Saggistica ,
I
Il
paese
del
melodramma
A
In
quella
enorme
zanzariera
che
è
la
valle
del
Po
fra
Parma
e
Mantova
doveva
nascere
il
genio
di
Giuseppe
Verdi
,
e
Parma
diventare
la
roccaforte
dei
verdiani
.
Da
quelle
terre
arate
e
grasse
tu
vedi
le
torri
e
i
monumenti
e
le
mura
di
questa
antica
capitale
dove
ebbe
sede
anche
la
corte
di
Maria
Luisa
d
'
Austria
,
moglie
del
grande
Imperatore
.
Per
toccare
il
fondo
dell
'
anima
di
Verdi
non
nuoce
l
'
aver
vissuto
a
lungo
là
dentro
,
quarant
'
anni
fa
,
fra
un
popolo
facile
ad
accalorarsi
,
travagliato
e
pieno
di
una
sinistra
inclinazione
musicale
.
Quella
era
l
'
epoca
delle
sedizioni
fulminee
,
dei
grossi
adulterii
,
dei
preti
e
dei
mangiapreti
,
l
'
epoca
del
gaz
,
dei
ladri
di
gatti
,
e
dei
lampionari
che
vanno
con
l
'
asta
nell
'
Ave
Maria
fuligginosa
e
accendono
dei
lampioni
rotti
:
la
plebe
porta
il
tabarro
alla
spagnuola
,
il
cappelluccio
calcato
sugli
occhi
,
e
sputa
fuori
dei
denti
con
tracotanza
parlando
a
grumi
quel
dialetto
mescolato
e
gagliardo
che
ancora
dura
.
Il
cosidetto
vino
della
bassa
,
mistura
schiumosa
e
spropositata
che
faceva
bum
nello
stomaco
,
dava
fuoco
ai
loro
discorsi
e
aggiungeva
risonanza
all
'
umore
fondo
di
questi
odiatori
del
genere
umano
.
Parma
chiudeva
entro
i
suoi
bastioni
umidi
un
dedalo
di
straducole
,
porticati
,
tane
e
borghetti
carichi
di
passione
,
di
violenza
e
di
generosità
.
Covi
di
anarchici
e
di
bombardieri
ratés
,
le
sue
osterie
erano
sempre
piene
di
vociferazioni
e
di
canti
.
Quando
vedevi
sbucar
fuori
dal
buio
delle
porte
certe
fosche
,
scarne
e
spiritate
figure
di
popolani
,
dagli
occhi
assonnati
e
biechi
,
facevi
presto
ad
accorgerti
che
in
quel
clima
infuriava
ancora
il
microbo
dell
'
ottantanove
.
Immersa
nel
fiato
torbido
dei
suoi
cieli
di
novembre
,
questa
città
logora
e
illustre
rassomigliava
molto
a
un
quartiere
del
vecchio
Parigi
.
Anche
sulla
sua
piazza
della
Rocchetta
avrebbe
potuto
degnamente
figurare
il
palco
della
prima
ghigliottina
.
Popolo
turbolento
e
temibile
,
popolo
che
disprezza
il
villano
,
odia
lo
sbirro
e
massacra
la
spia
dove
la
trova
,
quello
di
Parma
.
Tutta
la
città
era
un
teatro
continuo
:
contumelie
,
gazzarre
e
tumulti
finivano
la
giornata
di
questi
cittadini
pericolosi
e
fierissimi
.
Quante
volte
non
abbiamo
veduto
scoppiare
da
un
nonnulla
la
ribellione
,
torme
di
gente
rabbiosa
accorrere
e
fra
botte
e
legnate
volare
all
'
aria
qualche
kepí
di
questurino
.
Le
cagnare
,
nella
luce
verde
dell
'
inverno
si
trasformavano
in
sommosse
e
in
un
baleno
,
fra
mille
urli
e
sbatacchiamenti
di
imposte
,
la
situazione
diventava
grave
.
Gli
arresti
,
gli
strilli
forsennati
delle
donne
,
le
sassate
,
gli
spari
,
le
fughe
e
gli
inseguimenti
allargavano
il
campo
della
lotta
che
si
protraeva
poi
nell
'
oscurità
,
circospetta
,
accanita
,
feroce
e
micidiale
.
O
,
lunghe
notti
d
'
ansia
passate
ad
ascoltare
il
crepitare
dei
moschetti
,
il
passo
di
corsa
delle
pattuglie
di
rinforzo
,
le
cariche
dei
cavalleggeri
,
le
maledizioni
strazianti
dei
caduti
e
l
'
acciottolio
delle
barricate
distrutte
!
All
'
agitazione
tragica
e
sospesa
di
quelle
tenebre
facevano
allora
riscontro
,
come
in
uno
specchio
calmo
,
i
lucori
silenziosi
e
sepolti
di
qualche
palazzo
,
le
vampate
dei
forni
del
pane
,
la
fabbrica
infuocata
del
vetro
e
le
finestre
dell
'
interminabile
ospedale
che
duravano
accese
fino
all
'
alba
,
quando
,
coi
nervi
distesi
,
udivi
finalmente
morire
sotto
la
neve
alta
il
grido
dello
spazzacamino
.
B
Ma
il
mondo
gira
,
girano
le
stagioni
e
poiché
l
'
afa
d
'
agosto
ci
spinge
fuori
,
usciamo
un
poco
dalle
mura
di
questa
città
dal
clima
troppo
continentale
-
-
incontro
ci
viene
l
'
odore
del
fieno
,
e
il
fiato
bricco
e
pesante
della
canapa
messa
a
macerare
.
Lí
,
a
due
passi
,
Parma
stracca
e
mezzo
sepolta
nella
cerchia
dei
suoi
terrapieni
nicchia
assopita
nella
siesta
pomeridiana
.
Un
breve
orizzonte
si
apre
dinanzi
a
noi
regolare
monotono
e
triste
.
Verdi
nacque
qui
,
né
si
volle
più
muovere
da
questi
luoghi
.
Il
suo
respiro
fu
tutt
'
uno
con
l
'
aria
carica
e
violenta
di
questa
pianura
lavorata
a
fondo
dai
più
grami
contadini
.
Ostinatamente
rivolto
verso
le
memorie
d
'
una
età
passata
,
egli
lasciava
che
il
sole
lo
folgorasse
alle
spalle
grande
figura
adusta
che
rimane
lungamente
ferma
sul
tramontare
del
secolo
scorso
.
Non
si
ha
un
'
idea
del
suo
ordine
,
della
sua
atavica
semplicità
e
della
sua
profonda
fatica
.
Se
gli
avessero
portato
per
le
briglie
Pegaso
,
il
cavallo
dalle
ali
,
egli
lo
avrebbe
attaccato
a
un
aratro
o
a
un
qualunque
carrettino
rurale
.
Vuole
la
terra
sotto
i
suoi
piedi
quest
'
uomo
tetragono
come
il
toro
nel
buio
della
stalla
,
e
il
suo
occhio
cerca
nell
'
ombra
la
scintilla
e
la
vampa
.
Dunque
con
lui
niente
teorie
,
esperimenti
,
avvenirismi
.
Egli
sa
che
quando
l
'
arte
progredisce
rapidamente
è
segno
che
precipita
e
che
dall
'
infuriare
delle
mode
e
delle
novità
non
si
avranno
che
tegole
e
rottami
sul
capo
.
Tuttavia
ciò
non
lo
trattiene
dal
fare
,
sul
tardi
,
quel
che
i
critici
chiamano
con
ammirazione
«
seguire
i
tempi
»
-
-
ma
i
tempi
un
artista
li
precede
o
li
ripudia
;
per
concludere
,
egli
che
dopo
la
prova
amava
ancora
su
ogni
altra
sua
opera
il
Trovatore
,
lasciò
detto
:
torniamo
all
'
antico
.
E
tutto
il
suo
teatro
s
'
identifica
con
il
suo
paese
d
'
origine
.
Sul
volto
crucciato
e
stanco
di
Parma
Verdi
fa
come
il
macchinista
della
luce
che
conosce
l
'
arte
di
rubare
gli
effetti
ai
vecchi
teloni
del
melodramma
.
La
sua
voce
querula
e
tellurica
scoppia
e
fa
cadere
l
'
uno
su
l
'
altro
i
colpi
di
scena
;
e
mentre
affondano
e
risorgono
là
dentro
il
fasto
rugginoso
,
gli
aspetti
sordidi
,
i
colori
,
i
riflessi
,
l
'
architettura
,
gli
sfondi
di
questa
antica
capitale
,
ti
par
di
vedere
Verdi
,
come
un
enorme
stregone
di
campagna
incombere
fra
il
fumo
dei
comignoli
sulla
città
faziosa
.
C
Durante
la
recita
il
nostro
cuore
di
credenti
palpita
appeso
all
'
icone
dei
padri
.
Gli
occhi
aperti
nell
'
oscurità
,
vigiliamo
come
dei
macchinisti
ipnotizzati
dal
riverbero
violento
della
fornace
,
mentre
la
nave
fila
a
tutto
vapore
sugli
abissi
dell
'
oceano
:
e
fissiamo
febbrilmente
i
lumi
dell
'
orchestra
.
Quel
pubblico
verdiano
cupo
e
fedele
che
è
capace
nella
sua
passione
sacrosanta
di
inviare
lettere
anonime
fregiate
di
teschio
e
di
pugnali
incrociati
a
chi
osasse
esprimere
dubbi
o
riserve
sull
'
idoleggiato
bussetano
,
è
con
noi
,
dietro
di
noi
,
mentre
canta
la
voce
dolorosa
di
Ernani
,
o
squilla
la
musica
vermiglia
del
Trovatore
.
E
pensiamo
nell
'
ascoltare
il
sacro
respiro
de
'
suoi
corali
e
la
veemenza
de
'
suoi
concertati
tradotti
in
disegni
larghi
esatti
,
al
realismo
e
alla
concretezza
di
questo
grande
uomo
.
Gl
'
insegnanti
del
Conservatorio
di
Milano
dissero
che
egli
non
aveva
attitudini
per
la
musica
e
ch
'
egli
non
possedeva
nessuna
abilità
;
e
non
aveva
che
del
genio
:
troppo
poco
per
dei
professori
e
dei
critici
.
Non
siamo
noi
di
quelli
che
propongono
il
Falstaff
come
il
capolavoro
,
e
lo
pongono
a
culminare
innanzi
a
tutte
le
altre
opere
di
Giuseppe
Verdi
.
Intorno
a
questo
grande
capolavoro
,
sollievo
ed
edificazione
di
tutti
i
kapellmeister
,
i
contatti
e
gli
attriti
violenti
si
placano
ragionevolmente
,
la
lava
si
intiepidisce
,
il
fuoco
non
è
più
che
cenere
calda
.
Qui
fra
le
scorie
appare
e
si
allarga
una
topografia
disegnata
e
tranquillizzante
,
e
qui
vengono
a
piantare
le
tende
i
competenti
,
gli
elaboratori
,
gli
alchimisti
,
mentre
il
pubblico
si
allontana
rispettosamente
per
far
posto
al
loro
proficuo
e
amoroso
lavoro
d
'
inventario
.
Nel
Falstagg
,
che
va
considerato
a
parte
,
tutto
è
obbiettivamente
realizzato
con
quella
mentalità
calma
e
prevenuta
che
dà
soltanto
la
cultura
agli
uomini
di
tarda
età
.
Là
dentro
Verdi
s
'
è
fatto
,
per
quel
che
poteva
,
protestante
,
e
ha
versato
con
circospezione
gli
ultimi
spiccioli
del
suo
genio
e
le
melanconiche
tenerezze
della
sua
verve
discreta
e
senile
:
ma
la
sua
antica
voce
è
indebolita
,
i
suoi
atteggiamenti
non
sono
più
i
frutti
meravigliosi
,
spaccati
e
strabocchevoli
dell
'
intuito
,
e
le
sue
decisioni
sono
attraversate
da
un
elemento
nuovo
e
preoccupante
.
Una
bruna
ombra
di
tristezza
si
allunga
per
pagine
e
pagine
su
questa
partitura
,
e
alla
luce
solforosa
della
ribalta
,
la
commedia
musicale
del
vecchio
misantropo
appare
spesso
fredda
,
prudente
,
indiretta
ed
evasiva
.
Egli
era
incappato
per
la
seconda
volta
in
un
poeta
certamente
autorevole
,
ma
pieno
di
ideologie
e
di
scombiccherature
dilettantesche
;
costretto
a
sottolineare
un
dialogo
molto
fitto
e
complicato
,
tutto
seminato
di
arguzie
arzigogolate
e
di
accorgimenti
letterari
,
il
vecchio
Verdi
,
che
era
costruito
alla
maniera
semplice
e
sdegnosa
dei
grandi
,
sentí
forse
il
dissidio
,
ma
non
ebbe
la
forza
di
dominare
,
di
distruggere
e
di
ricostruire
a
linee
larghe
,
sommarie
e
potenti
la
materia
del
libretto
.
D
'
altronde
si
trattava
finalmente
di
mostrar
la
faccia
ai
contrappuntisti
e
agli
intellettuali
accantonati
e
ostili
,
e
allora
,
nel
silenzio
sterile
e
superbo
del
tramonto
,
egli
si
volse
lentamente
a
quelli
e
diede
loro
l
'
opera
riflettuta
,
riposata
,
ed
esemplare
come
un
gran
quadro
placido
ed
educativo
.
A
parer
nostro
egli
raggiunse
con
una
immediatezza
tutta
meridionale
il
culmine
più
eccelso
della
bellezza
proprio
nel
Trovatore
.
Senza
dubbio
,
dinanzi
a
quest
'
opera
impareggiabile
i
commentatori
rimangono
sconcertati
e
senza
compenso
.
Ecco
dove
l
'
arte
di
Verdi
,
che
è
tutta
sovvertimento
,
deformazione
,
caricatura
sublime
,
mette
a
fuoco
i
quattro
canti
della
terra
.
Il
suo
ritmo
prodigioso
e
veemente
,
scagliato
con
la
fionda
,
durevole
come
il
bagliore
di
una
scarica
cosmica
,
arrossa
allora
tutto
il
cielo
vibrante
dell
'
arte
.
Lí
ribolle
,
entro
schemi
rozzi
ma
larghi
e
solidi
,
il
suo
temperamento
facinoroso
e
straordinario
,
sussulta
la
sua
natura
copiosa
,
scoppiano
i
suoi
canti
capovolti
,
ripresi
e
innalzati
clamorosamente
.
Chi
è
abituato
per
una
certa
dimestichezza
a
ficcare
le
dita
fra
gli
ingranaggi
dei
componimenti
musicali
,
le
ritrae
improvvisamente
,
fa
un
salto
indietro
e
rimane
trasecolato
al
prorompere
della
sua
foga
folgorante
e
irreparabile
.
Con
l
'
isteria
che
dà
l
'
esuberanza
,
tumultuante
e
cieca
,
con
una
stravaganza
e
una
convulsione
tutta
italiana
,
fulminea
e
positiva
,
lasciando
impraticate
le
strade
maestre
,
egli
divora
,
senza
por
tempo
in
mezzo
,
come
un
bolide
radente
,
le
scorciatoie
più
impensate
,
sempre
fugace
e
irraggiungibile
per
colmo
di
forza
e
di
impeto
.
Irritato
,
imperioso
e
gigantesco
,
egli
lambisce
felinamente
il
sangue
caldo
dalle
proprie
ferite
;
e
la
preghiera
e
l
'
invettiva
sembrano
uscire
dalla
sua
gola
come
una
minaccia
inarticolata
dalle
fauci
di
un
ciclope
tetro
e
appassionato
.
D
Le
sue
straordinarie
creazioni
hanno
spesso
origine
dai
motivi
più
frusti
e
popolari
.
Egli
può
rivedere
tutto
un
Oriente
nell
'
interno
di
un
frutto
nostrano
come
il
cocomero
.
Verdi
,
quando
vuole
,
fa
ballare
le
rovine
;
con
un
colpo
eccentrico
egli
sa
rialzare
,
come
nell
'
Aida
,
i
valori
scaduti
e
antichissimi
.
Entro
l
'
atmosfera
equinoziale
di
quest
'
opera
,
con
un
certo
caldo
,
profumato
e
svenevole
che
sa
acutamente
di
belle
donne
,
Verdi
,
il
colosso
che
non
conosce
distanze
,
muove
a
passi
di
gigante
da
un
pozzo
desertico
all
'
altro
per
attingere
melodie
africane
e
rovesciarle
sull
'
assemblea
ardente
e
prostrata
in
un
languore
gonfio
di
sospiri
.
In
questa
opera
tipica
,
piena
di
caldura
e
di
freschezza
saturnina
,
la
musa
nera
di
Verdi
,
ci
si
para
dinanzi
per
la
prima
volta
,
come
la
Sibilla
,
e
dietro
lei
si
spalancano
le
meraviglie
templari
e
i
tesori
massicci
delle
Mille
e
una
notte
.
Le
mescolanze
di
gregoriano
secolare
,
di
moresco
e
di
italiano
del
ceppo
più
focoso
,
sulle
quali
il
genio
letargico
e
temporalesco
del
bussetano
scarica
saette
e
fulmini
silenziosi
dai
bagliori
abbronzati
e
torridi
,
fanno
uno
spettacolo
unito
e
portentoso
di
geroglifici
subitanei
,
di
forme
piramidali
dai
colori
atri
,
che
affondano
,
man
mano
,
nelle
cupe
oscurità
azzurrine
del
quadro
,
rintuonando
interminabilmente
.
Ci
sembra
che
tutta
una
miracolosa
razza
teatrale
si
sia
spenta
con
lui
sul
finire
del
secolo
scorso
.
Nelle
generazioni
successive
,
rimescolate
e
confuse
frettolosamente
dalla
politica
,
dalla
guerra
e
dalla
così
detta
cultura
economica
,
non
ritroviamo
più
traccia
di
quel
che
fu
l
'
affanno
lirico
,
l
'
idolatria
romanzesca
e
musicale
degli
italiani
dell
'
ottocento
;
si
direbbe
che
i
legami
di
sangue
,
le
affinità
di
temperamento
e
di
sentimento
che
dovrebbero
unirci
al
passato
sieno
scaduti
e
dimenticati
per
sempre
.
Dove
sono
oggi
gli
artisti
che
han
voce
,
anima
e
carattere
da
regalare
agli
eroi
stravaganti
ché
Verdi
ci
pone
innanzi
come
problemi
?
È
avvenuto
,
a
noi
,
udendo
l
'
Aida
tirata
via
con
brutale
routine
,
di
pensare
che
il
teatro
lirico
italiano
si
avviasse
di
corsa
verso
la
più
assordante
e
babelica
confusione
.
Su
una
piattaforma
cruda
e
volgare
i
trasporti
castissimi
,
gli
scorci
,
e
il
volo
vago
dell
'
ispirazione
possono
diventare
giuochi
pesanti
e
imprese
da
circo
.
In
tal
caso
scene
d
'
insieme
e
finali
gravidi
di
coreografia
rischiano
di
sembrarci
troppo
panciuti
e
carichi
di
mostarda
esplodente
.
A
vedere
l
'
orchestra
e
i
cori
nel
loro
colmo
rinculare
d
'
improvviso
e
rimpiattarsi
sotto
i
colpi
infaticabili
che
la
grancassa
tira
giú
a
due
mani
,
c
'
è
da
credere
di
esser
capitati
mentre
è
in
corso
l
'
espugnazione
d
'
un
fortilizio
.
E
Dopo
Verdi
il
teatro
lirico
italiano
decaduto
,
tradito
e
vilipeso
ogni
giorno
di
dentro
e
di
fuori
,
va
alla
deriva
e
scompare
umilmente
come
un
annegato
.
La
clientela
aggressiva
e
demagogica
dei
politicanti
ha
guastato
il
chiuso
e
storico
giardino
italiano
,
ha
tratto
in
rovina
anche
questo
istituto
nativo
e
carico
di
carattere
,
che
,
coronato
di
gloria
,
una
volta
,
e
investito
di
un
vero
potere
temporale
,
par
divenuto
oggi
un
terrapieno
sconvolto
per
costruzioni
edilizie
.
Oggi
la
molla
magica
è
spezzata
,
gli
spiriti
sono
fuggiti
dalle
nostre
terre
,
e
con
essi
,
il
genio
,
l
'
ispirazione
.
Sui
paesi
gelati
del
Settentrione
,
anche
quando
fa
bello
,
la
luce
vien
giú
così
debole
e
fioca
che
la
gente
della
città
è
costretta
ad
accendere
tutti
i
lampioni
per
vedere
se
davvero
c
'
è
o
non
c
'
è
il
sole
:
allo
stesso
modo
,
noi
,
di
questi
tempi
,
diamo
fuoco
ai
nostri
innumerevoli
becchi
a
gaz
e
incendiamo
tutto
il
combustibile
rimasto
pur
d
'
illuminare
da
vicino
un
mondo
caliginoso
,
ridotto
e
basso
,
nel
quale
non
si
muovono
più
intenzioni
né
disegni
plausibili
.
Dove
è
finito
lo
splendore
brioso
del
nostro
teatro
?
Ci
sono
ancora
fra
i
giovani
delle
creature
eteree
,
gazzose
,
satinate
e
leggere
che
salgono
nell
'
atmosfera
lietamente
sino
a
toccare
il
cielo
con
un
dito
.
Poeti
,
musicisti
,
così
,
quasi
incollati
al
firmamento
,
rimangono
muti
e
sospesi
in
quelle
altitudini
inaccessibili
,
deserte
e
luminose
,
e
attendono
in
conserva
per
mesi
e
anche
per
anni
il
giorno
del
loro
giudizio
quasi
universale
.
Sotto
i
loro
piedi
si
apre
tumultuoso
e
informe
il
baratro
,
essi
scivolano
aggrappati
pericolosamente
e
volteggiano
con
dei
raccapriccianti
capovolgimenti
astrali
come
dei
jongleurs
fra
i
raggi
oscillanti
e
sottili
del
loro
proprio
sistema
celeste
.
Corifei
meteorici
volanti
negli
spazi
dell
'
immaginazione
,
essi
naturalmente
si
nutrono
non
più
di
carne
e
di
sangue
come
prima
,
ma
di
aria
,
d
'
incenso
,
di
mosche
e
di
speranze
.
Ma
giunge
la
Notte
del
giudizio
:
essi
possono
cadere
,
e
,
se
cadono
,
cadono
e
bruciano
,
traversando
tutto
il
cielo
,
come
le
stelle
filanti
.
Un
solo
fischio
,
un
fischio
soprannaturale
nel
silenzio
della
mezzanotte
,
il
guaito
funereo
d
'
un
cane
,
il
lamento
sinistro
di
un
neonato
,
la
stecca
recisa
e
micidiale
d
'
un
cantante
può
staccarli
di
colpo
dalla
cupola
degli
spazi
e
farli
precipitare
,
fantocci
lontani
in
combustione
che
s
'
inabissano
e
si
consumano
in
una
dispersione
silenziosa
e
quasi
totale
.
I
pantani
tenebrosi
dove
guazzano
i
coccodrilli
,
accolgono
i
loro
resti
miserevoli
.
Ormai
chi
ha
più
la
forza
di
vestire
,
di
portare
le
antiche
e
preziose
armature
battute
a
fuoco
e
cesellate
d
'
oro
?
Tutte
le
più
belle
voci
stanno
consumandosi
e
spegnendosi
l
'
una
dopo
l
'
altra
come
ceri
sull
'
altare
.
Con
un
coraggio
metodico
ciascuno
s
'
industria
di
sgorbiare
a
casaccio
le
opere
immortali
.
Il
suggeritore
propone
e
il
cantante
dispone
.
Si
dànno
le
opere
senza
provarle
,
anzi
si
provano
senza
darle
.
Gli
esecutori
vengono
scelti
fra
i
più
apatici
e
mansueti
,
come
si
scelgono
i
cavalli
bianchi
per
le
fanfare
di
cavalleria
,
perché
non
s
'
imbizzarriscano
e
non
tirino
calci
al
suono
e
allo
strepito
degli
strumenti
.
Costoro
,
infatti
,
entrano
esitanti
e
s
'
avvicinano
al
pubblico
con
il
fare
sbalordito
e
diffidente
che
hanno
le
bestie
dentro
i
macelli
.
Le
prime
donne
in
scena
hanno
l
'
aria
di
voler
allattare
fino
all
'
ultimo
respiro
il
tenore
mingherlino
e
tremante
il
quale
annusa
inquietamente
sul
palcoscenico
la
polvere
,
tutto
invaso
dal
terrore
del
si
bemolle
che
sta
per
essergli
presentato
come
un
effetto
scaduto
.
Il
nostro
melodramma
oggi
è
in
uno
stato
d
'
atrofia
moribonda
.
Ogni
tanto
un
Golia
molle
,
sfasciato
,
senza
volto
,
si
presenta
al
pubblico
:
ebbene
,
al
solo
fischio
della
fionda
,
guarda
,
questo
colosso
crolla
come
un
masso
,
e
si
muove
in
pochi
istanti
lasciando
distesa
a
traverso
la
strada
la
sua
corpulenza
esanime
.
L
'
ingombro
enorme
è
difficile
da
rimuovere
;
e
allora
guai
«
a
chi
deve
procedere
oltre
:
ci
vuole
forza
di
braccia
,
e
pali
,
badili
e
accetta
non
bastano
per
dar
libera
via
alla
nostra
vena
che
forse
c
'
è
ancora
,
ma
intristisce
,
per
mancanza
di
sfogo
,
in
pozzanghere
malsane
»
.
Se
lo
ricorda
l
'
immaginazione
il
nostro
teatro
d
'
opera
,
piccolo
,
odoroso
,
stagionato
,
sonoro
,
dorato
e
pieno
tutto
di
genio
fino
al
soffitto
:
reggia
di
acchito
e
di
fantasia
,
sulle
cui
scene
i
cantanti
si
presentavano
con
il
sorriso
sulle
labbra
e
la
morte
nel
cuore
a
un
pubblico
gerarchico
che
mostrava
d
'
ascoltare
a
seconda
del
rango
con
un
aristocratico
attaccamento
,
con
una
squisita
bigotteria
musicale
o
con
un
infiammato
e
incontenibile
furore
.
Gli
apparati
della
ribalta
e
gli
arnesi
convenienti
all
'
illusione
creavano
ai
sensi
delle
dimensioni
imprevedute
e
sbalorditive
:
quando
poi
nella
foga
della
recita
capitava
in
vista
,
fra
gli
spettatori
,
la
presenza
sorprendente
di
qualche
eunuco
celebre
,
agghindato
e
nonchalant
,
un
nuovo
prestigio
sembrava
aggiungersi
alla
voce
dolce
e
spietata
di
Eros
che
risuonava
,
invadendo
la
sala
con
una
indolenza
folle
e
spirante
.
E
allora
il
fuoco
indomabile
incendiava
i
cuori
delle
dame
seminude
,
le
faceva
anelare
mortalmente
e
dava
le
traveggole
ai
cavalieri
dal
sorriso
incantato
e
vacillante
.
F
Ohimè
,
ché
caduto
è
il
lirico
furore
,
e
gli
applausi
di
un
popolo
famoso
si
estinguono
lontano
.
Anche
il
prestigio
della
scenografia
è
scomparso
per
sempre
dal
teatro
italiano
.
Si
architetta
,
si
costruisce
,
ma
si
dimentica
che
soltanto
l
'
illuminazione
può
dar
corpo
alle
immagini
.
Fra
le
coulisses
non
circola
come
un
elisire
la
musica
,
il
focolare
della
tradizione
sembra
spento
.
La
luce
elettrica
,
igienica
e
pallida
ispettrice
,
imbianca
tutto
col
suo
squallore
,
pone
in
fuga
le
ombre
,
spazza
via
dalla
scena
ogni
residuo
fantastico
e
mette
in
evidenza
un
ceppo
annerito
e
freddo
.
La
luce
,
elemento
prezioso
,
vuol
essere
propinata
avaramente
come
un
filtro
.
Il
palcoscenico
non
è
che
un
pozzo
nero
e
profondo
da
esplorare
prudentemente
con
la
lanterna
cieca
,
e
se
il
macchinista
apre
tutte
le
valvole
dell
'
elettricità
,
diventa
un
buco
enorme
e
deserto
,
uno
spogliatoio
miserabile
;
il
fondale
appare
lí
innanzi
pencolante
e
scolorito
,
le
quinte
si
reggono
male
ai
suoi
lati
livide
e
servili
.
Non
si
devono
mai
colpire
,
per
intero
,
né
di
faccia
né
di
striscio
,
gli
scenarii
che
sono
superfici
piatte
,
con
una
luce
folgorante
.
In
un
palcoscenico
pieno
d
'
ombra
e
di
mistero
i
personaggi
,
questi
prigionieri
del
melodramma
che
tentano
di
liberarsi
contorcendosi
michelangiolescamente
,
passeranno
a
traverso
tutte
le
fasi
della
illuminazione
come
la
luna
nel
corso
del
suo
viaggio
notturno
.
La
luce
li
cercherà
allora
nella
semioscurità
,
li
sceglierà
,
e
colpirà
con
la
sua
mira
i
loro
corpi
mobili
e
plastici
.
Mentre
cantano
ornerà
viva
e
granulosa
i
loro
gesti
di
argento
.
Brucierà
sui
loro
contorni
come
pepe
di
Caienna
che
arde
;
farà
nascere
riflessi
e
balzare
lampeggiamenti
di
gelatina
dalla
seta
cangiante
dei
loro
costumi
,
investirà
con
un
riverbero
pieno
di
fermento
le
loro
faccie
stravolte
.
I
raggi
sfuggiti
a
una
lanterna
magica
picchieranno
e
si
frantumeranno
come
una
bottiglia
di
vetriolo
,
contro
i
seni
turgidi
di
Eleonora
che
sta
delirando
.
A
volte
il
caso
ci
ha
procurato
spettacoli
di
questa
qualità
nei
teatri
di
provincia
.
In
una
piccola
città
durante
una
recita
di
Otello
verso
la
fine
del
primo
atto
sul
cominciare
del
duetto
la
luna
piena
frusciando
rotolò
giú
d
'
improvviso
e
finí
per
impigliarsi
come
un
volatile
di
fuoco
fra
le
aste
di
una
palma
bassa
rovesciando
aggressivamente
alcuni
grossi
raggi
sgarbati
e
crudi
di
magnesio
sulla
coppia
degli
sposi
male
assortiti
che
si
fiutavano
rifugiati
lí
sotto
;
ci
parve
di
vedere
allora
Desdemona
,
gigantessa
coperta
di
veli
perlacei
,
perdersi
come
neve
che
si
scioglie
fra
le
braccia
di
un
enorme
pezzo
di
cioccolata
lucente
che
digrignava
i
denti
con
un
umorismo
feroce
da
negro
.
Questo
effetto
esagerato
e
fulmineo
provocò
una
grandinata
di
applausi
.
Ecco
come
s
'
incaricò
l
'
imprevisto
di
fare
dell
'
arte
a
dispetto
del
metteur
en
scène
.
G
Giuseppe
Verdi
,
sembra
l
'
uomo
nato
apposta
per
spazzare
via
col
suo
pugno
sterminatore
ogni
parassitismo
intellettualistico
,
per
mettere
in
fuga
la
musicologia
ragionante
,
per
scomporre
le
tele
di
ragno
dei
sistemi
metafisici
.
Allorché
si
presenta
la
sua
faccia
ardente
e
corrugata
,
e
risuona
la
sua
musica
litigiosa
e
violenta
,
teatrale
e
spaziosa
,
sono
vane
le
spiegazioni
e
le
proteste
capziose
,
le
obiezioni
filosofiche
e
il
gesuitismo
letterario
;
è
perfettamente
inutile
allora
,
il
parlare
di
suggestione
e
di
sensibilità
,
di
modernità
e
di
cultura
.
Egli
non
è
per
buona
sorte
un
missionario
,
ma
un
contadino
eroe
.
Il
suo
alito
ha
un
sano
odor
di
cipolla
e
la
sua
voce
è
imperiosa
,
i
suoi
istinti
pieni
di
veemenza
primitiva
.
Egli
ignora
le
parafrasi
,
s
'
intromette
furiosamente
,
taglia
i
nodi
colla
roncola
,
e
fa
scorrere
lacrime
e
sangue
esilaranti
,
piomba
sul
pubblico
,
lo
mette
tutto
in
un
sacco
,
se
lo
carica
sulle
spalle
e
lo
porta
a
gran
passi
entro
i
rossi
,
vulcanici
dominii
della
sua
arte
.
H
Un
giorno
un
vecchio
mentore
,
persona
conosciuta
e
famigliare
che
sosteneva
in
città
la
parte
di
Matusalemme
,
ci
toccò
una
spalla
.
Eravamo
sotto
i
portici
del
palazzo
del
Governatore
.
Trentadue
gradi
all
'
ombra
.
In
quell
'
estasi
canicolare
udivi
salire
fino
al
cielo
il
ritornello
querulo
di
un
venditore
di
terraglie
.
-
-
Ragazzo
mio
,
-
-
fece
il
nostro
autorevole
amico
indicandoci
una
delle
arcate
che
si
aprivano
in
piena
luce
sulla
piazza
Grande
,
-
-
proprio
di
là
ho
visto
venir
su
Verdi
appoggiato
al
braccio
della
Stolz
.
Nel
fermo
stupore
solare
questi
due
pellegrini
sorsero
dinanzi
a
me
improvvisamente
.
Lo
stesso
grido
noioso
e
solitario
che
tu
odi
ripetersi
in
questo
momento
echeggiava
anche
allora
qui
sotto
le
volte
.
Verdi
ne
parve
sorpreso
.
Si
sciolse
dalla
sua
compagna
,
cavò
fuori
un
libriccino
e
segnò
una
sull
'
altra
quelle
quattro
note
approssimative
.
La
cantilena
del
merciaio
ambulante
era
andata
a
incastrarsi
dritta
nella
sua
fantasia
.
Ferro
tira
ferro
,
ragazzo
mio
.
Il
cervello
umano
quando
lavora
diventa
una
calamita
.
Qualche
volta
un
accessorio
rimette
in
movimento
la
macchina
,
poi
l
'
opera
si
stacca
come
un
frutto
maturo
e
rotola
sull
'
erba
.
Vedi
come
procede
di
sorpresa
e
per
indicazioni
il
lavoro
creativo
?
Non
si
potrebbe
forse
pensare
che
in
un
pomeriggio
arido
e
sonnolento
come
questo
da
una
costola
di
Adamo
venne
fuori
Eva
e
si
addormentò
vicino
a
lui
?
Basta
,
se
lo
vuoi
sapere
il
grido
ozioso
di
poco
fa
ha
trovato
la
sua
nicchia
nella
Aida
.
Vent
'
anni
or
sono
,
nell
'
udire
quest
'
opera
,
riconobbi
,
durante
l
'
atto
del
Nilo
,
nell
'
invocazione
rituale
dei
sacerdoti
nascosti
nel
tempio
,
la
voce
del
nostro
venditore
di
terraglie
che
da
cinquant
'
anni
trascina
il
suo
piato
e
la
sua
merce
per
le
strade
di
Parma
.
Questa
fu
la
nostra
prima
lezione
di
composizione
.
Di
lí
a
poco
il
vecchio
mentore
messo
a
giacere
spari
divorato
dagli
anni
.
Accade
qualche
volta
d
'
incrociare
sulla
strada
una
sconosciuta
che
ci
fa
rimanere
lí
smemorati
e
perplessi
.
Carica
di
evidenza
essa
cammina
isolata
e
immersa
in
quel
fluido
pittorico
che
gli
artisti
chiamano
«
il
vero
»
.
Qualunque
sia
il
genere
e
il
grado
della
sua
bellezza
,
eccone
una
che
ha
le
fisique
du
rôle
.
Pienezza
,
fragilità
,
fascino
di
provenienza
portentosa
,
costei
è
là
,
fuori
del
tempo
,
fugace
,
improvvisa
,
come
un
'
assente
rientrata
di
soppiatto
tra
le
file
.
La
grande
razza
risplende
sui
suoi
tratti
,
mentre
corre
verso
un
profondo
destino
,
il
suo
passaggio
tocca
una
corda
,
e
la
tua
marcia
,
i
tuoi
pensieri
si
arrestano
netto
sotto
il
colpo
della
sorpresa
.
Sei
colto
al
varco
;
curvo
,
sospeso
sul
mistero
della
sua
origine
poco
t
'
importa
di
sapere
dove
vada
;
è
al
suo
atto
di
nascita
che
tu
miri
,
è
la
sua
carta
d
'
identità
che
vorresti
vedere
.
Di
quale
amorosa
combinazione
è
il
frutto
questa
creatura
straordinaria
?
In
fondo
a
una
perplessità
di
questa
sorta
ci
gettano
i
tratti
più
crudi
e
felici
delle
opere
di
Verdi
.
Noi
che
scrivendo
di
lui
vorremmo
essere
il
vento
nel
fuoco
,
ci
fermiamo
a
certi
passaggi
e
dimentichiamo
di
seguirlo
per
gustare
meglio
nel
fiore
l
'
amaro
della
radice
.
Un
amaro
che
penetra
e
affonda
nella
nostra
memoria
;
e
il
ricordo
fatuo
inafferrabile
entra
in
giuoco
.
L
'
attenzione
stimolata
si
concentra
,
circoscrive
il
suo
raggio
e
preme
appassionatamente
su
quel
punto
torbido
e
remoto
.
Guardiamo
la
vita
trascorsa
dietro
una
lente
d
'
ingrandimento
:
sgranata
,
formicolante
,
vivida
visione
.
In
questo
stato
di
lucidità
ansiosa
il
problema
del
più
pesante
dell
'
aria
sembra
risolversi
.
I
fatti
si
alterano
,
la
realtà
travisata
si
sposta
,
si
solleva
e
comincia
la
mise
en
route
dell
'
immaginazione
.
Ci
accade
allora
di
cogliere
d
'
un
tratto
i
rapporti
e
le
aderenze
che
uniscono
Verdi
al
pittoresco
scheletrico
della
vecchia
Parma
,
e
di
scoprire
su
quale
vacillante
e
provvisorio
piede
di
casa
s
'
innalzi
l
'
arte
clamorosa
e
grande
di
quest
'
uomo
universale
.
La
nostra
città
è
rotta
in
due
,
e
si
dà
l
'
aria
di
essere
traversata
da
un
famoso
corso
d
'
acqua
.
Il
torrente
scende
ogni
tanto
dalla
montagna
e
le
fa
una
visita
improvvisa
e
minacciosa
.
I
parmigiani
gli
hanno
preparato
per
ogni
evenienza
un
gran
letto
che
non
basta
ai
suoi
trasporti
.
A
primavera
vien
giú
in
piena
,
impennato
e
tuonante
come
se
fosse
preceduto
da
una
fila
di
tamburi
,
s
'
ingrossa
,
monta
,
supera
i
livelli
e
sale
con
la
rapidità
di
un
aerostato
fomentato
da
un
falò
.
La
folla
nera
protesa
sui
parapetti
grida
e
gongola
,
mentre
sotto
i
suoi
piedi
i
ponti
tremano
,
e
guarda
passare
nei
gorghi
e
roteare
intorno
ai
pilastri
tronchi
d
'
albero
,
stie
galleggianti
,
asini
e
cani
affogati
e
gonfi
come
sacchi
di
zampogne
.
Già
l
'
acqua
sta
per
lambire
il
segno
dell
'
ultima
inondazione
e
chiudere
gli
occhi
dei
ponti
:
schiuma
e
tempesta
contro
gli
ostacoli
velocissima
.
Le
ali
dei
muraglioni
e
le
case
dai
camini
che
fumano
sembrano
filare
in
senso
inverso
come
una
flotta
pigiata
e
fuggente
.
Allo
stesso
modo
impetuoso
si
abbatte
sul
popolo
radunato
nel
teatro
di
Parma
la
melodia
corale
di
Verdi
,
poi
decresce
,
si
ritira
e
lascia
allo
scoperto
il
greto
ampio
ardente
,
impervio
e
abbagliante
.
Ci
sono
individui
che
hanno
molto
in
più
e
qualcosa
in
meno
del
normale
,
per
cui
quando
non
possono
far
meglio
degli
altri
cadono
al
disotto
di
tutti
.
Come
gli
ordigni
di
invenzione
empirica
così
anche
gli
spiriti
veramente
primitivi
e
originali
subiscono
delle
pannes
impreviste
e
irreparabili
.
Verdi
è
uno
di
questi
.
Alti
e
bassi
,
annientamenti
,
lacune
,
risurrezioni
miracolose
,
tutto
concorre
a
rendere
variabile
e
avventuroso
il
suo
ritmo
,
e
fin
che
il
suo
genio
traversa
il
cielo
come
un
aquilone
che
soltanto
la
corsa
può
sostenere
egli
trascura
di
essere
intelligente
,
finge
d
'
ignorare
che
i
corpi
subiscono
l
'
attrazione
della
terra
e
che
là
dove
la
vita
si
spegne
la
spoglia
precipita
.
Insomma
a
vederlo
rinunciare
ai
salvataggi
artificiosi
,
meccanici
,
all
'
ortopedia
della
tecnica
,
lo
diresti
l
'
uomo
che
non
crede
alla
morte
.
La
sua
opera
rimane
sospesa
come
una
nube
carica
di
elettricità
sui
luoghi
e
sull
'
epoca
immobile
della
nostra
giovinezza
.
Noi
sentiamo
agitarsi
là
dentro
e
insorgere
il
tramestio
turbolento
d
'
un
anniversario
.
Come
per
il
rifluire
di
una
vita
anteriore
quel
mondo
di
suoni
diventa
vorticoso
,
scialbo
,
teatrale
,
pieno
di
escamotages
silenziosi
,
di
crolli
.
Tutto
un
passato
ancora
caldo
e
recente
sembra
risalire
pigramente
il
suo
corso
.
Dobbiamo
dichiarare
che
le
nostre
preferenze
vanno
a
quell
'
arte
mutevole
,
rudimentale
e
caduca
,
che
porta
nella
sua
fisionomia
terrestre
il
segno
forte
della
sua
stagione
.
Tutto
quel
che
dovrà
subire
la
legge
fatale
del
ritorno
offre
,
quando
si
stacca
e
s
'
innalza
,
uno
spettacolo
pieno
di
somiglianza
umana
,
di
emozione
e
di
interesse
.
Il
profilo
grottesco
e
rivoluzionario
della
prima
locomotiva
a
vapore
,
questo
grosso
bébé
del
Progresso
,
e
l
'
aspetto
rurale
di
tutti
i
meccanismi
e
apparecchi
di
una
scienza
ancora
incerta
che
lavora
colle
proprie
mani
servendosi
di
alberi
abbattuti
e
di
pietre
sepolte
suscitano
insieme
al
piacere
e
alla
curiosità
la
venerazione
più
viva
.
Ma
appena
si
giunge
agli
sviluppi
,
alla
pienezza
tecnica
,
alla
fabbricazione
anonima
,
ai
piani
elevati
e
praticabili
,
al
lusso
e
alla
chiaroveggenza
della
matematica
,
al
calcolo
sublime
,
il
nostro
interesse
si
perde
nel
vuoto
della
eccellenza
professionale
.
Il
moto
perpetuo
della
perfezione
che
vuol
dire
immobilità
ci
fa
morire
di
noia
e
colare
a
picco
.
Nella
gran
luce
assoluta
la
perfezione
sta
,
senza
oscillare
,
in
una
fissità
implacabile
.
Intorno
ad
essa
cadono
le
possibilità
,
si
esauriscono
i
pericoli
,
si
spezza
ogni
rapporto
,
ogni
stimolo
,
ogni
speranza
:
le
carriere
si
chiudono
,
cessano
gli
aumenti
di
stipendio
.
Là
comincia
un
vitalizio
eterno
e
immutabile
.
Nel
melodramma
di
Verdi
c
'
è
musica
per
tutte
le
borse
.
I
suoi
difetti
e
le
sue
qualità
han
radici
profonde
nella
nostra
terra
.
Estirpare
i
primi
vuol
dire
distruggere
anche
le
seconde
.
«
Non
bisogna
esagerare
-
-
egli
scriveva
-
-
nella
smania
di
voler
ogni
cosa
perfetta
,
perché
si
corre
il
pericolo
di
compiere
ben
poco
,
o
di
non
compiere
nulla
.
La
natura
,
la
sincerità
di
un
maestro
si
rivela
mantenendo
pressoché
intatto
ciò
che
gli
è
uscito
spontaneamente
dal
cervello
,
molto
meglio
che
tormentando
instancabilmente
ciò
che
egli
ha
fatto
.
Anzi
nell
'
alternativa
di
cose
un
po
'
basse
con
altre
elevate
queste
s
'
avvantaggiano
di
più
nel
contrasto
.
Io
non
istento
a
credere
che
alcuni
poeti
abbiano
calcolato
su
simili
effetti
»
.
-
-
Così
serenamente
Giuseppe
Verdi
riconosceva
che
la
sua
opera
resterà
per
sempre
incompiuta
.
Nelle
opere
di
Verdi
ci
sono
dei
quadri
di
un
romanticismo
così
morto
e
caloroso
che
quasi
ti
sembra
di
vedere
come
in
un
sogno
astronomico
,
la
jena
passar
ratta
su
terreni
sbiancati
,
ondeggianti
,
e
tutto
un
cimitero
che
succhia
il
latte
alle
poppe
della
luna
.
Nel
secondo
atto
del
Ballo
in
maschera
,
per
esempio
,
la
scena
rappresenta
un
paesaggio
che
sprofonda
e
affoga
nella
marea
lunare
.
Fremono
le
chiome
basse
dei
salici
e
la
loro
ombra
va
e
viene
lentamente
sui
marmi
sepolcrali
.
Il
Tempo
brucia
in
qualche
lumicino
votivo
con
l
'
intermittenza
di
un
polso
malato
.
