Saggistica ,
Ridentem
dicere
verum
quid
vetat
?
ORAZIO
Ma
che
c
'
entra
l
'
assurdo
Chi
scrive
queste
pagine
è
un
fisico
,
che
nell
'
esercizio
della
sua
ricerca
è
stato
abituato
da
sempre
a
perseguire
il
rigore
logico
,
l
'
esattezza
matematica
,
la
massima
razionalità
.
Ci
si
aspetterebbe
che
di
conseguenza
egli
rifuggisse
da
ogni
discorso
vago
,
basato
su
semplici
analogie
o
sull
'
abuso
della
metafora
;
e
che
massimamente
si
tenesse
lontano
dal
vaneggiamento
onirico
.
Ma
bisogna
fare
attenzione
a
non
concludere
troppo
sbrigativamente
su
questi
argomenti
.
Il
nostro
cervello
è
come
un
formidabile
calcolatore
che
,
nel
corso
dei
millenni
(
anzi
,
dei
milioni
di
anni
)
,
si
è
evoluto
e
adattato
nel
modo
più
propizio
per
farci
sopravvivere
in
un
certo
ambiente
.
Si
tratta
precisamente
della
superficie
della
Terra
,
quale
a
noi
si
è
offerta
circa
quattro
miliardi
e
mezzo
di
anni
dopo
la
nascita
del
pianeta
(
e
di
tutto
il
sistema
solare
)
.
A
prima
vista
si
potrebbe
pensare
che
le
condizioni
dell
'
ambiente
non
dovessero
in
alcun
modo
avere
a
che
fare
col
corretto
funzionamento
del
cervello
.
Un
ragionamento
,
se
è
giusto
,
dovrebbe
essere
giusto
sulla
Terra
,
come
su
Marte
,
come
su
Andromeda
.
Ma
in
realtà
non
è
esattamente
così
:
infatti
prima
di
stabilire
se
l
'
argomentazione
è
corretta
o
no
,
si
tratta
di
sapere
se
i
termini
in
cui
essa
è
formulata
hanno
senso
.
Vediamo
di
spiegarci
meglio
.
La
Terra
non
è
un
oggetto
di
tipo
molto
comune
nell
'
Universo
.
La
sua
temperatura
assoluta
alla
superficie
è
molto
bassa
e
varia
in
un
intervallo
piccolissimo
,
che
va
all
'
incirca
da
220
a
330
°
K
(
gradi
Kelvin
)
.
Per
capire
che
cosa
questo
significa
,
si
pensi
che
nell
'
Universo
si
trovano
temperature
che
vanno
dai
2,7
°
K
della
radiazione
elettromagnetica
di
fondo
(
quella
che
riempie
tutto
lo
spazio
cosiddetto
"
vuoto
"
)
alle
centinaia
di
milioni
di
°
K
dell
'
interno
delle
stelle
.
Una
conseguenza
decisiva
di
questo
stato
di
cose
è
che
nel
nostro
ambiente
terrestre
l
'
energia
media
dell
'
agitazione
termica
delle
molecole
è
spesso
minore
della
forza
di
coesione
intermolecolare
;
è
per
questo
che
una
gran
parte
delle
molecole
hanno
tendenza
a
riunirsi
in
corpi
solidi
o
quasi
solidi
.
Il
nostro
stesso
corpo
è
di
tale
tipo
ed
è
formato
da
parecchi
miliardi
di
miliardi
di
molecole
.
È
per
tale
circostanza
che
nella
vita
quotidiana
noi
abbiamo
a
che
fare
più
che
altro
con
sistemi
solidi
e
macroscopici
,
o
,
come
suol
dirsi
,
a
misura
d
'
uomo
.
I
solidi
hanno
per
loro
natura
la
tendenza
a
mantenersi
a
lungo
aggregati
in
forma
stabile
e
distinti
dal
mondo
circostante
;
tanto
che
nella
didattica
scientifica
di
altri
tempi
si
insisteva
addirittura
sulla
cosiddetta
impenetrabilità
dei
corpi
.
In
una
parola
,
a
noi
sembra
che
essi
abbiano
e
conservino
ciascuno
una
propria
identità
separata
.
Questo
comportamento
ci
ha
suggerito
di
attribuire
a
ognuno
degli
oggetti
un
nome
,
come
pure
di
contarli
e
di
distribuirli
quali
elementi
distinti
nei
loro
diversi
insiemi
.
Non
c
'
è
dunque
da
meravigliarsi
se
,
allo
scopo
di
sopravvivere
al
meglio
nel
nostro
ambiente
,
abbiamo
sviluppato
per
selezione
naturale
una
logica
classica
,
che
opera
con
individui
e
insiemi
di
individui
.
Su
di
essa
abbiamo
fondato
la
nostra
razionalità
e
,
dati
gli
ottimi
risultati
ottenuti
con
quella
logica
nell
'
orientarsi
e
nell
'
agire
in
un
mondo
di
oggetti
macroscopici
,
abbiamo
concluso
che
è
molto
bene
evitare
di
discostarsene
.
Ma
insistiamo
ancora
sull
'
importanza
dell
'
ambiente
,
facendo
un
'
ipotesi
...
assurda
.
Supponiamo
che
gli
umani
fossero
nati
e
si
fossero
sviluppati
sul
Sole
.
In
tale
ambiente
non
esistono
corpi
solidi
:
e
anche
se
vi
venissero
portati
,
si
volatilizzerebbero
immediatamente
.
In
nessun
modo
avremmo
potuto
farci
un
'
idea
dei
corpi
solidi
e
della
loro
individualità
.
In
ogni
caso
,
una
tale
idea
sarebbe
stata
assolutamente
inutile
per
sbrigarcela
sul
Sole
!
Naturalmente
si
obietterà
che
anche
sul
Sole
esistono
gli
oggetti
della
microfisica
,
vale
a
dire
i
singoli
atomi
e
molecole
,
nonché
i
corpuscoli
subatomici
,
come
protoni
ed
elettroni
.
E
supponiamo
pure
che
i
nostri
ipotetici
uomini
solari
,
fin
dall
'
epoca
dell
'
apparizione
della
loro
specie
sulla
superficie
dell
'
astro
,
fossero
stati
in
grado
di
scoprire
e
di
osservare
i
suddetti
oggetti
.
Ne
sarebbe
derivata
-
per
noi
esseri
umani
terrestri
e
attuali
-
una
conseguenza
assolutamente
sconcertante
.
Infatti
gli
oggetti
della
microfisica
,
stando
alla
nostra
logica
,
si
comportano
in
modo
proprio
assurdo
.
Ci
ritorneremo
a
suo
tempo
.
Ma
già
da
ora
ricordiamo
che
quando
si
muovono
,
non
hanno
una
traiettoria
;
quando
non
sono
osservati
,
non
ha
senso
dire
dove
si
trovano
;
il
luogo
in
cui
verranno
osservati
si
può
prevedere
solo
in
modo
probabilistico
;
appena
vengono
osservati
cambia
la
loro
distribuzione
di
probabilità
riguardo
alle
osservazioni
future
;
a
volte
appaiono
come
corpuscoli
,
a
volte
come
onde
,
a
seconda
dell
'
esperienza
che
eseguiamo
;
due
corpuscoli
della
stessa
specie
sono
indistinguibili
e
appena
ne
chiamiamo
uno
Pietro
e
l
'
altro
Paolo
,
non
possiamo
più
determinare
in
nessun
modo
quale
è
Paolo
e
quale
è
Pietro
;
e
altre
stranezze
che
qui
non
stiamo
a
elencare
.
La
nostra
logica
classica
è
ancora
adeguata
per
trattare
enti
così
singolari
?
La
risposta
a
questa
domanda
non
è
chiaramente
univoca
.
Si
può
,
come
si
è
fatto
fin
dai
primi
decenni
di
questo
secolo
,
continuare
ad
applicare
la
logica
classica
,
accettando
di
buon
grado
che
il
comportamento
dei
microggetti
sia
diverso
da
quello
dei
macroggetti
con
i
quali
abbiamo
a
che
fare
di
solito
;
e
che
la
loro
individualità
,
come
pure
la
loro
identità
,
o
non
abbiano
senso
o
abbiano
un
significato
diverso
da
quello
che
noi
concepiamo
.
Oppure
si
possono
prendere
misure
più
drastiche
,
ideando
addirittura
nuove
logiche
,
in
un
certo
senso
sorprendenti
,
perché
più
tolleranti
della
logica
classica
:
come
le
logiche
a
più
valori
,
le
logiche
sfumate
(
fuzzy
)
,
la
logica
quantistica
e
altre
diavolerie
che
sono
tuttora
in
corso
di
rapida
elaborazione
.
Non
di
rado
in
esse
si
fa
a
meno
perfino
del
principio
di
contraddizione
e
non
si
paventa
la
minaccia
di
Duns
Scoto
:
"
ex
absurdo
sequitur
quodlibet
"
.
Non
di
questi
sviluppi
tecnici
ci
vogliamo
qui
occupare
.
Ci
basterà
osservare
che
oggi
i
concetti
di
logico
e
di
assurdo
hanno
una
validità
molto
meno
assoluta
di
una
volta
.
Ma
,
qualunque
sia
la
logica
che
vogliamo
adottare
,
è
lecito
domandarsi
:
il
nostro
pensiero
nasce
logico
?
Probabilmente
tutti
si
saranno
accorti
che
non
è
così
.
L
'
ideazione
,
frutto
di
quella
che
a
volte
chiamiamo
fantasia
,
è
sempre
anteriore
a
qualsiasi
sistemazione
logica
.
Si
ha
quasi
l
'
impressione
che
nella
nostra
mente
-
forse
nell
'
inconscio
-
esista
una
ricchissima
"
sorgente
"
d
'
immagini
,
di
suggestioni
e
di
collegamenti
,
che
obbedisce
a
una
sorta
di
logica
a
noi
assolutamente
ignota
,
o
che
addirittura
non
è
soggetta
ad
alcuna
logica
.
Soltanto
in
un
secondo
tempo
noi
passiamo
al
setaccio
quelle
immagini
,
prima
trasformandole
in
concetti
logici
,
poi
mettendole
a
confronto
con
tutto
ciò
che
già
sappiamo
-
o
crediamo
di
sapere
-
del
mondo
,
infine
scartando
più
o
meno
inconsciamente
tutto
quello
che
non
ci
sembra
aver
senso
.
Di
solito
l
'
uomo
colto
e
civilizzato
esegue
l
'
intera
operazione
con
grande
celerità
.
Infatti
-
come
abbiamo
già
notato
-
si
tratta
di
usare
uno
strumento
che
nel
nostro
ambiente
agisce
con
notevole
efficacia
e
ci
conferisce
un
deciso
vantaggio
nella
lotta
per
la
sopravvivenza
.
Ma
chi
lo
usa
è
quasi
sempre
convinto
che
in
quel
modo
si
avvicina
meglio
alla
"
realtà
"
.
Forse
più
lenti
nel
compiere
l
'
operazione
di
vaglio
sono
gli
uomini
cosiddetti
primitivi
,
il
visionario
,
il
sognatore
.
Tuttavia
si
badi
bene
che
il
poeta
(
quello
vero
)
di
proposito
non
sottopone
troppo
severamente
le
sue
immagini
alla
sistemazione
logica
,
ben
sapendo
che
,
se
lo
facesse
,
le
distruggerebbe
.
E
del
resto
soltanto
una
tradizione
filosofica
piuttosto
vecchiotta
e
dubbia
può
continuare
a
sostenere
che
quelle
immagini
non
sono
realtà
.
Invece
sono
una
realtà
umana
,
umanissima
,
niente
affatto
da
scartare
.
Semmai
rimane
tuttora
un
affascinante
problema
:
quello
della
strana
-
quasi
schizofrenica
-
mescolanza
di
immagini
accettate
tali
e
quali
dalla
scaturigine
primitiva
e
della
successiva
sistemazione
logica
,
che
-
pur
attenuandosi
in
misura
sempre
più
decisiva
nel
corso
dei
secoli
-
non
può
certo
cessare
né
è
cessata
interamente
presso
i
poeti
contemporanei
.
Ebbene
,
lasciando
ormai
da
parte
le
poesie
e
í
sogni
,
ci
si
può
domandare
se
l
'
assurdo
abbia
ancora
una
qualche
funzione
essenziale
o
illuminante
in
ben
altre
e
più
"
severe
"
speculazioni
,
quali
quelle
della
scienza
,
della
filosofia
,
dell
'
ordinamento
sociale
,
o
addirittura
della
tecnica
.
Ma
certo
che
ce
l
'
ha
!
Si
tratta
niente
meno
che
della
perenne
sorgente
delle
nostre
ideazioni
.
Non
esitiamo
ad
affermare
che
"
un
pizzico
di
assurdo
"
c
'
è
sempre
.
Consideriamo
una
delle
più
nobili
aspirazioni
umane
:
la
curiosità
e
la
voglia
di
sapere
.
Per
millenni
si
sono
utilizzate
le
acque
del
Nilo
per
alimentare
una
stupenda
civiltà
,
senza
sapere
da
dove
venisse
giù
quella
benedizione
.
Ma
la
voglia
di
conoscere
le
sorgenti
ha
assillato
le
menti
più
acute
di
antichi
e
moderni
,
reclamando
anche
non
poche
vittime
nell
'
ardua
esplorazione
.
Certo
si
credeva
che
quella
ricerca
fosse
solo
fine
a
se
stessa
.
Ma
,
come
sempre
avviene
nelle
imprese
conoscitive
umane
,
una
volta
risolto
l
'
enigma
,
la
scoperta
si
è
rivelata
(
magari
alla
lunga
)
utilissima
per
il
progresso
agricolo
,
energetico
,
industriale
,
politico
e
quanto
altro
.
Allo
stesso
modo
non
è
vano
indagare
in
generale
quali
siano
le
scaturigini
del
pensiero
umano
.
Esse
stanno
riposte
in
quelle
immagini
"
assurde
"
,
che
noi
a
posteriori
ci
diamo
ad
arginare
e
a
regolamentare
nei
concetti
e
nelle
regole
logiche
.
Quest
'
ultima
operazione
-
ripetiamolo
ancora
,
a
scanso
dei
soliti
insulsi
,
tendenziosi
equivoci
di
chi
disprezza
la
razionalità
-
è
necessaria
per
sviluppare
la
scienza
e
indispensabile
per
agire
proficuamente
nel
nostro
mondo
.
Ma
il
chiudere
,
il
disseccare
le
sorgenti
del
pensiero
,
o
anche
solo
il
tentare
di
ignorarle
,
sarebbe
pura
follia
.
Oggi
ci
stiamo
rendendo
conto
sempre
meglio
che
lo
studio
delle
scaturigini
ci
può
aiutare
immensamente
perfino
nello
sviluppo
del
processo
logico
e
del
razionale
.
Soprattutto
può
aiutarci
molto
nella
scoperta
di
nuove
vie
.
Se
Newton
avesse
rifiutato
a
priori
di
soffermarsi
sull
'
idea
"
assurda
"
dell
'
azione
a
distanza
,
tutta
la
scienza
moderna
sarebbe
stata
priva
di
una
sua
parte
essenziale
.
E
sarà
certo
inutile
ricordare
(
anche
senza
scomodare
la
psicoanalisi
)
quanto
le
fantasticherie
assurde
,
alle
quali
ogni
tanto
-
per
nostra
fortuna
-
ci
abbandoniamo
,
ci
aiutino
a
sondare
e
a
capire
meglio
noi
stessi
.
Mi
pare
ora
che
sia
più
che
opportuno
riflettere
su
un
fatto
abbastanza
paradossale
.
La
vita
-
sì
,
la
vita
stessa
-
rappresenta
per
ciascuno
di
noi
l
'
avventura
più
"
assurda
"
che
ci
potesse
capitare
.
Eppure
quelli
che
lo
avvertono
meglio
-
e
qui
sta
il
paradosso
-
sono
proprio
coloro
che
si
dedicano
con
più
impegno
a
indagare
razionalmente
la
condizione
della
nostra
esistenza
e
a
tentare
di
dare
una
sistemazione
sensata
,
logica
,
sicura
,
a
ciò
che
ne
sappiamo
e
ne
pensiamo
.
Naturalmente
si
può
semplicemente
scaricare
la
responsabilità
di
ciò
che
ci
sta
accadendo
,
attribuendola
alla
imperscrutabile
volontà
di
un
essere
superiore
.
È
una
via
senza
dubbio
degna
di
rispetto
e
da
molti
seguita
in
varie
forme
e
in
diversi
gradi
.
Ma
in
quel
modo
si
cancella
,
non
si
risolve
l
'
assurdo
.
Per
completare
questa
breve
introduzione
alle
pagine
che
seguiranno
,
facciamo
un
'
altra
riflessione
.
Tutti
sanno
che
l
'
assurdo
ha
assai
spesso
legami
piuttosto
stretti
con
il
comico
.
Fin
da
tempi
immemorabili
si
è
tentato
di
capire
che
cosa
sia
il
comico
:
perché
una
cosa
è
buffa
,
perché
la
troviamo
umoristica
,
perché
ne
ridiamo
?
Innumerevoli
spiegazioni
e
teorie
sono
state
presentate
-
a
volte
anche
con
una
certa
supponenza
-
invocando
la
psicologia
,
la
sociologia
,
l
'
inconscio
(
e
chi
più
ne
ha
più
ne
metta
)
.
Il
sottoscritto
non
è
mai
rimasto
convinto
da
simili
teorie
;
e
si
guarderà
bene
dall
'
aggiungere
la
sua
inutile
opinione
in
proposito
.
Quello
che
è
certo
è
che
l
'
assurdo
,
una
volta
riconosciuto
,
suscita
quasi
sempre
l
'
ilarità
.
Allora
,
per
meglio
scorgere
che
cosa
c
'
è
sotto
,
faremo
bene
a
non
negarci
all
'
occasione
una
sana
risata
;
o
almeno
un
sorriso
.
Tuttavia
non
sarà
male
guardarsi
dalle
indebite
generalizzazioni
e
dalle
inversioni
d
'
implicazioni
logiche
.
Se
è
vero
che
l
'
assurdo
provoca
il
riso
,
non
è
vero
che
solo
l
'
assurdo
possa
indurci
al
riso
o
al
sorriso
.
L
'
incantevole
esametro
di
Virgilio
:
"
Incipe
,
parve
puer
,
risu
cognoscere
matrem
"
non
vuoi
dire
affatto
che
per
il
bambino
la
madre
sia
un
personaggio
assurdo
!
1
.
Quando
Margherita
filava
L
'
arcolaio
era
di
quelli
che
si
usavano
molto
tempo
fa
e
che
si
vedono
ancora
oggi
in
tante
riproduzioni
o
nei
musei
:
una
grande
ruota
azionata
da
un
pedale
,
sulla
quale
si
avvolgeva
il
filo
proveniente
dalla
rocca
.
La
fanciulla
filava
e
cantava
,
seguendo
distratta
il
regolare
ma
vivace
sfarfallìo
dei
raggi
della
ruota
e
scandendo
il
ritmo
col
monotono
su
e
giù
del
pedale
;
eppure
il
canto
era
tutt
'
altro
che
monotono
.
Era
quasi
un
grido
agitato
e
convulso
di
chi
ha
un
peso
sul
cuore
e
sente
di
aver
perduto
per
sempre
la
pace
interiore
;
di
chi
non
può
distogliere
la
mente
da
un
'
immagine
adorata
e
allo
stesso
tempo
temuta
.
Margherita
era
altrove
,
il
suo
pensiero
volava
a
quell
'
uomo
fatale
che
l
'
aveva
incantata
,
al
ricordo
di
quel
nobile
portamento
,
di
quel
sorriso
,
di
quegli
occhi
,
di
quella
voce
,
di
quel
bacio
...
ah
,
il
suo
bacio
!
Intuiva
benissimo
che
dinanzi
a
lei
si
apriva
un
abisso
pauroso
,
eppure
le
era
impossibile
ritrarsi
.
Ma
come
avevano
fatto
quel
poeta
e
quel
musicista
(
che
tra
l
'
altro
le
pareva
non
fossero
ancora
nati
)
a
capire
così
bene
quello
che
ella
sentiva
e
soffriva
?
Alla
fine
,
volendo
tornare
a
badare
al
suo
lavoro
,
si
dette
a
raccogliere
il
filo
in
una
matassa
.
Ma
,
avendo
ripreso
subito
a
vagare
col
pensiero
,
riusciva
solo
a
combinare
un
grosso
pasticcio
e
finì
col
trovarsi
lei
stessa
avvolta
in
un
inestricabile
groviglio
.
In
quel
mentre
si
affacciò
alla
porta
un
soldato
,
che
,
dato
un
rapido
sguardo
,
chiese
meravigliato
:
"
Sorella
mia
,
che
stai
facendo
?
Hai
perso
il
senno
?
"
"
Sì
,
credo
proprio
di
aver
perso
il
senno
...
Ma
ora
sto
cercando
il
bandolo
da
dare
a
questa
matassa
.
Voglio
sincerarmi
che
il
filo
fatto
oggi
sia
lo
stesso
di
quello
che
avevo
cominciato
a
filare
ieri
.
"
Il
fratello
,
che
pure
era
arrivato
piuttosto
accigliato
,
si
mise
a
ridere
ed
esclamò
:
"
Ma
che
dici
?
Come
fa
quello
di
oggi
a
essere
lo
stesso
di
quello
che
hai
filato
ieri
?
"
Ci
sembra
altamente
improbabile
che
Valentino
,
un
modesto
soldato
della
guarnigione
,
conoscesse
le
acute
enunciazioni
di
Eraclito
sul
fatto
che
"
tutto
scorre
e
cambia
"
e
che
"
non
ci
si
può
bagnare
due
volte
nello
stesso
fiume
"
.
Lui
si
stava
soltanto
attenendo
a
quell
'
elementare
buon
senso
,
che
a
volte
circola
perfino
nelle
caserme
.
"
Tu
hai
voglia
di
scherzare
,
"
ribatté
triste
la
sorella
,
"
ma
io
no
,
non
sono
di
quell
'
umore
.
Eppure
è
semplice
.
Se
riavvolgendo
il
filo
in
un
gomitolo
arrivo
all
'
inizio
di
quello
che
ho
filato
ieri
,
vuol
dire
che
è
lo
stesso
filo
e
ne
posso
fare
un
'
unica
matassa
,
senza
ingannare
nessuno
a
cui
lo
cedo
.
Se
invece
trovo
un
'
interruzione
,
vuoi
dire
che
sono
due
fili
diversi
.
"
Il
soldato
non
sembrava
molto
convinto
e
stava
a
sua
volta
per
replicare
,
quando
alla
porta
comparve
un
altro
personaggio
piuttosto
inquietante
:
un
bell
'
uomo
dal
fare
calmo
,
alquanto
ironico
e
sicuro
di
sé
,
ma
dallo
sguardo
fulminante
.
Appena
Valentino
lo
scorse
,
parve
riconoscerlo
e
gli
si
rivolse
minaccioso
:
"
Ah
,
sei
tu
quel
malnato
furfante
che
si
dà
da
fare
per
rovinare
mia
sorella
!
"
Ma
quello
lo
tacitò
,
alzando
tranquillamente
una
mano
:
"
Piano
,
piano
,
coraggioso
soldatino
!
Non
è
ancora
venuto
il
momento
di
inscenare
quell
'
insensato
duello
in
cui
vorrai
per
forza
trovare
la
morte
.
Piuttosto
mi
sento
coinvolto
dal
problema
che
stavate
discutendo
.
È
una
questione
molto
più
spinosa
e
profonda
di
quanto
possiate
immaginare
;
un
problema
che
sconcerta
e
assilla
anche
me
.
"
I
due
fratelli
si
guardavano
meravigliati
e
smarriti
.
Ma
che
c
'
entrava
quell
'
individuo
terrificante
-
che
in
realtà
Margherita
già
conosceva
,
senza
volerlo
ammettere
davanti
a
Valentino
-
e
che
intendeva
dire
?
Ma
l
'
uomo
,
sorridendo
beffardo
,
riprese
con
una
bizzarra
domanda
:
"
Tu
,
Valentino
,
se
vuoi
partire
per
Norimberga
,
che
strada
prendi
?
"
"
Quella
che
esce
dalla
porta
meridionale
della
città
.
"
"
E
se
invece
vuoi
recarti
a
Spira
,
che
strada
prendi
?
"
"
La
stessa
strada
.
"
"
Ecco
dunque
:
tu
hai
detto
che
quella
che
porta
a
Norimberga
e
quella
che
porta
a
Spira
sono
la
stessa
strada
.
"
Valentino
si
grattò
la
testa
alquanto
confuso
e
imbarazzato
,
poi
esclamò
un
po
'
irritato
:
"
Ma
no
!
Procedendo
per
la
strada
meridionale
,
a
un
certo
punto
trovo
un
bivio
.
Lì
,
se
prendo
a
destra
vado
a
Spira
,
se
prendo
a
sinistra
,
arrivo
a
Norimberga
.
"
"
Allora
ti
ingannavi
quando
hai
dichiarato
che
avresti
preso
la
stessa
strada
.
In
realtà
sono
due
strade
diverse
.
Ciononostante
,
se
parti
di
qui
,
sia
che
tu
vada
a
Norimberga
,
sia
che
tu
vada
a
Spira
,
non
trovi
alcuna
interruzione
e
il
tuo
cavallo
continua
a
seguire
a
testa
bassa
la
strada
.
È
proprio
quello
che
avviene
anche
per
il
filo
di
Margherita
.
Lei
può
continuare
a
raccoglierlo
dal
principio
alla
fine
,
senza
interruzioni
;
e
tuttavia
non
essere
sicura
che
sia
'
lo
stesso
'
filo
.
"
I
due
fratelli
rimanevano
sempre
più
sbigottiti
da
quei
ragionamenti
astrusi
.
Ma
si
accorsero
che
sulla
porta
era
comparso
un
quarto
personaggio
:
un
giovane
,
distinto
,
elegante
e
fascinoso
,
dalla
fronte
ampia
e
l
'
aria
intelligente
.
Margherita
si
precipitò
a
buttargli
le
braccia
al
collo
ed
esclamò
:
"
Enrico
!
Finalmente
tu
sei
qui
;
sono
felice
e
non
desidero
sapere
altro
.
"
L
'
uomo
dagli
occhi
di
fuoco
si
mostrò
stupito
e
domandò
al
nuovo
venuto
:
"
Enrico
?
Dottore
,
che
vuoi
dire
?
"
"
Sì
...
lei
mi
conosce
con
questo
nome
.
"
Poi
,
superato
un
po
'
d
'
imbarazzo
,
proseguì
:
"
Ma
ora
,
se
Margherita
si
decide
a
lasciarmi
respirare
,
parliamo
di
altro
.
Sono
qui
da
qualche
tempo
e
ho
udito
quanto
dicevate
.
Io
lo
so
bene
perché
quel
tale
problema
ti
assilla
.
Tu
l
'
hai
presa
larga
,
parlando
a
questi
giovani
di
strade
e
di
bivii
.
Ma
in
realtà
,
ragionando
vorresti
convincerti
che
l
'
uomo
che
si
è
impegnato
a
servirti
nell
'
"
aldilà
"
(
quell
'
aldilà
che
tu
nella
tua
strana
lingua
chiami
drüben
)
sarò
sempre
io
.
Ebbene
no
,
disilluditi
:
non
sarò
io
.
"
"
Come
,
non
sarete
voi
?
"
e
gli
occhi
minacciosi
ora
sprigionavano
proprio
faville
.
"
Ricordatevi
che
avete
firmato
un
patto
col
vostro
sangue
!
"
"
Sì
,
questo
è
vero
.
Ma
tu
credi
che
quando
sarò
drüben
,
avrò
il
sangue
?
"
"
Che
domanda
sciocca
,
Dottore
.
Certo
che
non
l
'
avrete
.
Gli
spiriti
non
hanno
il
sangue
.
"
"
Allora
è
sicuro
che
non
mi
potrai
più
rinfacciare
che
la
firma
è
stata
tracciata
col
mio
sangue
.
Sarà
il
sangue
di
un
altro
,
di
un
individuo
a
me
drüben
totalmente
sconosciuto
;
e
di
quello
sconosciuto
,
nonché
di
ciò
che
egli
ha
firmato
o
non
firmato
non
me
ne
importerà
proprio
nulla
.
"
"
Come
?
Ignorate
forse
che
dopo
la
morte
sarete
voi
,
sì
proprio
voi
,
a
sopravvivere
come
puro
spirito
?
Osereste
dunque
mettere
in
dubbio
perfino
quello
che
hanno
sempre
affermato
gli
stessi
seguaci
della
'
vostra
'
religione
?
"
"
Oh
,
oh
,
ora
mi
fai
proprio
ridere
!
Dunque
tu
credi
a
quelle
assurde
favole
.
Mi
stai
forse
diventando
religioso
?
"
"
Ohibò
,
io
religioso
...
assolutamente
no
!
Eppure
sono
sicuro
che
la
religione
è
necessaria
.
Per
me
poi
è
necessaria
,
come
per
voi
è
necessaria
l
'
aria
che
respirate
.
"
"
Questa
è
bella
davvero
,
non
l
'
avrei
mai
creduta
!
"
"
Ma
riflettete
un
po
'
spassionatamente
,
Dottore
.
Gli
uomini
hanno
una
maledetta
voglia
di
conoscere
,
che
li
spinge
a
scoprire
e
a
imparare
sempre
di
più
.
Un
bel
giorno
,
seguendo
quella
perversa
inclinazione
,
si
permetteranno
perfino
di
mettere
in
dubbio
che
io
esista
!
Per
fortuna
saranno
proprio
le
più
alte
autorità
delle
grandi
religioni
a
rimettere
le
cose
a
posto
e
a
imporre
ai
fedeli
di
credere
che
io
esisto
.
"
"
Allora
tu
dovresti
...
ringraziare
quelle
'
alte
autorità
'."
"
Certamente
,
sono
disposto
a
ringraziarle
:
purché
loro
ringrazino
me
.
Il
favore
è
reciproco
.
Loro
non
danno
mai
nulla
per
nulla
.
Se
i
fedeli
non
fossero
convinti
che
io
esisto
e
che
posso
trascinarli
drüben
,
che
se
ne
farebbero
della
religione
?
Credetemi
,
l
'
accordo
è
funzionale
e
vantaggioso
per
tutti
.
Ma
c
'
è
di
più
.
È
convinzione
comune
che
il
mondo
è
pieno
di
'
male
'
.
Ora
come
può
un
Dio
onnipotente
e
infinitamente
buono
aver
creato
un
mondo
pieno
di
male
?
Per
tirarsi
fuori
da
questo
assurdo
addossano
a
me
tutta
la
colpa
;
dicono
che
sono
io
,
che
voglio
il
male
e
lo
introduco
nel
mondo
.
"
"
Sì
,
mi
persuadi
e
non
posso
darti
torto
.
