Saggistica ,
Prefazione
L
'
origine
di
questo
saggio
è
una
conferenza
tenuta
nel
marzo
del
1972
per
invito
dell
'
Associazione
culturale
italiana
di
Torino
.
Il
testo
fu
pubblicato
,
in
parte
,
nel
fascicolo
del
31
marzo
1972
dell
'
"
Astrolabio
"
e
,
integralmente
,
nel
fascicolo
XXXI
dell
'
Associazione
culturale
italiana
(
giugno
1972
)
;
una
versione
rielaborata
apparve
nei
"
Quaderni
di
sociologia
"
(
dicembre
1972
)
;
ampi
estratti
sono
stati
poi
inclusi
nell
'
antologia
curata
da
Paolo
Farneti
,
Il
sistema
politico
italiano
(
Il
Mulino
,
Bologna
,
1973
)
.
Il
tema
prescelto
per
la
conferenza
si
ricollegava
a
riflessioni
che
andavo
facendo
da
qualche
tempo
sulla
situazione
economico
-
sociale
del
nostro
paese
e
sul
nuovamente
insorgente
pericolo
fascista
.
In
modo
particolare
intendevo
richiamare
l
'
attenzione
dei
sociologi
,
degli
studiosi
di
scienze
politiche
e
degli
stessi
uomini
politici
sulla
necessità
di
dare
il
giusto
peso
,
nel
predisporre
i
loro
studi
e
le
loro
azioni
,
ai
dati
quantitativi
della
struttura
sociale
italiana
.
A
quanto
pare
,
esisteva
il
bisogno
di
un
'
indagine
di
questo
tipo
,
poiché
prima
l
'
articolo
apparso
sull
'
"
Astrolabio
"
e
,
in
seguito
,
il
saggio
apparso
sui
"
Quaderni
di
sociologia
"
sono
stati
oggetto
di
numerosi
dibattiti
.
Vi
sono
state
critiche
;
e
di
queste
,
nella
misura
in
cui
mi
hanno
convinto
,
ho
cercato
di
tener
conto
nella
nuova
versione
del
mio
lavoro
,
che
costituisce
appunto
questo
libro
.
Non
entrerò
nel
merito
delle
critiche
che
non
mi
convincono
,
eccetto
che
in
un
caso
:
mi
riferisco
alla
critica
proveniente
da
alcuni
intellettuali
di
sinistra
secondo
la
quale
io
avrei
indebitamente
incluso
fra
le
classi
medie
alcuni
strati
,
come
lo
strato
dei
contadini
poveri
,
che
a
tutti
gli
effetti
vanno
assimilati
al
proletariato
;
più
in
generale
,
io
avrei
sottovalutato
il
processo
di
proletarizzazione
,
che
investe
oramai
la
maggior
parte
dei
lavoratori
dipendenti
,
inclusi
gli
impiegati
pubblici
e
privati
.
Ora
,
non
c
'
è
dubbio
che
qualsiasi
classificazione
,
e
quindi
anche
quella
qui
proposta
,
è
fondata
su
criteri
,
in
misura
non
piccola
,
arbitrari
:
ho
presentato
le
stime
delle
sottoclassi
e
delle
singole
categorie
proprio
per
aiutare
quei
lettori
a
ricomporre
il
quadro
in
rapporto
ai
loro
fini
.
Tuttavia
,
debbo
avvertire
che
io
sono
radicalmente
contrario
ad
una
concezione
di
tipo
pirandelliano
(
così
è
se
vi
pare
)
.
L
'
arbitrio
delle
definizioni
e
delle
classificazioni
è
inevitabile
,
ma
solo
entro
limiti
;
e
le
definizioni
,
come
le
classificazioni
,
non
avvengono
nel
vuoto
,
ma
acquistano
significato
in
un
contesto
ben
definito
.
Così
,
avevo
incluso
fra
le
"
classi
medie
"
tutti
i
coltivatori
diretti
compresi
i
contadini
poveri
tenendo
conto
,
più
che
delle
loro
condizioni
economiche
,
del
loro
tipo
di
cultura
e
dell
'
attaccamento
a
certi
valori
tradizionali
e
patriarcali
;
ma
avevo
già
avvertito
che
queste
persone
si
trovano
in
condizioni
simili
(
spesso
anche
peggiori
)
di
quelle
dei
salariati
dell
'
industria
,
cosicché
i
loro
interessi
possono
convergere
con
quelli
della
classe
operaia
;
e
si
può
operare
politicamente
in
questa
direzione
.
Tuttavia
,
se
si
fa
riferimento
ad
un
paese
come
l
'
Italia
e
si
vuole
studiare
la
situazione
sociale
così
com
'
è
e
non
come
si
vorrebbe
che
fosse
o
come
forse
sarà
,
conviene
includere
anche
i
contadini
poveri
fra
le
così
dette
classi
medie
.
Viceversa
,
in
paesi
economicamente
arretrati
,
dove
masse
di
contadini
e
di
salariati
agricoli
vivono
al
limite
della
sussistenza
biologica
e
dove
,
man
mano
che
si
fa
strada
la
coscienza
della
loro
condizione
,
la
domanda
di
una
riforma
agraria
radicale
o
addirittura
rivoluzionaria
sommerge
qualsiasi
tradizionalismo
,
una
tale
procedura
non
sarebbe
corretta
;
ed
in
effetti
,
nel
testo
,
per
i
paesi
relativamente
arretrati
,
ho
proposto
una
diversa
suddivisione
delle
classi
,
in
cui
si
mette
nel
dovuto
rilievo
la
posizione
dei
diversi
strati
sociali
e
delle
diverse
classi
nell
'
ambito
dell
'
agricoltura
(
parte
I
,
cap
.
8
)
.
In
ogni
modo
,
è
certo
importante
approfondire
l
'
analisi
critica
della
struttura
sociale
nell
'
agricoltura
del
nostro
paese
.
Ed
è
importante
definire
accuratamente
e
tentare
di
valutare
,
da
un
lato
,
il
fenomeno
della
proletarizzazione
di
certi
strati
di
ceti
medi
e
,
dall
'
altro
,
il
fenomeno
dell
'
imborghesimento
di
certi
strati
di
operai
.
Ma
la
tesi
secondo
cui
il
processo
di
proletarizzazíone
coinciderebbe
col
processo
di
espansione
dei
lavoratori
dipendenti
,
di
modo
che
esso
investirebbe
oramai
la
massima
parte
dei
lavoratori
,
è
una
tesi
falsa
sul
piano
dell
'
analisi
e
pericolosa
anche
da
un
punto
di
vista
politico
di
sinistra
.
Sostenere
che
gl
'
impiegati
di
aziende
municipalizzate
,
o
delle
aziende
di
credito
,
o
di
enti
locali
,
che
hanno
oggi
(
1974
)
uno
stipendio
medio
che
si
aggira
su
quattrocento
mila
lire
mensili
(
con
punte
di
2-3
milioni
)
stanno
nella
stessa
barca
in
cui
navigano
gli
operai
metalmeccanici
,
che
oggi
hanno
una
retribuzione
media
nettamente
inferiore
alla
metà
e
svolgono
un
lavoro
duro
,
alienante
e
soggetto
a
gravi
rischi
d
'
infortuni
,
non
significa
affatto
compiere
una
coraggiosa
opera
di
critica
e
di
denuncia
,
ma
significa
oscurare
l
'
essenza
del
principale
problema
politico
contemporaneo
di
paesi
come
il
nostro
,
che
è
il
problema
dei
rapporti
fra
classe
operaia
e
ceti
medi
.
Anzi
,
tesi
di
questo
genere
sono
esse
stesse
una
delle
espressioni
dell
'
ideologia
piccolo
-
borghese
,
che
tende
a
minimizzare
le
differenze
(
spesso
enormi
)
fra
operai
e
ceti
medi
.
Nel
suo
importante
libro
La
giungla
retributiva
(
Il
Mulino
,
Bologna
,
1972
)
Ermanno
Corrieri
denuncia
questa
mistificazione
in
termini
così
efficaci
,
che
non
mi
resta
che
riportarli
:
"
Oggi
(...)
questa
ideologia
[
di
ceti
medi
]
assume
caratteri
ancor
più
sottili
e
insidiosi
,
in
quanto
spesso
si
ammanta
di
tutto
un
complesso
di
argomentazioni
"
di
sinistra
"
.
Si
afferma
che
è
in
atto
un
processo
di
proletarizzazione
dei
ceti
medi
,
che
la
loro
condizione
va
assimilandosi
sempre
più
a
quella
degli
operai
e
dei
contadini
.
Si
aggiunge
che
l
'
area
dello
sfruttamento
capitalistico
si
va
estendendo
a
nuovi
gruppi
sociali
:
ai
tecnici
,
agli
intellettuali
,
agli
artigiani
,
ai
commercianti
,
ai
piccoli
industriali
.
Quindi
il
nemico
da
combattere
è
uno
solo
:
il
grande
capitale
monopolistico
;
e
sull
'
altare
di
questa
battaglia
,
non
hanno
importanza
le
altre
diseguaglianze
;
anzi
il
soffermarsi
su
di
esse
indebolisce
la
necessaria
alleanza
della
classe
operaia
e
contadina
con
i
ceti
medi
,
contro
i
"
padroni
"
.
Si
teorizza
la
figura
dell
'
intellettuale
spogliato
di
ogni
funzione
libera
e
autonoma
e
trasformato
in
strumento
di
trasmissione
della
cultura
borghese
e
di
conservazione
del
sistema
capitalistico
:
come
tale
,
anch
'
egli
,
al
pari
dell
'
operaio
e
del
contadino
,
è
espropriato
di
qualcosa
e
quindi
è
uno
sfruttato
.
Ora
,
è
evidente
che
queste
tesi
,
di
per
sé
,
non
sono
prive
di
fondamento
.
Ma
la
mistificazione
consiste
nel
passare
da
un
discorso
di
sfruttamento
e
di
subordinazione
"
politica
"
ad
un
discorso
di
disagio
e
di
inferiorità
economico
-
sociale
che
sarebbe
comune
ai
ceti
intellettuali
e
alla
classe
operaia
e
contadina
.
In
forza
di
questo
passaggio
,
gli
intellettuali
"
di
sinistra
"
e
i
loro
sindacati
,
se
a
parole
sono
pronti
a
riconoscere
la
legittimità
delle
rivendicazioni
operaie
e
contadine
,
di
fatto
,
più
che
schierarsi
e
lottare
al
loro
fianco
,
si
sentono
in
diritto
di
chiedere
la
loro
solidarietà
a
favore
delle
proprie
lotte
,
anche
se
queste
,
spesso
hanno
per
obiettivo
la
conservazione
e
il
consolidamento
di
condizioni
economiche
avvantaggiate
e
,
di
conseguenza
,
il
mantenimento
delle
distanze
rispetto
agli
operai
e
ai
contadini
.
Il
fatto
è
che
la
matrice
culturale
e
la
collocazione
sociale
influenzano
inconsapevolmente
e
pesantemente
anche
chi
è
impegnato
,
da
posizioni
di
sinistra
,
in
un
sincero
sforzo
di
trasformazione
della
società
.
E
gli
interessi
costituiscono
una
molla
potente
che
spinge
tutti
ad
elaborare
ideologie
di
giustificazione
e
di
sostegno
delle
proprie
esigenze
.
E
così
uomini
di
sinistra
si
associano
alle
rivendicazioni
retributive
delle
categorie
impiegatizio
-
intellettuali
(
o
magari
alle
lotte
per
il
salario
a
tutti
gli
studenti
)
,
nella
convinzione
di
operare
di
conserva
con
gli
operai
e
i
contadini
contro
il
"
sistema
"
,
ma
senza
considerare
che
queste
rivendicazioni
finiscono
per
essere
finanziate
con
un
ulteriore
prelievo
sul
risultato
dell
'
attività
produttiva
e
quindi
per
esser
pagate
dai
lavoratori
impegnati
in
tale
attività
"
.
Mi
è
stata
attribuita
l
'
idea
secondo
cui
la
"
classe
media
"
consisterebbe
in
un
coacervo
di
ceti
e
di
gruppi
sociali
essenzialmente
corrotti
e
retrivi
,
così
che
nel
nostro
paese
le
prospettive
non
solo
della
vita
sociale
ma
della
stessa
vita
politica
sarebbero
catastrofiche
.
Una
tale
interpretazione
è
ingiustificata
.
Sebbene
io
faccia
più
volte
riferimento
agli
individui
famelici
,
servili
e
culturalmente
rozzi
,
che
sono
molto
numerosi
fra
i
ceti
medi
,
avverto
altrettanto
spesso
che
esistono
strati
civilmente
robusti
e
capaci
di
operare
come
forze
di
progresso
;
si
tratta
di
strati
esili
,
è
vero
,
ma
non
trascurabili
e
suscettibili
di
espansione
.
Anzi
,
ritengo
che
il
problema
politico
centrale
nel
nostro
paese
(
e
non
solo
nel
nostro
paese
)
consista
oggi
i
nel
fatto
che
la
classe
operaia
,
pur
essendo
sempre
una
classe
subalterna
,
lo
è
in
misura
decrescente
e
,
nel
suo
complesso
,
si
trova
economicamente
e
politicamente
in
ascesa
.
Ora
,
di
fronte
a
questo
processo
i
ceti
medi
reagiscono
in
modi
profondamente
contrastanti
:
alcuni
l
'
accettano
,
altri
lo
considerano
con
orrore
.
Tuttavia
,
l
'
area
del
consenso
cresce
come
conseguenza
non
di
un
processo
di
proletarizzazione
economica
,
inesistente
in
quanto
processo
generale
,
ma
di
un
processo
di
crescita
civile
e
di
maturazione
culturale
,
processo
che
non
si
svolge
nelle
nuvole
ma
che
certo
,
nella
terminologia
marxista
,
appartiene
più
alla
sovrastruttura
che
alla
struttura
.
Oltre
ad
alcune
varianti
di
non
grande
rilievo
,
introdotte
per
tener
conto
di
certe
critiche
o
per
chiarire
e
integrare
le
analisi
già
svolte
,
ho
introdotte
diverse
innovazioni
nel
testo
apparso
nei
"
Quaderni
di
sociologia
"
.
Ecco
le
principali
innovazioni
.
1
.
Ho
modificate
le
stime
delle
classi
e
sottoclassi
sociali
,
specialmente
quelle
connesse
con
l
'
agricoltura
,
dopo
esser
venuto
a
conoscenza
dell
'
importante
monografia
di
Ornello
Vitali
,
La
popolazione
attiva
in
agricoltura
attraverso
i
censimenti
italiani
(
Istituto
di
demografia
della
Facoltà
di
scienze
statistiche
,
Roma
,
1968
)
.
Le
valutazioni
della
popolazione
attiva
in
agricoltura
sono
comunque
incerte
e
arbitrarie
,
per
molte
ragioni
,
in
primo
luogo
per
la
posizione
delle
donne
che
vivono
in
campagna
e
che
,
specialmente
nelle
piccole
aziende
contadine
,
possono
essere
classificate
come
"
attive
"
o
come
"
casalinghe
"
secondo
i
criteri
adottati
.
Le
difficoltà
si
manifestano
quando
si
vogliono
compiere
confronti
intertemporali
fra
i
diversi
censimenti
.
Vitali
ha
compiuto
una
faticosa
opera
per
rendere
omogenei
i
criteri
rispetto
a
quelli
adottati
in
questo
dopoguerra
e
ricostruire
dati
comparabili
.
Sebbene
le
mie
stime
precedenti
,
fondate
sulle
cifre
dei
censimenti
e
su
valutazioni
della
Svimez
,
siano
per
certi
anni
(
fino
al
1951
)
inferiori
in
misura
tutt
'
altro
che
trascurabile
ai
dati
forniti
da
Vitali
,
nessuna
delle
considerazioni
e
illazioni
proposte
nel
saggio
originario
viene
modificata
in
modo
sostanziale
,
se
si
eccettua
la
tendenza
alla
proletarizzazione
di
una
parte
dei
contadini
(
v
.
oltre
,
parte
I
,
cap
.
3
)
.
Occorre
però
avvertire
che
dai
nuovi
dati
possono
ricavarsi
illazioni
diverse
da
quelle
ricavabili
dalle
precedenti
stime
per
problemi
che
qui
non
vengono
trattati
.
2
.
Oltre
i
dati
aggregati
per
l
'
Italia
,
si
presentano
cifre
per
le
tre
grandi
circoscrizioni
:
Nord
,
Centro
e
Sud
;
vengono
brevemente
discusse
alcune
tendenze
che
emergono
da
questi
dati
,
concentrando
l
'
attenzione
sull
'
Italia
meridionale
(
parte
I
,
cap
.
4
)
.
3
.
Sono
stati
estesi
i
confronti
internazionali
.
Nel
saggio
originario
,
oltre
l
'
Italia
,
si
consideravano
solo
la
Francia
e
il
Giappone
e
si
compivano
confronti
intertemporali
solo
per
l
'
Italia
.
Ora
,
attraverso
i
dati
,
si
considera
la
struttura
sociale
contemporanea
di
cinque
paesi
relativamente
evoluti
(
Gran
Bretagna
,
Spagna
,
Giappone
,
Argentina
,
Cile
)
e
si
compiono
confronti
intertemporali
per
altri
tre
paesi
evoluti
:
Francia
(
1886
e
1968
)
,
Stati
Uniti
(
1890
e
1969
)
e
Unione
Sovietica
(
vari
anni
compresi
nel
periodo
1913-1972
)
;
infine
,
si
presentano
i
dati
relativi
a
cinque
paesi
relativi
a
cinque
paesi
relativamente
arretrati
(
parte
I
,
cap
.
8
)
.
4
.
Si
presentano
le
stime
degli
iscritti
ai
sindacati
,
distinguendo
gli
operai
dagli
impiegati
nei
diversi
settori
di
attività
:
non
giova
a
nessuno
,
certamente
non
giova
all
'
obiettivo
di
una
sempre
più
ampia
e
vigorosa
solidarietà
fra
operai
e
impiegati
,
ignorare
o
minimizzare
le
differenze
(
parte
Il
,
cap
.
5
)
.
Le
tabelle
statistiche
sono
in
appendice
e
,
di
regola
,
sono
precedute
da
un
commento
esplicativo
.
Anche
le
note
al
testo
sono
riportate
in
appendice
;
per
chiarezza
,
sono
precedute
da
sottotitoli
,
affinché
possano
esser
lette
anche
in
modo
autonomo
.
Per
non
appesantire
il
testo
,
indico
fra
parentesi
le
opere
citate
e
non
riporto
,
alla
fine
,
nessuna
nota
bibliografica
;
qui
mi
limito
a
segnalare
il
dibattito
a
23
voci
,
curato
da
Fabio
Luca
Cavazza
e
Stephen
R
.
Graubard
e
pubblicato
da
Garzanti
nel
marzo
1974
in
un
volume
col
titolo
Il
caso
italiano
e
l
'
ampia
bibliografia
pubblicata
in
appendice
all
'
articolo
di
Antonio
Zavoli
,
Classi
,
proletariato
e
ceti
medi
in
Marx
e
oggi
per
la
rivoluzione
(
"
Per
la
lotta
"
,
n
.
34-36
,
1973
,
pp.
55-8
)
.
Ringrazio
Marina
Addis
,
Arturo
Barone
,
Federico
Caffè
,
Giorgio
Careri
,
Flaminio
De
Cindio
,
Vittorio
Frosini
,
Antonio
Giolitti
e
Claudio
Pavone
per
le
loro
critiche
e
i
loro
suggerimenti
;
ringrazio
,
in
modo
particolare
,
Luciano
Gallino
,
Michele
Salvati
e
Leo
Valiani
,
le
cui
osservazioni
critiche
mi
hanno
indotto
a
correggere
alcuni
errori
e
a
chiarire
punti
oscuri
o
incompleti
o
male
espressi
.
Avverto
tuttavia
che
non
si
può
attribuire
agli
studiosi
ora
ricordati
nessuna
responsabilità
per
le
tesi
qui
espresse
.
Paolo
Sylos
Labini
Roma
,
15
aprile
1974
Introduzione
Il
fisico
studia
gli
atomi
,
ma
egli
non
è
un
atomo
.
Il
microbiologo
studia
i
microbi
,
ma
egli
non
è
un
microbo
.
L
'
economista
,
non
diversamente
dal
sociologo
,
studia
la
società
della
quale
fa
parte
:
egli
non
è
estraneo
all
'
oggetto
del
suo
studio
nel
senso
particolare
in
cui
si
può
affermare
che
lo
sia
il
cultore
di
scienze
naturali
.
Di
conseguenza
,
lo
studioso
di
discipline
sociali
nella
sua
attività
intellettuale
(
e
politica
)
è
necessariamente
condizionato
dall
'
educazione
che
ha
ricevuto
,
dall
'
ambiente
dal
quale
proviene
,
dalle
sue
preferenze
circa
i
movimenti
della
società
in
cui
vive
,
in
una
parola
,
dalla
sua
ideologia
.
Di
ciò
egli
deve
essere
ben
consapevole
,
proprio
per
ridurre
le
distorsioni
che
nelle
sue
analisi
-
addirittura
nella
scelta
stessa
dei
temi
da
studiare
-
può
provocare
la
sua
ideologia
.
Lo
studioso
di
discipline
sociali
che
si
crede
orgogliosamente
"
obiettivo
"
,
neutrale
,
fuori
della
mischia
,
è
,
tutto
sommato
,
un
personaggio
patetico
,
perché
è
vittima
di
una
ideologia
senza
saperlo
e
senza
possibilità
di
contrastarne
le
pressioni
.
Se
lo
studioso
non
può
sperare
di
essere
rigorosamente
"
obiettivo
"
(
ciò
che
è
impossibile
)
,
può
e
deve
tuttavia
sforzarsi
di
essere
intellettualmente
onesto
,
ossia
può
e
deve
cercare
di
vedere
tutti
gli
aspetti
di
un
determinato
problema
,
anche
gli
aspetti
per
lui
sgradevoli
,
e
non
solo
quelli
che
sono
conformi
alla
sua
ideologia
o
utili
per
la
sua
parte
politica
.
Detto
tutto
questo
,
credo
di
dover
spiegare
ai
lettori
alcuni
frammenti
della
mia
ideologia
,
nella
misura
in
cui
ne
sono
consapevole
:
tali
indicazioni
potranno
anche
chiarire
,
spero
,
il
motivo
o
i
motivi
che
mi
hanno
indotto
ad
affrontare
questi
problemi
,
ciò
che
a
rigore
rappresenta
un
'
invasione
in
campo
altrui
.
Indicherò
,
in
particolare
,
tre
punti
.
Punto
primo
.
La
posizione
del
singolo
nella
società
-
in
una
determinata
classe
o
gruppo
sociale
-
condiziona
il
suo
modo
di
pensare
e
di
agire
,
ma
non
lo
determina
in
modo
puntuale
.
Il
singolo
può
ampliare
(
ma
non
indefinitamente
)
i
limiti
entro
cui
pensa
e
agisce
proprio
attraverso
la
coscienza
e
la
conoscenza
critica
della
sua
posizione
nella
vita
sociale
.
Per
il
bene
o
per
il
male
,
la
zona
discrezionale
è
specialmente
ampia
nel
caso
di
coloro
che
appartengono
alle
classi
intermedie
e
,
ancora
più
specialmente
,
nel
caso
degli
intellettuali
;
ma
tende
a
crescere
anche
per
coloro
che
appartengono
alle
così
dette
masse
,
man
mano
che
il
livello
medio
di
vita
supera
il
livello
di
sussistenza
(
comunque
venga
inteso
)
.
Punto
secondo
.
Con
riferimento
alla
classificazione
indicata
nella
prima
tabella
(
v
.
l
'
Appendice
)
,
dal
punto
di
vista
economico
-
sociale
chi
scrive
,
che
è
un
professore
universitario
,
si
considera
membro
di
una
frangia
che
sta
fra
la
media
e
la
piccola
borghesia
.
Egli
è
dunque
,
per
diversi
motivi
,
un
privilegiato
-
lo
è
dal
punto
di
vista
economico
,
lo
è
dal
punto
di
vista
del
grado
d
'
istruzione
che
ha
potuto
conseguire
grazie
alla
posizione
sociale
della
sua
famiglia
e
non
per
virtù
"
innate
"
.
Ma
il
privilegio
non
è
,
in
sé
e
per
sé
,
un
motivo
di
censura
o
di
vergogna
:
lo
è
se
è
fine
a
se
stesso
;
non
lo
è
se
viene
usato
per
fini
socialmente
e
civilmente
validi
-
in
ultima
analisi
e
in
prospettiva
,
per
negare
i
privilegi
stessi
.
Punto
terzo
.
Chi
scrive
si
considera
,
politicamente
,
un
onesto
riformista
-
onesto
nel
senso
che
non
solo
crede
ma
,
con
le
sue
modestissime
forze
,
opera
per
le
riforme
,
specialmente
per
quelle
riforme
che
possano
contribuire
a
"
sgombrare
il
terreno
da
tutti
quegli
impedimenti
legalmente
controllabili
che
impacciano
lo
sviluppo
della
classe
operaia
"
(
Marx
,
Prefazione
al
Capitale
,
Ed
.
Rinascita
,
Roma
,
1951
,
p
.
17
)
.
Egli
pensa
di
avere
una
tale
concezione
non
per
una
straordinaria
nobiltà
di
animo
e
per
una
generosità
senza
pari
,
ma
semplicemente
per
ragioni
di
meditato
egoismo
:
il
processo
di
trasformazione
sociale
del
nostro
paese
"
si
muoverà
in
forme
più
brutali
o
più
umane
secondo
il
grado
di
sviluppo
della
classe
operaia
"
(
Marx
)
e
,
più
in
generale
,
secondo
il
grado
di
sviluppo
delle
classi
inferiori
o
subalterne
:
lo
stesso
livello
civile
della
nostra
società
e
,
in
definitiva
,
della
nostra
vita
quotidiana
,
dipendono
dal
grado
di
sviluppo
di
queste
classi
,
che
nessuna
legge
soprannaturale
ha
condannato
a
rimanere
per
sempre
subalterne
.
Pur
considerandosi
un
riformista
,
chi
scrive
non
ha
ostilità
,
ha
anzi
rispetto
,
per
coloro
che
vogliono
operare
da
rivoluzionari
,
a
condizione
che
si
tratti
di
rivoluzionari
seri
e
non
di
miserevoli
parolai
o
di
luridi
imbroglioni
.
E
sebbene
egli
auspichi
le
riforme
non
per
consolidare
il
sistema
ma
per
cambiarlo
,
chi
scrive
deve
ammettere
che
gli
fa
difetto
la
fede
rivoluzionaria
-
la
fede
nella
necessità
o
nell
'
utilità
di
un
grande
trauma
nel
processo
di
trasformazione
sociale
.
Dopo
questa
premessa
,
lunga
ma
,
spero
,
non
inutile
,
entro
nel
tema
che
mi
sono
proposto
.
Intendo
,
in
particolare
,
presentare
un
breve
abbozzo
di
analisi
,
anche
quantitativa
,
delle
classi
sociali
considerate
,
in
prima
istanza
,
dal
punto
di
vista
economico
.
L
'
obiettivo
è
di
contribuire
alla
comprensione
critica
di
noi
stessi
e
dei
nostri
problemi
sociali
;
oggi
,
in
particolare
,
è
importante
cercare
di
comprendere
la
natura
degli
ostacoli
che
finora
hanno
in
gran
parte
impedito
l
'
attuazione
delle
riforme
e
il
significato
delle
lotte
sociali
e
politiche
e
delle
alleanze
che
in
queste
lotte
si
stabiliscono
fra
le
diverse
classi
e
sottoclassi
.
Si
tratta
solo
di
un
esame
preliminare
:
se
il
punto
di
partenza
è
valido
altri
potranno
elaborare
una
vera
e
propria
analisi
critica
della
società
italiana
di
cui
tutti
,
ma
specialmente
gli
uomini
della
sinistra
,
avvertono
oramai
un
acuto
bisogno
.
I
.
Tendenze
di
lungo
periodo
1
.
Distribuzione
del
reddito
e
classi
sociali
La
distribuzione
del
reddito
nazionale
costituisce
il
problema
centrale
degli
economisti
classici
,
particolarmente
di
Adam
Smith
e
David
Ricardo
,
i
quali
considerano
essenzialmente
tre
grandi
categorie
di
redditi
,
ossia
tre
grandi
classi
sociali
:
i
proprietari
fondiari
(
rendita
fondiaria
)
,
i
capitalisti
agrari
,
industriali
e
commerciali
(
profitto
)
e
i
lavoratori
dipendenti
(
salario
)
.
Per
gli
economisti
classici
la
rendita
urbana
costituisce
una
sottocategoria
della
rendita
fondiaria
e
l
'
interesse
è
-
usando
l
'
espressione
di
Smith
-
un
"
reddito
derivato
"
:
dal
profitto
nel
caso
di
prestiti
alla
produzione
,
da
uno
degli
altri
due
redditi
nel
caso
di
prestiti
al
consumo
;
generalmente
,
sono
i
mercanti
che
fanno
prestiti
allo
Stato
o
a
privati
-
Marx
parlerà
poi
di
"
capitalisti
monetari
"
.
I
classici
sono
ben
consapevoli
che
esistono
i
lavoratori
indipendenti
,
al
loro
tempo
molto
numerosi
:
coltivatori
diretti
(
farmers
)
e
artigiani
(
independent
manufacturers
)
:
costoro
ottengono
redditi
che
sono
una
combinazione
di
due
o
tre
dei
redditi
originari
sopra
indicati
;
oggi
parliamo
di
redditi
"
misti
"
.
Infine
,
ci
sono
tutti
coloro
che
percepiscono
stipendi
o
altri
compensi
dallo
Stato
o
da
istituzioni
o
da
"
ricchi
"
:
sono
tutti
lavoratori
"
improduttivi
"
,
che
ottengono
redditi
derivati
(
Smith
,
Ricchezza
delle
nazioni
,
ed.
Cannan
,
Methuen
,
Londra
,
1961
,
vol.
I
,
p
.
352
,
trad.
dell
'
autore
)
:
Il
lavoro
di
alcuni
dei
più
rispettabili
ordini
della
società
è
,
come
quello
dei
servitori
,
improduttivo
di
ogni
valore
,
e
non
si
fissa
o
si
realizza
in
alcun
oggetto
durevole
o
in
alcuna
merce
vendibile
...
Il
sovrano
,
per
esempio
,
e
tutti
gli
impiegati
civili
e
militari
che
servono
sotto
di
lui
,
l
'
intero
esercito
e
l
'
intera
marina
sono
lavoratori
improduttivi
.
Essi
sono
servitori
del
pubblico
e
sono
mantenuti
con
una
parte
del
prodotto
annuo
dell
'
operosità
degli
altri
...
Alla
stessa
classe
appartengono
gli
ecclesiastici
,
i
giuristi
,
i
letterati
di
ogni
genere
,
i
medici
,
come
pure
i
commedianti
,
i
buffoni
,
i
musicisti
,
i
cantanti
,
le
ballerine
,
ecc.
Mentre
il
concetto
smithiano
di
lavoratori
improduttivi
è
stato
vivacemente
attaccato
dai
successori
degli
economisti
classici
,
la
tripartizione
smithiana
dei
redditi
(
e
delle
classi
)
è
stata
sostanzialmente
accettata
e
tuttora
si
ritrova
nei
libri
di
testo
di
economia
,
anche
se
in
questi
libri
si
parla
solo
di
redditi
e
non
di
classi
;
l
'
unico
emendamento
,
per
così
dire
,
riguarda
l
'
interesse
,
che
è
stato
elevato
al
grado
di
reddito
originario
,
imputabile
al
capitale
e
quindi
al
proprietario
del
capitale
stesso
,
distinguendolo
dal
profitto
,
imputabile
all
'
imprenditore
.
(
L
'
emendamento
è
importante
e
si
ricollega
ad
una
certa
evoluzione
della
teoria
economica
,
che
oggi
è
soggetta
a
critiche
sempre
più
stringenti
;
ma
su
tale
questione
non
mi
soffermo
)
.
Un
altro
emendamento
,
che
pochi
economisti
fanno
ma
che
comunque
deve
essere
fatto
,
riguarda
la
rendita
urbana
e
i
connessi
guadagni
speculativi
:
mentre
al
tempo
dei
classici
era
giusto
considerare
la
rendita
fondiaria
come
la
categoria
principale
e
la
rendita
urbana
dome
una
sottocategoria
di
secondaria
importanza
,
oggi
,
col
tumultuoso
sviluppo
delle
città
e
,
in
certi
casi
,
delle
megalopoli
,
occorre
rovesciare
il
giudizio
sull
'
importanza
relativa
delle
due
rendite
:
oggi
gli
stessi
spostamenti
di
ricchezza
e
la
rapida
formazione
di
cospicui
patrimoni
provengono
spesso
da
speculazioni
connesse
con
la
rendita
urbana
,
speculazioni
nelle
quali
,
oltre
il
mercato
,
entra
il
potere
politico
,
al
livello
centrale
o
al
livello
locale
;
di
più
,
quel
che
avviene
in
questo
campo
deturpa
molte
nostre
città
,
ne
rende
penosa
la
vita
e
concorre
grandemente
a
creare
quella
carenza
di
case
a
basso
prezzo
e
quelle
congestioni
che
,
fra
l
'
altro
,
facendo
salire
il
costo
della
vita
e
sterilizzando
una
parte
del
potere
di
acquisto
dei
salari
,
contribuiscono
a
distorcere
e
a
frenare
il
processo
di
sviluppo
economico
.
(
Tuttavia
,
non
va
soltanto
rivisto
il
giudizio
sull
'
importanza
relativa
sui
due
tipi
di
rendite
:
va
rivista
la
stessa
concezione
degli
economisti
classici
,
anche
sulla
traccia
delle
analisi
di
Marx
e
di
Engels
,
poiché
la
natura
della
rendita
urbana
è
profondamente
diversa
da
quella
della
rendita
fondiaria
)
.
Come
eredità
dei
classici
,
è
rimasto
anche
il
concetto
di
reddito
misto
che
,
per
definizione
,
costituirebbe
una
combinazione
dei
redditi
originari
.
Gli
stipendi
degli
impiegati
pubblici
continuano
ad
essere
considerati
quali
redditi
derivati
,
ciò
che
del
resto
è
ovvio
,
essendo
tali
redditi
pagati
col
gettito
di
tributi
o
contributi
.
Già
Marx
aveva
avvertito
(
Capitale
,
libro
III
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1965
,
p
.
993
)
che
quelli
che
oggi
chiamiamo
redditi
"
misti
"
(
principalmente
quelli
dei
coltivatori
diretti
,
degli
artigiani
e
dei
piccoli
commercianti
)
avevano
carattere
pre
-
capitalistico
e
"
solo
fino
ad
un
certo
punto
"
potevano
essere
considerati
come
una
combinazione
dei
tre
redditi
originari
di
Adam
Smith
.
In
verità
,
la
teoria
tradizionale
,
che
accoglie
acriticamente
e
senza
qualificazioni
una
tale
concezione
,
va
riconsiderata
a
fondo
:
se
fra
i
redditi
"
misti
"
e
i
tre
redditi
originari
vi
sono
importanti
elementi
comuni
,
vi
sono
anche
differenze
profonde
:
perfino
dal
punto
di
vista
quantitativo
in
pratica
accade
spesso
(
e
non
solo
in
Italia
)
che
l
'
intero
reddito
di
un
piccolo
coltivatore
diretto
,
per
esempio
,
che
in
astratto
dovrebbe
conglobare
rendita
,
profitto
e
salario
,
è
inferiore
al
solo
salario
medio
pagato
nel
settore
industriale
moderno
.
Per
una
tale
revisione
critica
della
teoria
dei
redditi
misti
che
sono
ottenuti
dai
così
detti
lavoratori
indipendenti
(
coltivatori
diretti
,
artigiani
,
piccoli
commercianti
,
professionisti
indipendenti
)
,
è
necessario
partire
dalla
distinzione
fra
beni
che
entrano
e
beni
che
non
entrano
in
concorrenza
con
quelli
prodotti
da
unità
produttive
moderne
.
Nel
primo
caso
,
vi
sarà
una
tendenza
alla
graduale
emarginazione
e
,
a
lungo
andare
,
eliminazione
dei
produttori
indipendenti
,
che
appunto
soccombono
nella
concorrenza
con
le
unità
moderne
:
su
questa
base
Marx
formulava
la
sua
previsione
della
tendenziale
scomparsa
di
quei
gruppi
sociali
.
Una
tale
tendenza
,
che
è
debole
quando
è
lento
lo
sviluppo
dell
'
industria
moderna
,
forte
quando
questo
sviluppo
è
rapido
,
può
essere
deliberatamente
frenata
dalla
classe
dominante
,
per
mezzo
di
leggi
e
di
altri
interventi
,
proprio
con
l
'
obiettivo
di
una
stabilizzazione
sociale
e
politica
.
Così
,
in
Italia
è
stato
frenato
il
declino
numerico
ed
economico
dei
coltivatori
diretti
,
con
successo
fino
alla
seconda
guerra
mondiale
,
anche
per
il
relativamente
lento
sviluppo
industriale
;
in
seguito
,
sia
per
il
processo
d
'
integrazione
economica
internazionale
,
sia
per
l
'
accelerazione
dello
sviluppo
dell
'
industria
moderna
,
i
freni
non
hanno
più
funzionato
o
,
meglio
,
sono
solo
serviti
a
rendere
forse
meno
precipitoso
il
processo
;
in
ogni
modo
,
la
flessione
della
massa
dei
coltivatori
è
stata
non
meno
rilevante
di
quella
dei
salariati
in
agricoltura
-
essendo
queste
le
due
componenti
dell
'
enorme
esodo
agrario
che
si
è
verificato
nel
dopoguerra
(
v
.
la
tabella
1.1
)
.
Molto
più
efficaci
sono
stati
e
continuano
ad
essere
gl
'
interventi
a
favore
dei
piccoli
commercianti
,
il
cui
numero
è
andato
crescendo
e
continua
a
crescere
praticamente
senza
interruzione
.
Riguardo
ai
coltivatori
diretti
,
il
processo
di
espulsione
va
studiato
,
da
un
lato
,
con
riferimento
ai
prezzi
e
ai
costi
dei
prodotti
agricoli
e
,
dall
'
altro
,
con
riferimento
alle
possibilità
di
occupazione
ed
ai
redditi
(
particolarmente
ai
salari
)
ottenibili
nel
settore
moderno
.