O
Valle
piena
di
avventuroso
silenzio
,
Tribunale
supremo
della
galanteria
,
intorno
al
tuo
recinto
funebre
che
brulica
di
fatui
lucori
s
'
aggirano
come
grandi
farfalle
notturne
i
tenebrosi
porte
manteaux
del
teatro
melodrammatico
,
personaggi
speronati
e
illustrissimi
che
al
cospetto
dei
tuoi
monumenti
lapidari
si
strappano
l
'
anima
a
lembi
;
li
chiama
dall
'
orchestra
con
una
lunga
cantilena
di
malaugurio
la
voce
esangue
del
corno
inglese
;
ed
eccoli
,
i
colpevoli
,
dal
fondo
della
scena
,
muovere
verso
di
noi
i
passi
incerti
.
Fra
l
'
intrico
di
gramigne
che
inceppano
il
loro
cammino
,
afforano
le
assi
di
qualche
bara
sfasciata
.
Una
spada
,
delle
lacrime
luccicano
;
bacche
d
'
argento
spuntano
fra
le
gramaglie
d
'
una
vesta
,
e
il
suono
d
'
una
voce
istrumentale
echeggia
.
Udite
come
brilla
in
quella
voce
il
quid
della
celebrità
!
Udite
gli
accenti
sbigottiti
che
fluttuano
nebbiosamente
sulle
due
bocche
confuse
nell
'
amore
!
Son
essi
,
gli
adulteri
fuggitivi
,
che
il
cimitero
stringe
e
assale
da
ogni
lato
con
tutte
le
sue
croci
ed
i
suoi
mausolei
:
rinculano
i
meschini
e
s
'
innalza
la
disperazione
del
tenore
sull
'
arco
dei
violoncelli
.
Ma
con
l
'
invasione
dei
cori
lo
spettacolo
assume
un
portamento
da
grande
opera
,
la
melodia
s
'
allarga
,
e
quando
la
scena
nereggia
lugubremente
di
cospiratori
sghignazzanti
e
un
'
onda
di
feroce
derisione
sollevata
e
sospinta
dal
ritmo
musicale
si
abbatte
sui
malcapitati
amanti
,
come
non
riconoscere
in
quei
volti
numerosi
e
contorti
,
in
quella
crudeltà
,
gli
stessi
partigiani
,
impalliditi
cogli
anni
,
che
nei
giorni
lontani
infestavano
la
vita
pubblica
della
nostra
città
?
Opere
di
Verdi
,
vicenda
burrascosa
e
mortale
,
inedia
,
agonie
e
risurrezioni
miracolose
!
Un
punto
forte
,
anzi
fortissimo
,
quello
della
riscossa
,
c
'
è
sempre
là
dentro
,
quando
la
faccia
stessa
del
melodramma
ottocentesco
emerge
sfolgorante
e
intrisa
di
sangue
come
quella
di
un
terremotato
che
scappa
fuori
vivo
da
un
avello
crollato
.
La
cabaletta
esce
allora
dalla
più
abusata
e
nera
routine
con
un
rilievo
bellissimo
.
Una
freccia
vien
dritta
a
piantarsi
nel
nostro
cuore
e
dobbiamo
gridare
:
toccato
.
Col
piede
leggero
e
il
cranio
pieno
di
una
esultanza
scarlatta
entriamo
in
argomento
.
Chi
se
l
'
aspettava
?
Finalmente
il
tenore
mostra
i
denti
.
In
teatro
nasce
il
disordine
e
la
rivoluzione
si
propaga
.
La
lingua
batte
do
ve
il
dente
duole
!
Trasecolati
si
apostrofano
l
'
un
l
'
altro
gli
spettatori
trionfanti
:
Evviva
,
abbasso
!
Fuori
di
casa
Strauss
,
Debussy
e
Stravinski
!
Intanto
un
ritmo
di
ben
altra
stagione
,
un
ritmo
portentoso
e
schietto
,
rotola
in
orchestra
sotto
il
sole
campagnolo
.
La
caricatura
entra
in
un
clima
ampio
tutto
meridionale
.
Al
diavolo
il
contrappunto
e
le
fughe
;
il
barometro
sale
.
L
'
udite
correre
infuriata
sul
fondo
della
scena
la
vecchia
tradizione
,
risorta
fra
i
rimorsi
,
che
ammonisce
e
invoca
implacabile
come
la
canzone
d
'
un
amore
che
fu
?
«
Ma
non
vedi
che
l
'
albero
pende
,
e
la
foglia
la
va
,
la
va
,
la
va
.
-
-
Se
mi
volevi
bene
non
mi
dovevi
abbandonà
...
»
Appena
fuori
della
porta
di
Parma
ci
veniva
fatto
,
da
ragazzi
,
di
capitare
a
ridosso
dei
bastioni
in
certe
località
disperate
e
propizie
alle
infantili
paure
,
fra
casematte
,
cisterne
putride
,
dove
le
male
erbe
sembrano
nascondere
pietrame
di
tombe
.
-
-
Nell
'
ora
fallace
del
giorno
che
cade
la
luce
traspare
,
s
'
annida
,
lotta
per
districarsi
fra
le
masse
del
fogliame
e
rompere
là
dentro
lacerante
,
stanca
,
velata
,
mobile
.
A
due
passi
la
vita
ferveva
,
e
il
suon
dell
'
opre
raggiungendoci
nel
nostro
labirinto
,
pigliava
un
tono
canoro
;
irreale
come
d
'
un
grido
che
fa
vòrtice
in
un
pozzo
:
eco
continua
che
si
volgeva
in
minore
con
una
scordatura
soave
.
Quello
era
il
tempo
del
nostro
tirocinio
in
faccia
alla
natura
.
Piaceva
a
noi
rimanere
lí
e
guardare
accasciarsi
e
scemare
la
giornata
.
Sollevato
a
intervalli
,
come
un
velario
in
grembo
al
vento
,
il
cielo
ricadeva
in
repentini
squallori
,
colmo
di
una
lucida
e
smemorata
vacuità
.
Tremule
irradiazioni
spaziali
attraversavano
il
mondo
,
fin
che
,
arrestato
lo
spento
rimescolio
,
l
'
occhio
poteva
fermarsi
su
uno
spettacolo
di
silente
e
immobile
riposo
.
Sull
'
incudine
cadeva
abbandonato
il
martello
del
fabbro
,
cessava
l
'
indistinto
strepito
dei
lavori
quotidiani
e
il
fossato
s
'
andava
riempiendo
di
fantasmi
.
Simili
a
forme
animalesche
e
buie
le
cose
intorno
affondavano
,
vacillanti
,
nell
'
ombra
'
.
Ultime
e
nuove
affioravano
le
lucciole
e
s
'
allontanavano
come
portate
via
sulle
acque
notturne
.
Respirando
a
pieni
polmoni
la
freschezza
di
quel
clima
mortuario
sentivamo
quasi
,
in
preda
a
un
sublime
sgomento
,
frusciare
sul
nostro
capo
il
cielo
e
le
sue
stelle
.
Col
primo
raggio
di
luna
sorgevano
titubanti
,
a
spiarci
,
ad
una
ad
una
,
fra
le
fronde
e
i
rami
,
le
facce
d
'
argento
dei
congiurati
del
«
Ballo
in
maschera
,
che
una
nuvoletta
a
poco
a
poco
»
spegneva
.
Allora
lentamente
il
sonno
della
terra
ci
prese
in
grembo
,
mentre
ancora
pareva
a
noi
di
udire
un
gramo
motivo
d
'
orchestra
allungarsi
,
accorciarsi
e
accordare
il
suo
timbro
al
grido
della
civetta
.
Su
quel
verso
romito
e
ferale
,
antica
e
paurosa
cadenza
,
l
'
anima
trovava
a
occhi
chiusi
il
modo
di
passare
sui
precipizi
con
una
leggerezza
sonnambolica
.
O
,
il
vaporoso
risveglio
quando
nell
'
altissima
notte
,
con
un
vento
che
trascina
e
fa
stormire
i
vecchi
ippocastani
dei
bastioni
,
mutevole
,
fra
l
'
uragano
e
una
tristezza
di
pioggia
echeggiò
,
molto
lontano
,
nel
canto
sgranato
e
lunatico
d
'
un
viandante
la
cabaletta
di
Verdi
.
II
Migliavacca
Trent
'
anni
fa
viveva
a
Parma
un
vecchio
violinista
lacero
e
randagio
chiamato
Migliavacca
,
cieco
,
obeso
e
sbarbato
come
un
diacono
.
Acidità
,
patema
e
sarcasmo
sfogava
masticando
ingiurie
con
la
voce
vinosa
.
Era
tenuto
in
gran
conto
e
rispettato
da
tutti
.
Con
quella
sua
testa
maestosa
chinata
sul
petto
,
inchiodata
nel
buio
,
incuteva
timore
,
e
un
codazzo
di
ammiratori
lo
seguiva
a
debita
distanza
durante
le
sue
peregrinazioni
e
i
suoi
concerti
serali
.
Migliavacca
vagava
da
un
'
osteria
all
'
altra
stringendo
sempre
sotto
l
'
ascella
un
violinuccio
mingherlino
e
unto
come
un
osso
di
prosciutto
.
Amò
sino
all
'
ultimo
dei
suoi
giorni
la
musica
d
'
opera
,
il
vino
di
bottiglia
e
le
donne
calde
da
trivio
.
Per
amore
di
queste
ultime
si
lasciava
condurre
docilmente
verso
le
case
di
malaffare
.
Saliva
brancolando
quelle
scale
piene
di
lezzo
e
di
canzoni
avariate
,
poi
su
nel
salotto
,
quando
lo
sfiorava
il
braccio
nudo
e
morbido
di
qualche
rauca
baldracca
,
allungava
il
broncio
come
un
vizioso
e
la
sua
grossa
e
pesante
maschera
impassibile
,
che
chiudeva
una
sciagura
di
fuoco
,
sembrava
volersi
spezzare
e
sciogliere
in
una
lascivia
muta
.
Subito
tutte
quelle
femmine
gli
si
facevano
sopra
a
pregarlo
:
Migliavacca
,
nonno
mio
,
una
sonata
carina
!
Egli
trasaliva
a
quei
fiati
postribolari
;
con
un
sorriso
lubrico
sulle
umide
labbra
andava
tastando
il
violino
,
l
'
imbracciava
e
raccoglieva
il
volto
congestionato
sulla
cassa
dell
'
istrumento
.
Le
dita
aggrappate
alla
tastiera
come
a
scavare
con
le
unghie
in
un
petto
,
egli
arrivava
allora
sino
a
toccarci
il
cuore
.
Poi
,
il
pezzo
,
fra
sospiri
e
armonie
,
finiva
,
e
Migliavacca
,
spinto
rotoloni
sopra
un
divano
,
colava
gloriosamente
a
picco
sotto
gli
amplessi
e
le
carezze
di
quelle
prostitute
.
Il
giorno
dopo
di
primo
mattino
lo
ritrovavi
già
al
lavoro
fermo
e
soletto
sul
marciapiedi
,
all
'
ombra
,
dinanzi
all
'
Albergo
della
Fontana
.
Guadagnava
così
,
umilmente
,
il
suo
pane
,
suonando
per
i
clienti
che
in
maniche
di
camicia
si
facevano
alla
finestra
,
mentre
intorno
ai
capricci
del
suo
archetto
tumultuavano
con
una
famigliarità
pittoresca
i
piccioni
del
palazzo
comunale
.
La
sera
stessa
lo
rivedevi
poi
all
'
ultimo
atto
dell
'
opera
,
seduto
sul
loggione
del
Teatro
Regio
.
Come
siede
in
chiesa
,
abbandonato
su
uno
stallo
della
cantoria
il
più
vecchio
canonico
del
capitolo
,
eccoti
Migliavacca
che
ascolta
nel
buio
la
Traviata
,
biascicando
non
si
sa
quale
gioia
concentrata
.
Gli
era
guida
e
compagno
fedele
un
chitarrista
mezzo
orbo
anche
lui
,
bruciato
dal
vino
,
sbrindellato
e
beceresco
come
un
mulatto
andaluso
di
Gustavo
Doré
.
La
faccia
di
costui
era
una
spugna
d
'
alcool
.
Mentre
strappava
sonnecchiando
il
mazzo
delle
corde
,
una
ruota
di
mosche
e
di
sogni
ronzava
di
continuo
intorno
a
quella
sua
gemebonda
chitarra
.
Di
tanto
in
tanto
Migliavacca
,
con
un
grugnito
represso
,
era
costretto
a
scuoterlo
,
perché
s
'
addormentava
su
un
accordo
.
Suonavano
insieme
dinanzi
al
caffè
Marchesi
per
un
pubblico
seduto
all
'
aria
aperta
.
Vanitosa
esposizione
di
piccole
famiglie
,
società
provinciale
,
ragazze
da
marito
,
esasperazione
,
indolenza
e
noia
immortale
della
vita
cittadina
facevano
durante
quelle
portentose
serate
commemorative
un
quadro
colorito
e
vivace
.
Fra
gli
strilli
e
le
eccentriche
piroette
dei
camerieri
,
tra
il
luccicore
di
caraffe
,
di
scodelle
e
di
bicchieri
,
anime
lasse
vibrano
sospese
alle
corde
d
'
un
cagionevole
violino
.
O
,
quante
bocche
di
rosa
socchiuse
come
per
un
bacio
dinanzi
a
una
granita
di
limone
.
Sono
le
signorine
di
buona
condizione
,
piantonate
dai
cari
genitori
,
che
si
dànno
anch
'
esse
a
inseguire
di
soppiatto
,
sul
tema
musicale
,
l
'
idea
unica
e
fissa
d
'
un
matrimonio
eventuale
.
Dormiveglia
,
candore
,
allibimento
di
quell
'
architettura
arciducale
.
Quasi
emersa
da
una
storica
oscurità
la
gente
squattrinata
si
addensava
dietro
i
due
sonatori
.
Odii
,
rivalità
,
ira
,
rancori
covava
in
seno
tutta
quella
plebe
assaporando
la
musica
cupamente
in
pose
rapite
e
meditabonde
.
Intanto
sui
vecchi
edifici
circostanti
sembrava
allungarsi
man
mano
rigida
e
coricata
l
'
ombra
di
Napoleone
.
Quei
concerti
,
duravano
l
'
estate
oltre
la
mezzanotte
a
languire
così
.
La
adunanza
popolare
,
chiusa
e
nera
ammutoliva
come
un
firmamento
intorno
al
cieco
.
Simili
a
stelle
cadenti
,
nel
chimerico
silenzio
creato
dal
violino
,
arcane
cupídigie
e
ipotesi
lanciate
sprofondavano
negli
universi
misteriosi
.
Quando
Migliavacca
suonava
,
il
traffco
era
bloccato
;
lui
vivo
non
si
sarebbe
potuto
pensare
di
posare
sulla
strada
principale
le
rotaie
del
tram
.
Egli
mori
;
e
fu
in
quel
vuoto
improvviso
che
la
più
balorda
e
intraprendente
genía
prese
piede
in
città
.
Lo
spettro
del
progresso
s
'
infiltrò
fra
quei
vicoli
quasi
verdi
di
erba
.
Asfaltisti
,
ingegneri
,
vagneriani
,
socialisti
,
entrarono
e
sorsero
a
sconvolgere
ogni
angolo
.
Fu
la
rivoluzione
nei
costumi
,
nelle
abitudini
,
in
tutto
,
ma
i
veri
rivoluzionari
rimasero
tuttavia
i
verdiani
pallidi
e
feroci
di
Parma
.
Musicisti
sciupati
e
giú
di
moda
,
coi
loro
baffi
fradici
di
nebbia
,
chiusi
nelle
loro
fruste
pelliccie
,
spente
figure
di
nottambuli
che
lasciano
penzolare
la
testa
e
hanno
delle
austere
borse
sotto
gli
occhi
,
costoro
se
ne
andavano
lungo
i
muri
come
dei
vecchi
topi
spelacchiati
e
pieni
di
acciacchi
salivano
e
scendevano
solinghi
sul
tardi
,
i
ponti
a
schiena
d
'
asino
.
Con
certi
cappelli
neri
,
larghi
e
pioventi
come
ombrelli
,
questi
peripatetici
pitocchi
in
preda
a
un
acerbo
rovello
,
cercavano
,
capitando
sotto
il
lume
smorto
d
'
un
lampione
,
di
nascondere
quella
cera
magra
,
gonfiata
da
una
tosse
che
tien
le
loro
bocche
in
continua
emozione
.
O
eroi
affranti
che
avete
bevuto
nel
calice
sino
alla
feccia
,
guardiani
laidi
e
dignitosi
d
'
un
passato
incantevole
,
voi
che
oggi
riposate
trafelati
sugli
ultimi
lembi
di
silenzio
,
sappiate
che
la
gloria
non
esiste
più
.
Guardate
la
vostra
città
.
Han
demolito
le
mura
,
hanno
abbattuto
anche
le
centenarie
alberate
dei
bastioni
.
Al
suono
dei
claroni
il
villano
traversa
in
automobile
le
vostre
strade
.
Polvere
che
il
vento
solleva
,
polvere
che
ricade
sulla
polvere
,
in
quel
deserto
di
memorie
che
è
diventata
la
vita
.
Altro
che
arte
!
È
la
velocità
che
conta
oggi
,
i
pugilati
,
le
truffe
e
poi
,
di
nuovo
,
la
velocità
.
Masticate
dunque
l
'
amaro
veleno
,
voi
che
avete
ancora
nel
petto
il
ritmo
lento
,
nodoso
e
ostile
dei
congiurati
e
dei
creatori
.
III
Il
ponte
verde
Era
un
ponte
a
schiena
d
'
asino
,
fatto
di
legname
.
Più
pittoresco
che
non
si
creda
,
edificante
come
la
doppia
scala
allegorica
della
vignetta
che
rappresenta
«
Le
età
dell
'
uomo
»
.
Andava
su
ripido
,
s
'
impennava
,
e
poi
giú
dall
'
altra
parte
,
scavalcando
il
corso
d
'
acqua
nel
luogo
più
antico
,
monumentale
e
solitario
della
città
.
Parma
e
il
suo
cielo
facevano
sfondo
.
Qualche
raro
passante
arrivato
sulla
gobba
del
ponte
,
sostava
appoggiato
al
bastone
,
imitando
egregiamente
il
gramo
omino
della
parabola
che
dopo
la
balda
giovinezza
affronta
la
china
della
vecchiaia
.
In
quei
tempi
ero
un
ragazzino
che
dall
'
orto
d
'
una
casa
affacciata
e
sospesa
sul
torrente
,
spiava
,
verso
l
'
ora
di
cena
,
il
ritorno
del
suo
papà
.
Lo
vedevo
scendere
,
mio
padre
,
stanco
e
a
capo
chino
,
il
ponte
,
e
sprofondare
tra
le
spallette
-
-
era
ancora
lí
,
tanto
vicino
a
me
:
lo
chiamavo
con
una
subitanea
angoscia
prima
che
scomparisse
del
tutto
.
Più
di
vent
'
anni
fa
questo
ponte
venne
distrutto
e
sostituito
da
un
piatto
canalone
,
in
cemento
armato
,
al
quale
la
coalizione
degli
ingegneri
e
dei
socialisti
che
amministrava
insolentemente
la
città
diede
il
nome
di
«
ponte
Verdi
»
.
Omaggio
di
quei
che
proclamavano
l
'
arte
«
spesa
improduttiva
»
fatto
a
un
originale
musicista
che
essendo
sul
punto
di
morire
perdeva
proprio
allora
una
bella
occasione
di
protestare
.
Ma
l
'
antico
ponte
scomparso
,
da
non
confondere
con
quello
attuale
,
si
chiamava
verde
perché
di
verde
era
stato
dipinto
da
oltre
un
secolo
.
E
di
esso
restarono
fermi
nella
limpida
corrente
i
piloni
spezzati
e
i
massi
dispersi
qua
e
là
.
Quand
'
era
in
piedi
,
il
ponte
verde
,
univa
la
Pilotta
,
colossale
edificio
costruito
dai
Farnese
che
distende
la
sua
facciata
sulla
destra
del
torrente
,
alla
riva
opposta
,
difesa
da
un
muraglione
altissimo
e
decrepito
,
che
un
immenso
tappeto
sventolante
di
erbe
,
di
fioracci
,
e
di
bocche
di
leone
copriva
a
perdita
d
'
occhio
.
Nella
stagione
di
magra
le
lucertole
,
le
donnole
,
le
biscie
strisciavano
fitte
entro
quella
gramigna
abbarbicata
al
mattone
;
i
topi
d
'
acqua
,
a
schiere
,
girellavano
lungo
la
muraglia
,
fra
i
ciuffi
verdi
s
'
inseguivano
e
si
lasciavan
cadere
come
dei
sacchetti
scotendo
e
facendo
tremare
le
cascate
d
'
edera
.
Raggiunta
quella
riva
così
popolata
di
animalacci
immondi
,
la
strada
del
ponte
passava
sotto
l
'
arco
d
'
un
torrione
merlato
e
sboccava
nel
profondo
parco
ducale
.
Sul
torrazzo
dalla
sagoma
tozza
e
guerresca
lavorava
un
fabbro
ferraio
.
Tutto
il
giorno
s
'
udiva
il
martello
e
la
lima
cantare
.
Specialista
di
grosse
serrature
,
di
catenacci
e
di
chiavi
governamentali
,
quest
'
uomo
viveva
solo
là
dentro
.
Usciva
solo
,
non
seppi
mai
da
qual
porta
.
Sbucava
dal
voltone
,
sempre
un
po
'
nero
di
fumo
e
lucente
di
polvere
di
ferro
.
Salutava
mio
padre
con
un
rispetto
simpatico
e
civile
.
Ci
si
sentiva
onorati
e
contenti
del
suo
«
buongiorno
»
.
E
ogni
volta
avevo
una
gran
curiosità
di
avvicinarlo
,
di
conoscerlo
,
di
dargli
la
mano
.
La
domenica
usciva
con
un
cappello
duro
.
Era
un
artigiano
all
'
antica
;
abbottonato
,
individualista
,
senza
tracotanza
.
Il
giorno
del
riposo
lo
passava
nelle
vicinanze
della
sua
fucina
,
senza
altra
occupazione
che
di
guardare
il
colore
dell
'
acqua
sotto
il
ponte
,
e
il
colore
del
cielo
.
Ma
quando
udivi
il
picchiettio
del
suo
lavoro
,
che
per
lo
più
durava
fino
a
notte
,
allora
ti
sembrava
che
un
mistero
armonioso
si
diffondesse
dalla
torre
chiusa
,
il
più
gran
mistero
della
mia
fanciullezza
.
Ascoltavo
,
tendevo
le
orecchie
a
quel
suono
domestico
e
remoto
.
Là
dentro
non
c
'
era
metallurgia
,
non
c
'
era
il
terremoto
meccanico
,
né
le
pulegge
,
né
i
torni
,
né
i
rocchetti
d
'
un
opificio
.
Egli
forse
,
soletto
,
col
cappello
in
testa
,
accomodava
in
quel
momento
delle
vecchie
suppellettili
,
degli
ordigni
casalinghi
,
rifaceva
il
fondo
di
qualche
fornello
,
il
manico
d
'
un
girarrosto
,
o
il
coperchio
d
'
una
pentola
.
Intanto
quel
suo
martellino
faceva
una
musica
tenera
,
dettagliata
,
amorosa
.
Saltando
sull
'
incudine
,
i
colpi
cominciavano
forte
,
continuavano
più
rapidi
,
e
finivano
in
una
pioggia
argentina
.
Il
fuoco
della
fucina
volteggiava
azzurro
dietro
i
vetri
della
sua
finestra
medioevale
.
E
quella
finestra
a
vetri
piombati
non
s
'
apriva
mai
.
Il
mio
fabbro
ferraio
non
mostrò
mai
la
sua
faccia
lassú
.
Quando
il
torrente
era
in
piena
,
il
governo
della
città
dava
l
'
allarme
,
ma
il
vecchio
ponte
non
aveva
paura
che
la
furia
delle
acque
lo
portasse
via
:
con
quella
sua
solida
gabbia
'
di
travi
,
simile
a
un
leggendario
battello
,
il
ponte
Verde
avrebbe
potuto
galleggiare
sino
al
Po
'
.
Tuttavia
il
malumore
contro
di
lui
cresceva
col
crescer
del
torrente
.
Le
autorità
non
dormivano
più
.
Quella
balaustra
verde
col
suo
salto
da
gobbo
irrideva
al
pericolo
,
e
la
sua
mossa
allegra
,
precisa
,
scheletrica
cantava
sopra
i
flutti
per
i
poeti
invece
di
ragionare
per
i
geometri
.
In
quell
'
ambiente
pieno
di
balorde
investiture
politiche
e
di
declamazioni
victorhughiane
,
là
dove
c
'
era
un
padre
del
popolo
e
alcune
decine
di
democratici
massoni
a
costituire
il
Consiglio
comunale
,
si
demolivan
le
chiese
,
si
abbattevan
le
torri
,
si
atterravan
gli
alberi
,
si
scavava
la
fossa
ai
secoli
passati
,
si
distruggeva
tutto
per
dar
lavoro
al
popolo
.
Più
un
lavoro
era
inutile
e
più
ce
n
'
era
urgenza
.
Il
padre
del
popolo
aveva
pronti
dei
piani
formidabili
di
lavori
inutili
:
ce
n
'
era
da
lavorare
inutilmente
per
cinquant
'
anni
almeno
.
E
il
ponte
fu
condannato
.
Chi
poteva
salvare
questo
piroscafo
che
da
cent
'
anni
stava
in
quarantena
fra
due
file
di
case
,
dall
'
odio
di
tanti
filantropi
?
Due
santi
,
due
patroni
,
due
difensori
,
li
aveva
il
ponte
Verde
,
ma
l
'
uno
era
cieco
,
l
'
altro
sordo
,
laceri
ambedue
e
in
uno
stato
avanzato
d
'
inedia
.
Da
tempo
immemorabile
stavan
li
di
fazione
ai
due
accessi
chiedendo
l
'
elemosina
.
La
rovina
del
ponte
li
travolse
ambedue
,
e
scomparvero
insieme
.
Il
primo
,
un
vegliardo
dai
lunghi
capelli
d
'
argento
,
sedeva
tutto
il
giorno
,
dal
lato
della
Pilotta
,
su
uno
sgabello
basso
,
col
bastone
fra
le
gambe
,
e
tendeva
il
cappello
.
Una
barba
veneranda
gli
incorniciava
la
faccia
imponente
e
tranquilla
.
Sulle
spalle
larghe
portava
una
gran
casacca
scolorita
.
La
sua
voce
grave
e
profonda
,
come
l
'
ultima
canna
d
'
un
organo
,
l
'
udivi
di
lontano
,
prima
di
vederlo
.
Era
sempre
la
stessa
salmodia
sonnolenta
:
fate
la
carità
al
povero
cieco
.
L
'
altro
,
un
vecchio
mummificato
,
seduto
nel
cantone
più
buio
della
volta
che
conduce
al
parco
ducale
,
vendeva
dei
dolci
speciali
,
alti
quattro
dita
,
e
composti
d
'
ogni
sorta
d
'
avanzi
.
Questi
pezzi
di
torta
,
tagliati
a
losanga
,
che
a
noi
discoli
sembravano
cosa
ghiottissima
,
venivano
chiamati
,
non
saprei
perché
,
paste
greche
-
-
c
'
era
dentro
di
tutto
:
mandorle
,
pasta
frolla
in
briciole
,
ossi
di
ciliege
,
cioccolato
,
biscotti
avariati
,
avanzi
di
marzapane
,
pan
pepato
e
qualche
volta
,
bottoni
di
soldato
-
-
un
tritume
nero
,
impastato
e
poi
cotto
al
forno
.
Intorno
a
quei
dolci
di
dubbio
colore
,
che
una
fitta
polvere
di
zucchero
copriva
,
ronzavano
le
mosche
e
la
ragazzaglia
della
strada
.
Bisognava
vedere
gli
occhi
avidissimi
e
le
pose
languenti
di
tutta
quella
marmaglia
che
protraeva
accanitamente
l
'
assedio
.
Il
vecchio
cisposo
vendeva
i
suoi
dolci
un
soldo
l
'
uno
,
ma
aveva
la
vista
corta
e
incassava
i
palanconi
falsi
.
I
monelli
cocciuti
aspettavano
che
gli
si
chiudessero
gli
occhi
,
che
la
testa
cadesse
sul
petto
,
per
dargli
un
urtone
e
rubargli
all
'
improvviso
qualche
pasta
greca
.
Poi
erano
strilli
e
fughe
nel
greto
del
torrente
.
Tutta
la
gente
,
tutto
il
bel
mondo
dei
pomeriggi
festivi
,
e
gli
amanti
della
sera
,
passavano
sotto
l
'
arco
oscuro
della
torre
,
dove
il
mio
fabbro
invisibile
faceva
suonar
le
chiavi
.
Passavano
le
belle
donne
sfiorando
con
i
loro
volans
di
seta
quell
'
ombra
di
mendicante
accucciato
sulla
terra
,
quell
'
esoso
venditore
di
sudici
dolciumi
,
che
rimaneva
là
,
immobile
,
abbandonato
nelle
tenebre
,
fin
che
il
fanale
verde
s
'
accendeva
in
groppa
al
ponte
a
illuminare
debolmente
i
due
versanti
.
I
pipistrelli
volteggiavano
leggeri
e
silenziosi
intorno
a
quel
faro
smorto
e
stralunato
.
IV
Teatro
Fra
la
babilonia
sempiterna
del
cartone
dipinto
,
in
una
stroppiatura
feroce
della
realtà
,
sotto
l
'
azzurro
disperato
dei
cieli
,
fra
i
lampi
del
magnesio
che
fanno
trasecolare
i
volti
imbiancati
e
anneriscono
gli
occhi
come
olive
ardenti
,
si
desta
di
soprassalto
l
'
oro
rimoto
delle
attrezzature
e
risplendono
i
laghi
nei
regni
bruciacchiati
e
secolari
di
Solimano
.
Là
regna
,
come
un
principio
,
la
Spagnola
con
la
sua
vena
strana
di
delirio
canoro
,
intorno
a
lei
nella
gran
luce
e
nel
vuoto
piove
la
polvere
di
un
mondo
in
consunzione
.
Dalla
fabbriceria
degli
ori
armonici
sale
un
ronzio
sonoro
di
violini
appisolati
,
uno
zufolo
flebile
e
un
fiatare
roco
di
legni
musicali
;
i
violoncelli
vanno
gorgogliando
giú
fino
al
fondo
delle
iridescenze
,
il
fagotto
borbotta
fra
l
'
afa
smaniando
e
gli
ottoni
accaldati
sembrano
digerire
,
sopra
una
nota
lunga
,
un
sonnifero
denso
nella
gran
siesta
cocente
del
fossato
orchestrale
:
la
Spagnola
attacca
con
la
voce
indolenzita
una
boutade
lunatica
appresa
al
sillabario
puerile
d
'
un
usignolo
,
che
sente
molto
il
genere
«
crepuscolo
»
,
e
la
sua
voce
sempre
più
esitante
scompare
in
un
indistinto
naufragio
di
malinconia
.
D
'
un
tratto
un
acutissimo
fischio
,
un
fischio
simile
a
quello
che
avvisa
gli
equipaggi
delle
navi
in
manovra
,
fa
cambiare
rotta
e
quadro
alla
prova
:
un
'
oscurità
caotica
precipita
rombando
sulla
scena
;
i
fondali
rovinano
dall
'
alto
fra
i
richiami
concitati
di
una
folla
anonima
.
Cieli
nuovi
escono
dalle
spaccature
della
ribalta
e
vanno
su
a
occupare
il
posto
di
quelli
già
sfruttati
.
Le
quinte
da
ogni
parte
vacillano
e
navigano
tra
un
diradare
di
nebbia
rossastra
.
Poi
,
a
poco
a
poco
,
come
da
un
antro
vulcanico
,
emerge
il
palcoscenico
con
le
sue
fumose
muraglie
bruciacchiate
e
qualche
lembo
di
scenario
che
dalle
bilancie
pende
fino
a
terra
.
Allora
un
fiato
da
caverna
e
una
oscura
,
misteriosa
tristezza
venne
giú
da
quell
'
inerte
laboratorio
lirico
.
Guardiamo
,
contriti
,
intorno
e
in
alto
le
file
replicate
dei
palchi
rossi
e
riboccanti
dove
stanno
in
comunanza
gli
sparati
immacolati
,
le
decolletées
pallide
e
ambigue
,
i
crani
lucidi
e
le
lunghe
braccia
guantate
.
L
'
alto
ceto
siede
,
fra
la
seta
e
le
gemme
,
affacciato
ai
davanzali
dei
balconi
innumerevoli
,
in
pose
d
'
eleganza
e
d
'
abbandono
musicale
,
come
vegliando
sotto
i
piccoli
lampadari
di
cristallo
veneziano
,
mentre
sul
fondo
indistinto
vigila
,
eretta
e
ossequiente
,
la
nera
galanteria
dei
cavalieri
serventi
.
Tutta
la
grande
sala
fin
su
agli
estremi
capitelli
carica
di
volti
protesi
e
accesi
,
sembra
voler
roteare
in
un
parossismo
d
'
insania
e
di
concitazione
,
fra
grida
di
ebbrezza
e
di
fanatica
passione
delirante
.
Rosina
Storchio
,
silfide
milanese
,
sentimentale
di
alto
lignaggio
,
in
una
veste
gonfia
di
trine
legg
[
i
]
ere
e
appena
tinte
di
colore
,
abbandonata
vaporosa
nel
gran
salone
rococò
,
solitaria
fra
i
mobili
fastosi
e
i
candelabri
viventi
,
delicata
e
leggera
sui
piedi
di
gran
dama
,
versa
nella
sua
bella
voce
,
trasparente
cristallo
di
Murano
,
lacrime
,
angoscia
,
e
il
fragile
ridere
tremante
di
un
'
anima
che
naufraga
in
ricordi
deliziosi
.
I
suoi
accenti
sono
quelli
sincera
d
'
una
passione
mille
volte
provata
e
non
mai
esaurita
.
Ella
sembra
invocare
con
pena
graziosa
la
concordia
,
l
'
amore
,
e
la
pietà
,
perché
l
'
arte
italiana
e
celebrata
non
abbia
a
decadere
e
a
morire
,
sembra
invocare
con
una
abnegazione
cosi
viva
da
tener
in
catena
la
supina
platea
e
il
proteso
loggione
.
V
Bottesini
Fu
uno
dei
più
geniali
fra
gli
artisti
del
secolo
verdiano
,
e
fra
i
virtuosi
il
più
fantastico
.
Egli
riuscí
a
spiritualizzare
la
grottesca
meccanica
del
suo
istrumento
,
soffiando
su
tutti
gli
ostacoli
col
fiato
di
un
mistificatore
prodigioso
.
All
'
apogeo
,
questo
artista
sommo
traduceva
vivamente
Paganini
sul
contrabbasso
.
Figlio
d
'
un
'
epoca
nella
quale
i
padroni
della
terra
non
erano
degli
ingegneri
,
ma
dei
signori
magnifici
che
una
gerarchia
intellettuale
innalzava
e
illuminava
,
incontro
a
lui
si
mosse
graziosamente
il
favore
di
quel
tempo
generoso
e
romantico
.
Fino
all
'
ultimo
giorno
egli
mangiò
il
pane
della
gloria
,
poi
fu
dimenticato
.
Con
Giovanni
Bottesini
scomparve
l
'
ultimo
esemplare
del
contrabbassista
virtuoso
.
Non
lasciò
eredi
.
La
sua
superba
arte
istrumentale
gli
mori
a
lato
come
una
sposa
che
non
vuol
sopravvivere
.
Là
dove
egli
era
giunto
,
per
un
colpo
mancino
del
genio
e
con
la
più
stravagante
complicità
della
natura
,
nessuno
potrà
arrivare
mai
più
,
né
farsi
da
presso
per
capirne
e
spiegarne
il
miracolo
.
Il
suo
posto
solitario
sta
distrattamente
al
di
là
di
ogni
limite
.
Ai
suoi
tempi
il
Gusto
aveva
una
funzione
,
il
Genio
un
carattere
e
l
'
Arte
una
tradizione
.
La
politica
,
questa
scienza
divenuta
flagello
,
taceva
subordinata
e
sottomessa
.
I
grossi
affari
di
Stato
lasciavano
appena
un
'
ombra
di
fastidio
sul
volto
dei
ministri
e
qualche
granulosa
traccia
di
tabacco
sui
loro
panciotti
.
Del
resto
,
le
palle
di
cannone
si
contavano
sulle
dita
,
ed
erano
così
pigre
che
,
contrariate
da
un
vento
forte
,
cambiavano
direzione
e
finivano
qualche
volta
per
tornare
indietro
.
In
quel
mondo
spiritoso
e
volubile
come
la
fiamma
aggressiva
e
vacillante
del
gaz
,
l
'
astrazione
esatta
non
era
preveduta
:
il
baratro
spettrale
della
luce
elettrica
non
s
'
era
ancora
spalancato
dinanzi
agli
uomini
.
In
teatro
si
leggeva
il
libretto
al
fumo
di
una
candela
e
,
sulla
scena
,
la
pece
greca
poteva
rappresentare
,
senza
opposizione
,
la
collera
degli
elementi
.
Anche
la
matematica
soffriva
allora
l
'
umidità
;
e
la
meccanica
,
che
viveva
in
buona
lega
con
il
legname
,
scricchiolava
faticosamente
e
si
schiantava
ai
primi
geli
rimanendo
ostruita
e
ferma
sotto
le
stagioni
.
Allora
eran
permesse
soltanto
le
invenzioni
buffe
;
le
burle
che
facevan
crepare
dal
ridere
eran
di
moda
;
c
'
era
per
la
musica
e
per
la
danza
del
fanatismo
e
del
furore
;
l
'
Italia
da
Venezia
a
Napoli
era
un
solo
carnevale
,
del
tutto
innocente
.
Dunque
,
non
per
caso
,
un
bel
giorno
il
nostro
pubblico
si
trovò
fra
i
piedi
anche
Giovanni
Bottesini
con
il
suo
contrabbasso
.
Quest
'
uomo
che
viaggiò
il
mondo
tutta
la
vita
e
lasciò
dovunque
tracce
profonde
di
costernazione
e
di
stupore
,
era
grande
di
statura
e
aveva
un
aspetto
lunare
e
corroso
,
sciupato
e
assonnato
,
insomma
un
artista
dal
sangue
guasto
e
dalle
abitudini
dissolute
.
Entrava
in
fretta
all
'
ultimo
minuto
sul
palcoscenico
fradicio
e
semibuio
del
teatro
ducale
,
sbirciando
,
col
collo
torto
,
di
tra
le
coulisses
,
il
loggione
stipato
di
gente
,
mentre
il
servo
di
scena
gli
levava
l
'
immensa
pelliccia
.
Allorquando
,
dinoccolato
,
si
presentava
tirandosi
dietro
,
bonariamente
,
quell
'
enorme
topaia
,
tutti
,
del
pubblico
,
ridevano
e
lui
con
tutti
,
a
crepapelle
.
Faceva
volentieri
della
parodia
;
cominciavano
prima
i
grugniti
del
contrabbasso
;
dopo
si
passava
nel
regno
dei
calabroni
e
ti
preva
che
tutta
l
'
aria
e
la
luce
brulicassero
di
pungiglioni
.
Allora
quasi
intontito
tra
il
ronzare
,
nel
torpore
e
nell
'
afa
sovraccarica
di
idrofobia
,
egli
,
il
suonatore
,
rotolava
,
a
poco
a
poco
addormentato
,
giú
per
la
tastiera
attaccandosi
,
per
miracolo
,
alla
quarta
corda
.
Oh
,
quel
russare
profondo
,
voluminoso
,
inaccessibile
,
sembrava
confondersi
con
i
trasalimenti
assonnati
dell
'
asse
terrestre
o
con
il
lamentoso
e
artritico
scricchiolio
di
una
stiva
tappata
e
troppo
carica
!
Adagio
,
adagio
,
pigliava
poi
via
,
serpeggiando
,
con
un
tramestio
obliquo
,
cieco
e
dilungato
,
come
rettile
mostruoso
che
s
'
inselva
.
Fin
che
si
buttava
,
piegato
in
due
,
a
suonare
con
voglia
,
sferzando
l
'
istrumento
come
per
rompere
una
crosta
dura
.
Dal
credenzone
spiritato
uscivano
,
allora
,
i
suoni
più
volubili
,
scivolando
via
stretti
in
successioni
di
accordi
e
in
glissandi
veloci
,
leggeri
e
lucenti
come
i
raggi
che
trafiggono
le
nubi
.
Gli
arpeggi
,
le
corde
doppie
e
i
pizzicati
azzeccati
saltavano
all
'
aria
in
una
prodigiosa
mescolanza
,
formando
una
grandiosa
e
barocca
architettura
che
crollava
precipitosamente
,
circondata
e
distrutta
con
furia
da
una
sequela
di
tonfi
mistificatori
.
Il
suo
era
un
cantare
tutto
invaghito
e
pieno
di
spasimo
che
somigliava
,
sulla
prima
corda
,
a
quello
del
violoncello
,
solo
che
il
suono
intonato
era
reso
un
po
'
enigmatico
quasi
da
una
maschera
fosca
che
non
desse
di
riconoscerlo
.
La
sua
arcata
dolce
,
interminabile
,
tenace
,
pacifica
e
distesa
,
e
il
suo
stile
nobile
,
pieno
di
sentimento
e
di
santità
tant
'
opra
facevano
da
persuadere
e
indurre
il
trappolone
puntiglioso
e
refrattario
a
parlare
con
voce
ammansita
,
soave
,
incalorita
,
fremente
,
e
a
sciogliere
nel
velluto
d
'
un
pianissimo
,
una
per
una
,
le
note
sospirate
e
perplesse
della
più
adorabile
malinconia
.
Niente
lo
accontentava
.
Istrione
,
disseppellitore
di
effetti
sempre
più
rari
e
pericolosi
,
egli
si
rifaceva
sotto
,
mettendo
,
di
nuovo
,
tutto
a
soqquadro
per
stanare
,
scuotere
e
risvegliare
il
mostro
sedentario
.
Superando
le
difficoltà
,
così
,
a
scalinate
;
sfasciando
piramidi
di
ottave
;
sollevando
,
in
burrasca
,
il
suo
lento
pachiderma
sino
alle
stelle
,
con
uno
scrollare
avventato
,
astioso
e
gigantesco
egli
frullava
l
'
arco
tozzo
e
formidabile
,
come
una
tramontana
tempestosa
,
fra
il
groviglio
dei
cordami
.
Echeggiava
allora
,
fuggendo
,
sull
'
intrico
temporalesco
,
un
debole
e
lontano
scampanio
di
bronzi
,
insistente
e
ferale
,
e
a
quello
ecco
rispondere
,
d
'
acchito
,
strangolata
e
vicina
,
l
'
anima
sprangata
e
sordida
del
contrabbasso
.
Muovente
dai
silenzi
stagionati
,
una
voce
gobba
e
sepolta
di
ventriloquio
si
affacciava
domesticamente
fra
le
corde
canterellando
con
una
insolenza
ironica
delle
variazioni
grottesche
sul
motivo
del
Carnevale
di
Venezia
:
la
modulazione
oscena
l
'
alzava
audacemente
di
tono
,
poi
ricadeva
in
mollezze
veneree
dondolandosi
,
al
fondo
,
sull
'
arco
del
contrabbasso
.
Quel
che
succedeva
a
questo
punto
in
teatro
è
indescrivibile
.
Il
pubblico
aristocratico
della
corte
si
torceva
sulle
poltrone
in
preda
ad
una
ilarità
stridula
.
Gli
applausi
e
le
richieste
di
bis
scoppiavano
lungo
le
file
scomposte
,
ad
ogni
battuta
.
Le
dame
seminude
e
portentose
,
che
facevan
corona
nelle
logge
dei
nobili
,
tirate
in
ballo
senza
preamboli
s
'
ingegnavano
di
salvare
il
pudore
,
ridendo
inorridite
dietro
i
ventagli
.
Bottesini
,
appoggiato
al
suo
carcassone
di
legno
,
s
'
inchinava
,
intanto
,
da
trionfatore
.
VI
Mastro
Titta
Una
volta
,
qui
a
Roma
c
'
era
un
uomo
rosso
,
maestoso
e
dabbene
,
certo
mastro
Titta
,
che
aveva
l
'
incarico
di
separare
le
teste
dai
corpi
.
Egli
compieva
questo
ufficio
puntualmente
con
una
sveltezza
e
una
nettezza
degne
di
grande
memoria
.
Doveva
egli
,
anche
,
appena
fatto
il
colpo
,
acciuffare
la
testa
mozza
per
i
capelli
e
levarla
su
in
alto
con
gesto
teatrale
in
modo
che
il
popolo
,
tutto
,
la
vedesse
grondare
e
i
più
vicini
potessero
mirare
gli
occhi
che
s
'
invetrano
e
si
chiudono
.
Questo
spettacolo
,
che
aveva
luogo
,
immaginiamo
,
sul
crepuscolo
,
fra
il
litaniare
di
un
branco
di
frati
e
lo
scampanio
lento
delle
quattro
chiese
Michelangiolesche
che
presidiano
agli
sbocchi
la
immensa
piazza
del
Popolo
,
doveva
servire
d
'
ammonimento
agli
empi
e
di
ristoro
ai
probi
cittadini
.
Nell
'
aria
era
diffuso
un
lutto
scintillante
,
armonia
promiscua
dell
'
ora
che
il
sole
e
la
luna
falcata
,
entrambi
nel
cielo
,
si
guardano
brevemente
.
I
leoni
di
pietra
della
monumentale
fontana
egizia
soffiavano
fuori
a
scrosci
impetuosi
e
lucidi
ventagli
di
acqua
nelle
innumerevoli
vasche
dove
fra
un
tumulto
silenzioso
d
'
acque
guizzavano
ormai
gli
argenti
della
sera
.
I
lumi
delle
preganti
Madonnine
murali
erano
,
sulle
vie
,
già
tutti
accesi
e
gialli
.
La
gente
accorsa
che
aveva
interrotto
i
proprii
mestieri
,
acciecata
dal
baleno
della
scure
e
dalla
vista
del
sangue
tornava
mogia
,
sospettosa
e
rabbuiata
verso
il
centro
e
le
botteghe
.
