impressione
che
il
sesto
della
loro
sentenza
verrà
consumata
in
una
tana
senza
luce
e
senz
aria
!
Nel
cubicolo
siamo
rimasti
due
giorni
e
mezzo
.
Durante
questo
primo
periodo
,
non
abbiamo
visto
che
una
ombra
che
passò
dalla
nostra
cella
con
una
parola
per
ogni
buco
:
coraggio
!
L
ombra
era
il
cappellano
.
Uscimmo
storditi
.
Ci
palpavamo
la
nuca
e
guardavamo
il
cielo
come
abbacinati
.
Erano
bastati
due
giorni
e
mezzo
per
solcarci
le
guance
e
imbrutirci
come
gente
che
si
levasse
da
una
sbornia
potentissima
.
Ci
scambiammo
su
per
giù
gli
stessi
pensieri
.
-
Credetti
di
morire
,
sapete
.
Mancavo
d
aria
:
avevo
bisogno
di
moto
e
di
luce
,
soprattutto
di
luce
,
soprattutto
di
moto
,
soprattutto
d
aria
.
Don
Davide
aveva
avuto
delle
nausee
che
lo
avevano
impensierito
.
-
Ci
fu
un
momento
in
cui
dovetti
raccogliermi
e
pregare
il
Signore
Iddio
.
Costantino
Lazzari
aveva
l
aria
di
uno
smemorato
.
Si
palpeggiava
il
collo
e
continuava
a
battere
i
piedi
in
terra
come
per
ridar
loro
la
circolazione
del
sangue
.
Ci
si
condusse
al
passeggio
in
un
cortiletto
che
sentiva
del
luogo
.
Non
avevamo
che
uno
spazio
di
pochi
passi
inquadrato
da
muraglie
giallognole
,
scrostate
e
sbullettate
.
Col
dorso
verso
la
torricella
,
dalle
finte
finestre
,
che
usciva
da
un
angolo
dell
edificio
,
vedevamo
un
largo
verde
di
Capra
Zoppa
.
La
torricella
era
triste
e
ci
ricordava
che
in
essa
erano
le
celle
più
orribili
del
reclusorio
.
Al
lato
opposto
della
porticina
d
entrata
del
portico
,
è
la
muraglia
con
le
finestruole
a
mezzaluna
e
a
doppia
inferriata
,
dietro
la
quale
è
una
filata
di
cubicoli
.
Quante
volte
,
durante
la
passeggiata
,
abbiamo
sentito
gli
inquilini
dei
cubicoli
prorompere
in
pianti
dirotti
!
Nella
muraglia
che
taglia
il
cortile
,
è
un
pozzo
chiazzato
di
verde
.
Le
due
diane
dipinte
sul
muro
sono
gli
orologi
solari
dei
reclusi
.
L
una
segna
il
corso
del
sole
dalle
7
del
mattino
a
mezzogiorno
,
ed
ha
per
epigrafe
:
Sic
mea
vita
fugit
!
Una
condanna
atroce
,
dicevamo
al
passeggio
,
per
i
poveri
prigionieri
che
portano
tanti
problemi
nella
testa
,
e
sono
costretti
a
sciupare
il
tempo
con
le
mani
in
mano
!
L
altra
,
adorna
dei
segni
dello
zodiaco
,
si
accontenta
di
avvisare
i
galeotti
al
passeggio
che
senza
sole
non
serve
a
niente
:
Sine
sole
,
sileo
.
Le
dita
della
destra
battute
sul
palmo
della
mano
sinistra
di
un
sottocapo
ci
avvertirono
che
la
nostra
ora
d
aria
era
terminata
.
NELLA
QUINTA
CAMERATA
Nella
quinta
camerata
entrammo
il
27
giugno
1898
.
È
al
primo
piano
.
Vi
si
sale
curvando
la
testa
nel
buco
di
un
enorme
cancello
di
ferro
,
la
cui
porticina
è
aperta
e
chiusa
a
chiave
a
ogni
passaggio
di
forzati
e
di
reclusi
da
un
cerbero
negli
abiti
di
guardia
carceraria
.
Col
piede
nell
antiporto
che
mette
nell
intimità
dell
edificio
,
subìte
la
sensazione
che
state
per
essere
perduti
nella
vasta
tomba
del
reclusorio
.
Al
margine
di
tanti
stanzoni
affollati
di
numeri
di
matricola
,
non
sentite
alito
di
vita
.
Vi
sembra
di
essere
nell
androne
di
un
convento
spopolato
.
La
voce
di
un
vivo
diventa
sonora
e
vi
fa
rabbrividire
.
Dal
buio
dell
antiporto
,
si
sale
a
tentoni
per
il
buio
pesto
di
due
scale
,
si
riesce
in
una
specie
di
pianerottolo
fosco
come
la
nebbia
e
si
sbuca
in
un
corridoio
chiaro
,
in
fondo
al
quale
è
la
quinta
camerata
a
fianco
di
altre
camerate
.
Vi
entrammo
l
uno
dopo
l
altro
accompagnati
da
una
guardia
e
da
un
sottocapo
.
L
entrata
è
un
altro
cancello
di
ferro
,
foderato
nella
parte
superiore
da
un
lastrone
munito
di
spia
,
che
sopprime
il
di
fuori
fino
alla
distanza
di
un
mezzo
metro
da
terra
.
Di
modo
che
i
secondini
,
accosciati
negli
angoli
,
possono
assistere
ai
movimenti
dei
piedi
,
oppure
coll
occhio
al
buco
vedere
tutti
i
condannati
che
escono
dalla
rete
del
regolamento
.
La
nostra
camerata
non
ha
che
la
spia
nella
fodera
del
cancello
.
Ma
le
altre
ne
hanno
due
anche
nelle
muraglie
che
le
fiancheggiano
.
La
guardia
le
scopre
all
insaputa
dei
reclusi
e
li
sorprende
fuori
di
posto
o
a
chiacchierare
o
a
giuocare
a
dama
colle
pedine
di
mollica
di
pane
.
Di
tanto
in
tanto
la
udite
che
ingiunge
loro
di
stare
quieti
o
zitti
.
-
Fate
silenzio
,
voi
,
numero
tale
,
se
non
volete
andare
in
«
camerella
»
!
La
guardia
di
Finalborgo
fa
il
suo
dovere
senza
esagerazione
e
senza
imbestialire
contro
la
ciurma
che
ha
delinquito
.
Ma
è
possibile
,
dite
,
di
rimanere
in
un
camerone
di
settanta
o
ottanta
individui
per
delle
settimane
,
per
dei
mesi
,
per
degli
anni
,
con
una
mano
nell
altra
,
col
pensiero
istupidito
,
senza
mai
lasciarsi
scappare
una
parola
,
un
interrogazione
,
un
grido
che
viene
su
dall
anima
in
un
momento
di
crepacuore
?
No
,
non
è
possibile
.
Me
lo
disse
tutto
il
personale
del
penitenziario
di
Dublino
quando
ero
là
a
visitare
i
dinamitardi
e
gli
altri
condannati
alla
servitù
penale
.
La
lingua
non
sa
acconciarsi
alla
paralisi
completa
.
Me
lo
disse
e
lo
scrisse
il
principe
di
Krapotkine
che
ha
scontato
la
condanna
francese
nella
Maison
centrale
di
Clairvaux
.
«
Questo
sistema
-
diceva
-
è
così
contrario
alla
natura
umana
che
non
poteva
essere
mantenuto
che
a
forza
di
punizioni
.
Nei
tre
anni
che
passai
a
Clairvaux
,
il
sistema
era
caduto
en
désuétude
.
Lo
si
era
abbandonato
a
poco
a
poco
,
a
condizione
che
le
conversazioni
all
atelier
e
alla
passeggiata
non
fossero
troppo
rumorose
»
.
Volete
un
documento
che
le
punizioni
non
riuscirono
,
né
riusciranno
mai
a
far
perdere
agli
inquilini
delle
carceri
l
abitudine
di
parlare
?
Ero
al
Cellulare
quando
il
signor
Sampò
prese
il
posto
del
signor
Astengo
.
I
detenuti
conversavano
senza
vedersi
,
stando
alla
ferriata
della
finestra
;
Il
nuovo
direttore
si
mise
a
infliggere
delle
settimane
e
dei
quindici
giorni
di
pane
ed
acqua
,
con
l
aggiunta
magari
della
cella
di
rigore
,
ai
violatori
del
silenzio
.
Credete
che
ci
sia
riuscito
?
Dalla
conversazione
di
finestra
in
finestra
era
stato
eliminato
il
linguaggio
stomachevole
.
Ma
il
chiacchierìo
era
rinato
pochi
giorni
dopo
con
maggior
vigore
di
prima
.
E
quale
castigo
,
o
signori
carcerieri
,
riuscirebbe
mai
a
tappare
la
bocca
ai
prigionieri
subito
dopo
la
sveglia
e
mentre
squilla
la
campana
del
silenzio
?
Voi
sentite
mille
bocche
in
una
volta
che
si
scambiano
dei
buon
giorno
commoventi
,
degli
addii
pieni
di
cuore
,
dei
Saluti
che
inchiudono
il
«
coraggio
!
»
o
il
«
non
pensarci
che
passeranno
anche
questi
mesi
!
»
-
Ciao
,
Biscella
!
-
Addio
,
Lumaghin
!
-
Giuliano
,
dormi
bene
!
Una
sera
ci
sono
cascato
anch
io
.
Un
detenuto
.
sopra
o
vicino
alla
mia
cella
si
mise
a
gridare
:
-
Numero
tale
?
-
Che
cosa
hai
fatto
?
Non
risposi
.
-
Buona
sera
.
-
Buona
notte
.
Questo
semplice
dialogo
mi
fece
affiggere
sul
dorso
dell
uscio
della
mia
cella
che
il
direttore
mi
aveva
punito
con
dieci
giorni
di
pane
ed
acqua
!
Dopo
il
Cellulare
,
il
Castello
e
il
cubicolo
,
la
quinta
camerata
dell
ex
convento
dei
frati
,
dell
ordine
di
san
Domenico
,
ci
parve
un
paradiso
.
la
percorrevamo
in
lungo
e
in
largo
con
delle
fiatate
di
soddisfazione
.
Finalmente
qui
si
respira
!
le
pareti
erano
pulite
,
imbiancate
di
fresco
,
con
del
verde
che
girava
tutto
intorno
a
un
metro
d
altezza
.
Le
finestre
a
doppia
inferriata
,
coi
famosi
cassoni
,
che
non
ci
lasciavano
vedere
dall
alto
che
un
profilo
di
Capra
Zoppa
,
diventarono
,
per
noi
,
delle
aperture
illimitate
che
lasciavano
entrare
aria
a
volumi
.
Le
brande
lungo
il
dorso
del
camerone
assunsero
la
forma
di
letti
elastici
,
con
dei
materassi
sprimacciati
,
sui
quali
si
poteva
adagiare
il
corpo
affranto
dai
patimenti
,
con
un
guanciale
soffice
che
pareva
appena
uscito
dalle
mani
del
materassaio
.
Guardavamo
tutto
con
compiacenza
.
Paragonavamo
l
asse
al
disopra
delle
brande
,
che
correva
lungo
la
parete
,
a
una
elegante
guardaroba
o
a
una
comodissima
dispensa
.
Ciascuno
di
noi
aveva
un
largo
spazio
per
ammonticchiarvi
la
biancheria
e
i
libri
,
per
mettervi
il
catinetto
di
zinco
,
la
fiaschetta
impagliata
,
la
brocca
per
bere
,
la
spazzola
e
la
pettinina
,
la
gamella
con
inciso
il
nostro
numero
di
matricola
e
la
pagnotta
che
ci
avrebbero
portata
tepida
due
volte
il
giorno
.
Il
sole
completava
la
nostra
contentezza
.
Vi
entrava
un
po
di
sbieco
dalla
prima
finestra
e
veniva
a
frangersi
sui
bastoni
di
ferro
della
seconda
,
lasciando
cadere
dei
barbagli
fino
al
suolo
e
portandoci
del
calore
e
della
gaiezza
che
si
diffondeva
dappertutto
.
La
sola
noia
del
luogo
erano
le
mosche
-
delle
mosche
grosse
come
quelle
che
vivacchiano
intorno
ai
letami
-
delle
mosche
pesanti
che
aleggiavano
con
un
ronzìo
greve
,
che
parevano
sonnolente
anche
nell
aria
,
che
si
fermavano
sul
nostro
naso
,
sulle
nostre
orecchie
,
sul
nostro
collo
,
sulle
nostre
labbra
,
sulle
nostre
mani
,
senza
paura
di
essere
schiacciate
dalla
nostra
collera
.
Si
cacciavano
via
e
ritornavano
a
noi
con
una
insistenza
feroce
e
con
una
ostinatezza
che
ci
faceva
perdere
la
pazienza
.
Più
e
più
di
una
volta
fummo
obbligati
a
rincorrerle
e
a
dar
loro
una
caccia
disperata
coi
fazzoletti
,
inseguendole
fino
alla
inferriata
.
Ma
era
della
fatica
sprecata
.
Ricomparivano
a
sciami
più
inviperite
di
prima
.
Erano
le
nostre
arpie
.
In
camerata
non
eravamo
più
che
delle
cifre
.
Gustavo
Chiesi
era
divenuto
il
numero
2555
,
Carlo
Romussi
il
2556
,
don
Davide
Albertario
il
2557
,
Bortolo
Federici
il
2558
,
Paolo
Valera
il
2559
,
Costantino
Lazzari
il
2560
e
Achille
Ghiglione
il
2561
.
La
prima
volta
che
si
spalancò
il
nostro
cancello
e
che
entrò
un
sottocapo
con
due
galeotti
a
fare
la
distribuzione
degli
asciugatoi
e
delle
lenzuola
,
ci
fu
un
po
di
confusione
.
Nessuno
era
ancora
riuscito
a
tenersi
a
mente
il
proprio
numero
di
matricola
e
a
convincersi
che
non
eravamo
più
che
dei
numeri
.
-
2555
?
-
Presente
!
A
mano
a
mano
che
si
veniva
chiamati
,
si
andava
vicino
al
cancello
a
ricevere
la
«
biancheria
»
.
Per
asciugarci
la
faccia
e
tutto
il
corpo
,
ci
avevano
dato
una
pezzuola
di
canape
ruvidissima
,
a
rigoni
spaventevoli
,
a
listoni
alternati
,
che
andavano
dal
bigio
al
cioccolato
-
due
colori
che
porto
nella
testa
con
orrore
.
Perché
sono
le
striscie
che
rappresentano
la
casa
di
pena
e
riassumono
l
emblema
del
reclusorio
.
Sono
i
colori
della
camicia
,
i
colori
delle
lenzuola
,
i
colori
del
saccone
,
i
colori
del
tascapane
,
i
colori
delle
mutande
,
i
colori
del
berretto
,
i
colori
della
casacca
e
i
colori
dei
calzoni
.
Per
tutto
il
tempo
della
condanna
non
si
vedono
che
dei
clowns
.
Delle
schiene
a
rigoni
,
delle
braccia
a
rigoni
,
delle
gambe
a
striscie
e
delle
teste
col
copricapo
listato
di
caffè
e
di
bigio
con
dei
puntini
che
paiono
tante
punzecchiature
di
pulci
.
Il
numero
di
matricola
aveva
ingrossato
il
cuore
di
alcuni
miei
compagni
.
Romussi
si
era
seduto
sul
suo
sedile
di
legno
con
le
lenzuola
sulle
braccia
l
asciugatoio
in
mano
dicendo
:
«
Saccorotto
!
»
Don
Davide
,
di
temperamento
sensibilissimo
,
che
si
lascia
commuovere
,
o
trasportare
,
o
abbattere
dagli
avvenimenti
,
sarebbe
dato
fuori
a
piangere
se
non
fossimo
stati
presenti
.
Gli
pareva
impossibile
,
come
diceva
lui
,
che
un
sacerdote
,
che
indossava
la
veste
talare
da
trentasei
anni
,
questa
veste
,
aggiungeva
,
«
che
mi
fu
compagna
e
amica
nei
tempi
lieti
e
tristi
»
,
potesse
essere
diventato
il
2557
,
con
la
gamella
matricolata
e
con
la
branda
in
una
camerata
comune
ch
egli
doveva
calare
e
piegare
al
suono
di
una
campana
!
Era
inutile
abbandonarci
alle
malinconie
.
Perché
non
eravamo
che
alla
titillazione
del
sistema
.
Ci
aspettavano
ben
altre
sorprese
.
Costantino
Lazzari
si
era
seduto
,
come
al
solito
,
tra
due
brande
senza
dire
una
parola
.
Egli
si
teneva
come
isolato
.
Non
aveva
confidenza
in
alcuno
e
nel
suo
angolo
era
il
suo
mondo
.
Se
qualcuno
lo
interrogava
,
rispondeva
come
un
mastino
irritato
.
Una
volta
che
gli
domandai
se
aveva
qualche
dispiacere
,
mi
rispose
di
occuparmi
delle
cose
mie
!
-
2559
?
-
Presente
!
Presi
la
mia
biancheria
e
me
la
appesi
dando
in
una
risata
che
mise
quasi
tutti
di
buon
umore
.
Noi
credevamo
che
nei
penitenziarii
i
forzati
e
i
reclusi
venissero
abbandonati
al
rimorso
dei
loro
misfatti
,
e
non
vedessero
che
la
mano
incaricata
di
stendere
loro
dal
buco
la
pagnotta
,
la
minestra
e
l
acqua
.
Invece
,
in
una
camerata
di
galera
,
si
è
come
in
una
sala
di
ufficio
telegrafico
.
C
è
sempre
gente
che
va
e
viene
.
Alla
mattina
,
quando
avete
ancora
gli
occhi
ingarbugliati
,
vi
dovete
mettere
sul
guardavoi
,
nello
spazio
delle
brande
,
per
la
«
conta
»
.
Si
spalanca
il
cancello
ed
entrano
tre
guardie
seguite
da
un
sottocapo
o
da
una
guardia
scelta
che
vanno
fino
in
fondo
alla
muraglia
,
contando
,
mentre
passano
,
uno
,
due
,
tre
,
quattro
,
cinque
,
sei
e
sette
.
È
la
consegna
dei
reclusi
dalla
guardia
notturna
alla
guardia
diurna
.
Escono
,
si
chiude
e
si
schiude
di
nuovo
il
cancello
per
i
reclusi
che
vengono
a
portar
via
il
mastello
dell
acqua
sporca
,
per
il
recluso
che
viene
a
prendere
il
barile
dell
acqua
,
per
il
forzato
che
vuota
il
«
bugliolo
»
e
il
pitalone
.
Il
«
bugliolo
»
è
il
recipiente
di
legno
con
coperchio
del
liquido
puzzolente
.
Scoperchiandolo
,
vi
sentite
in
faccia
la
tanfata
pestifera
delle
uova
putrefatte
.
Il
«
pitalone
»
delle
altre
camerate
è
un
enorme
mastello
che
rimane
negli
angoli
e
passa
per
i
corridoi
come
una
cloaca
.
Nel
reclusorio
di
Finalborgo
non
ci
sono
latrine
!
Quando
si
vuotano
e
passano
dinanzi
i
cancelli
,
si
è
come
in
mezzo
ai
bonzoni
dei
pozzi
neri
che
si
scaricano
.
Il
fluido
nauseabondo
vi
sommerge
come
un
edificio
coperto
fino
ai
coppi
di
materie
fecali
.
Credete
di
essere
lasciato
in
pace
ed
ecco
il
delinquente
che
viene
col
secchione
del
latte
a
mescervene
nella
brocca
cinque
centesimi
.
Rimane
chiuso
per
cinque
minuti
e
poi
si
riapre
per
lasciar
entrare
il
recluso
con
la
pagnotta
.
-
Pane
!
State
per
mettervi
a
sedere
e
si
spalanca
un
altra
volta
il
cancello
.
È
il
sottocapo
che
batte
le
dita
della
destra
sul
palmo
della
sinistra
dicendo
:
aria
!
Ritornati
dal
passeggio
,
viene
a
farvi
visita
il
forzato
della
spesa
.
La
spesa
non
durava
mai
meno
di
quindici
minuti
.
Era
la
cosa
più
difficile
di
questo
mondo
.
Ogni
mattina
si
doveva
sciogliere
il
problema
come
si
poteva
vivere
all
indomani
con
25
centesimi
,
se
si
era
condannati
alla
reclusione
come
il
2555
e
il
2556
,
o
con
35
centesimi
se
si
era
condannati
alla
detenzione
come
gli
altri
numeri
di
matricola
della
nostra
camerata
.
Il
2555
rinunciava
di
solito
al
vino
.
Un
quarto
di
vino
costava
nove
centesimi
.
Era
del
lusso
.
E
si
faceva
registrare
per
due
«
uova
al
tegame
»
-
cioè
per
22
centesimi
.
Il
resto
lo
scialava
in
frutta
.
Il
2256
non
rinunziava
alla
bibita
.
Senza
una
golata
di
vino
non
avrebbe
saputo
ingoiare
tutte
le
porcherie
del
bettolino
.
La
lista
della
spesa
includeva
anche
il
caffè
.
Il
2557
e
il
2559
persistettero
per
più
di
una
mattina
a
berne
mezza
razione
di
cinque
centesimi
.
Ma
dovettero
rinunciarvi
.
Era
un
acqua
colorata
e
tepida
di
un
sapore
che
faceva
fare
gli
occhiacci
.
Lo
si
inghiottiva
come
una
medicina
disgustosa
.
Il
2557
non
lasciò
mai
il
suo
mezzo
litro
di
vino
di
18
centesimi
,
anche
quando
il
vino
era
acre
o
imbevibile
come
l
aceto
.
Egli
aveva
uno
stomaco
di
ferro
,
ma
senza
una
goccia
di
vino
non
avrebbe
potuto
digerire
i
piatti
del
menu
carcerario
.
Il
nostro
piatto
di
forza
erano
i
gnocchi
di
dodici
centesimi
conditi
coll
olio
,
puah
!
che
sentiva
della
colatura
della
lucerna
.
Il
lunedì
avevamo
la
leccornia
di
200
grammi
di
bue
in
umido
per
ventotto
centesimi
e
di
100
per
quattordici
.
La
carne
era
dura
come
il
corame
,
e
il
2556
diceva
appunto
che
ci
volevano
i
suoi
denti
o
i
denti
del
leone
per
masticarla
.
Nel
sugo
pepato
,
pepatissimo
,
bisognava
mollificare
il
pane
,
guardando
altrove
e
mangiando
a
occhi
chiusi
.
Il
sugo
era
una
miscela
che
sapeva
di
un
po
di
tutto
e
che
diventava
succolento
in
ragione
dello
sgrassamento
che
si
compiva
in
noi
sotto
il
regime
di
una
dieta
di
ferro
.
Non
ho
veduto
sbatterlo
via
con
indignazione
che
una
volta
.
-
Aristocratico
!
aristocraticone
!
gridammo
in
coro
al
2558
-
Bravi
!
guardateci
in
fondo
!
C
era
un
semplice
scarafaggio
in
decomposizione
!
Lo
regalammo
al
forzato
latrinaio
,
avvertendolo
della
nausea
in
fondo
.
Lo
prese
come
un
intingolo
regale
,
leccandosi
le
dita
e
curvandosi
con
la
fraseologia
dei
ringraziamenti
sentiti
.
Ne
avessero
tutti
i
giorni
i
galeotti
di
queste
vivande
che
rifocillano
lo
stomaco
e
rincarnano
gli
ischeletriti
!
-
La
nostra
sentenza
-
ci
disse
-
sembrerebbe
meno
dura
.
Il
secondo
moto
di
violenza
che
ricordo
fu
quello
del
2557
.
Era
una
domenica
e
indossavamo
già
la
casacca
galeottesca
.
In
domenica
,
in
luogo
della
minestra
delle
undici
,
c
è
la
carne
e
il
brodo
.
Eravamo
seduti
al
desco
.
Il
2557
aveva
sbocconcellata
un
po
di
pagnotta
nel
brodo
,
come
gli
altri
.
In
un
attimo
lo
vedemmo
alzarsi
con
un
impeto
di
revulsione
,
suggellato
da
un
porci
!
Egli
si
era
drizzato
in
piedi
come
un
fusto
d
orgoglio
,
aveva
preso
la
gamella
ed
era
andato
alla
spia
del
cancello
.
-
Dite
al
signor
direttore
che
non
sono
un
maiale
!
Questa
carne
puzza
come
una
carogna
!
Fu
un
sottosopra
.
Siccome
,
in
fondo
,
volevano
tutti
bene
al
2557
,
un
po
perché
era
un
sacerdote
,
un
po
perché
era
un
bell
uomo
,
e
un
po
perché
era
buono
,
così
venne
su
subito
il
sottocapo
a
constatare
il
reato
d
incipiente
putrefazione
e
a
dirgli
che
gli
avrebbe
mandato
di
sopra
una
sleppa
di
manzo
eccellente
.
Noi
però
non
gli
abbiamo
perdonato
lo
scatto
che
ci
aveva
tolto
l
appetito
.
Il
2555
lo
pregò
di
leggere
il
«
manuale
del
buon
sacerdote
»
..
-
È
doloroso
che
un
secolare
vi
debba
richiamare
ai
doveri
che
vi
impone
la
vostra
veste
.
Mangiate
quello
che
vi
portano
;
siate
umile
,
siate
modesto
,
siate
paziente
e
perdonate
a
tutti
coloro
che
vi
fanno
del
male
.
Andare
sulle
furie
per
un
po
di
carne
«
passata
»
,
è
da
uomo
volgare
.
-
Avevo
fame
!
capite
che
avevo
fame
!
Ho
52
anni
,
sono
alto
e
grosso
e
mi
tocca
mangiare
la
razione
comune
,
la
razione
della
gente
mingherlina
,
piccola
,
senza
il
mio
apparecchio
digestivo
!
È
vero
o
non
è
vero
che
c
è
voluto
più
stoffa
per
vestirmi
?
È
vero
o
non
è
vero
che
c
è
il
supplemento
al
vitto
per
gli
uomini
della
mia
proporzione
anche
nelle
caserme
?
È
dunque
naturale
che
mi
si
dovrebbe
trattare
con
una
dieta
diversa
.
-
Voi
vorreste
dei
privilegi
!
-
Abbasso
i
privilegi
!
-
Privilegio
!
gridai
anch
io
.
-
Privilegio
!
Chi
è
mingherlino
non
può
mangiare
come
mangia
un
uomo
dalle
mie
proporzioni
!
Anche
senza
avere
l
apparecchio
digestivo
del
2557
,
in
galera
si
patisce
la
fame
pur
avendo
i
mezzi
per
il
sopravitto
.
Se
poi
non
se
ne
hanno
,
si
diminuisce
di
peso
di
giorno
in
giorno
.
Con
600
grammi
di
pane
cento
volte
inferiore
a
quello
del
soldato
,
e
150
grammi
di
pasta
sempre
scellerata
.
un
condannato
si
sente
i
crampi
nello
stomaco
più
di
una
volta
in
24
ore
.
In
tutte
le
camerate
si
ripete
la
stessa
storia
:
-
«
Ho
fame
,
si
ha
fame
,
abbiamo
fame
»
.
I
trentacinque
minorenni
della
nona
camerata
,
quasi
in
faccia
alla
nostra
,
ci
impietosivano
.
E
tutte
le
volte
che
potevamo
,
mandavamo
loro
le
nostre
pagnotte
e
la
nostra
minestra
.
Senza
le
nostre
cinque
o
sei
o
sette
o
dieci
pagnotte
al
giorno
avrebbero
fatto
della
fame
tutti
i
giorni
.
Perché
in
prigione
si
patisce
inesorabilmente
la
fame
.
Tanto
è
vero
che
in
prigione
si
soffre
del
digiuno
prolungato
,
che
il
2556
-
cioè
il
direttore
del
Secolo
-
mi
disse
,
la
seconda
volta
che
fummo
al
Cellulare
,
queste
testuali
parole
che
trovo
registrate
nel
mio
diario
:
-
Una
buona
novità
introdotta
dal
direttore
cav
.
Codebò
è
quella
di
avere
diviso
la
distribuzione
della
minestra
e
del
pane
.
Certi
prigionieri
,
giovinotti
robusti
,
mangiavano
d
un
colpo
i
600
grammi
di
pane
,
e
alla
sera
si
trovavano
tormentati
dalla
fame
.
Egli
pensò
di
distribuirlo
in
due
riprese
:
alle
10
e
alle
3
.
Così
pure
divise
la
minestra
quotidiana
.
I
detenuti
,
con
questo
sistema
,
hanno
un
cibo
caldo
,
benefico
,
specialmente
d
inverno
.
Ma
anche
così
si
pativa
.
Con
una
quantità
insufficiente
e
una
qualità
abbominevole
non
era
possibile
uscire
dal
regno
della
fame
.
NEQUIZIE
REGOLAMENTARI
Gli
entusiasmi
per
la
quinta
camerata
non
potevano
durare
a
lungo
.
Chiudetemi
in
un
salotto
elegante
con
le
inferriate
a
scacchi
e
il
cancello
di
ferro
,
e
vedrete
che
in
pochi
giorni
i
mobili
mi
diventeranno
odiosi
e
l
ambiente
senza
uscita
mi
incendierà
il
cervello
e
mi
ridurrà
in
un
angolo
a
imbecillire
nella
mia
impotenza
.
Il
silenzio
è
obbligatorio
:
disteso
a
caratteri
neri
sul
fondo
bianco
della
muraglia
in
faccia
al
cancello
,
diveniva
,
di
ora
in
ora
,
odioso
e
intollerabile
per
dei
giornalisti
che
avevano
passata
la
vita
tra
il
chiasso
delle
redazioni
.
Era
una
ingiunzione
che
ci
riduceva
a
una
ragazzaglia
di
casa
di
correzione
.
Vivere
con
degli
amici
-
e
degli
intellettuali
come
i
miei
compagni
-
è
una
vera
consolazione
e
spesso
anche
un
istruzione
.
La
loro
parola
vi
va
per
le
orecchie
come
una
carezza
,
vi
solleva
lo
spirito
abbattuto
,
vi
distrae
e
vi
porta
in
mezzo
ai
ricordi
tumultuosi
della
loro
professione
battagliera
.
Ma
sempre
,
sempre
,
senza
mai
un
minuto
di
isolamento
,
diventa
,
spesso
,
una
pena
e
una
tortura
!
Vi
fa
male
di
vedere
loro
crescere
lentamente
le
unghie
sudice
senza
aver
modo
di
offrir
loro
la
limettina
per
tenerle
regolate
e
pulite
,
e
di
assistere
a
tutto
ciò
che
fuori
di
galera
si
fa
nel
bagno
,
alla
latrina
,
nello
spogliatoio
e
nella
stanza
da
letto
.
E
vi
sentite
desolati
di
udire
la
bestemmia
di
qualche
vostro
compagno
che
aveva
l
abitudine
di
lavarsi
i
denti
collo
spazzolino
.
-
Che
male
ci
sarebbe
-
incominciava
a
dire
qualcuno
di
noi
-
se
la
direzione
mi
permettesse
uno
spazzolino
e
della
polvere
e
dell
acqua
dentifricia
?
-
E
che
strappo
si
farebbe
al
regolamento
se
io
,
prete
,
continuassi
a
indossare
quella
divisa
di
sacerdote
che
io
credo
di
non
avere
disonorata
?
-
Capisco
la
punizione
.
-
Io
no
,
non
la
capisco
.
Se
capisco
qualche
cosa
è
la
mia
separazione
dalla
società
che
posso
avere
offesa
.
La
punizione
che
mi
distrugge
è
un
delitto
.
E
lo
griderò
dai
tetti
,
o
meglio
dal
giornale
,
non
appena
al
largo
.
-
Lasciami
dire
.
Io
posso
capire
la
punizione
.
Ti
va
?
Ma
la
raffinatezza
di
sopprimermi
le
sigarette
se
ho
l
abitudine
di
fumare
,
di
mandarmi
a
dormire
all
ora
delle
galline
invece
di
lasciarmi
lavorare
o
studiare
,
di
costringermi
a
stare
sul
saccone
duro
come
una
pietra
per
dieci
o
dodici
ore
,
di
non
permettermi
una
locomozione
che
mi
mantenga
sano
,
di
tenermi
in
piedi
con
una
nutrizione
che
mi
restituirà
alla
mia
famiglia
,
e
alla
società
,
idiota
e
incapace
di
guadagnarmi
l
esistenza
?
-
Taci
!
C
è
raffinatezza
più
diabolica
di
quella
di
romperti
violentemente
la
comunicazione
epistolare
con
tutto
il
mondo
che
hai
conosciuto
,
che
conosci
,
che
ti
ama
e
continua
a
volerti
bene
,
anche
dopo
la
condanna
dei
tribunali
di
guerra
?
Raffinatezza
più
triste
,
più
sciagurata
di
quella
di
impedirti
di
scrivere
a
tua
moglie
,
a
tua
madre
,
ai
tuoi
figli
,
a
coloro
che
ti
amano
e
che
ti
piangono
e
che
ti
idolatrano
,
se
non
una
volta
ogni
tre
mesi
,
se
sei
alla
reclusione
,
o
una
volta
al
mese
,
se
sei
alla
detenzione
?
E
anche
questa
lettera
mensile
e
trimestrale
non
è
un
altra
tortura
?
Tu
non
puoi
parlare
,
ti
si
dice
,
che
dei
tuoi
interessi
.
Non
è
un
interesse
dire
,
per
esempio
,
ai
tuoi
di
casa
di
non
addolorarsi
perché
ti
si
è
mandato
alla
reclusione
innocente
?
No
,
perché
insulteresti
la
giustizia
.
Non
è
un
interesse
parlare
di
ciò
che
fai
e
di
ciò
che
vedi
,
della
tua
salute
,
se
stai
bene
o
male
?
No
,
perché
il
condannato
non
deve
parlare
di
quello
che
avviene
nella
casa
di
pena
!
Più
di
una
volta
,
io
e
don
Davide
abbiamo
dovuto
discendere
in
direzione
a
riprenderci
la
lettera
coll
ordine
di
riscriverla
senza
qualche
frase
contraria
al
regolamento
.
Per
due
settimane
ero
stato
malaccio
.
Mi
sentivo
debole
e
non
sapevo
più
digerire
la
pagnotta
e
la
pasta
del
penitenziario
.
Scrissi
nella
lettera
della
mia
indisposizione
,
aggiungendo
«
che
adesso
stavo
bene
»
.
Si
poteva
essere
più
modesti
?
La
direzione
trovò
modo
di
farmela
rifare
.
-
Non
le
pare
,
signor
direttore
,
o
signor
capo
,
che
questa
sia
una
notizia
di
carattere
intimo
?
-
No
,
perché
il
recluso
non
deve
occuparsi
di
ciò
che
avviene
nel
reclusorio
.
-
Aguzzini
!
gridai
mentalmente
.
Aguzzini
!
E
le
lettere
che
ci
pervenivano
dal
di
fuori
?
Bastava
un
accenno
alla
vita
pubblica
,
un
alito
dell
agitazione
che
si
faceva
a
favore
dei
condannati
,
un
allusione
a
una
prossima
amnistia
,
una
frase
ministeriale
,
il
pensiero
di
un
deputato
,
l
opinione
di
un
giornale
,
perché
la
mano
della
direzione
corresse
sul
delitto
con
la
penna
carica
di
inchiostro
a
coprire
tutto
di
nero
.
Ho
veduto
delle
lettere
piene
di
chiazze
,
piene
di
rigoni
che
sgrammaticavano
la
dicitura
o
sopprimevano
le
parole
che
potevano
suscitare
delle
speranze
o
lasciar
trapelare
la
commozione
pubblica
.
Qualche
volta
la
mano
diventava
brutale
e
allora
recideva
il
foglio
alla
testa
o
alle
gambe
o
lo
metteva
spietatamente
in
un
cassetto
senza
neanche
dire
crepa
al
numero
di
matricola
al
quale
era
indirizzato
!
