Saggistica ,
PREFAZIONE
Questo
libro
ha
una
piccola
storia
che
vale
a
spiegarne
le
più
evidenti
lacune
e
la
mancanza
di
note
e
di
corredo
bibliografico
.
Lo
scrissi
nascostamente
a
Lipari
,
isola
di
deportazione
fascista
,
pochi
mesi
prima
della
mia
evasione
.
Risente
quindi
dello
stato
di
particolare
tensione
in
cui
io
venni
scrivendo
,
costretto
com
'
ero
a
tutte
le
astuzie
per
sottrarlo
alle
frequenti
perquisizioni
(
un
vecchio
pianoforte
lo
ospitò
lungamente
)
.
Più
che
un
libro
organico
vuol
essere
la
confessione
esplicita
di
una
crisi
intellettuale
ch
'
io
so
molto
diffusa
nella
nuova
generazione
socialista
.
Questa
crisi
è
pur
sempre
la
crisi
del
marxismo
,
ma
ad
uno
stadio
infinitamente
più
acuto
che
non
fosse
trent
'
anni
or
sono
quando
apparve
il
noto
libro
di
Bernstein
.
Sono
in
giuoco
ormai
i
fondamenti
primi
della
dottrina
,
e
non
le
sole
pratiche
applicazioni
.
È
la
filosofia
,
la
morale
,
la
stessa
concezione
politica
marxista
che
ci
lascia
profondamente
insoddisfatti
e
ci
sospinge
per
nuove
strade
verso
più
ampi
orizzonti
.
Ho
espresso
il
mio
pensiero
con
franchezza
assoluta
,
convinto
che
solo
la
coraggiosa
revisione
delle
sue
premesse
morali
e
intellettuali
potrà
ridonare
al
socialismo
quella
freschezza
e
quella
forza
espansiva
che
da
troppi
anni
gli
mancano
.
Nella
parte
ricostruttiva
del
libro
mi
sono
proposto
di
offrire
,
sia
pure
di
scorcio
,
il
quadro
di
una
rinnovata
posizione
socialista
che
io
amo
chiamare
socialista
liberale
.
Dal
punto
di
vista
storico
questa
formula
sembra
racchiudere
una
contraddizione
,
poi
che
il
socialismo
sorse
come
reazione
al
liberalismo
-
-
soprattutto
economico
-
-
che
con
traddistingueva
il
pensiero
borghese
ai
primi
dell
'
ottocento
.
Ma
dall
'
Ottocento
ad
oggi
molto
cammino
si
è
fatto
e
molte
esperienze
si
sono
accumulate
.
Le
due
posizioni
antagonistiche
sono
andate
lentamente
avvicinandosi
.
Il
liberalismo
si
è
investito
progressivamente
del
problema
sociale
e
non
sembra
più
necessariamente
legato
ai
principi
della
economia
classica
,
manchesteriana
.
Il
socialismo
si
va
spogliando
,
sia
pure
faticosamente
,
del
suo
utopismo
ed
è
venuto
acquistando
una
sensibilità
nuova
per
i
problemi
di
libertà
e
di
autonomia
.
È
il
liberalismo
che
si
fa
socialista
,
o
è
il
socialismo
che
si
fa
liberale
?
Le
due
cose
assieme
.
Sono
due
visioni
altissime
ma
unilaterali
della
vita
che
tendono
a
compenetrarsi
e
a
compenetrarsi
.
Il
razionalismo
greco
e
il
messianismo
d
'
Israele
.
L
'
uno
domina
l
'
amore
per
la
libertà
,
il
rispetto
delle
autonomie
,
una
concezione
armoniosa
e
distaccata
della
vita
.
L
'
altro
una
giustizia
tutta
terrena
,
il
mito
della
eguaglianza
,
un
tormento
spirituale
che
vieta
ogni
indulgenza
.
Nella
sua
prefazione
all
'
Histoire
du
peuple
d
'
Israel
,
Renan
,
grandissimo
ammiratore
della
civiltà
greca
,
confessa
che
«
Le
libéralisme
(
grec
)
ne
sera
plus
seul
à
gouverner
le
monde
.
L
'
Angleterre
et
l
'
Amérique
garderont
longtemps
des
restes
d
'
influence
biblique
,
et
,
chez
nous
,
les
socialistes
,
élèves
sans
le
savoir
des
prophètes
,
forceront
toujours
la
politique
rationnelle
à
compter
avec
eux
»
.
Ma
è
possibile
qualificare
una
politica
come
razionale
,
se
non
tien
conto
in
primissimo
luogo
dell
'
idea
di
giustizia
?
CAPITOLO
I
IL
SISTEMA
MARXISTA
L
'
orgoglioso
proposito
di
Marx
fu
quello
di
assicurare
al
socialismo
una
base
scientifica
,
di
trasformare
il
socialismo
in
una
scienza
,
anzi
nella
scienza
sociale
per
definizione
.
Di
qui
il
disdegno
per
i
predecessori
e
il
ripudio
d
'
ogni
posizione
moralistica
.
Con
le
due
grandi
scoperte
,
dice
l
'
Engels
in
Evoluzione
del
socialismo
dall
'
utopia
alla
scienza
,
della
concezione
materialistica
della
storia
ed
il
segreto
della
produzione
mediante
il
plus
valore
,
«
il
socialismo
divenne
una
scienza
,
che
occorre
adesso
elaborare
più
ampiamente
in
tutti
i
suoi
particolari
»
.
Al
socialista
Marx
non
chiedeva
più
atti
di
fede
e
romantiche
dedizioni
:
anzi
egli
diffidava
dei
cavalieri
dell
'
ideale
.
Al
socialista
chiedeva
il
sano
impiego
della
fredda
ragione
,
il
coraggioso
riconoscimento
della
realtà
storica
.
Il
socialismo
era
nei
fatti
,
nel
meccanismo
intimo
della
società
capitalistica
:
non
nei
cuori
degli
uomini
.
Doveva
avverarsi
,
non
poteva
non
avverarsi
;
e
si
sarebbe
avverato
non
per
opera
di
una
immaginaria
volontà
libera
degli
uomini
,
ma
di
quelle
forze
trascendenti
e
dominanti
gli
uomini
e
i
loro
rapporti
che
sono
le
forze
produttive
nel
loro
incessante
svilupparsi
e
progredire
.
Il
socialismo
scientifico
,
usava
dire
Antonio
Labriola
,
autorevolissimo
interprete
del
marxismo
,
afferma
l
'
avvento
della
produzione
comunista
non
come
un
postulato
o
un
oggetto
di
libera
scelta
,
ma
come
il
risultato
del
processo
immanente
della
storia
.
I
principî
di
cotesta
scienza
marxista
sono
così
universalmente
noti
che
qui
basterà
farne
un
semplice
richiamo
:
Marx
assume
come
fondamentale
negli
uomini
il
bisogno
economico
.
Per
la
progressiva
soddisfazione
di
questo
gli
uomini
sono
costretti
a
ricorrere
a
metodi
e
rapporti
di
produzione
che
sono
indipendenti
dalla
loro
volontà
.
Le
forze
produttive
sono
il
fattore
determinante
del
processo
storico
.
Tutti
i
fenomeni
della
vita
sociale
,
politica
,
spirituale
,
hanno
carattere
derivato
,
relativo
,
storico
,
in
quanto
sono
un
prodotto
del
modo
e
dei
rapporti
di
produzione
.
Il
processo
storico
è
la
risultante
di
una
immanente
legge
dialettica
,
di
un
ritmo
delle
cose
;
si
svolge
cioè
in
virtù
e
attraverso
un
perenne
contrasto
,
che
nei
momenti
critici
si
fa
drammatico
,
tra
le
forze
espansive
della
produzione
e
le
forze
conservatrici
simbolizzate
dai
preesistenti
rapporti
sociali
.
Il
passaggio
da
una
fase
produttiva
all
'
altra
si
avvera
per
una
ferrea
intrinseca
necessità
ad
opera
di
leggi
storiche
,
correlative
ai
vari
sistemi
produttivi
.
Espressione
di
questo
contrasto
tra
forze
di
produzione
e
forme
cristallizzate
di
vita
sociale
è
la
lotta
di
classe
.
Tutta
la
storia
si
risolve
in
una
indefinita
serie
di
lotte
di
classi
.
Questa
lotta
è
sempre
terminata
col
trionfo
delle
esigenze
della
produzione
,
cioè
con
la
vittoria
politica
della
classe
che
queste
esigenze
,
anche
inconsapevolmente
,
impersona
.
Il
sistema
capitalistico
di
produzione
è
anch
'
esso
lacerato
da
una
contraddizione
intima
insuperabile
tra
il
carattere
sempre
più
collettivo
del
sistema
produttivo
e
quello
individuale
e
monopolistico
del
sistema
di
appropriazione
dei
mezzi
di
produzione
e
di
scambio
.
I
rapporti
borghesi
di
produzione
,
di
traffico
e
di
proprietà
,
condizione
della
vita
e
del
dominio
della
classe
borghese
,
urtano
sempre
più
fortemente
contro
le
necessità
di
vita
e
di
sviluppo
delle
forze
produttive
.
Questa
contraddizione
,
per
effetto
della
legge
dinamica
che
presiede
allo
svolgimento
capitalistico
,
condurrà
necessariamente
alla
negazione
del
regime
borghese
(
categoria
del
valore
che
genera
quella
del
plusvalore
,
che
a
sua
volta
genera
l
'
accentramento
dei
capitali
,
l
'
immiserimento
progressivo
dei
proletari
,
la
scomparsa
dei
ceti
medi
,
la
sovraproduzione
,
la
crisi
)
.
Manifestazione
di
questo
contrasto
è
la
lotta
sempre
più
risolutiva
tra
proletariato
e
borghesia
.
Essa
terminerà
necessariamente
-
-
a
meno
di
una
catastrofe
sociale
-
-
con
la
vittoria
del
proletariato
che
si
fa
portatore
delle
esigenze
espansive
delle
forze
di
produzione
.
Il
proletariato
conquisterà
violentemente
il
potere
politico
e
abolirà
il
modo
borghese
di
appropriazione
,
contraddittorio
con
le
necessità
di
una
produzione
sempre
più
collettiva
,
socializzando
i
mezzi
di
produzione
e
di
scambio
.
Lo
Stato
e
tutte
le
differenze
di
classe
scompariranno
.
Dalle
rovine
della
società
borghese
sorgerà
una
società
di
liberi
e
di
eguali
in
cui
lo
sviluppo
prodigioso
della
produzione
,
non
più
ostacolato
dal
sistema
monopolistico
dei
rapporti
sociali
,
fornirà
a
ciascuno
la
possibilità
di
soddisfare
pienamente
i
suoi
materiali
bisogni
e
libererà
l
'
umanità
dalla
schiavitù
delle
forze
materiali
.
Questo
,
in
succo
,
il
pensiero
costante
di
Marx
,
proclamato
nel
Manifesto
dei
Comunisti
(
1847
)
,
riaffermato
con
frasi
lapidarie
nella
prefazione
alla
Critica
dell
'
economia
politica
(
1859
)
,
svolto
e
illustrato
nel
Capitale
(
1867
)
,
riconfermato
sino
alla
morte
.
Pensiero
nettamente
deterministico
,
rispetto
al
quale
gli
sforzi
interpretativi
di
un
Sorel
,
di
un
Labriola
,
di
un
Mondolfo
per
avvalorare
una
interpretazione
che
faccia
posto
ad
una
autonoma
funzione
degli
uomini
nella
storia
,
sono
sempre
naufragati
.
Il
sistema
marxistico
è
determinista
,
o
non
è
.
Non
è
,
intendo
,
come
sistema
organico
di
pensiero
.
Ogni
qualvolta
Marx
ha
voluto
di
proposito
riassumere
i
suoi
intendimenti
e
la
portata
delle
sue
tesi
,
lo
ha
fatto
con
parole
che
non
lasciano
adito
a
dubbi
.
Tralascio
il
famoso
brano
del
1859
nella
prefazione
alla
Critica
dell
'
economia
politica
che
anche
i
più
modesti
cultori
di
studi
marxistici
hanno
presente
per
ricordare
che
Marx
,
nella
prefazione
al
Capitale
,
avverte
che
la
società
moderna
non
può
saltare
e
sopprimere
con
decreti
niuna
delle
fasi
del
suo
sviluppo
naturale
;
può
solo
accorciare
il
periodo
della
gestazione
e
del
parto
.
A
queste
fasi
presiedono
leggi
naturali
e
tendenze
che
si
adempiono
con
ferrea
necessità
.
Sul
carattere
necessario
,
addirittura
fatale
,
della
evoluzione
delle
forze
produttive
e
di
tutto
il
processo
storico
,
Marx
ritorna
meditatamente
con
lo
squarcio
famoso
contenuto
nell
'
ultimo
capitolo
del
I
volume
del
Capitale
che
termina
con
la
frase
«
...
la
produzione
capitalistica
genera
essa
stessa
la
propria
negazione
con
la
fatalità
che
presiede
alle
metamorfosi
della
natura
»
.
Proprio
in
questa
pagina
conclusiva
Marx
sente
il
bisogno
di
richiamare
,
a
prova
della
sua
perfetta
coerenza
,
le
pagine
parallele
del
Manifesto
,
fornendone
così
,
a
venti
anni
di
distanza
,
una
interpretazione
decisiva
.
Sei
anni
dopo
,
rendendo
conto
di
una
lunga
geniale
recensione
della
sua
opera
,
fu
sua
esplicitamente
la
frase
del
finissimo
critico
russo
:
«
Marx
considera
il
movimento
sociale
come
una
naturale
concatenazione
di
fenomeni
storici
,
concatenazione
sottoposta
a
leggi
che
non
solo
sono
indipendenti
dalla
volontà
,
dalla
coscienza
e
dai
disegni
dell
'
uomo
,
ma
che
invece
determinano
la
sua
volontà
,
la
sua
coscienza
e
i
suoi
disegni
...
»
Bernstein
certo
protesterebbe
in
modo
veemente
contro
questa
sintetica
interpretazione
.
Ma
Marx
,
che
è
l
'
unico
e
più
vero
giudice
in
materia
,
non
solo
non
protestò
,
ma
la
fece
sua
con
compiacenza
,
lodando
l
'
autore
per
la
sua
acutezza
.
Si
potrebbero
citare
innumeri
brani
di
Marx
a
conforto
di
questa
interpretazione
deterministica
.
Ma
più
che
le
parole
vale
lo
spirito
generale
che
pervade
l
'
opera
sua
,
la
impostazione
di
tutti
i
problemi
che
egli
ebbe
ad
affrontare
.
Le
necessità
della
polemica
contro
gli
utopisti
e
gli
ideologi
borghesi
,
potranno
avere
indotto
Marx
-
riteneva
Engels
nella
sua
vecchiaia
-
ad
accentuare
l
'
aspetto
deterministico
del
sistema
:
non
mai
però
a
capovolgerne
l
'
aspetto
essenziale
.
Certo
il
determinismo
marxista
ha
un
valore
tutto
convenzionale
e
relativo
.
Quando
Marx
dichiara
le
forze
materiali
di
produzione
fattore
determinante
del
processo
storico
,
egli
si
arresta
consapevolmente
ad
un
anello
della
catena
deterministica
.
Ma
non
è
che
ignori
le
maglie
antecedenti
:
Marx
ha
insistito
più
volte
sull
'
influsso
dei
fattori
naturali
e
ambientali
,
e
,
in
special
modo
,
sulla
razza
.
Solo
che
assume
questi
dati
come
costanti
.
Ciò
che
lo
interessa
sono
le
variazioni
dei
fenomeni
sociali
all
'
interno
di
questo
ambiente
che
assume
come
fisso
,
e
la
legge
di
queste
variazioni
.
Ad
esempio
:
i
caratteri
naturali
e
antropologici
della
regione
britannica
possono
a
buon
diritto
considerarsi
come
costanti
nel
periodo
17601830
.
Si
domanda
a
che
sono
dovute
le
profondissime
trasformazioni
seguite
nei
rapporti
sociali
inglesi
,
e
,
più
in
generale
,
i
fondamentali
eventi
storici
del
periodo
.
Marx
senza
esitazione
risponde
:
alla
trasformazione
del
modo
di
produzione
.
È
ben
noto
quale
enorme
influenza
esercitò
su
di
lui
e
su
tutti
gli
scrittori
del
periodo
l
'
esperienza
della
rivoluzione
industriale
,
in
cui
veramente
la
macchina
e
il
sistema
di
fabbrica
si
rivelarono
come
i
demiurghi
.
Ma
è
anche
ben
noto
come
Marx
non
azzardò
mai
la
dimostrazione
della
sua
tesi
storiografica
generale
,
la
quale
è
frutto
di
una
arbitraria
estensione
analogica
delle
conclusioni
cui
era
pervenuto
nella
possente
analisi
dei
primordi
del
sistema
capitalistico
.
Ora
il
problema
centrale
del
marxismo
,
come
dottrina
del
moto
proletario
,
sta
nel
ruolo
che
esso
assegna
all
'
elemento
umano
,
al
fattore
volontà
.
Nel
periodo
giovanile
Marx
,
sotto
l
'
influsso
di
Feuerbach
,
aveva
rivendicato
il
carattere
puramente
umano
della
storia
contro
ogni
alienazione
a
favore
di
forze
trascendenti
.
Ma
questa
rivendicazione
,
dapprima
piena
e
sostanziale
,
perde
via
via
di
contenuto
e
di
significato
col
precisarsi
della
sua
dottrina
,
sino
a
ridursi
ad
un
residuo
tutto
polemico
e
formale
.
Nel
sistema
marxista
abbiamo
a
che
fare
con
una
umanità
sui
generis
,
composta
di
uomini
per
definizione
non
liberi
,
operanti
sotto
la
spinta
del
bisogno
,
costretti
a
ricorrere
a
metodi
produttivi
indipendenti
dal
loro
volere
e
ad
accedere
a
rapporti
sociali
imperativi
.
Essi
hanno
un
solo
titolo
per
essere
considerati
fattore
efficiente
del
processo
storico
:
l
'
essere
parte
integrante
del
meccanismo
produttivo
.
Gli
altri
aspetti
sono
derivati
e
secondari
,
funzione
dello
sviluppo
delle
forze
produttive
.
E
solo
acquisteranno
pieno
valore
e
autonomia
funzionale
in
una
società
comunista
,
perché
allora
,
e
solamente
allora
,
si
libereranno
dalla
schiavitù
verso
le
forze
materiali
.
Psicologicamente
parlando
,
l
'
uomo
di
Marx
non
è
che
l
'
homo
oeconomicus
di
Bentham
.
Questa
è
la
sua
costante
psicologica
,
allo
stesso
modo
della
razza
,
del
clima
,
ecc
.
Le
reazioni
che
questo
homo
oeconomicus
offre
non
sono
reazioni
spontanee
ed
autonome
,
ma
determinate
dal
modificarsi
dei
rapporti
produttivi
e
quindi
dei
rapporti
sociali
.
È
appunto
partendo
da
questa
costante
psicologica
che
Marx
assume
come
pacifico
che
i
proletari
si
rivolteranno
non
appena
si
saranno
loro
rivelati
lo
stato
di
soggezione
in
cui
versano
e
le
cause
di
questa
soggezione
.
Ma
è
chiaro
che
la
causa
determinante
di
questa
rivoluzione
interiore
non
risiede
in
loro
,
ma
nel
meccanismo
esteriore
della
produzione
capitalistica
.
L
'
intimo
fuoco
del
marxismo
sta
tutto
in
questo
concetto
della
necessità
storica
dell
'
avvento
della
società
socialista
,
in
virtù
di
un
processo
obbiettivo
e
fatale
di
trasformazione
di
cose
.
(
Anche
le
coscienze
si
modificheranno
,
ma
secondo
una
linea
necessaria
e
prestabilita
dalla
«
costante
»
psicologica
)
.
Togliere
o
attenuare
questo
concetto
significa
far
crollare
l
'
intero
sistema
.
Se
davvero
Marx
avesse
assegnato
alla
volontà
umana
una
influenza
autonoma
nello
svolgersi
del
processo
storico
;
se
,
come
vogliono
i
revisionisti
,
avesse
affermato
che
tra
forze
materiali
di
produzione
e
coscienza
sociale
il
rapporto
è
di
interdipendenza
e
non
di
causa
e
effetto
-
-
come
avrebbe
potuto
enunciare
con
tanta
categorica
certezza
la
sua
legge
di
sviluppo
del
capitalismo
?
(
Per
farlo
avrebbe
dovuto
possedere
una
eguale
categorica
certezza
intorno
alle
leggi
dominanti
la
vita
intima
e
il
meccanismo
psicologico
degli
uomini
.
Ma
donde
avrebbe
tratto
questa
certezza
?
La
psicologia
sperimentale
è
una
scienza
giovane
;
e
anche
oggi
siamo
ben
lungi
dal
possedere
certezze
categoriche
in
materia
.
Mentre
Marx
si
è
sempre
disinteressato
dei
problemi
di
psicologia
individuale
e
collettiva
.
)
Sarebbe
assurdo
che
Marx
avesse
dedicato
tutta
la
sua
vita
a
studiare
una
faccia
del
problema
-
-
quella
relativa
al
mondo
esteriore
-
-
e
si
fosse
invece
totalmente
disinteressato
dell
'
altra
faccia
,
relativa
al
mondo
della
coscienza
.
È
chiaro
che
l
'
introduzione
del
fattore
«
volontà
umana
»
nel
processo
storico
,
significa
escludere
a
priori
ogni
valore
scientifico
a
una
previsione
sociologica
.
Infatti
o
si
ammette
una
sfera
di
libertà
,
per
quanto
condizionata
,
nella
vita
dello
spirito
,
nel
modo
d
'
essere
della
coscienza
,
o
non
la
si
ammette
.
Se
la
si
ammette
cade
il
concetto
di
necessità
storica
,
e
sorge
l
'
alternativa
.
Si
introduce
cioè
quell
'
elemento
di
dubbio
che
nel
sistema
marxista
difetta
totalmente
.
O
non
si
ammette
questa
sfera
di
libertà
,
cioè
si
ritiene
che
la
volontà
umana
,
date
le
circostanze
,
debba
dirigersi
in
un
senso
determinato
e
allora
la
volontà
umana
,
nel
suo
manifestarsi
,
viene
ricacciata
al
rango
di
effetto
e
non
più
di
concausa
.
In
ambo
i
casi
il
tentativo
di
conciliare
il
sistema
marxista
con
una
interpretazione
non
deterministica
,
cade
.
Ci
sono
inoltre
varie
altre
prove
indirette
del
determinismo
implicito
nel
sistema
marxista
.
Se
Marx
avesse
assegnato
una
influenza
autonoma
e
determinante
alla
volontà
umana
,
non
si
spiegherebbe
il
suo
scherno
per
tutti
coloro
che
appoggiavano
le
rivendicazioni
proletarie
sul
terreno
della
morale
e
del
diritto
.
Se
la
volontà
deve
intervenire
,
tutti
gli
stimoli
che
concorrono
a
volgerla
nel
senso
auspicato
debbono
essere
potentemente
incoraggiati
.
Invece
egli
considera
come
profondamente
errata
e
pericolosa
una
propaganda
socialista
facente
appello
a
un
principio
di
giustizia
.
In
Marx
è
sempre
presente
la
preoccupazione
di
tradire
,
nell
'
impeto
della
polemica
,
il
fondo
storicistico
del
suo
pensiero
.
Egli
ha
sempre
cura
di
avvertirci
che
il
suo
punto
di
vista
«
meno
di
qualsiasi
altro
»
può
rendere
l
'
individuo
responsabile
dei
rapporti
dai
quali
egli
socialmente
deriva
,
«
checché
faccia
per
districarsene
»
.
Le
leggi
immanenti
della
produzione
capitalistica
si
impongono
ai
capitalisti
come
«
leggi
coercitive
esterne
»
.
La
loro
volontà
è
fuori
giuoco
.
È
bene
anzi
che
essi
non
tentino
di
ribellarsi
al
ruolo
che
loro
impone
la
dialettica
storica
.
Perderebbero
il
loro
tempo
e
ritarderebbero
i
futuri
svolgimenti
.
Il
proletariato
,
dal
suo
canto
,
non
può
accusare
il
capitalismo
in
linea
morale
e
giuridica
.
Morale
e
diritto
sono
categorie
storiche
,
puri
riflessi
delle
correlative
strutture
economiche
.
I
capitalisti
hanno
le
carte
in
regola
con
la
morale
e
il
diritto
propri
dell
'
era
capitalistica
.
Se
sfruttano
i
proletari
,
cioè
se
pagano
loro
solo
una
frazione
del
valore
che
producono
,
non
fanno
che
obbedire
alle
«
leggi
immanenti
»
di
scambio
in
regime
capitalistico
.
Per
essere
a
posto
coi
principi
economici
,
giuridici
e
morali
del
capitalismo
il
capitalista
non
ha
che
da
fornire
al
salariato
i
mezzi
-
-
in
moneta
-
-
per
vivere
e
riprodursi
.
Se
si
comportasse
diversamente
egli
verrebbe
meno
alla
sua
funzione
sociale
di
«
fanatico
agente
dell
'
accumulazione
»
.
Il
lavoratore
non
può
protestare
.
Se
egli
perde
il
soprappiù
di
valore
che
il
lavoro
umano
-
-
e
solo
esso
-
-
ha
la
virtù
di
produrre
,
lo
perde
per
una
necessità
storica
inderogabile
.
Il
profitto
è
altrettanto
naturale
,
in
questa
fase
storica
,
quanto
il
macchinismo
,
la
divisione
del
lavoro
,
il
sistema
di
fabbrica
,
il
salariato
,
il
mercato
mondiale
,
le
crisi
...
I
borghesi
,
scrive
sempre
Marx
,
hanno
perfettamente
ragione
di
sostenere
che
l
'
odierna
ripartizione
è
«
giusta
»
,
perché
in
realtà
«
essa
è
l
'
unica
«
giusta
»
ripartizione
sulla
base
della
odierna
forma
di
produzione
»
.
Non
a
torto
si
definì
il
Capitale
la
più
intransigente
apologia
del
Capitalismo
!
Il
Manifesto
dei
Comunisti
,
commenta
il
Labriola
,
è
tutto
prosaico
;
non
v
'
è
in
esso
né
retorica
né
proteste
.
Esso
è
ora
una
scienza
.
Non
lamenta
sul
pauperismo
per
eliminarlo
.
Non
sparge
lacrime
su
niente
.
Le
lacrime
delle
cose
si
sono
trasformate
per
se
stesse
in
forza
rivendicatrice
spontanea
.
L
'
etica
e
l
'
idealismo
consistono
ormai
nel
mettere
il
pensiero
scientifico
al
servizio
del
proletariato
.
In
verità
Marx
è
così
convinto
del
fatale
avvento
della
società
comunista
ad
opera
della
legge
di
sviluppo
del
capitalismo
che
,
allo
stesso
modo
dello
scienziato
nei
suoi
esperimenti
,
sommamente
si
preoccupa
di
eliminare
dal
giuoco
sociale
tutti
i
fattori
capaci
di
turbare
o
rallentare
il
pieno
esplicarsi
di
quella
legge
.
E
,
in
primo
luogo
,
i
residui
sentimentali
e
moralistici
.
Tutte
le
norme
tattiche
e
tutto
il
programma
pratico
da
lui
consigliato
ai
partiti
socialisti
rispondono
a
quello
scopo
fondamentale
:
accelerare
,
facilitare
,
il
processo
di
sviluppo
capitalistico
.
Il
suo
discorso
sul
libero
scambio
fornisce
un
esempio
tipico
.
Una
sola
forte
obbiezione
si
oppone
alla
interpretazione
deterministica
del
marxismo
:
la
teoria
della
lotta
di
classe
.
Come
si
spiega
lo
sforzo
di
Marx
per
svegliare
la
coscienza
di
classe
nei
proletari
,
la
sua
stessa
invocazione
rivoluzionaria
,
se
la
parte
riservata
agli
uomini
nel
processo
storico
è
puramente
passiva
?
Qui
è
d
'
uopo
distinguere
tra
la
formulazione
generale
della
teoria
della
lotta
di
classe
-
-
in
nulla
contraddicente
alla
linea
deterministica
del
suo
pensiero
-
-
e
la
applicazione
particolare
che
egli
ne
ha
fatto
al
caso
della
lotta
tra
proletariato
e
borghesia
.
In
linea
generale
Marx
si
limita
ad
affermare
che
la
lotta
di
classe
è
il
risultato
necessario
del
contrasto
esistente
nelle
cose
stesse
;
la
faccia
umana
della
dialettica
immanente
nelle
cose
.
Egli
avverte
che
la
rivoluzione
formale
,
esteriore
,
nei
rapporti
sociali
,
scoppia
solo
quando
quella
sostanziale
,
nel
modo
e
nella
tecnica
produttiva
,
è
già
avvenuta
.
Per
Marx
la
reazione
psicologica
è
un
posterius
,
segue
il
fatto
economico
come
l
'
ombra
la
luce
;
e
il
fatto
economico
,
ricordiamolo
,
non
è
il
frutto
di
una
volontà
libera
,
ma
di
una
volontà
istintiva
,
schiava
,
dominata
dal
bisogno
.
Sarà
una
concezione
psicologica
molto
semplicista
e
volgare
,
ma
indubbiamente
essa
sta
alle
radici
della
costruzione
marxista
.
E
Marx
vi
annette
tanta
poca
importanza
che
mai
ne
parla
di
proposito
.
Nella
applicazione
della
teoria
generale
al
caso
particolare
della
lotta
tra
proletariato
e
borghesia
,
non
si
può
invece
negare
che
Marx
abbia
abbandonato
talvolta
,
specie
negli
scritti
di
propaganda
,
la
posizione
deterministica
,
salvo
tornarvi
nelle
esposizioni
più
pacate
e
riassuntive
del
suo
sistema
di
pensiero
.
Ma
ciò
,
oltre
che
esser
dovuto
all
'
intimo
contrasto
tra
la
sua
natura
di
scienziato
e
di
agitatore
,
era
in
funzione
anche
del
dubbio
che
egli
nutriva
intorno
alle
conseguenze
della
lotta
che
appena
cominciava
a
disegnarsi
.
Mentre
per
il
passato
egli
poteva
sicuramente
affermare
che
il
contrasto
era
sempre
terminato
col
trionfo
della
classe
che
,
interpretando
le
esigenze
produttive
,
esplicava
una
funzione
rivoluzionaria
,
per
l
'
avvenire
il
suo
senso
storico
gli
vietava
una
ipoteca
troppo
assoluta
.
Cosicché
a
lato
della
ipotesi
normale
egli
affacciava
anche
l
'
ipotesi
che
la
lotta
potesse
risolversi
con
l
'
esaurimento
dei
due
contendenti
,
magari
per
difetto
di
consapevolezza
storica
nel
proletariato
.
Con
questo
dubbio
si
concorreva
a
legittimare
lo
sforzo
per
la
propaganda
,
l
'
organizzazione
e
l
'
azione
insurrezionale
;
e
in
questo
dubbio
-
-
dovuto
a
cause
ben
complesse
-
-
sta
invero
l
'
unico
momento
volontaristico
del
sistema
.
Si
osservi
inoltre
che
questo
momento
finale
volontaristico
è
,
psicologicamente
,
il
prodotto
della
assiomatica
credenza
di
Marx
che
l
'
ora
ultima
del
capitalismo
,
almeno
in
Inghilterra
,
stesse
per
suonare
:
cioè
che
si
fossero
maturati
in
seno
alla
vecchia
società
,
sempre
più
incapace
a
risolvere
i
massimi
problemi
della
vita
sociale
,
gli
elementi
obbiettivi
che
soli
avrebbero
assicurato
le
possibilità
di
vita
alla
società
comunista
.
Lo
stimolo
fondamentale
del
processo
rivoluzionario
,
anche
nella
sua
ultima
drammatica
fase
,
non
sta
davvero
nella
propaganda
e
nel
progressivo
schiarirsi
della
coscienza
proletaria
,
ma
nel
drammatico
cozzo
degli
elementi
contraddittori
che
il
capitalismo
rinserra
.
È
il
catastrofismo
,
-
-
cioè
il
fenomeno
della
universale
proletarizzazione
,
del
progressivo
immiserimento
,
dell
'
accentramento
dei
capitali
in
poche
mani
,
delle
crisi
sempre
più
incontenibili
-
-
che
provoca
eccita
esaspera
la
ribellione
proletaria
e
consente
al
profeta
una
sicurezza
messianica
.
La
propaganda
ha
l
'
ufficio
di
accelerare
il
processo
,
eliminare
gli
ostacoli
;
non
mai
di
determinarlo
.
È
il
coronamento
di
un
complesso
di
cause
anteriori
e
da
essa
indipendenti
:
senza
di
che
risulterebbe
impotente
e
sterile
.
Il
posto
che
Marx
fa
all
'
elemento
volontà
è
quindi
limitatissimo
;
è
più
un
suggello
formale
che
una
impronta
sostanziale
.
(
Ripeto
:
il
sistema
marxistico
è
deterministico
o
non
è
.
Per
lo
meno
come
sistema
organico
di
pensiero
.
)
CAPITOLO
II
DAL
MARXISMO
AL
REVISIONISMO
[
La
religione
marxista
.
]
La
letteratura
socialista
,
ricca
a
migliaia
di
volumi
,
difetta
di
una
seria
storia
ideologica
del
socialismo
contemporaneo
;
vale
a
dire
di
una
storia
del
marxismo
e
delle
correnti
revisionistiche
,
su
su
sino
alle
posizioni
attuali
di
critica
e
di
superamento
.
I
marxisti
puri
questa
storia
l
'
hanno
sempre
trascurata
,
et
pour
cause
;
ma
non
possiamo
rimproverare
gli
ortodossi
di
non
averci
dato
la
storia
dell
'
eresia
.
Essi
son
fermi
come
l
'
ostrica
allo
scoglio
,
si
illudono
di
possedere
la
verità
assoluta
,
integrale
,
intangibile
,
hanno
l
'
occhio
sempre
e
solo
rivolto
alla
«
sottostante
struttura
economica
»
e
ostinatamente
negano
vi
sia
nulla
di
sostanziale
da
rivedere
nel
corpus
dottrinario
marxista
.
Ma
lo
strano
si
è
che
questa
storia
non
ce
l
'
hanno
saputa
fornire
neppure
i
revisionisti
,
ancorché
tanto
ansiosi
,
come
di
regola
gli
eretici
,
di
negare
la
loro
eresia
rivendicando
una
stretta
parentela
marxistica
.
Eppure
sarebbe
una
storia
singolarmente
ironica
e
suggestiva
,
specie
se
la
si
conducesse
sulla
scorta
dei
criteri
storiografici
marxistici
:
giacché
costringerebbe
il
marxismo
,
in
quanto
dottrina
del
moto
socialista
,
a
divorar
se
stesso
,
riabilitando
il
tanto
bistrattato
revisionismo
.
Ammesso
infatti
per
un
istante
che
le
posizioni
ideologiche
siano
il
riflesso
dello
stato
di
sviluppo
delle
forze
produttive
e
dei
rapporti
di
classe
,
ne
viene
che
dopo
le
profonde
trasformazioni
economiche
avveratesi
dal
tempo
di
Marx
ai
giorni
nostri
,
anche
la
sua
dottrina
sul
moto
proletario
reclama
una
sostanziale
revisione
.
A
meno
di
ritenere
che
il
relativismo
marxista
a
tutto
s
'
applichi
-
-
economia
,
diritto
,
arte
,
politica
e
morale
-
-
dottrina
marxista
esclusa
...
Nella
storia
del
marxismo
si
possono
distinguere
tre
fasi
:
la
fase
religiosa
,
la
fase
critica
e
la
fase
attuale
di
netto
superamento
.
Nella
prima
che
si
può
arrestare
intorno
al
1900
,
il
sistema
marxista
,
nella
sua
interezza
,
ricevette
la
quasi
unanime
ed
entusiastica
adesione
della
élite
socialista
continentale
.
Per
i
Bebel
,
i
Kautsky
,
i
Liebknecht
,
i
Guesde
,
i
Lafargue
,
i
Plekhanoff
,
ecc
.
,
il
rapporto
tra
socialismo
e
marxismo
si
fece
presto
di
identità
completa
.
Il
marxismo
appariva
loro
come
un
tutto
monolitico
,
come
una
visione
nuova
del
mondo
e
della
vita
,
come
la
filosofia
specifica
del
moto
socialista
.
Non
si
faceva
allora
questione
di
interpretazione
,
ma
di
applicazione
.
Il
movimento
,
ancora
alle
prime
armi
e
nel
periodo
della
predicazione
messianica
,
si
distingueva
per
una
intransigente
orgogliosa
professione
di
fede
intesa
a
segnarne
il
distacco
e
la
superiorità
su
tutte
le
altre
scuole
sociali
e
socialiste
.
Nonostante
il
suo
prepotente
realismo
,
la
nuova
dottrina
esercitava
una
suggestione
quasi
religiosa
.
Essere
marxisti
era
come
appartenere
a
un
'
altra
razza
,
alla
razza
eletta
per
la
quale
il
mistero
della
vita
era
squarciato
.
L
'
umanità
si
trovava
ancora
avvolta
nelle
nebbie
delle
false
ideologie
bandite
da
falsi
pastori
per
interesse
di
classe
,
ignara
del
suo
essere
e
del
suo
avvenire
.
Solo
il
marxista
vedeva
chiaro
nel
passato
e
nel
presente
,
ed
era
in
grado
,
per
la
conoscenza
che
aveva
delle
leggi
di
sviluppo
della
società
capitalistica
,
di
sollecitare
razionalmente
l
'
avvento
dei
tempi
nuovi
.
Il
marxismo
era
come
una
seconda
coscienza
,
ma
una
coscienza
tutta
critica
,
lucida
,
razionale
,
che
affidava
con
matematica
certezza
della
bontà
e
dell
'
inevitabile
trionfo
dell
'
ideale
socialista
.
Il
marxismo
trionfava
non
tanto
per
gli
intrinseci
contributi
recati
alla
conoscenza
del
mondo
capitalistico
,
quanto
per
la
sicurezza
che
riusciva
a
instillare
nei
militanti
della
natura
razionale
della
loro
fede
e
per
il
suo
appello
a
quel
metodo
positivo
allora
tanto
in
onore
.
Tutto
in
Marx
e
nell
'
opera
di
Marx
congiurava
a
questo
fine
:
l
'
estrema
difficoltà
di
penetrare
i
suoi
scritti
,
la
mancanza
di
un
'
opera
sistematica
e
riassuntiva
,
la
sua
cultura
ad
un
tempo
enciclopedica
ed
aristocratica
,
il
suo
stile
apodittico
ed
astruso
,
la
misteriosità
della
vita
,
il
lungo
esilio
,
ma
soprattutto
la
coscienza
che
egli
aveva
,
ad
un
grado
senza
precedenti
,
della
propria
grandezza
e
della
verità
inconfutabile
della
propria
dottrina
.
Basta
rileggere
il
Manifesto
,
uno
dei
più
potenti
pamphlets
della
storia
,
per
comprendere
le
ragioni
della
sua
immensa
fortuna
.
Difficile
resistergli
e
addirittura
impossibile
per
uno
spirito
semplice
che
acquisti
per
la
prima
volta
la
nozione
dello
stato
di
soggezione
in
cui
versa
.
Nessun
volontarista
,
nessun
uomo
d
'
azione
,
mai
,
seppe
suscitare
più
ribellioni
e
fanatiche
dedizioni
di
questo
iroso
topo
di
biblioteca
con
le
sue
venti
pagine
famose
.
Egli
vi
imprigiona
con
la
sua
dialettica
seducente
e
,
quando
vi
ha
tra
le
sue
mani
,
vi
percuote
il
cervello
con
sentenze
degne
del
Dio
della
vendetta
.
Il
Manifesto
,
che
fu
poi
il
solo
mediatore
tra
lui
e
le
folle
,
possiede
in
grado
eminente
tutti
i
caratteri
della
rivelazione
.
Premesse
apodittiche
,
concatenazione
logica
formidabile
e
trascinante
,
sincerità
brutale
e
fremente
,
fede
travestita
in
scienza
e
scienza
trasformata
in
macchina
polemica
,
visione
ciclopica
della
vita
e
del
ritmo
sociale
.
Nel
Manifesto
Marx
parla
il
linguaggio
della
Nemesi
.
Nulla
è
più
drammatico
di
quella
sua
volutamente
fredda
analisi
del
sistema
capitalistico
di
sfruttamento
che
termina
con
la
visione
della
catastrofe
inevitabile
dalla
quale
solo
potrà
sortire
la
società
nuova
,
di
liberi
e
di
eguali
,
la
società
socialista
.
Un
sogno
romantico
in
nome
della
ragione
!
La
giustizia
alleata
con
la
scienza
,
anzi
la
scienza
che
è
di
per
sé
giustizia
!
Quale
potere
di
attrazione
!
Come
resistergli
,
perché
resistergli
?
D
'
altronde
bisogna
riconoscere
che
i
canoni
marxistici
di
propaganda
e
di
tattica
mirabilmente
rispondevano
al
compito
immediato
delle
prime
avanguardie
socialiste
,
che
era
poi
quello
di
svegliare
il
grande
dormiente
-
-
il
proletariato
-
-
per
dargli
una
prima
rudimentale
coscienza
di
sé
,
della
sua
forza
,
del
suo
diritto
a
non
vivere
servo
e
affamato
.
Che
importavano
il
determinismo
fatalistico
,
la
erronea
visione
apocalittica
,
la
dolorosa
irrisione
degli
eterni
valori
morali
,
contrassegno
e
impotenza
,
dicevasi
,
dei
socialisti
«
piccoli
borghesi
»
?
Che
importavano
,
quando
Marx
,
come
Giosuè
dinanzi
alle
mura
di
Gerico
,
lanciava
l
'
annuncio
dell
'
imminente
trionfo
?
Quale
pace
,
quale
certezza
dava
il
suo
linguaggio
profetico
ai
primi
apostoli
perseguitati
!
Batti
ma
ascolta
,
essi
potevano
dire
alla
società
borghese
.
Ascolta
,
perché
noi
possediamo
il
segreto
della
tua
vita
mortale
.
Noi
non
ci
erigiamo
contro
di
te
in
una
negazione
cieca
e
totale
;
anzi
riconosciamo
,
come
nessuno
mai
per
l
'
innanzi
,
la
tua
grandiosa
,
indispensabile
funzione
storica
.
Anzi
vogliamo
che
tu
conduca
sino
in
fondo
la
tua
esperienza
,
svolga
intero
il
ciclo
che
il
Dio
della
produzione
ti
ha
assegnato
.
Ciò
è
necessario
per
la
nostra
stessa
vittoria
.
Ma
ricordati
che
dopo
,
che
presto
,
dallo
sconquasso
immane
che
segnerà
la
tua
fine
,
saremo
noi
i
tuoi
unici
legittimi
eredi
.
Tu
stessa
ci
fornirai
il
materiale
umano
per
la
nostra
battaglia
-
-
il
proletariato
-
-
assieme
a
tutte
le
condizioni
che
renderanno
la
tua
fine
inevitabile
;
tu
stessa
ti
scaverai
la
fossa
ingigantendo
all
'
infinito
le
contraddizioni
che
già
sottilmente
ti
rodono
;
tu
stessa
accumulerai
la
ricchezza
,
la
potenza
produttiva
,
la
sapienza
tecnica
,
che
consentiranno
a
quella
che
oggi
è
utopia
di
farsi
realtà
.
Inutile
la
ribellione
,
vano
ogni
sforzo
per
sottrarsi
alle
inderogabili
leggi
dello
sviluppo
capitalistico
.
Noi
parliamo
il
linguaggio
del
Fato
;
e
il
Fato
nel
nostro
secolo
si
chiama
Scienza
.
Con
straordinaria
rapidità
,
per
un
processo
psicologico
elementare
,
le
nuove
supposte
verità
si
tramutarono
in
dogmi
cui
tutti
professarono
generico
ossequio
,
ben
convinti
che
il
genio
di
Marx
ne
avesse
consegnato
nei
libri
famosi
la
irrefutabile
dimostrazione
.
Le
masse
si
impadronirono
della
parte
più
caduca
,
antiscientifica
,
ma
terribilmente
suggestiva
del
pensiero
di
Marx
(
rigida
contrapposizione
delle
classi
,
visione
catastrofica
,
apocalissi
)
e
ne
fecero
altrettanti
canoni
di
fede
che
era
peccato
grosso
discutere
.
I
pochi
che
si
incaricarono
di
ripercorrere
tutte
le
tappe
della
laboriosissima
dimostrazione
marxista
o
rimasero
vittime
,
prigionieri
del
sistema
,
troppo
deboli
per
confutarlo
e
troppo
timidi
per
criticarlo
,
o
,
ribellandosi
,
si
misero
fuori
automaticamente
dal
movimento
.
La
feroce
persecuzione
borghese
attestava
che
si
procedeva
nel
giusto
solco
,
avvalorava
gli
articoli
della
nuova
religione
marxista
.
Sulle
barricate
,
nei
carceri
,
la
fede
si
rinsaldava
,
i
principi
si
irrigidivano
,
la
speranza
che
il
gran
sogno
fosse
per
avverarsi
,
si
ingigantiva
.
Invece
...
,
invece
fu
ben
altro
,
come
i
più
cauti
e
lungimiranti
avevano
avvertito
.
Anziché
la
rivoluzione
sociale
espropriatrice
venne
al
mondo
il
movimento
operaio
.
E
col
movimento
operaio
le
libertà
politiche
,
la
legislazione
sociale
,
i
partiti
di
massa
.
Il
movimento
operaio
.
La
prassi
riformista
-
-
meglio
direbbesi
:
antimarxista
-
-
del
movimento
operaio
socialista
,
si
è
affermata
in
tutti
i
paesi
quasi
in
sordina
,
più
per
forza
maggiore
e
per
la
lezione
delle
cose
,
che
per
consapevole
elezione
;
e
sovente
contro
i
disegni
dei
teorici
.
I
quali
,
a
cominciare
da
Marx
,
che
quasi
lo
ignorò
,
hanno
sempre
diffidato
un
poco
del
movimento
sindacale
.
Nel
sistema
marxista
la
sfera
di
azione
utile
assegnata
al
sindacato
è
ristrettissima
e
vale
solo
per
i
suoi
riflessi
politici
.
In
tutta
Europa
,
esclusa
l
'
Inghilterra
dove
il
partito
sorse
come
espressione
politica
delle
Trade
Unions
,
si
verificò
sin
dagli
inizi
un
contrasto
tra
partiti
e
sindacati
,
a
spese
apparentemente
del
moto
sindacale
che
si
volle
subordinare
al
partito
,
ma
in
realtà
a
tutto
danno
dei
partiti
che
si
videro
costretti
a
conciliare
l
'
inconciliabile
:
cioè
il
momento
pratico
col
teoretico
,
il
semplicismo
messianico
del
loro
programma
finalistico
con
le
concrete
rivendicazioni
sindacali
,
la
tattica
rivoluzionaria
e
la
pratica
intransigente
della
lotta
di
classe
,
con
i
quotidiani
fenomeni
di
transazione
e
di
collaborazione
dei
sindacati
.
In
nome
dei
fini
ultimi
i
partiti
socialisti
si
vedevano
costretti
a
intervenire
a
favore
di
modeste
frazioni
operaie
o
di
rivendicazioni
di
dettaglio
,
compromettendo
la
loro
purezza
rivoluzionaria
per
una
indefinita
serie
di
piatti
di
lenticchie
.
Ma
non
v
'
era
possibilità
di
scelta
.
La
marea
proletaria
,
cadute
le
dighe
reazionarie
,
era
salita
incontenibile
,
invadendo
territori
sconosciuti
,
abbattendo
muraglie
teoretiche
,
superando
tutti
gli
ostacoli
logici
,
i
non
possumus
,
le
scomuniche
e
i
sinaistici
bagliori
del
Manifesto
.
O
accompagnare
questo
moto
,
sacrificando
le
formule
,
o
restarne
travolti
.
Saggiamente
anche
i
marxisti
più
intransigenti
si
appigliarono
al
primo
corno
del
dilemma
,
salvo
nascondere
nell
'
equivoco
verbale
la
resa
avvenuta
.
In
sostanza
il
movimento
sindacale
non
ha
mai
aderito
al
programma
e
,
più
che
al
programma
,
allo
spirito
e
alla
forma
mentis
marxistica
.
Di
tutte
le
tesi
marxistiche
non
ha
salvato
-
-
coi
dovuti
temperamenti
-
-
che
il
principio
della
lotta
di
classe
e
della
autoemancipazione
proletaria
.
Principio
tattico
e
pedagogico
certo
fondamentale
,
che
Marx
più
di
ogni
altro
scrittore
ha
contribuito
ad
illustrare
,
ma
che
non
può
considerarsi
monopolio
della
scuola
marxista
(
Marx
rubò
di
peso
la
formula
a
Blanqui
)
,
non
foss
'
altro
perché
fu
sempre
regola
istintiva
delle
organizzazioni
operaie
.
Per
il
resto
esso
ha
rinnegato
implicitamente
tutte
le
tesi
marxiste
affermando
la
possibilità
e
la
desiderabilità
di
una
trasformazione
graduale
della
società
borghese
con
le
armi
del
voto
,
della
contrattazione
,
dell
'
agitazione
,
cioè
col
ricorso
al
metodo
democratico
.
Pur
facendo
leva
sulla
forza
del
numero
e
sul
peso
degli
interessi
,
si
è
guardato
bene
dall
'
irridere
,
secondo
vuole
il
marxismo
,
la
vecchia
piattaforma
giusnaturalistica
e
moralistica
;
e
non
in
vano
ha
fatto
appello
agli
innati
diritti
della
personalità
e
a
un
principio
superiore
di
giustizia
.
Lungi
dal
legittimare
in
linea
storica
il
potere
e
la
funzione
borghese
,
e
dall
'
inchinarsi
di
fronte
alla
necessità
,
sia
pur
transeunte
,
delle
leggi
di
scambio
della
forza
lavoro
in
regime
capitalistico
,
ne
ha
contestato
la
validità
in
sede
etica
e
ne
ha
iniziata
la
erosione
in
sede
contrattuale
.
Alla
visione
drammatica
e
pessimistica
del
processo
sociale
ha
sostituito
una
visione
ottimista
,
costruttiva
,
repugnante
dai
semplicismi
e
dalle
contraddizioni
lineari
in
cui
si
compiaceva
il
marxismo
.
Al
posto
dei
piccoli
clan
rivoluzionari
,
vegetanti
nell
'
ombra
in
attesa
della
crisi
finale
,
sono
subentrate
le
possenti
organizzazioni
sindacali
muoventesi
alla
luce
del
sole
,
dirette
da
uomini
dal
cervello
quadro
e
dalle
capacità
realizzatrici
,
che
hanno
dato
il
colpo
di
grazia
alle
figure
romantiche
del
cospiratore
e
del
rivoluzionario
;
uomini
che
,
provenendo
dalle
stesse
fila
operaie
,
si
rifiutano
ad
ogni
astratta
contemplazione
del
moto
sociale
,
ad
ogni
eccessiva
idealizzazione
delle
virtù
proletarie
.
Avvocati
delle
masse
,
espressione
dei
valori
,
delle
speranze
,
dei
bisogni
medi
,
e
non
alfieri
di
piccoli
gruppi
d
'
eccezione
,
si
battono
per
fini
concreti
e
immediati
,
come
l
'
aumento
salariale
,
la
diminuzione
della
giornata
lavorativa
,
l
'
allargamento
del
suffragio
,
la
democratizzazione
del
regime
di
fabbrica
;
e
così
facendo
vanno
talvolta
anche
troppo
oltre
nel
loro
pragmatismo
.
Dal
partito
politico
non
attendono
più
il
comando
per
l
'
insurrezione
,
ma
pretendono
invece
la
organica
azione
in
Parlamento
e
nei
corpi
pubblici
per
la
difesa
di
una
atmosfera
di
piena
libertà
e
il
conseguimento
di
una
legislazione
protettrice
del
lavoro
.
La
progressiva
consapevolezza
dei
limiti
dell
'
azione
sindacale
,
il
contatto
con
la
realtà
economica
,
l
'
abito
del
contraddittorio
e
della
responsabilità
,
la
stessa
imponenza
dei
risultati
via
via
conseguiti
,
che
creano
una
inattesa
anche
se
parziale
solidarietà
col
mondo
circostante
,
tutto
coopera
così
a
spegnere
nel
movimento
operaio
le
facili
illusioni
sulla
possibilità
e
soprattutto
sulla
convenienza
di
un
rivolgimento
improvviso
e
violento
.
Il
proletariato
,
dopo
il
sorgere
del
moto
sindacale
e
cooperativo
e
la
conquista
delle
libertà
politiche
,
sente
sempre
più
chiaramente
che
non
è
più
vero
che
abbia
tutto
da
guadagnare
e
nulla
da
perdere
da
una
catastrofe
sociale
.