Allora
sulla
piazza
deserta
rimaneva
il
patibolo
eretto
.
Solo
a
notte
alta
il
pastore
,
seguíto
da
un
fiume
dilagante
di
pecore
querule
,
passava
su
quel
sangue
,
attraversando
,
col
plenilunio
,
la
città
.
VII
Cimarosa
Tempi
belli
,
ben
fatti
e
magnifici
.
Il
popolo
ricciuto
di
Roma
,
pieno
di
devozione
e
di
tornaconto
,
viveva
adunato
sotto
le
mura
del
Vaticano
.
Ovunque
visioni
eccelse
,
e
antiche
rovine
.
I
terrapieni
sacri
reggono
alto
sul
cielo
le
Palme
sante
e
la
Chiesa
.
La
capra
invereconda
bruca
lassú
.
I
vescovi
mitrati
e
splendenti
sbucavano
dai
portali
ecclesiastici
seguiti
dalle
processioni
osannanti
e
angeliche
,
proprio
come
nei
quadri
degli
altari
.
Il
Milord
attraversava
a
cavallo
la
piazza
di
Spagna
.
E
il
brigante
,
dai
lacci
scarlatti
,
guatava
,
titubante
e
acceso
,
tra
il
fogliame
folto
delle
fratte
cresciute
intorno
al
Colosseo
,
le
donne
forastiere
arrivate
in
diligenza
,
che
liberando
dalla
portiera
le
loro
gonne
di
tulle
a
canestro
,
saltavano
nel
polverone
,
spargendosi
in
ogni
direzione
sfrenate
,
bianche
,
leggere
e
innocenti
come
il
latte
appena
munto
.
Al
calar
del
sole
,
l
'
ora
del
Rosario
suonava
lentamente
,
e
i
frati
zoccolanti
tornavano
sull
'
asinello
dalla
cerca
.
Qua
e
là
un
credente
,
un
uomo
erculeo
,
cadeva
supplice
ai
piedi
di
qualche
cappella
solitaria
e
tutta
l
'
antica
Ciociaria
si
prosternava
,
mentre
l
'
acqua
delle
fontane
spiegava
più
forte
i
suoi
grandi
ventagli
e
le
immense
coppe
squassavano
rumorosamente
nei
laghi
sottostanti
la
loro
vestaglia
liquida
.
Si
accendevano
le
nicchie
contornate
di
lumicini
a
olio
e
cominciava
il
supplizio
dei
Santi
nelle
cui
ferite
miracolose
sembrava
ribollire
sottovetro
e
sgranarsi
a
tratti
dirottamente
il
sangue
.
Nere
,
sotto
la
cupola
del
firmamento
,
le
due
chiese
sorelle
del
Foro
Traiano
sembravano
dormire
laggiú
l
'
una
addosso
all
'
altra
su
quel
fumido
e
deserto
avello
di
romanità
che
era
la
piazza
affondata
nel
buio
.
Tra
le
pietre
calde
e
gli
oscuri
massi
d
'
architetture
crollate
,
sfavillavano
a
miriadi
,
aerei
come
dei
fuochi
fatui
,
gli
occhi
dei
gatti
selvatici
,
abitatori
di
quel
Foro
ardente
.
Nella
notte
tutta
risciacquata
c
'
era
un
silenzio
calmo
e
magnifico
entro
il
quale
le
stelle
sventolavano
con
un
luccichio
ansioso
e
solenne
.
In
quella
quiete
,
che
trae
seco
le
ombre
,
i
sospiri
e
le
benedizioni
,
le
famiglie
scamiciate
finivan
di
cenare
sulla
porta
delle
taverne
e
,
scendendo
su
loro
un
sonno
greve
come
quello
che
colse
i
centurioni
sul
sepolcro
di
Cristo
,
li
vedevi
cascar
l
'
uno
dopo
l
'
altro
colla
faccia
sulla
tavola
,
o
rovesciarsi
sulle
scranne
,
mentre
in
fondo
,
tra
gli
splendori
velati
del
rione
,
si
schiudeva
all
'
improvviso
brillante
come
uno
speco
biblico
l
'
ingresso
al
teatro
dell
'
opera
buffa
.
Tra
le
pieghe
di
un
sipario
squallido
'
la
faccia
gialla
e
lampante
di
Cimarosa
si
mostrava
per
un
attimo
nel
gaz
della
ribalta
e
dietro
di
lui
echeggiavano
scrosciando
i
dolcissimi
fragori
del
settecento
musicale
.
Era
così
bella
a
vedere
l
'
orchestra
imbandita
e
largamente
provvista
.
I
suonatori
là
intorno
parevano
dei
commensali
.
I
violoncellisti
in
disparte
stringevano
il
loro
istrumento
fra
le
ginocchia
,
brandendo
a
testa
bassa
l
'
archetto
,
come
dei
famigliari
in
atto
di
scannare
il
capretto
per
i
banchettanti
.
I
professori
di
oboe
,
di
corno
,
di
clarinetto
e
di
fagotto
gonfiavano
le
gote
ingordamente
dinanzi
a
tutti
quei
tovaglioli
di
musica
sciorinati
sotto
i
lumi
.
I
trombisti
levavano
la
tromba
a
mo
'
di
inaffiatoio
su
chi
beve
e
chi
mangia
.
In
piena
luce
rossa
all
'
altezza
del
pubblico
,
su
quella
mensa
carica
di
provvigioni
i
timbri
più
sani
e
rallegranti
giuocavano
allo
scoperto
;
strumento
colorito
e
sonoro
che
un
direttoruccio
anonimo
seduto
su
un
sediolino
rosso
pizzicava
qua
e
là
dimenandosi
come
un
buongustaio
in
mezzo
ai
condimenti
.
In
cima
a
quel
trionfo
apparecchiato
brillava
teneramente
il
cielo
ameno
del
teatro
antico
e
stormivano
le
fronde
dei
boschetti
balsamici
dipinti
sulla
carta
del
fondale
.
Il
grosso
manico
,
dal
barocchissimo
riccio
,
dei
cinque
contrabbassi
spiccava
a
pie
'
del
boccascena
e
decorava
il
quadro
come
il
principio
di
una
portentosa
piantagione
istrumentale
.
Niente
potrà
uguagliare
quest
'
arte
che
non
vuole
essere
scienza
.
Quest
'
arte
che
porta
così
leggermente
il
segno
della
personalità
e
del
genio
sembra
creata
per
abitare
a
lungo
senza
peso
nell
'
anima
di
un
popolo
.
La
piccola
orchestra
è
trattata
e
posseduta
da
Cimarosa
con
un
garbo
castigato
e
ardente
:
amore
pieno
d
'
omaggi
,
nell
'
intimità
matrimoniale
d
'
una
alcova
.
Quei
pizzicati
bassi
imitano
alla
lontana
i
passi
misteriosi
di
Pulcinella
che
sale
le
scale
d
'
un
casamento
dove
ne
succedono
di
tutti
i
colori
,
ad
ogni
piano
tonale
e
istrumentale
.
Intorno
c
'
è
un
profumo
di
baci
,
di
bucato
,
e
quell
'
odore
grato
di
cucina
della
vecchia
maniera
italiana
;
c
'
è
la
terra
,
c
'
è
il
sole
d
'
un
giorno
felice
,
il
bianco
delle
pause
,
gli
scorci
nuovi
e
lo
spazio
ridente
,
virginale
,
delle
cose
sottintese
con
una
verecondia
napoletana
.
Il
Matrimonio
segreto
chiude
una
sua
propria
acustica
interna
:
architettura
,
illuminazione
,
caratteri
,
han
leggi
e
funzioni
originali
lí
dentro
,
e
Cimarosa
respira
nel
clima
della
ribalta
come
un
pesce
che
viene
alla
superficie
a
bere
l
'
aria
salata
.
La
musica
,
nelle
semplici
mosse
,
ha
in
costume
,
una
vita
,
una
faccia
di
carne
e
una
bocca
parlante
.
-
-
Esce
trepida
,
fitta
dal
labbro
del
cantante
quella
melodia
che
il
cuore
dipana
via
via
,
come
il
nastro
d
'
un
rocchetto
telegrafico
.
A
mezzo
di
Bidú
Sayao
Cimarosa
ci
risponde
dall
'
altra
riva
-
-
la
riva
dei
Campi
Elisi
.
-
-
È
Bidú
Sayao
che
guida
la
barca
di
Caronte
.
Lei
entra
a
cuor
leggero
in
quel
regno
pieno
di
segni
e
di
forme
incorporee
e
il
pubblico
la
segue
in
punta
di
piedi
.
Bidú
Sayao
ha
dell
'
anima
fin
tra
le
pieghe
della
sua
veste
.
Il
suo
cuore
che
è
piccolo
come
si
conviene
a
quello
di
una
prima
donna
,
di
un
soprano
leggero
,
batte
sotto
l
'
orlo
di
seta
del
suo
busto
,
e
per
poco
che
sia
ferito
va
su
dal
fianco
alla
gola
con
tale
impeto
gentile
che
fa
quasi
capolino
-
-
e
dalla
sua
bocca
graziosa
lo
vedi
sanguinare
nella
sua
voce
.
La
musica
frattanto
si
sparge
adagio
adagio
,
irradia
il
silenzio
,
e
s
'
avvicina
con
la
prima
luce
che
risveglia
i
fiori
,
le
erbe
,
e
solleva
le
montagne
fuori
dai
veli
e
dall
'
oscurità
del
caos
diluviale
in
cui
è
immersa
la
nostra
epoca
di
modernità
nella
quale
il
sentimento
,
la
naturalezza
e
il
senno
sono
delle
cose
irreperibili
.
In
quest
'
opera
antica
,
l
'
orchestra
trema
di
gioia
,
come
le
foglie
al
venticello
d
'
estate
;
allora
olezzano
,
la
rosa
,
il
ginepro
e
il
garofano
.
-
-
Stride
agitata
dal
zeffiro
la
cristallina
fontana
-
-
il
più
geloso
,
l
'
ultimo
segreto
d
'
un
carillon
si
sgrana
-
-
son
fasci
di
reminiscenze
,
suoni
sommessi
e
teneri
,
è
il
canto
.
di
una
voce
buia
e
bagnata
di
pianto
.
Spinta
dal
fiato
roco
dei
flauti
l
'
ispirazione
traversa
il
palcoscenico
come
un
fantasma
in
pieno
giorno
.
Odi
negli
echi
leggeri
che
vagano
nell
'
aria
i
fruscii
soffici
e
spenti
d
'
un
corpo
che
si
spoglia
:
forcinelle
,
spilloni
,
e
stecche
sottilissime
di
osso
di
balena
che
saltano
dal
busto
.
-
-
Poi
ti
sembra
di
udire
,
insieme
a
un
gemito
lasso
,
il
turgido
tremore
d
'
un
seno
sprigionato
che
prorompe
dai
lacci
-
-
e
tra
un
basso
e
sontuoso
volo
di
veli
,
il
soffio
d
'
una
gonna
calda
che
cade
sul
pavimento
.
In
un
baleno
un
grave
senso
di
fuoco
invade
tutta
la
sala
.
A
traverso
l
'
esumazione
elegiaca
ti
par
che
brilli
nell
'
ombra
una
figura
di
carne
,
una
figura
ineffabile
:
è
Bidú
Sayao
che
si
muove
e
vacilla
,
fra
lo
spettrale
saltellamento
del
cembalo
,
quasi
sul
punto
di
cadere
nel
nulla
.
Nel
Matrimonio
segreto
tutta
una
psicologia
settecentesca
rinasce
da
quattro
note
.
-
-
Nei
giri
precisi
,
nei
larghi
respiri
di
quelle
cantilene
il
movimento
scenico
è
implicito
.
-
-
Guidati
dall
'
orecchio
gli
artisti
non
hanno
che
da
agire
senza
volere
per
raggiungere
e
superare
il
colmo
di
splendore
,
di
vita
,
di
spirito
e
di
calma
che
è
in
questa
musica
.
Qui
il
ritmo
ha
un
itinerario
,
e
tutte
le
sue
stazioni
un
senso
e
una
utilità
.
O
natura
chiara
e
felice
che
spira
negli
adagi
con
un
garbo
ritemprato
e
sereno
.
Qui
è
la
perfezione
discreta
,
la
gaiezza
casta
,
il
brio
profondo
e
pieno
di
beneplacito
.
Sull
'
ultima
battuta
della
recita
i
contrabbassi
abbandonati
fra
le
braccia
dei
professori
d
'
orchestra
sembrano
russare
à
la
belle
étoile
come
se
la
notte
non
dovesse
finire
mai
più
.
Dopo
questa
di
Cimarosa
vien
l
'
opera
di
Rossini
che
gorgheggia
e
stride
con
l
'
esuberanza
che
dà
alle
donne
l
'
età
pericolosa
.
VIII
Prime
donne
Elvira
de
Hidalgo
.
Nel
quadro
spagnolesco
del
Barbiere
di
Siviglia
(
questa
opera
che
rimescola
il
sangue
giovanilmente
,
lieta
e
inebriante
come
un
vino
raro
,
quest
'
opera
indemoniata
da
crescendi
orchestrali
,
che
fanno
una
fulminea
propaganda
di
follia
)
tutto
è
imbroccato
con
una
genialità
leggera
e
favolosa
.
Questo
capolavoro
,
stravagante
e
superbuffo
,
è
pieno
d
'
un
'
ilarità
musicale
che
turba
la
ragione
e
suscita
un
pandemonio
e
un
delirio
parodistico
.
Rossini
ci
appare
là
,
nero
,
secco
,
grottesco
eppure
brillante
,
luminoso
,
colorito
,
tenero
,
trasparente
,
spirituale
e
ammantato
di
fantasia
e
di
romanzo
come
un
personaggio
di
Goya
.
Il
genio
creativo
ha
un
'
incalcolabile
forza
trascendente
.
Il
limite
voluto
e
raggiunto
viene
superato
mille
volte
dall
'
impeto
che
ha
generato
l
'
atto
-
-
un
travaglio
ulteriore
che
opera
sempre
più
profondo
e
attivo
,
e
dà
all
'
idea
il
rilievo
e
la
forza
soggiogante
d
'
uno
stampo
.
La
natura
imita
l
'
arte
.
Il
personaggio
diventa
vivo
,
sorge
dall
'
impronta
,
scoppia
perfetto
nel
sole
,
e
spicca
tra
la
folla
che
la
sfiora
,
creatura
che
reca
nella
sua
carne
i
segni
di
uno
straordinario
privilegio
.
Come
il
Dio
volante
di
Michelangelo
crea
con
un
gesto
lieve
che
sfiora
,
il
primo
uomo
sulla
terra
,
così
papà
Rossini
,
questo
mostro
di
pigrizia
e
di
genio
,
nell
'
eccelso
e
onnipotente
attimo
della
verve
,
con
un
soffio
amoroso
spinto
entro
il
tessuto
impalpabile
di
una
visione
,
dà
lo
sguardo
,
la
voce
e
il
sangue
miracoloso
a
Rosina
-
-
oggi
,
allo
stato
civile
,
Elvira
de
Hidalgo
.
Elvira
de
Hidalgo
è
pur
la
figlia
del
grande
pesarese
.
Lo
dice
quel
ventaglio
che
ella
muove
con
destrezza
gentile
a
nascondere
il
proprio
volto
,
quel
ventaglio
tremulo
e
vivo
come
l
'
ala
d
'
una
farfalla
,
lo
dice
quella
sua
rara
moue
d
'
un
comico
antico
da
théàtre
des
bouffes
,
e
la
melanconia
,
lo
dice
,
della
sua
voce
all
'
ultima
scena
notturna
,
allorquando
deposta
lí
in
terra
,
accesa
,
la
lanterna
delle
avventure
galanti
,
splende
l
'
amaranto
della
sua
crinolina
di
broccato
ed
ella
esprime
in
tono
di
languore
l
'
incantevole
sospiro
d
'
esser
presa
e
protetta
nell
'
ombra
calorosa
di
un
epilogo
matrimoniale
.
Al
suono
innocente
della
sua
voce
che
ha
un
timbro
pallido
e
tenero
come
l
'
argento
,
ricadono
stroncate
le
mani
minaccianti
della
critica
e
si
spianano
i
volti
più
sconvolti
;
note
umili
e
ridenti
spiccano
il
volo
dalla
sua
gola
e
si
librano
in
giri
per
la
sala
come
colombe
bianche
che
rechino
nel
becco
il
ramo
d
'
ulivo
.
Un
imbarazzo
dolce
conquista
anche
i
più
burberi
controllori
.
Ella
gorgheggia
e
smorza
i
suoni
nel
silenzio
con
una
gemebonda
malinconia
che
pare
un
'
eco
della
meraviglia
,
o
la
fine
di
un
colloquio
sublime
tenuto
con
la
luna
.
Il
gesto
delle
sue
dita
di
zucchero
è
pieno
di
candore
,
di
moina
,
e
nel
suo
canto
c
'
è
la
mansuetudine
,
il
pudore
,
il
capriccio
,
e
l
'
inquietudine
della
più
casta
e
volubile
bambina
.
Allora
le
falangi
della
claque
,
che
serpeggiano
per
le
gradinate
circolari
,
si
riposano
con
fiducia
e
tacciono
con
galanteria
mentre
già
scoppiano
come
folgori
le
acclamazioni
di
mille
spasimanti
;
e
dietro
le
coulisses
,
simulacri
spezzati
di
stagioni
dipinte
,
sotto
i
riverberi
crudi
e
frantumati
del
gaz
,
nel
fumoso
incantesimo
giallo
della
pece
greca
che
arde
,
il
pompiere
di
servizio
,
guardia
assonnata
dei
lumi
,
preso
di
mano
in
mano
nel
sortilegio
canoro
,
finisce
per
piombare
boccheggiando
ai
piedi
della
corista
,
idolo
nuziale
,
bianca
di
gesso
e
tinta
di
carminio
come
un
confetto
da
tre
soldi
l
'
etto
,
vomitando
a
pacchetti
infiammati
di
Bengala
le
litanie
accese
della
sua
grande
passione
estemporanea
.
Maria
Labia
.
Mi
piacciono
quelli
che
capiscono
a
volo
,
e
rispondono
a
tono
.
Gli
uomini
d
'
ingegno
e
le
donne
di
cuore
.
Mio
padre
era
pittore
,
ed
io
non
sono
che
un
martire
del
dolce
far
niente
.
Dopo
gli
sforzi
accaniti
e
senza
frutto
il
risultato
viene
come
in
sogno
.
La
sorgente
prorompe
al
buio
.
La
formula
limpida
del
giunco
appare
nel
cuore
della
notte
.
In
uno
stato
di
riposo
e
di
rilassamento
,
mentre
i
contorni
delle
cose
si
svuotano
adagio
nell
'
elemento
lontano
e
vago
,
abbandonato
al
semplice
ritmo
animale
,
eccola
uscir
sola
dalla
dissociazione
mentale
.
Mi
piace
l
'
ombra
cupa
che
viene
fuori
dai
tasti
neri
d
'
un
pianoforte
,
e
quel
fremito
alato
che
un
vento
leggero
rapisce
a
un
'
arpa
eolia
.
Mi
piace
il
suono
opaco
e
debole
che
ode
chi
s
'
immerge
nel
sonno
come
nell
'
acqua
corrente
.
Mi
piace
la
voce
di
corallo
di
Maria
Labia
.
Immagino
una
piazzetta
dove
la
vecchiaia
ha
fatto
il
vuoto
.
La
piazzetta
d
'
una
città
sull
'
orlo
del
deserto
interrotto
:
solitudine
d
'
acqua
.
Coricata
da
secoli
sul
mare
la
città
si
addormenta
stracca
nel
suo
splendido
e
fastoso
deperimento
.
Profili
greci
tirati
per
i
capelli
.
Commedia
sacra
e
ridente
.
Nella
piazzetta
,
rifugio
degli
Illusi
,
c
'
è
un
'
aria
leggera
da
cervelli
ristucchi
e
da
pleurite
secca
.
Ciclisti
con
l
'
ombrello
.
Altissimi
muri
quasi
senza
finestre
.
Da
un
abbaino
sbuca
una
testa
che
guarda
sulla
strada
.
Grigia
e
scarmigliata
figura
di
donna
.
Nelle
occhiaie
e
sul
viso
ha
il
nero
della
fame
e
della
morte
cui
questa
razza
oppone
una
tenacia
medioevale
.
Equilibrata
all
'
indietro
sulla
scena
come
la
statua
della
Fortuna
,
Maria
Labia
sembra
trattenere
l
'
ultimo
passo
sul
limitare
della
danza
:
l
'
onda
della
fontana
lambisce
quasi
il
suo
piede
.
Veduta
che
l
'
hai
,
non
la
perdi
più
d
'
occhio
,
e
se
tu
non
la
vuoi
guardare
la
riconoscerai
subito
alla
voce
,
per
quei
puntigliosi
nonnulla
azzeccati
come
colpi
di
spillo
.
Dalla
sua
gola
escono
volta
a
volta
frecce
e
confetti
matrimoniali
,
canzoni
di
carnevale
,
parabole
filanti
,
e
commenti
tenuissimi
che
svaporano
al
segno
della
perfezione
.
Colla
mollezza
imperiosa
e
tutta
l
'
elastica
imponenza
della
sua
persona
Maria
Labia
accompagna
il
proprio
cantare
e
muove
a
cerchio
intorno
a
sé
l
'
incantevole
e
spumosa
mareggiata
della
sua
crinolina
,
lieve
,
barcamenandosi
,
sontuosamente
.
La
gran
parrucca
bianca
,
costellata
di
gemme
,
la
porta
sul
capo
come
una
torre
senza
peso
.
Due
poppe
planetarie
erompenti
dal
busto
inturgidiscono
allora
da
sembrare
ingessate
.
Quelle
sue
mani
madreperlacee
,
che
riposano
vuote
nell
'
aria
e
si
aprono
adagio
rovesciandosi
come
conchiglie
travolte
lentamente
nell
'
onda
,
chi
mai
in
Francia
,
in
Spagna
,
in
Inghilterra
potrebbe
vantarne
due
similmente
nude
,
delicate
e
toccanti
?
Quanta
discrezione
è
la
loro
nel
volersi
confondere
quasi
celare
fra
la
musica
mentre
,
come
infervorata
,
Maria
Labia
le
posa
,
con
dei
gesti
lievissimi
che
sfiorano
,
sul
seno
,
o
sulla
bocca
.
Per
la
grazia
piena
e
cattolica
dei
suoi
alti
fianchi
,
per
quell
'
accento
d
'
oro
,
che
esce
estenuato
e
sonoro
dalle
sue
labbra
,
e
traballa
in
un
raggio
medianico
,
per
quelle
sue
braccia
sublimi
levate
a
candelabro
,
Maria
Labia
ci
ricorda
di
lontano
,
e
in
una
luce
opposta
,
Elvira
de
Hidalgo
.
Che
diremo
ancora
di
questo
fiore
di
prima
donna
?
Tutto
è
prezioso
in
lei
,
nulla
soverchio
.
Dalla
sua
bocca
che
canta
il
fondo
dell
'
anima
risplende
:
una
anima
aperta
e
tuttavia
misteriosa
come
uno
specchio
nell
'
ombra
.
In
quel
timbro
d
'
argento
entra
e
passa
lento
come
in
una
fase
di
eclissi
lo
spettro
d
'
un
secolo
passato
,
e
intorno
a
quel
fantasma
a
poco
a
poco
il
taglio
della
sua
voce
s
'
accende
rinnovato
,
e
brilla
come
una
falce
.
Intensità
sottile
,
suono
fulmineo
e
fioco
,
manierismo
canoro
dove
un
certo
giunco
di
armonie
e
di
riposi
inumidisce
e
fa
trascolorire
il
cielo
veneziano
,
sollevando
nel
silenzio
un
sussurrio
di
adesione
sempre
più
larga
,
e
placida
,
come
un
fiato
di
vento
che
raggiunge
e
invade
tutto
quel
gruppo
estatico
di
isole
che
dormono
sulla
laguna
.
La
luna
sgorga
su
Venezia
,
e
ingrandisce
a
poco
a
poco
,
spiccata
e
libera
da
quel
bianco
seno
portentoso
.
La
Toti
dal
Monte
.
...
ci
sono
degli
uomini
di
legno
,
degli
uomini
di
minerale
,
di
ferro
:
per
esempio
Toscanini
-
-
meraviglioso
congegno
-
-
e
ci
son
degli
uomini
fatti
di
terra
-
-
la
terra
dei
camposanti
-
-
mescolanza
di
carne
consunta
e
di
fiori
sotto
la
pioggia
.
Talvolta
mille
cimiteri
non
giungono
a
darci
uno
di
questi
esseri
umani
che
ci
vengono
dall
'
al
di
là
.
Gli
artisti
per
noi
sono
questi
.
Salici
immensi
,
muraglie
millenarie
coperte
di
licheni
,
ruderi
;
vegetazione
,
«
a
soli
»
delle
arpe
parassitarie
,
esaltati
tramonti
;
e
dal
putridume
romantico
vien
su
il
più
sublime
lirismo
.
Qui
la
Toti
dal
Monte
che
per
l
'
eccellenza
,
il
bel
volto
,
la
statura
concentrata
e
piccante
,
si
può
chiamare
il
soprano
in
barattolo
,
la
vediamo
irretita
nell
'
atmosfera
dell
'
opera
,
quando
nel
viola
della
luce
serale
che
si
fa
sempre
più
debole
e
morta
,
le
sue
note
di
gola
,
piene
di
una
tristezza
colossale
,
volteggiano
ad
una
ad
una
,
come
dei
petali
erranti
.
Viene
la
notte
buia
e
un
cavaliere
più
buio
della
notte
sopraggiunge
.
Pavida
mormorante
la
piccola
fidanzata
con
un
gesto
timoroso
d
'
addio
pone
una
mano
sulla
nera
spalla
di
velluto
del
suo
fatale
amante
,
e
qui
s
'
accende
sulle
sue
dita
bianche
di
milionaria
un
brillante
focoso
,
fulgidissimo
,
un
brillante
grosso
come
una
noce
che
,
mentre
la
Toti
spiega
il
canto
,
irraggia
capricciosamente
le
tenebre
della
scena
.
Tutto
è
sogno
in
quel
punto
che
odi
il
motivo
«
verranno
a
te
sull
'
aure
i
miei
sospiri
ardenti
»
.
Sì
,
questo
è
il
teatro
italiano
,
ingenuo
convenzionale
,
estremamente
poetico
e
pieno
di
una
vivacità
spettrale
.
IX
Vecchio
repertorio
È
nei
numeri
del
vecchio
repertorio
che
troviamo
qualche
sollievo
-
-
lí
dentro
rallenta
un
poco
il
lavorio
,
s
'
alleggerisce
il
fardello
.
Lí
dentro
di
tanto
in
tanto
qualche
battuta
discioglie
il
suo
rabbuffo
e
si
apre
per
dar
luogo
a
delle
fioriture
di
cadenza
,
piene
di
volatine
e
di
gorgheggi
dietro
i
quali
,
in
un
comico
mistero
,
i
pianissimi
corali
s
'
incamminano
come
una
folla
-
-
attratta
dai
fuochi
artificiali
.
In
queste
opere
ingenue
il
coro
è
altrettanto
scandalista
quanto
lo
è
la
nostra
gente
di
provincia
.
Allorché
si
svolge
un
duetto
d
'
amore
,
o
una
scena
di
gelosia
,
eccoli
non
richiesti
,
i
cori
che
han
trovato
la
porta
aperta
,
sopraggiungere
in
corteo
e
allinearsi
in
casa
d
'
altri
,
lungo
le
pareti
,
per
assistere
imperterriti
allo
scioglimento
di
un
qualunque
incidente
privato
;
e
per
meritare
la
palma
dell
'
indiscrezione
eccoli
mettersi
magari
a
inseguire
il
tenore
perfino
nel
gabinetto
dove
egli
è
costretto
a
cantare
la
celebre
romanza
con
i
calzoni
in
mano
.
Nella
Sonnambula
per
esempio
vediamo
le
spose
del
villaggio
alpino
diventare
sonnambule
dinanzi
alle
brache
troppo
attillate
di
un
occasionale
dongiovanni
,
e
affrettarsi
,
prima
ancora
che
il
sole
declini
,
a
uscir
dormendo
di
casa
,
in
camicia
da
notte
,
seguite
con
trepidazione
dai
rispettivi
mariti
i
quali
,
ciascuno
per
quel
che
glielo
permette
la
sua
rigorosa
dignità
di
cornuto
,
con
parole
sommesse
azzardano
pronostici
.
In
un
paesotto
del
Tirolo
,
dove
fummo
per
cura
,
c
'
era
nella
piazza
al
posto
del
solito
giardinetto
un
piccolo
cimitero
senza
mura
.
Dopo
il
lavoro
,
la
sera
,
sotto
le
finestre
della
mia
locanda
,
una
vacca
brucava
fra
le
tombe
e
le
croci
.
Un
crocchio
di
notabili
seduti
sulle
pietre
sepolcrali
,
accendevano
con
i
fuochi
fatui
le
pipe
tirolesi
-
-
fumavano
e
conversavano
alla
buona
costoro
,
mentre
dietro
la
loro
schiena
,
sdraiate
sulle
erbacce
,
le
più
casalinghe
comari
,
in
preda
a
un
misticismo
di
alta
montagna
,
stringendo
fra
le
braccia
qualche
meschino
villeggiante
arrivato
di
fresco
,
guardavano
la
luna
sbalorditivamente
.
X
Tempo
che
fugge
Con
l
'
unità
e
il
suffragio
universale
l
'
arte
da
noi
fece
un
capitombolo
per
le
scale
,
e
reclamò
dallo
Stato
un
paio
di
stampelle
.
L
'
arlecchino
italiano
buttò
via
la
sua
pelle
a
scacchi
per
indossare
un
«
tout
de
méme
»
burocratico
,
da
funzionario
nazionale
.
Sorgevano
in
quel
disordine
nuovo
Arrigo
Boito
,
il
ballo
Excelsior
,
la
pittura
sociale
e
il
monumento
a
Vittorio
Emanuele
.
Il
teatro
che
era
tutto
spensieratezza
e
passione
e
mirava
al
cuore
della
gente
,
invece
di
restar
fedele
al
gusto
popolare
della
vecchia
Italia
,
divenne
officioso
,
autorizzato
,
e
girò
sui
tacchi
rivolgendosi
con
sussiego
alla
sedicente
pubblica
opinione
.
Nacque
la
coreografia
del
nuovo
regno
,
prese
piede
l
'
allegoria
massonica
,
si
inscenarono
le
apoteosi
per
il
canale
di
Suez
,
e
debuttarono
anche
le
antenne
del
telegrafo
Marconi
(
costumi
di
Caramba
)
.
Anche
la
danza
che
da
più
di
un
secolo
s
'
abbandonava
ai
deliziosi
capricci
di
ragionar
coi
piedi
,
fu
costretta
,
per
seguire
il
movimento
generale
,
a
pensar
con
la
testa
,
come
la
foca
sapiente
.
Difatti
c
'
era
poco
da
scherzare
da
quando
il
Paese
,
seduto
nella
prima
fila
di
poltrone
,
strappandosi
la
maschera
,
mostrò
alla
prima
ballerina
assoluta
,
due
baffi
da
doganiere
.
D
'
allora
in
poi
la
danza
non
offrí
più
che
masse
negligenti
,
acrobati
viziati
,
istruttori
caparbi
e
ignoranti
.
Chi
non
conosce
quel
popolo
infame
che
sverna
sgambettando
sulle
scene
durante
la
scialba
stagione
di
carnevale
?
Fra
questi
avanzi
isteriliti
e
rei
di
una
spodestata
nazione
,
dinanzi
a
torme
di
sacripanti
e
a
sciami
di
silfidi
cucite
nel
cotone
,
la
sfera
magniloquente
e
taciturna
degli
artisti
dal
nobile
passo
sgombrò
i
luoghi
e
disparve
in
un
arcano
scompiglio
.
Udite
come
tremano
le
vetrate
del
vecchio
teatro
ducale
al
vento
di
tramontana
.
Non
un
grido
,
non
un
latrato
scoppia
,
fra
quelle
mura
.
Solo
uno
sciagurato
portiere
s
'
aggira
in
ciabatte
là
dentro
;
i
suoi
passi
perduti
e
la
sua
tosse
risvegliano
degli
echi
interminabili
lungo
le
gallerie
deserte
;
e
il
buio
androne
-
-
i
sorci
han
fatto
il
nido
nelle
poltrone
:
colmo
d
'
inerzia
,
disordine
,
deperimento
,
lembi
di
scenari
che
si
staccano
.
Poi
,
subitamente
,
silenzio
e
armonia
sorgente
al
soffio
innumerevole
di
voci
che
si
levano
da
un
sonno
d
'
oltre
tomba
-
-
gemiti
,
sospiri
disperati
di
tanti
eroi
che
s
'
immolarono
.
La
guerra
e
il
dopo
guerra
ci
hanno
accorciato
la
vita
,
e
i
marmocchi
di
ieri
son
diventati
di
punto
in
bianco
i
nostri
concorrenti
di
oggi
senza
lasciarci
il
tempo
di
accorgerci
della
nostra
vecchiezza
.
Rimaniamo
lí
a
guardare
con
sorpresa
questa
nuova
generazione
che
vuole
assolutamente
passare
sul
nostro
corpo
.
Adesso
c
'
è
dunque
un
'
ironia
,
combinata
alle
nostre
spalle
durante
il
periodo
della
guerra
,
che
consiste
nell
'
esser
giovani
.
A
volte
qualche
ragazzino
più
audace
ci
vien
sotto
camminando
maliziosamente
sulle
uova
,
si
fa
portavoce
delle
mani
e
ci
urla
all
'
improvviso
all
'
orecchio
:
«
Ohi
vecchio
bacucco
,
lo
sai
che
siamo
in
pieno
novecento
?
»
Sbirciando
quello
stecco
verde
e
lattiginoso
,
caviamo
dai
bronchi
la
nostra
voce
più
rauca
:
«
eh
,
eh
,
va
bene
»
ci
tocca
brontolare
«
il
nostro
secolo
è
proprio
questo
»
.
Un
giovanetto
bennato
e
studioso
fa
un
buon
scolaro
.
Ma
fra
l
'
arte
e
la
scuola
c
'
è
divergenza
.
Un
buon
scolaro
fa
un
eccellente
professionista
il
quale
darà
,
a
sua
volta
,
un
proprietario
,
piccino
,
è
vero
,
ma
padre
esemplare
d
'
una
famiglia
numerosa
che
coltiverà
diligentemente
i
cavoli
.
Si
potrebbe
desiderare
il
meglio
da
un
punto
di
vista
provvisorio
e
sociale
?
Il
beneficio
di
una
simile
carriera
è
evidente
,
benché
modesto
.
In
quanto
all
'
arte
,
darai
alla
tua
vita
tutt
'
altra
direzione
e
incontrerai
presto
i
carabinieri
.
Su
per
questa
strada
non
ti
aspettar
suffragi
,
né
umana
solidarietà
.
Ma
non
fa
niente
,
cammina
,
trascinati
a
tutti
i
costi
senza
perdere
di
vista
quella
stellina
che
si
vela
,
si
copre
,
riappare
e
ti
conduce
.
L
'
esercito
non
sopporta
l
'
eroe
,
il
Parlamento
non
sopporta
il
dittatore
,
la
Corte
non
sopporta
l
'
aristocratico
,
il
teatro
non
sopporta
l
'
artista
.
L
'
artista
che
ha
rotto
le
catene
,
strappato
tutti
i
lacci
,
respinto
le
cinture
di
salvataggio
e
rifiutato
il
rond
de
cuir
,
l
'
artista
abbandonato
dal
successo
,
lavora
,
lavora
,
lavora
a
fondo
perduto
e
perde
la
sua
stessa
esistenza
a
fondo
,
in
accanite
ricerche
di
denaro
,
laceramenti
dell
'
umore
,
inimicizie
,
furori
costanti
,
fatica
,
demoralizzazione
,
e
capelli
bianchi
.
Fin
che
,
al
termine
d
'
ogni
illusione
,
egli
sembra
già
appartenere
al
mondo
degli
immortali
.
Questo
eremita
della
grande
città
,
questo
principe
indolente
che
conserva
l
'
incognito
,
comincia
con
qualche
bottone
di
meno
e
finisce
col
perderli
tutti
.
La
stentorea
vita
quotidiana
lo
respinge
ai
margini
.
Davanti
a
lui
si
spalanca
una
vertiginosa
attrazione
,
dall
'
alto
e
dal
basso
.
Avida
e
sospesa
tra
gli
umori
più
transitorii
,
la
sua
esistenza
accidiosa
fa
l
'
altalena
fra
candide
nonchalances
e
lucidi
intervalli
;
poi
precipita
nei
burroni
dove
giacciono
intorpiditi
i
vermi
e
i
mostri
.
Ma
quella
che
fu
la
sua
gaiezza
venerea
brilla
ora
nel
cielo
d
'
un
fuoco
puro
e
rallentato
come
quello
delle
stelle
spente
;
vogliamo
dire
,
lungamente
,
dopo
la
morte
,
a
distanze
immense
nello
spazio
e
nel
tempo
.
L
'
artista
non
terrà
conto
delle
esigenze
del
pubblico
,
poiché
egli
stesso
rappresenta
la
più
spinta
esigenza
dello
spirito
.
Non
sarà
riconosciuto
da
tutti
quei
teorici
che
pretendono
di
avere
le
uova
senza
ricorrere
alla
gallina
.
Egli
non
subisce
la
Moda
,
perché
la
Moda
,
piccola
o
grande
,
dovrà
sorgere
da
lui
,
e
non
darà
mai
quel
che
si
cerca
da
lui
.
Lo
si
aspetterà
a
destra
e
verrà
fuori
a
sinistra
;
supponiamo
che
avanzi
ed
ecco
invece
che
rincula
.
Il
gambero
,
per
esempio
,
che
cerca
il
suo
alimento
sa
molto
meglio
di
voi
e
di
noi
dove
trovarlo
-
-
e
poi
in
fin
dei
conti
ciascuno
ha
il
suo
modo
di
crepare
di
fame
.
La
gloria
s
'
avvicina
all
'
artista
al
passo
di
danza
macabra
.
Quando
sarà
disteso
sotto
la
sua
croce
,
egli
avrà
tutte
le
fortune
.
L
'
ultima
notte
troverà
le
strade
bloccate
,
tutte
le
porte
chiuse
,
le
case
asserragliate
e
i
fucili
spianati
su
di
lui
.
Nella
luce
che
filtra
e
trapela
dai
neri
edifici
mille
occhi
splenderanno
d
'
invidia
,
fissandolo
ostinatamente
.
Sarà
quella
la
sua
ora
di
morire
come
un
ubriacone
,
e
di
lasciarsi
andare
a
rovescio
sulla
scalinata
di
qualche
basilica
,
con
il
gesto
di
chi
abbraccia
il
cielo
.
I
topi
delle
chiaviche
gli
andranno
addosso
a
fiutarlo
;
poi
si
metteranno
,
con
i
loro
musi
rabbiosi
,
ad
ispezionare
le
sue
tasche
.
Salutiamo
profondamente
quest
'
uomo
ancora
caldo
,
che
respira
,
questo
missionario
caduto
,
questo
santo
che
fece
miracoli
inutili
.
Poniamo
la
faccia
contro
terra
sul
passare
di
questo
arcangelo
appiedato
,
ricoperto
d
'
oltraggi
e
d
'
immondizie
come
un
ambasciatore
tornato
da
Cartagine
.
La
vita
moderna
ha
un
ritmo
falso
.
I
nostri
tassametri
continuano
a
salire
e
tutti
abbiamo
paura
di
non
poter
pagare
.
Allora
si
improvvisano
i
valori
,
le
celebrità
,
si
distribuiscono
lotti
di
parti
da
rappresentare
e
si
pretende
di
fare
la
storia
con
dei
fantocci
di
paglia
.
I
grandi
artisti
boccheggiano
là
dentro
confusi
fra
le
comparse
.
Le
idee
più
stolte
s
'
attaccano
alle
teste
e
nella
corsa
s
'
accendono
istantaneamente
.
Non
hai
finito
di
spartire
i
grulli
dai
sani
di
mente
che
,
ecco
,
ti
scoppia
fra
questi
ultimi
salvati
un
'
altra
grulleria
epidemica
.
Allora
ogni
starnuto
diventa
un
grido
di
guerra
,
il
trotto
si
muta
in
galoppo
,
le
opinioni
subitanee
fan
volgere
la
marcia
ora
da
un
lato
ora
dall
'
altro
.
Tutto
questo
miracolismo
folle
,
creato
dal
giornalismo
,
entra
ruzzoloni
in
campi
riservati
e
difficili
,
e
distrugge
la
stabilità
,
l
'
opera
del
tempo
,
manda
in
fumo
l
'
arrosto
.
Intanto
queste
folle
puerili
di
snob
senza
direzione
le
vediamo
,
dai
piedi
in
su
,
svanire
d
'
un
tratto
in
fumo
di
sigaretta
.
Appoggiato
con
timorosa
leggerezza
allo
spigolo
di
una
vecchia
chiesa
romana
,
come
un
danzatore
pieno
di
fatica
e
d
'
amarezza
,
ascolto
senza
volere
,
l
'
organo
sepolto
che
russa
e
assisto
a
questo
défilé
di
corridori
contratti
sui
quali
una
ruota
rovescia
continuamente
,
come
secchi
di
ciottoli
,
le
crisi
,
i
temi
,
le
riforme
esoteriche
e
gli
ordini
della
moda
.
-
-
No
!
Meglio
esser
pigri
come
una
pera
che
matura
.
L
'
Arte
ha
bisogno
di
assorbire
tutta
la
sua
stagione
favorevole
.
Lasciamola
sul
ramo
,
giorno
e
notte
,
inverno
,
primavera
,
estate
,
fin
che
il
suo
frutto
rotola
a
pie
'
dell
'
albero
e
si
apre
.
XI
Omaggio
a
Puccini
A
Quando
il
Metodo
entrò
dalla
porta
,
dalla
finestra
uscí
ratta
l
'
ispirazione
,
la
quale
non
aveva
mai
avuto
,
del
resto
,
abitudini
troppo
sedentarie
.
-
-
Nei
tempi
passati
accadeva
spesso
d
'
imbattersi
in
lei
,
larva
fuggitiva
a
traverso
il
clamore
dei
carnevali
italiani
,
ma
poi
,
su
questa
terra
,
le
sue
visite
si
fecero
rare
e
caute
.
Essa
fissava
ostinata
,
febbrile
,
le
sue
vittime
,
e
il
suo
seno
pietroso
s
'
alzava
e
s
'
abbassava
affannosamente
come
per
il
tormento
di
una
risurrezione
fittizia
.
-
-
Faceva
le
sue
apparizioni
mute
e
inavvertite
in
ogni
luogo
,
a
tutte
le
ore
,
e
a
qualcuno
avvenne
,
incontrando
i
suoi
occhi
nello
specchio
opposto
di
un
caffè
,
di
fare
un
balzo
e
,
alzandosi
come
ipnotizzato
,
rovesciarsi
fuori
sulla
strada
,
tra
la
folla
,
senza
pagare
,
all
'
inseguimento
di
lei
che
dileguava
rapidissima
sotto
il
sole
.
-
-
Nell
'
alba
fredda
,
dietro
i
vetri
appannati
e
rosei
essa
apparve
talvolta
allo
studioso
;
o
nella
notte
d
'
inverno
,
su
una
scalinata
monumentale
,
in
mezzo
a
un
gruppo
di
mendicanti
accoccolati
,
presso
un
falò
che
illuminava
la
facciata
della
chiesa
romana
,
l
'
ispirazione
coperta
di
stracci
guardò
con
un
invito
pieno
di
suprema
follia
il
viandante
solitario
;
più
tardi
,
quel
giorno
,
di
primo
mattino
,
sotto
il
lampione
ancora
acceso
,
il
corpo
gelido
e
inerte
di
un
uomo
rannicchiato
entro
un
mantello
venne
trovato
nelle
vicinanze
deserte
.
-
-
O
chi
non
ha
nella
memoria
,
mentre
tramontava
il
sole
,
d
'
averla
veduta
,
questa
sirena
,
scivolare
,
volare
via
veloce
feerica
su
le
spallette
del
vecchio
ponte
,
scomparire
nell
'
aria
e
riapparire
immersa
e
trascinata
dalle
acque
del
fiume
,
con
la
capigliatura
disciolta
tutta
accesa
da
un
ultimo
bagliore
?
-
-
Non
fu
per
lei
che
Schumann
si
precipitò
nelle
onde
spumeggianti
del
Reno
?
-
-
B
Salutiamo
Puccini
,
illustre
autore
della
Bohème
,
uno
degli
ultimi
che
han
mirato
da
vicino
la
Sfinge
.
Egli
la
conobbe
nel
cuore
della
notte
.
Mentre
,
fra
i
candelabri
accesi
che
mangiano
l
'
aria
avidamente
la
vita
sembra
accorciarsi
,
odi
sui
tappeti
camminare
a
passi
di
lupo
qualcuno
,
che
,
se
ti
volti
,
sparisce
.
Notti
lunghe
a
trascorrere
.
Al
guizzar
delle
fiammelle
morenti
volteggiano
le
ombre
sul
soffitto
come
in
un
giunco
cieco
e
tumultuoso
della
estenuata
fantasia
,
e
un
sapore
di
fiele
sale
alla
tua
bocca
.
Poi
,
quando
le
dita
rosate
dell
'
aurora
toccano
le
alte
imposte
e
il
sangue
sembra
grondare
dai
tagli
delle
persiane
,
ecco
che
un
'
ultima
porta
si
apre
con
un
trasalimento
medianico
:
è
il
«
caira
»
teatrale
che
sorge
:
è
l
'
ispirazione
che
entra
.
L
'
imperiosa
figura
,
mossa
dal
vento
,
traluce
spettralmente
.