Una
scena
che
avrebbe
fatto
piangere
gli
amici
,
se
avessero
potuto
mettere
l
occhio
alla
spia
della
nostra
camerata
,
era
quella
dei
pasti
dei
primi
tempi
.
Gli
abiti
dei
sette
amici
,
che
aspettavano
il
monosillabo
della
Cassazione
per
uscire
o
per
indossare
la
casacca
galeottesca
,
si
erano
consumati
e
malconciati
.
C
erano
delle
maniche
sdrucite
,
dei
calzoni
sfilacciati
agli
orli
,
degli
occhielli
sfatti
o
che
si
sfacevano
,
delle
ginocchia
e
dei
gomiti
lucidi
o
maculati
di
larghi
oleosi
e
dei
baveri
sui
quali
si
era
andata
accumulando
la
forfora
di
una
cute
che
nessun
parrucchiere
spazzolava
da
un
pezzo
.
Don
Davide
pareva
uno
di
quei
preti
descritti
dal
Porta
.
Colla
veste
piena
di
macchie
,
colle
calze
rotte
,
colle
brache
stralucide
che
perdevano
,
col
nero
,
dei
brandelli
,
e
con
la
collarina
inamidata
da
tanto
tempo
che
lasciava
vedere
il
giallo
delle
trasudazioni
del
collo
.
Abituati
al
tovagliolo
e
alla
posata
lucente
sul
candore
diffuso
per
la
tavola
,
la
mobilia
della
nostra
sala
da
pranzo
si
riduceva
a
una
lunga
panca
dalla
quale
sbucavano
,
di
tanto
in
tanto
,
gli
insetti
rossicci
che
la
povera
gente
chiama
cimici
,
e
a
dei
sedili
di
legno
rotondi
,
le
cui
capocchie
laceravano
di
frequente
i
calzoni
dell
avvocato
Romussi
.
Mettevamo
la
panca
vicino
alla
seconda
finestra
e
sedevamo
quattro
da
una
parte
e
tre
dall
altra
.
Coi
tozzi
di
pane
sparsi
qua
e
là
lungo
la
panca
,
colla
gamella
fumante
sul
palmo
della
mano
sinistra
!
e
un
moncone
di
cucchiaio
di
legno
greggio
col
quale
tentavamo
di
sbasoffiar
via
una
pasta
scondita
o
condita
fino
al
disgusto
,
potevamo
essere
copiati
per
un
mucchio
di
pitocchi
di
frateria
che
si
scalda
lo
stomaco
colla
minestra
del
convento
.
Ho
parlato
delle
cimici
,
perché
ne
ho
trovate
dappertutto
.
Nei
camerotti
polizieschi
,
nelle
celle
del
Cellulare
di
Milano
,
nelle
stanze
del
carcere
giudiziario
di
Genova
e
nello
stanzone
del
penitenziario
di
Finalborgo
.
Dopo
la
condanna
,
il
Turati
occupava
,
al
Cellulare
,
una
stanza
spaziosa
e
ariosa
nell
esagono
del
secondo
raggio
.
Io
,
De
Andreis
,
Romussi
e
Federici
passavamo
parte
della
giornata
con
lui
.
Nessuno
di
noi
poteva
adagiarsi
sul
suo
letto
a
pagamento
,
senza
che
venissero
alla
superficie
filate
di
queste
schifose
bestioline
che
fanno
pancia
col
vostro
sangue
.
Mi
diceva
Turati
che
di
notte
sciupava
il
tempo
con
questi
puzzolentissimi
insetti
che
non
lo
lasciavano
dormire
.
Tre
o
quattro
giorni
prima
che
andasse
alla
reclusione
,
il
direttore
,
impressionato
dal
suo
tormento
,
gli
fece
imbiancare
il
cellone
e
passare
alle
fiamme
il
letto
di
ferro
.
-
Ne
ho
trovate
,
ci
diceva
lo
scopino
incaricato
di
farli
morire
col
fuoco
,
a
nidiate
.
Morivano
mandando
un
odore
pestilenziale
che
mi
dava
le
vertigini
.
Un
ora
dopo
questo
nettamento
e
questa
pulitura
,
ne
vedemmo
tre
che
andavano
via
,
pian
piano
,
per
il
cuscino
!
Nelle
vecchie
carceri
di
Genova
non
mi
sono
fermato
che
15
ore
.
Se
vi
fossi
rimasto
di
più
,
ne
sarei
uscito
dissanguato
.
Venivano
fuori
a
frotte
.
Il
soffitto
ne
era
pieno
e
negli
angoli
delle
pareti
si
potevano
prendere
a
manate
.
Alla
notte
,
per
paura
che
mi
andassero
nelle
orecchie
,
o
su
per
il
naso
,
o
in
bocca
,
fui
costretto
ad
alzarmi
.
Il
letto
ne
formicolava
.
Potevo
coglierle
a
manate
al
buio
.
Sdraiato
non
mi
lasciavano
quieto
.
Le
mie
mani
precipitavano
sulle
gambe
,
sul
petto
,
e
le
rincorrevano
per
il
corpo
senza
riuscire
mai
a
liberarmene
.
Come
erano
spietate
le
cimici
del
carcere
giudiziario
di
Genova
!
In
questo
carcere
maledetto
,
non
ebbi
coraggio
di
mangiare
,
ma
ebbi
l
imprudenza
di
comandare
un
caffè
.
Ritirandolo
dal
buco
dell
uscio
me
ne
caddero
tre
nella
chicchera
e
due
nel
piattino
.
Buttai
via
la
bevanda
dal
disgusto
.
Nello
stanzone
di
Finalborgo
formicolavano
per
i
cornicioni
,
si
sorprendevano
sulle
pareti
,
si
trovavano
in
letto
,
nelle
screpolature
dei
muri
,
nelle
commessure
delle
finestre
,
e
perfino
nelle
crepe
del
tavolo
.
L
ambiente
ha
una
grande
influenza
sugli
individui
.
Anche
l
uomo
cresciuto
nella
reggia
,
nelle
tombe
penali
diventa
,
a
poco
a
poco
,
un
porco
.
Dopo
due
o
tre
mesi
non
è
più
schifiltoso
e
non
si
meraviglia
più
di
nulla
.
Si
abitua
a
mangiare
le
cose
meno
mangiative
o
più
repulsive
con
le
mani
,
a
pulirsi
le
dite
nella
giacca
,
a
vedersi
gli
orli
delle
unghie
calcate
di
sudicerie
nere
,
a
lavarsi
maledettamente
male
in
un
cucchiaio
d
acqua
senza
sentirsi
invaso
dal
malessere
,
a
considerare
i
pidocchi
come
amici
di
casa
e
a
prendere
delicatamente
le
cimici
senza
contorsioni
e
travolgimenti
d
occhi
.
Se
volete
convincervi
che
l
ambiente
agisce
potentemente
sull
individuo
,
invitate
un
ex
recluso
a
pranzo
.
Osservatelo
attentamente
quando
mangia
e
lo
sorprenderete
più
di
una
volta
in
flagrante
violazione
delle
regole
più
comuni
della
persona
allevata
bene
.
DON
DAVIDE
ALBERTARIO
Se
il
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
fosse
stato
ministro
della
chiesa
anglicana
,
a
quest
ora
egli
sarebbe
padre
di
una
nidiata
di
figli
.
Perché
le
misses
non
gli
avrebbero
permesso
di
consumare
la
gioventù
nel
celibato
,
in
un
paese
ove
il
servo
di
Dio
prende
moglie
come
qualunque
altro
mortale
.
Fisicamente
è
più
corazziere
che
sacerdote
.
È
un
bell
uomo
alto
,
spalluto
,
con
un
petto
che
traduce
la
sua
salute
di
ferro
,
piantato
su
due
gambe
poderose
,
che
fanno
tremare
le
pareti
della
quinta
camerata
di
Finalborgo
quand
egli
passeggia
conciato
o
disperato
di
sapersi
un
leone
in
gabbia
.
La
dieta
della
fame
non
è
riuscita
a
smagrarlo
,
o
a
chiazzargli
di
lividure
le
guance
voluminose
,
o
a
fargli
nascere
delle
rughe
sulla
fronte
.
I
suoi
52
anni
sembrano
38
.
Ha
la
carnagione
di
un
prelato
in
fiore
,
gli
occhioni
luminosi
che
rivelano
la
bontà
del
suo
animo
ed
è
dotato
di
una
forza
che
mi
piegava
in
due
non
appena
mi
mettevo
a
lottare
con
lui
.
La
sua
attività
cerebrale
è
prodigiosa
.
Non
appena
gli
furono
concessi
gli
strumenti
di
lavoro
,
la
sua
mano
non
è
stata
più
quieta
.
Con
una
corrispondenza
che
avrebbe
tenuto
occupati
tre
segretari
,
egli
trovò
modo
,
in
due
mesi
,
di
riempire
587
fogli
di
protocollo
,
che
rappresentano
l
opera
sua
di
prete
,
di
giornalista
,
di
predicatore
e
di
recluso
.
Senza
essersi
completamente
sbottonato
,
come
in
una
autobiografia
,
i
lettori
-
se
i
manoscritti
verranno
pubblicati
-
vi
troveranno
il
polemista
che
si
ferma
dove
incomincia
l
invettiva
,
il
letterato
che
si
sdraia
con
compiacimento
nel
suo
letto
intellettuale
,
l
oratore
che
ripassa
pieno
di
letizia
attraverso
le
sue
orazioni
trionfali
,
il
sacerdote
che
sta
ritto
sulla
tolda
della
sua
nave
cattolica
,
agitando
il
suo
programma
che
si
riassume
nella
formola
«
col
papa
e
per
il
papa
»
.
È
nato
nella
provincia
di
Pavia
,
studiò
all
Università
gregoriana
-
frequentata
dagli
stranieri
che
si
avviano
alla
carriera
ecclesiastica
.
Si
laureò
in
sacra
teologia
nel
1868
,
in
diritto
canonico
nel
1869
e
a
23
anni
venne
consacrato
sacerdote
dall
arcivescovo
di
Milano
,
mons
.
Calabiana
,
unitamente
al
suo
compagno
di
infanzia
,
il
padre
Zocchi
,
il
noto
scrittore
della
Civiltà
Cattolica
e
uno
dei
più
insigni
oratori
della
predicazione
sacra
.
L
Osservatore
Cattolico
si
può
dire
sia
stato
il
suo
bimbo
adottivo
.
Incominciò
a
volergli
bene
nel
1869
e
continuò
ad
amarlo
e
a
nutrirlo
col
suo
ingegno
fino
al
giorno
in
cui
Bava
Beccaris
mandò
i
carabinieri
e
i
soldati
ad
arrestarlo
come
un
malandrino
qualunque
nella
casa
paterna
.
Io
non
posso
dire
di
essere
un
lettore
costante
di
fogli
religiosi
.
Ma
credo
che
non
ci
sia
in
Italia
un
giornale
del
partito
che
possa
essere
paragonato
al
quotidiano
di
don
Davide
.
È
un
giornale
che
sente
tutta
la
modernità
professionale
senza
perdere
del
suo
concetto
fondamentale
,
che
è
la
necessità
della
chiesa
cattolica
.
È
redatto
bene
,
redatto
da
giovani
che
lo
seminano
di
idee
col
ventilabro
e
che
riempiono
le
sue
colonne
di
uno
stile
spigliato
,
nervoso
,
che
non
lascia
mai
giù
le
ali
sui
guazzi
sociali
per
paura
di
sporcare
chi
legge
.
È
interessante
per
ogni
lettore
.
Vi
trovate
l
appendice
drammatica
,
l
appendice
letteraria
,
l
articolo
politico
,
il
trafiletto
,
la
cronaca
,
gli
avvenimenti
internazionali
e
una
larga
piattaforma
per
i
servizi
municipali
-
per
le
questioni
operaie
-
per
i
problemi
dell
avvenire
.
L
Osservatore
Cattolico
è
stato
condannato
nella
persona
del
suo
direttore
per
queste
motivazioni
:
1.°
perché
ha
con
fine
ironia
combattuta
la
monarchia
;
2.°
perché
si
è
unito
ai
repubblicani
e
ai
socialisti
e
agli
anarchici
per
demolire
le
istituzioni
dello
Stato
;
3.°
perché
ha
eccitato
all
odio
i
contadini
contro
i
signori
e
contro
altre
classi
sociali
;
4.°
perché
ha
educato
il
clero
alla
vita
battagliera
invece
che
alla
missione
di
pace
alla
quale
è
destinato
da
Cristo
.
-
Che
c
è
di
vero
,
don
Davide
,
in
tutto
questo
?
-
Per
capire
la
portata
della
motivazione
della
sentenza
che
mi
ha
relegato
per
tre
anni
in
questo
reclusorio
,
bisogna
conoscere
la
natura
del
mio
giornale
.
L
Osservatore
Cattolico
è
anzitutto
un
giornale
che
si
dedica
alla
propaganda
e
alla
difesa
della
chiesa
cattolica
e
del
papa
.
Siccome
l
Italia
è
aderente
a
questa
chiesa
,
così
si
deve
ritenere
necessaria
la
religione
al
bene
sociale
,
per
la
vita
presente
e
per
la
vita
futura
,
come
si
deve
ritenere
necessario
che
essa
sia
tenuta
in
onore
e
non
perda
influenza
.
Questo
è
il
caposaldo
del
programma
del
mio
giornale
nel
rapporto
religioso
.
«
Nel
rapporto
politico
io
,
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
,
sono
indifferente
alla
forma
monarchica
o
repubblicana
di
governo
.
Do
la
preferenza
a
quella
forma
in
cui
i
governanti
sono
col
mio
programma
religioso
,
al
quale
subordino
tutto
il
resto
.
Quindi
è
una
bugia
dire
che
io
combatta
la
monarchia
,
come
è
una
brutta
invenzione
quella
di
accusarmi
di
complicità
coi
repubblicani
e
socialisti
e
anarchici
.
In
un
ambiente
monarchico
io
lavoro
in
mezzo
al
popolo
,
perché
il
governo
abbia
a
cessare
dall
opposizione
contro
il
papa
e
contro
la
religione
e
abbia
a
promuovere
la
pace
religiosa
nel
paese
.
«
Il
mio
programma
sociale
è
ampio
e
generoso
.
Io
accetto
tutto
ciò
che
nei
postulati
del
socialismo
è
compatibile
colle
dottrine
della
chiesa
cattolica
e
mi
adopero
per
attuarlo
formando
l
opinione
in
questo
senso
.
Deploro
il
concetto
fondamentale
materialista
del
socialismo
,
deploro
che
non
ammetta
le
verità
cattoliche
,
perché
il
materialismo
e
la
negazione
delle
verità
cattoliche
scavano
un
abisso
tra
il
cattolicismo
e
il
socialismo
.
L
Osservatore
Cattolico
combatte
la
speculazione
che
impoverisce
,
combatte
l
usura
,
invoca
provvedimenti
di
Stato
che
salvaguardino
i
diritti
e
gli
interessi
delle
classi
inferiori
e
ne
migliorino
le
condizioni
.
Esso
però
rifugge
dallo
Stato
collettivista
.
Tutto
questo
vogliamo
ottenere
con
la
persuasione
della
propaganda
pacifica
,
con
la
carità
generosa
,
col
mezzo
delle
autorità
e
delle
leggi
.
Credetelo
,
è
una
calunnia
dire
che
io
ecciti
all
odio
o
alla
discordia
.
«
Da
questo
potete
argomentare
del
valore
delle
motivazioni
della
sentenza
del
Tribunale
militare
.
No
,
non
sussiste
la
fine
ironia
contro
la
monarchia
,
non
sussiste
la
congiura
con
altri
partiti
contro
le
istituzioni
,
non
sussiste
l
eccitazione
di
odio
tra
le
varie
classi
sociali
,
non
sussiste
l
educazione
del
clero
in
senso
opposto
alla
missione
assegnatagli
da
Cristo
.
Non
sussiste
nulla
di
nulla
.
Di
vero
non
c
è
che
questo
:
che
si
è
mandato
in
galera
un
innocente
.
«
Volete
una
prova
che
il
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
non
ha
tentato
di
sviare
dal
retto
sentiero
il
clero
italiano
?
Da
che
sono
nella
casacca
del
galeotto
,
sua
santità
il
papa
mi
ha
mandato
la
benedizione
più
di
una
volta
,
e
una
medaglia
d
oro
che
tengo
carissima
,
centinaia
di
vescovi
,
da
ogni
parte
d
Italia
,
scrissero
a
me
e
a
mia
sorella
lettere
affettuosissime
,
sacerdoti
e
vescovi
-
come
quello
di
Savona
-
sono
venuti
a
trovarmi
e
a
ogni
distribuzione
postale
ricevo
,
come
avete
veduto
,
un
mucchio
di
lettere
e
di
telegrammi
.
Se
non
ci
fossero
di
mezzo
i
patimenti
di
questa
vitaccia
,
che
sopprime
il
sacerdote
e
distrugge
l
uomo
,
direi
che
il
Tribunale
di
guerra
mi
ha
reso
un
segnalato
servigio
»
.
L
affezione
per
sua
sorella
è
nota
a
tutti
coloro
che
leggono
le
sue
lettere
datate
da
Finalborgo
e
indirizzate
alla
«
cara
Teresa
»
.
Sono
lettere
castrate
e
scritte
nella
condizione
di
un
uomo
che
non
può
dire
quello
che
sente
e
che
vuole
.
Ma
in
esse
è
il
pathos
di
un
anima
addolorata
.
C
è
la
tenerezza
di
chi
soffre
della
separazione
e
della
lontananza
.
E
la
sorella
lo
ricambia
di
pari
affetto
.
La
sua
assenza
è
il
suo
strazio
.
Per
liberarlo
,
ha
messo
sossopra
mezzo
mondo
.
Ha
mandato
una
lunga
epistola
all
episcopato
italiano
-
ha
scritto
al
presidente
dei
ministri
e
ha
fatto
bussare
,
a
insaputa
del
fratello
,
fino
alle
porte
reali
.
In
mezzo
a
noi
,
don
Davide
,
non
ha
mai
fatto
sentire
il
prete
.
Egli
era
un
compagno
che
prendeva
parte
alla
discussione
.
che
si
adattava
in
un
modo
mirabile
alla
vita
comune
,
e
che
rideva
delle
nostre
risate
come
un
giovialone
che
non
si
ricorda
della
condanna
.
STUDIO
GALEOTTESCO
L
uguaglianza
di
trattamento
non
impediva
ai
forzati
di
avere
una
grande
simpatia
per
gli
inquilini
della
quinta
camerata
e
di
manifestarla
tutte
le
volte
che
capitava
loro
l
occasione
.
Alla
mattina
e
alla
sera
,
per
esempio
,
venti
o
trenta
forzati
addetti
ai
lavori
del
reclusorio
passeggiavano
nel
cortile
sotto
le
nostre
finestre
.
Il
tintinnìo
delle
loro
catene
ci
chiamava
al
davanzale
,
cogli
occhi
tra
il
cassone
e
la
ferriata
.
E
loro
,
passeggiando
,
con
dei
cenni
rapidi
,
con
degli
inchini
che
nessuno
,
all
infuori
di
noi
,
poteva
avvertire
,
con
dei
palpeggiamenti
di
berretta
che
parevan
grattamenti
di
capo
,
con
dei
rovesci
d
occhi
che
mi
andavano
al
cuore
,
o
dei
movimenti
di
labbra
che
sfuggivano
alla
sorveglianza
,
ci
salutavano
,
ci
davano
il
buon
giorno
e
la
buona
sera
,
ci
infondevano
coraggio
e
ci
traducevano
la
loro
impotenza
a
fare
qualche
cosa
per
noi
.
La
loro
passeggiata
era
per
me
uno
studio
.
Notavo
il
loro
modo
di
andare
in
su
e
in
giù
e
chiamavo
Romussi
e
don
Davide
Albertario
a
constatare
che
il
loro
passo
rivelava
il
galeotto
.
Dimostravo
loro
come
un
Jean
Valjean
avrebbe
potuto
essere
scoperto
dal
segugio
di
polizia
anche
vent
anni
dopo
,
vestito
con
eleganza
,
in
una
sala
immensa
affollata
di
signori
che
la
percorressero
conversando
.
Si
vedeva
che
il
piede
,
il
quale
aveva
l
anellone
della
catena
appesa
al
fianco
o
attorcigliata
intorno
la
caviglia
,
indugiava
uno
zinzino
più
dell
altro
a
muoversi
,
e
sfiorava
assai
più
il
suolo
del
sinistro
,
come
se
l
uno
dei
due
fosse
carico
di
piombo
.
Aggiungevo
un
altra
osservazione
sui
passi
.
Nei
passi
è
l
uomo
che
è
stato
in
branca
,
cioè
incatenato
con
un
altro
per
degli
anni
e
costretto
a
esercitare
le
gambe
in
uno
spazio
di
pochi
metri
.
Contraggono
un
abitudine
indimenticabile
.
Adesso
che
sono
disgiunti
e
che
è
a
loro
disposizione
un
terreno
venti
volte
più
largo
della
cella
,
consumano
l
ora
di
passeggio
come
prima
,
gomito
contro
gomito
,
con
un
movimento
di
tre
o
quattro
passi
avanti
e
indietro
,
voltandosi
come
quando
erano
appaiati
,
cioè
senza
urtarsi
e
senza
spostarsi
.
I
tipi
di
forzati
,
che
abbiamo
conosciuto
più
da
vicino
e
che
possiamo
presentare
al
pubblico
come
nostri
amici
,
erano
i
«
mozzi
»
o
coloro
che
adempivano
alle
funzioni
domestiche
.
Il
129
era
il
latrinaio
-
un
galeotto
che
riassumeva
il
suo
delitto
come
un
grande
artista
.
Si
passava
la
mano
sulla
fronte
e
lo
paragonava
a
«
un
temporale
»
,
a
«
una
notte
buia
»
,
a
«
una
tempesta
»
.
Fu
l
uragano
dei
sensi
che
gli
fece
recidere
la
gola
alla
padrona
ch
egli
serviva
come
cocchiere
a
Ferrara
.
Egli
la
voleva
o
viva
o
morta
.
E
se
la
baciò
durante
il
«
temporale
»
tepida
ancora
di
vita
,
con
gli
occhi
spalancati
che
pareva
una
strega
.
Egli
è
ormai
tranquillo
e
non
pensa
più
,
come
gli
altri
,
a
rientrare
nel
mondo
dal
quale
venne
scacciato
.
Per
lui
,
«
stare
qui
o
altrove
,
è
lo
stesso
.
In
qualche
luogo
,
mi
diceva
,
bisogna
stare
»
.
Veduto
da
vicino
,
con
gli
occhi
nelle
buche
della
sua
faccia
massiccia
e
larga
,
si
prova
la
repulsione
di
chi
si
sente
a
tu
per
tu
con
un
sanguinario
.
Dalle
sue
linee
facciali
sbuca
il
violento
,
ghiotto
dell
altro
sesso
.
Ha
delle
occhiate
diaboliche
,
lambite
dalle
rughettine
che
infittiscono
e
si
gonfiano
quando
spalanca
la
bocca
per
la
risata
che
pare
uno
scroscio
.
Le
sue
mandibole
voluminose
completano
l
orrore
con
la
zucca
enorme
,
calva
alla
superficie
,
leggermente
schiacciata
alle
pareti
.
Intorno
alle
sue
labbra
carnose
,
è
diffuso
il
cinismo
che
si
prolunga
fino
alla
radice
del
naso
,
dove
incomincia
una
fronte
spaziosa
,
fuggente
,
giallognola
,
la
quale
si
increspa
ogni
volta
che
parla
.
Ha
le
gambe
arcuate
ed
ha
sempre
fame
.
Tutte
le
volte
che
veniva
nella
nostra
camerata
gli
davamo
parecchie
pagnotte
.
Veduto
da
lontano
,
immobile
,
nel
sole
,
con
le
mani
sulle
reni
e
le
pupille
velate
o
addormentate
nel
fondo
cristallino
,
ha
l
aria
di
un
uomo
impagliato
.
Un
altro
tipo
curioso
sotto
parecchi
aspetti
,
era
l
infermiere
che
veniva
nella
nostra
camerata
nei
pomeriggi
della
caldura
a
inaffiarla
di
acido
antisettico
per
tentare
di
salvarci
dalle
mosche
inique
e
dalle
cimici
implacabili
.
È
un
forzato
di
cuore
,
che
si
trova
in
galera
per
avere
creduto
nella
fedeltà
della
donna
.
È
piccolo
,
tozzo
,
giallastro
,
con
una
fronte
bassa
,
rugosa
e
senza
fughe
,
con
delle
pupille
che
stanno
spegnendosi
nelle
occhiaie
fonde
,
con
un
naso
camuso
,
delle
guance
che
incominciano
a
piegarsi
e
a
incresparsi
come
cortine
vecchie
e
una
bocca
che
spalanca
una
voragine
di
fuoco
pallido
e
lascia
vedere
le
gengive
quasi
sguernite
.
Non
ci
fu
ammalato
che
non
mi
abbia
parlato
con
entusiasmo
di
questa
perla
di
condannato
che
nessun
direttore
o
capo
guardia
è
mai
riuscito
a
punire
in
ventisette
anni
di
carriera
dolorosa
.
Me
lo
si
raccomandava
dicendomi
che
in
infermeria
,
senza
di
lui
,
si
poteva
morire
.
Egli
è
una
suora
di
carità
,
un
fratello
che
va
dovunque
si
soffre
.
Accorre
al
letto
degli
infermi
con
sollecitudine
materna
,
si
alza
di
notte
se
qualcuno
si
sente
male
,
e
,
con
quel
poco
che
il
medico
mette
a
sua
disposizione
,
cerca
di
lenire
i
dolori
altrui
.
Avete
la
schiena
tormentata
dai
reumatismi
?
È
la
sua
mano
che
viene
a
battervela
,
a
spalmarvela
di
una
goccia
d
olio
come
un
allievo
del
professor
Panzeri
,
o
a
pennelleggiarvela
magari
con
della
tintura
di
iodio
,
se
ne
ha
nell
armadio
e
se
il
medico
lo
ha
ordinato
.
Avete
un
dente
che
vi
strazia
?
Eccolo
pronto
con
la
tenaglia
.
Non
è
un
cavadenti
di
professione
,
ma
ha
la
praticaccia
del
frate
che
sdenta
il
pubblico
senza
passare
gli
esami
.
Per
provare
la
bontà
del
193
,
non
ho
da
citare
che
tre
testimoni
che
non
lo
dimenticheranno
facilmente
.
Gaspare
Giucchetto
,
minorenne
,
Giovanni
Vedani
,
di
32
anni
,
e
Angelo
Vanoni
di
Luino
,
come
il
Vedani
,
e
padre
di
tanti
figli
.
Il
primo
aveva
ricevuto
una
palla
al
petto
con
lesione
,
pare
,
al
polmone
;
il
secondo
era
stato
colpito
allo
stinco
,
e
il
terzo
aveva
lo
stomaco
perforato
nel
corpo
.
Io
li
ho
veduti
in
infermeria
,
subito
dopo
il
loro
arrivo
.
Erano
giunti
a
Finalborgo
in
una
condizione
da
commuovere
le
pietre
.
Straziati
dai
dolori
,
con
le
ferite
ancora
aperte
e
col
Vedani
che
non
poteva
e
non
può
,
credo
,
neppure
oggi
,
stare
in
piedi
,
perché
la
ferita
continua
a
produrre
materia
purulenta
.
In
una
infermeria
,
dove
non
ci
sono
che
alcuni
letti
,
una
cassetta
di
polverine
,
un
vasetto
di
tintura
di
iodio
e
della
liquerizia
per
i
catarri
stomacali
e
le
tossi
che
non
lasciano
dormire
,
anche
un
infermiere
come
il
193
non
può
fare
molto
.
Ma
li
curava
da
cristiano
,
lavando
,
fasciando
loro
le
ferite
,
aiutandoli
a
mangiare
,
curvandosi
a
ogni
minuto
per
spostare
la
gamba
al
Vedani
,
la
testa
al
Giucchetto
e
le
spalle
a
Vanoni
,
il
quale
Vanoni
era
diventato
tetro
,
perseguitato
dal
pensiero
che
il
suo
polmone
fosse
stato
toccato
dal
proiettile
.
Mi
diceva
che
«
si
sentiva
il
polmone
in
sussulto
»
.
Il
Gaspare
Giucchetto
portava
il
numero
di
matricola
2749;
il
Giovanni
Vedani
il
2731
,
e
l
Angelo
Vanoni
il
2747
.
Don
Davide
Albertario
non
è
stato
in
infermeria
che
quattro
o
cinque
giorni
a
trangugiare
due
o
tre
drastici
per
liberarsi
da
una
tenia
che
noi
chiamavamo
,
per
ridere
,
un
«
serpente
boa
»
..
Il
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
ritornò
nella
quinta
camerata
pieno
di
entusiasmo
per
il
193
che
lo
aveva
curato
come
una
madre
.
Gli
stava
alle
calcagna
quando
era
in
piedi
,
gli
andava
intorno
quando
era
nell
altra
stanza
a
scrivere
e
sedeva
di
notte
,
per
delle
ore
,
vicino
al
suo
letto
,
a
vegliare
i
suoi
movimenti
.
Il
193
è
vecchio
,
è
nelle
mani
della
giustizia
dal
25
luglio
1873
e
la
sua
condotta
è
sempre
stata
irreprensibile
.
Se
io
fossi
nel
ministro
di
grazia
e
giustizia
direi
:
basta
!
E
lo
lascerei
andare
al
suo
paese
di
Ariano
di
Puglia
,
a
morire
in
santa
pace
,
sotto
gli
occhi
di
sua
sorella
,
che
gli
vuol
bene
,
tanto
bene
.
Il
nostro
barbiere
era
un
altro
omicida
,
condannato
a
trenta
anni
.
Nel
reclusorio
sembrava
mite
,
gentile
,
afflitto
soltanto
di
trovarsi
in
mezzo
a
tanta
zavorra
umana
.
Era
pallido
,
emaciato
,
colle
sfumature
,
intorno
gli
occhi
,
degli
individui
che
portano
nei
polmoni
i
bacilli
della
morte
.
I
suoi
colpettini
di
tosse
mi
davano
la
sensazione
penosa
di
essere
accanto
a
un
moribondo
.
La
sua
faccia
era
repulsiva
per
la
carne
scrofolosa
gualcita
dal
coltello
anatomico
,
per
le
contrazioni
che
gli
avevano
lasciato
il
segno
sulle
guance
scarne
e
sulle
palpebre
rosse
e
senza
peli
.
Ci
considerava
uomini
superiori
e
ci
radeva
con
una
delicatezza
femminile
,
raccontandoci
sovente
il
suo
amore
sventurato
.
A
diciannove
anni
si
era
ammogliato
con
una
giovane
che
ne
aveva
diciotto
.
Dopo
la
cerimonia
nuziale
la
sposa
gli
raccontò
che
un
altro
-
un
«
civile
»
-
l
aveva
delibata
a
tredici
.
Fu
una
notte
burrascosa
quella
della
sua
confessione
.
La
poveretta
gli
buttava
le
braccia
al
collo
piangendo
dirottamente
e
gli
domandava
perdono
.
La
colpa
non
era
stata
sua
.
A
tredici
anni
non
si
ha
la
testa
e
una
ragazza
si
lascia
saccheggiare
della
verginità
come
un
viandante
dai
malandrini
.
Lui
la
consolò
con
una
sfuriata
di
baci
,
impromettendosi
di
obbligare
il
«
civile
»
a
farle
la
dote
.
Chi
rompe
paga
,
era
la
sua
morale
.
All
indomani
andò
a
trovare
il
«
ganzo
»
e
a
dirgli
come
stavano
le
cose
.
Il
«
civile
»
promise
di
pagare
.
Ma
i
denari
non
venivano
mai
.
Allora
ritornò
a
ripicchiare
allo
stesso
uscio
e
a
esigere
la
promessa
.
Il
«
civile
»
gli
rise
in
faccia
.
-
Adesso
che
l
hai
,
tienila
!
Gli
«
calò
una
benda
sugli
occhi
»
e
lo
uccise
come
un
dissoluto
malvagio
.
-
Il
mio
dolore
massimo
è
di
essere
stato
creduto
capace
di
premeditare
il
delitto
.
«
Ero
andato
da
lui
per
riscuotere
,
non
per
ammazzarlo
.
Il
mio
fu
un
impeto
di
passione
.
Lo
dissi
al
presidente
del
mio
processo
»
.
Ora
ne
era
pentito
.
Non
potendo
andare
dalla
famiglia
,
come
fra
Cristoforo
,
a
domandarle
perdono
,
le
mandò
una
lettera
bagnata
delle
sue
lagrime
.
-
La
famiglia
mi
ha
perdonato
,
il
parroco
del
mio
paese
lo
ha
fatto
sapere
a
tutti
dal
pulpito
,
ma
il
governo
tace
ancora
.
Ah
,
è
duro
il
governo
coi
poveri
condannati
!
Una
volta
che
siamo
pentiti
dovrebbe
permetterci
di
riabilitarci
.
Invece
ci
lascia
morire
in
galera
o
ci
manda
fuori
quando
non
siamo
più
che
dei
carcami
da
ricoveri
.
«
Porto
la
catena
e
la
giacca
rossa
da
diciannove
anni
e
morirò
forse
in
galera
.
Sia
fatta
la
volontà
di
Dio
!
Ma
mi
dispiace
,
credano
,
di
non
rivedere
più
il
mio
paese
!
»
E
il
dolore
gli
fece
sputare
del
catarro
sanguinoso
.
Il
sei
settembre
,
il
giorno
in
cui
ci
rase
i
baffi
,
era
commosso
come
un
minorenne
perduto
,
nel
buco
di
una
cella
di
rigore
.
Egli
sapeva
che
cosa
volevano
dire
questi
crepacuori
.
Nei
baffi
era
l
uomo
.
Radendoli
,
radeva
il
cittadino
e
non
lasciava
dietro
il
rasoio
che
un
numero
di
matricola
.
Eravamo
in
sette
e
l
operazione
durò
più
di
un
ora
.
Andammo
uno
dietro
l
altro
dal
barbitonsore
,
senza
dirci
una
parola
.
Ciascuno
di
noi
sembrava
compreso
del
sacrificio
,
tranne
forse
Gustavo
Chiesi
,
il
quale
conservò
sempre
l
attitudine
dello
stoico
.
Sotto
il
rasoio
a
più
d
uno
di
noi
si
riempirono
gli
occhi
.
Federici
e
don
Davide
furono
del
numero
.
Non
si
aveva
paura
,
nessuno
pensava
alla
paura
,
ma
l
emozione
,
più
forte
di
tutti
,
rompeva
la
diga
.
Mentre
mi
si
radeva
,
con
la
guardia
carceraria
seduta
in
faccia
,
mi
venivano
le
lagrime
in
bocca
come
a
un
bimbo
sculacciato
!
-
Coraggio
!
diceva
a
ciascuno
di
noi
il
barbiere
.
I
baffi
e
la
barba
ricresceranno
più
vigorosi
di
prima
.
-
E
voi
,
don
Davide
,
gli
domandai
qualche
giorno
dopo
,
perché
avete
pianto
,
se
non
avete
mai
avuto
baffi
e
se
vi
facevate
radere
il
labbro
superiore
anche
prima
?
-
Perché
mi
si
infliggeva
una
punizione
infamante
.
Perché
mi
si
riduceva
il
2557
.
Dall
emozione
profonda
passammo
all
ilarità
clamorosa
.
A
mano
a
mano
che
uno
di
noi
rientrava
nel
camerone
con
la
faccia
galeottizzata
,
si
scoppiava
in
una
risata
sonora
.
Sembravamo
dei
mostri
.