Specie
nei
paesi
più
progrediti
esso
sa
di
essersi
assicurato
un
tenore
di
vita
e
un
complesso
di
istituti
e
di
diritti
che
si
conservano
solo
preservando
l
'
organismo
sociale
da
scosse
violente
e
soprattutto
mantenendo
immutato
il
livello
di
produttività
e
il
ritmo
del
progresso
.
E
'
,
in
una
parola
,
il
capovolgimento
della
posizione
marxista
,
ciò
che
gli
estremisti
chiamano
la
«
degenerazione
»
riformistica
dei
sindacati
.
Ma
è
una
«
degenerazione
»
che
dura
da
più
di
mezzo
secolo
,
che
si
accentua
ogni
anno
che
passa
,
una
«
degenerazione
»
con
la
quale
ormai
sono
costretti
a
fare
i
conti
i
più
puritani
.
A
questa
decisa
deviazione
nella
sfera
pratica
ne
corrispose
un
'
altra
in
sede
ideologica
.
Il
blocco
dottrinale
marxista
che
era
rimasto
saldissimo
sotto
la
furia
delle
persecuzioni
,
rivelò
ben
presto
,
in
una
atmosfera
di
libera
critica
,
profondissime
crepe
.
Sorgeva
il
revisionismo
,
commento
critico
di
tutta
la
nuova
imponente
fenomenologia
.
Il
revisionismo
Il
revisionismo
,
più
che
sforzo
sistematico
di
critica
e
di
integrazione
del
marxismo
ad
opera
di
una
corrente
solidale
di
scrittori
,
deve
considerarsi
come
la
protesta
,
variamente
atteggiata
e
motivata
,
della
nuova
generazione
socialista
contro
il
piatto
conformismo
dei
marxisti
puri
incapaci
di
adattare
la
teoria
alla
nuova
prassi
operaia
e
di
concepire
un
socialismo
non
strettamente
legato
alla
posizione
materialista
in
filosofia
.
Tra
Bernstein
,
Sorel
,
Jaurès
,
Croce
,
Labriola
,
Mondolfo
-
-
per
limitarsi
ai
più
noti
-
-
il
rapporto
è
più
d
'
ordine
psicologico
e
polemico
,
che
positivo
:
l
'
esigenza
che
li
spingeva
era
comune
,
ma
le
conclusioni
cui
pervennero
intorno
all
'
essenza
e
al
significato
dell
'
insegnamento
marxista
spesso
divergevano
e
financo
si
contraddicevano
.
Ciascuno
di
questi
scrittori
avanzò
una
propria
personale
interpretazione
,
non
di
rado
dando
vita
a
una
«
tendenza
»
e
a
una
«
scuola
»
,
come
il
Bernstein
in
Germania
e
il
Sorel
in
Francia
e
in
Italia
.
Pure
,
nonostante
la
tanta
discordanza
di
voci
,
un
quid
comune
li
lega
e
ci
permette
di
parlarne
come
di
un
movimento
unitario
.
Tutto
il
revisionismo
,
sia
di
destra
che
di
sinistra
,
può
infatti
riassumersi
nello
sforzo
di
far
posto
,
nel
sistema
marxista
,
alla
volontà
e
all
'
ottimismo
del
moto
operaio
.
Anche
i
rivoluzionari
sono
dominati
dallo
stesso
motivo
:
romperla
col
concetto
di
necessità
storica
,
così
severamente
affermato
da
Marx
,
o
ridurlo
ad
una
formula
così
elastica
da
piegarlo
alle
esigenze
di
un
volontarismo
blanquista
.
Lo
stesso
leninismo
,
pure
tanto
rispettoso
per
la
lettera
marxista
,
non
ha
fatto
che
sviluppare
in
modo
autonomo
e
originale
tutti
gli
aspetti
volontaristici
dei
sistema
,
vale
a
dire
la
dottrina
relativa
ai
periodi
di
transizione
e
alla
funzione
della
dittatura
e
del
terrore
.
Non
sempre
i
revisionisti
furono
consapevoli
della
portata
delle
loro
critiche
.
Bisogna
anzi
riconoscere
che
agli
inizi
i
loro
propositi
erano
stati
più
che
modesti
.
Si
trattava
solo
di
correggere
alcune
unilateralità
,
di
combattere
atteggiamenti
troppo
assoluti
in
materia
di
tattica
e
soprattutto
di
dare
un
valore
relativo
e
secondario
al
catastrofismo
.
Nessuno
pensava
di
attentare
ai
fondamenti
del
sistema
cui
tutti
professavano
ossequio
.
Bernstein
non
ha
mai
pensato
di
contrapporsi
a
Marx
.
La
revisione
voleva
mantenersi
interna
al
sistema
e
procedere
cautamente
con
l
'
aiuto
di
innumeri
citazioni
marxiste
,
per
sostituire
al
Marx
tutto
angoli
e
spigoli
della
tradizione
ortodossa
,
un
Marx
più
complesso
ed
umano
.
Non
bisogna
credere
che
a
questo
risultato
essi
siano
giunti
solo
per
abilità
dialettica
,
attraverso
aprioristiche
interpretazioni
.
Essi
furono
potentemente
aiutati
-
-
e
sino
a
un
certo
punto
giustificati
-
-
dalla
straordinaria
complessità
della
personalità
di
Marx
,
il
cui
svolgimento
intimo
ebbero
il
merito
di
rivelare
.
Marx
non
si
esaurisce
nel
marxismo
e
per
molti
lati
anzi
lo
confuta
.
In
tutta
la
vita
di
Marx
-
-
e
di
riflesso
anche
nei
suoi
scritti
-
-
fondamentale
è
il
contrasto
tra
sentimento
e
ragione
,
scienza
e
fede
.
C
'
è
in
Marx
uno
spirito
eternamente
giovane
e
ribelle
-
-
spirito
di
moralista
,
di
apostolo
,
di
combattente
-
-
che
pare
prendersi
beffe
del
gelido
scienziato
.
Secondo
il
classico
dramma
di
tutti
gli
intellettuali
cui
è
preclusa
l
'
azione
,
gli
stimoli
repressi
reagirono
sulla
sfera
teoretica
,
degenerandola
.
Nonostante
la
condanna
d
'
ogni
slancio
etico
e
d
'
ogni
impeto
di
fede
,
Marx
non
pervenne
mai
,
anche
nei
ragionamenti
più
aridi
e
astrusi
del
Capitale
,
a
celare
il
calore
religioso
di
una
fede
preesistente
al
sistema
.
Col
risalire
dal
sistema
all
'
autore
,
col
ricostruire
le
fasi
attraverso
le
quali
il
suo
pensiero
passò
,
coll
'
insistere
abilmente
sulle
esperienze
e
influenze
giovanili
,
e
coll
'
interpretare
poi
,
alla
luce
di
questi
più
complessi
elementi
,
i
secchi
teoremi
marxisti
,
non
riuscì
difficile
ai
revisionisti
dimostrare
il
semplicismo
e
l
'
unilateralità
della
interpretazione
sino
allora
corrente
.
Vagliando
ogni
parola
,
richiamando
ogni
precedente
,
gli
stati
d
'
animo
,
le
concrete
situazioni
storiche
,
finirono
per
complicare
inverosimilmente
le
discussioni
;
e
dove
Marx
aveva
usato
parole
lapidarie
e
proposizioni
perentorie
,
introdussero
il
bacillo
del
dubbio
.
Ma
...
chi
gladio
ferit
,
gladio
perit
.
Il
marxismo
è
una
costruzione
dogmatica
,
non
sopporta
il
bacillo
critico
.
Anche
il
revisionismo
,
nonostante
tutte
le
cautele
,
attenuazioni
,
riserve
,
non
poté
sottrarsi
al
fato
di
tutte
le
eresie
:
che
cominciano
appunto
con
riserve
di
carattere
marginale
per
finire
con
la
totale
sovversione
.
Ciò
che
conta
in
questi
casi
non
è
il
proposito
,
ma
il
metodo
.
E
il
metodo
impiegato
dai
revisionisti
fu
singolarmente
distruttivo
.
In
poco
tempo
le
divergenze
,
che
erano
secondarie
,
si
fecero
insuperabili
.
Dalle
questioni
d
'
ordine
pratico
e
tattico
fu
giuocoforza
passare
alle
questioni
più
generali
fino
a
che
non
si
giunse
ad
impugnare
la
stessa
teoria
del
materialismo
storico
,
perno
del
sistema
.
Invano
i
revisionisti
tentarono
di
attenuare
la
profondità
dall
'
erosione
compiuta
,
rifiutandosi
di
erigere
un
bilancio
conclusivo
e
continuando
a
proclamare
il
loro
sostanziale
conformismo
.
Il
bilancio
lo
fecero
gli
ortodossi
e
specialmente
gli
scrittori
borghesi
:
ed
era
un
bilancio
quasi
fallimentare
.
Per
rendersi
conto
della
gravità
della
frana
basterà
fare
un
cenno
sommario
della
posizione
che
vennero
assumendo
intorno
al
'900
i
due
più
tipici
esponenti
del
movimento
revisionistico
:
Bernstein
e
Sorel
.
Bernstein
iniziava
il
suo
libro
famoso
(
Die
Voraussetzungen
des
Sozialismus
)
dichiarando
di
condividere
le
premesse
filosofiche
del
marxismo
e
rivendicandone
il
carattere
altamente
scientifico
.
Suo
scopo
era
solo
quello
di
«
chiarirne
»
ed
«
allargarne
»
la
portata
,
fondando
su
basi
infrangibili
i
principi
della
nuova
scienza
socialista
.
In
questa
scienza
marxista
distingueva
una
parte
pura
,
intangibile
-
-
il
materialismo
storico
-
-
da
una
parte
applicata
,
la
quale
invece
era
suscettibile
di
modificazioni
senza
danno
ai
principi
.
Quando
però
passò
alla
determinazione
di
questa
parte
pura
cominciarono
i
guai
.
Col
pretesto
che
Marx
era
stato
talvolta
tradito
dall
'
espressione
e
che
,
come
tutti
i
novatori
,
aveva
esposto
in
modo
troppo
unilaterale
la
nuova
teoria
,
la
adulterò
siffattamente
da
renderla
irriconoscibile
.
Bernstein
ad
esempio
affermava
«
la
necessità
di
rendere
piena
ragione
,
accanto
alle
forze
e
ai
rapporti
produttivi
,
alle
idee
di
diritto
e
di
morale
,
alle
tradizioni
storiche
e
religiose
,
agli
influssi
geografici
,
a
quelli
della
natura
e
del
tempo
in
cui
rientrano
»
-
-
si
noti
l
'
abilità
di
questa
inclusione
in
sordina
-
-
«
la
natura
e
le
tendenze
spirituali
dell
'
uomo
»
.
Sosteneva
inoltre
che
nella
società
moderna
va
ognora
crescendo
la
capacità
di
guidare
lo
sviluppo
economico
,
appunto
per
la
maggiore
conoscenza
che
abbiamo
di
questo
sviluppo
;
così
che
individui
e
gruppi
riescono
a
sottrarre
una
parte
sempre
maggiore
della
loro
esistenza
all
'
influsso
di
una
necessità
affermantesi
contro
o
senza
il
loro
volere
.
E
concludeva
asserendo
che
in
fatto
di
ideologia
,
altrettanto
reale
dell
'
economia
,
la
società
moderna
è
più
ricca
delle
società
preesistenti
,
appunto
perché
il
nesso
causale
tra
sviluppo
tecnico
economico
e
sviluppo
delle
tendenze
sociali
si
fa
sempre
più
indiretto
.
Osservazioni
sacrosante
,
ormai
accettate
tacitamente
da
tutti
i
socialisti
contemporanei
;
ma
verità
che
davvero
non
possono
dedursi
dalle
premesse
marxiste
.
Ma
non
basta
.
Bernstein
,
che
pure
si
professava
,
nella
sostanza
,
marxista
al
cento
per
cento
,
patrocinava
nel
suo
libro
nientemeno
che
l
'
abbandono
...
dell
'
idea
di
necessità
storica
.
Di
quella
idea
,
egli
commentava
,
che
dà
l
'
illusione
che
il
mondo
cammini
verso
un
regime
predestinato
.
E
la
sosteneva
,
naturalmente
,
sulla
base
di
quelle
troppo
famose
note
giovanili
di
Marx
a
Feuerbach
,
che
sono
il
punto
di
partenza
e
d
'
arrivo
di
tutto
quanto
il
revisionismo
.
La
ingenuità
di
Bernstein
rasentava
addirittura
l
'
incredibile
quando
faceva
mostra
di
credere
che
la
sua
non
era
che
«
una
interpretazione
diversa
,
una
forma
attenuata
di
esposizione
,
che
non
intaccava
in
nulla
l
'
unità
del
sistema
e
anzi
ne
aumentava
la
«
scientificità
»
(
sic
!
)
«
Il
problema
starebbe
ormai
solo
-
-
così
egli
concludeva
-
-
nell
'
assodare
con
precisione
il
rapporto
quantitativo
dei
fattori
,
delle
forze
storiche
predominanti
»
.
Caspita
,
ma
se
era
proprio
questo
il
problema
che
Marx
si
vantava
di
aver
risolto
categoricamente
.
Sorel
(
mi
riferisco
al
Sorel
gradualista
,
prima
dei
suo
passaggio
al
sindacalismo
)
è
ancora
più
franco
e
radicale
.
Egli
addirittura
negava
l
'
esistenza
di
un
«
sistema
»
marxista
e
si
prendeva
beffe
dei
credenti
nel
socialismo
«
scientifico
»
.
Respingeva
l
'
interpretazione
deterministica
della
dottrina
materialistica
della
storia
,
non
accettava
la
teoria
della
omogeneità
della
classe
proletaria
-
-
anzi
negava
che
le
classi
fossero
due
e
necessariamente
contrastanti
-
-
insisteva
sulle
influenze
della
razza
,
delle
condizioni
storiche
,
dello
sviluppo
intellettuale
,
si
rifiutava
di
credere
ad
una
incorreggibile
anarchia
capitalistica
,
negava
la
teoria
catastrofica
,
stimava
erronea
la
teoria
del
valore
,
rivendicava
la
somma
importanza
dei
problemi
morali
,
rivelava
i
residui
utopistici
nelle
previsioni
marxiste
,
giudicava
Marx
storico
deficientissimo
dal
lato
metodologico
e
psicologico
e
addirittura
metteva
in
dubbio
l
'
originalità
del
Maestro
...
Anch
'
egli
stimava
di
poter
fare
queste
critiche
nel
nome
stesso
di
Marx
,
o
per
lo
meno
in
nome
dello
spirito
della
sua
dottrina
,
incompreso
dagli
sciocchi
scolari
.
Era
contrario
allo
«
spirito
»
di
Marx
voler
determinare
,
in
modo
universale
,
l
'
influenza
delle
forze
produttive
nella
storia
.
Tanto
più
che
il
marxismo
nulla
spiega
intorno
allo
sviluppo
della
tecnologia
,
la
cui
storia
è
piena
di
contingenza
e
di
azzardo
.
Ma
quando
pure
si
possedessero
tali
principi
,
essi
non
servirebbero
gran
che
,
perché
bisognerebbe
poi
scoprire
gli
altri
principi
in
virtù
dei
quali
le
forze
produttive
fanno
la
loro
apparizione
.
Non
bisogna
dimenticare
-
-
egli
ammoniva
-
-
che
le
forze
produttive
sono
generate
dagli
uomini
.
Per
Sorel
il
valore
del
materialismo
storico
era
solo
d
'
ordine
pratico
,
tattico
.
Volendo
essere
una
filosofia
dell
'
azione
,
era
utile
che
esagerasse
l
'
importanza
delle
cose
obbiettive
,
onde
evitare
le
false
manovre
dei
rivoluzionari
.
Marx
,
dice
Sorel
,
voleva
dare
un
consiglio
di
prudenza
ai
rivoluzionari
.
Per
ragioni
tattiche
e
psicologiche
,
per
raggiungere
cioè
il
massimo
effetto
,
gli
dette
«
la
forma
di
una
legge
assoluta
che
governa
la
storia
»
.
Spiegazione
indubbiamente
ingegnosa
che
Marx
avrebbe
fatto
assai
bene
a
fornirci
:
se
non
altro
per
risparmiarci
una
intera
biblioteca
esegetica
.
Ma
che
-
-
sia
detto
con
tutto
rispetto
per
Sorel
-
-
convince
assai
poco
.
In
verità
codesta
assurda
«
spiegazione
»
,
al
pari
delle
altre
molte
di
cui
è
ricca
la
letteratura
revisionistica
,
sta
a
documentare
in
modo
evidente
l
'
impaccio
e
il
disagio
sempre
più
gravi
in
cui
era
venuta
a
trovarsi
la
nuova
generazione
,
posta
di
fronte
al
problema
di
una
incondizionata
accettazione
dell
'
eredità
marxista
.
[
È
opportuno
non
trascurare
,
accanto
alla
critica
dei
filosofi
e
dei
sociologi
,
quelle
degli
economisti
,
da
Böhm
-
Bawerk
a
Pareto
.
Essi
attestano
i
numerosi
errori
,
sofismi
e
contraddizioni
del
Capitale
,
e
anche
la
parte
importante
avuta
da
Rodbertus
nell
'
elaborazione
delle
più
famose
teorie
.
Si
mise
in
discussione
la
definizione
del
valore
come
funzione
del
solo
lavoro
;
si
provò
l
'
insanabile
contraddizione
inerente
alla
fondamentale
tesi
marxista
(
cioè
che
il
capitale
variabile
produca
da
solo
il
plusvalore
)
;
si
negò
che
i
salari
fossero
connessi
al
minimo
di
sussistenza
.
In
apparenza
le
critiche
degli
economisti
qualificati
in
blocco
come
«
borghesi
»
,
non
provocarono
mai
altro
che
sdegni
e
ironie
nel
campo
dei
socialisti
«
scientifici
»
.
Ma
in
realtà
nessun
socialista
serio
,
dopo
queste
critiche
riprese
da
Bernstein
,
osò
più
fare
suoi
i
teoremi
economici
di
Marx
.
La
critica
era
stata
così
decisiva
,
che
nella
sua
Prefazione
alla
miseria
della
filosofia
Engels
giunse
fino
ad
ammettere
che
il
principio
del
plusvalore
non
era
essenziale
alla
concezione
scientifica
del
socialismo
,
dal
momento
che
Marx
aveva
fondato
la
rivendicazione
comunista
sulla
rovina
necessaria
del
sistema
di
produzione
capitalista
.
La
nuova
scuola
dell
'
utilità
marginale
,
ignorata
da
Marx
benché
nata
molto
tempo
prima
della
sua
morte
,
aveva
convertito
la
maggior
parte
degli
economisti
socialisti
.
Tuttavia
Engels
fini
con
l
'
ammettere
che
era
ugualmente
possibile
costruire
il
socialismo
sulla
teoria
del
grado
dell
'
utilità
finale
.
Si
contentava
di
aggiungere
che
si
trattava
di
un
socialismo
volgare
.
]
Che
rimaneva
in
piedi
,
dopo
l
'
ondata
critica
,
del
sistema
marxista
?
L
'
unità
del
sistema
risultava
spezzata
.
Il
materialismo
storico
era
trasformato
in
una
eclettica
quanto
generica
teoria
storiografica
che
abbracciava
tutto
e
non
stringeva
nulla
,
il
cui
valore
,
come
guida
del
concreto
moto
socialista
si
riduceva
pressapoco
a
pzero
.
Il
revisionismo
rigettava
il
determinismo
,
dichiarava
gli
uomini
,
nella
totalità
del
loro
essere
-
-
e
non
quali
meri
elementi
del
processo
produttivo
-
-
al
centro
del
processo
storico
;
sostituiva
al
rapporto
di
dipendenza
tra
economia
e
ideologia
e
,
più
precisamente
,
tra
forze
e
rapporti
produttivi
e
rapporti
sociali
,
un
legame
di
complessa
interdipendenza
,
pur
riconoscendo
,
specie
per
le
epoche
trascorse
,
la
estrema
importanza
del
fattore
economico
;
rigettava
la
teoria
del
valore
pur
in
sede
di
stretta
economia
pur
difendendone
l
'
assunto
in
sede
etica
e
giuridica
;
non
credeva
alla
fatalità
dell
'
avvento
,
né
alla
funzione
levatrice
della
violenza
e
della
dittatura
;
statistiche
alla
mano
dimostrava
errate
le
famose
leggi
di
concentramento
della
ricchezza
in
poche
mani
,
di
immiserimento
crescente
,
di
proletarizzazione
;
negava
l
'
inasprirsi
dei
rapporti
sociali
e
anzi
segnalava
in
tutti
i
paesi
una
trasformazione
in
senso
democratico
cui
non
rimaneva
estranea
la
borghesia
,
vieppiù
aperta
alle
necessità
nuove
.
La
socialdemocrazia
,
diceva
Bernstein
in
conclusione
,
dovrà
preoccuparsi
più
dei
compiti
prossimi
che
dei
fini
ultimi
;
i
quali
fini
ultimi
-
-
conquista
del
potere
politico
,
espropriazione
dei
capitalisti
-
-
non
sono
per
nulla
fini
ultimi
,
ma
semplici
mezzi
per
il
conseguimento
di
determinate
mete
e
aspirazioni
.
La
nuova
formula
è
:
il
moto
è
tutto
,
il
fine
è
nulla
.
«
Occorre
-
-
egli
scriveva
-
-
che
la
socialdemocrazia
abbia
il
coraggio
di
emanciparsi
dalla
fraseologia
del
passato
per
voler
apparire
ciò
che
essa
è
in
realtà
:
un
partito
di
riforme
democratiche
e
socialiste
»
.
Questo
per
il
revisionismo
di
destra
.
V
'
era
poi
-
-
anche
se
meno
profondo
e
originale
-
-
un
revisionismo
di
sinistra
.
Insomma
il
marxismo
come
sistema
organico
,
dal
significato
categorico
e
univoco
,
era
finito
.
Ormai
molteplici
correnti
politiche
e
culturali
potevano
legittimamente
richiamarsi
a
Marx
;
l
'
attributo
«
marxista
»
si
faceva
sempre
più
generico
e
vago
.
Deterministi
e
volontaristi
,
riformisti
e
rivoluzionari
,
si
contendono
aspramente
l
'
eredità
del
Maestro
.
Più
accessibili
allo
stretto
determinismo
gli
economisti
;
più
disposti
alle
tesi
volontaristiche
i
filosofi
e
gli
agitatori
.
Marxista
Loria
,
marxista
Sorel
;
marxista
Lenin
,
marxista
Turati
,
marxista
il
politico
che
addita
nella
teoria
della
lotta
di
classe
il
contributo
essenziale
,
marxista
lo
storico
e
il
sociologo
che
accetta
il
materialismo
storico
spoglio
d
'
ogni
connessione
con
la
fede
nell
'
avvento
socialista
.
Per
gli
uni
si
tratta
di
una
concezione
che
illumina
di
nuova
luce
tutti
i
lati
della
speculazione
umana
,
dando
vita
a
una
filosofia
,
una
economia
,
una
storia
,
un
diritto
,
una
estetica
...
marxisti
;
per
altri
di
un
mero
canone
storiografico
oppure
di
un
insieme
di
osservazioni
e
di
previsioni
tendenziali
non
degne
di
assurgere
al
rango
di
filosofia
.
Una
piccola
torre
di
Babele
che
ha
permesso
a
tesi
e
a
correnti
contraddittorie
di
ornarsi
della
paternità
illustre
di
Marx
,
alimentando
una
polemica
ognora
più
sterile
e
inconcludente
.
Per
noi
,
della
generazione
successiva
,
venuti
al
socialismo
e
al
marxismo
attraverso
tutta
una
letteratura
critica
e
con
la
precisa
nozione
di
una
somma
grandiosa
di
esperienze
,
ciò
riesce
tutt
'
altro
che
nuovo
e
non
suscita
né
smarrimenti
né
crisi
.
Ma
per
i
vecchi
conformisti
del
tempo
,
usi
a
ragionare
solo
e
sempre
con
la
mediazione
marxista
,
fu
una
mezza
rivoluzione
spirituale
.
Essi
non
potevano
adattarsi
a
rivedere
quel
patrimonio
intellettuale
che
aveva
formato
la
gloria
della
loro
giovinezza
;
e
anche
quando
convenivano
nel
loro
intimo
della
necessità
di
una
sia
pur
cauta
revisione
,
si
sentivano
rattenuti
,
prigioni
della
propaganda
iniziale
,
necessariamente
mitica
secondo
il
bisogno
delle
folle
ancor
vergini
.
Di
fronte
alla
frana
così
minacciosa
reagirono
energicamente
col
Kautsky
alla
testa
.
Sostenuti
dal
conservatorismo
ideologico
e
,
più
che
ideologico
,
fraseologico
,
dei
militanti
presso
i
quali
immenso
era
il
prestigio
di
Marx
,
accusarono
i
revisionisti
di
attentare
al
mito
,
compromettere
i
fini
ultimi
,
cancellare
ogni
sostanziale
differenza
col
radicalismo
borghese
,
spegnere
la
fede
e
l
'
entusiasmo
delle
masse
col
rimandare
alle
calende
greche
la
possibilità
della
emancipazione
integrale
,
condividere
le
critiche
interessate
degli
scrittori
«
borghesi
»
,
dando
così
nuova
vita
a
quelle
correnti
degenerate
del
socialismo
piccolo
borghese
,
già
tanto
aspramente
fustigate
da
Marx
.
I
revisionisti
,
travolti
,
specie
in
Germania
,
Mecca
del
marxismo
,
dalla
condanna
quasi
unanime
dei
congressi
,
e
sinceramente
desiderosi
di
mantenere
l
'
unità
del
movimento
operaio
-
-
che
era
poi
ciò
che
loro
più
premeva
,
ben
sapendo
che
esso
si
sarebbe
presto
incaricato
di
fare
le
loro
vendette
-
-
ripiegarono
su
posizioni
teoriche
meno
attaccabili
e
si
arresero
disciplinatamente
al
verdetto
della
maggioranza
.
Anziché
proseguire
la
battaglia
sino
alle
conseguenze
ultime
per
liberare
il
socialismo
politico
dall
'
incapsulamento
marxista
,
preferirono
tacere
o
nascondere
le
loro
gravi
riserve
entro
le
pieghe
sottili
di
una
mera
quistione
interpretativa
.
Dal
loro
canto
i
marxisti
puri
,
pur
dominando
nei
congressi
,
sentivano
chiaramente
che
era
impossibile
scomunicare
il
moto
operaio
e
la
nuova
realtà
economica
su
cui
questo
si
innestava
;
né
conveniva
abbandonare
a
loro
stessi
i
giovani
,
col
rischio
di
farli
precipitare
nella
eresia
più
completa
.
Anche
agli
occhi
loro
la
conciliazione
si
imponeva
.
Urgeva
la
saldatura
.
Se
non
bisognava
avvalorare
la
tesi
peccaminosa
che
la
dottrina
marxista
fosse
superata
nei
suoi
fondamenti
essenziali
,
non
bisognava
neppure
restare
tetragoni
alle
nuove
esperienze
.
Le
posizioni
revisionistiche
ed
ortodosse
vennero
così
artificiosamente
riavvicinandosi
.
Gli
uni
e
gli
altri
consentirono
nel
riconoscere
che
il
marxismo
non
era
una
teoria
perfettamente
definita
e
rifinita
in
tutti
i
suoi
particolari
.
C
'
era
un
nocciolo
fondamentale
intangibile
che
nessuno
si
incaricava
di
fissare
chiaramente
;
ma
da
esso
potevansi
derivare
conclusioni
pratiche
discordanti
che
non
impegnavano
i
principi
.
Si
era
predicata
alle
masse
la
rivoluzione
a
breve
scadenza
,
l
'
intransigenza
,
la
sfiducia
nelle
armi
legali
e
nelle
riforme
in
nome
di
Marx
.
Ebbene
ora
si
predicherebbe
il
gradualismo
,
la
fede
nelle
istituzioni
democratiche
e
nelle
riforme
,
in
nome
di
Marx
,
di
un
Marx
riveduto
,
integrato
,
ammansito
.
L
'
importante
era
pur
sempre
potersi
richiamare
a
Marx
:
salvare
la
tradizione
,
evitare
che
gli
estremisti
potessero
monopolizzare
il
suo
nome
,
dimostrare
ai
fedeli
che
nulla
di
sostanziale
era
mutato
,
che
si
sacrificava
talvolta
la
lettera
,
ma
per
salvare
lo
spirito
immortale
.
Ciò
avveniva
nei
primi
anni
del
nuovo
secolo
per
un
processo
talmente
spontaneo
e
diffuso
che
evidentemente
rispondeva
a
profonde
ragioni
d
'
essere
del
movimento
che
vano
sarebbe
qui
criticare
troppo
acerbamente
.
Solo
è
lecito
considerarne
sinteticamente
gli
effetti
.
E
gli
effetti
furono
che
i
frutti
della
battaglia
revisionistica
andarono
in
gran
parte
perduti
.
Quando
proprio
sembrava
che
la
élite
della
nuova
generazione
fosse
per
emanciparsi
dalla
servitù
marxista
,
essa
rientrava
,
solo
armata
di
qualche
riserva
formale
,
nel
solco
tradizionale
.
Fu
una
conciliazione
(
tra
teoria
e
realtà
,
e
tra
revisionisti
e
ortodossi
)
tutta
esteriore
,
apparente
,
in
funzione
delle
contingenze
e
del
prevalere
delle
tendenze
:
e
non
il
superamento
di
una
crisi
che
avrebbe
dovuto
svolgersi
,
prima
e
soprattutto
,
nell
'
intimo
delle
coscienze
.
Nei
rivoluzionari
fu
un
fenomeno
di
ipocrisia
o
di
cecità
;
nei
riformisti
di
debolezza
.
Fu
imboccata
la
via
della
minor
resistenza
,
la
via
equivoca
degli
adattamenti
e
della
casuistica
.
La
querela
si
fece
scolastica
,
scontentò
e
allontanò
i
migliori
,
diseducò
,
o
meglio
,
non
educò
le
masse
,
e
vietò
per
troppi
anni
ancora
quella
coraggiosa
chiarificazione
ideologica
che
è
oggi
condizione
sine
qua
non
per
una
gagliarda
ripresa
socialista
.
CAPITOLO
III
MARXISMO
E
REVISIONISMO
IN
ITALIA
Il
socialismo
italiano
nasce
,
come
moto
di
masse
,
tra
il
'90
e
il
'900
,
nel
segno
di
Marx
.
Prima
s
'
erano
avuti
conati
di
rivolta
tra
le
miserabilissime
plebi
rurali
e
una
larga
,
tumultuosa
propaganda
internazionalistica
a
carattere
anarchicheggiante
in
molti
centri
italiani
,
specie
del
meridione
.
Il
moto
operaio
,
aspramente
perseguitato
e
incompreso
,
solo
nel
nord
aveva
compiuto
qualche
progresso
fornendo
,
col
partito
operaio
,
una
prima
timida
esperienza
di
movimento
politico
autonomo
della
classe
operaia
.
Eccettuata
l
'
infanzia
,
si
può
dire
che
la
storia
ideologica
del
socialismo
italiano
si
svolga
sulla
medesima
linea
dei
movimenti
socialisti
d
'
oltr
'
Alpe
,
di
quello
germanico
in
particolare
.
Con
questo
notabile
:
che
il
marxismo
in
Italia
fu
,
tutto
sommato
,
fenomeno
di
artificiosa
importazione
che
mai
riuscì
ad
impregnare
nel
profondo
il
moto
socialista
.
Nel
moto
italiano
vi
fu
sempre
un
distacco
tra
teoria
e
pratica
,
programmi
e
azione
;
e
quando
finalmente
si
adeguò
l
'
una
all
'
altra
,
ci
si
avvide
che
la
teoria
si
era
volatizzata
e
la
pratica
tendeva
a
risolversi
in
un
riformismo
fiacco
e
analitico
,
viziato
da
una
paternalistica
concezione
dello
Stato
.
L
'
eresia
si
alimentò
dapprima
nelle
cose
,
nel
moto
,
in
quello
contadino
in
specie
;
e
solo
col
nuovo
secolo
investì
-
-
attraverso
violente
ed
inesauste
polemiche
-
-
la
teoria
,
spezzando
la
compagine
del
socialismo
politico
.
L
'
Italia
male
si
prestava
ad
un
innesto
di
socialismo
marxista
.
Immensa
plebe
rurale
,
legata
ancora
alla
gleba
e
al
prete
,
con
vastissime
oasi
artigiane
e
rare
avanguardie
proletarie
e
capitaliste
,
il
problema
per
essa
non
consisteva
nell
'
avviamento
al
socialismo
,
ma
nell
'
avviamento
al
capitalismo
e
alla
vita
moderna
.
Il
popolo
,
corrotto
da
servitù
secolari
,
rimasto
estraneo
a
tutto
il
processo
del
Risorgimento
,
galleggiava
al
livello
della
sussistenza
fisica
e
morale
.
Difettava
nel
cittadino
,
costretto
a
una
lotta
asprissima
con
la
natura
,
il
senso
primordiale
della
dignità
e
della
libertà
,
e
la
adesione
attiva
,
per
via
di
lunghe
esperienze
e
fecondi
contrasti
,
alla
vita
collettiva
.
La
stessa
élite
intellettuale
del
tempo
,
ricca
di
valori
originali
,
era
viziata
da
una
educazione
prevalentemente
letteraria
ed
era
costretta
,
dai
troppo
chiusi
e
miseri
quadri
provinciali
,
ad
una
vita
stentata
.
Economia
,
psicologia
,
tradizione
,
tutto
opponevasi
ad
una
comprensione
piena
e
ad
una
fruttuosa
applicazione
del
socialismo
marxista
.
Garibaldi
assertore
del
materialismo
storico
,
ecco
il
socialismo
marxista
trasportato
in
Italia
!
Garibaldi
è
l
'
ultima
generazione
romantica
,
l
'
epigone
di
quella
larga
schiera
di
giovani
che
si
ricollegavano
idealmente
alla
epopea
del
Risorgimento
,
il
combattente
di
tutte
le
«
cause
»
da
Roma
a
Digione
a
Domokos
,
dove
morirono
volontari
socialisti
,
il
prototipo
dell
'
italiano
generoso
,
ribelle
,
squattrinato
ed
utopista
,
che
a
vent
'
anni
sputa
sul
mondo
e
sulla
vita
che
non
gli
concedono
la
degna
causa
per
la
bella
morte
.
Il
materialismo
storico
è
Marx
,
la
scienza
,
la
sapienza
,
la
disciplina
tedesca
,
la
ragione
armata
di
tutti
i
diritti
,
Bentham
e
Ricardo
,
Feuerbach
e
Hegel
,
l
'
economia
classica
e
l
'
aritmetica
utilitaria
,
il
determinismo
e
la
dialettica
;
ma
più
ancora
che
Marx
è
il
quadro
dell
'
Inghilterra
vittoriana
,
industriale
e
potente
,
che
avea
fornito
a
Marx
gli
elementi
induttivi
per
la
sua
costruzione
.
È
da
cotesto
impasto
che
nacque
il
socialismo
politico
italiano
,
ad
opera
di
un
gruppo
di
giovani
universitari
di
grandissimo
ingegno
e
generoso
cuore
,
raccolti
attorno
a
una
rivista
-
-
«
La
Critica
sociale
»
-
-
che
fu
per
trent
'
anni
l
'
autorevole
divulgatrice
del
verbo
marxista
e
certo
una
delle
più
belle
riviste
sociali
d
'
Europa
.
Eran
venuti
al
socialismo
per
impulso
sentimentale
,
offesi
dalle
ingiustizie
e
bassezze
della
vita
italiana
ancora
avvolta
nelle
spire
di
un
feudalesimo
economico
e
politico
,
e
dal
rapido
corrompersi
degli
uomini
e
degli
ideali
del
Risorgimento
;
ed
eran
bramosi
di
una
luce
dall
'
alto
,
di
un
fuoco
per
le
loro
anime
,
di
un
fine
che
avesse
valore
universale
ed
etico
.
Ma
erano
altrettanto
ansiosi
di
giustificarsi
razionalmente
in
omaggio
allo
scientificismo
e
positivismo
di
moda
,
e
per
la
repulsione
che
in
loro
provocava
il
facilonismo
e
la
demagogia
dei
rivoluzionari
allora
imperanti
.
Non
li
poteva
soddisfare
l
'
angusta
ed
empirica
visione
che
aveva
dominato
il
piccolo
partito
operaio
e
tanto
meno
l
'
utopismo
libertario
dei
seguaci
di
Bakunin
;
Mazzini
era
morto
da
un
pezzo
,
e
il
suo
astratto
moralismo
,
reso
insopportabile
dal
settarismo
degli
scolari
e
dalla
tragedia
fisica
e
morale
in
cui
versava
la
più
gran
parte
dei
lavoratori
,
non
reggeva
alla
loro
critica
realistica
scaturente
dai
fatti
;
la
piccola
nobile
vena
del
socialismo
maloniano
,
con
la
sua
onesta
povertà
di
motivi
e
la
eccessiva
ecletticità
e
vacuità
di
contorni
,
non
era
certamente
fatta
per
acquetare
palati
cosi
fini
e
scaltriti
,
aperti
alle
nuove
correnti
della
cultura
.
Il
marxismo
,
riassumendo
in
sé
i
più
audaci
sviluppi
del
pensiero
del
secolo
,
soddisfece
ampiamente
la
loro
sete
.
Esso
portava
nella
piccola
vita
italiana
l
'
eco
viva
e
sovvertitrice
dei
problemi
e
delle
lotte
europee
,
colmando
,
almeno
nel
regno
delle
idee
,
quel
penoso
distacco
tra
Italia
ed
Europa
che
esisteva
nel
regno
dei
fatti
e
della
ricchezza
.
Darsi
al
marxismo
equivaleva
a
tuffarsi
in
mare
aperto
dopo
aver
starnazzato
nello
stagno
,
tanto
sostanzioso
riusciva
quello
spregiudicato
realismo
dopo
tutto
il
fumo
ideologico
e
patriottardo
.
Come
sempre
avviene
degli
ideali
che
la
loro
effettuazione
contamina
,
alla
grande
fiammata
del
Risorgimento
aveva
tenuto
dietro
in
Italia
una
delusione
immensa
.
Per
la
nuova
generazione
l
'
unità
era
un
dato
acquisito
di
cui
ogni
giorno
di
più
si
criticavano
il
processo
e
i
risultati
:
altr
'
esca
,
altro
ideale
,
si
richiedeva
in
quegli
anni
.
L
'
ideale
universale
del
socialismo
permetteva
di
trascendere
i
magri
confini
dell
'
orizzonte
italiano
per
ricollegarsi
tangibilmente
alle
più
solenni
esperienze
sociali
e
socialiste
in
corso
,
a
quella
germanica
in
specie
,
che
la
lotta
vittoriosa
contro
le
leggi
di
eccezione
cingeva
in
quegli
anni
di
fulgida
aureola
.
Si
aggiunga
inoltre
una
certa
tal
quale
disposizione
italica
ad
accogliere
con
straordinario
interesse
i
prodotti
spirituali
stranieri
e
non
sarà
difficile
spiegarsi
la
conversione
clamorosa
al
marxismo
di
tutto
il
meglio
della
giovane
generazione
.
Benedetto
Croce
,
nella
Storia
d
'
Italia
,
ha
dato
di
questa
conversione
un
quadro
inobliabile
.
Egli
ha
reso
un
alto
omaggio
al
marxismo
che
venne
in
quegli
anni
a
riempire
il
vuoto
che
vaneggiava
nel
pensiero
e
negli
ideali
italiani
,
contribuendo
possentemente
alla
rinascita
morale
e
culturale
del
paese
.
A
quarant
'
anni
di
distanza
,
evoluto
verso
un
conservatorismo
illuminato
,
egli
non
esita
a
confessare
che
pur
non
accettando
oggi
il
marxismo
,
è
lieto
di
esserci
passato
attraverso
e
che
,
se
non
vi
fosse
passato
,
avvertirebbe
come
una
lacuna
nella
mente
.
Si
comprende
quindi
agevolmente
come
tutta
la
nuova
generazione
si
convertisse
d
'
emblée
al
marxismo
.
Ma
mentre
in
lui
l
'
esperienza
marxista
ebbe
soprattutto
un
valore
critico
e
si
risolse
in
una
lezione
di
realismo
storico
,
per
gli
altri
,
militanti
entusiasti
,
assurse
al
rango
di
filosofia
ultima
,
definitiva
,
al
servizio
di
un
programma
di
partito
.
Il
bandolo
dell
'
umana
matassa
sembrava
ritrovato
una
volta
per
sempre
,
ogni
dubbio
eliminato
.
Non
si
trattava
ormai
che
di
passare
alla
pratica
applicazione
,
di
lavorare
in
una
direzione
ben
nota
.
Grado
a
grado
anche
i
migliori
si
abituarono
a
ragionare
sempre
con
la
mediazione
marxista
e
persero
ogni
vera
autonomia
e
originalità
di
pensiero
.
Coll
'
inserirvi
preoccupazioni
e
metodi
che
vi
repugnavano
si
perse
gradualmente
anche
l
'
intimo
contatto
con
la
realtà
del
paese
;
e
si
ruppe
bruscamente
quella
sia
pur
scarna
tradizione
socialista
paesana
che
aveva
avuto
nel
Mazzini
e
nel
Cattaneo
i
suoi
principali
esponenti
.
Nella
furia
dell
'
ora
e
delle
persecuzioni
i
giovani
,
sopraffatti
dalle
necessità
dell
'
apostolato
,
che
fu
davvero
mirabile
in
quegli
anni
,
non
ebbero
modo
di
approfondire
i
nuovi
valori
.
La
fantasia
,
sollecitata
dalle
sciabole
e
dalle
manette
durante
la
duplice
reazione
di
Crispi
e
di
Pelloux
(
'94
,
'98
)
,
precipitò
naturalmente
agli
estremi
del
mito
,
al
sogno
di
una
trasformazione
apocalittica
nel
breve
spazio
di
una
generazione
.
Era
,
se
si
vuole
,
un
marxismo
spurio
,
codesto
;
ma
la
degenerazione
,
se
vi
fu
,
non
fu
certo
nel
senso
di
una
maggiore
elasticità
ed
indulgenza
nell
'
applicazione
;
ché
anzi
si
basò
gran
parte
della
propaganda
sul
tallone
d
'
Achille
del
sistema
,
il
catastrofismo
.
Ciò
che
colpiva
le
menti
non
era
la
nota
relativistica
,
storicista
;
bensì
l
'
aspetto
messianico
,
la
certezza
nel
rapido
inevitabile
trapasso
.
Anche
il
Turati
accedette
sin
verso
il
'98
a
questa
visione
schematica
e
ingenua
;
e
quando
poi
tentò
di
placare
tanto
ardore
di
illusioni
,
si
trovò
ad
urtare
contro
la
incrostazione
pseudo
teoretica
e
la
messianica
attesa
che
egli
stesso
,
in
perfetta
buona
fede
,
aveva
concorso
a
creare
.
La
crisi
del
'900
,
dopo
la
uccisione
di
re
Umberto
,
pose
fine
drammaticamente
a
un
eccezionale
stato
di
tensione
che
assai
aveva
contribuito
ad
alimentare
l
'
assolutezza
del
mito
.
L
'
orizzonte
che
pareva
chiuso
,
si
squarciò
;
il
moto
operaio
,
sino
allora
compresso
e
perseguitato
,
ricevette
,
col
memorando
sciopero
di
Genova
,
consacrazione
quasi
ufficiale
;
le
libertà
politiche
parvero
definitivamente
assicurate
.
Dal
1900
sin
verso
il
1904
si
assiste
in
Italia
a
un
dilagare
di
agitazioni
e
di
scioperi
,
mentre
una
febbre
di
vita
invade
il
paese
.
Le
orribili
condizioni
di
esistenza
dei
lavoratori
grandemente
migliorano
,
una
nuova
coscienza
sorge
in
ceti
sino
allora
abbrutiti
,
parlamenti
e
comuni
si
aprono
alle
nuove
forze
prementi
,
la
borghesia
si
mostra
sensibile
alle
esigenze
dei
tempi
.
Il
partito
passa
quasi
di
colpo
dal
bando
e
dall
'
ostruzionismo
al
ministerialismo
.
Nello
spazio
di
pochi
anni
Filippo
Turati
,
condannato
alla
galera
per
quattordici
anni
,
si
vede
sollecitato
ad
assumere
il
potere
;
e
Andrea
Costa
,
da
habitué
di
guardine
,
viene
promosso
alla
vicepresidenza
della
Camera
.
Il
mutamento
di
clima
fu
tale
che
non
poté
non
determinare
fortissimi
squilibri
e
contraccolpi
,
specie
tra
i
giovani
improvvisamente
disincantati
e
,
com
'
è
naturale
,
restii
a
far
proprio
,
senza
le
dovute
esperienze
,
il
subitaneo
ottimismo
e
legalitarismo
à
tout
prix
del
Turati
e
dei
capi
del
moto
operaio
.
Una
generazione
che
aveva
impostato
la
lotta
su
un
terreno
semplicistico
,
intransigente
,
rivoluzionario
,
si
trovava
posta
alla
testa
,
per
miracoloso
concorso
di
eventi
,
del
più
grande
movimento
di
masse
con
la
prospettiva
di
salire
al
governo
.
Quel
che
in
Inghilterra
era
costato
un
secolo
di
battaglie
dure
e
pazienti
in
un
ambiente
già
inciso
dalle
rivoluzioni
del
secolo
XVII
e
dalle
riforme
del
'32;
quel
che
in
Francia
era
frutto
della
formidabile
ondata
dell'89
e
delle
successive
crisi
rivoluzionarie
o
morali
del
'30'48'71'93'900
(
una
rivoluzione
,
in
sostanza
,
ogni
generazione
)
;
quel
che
in
Germania
si
ottenne
solo
nel
1918
dopo
lo
sconquasso
immane
della
guerra
;
in
Italia
si
era
ottenuto
-
-
o
ci
si
illudeva
di
avere
ottenuto
-
-
nell
'
éspace
d
'
un
matin
con
la
complicità
di
un
sovrano
che
si
diceva
aperto
ai
tempi
nuovi
e
di
un
paio
di
ministri
coraggiosi
.
In
questo
contrasto
nel
tempo
,
che
costringeva
i
pionieri
a
far
opera
di
raccoglitori
,
in
questa
fatale
immaturità
psicologica
e
tecnica
a
fronteggiare
i
compiti
nuovi
e
positivi
-
-
immaturità
di
cui
non
si
saprebbe
accusare
nessuno
-
-
sta
probabilmente
la
prima
ragione
della
crisi
che
,
a
cominciare
dal
1907908
circa
,
roderà
sempre
più
gravemente
il
socialismo
italiano
.
Io
mi
occupo
qui
della
crisi
intellettuale
.
Revisionismo
.
Anche
la
storia
,
breve
ma
intensa
,
del
revisionismo
italiano
,
ha
il
suo
inizio
intorno
al
'900
.
Per
l
'
innanzi
si
erano
avuti
notevoli
contributi
,
ma
per
lo
più
da
parte
di
elementi
estranei
al
movimento
,
che
non
influirono
gran
che
sulla
communis
opinio
socialista
del
tempo
,
ancora
pienamente
aderente
alla
lettera
del
sistema
marxista
.
Il
filosofo
napoletano
Antonio
Labriola
si
fece
in
Italia
,
in
due
memorabili
saggi
,
l
'
apologista
del
materialismo
storico
.
Egli
ebbe
soprattutto
riguardo
agli
aspetti
filosofici
della
dottrina
,
e
i
suoi
lavori
,
più
che
a
rivelare
o
a
superare
una
crisi
del
marxismo
di
cui
cominciavasi
a
discorrere
in
quegli
anni
,
furono
diretti
a
spazzar
via
gli
equivoci
(
Loria
)
,
le
grossolane
interpretazioni
(
la
materialistica
)
,
i
fallaci
raccostamenti
(
con
Darwin
e
Spencer
)
.
La
sua
fu
una
lezione
di
aristocratica
prudenza
ai
neofiti
del
marxismo
che
credevano
di
possedere
nella
teoria
del
materialismo
storico
un
facile
talismano
.
Egli
ammonì
che
la
famosa
sottostruttura
economica
,
determinatrice
di
tutti
gli
altri
fenomeni
sociali
,
non
è
un
semplice
meccanismo
dal
quale
emergono
,
quasi
fossero
effetti
meccanici
immediati
,
le
istituzioni
,
le
leggi
,
i
costumi
,
i
pensieri
,
i
sentimenti
,
le
ideologie
.
Con
molta
finezza
dimostrò
come
il
processo
di
derivazione
e
di
mediazione
fosse
assai
complicato
,
spesso
sottile
e
tortuoso
,
non
sempre
decifrabile
.
Persuaso
di
essere
l
'
unico
marxista
rigido
e
conseguente
che
contasse
l
'
Italia
,
nella
sua
corrispondenza
con
l
'
Engels
non
risparmiò
strali
ai
suoi
compagni
di
partito
accusati
di
non
penetrare
lo
spirito
della
dottrina
.
Il
che
non
gli
vietò
più
tardi
di
annoverarsi
tra
i
precursori
dell
'
espansionismo
coloniale
italiano
,
spostando
sul
piano
nazionale
l
'
interesse
che
aveva
portato
per
un
decennio
ai
problemi
della
lotta
di
classe
;
e
giustificandolo
con
la
tesi
,
molto
diffusa
in
Germania
,
che
il
colonialismo
fosse
una
fase
necessaria
dello
sviluppo
capitalistico
,
a
sua
volta
premessa
sine
qua
non
dell
'
avvento
socialistico
.
La
sua
influenza
si
accrebbe
assai
dopo
la
morte
prematura
e
dei
suoi
fini
-
-
forse
troppo
fini
e
talora
formali
-
-
contributi
esegetici
,
si
ritrovano
ampie
le
tracce
negli
studi
posteriori
,
specie
del
Mondolfo
.
La
critica
più
profonda
al
marxismo
è
dovuta
in
quegli
anni
ai
filosofi
(
Croce
,
Gentile
,
Chiappelli
)
che
preferirono
,
alla
discussione
logorante
sui
testi
,
lo
studio
sulle
derivazioni
ideologiche
del
Marx
(
Feuerbach
,
Hegel
)
e
sull
'
intrinseca
natura
della
sua
posizione
.
Benedetto
Croce
,
maestro
della
nuova
generazione
e
simpatizzante
col
nascente
movimento
,
rimane
indubbiamente
lo
spirito
più
vigoroso
che
si
sia
occupato
di
problemi
marxisti
.
Col
Bernstein
e
col
Sorel
(
che
introdusse
in
Italia
)
egli
costituisce
la
triade
che
massimamente
contribuì
al
progressivo
sgretolamento
del
sistema
.
Avendo
spogliato
il
materialismo
storico
d
'
ogni
sopravvivenza
di
finalità
e
di
disegni
provvidenziali
,
e
ridottane
la
portata
a
quella
di
un
semplice
canone
interpretativo
,
ancorché
ricco
di
suggestione
,
dimostrò
come
esso
non
potesse
dare
appoggio
né
al
socialismo
né
a
qualsiasi
altro
indirizzo
pratico
della
vita
.
Per
diventare
azione
-
-
sosteneva
Croce
-
-
esso
abbisognava
di
una
serie
di
complementi
etici
e
sentimentali
,
di
giudizi
morali
ed
entusiasmi
di
fede
:
e
giustamente
criticò
l
'
assurdo
relativismo
morale
professato
dai
socialisti
.
Egli
smantellò
le
posizioni
Loriane
,
tanto
in
voga
in
Italia
negli
ambienti
socialisti
,
corresse
arditamente
alla
luce
della
filosofia
idealistica
la
teoria
della
lotta
di
classe
(
la
storia
è
lotta
di
classi
quando
vi
sono
le
classi
e
hanno
coscienza
dei
loro
interessi
antagonistici
)
,
e
recò
una
serie
di
classici
saggi
alla
comprensione
e
alla
critica
della
teoria
del
valore
,
a
cui
negò
giustamente
valore
scientifico
.
La
revisione
crociana
,
che
il
suo
autore
stranamente
si
ostinò
a
considerare
pura
e
semplice
interpretazione
,
anticipò
in
sintesi
quasi
tutti
gli
svolgimenti
posteriori
della
critica
marxista
in
Italia
e
all
'
estero
;
e
,
specie
dopo
il
1900
,
contribuì
ad
allontanare
dal
movimento
,
ancora
ufficialmente
aderente
al
vangelo
marxista
e
materialista
,
non
pochi
elementi
di
élite
.