Oh
,
quello
sguardo
nero
che
filtra
a
traverso
i
fori
di
una
maschera
insolente
,
chi
lo
può
sostenere
?
Puccini
lavorava
sino
all
'
alba
,
chiuso
nel
suo
studio
a
Torre
del
Lago
.
Come
un
pescatore
notturno
che
muove
appena
il
remo
e
lascia
dondolare
la
lanterna
a
fior
d
'
acqua
,
Puccini
,
seduto
al
suo
lavoro
,
riconduceva
il
motivo
sempre
sullo
stesso
punto
profondo
,
sommessamente
ribadiva
l
'
accordo
e
si
chinava
a
spiare
la
medusa
sotto
il
velo
oscillante
del
ritmo
.
I
suoi
vicini
di
casa
,
testimoni
assonnati
di
tanta
solitaria
creazione
,
ne
sapevano
qualcosa
.
Sfiorando
la
notte
fonda
,
il
suono
del
suo
pianoforte
giungeva
debolmente
al
loro
orecchio
-
-
voce
di
cristallo
,
trasognante
eco
che
si
spegneva
e
rinasceva
mille
volte
,
-
-
rado
,
assopito
,
continuo
nel
silenzio
.
Quel
cauto
centellinare
di
musica
accompagnava
i
loro
sogni
leggeri
e
le
ore
di
veglia
perplessa
-
-
fin
che
sul
far
del
giorno
il
concerto
remoto
svaniva
a
poco
a
poco
disperso
confusamente
nel
mare
dei
ruggiti
uscenti
dalle
stalle
che
si
riaprivano
.
La
pagina
bianca
ha
l
'
attrazione
d
'
una
grande
finestra
.
L
'
idea
,
come
una
mosca
contro
la
vetrata
,
batte
la
testa
sul
foglio
senza
comprendere
che
bisogna
girare
a
ritroso
e
ritrovare
lo
spazio
donde
la
prima
parola
è
venuta
.
Il
difficile
non
sta
nello
scrivere
ma
nel
rendersi
conto
ex
abrupto
di
quel
che
vale
ciò
che
si
è
scritto
.
Anche
Puccini
nell
'
assidua
ricerca
,
spinto
dall
'
ansia
,
passava
qualche
volta
il
segno
e
usciva
dal
suo
elemento
naturale
come
un
pesce
che
per
il
troppo
slancio
finisce
in
mezzo
all
'
erba
di
un
prato
.
Povero
Puccini
,
quando
la
vena
lo
abbandonava
,
piuttosto
che
impuntarsi
come
uno
che
perde
al
giuoco
,
egli
affogava
nell
'
ipocondria
,
con
l
'
aria
supplichevole
d
'
un
bevitore
malato
che
afferra
la
bottiglia
.
È
inutile
-
-
diceva
-
-
che
uno
si
decida
per
la
melodia
,
se
la
melodia
non
si
decide
per
lui
.
Il
suo
tenero
cuore
era
scontento
,
insaziato
di
vita
,
di
musica
,
d
'
amore
,
e
per
cercarle
meglio
,
queste
cose
,
e
trovarle
più
presto
,
Puccini
teneva
a
disposizione
della
sua
malinconia
tre
automobili
.
Lasciava
aperto
lo
spartito
sull
'
ultima
battuta
umida
ancora
d
'
inchiostro
-
-
raggiungeva
il
confine
e
scompariva
verso
il
nord
,
fuggitivo
,
irreperibile
.
Fra
i
canali
,
le
dune
,
le
città
brumose
del
Belgio
e
dell
'
Olanda
ne
perdevi
ogni
traccia
.
Per
settimane
e
mesi
non
ne
sapevi
più
nulla
.
Finalmente
,
un
bel
giorno
la
celebrità
,
come
una
sposa
inquieta
,
si
metteva
in
moto
,
riusciva
a
raggiungerlo
in
qualche
nascondiglio
disperato
e
lo
riconduceva
a
casa
.
Puccini
possedeva
lo
spirito
di
casta
che
ogni
artista
deve
possedere
,
ma
non
poteva
soffrire
la
volgarità
,
le
molestie
e
i
commenti
malevoli
che
il
suo
successo
gli
procurava
.
Tutti
a
suo
tempo
gli
sono
passati
sotto
il
naso
,
e
tutti
gli
han
fatto
le
corna
:
ancora
oggi
del
suo
talento
pratico
,
dei
suoi
guadagni
,
del
suo
sentimentale
egoismo
si
parla
.
-
-
Ohimè
,
le
chiacchiere
assurde
!
-
-
In
fondo
in
fondo
,
dei
suoi
quattrini
,
egli
non
faceva
gran
caso
:
artista
,
galantuomo
,
milionario
,
bohemien
fortunato
ed
infelice
,
Puccini
era
ben
d
'
altro
inquieto
e
ansioso
.
Mite
e
fiero
ad
un
tempo
,
riservato
e
pur
nobile
nel
tratto
,
Puccini
aveva
un
carattere
caldo
,
netto
,
un
carattere
delicato
e
bellissimo
d
'
italiano
sul
serio
e
senza
macchia
.
Egli
ammirava
con
chiuso
entusiasmo
chi
doveva
ammirare
.
Degli
altri
taceva
garbatamente
.
Era
generoso
,
ma
non
faceva
credito
al
primo
venuto
.
Solo
agli
amici
apriva
l
'
animo
suo
.
Scendere
in
fondo
alla
più
grande
miseria
umana
,
toccare
i
limiti
della
disperazione
e
sperare
nelle
tenebre
,
immergersi
nella
follia
e
raggiungere
la
morte
e
il
genio
:
ecco
le
nostalgie
incredibili
di
quest
'
uomo
così
diritto
,
saldo
e
sobrio
.
Me
ne
parlava
una
sera
in
una
di
quelle
taverne
russe
che
si
schiusero
pochi
anni
fa
nel
suolo
di
Roma
,
come
gioiellerie
sotterranee
.
Puccini
respirava
in
quel
luogo
la
musica
e
si
gonfiava
di
gioia
come
una
spugna
nascosta
nella
grotta
marina
.
Egli
sembrava
in
preda
a
un
orgasmo
elegante
,
a
una
felicità
inusitata
.
Sotto
le
penne
di
struzzo
,
sontuosamente
giaceva
in
quel
nido
d
'
esilio
una
aristocrazia
vinta
,
santificata
dai
debiti
e
dalle
disgrazie
:
sterilità
dagli
sguardi
di
smalto
;
violenza
superba
,
splendore
fatale
di
quella
folla
che
andava
a
seppellirsi
sempre
più
in
basso
,
lontano
dalla
strada
.
Quell
'
ermetico
reame
della
moda
e
dell
'
arte
era
vertiginosamente
carico
di
destini
in
pericolo
.
Sedevamo
là
insieme
da
tre
ore
.
Il
volto
di
Puccini
,
quel
suo
volto
dolce
,
acceso
,
virile
vacillava
nell
'
azzurro
barlume
della
lampada
posata
al
nostro
tavolo
.
Stranamente
commosso
e
sincero
si
fece
più
vicino
a
me
per
dirmi
:
«
I
miei
giorni
,
tutte
le
mie
ore
avrei
volute
passarle
in
un
'
atmosfera
come
questa
,
senza
uscirne
mai
più
»
,
poi
aggiunse
a
fior
di
labbro
con
affettuosa
mestizia
:
«
Caro
Barilli
,
la
mia
vita
è
fallita
»
.
C
Un
giorno
,
parecchi
anni
fa
,
ci
trassero
per
mano
in
un
teatro
.
Si
trattava
di
assistere
alla
recita
di
una
Bohème
insuperabile
:
il
tenore
aveva
in
gola
,
a
mazzi
,
le
saette
di
Giove
,
la
prima
donna
stemperava
nella
sua
voce
,
più
vivida
e
lucida
del
mercurio
,
l
'
amore
febbrile
e
le
lacrime
di
tutte
le
couturières
dell
'
altro
secolo
;
il
baritono
?
una
tromba
marina
coi
fiocchi
;
Musetta
il
trionfo
dell
'
insolenza
elegante
,
della
civetteria
e
del
buon
cuore
;
Colline
,
un
quattrocentoventi
filosofico
che
spazzava
ad
ogni
nota
i
fogli
dai
leggii
dell
'
orchestra
e
coi
suoi
lunghi
fiati
possenti
rovesciava
i
paraventi
e
faceva
dondolare
le
frangie
delle
poltrone
;
l
'
orchestra
poi
,
le
masse
corali
e
la
mise
en
scène
,
la
perfezione
assurda
.
Mai
non
s
'
era
udito
né
veduto
al
mondo
nulla
di
simile
.
Il
pubblico
filava
il
perfetto
amore
con
l
'
impresa
,
ma
l
'
impresa
,
da
femmina
,
cominciò
a
cambiare
le
carte
in
tavola
e
a
mutar
le
pedine
;
nella
compagnia
spuntarono
subito
i
pezzi
di
ricambio
,
gli
scenari
bellissimi
filarono
presto
in
America
con
i
vestiari
;
il
tenore
seguì
la
stessa
via
degli
scenari
,
il
direttore
d
'
orchestra
fuggì
con
la
moglie
d
'
un
ricco
negoziante
d
'
ombrelli
;
la
prima
donna
,
chiamata
telegraficamente
al
letto
di
morte
di
uno
dei
suoi
cento
padri
,
scomparve
senza
ritorno
;
il
baritono
per
uno
scivolone
avvenuto
appunto
nel
voler
cogliere
un
la
bemolle
che
non
c
'
è
scritto
passò
armi
e
bagagli
all
'
ospedale
;
Musetta
,
che
era
provvisoriamente
sua
moglie
,
ne
approfittò
per
scivolare
più
giú
;
il
basso
crepò
d
'
indigestione
;
orchestra
e
cori
furono
ingoiati
in
un
batter
d
'
occhio
dalle
leve
di
guerra
.
L
'
impresa
imperturbabile
ricorse
a
tutti
i
canili
del
regno
,
riempí
i
vuoti
e
sostituí
malamente
tutto
e
tutti
.
-
-
Non
rimase
più
altro
della
prima
recita
,
su
questa
zona
di
scambii
in
tumulto
che
il
gran
cappello
di
feltro
grigio
galleggiante
or
su
una
testa
ora
sull
'
altra
dei
diversi
Rodolfi
che
guaivano
per
turno
di
sera
in
sera
-
-
fin
che
l
'
ultimo
,
il
più
mingherlino
della
serie
,
fu
acciuffato
a
metà
della
romanza
dalle
guardie
,
e
schiaffato
in
carcere
per
diserzione
-
-
il
teatro
fu
chiuso
,
e
il
cappello
rimase
in
questura
appeso
a
un
chiodo
.
D
Un
altro
giorno
al
Costanzi
andò
in
scena
la
Butterfly
con
l
'
artista
Tamaki
Miura
,
una
vera
figlia
del
sole
di
levante
.
Dell
'
arte
giapponese
non
conoscevamo
sino
a
quel
giorno
che
alcuni
disegni
e
i
giunchi
delicati
dei
ginnasti
che
senza
prendere
la
rincorsa
spiccano
un
salto
leggero
e
sembrano
chiamati
dal
cielo
.
L
'
arte
impalpabile
dei
giapponesi
spazia
sospesa
come
un
profumo
ed
è
fatta
di
passaggi
segreti
e
impraticati
.
Arte
silenziosa
che
va
sempre
al
segno
,
anzi
lo
supera
occultamente
.
Le
frecce
volano
l
'
una
sulla
parabola
dell
'
altra
e
fan
dondolare
la
cima
di
un
fiore
:
ma
l
'
arciere
taciturno
porta
una
maschera
di
ferro
.
Impenetrabilità
di
quei
volti
!
L
'
anima
di
costoro
è
scesa
a
vivere
nelle
loro
membra
di
danzatori
e
di
lottatore
.
Mentre
noi
occidentali
pretendiamo
di
mirare
al
sodo
,
di
stare
al
positivo
e
come
San
Tommaso
vogliamo
toccare
tutto
con
mano
,
nella
puerile
illusione
di
acquistare
la
certezza
,
essi
non
toccano
mai
nulla
,
né
si
direbbe
che
abbiano
curiosità
o
sospetto
di
alcuna
cosa
:
tuttavia
sono
proprio
i
giapponesi
quelli
che
troveranno
il
pelo
nell
'
uovo
,
senza
rompere
'
il
guscio
.
E
se
un
giorno
vedremo
uno
dei
loro
camminare
sulle
acque
,
non
sarà
quello
un
miracolo
,
ma
l
'
ultimo
trionfo
di
una
tecnica
misteriosa
e
sublime
.
Stoicismo
e
impassibilità
sembrano
essere
la
loro
regola
.
Forse
la
morte
soltanto
può
strappare
a
costoro
un
singulto
.
Quando
cadranno
vinti
,
in
tuo
potere
e
vorrai
sollevare
i
veli
del
loro
segreto
eroico
,
chinandoti
a
scrutare
il
loro
volto
morente
,
tu
li
vedrai
,
questi
simulatori
già
volti
dal
letargo
ostentare
in
un
sorriso
accanito
la
loro
dentatura
animalesca
.
Ma
il
grido
gutturale
sfuggito
al
loro
petto
e
simile
a
quello
del
sordomuto
non
lo
potrai
dimenticare
mai
più
.
Calati
in
gran
numero
sul
teatro
come
avanguardie
del
pericolo
giallo
,
questi
figli
del
sole
suscitano
fra
il
nostro
pubblico
molta
curiosità
per
quella
loro
aria
appartata
di
jongleurs
in
vacanza
vestiti
provvisoriamente
all
'
europea
,
e
con
certi
tubini
neri
,
sotto
i
quali
sembrano
dormire
i
loro
occhi
di
pietra
tirati
col
filo
sulle
tempie
.
Come
loro
,
anche
noi
siamo
là
dentro
per
assistere
alla
recita
di
questa
straordinaria
Tamaki
Miura
.
Non
è
costei
una
delle
solite
prime
donne
ridondanti
,
esplicite
,
sbottonate
a
mezzo
il
petto
,
che
nel
trasporto
lirico
si
premono
il
cuore
a
due
mani
,
traboccano
e
dànno
lo
squillo
della
loro
voce
,
squassando
la
testa
come
campanelli
.
Questa
Butterfly
di
bruna
e
lucida
marca
giapponese
,
ha
gli
occhi
piantati
sulla
fronte
come
due
semi
di
mela
,
e
la
sua
bocca
sembra
fatta
per
stritolare
noci
e
strappare
la
corteccia
agli
alberi
.
Tamaki
Miura
,
risalendo
dalle
più
remote
origini
darwiniane
,
si
è
arrampicata
velocissima
fino
qui
alla
luce
delle
nostre
ribalte
.
Equivoca
,
perplessa
apparizione
su
una
scena
ormai
decaduta
e
deserta
.
Essa
ha
portato
con
sé
dall
'
oriente
estremo
e
mattiniero
,
certi
vestimenti
sfarzosi
e
delicati
entro
i
quali
si
muove
,
ondeggia
,
ravvolta
quietamente
,
come
un
pesce
nell
'
acqua
.
Si
muove
e
si
fa
trascinare
dal
flutto
sonoro
.
Le
sue
molli
e
biforcute
estremità
che
sembrano
lambire
il
fondo
di
un
golfo
marino
,
gonfiano
veli
di
sabbia
,
mentre
ella
s
'
ingolfa
e
canta
.
Gli
è
che
nel
cantare
Tamaki
Miura
danza
in
quel
suo
ritmo
obeso
e
inafferrabile
.
Non
è
a
dire
con
quanto
interesse
e
stupore
noi
studiamo
le
mosse
lente
e
mutevoli
di
questa
esotica
e
pingue
creatura
.
Con
un
tufo
a
nostra
volta
ci
immergiamo
per
gradi
nella
massa
liquida
della
musica
.
Palombari
impacciati
,
nello
scafandro
rimbalzando
adagio
e
rigirando
l
'
occhio
senz
'
anima
come
dei
grossi
mammiferi
tumefatti
,
cerchiamo
di
seguire
il
filo
pauroso
della
sua
voce
,
che
sgrana
volanti
colonne
di
bollicine
d
'
aria
e
giunge
a
noi
singolarmente
distinta
da
una
lontananza
antropologica
.
Fra
il
dondolio
monotono
,
l
'
altalena
e
gli
elastici
zig
zag
di
tutte
quelle
cose
lente
,
annegate
per
sempre
,
fugge
pasciuta
e
pigra
,
Tamaki
Nliura
,
né
mostra
darsi
pena
del
nostro
cauto
,
ostinato
inseguimento
;
anzi
,
quasi
per
gioco
,
sparisce
e
ricompare
,
preda
scintillante
e
alata
,
s
'
inoltra
fra
i
meandri
corallini
,
e
vuol
forse
condurci
a
rimorchio
,
presi
all
'
uncino
,
legati
alla
sua
voce
,
vuol
condurci
,
chissà
dove
,
a
Jokohama
?
Naiade
oleosa
e
pesante
,
piegasi
'
rovesciata
,
si
capovolge
piano
come
un
monumento
.
Con
un
grido
disperso
esala
la
rinchiusa
nostalgia
,
emerge
a
poco
a
poco
;
e
mentre
intorno
a
lei
stillano
,
tremuli
nell
'
aria
,
i
lacrimosi
rubini
del
suo
fuoco
subacqueo
,
fa
inchini
gravi
,
parlamentando
melodiosamente
fra
la
spuma
dei
violini
,
in
quel
suo
gergo
rinfrescato
e
fluttuante
che
sa
di
sale
e
di
vento
.
Ma
ecco
un
'
ombra
gigantesca
strisciare
sul
fondo
panoramico
del
mare
e
in
alto
,
controluce
,
farsi
innanzi
la
chiglia
buia
,
enorme
di
una
corazzata
americana
.
Come
a
una
gran
bordata
della
nave
,
corre
l
'
ondata
istrumentale
di
Giacomo
Puccini
,
sopra
Tamaki
,
la
ghermisce
,
la
copre
tutta
,
e
se
la
porta
via
.
Povera
Butterfly
,
ferita
,
sanguinante
,
inabissata
.
Affievoliscono
man
mano
i
suoi
lamenti
problematici
e
il
silenzio
di
quella
solitudine
ci
sembra
allora
più
che
mai
profondamente
vigilato
dalla
platea
supina
e
dal
proteso
loggione
.
Il
velario
si
chiude
-
-
la
recita
finisce
quasi
improvvisamente
.
Intorno
a
noi
il
pubblico
caduto
in
un
originale
dormiveglia
sembra
rimasticare
ancora
i
grumi
della
musica
.
Avvinti
al
fascino
postumo
di
questa
rappresentazione
,
ci
leviamo
a
fatica
e
avviamo
i
nostri
passi
verso
il
palcoscenico
decisi
ad
affrontare
l
'
artista
degli
antipodi
.
Traversiamo
la
scena
fra
gente
d
'
ogni
risma
che
grida
e
lavora
di
sgombero
,
e
raggiungiamo
il
camerino
della
prima
donna
.
Tamaki
Miura
è
là
,
seduta
dinanzi
alla
toilette
,
avvolta
in
un
kimono
verde
mare
,
intenta
a
strofinarsi
con
un
asciugamano
la
faccia
tonda
che
assume
una
espressione
chiusa
e
fonda
di
sonno
al
cloroformio
.
Mentre
le
annunciamo
il
nostro
nome
e
la
nostra
qualità
di
critici
inquirenti
i
suoi
occhi
si
aprono
ed
incontrano
nello
specchio
il
nostro
sguardo
chiaro
che
arde
di
curiosità
.
E
Nei
tempi
successivi
alla
guerra
lo
spirito
'
e
il
genio
di
razza
sostennero
le
battaglie
più
dure
e
disperate
.
Si
sarebbe
detto
che
la
vecchia
civiltà
d
'
Europa
non
si
trovasse
più
a
possedere
che
un
patrimonio
ingombrante
di
pregiudizii
e
uno
stock
di
formule
improvvisate
e
sterili
.
L
'
intelligenza
,
il
buon
gusto
e
il
buon
senso
eran
costretti
a
incassare
colpi
su
colpi
.
La
guerra
organizzò
il
disordine
in
tutti
i
paesi
;
da
noi
fu
come
una
bastonata
all
'
ultima
lucerna
che
illuminava
debolmente
la
nostra
vita
intellettuale
.
Rimanemmo
al
buio
.
Si
sa
che
dell
'
oscurità
approfittano
i
ladri
,
i
topi
e
tutti
quei
che
sentono
odor
di
formaggio
.
Fu
allora
che
buttati
sulla
terra
nuda
,
col
fucile
spianato
,
spiando
come
dei
comitagi
le
tenebre
,
noi
cominciammo
a
sparare
qua
e
là
,
su
coloro
che
alla
chetichella
cercavano
di
scavalcare
i
ranghi
.
Giacomo
Puccini
che
era
in
uno
dei
periodi
della
sua
laboriosa
inquietudine
si
mise
a
seguire
la
nostra
azione
con
benevolo
interesse
.
Anch
'
egli
,
sempre
insidiato
,
teneva
a
fatica
il
suo
posto
,
il
grande
posto
che
gli
compe
te
nella
storia
del
teatro
lirico
italiano
-
-
lo
si
accusava
di
non
esser
né
Wagner
né
Verdi
.
O
,
guarda
la
ipocrisia
degli
anonimi
.
Come
se
i
colossi
fossero
roba
di
tutti
i
giorni
,
e
una
montagna
dinanzi
alla
finestra
ci
volesse
ogni
mattina
,
per
far
piacere
a
chi
si
mette
al
davanzale
.
L
'
essere
italiani
costituisce
già
di
per
sé
una
fatica
non
indifferente
-
-
figurarsi
il
logorio
di
Puccini
che
italiano
lo
era
dieci
volte
.
Quando
si
tratta
di
spacciare
delle
sciocchezze
,
da
noi
,
tutti
si
fanno
avanti
generosamente
e
tutti
sono
splendidi
.
Parlando
di
Puccini
i
mangiatori
di
ipofosfiti
si
compromisero
sino
al
ridicolo
;
intorno
a
lui
le
più
stupide
leggende
circolarono
senza
firma
.
Ce
n
'
era
da
farlo
cader
malato
di
malinconia
.
Bisognò
che
morisse
e
che
i
birboni
si
tirassero
un
po
'
da
un
lato
,
per
rimettere
sensibilmente
in
equilibrio
la
bilancia
.
Egli
aveva
sacrosantamente
ragione
di
vivere
in
campagna
e
di
prendere
a
fucilate
le
anatre
di
Torre
del
Lago
.
Puccini
possedeva
quella
che
si
vuol
chiamare
la
tecnica
,
ma
non
ne
era
posseduto
.
Seguiva
con
attento
interesse
ogni
atteggiamento
nuovo
,
assorbiva
ogni
specie
di
novità
dell
'
arte
,
ma
nel
suo
sangue
agiva
il
contro
veleno
e
nella
sua
testa
funzionava
egregiamente
il
mangiafumo
.
Senza
agitarsi
,
egli
contemplava
,
dalla
sua
poltrona
,
la
grottesca
vicenda
delle
tenzoni
teoretiche
,
ben
sapendo
che
a
battersi
a
colpi
di
tecnica
non
si
conclude
un
'
acca
.
C
'
è
un
argomento
sfatato
,
un
ambiente
sciupato
,
un
luogo
comune
,
una
cifra
particolarmente
cara
ai
compositori
italiani
,
quella
del
fiorentinismo
medioevale
-
-
roba
da
inglesi
,
altrettanto
falsa
in
rapporto
a
Giotto
che
a
Paoli
il
trattore
.
-
-
Quasi
tutti
i
musicisti
hanno
tentato
il
colpo
,
e
partendo
dal
luogo
comune
sono
arrivati
puntualmente
allo
zero
.
-
-
Puccini
riprende
quella
cifra
abusata
e
ne
fa
un
capolavoro
.
Abbiamo
potuto
assistere
,
dieci
anni
fa
,
al
banchetto
che
si
diede
in
Roma
al
Grand
Hotel
in
onore
di
Puccini
dopo
il
trionfo
del
Gianni
Schicchi
.
Il
celebre
operista
sedeva
tra
due
uomini
di
stato
:
due
ministri
.
-
-
Si
mangiò
'
e
si
bevve
in
centocinquanta
con
il
naso
sopra
dei
bellissimi
cespi
di
rose
che
sembravano
essere
sbocciate
d
'
incanto
sulla
tovaglia
dinanzi
ad
ogni
commensale
.
Piatti
,
cucchiai
,
forchette
,
bicchieri
e
violini
facevano
insieme
una
musica
ordinata
e
dolce
nel
salone
riscaldato
del
Grand
Hotel
.
Ma
venne
l
'
ora
dei
discorsi
e
tutti
si
voltarono
attenti
come
al
passaggio
della
Cometa
.
Il
Ministro
della
Pubblica
Istruzione
posò
il
tovagliolo
,
si
levò
solennemente
,
cominciò
ad
allargare
le
frasi
con
un
gesto
avvocatesco
delle
braccia
;
ma
aveva
un
bel
tuonare
,
corrugato
:
ci
parve
che
in
vita
sua
l
'
omaccione
di
Governo
non
avesse
mai
ascoltato
una
nota
di
musica
;
il
suo
,
era
un
vero
parlare
arabo
.
La
squillante
voce
del
Ministro
della
Pubblica
Istruzione
arrestò
il
servizio
e
sconvolse
profondamente
il
capocameriere
.
Poi
si
fece
innanzi
un
cronista
borioso
e
ricciuto
come
il
re
dei
mori
che
finì
,
con
un
ottimismo
tutto
meridionale
,
per
concedere
a
Puccini
il
permesso
di
sedere
alla
stessa
tavola
insieme
a
ministri
e
a
giornalisti
come
lui
.
Non
si
era
ancora
chetato
il
cronista
quando
in
mezzo
alla
sala
si
precipitò
l
'
impresario
.
-
-
Apriti
cielo
;
che
strilli
,
che
sproloquio
,
che
storpiatura
!
-
-
La
lingua
cominciò
a
girargli
in
bocca
come
un
succhiello
che
stia
bucando
una
cassa
forte
;
si
accompagnava
nella
foga
del
dire
con
le
mani
,
agitandole
intorno
alla
propria
faccia
come
se
volesse
schiaffeggiarsi
,
così
furiosamente
,
ma
senza
decidersi
a
farlo
.
L
'
autore
di
Gianni
Schicchi
,
ascoltando
,
sembrava
in
preda
a
una
commozione
amara
-
-
pensava
forse
alla
propria
casa
,
al
proprio
lavoro
.
-
-
I
suoi
occhi
posati
con
malinconica
considerazione
sui
personaggi
incredibili
che
gli
stavano
intorno
,
parevano
dire
:
troppo
tardi
,
signori
.
-
-
Voi
volate
sempre
in
soccorso
del
vincitore
.
Oggi
gli
onori
che
l
'
Italia
rende
al
suo
genio
cominciano
ad
assumere
un
tono
alto
,
sincero
e
magnifico
.
-
-
Disgraziatamente
Puccini
che
fu
il
musicista
più
fortunato
dei
nostri
tempi
,
non
c
'
è
più
.
Sopra
le
ultime
pagine
della
sua
ultima
opera
il
cuore
di
Puccini
,
quel
cuore
tenero
e
virile
cominciò
a
rallentare
,
mentre
il
capo
del
caro
ed
alto
amico
ripiegava
su
di
un
lato
.
La
sua
commemorazione
fu
cosa
indimenticabile
.
Un
gran
colpo
di
timpano
fu
il
segnale
solenne
del
raccoglimento
.
Apparve
allora
sulla
scena
la
sua
effigie
.
Silenzio
.
Quel
volto
immobile
e
dolce
che
si
dissolveva
adagio
in
un
raggio
di
paradiso
sembrava
dire
ancora
una
volta
alla
platea
allibita
:
troppo
tardi
,
signori
.
XII
Commiato
L
'
Arte
è
sempre
in
regola
con
il
passato
e
tuttavia
in
perfetto
orario
con
l
'
avvenire
.
All
'
alba
del
dí
,
spinta
oltre
dal
suo
alacre
travaglio
di
esplorazione
essa
è
già
fuori
all
'
avanguardia
.
Dietro
di
lei
il
mondo
di
ieri
annaspa
nella
notte
,
decade
,
si
capovolge
e
scompare
maledicendo
agli
antipodi
.
Essendo
l
'
Arte
,
nel
suo
compito
fortunato
di
rinascere
e
di
rinnovarsi
,
cosa
febbrile
e
distruttiva
,
l
'
odio
,
il
sospetto
,
l
'
antipatia
,
il
biasimo
,
la
colgono
sulla
strada
,
e
tutto
vale
come
arma
d
'
offesa
per
la
razza
refrattaria
e
formicolante
che
s
'
informa
a
tentoni
e
blatera
nel
suo
buio
dormitorio
di
morale
e
di
salute
.
È
difficile
assai
di
fare
comprendere
a
questi
così
detti
benpensanti
che
,
per
esempio
,
si
può
essere
buoni
padri
di
famiglia
,
ma
l
'
arte
è
un
'
altra
cosa
.
Se
poi
ti
affanni
a
parlare
di
idee
nuove
,
di
forze
giovani
,
di
tendenze
moderne
,
vedrai
una
parte
,
la
più
rispettabile
del
pubblico
,
infischiarsene
,
in
un
modo
che
non
potrebbe
essere
più
fatale
,
e
l
'
altra
volgersi
appena
per
fiutarli
,
così
obliquamente
come
fa
la
vacca
quando
annusa
il
vitello
morto
.
VII
Niccolò
Paganini
Amò
le
donne
,
la
gloria
,
il
denaro
,
ma
il
suo
vero
amore
fu
soltanto
quello
per
il
suo
istrumento
.
«
Il
violino
che
ha
un
'
anima
che
pensa
»
.
Nei
primordi
della
sua
carriera
una
voce
a
Milano
lo
saluta
grande
pagliaccio
del
violino
«
quando
farà
meno
caricature
sul
suo
strumento
...
»
aggiungeva
il
critico
meneghino
.
In
quel
torno
di
tempo
Paganini
profittava
di
ogni
cadenza
per
imitar
sul
violino
le
voci
dell
'
asino
,
del
cane
e
del
gallo
,
la
voce
degli
uccelli
,
il
suono
delle
trombe
,
dei
corni
e
dei
tamburi
.
Fu
chiamato
«
giacobino
genovese
Paganini
»
e
accusato
di
non
avere
«
né
criterio
né
giudizio
musicale
»
.
Preda
,
ancor
giovane
,
di
terribili
mali
fisici
,
tormentato
dalla
necessità
,
e
da
continuo
desiderio
d
'
amore
,
inseguito
dalla
calunnia
,
romanticamente
insaziato
e
insaziabile
,
vero
figlio
del
tempo
in
cui
visse
,
Paganini
,
trascinò
,
si
può
dire
,
dietro
di
sé
tutto
un
secolo
,
e
il
romanticismo
nacque
proprio
da
lui
.
Vero
personaggio
di
Hoffmann
.
Schubert
dopo
averlo
ascoltato
scrisse
a
un
amico
:
«
ho
sentito
cantare
un
angelo
»
.
«
Bisogna
fortemente
sentire
per
far
sentire
»
,
diceva
questo
italiano
.
Istrione
,
alfiere
dell
'
imponderabile
.
Egli
voleva
soltanto
il
«
sicuro
»
effetto
sul
pubblico
.
Come
Tartini
scrisse
Il
trillo
del
diavolo
,
egli
scrisse
,
Le
streghe
.
Come
è
risaputo
Paganini
fu
anche
un
prodigioso
suonatore
di
chitarra
.
Per
due
lustri
dura
il
brillare
splendente
di
quest
'
uomo
cometa
sul
cielo
europeo
.
Poi
in
coda
a
tante
lotte
,
avventure
e
trionfi
,
la
sua
fine
segnò
nelle
onde
vermiglie
di
rivoluzioni
e
di
guerre
,
una
traccia
di
spietata
solitudine
.
E
caduto
che
fu
,
l
'
ostilità
umana
si
scatenò
sul
suo
corpo
di
gigante
immobile
.
Le
spoglie
di
Paganini
peregrinarono
accolte
in
deposito
e
cacciate
da
pietosi
asili
.
Una
odissea
funeraria
trascinava
qua
e
là
la
sua
cassa
.
È
noto
che
il
vescovo
di
Nizza
,
dove
Paganini
si
spense
,
negò
il
riposo
in
terra
benedetta
e
il
rito
ecclesiastico
alla
salma
,
essendo
egli
morto
,
non
ostante
le
esortazioni
del
parroco
,
senza
conforti
religiosi
.
Paganini
aveva
promesso
di
scrivere
su
di
un
'
ardesia
,
perché
afono
,
non
poteva
più
parlare
,
la
propria
«
confessione
»
.
Masi
ridusse
a
morte
repentina
,
senza
adempire
la
promessa
.
Dopo
lunga
e
crudele
peregrinazione
,
la
sfortunata
salma
del
grande
violinista
,
imbalsamata
conservata
col
metodo
tranchiniano
,
trovò
riparo
nella
Villa
di
Gaione
in
quel
di
Parma
.
Avendo
i
giudici
ecclesiastici
annullato
la
sentenza
del
vescovo
di
Nizza
.
Il
figlio
Achille
pensò
di
trasferire
le
spoglie
paterne
dalla
villa
stessa
,
al
cimitero
di
Parma
.
Un
testimone
oculare
,
tuttora
vivente
,
Abramo
Germoni
,
chierichetto
,
allora
,
di
Gaione
,
ha
narrato
che
il
funebre
corteo
,
sul
far
della
sera
(
era
l
'
autunno
,
pioveva
;
la
notte
era
caduta
innanzi
tempo
)
,
si
mosse
dalla
parrocchiale
preceduto
dal
Germoni
come
crocifero
,
e
dall
'
arciprete
Don
Pettenati
.
Alla
bara
si
avvicendavano
sedici
portatori
ai
quali
era
rischiarata
la
via
da
alcuni
lampioni
portatili
.
Percorrendo
l
'
argine
destro
del
torrente
Baganza
,
fra
lo
stupore
dei
rari
passanti
,
per
l
'
insolito
spettacolo
,
il
corteo
giunse
a
notte
fonda
dinanzi
ai
cancelli
aperti
della
«
Villetta
»
che
è
il
camposanto
parmense
.
Sovente
,
quand
'
ero
ancora
un
ragazzo
,
vedevo
sovente
,
a
Parma
,
il
Barone
Achille
Paganini
,
e
l
'
ho
anche
conosciuto
di
persona
;
un
signore
molto
vecchio
,
ma
robusto
e
dritto
nella
persona
-
-
gentiluomo
campagnolo
-
-
figura
appartata
e
singolare
,
e
andava
sempre
solo
.
Ma
nei
giorni
di
mercato
s
'
aggirava
vestito
all
'
inglese
,
fra
la
calca
degli
opulenti
villani
,
e
trafficanti
della
provincia
.
Egli
rassomigliava
fatidicamente
a
Niccolò
Paganini
,
d
'
una
rassomiglianza
intermittente
fugace
,
come
un
colpo
di
febbre
una
fiamma
gli
fissava
i
tratti
,
era
l
'
identità
-
-
poi
tutto
scompariva
in
un
baleno
-
-
e
mi
ricordo
d
'
averlo
osservato
in
quel
suo
atteggiamento
furtivo
,
muover
gesti
e
passi
perduti
,
mentre
le
sue
pupille
sfolgoravano
selvaggiamente
,
come
quelle
d
'
un
perseguitato
.
Era
suo
figlio
.
IX
..
Cremona
c
'
ero
stato
da
ragazzo
,
vale
a
dire
nel
secolo
scorso
.
Non
ho
ricordi
di
quel
viaggio
e
di
quella
visita
;
ma
so
d
'
un
desiderio
assurdo
che
mi
venne
fin
dall
'
arrivo
'
a
Cremona
:
avrei
voluto
esserci
nato
.
Troppo
tardi
,
non
è
vero
?
Sissignori
.
Pestavo
i
piedi
,
m
'
impuntavo
,
e
ne
chiedevo
ragione
con
gran
petulanza
al
mio
papà
che
mi
ci
aveva
portato
,
e
non
sapeva
rispondermi
-
-
insomma
la
gita
finí
in
una
arrabbiatura
.
Lui
mi
teneva
per
mano
e
non
gli
parlavo
più
,
e
non
guardavo
più
niente
.
E
qui
ecco
che
ritroviamo
le
traccie
del
mio
carattere
,
delizioso
e
insopportabile
.
Per
me
Cremona
vista
tra
il
corruccio
,
le
lagrime
e
il
rimpianto
di
non
esserci
nato
era
la
capitale
del
lattemiele
e
dei
cialdoni
.
Adesso
dopo
quarantacinque
anni
la
rivedo
e
la
riconosco
molte
opere
nuove
e
importanti
sono
cresciute
dentro
e
intorno
a
Cremona
,
molti
luoghi
sono
cambiati
,
tuttavia
il
suo
naturale
equilibrio
e
il
suo
tono
posato
è
sempre
quello
di
prima
.
Una
città
estremamente
ordinata
,
comoda
,
senza
difetti
.
Non
ci
manca
nulla
,
e
tutto
è
in
armonia
.
Belle
botteghe
,
palazzi
tranquilli
,
case
ricche
,
strade
pulite
,
buoni
alberghi
gente
buona
,
facce
contente
-
-
e
il
centro
,
dove
l
'
antico
,
illustre
,
e
il
moderno
ben
costruito
e
spazioso
,
si
toccano
tranquillamente
,
è
il
più
solido
e
caro
luogo
del
mondo
-
-
con
un
bel
giardino
pubblico
che
una
pioggia
dolce
bagna
,
fa
brillare
e
inzuppa
di
silenzio
.
Salvo
una
breve
parentesi
(
14991509
)
in
cui
la
città
appartenne
a
Venezia
,
Cremona
'
seguí
in
genere
le
sorti
di
Milano
-
-
sia
all
'
epoca
del
Risorgimento
come
in
quella
fascista
,
e
fu
un
ardente
focolaio
di
vita
politica
e
patriottica
.
In
ogni
tempo
fu
centro
di
studi
e
vi
furono
tenute
in
grande
onore
le
armi
e
tuttavia
è
città
noci
molto
nota
.
È
celebre
la
scuola
di
pittura
cremonese
dal
quindicesimo
e
sedicesimo
secolo
-
-
più
tardi
fu
la
patria
dei
celebri
liutai
Stradivari
,
Guarnieri
,
Amati
e
Bergonzi
e
dei
musicisti
Claudio
Monteverdi
,
e
Ponchielli
.
Direi
che
è
già
molto
per
una
città
di
provincia
.
Ma
non
basta
:
Giuseppe
Cesari
,
il
compianto
musicologo
e
critico
del
«
Corriere
della
Sera
»
,
mio
amico
e
collega
di
studi
musicali
al
Conservatorio
di
Monaco
di
Baviera
,
dal
quale
siamo
usciti
laureati
e
maestri
di
musica
ambedue
nello
stesso
giorno
,
era
anche
lui
di
Cremona
.
Nel
centro
di
Cremona
sorge
il
Torrazzo
,
o
torre
campanaria
,
meraviglia
e
simbolo
della
città
lombarda
.
È
un
superbo
campanile
gotico
.
Il
più
alto
d
'
Italia
.
Il
Torrazzo
ha
figliato
il
Torrone
,
squisito
mastice
commestibile
(
per
chi
ha
buoni
denti
)
conosciuto
in
tutto
il
mondo
civile
.
Ma
a
Cremona
c
'
è
anche
l
'
insuperabile
mostarda
,
denso
intruglio
di
frutta
cotta
e
di
senape
eccellente
durante
le
cene
d
'
inverno
con
il
cappone
o
il
tacchino
lesso
,
oppure
col
manzo
o
il
cotechino
.
Ne
van
pazzi
i
nonni
e
i
ragazzi
.
A
tavola
,
in
cucina
,
magari
,
la
mostarda
domestica
riscalda
la
bocca
,
le
budella
e
il
cervello
,
come
fa
l
'
alcool
.
Dà
dell
'
allegria
e
dello
slancio
familiare
a
questi
simposi
di
stretto
parentado
e
diffonde
per
tutto
l
'
essere
un
'
euforia
feerica
da
cenone
di
Natale
.
Com
'
è
uso
vecchio
e
tenace
di
tutte
le
piacevoli
città
della
bassa
:
Cremona
,
Piacenza
,
Parma
e
soprattutto
Mantova
,
che
son
piene
di
buone
cose
da
mangiare
,
e
hanno
il
culto
della
tavola
.
Dopo
,
viene
il
teatro
,
l
'
opera
e
il
Trovatore
di
Verdi
,
col
quale
la
mostarda
di
Cremona
ha
in
certa
maniera
molti
punti
di
contatto
lirico
.
Ed
eccoci
finalmente
arrivati
alla
musica
,
ragione
non
ostante
tutte
della
nostra
venuta
qui
.
«
Inaugurazione
solenne
del
nuovo
organo
,
e
concerto
nella
cattedrale
alla
presenza
di
S
.
M
.
la
Regina
Imperatrice
»
.
Imbandierata
fino
ai
tetti
,
lieta
e
calma
sotto
la
pioggia
,
con
tutta
la
popolazione
schierata
onestamente
lungo
la
strada
(
cittadini
e
campagnoli
che
volevano
vedere
la
Sovrana
)
,
Cremona
aveva
un
aspetto
festoso
,
composto
:
veramente
di
farsi
onore
.
Quando
la
macchina
della
Regina
spuntò
,
passò
un
fremito
su
tutta
la
folla
,
e
un
grido
corse
e
si
propagò
,
grido
della
folla
alla
folla
,
da
un
capo
all
'
altro
del
percorso
:
«
chiudete
gli
ombrelli
»
.
Era
come
dire
,
scopritevi
dinanzi
a
Elena
di
Savoia
,
e
aver
le
mani
libere
per
applaudire
.
L
'
automobile
reale
che
procedeva
a
passo
d
'
uomo
veniva
continuamente
circondata
,
le
donne
e
le
bambine
le
prime
,
in
un
impeto
d
'
amore
popolare
davvero
commovente
.
Guardie
di
città
e
militi
avevan
non
poco
da
fare
per
aprire
colle
buone
la
strada
alla
Regina
,
la
quale
dietro
il
cristallo
sorrideva
e
inchinava
gentilmente
il
capo
a
tutti
,
incontrando
gli
occhi
negli
occhi
,
la
fedeltà
incantata
e
gloriosa
delle
popolane
venute
a
ringraziarla
.
Accoglienze
e
risposta
così
felice
e
sincera
,
non
l
'
ho
vista
mai
invita
mia
.
Un
incontro
,
e
una
giornata
fu
questa
che
resterà
a
lungo
nella
memoria
di
questa
ritrosa
e
degnissima
città
.
Dopo
il
concerto
in
Chiesa
,
ebbe
luogo
la
chiusura
della
Mostra
,
che
credevo
Stradivariana
,
e
invece
era
quella
dell
'
Ottocento
,
promossa
dagli
antiquari
.
La
Mostra
Stradivariana
purtroppo
era
chiusa
da
un
pezzo
:
ero
venuto
apposta
a
Cremona
dove
non
c
'
era
più
neanche
un
violino
da
vedere
.
Tutti
gli
istrumenti
preziosi
avevano
preso
il
volo
.
Andai
al
Museo
dove
c
'
è
una
vetrina
con
gli
arnesi
della
bottega
di
Stradivari
.
Allora
cercai
qualche
altro
.
La
casa
di
Stradivari
era
stata
demolita
dal
tempo
dei
tempi
,
la
chiesa
dove
c
'
era
la
sua
tomba
anch
'
essa
era
scomparsa
,
e
demolita
era
pure
la
tomba
,
dalla
quale
nel
momento
di
scoperchiarla
venne
alla
luce
in
tutto
soltanto
un
teschio
,
che
un
ladro
sconosciuto
afferrò
e
scappò
via
,
né
venne
più
rintracciato
.
Strano
destino
di
quest
'
uomo
leggendario
del
quale
ormai
si
sa
soltanto
che
aveva
un
gran
naso
:
pare
di
sì
,
un
gran
naso
.
X
..
Il
Melodramma
italiano
è
un
'
opera
d
'
arte
tutta
speciale
,
costruita
sul
ciglio
d
'
un
abisso
di
ridicolo
,
ci
si
sostiene
a
forza
di
genio
.
Da
un
secolo
,
questo
equilibrio
prodigioso
si
verifica
.
È
qualcosa
come
del
combustibile
:
s
'
accende
per
confricazione
fra
ribalta
e
platea
,
fra
un
tenore
e
il
loggione
.
D
'
effetto
vivo
ed
immediato
il
Melodramma
è
fatto
di
quella
musica
che
si
chiama
da
Stendhal
fino
ai
nostri
giorni
la
musica
fisica
:
categoria
nella
quale
primeggiano
Rossini
,
Donizetti
e
Verdi
.
In
un
certo
senso
e
durante
un
certo
periodo
,
per
un
popolo
come
il
nostro
il
Melodramma
è
stato
per
così
dire
la
«
Macchina
infernale
»
.
I
piccoli
teatri
di
una
volta
eran
se
si
può
dire
delle
rosticcerie
del
sentimento
pubblico
.
Un
podio
da
saltimbanchi
,
quattro
lumi
a
petrolio
,
e
qualche
testa
da
morto
bastavano
all
'
uopo
.
Fra
il
pubblico
e
gli
artisti
in
un
lampo
s
'
avverava
il
contatto
:
ed
eran
gridi
,
abbracci
,
fischi
,
baci
e
coltellate
.
Oggi
il
Melodramma
vive
i
suoi
tardi
giorni
,
pieno
d
'
acciacchi
-
-
ma
vive
ancora
:
crudo
,
concreto
,
atavico
-
-
così
com
'
è
,
e
come
è
sempre
stato
.
Sarà
certo
meno
antico
del
Colosseo
per
esempio
o
della
Torre
di
Pisa
,
ma
è
più
vecchio
,
infinitamente
più
vecchio
.