Salve
le
proporzioni
individuali
e
la
voce
,
potevamo
benissimo
scambiarci
per
dei
galeotti
sconosciuti
.
Il
solo
che
non
avesse
alterato
la
figura
era
il
sacerdote
.
Gli
altri
pareva
che
fossero
stati
in
un
altra
stanza
a
truccarsi
o
a
cambiarsi
la
testa
.
Gustavo
Chiesi
,
grasso
e
grosso
,
aveva
del
frate
Melitone
.
Il
buon
Suzzani
-
che
si
chiamava
,
con
compiacenza
,
«
compagno
di
Carlo
Marx
»
-
aveva
assunta
l
aria
d
un
abatino
pieno
di
modestia
.
Costantino
Lazzari
era
uscito
dalle
mani
del
parrucchiere
una
edizione
peggiorata
.
L
avvocato
Federici
si
era
trasformato
in
un
santocchione
che
sginocchia
per
le
chiese
.
Ghiglione
era
ritornato
in
mezzo
a
noi
come
un
uccello
di
rapina
.
Il
suo
naso
lungo
si
era
prolungato
e
la
punta
appariva
più
adunca
di
prima
.
I
peli
scomparsi
dalla
guancia
sinistra
gli
avevano
lasciato
all
aria
una
prominenza
che
gli
delinquentizzava
la
faccia
.
Il
nostro
barbiere
è
nato
sotto
una
cattiva
stella
.
Egli
ci
sbarbava
direi
quasi
con
orgoglio
.
Considerava
il
sabato
il
più
bel
giorno
della
sua
vita
,
perché
poteva
scambiare
qualche
parola
con
noi
.
Ma
venne
il
giorno
triste
della
partenza
.
Il
direttore
lo
aveva
destinato
per
il
reclusorio
di
Finalmarina
.
Trovò
modo
di
venirci
a
salutare
.
Strinse
la
mano
a
ciascuno
di
noi
con
la
voce
che
tremava
.
Addio
,
si
ricordino
di
me
,
del
povero
barbiere
pentito
del
suo
fallo
.
E
lo
sentimmo
che
si
allontanava
col
singhiozzo
che
egli
tentava
di
soffocare
nel
fazzoletto
a
quadrettoni
.
IL
CONDANNATO
IN
TRADUZIONE
Il
mio
viaggio
da
Finalborgo
a
Milano
,
per
subire
un
altro
processo
,
mi
ha
dato
modo
di
studiare
una
delle
pagine
più
dolorose
della
vitaccia
del
bestiame
che
passa
da
una
galera
all
altra
.
Ricordo
tutto
,
come
se
fosse
adesso
.
Era
il
27
luglio
,
una
giornata
afosa
.
Io
e
alcuni
abitanti
della
quinta
camerata
stavamo
con
la
gamella
capovolta
,
sul
mastello
dell
acqua
sporca
,
per
lasciar
colare
la
pasta
dalla
brodaglia
maculata
di
scandellature
.
Entrò
il
sottocapo
Osmiani
a
scompigliarci
.
Era
l
uomo
più
serio
del
personale
di
custodia
.
Non
sciupava
parole
.
Ci
chiamava
guardando
in
terra
e
tenendo
l
indice
della
sinistra
in
alto
.
-
2559
!
-
Presente
!
Ero
già
pronto
.
Mi
lasciai
baciare
teneramente
dagli
amici
,
presi
il
fagotto
sotto
il
braccio
e
uscii
con
la
gola
rasa
di
commozione
.
Per
evitare
il
disastro
di
una
gita
galeottesca
avevo
fatto
di
tutto
.
Avevo
detto
al
direttore
che
soffrivo
e
che
non
ero
in
grado
di
rimettermi
in
un
vagone
cellulare
.
Ma
non
ci
fu
verso
.
Il
medico
,
dopo
avermi
palpeggiato
,
come
se
fossi
stato
di
straccio
,
mi
trovò
sanissimo
.
Il
mio
compagno
di
viaggio
era
uno
della
«
rivoluzione
»
.
Egli
era
stato
colto
in
piazza
di
Luino
durante
i
tumulti
e
condannato
dal
tribunale
militare
a
sei
anni
di
reclusione
.
-
Vi
rincresce
?
-
Sì
,
perché
sono
innocente
e
perché
ero
l
aiuto
dei
miei
genitori
.
Facemmo
la
strada
a
piedi
.
I
veicoli
ci
empivano
gli
occhi
e
la
bocca
di
polverone
bianco
e
la
gente
voltava
via
la
faccia
inorridita
.
Un
nugolo
di
studentesse
sull
omnibus
a
giardiniera
ci
fece
venire
le
vampe
della
vergogna
alla
faccia
.
-
Come
sono
brutti
!
E
non
avevano
torto
.
Il
più
bel
giovine
d
Italia
,
che
esca
da
un
reclusorio
,
spaventa
.
In
pochi
mesi
il
reclusorio
te
lo
rende
irriconoscibile
.
Eravamo
giunti
tre
quarti
d
ora
prima
del
treno
.
Ne
ero
contentissimo
.
Era
dell
aria
fresca
guadagnata
.
I
carabinieri
,
invece
di
chiuderci
nella
stanza
di
sicurezza
,
ci
lasciarono
sul
margine
del
binario
della
stazione
.
Grazie
!
Ebbi
tempo
di
fumare
tre
sigarette
.
In
questo
frattempo
,
vennero
alla
mia
volta
alcuni
signori
a
domandarmi
se
ero
il
tale
.
-
Sissignori
,
risposi
a
colui
che
mi
aveva
interrogato
.
I
signori
si
tolsero
il
cappello
e
si
curvarono
leggermente
.
-
Scusino
,
dissi
loro
,
commosso
;
ma
io
non
li
conosco
.
-
Non
importa
.
Noi
sappiamo
chi
è
lei
.
Rimasero
lungo
il
binario
fino
alla
partenza
del
treno
,
salutandomi
con
un
altra
scappellata
.
Il
vagone
cellulare
del
mio
secondo
viaggio
apparteneva
al
tipo
vecchio
.
Era
composto
di
venti
celle
,
divise
da
un
piccolo
corridoio
longitudinale
,
con
un
largo
all
entrata
per
i
rappresentanti
dell
arma
regia
.
Una
volta
entrati
,
si
è
sommersi
nella
penombra
anche
col
sole
allo
zenit
,
perché
non
ci
sono
finestre
alle
pareti
dei
fianchi
.
La
cella
era
più
angusta
e
più
nauseosa
di
quella
che
mi
aveva
condotto
nel
reclusorio
.
Col
sedile
di
legno
e
con
le
pareti
insudiciate
di
sputacchi
e
di
mucillaggine
nasale
,
mi
sentivo
in
una
cassa
da
morto
in
piedi
,
con
un
traversino
sotto
il
sedere
.
Il
legno
mi
accarezzava
dappertutto
.
I
piedi
stavano
più
male
.
Si
trovavano
sopra
uno
strato
molle
e
viscido
e
non
potevo
alzarli
.
Per
quanto
facessi
,
non
riuscivo
a
tener
su
le
ginocchia
sull
uscio
.
Si
respirava
l
atmosfera
riscaldata
dall
alito
dei
detenuti
.
Lo
sfiatatoio
era
il
contrario
di
un
conduttore
d
aria
.
Si
crepava
dal
caldo
e
i
malviventi
imploravano
un
sorso
d
acqua
.
Non
so
da
dove
venivano
perché
a
tutte
le
stazioni
se
ne
caricavano
e
in
alcune
se
ne
scaricavano
.
Il
brigadiere
che
aveva
in
consegna
le
stie
,
era
un
uomo
tarchiato
con
una
faccia
da
simpaticone
.
Quando
gli
si
diceva
di
essere
buono
e
di
provvedere
gli
assetati
di
un
fiasco
d
acqua
,
andava
sulle
furie
dicendo
che
non
voleva
essere
buono
.
I
buoni
non
facevano
carriera
e
lui
era
già
sulla
lista
dei
futuri
marescialli
.
-
Consideratemi
cattivo
e
mi
troverete
buonissimo
.
E
io
,
davvero
,
ero
della
sua
opinione
.
In
fondo
alla
mia
nicchia
,
lo
consideravo
uno
di
quegli
arnesi
di
sentina
che
godono
a
far
patire
la
gente
tribolata
,
come
godevano
i
carabinieri
dell
Andalusia
del
1893-94
,
i
quali
davano
pane
e
merluzzo
ai
morenti
di
sete
e
nerbate
a
coloro
che
desistevano
dal
correre
intorno
la
stanza
giorno
e
notte
!
Un
po
più
in
là
,
dovetti
ricredermi
.
Egli
non
era
la
iena
che
supponevo
.
A
una
stazione
intorno
il
collo
della
riviera
di
levante
,
si
era
lasciato
impietosire
da
tutte
le
voci
che
gli
dicevano
:
-
Sia
buono
,
signor
brigadiere
!
E
mi
ha
fatto
piacere
.
Perché
è
sempre
una
consolazione
sapere
che
un
uomo
rinsavisce
o
si
stanca
del
piacere
di
torturare
gli
impotenti
.
Il
brigadiere
fece
discendere
il
carabiniere
a
riempire
il
fiasco
e
ordinò
che
se
ne
desse
una
golata
a
ciascuno
.
Per
dissetarvi
,
il
carabiniere
è
obbligato
ad
aprire
la
cella
con
un
catenaccio
che
cigola
dalla
ruggine
e
non
scorre
che
con
dei
calci
,
e
a
versarvi
l
acqua
in
gola
.
Se
il
carabiniere
non
è
gentile
,
il
liquido
gorgoglia
,
trabocca
dalle
labbra
e
va
giù
a
biscia
per
lo
stomaco
.
Io
avevo
sete
,
ma
non
ho
voluto
suggere
al
cannello
comune
.
Pensavo
alla
infezione
.
Ma
ho
dovuto
pentirmene
.
Un
ora
dopo
mi
sarei
lasciato
inaffiare
il
gorgozzule
anche
da
un
cannello
imbrattato
dalle
labbra
di
una
generazione
!
Lungo
il
tragitto
è
avvenuta
una
delle
solite
scene
stomachevoli
di
questi
trasporti
.
Un
poveraccio
in
traduzione
si
sentiva
incalzato
da
una
urgenza
corporale
.
-
Signor
brigadiere
,
mi
faccia
smanettare
che
non
ne
posso
proprio
più
.
-
Fate
silenzio
o
vi
metterò
le
catene
ai
piedi
!
Sul
pavimento
della
celluccia
,
Sono
gli
anelli
infissi
nel
pavimento
per
incatenare
i
furiosi
o
i
pericolosi
o
i
prepotenti
.
Il
galeotto
turturato
dai
dolori
di
pancia
era
vicino
alla
mia
cella
.
Udivo
che
si
moveva
e
si
lamentava
.
Qualche
minuto
dopo
,
l
ambiente
era
pestifero
.
Il
miserabile
si
era
sgravato
come
aveva
potuto
.
Gli
inquilini
gli
diedero
dell
animale
a
braccio
di
panno
e
del
porco
senza
fine
,
ma
lui
si
difese
dicendo
che
si
fa
presto
a
rimproverare
quando
non
si
è
nella
stessa
condizione
.
I
discorsi
che
si
facevano
erano
noiosissimi
.
I
condannati
non
si
occupano
che
di
pane
,
di
reclusori
,
di
regolamenti
,
di
minestra
,
di
punizioni
,
di
guardie
buone
e
cattive
e
di
direttori
con
o
senza
peli
sullo
stomaco
.
Per
me
,
erano
però
discorsi
utilissimi
.
Perché
mi
rivelavano
la
vita
intima
del
detenuto
.
Il
mio
vis
-
à
-
vis
,
per
esempio
,
raccontava
che
le
giornate
di
traduzione
volevano
dire
,
per
loro
,
la
fame
completa
..
«
Di
solito
,
diceva
,
ci
si
fa
partire
dal
carcere
alle
quattro
antimeridiane
con
una
pagnotta
di
seicento
grammi
di
pane
stantio
,
e
nessuno
pensa
più
a
noi
se
non
all
indomani
per
darci
un
altra
pagnotta
e
rimetterci
in
viaggio
.
Se
la
si
dimenticasse
nel
vagone
o
la
si
perdesse
mentre
si
va
dall
omnibus
al
vagone
,
felicenotte
.
Bisognerebbe
rimanere
digiuni
fino
all
altra
distribuzione
.
Non
si
capisce
perché
il
trasloco
da
una
galera
all
altra
faccia
perdere
il
diritto
alla
minestra
.
«
La
gente
onesta
che
viaggia
tutto
il
giorno
,
quando
arriva
,
si
mette
a
tavola
e
si
ristora
con
dell
acqua
fresca
sulla
faccia
e
un
buon
pranzo
inaffiato
bene
.
Noi
galeotti
arriviamo
,
ci
si
registra
e
ci
si
chiude
in
una
stanzaccia
con
quattro
o
cinque
pagliericci
in
terra
.
Tutta
la
nostra
consolazione
è
un
secchio
d
acqua
nell
angolo
,
stato
riempito
magari
il
giorno
prima
.
Quando
sono
nel
penitenziario
ho
diritto
,
coi
miei
denari
,
a
una
spesa
di
cose
mangerecce
di
venticinque
centesimi
.
Perché
il
viaggio
mi
fa
perdere
questo
diritto
?
»
E
il
condannato
concluse
dicendo
che
le
giornate
di
traduzione
sono
,
per
il
ventre
del
recluso
,
le
più
desolanti
.
Lo
si
dimentica
.
A
Genova
ci
si
fece
discendere
dopo
che
il
treno
si
era
vuotato
.
Ci
dovevano
essere
,
col
nostro
,
altri
vagoni
cellulari
,
perché
la
«
catena
»
si
era
ingrossata
.
Potevamo
essere
una
cinquantina
,
compresa
una
reclusa
.
La
donna
,
che
aveva
le
mani
slegate
,
non
era
trattenuta
dal
giro
della
catena
comune
.
Ci
seguiva
.
Era
una
donna
brutta
,
bassotta
,
con
tanti
capelli
neri
e
con
le
labbra
sottili
della
sanguinaria
.
La
maggioranza
era
in
borghese
,
in
viaggio
per
la
casa
di
espiazione
.
I
reclusi
,
col
loro
abito
carnevalesco
,
colorivano
la
scena
,
e
i
galeotti
,
col
tintinnìo
della
catena
che
penzolava
loro
dal
fianco
,
la
intetravano
.
Tutti
assieme
,
circondati
da
un
nugolo
di
carabinieri
,
facevamo
paura
.
Sembravamo
il
rifiuto
delle
classi
sociali
.
Una
banda
di
ladri
e
di
assassini
stati
colti
con
le
mani
nel
sangue
delle
vittime
.
C
erano
grinte
che
facevano
rabbrividire
anche
me
che
vi
avevo
fatto
l
occhio
.
Fuori
della
stazione
ci
aspettava
una
folla
enorme
.
Passammo
tra
i
commenti
degli
spettatori
e
filammo
,
in
linea
,
per
tre
o
quattrocento
passi
,
fin
dove
ci
aspettavano
i
veicoli
.
Le
vetture
erano
meno
crudeli
delle
carrozze
cellulari
.
Erano
omnibus
lunghi
,
a
giardiniera
,
col
tendone
che
giungeva
a
filo
dell
orlo
del
veicolo
.
Col
tendone
legato
alla
sponda
,
non
potevamo
vedere
,
curvandoci
,
che
i
sassi
o
le
pietre
della
strada
e
il
lucido
del
mare
conturbato
quando
lo
rasentavamo
.
Eravamo
pigiati
,
quasi
l
uno
sull
altro
,
ma
rinfrescati
,
di
tanto
in
tanto
,
da
una
buffata
d
aria
marina
.
L
impressione
che
si
subiva
era
però
più
spaventevole
di
quella
di
essere
chiusi
nel
carrozzone
cellulare
.
Perché
quando
il
veicolo
passava
sui
sassi
metteva
in
rivoluzione
le
budella
e
quando
sterzava
pareva
che
stesse
per
riversarci
nella
via
sottostante
o
nel
mare
.
A
un
certo
punto
,
i
cavalli
smisero
il
trotto
.
La
salita
era
divenuta
faticosa
e
i
vetturali
facevano
schioccare
la
frusta
.
Nessuno
dei
miei
colleghi
aveva
mai
fatto
tappa
al
carcere
giudiziario
di
Genova
e
così
nessuno
sapeva
se
era
lontano
o
vicino
.
Dalla
salita
,
credevamo
tutti
che
fosse
fuori
,
lontano
qualche
miglio
dalla
cinta
cittadina
.
Mentre
si
facevano
queste
supposizioni
,
sentimmo
le
voci
che
fermarono
i
cavalli
.
..
La
discesa
fu
più
difficile
.
Uscendo
dal
buio
,
col
fagotto
nella
mano
legata
con
l
altra
,
e
la
catena
intorno
all
ascella
tirata
da
quelli
che
precedono
e
seguono
,
si
mette
il
piede
sul
predellino
con
la
paura
di
scavigliare
o
di
ruzzolare
sul
selciato
.
Nella
luce
dei
lampioni
foschi
e
delle
fiamme
libere
dei
becchi
a
gas
delle
botteghe
che
sembravano
cave
,
ero
come
disorientato
.
Ci
volle
uno
strappo
di
catena
per
convincermi
che
facevo
parte
del
convoglio
di
galera
.
La
via
era
ripida
e
tortuosa
.
Si
saliva
lentamente
e
si
passava
attraverso
ondate
di
luce
sfacciata
.
La
gente
del
quartiere
non
sembrava
interessata
di
una
«
catena
»
che
indubbiamente
assomigliava
alle
altre
degli
altri
giorni
.
Le
donne
rimanevano
sedute
in
terra
dinanzi
la
porta
delle
loro
abitazioni
o
sul
gradino
all
entrata
dei
loro
negozi
,
e
gli
uomini
,
in
manica
di
camicia
,
continuavano
a
pipare
e
a
chiacchierare
tra
di
loro
senza
degnarci
di
un
occhiata
.
Carichi
del
fagotto
,
con
la
catenella
che
tirava
ora
indietro
e
ora
innanzi
,
si
saliva
sudando
.
Al
secondo
svolto
di
via
,
incontrammo
due
portatrici
con
due
pesi
enormi
sul
capo
che
facevano
tremolare
i
loro
fianchi
possenti
.
Non
abituato
a
vedere
le
teste
femminili
calcate
alla
superficie
da
un
quintale
di
roba
,
mi
parve
di
passare
attraverso
un
popolo
barbaro
che
delle
donne
facesse
dei
ronzini
.
Arrivai
in
faccia
a
un
portone
spalancato
e
sormontato
dallo
stemma
del
carcere
giudiziario
,
con
la
lingua
che
penzolava
dai
denti
come
quella
di
un
cane
.
Ero
digiuno
,
con
la
bocca
secca
.
La
lingua
mi
sembrava
un
pezzo
di
carne
dalla
pelle
ruvida
in
bocca
come
un
castigo
.
A
sinistra
dell
entrata
,
era
un
tubetto
di
ottone
che
usciva
arcuato
dal
muro
e
lasciava
cadere
una
colonnuccia
d
acqua
.
Il
rumore
della
caduta
sulla
pietra
decompose
la
catena
.
Malgrado
gli
ordini
imperiosi
dei
carabinieri
che
avevano
fretta
di
sbarazzarsi
di
noi
per
andare
a
cena
,
nessuno
volle
muoversi
prima
di
essersi
saziato
di
acqua
fresca
.
Quando
venne
la
mia
volta
,
rimasi
disilluso
.
Per
la
mia
bocca
,
era
un
acqua
di
un
sapore
marcioso
.
Dopo
una
risciacquata
e
una
golata
,
la
buttai
in
terra
come
se
fosse
stato
un
liquido
avvelenato
.
Puah
!
Lo
smanettamento
,
la
consegna
delle
buste
coi
denari
e
la
registrazione
dei
detenuti
durò
una
buona
mezz
ora
.
I
viaggiatori
sembravano
stracchi
morti
.
Nessuno
diceva
una
parola
.
Qualcuno
sbocconcellava
la
pagnotta
e
qualche
altro
rimaneva
in
piedi
.
Io
fui
l
ultimo
,
perché
mi
ero
posto
dietro
tutti
,
sulla
panca
in
giro
dello
stanzone
immenso
.
Mi
si
conosceva
di
nome
e
questo
mi
suscitava
la
speranza
che
avrei
potuto
indurli
a
farmi
comperare
qualche
vivanda
per
la
cena
.
Ma
era
troppo
tardi
.
Erano
quasi
le
nove
.
E
i
detenuti
,
a
quest
ora
,
dovevano
avere
la
pancia
piena
.
Se
avessero
potuto
aiutarmi
,
lo
avrebbero
fatto
volentieri
.
La
sola
cosa
,
che
potevano
fare
per
me
,
era
di
mettermi
in
una
stanza
solo
e
di
offrirmi
un
bicchiere
d
acqua
fresca
con
del
limone
del
loro
fiasco
.
Accettai
tutto
con
dei
grazie
e
mi
lasciai
condurre
di
sopra
da
un
secondino
che
mi
aperse
e
mi
chiuse
in
una
stanza
.
Delle
cimici
che
divoravano
il
soffitto
,
annerivano
le
pareti
e
muovevano
il
pagliericcio
,
ho
già
parlato
.
ANNA
KULISCIOFF
È
una
donna
nuova
.
Imbevuta
di
idee
proibite
,
uscì
dalla
società
dello
zar
come
una
rivoltosa
che
non
ha
paura
di
stroncare
i
legami
che
la
legano
al
mondo
pieno
di
pregiudizi
e
di
ingiustizie
.
Fortificata
dall
esempio
delle
nichiliste
delle
classi
superiori
del
suo
tempo
,
le
quali
abbandonavano
la
casa
patema
come
le
mogli
del
teatro
di
Ibsen
abbandonano
la
casa
maritale
,
Anna
Kuliscioff
,
consumato
il
periodo
della
propaganda
pratica
per
la
campagna
russa
,
si
avviò
verso
l
esilio
,
con
l
anima
piena
di
negazioni
,
con
la
fede
nell
avvenire
,
determinata
a
compiere
la
sua
evoluzione
intellettuale
in
mezzo
alla
gente
latina
in
lotta
per
la
rigenerazione
sociale
.
La
Kuliscioff
è
stata
la
prima
nichilista
che
ho
conosciuto
.
Le
venni
presentato
da
Benoit
Malon
,
a
Lugano
,
quando
il
comunardo
scriveva
,
se
mi
ricordo
bene
,
la
Revue
Socialiste
,
l
organo
massimo
,
in
allora
,
delle
alte
intelligenze
dell
emigrazione
rivoluzionaria
.
La
Kuliscioff
poteva
essere
intorno
ai
venti
anni
.
Mi
parve
una
vergine
slava
.
Con
una
testa
da
madonna
,
con
la
carnagione
bianca
imporporata
di
salute
,
con
le
trecce
lunghe
,
di
un
biondo
luminoso
,
per
le
spalle
,
mi
faceva
pensare
alle
donne
graziose
dei
preraffaelliti
che
in
quei
giorni
ammiravo
come
uno
narcotizzato
dai
loro
colori
.
Malon
parlava
,
e
io
mi
perdevo
negli
occhi
della
nichilista
,
inondati
di
quella
malinconia
che
va
al
cuore
come
una
nota
soave
,
al
punto
da
farmi
riprendere
da
una
voce
grave
-
una
voce
che
mi
insegnava
che
un
socialista
non
deve
contemplare
una
signorina
viva
come
si
farebbe
con
una
figura
sulla
tela
.
Seppi
dopo
molte
cose
di
lei
.
Della
sua
agitazione
,
dei
suoi
studi
,
della
sua
prigionia
,
del
suo
sfratto
dall
Italia
,
dei
suoi
amori
,
della
Rivista
Internazionale
del
Socialismo
ch
essa
pubblicava
con
Costa
,
della
nascita
della
sua
Andreina
,
delle
sue
tribolazioni
,
della
sua
laurea
di
dottora
,
della
sua
unione
con
Turati
,
della
sua
malattia
crudele
,
ma
non
la
vidi
più
che
nel
95
,
cooperatrice
e
collaboratrice
della
Critica
Sociale
.
Nel
78
il
mio
pensiero
si
genufletteva
alla
bellezza
.
Oggi
,
esso
si
inchina
alla
pensatrice
.
Migliaia
di
donne
,
in
mezzo
agli
uragani
della
sua
esistenza
fortunosa
,
sarebbero
naufragate
cento
volte
.
Anna
Kuliscioff
è
sempre
rimasta
in
faccia
alle
procelle
come
una
sfida
.
Dagli
avvenimenti
che
volevano
inghiottirla
,
usciva
sempre
più
forte
,
più
saggia
,
più
preparata
a
sgomberare
la
società
del
passato
per
far
largo
all
avvenire
.
Neppure
la
sua
malattia
implacabile
seppe
vincerla
.
Di
tanto
in
tanto
si
diffonde
,
tra
gli
amici
,
una
notizia
funebre
.
La
Kuliscioff
sta
male
-
la
Kuliscioff
ha
poco
da
vivere
-
la
Kuliscioff
è
in
fine
di
vita
.
E
poi
non
se
ne
sa
più
nulla
.
Non
si
parla
più
del
suo
male
implacabile
.
La
si
rivede
,
con
la
sigaretta
in
bocca
,
al
tavolino
dell
amministrazione
o
della
redazione
a
lavorare
come
una
negra
.
Avveniva
,
su
per
giù
,
la
stessa
cosa
con
la
Harriet
Martineau
-
la
grande
giornalista
inglese
del
tempo
chartista
.
Questa
collaboratrice
del
Daily
News
era
così
sicura
di
essere
agli
sgoccioli
della
vita
,
che
in
un
momento
disperato
si
mise
a
scrivere
la
propria
autobiografia
,
incominciando
dall
ultimo
capitolo
per
paura
di
non
finirla
.
La
Martineau
ebbe
tempo
di
completarla
e
di
lasciarla
negli
armadi
dell
editore
per
venti
anni
.
Per
venti
anni
i
suoi
amici
si
aspettavano
,
ogni
mattina
,
di
leggere
nei
giornali
la
fine
della
giornalista
che
ha
prodotto
più
di
ogni
altro
uomo
del
suo
tempo
(
)
.
Nel
98
è
capitato
alla
Kuliscioff
quello
che
un
secolo
prima
era
capitato
a
madame
Roland
.
Di
vedersi
svegliata
all
alba
dagli
agenti
di
pubblica
sicurezza
e
di
andarsene
in
prigione
nella
vestaglia
.
Nelle
poche
parole
ch
essa
pronunciò
dinanzi
il
Tribunale
militare
è
tutta
la
donna
che
ho
presentato
.
Compendiano
il
suo
cuore
,
la
sua
modestia
e
il
suo
carattere
.
Leggetele
,
vi
troverete
la
indifferenza
tragica
per
tutto
ciò
che
riguarda
l
imputata
-
la
serenità
della
martire
che
crede
,
che
persiste
a
credere
,
che
crederà
sempre
che
nel
socialismo
sia
la
rigenerazione
sociale
.
«
La
mia
azione
nel
partito
socialista
era
molto
limitata
e
molto
modesta
.
Se
verranno
fuori
dei
fatti
a
mio
carico
io
ne
assumo
fin
d
ora
la
responsabilità
.
Io
sono
socialista
da
quasi
25
anni
,
ma
in
Italia
non
feci
nessuna
propaganda
,
sia
per
una
certa
delicatezza
verso
un
paese
presso
il
quale
sono
ospitata
,
sia
per
la
paura
di
essere
sfrattata
.
Io
sono
poi
invalida
da
un
anno
,
e
sono
obbligata
a
rimanere
sempre
in
casa
.
In
questa
condizione
come
volete
che
io
sia
in
caso
di
fare
propaganda
?
»
In
letteratura
io
e
la
Kuliscioff
siamo
divisi
da
un
abisso
.
Ella
,
se
l
ho
capita
bene
,
sente
ancora
dell
affezione
per
la
vita
romanzesca
intessuta
dalla
fantasia
dell
autore
e
drappeggiata
nella
fraseologia
che
non
lascia
esalare
i
cattivi
odori
dell
ambiente
.
Io
sono
più
rude
.
Spalanco
tutte
le
porte
,
discendo
in
qualunque
fogna
e
mi
servo
del
linguaggio
dei
personaggi
che
riproduco
.
Il
mio
temperamento
mi
trascina
ad
essere
sincero
in
ogni
manifestazione
della
vita
senza
preoccuparmi
se
farò
smettere
di
leggere
o
chiudere
il
libro
anche
agli
amici
che
mi
vogliono
bene
.
La
ragione
di
questo
nostro
dissenso
letterario
è
che
in
fondo
alla
Kuliscioff
è
rimasto
un
po
d
idealismo
e
un
po
di
misticismo
.
Ella
dà
la
preferenza
al
libro
che
lascia
vivere
qualche
illusione
e
che
non
svergina
o
smaga
brutalmente
chi
legge
,
e
crede
alla
immortalità
dell
anima
.
Non
mi
meraviglierei
domani
di
saperla
spiritista
.
Sul
terreno
delle
questioni
economiche
essa
torreggia
.
E
il
futuro
storico
del
socialismo
italiano
lascerebbe
un
gran
vuoto
nel
suo
lavoro
s
egli
non
ci
dicesse
l
influenza
che
questa
donna
ha
esercitato
sul
movimento
di
quest
ultimi
venti
anni
.
Nel
resto
la
Kuliscioff
è
donna
capace
di
grandi
amori
e
di
odii
inestinguibili
(
)
.
GLI
ULTIMI
GIORNI
DEI
DEPUTATI
E
DEI
GIORNALISTI
AL
CELLULARE
Turati
,
De
Andreis
,
Romussi
,
Federici
e
Valera
si
sono
riveduti
,
dopo
tante
noie
,
con
dei
baci
,
degli
abbracci
e
delle
strette
di
mano
,
nel
cellone
esagonale
B
,
numero
2
,
del
secondo
raggio
.
Gli
ultimi
tre
erano
giunti
dal
reclusorio
di
Finalborgo
e
i
due
deputati
erano
ancora
sbalorditi
dai
dodici
anni
di
reclusione
che
aveva
inflitto
loro
il
Tribunale
militare
.
La
loro
vita
era
piuttosto
agitata
.
Si
alzavano
,
alla
mattina
,
mezz
ora
prima
dell
alba
e
ciascheduno
nella
propria
cella
,
dopo
il
caffè
,
si
metteva
al
lavoro
.
Turati
aveva
sempre
un
mucchio
di
lettere
da
scrivere
e
un
numero
infinito
di
Riviste
da
leggere
;
Romussi
,
il
quale
sdrucciolava
dal
letto
sempre
di
buon
umore
,
era
sommerso
nelle
opere
di
Carlo
Cattaneo
;
del
quale
stava
facendo
uno
studio
;
De
Andreis
,
l
uomo
che
non
pensava
mai
alla
condanna
,
aveva
del
lavoro
fin
sopra
i
capelli
.
Leggeva
dei
poeti
inglesi
,
tedeschi
e
francesi
-
tre
lingue
ch
egli
deve
sapere
benissimo
-
,
studiava
o
piuttosto
correggeva
il
suo
latino
con
lo
Schultz
alla
mano
e
dedicava
parecchie
ore
a
un
lavoro
di
elettricità
che
deve
avere
veduto
la
luce
prima
che
gli
abbiano
spalancate
le
porte
del
reclusorio
di
Alessandria
.
Federici
si
nutriva
di
storia
e
negli
intervalli
rileggeva
l
opera
massima
di
Giuseppe
Ferrari
,
del
quale
è
sempre
stato
ammiratore
fervente
.
Valera
studiava
o
fingeva
di
studiare
il
tedesco
e
passava
attraverso
la
Social
England
di
Traill
-
volumi
che
incominciano
col
Conquistatore
e
finiscono
col
regno
della
regina
Vittoria
,
e
dànno
una
pittura
esatta
della
vita
intima
e
pubblica
di
un
popolo
che
non
ha
più
freni
né
per
la
penna
del
giornale
e
del
libro
né
per
la
lingua
della
piattaforma
.
Alle
otto
antimeridiane
,
si
trovavano
tutti
nel
raggio
del
passeggio
-
un
raggio
angustissimo
-
si
davano
il
buon
giorno
,
si
dicevano
se
avevano
dormito
bene
o
male
-
la
maggioranza
pativa
di
insonnia
-
si
comunicavano
le
notizie
portate
loro
dalle
ultime
visite
e
dalle
ultime
lettere
e
poi
incominciavano
la
conversazione
,
la
quale
era
sempre
interessante
anche
quando
,
per
ridere
,
discutevano
della
possibilità
di
una
evasione
,
citando
quelle
storiche
di
Napoleone
III
,
di
Rochefort
,
dei
prigionieri
politici
della
monarchia
di
luglio
,
di
Krapotkine
,
di
Bakunine
,
ecc
.
,
ecc
.
Ritornavano
in
cella
a
lavorare
per
un
paio
d
ore
e
poi
,
alle
undici
,
ciascheduno
usciva
con
la
sedia
,
col
tovagliolo
,
con
la
forchetta
e
col
cucchiaio
di
legno
e
andava
a
far
colazione
nel
cellone
turatiano
.
La
loro
colazione
alla
forchetta
era
modestissima
.
Quando
non
ordinavano
il
risotto
alla
certosina
o
la
polenta
col
fegato
in
comune
,
Romussi
mangiava
i
tagliatelli
al
sugo
e
la
costoletta
coll
osso
,
Turati
un
piatto
di
carne
e
due
uova
strapazzate
,
De
Andreis
vi
aggiungeva
un
po
di
gorgonzola
,
Federici
faceva
precedere
al
pollo
o
al
fegato
la
zuppa
alla
pavese
e
Valera
alternava
le
uova
al
tegame
con
la
pasta
al
burro
ben
cotta
.
La
discussione
si
animava
bevendo
qualche
bicchiere
di
vino
buono
delle
bottiglie
che
mandavano
gli
amici
,
mangiando
dei
dolci
che
inviavano
la
mamma
di
Turati
,
o
la
signora
di
Federici
o
di
Romussi
-
e
fumando
le
sigarette
che
trovavano
un
po
dappertutto
.
Qualche
volta
capitavano
loro
,
durante
la
giornata
,
dei
cestelli
di
frutta
fresca
,
dei
panettoni
che
obbligavano
De
Andreis
a
mettere
sul
tavolo
la
bottiglia
di
barolo
che
Turati
dimenticava
nell
angolo
.
Il
deputato
di
Milano
non
voleva
mai
bere
.
Egli
diceva
che
gli
astemi
vivono
più
a
lungo
e
sani
come
corni
.
Ma
si
insisteva
e
lui
beveva
,
versandoselo
in
gola
come
una
medicina
che
gli
faceva
stralunare
gli
occhi
.
Il
discorso
eterno
era
la
Cassazione
che
li
teneva
sugli
aghi
.
Ma
facciano
presto
!
Mandateci
in
galera
,
dicevano
,
ma
,
fate
presto
in
nome
di
Dio
!
Nessuno
si
lasciava
cullare
dalla
speranza
che
i
magistrati
dall
alto
tribunale
avrebbero
accolto
il
ricorso
.
Tuttavia
,
quando
andava
Majno
a
trovare
qualcuno
di
loro
,
rinasceva
la
discussione
con
un
po
di
fede
.
-
Me
l
ha
detto
lui
adesso
!
Egli
si
crede
,
legalmente
,
in
una
botte
di
ferro
.
-
Volete
che
Majno
non
sappia
quello
che
dice
?
De
Andreis
faceva
il
suo
solito
risolino
e
voltava
le
pagine
del
libro
che
aveva
fra
le
mani
.
Per
lui
,
erano
chiacchiere
inutili
.