Comunque
sappi
che
quella
che
tu
chiami
la
'
mia
'
religione
non
è
affatto
tale
.
Io
sono
convinto
che
non
saprò
mai
se
Dio
esiste
o
no
.
Ma
sono
del
pari
sicuro
che
,
se
esiste
,
non
è
così
banalmente
umano
come
lo
dipingono
tutte
le
religioni
.
"
E
dopo
un
momento
di
riflessione
aggiunse
:
"
Ma
questo
vale
anche
per
te
.
Già
Senofane
quasi
duemila
anni
fa
riconosceva
che
,
se
i
cavalli
e
i
buoi
sapessero
disegnare
,
raffigurerebbero
gli
dèi
come
cavalli
o
come
buoi
.
Così
,
dato
che
gli
uomini
sono
cattivi
,
non
possono
ammettere
che
il
diavolo
,
cioè
un
essere
almeno
altrettanto
cattivo
quanto
loro
,
non
abbia
caratteristiche
umane
"
.
2
.
Davvero
sopravvivo
a
me
stesso
?
La
questione
che
aveva
dato
origine
al
dibattito
fra
Mefistofele
e
Faust
ha
radici
remote
,
quasi
quanto
il
mondo
degli
esseri
viventi
.
Gli
animali
hanno
quello
che
-
con
espressione
un
po
'
vecchiotta
,
ma
efficace
-
si
chiama
istinto
di
conservazione
.
Probabilmente
essi
non
hanno
idea
chiara
di
che
cosa
sia
la
propria
morte
,
ma
di
fatto
il
loro
comportamento
naturale
li
spinge
a
evitare
in
tutti
i
modi
di
morire
;
perché
?
Chi
muore
non
ha
più
possibilità
di
continuare
a
propagare
il
proprio
patrimonio
genetico
;
di
conseguenza
esso
si
può
estinguere
.
È
facile
quindi
capire
com
'
è
che
,
per
via
di
mutazione
e
selezione
,
il
comportamento
di
autoconservazione
finisce
per
inscriversi
nello
stesso
genoma
della
specie
.
I
gruppi
o
le
specie
che
non
avessero
tale
comportamento
sarebbero
destinati
a
soccombere
ben
presto
e
sparirebbero
dalla
Terra
.
Facciamo
subito
una
doverosa
correzione
,
nonché
una
precisazione
.
Non
è
detto
che
la
conservazione
a
tutti
i
costi
dell
'
individuo
sia
sempre
giovevole
alla
specie
.
Il
caso
di
un
individuo
che
si
sacrifica
per
difendere
il
gruppo
o
la
propria
discendenza
è
frequente
,
non
solo
fra
gli
animali
sociali
come
le
api
o
le
formiche
,
ma
in
tutto
il
regno
animale
.
Anche
quello
è
un
comportamento
ben
a
ragione
selezionato
dalla
natura
.
Per
esempio
,
ci
sono
certe
specie
di
ragni
(
come
la
vedova
nera
)
in
cui
il
maschio
dopo
l
'
accoppiamento
si
lascia
mangiare
dalla
femmina
.
Si
può
arrivare
,
come
caso
limite
,
allo
strabiliante
comportamento
,
recentemente
descritto
,
di
un
ragno
maschio
,
ridicolmente
più
piccolo
della
femmina
,
che
dopo
l
'
accoppiamento
si
getta
spontaneamente
-
e
con
apparente
soddisfazione
!
-
nelle
fauci
della
femmina
,
che
se
lo
mangia
.
Così
il
maschio
-
che
,
a
quanto
pare
,
avrebbe
grandissima
difficoltà
a
trovare
altre
femmine
-
riesce
almeno
a
favorire
in
qualche
modo
la
nascita
della
sua
prole
.
Naturalmente
nel
caso
dell
'
uomo
le
cose
sono
ben
più
complicate
che
per
gli
altri
animali
.
Prima
di
tutto
l
'
uomo
ha
coscienza
-
anche
se
tutt
'
altro
che
accettata
di
buon
grado
-
dell
'
ineluttabilità
della
propria
morte
;
in
secondo
luogo
,
qualunque
individuo
ha
in
sé
,
sovrapposta
alla
semplice
natura
,
una
massiccia
dose
di
cultura
,
che
si
sviluppa
gradualmente
ed
entra
a
far
parte
della
sua
stessa
identità
.
La
cultura
nelle
varie
regioni
e
nelle
varie
epoche
può
assumere
le
forme
più
svariate
,
ma
quasi
sempre
arriva
ad
aggiungere
potenzialità
alle
qualità
naturali
dell
'
individuo
.
Per
questo
-
come
del
resto
da
tempo
immemorabile
e
quasi
universalmente
si
è
capito
-
la
sapienza
e
l
'
esperienza
degli
anziani
possono
essere
altrettanto
utili
alla
sopravvivenza
del
gruppo
quanto
la
capacità
riproduttiva
dei
giovani
.
Forse
sarà
per
tale
ragione
che
la
pressione
selettiva
non
ha
privato
dell
'
istinto
di
conservazione
nemmeno
gli
anziani
(
salvo
rare
eccezioni
)
.
Sia
come
sia
,
è
certo
che
l
'
essere
umano
è
sempre
in
aspettazione
e
in
progettazione
del
suo
futuro
;
non
può
in
nessun
modo
accettare
,
se
non
facendo
violenza
a
se
stesso
,
l
'
assenza
di
futuro
.
Di
qui
è
facile
-
sì
,
forse
anche
troppo
facile
-
arrivare
a
capire
perché
,
almeno
da
vari
millenni
,
si
è
immaginato
un
qualche
tipo
di
continuazione
della
vita
dopo
la
morte
.
Ciò
è
attestato
,
se
non
altro
,
dalle
sepolture
che
fin
da
tempi
remoti
venivano
fornite
di
risorse
e
di
oggetti
necessari
alla
vita
...
del
defunto
.
Per
non
parlare
delle
piramidi
dei
faraoni
e
dei
mausolei
degl
'
imperatori
,
che
dimostrano
che
il
morto
,
non
solo
sopravviveva
,
ma
doveva
continuare
a
essere
importante
e
a
godere
della
ricchezza
che
aveva
avuto
da
vivo
.
I
poveri
invece
potevano
rimanere
tali
.
Tutto
questo
a
noi
sembra
ridicolo
,
è
vero
.
Ma
siamo
giusti
e
domandiamoci
:
l
'
approdo
del
cristianesimo
e
di
altre
religioni
al
concetto
di
"
puro
spirito
"
e
di
"
anima
"
segna
proprio
in
tutto
e
per
tutto
un
progresso
?
Certamente
sì
;
e
certamente
no
.
Da
un
lato
libera
gli
esseri
umani
da
una
troppo
ingenua
superstizione
di
sopravvivenza
;
ma
dall
'
altro
li
mette
dinanzi
a
un
formidabile
problema
filosofico
...
insolubile
.
È
il
problema
del
sangue
di
Faust
,
il
problema
dell
'
identità
di
individui
,
che
prima
e
dopo
la
morte
riconosciamo
essere
ben
disparati
.
Cavarsela
dicendo
che
si
tratta
di
un
mistero
è
una
misera
scappatoia
.
Si
può
legittimamente
parlare
di
mistero
quando
si
constata
che
avviene
un
qualcosa
di
molto
strano
,
che
(
almeno
per
il
momento
)
non
sappiamo
in
nessun
modo
spiegare
.
Ma
questo
qualcosa
,
ancorché
strano
,
deve
potersi
descrivere
con
termini
che
hanno
tutti
un
ben
preciso
significato
e
non
sono
solo
emissioni
di
suoni
.
"
Papé
Satàn
,
papé
Satàn
aleppe
"
non
è
un
mistero
.
Piuttosto
,
per
chiarire
meglio
l
'
idea
,
mi
si
perdoni
ora
,
senza
storcere
troppo
il
naso
,
una
fuggevole
caduta
in
un
genere
ben
minore
rispetto
al
poema
di
Goethe
.
I
mystery
stories
della
letteratura
poliziesca
ci
prospettano
veri
e
propri
misteri
,
in
quanto
ci
descrivono
le
situazioni
in
termini
tutti
di
per
sé
comprensibili
e
significativi
;
e
non
per
niente
alla
fine
ci
viene
svelato
che
cosa
è
realmente
accaduto
e
"
chi
è
l
'
assassino
"
.
Ma
che
cosa
può
significare
che
io
sopravviverò
alla
mia
morte
?
Ripetiamo
,
perché
le
confusioni
purtroppo
sono
quanto
mai
frequenti
:
non
si
tratta
di
sapere
se
sopravviverò
o
no
,
ma
di
dare
un
qualche
significato
plausibile
a
quella
sopravvivenza
.
Decine
e
decine
di
grandi
filosofi
,
di
teologi
,
di
ministri
del
culto
,
hanno
dedicato
profonde
meditazioni
a
questo
tema
(
e
sarebbe
velleitario
tentare
di
riassumerle
in
poche
parole
)
.
Ciò
nondimeno
nessuno
di
quegl
'
ingegnosi
tentativi
sembra
aver
portato
con
sé
la
fulgida
luce
della
convinzione
:
i
filosofi
rimangono
quanto
meno
perplessi
,
mentre
gli
"
uomini
della
strada
"
si
limitano
a
dire
che
,
poiché
così
ci
viene
insegnato
che
è
(
e
così
speriamo
che
sia
)
,
un
qualche
significato
ci
sarà
certo
.
Quando
rivolgo
lo
sguardo
alla
mia
esistenza
,
io
scorgo
un
essere
che
vede
,
sente
,
mangia
,
beve
,
dorme
;
progetta
,
agisce
sul
mondo
esterno
,
costruisce
;
desidera
,
gioisce
,
si
rattrista
,
ha
paura
,
soffre
.
Che
cosa
di
tutto
questo
può
avere
un
puro
spirito
?
Niente
,
altrimenti
non
sarebbe
un
puro
spirito
.
Allora
si
deve
concludere
che
non
vivrà
affatto
.
Ma
si
obietterà
che
qui
di
proposito
mi
sono
limitato
alle
mie
qualità
più
meschinamente
terrene
.
Ho
dimenticato
il
meglio
:
cioè
il
fatto
che
oltre
ad
avere
quelle
attività
,
io
anche
penso
e
amo
.
Va
bene
;
se
vogliamo
seguire
Cartesio
,
accettiamo
pure
che
basti
che
nell
'
aldilà
io
pensi
,
per
poter
affermare
che
sono
.
Ma
si
rifletta
che
per
Cartesio
"
pensare
"
voleva
dire
seguire
nella
mente
una
catena
di
immagini
simboliche
-
o
addirittura
di
parole
-
destinate
ad
approdare
a
una
conclusione
;
a
una
nuova
determinazione
del
mio
agire
,
o
almeno
a
una
nuova
conoscenza
,
a
un
nuovo
stato
d
'
animo
.
Ma
quale
puro
spirito
può
voler
raggiungere
tali
scopi
e
può
aver
bisogno
per
raggiungerli
di
seguire
quella
catena
lungo
Io
scorrer
del
tempo
?
Quanto
all
"
`
amare
"
,
prendiamo
pure
il
termine
nella
sua
accezione
più
nobile
e
conveniente
a
un
puro
spirito
:
vuol
dire
sentirsi
attratto
dalla
persona
amata
e
desiderarne
il
bene
.
Ma
di
chi
desidererò
il
bene
nell
'
aldilà
?
Di
Dio
?
Ne
ha
proprio
bisogno
?
Di
un
'
anima
già
passata
nell
'
aldilà
?
Che
vuole
dire
?
E
se
si
tratta
invece
di
una
persona
ancora
rimasta
in
terra
,
perché
dovrei
amare
quella
piuttosto
che
un
'
altra
?
Umano
,
troppo
umano
.
Come
è
ben
noto
,
molti
di
quegli
assurdi
che
presenta
la
questione
della
sopravvivenza
dopo
la
morte
,
vengono
superati
da
alcune
religioni
mediante
lo
stratagemma
della
"
resurrezione
dei
corpi
"
.
A
questo
proposito
anche
i
più
ingenui
sono
portati
a
domandarsi
:
ma
a
che
età
risusciterò
?
Sarò
giovane
,
sarò
vecchio
,
sarò
imberbe
,
sarò
calvo
?
Riavrò
anche
la
gamba
che
persi
da
bambino
?
E
se
sarò
morto
appena
nato
,
si
darà
per
scontato
che
debba
essere
cresciuto
,
oppure
continuerò
a
vagire
?
E
poi
dove
va
a
finire
la
convinzione
moderna
che
la
nostra
identità
personale
consiste
anche
nella
cultura
ricevuta
dall
'
ambiente
in
cui
viviamo
e
pertanto
si
va
formando
e
completando
fino
all
'
ora
della
morte
?
Bene
ha
visto
Jean
Cocteau
(
Poésie
critique
)
quando
ha
affermato
:
De
notre
naissance
à
notre
mort
,
nous
sommes
un
cortège
d
'
autres
qui
sont
reliés
par
un
fil
tenu
.
E
inoltre
,
di
qui
fino
alla
risurrezione
dei
corpi
che
cosa
farò
?
Sarò
ibernato
?
Bella
soddisfazione
,
sussistere
ibernati
!
Ma
c
'
è
qualcosa
di
meno
banale
.
Oggi
sappiamo
benissimo
che
(
nonostante
le
mirabolanti
promesse
di
certa
genetica
più
o
meno
giornalistica
)
vivere
è
invecchiare
.
La
morte
è
inclusa
nel
nostro
programma
genetico
di
vita
.
Le
nostre
cellule
non
si
riproducono
oltre
un
certo
numero
di
generazioni
.
Il
nostro
cervello
perde
ogni
giorno
migliaia
e
migliaia
di
neuroni
.
Se
i
puri
spiriti
non
invecchiano
,
non
vivono
.
Se
poi
si
afferma
che
la
vita
nell
'
aldilà
è
cosa
totalmente
diversa
da
quella
nell
'
aldiqua
,
ci
risiamo
con
il
mistero
e
con
il
problema
del
significato
.
Dire
che
un
certo
termine
della
lingua
umana
ha
un
significato
,
ma
che
nessun
essere
umano
lo
può
conoscere
,
è
come
non
dire
nulla
.
Proviamo
allora
a
seguire
l
'
indicazione
piena
di
saggezza
di
Leibniz
:
due
oggetti
sono
identici
-
e
quindi
secondo
lui
sono
lo
stesso
oggetto
-
quando
hanno
tutte
e
sole
le
stesse
proprietà
.
Ora
l
'
esempio
del
sangue
ci
convince
che
il
Faust
terreno
e
quello
ultraterreno
non
possono
essere
identici
in
quel
senso
.
Il
Faust
ultraterreno
o
non
ha
il
sangue
,
e
allora
non
è
Faust
;
oppure
il
suo
corpo
è
risorto
,
ma
nessuno
sa
se
apparirà
qual
era
prima
della
...
cura
Mefistofele
o
dopo
.
Ma
,
a
parte
gli
scherzi
,
è
certo
che
in
questo
caso
non
possiamo
applicare
il
criterio
leibniziano
alle
proprietà
che
i
due
oggetti
da
comparare
hanno
allo
stesso
tempo
.
Qui
intervengono
invece
quei
filosofi
che
si
sono
occupati
dell
'
identità
dell
'
individuo
attraverso
il
tempo
;
questione
spinosissima
fino
dall
'
epoca
dei
presocratici
e
che
,
fra
l
'
altro
,
la
fisica
moderna
è
venuta
a
complicare
notevolmente
.
Per
l
'
individuo
umano
molti
si
sono
basati
sulla
proprietà
della
memoria
:
io
sono
oggi
lo
stesso
di
ieri
o
di
un
anno
fa
,
perché
mi
ricordo
quello
che
ho
fatto
ieri
o
un
anno
fa
.
Ma
il
guaio
è
che
ormai
si
sa
che
la
memoria
non
è
cosa
puramente
spirituale
:
ha
anch
'
essa
una
base
organica
.
Tanto
è
vero
che
chi
subisce
una
certa
lesione
al
cervello
non
ricorda
,
così
come
chi
subisce
un
altro
tipo
di
lesione
non
parla
o
non
cammina
.
Pertanto
,
passando
nell
'
aldilà
dovremmo
portarci
dietro
il
cervello
(
che
invece
è
rimasto
a
marcire
nella
tomba
)
.
Dunque
l
'
idea
dell
'
identità
"
anamnestica
"
oltre
la
morte
non
è
sostenibile
.
Dal
punto
di
vista
psicologico
è
molto
interessante
notare
come
anche
chi
avrebbe
tutti
i
mezzi
intellettuali
per
compiere
i
ragionamenti
testé
svolti
,
ne
rifugga
e
speri
nientemeno
che
di
riposare
nella
tomba
.
Fra
le
migliaia
di
esempi
che
ognuno
conosce
,
citiamo
lo
stesso
Goethe
che
,
in
quella
piccola
gemma
che
è
il
primo
Canto
notturno
del
viandante
,
promette
:
Warte
nur
,
balde
/
Ruhest
du
auch
,
aspetta
,
ché
presto
riposi
anche
tu
.
E
non
parliamo
dell
'
assurdo
requiescat
in
pace
augurato
al
morto
da
coloro
che
pur
sono
fermamente
convinti
dell
'
esistenza
dell
'
anima
.
Ma
chi
deve
riposare
?
L
'
anima
o
le
ossa
?
Che
mai
vorrà
dire
il
riposo
eterno
(
requiem
aeternam
ecc
.
)
per
chi
è
destinato
a
finire
o
all
'
inferno
o
in
paradiso
?
Si
ricordi
che
nella
Passione
secondo
Matteo
di
Bach
il
coro
arriva
ad
augurare
"
dolce
riposo
"
(
Ruhe
sanfte
)
a
Gesù
Cristo
.
Ma
lui
doveva
pensare
a
risorgere
,
non
a
riposare
!
Nella
descrizione
che
Dumas
(
La
Comtesse
de
Charny
)
fa
della
morte
di
Mirabeau
si
trova
un
'
affermazione
di
commovente
profondità
e
chiaroveggenza
.
Il
grande
oratore
giace
sul
letto
di
morte
e
soffre
terribilmente
.
All
'
amico
medico
,
che
tenta
più
o
meno
di
consolarlo
,
promettendogli
una
rapida
fine
,
egli
esclama
:
"
Je
ne
meurs
pas
mort
,
cher
docteur
,
je
meurs
vivant
...
"
.
Sì
,
splendido
!
Ecco
fatto
il
punto
in
pochissime
parole
.
Tutto
quello
che
noi
pensiamo
,
diciamo
,
soffriamo
a
causa
della
morte
lo
soffriamo
da
vivi
.
Altro
che
riposo
eterno
!
Di
quello
non
ce
ne
facciamo
proprio
nulla
.
Anche
al
momento
della
morte
noi
siamo
saldamente
legati
all
'
aldiqua
.
Sempre
sul
piano
psicologico
è
davvero
suggestivo
che
perfino
un
fermo
credente
come
Dante
ritenga
che
a
chi
è
già
nell
'
aldilà
stia
tanto
a
cuore
l
'
aldiquà
.
Com
'
è
possibile
che
la
notizia
che
Guido
è
morto
sia
un
colpo
straziante
per
Cavalcante
,
tanto
che
egli
"
supin
ricadde
e
più
non
parve
fora
"
?
Allora
lo
stare
sulla
terra
è
il
bene
supremo
?
E
perché
i
morti
desiderano
così
ardentemente
e
costantemente
di
essere
ricordati
dai
vivi
?
Anche
la
dolce
,
timida
Pia
-
che
pare
che
da
sé
si
sia
collocata
alla
fine
del
Canto
,
per
non
disturbare
e
andarsene
in
punta
di
piedi
-
non
può
resistere
al
desiderio
di
sussurrare
:
"
ricorditi
di
me
che
son
la
Pia
...
"
.
3
.
I
binari
e
gli
scambi
Mefistofele
l
'
aveva
presa
larga
col
soldatino
:
a
lui
stava
a
cuore
soprattutto
il
problema
dell
'
identità
dell
'
individuo
attraverso
il
tempo
,
per
essere
sicuro
che
quelli
che
trascinava
presso
di
sé
dopo
la
morte
fossero
proprio
coloro
che
in
vita
era
riuscito
a
sedurre
.
Ma
aveva
cominciato
col
chiedere
una
cosa
apparentemente
molto
diversa
:
se
e
perché
una
strada
potesse
dirsi
sempre
la
stessa
,
quando
si
prolunga
nello
spazio
.
Non
sembra
proprio
che
si
tratti
del
medesimo
problema
semantico
.
In
ogni
caso
converrà
approfondire
un
po
'
.
Prima
di
tutto
si
è
portati
a
chiedersi
se
la
domanda
riguardo
alla
strada
abbia
un
senso
ben
chiaro
,
o
se
invece
si
tratti
solo
di
vuote
parole
.
Che
un
qualche
senso
debba
averlo
e
che
la
cosa
sia
tutt
'
altro
che
di
poco
conto
anche
nella
realtà
,
lo
si
può
vedere
per
esempio
così
:
molte
volte
nel
resoconto
di
un
disastro
ferroviario
ci
capita
di
leggere
che
due
treni
,
per
un
tragico
errore
,
sono
stati
avviati
sullo
stesso
binario
.
Eppure
,
sia
prima
dello
scontro
,
sia
proprio
al
momento
dell
'
impatto
,
le
rotaie
sulle
quali
si
trovavano
l
'
uno
e
l
'
altro
treno
erano
necessariamente
diverse
.
Come
si
può
parlare
dello
stesso
binario
?
Un
criterio
di
pura
continuità
materiale
è
molto
ingenuo
e
non
può
certo
bastare
;
infatti
sappiamo
bene
che
la
strada
ferrata
seguita
da
un
treno
può
incontrare
sul
suo
cammino
un
certo
numero
di
scambi
,
che
decidono
la
destinazione
finale
,
ma
non
interrompono
la
continuità
del
metallo
.
La
domanda
è
analoga
a
quella
che
era
stata
posta
al
soldato
:
anche
se
seguiamo
con
continuità
la
strada
,
con
quale
criterio
si
può
giudicare
che
al
termine
si
tratta
proprio
della
stessa
strada
?
Il
problema
si
presenta
senza
difficoltà
quando
,
invece
che
di
una
continuità
materiale
,
si
parla
semplicemente
di
due
linee
geometriche
consecutive
:
si
riconosce
infatti
in
tal
caso
che
nell
'
affermare
che
esse
sono
parti
di
una
medesima
linea
,
noi
introduciamo
sempre
una
buona
dose
di
convenzionalità
.
Spesso
si
tratta
di
una
pura
definizione
:
per
esempio
,
due
segmenti
consecutivi
di
una
retta
appartengono
alla
stessa
retta
proprio
per
definizione
.
E
non
bisogna
nemmeno
dimenticare
l
'
importanza
del
"
sistema
di
riferimento
"
nel
quale
ci
poniamo
per
formulare
il
giudizio
.
Supponiamo
che
un
astronomo
stia
spiegando
che
il
cammino
seguito
oggi
dalla
nostra
Terra
è
solo
un
segmento
di
una
ben
determinata
ellisse
attorno
al
Sole
,
che
-
a
parte
piccolissime
differenze
-
si
prolungherà
identica
a
se
stessa
anno
dopo
anno
.
Nel
dire
questo
egli
ha
ragione
:
purché
lui
e
i
suoi
ascoltatori
convengano
-
magari
tacitamente
-
di
riferirsi
alla
traiettoria
rispetto
al
Sole
,
pensato
come
fisso
.
Altrimenti
l
'
astronomo
non
parlerebbe
certo
di
piccolissime
differenze
.
Infatti
tutta
la
Galassia
ruota
;
e
il
Sole
-
che
non
è
affatto
al
centro
di
essa
-
si
muove
vertiginosamente
con
tutto
il
suo
sistema
di
pianeti
.
La
traiettoria
che
ne
risulta
per
la
Terra
è
una
sorta
di
"
cicloide
"
,
enormemente
diversa
dalla
classica
ellisse
kepleriana
!
Si
può
dunque
comprendere
che
anche
l
'
identità
del
binario
,
che
prosegue
la
sua
traiettoria
(
con
porzioni
di
acciaio
sempre
diverse
)
è
piuttosto
convenzionale
:
si
potrebbe
addirittura
supporre
che
per
il
ferroviere
quell
'
identità
significhi
semplicemente
che
due
treni
che
procedono
in
senso
inverso
su
due
segmenti
contigui
del
binario
vengono
necessariamente
a
collisione
.
Lasciamo
dunque
stare
l
'
identità
di
un
ente
che
si
prolunga
puramente
nello
spazio
e
veniamo
a
parlare
dell
'
identità
attraverso
lo
scorrere
del
tempo
.
Questa
sembra
una
questione
ben
diversa
e
non
banalmente
convenzionale
.
Naturalmente
qui
non
ci
occuperemo
più
della
sopravvivenza
dell
'
anima
di
un
individuo
,
perché
abbiamo
già
messo
in
serio
dubbio
che
i
termini
usati
nella
formulazione
tradizionale
di
quel
problema
siano
tutti
provvisti
di
un
ragionevole
significato
.
Prendiamo
invece
di
mira
un
oggetto
materiale
e
osserviamolo
con
continuità
lungo
tutto
il
suo
cammino
.
Non
possiamo
forse
esser
certi
che
alla
fine
si
tratta
ancora
dello
stesso
oggetto
?
Veramente
sappiamo
già
che
a
tale
conclusione
potremmo
arrivare
solo
se
-
con
un
po
'
di
buona
volontà
-
fossimo
disposti
a
trascurare
le
già
menzionate
obiezioni
di
Eraclito
sul
fatto
che
tutto
cambia
;
e
noi
le
trascureremo
.
Anzi
,
faremo
di
più
:
accetteremo
per
buone
le
affermazioni
della
scienza
classica
,
quando
essa
ci
assicura
che
un
certo
corpo
materiale
avrebbe
potuto
essere
seguito
con
continuità
,
anche
se
in
realtà
non
lo
abbiamo
fatto
.
È
il
caso
della
"
stella
del
mattino
"
e
della
"
stella
della
sera
"
(
Venere
)
,
che
Gottlob
Frege
,
padre
della
semantica
moderna
,
prende
come
esempio
di
un
medesimo
corpo
designato
con
nomi
diversi
.
Ma
i
guai
veramente
seri
sono
stati
portati
dall
'
affermarsi
nella
fisica
delle
particelle
atomiche
e
subatomiche
-
alle
quali
già
accennammo
-
della
teoria
quantistica
(
spesso
chiamata
un
po
'
restrittivamente
"
meccanica
quantistica
"
)
.
Quella
teoria
al
suo
sorgere
-
e
per
lungo
tempo
in
seguito
-
dette
luogo
a
gravissimi
dubbi
,
a
vivaci
dibattiti
,
a
vere
e
proprie
polemiche
.
Sarebbe
fuori
luogo
qui
anche
solo
tentare
di
ricapitolare
tutta
la
storia
.
Ci
limiteremo
invece
a
ricordare
che
esiste
un
"
`
interpretazione
ortodossa
"
della
teoria
-
a
volte
anche
chiamata
"
di
Copenhagen
"
,
perché
originata
in
sostanza
dal
sommo
fisico
danese
Niels
Bohr
-
che
a
tutt
'
oggi
è
condivisa
dalla
grande
maggioranza
dei
fisici
e
che
non
è
mai
stata
contraddetta
dall
'
esperienza
.
Secondo
la
concezione
ortodossa
una
particella
ha
solo
una
probabilità
di
essere
rivelata
in
un
punto
o
in
un
altro
,
ma
non
ha
una
traiettoria
!
Vediamo
se
si
riesce
a
suffragare
con
poche
parole
(
ma
non
è
facile
)
quest
'
ultima
affermazione
,
chiedendoci
come
si
muove
una
particella
della
microfisica
.
Poniamo
di
aver
osservato
la
particella
nel
punto
di
partenza
A
:
secondo
le
indicazioni
della
meccanica
classica
non
vi
sarebbe
limite
alla
precisione
con
cui
-
avendone
gli
strumenti
-
potremmo
determinare
la
posizione
di
A
.
Egualmente
potremmo
determinare
senza
alcun
limite
teorico
la
velocità
e
la
direzione
di
partenza
.
Con
questi
dati
le
leggi
della
meccanica
classica
ci
permettono
di
calcolare
con
precisione
quando
e
come
raggiungerà
un
punto
finale
B
.
Naturalmente
,
se
la
particella
è
libera
,
seguirà
la
retta
AB
(
se
invece
è
soggetta
a
forze
conosciute
-
gravitazionali
,
elettriche
ecc.
-
potremo
egualmente
stabilire
con
precisione
la
traiettoria
percorsa
;
ma
non
complichiamo
le
cose
)
.
Con
la
meccanica
quantistica
invece
nascono
i
guai
.
Infatti
in
tal
caso
è
ineluttabile
il
principio
d
'
indeterminazione
di
Heisenberg
.
Esso
stabilisce
che
:
quanto
maggiore
è
la
precisione
con
cui
determiniamo
la
posizione
di
A
,
tanto
minore
sarà
la
precisione
con
cui
potremo
conoscere
la
velocità
e
la
direzione
di
partenza
della
particella
.
Pertanto
la
traiettoria
esatta
non
è
conoscibile
.
Proviamo
allora
con
un
metodo
osservativo
,
anziché
predittivo
,
e
supponiamo
di
aver
visto
la
particella
in
un
punto
intermedio
C
,
fra
A
e
B
.
Ciò
significa
che
in
C
la
particella
è
stata
colpita
da
un
fotone
e
lo
ha
riflesso
verso
il
nostro
occhio
.
Ora
il
fotone
,
rimbalzando
verso
di
noi
,
dà
una
botta
alla
particella
e
le
comunica
una
quantità
di
moto
(
il
cui
valore
è
noto
solo
con
distribuzione
probabilistica
)
.
Dunque
non
possiamo
assolutamente
asserire
che
,
se
la
particella
fosse
stata
libera
(
e
non
disturbata
dal
nostro
fotone
)
,
sarebbe
proprio
finita
in
B
.
D
'
altra
parte
,
se
effettivamente
l
'
abbiamo
vista
prima
in
A
e
poi
in
B
,
ma
non
abbiamo
illuminato
la
zona
intermedia
,
non
possiamo
asserire
con
sicurezza
che
è
passata
per
C
.
Si
pensi
che
perfino
nel
caso
che
fra
A
e
B
si
interponga
un
diaframma
opaco
con
due
forellini
molto
vicini
,
vedendo
la
particella
giungere
in
B
,
senza
averla
in
alcun
modo
disturbata
nel
frattempo
,
non
si
può
assolutamente
decidere
da
quale
dei
due
forellini
è
passata
.