Dicono
,
il
Melodramma
sta
per
morire
tira
le
cuoia
tal
quale
Don
Chisciotte
.
La
macchina
infernale
non
funziona
più
:
non
dà
fuori
più
altro
che
orina
e
fetore
.
Nel
calore
dei
termosifoni
e
dei
ceri
che
bruciano
intorno
al
catafalco
del
Melodramma
,
crebbe
continuamente
e
aumenterà
l
'
ansia
funebre
e
l
'
attenzione
del
pubblico
.
Oggi
che
il
nostro
teatro
è
diventato
un
arsenale
da
rimpinzare
per
dar
corpulenza
allo
spettacolo
,
una
palestra
,
un
'
arena
,
un
«
cantiere
del
fare
e
disfare
»
.
Oggi
che
bisogna
gonfiare
le
gote
,
puntare
i
piedi
,
forzare
la
voce
,
in
mezzo
a
un
orribile
,
agitato
e
costoso
meccanismo
scenico
,
che
entra
in
campo
con
tutto
il
suo
legname
,
i
suoi
chiodi
,
le
sue
martellate
,
i
suoi
impianti
idraulici
,
i
suoi
ascensori
i
giganti
,
e
i
suoi
trabocchetti
che
fumano
a
nubi
di
acre
vapore
,
invadendo
di
starnuti
l
'
ambiente
.
Quest
'
opere
eran
scritte
con
una
verve
inimitabile
,
con
una
abilità
grandiosa
e
meticolosa
ad
un
tempo
-
-
i
punti
di
ricamo
,
le
pitture
,
i
colori
,
i
lustrini
preziosi
,
le
cadenze
fuori
uso
formavano
un
insieme
d
'
apparenze
straordinarie
e
irresistibili
-
-
i
vezzi
originali
del
Melodramma
fan
presto
a
diventare
vizi
abbominevoli
,
le
qualità
giovanili
a
diventar
difetti
.
«
Effetti
della
metempsicosi
»
che
fa
girare
il
mondo
,
vediamo
coi
nostri
occhi
il
rovescio
della
medaglia
.
L
'
opera
diventò
tutta
una
rete
d
'
inganni
e
di
disinganni
,
una
congerie
di
trucchi
-
-
l
'
ispirazione
innegabile
,
la
stessa
sincerità
si
misero
a
guardar
storto
,
e
ti
sembrò
sospetta
.
Erano
opere
che
ormai
facevan
paura
queste
dell
'
Ottocento
:
c
'
eran
delle
toppe
logore
e
delle
nudità
commoventi
.
Carne
ce
n
'
era
ancora
sotto
:
e
sangue
lento
che
tremava
di
morire
.
Si
tratta
di
coglier
l
'
opera
sull
'
ultimo
guizzo
vitale
e
di
scaldarla
col
fiato
.
Così
l
'
un
dopo
l
'
altro
caddero
i
melodrammi
del
glorioso
Ottocento
.
-
-
Non
tutti
però
-
-
anzi
alcuni
di
Verdi
rinacquero
come
l
'
araba
fenice
dalle
proprie
ceneri
.
XI
Trovatore
Così
in
questo
Trovatore
,
Eleonora
,
Manrico
,
Azucena
,
Il
conte
di
Luna
,
e
persino
Ferrando
(
il
basso
)
,
sono
i
sacripanti
immortali
di
un
palcoscenico
eterno
,
del
quale
Verdi
ha
gettato
le
basi
,
eretto
l
'
arco
,
e
acceso
le
luci
miracolose
,
d
'
un
gesto
solo
,
d
'
un
gesto
onnipotente
.
Nel
Trovatore
non
si
riesce
a
scoprire
la
molla
e
gli
ingranaggi
primi
del
movimento
sorprendentissimo
che
lo
anima
tutto
e
lo
fa
vibrare
come
un
battello
in
partenza
.
Ecco
dunque
che
cantare
,
qualunque
sia
la
parte
,
in
quest
'
opera
che
sta
in
bilico
sopra
un
abisso
,
è
cosa
pericolosa
,
anzi
quasi
altrettanto
mortale
come
il
gioco
della
«
corrida
»
.
Ci
vogliono
l
'
occhio
,
o
l
'
orecchio
,
la
sveltezza
,
il
fiato
,
e
il
coraggio
di
un
toreador
.
Chi
sbaglia
la
mira
d
'
un
pelo
,
crolla
sotto
le
cornate
del
pubblico
,
e
non
si
rialza
mai
più
.
Quando
Verdi
ha
per
le
mani
dei
soldati
o
degli
armigeri
soltanto
li
tratta
con
gran
conoscenza
del
loro
fiero
mestiere
,
e
ne
fa
degli
animosi
coristi
:
e
viceversa
,
che
è
quel
che
conta
.
Si
può
dire
che
attraverso
i
cori
soldateschi
delle
sue
opere
egli
abbia
contribuito
a
formare
,
ottant
'
anni
fa
,
il
giovane
esercito
italiano
,
in
quel
suo
caratteristico
aspetto
,
movimento
e
ardore
che
ancora
oggi
vale
.
Caserme
,
bivacchi
,
corpo
di
guardia
,
schieramento
,
sfilate
,
scaramucce
,
baldorie
e
battaglie
hanno
un
calore
popolaresco
,
un
piglio
,
un
tono
crudo
ma
cordiale
,
un
'
allegria
robusta
e
franca
,
e
una
naturalezza
generosa
e
poetica
particolarmente
nazionale
.
Densa
e
straordinaria
è
,
per
esempio
,
la
prima
scena
soldatesca
nell
'
opera
il
Trovatore
.
Dal
punto
di
vista
musicale
è
un
vero
primo
tempo
di
sinfonia
,
perfetto
:
d
'
un
risalto
e
colore
teatrale
,
strepitosi
e
bui
insieme
.
Il
Trovatore
si
fa
tutto
al
disopra
del
libretto
,
per
evaporazione
lirica
.
Il
canto
scavalca
il
testo
,
lo
espelle
,
lo
distrugge
:
la
musica
fa
il
dramma
da
sé
sola
.
La
vicenda
,
trae
tutta
la
sua
virulenza
dal
ritmo
,
e
non
si
può
raccontarla
,
o
spiegarla
per
mezzo
di
parole
,
mentre
si
capisce
in
un
lampo
attraverso
l
'
esecuzione
sonora
.
Il
barocco
libretto
non
è
che
l
'
elemento
occasionale
che
provoca
l
'
esplosione
,
e
dietro
quella
ricade
annientato
(
dispersione
confusa
di
rime
,
sillabe
e
balbettamenti
)
e
scompare
senza
traccia
per
sempre
.
Poi
,
quel
che
è
stato
è
stato
:
il
libretto
non
esiste
più
.
Ma
c
'
è
l
'
opera
viva
,
immortale
.
Quest
'
opera
è
divisa
con
magistrale
rigore
,
in
quadri
,
in
scene
,
in
atti
isolati
e
contrastanti
-
-
staccati
e
definiti
in
modo
irreparabile
-
-
ognuna
di
queste
parti
,
organismo
bloccato
,
fa
corpo
totale
,
ermeticamente
chiuso
in
suoni
,
voci
,
movimenti
e
portentosi
silenzi
.
Ogni
parte
del
Trovatore
è
un
quadro
senza
cornice
,
nella
sua
luce
di
rogo
,
o
di
luna
,
o
di
fucina
,
o
di
crepuscolo
,
o
di
prigione
.
Visione
fonda
improvvisa
,
e
d
'
una
evidenza
surreale
.
Opera
dove
tutto
è
diretto
alfine
immediato
dell
'
effetto
:
senza
preparazioni
,
preludi
,
introduzioni
,
interludi
senza
ricorsi
tematici
,
o
commenti
orchestrali
,
e
senza
rallentare
di
danze
,
o
indugi
,
e
diffusioni
di
coreografie
.
È
il
teatro
dei
suoni
in
atto
:
la
musica
piroetta
e
si
proietta
in
fatti
.
Fatti
sonori
:
d
'
una
intensità
e
interesse
che
colpisce
,
centra
e
sconvolge
ogni
ingenua
immaginazione
.
E
come
si
attacca
la
materia
amorosa
,
e
fa
presa
,
e
morde
tesa
,
e
feconda
.
Intermediari
,
cultori
,
dottori
dello
stile
,
contrappuntisti
,
storici
,
controllori
analisti
,
sprecan
tempo
e
fatica
su
quest
'
opera
che
non
si
lascia
legare
,
né
sta
ferma
sul
tavolo
anatomico
.
Col
Trovatore
la
scienza
non
fa
un
passo
avanti
,
anzi
ne
fa
uno
indietro
.
Qui
non
c
'
è
progresso
tecnico
,
né
novità
,
né
riforme
di
procedure
,
né
ricerche
,
né
conquiste
istruttive
.
La
fattura
è
più
che
normale
,
anzi
è
ovvia
addirittura
.
Qui
non
c
'
è
edificazione
studiata
,
ma
crepitio
di
genio
:
tanto
genio
che
grandina
.
Quest
'
opera
,
tutto
corallo
,
vien
su
dal
suo
tempo
improvvisa
come
una
emersione
vulcanica
.
È
un
fenomeno
caotico
ogni
volta
,
sotto
una
pioggia
di
fuoco
e
di
lapilli
.
Purtroppo
negli
ultimi
anni
le
esecuzioni
di
quest
'
opera
partecipano
dell
'
incertezza
generale
.
Forse
per
la
buona
musica
son
brutti
momenti
questi
,
non
basta
la
buona
volontà
.
Alla
domanda
:
-
-
Come
si
fa
il
Trovatore
?
Rispondiamo
:
-
-
Se
ne
è
perduto
la
ricetta
.
Tuttavia
,
l
'
altra
sera
,
al
Teatro
Reale
dell
'
Opera
,
il
Trovatore
prese
fuoco
e
saltò
,
come
un
barile
di
polvere
.
Tra
schianti
,
chiarori
abbaglianti
,
turgido
e
un
nugolo
di
scintille
.
Insomma
fu
una
recita
ben
riuscita
.
Il
pubblico
romano
non
ce
la
fece
a
resistere
-
-
fu
commosso
fino
all
'
entusiasmo
-
-
e
il
successo
avvenne
,
e
si
formò
metereologicamente
,
nel
cielo
del
teatro
,
come
un
temporale
,
e
scoppiò
molto
clamoroso
alla
fine
.
XII
Una
cronaca
che
fa
proprio
al
nostro
caso
Se
dovessimo
dar
la
stura
alla
nostra
meraviglia
,
e
alle
nostre
descrizioni
intorno
a
quest
'
opera
incomparabile
di
Verdi
,
dieci
pagine
non
basterebbero
.
Ma
saremo
brevi
:
Ecco
qua
:
la
Traviata
è
appena
cominciata
,
il
maestro
concertatore
dirige
,
per
così
dire
,
a
barchetta
,
scrutando
il
palcoscenico
,
da
vecchio
lupo
di
mare
che
voga
fuori
del
porto
:
lo
sguardo
sempre
addosso
ai
cantanti
più
celebri
,
cercando
di
scoprire
le
loro
orgogliose
intenzioni
.
Perché
son
proprio
i
più
celebri
quelli
che
potrebbero
fargli
qualche
scherzo
:
sarebbe
a
dire
,
per
esempio
,
che
potrebbero
saltare
a
piè
pari
mezza
battuta
,
o
uscir
di
tono
così
sensazionalmente
come
può
uscire
dai
gangheri
un
illustre
portone
.
Sulle
immacolate
tovaglie
,
fra
le
camelie
in
fiore
della
casa
di
Violetta
,
scintilla
il
Frascati
d
'
oro
.
A
tavola
tutti
.
Un
brindisi
.
Il
coro
si
mette
il
tovagliolo
,
impugna
il
bicchiere
vuoto
,
e
canta
:
«
Libiamo
libiamo
nei
lieti
calici
...
»
,
mentre
la
prima
donna
,
meravigliosamente
giovane
,
lavora
di
gorgheggi
,
spensierata
e
febbrile
peccatrice
sull
'
orlo
d
'
un
precipizio
.
«
Verdi
è
sempre
Verdi
»
,
sospira
una
dama
dietro
la
nostra
poltrona
.
«
Amen
»
,
rispondiamo
con
la
voce
bianca
d
'
un
chierico
che
serve
la
messa
,
guardando
contriti
il
teatro
riboccante
e
silenzioso
al
pari
d
'
una
chiesa
durante
la
sacra
funzione
.
La
gran
sala
,
fin
su
agli
ultimi
capitelli
,
appare
tutta
carica
di
volti
protesi
,
e
da
un
momento
all
'
altro
diresti
che
si
muove
e
si
mette
a
ruotare
come
un
'
immensa
girandola
,
travolta
in
una
voragine
d
'
ebbrezza
e
d
'
entusiasmo
,
striando
la
penombra
con
le
sue
sete
splendenti
,
le
sue
gemme
,
i
suoi
occhi
lucidi
,
i
suoi
sparati
intangibili
,
le
sue
lunghe
braccia
guantate
,
e
i
suoi
tenui
lampadari
lunari
a
ogni
balcone
.
L
'
attenzione
del
pubblico
è
incatenata
e
supina
,
e
son
rari
gli
istanti
in
cui
la
folla
ha
la
forza
di
liberarsi
dall
'
ammirazione
religiosa
per
tradurre
in
un
grido
la
propria
riconoscenza
.
Sì
,
Verdi
è
sempre
Verdi
.
Però
qui
,
niente
retorica
,
né
enfasi
,
né
trivialità
focosa
,
né
fervore
coreografico
:
qui
invece
frivolezza
profonda
,
vezzi
,
pungenti
melodie
,
banchieri
,
baccarat
,
risate
di
cristallo
,
biancheria
di
bucato
,
bel
mondo
,
buone
maniere
,
mal
sottile
,
amore
e
morte
.
Nella
Traviata
c
'
è
mischiato
il
magro
e
il
grasso
a
grandezza
naturale
.
E
l
'
ispirazione
che
regge
questo
miracoloso
equilibrio
è
la
più
sincera
,
la
più
nuda
,
la
più
elegante
e
ritrosa
che
ci
sia
.
Per
quel
che
riguarda
la
sua
consistenza
e
struttura
,
quest
'
opera
potrebbe
galleggiare
sull
'
acqua
,
come
Ofelia
.
Come
Ofelia
quest
'
opera
muore
d
'
amore
.
Ebbene
,
durante
la
recita
,
quando
il
successo
iperbolico
va
su
fin
alle
stelle
:
al
critico
non
resta
più
altro
da
fare
che
muover
le
sue
obiezioni
al
progresso
teatrale
,
alla
musica
d
'
avanguardia
,
all
'
arte
nuova
,
scientifica
e
senza
cuore
,
che
,
pur
essendo
recente
,
è
ormai
rimasta
l
'
ultima
,
in
coda
al
vecchio
repertorio
.
Sul
finire
del
dramma
,
un
clamore
altissimo
di
carnevale
batte
alla
porta
chiusa
della
dimora
dove
Violetta
si
spegne
oscuramente
;
in
uno
scorcio
fulmineo
intravedi
le
notturne
mense
imbandite
,
che
la
malinconia
minaccia
,
dai
tempi
di
Chopin
.
Quest
'
opera
è
un
capolavoro
,
modello
compiuto
e
perfetto
d
'
arte
e
di
sentimento
,
l
'
opera
più
italiana
che
ci
sia
.
Fatta
di
musica
viva
,
sempre
presente
e
connessa
alla
realtà
teatrale
di
ottant
'
anni
fa
.
I
suoi
canti
emergono
oggi
dal
pelago
concitato
e
inconcludente
della
produzione
moderna
,
più
teneri
e
commoventi
che
mai
.
Cadeva
il
sipario
sull
'
ultimo
accordo
dell
'
opera
,
e
ho
visto
coi
miei
propri
occhi
lacrimar
donne
,
vecchi
e
ragazze
,
e
i
professori
d
'
orchestra
levarsi
adagio
adagio
,
pallidi
,
trasognati
,
tenendo
il
loro
violino
come
si
tiene
un
ombrello
:
non
si
rendevano
conto
che
la
recita
era
finita
.
3
XIII
..
Benché
le
altre
arti
esistano
nel
presente
e
nel
futuro
,
direi
che
la
musica
è
piuttosto
impegnata
nel
passato
.
La
sua
potenza
evocativa
va
ben
lontano
da
noi
,
torna
indietro
,
ci
rapisce
,
e
noi
ne
siamo
trasportati
volta
per
volta
al
di
là
di
ogni
espressione
.
In
questo
senso
retroattivo
,
Verdi
è
il
musicista
per
eccellenza
.
Nessuno
è
più
popolare
,
più
sconvolgente
di
lui
.
L
'
intera
razza
umana
pende
dalle
corde
della
sua
chitarra
.
Il
suo
genio
si
rivela
senza
preamboli
.
Di
colpo
,
come
gli
sorge
dentro
.
E
nelle
sue
opere
c
'
è
musica
d
'
ogni
prezzo
,
d
'
ogni
misura
,
per
tutte
le
borse
e
per
tutti
i
livelli
sociali
.
Poi
,
verso
la
fine
dei
suoi
melodrammi
,
è
uno
schianto
:
la
commozione
spezza
i
cuori
di
pietra
,
e
le
lacrime
calde
piovono
dirottamente
.
Verdi
tira
avanti
senza
circonlocuzioni
.
Non
sa
di
etichetta
,
non
ha
il
mazzo
delle
chiavi
d
'
oro
,
non
ha
il
carnet
delle
formule
magiche
:
con
un
colpo
di
spalla
butta
giú
le
porte
,
calpesta
la
legge
,
i
divieti
e
,
in
cambio
,
appaga
l
'
istinto
.
I
suoi
difetti
e
le
sue
qualità
hanno
radici
profonde
nella
nostra
terra
.
Estirpare
i
primi
vuol
dire
distruggere
anche
le
seconde
.
Ma
quanta
consapevolezza
in
lui
.
Uditelo
.
«
Non
bisogna
esagerare
,
-
-
scriveva
Verdi
,
-
-
nella
smania
di
voler
ogni
cosa
perfetta
,
perché
si
corre
il
pericolo
di
compiere
ben
poco
o
di
non
compiere
nulla
.
La
natura
,
la
sincerità
di
un
maestro
si
rivela
mantenendo
pressoché
intatto
ciò
che
gli
è
uscito
spontaneamente
dal
cervello
,
molto
meglio
che
tormentando
instancabilmente
ciò
che
egli
ha
fatto
.
Anzi
,
nell
'
alternativa
di
cose
un
po
'
basse
con
altre
elevate
;
queste
s
'
avvantaggiano
di
più
nel
contrasto
.
Io
non
istento
a
credere
che
alcuni
poeti
abbiano
calcolato
su
simili
effetti
»
.
Così
,
serenamente
,
Verdi
riconosceva
che
la
sua
opera
resterà
per
sempre
incompiuta
.
Siamo
sulla
via
di
Sant
'
Agata
dove
«
Omnibus
»
ci
ha
mandato
in
pellegrinaggio
.
La
campagna
,
in
questa
stagione
,
è
disseminata
di
alberi
spogli
e
stecchiti
.
C
'
è
l
'
aria
dolce
delle
buone
e
brumose
giornate
d
'
inverno
.
Ecco
Sant
'
Agata
fra
la
nebbia
.
E
pioppi
molto
alti
che
van
su
nella
nebbia
,
e
salici
ossuti
che
annunziano
la
vicinanza
del
Po
.
Qua
e
là
,
nel
torpore
,
casolari
dai
vecchi
muri
porosi
.
Curiosa
sensazione
di
periferia
.
La
campagna
giace
,
per
così
dire
,
con
l
'
acqua
alla
gola
.
Dorme
quasi
affogata
.
Come
non
immaginare
Utrillo
,
alle
inferriate
del
manicomio
,
contemplare
questo
paesaggio
sparuto
e
malinconico
?
E
pensiamo
,
da
questi
luoghi
,
al
sacro
respiro
dei
corali
di
Verdi
,
alla
veemenza
dei
suoi
concertati
tradotti
in
disegni
larghi
,
esatti
,
al
realismo
e
alla
concretezza
di
questo
grande
uomo
.
Gli
insegnanti
del
Conservatorio
di
Milano
dissero
che
egli
non
aveva
attitudini
per
la
musica
,
e
che
non
possedeva
alcuna
abilità
.
Non
aveva
che
del
genio
.
Troppo
poco
per
dei
professori
e
dei
critici
.
Una
gran
buona
fede
patriottica
gonfia
,
gonfia
quei
suoi
corali
smisurati
e
provinciali
.
Busseto
.
Questi
grossi
paesi
,
o
piccole
città
,
han
dei
viali
,
dalla
stazione
all
'
abitato
,
che
non
finiscono
più
,
e
bisogna
farli
a
piedi
:
coi
piedi
nel
fango
dove
serpeggiano
e
guazzano
,
senza
cascare
,
dozzine
di
ciclisti
intabarrati
,
contadini
per
lo
più
,
col
naso
rosso
e
il
cappellaccio
sugli
occhi
.
È
un
giorno
festivo
,
e
nei
campi
non
si
lavora
.
Un
silenzio
diluito
vigila
a
mezz
'
aria
.
Sciami
di
uccellini
scivolano
giú
con
volo
incerto
,
ondeggiano
,
non
sapendo
dove
posarsi
,
e
si
cacciano
impauriti
fra
i
rami
di
qualche
alberello
senza
foglie
,
scomparendo
in
fila
come
un
ventaglio
che
si
chiude
.
Tutto
questo
scenario
in
dissoluzione
par
pieno
di
lividi
fantasmi
che
svaniscono
fra
densi
vapori
.
Lembi
cenciosi
di
nebbia
scendono
sino
a
lambire
le
siepi
.
Il
suolo
non
è
più
che
uno
specchio
rotto
,
nero
picchiettío
di
pozzanghere
e
di
rivoli
che
,
seguendo
il
pianeggiare
del
terreno
,
si
versano
gli
uni
negli
altri
.
Qui
c
'
è
posto
per
i
panoramici
corali
verdiani
,
dove
dondola
uguale
la
cadenza
del
buon
senso
del
nostro
biblico
Ottocento
.
Camminiamo
da
più
di
mezz
'
ora
verso
Sant
'
Agata
che
è
a
tre
chilometri
da
Busseto
.
Un
torrente
d
'
acqua
piovana
cola
fra
due
profondi
argini
erbosi
.
È
pieno
di
canne
selvatiche
e
forse
di
anatre
.
Qualche
cane
da
caccia
corre
,
col
muso
in
aria
e
la
coda
dritta
,
lungo
le
rive
,
verso
il
Po
che
deve
essere
colmo
a
straripare
con
questa
stagione
.
Il
piccolo
campanile
di
Sant
'
Agata
suona
allegramente
,
alla
rinfusa
:
è
un
concerto
argentino
nella
nebbia
del
cielo
tutto
ugualmente
madido
di
caligine
fino
all
'
orizzonte
.
Le
galline
strepitano
dai
pollai
,
squassando
le
ali
bagnate
.
Belle
galline
grasse
da
brodo
,
che
fan
conversazione
fra
di
loro
,
razzolando
imperiosamente
sulle
concimaie
.
Giungono
talvolta
,
al
nostro
orecchio
,
rotti
e
ovattati
discorsi
di
ciclisti
lontani
.
Poi
,
ad
un
certo
punto
,
ecco
suonare
una
grossa
campana
,
quella
di
Busseto
.
Quei
rintocchi
lenti
e
funebri
fan
venire
in
mente
il
«
miserere
»
del
Trovatore
.
Invece
,
è
proprio
mezzogiorno
in
punto
.
Molte
opere
di
Verdi
vennero
rappresentate
cinquant
'
anni
fa
per
l
'
ultima
volta
.
Non
caddero
,
ma
furono
abbandonate
.
E
non
se
ne
parlò
più
.
Non
vennero
sepolte
,
ché
non
erano
morte
definitivamente
,
né
vive
sembravano
più
essere
.
Rimasero
fuori
rotta
,
in
quarantena
.
Chiuse
,
aspettando
.
E
il
tempo
non
le
ingoiò
.
Luisa
Miller
,
I
due
Foscari
,
Macbeth
,
Nabucco
...
Erano
ricche
,
nobili
e
salde
,
nutrite
di
quella
vena
inesauribile
e
popolaresca
che
distingue
il
miglior
Verdi
e
durarono
più
della
loro
condanna
.
Armate
di
ferro
e
d
'
argento
,
con
tutte
le
vele
spiegate
,
sonanti
come
tante
navi
in
partenza
,
queste
opere
bussetane
e
genovesi
rientrano
,
una
dopo
l
'
altra
,
sontuosamente
in
servizio
,
dopo
cinquant
'
anni
d
'
inedia
,
che
non
le
distrussero
né
le
accasciarono
.
Non
fu
necessario
ritirarle
a
secco
per
le
riparazioni
d
'
uso
.
Non
presentavano
avarie
o
deterioramenti
,
né
di
fuori
né
di
dentro
:
erano
intatte
.
E
più
che
nuove
,
apparvero
.
Rafforzate
dalla
stagionatura
,
e
in
istato
di
riprendere
il
mare
;
passando
in
bilico
perfetto
,
e
galleggiando
valide
,
maestose
e
dolci
dinanzi
agli
occhi
stupiti
del
mondo
,
del
mondo
moderno
.
Questa
fenomenale
attualità
e
questo
adattamento
ad
ogni
tempo
e
luogo
della
musica
di
Verdi
,
mi
ricorda
un
episodio
lontano
della
mia
vita
a
Londra
.
Ero
arrivato
lassú
con
una
giornata
come
questa
,
brumosa
,
silenziosa
,
invernale
.
Il
tassi
mi
aveva
deposto
in
uno
square
deserto
e
buio
.
Eran
le
otto
di
sera
.
Cercavo
un
albergo
nei
pressi
,
e
non
si
vedeva
niente
.
Tutto
chiuso
.
Sabato
festivo
.
Queste
son
le
ore
terribili
per
chi
rimane
sul
lastrico
,
a
Londra
.
Sono
le
ore
dei
pasti
.
Si
subisce
la
regola
.
La
legge
dei
focolari
non
s
'
infrange
in
questa
città
ordinata
:
chi
è
dentro
è
dentro
,
e
chi
è
fuori
ci
resta
.
La
strada
londinese
in
cui
mi
trovo
,
vapora
e
fumiga
come
una
concimaia
.
La
nebbia
sale
,
turbina
lentamente
,
si
addensa
e
vela
i
lampioni
.
La
nebbia
infradicia
tutto
.
Le
fiammelle
han
guizzi
di
agonia
,
e
i
vetri
si
bagnano
man
mano
:
si
bagnano
di
pianto
.
La
strada
diventa
un
teatro
,
un
teatro
sprangato
,
sommerso
,
fra
apparizioni
natanti
e
dissolvenze
feeriche
.
Ogni
formasi
stacca
,
naviga
senza
peso
,
sparisce
.
Non
ci
sono
più
case
,
non
ci
son
più
muraglie
,
né
cancelli
,
né
cielo
.
Dall
'
alto
,
qualche
raggio
di
luce
polverosa
cola
giú
serpeggiando
come
il
gesso
,
in
questa
cupa
marea
caliginosa
.
A
un
tratto
,
tutta
la
zona
echeggia
.
C
'
è
una
voce
:
umana
o
divina
?
C
'
è
un
'
arpa
,
nella
nebbia
;
lo
spleen
,
la
nostalgia
dell
'
ultima
canzone
della
Traviata
di
Verdi
.
La
voce
è
d
'
una
donna
,
d
'
un
ragazzo
o
d
'
una
sirena
;
ma
così
forte
,
giovane
,
disperata
,
in
questa
colossale
solitudine
,
che
mi
domando
:
è
un
concerto
o
un
naufragio
?
Sono
lí
a
due
passi
i
musici
ambulanti
,
italiani
.
Potrei
quasi
toccarli
,
ma
non
scorgo
,
aguzzando
lo
sguardo
,
che
una
rorida
parvenza
che
ondeggia
e
sfuma
,
argentea
,
piramidale
,
forse
l
'
arpa
.
È
ancora
il
lembo
di
un
povero
scialle
di
lana
.
Spettri
,
fantasmi
,
sull
'
orlo
del
marciapiede
.
La
strada
,
tutta
impregnata
di
miasmi
,
da
un
capo
all
'
altro
trasecola
,
riecheggia
,
e
tace
a
lungo
.
Intanto
qualche
spiraglio
si
schiude
,
lassú
,
dove
son
gli
abbaini
:
ombre
bianche
s
'
affacciano
:
fatue
movenze
.
Dal
cielo
invisibile
piove
a
poco
a
poco
;
e
comincia
una
caduta
lenta
di
palanconi
.
Solennemente
,
come
in
un
incubo
che
s
'
allenta
,
tintinnano
sull
'
asfalto
le
monete
:
son
gli
angeli
delle
soffitte
,
le
cameriere
e
i
facchini
di
questi
hótels
di
lusso
che
buttano
,
senza
interruzione
,
i
loro
risparmi
ai
misteriosi
musici
della
strada
deserta
e
sommersa
.
Finalmente
siamo
a
Sant
'
Agata
,
davanti
alla
villa
di
Verdi
.
Traversiamo
un
ponticello
.
Ci
viene
aperto
un
cancello
.
Entriamo
in
un
cortile
,
e
un
cane
ci
fa
festa
.
La
custode
ci
introduce
nella
vecchia
casa
di
Verdi
,
dove
non
c
'
è
nessuno
,
dove
tutto
è
conservato
puntualmente
,
in
bell
'
ordine
,
e
spolverato
ogni
giorno
col
piumaccio
.
Ci
accorgiamo
subito
di
essere
in
una
casa
ancor
viva
e
abitabile
,
non
in
un
museo
.
Ecco
la
camera
da
letto
col
baldacchino
,
il
pianoforte
di
Verdi
,
la
sua
camicia
da
notte
,
i
bei
mobili
neri
.
La
rastrelliera
con
i
fucili
da
caccia
.
In
un
angolo
,
i
bastoni
d
'
un
gentiluomo
di
campagna
,
e
,
in
tutto
l
'
arredamento
,
non
c
'
è
nulla
che
ricordi
il
cattivo
gusto
dell
'
Ottocento
.
La
porta
aperta
sul
parco
ci
dà
un
senso
confuso
di
attesa
e
di
presenza
.
Tutto
questo
parco
ozioso
,
appisolato
nella
nebbia
,
è
quasi
più
alto
che
largo
,
sì
,
d
'
una
statura
altrettanto
incredibile
quanto
la
sua
vecchiaia
:
alberi
venerabili
e
giganteschi
dalla
scorza
rugosa
e
durissima
,
che
la
mano
stessa
di
Verdi
piantò
,
forse
cento
anni
fa
;
tortuosi
viali
coperti
di
foglie
bagnate
;
solitudine
signorile
,
una
forza
di
terra
antica
e
riservata
,
e
l
'
odor
grave
e
intatto
dell
'
autunno
immobile
intorno
alla
villa
del
Maestro
,
dove
tutto
respira
come
se
fosse
ieri
,
e
l
'
atmosfera
eterna
di
lavoro
e
di
pace
dell
'
artista
che
l
'
abitò
durante
cinquant
'
anni
.
Una
lunga
pipa
di
schiuma
,
in
un
astuccio
aperto
e
foderato
di
velluto
rosso
,
sta
sul
pianoforte
.
«
To
,
Verdi
fumava
,
era
un
fumatore
?
»
«
Oh
,
no
,
-
-
mi
dice
la
custode
.
-
-
Nella
sua
prima
giovinezza
Verdi
era
di
costituzione
molto
debole
.
Soffriva
di
mali
di
gola
,
e
non
fumava
che
qualche
trabuco
dolce
,
di
tanto
in
tanto
,
e
con
tutta
la
precauzione
»
.
«
più
tardi
,
la
sua
salute
migliorò
,
diventò
buonissima
;
e
nell
'
età
più
avanzata
,
Verdi
era
robustissimo
e
molto
resistente
al
lavoro
»
.
Il
suo
mestiere
di
compositore
,
insieme
a
quello
di
contadino
proprietario
,
le
lunghe
passeggiate
sulle
sue
terre
,
ch
'
egli
percorreva
sovente
a
piedi
e
qualche
volta
in
vettura
per
sorvegliare
i
lavori
,
gli
avevano
restituito
completamente
le
forze
del
corpo
e
dello
spirito
.
Verdi
non
ha
mai
avuto
una
decadenza
.
Fino
a
ottantasette
anni
godette
di
una
salute
straordinaria
.
«
L
'
ho
visto
vecchio
soltanto
sei
mesi
,
-
-
mi
dice
il
dottor
Carrara
Verdi
,
suo
nipote
,
-
-
cadde
giú
dopo
la
morte
di
Re
Umberto
.
Non
si
riconosceva
più
.
E
,
poco
dopo
,
morì
anche
lui
»
.
È
una
gran
fortuna
che
non
ci
sian
cimeli
,
né
alcuna
messa
in
scena
postuma
,
in
questa
bella
casa
.
Tutto
è
allo
stesso
posto
originale
,
di
dimora
semplice
e
tranquilla
che
funziona
.
Si
aspetta
quasi
che
il
padrone
rientri
dal
giardino
.
Ci
sembra
davvero
che
,
da
un
momento
all
'
altro
,
Egli
possa
rientrare
col
suo
gran
cappello
di
feltro
,
e
la
sua
figura
accigliata
e
benevola
.
Sulle
mensole
ci
son
due
statuette
di
bronzo
:
Manzoni
e
Vittorio
Emanuele
II
.
Alle
pareti
,
c
'
è
un
ritratto
di
Crispi
.
Sotto
campane
di
vetro
,
ci
sono
gustose
terrecotte
napoletane
.
«
Sono
tutte
cose
regalate
»
,
mi
dice
la
custode
sottovoce
.
Tutto
è
rimasto
tal
quale
dal
giorno
che
se
ne
andò
.
E
tutto
qui
lo
aspetta
,
anche
gli
alberi
nel
parco
.
E
cresce
un
po
'
l
'
inquietudine
come
se
,
dopo
trentasette
anni
della
sua
assenza
,
dovesse
ritornare
da
un
momento
all
'
altro
.
E
sulla
scrivania
,
c
'
è
un
cartoncino
sul
quale
Verdi
ha
scritto
con
una
calligrafia
senza
disinvoltura
.
«
Un
tedesco
che
sa
,
sa
troppo
.
Un
russo
che
sa
,
è
un
pericolo
»
.
I
Parigi
Parigi
,
superficie
lucente
ammantata
di
schiuma
e
di
bave
sanguigne
,
che
ruotano
leggere
intorno
a
tetri
monumenti
come
il
velo
febbrile
degli
stagni
intorno
ai
piloni
dei
ponti
.
Parigi
,
umida
nebbia
,
atmosfera
di
tisi
,
sotto
la
tua
carezza
le
negre
vagabonde
impallidiscono
e
van
pigliando
il
colore
del
cedro
affumicato
.
Eccitamento
,
estenuazione
,
delirio
.
I
gridi
disperati
delle
tue
vittime
sembrano
affievolire
sotto
il
tuo
cielo
sordo
.
Al
levarsi
del
tuo
giorno
malato
,
un
problema
s
'
affaccia
,
sempre
lo
stesso
problema
:
non
perdere
terreno
-
-
il
pane
da
guadagnare
,
la
gloria
da
difendere
-
-
e
tutto
da
ricominciare
.
Già
all
'
aurora
,
dietro
le
verande
dei
caffè
,
in
quelle
innumerevoli
gabbie
di
vetro
lavate
dalla
pioggia
,
mille
donne
sedute
davant
all
'
apéritif
bivaccano
aspettando
la
sera
.
Donne
calate
dalla
Normandia
,
dal
paese
di
Galles
,
dal
Perú
,
provenzali
,
spagnuole
,
donne
di
tutto
il
mondo
,
creature
che
sembrano
venir
giú
dal
cielo
all
'
ora
dell
'
Ave
Maria
,
sboccano
dalla
chiesa
della
Madeleine
e
scendono
come
un
fiume
inesauribile
i
grandi
boulevards
.
Tutte
riconoscibili
alla
divisa
dell
'
ordine
,
l
'
eleganza
,
esse
portano
,
a
guisa
d
'
armature
,
diademi
e
cinture
d
'
argento
.
Con
un
ritmo
sacro
,
incessanti
cortei
di
cortigiane
,
popolo
di
demoni
,
mandre
belluine
s
'
inoltrano
,
come
le
belve
spinte
dal
bisogno
,
a
invadere
la
strada
.
E
fluttuando
lentamente
,
sommergono
i
marciapiedi
.
Son
le
milizie
che
ogni
sera
conquistano
Parigi
,
sacerdotesse
dell
'
amore
che
cercano
inquietamente
negli
occhi
della
folla
che
arranca
contro
corrente
la
promessa
d
'
una
cena
eventuale
.
Sotto
torrenti
di
luce
un
pensiero
,
le
assilla
:
come
vivere
oggi
.
Parigi
è
l
'
oceano
umano
dove
ogni
certezza
va
a
picco
.
Nessuno
è
sicuro
di
sé
.
Ciascuno
dubita
,
ma
non
si
scopre
né
si
scoraggia
mai
.
Sempre
in
armi
;
al
lavoro
con
instancabile
lena
.
Ogni
esitazione
è
fatale
.
Leggerezza
e
noncuranza
fan
maschera
ai
volti
-
-
ostentata
malvagità
delle
parole
,
e
onore
sulla
punta
delle
spade
-
-
così
ciascuno
,
avido
e
guardingo
,
giuoca
il
suo
giuoco
,
da
un
'
alba
all
'
altra
sotto
pena
di
perdersi
nelle
ventiquattr
'
ore
,
di
veder
precipitare
il
proprio
nome
.
Il
ridicolo
e
la
fame
,
ecco
il
pericolo
.
Basta
un
gesto
infelice
,
un
malessere
,
una
confessione
;
e
però
con
quanta
arte
,
con
quanta
felina
destrezza
costoro
schivano
i
fulmini
dell
'
avversa
fortuna
.
In
questo
clima
che
demolisce
un
ercole
,
e
fa
ammuffire
l
'
aria
intorno
alle
lampade
ad
arco
,
in
questo
clima
che
conferisce
un
aspetto
livido
a
tante
facce
affrante
,
la
buona
educazione
e
la
vivacità
galante
son
di
prammatica
.
Fra
questo
popolo
sì
ragionevole
e
umano
ci
sono
degli
occhi
che
dardeggiano
come
quelli
dei
topi
appestati
.
In
questo
vivere
da
far
paura
ad
un
forzato
,
un
verminaio
innumerevole
si
affatica
da
mane
a
sera
.
E
la
fatica
diventa
veleno
e
il
veleno
odio
.
Miseria
,
angoscia
,
sangue
e
coraggio
sublime
,
van
su
alla
superficie
e
brillano
di
uno
splendore
sinistro
.
Allora
si
vedono
degli
individui
strani
ritirarsi
in
certi
grigi
casamenti
,
chiudersi
in
una
stanza
e
vivere
degli
anni
lontano
dalla
strada
e
dal
mondo
.
Fortificati
fra
uno
scrittoio
e
un
muro
,
tracciare
delle
linee
,
fare
dei
calcoli
,
ingiallire
come
l
'
avorio
,
e
perdere
i
peli
,
alimentarsi
di
chimica
e
di
caffè
,
e
scatenare
dai
loro
quaderni
aperti
,
rivoluzioni
,
cataclismi
oscuri
e
leggi
nuove
,
e
idee
che
durano
e
sfavillano
remote
come
le
stelle
su
questa
babilonia
immortale
,
dove
,
per
riparare
a
tanti
stomachí
sfondati
,
a
tante
teste
che
girano
la
cucina
s
'
è
fatta
delicata
,
squisita
,
omeopatica
.
Qui
si
succhiano
gli
ossicini
degli
uccelletti
marci
,
si
cavano
ingordamente
le
lumache
dal
guscio
e
si
finisce
la
cena
con
del
formaggio
fetido
.
Come
qui
si
lavora
,
e
con
quale
dispendio
di
forza
e
di
spiriti
!
Ognuno
sfrutta
se
stesso
al
massimo
grado
.
Si
trae
dalla
propria
salute
tutta
la
rendita
e
se
questa
non
basta
s
'
intacca
il
capitale
.
Si
rischia
all
'
occasione
anche
il
patibolo
.
Non
si
teme
che
il
vuoto
,
il
marasma
,
l
'
inedia
.
Superando
il
disgusto
e
la
nausea
si
avanza
a
marce
forzate
verso
la
morte
:
ebbene
,
eccola
una
grande
città
!
E
tutto
questo
immenso
lavoro
vien
fatto
per
creare
,
ogni
dí
,
la
modernità
,
per
ringiovanire
la
vita
,
per
reintegrare
le
illusioni
cadute
,
le
speranze
avvizzite
,
per
utilizzare
e
rendere
innocua
l
'
eternità
.
Apparenza
,
menzogna
e
fatuità
fan
da
scenario
,
sono
i
vessilli
eroici
di
tutti
questi
martiri
;
ma
nel
fondo
,
nel
fango
,
strenua
resistenza
,
sacrificio
stoico
,
dolore
e
grandezza
.
Mai
rinuncia
,
sconforto
,
diserzione
.
Sempre
avanti
,
a
denti
stretti
,
trattenendo
un
singulto
;
fischia
il
vento
attraverso
gli
anni
e
lacera
l
'
esistenza
;
sempre
di
corsa
verso
il
denaro
e
la
celebrità
.
Allora
si
capisce
come
questa
popolazione
non
sia
prolifica
,
si
capisce
l
'
isteria
,
le
crisi
politiche
,
la
ferocia
e
le
anomalie
di
questa
razza
raffinata
e
cagionevole
.
Parigi
sorge
invidiata
,
si
trasforma
da
un
'
ora
all
'
altra
,
crolla
di
volta
in
volta
e
tuttavia
cresce
sempre
,
e
ingrandisce
in
fretta
il
suo
raggio
.
Profondo
e
fragile
specchio
che
accoglie
la
luce
del
mondo
,
Parigi
sfida
il
tempo
:
e
poi
si
dice
che
il
tempo
si
vendica
di
quel
che
fu
compiuto
senza
di
lui
.
II
Moulin
Rouge
Sulle
insegne
luminose
di
Montmartre
turbina
un
impetuoso
nebbione
violetto
.
È
il
cielo
basso
di
Parigi
,
il
cielo
che
non
può
dormire
e
ha
le
palpebre
bruciate
di
fatica
.
Dal
boulevard
che
arde
come
una
fornace
vengono
su
buffate
d
'
incendio
,
e
clamori
assordanti
di
folla
.
Il
cielo
s
'
agita
fra
le
sue
coltri
di
nubi
.
Scintille
di
tizzoni
l
'
avvolgono
e
mettono
fuoco
al
suo
lenzuolo
.
Attaccato
ai
parafulmini
,
il
cielo
di
Parigi
si
sporge
di
tratto
in
tratto
sul
vuoto
e
fa
alla
strada
delle
grandi
smorfie
meteorologiche
.
I
lampi
di
magnesio
scuotono
e
fan
guizzare
i
vetri
:
le
leggende
réclame
volteggiano
infiammate
,
sembrano
vacillare
e
rianimarsi
al
vento
,
brulicano
come
vermi
lucenti
intorno
ai
cornicioni
delle
case
.
Qualche
vecchia
facciata
balza
innanzi
,
livida
,
e
vibra
per
un
attimo
come
metallo
fuso
.
Fra
i
bizzarri
edifici
chiamati
in
causa
così
bruscamente
da
un
proiettore
che
spalanca
il
suo
occhio
e
si
spegne
,
ce
n
'
è
uno
,
più
stravagante
degli
altri
,
color
sangue
di
bue
,
un
padiglione
che
fuma
e
frigge
,
come
una
rosticceria
,
avvolto
nel
fuoco
dei
bengala
.
Due
mulini
a
vento
presidiano
come
due
corpi
di
guardia
il
raggiante
portale
dove
la
gente
entra
come
da
noi
la
domenica
in
Chiesa
.
È
il
Moulin
Rouge
.
Il
Moulin
Rouge
apre
i
suoi
battenti
alle
tre
dopopranzo
.
I
nottambuli
accecati
dal
sole
,
con
un
salto
riparano
là
dentro
.
Nel
dancing
si
respira
ancora
l
'
aria
della
notte
.
Il
luogo
indefinito
annega
in
un
lucore
sulfureo
e
ferale
;
sembra
di
essere
alla
foce
d
'
un
fiume
nell
'
ora
del
tramonto
e
benché
manchino
i
pipistrelli
a
guazzare
fra
quei
vapori
palustri
,
due
mulini
olandesi
,
che
si
drizzan
là
in
fondo
,
bastan
a
darci
l
'
idea
d
'
un
paesaggio
disteso
.
Le
pale
,
incrostate
di
lampadine
rosse
,
continuano
a
girare
lentamente
e
,
moltiplicate
negli
specchi
,
che
sonnecchiano
nella
profonda
penombra
della
sala
,
han
l
'
aria
d
'
un
fuoco
artificiale
che
si
sgrana
e
piove
adagio
adagio
.
Quando
la
musica
attacca
,
il
dancing
si
riempie
come
una
piscina
.
I
danzatori
scendono
a
precipizio
le
scalette
di
quattro
o
cinque
gradini
e
si
buttano
tra
il
pubblico
che
balla
.
È
l
'
atto
di
chi
vuole
annegare
.
Stando
seduti
a
un
tavolo
si
può
contemplare
dall
'
alto
lo
spettacolo
.
Languide
coppie
,
flutti
amorosi
,
marosi
densi
di
schiuma
,
amplessi
,
cuori
spezzati
,
abbracciamenti
di
naufraghi
,
e
sorrisi
morenti
;
smarrite
figure
di
efebi
,
ricciuti
come
gli
agnelli
,
che
nuotano
appaiati
;
linfatiche
fanciulle
che
balbettano
in
quel
bagno
cocente
;
l
'
una
all
'
altra
allacciate
,
esse
si
chiudono
come
i
fiori
la
sera
in
una
stretta
che
non
si
allenta
più
.
