Saggistica ,
AI
MIEI
CARI
AMICI
DI
PERA
ENRICO
SANTORO
GIOVANNI
ROSSASCO
E
FAUSTO
ALBERI
Amigos
,
es
este
mi
último
libro
de
viaje
;
desde
adelante
no
escucharé
mas
que
las
inspiraciones
del
corazón
.
Luis
de
Guevara
,
Viaje
en
Egypto
.
L
'
ARRIVO
L
'
emozione
che
provai
entrando
in
Costantinopoli
mi
fece
quasi
dimenticare
tutto
quello
che
vidi
in
dieci
giorni
di
navigazione
dallo
stretto
di
Messina
all
'
imboccatura
del
Bosforo
.
Il
mar
Jonio
azzurro
e
immobile
come
un
lago
,
i
monti
lontani
della
Morea
tinti
di
rosa
dai
primi
raggi
del
sole
,
l
'
Arcipelago
dorato
dal
tramonto
,
le
rovine
d
'
Atene
,
il
golfo
di
Salonicco
,
Lemno
,
Tenedo
,
i
Dardanelli
,
e
molti
personaggi
e
casi
che
mi
divertirono
durante
il
viaggio
,
si
sbiadirono
per
modo
nella
mente
,
dopo
visto
il
Corno
d
'
oro
,
che
se
ora
li
volessi
descrivere
,
dovrei
lavorare
più
d
'
immaginazione
che
di
memoria
.
Perché
la
prima
pagina
del
mio
libro
m
'
esca
viva
e
calda
dall
'
anima
,
debbo
cominciare
dall
'
ultima
notte
del
viaggio
,
in
mezzo
al
mare
di
Marmara
,
nel
punto
che
il
capitano
del
bastimento
s
'
avvicinò
a
me
e
al
mio
amico
Yunk
,
e
mettendoci
le
mani
sulle
spalle
,
disse
col
suo
schietto
accento
palermitano
:
-
Signori
!
Domattina
all
'
alba
vedremo
i
primi
minareti
di
Stambul
.
Ah
!
ella
sorride
,
mio
buon
lettore
,
pieno
di
quattrini
e
di
noia
;
ella
che
,
anni
sono
,
quando
le
saltò
il
ticchio
d
'
andare
a
Costantinopoli
,
in
ventiquattr
'
ore
rifornì
la
borsa
e
fece
le
valigie
,
e
partì
tranquillamente
come
per
una
gita
in
campagna
,
incerto
fino
all
'
ultimo
momento
se
non
fosse
meglio
prendere
invece
la
via
di
Baden
-
Baden
!
Se
il
capitano
del
bastimento
ha
detto
anche
a
lei
:
-
Domani
mattina
vedremo
Stambul
-
lei
avrà
risposto
flemmaticamente
:
-
Ne
ho
piacere
.
-
Ma
bisogna
aver
covato
quel
desiderio
per
dieci
anni
,
aver
passato
molte
sere
d
'
inverno
guardando
melanconicamente
la
carta
d
'
Oriente
,
essersi
rinfocolata
l
'
immaginazione
colla
lettura
di
cento
volumi
,
aver
girato
mezza
l
'
Europa
soltanto
per
consolarsi
di
non
poter
vedere
quell
'
altra
mezza
,
essere
stati
inchiodati
un
anno
a
tavolino
con
quell
'
unico
scopo
,
aver
fatto
mille
piccoli
sacrifizi
,
e
conti
su
conti
,
e
castelli
su
castelli
,
e
battagliole
in
casa
;
bisogna
infine
aver
passato
nove
notti
insonni
sul
mare
,
con
quell
'
immagine
immensa
e
luminosa
davanti
agli
occhi
,
felici
tanto
da
provar
quasi
un
sentimento
di
rimorso
pensando
alle
persone
care
che
si
sono
lasciate
a
casa
;
e
allora
si
capisce
che
cosa
voglion
dire
quelle
parole
:
-
Domani
all
'
alba
vedremo
i
primi
minareti
di
Stambul
;
-
e
invece
di
rispondere
flemmaticamente
:
-
ne
ho
piacere
-
si
picchia
un
pugno
formidabile
sul
parapetto
del
bastimento
.
Un
gran
piacere
per
me
e
per
il
mio
amico
era
la
profonda
certezza
che
la
nostra
immensa
aspettazione
non
sarebbe
stata
delusa
.
Su
Costantinopoli
infatti
non
ci
son
dubbi
;
anche
il
viaggiatore
più
diffidente
ci
va
sicuro
del
fatto
suo
;
nessuno
ci
ha
mai
provato
un
disinganno
.
E
non
c
'
entra
il
fascino
delle
grandi
memorie
e
la
consuetudine
dell
'
ammirazione
.
È
una
bellezza
universale
e
sovrana
,
dinanzi
alla
quale
il
poeta
e
l
'
archeologo
,
l
'
ambasciatore
e
il
negoziante
,
la
principessa
e
il
marinaio
,
il
figlio
del
settentrione
e
il
figlio
del
mezzogiorno
,
tutti
hanno
messo
un
grido
di
maraviglia
.
È
il
più
bel
luogo
della
terra
a
giudizio
di
tutta
la
terra
.
Gli
scrittori
di
viaggi
,
arrivati
là
,
perdono
il
capo
.
Il
Perthusier
balbetta
,
il
Tournefort
dice
che
la
lingua
umana
è
impotente
,
il
Pouqueville
crede
d
'
esser
rapito
in
un
altro
mondo
,
il
La
Croix
è
innebriato
,
il
visconte
di
Marcellus
rimane
estatico
,
il
Lamartine
ringrazia
Iddio
,
il
Gautier
dubita
della
realtà
di
quello
che
vede
;
e
tutti
accumulano
immagini
sopra
immagini
,
fanno
scintillare
lo
stile
e
si
tormentano
invano
per
trovare
un
'
espressione
che
non
riesca
miseramente
al
disotto
del
proprio
pensiero
.
Il
solo
Chateaubriand
descrive
la
sua
entrata
in
Costantinopoli
con
un
'
apparenza
di
tranquillità
d
'
animo
che
reca
stupore
;
ma
non
tralascia
di
dire
che
è
il
più
bello
spettacolo
dell
'
universo
;
e
se
la
celebre
Lady
Montague
,
pronunziando
la
stessa
sentenza
,
ci
premette
un
forse
,
è
da
credersi
che
l
'
abbia
fatto
per
lasciare
tacitamente
il
primo
posto
alla
propria
bellezza
,
della
quale
si
dava
molto
pensiero
.
C
'
è
persino
un
freddo
tedesco
il
quale
dice
che
le
più
belle
illusioni
della
gioventù
e
i
sogni
stessi
del
primo
amore
sono
pallide
immagini
in
confronto
del
senso
di
dolcezza
che
invade
l
'
anima
alla
vista
di
quei
luoghi
fatati
;
e
un
dotto
francese
afferma
che
la
prima
impressione
che
fa
Costantinopoli
è
lo
spavento
.
Immagini
chi
legge
il
ribollimento
che
dovevano
produrre
tutte
queste
parole
di
foco
,
cento
volte
ripetute
,
nel
cervello
d
'
un
bravo
pittore
di
ventiquattr
'
anni
,
e
in
quello
d
'
un
cattivo
poeta
di
vent
'
otto
!
Ma
nemmeno
queste
lodi
illustri
di
Costantinopoli
ci
bastavano
,
e
cercavamo
le
testimonianze
dei
marinai
.
E
anch
'
essi
,
povera
gente
rozza
,
per
dare
un
'
idea
di
quella
bellezza
,
sentivano
il
bisogno
d
'
esprimersi
con
qualche
similitudine
o
parola
straordinaria
,
e
la
cercavano
volgendo
gli
occhi
qua
e
là
e
stropicciando
le
dita
,
e
facevano
dei
tentativi
di
descrizione
con
quel
suono
di
voce
che
par
che
venga
di
lontano
e
quei
gesti
larghi
e
lenti
con
cui
la
gente
del
popolo
esprime
la
meraviglia
quando
non
le
bastano
le
parole
.
-
Entrare
con
una
bella
mattinata
in
Costantinopoli
-
,
ci
disse
il
capo
dei
timonieri
-
,
credete
a
me
,
signori
:
è
un
bel
momento
nella
vita
d
'
un
uomo
.
Anche
il
tempo
ci
sorrideva
;
era
una
notte
serena
e
tepida
;
il
mare
accarezzava
con
un
mormorìo
leggerissimo
i
fianchi
del
bastimento
;
gli
alberi
e
i
più
minuti
cordami
si
disegnavano
netti
ed
immobili
sul
cielo
coperto
di
stelle
;
non
pareva
nemmeno
che
si
navigasse
.
A
prora
v
'
era
una
folla
di
turchi
sdraiati
che
fumavano
beatamente
il
loro
narghilè
col
viso
rivolto
alla
luna
,
la
quale
faceva
un
contorno
d
'
argento
ai
loro
turbanti
bianchi
;
a
poppa
un
visibilio
di
gente
d
'
ogni
paese
,
fra
cui
una
compagnia
famelica
di
commedianti
greci
che
s
'
erano
imbarcati
al
Pireo
.
Vedo
ancora
,
in
mezzo
a
una
nidiata
di
bambine
russe
che
vanno
a
Odessa
colla
madre
,
il
visetto
della
piccola
Olga
,
tutta
meravigliata
ch
'
io
non
capisca
la
sua
lingua
e
indispettita
d
'
avermi
fatto
tre
volte
la
medesima
domanda
senza
ottenere
una
risposta
intelligibile
.
Ho
da
una
parte
un
grosso
e
sucido
prete
greco
,
col
cappello
a
staio
rovesciato
,
che
cerca
col
canocchiale
l
'
arcipelago
di
Marmara
;
dall
'
altra
un
ministro
evangelico
inglese
,
rigido
e
freddo
come
una
statua
,
che
in
tre
giorni
non
ha
ancora
detto
una
parola
nè
guardato
in
faccia
anima
viva
;
davanti
,
due
belle
signorine
ateniesi
colla
berrettina
rossa
e
le
treccie
giù
per
le
spalle
,
che
appena
uno
le
guarda
,
si
voltano
tutte
due
insieme
verso
il
mare
per
farsi
vedere
di
profilo
;
un
po
'
più
in
là
un
negoziante
armeno
che
fa
scorrere
tra
le
dita
le
pallottoline
del
rosario
orientale
,
un
gruppo
d
'
ebrei
vestiti
del
costume
antico
,
degli
albanesi
colle
sottanine
bianche
,
un
'
istitutrice
francese
che
fa
la
malinconica
,
qualcuno
di
quei
soliti
viaggiatori
di
nessuna
tinta
,
che
non
si
capisce
di
che
paese
siano
nè
che
mestiere
facciano
;
e
in
mezzo
a
questa
gente
,
una
piccola
famiglia
turca
composta
d
'
un
babbo
in
fez
,
d
'
una
mamma
velata
e
di
due
bambine
coi
calzoncini
,
tutti
e
quattro
accovacciati
sotto
una
tenda
,
a
traverso
un
mucchio
di
materasse
e
di
cuscinetti
variopinti
,
in
mezzo
a
una
corona
di
carabattole
d
'
ogni
forma
e
d
'
ogni
colore
.
Come
si
sentiva
la
vicinanza
di
Costantinopoli
!
C
'
era
una
vivacità
insolita
.
Quasi
tutti
i
visi
che
s
'
intravvedevano
al
lume
delle
lanterne
,
erano
visi
allegri
.
Le
bambine
russe
saltellavano
intorno
alla
madre
gridando
l
'
antico
nome
russo
di
Stambul
:
-
Zavegorod
!
Zavegorod
!
-
Passando
accanto
ai
crocchi
,
si
udivano
qua
e
là
i
nomi
di
Galata
,
di
Pera
,
di
Scutari
,
di
Bujukderé
,
di
Terapia
,
che
luccicavano
alla
mia
fantasia
come
le
prime
scintille
d
'
un
grande
foco
d
'
artifizio
sul
punto
d
'
accendersi
.
Anche
i
marinai
erano
contenti
d
'
avvicinarsi
a
quel
luogo
dove
,
com
'
essi
dicevano
,
si
dimenticano
almeno
per
un
'
ora
tutte
le
noie
della
vita
.
Persino
a
prora
,
in
mezzo
a
quel
biancume
di
turbanti
,
c
'
era
un
movimento
straordinario
:
anche
quei
mussulmani
pigri
e
impassibili
vedevano
già
cogli
occhi
della
immaginazione
ondulare
all
'
orizzonte
i
fantastici
contorni
di
Ummelunià
,
la
madre
del
mondo
,
"
la
città
"
,
come
dice
il
Corano
,
"
di
cui
un
lato
guarda
la
terra
e
due
guardano
il
mare
.
"
Pareva
che
il
bastimento
,
anche
senza
la
forza
motrice
del
vapore
,
avrebbe
dovuto
andare
innanzi
da
sè
,
spinto
dall
'
impeto
dei
desiderii
e
delle
impazienze
che
fremevano
sulle
sue
tavole
.
Di
tratto
in
tratto
mi
appoggiavo
al
parapetto
per
guardare
in
mare
,
e
mi
pareva
che
cento
voci
confuse
mi
parlassero
col
mormorìo
delle
acque
.
Erano
tutte
le
persone
che
mi
amano
,
che
dicevano
:
Va
,
va
,
figliuolo
,
fratello
,
amico
,
va
;
va
a
goderti
la
tua
Costantinopoli
;
te
la
sei
guadagnata
,
sii
felice
,
e
Dio
t
'
accompagni
.
Soltanto
verso
la
mezzanotte
i
viaggiatori
cominciarono
a
scendere
sotto
coperta
.
Il
mio
amico
ed
io
scendemmo
gli
ultimi
e
a
passo
di
formica
,
perché
ci
ripugnava
d
'
andare
a
chiudere
fra
quattro
pareti
un
'
allegrezza
a
cui
pareva
angusto
il
circuito
della
Propontide
.
Quando
fummo
a
metà
della
scaletta
sentimmo
la
voce
del
capitano
che
c
'
invitava
a
salire
la
mattina
seguente
sul
ponte
riserbato
al
comando
.
-
Siano
su
prima
del
levar
del
sole
,
-
gridò
affacciandosi
alla
botola
-
;
faccio
buttare
in
mare
chi
ritarda
.
Una
minaccia
più
superflua
non
è
mai
stata
fatta
dopo
che
mondo
è
mondo
.
Io
non
chiusi
occhio
.
Credo
che
il
giovane
Maometto
II
,
in
quella
famosa
notte
di
Adrianopoli
,
in
cui
disfece
il
letto
a
furia
di
voltarsi
e
di
rivoltarsi
,
agitato
dalla
visione
della
città
di
Costantino
,
non
abbia
fatto
tanti
rivoltoloni
quanti
ne
feci
io
nella
mia
cuccetta
in
quelle
quattr
'
ore
d
'
aspettazione
.
Per
dominare
i
miei
nervi
,
provai
a
contare
fino
a
mille
,
a
tener
l
'
occhio
fisso
sulle
ghirlande
bianche
che
l
'
acqua
rotta
dal
bastimento
sollevava
intorno
all
'
occhio
del
mio
camerino
,
a
canterellare
delle
ariette
cadenzate
sul
rumore
monotono
della
macchina
a
vapore
;
ma
era
inutile
.
Avevo
la
febbre
,
mi
sentivo
mancare
il
respiro
e
la
notte
mi
pareva
eterna
.
Appena
vidi
un
barlume
di
giorno
,
saltai
giù
;
Yunk
era
già
in
piedi
;
ci
vestimmo
in
furia
,
e
salimmo
in
tre
salti
sopra
coperta
.
Maledizione
!
C
'
era
la
nebbia
.
Una
nebbia
fitta
copriva
l
'
orizzonte
da
tutte
le
parti
;
pareva
imminente
la
pioggia
;
il
grande
spettacolo
dell
'
entrata
in
Costantinopoli
era
perduto
;
il
nostro
più
ardente
desiderio
,
deluso
;
il
viaggio
in
una
parola
,
sciupato
!
Io
rimasi
annichilito
.
In
quel
punto
comparve
il
capitano
col
suo
solito
sorrisetto
sulle
labbra
.
Non
ci
fu
bisogno
di
parlare
;
appena
ci
vide
,
capì
,
e
battendoci
una
mano
sulla
spalla
,
disse
in
tuono
di
consolazione
:
-
Niente
,
niente
.
Non
si
sgomentino
,
signori
.
Benedicano
anzi
questa
nebbia
.
In
grazia
della
nebbia
loro
faranno
la
più
bella
entrata
in
Costantinopoli
che
abbiano
mai
potuto
desiderare
.
Fra
due
ore
avremo
un
sereno
meraviglioso
.
Riposino
sulla
mia
parola
.
Mi
sentii
tornare
la
vita
.
Salimmo
sul
ponte
del
Comando
.
A
prora
tutti
i
turchi
erano
già
seduti
a
gambe
incrociate
sui
loro
tappeti
,
col
viso
rivolto
verso
Costantinopoli
.
In
pochi
minuti
tutti
gli
altri
viaggiatori
usciron
fuori
,
armati
di
canocchiali
d
'
ogni
forma
,
e
si
appoggiarono
,
stesi
in
una
lunga
fila
,
al
parapetto
di
sinistra
,
come
alla
balaustrata
d
'
una
galleria
di
teatro
.
Tirava
un
'
arietta
fresca
;
nessuno
parlava
.
Tutti
gli
occhi
e
tutti
i
canocchiali
si
rivolsero
a
poco
a
poco
verso
la
riva
settentrionale
del
mare
di
Marmara
.
Ma
non
si
vedeva
ancor
nulla
.
La
nebbia
però
non
formava
che
una
fascia
biancastra
all
'
orizzonte
,
sopra
la
quale
splendeva
il
cielo
sereno
e
dorato
.
Diritto
dinanzi
a
noi
,
nella
direzione
della
prora
,
appariva
confusamente
il
piccolo
arcipelago
delle
nove
Isole
dei
Principi
,
le
Demonesi
degli
antichi
,
luogo
di
piaceri
della
Corte
al
tempo
del
Basso
Impero
,
ed
ora
luogo
di
ritrovo
e
di
festa
degli
abitanti
di
Costantinopoli
.
Le
due
rive
del
mar
di
Marmara
erano
ancora
completamente
nascoste
.
Soltanto
dopo
un
'
ora
che
s
'
era
sul
ponte
si
vide
...
Ma
è
impossibile
intender
bene
la
descrizione
dell
'
entrata
in
Costantinopoli
,
se
non
si
ha
chiara
nella
mente
la
configurazione
della
città
.
Supponga
il
lettore
d
'
aver
davanti
a
sè
l
'
imboccatura
del
Bosforo
,
il
braccio
di
mare
che
separa
l
'
Asia
dall
'
Europa
e
congiunge
il
mar
di
Marmara
col
mar
Nero
.
Stando
così
s
'
ha
la
riva
asiatica
a
destra
e
la
riva
europea
a
sinistra
;
di
qui
l
'
antica
Tracia
,
di
là
l
'
antica
Anatolia
.
Andando
innanzi
,
infilando
cioè
il
braccio
di
mare
,
si
trova
a
sinistra
,
appena
oltrepassata
l
'
imboccatura
,
un
golfo
,
una
rada
strettissima
,
la
quale
forma
col
Bosforo
un
angolo
quasi
retto
,
e
si
sprofonda
per
parecchie
miglia
nella
terra
europea
,
incurvandosi
a
modo
di
un
corno
di
bue
;
donde
il
nome
di
Corno
d
'
oro
,
ossia
corno
dell
'
abbondanza
,
perché
v
'
affluivano
,
quand
'
era
porto
di
Bisanzio
,
le
ricchezze
di
tre
continenti
.
Nell
'
angolo
di
terra
europea
,
che
da
una
parte
è
bagnato
dal
mar
di
Marmara
e
dall
'
altra
dal
Corno
d
'
oro
,
dov
'
era
l
'
antica
Bisanzio
,
s
'
innalza
,
sopra
sette
colline
,
Stambul
,
la
città
turca
.
Nell
'
altro
angolo
,
bagnato
dal
Corno
d
'
oro
e
dal
Bosforo
,
s
'
innalzano
Galata
e
Pera
,
le
città
franche
.
In
faccia
all
'
apertura
del
Corno
d
'
oro
,
sopra
le
colline
della
riva
asiatica
,
sorge
la
città
di
Scutari
.
Quella
dunque
,
che
si
chiama
Costantinopoli
,
è
formata
da
tre
grandi
città
divise
dal
mare
,
ma
poste
l
'
una
in
faccia
all
'
altra
,
e
la
terza
in
faccia
alle
due
prime
,
e
tanto
vicine
tra
loro
,
che
da
ciascuna
delle
tre
rive
si
vedono
distintamente
gli
edifizii
delle
altre
due
,
presso
a
poco
come
da
una
parte
all
'
altra
della
Senna
e
del
Tamigi
nei
punti
dove
sono
più
larghi
a
Parigi
e
a
Londra
.
La
punta
del
triangolo
su
cui
s
'
innalza
Stambul
,
ritorta
verso
il
Corno
d
'
oro
,
è
quel
famoso
Capo
del
Serraglio
,
il
quale
nasconde
fino
all
'
ultimo
momento
,
agli
occhi
di
chi
viene
dal
mar
di
Marmara
,
la
vista
delle
due
rive
del
Corno
,
ossia
la
parte
più
grande
e
più
bella
di
Costantinopoli
.
Fu
il
Capitano
del
bastimento
,
che
col
suo
occhio
di
marinaio
scoperse
per
il
primo
il
primo
barlume
di
Stambul
.
Le
due
signore
ateniesi
,
la
famiglia
russa
,
il
ministro
inglese
,
Yunk
,
io
ed
altri
,
che
andavamo
tutti
a
Costantinopoli
per
la
prima
volta
,
stavamo
intorno
a
lui
stretti
in
un
gruppo
,
silenziosi
,
stancandoci
gli
occhi
inutilmente
sopra
la
nebbia
,
quand
'
egli
stese
il
braccio
a
sinistra
,
verso
la
riva
europea
,
e
gridò
:
-
Signori
,
ecco
il
primo
spiraglio
.
Era
un
punto
bianco
,
la
sommità
d
'
un
minareto
altissimo
,
di
cui
la
parte
di
sotto
rimaneva
ancora
nascosta
.
Tutti
vi
appuntarono
su
i
canocchiali
e
si
misero
a
frugare
cogli
occhi
in
quel
piccolo
squarcio
della
nebbia
come
per
farlo
più
largo
.
Il
bastimento
filava
rapidamente
.
Dopo
pochi
minuti
si
vide
accanto
al
minareto
una
macchia
incerta
,
poi
due
,
poi
tre
,
poi
molte
che
a
poco
a
poco
prendevano
il
contorno
di
case
,
e
la
fila
s
'
allungava
,
s
'
allungava
.
Dinanzi
a
noi
e
sulla
nostra
destra
,
tutto
era
ancora
coperto
dalla
nebbia
.
Quella
che
s
'
andava
scoprendo
allora
,
era
la
parte
di
Stambul
che
s
'
allunga
,
formando
un
arco
di
circa
quattro
miglia
italiane
,
sulla
riva
settentrionale
del
mar
di
Marmara
,
fra
il
Capo
del
Serraglio
e
il
Castello
delle
Sette
Torri
.
Ma
tutta
la
collina
del
Serraglio
era
ancora
velata
.
Dietro
le
case
spuntavano
l
'
un
dopo
l
'
altro
i
minareti
,
altissimi
e
bianchi
,
e
le
loro
sommità
,
illuminate
dal
sole
,
erano
color
di
rosa
.
Sotto
le
case
cominciavano
a
scoprirsi
le
vecchie
mura
merlate
,
di
color
fosco
,
rafforzate
,
a
distanze
eguali
,
da
grosse
torri
,
che
formano
intorno
a
tutta
la
città
una
cintura
non
interrotta
,
contro
la
quale
si
rompono
le
onde
del
mare
.
In
poco
tempo
rimase
scoperto
un
tratto
di
città
lungo
due
miglia
;
ma
,
dico
il
vero
,
lo
spettacolo
non
corrispondeva
alla
mia
aspettazione
.
Eravamo
nel
punto
in
cui
il
Lamartine
domandò
a
sè
stesso
:
-
È
questa
Costantinopoli
?
-
e
gridò
:
-
Che
delusione
!
-
Le
colline
erano
ancora
nascoste
,
non
si
vedeva
che
la
riva
,
le
case
formavano
una
sola
fila
lunghissima
,
la
città
pareva
tutta
piana
.
-
Capitano
!
-
esclamai
anch
'
io
-
;
è
questa
Costantinopoli
?
-
Il
capitano
m
'
afferrò
per
un
braccio
,
e
accennando
colla
mano
dinanzi
a
sè
:
-
Uomo
di
poca
fede
!
-
gridò
-
;
guardi
lassù
.
-
Guardai
!
e
mi
fuggì
un
'
esclamazione
di
stupore
.
Un
'
ombra
enorme
,
una
mole
altissima
e
leggiera
,
ancora
coperta
da
un
velo
vaporoso
,
si
sollevava
al
cielo
dalla
sommità
d
'
un
'
altura
,
e
rotondeggiava
gloriosamente
nell
'
aria
,
in
mezzo
a
quattro
minareti
smisurati
e
snelli
,
di
cui
le
punte
inargentate
scintillavano
ai
primi
raggi
del
sole
.
-
Santa
Sofia
!
-
gridò
un
marinaio
;
e
una
delle
due
signore
ateniesi
disse
a
bassa
voce
:
-
Hagia
Sofia
!
(
La
santa
sapienza
)
.
I
turchi
a
prora
s
'
alzarono
in
piedi
.
Ma
già
dinanzi
e
accanto
alla
grande
basilica
,
si
sbozzavano
a
traverso
la
nebbia
altre
cupole
enormi
,
e
minareti
fitti
e
confusi
come
una
foresta
di
gigantesche
palme
senza
rami
-
La
moschea
del
Sultano
Ahmed
!
-
gridava
il
capitano
,
accennando
-
;
la
moschea
di
Bajazet
,
la
moschea
d
'
Osman
,
la
moschea
di
Laleli
,
la
moschea
di
Solimano
.
Ma
nessuno
lo
sentiva
più
.
Il
velo
si
squarciava
rapidamente
,
e
da
ogni
parte
balzavan
fuori
moschee
,
torri
,
mucchi
di
verzura
,
case
su
case
;
e
più
andavamo
innanzi
,
più
la
città
s
'
alzava
e
mostrava
più
distinti
i
suoi
grandi
contorni
rotti
,
capricciosi
,
bianchi
,
verdi
,
rosati
,
scintillanti
;
e
la
collina
del
serraglio
disegnava
già
intera
la
sua
forma
gentile
sopra
il
fondo
grigio
della
nebbia
lontana
.
Quattro
miglia
di
città
,
tutta
la
parte
di
Stambul
che
guarda
il
mare
di
Marmara
,
si
stendeva
dinanzi
a
noi
,
e
le
sue
mura
fosche
e
le
sue
case
di
mille
colori
si
riflettevano
nell
'
acqua
terse
e
nitide
come
in
uno
specchio
.
A
un
tratto
il
bastimento
si
fermò
.
Tutti
s
'
affollarono
intorno
al
capitano
domandando
perchè
.
Egli
ci
spiegò
che
per
andare
innanzi
bisognava
aspettare
che
svanisse
la
nebbia
.
La
nebbia
infatti
nascondeva
ancora
l
'
imboccatura
del
Bosforo
come
una
fitta
cortina
.
Ma
dopo
meno
d
'
un
minuto
,
si
poté
proseguire
,
andando
però
cautissimamente
.
Ci
avvicinavamo
alla
collina
dell
'
antico
serraglio
.
Qui
la
curiosità
mia
e
di
tutti
diventò
febbrile
.
-
Si
volti
in
là
-
,
mi
disse
il
capitano
-
e
aspetti
a
guardare
quando
tutta
la
collina
ci
sia
davanti
.
Mi
voltai
e
fissai
gli
occhi
sopra
uno
sgabello
che
mi
pareva
che
ballasse
.
-
Eccoci
!
-
esclamò
il
Capitano
dopo
qualche
momento
.
Mi
voltai
.
Il
bastimento
s
'
era
fermato
.
Eravamo
in
faccia
alla
collina
,
vicinissimi
.
È
una
grande
collina
tutta
vestita
di
cipressi
,
di
terebinti
,
d
'
abeti
e
di
platani
giganteschi
,
che
spingono
i
rami
fuori
delle
mura
merlate
fino
a
far
ombra
sul
mare
;
e
in
mezzo
a
questo
mucchio
di
verzura
s
'
alzano
disordinatamente
,
separati
e
a
gruppi
,
come
sparsi
a
caso
,
cime
di
chioschi
,
padiglioncini
coronati
di
gallerie
,
cupolette
inargentate
,
piccoli
edifizii
di
forme
gentili
e
strane
,
colle
finestre
ingraticolate
e
le
porte
a
rabeschi
;
tutto
bianco
,
piccino
,
mezzo
nascosto
,
che
lascia
indovinare
un
labirinto
di
giardini
,
di
corridoi
,
di
cortili
,
di
recessi
;
un
'
intera
città
chiusa
in
un
bosco
;
separata
dal
mondo
,
piena
di
mistero
e
di
tristezza
.
In
quel
momento
vi
batteva
su
il
sole
,
ma
la
ricopriva
ancora
un
velo
leggerissimo
.
Non
vi
si
vedeva
nessuno
,
non
vi
si
sentiva
il
più
leggiero
rumore
.
Tutti
i
viaggiatori
stavano
là
cogli
occhi
fissi
su
quel
colle
coronato
dalle
memorie
di
quattro
secoli
di
gloria
,
di
piaceri
,
d
'
amori
,
di
congiure
e
di
sangue
;
reggia
,
cittadella
e
tomba
della
grande
monarchia
ottomana
;
e
nessuno
parlava
,
nessuno
si
moveva
.
Quando
a
un
tratto
il
secondo
del
bastimento
gridò
:
-
Signori
,
si
vede
Scutari
!
Ci
voltammo
tutti
verso
la
riva
asiatica
.
Scutari
,
la
Città
d
'
oro
,
era
là
sparsa
a
perdita
d
'
occhi
sulle
sommità
e
per
i
fianchi
delle
sue
grandi
colline
,
velata
dai
vapori
luminosi
del
mattino
,
ridente
,
fresca
come
una
città
sorta
allora
al
tocco
d
'
una
verga
fatata
.
Chi
può
descrivere
quello
spettacolo
?
Il
linguaggio
con
cui
descriviamo
le
città
nostre
non
serve
a
dare
una
idea
di
quella
immensa
varietà
di
colori
e
di
prospetti
,
di
quella
meravigliosa
confusione
di
città
e
di
paesaggio
,
di
gaio
e
d
'
austero
,
d
'
europeo
,
d
'
orientale
,
di
bizzarro
,
di
gentile
,
di
grande
!
S
'
immagini
una
città
composta
di
diecimila
villette
gialle
e
purpuree
,
e
di
diecimila
giardini
lussureggianti
di
verde
,
in
mezzo
a
cui
s
'
alzano
cento
moschee
candide
come
la
neve
;
di
sopra
,
una
foresta
di
cipressi
enormi
:
il
più
grande
cimitero
dell
'
Oriente
;
alle
estremità
,
smisurate
caserme
bianche
,
gruppi
di
case
e
di
cipressi
,
villaggetti
raccolti
sui
poggi
,
dietro
ai
quali
ne
spuntano
altri
mezzo
nascosti
fra
la
verzura
;
e
per
tutto
cime
di
minareti
e
sommità
di
cupole
biancheggianti
fino
a
mezzo
il
dorso
d
'
una
montagna
che
chiude
come
una
gran
cortina
l
'
orizzonte
;
una
grande
città
sparpagliata
in
un
immenso
giardino
,
sopra
una
riva
qui
rotta
da
burroni
a
picco
,
vestiti
di
sicomori
,
là
digradante
in
piani
verdi
,
aperta
in
piccoli
seni
pieni
d
'
ombra
e
di
fiori
;
e
lo
specchio
azzurro
del
Bosforo
che
riflette
tutta
questa
bellezza
.
Mentre
stavo
guardando
Scutari
,
il
mio
amico
mi
toccò
col
gomito
per
annunziarmi
che
aveva
scoperto
un
'
altra
città
.
E
vidi
infatti
,
voltandomi
verso
il
mar
di
Marmara
,
sulla
stessa
riva
asiatica
,
al
di
là
di
Scutari
,
una
lunghissima
fila
di
case
,
di
moschee
e
di
giardini
dinanzi
a
cui
era
passato
il
bastimento
,
e
che
fino
allora
eran
rimasti
nascosti
dalla
nebbia
.
Col
canocchiale
si
discernevano
benissimo
i
caffè
,
i
bazar
,
le
case
all
'
europea
,
gli
scali
,
i
muri
di
cinta
degli
orti
,
le
barchette
sparse
lungo
la
riva
.
Era
Kadi
-
Kioi
,
il
villaggio
dei
giudici
,
posto
sulle
rovine
dell
'
antica
Calcedonia
,
già
rivale
di
Bisanzio
;
quella
Calcedonia
fondata
seicento
ottantacinque
anni
prima
di
Cristo
dai
Megaresi
,
ai
quali
fu
dato
dall
'
oracolo
di
Delfo
il
soprannome
di
ciechi
per
avere
scelto
quel
sito
invece
della
riva
opposta
dove
sorge
Stambul
.
-
E
tre
città
-
ci
disse
il
Capitano
-
;
le
contino
sulle
dita
perché
a
momenti
ne
salteranno
fuori
delle
altre
.
Il
bastimento
era
sempre
immobile
fra
Scutari
e
la
collina
del
Serraglio
.
La
nebbia
nascondeva
affatto
il
Bosforo
da
Scutari
in
là
,
e
tutta
Galata
e
tutta
Pera
che
stavano
dinanzi
a
noi
.
Ci
passavano
accanto
dei
barconi
,
dei
vaporini
,
dei
caicchi
,
dei
piccoli
legni
a
vela
;
ma
nessuno
li
guardava
.
Tutti
gli
occhi
erano
fissi
sulla
cortina
grigia
che
copriva
la
città
franca
.
Io
fremevo
d
'
impazienza
e
di
piacere
.
Ancora
pochi
momenti
,
e
lo
spettacolo
meraviglioso
,
che
strappa
un
grido
dall
'
anima
!
Appena
potevo
tener
fermo
agli
occhi
il
canocchiale
,
tanto
mi
tremava
la
mano
.
Il
capitano
mi
guardava
,
pover
'
uomo
,
e
godeva
della
mia
emozione
,
e
fregandosi
le
mani
esclamava
:
-
Ci
siamo
!
ci
siamo
!
Finalmente
incominciarono
ad
apparire
dietro
al
velo
prima
delle
macchie
bianchiccie
,
poi
il
contorno
vago
d
'
una
grande
altura
,
poi
uno
sparso
e
vivissimo
luccichio
di
vetrate
percosse
dal
sole
,
e
infine
Galata
e
Pera
in
piena
luce
,
un
monte
,
una
miriade
di
casette
di
tutti
i
colori
,
le
une
sulle
altre
;
una
città
altissima
coronata
di
minareti
,
di
cupole
e
di
cipressi
;
sulla
sommità
i
palazzi
monumentali
delle
Ambasciate
,
e
la
gran
torre
di
Galata
;
ai
piedi
il
vasto
arsenale
di
Tophanè
e
una
foresta
di
bastimenti
;
e
diradando
sempre
la
nebbia
,
la
città
s
'
allungava
rapidamente
dalla
parte
del
Bosforo
,
e
balzavano
fuori
borghi
dietro
borghi
,
distesi
dall
'
alto
dei
colli
fino
al
mare
,
vasti
,
fitti
,
picchiettati
di
bianco
dalle
moschee
;
file
di
bastimenti
,
piccoli
porti
,
palazzi
a
fior
d
'
acqua
,
padiglioni
,
giardini
,
chioschi
,
boschetti
;
e
confusi
nella
nebbia
lontana
,
altri
borghi
di
cui
si
vedevano
soltanto
le
sommità
dorate
dal
sole
;
uno
sbarbaglio
di
colori
,
un
rigoglio
di
verde
,
una
fuga
di
vedute
,
una
grandezza
,
una
delizia
,
una
grazia
da
far
prorompere
in
esclamazioni
insensate
.
Sul
bastimento
tutti
erano
a
bocca
aperta
:
viaggiatori
,
marinai
,
turchi
,
europei
,
bambini
.
Non
si
sentiva
uno
zitto
.
Non
si
sapeva
più
da
che
parte
guardare
.
Avevamo
da
una
parte
Scutari
e
Kadi
-
Kioi
;
dall
'
altra
la
collina
del
Serraglio
;
in
faccia
Galata
,
Pera
,
il
Bosforo
.
Per
vedere
ogni
cosa
,
bisognava
girare
sopra
sè
stessi
;
e
giravano
,
lanciando
da
tutte
le
parti
degli
sguardi
fiammeggianti
,
e
ridendo
e
gesticolando
senza
parlare
,
con
un
piacere
che
ci
soffocava
.
Che
bei
momenti
,
Dio
eterno
!
Eppure
il
più
grande
e
il
più
bello
rimaneva
da
vedere
.
Noi
eravamo
ancora
immobili
al
di
qua
della
punta
del
Serraglio
;
senza
oltrepassare
la
quale
non
si
può
vedere
il
Corno
d
'
oro
,
e
la
più
meravigliosa
veduta
di
Costantinopoli
è
sul
Corno
d
'
oro
.
-
Signori
,
stiano
attenti
-
esclamò
il
capitano
prima
di
dar
l
'
ordine
d
'
andare
avanti
;
-
ora
viene
il
momento
critico
.
In
tre
minuti
siamo
in
faccia
a
Costantinopoli
!
Provai
un
senso
di
freddo
.
Si
aspettò
qualche
altro
momento
.
Ah
!
come
mi
saltava
il
cuore
!
Con
che
febbre
nell
'
anima
aspettavo
quella
benedetta
parola
:
-
Avanti
!
-
Avanti
!
-
gridò
il
capitano
.
Il
bastimento
si
mosse
.
Andiamo
!
Re
,
principi
,
Cresi
,
potenti
e
fortunati
della
terra
,
in
quel
momento
io
ebbi
compassione
di
voi
;
il
mio
posto
sul
bastimento
valeva
tutti
i
vostri
tesori
,
e
non
avrei
venduto
un
mio
sguardo
per
un
impero
.
Un
minuto
-
un
altro
minuto
-
si
passa
la
punta
del
Serraglio
-
intravvedo
un
enorme
spazio
pieno
di
luce
e
un
'
immensità
di
cose
e
di
colori
-
la
punta
è
passata
...
Ecco
Costantinopoli
!
Costantinopoli
sterminata
,
superba
,
sublime
!
Gloria
alla
creazione
ed
all
'
uomo
!
Io
non
avevo
sognato
questa
bellezza
!
Ed
ora
descrivi
,
miserabile
!
profana
colla
tua
parola
questa
visione
divina
!
Chi
osa
descrivere
Costantinopoli
?
Chateaubriand
,
Lamartine
,
Gautier
,
che
cosa
avete
balbettato
?
Eppure
le
immagini
e
le
parole
s
'
affollano
alla
mente
e
fuggono
dalla
penna
.
Vedo
,
parlo
,
scrivo
,
tutto
ad
un
tempo
,
senza
speranza
,
ma
con
una
voluttà
che
m
'
innebria
.
Vediamo
dunque
.
Il
Corno
d
'
oro
,
diritto
dinanzi
a
noi
,
come
un
largo
fiume
;
e
sulle
due
rive
,
due
catene
d
'
alture
su
cui
s
'
innalzano
e
s
'
allungano
due
catene
parallele
di
città
,
che
abbracciano
otto
miglia
di
colli
,
di
vallette
,
di
seni
,
di
promontorii
;
cento
anfiteatri
di
monumenti
e
di
giardini
;
una
doppia
immensa
gradinata
di
case
,
di
moschee
,
di
bazar
,
di
serragli
,
di
bagni
,
di
chioschi
,
svariati
di
colori
infiniti
;
in
mezzo
ai
quali
migliaia
di
minareti
dalla
punta
lucente
s
'
alzano
al
cielo
come
smisurate
colonne
d
'
avorio
;
e
sporgono
boschi
di
cipressi
che
discendono
in
striscie
cupe
dalle
alture
al
mare
,
inghirlandando
sobborghi
e
forti
;
e
una
possente
vegetazione
sparsa
si
rizza
e
ribocca
da
ogni
parte
,
impennacchia
le
cime
,
serpeggia
fra
i
tetti
e
si
curva
sulle
sponde
.
A
destra
,
Galata
con
dinanzi
una
selva
di
antenne
e
di
bandiere
;
sopra
Galata
,
Pera
che
disegna
sul
cielo
i
possenti
contorni
dei
suoi
palazzi
europei
;
dinanzi
,
un
ponte
che
unisce
le
due
rive
,
corso
da
due
opposte
folle
variopinte
;
a
sinistra
,
Stambul
,
distesa
sulle
sue
larghe
colline
,
ognuna
delle
quali
sorregge
una
moschea
gigantesca
dalla
cupola
di
piombo
e
dalle
guglie
d
'
oro
:
Santa
Sofia
,
bianca
e
rosata
;
Sultano
Ahmed
,
fiancheggiata
da
sei
minareti
;
Solimano
il
Grande
,
coronata
di
dieci
cupole
;
Sultana
Validè
,
che
si
specchia
nelle
acque
;
sulla
quarta
collina
,
la
moschea
di
Maometto
II
;
sulla
quinta
,
la
moschea
di
Selim
;
sulla
sesta
,
il
serraglio
di
Tekyr
;
e
al
disopra
di
tutte
le
altezze
,
la
torre
bianca
del
Seraschiere
che
domina
le
rive
dei
due
continenti
dai
Dardanelli
al
mar
Nero
.
Di
là
dalla
sesta
collina
di
Stambul
e
di
là
da
Galata
non
si
vedono
più
che
profili
vaghi
,
punte
di
città
e
di
sobborghi
,
scorci
di
porti
,
di
flotte
e
di
boschi
,
quasi
svaniti
in
una
atmosfera
azzurrina
,
che
non
paiono
più
cose
reali
,
ma
inganni
dell
'
aria
e
della
luce
.
Come
afferrare
i
particolari
di
questo
quadro
prodigioso
?
Lo
sguardo
si
fissa
per
qualche
momento
sulle
rive
vicine
,
sopra
una
casetta
turca
o
sopra
un
minareto
dorato
;
ma
subito
si
rilancia
in
quella
profondità
luminosa
e
spazia
a
caso
fra
quelle
due
fughe
di
città
fantastiche
,
seguito
a
stento
dalla
mente
sbalordita
.
Una
maestà
infinitamente
serena
è
diffusa
su
tutta
quella
bellezza
:
un
non
so
che
di
giovanile
e
d
'
amoroso
,
che
risveglia
mille
rimembranze
di
racconti
di
fate
e
di
sogni
primaverili
;
un
che
d
'
aereo
,
d
'
arcano
e
di
grande
,
che
rapisce
la
fantasia
fuori
del
vero
.
Il
cielo
,
sfumato
a
finissime
tinte
opaline
ed
argentee
,
contorna
con
una
nettezza
meravigliosa
tutte
le
cose
;
il
mare
,
color
di
zaffiro
,
tutto
picchiettato
di
gavitelli
porporini
,
fa
tremolare
i
lunghi
riflessi
bianchi
dei
minareti
;
le
cupole
scintillano
;
tutta
quella
immensa
vegetazione
s
'
agita
e
freme
all
'
aria
della
mattina
;
nuvoli
di
colombi
svolazzano
intorno
alle
moschee
;
migliaia
di
caicchi
dipinti
e
dorati
guizzano
sulle
acque
;
il
venticello
del
Mar
Nero
porta
i
profumi
di
dieci
miglia
di
giardini
;
e
quando
inebriati
da
questo
paradiso
,
e
già
dimentichi
d
'
ogni
altra
cosa
,
ci
si
volta
indietro
,
si
vede
con
un
sentimento
nuovo
di
meraviglia
la
riva
dell
'
Asia
che
chiude
il
panorama
colla
bellezza
pomposa
di
Scutari
e
colle
cime
nevose
dell
'
Olimpo
di
Bitinia
;
il
mar
di
Marmara
sparso
d
'
isolette
e
biancheggiante
di
vele
;
e
il
Bosforo
coperto
di
navi
,
che
serpeggia
fra
due
file
interminabili
di
chioschi
,
di
palazzi
e
di
ville
,
e
si
perde
misteriosamente
in
mezzo
alle
più
ridenti
colline
dell
'
Oriente
.
Ah
sì
!
Questo
è
il
più
bello
spettacolo
della
terra
;
chi
lo
nega
è
ingrato
a
Dio
e
ingiuria
la
creazione
;
una
più
grande
bellezza
soverchierebbe
i
sensi
dell
'
uomo
!
Passata
la
prima
emozione
,
guardai
i
viaggiatori
:
tutte
le
faccie
erano
mutate
.
Le
due
signore
ateniesi
avevano
gli
occhi
inumiditi
;
la
signora
russa
,
nel
momento
solenne
,
s
'
era
stretta
sul
cuore
la
piccola
Olga
;
persino
il
freddo
prete
inglese
faceva
sentire
per
la
prima
volta
la
sua
voce
,
esclamando
di
tratto
in
tratto
:
-
wonderful
!
wonderful
!
-
(
stupendo
stupendo
!
)
.
Il
bastimento
s
'
era
fermato
poco
lontano
dal
ponte
;
in
pochi
minuti
vi
si
radunò
intorno
un
visibilio
di
barchette
e
irruppe
sopra
coperta
una
folla
di
facchini
turchi
,
greci
,
armeni
ed
ebrei
,
che
bestemmiando
un
italiano
dell
'
altro
mondo
,
s
'
impadronirono
delle
nostre
robe
e
delle
nostre
persone
.
Dopo
un
tentativo
inutile
di
resistenza
,
diedi
un
abbraccio
al
capitano
,
un
bacio
a
Olga
,
un
addio
a
tutti
e
scesi
col
mio
amico
in
un
caicco
a
quattro
remi
,
che
ci
condusse
alla
dogana
,
di
dove
ci
arrampicammo
per
un
labirinto
di
stradicciuole
fino
all
'
albergo
di
Bisanzio
,
sulla
sommità
della
collina
di
Pera
.
CINQUE
ORE
DOPO
La
visione
di
stamattina
è
svanita
.
Quella
Costantinopoli
tutta
luce
e
tutta
bellezza
è
una
città
mostruosa
,
sparpagliata
per
un
saliscendi
infinito
di
colline
e
di
valli
;
è
un
labirinto
di
formicai
umani
,
di
cimiteri
,
di
rovine
,
di
solitudini
;
una
confusione
non
mai
veduta
di
civiltà
e
di
barbarie
,
che
presenta
un
'
immagine
di
tutte
le
città
della
terra
e
raccoglie
in
sè
tutti
gli
aspetti
della
vita
umana
.
Non
ha
veramente
di
una
grande
città
che
lo
scheletro
,
che
è
la
piccola
parte
in
muratura
;
il
resto
è
un
enorme
agglomeramento
di
baracche
,
uno
sterminato
accampamento
asiatico
,
in
cui
brulica
una
popolazione
che
non
fu
mai
numerata
,
di
gente
d
'
ogni
razza
e
d
'
ogni
religione
.
È
una
grande
città
in
trasformazione
,
composta
di
città
vecchie
che
si
sfasciano
,
di
città
nuove
sorte
ieri
,
d
'
altre
città
che
stanno
sorgendo
.
Tutto
v
'
è
sossopra
;
da
ogni
parte
si
vedono
le
traccie
d
'
un
gigantesco
lavoro
:
monti
traforati
,
colli
sfiancati
,
borghi
rasi
al
suolo
,
grandi
strade
disegnate
;
un
immenso
sparpagliamento
di
macerie
e
d
'
avanzi
d
'
incendi
sopra
un
terreno
perpetuamente
tormentato
dalla
mano
dell
'
uomo
.
È
un
disordine
,
una
confusione
d
'
aspetti
disparati
,
un
succedersi
continuo
di
vedute
imprevedibili
e
strane
,
che
dà
il
capogiro
.
Andate
in
fondo
a
una
strada
signorile
,
è
chiusa
da
un
burrone
;
uscite
dal
teatro
,
vi
trovate
in
mezzo
alle
tombe
;
giungete
sulla
sommità
d
'
una
collina
,
vi
vedete
un
bosco
sotto
i
piedi
,
e
un
'
altra
città
sulla
collina
in
faccia
;
il
borgo
che
avete
attraversato
poc
'
anzi
,
lo
vedete
,
voltandovi
improvvisamente
,
in
fondo
a
una
valle
profonda
,
mezzo
nascosto
dagli
alberi
;
svoltate
intorno
a
una
casa
,
ecco
un
porto
;
scendete
per
una
strada
,
addio
città
!
siete
in
una
gola
deserta
,
da
cui
non
si
vede
altro
che
cielo
;
le
città
spuntano
,
si
nascondono
,
balzan
fuori
continuamente
sul
vostro
capo
,
ai
vostri
piedi
,
alle
vostre
spalle
,
vicine
e
lontane
,
al
sole
,
nell
'
ombra
,
fra
i
boschi
,
sul
mare
;
fate
un
passo
avanti
,
vedete
un
panorama
immenso
;
fate
un
passo
indietro
,
non
vedete
più
nulla
;
alzate
il
capo
,
mille
punte
di
minareti
;
scendete
d
'
un
palmo
,
spariscon
tutti
e
mille
.
Le
strade
,
infinitamente
reticolate
,
serpeggiano
fra
i
poggi
,
corrono
su
terrapieni
,
rasentano
precipizi
,
passano
sotto
gli
acquedotti
,
si
rompono
in
vicoli
,
discendono
in
gradinate
,
in
mezzo
ai
cespugli
,
alle
roccie
,
alle
rovine
,
alle
sabbie
.
Di
tratto
in
tratto
,
la
gran
città
piglia
come
un
respiro
nella
solitudine
della
campagna
,
e
poi
ricomincia
più
fitta
,
più
colorita
,
più
allegra
;
qui
pianeggia
,
là
s
'
arrampica
,
più
in
là
precipita
,
si
disperde
e
poi
si
riaffolla
;
in
un
luogo
fuma
e
strepita
,
in
un
altro
dorme
;
in
una
parte
rosseggia
tutta
,
in
un
'
altra
parte
è
tutta
bianca
,
in
una
terza
vi
domina
il
color
d
'
oro
,
una
quarta
presenta
l
'
aspetto
d
'
un
monte
di
fiori
.
La
città
elegante
,
il
villaggio
,
la
campagna
,
il
giardino
,
il
porto
,
il
deserto
,
il
mercato
,
la
necropoli
,
si
alternano
senza
fine
innalzandosi
l
'
uno
sull
'
altro
,
a
scaglioni
,
in
modo
che
da
certe
alture
si
abbracciano
con
uno
sguardo
solo
,
sopra
una
sola
china
,
tutte
le
varietà
d
'
una
provincia
.
Un
'
infinità
di
contorni
bizzarri
si
disegna
da
ogni
parte
sul
cielo
e
sulle
acque
,
così
fitti
,
così
pazzamente
spezzettati
e
dentellati
dalla
meravigliosa
varietà
delle
architetture
,
che
si
confondono
agli
occhi
come
se
tremolassero
e
s
'
intricassero
gli
uni
cogli
altri
.
In
mezzo
alle
casette
turche
si
alza
il
palazzo
europeo
;
dietro
il
minareto
,
il
campanile
;
sopra
la
terrazza
,
la
cupola
;
dietro
la
cupola
,
il
muro
merlato
;
i
tetti
alla
chinese
dei
chioschi
sopra
i
frontoni
dei
teatri
,
i
balconi
ingraticolati
degli
arem
di
rimpetto
ai
finestroni
a
vetrate
,
le
finestrine
moresche
in
faccia
ai
terrazzi
a
balaustri
,
le
nicchie
delle
madonne
sotto
gli
archetti
arabi
,
i
sepolcri
nei
cortili
,
le
torri
fra
i
tugurii
;
le
moschee
,
le
sinagoghe
,
le
chiese
greche
,
le
cattoliche
,
le
armene
,
le
une
sulle
altre
,
come
se
facessero
a
soverchiarsi
,
e
in
tutti
i
vani
,
cipressi
,
pini
a
ombrello
,
fichi
e
platani
che
stendono
i
rami
sopra
i
tetti
.
Una
indescrivibile
architettura
di
ripiego
asseconda
gli
infiniti
capricci
del
terreno
con
un
tritume
di
case
tagliate
a
spicchi
,
in
forma
di
torri
triangolari
,
di
piramidi
diritte
e
rovesciate
,
circondate
di
ponti
,
di
puntelli
e
di
fossi
,
ammucchiate
alla
rinfusa
,
come
massi
franati
da
una
montagna
.
A
ogni
cento
passi
tutto
muta
.
Qui
siete
in
una
strada
d
'
un
sobborgo
di
Marsiglia
;
svoltate
:
è
un
villaggio
asiatico
;
tornate
a
svoltare
:
è
un
quartiere
greco
;
svoltate
ancora
:
è
un
sobborgo
di
Trebisonda
.
Alla
lingua
,
ai
visi
,
all
'
aspetto
delle
case
riconoscete
di
aver
cangiato
di
stato
;
sono
spicchi
di
Francia
,
striscie
d
'
Italia
,
screziature
d
'
Inghilterra
,
innesti
di
Russia
.
Sulla
immensa
faccia
della
città
si
vede
rappresentata
ad
architetture
e
a
colori
la
grande
lotta
che
si
combatte
fra
la
famiglia
cristiana
che
riconquista
e
la
famiglia
islamitica
che
difende
colle
ultime
sue
forze
la
terra
sacra
.
Stambul
,
una
volta
tutta
turca
,
è
assalita
da
ogni
parte
da
quartieri
cristiani
,
che
la
rodono
lentamente
lungo
la
sponda
del
Corno
d
'
oro
e
del
Mar
di
Marmara
;
dall
'
altra
parte
la
conquista
procede
in
furia
:
le
chiese
,
i
palazzi
,
gli
ospedali
,
i
giardini
pubblici
,
gli
opifici
,
le
scuole
squarciano
i
quartieri
musulmani
,
soverchiano
i
cimiteri
,
si
avanzano
di
collina
in
collina
,
e
già
disegnano
vagamente
sul
terreno
sconvolto
la
forma
d
'
una
grande
città
che
un
giorno
coprirà
la
riva
europea
del
Bosforo
come
quella
d
'
ora
copre
le
rive
del
Corno
d
'
oro
.
Ma
da
queste
osservazioni
generali
distraggono
ad
ogni
passo
mille
cose
nuove
:
in
una
via
il
convento
dei
dervis
,
in
un
'
altra
la
caserma
di
stile
moresco
,
il
caffè
turco
,
il
bazar
,
la
fontana
,
l
'
acquedotto
.
In
un
quarto
d
'
ora
bisogna
cangiar
dieci
volte
d
'
andatura
:
scendere
,
arrampicarsi
,
saltellar
giù
per
una
china
,
salire
per
una
scalinata
di
macigni
,
affondar
nella
mota
e
scansar
mille
ostacoli
,
aprendosi
la
via
ora
tra
la
folla
,
ora
tra
gli
arbusti
,
ora
tra
i
cenci
appesi
,
ora
turandosi
il
naso
,
ora
aspirando
ondate
d
'
aria
odorosa
.
Dalla
gran
luce
d
'
un
sito
aperto
,
donde
si
vede
il
Bosforo
,
l
'
Asia
e
un
cielo
infinito
,
si
cala
con
pochi
passi
nell
'
oscurità
triste
d
'
una
rete
di
vicoli
fiancheggiati
da
case
cadenti
ed
irti
di
sassi
come
letti
di
ruscelli
;
da
un
verde
fresco
e
ombroso
,
in
un
polverio
soffocante
,
saettato
dal
sole
;
da
crocicchi
pieni
di
rumore
e
di
colori
,
in
recessi
sepolcrali
,
dove
non
è
mai
sonata
una
voce
umana
;
dal
divino
Oriente
dei
nostri
sogni
,
in
un
altro
Oriente
lugubre
,
immondo
,
decrepito
che
supera
ogni
più
nera
immaginazione
.
Dopo
un
giro
di
poche
ore
non
si
sa
più
dove
s
'
abbia
la
testa
.
A
chi
ci
domandasse
improvvisamente
che
cos
'
è
Costantinopoli
,
non
si
saprebbe
rispondere
che
mettendosi
una
mano
sulla
fronte
per
quetare
la
tempesta
dei
pensieri
.
Costantinopoli
è
una
Babilonia
,
un
mondo
,
un
caos
.
È
bella
?
Prodigiosa
.
È
brutta
?
Orrenda
.
Vi
piace
?
Ubbriaca
.
Ci
stareste
?
Chi
lo
sa
!
Chi
può
dire
che
starebbe
in
un
altro
astro
?