Riguardo
ai
piccoli
commercianti
,
occorre
osservare
che
la
concorrenza
potenziale
non
proviene
da
merci
ma
da
servizi
,
che
potrebbero
essere
-
e
in
misura
nel
nostro
paese
molto
modesta
sono
-
forniti
da
unità
commerciali
grandi
ed
efficienti
:
la
legge
e
,
sulla
base
della
legge
,
gl
'
interventi
amministrativi
spesso
semplicemente
impediscono
a
queste
unità
di
sorgere
.
Inoltre
,
in
queste
condizioni
-
a
differenza
di
quanto
accade
per
le
merci
-
la
concorrenza
internazionale
manca
del
tutto
.
Questa
è
una
delle
principali
ragioni
che
spiegano
il
successo
degli
interventi
pubblici
a
favore
dei
piccoli
commercianti
.
Nel
caso
di
merci
o
servizi
prodotte
da
lavoratori
s
indipendenti
che
non
concorrono
ma
anzi
sono
complementari
rispetto
alle
merci
o
ai
servizi
offerti
dalle
'
'
unità
moderne
,
non
c
'
è
quella
tendenza
al
declino
,
ma
anzi
la
tendenza
opposta
:
ciò
appunto
si
verifica
per
egli
artigiani
e
i
piccoli
produttori
che
forniscono
merci
o
servizi
alle
grandi
unità
,
le
quali
cercano
di
utilizzare
questi
produttori
per
il
proprio
vantaggio
.
Un
fenomeno
analogo
si
verifica
anche
per
le
officine
per
la
riparazione
di
automobili
o
di
elettrodomestici
o
di
altri
oggetti
o
attrezzature
domestiche
.
In
ultima
analisi
,
le
unità
artigianali
di
tipo
moderno
sono
sempre
direttamente
o
indirettamente
satelliti
delle
grandi
o
grandissime
imprese
.
In
una
situazione
particolare
si
trovano
i
professionisti
indipendenti
(
specialmente
medici
,
avvocati
,
ingegneri
,
architetti
)
:
molti
di
questi
professionisti
sono
oramai
indipendenti
solo
di
nome
,
poiché
sempre
più
frequenti
sono
i
casi
di
rapporti
organici
con
grandi
società
e
con
istituzioni
pubbliche
;
altri
,
tuttavia
,
sono
effettivamente
indipendenti
,
almeno
entro
certi
limiti
.
Per
questi
professionisti
,
specialmente
per
quelli
che
riescono
a
raggiungere
posizioni
di
rilievo
,
conviene
usare
come
punto
di
partenza
l
'
analisi
del
monopolio
o
del
quasi
monopolio
,
tenendo
conto
che
i
prezzi
dei
loro
servizi
-
come
anche
,
sostanzialmente
,
i
prezzi
dei
servizi
commerciali
-
non
sono
propriamente
regolati
dal
mercato
ma
sono
prezzi
"
amministrati
"
sulla
base
di
intese
tacite
o
espresse
o
di
regolamenti
di
ordini
professionali
.
Vi
sono
infine
gli
stipendi
degli
impiegati
,
che
l
'
analisi
economica
tradizionale
assimila
ai
salari
,
cosicché
la
teoria
del
salario
viene
ad
includere
la
teoria
dello
stipendio
.
Questo
punto
di
vista
va
radicalmente
riconsiderato
.
Gli
stipendi
degli
impiegati
che
operano
in
imprese
o
aziende
pubbliche
o
private
che
producono
merci
o
servizi
nel
mercato
aperto
rientrano
nelle
spese
generali
e
sono
in
qualche
modo
collegati
con
l
'
attività
produttiva
,
con
i
costi
ed
i
prezzi
,
anche
se
il
collegamento
è
diverso
da
quello
dei
salari
,
che
di
regola
,
almeno
finora
,
rientrano
nelle
spese
dirette
e
variano
immediatamente
al
variare
della
produzione
.
Per
gli
stipendi
di
questi
impiegati
valgono
,
ma
solo
fino
ad
un
certo
punto
,
le
analisi
che
si
possono
elaborare
per
i
salari
degli
operai
.
In
una
posizione
particolare
si
trovano
gli
alti
dirigenti
delle
società
per
azioni
private
e
pubbliche
,
i
quali
ottengono
emolumenti
che
solo
per
una
parte
hanno
la
natura
di
stipendi
:
per
un
'
altra
parte
-
la
parte
variabile
-
rappresentano
una
sorta
di
partecipazione
ai
profitti
.
Inoltre
,
fra
gl
'
impiegati
conviene
distinguere
gl
'
impiegati
amministrativi
dai
tecnici
,
che
sovraintendono
agli
impianti
,
alle
macchine
e
ai
laboratori
.
Per
gli
stipendi
degli
impiegati
che
lavorano
in
imprese
o
aziende
che
non
producono
merci
o
servizi
per
il
mercato
o
che
lavorano
in
pubbliche
amministrazioni
,
i
punti
di
contatto
con
la
logica
che
regola
i
salari
sono
molto
indiretti
e
limitati
.
Perché
il
livello
degli
stipendi
degli
impiegati
pubblici
è
quello
che
è
?
Perché
varia
?
Per
rispondere
a
queste
domande
,
occorre
certamente
considerare
,
come
punto
di
partenza
,
il
livello
e
le
variazioni
degli
stipendi
degli
impiegati
privati
,
così
come
,
per
comprendere
il
livello
e
le
variazioni
di
questi
stipendi
,
occorre
partire
dalla
considerazione
dei
salari
.
Ma
è
solo
il
primo
passo
:
analogamente
ai
lavoratori
salariati
,
che
nel
periodo
moderno
non
sono
affatto
costretti
al
livello
di
sussistenza
,
sia
pure
inteso
in
senso
sociale
o
storico
,
anche
i
lavoratori
stipendiati
si
battono
per
partecipare
nella
massima
misura
possibile
al
sovrappiù
,
o
reddito
nazionale
netto
,
e
al
suo
incremento
.
Sia
i
salariati
che
gli
impiegati
non
si
battono
solo
con
l
'
arma
dello
sciopero
,
ma
anche
con
mezzi
più
ampiamente
politici
,
principalmente
influendo
sull
'
azione
dei
partiti
che
ne
rappresentano
gl
'
interessi
per
ottenere
leggi
e
interventi
amministrativi
ad
essi
favorevoli
.
L
'
azione
degli
impiegati
,
tuttavia
,
è
caratterizzata
da
almeno
due
importanti
elementi
differenziali
rispetto
all
'
azione
dei
salariati
,
uno
a
loro
vantaggio
,
l
'
altro
a
loro
danno
.
L
'
elemento
a
loro
vantaggio
sta
nel
fatto
che
la
gestione
della
cosa
pubblica
,
come
anche
la
gestione
dei
partiti
,
è
in
grandissima
parte
nelle
mani
di
membri
della
stessa
classe
alla
quale
appartengono
,
la
piccola
borghesia
,
particolarmente
della
piccola
borghesia
impiegatizia
,
così
che
essi
trovano
i
loro
punti
di
forza
,
più
che
negli
scioperi
,
nel
campo
degli
interventi
legislativi
e
amministrativi
.
Sia
pure
con
un
significato
alquanto
diverso
,
si
può
ripetere
quanto
Smith
scriveva
quasi
due
secoli
fa
(
Ricchezza
delle
nazioni
,
cit
.
,
II
,
p
.
395
,
trad.
dell
'
autore
)
:
Gli
emolumenti
dei
funzionari
sono
forse
,
nella
maggior
parte
dei
paesi
,
più
elevati
di
quanto
occorrerebbe
,
poiché
coloro
che
amministrano
la
cosa
pubblica
sono
in
generale
inclini
a
remunerare
se
stessi
e
i
loro
immediati
dipendenti
piuttosto
troppo
che
troppo
poco
.
Questa
osservazione
tuttavia
,
se
vogliamo
prendere
Smith
alla
lettera
,
vale
per
gl
'
impiegati
che
dipendono
immediatamente
dai
capi
politici
e
amministrativi
,
i
quali
,
oltre
lo
stipendio
,
hanno
anche
altri
canali
per
attingere
al
"
sovrappiù
"
-
compensi
speciali
di
vario
genere
,
liquidazioni
principesche
e
pensioni
speciali
.
Vale
anche
per
tutti
quei
funzionari
e
impiegati
che
riescono
a
conquistare
posizioni
di
quasi
monopolio
e
a
difenderle
con
appropriate
barriere
istituzionali
e
legislative
;
ciò
avviene
,
nel
nostro
paese
,
in
certi
settori
della
burocrazia
,
negli
istituti
di
credito
,
negli
istituti
di
assistenza
e
previdenza
-
prima
charitas
mea
charitas
-
,
in
numerosi
enti
pubblici
e
in
aziende
municipalizzate
.
(
Una
particolareggiata
analisi
quantitativa
degli
stipendi
e
dei
compensi
dei
gradi
più
elevati
della
burocrazia
pubblica
e
degli
enti
di
tipo
pubblico
sarebbe
molto
istruttiva
;
ma
,
per
ovvie
ragioni
,
è
difficilissima
da
fare
)
.
Il
risultato
delle
spinte
molteplici
e
d
'
intensità
molto
differenziata
messe
in
atto
dalle
diverse
categorie
di
dipendenti
pubblici
(
in
senso
lato
)
è
una
impressionante
varietà
di
retribuzioni
,
che
di
recente
è
stata
illustrata
con
tanta
efficacia
da
Ermanno
Gorrieri
.
Questa
varietà
,
a
sua
volta
,
costituisce
una
fonte
inesauribile
di
agitazioni
,
poiché
i
gruppi
che
restano
indietro
compiono
ogni
sforzo
per
avvicinarsi
,
economicamente
,
a
quelli
che
sono
riusciti
ad
andare
avanti
;
in
queste
agitazioni
tutti
i
gruppi
imitano
la
strategia
e
le
parole
d
'
ordine
dei
sindacati
operai
e
qualche
volta
adottano
perfino
una
fraseologia
rivoluzionaria
.
In
queste
agitazioni
-
che
si
aggravano
nei
periodi
d
'
inflazione
-
prevalgono
i
gruppi
che
sono
più
compatti
e
più
forti
,
per
motivi
economici
(
posizione
di
tipo
monopolistico
nel
mercato
)
o
istituzionali
,
o
politici
,
o
,
spesso
,
per
una
combinazione
di
questi
motivi
.
Restano
indietro
i
gruppi
più
deboli
,
che
generalmente
si
trovano
negli
strati
intermedi
o
inferiori
degli
impiegati
pubblici
o
parastatali
.
E
qui
compare
l
'
altro
elemento
,
quello
sfavorevole
,
che
differenzia
gl
'
impiegati
dai
salariati
:
data
la
minore
penosità
del
lavoro
e
data
la
garanzia
della
stabilità
,
la
pressione
dei
candidati
ai
posti
del
pubblico
impiego
è
forse
perfino
proporzionalmente
maggiore
dell
'
analoga
pressione
esercitata
da
coloro
che
vogliono
diventare
salariati
-
s
'
intende
,
nel
settore
moderno
;
comunque
,
le
resistenze
sono
minori
,
perché
nell
'
amministrazione
pubblica
sono
ben
più
incerte
e
indefinite
che
nelle
imprese
di
produzione
le
esigenze
organizzative
e
amministrative
.
Il
limite
,
a
rigore
,
è
dato
dalla
capacità
dei
bilanci
degli
organismi
su
cui
quegli
impiegati
gravano
;
ma
poiché
si
tratta
di
bilanci
non
collegati
direttamente
con
attività
produttive
,
quel
limite
è
molto
elastico
.
Nello
stesso
tempo
,
per
ragioni
di
potere
e
di
stabilizzazione
politica
,
è
forte
l
'
inclinazione
dei
gruppi
dominanti
,
centrali
o
locali
,
a
far
entrare
nella
burocrazia
quelli
che
sono
o
possono
diventare
loro
clienti
.
Il
risultato
è
,
sotto
un
certo
aspetto
,
sfavorevole
per
gli
strati
inferiori
e
intermedi
di
impiegati
,
nel
senso
che
le
remunerazioni
di
questi
impiegati
,
a
causa
del
numero
,
sono
e
restano
relativamente
basse
o
molto
basse
.
Tuttavia
,
non
va
dimenticato
che
per
numerosi
impiegati
dei
gradi
inferiori
il
vantaggio
non
sta
in
uno
stipendio
elevato
,
ma
nel
fatto
stesso
di
essere
entrati
,
grazie
a
favori
di
tipo
politico
,
nella
burocrazia
,
salvandosi
,
per
così
dire
,
da
un
lavoro
manuale
duro
e
mal
remunerato
o
da
condizioni
di
vera
e
propria
disoccupazione
.
Esempi
di
attività
in
cui
le
frequenti
retribuzioni
privilegiate
sono
imputabili
essenzialmente
a
posizioni
di
tipo
monopolistico
ovvero
oligopolistico
sono
l
'
industria
elettrica
il
servizio
telefonico
,
le
aziende
di
credito
;
gli
ospedali
,
le
aziende
municipalizzate
,
le
amministrazioni
degli
enti
locali
offrono
esempi
di
aree
in
cui
operano
,
contemporaneamente
,
fattori
economici
e
fattori
politici
,
specialmente
di
carattere
clientelare
.
Vi
sono
dunque
nella
nostra
società
numerosi
e
ampi
casi
di
parassitismo
e
una
fetta
non
indifferente
del
reddito
nazionale
viene
sprecata
,
dal
punto
di
vista
economico
,
in
diversi
modi
,
a
volte
in
modi
che
non
comportano
semplicemente
una
redistribuzione
,
ma
anche
una
riduzione
del
reddito
e
una
distorsione
nella
sua
composizione
:
rendite
urbane
(
con
le
connesse
operazioni
speculative
che
in
questo
dopoguerra
sono
all
'
origine
di
numerosi
patrimoni
di
medie
e
grandi
dimensioni
)
,
guadagni
di
intermediazione
spesso
ingiustificabili
sul
piano
strettamente
economico
,
stipendi
e
compensi
ingiustificatamente
elevati
per
i
gradi
più
alti
della
burocrazia
statale
e
parastatale
,
stipendi
e
compensi
per
persone
economicamente
inutili
.
Si
tratta
,
in
tutti
i
casi
,
di
parassitismo
economico
;
se
in
molti
casi
-
specialmente
nel
settore
del
piccolo
commercio
e
degli
impiegati
dei
gradi
inferiori
-
i
guadagni
sono
magri
,
ciò
non
toglie
affatto
che
si
tratta
,
dal
punto
di
vista
economico
,
di
guadagni
parassitari
.
Ci
sono
,
oramai
,
più
parassiti
e
sfruttatori
fra
i
così
detti
ceti
medi
che
nell
'
intera
classe
capitalistica
.
(
A
rigore
,
sono
da
considerare
parassitari
anche
i
redditi
che
vanno
a
operai
di
industrie
passive
,
che
sono
tenute
in
piedi
con
sovvenzioni
statali
;
ma
indubbiamente
il
fenomeno
del
parassitismo
è
molto
più
grave
nei
settori
sopra
ricordati
di
ceti
medi
)
.
Una
considerazione
a
parte
meritano
i
redditi
di
coloro
che
hanno
occupazioni
precarie
e
saltuarie
e
,
più
specificamente
,
di
coloro
che
appartengono
al
sottoproletariato
(
i
quali
,
tutti
,
hanno
occupazioni
precarie
)
;
in
certi
casi
si
tratta
di
redditi
simili
ai
salari
,
ma
di
regola
sensibilmente
più
bassi
;
in
altri
,
di
redditi
simili
a
quelli
che
sono
stati
definiti
redditi
"
misti
"
(
commercianti
ambulanti
)
.
In
ogni
caso
si
tratta
di
redditi
che
,
oltre
ad
essere
,
considerati
nel
tempo
,
fra
i
più
bassi
,
sono
anche
incerti
ed
altamente
variabili
,
ciò
che
ha
conseguenze
di
rilievo
non
solo
dal
punto
di
vista
economico
ma
anche
da
quello
sociologico
.
Appare
chiaro
,
ora
,
quanto
siano
insoddisfacenti
quegli
schemi
teorici
che
considerano
,
sia
pure
come
prima
approssimazione
,
solo
due
grandi
quote
,
in
corrispondenza
delle
due
grandi
classi
sociali
(
proletari
e
capitalisti
)
:
si
può
stimare
che
la
somma
dei
salari
e
dei
profitti
propriamente
detti
non
arrivi
neppure
al
50%
del
reddito
nazionale
(
v
.
la
tabella
3.2
)
.
2
.
Cause
della
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
In
via
generale
,
la
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
può
essere
oggetto
di
due
critiche
distinte
,
secondo
che
essa
si
ricolleghi
alla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
ovvero
alla
differenziazione
delle
attività
lavorative
.
Con
riferimento
al
primo
ordine
di
critiche
occorre
ammettere
,
sempre
in
via
generale
,
che
in
una
società
capitalistica
la
diseguaglianza
dipende
,
alla
radice
,
da
un
fatto
istituzionale
,
che
non
può
essere
modificato
se
non
modificando
l
'
intero
assetto
istituzionale
;
subordinatamente
,
ma
non
marginalmente
,
dipende
dalla
forza
comparativa
,
variabile
nel
tempo
,
dei
gruppi
sociali
che
concorrono
alla
spartizione
del
reddito
.
Nel
settore
privato
di
una
società
capitalistica
il
fatto
istituzionale
(
proprietà
privata
)
ha
una
rilevanza
diretta
,
mentre
nel
settore
pubblico
ha
assunto
una
rilevanza
indiretta
:
nel
settore
pubblico
il
reddito
viene
ottenuto
attraverso
prelievi
di
tipo
tributario
e
poi
distribuito
ai
pubblici
funzionari
secondo
leggi
e
regole
che
dipendono
appunto
dall
'
assetto
politico
e
istituzionale
.
Una
posizione
particolare
assume
il
settore
che
fa
capo
alle
società
per
azioni
,
in
cui
la
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
diviene
un
concetto
ambiguo
e
problematico
;
una
posizione
ancor
più
particolare
assume
poi
il
sottosettore
che
fa
capo
a
società
per
azioni
a
prevalente
partecipazione
statale
.
Nell
'
intera
società
,
la
posizione
preminente
è
quella
di
coloro
che
riescono
in
qualche
modo
a
controllare
o
quanto
meno
ad
influire
sul
processo
di
accumulazione
nel
settore
privato
o
nel
settore
pubblico
inteso
in
senso
ampio
.
(
Anche
nel
collettivismo
si
può
avere
una
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
non
imputabile
ad
attività
lavorative
differenziate
nella
qualità
e
nella
specializzazione
:
l
'
appropriazione
privilegiata
di
una
quota
del
reddito
da
parte
di
alcuni
gruppi
dipende
in
questo
caso
dall
'
assetto
politico
e
istituzionale
,
ma
non
dalla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
,
la
cui
abolizione
,
da
sola
,
non
assicura
affatto
l
'
attuazione
del
socialismo
)
.
Le
critiche
del
secondo
ordine
(
diseguaglianza
imputabile
alle
diverse
qualificazioni
e
specializzazioni
)
pongono
la
questione
dell
'
accesso
ai
livelli
medi
e
superiori
dell
'
istruzione
e
,
più
in
generale
,
quella
dei
rapporti
fra
distribuzione
del
reddito
e
divisione
sociale
del
lavoro
:
una
questione
che
un
tempo
fu
molto
dibattuta
fra
gli
economisti
(
per
esempio
,
da
Smith
e
dai
suoi
epigoni
)
,
ma
che
oggi
lo
è
solo
eccezionalmente
;
è
invece
studiata
da
sociologi
e
da
pedagogisti
,
i
quali
ultimi
per
le
società
più
avanzate
hanno
posto
,
come
prospettiva
di
lungo
periodo
,
la
questione
della
possibile
graduale
sostituzione
della
divisione
orizzontale
con
una
certa
rotazione
verticale
del
lavoro
che
quanto
meno
elimini
i
lavori
più
ripetitivi
e
più
umilianti
;
naturalmente
un
tale
processo
implicherebbe
l
'
accelerazione
e
,
per
certi
aspetti
,
la
modifica
dell
'
evoluzione
tecnologica
.
In
una
società
come
quella
italiana
,
questo
non
sembra
un
problema
urgente
,
come
lo
è
invece
quello
delle
diseguaglianze
nella
distribuzione
del
reddito
e
del
potere
economico
e
politico
discendenti
da
altri
motivi
(
quelle
che
ho
chiamate
diseguaglianze
del
primo
ordine
)
.
Il
pedagogista
Visalberghi
,
tuttavia
,
sostiene
che
gli
studiosi
e
gli
uomini
politici
che
vogliono
vedere
lontano
e
che
vogliono
operare
in
vista
di
una
società
senza
classi
debbono
porsi
il
problema
fin
da
adesso
anche
in
Italia
.
Oggi
intanto
domina
l
'
ideologia
piccolo
-
borghese
,
molto
efficacemente
descritta
da
Ermanno
Gorrieri
:
si
fa
una
netta
distinzione
fra
lavoro
manuale
e
intellettuale
e
si
proclama
giusto
il
fatto
che
il
secondo
sia
remunerato
assai
meglio
del
primo
e
riscuota
maggior
prestigio
,
dato
che
esso
si
fonda
su
sacrifici
,
dispendio
di
tempo
per
lo
studio
e
rinuncia
a
guadagni
più
immediati
.
Questo
punto
di
vista
-
sostiene
Gorrieri
,
a
mio
parere
assai
fondatamente
-
costituisce
in
ultima
analisi
una
mistificazione
:
1
)
perché
non
è
vero
che
lo
studiare
comporti
sacrifici
maggiori
che
il
lavorare
;
2
)
perché
"
la
possibilità
di
rinviare
il
momento
di
guadagnare
e
di
sostenere
le
spese
per
gli
studi
dipende
quasi
sempre
dalle
condizioni
economiche
,
della
famiglia
a
cui
il
giovane
appartiene
.
Nella
maggior
parte
dei
casi
non
si
tratta
di
libera
scelta
degli
interessati
ma
costituisce
un
privilegio
di
cui
alcuni
possono
usufruire
e
altri
no
.
In
pratica
,
la
possibilità
di
avvio
e
di
riuscita
negli
studi
superiori
non
rappresenta
un
'
opportunità
offerta
a
tutti
con
uguale
facilità
;
la
parità
delle
condizioni
di
partenza
è
ben
lontana
dal
verificarsi
nella
realtà
"
.
Insomma
,
non
è
lecito
"
il
porre
un
privilegio
(
l
'
accesso
alla
cultura
)
come
legittimazione
di
un
secondo
privilegio
(
una
condizione
economica
più
elevata
)
"
(
La
giungla
retributiva
,
cit
.
,
pp.
251-2
)
.
Dunque
,
in
una
società
come
quella
italiana
,
la
distribuzione
del
reddito
oggi
dipende
,
congiuntamente
,
dalla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
,
dal
controllo
politico
e
amministrativo
del
processo
di
accumulazione
e
dai
diversi
gradi
di
istruzione
e
di
qualificazione
di
coloro
che
lavorano
:
i
tre
aspetti
in
parte
si
sovrappongono
.
Si
può
affermare
che
la
lotta
per
il
potere
-
economico
e
politico
-
in
ultima
analisi
riguarda
le
modalità
e
le
conseguenze
della
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
e
le
possibilità
di
controllare
e
quindi
d
'
indirizzare
,
direttamente
o
indirettamente
,
il
processo
di
accumulazione
.
Si
può
affermare
tutto
ciò
purché
si
tenga
sempre
presente
che
le
tre
espressioni
al
singolare
(
"
la
lotta
"
,
"
la
proprietà
"
e
"
il
controllo
"
)
sono
modi
abbreviati
per
indicare
realtà
estremamente
complesse
,
contraddittorie
,
differenziate
e
mutevoli
nel
tempo
.
Nei
capitoli
che
seguono
mi
propongo
appunto
di
presentare
elementi
utili
per
un
futuro
approfondimento
critico
e
particolareggiato
di
quelle
affermazioni
:
non
è
da
escludere
che
,
una
volta
compiuto
un
tale
approfondimento
,
quelle
affermazioni
,
che
qui
sono
assunte
come
pure
ipotesi
di
lavoro
,
debbano
essere
modificate
o
addirittura
sostituite
con
ipotesi
diverse
.
Sulla
base
della
precedente
analisi
della
distribuzione
del
reddito
possiamo
formulare
la
seguente
suddivisione
delle
classi
sociali
.
I
.
Borghesia
vera
e
propria
:
grandi
proprietari
di
fondi
rustici
e
urbani
(
rendite
)
;
imprenditori
e
alti
dirigenti
di
società
per
azioni
(
profitti
e
redditi
misti
che
contengono
elevate
quote
di
profitto
)
;
professionisti
autonomi
(
redditi
misti
,
con
caratteri
di
redditi
di
monopolio
)
.
IIa
.
Piccola
borghesia
impiegatizia
(
stipendi
)
.
IIb
.
Piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
redditi
misti
)
:
coltivatori
diretti
,
artigiani
(
inclusi
i
piccoli
professionisti
)
,
commercianti
.
IIc
.
Piccola
borghesia
:
categorie
particolari
(
militari
,
religiosi
ed
altri
)
(
stipendi
)
.
IIIa
.
Classe
operaia
(
salari
)
.
IIIb
.
Sottoproletariato
.
Le
tre
categorie
della
piccola
borghesia
corrispondono
a
quelle
che
comunemente
sono
chiamate
classi
medie
La
definizione
delle
classi
sociali
e
del
concetto
stesso
di
classe
richiederebbe
un
'
ampia
discussione
,
che
qui
neppure
tento
di
affrontare
.
Mi
limito
a
ricordare
che
le
diverse
classi
e
sottoclassi
non
sono
divise
da
steccati
:
alcune
zone
sono
terra
di
nessuno
ed
esiste
una
certa
mobilità
sociale
,
che
presumibilmente
è
tanto
maggiore
quanto
più
rapido
è
il
processo
di
sviluppo
economico
.
Vi
sono
,
inoltre
,
numerose
persone
che
ottengono
redditi
plurimi
.
Si
tratta
,
per
esempio
,
di
professionisti
,
o
di
impiegati
,
o
di
commercianti
,
che
sono
anche
proprietari
di
fondi
rustici
o
urbani
;
in
questo
caso
i
redditi
si
sommano
e
gl
'
interessi
dei
titolari
sono
molteplici
:
dal
punto
di
vista
economico
converrà
includere
i
titolari
nella
classe
o
nella
sottoclasse
in
relazione
alla
fonte
del
reddito
prevalente
.
Ancora
:
mentre
i
"
ricchi
"
sono
inclusi
tutti
nella
prima
classe
,
nelle
altre
troviamo
individui
"
agiati
"
o
"
poveri
"
o
addirittura
"
poverissimi
"
,
secondo
il
livello
del
reddito
.
Se
si
considera
la
distribuzione
del
reddito
per
classe
o
sottoclasse
,
il
valore
di
massima
frequenza
(
moda
)
decresce
passando
dalla
classe
economicamente
più
elevata
alle
altre
;
ma
occorre
tener
presente
che
,
per
certi
aspetti
,
può
esservi
comunanza
d
'
interessi
e
quindi
solidarietà
fra
gli
strati
più
elevati
o
,
al
contrario
,
fra
quelli
più
bassi
delle
diverse
classi
e
sottoclassi
-
dove
il
concetto
di
alto
o
basso
,
naturalmente
,
è
riferito
al
livello
del
reddito
.
Tuttavia
,
da
un
punto
di
vista
più
ampio
di
quello
strettamente
economico
si
debbono
considerare
i
legami
dovuti
al
tipo
di
cultura
,
al
modo
di
vita
e
all
'
ambiente
(
per
esempio
:
grandi
città
e
piccoli
centri
,
città
e
campagna
)
.
Infine
,
occorre
considerare
la
dinamica
e
quindi
anche
la
storia
precedente
di
ciascuna
classe
o
sottoclasse
;
da
questo
punto
di
vista
,
le
stesse
classi
e
sottoclassi
appaiono
profondamente
diverse
nelle
regioni
settentrionali
rispetto
alle
regioni
meridionali
del
nostro
paese
;
e
le
differenze
diventano
ancora
più
grandi
quando
si
considerano
paesi
diversi
.
Per
distinguere
le
diverse
classi
sociali
il
reddito
è
dunque
un
elemento
importante
,
ma
non
tanto
per
il
suo
livello
,
quanto
per
il
modo
attraverso
cui
si
ottiene
;
tale
modo
si
riflette
nell
'
ambiente
e
nel
tipo
di
cultura
ed
è
condizionato
dalla
storia
precedente
della
società
di
cui
le
classi
costituiscono
parti
integranti
.
"
Con
riferimento
alla
divisione
delle
società
in
classi
,
il
"
modo
"
è
rilevante
in
quanto
attiene
ai
rapporti
di
potere
,
e
cioè
in
quanto
indica
attraverso
quali
forme
di
lotta
per
il
potere
si
determina
,
o
si
concorre
a
determinare
,
una
certa
distribuzione
del
reddito
e
un
certo
tipo
di
accumulazione
,
ossia
di
sviluppo
del
reddito
stesso
"
[
Queste
osservazioni
,
riportate
fra
virgolette
,
mi
sono
state
espresse
,
in
una
lettera
,
da
Antonio
Giolitti
:
ho
ritenuto
utile
riportarle
testualmente
]
.
Tenendo
ben
presenti
queste
avvertenze
,
può
essere
utile
riflettere
sulla
distribuzione
quantitativa
del
reddito
fra
le
diverse
classi
e
sottoclassi
sociali
in
Italia
.
Le
stime
(
tabelle
3.1
e
3.2
)
riguardano
il
1971
e
rappresentano
semplici
ordini
di
grandezza
:
mi
sono
deciso
a
presentarle
solo
perché
spero
che
esse
possano
provocare
indagini
più
approfondite
.
3
.
Tendenze
delle
classi
sociali
L
'
analisi
quantitativa
delle
classi
e
sottoclassi
sociali
nel
nostro
paese
mostra
che
il
fenomeno
più
rilevante
è
il
fortissimo
aumento
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
:
da
meno
di
un
milione
su
16
milioni
di
occupati
al
principio
del
secolo
ad
oltre
5
milioni
su
19
milioni
di
occupati
.
Prima
di
considerare
i
motivi
di
questa
enorme
espansione
,
dobbiamo
considerare
insieme
le
tendenze
quantitative
che
emergono
dalla
prima
tabella
.
L
'
aspetto
più
impressionante
è
che
,
nel
corso
del
tempo
,
le
quote
delle
tre
grandi
classi
sociali
,
pur
fra
qualche
oscillazione
,
mostrano
una
fondamentale
stabilità
.
Questa
stabilità
,
tuttavia
,
è
il
risultato
di
variazioni
contrastanti
delle
quote
delle
sottoclassi
.
In
particolare
,
la
relativa
stabilità
della
quota
imputabile
alla
piccola
borghesia
nel
suo
complesso
è
il
risultato
di
un
forte
aumento
della
quota
relativa
alla
piccola
borghesia
impiegatizia
(
dal
2%
nel
1881
al
17%
nel
1971
)
,
accompagnato
da
un
'
altrettanto
forte
diminuzione
della
quota
relativa
alla
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
dal
41
al
29%
)
;
ed
anzi
la
diminuzione
di
quest
'
ultima
quota
sarebbe
stata
anche
maggiore
se
non
ci
fosse
stato
l
'
aumento
(
interno
a
questa
sottoclasse
)
nel
numero
dei
commercianti
.
Analogamente
,
la
relativa
stabilità
della
quota
relativa
alla
"
classe
operaia
"
è
il
risultato
di
una
somma
algebrica
fra
la
forte
flessione
della
quota
dei
salariati
agricoli
(
dal
36
al
6%
)
e
un
aumento
non
meno
rilevante
nella
quota
dei
salariati
che
lavorano
in
attività
extra
-
agricole
(
dal
17
al
42%
)
.
La
borghesia
vera
e
propria
costituisce
in
tutto
l
'
arco
del
periodo
considerato
una
quota
esigua
:
dal
2
al
2,5%
.
Anche
in
questo
caso
particolare
la
quota
è
relativamente
stabile
,
come
relativamente
stabile
,
anche
se
di
meno
,
è
il
livello
assoluto
.
Tuttavia
,
se
le
cifre
cambiano
poco
,
cambiano
profondamente
i
contenuti
:
questa
osservazione
vale
per
tutte
le
classi
,
anche
per
quelle
in
forte
espansione
,
ma
vale
con
particolare
forza
per
la
borghesia
.
I
grandi
proprietari
agrari
,
che
nel
secolo
scorso
avevano
grande
peso
sociale
e
politico
,
oltre
che
economico
,
oggi
hanno
una
modesta
rilevanza
.
Gl
'
imprenditori
proprietari
o
comproprietari
di
grandi
e
medie
imprese
(
quelli
che
posseggono
piccole
o
piccolissime
imprese
sono
inclusi
fra
gli
artigiani
)
hanno
pur
sempre
importanza
,
anche
se
la
loro
posizione
relativa
è
mutata
,
mentre
grandemente
accresciuto
è
il
peso
dei
dirigenti
delle
grandi
imprese
private
e
pubbliche
organizzate
nella
forma
di
società
per
azioni
,
dei
gruppi
finanziari
che
in
certi
settori
controllano
queste
imprese
e
dei
grandi
organismi
pubblici
di
produzione
e
di
erogazione
.
Oramai
,
coloro
che
dirigono
i
grandi
complessi
produttivi
e
finanziari
non
ne
sono
proprietari
che
in
piccola
parte
,
quelli
che
dirigono
i
grandi
organismi
pubblici
sono
ovviamente
esclusi
dalla
proprietà
di
quegli
organismi
:
la
separazione
fra
proprietà
e
direzione
è
andata
molto
avanti
nel
settore
moderno
dell
'
economia
italiana
.
Se
l
'
espressione
"
neocapitalismo
"
ha
un
significato
preciso
,
è
appunto
questo
:
un
'
economia
che
nell
'
industria
e
nella
finanza
è
dominata
da
gruppi
di
società
per
azioni
private
e
pubbliche
e
da
enti
pubblici
,
i
cui
massimi
dirigenti
(
i
generali
)
"
s
'
identificano
"
col
gruppo
o
con
la
società
o
con
l
'
ente
,
mentre
gl
'
impiegati
esecutivi
(
gli
ufficiali
subalterni
che
hanno
i
rapporti
diretti
con
i
sergenti
e
i
soldati
)
sono
tagliati
fuori
dai
processi
decisionali
e
i
dirigenti
intermedi
in
parte
diventano
"
fiduciari
"
dei
massimi
dirigenti
e
in
parte
seguono
la
sorte
degli
impiegati
esecutivi
.
La
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
,
ossia
la
piccola
borghesia
tradizionale
,
costituita
nella
massima
parte
da
contadini
proprietari
,
da
artigiani
e
da
piccoli
commercianti
,
è
andata
via
via
diminuendo
nel
numero
,
come
aveva
previsto
Marx
.
Ma
questa
flessione
è
imputabile
esclusivamente
ai
contadini
proprietari
(
coltivatori
diretti
)
,
che
,
insieme
con
numerosi
salariati
,
hanno
abbandonato
l
'
agricoltura
.
Secondo
Marx
,
anche
gli
artigiani
e
i
piccoli
commercianti
sarebbero
dovuti
diminuire
,
progressivamente
eliminati
dalla
concorrenza
delle
grandi
unità
moderne
.
Ora
,
questo
fenomeno
ha
avuto
luogo
per
l
'
artigianato
domestico
(
se
ne
ha
un
chiara
traccia
nel
periodo
che
va
dal
1881
al
1901
)
e
,
comunque
,
per
l
'
artigianato
di
tipo
antico
,
un
artigianato
produttore
di
merci
che
entravano
in
concorrenza
con
quelle
sempre
più
efficientemente
prodotte
dalle
imprese
moderne
(
tessuti
,
scarpe
,
mobili
,
oggetti
di
vestiario
,
prodotti
dell
'
industria
alimentare
)
:
un
tale
processo
si
è
svolto
e
tuttora
si
sta
svolgendo
,
soprattutto
nel
Mezzogiorno
.
Ma
,
accanto
a
questo
processo
di
crisi
dell
'
artigianato
di
tipo
antico
,
si
è
andato
sviluppando
un
artigianato
di
tipo
nuovo
,
che
non
solo
non
è
danneggiato
dallo
sviluppo
dell
'
industria
moderna
ma
se
ne
avvantaggia
,
poiché
produce
merci
e
,
più
ancora
,
servizi
,
che
sono
complementari
rispetto
ai
prodotti
dell
'
industria
moderna
.
Il
risultato
delle
contrastanti
tendenze
,
l
'
una
col
segno
meno
l
'
altra
col
segno
più
,
è
una
relativa
stazionarietà
negli
ultimi
decenni
nelle
dimensioni
di
questo
gruppo
sociale
.
La
massa
dei
piccoli
commercianti
,
invece
,
non
solo
non
è
diminuita
ma
è
andata
crescendo
,
grazie
soprattutto
alla
protezione
concessa
dall
'
autorità
politica
,
protezione
che
in
questo
caso
ha
avuto
pieno
successo
.
La
classe
operaia
nelle
attività
extra
-
agricole
è
andata
sensibilmente
crescendo
dal
1881
al
1921
,
corrispondentemente
allo
sviluppo
del
primo
nucleo
di
capitalismo
industriale
moderno
,
soprattutto
nelle
regioni
settentrionali
,
e
poi
dal
1936
al
1961
.
In
ogni
modo
,
le
variazioni
quantitative
,
che
finora
sono
state
trascurate
da
quasi
tutti
gli
studiosi
,
vanno
considerate
con
spirito
critico
e
sempre
in
congiunzione
con
le
variazioni
qualitative
.
Così
,
dalla
tabella
1.1
appare
che
la
borghesia
vera
e
propria
numericamente
è
cresciuta
assai
poco
negli
ultimi
novant
'
anni
.
Ma
non
solo
si
deve
tener
conto
che
il
peso
delle
singole
categorie
è
profondamente
variato
nel
corso
del
tempo
;
si
deve
anche
tener
presente
che
questa
classe
aveva
,
nel
suo
complesso
,
ben
altri
poteri
e
ben
altra
influenza
verso
la
fine
del
secolo
scorso
,
quando
una
bassissima
percentuale
di
adulti
aveva
il
diritto
di
voto
e
quando
i
sindacati
dei
lavoratori
erano
nella
difficilissima
fase
della
loro
formazione
.