Se
invece
la
disturbiamo
,
per
vedere
da
quale
forellino
passa
,
la
particella
o
non
arriva
in
B
o
,
arrivata
in
quel
punto
,
si
comporta
in
modo
diverso
da
quanto
avrebbe
fatto
indisturbata
.
Quest
'
ultima
affermazione
vuol
dire
quanto
segue
:
se
facciamo
partire
da
A
uno
sciame
di
particelle
eguali
e
non
riveliamo
per
quale
forellino
passa
ciascuna
,
le
particelle
,
arrivando
su
un
successivo
schermo
,
si
distribuiscono
secondo
una
figura
caratteristica
che
si
chiama
frange
d
'
interferenza
;
se
invece
noi
riveliamo
da
quale
forellino
passa
ciascuna
particella
,
spariscono
le
frange
d
'
interferenza
.
Che
le
cose
stiano
proprio
così
,
è
ormai
accettato
da
tutti
i
fisici
.
Bisogna
rassegnarci
quindi
a
concludere
che
la
traiettoria
ha
un
senso
solo
per
gli
oggetti
"
macroscopici
"
,
cioè
per
quegli
oggetti
che
vediamo
e
tocchiamo
e
che
(
praticamente
)
non
vengono
perturbati
dalla
nostra
osservazione
.
Gli
oggetti
atomici
e
subatomici
invece
non
possono
essere
seguiti
e
osservati
con
continuità
senza
essere
perturbati
e
senza
che
si
perda
di
conseguenza
la
possibilità
di
affermare
che
cosa
avrebbero
fatto
spontaneamente
.
Chiariamo
ora
in
che
modo
tutto
questo
può
essere
rilevante
,
anzi
decisivo
,
per
la
questione
dell
'
identità
.
Bisogna
prima
di
tutto
ricordare
che
nella
microfisica
s
'
incontrano
diverse
specie
di
particelle
e
che
quelle
che
appartengono
a
una
medesima
specie
hanno
tutte
esattamente
le
stesse
proprietà
.
Per
esempio
,
un
elettrone
ha
tutte
le
proprietà
eguali
a
quelle
di
un
altro
elettrone
;
e
lo
stesso
dicasi
per
la
specie
dei
protoni
,
per
quella
dei
neutroni
ecc.
Si
dice
che
al
di
dentro
di
ciascuna
specie
si
tratta
di
particelle
indistinguibili
l
'
una
dall
'
altra
.
Bisognerà
precisare
meglio
.
A
volte
si
è
portati
ad
affermare
che
due
gemelli
sono
indistinguibili
l
'
uno
dall
'
altro
.
In
questo
c
'
è
sempre
una
buona
dose
di
esagerazione
;
ma
ora
prescindiamone
.
Per
trarci
d
'
impaccio
,
potremo
sempre
legare
un
nastro
rosso
al
braccio
dell
'
uno
e
un
nastro
verde
al
braccio
dell
'
altro
.
In
tal
modo
avremo
conferito
due
proprietà
diverse
a
due
individui
e
riusciremo
facilmente
a
distinguerli
.
Tuttavia
non
potremo
legare
nessun
nastro
al
braccio
di
un
elettrone
!
Né
potremo
deformarlo
,
portarne
via
un
pezzo
,
dargli
un
colore
,
una
carica
,
una
temperatura
diversi
dall
'
altro
elettrone
.
Appena
avremo
stabilito
che
un
elettrone
si
chiama
Pietro
e
l
'
altro
Paolo
,
non
avremo
alcun
modo
per
riconoscere
quale
è
Pietro
e
quale
è
Paolo
.
Non
c
'
è
nessuna
proprietà
che
li
distingue
.
A
questo
punto
il
lettore
accorto
obietterà
che
una
proprietà
diversa
ci
può
essere
:
vale
a
dire
la
collocazione
nello
spazio
.
Se
Pietro
si
trova
nel
punto
P
e
Paolo
nel
punto
Q
(
e
non
si
muovono
)
,
continueremo
a
chiamare
Pietro
quello
in
P
e
Paolo
quello
in
Q
.
Eppure
non
va
bene
nemmeno
questo
!
Purtroppo
qui
dobbiamo
ricorrere
a
considerazioni
non
troppo
elementari
:
quelle
della
fisica
statistica
.
In
tale
parte
della
fisica
si
suole
contare
in
quanti
modi
diversi
si
possono
distribuire
le
particelle
microscopiche
per
arrivare
a
realizzare
un
medesimo
stato
macroscopico
.
Nella
fisica
classica
il
caso
in
cui
Pietro
è
in
P
e
Paolo
in
Q
e
quello
in
cui
Pietro
è
in
Q
e
Paolo
in
P
sono
due
casi
differenti
e
come
tali
vanno
contati
.
Invece
nella
fisica
quantistica
essi
costituiscono
uno
stesso
caso
e
così
contandoli
danno
luogo
a
risultati
diversi
da
quelli
classici
.
Ebbene
,
l
'
esperienza
dà
ragione
alla
statistica
quantistica
.
Pietro
e
Paolo
possono
essere
scambiati
,
senza
che
accada
assolutamente
nulla
di
rilevabile
.
Leibniz
certo
non
ci
avrebbe
creduto
.
E
si
badi
che
oggi
si
hanno
prove
inoppugnabili
che
quel
comportamento
non
è
valido
solo
per
le
particelle
singole
,
bensì
-
in
condizioni
opportune
-
anche
per
atomi
e
molecole
,
cioè
per
sistemi
in
ciascuno
dei
quali
sono
riunite
più
particelle
.
Da
tutto
ciò
si
dovrà
concludere
che
l
'
identità
individuale
non
ha
senso
per
i
corpi
microscopici
.
Sembrerebbe
allora
che
essa
fosse
un
'
emergenza
,
una
proprietà
nuova
,
che
scaturisce
nel
caso
macroscopico
,
cioè
quando
si
mettono
assieme
miriadi
e
miriadi
di
particelle
,
come
per
esempio
in
due
palle
di
biliardo
o
addirittura
in
due
corpi
umani
.
Questo
in
un
certo
senso
è
vero
e
in
un
altro
senso
non
è
vero
.
Supponiamo
infatti
che
sia
possibile
avere
due
gemelli
assolutamente
identici
dal
punto
di
vista
fisico
.
I
loro
corpi
dovranno
essere
costituiti
esattamente
da
eguali
atomi
e
molecole
,
distribuiti
nello
stesso
modo
,
e
negli
stessi
stati
di
eccitazione
.
Si
badi
bene
che
ciò
implica
che
anche
tutti
i
neuroni
dei
due
gemelli
e
tutte
le
loro
sinapsi
dovranno
trovarsi
negli
stessi
identici
stati
.
Cosicché
i
due
dovranno
avere
le
stesse
memorie
;
e
se
l
'
uno
dirà
di
chiamarsi
Pietro
,
anche
l
'
altro
dovrà
dirlo
!
In
queste
condizioni
è
difficile
dubitare
che
anche
per
loro
varrebbe
la
perfetta
interscambiabilità
quantistica
.
Tuttavia
questo
caso
,
non
solo
è
fantastico
,
ma
è
addirittura
impossibile
.
Infatti
basta
che
uno
dei
gemelli
veda
un
oggetto
dal
suo
punto
di
vista
e
l
'
altro
da
un
punto
di
vista
differente
perché
le
loro
memorie
comincino
a
differire
e
siano
distinguibili
.
Ma
del
resto
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
parlare
proprio
di
gemelli
umani
per
convincersi
che
due
corpi
identici
non
esistono
praticamente
mai
.
Stando
così
le
cose
,
non
ci
si
può
meravigliare
se
la
mente
umana
,
nata
ed
evoluta
in
un
ambiente
di
corpi
macroscopici
,
si
è
abituata
a
concepire
l
'
identità
in
senso
leibniziano
,
e
ad
affermare
che
due
corpi
non
possono
differire
"
solo
numero
"
,
cioè
avere
tutte
le
stesse
proprietà
,
pur
essendo
due
corpi
,
anziché
un
corpo
solo
.
Invece
due
elettroni
hanno
tutte
le
stesse
proprietà
,
eppure
sono
certamente
due
.
E
così
dicasi
per
i
numeri
superiori
a
due
.
Per
esempio
,
l
'
atomo
di
uranio
ha
novantadue
elettroni
,
distribuiti
in
diversi
stati
di
diversa
energia
.
Questo
lo
sappiamo
per
certo
.
Ma
sarebbe
assurdo
dire
che
nel
primo
stato
-
che
contiene
due
elementi
-
ci
sono
Pietro
e
Paolo
,
nel
secondo
-
che
ne
contiene
sei
-
ci
sono
Giovanni
,
Mario
,
Guido
,
Luigi
,
Marco
,
Alberto
;
e
così
via
.
È
chiaro
che
da
tutto
questo
si
deve
trarre
un
grande
insegnamento
.
Chi
pensa
che
la
nostra
logica
e
la
nostra
semantica
siano
qualcosa
di
superiore
ed
estraneo
all
'
uomo
e
non
rappresentino
invece
facoltà
ordinatrici
del
nostro
sistema
nervoso
centrale
-
facoltà
che
l
'
uomo
ha
faticosamente
acquisito
nel
corso
della
sua
evoluzione
,
allo
scopo
di
riuscire
a
vivere
in
un
certo
ambiente
fisico
-
fa
semplicemente
cattiva
filosofia
.
Credere
che
quelle
classificazioni
che
ci
sono
necessarie
-
e
in
molti
casi
perfino
sufficienti
-
per
cavarcela
in
un
ambiente
di
corpi
macroscopici
(
ciascuno
costituito
da
miriadi
di
particelle
aggregate
)
debbano
valere
in
tutti
i
campi
della
realtà
,
è
molto
ingenuo
.
È
un
'
estrapolazione
assolutamente
gratuita
e
ingiustificata
,
almeno
fino
a
che
l
'
esperienza
non
ne
abbia
confermata
la
validità
.
Ebbene
,
si
dà
il
caso
che
l
'
esperienza
l
'
abbia
inequivocabilmente
smentita
!
Perfino
il
venerabile
principio
d
'
identità
non
è
nelle
cose
,
ma
si
rivela
un
'
esigenza
puramente
umana
.
4
.
Dio
bono
!
"
Maestro
,
che
vuoi
dire
sessuofobia
?
"
La
domanda
a
bruciapelo
era
stata
formulata
con
perfetta
semplicità
,
senza
un
pizzico
(
almeno
apparente
)
di
malizia
,
da
Mario
,
un
frugoletto
dagli
occhi
vispi
e
dalla
curiosità
di
solito
inesauribile
.
La
sua
parlata
schiettamente
toscana
-
con
qualche
sfumatura
addirittura
arcaica
-
rivelava
sì
la
provenienza
da
un
ceto
culturalmente
piuttosto
modesto
,
ma
non
si
abbassava
quasi
mai
alla
volgarità
esibita
da
certi
compagni
"
signorini
"
.
Il
maestro
Consigli
,
superando
un
momento
di
esitazione
,
ma
stando
bene
attento
a
non
mostrare
imbarazzo
,
rispose
con
naturalezza
:
"
Vuoi
dire
paura
del
sesso
.
È
chiaro
.
"
E
intanto
diceva
spavaldamente
dentro
di
sé
:
no
,
no
,
non
sono
affatto
imbarazzato
,
che
diamine
!
Ciononostante
quasi
arrossì
quando
si
accorse
di
provare
un
certo
sollievo
nel
poter
buttare
tutto
sull
'
erudito
e
sul
didascalico
:
"
La
parola
oggi
è
spesso
usata
e
probabilmente
l
'
avrai
letta
in
qualche
giornale
.
Non
è
molto
ben
formata
,
perché
la
prima
parte
vien
dal
latino
e
la
seconda
dal
greco
.
"
Ma
Mario
non
mollava
e
,
dopo
un
po
'
di
riflessione
,
riprese
:
"
Che
cos
'
è
il
sesso
non
avrei
a
saperlo
:
lo
so
.
Per
esempio
io
sono
un
maschio
e
la
Lorella
è
una
femmina
.
Ma
perché
la
gente
ne
ha
da
aver
paura
?
"
A
questo
punto
il
bravo
Consigli
-
pur
non
volendo
ammetterlo
-
dovette
avvertire
qualche
difficoltà
.
A
ogni
modo
proseguì
imperterrito
:
"
Vedi
,
Mario
,
l
'
essere
uomo
o
donna
implica
tante
cose
,
oltre
a
portare
i
pantaloni
o
la
sottana
(
quando
si
portava
)
.
Dovrei
cominciare
col
premettere
molte
spiegazioni
...
"
Ma
la
quindicenne
Lorella
intervenne
subito
in
tono
di
sfida
:
"
Per
me
è
inutile
.
Io
so
tutto
!
"
Si
erano
trovati
ai
giardini
prospicienti
le
scuole
,
l
'
elementare
e
la
media
,
ospitate
in
un
medesimo
edificio
.
Il
maestro
sedeva
su
una
panchina
un
po
'
stanco
e
un
po
'
pensoso
,
domandandosi
per
l
'
ennesima
volta
se
proprio
valeva
la
pena
di
continuare
a
sgolarsi
per
quei
marmocchi
.
Loro
,
in
fondo
,
quando
erano
in
classe
non
aspettavano
altro
che
il
suono
della
campanella
finale
,
per
sciamare
festosi
o
litigiosi
via
dal
chiuso
delle
aule
,
lontano
dai
maestri
e
dai
bidelli
.
Non
c
'
era
dubbio
che
quello
della
scuola
era
il
contatto
fra
due
mondi
diversi
:
solo
un
legame
temporaneo
,
costrittivo
e
insopportabile
.
E
poi
nell
'
era
dei
"
media
"
lui
aveva
l
'
impressione
che
ogni
sera
sistematicamente
qualcuno
disfacesse
quella
tela
che
lui
con
fatica
tentava
di
tessere
di
giorno
.
Non
si
sentiva
affatto
di
rimpiangere
i
tempi
passati
e
di
respingere
il
nuovo
.
Ma
avvertiva
che
quel
nuovo
creava
paurose
dissonanze
.
Ricordava
con
cocente
umiliazione
quel
giorno
in
cui
,
essendo
di
buon
umore
,
accennava
fischiettando
il
tema
dell
'
Inno
alla
gioia
di
Beethoven
e
un
ragazzo
passando
osservò
:
"
È
la
musica
dell
'
Arancia
meccanica
!
"
.
E
quanto
alla
scuola
,
si
domandava
se
in
fondo
non
avesse
ragione
Ivan
Illich
,
che
proponeva
di
"
descolarizzare
la
società
"
.
Come
si
fa
a
persuadere
gli
alunni
a
interessarsi
di
quello
che
non
li
interessa
affatto
,
e
com
'
è
possibile
per
un
maestro
continuare
a
occuparsi
sempre
di
cose
che
per
lui
ormai
sono
routine
banale
?
Ma
forse
...
non
era
proprio
così
.
Già
altre
volte
,
quando
Consigli
sedeva
su
quella
panchina
,
assorto
nelle
sue
considerazioni
,
gli
si
era
avvicinato
Mario
,
che
invece
di
correre
a
casa
con
lo
zainetto
multicolore
sulle
spalle
,
gli
si
accoccolava
ai
piedi
e
lo
scrutava
.
E
poi
arrivava
anche
la
Lorella
,
che
qualche
anno
prima
era
stata
sua
scolara
;
ma
adesso
lo
guardava
con
occhi
ben
diversi
da
allora
.
Lei
certo
non
lo
sapeva
,
ma
lui
lo
avvertiva
e
non
di
rado
doveva
studiare
come
comportarsi
.
Del
resto
non
era
la
prima
volta
che
gli
capitava
:
giovane
,
con
aspetto
malinconico
e
un
po
'
trasandato
,
aveva
già
incontrato
qualche
ex
scolara
che
lo
contemplava
con
aria
adorante
.
E
,
in
fondo
,
sentiva
benissimo
che
quella
presenza
cambiava
per
lui
in
modo
sottile
l
'
ambiente
circostante
.
In
quel
mentre
nel
vialetto
dinanzi
a
loro
stava
passando
un
distinto
signore
con
i
capelli
grigi
ben
pettinati
,
in
un
semplice
,
ma
elegante
completo
anch
'
esso
grigio
e
un
maglione
celestino
paricollo
.
"
Don
Rino
,
don
Rino
!
"
chiamò
il
maestro
,
quasi
volesse
aggrapparsi
a
una
tavola
di
salvezza
.
L
'
insegnante
di
religione
si
soffermò
a
guardarli
,
poi
si
avvicinò
premuroso
,
con
la
domanda
:
"
Che
c
'
è
,
Consigli
?
"
"
C
'
è
che
Mario
qui
mi
ha
chiesto
che
cos
'
è
la
sessuofobia
.
Forse
lei
glielo
sa
spiegare
meglio
di
me
.
"
Don
Rino
represse
a
stento
una
risata
divertita
ed
esclamò
:
"
Proprio
io
?
"
.
Poi
si
riprese
e
aggiunse
:
"
Ma
sì
...
forse
è
giusto
.
Pensi
che
,
per
aver
parlato
troppo
liberamente
in
classe
di
queste
cose
e
di
altre
del
genere
,
mi
sono
già
beccato
varie
ramanzine
da
parte
della
Curia
;
e
anche
da
più
in
alto
"
.
"
Quanto
più
in
alto
?
"
si
azzardò
a
chiedere
Consigli
.
"
Be
'
...
per
via
indiretta
,
s
'
intende
:
da
chi
sta
al
vertice
della
Chiesa
.
"
"
Accipicchia
!
A
me
mi
pare
che
sia
il
Papa
!
"
esclamò
sbalordito
Mario
,
che
-
pur
usando
un
pleonasmo
rimproverato
dai
pedanti
-
maneggiava
benissimo
e
con
naturalezza
i
congiuntivi
.
Ma
don
Rino
,
come
se
non
avesse
sentito
,
proseguì
:
"
Io
credo
che
insegnando
nelle
scuole
,
predicando
ai
fedeli
o
scrivendo
,
si
debba
dire
pane
al
pane
e
vino
al
vino
;
con
prudenza
sì
,
ma
anche
con
chiarezza
.
E
se
su
qualcosa
uno
non
è
d
'
accordo
con
la
dottrina
ufficiale
,
ha
il
dovere
di
dichiararlo
,
sia
pure
con
tutta
umiltà
.
La
fede
in
Dio
non
ne
viene
intaccata
:
è
il
Vangelo
stesso
che
ci
esorta
a
dire
sì
sì
e
no
no
,
senza
infingimenti
.
"
"
Allora
,
don
Rino
,
"
intervenne
la
Lorella
con
spavalderia
,
ma
anche
con
un
lieve
sospetto
di
rossore
,
"
ci
dica
pane
al
pane
e
sesso
al
sesso
,
senza
infingimenti
.
"
"
Tutti
sanno
,
"
incominciò
don
Rino
,
comprendendo
bene
che
ormai
non
poteva
sottrarsi
,
"
che
per
procreare
i
figli
ci
vogliono
un
uomo
e
una
donna
che
facciano
all
'
amore
.
Ora
l
'
amore
è
certamente
una
cosa
molto
bella
...
"
"
È
la
cosa
più
bella
che
esista
!
"
esclamò
la
Lorella
;
e
Consigli
si
sorprese
a
domandarsi
se
lei
lo
sapeva
davvero
o
se
invece
volesse
a
tutti
i
costi
immaginarlo
.
"
Sì
,
è
molto
bella
,
"
riprese
imperturbabile
e
un
po
'
didattico
don
Rino
.
"
Ma
proprio
perché
può
dare
grande
gioia
,
anche
fisica
,
all
'
essere
umano
,
qualcuno
è
portato
a
scambiarlo
per
un
puro
piacere
,
anziché
per
quello
che
deve
essere
in
realtà
:
un
innalzamento
e
un
completamento
spirituale
dell
'
uomo
.
La
Chiesa
,
specie
in
passato
,
vedendo
nella
ricerca
del
piacere
una
tentazione
del
demonio
,
un
atteggiamento
peccaminoso
,
una
deviazione
da
quella
concezione
ascetica
della
vita
che
riteneva
avvicinasse
a
Dio
,
finì
quasi
per
condannare
il
sesso
in
quanto
tale
.
Arrivò
così
a
concepire
e
a
diffondere
nei
suoi
ranghi
la
`
sessuofobia
'
.
Ma
fu
un
errore
:
e
di
esso
si
avvertono
ancora
nefaste
conseguenze
.
"
"
Fu
un
errore
?
"
domandò
sorridendo
Consigli
,
che
si
divertiva
un
mondo
a
punzecchiare
l
'
amico
don
Rino
.
"
Ma
lei
non
è
scapolo
proprio
in
quanto
prete
cattolico
?
"
"
Non
scherziamo
troppo
su
queste
cose
,
che
sono
molto
serie
,
"
rispose
l
'
altro
con
una
punta
di
rimprovero
.
"
Io
sono
disposto
ad
accettare
umilmente
rinunce
anche
gravi
,
impostemi
da
chi
guida
la
Chiesa
,
pur
di
continuare
a
esercitare
il
mio
ministero
.
Ma
credo
di
avere
diritto
alla
mia
opinione
.
E
sono
convinto
che
i
preti
protestanti
sposati
possono
svolgere
benissimo
(
chissà
,
forse
anche
meglio
di
noi
)
la
loro
missione
.
Del
resto
i
tempi
cambiano
;
bisogna
attendere
con
pazienza
il
futuro
...
"
"
Ma
come
si
fa
a
pensare
,
"
intervenne
la
Lorella
,
"
che
qualcosa
creato
e
voluto
da
Dio
sia
cattivo
e
da
fuggire
?
Dio
può
aver
fatto
soltanto
cose
belle
e
da
amare
;
altrimenti
dove
starebbe
la
sua
infinita
bontà
?
"
"
Dici
bene
,
Lorella
,
non
lo
nego
.
Ma
chi
siamo
noi
per
pretendere
di
capire
tutto
?
È
impossibile
sfuggire
alla
domanda
:
perché
ci
sono
le
cose
che
a
noi
paiono
cattive
?
E
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
arrivare
a
parlare
delle
pratiche
più
riprovevoli
del
sesso
.
L
'
amore
,
anche
quello
puro
e
sublime
,
può
far
soffrire
immensamente
l
'
essere
umano
.
Quasi
ogni
giorno
c
'
è
un
ragazzo
o
una
ragazza
che
si
uccide
per
amore
.
Si
può
pensare
una
cosa
più
orribile
?
Ma
io
credo
che
il
giudizio
che
noi
diamo
su
quello
che
è
buono
o
è
cattivo
risenta
troppo
spesso
della
nostra
miopia
,
della
nostra
inadeguatezza
.
Il
bene
può
essere
anche
dove
non
siamo
capaci
di
vederlo
.
In
fondo
,
quando
uno
ha
letto
la
fine
tragica
di
Romeo
e
Giulietta
,
è
certamente
spinto
a
sentirsi
più
in
alto
e
più
buono
.
"
"
Sì
,
è
proprio
così
,
"
disse
la
Lorella
.
"
Io
non
ho
letto
quella
commedia
...
"
"
Quella
tragedia
!
"
interruppe
ridendo
Consigli
.
...
ma
ho
visto
alla
televisione
la
storia
di
Romeo
e
Giulietta
.
Fa
piangere
;
ma
non
fa
male
,
fa
bene
.
"
Seguì
qualche
momento
di
silenzio
.
Ciascuno
rimaneva
impigliato
in
quei
pensieri
che
difficilmente
si
riesce
a
esprimere
pienamente
,
anche
a
se
stessi
.
Consigli
si
domandava
:
devo
dirlo
o
no
come
mi
sembra
che
stiano
realmente
le
cose
?
Perché
insinuare
dubbi
sulla
bellezza
e
sulla
bontà
del
mondo
in
chi
dimostra
di
volerci
credere
con
entusiasmo
?
Naturalmente
non
pensava
a
don
Rino
:
quello
su
certi
argomenti
la
sapeva
lunga
.
Ma
Mario
e
Lorella
...
Lui
tempo
addietro
aveva
intrapreso
gli
studi
di
scienze
all
'
università
,
proprio
perché
voleva
capire
come
è
fatto
veramente
il
mondo
.
Certo
,
moltissime
nozioni
utili
le
aveva
imparate
e
aveva
allargato
enormemente
il
suo
orizzonte
.
Ma
alla
fine
si
era
convinto
che
anche
per
quella
via
non
si
arrivava
mai
a
scoprire
quello
che
a
lui
sembrava
"
il
nocciolo
della
questione
"
,
cioè
il
perché
e
il
come
della
condizione
umana
.
Aveva
rinunciato
a
laurearsi
-
pur
continuando
ad
aggiornarsi
come
poteva
-
e
si
era
dedicato
invece
a
educare
alla
vita
i
bambini
,
cioè
coloro
che
dovevano
essere
preparati
a
costituire
in
futuro
una
società
civile
e
democratica
.
Sapeva
benissimo
che
pochi
lo
approvavano
,
anzi
che
molti
lo
criticavano
:
ma
quella
era
stata
la
sua
scelta
.
Ora
,
ricordando
quante
volte
lui
stesso
aveva
insegnato
che
bisogna
esprimere
con
franchezza
il
proprio
parere
,
si
risolse
ad
affrontare
l
'
argomento
:
"
Sentite
,
amici
miei
,
finché
si
parla
di
esseri
umani
,
di
alti
sentimenti
e
di
poesia
,
potrei
anche
esser
d
'
accordo
con
voi
.
Gli
antichi
Greci
usavano
un
parolone
,
`
catarsi
'
,
per
esprimere
quel
senso
di
purificazione
che
eleva
l
'
animo
umano
al
termine
di
una
tragedia
.
Ma
al
mondo
non
tutto
è
poesia
;
e
non
ci
sono
soltanto
gli
esseri
umani
...
"
"
Ci
sono
anche
le
bestie
!
"
intervenne
Mario
,
che
già
aveva
intuito
dove
si
andava
a
parare
.
"
Certo
,
"
ribatté
don
Rino
.
"
Ma
,
come
ben
avvertiva
san
Francesco
,
la
bontà
di
Dio
discende
verso
tutte
le
sue
creature
.
Io
credo
che
un
uomo
offenda
Dio
anche
quando
fa
soffrire
inutilmente
un
animale
.
Il
creato
è
buono
.
Solo
gli
uomini
sono
spesso
molto
cattivi
.
"
"
Sarà
,
"
riprese
perplesso
il
maestro
,
"
ma
io
non
ne
sono
così
convinto
.
Nella
scienza
naturale
sono
noti
mille
casi
in
cui
sembrerebbe
proprio
il
contrario
.
Voglio
farvi
un
esempio
fra
mille
.
C
'
è
un
gruppo
di
vespe
dal
difficile
nome
scientifico
,
a
proposito
delle
quali
il
grande
Darwin
scriveva
che
non
poteva
persuadersi
che
un
Dio
benefico
e
onnipotente
le
avesse
create
con
l
'
intento
specifico
che
si
cibassero
dei
corpi
vivi
dei
bruchi
.
Infatti
la
vespa
depone
le
uova
nel
corpo
di
un
bruco
,
ma
prima
colpisce
col
suo
pungiglione
ciascun
ganglio
del
sistema
nervoso
del
poveretto
,
in
modo
da
paralizzarlo
totalmente
senza
ucciderlo
.
Schiusesi
poi
le
uova
,
le
larve
si
cibano
di
carne
sempre
fresca
,
guardandosi
fino
all
'
ultimo
dal
distruggere
i
centri
vitali
della
vittima
.
Il
bruco
si
sente
gradualmente
straziare
dentro
,
patisce
atrocemente
,
ma
non
può
reagire
,
non
può
muovere
un
muscolo
.
Quando
poi
non
c
'
è
più
nulla
da
mangiare
e
il
bruco
è
svuotato
,
lo
si
lascia
morire
.
"
"
Dio
bono
!
"
sbottò
Mario
inorridito
.
"
Sì
,
"
riprese
Consigli
sorridendo
amaramente
,
"
forse
hai
detto
giusto
,
anche
senza
volerlo
.
C
'
è
proprio
da
chiedersi
se
Dio
e
la
natura
esprimano
soltanto
bontà
verso
le
proprie
creature
.
L
'
esistenza
di
cose
così
terribili
pone
angosciose
domande
,
non
solo
ai
credenti
,
ma
anche
ai
laici
come
me
.
Perché
tutto
questo
?
Ma
vedi
,
alcuni
pensatori
di
grande
levatura
affermano
che
la
domanda
è
insensata
;
dicono
che
semplicemente
non
c
'
è
un
perché
.
Io
non
credo
che
abbiano
del
tutto
torto
.
Ma
allora
mi
assilla
un
dubbio
ulteriore
:
perché
ci
poniamo
quelle
domande
?
"
Don
Rino
da
qualche
minuto
guardava
nervosamente
l
'
orologio
e
disse
:
"
È
tardi
,
Consigli
.
Io
devo
scappare
e
questi
ragazzi
devono
correre
a
casa
.
Non
è
che
io
mi
voglia
sottrarre
a
questa
discussione
,
intendiamoci
.
Anch
'
io
sono
turbato
,
lo
confesso
;
ma
sono
aiutato
dalla
fede
.
Bisognerà
ritrovarsi
ed
esaminare
tutto
con
calma
.
"
E
s
'
incamminò
con
passo
elastico
verso
il
convento
,
presso
il
quale
aveva
trovato
ospitalità
incondizionata
da
quei
buoni
padri
.
Ma
già
Mario
correva
a
perdifiato
verso
il
suo
autobus
,
facendo
segni
disperati
al
conduttore
,
mentre
la
Lorella
si
avviava
a
malincuore
verso
la
macchina
,
nella
quale
la
mamma
l
'
attendeva
un
po
'
spazientita
.
5
.
L
'
importanza
di
essere
un
pomo
"
Le
Dieu
des
chrétiens
est
un
père
qui
fait
grand
cas
de
ses
pommes
et
fort
peu
de
ses
enfants
"
[
"
Il
Dio
dei
cristiani
è
un
padre
che
fa
gran
caso
dei
suoi
pomi
e
ben
poco
dei
suoi
figli
"
]
.
Così
annotava
Diderot
nella
sedicesima
aggiunta
ai
suoi
pensieri
filosofici
.
Forse
,
trasportato
un
po
'
dalla
sua
corrosiva
vis
polemica
,
si
era
dimenticato
di
dire
che
in
realtà
quello
era
il
Dio
degli
ebrei
;
un
Dio
che
i
cristiani
si
trovarono
già
bell
'
e
fatto
così
com
'
era
e
che
-
spinti
del
resto
da
non
disprezzabili
ragioni
di
tradizione
storica
-
ebbero
poi
l
'
imprudenza
di
ereditare
senza
beneficio
d
'
inventario
,
accettando
perfino
quella
bizzarra
gelosia
per
le
sue
"
pommes
"
.