Si
ritorna
a
casa
pieni
d
'
entusiasmo
e
di
disinganni
,
rapiti
,
stomacati
,
abbarbagliati
,
storditi
,
con
un
disordine
nella
mente
che
somiglia
al
principio
d
'
una
congestione
cerebrale
,
e
che
si
queta
poi
a
poco
a
poco
in
una
prostrazione
profonda
e
in
un
tedio
mortale
.
Si
son
vissuti
parecchi
anni
in
fretta
,
e
ci
si
sente
invecchiati
.
E
la
popolazione
di
questa
città
mostruosa
?
IL
PONTE
Per
vedere
la
popolazione
di
Costantinopoli
bisogna
andare
sul
ponte
galleggiante
,
lungo
circa
un
quarto
di
miglio
,
che
si
stende
dalla
punta
più
avanzata
di
Galata
fino
alla
riva
opposta
del
Corno
d
'
oro
,
in
faccia
alla
grande
moschea
della
sultana
Validè
.
L
'
una
e
l
'
altra
riva
sono
terra
europea
;
ma
si
può
dire
che
il
ponte
unisce
l
'
Europa
all
'
Asia
,
perché
in
Stambul
non
v
'
è
d
'
europeo
che
la
terra
,
ed
hanno
colore
e
carattere
asiatico
anche
i
pochi
sobborghi
cristiani
che
le
fanno
corona
.
Il
Corno
d
'
Oro
,
che
ha
l
'
aspetto
d
'
un
fiume
,
separa
,
come
un
oceano
,
due
mondi
.
Le
notizie
degli
avvenimenti
d
'
Europa
,
che
circolano
per
Galata
e
per
Pera
,
vive
,
chiare
,
minute
,
commentate
,
non
giungono
all
'
altra
riva
che
monche
e
confuse
come
un
eco
lontano
;
la
fama
degli
uomini
e
delle
cose
più
grandi
dell
'
Occidente
,
s
'
arresta
dinanzi
a
quella
poc
'
acqua
,
come
dinanzi
a
un
baluardo
insuperabile
;
e
su
quel
ponte
dove
passano
centomila
persone
al
giorno
,
non
passa
ogni
dieci
anni
un
'
idea
.
Stando
là
,
si
vede
sfilare
in
un
'
ora
tutta
Costantinopoli
.
Sono
due
correnti
umane
inesauribili
,
che
s
'
incontrano
e
si
confondono
senza
posa
dal
levar
del
sole
al
tramonto
,
presentando
uno
spettacolo
del
quale
non
sono
certamente
che
una
pallida
immagine
i
mercati
delle
Indie
,
le
fiere
di
Niinj
-
Norgorod
e
le
feste
di
Pekino
.
Per
veder
qualche
cosa
bisogna
fissarsi
un
piccolo
tratto
del
ponte
e
non
guardare
che
lì
;
se
si
vaga
cogli
occhi
,
la
vista
s
'
abbarbaglia
e
la
testa
si
confonde
.
La
folla
passa
a
grandi
ondate
,
ognuna
delle
quali
offre
mille
colori
,
ed
ogni
gruppo
di
persone
rappresenta
un
gruppo
di
popoli
.
S
'
immagini
pure
qualunque
più
stravagante
accozzo
di
tipi
,
di
costumi
e
di
classi
sociali
;
non
si
giungerà
mai
ad
avere
un
'
idea
della
favolosa
confusione
che
si
vede
là
nello
spazio
di
venti
passi
e
nel
giro
di
dieci
minuti
.
Dietro
una
frotta
di
facchini
turchi
,
che
passano
correndo
,
curvi
sotto
pesi
enormi
,
s
'
avanza
una
portantina
intarsiata
di
madreperla
e
d
'
avorio
,
a
cui
fa
capolino
una
signora
armena
;
e
ai
due
lati
un
beduino
ravvolto
in
un
mantello
bianco
e
un
vecchio
turco
col
turbante
di
mussolina
e
il
caffettano
color
celeste
,
accanto
al
quale
cavalca
un
giovane
greco
seguito
dal
suo
dracomanno
colla
zuavina
ricamata
,
e
un
dervis
col
gran
cappello
conico
e
la
tonaca
di
pelo
di
cammello
,
che
si
scansa
per
lasciar
passare
la
carrozza
d
'
un
ambasciatore
europeo
,
preceduta
da
un
battistrada
gallonato
.
Tutto
questo
non
si
vede
,
s
'
intravvede
.
Prima
che
vi
siate
voltati
indietro
,
vi
trovate
in
mezzo
a
una
brigata
di
Persiani
col
berrettone
piramidale
d
'
astrakan
,
passati
i
quali
vi
vedete
dinanzi
un
ebreo
insaccato
in
un
lungo
vestito
giallo
aperto
sui
fianchi
;
una
zingara
scapigliata
,
che
porta
un
bambino
in
un
sacco
appeso
alla
schiena
;
un
prete
cattolico
,
con
bastone
e
breviario
;
mentre
in
mezzo
a
una
folla
confusa
di
greci
,
di
turchi
e
d
'
armeni
,
s
'
avanza
gridando
:
-
Largo
!
-
un
grosso
eunuco
a
cavallo
che
precede
una
carrozza
turca
,
dipinta
a
fiori
e
ad
uccelli
,
con
dentro
le
donne
d
'
un
arem
,
vestite
di
violetto
e
di
verde
,
e
ravvolte
in
grandi
veli
bianchi
;
e
dietro
,
una
suora
di
carità
d
'
uno
spedale
di
Pera
,
seguita
da
uno
schiavo
africano
che
porta
una
scimmia
,
e
da
un
raccontatore
di
storie
in
abito
di
negromante
.
E
,
cosa
naturale
,
ma
che
par
strana
al
nuovo
venuto
,
tutta
questa
gente
così
diversa
s
'
incontra
e
passa
oltre
senza
guardarsi
,
come
la
folla
di
Londra
;
nessuno
si
ferma
;
tutti
vanno
a
passo
affrettato
,
e
su
cento
visi
,
non
se
ne
vede
uno
che
sorrida
.
L
'
albanese
colle
sottanine
bianche
e
i
pistoloni
alla
cintura
,
passa
accanto
al
tartaro
vestito
di
pelle
di
montone
;
il
turco
a
cavallo
a
un
asino
bardato
con
gran
pompa
,
guizza
fra
due
file
di
cammelli
;
dietro
all
'
aiutante
di
campo
dodicenne
d
'
un
principino
imperiale
,
piantato
sopra
un
corsiero
arabo
,
barcolla
un
carro
carico
delle
masserizie
bizzarre
d
'
una
casa
turca
;
la
mussulmana
a
piedi
,
la
schiava
velata
,
la
greca
colla
berrettina
rossa
e
le
treccie
giù
per
le
spalle
,
la
maltese
incapucciata
nella
faldetta
nera
,
l
'
ebrea
vestita
dell
'
antichissimo
costume
della
Giudea
,
la
negra
ravvolta
in
uno
scialle
variopinto
del
Cairo
,
l
'
armena
di
Trebisonda
tutta
nera
e
velata
come
un
'
apparizione
funebre
,
si
trovano
qualche
volta
in
una
sola
fila
,
come
se
vi
si
fossero
messe
apposta
,
per
prender
risalto
l
'
una
dall
'
altra
.
È
un
musaico
cangiante
di
razze
e
di
religioni
che
si
compone
e
si
scompone
continuamente
con
una
rapidità
che
si
può
appena
seguire
collo
sguardo
.
È
bello
tener
gli
occhi
fissi
sul
tavolato
del
ponte
,
non
guardando
altro
che
i
piedi
:
passano
tutte
le
calzature
della
terra
,
da
quella
d
'
Adamo
agli
stivaletti
all
'
ultima
moda
di
Parigi
:
babbuccie
gialle
di
turchi
,
rosse
di
armeni
,
turchine
di
greci
,
nere
d
'
israeliti
;
sandali
,
stivaloni
del
Turkestan
,
ghette
albanesi
,
scarpette
scollate
,
gambass
di
mille
colori
dei
cavallari
dell
'
Asia
minore
,
pantofole
ricamate
d
'
oro
,
alpargatas
alla
spagnuola
,
calzature
di
raso
,
di
corda
,
di
cenci
,
di
legno
,
fitte
in
maniera
che
mentre
se
ne
guarda
una
,
se
ne
intravvedono
cento
.
A
non
badarci
bene
,
c
'
è
da
essere
rovesciati
a
ogni
passo
.
Ora
è
un
portatore
d
'
acqua
con
un
otre
colossale
sul
dorso
,
ora
una
signora
russa
a
cavallo
,
ora
un
drappello
di
soldati
imperiali
,
vestiti
alla
zuava
,
che
par
che
vadano
all
'
assalto
,
ora
una
squadra
di
facchini
armeni
che
passano
reggendo
sulle
spalle
,
a
due
a
due
,
delle
lunghissime
sbarre
,
a
cui
sono
sospese
delle
balle
smisurate
di
mercanzia
;
ora
delle
frotte
di
turchi
che
si
lanciano
a
destra
e
a
sinistra
del
ponte
per
imbarcarsi
sui
piroscafi
.
È
uno
scalpiccio
,
un
fruscio
,
un
sonare
di
voci
esotiche
,
di
note
gutturali
,
d
'
aspirazioni
,
d
'
interjezioni
incomprensibili
,
in
mezzo
a
cui
le
poche
parole
francesi
o
italiane
che
arrivano
agli
orecchi
di
tratto
in
tratto
,
fanno
l
'
effetto
di
punti
luminosi
in
una
tenebra
fitta
.
Le
figure
che
dan
più
nell
'
occhio
in
quella
folla
,
sono
i
Circassi
,
che
vanno
per
lo
più
a
tre
,
a
cinque
insieme
,
a
passo
lento
;
pezzi
d
'
uomini
barbuti
,
dalla
faccia
terribile
,
che
portano
un
grosso
berrettone
di
pelo
alla
foggia
dell
'
antica
guardia
napoleonica
,
un
lungo
caffettano
nero
,
un
pugnale
alla
cintura
e
un
cartucciere
d
'
argento
sul
petto
;
vere
figure
di
briganti
,
ognuno
dei
quali
pare
che
sia
venuto
a
Costantinopoli
per
vendere
una
figliuola
o
una
sorella
,
e
debba
avere
le
mani
intrise
di
sangue
russo
.
Poi
i
siriani
col
loro
vestito
in
forma
di
dalmatica
bizantina
e
il
capo
ravvolto
in
un
fazzoletto
rigato
d
'
oro
;
i
bulgari
,
vestiti
d
'
un
saio
grossolano
,
con
un
berretto
incoronato
di
pelliccia
;
i
giorgiani
con
un
caschetto
di
cuoio
verniciato
e
la
tunica
stretta
alla
vita
da
un
cerchio
metallico
;
i
greci
dell
'
arcipelago
coperti
da
capo
a
piedi
di
ricami
,
di
nappine
e
di
bottoncini
luccicanti
.
La
folla
di
tanto
in
tanto
radeggia
un
poco
;
ma
subito
s
'
avanzano
altre
frotte
serrate
,
ondate
di
papaline
rosse
e
di
turbanti
bianchi
,
in
mezzo
ai
quali
spuntano
cappelli
cilindrici
,
ombrelle
e
pettinature
piramidali
di
signore
europee
,
che
par
che
galleggino
portate
via
da
quel
torrente
musulmano
.
C
'
è
da
stupire
soltanto
a
notare
la
varietà
della
gente
di
religione
.
Qui
luccica
il
cucuzzolo
d
'
un
padre
cappuccino
,
là
torreggia
il
turbante
alla
giannizzera
d
'
un
ulema
,
più
in
là
ondeggia
il
velo
nero
d
'
un
prete
armeno
.
Passano
degli
iman
colla
tunica
bianca
,
delle
monache
stimmatine
,
dei
cappellani
dell
'
esercito
turco
,
vestiti
di
verde
,
colla
sciabola
al
fianco
,
dei
frati
domenicani
,
dei
pellegrini
reduci
dalla
Mecca
con
un
talismano
appeso
al
collo
,
dei
gesuiti
,
dei
dervis
,
-
e
questo
è
strano
davvero
-
dei
dervis
che
nelle
moschee
si
straziano
le
carni
in
espiazione
dei
peccati
,
e
passando
il
ponte
si
riparano
dal
sole
coll
'
ombrellino
.
A
starci
bene
attenti
,
seguono
in
quella
confusione
mille
piccoli
accidenti
amenissimi
.
È
un
eunuco
che
mostra
il
bianco
dell
'
occhio
a
un
zerbinotto
cristiano
,
il
quale
ha
guardato
troppo
curiosamente
dentro
alla
carrozza
della
sua
padrona
;
è
una
cocotte
francese
,
vestita
coll
'
ultimo
figurino
,
che
pedina
il
figliuolo
d
'
un
pascià
ingioiellato
e
inguantato
;
è
una
signora
di
Stambul
che
finge
di
aggiustarsi
il
velo
per
sbirciar
lo
strascico
d
'
una
signora
di
Pera
;
è
un
sergente
di
cavalleria
in
uniforme
di
gala
,
che
si
ferma
nel
bel
mezzo
del
ponte
,
si
stringe
il
naso
con
due
dita
e
slancia
nello
spazio
un
guai
a
chi
tocca
,
da
mettere
i
brividi
;
è
un
ciurmadore
che
,
preso
un
soldo
da
un
povero
diavolo
,
gli
fa
sul
viso
un
gesto
cabalistico
,
che
lo
deve
guarire
del
mal
d
'
occhi
;
è
una
famiglia
di
viaggiatori
grandi
e
piccini
,
arrivata
quel
giorno
stesso
,
che
s
'
è
smarrita
in
mezzo
a
una
turba
di
canaglia
asiatica
,
e
la
madre
cerca
i
bimbi
che
strillano
,
e
gli
uomini
si
fanno
largo
a
spintoni
.
I
cammelli
,
i
cavalli
,
le
portantine
,
le
carrozze
,
i
buoi
,
le
carrette
,
le
botti
rotolate
,
gli
asini
sanguinolenti
,
i
cani
spelacchiati
,
formano
delle
lunghe
file
,
che
dividono
per
mezzo
la
folla
.
Qualche
volta
passa
un
grosso
pascià
di
tre
code
,
sdraiato
in
una
carrozza
splendida
,
seguito
a
piedi
dal
suo
portapipa
,
dalla
sua
guardia
e
da
un
nero
,
e
allora
tutti
i
turchi
salutano
toccandosi
la
fronte
e
il
petto
,
e
le
mendicanti
musulmane
,
orribili
megere
,
col
volto
imbaccucato
e
il
seno
nudo
,
si
slanciano
agli
sportelli
chiedendo
l
'
elemosina
.
Gli
eunuchi
fuor
di
servizio
,
passano
a
due
,
a
tre
,
a
cinque
insieme
,
colla
sigaretta
in
bocca
;
e
si
riconoscono
alla
molle
corpulenza
,
alle
lunghe
braccia
,
ai
grandi
abiti
neri
.
Le
belle
bambine
turche
,
vestite
da
maschietti
,
con
calzoncini
verdi
e
panciottini
rosati
o
gialli
,
corrono
e
saltellano
con
un
'
agilità
felina
,
facendosi
largo
colle
piccole
mani
tinte
di
color
di
porpora
.
I
lustrascarpe
colla
cassetta
dorata
,
i
barbieri
ambulanti
colla
seggiola
e
la
catinella
in
mano
,
i
venditori
d
'
acqua
e
di
dolci
,
fendono
la
calca
in
tutte
le
direzioni
,
urlando
in
greco
ed
in
turco
.
A
ogni
passo
si
vede
luccicare
una
divisa
militare
:
uffiziali
in
fez
e
calzoni
scarlatti
,
col
petto
costellato
di
decorazioni
;
palafrenieri
del
serraglio
,
che
paiono
generali
d
'
armata
;
gendarmi
con
un
arsenale
alla
cintura
;
zeibek
,
o
soldati
liberi
,
con
quegli
enormi
calzoni
a
borsa
deretana
,
che
danno
loro
il
profilo
della
venere
ottentotta
;
guardie
imperiali
,
con
un
lungo
pennacchio
bianco
sul
casco
e
il
petto
coperto
di
galloni
;
guardie
di
città
che
girano
colle
manette
fra
le
mani
;
guardie
di
città
a
Costantinopoli
!
È
come
chi
dicesse
:
gente
incaricata
di
tener
a
segno
l
'
oceano
Atlantico
.
È
bizzarro
il
contrasto
di
tutto
quell
'
oro
e
di
tutti
quei
cenci
,
della
gente
sovraccarica
di
roba
,
che
paion
bazar
ambulanti
,
e
della
gente
quasi
nuda
.
Il
solo
spettacolo
della
nudità
è
una
meraviglia
.
Si
vedono
tutte
le
sfumature
della
pelle
umana
,
dal
bianco
latteo
dell
'
Albania
al
nero
corvino
dell
'
Africa
centrale
e
al
nero
azzurrognolo
del
Darfur
;
dei
petti
che
,
a
picchiarli
,
par
che
debbano
risonare
come
vasi
di
bronzo
,
o
sgretolarsi
come
forme
di
terra
secca
;
schiene
oleose
,
petrose
,
lignee
,
irsute
come
dorsi
di
cinghiale
;
braccia
rabescate
di
rosso
e
di
blù
,
con
disegni
di
rami
e
di
fiori
,
e
iscrizioni
del
Corano
e
immagini
grossolane
di
battelli
,
e
di
cuori
attraversati
da
freccie
.
Ma
in
una
prima
passeggiata
,
per
il
ponte
,
non
c
'
è
nè
tempo
nè
modo
d
'
osservare
tutti
questi
particolari
.
Mentre
guardate
i
rabeschi
d
'
un
braccio
,
il
vostro
cicerone
vi
avverte
che
è
passato
un
serbo
,
un
montenegrino
,
un
valacco
,
un
cosacco
dell
'
Ukrania
,
un
cosacco
del
Don
,
un
egiziano
,
un
tunisino
,
un
principe
d
'
Imerezia
.
C
'
è
appena
tempo
a
tener
d
'
occhio
le
nazioni
.
Pare
che
Costantinopoli
sia
sempre
quella
che
fu
:
la
capitale
di
tre
continenti
e
la
regina
di
venti
vicereami
.
Ma
nemmeno
quest
'
idea
risponde
alla
grandezza
di
quello
spettacolo
,
e
si
fantastica
un
incrociamento
d
'
emigrazioni
,
prodotto
da
qualche
enorme
cataclisma
che
abbia
sconvolto
l
'
antico
continente
.
Un
occhio
esperto
discerne
ancora
in
quel
mare
magno
i
volti
e
i
costumi
della
Caramania
e
dell
'
Anatolia
,
quei
di
Cipro
e
di
Candia
,
quei
di
Damasco
e
di
Gerusalemme
,
il
druso
,
il
curdo
,
il
maronita
,
il
talemano
,
il
pumacco
,
il
croato
,
ed
altre
innumerevoli
varietà
dell
'
innumerevole
confederazione
d
'
anarchie
che
si
stende
dal
Nilo
al
Danubio
e
dall
'
Eufrate
all
'
Adriatico
.
Chi
cerca
il
bello
e
chi
cerca
l
'
orrido
,
trovano
qui
egualmente
superati
i
loro
più
audaci
desiderii
:
Raffaello
rimarrebbe
estatico
e
il
Rembrandt
si
caccierebbe
le
mani
nei
capelli
.
La
più
pura
bellezza
della
Grecia
e
delle
razze
caucasee
,
è
mescolata
coi
nasi
camusi
e
colle
teste
schiacciate
;
vi
passano
accanto
figure
di
regine
e
faccie
di
furie
;
visi
imbellettati
e
visi
sformati
dai
morbi
e
dalle
ferite
,
piedoni
colossali
e
piedini
circassi
lunghi
come
la
mano
,
facchini
giganteschi
,
enormi
pinguedini
di
turchi
,
e
neri
stecchiti
come
scheletri
,
larve
d
'
uomini
che
mettono
pietà
e
raccapriccio
;
tutti
gli
aspetti
più
strani
in
cui
si
possano
presentare
al
mondo
la
vita
ascetica
,
l
'
abuso
della
voluttà
,
le
fatiche
estreme
,
l
'
opulenza
che
impera
e
la
miseria
che
muore
.
E
nondimeno
la
varietà
di
vestimenti
è
senza
confronto
più
meravigliosa
della
varietà
delle
persone
.
Chi
sente
i
colori
,
ci
ha
da
ammattire
.
Non
ci
son
due
persone
vestite
eguali
.
Sono
scialli
attorcigliati
intorno
al
capo
,
bendature
di
selvaggi
,
corone
di
cenci
,
camicie
e
sottovesti
rigate
e
quadrettate
come
il
vestito
d
'
arlecchino
,
cinture
irte
di
coltellacci
che
salgono
dai
fianchi
alle
ascelle
,
calzoni
alla
mammalucca
,
mezze
mutande
,
gonnellini
,
toghe
,
lenzuoli
che
strascicano
,
abiti
ornati
d
'
ermellino
,
panciotti
che
sembrano
corazze
d
'
oro
,
maniche
a
gozzo
e
a
sgonfietti
,
vestiti
monacali
e
spudorati
,
uomini
abbigliati
da
donna
,
donne
che
sembran
uomini
,
pezzenti
che
sembran
principi
,
un
'
eleganza
di
stracci
,
una
follìa
di
colori
,
una
profusione
di
frangie
,
di
gale
,
di
frappe
,
di
svolazzi
,
d
'
ornamenti
teatrali
e
bambineschi
,
che
dà
l
'
immagine
d
'
un
veglione
dentro
a
un
immenso
manicomio
,
in
cui
abbiano
vuotate
le
loro
casse
tutti
i
rigattieri
dell
'
universo
.
Sopra
il
mormorìo
sordo
,
che
esce
da
questa
moltitudine
,
si
sentono
gli
strilli
acuti
dei
ragazzi
greci
,
carichi
di
giornali
d
'
ogni
lingua
;
le
grida
stentoree
dei
facchini
,
le
risa
sgangherate
delle
donne
turche
,
le
voci
infantili
degli
eunuchi
,
i
trilli
in
falsetto
dei
ciechi
che
cantano
versetti
del
Corano
,
il
rumor
cupo
del
ponte
che
ondeggia
,
i
fischi
e
le
campanelle
di
cento
piroscafi
,
di
cui
il
vento
abbatte
tratto
tratto
il
fumo
denso
sopra
la
folla
,
in
modo
che
per
qualche
minuto
non
si
vede
più
nulla
.
Questa
mascherata
di
popoli
scende
nei
vaporini
che
partono
ogni
momento
per
Scutari
,
per
il
villaggio
del
Bosforo
e
per
i
sobborghi
del
Corno
d
'
oro
;
si
spande
per
Stambul
,
nei
bazar
,
nelle
moschee
,
nei
borghi
di
Fanar
e
di
Balata
,
fino
ai
quartieri
più
lontani
del
mar
di
Marmara
;
irrompe
sulla
riva
franca
,
a
destra
verso
i
palazzi
del
Sultano
,
a
sinistra
verso
gli
alti
quartieri
di
Pera
,
di
dove
poi
ricasca
sul
ponte
per
le
innumerevoli
stradicciuole
che
serpeggiano
lungo
i
fianchi
delle
colline
;
e
allaccia
così
l
'
Asia
e
l
'
Europa
,
dieci
città
e
cento
sobborghi
,
in
una
rete
di
faccende
,
d
'
intrighi
e
di
misteri
,
dinanzi
a
cui
l
'
immaginazione
si
sgomenta
.
Pare
che
questo
spettacolo
debba
mettere
allegrezza
.
E
non
è
vero
.
Passata
la
prima
meraviglia
,
i
colori
festosi
si
sbiadiscono
:
non
è
più
una
grande
processione
carnevalesca
che
ci
passa
dinanzi
;
è
l
'
umanità
intera
che
sfila
con
tutte
le
sue
miserie
,
con
tutte
le
sue
follìe
,
coll
'
infinita
discordia
delle
sue
credenze
e
delle
sue
leggi
;
è
un
pellegrinaggio
di
popoli
decaduti
e
di
razze
avvilite
;
una
immensità
di
sventure
da
soccorrere
,
di
vergogne
da
lavare
,
di
catene
da
rompere
;
un
cumulo
di
tremendi
problemi
scritti
a
caratteri
di
sangue
,
e
che
non
si
scioglieranno
che
con
torrenti
di
sangue
;
e
questo
immenso
disordine
rattrista
.
E
poi
il
senso
della
curiosità
è
prima
rintuzzato
che
soddisfatto
da
questa
sterminata
varietà
di
cose
strane
.
Che
misteriosi
rivolgimenti
accadono
nell
'
anima
umana
!
Non
era
passato
un
quarto
d
'
ora
dal
mio
arrivo
sul
ponte
,
che
stavo
appoggiato
alle
spallette
,
rabescando
sbadatamente
un
pezzo
di
trave
colla
matita
,
e
dicendo
a
me
stesso
,
tra
uno
sbadiglio
e
l
'
altro
,
che
c
'
è
qualchecosa
di
vero
in
quella
famosa
sentenza
della
Stael
,
che
il
viaggiare
è
il
più
triste
dei
piaceri
.
STAMBUL
Per
riaversi
da
questo
sbalordimento
,
non
c
'
è
che
infilare
una
delle
mille
stradicciuole
che
serpeggiano
su
per
i
fianchi
delle
colline
di
Stambul
.
Qui
regna
una
pace
profonda
,
e
si
può
contemplare
tranquillamente
in
tutti
i
suoi
aspetti
quell
'
Oriente
misterioso
e
geloso
,
che
sull
'
altra
riva
del
Corno
d
'
oro
non
si
vede
che
a
tratti
fuggitivi
in
mezzo
alla
confusione
rumorosa
della
vita
europea
.
Qui
tutto
è
schiettamente
orientale
.
Dopo
un
quarto
d
'
ora
di
cammino
non
si
vede
più
nessuno
e
non
si
sente
più
alcun
rumore
.
Di
qua
e
di
là
son
tutte
casette
di
legno
,
dipinte
di
mille
colori
,
nelle
quali
il
primo
piano
sporge
sopra
il
piano
terreno
,
e
il
secondo
sul
primo
;
e
le
finestre
hanno
dinanzi
una
specie
di
tribune
,
invetriate
da
ogni
parte
,
e
chiuse
da
grate
di
legno
a
piccolissimi
fori
,
che
paiono
altrettante
casette
appese
alle
case
principali
,
e
danno
alle
strade
un
aspetto
singolarissimo
di
tristezza
e
di
mistero
.
In
alcuni
luoghi
le
strade
sono
così
strette
,
che
le
parti
sporgenti
delle
case
opposte
quasi
si
toccano
,
e
così
si
cammina
per
lunghi
tratti
all
'
ombra
di
quelle
gabbie
umane
,
proprio
sotto
i
piedi
delle
donne
turche
che
vi
passano
una
gran
parte
della
giornata
,
non
vedendo
che
una
striscia
sottilissima
di
cielo
.
Le
porte
son
tutte
chiuse
;
le
finestre
del
pian
terreno
,
ingraticolate
;
tutto
spira
diffidenza
e
gelosia
;
par
di
attraversare
una
città
di
monasteri
.
Tratto
tratto
sentite
uno
scoppio
di
risa
,
e
alzando
il
capo
,
vedete
per
qualche
spiraglio
un
nodo
di
treccie
o
un
occhietto
scintillante
che
subito
sparisce
.
In
alcuni
punti
sorprendete
una
conversazione
vivace
e
sommessa
da
una
parte
all
'
altra
della
strada
;
ma
cessa
improvvisamente
al
rumore
del
vostro
passo
.
Passando
,
scompigliate
per
un
momento
chi
sa
che
rete
di
pettegolezzi
e
d
'
intrighi
.
Non
vedete
nessuno
e
mille
occhi
vi
vedono
;
siete
soli
,
e
vi
sentite
come
in
mezzo
a
una
folla
;
vorreste
passare
inosservati
,
aleggerite
il
passo
,
camminate
composti
,
misurate
lo
sguardo
.
Una
porta
che
s
'
apra
o
una
finestra
che
si
chiuda
,
vi
riscuote
bruscamente
come
un
grande
rumore
.
Pare
che
queste
strade
debbano
riuscire
uggiose
.
Ma
è
tutt
'
altro
.
Una
macchia
verde
in
fondo
da
cui
esce
un
minareto
bianco
;
un
turco
vestito
di
rosso
che
scende
verso
di
voi
;
una
serva
nera
ferma
dinanzi
a
una
porta
,
un
tappeto
persiano
appeso
a
una
finestra
,
bastano
a
formare
un
quadretto
così
pieno
di
vita
e
d
'
armonia
,
che
stareste
un
'
ora
a
contemplarlo
.
Della
poca
gente
che
vi
passa
accanto
,
nessuno
vi
guarda
.
Soltanto
qualche
volta
sentite
gridare
alle
vostre
spalle
:
-
Giaur
!
(
Infedele
)
;
-
e
voltandovi
,
vedete
sparire
dietro
un
'
imposta
la
testa
d
'
un
ragazzo
.
Altre
volte
s
'
apre
la
porticina
d
'
una
di
quelle
casette
:
vi
soffermate
aspettando
l
'
apparizione
della
bella
d
'
un
arem
,
e
n
'
esce
invece
una
signora
europea
,
con
cappellotto
e
strascico
,
che
mormora
un
adieu
o
un
au
revoir
,
e
s
'
allontana
rapidamente
,
lasciandovi
colla
bocca
aperta
.
In
un
'
altra
strada
,
tutta
turca
e
tutta
silenziosa
,
sentite
a
un
tratto
uno
squillo
di
corno
e
uno
scalpitio
di
cavalli
:
vi
voltate
,
che
cos
'
è
?
Appena
credete
ai
vostri
occhi
.
È
un
grande
omnibus
,
che
viene
innanzi
su
due
rotaie
che
non
avevate
vedute
,
pieno
di
turchi
e
di
franchi
,
col
suo
usciere
in
uniforme
e
coi
suoi
cartelli
delle
tariffe
,
come
un
tramway
di
Vienna
o
di
Parigi
.
La
stonatura
che
fa
quest
'
apparizione
in
una
di
queste
strade
,
non
si
può
esprimere
con
parole
:
vi
pare
una
burla
o
uno
sbaglio
,
e
vi
vien
da
ridere
,
e
guardate
quel
veicolo
stupiti
come
se
non
ne
aveste
mai
visti
.
Passato
l
'
omnibus
,
par
che
sia
passata
l
'
immagine
viva
dell
'
Europa
,
e
vi
ritrovate
in
Asia
come
al
cangiar
di
scena
in
un
teatro
.
Da
queste
strade
solitarie
riuscite
in
piazzette
aperte
,
quasi
interamente
ombreggiate
da
un
platano
gigantesco
.
Da
una
parte
c
'
è
una
fontana
,
dove
bevono
dei
cammelli
;
dall
'
altra
un
caffè
,
con
una
fila
di
materasse
distese
dinanzi
alla
porta
,
e
qualche
turco
sdraiato
,
che
fuma
;
e
accanto
alla
porta
un
gran
fico
,
abbracciato
da
una
vite
,
i
cui
pampini
spenzolano
fino
a
terra
,
lasciando
vedere
tra
foglia
e
foglia
l
'
azzurro
lontano
del
mar
di
Marmara
,
e
qualche
veletta
bianca
.
Una
luce
bianchissima
e
un
silenzio
mortale
danno
a
tutti
questi
luoghi
un
carattere
così
tra
solenne
e
melanconico
,
che
li
rende
indimenticabili
,
anche
a
vederli
una
volta
sola
.
Si
va
innanzi
,
innanzi
,
quasi
attirati
da
quella
quiete
arcana
,
che
entra
a
poco
a
poco
nell
'
anima
come
una
leggera
sonnolenza
,
e
dopo
breve
tempo
si
perde
ogni
sentimento
della
distanza
e
dell
'
ora
.
Si
trovano
dei
vasti
spazi
colle
traccie
d
'
un
grande
incendio
recente
;
chine
dove
non
sono
che
poche
case
sparpagliate
,
fra
le
quali
cresce
l
'
erba
,
e
serpeggiano
dei
sentieri
da
capre
;
punti
elevati
,
da
cui
si
abbracciano
collo
sguardo
strade
,
vicoletti
,
giardini
,
centinaia
di
case
,
e
non
si
vede
da
nessuna
parte
nè
una
creatura
umana
,
nè
un
nuvolo
di
fumo
,
nè
una
porta
aperta
,
nè
il
menomo
indizio
d
'
abitazione
e
di
vita
;
tanto
che
si
potrebbe
credere
d
'
essere
soli
in
quell
'
immensa
città
,
e
a
pensarci
un
momento
,
s
'
è
quasi
presi
dalla
paura
.
Ma
scendete
la
china
,
arrivate
in
fondo
a
una
di
quelle
stradette
:
tutto
è
cangiato
.
Siete
in
una
delle
grandi
vie
di
Stambul
,
fiancheggiata
da
monumenti
,
dove
non
bastano
più
gli
occhi
all
'
ammirazione
.
Camminate
in
mezzo
alle
moschee
,
ai
chioschi
,
ai
minareti
,
alle
gallerie
arcate
,
alle
fontane
di
marmo
e
di
lapislazzuli
,
ai
mausolei
dei
sultani
splendenti
di
rabeschi
e
d
'
iscrizioni
d
'
oro
,
ai
muri
coperti
di
musaici
,
sotto
le
tettoie
di
cedro
intarsiato
,
all
'
ombra
d
'
una
vegetazione
pomposa
che
supera
i
muri
di
cinta
e
i
cancelli
dorati
dei
giardini
,
e
riempie
la
via
di
profumi
.
Per
queste
vie
s
'
incontrano
a
ogni
passo
carrozze
di
pascià
,
ufficiali
,
impiegati
,
aiutanti
di
campo
,
eunuchi
di
grandi
case
,
una
processione
di
servitori
e
di
parassiti
,
che
vanno
e
vengono
fra
i
ministeri
.
Qui
si
riconosce
la
metropoli
del
grande
impero
,
e
s
'
ammira
in
tutta
la
sua
magnificenza
.
È
per
tutto
una
bianchezza
,
una
grazia
d
'
architetture
,
un
gorgoglio
d
'
acque
,
una
freschezza
d
'
ombre
,
che
accarezza
i
sensi
come
una
musica
sommessa
,
e
riempie
la
mente
d
'
immagini
ridenti
.
Per
queste
vie
s
'
arriva
alle
grandi
piazze
dove
s
'
innalzano
le
moschee
imperiali
,
e
dinanzi
a
queste
moli
si
rimane
sgomenti
.
Ognuna
di
esse
forma
come
il
nodo
d
'
una
piccola
città
di
collegi
,
di
spedali
,
di
scuole
,
di
biblioteche
,
di
magazzini
,
di
bagni
,
che
quasi
non
si
avvertono
,
schiacciati
come
sono
dalla
cupola
enorme
a
cui
fanno
corona
.
L
'
architettura
,
che
s
'
immaginava
semplicissima
,
presenta
invece
una
varietà
di
particolari
,
che
tira
gli
sguardi
da
mille
parti
.
Sono
cupolette
rivestite
di
piombo
,
tetti
di
forme
bizzarre
che
s
'
alzano
l
'
uno
sull
'
altro
,
gallerie
aeree
,
grandi
portici
,
finestre
a
colonnine
,
archi
a
festoni
,
minareti
accannellati
,
cinti
di
terrazzini
lavorati
a
giorno
,
con
capitelli
a
stalattiti
;
porte
e
fontane
monumentali
,
che
sembrano
rivestite
di
trina
;
muri
picchiettati
d
'
oro
e
di
mille
colori
;
tutto
ricamato
,
cesellato
,
leggero
,
ardito
,
ombreggiato
da
quercie
,
da
cipressi
e
da
salici
,
da
cui
escono
nuvoli
d
'
uccelli
che
vagano
a
lenti
giri
intorno
alle
cupole
e
riempiono
d
'
armonia
tutti
i
recessi
dell
'
immenso
edifizio
.
Qui
si
comincia
a
provar
qualchecosa
che
è
più
profondo
e
più
forte
del
sentimento
della
bellezza
.
Quei
monumenti
che
sono
come
una
colossale
affermazione
marmorea
d
'
un
ordine
d
'
idee
e
di
sentimenti
diverso
da
quello
in
cui
siamo
nati
e
cresciuti
,
che
sono
quasi
l
'
ossatura
d
'
una
razza
e
d
'
una
fede
ostile
,
che
ci
raccontano
con
un
linguaggio
muto
di
linee
superbe
e
di
altezze
temerarie
le
glorie
d
'
un
Dio
che
non
è
nostro
e
d
'
un
popolo
che
ha
fatto
tremare
i
nostri
padri
,
incutono
un
rispetto
misto
di
diffidenza
e
di
timore
,
che
sulle
prime
vince
la
curiosità
,
e
ce
ne
trattiene
lontani
.
Si
vedono
,
dentro
ai
cortili
ombrosi
,
turchi
che
fanno
le
abluzioni
alle
fontane
,
pezzenti
accovacciati
ai
piedi
dei
pilastri
,
donne
velate
che
passeggiano
lentamente
sotto
le
arcate
;
tutto
quieto
,
e
come
adombrato
d
'
una
tinta
di
mestizia
e
di
voluttà
,
che
non
si
capisce
bene
d
'
onde
derivi
,
e
su
cui
la
mente
si
ferma
e
lavora
come
sopra
un
enimma
.
Galata
,
Pera
,
quanto
sono
lontane
!
Voi
vi
sentite
soli
in
un
altro
mondo
e
in
un
altro
tempo
,
nella
Stambul
di
Solimano
il
Grande
e
di
Baiazet
secondo
,
e
provate
un
vivo
sentimento
di
stupore
quando
,
usciti
da
quella
piazza
,
e
perduto
d
'
occhio
quel
monumento
smisurato
della
potenza
degli
Osmanli
,
vi
ritrovate
in
mezzo
alla
Costantinopoli
di
legno
,
meschina
,
cadente
,
piena
di
sudiciume
e
di
miseria
.
Via
via
che
andate
innanzi
le
case
si
scoloriscono
,
i
pergolati
si
sfasciano
,
le
vasche
delle
fontane
si
coprono
di
muschio
;
trovate
delle
moschee
nane
,
coi
muri
screpolati
e
i
minareti
di
legno
,
circondate
di
rovi
e
d
'
ortiche
;
dei
mausolei
in
rovina
,
delle
scale
infrante
,
dei
passaggi
coperti
ingombri
di
macerie
,
dei
quartieri
decrepiti
d
'
una
tristezza
infinita
,
dove
non
si
sente
altro
rumore
che
il
frullo
dell
'
ali
degli
sparvieri
e
delle
cicogne
,
o
la
voce
gutturale
d
'
un
muezzin
solitario
,
che
grida
la
parola
di
Dio
dall
'
alto
d
'
un
minareto
nascosto
.
Nessuna
città
rappresenta
meglio
di
Stambul
la
natura
e
la
filosofia
del
suo
popolo
.
Tutto
ciò
che
v
'
è
di
grande
e
di
bello
è
di
Dio
o
del
sultano
,
immagine
di
Dio
sulla
terra
;
tutto
il
rimanente
è
passeggiero
e
porta
l
'
impronta
d
'
una
profonda
trascuranza
delle
cose
mondane
.
La
tribù
dei
pastori
è
diventata
nazione
;
ma
il
suo
amore
istintivo
della
natura
campestre
,
della
contemplazione
e
dell
'
ozio
,
ha
conservato
alla
metropoli
l
'
aspetto
dell
'
accampamento
.
Stambul
non
è
una
città
,
non
lavora
,
non
pensa
,
non
crea
;
la
civiltà
sfonda
le
sue
porte
e
assalta
le
sue
vie
;
essa
sonnecchia
e
fantastica
all
'
ombra
delle
moschee
,
e
lascia
fare
.
È
una
città
slegata
,
dispersa
,
deforme
,
che
rappresenta
piuttosto
,
la
sosta
d
'
una
razza
pellegrinante
,
che
la
potenza
d
'
uno
Stato
immobile
;
un
immenso
abbozzo
di
metropoli
;
un
grande
spettacolo
piuttosto
che
una
grande
città
.
E
non
se
ne
può
avere
una
giusta
immagine
,
se
non
si
percorre
intera
.
Bisogna
partire
dalla
prima
collina
,
quella
che
forma
la
punta
del
triangolo
,
ed
è
bagnata
dal
mar
di
Marmora
.
Qui
è
per
così
dire
la
testa
di
Stambul
;
un
quartiere
monumentale
,
pieno
di
memorie
,
di
maestà
e
di
luce
.
Qui
l
'
antico
serraglio
,
dove
sorgeva
prima
Bisanzio
colla
sua
acropoli
e
il
tempio
di
Giove
,
e
poi
il
palazzo
dell
'
imperatrice
Placidia
e
le
terme
d
'
Arcadio
;
qui
la
moschea
di
Santa
Sofia
e
la
moschea
d
'
Ahmed
,
e
l
'
At
-
meidan
che
occupa
lo
spazio
dell
'
Ippodromo
antico
,
dove
in
mezzo
a
un
Olimpo
di
bronzo
e
di
marmo
,
tra
le
grida
d
'
una
folla
vestita
di
seta
e
di
porpora
,
volavano
le
quadrighe
d
'
oro
al
cospetto
degl
'
imperatori
sfolgoranti
di
perle
.
Da
questa
collina
si
scende
in
una
valle
poco
profonda
,
dove
si
stendono
le
mura
occidentali
del
serraglio
,
che
segnano
il
confine
della
Bisanzio
antica
,
e
s
'
alza
la
Sublime
Porta
,
per
la
quale
s
'
entra
nel
palazzo
del
gran
vizir
e
nel
Ministero
degli
esteri
:
quartiere
austero
e
silenzioso
,
in
cui
sembra
raccolta
tutta
la
tristezza
delle
sorti
dell
'
impero
.
Da
questa
valle
si
sale
sulla
seconda
collina
,
dove
sorge
la
moschea
marmorea
di
Nuri
-
Osmanié
,
luce
d
'
Osmano
,
e
la
colonna
bruciata
di
Costantino
,
che
sosteneva
un
Apollo
di
bronzo
colla
testa
del
grande
Imperatore
,
ed
era
nel
bel
mezzo
dell
'
antico
foro
,
circondato
di
portici
,
d
'
archi
di
trionfo
e
di
statue
.
Al
di
là
di
questa
collina
si
apre
la
valle
dei
bazar
,
che
dalla
moschea
di
Bajazet
va
fino
a
quella
della
sultana
Validè
,
ed
abbraccia
un
labirinto
immenso
di
strade
coperte
,
piene
di
gente
e
di
rumore
,
da
cui
s
'
esce
colla
vista
annebbiata
e
colle
orecchie
stordite
.
Sulla
terza
collina
,
che
domina
ad
un
tempo
il
mar
di
Marmara
e
il
Corno
d
'
oro
,
giganteggia
la
moschea
di
Solimano
,
rivale
di
Santa
Sofia
,
gioia
e
splendore
di
Stambul
,
come
dicono
i
poeti
turchi
,
e
la
torre
meravigliosa
del
Ministero
della
guerra
,
il
quale
s
'
alza
sulle
rovine
degli
antichi
palazzi
dei
Costantini
,
abitati
un
tempo
da
Maometto
il
conquistatore
,
poi
convertiti
in
serraglio
delle
vecchie
sultane
.
Fra
la
terza
e
la
quarta
altura
si
stende
come
un
ponte
aereo
l
'
enorme
acquedotto
dell
'
imperatore
Valente
,
formato
da
due
ordini
d
'
archi
leggerissimi
,
vestiti
di
verzura
,
che
spenzola
a
ghirlande
sopra
la
valle
popolata
di
case
.
Si
passa
sotto
l
'
acquedotto
,
si
sale
sulla
quarta
collina
.
Qui
,
sulle
rovine
della
chiesa
famosa
dei
Santi
Apostoli
,
fondata
dall
'
imperatrice
Elena
e
rifabbricata
da
Teodora
,
s
'
eleva
la
moschea
di
Maometto
II
,
circondata
di
scuole
,
d
'
ospedali
e
d
'
alberghi
da
carovane
;
accanto
alla
moschea
,
il
bazar
degli
schiavi
,
i
bagni
di
Maometto
e
la
colonna
granitica
di
Marciano
,
che
porta
ancora
il
suo
cippo
di
marmo
ornato
delle
aquile
imperiali
;
e
vicino
alla
colonna
il
luogo
dove
era
la
piazza
dell
'
Et
-
Meidan
,
in
cui
fu
consumata
la
strage
famosa
dei
Giannizzeri
.
S
'
attraversa
un
'
altra
valle
,
coperta
da
un
'
altra
città
,
e
si
sale
alla
quinta
collina
,
sulla
quale
è
posta
la
moschea
di
Selim
,
presso
all
'
antica
cisterna
di
San
Pietro
,
convertita
in
giardino
.
Sotto
,
lungo
il
Corno
d
'
oro
,
si
stende
il
Fanar
,
quartiere
greco
,
sede
del
patriarca
,
in
cui
s
'
è
rifugiata
l
'
antica
Bisanzio
,
coi
discendenti
dei
Paleologhi
e
dei
Comneni
,
e
dove
seguirono
le
orrende
carnificine
del
1821
.
Si
scende
in
una
quinta
valle
,
si
sale
sopra
la
sesta
collina
.
Qui
s
'
è
già
sul
terreno
che
occupavano
le
otto
coorti
dei
quarantamila
Goti
di
Costantino
,
fuori
della
cerchia
delle
prime
mura
,
le
quali
non
abbracciavano
che
la
quarta
collina
;
e
appunto
nello
spazio
occupato
dalla
coorte
settima
,
che
ha
lasciato
al
luogo
il
nome
di
Hebdomon
.
Sulla
sesta
collina
,
rimangono
le
mura
del
palazzo
di
Costantino
Porfirogenete
,
dove
si
coronavano
gl
'
imperatori
,
chiamato
ora
dai
turchi
Tekir
-
Serai
,
palazzo
dei
principi
.
Ai
piedi
della
collina
,
Balata
,
il
ghetto
di
Costantinopoli
,
quartiere
immondo
,
che
s
'
allunga
sulla
riva
del
Corno
fino
alle
mura
della
città
,
e
al
di
qua
di
Balata
,
il
sobborgo
antico
delle
Blacherne
,
una
volta
ornato
di
palazzi
dai
tetti
dorati
,
soggiorno
prediletto
degl
'
imperatori
,
famoso
per
la
gran
chiesa
dell
'
imperatrice
Pulcheria
e
per
il
santuario
delle
reliquie
;
ora
pieno
di
rovine
e
tristezza
.
Alle
Blacherne
cominciano
le
mura
merlate
che
dal
Corno
d
'
oro
corrono
fino
al
mar
di
Marmara
,
abbracciando
la
settima
collina
,
dov
'
era
il
foro
boario
,
e
c
'
è
ancora
il
piedestallo
della
colonna
d
'
Arcadio
:
la
collina
più
orientale
e
più
grande
di
Stambul
,
fra
la
quale
e
le
altre
sei
scorre
il
piccolo
fiume
Lykus
,
che
entra
nella
città
presso
la
porta
di
Carisio
e
si
va
a
gettar
nel
mare
vicino
all
'
antico
porto
di
Teodosio
.
Dalle
mura
delle
Blacherne
,
si
vede
ancora
il
sobborgo
d
'
Ortaksiler
,
che
scende
dolcemente
verso
la
rada
,
incoronato
di
giardini
;
al
di
là
d
'
Ortaksiler
il
sobborgo
d
'
Eyub
,
terra
santa
degli
Osmanli
,
colla
sua
moschea
gentile
,
e
il
suo
vasto
cimitero
ombreggiato
da
un
bosco
di
cipressi
e
biancheggiante
di
mausolei
e
di
tombe
;
dietro
Eyub
,
l
'
altopiano
dell
'
antico
campo
militare
,
dove
le
legioni
levavan
sugli
scudi
i
nuovi
imperatori
;
e
di
là
dall
'
altopiano
,
altri
villaggi
i
cui
vivi
colori
ridono
vagamente
in
mezzo
al
verde
dei
boschetti
bagnati
dalle
ultime
acque
del
Corno
d
'
oro
.
Ecco
Stambul
.
È
divina
.
Ma
il
cuore
si
sgomenta
a
pensare
che
questo
sterminato
villaggio
asiatico
si
stende
sulle
rovine
di
quella
seconda
Roma
,
di
quell
'
immenso
museo
di
tesori
rapiti
all
'
Italia
,
alla
Grecia
,
all
'
Egitto
,
all
'
Asia
minore
,
di
cui
il
solo
ricordo
abbaglia
la
mente
come
un
sogno
divino
.
Dove
sono
i
grandi
portici
che
attraversavano
la
città
dal
mare
alle
mura
,
le
cupole
dorate
,
i
colossi
equestri
che
s
'
innalzavano
sui
pilastri
titanici
dinanzi
agli
anfiteatri
e
alle
terme
,
le
sfingi
di
bronzo
sedute
sui
piedestalli
di
porfido
,
i
templi
e
i
palazzi
che
innalzavano
i
frontoni
di
granito
in
mezzo
a
un
popolo
aereo
di
numi
di
marmo
e
d
'
imperatori
d
'
argento
?
Tutto
è
sparito
o
trasformato
.
Le
statue
equestri
di
bronzo
son
state
fuse
in
cannoni
;
le
rivestiture
di
rame
degli
obelischi
,
ridotte
in
monete
;
i
sarcofagi
delle
imperatrici
,
cangiati
in
fontane
;
la
chiesa
di
Santa
Irene
è
un
arsenale
,
la
cisterna
di
Costantino
un
'
officina
,
il
piedestallo
della
colonna
d
'
Arcadio
una
bottega
di
maniscalco
,
l
'
Ippodromo
un
mercato
di
cavalli
;
l
'
edera
e
le
macerie
coprono
le
fondamenta
delle
reggie
,
sul
suolo
degli
anfiteatri
cresce
l
'
erba
dei
cimiteri
,
e
poche
iscrizioni
calcinate
dagli
incendi
o
mutilate
dalle
scimitarre
degl
'
invasori
rammentano
che
su
quei
colli
vi
fu
la
metropoli
meravigliosa
dell
'
impero
d
'
Oriente
.
Su
questa
immane
rovina
siede
Stambul
,
come
un
'
odalisca
sopra
un
sepolcro
,
aspettando
la
sua
ora
.
ALL
'
ALBERGO
Ed
ora
i
lettori
vengano
con
me
all
'
albergo
a
prendere
un
po
'
di
respiro
.
Una
gran
parte
di
quello
che
ho
descritto
fin
qui
,
il
mio
amico
ed
io
lo
vedemmo
il
giorno
stesso
dell
'
arrivo
:
immagini
chi
legge
come
dovessimo
aver
la
testa
ritornando
all
'
albergo
sul
far
della
notte
.
Per
strada
non
si
disse
una
parola
,
e
appena
entrati
nella
camera
,
ci
lasciammo
cadere
sul
sofà
guardandoci
in
viso
e
domandandoci
tutt
'
e
due
insieme
:
-
Che
te
ne
pare
?
-
Che
cosa
ne
dici
?
-
E
pensare
ch
'
io
son
venuto
qui
per
dipingere
!
-
Ed
io
per
scrivere
!
E
ci
ridemmo
sul
viso
in
atto
di
fraterno
compatimento
.
Quella
sera
,
in
fatti
,
ed
anche
per
varii
giorni
dopo
,
sua
maestà
Abdul
-
Aziz
m
'
avrebbe
potuto
offrire
in
premio
una
provincia
dell
'
Asia
Minore
,
che
non
sarei
riuscito
a
metter
insieme
dieci
righe
intorno
alla
capitale
dei
suoi
Stati
,
tanto
è
vero
che
per
descrivere
le
grandi
cose
bisogna
farsi
di
lontano
,
e
per
ricordarsene
bene
,
averle
un
po
'
dimenticate
.
E
poi
come
avrei
potuto
scrivere
in
una
camera
da
cui
si
vedeva
il
Bosforo
,
Scutari
e
la
cima
dell
'
Olimpo
?
L
'
albergo
stesso
era
uno
spettacolo
.
A
tutte
le
ore
del
giorno
,
per
le
scale
e
pei
corridoi
,
andava
e
veniva
gente
d
'
ogni
paese
.
Alla
tavola
rotonda
sedevano
ogni
giorno
venti
nazioni
.
Desinando
,
non
mi
potevo
levar
dalla
testa
d
'
essere
un
delegato
del
governo
italiano
,
e
di
dover
prendere
la
parola
alle
frutta
su
qualche
grande
questione
internazionale
.
C
'
erano
visi
rosei
di
lady
,
teste
scapigliate
d
'
artisti
,
grinte
d
'
avventurieri
da
batterci
moneta
sopra
,
testine
di
vergini
bizantine
a
cui
non
mancava
che
il
nimbo
d
'
oro
,
faccie
bizzarre
e
sinistre
;
e
ogni
giorno
cangiavano
.
Alle
frutta
,
quando
tutti
parlavano
,
pareva
d
'
essere
nella
torre
di
Babele
.
Vi
conobbi
fin
dal
primo
giorno
parecchi
russi
infatuati
di
Costantinopoli
.
Ogni
sera
ci
ritrovavamo
là
,
di
ritorno
dai
punti
estremi
della
città
,
e
ognuno
aveva
un
viaggio
da
raccontare
.
Chi
era
salito
in
cima
alla
torre
del
Seraschiere
,
chi
aveva
visitato
i
cimiteri
di
Eyub
,
chi
veniva
da
Scutari
,
chi
aveva
fatto
una
corsa
sul
Bosforo
;
la
conversazione
era
tutta
ordita
di
descrizioni
piene
di
colori
e
di
luce
;
e
quando
mancava
la
parola
,
i
vini
dolci
e
profumati
dell
'
Arcipelago
facevano
da
suggeritori
.
C
'
erano
pure
alcuni
miei
concittadini
,
bellimbusti
danarosi
,
che
mi
fecero
divorar
molta
stizza
,
perché
dalla
minestra
alle
frutta
non
facevano
che
dire
ira
d
'
Iddio
di
Costantinopoli
:
e
che
non
c
'
eran
marciapiedi
,
e
che
i
teatri
erano
oscuri
,
e
che
non
si
sapeva
come
passar
la
sera
.
Erano
venuti
a
Costantinopoli
per
passar
la
sera
.
Uno
di
costoro
aveva
fatto
il
viaggio
sul
Danubio
.
Gli
domandai
se
gli
era
piaciuto
il
gran
fiume
.
Mi
rispose
che
in
nessuna
parte
del
mondo
si
cucinava
lo
storione
come
sui
piroscafi
della
reale
e
imperiale
Compagnia
austriaca
.
Un
altro
era
un
tipo
amenissimo
di
viaggiatore
amoroso
;
uno
di
coloro
che
viaggiano
per
sedurre
,
col
taccuino
delle
conquiste
.
Era
un
contino
lungo
e
biondo
,
largamente
dotato
dell
'
ottavo
dono
dello
Spirito
Santo
,
che
quando
il
discorso
cadeva
sulle
donne
turche
,
chinava
la
testa
con
un
sorriso
misterioso
,
e
non
pigliava
parte
alla
conversazione
se
non
con
mezze
parole
troncate
sempre
artificialmente
da
una
sorsata
di
vino
.
Arrivava
tutti
i
giorni
a
desinare
un
po
'
più
tardi
degli
altri
,
tutto
ansante
,
coll
'
aria
d
'
averla
fatta
al
Sultano
un
quarto
d
'
ora
prima
,
e
tra
un
piatto
e
l
'
altro
faceva
passare
di
tasca
in
tasca
,
con
molta
cautela
,
dei
bigliettini
piegati
,
che
dovevano
parere
lettere
d
'
odalische
,
ed
erano
sicurissimamente
note
d
'
albergo
.
Ma
i
soggetti
che
s
'
inciampano
in
questi
alberghi
di
città
cosmopolite
!
Bisogna
esserci
stati
per
crederci
.
V
'
era
un
giovane
ungherese
,
sulla
trentina
,
alto
,
nervoso
,
con
due
occhi
diabolici
e
una
parlantina
febbrile
,
il
quale
,
dopo
aver
fatto
il
segretario
d
'
un
ricco
signore
a
Parigi
,
era
andato
ad
arruolarsi
fra
gli
zuavi
francesi
in
Algeria
,
era
stato
ferito
e
preso
prigioniero
dagli
Arabi
,
poi
scappato
nel
Marocco
,
poi
ritornato
in
Europa
e
corso
all
'
Aja
a
chiedere
il
grado
d
'
ufficiale
per
andare
a
combattere
contro
gli
Accinesi
;
respinto
all
'
Aja
,
aveva
deciso
d
'
arrolarsi
nell
'
esercito
turco
;
ma
passando
a
Vienna
per
venire
a
Costantinopoli
,
s
'
era
preso
una
palla
di
pistola
nel
collo
,
in
un
duello
per
una
donna
,
e
faceva
vedere
la
cicatrice
;
respinto
anche
a
Costantinopoli
,
-
cos
'
ho
da
fare
?
-
diceva
-
je
suis
enfant
de
l
'
aventure
;
bisogna
bene
ch
'
io
mi
batta
;
ho
già
trovato
chi
mi
conduce
alle
Indie
,
-
e
mostrava
il
biglietto
d
'
imbarco
-
;
mi
farò
soldato
inglese
;
nell
'
interno
c
'
è
sempre
qualcosa
da
fare
;
io
non
cerco
che
di
battermi
;
che
cosa
m
'
importa
di
morire
?