In
quel
tempo
la
gestione
politica
e
amministrativa
era
molto
più
semplice
di
quanto
sia
diventata
poi
,
specialmente
dopo
la
seconda
guerra
:
la
classe
dominante
era
divisa
,
nel
suo
interno
,
da
precisi
contrasti
d
'
interessi
;
e
la
vita
politica
risultava
essenzialmente
dallo
scontro
e
poi
dai
compromessi
dei
diversi
gruppi
d
'
interessi
operanti
nell
'
ambito
della
classe
dominante
.
Oggi
,
soprattutto
per
l
'
enorme
espansione
numerica
e
per
l
'
aumento
del
peso
politico
della
piccola
borghesia
e
per
il
fortemente
accresciuto
peso
politico
della
classe
operaia
,
i
contrasti
sono
molto
più
differenziati
e
l
'
intera
gestione
della
società
è
divenuta
di
gran
lunga
più
complessa
di
quanto
fosse
nel
passato
.
Su
un
piano
diverso
,
occorre
poi
osservare
che
le
variazioni
numeriche
che
si
riscontrano
nelle
diverse
classi
sono
di
difficile
interpretazione
,
a
causa
dei
processi
di
travaso
fra
una
classe
e
l
'
altra
e
a
causa
dei
movimenti
della
popolazione
.
Questo
processo
e
questi
movimenti
rendono
incerte
le
illazioni
,
anche
nei
casi
di
rilevanti
variazioni
numeriche
,
come
quelle
che
si
sono
verificate
,
dopo
la
seconda
guerra
mondiale
,
nelle
categorie
di
coloro
che
esplicano
attività
di
tipo
agricolo
(
coltivatori
diretti
e
salariati
,
fissi
e
giornalieri
)
.
Può
essere
utile
,
tuttavia
,
riflettere
sulle
seguenti
cifre
,
che
in
sintesi
indicano
,
da
un
lato
,
la
riduzione
della
popolazione
attiva
in
agricoltura
e
quindi
l
'
entità
dell
'
esodo
agrario
negli
ultimi
due
decenni
e
,
dall
'
altro
,
l
'
espansione
di
certe
categorie
sociali
che
svolgono
attività
extra
-
agricole
.
Le
cifre
sono
espresse
in
milioni
:
Coltivatori
Borghesia
Impiegati
Commercianti
diretti
ed
altri
-3,7
+0,1
+1,4
+0,6
=
-1,6
Salariati
agricoli
Salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
-1,1
+2,2
=
+1,1
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Occupazione
totale
-0,5
Queste
cifre
(
ricavate
dalla
tabella
1.1
)
non
consentono
illazioni
precise
e
inequivocabili
,
a
causa
del
carattere
molto
approssimativo
dei
dati
e
a
causa
di
processi
di
travaso
fra
le
classi
.
Tuttavia
è
possibile
ricavare
alcune
indicazioni
di
larga
massima
:
-
numerosi
contadini
proprietari
,
o
i
loro
figli
,
"
salgono
"
nelle
categorie
impiegatizie
o
,
in
misura
molto
piccola
,
al
livello
della
borghesia
vera
e
propria
,
ovvero
si
spostano
nella
categoria
dei
commercianti
e
di
altri
lavoratori
autonomi
;
-
altri
contadini
,
o
i
loro
figli
,
come
anche
la
massima
parte
dei
salariati
agricoli
,
diventano
salariati
in
attività
extra
-
agricole
.
Conviene
ricordare
che
per
i
salariati
che
lasciano
le
campagne
l
'
edilizia
costituisce
una
specie
di
sala
d
'
attesa
:
l
'
intento
è
trovare
impiego
nell
'
industria
manifatturiera
.
Se
l
'
edilizia
entra
in
crisi
,
molti
di
coloro
che
lavorano
in
tale
attività
ritornano
nelle
campagne
o
vanno
a
popolare
,
come
sottoproletari
,
le
bidonvilles
e
i
quartieri
poverissimi
delle
città
(
molti
sottoproletari
,
comunque
,
vivono
fra
occupazioni
saltuarie
nell
'
edilizia
e
piccoli
traffici
di
vario
genere
;
v
.
l
'
interessante
monografia
di
Giulio
Salierno
,
Il
sottoproletariato
in
Italia
,
Samonà
e
Savelli
,
Roma
,
1972
)
.
Poiché
un
'
elevata
quota
dei
salariati
che
lasciano
l
'
agricoltura
proviene
dalle
regioni
meridionali
,
appare
qui
una
importante
sovrapposizione
fra
esodo
agrario
ed
emigrazione
dal
Sud
al
Nord
.
Presumibilmente
,
i
contadini
proprietari
,
che
"
scendono
"
e
diventano
salariati
,
appartengono
agli
strati
più
poveri
,
mentre
i
contadini
che
"
salgono
"
appartengono
agli
strati
relativamente
più
benestanti
,
che
sono
in
grado
di
istruirsi
o
di
fare
istruire
adeguatamente
i
loro
figli
.
Di
"
proletarizzazione
"
in
senso
stretto
si
può
parlare
solo
per
quei
contadini
proprietari
che
diventano
salariati
.
Come
risulta
dalle
cifre
indicate
sopra
,
ha
luogo
,
sempre
negli
ultimi
venti
anni
,
una
flessione
dell
'
occupazione
circa
500
mila
persone
.
Questa
flessione
,
che
dal
punto
di
vista
puramente
statistico
dipende
dal
fatto
che
l
'
esodo
agrario
è
maggiore
dell
'
aumento
dell
'
occupazione
nelle
attività
extra
-
agricole
,
è
imputabile
principalmente
alla
flessione
netta
dell
'
occupazione
femminile
in
agricoltura
:
le
donne
che
lasciano
le
campagne
,
ove
svolgono
attività
ausiliarie
,
quando
vanno
in
città
insieme
con
i
mariti
o
con
i
padri
non
trovano
lavoro
a
causa
del
basso
grado
d
'
istruzione
e
di
qualificazione
ed
a
causa
delle
particolari
caratteristiche
della
domanda
di
lavoro
femminile
,
che
,
nella
domanda
complessiva
,
costituisce
la
frazione
marginale
:
due
fatti
,
questi
,
che
sono
fra
loro
interdipendenti
e
che
,
per
l
'
estensione
che
raggiungono
nel
nostro
paese
,
sono
di
natura
essenzialmente
patologica
.
In
complesso
,
e
facendo
riferimento
alla
classificazione
qui
adottata
,
sembra
che
negli
ultimi
venti
anni
l
'
esodo
agrario
si
traduca
in
larga
misura
a
spostamenti
interni
alle
classi
:
da
un
lato
molti
contadini
,
o
i
loro
figli
,
abbandonano
le
campagne
ma
restano
nell
'
ambito
di
quella
che
qui
è
stata
chiamata
piccola
borghesia
(
impiegatizia
o
relativamente
autonoma
)
;
dall
'
altro
lato
,
i
salariati
che
lasciano
l
'
agricoltura
,
o
i
loro
figli
,
restano
nell
'
ambito
della
"
classe
operaia
"
(
e
del
sottoproletariato
:
v
.
la
tabella
4.4
)
.
Tuttavia
,
anche
gli
spostamenti
interni
alle
classi
hanno
grande
rilievo
dal
punto
di
vista
dell
'
equilibrio
sociale
,
poiché
molto
diversi
sono
gl
'
interessi
e
gli
atteggiamenti
politici
prevalenti
nelle
sottoclassi
coinvolte
.
Gli
spostamenti
fra
l
'
una
e
l
'
altra
classe
riguardano
l
'
ascesa
di
un
certo
numero
,
molto
esiguo
,
di
contadini
proprietari
verso
la
borghesia
propriamente
detta
e
,
in
misura
più
consistente
,
la
discesa
di
un
buon
numero
di
contadini
proprietari
(
presumibilmente
:
contadini
poveri
)
verso
il
proletariato
extra
-
agricolo
.
Infine
,
una
parte
dell
'
esodo
si
traduce
in
flessione
netta
dell
'
occupazione
complessiva
.
La
tendenza
dell
'
occupazione
a
diminuire
merita
un
commento
particolare
.
Estendiamo
l
'
orizzonte
temporale
.
Dal
1881
al
1921
il
livello
assoluto
dell
'
occupazione
cresce
in
misura
rilevante
:
da
16,3
a
20,4
milioni
.
Dal
1921
al
1961
quel
livello
subisce
fluttuazioni
molto
modeste
e
,
tutto
sommato
,
varia
relativamente
poco
.
La
flessione
del
livello
assoluto
si
profila
nell
'
ultimo
decennio
,
non
per
un
'
accelerazione
dell
'
esodo
agrario
,
ma
a
causa
dell
'
indebolimento
dello
sviluppo
industriale
.
Come
conseguenza
di
questi
andamenti
,
la
quota
della
popolazione
attiva
sulla
popolazione
totale
che
nel
1881
superava
il
55%
,
oggi
non
raggiunge
il
36%
.
Questa
flessione
va
attribuita
,
in
parte
,
a
cause
di
natura
fisiologica
,
come
l
'
aumento
della
scolarità
e
il
ritiro
volontario
dal
mercato
del
lavoro
di
un
certo
numero
di
persone
anziane
per
il
miglioramento
delle
pensioni
.
Ma
per
una
quota
non
piccola
,
anche
se
non
facilmente
misurabile
,
si
tratta
di
un
fenomeno
patologico
:
lo
sviluppo
della
domanda
di
lavoro
è
troppo
debole
e
la
struttura
di
questa
domanda
non
è
quella
socialmente
desiderabile
.
4
.
Nord
,
Centro
e
Sud
L
'
evoluzione
economica
e
sociale
non
è
un
processo
uniforme
ed
equilibrato
in
nessun
paese
e
da
nessun
punto
di
vista
,
neppure
dal
punto
di
vista
territoriale
;
meno
che
mai
è
uniforme
nel
nostro
paese
,
dove
il
contrasto
fra
Nord
e
Sud
costituisce
il
più
grave
problema
nazionale
;
inoltre
,
come
si
è
già
osservato
,
le
stesse
classi
hanno
connotati
diversi
nelle
diverse
regioni
del
nostro
paese
.
Ma
prima
di
soffermarci
,
schematicamente
,
su
alcuni
aspetti
qualitativi
consideriamo
,
nelle
grandi
linee
,
gli
aspetti
quantitativi
(
v
.
le
tabelle
1.3
,
1.4
,
1.5
e
1.6
)
.
La
fondamentale
stabilità
delle
tre
grandi
classi
sociali
,
che
avevamo
notato
esaminando
i
dati
nazionali
,
si
nota
anche
al
livello
delle
tre
circoscrizioni
(
Nord
,
Centro
e
Sud
)
,
sebbene
a
questo
livello
le
oscillazioni
risultino
più
accentuate
.
Anche
per
queste
circoscrizioni
vale
l
'
osservazione
che
le
variazioni
più
importanti
hanno
luogo
all
'
interno
delle
classi
medie
e
della
classe
operaia
:
flessione
dei
lavoratori
autonomi
ed
aumento
degli
impiegati
;
flessione
dei
salariati
in
agricoltura
ed
aumento
dei
salariati
nelle
altre
attività
,
specialmente
nell
'
industria
.
Queste
flessioni
e
questi
aumenti
,
che
sono
l
'
espressione
di
un
processo
di
"
modernizzazione
"
,
hanno
luogo
in
tutte
e
tre
le
circoscrizioni
;
ma
,
com
'
era
da
attendersi
,
nel
Nord
sono
molto
più
accentuati
.
Soffermandoci
sulla
situazione
attuale
,
è
importante
osservare
che
oggi
,
nel
Sud
,
la
quota
degli
impiegati
privati
-
che
sono
direttamente
collegati
con
la
produzione
-
è
sensibilmente
inferiore
a
quella
nazionale
e
,
ancor
più
,
a
quella
del
Nord
.
Il
quadro
si
rovescia
se
si
considerano
gl
'
impiegati
pubblici
:
nel
Sud
la
quota
è
maggiore
della
media
nazionale
ed
è
molto
maggiore
di
quella
del
Nord
.
Le
quote
risultano
tutte
spostate
in
alto
di
un
punto
e
mezzo
o
due
punti
se
invece
degli
impiegati
pubblici
si
considerano
i
dipendenti
della
pubblica
amministrazione
,
i
quali
includono
anche
i
militari
e
i
salariati
.
Ecco
le
percentuali
sulla
popolazione
attiva
:
Nord
7,2
,
Centro
12,8
,
Sud
10,5
,
media
nazionale
9,2
.
Poiché
nel
Sud
,
che
è
un
'
area
arretrata
,
c
'
è
relativamente
meno
da
amministrare
che
nel
Nord
e
poiché
la
quota
del
Centro
è
spinta
in
alto
dalla
burocrazia
ministeriale
ubicata
a
Roma
,
appare
chiaro
che
la
quota
del
Sud
è
patologicamente
elevata
.
Quanto
ai
professionisti
,
è
interessante
rilevale
che
la
quota
degli
avvocati
sulla
popolazione
nel
Sud
è
pari
a
circa
il
doppio
di
quella
del
Nord
(
0,30
contro
lo
0,15%
)
.
Questo
è
il
risultato
di
due
spinte
:
da
un
lato
,
la
scarsezza
di
sbocchi
professionali
e
quindi
l
'
affollamento
di
questa
come
di
certe
altre
professioni
;
dall
'
altro
lato
,
la
litigiosità
nel
campo
economico
,
che
è
tanto
più
alta
quanto
più
povera
è
l
'
economia
e
quanto
più
stentato
e
diseguale
e
il
suo
sviluppo
.
Consideriamo
ora
la
classe
operaia
.
Nell
'
agricoltura
i
salariati
rappresentano
il
doppio
della
media
nazionale
(
6,2%
)
ed
oltre
tre
volte
la
quota
del
Nord
.
Viceversa
i
salariati
dell
'
industria
,
esclusa
l
'
edilizia
,
nel
Sud
rappresentano
una
quota
pari
alla
metà
della
media
nazionale
(
25%
)
ed
a
poco
più
di
un
terzo
della
quota
del
Nord
.
A
causa
dell
'
esodo
agrario
,
negli
ultimi
vent
'
anni
i
contadini
proprietari
(
più
i
mezzadri
e
i
fittavoli
)
e
i
salariati
si
riducono
sensibilmente
.
È
da
notare
che
la
velocità
assoluta
e
relativa
dell
'
esodo
agrario
nel
Sud
è
paragonabile
a
quella
dell
'
esodo
che
ha
avuto
luogo
nel
Nord
e
nel
Centro
,
sebbene
le
occasioni
di
lavoro
extra
-
agricolo
,
in
queste
due
aree
,
fossero
molto
maggiori
e
sebbene
l
'
emigrazione
in
regioni
lontane
(
o
all
'
estero
)
sia
molto
più
dolorosa
,
umanamente
,
di
spostamenti
nell
'
ambito
della
stessa
regione
.
Questo
fatto
è
chiaramente
la
conseguenza
delle
condizioni
di
miseria
e
di
deficienza
e
di
precarietà
delle
occupazioni
,
soprattutto
nelle
zone
agrarie
dell
'
interno
.
L
'
esodo
agrario
e
l
'
emigrazione
,
insieme
con
lo
sviluppo
molto
fiacco
della
domanda
di
lavoro
fuori
dall
'
agricoltura
,
spiegano
l
'
agghiacciante
caduta
nel
Sud
,
ben
più
grave
che
nel
Centro
e
nel
Nord
,
del
tasso
di
attività
.
Esodo
agrario
in
parte
patologico
,
ipotrofia
dell
'
industria
moderna
,
ipertrofia
del
pubblico
impiego
:
sono
queste
le
caratteristiche
economico
-
sociali
del
Mezzogiorno
.
In
generale
,
la
flessione
dei
gruppi
sociali
legati
all
'
agricoltura
e
l
'
accrescimento
di
quelli
urbani
tende
;
ad
aggravare
l
'
instabilità
politica
,
almeno
in
una
prima
lunga
fase
.
D
'
altra
parte
,
l
'
ipertrofia
dell
'
impiego
pubblico
accompagnata
all
'
ipotrofia
dell
'
impiego
privato
tende
,
come
sempre
,
in
linea
generale
,
a
rafforzare
le
posizioni
della
conservazione
,
poiché
gli
impiegati
privati
,
quando
sono
collegati
alla
produzione
e
,
in
particolare
,
alle
fabbriche
,
tendono
ad
essere
politicamente
più
"
progressisti
"
dei
loro
colleghi
del
settore
pubblico
,
ove
prospera
il
clientelismo
.
Tutto
questo
è
grave
e
preoccupante
,
ma
è
comprensibile
:
in
una
situazione
economica
come
quella
meridionale
,
la
domanda
di
lavoro
extra
-
agricolo
cresce
lentamente
;
soprattutto
i
giovani
appartenenti
ai
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
,
o
i
giovani
appartenenti
ai
ceti
medi
costituiti
dai
lavoratori
relativamente
autonomi
(
specialmente
artigiani
e
contadini
proprietari
)
,
che
non
vogliono
o
non
possono
trovare
impiego
nelle
attività
dei
loro
padri
,
premono
in
tutti
i
modi
per
ottenere
un
posto
,
un
impiego
,
dopo
essersi
muniti
di
un
diploma
o
di
una
laurea
.
In
queste
condizioni
,
le
fortune
stesse
degli
uomini
politici
sono
legate
alle
loro
capacità
di
procurare
"
posti
"
;
ed
i
"
posti
"
spesso
vengono
assegnati
in
gran
parte
in
modo
indipendente
dalla
capacità
delle
persone
.
Si
tratta
di
posti
a
livelli
umili
-
per
il
così
detto
personale
d
'
ordine
e
esecutivo
-
e
si
tratta
,
in
minor
misura
,
di
posti
a
livelli
relativamente
elevati
che
specialmente
negli
enti
locali
comportano
stipendi
buoni
,
relativamente
agli
altri
lavoratori
e
relativamente
alla
situazione
economica
.
Domina
dunque
,
nel
Mezzogiorno
,
il
clientelismo
politico
e
amministrativo
.
Gli
stessi
partiti
di
sinistra
,
quelli
che
hanno
la
falce
e
il
martello
e
magari
un
libro
come
simbolo
,
rimangono
inquinati
da
una
tale
situazione
.
Il
clientelismo
piccolo
-
borghese
rischia
di
travolgere
anche
questi
partiti
,
che
in
teoria
dovrebbero
costituire
,
in
primo
luogo
,
l
'
espressione
dei
contadini
più
poveri
e
dei
salariati
agricoli
(
falce
)
e
dei
lavoratori
salariati
nell
'
industria
(
martello
)
.
In
realtà
,
questi
partiti
,
almeno
negli
organismi
centrali
,
sono
gestiti
e
diretti
da
piccoli
borghesi
,
più
o
meno
illuminati
:
l
'
elogio
del
"
proletario
"
,
la
proclamazione
della
sua
egemonia
,
spesso
diventano
una
maschera
della
situazione
reale
,
in
cui
l
'
egemonia
è
dei
piccoli
borghesi
:
molto
libro
,
poco
martello
,
pochissima
falce
.
La
verità
è
che
i
piccoli
borghesi
hanno
conquistato
l
'
elettorato
attivo
e
quello
passivo
,
mentre
gli
uomini
della
falce
e
del
martello
di
regola
hanno
solo
l
'
elettorato
attivo
.
Le
critiche
ed
anzi
le
invettive
che
Gaetano
Salvemini
scaglia
contro
la
piccola
borghesia
meridionale
sono
dunque
largamente
valide
anche
oggi
.
Ecco
qualche
citazione
:
"
La
vita
pubblica
nel
Mezzogiorno
è
assolutamente
impraticabile
per
chi
non
sia
una
canaglia
(...)
.
Va
da
sé
che
le
lotte
fra
le
fazioni
non
hanno
nessun
contenuto
né
sociale
né
politico
.
Si
tratta
di
clientele
concorrenti
in
cui
si
scinde
l
'
unica
classe
dominante
(...)
.
Se
qualcosa
c
'
è
da
dire
sugli
ideali
dei
vari
eserciti
in
lotta
,
è
che
tutti
hanno
lo
stesso
ideale
:
togliersi
un
po
'
di
fame
sul
bilancio
del
comune
"
(
La
piccola
borghesia
intellettuale
nel
Mezzogiorno
d
'
Italia
,
saggio
del
1911
incluso
nel
volume
Movimento
socialista
e
questione
meridionale
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1963
,
pp.
487-93
)
.
Nel
nostro
tempo
,
in
alcuni
centri
meridionali
ove
si
sono
insediate
grandi
imprese
si
è
creato
un
peculiare
modus
vivendi
,
di
tacita
divisione
di
attività
fra
la
piccola
borghesia
locale
e
i
dirigenti
delle
nuove
unità
industriali
:
i
piccoli
borghesi
locali
si
occupano
dell
'
amministrazione
pubblica
,
assai
spesso
con
metodi
clientelari
non
molto
diversi
dagli
antichi
,
e
i
dirigenti
si
occupano
dell
'
attività
produttiva
:
sfortunatamente
,
non
c
'
è
stata
,
o
non
c
'
è
ancora
stata
,
una
vera
integrazione
su
un
livello
moderno
e
civilmente
accettabile
(
A
.
Graziani
,
Il
Mezzogiorno
nell
'
economia
italiana
degli
ultimi
anni
,
nel
volume
Nord
e
Sud
nella
società
e
nell
'
economia
italiana
di
oggi
,
Atti
del
convegno
promosso
dalla
Fondazione
Luigi
Einaudi
,
Torino
,
1968
,
spec
.
pp.
34-7
)
.
Dal
principio
del
secolo
ad
oggi
,
dunque
,
le
condizioni
della
vita
pubblica
sembra
siano
mutate
più
nella
forma
che
nella
sostanza
.
In
gran
parte
le
cose
stanno
proprio
così
.
Tuttavia
,
se
l
'
osservatore
riesce
a
dominare
le
sue
emozioni
e
l
'
angoscia
e
la
rabbia
di
fronte
ad
uno
spettacolo
spesso
barbaro
ed
incivile
,
egli
deve
riconoscere
che
molte
cose
sono
cambiate
anche
nella
sostanza
;
ed
i
cambiamenti
hanno
avuto
luogo
non
solo
nelle
campagne
(
le
condizioni
economiche
dei
contadini
sono
molto
migliorate
ed
il
loro
numero
è
fortemente
diminuito
per
via
dell
'
emigrazione
)
,
ma
anche
nelle
città
dove
,
in
certi
casi
,
sono
sorti
nuclei
piccoli
ma
dinamici
di
classe
operaia
moderna
.
I
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
,
che
sono
in
forte
espansione
,
destano
le
maggiori
preoccupazioni
poiché
costituiscono
il
terreno
ideale
per
la
coltura
e
lo
sviluppo
dei
virus
del
clientelismo
,
che
diventa
mafia
quando
assume
connotati
criminali
.
Tuttavia
,
perfino
in
quest
'
ambito
vi
sono
cambiamenti
rilevanti
o
almeno
potenzialmente
rilevanti
,
grazie
all
'
accresciuta
mobilità
delle
persone
ed
al
miglioramento
del
livello
culturale
e
grazie
alle
conseguenze
dell
'
irrobustimento
dei
sindacati
,
a
cominciare
da
quelli
degli
operai
,
irrobustimento
che
rende
più
difficili
di
quanto
fossero
ai
tempi
di
Salvemini
le
prevaricazioni
e
gli
abusi
sistematici
.
È
legittimo
sperare
che
,
lottando
molto
duramente
,
cambiamenti
più
vasti
e
profondi
possano
essere
,
attuati
;
ma
occorre
tener
sempre
ben
presente
che
assai
grave
è
il
peso
della
storia
recente
e
,
ancor
più
,
il
peso
della
storia
passata
:
non
bisogna
farsi
nessuna
illusione
sui
tempi
e
sugli
sforzi
necessari
.
5
.
Marx
e
la
piccola
borghesia
Mentre
Marx
aveva
esattamente
previsto
la
flessione
della
piccola
borghesia
agraria
e
dell
'
artigianato
di
tipo
antico
,
bisogna
dire
che
egli
non
aveva
previsto
né
lo
sviluppo
dell
'
artigianato
di
tipo
nuovo
né
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
.
È
vero
:
in
un
passo
sovente
citato
della
Storia
delle
teorie
economiche
(
Einaudi
,
Torino
,
1935
,
vol.
II
,
p
.
634
)
Marx
,
dopo
aver
notato
che
il
progresso
tecnico
fa
aumentare
il
reddito
netto
,
afferma
che
questo
aumento
a
sua
volta
dà
luogo
ad
una
"
costante
espansione
delle
classi
che
si
trovano
in
mezzo
fra
gli
operai
da
un
lato
ed
i
capitalisti
e
i
proprietari
fondiari
dall
'
altro
,
le
quali
in
gran
parte
sono
mantenute
direttamente
dal
reddito
e
,
mentre
gravano
sulla
sottostante
base
lavoratrice
,
accrescono
la
sicurezza
e
la
potenza
sociale
dei
diecimila
soprastanti
"
.
Tuttavia
,
questa
osservazione
rimane
isolata
;
sembra
che
Marx
attribuisca
maggiore
importanza
ad
un
'
altra
conseguenza
del
progresso
della
tecnica
in
regime
capitalistico
,
una
conseguenza
che
egli
considera
nel
primo
libro
del
Capitale
(
l
'
unico
che
abbia
rivisto
e
completato
per
la
pubblicazione
)
:
"
lo
straordinario
aumento
raggiunto
dalla
forza
produttiva
nelle
sfere
della
grande
industria
-
egli
scrive
-
permette
di
adoperare
improduttivamente
una
parte
sempre
maggiore
della
classe
operaia
e
quindi
di
riprodurre
specialmente
gli
antichi
schiavi
domestici
sotto
il
nome
di
"
classe
di
servitori
"
,
come
camerieri
,
serve
,
lacchè
,
ecc
.
,
sempre
più
in
massa
"
;
e
per
suffragare
le
sue
tesi
si
ferma
ad
esaminare
alcune
statistiche
inglesi
(
libro
I
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1952
,
vol.
II
,
pp.
154-5
)
.
La
prima
osservazione
,
quella
riguardante
le
classi
medie
,
era
sulla
strada
giusta
;
lo
stesso
non
si
può
dire
della
seconda
:
a
quanto
pare
la
tendenza
all
'
aumento
dei
servitori
durò
pochi
decenni
e
fu
poi
sostituita
da
una
tendenza
opposta
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
2.1
)
.
In
ogni
modo
,
la
"
questione
dei
domestici
"
,
pur
essendo
apparentemente
umile
,
presenta
interesse
,
poiché
ha
fatto
parte
integrante
di
un
certo
modo
di
vita
e
riveste
comunque
rilevanza
nelle
famiglie
della
media
e
piccola
borghesia
(
per
quelle
della
grande
borghesia
la
questione
si
pone
in
termini
assai
diversi
)
.
La
questione
delle
classi
medie
,
pressoché
ignorata
da
Marx
sul
piano
dell
'
elaborazione
concettuale
,
è
stata
acutamente
e
ripetutamente
discussa
da
un
grande
pensatore
che
si
dichiara
seguace
di
Marx
e
cioè
da
Mao
Tse
-
tung
(
v
.
specialmente
il
saggio
Analisi
delle
classi
sociali
cinesi
incluso
nel
I
volume
delle
Opere
scelte
,
Casa
editrice
in
lingue
estere
,
Pechino
,
1969
)
.
Quell
'
accenno
all
'
espansione
delle
classi
medie
,
dunque
,
resta
isolato
,
come
restano
isolate
altre
osservazioni
-
geniali
,
considerando
il
tempo
in
cui
Marx
scriveva
-
sui
dirigenti
industriali
(
managers
)
e
sui
tecnici
.
Riguardo
alle
classi
medie
sembra
che
tanto
le
conseguenze
analitiche
quanto
le
conseguenze
politiche
rimangano
,
per
Marx
,
quelle
che
egli
insieme
con
Engels
considerava
nel
Manifesto
,
nel
quale
prospettava
il
declino
,
fin
quasi
alla
sparizione
in
quanto
forza
sociale
e
politica
,
della
piccola
borghesia
,
che
nello
stesso
Manifesto
è
vista
come
una
classe
composta
da
contadini
proprietari
,
artigiani
e
piccoli
commercianti
.
Nelle
opere
storiche
concrete
(
per
esempio
:
Le
lotte
di
classe
in
Francia
dal
1848
al
1850
,
Il
18
brumaio
di
Luigi
Bonaparte
)
,
Marx
considera
diverse
classi
e
sottoclassi
e
mostra
di
essere
ben
consapevole
del
ruolo
della
piccola
borghesia
.
Egli
mette
in
rilievo
i
conflitti
fra
la
borghesia
industriale
moderna
,
da
un
lato
,
e
la
borghesia
agraria
e
quella
finanziaria
dall
'
altro
:
è
la
lotta
fra
il
nuovo
ed
il
vecchio
nel
seno
stesso
della
classe
dominante
,
la
lotta
attraverso
la
quale
la
borghesia
industriale
cerca
di
imporre
il
suo
predominio
;
le
altre
frazioni
della
borghesia
,
a
loro
volta
,
cercano
di
allearsi
alla
piccola
borghesia
.
Ma
la
piccola
borghesia
di
Marx
è
essenzialmente
quella
di
tipo
tradizionale
,
che
nel
tempo
avrebbe
subito
una
"
inevitabile
decadenza
"
,
così
come
le
altre
frazioni
della
grande
borghesia
avrebbero
progressivamente
perduto
d
'
importanza
,
lasciando
libero
il
campo
ai
due
grandi
protagonisti
-
antagonisti
:
la
borghesia
industriale
e
il
proletariato
industriale
.
La
successiva
evoluzione
delle
classi
sociali
non
ha
corrisposto
alla
previsione
di
Marx
.
Il
fatto
nuovo
più
rilevante
nell
'
evoluzione
delle
classi
nel
nostro
paese
,
come
anche
negli
altri
paesi
che
si
sono
andati
sviluppando
secondo
lo
schema
capitalistico
,
è
stato
appunto
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
,
in
via
subordinata
,
di
quella
commerciale
.
Se
la
borghesia
vera
e
propria
(
la
grande
e
media
borghesia
)
può
essere
quasi
certamente
considerata
come
una
classe
sia
dal
punto
di
vista
sociale
sia
da
quello
politico
;
e
se
la
classe
operaia
,
anche
in
seguito
allo
sviluppo
di
molte
imprese
moderne
e
alla
forte
flessione
dei
salariati
agricoli
,
comincia
probabilmente
ora
ad
assumere
i
caratteri
di
una
classe
,
almeno
nel
suo
nucleo
più
omogeneo
(
salariati
dell
'
industria
moderna
)
,
la
piccola
borghesia
-
i
ceti
medi
-
non
sono
propriamente
una
classe
:
si
può
parlare
,
al
massimo
,
di
una
quasi
classe
,
che
possiede
alcune
solidarietà
di
fondo
(
per
ragioni
economiche
e
culturali
)
,
ma
che
è
suddivisa
in
tanti
e
tanti
gruppi
,
con
interessi
economici
diversi
e
spesso
contrastanti
,
con
diversi
tipi
di
cultura
e
con
diversi
livelli
di
quella
che
si
potrebbe
chiamare
moralità
civile
.
È
stato
sostenuto
,
soprattutto
da
studiosi
marxisti
,
che
è
in
atto
un
processo
di
proletarizzazione
(
culturale
e
politica
,
più
che
economica
)
dei
ceti
medi
.
Per
contro
,
è
stato
sostenuto
,
da
critici
del
marxismo
,
che
è
in
atto
un
processo
di
"
integrazione
"
e
di
imborghesimento
(
economico
,
culturale
e
politico
)
della
classe
operaia
.
Non
posso
entrare
in
tali
questioni
,
che
sono
state
dibattute
a
lungo
dai
sociologi
e
continuano
ad
essere
discusse
.
Tuttavia
,
considero
false
entrambe
le
tesi
se
ad
esse
si
vuole
attribuire
validità
generale
:
è
vero
,
invece
,
che
certi
strati
dei
ceti
medi
tendono
a
proletarizzarsi
,
così
come
è
vero
che
tendono
a
imborghesirsi
alcuni
strati
superiori
della
classe
operaia
.
È
possibile
che
il
processo
di
proletarizzazione
di
certi
strati
dei
ceti
medi
compia
rapidi
progressi
(
v
.
oltre
,
parte
I
,
cap
.
7
)
;
ed
è
possibile
al
contrario
che
il
processo
d
'
imborghesimento
col
tempo
si
estenda
addirittura
a
tutta
la
classe
operaia
;
come
è
possibile
che
tutto
ciò
non
avvenga
.
Quel
che
è
certo
è
che
oggi
la
classe
operaia
italiana
è
ancora
molto
arretrata
:
sono
ancora
numerosi
i
salariati
agricoli
,
fissi
e
giornalieri
(
braccianti
)
;
numerosi
sono
anche
gli
occupati
nell
'
edilizia
,
un
'
attività
dispersa
e
in
gran
parte
arretrata
.
Nell
'
industria
,
inclusa
l
'
edilizia
,
gli
operai
occupati
in
unità
con
oltre
100
addetti
-
le
unità
industriali
moderne
-
sono
circa
2
milioni
(
poco
più
di
un
quinto
dell
'
intera
classe
operaia
:
v
.
le
tabelle
4.2
e
4.3
)
.
Al
polo
opposto
vi
sono
oltre
3
milioni
e
mezzo
di
occupati
precari
,
tre
quarti
dei
quali
si
trovano
nel
Mezzogiorno
,
dove
tuttavia
vive
soltanto
un
terzo
della
popolazione
totale
(
nella
tabella
1.1
gli
occupati
precari
e
,
in
particolare
,
i
sottoproletari
non
sono
considerati
separatamente
;
alcune
stime
di
larga
massima
sono
indicate
nella
tabella
4.4
)
.
Ricordiamoci
poi
che
oltre
il
70%
di
coloro
che
appartengono
alle
forze
di
lavoro
al
massimo
ha
la
licenza
elementare
;
e
si
deve
presumere
che
in
gran
parte
queste
persone
siano
lavoratori
salariati
(
vedi
la
tabella
6.2
)
.
Il
quadro
è
spaventoso
;
ma
la
politica
dello
struzzo
non
ha
mai
giovato
a
nessuno
.
6
,
La
rapida
espansione
della
burocrazia
privata
e
pubblica
Perché
è
cresciuta
tanto
la
piccola
borghesia
impiegatizia
?
Principalmente
per
tre
ragioni
.
In
primo
luogo
,
per
il
progresso
tecnico
e
organizzativo
,
che
ha
portato
ad
un
continuo
aumento
nelle
dimensioni
e
quindi
ad
una
"
burocratizzazione
"
di
molte
imprese
ed
ha
dato
luogo
alla
formazione
e
allo
sviluppo
di
nuovi
uffici
pubblici
per
amministrare
tutti
quegli
interventi
necessari
per
sostenere
lo
sviluppo
delle
grandi
imprese
o
per
puntellare
o
"
salvare
"
quelle
grandi
imprese
che
si
venivano
a
trovare
in
difficoltà
.
Al
tempo
stesso
,
diverse
grandi
imprese
,
salvate
appunto
nei
periodi
di
crisi
ovvero
create
dall
'
autorità
pubblica
per
sostenere
lo
sviluppo
del
reddito
e
dell
'
occupazione
,
sono
diventate
imprese
pubbliche
e
gl
'
impiegati
sono
entrati
a
far
parte
di
una
burocrazia
di
tipo
nuovo
,
formalmente
privata
ma
sostanzialmente
pubblica
(
nella
tabella
1.1
questi
sono
inclusi
fra
gli
impiegati
privati
)
.
In
secondo
luogo
,
è
stato
creato
e
poi
progressivamente
allargato
un
gran
numero
di
organismi
e
di
uffici
pubblici
per
amministrare
le
così
dette
spese
di
trasferimento
(
che
oggi
rappresentano
circa
il
40%
del
bilancio
pubblico
)
:
è
questo
il
risultato
di
una
vasta
opera
di
"
mediazione
"
(
l
'
espressione
è
di
Augusto
Illuminati
)
,
attuata
dalla
classe
dominante
per
stabilizzare
il
sistema
sociale
dando
,
sia
pure
in
parte
,
soddisfazione
alle
richieste
delle
classi
subalterne
:
si
tratta
essenzialmente
di
pensioni
1e
di
contributi
agli
enti
di
previdenza
e
di
assistenza
.
In
terzo
luogo
,
un
numero
crescente
di
persone
,
che
erano
riuscite
a
conseguire
un
diploma
o
una
laurea
,
sono
poi
riuscite
a
entrare
nella
burocrazia
centrale
o
locale
grazie
a
pressioni
clientelari
o
politiche
:
non
i
funzionari
a
servizio
del
pubblico
,
ma
il
pubblico
a
servizio
dei
funzionari
.
In
questi
casi
gli
stipendi
non
sono
altro
che
larvati
sussidi
di
disoccupazione
;
in
ultima
analisi
,
anche
questi
casi
sono
la
conseguenza
di
una
particolare
opera
di
stabilizzazione
sociale
e
politica
.
Mentre
i
casi
relativi
ai
primi
due
ordini
di
motivi
possono
essere
considerati
fisiologici
,
quelli
del
terzo
ordine
di
motivi
sono
certamente
patologici
dal
punto
di
vista
economico
.
Che
l
'
inflazione
patologica
della
burocrazia
abbia
assunto
,
in
Italia
,
proporzioni
cospicue
è
provato
,
oltre
che
dall
'
esperienza
diretta
,
da
almeno
due
fatti
.
1
)
L
'
incidenza
degli
impiegati
pubblici
sull
'
occupazione
totale
è
sensibilmente
più
alta
nel
Sud
di
quanto
sia
nel
Nord
;
e
nessuno
potrà
credere
che
nelle
regioni
meridionali
le
esigenze
del
primo
e
del
secondo
ordine
siano
maggiori
che
nelle
più
evolute
regioni
settentrionali
.
(
Naturalmente
ho
escluso
dal
confronto
le
regioni
del
Centro
,
dove
si
trova
,
a
Roma
,
la
burocrazia
ministeriale
)
.