Sembrerebbe
che
nel
pensiero
espresso
dal
filosofo
i
figli
di
cui
Dio
non
si
curerebbe
abbastanza
fossero
gli
esseri
umani
.
Ma
in
verità
Diderot
era
troppo
fino
per
accettare
senza
obiezioni
quella
ben
nota
noncuranza
per
le
sofferenze
degli
animali
,
che
era
abbastanza
abituale
ai
suoi
tempi
.
Infatti
in
una
successiva
riflessione
,
parlando
della
condanna
della
donna
a
partorire
nel
dolore
:
la
donna
-
egli
dice
-
era
in
fondo
una
peccatrice
,
ma
che
gli
avevano
fatto
(
al
Creatore
)
le
femmine
degli
animali
,
che
pure
generano
con
dolore
?
Il
buon
maestro
Consigli
dunque
non
aveva
tirato
fuori
cose
troppo
nuove
.
Cartesio
se
la
cavava
immaginando
che
gli
animali
fossero
soltanto
macchine
:
meravigliose
sì
,
ma
pur
sempre
macchine
.
E
noi
dobbiamo
riconoscere
che
i
robot
che
oggi
sono
capaci
-
e
ancor
più
lo
saranno
domani
-
di
fare
cose
strabilianti
,
sono
appunto
macchine
.
Tuttavia
non
possiamo
ignorare
che
qualcuno
comincia
ormai
a
non
essere
più
tanto
sicuro
che
gli
elaboratori
di
grande
complessità
siano
necessariamente
privi
di
sentimenti
e
di
sofferenze
(
si
rammentino
,
per
esempio
,
le
suggestioni
di
2001
:
Odissea
nello
spazio
)
.
Ma
lasciamo
stare
la
fantascienza
.
È
innegabile
che
la
sensibilità
del
pubblico
generale
nei
riguardi
degli
animali
è
oggi
in
larga
misura
cambiata
rispetto
a
quella
che
era
molto
diffusa
una
volta
.
Chi
,
possedendo
e
amando
un
cane
,
può
dubitare
che
quello
sia
capace
di
soffrire
?
Certo
si
può
sensatamente
obiettare
che
,
per
sapere
se
le
cose
stanno
veramente
così
,
bisognerebbe
entrare
nella
testa
del
cane
.
I
segni
esteriori
di
sofferenza
potrebbe
darli
anche
una
macchina
.
E
non
è
affatto
inimmaginabile
che
si
arrivi
a
costruire
un
automa
elettronico
che
,
alla
nostra
domanda
se
soffra
,
risponda
con
un
lamento
e
affermi
:
sì
,
sto
soffrendo
.
Ma
attenzione
!
Siamo
su
una
china
pericolosa
.
Per
quella
via
si
arriva
facilmente
a
dubitare
che
anche
i
nostri
simili
umani
soffrano
,
dato
che
,
per
quanti
segni
esteriori
essi
diano
,
noi
non
possiamo
mai
entrare
nella
loro
testa
.
Tutto
questo
è
vero
;
eppure
la
compassione
e
l
'
empatia
sono
costituenti
irrinunciabili
della
nostra
natura
,
sì
che
negandole
negheremmo
noi
stessi
.
Soffrire
nel
vedere
in
altri
i
segni
della
sofferenza
fa
parte
della
nobiltà
della
natura
umana
.
Dostoevskij
nell
'
Idiota
afferma
:
"
La
compassione
è
la
più
importante
e
forse
l
'
unica
legge
di
vita
dell
'
umanità
intera
"
.
Del
resto
nessuno
può
dimenticare
il
dantesco
:
"
E
se
non
piangi
,
di
che
pianger
suoli
?
"
.
Fra
le
due
posizioni
estreme
-
quella
che
gli
animali
abbiano
una
sensibilità
di
tipo
umano
e
quella
che
li
vuole
assolutamente
insensibili
-
ce
n
'
è
una
più
ragionevole
,
anch
'
essa
espressa
bene
da
Dante
.
È
l
'
affermazione
della
tradizione
aristotelico
-
tomistica
seguita
dal
poeta
,
"
che
vuol
quanto
la
cosa
è
più
perfetta
/
più
senta
il
bene
e
così
la
doglienza
"
.
Può
essere
un
pregiudizio
,
confessiamolo
pure
,
ma
anche
coloro
che
ne
negano
la
validità
,
non
se
ne
liberano
mai
sul
serio
;
altrimenti
non
si
avvierebbero
mai
a
una
passeggiata
nel
bosco
,
dissuasi
dal
timore
di
calpestare
centinaia
di
formiche
e
di
altre
innocue
bestioline
;
né
prenderebbero
mai
un
antibiotico
,
ben
sapendo
che
con
quello
uccidono
miliardi
di
poveri
germi
!
Certo
per
applicare
la
massima
di
Dante
a
quanto
stiamo
discutendo
bisogna
credere
che
un
essere
umano
sia
più
"
perfetto
"
di
un
verme
;
e
qualcuno
potrà
obiettare
che
una
tale
affermazione
è
solo
segno
di
ingenua
presunzione
.
Riconosciamo
pure
che
questo
è
anche
vero
,
nel
senso
che
il
verme
è
"
perfettamente
"
adatto
a
fare
quello
che
fa
e
a
sopravvivere
nel
suo
ambiente
.
In
realtà
si
tratta
solo
di
un
uso
un
po
'
antiquato
del
concetto
di
perfezione
,
che
di
per
sé
può
significare
molte
cose
diverse
.
Forse
oggi
preferiremmo
parlare
piuttosto
di
complessità
che
di
perfezione
;
ed
è
certo
che
il
sistema
nervoso
dell
'
uomo
è
enormemente
più
complesso
di
quello
del
verme
.
Che
poi
questo
significhi
che
l
'
essere
umano
sia
capace
di
soffrire
più
del
verme
è
un
'
inferenza
non
garantita
da
alcuna
prova
sicura
.
Ciononostante
noi
viviamo
come
se
fosse
proprio
così
e
ci
è
difficile
dar
credito
a
chi
lo
nega
.
Tutto
quello
che
si
potrebbe
supporre
abbastanza
sensatamente
è
che
l
'
uomo
,
più
degli
animali
cosiddetti
inferiori
,
sia
conscio
di
soffrire
;
e
probabilmente
qualcuno
vorrebbe
aggiungere
che
proprio
questa
è
la
vera
sofferenza
.
Comunque
,
anche
accettando
l
'
ipotesi
della
maggiore
o
minore
capacità
di
soffrire
e
pensando
che
essa
sia
massima
nell
'
uomo
,
il
discorso
sarcastico
di
Diderot
non
perde
molta
della
sua
incisività
.
Anzi
,
può
lasciare
il
pio
credente
ancora
più
perplesso
di
prima
.
Infatti
,
mentre
l
'
uomo
può
sperare
in
un
compenso
nell
'
aldilà
,
che
cosa
può
aspettarsi
il
verme
in
cambio
della
sua
più
o
meno
grande
sofferenza
?
Non
è
crudele
farlo
patire
senza
alcuno
scopo
?
È
difficile
non
cedere
all
'
umana
tentazione
di
colpevolizzare
qualcuno
per
la
propria
e
l
'
altrui
sofferenza
.
Questa
non
lodevole
abitudine
può
magari
portarci
a
prendercela
con
la
natura
,
come
faceva
Leopardi
,
quando
gridava
a
se
stesso
:
"
Ormai
disprezza
/
te
,
la
natura
,
il
brutto
/
poter
che
,
ascoso
,
a
comun
danno
impera
...
"
.
Una
concezione
più
moderna
-
che
da
qualcuno
molto
impropriamente
viene
supposta
ateistica
-
non
nega
che
possa
esserci
stato
un
creatore
dell
'
universo
(
qualunque
cosa
si
voglia
intendere
per
creazione
)
;
ma
non
può
ammettere
che
costui
,
una
volta
costruito
questo
immenso
marchingegno
e
datagli
la
spinta
iniziale
,
sorvegli
con
ansietà
la
sua
creatura
e
intervenga
continuamente
a
violare
le
leggi
che
egli
stesso
ha
stabilito
,
allo
scopo
di
modificarne
quelle
conseguenze
che
non
gli
vanno
a
genio
.
Si
arriva
allora
alla
teoria
della
suprema
indifferenza
,
quella
che
lo
stesso
Leopardi
,
quando
è
meno
stizzito
e
più
lucido
,
esprime
con
le
amare
parole
:
"
Ma
da
natura
/
altro
negli
atti
suoi
/
che
nostro
male
o
nostro
ben
si
cura
"
.
La
teoria
dell
'
indifferenza
non
viene
di
solito
accettata
di
buon
grado
,
perché
rende
molto
arduo
-
per
tutti
quelli
che
ci
credono
-
continuare
a
sperare
nella
divina
provvidenza
ed
essere
così
aiutati
a
sopportare
le
sventure
.
L
'
autore
di
queste
pagine
(
gli
si
perdoni
un
vivo
ricordo
personale
)
aveva
molti
anni
fa
un
amico
,
ormai
scomparso
,
frate
domenicano
di
rara
intelligenza
e
apertura
mentale
.
Una
volta
,
durante
la
guerra
,
sentendo
qualcuno
pronunciare
la
frase
stereotipa
:
"
siamo
nelle
mani
della
provvidenza
,
"
non
poté
trattenersi
dall
'
esclamare
:
"
In
che
brutte
mani
siamo
!
"
.
Che
era
successo
?
Aveva
forse
perduto
la
fede
,
bestemmiava
?
Assolutamente
no
;
la
sua
fede
era
salda
.
Voleva
solo
osservare
realisticamente
che
per
arrivare
a
invocare
un
improbabile
intervento
dall
'
alto
bisognava
trovarsi
proprio
male
!
Lui
credeva
in
un
Dio
molto
al
di
sopra
dei
terreni
desideri
o
timori
umani
.
Lasciando
stare
la
teologia
e
spostandoci
su
un
piano
ben
differente
,
non
possiamo
fare
a
meno
di
affermare
che
la
teoria
dell
'
indifferenza
va
perfettamente
d
'
accordo
con
le
migliori
risultanze
della
scienza
contemporanea
.
Si
tratta
della
ben
nota
fusione
del
vecchio
-
ma
sempre
valido
-
concetto
darwiniano
di
selezione
naturale
con
le
conoscenze
derivanti
dalla
scoperta
del
codice
genetico
e
delle
sue
casuali
mutazioni
.
Riassumiamo
in
pochissime
-
e
di
conseguenza
quanto
mai
inadeguate
-
parole
di
che
si
tratta
.
I
caratteri
di
un
essere
vivente
sono
dettati
da
certe
complesse
strutture
molecolari
che
si
chiamano
geni
e
che
nel
loro
insieme
costituiscono
il
genoma
o
genotipo
di
quell
'
individuo
.
I
geni
-
per
varie
cause
,
sulle
quali
ora
non
ci
soffermiamo
-
sono
soggetti
a
subire
ogni
tanto
dei
cambiamenti
.
Una
mutazione
del
genotipo
ha
per
conseguenza
una
mutazione
del
fenotipo
,
cioè
della
costituzione
e
del
comportamento
dell
'
essere
vivente
.
Se
la
mutazione
è
favorevole
,
quel
fenotipo
è
più
adatto
a
sopravvivere
nel
suo
ambiente
e
quindi
ad
avere
discendenti
,
ai
quali
passerà
in
eredità
il
suo
mutato
genoma
:
in
tal
modo
può
anche
nascere
una
nuova
specie
.
Se
invece
la
mutazione
è
sfavorevole
,
minore
(
o
nulla
)
sarà
la
probabilità
che
quella
varietà
di
essere
vivente
si
propaghi
:
prima
o
poi
il
nuovo
genotipo
e
il
suo
fenotipo
si
estinguono
.
Con
questo
meccanismo
è
avvenuta
(
e
avviene
tuttora
)
l
'
evoluzione
delle
specie
.
Per
quanto
ne
sappiamo
a
tutt
'
oggi
,
le
mutazioni
avvengono
a
caso
;
e
questo
desta
non
poche
perplessità
.
Ma
Monod
(
Il
caso
e
la
necessità
)
afferma
senza
mezzi
termini
:
"
Il
caso
puro
,
il
solo
caso
,
libertà
assoluta
ma
cieca
,
sta
alla
radice
del
prodigioso
edificio
dell
'
evoluzione
;
oggi
questa
nozione
centrale
della
biologia
non
è
più
un
'
ipotesi
fra
le
molte
possibili
o
perlomeno
concepibili
,
ma
è
la
sola
concepibile
in
quanto
è
l
'
unica
compatibile
con
la
realtà
quale
ce
la
mostrano
l
'
osservazione
e
l
'
esperienza
"
.
Tutto
si
svolge
dunque
a
caso
.
Ma
la
selezione
naturale
fa
sì
che
le
cose
vadano
"
come
se
"
l
'
unico
interesse
e
scopo
di
un
gene
fosse
quello
di
continuare
a
sussistere
e
di
propagarsi
nei
successivi
esseri
viventi
,
senza
alcun
riguardo
per
la
maggiore
o
minore
sofferenza
dell
'
individuo
del
quale
fa
parte
.
Si
può
arrivare
a
parlare
(
Dawkins
)
di
gene
egoista
.
Quanto
alla
natura
,
essa
è
certamente
indifferente
a
quanto
accade
alle
"
pommes
"
di
Dio
o
agli
esseri
umani
.
Già
Chamfort
(
Massime
)
scrisse
sapidamente
:
"
Qualcuno
diceva
che
provvidenza
è
il
nome
di
battesimo
del
caso
;
qualche
devoto
dirà
che
caso
è
un
soprannome
della
provvidenza
"
.
In
un
certo
senso
avevano
ragione
tutti
e
due
!
Infatti
,
se
è
vero
che
tutto
avviene
per
puro
caso
,
non
si
può
che
rimanere
strabiliati
nel
constatare
che
il
caso
ci
ha
portato
a
risultati
così
incredibili
,
quasiché
un
sapiente
architetto
li
abbia
progettati
.
Il
guaio
è
che
non
abbiamo
alcun
modo
per
dimostrare
che
l
'
architetto
c
'
è
stato
veramente
.
Anzi
,
poiché
quell
'
immagine
si
rifà
inevitabilmente
a
un
'
esperienza
umana
,
in
cui
un
uomo
provvisto
di
speciali
competenze
prima
progetta
e
poi
,
valendosi
di
materiali
e
di
leggi
già
esistenti
,
costruisce
l
'
edificio
,
è
impossibile
sottrarsi
alla
conclusione
che
stiamo
ancora
parlando
di
uomini
e
non
di
dèi
.
6
.
Gli
altri
:
che
scocciatura
!
L
'
apparire
della
visione
biologica
testé
descritta
,
porta
necessariamente
a
domandarci
:
che
ne
è
oggi
dei
concetti
di
bene
,
di
male
,
di
etica
,
di
morale
?
Che
ne
è
dei
valori
,
la
cui
supposta
"
perdita
"
fa
stare
tanti
valentuomini
con
il
fazzoletto
in
mano
per
asciugarsi
il
pianto
(
magari
non
del
tutto
sincero
)
?
Non
è
forse
venuto
il
momento
di
riesaminare
tutta
la
questione
con
un
'
attrezzatura
un
po
'
più
critica
e
sensata
di
quella
del
passato
?
Attualmente
ci
sono
in
proposito
tre
atteggiamenti
differenti
,
abbastanza
diffusi
.
1
)
Il
primo
è
solo
l
'
intransigente
arroccamento
sulle
posizioni
tradizionali
,
che
attribuiscono
a
tutti
quei
concetti
un
contenuto
oggettivo
,
indipendente
dalle
credenze
e
dalle
circostanze
umane
,
se
non
addirittura
trascendente
e
dettato
da
Dio
.
(
E
in
quest
'
ultimo
caso
sono
divertenti
le
dispute
su
che
cosa
veramente
Dio
abbia
voluto
dettare
.
)
2
)
Il
secondo
atteggiamento
-
spesso
egualmente
intransigente
-
è
quello
di
chi
,
estendendo
in
modo
indebito
le
scoperte
moderne
della
genetica
,
butta
tutto
sul
biologico
e
considera
i
suddetti
concetti
come
ormai
in
tutto
superati
dalla
concezione
scientifica
dell
'
indifferenza
.
3
)
Il
terzo
atteggiamento
-
molto
più
saggio
,
ci
si
permetta
di
dirlo
-
è
di
chi
,
senza
trionfalismi
,
ma
anche
senza
sciocchi
"
rimpianti
"
del
buon
tempo
antico
,
prende
atto
delle
conquiste
della
scienza
moderna
e
indaga
in
quel
quadro
il
sorgere
delle
varie
assiologie
,
il
loro
significato
e
la
loro
importanza
per
la
sopravvivenza
e
lo
sviluppo
dell
'
umanità
.
Qui
ci
atterremo
senz
'
altro
alla
terza
delle
concezioni
indicate
,
anche
se
,
essendo
la
meno
semplicistica
,
è
anche
ovviamente
la
meno
semplice
da
seguire
in
tutti
i
suoi
risvolti
.
Naturalmente
vogliamo
arrivare
a
parlare
di
noi
stessi
,
cioè
della
specie
homo
sapiens
sapiens
.
Per
quanto
riguarda
i
cosiddetti
"
animali
inferiori
"
,
la
loro
etologia
è
certamente
fissata
in
larga
misura
-
ma
,
a
quanto
appare
dalle
indagini
moderne
,
non
proprio
sempre
e
interamente
-
dal
loro
patrimonio
genetico
.
Per
fare
un
semplice
esempio
,
le
formiche
di
una
certa
specie
costruiscono
il
formicaio
,
seguendo
un
certo
modello
,
che
è
come
disegnato
e
stampato
al
loro
interno
.
Quel
modello
è
il
risultato
di
un
lungo
processo
di
selezione
.
Se
,
per
ipotesi
assurda
,
una
formica
un
po
'
bizzarra
si
discostasse
molto
dal
procedimento
tradizionale
della
sua
specie
e
convincesse
le
sue
compagne
a
imitarla
,
quella
specie
(
quasi
certamente
)
si
estinguerebbe
.
Quanto
detto
non
esclude
affatto
che
il
genoma
di
un
animale
sia
così
congegnato
da
indurlo
anche
a
tutta
una
serie
di
comportamenti
che
noi
,
col
nostro
metro
umano
,
classificheremmo
come
"
morali
"
.
Prima
di
tutto
è
abbastanza
generalizzata
la
proibizione
di
uccidere
i
propri
simili
.
La
spiegazione
di
questo
comportamento
è
addirittura
banale
.
Se
gl
'
individui
di
una
stessa
specie
si
uccidono
fra
loro
,
la
specie
ha
una
notevole
probabilità
di
estinguersi
.
Ma
stiamo
attenti
:
questa
proibizione
è
soggetta
anche
a
eccezioni
.
Si
tratta
di
quei
casi
in
cui
l
'
uccisione
dei
propri
simili
-
e
perfino
il
cannibalismo
!
-
trovano
giustificazione
proprio
nel
vantaggio
del
gene
egoista
.
Campioni
di
questa
naturale
trasgressione
sono
certi
insetti
.
Per
esempio
,
le
coccinelle
-
pur
così
graziose
-
si
rivelano
esseri
feroci
:
quando
una
scarsezza
di
naturali
risorse
minaccia
la
propagazione
del
gruppo
,
non
esitano
a
divorare
le
loro
simili
più
giovani
o
appena
nate
.
Tuttavia
negli
animali
cosiddetti
superiori
è
abbastanza
diffusa
la
regola
del
"
cane
non
mangia
cane
"
.
I
moderni
studi
di
sociobiologia
vanno
molto
più
in
là
e
arrivano
a
giustificare
con
la
selezione
naturale
perfino
l
'
altruismo
.
Fanno
osservare
che
un
membro
del
mio
gruppo
ha
grande
probabilità
di
avere
alcuni
geni
uguali
ai
miei
:
aiutandolo
a
sopravvivere
,
aiuto
quei
geni
(
benché
egoisti
come
tutti
i
geni
)
a
continuare
a
sussistere
e
a
propagarsi
.
Ma
tutto
quello
che
abbiamo
detto
ci
appare
come
pura
etologia
,
non
etica
nel
senso
umano
.
Per
quanto
riguarda
l
'
uomo
,
le
cose
sono
molto
più
complicate
.
Prima
di
tutto
sgombriamo
il
terreno
da
un
ingenuo
pregiudizio
,
abbastanza
diffuso
fra
molti
che
si
credono
saggi
.
Si
tratta
di
coloro
che
vogliono
a
tutti
i
costi
che
i
nostri
comportamenti
siano
tutti
e
soltanto
appresi
e
non
derivino
anche
dalla
nostra
costituzione
genetica
.
Per
vedere
che
è
una
sciocchezza
basterebbe
riflettere
banalmente
che
,
se
il
patrimonio
genetico
non
fosse
tale
da
impartire
al
fenotipo
la
capacità
di
apprendere
-
anzi
una
spiccata
propensione
a
farlo
,
soprattutto
mediante
la
curiosità
-
non
vi
sarebbero
comportamenti
appresi
.
È
vero
che
molti
animali
superiori
hanno
almeno
un
barlume
di
tale
capacità
e
possono
essere
ammaestrati
.
Ma
proprio
il
fatto
che
,
pur
lasciandoci
ammirati
,
essi
rimangono
ben
lontani
dall
'
imparare
a
fare
tutto
quello
che
fa
l
'
uomo
,
dimostra
che
le
loro
strutture
genetiche
non
sono
adatte
a
quei
compiti
.
E
indubbio
che
altrettanto
ingenuo
sarebbe
,
per
converso
,
supporre
che
tutto
quello
che
facciamo
stesse
scritto
così
com
'
è
nel
nostro
patrimonio
genetico
.
Se
questo
fosse
proprio
vero
,
parleremmo
tutti
la
stessa
lingua
e
crederemmo
tutti
nello
stesso
Dio
!
Tuttavia
si
faccia
attenzione
:
nel
genoma
umano
c
'
è
fissato
molto
di
più
di
quanto
generalmente
si
creda
.
A
questo
proposito
-
tanto
per
fare
un
esempio
-
è
sommamente
interessante
quanto
è
stato
recentemente
descritto
di
un
gruppo
di
qualche
centinaio
di
bambini
del
Nicaragua
,
affetti
da
sordità
congenita
.
Ciascuno
di
essi
era
vissuto
,
fin
quasi
dalla
nascita
,
praticamente
isolato
da
rapporti
con
adulti
.
Dopo
alcuni
anni
di
convivenza
nel
gruppo
,
quei
bambini
hanno
sviluppato
un
linguaggio
gestuale
assolutamente
originale
,
che
contiene
nomi
e
verbi
,
sottopone
questi
ultimi
a
una
rudimentale
coniugazione
e
distingue
perfino
il
soggetto
dall
'
oggetto
!
Ciò
-
sia
detto
per
inciso
-
va
d
'
accordo
con
le
idee
di
Chomski
sull
'
esistenza
di
una
grammatica
universale
innata
.
La
posizione
di
quasi
tutti
gli
studiosi
moderni
è
che
il
comportamento
umano
derivi
da
un
'
inestricabile
interazione
fra
i
geni
e
l
'
ambiente
(
anche
umano
,
ovviamente
)
,
o
-
come
spesso
si
dice
più
volgarmente
-
fra
natura
e
cultura
.
Continua
certamente
a
sussistere
in
noi
la
propensione
a
seguire
la
primitiva
etologia
animale
,
ma
il
comportamento
si
complica
notevolmente
quando
-
immaginando
tutta
una
pluralità
di
mondi
possibili
alla
Leibniz
-
cominciamo
a
capire
e
a
pesare
le
conseguenze
del
nostro
agire
in
un
modo
piuttosto
che
in
un
altro
.
Inoltre
è
di
enorme
importanza
il
nascere
negli
uomini
della
coscienza
di
essere
liberi
di
scegliere
la
via
da
seguire
.
(
Ma
qui
non
vogliamo
certo
risollevare
la
vetusta
controversia
del
libero
arbitrio
.
)
Ne
scaturisce
un
nuovo
originalissimo
concetto
,
che
ci
fa
passare
dalla
pura
etologia
del
"
fare
"
all
'
etica
del
"
dover
fare
"
.
Sorge
subito
la
domanda
:
perché
tutto
questo
?
Qual
è
per
la
nostra
specie
il
vantaggio
selettivo
del
passare
dal
fare
al
dover
fare
?
Cominciamo
col
dare
una
prima
risposta
,
che
è
abbastanza
facile
,
ma
probabilmente
non
del
tutto
sufficiente
.
I
comportamenti
dettati
puramente
dall
'
impianto
genetico
sono
in
numero
magari
grande
,
ma
necessariamente
limitato
.
Le
condizioni
di
vita
degli
esseri
umani
divengono
invece
sempre
più
complicate
e
le
possibili
nuove
evenienze
sono
innumerevoli
.
Soltanto
un
enorme
elaboratore
qual
è
il
nostro
cervello
può
tentare
di
far
fronte
a
tutto
,
purché
inoltre
l
'
utilizzatore
abbia
intera
libertà
di
giudizio
e
di
scelta
.
La
continua
scelta
diviene
una
componente
essenziale
della
vita
umana
.
Gli
uomini
,
fin
dal
più
lontano
paleolitico
,
hanno
vissuto
in
piccoli
gruppi
e
hanno
senza
dubbio
ereditato
per
via
genetica
quelle
prescrizioni
di
comportamento
del
"
cane
non
mangia
cane
"
,
che
abbiamo
già
riconosciute
comuni
a
moltissimi
animali
.
Ma
è
facile
presumere
che
con
lo
sviluppo
di
enormi
facoltà
intellettuali
,
col
sorgere
del
linguaggio
e
della
trasmissione
culturale
,
si
siano
resi
ben
conto
che
era
necessario
darsi
delle
regole
di
comportamento
al
di
dentro
del
gruppo
,
a
vantaggio
di
tutti
.
Bisognava
costantemente
tener
conto
degli
altri
.
E
altamente
probabile
che
-
almeno
agli
inizi
-
non
avessero
chiara
coscienza
che
in
tal
modo
stavano
stringendo
un
vero
e
proprio
patto
sociale
;
ma
lo
stipulavano
di
fatto
.
Ed
è
anche
probabile
che
quei
gruppi
che
erano
più
lenti
o
più
restii
nello
stipularlo
risultavano
perdenti
e
rischiavano
l
'
estinzione
.
Non
sarà
proprio
così
,
cioè
per
via
di
"
selezione
culturale
"
,
che
nel
nostro
patrimonio
genetico
cominciò
a
inscriversi
la
norma
fondamentale
di
ogni
convivenza
civile
:
pacta
sunt
servanda
?
Non
ne
abbiamo
le
prove
,
né
mai
le
avremo
;
ma
ci
atterremo
a
questa
come
a
un
'
ipotesi
molto
verosimile
.
Certamente
col
mesolitico
e
soprattutto
poi
col
neolitico
la
vita
associata
ebbe
uno
sviluppo
enorme
.
Dalla
pura
caccia
e
raccolta
si
passa
all
'
agricoltura
,
alla
domesticazione
degli
animali
,
alla
divisione
del
lavoro
;
nascono
la
città
con
le
sue
fortificazioni
e
il
suo
esercito
,
lo
stato
,
il
diritto
,
la
legge
.
La
compravendita
mediante
denaro
,
forse
più
di
ogni
altra
istituzione
,
denuncia
chiaramente
l
'
esistenza
di
un
patto
.
La
legge
,
prima
orale
poi
scritta
,
farà
nascere
un
vero
e
proprio
contratto
sociale
.
Come
un
giorno
dirà
Rousseau
(
Du
contrat
social
)
,
il
fine
del
contratto
è
:
"
Trouver
une
forme
d
'
association
qui
défende
et
protège
de
toute
la
force
commune
la
personne
et
les
biens
de
chaque
associé
,
et
par
laquelle
chacun
s
'
unissant
à
tous
n
'
obeisse
pourtant
qu
'
à
lui
-
même
et
reste
aussi
libre
qu
'
auparavant
"
[
"
Trovare
una
forma
di
associazione
che
difenda
e
protegga
con
tutta
la
forza
comune
la
persona
e
i
beni
di
ciascun
associato
,
e
per
la
quale
ciascuno
unendosi
a
tutti
non
obbedisca
tuttavia
che
a
se
stesso
e
resti
libero
come
prima
"
]
.
L
'
ultima
frase
è
essenziale
.
Bellissima
poi
è
la
nota
di
Rousseau
,
quasi
intraducibile
in
italiano
:
"
les
maisons
font
la
ville
,
mais
les
citoyens
font
la
cité
"
.
E
la
fanno
proprio
in
virtù
del
patto
.
A
questa
rivoluzione
epocale
conseguì
fra
l
'
altro
uno
sviluppo
demografico
senza
precedenti
.
I
diversi
gruppi
umani
,
ormai
numerosi
e
potenti
,
cominciarono
a
gareggiare
mediante
la
concorrenza
commerciale
,
ma
più
spesso
con
le
armi
.
I
gruppi
che
non
avevano
un
patto
sociale
efficiente
e
rispettato
venivano
più
facilmente
eliminati
dalla
scena
.
Accanto
all
'
etologia
di
ogni
animale
,
che
bada
soprattutto
-
ma
non
soltanto
,
come
già
detto
-
alla
sopravvivenza
dell
'
individuo
,
si
sviluppa
necessariamente
e
viene
inscritto
nel
genoma
l
'
impulso
a
compiere
quelle
azioni
che
sono
necessarie
alla
preservazione
del
gruppo
.
Il
fare
e
il
dover
fare
:
due
leggi
,
spesso
contraddittorie
,
regnano
ormai
nell
'
animo
umano
.
E
,
data
la
complicazione
dei
casi
nei
quali
esse
si
scontrano
,
i
millenni
non
sono
ancora
stati
sufficienti
per
conciliarle
interamente
.
Non
per
niente
Sartre
(
Huis
clos
)
esclamò
:
"
L
'
enfer
,
c
'
est
les
autres
"
.
Ed
è
proprio
la
frequente
contraddizione
fra
le
due
leggi
che
fa
nascere
la
meraviglia
,
la
speculazione
sull
'
originale
condizione
umana
.
Fra
l
'
altro
obbliga
a
trovare
,
per
distinguere
e
intendersi
,
una
nuova
terminologia
.
Ma
è
dubbio
che
dietro
di
essa
si
debba
vedere
qualche
cosa
di
più
di
una
serie
di
definizioni
.
Così
la
naturalissima
tendenza
a
fare
il
proprio
interesse
diviene
il
"
riprovevole
"
egoismo
,
mentre
la
tendenza
a
fare
gli
interessi
degli
altri
o
del
gruppo
diviene
il
"
lodevole
"
comportamento
morale
.
Quando
un
individuo
non
segue
quest
'
ultimo
,
diviene
preda
del
senso
di
colpa
e
del
rimorso
.