Marinai
di
Toione
,
branchi
di
cortigiane
,
negri
della
Martinica
,
carbone
nella
farina
,
arrancano
in
schiere
fitte
.
Americani
del
sud
madidi
di
sudore
e
gente
d
'
ogni
razza
,
stranieri
che
han
perduto
il
nome
e
le
radici
,
galleggiano
inerti
e
colmano
di
procelloso
letargo
quest
'
ultimo
peno
boreale
.
I
riflettori
sembrano
frugare
in
quel
vivaio
mostruoso
che
fa
corpo
e
cammina
a
rilento
come
un
immenso
camaleonte
.
Le
ali
dei
mulini
rimuovono
e
sospingono
la
calca
.
Si
macina
davvero
là
dentro
,
si
macina
,
con
un
accanimento
pesante
,
sonnolento
.
I
suonatori
del
jazz
band
imitano
alla
lontana
gli
urli
di
un
'
orda
indiana
,
e
il
saxofono
a
solo
,
ripete
le
obiezioni
,
i
lagni
e
le
risate
d
'
un
ottentotto
che
soffre
il
solletico
.
Le
più
strane
vociferazioni
istrumentali
ripercosse
dalle
gole
dei
monti
s
'
estinguono
nelle
aperte
campagne
.
Fu
dopo
l
'
armistizio
che
capitai
la
prima
volta
in
questo
luogo
.
La
virtú
come
un
uccello
preso
al
vischio
,
batteva
le
ali
e
perdeva
le
penne
:
ma
,
come
erano
belle
le
giovani
donne
quel
giorno
;
e
nei
ballerini
,
quanta
eleganza
caduca
.
C
'
era
passata
la
guerra
,
la
febbre
spagnuola
,
poi
s
'
era
abbattuto
sul
Moulin
Rouge
il
fuoco
bianco
,
la
nevicata
leggera
e
diaccia
degli
stupefacenti
.
L
'
amore
al
suo
apogeo
s
'
era
gelato
là
dentro
.
Ti
pareva
vedere
le
grandi
ondate
impennarsi
,
frangersi
nell
'
angelico
tango
,
l
'
una
sull
'
altra
,
come
cristallo
.
Un
assideramento
,
un
'
angoscia
solenne
regnava
nella
sala
.
Colavano
tutti
con
una
acquiescenza
collettiva
verso
l
'
orlo
d
'
un
mondo
che
finisce
,
quei
danzatori
,
e
sembravano
poeti
,
condannati
a
morte
,
spoglie
di
preti
annegati
che
vanno
alla
deriva
.
Oh
,
quel
silenzio
di
tante
bocche
aperte
,
o
premute
contro
altre
bocche
!
Il
pallore
di
quelle
facce
che
volteggiano
abbagliate
e
cadono
nel
segno
di
zone
oscure
e
calde
!
Non
un
grido
che
rompesse
l
'
alta
veglia
.
Il
silenzio
di
quella
folla
bagnata
nella
luce
dolce
dei
fari
era
il
silenzio
eroico
di
una
ciurma
che
danza
su
un
battello
che
affonda
.
Oggi
la
mise
en
scène
è
la
stessa
,
e
a
dir
la
verità
tutti
gli
apparati
vieux
jeu
sono
a
posto
e
badano
a
funzionare
,
ma
la
clientela
è
cambiata
;
le
pale
girano
invano
cercando
di
riprendere
la
rotta
d
'
una
volta
,
i
tempi
sono
scarsi
e
il
Moulin
Rouge
non
è
più
il
mare
,
l
'
inferno
,
l
'
eternità
del
piacere
;
le
chimere
alate
che
accompagnavano
quel
viaggio
interminabile
sono
dileguate
.
Il
«
dopoguerra
»
è
finito
con
tutte
le
sue
prodigalità
e
i
suoi
vizi
;
eccola
quasi
sgombra
nel
riverbero
bieco
,
la
gran
sala
da
ballo
rossa
di
vergogna
e
di
luce
!
La
grandezza
,
lo
stoicismo
pauroso
di
quella
folla
che
un
impeto
di
distruzione
trasfigurava
,
tutto
è
scomparso
.
Adesso
si
vivacchia
là
dentro
.
Il
piccolo
ceto
trionfa
.
Gli
approcci
sono
cauti
,
i
contatti
prudenti
;
si
balla
per
fare
un
esercizio
igienico
.
Un
ordine
borghese
e
una
rigorosa
economia
presiedono
quei
festini
.
L
'
egoismo
inquadrato
nella
morale
fa
le
sue
evoluzioni
,
qui
dove
molti
anni
or
sono
era
in
voga
il
prodigioso
contorsionista
chiamato
le
desossé
,
qui
dove
faceva
furore
la
celebre
Golue
,
danzatrice
indecente
,
che
più
tardi
mise
su
una
baracca
e
fece
la
domatrice
di
leoni
.
Ormai
il
Moulin
Rouge
è
diventato
il
fondo
d
'
una
caverna
nuda
.
Il
genius
loci
è
scappato
con
tutto
il
suo
arsenale
di
cose
celesti
e
malefiche
;
perseguitato
dalla
polizia
,
ha
cambiato
quartiere
e
chissà
dove
nasconde
adesso
i
suoi
veleni
.
La
storia
di
questo
stabilimento
è
scritta
da
un
pittore
umorista
sui
muri
della
sala
,
pornografica
memoria
'
d
'
un
'
età
scandalosa
che
un
illustre
destino
illumina
grandiosamente
.
Un
furore
erotico
,
scatenamento
dei
sensi
,
si
sferrò
da
Montmartre
e
più
precisamente
dal
Moulin
Rouge
sul
mondo
.
I
più
bizzarri
spiriti
di
Parigi
son
ricordati
nell
'
album
di
questo
venerabile
bordello
.
La
sala
che
venne
rinnovata
pochi
anni
fa
era
più
ristretta
,
a
quei
tempi
,
era
l
'
epoca
del
chiaro
scuro
,
del
brio
all
'
italiana
,
e
i
veri
diamanti
,
le
gemme
,
e
gli
occhi
neri
di
quella
gioventú
guarivano
di
cupi
lampi
il
buio
delle
logge
.
La
spavalderia
francese
s
'
impegnava
,
come
in
una
mischia
,
nei
«
lancieri
»
che
allora
eran
di
moda
.
Ai
comandi
stentorei
d
'
un
direttore
di
«
quadriglia
»
gli
ampi
mantelli
scarlatti
degli
spahis
fluttuavano
,
e
gli
zuavi
dai
lunghi
baffi
a
punta
e
dal
pizzo
alla
Napoleone
III
avanzavano
a
scaglioni
tenendo
per
la
mano
le
loro
belle
dai
cappelli
di
paglia
.
Sciami
di
brillanti
ufficiali
dal
petto
coperto
di
medaglie
portavano
là
dentro
un
soffio
di
gloria
coloniale
.
Irresistibili
megere
,
tra
uno
sfolgorio
di
guerrieri
,
tiravan
su
le
gonne
e
si
abbandonavano
ai
parossismi
osceni
del
cancan
.
III
Montparnasse
Si
tratta
di
una
montagna
alta
pochi
metri
;
poniamo
che
siano
dieci
.
Dalla
Senna
si
risale
un
pendio
dolce
e
lunghissimo
.
Il
boulevard
Raspail
mena
su
insensibilmente
alla
città
delle
arti
.
Dal
piano
al
monte
Parnaso
.
A
Parigi
senza
immaginazione
non
c
'
è
realtà
e
le
più
esagerate
definizioni
hanno
in
questo
paese
una
naturalezza
indiscutibile
.
Benché
la
decantata
montagna
sia
poco
più
alta
d
'
un
primo
piano
dal
livello
medio
della
metropoli
,
la
sua
ariosa
groppa
non
è
lontana
dal
cielo
.
Le
nubi
e
le
stelle
si
mescolano
alla
gente
accampata
sul
dorso
tondo
e
interminabile
di
questa
planetaria
altura
.
Vivere
qui
vuol
dire
aver
tutta
Parigi
sotto
i
piedi
.
Qui
prima
che
in
ogni
altro
luogo
si
risveglia
la
vita
del
mondo
.
Montparnasse
è
l
'
avanguardia
che
entra
nel
futuro
.
Molti
anni
fa
Montparnasse
fu
il
rifugio
di
alcuni
imbrattatele
profughi
di
Montmartre
.
Discesi
furtivamente
da
un
versante
,
traversando
la
bassa
e
i
ponti
della
Senna
,
costoro
risalirono
l
'
altro
versante
.
Fu
un
atto
di
secessione
,
umile
e
silenzioso
ma
pieno
di
una
funebre
eloquenza
.
Allora
Montparnasse
era
un
villaggio
senza
lumi
,
un
sordido
nido
di
apaches
,
di
misantropi
,
di
anacoreti
e
di
beghíne
.
Fantasmi
s
'
aggiravano
nella
bruma
serale
.
Nei
giorni
di
sole
i
primi
pittori
esponevano
le
loro
croste
sul
trottoir
e
,
avvolti
nei
loro
mantelli
,
si
sedevano
a
lato
.
Col
coprifuoco
,
la
popolazione
era
già
tutta
a
letto
.
I
più
eleganti
nottambuli
cominciarono
allora
a
spingere
lassú
le
loro
pericolose
escursioni
.
Il
quartiere
aveva
il
suo
clima
Victorhughiano
,
e
le
sue
burrasche
di
montagna
.
Quasi
invisibile
nei
cieli
carichi
di
nuvolaglia
,
come
un
naviglio
rovesciato
,
quando
la
tempesta
è
passata
,
Montparnasse
riprendeva
al
mattino
il
suo
equibrio
in
una
atmosfera
abbuiata
.
Modigliani
venne
qui
dall
'
Italia
.
Fornito
di
speranze
e
di
quattrini
.
Arrivato
di
fresco
,
bianco
e
rosso
come
una
rosa
,
egli
era
un
giovane
in
gamba
che
si
tirava
dietro
un
bel
cane
di
lusso
.
Ma
si
buscò
il
mal
del
paese
:
la
pittura
.
Cominciò
a
menare
una
vita
grama
.
Il
zerbinotto
si
trasformò
in
un
leone
affranto
.
Basta
,
fu
il
solito
scherzo
.
Era
già
celebre
,
e
moriva
di
fame
.
Un
fremito
d
'
orrore
e
un
miserabile
intenerimento
circondarono
la
sua
fine
prematura
.
Oggi
i
suoi
quadri
valgon
cento
sterline
.
Un
congresso
perenne
dei
cinque
continenti
imperversa
quassú
.
Montparnasse
,
mercato
della
pittura
,
è
chiassoso
come
una
Borsa
Americana
.
Mercanti
,
espositori
,
negozianti
di
colori
,
modelli
,
critici
,
letterati
,
poeti
e
artisti
,
fabbricanti
di
cornici
,
consiglieri
ed
amici
fanno
una
popolazione
di
centomila
persone
.
Secondo
l
'
ultimo
censimento
i
pittori
son
trentamila
,
di
cui
tremila
giapponesi
.
La
pittura
è
la
legge
che
regge
il
circondario
.
Picasso
,
Giorgio
de
Chirico
,
Derain
,
Braque
,
Fujita
son
gli
dei
sull
'
altare
.
Ma
tutto
cambia
:
nella
stagione
propizia
il
cielo
s
'
apre
e
ondeggia
come
un
ventaglio
,
e
l
'
angelo
dell
'
avvenire
sbuca
dall
'
alto
con
indicibile
fragore
.
Eccolo
volare
su
queste
straordinarie
terrazze
dei
caffè
di
Montparnasse
.
Le
mogli
dei
pittori
,
le
amiche
,
le
compagne
,
le
concubine
,
le
ammiratrici
anch
'
esse
e
le
maîtresses
si
mettono
a
dipingere
e
a
digiunare
entusiasticamente
;
e
all
'
impensata
i
successi
precipitano
su
qualche
testa
fortunata
.
E
molte
teste
le
senti
friggere
,
le
vedi
schizzar
sale
come
casseruole
sui
fornelli
,
ci
sono
delle
teste
bollenti
che
fischiano
,
traboccano
come
marmitte
e
dan
fuori
all
'
improvviso
le
più
portentose
invenzioni
.
Quello
che
gli
uni
sprecano
vien
raccolto
dagli
altri
;
anche
la
poesia
,
il
genio
.
Il
plagio
flagrante
arricchisce
i
poveri
di
spirito
.
Quei
che
cadde
risorge
per
bocca
degli
apostoli
.
La
scuola
libera
dei
caffè
e
degli
ateliers
,
fa
le
rivoluzioni
,
la
luce
e
le
scoperte
.
Qui
non
si
perde
nulla
,
né
un
gesto
,
né
un
'
idea
.
Anche
i
morti
ritornano
.
Donne
fatali
,
coi
gomiti
sul
tavolo
,
stan
mute
come
furie
a
guardare
.
Femmine
con
le
tempie
rosa
,
le
labbra
accese
di
minio
e
gli
occhi
neri
che
rîon
finiscono
più
,
fumano
e
sghignazzano
.
Altre
,
a
gambe
larghe
,
ingoiano
ostriche
,
apostrofano
senza
riserve
il
prossimo
,
e
poi
si
fan
chiamar
principesse
.
Montparnasse
,
periferica
regione
,
cosmopoli
di
artisti
.
A
sentir
loro
non
c
'
è
che
Montparnasse
,
strapaese
del
mondo
.
Qui
ci
sono
dei
tipi
,
venuti
dagli
antipodi
,
che
frequentano
,
dieci
anni
di
fila
,
sempre
lo
stesso
bar
,
e
non
han
mai
visto
Parigi
:
ci
son
profeti
e
fachiri
in
quarantena
;
s
'
allungano
i
loro
visi
a
forza
di
caffè
e
latte
,
ma
i
loro
discorsi
non
mutano
:
tavolozze
e
colori
.
Un
vecchio
e
tenace
abitué
del
caffè
della
Rotonde
,
col
mento
appoggiato
al
bastone
,
ascolta
costernato
le
ragioni
dell
'
uno
e
dell
'
altro
,
poi
guardandosi
intorno
prorompe
,
comincia
a
strillare
:
«
Ah
,
prima
di
morire
vorrei
pur
conoscere
anch
'
io
qualcuno
che
non
sia
pittore
!
»
L
'
arte
,
qui
si
rinnova
a
catena
.
Di
deduzione
in
deduzione
,
di
nome
in
nome
passa
la
corrente
.
Gli
uni
aiutano
gli
altri
:
è
una
collaborazione
accanita
e
tenace
che
fa
l
'
arte
francese
.
Ogni
tanto
un
anello
si
spezza
e
cade
.
Il
circolo
s
'
accorcia
e
si
stringe
.
Chi
è
perduto
se
ne
va
per
le
strade
,
si
affaccia
alla
porta
dei
caffè
come
un
'
ombra
.
Genio
morso
dalla
paralisi
;
straziante
agonia
!
Il
povero
raté
cammina
da
un
posto
all
'
altro
e
quasi
ti
sembra
di
vedere
il
sangue
spicciare
sul
suo
fianco
.
Quando
la
giornata
è
quasi
finita
,
quando
il
lavoro
è
cessato
,
e
i
bagliori
del
giorno
corrono
a
incrociarsi
un
'
ultima
volta
nell
'
aria
come
fasci
di
frecce
,
quando
il
cielo
si
copre
gradatamente
di
veli
e
di
silenzio
,
l
'
illustre
Babele
sembra
vacillare
sulle
sue
radici
,
dilatarsi
e
bere
tutto
il
lume
che
gronda
.
Dall
'
Avenue
de
l
'
Observatoire
fino
alla
gare
di
Montparnasse
l
'
immenso
quartiere
s
'
accende
pavesato
di
colori
e
di
fuochi
,
vuol
rompere
gli
ormeggi
e
sollevarsi
su
un
'
onda
di
clamori
gonfio
e
glorioso
,
come
una
gran
nave
che
salpa
.
IV
Jean
Lurçat
È
un
pittore
di
mia
scelta
.
Il
caso
me
lo
fece
conoscere
quand
'
egli
era
già
celebre
a
Parigi
.
Dinanzi
a
qualche
sua
tela
m
'
accorsi
che
una
improvvisa
e
vivace
parentela
mi
legava
a
lui
:
cominciavo
a
sentire
il
suono
dei
suoi
colori
.
Partiva
per
l
'
Egitto
per
due
mesi
.
Gli
chiesi
se
avrebbe
dipinto
molto
laggiú
.
Non
dipingerò
,
prenderò
soltanto
qualche
nota
,
rispose
Lurçat
,
mostrandomi
un
piccolo
quaderno
da
cinque
soldi
.
La
luce
del
sole
ti
mostra
un
lato
e
ti
nasconde
l
'
altro
che
la
luna
rischiara
.
Lo
stesso
paesaggio
,
a
seconda
del
lume
non
lo
riconosci
più
.
La
luce
piglia
mille
forme
:
la
spada
,
il
raggio
,
la
nebbia
,
il
punto
invetrato
,
il
bagliore
,
la
scarica
,
il
vapore
,
il
miraggio
,
il
riverbero
,
la
freccia
,
la
fascia
,
ecc
.
,
sempre
inganna
.
Sempre
ingiusta
e
parziale
,
complice
nella
frode
della
tenebra
,
la
luce
morta
e
sanguigna
cammina
nell
'
oscurità
e
provoca
l
'
incendio
.
È
una
miscela
che
cola
dalle
fessure
.
Batte
contro
il
muro
e
ripiega
.
Squadra
i
massi
che
le
ostruiscono
il
cammino
,
fa
l
'
angolo
e
ricade
più
in
là
come
un
mantello
fumante
.
La
luce
è
il
bene
e
il
male
,
la
luce
tradisce
i
fatti
che
stan
quatti
nell
'
ombra
.
Tutto
il
mondo
fu
creato
al
buio
e
dall
'
interno
.
La
luna
,
il
sole
,
vennero
appesi
clandestinamente
all
'
universo
come
quando
si
prepara
uno
spettacolo
.
E
perfino
le
stelle
,
l
'
acqua
,
i
fiori
,
tutto
venne
finito
alla
cieca
,
a
tastoni
nell
'
inerzia
spenta
d
'
un
'
eclisse
totale
.
Il
primo
razzo
sprizzò
dai
vulcani
.
La
luce
entrò
in
iscena
come
una
ballerina
sulle
cime
più
alte
dei
monti
:
e
tutti
gli
occhi
la
seguirono
impazziti
.
Poi
invase
il
cielo
e
scivolò
sul
mare
.
In
quel
punto
Qualcuno
si
copri
e
scomparve
,
come
il
macchinista
quando
s
'
alza
il
sipario
.
La
luce
è
la
strada
che
un
foro
nelle
persiane
ti
mostra
sul
soffitto
:
la
strada
che
si
muove
sulla
tua
testa
e
va
alla
rovescia
-
-
la
luce
è
la
negativa
fotografica
.
Quel
che
è
bianco
diventa
nero
-
-
e
viceversa
.
E
quella
elettrica
è
una
maschera
diabolica
:
sta
là
come
un
enigma
e
poi
d
'
un
tratto
si
spegne
.
È
sempre
lo
stesso
inganno
.
Il
cervello
ne
soffre
!
La
nostra
intelligenza
educata
a
quel
giuoco
diventò
come
quella
,
fece
le
stesse
manovre
,
e
ne
assunse
le
veci
.
Oramai
si
può
dipingere
con
l
'
intelligenza
,
che
non
è
soltanto
la
memoria
della
luce
,
ma
ne
è
la
rivale
.
Ecco
perché
Lurçat
non
pianta
il
cavalletto
nel
deserto
,
ma
torna
in
Francia
e
dipinge
la
notte
.
Crea
e
distrugge
,
non
tiene
mai
fede
la
luce
.
Si
sposta
,
fugge
codarda
come
un
profeta
che
abbandona
il
suo
popolo
.
Così
l
'
intelligenza
.
Anch
'
essa
prende
tutti
gli
aspetti
.
Penetra
e
si
ritrae
.
Il
pittore
si
guardi
dall
'
una
e
dall
'
altra
.
La
loro
velocità
turba
continuamente
le
sue
lunghe
esperienze
.
Sul
posto
illuminato
,
prontezza
,
abilità
non
servono
;
non
c
'
è
che
il
ricordo
che
un
sentimento
trattiene
,
quella
memoria
che
pesa
sui
nostri
destini
,
la
memoria
che
vale
.
Da
un
bisogno
di
esprimersi
per
dimenticare
tralucenti
figure
sorgono
e
si
svuotano
mollemente
nel
nulla
.
È
in
questo
modo
tacito
che
si
risolve
l
'
arte
ultima
di
Lurçat
.
Stan
là
i
suoi
disegni
con
la
fissità
di
una
proiezione
medianica
.
Sospesi
nel
vuoto
lasciato
da
un
mistero
svelato
,
allo
sbocco
di
uno
di
quegli
amori
inenarrabili
nei
quali
si
penetra
senza
paura
,
disperatamente
fin
che
ci
si
trova
dinanzi
a
un
muro
,
le
bocche
di
otto
fucili
dietro
la
schiena
,
e
la
grazia
arriva
appena
in
tempo
.
Allora
solamente
si
ha
il
diritto
di
dipingere
,
di
fare
della
musica
,
e
di
scrivere
in
versi
.
Se
no
è
meglio
tenersi
in
riserva
.
L
'
astinenza
è
al
sommo
dell
'
arte
.
I
suoi
disegni
sono
un
filo
caduto
sull
'
acqua
corrente
;
l
'
oblio
se
lo
porta
via
.
Rimembranza
,
sul
punto
di
snodarsi
ancora
riconoscibile
.
Sono
un
lungo
capello
di
donna
che
si
torce
nel
catino
.
Un
arabesco
,
un
geroglifico
,
una
scrittura
ampia
che
segna
l
'
itinerario
dell
'
umore
di
un
artista
.
Prospettive
che
hanno
un
livello
e
un
equilibrio
olimpico
.
Ci
si
vede
la
mano
abituata
a
disegnare
dopo
il
diluvio
le
nuove
carte
geografiche
:
spartizione
della
terra
e
delle
acque
.
Il
semplice
contorno
d
'
un
nudo
ti
sembra
un
continente
.
Figure
che
s
'
ingrandiscono
a
guardarle
,
pigliano
un
'
aria
di
antico
mistero
,
assorte
in
quella
lucidità
divina
che
precede
la
morte
.
Fluido
che
emana
dai
durissimi
pensieri
che
non
si
sciolgono
.
Apparizione
estremamente
labile
che
non
può
essere
veduta
,
scoperta
e
capita
che
una
sola
volta
;
una
volta
sola
prima
che
si
spezzi
.
Lurçat
è
capace
di
creare
col
semplice
ausilio
d
'
un
foglio
bianco
delle
grandi
distanze
tranquille
.
Passato
il
periodo
delle
contrazioni
,
dei
tormenti
del
fuoco
creativo
,
l
'
artista
lontano
,
quasi
assente
,
un
ritmo
largo
e
tranquillo
,
un
ritmo
d
'
ispirazione
postuma
fa
galleggiare
guida
e
conduce
oziosamente
queste
composizioni
piene
di
limpide
risonanze
.
Immagini
che
eran
rimaste
per
anni
impacchettate
nella
memoria
,
sfilano
dalla
matita
dell
'
artista
e
s
'
avviano
al
largo
;
veicolo
,
veicolo
progressivo
da
un
cartone
all
'
altro
.
Quel
che
vi
spinge
a
chiedere
se
non
c
'
è
là
sotto
una
storia
.
Non
saprei
quale
storia
-
-
mormora
Lurçat
-
-
e
pur
tuttavia
una
storia
ignorata
si
muove
occultamente
in
quei
lavori
:
la
storia
degli
anelli
di
fumo
che
fan
catena
senza
che
il
fumatore
pensieroso
ci
pensi
.
È
l
'
ispirazione
clandestina
che
distrattamente
sfugge
in
spirali
dal
comignolo
quando
il
fuoco
non
è
ancora
spento
.
La
sua
pittura
è
sobria
,
preziosa
,
circoscritta
da
un
esaltato
lirismo
,
aristocratica
,
chiara
e
nutrita
di
solitarie
arditezze
.
Nei
suoi
cieli
c
'
è
del
metallo
,
il
metallo
più
leggero
,
l
'
alluminio
.
Poi
i
suoi
volumi
sono
dei
pani
di
gesso
insozzati
di
rossetto
e
di
sangue
.
Alcuni
segnacci
neri
ci
sono
,
ma
son
rari
,
sguardi
di
corvo
,
spessi
e
crassi
come
le
tracce
d
'
un
sughero
bruciato
.
E
l
'
oscurità
c
'
è
,
ma
rosa
,
piuttosto
che
violetta
.
Mentre
le
ombre
portate
son
nere
come
l
'
Estate
.
V
Italia
e
Francia
L
'
italiana
è
una
lingua
sincera
e
poetica
,
ma
ritrosa
e
senza
praticità
.
Non
si
lascia
sfruttare
,
né
ridurre
in
briciole
.
Con
essa
non
si
fa
mercato
.
Senza
la
ritrosia
che
la
protegge
e
l
'
inceppa
la
nostra
lingua
avrebbe
raggiunto
il
Polo
e
l
'
Equatore
;
invece
l
'
italiana
,
la
lingua
più
bella
di
tutte
,
è
rimasta
quasi
sempre
tappata
in
casa
,
pudica
di
modi
e
di
costumi
.
E
nel
viver
ritirato
conservò
una
freschezza
coperta
e
intatta
,
come
una
monaca
in
clausura
.
Ci
vuole
un
cuore
filiale
,
mille
precauzioni
e
un
sentimento
fortissimo
per
smuovere
dal
buio
i
suoi
vocaboli
prodigiosi
,
per
trasportare
questa
lingua
timorosa
e
devota
di
qualche
passo
più
innanzi
,
in
modo
che
la
luce
del
mondo
cada
,
per
un
giorno
almeno
,
su
essa
.
Lieve
e
lungo
ha
il
respiro
,
e
nei
ricordi
,
la
lingua
nostra
,
trova
degli
accenti
da
sonnambula
che
durano
a
girare
nell
'
ombra
,
come
il
vento
in
un
pozzo
.
Schiva
,
e
incerta
nelle
sue
leggi
grammaticali
,
tarda
nella
compilazione
del
suo
dizionario
,
piena
di
amene
sentenze
proverbiali
,
la
lingua
italiana
si
esaurisce
subito
,
non
si
lascia
acchiappare
e
mettere
in
cattedra
.
Fugge
i
ragionamenti
,
cerca
la
melodia
.
Non
vuol
servire
,
non
vuole
obbedire
.
Umile
,
ma
tenace
,
essa
tende
a
dominare
il
pensiero
a
traverso
l
'
orecchio
.
Invece
la
lingua
francese
è
tutta
a
frasi
fatte
,
e
scorre
via
come
un
tapis
roulant
.
Ti
porta
dove
vuoi
.
In
città
,
in
campagna
.
Duttile
,
disinvolta
,
maneggevole
,
logica
,
e
animatissima
lingua
;
non
c
'
è
che
da
immergere
le
mani
nel
suo
sacco
per
cavarle
fosforescenti
di
spirito
.
Là
dentro
sembrano
fervere
tutti
i
tesori
illusorii
.
Le
sue
frasi
entrano
l
'
una
nell
'
altra
agevolmente
come
gli
anelli
di
una
catena
.
Ciascuno
può
variare
il
giunco
.
Parlando
,
o
scrivendo
,
il
francese
è
un
mercato
aperto
.
Mentre
,
in
italiano
,
per
comporla
,
una
pagina
,
ci
vuole
un
talismano
,
ci
vuole
la
cupa
passione
d
'
un
poeta
.
Se
no
la
nostra
lingua
si
sbarazza
crudelmente
dei
suoi
esploratori
.
Il
francese
è
tutto
sfumature
e
sfondi
.
La
nostra
lingua
invece
non
sembra
avere
che
una
dimensione
:
la
sua
superficie
nuda
.
Non
sembra
promettere
che
una
ricompensa
:
la
sua
consistenza
sonora
.
E
bisogna
riscaldarla
col
proprio
fiato
,
questo
candore
di
lingua
.
Il
suo
volto
uniforme
,
immoto
,
sembra
senza
rilievo
,
tanto
il
rilievo
è
cancellato
dagli
anni
;
e
le
cavità
sono
piene
di
polvere
.
Palpandola
come
un
cieco
,
soltanto
al
tatto
,
si
ritrovano
le
tracce
della
sua
bellezza
immortale
.
Ma
se
la
crosta
classica
si
rompe
,
un
sangue
caldo
scaturisce
e
ti
spruzza
-
-
il
linguaggio
popolare
altrettanto
rosso
quanto
è
bianca
quella
fronte
di
gesso
.
In
francese
ogni
parola
è
un
arnese
.
Il
francese
si
gonfia
,
si
moltiplica
,
ci
riempie
le
tasche
ed
í
cassetti
,
s
'
adatta
a
tutte
le
dimensioni
dell
'
intelligenza
.
È
come
il
colore
sulla
tavolozza
.
Col
francese
si
dipinge
,
si
fan
velature
,
si
avvolge
la
verità
,
il
nudo
e
i
suoi
difetti
.
La
lingua
italiana
quando
l
'
hai
fra
le
braccia
,
e
non
ti
scappa
,
ti
pare
,
fuor
di
senno
,
che
palpiti
offrendoti
il
fianco
,
invece
si
raffredda
da
capo
,
si
distende
e
non
si
muove
più
.
Ci
vuole
il
potere
magnetico
,
l
'
energia
d
'
un
Cagliostro
,
perché
la
lingua
italiana
si
levi
,
cammini
,
e
ti
segua
.
È
la
lingua
della
Sibilla
che
rifiuta
di
spiegarsi
.
-
-
Poche
parole
traversano
la
notte
dei
tempi
,
molte
parole
non
direbbero
nulla
.
Il
suo
antico
pudore
è
diventato
solennità
.
Nella
conversazione
perde
il
senso
e
si
spegne
.
Per
cavarne
un
suono
giusto
bisogna
che
la
nostra
fantasia
e
la
sua
originalità
si
tocchino
,
e
ci
vuole
il
più
amoroso
accorgimento
per
non
turbare
la
sua
trasparenza
di
sorgente
alla
quale
non
si
può
bere
che
a
fior
d
'
acqua
,
essendo
il
fondo
torbido
facile
a
salire
leggero
.
La
Francia
e
l
'
Italia
sono
due
modi
differenti
di
rappresentare
l
'
eternità
;
e
la
loro
vicinanza
è
un
capolavoro
del
tempo
.
Che
cosa
sarebbe
la
Francia
senza
l
'
Italia
al
suo
fianco
?
E
viceversa
.
I
due
colori
attigui
sulla
carta
d
'
Europa
dànno
un
accordo
portentoso
;
ma
non
potresti
dire
quale
è
quello
dei
due
,
che
fa
cantare
l
'
altro
.
Quale
preferire
fra
queste
due
sorelle
?
L
'
una
mobile
,
capricciosa
,
diversa
di
giorno
in
giorno
,
l
'
altra
,
dal
collo
taurino
,
ferma
come
una
statua
abituata
a
portare
sul
capo
il
peso
dei
secoli
.
Dinanzi
a
quello
scenario
della
Storia
che
è
il
Mediterraneo
,
l
'
Italia
e
la
Francia
seggono
vicine
,
come
due
sorelle
a
teatro
.
L
'
una
è
golosa
,
spiritata
,
inquietante
,
quasi
fastidiosa
,
per
civetteria
perde
in
pubblico
ogni
contegno
.
L
'
altra
modesta
e
nobile
,
s
'
offende
e
si
colora
di
fuoco
fino
al
bianco
degli
occhi
.
La
Francia
smania
,
soffre
il
solletico
,
per
farci
dispetto
tira
la
lingua
e
si
busca
qualche
gomitata
fra
le
costole
.
La
colpa
di
questi
litigi
è
tutta
delle
due
lingue
,
che
pur
somigliando
sono
sempre
discordi
.
Ci
vorrebbe
un
traduttore
intelligente
sino
alla
punta
dei
capelli
,
un
musicista
addirittura
,
per
creare
quell
'
armonia
che
manca
.
L
'
equivalente
non
si
trova
e
,
il
commercio
ne
soffre
.
Tu
gli
dai
un
cinghiale
,
egli
ti
restituisce
un
maiale
,
poi
ti
dà
lui
un
coniglio
e
tu
gli
rendi
una
lepre
.
E
sempre
lo
stesso
equivoco
,
fra
italiani
e
francesi
,
e
il
conto
non
torna
mai
.
Tuttavia
,
per
rappresaglia
,
dobbiamo
noi
cadere
in
ginocchio
dinanzi
agli
inventori
del
W.C.
?
Non
è
forse
la
nostra
burrascosa
convivenza
illustrata
da
fatti
chiari
e
gloriosi
?
Si
dice
che
della
moderna
civiltà
americana
non
rimarranno
che
mari
di
scatole
di
latta
.
L
'
impero
ottomano
non
ci
lasciò
che
piramidi
di
teschi
;
i
turchi
non
produssero
che
deserti
di
sabbia
.
La
Russia
non
è
più
che
uno
spaccio
di
disperazione
.
I
tedeschi
,
da
Wagner
,
a
traverso
Bruckner
,
Strauss
e
Reger
s
'
andarono
a
ficcare
nel
cemento
armato
,
e
lí
sono
rimasti
.
Dopo
la
guerra
mondiale
,
il
Tempo
se
vuol
ritrovare
la
compiacenza
e
l
'
orgoglio
d
'
esser
vecchio
e
immortale
deve
posare
il
piede
sulla
terra
latina
,
e
rientrare
nel
suo
mondo
cattolico
.
Spagna
,
Italia
e
Francia
lo
consoleranno
d
'
essere
eterno
.
L
'
Italia
che
da
Roma
in
poi
concede
a
questo
ospite
il
suo
silenzio
sacro
,
conservi
il
suo
atteggiamento
olimpico
.
Con
due
arance
al
posto
degli
occhi
,
simulacro
arcaico
squassato
dai
terremoti
,
l
'
Italia
riprende
la
sua
accecata
immobilità
d
'
avamposto
.
Il
deserto
è
vicino
.
Mentre
l
'
altra
sorella
,
velata
dalle
sue
piogge
,
esaltata
dai
venti
dell
'
Atlantico
,
sempre
nuova
di
umore
e
di
toilettes
,
in
un
cocchio
a
due
ruote
leggere
scarrozza
mollemente
.
La
sua
è
una
passeggiata
letteraria
;
poeti
,
scrittori
,
artisti
e
giornalisti
si
slanciano
alle
stanghe
e
le
fan
fare
il
giro
del
bosco
di
Boulogne
.
La
poesia
italiana
è
una
statua
posata
su
un
carrello
basso
e
grossolano
;
dalle
tozze
ruote
di
legno
,
simile
a
quelli
che
trasportano
i
blocchi
di
marmo
di
Carrara
.
Un
uomo
erculeo
tira
quel
carro
,
che
esce
al
sole
come
un
idolo
una
volta
ogni
cent
'
anni
.
Tutta
l
'
antica
ciociaria
prosternata
fa
ala
al
suo
passaggio
.
VI
L
'
Opéra
Eravamo
smemorati
del
tutto
e
ravvolti
in
una
perplessità
senza
causa
.
Pioveva
ancora
un
poco
,
a
tratti
.
Per
l
'
aria
c
'
era
una
sospensione
vaga
e
inquieta
come
per
la
presenza
nebulosa
e
immota
di
cose
disfatte
,
passate
.
Lo
spazio
,
pieno
di
caligine
,
sembrava
assordito
e
remoto
,
e
tra
gli
aspetti
tumultuosi
e
crudi
della
realtà
avresti
creduto
di
sentir
frusciar
via
quieto
,
assorto
,
il
panorama
di
una
vita
anteriore
.
E
pure
quella
era
l
'
ora
febbrile
e
clamorosa
delle
ultime
notizie
di
Parigi
.
Da
vicino
e
da
lontano
gli
strilloni
urlavano
come
demonii
scatenati
«
L
'
intransigeant
...
la
Ruhr
...
l
'
Armée
française
à
Coblenz
...
»
La
folla
si
muoveva
a
precipizio
con
quel
furore
francese
che
mescolato
alla
passione
politica
fa
di
certi
uomini
dei
fantocci
ridicoli
e
pericolosi
.
Fiumi
di
veicoli
enormi
e
d
'
ogni
specie
impazienti
circolavano
e
s
'
incrociavano
intorno
a
noi
,
scampanellando
senza
tregua
e
scaricando
a
bruciapelo
dalle
trombe
i
più
rauchi
e
mostruosi
avvertimenti
.
Nella
buca
ardente
della
ferrovia
sotterranea
si
gettavano
a
denti
stretti
torme
innumerevoli
di
pedoni
frettolosi
.
La
luce
elettrica
s
'
era
accesa
d
'
improvviso
sui
grandi
boulevards
e
sulla
lucida
Avenue
che
porta
al
Palais
Royal
.
Stavo
lí
su
due
piedi
fra
la
baraonda
dinanzi
all
'
edificio
dell
'
Opéra
.
La
gran
pignatta
costruita
dal
Garnier
e
circondata
di
statue
e
di
lampioni
malinconici
dominava
la
piazza
come
un
'
isola
fortificata
e
tenebrosa
.
In
alto
sul
frontone
del
famoso
e
diffamato
teatro
s
'
apriva
il
loggiato
pensile
che
illuminato
con
fuochi
di
bengala
svaporava
in
una
calda
tristezza
di
solitudine
.
Figure
incerte
e
femminee
s
'
affacciavano
all
'
aperto
,
si
sporgevano
nella
notte
,
si
muovevano
e
si
mescolavano
delicatamente
lassú
come
visioni
trepide
in
una
sede
sacra
ed
eccelsa
.
Trasecolando
guardavo
quel
presepio
aereo
.
La
baraonda
circostante
,
i
gridi
e
le
gomitate
mi
logoravano
i
nervi
mentre
quell
'
al
di
là
mi
invitava
col
suo
ineffabile
richiamo
.
Detto
fatto
slanciatomi
in
uno
spazio
libero
fra
le
automobili
con
un
salto
mi
trovai
fra
lo
scialbore
dei
fanali
ottocenteschi
,
l
'
ombra
delle
colonne
.
Nel
vestibolo
maestoso
e
vacuo
ogni
accesso
è
presidiato
da
una
specie
di
tribunale
eretto
sul
quale
troneggiano
,
solenni
,
dei
signori
in
frack
e
sparato
bianco
,
rasati
sino
al
blu
,
che
inalberano
sulla
testa
dei
magnifici
cilindri
di
alta
forma
.
Sono
questi
,
pallidi
tipi
di
croupiers
che
sorvegliano
,
sbadigliando
con
un
sussiego
accigliato
e
taciturno
,
gli
ingressi
e
verificano
i
biglietti
di
quelli
che
entrano
.
Ci
par
d
'
essere
nella
più
solenne
e
deserta
Corte
d
'
Assisi
.
E
fin
qui
,
nessuna
eco
musicale
che
giunga
a
noi
,
nessun
presentimento
lirico
.
Una
estenuazione
scoraggiante
,
un
che
di
blasé
fluttua
e
s
'
allunga
pei
vasti
corridoi
silenziosi
,
rischiarati
pigramente
.
Qualche
persona
di
qualità
entra
ancora
,
con
domestica
lentezza
.
Sono
dei
ritardatarii
:
un
cenno
,
e
traversano
stanchi
questo
primo
monumentale
controllo
.
Lo
spettacolo
deve
essere
già
incominciato
da
un
pezzo
.
Ci
buttiamo
verso
il
celebre
scalone
,
facciamo
i
gradini
a
due
per
volta
correndo
sul
tappeto
che
ci
guida
sempre
più
in
alto
.
I
giri
e
rigiri
sono
interminabili
:
durante
l
'
ascensione
ci
vien
fatto
d
'
intravvedere
tra
gli
splendori
spalancati
dei
promenoirs
l
'
uniforme
di
parata
di
una
guardia
repubblicana
che
vigila
sui
beni
dello
Stato
;
costui
ci
rimette
paternamente
su
la
buona
strada
.
Finalmente
eccoci
,
col
cuore
in
gola
,
all
'
ultimo
piano
;
là
ci
colpiscono
l
'
orecchio
gli
scoppi
vaghi
degli
ottoni
soffocati
dalla
porta
chiusa
e
i
mormorii
indistinti
di
un
coro
che
sembra
sepolto
.
C
'
è
ancora
tempo
,
tra
il
muro
e
la
porta
,
di
sbagliare
indirizzo
;
per
fortuna
la
guardarobiera
del
loggione
ci
soccorre
e
ci
mette
dentro
con
un
sorriso
e
un
inchino
impercettibile
.
Nell
'
oscurità
d
'
una
grotta
sonora
popolata
da
silhouettes
protese
,
intente
e
lampeggianti
come
terrecotte
nel
riverbero
di
un
forno
,
una
piccola
poltrona
di
velluto
rosso
,
vuota
,
al
davanzale
,
ci
aspetta
;
e
siamo
a
posto
.
Una
spanna
più
su
del
nostro
capo
il
soffitto
cupo
,
enorme
,
s
'
allarga
e
s
'
allontana
oscuramente
.
La
recita
è
in
pieno
corso
.
La
sala
immensa
del
teatro
s
'
apre
tutta
sotto
i
nostri
piedi
come
un
abisso
semibuio
,
silenzioso
e
formicolante
;
annegata
in
un
rosso
amaro
che
i
lumi
radi
e
protetti
non
riescono
a
guastare
.
Contempliamo
,
da
questo
nido
di
piccioni
,
la
turbinosa
inerzia
di
quel
mondo
sontuosamente
prostrato
in
una
beatitudine
crepuscolare
.
Nella
veglia
accaldata
e
sonnolenta
l
'
orchestra
quasi
roca
rimescola
e
sciupa
dolcemente
i
suoi
timbri
.
Le
armonie
si
addensano
e
si
diffondono
trasfigurate
come
a
vespero
.
I
violoncelli
circolano
sommessi
e
chini
fra
i
fiati
declinanti
mentre
le
trombe
echeggiano
tristi
,
trionfali
e
lente
nella
lontananza
.
Nessuno
potrà
dire
l
'
insistente
turbamento
che
dà
la
musica
in
questo
luogo
memorabile
,
popolato
e
fastoso
.
Una
ricchezza
pesante
e
ravvolta
di
colori
indistinti
quieti
si
coagula
all
'
intorno
.
Forme
gelide
dai
riflessi
misteriosi
nella
torrida
semi
oscurità
guizzano
irretite
nel
vasto
sogno
musicale
,
come
mosche
iridescenti
e
innumerevoli
,
prese
in
una
immensa
tela
di
ragno
.
Un
lampadario
a
palloni
opachi
grosso
come
un
carroaisel
,
illumina
da
vicino
le
grevi
incrostazioni
dorate
e
la
fumosa
e
violenta
pittura
della
cupola
.
A
mezz
'
aria
lembi
di
luce
han
fremiti
velati
e
perlacei
di
neve
che
ondeggi
nel
tramonto
e
si
sciolga
.
Dal
respiro
profondo
di
quelle
tenebre
trasparenti
,
vive
con
un
rilievo
leggero
misterioso
e
aggraziato
una
folla
sospesa
e
senza
età
.
Nelle
loggie
riboccanti
di
alto
ceto
giacciono
in
atteggiamento
di
contrizione
gli
sparati
immacolati
,
le
décolletées
pallide
e
ambigue
,
i
Granii
lucidi
e
privilegiati
e
le
lunghe
braccia
guantate
;
fra
la
seta
e
le
gemme
affacciata
ai
davanzali
dei
balconi
la
folla
siede
quasi
prosternata
.
I
tenui
raggi
dei
lumi
scivolano
sulla
lunghe
spalle
azzurrine
,
sui
dorsi
polposi
e
lisci
,
echeggiando
sul
raso
e
sul
velluto
verde
cobalto
con
uno
splendore
stanco
,
dissonante
e
morbido
di
toni
.
Sul
'
fondo
indistinto
vigila
,
eretta
e
ossequíente
,
la
nera
galanteria
dei
cavalieri
francesi
.
Mentre
non
è
troppo
vecchio
questo
teatro
ha
un
aspetto
di
decrepitudine
esanime
incantevole
come
,
a
vederlo
ritornare
,
così
sterminato
,
un
tempo
che
fu
.
In
questa
cornice
il
pubblico
sembra
proprio
quello
di
cento
anni
fa
.
Certo
,
quassú
al
nostro
posto
devono
esser
venuti
a
covare
il
loro
odio
gli
anarchici
dell
'
epoca
di
Ravachol
e
di
Blanqui
,
i
romantici
alcoolizzati
,
i
bombardieri
feroci
e
tutto
quel
proletariato
verdiano
cupo
e
fedele
,
capace
nella
sua
passione
sacrosanta
di
minacciare
con
lettere
fregiate
di
teschi
e
di
pugnali
chi
osasse
toccare
l
'
idolo
del
loro
fanatismo
.
Il
sipario
venerabile
e
smorto
,
dipinto
a
larghe
pieghe
di
velluto
sanguigno
discende
silenziosamente
.
Nell
'
intervallo
molti
spettatori
leggono
il
libretto
.
Curiosa
usanza
quella
di
richiamare
il
pubblico
quando
la
recita
riprende
,
con
una
serie
di
colpi
lugubri
e
reiterati
come
se
dietro
il
sipario
inchiodassero
un
feretro
.
L
'
orchestra
è
già
di
nuovo
tutta
a
posto
disseminata
fra
i
lumi
verdi
dei
leggii
e
sembra
un
accampamento
di
scarabei
in
cravatta
bianca
;
la
lettura
ricomincia
svogliata
e
accademica
.
Le
poltrone
di
velluto
paonazzo
della
platea
montano
irruenti
come
squadroni
della
vecchia
guardia
lanciati
verso
un
'
altura
,
in
file
serrate
e
ondeggianti
.