2
)
Di
tanto
in
tanto
il
governo
promette
premi
e
liquidazioni
speciali
per
indurre
un
certo
numero
d
'
impiegati
a
dimettersi
e
a
lasciare
la
burocrazia
;
provvedimenti
che
non
rimediano
a
nulla
,
sia
per
i
loro
limitatissimi
effetti
,
sia
perché
l
'
inflazione
patologica
non
si
distribuisce
in
modo
uniforme
in
tutti
i
rami
della
pubblica
amministrazione
,
ma
è
particolarmente
grave
nel
caso
del
personale
puramente
amministrativo
e
poco
qualificato
;
negli
uffici
tecnici
vi
è
anzi
carenza
di
personale
specializzato
.
(
Anche
a
questo
motivo
va
attribuita
l
'
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
)
.
La
conformazione
della
burocrazia
italiana
è
simile
,
insomma
,
a
quella
che
assume
il
corpo
di
molti
bambini
sottonutriti
del
terzo
mondo
:
un
ventre
patologicamente
gonfio
,
uno
scheletro
debolissimo
e
insufficientemente
sviluppato
.
Non
si
deve
pensare
,
tuttavia
,
che
i
larvati
sussidi
di
disoccupazione
,
ossia
gli
stipendi
non
giustificati
dalle
"
necessità
sociali
della
produzione
"
e
dell
'
amministrazione
,
riguardino
solo
certi
strati
inferiori
della
burocrazia
.
In
alcune
sfere
dell
'
alta
burocrazia
,
nell
'
area
degli
enti
pubblici
e
delle
aziende
municipalizzate
si
trovano
numerose
persone
la
cui
attività
sarebbe
arduo
giustificare
con
quelle
necessità
sociali
.
Sono
persone
che
riescono
a
"
farsi
assegnare
taglie
ingenti
sul
reddito
nazionale
"
approfittando
di
una
sorta
di
omertà
di
classe
e
facendo
leva
sulle
"
necessità
politiche
del
gruppo
fondamentale
dominante
"
(
Gramsci
,
Gli
intellettuali
e
l
'
organizzazione
della
cultura
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
p
.
10
)
.
Come
in
parte
si
può
desumere
da
quanto
si
è
detto
dianzi
e
in
parte
potrà
apparire
più
oltre
nel
capitolo
riguardante
il
fascismo
(
parte
I
,
cap
.
9
)
,
la
espansione
patologica
della
burocrazia
è
anche
il
risultato
di
situazioni
politiche
di
stallo
che
più
volte
si
sono
create
nel
nostro
paese
nei
periodi
in
cui
più
aspri
sono
stati
i
conflitti
fra
borghesia
vera
e
propria
e
strati
più
o
meno
ampi
di
lavoratori
salariati
(
fra
i
due
litiganti
il
terzo
gode
)
.
In
quei
periodi
gli
strati
più
elevati
della
borghesia
hanno
favorito
le
concessioni
,
in
termini
di
impieghi
e
di
aumenti
di
stipendi
,
ai
funzionari
e
specialmente
ai
funzionari
di
grado
più
elevato
,
per
tirarli
dalla
propria
parte
.
In
siffatti
periodi
la
burocrazia
non
solo
si
espande
,
ma
acquista
un
potere
relativamente
autonomo
,
per
la
"
crisi
di
autorità
"
e
il
"
vuoto
di
potere
"
che
risultano
dalla
situazione
di
stallo
fra
i
maggiori
contendenti
.
Probabilmente
quello
che
stiamo
vivendo
oggi
in
Italia
costituisce
uno
di
tali
periodi
[
Sono
stato
indotto
ad
esprimere
le
osservazioni
contenute
in
questo
capoverso
dopo
la
lettura
dei
commenti
critici
che
Marcello
Colitti
mi
ha
comunicato
in
una
lettera
.
Cfr
.
M
.
Colitti
,
Le
grandi
imprese
e
lo
Stato
,
Einaudi
,
Torino
1972
e
A
.
Gramsci
,
Note
sul
Machiavelli
,
Einaudi
,
Torino
1953
,
pp.
50-62
.
]
.
Privilegiata
,
però
,
non
è
l
'
intera
burocrazia
,
ma
solo
la
fetta
già
elevata
;
e
un
'
analoga
considerazione
vale
per
tutti
gli
altri
ceti
medi
.
Più
precisamente
,
vi
sono
aree
di
privilegio
sia
in
singoli
settori
di
attività
,
protetti
economicamente
e
politicamente
,
o
,
nell
'
ambito
di
tutti
o
quasi
tutti
i
settori
,
al
vertice
delle
diverse
gerarchie
.
In
via
generale
,
le
condizioni
economiche
delle
classi
medie
(
esclusi
i
contadini
proprietari
,
che
costituiscono
un
caso
a
parte
)
sono
tanto
migliori
rispetto
a
quelle
della
classe
operaia
quanto
più
tardivo
è
il
processo
di
sviluppo
dell
'
industria
moderna
e
quanto
più
debole
è
la
forza
contrattuale
della
classe
dei
lavoratori
salariati
,
per
la
presenza
di
un
'
ampia
disoccupazione
manifesta
e
nascosta
,
soprattutto
in
agricoltura
.
In
queste
condizioni
,
infatti
,
i
salari
reali
aumentano
ad
un
saggio
relativamente
lento
,
cosicché
i
lavoratori
partecipano
in
misura
modesta
all
'
aumento
del
sovrappiù
sociale
,
o
reddito
netto
;
di
conseguenza
,
una
parte
crescente
del
sovrappiù
diviene
disponibile
per
i
non
salariati
:
capitalisti
veri
e
propri
,
proprietari
di
case
e
di
terreni
e
ceti
medi
,
che
mettono
a
frutto
la
loro
posizione
di
quasi
monopolio
dell
'
istruzione
media
e
superiore
.
Di
qui
,
l
'
aumento
del
benessere
relativo
di
certi
strati
di
impiegati
e
di
commercianti
.
(
Questa
ipotesi
,
che
è
emersa
da
una
conversazione
con
Fernando
Vianello
,
andrebbe
verificata
sulla
base
di
confronti
con
l
'
evoluzione
delle
classi
e
dei
gruppi
sociali
in
altri
paesi
,
specialmente
di
quelli
molto
sviluppati
e
,
all
'
opposto
,
relativamente
arretrati
.
Un
punto
di
partenza
per
tali
confronti
può
essere
offerto
dall
'
ottimo
volume
di
Gino
Germani
,
Sociologia
della
modernizzazione
.
L
'
esperienza
dell
'
America
Latina
,
Laterza
,
Bari
,
1971
,
particolarmente
i
capp
.
VI
e
X
)
.
7
.
L
'
ubiquità
della
piccola
borghesia
Sebbene
la
piccola
borghesia
non
costituisca
propriamente
una
classe
,
essa
tuttavia
,
come
certi
santi
,
possiede
il
dono
dell
'
ubiquità
.
Gli
stessi
interessi
della
classe
operaia
sono
in
gran
parte
gestiti
-
almeno
sul
piano
politico
e
su
quello
delle
organizzazioni
sindacali
centrali
-
da
membri
della
piccola
borghesia
,
i
quali
a
differenza
dei
lavoratori
salariati
hanno
,
fra
gli
altri
privilegi
,
più
tempo
libero
e
un
più
elevato
grado
d
'
istruzione
.
Pur
amministrando
la
cosa
pubblica
e
,
nella
massima
parte
,
gli
apparati
dei
partiti
politici
,
e
pur
condizionando
ampiamente
i
gusti
e
le
aspirazioni
sociali
,
non
si
può
affermare
che
il
"
potere
"
sia
nelle
mani
di
questa
quasi
classe
.
Nei
paesi
economicamente
più
evoluti
i
piccoli
borghesi
sono
gli
amministratori
universali
;
condizionano
le
scelte
di
fondo
-
fin
quasi
ad
esercitare
in
molti
casi
una
specie
di
potere
di
veto
-
,
ma
non
sono
loro
a
prenderle
.
Se
si
considera
che
la
piccola
borghesia
è
spezzettata
in
tanti
e
tanti
gruppi
(
localmente
,
in
tante
e
tante
clientele
)
e
che
non
pochi
di
questi
gruppi
sono
costituiti
in
misura
notevole
da
individui
famelici
,
servili
e
culturalmente
rozzi
-
da
quelli
che
chiamerei
i
topi
nel
formaggio
-
si
comprende
perché
nella
nostra
vita
pubblica
siano
così
diffuse
certe
pratiche
non
di
rado
sgradevoli
e
perfino
ripugnanti
della
nostra
vita
pubblica
,
fra
cui
sono
da
annoverare
molte
pratiche
di
sottogoverno
.
Forse
gli
strati
civilmente
più
robusti
della
piccola
borghesia
s
sono
da
ricercare
ai
due
estremi
:
fra
quelli
di
formazione
più
antica
(
che
hanno
certe
"
tradizioni
"
)
e
quelli
di
formazione
più
recente
e
appartenenti
a
famiglie
non
proprio
miserabili
(
i
cui
membri
anziani
,
di
origine
contadina
e
operaia
,
hanno
impartito
un
'
educazione
"
austera
"
ai
membri
più
giovani
)
;
mentre
fra
gli
strati
di
formazione
intermedia
,
specialmente
se
provengono
da
famiglie
miserabili
,
si
ritrovano
più
di
frequente
gli
individui
peggiori
,
disposti
a
intraprendere
l
'
ascesa
sociale
e
la
scalata
al
benessere
con
ogni
mezzo
.
Questi
individui
,
se
restano
ai
margini
,
in
posizioni
umili
quanto
a
reddito
e
quanto
a
prestigio
sociale
,
sono
spesso
indotti
,
dall
'
ansia
di
differenziarsi
dalle
classi
di
provenienza
,
a
prendere
anche
politicamente
le
posizioni
più
reazionarie
.
L
'
instabilità
politica
e
la
superficialità
culturale
che
caratterizzano
numerosi
strati
della
piccola
borghesia
,
insieme
con
l
'
acuto
desiderio
di
sfuggire
ad
una
vita
mediocre
e
squallida
e
di
"
emergere
"
ad
ogni
costo
,
possono
contribuire
a
spiegare
i
salti
acrobatici
compiuti
da
certi
individui
dall
'
estrema
sinistra
all
'
estrema
destra
(
molto
raramente
nella
direzione
opposta
)
:
uno
dei
più
noti
campioni
di
questo
genere
di
salti
è
,
nella
nostra
storia
,
Benito
Mussolini
,
rappresentante
caratteristico
di
certi
strati
della
piccola
borghesia
provinciale
.
Debbo
insistere
:
non
vedo
,
nella
piccola
borghesia
soltanto
individui
di
questo
tipo
;
non
vedo
questa
quasi
classe
soltanto
a
colori
foschi
.
Certo
,
a
causa
della
nostra
storia
,
la
fascia
che
può
esser
vista
a
colori
non
foschi
è
piuttosto
esile
;
ma
esiste
;
ed
in
questa
fascia
risiede
una
delle
speranze
per
il
futuro
.
In
ogni
modo
,
l
'
espressione
"
piccola
borghesia
"
,
spesso
usata
in
senso
quasi
dispregiativo
,
non
deve
trarre
in
inganno
:
in
questa
quasi
classe
,
non
meno
che
nelle
altre
,
si
trovano
individui
di
grande
onestà
civile
,
di
grande
coraggio
e
di
grande
forza
d
'
animo
:
furono
molti
i
piccoli
borghesi
che
morirono
nella
Resistenza
o
nei
campi
di
concentramento
nazisti
.
Ma
anche
fra
i
torturatori
erano
assai
numerosi
i
piccoli
borghesi
.
La
mediocrità
della
vita
quotidiana
di
moltissime
famiglie
piccolo
-
borghesi
non
esclude
dunque
-
anzi
,
forse
,
in
certe
circostanze
contribuisce
a
determinare
-
una
polarizzazione
verso
gli
estremi
,
verso
il
meglio
ed
il
peggio
che
si
può
trovare
nell
'
umanità
.
Proprio
a
causa
della
sua
frammentazione
in
tanti
`
e
tanti
gruppi
e
per
la
sua
eterogeneità
economica
e
sociale
,
la
piccola
borghesia
è
politicamente
instabile
.
L
'
instabilità
è
accresciuta
dal
fatto
che
,
per
non
essere
costretti
,
come
gli
operai
,
ad
una
dura
disciplina
di
lavoro
e
ad
uno
sforzo
incessante
di
sopravvivenza
,
molti
piccoli
borghesi
-
fra
cui
sono
numerosi
intellettuali
-
hanno
una
non
indifferente
zona
discrezionale
,
ossia
possono
scegliere
,
per
il
bene
o
per
il
male
,
entro
limiti
relativamente
più
ampi
non
solo
degli
operai
,
ma
perfino
della
grande
e
media
borghesia
,
i
cui
membri
subiscono
fortemente
le
pressioni
della
loro
classe
,
assai
più
omogenea
della
piccola
borghesia
.
L
'
instabilità
e
la
polivalenza
o
indeterminatezza
politica
della
piccola
borghesia
assumono
la
massima
intensità
nei
suoi
strati
giovanili
.
Nei
movimenti
giovanili
piccolo
-
borghesi
,
specialmente
,
in
quello
che
è
stato
il
movimento
studentesco
e
poi
negli
attuali
gruppi
extra
-
parlamentari
di
estrema
sinistra
,
confluiscono
le
motivazioni
e
gl
'
impulsi
più
diversi
:
alcuni
certamente
nobili
e
degni
del
massimo
rispetto
,
altri
assai
poco
rispettabili
.
Numerosi
giovani
o
giovanissimi
hanno
scoperto
l
'
esistenza
delle
classi
e
le
discriminazioni
e
le
tremende
ingiustizie
che
discendono
da
questa
realtà
e
sovente
si
sono
gettati
all
'
estrema
sinistra
per
una
sorta
di
complesso
di
colpa
derivante
dai
privilegi
di
cui
si
sono
accorti
di
godere
,
o
per
un
"
inconscio
desiderio
di
realizzare
essi
l
'
egemonia
della
loro
propria
classe
sul
popolo
"
(
Gramsci
,
Gli
intellettuali
e
l
'
organizzazione
della
cultura
,
cit
.
,
p
.
43
)
.
Numerosi
giovani
e
giovanissimi
hanno
messo
sotto
accusa
i
padri
,
molti
dei
quali
avevano
la
coda
di
paglia
(
il
contrasto
fra
giovani
e
anziani
è
antico
quanto
l
'
umanità
;
oggi
,
cadute
molte
bardature
ipocrite
,
ha
assunto
in
molti
paesi
forme
nuove
ed
esasperate
)
.
La
tensione
,
fra
gli
studenti
,
i
diplomati
e
i
laureati
,
è
stata
aggravata
dalla
crescente
disoccupazione
intellettuale
-
un
fenomeno
anche
questo
antico
,
che
di
recente
ha
assunto
proporzioni
molto
gravi
,
sia
per
l
'
impulso
proveniente
dallo
sviluppo
del
sistema
economico
verso
una
più
larga
base
per
la
selezione
di
tecnici
e
di
specialisti
,
sia
per
l
'
accresciuto
reddito
di
famiglie
appartenenti
a
gruppi
sociali
relativamente
meno
agiati
,
che
hanno
potuto
inviare
i
loro
figli
alle
scuole
di
ordine
superiore
e
far
loro
prendere
un
diploma
o
una
laurea
,
senza
però
che
,
nell
'
economia
,
la
domanda
di
lavoro
intellettuale
aumentasse
in
misura
corrispondente
all
'
offerta
.
L
'
instabilità
e
la
polivalenza
politica
della
piccola
borghesia
trovano
un
contrappeso
,
o
un
correttivo
,
in
una
serie
di
elementi
ai
quali
è
necessario
dedicare
un
brevissimo
cenno
.
Per
ottenere
e
mantenere
il
"
consenso
"
e
la
lealtà
dei
ceti
piccolo
-
borghesi
verso
il
così
detto
"
sistema
"
e
,
possibilmente
,
per
mantenerli
in
uno
stato
di
subordinazione
,
in
una
parola
per
rafforzare
ed
allargare
le
propensioni
conservatrici
di
quei
ceti
,
la
classe
dominante
tende
,
da
un
lato
,
a
facilitare
moderatamente
la
mobilità
ascendente
di
quei
ceti
e
,
dall
'
altro
,
a
utilizzare
le
diverse
istituzioni
.
La
mobilità
ascendente
non
è
affatto
costante
nei
diversi
periodi
e
nelle
diverse
società
ed
è
difficile
da
definire
e
misurare
in
modo
rigoroso
;
ma
è
certo
che
non
è
molto
ampia
(
specialmente
quando
si
tratta
della
cooptazione
nella
stessa
classe
dominante
)
ed
è
anche
certo
che
la
classe
dominante
tende
a
presentarla
come
molto
più
ampia
di
quanto
essa
in
realtà
sia
.
Non
si
tratta
di
un
programma
razionalmente
elaborato
e
consapevolmente
perseguito
dalla
classe
dominante
;
si
tratta
piuttosto
di
un
processo
che
viene
alimentato
in
modo
quasi
automatico
attraverso
un
sistema
,
prodotto
da
una
lunga
tradizione
storica
,
di
approvazioni
e
di
riprovazioni
morali
e
sociali
e
,
corrispondentemente
,
di
promozioni
o
di
punizioni
,
secondo
i
comportamenti
individuali
di
conservazione
e
di
accettazione
ovvero
di
dissenso
e
di
rifiuto
.
Un
analogo
processo
,
autoperpetuantesi
in
forme
nuove
anche
dopo
cambiamenti
e
perfino
dopo
fratture
nella
vita
sociale
,
è
all
'
origine
delle
"
istituzioni
"
(
magistratura
,
scuola
,
esercito
,
polizia
ed
altre
)
,
che
costituiscono
l
'
area
sociale
dove
tipicamente
opera
la
piccola
borghesia
impiegatizia
del
settore
pubblico
e
la
cui
logica
(
incluse
le
specifiche
"
scale
di
valori
"
)
mira
ad
attuare
l
'
identificazione
fra
gli
uomini
e
l
'
istituzione
alla
quale
appartengono
e
il
totale
condizionamento
della
loro
personalità
.
L
'
appartenenza
alle
diverse
istituzioni
dei
diversi
gruppi
della
piccola
borghesia
impiegatizia
costituisce
il
principale
elemento
connettivo
di
questi
ceti
ed
entro
certi
limiti
li
stabilizza
e
li
subordina
alla
classe
dominante
.
Tuttavia
,
soprattutto
in
questo
periodo
,
la
stabilizzazione
e
,
ancora
di
più
,
la
subordinazione
non
sono
più
generalmente
accolte
come
fatti
ovvi
,
ossia
spontanei
,
ossia
fondati
sul
consenso
,
ma
sono
messi
in
discussione
.
In
linguaggio
marxista
,
tutti
questi
fenomeni
fanno
parte
della
"
sovrastruttura
"
-
un
'
espressione
ambigua
e
,
io
ritengo
,
ingannevole
se
intesa
in
senso
letterale
.
Se
usata
con
un
grano
di
sale
,
si
può
dire
che
nel
capitalismo
moderno
,
con
i
crescenti
margini
discrezionali
consentiti
dalla
liberazione
dalle
necessità
elementari
della
vita
di
masse
crescenti
di
persone
,
specialmente
nel
settore
della
piccola
borghesia
,
la
"
sovrastruttura
"
diventa
almeno
altrettanto
importante
della
"
struttura
"
[
Ho
scritto
queste
ultime
osservazioni
in
seguito
alle
critiche
ed
ai
suggerimenti
espressi
da
Giorgio
Ruffolo
e
da
Giulio
Salierno
in
un
dibattito
promosso
il
24
novembre
1972
dall
'
Istituto
romano
per
la
storia
dal
fascismo
alla
Resistenza
,
dibattito
che
riguardava
appunto
questo
lavoro
]
.
Nonostante
l
'
instabilità
e
la
polivalenza
politica
che
caratterizzano
la
piccola
borghesia
nei
suoi
molteplici
strati
,
e
nonostante
i
correttivi
istituzionali
e
politici
cui
ora
si
è
accennato
,
probabilmente
è
giusto
sostenere
,
come
hanno
fatto
alcuni
sociologi
(
Luciano
Gallino
ed
altri
)
,
che
nell
'
ambito
di
quella
che
io
chiamo
piccola
borghesia
impiegatizia
comincia
a
delinearsi
una
certa
differenziazione
fra
i
quadri
intermedi
che
vengono
a
integrarsi
nel
gruppo
dominante
e
i
quadri
intermedi
che
invece
assumono
le
caratteristiche
di
impiegati
esecutivi
(
cfr.
parte
I
,
cap
.
3
)
.
E
si
può
dire
che
questi
,
specialmente
nelle
grandi
fabbriche
,
tendono
a
proletarizzarsi
,
non
tanto
nel
senso
strettamente
economico
(
reddito
individuale
)
,
quanto
dal
punto
di
vista
della
qualità
del
lavoro
e
dello
status
sociale
e
quindi
nel
senso
che
i
loro
interessi
e
i
loro
ideali
si
avvicinano
progressivamente
a
quelli
della
classe
operaia
;
corrispondentemente
,
le
azioni
sindacali
e
politiche
di
questi
impiegati
e
quelle
degli
operai
dell
'
industria
moderna
diventano
sempre
più
simili
fra
loro
.
Per
altri
strati
della
piccola
borghesia
specialmente
nel
settore
pubblico
,
si
è
avuta
invece
una
proletarizzazione
non
nel
senso
sociale
e
politico
ma
nel
senso
economico
,
ossia
nel
senso
di
un
avvicinamento
alle
condizioni
materiali
di
vita
degli
operai
.
Tuttavia
,
la
tendenza
alla
proletarizzazione
nel
senso
economico
di
certi
strati
di
piccoli
borghesi
può
spingerli
,
per
un
desiderio
di
rivalsa
e
di
differenziazione
sociale
,
non
verso
posizioni
sindacali
e
politiche
di
sinistra
,
ma
,
proprio
al
contrario
,
verso
posizioni
di
destra
o
di
estrema
destra
:
dal
punto
di
vista
sociale
e
politico
il
problema
è
indeterminato
.
Per
alcuni
strati
della
piccola
borghesia
impiegatizia
probabilmente
ha
avuto
luogo
un
processo
di
proletarizzazione
nel
senso
economico
.
In
effetti
,
confrontando
le
variazioni
di
lungo
periodo
dei
salari
reali
dell
'
industria
moderna
con
quelle
delle
retribuzioni
reali
degli
impiegati
pubblici
,
si
notano
le
seguenti
tendenze
(
v
.
la
tabella
5.3
)
:
1
)
un
aumento
molto
notevole
dei
salari
reali
(
dal
1880
al
1970
circa
5
volte
)
;
2
)
un
aumento
molto
meno
accentuato
degli
stipendi
reali
(
meno
di
2
volte
nello
stesso
periodo
)
;
3
)
un
conseguente
progressivo
avvicinamento
fra
le
condizioni
economiche
degli
impiegati
pubblici
e
quelle
degli
operai
nell
'
industria
moderna
(
fa
eccezione
il
periodo
fascista
,
durante
il
quale
i
salari
reali
diminuiscono
di
circa
il
15-20%
e
gli
stipendi
reali
aumentano
del
3-4%
)
.
È
necessario
tener
ben
presente
che
la
riduzione
della
distanza
media
fra
impiegati
e
operai
non
contraddice
l
'
ipotesi
che
in
certe
fasce
le
distanze
siano
perfino
aumentate
.
Inoltre
,
è
necessario
tener
presente
che
quell
'
avvicinamento
è
avvenuto
in
salita
,
ossia
con
un
aumento
sensibile
per
tutti
,
ma
specialmente
per
gli
operai
,
del
tenore
di
vita
.
Questo
non
significa
che
le
spinte
verso
una
trasformazione
radicale
o
addirittura
rivoluzionaria
necessariamente
vengano
meno
.
Significa
però
che
le
spinte
innovatrici
perdono
man
mano
il
carattere
elementare
di
protesta
economica
:
notevoli
gruppi
di
operai
e
di
impiegati
tendono
a
porsi
sul
piano
,
ben
più
complesso
,
dell
'
affermazione
e
dell
'
ascesa
sociale
in
una
struttura
sempre
più
differenziata
.
Rispetto
alla
situazione
studiata
dai
classici
del
marxismo
i
termini
del
problema
appaiono
profondamente
mutati
.
Perché
,
dunque
,
molti
piccoli
borghesi
decidono
di
schierarsi
con
gli
operai
e
comunque
di
"
andare
a
sinistra
"
?
I
motivi
sono
disparati
.
Innanzi
tutto
ci
sono
i
motivi
ignobili
:
arricchirsi
in
nomine
falcis
et
mallei
coi
mezzi
e
nei
modi
più
svariati
-
essenzialmente
con
posti
conquistati
"
politicamente
"
e
retribuiti
munificamente
.
Motivi
di
questo
genere
,
che
,
è
doloroso
dirlo
,
sono
tutt
'
altro
che
rari
,
appaiono
particolarmente
ripugnanti
,
considerata
l
'
ideologia
professata
e
considerati
gl
'
interessi
che
per
la
platea
si
pretende
di
voler
difendere
.
Ma
consideriamo
i
motivi
non
ignobili
.
Gli
strati
piccolo
-
borghesi
le
cui
condizioni
economiche
si
sono
avvicinate
a
quelle
della
grande
maggioranza
degli
operai
(
redditi
relativamente
bassi
,
nessuna
proprietà
di
immobili
o
titoli
)
possono
trovare
conveniente
associarsi
agli
operai
,
oltre
che
sul
piano
politico
,
anche
sul
piano
sindacale
,
raccordando
le
loro
rivendicazioni
con
quelle
operaie
.
Una
tale
situazione
ha
luogo
specialmente
nel
caso
degli
impiegati
collegati
con
le
fabbriche
.
Negli
strati
più
colti
della
piccola
borghesia
possono
essere
frequenti
coloro
che
si
sentono
solidali
con
gli
operai
non
tanto
per
ragioni
economiche
,
quanto
per
ragioni
ideali
o
di
progresso
civile
;
e
si
comprende
allora
perché
vi
sono
persone
che
appoggiano
anche
provvedimenti
dannosi
per
i
propri
interessi
economici
immediati
.
La
scelta
dei
piccoli
borghesi
che
si
dedicano
alla
vita
politica
o
sindacale
può
essere
determinata
da
motivazioni
ideali
,
ma
può
essere
anche
(
e
contemporaneamente
)
determinata
dalla
più
o
meno
consapevole
considerazione
che
andando
dalla
parte
degli
operai
essi
possono
divenire
leaders
,
mentre
volgendosi
verso
la
grande
borghesia
essi
diverrebbero
ufficiali
subalterni
o
amministratori
o
,
peggio
,
maggiordomi
o
,
peggio
ancora
,
servitori
.
Tuttavia
,
nell
'
ipotesi
che
la
scelta
sia
"
a
sinistra
"
,
esiste
in
ogni
caso
la
possibilità
che
i
piccoli
borghesi
,
qualunque
sia
la
motivazione
della
scelta
,
gretta
ed
egoistica
o
generosa
e
nobile
,
nel
fatto
operino
preoccupandosi
in
primo
luogo
dell
'
immediato
vantaggio
proprio
o
del
gruppo
sociale
dal
quale
provengono
e
solo
in
via
subordinata
del
vantaggio
della
classe
operaia
.
In
conclusione
,
nel
seno
di
tutti
i
ceti
della
piccola
borghesia
troviamo
numerose
frange
di
sinistra
e
numerose
frange
di
destra
(
in
atto
o
in
potenza
)
;
ma
,
considerata
la
grande
differenziazione
di
questa
quasi
classe
,
i
confini
non
sono
né
stabili
né
ben
definiti
.
Inoltre
,
non
bisogna
fidarsi
delle
etichette
,
che
certe
volte
(
specialmente
quando
si
va
"
in
alto
"
)
possono
essere
ingannevoli
:
è
indispensabile
esaminare
criticamente
e
a
fondo
i
contenuti
e
le
azioni
effettive
.
8
.
Confronti
internazionali
Nelle
considerazioni
espresse
nei
due
precedenti
capitoli
è
implicita
l
'
idea
che
nell
'
analizzare
la
distribuzione
del
reddito
non
sia
da
considerare
solo
l
'
antagonismo
fra
salari
e
profitti
;
esiste
un
antagonismo
anche
fra
salari
e
redditi
caratteristici
di
ampi
strati
di
ceti
medi
,
specialmente
stipendi
e
certi
tipi
di
redditi
misti
.
Un
tale
antagonismo
come
quello
fra
salari
e
profitti
,
risulta
attenuato
quando
il
reddito
,
crescendo
,
lascia
maggiore
spazio
per
tutti
i
redditi
,
così
che
quel
duplice
antagonismo
riguarda
solo
le
quote
.
Tuttavia
,
l
'
aumento
del
reddito
,
nel
breve
periodo
-
un
anno
-
raramente
supera
il
5-6%;
e
l
'
aumento
è
ben
lungi
da
ripartirsi
proporzionalmente
fra
tutti
i
redditieri
.
Il
contrasto
diventa
veramente
aspro
quando
il
reddito
cessa
di
crescere
o
addirittura
diminuisce
.
Quell
'
antagonismo
,
dunque
,
sussiste
,
e
non
può
essere
trascurato
,
considerando
le
dimensioni
che
le
classi
medie
hanno
raggiunto
nel
nostro
paese
.
Si
pone
allora
il
quesito
:
negli
altri
paesi
le
classi
medie
sono
altrettanto
ampie
?
La
risposta
è
affermativa
:
indubbiamente
i
confronti
internazionali
sulla
stratificazione
sociale
sono
molto
problematici
;
ma
sono
importanti
:
l
'
estero
è
lo
specchio
del
diavolo
,
in
esso
possiamo
vedere
meglio
noi
stessi
,
possiamo
comprenderci
e
criticarci
con
maggiore
cognizione
di
causa
.
Dunque
,
nonostante
le
difficoltà
,
è
indispensabile
procedere
a
confronti
internazionali
,
usando
la
necessaria
cautela
.
Ritengo
che
,
se
vengono
considerati
come
ordini
di
grandezza
i
dati
con
gran
fatica
selezionati
per
certi
paesi
e
riportati
nelle
tabelle
,
in
appendice
,
non
siamo
ingannevoli
e
,
se
pure
entro
limiti
molto
ristretti
,
consentono
certi
confronti
(
i
paesi
esaminati
,
oltre
l
'
Italia
,
sono
la
Spagna
,
il
Giappone
,
la
Francia
,
la
Gran
Bretagna
gli
Stati
Uniti
,
l
'
Argentina
e
il
Cile
(
v
.
le
tabelle
2.1
e
2.2
)
.
Da
questi
confronti
emergono
due
caratteristiche
degne
di
nota
:
la
quota
delle
classi
medie
sulla
popolazione
attiva
è
molto
simile
a
quella
osservata
per
l
'
Italia
(
50%
)
e
,
come
per
l
'
Italia
,
è
relativamente
stabile
nel
tempo
.
Si
tratta
di
caratteristiche
sorprendenti
(
mezzo
secolo
fa
sarebbe
stata
proclamata
l
'
esistenza
di
una
"
legge
"
)
,
poiché
si
osservano
in
paesi
molto
diversi
e
,
per
alcuni
dei
paesi
considerati
,
in
tempi
molto
diversi
.
Più
precisamente
:
le
quote
delle
classi
medie
e
delle
classi
operaie
in
complesso
sono
stabili
(
se
mai
,
la
quota
della
classe
operaia
ha
forse
una
certa
tendenza
a
flettere
)
.
Ma
cambiano
in
modo
molto
significativo
i
contenuti
:
nell
'
ambito
delle
classi
medie
,
diminuiscono
i
coltivatori
diretti
e
,
almeno
relativamente
,
gli
altri
lavoratori
autonomi
(
eccetto
i
commercianti
)
,
mentre
aumentano
gli
impiegati
sia
privati
che
pubblici
;
nell
'
ambito
della
classe
operaia
,
diminuiscono
i
salariati
agricoli
ed
aumentano
i
salariati
nelle
altre
attività
,
specialmente
nell
'
industria
.
t
lecito
presumere
che
col
procedere
dello
sviluppo
economico
aumentano
,
in
termini
assoluti
e
relativi
,
gli
operai
occupati
in
aziende
industriali
moderne
(
diciamo
,
in
aziende
che
impiegano
più
di
cento
addetti
)
;
questa
presunzione
si
fonda
,
oltre
che
sulla
logica
,
su
un
confronto
internazionale
(
tabella
4.3
)
.
Poiché
i
paesi
esaminati
si
trovano
in
stadi
molto
diversi
dello
sviluppo
economico
,
conviene
riflettere
sui
rapporti
fra
grado
di
sviluppo
e
quote
dei
diversi
gruppi
sociali
(
tabella
2.2
)
.
Risulta
confermato
che
col
procedere
dello
sviluppo
diminuisce
la
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
e
cresce
la
piccola
borghesia
impiegatizia
.
Anzi
,
il
confronto
internazionale
mostra
che
l
'
Italia
non
è
affatto
più
avanti
degli
altri
paesi
sulla
strada
dell
'
espansione
burocratica
;
e
mostra
anche
che
ha
ancora
.
una
strada
relativamente
lunga
da
percorrere
riguardo
alla
flessione
della
piccola
borghesia
autonoma
.
Restano
confermati
anche
i
mutamenti
che
hanno
luogo
nell
'
ambito
della
classe
operaia
:
man
mano
che
procede
lo
sviluppo
diminuiscono
i
salariati
agricoli
e
aumentano
gli
operai
industriali
;
ma
non
sembra
che
vi
sia
uno
stretto
legame
fra
altezza
della
percentuale
degli
operai
nell
'
industria
e
grado
di
sviluppo
(
probabilmente
,
il
nesso
è
stretto
se
si
considerano
solo
gli
operai
della
grande
industria
)
.
Le
uniformità
sopra
indicate
costituiscono
,
in
sostanza
,
delle
specificazioni
di
quella
che
Colin
Clark
chiama
"
legge
di
Petty
"
e
che
riguarda
le
relazioni
fra
sviluppo
economico
e
sviluppo
relativo
dei
tre
grandi
settori
:
col
procedere
dello
sviluppo
economico
,
si
sviluppano
in
via
preliminare
le
attività
primarie
(
agricoltura
e
miniere
)
e
poi
,
via
via
,
le
attività
secondarie
(
industriali
)
e
quelle
terziarie
(
commercio
,
credito
,
servizi
,
pubblica
amministrazione
)
.
Le
specificazioni
sopra
indicate
permettono
di
dar
ragione
di
alcune
anomalie
e
di
alcune
apparenti
eccezioni
alla
"
legge
"
,
come
quella
secondo
cui
in
certi
paesi
molto
arretrati
l
'
espansione
del
commercio
precede
quella
delle
così
dette
attività
primarie
:
il
punto
è
che
occorre
disaggregare
e
distinguere
,
in
relazione
al
procedere
dello
sviluppo
,
le
diverse
attività
terziarie
(
C
.
Clark
,
The
Conditions
to
Economic
Progress
,
Macmillan
,
London
,
19573;
P
.
T
.
Bauer
and
B
.
S
.
Yamey
,
The
Economics
of
Underdeveloped
Countries
,
Cambridge
University
Press
,
1957
)
.
Quanto
alla
piccola
borghesia
impiegatizia
,
se
è
vero
che
l
'
Italia
si
trova
in
linea
,
sia
per
la
quota
di
impiegati
privati
sia
per
quella
di
impiegati
pubblici
,
come
si
può
affermare
che
la
burocrazia
pubblica
del
nostro
paese
è
ipertrofica
?
Innanzi
tutto
,
occorre
richiamare
le
ragioni
dell
'
espansione
burocratica
(
parte
I
,
cap
.
6
)
:
1
)
crescenti
esigenze
amministrative
per
sempre
più
ampi
interventi
nell
'
economia
;
2
)
crescenti
spese
di
trasferimento
;
3
)
"
sistemazione
"
di
un
certo
numero
di
persone
grazie
a
pressioni
clientelari
o
politiche
.
L
'
ipertrofia
,
ossia
l
'
espansione
patologica
,
ha
luogo
quando
la
burocrazia
cresce
per
il
terzo
ordine
di
motivi
.
Ora
,
come
si
è
già
fatto
rilevare
,
questa
ipertrofia
non
riguarda
l
'
intera
burocrazia
,
ma
soltanto
i
gradi
più
bassi
e
le
fasce
meno
qualificate
della
burocrazia
(
negli
uffici
tecnici
v
'
è
carenza
di
personale
)
.
Che
le
cose
stiano
così
è
indicato
dal
fatto
(
anche
questo
già
messo
in
rilievo
)
che
la
quota
della
burocrazia
pubblica
è
più
alta
nel
più
arretrato
Sud
che
nel
Nord
.
Inoltre
,
se
si
distinguono
,
fra
gli
impiegati
pubblici
,
gl
'
insegnanti
dagli
altri
impiegati
,
si
ha
il
quadro
che
segue
e
che
riguarda
,
oltre
l
'
Italia
,
quattro
paesi
per
i
quali
si
sono
trovati
i
dati
necessari
per
il
confronto
(
i
dati
sono
espressi
in
percentuale
della
popolazione
attiva
)
.
Spagna
Italia
Francia
Gran
Bretagna
Stati
Uniti
(
1970
)
(
1971
)
(
1968
)
(
1968
)
(
1969
)
Insegnanti
2,4
3,1
3,6
5,6
5,7
Altri
impiegati
3,9
5,0
3,7
5,6
8,2
pubblici
In
Italia
,
la
percentuale
degli
impiegati
pubblici
,
esclusi
gl
'
insegnanti
,
è
nettamente
maggiore
che
in
Francia
ed
è
simile
a
quella
dell
'
Inghilterra
,
il
cui
sviluppo
economico
e
civile
è
ben
più
avanzato
.
Da
ciò
si
può
dedurre
che
la
detta
percentuale
in
Italia
è
patologicamente
elevata
.
L
'
aspetto
patologico
appare
anche
più
grave
se
si
considera
che
negli
altri
paesi
non
è
stato
possibile
separare
la
quota
(
piccola
ma
non
trascurabile
)
dei
salariati
pubblici
,
quota
che
dovrebbe
essere
inclusa
nella
classe
operaia
.
Aggiungendo
questa
quota
,
che
in
Italia
era
stata
esclusa
,
si
giunge
ad
una
percentuale
di
dipendenti
pubblici
(
esclusi
gli
insegnanti
)
del
5,5%
,
una
cifra
pressoché
identica
a
quella
inglese
.