Tanto
ho
un
polmone
rovinato
.
-
Un
altro
bell
'
originale
era
un
francese
,
la
cui
vita
pareva
non
fosse
altro
che
una
perpetua
guerra
colla
posta
:
aveva
una
quistione
pendente
con
la
posta
austriaca
,
colla
francese
,
coll
'
inglese
;
mandava
articoli
di
protesta
alla
Neue
Freie
Presse
;
lanciava
impertinenze
telegrafiche
a
tutte
le
stazioni
postali
del
continente
,
aveva
ogni
giorno
un
diverbio
a
qualche
finestrino
di
posta
,
non
riceveva
una
lettera
a
tempo
,
non
ne
scriveva
una
che
arrivasse
dov
'
era
mandata
,
e
raccontava
a
tavola
tutte
le
sue
disgrazie
e
tutte
le
sue
baruffe
,
concludendo
sempre
coll
'
assicurarci
che
la
Posta
gli
avrebbe
accorciata
la
vita
.
Mi
ricordo
pure
d
'
una
signora
greca
,
un
viso
di
spiritata
,
vestita
bizzarramente
,
e
sempre
sola
,
che
ogni
sera
si
alzava
da
tavola
a
metà
del
desinare
,
e
se
n
'
andava
dopo
aver
fatto
sul
piatto
un
segno
cabalistico
di
cui
nessuno
riuscì
mai
a
capire
il
significato
.
Non
ho
più
dimenticata
nemmeno
una
coppia
valacca
,
un
bel
giovane
sui
venticinque
anni
e
una
giovanetta
sul
primo
sboccio
,
comparsi
una
sera
sola
,
che
erano
indubitatamente
due
fuggiaschi
;
lui
rapitore
,
lei
complice
;
perché
bastava
fissarli
un
momento
per
farli
arrossire
,
e
ogni
volta
che
s
'
apriva
la
porta
,
scattavano
come
due
molle
.
Di
chi
altri
mi
ricordo
?
di
cento
altri
,
se
ci
pensassi
.
Era
una
lanterna
magica
.
Ci
divertivamo
,
il
mio
amico
ed
io
,
i
giorni
dell
'
arrivo
d
'
un
piroscafo
,
a
veder
entrare
la
gente
per
la
porta
di
strada
:
tutti
stanchi
,
sbalorditi
,
qualcuno
ancora
commosso
dallo
spettacolo
della
prima
entrata
;
faccie
che
dicevano
:
-
Che
mondo
è
questo
?
Dove
siamo
venuti
a
cascare
?
-
Un
giorno
entrò
un
giovinetto
,
arrivato
allora
,
che
pareva
matto
dalla
contentezza
di
essere
finalmente
a
Costantinopoli
,
sogno
della
sua
infanzia
,
e
stringeva
con
tutt
'
e
due
le
mani
la
mano
di
suo
padre
;
e
suo
padre
gli
diceva
con
voce
commossa
:
-
Je
suis
heureux
de
te
voir
heureux
,
mon
cher
enfant
.
-
Poi
passavamo
le
ore
calde
alla
finestra
a
guardare
la
Torre
della
fanciulla
,
che
s
'
alza
,
bianca
come
la
neve
,
sopra
uno
scoglio
solitario
del
Bosforo
,
in
faccia
a
Scutari
;
e
mentre
fantasticavamo
sulla
leggenda
del
principe
di
Persia
che
va
a
succhiare
il
veleno
dal
braccio
della
bella
sultana
,
morsicata
dall
'
aspide
,
da
una
finestra
della
casa
in
faccia
,
ogni
giorno
alla
stess
'
ora
,
un
ragazzo
di
cinque
anni
ci
faceva
le
corna
.
Tutto
era
curioso
in
quell
'
albergo
.
Fra
le
altre
cose
,
dinanzi
alla
porta
,
trovavamo
ogni
sera
uno
o
due
soggetti
di
faccia
equivoca
,
che
dovevano
essere
provveditori
di
modelle
per
i
pittori
,
e
che
pigliando
tutti
per
pittori
,
a
tutti
domandavano
a
bassa
voce
:
-
Una
turca
?
una
greca
?
un
'
armena
?
un
'
ebrea
?
una
nera
?
COSTANTINOPOLI
Ma
torniamo
a
Costantinopoli
,
e
spaziamovi
come
gli
uccelli
nel
cielo
.
Qui
ci
si
può
levare
tutti
i
capricci
.
Si
può
accendere
il
sigaro
in
Europa
e
andare
a
buttar
la
cenere
in
Asia
.
La
mattina
,
levandoci
,
possiamo
domandarci
:
-
Che
parte
del
mondo
vedrò
quest
'
oggi
?
-
Si
può
scegliere
fra
due
continenti
e
due
mari
.
S
'
ha
a
nostra
disposizione
dei
cavalli
sellati
in
ogni
piazzetta
,
delle
barchette
a
vela
in
ogni
seno
,
dei
piroscafi
a
cento
scali
;
il
caicco
che
guizza
,
la
talika
che
vola
,
e
un
esercito
di
ciceroni
che
parlano
tutte
le
lingue
d
'
Europa
.
Volete
sentir
la
commedia
italiana
?
veder
ballare
i
dervis
?
sentir
le
buffonate
di
Caragheuz
,
il
pulcinella
turco
?
udire
le
canzonette
licenziose
dei
teatrini
di
Parigi
?
assistere
alle
rappresentazioni
ginnastiche
degli
zingari
?
farvi
raccontare
una
leggenda
araba
da
un
rapsodo
?
andare
al
teatro
greco
?
sentir
predicare
un
iman
?
veder
passare
il
Sultano
?
Chiedete
e
domandate
.
Tutte
le
nazioni
sono
al
vostro
servizio
:
l
'
armeno
per
farvi
la
barba
,
l
'
ebreo
per
lustrarvi
le
scarpe
,
il
turco
per
condurvi
in
barca
,
il
nero
per
strofinarvi
nel
bagno
,
il
greco
per
porgervi
il
caffè
,
e
tutti
quanti
per
truffarvi
.
Per
dissetarvi
,
passeggiando
,
trovate
dei
gelati
fatti
colla
neve
dell
'
Olimpo
;
se
siete
golosi
,
potete
bere
dell
'
acqua
del
Nilo
,
come
il
Sultano
;
se
siete
deboli
di
stomaco
,
acqua
dell
'
Eufrate
;
se
siete
nervosi
,
acqua
del
Danubio
.
Potete
desinare
come
l
'
arabo
nel
deserto
o
come
l
'
epulone
alla
Maison
dorée
.
Per
far
la
siesta
,
avete
i
cimiteri
;
per
stordirvi
,
il
ponte
della
Sultana
Validè
;
per
sognare
,
il
Bosforo
;
per
passar
la
domenica
,
l
'
Arcipelago
dei
Principi
;
per
veder
l
'
Asia
Minore
,
il
monte
di
Bulgurlù
;
per
vedere
il
Corno
d
'
Oro
,
la
torre
di
Galata
;
per
veder
ogni
cosa
,
la
torre
del
Seraschiere
.
Ma
è
una
città
ancora
più
strana
che
bella
.
Le
cose
che
non
si
presentarono
mai
insieme
alla
nostra
mente
,
là
si
presentano
insieme
al
nostro
sguardo
.
Da
Scutari
parte
la
carovana
per
la
Mecca
e
parte
il
treno
diretto
per
Brussa
,
l
'
antica
metropoli
;
fra
le
mura
misteriose
del
vecchio
serraglio
,
passa
la
strada
ferrata
che
va
a
Sofia
;
i
soldati
turchi
scortano
il
prete
cattolico
che
porta
il
Santo
Sacramento
;
il
popolo
fa
festa
nei
cimiteri
;
la
vita
,
la
morte
,
i
piaceri
,
tutto
s
'
allaccia
e
si
confonde
.
V
'
è
il
movimento
di
Londra
e
la
letargia
dell
'
ozio
orientale
,
un
'
immensa
vita
pubblica
e
un
impenetrabile
mistero
nella
vita
privata
;
un
governo
assoluto
e
una
libertà
senza
confini
.
Per
i
primi
giorni
non
si
raccapezza
nulla
;
pare
che
d
'
ora
in
ora
o
debba
cessare
quel
disordine
o
seguire
una
rivoluzione
;
ogni
sera
,
tornando
a
casa
,
ci
sembra
di
tornare
da
un
viaggio
;
ogni
mattina
uno
si
domanda
:
-
Ma
è
proprio
qui
vicina
Stambul
?
-
Non
si
sa
dove
andare
a
battere
il
capo
,
un
'
impressione
cancella
l
'
altra
,
i
desiderii
s
'
affollano
,
il
tempo
fugge
;
si
vorrebbe
restar
là
tutta
la
vita
,
si
vorrebbe
partire
il
giorno
dopo
.
E
quando
poi
s
'
ha
da
descriverlo
questo
caos
?
A
momenti
vi
vien
la
tentazione
di
fare
un
fascio
di
tutti
i
libri
e
di
tutti
i
fogli
che
ho
sul
tavolino
,
e
di
buttare
ogni
cosa
dalla
finestra
.
GALATA
Il
mio
amico
ed
io
non
mettemmo
testa
a
partito
che
il
quarto
giorno
dopo
l
'
arrivo
.
Eravamo
sul
ponte
,
di
buon
mattino
,
ancora
incerti
di
quello
che
avremmo
fatto
nella
giornata
,
quando
Yunk
mi
propose
di
fare
una
prima
grande
passeggiata
,
con
una
meta
determinata
,
coll
'
animo
tranquillo
,
per
osservare
e
studiare
.
-
Percorriamo
,
-
mi
disse
,
-
tutta
la
riva
settentrionale
del
Corno
d
'
Oro
,
anche
a
costo
di
camminare
fino
a
notte
.
Faremo
colezione
in
una
taverna
turca
,
faremo
la
siesta
all
'
ombra
d
'
un
platano
e
ritorneremo
in
caicco
.
-
Accettai
la
proposta
;
ci
provvedemmo
di
sigari
e
di
spiccioli
,
e
data
un
'
occhiata
alla
carta
della
città
,
ci
avviammo
verso
Galata
.
Il
lettore
che
vuol
conoscer
bene
Costantinopoli
faccia
il
sacrifizio
d
'
accompagnarci
.
Arriviamo
a
Galata
.
Di
qui
deve
cominciare
la
nostra
escursione
.
Galata
è
posta
sopra
una
collina
che
forma
promontorio
tra
il
Corno
d
'
Oro
ed
il
Bosforo
,
dov
'
era
il
grande
cimitero
dei
Bizantini
antichi
.
È
la
city
di
Costantinopoli
.
Son
quasi
tutte
vie
strette
e
tortuose
,
fiancheggiate
da
taverne
,
da
botteghe
di
pasticcieri
,
di
barbieri
e
di
macellai
,
da
caffè
greci
ed
armeni
,
da
ufficii
di
negozianti
,
da
officine
,
da
baracche
;
tutto
fosco
,
umido
,
fangoso
,
viscoso
,
come
nei
bassi
quartieri
di
Londra
.
Una
folla
fitta
e
affaccendata
va
e
viene
per
le
vie
,
aprendosi
continuamente
per
dar
passo
ai
facchini
,
alle
carrozze
,
agli
asini
,
agli
omnibus
.
Quasi
tutto
il
commercio
di
Costantinopoli
passa
per
questo
borgo
.
Qui
la
Borsa
,
la
Dogana
,
gli
uffici
del
Lloyd
austriaco
,
quelli
delle
Messaggerie
francesi
;
chiese
,
conventi
,
ospedali
,
magazzeni
.
Una
strada
ferrata
sotterranea
unisce
Galata
a
Pera
.
Se
non
si
vedessero
per
le
strade
dei
turbanti
e
dei
fez
,
non
parrebbe
d
'
essere
in
Oriente
.
Da
tutte
le
parti
si
sente
parlar
francese
,
italiano
e
genovese
.
Qui
i
Genovesi
sono
quasi
in
casa
propria
,
e
si
danno
ancora
un
po
'
d
'
aria
di
padroni
,
come
quando
chiudevano
il
porto
a
loro
piacimento
,
e
rispondevano
col
cannone
alle
minaccie
degl
'
Imperatori
.
Ma
della
loro
potenza
non
rimangono
più
altri
monumenti
che
alcune
vecchie
case
sostenute
da
grossi
pilastri
e
da
arcate
pesanti
,
e
l
'
antico
edifizio
dove
risiedeva
il
Podestà
.
La
Galata
antica
è
quasi
interamente
sparita
.
Migliaia
di
casupole
sono
state
rase
al
suolo
per
far
luogo
a
due
lunghe
strade
:
una
delle
quali
rimonta
la
collina
verso
Pera
,
e
l
'
altra
corre
parallela
alla
riva
del
mare
da
un
'
estremità
all
'
altra
di
Galata
.
Per
questa
c
'
innoltrammo
il
mio
amico
ed
io
,
rifugiandoci
ogni
momento
nelle
botteghe
per
lasciar
passare
dei
grandi
omnibus
,
preceduti
da
turchi
scamiciati
che
sgombravano
la
strada
a
colpi
di
verga
.
A
ogni
passo
ci
suonava
nell
'
orecchio
un
grido
.
Il
facchino
turco
urlava
:
-
Sacun
ha
!
-
(
Largo
!
)
;
il
saccà
armeno
,
portatore
d
'
acqua
:
-
Varme
su
!
-
l
'
acquaiolo
greco
:
-
Crio
nero
!
-
l
'
asinaio
turco
:
-
Burada
!
-
il
venditore
di
dolci
:
-
Scerbet
!
-
il
venditore
di
giornali
:
-
Neologos
!
-
il
carrozziere
franco
:
Guarda
!
Guarda
!
Dopo
dieci
minuti
di
cammino
,
eravamo
assordati
.
A
un
certo
punto
,
con
nostra
meraviglia
,
ci
accorgemmo
che
la
strada
non
era
più
lastricata
,
e
pareva
che
il
lastrico
fosse
stato
levato
di
fresco
.
Ci
fermammo
a
guardare
,
cercando
d
'
indovinar
la
cagione
.
Un
bottegaio
italiano
ci
levò
la
curiosità
.
Quella
strada
conduce
ai
palazzi
del
Sultano
.
[
Torre
di
Galata
]
Pochi
mesi
prima
passando
di
là
il
corteo
imperiale
,
il
cavallo
di
sua
maestà
Abdul
-
Aziz
era
scivolato
e
caduto
,
e
il
buon
Sultano
,
irritato
,
aveva
ordinato
che
fosse
tolto
immediatamente
il
lastrico
dal
luogo
della
caduta
fino
al
suo
palazzo
.
In
questo
punto
memorabile
fissammo
il
termine
orientale
del
nostro
pellegrinaggio
,
e
voltate
le
spalle
al
Bosforo
,
ci
dirigemmo
,
per
una
serie
di
vicoli
tetri
e
sudici
,
verso
la
torre
di
Galata
.
La
città
di
Galata
ha
la
forma
d
'
un
ventaglio
spiegato
,
e
la
torre
,
posta
sul
culmine
della
collina
,
rappresenta
il
suo
perno
.
È
una
torre
rotonda
,
altissima
,
di
color
fosco
,
che
termina
in
una
punta
conica
,
formata
da
un
tetto
di
rame
,
sotto
il
quale
ricorre
un
giro
di
larghe
finestre
vetrate
,
una
specie
di
terrazza
coperta
e
trasparente
,
dove
giorno
e
notte
vigila
una
guardia
per
segnalare
il
primo
indizio
d
'
incendio
che
apparisca
nell
'
immensa
città
.
Fino
a
questa
torre
giungeva
la
Galata
dei
Genovesi
,
e
la
torre
s
'
innalza
appunto
sulla
linea
delle
mura
che
separavano
Galata
da
Pera
;
mura
di
cui
non
rimane
più
traccia
.
E
neanche
la
torre
non
è
più
l
'
antica
torre
di
Cristo
,
eretta
in
onore
dei
Genovesi
caduti
combattendo
;
poichè
la
rifabbricò
il
sultano
Mahmut
II
,
ed
era
già
stata
prima
restaurata
da
Selim
III
;
ma
è
pur
sempre
un
monumento
incoronato
della
gloria
di
Genova
,
e
un
Italiano
non
può
contemplarlo
,
senza
pensare
con
un
sentimento
d
'
alterezza
a
quel
pugno
di
mercanti
,
di
marinai
e
di
soldati
,
orgogliosamente
audaci
ed
eroicamente
cocciuti
,
che
vi
tennero
su
inalberata
per
secoli
la
bandiera
della
madre
repubblica
,
trattando
da
pari
a
pari
cogl
'
Imperatori
d
'
Oriente
.
Appena
oltrepassata
la
torre
,
ci
trovammo
in
un
cimitero
musulmano
.
[
Cimitero
di
Galata
]
Era
quello
che
si
chiama
il
cimitero
di
Galata
:
un
grande
bosco
di
cipressi
,
che
dalla
sommità
della
collina
di
Pera
scende
ripidamente
fino
al
Corno
d
'
Oro
,
ombreggiando
una
miriade
di
colonnette
di
pietra
o
di
marmo
,
inclinate
in
tutte
le
direzioni
,
e
sparse
in
disordine
giù
per
la
china
.
Alcune
di
queste
colonnette
son
terminate
in
forma
di
turbante
rotondo
,
e
serbano
traccie
di
colori
e
d
'
iscrizioni
;
altre
son
terminate
in
punta
;
molte
rovesciate
;
alcune
monche
,
col
turbante
portato
via
di
netto
,
e
si
crede
che
sian
quelle
dei
giannizzeri
,
che
il
Sultano
Mahmut
volle
sfregiare
anche
dopo
la
morte
.
La
maggior
parte
delle
fosse
sono
indicate
da
un
rialzamento
di
terra
in
forma
di
prisma
,
e
da
due
sassi
confitti
alle
due
estremità
,
sui
quali
,
giusta
la
superstizione
musulmana
,
devono
sedere
i
due
angeli
Nekir
e
Munkir
per
giudicare
l
'
anima
del
defunto
.
Qua
e
là
si
vedono
dei
piccoli
terrapieni
circondati
da
un
muricciolo
o
da
una
ringhiera
,
in
mezzo
ai
quali
s
'
alza
una
colonnetta
sormontata
da
un
grosso
turbante
,
e
intorno
altre
colonnette
minori
:
è
un
pascià
o
un
gran
signore
,
sepolto
in
mezzo
alle
sue
donne
e
ai
suoi
figliuoli
.
Dei
piccoli
sentieri
serpeggiano
e
s
'
incrociano
in
mille
punti
da
un
'
estremità
all
'
altra
del
bosco
;
qualche
turco
fuma
la
pipa
seduto
all
'
ombra
;
alcuni
ragazzi
corrono
e
saltellano
in
mezzo
ai
sepolcri
;
qualche
vacca
pascola
;
centinaia
di
tortore
grugano
fra
i
rami
dei
cipressi
;
passano
gruppi
di
donne
velate
;
e
fra
cipresso
e
cipresso
,
luccica
giù
in
fondo
l
'
azzurro
del
Corno
d
'
Oro
rigato
di
bianco
dai
minareti
di
Stambul
.
[
Pera
]
Usciamo
dal
cimitero
,
ripassiamo
ai
piedi
della
torre
di
Galata
e
infiliamo
la
strada
principale
di
Pera
.
Pera
è
alta
cento
metri
sopra
il
mare
,
è
ariosa
ed
allegra
,
e
guarda
il
Corno
d
'
Oro
ed
il
Bosforo
.
È
la
Westend
della
colonia
europea
;
la
città
dell
'
eleganza
e
dei
piaceri
.
La
strada
che
percorriamo
è
fiancheggiata
da
alberghi
inglesi
e
francesi
,
da
caffè
signorili
,
da
botteghe
luccicanti
,
da
teatri
,
da
Consolati
,
da
club
,
da
palazzi
d
'
ambasciatori
;
tra
i
quali
giganteggia
il
palazzo
di
pietra
dell
'
ambasciata
russa
,
che
domina
come
una
fortezza
Pera
Galata
e
il
sobborgo
di
Funduclù
,
posto
sulla
riva
del
Bosforo
.
Qui
brulica
una
folla
affatto
diversa
da
quella
di
Galata
.
Sono
quasi
tutti
cappelli
a
staio
e
cappelletti
piumati
o
infiorati
di
signore
.
Sono
zerbinotti
greci
,
italiani
e
francesi
,
negozianti
d
'
alto
bordo
,
impiegati
delle
legazioni
,
ufficiali
di
navi
straniere
,
carrozze
d
'
ambasciatori
,
e
figurine
equivoche
d
'
ogni
nazione
.
I
turchi
si
fermano
ad
ammirare
le
teste
di
cera
delle
botteghe
dei
barbieri
,
le
turche
si
piantano
colla
bocca
aperta
davanti
alle
vetrine
delle
modiste
;
l
'
europeo
parla
ad
alta
voce
,
sghignazza
e
scherza
in
mezzo
alla
strada
;
il
musulmano
,
si
sente
in
casa
d
'
altri
,
e
passa
colla
testa
meno
alta
che
a
Stambul
.
Tutt
'
a
un
tratto
il
mio
amico
mi
fece
voltare
indietro
perché
guardassi
Stambul
:
da
quel
punto
,
infatti
,
si
vedeva
lontano
,
dietro
un
velo
azzurrino
,
la
collina
del
Serraglio
,
Santa
Sofia
e
i
minareti
del
Sultano
Ahmed
;
un
altro
mondo
da
quello
in
cui
eravamo
;
e
poi
mi
disse
:
-
Guarda
qui
,
adesso
.
-
Abbassai
gli
occhi
e
lessi
in
una
vetrina
:
-
La
dame
aux
camelias
,
Madame
Bovary
,
Mademoiselle
Giraud
ma
femme
.
E
anche
a
me
quel
rapido
passaggio
fece
un
senso
vivissimo
,
e
dovetti
star
là
un
momento
a
pensarci
sopra
.
Un
'
altra
volta
fermai
io
il
mio
compagno
e
fu
per
mostrargli
un
caffè
meraviglioso
:
un
lungo
e
largo
corridoio
oscuro
,
in
fondo
al
quale
,
per
una
grande
finestra
spalancata
,
si
vedeva
a
una
lontananza
che
pareva
immensa
,
Scutari
illuminata
dal
sole
.
Andiamo
innanzi
per
la
gran
strada
di
Pera
,
e
siamo
quasi
arrivati
in
fondo
,
quando
sentiamo
gridare
da
una
voce
tonante
:
-
T
'
amo
,
Adele
!
t
'
amo
più
della
vita
!
T
'
amo
quanto
si
può
amare
sulla
terra
!
-
Ci
guardiamo
in
faccia
trasecolati
.
Di
dove
viene
quella
voce
?
Voltandoci
,
vediamo
per
le
fessure
d
'
un
assito
un
giardino
pieno
di
sedili
,
un
palco
scenico
e
dei
commedianti
che
fanno
le
prove
.
Una
signora
turca
,
poco
lontano
da
noi
,
guarda
anch
'
essa
per
le
fessure
,
e
ride
dai
precordi
.
Un
vecchio
turco
che
passa
scrolla
la
testa
in
segno
di
compassione
.
All
'
improvviso
la
turca
getta
un
grido
e
fugge
;
altre
donne
là
intorno
mettono
uno
strillo
e
voltan
le
spalle
.
Che
è
accaduto
?
È
un
turco
,
un
uomo
sulla
cinquantina
,
conosciuto
da
tutta
Costantinopoli
,
il
quale
passeggia
per
le
vie
nello
stato
in
cui
voleva
ridurre
tutti
i
musulmani
il
famoso
monaco
Turk
sotto
il
regno
di
Maometto
IV
:
ignudo
dalla
testa
ai
piedi
.
Il
disgraziato
saltella
sui
ciottoli
urlando
e
sghignazzando
,
e
un
branco
di
monelli
lo
insegue
facendo
un
baccano
d
'
inferno
.
-
È
da
sperarsi
che
lo
arresteranno
,
-
dico
al
portinaio
del
teatro
.
-
Nemmen
per
sogno
,
-
mi
risponde
;
-
son
mesi
che
gira
per
la
città
liberamente
.
-
Intanto
vedo
giù
per
la
via
di
Pera
gente
che
vien
fuori
dalle
botteghe
,
donne
che
scappano
,
ragazze
che
si
coprono
il
viso
,
porte
che
si
chiudono
,
teste
che
si
ritirano
dalle
finestre
.
E
questo
segue
tutti
i
giorni
e
nessuno
se
ne
dà
pensiero
!
Uscendo
dalla
via
di
Pera
,
ci
troviamo
dinanzi
a
un
altro
cimitero
musulmano
,
ombreggiato
da
un
boschetto
di
cipressi
e
chiuso
tutt
'
intorno
da
un
alto
muro
.
Se
non
ce
l
'
avessero
detto
poi
,
non
avremmo
mai
indovinato
il
perché
di
quel
muro
,
che
fu
innalzato
di
fresco
:
ed
è
che
il
bosco
sacro
al
riposo
dei
morti
era
diventato
un
nido
d
'
amori
soldateschi
!
Andando
oltre
,
infatti
,
trovammo
l
'
immensa
caserma
d
'
artiglieria
innalzata
da
Scialil
-
Pascià
:
un
solido
edificio
di
forma
rettangolare
,
dello
stile
moresco
del
rinascimento
turco
,
con
una
porta
fiancheggiata
da
colonne
leggere
e
sormontata
dalla
mezzaluna
e
dalla
stella
d
'
oro
di
Mahmut
,
con
gallerie
sporgenti
e
finestrine
ornate
di
stemmi
e
di
arabeschi
.
Dinanzi
alla
caserma
passa
la
strada
di
Dgiedessy
che
è
un
prolungamento
di
quella
di
Pera
,
di
là
dalla
strada
si
stende
una
vasta
piazza
d
'
armi
,
e
di
là
dalla
piazza
d
'
armi
altri
borghi
.
Qui
,
dove
nei
giorni
feriali
regna
ordinariamente
un
profondo
silenzio
,
la
sera
della
domenica
passa
un
torrente
di
gente
e
una
processione
di
carrozze
,
tutta
la
società
elegante
di
Pera
,
che
va
a
spandersi
nei
giardini
nelle
birrerie
e
nei
caffè
di
là
dalla
Caserma
.
In
uno
di
questi
caffè
si
fece
la
nostra
prima
sosta
;
nel
caffè
della
Bella
vista
,
luogo
di
ritrovo
del
fiore
della
società
perota
,
e
degno
veramente
del
suo
nome
;
perché
dal
suo
vasto
giardino
,
che
sporge
come
una
terrazza
sulla
sommità
dell
'
altura
,
si
vede
sotto
il
grande
sobborgo
musulmano
di
Funduclù
,
il
Bosforo
coperto
di
bastimenti
,
la
riva
asiatica
sparsa
di
giardini
e
di
villaggi
,
Scutari
colle
sue
bianche
moschee
,
una
bellezza
di
verde
,
d
'
azzurro
,
e
di
luce
,
che
sembra
un
sogno
.
Ci
levammo
di
là
con
rammarico
,
e
ci
parve
a
tutt
'
e
due
d
'
esser
pitocchi
a
buttar
sul
vassoio
otto
miserabili
soldi
per
due
tazze
di
caffè
,
dopo
aver
goduto
quella
visione
di
paradiso
terrestre
.
[
Gran
Campo
dei
Morti
]
Uscendo
dalla
Bella
vista
ci
trovammo
in
mezzo
al
Gran
Campo
dei
morti
dove
è
sepolta
in
cimiteri
distinti
gente
di
tutti
i
culti
,
eccettuato
l
'
ebraico
.
È
un
bosco
fitto
di
cipressi
,
d
'
acacie
e
di
sicomori
,
nel
quale
biancheggiano
migliaia
di
pietre
sepolcrali
,
che
da
lontano
paiono
le
rovine
d
'
un
immenso
edifizio
.
Tra
albero
e
albero
si
vede
il
Bosforo
e
la
riva
asiatica
.
Fra
le
tombe
serpeggiano
dei
larghi
viali
in
cui
passeggiano
dei
greci
e
degli
armeni
.
Su
alcune
pietre
stanno
seduti
dei
turchi
colle
gambe
incrociate
,
guardando
il
Bosforo
.
V
'
è
un
'
ombra
,
un
fresco
e
una
pace
che
,
al
primo
entrarvi
,
si
prova
una
sensazione
deliziosa
,
come
entrando
d
'
estate
in
una
grande
cattedrale
semioscura
.
Ci
arrestammo
nel
cimitero
armeno
.
Le
pietre
sepolcrali
son
tutte
grandi
e
piane
,
coperte
d
'
iscrizioni
nel
carattere
regolare
ed
elegante
della
lingua
armena
,
e
su
quasi
tutte
è
scolpita
un
'
immagine
che
rappresenta
il
mestiere
o
la
professione
del
morto
.
Sono
martelli
,
seghe
,
penne
,
scrigni
,
collane
;
il
banchiere
è
rappresentato
da
una
bilancia
,
il
prete
da
una
mitra
,
il
barbiere
da
una
catinella
,
il
chirurgo
da
una
lancetta
.
Sopra
una
pietra
vedemmo
una
testa
spiccata
dal
busto
,
e
il
busto
grondante
di
sangue
:
era
il
sepolcro
d
'
un
assassinato
o
d
'
un
giustiziato
.
Un
armeno
vi
dormiva
accanto
,
sdraiato
sull
'
erba
,
colla
faccia
in
aria
.
Entrammo
nel
cimitero
musulmano
.
Anche
qui
una
infinità
di
colonnette
a
file
e
a
gruppi
disordinati
;
alcune
colla
testa
dipinta
e
dorata
;
quelle
delle
donne
terminate
da
un
gruppo
d
'
ornamenti
in
rilievo
che
rappresentano
dei
fiori
;
molte
circondate
d
'
arbusti
e
di
pianticelle
fiorite
.
Mentre
stavamo
osservando
una
di
queste
colonne
,
due
turchi
che
tenevano
per
mano
un
bambino
,
ci
passarono
accanto
,
andarono
innanzi
altri
cinquanta
passi
,
si
fermarono
dinanzi
a
un
tumulo
,
vi
sedettero
sopra
,
e
aperto
un
involto
che
portavano
sotto
il
braccio
,
si
misero
a
mangiare
.
Io
stetti
ad
osservarli
.
Quand
'
ebbero
finito
,
il
più
avanzato
in
età
raccolse
qualchecosa
in
un
foglio
di
carta
,
-
mi
parve
un
pesce
e
del
pane
,
-
e
con
un
atto
rispettoso
,
mise
il
piccolo
pacco
in
un
buco
accanto
al
sepolcro
.
Dopo
questo
accesero
tutti
e
due
la
pipa
e
fumarono
tranquillamente
:
il
bambino
s
'
alzò
e
si
mise
a
scorrazzare
per
il
cimitero
.
Quel
pesce
e
quel
pane
,
ci
fu
spiegato
poi
,
erano
la
parte
di
cibo
che
i
turchi
lasciavano
in
segno
d
'
affetto
al
loro
parente
,
sepolto
probabilmente
da
poco
;
e
quel
buco
era
l
'
apertura
che
si
lascia
nella
terra
vicino
al
capo
di
tutti
i
sepolti
musulmani
,
perché
possano
udire
i
lamenti
e
i
pianti
dei
loro
cari
e
ricevere
qualche
goccia
d
'
acqua
di
rosa
o
sentir
il
profumo
di
qualche
fiore
.
Finita
la
loro
fumatina
funebre
,
i
due
turchi
pietosi
si
alzarono
,
e
ripreso
per
mano
il
bambino
,
disparvero
in
mezzo
ai
cipressi
.
[
Pancaldi
]
Usciamo
dal
cimitero
,
ci
troviamo
in
un
altro
quartiere
cristiano
,
Pancaldi
,
attraversato
da
strade
spaziose
,
fiancheggiate
da
edifizi
nuovi
;
circondato
di
villette
,
di
giardini
,
di
ospedali
e
di
grandi
caserme
;
il
sobborgo
di
Costantinopoli
più
lontano
dal
mare
;
visitato
il
quale
,
torniamo
indietro
per
ridiscendere
verso
il
Corno
d
'
Oro
.
Ma
nell
'
ultima
strada
del
sobborgo
,
assistiamo
a
uno
spettacolo
nuovo
e
solenne
:
il
passaggio
d
'
un
convoglio
funebre
greco
.
Una
folla
silenziosa
si
schiera
dalle
due
parti
della
strada
:
viene
innanzi
un
gruppo
di
preti
greci
,
colle
toghe
ricamate
;
l
'
archimandrita
con
una
corona
sul
capo
e
un
lungo
abito
luccicante
d
'
oro
;
dei
giovani
ecclesiastici
vestiti
di
colori
vivi
;
uno
stuolo
di
parenti
e
d
'
amici
coi
loro
vestimenti
più
ricchi
,
e
in
mezzo
a
loro
una
bara
inghirlandata
di
fiori
,
sulla
quale
è
distesa
una
giovanetta
di
quindici
anni
,
vestita
di
raso
e
tutta
splendente
di
gioielli
,
col
viso
scoperto
,
-
un
piccolo
viso
bianco
come
la
neve
,
colla
bocca
leggermente
contratta
in
una
espressione
di
spasimo
,
-
e
due
bellissime
treccie
nere
distese
sulle
spalle
e
sul
seno
.
La
bara
passa
,
la
folla
si
chiude
,
il
convoglio
s
'
allontana
,
e
noi
rimaniamo
soli
e
pensierosi
in
una
strada
deserta
.
[
San
Dimitri
]
Scendiamo
dalla
collina
di
Pancaldi
,
attraversiamo
il
letto
asciutto
d
'
un
torrentello
,
saliamo
su
per
un
altro
colle
,
ci
troviamo
in
un
altro
sobborgo
:
San
Dimitri
.
Qui
la
popolazione
è
quasi
tutta
greca
.
Si
vedono
da
ogni
parte
occhi
neri
e
nasi
aquilini
e
affilati
;
vecchi
d
'
aspetto
patriarcale
;
giovani
svelti
e
arditi
;
donnine
colle
trecce
sulle
spalle
;
ragazzi
dai
visetti
astuti
che
sgallettano
in
mezzo
alla
via
fra
le
galline
e
i
maiali
,
riempiendo
l
'
aria
di
grida
argentine
e
di
parole
armoniose
.
Ci
avvicinammo
a
un
gruppo
di
quei
ragazzi
che
si
baloccavano
coi
sassi
,
chiacchierando
tutti
ad
una
voce
.
Uno
di
essi
,
sugli
otto
anni
,
il
più
indiavolato
di
tutti
,
che
ogni
momento
buttava
in
aria
il
suo
piccolo
fez
gridando
:
-
Zito
!
Zito
!
-
(
Viva
!
Viva
!
)
-
si
voltò
improvvisamente
verso
un
altro
monello
seduto
dinanzi
a
una
porta
e
gridò
:
-
Checchino
!
Buttami
la
palla
!
-
Io
lo
afferrai
per
il
braccio
con
un
movimento
da
zingaro
rapitore
di
fanciulli
e
gli
dissi
:
-
Tu
sei
italiano
!
-
No
signore
,
-
rispose
,
-
sono
di
Costantinopoli
.
-
E
chi
t
'
ha
insegnato
a
parlare
italiano
?
-
domandai
.
-
Oh
bella
!
-
rispose
,
-
la
mamma
.
-
E
dov
'
è
la
mamma
?
In
quel
punto
mi
s
'
avvicinò
una
donna
con
un
bimbo
in
collo
,
tutta
sorridente
,
e
mi
disse
ch
'
era
pisana
,
moglie
d
'
uno
scalpellino
livornese
,
che
si
trovava
a
Costantinopoli
da
ott
'
anni
,
e
che
quel
ragazzo
era
suo
figlio
.
Se
quella
buona
donna
avesse
avuto
un
bel
viso
di
matrona
,
una
corona
turrita
sulla
testa
e
un
manto
sulle
spalle
,
non
avrebbe
rappresentato
più
vivamente
l
'
Italia
ai
miei
occhi
e
al
mio
cuore
.
-
Come
vi
ritrovate
qui
?
-
le
domandai
;
-
che
ne
dite
di
Costantinopoli
?
-
Che
n
'
ho
da
dire
?
-
rispose
sorridendo
ingenuamente
.
-
L
'
è
una
città
che
...
a
dirle
il
vero
,
mi
ci
par
sempre
l
'
ultimo
giorno
di
carnovale
.
-
E
qui
,
dando
la
stura
alla
sua
parlantina
toscana
,
ci
fece
sapere
che
pe
'
musulmani
il
loro
Gesù
è
Maometto
,
che
un
turco
può
sposare
quattro
donne
,
che
la
lingua
turca
è
bravo
chi
ne
intende
una
parola
,
e
altre
novità
dello
stesso
conio
;
ma
che
dette
in
quella
lingua
,
in
mezzo
a
quel
quartiere
greco
,
ci
riuscirono
più
care
di
qualunque
notizia
più
peregrina
,
tanto
che
prima
di
andarcene
lasciammo
un
piccolo
ricordo
d
'
argento
nella
manina
del
monello
,
e
andandocene
esclamammo
tutti
e
due
insieme
:
-
Ah
!
una
boccata
d
'
Italia
,
di
tanto
in
tanto
,
come
fa
bene
!
[
Tataola
]
Attraversammo
una
seconda
volta
la
piccola
valle
,
e
ci
trovammo
in
un
altro
quartiere
greco
,
Tataola
,
dove
lo
stomaco
suonando
a
soccorso
,
cogliemmo
l
'
occasione
per
visitare
l
'
interno
d
'
una
di
quelle
taverne
innumerevoli
di
Costantinopoli
,
che
hanno
un
aspetto
singolarissimo
,
e
son
tutte
fatte
ad
un
modo
.
È
uno
stanzone
grandissimo
,
di
cui
si
potrebbe
fare
un
teatro
,
non
rischiarato
per
lo
più
che
dalla
porta
di
strada
,
e
ricorso
tutt
'
intorno
da
un
alta
galleria
di
legno
a
balaustri
.
Da
una
parte
v
'
è
un
enorme
fornello
dove
un
brigante
in
maniche
di
camicia
frigge
dei
pesci
,
fa
girare
degli
arrosti
,
rimesta
degl
'
intingoli
,
e
s
'
adopera
in
altri
modi
ad
accorciare
la
vita
umana
;
dall
'
altra
un
banco
dove
un
'
altra
faccia
minacciosa
distribuisce
vino
bianco
e
vino
nero
in
bicchieri
a
manico
;
in
mezzo
e
sul
davanti
,
seggiole
nane
senza
spalliera
e
tavolette
poco
più
alte
delle
seggiole
che
rammentano
i
bischetti
dei
calzolai
.
Entrammo
un
po
'
vergognosi
perché
v
'
era
un
gruppo
di
greci
e
d
'
armeni
di
bassa
lega
,
e
temevamo
che
ci
guardassero
con
curiosità
canzonatoria
;
ma
nessuno
invece
ci
degnò
d
'
un
'
occhiata
.
Gli
abitanti
di
Costantinopoli
sono
,
io
credo
,
la
gente
meno
curiosa
di
questo
mondo
;
bisogna
almeno
essere
Sultani
o
passeggiar
nudi
per
le
strade
come
il
pazzo
di
Pera
,
perché
qualcuno
s
'
accorga
che
siete
al
mondo
.
Ci
sedemmo
in
un
angolo
e
stemmo
ad
aspettare
.
Ma
nessuno
veniva
.
Allora
capimmo
che
nelle
taverne
costantinopolitane
c
'
è
l
'
uso
di
servirsi
da
sè
.
Andammo
prima
al
fornello
a
farci
dare
un
arrosto
,
Dio
sa
di
che
quadrupede
,
poi
al
banco
a
prendere
un
bicchier
di
vino
resinoso
di
Tenedo
,
e
portato
ogni
cosa
sopra
la
tavola
che
ci
arrivava
al
ginocchio
,
mostrandoci
l
'
un
l
'
altro
il
bianco
degli
occhi
,
si
consumò
il
sacrificio
.
Pagammo
con
rassegnazione
,
e
usciti
in
silenzio
per
paura
che
ci
uscisse
dalla
bocca
un
raglio
o
un
latrato
,
ripigliammo
il
nostro
viaggio
verso
il
Corno
d
'
Oro
.
[
Kassim
-
pascià
]
Dopo
dieci
minuti
di
cammino
,
ci
trovammo
daccapo
in
piena
Turchia
,
nel
grande
sobborgo
musulmano
di
Kassim
-
pascià
,
in
una
vera
città
popolata
di
moschee
e
di
conventi
di
dervis
,
piena
d
'
orti
e
di
giardini
,
che
occupa
una
collina
e
una
valle
,
e
si
distende
fino
al
Corno
d
'
Oro
,
abbracciando
tutta
l
'
antica
baia
di
Mandracchio
,
dal
cimitero
di
Galata
fino
al
promontorio
che
prospetta
il
sobborgo
di
Balata
sull
'
altra
riva
.
Dall
'
alto
di
Kassim
-
pascià
si
gode
uno
spettacolo
incantevole
.
Si
vede
sotto
,
sulla
riva
,
l
'
immenso
arsenale
Ters
-
Kané
:
un
labirinto
di
bacini
,
d
'
opifici
,
di
piazze
,
di
magazzini
e
di
caserme
,
che
si
stende
per
la
lunghezza
d
'
un
miglio
lungo
tutta
la
parte
del
Corno
d
'
Oro
che
serve
di
Porto
di
guerra
;
il
palazzo
del
Ministro
della
Marina
,
elegante
e
leggero
,
che
par
che
galleggi
sull
'
acqua
,
e
disegna
le
sue
forme
bianche
sul
verde
cupo
del
cimitero
di
Galata
;
il
porto
percorso
da
vaporini
e
caicchi
pieni
di
gente
,
che
guizzano
in
mezzo
alle
corazzate
immobili
e
alle
vecchie
fregate
della
Guerra
di
Crimea
;
e
sulla
sponda
opposta
,
Stambul
,
l
'
acquedotto
di
Valente
che
slancia
i
suoi
archi
altissimi
nell
'
azzurro
del
cielo
,
le
grandi
moschee
di
Maometto
e
di
Solimano
,
e
una
miriade
di
case
e
di
minareti
.
Per
godere
meglio
questo
spettacolo
ci
sedemmo
dinanzi
a
un
caffè
turco
,
e
sorbimmo
la
quarta
o
la
quinta
delle
dodici
tazze
che
,
volere
o
non
volere
,
stando
a
Costantinopoli
,
bisogna
tracannare
ogni
giorno
.
Era
un
caffè
meschino
,
ma
come
tutti
i
caffè
turchi
,
originalissimo
:
non
molto
diverso
,
forse
,
dai
primissimi
caffè
dei
tempi
di
Solimano
il
Grande
,
o
da
quelli
in
cui
irrompeva
colla
scimitarra
nel
pugno
il
quarto
Amurat
,
quando
faceva
la
ronda
notturna
per
castigar
di
sua
mano
gli
spacciatori
del
liquore
proibito
.
Di
quanti
editti
imperiali
,
di
quante
dispute
di
teologi
e
lotte
sanguinose
è
stato
cagione
questo
"
nemico
del
sonno
e
della
fecondità
,
"
come
lo
chiamavano
gli
ulema
austeri
;
questo
"
genio
dei
sogni
e
sorgente
dell
'
immaginazione
"
,
come
lo
chiamavano
gli
ulema
di
manica
larga
,
ch
'
è
ora
,
dopo
l
'
amore
e
il
tabacco
,
il
conforto
più
dolce
d
'
ogni
più
povero
Osmano
!
Ora
si
beve
il
caffè
sulla
cima
della
torre
di
Galata
e
della
torre
del
Seraschiere
,
il
caffè
in
tutti
i
vaporini
,
il
caffè
nei
cimiteri
,
nelle
botteghe
dei
barbieri
,
nei
bagni
,
nei
bazar
.
In
qualunque
parte
di
Costantinopoli
uno
si
trovi
non
ha
che
a
gridare
,
senza
voltarsi
:
-
Caffè
-
gì
!
(
Caffettiere
!
)
e
dopo
tre
minuti
gli
fuma
dinanzi
una
tazza
.
[
Il
Caffè
]
Il
nostro
caffè
era
una
stanza
tutta
bianca
,
rivestita
di
legno
fino
all
'
altezza
d
'
un
uomo
,
con
un
divano
bassissimo
lungo
le
quattro
pareti
.
In
un
angolo
c
'
era
un
fornello
su
cui
un
turco
dal
naso
forcuto
stava
facendo
il
caffè
in
piccole
caffettiere
di
rame
,
che
vuotava
man
mano
in
piccolissime
tazze
,
mettendovi
egli
stesso
lo
zucchero
;
poichè
da
per
tutto
,
a
Costantinopoli
,
si
fa
il
caffè
apposta
per
ogni
avventore
,
e
gli
si
porta
bell
'
inzuccherato
,
con
un
bicchiere
d
'
acqua
che
i
Turchi
bevono
sempre
prima
di
avvicinare
la
tazza
alle
labbra
.
Ad
una
parete
era
appeso
un
piccolo
specchio
,
e
accanto
allo
specchio
una
specie
di
rastrelliera
piena
di
rasoi
a
manico
fisso
;
poichè
la
maggior
parte
dei
caffè
turchi
sono
ad
un
tempo
botteghe
di
barbieri
,
e
non
di
rado
il
caffettiere
è
anche
cavadenti
e
salassatore
,
e
macella
le
sue
vittime
nella
stanza
medesima
dove
gli
altri
avventori
pigliano
il
caffè
.
Alla
parete
opposta
era
appesa
un
'
altra
rastrelliera
piena
di
narghilè
di
cristallo
coi
lunghi
tubi
flessibili
,
attorcigliati
come
serpenti
,
e
di
cibuk
di
terra
cotta
colle
cannette
di
legno
di
ciliegio
.
Cinque
turchi
pensierosi
stavano
seduti
sul
divano
,
fumando
il
narghilè
;
altri
tre
erano
dinanzi
alla
porta
,
accoccolati
sopra
bassissime
seggiole
di
paglia
senza
spalliera
,
l
'
uno
accanto
all
'
altro
,
colle
spalle
appoggiate
al
muro
e
colla
pipa
alle
labbra
;
un
giovane
della
bottega
radeva
il
capo
,
davanti
allo
specchio
,
a
un
grosso
dervis
insaccato
in
una
tonaca
di
pelo
di
cammello
.
Nessuno
ci
guardò
quando
sedemmo
,
nessuno
parlava
,
e
fuorchè
il
caffettiere
e
il
suo
giovane
,
nessuno
faceva
il
menomo
movimento
.
Non
si
sentiva
altro
rumore
che
il
gorgoglio
dell
'
acqua
dei
narghilè
,
che
somiglia
alla
voce
dei
gatti
quando
fanno
le
fusa
.
Tutti
guardavano
diritto
dinanzi
a
sè
,
cogli
occhi
fissi
,
e
con
un
viso
che
non
esprimeva
assolutamente
nulla
.
Pareva
un
piccolo
museo
di
statue
di
cera
.
Quante
di
queste
scene
mi
son
rimaste
impresse
nella
memoria
!
Una
casa
di
legno
,
un
turco
seduto
,
una
bellissima
veduta
lontana
,
una
gran
luce
e
un
gran
silenzio
:
ecco
la
Turchia
.
Ogni
volta
che
questo
nome
mi
passa
per
la
mente
,
ci
passano
nello
stesse
punto
quelle
immagini
,
come
un
mulino
a
vento
e
un
canale
all
'
udir
nominare
Olanda
.
[
Pialì
-
Pascià
]
Di
là
,
fiancheggiando
un
grande
cimitero
mussulmano
,
che
dall
'
alto
della
collina
di
Kassim
-
pascià
scende
fino
a
Ters
-
Kanè
,
rimontammo
verso
settentrione
,
scendemmo
nella
valletta
di
Pialì
-
Pascià
,
piccolo
sobborgo
mezzo
nascosto
in
mezzo
alla
verzura
dei
giardini
e
degli
orti
;
e
ci
fermammo
dinanzi
alla
moschea
che
gli
dà
il
nome
.
È
una
moschea
bianca
,
sormontata
da
sei
cupole
graziose
,
con
un
cortile
circondato
d
'
archi
e
di
colonnine
gentili
,
un
minareto
leggerissimo
e
una
corona
di
cipressi
giganteschi
.
In
quel
momento
tutte
le
casette
circostanti
erano
chiuse
,
le
strade
deserte
,
il
cortile
stesso
della
moschea
,
solitario
;
la
luce
e
l
'
uggia
del
mezzogiorno
avvolgevano
ogni
cosa
;
e
non
si
sentiva
che
il
ronzìo
dei
tafani
.
Guardammo
l
'
orologio
:
mancavano
tre
minuti
alle
dodici
:
una
delle
cinque
ore
canoniche
dei
musulmani
,
in
cui
i
muezzin
s
'
affacciano
al
terrazzo
dei
minareti
per
gridare
ai
quattro
punti
dell
'
orizzonte
le
formole
sacramentali
dell
'
Islam
.
Sapevamo
bene
che
non
c
'
è
minareto
in
tutta
Costantinopoli
sul
quale
,
a
quell
'
ora
fissa
,
non
comparisca
,
puntuale
come
l
'
automa
d
'
un
orologio
,
l
'
annunziatore
del
profeta
.
Eppure
ci
pareva
strano
che
anche
in
quella
estremità
della
città
immensa
,
su
quella
moschea
solitaria
,
a
quell
'
ora
,
in
quel
silenzio
profondo
,
dovesse
comparire
quella
figura
e
suonare
quella
voce
.
Tenni
l
'
orologio
in
mano
,
e
guardando
attentamente
la
lancetta
dei
minuti
e
la
porticina
del
terrazzo
del
minareto
,
alta
quasi
come
un
terzo
piano
d
'
una
casa
ordinaria
,
stetti
aspettando
con
viva
curiosità
.
La
lancetta
toccò
il
sessantesimo
trattino
nero
,
e
nessuno
comparve
.
-
Non
viene
!
-
dissi
.
-
[
Pialì
-
Pascià
]
Eccolo
!
-
rispose
Yunk
.
Era
comparso
.
Il
parapetto
del
terrazzo
lo
nascondeva
tutto
,
fuorchè
il
viso
,
di
cui
,
per
la
lontananza
,
non
si
distingueva
la
fisonomia
.
Stette
per
qualche
secondo
immobile
;
poi
si
tappò
le
orecchie
colle
dita
,
e
alzando
il
volto
al
cielo
,
gridò
con
una
voce
lenta
,
tremula
e
acutissima
,
con
un
accento
solenne
e
lamentevole
,
le
sacre
parole
,
che
risuonano
,
nello
stesso
punto
su
tutti
i
minareti
dell
'
Affrica
,
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
:
-
Dio
è
grande
!
Non
v
'
è
che
un
Dio
!
Maometto
è
il
profeta
di
Dio
!
Venite
alla
preghiera
!
Venite
alla
salute
!
Dio
è
grande
!
Dio
è
un
solo
!
Venite
alla
preghiera
!
-
Poi
fece
un
mezzo
giro
sul
terrazzo
e
ripetè
le
stesse
parole
rivolto
a
settentrione
;
poi
a
levante
,
poi
a
occidente
,
e
poi
disparve
.
In
quel
punto
ci
arrivarono
all
'
orecchio
fioche
fioche
le
ultime
note
d
'
un
'
altra
voce
lontana
,
che
pareva
il
grido
d
'
uno
che
chiedesse
soccorso
,
e
poi
tutto
tacque
,
e
rimanemmo
anche
noi
per
qualche
minuto
silenziosi
,
con
un
sentimento
vago
di
tristezza
come
se
quelle
due
voci
avessero
consigliato
la
preghiera
soltanto
a
noi
,
e
sparendo
quel
fantasma
,
fossimo
rimasti
soli
nella
valle
come
due
abbandonati
da
Dio
.
Nessun
suono
di
campana
mi
ha
mai
toccato
il
cuore
così
intimamente
;
e
soltanto
quel
giorno
compresi
il
perché
Maometto
,
per
chiamare
i
fedeli
alla
preghiera
,
abbia
preferito
all
'
antica
tromba
israelitica
e
all
'
antica
tabella
cristiana
,
il
grido
dell
'
uomo
.
E
su
quella
scelta
fu
lungo
tempo
incerto
;
onde
poco
mancò
che
tutto
l
'
Oriente
non
pigliasse
un
aspetto
assai
diverso
da
quello
che
ha
ora
;
poichè
s
'
era
scelta
la
tabella
,
che
poi
si
cangiò
in
campana
,
si
sarebbe
certo
trasformato
il
minareto
,
e
uno
dei
tratti
più
originali
e
più
graziosi
della
città
e
del
paesaggio
orientale
sarebbe
andato
perduto
.
[
Ok
-
Meidan
]
Risalendo
da
Pialì
-
Pascià
sulla
collina
,
verso
occidente
,
ci
trovammo
in
un
vastissimo
spazio
di
terreno
brullo
,
da
cui
si
vedeva
tutto
il
Corno
d
'
Oro
e
tutta
Stambul
,
dal
borgo
d
'
Eyub
alla
collina
del
serraglio
;
quattro
miglia
di
giardini
e
di
moschee
,
una
grandezza
e
una
leggiadria
,
da
contemplarsi
in
ginocchio
come
una
apparizione
celeste
.
Era
l
'
Ok
-
meïdan
,
la
piazza
delle
freccie
,
dove
andavano
i
Sultani
a
tirar
dell
'
arco
secondo
l
'
uso
dei
re
Persiani
.
Vi
sono
ancora
sparse
,
a
distanze
ineguali
,
alcune
colonnine
di
marmo
,
segnate
d
'
iscrizioni
,
che
indicano
i
punti
dove
caddero
le
freccie
imperiali
.
V
'
è
ancora
il
chiosco
elegante
,
con
una
tribuna
,
da
cui
i
sultani
tendevano
l
'
arco
.
A
destra
,
nei
campi
,
si
stendeva
una
lunga
fila
di
pascià
e
di
bey
,
punti
viventi
d
'
ammirazione
,
coi
quali
il
padiscià
rendeva
omaggio
alla
propria
destrezza
;
a
sinistra
,
dodici
paggi
della
famiglia
imperiale
,
che
correvano
a
raccogliere
gli
strali
e
a
segnare
il
punto
della
caduta
;
intorno
,
dietro
gli
alberi
e
i
cespugli
,
qualche
turco
temerario
venuto
per
contemplare
di
nascosto
le
sembianze
sublimi
del
Gran
Signore
;
e
sulla
tribuna
campeggiava
nell
'
atteggiamento
d
'
un
atleta
superbo
,
Mahmut
,
il
più
vigoroso
arciere
dell
'
impero
,
di
cui
l
'
occhio
scintillante
faceva
curvar
la
fronte
agli
spettatori
,
e
la
barba
famosa
,
nera
come
il
corvo
del
Monte
Tauro
,
spiccava
di
lontano
sul
grande
mantello
candido
,
spruzzato
del
sangue
dei
Giannizzeri
.
Ora
tutto
è
cangiato
e
diventato
prosaico
:
il
Sultano
tira
colla
rivoltella
nei
cortili
del
suo
palazzo
e
sull
'
Ok
-
meïdan
s
'
esercita
al
bersaglio
la
fanteria
.
Da
una
parte
v
'
è
un
convento
di
dervis
,
dall
'
altra
un
caffè
solitario
;
e
tutta
la
campagna
è
desolata
e
malinconica
come
una
steppa
.
[
Piri
-
Pascià
]
Scendendo
dall
'
Ok
-
meïdan
verso
il
Corno
d
'
Oro
,
ci
trovammo
in
un
altro
piccolo
sobborgo
musulmano
,
chiamato
Piri
-
Pascià
,
forse
da
quel
famoso
gran
vizir
del
primo
Selim
,
che
educò
Solimano
il
Grande
.
Piri
-
Pascià
prospetta
il
sobborgo
israelitico
di
Balata
,
posto
sull
'
altra
riva
del
Corno
.
Non
v
'
incontrammo
che
qualche
cane
e
qualche
vecchia
turca
mendicante
.
Ma
questa
solitudine
ci
permise
di
considerare
a
nostro
bell
'
agio
la
struttura
del
borgo
.
È
una
cosa
singolare
.
In
quel
borgo
,
come
in
qualunque
altra
parte
di
Costantinopoli
uno
s
'
addentri
,
dopo
averla
vista
o
dal
mare
o
dalle
alture
vicine
,
si
prova
la
medesima
impressione
che
a
guardare
un
bello
spettacolo
coreografico
dal
palco
scenico
dopo
averlo
visto
dalla
platea
;
ci
si
meraviglia
che
quell
'
insieme
di
cose
brutte
e
meschine
possa
produrre
una
così
bella
illusione
.
Non
v
'
è
nessuna
città
al
mondo
,
io
credo
,
nella
quale
la
bellezza
sia
così
pura
apparenza
come
a
Costantinopoli
.
Veduta
da
Balata
,
Piri
-
Pascià
è
una
cittadina
gentile
,
tutta
colori
ridenti
,
inghirlandata
di
verzura
,
che
si
specchia
nelle
acque
del
Corno
d
'
Oro
come
una
ninfa
,
e
desta
mille
immagini
d
'
amore
e
di
delizia
.