Il
pubblico
è
così
folto
che
copre
le
architetture
e
sembra
piovere
giú
dalla
cupola
nel
fuoco
crollante
delle
cavità
più
oscure
e
disperate
.
La
parete
di
contro
sembra
un
'
apoteosi
al
suo
epilogo
che
s
'
inabissa
dissolvendosi
maestosamente
,
e
una
ascensione
infatuata
piena
d
'
un
lucore
agonizzante
.
Quella
sera
si
rappresentava
la
Kovancina
di
Moussorski
.
Quest
'
opera
fra
le
più
grandi
di
tutta
la
Russia
ci
rivelò
le
profondità
animate
,
intatte
,
delicate
e
brutali
dell
'
anima
musicale
slava
,
apparsa
improvvisamente
,
durante
questo
ultimo
mezzo
secolo
nell
'
agone
un
poco
routinier
del
nostro
teatro
lirico
.
La
verginità
monumentale
di
questa
musica
piena
di
emozione
primitiva
,
il
leggero
delirio
delle
melodie
,
e
i
ritmi
festosi
annunziano
,
con
un
risuonare
violento
e
disperso
,
l
'
avvento
della
Russia
nevosa
e
leggendaria
.
Il
paziente
e
solenne
dolore
,
l
'
ignavia
sbadigliante
e
l
'
indistruttibile
sperare
di
quel
popolo
grande
e
neghittoso
lampeggia
occultamente
in
orchestra
come
.
fuoco
sotto
una
distesa
dura
e
interminabile
di
ghiaccio
.
Dissipato
quel
brivido
vasto
,
puerile
,
quando
s
'
acqueta
l
'
ebbrezza
divina
e
precipitosa
l
'
ascoltatore
rimane
vuoto
di
parole
,
smemorato
e
sospeso
ai
limiti
di
quelle
melodiose
distese
,
pungenti
e
lontane
che
sfumano
poeticamente
.
Nella
storia
del
teatro
musicale
Moussorski
non
è
l
'
anello
di
una
catena
.
È
solo
.
Nessuno
lo
precede
,
nessuno
lo
segue
.
Appartenne
a
quella
scuola
che
si
formò
barometricamente
nel
grande
spazio
della
santa
Russia
,
come
una
nuvola
:
«
Glinka
,
Balakireff
,
Borodin
,
Liadoff
,
Rimski
Korsakoff
»
,
e
finalmente
«
Moussorski
»
,
che
scoppia
come
un
uragano
.
Lo
si
riconosce
al
suo
terribile
accento
,
alla
sua
larghezza
popolosa
e
senza
costruzione
,
alla
sua
implacabile
solennità
che
riposa
sul
numero
.
Si
può
dire
che
sulla
opera
di
Moussorski
come
sulle
terre
del
sacro
impero
non
tramonta
mai
il
sole
.
È
un
mondo
immerso
in
un
sublime
sgomento
.
Il
tempo
non
ha
presa
su
di
lui
.
In
Moussorski
c
'
è
grandezza
,
la
grossezza
omerica
.
Viene
avanti
.
A
ogni
battuta
ha
del
coraggio
,
della
forza
.
Non
una
parola
di
più
nel
suo
discorso
.
Una
mimica
enorme
,
una
profondità
,
una
magia
da
far
fremere
.
Egli
tira
a
sé
un
tappeto
infinito
.
Travolge
i
destini
di
un
popolo
.
Senza
tregua
-
-
patetico
,
formidabile
.
Vicino
a
lui
i
suoi
compagni
,
i
suoi
revisori
son
ben
meschini
.
Borodin
,
Glazunoff
e
Rimski
Korsakoff
il
quale
gli
corregge
le
partiture
d
'
orchestra
,
non
sono
che
dei
professori
,
degli
epigoni
,
che
scrivono
delle
sinfonie
,
dei
quartetti
e
nell
'
opera
fanno
del
folclore
.
Moussorski
,
tutto
istinto
,
non
scrisse
mai
una
fuga
.
La
sua
idea
era
la
Russia
.
E
per
la
Russia
scrisse
le
sue
opere
:
il
Boris
e
la
Kovancina
.
Infatti
Moussorski
possedeva
una
preparazione
tecnica
appena
rudimentale
,
egli
non
volle
mai
possedere
quella
che
si
chiama
l
'
abilità
del
mestiere
,
e
forse
non
poteva
.
Egli
sentiva
che
le
abitudini
dello
stile
acquisito
e
del
lavoro
metodico
pesano
sull
'
indipendenza
del
pensiero
musicale
e
intralciano
l
'
originalità
.
Orientato
decisamente
secondo
la
sua
vocazione
Moussorski
non
si
preoccupa
di
bellezza
pura
né
di
estetica
.
Borodin
racconta
che
un
giorno
Moussorski
cominciò
a
suonare
una
sinfonia
di
Schumann
,
arrivato
a
metà
smise
indispettito
e
chiuse
il
quaderno
:
«
Qui
cominciano
le
matematiche
musicali
»
,
esclamò
con
umore
.
Scriveva
poi
a
un
amico
:
«
Ditemi
perché
,
quando
ascolto
parlare
dei
giovani
artisti
,
pittori
e
scultori
,
io
posso
seguire
i
loro
pensieri
,
capire
le
loro
opinioni
,
il
loro
scopo
,
e
di
rado
mi
accade
di
sentirli
parlare
di
tecnica
,
mentre
,
al
contrario
,
quando
mi
trovo
con
dei
musicisti
,
quasi
non
odo
enunciare
una
idea
viva
,
essi
sembrano
sempre
seduti
sui
banchi
della
scuola
,
e
non
conoscono
che
tecnica
e
vocaboli
del
mestiere
.
L
'
arte
musicale
è
dunque
così
giovane
che
si
debba
studiarla
in
modo
puerile
?
»
Rimski
Korsakoff
che
ha
istrumentato
e
completato
la
Kovancina
dice
nelle
sue
Memorie
che
i
manoscritti
di
Moussorski
tradivano
«
un
dilettantisme
effronté
et
une
impuissance
technique
absolue
»
.
«
Amateci
fin
che
siamo
sporchi
,
perché
quando
saremo
puliti
ci
ameranno
tutti
»
è
il
detto
comune
dei
vagabondi
russi
.
Gli
è
che
fra
genio
e
intelligenza
c
'
è
un
abisso
incolmabile
.
Che
cosa
sono
il
pensiero
,
la
ragione
e
il
sapere
di
fronte
alla
fantasia
creativa
se
non
degli
accomodamenti
ambiziosi
e
provvisori
?
-
-
e
non
parliamo
della
verosimiglianza
e
della
piccola
logica
giudiziosa
,
insalatina
nell
'
orto
del
travet
.
Purtroppo
è
proprio
sotto
forma
d
'
insalata
che
l
'
arte
diventa
un
commestibile
popolare
.
Abbiamo
sempre
bisogno
di
intenderci
l
'
un
l
'
altro
e
di
riconciliarci
sulla
base
d
'
una
formula
vuota
e
convenzionale
.
Abituati
a
veder
Cristo
di
faccia
,
non
lo
riconosciamo
più
se
si
presenta
di
profilo
,
ed
è
solo
quando
ascoltiamo
Moussorski
istrumentato
da
Rimski
Korsakoff
che
ci
accorgiamo
che
Moussorski
vale
cento
volte
più
di
Rimski
.
In
conclusione
ogni
grand
'
uomo
ha
sempre
il
torto
di
non
rassomigliare
al
suo
ritratto
ufficiale
.
O
disgraziato
e
grande
Moussorski
!
Quando
la
foga
creativa
l
'
abbandonava
,
piuttosto
che
impuntarsi
dinanzi
al
lavoro
come
un
giocatore
di
scacchi
egli
afferrava
la
bottiglia
e
affogava
la
propria
pena
nella
vodka
.
E
povera
e
immensa
Kovancina
,
manomessa
salassata
!
Dove
l
'
uno
mette
,
l
'
altro
leva
.
Da
Rimski
e
Borodine
,
sino
all
'
ultimo
,
arrangeur
,
régisseur
,
o
direttore
d
'
orchestra
,
ciascuno
aggiunge
del
proprio
,
taglia
nel
vivo
,
scompone
,
inquadra
,
rabbercia
e
storpia
.
E
dopo
tanto
rimescolare
e
correggere
,
quest
'
opera
viene
scaguata
sulle
tavole
della
scena
,
così
come
si
gettano
i
dadi
alla
fortuna
,
finisce
per
dare
un
tono
quasi
differente
a
seconda
che
s
'
allunga
o
si
schiaccia
nel
cadere
.
Tuttavia
per
quante
riparazioni
o
abusi
si
possano
commettere
a
suo
danno
,
continua
lì
dentro
a
vivere
e
a
marciare
il
genio
dell
'
autore
.
Tutto
il
resto
non
può
trovare
che
una
giustificazione
appena
sopportabile
.
VII
Teatro
dei
Campi
Elisi
L
'
Italia
,
dunque
,
avrebbe
il
torto
di
non
conoscere
abbastanza
Alfredo
Casella
,
pianista
europeo
,
il
più
stonato
e
il
più
placido
dei
nostri
compositori
,
l
'
apostolo
,
per
così
dire
,
della
nota
falsa
,
il
più
pedagogico
dei
fumisti
e
fra
tanti
futuristi
,
avveniristi
,
dadaisti
,
dinamisti
,
il
più
intossicato
e
'
più
angelico
di
tutti
.
Quando
Giuseppe
Verdi
sul
declinare
della
vita
scrisse
«
torniamo
all
'
antico
»
,
aveva
egli
forse
veduto
con
terrore
emergere
sulla
lontana
curva
evanescente
dell
'
orizzonte
il
profilo
embrionale
e
fantomatico
di
Alfredo
Casella
?
Nato
con
un
anticipo
di
alcune
centinaia
di
anni
,
giunto
inaspettato
in
queste
nostre
province
trasandate
e
piene
di
pigre
e
succulente
banalità
,
capitato
fra
orecchianti
crapuloni
e
ammiratori
smargiassi
di
Gioacchino
Rossini
e
di
Gaetano
Donizetti
,
soffocato
da
un
'
atmosfera
grassa
di
cotechino
,
confuso
tra
gente
scamiciata
che
mandava
giú
certi
bocconi
pesanti
come
ferri
da
stirare
,
Alfredo
Casella
,
il
nostro
valoroso
amico
,
si
strinse
nei
panni
con
un
brivido
,
si
abbottonò
in
fretta
sino
al
mento
come
uno
spicchio
di
limone
e
cercò
di
passare
al
largo
filando
via
dissimulato
e
lieve
come
un
missionario
chiamato
altrove
.
Avido
di
un
'
avvenire
che
gli
si
mostrasse
alla
vista
con
le
sue
prospettive
geometriche
,
con
le
sue
solitudini
appartate
e
metafisiche
egli
distrusse
dietro
di
sé
le
insegne
della
vecchia
saggezza
,
i
ponti
della
ritirata
,
e
si
lanciò
alla
ricerca
di
un
mondo
irreprensibile
e
retto
dal
più
austero
proibizionismo
.
Nel
quale
gli
uomini
avessero
uno
stomaco
automatico
e
un
cuore
secco
come
un
terno
al
lotto
,
e
dove
il
progresso
politecnico
salisse
sempre
scivolando
verso
zone
più
frigorifere
con
la
continua
e
silenziosa
regolarità
di
un
ascensore
bene
ingrassato
.
Ecco
dunque
il
nostro
precursore
in
viaggio
;
avanguardia
perduta
fra
le
ombre
antelucane
di
un
'
epoca
che
non
vorrebbe
ancora
essere
rivelata
,
egli
procede
impassibile
e
rigoroso
oltre
i
limiti
segnati
sulle
carte
dalle
ultime
spedizioni
.
Le
fiere
e
gli
Iddii
di
quelle
plaghe
vergini
e
sacre
fuggono
ululando
fra
le
nebbie
dinanzi
alla
redingote
fatale
dell
'
ex
segretario
della
Società
italiana
di
musica
moderna
,
che
sembra
sgranare
sotto
i
suoi
passi
una
interminabile
legione
di
pianoforti
invisibili
.
Di
stagione
in
stagione
,
questo
franco
cacciatore
dell
'
idea
futura
riappare
persistente
e
immutato
fra
noi
accolto
e
ossequiato
dai
discepoli
categorici
della
santa
lega
modernistica
che
recano
in
mano
il
catechismo
della
cacofonia
pura
.
Egli
studia
,
saggia
,
incita
il
loro
fervore
sacrosanto
,
poi
si
immerge
con
grazia
pacata
nelle
diverse
correnti
della
più
matta
pubblicità
e
s
'
allontana
trasportato
verso
remotissimi
lidi
.
Così
,
all
'
inglese
,
se
ne
va
ogni
volta
questo
messaggero
dell
'
anno
duemila
.
L
'
America
elettrica
lo
attrae
irresistibilmente
con
i
suoi
fonografi
,
i
suoi
brevetti
d
'
invenzione
e
i
suoi
grattacieli
che
tanto
somigliano
ai
poemi
sinfonici
d
'
oggidì
.
Come
compositore
egli
è
del
tutto
imparziale
,
vale
a
dire
,
non
ci
mette
niente
di
suo
,
la
sua
posizione
nel
mondo
della
musica
è
quella
di
colui
che
non
persuade
nessuno
e
non
si
lascia
persuadere
da
nessuno
.
Questo
non
gli
impedisce
di
avere
per
il
globo
,
e
in
via
d
'
eccezione
,
non
pochi
ammiratori
e
sopratutto
moltissimi
amici
a
prova
di
bomba
.
Egli
è
,
senza
dubbio
,
il
primo
fra
i
charmants
garçons
della
giovane
scuola
italiana
,
i
suoi
nemici
lo
adorano
e
fra
questi
ultimi
,
Casella
può
mettere
anche
noi
che
scriviamo
di
lui
con
tanta
affettuosa
ingratitudine
.
«
La
freccia
volante
riposa
»
disse
un
filosofo
greco
.
Saggezza
sprecata
.
Casella
è
per
la
logica
scientifica
,
e
non
scrive
quattro
battute
di
melodia
qualunque
,
senza
rivestirle
con
la
camicia
di
spine
del
suo
sistema
.
Egli
fa
stridere
nel
bagno
gelato
del
suo
temperamento
il
ferrame
rovente
della
sua
volontà
.
Il
moto
dissonante
e
babelico
,
l
'
attrito
armonico
esasperato
e
insanabile
,
l
'
escoriazione
perpetua
sono
il
suo
rovello
.
Egli
lancia
all
'
aria
rottami
d
'
ogni
sorta
,
pone
mano
ad
altri
,
e
a
chi
tocca
tocca
.
Studia
giorno
e
notte
con
quella
tenacia
irreparabile
,
escogita
e
combina
ad
arte
i
suoni
in
modo
da
sconquassare
i
nervi
e
smontare
,
pezzo
per
pezzo
,
i
timpani
del
prossimo
:
strappa
alla
gente
malcapitata
gridi
di
spasimo
e
siccome
egli
è
fatto
per
metter
male
e
creare
screzii
fra
gli
strumenti
d
'
orchestra
,
tutto
gli
riesce
così
bene
da
suscitargli
intorno
orrore
e
spavento
,
per
il
raggio
di
dieci
miglia
.
Egli
lavora
di
sorpresa
,
piomba
su
una
sala
di
concerti
e
quasi
sempre
riesce
a
catturare
e
trarsi
dietro
il
pubblico
che
non
osa
più
né
fiatare
né
fuggire
.
Là
dove
passa
la
sua
musica
l
'
erba
non
rinasce
più
!
C
'
è
qualcuno
che
prende
la
cosa
al
tragico
e
si
domanda
con
costernazione
:
Quand
'
è
che
costui
avrà
il
coraggio
civile
di
farsi
capire
?
Errore
!
niente
da
fare
con
lui
.
Amici
e
nemici
insieme
egli
travolge
pur
di
raggiungere
i
posteri
,
egli
scrive
per
le
generazioni
future
;
sono
i
nostri
nipoti
quelli
che
capiranno
e
godranno
tutto
.
Il
bello
si
è
che
Casella
oltre
ad
essere
un
compositore
a
gran
velocità
è
anche
,
lo
diciamo
con
orgoglio
,
un
uomo
intelligentissimo
,
cosa
che
costituisce
,
per
un
musicista
d
'
oggidì
,
un
lusso
strepitoso
.
Tuttavia
a
vederlo
non
lo
diresti
da
tanto
.
Chi
non
lo
conosce
immagina
ch
'
egli
sia
un
tipo
da
non
star
nella
pelle
,
egli
invece
ci
sta
,
compunto
e
cauto
;
non
ci
sta
proprio
del
tutto
comodo
,
perché
di
pelle
ne
ha
ricevuta
in
dotazione
appena
quel
tantino
strettamente
necessario
;
ma
per
starci
,
ci
sta
,
lo
si
può
dire
,
docilmente
,
senza
batter
ciglio
,
né
fare
una
grinza
.
Se
ha
da
mostrarsi
lieto
,
prende
le
sue
precauzioni
e
,
con
uno
sforzo
calcolato
,
sorride
,
sorride
,
sorride
come
i
cavalli
di
legno
di
un
carrousel
.
Naturalmente
non
può
,
nelle
sue
condizioni
,
nemmeno
rimpinzarsi
di
pasticcini
o
gonfiarsi
di
vino
.
A
tavola
lo
vedi
sobrio
e
misurato
arrestarsi
al
dessert
,
posare
la
forchetta
e
il
coltello
e
scostare
tranquillamente
da
sé
il
bicchiere
,
alzando
gli
occhi
rassegnati
al
soffitto
.
Allora
tu
potrai
leggere
,
sulla
fronte
senza
rughe
,
la
legge
dura
:
Non
mangerai
né
cocomeri
né
poponi
.
Contro
i
casi
gravi
d
'
allegria
irrefrenabile
Casella
ha
escogitato
una
risata
,
diremo
così
,
idraulica
,
di
sua
fabbricazione
,
che
non
mette
in
pericolo
il
suo
squisito
involucro
,
né
lo
squassa
o
arriccia
:
una
risata
che
scoppia
,
erompe
e
scroscia
tutta
al
di
dentro
con
il
glu
,
glu
,
glu
lamentoso
di
secchio
che
vien
su
pieno
e
grondante
,
da
una
cisterna
d
'
acqua
gelata
.
L
'
incontrammo
in
gennaio
a
Parigi
,
la
sua
roccaforte
.
Egli
con
la
solita
impassibilità
ci
colmò
d
'
attenzioni
e
di
gentilezze
,
e
ci
invitò
,
per
il
giorno
dopo
,
ad
un
concerto
,
nel
quale
egli
avrebbe
preso
parte
come
pianista
e
come
compositore
.
Il
concerto
ebbe
luogo
,
infatti
,
nel
gran
teatro
dei
Campi
Elisi
e
fu
la
prima
volta
che
noi
mettemmo
piede
là
dentro
.
La
sala
era
gremita
e
magnifica
.
Dirigeva
l
'
orchestra
René
Baton
.
Casella
sedeva
al
pianoforte
.
Tutti
conoscono
il
suo
raro
talento
pianistico
e
la
sua
tecnica
chiara
,
brillante
e
delicata
;
è
inutile
,
quindi
,
descrivere
l
'
entusiasmo
che
il
nostro
connazionale
suscitò
quel
giorno
;
basti
dire
che
tra
il
continuo
andare
e
ritornare
,
per
presentarsi
al
pubblico
che
lo
acclamava
con
insistenza
delirante
,
Casella
fu
costretto
a
farsi
qualche
chilometro
col
capogiro
.
La
seconda
parte
del
programma
comprendeva
l
'
esecuzione
della
sua
Elegia
eroica
per
grande
orchestra
.
Casella
che
non
aveva
più
parte
in
scena
venne
su
in
palco
con
noi
e
si
mise
in
un
angolo
buio
per
ascoltarsi
.
E
l
'
angoscia
cominciò
.
La
musica
impelagata
e
stridula
dell
'
amico
,
trovando
,
questa
volta
,
un
sostegno
nella
nostra
disperata
solidarietà
tirava
innanzi
tutta
di
contropelo
fra
un
silenzio
di
malaugurio
.
Guardando
ben
dritto
dinanzi
a
noi
nelle
tenebre
pensavamo
con
accoramento
:
Dio
buono
,
si
può
zittirlo
e
fischiarlo
in
Italia
ma
all
'
estero
l
'
applaudiremo
a
tutti
i
costi
.
Intanto
l
'
Elegia
eroica
che
a
tutta
prima
sembrava
interminabile
andava
man
mano
rattrappendosi
fin
che
arrivò
all
'
ultimo
rantolo
e
si
distese
stecchita
.
Drizzammo
le
orecchie
in
quel
punto
ma
invano
;
non
un
segno
di
reazione
o
di
collaudo
sorse
a
rompere
il
silenzio
mortale
che
regnava
nella
sala
;
s
'
udí
invece
appena
il
rifiatare
pauroso
di
una
folla
scampata
allora
e
sollevata
fuor
di
pericolo
.
La
cupola
aerea
del
teatro
risuonò
fievolmente
e
lungamente
come
se
l
'
echeggiare
di
mille
sorrisi
enigmatici
l
'
avesse
percossa
.
In
quel
frangente
,
noi
,
possiamo
dirlo
senza
falsa
modestia
,
ci
portammo
da
buoni
italiani
e
cominciammo
a
far
strepito
per
dieci
,
battendo
le
mani
,
a
dita
aperte
,
senza
badare
al
bruciore
,
con
una
forza
e
uno
zelo
,
moltiplicati
;
ma
quel
che
ci
indignò
e
ci
fece
uscir
dai
gangheri
,
fu
il
vedere
Casella
seduto
,
freddo
e
immobile
nella
semioscurità
,
inerte
come
un
idolo
metafisico
.
Toh
!
,
gli
gridammo
con
furia
,
ci
lasci
soli
in
questo
guaio
,
proprio
tu
che
hai
la
colpa
di
tutto
?
-
-
Fu
allora
che
udimmo
tutto
d
'
un
tratto
,
la
sua
risata
stridere
come
una
carrucola
nella
sua
gola
,
mentre
le
sue
mani
di
pianista
si
mettevano
ad
applaudire
con
un
'
allegria
straordinaria
.
E
questa
volta
il
successo
si
delineò
assumendo
le
proporzioni
gigantesche
di
un
successo
a
quattro
mani
.
VIII
Museo
Grevin
È
un
gran
museo
di
figure
di
cera
.
Labirinto
,
teatro
,
galleria
,
catacomba
;
tutto
insieme
,
un
palazzo
.
Dentro
Dentro
c
'
è
Robespierre
,
Briand
,
Napoleone
,
Gambetta
,
Poincaré
,
Re
Alfonso
,
la
più
famosa
ballerina
dell
'
Opéra
,
poi
c
'
è
Charlot
,
Costes
e
Lebrix
.
In
tutto
tre
dozzine
di
personalità
molto
in
vista
,
alle
quali
devi
aggiungere
«
les
grandes
vedettes
du
Sport
et
de
la
Mode
»
.
Carico
di
ornamenti
,
lavorato
come
un
mobile
di
pessimo
gusto
rococò
-
-
appariscente
,
rosso
,
decrepito
e
tetro
,
l
'
ambiente
sembra
l
'
antica
sala
dei
festini
di
una
dimora
abbandonata
.
Quel
tanto
di
teatrale
che
un
simile
luogo
comporta
,
e
la
sua
funzione
postuma
applicata
al
Presente
,
darebbero
ragione
a
un
titolo
,
ad
un
nome
più
lungo
e
romanzesco
,
per
esempio
:
Museo
Grevin
,
ovvero
,
la
Forza
del
Destino
.
Di
punto
in
bianco
,
senza
detonazione
,
senza
il
tumulto
di
una
soluzione
chimica
,
l
'
Attualità
qui
dentro
diventa
Storia
con
l
'
emmediatezza
di
un
precipitato
.
Cos
'
è
?
Chiromanzia
,
o
forma
,
clima
,
effetto
del
locale
?
Chi
lo
sa
.
Qui
dentro
spira
un
'
aria
da
fine
di
carnevale
;
un
'
aria
di
esumazione
;
c
'
è
una
atmosfera
soffocante
e
surreale
,
che
ti
mozza
il
respiro
,
uno
scirocco
che
ti
fa
invecchiare
,
un
'
afa
dinanzi
alla
quale
rinculi
,
e
sprofondi
nel
Tempio
della
Fama
Universale
.
Insomma
la
mise
en
scène
sembra
sia
stata
attuata
nell
'
orgasmo
di
una
crisi
ministeriale
,
ed
è
in
tutto
e
per
tutto
degna
d
'
esser
firmata
dal
più
grande
pittore
dell
'
epoca
:
il
doganiere
Rousseau
.
I
grandi
personaggi
del
giorno
riprodotti
in
cera
sono
gli
ospiti
estatici
di
questa
formidabile
galera
.
Tutti
i
più
illustri
indiziati
di
genio
,
quelli
che
son
passibili
di
immortalità
,
eccoli
là
,
immersi
in
una
luce
,
per
così
dire
,
declamatoria
.
Sembrano
spegnersi
intorno
a
quei
tigt
verdognoli
gli
echi
di
un
'
orazione
funebre
.
Quanto
silenzio
.
L
'
imponente
brigata
luccica
e
non
si
muove
più
sotto
il
nevischio
della
naftalina
.
Giunta
a
questa
stazione
la
pubblicità
fa
alt
,
si
tace
e
sbadiglia
.
Qui
c
'
è
il
«
fermo
»
,
la
quarantena
della
gloria
.
Il
salone
d
'
ingresso
è
diviso
in
scomparti
,
in
box
(
salvo
i
trofei
,
gli
addobbi
,
e
la
tappezzeria
)
come
una
scuderia
.
Con
la
coda
dell
'
occhio
vedi
brillare
qua
e
là
delle
facce
che
sai
.
Stresemann
,
Hoover
,
Kellogg
,
malamente
equilibrati
,
sembra
che
nascondano
sotto
le
falde
dei
loro
diplomatici
krauss
delle
code
di
paglia
.
Statue
di
cera
?
-
-
dirai
.
-
-
Abbiamo
già
veduto
cento
volte
questa
roba
nei
baracconi
da
fiera
.
Non
è
la
stessa
cosa
.
Anch
'
io
ricordo
la
«
donna
nuda
rapita
dall
'
orangutan
,
il
maggiore
Toselli
ferito
ad
Amba
Alagi
e
il
Re
Galantuomo
che
muore
nel
suo
letto
»
;
ma
quelle
,
benché
ferite
e
morenti
,
sono
statue
felici
,
fortunate
;
viaggiano
,
cambiano
aria
e
paesi
.
Le
vedi
respirare
in
fin
dei
conti
,
girar
la
testa
e
gli
occhi
,
sia
pure
lentamente
;
insomma
credi
,
quel
regime
aperto
e
mutevole
fa
loro
proprio
un
gran
bene
.
Ma
nel
Museo
Grevin
non
c
'
è
movimento
.
Le
statue
in
questa
pensione
conservano
il
loro
atteggiamento
per
dei
mesi
e
dei
mesi
,
magari
per
degli
anni
,
finché
viene
il
momento
di
sparire
in
cantina
o
nel
solaio
.
I
posti
sono
contati
,
quindi
la
celebrità
vuol
essere
amministrata
qui
dentro
col
massimo
rigore
.
Scaduta
la
voga
,
appena
la
popolarità
accenna
a
scemare
,
gli
inquilini
in
ribasso
devono
ceder
la
scranna
ai
nuovi
che
sopravvengono
.
Quanti
ce
n
'
è
,
che
son
passati
di
qui
.
Nomi
mondiali
,
tipi
famosi
,
monumenti
che
pesavano
quintali
,
quintali
di
cera
preziosa
.
Dove
sono
finiti
?
Li
hanno
liquidati
.
Li
hanno
fatti
bollire
in
una
grande
caldaia
?
Dunque
anche
qui
tutto
cambia
,
tutto
si
rinnova
,
e
qualche
volta
più
presto
di
quel
che
non
avvenga
nelle
interminabili
e
sempre
fresche
vetrine
delle
Galeries
Lafayette
.
Basta
una
guerra
,
una
rivoluzione
,
e
anche
meno
,
una
seduta
parlamentare
,
perché
qualche
figura
vada
su
nel
granaio
,
e
un
'
altra
faccia
di
cera
venga
messa
a
quel
posto
.
Chi
si
ricorda
più
,
per
esempio
,
di
Combes
,
il
famoso
ministro
anticlericale
,
il
mangiapreti
famoso
,
il
cui
statuone
spadroneggiava
qua
dentro
?
Passato
il
suo
quarto
d
'
ora
politico
,
è
scomparso
il
grand
'
uomo
.
Forse
per
farlo
durare
un
po
'
di
più
ne
han
fatto
dei
ceri
sacri
.
E
adesso
Combes
illumina
l
'
altare
di
Notre
Dame
de
Paris
?
Un
triste
guardiano
,
con
la
candela
accesa
,
fa
qui
dentro
ogni
notte
il
suo
giro
di
ronda
,
ispeziona
il
locale
e
si
ritira
borbottando
.
Come
l
'
avaro
,
sordo
e
feroce
custode
del
Castello
di
Corneville
,
che
per
mezzo
delle
campane
spaventava
l
'
ignara
popolazione
e
usurpava
i
beni
del
padrone
.
Soltanto
che
sugli
zoccoli
disposti
nel
salone
invece
delle
sinistre
e
arrugginite
armature
degli
antenati
qui
ci
son
dei
doppioni
fuori
corso
,
ancora
più
sinistri
,
dei
terribili
sosia
,
dei
«
facenti
vece
»
di
cera
.
Chissà
quali
tragedie
avvengono
qui
la
notte
.
Quante
rivalità
e
odii
si
scatenano
quando
il
Museo
si
chiude
.
È
lecito
supporlo
:
vociferazioni
,
lamenti
,
strida
,
da
far
gelare
il
sangue
.
Benché
il
mattino
dopo
tutto
ritorni
in
ordine
,
il
pubblico
che
entra
non
si
lascia
ingannare
da
tutta
quella
cera
che
ora
sorride
e
si
compiace
in
silenzio
.
Troppa
diplomazia
.
Abbiamo
già
capito
,
solo
al
vedere
il
povero
Charlot
più
pesto
e
più
smorto
del
solito
,
quel
che
succede
qui
.
Tremante
,
mezzo
nascosto
dietro
una
colonna
,
Charlot
dopo
ogni
nottata
reca
ancora
sul
volto
le
tracce
di
una
minacciosa
paura
,
e
copre
con
le
braccia
la
vita
del
suo
piccolo
bene
:
Jackie
Coogan
.
Fu
nel
muovermi
per
uscire
dal
Museo
Grevin
che
dal
fondo
del
salone
d
'
ingresso
vidi
voltarsi
verso
di
me
un
mucchio
di
figure
di
cera
.
Una
folla
del
tutto
nuova
.
Dianzi
,
passando
dallo
stesso
salone
,
li
avevo
lasciati
scorrere
intorno
a
me
senza
accorgermene
.
Correttissimi
e
pieni
di
un
'
animazione
enigmatica
costoro
da
tutte
le
parti
mi
venivano
incontro
amabilmente
,
quasi
per
trattenermi
.
Benché
sembrassero
un
po
'
sazii
e
scoraggiati
di
esser
senza
voce
e
senz
'
anima
,
i
loro
lineamenti
,
resi
audaci
da
qualche
pennellata
recente
e
troppo
carica
,
luccicavano
come
la
galantina
.
Alcuni
si
affacciavano
ai
loro
scomparti
con
l
'
aria
ansiosa
,
curiosa
e
impettita
di
chi
aspetta
che
suoni
l
'
ora
della
libera
uscita
.
E
ce
n
'
eran
di
quelli
impazienti
,
che
avevan
già
messo
il
piede
sul
tappeto
che
copre
lo
spazio
adibito
alla
circolazione
del
pubblico
.
Fra
coloro
che
se
ne
stavan
quieti
al
loro
posto
rivedo
con
piacere
Hoover
.
Seduto
degnamente
egli
ascolta
,
con
un
sorriso
quadrato
come
il
suo
viso
,
un
rapporto
che
gli
fa
il
suo
segretario
.
C
'
è
fra
i
due
molto
spazio
e
molto
rispetto
.
La
gerarchia
funziona
anche
al
museo
.
Hoover
non
batte
ciglio
.
Il
suo
segretario
nemmeno
.
La
conferenza
può
continuare
.
Passiamo
oltre
.
Ed
ecco
Doumergue
,
il
più
scapolo
e
insieme
il
più
paterno
dei
presidenti
.
È
un
Doumergue
esageratamente
in
salute
,
che
fa
pensare
al
cognac
.
La
sciarpa
repubblicana
lo
taglia
trasversalmente
in
due
,
al
pari
dell
'
alfiere
di
un
mazzo
di
carte
francesi
-
-
uguale
di
sopra
e
di
sotto
.
Ha
lo
sparato
imbottito
,
gravido
forse
di
stoppa
.
Sul
petto
del
suo
frack
scintilla
,
come
un
granchio
d
'
oro
,
una
decorazione
.
Anch
'
egli
,
agghindato
e
scentrato
,
sorride
e
tiene
una
mano
posata
sulla
spalliera
della
poltrona
.
Scarpe
di
pelle
lucida
.
Mani
di
morto
.
Sorriso
da
ubbriaco
.
Consiglio
al
ritrattista
:
«
rifare
tutto
da
capo
»
.
Lí
vicino
alla
Francia
,
il
Vaticano
:
due
svizzeri
,
con
l
'
alabarda
,
fan
la
guardia
alla
nicchia
dove
il
Papa
seduto
in
trono
,
con
una
bolla
nella
mano
abbandonata
sui
ginocchi
,
guarda
un
monsignore
tutto
in
viola
,
che
tien
le
mani
incrociate
sul
ventre
.
In
piedi
è
un
giovane
cavaliere
barbato
,
in
cappa
e
spada
,
nel
nero
costume
spagnolo
,
catenella
d
'
oro
,
collare
,
spadino
e
scarpe
col
fiocco
.
Sul
fondo
un
crocifisso
.
È
il
pezzo
più
vivo
del
quadro
.
Accanto
a
me
,
un
signore
con
un
giornale
in
mano
(
l
'
«
Action
française
»
)
e
gli
occhiali
sul
naso
.
Ha
l
'
aria
di
tenere
il
fiato
,
guarda
S
.
Santità
con
un
'
attenzione
da
psichiatra
.
Guardiamo
tutti
e
due
a
lungo
,
ma
io
mi
stanco
per
primo
e
mi
rivolgo
verso
di
lui
:
Di
cera
,
di
cera
anche
lui
.
-
-
«
Leon
Daudet
»
mi
sussurra
in
un
orecchio
un
custode
avvicinatomisi
di
soppiatto
.
Mi
rivolto
di
soprassalto
squadrandolo
con
diffidenza
,
non
fosse
anche
costui
di
cera
.
Della
cera
incaricata
d
'
ingannarmi
?
O
di
qual
'
altra
materia
?
Era
un
surrogato
o
un
uomo
?
E
s
'
allontana
lasciandomi
nel
dubbio
.
Si
vede
del
resto
che
queste
figure
sono
di
cera
finissima
;
se
fossero
di
sego
,
con
questi
pomeriggi
che
un
'
afa
stanca
divora
,
le
mani
di
Doumergue
colerebbero
irreparabilmente
giú
per
i
bracciuoli
della
poltrona
.
Dunque
per
ora
i
fantocci
di
questa
serra
della
grandezza
politica
,
reagiscono
al
caldo
con
dei
sorrisi
melliflui
,
con
delle
smorfie
melense
.
Si
sa
il
miele
e
la
cera
sono
parenti
.
Ma
se
ti
fai
sotto
e
li
guardi
a
poca
distanza
non
ti
pare
che
questi
ritratti
abbozzino
un
sorriso
,
un
sorriso
un
po
'
contrariato
di
non
rassomigliare
a
nessuno
e
tanto
meno
a
se
stessi
?
Madida
di
stearico
sudore
a
forza
di
voler
essere
fedele
,
questa
ricostruzione
individuale
di
gente
che
circola
tuttora
nel
mondo
e
sta
benone
,
ti
sembrerà
viceversa
più
squallida
e
più
ardente
di
quel
che
è
naturale
.
S
[
t
]
udiamo
anche
noi
vivi
,
che
pur
siamo
d
'
argilla
;
poi
quando
la
terra
ci
copre
,
ne
usciamo
,
a
piccole
rate
notturne
,
in
fuochi
fatui
.
Vuoi
o
non
vuoi
la
cera
ha
sempre
voglia
di
ardere
,
se
non
d
'
altro
di
febbre
,
e
qui
i
personaggi
più
importanti
son
tutti
febbricitanti
.
Han
già
il
presentimento
che
presto
o
tardi
dovran
finire
tutti
in
sacra
o
profana
illuminazione
.
Infatti
in
questo
salone
combustibile
è
proibito
fumare
.
Qui
dentro
c
'
è
una
mise
à
point
storica
che
non
aspetta
il
tempo
.
Siamo
nel
regno
della
copia
conforme
.
Qui
si
sopprime
l
'
anima
,
si
sopprime
il
respiro
,
a
scopo
commemorativo
.
Si
mette
il
morto
al
posto
del
vivo
.
Qui
,
fra
una
nube
di
cloroformio
e
di
etere
,
si
tratta
di
estrarre
la
«
maschera
»
dell
'
epoca
presente
;
di
mettere
sotto
una
campana
di
vetro
,
lontano
,
lontano
dall
'
aria
'
,
delle
statue
che
han
sotto
il
braccio
immense
buste
di
cuoio
,
e
non
sono
esattori
.
Monumenti
autorevolissimi
ma
senza
piedistallo
che
stringono
nel
pugno
rotoli
di
carta
bollata
,
segno
antichissimo
di
onnipotenza
.
Questo
luogo
è
uno
spegnitoio
per
tutti
:
di
cera
e
di
carne
.
I
tappeti
smorzano
lo
slancio
,
moderano
l
'
andatura
del
visitatore
incerto
e
diffidente
.
Si
cammina
sulle
uova
.
Si
parla
sottovoce
come
in
casa
dell
'
ammazzato
.
Avviene
che
qualche
manichino
impaziente
venuto
ad
ingombrare
addirittura
il
passaggio
,
riesca
a
conservare
,
quasi
per
miracolo
,
la
propria
incolumità
fra
il
parapiglia
muto
e
rispettoso
della
gente
.
Lo
vedi
con
raccapriccio
tenersi
dritto
nell
'
ombra
,
in
mezzo
a
quel
via
vai
.
La
mossa
malaccorta
di
un
frettoloso
che
si
volta
,
uno
spintone
,
una
pestata
di
piedi
,
potrebbe
farlo
traballare
e
cascar
giú
tutto
d
'
un
pezzo
fra
le
braccia
di
un
custode
accorrente
.
Che
diavolo
,
sembra
vivo
-
-
e
sono
tanti
i
vivi
che
sembrano
morti
.
Lí
per
lí
non
viene
in
mente
a
nessuno
che
sia
falso
-
-
eppoi
con
questa
luce
così
equivoca
e
fioca
-
-
ci
vuole
tanto
poco
,
una
disattenzione
basta
;
ecco
che
rotola
in
terra
.
No
,
m
'
illudo
,
resiste
.
È
un
'
arte
da
imbalsamatori
.
Ogni
opera
di
questa
arte
è
opera
conservativa
anzi
reazionaria
:
sostituisce
al
vero
la
mummia
trionfale
,
il
cliché
burocratico
comun
denominatore
d
'
ogni
convenzionale
identificazione
.
Il
vivo
preso
di
mira
ha
sempre
il
torto
di
non
rassomigliare
al
suo
ritratto
ufficiale
-
-
gli
assenti
han
sempre
torto
-
-
dunque
in
certo
qual
modo
,
nell
'
ordine
definitivo
,
son
rivoluzionari
,
anzi
dobbiamo
aggiungere
che
a
colui
,
fra
costoro
,
che
si
compiace
d
'
esser
raffigurato
così
,
sub
specie
aeternitatis
,
l
'
esser
vivo
dispiace
,
l
'
esser
vivo
è
d
'
impaccio
.
Motivo
per
cui
molti
poveri
diavoli
,
che
credono
alla
gloria
,
o
sentono
d
'
esser
predestinati
a
passare
alla
storia
,
cercan
fin
dalla
nascita
il
gesto
,
il
silenzio
solenne
dei
musei
,
tengon
la
lingua
tra
i
denti
,
imitano
nel
loro
viso
il
legno
,
il
bronzo
,
la
cera
,
il
gesso
,
lo
stucco
dei
busti
da
consolle
,
e
serbano
fino
alla
morte
l
'
atteggiamento
degli
idoli
,
dei
tabú
.
Quando
usciamo
di
qui
il
sole
fa
l
'
ultimo
capitombolo
.
Fra
quel
fiume
di
gente
che
scende
i
grands
boulevards
si
resta
sbalorditi
e
interdetti
.
Del
vero
,
del
reale
non
c
'
è
più
traccia
nel
mondo
.
Sotto
le
miracolose
spavalderie
del
crepuscolo
c
'
è
un
'
esuberanza
distratta
di
colori
e
di
forme
vuote
che
si
muovono
senza
direzione
,
un
'
intensità
di
cose
vaghe
e
vacillanti
che
un
soffio
caldo
rende
più
luminose
e
ferme
.
Non
si
ha
più
il
senso
dell
'
autenticità
:
esseri
strani
che
ti
guardano
con
occhi
ingranditi
,
cocottes
erranti
in
preda
a
una
estasi
egiziana
,
strilloni
di
giornali
che
un
congegno
fu
urlare
sempre
la
stessa
parola
,
signore
dalle
parrucche
d
'
argento
,
cavalieri
manierati
e
stecchiti
che
si
chinan
su
quelle
;
lentissime
automobili
che
si
seguono
silenziosamente
a
catena
,
e
tutti
quei
lucenti
cristalli
di
vetture
troppo
nuove
,
dietro
i
quali
brillano
come
sante
reliquie
i
volti
più
consunti
e
antichi
di
Parigi
.
Sotto
il
terrore
delle
tenebre
che
calano
rapidamente
,
tutti
vacillano
,
incerti
sulla
via
da
pigliare
;
poi
sembra
che
ognuno
si
butti
a
dritta
o
a
manca
quasi
per
raggiungere
prima
di
notte
la
porta
del
proprio
Museo
Grevin
.
IX
Stella
Stella
Giuseppe
.
Pittore
napoletano
emigrato
a
New
York
34
anni
fa
.
Figura
straordinaria
.
Questa
«
nota
personale
»
la
trovo
scritta
sul
mio
taccuino
.
Mi
pare
che
valga
la
pena
di
svilupparla
.
Un
tipo
simile
non
s
'
incontra
ogni
giorno
.
Come
la
terra
del
suo
paese
,
costui
è
fatto
d
'
una
sostanza
vulcanica
,
ferace
e
saporita
,
che
può
viaggiare
e
non
si
guasta
mai
sotto
nessun
clima
.
Segnalo
dunque
ai
lettori
il
pittore
Giuseppe
Stella
,
calato
su
Parigi
dall
'
America
.
Egli
ha
già
piantato
la
sua
brava
tenda
nel
quartiere
di
Montparnasse
.
Ecco
un
uomo
che
non
ti
farà
mai
un
'
accoglienza
banale
.
L
'
ho
conosciuto
avant
'
ieri
,
dopo
la
mezzanotte
,
al
caffè
«
du
Dôme
»
.
Faceva
un
caldo
equatoriale
.
La
gente
seduta
fuori
sulla
veranda
,
studiando
il
modo
di
respirare
quel
fuoco
,
non
faceva
che
sbottonarsi
,
bere
dell
'
acqua
ghiacciata
,
e
farsi
vento
col
fazzoletto
.
Stella
arrivato
allora
da
Napoli
,
attraverso
Roma
e
Pisa
,
pretendeva
che
la
temperatura
di
qui
non
fosse
niente
in
confronto
alla
nostra
italiana
.
Stava
seduto
sulla
sua
scranna
come
un
re
.
La
sua
corporatura
sommergeva
tutto
quel
mondo
esausto
e
trito
che
sudava
intorno
a
lui
.
Era
,
come
si
suol
dire
,
in
forma
,
e
il
suo
umore
,
d
'
una
dimensione
grandiosa
e
piena
,
splendeva
addirittura
.
Deve
avere
una
salute
formidabile
costui
.
Ha
la
mascella
forte
di
Caruso
.
Probabilmente
le
sue
tele
cantano
.
Stella
è
di
Muro
Lucano
.
Si
mette
a
parlare
dei
monti
della
Basilicata
.
Sulla
casa
dove
è
nato
e
cresciuto
,
ha
fatto
costruire
ultimamente
una
terrazza
che
domina
tutta
la
vallata
.
Di
lassú
nell
'
ora
del
tramonto
egli
si
gode
la
vista
di
un
panorama
così
bello
da
togliere
il
fiato
.
Le
montagne
nude
,
senza
boscaglia
,
si
addormentano
le
une
appoggiate
alle
altre
e
vanno
digradando
verso
la
linea
dell
'
orizzonte
.
L
'
aria
è
tersa
.
La
vallata
che
è
lunga
chilometri
e
chilometri
affonda
tra
i
monti
con
curve
delicate
come
la
schiena
di
un
violino
.
«
È
un
istrumento
quella
vallata
-
-
dice
Stell
-
-
un
strumento
che
vibra
»
.
«
ogni
voce
,
ogni
suono
,
anche
il
più
piccolo
,
anche
l
'
eco
più
lontana
diventa
una
cantilena
a
motivo
locale
»
.
Nel
caffè
intanto
la
folla
dirada
.
Alla
nostra
volta
si
paga
,
e
ci
si
alza
dal
tavolo
.
Facciamo
insieme
un
po
'
di
strada
nella
notte
.
Stella
ha
forse
cinquant
'
anni
,
è
un
po
'
sbracato
,
ma
solido
,
allegro
e
raggiante
.
Parla
forte
come
tutti
i
meridionali
.