Negli
Stati
Uniti
sono
sensibilmente
più
elevate
che
in
Italia
tanto
la
quota
degli
insegnanti
quanto
quella
degli
altri
dipendenti
pubblici
.
È
senz
'
altro
fisiologico
questo
fatto
?
Considerato
l
'
elevato
grado
di
sviluppo
economico
della
società
americana
,
la
risposta
potrebbe
essere
affermativa
.
Tuttavia
,
non
può
essere
scartata
a
priori
l
'
ipotesi
che
anche
negli
Stati
Uniti
,
se
pure
per
motivi
alquanto
diversi
da
quelli
considerati
per
l
'
Italia
,
la
burocrazia
pubblica
sia
ipertrofica
:
una
volta
che
la
struttura
produttiva
ha
raggiunto
un
elevato
grado
di
concentrazione
,
lo
sviluppo
economico
capitalistico
può
proseguire
solo
se
la
domanda
effettiva
viene
sostenuta
dall
'
autorità
pubblica
;
e
questo
vale
sia
per
la
domanda
di
prodotti
che
per
la
domanda
di
lavoro
.
D
'
altro
canto
,
in
regime
capitalistico
lo
sviluppo
deve
proseguire
se
si
vuole
evitare
un
aumento
crescente
della
disoccupazione
,
dato
che
l
'
aumento
di
produttività
-
risultato
necessario
della
competizione
nazionale
e
internazionale
caratteristica
del
capitalismo
-
proseguirebbe
in
ogni
modo
.
(
Una
tale
tesi
è
stata
proposta
,
in
forme
e
tempi
diversi
da
diversi
autori
;
è
stata
proposta
dallo
scrivente
nell
'
opera
Oligopolio
e
progresso
tecnico
,
ed
.
,
Giuffrè
,
Milano
,
1956;
è
stata
proposta
da
Michal
Kalecki
in
un
articolo
pubblicato
in
polacco
pure
nel
1956
e
pubblicato
,
tradotto
in
inglese
,
solo
recentemente
;
l
'
articolo
ha
per
titolo
The
Economic
Situation
in
the
United
States
as
Compared
with
the
Pre
-
War
Period
,
ed
è
incluso
nel
volume
The
Last
Phase
in
the
Transformation
of
Capitalism
,
Monthly
Review
Press
,
New
York
,
1972
)
.
Che
lo
sviluppo
della
burocrazia
negli
Stati
Uniti
sia
abnorme
,
può
forse
risultare
da
un
confronto
con
la
situazione
dell
'
Unione
Sovietica
.
fi
una
opinione
diffusa
che
gli
Stati
Uniti
sono
il
paese
della
iniziativa
individuale
,
mentre
l
'
economia
dell
'
Unione
Sovietica
è
retta
da
una
burocrazia
mastodontica
e
onnipresente
.
Confrontare
i
dati
sovietici
con
i
dati
americani
è
ancora
più
rischioso
che
negli
altri
casi
;
ma
io
penso
che
questo
confronto
abbia
un
senso
.
Esso
mostra
che
la
realtà
è
ben
lontana
da
quella
opinione
:
se
per
burocrazia
"
privata
"
s
'
intende
,
con
riferimento
all
'
Unione
Sovietica
,
quella
corrispondente
alla
massa
degli
impiegati
di
azienda
e
per
burocrazia
"
pubblica
"
s
'
intende
quella
costituita
da
insegnanti
,
da
ricercatori
e
da
impiegati
addetti
all
'
istruzione
e
da
tutti
gl
'
impiegati
addetti
all
'
apparato
statale
,
risulta
che
la
percentuale
sulla
popolazione
attiva
della
burocrazia
"
pubblica
"
così
intesa
non
supera
il
12%
,
mentre
la
corrispondente
percentuale
negli
Stati
Uniti
è
del
13,9%
(
v
.
le
tabelle
2.2
e
2.5
)
.
$
da
notare
che
la
valutazione
della
burocrazia
"
pubblica
"
dell
'
Unione
Sovietica
è
probabilmente
errata
per
eccesso
,
dato
che
non
pochi
ricercatori
e
non
pochi
addetti
all
'
istruzione
negli
Stati
Uniti
appartengono
al
settore
privato
.
In
ogni
modo
,
i
possibili
dubbi
sul
grado
di
burocratizzazione
degli
Stati
Uniti
rispetto
all
'
Unione
Sovietica
vengono
a
cadere
se
si
considerano
le
quote
degli
impiegati
,
sia
"
pubblici
"
che
"
privati
"
:
il
38%
negli
Stati
Uniti
e
solo
il
21%
nell
'
Unione
Sovietica
.
Lungi
dall
'
essere
il
paese
dell
'
iniziativa
individuale
gli
Stati
Uniti
sono
dunque
divenuti
un
paese
di
colletti
bianchi
e
di
mezze
maniche
;
ed
anzi
l
'
incremento
degli
impiegati
rispetto
alla
forza
di
lavoro
addizionale
rappresenta
una
quota
anche
più
alta
della
media
:
60-70%
ogni
anno
contro
il
38-40%
.
Insomma
:
è
molto
più
burocratizzata
l
'
economia
americana
di
quella
russa
!
Molte
altre
illazioni
potrebbero
essere
tratte
dall
'
esame
dei
dati
riguardanti
i
due
colossi
,
quello
capitalistico
e
quello
collettivistico
.
Per
esempio
,
la
struttura
sociale
dell
'
Unione
Sovietica
mostra
,
almeno
apparentemente
(
com
'
è
ovvio
,
i
contenuti
sono
profondamente
diversi
)
,
parecchie
rassomiglianze
con
quello
degli
Stati
Uniti
e
di
altri
paesi
non
collettivistici
.
La
struttura
sociale
della
Russia
del
1913
,
invece
,
presentava
caratteristiche
molto
particolari
e
,
a
quanto
pare
,
costituiva
un
'
eccezione
rispetto
alla
composizione
sociale
prevalente
in
tempi
molto
diversi
negli
altri
paesi
qui
esaminati
:
borghesia
16,3%
,
piccola
borghesia
impiegatizia
2,4%
,
contadini
e
artigiani
66,7%
,
operai
14,6%
(
v
.
la
tabella
2.3
)
.
Ma
,
a
parte
l
'
inclusione
-
dichiarata
-
dei
contadini
ricchi
(
kulaki
)
fra
la
borghesia
vera
e
propria
,
è
possibile
che
fra
i
contadini
poveri
siano
state
incluse
molte
persone
che
lavoravano
prevalentemente
da
salariati
agricoli
,
così
che
la
classe
dei
"
contadini
e
artigiani
"
risulta
gonfiata
(
considerati
i
criteri
seguiti
in
questo
saggio
)
rispetto
alla
classe
operaia
.
In
ogni
modo
,
è
certo
che
subito
prima
della
rivoluzione
quella
russa
era
,
in
misura
preponderante
,
una
società
a
carattere
rurale
,
con
una
classe
operaia
molto
piccola
e
con
una
classe
dominante
numericamente
molto
esigua
,
in
parte
aristocratica
e
in
parte
borghese
(
v
.
la
tabella
2.4
)
.
I
paesi
considerati
nei
precedenti
confronti
appaiono
tutti
,
sia
pure
in
diversi
gradi
,
socialmente
evoluti
(
o
"
moderni
"
)
se
si
usano
congiuntamente
due
indici
,
ossia
la
quota
degli
impiegati
e
quella
dei
contadini
:
più
alta
è
la
prima
e
più
bassa
la
seconda
e
più
socialmente
evoluto
è
il
paese
in
esame
.
(
Faccio
osservare
che
sulla
base
di
questo
criterio
certi
paesi
dell
'
America
latina
,
come
l
'
Argentina
e
il
Cile
,
debbono
essere
annoverati
fra
i
paesi
evoluti
,
mentre
altri
paesi
,
come
il
Brasile
,
vanno
inclusi
fra
quelli
arretrati
)
.
Per
i
paesi
arretrati
nel
senso
ora
specificato
,
conviene
usare
una
diversa
suddivisione
fra
le
classi
,
che
consenta
di
mettere
in
adeguato
rilievo
la
struttura
sociale
dell
'
agricoltura
.
Una
suddivisione
adatta
allo
scopo
potrebbe
essere
la
seguente
(
fra
parentesi
sono
indicate
le
percentuali
di
composizione
)
(
v
.
la
tabella
2.6
)
:
I
.
Grandi
proprietari
,
grossi
commercianti
,
industriali
medi
e
grandi
(
1-2%
)
.
II
.
Impiegati
privati
e
pubblici
(
5-10%
)
.
III
.
Lavoratori
autonomi
,
esclusi
i
contadini
poveri
(
15-20%
)
.
IV
.
Contadini
poveri
e
salariati
agricoli
(
incluso
il
sottoproletariato
delle
campagne
)
(
40-70%
)
.
V
.
Salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
(
incluso
il
sottoproletariato
urbano
)
(
7-37%
)
.
In
questi
paesi
solo
le
classi
II
e
III
possono
essere
considerate
piccola
borghesia
.
Ho
già
osservato
più
volte
,
ed
argomenterò
fra
breve
con
riferimento
al
fascismo
,
che
nei
paesi
detti
evoluti
i
piccoli
borghesi
sono
diventati
oggi
gli
amministratori
universali
,
ma
non
sono
i
dirigenti
effettivi
;
hanno
contribuito
a
fornire
una
base
di
massa
a
regimi
di
destra
o
anche
di
sinistra
,
ma
non
sono
mai
stati
la
classe
dominante
.
Tuttavia
,
secondo
una
interessante
tesi
di
Michal
Kalecki
,
in
diversi
paesi
arretrati
,
dove
la
piccola
borghesia
(
specialmente
quella
di
tipo
tradizionale
,
che
ha
interessi
opposti
a
quelli
delle
imprese
capitalistiche
moderne
)
ha
un
peso
relativo
considerevole
-
essendo
normalmente
nullo
il
peso
politico
della
gran
massa
di
contadini
-
e
dove
la
borghesia
moderna
è
assai
poco
sviluppata
,
anche
a
causa
del
predominio
delle
grandi
società
straniere
,
sono
sorte
condizioni
favorevoli
alla
costituzione
di
governi
che
rappresentano
in
modo
preminente
e
diretto
gl
'
interessi
delle
classi
medie
inferiori
,
nonostante
l
'
alleanza
fra
gl
'
interessi
stranieri
e
i
gruppi
locali
di
grandi
proprietari
di
tipo
feudale
e
di
grossi
commercianti
;
la
formula
economica
è
quella
del
capitalismo
di
Stato
e
la
formula
politica
contiene
elementi
di
un
feroce
anticomunismo
(
M
.
Kalecki
,
Intermediate
Regimes
,
articolo
incluso
nel
volume
già
citato
)
.
9
.
Piccola
borghesia
e
fascismo
L
'
instabilità
politica
della
piccola
borghesia
ha
rilevanti
conseguenze
:
quando
,
in
periodi
di
crisi
,
ampi
strati
di
questa
quasi
classe
si
alleano
con
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
,
il
paese
corre
il
pericolo
del
fascismo
.
Nel
nostro
paese
conosciamo
una
tale
esperienza
.
Per
evitare
il
rischio
di
affermazioni
generiche
,
rischio
elevato
in
questo
tipo
di
analisi
,
conviene
richiamare
alcuni
aspetti
essenziali
dell
'
ascesa
al
potere
del
fascismo
in
Italia
,
dopo
la
prima
guerra
mondiale
.
Nel
1921
l
'
economia
italiana
subì
una
crisi
,
che
in
parte
aveva
origini
internazionali
e
che
nel
nostro
paese
risultò
particolarmente
grave
sia
per
la
debolezza
della
struttura
industriale
italiana
,
fondata
ancora
in
misura
modesta
su
imprese
moderne
,
sia
per
le
difficoltà
connesse
con
la
conversione
delle
industrie
che
avevano
rifornito
l
'
amministrazione
militare
durante
la
guerra
.
La
crisi
rese
acutissime
le
tensioni
sociali
e
quindi
le
tensioni
politiche
.
Ai
contadini
sotto
le
armi
ed
agli
operai
nelle
fabbriche
durante
la
guerra
erano
state
fatte
promesse
di
ampie
concessioni
,
che
poi
,
passato
il
pericolo
,
erano
state
mantenute
solo
in
minima
parte
;
la
crisi
anzi
aggravava
le
loro
condizioni
economiche
.
Queste
promesse
erano
state
ripetute
in
trincea
,
sulla
base
delle
dichiarazioni
degli
uomini
politici
,
dagli
ufficiali
subalterni
-
uomini
provenienti
nella
massima
parte
dalla
media
e
piccola
borghesia
;
tornata
la
pace
,
l
'
ostilità
e
perfino
l
'
odio
delle
masse
popolari
,
esasperate
per
il
peggioramento
delle
loro
condizioni
,
si
riversarono
verso
le
persone
fisiche
che
avevano
ripetuto
loro
quelle
promesse
.
Né
stavano
molto
meglio
,
tornati
a
casa
,
gli
ex
ufficiali
subalterni
,
che
stentavano
a
trovare
una
occupazione
;
ma
la
loro
volontà
di
un
radicale
cambiamento
si
mosse
in
direzione
opposta
a
quella
delle
masse
popolari
,
che
li
attaccavano
personalmente
.
Si
ebbero
scioperi
e
agitazioni
gravissime
,
numerose
fabbriche
e
proprietà
terriere
furono
occupate
.
La
spinta
delle
masse
popolari
veniva
rafforzata
e
resa
fortissima
,
anche
se
rimaneva
in
gran
parte
caotica
e
disorganizzata
,
dall
'
esempio
della
rivoluzione
bolscevica
russa
.
La
grande
borghesia
fu
presa
dal
panico
;
estese
i
finanziamenti
ai
giornali
e
a
molti
uomini
politici
di
destra
;
finanziò
bande
armate
,
che
misero
a
ferro
e
a
fuoco
le
sedi
di
molte
organizzazioni
popolari
:
sindacati
,
cooperative
,
sedi
di
partiti
di
sinistra
.
Vi
furono
numerosi
assassinii
.
La
grande
borghesia
terriera
e
industriale
(
con
diverse
eccezioni
,
tuttavia
)
trovò
in
ampi
strati
della
media
e
,
soprattutto
,
nella
piccola
borghesia
gli
alleati
più
decisi
;
gli
scherani
,
come
altre
volte
è
successo
in
condizioni
analoghe
,
furono
reclutati
nel
sottoproletariato
;
i
principali
centri
del
potere
pubblico
-
ampie
sezioni
della
magistratura
,
della
polizia
e
dell
'
apparato
militare
-
in
modo
aperto
o
nascosto
fornirono
il
loro
appoggio
.
La
guida
politica
della
reazione
fu
assunta
dal
partito
fascista
,
che
-
ironicamente
,
ma
non
immotivatamente
,
poiché
sfruttava
a
fini
concreti
la
retorica
piccolo
-
borghese
-
si
autodefiniva
partito
rivoluzionario
.
In
particolare
,
per
mobilitare
diversi
strati
della
piccola
borghesia
il
partito
fascista
sfruttò
il
mito
della
"
vittoria
mutilata
"
-
il
sentimento
di
frustrazione
per
le
concessioni
coloniali
e
territoriali
ritenute
insufficienti
,
che
il
trattato
di
Versailles
attribuiva
all
'
Italia
.
Anche
se
il
fascismo
cominciò
ad
organizzarsi
nel
1919-21
,
esso
divenne
virulento
e
pervenne
a
conquistare
il
potere
non
durante
la
crisi
economica
del
1921
,
ma
proprio
quando
questa
crisi
era
chiaramente
in
via
di
superamento
,
non
solo
in
Italia
,
ma
anche
negli
altri
paesi
industriali
(
primavera
-
estate
1922
)
.
Subito
dopo
essere
salito
al
potere
,
il
partito
fascista
pagò
il
conto
per
gli
aiuti
finanziari
e
politici
ottenuti
negli
anni
precedenti
dalla
grande
borghesia
.
Il
governo
decise
:
1
)
di
sopprimere
,
in
pratica
,
la
Commissione
per
l
'
indagine
sui
sovraprofitti
di
guerra
;
2
)
di
abolire
la
nominatività
dei
titoli
azionari
;
3
)
di
trasferire
la
rete
telefonica
a
società
private
;
4
)
di
rinnovare
le
concessioni
alle
società
elettriche
;
5
)
di
abolire
il
monopolio
statale
delle
assicurazioni
sulla
vita
e
di
trasferire
una
cospicua
quota
di
tali
assicurazioni
a
società
private
;
6
)
di
attuare
il
salvataggio
,
con
danaro
pubblico
,
di
alcune
grandi
banche
,
che
restarono
private
;
7
)
di
riformare
il
regime
fiscale
,
in
senso
favorevole
ai
privati
,
dei
trasferimenti
a
titolo
ereditario
;
8
)
di
"
sospendere
"
la
legge
di
riforma
agraria
;
9
)
di
abolire
,
attraverso
una
numerosa
serie
di
eccezioni
,
il
limite
massimo
di
otto
ore
per
la
giornata
lavorativa
,
limite
che
gli
operai
avevano
conquistato
dopo
dure
lotte
nel
1919
e
nel
1920
.
A
favore
di
una
parte
della
piccola
borghesia
furono
presi
diversi
provvedimenti
,
fra
cui
occorre
ricordare
:
1
)
l
'
assunzione
di
notevoli
schiere
di
persone
nella
burocrazia
,
nell
'
esercito
,
in
quella
speciale
milizia
di
partito
denominata
"
milizia
volontaria
per
la
sicurezza
nazionale
"
e
negli
uffici
organizzati
nell
'
ambito
del
partito
fascista
;
2
)
la
revoca
delle
sovvenzioni
governative
alle
cooperative
(
che
danneggiavano
gl
'
interessi
dei
piccoli
commercianti
)
;
3
)
la
revisione
,
in
senso
restrittivo
,
delle
norme
per
la
concessione
delle
licenze
per
il
commercio
al
minuto
;
4
)
provvedimenti
a
favore
di
varie
categorie
di
artigiani
.
Da
questa
cospicua
serie
di
concessioni
restavano
esclusi
i
lavoratori
salariati
,
i
quali
,
anzi
,
dopo
essere
stati
privati
delle
loro
organizzazioni
sindacali
e
cooperative
e
dei
partiti
che
ne
esprimevano
gl
'
interessi
,
ben
presto
subirono
duri
colpi
anche
sotto
forma
di
riduzioni
salariali
.
In
breve
,
dal
punto
di
vista
sociale
e
politico
si
può
affermare
che
il
fascismo
fu
il
risultato
della
saldatura
fra
grande
borghesia
terriera
,
finanziaria
e
industriale
e
larghe
sezioni
della
piccola
borghesia
(
impiegati
pubblici
e
privati
,
liberi
professionisti
,
piccoli
commercianti
)
.
Tale
saldatura
fu
rafforzata
dalla
rivalutazione
della
lira
del
1926
,
una
decisione
che
bloccava
il
processo
inflazionistico
e
in
questo
modo
,
almeno
per
un
certo
periodo
,
consentiva
l
'
aumento
del
potere
d
'
acquisto
degli
stipendi
e
favoriva
il
risparmio
individuale
.
(
La
rivalutazione
danneggiò
gl
'
industriali
che
producevano
per
l
'
esportazione
,
anche
se
avvantaggiò
gl
'
industriali
che
producevano
principalmente
per
il
mercato
interno
con
materie
prime
importate
,
come
era
il
caso
delle
principali
industrie
tessili
.
Inoltre
,
essendo
stata
completata
l
'
opera
di
distruzione
dei
sindacati
operai
,
i
salari
vennero
decurtati
,
ciò
che
compensò
almeno
parzialmente
gli
industriali
danneggiati
dalla
rivalutazione
.
Il
principale
obiettivo
della
rivalutazione
della
lira
,
tuttavia
,
era
un
obiettivo
politico
,
di
"
stabilizzazione
sociale
"
,
condiviso
da
un
'
ampia
parte
della
grande
borghesia
industriale
:
si
voleva
favorire
la
piccola
borghesia
risparmiatrice
,
che
era
stata
danneggiata
dalla
precedente
tendenza
inflazionistica
)
.
Pare
certo
che
il
reddito
individuale
medio
assoluto
e
relativo
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
sia
sensibilmente
aumentato
durante
il
periodo
fascista
,
mentre
è
diminuito
il
reddito
medio
assoluto
e
,
ancora
di
più
,
relativo
dei
lavoratori
salariati
.
Il
fascismo
è
dunque
il
risultato
di
un
'
alleanza
fra
grande
e
piccola
borghesia
;
ma
non
si
tratta
di
un
'
alleanza
inter
pares
:
la
responsabilità
prevalente
va
attribuita
alla
grande
borghesia
.
È
esatto
affermare
che
ampi
strati
della
piccola
borghesia
,
insieme
con
limitati
strati
di
lavoratori
relativamente
privilegiati
o
,
all
'
opposto
,
poverissimi
(
sottoproletari
)
,
hanno
fornito
al
fascismo
una
certa
base
di
massa
,
i
quadri
intermedi
e
buona
parte
dei
quadri
superiori
.
È
anche
esatto
sostenere
che
l
'
iniziativa
di
organizzare
il
partito
fascista
partì
,
anche
cronologicamente
(
1919-21
)
,
da
piccoli
e
medi
borghesi
e
che
solo
in
un
secondo
tempo
(
1922
)
la
grande
borghesia
intervenne
con
il
suo
aiuto
finanziario
e
politico
.
Occorre
però
subito
aggiungere
che
senza
questo
aiuto
-
e
senza
l
'
aiuto
di
ampie
sezioni
dei
poteri
costituiti
-
il
fascismo
non
avrebbe
preso
il
potere
;
ed
occorre
anche
aggiungere
che
,
se
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
intervennero
in
forza
solo
in
un
secondo
tempo
,
ci
furono
i
pionieri
della
prima
ora
,
che
cercarono
subito
di
sfruttare
il
malcontento
popolare
,
causato
per
esempio
dal
caro
-
viveri
,
fomentando
i
tumulti
proprio
allo
scopo
di
preparare
il
terreno
per
una
feroce
azione
di
repressione
(
Salvemini
,
Scritti
sul
fascismo
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1961
,
vol.
I
,
p
.
474
)
.
È
vero
:
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
che
appoggiarono
il
fascismo
lo
volevano
in
via
transitoria
,
per
ripristinare
l
'
"
ordine
"
:
il
disegno
era
quello
di
restaurare
una
rispettabile
democrazia
parlamentare
.
Ma
quell
'
appoggio
fu
determinante
;
ed
anche
quando
i
vassalli
si
abbarbicarono
al
potere
gestendolo
poi
in
modo
non
sempre
conforme
agli
interessi
della
borghesia
,
quei
gruppi
non
ritirarono
il
loro
appoggio
ma
fecero
buon
viso
a
cattivo
gioco
.
La
tesi
opposta
-
essere
cioè
il
fascismo
da
attribuire
all
'
azione
autonoma
e
comunque
determinante
di
ampi
strati
della
piccola
borghesia
-
risulta
grossolanamente
falsa
,
anche
se
corrisponde
al
modo
con
cui
i
piccoli
borghesi
protagonisti
dell
'
esperienza
fascista
vedevano
,
o
volevano
vedere
,
se
stessi
.
Per
fare
giustizia
sommaria
di
tale
tesi
basterebbe
,
da
sola
,
la
documentazione
raccolta
ed
analizzata
da
uno
studioso
non
marxista
,
Ernesto
Rossi
,
documentazione
che
include
i
due
"
bollettini
della
vittoria
"
della
Confindustria
del
1922
(
subito
dopo
l
'
ascesa
del
fascismo
)
e
del
1926
(
subito
dopo
le
leggi
eccezionali
)
e
si
avvale
dell
'
analisi
e
delle
candide
ammissioni
di
uno
dei
responsabili
della
politica
economica
fascista
(
Padroni
del
vapore
e
fascismo
,
Laterza
,
Bari
,
1966
,
specialmente
le
pp.
11-5
e
50-1
)
.
Tenuto
conto
dell
'
evoluzione
subita
dalla
piccola
borghesia
nell
'
ultimo
mezzo
secolo
e
,
in
particolare
,
considerata
la
comparsa
di
strati
nuovi
di
intellettuali
e
di
tecnici
,
oggi
le
spinte
di
tipo
fascista
sono
ben
diverse
da
quelle
del
primo
dopoguerra
.
Ma
le
varietà
del
fascismo
-
è
triste
riconoscerlo
-
sono
molteplici
.
In
ogni
modo
,
pare
abbastanza
evidente
che
o
,
T
la
grande
borghesia
,
e
specialmente
la
grande
borghesia
industriale
,
salvo
poche
se
pur
rilevanti
eccezioni
,
non
vuole
il
fascismo
,
e
per
diverse
ragioni
,
fra
cui
sono
i
conflitti
sociali
,
gravi
e
di
esito
incerto
,
che
un
tentativo
in
quella
direzione
comporterebbe
e
la
conclusione
,
fallimentare
per
tutti
,
della
precedente
esperienza
.
Oggi
il
fascismo
esprime
quasi
esclusivamente
gli
strati
più
retrivi
della
piccola
borghesia
ed
è
appoggiato
da
alcune
sezioni
dei
poteri
costituiti
(
magistratura
,
polizia
,
esercito
)
,
sezioni
di
ampiezza
non
trascurabile
ma
di
gran
lunga
minore
di
quelle
che
aiutarono
il
fascismo
nel
1920-1922
.
Il
tentativo
dell
'
attuale
movimento
fascista
di
ripetere
,
nelle
mutate
condizioni
,
la
strategia
di
mezzo
secolo
fa
-
crescere
numericamente
,
irrobustirsi
organizzativamente
,
creare
il
caos
con
mezzi
criminali
per
poi
offrirsi
come
forza
di
restaurazione
-
sembra
destinato
a
fallire
.
Tuttavia
esiste
pur
sempre
il
pericolo
di
un
peggioramento
della
situazione
economica
e
di
un
aumento
delle
tensioni
sociali
,
tensioni
che
potrebbero
venire
aggravate
da
errori
di
tattica
e
di
strategia
dei
sindacati
e
dei
partiti
di
sinistra
.
II
.
Lo
stato
attuale
e
le
prospettive
1
.
La
questione
delle
riforme
Dunque
,
in
periodi
di
crisi
,
un
'
alleanza
fra
la
grande
borghesia
e
ampi
strati
della
piccola
borghesia
può
condurre
al
fascismo
.
Viceversa
,
un
'
alleanza
di
strati
(
pure
ampi
,
ma
in
larga
misura
diversi
)
della
piccola
borghesia
con
coloro
che
gestiscono
gl
'
interessi
della
classe
operaia
può
dar
luogo
a
politiche
di
tipo
laburista
e
,
comunque
,
può
consentire
riforme
anche
radicali
.
Tuttavia
gli
ostacoli
alle
riforme
,
più
che
nella
grande
borghesia
,
vanno
ricercati
nel
seno
stesso
della
piccola
borghesia
e
particolarmente
nei
gruppi
che
hanno
i
maggiori
privilegi
e
la
più
forte
capacità
di
condizionare
le
scelte
politiche
.
Gli
ostacoli
si
manifestano
in
tre
fasi
:
nella
fase
della
preparazione
dei
progetti
di
riforma
,
preparazione
faticosissima
per
le
spinte
eterogenee
e
contraddittorie
,
poi
nella
fase
dell
'
approvazione
e
,
infine
,
nella
fase
dell
'
attuazione
(
finora
raggiunta
in
Italia
da
ben
pochi
progetti
)
.
Consideriamo
alcuni
esempi
particolari
.
L
'
esempio
più
ovvio
di
un
progetto
rimasto
fermo
addirittura
alla
prima
fase
è
quello
della
riforma
della
pubblica
amministrazione
:
il
sabotaggio
è
stato
compiuto
dalle
cerchie
più
influenti
della
burocrazia
.
In
altri
casi
occorre
,
sì
,
considerare
gli
ostacoli
frapposti
da
gruppi
d
'
interessi
operanti
nell
'
ambito
della
grande
borghesia
,
ma
bisogna
guardarsi
dal
trascurare
quelli
provenienti
da
gruppi
appartenenti
alla
media
e
alla
piccola
borghesia
.
Così
,
gli
ostacoli
alla
riforma
sanitaria
non
sono
stati
posti
solo
dai
grandi
"
baroni
"
della
medicina
,
dai
proprietari
delle
cliniche
private
,
dalle
opere
pie
e
dai
gruppi
d
'
interessi
legati
alle
case
farmaceutiche
,
ma
anche
dalla
burocrazia
alta
e
bassa
delle
mutue
e
dal
personale
medico
in
generale
,
che
,
appena
si
è
cominciato
a
parlare
di
riforme
,
ha
immediatamente
scatenato
una
serie
di
rivendicazioni
di
tipo
monetario
e
di
tipo
normativo
favorendo
in
tal
modo
,
nel
fatto
se
non
nelle
intenzioni
,
i
nemici
della
riforma
.
La
riforma
urbanistica
ha
trovato
ostacoli
non
solo
nelle
grandi
società
immobiliari
,
ma
anche
nella
miriade
di
proprietari
di
piccole
aree
potenzialmente
fabbricabili
,
oltre
che
nella
burocrazia
dei
diversi
organi
ed
enti
per
l
'
edilizia
pubblica
.
La
riforma
universitaria
è
stata
ostacolata
non
solo
dall
'
opposizione
dei
grandi
baroni
(
soprattutto
medici
e
baroni
politici
)
ma
anche
dalla
rivendicazione
penosamente
corporativa
dell
'
immissione
automatica
(
ope
legis
)
nei
ruoli
dei
docenti
"
subalterni
"
,
rivendicazione
per
la
quale
si
sono
ostinatamente
battuti
,
facendo
perdere
molto
tempo
prezioso
,
gruppi
che
rappresentavano
una
parte
tutto
considerato
esigua
dei
suddetti
docenti
.
Grandi
energie
sono
state
dedicate
alla
questione
dei
pre
-
salari
,
che
per
la
massima
parte
vanno
a
beneficio
di
famiglie
piccolo
-
borghesi
,
mentre
lo
sforzo
anche
finanziario
per
spalancare
le
porte
della
scuola
secondaria
ai
figli
della
classe
operaia
è
stato
estremamente
modesto
o
addirittura
trascurabile
.
Gli
investimenti
per
la
costruzione
di
edifici
scolastici
e
universitari
-
oltre
che
per
la
costruzione
di
ospedali
-
sono
rimasti
in
buona
parte
sulla
carta
non
solo
e
non
tanto
per
la
famosa
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
,
quanto
perché
sono
stati
mantenuti
e
perfino
resi
più
complicati
i
paralizzanti
controlli
,
le
competenze
ministeriali
plurime
ed
i
molteplici
concorsi
per
volontà
della
burocrazia
e
degli
ordini
professionali
degli
ingegneri
e
degli
architetti
,
volontà
pienamente
assecondata
dai
politici
.
L
'
idea
,
semplice
e
ovvia
,
di
unificare
competenze
,
controlli
e
concorsi
ha
incontrato
la
più
fiera
opposizione
:
più
numerosi
sono
i
controlli
,
maggiore
è
il
potere
della
burocrazia
e
minori
le
sue
responsabilità
.
È
importante
osservare
che
nei
due
casi
in
cui
erano
colpiti
quasi
soltanto
gl
'
interessi
di
certe
sezioni
della
grande
borghesia
-
la
nazionalizzazione
dell
'
energia
elettrica
e
lo
statuto
dei
lavoratori
-
i
riformatori
hanno
avuto
la
meglio
.
Tutto
sommato
,
la
grande
borghesia
,
particolarmente
quella
industriale
,
ha
interesse
che
si
facciano
le
riforme
rivolte
alla
"
razionalizzazione
"
del
sistema
ed
alla
stabilizzazione
sociale
:
si
tratterebbe
,
è
vero
,
di
riforme
limitate
,
ma
tali
da
non
impedire
di
compiere
passi
avanti
.
Tuttavia
,
la
grande
borghesia
,
che
da
sola
rappresenta
un
'
entità
numericamente
modesta
e
quindi
politicamente
vulnerabile
,
ha
bisogno
di
cercare
alleanze
fra
i
ceti
medi
,
soprattutto
fra
gli
strati
più
conservatori
.
In
questo
senso
la
grande
borghesia
ha
un
'
assai
rilevante
responsabilità
per
la
mancata
attuazione
delle
principali
riforme
;
in
effetti
,
per
mantenere
e
allargare
l
'
appoggio
degli
strati
più
conservatori
deí
ceti
medi
ha
attivamente
contribuito
a
contrastare
le
riforme
,
in
modo
particolare
quella
urbanistica
.
Lo
strato
più
"
progressista
"
della
grande
borghesia
è
dato
da
quello
che
controlla
l
'
industria
moderna
;
ma
la
stessa
grande
borghesia
industriale
non
ha
interessi
limitati
alla
sola
industria
:
i
suoi
interessi
si
intrecciano
con
quelli
immobiliari
e
finanziari
"
.
Inoltre
,
lo
strato
più
retrivo
,
quello
che
controlla
la
finanza
,
non
è
affatto
fuori
gioco
:
come
ricorderemo
fra
breve
,
negli
ultimi
tempi
ha
acquistato
un
notevole
peso
politico
oltre
che
economico
.
Se
le
cose
stanno
così
,
quali
sono
le
forze
sociali
che
in
un
paese
come
l
'
Italia
possono
spingere
verso
l
'
attuazione
di
riforme
radicali
?
La
destra
ben
difficilmente
può
farlo
,
almeno
in
regime
di
democrazia
parlamentare
,
per
le
ragioni
richiamate
poco
fa
.
La
sinistra
in
via
di
principio
può
farlo
,
sulla
base
di
una
alleanza
fra
quegli
strati
della
classe
operaia
e
dei
ceti
medi
che
alle
riforme
sono
interessati
,
per
ragioni
economiche
o
civili
.
Considerata
l
'
eterogeneità
dei
ceti
medi
,
che
è
anche
più
accentuata
di
quella
della
classe
operaia
,
le
possibilità
di
successo
di
una
strategia
rivolta
all
'
attuazione
delle
riforme
dipendono
in
larga
misura
dalla
capacità
e
dall
'
abilità
degli
uomini
politici
al
potere
e
dalla
loro
conoscenza
critica
dei
problemi
e
delle
forze
in
gioco
.
È
chiaro
che
una
riforma
sanitaria
,
per
esempio
,
difficilmente
si
potrà
fare
se
la
maggioranza
dei
medici
la
osteggiano
;
e
d
'
altra
parte
,
non
tutte
le
proposte
(
o
le
controproposte
)
dei
medici
sono
necessariamente
viziate
da
"
interessi
corporativi
"
:
possono
esserci
medici
che
,
più
che
allo
stipendio
o
a
posizioni
di
potere
o
di
micro
-
potere
,
sono
interessati
a
lavorare
in
ambienti
civili
e
moderni
,
capaci
di
consentire
un
'
attività
soddisfacente
:
in
primo
luogo
,
essi
vogliono
sentirsi
effettivamente
utili
.
D
'
altra
parte
,
anche
le
proposte
o
le
critiche
di
tipo
corporativo
possono
contenere
-
se
opportunamente
depurate
ed
emendate
-
elementi
validi
per
una
riforma
radicale
e
socialmente
soddisfacente
.
Considerazioni
analoghe
valgono
per
la
riforma
della
scuola
e
per
gl
'
insegnanti
.
L
'
abilità
dei
politici
sta
nel
compiere
una
sintesi
nell
'
interesse
generale
,
mediando
,
sì
,
i
diversi
interessi
,
ma
evitando
sia
il
compromesso
con
í
gruppi
più
retrivi
sia
le
posizioni
demagogiche
,
che
sono
avallate
o
da
intellettuali
che
non
sanno
valutare
le
forze
in
gioco
,
o
da
gruppi
di
persone
"
escluse
"
ed
esasperate
,
che
intendono
rifarsi
di
colpo
delle
passate
privazioni
,
spingendo
verso
un
male
opposto
ma
non
meno
grave
di
quello
che
si
vuole
eliminare
.
La
strategia
delle
riforme
esige
dunque
,
soprattutto
in
Italia
,
una
cospicua
abilità
di
sintesi
da
parte
degli
uomini
politici
che
la
guidano
;
ma
esige
anche
una
grande
capacità
intellettuale
e
critica
:
concepire
e
poi
attuare
il
nuovo
,
presenta
difficoltà
che
si
aggiungono
agli
ostacoli
frapposti
dagli
interessi
minacciati
.
In
via
generale
,
la
democrazia
italiana
oggi
si
trova
in
una
situazione
di
crisi
,
apparentemente
non
catastrofica
né
clamorosa
,
ma
certo
molto
grave
.
A
determinare
una
tale
situazione
ha
contribuito
il
contrasto
fra
le
attese
suscitate
dai
governi
di
centro
-
sinistra
di
vaste
riforme
e
le
modestissime
realizzazioni
.
Nel
tentativo
di
chiarire
i
motivi
di
questa
situazione
,
di
disorientamento
e
di
frustrazione
,
si
è
andati
anche
più
indietro
nel
tempo
e
,
soprattutto
da
alcune
frazioni
delle
nuove
generazioni
,
è
stato
imbastito
il
processo
alla
Resistenza
ed
alle
ragioni
del
fallimento
delle
aspettative
,
che
l
'
avevano
animata
,
di
un
rinnovamento
ben
più
profondo
e
radicale
(
anche
se
non
ben
specificato
)
di
quello
promesso
dai
governi
di
centro
-
sinistra
.
Perché
quelle
aspettative
sono
andate
deluse
?
Per
colpa
degli
uomini
dei
partiti
innovatori
,
che
non
hanno
avuto
sufficiente
coraggio
,
tenacia
e
determinazione
,
o
per
ragioni
di
forza
maggiore
?
Indubbiamente
le
colpe
ci
sono
e
sono
gravi
.
Ma
a
mio
parere
all
'
origine
di
quella
delusione
esiste
una
forte
componente
di
illusione
sulle
reali
condizioni
sociali
del
nostro
paese
e
sul
grado
di
sviluppo
civile
delle
diverse
classi
,
specialmente
della
piccola
borghesia
.