Entrateci
,
tutto
svanisce
.
Non
sono
che
casupole
rozze
,
tinte
di
coloracci
da
baracche
di
fiera
;
cortiletti
angusti
e
sucidi
,
che
paiono
ricettacoli
di
streghe
;
gruppi
di
fichi
e
di
cipressi
polverosi
,
giardini
ingombri
di
calcinacci
,
vicoli
deserti
,
miseria
,
immondizie
,
tristezza
.
Ma
scendete
una
china
,
saltate
in
un
caicco
,
e
dopo
cinque
remate
,
rivedete
la
cittadina
fantastica
,
in
tutta
la
pompa
della
sua
bellezza
e
della
sua
grazia
.
[
Hasskioi
]
Andando
innanzi
,
sempre
lungo
la
riva
del
Corno
d
'
Oro
,
scendiamo
in
un
altro
sobborgo
,
vasto
,
popoloso
,
d
'
aspetto
strano
,
dove
,
fin
dai
primi
passi
,
ci
accorgiamo
di
non
essere
più
in
mezzo
ai
musulmani
.
Da
ogni
parte
si
vedono
bambini
coperti
di
gore
e
di
scaglie
che
si
ravvoltolano
per
terra
;
vecchie
sformate
e
cenciose
che
lavorano
colle
mani
scheletrite
sugli
usci
delle
case
ingombre
di
ciarpame
e
ferravecchi
;
uomini
ravvolti
in
lunghi
vestiti
sudici
,
con
un
fazzoletto
in
brandelli
attorcigliato
intorno
alla
testa
,
che
passano
lungo
i
muri
in
aspetto
furtivo
;
visi
macilenti
alle
finestre
;
cenci
appesi
fra
casa
e
casa
;
strame
e
belletta
in
ogni
parte
.
È
Hasskioi
,
il
sobborgo
israelitico
,
il
ghetto
della
riva
settentrionale
del
Corno
d
'
Oro
,
che
fa
fronte
a
quello
dell
'
altra
riva
,
al
quale
lo
congiungeva
durante
la
guerra
di
Crimea
un
ponte
di
legno
di
cui
non
rimane
più
traccia
.
Di
qui
comincia
un
'
altra
lunga
catena
di
arsenali
,
di
scuole
militari
,
di
caserme
e
di
piazze
d
'
armi
,
che
si
stende
fin
quasi
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
.
Ma
di
questo
non
vedemmo
nulla
perché
ormai
non
ce
lo
consentivano
nè
le
gambe
,
nè
la
testa
.
Già
tutte
le
cose
vedute
ci
si
confondevano
nella
mente
;
ci
pareva
di
essere
in
viaggio
da
una
settimana
;
pensavamo
a
Pera
lontanissima
con
un
leggiero
sentimento
di
nostalgia
,
e
saremmo
tornati
indietro
,
se
non
ci
avesse
trattenuto
il
proposito
fatto
solennemente
sul
vecchio
ponte
,
e
se
Yunk
non
m
'
avesse
rianimato
,
secondo
il
suo
solito
,
intonando
la
gran
marcia
dell
'
Aida
.
[
Halidgi
-
Oghli
]
Avanti
dunque
.
Attraversiamo
un
altro
cimitero
musulmano
,
saliamo
sopra
un
'
altra
collina
,
entriamo
in
un
altro
sobborgo
,
nel
sobborgo
di
Halidgi
-
Oghli
,
abitato
da
una
popolazione
mista
;
una
piccola
città
dove
ad
ogni
svolto
di
vicolo
,
si
trova
una
nuova
razza
e
una
nuova
religione
.
Si
sale
,
si
scende
,
si
rampica
,
si
passa
in
mezzo
alle
tombe
,
alle
moschee
,
alle
chiese
,
alle
sinagoghe
;
si
gira
intorno
a
cimiteri
e
a
giardini
;
s
'
incontrano
delle
belle
armene
di
forme
matronali
e
delle
turche
leggiere
che
sbirciano
a
traverso
il
velo
;
si
sente
parlar
greco
,
armeno
e
spagnuolo
,
-
lo
spagnuolo
degli
ebrei
-
;
e
si
cammina
,
si
cammina
.
Si
dovrà
pure
arrivare
in
fondo
a
questa
Costantinopoli
!
-
diciamo
fra
noi
.
-
Tutto
ha
un
confine
su
questa
terra
!
Già
le
case
di
Halidgi
-
Oghli
diradano
,
cominciano
a
verdeggiare
li
orti
,
non
c
'
è
più
che
un
gruppo
di
abituri
,
vi
passiamo
in
mezzo
,
siamo
finalmente
arrivati
...
[
Sudludgé
]
Ahimè
!
non
siamo
arrivati
che
a
un
altro
sobborgo
.
È
il
sobborgo
cristiano
di
Sudludgé
,
che
s
'
innalza
sopra
una
collina
,
circondato
di
orti
e
di
cimiteri
;
sulla
collina
ai
piedi
della
quale
metteva
capo
il
solo
ponte
che
unisse
anticamente
le
due
rive
del
Corno
d
'
oro
.
Ma
questo
sobborgo
,
come
Dio
vuole
,
è
l
'
ultimo
,
e
la
nostra
escursione
è
finita
.
Usciamo
di
fra
le
case
per
cercare
un
luogo
di
riposo
;
saliamo
su
per
una
altura
ripida
e
nuda
che
s
'
alza
alle
spalle
di
Sudludgé
,
e
ci
troviamo
dinanzi
al
più
grande
cimitero
israelitico
di
Costantinopoli
:
un
vasto
piano
coperto
d
'
una
miriade
di
pietre
abbattute
,
le
quali
presentano
l
'
aspetto
sinistro
d
'
una
città
rovinata
dal
terremoto
,
senza
un
albero
,
senza
un
fiore
,
senza
un
filo
d
'
erba
,
senza
una
traccia
di
sentiero
:
una
solitudine
desolata
che
stringe
il
cuore
,
come
lo
spettacolo
d
'
una
grande
sventura
.
Sediamo
sopra
una
tomba
,
rivolti
verso
il
Corno
d
'
oro
,
ed
ammiriamo
,
riposando
,
il
panorama
immenso
e
gentile
che
ci
si
stende
dintorno
.
Si
vede
,
sotto
,
Sudludgé
,
Halidgi
-
Oghli
,
Hasskioj
,
Piri
-
Pascià
,
una
fuga
di
sobborghi
chiusi
fra
l
'
azzurro
del
mare
e
il
verde
dei
cimiteri
e
dei
giardini
;
a
sinistra
l
'
Okmeïdan
solitario
,
e
i
cento
minareti
di
Kassim
-
Pascià
;
più
lontano
,
Stambul
,
sterminata
e
confusa
;
di
là
da
Stambul
,
le
somme
linee
delle
montagne
dell
'
Asia
,
quasi
svanite
nel
cielo
;
dinanzi
,
proprio
in
faccia
a
Sudludgé
,
dall
'
altra
parte
del
Corno
d
'
oro
,
il
borgo
misterioso
d
'
Eyub
,
di
cui
si
distinguono
uno
per
uno
i
ricchi
mausolei
,
le
moschee
di
marmo
,
le
chine
ombrose
sparse
di
tombe
,
i
viali
solitari
,
e
i
recessi
pieni
di
tristezza
di
grazia
;
e
a
destra
d
'
Eyub
altri
villaggi
che
si
guardan
nell
'
acqua
,
e
poi
l
'
ultima
svolta
del
Corno
d
'
oro
,
che
si
perde
fra
due
alte
rive
rivestite
d
'
alberi
e
di
fiori
.
Spaziando
collo
sguardo
su
quel
panorama
,
stanchi
,
quasi
in
uno
stato
di
dormiveglia
,
senz
'
accorgercene
,
mettiamo
in
musica
quella
bellezza
,
canterellando
non
so
che
cosa
;
ci
domandiamo
chi
sarà
il
morto
su
cui
siamo
seduti
;
frughiamo
con
un
fuscello
dentro
un
formicaio
;
parliamo
di
mille
sciocchezze
;
ci
diciamo
di
tratto
in
tratto
:
-
Ma
siamo
proprio
a
Costantinopoli
?
-
;
poi
pensiamo
che
la
vita
è
breve
e
che
tutto
è
vanità
;
e
poi
ci
piglian
dei
fremiti
d
'
allegrezza
;
ma
in
fondo
sentiamo
che
nessuna
bellezza
della
terra
dà
una
gioia
veramente
intera
,
se
contemplandola
,
non
si
sente
nella
propria
mano
la
manina
della
donna
che
si
ama
.
[
In
caicco
]
Verso
il
tramonto
scendiamo
al
Corno
d
'
oro
,
entriamo
in
un
caicco
a
quattro
remi
,
e
non
abbiamo
ancora
pronunziato
la
parola
:
-
Galata
!
-
che
la
barchetta
gentile
è
già
lontana
dalla
riva
.
E
il
caicco
è
veramente
la
barchetta
più
gentile
che
abbia
mai
solcato
le
acque
.
È
più
lungo
della
gondola
,
ma
più
stretto
e
più
sottile
;
è
scolpito
,
dipinto
e
dorato
;
non
ha
nè
timone
,
nè
sedili
;
vi
si
siede
sopra
in
cuscino
o
un
tappeto
,
in
modo
che
non
riman
fuori
che
la
testa
e
le
spalle
;
è
terminato
alle
due
estremità
in
maniera
da
poter
andare
nelle
due
direzioni
;
si
squilibra
al
menomo
movimento
,
si
spicca
dalla
riva
come
una
freccia
dall
'
arco
,
par
che
voli
a
fior
d
'
acqua
come
una
rondine
,
passa
da
per
tutto
,
scivola
e
fugge
specchiando
nell
'
onde
i
suoi
mille
colori
come
un
delfino
inseguito
.
I
nostri
rematori
erano
due
bei
giovani
turchi
col
fez
rosso
,
con
una
camicia
cilestrina
,
con
un
paio
di
grandi
calzoni
bianchissimi
,
colle
braccia
e
colle
gambe
nude
;
due
atleti
ventenni
,
color
di
bronzo
,
puliti
,
allegri
e
baldanzosi
,
che
ad
ogni
remata
mandavano
innanzi
la
barca
di
tutta
la
sua
lunghezza
;
altri
caicchi
ci
passavano
accanto
di
volo
,
che
appena
si
vedevano
;
ci
passavano
vicino
degli
stormi
d
'
anitre
,
ci
roteavano
sul
capo
degli
uccelli
,
ci
rasentavano
delle
grandi
barche
coperte
,
piene
di
turche
velate
,
e
le
alghe
di
tratto
in
tratto
ci
nascondevano
ogni
cosa
.
Vista
d
'
in
fondo
al
Corno
d
'
Oro
,
a
quell
'
ora
,
la
città
presentava
un
aspetto
nuovissimo
.
Non
si
vedeva
la
riva
asiatica
,
a
cagione
della
curvatura
della
rada
;
la
collina
del
Serraglio
chiudeva
il
Corno
d
'
oro
come
un
lunghissimo
lago
;
le
colline
delle
due
rive
sembravano
ingigantite
;
e
,
Stambul
,
lontana
lontana
,
sfumata
con
una
gradazione
dolcissima
di
tinte
cineree
e
azzurrine
,
enorme
e
leggera
come
una
città
fatata
,
pareva
che
galleggiasse
sul
mare
e
si
perdesse
nel
cielo
.
Il
caicco
volava
,
le
due
rive
fuggivano
,
i
seni
succedevano
ai
seni
,
i
boschetti
ai
boschetti
,
i
sobborghi
ai
sobborghi
;
e
via
via
che
s
'
andava
innanzi
,
tutto
ci
s
'
allargava
e
ci
s
'
innalzava
dintorno
,
i
colori
della
città
illanguidivano
,
l
'
orizzonte
s
'
infocava
,
le
acque
mandavano
dei
riflessi
d
'
oro
e
di
porpora
,
e
un
profondo
stupore
ci
entrava
a
poco
a
poco
nell
'
anima
,
misto
a
una
dolcezza
indefinibile
,
che
ci
faceva
sorridere
e
non
ci
lasciava
parlare
.
Quando
il
caicco
si
fermò
allo
scalo
di
Galata
,
uno
dei
barcaioli
ci
dovette
gridare
negli
orecchi
:
Monsù
!
Arrivar
!
-
e
ci
destammo
come
da
un
sogno
.
IL
GRAN
BAZAR
Dopo
aver
visto
di
volo
tutta
Costantinopoli
,
percorrendo
le
due
rive
del
Corno
d
'
oro
,
è
tempo
di
entrare
nel
cuore
di
Stambul
,
d
'
andar
a
vedere
quella
fiera
universale
e
perpetua
,
quella
città
nascosta
,
oscura
,
piena
di
meraviglie
,
tesori
e
di
memorie
,
che
si
distende
fra
la
collina
di
Nuri
-
Osmanié
e
quella
del
Seraschiere
,
e
si
chiama
il
Grande
Bazar
.
Partiamo
dalla
piazza
della
moschea
Sultana
-
Validè
.
Qui
forse
si
vorrebbe
fermare
più
d
'
un
lettore
goloso
per
dare
un
'
occhiata
al
Balik
-
Bazar
,
mercato
dei
pesci
,
famoso
fin
dai
tempi
di
quel
vecchio
Andronico
Paleologo
,
il
quale
,
com
'
è
noto
,
dal
solo
prodotto
della
pesca
lungo
le
mura
della
città
ricavava
di
che
far
fronte
alle
spese
culinarie
di
tutta
la
sua
corte
.
La
pesca
,
infatti
,
è
ancora
abbondantissima
a
Costantinopoli
,
e
il
Balik
-
Bazar
,
nei
suoi
bei
giorni
,
potrebbe
offrire
all
'
autore
del
Ventre
de
Paris
il
soggetto
d
'
una
descrizione
pomposa
e
appetitosa
come
le
grandi
mense
dei
vecchi
quadri
olandesi
.
I
venditori
son
quasi
tutti
turchi
,
e
stanno
schierati
intorno
alla
piazza
,
coi
pesci
ammucchiati
sopra
stuoie
distese
in
terra
,
o
sopra
lunghe
tavole
,
intorno
a
cui
si
disputano
lo
spazio
una
folla
di
compratori
e
un
esercito
di
cani
.
Là
si
ritrovano
le
triglie
squisite
del
Bosforo
,
quattro
volte
più
grosse
di
quelle
dei
nostri
mari
;
le
ostriche
dell
'
isola
di
Marmara
,
che
i
Greci
e
gli
Armeni
soli
sanno
cuocere
a
punto
sulla
brace
;
le
palamite
e
i
tonni
che
son
salati
quasi
esclusivamente
dagli
Ebrei
;
le
alici
che
i
Turchi
impararono
a
salare
dai
Marsigliesi
;
le
sardelle
di
cui
Costantinopoli
provvede
l
'
Arcipelago
;
gli
ulufer
,
i
pesci
più
saporiti
del
Bosforo
,
che
si
pigliano
al
lume
della
luna
;
gli
scombri
del
Mar
Nero
,
che
fanno
sette
invasioni
successive
nelle
acque
della
città
,
levando
uno
strepito
che
si
sente
dalle
ville
delle
due
rive
;
isdaurid
colossali
,
pesci
spada
enormi
,
rombi
,
o
come
li
chiamano
i
Turchi
,
Kalkan
-
baluk
,
pesci
scudo
,
e
altri
mille
pesci
minori
,
che
guizzano
fra
i
due
mari
,
inseguiti
dai
delfini
e
dai
falianos
,
e
cacciati
da
innumerevoli
alcioni
,
a
cui
strappano
la
preda
dal
becco
i
piombini
.
Cuochi
di
pascià
,
vecchi
buongustai
musulmani
,
schiave
e
giovani
di
taverna
,
s
'
avvicinano
alle
tavole
,
guardano
i
pesci
in
atto
meditabondo
,
contrattano
a
monosillabi
,
e
se
ne
vanno
colla
loro
compra
appesa
a
uno
spago
,
tutti
gravi
e
taciturni
,
come
se
portassero
la
testa
d
'
un
nemico
;
a
mezzogiorno
la
piazza
è
sgombra
,
e
i
rivenditori
son
già
sparsi
per
i
caffè
vicini
,
dove
stanno
fino
al
cader
del
sole
,
sognando
ad
occhi
aperti
,
colle
spalle
al
muro
,
e
il
bocchino
del
narghilè
tra
le
labbra
.
Per
andare
al
Gran
Bazar
,
s
'
infila
una
strada
che
sbocca
nel
mercato
dei
pesci
,
tanto
stretta
che
le
sporgenze
delle
case
opposte
quasi
si
toccano
,
e
si
va
innanzi
per
un
buon
tratto
in
mezzo
a
due
file
di
botteghe
basse
ed
oscure
,
dove
si
vende
il
tabacco
"
la
quarta
colonna
della
tenda
della
voluttà
"
dopo
il
caffè
,
l
'
oppio
ed
il
vino
,
o
"
il
quarto
sofà
dei
godimenti
"
,
anch
'
esso
,
come
il
caffè
,
fulminato
un
tempo
da
editti
di
sultani
e
da
sentenze
di
muftì
,
e
cagione
di
torbidi
e
di
supplizi
,
che
lo
resero
più
saporito
.
Tutta
la
strada
è
occupata
dai
tabaccai
.
Il
tabacco
è
messo
in
mostra
sopra
assicciuole
,
a
piramidi
e
a
mucchi
rotondi
,
ognuno
sormontato
da
un
limone
.
Sono
piramidi
di
latakié
d
'
Antiochia
,
di
tabacco
del
Serraglio
biondo
e
sottilissimo
che
par
seta
della
più
fina
,
di
tabacco
da
sigarette
e
da
cibuk
,
di
tutte
le
gradazioni
di
sapore
e
di
forza
,
da
quel
che
fuma
il
facchino
gigantesco
di
Galata
a
quello
che
concilia
il
sonno
alle
odalische
annoiate
nei
chioschi
dei
giardini
imperiali
.
Il
tombeki
,
tabacco
fortissimo
,
che
darebbe
al
capo
anche
a
un
vecchio
fumatore
,
se
il
fumo
non
giungesse
alla
bocca
purificato
dall
'
acqua
del
narghilè
,
è
chiuso
in
boccie
di
vetro
come
un
medicinale
.
I
tabaccai
son
quasi
tutti
greci
od
armeni
cerimoniosi
,
che
affettano
un
certo
fare
signorile
;
gli
avventori
tengono
crocchio
;
vi
si
fermano
degli
impiegati
del
ministero
degli
esteri
e
del
Seraschierato
;
alle
volte
vi
dà
una
capatina
qualche
pezzo
grosso
;
vi
si
spolitica
,
si
va
a
raccogliervi
la
notizia
e
a
raccontarvi
il
fattarello
;
è
un
piccolo
bazar
appartato
e
aristocratico
,
che
invita
al
riposo
,
e
fa
sentire
,
anche
a
passarvi
soltanto
,
la
voluttà
della
chiacchera
e
del
fumo
.
Andando
innanzi
,
si
passa
sotto
una
vecchia
porta
ad
arco
,
inghirlandata
di
pampini
,
e
si
riesce
in
faccia
ad
un
vasto
edifizio
di
pietra
,
attraversato
da
una
lunga
strada
diritta
e
coperta
,
fiancheggiata
da
botteghe
oscure
,
e
ingombra
di
gente
,
di
casse
,
di
sacchi
,
di
mucchi
di
mercanzie
.
Entrando
,
si
sente
un
odore
d
'
aromi
acutissimo
,
che
quasi
ributta
indietro
.
È
il
bazar
egiziano
dove
sono
raccolte
tutte
le
derrate
dell
'
India
,
della
Siria
,
dell
'
Egitto
e
dell
'
Arrabia
,
che
ridotte
poi
in
essenze
,
in
pastiglie
,
in
polveri
,
in
unguenti
,
vanno
a
colorar
visetti
e
manine
d
'
odalische
,
a
profumar
stanze
e
bagni
e
bocche
e
barbe
e
pietanze
,
a
rinvigorire
Pascià
sfibrati
,
ad
assopire
spose
infelici
,
a
istupidire
fumatori
,
a
spander
sogni
,
ebbrezza
ed
obblìo
nella
città
sterminata
.
Fatti
pochi
passi
in
questo
bazar
,
si
comincia
a
sentir
la
testa
pesante
,
e
si
fugge
;
ma
la
sensazione
di
quell
'
aria
calda
e
grave
,
e
di
quei
profumi
inebbrianti
,
ci
accompagna
ancora
per
un
buon
tratto
all
'
aria
libera
,
e
rimane
poi
viva
nella
memoria
come
una
delle
più
intime
e
più
significanti
impressioni
dell
'
Oriente
.
Uscendo
dal
bazar
egiziano
,
si
passa
in
mezzo
a
officine
rumorose
di
calderai
,
a
taverne
turche
,
che
riempiono
la
strada
di
puzzi
nauseabondi
,
a
mille
botteguccie
e
nicchiette
e
buchi
oscuri
,
dove
si
fabbrica
e
si
vende
una
minutaglia
infinita
d
'
oggetti
senza
nome
,
e
si
arriva
finalmente
al
Grande
Bazar
.
Ma
assai
prima
d
'
arrivarci
,
s
'
è
assaliti
e
bisogna
difendersi
.
A
cento
passi
dalla
gran
porta
d
'
entrata
,
sono
appostati
,
come
bravi
,
i
sensali
dei
mercanti
,
e
i
sensali
dei
sensali
,
che
alla
prima
occhiata
v
'
hanno
riconosciuto
per
forestiero
,
hanno
capito
che
andate
al
bazar
per
la
prima
volta
,
e
indovinato
presso
a
poco
di
che
paese
siete
,
tanto
che
assai
di
rado
sbagliano
lingua
nel
dirigervi
la
parola
.
S
'
avvicinano
col
fez
in
mano
e
col
sorriso
sulle
labbra
e
v
'
offrono
i
loro
servizi
.
Allora
segue
quasi
sempre
un
dialogo
come
questo
.
-
Non
compro
nulla
-
rispondete
.
-
Che
importa
,
signore
?
Io
non
voglio
che
farle
vedere
il
bazar
.
-
Non
voglio
vedere
il
bazar
.
-
Ma
io
l
'
accompagno
gratis
.
-
Non
voglio
essere
accompagnato
gratis
.
-
Ebbene
,
non
l
'
accompagnerò
che
fino
in
fondo
alla
strada
,
per
darle
qualche
informazione
che
le
sarà
utile
un
altro
giorno
,
quando
verrà
per
comprare
.
-
Ma
se
non
voglio
neppur
sentir
discorrere
di
comprare
!
-
Parleremo
d
'
altro
,
signore
.
È
a
Costantinopoli
da
molto
tempo
?
È
soddisfatto
del
suo
albergo
?
Ha
ottenuto
il
permesso
di
visitare
le
moschee
?
-
Ma
se
vi
dico
che
non
voglio
parlare
,
che
voglio
esser
solo
!
-
Ebbene
,
la
lascierò
solo
;
la
seguiterò
alla
distanza
di
dieci
passi
.
-
Ma
perché
mi
volete
seguitare
?
-
Per
impedire
che
la
truffino
nelle
botteghe
.
-
Ma
se
non
entro
nelle
botteghe
!
-
Allora
...
per
impedire
che
le
diano
noia
per
la
strada
.
Insomma
,
o
bisogna
rimetterci
il
fiato
,
o
lasciarsi
accompagnare
.
Il
grande
bazar
non
ha
nulla
all
'
esterno
che
attiri
l
'
occhio
e
faccia
indovinare
il
di
dentro
.
È
un
immenso
edifizio
di
pietra
,
di
stile
bizantino
,
di
forma
irregolare
,
circondato
d
'
alte
mura
grigie
,
e
sormontato
da
centinaia
di
cupolette
rivestite
di
piombo
e
traforate
,
che
danno
luce
all
'
interno
:
l
'
entrata
principale
è
una
porta
arcata
,
senza
carattere
architettonico
;
dai
vicoli
intorno
non
si
sente
nessun
rumore
;
a
quattro
passi
dalla
porta
si
può
credere
ancora
che
dietro
quei
muri
di
fortezza
non
ci
sia
altro
che
solitudine
e
silenzio
.
Ma
appena
entrati
,
si
rimane
sbalorditi
.
Non
si
è
dentro
a
un
edifizio
,
ma
in
un
labirinto
di
strade
coperte
da
volte
arcate
e
fiancheggiate
da
pilastri
scolpiti
e
da
colonne
;
in
una
vera
città
,
colle
sue
moschee
,
colle
sue
fontane
,
coi
suoi
crocicchi
,
colle
sue
piazzette
,
rischiarata
da
una
luce
vaga
come
quella
d
'
una
foresta
fitta
in
cui
non
penetri
un
raggio
di
sole
;
e
percorsa
da
una
folla
immensa
.
Ogni
strada
è
un
bazar
,
e
quasi
tutte
metton
capo
in
una
strada
principale
,
coperta
da
una
volta
ad
archi
di
pietre
bianche
e
nere
,
e
decorata
d
'
arabeschi
,
come
una
navata
di
moschea
.
In
queste
strade
semioscure
,
in
mezzo
alla
folla
ondeggiante
,
passano
carrozze
,
cammelli
e
cavalieri
,
che
fanno
uno
strepito
assordante
.
In
ogni
parte
si
è
apostrofati
a
parole
e
a
cenni
.
Il
mercante
greco
chiama
ad
alta
voce
e
gesticola
in
atto
quasi
imperioso
;
l
'
armeno
,
altrettanto
furbo
,
ma
d
'
apparenza
più
modesta
sollecita
con
maniere
ossequiose
;
l
'
ebreo
susurra
le
sue
offerte
nell
'
orecchio
;
il
turco
silenzioso
,
accosciato
sopra
un
cuscino
sulla
soglia
della
bottega
,
non
invita
che
cogli
occhi
e
si
rimette
al
destino
.
Dieci
voci
insieme
vi
chiamano
:
Monsieur
!
Captan
!
Caballero
!
Signore
!
Eccellenza
!
Kyrie
!
Milord
!
-
Ad
ogni
svolta
,
per
le
porte
laterali
,
si
vedono
fughe
d
'
arcate
e
di
pilastri
,
lunghi
corridoi
,
scorci
di
stradette
,
prospetti
lontani
e
confusi
di
bazar
,
e
per
tutto
botteghe
,
merci
appese
ai
muri
e
alle
volte
,
mercanti
affaccendati
,
facchini
carichi
,
gruppi
di
donne
velate
,
un
fermarsi
e
un
disfarsi
continuo
di
crocchi
rumorosi
,
un
rimescolìo
di
gente
e
di
cose
,
da
dare
il
capogiro
.
La
confusione
,
però
,
non
è
che
apparente
.
Questo
immenso
bazar
è
ordinato
come
una
caserma
,
e
bastano
poche
ore
per
mettersi
in
grado
di
trovarci
qualunque
cosa
vi
si
cerchi
,
senza
bisogno
di
guida
.
Ogni
genere
di
mercanzia
ha
il
suo
piccolo
quartiere
,
la
sua
stradetta
,
il
suo
corridoio
,
la
sua
piazzuola
.
Sono
cento
piccoli
bazar
che
mettono
l
'
uno
nell
'
altro
,
come
le
sale
di
un
vastissimo
appartamento
;
ed
ogni
bazar
è
nello
stesso
tempo
un
museo
,
un
passeggio
,
un
mercato
e
un
teatro
,
nel
quale
si
può
veder
tutto
senza
comprar
nulla
,
prendere
il
caffè
,
godere
il
fresco
,
chiacchierare
in
dieci
lingue
e
fare
agli
occhi
colle
più
belle
donnine
dell
'
Oriente
.
Si
può
prendere
un
bazar
a
caso
e
passarci
una
mezza
giornata
senz
'
accorgersene
:
per
esempio
il
bazar
delle
stoffe
e
dei
vestiti
.
È
un
emporio
di
bellezze
e
di
ricchezze
da
perderci
gli
occhi
,
il
cervello
e
la
borsa
;
e
bisogna
star
in
guardia
,
perché
il
menomo
capriccio
può
aver
per
conseguenza
di
farci
chiedere
soccorso
a
casa
per
telegrafo
.
Si
passeggia
in
mezzo
a
mucchi
e
a
torri
di
broccati
di
Bagdad
,
di
tappeti
di
Caramania
,
di
sete
di
Brussa
,
di
tele
dell
'
Indostan
,
di
mussoline
del
Bengala
,
di
scialli
di
Madras
,
di
casimir
dell
'
India
e
della
Persia
,
di
tessuti
variopinti
del
Cairo
,
di
cuscini
rabescati
d
'
oro
,
di
veli
di
seta
rigati
d
'
argento
,
di
sciarpe
di
tocca
a
righe
azzurre
e
incarnate
,
leggiere
e
trasparenti
che
paiono
vaporose
,
di
stoffe
d
'
ogni
forma
e
d
'
ogni
disegno
,
in
cui
il
chermisino
,
il
blu
,
il
verde
,
il
giallo
,
i
colori
più
ribelli
alle
combinazioni
simpatiche
,
si
avvicinano
e
s
'
intrecciano
con
un
ardimento
e
un
'
armonia
da
far
rimanere
a
bocca
aperta
;
di
tappeti
da
tavola
d
'
ogni
grandezza
,
a
fondo
rosso
o
bianco
,
ricamati
d
'
arabeschi
,
di
fiori
,
di
versetti
del
Corano
,
di
cifre
imperiali
,
che
si
starebbe
un
giorno
a
contemplarli
come
le
pareti
dell
'
Alhambra
.
Qui
si
possono
ammirare
ad
una
ad
una
tutte
le
parti
del
vestiario
turco
signorile
,
come
nelle
alcove
d
'
un
arem
,
dalle
cappe
verdi
,
ranciate
e
color
di
giacinto
,
che
coprono
ogni
cosa
,
fino
alle
camicie
di
seta
,
ai
fazzoletti
ricamati
d
'
oro
e
alle
cinture
di
raso
a
cui
non
può
giungere
altro
sguardo
d
'
uomo
che
quel
del
signore
e
dell
'
eunuco
.
Qui
i
caffettani
di
velluto
rosso
,
contornati
d
'
ermellino
e
coperti
di
stelle
;
i
bustini
di
raso
giallo
,
i
calzoncini
di
seta
color
di
rosa
,
le
sottovesti
di
damasco
bianco
tempestate
di
fiori
d
'
oro
,
i
veli
di
sposa
scintillanti
di
pagliuole
d
'
argento
,
i
casacchini
di
terzopelo
verde
,
orlati
di
piumino
di
cigno
;
le
vesti
greche
,
armene
e
circasse
,
di
mille
tagli
capricciosi
,
sovraccariche
d
'
ornamenti
,
dure
e
splendenti
come
corazze
;
e
in
mezzo
a
tutti
questi
tesori
,
le
stoffe
prosaiche
di
Francia
e
d
'
Inghilterra
,
dai
colori
sinistri
,
che
ci
fanno
la
figura
della
nota
d
'
un
sarto
in
mezzo
alle
pagine
d
'
un
poema
.
Nessuno
che
ami
una
donna
,
può
passare
in
quel
bazar
senza
considerare
come
una
grande
sventura
di
non
essere
millionario
,
e
senza
sentirsi
per
un
momento
divampare
nell
'
anima
il
furore
del
saccheggio
.
Per
liberarsi
da
queste
idee
,
non
c
'
è
che
a
svoltare
nel
bazar
delle
pipe
.
Qui
l
'
immaginazione
è
ricondotta
a
desiderii
più
tranquilli
.
Sono
fasci
di
cibuk
di
gelsomino
,
di
ciliegio
,
d
'
acero
e
di
rosaio
;
bocchini
d
'
ambra
gialla
del
mar
Baltico
,
levigati
e
luccicanti
come
il
cristallo
,
d
'
innumerevoli
gradazioni
di
colore
e
di
trasparenza
,
ornati
di
rubini
e
di
diamanti
;
pipe
di
Cesarea
,
colla
cannetta
fasciata
di
fili
d
'
oro
e
di
seta
;
borse
da
tabacco
del
Libano
,
a
losanghe
di
varii
colori
,
rabescati
di
ricami
splendenti
;
narghilè
di
cristallo
di
Boemia
,
d
'
acciaio
e
d
'
argento
,
di
belle
forme
antiche
,
damaschinati
,
niellati
,
tempestati
di
pietre
preziose
,
con
tubi
di
marocchino
scintillanti
di
dorature
e
d
'
anelli
,
fasciati
nella
bambagia
,
e
perpetuamente
custoditi
da
due
occhi
fissi
,
che
all
'
avvicinarsi
d
'
ogni
curioso
si
dilatano
come
occhi
di
civetta
,
e
fanno
morir
sulle
labbra
la
richiesta
del
prezzo
a
chiunque
non
sia
almeno
vizir
o
pascià
e
non
abbia
dissanguato
per
qualche
anno
una
provincia
dell
'
Asia
Minore
.
Qui
non
viene
a
comprare
che
il
messo
della
Sultana
che
vuol
dare
un
pegno
di
gratitudine
al
gran
vizir
arrendevole
,
o
l
'
alto
dignitario
di
Corte
che
,
prendendo
possesso
della
nuova
carica
,
è
costretto
,
per
suo
decoro
,
a
spendere
cinquanta
mila
lire
in
una
rastrelliera
di
pipe
;
o
l
'
ambasciatore
del
Sultano
che
vuol
portare
al
Monarca
europeo
un
ricordo
splendido
di
Stambul
.
Il
turco
modesto
dà
uno
sguardo
malinconico
e
passa
oltre
,
parafrasando
,
per
consolarsi
,
la
sentenza
del
Profeta
:
-
il
fuoco
dell
'
inferno
tuonerà
come
il
muggito
del
cammello
nel
ventre
di
colui
che
fuma
in
una
pipa
d
'
oro
o
d
'
argento
.
Di
qui
si
ricasca
fra
le
tentazioni
entrando
nel
bazar
dei
profumieri
,
che
è
uno
dei
più
schiettamente
orientali
e
dei
più
cari
al
Profeta
,
il
quale
diceva
:
-
Donne
,
bambini
e
profumi
-
,
per
dire
i
suoi
tre
più
dolci
piaceri
.
Qui
si
trovano
le
famose
pastiglie
del
Serraglio
che
profumano
i
baci
,
le
cassule
di
gomma
odorosa
che
staccano
dal
mastico
le
forti
fanciulle
di
Chio
,
per
mandarla
a
rafforzar
le
gengive
delle
molli
musulmane
;
le
essenze
squisite
di
bergamotto
e
di
gelsomino
,
e
quelle
potentissime
di
rosa
,
chiuse
in
astucci
di
velluto
ricamato
d
'
oro
,
d
'
un
prezzo
da
far
rizzare
i
capelli
;
qui
il
collirio
per
le
sopracciglia
,
l
'
antimonio
per
gli
occhi
,
l
'
henné
per
le
unghie
,
i
saponi
che
ammorbidiscono
la
cute
delle
belle
siriane
,
le
pillole
che
fanno
cadere
i
peli
dal
volto
delle
maschie
circasse
,
le
acque
di
cedro
e
d
'
arancio
,
i
sacchetti
di
muschio
,
l
'
olio
di
sandalo
,
l
'
ambra
grigia
,
l
'
aloè
per
profumare
le
chicchere
e
le
pipe
,
una
miriade
di
polveri
,
d
'
acque
e
di
pomate
,
distinte
con
nomi
fantastici
e
destinate
ad
usi
indicibili
,
che
rappresentano
ciascuna
un
capriccio
amoroso
,
un
proposito
di
seduzione
,
un
raffinamento
di
voluttà
,
e
spandono
tutte
insieme
una
fragranza
acuta
e
sensuale
,
che
fa
veder
come
in
sogno
dei
grandi
occhi
languidi
e
delle
manine
carezzevoli
,
e
sentire
un
suono
sommesso
di
respiri
e
di
baci
.
Tutte
queste
fantasie
svaniscono
entrando
nel
bazar
dei
gioiellieri
,
che
è
una
stradetta
oscura
e
deserta
,
fiancheggiata
da
botteguccie
d
'
aspetto
meschino
,
in
cui
nessuno
direbbe
mai
che
sian
nascosti
,
come
ci
sono
,
dei
tesori
favolosi
.
Le
gioie
sono
chiuse
in
cofani
di
legno
di
quercia
,
cerchiati
e
corazzati
di
ferro
,
e
posti
sul
davanti
delle
botteghe
,
sotto
gli
occhi
dei
mercanti
:
vecchi
turchi
o
vecchi
ebrei
,
dalle
lunghe
barbe
e
dallo
sguardo
acuto
,
che
par
che
penetri
nelle
tasche
e
trapassi
i
portamonete
.
Qualcuno
sta
ritto
dinanzi
alla
sua
tana
,
e
quando
gli
passate
accanto
,
prima
vi
ficca
gli
occhi
negli
occhi
,
poi
con
un
rapido
movimento
vi
mette
sotto
il
viso
un
diamante
di
Golconda
o
uno
zaffiro
d
'
Ormus
o
un
rubino
di
Giamscid
,
che
al
menomo
vostro
cenno
negativo
,
ritira
colla
medesima
rapidità
con
cui
l
'
ha
porto
.
Altri
girano
a
passi
lenti
,
vi
fermano
in
mezzo
alla
strada
e
,
dopo
aver
rivolto
intorno
uno
sguardo
sospettoso
,
tirano
fuor
del
seno
un
cencio
sucido
,
e
lo
spiegano
,
e
vi
fanno
vedere
un
bel
topazio
del
Brasile
o
una
bella
turchina
di
Macedonia
,
guardandovi
coll
'
occhio
di
demoni
tentatori
.
Altri
non
fanno
che
darvi
un
'
occhiata
scrutatrice
,
e
non
giudicandovi
una
faccia
da
pietre
preziose
,
non
si
degnano
di
offrirvi
nulla
.
Nessuno
poi
fa
l
'
atto
d
'
aprire
il
cofanetto
,
se
anche
aveste
la
faccia
d
'
un
santo
o
l
'
aria
d
'
un
Creso
.
Le
collane
d
'
opale
,
i
fiori
e
le
stelle
di
smeraldo
,
le
mezzelune
e
i
diademi
contornati
di
perle
d
'
Ofir
,
i
mucchietti
abbarbaglianti
di
acque
-
di
-
mare
,
di
crisoberilli
,
d
'
avventurine
,
di
agate
,
di
granate
,
di
lapislazzuli
,
rimangono
inesorabilmente
nascosti
agli
occhi
dei
curiosi
senza
quattrini
,
e
specialmente
a
quelli
d
'
uno
scrittore
italiano
.
Tutt
'
al
più
egli
può
arrischiarsi
a
domandare
il
prezzo
di
qualche
tespí
,
o
coroncina
d
'
ambra
,
di
sandalo
o
di
corallo
,
da
far
scorrere
tra
le
dita
,
come
i
turchi
,
per
ingannare
il
tempo
negli
intervalli
dei
suoi
lavori
forzati
.
Per
divertirsi
bisogna
entrare
nelle
botteghe
dei
franchi
,
mercanti
di
stoffe
,
dove
c
'
è
merce
per
tutte
le
borse
.
Appena
entrati
,
si
ha
intorno
un
cerchio
di
gente
che
non
si
capisce
di
dove
sia
sbucata
.
Non
è
mai
possibile
l
'
aver
che
fare
con
un
solo
.
Tra
il
mercante
,
i
soci
del
mercante
,
i
sensali
,
i
manutengoli
e
i
tirapiedi
,
son
sempre
una
mezza
dozzina
.
Se
non
v
'
accoppa
uno
,
v
'
impicca
l
'
altro
:
non
c
'
è
modo
di
scansare
una
brutta
fine
.
E
non
si
può
dire
con
che
arte
,
con
che
pazienza
,
con
che
ostinazione
,
con
che
diabolici
raggiri
fanno
comprare
quello
che
vogliono
.
Domandano
d
'
ogni
cosa
un
subisso
:
offrite
il
terzo
:
lasciano
cader
le
braccia
in
segno
di
profondo
scoraggiamento
,
o
si
battono
la
fronte
in
atto
disperato
,
e
non
rispondono
;
oppure
si
espandono
in
un
torrente
di
parole
appassionate
per
toccarvi
il
cuore
.
Siete
un
uomo
crudele
,
volete
costringerli
a
chiuder
bottega
,
volete
ridurli
alla
miseria
,
non
avete
compassione
dei
loro
figliuoli
,
non
capiscono
che
cosa
possano
avervi
fatto
di
male
per
trattarli
in
quella
maniera
.
Mentre
vi
dicono
il
prezzo
d
'
un
oggetto
,
un
sensale
d
'
una
bottega
vicina
vi
susurra
nell
'
orecchio
:
-
Non
comprate
,
vi
truffano
.
-
Voi
credete
che
sia
sincero
,
e
invece
è
d
'
accordo
col
mercante
;
vi
dice
che
vi
truffano
collo
scialle
,
per
guadagnare
la
vostra
fiducia
,
e
farvi
rompere
il
collo
un
minuto
dopo
,
consigliandovi
di
comprare
il
tappeto
.
Mentre
esaminate
la
stoffa
,
essi
si
parlano
a
gesti
,
a
occhiate
,
a
colpi
di
gomito
,
a
mezze
parole
.
Se
sapete
il
greco
,
parlano
turco
;
se
sapete
il
turco
,
parlano
armeno
;
se
sapete
l
'
armeno
,
parlano
spagnuolo
;
ma
in
qualche
modo
s
'
intendono
e
ve
l
'
accoccano
.
Se
poi
tenete
duro
,
v
'
insaponano
;
vi
dicono
che
parlate
bene
la
loro
lingua
,
che
avete
un
fare
da
gentiluomo
e
che
non
dimenticheranno
mai
più
la
vostra
bella
figura
;
vi
discorrono
del
vostro
paese
,
nel
quale
sono
stati
molto
tempo
,
perché
sono
stati
da
per
tutto
;
vi
fanno
il
caffè
,
vi
offrono
d
'
accompagnarvi
alla
dogana
quando
partirete
,
per
impedire
che
vi
facciano
dei
soprusi
,
ossia
per
truffar
voi
,
la
dogana
e
i
vostri
compagni
di
viaggio
,
se
ne
avete
;
mettono
sottosopra
tutta
la
bottega
,
e
non
vi
fanno
punto
il
viso
arcigno
se
ve
n
'
andate
senza
comprare
:
se
non
è
quel
giorno
,
sarà
un
altro
;
al
bazar
ci
dovete
tornare
,
i
loro
cani
da
caccia
vi
riconosceranno
;
se
non
cadrete
nelle
loro
mani
,
cadrete
in
quelle
d
'
un
loro
socio
;
se
non
vi
peleranno
come
mercanti
,
vi
scorticheranno
come
sensali
;
se
non
vi
aggiusteranno
in
bottega
,
vi
serviranno
la
messa
alla
dogana
;
il
colpo
non
può
fallire
.
A
che
popolo
appartengono
costoro
?
Non
si
capisce
.
A
furia
di
parlar
lingue
diverse
,
han
perduto
il
loro
accento
primitivo
;
a
forza
di
far
la
commedia
,
hanno
alterati
i
tratti
fisionomici
della
loro
razza
;
son
di
che
paese
si
vuole
,
fanno
il
mestiere
che
si
desidera
,
sono
interpreti
,
guide
,
mercanti
,
usurai
;
e
sopra
ogni
cosa
,
artisti
insuperabili
nell
'
arte
di
scroccare
l
'
universo
.
I
mercanti
musulmani
offrono
un
campo
d
'
osservazioni
affatto
diverso
.
Fra
loro
si
ritrovano
ancora
quei
vecchi
turchi
,
ormai
rari
per
le
vie
di
Costantinopoli
,
che
sono
come
la
personificazione
del
tempo
dei
Maometti
e
dei
Bajazet
,
i
resti
viventi
del
vecchio
edifizio
ottomano
,
ch
'
ebbe
il
primo
crollo
dalle
riforme
di
Mahmut
,
e
che
di
giorno
in
giorno
,
pietra
per
pietra
,
rovina
e
si
trasforma
.
Bisogna
venire
nel
gran
bazar
e
ficcare
lo
sguardo
in
fondo
alle
botteguccie
più
oscure
delle
stradette
più
appartate
,
per
ritrovare
i
vecchi
turbanti
enormi
dei
tempi
di
Solimano
,
dalla
forma
di
cupole
di
moschee
;
le
faccie
impassibili
,
gli
occhi
di
vetro
,
i
nasi
adunchi
,
le
lunghe
barbe
bianche
,
gli
antichi
caffettani
aranciati
e
purpurei
,
i
grandi
calzoni
a
mille
pieghe
stretti
intorno
alla
vita
dalle
sciarpe
smisurate
,
gli
atteggiamenti
alteri
e
tristi
dell
'
antico
popolo
dominatore
,
i
visi
istupiditi
dall
'
oppio
o
illuminati
dal
sentimento
d
'
una
fede
ardente
.
Essi
son
là
in
fondo
alle
loro
nicchie
,
colle
braccia
e
colle
gambe
incrociate
,
immobili
e
gravi
come
idoli
,
e
aspettano
,
senz
'
aprir
bocca
,
i
compratori
predestinati
.
Se
le
cose
vanno
bene
,
mormorano
:
-
Mach
Allà
!
-
Sia
lodato
Iddio
!
-
;
se
vanno
male
:
-
Olsun
!
-
Così
sia
-
,
e
chinano
la
testa
rassegnati
.
Alcuni
leggono
il
Corano
,
altri
fanno
scorrere
fra
le
dita
le
pallettine
del
tespì
,
mormorando
sbadatamente
i
cento
epiteti
d
'
Allà
;
altri
che
han
fatto
buoni
affari
,
bevono
il
loro
narghilè
,
per
dirla
coll
'
espressione
turca
,
girando
intorno
lentamente
uno
sguardo
voluttuoso
e
pieno
di
sonno
;
altri
stanno
curvi
,
cogli
occhi
socchiusi
e
colla
fronte
corrugata
come
occupati
da
un
profondo
pensiero
.
A
che
cosa
pensano
?
Forse
ai
loro
figliuoli
morti
sotto
le
mura
di
Sebastopoli
o
alle
loro
carovane
disperse
o
alle
loro
voluttà
perdute
o
ai
giardini
eterni
,
promessi
dal
Profeta
,
dove
all
'
ombra
delle
palme
e
dei
granati
,
sposeranno
le
vergini
dagli
occhi
neri
,
che
nè
uomo
nè
genio
non
ha
mai
profanate
.
Tutti
hanno
qualchecosa
di
bizzarro
,
tutti
sono
pittoreschi
;
ogni
bottega
è
la
cornice
d
'
un
quadro
pieno
di
colori
e
di
pensiero
,
che
fa
balenare
alla
mente
la
storia
intera
d
'
una
vita
avventurosa
e
fantastica
.
Quest
'
uomo
secco
e
abbronzato
,
dai
lineamenti
arditi
,
è
un
arabo
che
ha
guidato
egli
stesso
dal
fondo
della
sua
patria
lontana
i
suoi
cammelli
carichi
di
gemme
e
d
'
alabastro
,
e
s
'
è
sentito
più
volte
fischiare
agli
orecchi
le
palle
dei
ladroni
del
deserto
.
Quest
'
altro
dal
turbante
giallo
e
dall
'
aspetto
signorile
,
ha
attraversato
a
cavallo
le
solitudini
della
Siria
,
portando
le
sete
di
Tiro
e
di
Sidone
.
Questo
nero
col
capo
ravvolto
in
un
vecchio
scialle
di
Persia
,
colla
fronte
rigata
di
cicatrici
che
gli
fecero
i
negromanti
per
salvarlo
dalla
morte
,
che
tiene
il
viso
alto
,
come
se
guardasse
ancora
le
teste
dei
colossi
di
Tebe
e
le
cime
delle
Piramidi
,
è
venuto
dalla
Nubia
.
Questo
bel
moro
dalla
faccia
pallida
e
dagli
occhi
neri
,
ravvolto
in
una
cappa
bianchissima
,
ha
portato
i
suoi
caic
e
i
suoi
tappeti
dalle
ultime
falde
occidentali
della
catena
dell
'
Atlante
.
Questo
turco
dal
turbante
verde
e
dal
volto
estenuato
ha
fatto
quest
'
anno
stesso
il
grande
pellegrinaggio
,
ha
visto
parenti
ed
amici
morir
di
sete
in
mezzo
alle
pianure
interminabili
dell
'
Asia
Minore
,
è
arrivato
alla
Mecca
in
fin
di
vita
,
ha
fatto
sette
volte
strascinandosi
il
giro
della
Kaaba
,
ed
è
caduto
in
deliquio
coprendo
di
baci
furiosi
la
Pietra
nera
.
Questo
colosso
dal
viso
bianco
,
dalle
sopracciglia
arcate
,
dagli
occhi
fulminei
,
che
par
più
un
guerriero
che
un
mercante
,
e
spira
da
tutta
la
persona
l
'
ambizione
e
l
'
orgoglio
,
ha
portato
le
sue
pelliccie
dalle
regioni
settentrionali
del
Caucaso
,
dove
,
nei
suoi
begli
anni
,
fece
cader
la
testa
dalle
spalle
a
più
d
'
un
Cosacco
.
E
questo
povero
mercante
di
lane
,
dal
viso
schiacciato
e
dagli
occhi
piccoli
e
obliqui
,
tarchiato
e
rude
come
un
atleta
,
non
è
gran
tempo
che
disse
le
sue
preghiere
all
'
ombra
dell
'
immensa
cupola
che
protegge
il
sepolcro
di
Timur
:
egli
è
partito
da
Samarkanda
,
ha
valicato
i
deserti
della
grande
Bukaria
,
è
passato
in
mezzo
alle
orde
dei
turcomanni
,
ha
attraversato
il
Mar
Morto
,
è
sfuggito
alle
palle
dei
Circassi
,
ha
ringraziato
Allà
nelle
moschee
di
Trebisonda
,
ed
è
venuto
a
cercar
fortuna
a
Stambul
,
di
dove
ritornerà
,
vecchio
,
in
fondo
alla
sua
Tartaria
,
che
gli
sta
sempre
nel
cuore
.
Uno
dei
bazar
più
splendidi
è
il
bazar
delle
calzature
,
ed
è
forse
anche
quello
che
mette
più
grilli
nel
capo
.
Sono
due
file
di
botteghe
smaglianti
che
danno
alla
strada
l
'
aspetto
d
'
una
sala
di
reggia
,
o
d
'
uno
di
quei
giardini
delle
leggende
arabe
in
cui
gli
alberi
hanno
le
foglie
d
'
oro
e
fiori
di
perle
.
C
'
è
da
calzare
tutti
i
piedini
di
tutte
le
corti
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
.
Le
pareti
son
coperte
di
pantofole
di
velluto
,
di
pelle
,
di
broccato
,
di
raso
,
dei
colori
più
petulanti
e
delle
forme
più
capricciose
,
ornate
di
filigrana
,
contornate
di
lustrini
,
abbellite
di
nappine
di
seta
e
di
piuma
di
cigno
,
stelleggiate
e
infiorate
d
'
argento
e
d
'
oro
,
coperte
d
'
arabeschi
intricati
che
non
lasciano
più
vedere
il
tessuto
,
e
lampeggianti
di
zaffiri
e
di
smeraldi
.
Ce
n
'
è
per
le
spose
dei
barcaiuoli
e
per
le
belle
del
Sultano
,
da
cinque
e
da
mille
lire
il
paio
;
ci
sono
le
scarpette
di
marocchino
che
premeranno
i
ciottoli
di
Pera
,
le
babbuccie
che
striscieranno
sui
tappeti
degli
arem
,
gli
zoccoletti
che
faranno
risonare
i
marmi
dei
bagni
imperiali
,
le
pianelline
di
raso
bianco
su
cui
s
'
inchioderanno
le
labbra
ardenti
dei
Pascià
,
e
forse
qualche
paio
di
pantofole
imperlate
che
aspetteranno
ogni
mattina
lo
svegliarsi
d
'
una
bella
Georgiana
accanto
al
letto
del
Gran
Signore
.
Ma
che
piedi
possono
entrare
in
quelle
babbuccie
?
Ve
ne
sono
che
paion
tagliate
ai
piedi
delle
urì
e
delle
fate
;
lunghe
come
una
foglia
di
giglio
,
larghe
come
una
foglia
di
rosa
,
d
'
una
piccolezza
da
far
disperare
tutta
l
'
Andalusia
,
d
'
una
grazia
da
farsi
sognare
;
non
babbuccie
,
ma
gioielli
da
tenersi
sul
tavolino
;
scatolini
da
metterci
dei
dolci
o
dei
bigliettini
amorosi
;
da
non
poter
immaginare
che
ci
sia
un
piedino
che
v
'
entri
,
senza
desiderare
di
rivoltarselo
un
mese
fra
le
mani
affollandolo
di
domande
e
di
vezzi
.
Questo
bazar
è
uno
dei
più
frequentati
dagli
stranieri
.
Vi
si
vedono
spesso
dei
giovani
europei
,
che
hanno
in
un
pezzetto
di
carta
la
misura
d
'
un
piedino
italiano
o
francese
,
di
cui
forse
sono
alteri
,
e
che
fanno
un
atto
di
stupore
o
di
dispetto
,
riconoscendo
che
passa
di
molto
la
lunghezza
d
'
una
certa
babbuccina
su
cui
han
posto
gli
occhi
;
ed
altri
che
,
domandato
il
prezzo
,
e
sentita
una
schiopettata
,
scappano
senza
ribatter
parola
.
Qui
pure
spesseggiano
le
signore
mussulmane
,
le
hanum
dai
grandi
veli
bianchi
,
e
occorre
sovente
di
cogliere
passando
qualche
frammento
dei
loro
lunghi
dialoghi
coi
venditori
,
qualche
parola
armoniosa
della
loro
bella
lingua
,
pronunziata
da
una
voce
chiara
e
dolce
che
accarezza
l
'
orecchio
come
il
suono
d
'
una
mandòla
.
-
Buni
catscia
verersin
?
-
Quanto
vale
questo
?
-
Pahalli
dir
.
-
È
troppo
caro
.
-
Ziadè
veremèm
.
-
Non
pagherò
di
più
.
E
poi
una
risata
fanciullesca
e
sonora
,
che
mette
voglia
di
pigliarle
un
pizzico
di
guancia
e
darle
una
presa
di
monella
.
Il
bazar
più
ricco
e
più
pittoresco
è
quello
delle
armi
.
Non
è
un
bazar
,
è
un
museo
,
riboccante
di
tesori
,
pieno
di
memorie
e
d
'
immagini
che
trasportano
il
pensiero
nelle
regioni
della
storia
e
della
leggenda
,
e
destano
un
sentimento
indescrivibile
di
meraviglia
e
di
sgomento
.
Tutte
le
armi
più
strane
,
più
spaventose
e
più
feroci
che
sono
state
brandite
dalla
Mecca
al
Danubio
in
difesa
dell
'
Islam
,
sono
là
schierate
e
forbite
,
come
se
ce
l
'
avessero
appese
poco
prima
le
mani
dei
soldati
fanatici
di
Maometto
e
di
Selim
;
e
par
di
veder
scintillare
fra
le
loro
lame
gli
occhi
iniettati
di
sangue
di
quei
sultani
formidabili
,
di
quei
giannizzeri
forsennati
,
di
quegli
spahì
,
di
quegli
azab
,
di
quei
silidar
senza
pietà
e
senza
paura
che
seminarono
l
'
Asia
Minore
e
l
'
Europa
di
teste
recise
e
di
corpi
dilaniati
.
Là
si
ritrovano
le
scimitarre
famose
che
tagliavano
le
penne
in
aria
e
spiccavan
le
orecchie
agli
ambasciatori
insolenti
;
i
cangiari
pesanti
che
d
'
un
colpo
fendevano
il
cranio
e
scoprivano
il
cuore
;
le
mazze
d
'
armi
che
stritolavano
i
caschi
serbi
e
ungheresi
;
gli
yatagan
dal
manico
intarsiato
d
'
avorio
e
tempestato
d
'
amatiste
e
di
rubini
,
che
serbano
ancora
segnato
a
intagli
nella
lama
il
numero
delle
teste
troncate
;
i
pugnali
dai
foderi
d
'
argento
,
di
velluto
e
di
raso
,
coi
manichi
di
agata
e
d
'
avorio
,
ornati
di
granate
,
di
corallo
e
di
turchine
,
istoriati
di
versetti
del
Corano
in
lettere
d
'
oro
,
colle
lame
incurvate
e
ritorte
che
par
che
cerchino
un
cuore
.
Chi
sa
che
in
questa
armeria
confusa
e
terribile
non
ci
sia
la
scimitarra
d
'
Orcano
,
o
la
sciabola
di
legno
con
cui
il
braccio
poderoso
d
'
Abd
-
el
-
Murad
,
il
dervis
guerriero
,
spiccava
d
'
un
colpo
le
teste
;
o
il
famoso
jatagan
col
quale
il
Sultano
Musa
spaccò
Hassan
dalla
spalla
al
cuore
;
o
la
sciabola
enorme
del
gigantesco
bulgaro
che
appoggiò
la
prima
scala
alle
mura
di
Costantinopoli
;
o
la
mazza
con
cui
Maometto
II
freddò
il
soldato
rapace
sotto
le
vôlte
di
Santa
Sofia
;
o
la
gran
sciabola
damascata
di
Scanderberg
che
fendette
in
due
Firuz
-
Pascià
sotto
le
mura
di
Stetigrad
?