E
si
metteva
a
sviluppare
il
suo
programma
di
condannato
a
dodici
anni
con
una
indifferenza
che
faceva
scappare
la
pazienza
a
Turati
,
il
quale
non
voleva
assolutamente
diventare
un
eroe
della
casa
di
pena
.
Dodici
anni
sono
lunghi
,
eterni
,
sono
la
vita
di
un
uomo
!
È
un
errore
,
aggiungeva
il
Turati
,
credere
che
si
possa
lavorare
serenamente
in
queste
condizioni
,
quando
si
manca
di
tutto
,
quando
si
deve
vivere
in
un
buco
ove
si
soffoca
d
estate
e
si
gela
d
inverno
,
con
venticinque
centesimi
al
giorno
!
Romussi
metteva
sul
tappeto
la
questione
del
viaggio
.
Egli
,
che
si
ricordava
del
vagone
cellulare
che
lo
aveva
condotto
a
Finalborgo
con
degli
scotimenti
di
testa
,
vedeva
avvicinarsi
il
giorno
della
partenza
con
orrore
.
Gli
rincresceva
di
lasciarsi
chiudere
in
quella
specie
di
cassa
da
morto
.
Ma
non
avrebbe
ceduto
.
No
,
non
avrebbe
ceduto
!
Se
il
Governo
voleva
disonorarsi
,
tanto
peggio
per
lui
.
E
andava
sotto
la
finestra
a
dare
delle
puntate
di
scarpa
nel
muro
.
-
No
,
no
,
e
poi
no
!
non
mi
lascerò
commuovere
dalle
lagrime
di
mia
moglie
e
di
mia
figlia
.
Non
voglio
andare
nel
vagone
a
mie
spese
per
salvare
Pelloux
dall
infamia
di
trattare
i
giornalisti
come
delinquenti
comuni
!
-
Ci
lasceremo
tagliare
i
baffi
e
indossare
l
abito
del
recluso
?
La
Kuliscioff
,
che
Turati
vedeva
spesso
nella
stanza
dei
colloqui
speciali
,
era
determinata
a
sostenere
una
battaglia
in
favore
dell
abito
del
condannato
politico
.
Essa
aveva
già
detto
al
capoguardia
che
nessuna
guardiana
avrebbe
osato
metterle
le
mani
addosso
per
farle
indossare
la
veste
abbominevole
della
reclusa
.
Federici
non
ne
era
molto
interessato
.
Egli
diceva
che
non
si
disonoravano
i
condannati
politici
indossando
la
toletta
del
condannato
comune
.
Sono
quelli
che
la
impongono
loro
che
si
disonorano
.
La
preoccupazione
sua
era
piuttosto
se
si
dovesse
lasciare
sola
la
Kuliscioff
a
sostenere
la
lotta
per
l
abito
.
Valera
ricordava
che
anche
i
deputati
irlandesi
,
ai
tempi
delle
ultime
leggi
eccezionali
,
erano
divisi
su
questa
questione
.
Il
più
accanito
fu
O
Brien
-
l
ex
direttore
dell
United
Ireland
.
Egli
la
considerava
una
grande
battaglia
politica
e
la
sostenne
non
lasciandosi
svestire
che
dopo
lotte
disperate
tra
lui
e
gli
aguzzini
di
Kilmainham
-
prigione
di
Dublino
.
Ci
vollero
otto
carcerieri
a
strappargli
la
giacca
ed
il
panciotto
.
E
i
calzoni
,
otto
giorni
.
Egli
stette
otto
giorni
in
cella
,
in
camicia
,
senza
coperta
e
senza
pagliericcio
d
inverno
,
a
costo
di
crepare
di
freddo
e
di
starnuti
.
Ma
poi
ha
dovuto
finire
per
lasciarsi
vestire
come
gli
altri
.
Mandéville
,
il
quale
ha
voluto
imitarlo
,
è
uscito
sconquassato
dai
pugni
ed
è
morto
.
E
gli
altri
deputati
-
Hooper
,
Sheehy
e
Carew
-
che
non
hanno
resistito
come
O
Brien
,
dopo
il
pugilato
in
carcere
,
non
sono
stati
più
loro
.
Anche
al
Parlamento
non
si
son
fatti
più
sentire
che
come
votanti
.
L
amico
Michele
Davitt
,
che
è
ora
alla
Camera
dei
Comuni
ed
è
stato
alla
servitù
penale
,
come
feniano
,
per
sette
anni
,
non
dava
alcuna
importanza
agli
sforzi
di
O
Brien
.
Mi
raccontava
che
era
del
tempo
sciupato
.
L
Irlanda
aveva
altro
da
fare
che
occuparsi
dei
calzoni
di
O
Brien
!
A
mano
a
mano
che
si
avvicinavano
alla
decisione
della
Cassazione
,
i
colloqui
si
succedevano
ai
colloqui
in
un
modo
straordinario
.
Erano
parenti
,
amici
,
compagni
di
lavoro
che
andavano
al
Cellulare
come
in
processione
.
Pei
condannati
,
era
uno
strazio
.
Passavano
da
un
abbraccio
all
altro
commossi
della
commozione
altrui
.
Toccava
ai
condannati
far
coraggio
ai
visitatori
!
Il
Turati
risaliva
qualche
volta
sfatto
.
-
È
un
supplizio
.
A
momenti
,
mi
facevano
piangere
!
Romussi
,
più
di
una
volta
,
entrava
nel
cellone
colle
lagrime
negli
occhi
.
Federici
rientrava
e
si
metteva
a
passeggiare
colle
mani
imbracciate
.
De
Andreis
invece
si
toglieva
la
giacca
-
lui
non
stava
mai
che
in
maniche
di
camicia
-
la
metteva
con
cura
sul
letto
di
Turati
,
accendeva
una
sigaretta
e
ricominciava
a
mandare
a
memoria
delle
declinazioni
latine
!
Il
giorno
in
cui
si
seppe
l
esito
della
Cassazione
mangiarono
con
maggior
appetito
senza
punto
discuterlo
.
Lo
sapevano
anche
prima
.
Il
ricorso
per
loro
non
era
stato
che
un
modo
per
guadagnar
tempo
e
per
aderire
alla
volontà
dei
parenti
e
degli
amici
che
volevano
che
si
andasse
fino
in
fondo
.
Il
dolore
comune
erano
le
centocinquanta
lire
!
-
Queste
sì
,
disse
De
Andreis
,
che
sono
state
sciupate
!
-
Rubate
!
dicevo
io
.
Dopo
la
parola
della
Cassazione
fu
davvero
una
pena
.
Nessuno
era
riuscito
a
dir
loro
il
giorno
della
partenza
e
ogni
sera
si
separavano
coll
ambascia
di
non
rivedersi
più
per
del
tempo
.
-
Ci
manderanno
assieme
?
Turati
aveva
una
pallida
speranza
di
rimanere
al
Cellulare
con
la
compagna
della
sua
vita
o
di
andare
a
Pallanza
,
dove
la
sua
buona
mamma
avrebbe
potuto
andarlo
a
vedere
di
tanto
in
tanto
senza
fare
un
lungo
viaggio
.
Romussi
aveva
paura
di
ritornare
a
Finalborgo
,
un
luogo
maledettamente
umido
,
lontano
da
Milano
,
ove
gli
sarebbero
ritornati
i
dolori
artritici
.
Federici
era
considerato
il
fortunato
dei
fortunati
.
Lui
aveva
già
scontato
quattro
mesi
dei
dodici
che
gli
avevano
appioppati
e
lo
avrebbero
lasciato
a
Milano
,
senza
dubbio
,
a
far
compagnia
al
Maffi
,
il
quale
era
entrato
a
fare
il
sesto
nel
cellone
da
pochi
giorni
.
Forse
non
lo
si
sarebbe
neppure
galeottizzato
.
-
Te
fortunato
!
gli
dicevano
.
Di
giorno
in
giorno
,
ne
passarono
dodici
.
Dodici
giorni
di
ansie
crudeli
.
Facevano
il
pacco
alla
sera
,
dopo
essersi
salutati
con
un
abbraccio
fraterno
,
e
lo
sfacevano
alla
mattina
,
ricominciando
il
lavoro
di
suggestionarsi
l
un
l
altro
.
L
ultima
sera
,
disperati
di
non
partire
mai
e
determinati
a
non
pensare
più
alla
partenza
,
si
proposero
di
mangiare
tutti
assieme
il
pollo
alla
cacciatora
.
-
Allora
,
disse
Romussi
,
vedrete
che
ci
manderanno
via
.
Il
pollo
alla
cacciatora
è
sempre
stato
l
ordine
di
partenza
.
In
Castello
abbiamo
ordinato
il
pollo
alla
cacciatora
e
ci
hanno
fatto
partire
prima
di
mangiarlo
.
Lo
abbiamo
comandato
a
Finalborgo
e
ci
hanno
rinviati
a
Milano
.
Alle
due
e
mezzo
della
notte
del
4
settembre
il
capoguardia
andò
nelle
celle
dei
condannati
politici
a
dir
loro
di
alzarsi
in
fretta
che
si
doveva
partire
.
Alle
tre
si
trovavano
nell
ottagono
Romussi
,
De
Andreis
,
Federici
e
Valera
.
La
cella
di
Turati
era
illuminata
.
Vennero
ammanettati
e
cellularizzati
nell
omnibus
che
li
aspettava
.
Alla
stazione
centrale
si
fecero
prima
uscire
De
Andreis
e
Romussi
.
Quando
discesero
dal
predellino
della
vettura
Valera
e
Federici
,
gli
altri
due
erano
scomparsi
.
Turati
lo
si
fece
partire
per
Pallanza
mezz
ora
dopo
,
in
un
omnibus
piccolo
,
che
lo
aspettava
nello
stesso
cortile
.
Egli
si
era
portato
via
il
materiale
per
scrivere
un
libro
sul
socialismo
italiano
.
Ma
poi
,
ricordatosi
della
sua
idea
fissa
,
che
in
galera
non
si
scrive
,
smise
l
idea
per
rimpinzarsi
di
libri
.
LA
«
COLOMBA
»
E
IL
LINGUAGGIO
DEI
DETENUTI
La
«
colomba
»
e
il
linguaggio
dei
detenuti
non
si
possono
capire
bene
che
dopo
sei
mesi
di
cella
in
una
casa
di
pena
o
in
un
carcere
giudiziario
,
dove
la
voce
degli
inquilini
è
perseguitata
dalle
punizioni
che
macerano
lo
stomaco
e
riducono
in
una
tana
sotterranea
come
tanti
animali
.
Una
volta
che
siete
passati
attraverso
questo
periodo
di
segregazione
completa
,
con
le
guardie
di
custodia
quasi
sempre
in
agguato
per
sorprendervi
in
flagrante
violazione
del
regolamento
,
voi
entrate
nel
periodo
di
adattamento
e
incominciate
a
imparare
tutte
le
astuzie
che
vi
aiutano
a
modificare
la
disciplina
antisociale
che
impera
nell
ambiente
dei
reclusi
.
La
preparazione
alla
vita
carceraria
,
nell
isolamento
senza
interruzione
,
vi
ha
resi
più
sensibili
.
La
caduta
di
un
fazzoletto
vi
fa
trasalire
come
il
chiavone
che
entri
nella
toppa
.
Ci
sono
momenti
in
cui
vi
pare
di
poter
sentire
le
pulsazioni
del
cuore
degli
individui
che
abitano
ai
fianchi
della
vostra
abitazione
.
L
udito
vi
si
raffina
in
un
modo
che
nessuna
zampa
di
gatto
può
avvicinarsi
all
uscio
a
vostra
insaputa
.
A
furia
di
ascoltare
le
pedate
dell
individuo
che
vi
passeggia
sulla
testa
,
siete
in
grado
di
distinguere
il
suo
stato
d
animo
,
di
indovinare
quando
il
suo
pensiero
è
tranquillo
o
rassegnato
o
quand
esso
è
sottosopra
o
imperversa
per
il
suo
cervello
come
una
tempesta
.
Un
addio
sommesso
,
uscito
da
una
di
quelle
buche
che
chiamano
finestre
,
vi
giunge
all
orecchio
con
tutti
i
larghi
della
voce
squillante
e
sonora
.
L
alito
diventa
,
per
il
recluso
,
un
suono
;
che
va
giù
a
remigarvi
nell
anima
come
un
notturno
tenero
ed
elegiaco
di
Chopin
.
Dotati
di
questa
percezione
,
voi
sentite
nell
aria
la
voce
di
un
sepolto
come
un
armonia
lamentosa
uscita
da
un
organo
toccato
da
una
mano
raffinata
.
È
lui
che
chiama
in
aiuto
la
vostra
«
colomba
»
,
perché
ha
bisogno
di
sapere
o
di
comunicarvi
una
notizia
,
perché
i
crampi
del
suo
stomaco
lo
obbligano
a
cercarvi
un
tozzo
della
vostra
pagnotta
,
perché
ha
una
voglia
matta
di
accendere
la
pipa
o
il
sigaro
,
o
perché
desidera
farvi
leggere
un
giornale
che
gli
è
riuscito
di
avere
per
la
via
della
via
.
La
«
colomba
»
è
una
funicella
o
un
attorcigliamento
di
stracci
,
di
striscie
di
fazzoletti
o
di
camicie
,
o
di
liste
di
lana
o
di
panno
sfilacciate
.
Tutto
è
buono
,
purché
si
riesca
a
mettere
assieme
una
specie
di
corda
lunga
tre
piani
di
Cellulare
.
Per
coloro
che
sono
condannati
in
un
carcere
giudiziario
e
quindi
senza
biancheria
propria
,
la
«
colomba
»
diventa
un
problema
che
non
può
sciogliere
che
la
pazienza
o
qualche
detenuto
sotto
processo
capace
di
regalarvi
il
materiale
per
farla
.
Con
la
pazienza
potete
rarefare
il
tessuto
della
coperta
-
del
letto
,
del
pagliericcio
,
dell
asciugamano
,
del
fazzoletto
e
magari
degli
abiti
che
indossate
.
Una
volta
che
siete
padroni
di
una
«
colomba
»
,
voi
potete
mettervi
tra
i
prigionieri
,
diremo
così
,
agiati
.
Voi
possedete
un
tesoro
che
vi
permette
di
comunicare
con
tutte
le
finestre
della
facciata
dell
edificio
che
vi
ospita
e
delle
facciate
degli
altri
raggi
congiunti
col
vostro
.
Mi
spiego
con
un
esempio
.
Supponete
che
io
occupi
una
cella
al
primo
piano
di
un
ambiente
di
cento
finestre
.
Le
finestre
sentono
dell
aguzzino
.
Vedute
all
esterno
,
sembrano
grandi
buche
da
lettere
incorniciate
in
un
rialzo
di
granito
.
All
interno
,
spaventano
il
novizio
.
Hanno
l
inferriata
staccata
dal
pietrone
che
si
protende
in
fuori
e
impedisce
di
vedere
le
altre
finestre
e
di
agguantare
la
funicella
che
penzolasse
dinanzi
.
Io
ho
un
solfanello
e
tutti
gli
altri
miei
colleghi
della
mala
vita
vogliono
fumare
.
Il
solfanello
del
buon
prigioniero
deve
sempre
essere
di
legno
.
Con
uno
spillo
,
del
quale
un
vecchio
frequentatore
di
carcere
deve
essere
munito
,
a
costo
di
nasconderselo
nella
pelle
,
lo
apro
in
quattro
.
Metto
i
tre
quarti
nel
ripostiglio
più
recondito
della
cella
,
e
mi
servo
dell
altro
per
accendere
un
po
di
lisca
ravvolta
in
un
mucchietto
di
filacce
per
impedirgli
di
divampare
.
Con
poco
solfo
sulla
capocchia
,
sarei
un
cretino
se
mi
dimenticassi
dell
esperienza
dei
miei
colleghi
.
La
quale
è
che
non
si
deve
mai
passare
allo
sfregamento
senza
prima
avere
strofinato
ben
bene
un
bottone
di
metallo
o
un
chiodo
delle
scarpe
o
un
legno
qualunque
.
Sfregando
leggermente
sulla
parte
calda
o
infocata
voi
potete
scommettere
che
farete
pipare
tutti
.
I
miei
amici
del
Cellulare
sono
tutti
pronti
e
non
aspettano
che
il
segnale
,
che
può
essere
uno
starnuto
,
o
un
colpo
di
tosse
,
o
anche
una
battuta
di
mano
.
Accendo
il
mio
virginia
,
tossisco
,
metto
fuori
dalla
finestra
la
scopetta
e
aspetto
la
fune
dalla
finestra
del
terzo
piano
perpendicolare
alla
mia
.
Tutto
ciò
avviene
in
un
modo
rapidissimo
.
Alla
estremità
della
«
colomba
»
è
un
peso
o
un
sasso
nel
sacchetto
o
nel
mucchietto
di
cenci
.
Lo
tiro
a
me
con
la
scopetta
,
vi
lego
il
sacchetto
con
la
lisca
che
fumacchia
internamente
adagio
adagio
,
sale
,
si
ferma
alla
seconda
finestra
ove
è
atteso
,
riprende
la
via
e
scompare
nella
cella
di
colui
che
mi
ha
lasciato
giù
la
fune
.
Costui
se
ne
serve
e
poi
getta
il
sacchetto
attaccato
alla
fune
sulla
scopetta
della
cella
a
fianco
.
È
questo
il
movimento
più
difficile
della
«
colomba
»
..
Ma
la
mano
abituata
vi
riesce
al
primo
colpo
.
Il
compagno
che
l
ha
presa
ne
stacca
il
sacchetto
dalla
funicella
che
viene
ritirata
,
lo
appende
alla
sua
«
colomba
»
,
se
ne
serve
e
lo
lascia
cadere
dalla
prima
alla
seconda
finestra
,
ove
sosta
come
accenditoio
e
riprende
la
discesa
per
fermarsi
alla
terza
finestra
dove
avviene
la
stessa
operazione
di
staccarlo
da
una
«
colomba
»
per
attaccarlo
a
un
altra
e
gettarlo
sullo
scopino
della
finestra
a
fianco
.
Mi
sono
servito
dell
esempio
più
difficile
.
Gli
esempi
facili
sono
con
le
finestre
sopra
o
sotto
o
a
fianco
della
mia
.
Se
non
ci
sono
le
piantelle
(
guardie
)
nel
cortile
che
adocchiano
,
io
sono
sicuro
,
con
la
«
colomba
»
,
di
soccorrere
e
di
poter
essere
soccorso
.
Il
linguaggio
dei
detenuti
è
di
una
semplicità
alfabetica
.
Lo
si
impara
in
mezzo
minuto
.
Ma
non
si
può
servirsene
che
dopo
avere
esercitato
i
pugni
sulla
parete
per
dei
mesi
.
Le
lettere
dell
alfabeto
del
prigioniero
sono
ventuno
e
ciascuna
di
esse
corrisponde
a
un
numero
:
a
b
c
d
e
f
g
h
i
l
m
n
o
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
p
q
r
s
t
u
v
z
.
14
15
16
17
18
19
20
21
.
Io
e
un
altro
siamo
in
due
celle
divise
da
un
muro
.
Non
ci
conosciamo
,
non
ci
siamo
mai
visti
e
forse
non
ci
vedremo
mai
.
Ma
l
uno
desidera
di
sapere
chi
è
l
altro
e
tutt
e
due
vogliamo
narrarci
la
storia
dei
nostri
delitti
.
Se
io
batto
undici
volte
,
voi
avrete
capito
che
ho
battuto
una
m
,
mentre
se
non
do
che
tre
colpi
avrò
segnato
il
c
.
Sono
io
che
invito
il
compagno
dell
altra
cella
a
fare
conoscenza
o
a
parlare
con
me
.
Incomincio
con
una
sfuriata
di
pugni
che
pare
traduca
dell
allegria
.
Egli
mi
risponde
con
altrettante
battute
precipitate
che
rappresentano
il
saluto
.
Lo
interrogo
con
due
colpi
secchi
e
serrati
che
vogliono
dire
:
sei
pronto
?
Egli
mi
risponde
con
due
battute
l
una
dietro
l
altra
che
equivalgono
a
«
sono
pronto
,
parla
»
.
Supponete
ch
io
voglia
domandargli
:
-
Chi
sei
?
Batto
prima
tre
colpi
,
poi
otto
,
poi
nove
,
poi
diciassette
,
poi
cinque
,
poi
nove
.
Tra
una
lettera
e
l
altra
c
è
una
pausa
per
dar
tempo
al
mio
compagno
di
battere
due
colpi
e
farmi
sapere
che
ha
capito
.
In
meno
di
dieci
minuti
io
,
colla
rapidità
delle
battute
,
posso
fargli
sapere
chi
sono
,
che
cosa
ho
fatto
,
quante
volte
sono
stato
condannato
,
se
ho
l
amante
,
se
sono
ammogliato
,
quando
finirà
la
mia
sentenza
e
in
che
modo
uscirò
senza
finirla
.
La
conversazione
termina
sempre
con
una
sfuriata
di
battute
da
una
parte
e
dall
altra
,
come
uno
scambio
di
saluti
.
Mi
sono
spiegato
?
Di
sera
,
verso
l
ora
della
campana
,
le
muraglie
delle
celle
diventano
i
nostri
pianoforti
.
I
nostri
pugni
sprigionano
fughe
commosse
,
preludii
che
vanno
nel
sangue
come
tessuti
di
tenerezza
,
arie
,
duetti
,
finali
che
si
diffondono
nella
grandiosità
dell
ombra
,
come
una
fusione
di
poesia
e
di
musica
.
CARLO
ROMUSSI
Non
si
sa
se
la
sua
mano
e
la
sua
testa
c
entrino
per
qualche
cosa
nella
sua
sempiterna
attività
prodigiosa
.
Si
sa
ch
egli
è
una
macchinetta
automobile
che
riempie
un
foglio
dopo
l
altro
tutte
le
volte
che
c
è
da
scrivere
.
Al
suo
tavolo
di
redazione
voi
vedete
sempre
proti
e
compositori
che
aspettano
originali
.
Supponete
ch
egli
stia
scrivendo
un
articolo
sulla
esposizione
artistica
.
Gli
si
dice
che
mancano
ancora
due
pagine
a
compilare
il
numero
unico
per
i
bagni
.
Consegna
il
manoscritto
sull
arte
,
corre
difilato
alla
stazione
balneare
senza
rivedere
lo
stampone
per
riattaccare
il
filo
interrotto
e
pochi
minuti
dopo
riprende
l
opuscolo
sui
doveri
dei
cittadini
ch
egli
deve
finire
per
domani
,
o
la
prefazione
agli
scritti
di
Carlo
Cattaneo
che
ha
promesso
fino
da
ieri
l
altro
.
Intanto
che
scrive
,
passa
e
ripassa
dinanzi
il
suo
tavolo
la
popolazione
che
lavora
intorno
al
giornale
e
alla
casa
editoriale
.
Impiegati
,
fattorini
,
portieri
,
telegrafiste
,
traduttori
,
personaggi
d
amministrazione
.
Lo
si
interroga
,
lo
si
interrompe
,
gli
si
annunciano
visite
,
gli
si
rammentano
nomi
o
fatti
.
Ci
sono
persone
che
hanno
bisogno
di
vedere
il
signor
direttore
,
amici
che
vanno
a
trovare
Romussi
,
zuppificatori
che
vogliono
infliggergli
certe
idee
su
date
questioni
,
veterani
del
partito
che
salgono
per
stringergli
la
mano
e
interessarsi
della
sua
salute
o
della
salute
della
sua
signora
,
archeologi
che
seggono
sulla
scranna
che
trovano
per
conversare
e
buttargli
,
tra
un
periodo
e
l
altro
,
un
monumento
storico
che
è
stato
scoperto
,
o
che
si
minaccia
di
demolire
o
che
stanno
illustrando
.
Nel
momento
in
cui
si
crede
stia
per
incominciare
la
quiete
,
entra
un
filantropo
a
squadernargli
un
progetto
che
deve
commuovere
e
vuotare
le
tasche
ai
cittadini
,
o
un
segretario
di
qualche
circolo
o
di
qualche
associazione
operaia
che
vuole
assolutamente
ch
egli
tenga
una
conferenza
sul
risorgimento
del
Comune
o
sulla
battaglia
di
Legnano
,
o
un
disgraziato
che
è
ansioso
di
leggere
stampato
il
manoscritto
che
gli
ha
portato
da
tante
settimane
.
-
E
questo
mio
articolo
,
signor
Romussi
!
-
È
sul
«
bancone
»
.
C
è
tanta
materia
da
perdere
la
testa
.
Ecco
,
veda
,
buttiamo
via
dei
telegrammi
per
mancanza
di
spazio
.
-
Il
signor
Edoardo
Sonzogno
lo
chiama
dabbasso
.
Butta
lì
la
penna
,
passa
dagli
usci
come
una
folata
di
vento
che
schiuda
e
chiuda
fracassosamente
,
ritorna
di
sopra
stropicciandosi
le
mani
o
rosso
fino
alle
tempie
,
e
ricomincia
l
articolo
su
Crispi
,
parlando
tra
lui
e
il
manoscritto
,
come
se
stesse
dettandolo
,
spesso
posando
la
voce
più
fortemente
su
una
sillaba
che
su
l
altra
.
-
L
onorevole
Crispi
è
una
vera
sfortuna
per
l
Italia
.
Questa
vita
quotidiana
,
capace
di
ammazzare
due
o
tre
uomini
,
è
per
lui
un
passatempo
.
Il
lavoro
ponderoso
,
quello
nel
quale
è
necessario
ch
egli
metta
i
suoi
studi
e
la
sua
intelligenza
,
lo
fa
a
casa
,
mentre
altri
dormono
o
si
divertono
.
Dalle
sei
alle
dieci
del
mattino
o
per
parecchie
ore
del
pomeriggio
,
egli
non
si
occupa
che
di
archeologia
,
di
storia
,
di
letteratura
:
Scrive
:
Milano
nei
suoi
monumenti
,
Milano
che
sfugge
,
Petrarca
a
Milano
,
uno
studio
sul
Trionfo
della
libertà
di
Manzoni
,
Sant
Ambrogio
o
mette
assieme
un
volume
di
poesie
dialettali
e
italiane
che
la
musa
satirica
e
bernesca
produsse
prima
e
durante
le
barricate
del
1848
,
eccetera
,
eccetera
,
eccetera
,
eccetera
,
eccetera
.
Se
sono
bene
informato
,
egli
è
al
Secolo
da
ventinove
o
trent
anni
.
Vi
è
entrato
in
un
modo
curioso
.
Moneta
era
alla
ricerca
di
un
redattore
che
avesse
delle
qualità
giornalistiche
e
una
coltura
che
andasse
al
di
là
di
quella
dei
soliti
giornalisti
improvvisati
.
Un
giorno
trovò
per
la
strada
Leopoldo
Marenco
,
il
romantico
del
palcoscenico
d
allora
.
-
Senta
,
professore
,
non
saprebbe
mica
aiutarmi
a
scovare
un
giovane
che
abbia
imparato
qualche
cosa
e
facilità
di
scrivere
?
Il
professore
di
letteratura
si
passò
la
mano
sulla
fronte
.
-
Eh
,
proprio
,
è
difficile
.
Ne
ho
conosciuto
uno
,
quello
sì
...
Era
un
diavolo
che
sapeva
scrivere
drammi
,
novelle
,
brani
di
storia
,
biografie
...
La
sua
penna
andava
come
il
vento
.
-
Se
è
morto
non
parliamone
.
-
È
vivo
.
Ma
non
so
dove
sia
andato
a
finire
.
Aspetti
,
deve
essere
a
Pavia
.
Credo
che
studii
legge
.
Certamente
non
vorrà
smettere
per
fare
il
giornalista
.
In
allora
,
per
spiegare
la
frase
dell
autore
della
Celeste
,
non
erano
che
gli
scapigliati
che
si
compiacessero
di
prendere
delle
sbornie
coll
inchiostro
di
redazione
.
Erano
giovani
pieni
di
coraggio
e
anche
d
ingegno
o
degli
studiosi
che
volevano
farsi
largo
,
ma
irregolari
nella
vita
e
nel
lavoro
.
Nessun
direttore
poteva
contare
sul
loro
articolo
pel
numero
di
domani
.
Gli
editori
pagavano
poco
o
niente
e
i
giornalisti
di
professione
,
come
è
naturale
,
non
esistevano
.
Non
esisteva
che
la
bohême
chiassosa
,
buontempona
,
nottivaga
,
capace
di
annunciare
in
prima
colonna
e
in
corpo
dieci
che
i
redattori
avevano
orgiato
e
non
potevano
quindi
scrivere
l
articolo
di
fondo
o
l
appendice
drammatica
!
Un
anno
dopo
,
Moneta
rivide
il
padre
del
Falconiere
e
lo
pregò
di
procurargli
un
giovanotto
che
avesse
la
stoffa
del
giornalista
.
-
Fra
i
miei
scolari
passati
e
presenti
non
ne
conosco
uno
.
Non
potrei
suggerirle
che
quello
dell
anno
scorso
.
Quello
là
ha
tutte
le
attitudini
per
uno
scrittore
di
giornale
.
Ha
una
penna
pronta
,
sollecita
,
che
si
piega
a
tutte
le
movenze
di
uno
stile
facile
.
Ha
letto
molto
.
È
una
biblioteca
ambulante
.
-
Me
lo
mandi
,
dunque
!
-
Vedrò
di
cercarne
l
indirizzo
.
Un
giorno
,
in
cui
il
pensiero
di
Moneta
era
lontano
le
mille
miglia
dal
redattore
che
gli
doveva
mandare
il
Marenco
,
si
sentì
annunciare
il
dottor
Carlo
Romussi
.
-
Passi
.
Fisicamente
non
gli
fece
una
grande
impressione
.
Non
gli
si
era
presentato
che
un
omino
il
quale
non
lasciava
supporre
in
sè
tanta
resistenza
al
lavoro
.
In
due
parole
s
intesero
.
Il
Romussi
faceva
pratica
d
avvocato
ed
accettava
volentieri
di
passare
a
teatro
le
serate
come
critico
d
arte
.
Moneta
voleva
qualcosa
di
più
di
un
critico
d
arte
,
ma
per
il
momento
si
accontentava
.
È
inutile
ch
io
dica
dei
suoi
ideali
drammatici
.
Tutti
sanno
che
il
Romussi
in
arte
e
in
letteratura
non
è
stato
figlio
del
suo
tempo
.
Egli
è
entrato
nel
giornalismo
come
un
vecchio
che
sente
e
difende
le
glorie
virtuose
del
passato
.
Assoluto
come
tutti
quelli
che
credono
di
avere
il
monopolio
della
verità
,
ha
sempre
dato
addosso
o
ignorato
la
gioventù
che
ha
portato
sul
palcoscenico
e
nel
romanzo
o
sulla
tela
o
nel
marmo
la
vita
con
le
sue
grandezze
e
coi
suoi
orrori
.
Zola
fu
uno
dei
suoi
boicottati
fin
a
ier
l
altro
.
La
Duse
,
per
lui
,
è
rimasta
un
artistaccia
di
provincia
.
Ibsen
non
gli
uscirà
mai
dalla
penna
che
come
un
degenerato
del
teatro
.
La
fortuna
del
Secolo
data
dalla
guerra
franco
-
germanica
.
Il
Moneta
simpatizzava
per
la
Francia
antimperiale
e
la
tiratura
salì
vertiginosamente
dalle
otto
alle
venticinque
mila
.
Era
un
trionfo
giornalistico
che
bisognava
conservare
migliorando
il
servizio
.
E
Moneta
assunse
,
come
cronista
a
ottanta
lire
il
mese
,
l
avvocato
Carlo
Romussi
.
Il
suo
primo
articolo
fece
scalpore
.
Gli
altri
giornali
avevano
narrato
il
giorno
antecedente
un
grave
scandalo
contro
un
patrizio
milanese
.
Moneta
,
giudizioso
e
temperato
,
non
volle
lasciar
correre
la
notizia
se
non
dopo
essersi
informato
personalmente
che
esisteva
una
querela
e
che
c
erano
i
genitori
i
quali
affermavano
che
la
loro
figlia
minorenne
era
stata
deflorata
da
un
duca
.
Romussi
non
fu
che
l
esecutore
.
Avuto
l
incarico
dalla
direzione
,
si
mise
al
tavolino
a
fianco
della
vecchia
scrivania
del
direttore
e
scrisse
più
di
una
colonna
colorita
,
spigliata
,
nervosa
,
paragonando
il
violatore
di
fanciulle
al
Borgia
crapulone
.
Venuta
la
minaccia
di
una
querela
per
diffamazione
,
e
sinceratisi
,
con
le
visite
mediche
,
che
la
ragazza
era
virgo
intacta
,
il
Secolo
trangugiò
uno
di
quei
rospi
vivi
che
non
lasciano
sopravvivere
che
la
buona
fede
del
giornale
.
La
cronaca
composta
di
note
aride
e
di
fatterelli
che
facevano
sbadigliare
,
divenne
,
nelle
mani
del
Romussi
,
una
rubrica
importantissima
.
A
poco
a
poco
del
Broglio
del
Pungolo
-
il
quale
passava
per
il
cronista
sommo
della
Risottopoli
per
le
sue
noterelle
patrie
e
per
avere
introdotto
,
tra
i
fatti
cittadini
,
le
notizie
che
la
questura
comunicava
a
lui
solo
-
non
rimase
più
nulla
.
La
cronaca
si
era
elevata
,
Romussi
l
aveva
intellettualizzata
,
allungata
,
drammatizzata
e
resa
indispensabile
.
Con
lui
i
pennivendoli
più
sfacciati
della
cronaca
cittadina
sono
stati
obbligati
a
divenire
più
prudenti
o
a
frenare
la
loro
ingordigia
.
Egli
è
ora
direttore
del
Secolo
,
di
quasi
cento
mila
copie
,
ma
io
,
a
costo
di
farmi
lapidare
,
persisto
a
credere
che
sia
in
lui
più
l
uomo
di
lettere
che
il
giornalista
.
Chi
ha
letto
i
suoi
lavori
e
specialmente
Milano
nei
suoi
monumenti
-
un
opera
che
quando
sarà
terminata
rappresenterà
la
sua
gloria
-
non
può
venire
che
a
questa
conclusione
.
Egli
è
un
illustratore
passionato
.
Charles
Dickens
è
stato
il
primo
direttore
del
Daily
-
News
a
due
mila
ghinee
l
anno
.
Ma
anche
i
suoi
più
grandi
ammiratori
hanno
dovuto
convenire
che
la
sua
tendenza
era
verso
l
immortale
Pickwick
.
Romussi
è
sempre
pronto
a
buttar
giù
,
lì
per
lì
,
qualunque
soggetto
.
Ma
il
giornalismo
moderno
non
si
contenta
della
vitesse
della
penna
.
Esso
esige
tutta
l
attività
di
un
uomo
anche
se
quest
uomo
non
scrive
mai
un
articolo
.
I
più
grandi
direttori
dei
più
grandi
giornali
del
mondo
scrivono
pochissimo
.
John
Dilane
,
l
autore
,
si
può
dire
,
del
Times
dei
nostri
giorni
,
non
fu
mai
a
writer
.
Non
scrisse
che
qualche
articolo
tra
un
anno
e
l
altro
.
Ma
i
suoi
biografi
sono
concordi
nel
dire
che
egli
era
il
Times
.
Carlo
Romussi
è
pieno
di
cuore
,
ha
ridondanza
di
affetti
ed
è
un
amico
,
se
vi
dà
veramente
la
sua
amicizia
,
prezioso
.
Egli
è
capace
di
dedicarvi
l
esistenza
.
La
sua
intimità
con
Cavallotti
,
la
sua
affezione
per
Cavallotti
,
la
sua
idolatria
per
Cavallotti
sono
cose
di
ieri
.
Nessuna
donna
ha
amato
il
poeta
anticesareo
coi
trasporti
del
direttore
del
Secolo
.