E
uno
stato
d
'
animo
piuttosto
spiacevole
;
ma
,
poiché
persuade
l
'
individuo
a
comportarsi
diversamente
la
prossima
volta
,
alla
fin
fine
torna
a
vantaggio
del
gruppo
e
dei
suoi
geni
.
Forse
a
questo
punto
possiamo
inserire
qualche
parola
su
quell
'
atteggiamento
ancor
più
ossessionante
(
e
ridicolo
)
dell
'
egoismo
che
è
chiamato
egocentrismo
.
Spesso
è
insopportabile
.
Ma
bisogna
partire
dalla
presa
di
atto
che
nel
fondo
tutti
siamo
egocentrici
e
non
fingere
di
non
saperlo
.
È
cosa
naturale
e
perciò
non
deve
scandalizzare
.
Volere
primeggiare
e
attrarre
l
'
attenzione
di
tutti
è
una
56strategia
abbastanza
ben
giustificata
per
arrivare
a
proteggere
i
propri
geni
.
Ma
diventa
pagliaccesca
e
addirittura
controproducente
quando
assume
i
caratteri
di
un
vizio
,
quando
spinge
a
parlare
ininterrottamente
(
magari
urlando
)
senza
ascoltare
,
a
mettersi
in
mostra
a
ogni
occasione
,
a
non
tener
conto
che
nel
patto
sociale
c
'
è
anche
il
rispetto
della
personalità
degli
altri
.
La
cosiddetta
buona
educazione
è
un
atteggiamento
civile
,
corollario
appunto
del
patto
sociale
.
L
'
egocentrismo
si
risolve
spesso
in
pura
maleducazione
.
7
.
Vendetta
,
tremenda
vendetta
Ebbene
,
con
tutto
il
rispetto
dovuto
a
un
grandissimo
come
Kant
-
che
ammirava
il
cielo
stellato
sopra
di
sé
e
la
legge
morale
dentro
di
sé
(
Critica
della
ragion
pratica
)
-
decidiamoci
a
riconoscere
che
tutto
quello
che
vi
è
in
natura
può
destare
il
più
alto
stupore
.
Lo
desta
indubbiamente
il
cielo
stellato
sopra
di
me
;
ma
in
eguale
misura
lo
destano
sia
la
legge
morale
che
è
dentro
di
me
,
sia
l
'
istinto
di
conservazione
individuale
,
che
è
pure
dentro
di
me
.
Non
è
affatto
vero
che
la
prima
sia
più
mirabile
del
secondo
.
Del
resto
lo
stesso
Kant
afferma
che
le
nostre
azioni
non
ci
risultano
affatto
ordinate
da
Dio
:
"
al
contrario
,
ci
sembrano
ordinate
da
Dio
perché
ci
sono
imposte
da
una
nostra
legge
interiore
"
.
E
non
è
forse
una
nostra
legge
interiore
anche
quella
che
ci
ordina
l
'
autoconservazione
?
Il
tentare
di
spiegare
con
considerazioni
scientifiche
per
quale
via
tutti
e
due
quegl
'
impulsi
-
ormai
interiorizzati
-
siano
sorti
,
si
siano
sviluppati
e
per
selezione
naturale
siano
stati
incorporati
nel
patrimonio
genetico
non
sminuisce
in
nessun
modo
la
grandezza
dell
'
universo
,
il
misterioso
fascino
della
natura
,
la
nobiltà
dell
'
uomo
,
la
sublimità
del
suo
creatore
(
se
vi
è
stato
)
.
E
se
vogliamo
chiamare
morale
l
'
azione
che
mira
a
conservare
la
specie
attraverso
la
preservazione
degli
altri
,
anziché
dell
'
individuo
che
agisce
,
facciamolo
pure
.
Siamo
liberi
di
definire
quello
che
vogliamo
.
Ma
non
fingiamo
d
'
ignorare
che
la
preservazione
dell
'
individuo
mira
esattamente
allo
stesso
scopo
.
A
questo
punto
,
al
fine
di
chiarire
bene
il
concetto
,
converrà
inserire
qualche
parola
sulla
vendetta
e
sulla
sua
(
quasi
)
generale
condanna
.
Ebbene
,
la
vendetta
-
secondo
la
stessa
definizione
testé
data
-
risponde
a
un
impulso
altamente
morale
!
Chi
la
esercita
non
ci
guadagna
nulla
,
anzi
quasi
sempre
rischia
.
(
Il
povero
Rigoletto
-
certo
senza
saperlo
coscientemente
-
in
quel
modo
rischia
e
sacrifica
addirittura
la
vita
dell
'
amata
figlia
.
)
Ma
il
vendicatore
di
regola
si
sacrifica
in
favore
di
tutti
gli
altri
.
Infatti
va
a
finire
che
nel
gruppo
primitivo
un
individuo
evita
di
compiere
certe
azioni
dannose
a
un
altro
individuo
,
proprio
perché
teme
la
vendetta
di
costui
.
E
un
deterrente
che
di
solito
funziona
bene
.
Ciò
non
toglie
che
,
quando
avanza
la
civiltà
,
si
scopre
che
è
mille
volte
meglio
delegare
il
deterrente
alla
società
formalmente
costituita
,
cioè
allo
stato
;
ma
ci
risparmieremo
lo
sviluppo
delle
serie
ragioni
,
facilmente
intuibili
,
per
cui
ciò
è
vero
.
Nasce
così
il
concetto
di
giustizia
pubblica
e
il
patto
di
rispettarla
.
Quanto
sono
ridicole
le
protestazioni
-
udite
fino
alla
nausea
-
di
coloro
che
affermano
virtuosamente
di
non
volere
vendetta
,
ma
solo
giustizia
!
Pare
impossibile
che
così
pochi
si
chiedano
:
e
perché
la
vogliono
proprio
quelli
?
Forse
perché
sono
parenti
delle
vittime
?
Ma
andiamo
!
La
giustizia
devono
volerla
egualmente
tutti
i
cittadini
.
L
'
espressione
continuamente
usata
e
abusata
,
"
farsi
giustizia
da
sé
"
,
è
semplicemente
idiota
.
E
ancor
più
idiota
è
affermare
che
giustizia
chiedono
i
morti
.
Eppure
è
molto
,
molto
difficile
liberarsi
da
quell
'
impulso
-
in
sé
naturalissimo
,
ripetiamo
-
che
ci
spinge
a
inscrivere
l
'
istinto
di
vendetta
addirittura
nel
campo
dei
sentimenti
onorevoli
.
La
mente
corre
subito
,
naturalmente
,
alle
consorterie
della
criminalità
organizzata
(
gli
uomini
d
'
onore
)
;
ma
limitarsi
a
ciò
è
quanto
mai
semplicistico
e
riduttivo
.
Dobbiamo
proprio
ricordare
la
canzone
in
cui
il
pio
Dante
afferma
:
"
Ché
bell
'
onor
s
'
acquista
in
far
vendetta
"
,
o
ignorare
le
mille
volte
che
Dante
stesso
-
e
una
folla
di
autori
di
tutte
le
letterature
-
parlano
nientemeno
che
della
vendetta
di
Dio
o
del
Cielo
?
Ma
,
una
volta
accettata
la
visione
sopra
esposta
,
che
ne
è
del
male
e
del
bene
,
di
cui
parliamo
continuamente
?
Dovrebbe
esser
chiaro
che
non
si
tratta
di
enti
trascendenti
oggettivi
,
bensì
di
due
delle
innumerevoli
ipostatizzazioni
,
di
cui
gli
uomini
da
che
mondo
è
mondo
si
sono
resi
responsabili
.
Prima
si
introduce
un
concetto
astratto
,
che
ci
è
utile
per
capirsi
in
modo
sintetico
;
quindi
si
attribuisce
a
esso
un
'
entità
sostanziale
,
che
in
realtà
non
c
'
è
.
Non
ci
si
limita
a
riconoscere
che
abbiamo
semplicemente
introdotto
una
parola
per
esprimere
un
concetto
da
noi
stessi
costruito
.
No
:
si
crede
possibile
tirar
fuori
dalla
parola
il
vero
contenuto
di
quel
concetto
.
Quanti
insigni
pensatori
hanno
sprecato
il
loro
tempo
dietro
a
quei
venerabili
fantasmi
!
Non
stiamo
scoprendo
nulla
di
nuovo
.
Infatti
,
è
ben
noto
che
il
pregiudizio
è
molto
antico
.
Vi
fu
una
(
quasi
)
unanime
oggettivazione
del
Bene
e
del
Male
da
parte
dei
filosofi
antichi
e
medievali
.
Per
Platone
(
Repubblica
)
,
come
il
Sole
illumina
,
rende
visibili
e
alimenta
le
cose
sensibili
,
così
il
Bene
rende
conoscibili
gli
oggetti
intelligibili
e
conferisce
a
essi
l
'
esistenza
.
A
complicare
le
cose
ci
si
misero
poi
le
religioni
,
con
i
loro
dèi
,
angeli
,
arcangeli
,
santi
ecc.
da
una
parte
,
nonché
con
le
schiere
di
diavoli
e
di
geni
malevoli
dall
'
altra
.
Gli
uni
impersonano
e
difendono
il
bene
,
mentre
gli
altri
impersonano
e
difendono
il
male
,
in
un
'
eterna
battaglia
,
combattuta
sulla
pelle
degli
uomini
.
Tuttavia
si
farebbe
torto
ad
alcuni
pensatori
più
vicini
a
noi
,
affermando
che
nel
passato
si
è
sempre
creduto
a
un
contenuto
puramente
oggettivo
del
bene
e
del
male
.
Per
esempio
Spinoza
(
Ethica
)
dice
testualmente
:
"
Bonum
et
malum
quod
attinet
,
nihil
etiam
positivum
in
rebus
,
in
se
scilicet
consideratis
,
indicant
,
nec
aliud
sunt
,
praeter
cogitandi
modos
,
seu
notiones
,
quas
formamus
ex
eo
,
quod
res
ad
invicem
comparamus
.
Nam
una
eademque
res
potest
eodem
tempore
bona
,
et
mala
,
et
etiam
indifferens
esse
"
.
[
"
Per
quel
che
riguarda
il
bene
e
il
male
,
neanch
'
essi
indicano
qualcosa
di
positivo
nelle
cose
,
cioè
considerate
in
sé
,
ed
essi
non
sono
altro
se
non
modi
del
pensare
,
o
nozioni
che
formiamo
perché
confrontiamo
le
cose
fra
di
loro
.
Infatti
una
sola
e
medesima
cosa
può
essere
allo
stesso
tempo
buona
e
cattiva
e
anche
indifferente
"
]
.
Fra
i
contemporanei
nostri
poi
moltissimi
hanno
decisamente
cominciato
ad
affermare
che
la
valutazione
è
puramente
soggettiva
.
E
infatti
,
proprio
come
Spinoza
,
fanno
notare
che
essa
è
diversa
da
individuo
a
individuo
,
da
luogo
a
luogo
,
da
epoca
a
epoca
.
Fecero
male
o
fecero
bene
i
congiurati
che
uccisero
Giulio
Cesare
?
Fecero
male
o
fecero
bene
i
vandeani
a
opporsi
alla
Rivoluzione
?
Fecero
male
o
fecero
bene
gli
americani
a
costruire
la
bomba
atomica
?
Sembra
impossibile
:
ma
alcuni
pensatori
piuttosto
attardati
ne
discutono
ancora
,
naturalmente
senza
alcun
risultato
che
possa
incontrare
approvazione
generale
.
Vi
è
anche
chi
stenta
addirittura
ad
afferrare
il
concetto
della
imperturbabile
indifferenza
della
natura
e
arriva
a
invocare
la
pioggia
(
il
bene
)
o
a
scongiurare
i
terremoti
(
il
male
)
.
La
tempesta
che
nel
1588
semidistrusse
l
'
Invencible
Armada
fu
un
bene
per
gli
inglesi
,
un
male
per
gli
spagnoli
.
C
'
è
da
giurare
che
qualcuno
nelle
cattedrali
britanniche
ringraziò
Dio
per
il
beneficio
,
mentre
qualcuno
dei
sudditi
di
Filippo
II
(
e
forse
lo
stesso
re
)
si
diede
a
far
penitenza
dei
suoi
peccati
,
perché
certamente
quella
era
stata
una
punizione
di
Dio
.
Ma
veniamo
a
qualcosa
di
ben
più
importante
,
qualcosa
che
è
divenuto
addirittura
assillante
nell
'
epoca
contemporanea
.
Che
dobbiamo
fare
con
tutte
le
nuove
,
meravigliose
e
spaventose
possibilità
che
ci
offre
la
scienza
?
Probabilmente
fra
qualche
centinaio
di
anni
i
nostri
discendenti
si
meraviglieranno
della
pervicacia
dimostrata
dagli
uomini
della
fine
del
ventesimo
secolo
nel
voler
tirar
fuori
dai
logori
concetti
di
bene
e
di
male
,
supposti
"
oggettivi
"
,
le
risposte
sul
da
farsi
in
situazioni
che
né
la
naturale
evoluzione
né
le
religioni
tradizionali
potevano
minimamente
prevedere
.
Da
quella
parte
le
risposte
"
giuste
"
non
possono
venire
,
semplicemente
perché
le
relative
domande
non
erano
mai
state
poste
!
È
venuto
il
momento
di
convincersi
che
,
prima
di
statuire
per
contratto
sociale
che
cosa
dobbiamo
fare
,
bisogna
ben
consultarsi
su
che
cosa
vogliamo
fare
.
L
'
unica
via
veramente
razionale
sta
nella
ricerca
scientifica
seria
,
unita
alla
democrazia
.
Questo
non
significa
che
si
possa
ammettere
a
priori
di
esser
liberi
di
fare
tutto
quello
che
si
vuole
.
Infatti
della
vecchia
e
gloriosa
etica
tradizionale
c
'
è
certamente
una
massima
irrinunciabile
,
proprio
perché
si
può
star
sicuri
che
è
voluta
da
tutti
e
sarebbe
facilmente
sancita
da
qualsiasi
referendum
.
È
quella
contenuta
nel
quarto
articolo
della
dichiarazione
dei
diritti
dell
'
uomo
del
1789
:
"
La
libertà
consiste
nel
poter
fare
tutto
quello
che
non
nuoce
altrui
"
.
E
appunto
per
stabilire
fondatamente
che
cosa
non
nuoce
altrui
-
anche
e
soprattutto
,
si
badi
bene
,
alle
generazioni
future
-
la
ricerca
scientifica
dovrà
procedere
intensamente
.
Ma
,
se
proprio
ci
teniamo
,
continuiamo
pure
a
parlare
con
solennità
dei
comitati
di
bioetica
.
Il
nome
conta
poco
.
8
.
Dimmi
come
parli
Il
signor
Bartoni
era
da
anni
impiegato
al
catasto
.
Ma
ogni
giorno
,
terminato
coscienziosamente
il
suo
lavoro
,
s
'
immergeva
nella
lettura
di
buoni
libri
o
in
solitarie
meditazioni
,
sì
da
meritarsi
indubbiamente
la
qualifica
di
uomo
colto
e
intellettuale
.
Non
era
affatto
entusiasta
del
suo
mestiere
,
per
il
quale
non
sentiva
"
vocazione
"
.
Ma
chi
-
si
domandava
per
consolarsi
-
ha
la
vocazione
di
fare
l
'
impiegato
del
catasto
?
Einstein
non
aveva
forse
lavorato
all
'
ufficio
brevetti
in
Svizzera
?
Melville
non
era
finito
in
un
servizio
di
dogana
a
New
York
?
Kafka
non
era
stato
alle
dipendenze
di
una
compagnia
di
assicurazioni
a
Trieste
?
Bastava
sapere
aspettare
:
e
poi
chissà
.
Gli
piaceva
assumere
dinanzi
a
se
stesso
l
'
atteggiamento
dell
'
uomo
saggio
,
che
prende
atto
del
mondo
come
è
e
non
si
lascia
scuotere
nella
propria
atarassia
.
E
poi
chi
mai
è
contento
del
lavoro
che
fa
e
del
ruolo
che
gli
altri
gli
assegnano
nella
vita
?
Ognuno
è
sicuro
di
essere
sottovalutato
,
ma
non
deve
prendersela
per
questo
.
Sì
,
eppure
...
eppure
nel
subconscio
qualcosa
continuava
a
tormentarlo
.
E
lui
-
molto
spesso
senza
rendersene
conto
-
si
sfogava
di
quel
qualcosa
pungendo
gli
altri
con
amara
ironia
.
Ma
non
era
cattivo
;
del
resto
,
quella
ironia
la
rivolgeva
imparzialmente
(
o
quasi
)
anche
a
se
stesso
.
Quando
si
dava
a
riflettere
,
abbandonandosi
al
suo
malinconico
umorismo
,
gli
piaceva
recarsi
a
passeggiare
in
un
luogo
solitario
,
nelle
periferie
più
anonime
della
città
,
dove
gli
amici
intellettuali
di
buon
gusto
non
si
incontrano
proprio
mai
;
tanto
lui
-
affermava
a
se
stesso
,
ridendo
per
primo
di
quella
megalomania
-
guardava
soprattutto
dentro
di
sé
.
E
poi
,
anche
se
guardava
fuori
,
come
faceva
in
realtà
...
qualcuno
(
Gide
)
non
aveva
detto
:
l
'
importanza
sia
nel
tuo
sguardo
,
non
in
quello
che
guardi
?
Ma
non
sempre
si
recava
in
periferia
.
A
volte
seguiva
proprio
la
strategia
opposta
.
Infischiandosene
dei
dettami
dei
salutisti
,
andava
a
sedersi
a
un
tavolino
all
'
aperto
di
un
caffè
situato
nel
punto
più
nevralgico
della
città
,
in
mezzo
alla
confusione
infernale
di
una
folla
che
andava
e
veniva
,
sempre
indaffarata
e
affrettata
,
nonché
al
crepitare
e
strombazzare
di
veicoli
perennemente
in
ingorgo
.
Diceva
a
se
stesso
(
ma
sapeva
benissimo
di
non
scoprire
nulla
di
originale
)
che
lì
,
fra
tutte
quelle
facce
anonime
,
si
trovava
la
vera
solitudine
,
quella
triste
,
spessa
,
da
tagliarsi
col
coltello
:
quella
che
,
trascurando
i
troppi
particolari
,
ci
fa
scorgere
cose
di
grande
importanza
.
Quel
giorno
era
proprio
seduto
al
solito
tavolino
e
si
stava
ripetendo
le
cose
pensate
mille
volte
,
quando
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
un
curioso
giovane
azzimato
,
con
una
bella
cravatta
a
farfallino
,
che
,
venendo
dall
'
interno
del
bar
,
era
comparso
sulla
porta
e
guardava
ansiosamente
di
qua
e
di
là
.
Teneva
con
una
mano
una
tazzina
di
caffè
e
con
l
'
altra
le
reggeva
sotto
il
piattino
.
Bartoni
,
vedendo
che
tutti
i
tavolini
erano
occupati
,
gli
si
rivolse
gentilmente
,
invitandolo
:
"
Se
vuoi
sedersi
qui
,
c
'
è
una
sedia
libera
.
"
Quello
fu
per
un
po
'
titubante
,
poi
si
decise
e
si
sedette
,
dicendo
:
"
Grazie
.
Buon
giorno
e
buona
giornata
.
"
Bartoni
alzò
un
po
'
le
sopracciglia
,
meravigliato
dall
'
insulsa
ridondanza
.
Comunque
stese
la
mano
e
disse
:
"
Permette
?
Bartoni
.
"
"
Ah
...
come
l
'
attore
Barton
.
"
"
Forse
vuol
riferirsi
all
'
attore
Burton
[
pronunciato
correttamente
]..."
"
Alla
televisione
,
l
'
ho
sentito
benissimo
,
dicono
Barton
.
"
Bartoni
rimase
un
po
'
perplesso
.
Ribattere
pedantemente
o
lasciar
correre
?
Poi
non
poté
fare
a
meno
di
chiedere
:
"
Ma
lei
impara
a
parlare
dalla
televisione
?
"
L
'
altro
sembrò
non
poco
infastidito
dalla
domanda
,
che
aveva
l
'
aria
di
una
presa
di
bavero
,
e
ribatté
:
"
Esatto
.
Guardi
...
"
"Guardo..."
"...mi
consenta
...
"
"
Le
consento
...
"...guardi,
mi
consenta
un
attimo
.
La
televisione
è
...
come
dire
...
un
fatto
pubblico
nazionale
ed
è
...
così
...
un
attimino
attenta
nei
confronti
di
come
parla
,
no
?
"
"
Veramente
la
televisione
di
`
confronti
'
ne
fa
pochi
,
soprattutto
con
i
vocabolari
-
italiani
e
stranieri
-
e
con
i
buoni
libri
.
"
"
Ecco
l
'
autogol
:
i
libri
,
me
l
'
aspettavo
;
ora
possono
partire
le
immagini
...
"
"
Partono
?
E
dove
vanno
?
"
"
Lei
sicuramente
dovrebbe
essere
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
...
così
...
diciamo
un
intellettuale
.
"
Bartoni
stava
pensando
:
non
c
'
è
speranza
con
questo
.
È
meglio
cambiare
discorso
:
"
Non
mi
ha
detto
ancora
chi
è
lei
.
"
"
Chi
sono
?
Sono
un
poeta
.
"
"
Veramente
questa
è
già
stata
detta
.
Ma
che
fa
per
vivere
?
"
"
Cosa
faccio
?
Scrivo
.
"
"
Anche
questa
è
stata
detta
.
E
come
si
chiama
?
"
"Chicco."
"
Chicco
...
di
nome
o
di
cognome
?
"
"
Fa
lo
stesso
.
Il
nominativo
completo
è
inutile
.
"
"
Ah
,
già
:
un
poeta
lo
conoscono
tutti
con
il
nome
di
battaglia
.
"
"Esatto."
Bartoni
fece
alcuni
sforzi
non
affatto
convinti
per
ricordare
se
per
caso
avesse
visto
da
qualche
parte
una
poesia
firmata
Chicco
,
ma
invano
.
Ebbe
anche
voglia
di
scherzare
su
quel
noto
verso
di
Dante
che
parla
del
"
bel
paese
là
dove
l
'
esatto
sona
"
.
Poi
si
disse
ancora
una
volta
che
era
meglio
piantarla
lì
.
Intanto
l
'
altro
guardava
nervosamente
l
'
orologio
ed
esclamava
con
impazienza
:
"
Perbacco
,
si
fa
tardi
;
si
sta
sforando
!
"
"
Aspetta
qualcuno
?
"
"
Esatto
.
Dovrebbe
proprio
arrivare
...
come
dire
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
...
no
?
"
"
Eh
,
con
le
donne
non
si
sa
mai
.
"
Chicco
rimase
un
po
'
interdetto
,
quindi
ribatté
:
"
Guardi
,
mi
consenta
un
attimo
.
Chi
le
ha
detto
che
aspetto
...
diciamo
...
una
donna
?
"
Ahimè
,
disse
fra
sé
Bartoni
,
forse
,
chissà
,
ho
fatto
una
gaffe
.
Ma
guarda
un
po
'
,
proprio
io
che
non
ho
nessun
pregiudizio
in
proposito
e
che
vado
predicando
saggiamente
che
se
lui
è
diverso
da
me
,
io
sono
diverso
da
lui
e
quindi
siamo
pari
.
Ma
adesso
chi
lo
convince
questo
che
io
appunto
non
ho
nessun
pregiudizio
?
Comunque
provò
a
riconoscere
con
grande
naturalezza
:
"
Ah
,
sì
,
potrebbe
essere
un
uomo
.
Perché
no
?
"
"
Esatto
.
Ma
è
un
giallo
...
"
"
Ah
,
un
giapponese
...
"
"...è
un
giallo
perché
non
so
chi
sia
:
è
una
scheggia
impazzita
.
Potrebbe
essere
un
uomo
,
ma
potrebbe
essere
una
donna
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
,
no
?
Niente
.
So
solo
e
soltanto
che
mi
deve
portare
un
'
agenzia
eclatante
.
A
mio
avviso
...
"
"
Di
garanzia
?
"
"
Non
faccia
così
tanto
lo
spiritoso
e
mi
consenta
.
In
buona
sostanza
...
"
"
E
se
fosse
cattiva
sostanza
?
"
"...in
buona
sostanza
,
a
mio
avviso
lei
sta
facendo
muro
contro
muro
...
"
"
Veramente
basta
un
muro
solo
,
dato
che
i
muri
non
si
muovono
.
"
"...quelli
come
lei
fanno
quadrato
,
mettono
paletti
nei
miei
confronti
...
e
portano
avanti
...
così
...
un
teorema
...
"
"
Come
quello
di
Pitagora
?
"
"
Chi
è
,
un
'
attrice
?
E
che
ci
azzecca
quella
?
"
"
Mi
scusi
.
Lasciamo
stare
e
continui
pure
a
dirmi
quale
sarebbe
il
mio
teorema
'
nei
suoi
confronti
'."
Non
c
'
era
bisogno
di
chiederglielo
.
Chicco
-
dando
di
tanto
in
tanto
nuovi
impazienti
sguardi
all
'
orologio
-
continuava
ormai
inesorabile
come
un
fiume
in
piena
,
che
straripa
da
tutte
le
parti
:
"
Niente
.
Ormai
sono
nel
suo
mirino
.
Il
suo
teorema
nei
miei
confronti
è
che
io
sono
...
come
dire
...
di
basso
profilo
,
no
?
"
"
Veramente
io
la
sto
guardando
in
faccia
...
"
"...e
invece
si
dice
proprio
così
:
di
basso
profilo
.
Oggi
si
fa
un
gran
parlare
...
"
"
Ah
,
il
parlare
si
fa
...
"
"...di
persone
di
serie
A
e
di
serie
B
,
no
?
A
suo
avviso
io
sarei
di
serie
B
o
perlomeno
...
così
...
come
dire
...
fuorigioco
,
no
?
Niente
,
lei
vuoi
fare
l
'
arbitro
,
ma
non
può
supportare
il
suo
verdetto
...
diciamo
...
senza
consultare
il
guardalinee
.
Non
si
salvi
in
calcio
d
'
angolo
.
Ma
mettiamo
la
palla
al
centro
e
cerchiamo
alcuni
comuni
denominatori
...
"
"
Quanti
?
"
"
Guardi
,
sediamoci
attorno
a
un
tavolo
...
"
"
In
due
sarà
difficile
.
"
"...Dunque
io
mi
trovo
ora
in
una
enclave
[
pronunciato
all
'
italiana
]
o
in
una
impasse
[
pronunciato
all
'italiana]..."
"
Vuol
dire
in
un
'
impasse
[
pronunciato
correttamente
]."
"
Ma
lasci
stare
l
'
Enpas
!
Niente
...
è
un
giallo
.
Non
so
perché
ce
l
'
hanno
così
tanto
...
"
"...basta
dire
tanto
...
"
"...così
tanto
nei
miei
confronti
.
È
una
cosa
di
estrema
importanza
,
uno
scoop
con
prezzo
da
capogiro
;
ma
finora
nessuno
mi
ha
voluto
aiutare
un
attimino
a
capire
:
bocche
cucite
.
Vogliono
mettermi
in
ginocchio
:
non
vorrei
...
come
dire
...
essere
raggiunto
da
un
provvedimento
nei
miei
confronti
...
"
"
Se
non
vuole
essere
raggiunto
,
si
metta
a
correre
velocemente
...
"
Ma
Bartoni
non
poté
terminare
la
frase
,
perché
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
una
donna
con
una
lunga
sottana
,
che
lei
sì
,
correva
velocemente
per
non
essere
raggiunta
,
aprendosi
il
varco
a
gomitate
.
Dopo
poco
comparve
una
signora
che
la
inseguiva
gridando
:
fermatela
!
Mi
ha
derubata
,
fermatela
!
Infine
arrivò
un
vigile
trafelato
,
che
teneva
legata
con
una
corda
,
a
mo
'
di
guinzaglio
,
una
bambina
piagnucolante
.
Bartoni
non
credeva
ai
suoi
occhi
.
Non
riuscì
a
trattenersi
e
sbottò
indignato
:
"
Ma
che
fa
?
Le
pare
questo
il
modo
?
Sleghi
subito
quella
bambina
!
"
"
Non
posso
.
Se
la
slego
,
scappa
.
E
io
devo
riportarla
alla
madre
.
"
"
Lasci
stare
la
bambina
e
si
occupi
piuttosto
del
furto
commesso
dalla
madre
.
"
"
Quello
non
è
compito
mio
,
ma
della
polizia
.
Io
devo
riportare
la
bambina
alla
sua
mamma
,
sennò
si
perde
.
"
Intanto
la
bambina
,
molto
meravigliata
,
si
era
avvicinata
al
tavolino
di
quello
strano
signore
che
la
difendeva
,
mentre
tutti
gli
astanti
mostravano
solidarietà
col
vigile
.
Bartoni
si
accorse
allora
divertito
(
ma
non
troppo
)
che
la
pargoletta
aveva
fatto
scomparire
dal
piattino
le
cinquemila
lire
che
lui
aveva
lasciate
di
mancia
.
Lo
fece
notare
al
vigile
,
il
quale
ribatté
imperturbabile
:
"
Signore
,
quel
denaro
era
res
nullius
.
"
Bartoni
non
poté
celare
una
esterrefatta
ammirazione
ed
esclamò
:
"
Ma
guarda
che
vigile
colto
!
Comunque
quel
denaro
non
era
affatto
res
nullius
.
Era
del
cameriere
.
"
"
Signore
,
mi
permetta
di
farle
notare
che
il
cameriere
per
ora
non
l
'
aveva
visto
e
non
sapeva
nemmeno
che
esistesse
.
Dunque
non
poteva
essere
suo
.
Vieni
,
mocciosa
,
andiamo
dalla
mamma
.
"
E
,
prima
che
Bartoni
potesse
riprendersi
dallo
stupore
destato
in
lui
da
quella
ferrea
logica
,
il
vigile
e
la
bambina
erano
già
lontani
.
Ma
in
quel
mentre
arrivò
correndo
a
perdifiato
un
altro
personaggio
.
Era
un
signore
piccolo
,
grasso
,
dall
'
aria
insignificante
,
che
sudava
e
gridava
:
eccomi
,
eccomi
qui
!
Si
fermò
raggiante
davanti
a
Bartoni
e
a
Chicco
ed
esclamò
con
tono
rassicurante
:
"
Eccomi
qui
finalmente
,
sono
arrivato
!
"
Bartoni
e
Chicco
si
guardavano
con
aria
interrogativa
,
ciascuno
pensando
che
l
'
altro
sapesse
.
Poi
all
'
unisono
chiesero
:
"
Ma
lei
chi
è
?
"
"
Che
domande
.
Sono
quello
che
aspettate
.
"
"
Quello
che
aspettiamo
?