I
più
formidabili
fendenti
e
le
più
orrende
morti
della
storia
ottomana
s
'
affacciano
alla
mente
,
e
par
che
proprio
su
quelle
lame
debba
esser
rappreso
quel
sangue
,
e
che
i
vecchi
turchi
rintanati
in
quelle
botteghe
,
abbiano
raccolto
armi
e
cadaveri
sul
terreno
della
strage
,
e
custodiscano
ancora
gli
scheletri
sfracellati
in
qualche
angolo
oscuro
.
In
mezzo
alle
armi
si
vedono
pure
le
grandi
selle
di
velluto
scarlatto
e
celeste
,
ricamate
a
stelle
e
a
mezzelune
d
'
oro
e
di
perle
,
i
frontali
impennacchiati
,
i
morsi
d
'
argento
niellato
e
le
gualdrappe
splendide
come
manti
reali
:
bardature
da
cavalli
delle
Mille
e
una
notte
,
fatte
per
l
'
entrata
trionfale
d
'
un
re
dei
genii
in
una
città
dorata
del
mondo
dei
sogni
.
Al
di
sopra
di
questi
tesori
,
sono
sospesi
alle
pareti
vecchi
moschetti
a
ruota
e
a
miccia
,
grosse
pistole
albanesi
,
lunghissimi
fucili
arabi
lavorati
come
gioielli
,
scudi
antichi
di
scorza
di
tartaruga
e
di
pelle
d
'
ippopotamo
,
maglie
circasse
,
scudi
cosacchi
,
celate
mongoliche
,
archi
turcassi
,
coltellacci
da
carnefici
,
lamaccie
di
forme
sinistre
,
ognuna
delle
quali
pare
la
rivelazione
d
'
un
delitto
,
e
fa
pensare
agli
spasimi
di
un
'
agonia
.
In
mezzo
a
quest
'
apparato
minaccioso
e
magnifico
,
siedono
a
gambe
incrociate
i
mercanti
più
schiettamente
turchi
del
Grande
Bazar
,
la
più
parte
vecchi
,
d
'
aspetto
tetro
,
smunti
come
anacoreti
e
superbi
come
Sultani
,
figure
d
'
altri
secoli
,
vestiti
alla
foggia
delle
prime
egire
,
che
sembrano
risuscitati
dal
sepolcro
per
richiamare
i
nipoti
imbastarditi
alla
austerità
dell
'
antica
razza
.
Un
altro
bazar
da
vedersi
è
quello
degli
abiti
vecchi
.
Qui
il
Rembrant
ci
avrebbe
preso
domicilio
e
il
Goya
speso
la
sua
ultima
peceta
.
Chi
non
ha
mai
visto
una
bottega
di
rigattiere
orientale
non
può
immaginare
che
stravaganza
di
stracci
,
che
pompa
di
colori
,
che
ironia
di
contrasti
,
che
spettacolo
ad
un
tempo
carnevalesco
,
lugubre
e
schifoso
,
presenti
questo
bazar
,
questa
cloaca
di
cenci
,
in
cui
tutti
i
rifiuti
degli
arem
,
delle
caserme
,
della
corte
,
dei
teatri
,
vengono
ad
aspettare
che
il
capriccio
d
'
un
pittore
o
il
bisogno
d
'
un
pezzente
li
riporti
alla
luce
del
sole
.
Da
lunghe
pertiche
confitte
nei
muri
,
pendono
vecchie
uniformi
turche
,
giubbe
a
coda
di
rondine
,
dolman
di
gran
signori
,
tuniche
di
dervis
,
cappe
di
beduini
,
tutte
untume
,
brindelli
e
buchi
,
che
paiono
state
crivellate
a
colpi
di
pugnale
e
rammentano
le
spoglie
sinistre
degli
assassinati
che
si
vedono
sulle
tavole
delle
Corte
d
'
Assisie
.
In
mezzo
a
questi
cenci
luccica
ancora
qua
e
là
qualche
rabesco
d
'
oro
;
spenzolano
vecchie
cinture
di
seta
,
turbanti
sciolti
,
ricchi
scialli
lacerati
,
bustini
di
velluto
a
cui
pare
che
la
mano
furiosa
d
'
un
ladro
abbia
strappato
insieme
il
pelo
e
le
perle
,
calzoncini
e
veli
che
sono
forse
appartenuti
a
qualche
bella
infedele
,
la
quale
dorme
cucita
in
un
sacco
in
fondo
alle
acque
del
Bosforo
,
ed
altre
vesti
ed
ornamenti
di
donna
,
di
mille
colori
gentili
,
imprigionati
fra
i
grossi
caffettani
circassi
,
dai
cartuccieri
irruginiti
,
fra
le
lunghe
toghe
nere
degli
ebrei
,
fra
le
rozze
casacche
e
i
pesanti
mantelli
,
che
hanno
nascosto
chi
sa
quante
volte
il
fucile
del
bandito
o
lo
stile
del
sicario
.
Verso
sera
,
alla
luce
misteriosa
che
scende
dai
fori
della
volta
,
tutti
quei
vestiti
appesi
prendono
una
vaga
apparenza
di
corpi
d
'
impiccati
;
e
quando
in
fondo
a
una
bottega
si
vedono
scintillare
gli
occhi
astuti
d
'
un
vecchio
ebreo
,
che
si
gratta
la
fronte
con
una
mano
adunca
,
si
direbbe
che
è
quella
la
mano
che
ha
stretto
i
lacci
,
e
si
dà
uno
sguardo
alla
porta
del
bazar
,
per
paura
che
sia
chiusa
.
Non
basterebbe
una
giornata
di
giri
e
di
rigiri
se
si
volessero
veder
tutte
le
stradette
di
questa
strana
città
.
V
'
è
il
bazar
dei
fez
,
dove
si
trovano
fez
di
tutti
i
paesi
,
da
quelli
del
Marocco
a
quelli
di
Vienna
,
ornati
d
'
iscrizioni
del
Corano
che
preservano
dagli
spiriti
maligni
;
i
fez
che
le
belle
greche
di
Smirne
portano
sulla
sommità
della
testa
,
sopra
il
nodo
delle
treccie
nere
scintillanti
di
monete
;
le
berrettine
rosse
delle
turche
;
fez
da
soldati
,
da
generali
,
di
sultani
,
da
zerbinotti
,
di
tutte
le
sfumature
di
rosso
e
di
tutte
le
forme
,
da
quelli
primitivi
dei
tempi
d
'
Orcano
fino
al
gran
fez
elegante
del
Sultano
Mahmut
,
emblema
delle
riforme
e
abbominazione
dei
vecchi
mussulmani
.
V
'
è
il
bazar
delle
pelliccie
dove
si
trova
la
sacra
pelle
di
volpe
nera
,
che
una
volta
poteva
portare
il
solo
Sultano
o
il
gran
vizir
;
la
martora
con
cui
si
foderavano
i
caffettani
di
gala
;
l
'
orso
bianco
,
l
'
orso
nero
,
la
volpe
azzurra
,
l
'
astrakan
,
l
'
ermellino
,
lo
zibellino
,
in
cui
altre
volte
i
sultani
profusero
tesori
favolosi
.
È
pure
da
vedersi
il
bazar
dei
coltellinai
,
non
fosse
che
per
pigliare
in
mano
una
di
quelle
enormi
forbici
turche
,
colle
lame
bronzate
e
dorate
,
adorne
di
disegni
fantastici
d
'
uccelli
e
di
fiori
,
che
s
'
incrociano
ferocemente
lasciando
in
mezzo
un
vano
in
cui
potrebbe
entrare
la
testa
d
'
un
critico
maligno
.
V
'
è
ancora
il
bazar
dei
filatori
d
'
oro
,
quello
dei
ricamatori
,
quello
dei
chincaglieri
,
quello
dei
sarti
,
quello
dei
vasellami
,
tutti
diversi
l
'
un
dall
'
altro
di
forma
e
di
gradazione
di
luce
;
ma
tutti
eguali
in
questo
:
che
non
vi
si
vede
nè
vendere
,
nè
lavorare
una
donna
.
Tutt
'
al
più
può
accadere
che
qualche
greca
seduta
per
un
momento
davanti
a
una
sartoria
vi
offra
timidamente
un
fazzoletto
finito
allora
di
ricamare
.
La
gelosia
orientale
interdice
la
bottega
al
bel
sesso
come
una
scuola
di
civetteria
e
un
nascondiglio
d
'
intrighi
.
Ma
ci
sono
ancora
altre
parti
del
gran
bazar
in
cui
uno
straniero
non
può
avventurarsi
se
non
lo
accompagna
un
mercante
o
un
sensale
;
e
sono
le
parti
interne
dei
piccoli
quartieri
in
cui
è
divisa
questa
città
singolare
,
il
di
dentro
dei
piccoli
isolati
intorno
a
cui
girano
le
stradette
percorse
dalla
folla
.
Se
nelle
stradette
c
'
è
pericolo
di
smarrirsi
,
là
dentro
è
impossibile
non
perdersi
.
Da
corridoi
poco
più
larghi
d
'
un
uomo
,
in
cui
bisogna
chinarsi
per
non
urtar
nella
volta
,
si
riesce
in
cortiletti
grandi
come
celle
,
ingombri
di
casse
e
di
balle
,
e
appena
rischiarati
da
un
barlume
;
si
scende
a
tentoni
per
scalette
di
legno
,
si
ripassa
per
altri
cortili
rischiarati
da
lanterne
,
si
ridiscende
sotto
terra
,
si
risale
alla
luce
del
giorno
,
si
cammina
a
capo
basso
per
lunghi
anditi
serpeggianti
,
sotto
volte
umide
,
in
mezzo
a
muri
neri
e
ad
assiti
muscosi
,
che
conducono
a
porticine
segrete
,
dalle
quali
si
ritorna
inaspettatamente
nel
luogo
di
dove
s
'
è
partiti
;
e
da
per
tutto
ombre
che
vanno
e
che
vengono
,
spettri
immobili
negli
angoli
,
gente
che
rimesta
mercanzie
o
che
conta
denari
;
lumicini
che
appaiono
e
dispaiono
,
voci
e
passi
frettolosi
che
risuonano
non
si
sa
dove
;
e
incontri
inaspettati
di
ostacoli
neri
che
non
si
capisce
che
cosa
siano
,
e
giuochi
di
luce
non
mai
veduti
,
e
contatti
sospetti
,
e
odori
strani
,
che
par
di
girare
per
i
meandri
d
'
una
caverna
di
fattucchieri
,
e
non
si
vede
l
'
ora
d
'
esserne
fuori
.
Per
solito
i
sensali
fanno
passare
in
questi
luoghi
gli
stranieri
per
condurli
a
quelle
botteghe
,
per
lo
più
appartate
,
nelle
quali
si
vende
un
po
'
di
tutto
:
specie
di
Gran
-
bazar
in
miniatura
,
botteghe
da
rigattieri
signorili
,
curiosissime
a
vedersi
,
ma
molto
pericolose
,
perché
contengono
tante
e
così
strane
e
così
rare
cose
da
far
vuotare
la
borsa
anche
all
'
avarizia
incarnata
.
Questi
mercanti
d
'
un
po
'
d
'
ogni
cosa
,
furbacchioni
matricolati
,
si
sottintende
,
e
poliglotti
come
i
loro
fratelli
di
banda
,
usano
nel
tentare
la
gente
un
certo
procedimento
drammatico
che
diverte
assai
,
e
che
di
rado
fallisce
allo
scopo
dell
'
attore
.
Le
loro
botteghe
son
quasi
tutte
stanzuccie
oscure
piene
di
casse
e
d
'
armadi
,
dove
bisogna
accendere
il
lume
e
c
'
è
appena
posto
da
rigirarsi
.
Dopo
avervi
fatto
vedere
qualche
vecchio
stipetto
intarsiato
d
'
avorio
e
di
madreperla
,
qualche
porcellana
chinese
,
qualche
vaso
del
Giappone
,
il
mercante
vi
dice
che
ha
qualche
cosa
di
speciale
per
voi
,
tira
fuori
un
cassetto
e
vi
rovescia
sulla
tavola
un
mucchio
di
ninnoli
:
un
ventaglio
di
penne
di
pavone
,
per
esempio
,
un
braccialetto
di
vecchie
monete
turche
,
un
cuscinetto
di
pelo
di
cammello
colla
cifra
del
Sultano
ricamata
in
oro
,
uno
specchietto
persiano
dipinto
d
'
una
scena
del
libro
di
paradiso
,
una
spatola
di
tartaruga
con
cui
i
turchi
mangiano
la
composta
di
ciliegie
,
un
vecchio
gran
cordone
dell
'
ordine
dell
'
Osmaniè
.
Non
c
'
è
nulla
che
vi
piaccia
?
Rovescia
un
altro
cassetto
e
questo
è
proprio
un
cassetto
che
aspettava
voi
solo
.
È
una
zanna
rotta
d
'
elefante
,
un
braccialetto
di
Trebisonda
che
pare
una
treccia
di
capelli
d
'
argento
,
un
idoletto
giapponese
,
un
pettine
di
sandalo
della
Mecca
,
un
gran
cucchiaio
turco
lavorato
a
rabeschi
e
a
trafori
,
un
antico
narghilè
d
'
argento
dorato
e
istoriato
,
delle
pietruzze
dei
musaici
di
Santa
Sofia
,
una
penna
d
'
airone
che
ha
ornato
il
turbante
di
Selim
III
,
il
mercante
ve
lo
assicura
da
uomo
d
'
onore
.
Non
trovate
nulla
di
vostro
genio
?
E
lui
rovescia
un
altro
cassetto
,
da
cui
casca
un
ovo
di
struzzo
del
Sennahar
,
un
calamaio
persiano
,
un
anello
damaschinato
,
un
arco
di
Mingrelia
col
suo
turcasso
di
pelle
d
'
alce
,
un
caschetto
circasso
a
due
punte
,
un
tespì
di
diaspro
,
una
profumiera
d
'
oro
smaltato
,
un
talismano
turco
,
un
coltello
da
cammelliere
,
una
boccettina
d
'
atar
-
gull
.
Non
c
'
è
nulla
che
vi
tenti
,
per
Dio
?
Non
avete
regali
da
fare
?
Non
pensate
ai
vostri
parenti
?
Non
avete
cuore
per
i
vostri
amici
?
Ma
forse
voi
avete
la
passione
delle
stoffe
e
dei
tappeti
,
e
anche
in
questo
egli
può
servirvi
da
amico
.
-
Ecco
un
mantello
rigato
del
Kurdistan
,
milord
;
ecco
una
pelle
di
leone
,
ecco
un
tappeto
d
'
Aleppo
coi
chiodini
d
'
acciaio
,
ecco
un
tappeto
di
Casa
-
blanca
spesso
tre
dita
che
dura
per
quattro
generazioni
,
guarentito
;
ecco
,
eccellenza
,
i
vecchi
cuscini
,
le
vecchie
cinture
di
broccato
e
i
vecchi
copripiedi
di
seta
,
un
po
'
sbiaditi
e
un
po
'
tarlati
,
ma
ricamati
come
ora
non
si
ricamano
più
,
nemmeno
a
pagarli
un
tesoro
.
A
lei
,
caballero
,
ch
'
è
venuto
qui
condotto
da
un
amico
,
a
lei
dò
questa
vecchia
cintura
per
cinque
napoleoni
,
e
mi
rassegno
a
mangiar
pane
e
aglio
per
una
settimana
.
-
Se
nemmeno
da
questo
vi
lasciate
tentare
,
vi
dirà
nell
'
orecchio
che
può
vendervi
la
corda
con
cui
i
terribili
muti
del
Serraglio
hanno
strangolato
Nassuh
Pascià
,
il
gran
vizir
di
Maometto
III
;
e
se
voi
gli
ridete
sul
viso
dicendogli
che
non
la
bevete
,
la
lascia
cascare
da
uomo
di
spirito
,
e
fa
l
'
ultimo
tentativo
buttandovi
davanti
una
coda
da
cavallo
di
quelle
che
si
portavano
davanti
e
dietro
ai
pascià
;
una
marmitta
di
Giannizzero
portata
via
da
suo
padre
,
ancora
spruzzata
di
sangue
,
il
giorno
stesso
della
strage
famosa
;
un
pezzo
di
bandiera
di
Crimea
,
colla
mezzaluna
e
le
stelline
d
'
argento
;
un
vaso
da
lavarsi
le
mani
,
tempestato
di
agate
;
un
bracierino
di
rame
cesellato
;
un
collare
di
dromedario
colle
conchiglie
e
le
campanelle
,
un
frustino
da
eunuco
di
cuoio
d
'
ippopotamo
,
un
corano
legato
in
oro
,
una
sciarpa
del
Korassan
,
un
paio
di
babbuccie
da
Cadina
,
un
candelliere
fatto
con
un
artiglio
d
'
aquila
,
tanto
che
infine
la
fantasia
s
'
accende
,
i
capricci
saltellano
,
e
vi
assale
una
matta
voglia
di
buttar
là
portamonete
,
orologio
,
pastrano
,
e
gridare
:
-
Caricatemi
!
-
;
e
bisogna
proprio
esser
figliuoli
assestati
o
padri
di
giudizio
per
resistere
alla
tentazione
.
Quanti
artisti
sono
usciti
di
là
scannati
come
Giobbe
e
quanti
ricconi
ci
hanno
bucato
il
patrimonio
!
Ma
prima
che
il
gran
bazar
si
chiuda
bisogna
ancora
fare
un
giro
per
vedere
il
suo
aspetto
dell
'
ultima
ora
.
Il
movimento
della
folla
si
fa
più
affrettato
,
i
mercanti
chiamano
con
gesti
più
imperiosi
,
greci
ed
armeni
corrono
gridando
per
le
strade
con
uno
scialle
o
un
tappeto
sul
braccio
,
si
formano
dei
gruppi
,
si
contratta
alla
spiccia
,
i
gruppi
si
sciolgono
e
si
rifanno
più
lontano
;
i
cavalli
,
le
carrozze
,
le
bestie
da
soma
passano
in
lunghe
file
diretti
verso
l
'
uscita
.
In
quell
'
ora
tutti
i
bottegai
con
cui
avete
litigato
senza
cadere
d
'
accordo
,
vi
vaneggiano
intorno
,
in
quella
mezza
oscurità
,
come
pipistrelli
;
li
vedete
far
capolino
dietro
le
colonne
,
li
incontrate
alle
svolte
,
vi
attraversano
la
strada
e
vi
passano
sui
piedi
guardando
in
aria
,
per
rammentarvi
colla
loro
presenza
quel
tal
tessuto
,
quel
certo
gingillo
,
e
farvene
rinascere
il
desiderio
.
Alle
volte
ne
avete
un
drappello
alle
spalle
:
se
vi
fermate
,
si
fermano
,
se
scantonate
,
scantonano
,
se
vi
voltate
indietro
incontrate
dieci
occhioni
dilatati
e
fissi
che
vi
mangian
vivo
.
Ma
già
la
luce
manca
,
la
folla
si
dirada
.
Sotto
le
lunghe
volte
arcate
risuona
la
voce
di
qualche
mezzuin
invisibile
che
annunzia
il
tramonto
da
un
minareto
di
legno
;
qualche
turco
stende
il
tappeto
dinanzi
alla
bottega
e
mormora
la
preghiera
della
sera
;
altri
fanno
le
abluzioni
alle
fontane
.
Già
i
vecchi
centenarii
del
bazar
delle
armi
hanno
chiuso
le
grandi
porte
di
ferro
;
i
piccoli
bazar
sono
deserti
,
i
corridoi
si
perdono
nelle
tenebre
,
le
imboccature
delle
strade
paiono
aperture
di
caverne
,
i
cammelli
vi
giungono
addosso
all
'
impensata
,
la
voce
dei
venditori
d
'
acqua
muore
sotto
le
arcate
lontane
,
le
turche
affrettano
il
passo
,
gli
eunuchi
aguzzano
gli
occhi
,
gli
stranieri
scappano
,
le
imposte
si
chiudono
,
la
giornata
è
finita
.
*
*
*
Ed
ora
io
mi
sento
domandare
da
ogni
parte
:
-
E
Santa
Sofia
?
E
l
'
antico
Serraglio
?
E
i
palazzi
del
Sultano
?
E
il
castello
delle
Sette
torri
?
E
Abdul
-
Aziz
?
E
il
Bosforo
?
Descriverò
tutto
e
con
tutta
l
'
anima
;
ma
prima
ho
ancora
bisogno
di
spaziare
un
po
'
liberamente
per
Costantinopoli
,
cambiando
d
'
argomento
a
ogni
pagina
,
come
là
cangiavo
di
pensieri
a
ogni
passo
.
*
*
*
[
La
luce
]
E
prima
d
'
ogni
cosa
,
la
luce
!
Uno
dei
miei
piaceri
più
vivi
,
a
Costantinopoli
,
era
di
veder
levare
e
tramontare
il
sole
,
stando
sul
ponte
della
Sultana
Validè
.
All
'
alba
,
in
autunno
,
il
Corno
d
'
oro
è
quasi
sempre
coperto
da
una
nebbia
leggiera
,
dietro
alla
quale
si
vede
la
città
confusamente
,
come
a
traverso
que
'
veli
bianchi
che
si
calano
sul
palco
scenico
per
nascondere
gli
apparecchi
d
'
una
scena
spettacolosa
.
Scutari
è
tutta
coperta
:
non
si
vedono
che
i
contorni
scuri
ed
incerti
delle
sue
colline
.
Il
ponte
e
le
rive
sono
deserte
,
Costantinopoli
dorme
:
la
solitudine
e
il
silenzio
rendono
lo
spettacolo
più
solenne
.
Il
cielo
comincia
a
dorarsi
dietro
le
colline
di
Scutari
.
Su
quella
striscia
luminosa
si
disegnano
ad
una
ad
una
,
precise
e
nerissime
,
le
punte
dei
cipressi
del
vastissimo
cimitero
,
come
un
esercito
di
giganti
schierati
sopra
le
alture
;
e
da
un
capo
all
'
altro
del
Corno
d
'
oro
corre
un
lucicchio
leggerissimo
che
è
come
il
primo
fremito
della
grande
città
che
risente
la
vita
.
Poi
dietro
ai
cipressi
della
riva
asiatica
,
spunta
un
occhio
di
foco
,
e
subito
le
sommità
bianche
dei
quattro
minareti
di
Santa
Sofia
si
colorano
di
rosa
.
In
pochi
momenti
,
di
collina
in
collina
,
di
moschea
in
moschea
,
fino
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
,
tutti
i
minareti
,
l
'
un
dopo
l
'
altro
,
arrossiscono
,
tutte
le
cupole
,
una
dopo
l
'
altra
,
s
'
inargentano
,
il
rossore
discende
di
terrazzo
in
terrazzo
,
il
lucicchio
s
'
allarga
,
il
gran
velo
cade
,
e
tutta
Stambul
appare
,
rosata
e
risplendente
sulle
alture
,
azzurrina
e
violacea
lungo
le
rive
,
tersa
e
fresca
,
che
pare
uscita
dalle
acque
.
A
misura
che
il
sole
s
'
alza
,
la
delicatezza
delle
prime
tinte
svanisce
in
un
immenso
chiarore
,
e
tutto
rimane
come
velato
dalla
bianchezza
della
luce
fin
verso
sera
.
Allora
lo
spettacolo
divino
ricomincia
.
L
'
aria
è
limpida
tanto
che
da
Galata
si
vedono
nettamente
uno
per
uno
gli
alberi
lontanissimi
dell
'
ultima
punta
di
Kadi
-
Kioi
.
Tutto
l
'
immenso
profilo
di
Stambul
si
stacca
dal
cielo
con
una
nitidezza
di
linee
e
un
vigore
di
colori
,
che
si
potrebbero
contare
,
punta
per
punta
,
tutti
i
minareti
,
tutte
le
guglie
,
tutti
i
cipressi
che
coronano
le
alture
dal
capo
del
Serraglio
al
cimitero
d
'
Eyub
.
Il
Corno
d
'
oro
e
il
Bosforo
pigliano
un
meraviglioso
colore
oltramarino
:
il
cielo
,
color
d
'
amatista
a
oriente
,
s
'
infuoca
dietro
Stambul
,
tingendo
l
'
orizzonte
d
'
infiniti
lumeggiamenti
di
rosa
e
di
carbonchio
che
fanno
pensare
al
primo
giorno
della
creazione
;
Stambul
s
'
oscura
,
Galata
s
'
indora
,
e
Scutari
,
percossa
dal
sole
cadente
,
tutta
scintillante
di
vetri
,
pare
una
città
in
preda
alle
fiamme
.
È
questo
il
più
bel
momento
per
contemplare
Costantinopoli
.
È
una
rapida
successione
di
tinte
soavissime
,
d
'
oro
pallido
,
di
rosa
e
di
lilla
,
che
tremolano
e
fuggono
su
per
i
fianchi
dei
colli
e
sulle
acque
,
dando
e
togliendo
ora
all
'
una
ora
all
'
altra
parte
della
città
il
primato
della
bellezza
e
rivelando
mille
piccole
grazie
pudiche
di
paesaggio
che
non
osavano
mostrarsi
alla
gran
luce
.
Si
vedono
dei
grandi
sobborghi
malinconici
,
perduti
nell
'
ombra
delle
valli
;
delle
piccole
città
purpuree
,
che
ridono
sulle
alture
;
villaggi
e
città
che
languono
,
come
se
mancasse
loro
la
vita
;
altre
che
muoiono
tutt
'
a
un
tratto
come
incendi
soffocati
;
altre
che
,
credute
già
morte
,
risuscitano
improvvisamente
,
tutte
in
foco
,
e
tripudiano
ancora
per
qualche
momento
sotto
l
'
ultimo
raggio
del
sole
.
Poi
non
rimangono
più
che
due
cime
risplendenti
sulla
riva
dell
'
Asia
:
la
sommità
del
monte
Bulgurlù
e
la
punta
del
capo
che
guarda
l
'
entrata
della
Propontide
;
son
prima
due
corone
d
'
oro
,
poi
due
berrettine
di
porpora
,
poi
due
rubini
;
poi
tutta
Costantinopoli
è
nell
'
ombra
,
e
dieci
mila
voci
annunziano
il
tramonto
dall
'
alto
di
dieci
mila
minareti
.
*
*
*
[
Gli
uccelli
]
Costantinopoli
ha
una
gaiezza
e
una
grazia
sua
propria
,
che
le
viene
da
un
'
infinità
d
'
uccelli
d
'
ogni
specie
,
per
i
quali
i
Turchi
nutrono
un
vivo
sentimento
di
simpatia
e
di
rispetto
.
Moschee
,
boschi
,
vecchie
mura
,
giardini
,
palazzi
,
tutto
canta
,
tutto
gruga
,
tutto
chiocchiola
,
tutto
pigola
;
per
tutto
si
sente
frullo
d
'
ali
,
per
tutto
c
'
è
vita
e
armonia
.
I
passeri
entrano
arditamente
nelle
case
e
beccano
nella
mano
dei
bimbi
e
delle
donne
;
le
rondini
fanno
il
nido
sulle
porte
dei
caffè
e
sotto
le
vôlte
dei
bazar
;
i
piccioni
,
a
sciami
innumerevoli
,
mantenuti
con
làsciti
di
Sultani
e
di
privati
,
formano
delle
ghirlande
bianche
e
nere
lungo
i
cornicioni
delle
cupole
e
intorno
ai
terrazzi
dei
minareti
;
i
gabbiani
volteggiano
festosamente
intorno
ai
caicchi
,
migliaia
di
tortorelle
amoreggiano
fra
cipressi
dei
cimiteri
;
intorno
al
castello
delle
Sette
torri
crocitano
i
corvi
e
rotano
gli
avvoltoi
;
gli
alcioni
vanno
e
vengono
in
lunghe
file
fra
il
mar
Nero
e
il
mar
di
Marmara
;
e
le
cicogne
gloterano
sulle
cupolette
dei
mausolei
solitari
.
Per
il
Turco
ognuno
di
questi
uccelli
ha
un
senso
gentile
o
una
virtù
benigna
:
le
tortore
proteggono
gli
amori
,
le
rondini
scongiurano
gl
'
incendi
dalle
case
dove
appendono
il
nido
,
le
cicogne
fanno
ogni
inverno
un
pellegrinaggio
alla
Mecca
,
gli
alcioni
portano
in
paradiso
le
anime
dei
fedeli
.
Così
egli
li
protegge
e
li
alimenta
per
gratitudine
e
per
religione
,
ed
essi
gli
fanno
festa
intorno
alla
casa
,
sul
mare
e
tra
i
sepolcri
.
In
ogni
parte
di
Stambul
si
è
sorvolati
,
circuiti
,
rasentati
dai
loro
stormi
sonori
,
che
spandono
per
la
città
l
'
allegrezza
della
campagna
e
rinfrescano
continuamente
nell
'
anima
il
sentimento
della
natura
.
*
*
*
[
Le
memorie
]
In
nessun
'
altra
città
d
'
Europa
i
luoghi
e
i
monumenti
leggendarii
o
storici
muovono
così
vivamente
la
fantasia
come
a
Stambul
,
poichè
in
nessun
'
altra
città
essi
ricordano
avvenimenti
così
recenti
ad
un
tempo
e
così
fantastici
.
Altrove
,
per
ritrovar
la
poesia
delle
memorie
,
bisogna
tornar
indietro
col
pensiero
di
parecchi
secoli
;
a
Stambul
,
basta
retrocedere
di
pochi
anni
.
La
leggenda
,
o
ciò
che
ha
natura
ed
efficacia
di
leggenda
,
è
di
ieri
.
Sono
pochi
anni
che
nella
piazza
dell
'
At
-
meidan
fu
consumata
l
'
ecatombe
favolosa
dei
Giannizzeri
;
pochi
anni
che
il
mar
di
Marmara
rigettò
sulla
riva
dei
giardini
imperiali
i
venti
sacchi
che
racchiudevano
le
belle
di
Mustafà
;
che
nel
castello
delle
Sette
torri
fu
scannata
la
famiglia
di
Brancovano
;
che
due
capigì
-
basci
trattenevano
per
le
braccia
gli
ambasciatori
europei
al
cospetto
del
Gran
Signore
,
del
quale
non
appariva
che
mezzo
il
viso
,
rischiarato
da
una
luce
misteriosa
;
e
che
fra
le
mura
dell
'
antico
serraglio
cessò
quella
vita
così
stranamente
intrecciata
d
'
amori
,
d
'
orrori
e
di
follie
,
che
ci
pare
già
tanto
lontana
.
Girando
per
Stambul
con
questi
pensieri
,
si
prova
quasi
un
sentimento
di
stupore
al
veder
la
città
così
quieta
,
così
ridente
di
vegetazione
e
di
colori
.
Ah
perfida
!
-
si
direbbe
,
-
che
cos
'
hai
fatto
di
que
'
monti
di
teste
e
di
quei
laghi
di
sangue
?
Possibile
che
tutto
sia
già
così
ben
nascosto
,
spazzato
,
lavato
,
che
non
se
ne
ritrovi
più
traccia
?
Sul
Bosforo
,
in
faccia
alla
torre
di
Leandro
che
sorge
dalle
acque
come
un
monumento
d
'
amore
,
sotto
le
mura
dei
giardini
del
Serraglio
,
si
vede
ancora
il
piano
inclinato
per
cui
si
facevano
rotolare
nel
mare
le
odalische
infedeli
;
in
mezzo
all
'
At
-
meidan
la
colonna
serpentina
porta
ancora
la
traccia
della
sciabolata
famosa
di
Maometto
il
Conquistatore
;
sul
ponte
di
Mahmut
si
segna
ancora
il
luogo
dove
il
sultano
focoso
freddò
con
un
fendente
il
dervis
temerario
che
gli
scagliò
in
volto
l
'
anatema
;
nella
cisterna
dell
'
antica
chiesa
di
Balukli
,
guizzano
ancora
i
pesci
miracolosi
che
vaticinarono
la
caduta
della
città
dei
Paleologhi
;
sotto
gli
alberi
delle
Acque
dolci
d
'
Asia
si
accennano
ancora
i
recessi
dove
una
Sultana
dissoluta
imponeva
ai
favoriti
d
'
un
istante
un
amore
che
finiva
colla
morte
.
Ogni
porta
,
ogni
torre
,
ogni
moschea
,
ogni
piazza
,
rammenta
un
prodigio
,
una
strage
,
un
amore
,
un
mistero
,
una
prodezza
di
Padiscià
o
un
capriccio
di
Sultana
;
tutto
ha
la
sua
leggenda
,
e
quasi
per
tutto
gli
oggetti
vicini
,
le
vedute
lontane
,
l
'
odore
dell
'
aria
e
il
silenzio
,
concorrono
a
portar
l
'
immaginazione
dello
straniero
,
che
s
'
immerge
in
quei
ricordi
,
fuori
del
suo
secolo
e
della
città
dell
'
oggi
e
di
sè
stesso
;
tanto
che
accade
sovente
,
a
Stambul
,
di
riscotersi
improvvisamente
alla
strana
idea
di
dover
tornare
all
'
albergo
.
Come
?
-
si
pensa
,
-
c
'
è
un
albergo
?
*
*
*
[
Le
rassomiglianze
]
Nei
primi
giorni
,
fresco
com
'
ero
di
letture
orientali
,
vedevo
da
ogni
parte
i
personaggi
famosi
delle
storie
e
delle
leggende
,
e
le
figure
che
me
li
rammentavano
,
somigliavano
qualche
volta
così
fedelmente
a
quelle
che
m
'
ero
foggiate
coll
'
immaginazione
,
ch
'
ero
costretto
a
fermarmi
per
contemplarle
.
Quante
volte
ho
afferrato
per
un
braccio
il
mio
amico
,
e
accennandogli
una
persona
che
passava
,
gli
dissi
:
-
Ma
è
lui
,
cospetto
!
non
lo
riconosci
?
-
Nella
piazzetta
della
Sultana
-
Validè
ho
visto
molte
volte
il
turco
gigante
che
dalle
mura
di
Nicea
rovesciava
i
macigni
sulle
teste
dei
soldati
del
Buglione
;
ho
visto
dinanzi
a
una
moschea
Umm
Dgiemil
,
la
vecchia
megera
della
Mecca
,
che
spargeva
i
rovi
e
le
ortiche
dinanzi
alla
casa
di
Maometto
;
ho
trovato
nei
bazar
dei
librai
,
con
un
volume
sotto
il
braccio
,
Digiemal
-
eddin
,
il
gran
dotto
di
Brussa
,
che
sapeva
a
memoria
tutto
il
dizionario
arabo
;
son
passato
accanto
ad
Aiscié
,
la
sposa
prediletta
del
Profeta
,
che
mi
fissò
in
volto
i
suoi
occhi
lucenti
e
umidi
come
la
stella
nel
pozzo
;
ho
riconosciuto
nell
'
At
-
meidan
la
bellezza
famosa
della
povera
greca
uccisa
ai
piedi
della
colonna
serpentina
da
una
palla
dei
cannoni
d
'
Orban
;
mi
son
trovato
faccia
a
faccia
,
allo
svolto
d
'
una
stradetta
del
Fanar
,
con
Kara
-
Abderrahman
,
il
più
bel
giovane
turco
dei
tempi
d
'
Orkano
;
ho
riconosciuto
Coswa
,
la
cammella
di
Maometto
;
ho
ritrovato
Karabulut
,
il
cavallo
nero
di
Selim
;
ho
visto
il
povero
poeta
Fighani
condannato
a
girare
per
Stambul
legato
a
un
asino
,
per
aver
ferito
con
un
distico
insolente
il
gran
vizir
d
'
Ibrahim
;
ho
trovato
in
un
caffè
Solimano
il
grosso
,
l
'
ammiraglio
mostruoso
,
che
quattro
schiavi
robusti
riuscivano
appena
a
sollevar
dal
divano
;
Alì
,
il
gran
vizir
,
che
non
trovò
in
tutta
l
'
Arabia
un
cavallo
che
lo
reggesse
;
Mahmut
Pascià
,
l
'
ercole
feroce
che
strozzò
il
figlio
di
Solimano
;
e
lo
stupido
Ahmet
II
che
ripeteva
continuamente
:
Kosc
!
Kosc
!
-
va
bene
,
va
bene
-
accovacciato
dinanzi
alla
porta
del
bazar
dei
copisti
,
vicino
alla
piazza
di
Bajazet
.
Tutti
i
personaggi
delle
Mille
e
una
notte
,
gli
Aladini
,
le
Zobeidi
,
i
Sindbad
,
le
Gulnare
,
i
vecchi
mercanti
ebrei
possessori
di
tappeti
fatati
e
di
lampade
meravigliose
,
mi
sfilarono
dinanzi
,
come
una
processione
di
fantasmi
.
*
*
*
[
Il
vestire
]
Questo
è
veramente
il
periodo
di
tempo
migliore
per
veder
la
popolazione
musulmana
di
Costantinopoli
,
perché
nel
secolo
scorso
era
troppo
uniforme
e
sarà
probabilmente
troppo
uniforme
nel
secolo
venturo
.
Ora
si
coglie
quel
popolo
nell
'
atto
della
sua
trasformazione
,
e
perciò
presenta
una
varietà
meravigliosa
.
Il
progresso
dei
riformatori
,
la
resistenza
dei
vecchi
turchi
,
e
le
incertezze
e
le
transazioni
della
grande
massa
che
ondeggia
fra
quei
due
estremi
,
tutte
le
fasi
,
insomma
,
della
lotta
fra
la
nuova
e
la
vecchia
Turchia
,
sono
fedelmente
rappresentate
dalla
varietà
dei
vestimenti
.
Il
vecchio
turco
inflessibile
porta
ancora
il
turbante
,
il
caffettano
e
le
scarpe
tradizionali
di
marocchino
giallo
;
e
i
più
ostinati
fra
i
vecchi
un
turbante
più
voluminoso
.
Il
turco
riformato
porta
un
lungo
soprabito
nero
abbottonato
fin
sotto
il
mento
e
i
calzoni
scuri
colle
staffe
,
non
conservando
altro
di
turco
che
il
fez
.
Fra
questi
,
però
,
i
giovani
più
arditi
hanno
già
buttato
via
il
lungo
soprabito
nero
,
portano
panciotti
aperti
,
calzoni
chiari
,
cravattine
eleganti
,
gingilli
,
mazza
e
fiori
all
'
occhiello
.
Fra
quelli
e
questi
,
fra
chi
porta
caffettano
e
chi
porta
soprabito
,
v
'
è
un
abisso
;
non
v
'
è
più
altro
di
comune
che
il
nome
;
sono
due
popoli
affatto
diversi
.
Il
turco
del
turbante
crede
ancora
fermamente
al
ponte
Sirath
,
che
passa
sopra
all
'
inferno
,
più
sottile
d
'
un
capello
e
più
affilato
d
'
una
scimitarra
;
fa
le
sue
abluzioni
alle
ore
debite
,
e
si
rincasa
al
calar
del
sole
.
Il
turco
del
soprabito
si
ride
del
Profeta
,
si
fa
fotografare
,
parla
francese
e
passa
la
sera
al
teatro
.
Fra
l
'
uno
e
l
'
altro
vi
son
poi
i
titubanti
,
dei
quali
alcuni
hanno
ancora
il
turbante
,
ma
piccolissimo
,
in
modo
che
potranno
inaugurare
il
fez
senza
scandalo
;
altri
portano
ancora
il
caffettano
,
ma
hanno
già
inaugurato
il
fez
;
altri
vestono
ancora
all
'
antica
,
ma
non
han
più
nè
cintura
nè
babbuccie
,
nè
colori
vistosi
;
e
a
poco
a
poco
butteranno
via
tutto
il
resto
.
Le
donne
soltanto
conservano
tutte
l
'
antico
velo
e
il
mantello
che
nasconde
le
forme
;
ma
il
velo
è
diventato
trasparente
e
lascia
intravvedere
un
cappelletto
piumato
,
e
il
mantello
copre
spesso
una
veste
tagliata
sul
figurino
di
Parigi
.
Ogni
anno
cadono
migliaia
di
caffettani
e
sorgono
migliaia
di
soprabiti
;
ogni
giorno
muore
un
vecchio
turco
e
nasce
un
turco
riformato
.
Il
giornale
succede
al
tespì
,
il
sigaro
al
cibuk
,
il
vino
all
'
acqua
concia
,
la
carrozza
all
'
arabà
,
la
grammatica
francese
alla
grammatica
araba
,
il
pianoforte
al
timbur
,
la
casa
di
pietra
alla
casa
di
legno
.
Tutto
si
altera
,
tutto
si
trasforma
.
Forse
tra
meno
d
'
un
secolo
bisognerà
andar
a
cercare
i
resti
della
vecchia
Turchia
in
fondo
alle
più
lontane
provincie
dell
'
Asia
Minore
,
come
si
va
a
cercare
quelli
della
vecchia
Spagna
nei
villaggi
più
remoti
dell
'
Andalusia
.
*
*
*
[
Costantinopoli
futura
]
Questo
pensiero
m
'
assaliva
sovente
,
contemplando
Costantinopoli
dal
ponte
della
Sultana
-
Validè
.
Che
cosa
sarà
questa
città
fra
uno
o
due
secoli
,
anche
se
i
Turchi
non
siano
cacciati
d
'
Europa
?
Ahimè
!
Il
grande
olocausto
della
bellezza
alla
civiltà
sarà
già
consumato
.
Io
la
vedo
quella
Costantinopoli
futura
,
quella
Londra
dell
'
Oriente
che
innalzerà
la
sua
maestà
minacciosa
e
triste
sulle
rovine
della
più
ridente
città
della
terra
.
I
colli
saranno
spianati
,
i
boschetti
rasi
al
suolo
,
le
casette
multicolori
atterrate
;
l
'
orizzonte
sarà
tagliato
da
ogni
parte
dalle
lunghe
linee
rigide
dei
palazzi
,
delle
case
operaie
e
degli
opifici
,
in
mezzo
a
cui
si
drizzerà
una
miriade
di
camini
altissimi
d
'
officine
,
e
di
tetti
piramidali
di
campanili
;
lunghe
strade
diritte
e
uniformi
divideranno
Stambul
in
diecimila
parallelepipedi
enormi
;
i
fili
del
telegrafo
s
'
incrocieranno
come
un
'
immensa
tela
di
ragno
sopra
i
tetti
della
città
rumorosa
;
sul
ponte
della
Sultana
-
Validè
non
si
vedrà
più
che
un
torrente
nero
di
cappelli
cilindrici
e
di
berrette
;
la
collina
misteriosa
del
Serraglio
sarà
un
giardino
zoologico
,
il
Castello
delle
Sette
torri
un
penitenziario
,
l
'
Ebdomon
un
museo
di
storia
naturale
;
tutto
sarà
solido
,
geometrico
,
utile
,
grigio
,
uggioso
,
e
una
immensa
nuvola
oscura
velerà
perpetuamente
il
bel
cielo
della
Tracia
,
a
cui
non
s
'
alzeranno
più
nè
preghiere
ardenti
nè
occhi
innamorati
nè
canti
di
poeti
.
Quando
quest
'
immagine
mi
si
presentava
,
sentivo
proprio
una
stretta
al
cuore
;
ma
poi
mi
consolavo
pensando
:
-
Chi
sa
che
qualche
sposa
italiana
del
secolo
ventunesimo
,
venendo
qui
a
fare
il
suo
viaggio
di
nozze
,
non
esclami
qualche
volta
:
-
Peccato
!
Peccato
che
Costantinopoli
non
sia
più
come
la
descrive
quel
vecchio
libro
tarlato
dell
'
ottocento
che
ritrovai
per
caso
in
fondo
all
'
armadio
della
nonna
!
*
*
*
[
I
cani
]
E
allora
sarà
anche
sparita
da
Costantinopoli
una
delle
sue
curiosità
più
curiose
,
che
sono
i
cani
.
Qui
proprio
voglio
lasciar
correre
un
po
'
la
penna
perché
l
'
argomento
lo
merita
.
Costantinopoli
è
un
immenso
canile
:
tutti
l
'
osservano
appena
arrivati
.
I
cani
costituiscono
una
seconda
popolazione
della
città
,
meno
numerosa
,
ma
non
meno
strana
della
prima
.
Tutti
sanno
quanto
i
Turchi
li
amino
e
li
proteggano
.
Non
ho
potuto
sapere
se
lo
facciano
per
il
sentimento
di
carità
che
raccomanda
il
Corano
anche
verso
le
bestie
;
o
perché
li
credano
,
come
certi
uccelli
,
apportatori
di
fortuna
,
o
perché
li
amava
il
Profeta
,
o
perché
ne
parlano
le
loro
sacre
storie
,
o
perchè
,
come
altri
pretende
,
Maometto
il
Conquistatore
si
conduceva
dietro
un
folto
stato
maggiore
canino
che
entrò
trionfante
con
lui
per
la
breccia
di
porta
San
Romano
.
Il
fatto
è
che
li
hanno
a
cuore
,
che
molti
Turchi
lasciano
per
testamento
delle
somme
cospicue
per
la
loro
alimentazione
,
e
che
quando
il
sultano
Abdul
-
Mejid
li
fece
portar
tutti
nell
'
isola
di
Marmara
,
il
popolo
ne
mormorò
,
e
quando
ritornarono
,
li
ricevette
a
festa
,
e
il
Governo
,
per
non
provocar
malumori
,
li
lasciò
in
pace
per
sempre
.
Però
,
siccome
il
cane
,
secondo
il
Corano
,
è
un
animale
immondo
,
e
ogni
turco
,
ospitandolo
,
crederebbe
di
contaminare
la
casa
,
così
nessuno
degli
innumerevoli
cani
di
Costantinopoli
ha
padrone
.
Formano
tutti
insieme
una
grande
repubblica
di
vagabondi
liberissimi
,
senza
collare
,
senza
nome
,
senza
uffici
,
senza
casa
,
senza
leggi
.
Fanno
tutto
nella
strada
;
vi
si
scavano
delle
piccole
tane
,
vi
dormono
,
vi
mangiano
,
vi
nascono
,
vi
allattano
i
piccini
,
e
vi
muoiono
;
e
nessuno
,
almeno
a
Stambul
,
li
disturba
menomamente
dalle
loro
occupazioni
e
dai
loro
riposi
.
Essi
sono
i
padroni
della
via
.
Nelle
nostre
città
è
il
cane
che
si
scansa
per
lasciar
passare
i
cavalli
e
la
gente
.
Là
è
la
gente
,
sono
i
cavalli
,
i
cammelli
,
gli
asini
che
fanno
anche
un
lungo
giro
per
non
pestare
i
cani
.
Nei
luoghi
più
frequentati
di
Stambul
,
quattro
o
cinque
cani
raggomitolati
e
addormentati
proprio
nel
bel
mezzo
della
strada
,
si
fanno
girare
intorno
per
una
mezza
giornata
tutta
la
popolazione
d
'
un
quartiere
.
E
lo
stesso
accade
a
Pera
e
a
Galata
,
benchè
qui
siano
lasciati
in
pace
non
già
per
rispetto
,
ma
perché
sono
tanti
,
che
a
volerseli
cacciare
di
fra
i
piedi
,
bisognerebbe
non
far
altro
che
tirar
calci
e
legnate
dal
momento
che
s
'
esce
di
casa
al
momento
che
si
ritorna
.
A
mala
pena
si
scomodano
quando
,
nelle
strade
piane
,
si
vedono
venire
addosso
una
carrozza
a
tiro
a
quattro
,
che
va
come
il
vento
,
e
non
ha
più
tempo
di
deviare
.
Allora
si
alzano
,
ma
non
prima
dell
'
ultimo
momento
,
quando
hanno
le
zampe
dei
cavalli
a
un
filo
dalla
testa
,
e
trasportano
stentatamente
la
loro
pigrizia
quattro
dita
più
lontano
:
lo
strettissimo
necessario
per
salvare
la
vita
.
La
pigrizia
è
il
tratto
distintivo
dei
cani
di
Costantinopoli
.
Si
accucciano
in
mezzo
alle
strade
,
cinque
,
sei
,
dieci
in
fila
od
in
cerchio
,
arrotondati
in
maniera
che
non
paion
più
bestie
,
ma
mucchi
di
sterco
,
e
lì
dormono
delle
giornate
intere
,
fra
un
viavai
e
uno
strepito
assordante
,
e
non
c
'
è
nè
acqua
,
nè
sole
,
nè
freddo
che
li
riscuota
.
Quando
nevica
,
rimangon
sotto
la
neve
;
quando
piove
,
restano
immersi
nella
mota
fin
sopra
la
testa
,
tanto
che
poi
,
alzandosi
,
paiono
cani
sbozzati
nella
creta
,
e
non
ci
si
vede
più
nè
occhi
,
nè
orecchie
,
nè
muso
.
A
Pera
e
a
Galata
,
però
,
son
meno
indolenti
che
a
Stambul
,
perché
ci
trovano
meno
facilmente
da
mangiare
.
A
Stambul
sono
in
pensione
,
a
Pera
e
a
Galata
mangiano
alla
carta
.
Sono
le
scope
viventi
delle
strade
.
Quello
che
rifiutano
i
maiali
,
per
loro
è
ghiottoneria
.
Fuor
che
i
sassi
mangiano
tutto
,
e
appena
hanno
tanto
in
corpo
da
non
morire
,
tornano
a
raggomitolarsi
in
terra
e
ridormono
fin
che
non
li
sveglia
la
fame
.
Dormono
quasi
sempre
nello
stesso
luogo
.
La
popolazione
canina
di
Costantinopoli
è
divisa
per
quartieri
come
la
popolazione
umana
.
Ogni
quartiere
,
ogni
strada
è
abitata
,
o
piuttosto
posseduta
da
un
certo
numero
di
cani
,
parenti
ed
amici
,
che
non
se
ne
allontanano
mai
,
e
non
vi
lasciano
penetrare
stranieri
.
Esercitano
una
specie
di
servizio
di
polizia
.
Hanno
i
loro
corpi
di
guardia
,
i
loro
posti
avanzati
,
le
loro
sentinelle
fanno
la
ronda
e
le
esplorazioni
.
Guai
se
un
cane
d
'
un
altro
quartiere
,
spinto
dalla
fame
,
s
'
arrischia
nei
possedimenti
dei
suoi
vicini
!
Una
frotta
di
cagnacci
insatanassati
gli
piomba
addosso
,
e
se
lo
coglie
,
lo
finisce
;
se
non
può
coglierlo
,
lo
insegue
rabbiosamente
fino
ai
confini
del
quartiere
.
Sino
ai
confini
,
non
più
in
là
;
il
paese
nemico
è
quasi
sempre
rispettato
e
temuto
.
Non
si
può
dare
un
'
idea
delle
battaglie
,
dei
sottosopra
che
seguono
per
un
osso
,
per
una
bella
,
o
per
una
violazione
di
territorio
.
Ogni
momento
si
vede
una
frotta
di
cani
stringersi
furiosamente
in
un
gruppo
intricato
e
confuso
,
e
sparire
in
un
nuvolo
di
polvere
,
e
lì
urli
e
latrati
e
guaiti
da
lacerare
le
orecchie
ad
un
sordo
;
poi
la
frotta
si
sparpaglia
,
e
a
traverso
il
polverìo
diradato
si
vedono
distese
sul
terreno
le
vittime
della
mischia
.
Amori
,
gelosie
,
duelli
,
sangue
,
gambe
rotte
e
orecchie
lacerate
,
son
l
'
affare
d
'
ogni
momento
.
Alle
volte
se
ne
radunan
tanti
e
fanno
tali
baldorie
davanti
a
una
bottega
,
che
il
bottegaio
e
i
garzoni
son
costretti
ad
armarsi
di
stanghe
e
di
seggiole
e
a
fare
una
sortita
militare
in
tutte
le
regole
per
sgombrare
la
strada
;
e
allora
si
sentono
risonar
teste
e
schiene
e
pancie
,
e
ululati
che
fanno
venir
giù
l
'
aria
.
A
Pera
e
a
Galata
in
specie
,
quelle
povere
bestie
sono
tanto
malmenate
,
tanto
abituate
a
toccare
una
percossa
ogni
volta
che
vedono
un
bastone
,
che
al
solo
sentir
battere
sul
ciottolato
un
ombrello
o
una
mazzina
,
o
scappano
o
si
preparano
a
scappare
;
ed
anche
quando
sembra
che
dormano
,
tengono
quasi
sempre
un
occhio
socchiuso
,
un
puntino
impercettibile
di
pupilla
,
con
cui
seguono
attentissimamente
,
anche
per
un
quarto
d
'
ora
filato
,
e
a
qualunque
distanza
,
tutti
i
più
leggieri
movimenti
di
qualsiasi
oggetto
che
abbia
apparenza
d
'
un
bastone
.
E
son
così
poco
assuefatti
a
trattamenti
umani
,
che
basta
,
passando
,
accarezzarne
uno
,
che
dieci
altri
accorrono
saltellando
,
mugolando
,
dimenando
la
coda
,
e
accompagnano
il
protettore
generoso
fino
in
fondo
alla
strada
,
cogli
occhi
luccicanti
di
gioia
e
di
gratitudine
.
La
condizione
d
'
un
cane
a
Pera
e
a
Galata
è
peggiore
,
ed
è
tutto
dire
,
di
quella
d
'
un
ragno
in
Olanda
,
che
è
l
'
essere
più
perseguitato
di
tutto
il
regno
animale
.
Non
si
può
,
vedendoli
,
non
credere
che
ci
sia
anche
per
loro
un
compenso
dopo
morte
.
Anch
'
essi
,
come
ogni
altra
cosa
a
Costantinopoli
,
mi
destavano
una
reminiscenza
storica
;
ma
era
un
'
amara
ironia
;
erano
i
cani
delle
caccie
famose
di
Baiazet
,
che
correvano
per
le
foreste
imperiali
dell
'
Olimpo
colle
gualdrappine
di
porpora
e
coi
collari
imperlati
.
Quale
diversità
di
condizione
sociale
!
La
loro
sorte
infelice
dipende
anche
in
parte
dalla
loro
bruttezza
.
Sono
quasi
tutti
cani
della
razza
dei
mastini
o
dei
can
lupi
,
e
ritraggono
un
po
'
del
lupo
e
della
volpe
;
o
piuttosto
non
ritraggono
di
nulla
;
sono
orribili
prodotti
d
'
incrociamenti
fortuiti
,
screziati
di
colori
bizzarri
,
della
grandezza
dei
così
detti
cani
da
macellaio
,
e
magri
che
se
ne
possono
contar
le
costole
a
venti
passi
.
La
maggior
parte
poi
,
oltre
alla
magrezza
,
son
ridotti
dalle
risse
in
uno
stato
che
,
se
non
si
vedessero
camminare
,
si
piglierebbero
per
carcami
di
cani
macellati
.
Se
ne
vedono
colla
coda
mozza
,
colle
orecchie
monche
,
col
dorso
spelato
,
col
collo
scorticato
,
orbi
d
'
un
occhio
,
zoppi
di
due
gambe
,
coperti
di
guidaleschi
e
divorati
dalle
mosche
;
ridotti
agli
ultimi
termini
a
cui
si
può
ridurre
un
cane
vivente
;
veri
avanzi
della
fame
,
della
guerra
e
della
vaga
venere
.
La
coda
,
si
può
dire
che
è
un
membro
di
lusso
:
è
raro
il
cane
di
Costantinopoli
che
la
serbi
intera
per
più
di
due
mesi
di
vita
pubblica
.
Povere
bestie
!
metterebbero
pietà
in
un
cuore
di
sasso
;
eppure
si
vedono
qualche
volta
potati
e
rosicchiati
in
un
modo
così
strano
,
si
vedono
camminare
con
certi
dondolamenti
così
svenevoli
,
con
certi
barcollii
così
grotteschi
,
che
non
si
possono
trattenere
le
risa
.
E
non
son
nè
la
fame
nè
la
guerra
nè
le
legnate
il
loro
peggiore
flagello
:
è
un
uso
crudele
invalso
da
qualche
tempo
a
Galata
e
a
Pera
.
Sovente
,
di
notte
,
i
pacifici
peroti
sono
svegliati
nei
loro
letti
da
un
baccano
indiavolato
;
e
affacciandosi
alle
finestre
,
vedon
giù
nella
strada
una
ridda
spaventevole
di
cani
che
spiccano
salti
altissimi
,
e
fanno
rivoltoloni
furiosi
e
battono
capate
tremende
nei
muri
;
e
la
mattina
all
'
alba
la
strada
è
coperta
di
cadaveri
.
È
il
dottorino
o
lo
speziale
del
quartiere
,
che
avendo
l
'
abitudine
di
studiare
la
notte
,
e
non
volendo
esser
disturbati
dalla
canea
,
si
sono
procurati
una
settimana
di
silenzio
con
una
distribuzione
di
polpette
.
Queste
ed
altre
cagioni
fanno
sì
che
il
numero
dei
cani
diminuisca
continuamente
a
Pera
e
a
Galata
;
ma
a
che
pro
?