Mentre
,
in
ragione
stessa
della
sua
arditezza
,
del
suo
carattere
non
sistematico
,
e
soprattutto
della
non
ortodossa
sua
provenienza
,
non
incise
,
come
logicamente
avrebbe
dovuto
,
lo
stato
maggiore
socialista
.
Nessuno
parve
anzi
preoccuparsi
delle
ripercussioni
che
quel
forte
pensiero
avrebbe
avuto
sui
giovani
;
nessuno
si
attentò
a
rispondere
al
critico
suggestivo
e
dissolvente
;
era
idealista
...
e
tanto
bastava
.
E
così
avvenne
che
i
suoi
scritti
,
diffusissimi
in
Italia
,
siano
restati
a
tutt
'
oggi
inconfutati
,
probabilmente
perché
inconfutabili
.
I
due
tentativi
revisionistici
di
qualche
importanza
che
si
ebbero
dopo
il
'900
,
furono
il
riformista
e
il
sindacalista
rivoluzionario
,
che
,
a
malgrado
le
profonde
discordanze
pratiche
,
erano
mossi
da
preoccupazioni
di
ordine
simile
.
Entrambi
-
-
ma
più
il
secondo
che
il
primo
-
-
dichiaravano
necessaria
una
profonda
revisione
che
per
certi
lati
equivaleva
ad
un
abbandono
;
entrambi
,
antideterministi
,
tendevano
ad
una
rivalutazione
delle
forze
e
dei
valori
morali
.
Ma
entrambi
troppo
politici
,
troppo
settari
,
troppo
in
funzione
delle
accanite
lotte
di
tendenza
,
troppo
preoccupati
di
ricavare
ad
ogni
costo
dal
marxismo
elementi
di
conforto
delle
proprie
tesi
pratiche
.
In
una
prima
fase
,
sotto
l
'
impressione
della
libertà
di
fresco
conquistata
e
del
prorompente
moto
operaio
,
si
tentò
di
affermare
,
ad
opera
dei
migliori
elementi
della
vecchia
guardia
socialista
(
Bissolati
,
Bonomi
,
Cabrini
e
,
solo
in
parte
,
il
Turati
)
una
revisione
di
stile
bernsteiniano
,
con
qualche
accenno
a
una
possibile
esperienza
laburista
che
adeguasse
più
strettamente
il
movimento
alla
realtà
della
situazione
italiana
.
Ma
,
se
si
prescinde
da
studi
pregevoli
su
questo
o
quell
'
aspetto
della
dottrina
e
da
una
lodevole
preoccupazione
per
i
problemi
pratici
,
si
deve
riconoscere
che
la
revisione
riformista
italiana
,
professata
a
mezza
bocca
,
e
accompagnata
,
specie
dai
capi
politici
,
da
prudenti
riserve
e
distinzioni
,
non
solo
non
aggiunse
nulla
di
sostanziale
a
quanto
già
aveva
detto
il
Bernstein
,
ma
non
incise
menomamente
le
masse
.
Trattenuta
dal
timore
di
crisi
disincantatrici
e
di
speculazioni
estremiste
,
si
ostinò
,
ancor
più
del
Bernstein
,
in
una
insostenibile
rivendicazione
della
propria
purità
marxista
,
rifiutando
di
condurre
le
critiche
alla
loro
logica
conclusione
.
Sul
terreno
pratico
,
forse
indebolita
dal
rumoroso
e
sterile
atteggiamento
negativo
dei
rivoluzionari
,
finì
per
adattarsi
ad
una
azione
frammentaria
di
riforme
,
ad
una
politica
di
compromessi
e
transazioni
,
perdendo
ognora
più
di
vista
i
fini
più
generali
e
lontani
della
lotta
.
D
'
altronde
per
trionfare
essa
avrebbe
necessitato
l
'
adesione
di
larghe
correnti
giovanili
;
mentre
i
giovani
,
in
quegli
anni
,
se
socialisti
,
gravitavano
quasi
tutti
verso
l
'
ala
rivoluzionaria
e
,
in
particolar
modo
,
verso
quella
sindacalista
.
Inoltre
il
Bissolati
,
il
Bonomi
e
il
Salvemini
,
che
della
revisione
erano
stati
i
più
decisi
esponenti
,
si
allontanarono
o
furono
espulsi
dal
partito
e
persero
ogni
influenza
sulle
masse
.
Rimase
quasi
unico
il
Graziadei
,
fedele
alle
tesi
revisionistiche
anche
quando
,
dopo
vent
'
anni
,
passerà
al
comunismo
.
Il
merito
di
una
larga
ripresa
di
studi
marxistici
risale
in
quegli
anni
soprattutto
ai
sindacalisti
rivoluzionari
,
e
ai
due
giovanissimi
leaders
del
movimento
,
Arturo
Labriola
ed
Enrico
Leone
.
Sulle
pullulanti
riviste
dilagarono
gli
scritti
esegetici
e
le
discussioni
che
,
se
pur
viziate
da
troppo
evidente
apriorismo
e
disinvoltura
di
metodi
,
innegabilmente
rivelarono
indipendenza
di
giudizio
e
genialità
di
spunti
.
Labriola
più
d
'
ogni
altro
si
sforzò
,
con
le
risorse
di
un
ingegno
brillantissimo
,
di
coniare
una
interpretazione
nettamente
volontaristica
volta
a
fare
di
Marx
un
precursore
delle
tesi
sindacaliste
.
Ma
se
fu
eloquente
fu
assai
poco
convincente
,
e
mai
riuscì
a
dimostrare
che
Marx
avesse
,
non
dico
scritto
,
ma
anche
solo
pensato
,
ciò
che
egli
così
audacemente
attribuivagli
in
materia
di
idealismo
rivoluzionario
,
azione
diretta
,
federalismo
,
ecc
.
Purtroppo
il
movimento
si
risolse
,
in
pratica
,
in
una
disordinatissima
avventura
di
intellettuali
disoccupati
che
non
sapevano
piegarsi
alla
necessaria
disciplina
di
un
moto
di
masse
;
fuoco
fatuo
di
importazione
,
come
rapidamente
fiorì
,
cosi
rapidamente
decadde
,
lasciando
scarse
tracce
,
all
'
infuori
di
una
travolgente
rivendicazione
della
libertà
umana
nella
storia
,
comprensibile
reazione
al
piatto
fatalismo
dei
marxisti
puri
.
Molte
giovani
energie
che
vi
avevano
entusiasticamente
aderito
,
anche
per
certo
suo
garibaldinismo
e
fede
nella
violenza
creatrice
,
andarono
alla
deriva
o
passarono
ad
altri
movimenti
di
estrema
,
come
l
'
anarchico
e
il
sindacalistico
.
Svalutato
dal
clamoroso
insuccesso
pratico
e
dal
volgare
arrivismo
di
troppi
suoi
capi
,
cadde
così
nel
vuoto
questo
unico
tentativo
revisionistico
condotto
su
ampio
fronte
senza
infingimenti
e
calcoli
meschini
;
e
di
tanto
ne
sortì
rivalutato
il
vecchio
conformismo
che
additava
nella
scapigliatura
teoretica
le
ragioni
del
fallimento
in
sede
pratica
.
Dopo
di
esso
,
cioè
dopo
il
1908
,
non
è
più
il
caso
di
parlare
di
movimenti
revisionistici
;
quella
vivacità
di
studi
marxisti
che
si
era
avuta
sino
allora
decadde
;
e
solo
di
tanto
in
tanto
è
dato
imbattersi
in
qualche
libro
,
come
ad
esempio
quello
del
Salucci
,
che
riprendeva
i
motivi
del
revisionismo
bernsteiniano
con
maggiore
aderenza
alle
cose
italiane
,
tentando
una
conciliazione
tra
Marx
e
Mazzini
,
tra
economia
e
morale
.
Dal
1910
ai
giorni
nostri
un
solo
nome
di
vero
rilievo
si
incontra
nel
campo
della
esegesi
marxista
:
Rodolfo
Mondolfo
,
tempra
serena
e
conciliativa
di
studioso
,
cui
è
doveroso
dedicare
qualche
pagina
meno
frettolosa
per
due
motivi
egualmente
importanti
:
che
egli
riassume
in
sé
tutti
i
motivi
della
critica
anteriore
e
che
la
sua
esegesi
costituisce
tuttora
lo
strumento
massimo
,
per
non
dire
unico
,
della
educazione
marxista
delle
nuove
generazioni
italiane
.
Anche
il
Mondolfo
non
si
è
saputo
sottrarre
al
difetto
tipico
di
tutti
gli
scrittori
revisionisti
:
di
confezionare
un
Marx
di
maniera
,
estremamente
riveduto
e
corretto
,
di
far
rientrare
di
contrabbando
nel
suo
pensiero
-
-
mercè
dialettiche
acrobazie
e
sfoggio
di
erudizione
-
-
le
proprie
idee
e
le
nuove
esigenze
,
rinunciando
a
priori
ad
ogni
sviluppo
originale
;
di
rivedere
quel
pensiero
alla
luce
unilaterale
della
posizione
giovanile
del
suo
autore
,
rigettando
tacitamente
tra
le
«
scorie
»
quanto
non
quadra
nel
nuovo
schema
interpretativo
,
ancorché
Marx
,
a
quelle
«
scorie
»
,
mostrasse
di
annettere
fondamentale
importanza
.
Al
pari
di
tutti
i
revisionisti
,
Mondolfo
risolve
il
marxismo
nella
teoria
materialistica
della
storia
,
e
questa
nel
concetto
centrale
di
rovesciamento
della
prassi
.
Teoria
del
valore
,
catastrofismo
,
sono
gettati
ad
bestias
.
Lo
scopo
di
Mondolfo
è
quello
di
estrarre
dal
marxismo
una
filosofia
del
socialismo
che
si
concili
pienamente
con
una
visione
attivistica
del
processo
storico
,
senza
cadere
negli
eccessi
del
volontarismo
estremo
.
Il
rapporto
tra
l
'
uomo
e
il
suo
ambiente
storico
sociale
,
egli
dice
in
sostanza
,
non
è
un
rapporto
tra
due
cose
esterne
l
'
una
all
'
altra
,
ma
è
un
rapporto
di
azione
reazione
,
rapporto
dialettico
,
all
'
interno
di
un
'
unica
realtà
.
Il
soggetto
conosce
l
'
oggetto
in
quanto
lo
produce
;
il
soggetto
è
l
'
uomo
sociale
che
,
spinto
dai
suoi
bisogni
,
da
una
perpetua
insoddisfazione
della
realtà
in
cui
vive
,
si
sforza
di
mutare
le
forme
e
i
rapporti
sociali
dapprima
esistenti
.
È
in
questo
sforzo
,
e
solo
mercè
questo
sforzo
,
che
egli
acquista
coscienza
della
realtà
e
della
sua
insufficienza
.
Per
interpretare
il
mondo
,
diceva
appunto
Marx
in
una
delle
sue
glosse
a
Feuerbach
,
bisogna
cangiarlo
.
Il
concreto
processo
storico
consiste
nello
svolgersi
della
attività
umana
in
una
continua
lotta
interiore
,
in
cui
l
'
avverarsi
continuo
di
contraddizioni
da
superare
costituisce
la
condizione
e
l
'
essenza
stessa
della
storia
.
L
'
attività
precedente
,
nei
suoi
risultati
,
diventa
condizione
e
limite
dell
'
attività
successiva
,
che
si
afferma
come
opposizione
a
ciò
che
preesiste
e
tende
a
superarlo
dialetticamente
.
Il
passato
condiziona
il
presente
e
questo
l
'
avvenire
,
ma
al
tempo
stesso
è
anche
stimolo
e
impulso
all
'
azione
ulteriore
modificatrice
.
L
'
umanità
lotta
dapprima
contro
le
condizioni
naturali
e
poi
contro
le
condizioni
sociali
da
essa
stessa
create
che
divengono
col
tempo
impedimento
allo
sviluppo
ulteriore
.
La
lotta
si
svolge
tra
forze
di
espansione
e
forze
di
conservazione
,
sotto
l
'
aculeo
del
bisogno
.
Quali
sono
queste
forze
di
espansione
?
Sono
,
risponde
Mondolfo
,
tutte
le
energie
e
attività
degli
uomini
e
si
possono
ricondurre
tutte
(
ecco
il
punto
delicato
mai
dimostrato
,
e
l
'
artificioso
allacciamento
a
Marx
)
al
concetto
di
forze
di
produzione
.
Le
forze
di
conservazione
sono
invece
rappresentate
dai
gruppi
ceti
classi
interessati
alla
conservazione
delle
forme
e
dei
rapporti
sociali
esistenti
.
La
lotta
assume
perciò
nella
realtà
l
'
aspetto
di
un
urto
di
classi
contro
classi
;
in
questo
senso
può
dirsi
che
la
lotta
tra
le
classi
sia
l
'
essenza
della
storia
.
Lo
sviluppo
storico
risulta
dunque
dalla
confluenza
e
dal
contrasto
insieme
di
due
elementi
:
le
condizioni
reali
e
la
volontà
umana
.
Nella
storia
non
c
'
è
posto
così
per
azioni
e
creazioni
arbitrarie
:
l
'
azione
ha
contro
di
sé
le
sue
condizioni
e
i
suoi
limiti
.
Lo
stesso
scoccare
dell
'
ora
delle
rivoluzioni
è
segnato
da
una
intrinseca
necessità
,
la
quale
,
allo
stesso
modo
che
le
rende
inevitabili
quando
siano
mature
,
le
rende
impossibili
quando
manchi
la
pienezza
delle
loro
condizioni
.
Questo
concetto
di
necessità
storica
-
-
conclude
Mondolfo
-
-
è
il
concetto
stesso
del
rovesciamento
della
praxis
,
ed
è
il
nucleo
essenziale
del
materialismo
storico
.
Disgraziatamente
però
la
posizione
del
Mondolfo
non
e
conciliabile
con
quella
di
Marx
.
Finché
Mondolfo
si
limita
a
porre
in
luce
la
visione
genericamente
dialettica
del
processo
storico
insita
nel
marxismo
,
non
v
'
è
nulla
da
obbiettare
.
Ma
tutto
da
obbiettare
quando
tenta
di
introdurre
,
tra
i
termini
della
opposizione
,
la
volontà
umana
,
facendo
degli
uomini
,
in
quanto
esseri
consapevoli
,
volenti
ed
operanti
,
i
veri
attori
della
storia
.
Perché
nel
sistema
marxista
i
termini
di
opposizione
sono
puramente
e
semplicemente
lo
sviluppo
tecnico
(
in
senso
lato
)
e
i
rapporti
sociali
.
Se
manca
il
contrasto
tra
questi
due
elementi
dell
'
ambiente
,
viene
anche
meno
,
negli
uomini
,
la
volontà
di
opporsi
alla
forma
sociale
in
cui
vivono
(
Longobardi
)
.
Per
avvalorare
la
tesi
contraria
-
-
che
in
sé
è
perfettamente
accettabile
,
ma
non
è
conforme
al
pensiero
marxista
-
-
Mondolfo
è
costretto
a
sforzare
sino
all
'
inverosimile
le
formule
marxiste
,
sostituendo
alle
espressioni
«
forze
produttive
»
,
«
sistema
di
produzione
»
-
-
inequivocabili
in
Marx
-
-
gli
«
uomini
»
nella
totalità
del
loro
essere
.
Lo
fa
con
grande
apparato
erudito
e
lusso
di
svolgimenti
,
sulla
base
di
rare
frasi
faticosamente
carpite
,
di
tardive
resipiscenze
dell
'
Engels
,
e
soprattutto
delle
famose
quattordici
glosse
a
Feuerbach
,
due
paginette
di
appunti
giovanili
che
Marx
mai
pubblicò
in
vita
,
e
che
fissavano
una
sua
interessantissima
ma
poi
superata
posizione
;
ma
la
dimostrazione
manca
,
e
non
può
che
mancare
,
dato
che
Marx
è
sordo
ad
ogni
appello
in
questo
senso
.
Un
tipico
esempio
di
questo
metodo
lo
si
ha
nel
tentativo
del
Mondolfo
di
conciliare
quel
benedetto
Capitale
,
tetragono
alle
più
modeste
sollecitazioni
volontariste
,
col
concetto
della
praxis
che
si
rovescia
,
appunto
affermato
da
Marx
giovane
.
Dice
Mondolfo
:
Marx
,
scrivendo
che
i
rapporti
di
produzione
sono
indipendenti
dalla
volontà
degli
uomini
,
intendeva
riferirsi
alle
singole
fasi
della
vita
economica
,
nelle
quali
gli
uomini
trovano
precostituiti
i
rapporti
stessi
,
e
non
possono
modificarli
e
foggiarli
a
loro
talento
.
Ma
non
appena
,
da
simile
considerazione
anatomica
e
separata
delle
età
singole
Marx
passa
a
considerare
la
continuità
del
processo
storico
di
sviluppo
,
ecco
che
i
già
definiti
«
rapporti
di
produzione
necessari
»
,
base
e
condizione
determinante
della
vita
sociale
e
spirituale
,
si
convertono
non
in
demiurghi
della
storia
,
ma
in
materia
cristallizzata
e
inerte
,
contro
la
quale
si
svolge
la
vera
forza
viva
in
movimento
e
bisogno
continuo
di
sviluppo
,
cioè
l
'
uomo
(
Sulle
orme
di
Marx
,
3a
ed
.
,
vol
.
II
,
p
.
221
)
.
Di
dimostrazione
neppur
l
'
ombra
.
Affermazione
gratuita
.
Marx
non
ha
mai
lasciato
lontanamente
supporre
di
far
propria
una
simile
incomprensibile
concezione
.
Quasi
potesse
darsi
una
legge
vera
pel
generale
e
non
più
vera
pel
particolare
,
un
uomo
libero
in
astratto
e
non
nel
concreto
,
nell
'
eternità
e
non
nell
'
attimo
.
D
'
altronde
se
questa
del
Mondolfo
dovesse
essere
l
'
autentica
interpretazione
del
marxismo
;
se
davvero
tutto
il
marxismo
stesse
nel
concetto
della
prassi
che
si
rovescia
,
a
me
par
chiaro
che
esso
si
risolva
nel
liberalismo
.
Al
marxismo
,
così
come
lo
interpreta
Mondolfo
,
e
con
lui
tutto
il
revisionismo
,
repugna
infatti
sempre
più
ogni
elemento
finalistico
;
o
meglio
,
da
quella
interpretazione
,
non
ne
discende
alcuna
conclusione
pro
o
contro
la
soluzione
socialista
.
Si
può
accettare
la
teoria
della
lotta
di
classe
come
un
fatto
e
ritenere
che
avrà
uno
sbocco
diverso
da
quello
previsto
da
Marx
o
che
costituirà
in
eterno
il
lievito
della
vita
associata
.
Viene
meno
cioè
quello
che
era
ed
è
-
-
in
realtà
-
-
il
fulcro
e
la
ragion
d
'
essere
di
tutto
il
sistema
:
vale
a
dire
la
scientifica
dimostrazione
della
necessità
storica
di
una
soluzione
socialista
.
La
necessità
del
socialismo
si
trasforma
nella
necessità
del
moto
socialista
,
della
lotta
tra
proletariato
e
borghesia
e
questa
lotta
appare
ormai
aperta
a
tutte
le
possibilità
e
a
tutte
le
conclusioni
.
La
crisi
intellettuale
.
Col
Mondolfo
si
chiude
-
-
speriamo
provvisoriamente
-
-
la
storia
del
revisionismo
italiano
.
Storia
triste
,
ahimè
,
perché
la
doppia
corrente
critica
che
,
in
un
primo
tempo
,
era
sembrata
affermarsi
,
non
riuscì
a
pervenire
a
risultati
conclusivi
,
a
influenzare
le
masse
,
e
tanto
meno
a
impregnare
le
tavole
programmatiche
del
partito
.
Come
certe
correnti
desertiche
essa
finì
per
perdersi
per
misteriose
vie
sotterranee
,
che
non
di
rado
erano
poi
le
vie
dell
'
ignoranza
,
dell
'
indifferenza
,
dell
'
insincerità
,
o
di
un
piatto
utilitarismo
.
Liberato
il
partito
dalla
doppia
eresia
di
destra
e
di
sinistra
,
concorde
in
una
spregiudicata
valutazione
del
marxismo
,
eliminate
cioè
le
forze
più
giovani
,
vivaci
e
spiritualmente
indipendenti
,
della
crisi
marxista
non
si
parlò
più
,
quasi
fosse
stata
definitivamente
risolta
.
Si
continuò
a
discorrere
allegramente
di
«
socialismo
scientifico
»
,
si
avvalorarono
ancora
le
proprie
tesi
con
indistinte
citazioni
marxiste
,
si
dichiarò
pur
sempre
il
Capitale
libro
magno
e
intangibile
del
socialismo
,
ma
reale
approfondimento
,
consapevole
accettazione
,
non
si
ebbero
più
.
Nei
rivoluzionari
fu
un
fenomeno
di
ipocrisia
o
di
superficialità
;
nei
riformisti
di
debolezza
.
L
'
élite
socialista
,
in
così
breve
lasso
di
tempo
sortita
dalle
tenebre
delle
congiure
alla
luce
delle
tribune
parlamentari
,
si
sentiva
prigioniera
della
propaganda
iniziale
e
del
bisogno
religioso
delle
folle
.
Ciascuno
si
abbandonò
passivamente
al
moto
che
ormai
procedeva
con
leggi
sue
,
ben
diverse
da
quelle
codificate
nella
dottrina
,
e
ci
si
guardò
bene
dal
«
fare
il
punto
»
,
all
'
uso
dei
navigatori
,
rivelando
con
la
propria
,
l
'
altrui
crisi
.
Si
costruirono
tanti
«
marxismi
puri
»
quante
erano
le
tendenze
;
ci
si
accapigliò
periodicamente
sui
testi
:
e
si
inventarono
formule
sapienti
più
o
meno
«
integralistiche
»
,
«
centristiche
»
,
«
unitaristiche
»
per
evitare
scismi
e
controbattere
le
minoranze
rivoluzionarie
nei
congressi
;
i
quali
congressi
,
da
rassegne
di
forze
vive
ed
operanti
vennero
sempre
più
riducendosi
ad
accademie
nelle
quali
di
tutto
discutevasi
fuorché
dei
problemi
vitali
del
movimento
.
In
meno
di
venti
anni
si
era
passati
dalla
tonante
rivelazione
di
Marx
a
un
coro
monotono
di
ripetitori
.
Le
parole
continuavano
a
frullare
,
ma
i
fatti
erano
scarsi
e
lo
spirito
sempre
più
utilitario
e
meschino
.
Alle
apocalittiche
previsioni
quasi
nessuno
,
nel
suo
intimo
,
credeva
più
.
il
Verbo
s
'
era
trasformato
in
lettera
,
la
fede
in
rito
,
il
ribelle
in
prete
.
Dopo
il
1908
la
crisi
intellettuale
e
morale
aveva
assunto
un
carattere
così
allarmante
da
richiamare
invano
l
'
attenzione
di
alcuni
tra
i
migliori
,
come
Rigola
,
Salvemini
,
Modigliani
,
e
lo
stesso
Turati
,
che
avvertiva
essere
le
forze
del
partito
scemate
d
'
importanza
e
di
numero
,
la
vita
dei
circoli
anemica
,
le
idee
incerte
,
il
fervore
dei
propagandisti
sbollito
e
generale
il
senso
di
rilassamento
.
Era
la
paralisi
generale
,
progressiva
;
lo
sciopero
dei
pochi
cervelli
ancora
in
funzione
.
La
gioventù
-
-
intendo
la
intelligencija
-
-
corse
tutte
le
esperienze
,
fuor
che
quella
socialista
che
,
nella
serra
calda
giolittiana
,
appariva
intellettualmente
conclusa
e
priva
di
vera
passione
.
La
gioventù
fu
volta
a
volta
crociana
,
vociana
(
dal
giornale
«
La
Voce
»
)
,
liberale
,
futurista
,
nazionalista
,
cristiana
,
ma
non
fu
più
socialista
.
Il
socialismo
non
interessava
più
.
Quando
ne
chiesi
la
spiegazione
ad
uno
dei
rappresentanti
più
cospicui
del
movimento
socialista
del
tempo
,
n
'
ebbi
una
risposta
ultradeterministica
che
dimostra
la
incapacità
di
molta
gente
a
rendersi
ragione
delle
cause
prime
e
più
profonde
della
sconfitta
subita
.
I
giovani
intellettuali
-
-
così
mi
rispose
-
-
quasi
sempre
di
provenienza
borghese
(
al
pari
,
del
resto
,
del
mio
interlocutore
)
disertarono
le
nostre
fila
,
per
essere
il
socialismo
passato
dalla
fase
ingenua
,
romantica
,
entusiasta
,
ma
inefficiente
,
alla
fase
molto
prosaica
ma
positiva
e
realizzatrice
della
lotta
per
i
salari
incidente
i
portafogli
dei
loro
papà
.
Non
diversamente
si
pronuncia
il
Longobardi
,
anche
se
con
maggiore
complessità
di
analisi
,
nel
suo
volume
sulla
Conferma
del
marxismo
.
Ora
questo
giudizio
è
assurdo
:
può
essere
un
motivo
di
ripicco
,
non
la
conclusione
di
una
serena
valutazione
del
problema
.
Non
ha
senso
immaginare
che
solo
tra
il
'90
e
il
'900
siano
esistiti
giovani
entusiasti
,
capaci
di
sacrificare
a
una
idealità
il
loro
personale
interesse
,
la
loro
carriera
.
Il
Risorgimento
vide
profondi
sommovimenti
e
folla
di
sacrifici
tra
i
giovani
,
e
non
fu
davvero
presieduto
da
una
visione
meschina
dell
'
interesse
della
borghesia
all
'
unificazione
.
E
dopo
il
'900
mancarono
proprio
fenomeni
di
dedizione
a
cause
che
in
nessun
modo
si
spiegano
ricorrendo
a
mobili
egoistici
?
Ma
al
contrario
,
è
opinione
quasi
unanime
che
nella
generazione
intellettuale
che
doveva
immolarsi
nella
guerra
,
si
notasse
un
crescente
stato
di
insoddisfazione
e
di
insofferenza
morale
;
il
bisogno
,
buono
o
cattivo
che
fosse
,
di
sortire
da
quella
vita
raffinata
e
cerebralizzante
,
di
immolarsi
corpo
e
anima
ad
una
causa
-
-
quale
si
fosse
-
-
purché
capace
di
trascendere
i
meschini
motivi
della
vita
d
'
ogni
giorno
.
Se
i
giovani
intellettuali
disertarono
il
socialismo
non
si
fu
perché
essi
divenissero
tutti
d
'
un
tratto
utilitari
e
filistei
.
Si
fu
all
'
inverso
perché
proprio
il
movimento
socialista
,
nelle
persone
di
troppi
suoi
dirigenti
,
nello
spirito
che
presiedeva
all
'
opera
sua
,
andò
perdendo
gran
parte
del
fuoco
etico
primitivo
.
Non
è
da
credere
che
sfuggisse
ai
giovani
lo
stato
di
profondo
disagio
e
insincerità
dei
leaders
del
movimento
,
la
superficialità
colpevole
con
la
quale
avevano
creduto
di
superare
la
cosiddetta
«
crisi
del
marxismo
»
.
I
giovani
hanno
bisogno
di
credere
alla
nobiltà
,
alla
purezza
,
alla
chiarezza
degli
ideali
professati
.
Il
transigere
,
che
troppi
fecero
,
con
la
propria
coscienza
,
o
il
sottrarsi
ai
richiami
e
reclami
della
ragione
seppellendo
l
'
interno
affanno
sotto
la
formula
equivoca
,
desta
in
loro
repulsione
profonda
.
E
repulsione
profonda
destò
in
loro
il
balbettio
dei
giornali
e
libri
socialisti
in
cui
era
venuto
meno
il
vigore
del
pensiero
e
la
fiamma
morale
.
A
questa
insofferenza
morale
si
accoppiava
una
crescente
insofferenza
d
'
ordine
intellettuale
contro
il
marxismo
dogmatico
e
materialista
,
e
più
ancora
contro
le
posizioni
mentali
e
culturali
che
distinguevano
gli
esponenti
massimi
del
socialismo
ufficiale
e
lo
stesso
partito
.
La
nuova
generazione
tutta
idealista
,
volontarista
,
pragmatista
,
non
capiva
il
linguaggio
materialistico
,
positivistico
,
scientificistico
dei
vecchi
.
I
quali
,
anziché
sforzarsi
di
penetrare
le
ragioni
intime
di
questa
reazione
,
si
chiusero
in
una
incomprensione
cieca
e
settaria
,
e
irrisero
i
nuovi
atteggiamenti
,
negando
a
priori
un
socialismo
non
positivistico
e
definendo
semplicisticamente
i
filosofi
idealisti
servi
della
borghesia
.
Già
dal
Congresso
di
Roma
si
era
dichiarato
solennemente
che
il
programma
portava
«
l
'
impronta
specifica
del
socialismo
democratico
e
positivista
»
,
cosicché
l
'
aderirvi
significava
implicita
accettazione
di
quella
determinata
filosofia
.
Accanto
alla
tessera
amministrativa
si
richiedeva
la
tessera
filosofica
:
e
chi
non
avesse
avuto
tutti
i
timbri
in
regola
,
chi
non
avesse
mostrato
di
nutrire
ammirazione
piena
per
Comte
o
Spencer
,
Darwin
o
Ardigò
,
eran
tirate
d
'
orecchi
,
larvati
boicottaggi
,
denegata
cittadinanza
,
finché
l
'
interessato
,
sentendosi
pesce
fuor
d
'
acqua
,
filava
via
verso
più
aereati
lidi
e
vasti
orizzonti
.
E
almeno
la
posizione
intellettuale
della
vecchia
generazione
fosse
stata
salda
,
fresca
,
professata
con
vera
passione
e
profonda
convinzione
.
Mentre
era
tutta
rosa
e
corrosa
da
una
critica
sostanziale
di
cui
la
gioventù
era
perfettamente
consapevole
.
Ora
non
si
giunge
alla
fede
attraverso
la
critica
;
e
quella
critica
,
quelle
poderose
confutazioni
del
marxismo
ortodosso
e
del
positivismo
nessuno
s
'
era
mai
preoccupato
di
controbattere
con
solidi
argomenti
,
oltre
che
con
facili
ironie
e
stupide
accuse
.
Così
fu
che
i
vecchi
non
compresero
nulla
del
segreto
travaglio
dei
giovani
,
e
i
giovani
abbandonarono
la
vecchia
gloriosa
corrente
,
segnando
un
distacco
che
fu
fatale
alle
fortune
del
socialismo
italiano
;
fatale
,
dico
,
perché
contiene
in
potenza
molte
delle
ragioni
della
futura
sconfitta
.
L
'
unico
tentativo
pratico
di
rinnovamento
avutosi
all
'
interno
del
partito
innanzi
la
guerra
è
dovuto
al
Mussolini
.
Avventuriero
nel
mondo
della
cultura
non
meno
che
in
quello
della
politica
,
in
lui
difettava
un
pensiero
saldo
e
coerente
e
una
onesta
preoccupazione
intellettuale
;
alla
sua
frenetica
volontà
d
'
azione
e
di
comando
una
cosa
sola
premeva
:
l
'
affermazione
della
sua
persona
.
Le
idee
,
i
valori
,
le
fedi
in
tanto
valevano
in
quanto
potevano
farsi
strumento
della
sua
ambizione
.
Ma
,
dotato
di
intuito
non
comune
,
egli
-
-
quasi
unico
-
-
sentì
come
la
vecchia
posizione
socialista
non
soddisfacesse
il
bisogno
dei
giovani
e
si
dette
tutt
'
uomo
a
rinfrescarla
facendo
larga
parte
all
'
idealismo
da
un
lato
e
al
volontarismo
pragmatista
e
bergsoniano
dall
'
altro
.
Malgrado
la
sua
intrinseca
immoralità
e
la
estrema
superficialità
della
sua
posizione
rivoluzionaria
egli
riuscì
in
breve
a
trascinarsi
dietro
gran
parte
della
gioventù
socialista
e
a
impadronirsi
clamorosamente
del
partito
.
La
vittoria
di
Mussolini
fu
dovuta
in
buona
parte
alla
costituzionale
incapacità
di
rinnovamento
dei
vecchi
quadri
dirigenti
del
movimento
;
i
quali
condannavano
bensì
questo
improvviso
quanto
assurdo
ritorno
all
'
insurrezionismo
blanquista
,
ma
non
erano
poi
in
grado
di
contrapporgli
un
programma
costruttivo
che
fosse
animato
da
una
visione
ampia
e
lungimirante
dei
problemi
della
vita
italiana
.
Il
loro
riformismo
,
guasto
dalla
tabe
elettoralistica
e
dalla
lotta
per
riforme
sociali
di
dettaglio
,
echeggiava
,
o
pareva
proprio
echeggiare
,
un
profondo
scetticismo
,
come
di
gente
che
non
crede
più
negli
ideali
della
propria
giovinezza
,
ma
non
osa
confessarlo
.
Né
è
a
dire
che
difettassero
in
quegli
anni
tra
i
giovani
sane
correnti
realistiche
capaci
di
alimentare
un
riformismo
virile
e
realizzatore
.
Ma
esse
furono
sistematicamente
compresse
e
eliminate
.
L
'
esempio
più
tipico
resta
«
l
'
Unità
»
del
Salvemini
che
riuscì
a
raccogliere
attorno
a
sé
un
autentico
stato
maggiore
di
giovani
tendenzialmente
socialisti
:
fornendo
così
la
riprova
che
la
decadenza
non
era
dovuta
alla
fuga
della
nuova
generazione
dal
socialismo
,
ma
piuttosto
alla
incapacità
del
partito
a
farsi
eco
delle
sue
esigenze
.
Si
affermava
la
urgente
necessità
di
un
programma
d
'
azione
che
sostituisse
alle
lotte
per
le
riforme
prevalentemente
economiche
che
interessavano
solo
ristrette
categorie
di
lavoratori
,
la
lotta
per
una
serie
di
grandi
riforme
politiche
di
interesse
generale
(
riforma
tributaria
,
doganale
,
comunale
,
militare
)
solo
capaci
di
creare
nel
popolo
quella
coscienza
politica
che
è
la
premessa
indispensabile
per
il
nascere
di
una
moderna
democrazia
.
Il
Salvemini
esagerò
spesso
nelle
sue
critiche
e
finì
per
cadere
,
per
amore
di
concretezza
,
in
un
puro
problemismo
.
Ma
è
indubbio
che
egli
,
più
acutamente
d
'
ogni
altro
,
diagnosticò
la
crisi
che
rodeva
alla
base
il
socialismo
italiano
.
In
verità
negli
ultimi
anni
innanzi
la
guerra
il
socialismo
italiano
era
,
intellettualmente
,
una
cosa
morta
.
Se
da
un
stimolo
parve
esso
animato
,
fu
,
se
mai
,
quello
della
autodistruzione
,
tanto
esso
fece
per
coalizzare
contro
di
sé
tutte
le
correnti
giovanili
.
Esso
fece
sì
che
la
reazione
intellettuale
antimarxista
si
incontrasse
con
quella
convergente
antidemocratica
,
antiparlamentare
,
che
in
Italia
significava
poi
antigiolittismo
.
Il
socialismo
riformista
,
non
realista
ma
transazionista
,
venne
esso
pure
identificato
col
parlamentarismo
degenerante
;
influendo
su
questa
reazione
e
traendone
nuovo
vigore
e
giustificazione
,
si
alimentarono
le
correnti
rivoluzionarie
,
da
Sorel
a
Mussolini
,
e
le
correnti
nazionaliste
;
le
quali
poi
,
convergendo
il
dì
della
guerra
,
dettero
potenzialmente
vita
al
fascismo
.
L
'
atteggiamento
del
partito
durante
la
guerra
,
con
la
infelice
formula
«
né
sabotare
né
consentire
»
conferma
la
incertezza
e
lo
spirito
compromissorio
che
l
'
animavano
.
La
guerra
travolse
come
valanga
il
già
fragile
edificio
intellettuale
.
Il
febbrile
dopoguerra
,
col
suo
ciclo
vorticoso
di
esperienze
,
venne
vissuto
alla
giornata
,
con
un
drenaggio
a
rovescia
che
polarizzò
le
scorie
ed
eliminò
gli
elementi
più
vitali
.
Accanto
ai
pochi
ma
saldi
rappresentanti
del
vecchio
gruppo
dirigente
non
si
intravide
neppur
l
'
ombra
di
qualche
autentica
energia
giovane
.
Si
marciava
ormai
stancamente
nei
vecchi
solchi
,
presentendo
il
pantano
finale
,
incapaci
di
sortirne
.
E
ora
da
sette
anni
non
si
marcia
più
e
sui
campi
deserti
spesseggia
la
gramigna
e
neppure
le
fioche
voci
antiche
riescono
a
giungerci
.
Occorre
finalmente
una
rude
scossa
intellettuale
che
sottragga
i
socialisti
italiani
al
loro
passivismo
ideologico
,
costringendoli
a
pensare
autonomamente
e
a
conquistare
con
duro
personale
travaglio
di
ricerca
,
di
dubbi
e
di
contrasti
i
nuovi
valori
da
sostituire
alla
fede
cieca
nelle
virtù
taumaturgiche
degli
specifici
marxisto
materialisti
.
Tempo
è
venuto
.
Anche
la
Chiesa
socialista
reclama
la
ribellione
del
libero
esame
e
la
fine
di
tutti
i
catechismi
.
5
CAPITOLO
IV
CONCLUSIONE
DEL
REVISIONISMO
Da
quanto
si
è
detto
nei
capitoli
precedenti
appare
che
se
il
revisionismo
ebbe
il
merito
di
rompere
la
incrostazione
dogmatica
,
sforzandosi
di
adeguare
la
teoria
alla
nuova
prassi
del
moto
operaio
e
sceverando
nel
marxismo
gli
aspetti
ancor
vivi
e
fruttuosi
da
quelli
sterili
e
superati
,
non
seppe
o
non
osò
condurre
il
processo
di
revisione
alle
sue
logiche
conclusioni
e
finì
per
arenarsi
in
una
polemica
interpretativa
che
annullò
gran
parte
dei
benefici
che
aveva
apportato
.
Quel
che
esso
non
fece
è
compito
della
nuova
generazione
di
fare
,
con
piena
sincerità
e
indipendenza
di
giudizio
,
senza
tema
di
infrangere
idoli
di
cartapesta
o
stampata
e
senza
illusioni
di
larghi
immediati
consensi
.
Il
materiale
critico
accumulatosi
nel
trentennio
è
tale
-
-
così
nel
regno
dei
fatti
che
delle
idee
-
-
che
non
si
tratta
tanto
di
dir
cose
nuove
o
di
avanzare
una
ennesima
interpretazione
di
Marx
;
quanto
di
mettere
in
chiaro
i
risultati
obbiettivi
e
in
gran
parte
concordanti
cui
era
giunto
il
revisionismo
.
In
breve
,
si
tratta
di
erigere
un
bilancio
del
marxismo
in
rapporto
al
movimento
socialista
.
Il
compito
è
urgente
,
urgentissimo
.
Particolarmente
in
Italia
.
Da
troppi
anni
le
posizioni
ideologiche
del
socialismo
si
sono
cristallizzate
rompendo
con
la
pratica
.
Siamo
oggi
ancora
a
Bernstein
,
alle
posizioni
e
alle
discussioni
del
'900
.
Mentre
il
mondo
,
dal
'900
ad
oggi
ha
,
più
che
camminato
,
precipitato
.
È
sorto
,
o
si
è
fatto
formidabile
,
il
moto
operaio
;
i
partiti
socialisti
stanno
trasformandosi
in
partiti
di
governo
e
sono
sulla
via
di
strappare
maggioranze
;
la
democrazia
politica
è
ormai
patrimonio
non
esclusivo
ma
certo
fondamentale
delle
masse
lavoratrici
;
lo
Stato
è
andato
perdendo
progressivamente
il
suo
carattere
di
classe
;
l
'
economia
borghese
si
è
andata
organizzando
e
razionalizzando
;
la
ricchezza
è
moltiplicata
,
anche
per
le
classi
operaie
;
una
guerra
e
una
rivoluzione
immani
sono
sopravvenute
fornendo
formidabili
esperienze
nuove
...
Tutto
è
mutato
intorno
a
noi
.
Tutto
,
fuorché
il
programma
e
l
'
ideologia
socialista
,
che
si
vorrebbero
sbocciate
complete
e
perfette
nei
secoli
,
per
opera
del
profetico
genio
di
Marx
.
La
scissione
comunista
in
tutto
il
mondo
ha
certo
concorso
non
poco
a
chiarire
la
fisionomia
socialista
,
se
non
altro
per
la
necessità
reciproca
di
distinguersi
e
di
affermarsi
su
posizioni
del
tutto
autonome
;
ma
il
chiarimento
fu
tutto
d
'
ordine
pratico
e
polemico
,
imposto
dalle
circostanze
,
e
non
vi
corrispose
davvero
una
egualmente
chiara
sistemazione
ideologica
.
I
dirigenti
dei
partiti
socialisti
d
'
Europa
-
-
Inghilterra
esclusa
-
-
rivendicano
oggi
ancora
col
Kautsky
una
del
tutto
inesistente
e
risibile
purità
marxistica
.
Si
direbbe
anzi
che
la
scissione
e
le
sopravvenute
responsabilità
di
governo
abbiano
accentuato
nei
capi
-
-
sotto
l
'
assillo
della
concorrenza
comunista
-
-
un
equivoco
conservatorismo
ideologico
che
li
rende
più
riluttanti
che
per
il
passato
ad
un
serio
esame
ideologico
.
È
incredibile
il
timore
che
pervade
i
più
di
fronte
alla
eventualità
di
doversi
discostare
apertamente
dalla
tradizione
marxista
,
e
il
sabotaggio
più
o
meno
consapevole
d
'
ogni
sia
pur
timida
corrente
non
marxista
.
Marx
è
il
tabou
.
Meno
se
ne
parla
meglio
è
.
Ci
si
affida
alla
pratica
,
maestra
di
vita
,
e
si
tira
a
campare
.
Il
cervello
socialista
oscilla
tra
la
ortodossia
formale
e
il
piatto
empirismo
.
Io
conosco
molti
socialisti
,
anche
giovani
,
che
condividono
nel
loro
intimo
le
punte
più
estreme
del
pensiero
revisionista
;
che
riconoscono
la
necessità
di
un
serio
sforzo
di
rinnovamento
ideologico
;
che
giungono
financo
a
proclamare
Marx
superato
.
Ma
ciò
sono
disposti
normalmente
a
concedere
in
camera
charitatis
,
tra
quattro
mura
e
pochi
amici
.
Ché
non
appena
si
tratti
di
assumere
una
posizione
responsabile
si
fanno
reticenti
ed
equivoci
e
scivolano
via
volentieri
sulla
superficie
liscia
del
solito
ordine
del
giorno
standardizzato
.
Pigrizia
?
Insincerità
?
Timore
di
perdere
le
masse
?
Sensazione
oscura
e
vile
dei
pericoli
e
delle
responsabilità
che
ci
connettono
ad
una
più
autonoma
e
quindi
più
soggettiva
,
faticosa
e
critica
posizione
?
Probabilmente
tutte
queste
cose
assieme
.
Il
fatto
è
,
insomma
,
che
coloro
che
dovrebbero
esercitare
funzione
dirigente
,
coloro
cui
spetta
il
compito
di
pensare
per
gli
altri
infiniti
troppo
assorbiti
dal
problema
dell
'
esistenza
,
han
finito
per
ridursi
prigionieri
dell
'
ingenuo
feticismo
delle
masse
,
da
essi
stessi
creato
,
e
che
,
con
non
molta
fatica
,
si
potrebbe
distruggere
.
Basterebbe
volere
.
E
pazienza
ancora
se
ciò
seguisse
in
modo
particolare
là
dove
il
moto
socialista
è
in
progressivo
ordinato
sviluppo
,
sulla
via
di
conquistare
o
rassodare
posizioni
di
comando
:
ché
là
è
più
scusabile
il
desiderio
di
evitare
discussioni
troppo
accese
nell
'
ora
delicata
del
trapasso
dalla
critica
negativa
all
'
azione
positiva
.
Ma
il
grave
si
è
che
ciò
si
avvera
soprattutto
in
Italia
dove
il
moto
socialista
è
stato
letteralmente
spazzato
,
e
dove
domani
si
dovrà
ricominciare
ab
ovo
,
con
animo
nuovo
adeguato
alla
grande
esperienza
vissuta
e
alla
generazione
mutata
.
Bisogna
ribellarsi
a
questo
fatale
andare
-
-
che
non
è
un
«
andare
»
,
ma
un
retrocedere
o
un
agonizzare
-
-
;
e
combattere
ogni
forma
di
ipocrisia
intellettuale
,
di
debolezza
senile
,
ogni
fuga
per
la
linea
di
minor
resistenza
,
e
di
massima
diseducazione
.
Ai
giovani
,
di
anni
o
di
spirito
,
corre
l
'
obbligo
di
imporre
una
decisa
chiarificazione
ideologica
che
abbatta
finalmente
tutti
i
rami
secchi
che
impacciano
assurdamente
il
cammino
,
che
ci
liberi
di
tutto
il
vecchio
pesante
bagaglio
catechistico
che
tanto
concorse
alla
nostra
sconfitta
.
Saremo
dapprima
in
pochi
,
e
molto
ci
sarà
da
lottare
.
Ma
la
lotta
è
vitale
ed
assurge
addirittura
ad
obbligo
di
coscienza
per
chi
creda
di
avere
identificato
nello
spirito
di
compromesso
e
nella
pavidità
dei
teorici
e
dei
capi
una
delle
ragioni
massime
della
crisi
che
il
socialismo
attraversa
.
,
La
conclusione
logica
cui
conduce
il
revisionismo
è
la
rottura
tra
socialismo
e
marxismo
.
Il
revisionismo
ha
difatti
confutato
o
tacitamente
abbandonato
tutte
le
tesi
marxiste
che
più
strettamente
si
collegavano
alla
posizione
socialista
;
mentre
ha
valorizzato
le
tesi
più
propriamente
filosofiche
o
sociologiche
(
materialismo
storico
,
lotta
delle
classi
)
che
,
per
il
valore
sempre
più
universale
e
obbiettivo
che
vanno
assumendo
,
non
possono
essere
monopolio
di
nessuna
parte
politica
.
Dalla
interpretazione
che
del
marxismo
dànno
i
revisionisti
,
discendono
logicamente
queste
conseguenze
:
1
)
che
si
può
essere
marxisti
senza
essere
socialisti
;
2
)
che
si
illudono
quei
socialisti
che
ancora
credono
di
ritrovare
nel
marxismo
il
principio
informatore
,
la
guida
,
del
concreto
movimento
socialista
.
La
dimostrazione
di
queste
tesi
apparentemente
paradossali
non
è
difficile
.
Vedemmo
già
come
la
vera
originalità
della
posizione
marxista
rispetto
alle
altre
posizioni
socialiste
non
stesse
né
in
una
diversa
prospettazione
del
fine
né
in
una
sostanziale
divergenza
di
metodi
,
ma
nel
concetto
della
necessità
storica
dell
'
avvento
socialista
per
effetto
della
legge
intima
di
sviluppo
della
società
capita
lista
.
Mentre
il
socialista
premarxista
denuncia
le
ingiustizie
sociali
e
postula
la
società
socialista
in
nome
di
un
principio
astratto
e
assoluto
di
giustizia
,
Marx
,
storicista
,
si
sforza
di
dimostrare
che
questa
soluzione
socialista
vive
già
in
potenza
nella
società
attuale
e
costituisce
la
necessaria
sintesi
superatrice
della
contraddizione
che
mina
alle
basi
il
sistema
capitalistico
di
produzione
.
A
questa
conclusione
egli
arriva
attraverso
lo
studio
obbiettivo
del
processo
storico
,
con
l
'
ausilio
del
metodo
materialistico
di
interpretazione
della
storia
.
La
catena
del
pensiero
marxista
,
ricostruita
logicamente
-
-
a
posteriori
-
-
diventa
:
metodo
materialistico
,
applicazione
di
esso
allo
studio
della
società
capitalistica
,
previsione
oggettiva
della
necessità
della
soluzione
socialista
.
Il
marxista
veramente
conseguente
è
dunque
socialista
per
deduzione
.
Se
cade
la
premessa
-
-
cioè
la
teoria
del
materialismo
storico
-
-
o
se
mutano
i
risultati
cui
porta
l
'
applicazione
del
metodo
-
-
cade
automaticamente
la
conclusione
socialista
.
Ora
quale
è
stato
il
senso
della
reazione
revisionista
?
Essa
ha
detto
:
c
'
è
nel
marxismo
un
nucleo
primo
fondamentale
,
il
materialismo
storico
.
Attorno
a
questo
nucleo
si
è
formata
una
incrostazione
pseudo
teoretica
che
non
è
che
il
risultato
di
una
prima
grossolana
applicazione
del
metodo
materialistico
fatta
da
Marx
alla
società
del
suo
tempo
.
Essa
era
piena
di
significato
allora
;
ma
oggi
,
dopo
il
perfezionamento
apportato
al
metodo
e
tutte
le
trasformazioni
seguite
,
non
resiste
più
alla
critica
.
In
questa
incrostazione
,
in
queste
scorie
,
rientrano
la
teoria
della
crisi
,
dell
'
immiserimento
progressivo
,
della
concentrazione
delle
ricchezze
in
poche
mani
,
dell
'
esasperarsi
delle
lotte
di
classi
sino
al
violento
cozzo
finale
.
Abbandoniamo
le
incrostazioni
,
cioè
le
fallaci
applicazioni
del
metodo
,
e
salveremo
il
nucleo
primo
,
il
nucleo
puro
del
marxismo
.
Ma
abbandonare
la
incrostazione
equivaleva
buttare
a
mare
la
conclusione
socialista
del
marxismo
:
e
siccome
il
marxismo
è
una
teoria
socialista
solo
per
le
conclusioni
,
significava
relegare
il
marxismo
fuori
dal
novero
delle
teorie
socialiste
.
In
verità
così
era
.
Da
quel
giorno
il
marxismo
perse
l
'
attributo
socialistico
.
Ma
un
risultato
così
paradossale
non
era
davvero
dichiarabile
,
data
la
strettissima
identificazione
che
si
era
ormai
abituati
a
fare
tra
socialismo
e
marxismo
.
Caduta
la
conclusione
socialista
,
bisognava
reintrodurre
il
socialismo
nelle
premesse
.
Ed
ecco
i
revisionisti
affannarsi
a
far
posto
nel
materialismo
storico
al
momento
della
libertà
,
ad
una
visione
attivistica
del
processo
storico
.
Ed
ecco
sorgere
o
risorgere
la
teoria
del
rovesciamento
della
praxis
.
La
quale
non
è
in
sé
socialista
,
non
contiene
nulla
che
accrediti
una
soluzione
socialista
.
Ma
facendo
posto
alla
volontà
umana
nella
storia
,
fa
posto
al
socialismo
.
È
chiaro
però
che
il
rapporto
tra
materialismo
storico
e
socialismo
veniva
ad
essere
capovolto
.
Ciò
che
per
l
'
innanzi
costituiva
una
conclusione
necessaria
diventa
ora
una
premessa
eventuale
.
I
revisionisti
hanno
fatto
a
ritroso
il
cammino
di
Marx
e
dalla
scienza
socialista
sono
tornati
alla
fede
,
cioè
alla
posizione
delle
scuole
premarxiste
.
È
appena
necessario
dire
che
di
questo
capovolgimento
non
hanno
avuto
chiara
coscienza
;
e
hanno
continuato
a
sostenere
assurdamente
il
marxismo
come
la
teoria
socialista
per
eccellenza
facendo
del
principio
del
rovesciamento
della
prassi
il
pilastro
essenziale
del
loro
socialismo
.
Col
melanconico
risultato
che
non
appena
il
socialista
approfondisce
i
fondamenti
teorici
della
sua
posizione
sente
sfuggirsi
il
terreno
sotto
ai
piedi
e
si
trova
ad
oscillare
tra
il
vuoto
e
il
dogmatismo
.
Per
passare
infatti
dalla
teoria
del
rovesciamento
della
prassi
alla
prassi
...
immobile
della
società
socialista
,
i
socialisti
revisionisti
debbono
rinnegare
se
stessi
accedendo
a
quel
determinismo
economico
volgare
e
a
quella
estrema
semplificazione
di
diagnosi
sociologica
contro
cui
giustamente
avevano
reagito
.
Cioè
debbono
a
)
ricondurre
tutte
le
contraddizioni
sociali
a
quell
'
unica
tra
sistema
di
produzione
e
sistema
di
appropriazione
;
b
)
imporre
un
ruolo
obbligato
alla
volontà
umana
;
c
)
fissare
una
direzione
categorica
all
'
evoluzione
produttiva
;
d
)
postulare
uno
stato
sociale
statico
e
perfetto
.