E
come
si
chiama
?
"
"Godot."
"
Godò
?
"
fece
Chicco
storcendo
il
naso
.
"
Mai
sentito
nominare
.
"
Bartoni
invece
l
'
aveva
sentito
nominare
,
eccome
.
Certamente
era
stupito
.
Eppure
più
che
dalla
meraviglia
era
colpito
da
una
piuttosto
cocente
delusione
.
Ma
come
?
Quello
scialbo
,
insulso
,
banale
omiciattolo
era
il
famoso
Godot
,
quello
che
lui
e
tanti
altri
avevano
aspettato
per
tutta
la
vita
?
Ebbe
improvvisa
la
rivelazione
di
uno
stupido
errore
commesso
.
E
ora
come
farò
,
si
domandava
smarrito
,
ora
che
ho
scoperto
tutto
,
ora
che
mi
mancherà
il
Godot
delle
mie
lunghe
fantasticherie
?
Forse
lui
,
dopo
tutto
,
lo
sa
:
bisogna
chiederlo
proprio
a
lui
.
Ma
Godot
già
si
allontanava
veloce
e
agile
tra
la
folla
.
Di
scatto
Bartoni
si
alzò
e
si
mise
a
rincorrerlo
,
seguito
per
inerzia
da
Chicco
:
"
Godot
,
Godot
,
si
fermi
,
per
favore
,
aspetti
!
"
Chicco
dal
canto
suo
correva
gridando
:
"
Godò
,
si
fermi
.
Così
ci
rovina
il
palinsesto
!
"
Intanto
era
sbucata
di
nuovo
,
da
una
via
laterale
,
la
donna
dalla
lunga
sottana
e
dietro
di
lei
,
sempre
correndo
e
gridando
fra
l
'
indifferenza
generale
,
la
derubata
;
infine
il
vigile
con
la
bambina
al
guinzaglio
.
Il
tutore
dell
'
ordine
si
fermò
un
momento
al
solito
tavolino
per
chiedere
notizie
e
,
visto
che
i
due
non
c
'
erano
più
,
proseguì
l
'
inseguimento
.
Il
cameriere
,
richiamato
dal
trambusto
,
era
uscito
sulla
soglia
,
e
per
forza
di
abitudine
,
aveva
dato
uno
sguardo
al
piattino
:
era
vuoto
.
Infatti
la
bambina
aveva
fatto
a
tempo
ad
afferrare
con
incredibile
destrezza
le
seconde
cinquemila
lire
,
che
Bartoni
,
sorridendo
amaramente
,
aveva
tirato
fuori
dopo
la
prima
sparizione
.
Il
commento
del
cameriere
fu
:
"
Ma
guarda
un
po
'
questi
intellettuali
.
Sempre
tirchi
.
Non
ti
lasciano
nemmeno
una
lira
.
"
9
.
La
vita
non
è
sogno
Bartoni
girellava
pensoso
nella
sua
poco
attraente
e
anonima
periferia
e
andava
rimuginando
sugli
strani
avvenimenti
di
quella
mattinata
.
Li
aveva
vissuti
davvero
,
o
era
stato
solo
un
sogno
?
Ma
che
domande
banali
e
trite
!
Da
che
mondo
è
mondo
miriadi
di
scrittori
,
poeti
,
filosofi
hanno
fatto
a
gara
a
osservare
sospirosamente
-
ripetendosi
quasi
senza
pudore
-
che
la
nostra
vita
si
svolge
come
in
sogno
!
Anche
un
impiegato
del
catasto
poteva
tirare
fuori
decine
di
quelle
citazioni
,
che
sembrano
così
profonde
e
commoventi
e
poi
...
lasciano
il
tempo
che
trovano
.
Gli
piaceva
piuttosto
ricordare
un
detto
di
Giraudoux
,
che
aveva
letto
da
qualche
parte
:
"
Il
plagio
è
la
base
di
tutte
le
letterature
,
eccettuata
la
prima
,
peraltro
ignota
"
.
E
poi
la
metafora
del
sogno
è
affascinante
,
certo
,
ma
non
sostenibile
fino
in
fondo
,
come
ognuno
ben
sa
.
Bisogna
ragionare
e
distinguere
.
È
vero
che
il
vissuto
della
realtà
giornaliera
e
quello
del
sogno
hanno
spesso
caratteristiche
fenomenologiche
molto
simili
o
addirittura
identiche
.
Tuttavia
l
'
avere
alcune
caratteristiche
comuni
non
significa
,
come
è
ovvio
,
che
due
cose
siano
in
tutto
eguali
.
Quello
che
chiamiamo
"
realtà
"
è
un
testo
che
viene
scritto
-
o
meglio
,
che
si
lascia
leggere
-
con
una
sintassi
ben
diversa
rispetto
a
quella
del
sogno
;
e
chiunque
li
sa
distinguere
.
Lo
stesso
Calderón
de
la
Barca
nel
suo
celebre
La
vida
es
sue
fio
termina
la
seconda
giornata
con
le
parole
:
"
toda
la
vida
es
suefio
y
los
suefios
suenos
son
"
.
Tutta
la
vita
è
sogno
,
sì
,
ma
i
sogni
rimangono
sogni
!
Tanto
è
vero
che
,
mentre
siamo
di
solito
molto
curiosi
di
conoscere
i
fatti
dei
nostri
simili
e
di
sapere
come
"
realmente
sono
andate
le
cose
"
,
i
sogni
degli
altri
spesso
ci
annoiano
.
Non
ci
riguardano
;
e
la
suddetta
mancanza
di
una
riconoscibile
sintassi
li
rende
anche
ben
diversi
dai
romanzi
e
dalle
favole
che
a
volte
ci
dilettiamo
a
leggere
,
ansiosi
di
sapere
come
va
a
finire
.
Chiaramente
se
n
'
è
accorto
il
Della
Casa
,
quando
scrive
(
Galateo
)
:
"
Male
fanno
ancora
quelli
,
che
tratto
tratto
si
pongono
a
recitar
i
sogni
loro
con
tanta
affezione
e
facendone
sì
gran
maraviglia
,
che
è
uno
isfinimento
di
cuore
sentirli
"
.
Esperienza
frequentissima
di
tutti
noi
!
In
fondo
,
anche
l
'
assimilazione
di
una
vita
umana
al
sogno
piuttosto
che
alla
realtà
dipende
solo
dalla
disposizione
di
chi
parla
o
scrive
,
dalla
sua
interiorità
,
dal
voler
privilegiare
le
circostanze
esistenziali
rispetto
alla
questione
della
sintassi
.
Perché
Leopardi
sussurra
a
Silvia
:
"
come
un
sogno
fu
la
tua
vita
"
?
Che
ne
sa
lui
?
È
lui
che
la
sogna
e
la
vede
passare
in
questo
mondo
rapida
,
con
il
perpetuo
canto
,
con
la
mano
veloce
che
si
affatica
a
percorrere
la
tela
.
Non
ci
addentreremo
certo
nelle
varie
"
teorie
"
dei
sogni
come
:
scarica
di
impulsi
repressi
-
sessuali
e
non
-
,
desideri
insoddisfatti
,
espressioni
simboliche
,
pure
ripetizioni
dei
vissuti
della
veglia
,
e
chi
più
ne
ha
più
ne
metta
.
Quanto
tali
congetture
siano
fondate
e
illuminanti
non
è
cosa
che
qui
ci
concerna
e
noi
non
siamo
chiamati
a
pronunciarci
sulla
loro
attendibilità
.
Diremo
soltanto
che
,
proprio
perché
i
vissuti
sono
gli
stessi
e
solo
la
sintassi
è
diversa
,
possiamo
concludere
che
la
distinzione
fra
il
sogno
e
la
vita
che
chiamiamo
"
reale
"
c
'
è
certamente
,
sia
pure
in
via
di
definizione
convenzionale
.
Indubbiamente
una
tale
distinzione
è
essenziale
per
giustificare
l
'
intenzionalità
delle
nostre
azioni
,
il
loro
progetto
,
la
loro
concatenazione
,
il
loro
successo
.
Nel
sogno
ci
sono
ben
poche
intenzionalità
e
concatenazioni
logiche
(
se
pure
in
qualche
misura
ci
sono
)
.
Ma
perché
mai
quello
che
è
così
importante
per
il
nostro
agire
dovrebbe
proprio
incidere
anche
sul
nostro
immaginare
,
sul
nostro
proiettarsi
all
'
esterno
per
esprimersi
,
magari
in
quel
modo
che
chiamiamo
artistico
?
Sembra
una
costrizione
artificiosa
.
Come
non
comprendere
e
non
giustificare
il
desiderio
di
evadere
da
tale
costrizione
?
Quel
desiderio
c
'
è
,
c
'
è
sempre
stato
e
si
è
manifestato
in
tanti
modi
.
"
Je
crois
à
la
résolution
future
de
ces
deux
états
,
en
apparence
si
contradictoires
,
que
sont
le
rêve
et
la
réalité
,
en
une
sorte
de
réalité
absolue
,
de
surréalité
,
si
l
'
on
peut
ainsi
dire
"
[
"
Io
credo
alla
risoluzione
futura
di
questi
due
stati
,
in
apparenza
così
contraddittori
,
che
sono
il
sogno
e
la
realtà
,
in
una
sorta
di
realtà
assoluta
,
di
surrealtà
,
se
così
si
può
dire
"
]
.
Così
scriveva
Breton
nel
primo
manifesto
del
surrealismo
.
Certo
qualcuno
osserverà
pedantemente
che
il
surrealismo
è
datato
.
E
che
vuol
dire
?
Tutto
è
datato
in
questo
mondo
,
anche
noi
siamo
datati
.
Quello
che
importa
sapere
è
se
quel
desiderio
di
evasione
che
portò
al
surrealismo
ebbe
e
ha
tuttora
le
sue
ragioni
.
Le
ha
.
A
proposito
dello
strano
dialogo
che
si
era
svolto
fra
Bartoni
e
Chicco
,
è
suggestivo
ricordare
che
nel
citato
manifesto
Breton
così
si
esprime
(
e
ora
sarebbe
pedante
riportarlo
in
francese
)
:
"
È
ancora
al
dialogo
che
le
forme
del
linguaggio
surrealista
si
adattano
meglio
.
In
esso
due
pensieri
si
affrontano
;
mentre
l
'
uno
si
porge
,
l
'
altro
si
occupa
di
esso
,
ma
come
se
ne
occupa
?
Supporre
che
lo
incorpori
sarebbe
ammettere
che
per
un
certo
tempo
gli
sia
possibile
vivere
tutto
intero
in
quell
'
altro
pensiero
,
ciò
che
è
sommamente
improbabile
[...]
.
La
mia
attenzione
[...]
tratta
il
pensiero
avversario
,
come
nemico
:
nella
conversazione
corrente
,
lo
'
riprende
'
quasi
sempre
sulle
parole
,
sulle
figure
di
cui
si
serve
;
mi
mette
in
grado
di
trarne
partito
nella
replica
snaturandole
"
.
Tutto
questo
certamente
non
è
datato
e
rimane
invece
attualissimo
.
Quante
volte
,
vuoi
nell
'
animata
tavola
rotonda
politica
in
televisione
,
vuoi
nella
conversazione
fra
amici
,
gl
'
interlocutori
dovrebbero
rendersi
conto
che
stanno
sviluppando
un
happening
surrealista
!
Ma
un
simile
sospetto
nemmeno
li
sfiora
.
Stanno
bucando
a
grandi
colpi
la
realtà
,
credendo
di
avere
i
piedi
ancora
posati
sulla
terra
.
Ma
torniamo
al
nostro
assunto
principale
.
Non
poco
dell
'
eredità
surrealista
viene
raccolta
da
Beckett
e
in
genere
dal
teatro
dell
'
assurdo
.
Aspettando
Godot
,
con
il
dialogo
fra
Estragon
e
Vladimir
,
come
pure
con
l
'
apparizione
di
Pozzo
che
tiene
Lucky
legato
al
guinzaglio
,
ci
ricorda
appunto
tante
situazioni
già
viste
e
non
viste
,
tante
parole
ascoltate
e
non
ascoltate
,
una
realtà
che
è
la
nostra
,
ma
non
esattamente
la
nostra
.
Ci
fa
quasi
sentire
rimorso
di
vivere
in
un
mondo
che
noi
chiamiamo
sensato
,
semplicemente
perché
gli
assegnamo
una
nostra
sintassi
.
Non
stiamo
forse
costringendo
il
mondo
e
noi
stessi
in
una
sorta
di
prigione
?
Perché
non
spiare
attraverso
la
nostra
stretta
finestra
lo
sconfinato
,
variegato
pullulare
di
tutti
i
mondi
possibili
?
Facciamo
attenzione
.
Nessuno
potrebbe
rivendicare
come
un
"
progresso
"
il
trasferimento
generalizzato
di
tutta
la
nostra
vita
nell
'
assurdo
.
Ci
condanneremmo
a
non
poter
agire
proficuamente
,
in
una
parola
,
all
'
annientamento
.
Eppure
è
certo
che
,
aprendo
la
mente
all
'
infinito
ventaglio
di
possibilità
da
noi
concepibili
,
anche
se
non
realizzate
,
arriviamo
ad
approfondire
la
conoscenza
di
noi
stessi
.
Sorprendiamo
in
noi
facoltà
insospettate
,
recessi
mai
abbastanza
esplorati
.
Inoltre
arricchiamo
-
e
forse
rendiamo
più
tollerabile
-
la
nostra
vita
,
accompagnandola
e
circondandola
con
quell
'
immenso
svolazzo
variopinto
di
tutti
i
mondi
assurdi
.
Il
razionale
è
certamente
il
pane
della
nostra
vita
;
senza
di
esso
moriremmo
.
Ma
l
'
assurdo
è
il
companatico
.
Se
non
vi
fosse
l
'
assurdo
,
la
vita
perderebbe
sapore
e
non
varrebbe
la
pena
di
essere
vissuta
.
In
un
certo
senso
sarebbe
come
trovarsi
al
di
dentro
del
meccanismo
di
un
orologio
.
Non
ci
resterebbe
che
aspettare
senza
alcuna
trepidazione
o
meraviglia
l
'
inesorabile
scorrere
dei
minuti
e
il
battere
delle
ore
.
I
film
che
non
di
rado
anche
i
registi
apprezzabili
ci
propinano
oggi
sembrano
avere
un
nucleo
più
o
meno
centrale
ragionevole
(
o
quasi
)
e
poi
tutto
un
contorno
assolutamente
assurdo
.
Nessuno
se
ne
cura
:
prima
di
tutto
perché
ciò
che
veramente
interessa
lo
spettatore
medio
è
quello
che
abbiamo
chiamato
il
nucleo
centrale
della
vicenda
;
in
secondo
luogo
perché
anche
chi
assume
un
atteggiamento
più
sensato
sa
bene
che
i
nuclei
centrali
della
vita
nuotano
sempre
in
un
mare
di
assurdo
.
Da
un
punto
di
vista
esistenziale
,
in
tutto
quello
che
intraprende
un
essere
umano
c
'
è
una
parte
di
razionale
e
una
buona
dose
di
assurdo
.
La
stessa
continua
scelta
di
quello
che
ci
sembra
proficuo
e
ragionevole
è
,
in
fondo
,
assurda
,
perché
prima
o
poi
,
qualunque
cosa
facciamo
o
non
facciamo
,
approderemo
inesorabilmente
allo
scacco
finale
.
La
soddisfacente
propagazione
dei
nostri
geni
è
un
fine
giustamente
perseguito
dalla
natura
.
Ma
in
che
modo
riguarda
veramente
noi
e
il
nostro
intimo
?
Tutto
questo
ragionamento
attorno
all
'
assurdo
ha
certamente
del
vero
;
ma
guardiamoci
dal
dargli
una
sopravvalutazione
addirittura
ontologica
,
che
non
può
proprio
sostenere
.
"
Credo
quia
absurdum
"
è
affermazione
...
assurda
,
perché
è
intesa
a
inquadrare
in
quella
stessa
sintassi
,
della
quale
noi
ci
serviamo
per
parlare
di
ciò
che
chiamiamo
"
reale
"
,
concetti
che
invece
le
sono
assolutamente
refrattari
.
È
solo
un
solenne
pasticcio
.
10
.
Il
mezzo
è
ambiente
E
perché
poi
Chicco
-
e
un
'
infinita
turba
di
sciocchi
,
ma
anche
di
non
sciocchi
,
con
lui
-
parla
in
quel
modo
?
Qual
è
la
spiegazione
di
quel
pullulare
di
fastidiosi
linguaggi
,
come
il
burocratese
,
il
politichese
,
il
televisese
(
ma
anche
il
culturese
)
,
che
inesorabilmente
ci
perseguitano
?
Perché
si
affermano
tutte
quelle
squallide
parole
e
frasi
fatte
,
che
non
vogliono
dir
nulla
,
o
addirittura
significano
il
contrario
di
quello
che
vorrebbero
?
Perché
tutti
quegl
'
insulsi
riempitivi
del
discorso
?
Bisogna
forse
cominciare
col
distinguere
i
vari
individui
e
le
varie
situazioni
.
Prendiamo
,
per
esempio
,
il
burocratese
.
Esso
,
anche
se
è
diventato
particolarmente
insopportabile
ai
giorni
nostri
,
ha
origini
e
motivazioni
che
vengono
da
ben
lontano
.
Infatti
esso
ha
certamente
molto
in
comune
col
linguaggio
ieratico
.
Quello
che
viene
dall
'
alto
ed
è
pronunciato
in
nome
di
un
'
indiscussa
autorità
suprema
non
può
essere
rivestito
delle
usuali
parole
del
volgo
profano
.
Far
parlare
quell
'
autorità
come
parlano
i
comuni
mortali
sarebbe
quasi
una
mancanza
di
rispetto
.
Scherza
coi
fanti
,
ma
lascia
stare
i
santi
.
Naturalmente
una
volta
si
trattava
quasi
esclusivamente
delle
parole
di
Dio
e
dei
suoi
sacerdoti
.
Ma
bisogna
riconoscere
che
in
questo
campo
-
almeno
nella
religione
cattolica
-
si
sono
fatti
molti
passi
avanti
.
L
'
abbandono
del
latino
,
che
tuttora
non
pochi
deplorano
,
si
è
reso
necessario
semplicemente
perché
esso
non
era
più
soltanto
una
lingua
ieratica
,
ma
era
diventato
una
lingua
assolutamente
incomprensibile
per
la
stragrande
maggioranza
dei
fedeli
!
E
giustamente
si
è
voluto
che
per
essi
la
trasmissione
di
un
messaggio
di
elevatissimo
contenuto
morale
non
si
riducesse
alla
pura
emissione
di
suoni
senza
senso
.
Certo
non
è
detto
che
all
'
orante
sia
sempre
sgradita
l
'
emissione
di
suoni
senza
senso
:
a
volte
ha
una
funzione
altamente
consolante
anche
quella
.
In
tutte
le
religioni
esistono
formule
assolutamente
prive
di
senso
,
che
vengono
ripetute
con
grande
fiducia
da
tutti
i
fedeli
in
coro
.
E
del
resto
non
è
affatto
sicuro
che
il
fedele
,
anche
quando
vuoi
capire
qualcosa
di
quello
che
gli
viene
dall
'
alto
,
desideri
intendere
proprio
tutto
...
Anzi
,
a
volte
la
sua
concezione
del
"
sacro
"
esige
proprio
il
contrario
.
È
nota
la
storiella
del
buon
villico
che
,
tornato
dalla
messa
celebrata
dal
nuovo
parroco
del
paese
,
fu
interrogato
sull
'
impressione
che
gli
aveva
fatto
la
predica
di
quel
personaggio
.
Non
mi
è
piaciuta
,
disse
candidamente
:
si
è
capito
tutto
!
Oggi
le
cose
sono
alquanto
cambiate
,
non
tanto
perché
le
religioni
stesse
siano
sentite
in
modo
diverso
da
una
volta
-
il
che
ci
sembra
innegabile
-
ma
anche
perché
sono
nati
e
si
sono
rafforzati
gli
stati
laici
.
Ormai
la
suprema
autorità
che
tutti
devono
riconoscere
è
quella
dello
stato
,
che
inesorabile
insegue
ognuno
di
noi
con
documenti
,
identificazioni
,
certificazioni
,
notificazioni
,
assolutamente
indispensabili
per
vivere
.
Anche
quando
non
si
tratta
di
un
"
Grande
Fratello
"
,
è
sempre
lui
che
ci
dà
il
diritto
di
nascere
,
di
morire
,
di
esistere
,
di
possedere
,
che
ci
provvede
dei
necessari
trasporti
,
delle
cure
sanitarie
,
delle
protezioni
(
o
persecuzioni
)
poliziesche
.
Con
lo
stato
non
si
scherza
;
e
per
questo
non
si
può
parlare
la
lingua
volgare
di
tutti
i
giorni
.
I
suoi
biglietti
non
si
timbrano
,
bensì
si
obliterano
,
i
suoi
treni
non
effettuano
servizio
viaggiatori
,
ma
lo
disimpegnano
(
forse
andando
a
ritirarlo
al
Monte
di
Pietà
)
;
e
così
via
,
con
un
ormai
lunghissimo
e
tedioso
elenco
,
noto
a
tutti
.
Ma
,
intendiamoci
,
lo
stato
si
comporta
anche
da
padre
pietoso
,
preoccupato
di
risparmiare
umiliazioni
terminologiche
ai
suoi
sudditi
meno
fortunati
:
ed
ecco
così
i
"
non
vedenti
"
,
i
"
non
udenti
"
,
i
"
non
deambulanti
"
.
Aspettiamo
da
un
momento
all
'
altro
anche
i
"
non
pensanti
"
.
Per
quanto
riguarda
il
politichese
,
in
gran
parte
le
cause
sono
simili
a
quelle
elencate
per
il
linguaggio
ieratico
e
per
il
burocratese
.
Anche
il
politichese
è
un
linguaggio
ieratico
,
in
cui
la
supposta
magia
della
formula
pretende
eludere
-
e
in
parte
,
diciamo
la
verità
,
ci
riesce
-
la
mancanza
di
qualsiasi
riferimento
a
concreti
provvedimenti
o
ad
azioni
da
intraprendere
.
Il
messaggio
unico
,
essenziale
,
che
l
'
uditore
deve
percepire
,
è
:
votate
per
me
e
sostenetemi
al
governo
;
tutto
il
resto
conta
ben
poco
.
Ma
il
linguaggio
involuto
,
incomprensibile
,
del
politico
ha
il
vantaggio
di
lasciare
la
porta
aperta
a
ogni
possibile
cambio
di
direzione
nel
prossimo
futuro
;
oppure
-
e
soprattutto
-
all
'
assoluta
mancanza
di
direzione
.
Non
tutti
gli
uomini
pubblici
sono
così
sprovveduti
come
si
dice
:
invece
molti
politici
conoscono
bene
l
'
efficacia
di
parlare
in
un
certo
modo
.
Di
sfuggita
abbiamo
accennato
anche
al
culturese
.
Non
vogliamo
assolutamente
inoltrarci
nella
sua
stupida
e
abusata
convenzionalità
.
Eppure
...
come
rinunciare
a
nominare
almeno
l
'
insopportabile
chiave
di
lettura
?
Davvero
si
legge
con
le
chiavi
?
Tornando
al
nostro
argomento
generale
,
bisogna
tener
conto
del
fatto
che
tutti
muoiono
dalla
voglia
di
esprimersi
,
di
parlare
o
di
scrivere
;
ma
si
vergognano
di
usare
una
lingua
semplice
,
non
artefatta
,
per
il
timore
di
apparire
banali
e
non
à
la
page
.
Ed
è
spesso
questo
timore
che
li
spinge
a
imbarcarsi
in
imprese
più
grandi
di
loro
,
per
le
quali
non
sono
affatto
preparati
.
Fatto
sta
che
parlare
o
scrivere
bene
è
difficilissimo
.
Rendere
chiaramente
un
pensiero
con
parole
essenziali
e
frasi
brevi
è
un
compito
quanto
mai
arduo
,
che
costa
tempo
,
fatica
e
lungo
esercizio
.
Splendida
l
'
uscita
di
Pascal
(
Les
provinciales
)
,
che
si
scusava
di
aver
fatto
una
lettera
troppo
lunga
,
soltanto
perché
non
aveva
avuto
il
tempo
di
farla
più
corta
!
Naturalmente
è
inutile
ripetere
per
l
'
ennesima
volta
che
,
almeno
per
quanto
riguarda
lo
sviluppo
della
capacità
di
esprimersi
in
quel
modo
,
la
nostra
scuola
è
un
fallimento
.
Viene
il
sospetto
-
o
più
che
il
sospetto
-
che
a
volte
proprio
essa
insegni
a
usare
come
indispensabili
i
paroloni
e
i
periodoni
.
Chi
non
ricorda
la
sofferenza
dello
scolaro
che
,
prima
di
consegnare
il
compito
scritto
di
quella
materia
che
viene
chiamata
italiano
,
si
accorge
di
aver
compilato
soltanto
due
paginette
?
(
Ma
,
a
proposito
,
che
c
'
entra
in
questo
l
'
italiano
?
In
tedesco
o
in
arabo
non
sarebbe
lo
stesso
?
)
E
chi
teme
di
non
riuscire
a
fare
abbastanza
periodoni
,
infarcisce
il
suo
elaborato
di
riempitivi
.
Non
sa
che
la
vera
arte
di
scrivere
sta
nel
saper
sintetizzare
,
anziché
nell
'
espandere
.
Ma
veniamo
ora
al
televisese
,
al
linguaggio
di
Chicco
e
di
tanti
nostri
concittadini
.
Su
di
esso
vale
la
pena
di
soffermarci
(
un
attimino
,
naturalmente
)
:
nonostante
che
tanto
sia
stato
già
detto
-
a
proposito
e
a
sproposito
-
sull
'
argomento
,
forse
ci
sono
ancora
cose
di
un
certo
interesse
da
aggiungere
.
Come
è
noto
,
il
sociologo
canadese
McLuhan
ha
espresso
a
proposito
dei
mezzi
di
comunicazione
di
massa
(
e
diciamo
pure
"
media
"
,
ma
non
l
'
orrendo
midia
!
)
l
'
opinione
che
"
il
mezzo
è
il
messaggio
"
.
Ebbene
,
se
è
davvero
così
,
prepariamoci
e
smettiamo
di
lamentarci
.
Dobbiamo
far
di
necessità
virtù
e
abituarci
.
Oggi
le
grandi
masse
,
ma
soprattutto
i
giovani
,
sono
facilmente
indotti
a
credere
che
solo
in
quel
modo
si
possa
trasmettere
un
messaggio
,
o
meglio
che
per
chi
vive
da
contemporaneo
nel
mondo
contemporaneo
non
ci
sia
altro
messaggio
da
trasmettere
all
'
infuori
di
quello
.
E
il
messaggio
,
proprio
allo
scopo
di
creare
o
preservare
un
'
identità
di
massa
,
vale
a
dire
allo
scopo
di
non
sentirsi
estranei
,
va
trasmesso
in
quelle
forme
.
Ma
forse
c
'
è
qualcosa
di
più
e
di
diverso
da
dire
.
L
'
uomo
non
vive
mai
isolato
nel
nulla
,
ma
vive
in
un
ambiente
.
Anzi
il
nulla
gli
fa
orrore
e
l
'
ambiente
gli
è
necessario
,
non
solo
per
provvedere
ai
suoi
bisogni
materiali
,
ma
anche
per
fornire
una
base
psicologica
alla
sua
identità
.
Per
essere
e
sentirsi
qualcuno
è
necessario
percepire
se
stesso
come
essere
umano
in
un
dato
ambiente
.
Del
resto
con
nessuno
sforzo
d
'
immaginazione
si
riesce
a
intuire
che
cosa
potremmo
essere
,
se
fossimo
privi
di
ambiente
.
Domandiamoci
ora
:
che
cos
'
è
l
'
ambiente
?
Di
solito
si
pensa
che
esso
sia
il
mondo
materiale
e
umano
che
ci
sta
attorno
.
Questo
è
giusto
,
ma
non
è
tutto
.
Per
vederci
più
chiaro
ricorriamo
a
qualche
esempio
.
Supponiamo
che
io
sia
malfermo
di
gambe
e
che
pertanto
ricorra
a
un
bastone
.
Dove
lo
trovo
un
bastone
?
Nell
'
ambiente
circostante
,
sia
che
raccolga
un
ramo
di
albero
,
sia
che
mi
rechi
da
un
venditore
di
bastoni
.
Dunque
il
bastone
fa
parte
dell
'
ambiente
;
ma
è
molto
diversa
la
funzione
del
bastone
da
quella
delle
mie
gambe
?
Forse
è
azzardato
dirlo
.
Supponiamo
ora
che
io
sia
meno
fortunato
e
che
,
essendomi
rotto
una
gamba
,
sia
costretto
a
ricorrere
a
una
clinica
ortopedica
,
nella
quale
mi
sostituiscono
un
pezzo
d
'
osso
con
un
materiale
artificiale
.
Quel
materiale
fa
ancora
parte
dell
'
ambiente
?
Per
quale
magia
ne
sarebbe
escluso
,
venendo
a
far
parte
di
me
stesso
,
come
le
mie
gambe
?
È
abbastanza
chiaro
ora
dove
andiamo
a
parare
,
pensando
a
protesi
sempre
più
importanti
,
alla
sostituzione
di
valvole
cardiache
,
a
tutto
un
cuore
o
ad
altri
organi
artificiali
.
E
per
chi
vive
dentro
un
tubo
metallico
che
lo
fa
respirare
artificialmente
,
il
tubo
non
è
ambiente
anch
'
esso
?
Per
questa
strada
si
arriva
facilmente
a
pensare
che
il
nostro
stesso
corpo
,
con
parti
vuoi
naturali
,
vuoi
artificiali
,
faccia
parte
dell
'
ambiente
in
cui
viviamo
.
Anzi
saremo
più
audaci
e
affermeremo
tout
court
che
il
nostro
primo
ambiente
siamo
noi
stessi
.
Quello
che
chiamiamo
il
nostro
corpo
è
il
nostro
primo
ambiente
.
Ma
,
a
scanso
di
equivoci
,
affrettiamoci
subito
a
dire
che
non
intendiamo
affatto
risuscitare
l
'
antico
dualismo
,
per
cui
noi
siamo
composti
di
anima
e
di
corpo
,
affermando
che
la
prima
abita
in
qualche
modo
nel
secondo
.
No
,
il
nostro
assunto
è
diverso
:
vogliamo
dire
che
l
'
essere
umano
è
un
tutto
che
ha
due
aspetti
inseparabili
,
due
punti
di
vista
dai
quali
può
essere
considerato
.
Quello
che
chiamiamo
ambiente
è
un
aspetto
della
sua
stessa
personalità
e
della
sua
identità
.