Intanto
a
Stambul
crescono
e
si
moltiplicano
,
sin
che
non
trovando
più
alimento
nella
città
turca
,
migrano
a
poco
a
poco
all
'
altra
riva
,
e
riempiono
nella
famiglia
sterminata
tutti
i
vuoti
che
v
'
han
fatto
le
battaglie
,
la
carestia
e
il
veleno
.
*
*
*
[
Gli
eunuchi
]
Ma
vi
sono
altri
esseri
,
a
Costantinopoli
,
che
fanno
più
compassione
dei
cani
,
e
son
gli
eunuchi
,
i
quali
,
come
s
'
introdussero
fra
i
turchi
malgrado
i
precetti
formali
del
Corano
che
condannano
questa
infame
degradazione
della
natura
,
sussistono
ancora
,
malgrado
la
legge
recente
che
ne
proibisce
il
traffico
,
poichè
è
più
forte
della
legge
la
scellerata
avidità
dell
'
oro
che
fa
commettere
il
delitto
,
e
l
'
egoismo
spietato
che
se
ne
vale
.
Questi
disgraziati
s
'
incontrano
ad
ogni
passo
nelle
strade
,
come
s
'
incontrano
,
ad
ogni
passo
nella
storia
.
In
fondo
a
ogni
quadro
della
storia
turca
,
campeggia
una
di
queste
figure
sinistre
,
colle
fila
d
'
una
congiura
nel
pugno
;
coperto
d
'
oro
o
intriso
di
sangue
,
vittima
,
o
favorito
,
o
carnefice
,
palesemente
od
occultamente
formidabile
,
ritto
come
uno
spettro
all
'
ombra
del
trono
,
o
affacciato
allo
spiraglio
d
'
una
porta
misteriosa
.
Così
per
Costantinopoli
,
in
mezzo
alla
folla
affaccendata
dei
bazar
,
tra
la
moltitudine
allegra
delle
Acque
dolci
,
fra
le
colonne
delle
moschee
,
accanto
alle
carrozze
,
nei
piroscafi
,
nei
caicchi
,
in
tutte
le
feste
,
in
tutte
le
folle
,
si
vede
questa
larva
d
'
uomo
,
questa
figura
dolorosa
,
che
fa
colla
sua
persona
una
macchia
lugubre
su
tutti
gli
aspetti
ridenti
della
vita
orientale
.
Scemata
l
'
onnipotenza
della
corte
,
è
scemata
la
loro
importanza
politica
,
come
rilassandosi
la
gelosia
orientale
,
è
diminuita
la
loro
importanza
nelle
case
private
;
i
vantaggi
del
loro
stato
son
quindi
molto
scaduti
;
essi
non
trovano
più
che
assai
difficilmente
nella
ricchezza
e
nella
dominazione
un
compenso
alla
loro
sventura
;
non
si
trovano
più
i
Ghaznefer
Agà
che
consentono
alla
mutilazione
per
diventar
capi
degli
eunuchi
bianchi
;
tutti
sono
ora
certamente
vittime
,
e
vittime
senza
conforti
;
comprati
o
rubati
bambini
,
in
Abissinia
od
in
Siria
,
uno
su
tre
sopravvissuti
al
coltello
infame
,
e
rivenduti
in
onta
alla
legge
,
con
una
ipocrisia
di
segretezza
,
più
odiosa
d
'
un
aperto
mercato
.
Non
c
'
è
bisogno
di
farseli
indicare
,
si
riconoscono
all
'
aspetto
.
Son
quasi
tutti
d
'
alta
statura
,
grassi
,
flosci
,
col
viso
imberbe
e
avvizzito
,
corti
di
busto
,
lunghissimi
di
gambe
e
di
braccia
.
Portano
il
fez
,
un
lungo
soprabito
scuro
,
i
calzoni
all
'
europea
e
uno
staffile
di
cuoio
d
'
ippopotamo
,
che
è
l
'
insegna
del
loro
ufficio
.
Camminano
a
lunghi
passi
,
mollemente
,
come
grandi
bambini
.
Accompagnano
le
signore
a
piedi
o
a
cavallo
,
davanti
e
dietro
le
carrozze
,
quando
uno
,
quando
due
insieme
,
e
rivolgono
sempre
intorno
un
occhio
vigilante
,
che
al
menomo
sguardo
o
atto
irriverente
di
chi
passa
,
piglia
un
'
espressione
di
rabbia
ferina
che
mette
paura
e
ribrezzo
.
Fuor
di
questi
casi
,
il
loro
viso
o
non
dice
assolutamente
nulla
,
o
non
esprime
che
un
tedio
infinito
d
'
ogni
cosa
.
Non
mi
ricordo
d
'
averne
visto
ridere
alcuno
.
Ce
ne
sono
dei
giovanissimi
,
che
par
che
abbiano
cinquant
'
anni
;
dei
vecchi
,
che
sembrano
adolescenti
invecchiati
in
un
giorno
;
dei
molto
pingui
,
tondi
,
molli
,
lucidi
,
che
sembrano
enfiati
o
ingrassati
apposta
come
bestie
suine
;
tutti
vestiti
di
panni
fini
,
puliti
e
profumati
come
damerini
vanitosi
.
Ci
sono
degli
uomini
senza
cuore
che
passando
accanto
a
quei
disgraziati
li
guardano
e
ridono
.
Costoro
credono
forse
che
,
essendo
così
come
sono
fin
dall
'
infanzia
,
non
comprendano
la
loro
sventura
.
Si
sa
invece
che
la
comprendono
e
che
la
sentono
;
ma
se
anche
non
si
sapesse
,
come
si
potrebbe
dubitarne
?
Non
appartenere
ad
alcun
sesso
,
non
essere
che
una
mostra
d
'
uomo
;
vivere
in
mezzo
agli
uomini
e
vedersene
separati
da
un
abisso
;
sentir
fremere
la
vita
intorno
a
sè
,
come
un
mare
,
e
dovervi
rimanere
in
mezzo
,
immobili
e
solitarii
come
uno
scoglio
;
sentire
tutti
i
propri
pensieri
e
tutti
i
sentimenti
strozzati
da
un
cerchio
di
ferro
che
nessuna
virtù
umana
potrà
mai
spezzare
;
aver
perpetuamente
dinanzi
un
'
immagine
di
felicità
,
a
cui
tutto
tende
,
intorno
a
cui
tutto
gira
,
di
cui
tutto
si
colora
e
s
'
illumina
,
e
sentirsene
smisuratamente
lontani
,
nell
'
oscurità
,
in
un
vuoto
immenso
e
freddo
,
come
creature
maledette
da
Dio
;
essere
anzi
i
custodi
di
quella
felicità
,
la
barriera
che
l
'
uomo
geloso
mette
fra
i
suoi
piaceri
ed
il
mondo
,
il
puntello
con
cui
assicura
la
sua
porta
,
il
cencio
con
cui
copre
il
suo
tesoro
;
e
dover
vivere
tra
i
profumi
,
in
mezzo
alle
seduzioni
,
alla
gioventù
,
alla
bellezza
,
ai
tripudi
,
colla
vergogna
sulla
fronte
,
colla
rabbia
nell
'
anima
,
disprezzati
,
scherniti
,
senza
nome
,
senza
famiglia
,
senza
madre
,
senza
un
ricordo
affettuoso
,
segregati
dall
'
umanità
e
dalla
natura
,
ah
!
dev
'
essere
un
tormento
che
la
mente
umana
non
può
comprendere
,
come
quello
di
vivere
con
un
pugnale
confitto
nel
cuore
.
E
questa
infamia
si
sopporta
ancora
,
questi
sventurati
passeggiano
per
le
vie
di
una
città
d
'
Europa
,
vivono
in
mezzo
agli
uomini
,
e
non
urlano
,
non
mordono
,
non
uccidono
,
non
sputano
in
viso
all
'
umanità
codarda
che
li
guarda
senza
arrossire
e
senza
piangere
,
e
fa
delle
associazioni
internazionali
per
la
protezione
dei
gatti
e
dei
cani
!
La
loro
vita
non
è
che
un
supplizio
continuo
.
Quando
le
donne
non
li
trovano
arrendevoli
ai
loro
intrighi
,
li
odiano
come
carcerieri
e
come
spie
,
e
li
torturano
con
una
civetteria
crudele
,
sino
a
farli
diventar
furiosi
o
insensati
,
come
il
povero
eunuco
nero
delle
Lettere
persiane
quando
metteva
nel
bagno
la
sua
signora
.
Tutto
è
sarcasmo
per
loro
:
portano
dei
nomi
di
profumi
e
di
fiori
,
per
allusione
alle
donne
di
cui
sono
custodi
:
sono
possessori
di
giacinti
,
guardiani
di
gigli
,
custodi
di
rose
e
di
viole
.
E
qualche
volta
amano
,
gli
sciagurati
!
perché
in
loro
delle
passioni
sono
spenti
gli
effetti
,
non
le
cause
;
e
son
gelosi
,
e
si
rodono
e
piangono
lagrime
di
sangue
;
e
qualche
volta
,
quando
uno
sguardo
procace
si
fissa
in
volto
alla
loro
donna
,
e
s
'
accorgono
che
è
corrisposto
,
perdon
la
ragione
e
percuotono
.
Al
tempo
della
guerra
di
Crimea
un
eunuco
diede
una
frustata
in
viso
ad
un
ufficiale
francese
,
e
questi
gli
spaccò
il
cranio
con
una
sciabolata
.
Chi
può
dire
che
cosa
soffrano
,
come
li
desoli
la
bellezza
,
come
li
strazii
un
vezzo
,
come
li
trafigga
un
sorriso
,
e
quante
volte
mentre
al
loro
orecchio
arriva
il
suono
d
'
un
bacio
,
la
loro
mano
afferra
il
manico
del
pugnale
!
Non
è
meraviglia
che
nel
vuoto
immenso
del
loro
cuore
non
attecchiscano
per
lo
più
che
le
passioni
fredde
dell
'
odio
,
della
vendetta
e
dell
'
ambizione
;
che
crescano
acri
,
mordaci
,
pettegoli
,
pusillanimi
,
feroci
;
che
siano
o
bestialmente
devoti
o
astutissimamente
traditori
,
e
che
quando
sono
potenti
,
cerchino
di
vendicarsi
sull
'
uomo
dell
'
affronto
che
fu
fatto
in
loro
alla
natura
.
Ma
per
quanto
siano
intristiti
,
sentono
sempre
nel
cuore
il
bisogno
prepotente
della
donna
,
e
poichè
non
possono
averla
amante
,
la
cercano
amica
;
si
ammogliano
;
sposano
delle
donne
incinte
,
come
Sunbullù
,
il
grand
'
eunuco
di
Ibraim
I
,
per
avere
un
bambino
da
amare
;
si
fanno
un
arem
di
vergini
,
come
il
grand
'
eunuco
di
Ahmed
II
,
per
avere
almeno
lo
spettacolo
della
bellezza
e
della
grazia
,
l
'
amplesso
affettuoso
,
un
'
illusione
d
'
amore
;
adottano
una
figliuola
per
aver
un
seno
di
donna
su
cui
chinare
la
testa
quando
son
vecchi
,
per
non
morire
senza
sapere
che
cos
'
è
una
carezza
,
per
sentire
nei
loro
ultimi
anni
una
voce
amorosa
dopo
aver
sentito
per
tutta
la
vita
il
riso
dell
'
ironia
e
del
disprezzo
;
e
non
son
rari
quelli
che
,
arricchiti
alla
corte
o
nelle
grandi
case
,
dove
esercitano
insieme
l
'
ufficio
di
capi
degli
eunuchi
e
d
'
intendenti
,
si
comprano
,
vecchi
,
una
bella
villetta
sul
Bosforo
,
e
là
cercano
di
dimenticare
,
di
sopire
il
sentimento
della
propria
sventura
nell
'
allegrezza
delle
feste
e
dei
conviti
.
Fra
le
molte
cose
che
mi
furon
dette
di
questi
infelici
,
una
mi
è
rimasta
viva
più
di
tutte
nella
memoria
;
ed
è
un
giovane
medico
di
Pera
che
me
l
'
ha
raccontata
.
Confutando
gli
argomenti
di
chi
crede
che
gli
eunuchi
non
soffrano
:
-
Una
sera
,
-
mi
disse
,
-
uscivo
dalla
casa
d
'
un
ricco
musulmano
,
dov
'
ero
andato
a
visitare
per
la
terza
volta
una
delle
sue
quattro
mogli
malata
di
cuore
.
All
'
uscire
come
all
'
entrare
m
'
aveva
accompagnato
un
eunuco
gridando
le
solite
parole
:
-
donne
,
ritiratevi
!
-
per
avvertir
signore
e
schiave
che
un
uomo
era
nell
'
arem
,
e
che
non
dovevano
lasciarsi
vedere
.
Quando
fui
nel
cortile
,
l
'
eunuco
mi
lasciò
,
ed
io
mi
diressi
solo
verso
la
porta
.
Nel
punto
che
stavo
per
aprire
,
mi
sentii
toccare
il
braccio
,
e
voltandomi
,
mi
vidi
dinanzi
,
così
tra
il
chiaro
e
lo
scuro
,
un
altro
eunuco
,
un
giovanetto
di
diciotto
o
vent
'
anni
,
di
aspetto
simpatico
,
che
mi
guardava
fisso
con
gli
occhi
umidi
di
lagrime
.
Gli
domandai
che
cosa
voleva
.
Titubò
un
momento
a
rispondere
,
poi
m
'
afferrò
una
mano
con
tutt
'
e
due
le
mani
,
e
stringendomela
convulsivamente
mi
disse
con
una
voce
tremante
,
in
cui
si
sentiva
un
dolore
disperato
:
-
Dottore
!
Tu
che
sai
un
rimedio
per
tutti
i
mali
,
non
ne
sapresti
uno
per
il
mio
?
-
Io
non
so
dire
quello
che
produssero
in
me
queste
semplici
parole
;
volli
rispondere
,
mi
mancò
la
voce
,
e
non
sapendo
nè
che
fare
nè
che
dire
,
apersi
bruscamente
la
porta
e
fuggii
.
Ma
per
tutta
quella
sera
e
per
molti
giorni
dopo
,
mi
parve
di
vedere
quel
giovane
e
di
sentir
quelle
parole
,
e
più
d
'
una
volta
dovetti
far
forza
a
me
stesso
per
non
piangere
di
pietà
.
-
O
filantropi
,
pubblicisti
,
ministri
,
ambasciatori
,
e
voi
,
signori
deputati
al
Parlamento
di
Stambul
e
senatori
della
mezzaluna
,
levate
un
grido
,
in
nome
di
Dio
,
perché
questa
sanguinosa
ignominia
,
questa
orrenda
macchia
dell
'
onore
umano
,
non
sia
più
nel
ventesimo
secolo
che
una
memoria
dolorosa
come
le
carneficine
della
Bulgaria
.
*
*
*
[
L
'
esercito
]
Benchè
sapessi
,
prima
d
'
arrivare
a
Costantinopoli
,
che
non
ci
avrei
più
ritrovato
traccia
dello
splendido
esercito
dei
bei
tempi
antichi
,
pure
,
appena
arrivato
,
cercai
con
vivissima
curiosità
i
soldati
,
mia
perpetua
simpatia
.
Ma
,
pur
troppo
,
trovai
la
realtà
peggiore
dell
'
aspettazione
.
In
luogo
delle
antiche
vestimenta
ampie
,
pittoresche
e
guerriere
,
trovai
le
divise
nere
e
attillate
,
i
calzoni
rossi
,
le
giacchettine
scarse
,
i
galloni
da
usciere
,
i
cinturini
da
collegiale
,
e
su
tutte
le
teste
,
da
quella
del
Sultano
a
quella
del
soldato
,
quel
deplorabile
fez
,
che
oltre
ad
esser
meschino
e
puerile
,
in
specie
sul
cocuzzolo
dei
musulmani
corpulenti
,
è
cagione
d
'
infinite
oftalmie
ed
emicranie
.
L
'
esercito
turco
non
ha
più
la
bellezza
d
'
un
esercito
turco
,
non
ha
ancora
la
bellezza
d
'
un
esercito
europeo
;
i
soldati
mi
parvero
tristi
,
svogliati
e
sudici
;
saranno
valorosi
,
ma
non
son
simpatici
.
E
quanto
alla
loro
educazione
,
mi
basta
questo
:
che
ho
visto
sergenti
e
ufficiali
soffiarsi
il
naso
colle
dita
in
mezzo
alla
strada
;
che
ho
visto
un
soldato
di
guardia
al
ponte
,
dove
è
proibito
di
fumare
,
strappar
il
sigaro
di
bocca
a
un
viceconsole
;
e
che
nella
moschea
dei
dervis
giranti
di
via
di
Pera
,
un
altro
soldato
,
me
presente
,
per
far
capire
a
tre
signori
europei
che
bisognava
levarsi
il
cappello
,
li
scappellò
tutti
e
tre
con
una
manata
.
E
ho
saputo
che
,
ad
alzar
la
voce
in
simili
casi
,
il
meno
che
possa
capitare
è
d
'
essere
abbracciati
come
un
sacco
di
cenci
e
portati
di
peso
nel
corpo
di
guardia
.
Per
la
qual
cosa
,
in
tutto
il
tempo
che
rimasi
a
Costantinopoli
,
ho
sempre
dimostrato
un
profondo
rispetto
ai
soldati
.
E
d
'
altra
parte
,
cessai
di
meravigliarmi
delle
loro
maniere
,
dopo
aver
visto
coi
miei
occhi
che
cosa
è
quella
gente
prima
di
vestir
l
'
uniforme
.
Vidi
un
giorno
passare
per
una
strada
di
Scutari
un
centinaio
di
reclute
che
venivano
probabilmente
dall
'
interno
dell
'
Asia
Minore
.
Mi
fecero
compassione
e
ribrezzo
.
Mi
parve
di
vedere
quegli
spaventosi
banditi
d
'
Hassan
il
pazzo
,
che
attraversarono
Costantinopoli
sulla
fine
del
sedicesimo
secolo
,
per
andar
a
morire
sotto
la
mitraglia
austriaca
nella
pianura
di
Pest
.
Vedo
ancora
quelle
faccie
sinistre
,
quelle
lunghe
ciocche
di
capelli
,
quei
corpi
seminudi
e
arabescati
,
quegli
ornamenti
selvaggi
,
e
sento
il
tanfo
di
serraglio
di
belve
che
lasciarono
nella
via
.
Quando
giunsero
le
prime
notizie
delle
stragi
di
Bulgaria
,
pensai
subito
a
loro
.
-
Debbono
essere
i
miei
amici
di
Scutari
,
-
dissi
in
cuor
mio
.
Essi
però
sono
l
'
unica
immagine
pittoresca
che
mi
sia
rimasta
de
'
soldati
musulmani
.
Belli
eserciti
di
Bajazet
,
di
Solimano
e
di
Maometto
,
chi
vi
potesse
rivedere
per
un
minuto
,
dall
'
alto
delle
mura
di
Stambul
,
schierati
sulla
pianura
di
Daud
-
Pascià
!
Ogni
volta
che
passavo
dinanzi
alla
porta
trionfale
d
'
Adrianopoli
,
quei
belli
eserciti
mi
si
affacciavano
alla
mente
come
una
visione
luminosa
,
e
mi
soffermavo
a
contemplare
la
porta
,
come
se
di
momento
in
momento
dovesse
apparire
il
pascià
quartier
mastro
,
araldo
delle
schiere
imperiali
.
Il
pascià
quartier
mastro
,
in
fatti
,
camminava
alla
testa
dell
'
esercito
,
con
due
code
di
cavallo
,
insegna
della
sua
dignità
.
Dietro
a
lui
,
si
vedeva
di
lontano
un
vivissimo
luccichìo
.
Erano
ottomila
cucchiai
di
rame
confitti
nei
turbanti
di
ottomila
giannizzeri
,
in
mezzo
ai
quali
ondeggiavano
le
penne
d
'
airone
e
scintillavano
le
armature
dei
colonnelli
,
seguiti
da
uno
sciame
di
servi
carichi
di
armi
e
di
vivande
.
Dietro
ai
giannizzeri
veniva
un
piccolo
esercito
di
volontarii
e
di
paggi
,
colle
vesti
di
seta
,
colle
maglie
di
ferro
,
coi
caschi
luccicanti
,
accompagnati
da
una
banda
di
musici
;
dietro
ai
paggi
,
i
cannonieri
,
coi
cannoni
uniti
da
catene
di
ferro
;
e
poi
un
altro
piccolo
esercito
di
agà
,
di
paggi
,
di
ciambellani
,
di
soldati
feudatarii
,
piantati
sopra
cavalli
corazzati
e
impennacchiati
.
E
questa
non
era
che
l
'
avanguardia
.
Sopra
le
schiere
serrate
sventolavano
stendardi
di
mille
colori
,
ondeggiavano
code
di
cavallo
,
s
'
urtavano
lancie
,
spade
,
archi
,
turcassi
,
archibugi
,
in
mezzo
ai
quali
si
vedevano
appena
le
faccie
annerite
dal
sole
delle
guerre
di
Candia
e
di
Persia
;
e
i
suoni
scordati
dei
tamburi
,
dei
flauti
,
delle
trombe
e
delle
timballe
,
la
voce
dei
cantanti
che
accompagnavano
i
giannizzeri
,
il
tintinnio
delle
armature
,
lo
strepito
delle
catene
,
le
grida
di
:
Allà
,
si
confondevano
in
un
frastuono
festoso
e
terribile
,
che
dal
campo
di
Daud
-
Pascià
si
spandeva
fino
all
'
altra
riva
del
Corno
d
'
oro
.
Oh
!
pittori
e
poeti
che
avete
studiato
amorosamente
quel
bel
mondo
orientale
,
svanito
per
sempre
,
aiutatemi
a
far
uscir
intero
dalle
vecchie
mura
di
Stambul
l
'
esercito
favoloso
di
Maometto
III
.
L
'
avanguardia
è
passata
:
un
altro
sfolgorìo
s
'
avanza
.
È
il
Sultano
?
No
,
il
Nume
non
è
forse
ancora
uscito
dal
tempio
.
Non
è
che
il
corteo
del
vizir
favorito
.
Sono
quaranta
agà
vestiti
di
zibellino
,
su
quaranta
cavalli
dalle
gualdrappe
di
velluto
e
dalle
redini
d
'
argento
,
a
cui
tien
dietro
una
folla
di
paggi
e
di
palafrenieri
pomposi
,
che
conducono
a
mano
altri
quaranta
corsieri
,
bardati
d
'
oro
,
carichi
di
scudi
,
di
mazze
e
di
scimitarre
.
Viene
innanzi
un
altro
corteo
.
Non
è
ancora
il
Sultano
.
Sono
i
membri
della
Cancelleria
di
Stato
,
i
grandi
dignitari
del
Serraglio
,
il
gran
tesoriere
,
accompagnati
da
una
banda
di
suonatori
e
da
uno
sciame
di
volontarii
coi
berretti
purpurei
ornati
d
'
ale
d
'
uccelli
,
vestiti
di
pelliccie
,
di
taffettà
incarnato
,
di
pelli
di
leopardo
,
di
kolpak
ungheresi
,
e
armati
di
lunghe
lancie
fasciate
di
seta
e
inghirlandate
di
fiori
.
Un
'
altra
onda
di
cavalli
sfolgoranti
esce
dalla
porta
d
'
Adrianopoli
.
Non
è
ancora
il
Sultano
.
È
il
corteo
del
gran
vizir
.
Vien
prima
una
folla
d
'
archibugieri
a
cavallo
,
di
furieri
e
d
'
agà
benemeriti
del
gran
Signore
,
e
poi
altri
quaranta
agà
del
gran
vizir
in
mezzo
a
una
foresta
di
mille
e
duecento
lancie
di
bambù
impugnate
da
mille
e
duecento
paggi
,
e
altri
quaranta
paggi
del
gran
vizir
vestiti
di
color
ranciato
e
armati
d
'
archi
e
di
turcassi
ricamati
d
'
oro
,
e
altri
duecento
giovanetti
divisi
in
sei
schiere
di
sei
colori
,
in
mezzo
ai
quali
cavalcano
governatori
e
parenti
del
primo
ministro
,
seguiti
da
una
turba
di
palafrenieri
,
d
'
armigeri
,
d
'
impiegati
,
di
servi
,
di
paggi
,
d
'
agà
dalle
vesti
dorate
e
di
vessilliferi
dalle
bandiere
di
seta
;
e
ultimo
il
Kiaya
,
ministro
dell
'
interno
,
in
mezzo
a
dodici
sciaù
,
esecutori
di
giustizia
,
seguiti
dalla
banda
del
gran
vizir
.
Un
'
altra
folla
sbocca
fuori
dalle
mura
.
Non
è
ancora
il
Sultano
.
È
una
folla
di
sciaù
,
di
furieri
,
d
'
impiegati
,
vestiti
di
assise
splendide
,
che
fanno
corteo
ai
giureconsulti
,
ai
mollà
,
ai
muderrì
,
a
cui
tien
dietro
il
gran
cacciatore
per
le
caccie
al
falcone
,
all
'
avoltoio
,
allo
sparviero
ed
al
nibbio
,
seguito
da
una
fila
di
cavalieri
che
portano
in
sella
i
gatti
pardi
ammaestrati
alla
caccia
,
e
da
una
processione
di
falconieri
,
di
scudieri
,
di
squartatori
,
di
guardiani
di
furetti
,
di
drappelli
di
trombettieri
e
di
mute
di
cani
ingualdrappati
e
ingioiellati
.
Un
'
altra
folla
compare
.
Gli
spettatori
accalcati
si
prostrano
:
è
il
Sultano
!
Non
è
ancora
il
Sultano
;
non
è
la
testa
,
ma
il
cuore
dell
'
esercito
;
il
focolare
del
coraggio
e
dell
'
ira
sacra
,
l
'
arca
santa
,
il
carroccio
dei
musulmani
,
intorno
a
cui
s
'
alzeranno
mucchi
di
cadaveri
e
scorreranno
torrenti
di
sangue
,
la
bandiera
verde
del
Profeta
,
l
'
insegna
delle
insegne
,
tolta
alla
moschea
del
Sultano
Ahmed
,
che
sventola
in
mezzo
a
una
turba
feroce
di
dervis
coperti
di
pelli
d
'
orso
e
di
leone
,
in
mezzo
a
una
corona
di
sceicchi
predicatori
dall
'
aspetto
ispirato
,
ravvolti
in
mantelli
di
pelo
di
cammello
;
fra
due
schiere
d
'
emiri
,
discendenti
di
Maometto
,
coronati
di
turbanti
verdi
,
che
levano
tutti
insieme
un
clamore
minaccioso
e
sinistro
di
evviva
,
di
ruggiti
,
di
preghiere
,
di
canti
.
Esce
un
'
altra
ondata
d
'
uomini
e
di
cavalli
.
Non
è
ancora
il
Sultano
.
È
uno
stuolo
di
sciaù
che
brandiscono
i
loro
bastoni
inargentati
per
far
largo
al
giudice
di
Costantinopoli
e
al
gran
giudice
d
'
Asia
e
d
'
Europa
,
i
cui
turbanti
enormi
torreggiano
al
disopra
della
folla
;
sono
il
vizir
favorito
e
il
vizir
caimacan
,
coi
turbanti
stelleggiati
d
'
argento
e
gallonati
d
'
oro
;
sono
tutti
i
vizir
del
divano
,
dinanzi
ai
quali
ondeggiano
le
code
di
cavallo
tinte
di
henné
,
appese
in
cima
a
lancie
rosse
ed
azzurre
;
e
infine
i
giudici
dell
'
esercito
e
un
codazzo
sterminato
di
servi
vestiti
di
pelli
di
leopardo
e
armati
di
stocco
,
e
paggi
e
armigeri
e
vivandieri
.
Un
altro
barbaglio
di
colori
e
di
splendori
annunzia
un
altro
corteo
:
è
il
Sultano
finalmente
!
Non
è
ancora
il
Sultano
.
È
il
gran
vizir
,
vestito
d
'
un
caffettano
purpureo
foderato
di
zibellino
;
montato
sopra
un
cavallo
coperto
d
'
acciaio
e
d
'
oro
,
seguito
da
uno
sciame
di
servi
in
abito
di
velluto
rosso
,
attorniato
da
una
folla
di
alti
dignitari
e
di
luogotenenti
generali
dei
giannizzeri
,
fra
i
quali
biancheggia
il
muftì
,
come
un
cigno
in
mezzo
a
uno
stormo
di
pavoni
;
e
dietro
a
costoro
,
fra
due
schiere
di
lancieri
dai
giustacuori
dorati
,
fra
due
file
d
'
arcieri
dai
pennacchi
a
mezzaluna
,
i
palafrenieri
sfarzosi
del
serraglio
che
conducono
per
mano
una
frotta
di
cavalli
arabi
,
turcomanni
,
persiani
,
caramaniani
,
dalle
selle
di
velluto
,
dalle
nappine
di
canutiglia
,
dalle
redini
dorate
,
dalle
staffe
damaschinate
,
carichi
di
scudi
e
d
'
armi
scintillanti
di
rubini
e
di
smeraldi
;
e
infine
due
cammelli
consacrati
,
uno
dei
quali
porta
il
Corano
e
l
'
altro
una
reliquia
della
Kaaba
.
Passato
il
corteo
del
gran
vizir
,
scoppia
una
musica
fragorosa
di
trombe
e
di
tamburi
,
gli
spettatori
fuggono
,
il
cannone
tuona
,
uno
stuolo
di
battistrada
irrompe
fuor
della
porta
mulinando
le
scimitarre
,
ed
ecco
in
mezzo
a
una
selva
fitta
di
lancie
,
di
pennacchi
e
di
spade
,
tra
uno
sfolgorio
abbagliante
di
caschi
d
'
oro
e
d
'
argento
,
sotto
un
nuvolo
di
stendardi
di
raso
,
ecco
il
Sultano
dei
Sultani
,
il
re
dei
re
,
il
distributore
delle
corone
ai
principi
del
mondo
,
l
'
ombra
di
Dio
sulla
terra
,
l
'
imperatore
e
signore
sovrano
del
mar
bianco
e
del
mar
nero
,
della
Rumelia
e
dell
'
Anatolia
,
della
provincia
di
Sulkadr
,
del
Diarbekir
,
del
Kurdistan
,
dell
'
Aderbigian
,
dell
'
Agiem
,
dello
Sciam
,
di
Haleb
,
d
'
Egitto
,
della
Mecca
,
di
Medina
,
di
Gerusalemme
,
di
tutte
le
contrade
dell
'
Arabia
e
dell
'
Yemen
e
di
tutte
le
altre
provincie
conquistate
dai
suoi
gloriosi
predecessori
ed
augusti
antenati
o
sottomesse
alla
sua
gloriosa
maestà
dalla
sua
spada
fiammeggiante
e
trionfatrice
.
Il
corteo
solenne
e
tremendo
passa
lentamente
,
aprendo
a
quando
a
quando
un
piccolo
spiraglio
;
e
allora
s
'
intravvedono
i
tre
pennacchi
imperlati
del
turbante
del
Dio
,
il
viso
pallido
e
grave
e
il
petto
lampeggiante
di
diamanti
;
poi
il
cerchio
si
richiude
,
la
cavalcata
s
'
allontana
,
le
scimitarre
minacciose
s
'
abbassano
,
gli
spettatori
atterriti
rialzano
la
fronte
,
la
visione
è
svanita
.
Al
corteo
imperiale
tien
dietro
una
folla
d
'
ufficiali
di
corte
,
di
cui
uno
porta
sul
capo
lo
sgabello
del
Sultano
,
un
altro
la
sciabola
,
un
altro
il
turbante
,
un
altro
il
mantello
,
un
quinto
la
caffettiera
d
'
argento
,
un
sesto
la
caffettiera
d
'
oro
;
passano
altre
schiere
di
paggi
;
passa
il
drappello
degli
eunuchi
bianchi
,
passano
trecento
ciambellani
a
cavallo
,
vestiti
di
caffettani
candidi
;
passano
le
cento
carrozze
dell
'
arem
dalle
ruote
inargentate
,
tratte
da
buoi
inghirlandati
di
fiori
o
da
cavalli
bardati
di
velluto
,
e
fiancheggiate
da
una
legione
d
'
eunuchi
neri
;
passano
trecento
schiere
di
mule
che
portano
i
bagagli
e
il
tesoro
della
corte
,
passano
mille
cammelli
carichi
di
acqua
,
passano
mille
dromedarii
carichi
di
viveri
;
passa
un
esercito
di
minatori
,
d
'
armaioli
e
d
'
operai
di
Stambul
,
accompagnati
da
bande
di
buffoni
e
di
giocolieri
;
e
in
fine
passa
il
grosso
dell
'
esercito
combattente
:
le
orte
dei
giannizzeri
,
i
silidar
gialli
,
gli
azab
porporini
,
gli
spahí
dalle
insegne
rosse
,
i
cavalieri
stranieri
dagli
stendardi
bianchi
,
i
cannoni
che
vomitano
blocchi
di
marmo
e
di
piombo
,
le
milizie
feudatarie
dei
tre
continenti
,
i
volontarii
selvaggi
delle
estreme
provincie
dell
'
impero
;
nuvoli
di
bandiere
,
selve
di
pennacchi
,
torrenti
di
turbanti
,
valanghe
di
ferro
,
che
vanno
a
rovesciarsi
sull
'
Europa
come
una
maledizione
di
Dio
,
lasciando
dietro
di
sè
un
deserto
sparso
di
macerie
fumanti
e
di
piramidi
di
teschi
.
*
*
*
[
L
'
ozio
]
Benchè
in
qualche
ora
del
giorno
Costantinopoli
paia
molto
operosa
,
in
realtà
è
forse
la
città
più
pigra
dell
'
Europa
.
Per
questo
,
turchi
e
franchi
si
possono
dare
la
mano
.
Si
levano
tutti
il
più
tardi
possibile
.
Anche
d
'
estate
,
all
'
ora
in
cui
le
nostre
città
son
già
in
movimento
da
un
capo
all
'
altro
,
Costantinopoli
dorme
ancora
.
Prima
che
il
sole
sia
alto
,
è
difficile
trovare
una
bottega
aperta
e
poter
bere
una
tazza
di
caffè
.
Alberghi
,
uffici
,
bazar
,
banche
,
tutto
russa
allegramente
,
e
non
si
scuoterebbe
nemmeno
col
cannone
.
S
'
aggiungano
le
feste
:
il
venerdì
dei
turchi
,
il
sabato
degli
ebrei
,
la
domenica
dei
cristiani
,
i
santi
innumerevoli
del
calendarii
greci
ed
armeni
,
osservati
scrupolosamente
;
tutte
feste
che
,
sebbene
siano
parziali
,
costringono
all
'
ozio
anche
una
parte
della
popolazione
che
v
'
è
straniera
;
e
s
'
avrà
un
'
idea
del
lavoro
che
può
fare
Costantinopoli
nel
giro
di
sette
giorni
.
Vi
sono
degli
uffici
che
non
stanno
aperti
più
di
ventiquattr
'
ore
per
settimana
.
Ogni
giorno
v
'
è
uno
dei
cinque
popoli
della
grande
città
che
va
a
zonzo
per
le
strade
,
in
abito
festivo
,
senz
'
altro
pensiero
che
d
'
ammazzare
il
tempo
.
In
quest
'
arte
i
turchi
sono
maestri
.
Son
capaci
di
far
durare
per
una
mezza
giornata
una
tazza
di
caffè
da
due
soldi
e
di
star
cinque
ore
immobili
a
'
piedi
d
'
un
cipresso
d
'
un
cimitero
.
Il
loro
ozio
è
veramente
l
'
ozio
assoluto
,
fratello
della
morte
come
il
sonno
,
un
riposo
profondo
di
tutte
le
facoltà
,
una
sospensione
di
tutte
le
cure
,
un
modo
di
esistenza
affatto
sconosciuto
agli
europei
.
Non
vogliono
nemmeno
aver
il
pensiero
di
passeggiare
.
A
Stambul
non
ci
sono
passeggi
fatti
espressamente
,
e
se
ci
fossero
,
il
turco
non
ci
andrebbe
,
perché
l
'
andare
apposta
in
un
luogo
determinato
per
far
del
movimento
,
gli
parrebbe
una
specie
di
lavoro
.
Egli
entra
nel
primo
cimitero
o
infila
la
prima
strada
che
gli
si
presenta
,
e
va
senza
proposito
dove
lo
portan
le
gambe
,
dove
lo
conducono
i
serpeggiamenti
del
sentiero
,
dove
lo
trascina
la
folla
.
Raramente
egli
va
in
un
luogo
per
vedere
il
luogo
.
Vi
sono
dei
turchi
di
Stambul
che
non
sono
mai
andati
più
in
là
di
Kassim
-
pascià
,
dei
signori
musulmani
che
non
si
sono
mai
spinti
oltre
le
isole
dei
Principi
dove
hanno
un
amico
,
e
oltre
il
Bosforo
dove
hanno
una
villa
.
Per
loro
il
colmo
della
beatitudine
consiste
nell
'
inerzia
della
mente
e
del
corpo
.
Perciò
lasciano
ai
cristiani
irrequieti
le
grandi
industrie
che
richiedono
cure
,
passi
e
viaggi
;
e
si
ristringono
al
commercio
minuto
,
che
si
può
esercitar
da
seduti
,
e
quasi
più
cogli
occhi
che
col
pensiero
.
Il
lavoro
che
fra
noi
è
quello
che
signoreggia
e
regola
tutte
le
altre
occupazioni
della
vita
,
là
è
subordinato
,
come
un
'
occupazione
secondaria
,
a
tutti
i
comodi
e
a
tutti
i
piaceri
.
Qui
,
il
riposo
non
è
che
un
'
interruzione
del
lavoro
;
là
il
lavoro
non
è
che
una
sospensione
del
riposo
.
Prima
bisogna
a
qualunque
costo
dormicchiare
,
sognare
,
fumare
,
quelle
tante
ore
;
e
poi
,
nei
ritagli
di
tempo
,
far
qualche
cosa
per
procacciarsi
la
vita
.
Il
tempo
,
per
i
turchi
,
significa
tutt
'
altra
cosa
da
quel
che
significa
per
noi
.
La
moneta
giorno
,
mese
,
anno
,
per
loro
non
ha
che
la
centesima
parte
del
valore
che
ha
in
Europa
.
Il
minor
tempo
che
domandi
un
impiegato
d
'
un
ministero
turco
per
dare
una
qualunque
risposta
intorno
al
più
semplice
affare
,
è
un
paio
di
settimane
.
La
premura
di
finire
una
cosa
per
il
piacere
di
finirla
,
non
sanno
che
cosa
sia
.
Dai
facchini
all
'
infuori
,
non
si
vede
mai
per
le
vie
di
Stambul
un
turco
affaccendato
che
affretti
il
passo
.
Tutti
camminano
colla
stessa
cadenza
,
come
se
misurassero
tutti
l
'
andatura
al
suono
d
'
uno
stesso
tamburo
.
Per
noi
la
vita
è
un
torrente
che
precipita
;
per
loro
è
un
'
acqua
che
dorme
.
*
*
*
[
La
notte
]
Costantinopoli
è
di
giorno
la
città
più
splendida
e
di
notte
la
città
più
tenebrosa
d
'
Europa
.
Pochi
fanali
,
a
gran
distanza
l
'
un
dall
'
altro
,
rompono
appena
l
'
oscurità
nelle
vie
principali
;
le
altre
son
buie
come
spelonche
,
e
non
vi
è
chi
ci
s
'
arrischii
senza
un
lume
alla
mano
.
Perciò
,
col
cader
della
notte
,
la
città
si
fa
deserta
;
non
si
vedono
più
che
guardie
notturne
,
frotte
di
cani
,
peccatrici
furtive
,
qualche
brigata
di
giovanotti
che
sbuca
dalle
birrerie
sotterranee
,
e
lanterne
misteriose
che
appariscono
e
spariscono
,
come
fuochi
fatui
,
qua
e
là
per
i
vicoli
e
pei
cimiteri
.
Allora
bisogna
contemplare
Stambul
dai
luoghi
alti
di
Pera
e
di
Galata
.
Le
innumerevoli
finestrine
illuminate
,
i
fanali
dei
bastimenti
,
i
riflessi
del
Corno
d
'
oro
e
le
stelle
,
formano
sopra
un
orizzonte
di
quattro
miglia
un
immenso
tremolìo
di
punti
di
foco
,
in
cui
si
confondono
il
porto
,
la
città
ed
il
cielo
,
e
par
tutto
firmamento
.
E
quando
il
cielo
è
nuvoloso
e
in
un
piccolo
spazio
sereno
splende
la
luna
,
si
vedono
sopra
Stambul
tutta
scura
,
sopra
le
macchie
nerissime
dei
boschi
e
dei
giardini
,
biancheggiare
le
moschee
imperiali
,
come
una
fila
di
enormi
tombe
di
marmo
,
e
la
città
presenta
l
'
immagine
della
necropoli
d
'
un
popolo
di
giganti
.
Ma
è
anche
più
bella
e
più
solenne
nelle
notti
senza
stelle
e
senza
luna
,
nell
'
ora
in
cui
tutti
i
lumi
son
spenti
.
Allora
non
si
vede
che
un
'
immensa
macchia
nera
dal
Capo
del
Serraglio
al
sobborgo
d
'
Eyub
,
un
profilo
smisurato
in
cui
le
colline
sembran
montagne
,
e
le
punte
infinite
che
le
coronano
,
pigliano
apparenze
fantastiche
di
foreste
,
di
eserciti
,
di
rovine
,
di
castelli
,
di
roccie
,
che
fanno
vagare
la
mente
nelle
regioni
dei
sogni
.
In
queste
notti
oscure
,
è
bello
il
contemplare
Stambul
da
un
'
alta
terrazza
e
abbandonarsi
alla
propria
fantasia
:
penetrar
col
pensiero
in
quella
grande
città
tenebrosa
,
scoperchiare
quella
miriade
di
arem
rischiarati
da
una
luce
languente
,
veder
le
belle
favorite
che
tripudiano
,
le
abbandonate
che
piangono
,
gli
eunuchi
frementi
che
tendono
l
'
orecchio
alle
porticine
;
seguire
gli
amanti
notturni
per
i
labirinti
dei
vicoli
montuosi
;
girare
per
le
gallerie
silenziose
del
gran
bazar
,
passeggiare
per
i
vasti
cimiteri
deserti
,
smarrirsi
in
mezzo
alle
innumerevoli
colonne
delle
grandi
cisterne
sotterranee
;
raffigurarsi
d
'
esser
rimasti
chiusi
nella
gigantesca
moschea
di
Solimano
e
di
far
risonare
le
navate
oscure
di
grida
di
spavento
e
d
'
orrore
strappandosi
i
capelli
e
invocando
la
misericordia
di
Dio
;
e
poi
tutt
'
a
un
tratto
esclamare
:
-
Che
baie
!
Sono
sulla
terrazza
del
mio
amico
Santoro
,
e
nella
sala
di
sotto
m
'
aspetta
una
cena
da
sibarita
in
compagnia
dei
più
amabili
capi
ameni
di
Pera
.
*
*
*
[
La
vita
a
Costantinopoli
]
In
casa
del
mio
buon
amico
Santoro
si
radunavano
ogni
sera
molti
italiani
:
avvocati
,
artisti
,
medici
,
negozianti
,
coi
quali
passai
delle
ore
carissime
.
Quella
era
una
conversazione
!
Se
fossi
stato
stenografo
,
avrei
potuto
cavarne
ogni
sera
un
libro
amenissimo
.
Il
medico
che
aveva
visitato
un
arem
,
il
pittore
ch
'
era
stato
sul
Bosforo
a
fare
il
ritratto
a
un
pascià
,
l
'
avvocato
che
aveva
difeso
una
causa
dinanzi
a
un
tribunale
,
il
caposcarico
che
aveva
stretto
il
nodo
d
'
un
amoretto
internazionale
,
raccontavano
le
loro
avventure
,
ed
ogni
racconto
era
un
bozzetto
graziosissimo
di
costumi
orientali
.
Ogni
momento
se
ne
sentiva
una
nuova
.
Arrivava
uno
:
-
Sapete
quello
che
è
seguito
stamani
?
Il
Sultano
ha
tirato
un
calamaio
sulla
testa
al
ministro
delle
finanze
.
-
Arrivava
un
altro
:
-
Avete
inteso
la
notizia
?
Il
governo
,
dopo
tre
mesi
,
ha
finalmente
pagato
gli
stipendi
agli
impiegati
,
e
Galata
è
inondata
da
un
torrente
di
monete
di
rame
.
-
Arrivava
un
terzo
,
e
raccontava
che
un
turco
presidente
di
tribunale
,
irritato
delle
cattive
ragioni
colle
quali
un
cattivo
avvocato
francese
difendeva
una
causa
sballata
,
gli
aveva
fatto
questo
bel
complimento
in
presenza
di
tutto
l
'
uditorio
:
-
Caro
avvocato
,
è
inutile
che
tu
ti
affanni
tanto
per
far
parer
buona
la
tua
causa
;
la
...
-
e
aveva
pronunziato
in
tutte
lettere
la
parola
di
Cambronne
-
per
quanto
la
si
volti
e
la
si
rivolti
,
è
sempre
...
-
e
aveva
pronunziato
un
'
altra
volta
quella
parola
.
La
conversazione
,
naturalmente
,
spaziava
in
un
campo
geografico
affatto
nuovo
per
me
.
Colla
stessa
frequenza
con
cui
si
parla
fra
noi
di
persone
e
di
cose
di
Parigi
,
di
Vienna
,
di
Ginevra
,
là
si
parlava
di
persone
e
di
cose
di
Tiflis
,
di
Trebisonda
,
di
Teheran
,
di
Damasco
,
dove
uno
aveva
un
amico
,
un
altro
c
'
era
stato
,
un
terzo
ci
voleva
andare
;
io
mi
sentivo
nel
centro
d
'
un
altro
mondo
,
e
tutt
'
intorno
mi
si
aprivano
nuovi
orizzonti
.
E
qualche
volta
pensavo
con
rammarico
al
giorno
in
cui
avrei
dovuto
rientrare
nel
cerchio
angusto
della
mia
vita
ordinaria
.
Come
potrò
più
adattarmi
-
dicevo
tra
me
-
a
quei
soliti
discorsi
e
a
quei
soliti
casi
?
E
questo
è
un
sentimento
che
provano
tutti
gli
Europei
di
Costantinopoli
.
A
chi
ha
vissuto
quella
vita
,
ogni
altra
pare
che
debba
riuscire
scolorita
e
uniforme
.
È
una
vita
più
leggiera
,
più
facile
,
più
giovanile
di
quella
d
'
ogni
altra
città
d
'
Europa
.
Quel
viver
là
come
accampati
in
un
paese
straniero
,
in
mezzo
a
un
succedersi
continuo
d
'
avvenimenti
strani
e
imprevedibili
,
finisce
coll
'
infondere
un
certo
sentimento
della
instabilità
e
della
futilità
delle
cose
mondane
,
che
somiglia
molto
alla
fede
fatalistica
dei
musulmani
,
e
dà
una
certa
serenità
spensierata
d
'
avventurieri
.
L
'
indole
di
quel
popolo
che
vive
,
come
disse
un
poeta
,
in
una
specie
di
famigliarità
intima
colla
morte
,
considerando
la
vita
come
un
pellegrinaggio
,
durante
il
quale
nè
c
'
è
tempo
nè
mette
conto
di
prefiggersi
dei
grandi
scopi
da
conseguire
con
lunghe
fatiche
,
si
attacca
a
poco
a
poco
anche
all
'
europeo
,
e
lo
riduce
a
vivere
un
po
'
alla
giornata
,
senza
frugar
troppo
dentro
sè
stesso
,
e
facendo
nel
mondo
,
per
quanto
gli
è
possibile
,
la
parte
semplice
e
riposata
di
spettatore
.
L
'
aver
che
fare
con
popoli
tanto
diversi
,
e
il
dover
pensare
e
parlare
un
po
'
a
modo
di
tutti
,
dà
allo
spirito
una
certa
leggerezza
che
lo
fa
come
sorvolare
a
molti
sentimenti
ed
idee
,
a
cui
noi
,
nei
nostri
paesi
,
vorremmo
che
si
conformasse
il
mondo
,
e
per
ottenerlo
,
e
del
non
poterlo
ottenere
,
ci
affanniamo
.
Oltrechè
la
presenza
del
popolo
musulmano
,
oggetto
continuo
di
curiosità
e
di
osservazione
,
è
uno
spettacolo
di
tutti
i
giorni
,
che
rallegra
e
svia
la
mente
da
molti
pensieri
e
da
molte
cure
.
E
a
questo
giova
anche
la
forma
della
città
assai
più
che
non
potrebbero
fare
le
città
nostre
,
nelle
quali
lo
sguardo
e
il
pensiero
è
quasi
sempre
come
imprigionato
in
una
strada
o
in
un
circuito
angusto
;
mentre
là
,
ad
ogni
tratto
,
occhio
e
mente
trovano
una
scappatoia
per
la
quale
si
slanciano
a
immense
lontananze
ridenti
.
E
c
'
è
infine
una
illimitata
libertà
di
vita
,
concessa
dalla
grandissima
varietà
dei
costumi
:
là
tutto
si
può
fare
,
nulla
stupisce
;
la
notizia
della
cosa
più
strana
muore
appena
uscita
in
quell
'
immensa
anarchia
morale
;
gli
europei
vivono
là
come
in
una
confederazione
di
repubbliche
;
vi
si
gode
la
libertà
che
si
godrebbe
in
qualunque
città
europea
nel
momento
d
'
un
grande
trambusto
;
è
come
un
veglione
interminabile
o
un
perpetuo
martedì
grasso
.
Per
questo
,
più
che
per
la
bellezza
,
Costantinopoli
è
una
città
,
che
non
si
può
abitare
un
certo
tempo
,
senza
ricordarla
poi
con
un
sentimento
quasi
di
nostalgia
;
per
questo
gli
europei
l
'
amano
ardentemente
e
vi
mettono
radici
profonde
;
ed
è
giusto
in
questo
senso
il
chiamarla
come
i
turchi
"
la
fata
dai
mille
amanti
"
o
dire
col
loro
proverbio
che
chi
ha
bevuto
dell
'
acqua
di
Top
-
hané
,
-
non
c
'
è
più
rimedio
,
-
è
innamorato
per
la
vita
.
*
*
*
[
Gl
'
Italiani
]
La
colonia
italiana
è
una
delle
più
numerose
di
Costantinopoli
;
ma
non
delle
più
prospere
.
Ha
pochi
ricchi
,
molti
miserabili
,
specialmente
operai
dell
'
Italia
meridionale
che
non
trovan
lavoro
,
ed
è
la
colonia
più
meschinamente
rappresentata
dalla
stampa
periodica
,
quando
pure
è
rappresentata
,
perché
i
suoi
giornali
non
fanno
che
nascere
e
morire
.
Quando
c
'
ero
io
,
s
'
aspettava
l
'
apparizione
del
Levantino
,
ed
era
uscito
intanto
un
numero
di
saggio
,
che
annunziava
i
titoli
accademici
e
i
meriti
speciali
del
direttore
:
settantasette
in
tutto
,
senza
contare
la
modestia
.
Bisogna
passeggiare
la
mattina
della
domenica
in
via
di
Pera
,
quando
le
famiglie
italiane
vanno
alla
messa
.
Si
sentono
parlare
tutti
i
dialetti
d
'
Italia
.
Io
mi
ci
godevo
;
ma
non
sempre
.
Qualche
volta
sentivo
quasi
pietà
al
vedere
tanti
miei
concittadini
senza
patria
,
molti
dei
quali
dovevano
esser
stati
sbalestrati
là
chi
sa
da
che
avvenimenti
dolorosi
o
strani
;
al
veder
quei
vecchi
,
che
forse
non
avrebbero
mai
più
riveduta
l
'
Italia
;
quei
bambini
,
a
cui
quel
nome
non
doveva
risvegliare
che
un
'
immagine
confusa
d
'
un
paese
caro
e
lontano
;
quelle
ragazze
di
cui
molte
dovevano
forse
sposare
uomini
d
'
un
'
altra
nazione
,
e
fondar
famiglie
in
cui
non
sarebbe
rimasto
altro
d
'
italiano
che
il
nome
e
le
memorie
della
madre
.
Vedevo
delle
belle
genovesine
che
parevano
discese
allora
dai
giardini
dell
'
Acquasola
,
dei
bei
visetti
napoletani
,
delle
testine
capricciose
che
mi
pareva
d
'
aver
incontrate
cento
volte
sotto
i
portici
di
Po
o
sotto
la
Galleria
di
Milano
.
Avrei
voluto
legarle
tutte
a
due
a
due
con
un
nastrino
color
di
rosa
,
metterle
in
un
bastimento
e
ricondurle
in
Italia
filando
quindici
nodi
all
'
ora
.
Come
curiosità
,
avrei
anche
voluto
portare
in
Italia
un
saggio
della
lingua
italiana
che
si
parla
a
Pera
dagl
'
italiani
nati
nella
colonia
;
e
specialmente
da
quelli
della
terza
o
della
quarta
generazione
.
Un
accademico
della
Crusca
che
li
sentisse
,
si
metterebbe
a
letto
colla
terzana
.
La
lingua
che
formerebbero
mescolando
il
loro
italiano
un
usciere
piemontese
,
un
fiaccheraio
lombardo
e
un
facchino
romagnolo
,
credo
che
sarebbe
meno
sciagurata
di
quella
che
si
parla
in
riva
al
Corno
d
'
oro
.
È
un
italiano
già
bastardo
,
screziato
d
'
altre
quattro
o
cinque
lingue
alla
loro
volta
imbastardite
.
E
il
curioso
è
che
,
in
mezzo
agl
'
infiniti
barbarismi
,
si
senton
dire
di
tratto
in
tratto
,
da
coloro
che
hanno
qualche
coltura
,
delle
frasi
scelte
e
delle
parole
illustri
,
come
dei
puote
,
degli
imperocchè
,
degli
a
ogni
piè
sospinto
,
degli
havvi
,
dei
puossi
;
ricordi
di
letture
d
'
Antologia
,
colle
quali
molti
di
quei
nostri
buoni
compatrioti
cercano
,
nei
ritagli
di
tempo
,
di
rifarsi
la
bocca
al
toscano
parlar
celeste
.
Ma
appetto
agli
altri
,
costoro
posson
pretendere
,
come
diceva
il
Cesari
,
alla
fama
di
buoni
dicitori
.
Ce
n
'
è
di
quelli
che
non
si
capiscono
quasi
più
.
Un
giorno
fui
accompagnato
non
so
dove
da
un
giovanetto
italiano
di
sedici
o
diciassette
anni
,
amico
d
'
un
mio
amico
,
nato
a
Pera
.
Per
strada
,
attaccai
discorso
.
Mi
parve
che
non
volesse
parlare
.
Rispondeva
a
mezza
voce
,
a
parole
tronche
,
abbassando
la
testa
,
e
facendo
il
viso
rosso
:
si
vedeva
che
pativa
.
-
Via
che
cos
'
ha
?
-
gli
domandai
.
-
Ho
-
rispose
sospirando
-
che
parlo
tanto
male
!
-
Continuando
a
discorrere
,
in
fatti
,
m
'
accorsi
che
balbettava
un
italiano
bizzarro
,
pieno
di
parole
contraffatte
e
incomprensibili
,
molto
somigliante
a
quella
così
detta
lingua
franca
,
la
quale
,
come
disse
un
bell
'
umore
francese
,
consiste
in
un
certo
numero
di
vocaboli
e
di
modi
italiani
,
spagnuoli
,
francesi
,
greci
,
che
si
buttano
fuori
l
'
un
dopo
l
'
altro
rapidissimamente
,
finchè
se
ne
imbrocca
uno
che
sia
capito
dalla
persona
che
ascolta
.
Questo
lavoro
,
però
,
occorre
raramente
di
farlo
a
Pera
e
a
Galata
,
dove
un
po
'
d
'
italiano
lo
capiscono
e
lo
parlano
quasi
tutti
,
compresi
i
turchi
.
Ma
è
lingua
,
se
si
può
chiamar
lingua
,
quasi
esclusivamente
parlata
,
se
si
può
dir
parlata
.
La
lingua
più
comunemente
usata
scrivendo
è
la
francese
.
Letteratura
italiana
non
ce
n
'
è
.
Mi
ricordo
soltanto
d
'
aver
trovato
un
giorno
,
in
un
caffè
di
Galata
affollato
di
negozianti
,
in
fondo
a
un
giornaletto
commerciale
scritto
metà
in
francese
e
metà
in
italiano
,
sotto
le
notizie
della
Borsa
,
otto
versetti
malinconici
,
che
parlavano
di
zeffiri
,
di
stelle
e
di
sospiri
.
Oh
povero
poeta
!
Mi
parve
di
veder
lui
,
in
persona
,
sepolto
sotto
un
mucchio
di
mercanzie
,
che
esalasse
con
quei
versi
il
suo
ultimo
fiato
.
*
*
*
[
I
teatri
]
A
Costantinopoli
,
chi
è
molto
forte
di
stomaco
,
può
passar
la
sera
al
teatro
,
e
può
scegliere
tra
una
canaglia
di
teatruccoli
d
'
ogni
specie
,
molti
dei
quali
sono
insieme
giardini
e
birrerie
,
e
in
qualcuno
si
ritrova
sempre
la
commedia
italiana
,
o
piuttosto
una
muta
di
attori
italiani
,
i
quali
fanno
spesso
desiderare
di
veder
convertita
la
platea
in
un
vasto
mercato
di
frutte
verdi
.