Alla
luce
delle
numerose
indagini
storiche
e
sociologiche
riguardanti
l
'
Italia
moderna
e
contemporanea
,
appare
oramai
evidente
che
il
fascismo
non
fu
un
accidente
,
non
fu
un
fenomeno
paragonabile
all
'
invasione
degli
Hyksos
in
Egitto
,
come
disse
Croce
,
né
fu
una
camicia
di
forza
imposta
ad
un
paese
democraticamente
maturo
da
un
pugno
di
banditi
prezzolati
dal
grande
capitale
;
appare
chiaro
,
viceversa
,
che
il
fascismo
ha
avuto
un
'
ampia
base
sociale
fra
strati
della
piccola
borghesia
e
perfino
fra
strati
,
sia
pure
esigui
,
di
operai
relativamente
privilegiati
.
Pertanto
,
cessata
la
guerra
,
quella
di
"
un
fascismo
senza
Mussolini
"
era
una
possibilità
effettiva
che
per
un
certo
periodo
fu
molto
seriamente
considerata
anche
da
influenti
circoli
alleati
,
come
hanno
dimostrato
Salvemini
e
La
Piana
(
La
sorte
dell
'
Italia
,
ed.
inglese
1943
,
trad.
it.
nel
volume
L
'
Italia
vista
dall
'
America
,
a
cura
di
E
.
Tagliacozzo
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1969
)
.
Il
regio
governo
di
Badoglio
(
che
aveva
avuto
l
'
intenzione
di
nominare
Dino
Grandi
come
ministro
degli
Esteri
)
era
appunto
un
tentativo
di
avviare
un
"
fascismo
senza
Mussolini
"
.
Questo
tentativo
falli
,
come
fallirono
altri
tentativi
consimili
,
proprio
grazie
alla
Resistenza
ed
all
'
ampiezza
ed
alla
forza
del
movimento
popolare
che
la
esprimeva
.
È
vero
:
mentre
non
esisteva
la
possibilità
di
una
rivoluzione
proletaria
,
che
neppure
il
partito
comunista
veramente
voleva
,
esisteva
la
possibilità
di
una
rivoluzione
democratica
,
caratterizzata
da
profonde
riforme
sociali
,
non
diverse
,
almeno
negli
elementi
essenziali
,
da
quelle
introdotte
in
Inghilterra
subito
dopo
la
fine
della
guerra
;
e
gli
uomini
che
sono
emersi
dalla
Resistenza
come
leaders
hanno
la
responsabilità
di
non
aver
saputo
sfruttare
una
tale
possibilità
.
Ma
bisogna
aggiungere
che
i
limiti
erano
molto
angusti
,
non
solo
e
non
tanto
per
i
condizionamenti
imposti
dalle
potenze
vincitrici
quanto
per
le
condizioni
sociali
italiane
.
Se
ci
si
rende
veramente
conto
,
di
là
dalla
retorica
di
cui
,
più
o
meno
,
tutti
siamo
vittime
,
della
nostra
gravissima
arretratezza
civile
,
si
deve
dire
che
le
aspettative
di
una
palingenesi
sociale
erano
generose
,
nobili
ma
molto
ingenue
:
non
diversamente
dalle
aspettative
degli
intellettuali
che
guidarono
,
nel
1799
,
il
tentativo
rivoluzionario
a
Napoli
,
quelle
aspettative
erano
fondate
su
un
'
immagine
del
tutto
utopistica
del
nostro
paese
.
Il
"
fallimento
"
della
Resistenza
appare
tale
solo
se
misurato
sul
metro
di
quelle
aspettative
;
se
invece
si
assume
,
come
si
deve
,
il
metro
della
realtà
,
ossia
quello
di
un
paese
paurosamente
arretrato
sul
piano
civile
,
il
"
fallimento
"
appare
uno
straordinario
successo
.
Oggi
noi
tutti
non
potremmo
godere
di
quelle
libertà
e
di
quelle
autonomie
-
circoscritte
,
limitate
,
condizionate
finché
si
vuole
,
ma
sensibilmente
maggiori
di
zero
-
senza
il
sacrificio
degli
uomini
della
Resistenza
[
Ho
modificato
alcuni
dei
giudizi
espressi
nella
seconda
parte
di
questo
paragrafo
dopo
le
osservazioni
critiche
gentilmente
comunicatemi
da
Leo
Valiani
]
.
In
ogni
caso
,
per
giudicare
correttamente
i
nostri
attuali
problemi
,
occorre
essere
ben
consapevoli
che
il
nostro
paese
"
per
trecento
lunghi
anni
patì
l
'
obbrobrio
e
il
danno
delle
dominazioni
straniere
"
(
Giustino
Fortunato
)
.
È
straordinariamente
cupa
la
storia
di
due
terzi
del
nostro
paese
,
il
Sud
ed
il
Centro
:
quasi
inesistente
,
nel
Sud
,
l
'
esperienza
dell
'
autonomia
comunale
,
una
dominazione
di
tipo
al
tempo
stesso
feudale
e
coloniale
,
con
l
'
aggravante
delle
frequenti
incursioni
dei
pirati
lungo
le
coste
;
un
regime
,
quello
borbonico
,
definito
da
uno
straniero
,
distaccato
nel
suo
giudizio
,
William
Gladstone
:
"
the
negation
of
God
transformed
into
a
system
of
government
"
;
un
'
amministrazione
,
nel
Centro
,
che
dal
punto
di
vista
civile
,
pur
considerando
la
diversità
dei
tempi
,
non
è
esagerato
definire
raccapricciante
,
se
si
deve
prestar
fede
alle
descrizioni
di
un
altro
straniero
,
anch
'
esso
distaccato
e
disinteressato
,
William
Nassau
Senior
.
La
riflessione
approfondita
e
critica
del
nostro
presente
e
,
per
comprenderlo
,
sul
nostro
passato
,
può
dar
luogo
a
conclusioni
catastrofiche
e
paralizzanti
per
l
'
azione
:
la
realtà
è
veramente
orribile
.
Ma
-
si
spera
-
può
dar
luogo
a
una
benefica
rabbia
di
ricostruzione
e
,
paradossalmente
,
può
indurre
a
giudizi
tutto
sommato
positivi
(
come
nel
caso
della
Resistenza
)
poiché
,
nonostante
tutto
,
molte
cose
stanno
cambiando
nel
nostro
paese
.
2
.
Intellettuali
e
tecnici
Dove
si
trovano
,
quali
sono
gli
strati
socialmente
più
robusti
della
piccola
borghesia
?
Ho
già
risposto
,
in
parte
,
a
questa
domanda
:
si
trovano
in
tutti
i
gruppi
che
formano
questa
classe
composita
.
Sociologi
e
politici
hanno
concentrato
la
loro
attenzione
su
due
gruppi
particolari
:
quello
degli
intellettuali
e
quello
degli
scienziati
,
dei
tecnici
e
degli
specialisti
,
di
formazione
molto
recente
(
gli
"
intellettuali
di
tipo
nuovo
"
di
Gramsci
)
.
Ritengo
che
sia
giusto
soffermarsi
in
modo
particolare
su
questi
due
gruppi
,
sia
perché
il
grado
di
cultura
critica
è
,
in
media
,
più
elevato
che
negli
altri
gruppi
,
considerati
nel
loro
complesso
,
sia
perché
anche
la
relativa
"
libertà
di
scelta
"
è
più
ampia
.
Benedetto
Croce
aveva
torto
quando
considerava
gl
'
intellettuali
come
persone
totalmente
libere
e
"
indipendenti
"
,
addirittura
come
artefici
collettivi
ma
autonomi
della
storia
;
aveva
tuttavia
ragione
ad
attribuire
grande
importanza
nello
svolgimento
della
storia
a
quella
che
egli
chiamava
"
classe
intellettuale
"
.
E
Antonio
Gramsci
,
che
esortava
"
a
fare
i
conti
"
in
termini
dialettici
con
la
filosofia
crociana
(
"
occorre
rifare
per
la
concezione
filosofica
del
Croce
la
stessa
riduzione
che
i
primi
teorici
della
filosofia
della
prassi
hanno
fatto
per
la
concezione
hegeliana
"
)
,
aveva
ragione
quando
scriveva
:
Il
pensiero
del
Croce
...
deve
,
per
lo
meno
,
essere
apprezzato
come
valore
strumentale
,
e
così
si
può
dire
che
esso
ha
energicamente
attirato
l
'
attenzione
sull
'
importanza
dei
fatti
di
cultura
e
di
pensiero
sullo
sviluppo
della
storia
,
sulla
funzione
dei
grandi
intellettuali
nella
vita
organica
della
società
civile
e
dello
Stato
,
sul
momento
dell
'
egemonia
e
del
consenso
come
forma
necessaria
del
blocco
storico
concreto
(
Il
materialismo
storico
e
la
filosofia
di
Benedetto
Croce
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
pp.
199-201
)
.
Coloro
che
,
come
chi
scrive
,
si
augurano
che
una
profonda
trasformazione
dell
'
ordinamento
sociale
possa
essere
promossa
,
nel
nostro
paese
,
da
una
rinnovata
e
organica
alleanza
fra
classe
operaia
ed
ampi
strati
della
piccola
borghesia
,
debbono
puntare
soprattutto
su
quei
due
gruppi
.
Ma
è
necessario
non
farsi
illusioni
:
anche
in
questi
due
gruppi
la
fascia
socialmente
solida
,
capace
di
sostenere
gli
sforzi
di
lungo
periodo
che
una
tale
alleanza
richiede
,
è
ancora
esile
nel
nostro
paese
.
D
'
altra
parte
,
in
questi
due
gruppi
particolari
-
intellettuali
e
tecnici
-
,
come
del
resto
negli
altri
gruppi
e
nelle
altre
classi
sociali
,
non
esiste
solo
una
fascia
civilmente
robusta
ed
una
fascia
di
topi
nel
formaggio
;
esiste
anche
una
larga
fascia
intermedia
di
individui
personalmente
onesti
ma
politicamente
indifferenti
,
individui
che
sarebbero
capaci
di
sacrificare
alcuni
loro
interessi
economici
in
nome
di
interessi
civili
più
ampi
.
È
anche
su
questa
fascia
che
bisogna
puntare
per
quella
rinnovata
alleanza
.
Sotto
l
'
aspetto
della
classificazione
qui
adottata
,
gl
'
intellettuali
in
senso
stretto
e
i
tecnici
si
trovano
prevalentemente
nella
piccola
borghesia
(
gli
strati
più
elevati
sono
inclusi
nella
borghesia
vera
e
propria
)
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
4.1
)
.
Gl
'
intellettuali
,
non
diversamente
dai
quadri
intermedi
della
burocrazia
(
parte
I
,
capp
.
5
e
7
)
,
tendono
a
suddividersi
in
due
categorie
:
quelli
organicamente
integrati
nella
classe
dominante
e
quelli
che
tendono
ad
avvicinarsi
agli
interessi
e
agli
ideali
della
classe
operaia
;
e
una
tale
suddivisione
vale
non
solo
per
gl
'
intellettuali
di
nuovo
tipo
(
scienziati
,
ricercatori
,
tecnici
di
livello
elevato
e
,
in
generale
,
uomini
di
cultura
prevalentemente
"
scientifica
"
)
,
ma
anche
per
gl
'
intellettuali
di
tipo
tradizionale
(
letterati
,
filosofi
,
artisti
e
,
in
generale
,
uomini
di
cultura
prevalentemente
"
umanistica
"
)
.
Parlo
di
tendenze
e
non
di
realtà
effettive
,
poiché
i
margini
d
'
indeterminazione
,
non
trascurabili
in
nessuna
classe
o
sottoclasse
,
sono
particolarmente
rilevanti
nel
caso
degli
intellettuali
,
soprattutto
nell
'
attuale
fase
dello
sviluppo
storico
della
nostra
società
.
La
posizione
dei
tecnici
(
che
,
come
i
politici
,
rientrano
nella
categoria
degli
intellettuali
in
senso
lato
)
è
anche
più
indeterminata
e
polivalente
di
quella
degli
intellettuali
in
senso
stretto
:
possono
essere
cooptati
dalla
classe
dominante
,
come
quegli
impiegati
che
ne
diventano
"
fiduciari
"
;
ma
possono
anche
allearsi
con
la
classe
operaia
;
infine
,
possono
restare
,
per
così
dire
,
disponibili
,
in
una
posizione
critica
ed
autonoma
,
se
pure
non
neutrale
.
In
ogni
modo
,
la
questione
dei
tecnici
va
vista
congiuntamente
a
quella
dei
dirigenti
(
managers
dei
massimi
livelli
,
che
in
parte
sono
appunto
i
tecnici
cooptati
dalla
classe
dominante
)
;
ed
entrambe
le
questioni
vanno
considerate
nel
quadro
dell
'
evoluzione
del
capitalismo
moderno
,
che
ha
assunto
le
caratteristiche
che
oggi
conosciamo
(
non
solo
nel
nostro
paese
)
con
lo
sviluppo
delle
società
per
azioni
,
quindi
dei
gruppi
finanziari
di
queste
società
(
holdings
)
e
infine
,
nel
periodo
più
recente
,
specialmente
nei
paesi
capitalistici
più
avanzati
,
dei
gruppi
multinazionali
.
Questo
capitalismo
è
caratterizzato
da
una
progressiva
separazione
fra
proprietà
e
controllo
:
il
processo
di
concentrazione
-
intravisto
,
già
al
suo
primo
manifestarsi
,
da
Marx
e
da
Engels
-
ha
compiuto
,
nel
tempo
,
passi
da
gigante
;
ma
(
ed
è
questa
una
tesi
fondamentale
di
Alberto
Breglia
)
,
un
tale
processo
non
sembra
condurre
di
per
sé
al
collettivismo
pubblico
(
socialismo
)
;
può
invece
condurre
,
e
in
una
certa
misura
ha
condotto
,
ad
una
sorta
di
collettivismo
privato
,
ossia
a
un
sistema
che
perpetua
i
privilegi
sotto
forme
nuove
,
non
fondate
più
,
principalmente
,
sulla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
ma
sulla
forza
politica
e
sulla
divisione
del
lavoro
,
in
un
peculiare
assetto
istituzionale
,
che
risulta
da
una
commistione
fra
pubblico
e
privato
.
3
.
I
condizionamenti
internazionali
e
le
tensioni
di
origine
interna
I
movimenti
e
le
tendenze
politiche
che
si
manifestano
,
in
Italia
,
nel
seno
di
ciascuna
delle
diverse
classi
condizionano
e
sono
condizionati
dai
movimenti
e
dalle
tendenze
politiche
che
si
manifestano
nelle
analoghe
classi
sociali
degli
altri
paesi
relativamente
evoluti
,
specialmente
dell
'
Europa
.
Data
la
sua
particolare
instabilità
sociale
e
politica
e
dato
il
suo
maggior
grado
di
cultura
,
ciò
è
specialmente
vero
per
la
piccola
borghesia
,
i
cui
movimenti
,
come
quelli
di
un
pendolo
,
entrano
in
risonanza
con
i
movimenti
delle
piccole
borghesie
degli
altri
paesi
che
si
trovano
in
condizioni
relativamente
simili
:
l
'
"
effetto
dimostrativo
"
,
rilevante
per
tutti
i
gruppi
sociali
,
è
particolarmente
rilevante
nel
caso
della
piccola
borghesia
.
Di
ciò
occorre
tener
conto
nel
riflettere
sulla
grave
crisi
sociale
e
politica
che
ora
è
in
atto
nel
nostro
paese
:
le
spinte
e
le
tensioni
che
l
'
hanno
provocata
hanno
origine
non
solo
all
'
interno
ma
anche
all
'
esterno
della
nostra
società
.
Il
movimento
studentesco
e
poi
i
gruppi
extra
-
parlamentari
sono
stati
fortemente
influenzati
da
spinte
esterne
,
così
come
lo
sono
state
le
tensioni
nel
mercato
del
lavoro
:
in
tutti
i
paesi
più
evoluti
negli
ultimi
anni
gli
scioperi
sono
diventati
più
frequenti
e
più
lunghi
,
e
ciò
come
conseguenza
dell
'
accresciuta
pressione
inflazionistica
(
che
è
un
fenomeno
internazionale
)
e
per
una
sorta
di
reciproco
"
effetto
dimostrativo
"
,
che
in
certi
casi
(
autunno
caldo
italiano
del
1969
)
è
stato
rafforzato
dal
timore
che
i
sindacati
avevano
di
essere
scavalcati
a
sinistra
dai
gruppi
extra
-
parlamentari
,
com
'
era
avvenuto
nel
maggio
francese
del
1968
.
La
conseguenza
dell
'
esplosione
salariale
che
,
più
o
meno
,
si
è
verificata
in
tutti
o
quasi
tutti
i
paesi
industrializzati
,
è
stata
una
sensibile
flessione
del
saggio
del
profitto
,
la
quale
a
sua
volta
ha
frenato
gl
'
investimenti
e
fatto
aumentare
la
disoccupazione
.
Le
difficoltà
economiche
sono
state
aggravate
dal
disordine
nel
sistema
monetario
internazionale
e
dalla
crisi
di
importanti
rami
produttivi
,
come
l
'
industria
tessile
e
la
chimica
di
base
,
crisi
provocata
,
oltre
che
dal
forte
aumento
del
costo
del
lavoro
,
dall
'
accresciuta
concorrenza
internazionale
e
da
cospicui
errori
compiuti
negli
ultimi
anni
da
certi
grandi
complessi
produttivi
nella
politica
di
investimenti
.
Le
gravi
difficoltà
economiche
nelle
quali
si
dibatte
il
nostro
paese
da
alcuni
anni
hanno
avuto
e
stanno
avendo
rilevanti
conseguenze
:
hanno
fatto
crescere
il
numero
dei
fallimenti
e
,
per
le
imprese
con
un
numero
di
addetti
relativamente
elevato
,
hanno
provocato
salvataggi
da
parte
dell
'
autorità
pubblica
;
più
in
generale
,
hanno
dato
luogo
ad
una
rapida
accelerazione
dell
'
area
d
'
influenza
delle
imprese
a
partecipazione
statale
;
infine
,
insieme
con
altri
fattori
,
hanno
concorso
a
stimolare
fusioni
non
solo
al
livello
interno
ma
anche
al
livello
internazionale
.
La
debolezza
del
capitale
privato
italiano
ha
comportato
dunque
una
espansione
assoluta
e
relativa
sia
del
capitale
pubblico
sia
del
capitale
estero
,
specialmente
nell
'
industria
;
in
certi
rami
sono
comparse
oppure
hanno
grandemente
esteso
la
loro
influenza
le
grandi
società
multinazionali
.
Questo
è
un
fatto
nuovo
di
fondamentale
importanza
di
cui
d
'
ora
in
poi
non
solo
i
sindacati
ma
anche
i
partiti
di
sinistra
dovranno
tenere
il
massimo
conto
.
Le
difficoltà
economiche
,
aggravando
il
problema
della
disoccupazione
(
operaia
e
intellettuale
)
,
hanno
esasperato
le
tensioni
sociali
,
sia
nel
mondo
del
lavoro
sia
,
più
in
generale
,
nel
mondo
dei
giovani
.
Queste
tensioni
,
che
sono
comuni
a
molti
altri
paesi
capitalistici
,
hanno
assunto
caratteristiche
particolarmente
gravi
nel
nostro
paese
,
che
ha
strutture
civili
debolissime
,
sia
perché
il
suffragio
universale
è
un
fatto
relativamente
recente
(
in
pratica
comincia
ad
essere
applicato
solo
dopo
la
seconda
guerra
mondiale
)
,
sia
per
il
basso
grado
d
'
istruzione
delle
masse
sia
per
l
'
espansione
enorme
,
relativamente
recente
e
in
parte
patologica
,
della
piccola
borghesia
.
La
persistente
flessione
del
saggio
medio
del
profitto
,
che
-
ripeto
-
è
comune
a
molti
altri
paesi
capitalistici
,
può
avere
effetti
molto
gravi
sia
sul
piano
economico
sia
sul
piano
politico
,
dato
che
"
il
saggio
del
profitto
costituisce
la
forza
motrice
della
produzione
capitalistica
"
(
Marx
)
.
Una
crisi
economica
è
già
in
atto
ed
è
elevato
il
rischio
che
si
aggravi
,
con
un
cospicuo
aumento
della
disoccupazione
.
Politicamente
,
sono
fortissime
le
spinte
per
una
svolta
a
destra
;
è
da
prevedere
che
la
reazione
della
borghesia
diventerà
ancora
più
dura
,
con
spinte
di
tipo
fascista
che
oggi
a
quanto
pare
provengono
,
più
che
dalla
grande
borghesia
,
dagli
strati
reazionari
della
piccola
borghesia
.
Si
tratta
di
vedere
quale
risposta
sono
in
grado
di
dare
i
partiti
che
in
qualche
modo
rappresentano
gl
'
interessi
della
classe
operaia
e
i
sindacati
:
sono
pronti
al
decisivo
scontro
frontale
,
comunque
a
una
strategia
rivolta
a
impartire
colpi
d
'
intensità
progressivamente
crescente
per
mutare
il
"
sistema
"
?
La
risposta
di
chi
scrive
è
negativa
.
Sembra
che
la
classe
operaia
sia
diventata
abbastanza
forte
sul
piano
sindacale
da
impartire
duri
colpi
al
"
sistema
"
,
ma
non
abbastanza
forte
e
compatta
e
consapevole
da
mutarlo
.
Se
così
è
,
dovrebbe
essere
ovvio
che
alla
classe
operaia
e
ai
suoi
rappresentanti
e
alleati
oggi
conviene
evitare
lo
scontro
frontale
e
,
comunque
,
non
conviene
adottare
una
strategia
di
tipo
rivoluzionario
.
Di
questo
i
dirigenti
politici
e
sindacali
sembrano
convinti
,
poiché
si
rendono
conto
che
la
grande
maggioranza
degli
operai
non
vuole
veramente
una
rivoluzione
.
Ma
una
frazione
della
"
base
"
,
che
tuttavia
riesce
ad
avere
una
notevole
influenza
,
anche
sotto
la
spinta
dei
gruppi
extra
-
parlamentari
,
continua
a
spingere
come
se
una
strategia
di
tipo
rivoluzionario
fosse
desiderabile
.
Questa
è
una
contraddizione
grave
,
che
nel
nostro
paese
assume
una
gravità
ben
maggiore
che
in
altri
paesi
capitalistici
europei
.
Il
massimalismo
,
non
suffragato
da
una
forza
proporzionata
agli
obiettivi
,
non
ha
mai
dato
frutti
positivi
in
nessun
paese
e
in
nessun
tempo
.
Sul
piano
sociale
e
politico
,
le
spinte
esterne
s
'
intrecciano
e
si
combinano
con
spinte
e
tensioni
specificamente
interne
.
A
titolo
illustrativo
,
si
possono
considerare
due
aree
,
profondamente
diverse
,
in
cui
qualche
anno
fa
si
sono
localizzate
le
tensioni
più
acute
:
Milano
e
Reggio
Calabria
.
A
Milano
è
particolarmente
acuta
,
in
molte
fabbriche
,
la
tensione
fra
dirigenti
e
operai
,
soprattutto
quelli
da
poco
immigrati
dal
Sud
.
Questi
operai
,
che
hanno
reciso
i
legami
con
le
zone
di
origine
attratti
dal
miraggio
di
un
relativo
benessere
,
hanno
scoperto
:
1
)
che
il
loro
salario
viene
decurtato
da
fitti
esosi
;
2
)
che
,
dato
il
loro
grado
d
'
istruzione
,
sono
assegnati
ai
lavori
più
umili
e
più
"
alienanti
"
;
3
)
che
l
'
ambiente
sociale
è
quasi
razzialmente
ostile
nei
loro
confronti
.
Di
qui
la
loro
rabbia
,
che
si
riversa
sui
dirigenti
di
fabbrica
,
da
loro
visti
come
capitalisti
e
sfruttatori
,
e
che
a
volte
viene
incanalata
e
diretta
dai
gruppi
extra
-
parlamentari
.
È
rilevante
anche
la
tensione
fra
certi
strati
di
operai
di
recente
immigrazione
e
certi
strati
di
operai
di
provenienza
locale
.
Anche
in
certi
strati
di
operai
locali
vi
sono
tensioni
,
come
conseguenza
del
fatto
che
,
dopo
gli
elevati
aumenti
salariali
del
1962-1964
,
gl
'
industriali
hanno
cercato
di
accrescere
la
produttività
non
tanto
con
nuove
macchine
,
quanto
attraverso
processi
di
"
razionalizzazione
"
aziendale
,
attraverso
l
'
intensificazione
dei
ritmi
di
lavoro
e
il
ricorso
al
lavoro
straordinario
.
Queste
tensioni
,
tuttavia
,
assumono
più
la
forma
di
rivendicazioni
sindacali
(
aumenti
dei
salari
e
migliori
condizioni
di
lavoro
)
che
la
forma
di
spinte
rabbiose
o
eversive
.
Per
Reggio
Calabria
,
occorre
in
primo
luogo
tener
presente
la
seguente
osservazione
di
Gramsci
:
Il
"
morto
di
fame
"
piccolo
-
borghese
è
originato
dalla
borghesia
rurale
:
la
proprietà
si
spezzetta
in
famiglie
numerose
e
finisce
con
l
'
essere
liquidata
,
ma
gli
elementi
della
classe
non
vogliono
lavorare
manualmente
:
così
si
forma
uno
strato
famelico
di
aspiranti
a
piccoli
impieghi
municipali
,
di
scrivani
,
di
commissionari
,
eccetera
...
Molti
piccoli
impiegati
delle
città
derivano
socialmente
da
questi
strati
...
Il
"
sovversivismo
"
di
questi
strati
ha
due
facce
:
verso
sinistra
e
verso
destra
,
ma
il
volto
sinistro
è
un
mezzo
ricatto
:
essi
vanno
sempre
a
destra
nei
momenti
decisivi
e
il
loro
"
coraggio
"
disperato
preferisce
avere
i
carabinieri
come
alleati
(
Passato
e
presente
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
p
.
15
)
.
In
effetti
,
la
rivolta
di
Reggio
è
stata
promossa
da
piccoli
borghesi
"
sovversivi
"
che
hanno
fatto
leva
soprattutto
sulla
rabbia
di
alcuni
strati
del
sottoproletariato
cittadino
.
Naturalmente
,
l
'
osservazione
di
Gramsci
riguarda
solo
un
aspetto
della
complessa
situazione
(
uno
degli
elementi
particolari
sta
in
ciò
,
che
l
'
istituzione
degli
uffici
regionali
può
avere
grande
importanza
per
l
'
impiego
di
numerose
persone
)
;
un
altro
aspetto
è
dato
dall
'
esasperazione
,
che
serpeggia
in
tutti
gli
strati
della
popolazione
meridionale
,
per
le
promesse
,
fatte
ripetutamente
dai
politici
e
in
gran
parte
non
mantenute
,
circa
l
'
avvio
di
un
vigoroso
processo
di
sviluppo
del
reddito
e
dell
'
occupazione
.
Queste
indicazioni
,
pur
brevi
e
frammentarie
,
bastano
a
mettere
in
evidenza
la
necessità
di
studiare
a
fondo
i
seguenti
fenomeni
,
che
in
parte
si
sovrappongono
e
che
comunque
sono
fra
loro
interdipendenti
:
l
'
esodo
agrario
,
l
'
emigrazione
dal
Sud
al
Nord
e
gli
spostamenti
interni
alle
classi
,
specialmente
quelli
che
hanno
luogo
nelle
regioni
meridionali
.
Come
si
è
osservato
(
parte
I
,
cap
.
4
)
,
gli
spostamenti
principali
avvengono
nell
'
ambito
della
piccola
borghesia
(
flessione
dei
coltivatori
diretti
,
aumento
degli
impiegati
e
dei
commercianti
)
e
nell
'
ambito
della
classe
operaia
(
flessione
dei
salariati
agricoli
,
aumento
dei
salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
e
dei
sottoproletari
)
.
Sebbene
le
sottoclassi
ora
nominate
,
specialmente
quelle
della
piccola
borghesia
,
siano
tutte
molto
eterogenee
,
sembra
tuttavia
lecito
affermare
che
la
sottoclasse
composta
dai
contadini
proprietari
(
coltivatori
diretti
)
in
generale
è
caratterizzata
da
tendenze
di
tipo
conservatore
,
e
comunque
è
più
stabile
e
tradizionalista
delle
altre
sottoclassi
piccolo
-
borghesi
,
ben
più
eterogenee
e
oscillanti
verso
l
'
uno
o
l
'
altro
estremo
dello
schieramento
politico
(
la
spinta
verso
l
'
estrema
destra
eversiva
essendo
presente
soprattutto
nelle
fasce
poco
o
male
inserite
in
attività
economiche
moderne
)
.
Analogamente
,
i
salariati
dell
'
agricoltura
sono
più
tradizionalisti
degli
altri
e
più
suscettibili
,
almeno
in
certe
zone
,
di
subire
l
'
influenza
delle
autorità
ecclesiastiche
locali
,
mentre
i
salariati
dei
settori
extra
-
agricoli
sono
ben
più
attivi
dal
punto
di
vista
sindacale
e
politico
.
Il
risultato
di
quegli
spostamenti
sociali
,
pertanto
,
è
un
aumento
dell
'
instabilità
sociale
e
delle
tensioni
politiche
.
4
.
La
sinistra
tradizionale
e
i
ceti
medi
Tensioni
della
più
diversa
natura
esistono
dunque
nel
nostro
paese
.
Queste
tensioni
sono
state
aggravate
anche
da
disordini
e
da
violenze
deliberatamente
provocate
da
settori
della
destra
politica
ed
economica
operante
nell
'
interno
e
fuori
dello
Stato
,
proprio
per
spingere
all
'
estrema
destra
ampi
strati
della
piccola
borghesia
e
per
determinare
così
una
crisi
politica
;
un
'
ulteriore
spinta
a
destra
degli
stessi
strati
è
stata
originata
da
certi
provvedimenti
radicali
del
governo
di
centro
-
sinistra
,
come
le
leggi
,
tutto
considerato
opportune
e
utili
dal
punto
di
vista
generale
,
riguardanti
i
fondi
rustici
e
l
'
edilizia
residenziale
.
La
sinistra
tradizionale
(
partito
comunista
e
partito
socialista
)
ha
indubbiamente
fatto
tesoro
,
e
non
solo
da
ora
,
della
lezione
del
1921-1922
,
quando
,
come
scrive
Gramsci
,
con
la
sua
politica
passiva
e
permissiva
nei
riguardi
delle
spinte
caotiche
che
spaventavano
molti
piccoli
borghesi
,
già
traumatizzati
dagli
sconvolgimenti
della
guerra
,
la
sinistra
"
se
li
rese
nemici
gratis
,
invece
di
renderseli
alleati
,
cioè
li
ributtò
verso
la
classe
dominante
"
(
Passato
e
presente
,
cit
.
,
p
.
54
)
.
Di
qui
una
politica
cauta
e
comprensiva
,
verso
i
così
detti
ceti
medi
,
sia
del
partito
socialista
sia
del
partito
comunista
(
i
cui
apparati
centrali
,
d
'
altra
parte
,
sono
in
larga
misura
composti
da
persone
provenienti
da
questi
ceti
ed
i
cui
votanti
sono
,
per
quote
non
piccole
,
persone
appartenenti
agli
stessi
ceti
)
.
I
giovani
dei
gruppi
extra
-
parlamentari
,
che
criticano
"
da
sinistra
"
il
partito
socialista
e
quello
comunista
,
dovrebbero
cercare
di
comprendere
le
ragioni
di
una
tale
politica
.
È
vero
:
l
'
attuale
sinistra
potrà
apparire
ai
futuri
storici
come
oggi
ci
appare
la
"
sinistra
storica
"
del
secolo
scorso
;
ma
non
ha
senso
attribuire
la
politica
perseguita
dall
'
attuale
sinistra
al
"
tradimento
"
dei
capi
o
al
loro
imborghesimento
:
la
critica
può
diventare
seria
solo
dopo
un
'
analisi
approfondita
,
che
deve
tener
conto
dell
'
attuale
grado
di
sviluppo
delle
forze
produttive
e
delle
diverse
classi
sociali
nel
nostro
paese
.
Il
rabbioso
estremismo
di
certi
gruppi
della
sinistra
extra
-
parlamentare
non
è
affatto
un
fenomeno
tipicamente
italiano
;
anzi
,
nel
nostro
paese
questi
gruppi
sono
meno
virulenti
che
altrove
.
Si
tratta
,
salvo
poche
eccezioni
,
di
gruppi
di
piccoli
borghesi
declassati
e
disperati
:
è
questa
la
caratteristica
dei
tupamaros
di
certi
paesi
latino
-
americani
;
era
questa
la
caratteristica
dei
nichilisti
russi
del
secolo
scorso
.
Non
c
'
è
dubbio
che
i
gruppi
extra
-
parlamentari
con
la
loro
azione
hanno
contribuito
alla
ripresa
del
pericolo
fascista
;
per
esempio
,
l
'
attacco
ai
"
dirigenti
"
delle
fabbriche
,
assecondato
e
certe
volte
diretto
da
questi
gruppi
,
ricorda
sotto
certi
aspetti
l
'
attacco
agli
ufficiali
reduci
dal
fronte
dopo
la
prima
guerra
mondiale
,
attacco
che
certi
settori
della
sinistra
assecondarono
o
promossero
e
che
contribuì
alla
"
cessione
gratuita
"
di
questi
reduci
alla
classe
dominante
.
Fortunatamente
,
la
scala
del
fenomeno
oggi
è
molto
più
limitata
;
oggi
non
sussistono
le
condizioni
di
sconvolgimento
che
allora
sussistevano
;
la
sinistra
ha
imparato
la
lezione
;
infine
,
il
ventennio
nero
ha
rappresentato
una
forte
vaccinazione
,
non
solo
per
la
classe
operaia
ma
anche
per
molti
strati
delle
classi
medie
.
Tuttavia
,
se
il
pericolo
del
fascismo
manifesto
è
basso
,
è
elevato
il
pericolo
di
una
svolta
politica
antifascista
a
parole
ma
sostanzialmente
fascista
nei
fatti
:
l
'
arretratezza
sociale
e
politica
del
nostro
paese
e
la
protervia
di
ampie
sezioni
della
classe
dominante
rende
questo
pericolo
molto
reale
nelle
attuali
condizioni
di
crisi
.
Il
partito
democratico
cristiano
,
che
ha
la
sua
base
elettorale
in
tutte
e
tre
le
classi
sociali
(
v
.
le
tabelle
7.1
,
7.2
,
7.3
e
7.4
dell
'
Appendice
)
,
preoccupato
per
la
fuga
a
destra
di
una
frazione
dell
'
elettorato
piccolo
-
borghese
,
dalla
fine
del
1971
in
poi
ha
attuato
una
sterzata
a
destra
.
I
risultati
delle
elezioni
del
maggio
1972
mostrano
che
la
manovra
di
recupero
ha
avuto
un
notevole
successo
.
È
necessario
tuttavia
tener
conto
che
la
piccola
borghesia
è
una
classe
,
o
quasi
classe
,
particolarmente
instabile
;
per
questo
una
manovra
di
recupero
a
destra
può
avere
successo
in
un
periodo
breve
,
senza
determinare
perdite
sensibili
di
voti
operai
.
Ma
se
la
rotta
dovesse
continuare
verso
destra
,
in
un
periodo
non
breve
le
perdite
di
voti
a
sinistra
potrebbero
diventare
rilevanti
:
le
contraddizioni
dell
'
interclassismo
vengono
alla
luce
nei
periodi
di
gravi
tensioni
sociali
e
politiche
[
Scrivevo
queste
osservazioni
verso
la
fine
del
1972
]
.
La
situazione
della
sinistra
italiana
(
e
per
questo
aspetto
quella
della
sinistra
francese
)
è
resa
difficile
dal
fatto
che
il
partito
comunista
,
il
quale
politicamente
rappresenta
una
quota
rilevante
,
anche
se
non
maggioritaria
,
della
classe
operaia
ed
una
quota
pure
notevole
di
ceti
medi
(
v
.
le
tabelle
7.3
e
7.4
)
,
è
tuttora
in
una
certa
misura
legato
al
modello
sovietico
,
nonostante
le
distanze
prese
nell
'
ultimo
decennio
,
specialmente
dopo
la
tragedia
cecoslovacca
;
e
per
un
paese
come
l
'
Italia
(
e
la
Francia
)
il
modello
sovietico
appare
sempre
meno
un
"
modello
"
da
seguire
,
non
solo
e
non
tanto
per
ragioni
economiche
,
quanto
per
ragioni
civili
.
Perfino
quella
rottura
così
profonda
che
è
stata
la
rivoluzione
bolscevica
non
è
valsa
a
interrompere
certe
linee
della
storia
russa
,
che
si
ricollegano
ad
antiche
tradizioni
autocratiche
e
repressive
,
comprensibili
(
dolorosamente
)
in
un
paese
che
in
pratica
non
ha
avuto
una
vera
e
propria
rivoluzione
borghese
e
che
fino
a
pochi
decenni
or
sono
era
un
paese
molto
arretrato
.
Si
tratta
di
una
contraddizione
grave
,
le
cui
conseguenze
si
riflettono
negativamente
non
solo
sulla
sinistra
,
ma
sull
'
intera
vita
sociale
e
politica
del
nostro
paese
.
Quanto
prima
se
ne
potrà
uscire
,
tanto
meglio
sarà
.
Riguardo
alle
relazioni
fra
classi
e
partiti
,
bisogna
dire
che
anche
il
partito
comunista
è
interclassista
,
come
lo
è
il
partito
socialista
.
Tuttavia
,
se
è
vero
che
tutti
i
partiti
di
sinistra
e
di
destra
sono
interclassisti
,
alcuni
lo
sono
più
degli
altri
.
In
particolare
,
i
ceti
medi
sono
largamente
rappresentati
sia
a
sinistra
che
a
destra
.
Ma
vi
sono
ceti
medi
genuinamente
progressisti
,
almeno
in
modo
potenziale
;
e
vi
sono
ceti
medi
conservatori
o
reazionari
.
(
A
questo
proposito
conviene
leggere
,
naturalmente
interpretandola
con
un
grano
di
sale
per
adattarla
alla
nostra
situazione
,
l
'
analisi
delle
classi
di
Mao
Tse
-
tung
citata
nel
capitolo
5
della
parte
I
)
.
Inoltre
,
certe
categorie
di
persone
sono
bene
ancorate
a
interessi
organici
di
classe
;
altre
,
lo
sono
poco
e
male
,
come
accade
nel
caso
degli
studenti
,
'
dei
pensionati
e
delle
così
dette
casalinghe
.
P
.
presumibile
che
i
voti
di
queste
persone
siano
particolarmente
fluttuanti
.