Per
degli
anni
egli
non
ha
veduto
che
cogli
occhi
di
lui
,
non
ha
palpitato
che
col
cuore
di
lui
e
non
ha
avventato
un
idea
politica
che
non
fosse
un
idea
cavallottiana
.
Ed
è
stato
un
errore
.
La
devozione
di
Pilorge
per
Chateaubriand
mi
commuove
.
L
uomo
privato
può
darsi
il
lusso
dell
adorazione
.
L
uomo
pubblico
,
il
direttore
di
un
giornale
,
non
può
sposare
un
uomo
con
le
sue
virtù
,
con
i
suoi
difetti
,
con
le
sue
aspirazioni
,
con
le
sue
beghe
personali
.
L
uomo
è
un
individuo
,
il
giornale
è
una
istituzione
,
è
un
veicolo
che
deve
andare
in
casa
di
tutti
come
un
informatore
.
Cavallotti
può
odiare
il
socialismo
e
i
socialisti
fin
che
gli
pare
e
piace
.
Il
Secolo
non
può
,
non
deve
seguirlo
.
E
con
Romussi
,
ipnotizzato
da
Cavallotti
,
il
Secolo
ha
ignorato
per
degli
anni
il
socialismo
e
i
socialisti
.
Non
ne
ha
più
parlato
.
Per
lui
non
esistevano
o
non
erano
mai
esistiti
o
erano
morti
.
Boicottare
un
partito
per
delle
bizze
personali
vuol
dire
rendere
un
cattivo
servizio
ai
lettori
che
pagano
per
essere
informati
di
tutti
gli
avvenimenti
e
alla
amministrazione
che
pubblica
il
giornale
per
arricchire
il
suo
editore
o
dare
grossi
dividendi
agli
azionisti
.
Boicottate
un
uomo
pubblico
o
un
partito
o
una
notizia
e
voi
sopprimerete
dei
lettori
.
Il
giornale
,
che
non
è
superiore
ai
rancori
personali
,
che
non
sa
essere
imparziale
cogli
amici
e
coi
nemici
,
che
ha
delle
antipatie
e
delle
simpatie
,
che
omette
questo
fatto
ed
esclude
quest
altro
,
perde
il
diritto
a
questo
nome
.
Diventa
l
organo
di
Tizio
o
di
Caio
,
ma
non
è
più
un
giornale
nel
significato
professionale
.
Carlo
Romussi
è
nato
a
Milano
il
10
dicembre
1847
.
LA
TRISTEZZA
DI
NATALE
Ci
siamo
alzati
,
come
gli
altri
giorni
,
al
suono
del
din
din
,
dan
dan
della
campana
del
reclusorio
.
I
miei
compagni
parevano
tante
mutrie
.
Rispondevano
al
buon
giorno
e
agli
augurii
con
dei
buon
giorno
e
degli
augurii
secchi
,
come
gente
che
si
sarebbe
morsicata
se
non
ci
fosse
stato
di
mezzo
il
galateo
.
Don
Davide
andò
a
dire
le
tre
messe
alle
muraglie
della
cappelletta
addossata
alla
muraglia
dell
infermeria
,
dicendo
di
non
aspettarlo
che
non
avrebbe
bevuto
il
caffè
al
ritorno
.
L
intervallo
tra
il
caffè
e
l
aria
fu
sepolcrale
.
Passeggiavamo
in
su
e
in
giù
,
con
le
mani
sulla
schiena
,
con
la
faccia
rabbuiata
e
con
gli
occhi
che
parevano
altrove
.
Il
latrinaio
,
che
ci
aveva
salutati
con
tutti
i
complimenti
che
aveva
potuto
raccogliere
la
sua
testa
,
rimase
senza
risposta
.
-
Signori
,
buon
Natale
e
tanti
anni
come
questi
!
Parecchi
di
noi
lo
avrebbero
sprofondato
.
Asino
porco
di
un
amazza
donne
,
non
è
buono
neanche
di
essere
gentile
!
Va
all
inferno
!
-
Aria
!
-
Ci
lasci
almeno
prendere
il
caffè
,
signor
sottocapo
.
Un
minuto
,
meno
di
un
minuto
.
Il
caffè
era
squisito
.
Era
stato
fatto
dalla
mano
maestra
del
Federici
che
non
lo
beveva
.
Don
Davide
prese
la
chicchera
senza
ricordarsi
dell
ordine
che
aveva
dato
.
Il
moka
ci
lasciò
immusoniti
più
di
prima
.
Andammo
all
aria
come
a
un
funerale
.
Nel
cortile
eravamo
sbandati
.
Ciascuno
passeggiava
per
proprio
conto
.
Pareva
che
l
uno
non
volesse
avere
contatto
con
l
altro
.
Ritornammo
nella
camerata
accigliati
e
taciturni
.
Chiesi
sedette
sulla
branda
piegata
e
si
sprofondò
in
una
Histoire
de
la
Commune
illustrata
,
don
Davide
si
sommerse
nel
Breviarium
romanum
che
teneva
sempre
sul
tavolo
,
Federici
aperse
il
Dodo
-
un
romanzo
che
riproduce
la
vita
intima
inglese
e
lascia
sentire
l
odore
della
classe
che
dipinge
.
Lazzari
si
rimise
sulla
figura
che
stava
disegnando
con
gli
occhi
torvi
e
l
aria
di
un
mastino
che
avrebbe
addentato
il
polpaccio
del
primo
che
gli
si
fosse
avvicinato
.
Suzzani
ricominciò
a
percorrere
lo
stanzone
senza
zuffolare
l
inno
dei
lavoratori
,
la
sua
aria
favorita
che
ci
regalava
dalla
mattina
alla
sera
senza
perdere
di
lena
-
e
Ghiglione
,
il
tremendo
Ghiglione
che
aveva
sobillato
con
fervore
i
terrazzani
di
Niguarda
,
si
era
gettato
a
capofitto
in
un
manuale
di
musica
da
quindici
centesimi
.
La
colazione
passò
nel
silenzio
.
Ciascuno
mangiava
quello
che
aveva
ordinato
senza
dire
una
parola
.
La
sola
cosa
in
comune
fu
una
bottiglia
della
cassetta
che
ci
aveva
inviato
il
buon
Quadrio
,
direttore
della
Valtellina
di
Sondrio
.
Era
un
vino
eccellente
che
non
bevevamo
da
un
pezzo
.
-
Buono
,
dissi
vuotando
il
bicchiere
.
Nessuno
rispose
.
Pareva
avessi
detto
loro
una
insolenza
.
Dopo
la
colazione
entrò
il
sottocapo
con
un
immenso
pacco
di
lettere
e
di
biglietti
di
visita
e
una
manata
di
telegrammi
.
Si
buttarono
loro
sopra
come
avari
che
ricuperino
il
sacco
dei
denari
che
credevano
perduto
per
sempre
,
e
si
ingolfarono
nella
lettura
intima
senza
lasciar
trapelare
un
pensiero
dei
tanti
pensieri
che
erano
loro
giunti
.
Le
sole
cose
che
riferivano
erano
i
saluti
o
gli
augurii
nei
quali
fossimo
compresi
tutti
od
alcuni
di
noi
.
-
Il
tale
vi
saluta
tutti
!
-
L
Aliprandi
saluta
anche
te
,
Paolino
.
-
Grazie
.
-
Il
tale
augura
a
tutti
buon
Natale
!
Tra
i
tanti
telegrammi
ricevuti
nella
giornata
ricordo
quelli
di
Bertolazzi
,
i
quali
riuscirono
a
smutriare
qualcuno
.
-
Buon
Bertolazzi
!
-
Buonissimo
!
Lungo
l
asse
che
correva
al
dorso
della
parete
erano
parecchi
panettoni
.
Furono
essi
che
incominciarono
a
dar
vita
alla
conversazione
.
-
Che
ce
ne
facciamo
?
Non
possiamo
mangiarceli
tutti
.
-
E
se
ne
dessimo
uno
ai
poveri
forzati
?
I
reclusi
del
maggio
ricevono
qualche
cosa
,
hanno
forse
ricevuto
tutti
qualche
cosa
.
Mentre
i
perpetui
e
gli
a
tempo
con
la
catena
,
non
sono
ricordati
neppure
dai
parenti
.
Chi
ha
vergogna
di
loro
e
chi
li
dimentica
come
individui
morti
.
E
se
ne
dessimo
una
fetta
,
a
tutti
loro
?
C
è
questo
del
Mascarini
,
offelliere
di
Milano
,
mandato
a
don
Davide
.
È
grosso
come
un
cetaceo
.
Federici
non
si
fece
ripetere
l
interrogazione
.
Se
lo
portò
sul
tavolo
e
con
una
cordicella
si
mise
ad
affettarlo
.
-
Quanti
sono
?
-
Ventinove
o
trenta
.
Incaricammo
di
distribuirlo
don
Davide
Albertario
.
Fu
una
scena
commovente
-
una
scena
che
inumidì
gli
occhi
di
tutti
coloro
che
hanno
potuto
essere
presenti
.
I
forzati
si
alzarono
in
piedi
,
rimanendo
vicini
al
loro
stramazzo
,
visibilmente
commossi
.
Era
forse
la
prima
volta
in
tanti
anni
che
sentivano
parole
dolci
pronunciate
da
una
persona
che
li
capiva
.
«
A
nome
dei
miei
compagni
della
quinta
camerata
-
disse
loro
don
Davide
-
vi
dirigo
il
saluto
in
questo
giorno
di
pace
;
come
prete
,
io
vi
auguro
la
benedizione
di
Gesù
Cristo
che
consoli
il
vostro
cuore
:
accettate
questo
segno
dei
sentimenti
del
nostro
cuore
desideroso
del
vostro
bene
»
.
E
incominciò
subito
la
distribuzione
.
I
volti
duri
dei
galeotti
si
ingentilivano
.
Dal
loro
occhio
scendevano
le
lagrime
.
Don
Davide
piangeva
e
noi
,
che
vedevamo
tutto
dalla
nostra
cancellata
,
eravamo
profondamente
inteneriti
.
Si
rimaneva
a
bocca
aperta
dinanzi
alla
commozione
di
tanti
galeotti
che
avevano
scannati
gli
uomini
,
massacrate
le
donne
,
fatto
in
quattro
i
padroni
e
distrutte
le
famiglie
a
colpi
di
coltello
.
Don
Davide
mi
prese
sotto
il
braccio
e
mi
disse
:
-
Avete
notato
che
piangevano
?
Dinanzi
al
prete
vestito
d
assassino
come
loro
,
reo
solo
di
avere
professata
la
sua
fede
con
maggiore
sincerità
e
fervore
,
si
sono
sentiti
le
lagrime
agli
occhi
.
Non
sono
dunque
completamente
perduti
.
Credetemi
,
l
uomo
che
ha
ancora
la
rugiada
del
cuore
,
è
ancora
un
essere
redimibile
.
Sembravano
degli
agnelli
.
Perché
non
vi
sarà
maniera
di
rendere
duraturi
nell
anima
di
quegli
sventurati
questi
nobili
sentimenti
e
di
ricondurli
alla
buona
via
?
«
Ve
lo
giuro
sull
anima
mia
:
non
dimenticherò
mai
questo
momento
del
Natale
in
galera
.
È
un
episodio
che
mi
resterà
nella
memoria
in
eterno
.
Mi
hanno
intenerito
come
un
fanciullo
»
.
-
Diamo
loro
un
altro
panettone
.
-
Se
si
potesse
,
figuratevi
!
Durante
la
giornata
abbiamo
avuto
la
visita
del
capo
guardia
prima
e
del
direttore
poi
.
Il
primo
ci
parlò
delle
sue
noie
con
dei
prigionieri
politici
nello
stabilimento
.
Per
suo
conto
avrebbe
voluto
che
ci
avessero
lasciati
andare
oggi
piuttosto
che
domani
.
Non
c
era
più
modo
di
aver
pace
.
Parevamo
gente
in
relazione
con
tutto
il
mondo
.
Una
volta
non
si
vedevano
i
portalettere
che
per
la
Direzione
.
Adesso
il
reclusorio
è
diventato
un
ufficio
postale
.
Vi
arrivano
carri
di
pacchi
postali
,
furgoni
di
biglietti
di
visita
,
centinaia
di
vaglia
e
di
cartoline
-
vaglia
,
specialmente
per
don
Davide
,
mucchi
di
telegrammi
.
Stamattina
ne
abbiamo
ricevuti
più
di
cento
.
E
non
sono
mica
gli
altri
che
li
registrano
.
Tocca
ai
poveracci
dell
amministrazione
.
Non
c
è
più
tempo
neanche
di
mangiare
.
Si
sciupa
un
paio
di
scarpe
al
giorno
.
Si
sale
,
si
discende
e
non
la
si
finisce
mai
.
E
lui
,
per
compenso
,
si
trova
con
le
scarpe
rotte
da
pagare
.
Il
bel
mestiere
che
ha
scelto
!
Doveva
fare
...
Basta
,
ora
è
troppo
tardi
.
Le
responsabilità
poi
sono
tutte
sulle
sue
spalle
.
Speriamo
che
oggi
la
vada
bene
e
non
accadano
disordini
.
Sarebbe
lui
la
vittima
.
Perchè
il
capo
guardia
dovrebbe
essere
dappertutto
.
Dabbasso
,
a
ricevere
,
a
rispondere
,
a
registrare
,
e
di
sopra
,
con
un
occhio
in
ciascuna
camerata
.
Bel
mestiere
che
è
fare
il
capo
guardia
con
poco
più
di
tre
franchi
al
giorno
!
Speriamo
che
tutto
passi
via
tranquillo
e
che
si
lasci
fare
un
po
di
Natale
anche
al
capo
guardia
...
-
Senta
,
signor
capo
guardia
,
non
si
potrebbe
mica
avere
qualche
sigaretta
di
quelle
che
mi
hanno
ritirate
?
-
Quest
altro
,
adesso
!
Vorrebbe
la
gallina
e
poi
anche
l
ovo
.
Vorrebbe
farmi
nascere
la
rivoluzione
.
Una
sigaretta
...
guai
se
si
sentisse
il
fumo
...
Tutti
gli
altri
vorrebbero
fumare
.
Si
starebbe
freschi
.
Mancherebbe
che
ci
fosse
anche
il
permesso
della
sigaretta
per
far
diventare
il
reclusorio
uno
spaccio
di
tabacchi
.
Il
direttore
era
stato
in
tutte
le
camerate
a
fare
una
specie
di
predicozzo
sui
doveri
del
condannato
e
a
incoraggiare
i
reclusi
a
sperare
nella
grazia
sovrana
.
Lo
ascoltavano
in
silenzio
,
in
piedi
,
tra
una
branda
e
l
altra
,
e
lo
lasciavano
voltar
fuori
con
dei
viva
l
amnistia
!
che
forse
lo
facevano
sorridere
.
A
noi
non
disse
che
qualche
parola
insignificante
e
non
parlò
,
con
deferenza
,
che
col
Chiesi
,
il
quale
sembrava
nelle
sue
grazie
.
Io
lo
vedo
ancora
passarci
in
rivista
col
cappello
calcato
in
testa
,
col
bavero
del
paltò
alzato
e
con
le
mani
in
tasca
.
Col
suo
sguardo
truce
e
la
sua
voce
da
terrorizzatore
,
non
mi
invogliava
a
vederlo
,
tra
noi
,
per
un
pezzo
.
Noi
poi
,
escluso
sempre
il
Chiesi
,
non
avevamo
ragione
di
essergli
riconoscenti
.
A
Federici
aveva
negato
parecchie
cose
che
lo
avevano
fatto
imbestialire
più
di
una
volta
.
A
Lazzari
aveva
fatto
sequestrare
tutti
i
suoi
disegni
dopo
che
erano
stati
finiti
.
Tra
gli
altri
eravi
un
don
Davide
vestito
da
galeotto
e
alcune
guardie
alla
nostra
cancellata
,
che
avrebbero
potuto
illustrare
qualche
pagina
del
mio
libro
.
A
me
non
lasciò
mai
scrivere
una
lettera
senza
farmela
copiare
e
ricopiare
per
delle
inezie
o
delle
parole
contrarie
al
suo
gusto
letterario
.
A
don
Davide
ne
fece
di
quelle
da
farlo
venire
di
sopra
con
gli
occhi
pieni
di
pianto
.
Una
volta
che
il
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
si
era
permesso
di
mettere
,
per
distrazione
,
le
dita
sulla
scrivania
del
direttore
,
il
signor
Reoboamo
Codebò
gli
disse
in
tono
grave
:
-
2557
,
tenete
giù
le
mani
!
Un
altra
volta
...
Ma
non
ricordo
più
bene
il
perché
.
So
che
gli
si
doveva
comunicare
qualche
risposta
ministeriale
a
una
sua
domanda
e
che
la
comunicazione
gli
era
stata
fatta
in
un
modo
brutale
o
da
fargli
capire
ch
egli
non
era
più
che
un
numero
di
matricola
.
Eravamo
nel
periodo
della
fame
,
quando
stavamo
in
piedi
con
la
pagnotta
e
la
minestra
.
Noi
eravamo
già
tutti
intorno
la
panca
che
ci
serviva
da
tavola
.
Ritornò
di
sopra
con
la
faccia
che
pareva
un
temporale
.
-
Che
cosa
vi
è
accaduto
?
Stette
in
forse
se
mangiare
o
buttar
via
la
gamella
.
-
Mi
è
accaduto
...
Mi
è
accaduto
che
mi
si
è
detto
chiaro
e
tondo
che
io
non
devo
considerarmi
ormai
più
che
il
2557
e
io
ho
dato
fuori
.
Sissignori
,
ho
dato
fuori
!
Dunque
,
dissi
al
direttore
,
mi
considerano
e
intendono
trattarmi
come
un
vero
delinquente
?
Sia
!
La
prego
però
di
darmi
la
carta
per
scrivere
al
ministro
Pelloux
che
mi
faccia
fucilare
!
Laggiù
non
si
conosce
che
cosa
sia
la
dignità
umana
e
io
gliela
farò
imparare
!
!
Noi
ci
guardammo
tutti
in
faccia
come
spaventati
.
Non
lo
avevamo
mai
veduto
con
gli
occhi
stralunati
e
le
guance
convulsionate
dallo
sdegno
.
-
Calmatevi
,
don
Davide
.
-
Anche
il
direttore
dopo
avere
veduto
che
mi
aveva
indignato
mi
ha
detto
di
calmarmi
.
Non
si
è
più
padroni
di
sè
quando
ci
si
dicono
certe
cose
!
-
Mangiate
la
minestra
che
è
quasi
fredda
e
passate
sopra
alle
parole
che
vi
possono
dire
in
un
luogo
come
questo
.
-
Siete
o
non
siete
il
2557
?
-
gli
diss
io
ridendo
e
facendolo
ridere
.
-
Lo
sono
.
E
si
mise
a
manducare
.
La
novità
del
giorno
di
Natale
è
stata
che
abbiamo
potuto
,
per
la
prima
volta
,
mangiare
sulla
tovaglia
candida
,
avere
il
tovagliolo
candidissimo
e
servirci
dei
cucchiai
,
delle
forchette
e
dei
cucchiaini
di
metallo
.
Era
della
roba
che
ci
aiutava
a
rientrare
nella
società
che
stavamo
per
dimenticare
.
Mancavano
a
completare
la
tavola
imbandita
i
coltelli
-
arnesi
pericolosi
per
della
gente
in
galera
.
L
allegria
era
assente
.
Si
iniziò
il
pranzo
con
un
bicchiere
di
vino
bianco
di
botte
e
con
del
prosciutto
tagliato
di
fresco
.
Assaggiammo
una
minestra
stata
cotta
sul
fornello
della
trattoria
esterna
e
attaccammo
,
con
qualche
appetito
,
un
tacchino
di
Filighera
e
dei
polli
stati
allevati
in
Liguria
,
che
mandavamo
giù
tra
una
forchettata
e
l
altra
di
insalata
giovine
.
Giungemmo
al
zabaglione
dopo
avere
vuotate
parecchie
bottiglie
valtellinesi
,
senza
dire
una
parola
che
valesse
la
pena
di
essere
ricordata
sul
palinsesto
della
mia
memoria
.
Il
pensiero
dei
miei
compagni
era
probabilmente
intorno
il
collo
dei
loro
cari
.
Chiesi
pensava
alla
sua
mamma
,
Federici
alla
sua
signora
e
alla
sua
bimba
che
spasimava
di
vedere
,
don
Davide
alla
sua
Teresa
,
la
sorella
che
lo
idolatra
e
Suzzani
a
sua
madre
che
nominava
sovente
.
Potevamo
star
su
fino
alle
dieci
.
Alle
otto
eravamo
tutti
a
letto
.
Chiesi
russava
maialescamente
da
dieci
minuti
.
GUSTAVO
CHIESI
Gustavo
Chiesi
è
uscito
dalle
pagine
di
Mazzini
.
Tutto
ciò
che
è
regio
non
entra
nei
suoi
ideali
.
Tutto
ciò
che
è
frivolo
non
partecipa
della
sua
esistenza
.
Le
sue
alte
aspirazioni
sono
per
una
Repubblica
di
repubblicani
ammodernati
dalla
vita
pubblica
.
In
un
periodo
di
specialisti
,
egli
è
rimasto
l
uomo
di
una
coltura
straordinaria
.
Volgendosi
verso
la
montagna
della
sua
produzione
,
si
può
credere
che
egli
abbia
dato
fondo
all
universo
.
Si
è
occupato
,
con
competenza
,
di
tutto
lo
scibile
umano
.
Di
storia
,
di
scienza
,
di
letteratura
,
di
invenzioni
,
di
geografia
,
di
arte
,
di
navigazione
,
di
questioni
agrarie
,
di
strategia
militare
,
di
industria
,
di
drammatica
,
di
legislazione
.
Egli
ha
biografato
mezzo
mondo
.
Da
Dante
a
Cimarosa
,
da
Leonardo
da
Vinci
a
Cavour
,
a
Cantù
,
a
Crispi
.
Non
c
è
uomo
illustre
nella
storia
e
nel
rinascimento
patrio
che
non
sia
entrato
nella
sua
collezione
illustrata
.
Self
-
made
man
del
giornalismo
italiano
,
egli
si
è
scelto
un
motto
inglese
adatto
alla
sua
pertinacia
di
lavoratore
:
time
is
money
-
il
tempo
è
danaro
.
Con
una
testa
costantemente
in
eruzione
e
convinto
che
«
la
volontà
è
l
anima
dell
ingegno
e
la
vittoria
del
progresso
»
,
egli
resiste
al
tavolo
fino
ai
crampi
nella
mano
.
Passa
indifferentemente
da
un
soggetto
all
altro
,
senza
bisogno
di
sosta
.
Smette
l
articolo
politico
e
riprende
la
continuazione
dell
appendice
,
consegna
al
proto
la
pagina
critica
e
si
riversa
sull
Italia
irredenta
-
una
pubblicazione
che
deve
«
tener
vivo
nelle
masse
il
sentimento
della
loro
nazionalità
,
il
retaggio
sacro
della
lingua
,
la
speranza
di
una
rivendicazione
avvenire
»
.
È
difficile
trascinarlo
in
una
conversazione
che
gli
faccia
perdere
il
tempo
e
il
danaro
,
ma
una
volta
ch
egli
si
decida
per
il
riposo
,
vi
trovate
con
un
causeur
nel
vero
senso
della
parola
,
con
un
uomo
il
quale
sembra
non
abbia
fatto
altro
nella
vita
che
occuparsi
di
salotti
aristocratici
o
di
aneddoti
politici
o
di
musica
wagneriana
.
Verso
sera
,
quando
si
aspettava
la
luce
elettrica
o
si
flanellava
,
gli
abitatori
della
quinta
camerata
lo
ascoltavano
tra
una
meraviglia
e
l
altra
.
Pareva
Villemesant
o
Rochefort
che
stesse
dettando
le
sue
memorie
.
Si
andava
dall
Africa
-
ove
era
stato
due
volte
come
corrispondente
del
Secolo
-
al
palcoscenico
di
una
prima
donna
che
ha
fatto
storia
-
nel
dietroscena
di
Caprera
quando
donna
Francesca
rimase
col
generale
-
alla
redazione
di
un
giornale
che
si
ricorda
ancora
-
a
un
periodo
tumultuoso
che
egli
sapeva
rimettere
in
piedi
tale
e
quale
,
colla
data
,
cogli
incidenti
,
cogli
attori
principali
,
sceneggiando
il
disastro
o
il
trionfo
coi
colori
di
una
tavolozza
arciricca
.
Un
semplice
paesucolo
sconosciuto
diventava
nella
sua
bocca
di
un
interesse
sommo
.
Ce
lo
circondava
delle
industrie
e
degli
uomini
della
regione
e
ci
diceva
l
avvenimento
che
lo
aveva
reso
celebre
.
Pur
pensando
a
Cavallotti
quasi
balbuziente
,
dubito
che
il
Chiesi
abbia
qualità
oratorie
.
Gli
mancano
i
mezzi
vocali
e
l
inconsapevolezza
di
Castelar
che
sa
stare
sulla
piattaforma
con
la
tranquillità
di
uno
scrittore
a
tavolino
.
Il
processo
del
tribunale
di
guerra
è
riuscito
a
propalare
assai
più
il
suo
carattere
,
la
sua
produzione
letteraria
,
la
sua
attività
giornalistica
.
Prima
,
quantunque
avesse
scritto
una
ventina
di
romanzi
,
descritta
l
Italia
da
un
capo
all
altro
,
il
suo
nome
non
era
nelle
moltitudini
come
oggi
.
Giornalista
che
aveva
nutrito
una
legione
di
giornali
,
gli
mancava
la
simpatia
nazionale
che
gli
ha
data
una
condanna
la
quale
ha
fatto
fremere
anche
coloro
che
sono
agli
antipodi
de
suoi
ideali
politici
.
In
Gustavo
Chiesi
è
l
imperturbabilità
grandiosa
di
Danton
che
dice
al
carnefice
di
mostrare
la
sua
testa
al
popolo
.
È
rimasto
sul
banco
degli
accusati
di
un
tribunale
militare
come
uno
stoico
.
Se
ha
aperto
bocca
,
non
è
stato
per
proteggere
la
sua
prosa
giornalistica
,
ma
per
salvare
i
suoi
cooperatori
e
adempiere
al
dovere
di
direttore
.
-
Io
non
ho
da
dire
che
due
brevi
cose
.
«
Primo
,
ringrazio
i
miei
difensori
per
la
grande
dottrina
colla
quale
mi
hanno
difeso
.
(
Era
stato
difeso
dai
tenenti
Giglio
e
Corselli
)
.
Secondo
,
dichiaro
sulla
mia
parola
d
onore
che
il
Cermenati
si
recò
a
Pavia
e
a
Piacenza
soltanto
in
qualità
di
redattore
del
giornale
,
e
per
nessun
altra
ragione
»
.
E
quando
Bacci
,
il
sostituto
avvocato
generale
in
missione
,
escluse
dal
numero
dei
colpevoli
Ulisse
Cermenati
e
Arnaldo
Seneci
,
amministratore
dell
Italia
del
popolo
,
sulla
faccia
del
direttore
si
diffuse
la
consolazione
.
Egli
respirava
più
liberamente
.
La
reclusione
degli
amici
gli
sarebbe
pesata
sul
cuore
come
un
martirio
.
In
galera
nessuno
lo
ha
mai
sentito
lamentarsi
.
Egli
lavorava
dalla
mattina
alla
sera
e
non
sostava
che
per
pensare
alla
vecchia
madre
che
lo
piangeva
disperatamente
.
Pochi
idolatrano
la
famiglia
dei
genitori
e
contribuiscono
al
suo
benessere
come
Gustavo
Chiesi
.
Egli
è
stato
eletto
deputato
mentre
era
nel
reclusorio
di
Finalborgo
e
Forlì
continuerà
ad
eleggerlo
per
un
pezzo
,
perché
Gustavo
Chiesi
non
è
di
coloro
che
si
abbandonano
subito
dopo
che
la
giustizia
delle
masse
ha
stravinto
la
giustizia
delle
classi
.
Conosciuto
,
lo
si
ama
per
la
sua
intelligenza
;
per
la
sua
bontà
e
per
la
saldezza
dei
suoi
principii
.
In
questi
tempi
di
uomini
di
carta
pesta
,
un
uomo
di
bronzo
,
come
Gustavo
Chiesi
,
diventa
,
in
un
ambiente
legislativo
come
il
nostro
,
un
tesoro
nazionale
.
Tiene
in
piedi
anche
i
legislatori
di
pasta
frolla
.
È
dotto
,
è
una
biblioteca
ambulante
ed
è
una
penna
incorruttibile
che
perseguita
i
corrotti
.
A
FINALBORGO
STUDIO
DEGLI
ALTRI
GALEOTTI
Ci
fu
un
galeotto
che
ci
disilluse
tutti
.
Era
il
cuoco
del
bettolino
-
un
buon
diavolo
cogli
occhioni
pieni
di
lampeggiamenti
e
con
le
ganasce
lardose
.
Aveva
per
noi
della
vera
affezione
.
Coi
pochi
centesimi
che
potevamo
spendere
,
si
struggeva
per
farci
mangiare
meno
scelleratamente
che
poteva
.
Soprattutto
era
pulito
.
Ci
portava
alla
mattina
una
minestra
per
venticinque
centesimi
,
la
quale
,
in
galera
,
potevamo
dire
buona
e
delle
porzioni
di
gnocchi
di
patate
che
mandavano
in
visibilio
Romussi
.
-
Neanche
la
mia
cuoca
saprebbe
cucinarli
così
bene
!
Gustavo
Chiesi
,
che
si
interessava
assai
poco
della
vita
del
reclusorio
e
che
giurava
,
di
tanto
in
tanto
,
che
non
avrebbe
mai
scritto
una
riga
sulla
sua
prigionia
,
aveva
della
tenerezza
per
il
cuoco
.
Ci
diceva
che
,
se
andava
fuori
,
voleva
fare
qualcosa
per
lui
,
perché
lo
meritava
.
Sapevamo
che
era
un
fratricida
,
ma
avevamo
la
sua
parola
d
onore
ch
egli
era
innocente
.
Secondo
lui
,
non
fu
che
il
caso
che
lo
fece
trovare
nella
stanza
ove
un
altro
suo
fratello
scannava
il
terzo
.
In
galera
poi
non
si
può
pretendere
di
trovare
delle
mani
immacolate
.
Una
mattina
che
avevamo
più
fame
del
solito
,
lo
aspettavamo
andando
in
su
e
in
giù
per
la
camerata
e
gettando
occhiate
per
il
corridoio
attraverso
la
spia
.
-
Ma
questo
cuoco
?
Giunse
in
vece
sua
un
recluso
dei
fatti
di
maggio
.
Che
aveva
?
Era
egli
ammalato
?
Nessuno
ne
sapeva
niente
e
nessuno
ci
voleva
dire
niente
.
Alle
nostre
interrogazioni
,
si
rispondeva
con
smorfie
che
suscitavano
una
curiosità
maggiore
.
Che
cosa
gli
era
capitato
?
Il
direttore
lo
aveva
condannato
a
quindici
giorni
di
cella
di
rigore
e
di
camicia
di
forza
.
Che
cosa
aveva
fatto
?
Quando
lo
sapemmo
,
lo
buttammo
tutti
idealmente
dalla
finestra
,
come
si
fa
con
una
persona
della
quale
non
si
voglia
più
ricordarsi
.
Egli
si
era
appaiato
con
uno
della
sua
specie
.
Dopo
quest
uomo
triviale
che
ci
ha
trascinati
nei
bassifondi
della
malavita
,
è
una
consolazione
ritornare
alla
superficie
dove
sono
esseri
di
una
morale
un
po
più
sostenuta
.
Il
598
era
il
modello
di
tutti
quanti
ho
conosciuti
.
Egli
gode
la
fiducia
del
direttore
e
non
ne
abusa
.
È
fedele
,
è
rispettoso
,
è
astemio
e
lavora
dalla
mattina
alla
sera
come
un
martire
.
Va
da
un
corridoio
all
altro
senz
essere
accompagnato
dalla
guardia
.
È
il
solo
che
esca
tutti
i
giorni
dallo
stabilimento
-
accompagnato
,
si
intende
,
dall
agente
di
custodia
-
a
portare
la
corrispondenza
alla
direzione
dei
reclusori
ed
è
il
solo
che
vada
fino
a
Finalmarina
a
prendere
i
medicinali
.
Un
giorno
,
mentre
il
buon
Pascotto
stava
spolverando
la
lampada
della
nostra
camerata
,
gli
domandai
perché
non
scappava
.
-
Voi
non
avete
più
che
dodici
anni
da
fare
.
Ma
pensate
che
la
vita
è
breve
,
accidempoli
!
Nei
vostri
panni
io
non
esiterei
un
minuto
.
Mi
servirei
della
casacca
per
insaccarvi
la
testa
del
mio
guardiano
e
obbligarlo
a
sciupare
del
tempo
a
districarsela
e
poi
direi
:
gambe
mie
aiutatemi
!
Continuerei
a
fuggire
senza
mai
voltarmi
indietro
.
Non
smise
neanche
di
strofinare
la
lampada
.
Per
lui
erano
tutte
sciocchezze
.
Lui
non
era
uomo
da
lasciarsi
scaldare
la
testa
.
Prima
di
tutto
aveva
la
sua
pena
da
espiare
e
non
intendeva
sottrarvisi
se
non
gli
si
faceva
la
grazia
.
Aveva
violata
la
legge
e
la
legge
doveva
essere
rispettata
.
Ai
suoi
tempi
era
stato
un
bulo
e
anche
un
grassatore
di
strada
.
Ma
adesso
aveva
fatto
giudizio
ed
era
,
per
lui
,
un
piacere
mantenersi
sulla
via
retta
.
La
fuga
poi
,
per
un
povero
cristo
,
era
una
ridicolaggine
.
Come
si
poteva
scappare
colla
catena
o
cogli
abiti
del
galeotto
?
-
E
quando
siete
al
largo
e
cercato
dappertutto
dagli
agenti
di
polizia
,
dove
andate
a
nascondervi
?
La
vita
del
fuggiasco
è
più
grama
di
quella
del
recluso
.
Credetelo
.
E
come
troverete
da
mangiare
in
giro
,
senza
amicizie
e
senza
denari
?
Rubando
.
E
io
non
farò
mai
più
il
ladro
.
Egli
mi
rispondeva
da
uomo
emendato
,
e
il
mio
pensiero
incanagliva
e
trepidava
,
preparandosi
una
fuga
clamorosa
e
spettacolosa
.
Lui
mi
parlava
di
ridicolaggine
e
di
catena
,
e
io
sentivo
il
mare
che
si
frangeva
fracassosamente
sulla
spiaggia
di
Finalmarina
.
Lui
si
vedeva
inseguito
dai
cagnotti
sguinzagliati
dalla
giustizia
che
non
dà
tregua
,
e
io
mi
gettavo
sul
mare
supino
e
,
a
forza
di
gambe
,
raggiungevo
la
nave
straniera
che
mi
accoglieva
a
bordo
a
braccia
aperte
.
Il
598
si
vedeva
impacciato
,
perseguitato
e
morto
di
fame
.
Io
mi
sentivo
libero
,
sulla
piattaforma
inglese
o
americana
,
circondato
da
migliaia
di
persone
che
mi
salutavano
con
dei
battimani
fragorosi
e
mi
riempivano
le
tasche
di
dollari
o
di
sterline
udendomi
raccontare
le
avventure
della
mia
fuga
e
il
periodo
della
fame
de
miei
amici
della
quinta
camerata
!
Il
77
era
il
lavandaio
.
Era
alto
come
un
palo
telegrafico
,
secco
come
il
merluzzo
e
giallognolo
come
la
pelle
di
un
giapponese
.