I
turchi
,
però
,
frequentano
di
preferenza
i
teatri
in
cui
certe
francesi
imbellettate
,
scollacciate
e
sfrontate
,
cantano
delle
canzonette
coll
'
accompagnamento
d
'
un
'
orchestra
da
galera
.
Uno
di
questi
teatri
era
allora
l
'
Alhambra
,
posto
nella
gran
via
di
Pera
:
un
lungo
stanzone
,
sempre
affollato
,
e
tutto
rosso
di
fez
dal
palco
scenico
alla
porta
.
Che
cosa
fossero
quelle
canzonette
e
con
che
razza
di
gesti
quelle
intrepide
signore
s
'
ingegnassero
di
farne
capire
ai
turchi
i
significati
riposti
,
non
si
può
nè
immaginare
nè
credere
.
Solo
chi
è
stato
al
teatro
los
Capellanes
di
Madrid
,
può
dire
d
'
aver
sentito
e
visto
qualchecosa
di
simile
.
Agli
scherzi
più
procaci
,
ai
gesti
più
impudenti
,
tutti
quei
turconi
,
seduti
in
lunghe
file
,
prorompevano
in
grasse
risa
;
e
cadendo
allora
dalle
loro
faccie
la
maschera
della
dignità
abituale
,
vi
appariva
tutto
il
fondo
della
loro
natura
e
tutti
i
segreti
della
loro
vita
grossolanamente
sensuale
.
Eppure
non
v
'
è
nulla
che
il
turco
nasconda
abitualmente
così
bene
come
la
sensualità
della
sua
natura
e
della
sua
vita
.
Per
le
strade
,
l
'
uomo
non
s
'
accompagna
mai
alla
donna
;
raramente
la
guarda
;
più
raramente
ne
parla
;
ritiene
quasi
come
un
'
offesa
che
gli
si
domandi
notizia
delle
sue
mogli
;
a
giudicar
dalle
apparenze
,
si
direbbe
che
quel
popolo
è
il
più
casto
e
il
più
austero
della
terra
.
Ma
sono
mere
apparenze
.
Quello
stesso
turco
che
arrossisce
fino
alle
orecchie
se
gli
si
domanda
come
sta
la
sua
sposa
,
manda
i
suoi
bimbi
e
le
sue
bimbe
a
sentire
le
turpissime
oscenità
di
Caragheus
,
che
corrompe
la
loro
fantasia
prima
che
si
sian
svegliati
i
loro
sensi
;
ed
egli
stesso
dimentica
sovente
le
dolcezze
dell
'
arem
per
le
voluttà
nefande
di
cui
diede
il
primo
esempio
famoso
Baiazet
la
folgore
,
e
non
l
'
ultimo
,
probabilmente
,
Mahmut
il
riformatore
.
E
quando
non
ci
fosse
altro
,
basterebbe
quel
Caragheus
a
dare
nello
stesso
tempo
un
'
immagine
e
una
prova
della
profonda
corruzione
che
si
nasconde
sotto
il
velo
dell
'
austerità
musulmana
.
È
una
figurina
grottesca
che
rappresenta
la
caricatura
del
turco
del
mezzo
ceto
,
una
specie
d
'
ombra
chinese
,
che
muove
le
braccia
,
le
gambe
e
la
testa
dietro
un
velo
trasparente
,
e
fa
quasi
sempre
da
protagonista
in
certe
commediole
strampalatamente
buffonesche
,
di
cui
il
soggetto
è
per
lo
più
un
intrigo
amoroso
.
Egli
è
un
quissimile
,
ma
depravato
,
di
Pulcinella
:
sciocco
,
furbo
e
cinico
,
lussurioso
come
un
satiro
,
sboccato
come
una
baldracca
,
e
fa
ridere
,
anzi
urlare
d
'
entusiasmo
l
'
uditorio
con
ogni
sorta
di
lazzi
,
di
bisticci
e
di
gesticolamenti
stravaganti
,
che
sono
o
nascondono
ordinariamente
un
'
oscenità
.
E
di
che
natura
siano
queste
oscenità
,
è
facile
immaginarlo
quando
si
sappia
che
se
Caragheus
nello
spirito
somiglia
a
Pulcinella
,
nel
corpo
somiglia
a
Priapo
;
della
quale
somiglianza
,
prima
che
la
censura
restringesse
d
'
alquanto
la
sua
libertà
sconfinata
,
egli
dava
tratto
tratto
la
prova
visibile
alla
platea
,
e
spesso
tutta
la
commedia
girava
sopra
questo
nobilissimo
perno
.
*
*
*
[
La
cucina
]
Volendo
fare
un
po
'
di
studio
anche
della
cucina
turca
,
mi
feci
condurre
dai
miei
buoni
amici
di
Pera
in
una
trattoria
ad
hoc
,
dove
si
trova
qualunque
piatto
orientale
,
dalle
più
squisite
ghiottornie
del
Serraglio
fino
alla
carne
di
cammello
acconciata
all
'
araba
e
alla
carne
di
cavallo
condita
alla
turcomanna
.
L
'
amico
Santoro
ordinò
un
desinare
rigorosamente
turco
dall
'
antipasto
alle
frutta
,
ed
io
,
incoraggiandomi
col
pensiero
dei
molti
uomini
egregi
morti
per
la
scienza
,
mandai
giù
un
po
'
di
tutto
senza
emettere
un
grido
.
Ci
furono
serviti
più
d
'
una
ventina
di
piatti
.
I
Turchi
,
come
gli
altri
popoli
orientali
,
sono
un
po
'
in
questo
come
i
ragazzi
:
al
satollarsi
di
poche
cose
,
preferiscono
il
beccare
un
tantino
di
moltissime
;
pastori
d
'
ieri
l
'
altro
,
poichè
son
diventati
cittadini
,
pare
che
disdegnino
la
semplicità
del
mangiare
come
una
pitoccheria
da
villani
.
Non
potrei
rendere
un
conto
esatto
di
tutte
le
pietanze
poichè
di
molte
non
m
'
è
rimasta
che
una
vaga
reminiscenza
sinistra
.
Ricordo
il
Rebab
,
che
è
composto
di
piccolissimi
pezzetti
di
montone
arrostiti
a
fuoco
vivo
,
conditi
con
molto
pepe
e
molto
garofano
,
e
serviti
su
due
biscotti
molli
e
grassi
:
piatto
indicabile
per
i
reati
leggieri
.
Risento
ancora
qualche
volta
il
sapore
del
pilav
,
composto
di
riso
e
di
montone
,
ch
'
è
il
sine
qua
non
di
tutti
i
desinari
,
e
per
così
dire
il
piatto
sacramentale
dei
turchi
,
come
i
maccheroni
per
i
napoletani
,
il
cuscussù
per
gli
arabi
e
il
puchero
per
gli
Spagnuoli
.
Ricordo
,
ed
è
la
sola
cosa
che
ricordi
con
desiderio
,
il
Rosh
'
ab
,
che
si
beve
col
cucchiaio
in
fin
di
tavola
:
fatto
d
'
uva
secca
,
di
pomi
,
di
prune
,
di
ciliegie
e
d
'
altre
frutta
,
cotte
nell
'
acqua
con
molto
zucchero
,
e
aggraziate
con
essenza
di
muschio
o
con
acqua
di
rosa
e
di
cedro
.
C
'
erano
poi
molti
altri
piattini
di
carne
d
'
agnello
e
di
montone
,
ridotta
in
bricioli
e
bollita
tanto
che
non
aveva
quasi
più
sapore
;
dei
pesci
natanti
nell
'
olio
,
delle
pallottoline
di
riso
ravvolte
in
foglie
di
vite
,
della
zucca
giulebbata
,
delle
insalatine
impastate
,
delle
composte
,
delle
conserve
,
degl
'
intingoli
conditi
con
ogni
sorta
di
erbe
aromatiche
,
da
poterne
notar
uno
in
coda
ad
ogni
articolo
del
codice
penale
,
per
i
delinquenti
recidivi
.
Infine
un
gran
piatto
di
dolci
,
capolavoro
di
qualche
pasticciere
arabo
,
fra
cui
v
'
era
un
piccolo
piroscafo
,
un
leoncino
chimerico
e
una
casettina
di
zucchero
colle
sue
finestrine
ingraticolate
.
Tutto
sommato
,
mi
parve
d
'
essermi
vuotata
in
corpo
una
farmacia
portatile
,
e
d
'
aver
veduto
uno
di
quei
desinaretti
che
preparano
per
spasso
i
ragazzi
,
coprendo
una
tavola
di
piattini
pieni
di
mattone
trito
,
d
'
erba
pesta
e
di
frutti
spiaccicati
,
che
facciano
un
bel
vedere
di
lontano
.
Tutti
quei
piatti
vengon
serviti
rapidamente
a
quattro
o
cinque
alla
volta
,
e
i
turchi
vi
pescano
colle
dita
,
non
essendo
in
uso
fra
loro
altro
che
il
coltello
e
il
cucchiaio
;
e
serve
per
tutti
una
sola
coppa
,
nella
quale
un
servitore
versa
continuamente
acqua
concia
.
Così
non
facevano
però
i
turchi
che
desinavano
vicino
a
noi
nella
trattoria
.
Eran
turchi
amanti
dei
proprii
comodi
,
tanto
è
vero
che
tenevano
le
babbuccie
sulla
tavola
;
avevano
ciascuno
il
loro
piatto
,
si
servivano
bravamente
della
forchetta
,
e
trincavano
liquore
a
tutto
spiano
,
in
barba
a
Maometto
.
Osservai
di
più
che
non
baciarono
il
pane
,
da
buoni
musulmani
,
prima
di
cominciare
a
mangiare
,
e
che
non
si
peritavano
a
slanciare
tratto
tratto
un
'
occhiata
concupiscente
alle
nostre
bottiglie
,
quantunque
,
giusta
le
sentenze
dei
muftì
,
sia
peccato
anche
il
fissar
gli
occhi
sopra
una
bottiglia
di
vino
.
Del
resto
questo
"
padre
delle
abbominazioni
"
,
del
quale
basta
una
goccia
a
far
cadere
sul
capo
del
musulmano
"
gli
anatemi
di
tutti
gli
angioli
del
cielo
e
della
terra
"
va
di
giorno
in
giorno
guadagnando
devoti
fra
i
turchi
,
e
ormai
si
può
dire
che
è
un
resto
di
rispetto
umano
quello
che
li
trattiene
dal
rendergli
un
pubblico
omaggio
;
e
io
credo
che
se
un
giorno
scendesse
tutt
'
a
un
tratto
sopra
Costantinopoli
una
tenebra
fitta
,
e
dopo
un
'
ora
tornasse
a
splendere
il
sole
improvvisamente
,
si
sorprenderebbero
cinquantamila
turchi
colla
bottiglia
alla
bocca
.
E
anche
in
questo
,
come
in
molti
altri
traviamenti
degli
Osmanli
,
furono
la
pietra
dello
scandalo
i
Sultani
;
ed
è
curioso
che
sia
appunto
la
dinastia
regnante
sopra
un
popolo
per
il
quale
è
un
'
offesa
a
Dio
il
bever
vino
,
quella
che
forse
,
fra
tutte
le
dinastie
d
'
Europa
,
ha
dato
da
registrare
alla
storia
un
maggior
numero
d
'
ubbriaconi
:
tanto
è
parso
dolce
il
frutto
proibito
anche
alle
ombre
di
Dio
sulla
terra
.
Fu
,
si
dice
,
Baiazet
I
quello
che
iniziò
la
serie
interminabile
delle
cotte
imperiali
,
e
come
nel
peccato
originale
,
fu
anche
in
questo
prima
colpevole
la
donna
:
la
moglie
dello
stesso
Baiazet
,
figlia
del
re
dei
Serbi
,
che
offerse
al
marito
il
primo
bicchiere
di
Tokai
.
Poi
Baiazet
II
s
'
ubbriacò
di
vin
di
Cipro
e
di
vin
di
Schiraz
.
Poi
quel
medesimo
Solimano
I
,
che
fece
bruciare
nel
porto
di
Costantinopoli
tutti
i
bastimenti
carichi
di
vino
e
versar
piombo
liquefatto
in
bocca
ai
bevitori
,
morì
brillo
per
mano
d
'
un
arciere
.
Poi
venne
Selim
II
,
soprannominato
il
messth
,
l
'
ubbriaco
,
il
quale
pigliava
delle
bertucce
che
duravan
tre
giorni
,
e
durante
il
suo
regno
trincarono
pubblicamente
uomini
di
legge
e
uomini
di
religione
.
Invano
Maometto
III
tuona
contro
"
l
'
abbominazione
suggerita
dal
demonio
"
;
invano
Ahmed
I
fa
distruggere
tutte
le
taverne
e
sfondare
tutti
i
tini
di
Stambul
;
invano
Murad
IV
gira
per
la
città
accompagnato
dal
carnefice
,
e
fa
cader
la
testa
di
chi
ha
il
fiato
vinoso
.
Egli
stesso
,
l
'
ipocrita
feroce
,
barcolla
per
le
sale
del
serraglio
come
un
bettolante
plebeo
;
e
dopo
di
lui
la
bottiglia
,
piccolo
e
festoso
folletto
nero
,
irrompe
nei
serragli
,
si
caccia
nelle
botteghe
dei
bazar
,
si
nasconde
sotto
il
capezzale
dei
soldati
,
ficca
la
sua
testa
inargentata
o
purpurea
sotto
il
divano
delle
belle
,
e
violata
la
soglia
delle
moschee
,
spruzza
le
sue
spume
sacrileghe
sulle
pagine
ingiallite
del
Corano
.
*
*
*
[
Maometto
]
A
proposito
di
religione
,
io
non
potevo
,
passeggiando
per
Costantinopoli
,
levarmi
dalla
testa
questo
pensiero
:
se
non
si
sentisse
la
voce
dei
muezzin
,
come
s
'
accorgerebbe
un
cristiano
che
la
religione
di
questo
popolo
non
è
la
sua
?
L
'
architettura
bizantina
delle
moschee
può
farle
parere
chiese
cristiane
;
del
rito
islamitico
non
si
vede
alcun
segno
esteriore
;
i
soldati
turchi
scortano
il
viatico
;
un
cristiano
ignorante
potrebbe
vivere
un
anno
a
Costantinopoli
senz
'
accorgersi
che
sulla
maggior
parte
della
popolazione
regna
Maometto
invece
di
Cristo
.
E
questo
pensiero
mi
riconduceva
sempre
a
quello
delle
piccole
differenze
sostanziali
,
del
filo
d
'
erba
,
come
dicevano
gli
abissini
cristiani
ai
primi
seguaci
di
Maometto
,
che
divide
le
due
religioni
;
e
alla
piccola
causa
per
la
quale
avvenne
che
l
'
Arabia
si
convertisse
all
'
islamismo
,
invece
che
al
cristianesimo
,
o
se
non
al
cristianesimo
a
una
religione
così
strettamente
affine
ad
esso
,
che
,
o
confondendosi
con
esso
posteriormente
od
anche
rimanendo
tal
quale
,
avrebbe
mutate
affatto
le
sorti
del
mondo
orientale
.
E
quella
piccola
causa
fu
la
natura
voluttuosa
d
'
un
bel
giovane
arabo
,
alto
,
bianco
,
dagli
occhi
neri
,
dalla
voce
grave
,
dall
'
anima
ardente
,
il
quale
,
non
avendo
la
forza
di
dominare
i
propri
sensi
,
invece
di
recidere
alle
radici
il
vizio
dominante
del
suo
popolo
,
si
contentò
di
potarlo
;
invece
di
proclamare
l
'
unità
coniugale
come
proclamò
l
'
unità
di
Dio
,
non
fece
che
stringere
in
un
cerchio
più
angusto
,
consacrato
dalla
religione
,
la
dissolutezza
e
l
'
egoismo
dell
'
uomo
.
Certo
ch
'
egli
avrebbe
avuto
a
vincere
una
resistenza
più
forte
;
ma
non
può
parere
impossibile
che
la
vincesse
,
chi
atterrò
,
per
fondare
il
culto
d
'
un
Dio
unico
fra
un
popolo
idolatra
,
un
edifizio
enorme
di
tradizioni
,
di
superstizioni
,
di
privilegi
,
d
'
interessi
d
'
ogni
natura
,
strettissimamente
intrecciati
da
secoli
,
e
chi
fece
accettare
fra
i
dogmi
della
sua
religione
,
per
cui
morirono
poi
milioni
di
credenti
,
un
paradiso
,
il
cui
primo
annunzio
destò
in
tutto
il
suo
popolo
un
sentimento
d
'
indignazione
e
di
scherno
.
Ma
il
bel
giovane
arabo
patteggiò
coi
suoi
sensi
e
mezza
la
terra
mutò
faccia
,
poichè
fu
veramente
la
poligamia
il
vizio
capitale
della
sua
legislazione
,
e
la
cagione
prima
della
decadenza
di
tutti
i
popoli
che
abbracciarono
la
sua
fede
.
Senza
questa
degradazione
dell
'
un
sesso
a
favore
dell
'
altro
,
senza
la
sanzione
di
questa
enorme
ingiustizia
,
che
turba
tutto
quanto
l
'
ordine
dei
doveri
umani
,
che
corrompe
la
ricchezza
,
che
opprime
la
povertà
,
che
fomenta
l
'
ignavia
,
che
snerva
la
famiglia
,
che
generando
la
confusione
dei
diritti
di
nascita
nelle
dinastie
regnanti
,
sconvolge
le
reggie
e
gli
Stati
,
che
s
'
oppone
,
infine
,
come
una
barriera
insuperabile
all
'
unione
della
società
musulmana
colle
società
d
'
altra
fede
che
popolano
l
'
oriente
;
se
,
per
tornare
alla
prima
cagione
,
il
bel
giovane
arabo
avesse
avuto
la
disgrazia
di
nascere
un
po
'
meno
robusto
o
la
forza
di
vivere
un
po
'
più
casto
,
chi
sa
!
forse
ci
sarebbe
ora
un
Oriente
ordinato
e
civile
,
e
sarebbe
più
innanzi
d
'
un
secolo
la
civiltà
universale
.
*
*
*
[
Il
Ramazan
]
Trovandomi
a
Costantinopoli
nel
mese
di
Ramazan
,
che
è
il
nono
mese
dell
'
anno
turco
,
nel
quale
cade
la
quaresima
musulmana
,
vidi
ogni
sera
una
scena
comica
che
merita
d
'
essere
descritta
.
Durante
tutta
la
quaresima
è
proibito
ai
turchi
di
mangiare
,
di
bere
e
di
fumare
dal
levar
del
sole
al
tramonto
.
Quasi
tutti
gozzovigliano
poi
tutta
la
notte
;
ma
fin
che
c
'
è
il
sole
,
rispettano
quasi
tutti
il
precetto
religioso
,
e
nessuno
ardisce
di
trasgredirlo
pubblicamente
.
Una
mattina
il
mio
amico
ed
io
andammo
a
visitare
un
nostro
conoscente
,
aiutante
di
campo
del
Sultano
,
un
giovane
ufficiale
spregiudicato
,
e
lo
trovammo
in
una
stanza
a
terreno
del
palazzo
imperiale
,
con
una
tazza
di
caffè
fra
le
mani
.
Come
mai
-
gli
domandò
Yunk
-
osate
prendere
il
caffè
dopo
il
levar
del
sole
?
-
L
'
ufficiale
scrollò
le
spalle
e
rispose
che
se
ne
rideva
del
Ramazan
e
del
digiuno
;
ma
proprio
in
quel
punto
s
'
aperse
improvvisamente
una
porta
,
ed
egli
fece
un
movimento
così
rapido
per
nasconder
la
tazza
,
che
se
la
versò
mezza
sui
piedi
.
Si
capisce
da
questo
che
rigorosa
astinenza
debbano
serbare
tutti
coloro
che
stanno
tutto
il
giorno
sotto
gli
occhi
della
gente
:
i
barcaiuoli
per
esempio
.
Per
godersela
,
bisogna
andarli
a
vedere
dal
ponte
della
Sultana
Validè
,
qualche
minuto
prima
che
si
nasconda
il
sole
.
Tra
quei
che
stan
fermi
e
quei
che
vogano
,
tra
vicini
e
lontani
,
se
ne
vede
intorno
a
un
migliaio
.
Sono
tutti
digiuni
dall
'
alba
,
arrabbiano
dalla
fame
,
han
già
la
loro
cenetta
pronta
nel
caicco
,
girano
continuamente
gli
occhi
dal
sole
alla
cena
e
dalla
cena
al
sole
,
s
'
agitano
e
sbuffano
come
le
fiere
d
'
un
serraglio
nel
momento
della
distribuzione
delle
carni
.
Il
nascondersi
del
sole
è
annunziato
da
un
colpo
di
cannone
.
Non
c
'
è
caso
che
prima
di
quel
momento
sospirato
nessuno
si
metta
in
bocca
nè
un
briciolo
di
pane
nè
una
goccia
d
'
acqua
.
Qualche
volta
,
in
un
angolo
del
Corno
d
'
oro
,
abbiamo
stimolato
a
mangiare
i
barcaiuoli
che
ci
conducevano
;
ma
ci
hanno
sempre
risposto
:
-
Jok
!
Jok
!
Jok
!
-
No
,
no
,
no
-
,
accennando
il
sole
con
un
atto
timoroso
.
Quando
il
sole
è
nascosto
per
più
della
metà
dietro
i
monti
,
cominciano
a
prendere
in
mano
i
loro
pani
,
e
a
palparli
e
a
fiutarli
voluttuosamente
.
Quando
non
si
vede
più
che
un
sottile
arco
luminoso
,
allora
tutti
quei
che
son
fermi
e
tutti
quei
che
remano
,
quelli
che
attraversano
il
Corno
d
'
oro
,
quelli
che
guizzano
sul
Bosforo
,
quelli
che
vogano
nel
Mar
di
Marmara
,
quelli
che
riposano
nei
seni
più
solitarii
della
riva
asiatica
,
tutti
si
voltano
verso
occidente
,
e
stanno
immobili
collo
sguardo
nel
sole
,
colla
bocca
aperta
,
col
pane
in
aria
,
colla
gioia
negli
occhi
.
Quando
non
si
vede
più
che
un
punto
di
foco
,
già
i
mille
pani
toccano
le
mille
bocche
.
Finalmente
il
punto
di
foco
si
spegne
,
il
cannone
tuona
,
e
nello
stesso
momento
trentaduemila
denti
staccano
dai
mille
pani
mille
enormi
bocconi
;
ma
che
dico
mille
!
in
tutte
le
case
,
in
tutti
i
caffè
,
in
tutte
le
taverne
,
accade
nel
medesimo
punto
la
medesima
cosa
;
e
per
qualche
minuto
,
la
città
turca
non
è
più
che
un
mostro
di
centomila
bocche
che
tracanna
e
divora
.
*
*
*
[
Costantinopoli
antica
]
Ma
che
cosa
doveva
essere
quella
città
nei
bei
tempi
della
gloria
ottomana
!
Io
non
potevo
levarmi
dalla
testa
questo
pensiero
.
Allora
,
dal
Bosforo
tutto
bianco
di
vele
,
non
s
'
alzava
un
nuvolo
di
fumo
nero
a
macchiar
l
'
azzurro
del
cielo
e
delle
acque
.
Nel
porto
e
nei
seni
del
Mar
di
Marmara
,
fra
le
vecchie
navi
da
guerra
,
dalle
alte
poppe
scolpite
,
dalle
mezzelune
d
'
argento
,
dagli
stendardi
di
porpora
,
dai
fanali
d
'
oro
,
galleggiavano
carcasse
fracassate
e
insanguinate
di
galere
genovesi
,
veneziane
e
spagnuole
.
Sul
Corno
d
'
oro
non
v
'
erano
ponti
:
da
una
sponda
all
'
altra
guizzava
perpetuamente
una
miriade
di
barchette
pompose
,
in
mezzo
alle
quali
spiccavano
di
lontano
le
lancie
bianchissime
del
serraglio
,
coperte
di
baldacchini
scarlatti
dalle
frangie
dorate
,
e
condotte
da
rematori
vestiti
di
seta
.
Scutari
era
ancora
un
villaggio
;
di
là
da
Galata
non
si
vedevano
che
case
sparpagliate
per
la
campagna
;
nessun
grande
palazzo
alzava
ancora
la
testa
sopra
la
collina
di
Pera
;
l
'
aspetto
della
città
era
meno
grandioso
che
non
è
ora
;
ma
era
più
schiettamente
orientale
.
La
legge
che
prescriveva
i
colori
essendo
ancora
in
vigore
,
dai
colori
delle
case
si
riconosceva
la
religione
degli
abitanti
:
Stambul
era
tutta
gialla
e
rossa
,
fuorchè
gli
edifizi
pubblici
e
sacri
ch
'
erano
bianchi
come
la
neve
;
i
quartieri
armeni
erano
cinerini
chiari
,
i
quartieri
greci
cinerini
carichi
,
i
quartieri
ebrei
pavonazzi
.
Era
universale
,
come
in
Olanda
,
la
passione
dei
fiori
,
e
i
giardini
parevan
grandi
mazzi
di
giacinti
,
di
tulipani
e
di
rose
.
La
vegetazione
rigogliosa
delle
colline
non
essendo
ancora
atterrata
dai
nuovi
sobborghi
,
Costantinopoli
presentava
l
'
immagine
d
'
una
città
nascosta
in
una
foresta
.
Dentro
non
c
'
eran
che
viuzze
;
ma
le
abbelliva
una
folla
meravigliosamente
pittoresca
.
Non
si
vedevano
che
turbanti
enormi
,
che
davano
alla
popolazione
mascolina
un
'
apparenza
colossale
e
magnifica
.
Tutte
le
donne
,
fuor
che
la
madre
del
sultano
,
essendo
rigorosamente
velate
,
e
in
modo
da
non
lasciar
vedere
che
gli
occhi
,
formavano
una
popolazione
a
parte
,
anonima
ed
enimmatica
,
che
spandeva
per
tutta
la
città
un
'
aura
di
mistero
gentile
.
Una
legge
severa
determinando
il
vestiario
di
tutti
,
si
distinguevano
dalle
forme
dei
turbanti
e
dai
colori
dei
caffettani
i
ceti
,
i
gradi
,
gli
uffici
,
le
età
,
come
se
Costantinopoli
fosse
un
'
immensa
corte
.
Il
cavallo
essendo
ancora
quasi
"
il
solo
cocchio
dell
'
uomo
"
,
giravano
per
le
vie
migliaia
di
cavalieri
,
e
le
lunghe
file
dei
cammelli
e
dei
dromedarii
dell
'
esercito
che
attraversavano
la
città
in
tutte
le
direzioni
le
davano
l
'
aspetto
selvaggio
e
grandioso
d
'
un
'
antica
metropoli
asiatica
.
Le
arabà
dorate
,
tratte
dai
buoi
,
s
'
incrociavano
colle
carrozze
rivestite
di
panno
verde
degli
ulemi
,
con
quelle
rivestite
di
panno
rosso
dei
Kadì
-
aschieri
,
colle
talike
leggerissime
dalle
tendine
di
raso
,
colle
bussole
ornate
di
pitture
fantastiche
.
Schiavi
di
tutti
i
paesi
,
dalla
Polonia
all
'
Etiopia
,
passavano
a
frotte
,
facendo
risuonare
le
loro
catene
ribadite
sui
campi
di
battaglia
.
Sui
crocicchi
,
nelle
piazze
,
nei
cortili
delle
moschee
,
si
vedevano
gruppi
di
soldati
vestiti
di
cenci
gloriosi
,
che
mostravano
le
braccia
monche
e
le
cicatrici
ancor
fresche
delle
ferite
toccate
a
Vienna
,
a
Belgrado
,
a
Rodi
,
a
Damasco
.
Centinaia
di
rapsodi
dalla
voce
tonante
e
dal
gesto
ispirato
raccontavano
,
in
mezzo
a
crocchi
di
musulmani
superbi
,
le
gesta
degli
eserciti
che
combattevano
a
tre
mesi
di
marcia
da
Stambul
.
I
pascià
,
i
bey
,
gli
agà
,
i
musselim
,
un
'
infinità
di
dignitari
e
di
gran
signori
,
vestiti
con
uno
sfarzo
teatrale
,
accompagnati
da
frotte
di
servi
,
fendevano
la
folla
che
si
curvava
al
loro
passaggio
come
una
messe
sotto
il
soffio
del
vento
;
passavano
,
con
un
corteo
da
principi
,
ambasciatori
di
tutti
gli
Stati
d
'
Europa
,
venuti
a
chieder
pace
o
alleanza
;
sfilavano
carovane
cariche
di
doni
di
re
affricani
ed
asiatici
;
sciami
di
silidar
e
di
spahì
fastosi
e
insolenti
,
trascinavano
per
le
vie
i
sciaboloni
macchiati
del
sangue
di
venti
popoli
,
e
i
bei
paggi
greci
ed
ungheresi
del
serraglio
,
vestiti
come
piccoli
re
,
passeggiavano
alteramente
fra
la
moltitudine
ossequiosa
,
che
rispettava
in
loro
i
capricci
snaturati
del
suo
Signore
.
Qua
e
là
,
dinanzi
alle
porte
,
si
vedeva
un
trofeo
di
bastoni
nodosi
:
era
un
corpo
di
guardia
di
Giannizzeri
,
che
allora
esercitavano
la
polizia
nell
'
interno
della
città
.
S
'
incontravano
degli
ebrei
che
portavano
nel
Bosforo
il
corpo
dei
giustiziati
;
si
trovava
ogni
mattina
nel
Balik
-
bazar
qualche
cadavere
disteso
in
terra
,
con
la
testa
sotto
l
'
ascella
destra
,
la
sentenza
sul
petto
e
una
pietra
sulla
sentenza
;
si
vedevano
per
le
vie
nobili
impiccati
al
primo
gancio
o
alla
prima
trave
che
avevan
trovata
i
carnefici
frettolosi
;
s
'
inciampava
di
notte
in
qualche
disgraziato
buttato
in
mezzo
alla
strada
da
una
stanza
di
tortura
dove
gli
avevano
spezzato
i
piedi
e
le
mani
con
una
mazza
;
si
vedevano
sotto
il
sole
di
mezzogiorno
dei
mercanti
colti
in
frode
inchiodati
per
un
orecchio
all
'
uscio
della
loro
bottega
.
E
non
c
'
essendo
ancora
la
legge
che
restrinse
poi
la
libertà
sconfinata
delle
sepolture
,
si
vedevano
scavar
fosse
e
sotterrar
morti
,
ad
ogni
ora
del
giorno
,
nei
giardini
,
nei
vicoli
,
nelle
piazze
,
dinanzi
alle
porte
delle
case
.
Si
sentivano
nei
cortili
gli
urli
dei
montoni
e
degli
agnelli
scannati
in
olocausto
ad
Allà
per
le
nascite
e
per
le
circoncisioni
.
A
quando
a
quando
passava
di
galoppo
un
drappello
d
'
eunuchi
gridando
e
minacciando
,
le
vie
si
facevano
deserte
,
le
porte
si
chiudevano
,
le
finestre
si
coprivano
,
un
intiero
quartiere
pareva
morto
:
e
allora
passavano
in
una
fila
di
carrozze
luccicanti
le
belle
del
Gran
Signore
,
che
empievano
l
'
aria
di
profumi
e
di
risa
.
Qualche
volta
un
personaggio
della
corte
,
attraversando
una
strada
affollata
,
impallidiva
improvvisamente
alla
vista
di
sei
popolani
di
meschina
apparenza
che
entravano
in
una
bottega
:
quei
sei
popolani
erano
il
sultano
,
quattro
ufficiali
e
un
carnefice
,
che
giravano
di
bottega
in
bottega
per
verificare
i
pesi
e
le
misure
.
In
tutto
quanto
il
corpo
enorme
di
Costantinopoli
ribolliva
una
vita
pletorica
e
febbrile
.
Il
tesoro
riboccava
di
gemme
,
gli
arsenali
,
d
'
armi
,
le
caserme
,
di
soldati
,
i
caravanserai
,
di
viaggiatori
;
il
mercato
di
schiavi
era
un
formicaio
di
belle
,
di
mercantesse
e
di
gran
signori
;
i
dotti
s
'
affollavano
nei
grandi
archivii
delle
moschee
;
i
vizir
dalla
lunga
lena
preparavano
alle
generazioni
future
gli
annali
sterminati
dell
'
impero
;
i
poeti
,
pensionati
dal
serraglio
,
si
raccoglievano
nei
bagni
a
cantare
le
guerre
e
gli
amori
imperiali
;
turbe
d
'
operai
bulgari
ed
armeni
lavoravano
ad
innalzar
moschee
con
blocchi
di
granito
d
'
Egitto
e
di
marmo
di
Paros
,
mentre
per
mare
arrivavano
le
colonne
dei
tempii
dell
'
Arcipelago
e
per
terra
le
spoglie
delle
chiese
di
Pest
e
di
Ofen
;
nel
porto
si
allestivano
le
flotte
di
trecento
vele
che
dovevano
portare
il
terrore
su
tutte
le
rive
del
Mediterraneo
;
fra
Stambul
e
Adrianopoli
si
spandevano
cavalcate
di
settemila
falconieri
e
di
settemila
guardacaccia
,
e
negl
'
intervalli
delle
rivolte
soldatesche
,
delle
guerre
lontane
,
degli
incendi
che
riducevano
in
cenere
ventimila
case
in
una
notte
,
si
celebravano
feste
di
trenta
giorni
dinanzi
ai
plenipotenziarii
di
tutti
gli
stati
dell
'
Affrica
,
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
.
Allora
l
'
entusiasmo
musulmano
diventava
follia
.
Al
cospetto
del
Sultano
e
della
corte
,
in
mezzo
a
quelle
smisurate
palme
di
nozze
,
cariche
d
'
uccelli
,
di
frutti
e
di
specchi
,
per
dar
passo
alle
quali
si
atterravano
le
case
e
le
mura
;
in
mezzo
a
file
di
leoni
e
di
sirene
di
zucchero
,
portati
da
cavalli
ingualdrappati
di
damasco
argentato
;
in
mezzo
a
monti
di
doni
reali
recati
da
tutte
le
parti
dell
'
Impero
e
da
tutte
le
corti
del
mondo
,
si
alternavano
le
finte
battaglie
dei
giannizzeri
,
i
balli
furiosi
dei
dervis
,
le
mischie
sanguinose
dei
prigionieri
cristiani
,
i
banchetti
popolari
di
diecimila
piatti
di
cuscussù
;
nell
'
Ippodromo
danzavano
gli
elefanti
e
le
giraffe
;
si
sguinzagliavano
tra
la
folla
gli
orsi
e
le
volpi
coi
razzi
alla
coda
;
alle
pantomime
allegoriche
succedevano
le
danze
lascive
,
le
mascherate
grottesche
,
le
processioni
fantastiche
,
le
corse
,
i
carri
simbolici
,
i
giochi
,
le
commedie
,
le
ridde
;
la
festa
degenerava
a
poco
a
poco
,
col
calar
della
notte
,
in
un
tumulto
forsennato
,
e
cinquecento
moschee
scintillanti
di
lumi
formavano
sopra
la
città
un
'
immensa
aureola
di
foco
che
annunziava
ai
pastori
delle
montagne
dell
'
Asia
e
ai
naviganti
della
Propontide
,
le
orgie
della
nuova
Babilonia
.
Così
era
Stambul
,
la
sultana
formidabile
,
voluttuosa
e
sfrenata
;
appetto
alla
quale
la
città
d
'
oggi
non
è
più
che
una
vecchia
regina
malata
d
'
ipocondria
.
*
*
*
[
Gli
Armeni
]
Occupato
quasi
sempre
dei
turchi
,
non
ebbi
il
tempo
,
come
ognuno
può
capire
,
di
studiare
molto
le
tre
nazioni
,
armena
,
greca
ed
ebrea
,
che
formano
la
popolazione
dei
rajà
;
studio
,
d
'
altra
parte
,
assai
lungo
,
poichè
se
ognuno
di
quei
popoli
ha
conservato
dal
più
al
meno
la
natura
propria
,
la
vita
esteriore
di
tutti
e
tre
ha
preso
come
una
velatura
di
colore
musulmano
,
la
quale
va
ora
perdendosi
alla
sua
volta
sotto
la
tinta
della
civiltà
europea
:
onde
presentano
tutti
e
tre
la
difficoltà
d
'
osservazione
che
presenterebbe
un
quadro
mobile
e
cangiante
.
Gli
armeni
,
in
special
modo
,
"
cristiani
di
spirito
e
di
fede
,
e
musulmani
asiatici
di
nascita
e
di
carne
"
,
non
sono
soltanto
difficili
a
studiare
intimamente
,
ma
anche
a
distinguere
a
occhio
dai
turchi
,
poichè
quella
parte
di
loro
che
non
ha
ancora
preso
il
vestiario
europeo
,
è
vestita
alla
turca
,
salvo
piccolissime
differenze
;
e
non
usa
quasi
più
affatto
l
'
antico
berrettone
di
feltro
,
che
era
,
con
certi
colori
speciali
,
il
segno
distintivo
della
nazione
.
E
non
differiscono
molto
dai
turchi
anche
nell
'
aspetto
.
Sono
per
lo
più
alti
di
statura
,
robusti
,
corpulenti
,
di
carnagione
chiara
,
d
'
andatura
e
di
modi
gravi
,
e
mostrano
nel
viso
le
due
qualità
proprie
della
loro
natura
:
lo
spirito
aperto
,
alacre
,
industrioso
,
pertinace
,
per
cui
sono
meravigliosamente
atti
al
commercio
,
e
quella
placidità
,
che
altri
vuol
chiamare
pieghevolezza
servile
,
con
cui
riuscirono
a
farsi
un
covo
per
tutto
,
dall
'
Ungheria
alla
China
,
e
a
rendersi
accetti
particolarmente
ai
turchi
,
dei
quali
si
cattivarono
la
fiducia
,
sudditi
docili
e
amici
ossequenti
.
Non
hanno
nè
fuori
nè
dentro
nulla
di
bellicoso
e
d
'
eroico
.
Tali
,
forse
,
non
erano
anticamente
nella
regione
asiatica
da
cui
vennero
,
e
si
dice
infatti
che
siano
tuttora
assai
diversi
i
loro
fratelli
che
l
'
abitano
;
ma
quei
che
furon
trapiantati
di
qua
dal
Bosforo
,
sono
veramente
un
popolo
mansueto
e
prudente
,
modesto
nella
vita
,
non
inteso
ad
altro
che
ai
suoi
traffici
,
e
più
sinceramente
religioso
,
si
dice
,
d
'
ogni
altro
popolo
di
Costantinopoli
.
I
turchi
li
chiamano
i
cammelli
dell
'
impero
e
i
franchi
dicono
che
ogni
armeno
nasce
calcolatore
;
questi
due
motti
sono
in
gran
parte
giustificati
dal
fatto
,
poichè
in
grazia
appunto
della
loro
forza
fisica
e
della
loro
intelligenza
agile
ed
acuta
,
oltre
a
un
buon
numero
d
'
architetti
,
d
'
ingegneri
,
di
medici
,
d
'
artefici
ingegnosi
e
pazienti
,
essi
forniscono
a
Costantinopoli
la
maggior
parte
dei
facchini
e
dei
banchieri
:
facchini
che
portan
pesi
e
banchieri
che
ammassano
tesori
favolosi
.
A
primo
aspetto
,
però
,
nessuno
s
'
accorgerebbe
che
v
'
è
un
popolo
armeno
a
Costantinopoli
,
tanto
la
pianta
ha
preso
,
come
suol
dirsi
,
il
colore
del
concio
.
Le
donne
stesse
,
per
cagione
delle
quali
la
casa
armena
è
chiusa
allo
straniero
quasi
altrettanto
severamente
che
la
musulmana
,
vestono
alla
turca
,
e
non
c
'
è
che
un
occhio
molto
esperto
che
le
possa
riconoscere
in
mezzo
alle
loro
concittadine
maomettane
.
Sono
anch
'
esse
per
lo
più
bianche
e
grassotte
,
ed
hanno
la
linea
aquilina
del
profilo
orientale
,
grandi
occhi
e
lunghe
ciglia
;
molte
d
'
alta
statura
e
di
forme
matronali
,
che
coronate
d
'
un
turbante
,
parrebbero
bellissimi
sceicchi
;
e
quasi
tutte
d
'
aspetto
signorile
e
modesto
ad
un
tempo
,
in
cui
se
qualche
cosa
manca
,
è
la
luce
dell
'
anima
che
brilla
sul
volto
della
donna
greca
.
*
*
*
[
I
Greci
]
Quanto
è
difficile
riconoscere
a
occhio
l
'
armeno
,
altrettanto
è
facile
riconoscere
il
greco
,
anche
non
badando
al
vestire
;
tanto
egli
è
diverso
di
natura
e
d
'
aspetto
dagli
altri
sudditi
dell
'
Impero
,
e
principalmente
dal
turco
.
Per
rendersi
ragione
di
questa
diversità
,
o
piuttosto
di
questo
contrasto
,
basta
osservare
un
turco
ed
un
greco
,
che
si
trovino
seduti
l
'
uno
accanto
all
'
altro
in
un
caffè
o
in
un
piroscafo
.
Hanno
un
bell
'
essere
press
'
a
poco
della
stessa
età
e
dello
stesso
ceto
,
e
vestiti
tutt
'
e
due
all
'
europea
,
ed
anche
somiglianti
di
viso
;
non
è
possibile
sbagliare
.
Il
turco
è
immobile
,
e
tutti
i
suoi
lineamenti
riposano
in
una
specie
di
quiete
senza
pensiero
,
che
somiglia
a
quella
d
'
un
animale
satollo
;
o
se
il
suo
viso
rivela
un
pensiero
,
pare
che
debba
essere
un
pensiero
immobile
come
il
suo
corpo
.
Non
guarda
nessuno
,
non
dà
segno
d
'
accorgersi
d
'
esser
guardato
;
il
suo
atteggiamento
mostra
una
profonda
noncuranza
di
tutti
coloro
e
di
tutto
quello
che
ha
intorno
;
il
suo
viso
esprime
qualcosa
della
tristezza
rassegnata
d
'
uno
schiavo
e
dell
'
orgoglio
freddo
d
'
un
despota
;
un
che
di
duro
,
di
chiuso
,
di
cocciuto
,
da
far
disperare
alla
prima
chi
si
proponesse
di
persuaderlo
di
qualche
cosa
o
di
rimoverlo
di
una
risoluzione
.
Ha
,
insomma
,
l
'
aspetto
d
'
uno
di
quegli
uomini
tutti
d
'
un
pezzo
,
coi
quali
pare
che
non
si
possa
vivere
altrimenti
che
obbedendoli
o
comandandoli
;
e
che
per
quanto
tempo
ci
si
viva
insieme
,
non
si
debba
mai
poterci
prendere
una
famigliarità
intera
.
Il
greco
invece
è
mobilissimo
,
e
rivela
con
mille
sfuggevoli
guizzi
dello
sguardo
e
delle
labbra
tutto
quello
che
gli
passa
nell
'
anima
;
scuote
la
testa
con
movimenti
di
cavallo
indomito
;
il
suo
volto
esprime
un
'
alterezza
giovanile
,
e
qualche
volta
quasi
fanciullesca
;
se
si
vede
guardato
,
s
'
atteggia
;
se
non
è
guardato
,
si
mette
in
mostra
;
par
sempre
che
desideri
o
che
fantastichi
qualche
cosa
;
spira
da
tutta
la
persona
l
'
accorgimento
e
l
'
ambizione
;
e
inspira
simpatia
,
anche
se
ha
la
faccia
d
'
un
cattivo
soggetto
,
e
gli
si
darebbe
la
mano
anche
quando
non
si
vorrebbe
affidargli
la
borsa
.
Basta
veder
vicini
questi
due
uomini
,
per
capire
che
l
'
uno
deve
parere
all
'
altro
un
barbaro
,
un
orgoglioso
,
un
prepotente
,
un
brutale
;
che
questi
deve
giudicar
quello
un
uomo
leggiero
,
falso
,
maligno
,
turbolento
;
e
che
debbono
disprezzarsi
e
detestarsi
reciprocamente
con
tutte
le
forze
dell
'
anima
;
e
non
trovar
la
via
di
vivere
d
'
accordo
.
La
stessa
differenza
si
osserva
tra
le
donne
greche
e
le
altre
donne
levantine
.
In
mezzo
alle
turche
e
alle
armene
belle
e
floride
,
ma
che
toccan
quasi
più
i
sensi
di
quello
che
parlino
all
'
anima
,
si
riconoscono
alla
prima
,
con
un
sentimento
di
grata
meraviglia
,
i
visi
eleganti
e
puri
delle
greche
,
illuminati
da
due
occhi
pieni
di
pensiero
,
dei
quali
ogni
sguardo
fa
venir
sulle
labbra
il
verso
d
'
un
ode
;
e
i
bei
corpi
maestosi
insieme
e
leggeri
,
che
ispirano
il
desiderio
di
stringerli
fra
le
braccia
,
piuttosto
per
metterli
sopra
un
piedestallo
,
che
per
portarli
nell
'
arem
.
Se
ne
vedono
di
quelle
che
portano
ancora
i
capelli
cadenti
,
all
'
antica
,
in
lunghe
ciocche
ondulate
,
e
una
grossa
treccia
ravvolta
intorno
alla
testa
in
forma
di
diadema
;
così
belle
,
così
nobili
,
così
classiche
,
che
si
piglierebbero
per
statue
di
Prassitele
e
di
Lisippo
,
o
per
giovanette
immortali
ritrovate
dopo
venti
secoli
in
qualche
valle
ignorata
della
Laconia
o
in
qualche
isoletta
dimenticata
dell
'
Egeo
.
Sono
però
rarissime
queste
bellezze
sovrane
anche
tra
le
greche
,
e
oramai
non
se
ne
trova
più
esempio
che
fra
la
vecchia
aristocrazia
dell
'
impero
,
nel
quartiere
silenzioso
e
triste
del
Fanar
,
dove
s
'
è
rifugiata
l
'
anima
dell
'
antica
Bisanzio
.
Là
si
vede
ancora
qualche
volta
una
di
quelle
donne
superbe
affacciata
a
un
balcone
a
balaustri
,
o
all
'
inferriata
d
'
una
finestra
altissima
,
cogli
occhi
fissi
nella
strada
solitaria
,
nell
'
atteggiamento
d
'
una
regina
prigioniera
;
e
quando
il
servidorame
dei
discendenti
dei
Paleologhi
e
dei
Comneni
,
non
sta
oziando
dinanzi
alle
porte
,
si
può
,
contemplandola
di
nascosto
,
credere
per
un
momento
di
veder
per
lo
squarcio
d
'
una
nuvola
il
viso
d
'
una
dea
dell
'
Olimpo
.
*
*
*
[
Gli
Ebrei
]
Riguardo
alle
ebree
,
posso
affermare
,
dopo
esser
stato
nel
Marocco
,
che
quelle
di
Costantinopoli
non
hanno
che
fare
con
quelle
della
costa
settentrionale
dell
'
Affrica
,
nelle
quali
i
dotti
osservatori
credono
di
vedere
ancora
in
tutta
la
sua
purezza
il
primo
tipo
orientale
della
bellezza
ebraica
.
Colla
speranza
di
trovare
questa
bellezza
,
mi
armai
di
coraggio
,
e
feci
molti
giri
per
il
vasto
ghetto
di
Balata
,
che
s
'
allunga
,
come
un
serpente
immondo
,
sulla
riva
del
Corno
d
'
oro
.
Mi
spinsi
fin
nei
vicoli
più
miserabili
,
in
mezzo
a
casupole
"
grommate
di
muffa
"
come
le
ripe
della
bolgia
dantesca
,
per
crocicchi
dove
non
ripasserei
più
che
sui
trampoli
e
colle
narici
turate
;
guardando
per
le
finestre
tappezzate
di
cenci
nauseabondi
,
nelle
stanze
nere
e
viscose
;
soffermandomi
dinanzi
alle
porte
dei
cortili
umidi
da
cui
usciva
un
tanfo
da
mozzare
il
fiato
,
facendomi
largo
in
mezzo
a
gruppi
di
ragazzi
scrofolosi
e
tignosi
,
toccando
col
gomito
dei
vecchi
orrendi
,
che
parevano
morti
di
peste
risuscitati
;
scansando
a
ogni
passo
cani
coperti
di
piaghe
e
laghi
di
mota
nera
e
panni
schifosi
appesi
a
corde
bisunte
,
e
mucchi
di
putridumi
da
far
cadere
in
deliquio
;
ma
il
mio
coraggio
non
fu
ricompensato
.
Fra
le
molte
donne
che
incontrai
imbacuccate
nel
loro
calpak
nazionale
,
che
sembra
un
turbante
allungato
e
copre
i
capelli
e
le
orecchie
,
vidi
bensì
qualche
viso
in
cui
riconobbi
quella
regolarità
delicata
di
lineamenti
e
quell
'
aria
soave
di
rassegnazione
,
che
si
considera
come
il
tratto
distintivo
delle
ebree
di
Costantinopoli
;
vidi
qualche
vago
profilo
di
Rebecca
e
di
Rachele
,
dagli
occhi
a
mandorla
,
pieni
di
dolcezza
e
di
grazia
;
e
qualche
figura
elegante
,
ritta
in
un
atteggiamento
raffaellesco
sulla
soglia
d
'
una
porta
,
con
una
mano
sottile
appoggiata
sul
capo
ricciuto
d
'
un
bimbo
.
Ma
nella
maggior
parte
non
vidi
che
i
segni
della
degradazione
della
razza
.
Che
differenza
tra
quelle
figure
stentite
,
e
gli
occhi
di
fuoco
,
i
colori
pomposi
e
le
forme
opulente
che
ammirai
un
anno
dopo
nei
mellà
di
Tangeri
e
di
Fez
!
Ed
è
lo
stesso
degli
uomini
,
spersoniti
,
giallognoli
,
molli
,
di
cui
tutta
la
vitalità
pare
che
si
sia
raccolta
negli
occhi
scintillanti
d
'
astuzia
e
di
cupidigia
,
che
essi
girano
continuamente
intorno
a
sè
stessi
,
come
se
da
tutte
le
parti
sentissero
saltellare
delle
monete
.
Ed
ora
m
'
aspetto
che
i
miei
buoni
critici
israeliti
,
che
già
mi
diedero
sulle
dita
a
proposito
dei
loro
correligionarii
del
Marocco
,
ricantino
la
stessa
canzone
,
scrivendo
a
colpa
dei
turchi
oppressori
la
decadenza
e
l
'
avvilimento
degli
ebrei
di
Costantinopoli
.
Ma
badino
che
nelle
medesime
condizioni
politiche
e
civili
degli
ebrei
si
trovarono
tutti
gli
altri
sudditi
non
musulmani
della
Porta
;
e
che
se
anche
questo
non
fosse
,
sarebbe
assai
difficile
il
provare
che
la
vergognosa
immondizia
,
la
precocità
dei
matrimonii
e
l
'
astensione
da
tutti
i
mestieri
faticosi
,
considerate
come
cause
efficacissime
di
quella
decadenza
,
siano
una
conseguenza
logica
della
mancanza
di
libertà
e
d
'
indipendenza
.
E
se
mi
vorranno
dire
invece
,
che
non
l
'
oppressione
politica
dei
turchi
,
ma
le
piccole
persecuzioni
e
il
disprezzo
di
tutti
,
sono
stati
la
cagione
di
quell
'
avvilimento
,
domandino
prima
a
sè
stessi
se
per
caso
non
fosse
vero
il
contrario
;
se
la
prima
cagione
non
sia
piuttosto
da
ricercarsi
nei
loro
costumi
e
nella
loro
vita
;
e
se
invece
di
nasconder
la
piaga
,
non
sarebbe
utile
che
essi
medesimi
la
toccassero
col
ferro
rovente
.
*
*
*
[
Il
bagno
]
Dopo
aver
fatto
un
giro
per
Balata
,
non
è
delle
peggio
,
come
si
dice
a
Firenze
,
l
'
andare
a
fare
un
bagno
turco
.
Le
case
dei
bagni
si
riconoscono
di
fuori
:
sono
edifizi
senza
finestre
,
della
forma
di
piccole
moschee
,
sormontati
da
una
cupola
e
da
alti
camini
conici
,
che
fumano
perpetuamente
.
Ma
prima
d
'
entrare
,
bisogna
pensarci
due
volte
,
e
domandarsi
quid
valeant
humeri
,
perché
non
tutti
possono
resistere
all
'
aspro
governo
che
si
fa
d
'
un
uomo
fra
quelle
mura
salutari
.
Io
confesso
che
dopo
quello
che
ne
avevo
inteso
dire
,
c
'
entrai
con
un
po
'
di
trepidazione
;
e
i
lettori
vedranno
che
ero
da
compatire
.
Ripensandoci
,
mi
sento
uscire
dalle
tempie
due
goccioline
di
sudore
che
aspettano
ch
'
io
sia
nel
vivo
della
descrizione
per
filarmi
giù
per
le
guancie
.
Ecco
dunque
quello
che
fu
fatto
della
mia
povera
persona
.
Entro
timidamente
e
mi
trovo
in
una
gran
sala
che
mi
lascia
un
momento
incerto
,
se
sia
un
teatro
o
un
ospedale
.
Nel
mezzo
zampilla
una
fontana
,
coronata
di
fiori
;
e
lungo
le
pareti
gira
una
galleria
di
legno
,
dove
dormono
profondamente
o
fumano
sonnecchiando
alcuni
turchi
sdraiati
su
materasse
e
ravvolti
dalla
testa
ai
piedi
in
pannolini
bianchissimi
.
Mentre
guardo
intorno
in
cerca
del
bagnaiuolo
,
due
tarchiati
mulatti
seminudi
,
sbucati
non
so
di
dove
,
mi
si
rizzano
dinanzi
come
due
spettri
,
e
mi
domandano
tutti
e
due
insieme
con
voce
cavernosa
:
Hammamun
?
(
bagno
?
)
-
Evvet
(
sì
)
rispondo
con
un
filo
di
voce
.
Mi
accennano
di
seguirli
e
mi
rimorchiano
su
per
una
scaletta
di
legno
in
una
stanza
piena
di
stuoie
e
di
cuscini
,
dove
mi
fanno
capire
che
mi
debbo
spogliare
.
Mi
stringono
una
stoffa
azzurra
e
bianca
intorno
alle
reni
,
mi
raspano
la
testa
con
un
pezzo
di
mussolina
,
mi
fanno
infilare
due
zoccoli
colossali
,
mi
pigliano
sotto
le
braccia
come
un
ubbriaco
e
mi
conducono
,
o
piuttosto
mi
traducono
in
un
'
altra
sala
calda
e
semi
-
oscura
,
dove
mi
distendono
sopra
un
tappeto
e
stanno
ad
aspettare
colle
mani
sui
fianchi
che
mi
si
ammorbidisca
la
pelle
.
Tutti
questi
apparecchi
,
che
somigliano
molto
a
quelli
d
'
un
supplizio
,
mi
mettono
addosso
una
inquietudine
,
la
quale
si
cangia
in
un
sentimento
anche
meno
onorevole
,
quando
i
due
aguzzini
mi
toccano
la
fronte
,
si
scambiano
uno
sguardo
che
significa
:
-
può
resistere
-
e
par
che
vogliano
dire
:
-
alla
ruota
-
e
ripigliandomi
per
le
braccia
mi
accompagnano
in
una
terza
sala
.
Qui
provo
una
sensazione
stranissima
.
Mi
par
d
'
essere
in
un
tempio
sottomarino
.
Vedo
vagamente
,
a
traverso
un
velo
bianco
di
vapori
,
delle
alte
pareti
marmoree
,
delle
colonne
,
degli
archi
,
la
vôlta
d
'
una
cupola
finestrata
,
da
cui
scendono
dei
raggi
di
luce
rossa
,
azzurra
e
verde
,
dei
fantasmi
bianchi
che
vanno
e
vengono
rasente
le
pareti
,
e
nel
mezzo
della
sala
,
uomini
seminudi
distesi
sul
pavimento
come
cadaveri
,
sui
quali
altri
uomini
seminudi
stanno
chinati
nell
'
atteggiamento
di
medici
che
facciano
un
'
autopsia
.
La
temperatura
della
sala
è
tale
che
,
appena
entrato
,
mi
sento
tutto
in
sudore
,
e
mi
pare
che
non
potrò
più
uscir
di
là
che
sotto
la
forme
d
'
un
fiumicello
,
come
l
'
amante
d
'
Aretusa
.
I
due
mulatti
trasportano
il
mio
corpo
in
mezzo
alla
sala
e
lo
adagiano
sopra
una
specie
di
tavola
anatomica
,
che
è
una
grande
lastra
di
marmo
bianco
,
rilevata
dal
pavimento
,
sotto
la
quale
ardono
le
stufe
.
La
lastra
scotta
ed
io
vedo
le
stelle
;
ma
oramai
ci
sono
e
bisogna
striderci
.
I
due
mulatti
cominciano
la
vivisezione
,
canterellando
una
canzonetta
funebre
.