Vale
a
dire
debbono
rinnegare
quella
visione
dialettica
della
storia
-
-
indefinita
serie
di
lotte
,
non
solo
e
sempre
di
classi
,
e
non
solo
e
sempre
economiche
-
-
che
è
alla
base
della
loro
revisione
e
che
,
anche
per
Marx
Engels
,
è
l
'
unica
legge
a
priori
della
storia
.
Cioè
negare
la
storia
stessa
.
In
verità
al
marxismo
dei
revisionisti
ripugna
ogni
preciso
elemento
finalistico
;
o
meglio
,
dalla
loro
posizione
teoretica
non
discende
alcuna
conseguenza
pro
o
contro
il
socialismo
.
Si
può
accettare
la
storia
come
eterno
contrasto
di
classi
,
e
ammettere
una
pluralità
di
sbocchi
o
addirittura
non
considerare
la
funzione
borghese
come
funzione
di
sola
conservazione
.
Per
una
conclusione
socialista
si
richiede
l
'
intervento
di
dati
empirici
(
catastrofismo
marxista
)
o
di
un
elemento
di
fede
.
D
'
altronde
occorre
tener
presente
che
nella
dialettica
storica
il
momento
della
tesi
non
è
meno
importante
di
quello
dell
'
antitesi
;
anzi
l
'
uno
non
è
pensabile
senza
l
'
altro
.
Una
concezione
politica
che
voglia
derivarsi
dalle
posizioni
del
materialismo
storico
deve
far
proprie
,
giustificare
e
comprendere
assieme
e
la
funzione
conservatrice
borghese
e
la
funzione
rivoluzionaria
proletaria
,
ponendosi
sempre
sulla
diagonale
delle
forze
.
Io
reputo
sterile
il
tentativo
di
voler
collegare
troppo
strettamente
le
posizioni
filosofiche
con
quelle
pratiche
.
Ma
se
questo
collegamento
si
vuol
fare
per
la
teoria
del
materialismo
storico
,
con
la
interpretazione
revisionista
non
è
nel
socialismo
che
si
sbocca
,
ma
in
pieno
liberalismo
.
In
un
liberalismo
più
concreto
e
realistico
,
che
guarda
alla
sostanza
del
moto
sociale
e
alla
dialettica
delle
cose
,
che
identifica
con
maggior
precisione
e
realismo
gli
agenti
del
progresso
,
le
forze
animatrici
del
movimento
,
che
fa
i
conti
con
i
gruppi
e
con
le
classi
e
che
oggi
,
in
questo
stato
sociale
,
con
questa
forma
di
produzione
,
questa
psicologia
,
questi
bisogni
,
questa
sedimentazione
ideologica
,
dà
un
posto
preminente
al
problema
sociale
,
alla
lotta
tra
proletari
e
capitalisti
,
ma
pur
sempre
nel
liberalismo
.
Col
revisionismo
viene
dunque
meno
quello
che
era
il
carattere
distintivo
del
sistema
marxista
:
cioè
la
dimostrazione
obbiettiva
e
rigorosa
di
una
soluzione
socialista
.
Dal
marxismo
si
passa
al
revisionismo
,
e
dal
revisionismo
al
liberalismo
.
Queste
tappe
sono
fatali
.
Già
Bernstein
,
trent
'
anni
fa
,
lasciò
intendere
che
questa
sarebbe
stata
la
conclusione
.
Il
moto
socialista
è
tutto
,
egli
disse
,
e
il
fine
è
nulla
.
(
O
il
fine
in
tanto
vale
in
quanto
alimenta
il
moto
.
)
La
sua
formula
era
quella
di
un
socialista
liberale
.
Parve
scandalo
allora
.
Si
avvia
oggi
ad
essere
la
posizione
caratteristica
di
tutta
la
nuova
generazione
socialista
.
Intorno
al
valore
del
materialismo
storico
si
è
molto
discusso
in
questi
ultimi
anni
.
Molti
scrittori
marxisti
sono
disposti
a
concedere
che
esso
non
fornisce
appoggio
ad
una
tesi
finalistica
socialista
;
ma
tutti
però
insistono
nel
rilevare
il
valore
immenso
che
esso
ha
come
guida
,
come
«
bussola
»
del
moto
socialista
,
tanto
che
parlano
di
esso
come
della
filosofia
specifica
del
moto
socialista
.
Solo
il
materialismo
storico
,
solo
il
concetto
del
rovesciamento
della
praxis
,
proclama
Mondolfo
,
può
conciliare
i
due
estremi
del
materialismo
fatalistico
e
del
volontarismo
antistorico
e
salvare
il
movimento
così
dal
facilonismo
rivoluzionario
come
dall
'
impaludamento
riformista
.
Esso
solo
dà
al
rivoluzionario
la
consapevolezza
delle
possibilità
e
dei
limiti
dell
'
azione
in
ogni
momento
dato
.
Mondolfo
non
esita
a
dichiarare
che
il
fondamentale
difetto
dei
socialisti
italiani
è
consistito
nella
incongruenza
delle
premesse
filosofiche
,
nella
mancanza
di
una
coerente
orientazione
teorica
,
nella
trascuranza
del
principio
essenziale
di
quel
realismo
storico
,
al
quale
pure
han
creduto
appoggiarsi
,
che
consiste
nel
rovesciamento
della
praxis
.
Ora
io
confesso
che
in
tutte
le
formule
famose
care
ai
revisionisti
marxisti
,
dalla
«
prassi
che
si
rovescia
»
alla
«
realtà
condizionante
e
condizionata
»
,
dall
'
«
uomo
creatore
della
sua
storia
nei
limiti
delle
condizioni
preesistenti
che
sfuggono
al
suo
controllo
»
,
al
«
presente
figlio
del
passato
e
padre
dell
'
avvenire
»
,
non
vedo
nulla
di
specifico
capace
di
soddisfare
le
esigenze
del
moto
socialista
,
nulla
che
possa
guidare
l
'
azione
socialista
in
ogni
concreta
situazione
storica
.
In
essa
non
vedo
che
una
generica
trasposizione
del
principio
dialettico
dalla
sfera
concettuale
a
quella
del
reale
e
un
consiglio
generico
di
prudenza
ai
rivoluzionari
,
infinitamente
meno
suadente
di
quello
che
viene
dai
fatti
e
dalle
libere
esperienze
.
Osservo
però
che
mentre
nel
sistema
marxista
questa
dialettica
di
cose
aveva
un
significato
perfettamente
chiaro
e
una
direzione
(
soluzione
socialista
)
ben
precisata
,
nel
revisionismo
essa
assume
un
valore
sempre
più
vago
ed
evanescente
.
La
bussola
tanto
decantata
è
uno
strumento
che
,
all
'
atto
pratico
,
si
rivela
sordo
alle
influenze
magnetiche
della
storia
che
si
fa
.
Per
applicare
,
in
ogni
concreta
situazione
storica
,
il
metodo
materialistico
,
tutto
sta
,
evidentemente
,
nella
valutazione
dello
stato
delle
cose
(
meccanismo
produttivo
)
e
delle
coscienze
(
uomini
che
lottano
contro
l
'
ambiente
fisico
ed
economico
)
.
Ora
questa
interpretazione
sarà
sempre
,
entro
certi
limiti
,
viziata
da
soggettivismo
e
apriorismo
.
L
'
antitesi
tra
volontarismo
e
fatalismo
che
si
crede
di
aver
superata
in
sede
teoretica
col
concetto
della
prassi
che
si
rovescia
,
risorge
in
pieno
nella
pratica
.
Anche
il
volontarista
sfrenato
,
quando
proclama
tesi
semplicistiche
e
invoca
salti
miracolosi
può
,
in
buona
fede
,
reputarsi
pieno
di
senso
storico
.
Se
nel
processo
storico
si
fa
posto
alla
volontà
,
il
volontarista
può
sempre
,
nella
maestà
della
sua
intuizione
,
ritenere
non
vano
l
'
appello
alla
volontà
.
E
magari
pensare
che
occorra
esagerare
volutamente
il
ruolo
della
volontà
per
forzare
gli
uomini
,
pigri
e
ciechi
,
a
farne
un
uso
ragionevole
.
Quando
si
entra
nei
regni
complessi
della
psicologia
,
il
materialismo
storico
si
rivela
impotente
.
In
sostanza
tutto
il
materialismo
storico
,
dopo
la
sostituzione
dell
'
interdipendenza
al
determinismo
,
si
risolve
in
sede
pratica
in
una
lezione
di
realismo
storico
,
in
una
verità
banale
che
fu
acquisita
da
secoli
per
gli
uomini
d
'
azione
:
non
fare
il
passo
più
lungo
della
gamba
.
Quando
questa
lezione
fu
impartita
,
cioè
al
tempo
di
Marx
,
fu
veramente
salutare
,
perché
reagì
alle
orge
utopistiche
e
a
tutti
i
disegni
aprioristici
di
palingenesi
sociale
,
frutto
del
razionalismo
astratto
del
secolo
XVIII
;
ma
oggi
tende
a
farsi
nociva
.
Tutti
i
movimenti
socialisti
europei
,
sotto
l
'
incubo
di
questa
necessità
che
tanto
hanno
concorso
a
rivelare
,
hanno
perso
ogni
fiducia
nello
slancio
creativo
delle
masse
.
È
forse
venuta
l
'
ora
di
mettere
l
'
accento
sul
momento
della
libertà
,
di
ricordare
che
in
ogni
caso
è
ai
partiti
riformatori
che
spetta
esagerare
l
'
elemento
volontaristico
,
mentre
è
a
quelli
conservatori
che
spetta
di
esagerare
le
resistenze
.
Il
determinismo
marxista
,
e
anche
la
interpretazione
corretta
che
di
esso
dànno
i
revisionisti
,
induce
alla
accettazione
o
per
lo
meno
a
un
eccessivo
rispetto
a
priori
della
realtà
esistente
,
appunto
perché
esistente
.
Esso
umilia
l
'
umanità
ricordandole
di
continuo
la
sua
pochezza
di
fronte
alle
formidabili
forze
ambientali
,
naturali
e
sociali
;
e
può
facilmente
condurre
a
forme
di
rassegnazione
sul
tipo
di
quella
cattolica
.
Tutti
gli
dei
sono
pericolosi
,
compreso
quello
delle
forze
produttive
.
Dirò
una
cosa
che
può
sembrare
paradossale
;
ma
a
me
sembra
che
,
nello
stadio
attuale
dei
rapporti
sociali
,
il
materialismo
storico
è
filosofia
che
assai
meglio
si
addice
alla
classe
capitalistica
,
che
alla
classe
proletaria
.
Il
capitalista
,
in
particolare
l
'
imprenditore
,
essendo
alla
testa
del
processo
produttivo
,
dominandone
e
combinandone
gli
elementi
,
prendendo
una
parte
attiva
al
progresso
tecnico
,
possiede
la
coscienza
della
sua
attiva
partecipazione
alla
trasformazione
del
processo
produttivo
;
riesce
cioè
a
concretamente
inserire
la
sua
volontà
nella
storia
,
e
il
suo
rapporto
con
la
vita
economica
è
tipicamente
di
azione
reazione
.
Il
proletario
(
e
per
lui
l
'
intellettuale
che
aderisce
alla
causa
dei
lavoratori
)
,
subendone
invece
solo
i
contraccolpi
o
essendo
obbligato
ad
aderire
passivamente
al
processo
produttivo
,
non
vede
nelle
forze
di
produzione
che
delle
determinanti
contro
le
quali
,
oggi
,
è
impotente
a
reagire
.
Il
materialismo
storico
diventa
nelle
sue
mani
non
una
filosofia
liberatrice
,
ma
una
filosofia
che
gli
disvela
le
sue
catene
e
,
disvelandogliele
,
lo
induce
a
vani
conati
per
liberarsene
.
Può
servire
in
periodi
di
eccezionale
esaltazione
per
calmare
troppo
ardore
di
illusione
;
ma
non
può
essere
la
filosofia
base
di
un
movimento
operaio
che
è
ancora
in
stato
di
minorità
nella
direzione
dell
'
economia
.
Psicologicamente
parlando
è
fatale
che
il
materialismo
storico
assuma
,
presso
le
masse
,
un
colorito
deterministico
.
Più
in
generale
si
può
dire
che
a
tutti
i
dominatori
occorre
ricordare
continuamente
i
limiti
,
mentre
a
tutti
i
soggetti
bisogna
negarli
o
ridurne
la
portata
.
Il
partito
comunista
in
Russia
ha
sete
di
materialismo
storico
;
gli
scientifici
partiti
socialisti
marxisti
europei
hanno
sete
di
volontarismo
.
Di
un
volontarismo
non
parolaio
,
beninteso
,
che
sia
nutrito
da
una
fede
virile
nella
capacità
costruttrice
e
sostanzialmente
rinnovatrice
della
volontà
.
Le
esperienze
del
socialismo
italiano
costituiscono
ahimè
la
più
lampante
conferma
di
quanto
sopra
.
I
filosofi
del
materialismo
storico
lamentano
la
insufficiente
preparazione
teoretica
e
filosofica
e
la
scarsa
consequenziarità
dei
socialisti
italiani
;
e
credono
di
ritrovare
in
ciò
una
delle
cause
della
sconfitta
.
Io
oserei
lamentare
il
contrario
.
Troppa
preoccupazione
teoretica
o
pseudoteoretica
,
troppa
cura
di
mettersi
in
regola
coi
«
canoni
»
marxistici
,
troppa
paura
di
mostrarsi
empirici
,
risoluti
e
pragmatisti
.
Insopportabile
alle
volte
,
soprattutto
nei
periodi
in
cui
s
'
imporrebbe
l
'
azione
e
la
rapida
decisione
,
insopportabile
quella
falsa
preoccupazione
storicistica
che
ci
viene
da
Marx
e
,
ancor
più
che
da
lui
,
da
tutta
la
coorte
marxista
.
Si
teme
sempre
di
essere
antistorici
,
di
uscire
dalla
grande
rotta
segnata
sulle
carte
marxiste
,
di
non
aderire
perfettamente
alla
fisionomia
storica
del
proprio
tempo
.
Storici
quando
si
tratta
di
far
della
cronaca
,
cronisti
quando
si
tratta
di
far
della
storia
.
Di
qui
analisi
,
studi
,
discussioni
,
lambiccamenti
,
per
fissare
con
esattezza
chimerica
e
scolastica
lo
«
stato
civile
»
del
proprio
tempo
,
diagnosi
e
prognosi
dei
fenomeni
cui
si
assiste
.
Mentalità
professorale
,
che
non
ha
nulla
a
che
fare
con
quella
degli
uomini
d
'
azione
che
si
propongono
di
attivamente
collaborare
al
processo
storico
.
In
Italia
la
casa
comune
bruciava
,
le
fiamme
degli
edifici
operai
arrossavano
il
cielo
,
e
gli
inquilini
-
-
i
socialisti
-
-
si
accapigliavano
tra
loro
per
stabilire
se
quello
era
proprio
un
incendio
,
da
quali
cause
fosse
originato
,
se
rientrasse
in
questa
o
quella
categoria
,
se
fosse
stato
o
meno
previsto
nei
testi
sacri
,
se
fosse
limitato
all
'
Italia
.
ecc
,
ecc
.
Nei
periodi
dinamici
soprattutto
ci
si
avvede
quanto
illusoria
e
fatale
sia
la
pretesa
di
voler
seguire
il
filo
conduttore
fornito
dal
materialismo
storico
.
Una
vera
condanna
all
'
impotenza
.
L
'
azione
richiede
tempestività
,
intuizione
,
adattamento
,
creazione
.
Il
concreto
processo
storico
,
così
come
lo
delineano
i
cultori
del
materialismo
storico
,
è
una
storia
non
vissuta
,
una
storia
a
posteriori
,
una
storia
da
professori
.
La
famosa
bussola
serve
solo
quando
si
è
raggiunto
il
porto
.
Potrà
rendere
grandi
servigi
allo
storico
;
ma
è
spesso
inutile
,
e
talvolta
dannosa
,
al
facitore
di
storia
.
I
grossolani
errori
di
previsione
in
cui
incorse
Marx
nella
applicazione
del
suo
metodo
,
confermano
quanto
sopra
.
Il
materialismo
storico
ha
troppo
radicato
nella
mente
dei
più
la
tesi
che
il
processo
storico
sia
un
processo
meccanico
,
composizione
automatica
di
forze
ben
determinate
,
quantitativamente
stimabili
e
non
modificabili
per
azione
volontaria
dell
'
uomo
.
Ricordate
Bernstein
che
ammonisce
stare
ormai
il
problema
solo
nell
'
assodare
con
precisione
il
rapporto
quantitativo
dei
fattori
,
delle
forze
storiche
preponderanti
!
L
'
atteggiamento
di
troppi
socialisti
eminenti
di
fronte
al
fenomeno
fascista
nascente
,
fu
o
buddistico
o
stoico
.
Essi
allargarono
le
braccia
desolatamente
e
si
disposero
al
martirio
,
convinti
che
poco
o
nulla
vi
fosse
da
opporre
all
'
avanzarsi
del
fatto
che
avevano
analizzato
in
tutti
i
suoi
elementi
componenti
.
Essi
avevano
già
razionalmente
giustificata
la
loro
sconfitta
,
quando
gli
altri
non
si
illudevano
neppure
di
vincere
.
È
tanto
facile
rassegnarsi
alla
sconfitta
quando
essa
pare
venire
dalla
«
forza
delle
cose
»
,
dalla
«
immaturità
di
sviluppo
capitalistico
»
,
dalla
«
fase
di
necessaria
crescenza
borghese
»
,
ecc
.
ecc
.
E
quando
queste
formule
reggono
poco
,
allora
serve
egregiamente
l
'
hegelianesimo
di
basso
rango
con
la
sua
razionalizzazione
del
reale
,
di
tutta
la
realtà
,
anche
di
quella
realtà
che
,
contraddicendo
alla
legge
intima
dello
sviluppo
storico
,
dovrebbe
espellersi
dalla
realtà
.
Di
nuovo
torna
opportuno
il
paragone
col
cattolico
.
Il
credente
colpito
nell
'
affetto
dei
suoi
cari
attribuisce
la
prova
anche
la
più
atroce
a
segreti
motivi
del
Signore
.
Allo
stesso
modo
parla
il
materialista
storico
che
si
inchina
al
Dio
tenebroso
del
capitalismo
.
Soprattutto
grave
è
la
costante
sottovalutazione
che
i
marxisti
fanno
delle
ideologie
e
dei
cosiddetti
fattori
«
irrazionali
»
(
le
passioni
)
.
Basti
riflettere
al
grado
veramente
notevole
con
cui
il
nazionalismo
resiste
alle
necessità
economiche
.
In
tempi
di
bonaccia
il
danno
di
cotesta
sottovalutazione
è
relativo
;
ma
in
tempi
dinamici
,
di
crisi
o
di
rivoluzione
,
le
conseguenze
possono
essere
decisive
.
La
vita
politica
si
trova
allora
come
in
stato
di
incandescenza
e
si
presta
ad
essere
plasmata
nei
sensi
più
contraddittori
,
appunto
per
il
ruolo
immenso
che
vi
giuocano
gli
elementi
«
irrazionali
»
.
Al
materialista
storico
ciò
normalmente
sfugge
,
talché
finisce
per
giungere
a
un
apprezzamento
erratissimo
delle
forze
in
giuoco
.
Ciò
si
verificò
in
modo
tipico
agli
inizi
del
movimento
fascista
.
I
primi
nuclei
fascisti
non
si
può
dire
che
si
muovessero
per
esclusivo
interesse
o
suggestione
di
classe
,
e
neppure
erano
composti
da
soli
borghesi
.
Erano
gruppi
di
spostati
,
di
allucinati
,
di
idealisti
(
di
criminali
anche
)
,
in
preda
a
un
delirio
patriottardo
e
romantico
.
Solo
più
tardi
essi
diverranno
strumento
della
reazione
agrario
plutocratica
.
I
materialisti
storici
(
o
presunti
tali
...
)
,
abituati
a
commerciare
con
l
'
uomo
tipo
,
il
processo
storico
tipo
,
le
cause
prime
e
le
grandi
onde
del
moto
storico
;
accostumati
a
considerare
le
idee
come
travestimenti
degli
interessi
e
rapporti
di
classi
,
non
quando
si
tratta
di
far
della
cronaca
,
cronisti
quando
si
tratta
di
far
della
storia
.
Di
qui
analisi
,
studi
,
discussioni
,
lambiccamenti
,
per
fissare
con
esattezza
chimerica
e
scolastica
lo
«
stato
civile
»
del
proprio
tempo
,
diagnosi
e
prognosi
dei
fenomeni
cui
si
assiste
.
Mentalità
professorale
,
che
non
ha
nulla
a
che
fare
con
quella
degli
uomini
d
'
azione
che
si
propongono
di
attivamente
collaborare
al
processo
storico
.
In
Italia
la
casa
comune
bruciava
,
le
fiamme
degli
edifici
operai
arrossavano
il
cielo
,
e
gli
inquilini
-
-
i
socialisti
-
-
si
accapigliavano
tra
loro
per
stabilire
se
quello
era
proprio
un
incendio
,
da
quali
cause
fosse
originato
,
se
rientrasse
in
questa
o
quella
categoria
,
se
fosse
stato
o
meno
previsto
nei
testi
sacri
,
se
fosse
limitato
all
'
Italia
.
ecc
,
ecc
.
Nei
periodi
dinamici
soprattutto
ci
si
avvede
quanto
illusoria
e
fatale
sia
la
pretesa
di
voler
seguire
il
filo
conduttore
fornito
dal
materialismo
storico
.
Una
vera
condanna
all
'
impotenza
.
L
'
azione
richiede
tempestività
,
intuizione
,
adattamento
,
creazione
.
Il
concreto
processo
storico
,
così
come
lo
delineano
i
cultori
del
materialismo
storico
,
è
una
storia
non
vissuta
,
una
storia
a
posteriori
,
una
storia
da
professori
.
La
famosa
bussola
serve
solo
quando
si
è
raggiunto
il
porto
.
Potrà
rendere
grandi
servigi
allo
storico
;
ma
è
spesso
inutile
,
e
talvolta
dannosa
,
al
facitore
di
storia
.
I
grossolani
errori
di
previsione
in
cui
incorse
Marx
nella
applicazione
del
suo
metodo
,
confermano
quanto
sopra
.
Il
materialismo
storico
ha
troppo
radicato
nella
mente
dei
più
la
tesi
che
il
processo
storico
sia
un
processo
meccanico
,
composizione
automatica
di
forze
ben
determinate
,
quantitativamente
stimabili
e
non
modificabili
per
azione
volontaria
dell
'
uomo
.
Ricordate
Bernstein
che
ammonisce
stare
ormai
il
problema
solo
nell
'
assodare
con
precisione
il
rapporto
quantitativo
dei
fattori
,
delle
forze
storiche
preponderanti
!
L
'
atteggiamento
di
troppi
socialisti
eminenti
di
fronte
al
fenomeno
fascista
nascente
,
fu
o
buddistico
o
stoico
.
Essi
allargarono
le
braccia
desolatamente
e
si
disposero
al
martirio
,
convinti
che
poco
o
nulla
vi
fosse
da
opporre
all
'
avanzarsi
del
fato
che
avevano
analizzato
in
tutti
i
suoi
elementi
componenti
.
Essi
avevano
già
razionalmente
giustificata
la
loro
sconfitta
,
quando
gli
altri
non
si
illudevano
neppure
di
vincere
.
È
tanto
facile
rassegnarsi
alla
sconfitta
quando
essa
pare
venire
dalla
«
forza
delle
cose
»
,
dalla
«
immaturità
di
sviluppo
capitalistico
»
,
dalla
«
fase
di
necessaria
crescenza
borghese
»
,
ecc
.
ecc
.
E
quando
queste
formule
reggono
poco
,
allora
serve
egregiamente
l
'
hegelianesimo
di
basso
rango
con
la
sua
razionalizzazione
del
reale
,
di
tutta
la
realtà
,
anche
di
quella
realtà
che
,
contraddicendo
alla
legge
intima
dello
sviluppo
storico
,
dovrebbe
espellersi
dalla
realtà
.
Di
nuovo
torna
opportuno
il
paragone
col
cattolico
.
Il
credente
colpito
nell
'
affetto
dei
suoi
cari
attribuisce
la
prova
anche
la
più
atroce
a
segreti
motivi
del
Signore
.
Allo
stesso
modo
parla
il
materialista
storico
che
si
inchina
al
Dio
tenebroso
del
capitalismo
.
Soprattutto
grave
è
la
costante
sottovalutazione
che
i
marxisti
fanno
delle
ideologie
e
dei
cosiddetti
fattori
«
irrazionali
»
(
le
passioni
)
.
Basti
riflettere
al
grado
veramente
notevole
con
cui
il
nazionalismo
resiste
alle
necessità
economiche
.
In
tempi
di
bonaccia
il
danno
di
cotesta
sottovalutazione
è
relativo
;
ma
in
tempi
dinamici
,
di
crisi
o
di
rivoluzione
,
le
conseguenze
possono
essere
decisive
.
La
vita
politica
si
trova
allora
come
in
stato
di
incandescenza
e
si
presta
ad
essere
plasmata
nei
sensi
più
contraddittori
,
appunto
per
il
ruolo
immenso
che
vi
giuocano
gli
elementi
«
irrazionali
»
.
Al
materialista
storico
ciò
normalmente
sfugge
,
talché
finisce
per
giungere
a
un
apprezzamento
erratissimo
delle
forze
in
giuoco
.
Ciò
si
verificò
in
modo
tipico
agli
inizi
del
movimento
fascista
.
I
primi
nuclei
fascisti
non
si
può
dire
che
si
muovessero
per
esclusivo
interesse
o
suggestione
di
classe
,
e
neppure
erano
composti
da
soli
borghesi
.
Erano
gruppi
di
spostati
,
di
allucinati
,
di
idealisti
(
di
criminali
anche
)
,
in
preda
a
un
delirio
patriottardo
e
romantico
.
Solo
più
tardi
essi
diverranno
strumento
della
reazione
agrario
plutocratica
.
I
materialisti
storici
(
o
presunti
tali
...
)
,
abituati
a
commerciare
con
l
'
uomo
tipo
,
il
processo
storico
tipo
,
le
cause
prime
e
le
grandi
onde
del
moto
storico
;
accostumati
a
considerare
le
idee
come
travestimenti
degli
interessi
e
rapporti
di
classi
,
non
si
resero
conto
della
forza
autonoma
e
potentissirna
che
la
passione
,
bella
o
brutta
che
fosse
,
destava
negli
animi
dei
loro
rivali
.
Non
intesero
che
nell
'
urto
non
è
tanto
il
grado
di
consapevolezza
critica
che
conta
,
quanto
la
spontaneità
,
la
forza
viva
,
la
interna
persuasione
,
lo
spirito
attivo
di
lotta
e
di
sacrificio
.
Così
avvenne
che
mentre
da
un
lato
si
potenziava
sino
all
'
inverosimile
la
forza
esplosiva
del
movimento
fascista
,
dall
'
altro
prevaleva
nei
dirigenti
una
mera
capacità
critica
.
Tra
i
lottatori
e
gli
storici
la
partita
non
fu
dubbia
:
vinsero
i
primi
.
In
conclusione
,
l
'
affidarsi
che
i
socialisti
fanno
alla
bussola
storico
materialista
è
una
ingenua
illusione
e
una
contraddizione
.
Illusione
,
perché
con
essa
,
nella
migliore
delle
ipotesi
,
si
potrà
tracciare
una
generalissima
linea
di
sviluppo
avente
riguardo
alla
vita
non
di
una
ma
di
molte
generazioni
;
e
sempre
la
si
dovrà
accompagnare
da
fortissime
riserve
,
non
fosse
altro
perché
nessuno
è
in
grado
di
stabilire
quali
saranno
i
futuri
sviluppi
della
tecnica
,
e
quindi
i
caratteri
del
«
sistema
produttivo
»
.
Ogni
previsione
che
noi
faremo
,
essendo
una
mera
proiezione
nel
futuro
delle
condizioni
attuali
,
che
certamente
si
modificheranno
,
è
errata
.
Nel
migliore
dei
casi
il
fedele
lettore
della
bussola
storico
materialistica
riuscirà
a
tracciare
una
rotta
virtuale
,
non
una
rotta
reale
:
quella
rotta
cioè
che
la
società
eseguirebbe
rebus
sic
stantibus
,
con
questo
grado
di
tecnica
,
di
rapporti
sociali
,
cultura
,
ideologia
,
sensibilità
,
ecc
..
Quindi
una
previsione
generica
ed
errata
incapace
di
fornire
serio
aiuto
nell
'
azione
concreta
.
E
magari
fosse
sempre
una
proiezione
del
presente
nel
futuro
!
Che
troppo
spesso
invece
si
tratta
di
una
proiezione
del
passato
nel
futuro
,
di
quel
passato
sulle
cui
esperienze
Marx
,
ottanta
anni
fa
,
costruì
il
suo
sistema
e
le
sue
previsioni
.
Ma
l
'
affidarsi
alla
bussola
storico
materialistica
è
per
dei
socialisti
anche
una
contraddizione
.
Essi
vorrebbero
portare
una
coscienza
tutta
critica
e
razionale
nel
moto
,
e
nel
metodo
che
presiede
al
moto
,
e
non
nel
fine
.
Il
quale
fine
,
il
socialismo
,
postulano
sentimentalmente
e
spesso
in
modo
affatto
dogmatico
in
base
a
un
principio
di
fede
.
Se
vogliono
applicare
una
visione
critica
comincino
coll
'
applicarla
al
fine
,
e
poi
al
metodo
.
Scomodare
tutta
la
filosofia
per
decidere
questioni
pratiche
che
l
'
empiria
e
il
buon
senso
son
chiamati
a
risolvere
,
salvo
poi
guardarsi
bene
dal
conservare
questa
coscienza
critica
quando
si
tratti
dei
massimi
problemi
finalistici
del
socialismo
,
è
un
grottesco
bello
e
buono
.
Ma
il
colpo
di
grazia
alle
posizioni
del
socialismo
marxista
non
è
venuto
peraltro
dalla
teoria
.
In
teoria
tutte
le
tesi
,
anche
le
meglio
fondate
,
sono
opinabili
;
e
tutte
le
soluzioni
possono
riuscire
accettabili
.
Quand
'
anche
fossimo
riusciti
a
dimostrare
in
modo
categorico
che
il
revisionismo
ha
rotto
il
legame
logico
tra
socialismo
e
marxismo
,
vi
sarà
pur
sempre
chi
,
attraverso
esegesi
abili
e
sapienti
,
tenterà
di
sostenere
il
contrario
.
Ma
la
rude
smentita
è
venuta
invece
dalla
pratica
,
dalla
progressiva
erosione
di
due
miti
che
stanno
alla
base
di
tutta
la
propaganda
marxista
e
che
ne
hanno
costituito
la
ragione
massima
di
successo
:
1
)
il
comunismo
imposto
da
una
inderogabile
necessità
del
sistema
produttivo
,
conclusione
fatale
delle
contraddizioni
e
delle
crisi
che
minano
l
'
organismo
capitalistico
;
2
)
il
comunismo
considerato
come
il
solo
assetto
sociale
capace
di
assicurare
,
per
il
suo
razionale
ordinamento
produttivo
e
distributivo
,
un
immenso
aumento
di
produttività
e
di
benessere
,
sottraendo
l
'
umanità
alla
schiavitù
dei
bisogni
materiali
.
Il
primo
mito
è
stato
fortemente
intaccato
dalle
profonde
trasformazioni
subite
dal
capitalismo
dai
tempi
di
Marx
ai
giorni
nostri
.
Il
secondo
dall
'
accumularsi
di
una
serie
grandiosa
di
esperienze
operaie
in
sede
economica
e
politica
.
La
razionalizzazione
capitalista
,
da
un
lato
,
e
la
esperienza
russa
dall
'
altro
,
non
hanno
fatto
che
accentuarne
l
'
erosione
.
Cominciamo
dal
primo
.
Marx
aveva
fissato
nelle
sue
opere
una
fase
tipica
dello
sviluppo
capitalistico
:
la
fase
anarchica
ed
esplosiva
degli
inizi
,
come
si
disegna
in
Inghilterra
:
con
l
'
individualismo
sfrenato
,
la
libera
concorrenza
,
il
feroce
sfruttamento
della
manodopera
.
In
questa
fase
la
produzione
è
terribilmente
sregolata
,
il
sistema
di
fabbrica
funziona
con
sprechi
e
attriti
enormi
,
a
prezzo
di
sofferenze
inenarrabili
delle
masse
spogliate
violentemente
dei
loro
mestieri
e
strumenti
di
lavoro
,
ridotte
al
rango
di
merce
,
vittime
delle
crisi
economiche
ricorrenti
e
di
una
disoccupazione
che
appare
una
necessità
funzionale
del
capitalismo
.
L
'
errore
di
Marx
fu
di
aver
scambiato
il
prologo
con
l
'
intero
svolgimento
,
di
aver
prolungato
nel
tempo
fenomeni
transitori
,
di
aver
fatto
dell
'
immiserimento
progressivo
delle
masse
e
della
accumulazione
della
ricchezza
in
poche
mani
la
«
legge
generale
e
[
assoluta
»
dell
'
accumulazione
capitalistica
,
compromettendo
l
'
intera
sua
concezione
con
un
apriorismo
teoretico
e
con
lo
schematismo
dialettico
caro
agli
hegeliani
.
Il
capitalismo
riuscì
difatti
a
superare
la
posizione
senza
uscita
a
cui
sembrava
condannato
.
Il
movimento
operaio
,
la
legislazione
sociale
,
le
infinite
forme
di
intervento
della
società
posero
fine
,
nei
paesi
più
progrediti
,
agli
abusi
più
rivoltanti
;
il
perfezionarsi
della
produzione
e
della
mentalità
capitalistica
dimostrò
che
l
'
incremento
del
profitto
chiedeva
operai
più
qualificati
,
meglio
nutriti
,
meglio
pagati
,
capaci
,
oltreché
di
produrre
,
anche
di
consumare
le
sempre
più
gigantesche
masse
di
prodotti
che
inondavano
i
mercati
;
le
società
per
azioni
democratizzarono
,
entro
certi
limiti
,
il
capitale
,
e
le
coalizioni
capitalistiche
reagirono
ai
danni
di
una
produzione
affidata
al
capriccio
del
profitto
e
del
criterio
individuale
.
Dalla
politica
di
astensione
dello
Stato
in
materia
economica
si
passò
,
per
gradi
insensibili
,
a
una
politica
di
intervenzionismo
intenso
e
progressivo
:
nazionalizzazione
di
servizi
pubblici
essenziali
(
ferrovie
,
poste
,
banche
,
assicurazioni
,
ecc
.
)
,
controllo
sui
prezzi
di
molti
generi
(
illuminazione
,
pane
,
acqua
,
alloggi
,
ecc
.
)
,
controllo
su
mercati
,
corpi
professionali
,
commercio
estero
,
premi
e
sovvenzioni
,
espropriazioni
per
pubblica
utilità
,
lavori
pubblici
,
regolamentazione
coattiva
dei
salari
e
delle
condizioni
di
lavoro
...
fu
tutto
un
fiorire
di
iniziative
da
parte
degli
enti
pubblici
di
cui
non
si
possiede
una
idea
adeguata
.
Tipica
l
'
esperienza
dell
'
Inghilterra
,
Mecca
del
liberismo
individualistico
.
Abbiamo
là
attualmente
un
servizio
grandioso
di
opere
sociali
che
assorbe
quasi
metà
del
bilancio
,
sussidi
ai
disoccupati
e
ai
proprietari
di
miniere
,
tariffe
doganali
,
fissazione
di
salari
,
ecc
.
;
un
complesso
di
imprese
per
315
miliardi
di
lire
,
equivalenti
a
due
terzi
circa
del
capitale
totale
delle
grandi
imprese
inglesi
,
fa
parte
ormai
delle
imprese
nazionalizzate
,
seminazionalizzate
o
controllate
dallo
Stato
.
Ma
ancora
più
caratteristico
è
il
processo
che
ha
condotto
-
-
nei
più
importanti
rami
industriali
-
-
alla
sostituzione
delle
imprese
private
individuali
con
le
grandi
aziende
anonime
,
gigantesche
coalizioni
di
capitali
e
di
competenze
,
collegate
tra
loro
da
nessi
orizzontali
o
verticali
(
trusts
,
cartelli
,
ecc
.
)
su
scala
internazionale
,
costrette
assai
più
spesso
di
quanto
non
si
creda
a
ricercare
l
'
aumento
del
profitto
nella
riduzione
dei
costi
attraverso
la
produzione
in
massa
e
il
progresso
vertiginoso
dei
metodi
produttivi
.
In
America
soprattutto
il
processo
di
razionalizzazione
economica
ha
assunto
in
questi
ultimi
anni
un
ritmo
così
accentuato
da
eliminare
i
peggiori
effetti
della
concorrenza
sfrenata
e
dell
'
atomismo
,
realizzando
un
livello
altissimo
di
produttività
.
Il
vecchio
argomento
marxista
contro
gli
sprechi
colpevoli
del
capitalismo
ha
perduto
,
con
questi
progressi
,
buona
parte
della
sua
presa
.
La
produttività
raggiunta
da
molte
imprese
americane
o
germaniche
è
tale
che
difficilmente
è
concepibile
possa
superarsi
con
forme
statali
o
collettivistiche
di
gestione
.
Si
pensi
ad
esempio
ad
una
socializzazione
brusca
dell
'
industria
chimica
tedesca
.
Il
massimo
sperabile
da
una
socializzazione
sarà
di
poter
mantenere
inalterato
il
livello
della
produzione
e
il
ritmo
del
progresso
.
I
salari
operai
beneficierebbero
solo
di
quella
parte
del
profitto
che
non
viene
reimpiegata
nell
'
industria
e
che
si
dirige
a
consumi
voluttuari
.
Certamente
questo
processo
di
riorganizzazione
cui
è
stata
costretta
la
grande
industria
capitalistica
conferma
la
acutezza
di
molte
critiche
marxistiche
,
e
in
genere
di
tutte
le
scuole
riformatrici
del
secolo
scorso
,
al
regime
anarchico
della
concorrenza
,
e
rappresenta
un
notevole
pas
so
verso
una
produzione
razionale
non
più
dominata
dal
cieco
egoismo
di
una
infima
minoranza
;
ma
appunto
perciò
è
fatale
che
perdano
in
efficacia
ed
attualità
le
adusate
requisitorie
di
Marx
,
al
pari
della
sua
concezione
del
moto
socialista
che
da
quella
anarchia
capitalista
,
dichiarata
inguaribile
,
prendeva
le
mosse
.
Le
stesse
esperienze
della
guerra
e
del
dopoguerra
hanno
capovolto
le
previsioni
marxiste
.
La
rivoluzione
sociale
è
scoppiata
nel
paese
più
arretrato
,
la
Russia
;
mentre
il
paese
più
progredito
,
gli
Stati
Uniti
,
superava
la
crisi
col
minimo
di
scosse
.
Altro
esempio
,
l
'
Inghilterra
:
da
dieci
anni
un
decimo
della
sua
popolazione
lavoratrice
è
disoccupata
.
Fenomeno
mostruoso
,
che
ai
tempi
di
Marx
avrebbe
provocato
il
caos
sociale
,
o
un
tentativo
di
rivoluzione
espropriatrice
.
Invece
nulla
di
tutto
ciò
.
L
'
alto
tenore
di
vita
della
popolazione
-
-
cioè
la
emancipazione
dal
margine
di
sussistenza
che
Marx
negava
potesse
effettuarsi
-
-
ha
permesso
all
'
Inghilterra
di
fronteggiare
la
crisi
.
Questo
non
toglie
che
il
regime
capitalistico
riveli
tuttora
gravissimi
inconvenienti
e
non
solo
dal
lato
economico
:
la
guerra
e
le
lotte
di
classe
sono
ombre
fosche
nel
quadro
.
Ma
bisogna
abituarsi
a
considerare
l
'
insieme
del
quadro
,
e
non
solo
le
ombre
.
Ora
invece
la
mentalità
dei
marxisti
è
troppo
dominata
dal
pregiudizio
critico
:
essi
inevitabilmente
ricercano
nel
mondo
moderno
solo
gli
aspetti
negativi
che
permettano
di
confermare
il
pessimismo
di
Marx
.
Si
veda
ad
esempio
la
loro
attitudine
di
fronte
al
fenomeno
della
razionalizzazione
.
Essi
non
si
rendono
conto
che
le
forme
veramente
progredite
del
capitalismo
tecnicizzato
e
razionalizzato
non
sono
ormai
molto
lontane
dalle
forme
che
assumerebbe
un
socialismo
applicato
all
'
industria
.
Le
differenze
non
stanno
più
(
come
in
Marx
)
nella
sfera
della
produzione
,
ma
in
quella
della
distribuzione
e
della
morale
.
La
razionalizzazione
capitalista
contiene
in
sé
molti
elementi
di
quella
socialista
;
le
distanze
,
grandissime
nello
spirito
e
nelle
intenzioni
,
si
attenuano
assai
nei
pratici
risultati
.
Oggi
è
possibile
concepire
che
il
passaggio
dall
'
una
all
'
altra
si
compia
con
processo
graduale
e
pacifico
:
con
un
processo
che
,
salvando
i
pregi
ormai
assicurati
dell
'
una
,
li
rafforzi
progressivamente
coi
pregi
dell
'
altra
.
Ma
perché
il
processo
si
compia
occorre
che
i
socialisti
abbandonino
la
vecchia
posizione
aprioristicamente
critica
e
prendano
seria
nota
della
nuova
realtà
capitalistica
.
Per
chi
anela
ad
un
compito
costruttivo
è
un
errore
pericoloso
l
'
ostinarsi
a
contrapporre
una
forma
sociale
pura
,
ideale
(
la
società
socialista
)
ad
una
forma
tutta
e
solo
applicata
(
la
società
capitalista
attuale
)
.
Per
definizione
tutte
le
forme
pure
sono
superiori
alle
applicate
.
In
teoria
anche
il
liberismo
assoluto
-
-
la
armonia
newtoniana
degli
egoismi
individuali
,
celebrata
da
Bentham
-
-
è
capace
di
assicurare
il
maximum
di
benessere
collettivo
.
Bisogna
passare
dalla
teoria
alla
realtà
e
rassegnarsi
alle
inevitabili
delusioni
.
La
vita
è
ricolma
di
attriti
e
di
incognite
,
e
non
produce
che
valori
relativi
.
La
forma
sociale
ideale
cui
si
riferiscono
i
socialisti
marxisti
scaturì
per
contraccolpo
critico
e
sentimentale
dalle
analisi
delle
deficienze
e
delle
miserie
morali
e
materiali
di
una
fase
superata
del
capitalismo
nei
paesi
più
progrediti
.
Nella
misura
in
cui
il
capitalismo
ha
risolto
i
problemi
e
le
contraddizioni
segnalate
da
Marx
,
o
ha
realizzato
postulati
della
scuola
socialista
,
la
critica
marxista
è
superata
.
Cento
anni
fa
il
quadro
di
una
produzione
razionalizzata
,
sottratta
al
capriccio
degli
egoismi
individuali
,
era
altamente
suggestivo
.
Oggi
,
di
fronte
alla
razionalizzazione
delle
grandi
industrie
capitalistiche
,
il
fascino
è
immensamente
diminuito
;
e
solo
l
'
affezione
a
vecchi
luoghi
comuni
e
la
ignoranza
della
nuova
realtà
economica
può
conservarlo
agli
occhi
dei
socialisti
europei
.
In
una
discussione
tra
Marx
e
un
filatore
di
cotoni
del
Lancashire
o
un
produttore
di
caldaie
di
Birmingham
,
Marx
avrebbe
riportato
indubbiamente
la
palma
.
Nonostante
le
esagerazioni
,
lui
e
non
il
suo
avversario
precorreva
i
tempi
ed
era
sulla
linea
del
progresso
economico
.
Ma
immaginate
oggi
un
marxista
ortodosso
alle
prese
con
Ford
e
sentirete
come
tutte
le
sue
rivendicazioni
e
requisitorie
nell
'
ordine
produttivo
si
spuntino
contro
le
realizzazioni
di
Ford
.
Il
marxista
si
trova
infatti
costretto
a
spostare
la
sua
requisitoria
sul
piano
dei
fattori
morali
,
a
ri
vendicare
,
contro
la
spaventosa
uniformità
e
la
disciplina
livellatrice
di
una
produzione
standardizzata
,
i
valori
qualitativi
,
i
fattori
morali
,
i
diritti
all
'
autonomia
e
alla
intelligenza
degli
operai
;
a
farsi
,
in
una
parola
,
liberale
,
a
risuscitare
le
vecchie
formule
del
socialismo
utopista
e
della
rivolta
libertaria
.
L
'
ironia
della
storia
non
ha
mai
fine
...
!
La
grande
debolezza
dei
socialisti
contemporanei
consiste
appunto
nel
restare
tetragoni
all
'
evoluzione
della
realtà
,
nel
riferirsi
sempre
,
anche
nella
illustrazione
della
loro
forma
ideale
di
società
,
ad
elementi
di
fatto
superati
,
nell
'
impiegare
vecchie
e
consunte
argomentazioni
che
hanno
ben
scarsa
presa
sulla
realtà
della
vita
economica
moderna
.
Bisogna
si
convincano
che
i
vecchi
latinetti
sulla
superiorità
indiscutibile
di
una
produzione
sottratta
allo
stimolo
del
profitto
non
bastano
più
.
Bisogna
che
scendano
all
'
analisi
dettagliata
e
adeguino
le
soluzioni
ai
problemi
,
gli
ideali
ai
fatti
.
Bisogna
infine
che
prendano
atto
dele
infinite
esperienze
operaie
che
si
sono
compiute
in
questi
decenni
,
e
soprattutto
della
esperienza
russa
.
In
Russia
,
dodici
anni
dopo
la
rivoluzione
,
si
è
raggiunto
a
malapena
il
livello
di
produzione
prebellica
nell
'
industria
;
mentre
in
agricoltura
la
produzione
vi
resta
ancora
inferiore
.
Anche
nelle
aziende
industriali
meglio
organizzate
siamo
lontanissimi
dai
livelli
di
produttività
e
di
retribuzione
delle
corrispondenti
aziende
nei
paesi
capitalistici
.
La
psiche
operaia
non
è
certo
mutata
-
-
per
confessione
stessa
dei
Soviet
-
-
con
la
rapidità
desiderata
e
prevista
,
tanto
che
dopo
un
primo
periodo
di
rigida
applicazione
delle
formule
comunistiche
,
si
è
stati
costretti
a
ristabilire
buona
parte
del
vecchio
meccanismo
disciplinare
,
con
le
conseguenti
differenziazioni
gerarchiche
e
salariali
.
Ci
si
è
dovuti
convincere
,
insomma
,
che
la
previsione
ottimista
dei
vecchi
socialisti
potrebbe
avverarsi
solo
se
la
sua
realizzazione
dipendesse
dall
'
opera
di
quelle
esigue
minoranze
nelle
quali
la
trasformazione
delle
aziende
da
private
in
sociali
determina
il
sorgere
di
uno
squisito
senso
di
responsabilità
,
di
quel
senso
che
gli
anglosassoni
chiamano
del
«
servizio
sociale
»
.
Ma
le
sorti
della
produzione
dipendono
invece
dal
livello
medio
di
sensibilità
e
capacità
delle
grandi
masse
:
livello
che
si
modifica
con
estrema
lentezza
,
attraverso
una
profonda
e
diuturna
opera
di
educazione
.
Del
che
d
'
altronde
fanno
riprova
le
molteplici
interessantissime
esperienze
italiane
in
materia
di
cooperazione
rurale
.
Per
dieci
esperimenti
fortunati
,
dieci
almeno
fallirono
.
E
i
dieci
che
riuscirono
,
riuscirono
per
meravigliosa
abnegazione
di
dirigenti
,
attraverso
sforzi
e
sacrifici
di
decenni
,
ai
quali
tutta
indistintamente
la
massa
fu
chiamata
a
partecipare
.
Dopo
la
esperienza
russa
non
è
più
permesso
a
un
socialista
di
considerare
la
razionalizzazione
socialista
con
gli
occhi
ingenui
ed
utopisti
di
un
tempo
.
Essa
chiaramente
rivela
-
-
anche
indipendentemente
dalla
dittatura
-
-
quale
enorme
peso
vi
abbiano
gli
elementi
politici
e
psicologici
.
Il
piano
quinquennale
russo
è
dominato
dal
criterio
tutto
politico
di
favorire
l
'
industria
,
e
con
l
'
industria
lo
sviluppo
del
proletariato
,
nerbo
del
regime
,
a
danno
dell
'
agricoltura
e
della
immensa
maggioranza
della
popolazione
.
I
prezzi
dei
prodotti
industriali
sono
fissati
a
un
livello
artificiosamente
superiore
a
quelli
agricoli
,
così
da
grandemente
ridurre
la
capacità
d
'
acquisto
dei
ceti
rurali
.
La
stessa
ripartizione
delle
risorse
è
fatta
con
criteri
politici
,
in
vista
di
uno
sviluppo
dell
'
industria
pesante
e
delle
risorse
di
materie
prime
.
Mai
più
deliberatamente
si
sacrificarono
gli
evidenti
interessi
dell
'
economia
a
un
dogma
politico
;
e
mai
più
artificiosamente
si
costruì
un
conflitto
che
ha
bene
il
diritto
di
chiamarsi
di
classi
.
Il
contadino
non
è
più
sfruttato
dal
grande
proprietario
terriero
,
a
cui
doveva
consegnare
una
parte
del
raccolto
;
ma
oggi
quella
parte
del
raccolto
la
deve
consegnare
ai
rappresentanti
dello
Stato
e
dei
ceti
urbani
,
sotto
forma
di
una
brutale
riduzione
del
suo
potere
d
'
acquisto
.
Dalla
esperienza
russa
-
-
esperienza
comunque
fondamentale
per
la
storia
del
socialismo
mondiale
-
-
sgorga
una
grande
lezione
che
nessuno
potrà
contestare
:
e
cioè
che
una
rivoluzione
violenta
e
uno
sconvolgimento
subitaneo
dell
'
intero
sistema
produttivo
,
se
consente
apparentemente
di
riedificare
ex
novo
l
'
organizzazione
produttiva
in
base
a
un
principio
razionale
,
porta
di
conseguenza
una
tremenda
crisi
,
tanto
più
tremenda
quanto
più
sviluppato
e
perfezionato
è
il
meccanismo
finanziario
e
industriale
,
che
impone
sacrifici
e
sofferenze
senza
nome
alla
generazione
rivoluzionaria
.
Il
Paradiso
è
vietato
alla
generazione
rivoluzionaria
.
Essa
lavorerà
e
si
sacrificherà
per
i
figli
.
Ma
-
-
e
qui
sta
il
punto
cruciale
-
-
la
massa
proletaria
in
Russia
è
andata
incontro
ai
sacrifici
coscientemente
?
Quando
gli
operai
conquistarono
le
officine
intuivano
che
cosa
li
avrebbe
attesi
?
E
se
lo
avessero
intuito
,
se
avessero
avuto
dinanzi
ai
loro
occhi
-
-
come
hanno
invece
oggi
gli
altri
proletariati
dopo
la
loro
esperienza
-
-
il
quadro
inenarrabile
delle
sofferenze
avvenire
avrebbero
sostenuto
attivamente
il
movimento
rivoluzionario
,
il
partito
della
socializzazione
integrale
e
subitanea
?
Per
rispondere
sì
,
bisogna
ammettere
che
la
classe
operaia
russa
fosse
dotata
di
una
sublime
forza
morale
,
di
una
eroica
volontà
di
immolazione
-
-
propria
in
genere
solo
di
pochi
spiriti
privilegiati
-
-
,
avesse
insomma
aderito
ad
una
concezione
della
vita
risolutamente
antitetica
a
quella
che
instilla
il
marxismo
.
Il
che
torna
a
dire
che
dopo
l
'
esperienza
russa
non
sarà
più
consentito
ai
facili
propagandisti
della
rivoluzione
di
muovere
e
commuovere
le
masse
con
la
visione
del
paradiso
comunista
a
portata
di
mano
.
Dovranno
ripetere
il
proclama
di
Garibaldi
innanzi
Aspromonte
-
-
io
vi
prometto
fame
,
dolori
,
morte
-
-
e
,
abbandonando
la
vecchia
piattaforma
marxista
,
fare
appello
prima
e
soprattutto
alle
idealità
morali
.
CAPITOLO
V
IL
SUPERAMENTO
DEL
MARXISMO
Il
titolo
del
capitolo
non
deve
trarre
in
inganno
.