Oggi
si
parla
con
grande
interesse
-
e
spesso
con
grande
apprensione
-
della
possibilità
di
modificare
il
nostro
corpo
e
quindi
di
modificare
noi
stessi
.
In
realtà
non
c
'
è
nulla
di
concettualmente
nuovo
se
non
il
grado
in
cui
ci
valiamo
e
ancor
più
ci
varremo
di
questa
possibilità
.
E
la
continuazione
sempre
più
incisiva
di
una
vecchissima
impresa
.
L
'
uomo
ha
cominciato
a
modificare
se
stesso
quando
si
è
dato
a
trasformare
il
suo
ambiente
.
Quando
,
una
volta
ideato
il
linguaggio
simbolico
e
domato
il
fuoco
,
è
arrivato
(
nel
neolitico
)
a
domesticare
gli
animali
,
a
coltivare
i
campi
,
a
costruire
le
case
,
le
città
,
a
darsi
le
relazioni
e
le
istituzioni
sociali
,
ha
certo
modificato
in
modo
possente
l
'
ambiente
,
ma
allo
stesso
tempo
ha
generato
un
nuovo
tipo
di
uomo
,
assolutamente
sconosciuto
ai
suoi
predecessori
.
Si
è
dato
una
nuova
identità
.
Naturalmente
trasformazioni
di
quel
tipo
,
in
misura
maggiore
o
minore
,
si
sono
verificate
nel
corso
di
tutta
la
storia
seguente
.
Ma
forse
non
esageriamo
affermando
che
mai
sono
avvenute
nella
misura
che
oggi
abbiamo
dinanzi
agli
occhi
.
Rinunciando
alle
abbastanza
insulse
previsioni
sul
terzo
millennio
-
che
oggi
vanno
tanto
di
moda
e
che
probabilmente
sono
tutte
sbagliate
-
guardiamoci
attorno
al
tempo
presente
.
Basta
pensare
che
le
facoltà
naturali
del
nostro
corpo
sono
aumentate
a
dismisura
.
Prima
di
tutto
le
difese
contro
i
microaggressori
che
vengono
dall
'
esterno
sono
oggi
diventate
formidabili
(
anche
se
i
soliti
sciocchi
vogliono
tutto
e
subito
e
continuano
a
lamentarsi
della
inadeguatezza
della
scienza
attuale
)
.
In
secondo
luogo
la
mobilità
che
ci
era
stata
garantita
dalle
gambe
oggi
fa
ridere
.
A
proposito
,
quale
guidatore
non
sente
l
'
automobile
come
parte
del
suo
corpo
?
E
lo
specchietto
retrovisore
non
fa
,
sia
pure
all
'
indietro
,
esattamente
quello
che
fanno
i
nostri
occhi
?
Ma
davvero
tutto
quello
è
solo
ambiente
?
Tuttavia
è
innegabile
che
le
cose
più
strabilianti
sono
venute
e
stanno
venendo
dalla
parte
dei
mezzi
di
massa
e
dall
'
informatica
.
Fanno
scorrere
fiumi
di
parole
e
d
'
inchiostro
coloro
che
parlano
di
quei
mezzi
e
soprattutto
della
televisione
.
Non
si
tratta
solo
del
problema
dei
bambini
(
i
quali
,
senza
dubbio
,
vanno
cautamente
protetti
da
diseducative
e
spesso
ignobili
suggestioni
)
,
ma
anche
degli
adulti
,
che
in
media
passano
ore
e
ore
alla
televisione
.
Non
intendiamo
qui
fare
i
moralisti
a
buon
mercato
e
solo
deplorare
.
Cerchiamo
soltanto
di
prendere
atto
di
quello
che
è
avvenuto
e
delle
sue
inevitabili
conseguenze
.
Una
volta
s
'
imparava
a
parlare
dalla
famiglia
,
dalla
scuola
e
dalle
relazioni
sociali
.
In
altre
parole
,
s
'
imparava
dall
'
ambiente
nel
quale
si
cresceva
.
Oggi
s
'
impara
dalla
televisione
,
perché
la
televisione
è
ambiente
.
Ma
lasciamo
stare
le
lamentele
più
o
meno
filologiche
e
destinate
a
estinguersi
di
chi
è
stato
(
se
non
altro
,
per
ragioni
di
età
)
educato
in
modo
ben
diverso
.
Non
fingiamo
d
'
ignorare
che
l
'
ambiente
è
parte
dell
'
identità
dell
'
essere
umano
!
È
per
questo
che
voler
costringere
l
'
uomo
comune
a
parlare
una
lingua
diversa
dal
televisese
è
come
costringerlo
a
privarsi
di
una
parte
della
sua
identità
.
È
quasi
una
crudeltà
inutile
.
E
come
costringere
un
orso
ad
andare
in
bicicletta
in
un
circo
,
un
gatto
ad
abbaiare
,
una
rondine
a
non
fare
il
nido
.
L
'
ascolto
della
televisione
-
anzi
spesso
il
mero
rumore
della
televisione
accesa
-
è
come
il
nido
che
dà
a
tanti
un
senso
di
sicurezza
,
la
riprova
di
essere
se
stessi
e
di
essere
a
casa
.
Mille
esempi
potrebbero
suffragare
l
'
opinione
che
l
'
ambiente
è
parte
essenziale
e
irrinunciabile
della
nostra
identità
.
Se
ne
accorge
amaramente
Mattia
Pascal
di
Pirandello
,
che
,
illusosi
di
essere
ufficialmente
scomparso
per
sempre
e
di
essere
diventato
veramente
Adriano
Meis
,
scopre
che
nel
nuovo
ambiente
non
gli
è
concesso
in
nessun
modo
di
vivere
.
Pentito
,
tenta
di
tornare
indietro
,
ma
non
gli
è
permesso
nemmeno
di
riacquistare
l
'
identità
di
Mattia
Pascal
,
semplicemente
perché
l
'
ambiente
che
aveva
lasciato
non
è
più
quello
;
fra
l
'
altro
la
moglie
si
è
risposata
.
Qual
è
allora
la
vera
identità
di
quel
povero
essere
umano
?
Ma
torniamo
al
televisese
.
Prima
di
tutto
è
difficile
ignorare
quel
pullulare
di
parole
inglesi
-
e
non
inglesi
-
smozzicate
e
mal
pronunciate
,
che
caratterizza
l
'
espressione
verbale
dei
cosiddetti
giovani
d
'
oggi
(
i
quali
spesso
non
sono
nemmeno
giovani
)
.
Forse
è
un
po
'
da
miopi
ribellarsi
a
questo
fenomeno
;
non
stiamo
noi
oggi
assistendo
allo
stabilirsi
di
una
specie
di
koiné
mondiale
?
Ora
,
a
parte
qualsiasi
considerazione
estetica
-
che
allo
stato
attuale
sarebbe
soltanto
disastrosa
,
in
quanto
si
sa
che
i
gusti
possono
cambiare
-
non
ha
essa
il
sicuro
merito
di
essere
appunto
una
lingua
comune
?
È
troppo
presto
per
pronunciarsi
;
tuttavia
non
dimentichiamo
che
spesso
la
lingua
elegante
di
oggi
è
scaturita
dalla
lingua
errata
e
volgare
(
ma
vivacemente
espressiva
)
di
ieri
.
Tuttavia
c
'
è
anche
un
altro
fenomeno
importante
da
segnalare
.
Il
televisese
comincia
ad
abbondare
,
non
solo
nella
lingua
dei
cosiddetti
sciocchi
e
ignoranti
,
ma
si
sta
insinuando
inesorabile
anche
nell
'
espressione
di
parlatori
e
scrittori
colti
.
Sta
persino
forzando
la
penna
dei
migliori
e
più
forbiti
giornalisti
.
È
una
penetrazione
subdola
,
perché
basata
su
locuzioni
che
,
pur
non
essendo
necessariamente
errate
,
andrebbero
usate
solo
quando
aderiscono
perfettamente
al
pensiero
che
si
vuole
esprimere
.
Oggi
invece
non
è
così
:
esse
stanno
acquistando
una
fastidiosa
frequenza
in
contesti
nei
quali
non
tornano
affatto
a
pennello
,
ingenerando
non
solo
tolleranza
,
ma
addirittura
abitudine
.
Ne
abbiamo
già
dato
qualche
esempio
con
:
"
esatto
"
,
"
nei
confronti
di
"
,
"
essere
raggiunto
da
un
provvedimento
"
,
"
consentire
"
,
"
fare
un
gran
parlare
"
,
"
mettere
in
ginocchio
"
,
"
basso
profilo
"
,
"
buon
giorno
e
buona
giornata
"
,
"
così
tanto
"
,
"
in
buona
sostanza
"
;
e
mille
altri
ne
potremmo
aggiungere
,
come
è
ben
noto
a
tutti
.
In
quei
casi
non
si
tratta
affatto
di
sacrificare
l
'
eleganza
allo
scopo
supremo
di
riuscire
un
giorno
a
conquistare
una
koiné
mondiale
.
Si
tratta
invece
di
creare
agli
ascoltatori
italiani
un
ambiente
confusionario
e
di
cattivo
gusto
,
dal
quale
usciranno
inesorabilmente
plasmati
.
A
proposito
di
koiné
falsa
e
buffonesca
,
è
difficile
tacere
di
alcuni
autentici
mostri
che
hanno
preso
dimora
stabile
fra
noi
,
come
se
realmente
esistessero
al
di
fuori
dei
nostri
confini
,
con
quei
significati
che
noi
-
e
soltanto
noi
!
-
gli
attribuiamo
:
esempio
tipico
è
il
"
pullman
"
.
(
George
Pullman
era
semplicemente
quel
signore
che
alla
fine
dell
'
Ottocento
inventò
le
carrozze
ferroviarie
lussuose
e
con
letti
,
carrozze
che
da
lui
presero
il
nome
.
)
11
.
Aspettando
Quanto
al
Godot
di
Beckett
,
egli
rappresentò
la
scoperta
-
tanto
rilevante
quanto
...
ovvia
-
di
un
personaggio
essenziale
nella
vita
umana
.
Tutti
,
senza
eccezione
,
attendiamo
Godot
,
senza
averlo
mai
visto
e
senza
avere
la
minima
idea
di
chi
veramente
egli
sia
.
È
una
presenza
nascosta
che
ci
aiuta
a
vivere
,
o
meglio
ci
costringe
a
vivere
.
Vivere
è
un
'
attesa
,
è
una
continua
proiezione
in
un
futuro
,
che
,
proprio
perché
mai
raggiunto
e
visto
in
faccia
,
ci
permette
di
perpetuare
le
illusioni
:
quelle
illusioni
che
sono
i
I
nostro
nutrimento
,
il
nostro
carburante
.
In
realtà
non
di
rado
crediamo
di
sapere
bene
chi
o
che
cosa
stiamo
aspettando
.
In
tal
caso
di
solito
l
'
attesa
non
è
gradita
e
la
reputiamo
uno
dei
mali
di
quel
mondo
in
cui
l
'
umanità
è
costretta
a
vivere
suo
malgrado
.
Attendiamo
quando
facciamo
la
coda
in
un
ufficio
,
quando
dobbiamo
essere
ricevuti
da
un
dentista
,
quando
il
nostro
treno
ha
ritardo
,
quando
la
giuria
è
in
camera
di
consiglio
,
quando
deve
iniziare
uno
spettacolo
;
e
in
mille
altre
occasioni
.
La
sofferenza
dell
'
attesa
si
è
acutizzata
in
modo
esasperante
nell
'
epoca
moderna
,
ma
,
come
è
ovvio
,
non
è
nata
oggi
.
È
una
costante
della
condizione
umana
.
Attende
Penelope
,
attende
Butterfly
...
L
'
attesa
è
così
universalmente
reputata
spiacevole
,
che
si
è
istituita
nella
società
una
regola
di
precedenza
,
che
stabilisce
chi
deve
aspettare
l
'
altro
.
Specie
nel
caso
che
l
'
atteso
sia
un
personaggio
importante
,
guai
a
trasgredirla
.
Anzi
,
in
tal
caso
si
pretende
perfino
,
per
sicurezza
,
che
la
sofferenza
di
chi
aspetta
sia
lunga
.
Si
narra
(
ma
probabilmente
è
una
leggenda
)
che
una
volta
Luigi
XIV
,
arrivando
soltanto
un
momento
dopo
i
gentiluomini
che
aveva
convocato
in
udienza
,
esclamò
corrucciato
:
"
J
'
ai
failli
attendre
!
"
,
c
'
è
mancato
poco
che
dovessi
aspettare
.
Ma
non
aspettano
solo
gl
'
individui
.
Aspettano
anche
i
gruppi
,
i
partiti
,
i
popoli
,
gli
stati
.
Molto
spesso
ne
va
della
stessa
identità
della
loro
aggregazione
,
che
andrebbe
perduta
se
mancasse
l
'
attesa
.
Basta
pensare
a
tutte
le
minoranze
che
-
a
ragione
o
a
torto
-
si
sentono
oppresse
e
conculcate
e
attendono
l
'
emancipazione
:
è
il
caso
dei
diversi
per
etnia
,
per
colore
,
per
lingua
,
per
inclinazioni
sessuali
,
degl
'
irredentisti
,
degl
'
indipendentisti
di
ogni
tipo
,
o
per
converso
degli
espansionisti
.
Attendono
i
curdi
,
i
baschi
,
i
ceceni
,
i
palestinesi
,
gl
'
israeliani
,
i
corsi
,
i
catalani
,
i
sudtirolesi
;
e
purtroppo
l
'
elenco
non
finirebbe
mai
.
Eppure
per
tutti
costoro
la
sofferenza
dell
'
attesa
è
insieme
una
colla
che
unisce
e
una
ragione
di
vita
.
Molti
di
loro
,
cessata
in
qualche
modo
l
'
attesa
,
si
domanderebbero
qual
è
il
senso
del
loro
esistere
come
gruppo
.
E
che
dire
di
coloro
che
per
secoli
hanno
aspettato
il
Messia
o
il
suo
ritorno
,
l
'
Apocalisse
,
il
Giudizio
universale
?
L
'
essere
umano
è
costretto
per
sua
natura
a
guardare
al
futuro
e
a
credere
che
l
'
essenziale
sia
ancora
da
completare
.
Alcuni
attendono
una
radiosa
meta
sociale
,
come
il
sole
dell
'
avvenire
.
Altri
ipotizzano
che
sia
l
'
uomo
stesso
a
non
aver
ancora
raggiunto
lo
stadio
finale
:
"
l
'
uomo
è
qualcosa
che
deve
essere
superato
"
(
Nietzsche
)
.
Perché
l
'
uomo
è
tanto
legato
all
'
idea
di
futuro
e
alla
relativa
attesa
?
In
fondo
l
'
uomo
è
un
prodotto
dell
'
universo
.
Ma
l
'
Universo
,
nel
quale
siamo
nati
e
nel
quale
ci
troviamo
a
vivere
volenti
o
nolenti
,
è
imperturbabile
:
non
distingue
l
'
ieri
dal
domani
,
e
in
nessun
modo
privilegia
l
'
oggi
.
Tutti
gl
'
istanti
sono
eguali
e
non
ne
esiste
uno
particolarissimo
da
chiamare
ora
.
L
'
Universo
non
attende
affatto
un
suo
completamento
,
che
non
avrebbe
alcun
senso
.
Noi
abbiamo
inventato
l
'
ora
"
e
il
"
domani
"
,
concetti
assolutamente
indefinibili
in
termini
puramente
fisici
,
cioè
senza
fare
intervenire
di
volta
in
volta
il
nostro
orizzonte
temporale
,
il
nostro
esserci
.
Ma
ora
sarà
opportuno
distinguere
il
microscopico
dal
macroscopico
.
Il
corpo
umano
-
compreso
il
cervello
-
è
un
complesso
macroscopico
,
composto
da
miliardi
di
miliardi
di
atomi
e
molecole
.
Qualcuno
ritiene
che
l
'
uomo
non
sia
costituito
soltanto
da
quelle
cose
;
ne
prendiamo
atto
,
tuttavia
non
intendiamo
impegnarci
qui
in
un
dibattito
metafisico
o
addirittura
teologico
.
In
ogni
caso
,
quello
che
nessuno
avrà
il
coraggio
di
negare
è
che
l
'
uomo
sia
anche
un
complesso
d
'
innumerevoli
particelle
.
Come
già
fu
notato
,
i
corpi
della
microfisica
,
quali
gli
atomi
,
le
molecole
o
le
particelle
subatomiche
,
non
invecchiano
,
non
sentono
il
passare
del
tempo
,
non
hanno
un
"
ora
"
;
oppure
possiamo
dire
che
per
loro
è
sempre
ora
,
in
quanto
la
loro
aspettazione
di
vita
è
sempre
la
stessa
.
Se
sopravvivono
a
una
(
impredicibile
)
disintegrazione
,
il
loro
futuro
è
identico
al
passato
,
nel
senso
che
non
c
'
è
barba
d
'
uomo
che
possa
distinguere
un
loro
stato
futuro
da
uno
stato
del
passato
.
I
corpi
macroscopici
invece
si
comportano
in
modo
diverso
.
Sono
soggetti
alla
seconda
legge
della
termodinamica
:
quando
sono
chiusi
e
isolati
,
la
loro
entropia
-
ovvero
il
disordine
complessivo
dei
loro
componenti
-
va
aumentando
.
Un
organismo
vivente
non
è
certo
un
sistema
chiuso
e
isolato
:
è
invece
aperto
,
in
quanto
scambia
continuamente
materia
,
energia
e
informazione
con
l
'
ambiente
esterno
.
In
tali
condizioni
non
sono
da
escludere
fenomeni
di
autorganizzazione
,
nei
quali
nasce
spontaneamente
un
certo
tipo
di
ordine
(
Prigogine
)
.
Appunto
in
questo
modo
si
pensa
che
sia
nata
e
si
sia
sviluppata
la
vita
sulla
Terra
.
Ma
-
sia
detto
per
inciso
-
non
si
creda
che
la
seconda
legge
della
termodinamica
sia
violata
.
Se
diminuisce
l
'
entropia
in
un
certo
sistema
,
esso
riversa
entropia
(
in
misura
maggiore
)
nell
'
ambiente
circostante
e
di
conseguenza
l
'
entropia
complessiva
va
aumentando
.
A
volte
si
parla
di
freccia
del
tempo
,
intendendo
che
essa
indichi
quel
senso
in
cui
aumenta
l
'
entropia
complessiva
.
Ora
noi
viviamo
in
un
ambiente
,
a
rigore
né
chiuso
né
isolato
.
Ciononostante
il
fenomeno
di
gran
lunga
più
cospicuo
che
notiamo
e
contro
il
quale
combattiamo
una
battaglia
(
perduta
)
è
un
continuo
aumento
di
entropia
dell
'
ambiente
esterno
.
Nella
Farsaglia
di
Lucano
,
Cesare
,
che
visita
il
luogo
dove
sorgeva
Troia
,
dà
occasione
al
poeta
di
scrivere
un
magnifico
emistichio
:
"
etiam
periere
ruinae
"
.
Ma
non
c
'
illudiamo
:
anche
il
nostro
corpo
,
pur
essendo
vivente
e
sfruttando
la
sua
apertura
agli
apporti
esterni
per
tentare
in
ogni
modo
di
mantenere
l
'
ordine
dentro
di
sé
,
non
sfugge
alla
legge
dell
'
entropia
.
Le
stesse
reazioni
chimiche
,
che
mettiamo
in
opera
per
fare
quell
'
ordine
,
vanno
per
lo
più
nel
senso
entropico
voluto
dalla
natura
.
In
ogni
caso
se
,
mettendo
una
mano
nell
'
acqua
bollente
,
vedessimo
che
il
calore
passasse
dalla
mano
all
'
acqua
,
penseremmo
di
aver
perduto
la
ragione
;
invece
(
come
è
naturale
)
ci
scottiamo
.
Ci
è
psicologicamente
impossibile
liberarci
da
una
continua
soggezione
alla
freccia
del
tempo
.
Fra
l
'
altro
in
noi
si
accumulano
-
e
si
deteriorano
-
i
ricordi
del
passato
,
non
certo
quelli
dell
'
avvenire
.
In
queste
condizioni
non
possiamo
fare
altro
che
andare
sempre
in
avanti
nel
tempo
e
pensare
continuamente
all
'
avvenire
,
progettando
,
progettandoci
e
attendendo
,
ovvero
anticipando
quello
che
vivremo
.
Ben
inteso
,
ci
aspettiamo
anche
la
morte
.
Quanto
al
passato
,
il
suo
ricordo
ci
può
essere
dolce
o
triste
,
ma
siamo
sicuri
che
è
inutile
progettarlo
,
dato
che
su
di
esso
non
possiamo
intervenire
.
È
immutabile
e
scritto
per
sempre
.
Fin
dai
tempi
di
Plauto
(
Aulularia
)
è
stato
detto
:
"
Factum
illud
infectum
fieri
non
potest
"
.
Ora
,
premesse
queste
doverose
considerazioni
fisiche
sul
nostro
modo
di
vivere
,
cerchiamo
di
scavare
più
nel
profondo
dello
specifico
umano
,
così
esistenzialmente
basato
sull
'
attesa
.
Prima
di
tutto
,
se
è
vero
,
come
testé
ricordato
,
che
gli
umani
e
le
loro
associazioni
attendono
spesso
qualche
cosa
di
cui
credono
di
avere
un
'
idea
ben
precisa
,
è
anche
vero
che
per
lo
più
,
raggiunto
lo
scopo
,
sono
destinati
a
provare
un
'
amara
delusione
.
Hanno
quasi
l
'
impressione
di
una
sconfitta
,
hanno
perso
una
ragione
di
vita
,
sentono
sul
collo
l
'
alito
della
morte
.
Lo
sa
bene
quel
personaggio
di
Joyce
(
Ulisse
)
che
afferma
:
"
Fummo
sempre
fedeli
alle
cause
perse
.
Il
successo
per
noi
è
la
morte
dell
'
intelletto
e
della
fantasia
"
.
Ma
in
secondo
luogo
sta
il
fatto
che
ancora
più
spesso
ci
sentiamo
in
perpetua
attesa
,
senza
avere
nemmeno
una
minima
idea
di
che
cosa
stiamo
aspettando
.
Sono
la
noia
,
l
'
angoscia
,
che
ci
attanagliano
,
almeno
finché
una
sofferenza
-
magari
fisica
-
non
venga
a
liberarcene
.
"
Amaro
e
noia
/
la
vita
,
altro
mai
nulla
,
"
dice
Leopardi
(
A
se
stesso
)
,
non
certo
per
consolarsi
.
E
se
poi
,
credendo
di
aspettare
qualcosa
,
noi
aspettassimo
solo
noi
stessi
?
Veramente
suggestiva
è
questa
riflessione
di
Heidegger
(
Essere
e
tempo
)
:
"
l
'
Esserci
[
Dasein
,
in
sostanza
l
'
uomo
]
non
perviene
primariamente
a
se
stesso
nel
suo
poter
-
essere
più
proprio
e
incondizionato
;
al
contrario
,
prendendo
cura
[
Sorge
]
,
aspetta
se
stesso
da
ciò
che
l
'
oggetto
della
sua
cura
gli
può
offrire
o
rifiutare
"
.
E
più
in
là
riprende
:
"
Soltanto
perché
l
'
Esserci
effettivo
è
aspettantesi
il
suo
poter
-
essere
da
ciò
di
cui
si
prende
cura
,
esso
può
essere
in
attesa
e
ripromettersi
qualcosa
.
L
'
aspettarsi
deve
aver
già
sempre
aperto
l
'
orizzonte
e
l
'
ambito
di
cui
qualcosa
può
essere
atteso
.
L
'
attendere
è
un
modo
dell
'
avvenire
fondato
nell
'
aspettarsi
,
avvenire
che
si
temporalizza
autenticamente
come
anticipazione
.
Ecco
perché
l
'
anticipazione
costituisce
un
essere
-
per
-
la
-
morte
più
originario
di
quello
consistente
nell
'
attesa
della
morte
"
.
Questo
è
verissimo
.
Molto
spesso
noi
aspettiamo
;
ma
quasi
mai
aspettiamo
la
morte
.
Abbiamo
visto
come
già
Mirabeau
in
punto
di
morte
osservasse
amaramente
che
lui
moriva
da
vivo
:
se
avesse
aspettato
la
morte
,
avrebbe
aspettato
qualcosa
che
lui
non
avrebbe
mai
potuto
vedere
e
gustare
.
Il
nostro
essere
-
per
-
la
-
morte
,
per
dirla
con
Heidegger
,
è
una
modalità
costante
della
nostra
vita
,
non
uno
scopo
o
un
fine
che
inseguiamo
e
che
riusciremo
a
raggiungere
.
In
fondo
,
a
ogni
istante
noi
moriamo
e
rinasciamo
e
la
nostra
attesa
è
appunto
una
continua
attesa
di
rinascita
di
noi
stessi
.
Per
terminare
,
dopo
tante
considerazioni
non
esattamente
gioiose
sullo
scorrere
del
tempo
umano
e
sulla
nostra
perpetua
attesa
,
troveremo
forse
qualche
consolazione
ricordando
il
gentile
verso
di
Montale
:
"
ma
in
attendere
è
gioia
più
compita
"
.
12
.
Nei
giardini
di
Academo
Si
annunciava
la
primavera
in
una
splendida
giornata
mediterranea
e
le
piante
erano
già
quasi
tutte
piene
di
bocci
e
di
fiori
.
Nel
giardino
,
su
un
sedile
di
marmo
un
po
'
appartato
,
un
uomo
vigoroso
sulla
quarantina
,
con
una
notevole
barba
fluente
,
già
un
po
'
brizzolata
,
non
sembrava
prendere
parte
a
quella
festa
della
natura
.
Appoggiando
un
gomito
sul
ginocchio
e
la
testa
sulla
mano
,
rimaneva
immerso
nei
suoi
pensieri
.
Molte
domande
lo
assillavano
,
quasi
lo
tormentavano
.
La
principale
si
poteva
forse
riassumere
così
:
era
davvero
sicuro
di
essere
stato
sempre
fedele
al
suo
maestro
,
esponendone
le
idee
genuine
e
il
metodo
,
oppure
si
era
approfittato
della
celebrità
di
lui
per
diffondere
la
sua
dottrina
personale
?
E
poi
quel
Socrate
era
proprio
come
lui
lo
aveva
descritto
,
idealizzandolo
,
oppure
aveva
ragione
Aristofane
,
che
tanti
anni
prima
,
nella
commedia
Le
nuvole
,
lo
aveva
dipinto
in
termini
ben
diversi
,
tutto
intento
a
insegnare
come
si
può
con
un
po
'
di
dialettica
far
prevalere
l
'
opinione
peggiore
su
quella
migliore
?
No
,
a
chi
lo
aveva
conosciuto
bene
non
sembrava
affatto
che
le
cose
stessero
così
come
diceva
Aristofane
.
Gli
sembrava
tendenzioso
,
ingiusto
assimilare
Socrate
ai
sofisti
.
Lui
sapeva
bene
che
il
maestro
era
uno
degli
uomini
più
onesti
,
più
buoni
,
più
saggi
che
fossero
mai
esistiti
.
Ma
a
dire
il
vero
,
lo
aveva
incontrato
troppo
tardi
per
poter
smentire
con
sicurezza
Aristofane
.
Non
poteva
darsi
che
effettivamente
Socrate
in
gioventù
fosse
stato
molto
diverso
da
come
poi
lo
aveva
conosciuto
lui
e
che
a
un
dato
momento
della
vita
fosse
cambiato
in
modo
radicale
?
Non
poteva
ciò
essere
avvenuto
proprio
a
causa
del
responso
ricevuto
dall
'
oracolo
di
Delfi
,
come
del
resto
era
voce
abbastanza
comune
?
Loracolo
,
riferito
da
Cherefonte
,
aveva
sentenziato
che
Socrate
era
il
più
sapiente
degli
uomini
;
e
Socrate
,
conscio
invece
di
non
saper
nulla
,
si
era
dato
alla
ricerca
appassionata
della
verità
,
accompagnandola
con
l
'
assunzione
di
modi
di
vita
ascetici
.
L
'
asserire
che
le
cose
terrene
sono
solo
copie
imperfette
di
modelli
ideali
e
perfetti
non
aiutava
molto
.
Se
l
'
idea
di
uomo
buono
e
saggio
è
fissa
e
inattaccabile
dagli
eventi
mondani
,
quale
Socrate
era
una
copia
imperfetta
di
essa
?
Naturalmente
il
Socrate
successivo
agli
anni
della
giovinezza
.
E
perché
poi
?
Forse
che
il
ravvedersi
e
il
cambiare
avevano
un
significato
assoluto
?
Per
quale
ragione
il
poi
doveva
valere
più
che
il
prima
?
Quello
era
solo
un
pregiudizio
umano
ingiustificato
.
Fra
l
'
altro
,
se
era
così
,
un
punto
fondamentale
della
dottrina
dell
'
unità
e
stabilità
del
Bene
non
tornava
affatto
.
Qualcuno
poteva
essere
buono
in
certi
periodi
della
vita
e
pessimo
in
altri
.
Era
opinione
comune
che
gli
dèi
nell
'
Ade
premiassero
i
buoni
e
punissero
i
cattivi
.
Ma
chi
erano
i
buoni
?
Nel
mondo
delle
idee
che
importanza
poteva
avere
se
uno
era
buono
prima
o
dopo
?
Perché
continuare
a
fingere
che
gli
uomini
fossero
diversi
da
come
realmente
sono
per
natura
?
E
del
resto
quello
stesso
che
ora
seduto
sul
marmo
così
ragionava
non
si
sentiva
profondamente
cambiato
dopo
aver
fatto
quel
viaggio
nella
Grande
Ellade
,
dopo
aver
avuto
quei
colloqui
col
pitagorico
Archita
di
Taranto
,
dopo
aver
visto
a
Siracusa
come
agiva
il
tiranno
Dionigi
?
E
non
provava
anche
un
sottile
rimorso
per
quel
po
'
di
piaggeria
che
,
con
la
magra
scusa
di
cambiarlo
,
aveva
dimostrato
verso
lo
stesso
tiranno
?
Si
riprometteva
di
tornare
un
giorno
in
quelle
terre
,
per
riparare
e
imparare
ulteriormente
.
Inoltre
,
per
quanto
riguarda
il
giudizio
sulla
sofistica
,
che
cosa
vuol
dire
che
un
'
opinione
o
una
ragione
è
migliore
o
peggiore
di
un
'
altra
?
Davvero
lui
credeva
di
saperlo
?
Forse
lo
stesso
Socrate
nella
sua
grande
saggezza
non
aveva
mai
scritto
nulla
di
suo
pugno
,
proprio
perché
si
era
reso
conto
che
una
cosa
è
discutere
a
voce
su
un
concetto
e
impresa
ben
diversa
è
fissarlo
con
la
scrittura
.