Con
il
suo
collo
esile
,
sormontato
da
una
testa
poco
voluminosa
,
con
le
sue
braccia
lunghe
appese
alle
spalle
come
cose
floscie
giù
rasente
il
corpo
,
con
la
sua
faccia
piena
di
rientrature
,
pareva
uno
scheletro
ambulante
.
Gli
occhi
,
nascosti
nelle
occhiaie
profonde
sotto
le
tettoie
ossute
e
pelose
,
sembravano
focolari
di
delinquenza
.
Erano
in
essi
i
guizzi
del
delitto
che
facevano
passare
per
la
schiena
l
aria
fredda
.
Tutte
le
volte
che
lo
guardavo
,
mi
obbligava
a
liberarmi
dai
fremiti
che
mi
suscitava
con
degli
scotimenti
di
spalle
.
La
sua
bocca
a
culo
di
gallina
e
il
suo
mento
che
tirava
da
sinistra
a
destra
,
mi
riassumevano
il
tipo
del
luogo
.
Aveva
la
mano
denutrita
e
le
dita
lunghe
del
fantasma
.
Si
muovevano
come
tentacoli
.
Prendevano
la
biancheria
sporca
con
un
movimento
meccanico
.
Sul
cuore
del
77
era
il
listone
nero
del
suo
trasporto
,
e
sulla
sua
testa
gibbosa
era
il
berretto
giallo
a
spicchio
che
lo
incadaveriva
.
Come
tutti
i
sanguinarii
,
era
di
modi
carezzosi
.
Parlava
con
dolcezza
e
non
si
lamentava
mai
della
sua
sorte
.
Una
volta
che
gli
domandai
se
pensava
di
rientrare
nella
vita
sociale
,
mi
offerse
una
presa
di
tabacco
con
una
spallata
di
sprezzo
.
Pareva
volesse
dire
:
Società
ingrata
,
non
avrai
le
mie
ossa
!
I
suoi
compagni
mi
dicevano
che
era
religiosissimo
.
Non
mangiava
mai
senza
farsi
il
segno
della
croce
e
non
andava
mai
sulla
branda
senza
prima
essersi
inginocchiato
a
ringraziare
il
Signore
Iddio
di
averlo
mantenuto
buono
anche
in
quella
giornata
.
Tra
tutti
i
condannati
della
quinta
camerata
preferiva
don
Davide
.
Il
sacerdote
nel
camiciotto
del
recluso
gli
faceva
sanguinare
l
anima
.
Non
gli
pareva
giusto
che
un
uomo
di
«
talento
»
,
come
diceva
lui
,
fosse
in
prigione
per
avere
del
«
talento
»
.
Don
Davide
si
soffiava
il
naso
sovente
a
Finalborgo
.
Aveva
preso
un
raffreddore
che
gli
era
divenuto
cronico
.
E
il
lavandaio
,
di
nascosto
,
gli
lavava
un
fazzoletto
al
giorno
e
glielo
portava
pulito
e
piegato
come
una
cosa
proibita
dal
regolamento
.
L
udito
del
77
era
molto
difettoso
.
C
era
un
recluso
che
aveva
già
scontato
otto
anni
e
che
anche
nel
saio
della
casa
di
pena
non
aveva
perduto
la
caratteristica
del
mestiere
che
esercitava
prima
di
essersi
intriso
le
mani
nel
sangue
dei
suoi
simili
.
Lo
si
vedeva
e
si
pensava
al
palcoscenico
.
Egli
non
poteva
essere
che
un
calcascene
.
Il
suo
viso
era
una
ditta
teatrale
.
Una
di
quelle
facce
grassottelle
di
venticinque
anni
,
con
la
carne
biancastra
della
gente
che
va
a
letto
quando
la
notte
sfittisce
,
con
l
ombreggiatura
per
la
mezza
faccia
della
barba
fitta
e
nera
che
ha
subìto
il
contrappelo
e
con
gli
occhioni
dalle
pupille
fulgide
nella
vivezza
lattiginosa
che
inondano
l
assieme
di
una
bontà
infinita
.
La
sua
vita
di
«
scrivanello
»
-
una
vita
che
lo
lascia
libero
tutto
il
giorno
e
gran
parte
della
notte
-
non
gli
ha
fatto
dimenticare
che
gli
mancano
quattro
anni
,
anni
che
egli
chiamava
quattro
secoli
anche
quando
gli
si
diceva
che
la
sua
liberazione
non
poteva
essere
lontana
.
Le
lettere
che
riceveva
dalla
famiglia
gli
rinverdivano
le
speranze
ogni
tre
mesi
,
ma
,
tra
l
una
e
.
l
altra
del
trimestre
,
aveva
dei
momenti
neri
di
ipocondria
.
Gli
pareva
che
più
nessuno
pensasse
a
lui
.
Prima
che
venisse
l
indulto
me
ne
fece
leggere
una
la
quale
gli
dava
l
idea
che
finalmente
il
sovrano
si
era
commosso
del
suo
stato
.
Egli
era
convinto
che
S
.
M
.
stava
per
firmare
la
sua
grazia
.
Ma
il
giorno
che
mi
vide
partire
senza
novità
per
lui
,
ricadde
nella
disperazione
.
-
«
Non
mi
dimentichi
!
»
mi
disse
.
E
dicendolo
si
asciugava
gli
occhi
,
volgendosi
dall
altra
parte
.
«
Se
posso
ritornare
a
casa
,
le
assicuro
che
non
mi
vedranno
più
in
questi
luoghi
.
L
ho
scontata
troppo
cara
per
dimenticare
la
vita
del
recluso
.
Poi
ho
la
mamma
e
la
sorella
che
mi
vogliono
un
bene
dell
anima
.
Lei
ha
letto
l
ultima
loro
lettera
e
può
dire
se
hanno
del
cuore
»
.
Di
mattina
,
era
addetto
al
medico
.
Registrava
la
medicina
da
mandarsi
a
prendere
.
Dopo
,
andava
per
le
camerate
a
raccogliere
le
ordinazioni
mangerecce
,
e
nel
pomeriggio
,
fino
magari
dopo
la
mezzanotte
,
rimaneva
con
un
galeotto
perpetuo
a
preparare
gli
specchietti
del
movimento
amministrativo
quotidiano
.
Il
suo
numero
di
matricola
era
il
2107
.
Prima
dell
attore
veniva
da
noi
,
col
libro
della
spesa
e
il
calamaio
attaccato
per
un
lembo
di
pelle
al
bottone
della
giacca
,
uno
scrivanello
che
aveva
ammazzato
un
carabiniere
il
quale
lo
aveva
sorpreso
a
svaligiare
una
carbona
(
casa
)
fuori
di
porta
Magenta
.
L
omicidio
gli
aveva
dato
modo
di
rimanere
fuori
dalle
unghie
della
giustizia
per
parecchi
mesi
.
Ma
la
gatta
,
anche
dopo
una
paura
maledetta
,
va
al
lardo
fin
che
vi
lascia
lo
zampino
.
E
un
bel
giorno
lo
agguantarono
con
degli
altri
ladri
o
degli
altri
grassatori
e
lo
mandarono
in
galera
con
una
sentenza
di
vent
anni
.
Era
recidivo
,
qualche
colpo
gli
era
andato
bene
e
sapeva
adattarsi
all
ambiente
in
un
modo
meraviglioso
.
Quando
la
direzione
non
lo
imbestialiva
coi
conti
che
gli
aveva
affidato
,
non
si
accorgeva
di
essere
in
un
reclusorio
.
Lasciava
l
ufficio
verso
mezzanotte
e
dalla
spia
della
nostra
camerata
lo
rivedevamo
al
lavoro
prima
delle
quattro
.
Qualche
volta
,
se
la
guardia
che
lo
accompagnava
non
gli
era
vicino
,
gli
dicevo
che
faceva
male
a
lavorare
tante
ore
in
un
periodo
in
cui
gli
operai
che
mangiano
meglio
si
agitavano
per
un
orario
quotidiano
di
otto
.
Vi
ammalerete
e
andrete
al
cimitero
senza
rivedere
Milano
.
Mi
rispose
che
stava
meglio
in
ufficio
che
in
infermeria
,
ove
poteva
coricarsi
e
alzarsi
presto
senza
svegliare
alcuno
.
L
infermeria
è
uno
stanzone
lunghissimo
con
delle
finestre
libere
dai
cassoni
e
con
due
filate
di
letti
quasi
sempre
vuoti
.
-
Come
,
vi
lamentate
di
dormire
sulla
materassa
?
-
Non
mi
lamento
,
ma
lei
non
sa
...
-
Datemi
del
voi
,
gli
dissi
celiando
.
Sapete
bene
che
il
regolamento
proibisce
ai
detenuti
di
servirsi
di
un
pronome
che
non
sia
di
seconda
persona
plurale
.
-
Giusto
,
voi
non
sapete
che
in
letto
-
anche
sulla
materassa
-
sto
male
.
È
l
unica
cosa
alla
quale
non
sono
mai
riuscito
ad
abituarmi
.
Il
galeotto
è
incatenato
alla
branda
.
Ora
,
mettetevi
nella
mia
posizione
,
e
vedrete
che
darete
la
preferenza
al
pisolino
sulla
scranna
dello
scrivanello
.
La
lunghezza
della
catena
non
mi
permette
che
di
mettere
il
piede
in
terra
dalla
parte
dell
anello
e
di
rimanere
,
se
non
voglio
scorticarmi
,
in
una
posizione
supina
.
Il
letto
,
per
me
,
è
una
tortura
.
Fu
lui
che
ci
iniziò
ai
pasti
dei
peperoni
,
dei
pomidori
,
dell
insalata
di
cipolle
e
di
patate
coll
aglio
e
di
fagiolini
tirati
fuori
dalla
pasta
del
convento
,
quando
la
minestra
era
coi
fagioli
.
Egli
è
piuttosto
piccolo
,
con
la
pelle
sulla
faccia
scura
e
butterata
,
con
gli
occhi
un
po
loschi
e
con
le
estremità
del
taglio
della
bocca
non
esattamente
equidistanti
.
È
tutt
assieme
una
figura
rapace
.
Lo
abbiamo
perduto
per
avere
alzato
il
gomito
.
Poco
abituato
a
bere
,
un
giorno
era
riuscito
ad
ubriacarsi
.
Lo
trovai
nel
letto
della
infermeria
incatenato
alla
branda
,
con
la
cuffia
di
cotone
bianco
sulla
fronte
,
che
stava
aspettando
la
sbriacatura
.
-
Che
cosa
fate
?
gli
domandai
.
-
Non
ho
potuto
alzarmi
alla
solita
ora
per
un
po
di
vino
brusco
.
Accidenti
al
vino
brusco
!
All
indomani
,
o
qualche
giorno
dopo
,
il
direttore
lo
mandò
nell
altro
reclusorio
a
mia
insaputa
e
io
non
ho
potuto
restituirgli
lo
Stecchetti
che
mi
aveva
imprestato
per
passare
il
tempo
.
Lo
scrivanello
lo
sapeva
quasi
tutto
a
memoria
.
COSTANTINO
LAZZARI
Tra
l
ottanta
e
l
ottantatrè
i
pionieri
del
movimento
marxista
continuavano
a
battere
il
chiodo
che
,
se
si
voleva
organizzare
i
mestieri
,
bisognava
costituire
un
partito
puramente
operaio
,
il
quale
,
a
suo
tempo
,
avrebbe
potuto
trasformarsi
in
partito
socialista
italiano
.
Parecchi
operai
,
che
studiavano
e
frequentavano
i
circoli
di
studi
sociali
,
si
misero
a
concionare
in
questo
senso
,
e
subito
dopo
la
morte
di
Carlo
Marx
la
loro
organizzazione
si
potè
dire
iniziata
.
Ormai
,
si
disse
,
l
operaio
farà
da
sè
.
Chiunque
si
occupava
di
questioni
sociali
e
non
aveva
i
calli
del
lavoratore
alle
mani
,
veniva
considerato
una
specie
d
intruso
.
Lo
si
vedeva
negli
angoli
dei
meetings
come
un
rognoso
.
Coi
pregiudizi
che
pullulavano
nella
testa
operaia
e
con
la
stampa
che
blatterava
di
progresso
e
dava
eternamente
ragione
agli
intascatori
di
lavoro
non
pagato
,
senza
un
giornale
che
stimolasse
,
che
aiutasse
,
che
confortasse
,
che
difendesse
e
che
rivelasse
la
vita
che
si
svolgeva
negli
stabilimenti
padronali
,
gli
operai
non
avrebbero
potuto
tener
duro
.
Un
giornale
era
necessario
.
Senza
di
esso
sarebbero
stati
calunniati
,
schiacciati
.
Non
si
domandarono
neanche
chi
di
loro
sapeva
scrivere
o
chi
di
loro
sapeva
mettere
assieme
un
foglio
qualunque
.
L
esperienza
li
avrebbe
fatti
andare
sulle
pedate
degli
altri
.
Il
loro
partito
era
nuovo
e
nuovi
dovevano
essere
gli
scrittori
.
Non
si
trattava
di
scrivere
in
ghingheri
.
Si
trattava
semplicemente
di
dire
chiaro
e
tondo
che
cosa
volevano
,
dove
tendevano
,
a
che
cosa
aspiravano
.
Non
altro
.
E
il
Fascio
Operaio
-
voce
dei
figli
del
lavoro
-
il
29
luglio
1883
era
già
nelle
mani
del
pubblico
.
Lo
scopo
della
pubblicazione
era
condensato
in
queste
parole
di
Malon
stampate
a
destra
,
in
corpo
otto
,
sotto
il
titolo
del
giornale
:
«
Se
non
pensano
a
far
da
loro
gli
operai
italiani
non
saranno
mai
emancipati
»
.
Nel
primo
articolo
intitolato
«
chi
siamo
e
che
cosa
vogliamo
»
,
dicevano
apertamente
che
erano
«
operai
nel
più
stretto
senso
della
parola
,
cioè
,
operai
manovali
»
.
«
Siamo
i
figli
di
quella
immensa
moltitudine
a
cui
la
vita
non
è
concessa
che
a
patto
di
una
perenne
produzione
-
di
quella
classe
che
lavora
e
soffre
,
senza
adeguati
compensi
-
che
vede
il
frutto
delle
proprie
fatiche
aumentare
le
ricchezze
dei
capitalisti
»
.
L
attività
dei
redattori
del
Fascio
Operaio
era
infaticabile
.
Restando
al
lavoro
,
tenevano
conferenze
ogni
sera
,
organizzavano
la
lega
di
resistenza
ogni
volta
si
trovavano
coi
compagni
,
e
scrivevano
articoli
ogni
settimana
.
In
due
mesi
la
«
voce
dei
figli
del
lavoro
»
seppe
preparare
e
inaugurare
un
Congresso
operaio
a
cui
il
Fascio
mandava
il
suo
saluto
«
perché
i
congressisti
erano
puramente
dei
lavoratori
che
si
ispiravano
alla
loro
coscienza
di
lavoratori
».«Siate
uomini
nuovi
,
diceva
loro
.
Due
siano
le
vostre
stelle
polari
.
L
eguaglianza
di
tutti
gli
uomini
in
faccia
alla
giustizia
e
l
indipendenza
della
personalità
umana
»
.
Il
Fascio
Operaio
discuteva
i
problemi
operai
,
polemizzava
coi
giornali
che
si
occupavano
dei
redattori
e
dei
loro
articoli
,
decomponeva
,
a
poco
a
poco
,
il
Consolato
operaio
nelle
mani
dei
romussiani
,
e
attaccava
,
con
qualche
violenza
,
la
democrazia
al
dorso
del
Secolo
,
chiamandola
«
vile
»
.
Cavallotti
,
che
fino
dai
tempi
del
Gazzettino
Rosa
aveva
imitato
don
Margotti
,
tenendo
nella
sua
casa
il
casellario
degli
uomini
pubblici
-
casellario
che
se
venisse
pubblicato
adesso
sorprenderebbe
molti
e
susciterebbe
polemiche
infinite
-
si
era
occupato
anche
dei
redattori
del
Fascio
e
specialmente
di
Costantino
Lazzari
,
il
quale
,
oltre
essere
il
redattore
capo
del
Fascio
,
era
l
anima
del
partito
operaio
.
Per
capire
l
importanza
dell
accusa
contro
Costantino
Lazzari
,
bisogna
ricordarsi
che
nell86
Cavallotti
aveva
già
assunto
il
carattere
di
leader
parlamentare
ed
aveva
già
iniziato
il
sistema
di
inseguire
e
snidare
i
corrotti
dovunque
li
trovava
o
li
sapeva
.
Nel
salone
dei
Giardini
Pubblici
,
ove
aveva
finito
di
parlare
Cavallotti
sulle
elezioni
generali
,
non
appena
il
redattore
capo
del
Fascio
si
permise
di
domandare
la
parola
,
si
sentirono
voci
spaventevoli
.
-
Fuori
le
spie
!
fuori
le
spie
!
Chi
erano
le
spie
?
I
redattori
del
Fascio
.
Ma
l
indiziato
era
Costantino
Lazzari
.
Tanto
è
vero
che
nel
questionario
,
che
invitava
Cavallotti
a
dare
«
risposte
categoriche
in
nome
della
verità
e
della
giustizia
»
,
c
era
questa
interrogazione
:
-
È
giusto
paragonare
il
compagno
Lazzari
ad
un
agente
di
polizia
?
Cavallotti
non
volle
mai
smentire
l
accusa
e
non
volle
mai
dire
pubblicamente
su
quale
documento
era
basata
,
Ma
tutti
gli
amici
dell
autore
di
Anticaglie
sapevano
e
sanno
che
l
accusa
era
basta
su
una
ricevuta
di
cinquecento
lire
,
firmata
da
Costantino
Lazzari
,
nelle
mani
di
Nicotera
,
ministro
dell
interno
.
Chiunque
di
noi
l
avesse
veduta
senza
cercare
altro
,
non
avrebbe
potuto
venire
ad
altra
conclusione
.
Cioè
che
Costantino
Lazzari
non
aveva
schifo
dei
fondi
segreti
.
Ma
la
cosa
non
è
così
.
E
ne
parlo
appunto
per
distruggere
una
calunnia
che
perseguita
Lazzari
da
parecchi
anni
.
Non
lo
si
può
dire
prudente
,
questo
no
.
Prendere
del
danaro
per
un
partito
senza
domandare
da
che
parte
venga
,
con
la
scusa
che
il
denaro
non
ha
«
odore
»
,
è
un
po
arrischiato
.
Ma
in
verità
Costantino
Lazzari
entrò
come
un
sorcio
nella
trappola
.
Non
sapeva
del
tranello
.
Gli
si
esibirono
cinquecento
lire
per
il
partito
in
un
momento
elettorale
,
le
prese
,
e
le
consegnò
intatte
al
partito
senza
curarsi
d
altro
.
Un
fatto
consimile
è
avvenuto
tra
i
socialisti
di
Londra
.
I
tories
diedero
parecchie
centinaia
di
sterline
a
un
leader
socialista
per
moltiplicare
le
candidature
socialiste
tra
il
candidato
tory
e
il
candidato
liberale
.
Il
giuoco
era
che
col
terzo
candidato
i
liberali
avrebbero
perduto
i
voti
che
venivano
dati
ai
socialisti
e
quindi
qua
e
là
dei
collegi
.
Si
gridò
al
tory
money
,
come
qui
si
gridò
alla
spia
.
Ma
il
leader
inglese
e
il
leader
italiano
poterono
salvarsi
mostrando
,
come
Walpole
,
le
mani
pulite
.
Dopo
questo
fatto
il
Fascio
Operaio
-
del
quale
parlo
perché
è
come
parlare
di
Costantino
Lazzari
-
e
il
partito
operaio
subirono
le
violenze
prefettizie
e
passarono
attraverso
un
uragano
indemoniato
.
Il
Comitato
Centrale
del
partito
operaio
italiano
venne
sciolto
,
il
Fascio
Operaio
sospeso
e
la
redazione
intiera
messa
sotto
chiave
al
Cellulare
per
ottanta
giorni
.
I
condannati
furono
cinque
,
tra
i
quali
Costantino
Lazzari
,
a
tre
mesi
di
carcere
e
a
trecento
lire
di
multa
.
E
il
Fascio
Operaio
risorse
,
dicendo
che
«
il
socialismo
è
un
gigante
che
nessuna
forza
può
vincere
»
.
In
Costantino
Lazzari
è
rimasta
l
avversione
del
Fascio
Operaio
per
gli
«
intrusi
»
.
Un
socialista
dottore
o
avvocato
o
scrittore
o
ingegnere
o
architetto
gli
fa
torcere
il
viso
dall
altra
parte
.
Ha
per
tutti
costoro
un
antipatia
invincibile
.
Li
chiama
i
socialisti
dal
panciotto
bianco
o
i
socialisti
dal
gilé
de
gess
.
Si
dice
che
la
gratitudine
non
sia
il
suo
forte
.
Ma
è
indubitato
ch
egli
,
giovanissimo
,
si
è
dato
la
briga
di
soccorrere
la
sua
famiglia
povera
,
e
di
mantenere
alle
scuole
di
Milano
una
sua
sorella
e
un
suo
fratello
.
Ha
rinunciato
alla
carriera
commerciale
per
dedicarsi
completamente
al
socialismo
.
Ma
le
vicissitudini
dell
esistenza
tribolata
gli
hanno
fatto
riprendere
la
via
di
prima
.
Egli
è
ora
commesso
viaggiatore
.
È
stato
in
prigione
più
di
una
volta
.
Egli
era
nell
Umbria
ed
è
andato
in
galera
per
i
tumulti
di
Milano
!
Ha
un
istruzione
tumultuaria
,
è
un
conferenziere
improvvisatore
,
ha
una
tendenza
sentita
verso
la
misantropia
,
ed
è
disgustato
degli
uomini
e
della
vita
.
Se
dovessi
riassumere
Lazzari
,
direi
,
con
Tommaso
Grossi
,
ch
egli
è
un
«
orso
mal
leccato
»
.
SI
MUORE
DI
FAME
Per
ricordarmi
di
queste
giornate
negre
,
ammuchiavo
le
mie
impressioni
sui
margini
,
sui
frontispizi
e
sotto
e
sopra
gli
indici
dei
libri
.
Mi
servivo
di
un
moncone
di
lapis
che
tenevo
nascosto
tra
il
dorso
e
la
legatura
di
un
volume
,
il
quale
rimaneva
con
me
giorno
e
notte
.
I
libri
che
giovano
di
più
al
prigioniero
sono
quelli
che
offrono
più
spazio
.
Quelli
che
hanno
cinque
o
sei
pagine
bianche
prima
di
arrivare
alla
prefazione
,
che
incominciano
e
finiscono
i
capitoli
con
dei
vuoti
preziosi
,
che
sono
stampati
in
modo
da
lasciarvi
una
linea
tra
una
riga
e
l
altra
e
che
terminano
in
fondo
col
lusso
della
entratura
.
A
me
,
per
esempio
,
sono
stati
di
grande
giovamento
la
grammatica
tedesca
del
dottor
Friedmann
e
le
Ascensioni
Umane
del
Fogazzaro
.
Mi
hanno
permesso
di
scrivere
un
volume
su
ciascun
volume
.
Se
dovessi
ritornare
in
prigione
e
qualcuno
volesse
regalarmi
qualche
libro
,
non
dimentichi
di
dare
un
occhiata
agli
spazi
.
Copio
,
o
meglio
completo
i
periodi
coi
riempitivi
che
lasciavo
fuori
per
economia
.
«
Il
periodo
della
fame
venne
inaugurato
stamane
,
sei
settembre
.
Se
lo
avessi
saputo
prima
,
ieri
sera
mi
sarei
imbottito
con
un
pranzo
luculliano
.
Non
si
è
mai
contenti
.
Era
una
giornata
che
ci
aspettavamo
di
minuto
in
minuto
,
ed
ora
che
è
giunta
troviamo
che
è
giunta
troppo
presto
.
Io
poi
,
che
non
ho
tanti
denari
da
spendere
,
non
dovrei
tormentarmi
con
queste
seccature
di
gola
.
Tanto
più
che
mi
rincresce
di
stare
a
tavola
cogli
amici
,
che
non
sono
capaci
di
mangiare
in
santa
pace
il
loro
pranzo
,
senza
costringermi
,
con
la
massima
gentilezza
,
ad
assaggiare
un
po
di
questa
o
di
quella
pietanza
.
Adesso
siamo
pari
.
La
nostra
mensa
è
diventata
la
mensa
degli
uguali
.
«
Che
cani
!
Ci
hanno
portato
via
penne
,
calamai
e
lapis
.
Sono
venuti
a
prendere
i
libri
per
registrarli
.
Ho
domandato
il
permesso
di
scrivere
una
lettera
per
comunicare
agli
amici
l
avvenimento
,
ma
mi
si
è
detto
che
il
regolamento
non
mi
autorizza
a
scriverne
che
una
al
mese
.
Chiesi
,
che
è
alla
reclusione
,
non
può
scriverne
che
una
ogni
tre
.
A
proposito
,
egli
è
alla
reclusione
,
e
rimane
con
noi
.
Dunque
non
c
è
differenza
che
nelle
spese
e
nelle
lettere
.
Lui
può
spendere
venticinque
centesimi
e
noi
,
alla
detenzione
,
trentacinque
.
«
Non
riuscirete
mai
,
signori
aguzzini
,
a
farmi
capire
l
utilità
sociale
di
impedirci
di
scrivere
per
tenerci
qui
a
guardarci
l
un
l
altro
.
Seguitiamo
a
chiacchierare
sulla
dieta
.
Nessuno
ha
paura
.
Se
non
sono
morti
quelli
con
la
catena
che
la
subiscono
da
anni
senza
migliorarla
col
sopravitto
,
vuol
dire
che
non
si
muore
.
«
Le
latrine
sono
indecenze
primitive
.
Mi
sono
messo
con
la
faccia
alla
ferriata
della
prima
finestra
e
sono
stato
lì
per
recere
.
Sotto
,
nel
cortile
,
è
un
mastellone
nascosto
da
un
murello
a
curva
,
che
lascia
venir
su
una
puzza
velenosa
.
È
il
mastellone
dei
condannati
addetti
ai
lavori
domestici
.
Il
direttore
di
questa
casa
di
pena
deve
avere
l
olfatto
molto
ottuso
.
In
tutto
il
penitenziario
non
c
è
una
latrina
.
Ciascuno
fa
i
suoi
bisogni
come
in
un
bosco
.
Peggio
che
in
un
bosco
.
Perché
qui
non
potete
alzarvi
e
andarvene
via
.
Qui
vi
si
lascia
il
mastellone
che
riceve
il
materiale
di
tutta
la
camerata
tutto
il
giorno
e
tutta
la
notte
.
Non
lo
vuotano
che
alla
mattina
e
nel
pomeriggio
.
Noi
,
per
fortuna
,
non
siamo
che
in
sette
.
Immaginatevi
il
fetore
costante
di
una
camerata
di
settanta
o
ottanta
individui
!
C
è
però
un
guaio
anche
nella
nostra
.
In
alto
alla
parete
sono
due
finestrucole
che
comunicano
con
una
camerata
piena
di
reclusi
.
Di
notte
e
di
giorno
riceviamo
la
loro
atmosfera
appestata
e
siamo
condannati
a
sentirli
trullare
come
maiali
!
«
Non
è
la
prima
volta
che
mangio
la
pagnotta
,
ma
era
un
pezzo
che
non
la
sbocconcellavo
.
Me
la
hanno
portata
e
mi
sono
ricordato
degli
ultimi
tozzi
di
pane
bianco
che
ho
dato
al
recluso
che
ci
porta
il
barile
dell
acqua
.
Come
sarebbero
buoni
,
adesso
!
In
un
reclusorio
non
mi
aspetto
il
pane
di
fantasia
.
Ma
certamente
mi
aspetterei
un
pane
migliore
di
questo
.
I
cavalli
ne
mangiano
del
più
buono
.
Le
nostre
sono
pagnotte
di
mollica
ammassicciata
.
Non
è
la
mollica
pastosa
,
duttile
,
allungabile
,
come
quella
del
pane
dei
signori
.
È
una
mollica
friabile
,
di
un
colore
brunastro
e
di
un
sapore
sciapito
.
«
Ho
sempre
sentito
dire
che
la
crosta
solida
è
un
indizio
della
bontà
del
pane
.
Dev
essere
abbondante
,
fitta
,
resistente
,
cotta
bene
.
Questa
è
molle
,
sottile
,
che
si
stacca
senza
fatica
,
che
ritiene
la
ditata
non
appena
la
premete
leggermente
.
Ha
un
colore
tra
il
rosso
-
bruno
e
il
giallo
-
dorato
.
«
Fanno
sul
serio
.
È
cessata
anche
la
pulizia
domestica
.
Prima
ci
facevano
scopare
la
camerata
e
lavare
la
gamella
dai
galeotti
.
Adesso
ci
si
è
detto
che
la
cuccagna
è
finita
.
Benissimo
.
Non
marciremo
neanche
per
questo
.
Il
male
è
che
con
la
minestra
condita
d
olio
la
latta
rimane
unta
.
Senza
acqua
calda
ci
ungiamo
come
guatteri
e
ce
le
laviamo
male
.
Ciascuno
di
noi
si
è
scelta
la
giornata
di
pulizia
.
Lunedì
Lazzari
,
martedì
Federici
,
mercoledì
Valera
,
giovedì
Chiesi
,
venerdì
Ghiglione
,
sabato
don
Davide
,
domenica
Suzzani
.
È
un
movimento
igienico
.
Si
puliscono
e
si
mettono
a
posto
i
tavoli
e
si
scopa
due
volte
il
giorno
.
I
più
volonterosi
e
i
più
abili
sono
indubbiamente
Lazzari
e
Federici
.
Entrambi
scopano
adagio
,
passano
l
arnese
sotto
le
brande
,
si
fermano
a
far
uscire
i
crostini
dalle
connessure
tra
mattone
e
mattone
e
tra
pietra
e
pietra
e
si
tirano
a
dietro
il
materiale
fino
in
fondo
,
senza
lasciare
per
la
via
polvere
o
briciole
.
Scopa
bene
anche
don
Davide
,
ma
non
con
la
diligenza
degli
altri
due
.
Se
al
sabato
si
dimentica
del
suo
turno
,
il
Chiesi
gli
grida
subito
alle
spalle
:
«
-
Non
più
privilegi
e
non
più
privilegiati
!
«
Il
Ghiglione
,
campagnolo
,
scopa
male
,
lo
fa
di
mala
voglia
e
pulisce
i
tavoli
come
un
uomo
che
si
senta
umiliato
.
«
La
direzione
di
qualunque
casa
penale
vende
ogni
mese
la
Rivista
di
discipline
carcerarie
,
diretta
dal
Beltrani
-
Scalia
,
direttore
delle
carceri
(
ora
,
come
si
sa
,
ha
preso
il
suo
posto
il
Canevelli
)
.
lo
scopo
della
rivista
è
pio
.
È
di
assistere
con
delle
sottoscrizioni
i
figliuoli
derelitti
dei
condannati
.
Una
cosa
la
quale
vi
suggerisce
che
la
società
punisce
più
i
figli
che
i
genitori
.
Perché
mette
sotto
chiave
i
secondi
e
lascia
sulla
strada
i
primi
.
«
Le
ultime
pagine
sono
occupate
dal
movimento
dei
liberati
dagli
stabilimenti
penali
durante
il
mese
.
In
agosto
hanno
lasciato
uscire
54
uomini
e
6
donne
per
grazia
sovrana
,
299
uomini
e
12
donne
per
indulto
e
31
maschi
e
2
femmine
condizionalmente
.
«
La
tabella
dei
liberati
condizionalmente
prova
che
l
Italia
è
più
crudele
d
ogni
altra
nazione
.
L
Inghilterra
,
punto
tenera
pei
suoi
delinquenti
,
dà
loro
modo
,
colla
buona
condotta
e
col
lavoro
persistente
,
di
guadagnarsi
tre
mesi
su
ogni
anno
.
Conquistandosi
il
numero
fisso
di
marchette
,
il
condannato
,
poniamo
,
a
sei
anni
,
è
sicuro
di
non
rimanere
in
carcere
che
quattro
anni
e
mezzo
.
Il
nostro
sistema
non
assicura
nulla
al
condannato
e
premia
la
condotta
incensurata
con
una
lesineria
che
fa
piangere
.
Deduce
,
su
per
giù
,
da
un
anno
a
un
anno
e
mezzo
per
ogni
dieci
anni
di
galera
!
«
Ne
scelgo
uno
.
N.A.
,
di
Napoli
,
contadino
,
condannato
a
dodici
anni
,
è
uscito
a
37
anni
,
dopo
avere
scontato
una
pena
di
undici
anni
ed
un
mese
!
«
Nella
stessa
tabella
si
nota
che
la
donna
subisce
gli
stessi
rigori
.
A.L.
,
di
Palermo
,
entrata
nella
casa
di
pena
a
38
anni
,
con
una
condanna
di
vent
anni
per
omicidio
,
è
uscita
dopo
una
pena
di
diciotto
di
lavori
forzati
.
Che
tigri
!
«
Aggiungo
che
la
liberazione
dei
condannati
non
dovrebbe
mai
essere
lasciata
all
arbitrio
del
direttore
-
il
quale
è
,
novantanove
volte
su
cento
,
parziale
e
crudele
.
«
Non
so
se
dipende
dalla
dieta
.
Ma
con
una
dieta
scellerata
e
insufficiente
ho
perduto
persino
la
voglia
di
leggere
.
In
un
mese
non
sono
riuscito
a
rileggere
il
primo
volume
dei
dieci
anni
di
Louis
Blanc
.
Sbadiglio
spesso
,
e
spesso
,
dopo
una
specie
di
torsione
alla
regione
epigastrica
,
mi
istupidisco
in
un
sopore
che
mi
spaventa
.
I
miei
amici
di
camerata
mi
dicono
che
mangio
troppo
poco
e
che
butto
via
troppo
sovente
la
minestra
.
Non
so
che
farci
.
È
una
minestra
che
mi
ripugna
e
che
non
so
ingoiare
né
asciutta
né
col
brodo
.
Ci
sono
dei
cani
liberi
che
la
lascerebbero
nella
scodella
.
Ho
notato
una
certa
sonnolenza
anche
negli
altri
.
Più
di
una
volta
ho
veduto
Federici
fermarsi
sulla
pagina
,
coi
gomiti
sul
tavolo
e
la
faccia
nelle
palme
.
Alle
undici
antimeridiane
d
ieri
ho
sorpreso
don
Davide
che
dormigliava
sul
breviario
.
Anche
Lazzari
subisce
la
stessa
legge
di
prostrazione
.
Rimane
assopito
per
delle
ore
.
Forse
è
perché
egli
legge
troppo
di
notte
.
In
Chiesi
ho
notato
che
la
sua
respirazione
notturna
è
diventata
più
rantolosa
.
«
Ci
hanno
portato
di
sopra
delle
lettere
piene
di
cancellature
.
A
noi
che
abbiamo
il
limone
per
disseppellire
le
parole
dai
neracci
del
direttore
,
importa
poco
.
Ma
mi
piacerebbe
che
qualcuno
mi
rivelasse
l
utilità
di
queste
soppressioni
di
parole
.
Una
volta
che
siamo
condannati
,
che
cosa
deve
importare
a
voi
che
qualcuno
ci
faccia
sapere
un
breve
minuto
della
vita
del
mondo
dal
quale
siamo
stati
espulsi
con
tanta
violenza
?
È
una
cretineria
da
mettersi
con
le
altre
che
si
commettono
in
questi
luoghi
.
«
Il
mio
amico
Mario
Borsa
,
corrispondente
londinese
del
Secolo
,
mi
manda
una
rivista
mensile
per
tenermi
al
corrente
dei
grandi
fatti
europei
.
Una
rivista
estera
non
può
impensierire
alcuno
.
Qui
impensierisce
.