Quando
noi
diciamo
che
Marx
è
superato
non
intendiamo
davvero
dire
con
questo
che
nulla
rimanga
di
vivo
e
di
vitale
del
suo
pensiero
.
Al
contrario
.
Nessuno
può
sognarsi
di
patrocinare
un
totale
quanto
assurdo
rinnegamento
di
Marx
,
per
un
ritorno
all
'
utopismo
,
o
a
correnti
solidaristiche
,
o
a
teorie
storiografiche
,
giustamente
obliate
per
il
loro
formalismo
.
L
'
esperienza
secolare
del
moto
proletario
non
si
cancella
.
Il
figlio
si
emancipa
,
ma
non
può
rinnegare
il
proprio
padre
.
I
socialisti
moderni
sono
figli
di
Marx
,
anche
se
oggi
si
rifiutano
di
ricevere
la
sua
eredità
senza
un
larghissimo
beneficio
d
'
inventario
.
Dirò
di
più
e
cioè
che
non
si
concepisce
oggi
un
uomo
moderno
,
dotato
cioè
del
senso
vivo
dei
problemi
del
suo
tempo
-
-
che
non
sia
,
entro
certi
limiti
,
marxista
;
che
non
abbia
fatte
proprie
,
sangue
del
suo
sangue
,
tutto
un
insieme
di
verità
che
,
se
al
tempo
di
Marx
potevano
apparire
giustamente
rivoluzionatrici
,
sono
oggi
quasi
banali
tanto
sono
acquisite
alla
scienza
e
coscienza
moderna
.
Così
la
importanza
preminente
riconosciuta
alle
forze
economiche
e
,
tra
queste
,
alle
forze
di
produzione
e
loro
organamento
;
gli
stretti
legami
esistenti
tra
sistema
produttivo
e
rapporti
sociali
,
e
conseguente
loro
relatività
storica
;
lo
sviluppo
organico
del
modo
di
produzione
e
la
impossibilità
di
saltare
fasi
essenziali
dello
sviluppo
economico
;
il
progressivo
prevalere
del
macchinismo
e
dell
'
industrialismo
;
la
realtà
delle
lotte
di
classe
,
la
parte
che
queste
lotte
hanno
avuto
per
il
passato
,
l
'
avanzarsi
del
proletariato
per
effetto
dello
sviluppo
capitalistico
e
la
preminenza
del
contrasto
tra
capitalisti
e
proletari
,
il
frequente
modellarsi
delle
ideologie
sulla
base
degli
interessi
di
classe
o
di
ceto
,
ecc
.
In
fondo
il
più
vero
trionfo
di
Marx
sta
proprio
qui
:
nell
'
aver
permeato
del
suo
pensiero
,
del
suo
prepotente
realismo
tutta
quanta
la
scienza
sociale
moderna
;
di
contare
tra
i
suoi
scolari
i
suoi
stessi
più
acerrimi
avversari
,
di
veder
trattati
come
luoghi
comuni
molte
delle
sue
intuizioni
divinatrici
.
Fatte
le
debite
proporzioni
,
si
può
dire
che
egli
occupi
nella
scienza
sociale
il
posto
di
Kant
nella
filosofia
.
Come
dopo
Kant
,
così
dopo
Marx
talune
posizioni
sono
superate
per
sempre
e
l
'
indirizzo
degli
studi
subisce
una
svolta
decisiva
.
Ma
c
'
è
più
uno
storico
che
possa
scrivere
di
storia
senza
tener
sempre
presenti
e
le
forme
della
produzione
,
e
il
grado
della
tecnica
,
e
i
rapporti
economici
,
e
la
struttura
della
classe
;
cioè
senza
rintracciare
,
oltre
gli
aspetti
politici
,
morali
,
religiosi
,
quella
che
Marx
chiamava
la
struttura
economica
?
E
c
'
è
più
un
politico
che
possa
prescindere
dalla
sua
visione
realistica
e
dialettica
della
vita
sociale
,
e
veramente
illudersi
di
chiudere
,
col
sussidio
di
declamazioni
solidaristiche
e
di
repressioni
poliziesche
,
le
cateratte
della
lotta
o
delle
lotte
di
classe
?
Anche
la
reazione
antiproletaria
,
oggi
,
si
fa
nello
spirito
di
Marx
,
cioè
con
una
ben
più
perfetta
conoscenza
delle
forze
che
si
vogliono
incatenare
.
E
la
polemica
politica
è
ancor
oggi
intessuta
per
tre
quarti
intorno
a
posizioni
che
del
pensiero
di
Marx
recano
il
potente
suggello
.
Ma
,
ecco
il
punto
,
queste
verità
,
appunto
perché
verità
,
non
possono
più
dirsi
monopolio
socialista
,
e
ancor
meno
possono
valere
a
caratterizzare
il
moto
socialista
e
a
indirizzarlo
.
Sono
verità
,
e
come
tali
non
sono
né
borghesi
né
proletarie
.
Il
problema
vero
per
i
socialisti
non
consiste
dunque
nel
rinnegare
Marx
,
ma
nell
'
emanciparsene
.
Accettare
ciò
che
è
vitale
:
respingere
,
apertamente
,
definitivamente
,
quanto
nel
marxismo
v
'
ha
di
erroneo
,
di
utopistico
,
di
contingente
.
Il
richiamarsi
,
che
ancora
tanti
socialisti
fanno
,
a
Marx
,
come
al
faro
supremo
che
dovrà
guidarli
,
saecula
saeculorum
,
lungo
la
travagliata
rotta
negli
oceani
della
storia
,
è
supremamente
equivoco
ed
anacronistico
:
perché
,
se
intendono
richiamarsi
agli
aspetti
più
propriamente
tattico
politici
,
cioè
alla
sua
specifica
teoria
del
moto
e
dell
'
avvento
socialista
,
non
fanno
che
richiamarsi
agli
errori
già
confutati
da
trent
'
anni
di
critica
e
,
più
che
di
critica
,
di
prassi
socialista
;
e
se
intendono
invece
richiamarsi
alla
sua
teoria
centrale
del
materialismo
storico
,
si
richiamano
ad
una
posizione
che
non
è
più
specificatamente
socialista
,
o
,
per
lo
meno
,
ad
una
posizione
che
,
per
la
sua
genericità
,
non
è
più
in
grado
di
fornire
una
guida
precisa
nell
'
azione
concreta
.
,
Marx
per
primo
riderebbe
di
questa
buffa
pretesa
degli
epigoni
suoi
di
voler
arrestare
la
storia
della
dottrina
sociale
in
genere
,
e
socialista
in
specie
,
ai
parti
del
suo
cervello
:
(
egli
,
che
negava
anche
a
Mosè
e
a
Giosuè
gli
«
arresti
»
più
sensazionali
della
storia
)
egli
,
che
fornì
l
'
esempio
più
tipico
di
ribellione
contro
le
posizioni
tradizionali
,
acquisite
,
del
suo
tempo
.
L
'
esempio
di
Marx
giovinetto
,
ecco
la
migliore
difesa
contro
coloro
che
ci
accuseranno
di
lesa
patria
marxista
.
È
proprio
a
lui
,
alla
sua
prosa
corrosiva
,
alla
sua
feroce
intransigenza
,
che
si
deve
il
disprezzo
tuttora
imperante
per
tutte
le
correnti
socialiste
non
marxiste
(
e
quel
sistema
così
settario
e
violento
di
combatterle
che
così
bene
hanno
ereditato
i
comunisti
.
Nessuno
,
mai
,
fu
più
crudele
,
dimentico
,
ingiusto
di
lui
.
)
Dopo
aver
pescato
a
larghe
mani
nei
suoi
predecessori
e
nei
suoi
rivali
,
non
esitò
,
pur
di
imporre
il
suo
deciso
superamento
,
ad
ingigantire
le
antitesi
,
a
raddoppiare
in
violenza
polemica
,
affinché
in
un
deserto
colmo
solo
di
macerie
,
meglio
sovrastasse
in
tutto
il
suo
splendore
il
suo
scientifico
edificio
.
[
Che
tutto
ciò
sia
umano
è
comprensibile
;
che
,
in
fin
dei
conti
,
in
un
uomo
del
suo
genio
questo
orgoglio
prepotente
ed
esclusivo
sia
stato
magari
utile
,
è
possibile
ammettere
;
ma
che
proprio
s
'
abbiano
a
prendere
ancora
per
oro
colato
tutte
le
sue
fantasie
e
bizze
e
ripicchi
e
incomprensioni
di
polemista
malizioso
,
è
stupefacente
.
In
Europa
,
per
fortuna
,
non
tarda
a
disegnarsi
una
reazione
;
e
l
'
amore
per
Marx
non
è
più
un
amore
cieco
e
va
anzi
trasformandosi
in
un
lento
ma
inesorabile
distacco
.
Ma
in
Italia
l
'
adorazione
per
lui
,
almeno
sino
a
pochi
anni
or
sono
,
faceva
il
paio
con
quella
per
la
Vergine
di
Pompei
o
la
reliquia
di
san
Gennaro
;
né
mancava
chi
pretendeva
che
l
'
ampollina
marxista
avesse
a
bollire
eternamente
,
in
ogni
caso
ed
occasione
,
quando
dentro
ormai
c
'
era
rimasto
ben
poco
di
bollibile
...
Quanti
giovani
ho
io
conosciuto
che
senza
conoscere
l
'
abc
dell
'
economia
politica
si
perdevano
ancora
nei
garbugli
della
teoria
del
valore
;
o
che
allo
studio
della
realtà
attuale
preferivano
l
'
esegesi
sottile
degli
infiniti
e
contraddittori
passi
dell
'
opera
marxista
o
che
tutto
il
loro
studio
ponevano
nell
'
ereditare
non
il
suo
spirito
ma
il
suo
stile
,
fatto
di
opposizioni
saisissantes
e
di
giudizi
tranchants
...
Ma
ciò
,
speriamolo
,
appartiene
ormai
al
passato
.
Concludendo
:
il
Marx
socialista
è
un
Marx
confutato
nella
teoria
e
progressivamente
abbandonato
nella
pratica
;
esso
appartiene
a
una
fase
certo
essenziale
ma
oltrepassata
nella
storia
del
movimento
socialista
.
]
Il
suo
pensiero
costituisce
uno
dei
filoni
-
-
forse
il
più
prezioso
-
-
del
sottosuolo
intellettuale
socialista
;
e
sui
suoi
dati
ci
sarà
sempre
chi
continuerà
a
costruire
;
ma
non
può
più
aspirare
a
quella
posizione
esclusiva
e
monopolistica
che
lo
contraddistinse
sino
ai
giorni
nostri
.
Egli
ha
fatto
fare
al
moto
socialista
il
primo
gigantesco
passo
,
avviandolo
sulla
strada
maestra
della
politica
,
fornendogli
la
piattaforma
di
partenza
,
additandogli
la
materia
prima
,
gli
strumenti
e
la
tattica
essenziali
.
Il
triplice
denominatore
tattico
dei
partiti
socialisti
-
-
lotta
di
classe
,
autoemancipazione
proletaria
,
conquista
del
potere
politico
-
-
Marx
più
d
'
ogni
altro
agitatore
contribuì
a
diffonderlo
.
Ma
la
sua
resta
pur
sempre
una
posizione
di
partenza
:
richiamarsi
ancor
oggi
a
lui
è
avvolgersi
in
un
cerchio
chiuso
,
arrestando
il
processo
storico
a
uno
stadio
superato
.
Il
marxismo
fu
la
pedagogia
elementare
del
proletariato
,
la
dottrina
appropriata
per
la
sua
infanzia
tormentata
,
quando
il
porro
unum
et
necessarium
consisteva
nel
risveglio
delle
masse
abbrutite
e
derelitte
.
Indubbiamente
esso
rispondeva
in
modo
mirabile
a
quelle
esigenze
preliminari
.
L
'
edonismo
,
il
materialismo
,
l
'
utopismo
che
tutto
lo
penetrano
,
riflettevano
esattamente
lo
stato
materiale
e
mentale
delle
masse
.
Nessun
tentativo
di
forzare
l
'
angusto
ambito
in
cui
la
vita
della
massa
era
costretta
;
nessuno
sforzo
di
spalancarle
più
vasto
e
adeguato
orizzonte
spirituale
;
ma
,
al
contrario
,
assunzione
in
pieno
della
forma
mentale
proletaria
,
teorizzazione
ed
estensione
all
'
universale
degli
interessi
e
degli
stati
d
'
animo
proletari
,
linguaggio
visuale
sensibilità
proletari
.
Le
due
faccie
dell
'
animo
vergine
e
ribelle
delle
folle
-
-
indistinta
religiosità
e
appetiti
materiali
-
-
trovavano
pieno
riconoscimento
nella
dottrina
.
Da
un
lato
una
visione
mitica
,
apocalittica
,
col
balenio
di
una
società
felice
e
ricca
,
senza
lotte
e
senza
storia
.
Dall
'
altro
un
brutale
realismo
di
premesse
,
una
critica
spietatamente
negativa
di
un
mondo
già
segnato
dal
fato
.
Elementi
tutti
che
concorrevano
ad
accrescere
il
senso
dell
'
oppressione
e
quindi
della
ribellione
.
Sappiamo
,
sì
,
che
nella
mente
dei
dioscuri
la
sollevazione
proletaria
acquistava
un
valore
altissimo
e
simbolico
,
talché
essi
usavano
parlare
negli
anni
giovanili
di
un
proletariato
erede
della
filosofia
classica
tedesca
,
cioè
di
un
proletariato
che
nel
suo
moto
di
emancipazione
avrebbe
progressivamente
realizzata
l
'
idea
di
libertà
.
Ma
questa
loro
posizione
era
comprensibile
solo
a
piccole
minoranze
di
iniziati
,
non
mai
alle
masse
.
Dileggiando
tutte
le
categorie
dell
'
etica
,
sconoscendo
i
problemi
della
coscienza
,
rinviando
i
problemi
di
educazione
all
'
indomani
della
rivoluzione
(
cioè
della
trasformazione
ambientale
)
,
negando
financo
un
principio
di
libertà
,
il
marxismo
precludeva
alle
masse
ogni
slancio
idealistico
,
ogni
sforzo
di
perfezionamento
interiore
,
ogni
capacità
di
intuire
in
un
ordine
più
elevato
il
vaticinato
paradiso
.
Coloro
che
si
ostinano
a
contestare
il
carattere
intrinsecamente
materialistico
,
deterministico
,
edonistico
del
marxismo
,
e
si
dànno
a
ogni
sorta
di
sforzi
interpretativi
per
dimostrarci
che
l
'
umanismo
marxista
lascia
posto
ad
una
valutazione
etica
,
bisogna
bene
riconoscano
che
per
lo
meno
nella
propaganda
la
posizione
marxista
corre
fatalmente
alla
degenerazione
:
l
'
inevitabile
equivoco
che
si
stabilisce
tra
propagandista
e
propagandati
fa
sì
che
questi
ultimi
,
nonostante
tutte
le
riserve
e
gli
avvertimenti
,
valorizzino
,
nel
corpus
dottrinario
marxista
,
soprattutto
gli
aspetti
più
volgari
,
unilaterali
ed
erronei
che
più
facilmente
si
riconnettono
alla
loro
sensibilità
inferiorizzata
;
cioè
quelle
famose
«
scorie
»
(
determinismo
economico
,
catastrofismo
,
teoria
del
plusvalore
)
che
i
revisionisti
invano
si
sforzano
di
eliminare
.
Basta
avere
assistito
a
conferenze
di
propaganda
marxista
per
comprendere
qual
sorte
sia
riserbata
ad
esempio
al
meschino
che
si
proponga
di
spicciolare
una
concezione
così
cerebrale
e
complessa
come
la
teoria
della
prassi
che
si
rovescia
.
Io
vi
assistetti
e
ne
rimasi
erudito
.
Ora
è
chiaro
che
il
marxismo
che
a
noi
veramente
interessa
,
non
è
il
marxismo
più
o
meno
puro
di
una
eletta
di
iniziati
,
ma
quello
spurio
dei
gregari
.
Ciò
che
conta
,
in
ultima
analisi
,
è
quel
tanto
di
verità
,
di
stimoli
,
di
idealità
,
che
si
riesce
,
con
l
'
ausilio
di
una
dottrina
,
a
far
giungere
a
una
massa
.
Il
marxismo
non
è
la
dottrina
della
contemplazione
platonica
.
È
la
dottrina
del
moto
proletario
.
E
,
come
tale
,
deve
far
fronte
alla
psicologia
,
ai
bisogni
,
e
alle
deficienze
proletarie
.
Che
importa
a
me
,
dopo
tutto
,
che
le
quattordici
glosse
al
Feuerbach
o
la
Critica
alla
filosofia
del
diritto
di
Hegel
siano
l
'
antitesi
della
posizione
meramente
materialistica
e
fatalistica
e
schiudano
l
'
orizzonte
del
filosofo
ai
più
aurei
campi
della
speculazione
?
Che
importa
?
Le
masse
leggono
e
intendono
il
Manifesto
,
non
le
glosse
.
E
il
Manifesto
si
spiega
da
sé
,
senza
tanti
commenti
.
E
chi
infine
cercasse
di
presentare
il
Manifesto
attraverso
la
mediazione
delle
glosse
,
compirebbe
opera
vana
.
Marx
depennato
del
catastrofismo
,
del
determinismo
,
del
profetismo
,
non
è
più
mezzo
di
propaganda
,
ma
oggetto
di
studio
.
Il
Manifesto
seduce
cento
volte
di
più
le
masse
di
tutti
i
libri
esegetici
ed
equilibristici
dei
marxisti
revisionisti
,
in
cui
a
forza
di
dialettica
delle
cose
,
di
praxis
capovolgentesi
,
di
naturalismo
antropologico
-
-
concezioni
intravasabili
,
impropagandabili
,
generiche
,
incerte
-
-
il
bel
mito
a
portata
di
mano
si
dissipa
come
neve
d
'
agosto
...
Insomma
il
marxismo
non
è
più
ai
giorni
nostri
una
forza
benefica
.
Fu
un
tempo
l
'
unica
leva
efficiente
per
sottrarre
la
povera
gente
al
suo
passivismo
e
incanalarla
in
un
civile
organico
moto
di
liberazione
.
Ma
oggi
la
sua
influenza
si
è
fatta
deviatrice
e
diseducatrice
.
Deviatrice
,
perché
aggancia
le
fantasie
e
i
cervelli
ad
una
realtà
di
fatto
superata
;
diseducatrice
,
perché
fa
appello
ad
una
concezione
volgare
della
vita
,
a
moventi
d
'
ordine
inferiore
-
-
tipici
di
masse
cui
sia
ancora
preclusa
ogni
luce
spirituale
-
-
in
antitesi
assoluta
a
quelli
che
una
società
socialista
presuppone
.
Evocato
il
demone
utilitario
,
non
riesce
a
scacciarlo
:
più
se
ne
vale
e
più
schiavo
si
fa
.
Il
demone
corrompe
i
proletari
,
annulla
gli
sforzi
liberatori
,
imborghesisce
-
-
nel
senso
peggiore
della
parola
-
-
il
movimento
imprigionandolo
progressivamente
nelle
posizioni
avversarie
.
Henry
De
Man
,
nel
suo
celebre
libro
Au
delà
du
marxisme
ha
dato
di
questa
nemesi
un
quadro
che
non
potrebbe
essere
più
suggestivo
e
potente
.
In
verità
si
potrebbe
applicare
alla
ideologia
marxista
il
suo
principio
della
praxis
che
si
rovescia
.
Anche
essa
ideologia
,
un
tempo
elemento
di
propulsione
,
si
è
andata
trasformando
in
ostacolo
e
in
freno
.
La
filosofia
marxista
-
-
proclama
De
Man
-
-
non
è
che
il
risultato
dello
stato
sociale
proletario
,
l
'
indice
della
sua
inferiorità
e
della
sua
soggezione
allo
spirito
del
capitalismo
.
L
'
etica
marxista
-
-
in
realtà
inesistente
,
ché
di
etica
ve
n
'
è
una
sola
,
senza
aggettivi
:
l
'
etica
di
Socrate
,
di
Cristo
e
di
Kant
-
-
non
è
che
l
'
etica
liberale
(
utilitaristica
)
fondata
sull
'
homo
oeconomicus
.
La
religione
mascherata
del
cinismo
e
del
materialismo
proletario
non
è
che
un
capitalismo
di
segno
contrario
.
I
marxisti
non
hanno
mai
capito
che
il
rafforzamento
del
movente
economico
,
cui
conduce
fatalmente
la
loro
dottrina
,
se
dapprima
ha
risposto
pienamente
al
suo
ufficio
,
oggi
impedisce
la
costruzione
di
una
civiltà
nuova
e
porta
il
movimento
alla
corruzione
.
In
troppi
casi
la
élite
operaia
socialista
,
sotto
l
'
influsso
del
materialismo
marxista
,
anziché
esser
l
'
annunciatrice
di
una
civiltà
nuova
,
di
nuovi
valori
culturali
,
corre
il
rischio
di
trasformarsi
in
una
nuova
borghesia
in
potenza
,
assai
in
ritardo
,
quanto
a
gusti
intellettuali
,
al
grosso
dell
'
esercito
borghese
.
Non
voglio
dire
che
a
questo
risultato
ci
abbia
condotti
solo
e
solamente
l
'
ideologia
marxista
.
Prima
dell
'
ideologia
sta
la
bestia
uomo
,
proletaria
o
borghese
che
sia
,
col
suo
bagaglio
triste
di
debolezze
e
di
miserie
.
Ma
certo
la
dottrina
marxista
,
via
via
che
il
moto
socialista
passava
dalla
fase
ingenua
,
utopistica
,
negativa
a
quella
positiva
e
realizzatrice
,
anziché
aiutare
il
proletariato
ad
innalzarsi
spiritualmente
e
a
sprigionare
dei
valori
originali
e
puri
,
lo
ha
rattenuto
,
impedito
,
fornendo
al
suo
istintivo
grossolano
materialismo
,
un
alibi
razionale
di
straordinaria
suggestione
.
Conclusione
di
questo
discorso
?
È
semplice
.
Il
socialismo
deve
correggere
,
pena
la
paralisi
,
la
sua
piattaforma
nazionale
,
materiale
,
determinista
,
economicistica
.
Deve
tornare
alle
origini
e
ridiscendere
nel
cuore
delle
masse
e
abbeverarsi
di
nuovo
a
quella
che
è
la
linfa
vitale
del
movimento
.
Gradualista
o
rivoluzionario
che
sia
-
-
ha
bisogno
di
una
integrazione
etica
,
di
una
impostazione
volontaristica
.
Ha
parlato
sinora
quasi
esclusivamente
di
interessi
,
di
diritti
,
di
benessere
materiale
.
Deve
ora
parlare
più
spesso
di
idealità
,
di
doveri
,
di
sacrifici
.
Si
è
troppo
divinizzato
il
proletariato
,
facendone
il
rappresentante
di
tutte
le
più
pure
virtù
;
e
troppo
semplicisticamente
si
sono
fatte
risalire
tutte
le
sue
deficienze
e
miserie
alla
malvagia
organizzazione
sociale
.
L
'
uomo
allo
«
stato
di
natura
»
di
Rousseau
è
diventato
,
nel
secolo
XIX
,
il
«
popolo
»
di
Mazzini
e
il
«
proletariato
»
di
Marx
.
Il
«
proletariato
»
è
assurto
al
rango
di
categoria
filosofica
;
la
Storia
è
diventata
un
epico
poema
in
cui
l
'
eroe
proletario
abbatte
il
mostro
borghese
;
i
proletari
sono
apparsi
tutti
naturalmente
buoni
e
giusti
,
corrotti
solo
dall
'
ambiente
e
dalle
ingiustizie
sociali
.
Ragionando
per
astrazione
si
è
perso
il
contatto
con
l
'
umanità
concreta
,
coi
viventi
proletari
.
Accanto
alla
organizzazione
sociale
-
-
senza
dubbio
grandemente
responsabile
-
-
si
è
dimenticato
che
la
imperfezione
,
limitatezza
,
debolezza
del
proletario
,
prima
e
indipendentemente
da
ogni
stato
sociale
o
divisione
di
classe
,
deriva
dalla
sua
qualità
di
uomo
.
L
'
homo
homini
lupus
ha
radici
ben
più
profonde
di
quel
che
non
supponga
l
'
ingenua
psicologia
marxista
ignorante
tutti
i
problemi
di
coscienza
e
di
educazione
morale
.
Illusione
che
lo
si
possa
vincere
sul
solo
piano
esteriore
,
con
riforme
puramente
ambientali
.
Il
marxismo
,
facendo
delle
formule
deterministiche
-
-
che
voglion
l
'
uomo
in
funzione
dell
'
ambiente
-
-
la
base
di
tutta
la
sua
propaganda
,
ha
finito
per
non
vedere
che
il
problema
dei
mezzi
e
delle
trasformazioni
materiali
,
e
ha
così
troppo
spesso
scambiato
i
mezzi
coi
fini
,
compromettendo
o
annebbiando
quello
che
è
l
'
autentico
finalismo
socialista
.
Da
cinquant
'
anni
in
qua
tutto
il
socialismo
sembra
risolversi
nel
dogma
socializzatore
.
Tanto
di
socializzazione
e
tanto
di
spirito
socialista
.
Non
si
vuole
ammettere
il
dubbio
che
possa
darsi
socializzazione
senza
che
necessariamente
ne
segua
la
trasformazione
psichica
e
morale
.
Eppure
non
v
'
è
più
socialista
e
anche
comunista
che
seriamente
pensi
alla
possibilità
di
una
integrale
soppressione
della
proprietà
privata
nell
'
ordine
della
produzione
.
Ma
tant
'
è
,
si
continua
a
ripetere
la
formula
mitica
quasi
contenga
in
sé
racchiuso
l
'
ideale
supremo
.
Come
per
il
fine
,
anche
per
il
mezzo
.
Come
il
socialismo
si
è
risolto
nella
socializzazione
,
così
il
moto
socialista
si
risolve
troppo
facilmente
nel
principio
della
lotta
di
classe
,
in
cui
si
sostanzierebbe
,
secondo
taluni
,
tutto
il
processo
di
emancipazione
proletaria
.
Anche
qui
si
è
scambiato
un
principio
tattico
di
indubbio
valore
pedagogico
e
strumentale
con
l
'
essenza
del
moto
che
sta
in
qualcosa
di
più
profondo
e
positivo
che
non
sia
l
'
opposizione
,
la
lotta
,
sia
pur
consapevole
.
Si
è
rinserrato
il
più
gran
moto
di
massa
della
storia
entro
il
quadro
limitato
di
una
breve
esperienza
storica
eternandone
i
dati
e
motivi
contingenti
;
e
non
ci
si
è
avvisti
che
il
gran
fiume
plebeo
,
nel
suo
avanzare
verso
la
foce
arricchito
da
sempre
nuove
correnti
,
non
è
più
in
grado
di
scorrere
negli
angusti
limiti
del
letto
antico
.
Occorre
.
insomma
,
una
riaffermazione
libera
,
alta
e
schietta
della
essenza
della
idealità
socialista
,
fuori
da
ogni
pregiudizio
di
scuola
e
di
metodo
.
Il
socialismo
non
è
né
la
socializzazione
,
né
il
proletariato
al
potere
e
neppure
la
materiale
eguaglianza
.
Il
socialismo
,
colto
nel
suo
aspetto
essenziale
,
è
l
'
attuazione
progressiva
della
idea
di
libertà
e
di
giustizia
tra
gli
uomini
:
idea
innata
che
giace
,
più
o
meno
sepolta
dalle
incrostazioni
dei
secoli
,
al
fondo
d
'
ogni
essere
umano
;
sforzo
progressivo
di
assicurare
a
tutti
gli
umani
una
eguale
possibilità
di
vivere
la
vita
che
solo
è
degna
di
questo
nome
,
sottraendoli
alla
schiavitù
della
materia
e
dei
materiali
bisogni
che
oggi
ancora
domina
il
maggior
numero
;
possibilità
di
svolgere
liberamente
la
loro
personalità
,
in
una
continua
lotta
di
perfezionamento
contro
gli
istinti
primitivi
e
bestiali
e
contro
le
corruzioni
di
una
civiltà
troppo
preda
al
demonio
del
successo
e
del
denaro
.
[
Ma
-
-
si
dirà
-
-
tutto
ciò
non
è
socialismo
.
Il
socialismo
vuole
l
'
abolizione
delle
classi
e
l
'
uguaglianza
economica
.
Qui
invece
,
per
superare
il
marxismo
,
si
scivola
nel
vago
,
si
riesumano
delle
posizioni
estrose
,
non
si
fissa
che
una
sola
cosa
:
delle
tendenze
.
Non
abbiamo
nessuna
difficoltà
ad
ammettere
che
la
posizione
sopra
illustrata
non
permette
più
la
fede
ingenua
come
quella
nelle
invariabili
repubbliche
o
città
del
sole
.
L
'
adepto
di
questo
finalismo
categorico
e
utopistico
non
può
che
escludersi
dal
seno
del
socialismo
.
Ma
si
scomunicherebbe
soltanto
qualche
infelice
non
conformista
,
o
non
piuttosto
tutto
il
socialismo
?
Perché
questa
è
la
domanda
che
si
pone
.
Se
invece
di
affidarci
a
una
definizione
astratta
del
socialismo
,
ci
sforziamo
di
giungervi
per
induzione
sulla
scorta
di
un
secolo
di
esperienze
,
a
quale
definizione
arriveremo
?
Se
invece
del
socialismo
analizziamo
i
partiti
socialisti
concreti
,
le
organizzazioni
concrete
,
le
esigenze
e
gli
stimoli
effettivi
delle
masse
,
la
mentalità
dei
capi
politici
e
sindacalisti
,
siamo
ben
sicuri
di
poterci
riallacciare
alla
definizione
classica
del
socialismo
?
A
mio
avviso
la
domanda
porta
in
sé
la
risposta
.
Il
semplicismo
utopistico
dei
partiti
è
proporzionale
al
livello
di
educazione
delle
masse
.
Le
masse
non
potevano
destarsi
che
in
virtù
di
una
propaganda
estremamente
elementare
.
Ma
,
attualmente
,
una
gran
parte
delle
masse
,
almeno
in
Germania
,
in
Francia
e
in
Inghilterra
,
si
trova
in
condizioni
di
potere
aderire
a
una
concezione
meno
primitiva
della
lotta
politica
.
I
comunisti
sono
oggi
ciò
che
erano
i
socialisti
cinquant
'
anni
fa
,
con
questa
differenza
:
allora
la
massa
era
ineducata
ed
estremamente
miserabile
,
mentre
oggi
solo
una
parte
lo
è
ancora
.
Nella
misura
in
cui
il
progresso
economico
e
l
'
educazione
politica
di
questa
parte
,
ancora
notevole
,
potranno
realizzarsi
,
il
movimento
comunista
perderà
di
forza
,
e
il
movimento
socialista
potrà
liberarsi
dai
suoi
residui
utopistici
.
]
Anche
per
i
socialisti
,
l
'
ultimo
e
solo
fine
appare
l
'
uomo
,
l
'
individuo
concreto
,
cellula
prima
e
fondamentale
;
ovvero
la
società
,
ma
solo
in
quanto
con
questo
nome
si
designi
un
aggregato
di
individualità
e
si
abbia
riguardo
al
maggior
numero
.
Ché
la
società
in
quanto
organizzazione
,
è
mezzo
a
fine
,
è
strumento
al
servizio
degli
uomini
,
e
non
di
entità
metafisiche
,
siano
esse
la
Patria
,
o
il
Comunismo
.
Non
esistono
fini
della
società
che
non
siano
,
al
tempo
stesso
,
fini
dell
'
individuo
,
in
quanto
personalità
morale
;
anzi
questi
fini
non
hanno
vita
se
non
quando
siano
profondamente
vissuti
nell
'
intimo
delle
coscienze
.
La
giustizia
,
la
morale
,
il
diritto
,
la
libertà
non
si
realizzano
se
non
per
quel
tanto
che
si
realizzano
nelle
singole
individualità
.
Uno
Stato
giusto
non
è
quello
le
cui
leggi
si
ispirano
a
un
astratto
criterio
di
giustizia
,
ma
quello
in
cui
i
suoi
componenti
si
ispirano
nella
loro
attività
concreta
a
una
regola
di
giustizia
.
Uno
Stato
libero
vuole
prima
e
soprattutto
uomini
liberi
.
E
uno
Stato
socialista
spiriti
socialisti
.
Io
non
esito
a
dichiarare
che
la
rivoluzione
socialista
sarà
tale
,
in
ultima
analisi
,
solo
in
quanto
la
trasformazione
della
organizzazione
sociale
si
accompagnerà
ad
una
rivoluzione
morale
,
cioè
alla
conquista
,
perpetuamente
rinnovantesi
,
di
una
umanità
qualitativamente
migliore
,
più
buona
,
più
giusta
,
più
spirituale
.
Il
problema
che
confronta
tutti
i
moti
riformatori
è
proprio
tutto
in
questa
alternativa
:
trasformazione
delle
cose
o
delle
coscienze
?
Il
marxismo
che
,
per
la
sua
visione
edonistica
e
deterministica
,
ha
sempre
posto
in
primo
piano
il
problema
del
mezzo
,
risponde
categoricamente
:
trasformazione
delle
cose
,
trasformazione
dell
'
assetto
produttivo
e
distributivo
.
Del
fine
ultimo
quasi
si
disinteressa
.
Il
suo
storicismo
combinato
col
suo
utopismo
gli
fanno
teorizzare
il
mezzo
-
-
la
socializzazione
-
-
e
dispregiare
il
fine
:
l
'
umanità
.
I
problemi
di
educazione
e
di
cultura
li
rimanda
tutti
a
potere
conquistato
,
a
trasformazione
avvenuta
.
Perché
allora
solo
comincerà
la
vera
storia
,
allora
solo
si
verificherà
il
famoso
passaggio
«
dal
regno
della
necessità
a
quello
della
libertà
»
,
e
gli
uomini
diventeranno
padroni
della
loro
storia
,
che
non
sarà
più
storia
ma
stasi
.
Prima
non
v
'
è
che
il
problema
della
lotta
e
del
riscatto
,
l
'
educazione
del
combattente
.
Niente
di
più
utopistico
e
meccanico
di
questo
improvviso
rovesciarsi
di
posizione
filosofica
che
si
spiega
solo
col
carattere
messianico
del
profetismo
marxista
.
Ma
noi
che
coi
problemi
della
trasformazione
d
'
ordine
materiale
ci
troviamo
confrontati
,
noi
che
vediamo
la
trasformazione
,
sia
pur
lentamente
,
svolgersi
sotto
gli
occhi
nostri
,
noi
non
possiamo
più
aderire
a
questa
soluzione
negativa
e
semplicista
e
sentiamo
tutto
il
tormento
e
la
attualità
dei
problemi
di
moralità
e
di
coltura
.
La
trasformazione
delle
cose
deve
procedere
di
pari
passo
con
quella
delle
coscienze
;
ché
ben
poco
valgono
le
conquiste
materiali
,
soprattutto
quando
impongono
responsabilità
nuove
e
gravi
ai
vittoriosi
,
senza
una
adeguata
preparazione
spirituale
.
In
questa
reazione
al
marxismo
tutto
sta
,
come
è
evidente
,
a
non
oltrepassare
il
giusto
segno
;
a
non
cadere
a
nostra
volta
nelle
esagerazioni
etiche
degli
utopisti
e
dei
socialisti
cristiani
-
-
spesso
inconsapevoli
alleati
dei
ceti
reazionari
-
-
che
annullarono
ogni
differenza
tra
fine
e
mezzo
col
ridurre
tutta
la
questione
sociale
ad
un
problema
morale
.
Occorre
trovare
il
giusto
mezzo
,
la
fusione
tra
i
due
punti
di
vista
,
l
'
equilibrio
armonico
tra
fine
e
mezzo
.
Accettiamo
la
realistica
critica
marxista
della
società
capitalista
,
con
le
riserve
che
le
sopravvenute
trasformazioni
ci
impongono
;
ma
non
dividiamo
il
suo
finalismo
e
affermiamo
la
necessità
di
una
integrazione
morale
che
corregga
le
degenerazioni
cui
conduce
un
attaccamento
troppo
assoluto
al
canone
della
lotta
di
classe
.
Se
in
sede
politica
-
-
o
tecnica
-
-
il
problema
della
distinzione
tra
mezzo
e
fine
è
essenziale
,
e
anzi
il
successo
di
ogni
movimento
dipende
dalla
esatta
scelta
dei
mezzi
,
in
sede
morale
la
distinzione
non
ha
ragione
di
essere
posta
,
dappoiché
il
mezzo
si
confonde
col
fine
.
Il
mezzo
non
solo
deve
essere
conveniente
al
fine
(
problema
tecnico
)
,
ma
esserne
penetrato
.
Questo
principio
,
che
è
l
'
abc
dell
'
idealismo
,
fu
svolto
con
somma
maestria
dal
Lassalle
e
,
oggi
,
dal
De
Man
.
Esso
porta
di
conseguenza
a
riconoscere
che
il
principio
della
lotta
di
classe
-
-
nel
quale
,
secondo
molti
socialisti
moderni
,
starebbe
tutto
il
moto
socialista
-
-
non
è
di
per
sé
sufficiente
a
dare
una
intuizione
del
fine
;
specie
quando
predicato
in
forma
troppo
assoluta
.
La
universalità
del
fine
,
ecco
ciò
che
assicura
del
valore
etico
.
Ora
la
rigida
contrapposizione
di
classe
può
da
sola
dare
ai
proletari
l
'
intuizione
del
valore
universale
,
etico
,
del
socialismo
?
È
per
lo
meno
dubbio
.
Per
le
masse
,
non
accostumate
a
queste
proiezioni
nei
cieli
della
filosofia
,
è
probabile
che
il
linguaggio
strettamente
classistico
determini
un
abbassamento
,
una
contaminazione
del
fine
.
Il
concetto
di
classe
sorge
in
loro
più
da
una
comunanza
di
interessi
e
di
destino
,
che
di
ideali
.
La
classe
è
,
nel
fatto
,
qualche
cosa
di
palpabile
,
di
distinguibile
dalla
umanità
tutta
quanta
.
Difficile
per
chi
ne
fa
parte
e
partecipa
alle
sofferenze
connesse
alla
sua
appartenenza
,
idealizzare
la
classe
sino
a
comprendervi
,
in
uno
slancio
idealistico
,
l
'
umanità
intera
.
È
interessante
a
questo
proposito
notare
come
i
laburisti
si
siano
sempre
rifiutati
di
fare
della
lotta
di
classe
quel
punto
programmatico
assoluto
che
invece
tipicamente
contraddistingue
i
partiti
socialisti
continentali
.
Essi
non
fanno
attore
il
solo
proletariato
,
ma
la
società
,
che
tutta
e
in
tutte
le
sue
parti
si
sforzano
di
trasformare
.
E
ciò
tanto
più
facilmente
perché
il
concetto
della
separazione
di
classe
non
è
e
non
può
essere
,
tra
gli
inglesi
,
cosi
assoluto
come
da
noi
,
per
il
sussistere
di
un
patrimonio
religioso
e
morale
comune
tra
uomini
di
classi
diverse
.
Il
De
Man
va
così
oltre
nella
sua
dimostrazione
,
da
negare
addirittura
l
'
importanza
del
fine
ultimo
,
in
sé
considerato
;
o
da
riconoscergliela
solo
per
quel
tanto
che
esso
fine
riesce
a
vivere
attualmente
.
«
È
il
movente
presente
,
e
non
il
fine
futuro
-
-
egli
scrive
-
-
il
solo
decisivo
.
Ciò
non
implica
nessuna
negazione
del
fine
finale
;
perché
questo
,
per
quel
tanto
di
valore
che
ha
,
è
rappresentato
allo
stato
di
motivo
nel
movente
attuale
;
ora
esso
,
in
questo
caso
,
non
vale
se
non
quello
che
valgono
le
azioni
che
esso
determina
.
Io
sono
socialista
-
-
egli
conclude
-
-
non
davvero
perché
creda
a
una
visione
socialista
dell
'
avvenire
piuttosto
che
a
quella
di
un
qualunque
altro
ideale
,
ma
perché
sono
convinto
che
il
mobile
socialista
rende
gli
uomini
più
felici
e
migliori
»
.
Egli
esce
a
questo
punto
in
una
meravigliosa
sentenza
:
«
L
'
uomo
non
può
calmare
la
sua
nostalgia
più
profonda
,
la
vittoria
sul
tempo
,
che
trasformando
i
suoi
fini
futuri
in
mobili
attuali
incorporando
così
un
frammento
dell
'
avvenire
nel
presente
»
.
Proprio
così
.
De
Man
ha
detto
bene
e
ha
perfezionato
,
innalzandola
,
la
famosa
formula
di
Bernstein
:
il
moto
ètutto
,
il
fine
è
nulla
.
Sì
.
Il
moto
socialista
è
tutto
,
in
quanto
però
le
volizioni
,
i
motivi
che
vi
presiedono
siano
tutti
penetrati
dal
fine
socialista
.
Il
fine
vive
così
nelle
nostre
azioni
presenti
.
Ciò
equivale
a
dire
che
il
socialismo
non
è
un
ideale
statico
e
astratto
,
che
potrà
un
giorno
compiutamente
realizzarsi
.
È
un
ideale
limite
irraggiungibile
che
si
realizza
per
quel
tanto
che
riesce
a
permeare
la
nostra
vita
.
Il
socialismo
,
più
che
uno
stato
esteriore
da
realizzare
,
è
,
per
il
singolo
,
un
programma
di
vita
da
attuare
.
CAPITOLO
VI
SOCIALISMO
LIBERALE
La
lenta
ma
fatale
erosione
del
socialismo
marxista
non
si
è
accompagnata
,
putroppo
,
ad
un
vigoroso
sforzo
ricostruttivo
.
La
vecchia
fede
è
scossa
,
ma
la
nuova
non
è
sorta
.
Si
è
andati
lentamente
alla
deriva
;
e
quando
si
è
trattato
di
fissare
la
nuova
posizione
,
i
più
sono
arretrati
,
spaventati
dal
cammino
compiuto
.
La
vecchia
guardia
si
è
riafferrata
con
gli
uncini
dialettici
ai
sacri
testi
;
i
giovani
hanno
oscillato
tra
un
mortificante
dogmatismo
e
la
più
penosa
delle
incertezze
.
Il
monopolio
goduto
dal
marxismo
per
quasi
mezzo
secolo
ha
disabituato
troppa
gente
dal
ripensare
originalmente
,
in
piena
indipendenza
di
giudizio
,
i
problemi
del
socialismo
.
Sicché
oggi
l
'
emancipazione
forzata
dà
le
vertigini
.
Ancora
una
volta
la
critica
si
dimostra
più
facile
della
ricostruzione
.
Ma
che
valore
ha
una
critica
che
non
si
accompagni
per
lo
meno
ad
un
tentativo
di
ricostruzione
?
Qui
non
siamo
nei
regni
della
scienza
pura
.
Il
moto
socialista
è
,
prima
e
indipendentemente
da
ogni
teoria
e
da
ogni
teorica
giustificazione
.
Venticinque
milioni
di
uomini
sono
organizzati
sotto
le
bandiere
del
socialismo
e
in
nome
del
socialismo
lottano
per
la
loro
emancipazione
.
Non
basta
negare
,
bisogna
ricordarsi
sempre
di
questa
positiva
grandiosa
realtà
.
In
breve
:
sino
a
che
noi
non
sapremo
sostituire
alla
vecchia
consunta
posizione
marxista
una
posizione
nuova
che
soddisfi
egualmente
,
sia
pure
con
le
necessarie
correzioni
,
le
fondamentali
esigenze
delle
masse
lavoratrici
,
avremo
fatto
opera
,
se
non
vana
,
per
lo
meno
di
interesse
assai
relativo
.
Ora
questa
più
fresca
e
fruttuosa
e
attuale
posizione
non
ha
bisogno
di
essere
inventata
attraverso
cerebrali
meditazioni
.
Essa
vive
già
in
potenza
nella
critica
revisionista
e
si
attua
progressivamente
nel
moto
operaio
.
Il
problema
consiste
piuttosto
nel
rendere
esplicito
ciò
che
è
implicito
,
di
liberarsi
di
troppi
residui
che
ancora
gravano
sulla
ideologia
,
di
avere
il
coraggio
di
chiamare
le
cose
col
loro
vero
nome
.
Neomarxismo
revisionista
e
prassi
operaia
sono
la
faccia
teorica
e
la
faccia
pratica
di
una
nuova
concezione
socialista
liberale
in
cui
i
problemi
di
giustizia
sociale
e
di
vita
associata
possono
e
debbono
porsi
sullo
stesso
piano
di
quelli
di
libertà
e
di
vita
individuale
.
Il
socialismo
deve
tendere
a
farsi
liberale
e
il
liberalismo
a
sostanziarsi
di
lotta
proletaria
.
Non
si
può
essere
liberali
senza
aderire
attivamente
alla
causa
dei
lavoratori
;
e
non
si
serve
efficacemente
la
causa
del
lavoro
senza
fare
i
conti
con
la
filosofia
del
mondo
moderno
,
fondata
sull
'
idea
di
svolgimento
per
via
di
contrasti
eternamente
superantisi
,
nei
quali
celasi
appunto
il
succo
della
posizione
liberale
.
Tutta
la
socialdemocrazia
europea
,
e
non
solo
europea
,
si
muove
verso
una
forma
di
rinnovato
liberalismo
,
che
riassorbe
in
sé
i
motivi
di
movimenti
apparentemente
opposti
(
illuminismo
borghese
e
socialismo
proletario
)
.
Dovunque
essa
si
batte
per
le
libertà
individuali
,
politiche
,
di
voto
e
di
coscienza
.
Gli
aspetti
messianici
,
finalistici
,
passano
al
secondo
piano
,
mentre
si
impongono
i
problemi
del
concreto
moto
di
emancipazione
operaia
.
L
'
ideale
di
una
società
perfetta
di
liberi
e
di
eguali
,
senza
classi
,
senza
lotta
,
senza
Stato
,
si
trasforma
ogni
giorno
di
più
in
un
ideale
limite
che
vale
non
in
sé
,
quanto
come
stimolo
e
fuoco
dello
spirito
.
La
nuova
fede
si
alimenta
nel
fatto
della
lotta
e
della
ascensione
proletaria
,
nello
sforzo
della
società
tutta
quanta
per
superare
i
termini
angusti
ed
ingiusti
della
società
borghese
,
nella
perenne
sete
di
giustizia
e
ansia
di
libertà
.
E
,
più
in
generale
-
-
elevandosi
ad
una
contemplazione
distaccata
del
moto
sociale
-
-
nella
visione
della
vita
come
inesausto
cozzo
di
forze
e
ideologie
che
negandosi
si
superano
per
accedere
a
forme
superiori
di
assetto
sociale
e
di
attività
spirituale
.
La
formula
socialismo
liberale
suona
all
'
orecchio
di
molti
,
usi
alla
terminologia
politica
corrente
,
come
una
stonatura
.
La
parola
liberalismo
ha
servito
purtroppo
a
contrabbandare
merci
di
così
varia
specie
e
natura
,
e
fu
a
tal
punto
per
il
passato
orto
borghese
,
che
mal
si
piega
oggi
il
socialista
ad
impiegarla
.
Ma
qui
non
è
che
si
voglia
proporre
una
nuova
terminologia
di
partito
.
Si
vuol
solo
ricondurre
il
moto
socialista
ai
suoi
principi
primi
,
alle
sue
origini
storiche
e
psicologiche
.
Si
vuol
solo
dimostrare
come
il
socialismo
,
in
ultima
analisi
,
sia
filosofia
di
libertà
.
Passò
d
'
altronde
il
tempo
in
cui
politica
borghese
e
politica
liberale
liberista
si
identificavano
.
In
tutto
il
mondo
le
borghesie
non
sono
più
liberiste
e
non
sono
più
necessariamente
liberali
.
Quanto
più
il
moto
proletario
s
'
afferma
e
si
rafforza
nelle
masse
il
senso
attivo
della
libertà
,
e
tanto
più
la
borghesia
,
nelle
sue
frazioni
più
retrive
,
tenta
di
sottrarsi
alla
disciplina
e
al
metodo
della
libertà
.
Gli
stessi
nuovi
orientamenti
della
produzione
moderna
-
-
razionalizzata
meccanicizzata
teocratica
-
-
sacrificatrice
della
personalità
umana
nell
'
operaio
,
costringono
i
socialisti
a
una
funzione
,
anche
nel
senso
tradizionale
della
parola
,
liberale
.
Verrà
giorno
in
cui
questa
parola
,
questo
attributo
,
sarà
rivendicato
con
orgogliosa
consapevolezza
dal
socialista
:
[
sarà
quello
il
giorno
della
sua
maturità
,
della
sua
conseguita
emancipazione
almeno
nella
sfera
dello
spirituale
.
]
Nella
sua
più
semplice
espressione
il
liberalismo
può
definirsi
come
quella
teoria
politica
che
,
partendo
dal
presupposto
della
libertà
dello
spirito
umano
,
dichiara
la
libertà
supremo
fine
,
supremo
mezzo
,
suprema
regola
della
umana
convivenza
.
Fine
,
in
quanto
si
propone
di
conseguire
un
regime
di
vita
associata
che
assicuri
a
tutti
gli
uomini
la
possibilità
di
un
pieno
svolgimento
della
loro
personalità
.
Mezzo
,
in
quanto
reputa
che
questa
libertà
non
possa
essere
elargita
od
imposta
,
ma
debba
conquistarsi
con
duro
personale
travaglio
nel
perpetuo
fluire
delle
generazioni
.
Esso
concepisce
la
libertà
non
come
un
dato
di
natura
,
ma
come
divenire
,
sviluppo
.
Non
si
nasce
,
ma
si
diventa
liberi
.
E
ci
si
conserva
liberi
solo
mantenendo
attiva
e
vigilante
la
coscienza
della
propria
autonomia
e
costantemente
esercitando
le
proprie
libertà
.
La
fede
nella
libertà
è
al
tempo
stesso
una
dichiarazione
di
fede
nell
'
uomo
,
nella
sua
indefinita
perfettibilità
,
nella
sua
capacità
di
autodeterminazione
,
nel
suo
innato
senso
di
giustizia
.
Il
liberale
veramente
tale
è
tutt
'
altro
che
uno
scettico
.
È
un
credente
,
anche
se
combatte
ogni
affermazione
dogmatica
;
è
un
ottimista
,
anche
se
ha
della
vita
una
concezione
virile
e
drammatica
.
Questo
in
sede
astratta
.
In
sede
storica
il
discorso
si
complica
perché
il
liberalismo
ha
una
storia
ideale
e
pratica
che
,
nel
suo
svolgersi
,
ha
dato
vita
a
una
straordinaria
messe
di
esperienze
e
di
provvisorie
teorizzazioni
.
Nato
dal
pensiero
critico
moderno
,
ebbe
la
sua
prima
affermazione
con
la
Riforma
religiosa
.
Nelle
atroci
guerre
di
religione
,
in
cui
gli
uomini
si
dilaniarono
in
nome
delle
opposte
fedi
e
degli
opposti
dogmi
,
nacque
,
come
il
fiore
sulle
rovine
,
la
libertà
di
coscienza
religiosa
.
Cattolici
e
protestanti
,
incapaci
di
sterminarsi
a
vicenda
,
acconsentirono
alla
tregua
e
riconobbero
a
tutti
gli
uomini
il
diritto
di
professare
il
culto
che
più
loro
conveniva
.
Il
principio
di
libertà
si
allargò
alla
vita
della
cultura
nei
secoli
XVII
e
XVIII
per
effetto
del
progresso
scientifico
e
di
quel
movimento
di
ascensione
economica
e
intellettuale
della
borghesia
che
culmina
nell
'
Enciclopedia
;
e
trionfò
finalmente
in
sede
politica
con
la
rivoluzione
dell'89
e
la
sua
Dichiarazione
dei
diritti
dell
'
uomo
;
per
tendere
infine
ai
tempi
nostri
ad
informare
di
sé
tutta
la
vita
sociale
,
in
tutti
i
suoi
aspetti
e
in
tutte
le
sue
parti
,
nella
sfera
economica
in
particolare
,
per
far
sì
che
la
libertà
,
teorica
proclamazione
universale
,
rispondente
in
fatto
all
'
interesse
di
pochi
,
diventi
veramente
patrimonio
di
tutti
.
Il
socialismo
non
è
che
lo
sviluppo
logico
,
sino
alle
sue
estreme
conseguenze
,
del
principio
di
libertà
.
Il
socialismo
,
inteso
nel
suo
significato
più
sostanziale
e
giudicato
dai
risultati
-
-
movimento
cioè
di
concreta
emancipazione
del
proletariato
-
-
è
liberalismo
in
azione
,
è
libertà
che
si
fa
per
la
povera
gente
.