Ed
è
anche
presumibile
che
la
Democrazia
cristiana
sia
riuscita
finora
ad
ottenere
una
percentuale
relativamente
stabile
di
voti
grazie
a
oscillazioni
di
segno
opposto
dei
votanti
.
La
varietà
delle
frazioni
di
classi
e
di
sottoclassi
che
convergono
nella
Democrazia
cristiana
appare
impressionante
,
se
si
giudica
dalla
varietà
degli
uomini
rappresentativi
:
alcuni
fanno
parte
di
quanto
di
meglio
offra
il
nostro
paese
,
molti
altri
sono
personaggi
da
galera
;
e
sembra
siano
particolarmente
numerosi
,
fra
i
votanti
della
Democrazia
cristiana
,
quelli
che
appartengono
alle
categorie
"
disancorate
"
(
vedi
l
'
indagine
di
Giuliana
Saladino
pubblicata
da
"
L
'
Ora
"
di
Palermo
nei
giorni
16
,
18
,
20
,
23
e
27
luglio
1973
)
.
Ci
si
deve
domandare
che
cosa
può
accadere
a
questo
partito
se
continua
l
'
ascesa
assoluta
e
relativa
della
classe
operaia
e
se
i
partiti
di
sinistra
riescono
a
rinnovarsi
in
profondità
,
rendendo
molto
più
omogeneo
e
compatto
il
loro
interclassismo
e
promuovendo
una
rappresentanza
operaia
diretta
attraverso
una
qualche
trasfusione
di
sangue
,
per
esempio
,
attraverso
l
'
introduzione
negli
organismi
centrali
di
un
quorum
gradualmente
crescente
riservato
agli
operai
;
un
provvedimento
,
questo
,
che
appare
quanto
mai
auspicabile
se
è
vero
che
il
movimento
operaio
è
immune
da
quelle
degenerazioni
e
da
quegli
"
intrallazzi
"
che
inquinano
la
piccola
borghesia
.
Sul
piano
della
gestione
concreta
della
cosa
pubblica
,
occorre
riflettere
sull
'
esperienza
emiliana
e
di
altre
regioni
"
rosse
"
,
dove
si
è
attuata
un
'
alleanza
organica
fra
ceti
medi
e
classe
operaia
,
con
un
'
evidente
egemonia
dei
primi
.
5
.
Sindacati
operai
e
sindacati
dei
ceti
medi
Nella
prima
parte
ho
avuto
occasione
di
far
notare
che
la
distanza
fra
impiegati
e
operai
,
misurata
per
mezzo
dello
stipendio
medio
e
del
salario
medio
,
negli
anni
più
recenti
è
andata
diminuendo
e
che
,
ciò
nonostante
,
in
singoli
settori
o
al
vertice
delle
diverse
gerarchie
,
le
distanze
presumibilmente
sono
andate
crescendo
.
La
questione
è
importante
e
merita
un
attento
esame
.
Per
un
complesso
di
circostanze
,
il
movimento
operaio
,
insieme
con
quelle
ampie
fette
del
movimento
sindacale
e
della
sinistra
politica
che
bene
o
male
lo
rappresentano
,
ha
raggiunto
importanti
risultati
,
specialmente
negli
ultimi
anni
.
La
posizione
degli
operai
nella
fabbrica
e
nella
società
è
pur
sempre
subordinata
,
ma
lo
è
incomparabilmente
meno
di
quanto
fosse
appena
dieci
anni
fa
.
Questo
importante
processo
di
crescita
civile
avviene
attraverso
dure
lotte
,
attraverso
errori
e
rilevanti
costi
economici
,
che
vanno
a
carico
di
tutti
,
sia
pure
in
diverse
proporzioni
.
In
questo
processo
s
'
innesta
quell
'
avvicinamento
delle
posizioni
medie
di
cui
ho
detto
.
La
scelta
sindacale
dell
'
inquadramento
unico
in
parte
sanziona
questa
nuova
tendenza
e
in
parte
contribuisce
ad
accelerarla
,
almeno
nel
settore
degli
impiegati
di
azienda
.
Si
tratta
di
una
scelta
di
grande
rilievo
.
Ora
questo
processo
di
avvicinamento
economico
e
sociale
fra
certi
strati
di
operai
e
certi
strati
di
ceti
medi
sta
provocando
-
come
già
altre
volte
nel
passato
ma
in
forme
e
con
conseguenze
nuove
-
una
spaccatura
nell
'
ambito
degli
stessi
ceti
medi
.
In
alcuni
strati
quell
'
avvicinamento
suscita
orrore
e
dà
luogo
a
sforzi
per
contrapporsi
ad
esso
,
anche
attraverso
una
strategia
"
corporativa
"
rivolta
a
ripristinare
le
distanze
e
possibilmente
ad
accrescerle
;
l
'
orrore
per
il
comunismo
e
,
più
in
generale
,
per
la
sinistra
,
ha
spesso
una
tale
origine
.
Altri
strati
di
ceti
medi
,
invece
,
considerano
positivamente
questo
processo
,
poiché
l
'
alleanza
organica
con
gli
operai
,
se
ha
degli
svantaggi
economici
(
da
un
punto
di
vista
piccolo
-
borghese
)
,
ha
diversi
rilevanti
vantaggi
in
termini
di
civiltà
e
di
forza
politica
.
Da
un
lato
,
l
'
ascesa
di
una
parte
della
classe
operaia
e
l
'
affermazione
di
una
strategia
"
non
corporativa
"
(
specialmente
nelle
fabbriche
e
fra
gli
intellettuali
)
,
dall
'
altro
lato
,
la
reazione
di
particolari
strati
di
ceti
medi
a
tali
tendenze
ha
assai
inasprito
le
lotte
sociali
e
politiche
,
non
solo
nel
nostro
ma
anche
in
altri
paesi
europei
.
Gli
stessi
capitalisti
industriali
sono
divisi
.
È
in
gioco
non
solo
il
potere
della
grande
borghesia
,
ma
anche
quello
,
a
carattere
in
gran
parte
condominiale
e
subalterno
,
della
media
e
piccola
borghesia
.
All
'
origine
di
questi
contrasti
e
di
queste
contrapposizioni
,
dunque
,
è
l
'
ascesa
non
solo
assoluta
ma
anche
relativa
della
classe
operaia
;
un
'
ascesa
che
ha
luogo
non
solo
nel
campo
economico
ma
anche
nel
campo
sociale
e
politico
e
che
presenta
a
sua
volta
elementi
in
parte
contraddittori
:
da
un
lato
ha
una
componente
potenzialmente
rivoluzionaria
-
almeno
nel
lungo
periodo
-
dall
'
altra
parte
promuove
le
tendenze
verso
l
'
imborghesimento
.
Una
tale
ascesa
,
se
da
un
lato
costituisce
una
minaccia
per
la
grande
borghesia
,
dall
'
altro
lato
costituisce
(
di
nuovo
,
contraddittoriamente
)
una
minaccia
e
,
al
tempo
stesso
,
una
possibilità
di
alleanza
per
la
piccola
borghesia
,
a
cominciare
da
quella
impiegatizia
e
intellettuale
.
Tutto
questo
dimostra
com
'
è
importante
studiare
le
relazioni
(
complementari
e
di
contrapposizione
)
fra
operai
e
ceti
medi
,
in
tutti
i
campi
sociali
,
compreso
quel
campo
particolarissimo
che
è
il
campo
sindacale
.
Un
tale
studio
è
tanto
più
necessario
in
quanto
finora
sulle
relazioni
fra
sindacati
operai
e
sindacati
dei
ceti
medi
(
sindacati
che
in
molti
casi
fanno
capo
alle
stesse
organizzazioni
centrali
)
è
stato
steso
pudicamente
un
velo
;
è
possibile
che
questo
sia
accaduto
sotto
l
'
influsso
dell
'
ideologia
piccolo
-
borghese
che
,
col
pretesto
di
non
creare
divisioni
all
'
interno
della
"
classe
lavoratrice
"
,
mira
a
cementare
una
solidarietà
che
va
in
buona
parte
a
beneficio
dei
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
.
Ora
,
l
'
opportunismo
e
l
'
ipocrisia
nelle
analisi
sociali
non
hanno
mai
giovato
a
nessuno
,
tanto
meno
hanno
giovato
agli
"
innovatori
"
,
ossia
agli
uomini
della
sinistra
.
Con
non
poca
fatica
,
e
grazie
all
'
aiuto
di
diversi
amici
sindacalisti
,
sono
riuscito
a
elaborare
due
tabelle
in
cui
si
presentano
le
stime
degli
iscritti
ai
sindacati
distinguendo
gli
operai
dagli
impiegati
nei
diversi
settori
di
attività
(
v
.
tabelle
5.1
e
5.2
)
.
Le
statistiche
degli
iscritti
ai
sindacati
godono
di
pessima
reputazione
e
in
effetti
fino
a
pochi
anni
fa
erano
inattendibili
;
da
qualche
tempo
,
da
quando
cioè
la
concorrenza
fra
le
tre
grandi
centrali
sindacali
si
è
andata
attenuando
in
seguito
alla
graduale
attuazione
di
una
strategia
unitaria
,
si
è
andata
attenuando
anche
la
"
guerra
delle
cifre
"
e
i
dati
sugli
iscritti
sono
oramai
abbastanza
attendibili
,
o
per
lo
meno
non
sono
grossolanamente
ingannevoli
.
La
distinzione
fra
operai
e
impiegati
nei
settori
direttamente
produttivi
,
come
l
'
industria
,
è
frutto
di
stime
suggeritemi
dai
sindacalisti
;
nel
caso
dei
sindacati
d
'
impiegati
,
collegati
con
le
tre
centrali
sindacali
o
autonomi
,
questo
problema
non
si
pone
.
Sui
dati
esprimerò
pochi
e
schematici
commenti
.
Rispetto
al
totale
degli
iscritti
di
ciascuna
centrale
sindacale
,
la
Cgil
ha
la
più
alta
quota
degli
iscritti
di
operai
e
impiegati
addetti
all
'
industria
,
il
49%
,
contro
il
39%
della
Cisl
e
il
42%
dell
'
Uil
;
e
poiché
nell
'
industria
gli
operai
costituiscono
la
grande
maggioranza
degli
addetti
(
oltre
il
90%
)
,
si
può
desumere
che
la
Cgil
ha
,
fra
i
propri
iscritti
,
la
più
alta
quota
di
operai
.
Al
contrario
,
la
Cisl
ha
la
più
alta
quota
di
iscritti
nelle
altre
attività
,
dove
prevalgono
gl
'
impiegati
.
La
diversa
composizione
della
Cgil
e
della
Cisl
si
ricollega
ad
un
diverso
rapporto
col
partito
dominante
,
la
Dc
,
ciò
che
fino
ad
un
tempo
recente
ha
anche
comportato
discriminazioni
nelle
assunzioni
,
specialmente
nell
'
ambito
dei
ceti
medi
e
,
in
parte
,
un
diverso
modo
di
concepire
l
'
alleanza
fra
operai
e
ceti
medi
(
particolarmente
quelli
impiegatizi
)
,
anche
se
tanto
l
'
una
quanto
l
'
altra
concezione
-
quella
della
Cgil
proclama
l
'
esigenza
dell
'
egemonia
operaia
-
sono
ambigue
,
per
le
ragioni
più
volte
chiarite
.
Il
grado
di
sindacalizzazione
,
naturalmente
,
va
riferito
agli
operai
occupati
in
unità
con
oltre
10
addetti
(
per
gli
impiegati
la
questione
non
si
pone
)
.
Ora
,
il
grado
di
sindacalizzazione
è
relativamente
alto
nell
'
industria
per
quanto
riguarda
gli
operai
(
oltre
il
60%
)
,
mentre
è
relativamente
basso
nel
caso
degli
impiegati
(
circa
un
terzo
)
.
Per
le
altre
attività
le
quote
corrispondenti
sono
il
20%
(
livello
,
come
si
vede
,
molto
basso
)
e
62%
(
livello
relativamente
elevato
:
le
attività
terziarie
costituiscono
il
caratteristico
campo
degli
impiegati
)
.
Nella
pubblica
amministrazione
-
un
settore
quasi
esclusivamente
composto
da
impiegati
-
il
grado
di
sindacalizzazione
è
relativamente
elevato
:
1'80%;
ma
per
circa
un
sesto
si
tratta
di
iscritti
a
sindacati
detti
autonomi
,
che
spesso
sono
affetti
dal
virus
del
corporativismo
.
I
sindacati
autonomi
sono
incredibilmente
numerosi
:
se
ne
contano
alcune
decine
nel
solo
settore
dell
'
istruzione
e
non
meno
di
cinque
nel
settore
della
sanità
.
Paradossalmente
,
una
tale
situazione
di
divisione
e
frammentazione
non
fa
la
debolezza
,
ma
,
spesso
,
fa
la
forza
,
se
si
considera
che
il
così
detto
"
datore
di
lavoro
"
ha
,
come
precipuo
interesse
,
quello
di
far
funzionare
il
servizio
per
ragioni
che
in
un
modo
o
nell
'
altro
sono
di
ordine
pubblico
,
così
che
perfino
un
singolo
sindacato
,
che
raggruppi
una
quota
non
proprio
trascurabile
di
lavoratori
altamente
specializzati
in
un
sottosettore
circoscritto
ma
indispensabile
,
può
esercitare
una
pressione
straordinariamente
forte
.
La
frammentazione
sindacale
può
essere
anche
il
risultato
di
una
deliberata
politica
,
tendente
a
favorire
certi
gruppi
di
lavoratori
o
certe
clientele
,
o
mirante
ad
impedire
l
'
affermarsi
di
determinate
organizzazioni
sindacali
.
Il
grado
di
sindacalizzazione
dei
pubblici
dipendenti
è
elevato
;
ma
non
c
'
è
molto
da
rallegrarsi
per
questo
.
Il
fatto
è
che
le
alte
percentuali
spesso
sono
la
conseguenza
d
'
intese
con
le
amministrazioni
,
per
una
sorta
d
'
iscrizione
automatica
degli
impiegati
(
e
fin
qui
,
nonostante
i
pericoli
di
burocratizzazione
,
non
ci
sarebbe
molto
da
criticare
)
;
ma
non
di
rado
le
alte
percentuali
delle
tre
grandi
organizzazioni
sindacali
sono
imputabili
alla
facilità
con
cui
esse
hanno
accolto
,
come
affiliati
,
dei
sindacati
assai
poco
diversi
,
nella
linea
di
condotta
di
tipo
corporativo
,
dai
sindacati
autonomi
.
In
realtà
,
fra
certi
sindacati
e
le
grandi
centrali
sussistono
legami
puramente
formali
,
simili
a
quelli
che
venivano
ad
instaurarsi
nel
tardo
Medioevo
fra
il
re
o
l
'
imperatore
e
certi
signori
feudali
.
Inoltre
,
i
sindacati
di
diversi
settori
del
pubblico
impiego
riescono
a
non
far
pagare
gli
scioperi
ai
propri
iscritti
con
diversi
espedienti
;
ora
,
gli
scioperi
sono
una
cosa
seria
solo
se
sono
una
forma
di
lotta
effettiva
;
e
le
lotte
sono
costose
.
Per
gli
operai
le
lotte
sono
costose
e
rischiose
(
licenziamento
)
e
non
è
ammissibile
che
ci
siano
due
pesi
e
due
misure
.
Senza
dubbio
,
nel
settore
del
pubblico
impiego
ci
sono
agitazioni
e
scioperi
pienamente
validi
,
ossia
non
corporativi
,
ossia
ancora
capaci
di
promuovere
la
crescita
economica
e
civile
di
tutti
i
lavoratori
;
ma
è
legittimo
affermare
che
la
percentuale
di
scioperi
di
questo
genere
è
molto
inferiore
a
quella
che
si
riscontra
nel
caso
della
classe
operaia
.
Le
tre
grandi
centrali
sindacali
hanno
la
grave
responsabilità
di
aver
assecondato
o
di
non
aver
condannato
,
o
di
aver
condannato
con
estrema
timidezza
,
gli
scioperi
e
le
rivendicazioni
a
carattere
manifestamente
corporativo
di
impiegati
e
di
professionisti
operanti
nel
settore
pubblico
:
il
reddito
nazionale
,
anche
quando
cresce
,
è
limitato
:
se
la
quota
che
va
a
certi
gruppi
sociali
cresce
,
le
altre
quote
necessariamente
diminuiscono
.
In
breve
,
nel
campo
sindacale
,
il
settore
del
pubblico
impiego
inteso
in
senso
lato
è
quello
che
più
degli
altri
esige
una
vasta
opera
di
riorganizzazione
,
strettamente
collegata
con
direttive
politiche
generali
,
prima
fra
tutte
la
direttiva
di
una
stretta
integrazione
fra
la
strategia
dei
sindacati
del
pubblico
impiego
e
sindacati
operai
,
in
antitesi
alle
spinte
clientelari
e
corporative
tuttora
paurosamente
diffuse
.
Non
può
andare
esente
da
critiche
neppure
il
sindacato
a
prevalente
partecipazione
operaia
.
Tuttavia
,
se
si
eccettuano
evidenti
errori
di
strategia
e
soprattutto
di
tattica
(
agitazioni
in
certi
periodi
troppo
frequenti
,
abuso
di
scioperi
con
rivendicazioni
di
politica
generale
)
,
bisogna
dire
che
da
questa
parte
le
cose
vanno
molto
meglio
;
e
più
di
una
volta
,
se
ci
sono
state
al
vertice
incertezze
e
impostazioni
burocratiche
,
la
base
ha
imposto
rivendicazioni
sacrosante
come
quella
,
già
ricordata
,
dell
'
inquadramento
unico
,
o
quella
per
gl
'
investimenti
nel
Mezzogiorno
,
o
le
rivendicazioni
per
il
miglioramento
delle
condizioni
di
lavoro
nelle
fabbriche
,
specialmente
la
lotta
a
favore
della
salubrità
degli
ambienti
e
contro
l
'
assai
gravemente
insufficiente
prevenzione
degli
infortuni
.
Il
fatto
che
rivendicazioni
qualitative
stiano
avendo
un
peso
crescente
in
confronto
alle
rivendicazioni
puramente
pecuniarie
è
un
fatto
di
grande
rilievo
,
poiché
è
un
indice
della
crescita
civile
degli
operai
,
pur
fra
tanti
errori
,
tante
ingenuità
e
tante
aberrazioni
.
In
ogni
modo
,
per
il
meglio
o
per
il
peggio
,
i
sindacati
sono
al
centro
dell
'
attuale
crisi
politica
,
la
quale
è
grave
e
complessa
e
richiede
un
'
analisi
molto
approfondita
,
illuminata
da
ipotesi
appropriate
.
6
.
L
'
attuale
crisi
politica
e
la
borghesia
finanziaria
Sotto
molti
aspetti
,
l
'
attuale
quadro
politico
italiano
appare
come
una
desolata
palude
:
specialmente
(
ma
non
esclusivamente
)
nella
cerchia
dei
ceti
medi
,
la
corruzione
,
le
spinte
corporative
e
la
caccia
ai
privilegi
si
moltiplicano
,
come
una
volta
in
Uruguay
,
con
un
progressivo
aumento
dell
'
uso
parassitario
delle
risorse
a
danno
degli
impieghi
produttivi
e
quindi
a
danno
delle
capacità
di
sviluppo
economico
.
Al
centro
del
quadro
-
con
ramificazioni
a
destra
e
a
sinistra
-
c
'
è
una
gran
massa
di
piccoli
borghesi
che
pensa
principalmente
,
o
esclusivamente
,
al
proprio
"
particolare
"
e
se
ne
infischia
della
cosa
pubblica
.
A
sinistra
ci
sono
quei
partiti
di
cui
ho
parlato
e
che
,
senza
una
profonda
riorganizzazione
e
senza
una
"
trasfusione
di
sangue
"
,
rischiano
di
corrompersi
o
di
sclerotizzarsi
in
modo
irreversibile
.
All
'
estrema
sinistra
ci
sono
alcuni
gruppi
,
che
oggi
tutto
possono
far
meno
che
la
rivoluzione
.
Ancora
a
sinistra
,
nelle
fabbriche
,
c
'
è
un
consistente
nucleo
di
classe
operaia
industriale
moderna
in
netta
ascesa
.
Corrispondentemente
,
all
'
estrema
destra
si
profila
il
pericolo
di
una
reazione
fascista
di
tipo
nuovo
.
Insomma
,
sembra
che
la
prospettiva
sia
quella
di
uscire
dalla
palude
per
andare
a
finire
o
in
un
campo
di
concentramento
o
in
un
bel
cimitero
,
con
i
viali
ordinati
ed
ornati
di
fiori
,
oppure
in
una
palude
di
altro
genere
.
Che
cosa
si
può
fare
per
uscire
dalla
crisi
?
La
strada
è
certamente
ardua
e
lunga
.
Il
passo
preliminare
consiste
in
un
'
adeguata
analisi
critica
della
situazione
attuale
(
1974
)
:
da
un
lato
occorre
studiare
la
condotta
idei
diversi
sindacati
e
i
condizionamenti
posti
dalla
così
detta
base
,
dall
'
altro
si
devono
esaminare
i
cambiamenti
che
stanno
avendo
luogo
nella
parte
alta
della
piramide
sociale
.
Per
avviare
la
suddetta
analisi
critica
conviene
riflettere
in
modo
particolare
su
alcuni
punti
emersi
nei
precedenti
capitoli
.
1
.
Nei
periodi
di
aspri
conflitti
fra
borghesia
e
parte
della
classe
operaia
,
le
concessioni
ai
funzionari
e
specialmente
a
quelli
di
grado
più
elevato
sono
state
più
frequenti
e
più
sostanziose
.
In
questo
modo
si
sono
rafforzati
i
privilegi
dell
'
alta
burocrazia
(
parte
I
,
cap
.
6
)
.
2
.
Mentre
la
distanza
media
fra
impiegati
e
operai
,
misurata
dai
livelli
delle
retribuzioni
,
è
andata
diminuendo
negli
ultimi
anni
,
in
certe
fasce
di
impiegati
le
distanze
specifiche
sono
perfino
aumentate
,
come
conseguenza
di
reazioni
corporative
,
rese
rabbiose
da
quello
che
i
sociologhi
chiamano
"
panico
di
status
"
(
parte
I
,
cap
.
7
)
.
3
.
Con
l
'
esodo
agrario
e
l
'
urbanesimo
,
sono
grandemente
cresciute
le
rendite
urbane
,
con
le
connesse
operazioni
speculative
;
si
è
formato
in
questo
modo
,
un
numero
relativamente
consistente
di
nouveaux
riches
(
parte
I
,
cap
.
1
)
.
4
.
Da
anni
il
nostro
paese
si
dibatte
in
gravi
difficoltà
economiche
che
in
gran
parte
sono
la
conseguenza
di
agitazioni
sindacali
particolarmente
violente
(
parte
II
,
cap
.
4
)
e
le
agitazioni
sindacali
sono
state
e
sono
particolarmente
violente
anche
a
causa
dell
'
insufficienza
di
quelle
infrastrutture
civili
che
dovrebbero
essere
attuate
con
l
'
attuazione
delle
riforme
;
di
recente
,
le
difficoltà
economiche
sono
state
drammaticamente
aggravate
dall
'
aumento
nei
prezzi
internazionali
delle
materie
prime
e
,
soprattutto
,
del
petrolio
,
con
un
conseguente
enorme
deficit
nella
bilancia
dei
pagamenti
(
parte
II
,
capp
.
1
e
3
)
.
5
.
Principalmente
a
causa
della
politica
clientelare
perseguita
con
crescente
protervia
dagli
stati
maggiori
dei
partiti
che
sono
al
potere
al
centro
e
alla
periferia
ed
a
causa
di
leggi
approvate
per
favorire
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
dei
gruppi
burocratici
e
dei
"
corpi
separati
"
,
il
deficit
della
pubblica
amministrazione
è
andato
crescendo
in
misura
paurosa
.
Per
finanziare
tale
deficit
,
il
pubblico
erario
e
il
sistema
creditizio
hanno
dovuto
destinare
mezzi
crescenti
,
sottraendoli
al
finanziamento
degli
investimenti
produttivi
.
Alla
formazione
e
poi
alla
crescita
di
questo
deficit
,
che
sta
diventando
una
voragine
,
hanno
contribuito
in
parte
notevole
i
disavanzi
degli
ospedali
e
degli
enti
locali
,
disavanzi
che
a
loro
volta
sono
stati
alimentati
da
assunzioni
massicce
,
di
tipo
appunto
clientelare
,
e
da
enormi
aumenti
di
stipendio
ottenuti
dai
diversi
gruppi
di
dipendenti
con
l
'
appoggio
-
o
almeno
senza
l
'
opposizione
-
delle
centrali
sindacali
.
Il
costo
del
finanziamento
degli
investimenti
produttivi
,
d
'
altro
canto
,
è
andato
crescendo
anche
a
causa
dei
molto
gravosi
oneri
per
il
personale
appartenente
alle
istituzioni
creditizie
,
che
dal
punto
di
vista
delle
retribuzioni
costituisce
un
'
altra
caratteristica
isola
di
privilegio
.
6
.
Le
gravi
difficoltà
economiche
si
sono
tradotte
,
fra
l
'
altro
,
in
una
flessione
dei
profitti
e
in
un
crescente
numero
di
fallimenti
,
ciò
che
ha
provocato
salvataggi
da
parte
dell
'
autorità
pubblica
,
ha
rapidamente
allargato
l
'
area
d
'
influenza
delle
imprese
a
partecipazione
statale
ed
ha
favorito
l
'
ingresso
,
silenzioso
ma
massiccio
,
del
capitale
estero
,
controllato
,
in
parte
,
da
grandi
società
multinazionali
(
parte
II
,
cap
.
3
)
.
Queste
difficoltà
economiche
hanno
reso
più
debole
la
borghesia
industriale
a
vantaggio
della
borghesia
finanziaria
e
speculativa
,
che
ha
avuto
tendenza
a
integrarsi
con
l
'
alta
borghesia
burocratica
(
punti
1
e
2
)
e
a
rafforzarsi
sia
inserendosi
in
speculazioni
edilizie
(
punto
3
)
sia
collegandosi
con
le
attività
connesse
col
petrolio
.
In
effetti
,
se
si
mette
da
parte
la
petrolchimica
,
si
deve
riconoscere
che
il
commercio
e
la
raffinazione
dei
prodotti
petroliferi
richiedono
ben
poche
capacità
imprenditoriali
:
si
tratta
di
sapersi
muovere
nel
mondo
della
pubblica
amministrazione
ed
in
quello
delle
compagnie
petrolifere
multinazionali
piuttosto
che
saper
affrontare
le
così
dette
alee
dell
'
organizzazione
produttiva
e
del
mercato
.
Quelle
del
petrolio
possono
quindi
a
buon
diritto
essere
incluse
fra
le
attività
speculative
intese
in
senso
ampio
e
i
proprietari
che
le
controllano
possono
essere
inclusi
nella
borghesia
finanziaria
.
Speculazioni
edilizie
,
esportazioni
di
capitali
,
petrolio
,
costituiscono
le
tipiche
aree
del
profitto
speculativo
:
sono
aree
economicamente
inquinate
anche
da
un
punto
di
vista
capitalistico
;
a
fortiori
sono
aree
inquinate
ed
inquinanti
dal
punto
di
vista
politico
.
7
.
La
flessione
dei
profitti
(
parte
II
,
cap
.
3
)
è
stata
interrotta
dalla
"
fluttuazione
libera
"
della
lira
,
ossia
,
in
sostanza
,
dalla
svalutazione
della
nostra
moneta
in
termini
di
divise
estere
,
che
è
cominciata
nel
febbraio
del
1973
e
che
oggi
(
aprile
1974
)
supera
il
20%
.
Tale
svalutazione
ha
favorito
,
in
generale
,
i
profitti
e
,
in
particolare
,
ha
favorito
le
operazioni
speculative
(
comprese
le
esportazioni
e
le
importazioni
di
capitali
)
dirette
ed
organizzate
dalla
borghesia
finanziaria
.
I
punti
6
e
7
ora
ricordati
sono
stati
elaborati
da
Giorgio
Galli
,
che
ha
formulato
la
seguente
ipotesi
interpretativa
della
crisi
politica
in
atto
:
"
Si
è
venuta
formando
in
Italia
una
borghesia
finanziaria
e
speculativa
nei
suoi
strati
superiori
e
burocratico
-
parassitaria
nei
suoi
strati
immediatamente
inferiori
,
che
non
è
affatto
interessata
alla
razionalizzazione
del
sistema
sociale
e
che
sta
conquistando
l
'
egemonia
nell
'
ambito
dell
'
alta
borghesia
.
Quella
che
si
viene
consolidando
,
dunque
,
è
un
'
alleanza
non
tra
grande
borghesia
industriale
e
ceti
medi
conservatori
(
come
negli
anni
Sessanta
)
,
bensì
un
'
alleanza
tra
alta
borghesia
speculativa
e
media
borghesia
burocratica
,
l
'
una
e
l
'
altra
non
legate
alle
imprese
ed
alle
professioni
,
ma
alla
speculazione
ed
alla
rendita
derivante
dal
controllo
di
posizioni
chiave
nell
'
apparato
amministrativo
(
alti
burocrati
)
,
creditizio
(
alti
funzionari
delle
banche
)
,
delle
imprese
ed
enti
pubblici
e
nell
'
apparato
politico
strettamente
connesso
ai
precedenti
(
lo
strato
superiore
dei
funzionari
di
partito
)
,
dei
politici
professionisti
"
;
gl
'
interessi
politici
della
borghesia
finanziaria
e
speculativa
sarebbero
rappresentati
in
misura
nettamente
prevalente
dalla
Democrazia
cristiana
(
Distribuzione
dei
reddito
e
classi
sociali
,
comunicazione
presentata
al
convegno
"
Distribuzione
del
reddito
e
modello
di
sviluppo
"
,
organizzato
dal
Club
Turati
di
Torino
,
nei
giorni
6-7
marzo
1974
,
pp.
1
e
6
)
.
Quella
che
io
chiamo
borghesia
finanziaria
e
Giorgio
Galli
borghesia
finanziaria
e
speculativa
è
denominata
da
Carlo
Marx
"
aristocrazia
finanziaria
"
.
Marx
la
descrive
nei
seguenti
termini
:
"
Sotto
Luigi
Filippo
,
non
regnava
la
borghesia
francese
,
ma
una
frazione
di
essa
.
I
banchieri
,
i
re
della
borsa
,
i
re
delle
ferrovie
,
i
proprietari
delle
miniere
di
carbone
e
di
ferro
e
delle
foreste
,
e
una
parte
della
proprietà
fondiaria
venuta
con
essi
a
un
accordo
:
la
cosiddetta
"
aristocrazia
finanziaria
"
.
Essa
sedeva
sul
trono
,
essa
dettava
leggi
nelle
Camere
,
essa
distribuiva
gli
impieghi
dello
Stato
,
dal
ministero
allo
spaccio
dei
tabacchi
.
(...)
Mentre
l
'
aristocrazia
finanziaria
faceva
le
leggi
,
dirigeva
l
'
amministrazione
dello
Stato
,
disponeva
di
tutti
i
pubblici
poteri
organizzati
,
dominava
l
'
opinione
pubblica
,
coi
fatti
e
con
la
stampa
,
in
tutti
gli
ambienti
,
dalla
corte
sino
al
Café
Borgne
,
si
spandeva
l
'
identica
prostituzione
,
l
'
identica
frode
svergognata
,
l
'
identica
smania
di
arricchirsi
non
con
la
produzione
,
ma
rubando
le
ricchezze
altrui
già
esistenti
.
Alla
sommità
stessa
della
società
borghese
trionfava
il
soddisfacimento
sfrenato
,
in
urto
ad
ogni
istante
con
le
stesse
leggi
borghesi
,
degli
appetiti
malsani
e
sregolati
in
cui
logicamente
cerca
la
sua
soddisfazione
la
ricchezza
scaturita
dal
giuoco
,
in
cui
il
godimento
diventa
crapuleux
,
e
il
denaro
,
il
fango
e
il
sangue
scorrono
insieme
.
L
'
aristocrazia
finanziaria
,
nelle
sue
forme
di
guadagno
come
nei
,
suoi
piaceri
,
non
è
altro
che
la
riproduzione
del
sottoproletariato
alla
sommità
della
società
borghese
"
(
Le
lotte
di
classe
in
Francia
dal
1848
al
1850
,
in
Opere
scelte
di
Marx
e
di
Engels
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1966
,
pp.
376
e
378-9
)
.
D
'
altro
lato
,
la
corruzione
dilagante
,
nel
nostro
come
anche
in
altri
paesi
,
nell
'
ambito
della
borghesia
ed
in
particolare
della
piccola
borghesia
ricorda
,
sotto
alcuni
aspetti
,
la
corruzione
dilagante
nell
'
ambito
delle
aristocrazie
feudali
quando
stavano
per
perdere
potere
e
predominio
.
In
quelle
circostanze
trionfava
la
filosofia
del
carpe
diem
o
dell
'
après
moi
le
déluge
-
manifestazione
caratteristica
,
questa
,
di
una
classe
dominante
che
perde
la
fiducia
nei
propri
valori
e
nei
propri
ideali
.
Potremmo
essere
tentati
d
'
interpretare
l
'
attuale
processo
di
sgretolamento
facendo
riferimento
all
'
ascesa
,
di
cui
abbiamo
parlato
più
volte
,
della
classe
nuova
,
quella
degli
operai
,
che
,
insieme
con
molti
tecnici
e
intellettuali
e
parecchi
impiegati
relativamente
immuni
da
interessi
corporativi
,
ha
posto
la
candidatura
all
'
egemonia
.
Debbo
dire
che
una
tale
interpretazione
a
me
sembra
troppo
ottimistica
e
troppo
semplicistica
.
Però
credo
che
tanto
in
questa
interpretazione
quanto
in
quella
precedentemente
accennata
(
che
hanno
certi
punti
di
contatto
)
ci
siano
elementi
di
verità
su
cui
dobbiamo
riflettere
.
Per
la
così
detta
"
aristocrazia
finanziaria
"
Marx
ha
dunque
parole
di
fuoco
:
egli
parla
di
"
prostituzione
"
-
naturalmente
in
senso
civile
-
di
"
frode
svergognata
"
;
parla
anche
di
"
contratti
d
'
appalto
fraudolenti
,
corruzioni
,
malversazioni
,
bricconate
di
ogni
specie
"
.
La
descrizione
di
Marx
(
che
,
sia
detto
fra
parentesi
,
deve
apparire
moralistica
ai
nostri
marxisti
ortodossi
)
è
di
un
'
attualità
impressionante
.
Detto
questo
,
e
pur
considerando
l
'
ipotesi
interpretativa
di
Galli
interessante
e
degna
di
riflessione
e
di
studio
,
non
mi
sento
in
grado
di
pronunciarmi
sulla
sua
validità
.
Mi
limito
tuttavia
a
ricordare
che
i
legami
fra
borghesia
finanziaria
e
le
altre
frazioni
della
borghesia
sono
oggi
così
stretti
,
in
Italia
,
da
rendere
particolarmente
problematica
l
'
attribuzione
di
ruoli
distinti
.
Chi
voglia
,
ciò
nonostante
,
isolare
la
borghesia
finanziaria
,
deve
tener
presente
che
,
per
la
sua
natura
,
il
potere
economico
(
e
politico
)
di
questa
frazione
della
borghesia
è
assai
più
instabile
e
oscillante
di
quello
che
,
di
tempo
in
tempo
e
di
zona
in
zona
,
può
essere
stato
conquistato
dalle
altre
frazioni
(
specialmente
:
borghesia
agraria
e
borghesia
industriale
)
.
In
questo
caso
,
perciò
,
anche
più
che
in
altri
,
occorre
essere
molto
cauti
nelle
generalizzazioni
.
Ricordiamoci
,
in
ogni
modo
,
che
l
'
ascesa
della
borghesia
finanziaria
-
ossia
della
frazione
meno
"
rispettabile
"
della
classe
-
più
che
essere
la
causa
è
l
'
effetto
del
declino
(
non
si
sa
se
duraturo
o
temporaneo
)
della
borghesia
industriale
e
di
quel
vuoto
di
potere
di
cui
ho
parlato
più
volte
.
7
.
Un
popolo
di
semianalfabeti
Le
attuali
difficoltà
economiche
e
politiche
sono
in
larga
misura
simili
a
quelle
sperimentate
da
altri
paesi
;
all
'
origine
,
io
credo
,
c
'
è
l
'
ascesa
assoluta
e
relativa
della
classe
operaia
(
si
consideri
in
modo
speciale
il
caso
della
Gran
Bretagna
;
si
considerino
i
recenti
massicci
scioperi
in
Giappone
,
i
cui
sindacati
erano
presentati
come
modelli
di
autocontrollo
e
di
disciplina
)
.
Tuttavia
,
in
Italia
le
difficoltà
assumono
una
gravità
particolare
per
ragioni
connesse
con
la
nostra
struttura
sociale
.
Noi
siamo
un
paese
relativamente
sviluppato
dal
punto
di
vista
economico
;
ma
siamo
un
paese
arretrato
dal
punto
di
vista
civile
.
Ho
già
fatto
osservare
che
il
70%
della
popolazione
attiva
del
nostro
paese
possiede
,
al
massimo
,
la
licenza
elementare
:
una
percentuale
che
non
trova
riscontro
in
nessuno
dei
paesi
considerati
civili
(
v
.
la
tabella
6.2
)
.
E
sappiamo
che
,
con
la
licenza
elementare
,
si
possono
fare
solo
lavori
ripetitivi
:
salvo
casi
eccezionali
,
non
si
può
partecipare
,
neppure
in
forma
modesta
,
alla
gestione
della
cosa
pubblica
o
dei
patiti
;
di
regola
,
non
si
può
neppure
gestire
la
sezione
di
un
partito
in
un
piccolo
comune
.
Con
la
licenza
elementare
(
che
è
il
livello
massimo
di
quel
70%
)
si
giunge
a
scrivere
qualche
lettera
alla
madre
o
alla
fidanzata
quando
l
'
uomo
è
sotto
le
armi
e
a
leggere
un
giornale
sportivo
.
(
Certo
,
gli
autodidatti
possono
svilupparsi
culturalmente
anche
con
la
sola
licenza
elementare
;
ma
è
ben
difficile
pensare
che
si
tratti
di
un
numero
elevato
di
persone
)
.