Il
direttore
mi
ha
fatto
chiamare
in
direzione
per
dirmi
che
non
poteva
darmela
perché
ci
sono
in
essa
articoli
che
si
occupano
di
cose
che
non
devo
sapere
!
Suppongo
per
un
minuto
che
vi
sia
qualche
narrazione
sui
fatti
di
maggio
.
Nossignore
,
me
la
nega
perché
vi
è
un
articolo
sulla
guerra
tra
gli
Stati
Uniti
e
la
Spagna
!
Sono
o
non
sono
un
giornalista
?
Una
società
.
che
corregge
e
non
abbia
per
compito
di
mandarmi
fuori
imbecille
,
dovrebbe
procurarmi
,
anche
a
proprie
spese
,
le
riviste
e
di
giornali
che
mi
dovrebbero
tenere
al
corrente
di
tutto
ciò
che
avviene
.
Non
vi
pare
?
Anche
al
Chiesi
hanno
trattenuto
delle
riviste
francesi
per
le
stesse
ragioni
.
Asini
!
«
Piove
.
Quando
piove
,
il
condannato
perde
il
diritto
all
aria
e
al
moto
delle
gambe
.
Senza
uscire
dalla
gabbia
si
diventa
di
umore
nero
.
È
una
meraviglia
che
uno
non
s
avventi
sull
altro
.
Ci
si
tiene
nella
camerata
sino
a
quando
il
cielo
si
rasserena
.
E
in
questa
regione
,
quando
incomincia
a
diluviare
,
è
capace
di
tirare
innanzi
senza
interruzione
per
una
settimana
.
Nella
camerata
al
dorso
della
nostra
sembrano
diventati
tanti
leticoni
indiavolati
.
Di
tanto
in
tanto
qualcuno
si
sfoga
gridando
:
aria
!
In
uno
stabilimento
di
tanta
gente
ci
dovrebbe
essere
anche
il
passeggio
coperto
.
Ma
non
ci
si
pensa
.
Perché
il
bestiame
in
galera
può
crepare
senza
inumidire
l
occhio
sociale
.
«
La
visita
del
medico
che
abbiamo
avuta
ieri
l
altro
mi
ha
fatto
un
effetto
strano
.
Mi
parve
un
uomo
incaricato
di
venire
a
vedere
se
avevamo
ancora
delle
giornate
da
vivere
.
Sì
,
o
signori
aguzzini
,
siamo
languidi
più
di
ieri
,
ma
non
siamo
ancora
moribondi
.
Anche
col
vitto
insufficiente
possiamo
vivere
degli
anni
.
«
La
nota
di
ieri
è
stata
un
po
baldanzosa
.
Si
indebolisce
lentamente
e
lentamente
mi
pare
che
si
perda
la
memoria
.
Stamane
,
parlando
degli
affamati
americani
al
polo
Nord
,
non
ho
saputo
rammentarmi
il
nome
del
generale
che
venne
trovato
inconscio
vicino
al
cadavere
di
un
nero
che
gli
era
stato
fedelissimo
.
E
non
me
lo
ricordo
neppure
adesso
.
Questo
fatto
mi
mette
addosso
del
freddo
.
Credo
che
a
grado
a
grado
ci
avviamo
verso
l
abolizione
della
intelligenza
.
Usciremo
delle
pagine
bianche
.
Non
sapremo
più
neppure
di
essere
stati
in
prigione
!
«
Siamo
calati
tutti
di
peso
.
Il
pancione
di
don
Davide
è
rientrato
di
molto
.
Forse
sarà
l
effetto
della
rasatura
dei
baffi
,
ma
il
naso
di
ciascuno
di
noi
mi
riproduce
il
naso
dell
allampanato
.
Anche
il
Federici
è
dimagrito
.
Parla
poco
e
fa
dei
pisolini
ripetuti
con
pochi
intervalli
.
A
Chiesi
si
sono
formate
le
scodellette
sotto
gli
occhi
.
Il
naso
di
Ghiglione
pare
il
becco
adunco
dell
aquila
.
La
faccia
di
Suzzani
è
accesa
e
si
è
spiritualizzata
.
Egli
mi
ha
detto
che
si
sente
di
tanto
in
tanto
dei
dolori
dietro
l
orecchio
destro
.
Noto
tutto
senza
spiegare
nulla
.
Lazzari
ha
avuto
degli
stringimenti
pilorici
.
Dorme
poco
,
e
durante
il
sonno
parla
con
delle
interiezioni
di
dolore
.
«
A
me
non
passa
più
nulla
.
Federici
mi
ha
dato
un
cucchiaio
della
sua
magnesia
effervescente
.
Per
una
concessione
speciale
egli
può
tenersene
un
vaso
e
farselo
riempire
quando
è
vuoto
.
Se
ne
prende
una
cucchiaiata
ogni
mattina
in
due
dita
d
acqua
.
Mi
ha
fatto
bene
.
Ho
potuto
trangugiare
la
gamella
di
pasta
senza
gli
impeti
di
repulsione
.
Sento
che
mi
ritornano
le
forze
.
Leggo
e
più
rapidamente
.
Ieri
ero
proprio
in
uno
stato
compassionevole
.
Ho
dovuto
domandare
il
permesso
di
adagiarmi
sulla
branda
.
Mi
sentivo
vicino
al
deliquio
.
Sdraiato
,
ebbi
degli
assopimenti
leggeri
.
Mi
pareva
di
essere
in
decomposizione
.
Rimasi
più
di
tre
ore
col
dorso
completamente
abbandonato
allo
stramazzo
.
Non
sentivo
più
che
il
languore
delle
braccia
ed
un
certo
calore
insolito
alle
tempia
.
«
Il
grido
che
si
muore
di
fame
è
nell
aria
.
-
Tutte
le
camerate
ci
fanno
chiedere
dei
bocconi
di
pane
.
Noi
,
che
soffriamo
un
po
tutti
di
inedia
,
mandiamo
gli
avanzi
delle
nostre
pagnotte
ai
35
minorenni
della
camerata
quasi
in
faccia
alla
nostra
.
Tra
loro
sono
pochissimi
quelli
che
possono
spendere
per
il
sopravitto
.
Devono
essere
tutti
poveri
o
figli
di
poveri
.
Don
Davide
,
che
ha
tra
loro
il
suo
chierico
,
va
a
dir
messa
spesso
collo
schianto
del
cuore
.
Gli
rincresce
di
non
avere
sempre
un
boccone
di
pane
da
dargli
.
Quel
ragazzo
patisce
la
fame
sotto
la
sorveglianza
governativa
!
Se
fossi
direttore
dello
stabilimento
butterei
via
lo
stipendio
.
Non
saprei
mangiare
coi
piedi
sotto
la
tavola
senza
pensare
al
battaglione
di
affamati
sotto
la
mia
custodia
.
Il
grido
dei
minorenni
mi
sospenderebbe
il
boccone
in
gola
.
«
Stanotte
sono
stato
svegliato
da
un
grido
acuto
di
qualcuno
che
stava
male
nella
camerata
al
dorso
della
nostra
.
Non
ci
ha
lasciato
più
dormire
.
Aveva
il
rantolo
bronchiale
ed
emetteva
gemiti
che
si
ripetevano
anche
dopo
che
la
guardia
gli
vociava
dalla
spia
:
«
-
Fate
silenzio
,
che
domani
andrete
dal
medico
!
«
Un
compagno
deve
averlo
soccorso
con
una
goccia
d
acqua
.
Ho
sentito
i
suoi
piedi
nudi
che
correvano
da
una
parte
all
altra
.
«
Come
deve
essere
triste
morire
in
questo
luogo
!
«
La
luce
misurata
dai
cassoni
alle
finestre
finisce
per
indebolirci
la
vista
.
A
me
si
è
dilatata
la
pupilla
e
Lazzari
si
lamenta
di
non
avere
un
paio
d
occhiali
.
L
indebolimento
gli
ha
come
paralizzato
i
nervi
ottici
.
«
Alla
domenica
c
è
sempre
speranza
di
rifarsi
lo
stomaco
con
una
gamella
di
brodo
e
250
grammi
di
carne
.
È
sovente
una
grande
disillusione
.
Più
di
una
volta
si
è
obbligati
a
sbattere
via
tutto
.
Il
brodo
è
grasso
con
gli
occhi
dell
olio
alla
superficie
che
fanno
venir
voglia
di
vomitare
,
o
è
magro
come
l
acqua
bollente
.
Manca
sempre
il
sale
.
Quello
di
stamane
vale
un
fico
secco
.
La
carne
è
peggiore
.
La
carne
di
questa
domenica
è
squamosa
,
sciapita
,
dura
come
il
corame
.
L
ho
voltata
e
rivoltata
sotto
i
denti
senza
riuscire
a
masticarla
.
Pazienza
,
aspetterò
quella
di
domenica
ventura
.
Siamo
sotto
l
azione
del
regime
forcaiolo
da
qualche
mese
e
non
abbiamo
veduto
neppur
l
ombra
della
commissione
.
Questi
signori
che
assumono
una
carica
così
importante
e
poi
la
trascurano
,
meriterebbero
un
po
di
reclusione
.
la
loro
assenza
dovrebbe
essere
considerata
un
delitto
.
Ah
,
se
fossi
io
il
loro
giudice
!
Farei
mozzar
loro
le
orecchie
come
ai
tempi
della
buona
Elisabetta
.
«
Il
pane
di
stamane
è
esecrabile
.
Sente
dell
acido
del
lievito
che
ha
tentato
di
farlo
levare
prestamente
.
Mi
par
di
sentire
il
gesso
sotto
i
denti
.
la
mollica
umida
ha
qua
e
là
dei
punti
biancastri
che
rivelano
la
qualità
infame
della
farina
.
Ghiglione
ci
consola
dicendoci
che
prima
,
quando
lo
facevano
i
galeotti
nello
stabilimento
,
era
più
buono
.
Adesso
,
coll
appalto
,
è
malcotto
,
pesante
,
indigeribile
.
l
indigestione
di
un
pane
come
questo
produce
a
tutti
noi
effetti
straordinari
.
Sembra
che
ci
fermenti
nel
ventre
.
Un
ora
dopo
ci
sentiamo
tutti
gravidi
.
Lo
si
fa
con
una
farina
di
quarta
o
quinta
qualità
e
con
poco
o
nessun
glutine
.
Preferisco
ancora
la
pagnotta
che
i
signori
danno
ai
cavalli
.
«
Anche
i
galeotti
che
lo
mangiano
da
tanti
anni
se
ne
lamentano
e
farebbero
un
«
fuori
!
fuori
!
»
se
non
avessero
paura
di
un
rincrudimento
di
rigore
.
Sarei
contento
che
una
volta
o
l
altra
mi
si
processasse
per
diffamazione
.
Io
non
domanderei
che
la
testimonianza
dei
sei
compagni
della
quinta
camerata
e
il
permesso
di
citare
una
cinquantina
di
galeotti
e
un
centinaio
di
reclusi
.
Proverei
come
due
e
due
fa
quattro
che
la
qualità
del
pane
è
infimissima
e
che
alla
reclusione
si
imbecillisce
dalla
fame
.
Sarebbe
uno
dei
processi
più
emozionanti
di
questo
secolo
.
«
Ho
trovato
modo
di
eliminare
la
pasta
dal
mio
cibo
quotidiano
.
Non
sapevo
mandarne
giù
che
qualche
cucchiaiata
e
con
ripugnanza
.
Un
galeotto
mi
ha
raccontato
ch
egli
vive
da
anni
con
l
insalata
di
patate
e
cipolle
.
Mi
sono
messo
sulle
sue
pedate
una
settimana
e
non
mi
trovo
malcontento
.
Qualche
volta
mi
sento
sazio
.
Le
patate
potrebbero
però
essere
più
buone
.
Ne
butto
via
una
su
tre
.
Si
vede
che
sono
il
rifiuto
delle
corbe
.
Quasi
tutti
ci
siamo
dati
all
insalata
di
patate
e
cipolle
.
L
olio
è
troppo
cattivo
e
peserebbe
troppo
sui
miei
trentacinque
centesimi
.
La
condisco
col
sale
e
coll
aceto
.
Più
di
una
volta
vi
aggiungiamo
i
fagiuoli
che
troviamo
nella
minestra
di
pasta
.
Sono
fagiuoli
bianchi
.
Compero
pure
qualche
spicchio
d
aglio
.
Ho
dovuto
eliminare
definitivamente
anche
il
pane
.
Non
potevo
più
ingoiarlo
.
Abbiamo
protestato
sovente
e
qualcuno
di
noi
se
ne
lamentò
col
direttore
e
col
sottocapo
.
Ma
all
indomani
ritorna
peggio
di
prima
.
C
è
stato
un
giorno
che
non
lo
si
volle
in
nessuna
camerata
.
Molti
rifiutanti
vennero
castigati
con
della
cella
di
rigore
.
In
prigione
non
si
sa
come
fare
.
Se
si
protesta
si
è
puniti
e
se
non
si
richiama
con
questa
misura
l
attenzione
dell
autorità
carceraria
,
si
mangia
come
bestie
.
«
Tutto
il
mio
essere
sta
in
piedi
con
trentacinque
centesimi
al
giorno
.
Ecco
come
li
ho
spesi
stamane
.
Ho
comperato
cinque
centesimi
di
sapone
,
dieci
di
pane
bianco
,
cinque
di
patate
,
tre
di
cipolle
,
due
d
aglio
,
tre
di
sale
,
cinque
di
fichi
secchi
e
due
di
carta
per
la
pulizia
.
La
carta
per
i
bisogni
corporali
e
il
sapone
non
dovrebbero
essere
a
spese
del
condannato
.
Come
?
volete
educarmi
,
e
mi
impedite
di
tenermi
pulito
e
di
lavarmi
come
si
lavano
tutti
i
cristiani
!
I
fichi
secchi
ho
dovuto
gettarli
nelle
immondizie
che
raccogliamo
nell
angolo
.
Li
aprivo
,
e
uscivano
i
bachi
.
Don
Davide
,
mi
fece
dimenticare
i
fichi
con
un
motto
latino
.
Sursum
corda
.
Sit
gressus
ad
superiora
;
melius
est
ascendere
.
In
alto
i
cuori
.
Volgiamo
i
passi
alle
regioni
superiori
;
è
miglior
cosa
salire
.
«
Siamo
fortunati
che
non
c
è
specchio
.
Ci
spaventeremmo
.
Sento
che
la
pelle
della
faccia
mi
stiracchia
da
tutte
le
parti
.
«
Ho
dovuto
comperarmi
due
centesimi
di
refe
per
trasportarmi
il
bottone
dei
calzoni
.
Senza
bretelle
,
li
perdo
.
Sono
diventato
magro
,
magro
.
Ho
i
miei
dubbi
che
si
esca
tutti
.
Ho
sempre
avuto
schifo
dei
sorci
.
Ma
se
ce
ne
fosse
uno
abbrustolito
lo
mangerei
con
l
appetito
dei
parigini
durante
l
assedio
della
loro
capitale
.
È
strano
che
non
ci
siano
topi
in
questo
vecchio
edificio
.
Noi
non
ne
abbiamo
mai
veduto
uno
.
Ci
sono
parecchi
gatti
.
Ma
rimangono
tutti
nel
cortile
e
sono
sotto
la
protezione
di
una
guardia
alta
,
addetta
alle
celle
di
rigore
.
Un
gatticidio
potrebbe
costarmi
parecchi
mesi
di
cella
di
rigore
e
di
camicia
di
forza
.
«
La
ciarla
si
è
ammorzata
.
Non
parliamo
più
tanto
.
Una
lettera
suscitava
,
settimane
sono
,
una
discussione
che
durava
delle
ore
.
Adesso
la
si
legge
e
la
si
lega
con
le
altre
.
Sembriamo
tanti
nevrastenici
.
La
nostra
conversazione
è
diventata
monosillabica
.
Ci
guardiamo
difficilmente
in
faccia
.
«
Ho
comunicato
a
Federici
i
miei
timori
.
Ho
paura
di
uscire
idiota
.
Ci
sono
dei
momenti
in
cui
sono
obbligato
a
mettermi
la
mano
sulla
testa
per
paura
che
mi
scappi
il
pensiero
..
Egli
mi
disse
che
è
dovuto
alla
mia
cocciutaggine
di
non
voler
mangiare
abbastanza
.
In
carcere
bisogna
essere
alliatrofago
.
Inghiottire
ogni
cosa
,
anche
se
ributtante
.
Con
trentacinque
centesimi
non
si
può
vivere
.
E
con
trentacinque
centesimi
mi
compero
il
limone
,
il
sapone
,
il
refe
,
gli
aghi
e
i
bottoni
che
perdo
.
I
bottoni
sembrano
stati
attaccati
con
gli
sputi
.
Son
sempre
in
terra
.
Questa
mane
al
passeggio
mi
sono
lustrato
le
scarpe
.
Il
sottocapo
mi
disse
che
erano
indecenti
.
Erano
ormai
divenute
rosse
.
«
Ha
ragione
Federici
.
E
poi
tutti
i
giorni
insalata
!
Son
tre
giorni
che
mi
brucia
lo
stomaco
e
non
la
mangio
più
con
lo
stesso
piacere
.
Mi
dànno
100
grammi
di
bue
in
umido
per
quattordici
centesimi
.
Ma
è
necessario
uno
stomaco
foderato
di
rame
per
trangugiarlo
.
A
me
ha
provocato
la
nausea
.
«
Ho
notato
che
Federici
verso
gli
ultimi
del
mese
diventa
più
cupo
.
Pare
che
incominci
a
pensare
al
suo
colloquio
.
Non
sono
che
lui
e
don
Davide
che
hanno
la
consolazione
di
vedere
qualcuno
che
non
sia
di
questa
casa
maledetta
.
Dopo
il
colloquio
con
la
sua
signora
,
Federici
risale
gaio
,
amico
di
tutti
,
coi
saluti
per
tutti
.
«
Come
mi
farebbe
bene
una
goccia
di
cognac
!
Mi
tirerebbe
su
lo
stomaco
e
mi
ridarebbe
le
forze
perdute
.
Il
mio
corpo
deve
avere
una
calorificazione
incompleta
.
Stanotte
mi
sentivo
freddo
.
O
piuttosto
mi
pareva
di
avere
in
me
un
umidore
freddo
che
mi
andava
dalla
radice
dei
capelli
alle
unghie
dei
piedi
.
«
Provavo
la
sensazione
di
un
organismo
che
sta
raffreddandosi
.
Sommerso
nell
ombra
e
nel
silenzio
m
intenerivo
.
Mi
sentivo
le
lagrime
in
gola
e
non
piangevo
.
Che
cosa
pagherei
a
essere
un
fisiologo
consumato
!
Potrei
uscire
con
un
diario
completo
sulle
sensazioni
della
fame
.
A
me
pare
che
ne
risentano
tutti
gli
organi
.
Sono
spossato
dappertutto
.
Il
cervello
pare
vuoto
,
la
testa
è
indolenzita
e
pesa
due
volte
,
le
braccia
sentono
il
bisogno
di
rimanere
adagiate
,
i
polpacci
delle
gambe
paiono
carichi
di
piombo
e
i
piedi
mi
dànno
l
idea
che
stiano
per
slogarsi
.
E
tuttavia
,
dopo
i
primi
giorni
,
non
ho
mai
provato
le
insurrezioni
di
una
fame
canina
.
Mastico
senza
piacere
come
un
automa
.
«
I
miei
movimenti
sono
diventati
lenti
e
faccio
fatica
a
tener
aperti
gli
occhi
.
Sono
determinato
a
rifarmi
con
la
pagnotta
,
ma
la
mia
determinazione
non
val
nulla
dinanzi
all
atonia
dell
apparecchio
digestivo
.
La
forza
digestiva
è
come
interrotta
.
Ieri
sera
stavo
facendo
il
letto
e
ho
dovuto
sedere
sul
materasso
due
volte
.
Mi
sembravo
vicino
al
deliquio
.
Federici
è
stato
buono
anche
questa
volta
.
Mi
ha
dato
un
cucchiaio
di
magnesia
effervescente
.
L
ho
bevuta
col
piacere
che
dà
lo
champagne
.
Ho
respirato
più
liberamente
.
«
Ghiglione
è
andato
dal
medico
.
Non
ci
ha
detto
nulla
.
È
egli
ammalato
?
Non
è
ammalato
?
«
Vi
sono
andato
anch
io
,
ma
solo
per
domandargli
il
permesso
di
un
bagno
.
Io
mi
immergo
sempre
con
piacere
nell
acqua
.
Non
capisco
come
le
persone
possano
tirare
innanzi
degli
anni
senza
mai
buttarsi
addosso
un
secchio
d
acqua
.
Pulitevi
,
se
volete
star
sani
!
«
Nessuno
dorme
profondamente
,
l
insonnia
è
generale
.
Qualcuno
parla
o
straparla
.
Stanotte
ho
dovuto
confessare
alla
guardia
scelta
di
ronda
che
stavo
proprio
male
.
È
andato
in
infermeria
e
mi
ha
portato
una
polverina
di
bismuto
e
magnesia
.
È
un
infermeria
che
non
ha
nulla
.
Tutti
gli
ammalati
sono
curati
con
delle
polverine
di
calomelano
,
di
bismuto
e
magnesia
e
di
bicarbonato
di
soda
.
C
è
qualche
pennellata
di
tintura
di
iodio
per
i
reumatismi
e
i
dolori
acutissimi
e
basta
.
Il
cavadenti
è
un
condannato
.
È
un
vero
miracolo
che
egli
non
abbia
mai
smascellato
qualcuno
.
Il
suo
sistema
è
questo
:
mette
la
testa
del
paziente
sulle
ginocchia
,
gli
guarda
in
bocca
,
si
fa
puntare
col
dito
il
dente
cariato
,
l
agguanta
con
la
tenaglia
e
tira
.
Spesso
,
nello
sforzo
,
si
levano
in
piedi
operatore
e
paziente
e
l
uno
segue
l
altro
fino
alla
parete
.
A
una
di
queste
operazioni
era
presente
don
Davide
.
«
Siamo
salvi
o
per
lo
meno
siamo
salvi
per
un
po
di
giorni
.
La
signora
di
Federici
è
riuscita
a
far
passare
del
cioccolatte
.
Deve
avere
sgelato
il
cuore
della
direzione
.
Federici
ha
incominciato
subito
col
distribuirne
due
pezzi
a
ciascuno
di
noi
.
Mi
sentii
immediatamente
ristorato
.
E
non
ne
ho
mangiato
che
uno
.
Il
secondo
sono
stato
capace
di
tenerlo
in
tasca
fino
alle
sei
di
sera
.
Poi
ho
cominciato
a
scartocciarlo
con
l
intenzione
di
non
rosicchiarne
che
un
angolo
e
non
ho
smesso
che
a
tavoletta
finita
.
Ingordo
!
«
Ho
passato
una
buona
notte
e
alla
mattina
mi
sono
messo
a
leggere
di
gusto
.
Credendo
che
fosse
permesso
a
tutti
di
mangiare
del
cioccolatte
,
ho
scritto
subito
a
casa
di
mandarmene
due
chilogrammi
.
Son
stato
chiamato
dal
capo
,
il
quale
era
incaricato
dal
direttore
di
farmi
sapere
che
il
cioccolatte
non
è
nel
regolamento
.
Al
Federici
venne
dato
perché
era
giunto
come
pacco
postale
e
a
sua
insaputa
.
Se
giungesse
anche
a
me
,
a
mia
insaputa
,
si
potrebbe
fare
lo
stesso
.
«
Ci
sono
state
annunciate
delle
cassette
di
biscotti
.
Sarebbero
stati
provvidenziali
.
Li
abbiamo
aspettati
per
due
giorni
.
La
direzione
ci
ha
fatto
comunicare
che
potevamo
rimandarli
a
chi
ce
li
aveva
spediti
o
regalarli
all
ospedale
di
Finalborgo
.
Non
potendo
mangiarli
noi
,
abbiamo
votato
per
gli
ammalati
.
«
Federici
ci
tiene
in
piedi
col
suo
cioccolatte
.
Non
appena
ci
si
porta
la
pagnotta
,
egli
va
da
tutti
con
una
tavoletta
e
li
costringe
ad
accettarla
.
Una
tavoletta
di
cioccolatte
in
galera
,
nella
nostra
condizione
,
val
un
tesoro
.
Pochi
se
ne
disfarebbero
con
tanta
sollecitudine
.
Bisogna
avere
del
cuore
per
compiere
sacrifici
come
questi
.
«
Novità
.
Ci
deve
essere
qualcuno
che
lavora
per
noi
.
Il
periodo
della
fame
che
produce
le
allucinazioni
è
finito
.
È
venuto
un
ordine
che
ci
permette
di
spendere
settantacinque
centesimi
al
giorno
.
Abbiamo
subito
domandato
il
permesso
di
farci
fare
,
a
nostre
spese
,
una
minestra
collettiva
da
venticinque
centesimi
ciascuno
.
Ci
è
stata
concessa
.
«
Incominciamo
a
smutriarci
.
Facciamo
delle
spanciate
di
baccalà
fritto
per
venti
centesimi
.
Beviamo
quasi
tutti
un
quarto
di
vino
per
nove
centesimi
.
È
brusco
,
accidente
se
è
brusco
!
Io
e
Lazzari
siamo
ritornati
al
pane
bianco
.
Anche
Chiesi
e
Suzzani
si
son
dati
al
pane
bianco
.
Don
Davide
e
Federici
resistono
e
continuano
col
pane
della
casa
.
Il
piatto
più
buono
sono
le
uova
al
burro
arrostite
,
per
ventidue
centesimi
.
Vi
manca
però
il
burro
e
se
c
è
lo
vedono
appena
.
Non
poche
volte
sono
putrefatte
,
ma
a
lamentarsi
ce
le
cambiano
.
Ci
si
dà
una
tazza
di
caffè
per
dieci
centesimi
.
È
una
tazza
di
un
boccalino
,
ma
imbevibile
.
Io
e
don
Davide
abbiamo
tenuto
duro
per
qualche
settimana
,
ma
abbiamo
dovuto
rinunciare
anche
a
questo
lusso
.
Nella
tariffa
dei
generi
in
vendita
nella
dispensa
,
è
stata
introdotta
la
polenta
.
Con
otto
centesimi
ce
ne
danno
trecento
grammi
.
È
buona
.
Con
ventisei
centesimi
di
salsiccia
in
umido
e
una
sleppa
di
polenta
,
inaffiata
dal
quinto
di
vino
,
non
si
crepa
.
Mi
duole
che
la
concessione
della
spesa
sia
stata
accordata
alla
sola
nostra
camerata
.
E
le
altre
,
non
sono
piene
di
reclusi
stati
condannati
dagli
stessi
tribunali
militari
per
un
identico
delitto
?
«
Sette
dicembre
.
Non
si
muore
più
di
fame
.
Il
Governo
ci
ha
inviato
il
commendatore
Berardi
a
comunicarci
personalmente
che
da
oggi
possiamo
mangiare
e
spendere
quello
che
vogliamo
noi
.
Egli
è
già
stato
a
comunicare
la
stessa
notizia
al
Romussi
e
al
De
Andreis
nel
reclusorio
di
Alessandria
e
a
Turati
in
quello
di
Pallanza
.
«
Ecco
che
cosa
mi
ha
detto
:
-
Io
sono
un
ispettore
inviato
dal
Ministero
.
So
che
lei
adesso
non
può
spendere
che
settantacinque
centesimi
e
che
questo
aumento
non
le
è
stato
concesso
che
pochi
giorni
sono
.
Da
oggi
io
posso
comunicarle
ch
ella
può
spendere
per
il
suo
vitto
cinque
o
anche
dieci
lire
al
giorno
,
se
lo
desidera
.
Non
c
è
limite
.
Se
non
le
piace
la
cucina
del
reclusorio
può
servirsi
dell
osteria
o
dell
albergo
di
fuori
.
Desidera
qualcosa
altro
?
«
Uno
dopo
l
altro
gli
domandammo
due
arie
,
cioè
due
ore
di
passeggio
.
Perché
un
ora
sola
,
lesinata
anche
quella
,
non
ci
dava
esercizio
sufficiente
per
conservarci
sani
:
-
Concesso
,
rispose
a
ciascuno
di
noi
.
Desidera
qualche
cos
altro
?
-
Se
si
potesse
fumare
qualche
sigaretta
.
-
Lo
domanderò
al
direttore
.
Se
fossero
completamente
separati
dagli
altri
,
non
esiterei
a
dire
di
sì
senza
interrogarlo
.
Lei
sa
che
cosa
voglia
dire
il
vizio
di
fumare
.
Gli
altri
che
sentissero
il
fumo
impazzirebbero
e
farebbero
un
chiasso
,
indemoniato
e
non
avrebbero
torto
.
D
altro
?
-
Lei
sa
che
noi
siamo
tutti
bevitori
di
caffè
.
Se
ci
permettesse
di
comperarci
la
macchinetta
,
il
caffè
,
lo
zuccaro
,
lo
spirito
e
di
farcelo
quando
vogliamo
noi
,
in
camerata
?
-
Concesso
.
D
altro
?
-
Scusi
,
se
abuso
.
-
Faccia
,
perché
io
sono
venuto
qui
per
contentarli
.
-
Grazie
.
Senta
,
ci
sono
libri
che
il
signor
direttore
non
ci
consegna
perché
si
ostina
a
considerarli
immorali
o
pornografici
.
Lei
sa
che
noi
siamo
abituati
a
leggere
tutto
.
-
Concesso
.
D
altro
?
«
Mi
curvai
.
Egli
mi
strinse
la
mano
.
Così
va
fatto
»
.
.
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
«
Sono
uscito
con
l
indulto
.
L
indulto
è
una
remissione
di
pena
,
è
un
perdono
.
Chi
ve
lo
ha
domandato
?
E
se
non
ve
l
ho
domandato
perché
non
mi
date
il
permesso
di
rifiutarlo
?
Non
so
che
farmene
del
vostro
perdono
.
«
Sono
uscito
arciconvinto
che
nei
reclusori
italiani
si
istupidisce
la
gente
con
la
fame
.
«
Un
anno
di
reclusione
,
con
seicento
grammi
di
pane
in
due
razioni
e
due
mezze
gamelle
di
pasta
in
brodo
al
giorno
,
basta
per
ritornare
alla
società
secchi
come
chiodi
e
col
cervello
completamente
rammollito
»
.
PS
.
-
Permettetemi
di
aggiungere
due
parole
alle
note
di
Finalborgo
.
Sono
stato
perdonato
,
non
è
vero
?
Ma
,
o
signori
,
o
cosa
direste
se
io
,
legge
,
vi
mettessi
sotto
chiave
per
dei
mesi
e
poi
vi
perdonassi
?
C
è
stato
un
processo
,
lo
so
.
Non
siamo
mica
stati
mandati
alla
reclusione
così
alla
cieca
.
Ci
si
è
detto
che
avevamo
commesso
un
delitto
.
Ma
anche
noi
,
o
signori
,
abbiamo
detto
e
ridiciamo
che
ci
si
è
mandati
in
galera
innocenti
.
E
se
siamo
stati
mandati
in
galera
innocenti
,
non
c
è
che
una
via
alla
riparazione
.
Rifare
il
processo
,
restituirci
quello
che
ci
si
è
tolto
e
risarcirci
dei
danni
.
Il
risarcimento
dei
danni
vogliamo
,
o
signori
,
che
ci
avete
mandati
in
galera
e
ci
avete
lasciati
fuori
come
mendichi
che
avessero
limosinato
l
indulto
.
Non
altro
.
PARTE
TERZA
ACHILLE
GHIGLIONI
Sono
sicuro
che
se
Achille
Ghiglioni
dovesse
autobiografarsi
,
si
presenterebbe
ai
lettori
come
un
uomo
senza
importanza
.
Al
Castello
,
nella
stanza
lungo
il
ballatoio
che
dà
sul
cortile
della
Rocchetta
egli
,
con
grande
modestia
,
si
meravigliava
di
trovarsi
impigliato
nel
processo
dei
giornalisti
.
Con
noi
,
nella
quinta
camerata
di
Finalborgo
,
è
stato
il
modello
degli
uomini
industriosi
.
Si
alzava
e
si
metteva
al
lavoro
.
In
un
giorno
egli
studiava
,
senza
mai
stancarsi
,
un
po
di
tedesco
,
un
po
di
olandese
,
un
po
di
spagnuolo
,
un
po
di
musica
,
un
po
di
manuale
del
capomastro
,
un
po
di
stenografia
,
un
po
di
disegno
,
un
po
di
computisteria
,
un
po
di
letteratura
moderna
,
un
po
di
Porta
e
un
po
di
altre
cose
che
non
ricordo
.
Egli
è
entrato
ed
è
uscito
un
tenace
cooperatore
.
IO
E
FEDERICI
RITORNIAMO
A
FINALBORGO
La
«
catena
»
era
composta
di
noi
due
.
Il
vagone
cellulare
era
nuovo
e
non
puzzava
di
biacca
.
Le
celle
erano
assai
più
comode
delle
altre
del
primo
viaggio
.
I
carabinieri
non
sembravano
cattivi
diavoli
.
I
ferri
erano
noiosi
,
ma
non
ci
pigiavano
i
polsi
come
le
altre
volte
.
Chiusi
nelle
due
celle
in
fondo
,
l
una
in
faccia
all
altra
,
vicini
alla
finestra
del
vagone
,
non
mancavamo
di
qualche
boccata
d
aria
.
Ricordandomi
dei
due
viaggi
,
mi
dicevo
contento
.
-
Almeno
qui
,
non
si
crepa
.
Mi
misi
in
bocca
una
sigaretta
con
un
po
di
fatica
e
con
un
po
di
fatica
riuscii
ad
accendermi
lo
zolfanello
.
Federici
attraversava
la
tempesta
.
Era
tetro
,
non
diceva
nulla
e
non
rispondeva
alle
mie
interrogazioni
,
che
volevano
distrarlo
,
se
non
con
dei
monosillabi
che
non
invitavano
alla
conversazione
.
Forse
si
sentiva
umiliato
a
rifare
la
strada
che
conduceva
a
un
reclusorio
dal
quale
era
uscito
con
tanto
piacere
,
dove
erano
persone
che
non
amava
rivedere
o
persone
con
le
quali
non
avrebbe
scambiato
una
parola
,
gli
fosse
costata
la
lingua
.
Verso
Sampierdarena
i
lineamenti
facciali
di
Federici
assunsero
una
parvenza
di
dolcezza
.
L
uomo
stava
per
convincersi
che
era
inutile
lottare
contro
l
invisibile
.
Eravamo
nelle
mani
di
sconosciuti
che
ci
sbalestravano
da
una
parte
e
dall
altra
e
bisognava
adattarsi
.
Anche
a
me
sarebbe
piaciuto
andare
in
un
altro
reclusorio
,
dove
avrei
potuto
raccogliere
del
materiale
nuovo
,
dove
avrei
potuto
fare
la
vera
vita
del
galeotto
con
dei
galeotti
autentici
,
dove
avrei
potuto
studiare
tipi
che
nella
quinta
camerata
non
avrei
mai
trovato
.
Ma
pazienza
,
ormai
mi
hanno
abituato
a
fare
la
volontà
degli
altri
.
A
Sampierdarena
il
nostro
vagone
venne
staccato
e
lasciato
fuori
dalla
tettoia
.
C
era
un
intervallo
di
due
ore
e
mezza
.
Era
un
altra
punizione
che
avremmo
scontata
se
i
carabinieri
non
avessero
avuto
fame
.
Avevano
appetito
,
volevano
mangiare
col
sedere
sulla
scranna
,
e
dare
anche
a
noi
il
modo
di
far
colazione
più
comodamente
che
ammanettati
nella
cella
.
Ci
domandarono
se
volevamo
cavarcela
con
qualche
cosa
di
asciutto
in
cella
o
se
preferivamo
di
andare
alla
sezione
dei
carabinieri
con
loro
.