Dice
il
socialismo
:
l
'
astratto
riconoscimento
della
libertà
di
coscienza
e
delle
libertà
politiche
a
tutti
gli
uomini
,
se
rappresenta
un
momento
essenziale
nello
sviluppo
della
teoria
politica
,
ha
un
valore
ben
relativo
quando
la
maggioranza
degli
uomini
,
per
condizioni
intrinseche
e
ambientali
,
per
miseria
morale
e
materiale
non
sia
posta
in
grado
di
apprezzarne
il
significato
e
di
valersene
concretamente
.
La
libertà
non
accompagnata
e
sorretta
da
un
minimo
di
autonomia
economica
,
dalla
emancipazione
dal
morso
dei
bisogni
essenziali
,
non
esiste
per
l
'
individuo
,
è
un
mero
fantasma
.
L
'
individuo
in
tal
caso
è
schiavo
della
sua
miseria
,
umiliato
dalla
sua
soggezione
;
e
la
vita
non
può
avere
per
lui
che
un
aspetto
e
una
lusinga
:
il
materiale
.
Libero
di
diritto
,
è
servo
di
fatto
.
E
il
senso
di
servitù
aumenta
in
pena
ed
ironia
non
appena
il
servo
di
fatto
acquista
coscienza
della
sua
libertà
di
diritto
e
degli
ostacoli
che
la
società
gli
oppone
per
conseguirla
.
Ora
di
questi
individui
,
dice
il
socialista
,
era
piena
la
società
moderna
allorquando
il
socialismo
nasceva
;
di
questi
individui
ancor
oggi
è
composta
in
regime
capitalistico
buona
parte
della
classe
lavoratrice
,
priva
d
'
ogni
diritto
sui
suoi
strumenti
di
lavoro
,
d
'
ogni
compartecipazione
alla
direzione
della
produzione
,
d
'
ogni
senso
di
dignità
e
di
responsabilità
sul
lavoro
-
-
dignità
e
responsabilità
primi
scalini
della
scala
che
conduce
dalla
schiavitù
alla
libertà
.
È
in
nome
della
libertà
,
è
per
assicurare
una
effettiva
libertà
a
tutti
gli
uomini
,
e
non
solo
a
una
minoranza
privilegiata
,
che
i
socialisti
chiedono
la
fine
dei
privilegi
borghesi
e
la
effettiva
estensione
all
'
universale
delle
libertà
borghesi
;
è
in
nome
della
libertà
che
chiedono
una
più
equa
distribuzione
delle
ricchezze
e
l
'
assicurazione
in
ogni
caso
ad
ogni
uomo
di
una
vita
degna
di
questo
nome
;
è
in
nome
della
libertà
che
parlano
di
socializzazione
,
di
abolizione
della
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
e
di
scambio
,
della
sostituzione
del
criterio
di
socialità
,
dell
'
utile
collettivo
,
al
criterio
egoistico
,
dell
'
utile
personale
,
nella
direzione
della
vita
sociale
.
Tra
una
libertà
media
estesa
all
'
universale
,
e
una
libertà
sconfinata
assicurata
ai
pochi
a
spese
dei
molti
,
meglio
,
cento
volte
meglio
,
una
libertà
media
.
Etica
,
economia
,
diritto
concordano
in
questa
conclusione
.
Il
movimento
socialista
è
dunque
il
concreto
erede
del
liberalismo
,
il
portatore
di
questa
dinamica
idea
di
libertà
che
si
attua
nel
moto
drammatico
della
storia
.
Liberalismo
e
socialismo
,
ben
lungi
dall
'
opporsi
,
secondo
voleva
una
vieta
polemica
,
sono
legati
da
un
intimo
rapporto
di
connessione
.
Il
liberalismo
è
la
forza
ideale
ispiratrice
,
il
socialismo
la
forza
pratica
realizzatrice
.
La
borghesia
fu
,
un
tempo
,
l
'
antesignana
di
questa
idea
di
libertà
,
la
depositaria
della
funzione
liberale
:
quando
,
rompendo
il
quadro
chiuso
e
gelido
della
vita
feudale
,
vi
portò
germi
fecondi
di
vita
.
Nella
sua
lotta
contro
il
dogmatismo
della
Chiesa
e
l
'
assolutismo
dei
re
,
contro
i
privilegi
dei
nobili
e
i
privilegi
del
clero
,
il
mondo
morto
di
una
produzione
immobile
e
coatta
,
la
borghesia
impersonò
per
una
lunga
teoria
di
secoli
le
esigenze
di
progresso
della
intera
società
.
Oggi
non
più
.
La
borghesia
ha
trionfato
,
ha
conquistato
tutte
le
posizioni
dominanti
;
ma
per
il
suo
stesso
trionfo
la
sua
funzione
rivoluzionaria
,
di
levatrice
del
progresso
,
volge
al
tramonto
.
Essa
non
è
più
incalzata
da
una
perpetua
ansia
di
libertà
,
di
progresso
,
di
superamento
delle
posizioni
acquisite
;
né
la
assiste
più
un
ideale
universale
,
come
nell'89
,
che
trascenda
il
suo
interesse
di
classe
.
Il
sedicente
liberalismo
borghese
si
è
forgiato
un
sistema
rigido
,
chiuso
,
puntellato
da
quell
'
insieme
di
principî
economici
,
giuridici
,
sociali
,
che
si
riassumono
sinteticamente
con
la
formula
:
Stato
capitalistico
borghese
.
Esso
si
richiama
ancora
ai
vecchi
principî
della
Rivoluzione
francese
,
ma
questi
principi
appaiono
come
cristallizzati
,
mummificati
,
privati
del
loro
intimo
significato
,
contraddicenti
a
quello
che
era
lo
spirito
animatore
di
coloro
che
,
in
un
impeto
di
generoso
entusiasmo
,
cotesti
principî
proclamarono
.
Il
liberalismo
borghese
tenta
di
arrestare
il
processo
storico
allo
stadio
attuale
,
di
eternare
il
suo
dominio
,
di
trasformare
in
privilegio
quello
che
fu
un
tempo
un
diritto
derivante
da
una
incontestabile
opera
novatrice
;
e
si
oppone
all
'
ingresso
sulla
scena
della
storia
delle
nuove
forze
sociali
prementi
.
Col
suo
dogmatico
attaccamento
ai
principi
del
liberismo
economico
(
proprietà
privata
,
diritto
di
eredità
,
piena
libertà
di
iniziativa
in
tutti
i
campi
,
lo
Stato
organo
di
polizia
e
di
difesa
)
ha
come
imprigionato
lo
spirito
dinamico
del
liberalismo
entro
lo
schema
transeunte
di
un
sistema
sociale
.
Il
liberalismo
è
invece
per
definizione
storicista
e
relativista
,
vede
nella
storia
un
perpetuo
fluire
,
un
eterno
divenire
e
superamento
;
nulla
è
più
repellente
alla
sua
essenza
della
stasi
,
della
immobilità
,
della
categorica
certezza
,
della
fede
nel
possesso
di
verità
assolute
,
definitive
,
che
contraddistingue
i
liberali
borghesi
.
Il
liberalismo
borghese
è
impotente
a
intendere
il
problema
sollevato
dal
movimento
socialista
:
non
comprende
cioè
che
la
libertà
politica
e
spirituale
non
è
in
grado
,
da
sola
,
di
realizzare
l
'
esigenza
liberale
.
Arbitrariamente
estende
la
propria
esperienza
storica
al
proletariato
,
e
assurdamente
ritiene
che
il
problema
della
libertà
possa
porsi
in
modo
eguale
per
tutte
le
classi
.
È
chiaro
ad
esempio
che
mentre
la
conquista
della
libertà
politica
costituì
per
la
borghesia
la
sublimazione
,
il
coronamento
della
sua
potenza
,
già
affermatasi
in
sede
economica
e
culturale
;
per
il
proletariato
,
privato
d
'
ogni
effettiva
influenza
sulla
direzione
della
vita
economica
,
la
rivendicazione
e
successiva
conquista
della
libertà
politica
[
nulla
]
rappresentò
se
non
l
'
inizio
della
lotta
per
la
emancipazione
anche
economica
.
Il
processo
è
nettamente
inverso
.
E
in
ciò
probabilmente
sta
una
delle
ragioni
massime
della
crisi
che
tormenta
tutti
i
movimenti
socialisti
europei
,
specie
nel
dopoguerra
:
in
questa
terribile
sproporzione
tra
forza
economica
,
capacità
tecnica
,
livello
culturale
,
e
forza
politica
;
nell
'
essersi
trovato
,
il
proletariato
,
a
disporre
di
un
'
arma
politica
formidabile
,
cui
non
corrispose
a
tempo
(
e
ancora
non
corrisponde
)
un
adeguato
braccio
per
impugnarla
.
Solo
alcune
frazioni
della
borghesia
esercitano
ancora
una
utile
,
diciamo
anzi
,
pressoché
indispensabile
funzione
progressista
.
E
quali
?
Quelle
che
,
indipendentemente
dal
privilegio
della
nascita
,
realizzano
nella
vita
nuovi
valori
nella
sfera
della
intelligenza
pura
e
del
lavoro
di
direzione
:
gli
intellettuali
,
gli
scienziati
,
la
parte
più
sana
e
più
attiva
della
borghesia
industriale
ed
agraria
,
e
quelle
figure
formidabili
del
mondo
moderno
che
sono
gli
imprenditori
,
i
grandi
capitani
di
industria
,
i
politici
dell
'
economia
;
coloro
che
,
in
qualunque
regime
economico
,
avranno
il
compito
di
coordinare
i
vari
fattori
produttivi
e
di
mantenere
inesausto
il
ritmo
del
progresso
economico
.
Riprova
di
questa
funzione
liberale
che
ancora
esercitano
alcune
frazioni
borghesi
è
l
'
esistenza
,
presso
tutte
le
democrazie
moderne
,
di
partiti
di
democrazia
borghese
che
non
restano
sordi
alle
esigenze
del
progresso
e
dànno
la
mano
,
sia
pure
una
cauta
e
dubbiosa
mano
,
al
movimento
di
ascensione
della
classe
lavoratrice
.
Ma
la
borghesia
come
classe
,
come
quella
classe
(
che
più
che
classe
è
categoria
sociale
e
categoria
mentale
)
che
ricava
la
maggior
parte
dei
suoi
redditi
da
capitali
e
privilegi
accumulati
,
o
che
comunque
questo
sistema
privilegiato
difende
considerandolo
come
il
più
adeguato
alla
conservazione
del
proprio
dominio
e
il
più
favorevole
allo
svolgersi
della
vita
sociale
,
non
è
più
liberale
,
non
può
più
essere
liberale
.
Perché
la
borghesia
potesse
ancora
oggi
rivendicare
in
modo
persuasivo
la
funzione
liberale
,
bisognerebbe
che
essa
e
il
sistema
economico
che
ai
suoi
interessi
si
ricollega
,
si
dimostrassero
capaci
,
per
virtù
intrinseca
dei
principî
animatori
,
di
soddisfare
le
esigenze
della
nuova
classe
,
del
Quarto
Stato
.
Bisognerebbe
che
la
borghesia
si
dimostrasse
capace
,
pur
di
restare
fedele
alla
sua
grande
tradizione
storica
,
di
sacrificare
le
posizioni
di
ricchezza
e
di
comando
conquistate
,
per
far
posto
volontariamente
alle
nuove
forze
sociali
prementi
.
Ma
quale
disinteresse
,
quale
eroismo
,
pretenderemmo
da
essa
!
Una
simile
sete
di
autoimmolazione
potrà
ritrovarsi
in
qualche
raro
spirito
superiore
,
distaccato
dal
destino
della
propria
classe
al
punto
da
pervenire
alla
serena
obbiettività
del
filosofo
,
meglio
ancora
,
ad
abbracciare
la
causa
degli
oppressi
;
non
mai
in
una
classe
,
saldamente
afferrata
ai
suoi
beni
,
ai
suoi
privilegi
,
e
al
potere
.
Dove
vive
,
dove
si
attua
dunque
il
liberalismo
?
In
tutte
le
forze
attive
,
rivoluzionarie
(
nel
senso
sostanziale
della
parola
)
della
storia
;
in
tutte
le
forze
sociali
che
-
-
sia
pure
senza
averne
sempre
piena
consapevolezza
-
-
esercitano
una
funzione
rinnovatrice
,
in
tutte
le
forze
che
intendono
superare
lo
stato
sociale
attuale
e
aprire
alla
libertà
e
al
progresso
sempre
nuovi
territori
,
sempre
nuovi
orizzonti
.
I
poveri
,
gli
oppressi
,
coloro
che
non
possono
adattarsi
allo
stato
attuale
,
perché
in
questo
stato
soffrono
e
si
sentono
come
limitati
,
mutilati
,
e
hanno
coscienza
della
loro
mutilazione
;
ecco
il
formidabile
campo
di
reclutamento
del
liberalismo
.
La
classe
lavoratrice
nella
moderna
società
capitalistica
,
ecco
la
classe
che
sola
,
come
classe
,
può
essere
rivoluzionaria
;
il
socialismo
che
ne
interpreta
le
esigenze
,
che
lotta
contro
l
'
assetto
attuale
in
nome
dei
bisogni
del
maggior
numero
e
di
un
principio
superiore
di
libertà
e
di
giustizia
,
che
risveglia
le
masse
dalla
servitù
antica
dando
loro
coscienza
della
inferiorità
in
cui
si
trovano
,
ecco
il
movimento
politico
liberale
e
liberatore
.
«
Il
proletariato
-
-
scrive
uno
tra
i
più
acuti
rappresentanti
del
nuovo
socialismo
italiano
-
-
Saragat
-
-
non
ricrea
la
storia
dalle
fondamenta
,
ma
al
contrario
non
fa
che
portare
a
compimento
un
vecchio
lavoro
iniziato
da
quando
esiste
la
società
umana
...
L
'
idea
di
libertà
non
nasce
col
proletariato
ma
con
la
nascita
dell
'
uomo
,
col
primo
bagliore
di
autocoscienza
nello
spirito
dell
'
uomo
.
Al
proletariato
spetta
di
portare
più
alto
e
più
avanti
questa
fiaccola
che
ha
ricevuto
nel
moto
drammatico
della
storia
dalle
classi
che
lo
hanno
preceduto
...
»
Il
proletariato
può
dirsi
dunque
l
'
erede
della
funzione
liberale
.
A
una
condizione
però
:
che
i
poveri
,
che
la
classe
lavoratrice
,
che
il
movimento
socialista
,
in
tanto
reclamino
la
trasformazione
della
società
borghese
in
quanto
si
pongano
in
grado
,
e
per
la
teoria
cui
si
richiamano
e
per
le
capacità
che
posseggono
,
di
effettivamente
migliorarla
.
La
lunga
opposizione
ha
troppo
abituato
i
socialisti
a
concepire
il
socialismo
in
termini
polemici
e
in
termini
di
pura
forza
.
La
società
borghese
è
marcia
,
la
società
borghese
è
ricolma
di
attriti
,
di
vizi
,
di
ingiustizie
:
quindi
,
la
si
abbatta
.
Piano
.
In
materia
sociale
abbatte
solo
chi
sa
costruire
,
anzi
si
abbatte
solo
nella
proporzione
in
cui
si
è
ricostruito
,
non
foss
'
altro
perché
la
vita
sociale
non
può
conoscere
soste
e
regressi
;
soste
e
regressi
dei
quali
i
primi
a
soffrire
sono
i
proletari
.
Non
basta
più
dimostrare
sulla
carta
che
la
società
socialista
è
più
giusta
e
razionale
.
Bisogna
farla
funzionare
in
pratica
:
e
per
farla
funzionare
occorrono
le
capacità
;
e
le
capacità
non
si
improvvisano
,
e
neppure
basta
che
esistano
in
una
esigua
minoranza
.
Il
socialismo
da
problema
astratto
di
giustizia
sta
trasformandosi
ogni
giorno
di
più
in
un
problema
di
capacità
.
Torna
Proudhon
...
Contro
questo
tentativo
di
esprimere
il
socialismo
in
termini
di
libertà
,
di
riconoscere
nel
movimento
socialista
l
'
erede
della
funzione
liberale
,
si
è
obbiettato
che
il
liberalismo
male
si
concilia
col
programma
ricostruttivo
così
preciso
e
categorico
che
distingue
i
partiti
socialisti
moderni
.
I
liberali
,
si
dice
sempre
,
non
possono
per
definizione
sapere
come
si
determineranno
gli
equilibri
a
venire
.
Al
pari
dei
conservatori
borghesi
,
sedicenti
liberali
,
anche
i
socialisti
finirebbero
per
imprigionare
il
liberalismo
entro
i
limiti
di
un
sistema
chiuso
e
predeterminato
,
entro
i
limiti
del
sistema
collettivistico
.
Ora
lo
spirito
liberale
è
essenzialmente
dialettico
e
storicista
;
per
esso
la
lotta
è
l
'
essenza
stessa
della
vita
;
la
storia
è
la
risultante
di
un
perpetuo
confluire
ed
urtarsi
di
forze
;
nulla
quindi
di
più
illiberale
ed
utopistico
che
volerle
assegnare
un
percorso
obbligato
.
Per
il
liberale
nessun
principio
,
nessun
programma
,
per
quanto
mitico
e
lontano
nel
tempo
,
può
assumere
quel
sapore
assoluto
,
categorico
,
che
assume
invece
nei
socialisti
il
loro
programma
finalistico
.
Il
prevedere
e
,
addirittura
,
lo
stesso
auspicare
che
essi
fanno
,
di
un
futuro
regno
di
Dio
su
questa
terra
,
di
un
regno
di
giustizia
,
di
pace
e
di
eguaglianza
,
di
uno
stato
sociale
,
cioè
,
statico
e
perfetto
,
repugna
profondamente
alla
concezione
liberale
della
vita
.
L
'
obbiezione
è
giustissima
se
si
rivolge
contro
la
vecchia
posizione
mitica
e
utopistica
socialista
e
contro
la
mentalità
ancora
assai
diffusa
nelle
fila
socialiste
.
Il
Manifesto
dei
Comunisti
,
pur
avendo
tanto
contribuito
a
diffondere
l
'
esigenza
emancipatrice
,
e
quindi
liberale
,
nelle
masse
,
è
in
sé
,
nel
pensiero
messianico
che
lo
informa
,
profondamente
illiberale
.
Lo
stesso
dicasi
per
la
concezione
marxista
tradizionale
e
per
la
più
gran
parte
dei
programmi
finalistici
e
ricostruttivi
dei
partiti
socialisti
.
Ma
qui
occorre
distinguere
,
e
ricordare
che
una
cosa
è
il
concreto
moto
socialista
,
un
'
altra
cosa
il
suo
programma
,
anzi
il
suo
vecchio
programma
.
Quel
che
si
vuole
qui
sostenere
è
che
il
moto
socialista
,
per
i
suoi
effettivi
moventi
e
i
risultati
che
sino
ad
ora
ha
avuti
nello
sviluppo
sociale
,
esercita
ordinariamente
oggi
,
nella
concreta
società
in
cui
viviamo
,
una
indubbia
funzione
liberale
.
Il
proletariato
può
dichiarare
nei
suoi
programmi
ciò
che
vuole
;
ma
,
sino
a
tanto
che
esso
continuerà
a
trovarsi
in
una
situazione
di
inferiorità
morale
e
materiale
e
sentirà
prepotente
il
bisogno
di
liberarsene
,
e
,
nel
liberarsene
,
farà
uso
di
mezzi
,
di
strumenti
adeguati
,
cioè
posti
sulla
via
del
progresso
,
compierà
-
-
lo
voglia
o
non
lo
voglia
,
lo
sappia
o
non
lo
sappia
-
-
opera
sostanzialmente
liberale
.
Nessuno
può
negare
che
in
tutti
i
paesi
il
moto
operaio
abbia
dato
prova
,
passato
il
periodo
di
disperata
ribellione
degli
inizi
,
di
una
notevole
comprensione
delle
esigenze
del
progresso
.
Non
solo
esso
non
lotta
più
contro
la
introduzione
di
metodi
più
perfezionati
di
produzione
e
contro
le
macchine
,
ma
arriva
addirittura
a
reclamarne
la
introduzione
,
ben
comprendendo
che
le
possibilità
di
miglioramento
e
di
ascensione
sono
strettamente
collegate
a
una
più
alta
produttività
sociale
.
[
Marx
ha
sempre
ammonito
i
socialisti
che
la
società
socialista
non
sorgerà
da
una
riforma
interna
della
società
capitalistica
,
del
suo
sistema
di
distribuzione
,
ma
dalla
evoluzione
delle
forze
di
produzione
.
Sviluppare
queste
forze
di
produzione
,
svilupparle
il
più
rapidamente
e
integralmente
,
ecco
il
mezzo
migliore
per
avvicinare
la
società
nuova
.
Marx
però
riteneva
che
questo
processo
di
sviluppo
fosse
rapidissimo
e
determinasse
in
breve
volgere
di
tempo
una
crisi
catastrofica
nel
sistema
dei
rapporti
capitalistici
;
mentre
la
realtà
ha
dimostrato
come
questo
sviluppo
non
conducesse
necessariamente
a
conclusioni
socialiste
.
Di
qui
la
crisi
della
dottrina
socialista
,
la
sensazione
che
la
macchina
economica
non
segna
una
direzione
obbligata
,
la
revisione
dei
programmi
,
il
subentrare
di
una
visione
più
complessa
e
realista
in
tutti
i
movimenti
socialisti
.
Come
il
viandante
che
in
distanza
scorge
sull
'
orizzonte
la
montagna
con
contorni
netti
e
regolari
e
poi
,
avvicinatosi
,
la
scopre
sinuosa
e
tormentata
,
tutta
pieghe
e
ondulazioni
,
così
il
socialista
,
seguendo
da
presso
la
vita
economica
e
sociale
,
si
è
reso
conto
dell
'
eccessivo
semplicismo
e
unilateralità
dei
programmi
iniziali
.
]
In
tutta
Europa
stiamo
assistendo
in
questi
anni
a
una
profonda
trasformazione
del
movimento
socialista
,
nel
senso
di
una
sempre
maggiore
aderenza
alla
realtà
,
di
una
sempre
più
decisiva
prevalenza
riconosciuta
al
moto
operaio
e
ai
programmi
concreti
,
immediati
.
Uno
dopo
l
'
altro
i
residui
utopistici
e
messianici
,
che
tanto
posto
occupavano
ai
primordi
,
vengono
abbandonati
;
mentre
nella
letteratura
cadono
nel
giusto
oblio
i
vecchi
libri
catechistici
o
apocalittici
che
si
proponevano
di
delineare
l
'
ipotetico
Stato
socialista
nei
più
risibili
dettagli
.
Anche
per
i
socialisti
le
formule
semplicistiche
,
le
ricette
univoche
e
miracolose
che
dovevano
fornire
il
segreto
dell
'
avvenire
,
hanno
fatto
il
loro
tempo
.
Ormai
sono
molti
i
socialisti
che
concedono
che
solo
per
grandissime
linee
si
può
fissare
la
meta
,
anzi
una
meta
,
una
tappa
;
che
occorre
adattarsi
alle
circostanze
e
a
un
mondo
in
continua
vertiginosa
trasformazione
;
che
è
necessario
adeguarsi
all
'
esperienza
,
tenendo
presenti
solo
alcuni
punti
saldi
di
orientamento
;
perché
solo
dal
moto
,
dalla
esperienza
liberamente
attuata
,
scaturiranno
le
indicazioni
per
il
domani
.
Le
esperienze
della
guerra
e
del
dopoguerra
-
-
la
russa
in
specie
-
-
hanno
condotto
all
'
abbandono
del
vecchio
programma
accentratore
,
collettivista
,
che
faceva
dello
Stato
l
'
amministratore
,
il
gerente
universale
,
il
controllore
dei
diritti
e
delle
libertà
universali
.
Non
si
pensa
più
,
come
un
tempo
,
che
il
semplice
fatto
della
espropriazione
,
il
passaggio
delle
attività
produttive
alla
collettività
,
determinerà
una
trasformazione
apocalittica
-
-
produzione
e
ricchezza
moltiplicate
,
lavoro
ridotto
e
reso
gioioso
,
l
'
uomo
libero
alfine
dalla
schiavitù
della
materia
,
soppresse
automaticamente
le
lotte
,
le
classi
,
le
guerre
;
trionfanti
la
fratellanza
,
la
giustizia
,
la
pace
...
Per
i
socialisti
seri
,
colti
,
preparati
-
-
dirò
di
più
:
per
tutta
la
élite
dirigente
-
-
coteste
sono
ormai
favolette
delle
quali
è
più
igienico
non
parlare
.
A
tutti
appaiono
,
oltretutto
,
chiari
,
i
pericoli
della
elefantiasi
burocratica
,
della
invadenza
statale
,
della
dittatura
dell
'
incompetenza
,
dello
schiacciamento
d
'
ogni
autonomia
e
libertà
individuale
,
del
venir
meno
dello
stimolo
nei
dirigenti
come
negli
esecutori
.
Non
parliamo
poi
del
problema
della
felicità
.
Ormai
la
tendenza
predominante
,
nel
campo
socialista
,
è
in
favore
di
forme
di
conduzione
per
quanto
possibile
autonome
,
sciolte
,
correlative
ai
vari
tipi
di
imprese
,
che
ne
rispettino
le
tanto
varie
esigenze
:
forme
municipali
,
cooperative
,
sindacali
,
gildiste
,
trustiste
,
forme
miste
,
con
innesto
dell
'
interesse
generale
sul
particolare
,
forme
individuali
e
famigliari
,
a
seconda
delle
tradizioni
,
della
tecnica
,
dell
'
ambiente
,
ecc
.
Dello
Stato
industriale
,
commerciante
,
agricoltore
,
tutti
hanno
uno
scarso
concetto
,
a
meno
non
si
tratti
di
servizi
pubblici
essenziali
.
Diciamo
di
più
:
nessun
socialista
si
attenta
più
a
sostenere
a
priori
,
in
forma
generale
,
la
formula
socializzatrice
.
Comincia
a
farsi
strada
in
molti
studiosi
eminenti
(
vedi
la
recente
clamorosa
conversione
di
G
.
D
.
H
.
Cole
,
uno
dei
più
acuti
socialisti
britannici
)
la
convinzione
che
per
certi
rami
di
industria
il
problema
più
importante
è
quello
della
democratizzazione
del
regime
di
fabbrica
e
del
controllo
della
direzione
tecnica
e
sociale
nell
'
interesse
della
collettività
.
E
anche
per
quei
rami
più
progrediti
e
routiniers
in
cui
è
evidente
sin
d
'
ora
la
possibilità
e
la
utilità
di
una
socializzazione
,
si
ha
anche
cura
di
avvertire
che
non
vi
si
potrà
giungere
comunque
di
colpo
,
ma
gradualmente
,
a
passi
mediati
,
con
adeguato
corredo
di
esperienze
e
di
capacità
.
Insomma
pare
a
me
che
quella
giusta
riserva
che
,
in
nome
del
liberalismo
,
si
poteva
avanzare
contro
l
'
astrattismo
e
l
'
utopismo
degli
antichi
programmi
socialisti
,
sia
sulla
via
di
essere
superata
per
il
trionfare
del
buon
senso
,
dell
'
esperienza
,
delle
lezioni
pratiche
del
moto
,
e
soprattutto
per
le
sopravvenute
responsabilità
di
governo
.
Si
è
detto
che
la
posizione
liberale
è
contrassegnata
dalla
fede
nella
libertà
non
solo
come
fine
,
ma
anche
come
mezzo
.
La
libertà
non
saprebbe
conseguirsi
attraverso
la
tirannia
o
la
dittatura
,
e
neppure
per
elargizione
dall
'
alto
.
La
libertà
è
conquista
,
autoconquista
,
che
si
conserva
solo
col
continuo
esercizio
delle
proprie
facoltà
,
delle
proprie
autonomie
.
Per
il
liberalismo
,
e
quindi
per
il
socialismo
,
è
fondamentale
la
osservanza
del
metodo
liberale
o
democratico
di
lotta
politica
;
di
quel
metodo
che
,
per
la
sua
intima
essenza
,
è
tutto
penetrato
dai
principio
di
libertà
.
Esso
può
riassumersi
con
una
sola
parola
:
autogoverno
.
Il
metodo
liberale
vuole
che
i
popoli
e
le
classi
,
al
pari
degli
individui
,
si
amministrino
da
sé
,
con
le
loro
forze
,
senza
interventi
coercitivi
o
paternalistici
.
La
sua
grande
virtù
pedagogica
consiste
appunto
nell
'
assicurare
un
clima
che
sospinga
tutti
gli
uomini
ad
esercitare
le
loro
più
alte
facoltà
nell
'
approntare
istituti
che
li
inducano
a
partecipare
attivamente
alla
vita
sociale
.
Esso
reca
come
premessa
fondamentale
il
principio
che
la
libera
persuasione
del
maggior
numero
allo
stesso
modo
che
è
il
miglior
mezzo
per
raggiungere
la
verità
,
così
è
il
miglior
mezzo
per
garantire
progresso
sociale
e
assicurare
la
libertà
.
Sul
terreno
politico
si
potrebbe
definire
come
un
complesso
di
regole
di
giuoco
che
tutte
le
parti
in
lotta
si
impegnano
a
rispettare
;
regole
dirette
ad
assicurare
la
pacifica
convivenza
dei
cittadini
,
delle
classi
,
degli
Stati
,
a
contenere
le
lotte
fatali
e
anzi
desiderabili
,
entro
limiti
tollerabili
,
a
consentire
la
successione
al
potere
dei
vari
partiti
,
ad
incanalare
nella
legalità
le
forze
innovatrici
via
via
insorgenti
.
Prima
ancora
di
essere
un
sistema
di
meccanica
politica
,
esso
vuol
essere
una
sorta
di
patto
di
civiltà
che
gli
uomini
di
tutte
le
fedi
stringono
fra
loro
per
salvare
nella
lotta
gli
attributi
della
loro
umanità
.
Per
quanto
non
sia
suscettibile
di
definizione
rigida
,
si
può
dire
che
si
concreti
nel
principio
della
sovranità
popolare
,
nel
sistema
rappresentativo
,
nel
rispetto
dei
diritti
delle
minoranze
(
in
pratica
nel
diritto
all
'
opposizione
)
,
nel
solenne
riconoscimento
di
taluni
diritti
fondamentali
della
persona
definitivamente
acquisiti
alla
coscienza
moderna
(
libertà
di
pensiero
,
di
riunione
,
di
stampa
,
di
organizzazione
,
di
voto
,
ecc
.
)
,
nel
rinnegamento
esplicito
del
ricorso
alla
violenza
.
Il
metodo
liberale
di
lotta
politica
non
tollera
attributi
;
esso
non
è
e
non
può
essere
né
borghese
né
socialista
,
né
conservatore
né
rivoluzionario
,
per
quanto
la
sua
natura
lo
porti
a
favorire
le
forze
del
progresso
.
Vincolo
anteriore
ad
ogni
tendenza
politica
,
richiede
in
coloro
che
vi
accedono
,
la
fede
nella
ragione
,
il
rispetto
sacro
dell
'
uomo
,
il
riconoscimento
di
una
sfera
invarcabile
di
autonomia
nel
cittadino
,
la
convinzione
radicata
che
nulla
di
saldo
e
durevole
si
edifica
con
la
forza
brutale
,
ancorché
posta
al
servizio
di
grandi
ideali
.
Come
tutti
gli
strumenti
perfezionati
,
esso
implica
naturalmente
un
alto
grado
di
civiltà
;
anzi
,
è
il
prodotto
stesso
della
civiltà
.
Basta
infatti
il
sabotaggio
di
una
sola
delle
parti
in
giuoco
per
impedire
il
retto
funzionamento
del
metodo
.
Ne
viene
però
la
conseguenza
che
la
violenza
che
usassero
le
altre
per
ridurre
all
'
ordine
quell
'
una
,
sarebbe
pienamente
legittima
.
La
violenza
cui
si
vedesse
ad
esempio
costretto
a
ricorrere
un
proletariato
che
si
vedesse
attaccato
da
forze
reazionarie
all
'
indomani
di
una
grande
vittoria
elettorale
che
gli
aprisse
le
vie
del
potere
,
sarebbe
una
sacrosanta
e
liberalissima
violenza
.
Il
liberalismo
non
esclude
la
violenza
:
solo
la
trasforma
in
forza
,
dandole
la
sanzione
della
morale
e
del
diritto
.
Il
riconoscimento
del
metodo
liberale
,
la
fedeltà
al
metodo
,
ecco
in
che
si
sostanzia
praticamente
il
liberalismo
politico
.
Purtroppo
non
sono
rari
i
casi
di
socialisti
che
svalutano
o
irridono
il
metodo
democratico
.
Facendo
pompa
di
real
politik
,
essi
ricordano
che
tutte
le
grandi
trasformazioni
storiche
furono
accompagnate
dalla
violenza
,
e
che
è
ingenuo
illudersi
che
la
classe
borghese
si
lasci
spogliare
senza
offrire
resistenze
,
in
omaggio
al
dogma
liberale
.
Aggiungono
che
il
metodo
democratico
è
il
metodo
proprio
alla
società
borghese
,
rispondente
agli
interessi
di
conservazione
e
di
governo
della
borghesia
.
Che
sì
,
il
proletariato
può
e
deve
servirsi
delle
istituzioni
democratiche
fintanto
che
è
debole
e
ha
bisogno
di
farsi
le
ossa
;
ma
il
giorno
in
cui
esso
sarà
sufficientemente
forte
per
affrontare
la
battaglia
,
dovrà
saper
dare
un
bel
calcio
a
tutto
l
'
armamentario
democratico
,
utopistico
,
umanitario
,
e
fare
ricorso
alla
violenza
,
unica
risolutrice
nei
periodi
supremi
di
crisi
e
di
trapasso
.
Questo
discorso
che
i
socialisti
democratici
si
sentono
ripetere
da
trent
'
anni
dimostra
,
in
chi
lo
tiene
,
una
completa
incomprensione
dello
spirito
e
dell
'
essenza
del
metodo
liberale
,
una
fisiologica
incapacità
a
sortire
da
posizioni
che
se
avevano
una
ragione
d
'
essere
ai
primordi
del
moto
socialista
,
quando
il
proletariato
era
privo
dei
diritti
politici
e
non
aveva
da
perdere
altro
che
le
sue
catene
,
non
hanno
più
ragione
d
'
essere
oggi
che
il
proletariato
ha
conquistato
in
tutti
i
paesi
la
sua
maggiorità
politica
.
La
classe
operaia
si
trova
oggi
,
in
Europa
,
di
fronte
ad
una
borghesia
che
,
trascinata
dalla
logica
dei
suoi
principi
e
soprattutto
dalla
irresistibile
pressione
proletaria
,
è
stata
costretta
a
darsi
-
-
ché
non
l
'
aveva
originariamente
-
-
una
costituzione
democratica
.
La
borghesia
ammette
oggi
esplicitamente
che
l
'
unica
fonte
di
legittimità
del
potere
risiede
nel
popolo
,
in
tutto
il
popolo
,
il
quale
esprime
il
suo
volere
nei
parlamenti
,
attraverso
il
suffragio
universale
.
Il
partito
e
i
partiti
che
hanno
la
maggioranza
governano
;
e
,
forti
del
consenso
dei
più
,
hanno
,
in
principio
,
il
diritto
di
modificare
a
loro
talento
la
costituzione
sociale
,
con
la
sola
riserva
che
si
rispetti
il
diritto
di
opposizione
.
Non
occorre
sapere
in
questa
sede
se
la
borghesia
aderisca
oggi
in
buona
o
mala
fede
,
per
convinzione
o
per
necessità
,
a
questo
principio
.
Ciò
che
sappiamo
in
modo
preciso
è
che
questo
principio
non
può
non
venire
accolto
con
gioia
profonda
dai
socialisti
.
Non
dicono
essi
di
voler
servire
l
'
interesse
della
grande
maggioranza
della
popolazione
?
Non
rivendicano
essi
la
rappresentanza
specifica
delle
esigenze
e
delle
idealità
della
intera
classe
lavoratrice
?
Come
dunque
possono
esitare
nell
'
accettazione
piena
di
un
criterio
di
lotta
politica
che
è
diretto
,
tosto
o
tardi
,
a
dar
loro
il
potere
nelle
mani
,
e
che
a
priori
legittima
tutte
le
loro
rivendicazioni
?
Nessuna
riforma
sarà
abbastanza
audace
,
pur
che
riceva
l
'
adesione
della
maggioranza
,
sollecitata
coi
mezzi
della
propaganda
.
Nessuna
trasformazione
sarà
troppo
radicale
,
purché
si
appoggi
su
uno
stabile
consenso
.
Il
problema
dei
problemi
,
per
tutti
i
partiti
socialisti
,
diventa
ormai
quello
di
darsi
un
programma
che
possa
soddisfare
le
necessità
di
una
maggioranza
organica
delle
popolazione
dei
rispettivi
paesi
.
Coll
'
affidarsi
al
metodo
democratico
nessuno
crede
di
espellere
miracolosamente
la
violenza
dalla
storia
,
né
si
culla
nella
illusione
che
la
borghesia
si
rassegni
placida
al
tramonto
.
Non
è
all
'
indomani
di
una
così
tragica
guerra
,
non
è
all
'
indomani
dell
'
esperienza
fascista
,
che
si
può
pensar
questo
.
Nessuno
può
escludere
che
la
borghesia
,
o
la
frazione
più
retriva
di
essa
,
terrorizzata
dalla
marea
proletaria
che
sale
implacabile
,
stretta
nella
morsa
di
un
moto
operaio
reso
formidabile
proprio
dal
suo
gradualismo
,
dalla
saggia
adesione
alla
realtà
del
suo
tempo
e
dal
rispetto
dei
metodi
legali
,
ricorra
alla
sopraffazione
armata
.
Ma
,
si
badi
:
1
)
la
borghesia
non
è
un
blocco
uniforme
;
molto
più
spesso
di
quanto
non
si
creda
la
sua
pretesa
unità
è
un
sogno
di
astrattisti
.
È
proprio
questa
dicotomia
volgare
di
molti
socialisti
,
che
concorre
a
creare
in
momenti
di
crisi
un
artificioso
blocco
borghese
;
2
)
queste
armi
vogliono
delle
coscienze
,
delle
volontà
che
le
impugnino
.
Sino
a
prova
in
contrario
,
esercito
e
polizia
,
sono
popolo
,
proletariato
,
non
borghesia
;
3
)
in
questa
eventualità
proprio
la
più
ortodossa
dottrina
liberale
,
da
Blackstone
a
Mill
,
non
solo
legittima
l
'
impiego
della
forza
da
parte
della
maggioranza
,
ma
addirittura
glielo
impone
.
Dunque
,
niente
serafico
sogno
di
cherubini
che
vivono
nel
segno
dell
'
utopia
,
ma
consapevolezza
del
peso
della
morale
e
del
diritto
nei
grandi
urti
delle
classi
e
dei
popoli
.
Ciò
che
a
noi
preme
è
di
legittimarla
questa
eventuale
violenza
,
di
mettersi
in
condizione
di
non
essere
noi
i
trasgressori
del
patto
di
civiltà
,
di
ricorrere
alla
violenza
solo
se
costretti
,
e
di
ricorrervi
in
nome
di
quel
principio
di
legalità
,
di
maggioranza
,
che
i
nostri
stessi
avversari
,
finché
di
una
maggioranza
disponevano
,
avevano
dichiarato
di
accettare
e
anzi
imponevano
di
rispettare
.
Non
son
rari
coloro
che
a
questo
punto
sorridono
e
accusano
i
«
formalisti
»
del
metodo
democratico
di
perdersi
in
distinzioni
bizantine
.
Ma
col
far
ciò
dimostrano
di
essere
ancora
di
là
del
bene
e
del
male
;
non
sanno
che
in
queste
distinzioni
sta
precisamente
tutto
il
diritto
,
e
neppure
lontanamente
immaginano
la
suggestione
che
circonda
il
diritto
violato
,
e
quale
energia
esso
sappia
ispirare
ai
suoi
difensori
.
[
Il
bello
si
è
poi
che
coloro
che
tanto
amano
riempirsi
la
bocca
di
sonanti
invocazioni
all
'
insurrezione
,
alla
violenza
parificatrice
,
necessaria
,
storica
,
sono
normalmente
i
più
incapaci
,
anche
per
la
loro
educazione
e
i
moventi
umani
rari
che
li
sospingono
,
a
seriamente
organizzare
un
moto
rivoluzionario
.
La
loro
mentalità
barricadiera
è
per
lo
più
un
ricordo
libresco
,
una
sentimentale
tradizione
romantica
,
giacobina
,
tratta
dai
fasti
della
Rivoluzione
francese
,
quando
pure
non
è
una
astrazione
di
filosofi
cerebralizzanti
.
Ché
non
appena
la
borghesia
,
abilmente
profittando
delle
loro
dichiarazioni
sconvolgitrici
,
passa
all
'
azione
illegale
,
essi
non
sanno
ordinariamente
far
nulla
di
meglio
che
appellarsi
alle
sacre
carte
costituzionali
violate
,
ai
diritti
innati
calpestati
,
al
senso
di
umanità
rinnegato
,
solennemente
rimproverando
i
randelli
borghesi
-
-
ahimè
troppo
spesso
manovrati
da
autentici
proletari
-
-
di
non
restar
fedeli
allo
spirito
della
loro
civiltà
che
deve
-
-
chi
sa
poi
perché
-
-
essere
sempre
e
solo
fedele
al
metodo
democratico
.
]
Pare
impossibile
,
ma
da
parte
di
molti
socialisti
non
si
è
ancora
compreso
che
la
riserva
con
cui
essi
sogliono
accompagnare
l
'
adesione
al
metodo
democratico
-
-
riserva
per
la
quale
dichiarano
di
valersene
sin
tanto
che
tornerà
loro
comodo
,
salvo
poi
rinnegarlo
-
-
non
serve
altro
che
ad
autorizzare
i
ceti
reazionari
a
ricorrere
subito
ai
mezzi
illegali
per
stroncare
tempestivamente
un
movimento
operaio
che
minacci
di
farsi
pericoloso
.
L
'
esempio
italiano
del
191920
è
dolorosamente
probante
.
Il
partito
socialista
,
pur
avendo
ottenuto
un
grandissimo
successo
elettorale
,
aveva
raccolto
non
più
,
e
anzi
meno
,
di
un
terzo
dei
voti
:
non
disponeva
perciò
della
maggioranza
,
malgrado
le
elezioni
si
fossero
svolte
,
per
la
prima
e
ultima
volta
in
Italia
,
in
guisa
del
tutto
regolare
.
Pure
esso
dichiarò
solennemente
alla
borghesia
che
l
'
ora
sua
ultima
era
suonata
,
che
si
preparasse
a
scomparire
,
che
la
rivoluzione
nelle
strade
stava
per
scoppiare
,
che
alla
rivoluzione
sarebbe
seguita
la
dittatura
,
con
la
soppressione
morale
e
fisica
di
tutte
le
minoranze
dissenzienti
.
È
vero
che
si
limitò
poi
,
salvo
sporadici
episodi
,
ad
erigere
barricate
di
schede
e
di
ordini
del
giorno
.
Ma
intanto
fece
in
pieno
il
giuoco
degli
elementi
reazionari
i
quali
,
facendosi
forti
delle
scioccherie
degli
estremisti
,
riuscirono
a
travestirsi
da
agnellini
restauratori
delle
libertà
offese
e
del
diritto
violato
.
Con
quali
conseguenze
è
inutile
dire
.
Che
la
lezione
almeno
serva
,
che
la
si
smetta
di
fare
i
machiavellici
,
i
filosofi
della
storia
;
che
ci
si
astenga
nell
'
avvenire
dal
voler
inserire
nei
programmi
socialisti
di
tutto
un
po
'
-
-
legalità
e
violenza
,
pace
e
guerra
,
democrazia
e
dittatura
-
-
pur
di
non
farsi
trovare
«
impreparati
»
.
In
politica
bisogna
parlare
sempre
chiaro
,
anche
a
costo
di
far
la
figura
di
semplicisti
.
E
che
la
si
smetta
anche
di
fare
gli
eterni
scettici
,
di
credere
che
la
legge
di
Caino
,
la
legge
della
violenza
e
del
sangue
,
debba
in
eterno
regnare
tra
uomini
di
una
stessa
terra
.
Agli
eterni
scettici
si
può
domandare
quale
risposta
dessero
in
Grecia
,
in
Roma
,
nelle
stesse
colonie
schiaviste
del
Sette
Ottocento
i
proprietari
di
schiavi
,
i
sociologi
e
gli
schiavi
stessi
sulla
possibilità
che
un
giorno
l
'
istituto
della
schiavitù
sparisse
;
e
quale
risposta
avrebbero
dato
l
'
ugonotto
di
Francia
e
l
'
ebreo
di
Spagna
a
chi
avesse
loro
profetato
che
il
giorno
sarebbe
venuto
per
una
pacifica
convivenza
dei
culti
.
Facili
sorrisi
di
scherno
,
lezioni
di
realismo
.
Eppure
l
'
umanità
può
oggi
registrare
queste
due
sublimi
vittorie
:
abolizione
della
schiavitù
,
libertà
di
coscienza
.
[
Certo
se
si
fossero
ascoltate
le
voci
degli
scettici
di
tutti
i
tempi
nessuno
sforzo
,
mai
,
si
sarebbe
compiuto
per
superare
le
vecchie
posizioni
.
E
così
oggi
,
se
dovessimo
dar
peso
all
'
aprioristico
scetticismo
di
molti
estremisti
reazionari
e
rivoluzionari
,
dovremmo
perdere
la
speranza
nella
definitiva
conquista
di
quel
minimo
di
civiltà
che
è
il
metodo
democratico
.
Ma
nulla
è
più
grottesco
di
questo
pessimismo
ostinato
e
radicale
in
coloro
che
,
come
i
socialisti
intransigenti
,
si
propongono
nientemeno
che
la
realizzazione
del
socialismo
,
l
'
attuazione
di
una
perfetta
eterna
giustizia
tra
gli
uomini
.
L
'
ottimismo
nel
fine
dovrebbe
rendere
un
poco
meno
pessimisti
sui
metodi
.
]
Ma
a
risolvere
le
ultime
tergiversazioni
e
i
machiavellismi
dei
teorici
è
ormai
sopravvenuto
in
questi
ultimi
anni
il
fatto
sovrano
.
La
forza
delle
circostanze
,
più
ancora
che
una
esplicita
adesione
,
ha
fatto
sì
che
i
socialisti
diventassero
in
tutta
Europa
i
più
intransigenti
difensori
delle
istituzioni
democratiche
.
Essi
si
trovano
a
difendere
tutto
un
gigantesco
patrimonio
materiale
,
giuridico
e
morale
acquistato
in
lunghi
decenni
di
lotte
e
sacrifici
;
il
loro
movimento
trova
le
sue
più
solide
basi
non
nel
partito
politico
ma
in
una
gigantesca
rete
di
interessi
(
leghe
,
cooperative
,
società
mutue
,
ecc
.
)
che
chiedono
e
impongono
costante
vigilanza
e
tutela
.
I
socialisti
bene
intendono
che
,
non
ottemperando
a
questa
funzione
tutelatrice
,
finirebbero
per
essere
soppiantati
da
altre
correnti
verso
cui
fatalmente
graviterebbero
le
forze
sindacali
e
cooperative
.
Inoltre
,
nelle
esperienze
dell
'
immediato
dopoguerra
,
si
sono
resi
conto
che
,
comunque
la
si
pensi
in
argomento
,
il
momento
di
sfidare
la
borghesia
sul
terreno
della
forza
è
ben
lontano
dall
'
essere
giunto
;
essendo
il
proletariato
,
come
forza
politica
,
ancora
una
minoranza
,
meglio
vale
richiamarsi
esplicitamente
ai
diritti
che
il
liberalismo
borghese
riconosce
alle
minoranze
.
Ma
il
più
grande
ammonimento
è
venuto
ai
socialisti
dall
'
esperienza
comunista
.
Il
sorgere
,
alla
loro
estrema
ala
sinistra
,
di
un
movimento
che
nega
ogni
diritto
di
espressione
e
di
vita
alle
forze
socialiste
in
nome
della
dittatura
,
e
la
persecuzione
che
i
socialisti
hanno
subito
in
Russia
,
ha
dimostrato
loro
froebelianamente
il
valore
essenziale
,
intrinseco
,
non
solo
come
strumento
,
ma
come
clima
,
della
libertà
e
delle
istituzioni
democratiche
.
Trotsky
,
dal
suo
forzato
esilio
turco
,
che
impreca
contro
la
tirannia
di
Stalin
e
la
dittatura
di
un
pugno
di
burocrati
,
dopo
aver
irriso
per
tanti
anni
le
libertà
«
borghesi
»
e
i
metodi
democratici
,
non
è
forse
la
più
consolante
riprova
della
vitalità
insopprimibile
della
esigenza
liberale
?
Qualche
anno
ancora
e
l
'
adesione
socialista
al
metodo
e
al
clima
liberale
-
-
adesione
esplicita
,
integrale
,
definitiva
-
-
sarà
un
fatto
compiuto
.
Rimarrà
allora
un
ultimo
passo
da
compiere
perché
i
socialisti
entrino
nella
logica
e
nello
spirito
del
liberalismo
;
passo
anche
questo
inevitabile
,
ma
che
richiederà
lungo
lavoro
di
educazione
presso
le
masse
:
e
cioè
che
i
socialisti
riconoscano
che
il
metodo
democratico
e
il
clima
liberale
costituiscono
una
conquista
così
fondamentale
della
civiltà
moderna
,
che
dovranno
rispettarsi
anche
e
soprattutto
quando
sarà
padrona
del
governo
una
stabile
maggioranza
socialista
,
anche
quando
i
punti
essenziali
del
programma
riformatore
saranno
sulla
via
di
essere
realizzati
.
Ciò
non
significa
davvero
rinuncia
al
finalismo
socialista
,
ma
solo
rispetto
per
alcune
forme
essenziali
di
vita
associata
.
Anche
i
socialisti
dovranno
impegnarsi
a
rispettare
i
diritti
delle
minoranze
dissenzienti
,
il
diritto
di
opposizione
,
a
qualunque
titolo
compiuto
.
Col
riconoscerlo
non
temano
di
apparire
scettici
o
deboli
.
Al
contrario
.
Nessuna
fede
è
tanto
solida
come
quella
che
non
teme
la
critica
degli
avversari
,
e
che
anzi
questa
critica
sollecita
come
stimolo
e
limite
ad
un
tempo
.
Nessun
partito
,
nessun
movimento
è
tanto
forte
come
quello
che
riconosce
il
diritto
alla
vita
dei
suoi
avversari
e
che
dichiara
di
non
voler
rinnegare
,
nel
giorno
della
vittoria
,
lo
spirito
di
quel
metodo
liberale
che
permise
ad
esso
,
da
piccola
debole
minoranza
,
di
crescere
e
di
dominare
.
[
Il
socialismo
sarà
liberale
il
giorno
in
cui
saprà
dire
una
alta
definitiva
parola
su
questo
argomento
.
]
Concludendo
,
se
si
chiedesse
di
illustrare
in
sintesi
le
conseguenze
pratiche
che
sgorgano
dalle
osservazioni
svolte
nel
corso
di
questi
due
capitoli
,
io
mi
esprimerei
così
:
Sinora
l
'
azione
socialista
ebbe
carattere
prevalentemente
economico
.
Ciò
fu
probabilmente
necessario
,
giacché
è
utopia
l
'
andar
cianciando
di
morale
,
di
autonomia
spirituale
,
di
doveri
,
di
adesione
e
rispetto
al
metodo
democratico
,
a
chi
versa
nella
miseria
e
riesce
a
malapena
,
con
un
lavoro
logorante
e
abbrutente
,
a
soddisfare
i
bisogni
primari
della
vita
.
Conditio
sine
qua
non
è
la
conquista
permanente
di
un
grado
relativo
di
benessere
.
Tutto
cozza
contro
la
miseria
.
La
miseria
è
la
gran
nemica
,
né
più
né
meno
come
la
ricchezza
privilegiata
.
Le
plebi
miserabili
furono
sempre
serve
dei
potenti
.
La
fame
equivale
a
sordità
morale
e
gli
appelli
moralistici
si
risolvono
fatalmente
in
prediche
.
Ma
via
via
che
le
condizioni
economiche
migliorano
-
-
e
si
sono
grandemente
migliorate
-
-
via
via
che
la
classe
operaia
procede
nella
sua
affermazione
politica
,
via
via
che
lo
Stato
si
apre
alle
esigenze
nuove
,
e
la
stessa
borghesia
,
nelle
sue
frazioni
più
progressiste
,
non
contrasta
più
con
l
'
ostinazione
tradizionale
il
processo
di
emancipazione
proletaria
,
i
problemi
di
cultura
e
di
moralità
debbono
salire
al
primo
piano
,
pena
lo
smarrirsi
e
il
corrompersi
del
movimento
.