Quella
percentuale
è
illuminante
:
spiega
,
da
sola
,
perché
le
tirature
dei
giornali
sono
da
noi
vergognosamente
limitate
;
spiega
l
'
atteggiamento
spesso
arrogante
e
insolente
dei
piccoli
burocrati
,
specialmente
nelle
zone
più
depresse
,
dove
,
naturalmente
,
la
percentuale
dei
semianalfabeti
è
ancora
più
alta
della
media
nazionale
,
come
ben
più
alta
di
quella
ufficiale
è
la
percentuale
degli
analfabeti
totali
o
degli
analfabeti
di
ritorno
;
spiega
il
basso
livello
della
nostra
vita
politica
(
ciascuno
di
noi
,
in
quanto
uomo
di
parte
,
è
incline
a
vedere
le
miserie
culturali
e
morali
negli
altri
partiti
e
ad
essere
particolarmente
indulgente
con
quelle
del
partito
al
quale
appartiene
o
per
il
quale
vota
)
;
spiega
-
ma
qui
l
'
analisi
diventa
molto
più
difficile
-
l
'
atteggiamento
dei
"
mandarini
"
-
di
noi
,
piccoli
e
medi
borghesi
-
che
spesso
inconsapevolmente
tendono
a
trar
vantaggio
nei
modi
più
diversi
dalla
loro
posizione
di
quasi
monopolisti
dell
'
istruzione
media
e
superiore
.
È
vero
:
l
'
afflusso
nelle
scuole
medie
e
superiori
delle
nuove
leve
è
sensibilmente
maggiore
che
nel
passato
,
così
che
quella
percentuale
(
70%
)
va
diminuendo
;
ma
la
velocità
con
cui
diminuisce
(
poco
più
di
un
punto
l
'
anno
)
non
è
grande
:
con
una
tale
velocità
solo
fra
tre
o
quattro
lustri
arriveremo
al
livello
attuale
della
Francia
(
circa
il
45%
)
,
che
pure
è
fra
i
più
alti
nell
'
ambito
dei
paesi
civili
.
Ma
allora
,
oltre
ad
essere
un
popolo
di
eroi
,
di
santi
,
di
poeti
,
di
navigatori
e
di
scienziati
siamo
anche
,
e
innanzi
tutto
,
un
popolo
di
semianalfabeti
?
Dopo
aver
tolto
di
mezzo
la
storia
degli
eroi
e
degli
scienziati
-
una
espressione
caratteristica
della
retorica
piccolo
-
borghese
-
togliamo
pure
di
mezzo
ogni
forma
di
feroce
esagerazione
autocritica
;
riconosciamo
pure
l
'
esistenza
di
una
minoranza
di
persone
civili
,
che
oltre
a
non
essere
semianalfabete
non
sono
neppure
topi
nel
formaggio
e
non
si
preoccupano
esclusivamente
del
proprio
"
particolare
"
;
in
quella
minoranza
-
se
proprio
abbiamo
deciso
di
tirarci
su
il
morale
-
possiamo
includere
anche
noi
:
me
che
scrivo
,
voi
che
leggete
.
Dopo
aver
fatto
tutto
questo
,
resta
la
fondamentale
verità
della
risposta
:
sì
,
le
eccezioni
sono
eccezioni
,
le
oasi
non
impediscono
al
deserto
di
restare
deserto
,
anzi
ne
sono
la
conferma
.
Come
massa
,
siamo
un
popolo
di
semianalfabeti
;
e
ciò
ci
condiziona
tutti
,
in
un
modo
o
nell
'
altro
,
nell
'
indurci
in
tentazione
,
ossia
nel
dar
sfogo
al
nostro
egoismo
o
nell
'
attuare
una
qualche
forma
di
prevaricazione
sociale
;
ci
condiziona
anche
negli
sforzi
che
possiamo
fare
per
migliorare
la
situazione
,
sforzi
faticosissimi
e
in
gran
parte
,
almeno
a
prima
vista
,
inutili
,
o
nello
spingerci
verso
atteggiamenti
scettici
o
cinici
e
,
nel
fondo
,
quasi
disperati
.
Quella
percentuale
è
il
più
grave
atto
di
accusa
ai
gruppi
che
si
sono
succeduti
al
potere
nel
nostro
paese
,
alla
così
detta
classe
dirigente
,
in
ultima
analisi
a
noi
stessi
-
chi
legge
questo
scritto
può
esser
certo
di
appartenere
alla
frazione
più
elevata
del
30%
dei
privilegiati
(
i
laureati
non
raggiungono
neppure
il
4%
della
popolazione
attiva
)
.
Come
si
concilia
quella
tremenda
percentuale
con
l
'
esplosione
scolastica
,
di
cui
tutti
parlano
?
Si
concilia
per
diverse
ragioni
.
In
primo
luogo
,
l
'
esplosione
è
tale
,
o
appare
tale
,
per
la
radicale
insufficienza
delle
strutture
scolastiche
(
delle
strutture
molto
più
che
del
personale
)
.
In
secondo
luogo
,
la
mortalità
scolastica
è
molto
elevata
:
non
sono
pochi
i
ragazzi
che
frequentano
una
,
due
o
tre
classi
delle
scuole
medie
inferiori
senza
giungere
al
diploma
.
In
terzo
luogo
,
l
'
aumento
dei
diplomati
(
o
dei
diplomandi
)
,
certamente
più
rapido
che
nel
passato
,
incide
solo
lentamente
sullo
stock
:
l
'
Italia
imperiale
di
Mussolini
ci
aveva
lasciato
il
90%
di
semianalfabeti
.
Ora
siamo
al
70%
:
un
progresso
è
stato
fatto
;
ma
quanto
è
lunga
la
via
!
Il
quadro
è
spaventoso
se
visto
nei
suoi
termini
quantitativi
.
Forse
sarebbe
ancora
più
grave
se
si
potessero
esaminare
a
fondo
gli
aspetti
qualitativi
:
i
diplomi
e
le
lauree
di
quel
30%
di
quasi
-
monopolisti
,
quale
valore
hanno
?
Possiamo
tentare
di
ridurre
l
'
angoscia
pensando
alla
curva
di
Gauss
,
che
domina
in
tutti
i
fenomeni
sociali
:
una
parte
,
non
proprio
piccola
,
delle
scuole
funziona
,
una
parte
,
non
proprio
esigua
,
del
personale
insegnante
è
costituita
da
persone
capaci
e
preparate
.
Tuttavia
,
la
curva
di
Gauss
va
interpretata
considerando
l
'
altezza
della
moda
e
l
'
unità
di
misura
,
e
forse
è
un
bene
che
queste
due
quantità
restino
indeterminate
.
L
'
aumento
nel
numero
dei
diplomati
e
dei
laureati
è
troppo
lento
sotto
l
'
aspetto
dello
sviluppo
civile
,
ma
,
al
contrario
,
è
troppo
rapido
con
riferimento
allo
sviluppo
economico
,
poiché
l
'
espansione
della
domanda
del
lavoro
intellettuale
qualificato
risulta
inferiore
all
'
espansione
dell
'
offerta
:
il
risultato
è
un
aumento
della
disoccupazione
intellettuale
,
soprattutto
fra
i
giovani
.
Sia
chiaro
:
l
'
accento
posto
sulle
gravi
carenze
nel
campo
dell
'
istruzione
non
implica
che
queste
carenze
costituiscano
la
"
causa
"
dell
'
arretratezza
civile
,
oltre
che
economica
,
della
nostra
società
:
esse
ne
sono
piuttosto
un
importante
indicatore
.
(
D
'
altra
parte
,
come
Gino
Germani
mette
in
evidenza
nell
'
opera
citata
-
spec
.
a
p
.
131
-
coloro
che
acquistano
un
grado
di
istruzione
relativamente
alto
e
poi
non
riescono
ad
ottenere
le
posizioni
sociali
cui
aspirano
o
addirittura
restano
disoccupati
,
possono
diventare
causa
di
forti
tensioni
sociali
)
.
L
'
arretratezza
civile
risulta
da
tanti
e
tanti
elementi
,
che
possono
essere
efficacemente
riassunti
-
me
l
'
ha
fatto
osservare
lo
stesso
Germani
-
dal
concetto
di
"
estraneità
"
delle
masse
dalla
vita
politica
,
estraneità
quasi
totale
nel
secolo
scorso
,
ma
tuttora
ampia
,
essendo
la
partecipazione
delle
masse
alla
vita
politica
o
circoscritta
ovvero
saltuaria
ed
episodica
.
8
.
Contrasti
economici
e
contrasti
sociali
Si
sente
ripetere
spesso
che
oramai
l
'
Italia
è
diventata
un
paese
moderno
,
che
è
entrata
nel
novero
dei
dieci
paesi
più
industrializzati
del
mondo
.
Questo
è
vero
,
ma
è
solo
una
parte
della
verità
.
Per
una
distorsione
probabilmente
imputabile
alla
grande
influenza
del
pensiero
economico
sulla
cultura
sociale
e
politica
,
si
tende
a
stabilire
un
'
equivalenza
fra
grado
di
sviluppo
economico
e
grado
di
sviluppo
civile
.
t
triste
osservare
che
così
non
è
:
il
nostro
reddito
individuale
medio
oggi
è
solo
limitatamente
inferiore
a
quello
inglese
-
siamo
arrivati
al
70-75%
.
Ma
,
pur
senza
tener
conto
del
fatto
che
la
distribuzione
personale
e
regionale
del
reddito
nazionale
italiano
è
molto
più
diseguale
di
quanto
sia
in
Inghilterra
,
si
deve
dire
che
se
il
grado
di
sviluppo
civile
fosse
quantificabile
esso
sarebbe
molto
inferiore
a
quel
70%
.
Qualche
aspetto
quantitativo
della
nostra
arretratezza
economica
e
civile
,
ben
più
significativo
del
livello
relativo
del
reddito
individuale
,
può
essere
individuato
esaminando
con
attenzione
i
contrasti
economici
e
sociali
che
caratterizzano
il
nostro
paese
.
Certo
,
tutte
le
società
contengono
nel
proprio
seno
elementi
contrastanti
;
ma
nella
società
italiana
i
contrasti
raggiungono
un
'
intensità
molto
difficilmente
riscontrabile
in
altri
paesi
:
-
accanto
a
imprese
moderne
,
grandi
e
piccole
,
esiste
nell
'
industria
un
gran
numero
di
unità
produttive
arcaiche
e
inefficienti
,
la
cui
attività
si
fonda
sul
lavoro
a
domicilio
o
sui
sottosalari
o
su
opere
ottenute
in
sub
-
appalto
;
-
l
'
esodo
agrario
-
che
si
è
svolto
e
si
svolge
in
tutti
i
paesi
industrializzati
-
in
Italia
assume
caratteristiche
patologiche
,
poiché
le
terre
che
si
spopolano
non
sono
necessariamente
le
meno
fertili
e
le
meno
suscettibili
di
sviluppo
,
ma
quelle
in
cui
manca
Il
supporto
dello
sviluppo
di
attività
extra
-
agricole
;
moderne
;
-
le
attività
produttive
moderne
si
concentrano
in
certe
aree
del
Nord
,
in
contrasto
crescente
con
la
rarefazione
delle
attività
produttive
in
molte
aree
del
Sud
:
alla
congestione
di
quelle
aree
fanno
riscontro
i
vuoti
delle
zone
meridionali
;
-
la
percentuale
dei
disoccupati
è
fra
le
più
alte
dei
paesi
industrializzati
,
e
certamente
la
più
alta
è
la
percentuale
di
occupati
precari
,
in
gran
parte
concentrati
nelle
regioni
meridionali
;
corrispondentemente
,
il
sottoproletariato
urbano
e
quello
rurale
assumono
proporzioni
enormi
,
specialmente
nelle
città
e
nelle
aree
ad
agricoltura
povera
del
Mezzogiorno
;
viceversa
,
la
percentuale
della
popolazione
attiva
è
fra
le
più
basse
(
forse
la
più
bassa
dei
paesi
industrializzati
)
;
-
l
'
Italia
è
forse
l
'
unico
paese
che
riesce
ad
esportare
simultaneamente
lavoratori
e
capitali
-
un
fatto
apparentemente
assurdo
,
da
un
punto
di
vista
economico
;
-
allo
sviluppo
del
settore
privato
moderno
fa
riscontro
un
gravissimo
sottosviluppo
del
settore
pubblico
(
problema
della
burocrazia
e
questione
delle
riforme
)
.
A
questi
contrasti
economici
corrispondono
,
necessariamente
,
contrasti
nella
società
e
nella
composizione
delle
classi
sociali
:
-
la
percentuale
di
semianalfabeti
non
trova
riscontro
in
nessun
paese
civile
;
-
la
classe
borghese
,
che
pure
è
relativamente
la
più
omogenea
,
presenta
,
nel
suo
interno
,
differenziazioni
culturali
e
politiche
rilevanti
;
-
la
classe
operaia
,
se
si
eccettua
il
suo
nucleo
industriale
moderno
,
è
fortemente
differenziata
,
come
conseguenza
dello
sviluppo
fortemente
differenziato
in
senso
geografico
e
settoriale
(
nel
Mezzogiorno
la
classe
operaia
in
senso
proprio
è
molto
limitata
:
i
legami
fra
i
diversi
gruppi
di
salariati
e
di
contadini
poveri
sono
deboli
)
;
-
la
piccola
borghesia
è
ancor
più
fortemente
differenziata
,
sia
in
senso
economico
che
in
senso
sociale
e
politico
;
considerata
l
'
instabilità
di
questa
quasi
classe
e
considerata
la
sua
estensione
numerica
,
è
qui
che
occorre
concentrare
l
'
analisi
critica
per
porre
in
termini
appropriati
i
problemi
politici
del
nostro
paese
.
9
.
Il
grande
tiro
alla
fune
Oramai
è
chiaro
che
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
-
un
'
espansione
che
nel
nostro
paese
è
stata
patologicamente
rapida
-
ha
modificato
in
profondità
i
termini
dei
conflitti
sociali
e
delle
lotte
di
classe
.
In
ultima
analisi
nel
nostro
tempo
la
lotta
politica
consiste
essenzialmente
in
un
grande
tiro
alla
fune
(
ammesso
che
la
fune
non
si
spezzi
,
a
destra
o
a
sinistra
)
:
da
un
lato
i
partiti
di
destra
,
che
esprimono
soprattutto
gli
interessi
della
grande
e
media
borghesia
,
e
,
dall
'
altro
,
i
partiti
di
sinistra
,
che
in
qualche
modo
esprimono
gl
'
interessi
della
molto
più
differenziata
classe
operaia
,
si
sforzano
di
trascinare
dalla
propria
parte
la
massima
fetta
possibile
della
piccola
borghesia
,
una
quasi
classe
socialmente
eterogenea
e
politicamente
instabile
.
In
questo
tiro
alla
fune
,
come
abbiamo
visto
,
i
partiti
delle
due
ali
pagano
certi
prezzi
,
facendo
concessioni
che
possono
andare
e
spesso
vanno
a
detrimento
degli
interessi
immediati
e
diretti
delle
classi
o
sottoclassi
di
cui
sono
l
'
espressione
politica
.
Per
la
sinistra
il
problema
è
reso
più
grave
dal
fatto
che
gli
apparati
dei
partiti
sono
amministrati
in
prevalenza
a
da
piccoli
borghesi
.
Questo
è
un
fatto
in
buona
parte
-
sebbene
non
completamente
-
inevitabile
e
fisiologico
nelle
presenti
condizioni
storiche
del
nostro
paese
;
ma
di
ciò
i
dirigenti
della
sinistra
debbono
essere
ben
consapevoli
se
vogliono
ridurre
i
condizionamenti
che
da
questo
fatto
derivano
.
Spesso
,
nella
preoccupazione
di
consolidare
e
perfino
di
allargare
l
'
alleanza
fra
la
fetta
della
classe
operaia
su
cui
si
appoggiano
ed
una
fetta
della
piccola
borghesia
,
i
partiti
di
sinistra
hanno
fatto
concessioni
eccessive
e
tutto
sommato
inutili
ai
gruppi
più
retrivi
di
questa
quasi
classe
(
tipica
è
la
vicenda
della
così
detta
riforma
del
commercio
al
minuto
,
tipiche
le
condiscendenze
e
le
concessioni
a
diverse
rivendicazioni
"
corporative
"
di
certi
gruppi
di
impiegati
statali
e
parastatali
)
;
concessioni
inutili
ed
anzi
dannose
,
perché
si
tratta
di
gruppi
politicamente
irrecuperabili
per
la
sinistra
,
o
recuperabili
a
costi
tali
da
snaturarne
profondamente
la
strategia
.
È
augurabile
che
i
partiti
di
sinistra
intraprendano
una
riforma
dei
loro
apparati
e
rivedano
la
loro
strategia
e
la
loro
politica
di
alleanze
al
fine
di
ricomporre
la
loro
base
,
cercando
di
allargare
l
'
appoggio
non
solo
della
classe
operaia
ma
anche
dei
gruppi
più
robusti
e
relativamente
più
omogenei
della
piccola
borghesia
e
rinunciando
con
decisione
a
ricercare
l
'
appoggio
dei
gruppi
più
retrivi
,
che
,
sfortunatamente
,
sono
ampi
.
Preliminare
,
ad
una
tale
riforma
e
ad
una
tale
revisione
,
è
un
'
approfondita
analisi
critica
delle
classi
e
dei
gruppi
sociali
e
delle
loro
tendenze
.
Nelle
odierne
società
capitalistiche
,
caduta
la
previsione
del
Manifesto
circa
la
progressiva
scomparsa
delle
classi
medie
,
non
è
più
sostenibile
la
tesi
del
bipolarismo
classista
,
sia
pure
solo
tendenziale
,
un
bipolarismo
che
solo
pochi
studiosi
marxisti
cercano
di
motivare
o
giustificare
in
qualche
modo
sul
piano
analitico
e
che
molti
invece
,
specialmente
fra
i
giovani
e
fra
i
leaders
politici
e
sindacali
di
sinistra
,
intendono
in
modo
rozzo
e
primitivo
,
nonostante
i
frequenti
e
generici
richiami
ai
ceti
medi
.
Negli
ultimi
decenni
tutte
le
società
capitalistiche
hanno
subito
grandi
mutamenti
strutturali
;
ma
la
sinistra
ha
continuato
a
vivere
di
rendita
sul
patrimonio
intellettuale
trasmesso
dai
grandi
pensatori
del
passato
,
tradendo
,
in
definitiva
,
il
fondamentale
messaggio
critico
del
più
grande
dei
pensatori
di
sinistra
.
È
vitale
,
oramai
,
un
approfondito
riesame
critico
,
condotto
con
mente
aperta
,
della
società
in
cui
viviamo
.
Note
al
testo
1
.
La
nazionalizzazione
e
le
retribuzioni
nell
'
industria
elettrica
(
nota
a
p
.
18
)
Fino
a
quando
l
'
industria
elettrica
era
divisa
in
diversi
compartimenti
privati
,
pubblici
e
municipalizzati
,
i
salari
e
gli
stipendi
erano
notevolmente
differenziati
,
ma
i
salari
medi
non
erano
molto
diversi
da
quelli
delle
altre
industrie
.
Con
la
nazionalizzazione
e
quindi
con
l
'
unificazione
dell
'
intera
industria
,
dovevano
necessariamente
essere
unificati
anche
salari
e
stipendi
;
e
ciò
non
poteva
esser
fatto
che
ai
livelli
più
alti
-
livelli
che
erano
,
in
alcuni
casi
,
molto
alti
,
poiché
certe
aziende
,
particolarmente
quelle
municipalizzate
,
avevano
trasformato
in
aumenti
di
salari
e
di
stipendi
parte
dei
loro
profitti
monopolistici
,
che
non
potevano
investire
in
altri
campi
.
Di
qui
il
molto
rapido
aumento
del
costo
del
lavoro
e
la
caduta
dei
margini
netti
,
dopo
la
nazionalizzazione
;
di
qui
la
comparsa
,
per
le
retribuzioni
,
di
un
'
area
di
privilegio
,
che
tuttora
permane
.
2
.
Le
rendite
edilizie
(
nota
a
p
.
18
)
Le
rendite
edilizie
e
i
connessi
guadagni
speculativi
sono
generati
o
accresciuti
dal
rapido
inurbamento
di
masse
cospicue
di
persone
,
che
è
il
fenomeno
complementare
dell
'
esodo
agrario
.
In
via
di
larga
massima
,
ho
stimato
che
in
Italia
negli
ultimi
anni
le
rendite
provenienti
dalle
aree
edificate
(
valutate
come
frazione
dei
fitti
effettivamente
pagati
)
ascendono
,
ogni
anno
e
in
media
,
all'1-1,5%
del
reddito
nazionale
e
che
le
aree
annualmente
vendute
per
l
'
edificazione
di
nuovi
fabbricati
raggiungono
,
in
valore
,
il
4-5%
del
reddito
nazionale
(2.000-2.500
miliardi
di
lire
)
.
3
.
Sulla
possibile
graduale
sostituzione
della
divisione
orizzontale
del
lavoro
con
una
certa
rotazione
verticale
(
nota
a
p
.
23
)
L
'
idea
è
che
,
nei
paesi
più
avanzati
,
sia
per
l
'
aumento
del
reddito
individuale
medio
degli
strati
più
bassi
della
popolazione
,
sia
per
la
diffusione
dell
'
istruzione
,
diventa
sempre
più
difficile
trovare
persone
disposte
a
compiere
lavori
umili
e
non
gratificanti
,
come
quello
degli
edili
,
degli
imbianchini
,
degli
scaricatori
,
dei
manovali
.
Questi
paesi
,
per
sopperire
a
queste
esigenze
,
sono
indotti
a
importare
da
altri
paesi
mano
d
'
opera
non
qualificata
-
gli
"
schiavi
moderni
"
.
(
Si
calcola
,
per
esempio
,
che
nei
paesi
europei
più
avanzati
,
come
la
Germania
,
l
'
Inghilterra
,
la
Francia
,
la
Svizzera
e
il
Belgio
,
vivono
e
lavorano
,
quasi
tutti
svolgendo
mestieri
umili
e
rifiutati
dai
lavoratori
nati
in
quei
paesi
,
non
meno
di
6
milioni
di
persone
,
di
cui
circa
la
metà
provenienti
dai
paesi
o
dalle
regioni
più
arretrate
dell
'
Europa
-
Grecia
,
Spagna
,
Turchia
,
Italia
meridionale
-
e
l
'
altra
metà
da
paesi
extra
-
europei
,
specialmente
africani
)
.
Inoltre
,
un
tale
stato
di
cose
spinge
un
numero
crescente
di
industriali
dei
paesi
avanzati
a
trasferire
all
'
estero
certi
impianti
e
certi
processi
produttivi
che
richiedono
lavoratori
non
qualificati
(
l
'
incentivo
ad
un
tale
trasferimento
è
anche
maggiore
se
quegli
impianti
e
quei
processi
provocano
inquinamento
dell
'
aria
e
dell
'
acqua
)
.
Per
l
'
Italia
,
dolorosamente
,
il
problema
non
è
urgente
,
poiché
le
regioni
meridionali
del
nostro
paese
sono
tuttora
larghe
esportatrici
di
"
schiavi
moderni
"
.
Cfr
.
A
.
Visalberghi
,
Educazione
e
divisione
del
lavoro
.
Prospettive
della
formazione
tecnica
e
professionale
nelle
società
tecnologicamente
avanzate
,
La
Nuova
Italia
,
Firenze
1973;
M
.
Salvati
e
B
.
Beccalli
,
Divisione
del
lavoro
.
Capitalismo
,
socialismo
,
utopia
,
"
Quaderni
piacentini
"
,
1970
,
n
.
40
,
e
S
.
Marglin
,
Origine
et
fonctions
de
la
parcellization
des
tàches
,
nel
volume
Critique
de
la
division
du
travail
,
a
cura
di
A
.
Gorz
,
Editions
du
Seuil
,
Paris
1973
.
4
.
Intorno
alla
suddivisione
delle
classi
sociali
(
nota
a
p
.
25
)
Nella
stesura
originaria
avevo
suddiviso
in
modo
diverso
la
piccola
borghesia
:
oltre
alle
categorie
particolari
,
avevo
distinto
fra
piccola
borghesia
legata
e
quella
non
legata
direttamente
al
processo
produttivo
ed
avevo
incluso
,
nella
prima
,
i
coltivatori
diretti
e
gli
artigiani
e
,
nella
seconda
,
gl
'
impiegati
e
i
commercianti
.
Michele
Salvati
mi
ha
persuaso
a
modificare
la
classificazione
,
distinguendo
fra
piccola
borghesia
impiegatizia
(
lavoratori
dipendenti
stipendiati
)
e
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
coltivatori
diretti
,
artigiani
e
commercianti
)
,
una
distinzione
che
si
concilia
meglio
con
i
criteri
ricavati
dall
'
analisi
della
distribuzione
del
reddito
,
la
quale
serve
di
base
all
'
intera
classificazione
.
5
.
"
Uomini
di
grande
onestà
civile
"
(
nota
a
p
.
54
)
Per
evitare
possibili
malintesi
o
equivoci
su
espressioni
di
questo
tipo
(
"
strati
civilmente
robusti
"
,
«
uomini
di
grande
onestà
civile
"
ed
altre
che
userò
in
seguito
)
,
espressioni
che
potrebbero
indurre
a
ritenere
che
l
'
autore
è
affetto
da
"
moralismo
"
,
o
che
propende
verso
una
ingenua
concezione
"
idealistica
"
della
vita
sociale
,
in
contrasto
con
una
(
non
meno
ingenua
)
visione
"
marxista
"
o
"
materialistica
"
,
debbo
dire
che
uso
queste
espressioni
nel
senso
in
cui
credo
le
usasse
lo
stesso
Carlo
Marx
,
quando
,
per
esempio
,
definisce
"
uomini
competenti
,
imparziali
e
privi
di
rispetti
umani
"
"
i
relatori
inglesi
sulla
salute
pubblica
[
cominciando
dal
loro
capo
,
Leohnard
Horner
]
,
i
commissari
inglesi
per
le
inchieste
sullo
sfruttamento
delle
donne
e
dei
fanciulli
,
sulle
condizioni
delle
abitazioni
e
della
nutrizione
"
.
Osservo
che
molte
delle
vigorose
denunce
fatte
da
Marx
sulle
condizioni
di
vita
della
classe
operaia
inglese
dei
suoi
tempi
si
fondano
proprio
sulle
relazioni
ufficiali
di
quegli
uomini
;
e
quelle
denunce
e
quelle
relazioni
,
quindi
,
non
hanno
avuto
un
valore
moralistico
,
ma
analitico
e
politico
.
Osservo
ancora
che
quello
che
negli
stessi
termini
ingenui
cui
alludevo
dianzi
potrebbe
essere
definito
il
"
moralismo
"
o
l
'
"
idealismo
"
di
Marx
-
un
idealismo
che
include
il
pieno
riconoscimento
di
una
circoscritta
ma
importante
libertà
di
scelta
e
quindi
di
una
precisa
responsabilità
dei
singoli
individui
-
è
sistematicamente
ignorato
o
misconosciuto
da
diversi
studiosi
di
Marx
,
soprattutto
(
paradossalmente
)
fra
i
giovani
,
molti
dei
quali
si
professano
marxisti
non
per
l
'
acquisita
coscienza
di
appartenere
ad
una
determinata
classe
,
ma
,
se
è
lecito
esprimersi
così
,
per
"
idealismo
"
.
Mi
auguro
dunque
di
non
essere
frainteso
se
affermo
che
la
posizione
di
classe
di
ciascuno
entro
certi
limiti
dipende
non
dal
foro
esterno
ma
da
quello
interno
:
entro
certi
limiti
,
appunto
,
è
oggetto
di
scelta
,
anche
se
i
condizionamenti
obiettivi
che
derivano
dalla
classe
di
origine
ben
difficilmente
possono
essere
del
tutto
eliminati
.
6
.
Espansione
della
burocrazia
nel
periodo
fascista
(
nota
a
p
.
76
)
Come
appare
dalla
tabella
1.1
,
nel
periodo
fascista
la
burocrazia
aumentò
rapidamente
.
Se
si
considera
che
specialmente
durante
gli
anni
Trenta
molti
impiegati
furono
assunti
per
meriti
politici
e
non
per
la
loro
capacità
o
qualificazione
,
che
allora
non
erano
possibili
né
le
critiche
della
stampa
né
quelle
di
un
'
opposizione
parlamentare
e
che
certe
abitudini
di
irresponsabilità
istituzionalizzata
cominciarono
a
mettere
le
radici
in
quel
periodo
,
ci
si
rende
conto
che
l
'
idropisia
e
l
'
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
che
oggi
ci
affiggono
costituiscono
in
misura
non
piccola
un
'
eredità
del
passato
regime
.
7
.
Salari
e
stipendi
nel
periodo
fascista
(
nota
a
p
.
77
)
Secondo
mie
stime
di
larga
massima
,
durante
il
periodo
fascista
,
esclusi
gli
anni
di
guerra
,
la
massa
dei
salari
reali
è
diminuita
di
una
percentuale
che
va
dal
10
al
15%
,
per
l
'
effetto
combinato
di
una
flessione
del
15-20%
dei
salari
reali
individuali
e
di
un
modesto
aumento
nel
numero
dei
salariati
,
mentre
la
massa
degli
stipendi
reali
degli
impiegati
pubblici
e
privati
è
cresciuta
di
circa
il
doppio
,
per
effetto
di
un
sia
pure
modesto
aumento
degli
stipendi
reali
individuali
e
del
raddoppio
nel
numero
degli
impiegati
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
5.3
)
.
8
.
Piccola
borghesia
e
fascismo
(
nota
a
p
.
78
)
Come
ho
già
osservato
e
come
più
ampiamente
argomenterò
fra
breve
,
non
è
fatale
che
la
piccola
borghesia
vada
verso
il
fascismo
,
anche
se
non
necessariamente
va
verso
movimenti
di
carattere
rivoluzionario
.
Con
riferimento
alla
situazione
della
piccola
borghesia
nel
periodo
che
precede
il
fascismo
e
poi
alla
confluenza
,
nel
fascismo
,
di
gruppi
nazionalisti
da
un
lato
e
di
socialisti
di
sinistra
e
sindacalisti
dall
'
altro
,
tutti
di
provenienza
piccolo
-
borghese
,
Renzo
Del
Carria
scrive
:
"
Occorre
...
abbandonare
la
visione
di
un
ceto
medio
che
"
fatalmente
"
sia
prima
pre
-
fascista
e
poi
fascista
,
così
come
lo
ha
voluto
sia
la
storiografia
fascista
sia
quella
antifascista
in
una
analoga
visione
.
Occorre
vedere
invece
la
piccola
e
media
borghesia
italiana
nella
sua
impossibilità
d
'
inserirsi
economicamente
,
socialmente
,
politicamente
e
culturalmente
nell
'
Italia
giolittiana
per
le
strozzature
tipiche
del
sistema
economico
-
sociale
di
allora
,
oscillanti
,
nell
'
anelito
di
conquistare
la
propria
libertà
e
di
inserirsi
in
una
società
che
la
respingeva
,
tra
una
vocazione
reazionaria
ed
una
volontà
rivoluzionaria
di
rompere
l
'
ordine
esistente
"
(
Proletari
senza
rivoluzione
.
Storia
delle
classi
subalterne
italiane
dal
1860
al
1950
,
Edizioni
Oriente
,
Milano
1971
,
vol.
I
,
pp.
352-3
)
.
Del
Carria
passa
poi
ad
esaminare
le
ragioni
che
possono
spiegare
il
prevalere
della
vocazione
reazionaria
nella
piccola
borghesia
dopo
la
prima
guerra
mondiale
.
L
'
opera
di
Del
Carria
mi
è
stata
segnalata
dopo
che
avevo
già
scritto
e
poi
rielaborato
questo
saggio
;
sebbene
l
'
angolo
visuale
ideologico
sia
diverso
,
debbo
dire
che
concordo
con
la
massima
parte
dei
giudizi
che
Del
Carria
esprime
sui
ceti
medi
e
,
in
particolare
,
sulla
piccola
borghesia
(
v
.
particolarmente
le
pp.
347-54
del
primo
volume
)
.
9
.
Riforma
scolastica
(
nota
a
p
.
84
)
Anche
le
riforme
dei
contenuti
dei
programmi
scolastici
sono
state
oggetto
di
accese
discussioni
e
di
spinte
profondamente
contraddittorie
,
in
vista
di
diversi
obiettivi
relativi
alla
formazione
degli
studenti
(
cultura
per
la
cultura
,
istruzione
per
l
'
inserimento
nell
'
attività
produttiva
e
professionale
,
spazio
da
destinare
alla
cultura
critica
riguardante
la
società
)
;
anche
queste
spinte
contraddittorie
vanno
viste
non
come
il
risultato
di
diverse
idee
astratte
,
ma
,
principalmente
,
come
il
risultato
della
indeterminatezza
e
della
polivalenza
culturale
caratteristiche
della
piccola
(
e
,
in
parte
,
della
grande
)
borghesia
nell
'
attuale
fase
dello
sviluppo
economico
-
sociale
.
10
.
Potere
,
controlli
e
responsabilità
della
burocrazia
(
nota
a
p
.
85
)
Osserva
Gunnar
Myrdal
,
a
proposito
dell
'
inefficienza
del
sistema
amministrativo
indiano
e
delle
difficoltà
nel
migliorarlo
,
che
"
in
una
situazione
di
diffusa
corruzione
il
funzionario
ha
interesse
a
mantenere
macchinose
le
procedure
burocratiche
:
se
è
disonesto
,
siffatte
procedure
possono
accrescere
le
occasioni
di
intascare
"
bustarelle
"
,
se
è
onesto
,
possono
proteggerlo
dai
sospetti
"
.
Infatti
,
nota
ancora
Myrdal
,
la
propensione
della
burocrazia
a
rendere
minime
le
responsabilità
moltiplicando
i
controlli
è
tanto
maggiore
quanto
più
diffusi
sono
i
sospetti
di
corruzione
sulla
pubblica
amministrazione
;
e
sebbene
questi
sospetti
da
noi
siano
probabilmente
più
diffusi
di
quanto
sia
giustificato
,
è
doloroso
ma
doveroso
riconoscere
che
un
tale
fattore
esiste
anche
nel
nostro
paese
,
ha
un
non
trascurabile
fondamento
e
contribuisce
alla
grave
lentezza
della
burocrazia
.
Conviene
riportare
alcune
osservazioni
di
un
autore
indiano
(
Chhatrapati
)
,
citate
da
Myrdal
:
"
Per
evitare
responsabilità
dirette
in
qualsiasi
decisione
di
rilievo
,
la
burocrazia
si
sforza
di
associare
a
tali
decisioni
il
maggior
numero
possibile
di
uffici
e
di
funzionari
.
Le
consultazioni
debbono
lasciare
una
traccia
scritta
.
Perciò
,
un
fascicolo
deve
essere
trasferito
-
cosa
che
,
da
sola
,
richiede
un
certo
tempo
-
da
un
tavolino
all
'
altro
e
da
un
ministero
all
'
altro
,
per
le
osservazioni
;
e
passano
mesi
e
mesi
prima
che
la
decisione
giunga
alla
conclusione
.
Perfino
quando
i
fatti
rendono
ovvia
la
decisione
e
non
implicano
nessun
allontanamento
dalla
consuetudine
,
siffatte
consultazioni
sono
considerate
necessarie
per
"
sicurezza
"
"
(
G
.
Myrdal
,
Asian
Drama
.
An
Inquiry
into
the
Poverty
of
Nations
,
Penguin
Books
,
Harmondsworth
,
Middlesex
,
England
,
1968
,
vol.
II
,
pp.
954-5
)
.
11
.
La
strategia
della
grande
borghesia
industriale
(
nota
a
p
.
86
)
È
essenziale
tenere
ben
presente
che
,
in
Italia
,
nel
settore
industriale
sono
rimaste
oramai
pochissime
grandi
imprese
private
:
come
conseguenza
di
una
lunga
evoluzione
,
che
fa
capo
al
processo
di
concentrazione
e
che
è
contrassegnata
da
crisi
di
vario
genere
,
le
grandi
imprese
industriali
sono
divenute
in
gran
parte
statali
o
sono
cadute
sotto
il
controllo
dello
Stato
e
l
'
area
privata
si
è
ristretta
alle
medie
e
piccole
imprese
.
Fra
le
pochissime
eccezioni
è
la
Fiat
,
controllata
dalla
famiglia
Agnelli
,
che
,
anche
nel
seno
della
Confederazione
generale
dell
'
industria
,
sta
elaborando
una
complessa
strategia
,
i
cui
principali
obiettivi
sembrano
essere
i
seguenti
:
1
)
assicurarsi
l
'
egemonia
sul
settore
industriale
privato
,
ossia
sul
settore
delle
medie
e
piccole
imprese
,
un
buon
numero
delle
quali
,
in
Piemonte
e
fuori
del
Piemonte
,
lavora
per
conto
della
Fiat
;
2
)
rafforzare
il
settore
industriale
privato
e
,
corrispondentemente
,
contenere
l
'
espansione
delle
imprese
controllate
dallo
Stato
,
le
quali
,
grazie
ai
fondi
di
dotazione
e
alla
maggiore
facilità
di
ottenere
crediti
,
possono
fare
una
concorrenza
che
spesso
disturba
non
solo
le
imprese
private
italiane
ma
anche
quelle
straniere
(
e
la
Fiat
ha
importanti
interessi
internazionali
)
;
3
)
conquistare
un
'
influenza
crescente
sulla
cultura
italiana
moderna
,
con
vari
mezzi
,
fra
cui
è
il
controllo
di
una
fetta
crescente
dell
'
industria
editoriale
;
4
)
assicurarsi
alleanze
con
alcuni
settori
moderni
del
proletariato
industriale
e
della
piccola
borghesia
attraverso
un
attacco
alle
"
rendite
"
(
presumibilmente
,
nel
settore
commerciale
e
nel
settore
urbanistico
)
ed
una
spinta
ad
ammodernare
alcuni
settori
della
pubblica
amministrazione
(
a
cominciare
dal
settore
previdenziale
)
,
anche
a
costo
di
provocare
l
'
ostilità
di
certi
gruppi
sociali
e
di
subire
un
"
lucro
cessante
"
,
considerato
l
'
intreccio
fra
gli
interessi
industriali
della
Fiat
con
gli
interessi
immobiliari
,
finanziari
e
commerciali
.
Ritengo
che
questa
strategia
,
anche
se
ha
limiti
abbastanza
ristretti
per
le
ragioni
brevemente
richiamate
nel
testo
,
deve
essere
considerata
dalle
forze
di
sinistra
con
molta
attenzione
.