Camminando
con
lui
in
quel
torrido
boulevard
ho
l
'
impressione
che
egli
sia
il
residuo
vivente
di
una
giornata
d
'
agosto
.
Un
essere
,
che
il
sole
,
prima
di
sparire
,
ha
deposto
sulle
terra
che
dorme
.
La
faccia
di
Stella
è
una
palla
di
fuoco
.
Un
cappello
a
cono
dalle
ali
nere
e
spioventi
fa
da
paralume
a
quella
faccia
che
arde
come
una
lucerna
,
e
sembra
gettare
(
mi
si
perdoni
la
figura
)
un
tenue
riverbero
circolare
sui
marciapiedi
.
Per
lui
bruciano
ancora
qua
e
là
i
lumi
degli
ultimi
caffè
rimasti
aperti
.
Stella
parla
con
una
competenza
originale
della
sua
vita
e
dell
'
arte
.
Parla
meglio
d
'
un
filosofo
e
di
non
so
quale
poeta
.
Parla
del
«
naif
»
,
del
«
naif
»
italiano
,
e
dice
questa
parola
in
francese
perché
probabilmente
gli
pare
che
a
dirla
in
italiano
nessuno
ci
crede
.
Parla
di
quegli
artisti
popolari
che
continuano
una
tradizione
antichissima
:
la
pittura
istoriata
dei
baracconi
e
dei
carretti
.
Poi
il
discorso
gira
.
Adesso
viene
fuori
l
'
America
,
Edgardo
Poe
,
e
Walt
Whitman
.
Due
poeti
,
due
Americhe
digerenti
.
Quella
di
Poe
più
vera
dell
'
altra
.
«
Laggiú
-
-
dice
Stella
-
-
vedo
Poe
dappertutto
:
nella
tristissima
campagna
,
dove
,
trent
'
anni
fa
,
non
c
'
era
che
qualche
casamento
abbandonato
e
pauroso
;
nei
quartieri
sordidi
e
deserti
di
qualche
vecchia
città
-
-
per
esempio
di
Broocklin
»
.
«
Poe
non
si
può
tradurre
.
Quale
forma
italiana
o
francese
dare
per
esempio
al
Corvo
?
Lo
conoscete
in
inglese
?
Che
lingua
,
che
effetti
lucidi
e
prodigiosi
!
»
«
In
quanto
alle
traduzioni
di
Baudelaire
c
'
è
lí
dentro
un
'
indolenza
preziosa
,
una
cadenza
latina
che
non
va
;
un
non
so
che
,
un
colore
,
una
sensualità
di
cui
l
'
originale
non
reca
ombra
»
.
«
Poe
è
serafico
,
lucido
,
profondo
e
matematico
.
Materia
calamitata
.
Calmo
e
fatale
»
.
«
Chi
non
ha
visto
tutto
il
cielo
metallico
che
copre
New
York
non
può
capire
quel
che
intendo
dire
»
.
«
Il
Maelstrohm
,
leggetelo
in
inglese
.
Mai
una
lingua
raggiunse
la
vertigine
cristallina
,
il
calcolo
immutabile
e
arduo
di
questo
poema
in
prosa
»
.
«
In
America
la
nera
malinconia
,
la
solitudine
spaventevole
le
senti
appena
arrivi
.
Poe
non
poteva
essere
che
americano
»
.
«
Una
sera
ero
in
quella
orrenda
città
che
è
Broocklin
:
l
'
inferno
industriale
»
.
«
Badate
-
-
racconta
Stella
.
-
-
Un
luogo
da
fuggire
a
gambe
levate
»
.
«
La
neve
dura
copriva
tutto
.
Una
neve
chè
il
carbone
anneriva
:
tutta
ghiacciuoli
taglienti
,
e
croste
pericolose
.
C
'
era
ad
ogni
passo
da
rompersi
le
ossa
»
.
«
Insomma
vetro
in
terra
e
vetro
nell
'
aria
»
.
«
Nessuno
fuori
in
quell
'
ora
.
Neanche
un
cane
in
giro
»
.
«
Le
case
e
le
botteghe
di
quel
quartiere
anonimo
erano
chiuse
e
sprangate
.
E
sopratutto
un
buio
morto
,
un
silenzio
spietato
»
.
«
Aspettavo
il
tram
che
non
veniva
.
Avevo
freddo
.
Ero
solo
.
Per
riscaldarmi
cercai
di
muovere
qualche
passo
su
quel
difficilissimo
cammino
»
.
«
Vedevo
proiettarsi
laggiú
sulla
neve
una
luce
folgorante
.
Meno
male
,
pensai
,
c
'
è
un
Bar
aperto
,
un
Caffè
,
o
forse
un
Ristorante
»
.
«
Andai
avanti
incantato
verso
quella
zona
di
neve
che
sotto
la
luce
vivissima
sembrava
sollevarsi
leggera
nelle
tenebre
»
.
«
A
poco
a
poco
raggiunsi
l
'
angolo
e
nel
voltare
rimasi
quasi
acciecato
da
una
specie
di
forno
elettrico
»
.
«
Era
una
terribile
vetrina
delle
Pompe
funebri
che
vomitava
il
fuoco
bianco
di
cento
dinamo
su
tutta
la
neve
della
strada
»
.
«
In
mezzo
alla
vetrina
c
'
era
una
bara
di
smalto
bianco
,
foderata
di
seta
bianca
.
Su
quella
bara
un
cartello
`
As
you
like
it
'
che
vuol
dire
,
`
come
vi
piace
'
»
.
«
Questa
è
l
'
America
dai
pugni
di
ferro
e
dai
nervi
d
'
acciaio
!
»
X
I
Black
Birds
Il
formidabile
spettacolo
di
New
York
La
Rivista
di
Leslies
«
GLI
UCCELLI
NERI
»
con
ADELAIDE
HALL
AIDA
WARD
TIAN
MOORE
e
la
famosa
musica
di
Mr
Hugb
parole
di
Doroty
Fields
CON
UNA
COMPAGNIA
DI
STELLE
E
100
ARTISTI
DI
COLORE
Questo
fu
l
'
ultimo
cartellone
di
Music
hall
che
apparve
affisso
sulla
facciata
del
Moulin
Rouge
di
Parigi
.
Gli
Uccelli
neri
migratori
diedero
quella
sera
la
loro
recita
d
'
addio
.
Addio
vario
,
strabiliante
,
definitivo
.
Il
Music
hall
morí
quella
sera
d
'
una
bella
morte
,
e
il
cinematografo
parlato
s
'
insediò
ormai
nel
Moulin
Rouge
che
era
stato
la
rocca
forte
del
Variété
.
L
'
ultima
canzone
triste
di
Adelaide
Hall
diceva
la
nostalgia
trionfale
di
quell
'
addio
al
Moulin
Rouge
che
proprio
all
'
apogeo
essa
lasciava
,
per
non
rivederlo
mai
più
.
Fra
gli
orgiastici
bengala
di
questo
supremo
commiato
,
ci
parve
udire
allora
lo
strido
delle
procellarie
annunciante
,
nella
tempesta
,
il
naufragio
del
Music
hall
.
Non
si
vedrà
mai
più
nulla
di
più
vistoso
,
di
più
vivo
e
vibrante
di
questa
troupe
composta
di
negri
indiavolati
,
e
di
mulatte
le
cui
mani
s
'
attorcigliano
come
le
miccie
accese
,
i
cui
tratti
trasaltano
e
bruciano
nelle
esplosioni
infuocate
del
jazz
.
Non
vedremo
mai
più
tutti
quei
veli
schiumosi
e
bianchi
di
sposa
,
di
fidanzata
,
su
quei
volti
color
di
ciocco
lata
,
e
di
rosa
-
-
quelle
strane
figure
di
fanciulle
,
di
matrone
,
di
guappi
,
in
foggie
caricaturali
e
carnevalesche
-
-
tutte
quelle
vignette
da
«
Magazin
pitoresque
»
con
certe
mantelline
,
cuscinetti
,
ombrellini
,
che
una
volta
usavano
,
anche
nell
'
isole
di
Cuba
,
San
Domingo
e
Giamaica
,
all
'
epoca
e
nel
clima
dei
piantatori
di
zucchero
.
E
non
saprei
dire
perché
nella
follia
musicale
di
quell
'
orchestra
negra
ci
fosse
dello
Chopin
.
Forse
perché
a
traverso
l
'
amorosa
Georges
Sand
un
po
'
di
sangue
nero
è
colato
nelle
Mazurche
del
malinconico
pianista
polacco
?
Di
qui
la
pallida
e
cocente
ebbrezza
di
quei
ritmi
.
Tre
cuoche
della
Martiníca
col
fazzolettone
annodato
sulla
fronte
saltano
come
impazzite
giuocando
con
le
loro
sottane
di
percalle
a
fiorami
,
e
scoprendo
sulle
caviglie
le
mutande
antiquate
del
1860
-
-
mentre
da
quel
vespaio
sonoro
che
è
la
grande
«
Plantation
Orchestra
»
senti
venir
su
un
caldo
equatoriale
.
I
quadri
dello
spettacolo
si
seguono
l
'
un
l
'
altro
,
senz
'
altra
interruzione
che
quella
di
un
attimo
di
oscurità
:
-
-
Caffè
bui
,
clandestini
,
del
quartiere
di
Harlem
,
buffoneschi
episodi
della
malavita
,
vociferazioni
scimmiesche
,
tutto
quel
bianco
idioma
inglese
che
traversa
la
loro
anima
nera
-
-
la
scena
che
sprofonda
nel
buio
,
fra
un
minaccioso
luccicar
di
rasoi
.
Poi
le
coppie
dei
negri
in
abito
da
società
che
sfilano
nel
lume
zafferano
della
ribalta
-
-
i
riti
matrimoniali
-
-
le
smanie
sentimentali
-
-
e
finalmente
l
'
immenso
,
panteistico
richiamo
del
Sud
,
la
scena
della
Jungla
,
con
la
famosa
canzone
del
Di
ga
di
ga
do
:
tutto
ha
uno
svolgimento
vertiginoso
,
profondo
e
rievocatore
,
come
la
traversata
di
un
secolo
in
un
giorno
.
Questo
teatro
disceso
fra
noi
dall
'
America
è
proprio
di
una
innocenza
integrale
.
Naturalmente
i
Black
birds
,
o
uccelli
neri
che
dir
si
voglia
,
prima
di
venir
qui
abitavano
una
selva
,
una
selva
di
grattacieli
,
i
grattacieli
di
New
York
.
Ragione
per
cui
in
questa
curiosa
Parigi
che
il
nuovo
mai
non
sazia
,
essi
son
già
gli
esponenti
dell
'
ultima
moda
,
della
suprema
eleganza
.
Non
a
torto
del
resto
,
perché
son
tutti
negri
smilzi
,
costoro
,
dal
ventre
concavo
come
un
cucchiaio
ossidato
.
Negri
che
in
una
patetica
conflagrazione
di
pacatissime
cadenze
inglesi
e
di
strilli
gutturali
,
dan
valore
e
conferma
alle
teorie
di
Darwin
.
più
numerose
e
più
inquietanti
dei
maschi
anche
qui
sono
le
femmine
;
genia
combusta
,
adulterata
e
volubile
che
per
via
d
'
esorcismi
,
di
semicupi
,
e
di
cipria
,
riesce
a
far
la
spola
tra
il
grado
umano
più
basso
e
quello
più
sublime
,
lasciando
la
civiltà
dietro
sé
,
a
mezza
strada
,
come
una
vecchia
governante
.
Sulle
gote
queste
ragazze
hanno
delle
grosse
frittelle
di
rossetto
.
Lorde
in
tal
guisa
le
loro
oscure
fisionomie
han
preso
d
'
incanto
uno
slancio
frenetico
e
fatuo
come
la
fiamma
.
Così
avviene
che
una
paradossale
e
lampante
avvenenza
trasfiguri
le
loro
magre
teste
di
morto
.
Lì
per
lì
non
sai
come
da
quell
'
acre
e
fin
troppo
aromatico
branco
salti
fuori
di
colpo
la
più
radiosa
stella
di
Broadway
.
Son
tutte
men
che
ventenni
,
d
'
una
polpa
serpentina
e
durissima
,
pettinate
alla
maniera
eccentrica
di
Josephine
Baker
,
cioè
con
i
capelli
incollati
a
virgola
sulla
fronte
.
Sotto
questa
punteggiatura
audace
i
loro
occhi
dardeggiano
.
Non
c
'
è
donna
di
teatro
,
o
cometa
nel
cielo
,
che
fuggendo
sfolgori
più
viva
di
questa
.
Con
dei
notturni
riflessi
di
bronzo
i
loro
corpi
ignudi
,
che
un
agitato
e
gonfio
gonnellino
di
penne
di
struzzo
copre
,
guizzano
contro
luce
in
un
vegetariano
paesaggio
da
cinematografo
.
Beatissima
isola
del
Pacifico
.
In
fondo
,
la
luna
fa
una
scia
d
'
argento
sul
mare
di
smeraldo
che
appare
incorniciato
da
'
palmizi
giganti
.
Su
quel
terrestre
paradiso
di
banane
,
esse
son
le
hawajane
.
Una
bellissima
scena
,
che
non
basta
a
descriverla
la
penna
stilografica
:
ci
vogliono
i
tamburi
.
Si
direbbe
il
festino
di
una
tribú
di
pescatrici
di
perle
,
che
torno
torno
all
'
isola
,
nelle
acque
profonde
,
i
coscienziosi
pescicani
assediano
.
Ma
quel
che
più
addentro
deve
turbare
con
vaghe
nostalgie
l
'
anima
delle
platee
è
la
voce
strana
di
queste
fanciulle
di
colore
.
Voce
debole
,
ferma
sugli
albori
della
creazione
.
Liquide
voci
boschive
,
verdi
come
l
'
aria
tra
il
fogliame
,
monotone
come
l
'
acqua
.
Queste
negre
che
cantano
ballando
,
buttan
le
note
a
piena
gola
,
come
l
'
ultima
campana
che
s
'
addormenta
.
Suoni
lunghi
che
dondolano
ai
rami
,
polvere
di
melodia
:
il
sonno
scivola
,
s
'
adagia
.
Dormiveglia
della
jungla
sotto
la
pioggia
calda
.
Lamenti
di
leopardi
,
la
sera
.
Ruggito
che
illanguidisce
e
finisce
in
sfumature
color
di
vaniglia
.
Onde
gravi
di
sospiri
;
misteriosi
assopimenti
;
echi
dolenti
;
voci
nascoste
in
fondo
alla
natura
.
Cantilene
che
incantano
;
voci
comiche
,
rauche
,
lucenti
,
musicali
.
Musicali
accenti
di
una
fisarmonica
immensa
da
cui
nasce
il
nuovo
mito
negro
americano
.
Nel
genere
serio
,
poi
,
questa
troupe
ci
offre
un
numero
di
una
terribilità
addirittura
teologale
.
Qui
la
passione
di
Cristo
e
la
paura
del
diavolo
non
han
limiti
.
Il
motivo
ne
è
il
seguente
:
«
Negli
stati
del
Sud
il
paese
è
allo
stesso
livello
del
mare
,
e
quando
un
negro
muore
,
se
non
è
abbastanza
ricco
per
essere
sepolto
nelle
montagne
,
vien
sotterrato
nelle
adiacenze
lagunari
,
sì
che
l
'
acqua
fa
tornare
il
suo
corpo
a
galla
.
Allorché
muore
uno
di
questi
negri
poveri
tutti
i
negri
del
villaggio
si
riuniscono
intorno
alla
sua
bara
,
e
creano
coi
loro
canti
una
specie
di
isteria
che
spinge
gli
uomini
a
rubare
,
e
le
donne
a
vendersi
ai
bianchi
,
allo
scopo
di
raccogliere
il
denaro
sufficiente
per
l
'
inumazione
del
defunto
»
.
Il
velario
si
apre
su
un
quadro
spento
che
la
lanterna
cieca
esplora
.
È
la
navata
d
'
una
chiesa
anglicana
.
Il
cupo
laboratorio
dei
missionari
di
Boston
.
Luce
da
inquisizione
.
Là
dentro
un
'
oscura
e
devota
adunanza
intona
i
cantici
.
La
musica
è
quella
di
un
dogmatico
fox
trott
.
Voluminose
entità
si
distinguono
appena
in
quel
buio
.
Corpi
moventi
,
forme
dai
pallidi
balenii
d
'
alluminio
oscillano
fra
gli
opachi
vapori
d
'
un
altare
.
Un
fumido
velo
di
magnesio
ardente
imbianca
tutte
quelle
figure
di
negri
problematici
,
che
non
sono
più
altro
che
cifre
di
una
religione
,
simulacri
di
un
rito
funebre
e
corale
.
L
'
enorme
bocca
rosea
di
un
pastore
africano
affiora
e
affonda
lentamente
nel
tenebrore
:
apparizione
spettrale
che
riassorbita
dall
'
ombra
,
sparisce
nel
lucido
disco
girante
d
'
un
grammofono
.
Dietro
e
intorno
a
quel
segno
che
dilegua
c
'
è
solamente
il
nero
di
una
negativa
fotografica
.
Lastra
che
si
sviluppa
e
stride
in
un
bagno
di
acidi
:
il
Jazz
.
Mugghiano
in
quell
'
oscurità
le
voci
dell
'
apocalissi
.
L
'
orchestra
metallica
scroscia
e
spruzza
acciaio
fuso
.
È
il
film
sonoro
che
vive
.
Le
luci
dei
riflettori
,
che
il
luminista
sorveglia
,
invadono
a
poco
a
poco
con
una
nebbia
azzurrina
,
la
folla
dei
fanatici
il
cui
gesticolare
sempre
più
lungo
e
vasto
si
ripercuote
in
ombre
cinesi
sul
fondale
.
Così
da
un
processo
chimico
vien
fuori
una
specie
di
giudizio
universale
:
una
foresta
umana
che
si
piega
e
si
raddrizza
.
Foresta
senza
fine
.
Canto
,
minaccia
,
solenne
spavento
circonda
,
vaticinio
,
sermone
che
il
più
solenne
spavento
circonda
.
Qui
c
'
è
tutta
la
Bibbia
di
un
convertito
stregone
.
Evangelo
furente
entro
il
quale
cova
l
'
elettricità
di
un
temporale
,
entro
il
quale
brilla
fra
cento
dissolvenze
cinematografiche
il
fuoco
di
un
'
antichissima
magia
.
Qui
c
'
è
l
'
idolatria
,
e
insieme
,
ritmata
coi
pugni
del
mea
culpa
,
una
scolastica
,
violenta
e
celeste
,
che
fa
pensare
a
Bach
:
un
Bach
della
Polinesia
.
In
mezzo
ai
clamorosi
scongiuri
e
alle
orazioni
,
un
'
ombra
umana
caduta
sui
ginocchi
si
trascina
;
prorompe
un
urlo
selvaggio
che
porta
tutta
la
musica
sul
modo
maggiore
.
Il
contrappunto
aumenta
sino
all
'
uragano
e
la
popolosa
visione
va
'
su
a
braccia
levate
nei
cieli
del
palcoscenico
.
XI
Lauri
Volpi
«
La
carriera
del
tenore
non
ci
interessa
;
essa
è
quella
che
gli
permette
di
raggiungere
la
celebrità
prima
che
la
intonazione
-
-
nei
concertati
vuol
aver
ragione
lui
,
anche
quando
nessuno
gli
dà
torto
;
poi
bisogna
applaudirlo
se
non
si
vuol
passare
per
nemici
della
grande
arte
»
.
Ecco
un
'
opinione
,
uno
sfogo
,
un
giudizio
generico
,
forse
a
ragion
veduta
,
ma
che
non
calza
sempre
nel
caso
specifico
:
per
esempio
nel
caso
di
Lauri
Volpi
,
al
quale
non
fa
nessun
torto
l
'
avere
la
più
bella
voce
dei
nostri
giorni
.
La
voce
dell
'
uomo
felice
è
la
sua
.
L
'
Italia
gli
ha
dato
la
gloria
,
l
'
America
la
ricchezza
,
la
Francia
la
rosetta
della
legion
d
'
onore
.
E
la
Spagna
gli
diede
l
'
amore
d
'
una
sposa
,
gli
diede
la
ridente
compagnia
d
'
una
figlia
di
Valenza
.
La
prima
volta
che
andai
a
trovarlo
all
'
Opéra
di
Parigi
,
c
'
erano
nel
suo
camerino
ogni
sorta
di
personaggi
eccelsi
-
-
fra
gli
altri
l
'
ambasciatore
della
Repubblica
Argentina
,
e
il
duca
d
'
Alba
,
allora
ministro
di
Re
Alfonso
.
-
-
Neanche
a
farlo
apposta
,
nomi
sì
illustri
,
figure
sì
spiccate
e
magnanime
non
potevano
capitare
più
a
proposito
in
quel
fatidico
speco
riservato
al
melodramma
.
È
appunto
nel
camerino
,
prima
di
entrare
in
scena
,
che
la
missione
,
il
compito
nazionale
d
'
un
tenore
famoso
comincia
ad
esplicarsi
.
È
lí
,
fra
i
mazzi
di
fiori
che
ingombrano
le
consolle
,
e
i
costumi
sgargianti
che
pesano
,
gremiti
d
'
oro
,
ai
ganci
delle
pareti
:
in
mezzo
a
un
guazzabuglio
di
asciugamani
buttati
sulle
poltrone
e
di
scarpini
che
volano
al
sotto
,
che
il
nostro
globe
trotter
del
melodramma
italiano
incontra
a
tu
per
tu
i
potenti
della
terra
.
Son
proprio
quelli
e
quelle
,
i
momenti
importanti
e
le
arguzie
efficaci
.
Quando
dinanzi
allo
specchio
,
stropicciandosi
i
diversi
cerotti
sulla
faccia
,
l
'
artista
senza
voltarsi
replica
con
la
modestia
più
amabile
ai
signorili
omaggi
di
quei
Grandi
.
Allora
avviene
che
il
luogo
così
inquadrato
e
immerso
in
una
luce
cocente
e
malinconica
,
possa
sembrare
quello
di
un
'
antica
pittura
.
Giovane
e
seminudo
,
il
vello
sulle
spalle
,
come
san
Giovanni
Battista
-
-
il
nostro
Lauri
Volpi
sostiene
in
quel
frangente
,
con
una
fierezza
cattolica
,
il
centro
del
quadro
.
L
'
umana
mitezza
e
il
classico
vigore
del
suo
aspetto
,
ecco
quel
che
lo
rende
oltre
ogni
dire
simpatico
.
Perché
fortuna
vuole
che
fuori
del
palcoscenico
Lauri
Volpi
non
faccia
mai
il
tenore
.
Nella
conversazione
la
sua
voce
non
è
più
quella
che
canta
:
è
un
'
altra
voce
.
-
-
Ha
un
timbro
spento
,
ma
caldo
-
-
muove
bassa
dalle
sue
labbra
;
traluce
vagamente
dall
'
intimo
,
rivelando
l
'
oscura
sensibilità
dell
'
uomo
.
-
-
È
la
sua
voce
privata
;
quella
della
fede
.
Viene
da
una
corda
profonda
-
-
cangiante
ombra
d
'
un
suono
.
Celata
come
una
rosa
che
brucia
paonazza
nel
suo
rabbuffo
di
carta
velina
.
Negli
hôtels
dov
'
egli
scende
piovono
subito
gli
agenti
teatrali
e
lo
assediano
con
offerte
fantastiche
:
i
contratti
sono
pronti
,
non
c
'
è
più
che
la
firma
da
metterci
.
Bersagliato
di
seguito
da
tal
numero
di
affari
si
capisce
che
il
nostro
Lauri
Volpi
sia
qualche
volta
stufo
di
scritture
e
di
soldi
,
al
punto
di
rifiutare
delle
proposte
che
qualsiasi
compositore
o
poeta
con
tutta
la
sua
immaginazione
stenta
a
credere
.
Se
insisto
un
po
'
su
quest
'
argomento
poco
elegante
non
è
per
difetto
di
gusto
,
ma
bensì
per
concludere
che
di
tutte
le
varie
felicità
che
lo
circondano
è
proprio
a
questa
,
economica
,
che
Lauri
Volpi
seccato
volta
il
più
spesso
la
schiena
.
Gli
è
che
Volpi
,
innamorato
del
pubblico
,
come
della
sua
donna
,
vuole
ottenere
soltanto
che
il
pubblico
lo
ami
.
Ecco
perché
canta
.
Basta
guardarlo
col
binocolo
,
quando
entra
in
scena
.
La
sala
,
buia
e
gremita
,
lo
manda
in
visibilio
.
Veh
,
com
'
è
smorto
e
nobile
il
suo
volto
.
Il
suo
petto
si
alza
e
s
'
abbassa
come
quello
d
'
uno
spasimante
che
sta
lí
lí
per
spirare
sotto
un
balcone
chiuso
.
I
suoi
«
do
diesis
»
sono
dei
lunghi
e
umani
messaggi
che
arrivano
alla
luna
.
-
-
E
sul
punto
di
attaccare
l
'
acuto
degli
acuti
vedi
Lauri
Volpi
chiudere
vertiginosamente
gli
occhi
avvolti
nel
vuoto
come
uno
che
si
getta
dalla
torre
Eiffel
.
-
-
Ed
è
sempre
un
volo
canoro
stupendo
.
Tutto
quel
che
in
un
anno
può
spendere
,
di
note
sopra
i
righi
,
un
tenore
normale
,
egli
lo
spende
in
una
sera
.
È
un
vero
salasso
vocale
.
n
La
sua
recente
tournée
fu
un
arco
solo
di
trionfi
,
da
Budapest
a
Berlino
,
da
Parigi
fino
all
'
isola
di
Maiorca
.
In
Spagna
cantò
anche
nella
Plaza
dos
Toros
di
Barcellona
dinanzi
a
ventimila
persone
.
In
ogni
luogo
del
mondo
cantò
in
italiano
.
Questo
continuo
cambiar
paesi
,
teatri
,
compagnie
,
e
cantare
,
oggi
,
con
degli
ungheresi
,
con
dei
tedeschi
domani
,
è
una
cosa
che
ti
scombussola
-
-
mi
dice
Lauri
Volpi
.
-
-
La
memoria
della
parte
,
la
pronunzia
sicura
,
il
movimento
,
se
ne
vanno
a
Patrasso
-
-
bisogna
provare
e
riprovare
per
assuefarsi
a
certe
repliche
ostrogote
che
a
tutta
prima
ti
fan
rimanere
di
sasso
.
Povero
lui
,
per
una
settimana
Parigi
fu
piena
del
suo
nome
e
'
non
gli
diede
riposo
-
-
quattro
recite
e
tre
concerti
in
sette
giorni
.
L
'
ultima
sera
all
'
Opéra
fece
l
'
Aida
.
-
-
Recita
completamente
italiana
.
-
-
Gli
artisti
di
quel
teatro
,
dal
primo
all
'
ultimo
,
si
sforzarono
di
cantare
nella
nostra
lingua
,
e
ci
riuscirono
egregiamente
fu
intorno
a
Lauri
Volpi
una
gara
inaspettata
,
ed
un
omaggio
magnifico
reso
all
'
arte
nostra
.
Fra
il
terzo
e
il
quarto
atto
volli
andar
su
a
salutarlo
.
Per
arrivare
al
palcoscenico
c
'
è
un
viaggio
inenarrabile
da
fare
:
vestiboli
,
passaggi
,
boccaporti
,
androni
che
rimbombano
,
scalette
di
servizio
,
spazi
morti
,
scricchiolio
di
legname
sotto
i
passi
-
-
insomma
un
'
arca
,
questo
teatro
,
un
barcone
,
una
scuderia
,
un
labirinto
grandioso
,
vuoto
,
antidiluviano
e
provvisorio
.
In
fondo
a
certe
corsie
,
mezzo
annegate
nella
luce
fioca
e
traballante
del
gas
,
una
tribuna
da
corte
d
'
assisi
,
e
sulla
scranna
un
custode
che
non
da
piu
segno
di
vita
.
Mi
ci
volle
una
guida
per
arrivare
.
Sul
palcoscenico
,
turbe
di
comparse
ferme
nella
penombra
;
fra
le
quinte
le
masse
dei
coristi
aspettavano
il
segnale
,
come
dei
soldati
in
trincea
-
-
nell
'
aria
,
fino
al
soffitto
altissimo
,
noia
,
sonno
,
stanchezza
.
E
in
disparte
,
nel
buio
,
Lauri
Volpi
colle
braccia
conserte
.
Riconosco
i
suoi
occhi
lucenti
,
i
suoi
capelli
ricciuti
e
bagnati
di
naufrago
:
la
tunica
leggera
di
Radames
è
quasi
incollata
sulle
sue
spalle
-
-
su
tutto
il
suo
corpo
fuma
il
vapore
.
È
sudato
,
formidabile
,
come
un
boxeur
prima
dell
'
ultimo
round
.
Ma
allegro
.
Ride
-
-
sa
che
fra
cinque
minuti
un
'
altra
celeste
Aida
,
un
'
Aida
parigina
,
morirà
fra
le
sue
braccia
.
XII
Concerto
di
negri
La
sala
Gaveau
a
Parigi
sembra
quella
di
Santa
Cecilia
a
Roma
-
-
un
po
'
più
vasta
,
se
vuoi
,
e
sontuosa
-
-
con
delle
penombre
e
delle
profondità
appartate
,
quasi
delle
nicchie
,
entro
le
quali
gli
astanti
,
aspettando
che
il
concerto
cominci
,
siedono
in
una
solitudine
conventuale
.
Un
piccolo
organo
con
la
gerarchia
delle
sue
canne
mute
dorme
avvolto
in
un
barlume
grigio
e
argento
,
e
fa
fronte
al
pubblico
che
di
minuto
in
minuto
si
va
accumulando
in
platea
,
fitto
,
profumato
e
soffice
come
una
valanga
.
Ad
un
certo
punto
una
raggiera
di
lumi
dai
colori
arancioni
s
'
accende
e
indora
la
folla
distesa
e
sussurrante
.
Cinque
negri
in
smoking
son
già
allineati
sul
podio
.
Cinque
ceffi
di
pece
lampeggiano
sul
candore
degli
sparati
-
-
sembrano
tenebrose
maschere
intente
a
spiare
dai
fori
.
L
'
improvvisa
luce
non
ha
lasciato
a
loro
il
tempo
di
dileguarsi
.
La
scena
ha
l
'
aria
di
un
complotto
sventato
.
Tengon
la
testa
china
e
le
mani
dietro
la
schiena
.
Che
avranno
in
sorte
costoro
:
il
linciaggio
,
la
sedia
o
la
fucilazione
?
Su
un
lato
del
palco
un
pianoforte
a
coda
interminabile
,
una
specie
di
sarcofago
scoperchiato
,
sta
lí
sulle
ruotine
,
fermo
.
Lo
diresti
il
pauroso
veicolo
adibito
alla
traslazione
delle
loro
salme
.
Poveracci
;
tirano
appena
il
fiato
,
posseduti
da
uno
stesso
pensiero
funesto
;
e
quel
respiro
diventa
a
poco
a
poco
un
lamento
,
una
preghiera
che
fluttua
su
quelle
labbra
tumide
:
mescolanza
fioca
di
versetti
e
di
nenie
che
una
quiete
assonnata
mantiene
su
un
tono
monotono
e
lieve
.
Son
dei
quacqueri
neri
che
cantano
in
lingua
inglese
,
su
un
ritmo
che
suona
lento
,
scompigliato
,
arcano
-
-
cantano
senza
sostegno
istrumentale
.
Cantano
.
E
non
si
guardano
mai
.
Non
si
toccano
,
guai
!
-
-
curvi
,
immobili
,
assorti
come
bestie
catturate
.
Il
loro
insieme
è
ammirevole
,
l
'
intonazione
è
perfetta
,
e
sembra
desolata
di
esserlo
.
Le
voci
di
questi
negri
non
sono
fatte
per
primeggiare
ma
per
coprirsi
a
vicenda
,
e
intrecciarsi
in
un
gergo
rotto
,
confuso
,
puerile
,
indefinibile
.
C
'
è
un
mistero
,
un
'
ossessione
,
una
occulta
presenza
che
fa
loro
venir
la
tremarella
,
qualcosa
che
si
muove
come
l
'
ombra
dei
preti
missionari
sulla
sabbia
del
deserto
.
Ascoltiamo
perplessi
questa
musica
senza
gesti
,
che
gira
a
rilento
.
-
-
Formule
caute
,
echeggiamenti
vaghi
,
irreperibili
suoni
,
evasivi
accenti
.
È
un
'
arte
che
non
si
eleva
mai
,
non
si
spiega
,
gorgoglia
,
e
si
svuota
prima
di
avverarsi
:
ventriloquia
sobria
,
evanescente
armonia
che
fa
l
'
altalena
e
arriva
sino
a
noi
a
onde
successive
,
come
per
trasmissione
radiofonica
.
I
cinque
cantori
del
nuovo
mondo
sembrano
ancora
lontani
sui
flutti
dell
'
oceano
.
Sul
loro
sangue
infuocato
la
chiesa
protestante
ha
versato
la
Fede
-
-
ormai
le
loro
anime
cristiane
bruciano
onestamente
come
le
candele
sull
'
altare
.
Non
han
più
forza
,
né
foga
,
né
originalità
;
non
c
'
è
più
niente
di
verticale
nel
loro
modo
;
mai
un
colpo
azzeccato
-
-
effetti
d
'
ombra
nell
'
ombra
-
-
dissolvenze
sonore
.
Per
attaccare
insieme
s
'
intendono
fra
loro
a
cenni
impercettibili
,
serbando
tuttavia
un
atteggiamento
impersonale
pieno
di
dissimulazione
belluina
.
Ohimè
;
chi
s
'
aspettava
di
udire
da
costoro
qualche
esilarante
mistificazione
,
qualche
grossa
e
accorata
eccentricità
sul
genere
di
Alleluia
,
casca
dalle
nuvole
e
comincia
a
ingoiare
sbadigli
su
sbadigli
come
il
camaleonte
che
mangia
l
'
aria
.
Ma
la
natura
presto
o
tardi
si
vendica
.
Ed
ecco
che
a
poco
a
poco
dietro
tanta
devozione
nasce
la
luce
violetta
dell
'
alba
,
come
intorno
a
un
'
orgia
funebre
.
Senti
,
che
nostalgia
in
quegli
ululati
contriti
.
Le
u
inglesi
sospirano
nel
loro
naso
,
gemono
nella
loro
gola
;
e
tutto
l
'
alfabeto
dei
seminari
di
Boston
,
che
gonfia
le
loro
gote
che
fischia
fra
i
loro
denti
,
e
fa
roteare
i
loro
occhi
in
un
'
estasi
placida
,
si
mischia
malinconicamente
a
proposito
di
sermoni
,
di
Bibbia
e
di
pie
cerimonie
.
Dietro
quei
salmi
ci
son
le
canzoni
sotto
la
tenda
nell
'
accampamento
notturno
,
la
vittima
pronta
per
il
sacrificio
,
l
'
acquavite
per
la
danza
e
i
falsi
combattimenti
dei
guerrieri
.
Questi
negri
hanno
dunque
un
'
anima
a
doppio
fondo
,
e
non
sono
dei
trabucos
denicotinizzati
.
L
'
istinto
,
il
ritmo
vitale
li
invade
gradatamente
,
il
sacro
delirio
vien
fuori
dalle
loro
ugole
,
e
il
pubblico
elettrizzato
comincia
ad
agitarsi
.
Fra
i
ranghi
femminili
c
'
è
una
tribú
di
dame
color
di
liquirizia
,
che
si
gonfiano
esilarate
,
mostrano
i
denti
e
non
stan
più
nella
pelle
.
Proprio
in
quel
punto
m
'
accorgo
d
'
avere
per
vicina
una
negra
del
tropico
,
ingombrante
,
cresputa
,
e
una
sua
figluoletta
dalle
trecce
pesanti
e
bruciate
.
Ambedue
seguono
anelando
il
concerto
e
sembrano
al
settimo
cielo
.
A
bocca
aperta
la
piccola
sorride
,
sorride
in
silenzio
-
-
i
suoi
occhioni
di
bull
dog
guardano
nel
vuoto
con
uno
sbalordimento
travolgente
.
Comincio
anch
'
io
a
sentirmi
leggero
,
e
a
salire
a
traverso
regioni
metafisiche
,
al
di
là
di
tutte
le
mitologie
,
nell
'
elemento
cosmico
e
cieco
.
Tempestoso
,
immobile
,
l
'
universo
siderale
affonda
da
ogni
parte
infinito
.
I
grossi
unisoni
cantano
su
un
tono
equatoriale
-
-
un
inno
si
leva
dagli
uomini
,
dalle
foreste
,
dal
mare
e
va
su
in
cielo
-
-
un
cielo
immane
,
che
stride
,
sul
proprio
asse
,
e
tuona
lontano
.
Ansante
e
rorido
come
un
gran
ventre
sazio
il
firmamento
palpita
e
stilla
fuoco
.
Miriadi
di
astri
sanguigni
fumano
lentamente
.
La
via
lattea
luccica
come
una
cintura
incrostata
.
Corrono
i
messaggi
fra
l
'
uno
e
l
'
altro
polo
.
Tutto
è
ripetizioni
,
discrepanze
e
segnali
.
La
notte
fa
il
suo
lungo
viaggio
con
i
vapori
che
ne
derivano
e
le
luci
che
l
'
accompagnano
.
La
stella
di
Venere
riman
l
'
ultima
a
dondolare
lassú
.
Le
altre
sono
fuggite
tutte
dinanzi
al
prossimo
sorgere
del
sole
.
XIII
Parigi
1930
La
Patria
della
democrazia
par
diventata
una
cooperativa
anonima
,
e
Parigi
lavora
in
sordina
ma
sodo
:
quiete
e
semplicità
stanno
alla
superficie
.
A
tutta
prima
diresti
che
il
gallo
ha
messo
il
becco
sotto
l
'
ala
e
digerisce
.
Invece
seleziona
.
Le
iniziali
allegoriche
,
i
sostantivi
tonanti
della
Repubblica
son
scritti
in
lettere
piccole
.
Sui
biglietti
da
visita
non
vedi
che
minuscole
.
Genio
,
eroismo
,
gloria
,
cercano
di
non
dar
più
nell
'
occhio
,
strisciano
lungo
i
muri
e
vanno
in
bassa
tenuta
.
Vittoria
,
libertà
sono
parole
di
terza
qualità
.
Nell
'
arte
,
nella
politica
,
sono
aboliti
gli
altoparlanti
.
Tutto
quel
che
è
imperativo
o
pretensioso
marca
il
passo
e
si
tace
.
Bando
alle
esclamazioni
,
non
son
più
i
chiari
di
luna
della
rettorica
.
Gli
esteti
e
i
demagoghi
van
coperti
d
'
obbrobrio
a
crepare
sotto
i
ponti
.
All
'
enfasi
ci
pensa
lo
spazzino
.
Crisi
di
rinnovamento
,
giunco
di
influenze
,
trasfusione
del
sangue
.
I
discorsi
son
corti
,
le
parole
precise
,
si
cerca
l
'
essenziale
.
D
'
una
lotta
accanita
e
profonda
come
questa
non
odi
che
i
sospiri
e
qualche
rantolo
.
In
mezzo
a
tanto
silenzioso
tormento
il
rumore
d
'
una
porta
sbattuta
,
il
tonfo
d
'
un
suicida
,
il
grido
d
'
un
poeta
,
si
spengono
senza
traccia
in
questa
atmosfera
raccolta
che
è
come
un
coltrone
di
cenere
.
In
un
discorso
di
ieri
Paul
Claudel
constatava
senza
rincrescimento
che
l
'
americanismo
ha
invaso
da
un
capo
all
'
altro
tutta
la
Francia
.
C
'
è
dell
'
esagerazione
,
e
i
poeti
che
esagerano
son
messi
in
questo
momento
fuori
circolazione
come
le
maiuscole
dell
'
alfabeto
.
Ma
Claudel
è
anche
ambasciatore
e
la
frase
scabrosa
sollevò
un
putiferio
;
si
disse
da
ogni
parte
:
basta
,
basta
.
Prima
che
la
protestante
eco
sia
dispersa
del
tutto
,
leviamoci
per
affermare
a
nostra
volta
che
,
se
la
Francia
sta
americanizzandosi
,
la
città
di
Parigi
è
addirittura
dei
negri
.
Quassú
il
negro
è
il
modello
,
il
profeta
,
l
'
artista
.
Qui
si
dà
fondo
a
tutte
le
più
occulte
negrerie
.
L
'
Africa
ha
steso
il
suo
braccio
sulla
città
lumière
.
Settantamila
algerini
sudano
nelle
officine
.
Le
più
oscure
tribú
traversano
senza
tamburo
i
grandi
boulevards
.
Il
ritmo
di
questa
metropoli
è
imperiale
.
Nei
saloni
trionfa
il
giovane
stregone
dal
colore
dei
sigari
di
avana
.
I
negri
ti
dànno
il
biglietto
nei
carrozzoni
del
tram
.
Ammarrate
ai
piedi
del
Louvre
ballano
sui
flutti
della
Senna
le
piroghe
oceaniche
.
I
senegalesi
in
alta
uniforme
fan
la
guardia
all
'
Eliseo
.
Il
fatto
non
è
ancora
politico
,
è
piuttosto
mondano
.
Mala
moda
a
Parigi
fa
presto
a
diventare
politica
.
L
'
Italia
invece
e
il
vecchio
italianismo
perdono
dei
punti
,
anzi
precipitano
-
-
come
si
dice
in
borsa
.
[
Venezia
,
Michelangelo
,
Posillipo
)
,
il
sentimento
e
la
gelosia
passano
un
brutto
quarto
d
'
ora
.
Il
do
di
petto
,
il
dolce
far
niente
,
i
bersaglieri
e
la
vendetta
sono
spacciati
quassú
dove
il
risentimento
,
lo
sdegno
,
l
'
aversene
per
male
,
sono
il
segno
di
un
deplorevolissimo
costume
provincia
le
.
Oggidì
si
calpesta
,
si
riduce
in
frantumi
ogni
romanticheria
,
si
scaraventa
nel
fiume
tutto
quel
che
è
vieux
jeu
.
Parigi
è
diventata
un
'
isola
cosmopolita
intorno
alla
quale
galleggiano
ruotando
dei
tappi
di
champagne
,
qualche
berretto
di
carta
rossa
da
cotillon
e
molte
donne
disperate
e
fradicie
di
lacrime
.
Qui
certo
l
'
amore
non
fa
appannare
i
vetri
delle
case
private
:
qui
c
'
è
l
'
uomo
in
incognito
,
c
'
è
il
quacquero
.
L
'
uomo
integrale
,
anima
,
spirito
,
e
corpo
,
l
'
uomo
in
caratteri
da
scatola
,
è
morto
.
Quante
donne
dopo
un
naufragio
approdano
in
questi
paraggi
in
cerca
d
'
un
appoggio
,
d
'
un
protettore
.
Ohimè
!
A
Montparnasse
si
studia
,
ma
si
fa
poco
all
'
amore
.
E
tuttavia
in
nessun
altro
luogo
accorrono
come
qui
,
disperate
,
le
tapine
che
han
bisogno
d
'
essere
sostenute
per
cadere
di
nuovo
.
Del
resto
qui
,
amore
,
non
si
dice
più
:
si
dice
amicizia
e
l
'
amicizia
è
sperimentale
.
Così
d
'
esperimento
in
esperimento
la
vita
finisce
qualche
volta
a
spegnersi
sopra
un
fornello
di
carbone
.
Il
cancan
è
finito
.
Entrando
in
Parigi
fiuti
nell
'
aria
lo
spirito
serioso
della
città
,
che
da
qualche
anno
in
qua
si
moralizza
fin
che
può
.
Ti
permettono
appena
una
scrittura
che
dice
castamente
delle
cose
immorali
.
L
'
absinte
non
c
'
è
più
,
-
-
si
mena
una
vita
sorvegliata
e
pacifica
.
L
'
uno
dopo
l
'
altro
i
luoghi
clandestini
si
chiudono
.
In
poesia
le
note
son
leggere
,
intermittenti
,
ultimi
segni
balzati
alla
superficie
letteraria
,
come
le
bolle
d
'
aria
che
fa
un
annegato
sparito
sott
'
acqua
.
Quanta
severità
.
I
cervelli
son
diventati
più
forti
,
ma
i
cervelli
soltanto
.
Ora
si
cerca
d
'
essere
ragionevoli
e
si
aspetta
la
trasfusione
del
sangue
.
La
sera
il
cielo
è
zebrato
di
fulmini
,
ma
non
senti
tuonare
.
Di
tutto
un
apparecchio
pirotecnico
,
dopo
che
i
fuochi
artificiali
son
bruciati
,
e
il
fumo
è
dileguato
,
non
rimangono
al
mattino
che
tizzoni
,
trucioli
,
gabbie
schematiche
di
réclame
tramortita
,
e
la
freddezza
arcigna
d
'
una
città
che
non
ha
punto
goduto
.
È
la
corrente
invisibile
che
durante
la
notte
dà
tanti
occhi
,
e
un
milione
di
sguardi
sfolgoranti
,
a
queste
strade
funebri
.
Ecco
il
paesaggio
invernale
fatto
di
neve
,
di
cemento
,
e
pieno
di
ateliers
,
sterilizzati
dalla
luce
elettrica
-
-
dove
il
pensiero
moderno
brucia
,
brilla
,
si
spoglia
di
ceneri
calde
,
evapora
,
a
forza
di
combustione
,
fin
che
rimane
bianco
,
esiguo
,
ossificato
come
uno
scheletro
nella
calce
.
Ma
queste
non
sono
che
impressioni
di
un
ultimo
arrivato
.
Col
tempo
l
'
incanto
nascosto
di
Parigi
ci
avvolge
volubilmente
,
ci
penetra
,
e
una
dolce
avidità
di
viverci
ci
prende
:
entri
in
circolazione
,
sei
parte
del
tutto
,
trovi
un
destino
nuovo
e
senza
ribellione
finirai
anche
tu
per
trascinarti
dietro
la
catena
del
parigino
.