Per
lui
la
saggezza
e
la
verità
consistevano
anche
-
o
soprattutto
-
nel
porre
le
giuste
domande
e
nell
'
analizzare
le
risposte
sensate
.
Nella
conversazione
,
nel
dialogo
c
'
è
sempre
una
buona
dose
di
eristica
,
di
voglia
di
vincere
e
sopraffare
l
'
avversario
,
indipendentemente
dalla
maggiore
o
minore
bontà
delle
idee
.
Ma
le
parole
volano
e
quel
peccato
si
può
perdonare
,
anzi
può
essere
di
stimolo
per
escogitare
domande
e
argomenti
sempre
migliori
;
gli
scritti
invece
restano
e
prima
o
poi
vengono
confutati
da
colui
al
quale
non
puoi
rispondere
.
L
'
importante
è
dunque
imparare
a
formulare
correttamente
le
domande
e
a
esaminare
senza
pregiudizio
tutto
il
ventaglio
delle
risposte
possibili
.
Eppure
...
non
poteva
essere
sempre
così
.
Non
molto
tempo
prima
lui
stesso
ne
aveva
dato
una
prova
inconfutabile
,
affermando
che
Socrate
era
riuscito
a
far
dimostrare
a
uno
schiavo
di
Menone
che
,
dato
un
quadrato
,
il
quadrato
costruito
sulla
sua
diagonale
ha
area
doppia
di
esso
.
Si
sentiva
sicuro
che
nessuno
in
avvenire
avrebbe
potuto
smentire
quella
prova
e
quel
risultato
.
Del
resto
nella
matematica
si
danno
centinaia
di
proposizioni
e
di
prove
assolutamente
inattaccabili
come
quella
.
Se
invece
si
voleva
dimostrare
qualche
proposizione
rispetto
alla
virtù
,
al
bene
,
al
male
...
era
un
altro
discorso
.
Ma
in
quel
mentre
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
una
ben
strana
apparizione
.
Un
bellissimo
gallo
,
urlando
e
starnazzando
con
le
penne
arruffate
,
attraversava
di
corsa
il
prato
di
fronte
,
per
poi
scomparire
fra
la
vegetazione
,
dalla
quale
subito
sfrecciava
via
un
gruppo
di
uccelli
spaventati
.
Il
filosofo
aveva
appena
alzato
le
sopracciglia
,
un
po
'
stupito
,
quando
vide
comparire
tutto
affannato
un
uomo
che
lui
conosceva
benissimo
e
che
,
a
quanto
pareva
,
inseguiva
il
gallo
.
Lo
chiamò
a
gran
voce
:
"
Critone
,
Critone
!
Che
fai
,
dove
vai
?
"
Critone
arrestò
un
momento
la
corsa
,
piuttosto
sorpreso
e
confuso
:
"
Platone
,
tu
qui
?
Lo
vedi
,
corro
perché
devo
riacchiappare
quel
gallo
.
"
"
E
perché
lo
vuoi
riacchiappare
?
"
"
Perché
lo
devo
portare
ad
Asclepio
,
come
mi
aveva
chiesto
Socrate
prima
di
morire
.
Non
ricordi
il
racconto
di
Fedone
di
Elide
,
quel
racconto
che
tu
stesso
hai
recentemente
messo
per
iscritto
?
"
Platone
ricordava
benissimo
e
forse
era
dei
pochi
che
a
suo
tempo
avevano
capito
.
Socrate
voleva
donare
il
gallo
ad
Asclepio
,
dio
della
salute
,
per
ringraziarlo
di
aver
liberato
la
sua
anima
da
quella
vera
e
propria
malattia
che
era
lo
stare
congiunta
col
corpo
.
Ma
lo
stupore
non
faceva
che
aumentare
.
"
Critone
,
sei
diventato
folle
?
Quell
'
incarico
Socrate
te
lo
dette
dodici
anni
fa
e
tu
lo
adempi
ora
?
"
"
Questo
ritardo
non
ha
nessuna
importanza
.
"
"
Come
asserisci
che
non
ha
importanza
?
"
"
Dimmi
,
Platone
:
è
vero
che
tutti
gli
dèi
sono
immortali
?
"
"
Sì
,
per
Zeus
!
"
"
E
Asclepio
non
è
un
dio
?
"
"Certamente."
"
Allora
Asclepio
è
immortale
.
"
"
Senza
dubbio
.
"
"
E
per
chi
è
immortale
dodici
anni
o
un
'
ora
non
sono
la
stessa
cosa
?
"
"
Così
sembra
anche
a
me
...
"
Ma
Critone
aveva
già
ripreso
la
corsa
dietro
al
gallo
e
stava
provocando
un
nuovo
svolazzìo
di
uccelli
in
fuga
.
Forse
non
era
male
,
perché
in
realtà
Platone
dava
l
'
impressione
di
esser
rimasto
quasi
senza
parole
.
Era
veramente
colpito
da
come
Critone
aveva
appreso
bene
quell
'
arte
dialettica
di
interrogare
e
di
argomentare
,
insegnata
da
Socrate
.
Ormai
sembrava
che
lo
scolaro
fosse
diventato
lui
,
Platone
.
L
'
apparizione
del
gallo
e
il
fugace
scambio
di
battute
con
Critone
avevano
riportato
la
sua
mente
a
quel
tristissimo
giorno
in
cui
Socrate
,
attorniato
da
una
piccola
folla
di
ammiratori
e
di
seguaci
,
aveva
buttato
giù
in
un
sorso
la
cicuta
.
Si
sentiva
in
colpa
e
si
vergognava
.
Perché
lui
non
c
'
era
a
dare
quell
'
ultimo
saluto
al
maestro
?
L
'
affermazione
di
Fedone
"
credo
che
Platone
fosse
malato
"
era
davvero
molto
debole
.
Come
avrebbero
potuto
crederci
i
posteri
,
tanto
più
sapendo
bene
che
tali
parole
in
bocca
a
Fedone
le
aveva
poste
proprio
colui
che
aveva
scritto
il
dialogo
?
Per
disertare
un
incontro
come
quello
ci
sarebbe
voluta
una
malattia
molto
grave
,
tale
da
mettere
in
pericolo
la
sua
vita
,
qualora
fosse
uscito
di
casa
.
Ma
di
che
mai
era
malato
in
quel
lontano
giorno
un
robusto
giovane
che
al
presente
era
ancora
ben
vivo
e
vegeto
e
che
tutto
faceva
presagire
che
sarebbe
vissuto
fino
a
tarda
età
?
Forse
non
se
l
'
era
sentita
di
assistere
a
una
scena
straziante
,
in
cui
nessuno
(
tranne
Socrate
)
era
riuscito
a
trattenere
le
lacrime
.
Ma
un
vero
uomo
dovrebbe
sapere
che
esistono
anche
le
lacrime
.
In
quel
momento
Platone
vide
avanzarsi
dal
fondo
del
giardino
una
turba
di
uomini
che
discutevano
animatamente
fra
loro
e
gesticolavano
.
C
'
erano
i
pitagorici
Echecrate
di
Fliunte
,
Simmia
e
Cebete
di
Tebe
,
il
cinico
Antistene
,
Euclide
di
Megara
,
Aristippo
di
Cirene
,
Apollodoro
(
l
'
affezionatissimo
del
maestro
)
,
Ermogene
,
Critobulo
,
Ctesippo
,
Menesseno
e
tanti
altri
scolari
e
seguaci
di
Socrate
,
che
Platone
non
conosceva
o
lì
per
lì
non
riusciva
a
distinguere
.
Quelli
si
fermarono
facendo
cerchio
attorno
a
lui
,
con
aria
rispettosa
,
ma
abbastanza
decisa
.
Platone
li
guardò
un
po
'
in
silenzio
,
poi
,
sempre
benevolo
e
disponibile
,
domandò
:
"
Che
volete
,
amici
miei
?
"
Seguì
un
certo
imbarazzo
,
quindi
Cebete
si
decise
a
rompere
il
ghiaccio
e
,
facendosi
avanti
,
disse
:
"
Platone
,
or
non
è
molto
tu
hai
scritto
e
diffuso
un
nuovo
dialogo
,
in
cui
fai
raccontare
a
Fedone
le
ultime
ore
di
Socrate
.
"
"
È
vero
.
"
"
Ebbene
,
molti
di
noi
lo
hanno
letto
con
sommo
interesse
;
e
ora
ne
stavamo
discutendo
.
"
Il
volto
del
filosofo
si
illuminò
.
Anche
Platone
aveva
la
sua
vanità
e
difficilmente
nascondeva
il
desiderio
che
gli
altri
approvassero
quello
scritto
,
che
a
lui
sembrava
un
capolavoro
.
Chiese
allora
con
ansia
:
"
Ebbene
,
che
ve
ne
pare
?
"
"
Per
gli
dèi
,
ci
pare
composto
splendidamente
.
"
"
Ne
sono
lieto
.
Ma
ho
l
'
impressione
che
non
siete
venuti
a
dirmi
soltanto
questo
.
"
L
'
imbarazzo
parve
un
po
'
aumentare
.
Poi
Cebete
si
decise
a
dire
:
"
Non
ti
nascondo
che
alcune
cose
ci
hanno
lasciato
parecchi
dubbi
.
"
"
Per
Zeus
!
Ditemele
.
Che
aspettate
?
"
"
Ecco
,
alcuni
di
noi
non
sono
rimasti
convinti
da
quello
che
affermi
riguardo
all
'
anima
e
alle
sue
trasmigrazioni
da
un
corpo
a
un
altro
.
"
"
Non
mi
meraviglia
.
Ma
spiegati
meglio
.
"
"
Prima
di
tutto
sembra
nel
tuo
dialogo
che
Socrate
desse
per
scontata
quell
'
opinione
che
vuole
che
il
corpo
sia
nettamente
separato
dall
'
anima
,
benché
forse
tale
opinione
sia
tutt
'
altro
che
generalmente
accettata
nell
'
Ellade
e
che
non
sia
dimostrata
con
argomenti
abbastanza
solidi
.
Fatto
questo
,
tu
ti
affidi
troppo
facilmente
al
'
si
dice
'
[
léghetai
]
,
alle
credenze
oracolari
,
ai
miti
orfici
,
dionisiaci
,
popolari
.
Dimentichi
che
quelle
,
anche
quando
fossero
opinioni
vere
-
e
noi
non
contestiamo
che
possano
esserlo
-
non
sono
accompagnate
da
ragioni
[
lògoi
]
tali
da
dissipare
i
dubbi
.
Perfino
ai
grandi
poeti
ti
appelli
,
a
quelli
che
nel
Menone
dici
che
sono
come
gli
dèi
.
"
"
E
non
lo
sono
?
Non
hanno
i
poeti
grandi
visioni
e
divinazioni
?
"
"
A
volte
sì
.
Ma
a
volte
narrano
cose
fantastiche
e
assolutamente
incredibili
.
Immagino
che
tu
ricordi
bene
i
poemi
del
sommo
Omero
.
"
"
Come
no
?
"
"
E
credi
davvero
che
esistano
quei
giganti
con
un
occhio
solo
che
chiamano
Ciclopi
?
Ma
lasciamo
stare
Omero
.
Socrate
afferma
che
il
cigno
canta
prima
di
morire
.
Hai
tu
conosciuto
un
solo
Elleno
che
abbia
veramente
sentito
cantare
un
cigno
in
punto
di
morte
?
"
Platone
appariva
sempre
più
spazientito
e
intervenne
per
riportare
Cebete
in
argomento
:
"
Tu
stai
divagando
e
ti
dimentichi
di
che
cosa
veramente
stavamo
discutendo
.
"
"
Forse
hai
ragione
.
Ma
io
parlavo
dei
poeti
perché
mi
rammento
che
nel
Menone
tu
citi
Pindaro
,
per
suffragare
l
'
opinione
che
quando
uno
ha
trascorso
nove
anni
nell
'
Ade
,
la
sua
anima
può
tornare
alla
luce
in
un
nuovo
corpo
.
"
"
Così
è
.
"
"
Ebbene
,
oggi
Socrate
i
suoi
nove
anni
nell
'
Ade
li
ha
già
trascorsi
e
quindi
può
risorgere
dovunque
,
da
un
momento
all
'altro."
"Certo."
"
Facciamo
allora
una
qualunque
ipotesi
ammissibile
.
Supponiamo
che
fra
tre
anni
egli
rinasca
a
Stagira
e
che
lo
chiamino
Aristotele
.
"
"
Strano
nome
;
e
perché
poi
a
Stagira
?
Ma
le
ipotesi
sono
solo
ipotesi
,
ammettiamolo
pure
.
"
"
Ora
,
data
l
'
inclinazione
alla
filosofia
dimostrata
da
Socrate
nella
vita
precedente
,
è
verosimile
che
il
nuovo
individuo
che
ha
quell
'
anima
si
dia
anch
'
egli
alla
ricerca
della
verità
.
"
"
È
probabile
.
"
"
Supponiamo
che
fra
una
ventina
di
anni
Aristotele
,
ormai
cresciuto
,
entri
nella
tua
scuola
,
qui
all
'
Accademia
.
Credi
forse
che
egli
continuerà
a
insegnare
esattamente
le
stesse
cose
che
insegnava
Socrate
e
che
userà
lo
stesso
metodo
?
"
"
Questo
non
mi
sembra
da
credersi
.
"
"
O
ritieni
che
si
limiterà
a
imparare
e
a
ripetere
esattamente
le
tue
dottrine
?
"
"Nemmeno."
"
Non
è
invece
da
supporre
che
,
essendo
una
mente
di
grande
levatura
,
cambierà
qualcosa
e
aggiungerà
molti
pensieri
suoi
e
originali
?
"
"
Così
sembra
.
"
"
Ma
a
quali
reminiscenze
si
rifarà
la
nuova
dottrina
?
Forse
a
quelle
di
Socrate
o
a
quelle
di
Platone
?
Lo
abbiamo
testé
escluso
.
Allora
dovremmo
concludere
che
Aristotele
avrà
appreso
quei
pensieri
nuovi
nell
'
Ade
e
che
qualcosa
qui
sulla
Terra
gli
desterà
reminiscenza
di
essi
.
"
"
È
vero
.
"
"
Ma
mi
sai
dare
una
ragione
per
cui
quelle
dottrine
non
l
'
avessero
già
apprese
nell
'
Ade
gli
stessi
Socrate
e
Platone
?
Forse
dobbiamo
dire
che
quelle
idee
allora
non
c
'
erano
ancora
nell
'
Ade
e
che
siano
spuntate
solo
recentemente
?
"
"
No
,
no
.
Tu
sbagli
,
Cebete
.
Le
idee
ci
sono
sempre
state
tali
e
quali
nell
'
Ade
.
Tutto
quello
che
possiamo
ragionevolmente
supporre
è
che
nella
loro
vita
Socrate
e
Platone
non
abbiano
incontrato
quelle
particolari
cose
che
hanno
destato
in
Aristotele
le
sue
specifiche
reminiscenze
.
"
"
Sei
molto
astuto
,
Platone
.
Ma
supponi
ora
che
su
alcuni
ben
determinati
argomenti
Aristotele
si
pronunci
in
modo
contrario
a
Socrate
e
a
Platone
.
Che
dici
in
questo
caso
?
"
Platone
sudava
e
appariva
piuttosto
in
difficoltà
.
Ma
guarda
un
po
'
-
si
diceva
-
a
che
punto
può
portare
il
metodo
socratico
delle
domande
e
risposte
quando
è
applicato
a
me
stesso
!
Tuttavia
tentò
di
cavarsela
in
un
modo
che
,
a
vero
dire
,
non
gli
piaceva
molto
:
"
Be
'
,
se
ciò
avviene
(
ma
mi
sembra
poco
verosimile
)
vuoi
dire
che
qualcuno
di
loro
ha
ricordato
male
e
di
conseguenza
ha
avuto
una
reminiscenza
sbagliata
.
In
ogni
caso
rammentati
che
,
per
quanto
riguarda
l
'
immortalità
dell
'
anima
e
dell
'
apprendere
considerato
come
reminiscenza
,
io
ho
avanzato
non
una
sola
ragione
,
ma
tutta
una
molteplicità
di
ragioni
.
"
"
Proprio
qui
ti
volevo
.
Non
ti
sembra
che
il
dare
molte
ragioni
a
sostegno
di
una
stessa
opinione
dimostri
che
nessuna
di
esse
è
veramente
cogente
e
tale
da
togliere
ogni
dubbio
?
"
"
Confesso
che
può
apparire
così
...
"
Ma
qui
intervenne
Simmia
,
che
da
tempo
dava
segni
d
'
impazienza
:
"
No
,
Platone
.
Prima
di
passare
ad
altro
,
torniamo
alla
tua
dottrina
che
imparare
è
avere
reminiscenza
di
ciò
che
si
è
appreso
nell
'
Ade
.
Quante
volte
secondo
te
una
stessa
anima
ha
trasmigrato
da
un
corpo
a
un
altro
?
Infinite
volte
o
un
numero
finito
di
volte
?
"
"
Non
mi
sembra
che
il
numero
possa
essere
infinito
.
"
"
Certo
,
hai
ragione
.
Infatti
se
uno
fosse
passato
infinite
volte
nell
'
Ade
,
ormai
avrebbe
appreso
tutto
.
Altri
passaggi
su
e
giù
,
altre
trasmigrazioni
,
altre
dimenticanze
,
seguite
da
reminiscenze
,
sarebbero
assolutamente
inutili
;
e
gli
dèi
sarebbero
i
primi
a
non
volere
una
cosa
tanto
assurda
.
"
"
Così
pare
anche
a
me
.
"
"
Allora
supponiamo
che
si
tratti
solo
di
un
numero
finito
di
volte
.
In
tal
caso
ci
deve
essere
stata
necessariamente
una
prima
volta
.
Ma
quell
'
individuo
venuto
al
mondo
per
la
prima
volta
come
avrebbe
potuto
imparare
qualcosa
nella
sua
vita
,
dato
che
non
aveva
reminiscenza
di
nulla
?
Se
poi
si
ammette
che
già
avanti
che
nascesse
la
prima
volta
gli
fosse
stato
mostrato
dagli
dèi
tutto
il
mondo
delle
idee
,
che
necessità
ci
sarebbe
di
rinascere
tante
altre
volte
?
"
"
Simmia
,
io
ti
posso
solo
dire
che
sono
molte
le
cose
che
non
sappiamo
riguardo
alle
anime
e
agli
dèi
.
Non
per
questo
dobbiamo
smettere
d
'
indagare
e
di
ragionare
.
"
"
Non
ti
sembra
invece
che
dovremmo
smettere
d
'
indagare
quelle
cose
che
vanno
al
di
là
della
nostra
vita
e
del
mondo
sensibile
e
sulle
quali
non
avremo
mai
ulteriori
informazioni
sicure
,
ma
solo
supposizioni
?
"
"
Eppure
è
indubbio
che
ci
sono
cose
non
attestate
unicamente
dai
sensi
-
che
,
come
si
sa
,
possono
essere
fallaci
-
sulle
quali
,
ragionando
,
si
può
raggiungere
la
verità
.
Lo
può
fare
perfino
uno
schiavo
,
come
io
ho
mostrato
inconfutabilmente
nel
dialogo
intitolato
a
Menone
.
"
A
questo
punto
si
fece
avanti
con
decisione
un
nuovo
personaggio
,
che
Platone
fino
allora
non
aveva
notato
nella
folla
.
Era
un
uomo
giovanissimo
,
dalla
fronte
ampia
e
dalla
chioma
scapigliata
,
che
esclamò
:
"
Platone
,
tu
hai
le
doglie
!
"
Nell
'
udire
tali
parole
,
Platone
rimase
attonito
.
Gli
pareva
che
quel
ragazzo
fosse
un
po
'
insolente
,
ma
non
riusciva
a
sottrarsi
a
un
certo
fascino
che
emanava
da
lui
.
Domandò
un
po
'
indispettito
:
"
Chi
sei
,
giovanotto
?
"
"
Sono
Teeteto
.
"
"
Teeteto
?
Ho
udito
bene
?
"
"
Hai
udito
bene
.
"
"
Allora
saresti
quel
Teeteto
che
adolescente
,
quasi
bambino
,
discusse
con
Socrate
su
che
cosa
è
la
scienza
?
"
"
Sono
quello
.
"
"
Per
Zeus
!
Sono
proprio
felice
di
incontrarti
finalmente
.
Socrate
andava
ripetendo
che
gli
avevi
fatto
una
grande
impressione
e
pronosticava
per
te
un
brillante
avvenire
.
Diceva
che
avresti
potuto
diventare
un
eccellente
matematico
.
"
"
Sono
un
matematico
.
"
"
Sono
stato
or
non
è
molto
a
Megara
e
ancora
una
volta
Euclide
mi
ha
parlato
di
te
.
Egli
ha
preso
nota
della
tua
discussione
con
Socrate
.
Bisogna
proprio
che
un
giorno
-
forse
anche
fra
vent
'
anni
-
si
decida
a
raccontarmi
tutto
per
filo
e
per
segno
,
in
modo
che
io
possa
scriverci
un
dialogo
da
lasciare
ai
posteri
.
Ma
dimmi
,
perché
hai
affermato
quella
strana
cosa
che
io
ho
le
doglie
?
"
"
Ah
,
Platone
,
non
ricordi
in
qual
modo
procedeva
il
tuo
maestro
Socrate
?
"
"
Come
no
?
"
"
Sua
madre
Fenarete
era
una
levatrice
.
E
lui
fin
da
piccolo
era
stato
abituato
a
sapere
che
lei
aiutava
i
bambini
a
nascere
.
I
bambini
c
'
erano
già
ben
formati
nel
ventre
della
madre
,
ma
era
bene
aiutarli
a
uscire
.
Così
,
diceva
Socrate
,
si
doveva
fare
anche
per
le
idee
:
con
la
maieutica
si
deve
solo
aiutare
le
idee
a
uscire
dalla
mente
dell
'
interlocutore
.
Quello
era
il
vero
insegnamento
.
"
"
Ricordo
bene
.
Ma
perché
ora
tu
hai
usato
quell
'
espressione
parlando
di
me
?
"
"
Perché
tu
,
a
proposito
dello
schiavo
di
Menone
,
stavi
per
partorire
un
'
idea
giustissima
.
Poco
importa
ora
che
Socrate
abbia
usato
quella
che
chiamava
maieutica
.
Nelle
cose
matematiche
essa
non
è
affatto
indispensabile
;
o
per
meglio
dire
uno
può
benissimo
usarla
su
se
stesso
,
ragionando
e
tirando
fuori
le
conclusioni
giuste
.
"
"
E
allora
che
cos
'
altro
è
importante
,
secondo
te
?
"
"
Quello
che
nella
matematica
è
importante
secondo
me
è
che
quando
uno
ha
un
'
opinione
vera
,
può
far
sì
mediante
il
ragionamento
che
non
solo
lui
,
ma
anche
un
altro
-
fosse
pure
uno
schiavo
-
sia
costretto
a
riconoscere
che
è
vera
.
Altro
che
maieutica
,
altro
che
reminiscenza
(
non
ti
offendere
,
ti
prego
)
!
"
"
Allora
tu
non
credi
che
lo
schiavo
avesse
già
dentro
di
sé
quelle
nozioni
e
che
bisognasse
solo
tirarle
fuori
?
"
"
No
,
Platone
.
Io
credo
invece
che
la
mente
sana
-
sia
essa
di
un
uomo
,
di
una
donna
,
di
un
cittadino
,
di
uno
schiavo
-
sia
fatta
così
da
saper
ragionare
correttamente
sulle
cose
della
matematica
.
Per
esempio
,
io
ti
potrei
dimostrare
in
modo
inoppugnabile
che
quella
diagonale
di
cui
parlava
Socrate
è
incommensurabile
'
col
lato
del
quadrato
:
cioè
che
non
esistono
due
numeri
interi
che
stanno
fra
loro
come
la
diagonale
e
il
lato
.
Non
è
il
caso
di
farlo
qui
ora
;
ma
,
se
lo
facessi
,
sono
sicuro
che
tutti
gli
astanti
sarebbero
costretti
a
dirsi
d
'accordo."
Platone
non
sembrava
del
tutto
convinto
e
osservò
:
"
Ma
se
lo
schiavo
,
sia
pure
guidato
dalle
domande
di
Socrate
,
è
riuscito
a
dimostrare
una
proposizione
tutt
'
altro
che
facile
,
non
è
evidente
che
egli
aveva
già
visto
altrove
quelle
cose
e
che
in
un
certo
modo
le
ricordava
?
"
"
No
,
Platone
.
Lo
vedi
questo
vaso
che
ho
testé
acquistato
dal
mercante
?
"
"
Sì
,
Teeteto
;
è
molto
bello
.
"
"
Ebbene
,
questo
vaso
è
uscito
or
non
è
molto
dalle
mani
del
vasaio
e
quindi
è
da
credere
che
non
abbia
mai
contenuto
l
'
acqua
o
il
vino
.
Ma
non
credi
che
se
io
ci
verso
dell
'
acqua
o
del
vino
esso
li
conterrà
?
"
"
Non
ne
dubito
.
"
"
Forse
questo
vuol
dire
che
prima
che
lo
portassi
qui
qualcuno
,
a
mia
insaputa
,
ha
versato
dell
'
acqua
nel
vaso
e
che
esso
ora
se
ne
ricorda
?
"
Platone
si
accarezzava
nervosamente
la
barba
,
ma
Teeteto
proseguiva
implacabile
:
"
No
,
tutto
ciò
che
si
può
dire
è
che
l
'
esperto
vasaio
lo
ha
fatto
in
modo
che
potesse
contenere
i
liquidi
.
Nel
fabbricarlo
gli
ha
conferito
questa
capacità
.
Così
gli
dèi
-
o
il
Demiurgo
,
come
forse
diresti
tu
-
hanno
dotato
la
mente
umana
della
capacità
di
ragionare
correttamente
delle
cose
matematiche
.
Naturalmente
questo
non
significa
che
la
tua
opinione
che
la
diagonale
e
il
lato
del
quadrato
esistano
realmente
nel
mondo
delle
idee
sia
necessariamente
giusta
o
errata
.
"
"
Ma
perché
parli
solo
della
matematica
?
Perché
non
possiamo
ragionare
correttamente
e
in
modo
riconosciuto
inoppugnabile
da
tutti
anche
su
altre
cose
:
per
esempio
sulla
virtù
,
sulla
conoscenza
,
sulle
cose
sensibili
,
sull
'
anima
?
In
fondo
,
Critone
mi
ha
testé
fatto
un
ragionamento
che
,
anche
se
non
matematico
,
mi
sembra
inoppugnabile
.
Mi
ha
detto
:
tutti
gli
dèi
sono
immortali
,
Asclepio
è
un
dio
,
dunque
Asclepio
è
immortale
.
"
Teeteto
rimase
per
un
po
'
pensoso
,
poi
rispose
:
"
Platone
,
ti
confesso
che
io
non
so
che
dire
.
Forse
qualcuno
più
sagace
di
me
saprà
mettere
un
po
'
di
ordine
sul
nostro
modo
di
ragionare
in
generale
.
Forse
un
giorno
sarà
quell
'
ipotetico
Aristotele
,
di
cui
parlava
Cebete
,
a
classificare
bene
tutto
ciò
che
riguarda
l
'
arte
di
ragionare
correttamente
[
loghiké
téchne
]
.
Forse
fra
alcuni
secoli
qualcuno
troverà
anche
un
modo
efficace
e
convincente
di
indagare
le
cose
sensibili
.
Ma
dubito
molto
che
si
riesca
a
convincere
tutti
su
tutto
.
E
in
fondo
nemmeno
mi
dispiace
che
sia
così
.
"
A
questo
punto
intervenne
uno
straniero
,
che
tutti
guardavano
con
un
certo
rispetto
misto
a
timore
.
Si
rivolse
subito
a
Platone
con
queste
parole
:
"
Platone
,
arrivo
proprio
ora
dalla
Focide
e
vi
porto
le
ultime
divinazioni
della
Pizia
.
Credo
che
ti
dovrebbero
interessare
.
"
"
Sì
,
per
Zeus
,
parla
!
"
"
Sai
chi
sono
i
Latini
?
"
"
Mi
pare
che
un
giorno
me
ne
parlasse
Archita
di
Taranto
.
Sono
forse
quei
rozzi
e
feroci
contadini
che
abitano
molto
più
a
settentrione
di
Elea
?
Perché
dovrebbero
interessarci
?
"
"
Perché
costoro
stanno
diventando
sempre
più
forti
e
l
'
oracolo
dice
che
un
giorno
conquisteranno
tutta
l
'Ellade."
Platone
si
coprì
il
volto
con
le
mani
ed
esclamò
gemendo
:
"
Ahimè
,
sciagura
,
che
disastro
!
"
"
No
,
forse
non
sarà
un
disastro
.
Sappi
che
quei
rozzi
contadini
sono
abbastanza
intelligenti
.
Una
volta
padroni
dell
'
Ellade
,
capiranno
subito
che
la
nostra
sapienza
e
le
nostre
arti
sono
cento
volte
superiori
alle
loro
.
Allora
faranno
a
gara
a
impararle
e
poi
le
diffonderanno
in
tutto
il
mondo
.
Per
millenni
quello
che
noi
stiamo
seminando
continuerà
a
dare
meravigliosi
frutti
.
"
Il
volto
di
Platone
andava
rasserenandosi
e
il
suo
sguardo
sembrava
già
riempirsi
di
futuro
.
Poi
lo
straniero
continuò
:
"
Quanto
a
te
,
Platone
,
tu
avresti
particolare
ragione
di
rallegrarti
.
L
'
oracolo
ha
predetto
che
fra
ben
ventitré
secoli
,
in
un
'
isola
immersa
nelle
nebbie
iperboree
,
un
grande
sapiente
chiamato
Whitehead
...
"
"
Come
hai
detto
?
"
"
Sì
,
il
nome
è
impronunciabile
da
una
bocca
ellena
...
Bene
,
quel
sapiente
dirà
che
tutto
quello
che
la
filosofia
sarà
riuscita
a
produrre
nel
corso
di
quei
ventitré
secoli
sarà
soltanto
un
commento
alla
filosofia
di
Platone
!
"
Il
sommo
filosofo
non
riusciva
a
nascondere
il
suo
grande
compiacimento
.
In
quel
momento
ricomparve
Critone
,
che
trionfante
teneva
il
gallo
saldamente
per
le
zampe
.
Il
gallo
continuava
ad
agitarsi
e
a
urlare
.
Ciò
che
l
'
oracolo
non
aveva
rivelato
era
che
il
gallo
doveva
ritenersi
ben
più
fortunato
dei
due
polli
che
un
bel
giorno
un
certo
Renzo
avrebbe
portato
tenuti
per
le
zampe
;
quelli
avrebbero
continuato
a
litigare
e
a
becchettarsi
ferocemente
per
tutto
il
cammino
.