Io
non
esitai
un
minuto
a
votare
per
l
uscita
.
L
idea
di
muovermi
e
di
respirare
l
aria
libera
mi
metteva
gli
aghi
nelle
gambe
.
L
indugio
di
un
attimo
mi
diventava
un
supplizio
.
Mi
faceva
salire
le
fiamme
alla
faccia
e
mi
dava
l
impressione
che
soffocavo
.
Federici
era
riluttante
.
Lui
e
Romussi
,
nel
viaggio
di
traduzione
,
avevano
imparato
che
per
le
strade
di
giorno
,
si
attira
l
attenzione
di
tutti
i
passanti
.
Vinse
l
aria
libera
.
Uscimmo
e
fummo
contenti
.
La
gente
sostava
sulle
botteghe
,
i
ragazzi
ci
correvano
dietro
,
i
passanti
si
fermavano
a
vederci
,
alcuni
commentavano
,
ma
noi
passavamo
senza
darcene
pensiero
.
Ormai
ci
avevamo
fatto
il
callo
.
-
Chi
ci
conosce
ci
conosce
e
chi
non
ci
conosce
felice
notte
.
Giunti
alla
sede
dei
carabinieri
ci
si
chiuse
in
uno
stambugio
buio
più
di
una
cantina
,
esalante
la
mefite
.
Incominciavamo
a
dolerci
di
non
essere
rimasti
in
gabbia
.
-
Piuttosto
che
mangiare
in
questo
luogo
,
preferisco
la
fame
.
-
Anch
io
.
Ma
vedrai
che
non
saranno
tanto
cani
.
Stavano
a
farci
preparare
la
tavola
.
Facemmo
colazione
nella
loro
cucina
,
la
quale
aveva
una
larga
apertura
verso
il
cortile
.
Mangiammo
due
ossi
buchi
indimenticabili
.
Erano
eccellenti
.
Bevemmo
del
vino
eccellentissimo
,
e
facemmo
scomparire
un
pezzo
di
formaggio
di
gorgonzola
bianco
e
un
alzata
di
uva
e
pesche
saporitissime
.
-
Vogliono
anche
il
caffè
?
-
Vada
per
il
caffè
!
-
La
Cassazione
ha
parlato
e
può
darsi
che
questa
sia
l
ultima
colazione
dell
uomo
libero
.
-
Non
pensiamoci
.
Ce
ne
sono
tanti
in
galera
e
non
sono
morti
.
I
carabinieri
dicevano
anche
loro
che
la
bestia
non
era
poi
così
brutta
come
la
si
dipinge
.
-
E
poi
loro
!
ci
si
diceva
.
Usciranno
più
presto
di
quello
che
credono
.
C
è
tanta
agitazione
per
il
paese
.
-
Sembra
che
non
ci
siamo
che
noi
in
prigione
!
Il
maresciallo
della
caserma
era
un
uomo
tarchiato
,
con
una
faccia
grossa
e
grassa
da
bonaccione
.
-
Li
condurrò
alla
stazione
in
carrozza
per
non
farli
passare
traverso
la
folla
.
-
Grazie
.
-
Pagheranno
la
vettura
!
-
S
intende
.
Alla
stazione
venimmo
circondati
da
una
moltitudine
che
aumentava
di
minuto
in
minuto
.
Entrammo
in
un
vagone
di
terza
classe
.
È
stata
una
vera
sorpresa
.
Non
eravamo
mai
stati
così
bene
.
Prima
che
suonasse
il
campanello
della
partenza
,
un
signore
ottenne
il
permesso
di
salire
sul
predellino
a
stringere
la
mano
a
Federici
.
-
Faccia
buon
viaggio
.
-
Grazie
.
Il
signore
era
commosso
.
Federici
con
le
mani
legate
non
aveva
potuto
stringergliela
come
avrebbe
voluto
.
-
Partenza
!
Il
maresciallo
ci
salutò
con
un
gesto
della
mano
.
Al
reclusorio
trovai
il
capo
guardia
in
collera
.
-
Lei
si
lascia
intervistare
!
-
Da
chi
?
-
Lei
si
lascia
intervistare
dai
giornalisti
per
dir
male
del
Reclusorio
.
Mi
vennero
in
mente
parecchi
giornalisti
che
erano
venuti
a
trovarmi
nel
camerotto
indecente
della
Corte
d
Appello
di
via
Clerici
.
Chi
sa
che
cosa
mi
avranno
fatto
dire
!
-
Lei
si
lamenta
!
-
Certamente
che
io
sto
meglio
fuori
.
-
Non
doveva
entrare
se
non
le
piaceva
!
-
Non
ci
sono
venuto
spontaneamente
.
-
E
va
bene
,
loro
hanno
sempre
ragione
!
-
Mi
faccia
leggere
questa
intervista
e
le
dirò
se
quello
che
ho
detto
è
esatto
.
-
Gliela
farà
leggere
il
direttore
!
I
LAVORATORI
DELLA
QUINTA
CAMERATA
Erano
dei
mesi
che
intisichivamo
dietro
la
speranza
che
un
giorno
o
l
altro
ci
avrebbero
restituiti
il
calamaio
e
la
penna
.
Senza
la
distrazione
di
vuotarci
la
testa
coll
inchiostro
,
non
sapevamo
che
infelicitarci
con
discussioni
pessimistiche
o
nere
fino
in
fondo
.
Non
vedevamo
che
delusione
e
dolore
.
Anche
quando
traluceva
qualche
lampo
,
si
finiva
per
intetrarci
o
immusonirci
assai
più
che
seduti
sotto
le
finestre
di
faccia
a
Capra
Zoppa
,
senza
una
parola
.
Non
ci
si
proibiva
di
leggere
.
Ma
si
legge
male
in
una
camerata
e
in
una
camerata
ove
gli
individui
sono
padroni
di
fare
quello
che
vogliono
.
Tu
leggi
,
e
gli
altri
chiacchierano
.
Tu
1eggi
,
e
due
amici
ti
passano
innanzi
e
indietro
sussurrandoti
il
coro
:
A
casa
,
a
casa
,
amici
,
Ove
v
aspettano
,
Le
vostre
spose
.
Tu
leggi
,
e
un
compagno
zufola
e
rizufola
per
il
lungo
e
per
il
largo
,
per
delle
ore
,
l
Inno
dei
lavoratori
e
subito
dopo
un
altro
,
te
ne
canticchia
la
prima
quartina
,
ricominciandola
con
sempre
crescente
piacere
:
Su
fratelli
,
su
compagni
,
Su
venite
in
fitta
schiera
,
Sulla
libera
bandiera
Splende
il
sol
dell
avvenir
.
Tu
leggi
,
e
due
altri
passeggiano
,
come
in
una
caserma
,
o
lungo
un
corridoio
,
o
nel
cortile
,
con
le
braccia
sulla
schiena
,
battendo
i
tacchi
,
scombussolandoti
il
pensiero
col
tremuoto
dei
piedi
.
Tu
leggi
,
ed
ecco
un
animale
che
si
sveglia
di
soprassalto
,
con
dei
versi
in
bocca
:
Me
non
nato
a
percuotere
Le
dure
illustri
porte
,
Nudo
accorrà
,
ma
libero
,
Il
regno
della
morte
.
Tu
leggi
,
e
nasce
una
conversazione
che
ti
prorompe
nel
cervello
come
una
gazzarra
di
voci
,
ma
che
finisce
per
piacerti
e
uncinarti
a
prendervi
parte
.
Tu
leggi
,
e
un
prigioniero
si
sbottona
e
ricorda
aneddoti
contemporanei
che
ti
fanno
chiudere
il
libro
,
tanto
sono
interessanti
.
Tu
leggi
,
e
un
agente
del
reclusorio
ti
chiama
dabbasso
,
in
direzione
,
per
una
cosa
che
ti
si
poteva
dire
con
un
monosillabo
,
o
anche
fra
cento
anni
.
Tu
leggi
,
ed
entrano
i
battitori
a
scomodarti
e
a
rintronarti
le
orecchie
.
Tu
leggi
,
e
suona
la
campana
della
distribuzione
della
minestra
e
del
pane
.
Tu
leggi
...
Credetelo
,
in
una
camerata
perdete
l
illusione
di
potervi
sommergere
in
un
libro
per
ritornare
alla
vita
rifocillato
di
qualche
cosa
.
Col
permesso
di
scrivere
,
il
nostro
tempo
penale
si
accumulava
e
si
accorciava
rapidamente
.
Qualche
volta
si
avrebbe
voluto
che
la
giornata
di
diciassette
ore
fosse
più
lunga
,
per
avere
modo
di
prolungare
la
gioia
del
lavoro
.
C
era
tra
noi
la
gara
degli
operai
a
cottimo
.
Ci
si
alzava
e
ciascuno
andava
al
proprio
posto
.
Chiesi
e
Federici
avevano
un
tavolo
nello
spazio
in
fondo
,
a
fianco
della
finestra
.
Il
primo
scriveva
dalla
mattina
alla
sera
,
senza
mai
smettere
che
all
ora
dei
pasti
o
quando
aveva
bisogno
di
stiracchiarsi
le
braccia
,
appendendosi
al
bastone
più
alto
dell
inferriata
.
Senza
i
libri
necessari
per
un
opera
descrittiva
,
o
storica
,
o
politica
,
egli
si
era
votato
interamente
al
romanzo
-
un
lavoro
,
da
quello
che
vedevo
,
che
non
gli
costava
che
la
fatica
manuale
.
Non
è
mai
a
secco
né
di
idee
né
di
scene
.
Dotato
di
un
apparecchio
digestivo
che
non
gli
annoia
il
cervello
,
e
arciricco
di
vocaboli
,
egli
poteva
prendere
la
penna
ad
ogni
minuto
,
digiuno
o
col
boccone
in
bocca
,
quando
pioveva
a
diluvio
e
quando
il
sole
si
riversava
nella
nostra
camerata
come
un
allegria
.
Alla
mattina
riprendeva
il
filo
del
racconto
senza
neppure
degnarsi
di
leggere
l
ultima
frase
e
,
dopo
la
colazione
,
il
passeggio
e
il
pranzo
,
ricominciava
come
se
non
vi
fosse
stata
interruzione
.
Il
Sue
si
popolava
il
tavolo
,
sul
quale
scriveva
,
di
pupazzi
per
tenere
a
mente
i
personaggi
che
gli
nascevano
a
mano
a
mano
che
entrava
nella
intimità
del
romanzo
.
Gustavo
Chiesi
ha
potuto
completare
Il
Corpo
di
Ballo
-
un
romanzo
d
ambiente
che
racchiude
tutta
la
popolazione
del
palcoscenico
della
Scala
-
senza
sciupare
più
di
alcuni
nomi
scritti
sul
cartone
dei
fogli
che
produceva
.
Il
suo
modo
di
composizione
è
dei
più
semplici
.
Incomincia
la
prima
riga
e
tira
via
senza
mai
voltarsi
indietro
,
cioè
senza
mai
dare
un
occhiata
alle
cartelle
che
la
sua
penna
ha
ammonticchiato
.
Non
cancella
che
di
rado
,
una
volta
o
due
alla
settimana
.
Non
potendo
leggere
il
suo
manoscritto
per
la
sua
calligrafia
illeggibile
,
non
lavora
di
lima
che
sulle
bozze
.
Ma
è
difficile
ch
egli
si
permetta
di
alterare
una
frase
.
Sul
suo
stampone
non
vedete
ai
margini
che
poche
correzioni
o
dei
segni
che
paiono
lasciati
giù
da
una
mosca
che
lo
abbia
percorso
con
le
zampe
umide
d
inchiostro
.
Perché
la
frase
gli
esce
limpida
,
corretta
e
brunita
,
come
da
una
officina
.
In
pochi
mesi
ha
scritto
tre
romanzi
,
letto
parecchi
volumi
e
mantenuta
una
corrispondenza
abbastanza
voluminosa
.
Il
secondo
,
cioè
Federici
,
si
alzava
sempre
prima
di
ogni
altro
,
un
po
perché
amava
il
pediluvio
quotidiano
,
e
un
po
perché
gli
piaceva
diguazzare
nel
catino
più
lungamente
degli
altri
.
Iniziava
i
suoi
lavori
con
una
spanciata
di
verbi
inglesi
,
che
egli
si
trangugiava
tranquillamente
,
tra
un
passo
e
l
altro
,
fatti
colla
leggerezza
e
la
mollezza
della
gallina
che
non
disturba
.
Lo
si
vedeva
andare
in
su
e
in
giù
,
rasente
le
brande
,
colla
grammatica
sotto
gli
occhiali
scintillanti
,
o
chiusa
con
l
indice
tra
le
pagine
,
con
la
sinistra
sul
collo
della
destra
o
cogli
occhi
che
vagolavano
per
il
soffitto
come
quelli
dell
inspirato
o
dell
uomo
che
manda
versi
o
prosa
a
memoria
.
Dopo
la
distribuzione
del
pane
,
la
quale
avveniva
verso
le
ore
otto
,
sedeva
e
si
metteva
di
schiena
al
lavoro
di
traduzione
,
divorando
un
esercizio
dopo
l
altro
,
senza
magari
dire
una
parola
.
E
noi
,
fino
a
quando
non
si
sapeva
di
che
umore
si
era
alzato
,
ci
guardavamo
bene
dal
buttargli
l
amo
della
ciarla
.
Perché
,
malgrado
la
gentilezza
e
la
squisitezza
d
animo
,
il
Federici
era
il
compagno
più
difficile
della
camerata
.
Non
si
sapeva
mai
da
che
parte
pigliarlo
.
Proprio
nel
momento
in
cui
lo
credevate
il
vostro
migliore
amico
,
poteva
scattare
per
un
nonnulla
o
vi
poteva
tappare
la
bocca
con
una
di
quelle
parole
solenni
che
arrivano
alla
testa
come
un
pietrone
,
o
vi
poteva
isolare
per
un
tempo
indeterminato
,
senza
mai
accorgersi
della
vostra
presenza
,
anche
se
vi
trovavate
gomito
a
gomito
o
a
faccia
a
faccia
,
allo
stesso
tavolo
.
Terminato
il
boicottaggio
,
risentivate
l
amico
che
vi
dava
il
buon
giorno
,
che
spartiva
i
suoi
cinque
centesimi
di
frutta
con
voi
,
che
vi
dava
,
se
ne
aveva
,
con
la
miglior
grazia
del
mondo
,
un
pezzo
del
suo
cioccolatte
eccellentissimo
,
o
che
si
metteva
con
voi
al
passeggio
,
ingolfandovi
in
una
conversazione
piacevole
e
spesso
istruttiva
.
Il
tempo
che
gli
lasciava
l
inglese
lo
consumava
nella
lettura
.
Leggeva
romanzi
,
filosofia
,
storia
e
tutto
ciò
che
di
buono
gli
capitava
tra
le
mani
.
In
musica
mi
parve
più
che
un
orecchiante
o
un
buongustaio
.
Canticchiava
sovente
le
arie
popolari
o
più
conosciute
delle
opere
moderne
-
sapeva
dei
pezzi
di
Wagner
come
e
assai
più
del
Chiesi
che
aveva
propalato
e
difeso
il
maestro
di
musica
dell
avvenire
con
uno
studio
,
e
correggeva
le
voci
stonate
degli
altri
che
volevano
imitarlo
.
Don
Davide
incominciava
dopo
la
messa
.
Prima
della
messa
passeggiava
impaziente
.
Se
la
guardia
,
che
doveva
accompagnarlo
nella
cappelletta
,
ch
egli
aveva
l
audacia
di
paragonare
a
un
oasi
nei
claustri
del
dolore
,
tardava
un
po
,
diventava
nervoso
.
Anche
noi
,
il
mattino
,
non
appena
in
piedi
,
sentivamo
un
bisogno
immenso
di
uscire
da
uno
stanzone
dal
quale
l
afa
se
ne
andava
assai
lentamente
.
Per
il
2557
un
minuto
diventava
un
secolo
.
Percorreva
la
camerata
a
passi
lunghi
,
con
le
mani
sul
dorso
,
sotto
la
giacca
,
con
la
faccia
torva
.
Lo
si
chiamava
e
si
fingeva
di
credere
ch
egli
andasse
a
compiere
i
suoi
uffici
divini
fuori
del
reclusorio
.
-
Don
Davide
,
fate
il
piacere
di
comperarmi
trenta
centesimi
di
sigarette
virginia
.
-
Don
Davide
,
se
vedete
il
pollivendolo
,
mandateci
a
casa
un
anitra
,
sgrassata
,
come
quella
della
settimana
scorsa
.
-
Don
Davide
,
non
dimenticate
di
passare
dall
oste
che
siamo
senza
vino
.
-
Don
Davide
,
se
trovate
del
pesce
fresco
,
mandatene
a
casa
una
padellata
.
Rientrava
ilare
e
pieno
di
scuse
.
Ci
diceva
che
il
pescivendolo
era
alla
spiaggia
,
che
il
tabaccaio
era
andato
alla
dispensa
e
che
il
pollivendolo
non
veniva
in
paese
che
tre
volte
la
settimana
.
Si
metteva
al
lavoro
senza
indugio
.
Il
suo
tavolino
era
tra
il
finestrone
e
la
sua
branda
.
Si
perdeva
sui
suoi
fogli
di
protocollo
fino
a
colazione
.
Durante
il
lavoro
taceva
volentieri
,
ma
non
andava
in
collera
se
lo
si
interrompeva
e
se
si
faceva
di
tutto
per
fargli
perdere
del
tempo
.
Chiesi
:
Don
Davide
,
come
state
?
Don
Davide
:
Bene
,
grazie
.
Chiesi
:
Che
cosa
supponete
che
stiano
dicendo
,
in
questo
momento
,
De
Andreis
e
Romussi
?
Don
Davide
:
È
difficile
indovinarlo
.
Chiesi
:
Ve
lo
dirò
io
che
cosa
stanno
pensando
.
Stanno
pensando
a
una
chicchera
di
caffè
buono
,
magari
con
una
goccia
di
grappa
buonissima
.
Don
Davide
:
Piacerebbe
anche
a
me
,
adesso
una
tazza
di
caffè
caldo
con
uno
spruzzo
di
grappa
di
quella
che
ho
a
casa
mia
,
a
Filighera
!
Riprendevano
il
lavoro
e
poi
ricominciavano
il
dialogo
.
Don
Davide
:
Che
opinione
hai
tu
questa
mattina
sull
amnistia
?
Chiesi
:
Conosco
Pelloux
.
È
un
soldato
,
ma
un
soldato
che
ha
sempre
fatto
parte
della
sinistra
.
È
impossibile
ch
egli
si
mangi
il
passato
in
un
boccone
.
Lascerà
passare
la
tempesta
per
contentare
un
po
i
fanatici
e
poi
,
alla
prima
occasione
,
metterà
nel
discorso
reale
,
per
guadagnare
della
popolarità
al
re
,
l
amnistia
.
Interveniva
qualcuno
di
noi
a
dire
che
un
soldato
non
poteva
dar
torto
ai
soldati
.
-
L
amnistia
che
cosa
vorrebbe
dire
?
Che
le
sentenze
militari
sono
state
ingiuste
.
E
questo
un
generale
non
lo
può
dire
.
Chiesi
:
Tu
non
conosci
Pelloux
.
Nella
sua
vita
parlamentare
ha
dimostrato
più
di
una
volta
di
non
essere
quello
che
gli
inglesi
chiamano
un
martinet
della
caserma
.
L
esercito
non
può
fargli
dimenticare
che
c
è
della
gente
che
soffre
ingiustamente
.
Don
Davide
:
Vedremo
.
Chiesi
:
Non
si
tratta
di
voi
,
don
Davide
.
Voi
siete
qui
per
«
fini
speciali
»
.
Don
Davide
intingeva
la
penna
con
un
risolino
,
la
piegava
dolcemente
sul
pezzetto
di
carta
che
si
teneva
a
destra
,
e
si
rimetteva
a
scrivere
.
Nessuno
ha
mai
potuto
leggere
una
riga
dei
suoi
manoscritti
.
Ma
dai
discorsi
si
sapeva
ch
egli
riempiva
le
pagine
di
impressioni
,
di
reminiscenze
,
di
note
autobiografiche
,
di
vita
giornalistica
,
di
articoli
di
polemica
e
di
sfoghi
poetici
.
La
sua
calligrafia
non
fa
mettere
gli
occhiali
.
È
nitida
e
arieggia
l
inglesino
.
Non
è
quella
dello
scrittore
che
va
via
all
impazzata
e
lascia
agli
altri
la
briga
di
capirla
.
Se
il
pane
terroso
non
gli
aveva
fatto
peso
o
non
gli
aveva
gonfiato
il
ventre
,
il
pensiero
gli
si
sgomitolava
senza
interruzioni
.
Giornalista
col
fondaccio
letterario
,
gli
piace
,
quando
non
è
infuriato
dalla
rotativa
,
rifare
il
manoscritto
,
senza
toccarlo
troppo
o
levargli
la
naturalezza
della
prosa
spontanea
.
Il
suo
stile
è
pastoso
,
la
sua
prosa
calda
,
la
sua
penna
duttile
,
il
suo
periodo
limpido
come
un
cristallo
.
Con
qualche
predilezione
per
la
frase
pariniana
,
rifugge
dalle
inversioni
del
poeta
del
Giorno
,
che
svogliano
il
lettore
.
L
ingiustizia
gli
scalda
il
calamaio
egli
fa
produrre
una
prosa
vigorosa
,
senza
ridondanze
e
senza
i
plebeismi
del
Baretti
.
Con
o
senza
collera
egli
non
è
mai
volgare
.
Il
suo
ingegno
poliedrico
fa
pensare
a
don
Margotti
.
La
tendenza
sentita
negli
scritti
di
don
Davide
è
la
mestizia
o
piuttosto
l
emozione
.
Le
tre
mila
lettere
ch
egli
ha
scritto
durante
la
sua
prigionia
-
lettere
che
potrebbero
formare
,
per
il
pubblico
cattolico
,
un
epistolario
interessantissimo
-
ne
sono
un
documento
.
Sono
in
esse
la
sua
bontà
infinita
,
lo
spandimento
,
della
sua
anima
mal
rassegnata
a
stare
in
prigione
,
l
affezione
intensa
per
la
gente
ch
egli
ama
e
che
lo
ama
,
il
perdono
incommensurato
per
tutti
gli
avversari
pentiti
che
gli
hanno
tribolata
l
esistenza
a
52
anni
,
proprio
quando
,
diceva
lui
,
si
ha
bisogno
di
un
po
di
vita
buona
.
In
prigione
non
ha
mai
avuto
rimpianti
.
Egli
è
sempre
stato
orgoglioso
del
suo
passato
.
Non
ha
mai
avuto
che
parole
d
amore
per
la
sua
penna
che
l
ha
mandato
«
tra
i
ferri
anziché
adattarsi
a
mentire
e
adulare
»
,
come
non
ha
avuto
che
trasporti
per
il
suo
Osservatore
Cattolico
«
divenutogli
più
che
mai
prezioso
,
ora
che
gli
ha
procurato
il
carcere
,
e
dato
occasione
di
soffrire
per
la
causa
che
difende
e
dimostrare
che
seriamente
anche
in
faccia
alla
morte
,
la
difende
e
la
difenderà
sempre
»
.
Costantino
Lazzari
consolava
i
suoi
ozii
forzati
nel
silenzio
,
nella
lettura
,
nel
disegno
.
Taceva
per
delle
ore
,
leggeva
volumi
ponderosi
senza
sbadigliare
,
rileggeva
i
Promessi
Sposi
con
piacere
,
la
Vita
di
Benvenuto
Cellini
direi
quasi
con
entusiasmo
e
il
Sant
Ambrogio
di
Romussi
,
superbamente
illustrato
,
con
ammirazione
,
e
disegnava
,
disegnava
sempre
.
Disegnava
galeotti
,
secondini
,
reclusi
,
frontoni
del
reclusorio
,
compagni
di
camerata
.
Copiava
danzatrici
,
madonne
,
bimbi
,
uomini
illustri
,
donne
celebri
,
quello
che
trovava
nelle
riviste
e
nei
libri
illustrati
.
Con
la
tenacia
del
volere
è
potere
,
dell
uomo
che
vuoi
riuscire
ad
ogni
costo
,
la
sua
matita
faceva
progressi
meravigliosi
.
Le
sue
figure
prendevano
forma
,
diventavano
vive
,
assumevano
la
grazia
dell
arte
.
-
Perché
non
smetti
di
fare
il
commesso
viaggiatore
e
non
ti
dai
interamente
al
lapis
che
ti
serve
così
bene
e
che
ti
darebbe
una
vita
meno
stentata
?
Perché
era
troppo
tardi
,
perché
non
aveva
fantasia
,
perché
l
artista
,
per
essere
tale
,
non
deve
essere
tormentato
dai
bisogni
urgenti
della
vita
,
perché
altri
lo
precedevano
di
parecchie
miglia
.
Non
so
s
egli
abbia
continuato
e
se
continui
.
So
che
,
se
all
abilità
del
disegno
egli
potesse
aggiungere
la
sollecitudine
,
potrebbe
diventare
un
giornalista
che
illustra
i
suoi
e
gli
articoli
degli
altri
.
Egli
non
è
l
ultimo
dei
ritrattisti
.
Ha
disegnato
un
don
Davide
seduto
,
vestito
da
galeotto
,
il
quale
resterà
il
suo
capolavoro
di
Finalborgo
.
Ci
ha
dato
una
mezza
figura
di
Chiesi
mirabile
e
un
Suzzani
intiero
,
con
la
gamella
in
mano
,
che
non
dimenticherò
facilmente
.
Ma
io
sciupo
le
parole
come
il
padre
di
Cellini
che
voleva
fare
del
figlio
un
suonatore
di
flauto
e
di
cornetta
.
Cellini
lo
contentava
di
tanto
in
tanto
,
con
qualche
pifferata
.
Ma
continuava
per
la
sua
strada
a
cesellare
.
Così
sarà
di
Costantino
.
Egli
diventerà
tutto
fuorché
un
artista
.
Le
ore
della
sera
erano
le
più
tranquille
.
Si
passava
come
dall
inferno
al
paradiso
.
Federici
,
Chiesi
e
don
Davide
-
il
primo
in
mezzo
e
gli
altri
due
in
faccia
-
avevano
una
lampada
a
petrolio
in
comune
sui
loro
due
tavoli
riuniti
.
Noi
quattro
ci
servivamo
della
lampaduccia
a
luce
elettrica
,
la
cui
poverezza
di
luce
ci
faceva
chinare
sovente
gli
occhi
,
o
ci
lasciava
per
due
minuti
sotto
un
rossore
crudele
.
Migliorammo
la
nostra
condizione
quando
a
furia
di
guardarla
ci
accorgemmo
che
aveva
del
filo
attorcigliato
che
ci
poteva
servire
per
allungarla
fin
quasi
al
tavolo
.
Tutto
sommato
,
erano
ore
deliziose
.
Il
chiasso
delle
camerate
vicine
alla
nostra
cessava
con
la
campana
del
silenzio
.
Salvo
qualche
gola
che
sprigionava
versi
da
dannato
o
qualche
voce
che
dava
fuori
nel
sonno
o
qualche
disgraziato
che
manifestava
i
suoi
tormenti
fisici
con
degli
:
oh
Signor
!
femm
murì
,
femm
!
,
potevamo
supporci
in
un
sepolcro
.
Si
poteva
sentire
la
penna
di
qualcuno
che
s
impuntava
sulla
carta
,
o
il
piede
di
cimossa
di
un
sottocapo
in
giro
a
origliare
e
a
guardare
attraverso
i
pertugi
,
o
la
respirazione
di
un
recluso
al
di
là
della
parete
,
male
adagiato
.
Lo
starnuto
di
Lazzari
,
fatto
a
bella
posta
per
ricordarci
che
eravamo
vivi
,
ci
faceva
trasalire
o
sussultare
come
quando
si
sentono
sulle
spalle
le
mani
degli
sconosciuti
che
vi
dichiarano
in
arresto
in
nome
della
legge
.
Si
lavorava
immersi
nel
lavoro
.
Chiesi
a
mettere
in
iscena
i
suoi
ballabili
,
don
Davide
a
scrivere
una
epistola
dopo
l
altra
per
vivere
di
ricordi
e
riallacciare
i
legami
col
mondo
che
lo
conosceva
.
Lazzari
a
riprodurre
il
momento
storico
dei
tre
lavoratori
con
un
disegno
grandioso
che
toccava
e
ritoccava
ogni
sera
senza
dirlo
mai
finito
,
Ghiglione
a
illustrare
le
parole
di
un
dizionario
tedesco
con
l
idea
froebeliana
che
chi
legge
Himmel
accanto
a
una
chiazza
di
cielo
e
Frau
dinanzi
a
una
testa
di
fanciulla
,
impara
una
lingua
a
vapore
e
non
la
dimentica
più
mai
.
-
Come
farai
,
gli
domandavo
,
a
illustrare
ich
habe
kein
Geld
?
-
In
un
modo
semplice
.
Mettendo
tra
le
parole
un
individuo
che
si
fruga
svogliatamente
nelle
tasche
.
-
Ma
il
tuo
dizionario
diventerà
una
montagna
!
Federici
allargava
la
zona
dei
suoi
studi
nella
letteratura
di
altre
lingue
,
in
manica
di
camicia
,
senza
mai
smettere
,
senza
mai
aprire
bocca
,
come
se
fosse
stato
obbligato
dal
regolamento
carcerario
a
divorarsi
un
dato
numero
di
pagine
,
e
Giovanni
Suzzani
si
sprofondava
nei
romanzi
dell
editore
Aliprandi
,
scoppiando
talvolta
in
risate
così
plateali
e
così
rumorose
che
costringevano
il
secondino
di
guardia
a
buttare
per
il
buco
un
ordine
imperioso
:
-
Silenzio
!
In
certe
sere
...
In
certe
sere
nessuno
lasciava
cadere
un
libro
,
nessuno
tossiva
,
nessuno
si
muoveva
come
se
avessimo
saputo
che
avevamo
alle
spalle
gli
occhi
e
le
orecchie
degli
agenti
incaricati
della
sorveglianza
notturna
.
Ci
capitava
addosso
la
ronda
,
col
lanternone
fumoso
,
come
una
sorpresa
che
metteva
freddo
.
-
Sono
le
dieci
!
Non
ce
lo
facevamo
dire
due
volte
.
In
un
minuto
spostavamo
i
tavoli
,
mettevamo
carta
e
libri
al
posto
,
lasciavamo
giù
le
brande
,
facevamo
il
letto
e
ci
buttavamo
sul
pagliericcio
senza
aver
modo
di
cambiare
la
camicia
.
Chiesi
era
sempre
il
primo
a
toccare
le
lenzuola
.
Adagiato
,
con
la
guancia
sul
guanciale
,
incominciava
subito
a
ruggire
come
una
belva
con
una
palla
nella
testa
.
Don
Davide
non
dormiva
subito
.
In
letto
,
con
una
coperta
che
non
lo
copriva
completamente
né
da
una
parte
né
dall
altra
,
sembrava
un
enorme
cetaceo
a
mezz
acqua
.
Si
voltava
faticosamente
come
un
pachiderma
.
Federici
si
metteva
sul
fianco
,
con
un
libro
in
mano
,
in
una
posizione
da
ricevere
la
luce
sulle
pagine
e
continuava
la
lettura
per
un
altra
mezz
ora
.
Poi
mi
diceva
:
-
Ciao
,
Paolino
,
dormi
bene
.
-
Ciao
.
Lazzari
,
santone
,
con
gli
occhiali
che
gli
aveva
prestato
l
amico
Scannatopi
e
che
gli
davano
l
aria
di
una
vecchia
in
collera
,
si
dava
furiosamente
alla
lettura
,
leggendo
cento
,
centocinquanta
pagine
di
un
fiato
,
lasciandosi
magari
sorprendere
dalla
seconda
ronda
col
libro
in
mano
.
Dove
siamo
adesso
stiamo
assai
meglio
che
nella
quinta
camerata
.
Ma
pochi
di
noi
,
rientrati
in
questa
vita
vertiginosa
,
rigodranno
la
pace
delle
serate
intellettuali
del
reclusorio
di
Finalborgo
.
L
uomo
è
un
animale
che
rimpiange
perfino
la
galera
!
ULISSE
CERMENATI
Non
so
se
sia
in
lui
il
giornalismo
nuovo
.
So
che
è
giovine
e
che
il
giornalismo
lo
ha
stregato
.
Anche
dopo
che
la
professione
gli
ha
fatto
rasentare
la
porta
del
reclusorio
,
non
sa
staccarsene
.
Con
la
penna
del
giornalista
gli
pare
di
essere
più
uomo
.
Dal
processo
è
uscito
di
carattere
piuttosto
timido
.
È
buono
come
un
marzapane
e
ricco
al
di
là
delle
cento
mila
lire
,
ma
gli
manca
l
audacia
giacobina
.
Tutti
i
testi
,
compreso
il
sindaco
di
Lecco
,
ce
lo
profilarono
con
parole
che
andavano
al
cuore
.
Lo
stesso
Plutarco
di
S
.
Fedele
non
seppe
o
non
volle
adagiarlo
nei
colori
foschi
delle
altre
biografie
.
Sul
banco
degli
accusati
lo
consideravamo
un
problema
professionale
.
Dalla
sua
condanna
o
dalla
sua
assoluzione
si
doveva
sapere
se
un
giornale
potesse
inviare
sul
teatro
di
una
sommossa
i
suoi
redattori
,
senza
che
la
legge
dei
tribunali
militari
li
considerasse
dei
partecipanti
côlti
con
le
armi
alla
mano
.
-
Dopo
l
assoluzione
,
gli
domandai
un
giorno
che
facevamo
colazione
al
Savini
con
un
amico
,
che
cosa
ti
è
avvenuto
?
-
Nulla
.
Io
,
Seneci
,
Zavattari
,
del
Vecchio
,
socialista
,
e
Invernizzi
,
anarchico
,
fummo
accompagnati
a
San
Fedele
da
due
agenti
di
P
.
S
.
in
borghese
,
in
due
carrozze
a
nostre
spese
.
Nella
prima
erano
del
Vecchio
e
Zavattari
,
nella
seconda
io
e
gli
altri
due
.
Alla
porta
della
questura
c
era
la
signora
Seneci
,
colorata
dalla
morte
,
che
aspettava
il
marito
con
la
paura
di
perderlo
un
altra
volta
.
L
lnvernizzi
e
il
del
Vecchio
vennero
rinchiusi
in
un
camerotto
per
ordine
del
viceispettore
Prina
.
Zavattari
e
Seneci
vennero
rilasciati
dopo
le
solite
formalità
.
Zavattari
,
quando
l
ispettore
Latini
gli
fece
un
interrogazione
,
divenne
un
po
agitato
.
Non
voleva
sentire
più
niente
.
Voleva
andarsene
sui
monti
e
non
pensare
al
brutto
sogno
attraverso
il
quale
era
passato
.
Io
fui
sfrattato
dalla
provincia
di
Milano
,
entro
le
ventiquattro
ore
.
All
uscita
trovai
l
ing
.
Ongania
,
sindaco
di
Lecco
,
e
l
avv
.
Ignazio
Dell
Oro
che
mi
aspettavano
.
Stavamo
per
andarcene
,
quando
il
vetturale
che
mi
aveva
condotto
alla
questura
mi
ricordò
la
corsa
.
-
Dica
,
e
la
corsa
?
Non
mi
si
avevano
ancora
restituiti
i
denari
.
Il
mio
amico
sindaco
tirò
fuori
subito
il
portafogli
.
Vetturale
:
Scusi
,
lei
è
forse
uno
del
processo
dei
giornalisti
?
-
Sissignore
.
Diede
una
frustata
al
cavallo
e
via
senza
la
corsa
.
-
Ho
anch
io
un
cuore
,
diss
egli
scappando
.