Il
socialismo
non
può
più
limitarsi
alla
riforma
degli
aspetti
esteriori
della
vita
associata
.
Una
emancipazione
che
mirasse
solo
a
eliminare
o
ridurre
la
oppressione
ambientale
;
una
libertà
che
fosse
tutta
e
solo
negativa
,
e
non
si
accompagnasse
con
la
riaffermazione
dei
valori
eterni
dello
spirito
,
sarebbe
la
liberazione
da
una
schiavitù
in
nome
di
un
'
altra
schiavitù
.
L
'
emancipazione
o
sarà
integrale
-
-
corpo
e
anima
-
-
o
non
sarà
.
È
consolante
perciò
rilevare
come
in
questi
ultimi
anni
queste
esigenze
d
'
ordine
spirituale
siano
venute
,
sia
pure
timidamente
,
affacciandosi
nel
seno
stesso
della
classe
operaia
,
per
merito
di
quello
stesso
moto
sindacale
che
sembrava
sensibile
alle
sole
quistioni
di
orario
e
di
salario
.
La
richiesta
sempre
più
insistente
per
il
controllo
operaio
,
per
la
compartecipazione
alla
direzione
della
produzione
,
per
la
costituzionalizzazione
del
regime
di
fabbrica
,
le
battaglie
su
questioni
di
principio
e
di
dignità
,
rivelano
il
sorgere
di
una
dignità
nuova
nell
'
operaio
medio
,
che
non
si
accontenta
più
dei
soli
miglioramenti
materiali
,
ma
intende
affermare
la
sua
personalità
autonoma
entro
e
fuori
la
fabbrica
,
non
solo
come
cittadino
ma
anche
come
produttore
.
La
stessa
tesi
socializzatrice
non
viene
più
prospettata
in
termini
puramente
utilitari
e
produttivistici
.
La
critica
che
dalle
fila
socialiste
si
leva
contro
la
concezione
tradizionale
del
socialismo
accentrato
e
collettivista
,
documenta
le
esigenze
nuove
di
autonomia
e
di
libertà
.
Il
nostro
compito
deve
consistere
nello
svolgere
queste
prime
oscure
intuizioni
dell
'
anima
proletaria
,
rivelandone
tutto
il
grande
valore
ai
fini
di
una
revisione
della
impostazione
teorica
del
moto
socialista
.
Aiutare
il
proletariato
a
conoscer
se
stesso
,
rivelargli
le
vere
cause
e
gli
effettivi
rimedi
allo
stato
penoso
di
inferiorità
psichica
e
sociale
in
cui
versa
,
concretare
in
formule
politiche
il
risultato
di
questo
processo
di
introspezione
nell
'
ordine
collettivo
.
Insistere
perché
al
movimento
socialista
sia
sempre
più
di
guida
un
ideale
di
autonomia
e
di
libertà
.
Spiegare
che
,
affinché
una
rivoluzione
sia
fruttuosa
,
non
basta
la
conquista
dei
centri
di
comando
.
Procedere
non
dall
'
alto
al
basso
,
ma
inversamente
.
Concepire
il
socialismo
non
come
risultato
di
imposizione
di
una
minoranza
illuminata
,
ma
come
risultato
di
persuasione
attraverso
una
lunga
catena
di
esperienze
positive
.
Non
avere
troppa
fede
nelle
leggi
.
Si
possono
fare
tutte
le
leggi
,
ma
se
esse
non
sanzionano
uno
stato
di
fatto
in
via
di
affermazione
e
non
riposano
già
sul
costume
,
si
risolvono
troppo
spesso
in
conati
infruttuosi
.
Avere
più
fede
nelle
proprie
forze
,
lavorare
,
sperimentare
,
lottare
,
senza
pregiudiziali
e
programmi
troppo
rigidi
,
solo
conservandosi
fedeli
ad
alcune
direttive
fondamentali
.
Ciò
che
in
ultima
analisi
veramente
importa
è
il
processo
di
elevazione
della
massa
e
la
riforma
dei
rapporti
sociali
in
base
a
un
principio
di
giustizia
che
si
armonizzi
col
rispetto
delle
libertà
degli
individui
e
dei
gruppi
;
e
davvero
il
rispetto
convenzionale
verso
un
programma
ormai
vecchio
di
cent
'
anni
è
in
troppe
parti
superato
.
Prima
di
chiudere
questo
breve
saggio
sul
socialismo
liberale
vorrei
indicare
sommariamente
quelli
che
mi
appaiono
come
gli
estremi
dell
'
abito
mentale
e
dello
stato
d
'
animo
del
socialista
liberale
.
Il
socialista
liberale
,
fedele
alla
grande
lezione
che
sgorga
dal
pensiero
critico
moderno
,
non
crede
alla
dimostrazione
scientifica
,
razionale
,
della
bontà
delle
empiriche
soluzioni
socialiste
e
neppure
alla
storica
necessità
dell
'
avvento
di
una
società
socialista
.
Non
si
illude
di
possedere
il
segreto
dell
'
avvenire
,
non
si
crede
depositario
della
verità
ultima
,
definitiva
,
in
materia
sociale
,
non
china
la
fronte
dinanzi
a
dogmi
di
nessuna
specie
.
Non
crede
che
il
regime
socialista
sarà
e
si
affermerà
nei
secoli
per
una
legge
trascendente
la
volontà
degli
uomini
.
Anzi
,
considerata
la
cosa
freddamente
,
può
anche
ammettere
in
via
di
ipotesi
che
le
forze
del
privilegio
,
della
ingiustizia
,
della
oppressione
dei
molti
nell
'
interesse
dei
pochi
,
possano
continuare
a
prevalere
.
Il
suo
motto
è
:
il
regime
socialista
sarà
,
ma
potrebbe
anche
non
essere
.
Sarà
se
noi
lo
vorremo
,
se
le
masse
vorranno
che
sia
,
attraverso
un
consapevole
sforzo
creatore
.
In
questo
dubbio
,
in
questo
virile
relativismo
,
che
spinge
prepotente
all
'
azione
e
vuole
fare
ampio
posto
alla
volontà
umana
nella
storia
;
in
questo
demone
critico
che
obbliga
di
continuo
a
rivedere
,
alla
luce
delle
nuove
esperienze
,
la
propria
posizione
;
in
questa
fede
nei
valori
supremi
dello
spirito
,
e
nella
meravigliosa
forza
animatrice
della
libertà
,
fine
e
mezzo
,
clima
e
leva
,
sta
lo
stato
d
'
animo
di
un
socialista
sortito
fuor
dal
pelago
marxista
alla
riva
liberalistica
.
L
'
azione
è
la
sua
più
vera
divisa
.
Egli
è
socialista
per
tutto
un
insieme
di
principî
e
di
esperienze
;
per
la
convinzione
tratta
dallo
studio
dei
fenomeni
sociali
;
ma
lo
è
soprattutto
per
fede
,
per
sentimento
,
per
adesione
attiva
-
-
ecco
il
punto
,
ecco
il
vaglio
-
-
alla
causa
dei
poveri
e
degli
oppressi
.
Chiunque
questa
causa
faccia
propria
non
può
muoversi
nello
spirito
del
liberalismo
e
nella
pratica
del
socialismo
.
CAPITOLO
VII
LA
LOTTA
PER
LA
LIBERTÀ
Il
problema
italiano
è
,
essenzialmente
,
problema
di
libertà
.
Ma
problema
di
libertà
nel
suo
significato
integrale
:
cioè
di
autonomia
spirituale
,
di
emancipazione
della
coscienza
,
nella
sfera
individuale
;
e
di
organizzazione
della
libertà
nella
sfera
sociale
,
cioè
nella
costruzione
dello
Stato
e
nei
rapporti
tra
i
gruppi
e
le
classi
.
Senza
uomini
liberi
,
nessuna
possibilità
di
Stato
libero
.
Senza
coscienze
emancipate
,
nessuna
possibilità
di
emancipazione
di
classi
.
Il
circolo
non
è
vizioso
.
La
libertà
comincia
con
l
'
educazione
dell
'
uomo
e
si
conchiude
col
trionfo
di
uno
Stato
di
liberi
,
in
parità
di
diritti
e
di
doveri
,
in
uno
Stato
in
cui
la
libertà
di
ciascuno
è
condizione
e
limite
alla
libertà
di
tutti
.
Ora
è
triste
cosa
a
dirsi
,
ma
non
per
questo
meno
vera
che
in
Italia
l
'
educazione
dell
'
uomo
,
la
formazione
della
cellula
morale
base
-
-
l
'
individuo
-
-
,
è
ancora
in
gran
parte
da
fare
.
Difetta
nei
più
,
per
miseria
,
indifferenza
,
secolare
rinuncia
,
il
senso
geloso
e
profondo
dell
'
autonomia
e
della
responsabilità
.
Un
servaggio
di
secoli
fa
sì
che
l
'
italiano
medio
oscilli
oggi
ancora
tra
l
'
abito
servile
e
la
rivolta
anarchica
.
Il
concetto
della
vita
come
lotta
e
missione
,
la
nozione
della
libertà
come
dovere
morale
,
la
consapevolezza
dei
limiti
propri
ed
altrui
,
difettano
.
Gli
italiani
hanno
più
spesso
l
'
orgoglio
della
loro
persona
,
nei
suoi
valori
e
rapporti
esterni
,
che
della
loro
personalità
.
La
loro
vita
intima
è
ricchissima
,
ma
unilaterale
;
ricchissima
soprattutto
nella
sfera
sentimentale
in
cui
erompe
in
forme
istintive
ed
esasperate
.
La
pacata
riflessione
sui
massimi
problemi
della
vita
,
l
'
abitudine
al
commercio
col
proprio
foro
interno
,
quel
fecondo
tormento
spirituale
che
crea
lentamente
tutto
un
prodigioso
inondo
interiore
che
solo
può
dare
la
coscienza
di
sé
come
unità
distinta
e
autonoma
,
mancano
nei
più
.
L
'
educazione
cattolica
-
-
pagana
nel
culto
e
dogmatica
nella
sostanza
-
-
e
la
lunga
serie
dei
paterni
governi
hanno
esentato
per
secoli
gli
italiani
dal
pensare
in
persona
prima
.
La
miseria
ha
fatto
il
resto
.
Ancor
oggi
l
'
italiano
medio
abbandona
alla
Chiesa
la
sua
autonomia
spirituale
;
ed
ora
si
vede
costretto
ad
abbandonare
allo
Stato
,
elevato
al
rango
di
fine
,
anche
la
sua
dignità
di
uomo
,
degradato
a
semplice
mezzo
.
Disposto
alla
servitù
nel
dominio
della
coscienza
,
lo
si
forza
ora
alla
servitù
nel
dominio
sociale
e
politico
.
Logica
conclusione
di
un
processo
di
passive
rinunzie
.
Il
dolce
far
niente
degli
italiani
-
-
leggenda
insultante
nell
'
ordine
materiale
-
-
ha
purtroppo
qualche
fondamento
nell
'
ordine
morale
.
Gli
italiani
sono
pigri
moralmente
,
c
è
in
loro
un
fondo
di
scetticismo
e
di
machiavellismo
di
basso
rango
che
li
induce
a
contaminare
,
irridendoli
,
tutti
i
valori
,
e
a
trasformare
in
commedia
le
più
cupe
tragedie
.
Abituati
a
ragionare
per
intermediari
nei
grandi
problemi
della
coscienza
-
-
un
vero
appalto
spirituale
-
-
è
naturale
che
si
rassegnino
facilmente
all
'
appalto
anche
nei
grandi
problemi
della
vita
politica
.
L
'
intervento
del
Deus
ex
machina
,
del
duce
,
del
domatore
-
-
si
chiami
esso
papa
,
re
,
Mussolini
-
-
risponde
sovente
ad
una
loro
necessità
psicologica
.
Da
questo
punto
di
vista
il
governo
mussoliniano
è
tutt
'
altro
che
rivoluzionario
.
Si
riallaccia
alla
tradizione
e
procede
sulla
linea
del
minimo
sforzo
.
Il
fascismo
è
,
contro
tutte
le
apparenze
,
il
più
passivo
risultato
della
storia
italiana
.
Gigantesco
rigurgito
di
secoli
e
abbietto
fenomeno
di
adattamento
e
di
rinunzia
.
Mussolini
trionfò
per
la
quasi
universale
diserzione
,
attraverso
una
lunga
rete
di
sapienti
compromessi
.
Solo
alcune
ristrette
minoranze
di
proletari
e
di
intellettuali
ebbero
l
'
ardire
di
affrontarlo
con
radicale
intransigenza
sin
dagli
inizi
.
Mussolini
fornisce
la
misura
della
sua
banalità
quando
considera
il
problema
della
autorità
e
della
disciplina
come
il
problema
pedagogico
essenziale
per
gli
italiani
.
Vivaddio
,
non
è
questo
che
occorre
insegnare
agli
italiani
!
Da
secoli
si
piegarono
a
tutti
i
domini
e
servirono
tutti
i
tiranni
.
La
nostra
storia
non
offre
sinora
nessuna
vera
rivoluzione
di
popolo
.
In
tutte
le
epoche
della
sua
storia
il
popolo
italiano
ha
sprigionato
dal
suo
seno
punte
altissime
,
solitarie
,
inaccessibili
;
minoranze
eroiche
,
ferrei
caratteri
;
ma
non
ha
saputo
mai
realizzare
se
stesso
.
L
'
Italia
fu
la
grande
assente
nelle
lotte
di
religione
,
lievito
massimo
del
liberalismo
,
atto
di
nascita
dell
'
uomo
moderno
.
Il
cattolicesimo
italico
,
ammorbato
dalla
corte
romana
e
dalla
passiva
unanimità
,
rimase
estraneo
anche
al
processo
di
purificazione
che
seguì
la
Riforma
.
Il
cattolicesimo
in
terra
di
monopolio
non
ha
nulla
a
che
fare
col
cattolico
in
terra
di
concorrenza
.
Per
secoli
vivemmo
,
nel
mondo
della
politica
,
di
luce
riflessa
e
stanche
e
frastagliate
ci
arrivarono
le
grandi
ondate
della
vita
europea
.
La
stessa
lotta
per
l
'
indipendenza
fu
opera
di
una
minoranza
,
non
passione
di
popolo
.
Solo
alcuni
centri
urbani
del
settentrione
parteciparono
attivamente
alla
rivolta
contro
lo
straniero
.
Nel
centro
e
nel
meridione
i
Savoia
,
passato
il
primo
periodo
di
entusiasmo
,
equivalsero
al
Lorena
e
al
Borbone
.
La
burocrazia
piemontese
avvolse
nelle
sue
spire
ordinate
ma
soffocatrici
tutta
quanta
l
'
Italia
,
spegnendo
gli
estremi
aneliti
di
autonomia
.
Il
trionfo
della
corrente
monarchica
e
diplomatica
valse
,
come
in
Germania
,
a
separare
violentemente
il
mito
unitario
da
quello
libertario
.
Mazzini
e
Cattaneo
furono
i
grandi
battuti
del
Risorgimento
.
La
stessa
libertà
politica
,
che
verrà
lentamente
col
passare
dei
decenni
,
sarà
figlia
di
transazioni
e
taciti
accomodamenti
.
La
conquista
della
libertà
non
è
legata
in
Italia
a
nessun
moto
di
masse
capace
di
adempiere
ruolo
mitico
e
ammonitore
.
La
massa
fu
assente
.
Il
proletariato
non
si
conquistò
le
sue
specifiche
libertà
di
organizzazione
,
sciopero
,
voto
,
a
prezzo
di
prolungati
sforzi
e
sacrifici
.
Il
suo
tirocinio
,
attorno
al
'900
,
fu
troppo
breve
;
e
il
suffragio
universale
apparve
,
e
fu
,
calcolata
elargizione
paternalista
.
La
regola
secondo
cui
non
si
ama
e
non
si
difende
se
non
ciò
per
cui
molto
si
è
lottato
e
sacrificato
,
ha
avuto
la
sua
riprova
più
tipica
nella
esperienza
fascista
.
L
'
edificio
liberale
crollò
come
cosa
morta
al
suo
primo
urto
e
le
classi
lavoratrici
assistettero
inerti
alla
negazione
di
valori
estranei
ancora
alla
loro
coscienza
.
Quando
Mussolini
elenca
oggi
le
cifre
delle
sue
greggia
e
delle
sue
mute
di
cani
e
vanta
la
unanimità
,
il
partito
unico
,
la
scomparsa
d
'
ogni
sostanziale
contrasto
,
d
'
ogni
libera
iniziativa
di
minoranze
combattive
,
in
nome
di
una
rivoluzione
carnevalesca
,
in
realtà
non
fa
che
rinnovare
i
fasti
del
borbonismo
,
senza
neppure
lasciarci
la
consolazione
di
saperlo
straniero
e
padrone
per
virtù
di
milizie
preponderanti
.
È
bensì
vero
che
la
sua
faziosità
romagnola
lo
porterebbe
alla
battaglia
;
ma
la
battaglia
egli
non
sa
concepirla
che
in
termini
di
forza
bruta
;
l
'
orgoglio
dispotico
del
dittatore
lo
costringe
a
spegnere
sistematicamente
ogni
ardore
di
contrasto
e
di
lotta
.
Pure
la
sua
intransigenza
settaria
serve
la
causa
della
libertà
.
Coi
randelli
e
le
manette
,
con
le
raffinate
persecuzioni
,
Mussolini
sta
costruendo
a
diecine
di
migliaia
gli
italiani
moderni
,
volontari
della
libertà
.
La
sua
furia
persecutrice
e
la
logica
tremenda
degli
strumenti
repressivi
di
cui
è
ormai
prigioniero
,
stanno
diventando
i
nostri
migliori
alleati
.
Per
la
prima
volta
nella
storia
d
'
Italia
la
rivendicazione
dei
diritti
inalienabili
della
persona
e
del
principio
dell
'
autogoverno
,
si
pone
come
problema
di
popolo
,
e
non
più
come
problema
di
una
setta
di
iniziati
.
Nessun
italiano
,
per
incolto
e
misero
che
sia
,
può
ignorare
il
fascismo
e
i
problemi
di
vita
e
di
morte
dal
fascismo
sollevati
.
L
'
ultimo
infelice
bracciante
della
Calabria
può
oggi
soffrire
e
sperare
per
la
stessa
causa
che
fa
soffrire
e
sperare
il
più
raffinato
intellettuale
e
lo
stesso
industriale
moderno
del
settentrione
.
Attraverso
tanti
patimenti
e
umiliazioni
la
coscienza
del
valore
della
libertà
sta
sorgendo
in
modo
drammatico
in
vaste
zone
del
popolo
italiano
.
Gli
italiani
sono
forse
psicologicamente
più
liberi
oggi
,
in
questa
lotta
disperata
per
la
conquista
delle
autonomie
essenziali
,
di
quel
che
non
fossero
ieri
con
lo
pseudo
Stato
costituzionale
giolittiano
e
le
migliaia
di
associazioni
indipendenti
.
Ciascuno
vede
il
problema
-
-
com
'
è
giusto
-
-
attraverso
la
lente
del
suo
interesse
e
del
suo
partito
,
ma
il
fuoco
va
diventando
unico
:
la
libertà
.
Gli
stessi
comunisti
,
nonostante
tanti
facili
schemi
,
si
vedono
costretti
a
spiegare
la
dittatura
in
termini
di
libertà
.
L
'
oppressione
fascista
prepara
l
'
unità
morale
del
popolo
italiano
.
Qual
è
la
posizione
dei
socialisti
di
fronte
al
problema
della
libertà
?
La
dottrina
marxista
cui
in
maggioranza
ancora
aderiscono
permette
loro
di
giungere
ad
una
visione
integrale
della
questione
italiana
,
con
quella
assolutezza
ideologica
ed
etica
che
è
premessa
indispensabile
per
un
serio
moto
rinnovatore
?
Non
direi
.
Il
socialismo
marxista
ignora
la
libertà
.
Esso
assegna
alla
libertà
un
valore
tutto
relativo
e
storico
.
Scambiando
la
sua
essenza
esterna
e
immutabile
con
le
sue
transeunti
manifestazioni
,
nega
addirittura
la
libertà
e
non
vede
che
le
singole
,
concrete
,
provvisorie
libertà
di
classe
,
truccature
più
o
meno
sapienti
degli
interessi
di
classe
.
Per
esso
il
problema
,
fondamentalissimo
,
della
libertà
morale
dell
'
uomo
,
non
esiste
neppure
o
è
tutto
e
solo
in
relazione
alla
soggezione
degli
uomini
al
meccanismo
economico
.
Gli
uomini
di
Marx
sono
,
dicevamo
,
uomini
per
definizione
non
liberi
,
operanti
solo
e
solamente
sotto
la
spinta
del
bisogno
economico
,
costretti
a
ricorrere
a
metodi
produttivi
e
a
darsi
rapporti
politico
sociali
spirituali
imperativi
.
L
'
intimo
fuoco
del
marxismo
sta
nel
concetto
della
necessità
storica
dell
'
avvento
della
società
socialista
in
virtù
di
un
processo
obbiettivo
e
fatale
di
trasformazione
di
cose
.
La
volontà
umana
compare
con
ruolo
secondario
,
per
non
dire
determinato
.
I
problemi
di
coscienza
,
di
autonomia
,
di
formazione
di
libere
personalità
,
non
esistono
per
Marx
.
Essi
sono
rimandati
all
'
indomani
della
trasformazione
sociale
.
Niente
è
più
utopistico
e
antiliberale
di
questo
rovesciamento
brusco
e
messianico
di
posizioni
di
questo
passaggio
da
un
regno
dove
la
necessità
domina
inesorabile
a
un
regno
dove
la
libertà
trionfa
sovrana
.
La
morale
,
come
la
libertà
,
sarebbero
prodotti
storici
,
meri
riflessi
della
evoluzione
del
mondo
esteriore
.
Tanto
di
libertà
nel
mondo
esterno
della
produzione
,
e
tanto
di
libertà
nel
mondo
interiore
.
Solo
emancipando
gli
uomini
dalla
schiavitù
dei
rapporti
capitalistici
essi
diventerebbero
liberi
.
Togliete
il
monopolio
nel
campo
della
proprietà
,
abolite
il
sistema
attuale
dei
rapporti
sociali
-
-
dice
Marx
-
-
e
voi
vedrete
sorgere
automaticamente
una
generazione
di
uomini
liberi
.
Errore
e
illusione
,
o
per
lo
meno
grandissima
unilateralità
.
Come
sempre
accade
alle
tesi
innovatrici
,
il
marxismo
ha
posto
in
risalto
un
dato
,
sia
pure
essenziale
,
del
problema
;
ma
per
affermare
quello
ha
sacrificato
tutti
gli
altri
.
Vi
sono
dei
valori
essenziali
nella
vita
così
degli
uomini
come
della
società
che
non
dipendono
da
una
semplice
trasformazione
ambientale
,
che
si
pongono
sempre
e
dovunque
ci
si
innalzi
sopra
la
vita
animale
,
e
che
richiedono
,
per
essere
compresi
,
l
'
educazione
e
gli
sforzi
di
una
lunga
serie
di
generazioni
:
anzi
si
può
dire
che
essi
costituiscono
il
presupposto
indispensabile
per
quella
stessa
trasformazione
ambientale
dai
socialisti
auspicata
.
Se
gli
uomini
non
hanno
radicato
né
il
senso
della
dignità
né
quello
della
responsabilità
,
se
non
sentono
la
fierezza
della
loro
autonomia
,
se
non
si
sono
emancipati
nel
loro
mondo
interiore
,
non
si
fa
il
socialismo
.
Si
fa
lo
Stato
caserma
,
lo
Stato
prussiano
,
uno
Stato
che
è
libero
nell
'
etichetta
,
ma
schiavo
nella
sostanza
.
Senza
la
tappa
del
libero
esame
e
la
tappa
dell'89
,
tappe
che
ad
ogni
generazione
spetta
peraltro
di
ripercorrere
,
il
socialismo
si
riduce
ad
un
melanconico
sogno
di
burocrati
.
L
'
impotenza
del
socialismo
marxista
di
fronte
ai
problemi
di
libertà
e
di
moralità
,
si
rivela
anche
nella
sua
relativa
incapacità
a
penetrare
il
fenomeno
fascista
.
Esso
non
vede
nel
fascismo
altro
che
un
fatto
brutale
di
reazione
di
classe
,
la
forma
moderna
,
tipica
,
di
reazione
capitalistica
.
Il
fascismo
è
,
tout
court
,
la
borghesia
che
ricorre
alla
violenza
per
opporsi
all
'
ascesa
proletaria
.
Tutto
il
resto
è
fumo
ideologico
,
dicono
i
marxisti
.
Con
un
facile
semplicismo
che
vorrebbesi
gabellare
per
realismo
,
si
sorvola
su
tutto
il
lato
morale
della
questione
,
su
tutto
ciò
che
di
caratteristicamente
italiano
rivela
il
fenomeno
fascista
.
Ma
l
'
errore
è
grossolano
.
Col
solo
interesse
di
classe
il
fascismo
non
si
spiega
.
Le
squadre
d
'
azione
non
sorsero
solo
per
l
'
ira
cieca
dei
ceti
retrivi
sovvenzionatori
.
Faziosità
,
spirito
d
'
avventura
,
gusti
romantici
,
idealismo
piccolo
borghese
,
retorica
nazionalista
,
reazioni
sentimentali
della
guerra
,
inquieto
desiderio
del
nuovo
,
qualunque
esso
fosse
,
-
-
senza
questi
motivi
il
fascismo
non
sarebbe
stato
.
Dalle
sedimentazioni
nascoste
della
razza
,
dalle
esperienze
delle
generazioni
,
il
fenomeno
fascista
è
venuto
fuori
quasi
per
esplosione
,
stimolato
da
un
evidente
interesse
di
classe
,
ma
profondamente
inciso
da
caratteri
che
sono
indipendenti
dai
criteri
di
classe
.
Nel
bolscevismo
diciannovista
molti
degli
aspetti
non
solo
estrinseci
del
fascismo
si
ritrovavano
in
pieno
.
Il
fascismo
va
innestato
sul
sottosuolo
italico
,
e
allora
si
vede
che
esso
esprime
vizi
profondi
,
debolezze
latenti
,
miserie
ahimè
del
nostro
popolo
,
di
tutto
il
nostro
popolo
.
Non
bisogna
credere
che
Mussolini
abbia
trionfato
solo
per
la
forza
bruta
.
La
forza
bruta
,
da
sola
,
non
trionfa
mai
.
Ha
trionfato
perché
ha
toccato
sapientemente
certi
tasti
ai
quali
la
psicologia
media
degli
italiani
era
straordinariamente
sensibile
.
Il
fascismo
è
stato
in
certo
senso
l
'
autobiografia
di
una
nazione
che
rinuncia
alla
lotta
politica
,
che
ha
il
culto
dell
'
unanimità
,
che
rifugge
dall
'
eresia
,
che
sogna
il
trionfo
della
facilità
,
della
fiducia
,
dell
'
entusiasmo
.
Lottare
contro
il
fascismo
non
significa
dunque
solo
lottare
contro
una
feroce
e
cieca
reazione
di
classe
,
ma
lottare
contro
un
certo
tipo
di
mentalità
,
di
sensibilità
,
di
tradizione
italiana
che
sono
proprie
,
purtroppo
,
inconsapevolmente
proprie
,
di
larghe
correnti
di
popolo
.
Perciò
la
lotta
è
difficile
e
non
può
consistere
in
un
semplice
problema
di
meccanico
rovesciamento
del
regime
.
È
innanzitutto
problema
di
educazione
morale
e
politica
nostra
e
altrui
,
dei
nostri
avversari
soprattutto
,
in
ogni
caso
di
tutti
gli
italiani
,
indipendentemente
da
ogni
divisione
di
classe
.
Ben
lungi
dal
terminare
il
giorno
della
rovina
fascista
,
è
anzi
solo
allora
che
si
porranno
i
problemi
costruttivi
...
Ma
perciò
la
lotta
è
bella
,
la
lotta
è
vitale
,
la
lotta
è
degna
veramente
di
tutti
i
sacrifici
.
Ora
non
sono
rari
i
socialisti
che
,
fisso
lo
sguardo
alla
sottostante
«
struttura
economica
»
,
ci
tengono
ad
ignorare
puramente
e
semplicemente
questi
problemi
.
Che
cosa
diventa
ai
loro
occhi
la
lotta
per
la
libertà
?
Una
lotta
strumentale
,
una
lotta
per
la
conquista
di
istituzioni
e
di
posizioni
tattiche
che
hanno
un
valore
transitorio
,
di
convenienza
,
perché
saranno
poi
negate
con
l
'
avvento
della
società
socialista
.
L
'
abitudine
a
considerare
il
problema
economico
come
il
problema
chiave
,
il
problema
determinante
,
e
a
misurare
tutti
i
valori
in
termini
utilitari
,
fa
sì
che
sfuggano
loro
i
valori
profondi
e
permanenti
che
solo
un
regime
di
libertà
è
capace
di
suscitare
.
Ciò
che
ad
essi
interessa
è
unicamente
la
forma
della
lotta
politica
,
e
non
la
sostanza
del
clima
liberale
.
Quando
i
marxisti
rivendicano
la
libertà
non
lo
fanno
per
il
suo
valore
in
sé
,
ma
solo
perché
ritengono
che
essa
favorisca
il
risveglio
proletario
e
lo
stesso
sviluppo
capitalistico
.
Posti
così
in
contrasto
tra
il
liberalismo
nei
metodi
e
l
'
illiberalismo
del
fine
,
è
fatale
che
si
sentano
a
disagio
nella
lotta
per
la
libertà
,
e
vi
partecipano
con
una
infinità
di
riserve
,
attenuazioni
,
sottili
interpretazioni
,
che
tolgono
alla
loro
rivendicazione
,
utilitaria
e
transitoria
,
ogni
forza
di
suggestione
e
di
proselitismo
.
Come
si
fa
infatti
ad
incitare
la
classe
lavoratrice
alla
lotta
rivoluzionaria
in
nome
della
libertà
,
quando
nel
momento
stesso
la
si
ammonisce
che
la
libertà
non
esiste
,
che
il
metodo
democratico
è
utile
oggi
ma
potrà
negarsi
domani
,
che
la
lotta
che
facciamo
non
è
,
se
non
molto
indirettamente
,
una
lotta
socialista
?
Una
vera
quadratura
del
circolo
.
Da
che
c
'
è
storia
non
si
sono
mai
fatte
rivoluzioni
coi
valori
relativi
.
La
tattica
,
il
calcolo
,
possono
bensì
alimentare
una
disputa
accademica
,
non
mai
una
battaglia
nelle
strade
.
Senza
il
balenio
di
un
ideale
supremo
che
permei
nel
profondo
la
sostanza
e
i
fini
della
lotta
attuale
,
senza
una
coscienza
vivissima
e
abbagliante
del
valore
dei
beni
pei
quali
si
combatte
,
non
si
crea
una
temperatura
rivoluzionaria
.
Finché
i
socialisti
non
affermeranno
il
valore
assoluto
,
in
sé
,
del
clima
liberale
,
delle
istituzioni
democratiche
,
delle
stesse
concrete
libertà
di
stampa
,
di
riunione
,
di
pensiero
,
saranno
impotenti
ad
affrontare
vittoriosamente
la
lotta
per
la
libertà
.
Trattenuto
da
mille
perplessità
anche
per
questo
motivo
si
spiega
come
il
socialismo
italiano
,
nonostante
disponga
delle
leve
massime
per
determinare
una
sollevazione
antifascista
,
non
sia
riuscito
ancora
a
ottenere
un
serio
risveglio
tra
le
masse
.
Gli
manca
la
fede
profonda
nella
libertà
,
e
si
consuma
nella
contraddizione
tra
mezzo
e
fine
.
La
superiorità
della
posizione
socialista
liberale
delineata
nel
capitolo
precedente
,
pare
a
me
che
stia
in
ciò
:
che
per
essa
noi
ci
sentiamo
perfettamente
a
posto
in
questa
lotta
per
la
libertà
,
che
in
nulla
dobbiamo
rinunziare
o
transigere
sul
nostro
programma
,
prendendo
a
prestito
motivi
propri
alla
ideologia
borghese
.
Per
noi
il
mito
della
libertà
impregna
tutto
il
nostro
programma
,
perché
anche
le
più
avanzate
trasformazioni
sociali
,
le
sollecitiamo
e
le
giustifichiamo
in
nome
di
un
principio
di
libertà
:
di
libertà
piena
,
effettiva
,
positiva
,
per
tutti
gli
esseri
umani
,
in
tutti
gli
aspetti
dell
'
esistenza
.
Libertà
politica
e
spirituale
oggi
,
perché
costituisce
la
premessa
,
lo
strumento
,
l
'
atmosfera
indispensabile
per
la
nostra
battaglia
,
anzi
un
momento
immanente
della
nostra
battaglia
;
e
libertà
,
autonomia
nell
'
economia
e
nello
Stato
,
domani
.
Libertà
come
mezzo
e
come
fine
.
Lottiamo
per
il
mezzo
-
-
il
metodo
democratico
-
-
in
quanto
esso
è
tutto
penetrato
dal
fine
.
La
nostra
posizione
non
è
che
lo
svolgimento
logico
,
sino
alle
ultime
conseguenze
,
del
principio
di
libertà
.
Il
socialista
liberale
non
ha
programmi
da
sospendere
,
dottrine
da
tenere
in
riserva
,
rivendicazioni
da
sottacere
,
perché
in
contrasto
con
la
impostazione
attuale
della
lotta
.
Pare
a
me
di
scorgere
una
mirabile
armonia
,
una
perfetta
rispondenza
tra
fini
e
mezzi
,
tra
pensiero
e
azione
,
tra
lotta
di
oggi
e
lotta
di
domani
.
E
mai
come
oggi
-
-
in
cui
ogni
parvenza
di
libertà
è
morta
in
Italia
-
-
io
sento
la
suprema
bellezza
di
una
lotta
che
si
svolge
intorno
ai
principi
primi
della
nostra
vita
e
della
nostra
fede
.
Si
leva
a
questo
punto
la
voce
del
«
praticone
»
,
del
vecchio
socialista
positivo
,
realista
,
ad
annunciarci
che
questi
son
tutti
bei
sogni
di
poeti
e
di
intellettuali
;
che
l
'
ideale
di
una
lotta
per
la
libertà
può
animare
contro
il
fascismo
solo
una
piccola
minoranza
di
aristocratici
;
che
la
massa
,
oppressa
dal
problema
del
vivere
e
abituata
a
guardare
al
sodo
,
all
'
utile
,
al
positivo
,
si
muoverà
solo
per
ragioni
economiche
;
che
se
le
sorti
della
battaglia
antifascista
potessero
dipendere
dall
'
azione
di
infime
minoranze
avremmo
forse
ragione
noi
;
ma
dipendono
invece
dalla
riscossa
della
massa
e
quindi
è
ai
bisogni
e
alla
psicologia
della
massa
che
è
necessario
riferirsi
;
che
dunque
occorre
dare
alla
opposizione
al
fascismo
un
fondamento
soprattutto
economico
,
dimostrando
che
in
tanto
si
reclama
la
libertà
in
quanto
solo
con
la
libertà
i
lavoratori
vedranno
migliorare
le
loro
condizioni
di
vita
e
rispettati
i
loro
diritti
fondamentali
.
In
questo
ragionamento
,
in
apparenza
suadente
,
si
cela
una
gravissima
debolezza
ed
una
contraddizione
.
Nessuno
evidentemente
nega
la
necessità
di
spiegare
in
termini
positivi
il
contenuto
e
le
conseguenze
della
lotta
per
la
libertà
,
apportatrice
di
maggiore
benessere
,
di
più
pane
e
di
più
companatico
.
Solo
attraverso
il
reale
si
arriva
all
'
ideale
,
ricordava
Jaurès
.
Quanto
più
premono
le
condizioni
sociali
e
ambientali
e
tanto
più
si
è
negati
ad
una
contemplazione
pura
dell
'
ideale
.
Ma
da
questo
elementare
riconoscimento
ad
arrivare
al
cliché
di
una
massa
sensibile
solo
agli
aspetti
materiali
dell
'
esistenza
,
ci
corre
;
giacché
nel
passaggio
si
perde
tutto
il
valore
ideale
,
tutto
l
'
aspetto
finalistico
della
lotta
per
la
libertà
.
Bisogna
spezzare
il
facile
ricatto
della
Massa
,
che
si
vorrebbe
elevare
al
rango
di
nuovo
Moloch
,
sacrificatore
della
nostra
migliore
umanità
;
tanto
più
che
esso
nasconde
,
assai
più
spesso
che
non
si
creda
,
un
comodo
alibi
per
la
propria
impotenza
spirituale
o
uno
stupido
orgoglio
.
Sono
proprio
i
presunti
avvocati
della
massa
,
che
vorrebbero
impartirci
lezioni
di
umiltà
,
a
peccare
per
aristocraticismo
.
Con
che
diritto
essi
affidano
ad
una
piccola
minoranza
-
-
alla
quale
beninteso
si
ascrivono
-
-
il
monopolio
di
tutti
i
sentimenti
disinteressati
?
Con
che
diritto
operano
questo
taglio
feroce
,
ponendo
da
un
lato
i
pochi
,
gli
eletti
;
e
dall
'
altro
i
molti
,
i
paria
dello
spirito
?
Non
capiscono
che
così
facendo
condannano
precisamente
il
diritto
della
massa
,
il
diritto
della
maggioranza
,
che
verrebbe
automaticamente
a
cedere
di
fronte
a
quello
degli
eletti
,
della
minoranza
,
appunto
perché
essa
minoranza
esprime
dei
valori
qualitativi
superiori
?
Il
giudizio
pessimistico
sulla
massa
è
un
giudizio
pessimistico
sull
'
uomo
,
dappoiché
la
massa
non
è
che
una
somma
di
concreti
individui
.
Quando
si
dichiara
la
massa
incapace
di
affermare
,
sia
pure
attraverso
rozze
e
primitive
intuizioni
,
il
valore
della
lotta
per
la
libertà
,
si
dichiara
l
'
uomo
chiuso
ad
ogni
istinto
che
non
sia
di
natura
strettamente
utilitaria
;
ma
si
taglia
contemporaneamente
alle
radici
ogni
sogno
di
palingenesi
e
di
redenzione
sociale
e
si
scuote
la
stessa
fede
negli
istituti
democratici
,
fede
che
è
fondata
sulla
tesi
di
una
fondamentale
identità
degli
uomini
e
su
un
ragionevole
ottimismo
nell
'
uomo
.
Oppongono
i
moderni
utilitari
che
è
solo
nella
misura
in
cui
si
riescono
ad
emancipare
gli
uomini
dalla
schiavitù
dei
bisogni
materiali
che
sorge
l
'
apprezzamento
per
i
valori
ideali
.
Ma
il
ragionamento
è
falso
e
pericoloso
assieme
.
Falso
,
perché
per
il
passato
,
quando
il
livello
medio
di
esistenza
era
infinitamente
inferiore
all
'
attuale
e
la
pressione
dell
'
ambiente
assai
superiore
,
si
ebbero
giganteschi
fenomeni
di
esaltazione
collettiva
per
cause
religiose
,
politiche
,
sociali
,
che
non
si
spiegano
assolutamente
col
solo
motivo
economico
.
Pericoloso
,
perché
ciò
equivarrebbe
a
riconoscere
che
la
borghesia
,
che
è
dotata
di
assai
maggiore
autonomia
economica
del
proletariato
,
dovrebbe
essere
assai
più
disposta
alla
professione
di
fedi
disinteressate
.
Il
che
,
è
quasi
ozioso
dirlo
,
urta
clamorosamente
con
la
verità
e
con
tutto
il
pensiero
socialista
.
In
verità
la
massa
non
è
vero
sia
negata
ad
ogni
appello
che
faccia
leva
su
motivi
non
strettamente
utilitari
.
Nella
vita
di
tutti
gli
uomini
,
anche
i
più
poveri
,
anche
i
più
abbrutiti
,
c
'
è
posto
per
momenti
di
riscatto
e
di
catarsi
.
Nell
'
ambito
familiare
questi
momenti
idealistici
tutti
li
riconoscono
:
è
assurdo
negarli
nella
sfera
sociale
.
La
storia
di
tutti
i
popoli
conosce
attimi
,
sia
pure
,
ma
di
sublime
bellezza
,
in
cui
folle
intere
si
apersero
ad
una
visione
elevata
e
disinteressata
.
Il
movimento
operaio
e
la
stessa
guerra
ce
ne
fornirono
degli
esempi
.
Perché
supporre
che
la
classe
lavoratrice
non
giunga
a
sentire
la
bellezza
di
una
lotta
per
la
libertà
,
di
una
lotta
che
implica
come
primo
sentimento
il
rispetto
di
sé
e
dei
propri
simili
?
Non
v
'
è
maggiore
schiavitù
di
coloro
che
,
raggiunta
la
consapevolezza
della
loro
condizione
servile
,
vi
si
rassegnano
.
Non
v
'
è
maggiore
impotenza
di
quella
di
coloro
che
,
intuito
il
valore
ideale
della
libertà
,
si
inducono
a
contaminarla
,
a
farne
una
rivendicazione
tutta
solo
prosaica
e
utilitaria
,
in
omaggio
a
una
pretesa
insensibilità
delle
masse
.
Se
davvero
le
masse
(
cioè
l
'
uomo
medio
)
fossero
così
negate
al
senso
del
valore
superiore
della
libertà
,
sarebbe
questa
la
migliore
ragione
per
reagirvi
con
una
opera
paziente
di
educazione
e
di
proselitismo
.
I
marxisti
invece
hanno
sempre
trovato
un
particolare
diletto
a
spengere
in
germe
i
motivi
idealistici
,
sprezzandoli
e
riconducendoli
sempre
alle
loro
pretese
origini
utilitarie
.
Ma
nella
posizione
dei
marxisti
di
fronte
al
problema
della
libertà
si
rivela
,
oltretutto
,
una
contraddizione
.
Sostengono
da
un
lato
che
la
massa
si
potrà
muovere
solo
per
interessi
materiali
;
mentre
dall
'
altro
le
chiedono
oggi
,
nella
concreta
situazione
italiana
,
di
rovesciare
violentemente
il
fascismo
.
Non
intendono
che
con
la
molla
dell
'
interesse
nessuno
sarà
indotto
ai
sacrifici
indispensabili
di
una
battaglia
rivoluzionaria
.
Non
basta
dimostrare
alle
masse
che
da
un
regime
di
libertà
ricaveranno
dei
vantaggi
;
bisogna
dimostrar
loro
che
i
sacrifici
di
prigione
,
di
esilio
,
di
sangue
saranno
compensati
nell
'
atto
stesso
in
cui
saranno
compiuti
anche
per
coloro
che
li
compiono
.
Il
che
è
manifestamente
assurdo
.
Una
lotta
rivoluzionaria
,
a
qualunque
fine
indirizzata
,
richiede
nella
massa
una
disposizione
altruistica
e
idealistica
,
la
capacità
di
esprimere
dal
suo
seno
una
minoranza
eroica
che
si
sacrifica
.
Ora
in
nome
di
che
si
sacrificherà
la
massa
se
davvero
non
può
muoversi
che
sul
piano
assegnatogli
dai
nostri
utilitari
?
Mistero
dei
misteri
.
È
doveroso
dirlo
,
i
socialisti
che
si
mantengono
ancora
legati
alla
concezione
formalistica
e
strumentale
della
lotta
per
la
libertà
,
sono
fatalmente
tagliati
fuori
dalla
battaglia
e
precipitano
al
compromesso
.
A
un
compromesso
che
potrebbe
magari
assicurare
l
'
apparenza
della
libertà
ma
ne
ucciderebbe
in
germe
la
sostanza
animatrice
.
Noi
intendiamo
dunque
chiamare
il
popolo
italiano
,
la
massa
,
a
una
lotta
rivoluzionaria
in
nome
del
principio
di
libertà
.
Questo
principio
di
libertà
non
esclude
,
anzi
include
,
rivendicazioni
di
carattere
più
positivo
e
ardite
riforme
sociali
;
la
lotta
per
il
pane
e
più
umane
condizioni
di
vita
si
identifica
per
tutte
le
classi
e
soprattutto
per
la
classe
operaia
,
con
la
lotta
per
la
libertà
;
ma
il
mito
animatore
della
rivoluzione
italiana
sarà
rappresentato
dal
principio
di
libertà
.
Coloro
che
ci
rimproverano
il
carattere
intransigente
dato
alla
lotta
ricordino
che
nella
vita
degli
individui
come
dei
popoli
vi
sono
ore
drammatiche
in
cui
il
cozzo
di
due
principi
e
di
due
mondi
morali
reciprocamente
escludentisi
vieta
ogni
posizione
di
compromesso
.
La
regola
pratica
del
liberalismo
,
la
regola
del
giusto
mezzo
,
cade
,
potendosi
essa
applicare
solo
laddove
regna
un
accordo
sui
fondamenti
essenziali
della
vita
sociale
.
Il
fascismo
per
primo
ha
spazzato
via
il
terreno
da
tutte
le
comode
e
quietistiche
posizioni
intermedie
,
irrigidendosi
in
una
settaria
e
categorica
proclamazione
di
principi
,
scavando
un
abisso
ideologico
e
pratico
tra
italiani
e
italiani
,
tra
Italia
fascista
ed
Europa
moderna
.
Il
fascismo
è
,
prima
e
soprattutto
,
antiliberalismo
:
impossibile
quindi
transigere
.
In
tutti
i
paesi
la
libertà
è
figlia
di
rivoluzione
.
L
'
Inghilterra
col
1648
,
la
Francia
col
1798
,
la
Germania
e
la
Russia
con
le
rivoluzioni
del
'17
e
del
'18
,
conquistarono
il
loro
definitivo
atto
di
emancipazione
.
Sembra
quasi
che
una
fatalità
storica
leghi
,
attraverso
i
secoli
,
la
emancipazione
dei
popoli
.
Se
il
popolo
d
'
Inghilterra
-
-
ebbe
a
dire
una
volta
Gladstone
-
-
avesse
obbedito
al
precetto
della
esclusione
della
violenza
e
del
mantenimento
dell
'
ordine
,
le
libertà
d
'
Inghilterra
non
sarebbero
mai
state
ottenute
.
Coloro
che
appartenendo
a
popoli
liberi
che
hanno
nel
sangue
da
molte
generazioni
la
religione
della
libertà
,
ci
invitano
al
compromesso
,
non
intendono
nulla
della
lotta
che
si
svolge
in
Italia
e
sono
,
inconsapevolmente
,
i
migliori
alleati
del
fascismo
.
Il
fascismo
non
teme
le
mezze
fedi
e
le
posizioni
di
transazione
imposte
dalla
sua
intransigenza
;
in
otto
anni
di
pratica
di
governo
ha
sempre
trionfato
di
tutti
i
tentativi
di
aggiramento
e
di
corruzione
.
Ciò
ch
'
esso
teme
sono
le
coscienze
rettilinee
e
la
fede
pura
nei
principi
;
ciò
ch
'
esso
ha
colpito
,
barbaramente
colpito
,
sono
gli
uomini
che
tutta
la
loro
vita
stoica
e
puritana
indicava
come
i
simboli
di
quest
'
opera
di
rigenerazione
.
È
senza
dubbio
molto
disturbante
avere
in
Europa
un
problema
così
tragico
come
quello
italiano
;
ma
è
inutile
illudersi
:
esso
sarà
eliminato
solo
quando
sarà
risolto
.
Esiste
ormai
in
Italia
o
fuori
d
'
Italia
una
generazione
di
uomini
che
hanno
scelto
il
loro
destino
e
per
nulla
al
mondo
rinunceranno
a
condurre
la
battaglia
sino
al
suo
logico
sbocco
.
Sono
essi
ormai
che
impongono
rotta
obbligata
alla
dittatura
e
imprigionano
il
fascismo
nella
logica
orribile
del
suo
sistema
repressivo
;
[
il
giorno
che
il
fascismo
concederà
loro
uno
spiraglio
,
essi
da
quello
spiraglio
faranno
passare
un
esercito
.
]
Nulla
questi
uomini
chiedono
agli
stranieri
,
all
'
infuori
di
quella
comprensione
e
solidarietà
morale
che
dovrebbero
sentirsi
come
dovere
nella
comunità
dei
popoli
liberi
.
CAPITOLO
VIII
PER
UN
NUOVO
SOCIALISMO
I
.
L
'
ideologia
.
Nel
precedente
capitolo
abbiamo
per
sommi
capi
delineata
quella
che
dovrebbe
essere
la
impostazione
della
battaglia
antifascista
da
parte
di
un
socialismo
penetrato
da
una
più
alta
esigenza
di
moralità
e
di
libertà
.
In
questo
cercheremo
di
stabilire
qualche
punto
di
orientamento
per
il
movimento
socialista
di
domani
.
La
questione
è
tutt
'
altro
che
bizantina
.
Il
domani
vaticinato
non
può
essere
lontano
e
giungerà
comunque
improvviso
;
e
la
storia
non
ammette
previsioni
e
dilazioni
.
Se
i
problemi
della
ripresa
socialista
non
verranno
sin
d
'
ora
virilmente
affrontati
,
il
movimento
socialista
correrà
il
rischio
,
come
dopo
la
guerra
,
di
restar
travolto
dal
ciclone
demagogico
improvvisatore
.
Ma
prima
ancora
di
scendere
all
'
esame
di
codesti
problemi
,
è
utile
chiedersi
quale
carattere
assumerà
questo
ritorno
alla
vita
del
socialismo
.
Ripresa
pura
e
semplice
nei
solchi
tradizionali
,
oppure
fresca
e
originale
rinascita
?
Coloro
che
la
vita
intera
spesero
sempre
nel
movimento
non
si
rendono
conto
della
gravità
della
crisi
che
stiamo
attraversando
e
si
illudono
che
nulla
di
sostanziale
sia
mutato
.
Consapevoli
della
profonda
penetrazione
operata
dal
socialismo
in
Italia
,
e
dei
vasti
residui
sentimentali
che
sono
nelle
masse
,
non
vedono
soluzione
di
continuità
.
Pare
a
loro
che
i
problemi
di
ieri
saranno
ancora
quelli
di
domani
,
che
la
continuità
,
assicurata
dalle
loro
persone
,
sarà
confermata
dalle
cose
...
A
questa
conclusione
sono
tratti
dalla
stessa
considerazione
del
fenomeno
fascista
-
-
che
definiscono
parentesi
irrazionale
dovuta
a
fattori
estrinseci
e
superficiali
-
-
e
una
vena
scettica
e
fatalistica
.
Ciò
che
è
avvenuto
,
essi
dicono
,
doveva
avvenire
.
Il
movimento
socialista
è
stato
quello
che
è
stato
non
per
volontà
di
uomini
,
ma
per
forza
di
cose
e
di
imperscrutabili
eventi
.
Le
«
cose
»
non
si
processano
.
Se
lungo
il
suo
glorioso
cammino
il
socialismo
ha
subito
questo
brusco
colpo
d
'
arresto
,
ciò
non
significa
che
lo
si
potesse
evitare
o
che
i
socialisti
ne
portino
colpa
.
È
l
'
alterna
vicenda
della
lotta
tra
proletariato
e
borghesia
.
Se
la
reazione
ha
vinto
non
è
per
gli
errori
commessi
dai
suoi
avversari
,
ma
per
gli
immensi
progressi
compiuti
e
consolidati
;
progressi
che
han
determinato
la
reazione
con
la
stessa
fatalità
con
cui
la
condensazione
atmosferica
determina
la
pioggia
.
Nulla
perciò
di
sostanziale
da
rivedere
Attendere
,
sperare
,
e
riprendere
coraggiosamente
il
cammino
a
via
di
nuovo
aperta
.
Il
fascismo
non
è
che
un
episodio
,
I
vinti
di
oggi
saranno
i
vittoriosi
di
domani
.
Non
così
la
pensa
la
nuova
generazione
.
I
giovani
non
amano
le
comode
autoassoluzioni
coi
ricorso
a
un
determinismo
a
posteriori
.
Essi
pretendono
un
virile
esame
delle
cause
della
sconfitta
,
un
serio
processo
di
revisione
e
di
autocritica
.
Credenti
nel
ruolo
della
volontà
umana
nella
storia
,
non
son
disposti
ad
attribuire
la
sconfitta
alla
inimicizia
degli
dei
o
al
ritmo
delle
forze
produttive
.
Essi
sentono
chiaramente
che
il
fascismo
è
ormai
una
esperienza
che
lascerà
il
suo
solco
nella
vita
italiana
;
non
può
trattarsi
alla
stregua
di
un
mero
accidente
o
di
una
semplice
parentesi
sospensiva
.
Combatterlo
non
significa
annullarlo
.
Anzi
,
tanto
meglio
lo
si
combatte
e
lo
si
supera
,
quanto
meglio
lo
si
è
compreso
.
Comprendere
è
superare
.
Il
fascismo
è
quasi
del
tutto
sfornito
di
valori
costruttivi
;
ma
ha
un
valore
di
esperienza
,
di
rivelazione
degli
italiani
agli
italiani
,
che
non
può
trascurarsi
.
Pur
non
risolvendoli
o
risolvendoli
male
,
il
fascismo
inoltre
ha
sollevato
problemi
che
non
si
possono
ignorare
.
Il
problema
dei
rapporti
tra
socialismo
e
nazione
,
il
problema
del
governo
in
regime
di
democrazia
,
il
problema
dell
'
autonomia
politica
,
si
porranno
,
a
fascismo
caduto
,
con
una
intensità
e
uno
stile
affatto
nuovi
.
Ma
più
ancora
che
l
'
esperienza
fascista
-
-
tremendamente
negativa
,
ma
pur
sempre
incisiva
-
-
il
deciso
rinnovamento
sarà
imposto
al
movimento
socialista
dall
'
esistenza
delle
nuove
generazioni
con
le
quali
sarà
necessario
prepararsi
a
fare
i
conti
.
Lo
stesso
prolungarsi
del
fenomeno
fascista
-
-
che
vieta
sotto
qualsiasi
forma
un
allacciamento
al
passato
-
-
e
le
fondamentali
esperienze
della
guerra
e
dopoguerra
,
hanno
creato
nei
giovani
una
mentalità
nuova
e
un
penoso
distacco
cogli
elementi
della
vecchia
generazione
.
Questo
distacco
è
di
tutti
i
tempi
e
di
tutti
i
luoghi
;
ma
la
guerra
lo
ha
reso
in
Europa
più
acuto
;
e
in
Italia
-
-
per
le
ragioni
accennate
nel
capitolo
sul
socialismo
italico
-
-
addirittura
drammatico
.
[
Per
chi
alla
guerra
partecipò
nel
fiore
degli
anni
,
o
nella
sua
arroventata
atmosfera
si
formò
,
la
guerra
è
il
tragico
punto
di
partenza
,
la
cresima
,
la
impronta
indelebile
.
Per
noi
,
innanzi
il
'14
,
non
v
'
è
storia
vissuta
,
ma
solo
storia
appresa
sui
libri
,
che
non
suscita
in
noi
echi
profondi
.
Per
i
nostri
vecchi
,
invece
-
-
tolto
qualche
raro
spirito
eternamente
giovane
-
-
il
fulcro
della
loro
vita
utilmente
vissuta
è
tutto
compreso
nel
venticinquennio
18901915
.
Dopo
vengono
le
tenebre
.
La
violenta
negazione
successiva
,
culminata
nel
fascismo
,
si
presenta
necessariamente
come
una
offesa
recata
al
meglio
di
loro
stessi
e
all
'
opera
tenace
e
paziente
in
cui
cercarono
di
estrinsecarsi
.
Il
domani
si
presenta
loro
non
come
lo
sboccare
fremente
verso
un
avvenire
ricolmo
di
azzardo
e
di
ignoto
,
ma
come
un
ritorno
,
dopo
tanto
deviare
,
alle
esperienze
della
loro
giovinezza
.
Il
loro
sguardo
accorato
si
volge
così
nostalgicamente
a
un
passato
che
non
può
tornare
e
che
è
fatalmente
muto
pei
giovani
.
La
rottura
è
stata
troppo
brusca
.
Il
cozzo
delle
mentalità
vieta
ogni
stretto
rapporto
.
Vecchi
e
giovani
socialisti
possono
amarsi
,
stimarsi
,
lavorare
assieme
;
ma
non
si
comprendono
più
.
È
fatale
che
non
si
comprendano
più
.
Parlano
due
lingue
diverse
.
In
questo
stato
d
'
animo
dei
giovani
c
'
è
probabilmente
anche
molta
ingiustizia
verso
la
vecchia
generazione
;
e
quando
verrà
il
tempo
di
fare
la
storia
,
la
correzione
si
imporrà
e
l
'
allacciamento
per
qualche
via
si
compierà
.
Ma
per
intanto
non
è
male
che
li
assista
questa
aspra
volontà
di
rinnovamento
e
di
purificazione
;
la
fede
-
-
fosse
pure
illusoria
-
-
di
fare
per
l
'
avvenire
meglio
di
quel
che
si
fece
per
il
passato
,
ricavando
dalla
dura
lezione
di
questi
anni
tutto
l
'
insegnamento
ch
'
essa
contiene
.
]
Definiamoci
dunque
in
funzione
d
'
avvenire
.
Il
problema
ideologico
.
Sul
problema
ideologico
abbiamo
già
detto
l
'
essenziale
nel
capitolo
sui
socialismo
liberale
,
perché
occorra
qui
ripetersi
.
Il
socialismo
europeo
si
avvia
decisamente
verso
una
concezione
e
una
pratica
laburista
liberale
e
verso
responsabilità
di
governo
.
In
Italia
seguirà
altrettanto
.
È
desiderabile
che
questo
movimento
sia
consapevole
,
cioè
preveduto
e
voluto
,
e
non
appaia
dettato
dalle
circostanze
;
e
si
accompagni
a
un
serio
sforzo
di
rinnovamento
ideologico
.
Il
marxismo
non
può
più
aspirare
a
conservare
il
ruolo
che
ebbe
per
il
passato
.
Se
continuasse
ad
esercitarlo
ciò
avverrebbe
per
pigrizia
e
insincerità
.
Nessuno
,
più
,
tra
i
capi
socialisti
,
aderisce
intimamente
al
marxismo
;
o
,
se
vi
aderisce
,
lo
fa
con
tali
riserve
e
distinzioni
da
togliergli
gran
parte
del
valore
pedagogico
e
normativo
.
Queste
cose
vanno
dette
,
alte
e
forti
,
senza
tema
di
provocare
disincantamenti
.
E
chi
non
si
sente
di
dirle
tolleri
in
buona
pace
che
altri
le
dica
,
senza
per
questo
espellerlo
dal
socialismo
.
Bisogna
farla
finita
coll
'
assurdo
timore
reverenziale
verso
tutto
ciò
che
si
riferisce
a
Marx
.
Dissociare
-
-
o
per
lo
meno
concedere
che
si
possa
dissociare
-
-
socialismo
e
marxismo
,
riconoscendo
nel
marxismo
una
delle
molteplici
e
transeunti
teorizzazioni
del
moto
socialista
;
di
un
moto
che
si
afferma
spontaneamente
e
indipendentemente
da
ogni
teoria
,
e
che
riposa
su
motivi
e
bisogni
elementari
dell
'
uomo
.
Tocco
un
punto
che
reputo
fondamentale
.
Si
parla
di
libertà
,
ci
si
batte
per
la
libertà
.
Ma
la
prima
libertà
che
occorre
instaurare
è
quella
all
'
interno
del
movimento
,
rompendo
le
incrostazioni
dogmatiche
e
i
grotteschi
monopoli
.
Il
moto
socialista
deve
avere
la
coerenza
di
applicare
prima
di
tutto
a
se
stesso
le
regole
ideali
che
lo
ispirano
nella
riforma
della
società
tutta
quanta
.
La
disciplina
è
propria
dell
'
azione
,
ma
guai
a
imporla
nel
dominio
delle
idee
e
delle
ideologie
.
La
pretesa
di
voler
imporre
,
attraverso
il
partito
,
un
abito
intellettuale
a
serie
,
è
quanto
di
più
mortificante
e
pericoloso
si
possa
immaginare
.
Ho
già
avuto
occasione
di
dire
quale
gelo
,
quale
paralisi
avesse
arrecato
al
partito
socialista
italiano
il
monopolio
marxista
.
Questo
monopolio
-
-
sì
,
d
'
accordo
,
sovente
più
formale
e
fraseologico
che
sostanziale
,
perché
i
più
restano
,
in
fatto
di
marxismo
,
al
di
là
del
bene
e
del
male
-
-
ha
bisogno
urgente
di
essere
spezzato
,
per
favorire
il
più
libero
estrinsecarsi
di
tutte
le
correnti
onde
si
è
alimentato
per
il
passato
il
gran
moto
di
emancipazione
sociale
.
Tra
i
socialisti
italiani
si
sono
andate
perpetuando
divisioni
e
incomprensioni
che
non
hanno
più
ragione
di
esistere
quando
l
'
adesione
ai
principi
marxistici
non
sia
più
considerata
come
testo
di
fede
,
e
quando
accanto
alla
concezione
tradizionale
del
socialismo
si
ammetta
la
vitalità
o
per
lo
meno
la
utilità
di
altre
correnti
particolarmente
sensibili
ai
problemi
morali
(
socialisti
mazziniani
,
etici
,
cristiani
)
,
o
ai
problemi
di
autonomia
e
di
forma
politica
(
repubblicani
,
autonomisti
)
,
o
ai
problemi
di
libertà
e
di
dignità
individuale
(
socialisti
liberali
e
non
pochi
sedicenti
socialisti
anarchici
)
,
ecc
.
ecc
.
Negli
ultimi
trent
'
anni
il
movimento
socialista
italiano
si
è
come
cristallizzato
e
ha
perduto
progressivamente
ogni
virtù
di
assorbimento
e
di
intera
ricomposizione
.
Esso
si
è
ritagliato
una
fetta
,
certo
cospicua
,
nel
panorama
sociale
italiano
;
ma
ha
finito
per
accontentarsi
di
lavorare
su
quella
,
rinunziando
implicitamente
ad
estendere
la
propria
influenza
e
a
rinnovarsi
;
e
ha
così
favorito
singolarmente
il
trionfo
di
altri
movimenti
,
come
tipicamente
quello
democratico
cristiano
,
o
ha
allontanato
da
sé
ogni
fervore
di
vita
culturale
.
Un
movimento
socialista
italiano
che
sapesse
imporsi
la
fatica
di
una
profonda
revisione
di
valori
,
son
certo
riuscirebbe
a
convogliare
seco
-
-
nonostante
le
diversità
di
origine
-
-
tutte
le
forze
giovani
che
aderiscono
e
ancor
più
aderiranno
,
in
una
Italia
libera
alfine
,
alla
causa
dei
lavoratori
;
e
a
determinare
nello
stesso
suo
seno
un
impetuoso
rigoglio
di
vita
e
di
discussioni
,
necessità
ineliminabile
dei
giovani
che
,
entrando
nel
mondo
delle
idee
,
hanno
il
dovere
di
fare
i
conti
coi
problemi
del
loro
tempo
.
Il
discorso
sulla
necessità
di
un
rinnovamento
ideologico
e
di
un
maggiore
liberalismo
all
'
interno
del
movimento
,
si
allarga
a
tutto
quanto
il
problema
della
cultura
.
I
socialisti
in
genere
,
e
quelli
italiani
in
particolare
,
sono
terribilmente
in
ritardo
in
fatto
di
cultura
;
in
ritardo
-
-
intendo
-
-
sulle
posizioni
in
cui
trovasi
il
meglio
della
nuova
generazione
.
Ciò
deriva
in
parte
dalla
pesantezza
dei
movimenti
di
massa
,
assai
conservatori
in
fatto
di
ideologia
e
di
cultura
;
ma
in
parte
,
in
somma
parte
-
-
almeno
in
Italia
-
-
dall
'
attaccamento
feticistico
alle
posizioni
del
materialismo
positivista
che
contrassegnava
la
élite
socialista
trent
'
anni
fa
.
Essa
ha
sempre
violentemente
combattuto
ogni
deviazione
dal
socialismo
ateo
,
materialista
,
positivista
;
e
ha
dispregiato
come
borghesi
tutte
le
correnti
giovanili
che
non
aderivano
allo
schema
abituale
.
Nel
suo
misoneismo
c
'
era
,
in
verità
,
oltre
a
una
notevole
incomprensione
,
una
discreta
dose
di
presunzione
.
Perché
essa
non
solo
non
aveva
innovato
,
al
tempo
della
sua
formazione
,
le
posizioni
culturali
della
borghesia
tutte
dominate
dai
pontefici
positivisti
;
ma
le
aveva
anzi
abbracciate
entusiasticamente
,
seguendo
a
molti
decenni
di
distanza
l
'
esempio
di
quelle
correnti
democratiche
borghesi
che
si
accingeva
a
soppiantare
in
sede
politica
.
Non
avrebbe
quindi
dovuto
meravigliarsi
che
le
nuove
couches
giovanili
socialiste
evolvessero
in
rapporto
ai
tempi
.
Ma
no
.
Si
trasportò
in
sede
culturale
lo
stesso
abito
dogmatico
che
si
portava
in
politica
,
e
si
pretese
d
'
esser
giunti
in
filosofia
a
verità
assolute
,
definitive
,
senza
possibilità
di
ritorni
e
di
contraddizioni
.
La
dialettica
,
tanto
celebrata
nel
moto
sociale
,
si
negò
nel
mondo
delle
idee
,
o
vi
si
rimbalzò
in
una
forma
meccanica
.
Il
socialista
doveva
essere
e
non
poteva
che
essere
,
positivista
!
L
'
idealismo
e
lo
spiritualismo
erano
degenerazioni
«
borghesi
»
!
Ebbene
,
bisogna
che
i
socialisti
,
vecchi
e
nuovi
,
si
convincano
che
alcune
posizioni
dello
spirito
umano
,
per
contraddittorie
che
siano
,
sono
insuperabili
,
eterne
come
il
pensiero
,
connaturate
alla
nostra
intelligenza
,
e
sfuggono
a
ogni
e
qualsiasi
rapporto
di
classe
.
Non
è
vero
che
il
socialismo
stia
in
una
relazione
necessaria
con
le
filosofie
materialistiche
e
positiviste
.
È
ridicolo
pensare
che
verrà
giorno
in
cui
gli
uomini
,
concordi
sui
massimi
problemi
della
vita
e
dell
'
essere
,
abbatteranno
religioni
e
metafisiche
per
vivere
solo
e
sempre
nel
regno
dell
'
esperienza
sensibile
.
Quel
giorno
,
che
per
fortuna
non
verrà
mai
,
sarebbe
un
gran
brutto
giorno
.
Da
che
mondo
è
mondo
,
questa
varietà
,
questo
alternarsi
,
questo
perenne
procedere
per
contraddizioni
e
per
sintesi
,
è
sempre
esistito
,
e
non
c
'
è
uomo
non
volgare
che
non
l
'
abbia
provato
in
se
medesimo
.
I
socialisti
troppo
audacemente
trasportano
in
sede
culturale
e
spirituale
la
terminologia
politica
e
le
divisioni
di
classe
.
Altro
frutto
del
determinismo
marxista
,
altro
grossolanissimo
errore
.
La
cultura
non
è
né
borghese
né
proletaria
;
solo
la
non
cultura
è
tale
,
o
taluni
aspetti
estrinseci
o
secondari
della
vita
culturale
.
Si
possono
avere
dei
riflessi
di
classe
sull
'
arte
,
ma
non
un
'
arte
di
classe
.
La
cultura
di
un
'
epoca
,
di
una
nazione
,
è
un
patrimonio
di
valori
che
trascende
il
fenomeno
economico
della
classe
,
per
affermarsi
come
universale
.
E
anche
per
quanto
si
attiene
a
quegli
aspetti
estrinseci
e
secondari
,
a
quei
riflessi
di
classe
nella
cultura
,
ai
socialisti
si
impone
molta
prudenza
.
Perché
,
è
doloroso
dirlo
,
in
fatto
di
attaccamento
alla
tradizione
,
al
costume
,
ai
gusti
,
alla
morale
corrente
,
il
proletario
medio
non
si
distingue
dal
borghese
medio
.
Il
proletariato
,
come
tale
,
si
è
dimostrato
sinora
incapace
di
dar
vita
a
seri
movimenti
rinnovatori
nella
sfera
della
cultura
;
esso
non
fa
che
seguire
,
a
distanza
di
una
o
due
generazioni
,
le
mode
letterarie
,
artistiche
,
filosofiche
della
borghesia
colta
.
Per
trovare
dei
movimenti
o
dei
tentativi
seriamente
emancipatori
nella
sfera
intellettuale
,
è
piuttosto
alle
avanguardie
di
provenienza
borghese
che
bisogna
rivolgersi
.
Di
provenienza
borghese
,
non
borghesi
esse
stesse
;
giacché
esse
,
meno
di
chiunque
altro
,
aderiscono
alla
mentalità
e
ai
pregiudizi
propri
della
borghesia
.
Tanto
è
vero
che
è
dal
loro
seno
che
proviene
quasi
tutta
la
élite
socialista
.
Il
lungo
discorso
comporta
una
precisa
conclusione
.
Questa
:
il
movimento
politico
socialista
deve
adottare
,
per
quanto
si
attiene
all
'
indirizzo
filosofico
e
culturale
,
un
principio
di
larga
intelligente
tolleranza
;
se
per
il
singolo
è
comprensibile
,
anzi
doveroso
,
ogni
sforzo
per
collegare
teoria
e
pratica
,
pensiero
e
azione
,
lo
stesso
proposito
,
riferito
al
movimento
nel
suo
complesso
,
è
un
fatale
errore
.
Guai
a
legare
un
moto
dallo
svolgimento
secolare
e
dalla
molteplicità
insopprimibile
dei
motivi
,
a
un
dato
credo
filosofico
.
Guai
a
voler
fissare
,
come
altra
volta
si
fece
,
una
filosofia
«
ufficiale
»
del
socialismo
.
Significa
o
far
sorgere
tanti
socialismi
quante
sono
le
correnti
o
,
ipotesi
più
verosimile
,
inceppare
,
inaridire
,
isolare
il
movimento
.
Significa
non
rendersi
conto
della
straordinaria
complessità
e
intensità
di
vita
del
mondo
moderno
,
dove
continuo
è
l
'
alternarsi
delle
posizioni
,
delle
scuole
,
dei
metodi
,
dove
rapidissimo
è
il
logoramento
di
credenze
ritenute
incontrovertibili
,
dove
neppure
si
concepiscono
posizioni
di
riposo
.
Significa
soprattutto
dimenticare
che
l
'
onda
del
pensiero
,
della
scuola
,
dei
gusti
culturali
è
assai
più
corta
e
frastagliata
dell
'
onda
del
moto
sociale
e
socialista
;
o
che
per
lo
meno
l
'
una
non
coincide
con
l
'
altra
.
Le
premesse
da
cui
scaturisce
il
moto
socialista
sono
così
elementari
ed
universali
da
non
implicare
nessuno
specifico
e
necessario
rapporto
con
questa
o
quella
filosofia
.
Una
vera
filosofia
,
appunto
perché
filosofia
,
potrà
sempre
giustificare
,
secondo
i
casi
,
e
la
conservazione
e
la
rivoluzione
e
la
restaurazione
.
Il
caso
di
Hegel
prova
per
tutti
.
La
impossibilità
,
oltre
che
l
'
errore
,
di
legare
il
grande
moto
socialista
a
un
determinato
indirizzo
teoretico
e
,
in
particolar
modo
,
all
'
indirizzo
marxista
,
si
rivela
chiaramente
attraverso
l
'
analisi
del
socialismo
contemporaneo
.
Esso
non
solo
si
va
emancipando
dalla
servitù
marxista
,
ma
,
col
crescere
in
estensione
e
profondità
,
si
viene
colorando
in
modo
diverso
nei
rispettivi
ambienti
nazionali
.
Anche
i
più
ciechi
credenti
nell
'
internazionalismo
assoluto
della
classe
proletaria
-
-
tipico
dei
bohémiens
e
dei
perseguitati
,
proprio
di
una
fase
romantica
iniziale
-
-
sono
costretti
a
riconoscere
le
sostanziali
differenze
tra
i
principali
movimenti
socialisti
del
mondo
.
Differenze
che
non
si
spiegano
davvero
col
diverso
grado
di
sviluppo
economico
dei
vari
paesi
-
-
secondo
vorrebbe
il
marxismo
-
-
ma
col
ricorso
a
complesse
serie
causali
,
la
cui
sintesi
trovasi
nella
fisionomia
delle
singole
collettività
nazionali
.
Di
tutti
i
grandi
movimenti
socialisti
,
solo
la
socialdemocrazia
austro
germanica
si
dichiara
ancora
formalmente
aderente
al
marxismo
,
nonostante
la
netta
correzione
in
senso
democratico
apportata
dalla
rivoluzione
del
1918
e
il
diffondersi
dell
'
eresia
nel
movimento
giovanile
.
La
tradizione
socialista
francese
-
-
romantica
,
umanistica
,
libertaria
-
-
è
sempre
rimasta
estranea
all
'
influenza
marxista
.
La
conciliazione
fallì
sempre
,
anche
nei
più
grandi
,
come
Jaurès
,
che
sol
nell
'
impeto
oratorio
riuscì
a
superare
il
dualismo
dei
motivi
.
Nei
socialisti
francesi
non
si
smarrirono
mai
il
culto
dell
'
individualità
,
la
fede
nella
libera
iniziativa
operaia
,
la
adesione
alla
realtà
nazionale
,
il
riconoscimento
dei
fattori
morali
,
il
rispetto
per
la
piccola
proprietà
rurale
e
artigiana
.
Proudhon
,
Sorel
,
Jaurès
,
e
non
Lafargue
e
non
Guesde
,
sono
i
legittimi
rappresentanti
della
mentalità
socialista
francese
.
Ancora
più
spiccata
la
originalità
del
socialismo
britannico
,
decisamente
antimarxista
,
antideologo
,
antilaico
,
insensibile
o
quasi
alle
lotte
di
tendenze
,
amante
,
per
la
mentalità
empirica
così
tipica
negli
inglesi
,
dei
problemi
concreti
.
Il
partito
laburista
-
-
geniale
sintesi
federativa
di
tutte
le
forze
che
si
battono
per
la
causa
della
giustizia
e
del
lavoro
-
-
pratica
la
lotta
di
classe
,
ma
si
è
sempre
rifiutato
di
elevarla
a
supremo
canone
tattico
.
Esso
mira
alla
riforma
graduale
e
pacifica
della
società
tutta
quanta
,
senza
tragiche
opposizioni
e
soluzioni
di
continuità
.
Non
intende
il
socialismo
britannico
e
il
fiasco
che
vi
hanno
incontrato
tutte
le
correnti
a
tipo
continentale
-
-
da
Rousseau
a
Lenin
-
-
chi
non
ponga
mente
,
oltre
all
'
insularità
,
al
cemento
religioso
che
lega
tutti
i
britanni
.
L
'
interesse
che
tutti
portano
ai
problemi
dello
spirito
favorisce
la
mutua
comprensione
e
tolleranza
,
e
delimita
strettamente
la
divisione
e
l
'
urto
di
classe
nella
sfera
materiale
,
ammortizzandola
.
La
Camera
dei
Comuni
vede
spezzarsi
i
partiti
e
ricomporsene
dei
nuovi
,
indipendenti
dal
criterio
economico
,
non
appena
debba
discutere
di
questioni
religiose
...
I
socialisti
italiani
-
-
parlo
specialmente
dei
leaders
politici
-
-
nel
loro
zelo
internazionalistico
e
nella
loro
pedissequa
accettazione
dei
canoni
marxistici
(
il
marxismo
ignora
le
frontiere
e
conosce
solo
la
classe
)
,
hanno
invece
troppo
spesso
forzate
le
caratteristiche
inconfondibili
dell
'
ambiente
e
della
storia
italiana
.
[
La
sia
pur
scarna
tradizione
socialista
italiana
(
Pisacane
,
Cafiero
,
Ferrari
,
Mazzini
)
fu
quasi
del
tutto
trascurata
.
Se
non
fosse
per
il
movimento
sindacale
e
cooperativo
che
viene
arricchendosi
,
specie
nelle
campagne
,
di
magnifiche
originali
esperienze
,
bisognerebbe
quasi
negare
al
socialismo
politico
italiano
ogni
seria
aderenza
alla
vita
italiana
.
]
Il
socialismo
italiano
dovrà
in
avvenire
preoccuparsi
assai
di
più
degli
specifici
problemi
nazionali
,
rompendo
l
'
assurdo
monopolio
patriottardo
dei
partiti
cosiddetti
nazionali
.
Nel
progressivo
specificarsi
e
individualizzarsi
dei
vari
movimenti
socialisti
europei
,
non
si
deve
scorgere
il
sintomo
del
fallimento
dell
'
ideale
universalistico
del
socialismo
.
Al
contrario
,
vi
si
deve
riconoscere
il
segno
del
trapasso
dall
'
astratto
al
reale
,
un
momento
fondamentale
e
ineliminabile
nel
cammino
ascensionale
delle
masse
,
le
quali
non
sono
in
grado
di
passare
di
colpo
dallo
spirito
di
categoria
e
di
campanile
,
alla
comprensione
piena
e
vissuta
di
una
solidarietà
mondiale
.
La
comunità
dei
popoli
postula
i
popoli
come
entità
a
sé
stanti
,
coi
loro
originali
motivi
di
sviluppo
:
solo
una
sintesi
organica
delle
varie
comunità
nazionali
porterà
un
giorno
alla
federazione
delle
nazioni
.
Tutto
il
resto
è
utopia
.
La
negazione
iniziale
dei
valori
nazionali
da
parte
dei
precursori
socialisti
fu
la
naturale
reazione
allo
stato
di
profonda
inferiorità
e
oppressione
fatta
alle
masse
.
Il
loro
internazionalismo
fu
soprattutto
polemico
e
non
costruttivo
.
La
classe
lavoratrice
,
accostumata
a
vedere
nello
Stato
lo
strumento
di
una
oppressione
di
classe
,
coinvolse
fatalmente
nella
condanna
e
nell
'
odio
anche
quella
patria
che
è
invece
espressione
simbolica
di
una
comunanza
innegabile
di
storia
e
di
destino
.
Oggi
che
le
masse
,
nei
paesi
più
progrediti
,
si
vedono
riconosciuta
piena
parità
di
diritti
politici
,
e
sono
venute
in
possesso
di
mezzi
potentissimi
per
permeare
di
sé
,
dei
propri
bisogni
materiali
e
ideali
,
lo
Stato
;
oggi
,
il
vieto
internazionalismo
che
nega
o
rinnega
la
patria
è
un
controsenso
,
un
errore
,
una
delle
tante
palle
di
piombo
che
il
feticcio
marxista
ha
appeso
al
piede
dei
partiti
socialisti
.
La
guerra
ha
dimostrato
di
quale
forza
il
mito
nazionale
sia
dotato
.
Popoli
nolenti
sono
stati
lanciati
contro
popoli
nolenti
in
una
guerra
atroce
durata
degli
anni
,
senza
che
nei
paesi
democraticamente
organizzati
si
sia
verificato
un
solo
serio
tentativo
di
ribellione
.
E
più
che
il
mito
vale
troppo
spesso
il
pregiudizio
nazionale
.
Basta
una
partita
di
football
o
uno
scontro
pugilistico
,
ahimè
,
per
dimostrare
quanto
può
sulle
masse
,
anche
le
più
disincantate
,
l
'
istinto
patriottardo
.
Esse
si
trovano
in
una
fase
ancora
primitiva
e
pericolosissima
di
patriottismo
che
le
rende
facili
prede
d
'
ogni
avventura
che
si
ammanti
del
falso
orpello
dell
'
onore
nazionale
et
similia
.
Se
i
socialisti
,
pur
di
combattere
queste
forme
primitive
o
degenerate
o
interessate
di
attaccamento
al
paese
,
si
ostineranno
a
ignorare
i
valori
più
alti
della
vita
nazionale
,
non
faranno
che
facilitare
il
giuoco
delle
altre
correnti
che
sullo
sfruttamento
del
mito
nazionale
basano
le
loro
fortune
.
II
.
La
pratica
.
Il
socialismo
italiano
ha
bisogno
-
-
che
dico
?
-
-
necessità
estrema
di
un
bagno
di
realismo
,
di
una
più
intima
presa
di
contatto
col
paese
,
rinunziando
alla
mediazione
per
troppi
lati
deformatrice
dello
schema
marxista
.
Indubbiamente
la
teoria
materialistica
della
storia
rese
inizialmente
preziosi
servigi
col
reagire
alle
considerazioni
troppo
formalistiche
e
unilaterali
del
processo
storico
;
ma
,
esaurito
il
suo
compito
critico
,
e
costretta
a
servire
troppo
pedissequamente
una
tesi
preconcetta
,
finì
per
condurre
a
sua
volta
ad
esagerazioni
funeste
.
Assai
più
spesso
che
non
si
creda
il
realismo
dei
marxisti
è
un
falso
realismo
.
Esso
inganna
sul
peso
delle
varie
forze
in
giuoco
,
sui
loro
rapporti
relativi
e
soprattutto
sullo
svolgimento
storico
cui
assegna
un
tema
e
uno
sbocco
fissi
.
Il
socialismo
marxista
ha
superato
l
'
utopismo
nel
fine
,
rinunciando
ai
piani
di
società
perfette
:
ma
lo
ha
trasportato
nello
svolgimento
.
Lo
svolgimento
deve
essere
sempre
necessariamente
verso
forme
di
economia
collettiva
,
attraverso
una
esasperazione
progressiva
dei
contrasti
di
classe
.
Variazioni
sostanziali
nel
programma
non
ne
contempla
,
o
,
se
si
verificano
,
tutto
lo
sforzo
è
diretto
a
svalutarle
riducendole
al
rango
d
'
eccezione
.
La
storia
è
un
gigantesco
dramma
a
tesi
,
a
ruoli
obbligati
.
L
'
attenzione
del
socialista
marxista
è
sempre
polarizzata
sui
problemi
del
capitalismo
industriale
.
Le
uniche
forme
veramente
legittime
di
produzione
sono
quelle
della
grande
industria
razionalizzata
e
della
grande
agricoltura
razionalizzata
.
L
'
unica
categoria
lavoratrice
all
'
altezza
dei
tempi
è
il
salariato
.
Popolo
e
salariato
sono
sinonimi
nel
pensiero
marxista
.
Le
altre
forme
di
produzione
e
le
altre
categorie
lavoratrici
sono
forme
e
categorie
anfibie
,
transitorie
,
retaggio
di
un
mondo
economico
destinato
a
scomparire
rapidamente
;
il
marxista
le
considera
già
sin
d
'
ora
come
acquisite
,
assorbite
dal
grande
capitalismo
e
dall
'
esercito
proletario
.
Solo
il
salariato
dell
'
industria
è
il
degno
milite
della
battaglia
socialista
,
perché
egli
solo
può
assurgere
a
una
perfetta
coscienza
di
classe
e
dei
suoi
compiti
rivoluzionari
.
Il
grado
del
progresso
è
fornito
dal
grado
di
proletarizzazione
.
Da
questa
visione
pregiudiziale
e
sommaria
della
evoluzione
economica
sorgono
gravi
inconvenienti
per
il
moto
socialista
,
specie
in
paesi
agrario
industriali
a
lenta
trasformazione
economica
,
come
tipicamente
l
'
Italia
.
Il
più
grave
è
l
'
incapacità
di
darsi
un
programma
costruttivo
in
questa
fase
cosiddetta
di
trapasso
,
che
pure
chiede
essa
pure
di
essere
vissuta
in
tutta
la
sua
pienezza
.
Quel
che
sorridendo
si
dice
dei
grandi
pensatori
negati
ai
piccoli
problemi
della
vita
d
'
ogni
giorno
,
si
può
ripetere
per
il
socialista
marxista
:
abituato
a
commerciare
con
le
«
categorie
economiche
»
,
i
«
modi
di
produzione
»
,
il
«
capitalismo
»
e
il
«
socialismo
»
non
riesce
più
a
comprendere
i
meschini
ma
pur
vitali
problemi
che
si
riferiscono
alla
piccola
industria
,
piccola
proprietà
agraria
,
mezzadria
,
artigianato
,
fittanza
.
È
un
nuovo
aspetto
del
suo
illiberalismo
,
questa
volta
diretto
non
più
contro
le
ideologie
ma
contro
le
cose
;
e
non
è
certo
l
'
ultima
causa
della
rapida
fortuna
che
riuscirono
ad
avere
in
Italia
altri
movimenti
politici
-
-
come
ad
esempio
il
cristiano
sociale
-
-
assai
meno
legati
a
formule
rigide
aprioristiche
.
Sombart
ha
posto
in
luce
l
'
errore
di
coloro
che
prevedono
nel
futuro
l
'
esclusivo
dominio
di
un
unico
sistema
economico
.
Tutta
l
'
esperienza
del
passato
e
la
natura
stessa
della
evoluzione
economica
vi
contrasta
.
Nel
corso
della
storia
il
numero
delle
forze
economiche
simultaneamente
viventi
è
andato
costantemente
aumentando
,
anche
se
si
è
modificata
la
posizione
rispettiva
.
Sombart
prevede
che
nell
'
avvenire
coesisteranno
,
accanto
a
economie
di
tipo
capitalistico
,
economie
cooperative
,
collettiviste
,
individuali
,
artigiane
,
e
la
piccola
proprietà
rurale
.
Egli
pensa
-
-
e
qui
si
può
discutere
-
-
che
il
capitalismo
dominerà
ancora
a
lungo
importanti
rami
della
vita
economica
,
specie
quelli
che
ancora
si
trovano
in
uno
stadio
di
rivoluzione
tecnica
,
e
quelli
che
sono
rivolti
alla
fabbricazione
di
prodotti
complicati
.
Ma
egli
per
primo
prevede
notevoli
modificazioni
.
È
probabile
che
il
capitalismo
debba
rinunciare
alla
sua
egemonia
,
sottomettendosi
sempre
più
a
limitazioni
e
interventi
da
parte
dei
pubblici
poteri
;
mentre
si
andranno
estendendo
le
forme
di
economia
regolata
,
nelle
quali
il
principio
del
soddisfacimento
del
bisogno
prevale
sul
principio
del
lucro
.
Queste
grandi
imprese
non
dominate
dai
capitalisti
si
affermeranno
soprattutto
là
dove
il
bisogno
è
stabilizzato
,
la
tecnica
della
fabbricazione
è
uscita
dallo
stadio
rivoluzionario
iniziale
,
e
quindi
la
vendita
e
la
produzione
si
aggirano
su
vie
ben
note
;
onde
sempre
più
superfluo
diviene
lo
spirito
d
'
iniziativa
.
Questa
concezione
così
variegata
della
vita
economica
del
prossimo
avvenire
,
è
assai
meno
brillante
di
quella
di
Marx
,
ma
è
assai
più
rispondente
alle
linee
su
cui
si
sviluppa
effettivamente
la
realtà
attuale
.
Si
potrà
discutere
sulla
rapidità
della
evoluzione
,
sul
peso
delle
forme
rispettive
,
e
sul
grado
dell
'
intervento
;
ma
non
sui
fenomeni
in
sé
.
I
socialisti
che
vogliono
incidere
sul
serio
la
realtà
del
loro
tempo
e
influire
su
questa
evoluzione
,
non
possono
continuare
a
isterilirsi
in
una
critica
a
priori
e
lineare
,
contrapponendo
alla
evoluzione
di
fatto
una
evoluzione
ideale
che
in
nessun
luogo
,
Russia
compresa
,
si
realizza
.
La
ignoranza
,
voluta
o
non
voluta
,
dei
fatti
può
ammettersi
ancora
per
coloro
che
credono
a
una
rivoluzione
prossima
di
tutto
intero
l
'
ordinamento
produttivo
:
non
per
coloro
che
hanno
una
visione
organica
dello
sviluppo
,
e
per
coloro
cui
spettano
ormai
responsabilità
positive
.
Questo
ragionamento
,
dicevamo
,
si
applica
particolarmente
all
'
Italia
.
Se
v
'
è
un
paese
in
cui
le
formule
facili
ed
univoche
si
spuntano
contro
la
insormontabile
varietà
dei
climi
,
delle
culture
,
delle
forme
e
delle
forze
economiche
,
questo
paese
è
l
'
Italia
,
madre
di
almeno
due
Italie
:
di
un
'
Italia
moderna
,
cittadina
,
industriale
,
e
di
un
'
Italia
antica
e
rurale
,
ancora
straniata
alla
civiltà
occidentale
,
dalle
masse
ancor
vergini
e
serve
,
che
vive
fuori
,
ostinatamente
fuori
da
quelle
condizioni
di
esistenza
che
sono
premessa
indispensabile
per
il
sorgere
e
l
'
affermarsi
di
un
solido
movimento
socialista
a
carattere
marxista
.
Anche
a
prescindere
da
ogni
intrinseca
valutazione
del
marxismo
,
è
indubbio
che
esso
si
presta
a
fornire
la
base
solo
a
un
movimento
politico
che
faccia
pernio
sulle
categorie
operaie
della
grande
e
media
industria
e
su
una
parte
del
bracciantato
rurale
.
Cioè
,
per
tornare
all
'
Italia
,
a
un
movimento
politico
che
per
lungo
tempo
ancora
interesserà
solo
una
frazione
,
una
minoranza
della
classe
lavoratrice
italiana
,
per
di
più
concentrata
in
un
terzo
del
territorio
.
Secondo
i
dati
del
censimento
del
'21
,
tuttora
valevoli
,
risulta
:
a
)
che
il
56
per
cento
della
popolazione
classificata
come
lavoratrice
,
era
addetta
all
'
agricoltura
,
e
solo
il
33
per
cento
all
'
industria
e
commercio
;
b
)
che
più
della
metà
degli
occupati
nell
'
agricoltura
costituiscono
l
'
esercito
imponente
dei
piccoli
proprietari
,
fittavoli
e
mezzadri
;
c
)
che
almeno
un
terzo
degli
occupati
nell
'
industria
e
commercio
sono
proprietari
,
conduttori
o
gerenti
-
-
proporzione
altissima
,
che
attesta
le
piccole
dimensioni
della
maggior
parte
delle
industrie
;
d
)
che
la
trasformazione
dell
'
Italia
da
paese
prevalentemente
agricolo
in
paese
agricolo
industriale
si
è
svolta
senza
sensibile
aumento
della
quota
della
popolazione
occupata
nell
'
industria
e
nei
commerci
(
227
/
000
nel
1882
,
219
/
000
nel
1901
,
200210
/
000
attualmente
)
.
Risulta
cioè
che
,
sulla
base
del
programma
e
della
tattica
marxista
,
non
si
conquista
una
maggioranza
in
Italia
.
O
rassegnarsi
allo
stato
di
minorità
per
un
numero
indefinito
di
anni
e
fors
'
anco
di
generazioni
,
o
invocare
la
dittatura
.
I
comunisti
italiani
,
attaccati
alla
lettera
del
marxismo
,
sono
logici
al
pari
dei
russi
nel
reclamare
la
dittatura
della
avanguardia
del
proletariato
e
la
fine
della
libertà
.
Dove
sono
meno
logici
è
quando
pretendono
di
dare
ad
intendere
che
la
loro
dittatura
risponda
all
'
interesse
di
tutta
la
classe
lavoratrice
.
Il
mito
socializzatore
e
il
fato
proletarizzatore
non
sorridono
infatti
a
due
terzi
dei
concreti
lavoratori
italiani
.
In
questi
settori
l
'
appello
comunista
,
e
anche
il
socialista
vieux
style
è
fatale
che
risuoni
a
vuoto
,
salvo
periodi
di
crisi
e
di
orgasmo
.
Soprattutto
in
materia
agraria
i
socialisti
marxisti
non
sono
mai
riusciti
ad
interpretare
le
aspirazioni
profonde
della
gran
massa
dei
contadini
italiani
.
Dominati
da
pregiudiziali
politiche
e
da
pregiudizi
economici
,
essi
finirono
per
infeudare
tutto
il
movimento
socialista
agli
interessi
delle
categorie
operaie
del
Nord
,
sollevando
le
proteste
vivacissime
dei
socialisti
meridionali
.
Ora
i
socialisti
italiani
debbono
decidersi
.
Vogliono
rimanere
in
eterno
i
rappresentanti
specifici
di
una
frazione
del
proletariato
italiano
,
attendendo
buddisticamente
che
l
'
evoluzione
economica
trasformi
l
'
Italia
in
una
Germania
o
in
una
Inghilterra
con
l'80
per
cento
di
salariati
industriali
?
Oppure
vogliono
mettersi
in
grado
sin
da
ora
,
con
un
programma
adeguato
e
realistico
,
di
cattivarsi
la
fiducia
di
tutti
,
o
per
lo
meno
di
una
grande
maggioranza
dei
concreti
lavoratori
italiani
,
onde
attuare
finalmente
loro
una
politica
decisamente
favorevole
agli
interessi
del
lavoro
,
della
pace
e
della
libertà
?
Se
essi
tengono
più
ai
programmi
che
ai
fatti
,
ai
fini
astratti
che
al
moto
,
alle
promesse
mitiche
che
alle
realizzazioni
,
non
hanno
che
da
proseguire
per
la
vecchia
strada
:
stiano
pur
certi
che
l
'
ora
delle
responsabilità
positive
di
governo
non
suonerà
mai
per
loro
,
o
,
almeno
,
per
il
loro
partito
.
Anche
se
saliranno
al
governo
sarà
più
per
compiervi
opera
negativa
che
costruttiva
,
più
per
controllare
e
prevenire
che
fare
;
e
,
senza
volerlo
,
finiranno
al
rimorchio
dei
gruppi
borghesi
progressisti
,
non
legati
da
formule
rigide
e
da
pregiudiziali
estemporanee
.
In
ogni
caso
essi
tradiranno
per
questa
via
la
loro
più
vera
missione
:
perché
il
movimento
socialista
deve
,
per
definizione
,
investirsi
degli
interessi
e
dei
problemi
della
intera
classe
lavoratrice
e
non
di
una
frazione
,
grande
o
piccola
che
sia
.
Se
viceversa
sentono
che
anch
'
essi
non
potranno
sottrarsi
nel
vicino
domani
a
quella
che
è
ormai
una
necessità
per
tutti
i
partiti
socialisti
del
mondo
-
-
vale
a
dire
la
responsabilità
del
potere
-
-
si
preparino
sin
d
'
ora
ad
una
profonda
revisione
del
loro
programma
,
della
loro
tattica
,
della
struttura
stessa
del
movimento
,
in
guisa
da
crearsi
la
possibilità
di
conquistare
una
salda
maggioranza
.
Col
dir
ciò
non
si
chiede
ai
socialisti
di
rinunziare
ai
loro
ideali
,
di
gettare
tra
i
ferrivecchi
della
propaganda
il
sogno
di
una
società
regolata
su
un
principio
di
giustizia
e
di
libertà
.
Tutt
'
altro
.
Si
chiede
anzi
di
non
compromettere
la
possibilità
di
reali
progressi
in
quel
senso
con
l
'
attaccamento
morboso
a
formule
,
a
programmi
,
a
metodi
superati
;
si
chiede
di
non
trasformare
i
mezzi
tecnici
,
strumentali
,
in
fini
,
ovvero
di
usare
mezzi
sempre
adeguati
ai
fini
parziali
che
ci
si
propone
di
raggiungere
;
si
chiede
insomma
di
mettersi
al
passo
con
la
realtà
economica
e
psicologica
del
loro
paese
,
di
non
baloccarsi
coi
sogni
delle
apocalittiche
trasformazioni
e
di
non
contare
su
improvvise
quanto
inconcepibili
conversioni
di
masse
.
Sostituire
al
vecchio
programma
marxista
un
programma
anche
dal
lato
finalistico
più
ampio
,
meno
storicamente
e
socialmente
condizionato
,
che
facendo
appello
a
motivi
e
ideali
universali
sia
capace
di
avvincere
non
questa
o
quella
frazione
di
lavoratori
,
ma
tutti
indistintamente
i
lavoratori
italiani
.
Al
mutamento
del
programma
dovrà
corrispondere
un
mutamento
nelle
forme
organizzative
.
L
'
antico
dualismo
tra
partito
e
movimento
operaio
non
potrà
prolungarsi
.
Quanto
più
si
porranno
al
primo
piano
i
problemi
del
moto
,
e
tanto
più
dovrà
farsi
sentire
il
peso
anche
politico
delle
organizzazioni
operaie
.
La
democrazia
operaia
vive
nei
sindacati
,
non
nel
partito
:
il
partito
tende
sempre
in
una
certa
misura
alla
dittatura
in
nome
di
una
ideologia
e
di
fini
lontani
che
si
vogliono
imporre
non
per
la
loro
concordanza
col
sentimento
dei
più
,
ma
per
la
loro
presunta
bontà
intrinseca
.
Io
sono
esplicitamente
favorevole
ad
una
riorganizzazione
del
movimento
socialista
su
basi
affini
a
quelle
del
partito
del
lavoro
britannico
:
far
centro
cioè
sul
moto
operaio
,
tendente
per
legge
fisiologica
all
'
unità
ed
efficacissimo
smorzatore
degli
urti
interni
,
specie
se
di
origine
ideologica
;
e
accompagnar
quello
con
una
costellazione
di
gruppi
politici
,
di
associazioni
culturali
,
di
organismi
cooperativi
,
mutualistici
,
ecc
.
Concepire
cioè
il
partito
di
domani
con
uno
spirito
ben
più
largo
e
generoso
di
quel
che
ieri
non
fosse
,
come
sintesi
federativa
di
tutte
le
forze
che
si
battono
per
la
causa
del
lavoro
sulla
base
di
un
programma
costruttivo
di
lavoro
.
Esso
dovrebbe
aver
riguardo
soprattutto
ai
compiti
immediati
,
ai
fini
conseguibili
in
uno
spazio
ragionevolmente
breve
di
anni
.
Un
solo
punto
dovrebbe
restar
fermo
:
e
cioè
accettazione
nel
fatto
(
sui
libri
si
sbizzarriscano
pure
i
filosofi
della
storia
)
del
metodo
liberale
di
lotta
politica
.
Qui
non
saprebbero
ammettersi
equivoci
o
contraddizioni
.
Non
si
può
organizzare
la
rivoluzione
e
pretendere
contemporaneamente
dagli
avversari
che
si
rassegnino
a
una
graduale
penetrazione
dello
Stato
sino
alla
pacifica
conquista
del
potere
.
Una
riorganizzazione
del
movimento
socialista
italiano
sulle
linee
più
sopra
accennate
-
-
riorganizzazione
che
vive
già
in
potenza
nella
alleanza
delle
sinistre
italiane
nella
lotta
per
la
libertà
e
la
repubblica
del
lavoro
-
-
contribuirebbe
immensamente
a
risolvere
quello
che
sarà
il
più
delicato
problema
del
domani
postfascista
:
assicurare
un
saldo
governo
all
'
Italia
.
Non
c
'
è
dubbio
che
una
delle
cause
del
trionfo
fascista
fu
dovuta
alla
degenerazione
della
vita
parlamentare
,
alla
impossibilità
di
raggruppare
attorno
a
un
programma
costruttivo
un
nucleo
omogeneo
di
forze
.
I
socialisti
,
che
saranno
inevitabilmente
al
centro
del
governo
di
domani
,
dovranno
mettersi
in
grado
di
valorizzare
con
un
programma
realista
e
una
organizzazione
elastica
i
vasti
consensi
che
certamente
avranno
in
larghi
strati
della
popolazione
.
Dico
di
più
:
il
passaggio
alle
responsabilità
di
governo
imporrà
ai
socialisti
di
attenuare
il
troppo
rigido
concetto
di
classe
,
incompatibile
con
un
normale
funzionamento
delle
istituzioni
democratiche
.
I
partiti
,
quando
salgono
al
potere
,
non
debbono
governare
per
sé
,
ma
per
tutti
,
acquistando
un
valore
di
universalità
.
Sulla
base
di
un
programma
di
classe
il
socialismo
in
Italia
né
avrà
una
maggioranza
,
né
avrà
il
potere
.
Esso
dovrà
prepararsi
a
dilatare
il
suo
fronte
a
tutta
quanta
la
classe
lavoratrice
,
e
a
governare
in
nome
di
un
valore
-
-
il
lavoro
-
-
[
che
a
buon
diritto
può
dirsi
interessi
tutti
gli
uomini
,
poi
che
tutti
gli
uomini
,
o
quasi
,
concorrono
,
in
un
modo
o
nell
'
altro
,
all
'
opera
della
produzione
.
Anche
da
questo
punto
di
vista
sarebbe
augurabile
il
sorgere
di
una
nuova
formazione
politica
.
Non
essendo
più
legata
formalmente
al
passato
,
essa
sarebbe
assai
più
sciolta
da
ogni
obbligo
di
coerenza
coi
programmi
e
metodi
antichi
,
e
potrebbe
più
liberamente
elaborare
,
sulla
base
delle
straordinarie
esperienze
del
quindicennio
,
un
programma
rinnovatore
.
]
APPENDICE
I
MIEI
CONTI
COL
MARXISMO
Li
vado
facendo
da
parecchi
anni
sotto
la
scorta
di
molti
nemici
e
carabinieri
dottrinali
,
in
compagnia
di
pochi
eretici
amici
.
Voglio
renderne
conto
qui
prima
di
tutti
a
me
stesso
,
poi
a
quei
miei
compagni
di
destino
che
non
credono
terminate
alle
Alpi
le
frontiere
del
mondo
.
Sarò
chiaro
,
semplice
,
sincero
e
,
poi
che
i
libri
mi
mancano
,
procederò
per
chiaroscuri
senza
i
famosi
«
abiti
professionali
»
e
i
non
meno
famosi
«
sussidi
di
note
»
.
Intanto
,
chi
sono
.
Sono
un
socialista
.
Un
socialista
che
,
malgrado
sia
stato
dichiarato
morto
da
un
pezzo
,
sente
ancora
il
sangue
circolar
nelle
arterie
e
affluire
al
cervello
.
Un
socialista
che
non
si
liquida
né
con
la
critica
dei
vecchi
programmi
,
né
col
ricordo
della
sconfitta
,
né
col
richiamo
alle
responsabilità
del
passato
,
né
con
le
polemiche
sulla
guerra
combattuta
.
Un
socialista
giovane
,
di
una
marca
nuova
e
pericolosa
,
che
ha
studiato
,
sofferto
,
meditato
e
qualcosa
capito
della
storia
italiana
lontana
e
vicina
.
E
precisamente
ha
capito
:
Che
il
socialismo
è
in
primo
luogo
rivoluzione
morale
,
e
in
secondo
luogo
trasformazione
materiale
.
Che
,
come
tale
,
si
attua
sin
da
oggi
nelle
coscienze
dei
migliori
,
senza
bisogno
di
aspettare
il
sole
dell
'
avvenire
.
Che
tra
socialismo
e
marxismo
non
v
'
è
parentela
necessaria
.
Che
anzi
,
ai
giorni
nostri
,
la
filosofia
marxista
minaccia
di
compromettere
la
marcia
socialista
.
Che
socialismo
senza
democrazia
è
come
volere
la
botte
piena
(
uomini
,
non
servi
;
coscienze
,
non
numeri
;
produttori
,
non
prodotti
)
e
la
moglie
ubriaca
(
dittatura
)
.
Che
il
socialismo
,
in
quanto
alfiere
dinamico
della
classe
più
numerosa
,
misera
,
oppressa
,
è
l
'
erede
del
liberalismo
.
Che
la
libertà
,
presupposto
della
vita
morale
così
del
singolo
come
delle
collettività
,
è
il
più
efficace
mezzo
e
l
'
ultimo
fine
del
socialismo
.
Che
la
socializzazione
è
un
mezzo
,
sia
pure
importantissimo
.
Che
lo
spauracchio
della
rivoluzione
sociale
violenta
spaventa
ormai
solo
i
passerotti
e
gli
esercenti
,
e
mena
acqua
al
mulino
reazionario
.
Che
il
socialismo
non
si
decreta
dall
'
alto
,
ma
si
costruisce
tutti
i
giorni
dal
basso
,
nelle
coscienze
,
nei
sindacati
,
nella
cultura
.
Che
ha
bisogno
di
idee
poche
e
chiare
,
di
gente
nuova
,
di
amore
ai
problemi
concreti
.
Che
il
nuovo
movimento
socialista
italiano
non
dovrà
esser
frutto
di
appiccicature
di
partiti
e
partitelli
ormai
sepolti
,
ma
organismo
nuovo
dai
piedi
al
capo
,
sintesi
federativa
di
tutte
le
forze
che
si
battono
per
la
causa
della
libertà
e
del
lavoro
.
Che
è
assurdo
imporre
a
così
gigantesco
moto
di
masse
una
unica
filosofia
,
un
unico
schema
,
una
sola
divisa
intellettuale
.
Il
primo
liberalismo
ha
da
attuarsi
all
'
interno
.
Le
tesi
sono
tredici
.
Il
tredici
porta
fortuna
.
Chi
vivrà
vedrà
.