Mi
pizzicano
le
braccia
e
le
gambe
,
mi
premono
i
muscoli
,
mi
fanno
scricchiolare
le
articolazioni
,
mi
fregano
,
mi
strizzano
,
mi
stropicciano
;
mi
fanno
voltar
bocconi
,
e
ricominciano
;
mi
rimettono
supino
,
e
tornan
da
capo
;
mi
stirano
e
mi
schiacciano
come
un
fantoccio
di
pasta
,
a
cui
vogliano
dare
una
forma
che
hanno
in
mente
,
e
non
ci
riescano
,
e
ci
s
'
arrabbino
;
poi
pigliano
un
po
'
di
respiro
;
poi
di
nuovo
pizzicotti
e
strizzatine
e
schiacciature
da
farmi
temere
che
sia
quello
il
mio
ultimo
quarto
d
'
ora
.
Finalmente
,
quando
tutto
il
mio
corpo
schizza
acqua
come
una
spugna
spremuta
,
quando
mi
vedono
circolare
il
sangue
sotto
la
pelle
,
quando
s
'
accorgono
che
proprio
non
ci
posso
più
reggere
,
tiran
su
i
miei
resti
da
quel
letto
di
tortura
,
e
li
portano
in
un
angolo
,
dinanzi
a
una
piccola
nicchia
,
dove
sono
due
cannelle
di
rame
,
che
gettano
acqua
calda
e
acqua
fresca
in
una
vaschetta
di
marmo
.
Ma
,
ahimè
!
qui
comincia
un
altro
martirio
.
E
veramente
la
cosa
piglia
un
certo
andare
,
che
,
senza
celia
,
io
mi
domando
se
non
è
il
caso
di
appoggiare
un
cappiotto
a
destra
e
uno
scopaccione
a
sinistra
,
e
di
battermela
come
mi
trovo
.
Uno
dei
due
tormentatori
si
mette
un
guanto
di
pelo
di
cammello
e
comincia
a
fregarmi
la
schiena
,
il
petto
,
le
braccia
e
le
gambe
,
colla
grazia
con
cui
striglierebbe
un
cavallo
,
e
la
strigliatura
si
prolunga
per
la
bellezza
di
cinque
minuti
.
Finita
la
strigliatura
,
mi
rovesciano
addosso
un
torrente
d
'
acqua
tepida
,
e
ripigliano
fiato
.
E
lo
ripiglio
anch
'
io
,
ringraziando
il
cielo
che
sia
finita
.
Ma
non
è
finita
!
Il
mulatto
feroce
si
leva
il
guanto
e
ricomincia
l
'
operazione
colla
mano
nuda
,
ed
io
m
'
indispettisco
e
gli
fo
cenno
di
smettere
,
e
lui
,
mostrandomi
la
mano
,
mi
prova
,
con
mia
grande
meraviglia
,
che
deve
fregare
ancora
.
Finito
di
fregare
,
un
altro
rovescio
d
'
acqua
,
e
poi
un
'
altra
operazione
.
Prendono
tutti
e
due
uno
strofinaccio
di
stoppa
imbevuto
di
sapone
di
Candia
,
e
m
'
insaponano
dalla
testa
ai
piedi
.
Finita
l
'
insaponata
,
un
altro
diluvio
d
'
acqua
profumata
,
e
poi
da
capo
lo
strofinamento
colla
stoppa
.
Ma
questa
volta
,
come
dio
vuole
,
la
stoppa
è
asciutta
e
strofinano
per
asciugare
.
Asciugato
che
sono
,
mi
rifasciano
la
testa
,
mi
rimettono
il
grembiale
,
mi
ravvolgono
in
un
lenzuolo
,
mi
riconducono
nella
seconda
sala
,
e
dopo
una
sosta
di
qualche
minuto
,
mi
fanno
rientrar
nella
prima
.
Qui
trovo
una
materassa
tepida
sulla
quale
mi
distendo
mollemente
e
i
due
esecutori
di
giustizia
mi
danno
gli
ultimi
pizzicotti
per
rendere
uguale
in
tutte
le
membra
la
circolazione
del
sangue
.
Ciò
fatto
,
mi
mettono
un
cuscino
ricamato
sotto
la
testa
,
una
coperta
bianca
addosso
,
una
pipa
in
bocca
,
una
limonata
accanto
,
e
mi
lascian
lì
fresco
,
leggiero
,
odoroso
,
colla
mente
serena
,
col
cuore
contento
,
con
un
senso
così
puro
e
così
giovanile
della
vita
,
che
mi
par
d
'
esser
nato
allora
,
come
Venere
,
dalla
spuma
del
mare
,
e
di
sentirmi
frullare
sopra
la
testa
le
ali
degli
amorini
.
*
*
*
[
La
Torre
del
Seraschiere
]
Sentendosi
così
puri
e
disposti
a
riveder
le
stelle
non
c
'
è
di
meglio
che
arrampicarsi
sopra
la
testa
di
quel
titano
di
pietra
che
si
chiama
la
torre
del
Seraschiere
.
Io
credo
che
Satana
,
se
volesse
tentare
un
'
altra
volta
qualcuno
coll
'
offerta
del
regno
della
terra
,
sarebbe
sicuro
del
fatto
suo
,
trasportando
la
sua
vittima
su
quella
cima
.
La
torre
,
fabbricata
sotto
il
regno
di
Mahmud
II
,
è
piantata
sulla
collina
più
alta
di
Stambul
,
nel
mezzo
del
cortile
vastissimo
del
ministero
della
guerra
,
nel
punto
che
i
turchi
chiamano
l
'
ombelico
della
città
.
È
costrutta
in
gran
parte
con
marmo
bianco
di
Marmara
,
sul
piano
d
'
un
poligono
regolare
di
sedici
lati
,
e
si
slancia
in
alto
,
ardita
e
svelta
come
una
colonna
,
sorpassando
d
'
un
buon
tratto
i
minareti
giganteschi
della
vicina
moschea
di
Solimano
.
Si
va
su
per
una
scala
a
chiocciola
,
rischiarata
da
poche
finestre
quadrate
,
per
le
quali
s
'
intravvede
,
passando
,
ora
Galata
,
ora
Stambul
,
ora
i
sobborghi
del
Corno
d
'
oro
;
e
non
s
'
è
ancora
a
mezza
altezza
,
che
già
,
lanciando
uno
sguardo
fuori
,
pare
di
essere
nella
regione
delle
nuvole
.
Qualche
volta
salendo
,
si
sente
un
leggero
rumore
sul
proprio
capo
,
e
quasi
nello
stesso
punto
si
vede
passare
e
sparire
una
larva
,
che
sembra
una
cosa
che
precipita
piuttosto
che
un
uomo
che
discende
;
ed
è
uno
dei
guardiani
che
stanno
giorno
e
notte
alla
vedetta
sulla
sommità
della
torre
,
il
quale
ha
visto
probabilmente
in
qualche
punto
lontano
dell
'
orizzonte
un
nuvolo
di
fumo
sospetto
,
e
ne
porta
avviso
al
Seraschierato
.
La
scala
ha
circa
duecento
scalini
,
e
conduce
a
una
specie
di
terrazza
rotonda
,
coperta
di
sopra
e
vetrata
tutt
'
intorno
,
nella
quale
gira
perpetuamente
un
guardiano
,
che
serve
il
caffè
ai
visitatori
.
Al
primo
entrare
in
quella
gabbia
trasparente
,
che
par
sospesa
tra
il
cielo
e
la
terra
,
al
vedere
tutt
'
intorno
quell
'
immenso
vuoto
azzurro
,
al
sentire
il
vento
che
strepita
e
fa
sonare
i
vetri
e
scricchiolare
gli
assiti
,
s
'
è
quasi
presi
dalle
vertigini
e
tentati
di
rinunziare
al
panorama
.
Ma
alla
vista
della
scaletta
appoggiata
al
finestrino
del
tetto
,
il
coraggio
ritorna
,
si
sale
col
cuore
palpitante
,
e
si
getta
un
grido
di
meraviglia
.
È
un
momento
sublime
.
Si
rimane
come
sfolgorati
.
Tutta
Costantinopoli
è
là
e
s
'
abbraccia
tutta
con
un
giro
dello
sguardo
;
tutte
le
colline
e
tutte
le
valli
di
Stambul
,
dal
castello
delle
Sette
Torri
ai
cimiteri
d
'
Eyub
;
tutta
Galata
e
tutta
Pera
,
come
se
lo
sguardo
vi
cadesse
a
fil
di
piombo
;
tutta
Scutari
,
come
se
fosse
lì
sotto
;
tre
file
di
città
,
di
boschi
,
di
flotte
,
che
fuggono
a
perdita
d
'
occhi
lungo
tre
rive
incantevoli
,
e
altre
striscie
interminabili
di
villaggi
e
di
giardini
che
si
perdono
serpeggiando
nell
'
interno
delle
terre
;
tutto
il
Corno
d
'
oro
,
immobile
,
cristallino
e
picchiettato
d
'
innumerevoli
caicchi
,
che
sembrano
moscerini
natanti
;
tutto
il
Bosforo
,
che
par
chiuso
qua
e
là
dalle
colline
più
avanzate
delle
due
rive
,
e
presenta
l
'
immagine
d
'
una
successione
di
laghi
,
e
ogni
lago
par
circondato
da
una
città
,
e
ogni
città
è
inghirladata
di
giardini
;
di
là
dal
Bosforo
,
il
mar
Nero
azzurrino
che
si
confonde
col
cielo
;
dalla
parte
opposta
,
il
mar
di
Marmara
,
il
golfo
di
Nicomedia
,
le
isole
dei
Principi
,
la
riva
europea
e
la
riva
asiatica
biancheggianti
di
villaggi
;
di
là
dal
mar
di
Marmara
,
lo
stretto
dei
Dardanelli
,
che
luccica
come
un
sottile
nastro
d
'
argento
;
oltre
i
Dardanelli
un
vago
bagliore
bianco
,
ch
'
è
il
mare
Egeo
e
una
curva
oscura
che
è
la
riva
della
Troade
;
di
là
da
Scutari
,
la
Bitinia
e
l
'
Olimpo
;
di
là
da
Stambul
,
le
solitudini
ondulate
e
giallognole
della
Tracia
;
due
golfi
,
due
stretti
,
due
continenti
,
tre
mari
,
venti
città
,
una
miriade
di
cupole
inargentate
e
di
guglie
d
'
oro
,
una
gloria
di
colori
e
di
luce
,
da
far
dubitare
se
quella
sia
una
veduta
del
nostro
pianeta
o
di
un
altro
astro
più
favorito
da
Dio
.
*
*
*
[
Costantinopoli
]
E
sulla
torre
del
Seraschiere
,
come
su
quella
di
Galata
,
come
sul
vecchio
ponte
,
come
a
Scutari
,
io
mi
domandai
cento
volte
:
-
Ma
in
che
maniera
hai
potuto
innamorarti
dell
'
Olanda
?
-
E
non
solo
quel
paese
,
ma
Parigi
,
ma
Madrid
,
ma
Siviglia
,
mi
parevano
città
oscure
e
malinconiche
,
in
cui
non
avrei
più
potuto
vivere
un
mese
.
Poi
ripensavo
alle
mie
povere
descrizioni
e
mi
dicevo
con
rammarico
:
-
Ah
!
disgraziato
!
Quante
volte
hai
sciupato
le
parole
bello
,
splendido
,
immenso
!
Ed
ora
che
cosa
dirai
di
questo
spettacolo
?
-
Ma
già
mi
pareva
che
da
Costantinopoli
non
avrei
cavato
una
pagina
.
E
il
mio
amico
Rossasco
mi
diceva
:
-
Ma
perché
non
ti
ci
provi
?
-
Ed
io
gli
rispondevo
:
-
Ma
se
non
ho
nulla
da
dire
!
-
E
alle
volte
,
chi
lo
crederebbe
?
quello
spettacolo
,
per
qualche
minuto
secondo
,
a
certe
ore
,
a
una
certa
luce
,
mi
pareva
meschino
,
ed
esclamavo
quasi
con
sgomento
:
-
O
dov
'
è
la
mia
Costantinopoli
?
-
Altre
volte
mi
pigliava
un
sentimento
di
tristezza
pensando
che
mentre
io
ero
là
dinanzi
a
quella
immensità
e
a
quella
bellezza
,
mia
madre
era
in
una
piccola
stanza
,
da
cui
non
si
vedeva
che
un
cortile
uggioso
e
una
piccola
striscia
di
cielo
;
e
mi
pareva
una
colpa
mia
,
e
avrei
dato
un
occhio
per
aver
la
mia
buona
vecchia
a
bracetto
e
condurla
a
Santa
Sofia
.
La
giornata
però
correva
quasi
sempre
allegra
e
leggera
come
un
'
ora
d
'
ebbrezza
.
E
le
rare
volte
che
faceva
capolino
l
'
umor
nero
,
il
mio
amico
ed
io
avevamo
un
mezzo
sicuro
di
liberarcene
.
Scendevamo
a
Galata
in
due
caicchi
a
due
remi
,
i
più
variopinti
e
i
più
dorati
dello
scalo
,
e
gridavamo
:
-
Eyub
!
-
ed
eravamo
già
in
mezzo
al
Corno
d
'
oro
.
I
nostri
rematori
si
chiamavano
Mahmut
,
Baiazet
,
Ibraim
,
Murat
,
avevano
vent
'
anni
per
uno
e
due
braccia
di
ferro
,
e
vogavano
a
gara
incitandosi
con
grida
e
ridendo
come
bambini
;
il
cielo
era
sereno
e
il
mare
trasparente
;
noi
rovesciavamo
il
capo
indietro
per
bere
a
sorsate
più
lunghe
l
'
aria
piena
di
profumi
,
e
lasciavamo
spenzolare
una
mano
nell
'
acqua
;
i
due
caicchi
volavano
,
di
qua
e
di
là
ci
fuggivano
allo
sguardo
i
chioschi
,
i
palazzi
,
i
giardini
,
le
moschee
;
ci
pareva
d
'
esser
portati
dal
vento
a
traverso
un
mondo
fatato
,
sentivamo
un
piacere
inesprimibile
d
'
esser
giovani
e
d
'
essere
a
Stambul
,
Yunk
cantava
,
io
recitavo
delle
ballate
orientali
di
Vittor
Hugo
,
e
vedevo
ora
a
destra
,
ora
a
sinistra
,
ora
vicino
,
ora
lontano
,
balenare
per
aria
un
viso
amoroso
,
coronato
di
capelli
bianchi
e
illuminato
da
un
sorriso
dolcissimo
,
che
diceva
:
-
Sii
felice
,
figliuolo
!
Io
ti
benedico
e
ti
seguo
.
SANTA
SOFIA
Ed
ora
,
se
anche
un
povero
scrittore
di
viaggi
può
invocare
una
musa
,
io
la
invoco
a
mani
giunte
perché
la
mia
mente
si
smarrisce
"
in
faccia
al
nobile
subbietto
"
e
le
grandi
linee
della
basilica
bizantina
mi
tremano
dinanzi
come
un
'
immagine
riflessa
da
un
'
acqua
agitata
.
La
musa
m
'
ispiri
,
Santa
Sofia
m
'
illumini
e
l
'
imperatore
Giustiniano
mi
perdoni
.
Una
bella
mattina
d
'
ottobre
,
accompagnati
da
un
cavas
turco
del
Consolato
d
'
Italia
e
da
un
dracomanno
greco
,
andammo
finalmente
a
visitare
il
"
paradiso
terrestre
,
il
secondo
firmamento
,
il
carro
dei
cherubini
,
il
trono
della
gloria
di
Dio
,
la
meraviglia
della
terra
,
il
maggior
tempio
del
mondo
dopo
San
Pietro
"
.
La
quale
ultima
sentenza
,
-
lo
sappiano
i
miei
amici
di
Burgos
,
di
Colonia
,
di
Milano
,
di
Firenze
,
-
non
è
mia
,
e
non
oserei
farla
mia
;
ma
l
'
ho
citata
,
colle
altre
,
perché
è
una
delle
molte
espressioni
consacrate
dall
'
entusiasmo
dei
Greci
,
che
il
nostro
dracomanno
ci
andava
ripetendo
per
via
.
E
avevamo
scelto
pensatamente
,
insieme
a
un
vecchio
cavas
turco
,
un
vecchio
dracomanno
greco
,
colla
speranza
,
che
non
fu
delusa
,
di
sentire
nelle
loro
spiegazioni
e
nelle
loro
leggende
cozzare
le
due
religioni
,
le
due
storie
,
i
due
popoli
;
e
che
l
'
uno
ci
avrebbe
esaltato
la
chiesa
l
'
altro
magnificato
la
moschea
,
in
modo
da
farci
vedere
Santa
Sofia
come
dev
'
esser
veduta
:
con
un
occhio
di
cristiano
e
un
occhio
di
turco
.
La
mia
aspettazione
era
grande
e
la
curiosità
vivissima
;
eppure
,
strada
facendo
,
pensavo
come
penso
ancora
,
che
non
c
'
è
monumento
famoso
,
e
sia
pure
degno
della
sua
fama
,
dal
quale
venga
all
'
anima
una
commozione
così
vivamente
e
schiettamente
piacevole
com
'
è
quella
che
si
prova
nell
'
andarlo
a
vedere
.
Se
dovessi
rivivere
un
'
ora
di
tutti
i
giorni
in
cui
vidi
qualche
grande
cosa
,
sceglierei
quella
che
passò
fra
il
momento
in
cui
dissi
:
-
Andiamo
-
;
e
il
momento
in
cui
intesi
dire
:
-
Siamo
giunti
.
Le
più
belle
ore
dei
viaggi
son
quelle
.
Andando
,
par
di
sentirsi
ingrandir
l
'
anima
come
per
contenere
il
sentimento
di
ammirazione
che
vi
sorgerà
tra
poco
;
si
rammentano
i
desiderii
della
prima
giovinezza
,
che
parevan
sogni
;
si
rivede
un
vecchio
professore
di
geografia
che
,
dopo
aver
segnato
Costantinopoli
sulla
carta
d
'
Europa
,
traccia
per
aria
,
con
una
presa
di
tabacco
tra
le
dita
,
le
linee
della
grande
basilica
;
si
vede
quella
stanza
,
quel
caminetto
,
dinanzi
al
quale
,
nel
prossimo
inverno
,
si
descriverà
il
monumento
in
mezzo
a
un
cerchio
di
visi
meravigliati
ed
immobili
;
si
sente
sonar
quel
nome
di
Santa
Sofia
nella
testa
,
nel
cuore
,
nelle
orecchie
,
come
il
nome
d
'
un
essere
vivo
che
ci
aspetti
e
ci
chiami
per
rivelarci
qualche
grande
segreto
;
si
vedono
apparire
sul
nostro
capo
archi
e
pilastri
prodigiosi
d
'
edifizii
che
si
perdono
nel
cielo
;
e
quando
si
è
a
pochi
passi
dalla
meta
,
si
prova
ancora
un
piacere
inesprimibile
a
soffermarsi
per
guardare
un
ciottolo
,
per
veder
fuggire
una
lucertola
,
per
raccontare
una
barzelletta
,
per
perdere
un
po
'
di
tempo
,
per
ritardare
di
qualche
minuto
quel
momento
che
s
'
è
desiderato
per
vent
'
anni
e
che
si
ricorderà
per
tutta
la
vita
.
Per
modo
che
rimane
assai
poca
cosa
di
questi
celebrati
piaceri
dell
'
ammirazione
,
se
si
toglie
il
sentimento
che
li
precede
e
quello
che
li
segue
.
È
quasi
sempre
un
'
illusione
,
seguita
da
un
leggiero
disinganno
,
dal
quale
noi
,
ostinati
,
facciamo
pullulare
altre
illusioni
.
La
moschea
di
Santa
Sofia
è
posta
in
faccia
all
'
entrata
principale
dell
'
antico
Serraglio
.
Arrivando
,
però
,
nella
piazza
che
si
stende
dinanzi
al
Serraglio
,
la
prima
cosa
che
attira
gli
occhi
,
non
è
la
moschea
,
ma
la
fontana
famosa
del
Sultano
Ahmed
III
.
È
uno
dei
più
originali
e
più
ricchi
monumenti
dell
'
arte
turca
.
Ma
più
che
un
monumento
,
è
un
vezzo
di
marmo
,
che
un
galante
sultano
mise
in
fronte
alla
sua
Stambul
in
un
momento
d
'
amore
.
Io
credo
che
non
lo
possa
descriver
bene
che
una
donna
.
La
mia
penna
non
è
abbastanza
fina
per
ritrarne
l
'
immagine
.
A
prima
vista
,
non
si
direbbe
una
fontana
.
Ha
la
forma
d
'
un
tempietto
quadrato
,
ed
è
coperto
da
un
tetto
alla
chinese
,
che
spinge
le
sue
falde
ondulate
molto
al
di
fuori
dei
muri
,
e
gli
dà
una
vaga
apparenza
di
pagoda
.
Ai
quattro
angoli
vi
sono
quattro
torricciuole
rotonde
,
munite
di
finestrine
ingraticolate
,
o
piuttosto
quattro
chioschetti
di
forma
gentilissima
,
ai
quali
corrispondono
,
sopra
il
tetto
,
altrettante
cupolette
svelte
,
sormontate
ciascuna
da
una
guglia
graziosa
;
le
quali
fanno
corona
a
una
cupoletta
più
grande
,
posta
nel
mezzo
.
In
ciascuno
dei
quattro
muri
ci
sono
due
nicchie
eleganti
;
fra
le
nicchie
un
arco
a
sesto
acuto
;
sotto
l
'
arco
,
una
cannella
che
versa
l
'
acqua
in
una
piccola
vasca
.
Intorno
all
'
edifizio
gira
una
iscrizione
che
dice
:
-
Questa
fontana
ti
parla
della
sua
età
nei
seguenti
versi
del
sultano
Ahmed
:
volgi
la
chiave
di
questa
sorgente
pura
e
tranquilla
e
invoca
il
nome
di
Dio
;
bevi
di
quest
'
acqua
inesauribile
e
limpida
e
prega
per
il
Sultano
.
-
Il
piccolo
edifizio
è
tutto
di
marmo
bianco
,
che
appena
apparisce
sotto
gl
'
infiniti
ornamenti
che
coprono
i
muri
;
sono
archetti
,
nicchiette
,
colonnine
,
rosoni
,
poligoni
,
nastri
,
ricami
di
marmo
,
dorature
su
fondo
azzurro
,
frangie
intorno
alle
cupole
,
intarsiature
sotto
il
tetto
,
musaici
di
cento
colori
,
arabeschi
di
mille
forme
,
che
par
che
s
'
intrichino
a
fissarvi
lo
sguardo
,
ed
irritano
quasi
il
senso
dell
'
ammirazione
.
Non
c
'
è
lo
spazio
d
'
una
mano
che
non
sia
scolpito
,
miniato
,
tormentato
.
È
un
prodigio
di
grazia
,
di
ricchezza
e
di
pazienza
,
da
tenersi
sotto
una
campana
di
cristallo
;
una
cosa
che
pare
non
sia
fatta
soltanto
per
gli
occhi
,
ma
che
debba
avere
un
sapore
,
e
se
ne
vorrebbe
succhiare
una
scheggia
;
uno
scrigno
,
che
si
vorrebbe
aprire
,
per
vedere
che
cosa
c
'
è
dentro
:
se
una
dea
bambina
o
una
perla
enorme
o
un
anello
fatato
.
Il
tempo
n
'
ha
in
parte
sbiadito
le
dorature
,
confusi
i
colori
e
anneriti
i
marmi
.
Che
cosa
doveva
essere
questo
gioiello
colossale
quando
fu
scoperto
la
prima
volta
,
tutto
nuovo
e
sfolgorante
,
agli
occhi
del
Salomone
del
Bosforo
,
cento
e
sessant
'
anni
or
sono
?
Ma
così
vecchio
e
nero
come
si
ritrova
,
tiene
ancora
il
primato
su
tutte
le
piccole
meraviglie
di
Costantinopoli
;
ed
oltre
a
ciò
,
è
un
monumento
così
schiettamente
turco
,
che
visto
una
volta
,
si
fissa
per
sempre
nella
memoria
in
mezzo
a
quel
certo
numero
d
'
immagini
,
che
balenano
poi
tutte
insieme
alla
mente
ogni
volta
che
ci
suoni
all
'
orecchio
il
nome
di
Stambul
,
e
formano
come
il
fondo
del
quadro
orientale
,
su
cui
si
moverà
perpetuamente
il
nostro
pensiero
.
Dalla
fontana
si
vede
la
moschea
di
Santa
Sofia
,
che
chiude
un
lato
della
piazza
.
L
'
aspetto
esterno
non
ha
nulla
di
notevole
.
La
sola
cosa
che
arresti
lo
sguardo
sono
i
quattro
altissimi
minareti
bianchi
,
che
sorgono
ai
quattro
angoli
dell
'
edifizio
su
piedestalli
grandi
come
case
.
La
cupola
famosa
sembra
piccina
.
Non
pare
che
possa
essere
quella
medesima
cupola
che
si
vede
rotondeggiare
nell
'
azzurro
,
come
la
testa
d
'
un
titano
,
da
Pera
,
dal
Bosforo
,
dal
mar
di
Marmara
e
dalle
colline
dell
'
Asia
.
È
una
cupola
schiacciata
,
fiancheggiata
da
due
mezze
cupole
,
rivestita
di
piombo
,
coronata
di
finestre
,
che
s
'
appoggia
su
quattro
muri
dipinti
a
larghe
striscie
bianche
e
rosate
,
sostenuti
alla
loro
volta
da
enormi
contrafforti
,
intorno
ai
quali
sorgono
confusamente
molti
piccoli
edifizii
d
'
aspetto
meschino
,
-
bagni
,
scuole
,
mausolei
,
ospizi
,
cucine
pei
poveri
.
-
che
nascondono
l
'
antica
forma
architettonica
della
basilica
.
Non
si
vede
che
una
mole
pesante
,
irregolare
,
di
color
scialbo
,
nuda
come
una
fortezza
,
e
non
tanto
grande
all
'
apparenza
,
da
far
supporre
a
chi
non
lo
sappia
che
vi
sia
dentro
il
vano
immenso
della
navata
di
Santa
Sofia
.
Della
basilica
antica
non
apparisce
propriamente
che
la
cupola
,
la
quale
pure
ha
perduto
lo
splendore
argentino
che
si
vedeva
,
a
detta
dei
Greci
,
dalla
sommità
dell
'
Olimpo
.
Tutto
il
rimanente
è
musulmano
.
Un
minareto
fu
innalzato
da
Maometto
il
Conquistatore
,
un
altro
da
Selim
II
,
gli
altri
due
dal
terzo
Amurat
.
Dello
stesso
Amurat
sono
i
contrafforti
innalzati
sulla
fine
del
sedicesimo
secolo
per
sostenere
i
muri
stati
scossi
da
un
terremoto
,
e
la
smisurata
mezzaluna
di
bronzo
,
piantata
sulla
sommità
della
cupola
,
di
cui
la
sola
doratura
costò
cinquantamila
ducati
.
L
'
antico
atrio
è
sparito
;
il
battisterio
convertito
in
mausoleo
di
Mustafà
e
d
'
Ibraim
I
quasi
tutti
gli
altri
piccoli
edifizii
annessi
alla
chiesa
greca
,
o
distrutti
,
o
nascosti
da
nuovi
muri
,
o
trasformati
in
maniera
che
non
si
riconoscono
.
Da
tutte
le
parti
la
moschea
stringe
,
opprime
e
maschera
la
chiesa
,
che
non
ha
più
libero
che
il
capo
,
sul
quale
però
vigilano
,
come
quattro
sentinelle
gigantesche
i
quattro
minareti
imperiali
.
Dalla
parte
d
'
Oriente
v
'
è
una
porta
ornata
di
sei
colonne
di
porfido
e
di
marmo
;
a
mezzogiorno
un
'
altra
porta
per
cui
s
'
entra
in
un
cortile
,
circondato
d
'
edifìci
bassi
e
disuguali
,
in
mezzo
al
quale
zampilla
una
fontana
per
le
abluzioni
,
coperta
da
un
tempietto
arcato
,
sostenuto
da
otto
colonnine
.
A
guardarla
di
fuori
,
non
si
distinguerebbe
Santa
Sofia
dalle
altre
grandi
moschee
di
Stambul
,
se
non
perché
è
meno
bianca
e
meno
leggiera
;
e
molto
meno
passerebbe
pel
capo
che
sia
quello
"
il
maggior
tempio
del
mondo
dopo
San
Pietro
"
.
Le
nostre
guide
ci
condussero
,
per
una
stradicciuola
che
fiancheggia
il
lato
settentrionale
dell
'
edifizio
,
a
una
porta
di
bronzo
che
girò
lentamente
sui
cardini
,
ed
entrammo
nel
vestibolo
.
Questo
vestibolo
,
che
è
una
lunghissima
ed
altissima
sala
,
rivestita
di
marmo
e
ancora
luccicante
qua
e
là
degli
antichi
mosaici
,
dà
accesso
alla
navata
dal
lato
orientale
per
nove
porte
,
e
dal
lato
opposto
metteva
anticamente
,
per
altre
cinque
porte
,
in
un
altro
vestibolo
,
che
per
altre
tredici
porte
comunicava
coll
'
atrio
.
Appena
oltrepassata
la
soglia
,
mostrammo
il
nostro
firmano
d
'
entrata
a
un
sacrestano
in
turbante
,
infilammo
le
pantofole
,
e
a
un
cenno
delle
guide
,
ci
avvicinammo
,
trepidando
,
alla
porta
di
mezzo
del
lato
orientale
,
che
ci
aspettava
spalancata
.
Messo
appena
il
piede
nella
navata
,
rimanemmo
tutti
e
due
come
inchiodati
.
Il
primo
effetto
,
veramente
,
è
grande
e
nuovo
.
Si
abbraccia
con
uno
sguardo
un
vuoto
enorme
,
un
'
architettura
ardita
di
mezze
cupole
che
paion
sospese
nell
'
aria
,
di
pilastri
smisurati
,
di
archi
giganteschi
,
di
colonne
colossali
,
di
gallerie
,
di
tribune
,
di
portici
,
su
cui
scende
da
mille
grandi
finestre
un
torrente
di
luce
;
un
non
so
che
di
teatrale
e
di
principesco
,
più
che
di
sacro
;
una
ostentazione
di
grandezza
e
di
forza
,
un
'
aria
d
'
eleganza
mondana
,
una
confusione
di
classico
,
di
barbaro
,
di
capriccioso
,
di
presuntuoso
,
di
magnifico
;
una
grande
armonia
,
in
cui
,
alle
note
tonanti
e
formidabili
dei
pilastri
e
degli
archi
ciclopici
,
che
rammentano
le
cattedrali
nordiche
,
si
mescono
gentili
e
sommesse
cantilene
orientali
,
musiche
clamorose
dei
conviti
di
Giustiniano
e
d
'
Eraclio
,
echi
di
canti
pagani
,
voci
fioche
d
'
un
popolo
effeminato
e
stanco
,
e
grida
lontane
di
Vandali
,
d
'
Avari
e
di
Goti
;
una
grande
maestà
sfregiata
,
una
nudità
sinistra
,
una
pace
profonda
;
un
'
idea
della
basilica
di
San
Pietro
raccorciata
e
intonacata
,
e
della
basilica
di
San
Marco
ingigantita
e
deserta
;
un
misto
non
mai
veduto
di
tempio
,
di
chiesa
e
di
moschea
,
d
'
aspetti
severi
e
d
'
ornamenti
puerili
,
di
cose
antiche
e
di
cose
nove
,
e
di
colori
disparati
,
e
d
'
accessorii
sconosciuti
e
bizzarri
;
uno
spettacolo
,
insomma
,
che
desta
un
sentimento
di
stupore
insieme
e
di
rammarico
,
e
fa
stare
per
qualche
tempo
coll
'
animo
incerto
,
come
cercando
una
parola
che
esprima
ed
affermi
il
proprio
pensiero
.
L
'
edifizio
è
fabbricato
sopra
un
rettangolo
quasi
equilatero
,
nel
mezzo
del
quale
s
'
innalza
la
cupola
maggiore
,
sorretta
da
quattro
grandi
archi
,
i
quali
posano
su
quattro
pilastri
altissimi
,
che
sono
come
l
'
ossatura
di
tutta
la
basilica
.
Ai
due
archi
che
si
presentano
in
faccia
a
chi
entra
,
si
appoggiano
due
grandi
semicupole
,
le
quali
coprono
tutta
la
navata
,
e
ciascuna
d
'
esse
s
'
apre
in
altre
due
semicupole
minori
,
che
formano
come
quattro
tempietti
rotondi
nel
grande
tempio
.
Fra
i
due
tempietti
della
parte
opposta
all
'
entrata
,
s
'
apre
l
'
abside
,
pure
coperta
da
una
vôlta
a
quarto
di
sfera
.
Sono
dunque
sette
mezze
cupole
che
fanno
corona
alla
cupola
maggiore
,
due
sotto
questa
,
e
cinque
sotto
quelle
due
,
senza
punto
d
'
appoggio
apparente
,
in
modo
che
presentano
tutte
insieme
un
aspetto
di
leggerezza
meravigliosa
,
e
sembrano
davvero
,
come
disse
un
poeta
greco
,
appese
per
sette
fili
alla
volta
del
cielo
.
Tutte
queste
cupole
sono
rischiarate
da
grandi
finestre
arcate
e
simmetriche
.
Fra
i
quattro
pilastri
enormi
che
formano
un
quadrato
nel
mezzo
della
basilica
,
s
'
alzano
,
a
destra
e
a
sinistra
di
chi
entra
,
otto
meravigliose
colonne
di
breccia
verde
,
su
cui
s
'
incurvano
degli
archi
graziosi
scolpiti
a
fogliami
,
che
formano
un
porticato
elegantissimo
ai
due
lati
della
navata
,
e
sorreggono
a
una
grande
altezza
due
vaste
gallerie
,
le
quali
presentano
due
altri
ordini
di
colonne
e
d
'
archi
scolpiti
.
Una
terza
galleria
,
che
comunica
colle
due
prime
,
corre
lungo
tutto
il
lato
dell
'
entrata
,
e
s
'
apre
sulla
navata
con
tre
grandi
archi
,
sostenuti
da
colonne
gemelle
.
Altre
gallerie
minori
,
sostenute
da
colonne
di
porfido
,
tramezzano
i
quattro
tempietti
posti
alle
estremità
della
navata
,
e
sorreggono
altre
colonne
,
sulle
quali
s
'
appoggiano
delle
tribune
.
Questa
è
la
basilica
.
La
moschea
è
come
sparpagliata
nel
suo
seno
e
appiccicata
alle
sue
mura
.
Il
Mirab
,
-
la
nicchia
che
indica
la
direzione
della
Mecca
,
-
è
scavato
in
un
pilastro
dell
'
abside
.
Alla
sua
destra
,
in
alto
,
è
appeso
uno
dei
quattro
tappeti
,
su
cui
Maometto
faceva
le
sue
preghiere
.
Sull
'
angolo
dell
'
abside
più
vicino
al
Mirab
,
in
cima
a
una
scaletta
ripidissima
,
fiancheggiata
da
due
balaustrate
di
marmo
scolpite
con
una
delicatezza
magistrale
,
sotto
un
bizzarro
tetto
conico
,
in
mezzo
a
due
bandiere
trionfali
di
Maometto
II
,
sporge
il
pulpito
dove
sale
il
Ratib
a
leggere
il
Corano
,
con
una
scimitarra
sguainata
nel
pugno
,
per
significare
che
Santa
Sofia
è
moschea
conquistata
.
In
faccia
al
pulpito
v
'
è
la
tribuna
del
Sultano
,
coperta
da
una
graticola
dorata
.
Altri
pulpiti
,
o
specie
di
terrazze
,
munite
di
balaustrate
scolpite
a
giorno
,
e
sorrette
da
colonnine
di
marmo
e
da
archi
arabescati
,
si
stendono
qua
e
là
lungo
i
muri
o
s
'
avanzano
verso
il
mezzo
della
navata
.
A
destra
e
a
sinistra
dell
'
entrata
,
ci
sono
due
enormi
urne
d
'
alabastro
,
rinvenute
fra
le
rovine
di
Pergamo
,
e
fatte
trasportare
a
Costantinopoli
da
Amurat
III
.
Dai
pilastri
,
a
una
grande
altezza
,
pendono
dei
dischi
verdi
smisurati
,
con
iscrizioni
del
Corano
a
caratteri
d
'
oro
.
Di
sotto
sono
attaccate
ai
muri
delle
grandi
cartelle
di
porfido
,
che
portano
scritti
i
nomi
d
'
Allà
,
di
Maometto
e
dei
quattro
primi
Califfi
.
Negli
angoli
formati
dai
quattro
archi
che
sostengono
la
cupola
si
vedono
ancora
le
ali
gigantesche
di
quattro
cherubini
di
musaico
,
ai
quali
è
stato
coperto
il
viso
con
un
rosone
dorato
.
Dalle
volte
delle
cupole
pendono
innumerevoli
cordoni
di
seta
,
che
misurano
quasi
tutta
l
'
altezza
della
basilica
,
e
sostengono
ova
di
struzzo
,
lampade
di
bronzo
cesellato
e
globi
di
cristallo
.
Qua
e
là
si
vedono
dei
leggii
di
legno
a
ìccase
,
intarsiati
di
madreperla
e
di
rame
,
con
su
dei
Corani
manoscritti
.
Il
pavimento
è
coperto
di
tappeti
e
di
stuoie
.
I
muri
son
nudi
,
biancastri
,
giallognoli
,
grigi
oscuri
,
ornati
ancora
in
qualche
punto
di
musaici
scoloriti
.
L
'
aspetto
generale
,
triste
.
La
prima
meraviglia
della
moschea
è
la
grande
cupola
.
Guardandola
dal
mezzo
della
navata
,
par
davvero
di
vedere
,
come
dice
la
Stael
della
cupola
di
San
Pietro
,
un
abisso
sospeso
sul
nostro
capo
.
È
altissima
,
ha
una
circonferenza
enorme
e
la
sua
profondità
non
è
che
un
sesto
del
suo
diametro
;
il
che
la
fa
apparire
anche
più
grande
.
Alla
sua
base
gira
un
terrazzino
;
sopra
il
terrazzino
una
corona
di
quaranta
finestre
ad
arco
.
Sulla
sommità
c
'
è
scritta
la
sentenza
che
pronunciò
Maometto
II
arrestando
il
suo
cavallo
dinanzi
all
'
altar
maggiore
della
basilica
,
il
giorno
della
presa
di
Costantinopoli
:
-
Allà
è
la
luce
del
cielo
e
della
terra
-
;
e
alcune
delle
lettere
,
bianche
su
fondo
oscuro
,
hanno
la
lunghezza
di
nove
metri
.
Come
tutti
sanno
,
questo
prodigio
aereo
non
si
sarebbe
potuto
compiere
coi
materiali
ordinarii
;
le
volte
furon
costrutte
con
pietra
pomice
che
galleggia
sull
'
acqua
e
con
mattoni
dell
'
isola
di
Rodi
,
cinque
dei
quali
pesano
appena
quanto
un
mattone
comune
.
In
ogni
mattone
era
iscritta
la
sentenza
di
Davide
:
-
Deus
in
medio
eius
non
commovebitur
.
Adiuvabit
eam
Deus
vultu
suo
.
-
Ogni
dodici
giri
di
mattoni
,
si
muravano
nella
volta
delle
reliquie
di
santi
.
Mentre
gli
operai
lavoravano
,
i
sacerdoti
cantavano
;
Giustiniano
,
vestito
d
'
una
tunica
di
lino
,
assisteva
;
una
folla
immensa
ammirava
.
E
non
c
'
è
da
stupire
quando
si
pensi
che
la
costruzione
di
questo
"
secondo
firmamento
"
ancora
meraviglioso
ai
giorni
nostri
,
era
un
ardimento
senza
esempio
nel
sesto
secolo
.
Il
volgo
credeva
che
stesse
su
per
incanto
,
e
i
turchi
,
per
molto
tempo
dopo
la
conquista
,
dovettero
,
pregando
nella
moschea
di
Santa
Sofia
,
far
forza
a
sè
stessi
per
volgere
lo
sguardo
ad
Oriente
invece
d
'
innalzarlo
a
quel
"
cielo
di
pietra
"
.
La
cupola
,
infatti
,
copre
circa
la
metà
della
navata
in
modo
che
signoreggia
e
rischiara
tutto
l
'
edifizio
e
da
tutte
le
parti
se
ne
vede
un
segmento
;
e
vai
vai
si
finisce
sempre
per
trovarvisi
sotto
,
e
tornare
per
la
centesima
volta
a
farci
rotear
dentro
il
proprio
sguardo
e
i
propri
pensieri
,
con
un
brivido
di
piacere
acuto
,
che
somiglia
alla
sensazione
del
volo
.
Vista
la
navata
e
la
cupola
,
non
s
'
è
che
cominciato
a
veder
Santa
Sofia
.
Chi
appena
ha
un
'
ombra
di
curiosità
storica
,
per
esempio
,
può
dedicare
un
'
ora
all
'
esame
delle
colonne
.
Qui
ci
sono
le
spoglie
di
tutti
i
templi
del
mondo
.
Le
colonne
di
breccia
verde
che
sostengono
le
due
grandi
gallerie
,
furon
regalate
a
Giustiniano
dai
magistrati
d
'
Efeso
,
e
appartenevano
al
tempio
di
Diana
,
messo
in
fiamme
da
Erostrato
.
Le
otto
colonne
di
porfido
che
s
'
alzano
a
due
a
due
fra
i
pilastri
,
appartenevano
al
tempio
del
Sole
innalzato
da
Aureliano
a
Balbek
.
Altre
colonne
sono
del
tempio
di
Giove
di
Cizico
,
del
tempio
d
'
Helios
di
Palmira
,
dei
templi
di
Tebe
,
d
'
Atene
,
di
Roma
,
della
Troade
,
delle
Cicladi
,
d
'
Alessandria
;
e
presentano
una
varietà
infinita
di
grandezze
e
di
colori
.
Tra
le
colonne
,
le
balaustrate
,
i
piedestalli
,
e
le
lastre
che
rimangono
dell
'
antico
rivestimento
dei
muri
,
si
vedon
marmi
di
tutte
le
cave
dell
'
Arcipelago
,
dell
'
Asia
Minore
,
dell
'
Affrica
e
della
Gallia
.
Il
marmo
del
Bosforo
,
bianco
,
picchiettato
di
nero
,
fa
contrapposto
al
celtico
nero
venato
di
bianco
;
il
marmo
verde
di
Laconia
si
riflette
nel
marmo
azzurro
di
Libia
;
il
porfido
punteggiato
d
'
Egitto
,
il
granito
stellato
di
Tessaglia
,
il
cario
del
monte
Iassi
strisciato
di
bianco
e
di
rosso
,
il
caristio
pallido
screziato
di
ferro
,
mescolano
i
loro
colori
alla
porpora
del
marmo
frigio
,
alla
rosa
del
marmo
di
Synada
,
all
'
oro
del
marmo
di
Mauritania
,
alla
neve
del
marmo
di
Paros
.
A
questa
varietà
di
colori
,
s
'
aggiunge
la
varietà
indescrivibile
delle
forme
dei
fregi
,
dei
cornicioni
,
dei
rosoni
,
dei
balaustri
,
dei
capitelli
d
'
un
bizzarro
stile
corinzio
,
in
cui
s
'
intrecciano
animali
,
fogliami
,
croci
,
chimere
,
e
di
altri
che
non
appartengono
a
nessun
ordine
,
fantastici
di
disegno
e
disuguali
di
grandezza
,
accoppiati
a
casaccio
;
e
dei
fusti
di
colonne
e
dei
piedestalli
ornati
di
sculture
capricciose
,
logorati
dai
secoli
e
scheggiati
dalle
scimitarre
;
che
presentano
tutt
'
insieme
un
aspetto
bizzarro
di
magnificenza
disordinata
e
barbaresca
,
e
sono
il
vilipendio
del
buon
gusto
,
e
non
se
ne
può
staccare
lo
sguardo
.
Stando
nella
navata
,
però
,
non
si
può
comprendere
tutta
la
vastità
della
moschea
.
La
navata
,
infatti
,
non
ne
è
che
una
piccola
parte
.
I
due
porticati
che
sorreggono
le
gallerie
laterali
sono
per
sè
soli
due
grandi
edifizii
,
di
cui
si
potrebbero
fare
due
tempii
.
Ciascuno
d
'
essi
è
diviso
in
tre
parti
,
separate
da
archi
altissimi
.
Qui
pure
colonne
,
architravi
,
pilastri
,
volte
,
tutto
è
enorme
.
Passeggiando
sotto
quelle
arcate
,
s
'
intravvede
appena
,
per
gl
'
interstizii
delle
colonne
del
tempio
d
'
Efeso
,
la
grande
navata
,
e
par
quasi
di
essere
in
un
'
altra
basilica
.
Lo
stesso
effetto
si
prova
dalle
gallerie
a
cui
si
va
per
una
scala
a
spirale
d
'
inclinazione
leggerissima
,
o
piuttosto
per
una
strada
in
salita
,
poichè
non
ci
sono
gradini
,
e
potrebbe
salirvi
comodamente
un
uomo
a
cavallo
.
Le
gallerie
erano
il
"
gineceo
"
ossia
la
parte
della
chiesa
riserbata
alle
donne
;
i
penitenti
stavano
nel
vestibolo
,
il
comune
dei
fedeli
nella
navata
.
Ciascuna
galleria
potrebbe
contenere
la
popolazione
d
'
un
sobborgo
di
Costantinopoli
.
Non
par
più
di
essere
in
una
chiesa
;
par
di
passeggiare
per
la
loggia
d
'
un
teatro
titanico
,
dove
debba
scoppiare
da
un
momento
all
'
altro
un
canto
di
centomila
voci
.
Per
veder
la
moschea
bisogna
affacciarsi
alla
balaustrata
e
allora
tutta
la
grandezza
appare
.
Gli
archi
,
le
volte
,
i
pilastri
,
tutto
è
ingigantito
.
I
dischi
verdi
,
che
parevano
da
misurarsi
colle
braccia
,
coprirebbero
una
casa
.
Le
finestre
sono
portoni
di
palazzi
;
le
ali
dei
cherubini
sono
vele
di
bastimento
;
le
tribune
son
piazze
;
la
cupola
dà
il
capogiro
.
Abbassando
lo
sguardo
si
prova
un
'
altra
meraviglia
.
Non
si
credeva
d
'
essere
saliti
tant
'
alto
.
Il
piano
della
navata
è
giù
in
fondo
a
un
abisso
,
e
i
pulpiti
,
le
urne
di
Pergamo
,
le
stuoie
,
le
lampade
,
sembrano
straordinariamente
rimpicciolite
.
Di
là
si
vede
meglio
che
di
sotto
una
particolarità
curiosa
della
moschea
di
Santa
Sofia
,
ed
è
che
la
navata
non
avendo
la
direzione
precisa
della
Mecca
,
a
cui
i
musulmani
debbono
rivolgersi
pregando
,
tutte
le
stuoie
e
tutti
i
tappeti
sono
disposti
obliquamente
alle
linee
dell
'
edifizio
,
e
offendono
gli
occhi
come
un
madornale
errore
di
prospettiva
.
Di
lassù
si
abbraccia
bene
collo
sguardo
e
col
pensiero
tutta
la
vita
della
moschea
.
Si
vedono
dei
turchi
inginocchiati
sulle
stuoie
colla
fronte
a
terra
;
altri
ritti
come
statue
colle
mani
dinanzi
al
viso
,
come
se
interrogassero
le
rughe
delle
palme
;
alcuni
seduti
a
gambe
incrociate
ai
piedi
d
'
un
pilastro
,
come
se
riposassero
all
'
ombra
d
'
un
albero
;
qualche
donna
velata
,
in
ginocchio
in
un
angolo
solitario
;
dei
vecchi
seduti
dinanzi
ai
leggii
,
che
leggono
il
Corano
;
un
iman
che
fa
recitare
dei
versetti
sacri
a
un
gruppo
di
ragazzi
;
e
qua
e
là
,
sotto
le
arcate
lontane
e
per
le
gallerie
,
iman
,
ratib
,
muezzin
,
servitori
della
moschea
,
in
abiti
strani
,
che
vanno
e
vengono
tacitamente
come
se
non
toccassero
il
pavimento
.
La
melodia
vaga
formata
dalle
voci
sommesse
e
monotone
di
chi
legge
e
di
chi
prega
,
quelle
mille
lampade
bizzarre
,
quella
luce
chiara
ed
eguale
,
quell
'
abside
deserta
,
quelle
vaste
gallerie
silenziose
,
quella
immensità
,
quelle
memorie
,
quella
pace
lasciano
nell
'
animo
un
'
impressione
di
grandezza
e
di
mistero
,
che
nè
la
parola
può
esprimere
nè
il
tempo
può
cancellare
.
Ma
in
fondo
,
come
già
dissi
,
è
un
'
impression
triste
,
e
non
diede
nel
falso
il
grande
poeta
che
paragonò
la
moschea
di
Santa
Sofia
a
un
"
colossale
sepolcro
"
,
perché
da
tutte
le
parti
vi
si
vedono
le
traccie
d
'
una
devastazione
orrenda
,
e
si
prova
maggior
rammarico
pensando
a
ciò
che
fu
,
di
quello
che
si
goda
nell
'
ammirazione
di
ciò
che
è
ancora
.
Quietato
il
sentimento
della
prima
meraviglia
,
il
pensiero
si
slancia
irresistibilmente
nel
passato
.
E
oggi
ancora
,
dopo
tre
anni
,
non
mi
si
affaccia
mai
alla
mente
la
grande
moschea
,
ch
'
io
non
mi
sforzi
di
rappresentarmi
invece
la
chiesa
.
Atterro
i
pulpiti
musulmani
,
levo
le
lampade
e
le
urne
,
stacco
i
dischi
,
e
le
cartelle
di
porfido
,
riapro
le
porte
e
le
finestre
murate
,
raschio
l
'
intonaco
che
copre
le
pareti
e
le
vôlte
,
ed
ecco
la
basilica
intera
e
novissima
,
come
tredici
secoli
or
sono
,
quando
Giustiniano
esclamò
:
-
Gloria
a
Dio
che
m
'
ha
giudicato
degno
di
compiere
quest
'
opera
!
Salomone
,
io
t
'
ho
vinto
!
-
Da
qualunque
parte
si
giri
lo
sguardo
,
tutto
luccica
,
scintilla
e
lampeggia
come
nelle
reggie
fatate
delle
leggende
.
Le
grandi
pareti
,
rivestite
di
marmi
preziosi
,
mandano
dei
riflessi
d
'
oro
,
di
avorio
,
d
'
acciaio
,
di
corallo
,
di
madreperla
;
le
innumerevoli
macchiette
dei
marmi
,
offrono
l
'
aspetto
di
corone
e
di
ghirlande
di
fiori
;
gli
infiniti
mosaici
di
cristallo
danno
ai
muri
,
su
cui
batte
un
raggio
di
sole
,
l
'
apparenza
di
muri
d
'
argento
tempestati
di
diamanti
.
I
capitelli
,
i
cornicioni
,
le
porte
,
i
fregi
degli
archi
sono
di
bronzo
dorato
.
Le
vôlte
dei
porticati
e
delle
gallerie
,
dipinte
a
fuoco
,
offrono
immagini
colossali
d
'
angeli
e
di
santi
in
campo
d
'
oro
.
Dinanzi
ai
pilastri
,
nelle
cappelle
,
accanto
alle
porte
,
in
mezzo
alle
colonne
,
si
drizzano
statue
di
marmo
e
di
bronzo
,
candelabri
enormi
d
'
oro
massiccio
,
vangeli
giganteschi
appoggiati
sopra
leggii
risplendenti
come
sedie
reali
,
alte
croci
d
'
avorio
,
vasi
scintillanti
di
perle
.
In
fondo
alla
navata
non
si
vede
che
un
bagliore
confuso
come
di
molte
cose
che
ardano
.
È
la
balaustrata
del
coro
,
di
bronzo
dorato
;
è
il
pulpito
,
incrostato
di
quarantamila
libbre
d
'
argento
,
che
costò
il
tributo
d
'
un
anno
dell
'
Egitto
;
sono
le
sedie
dei
sette
preti
,
il
trono
del
patriarca
,
il
trono
dell
'
imperatore
,
dorati
,
scolpiti
,
intarsiati
,
imperlati
,
su
cui
,
quando
scende
diritta
la
luce
,
non
si
può
fissare
lo
sguardo
.
Al
di
là
di
questi
splendori
,
nell
'
abside
,
si
vede
uno
sfolgorio
più
vivo
.
È
l
'
altare
,
di
cui
la
mensa
,
sostenuta
da
quattro
colonne
d
'
oro
,
è
fatta
d
'
una
fusione
d
'
argento
,
d
'
oro
,
di
stagno
e
di
perle
,
e
il
ciborio
formato
da
quattro
colonne
d
'
argento
puro
,
sulle
quali
s
'
innalza
una
cupola
d
'
oro
massiccio
,
sormontata
da
un
globo
e
da
una
croce
d
'
oro
del
peso
di
ducento
sessanta
libbre
.
Di
là
dall
'
altare
,
s
'
alza
una
figura
gigantesca
della
divina
Sapienza
che
tocca
il
pavimento
coi
piedi
e
la
vôlta
dell
'
abside
col
capo
.
Su
tutti
questi
tesori
splendono
in
alto
le
sette
mezzecupole
coperte
di
mosaici
di
cristallo
e
d
'
oro
,
e
la
grande
cupola
,
su
cui
s
'
allungano
le
immagini
smisurate
degli
apostoli
,
degli
evangelisti
,
della
Vergine
e
della
Croce
,
tutta
dorata
,
colorita
e
scintillante
,
come
una
vôlta
di
gioielli
e
di
fiori
.
E
cupole
e
colonne
e
statue
e
candelabri
si
specchiano
sull
'
immenso
pavimento
di
marmo
proconnesio
ondulato
,
che
visto
dalle
quattro
porte
principali
,
presenta
l
'
immagine
di
quattro
fiumi
maestosi
,
increspati
dal
vento
.
Così
era
l
'
interno
della
basilica
.
Ma
bisogna
rappresentarsi
ancora
il
grande
atrio
,
circondato
di
colonne
e
di
muri
rivestiti
di
mosaico
,
e
ornato
di
fontane
di
marmo
e
di
statuette
equestri
;
la
torre
da
cui
trentadue
campane
facevano
sentire
i
loro
rintocchi
formidabili
alle
sette
colline
;
le
cento
porte
di
bronzo
decorate
di
bassorilievi
e
d
'
iscrizioni
d
'
argento
;
le
sale
dei
sinodi
,
le
stanze
dell
'
Imperatore
,
le
prigioni
dei
sacerdoti
,
il
battisterio
,
le
vaste
sacristie
riboccanti
di
tesori
,
e
un
labirinto
di
vestiboli
,
di
triclinii
,
di
corridoi
,
di
scale
nascoste
che
giravano
nei
fianchi
dell
'
edifizio
e
conducevano
alle
tribune
o
gli
oratorii
segreti
.
Ora
si
può
immaginare
che
spettacolo
offerisse
una
tale
basilica
nelle
grandi
solennità
di
nozze
imperiali
,
di
concilii
,
d
'
incoronazioni
;
quando
dal
palazzo
enorme
dei
Cesari
,
per
una
strada
fiancheggiata
da
mille
colonne
,
sparsa
di
mirto
e
di
fiori
,
profumata
d
'
incenso
e
di
mirra
,
fra
le
case
ornate
di
vasi
preziosi
e
di
parati
di
seta
,
fra
due
schiere
d
'
azzurri
e
di
verdi
,
fra
i
canti
dei
poeti
e
i
clamori
degli
araldi
che
gridavano
evviva
in
tutte
le
lingue
dell
'
impero
,
veniva
innanzi
l
'
Imperatore
,
colla
tiara
sormontata
da
una
croce
,
imperlato
come
un
idolo
,
seduto
sopra
un
carro
d
'
oro
dalle
tende
di
porpora
,
tirato
da
due
mule
bianche
,
e
circondato
da
un
corteo
di
monarca
persiano
;
e
gli
andava
incontro
il
clero
pomposo
nell
'
atrio
della
basilica
;
e
tutta
quella
turba
di
cortigiani
,
di
scudieri
,
di
logoteti
,
di
protospatari
,
di
drongarii
,
di
conestabili
,
di
generali
eunuchi
,
di
governatori
ladri
,
di
magistrati
venduti
,
di
patrizie
spudorate
,
di
senatori
codardi
,
di
schiavi
,
di
buffoni
,
di
casisti
,
di
mercenarii
d
'
ogni
paese
,
tutta
quella
canaglia
fastosa
,
tutto
quel
putridume
dorato
irrompeva
per
ventisette
porte
nella
navata
illuminata
da
sei
mila
candelabri
;
e
si
vedeva
lungo
la
balaustrata
del
coro
,
sotto
i
portici
e
nelle
tribune
un
via
vai
,
un
rimescolìo
concitato
di
teste
chiomate
e
di
cappe
purpuree
,
uno
sfolgorìo
di
berretti
gemmati
,
di
collane
d
'
oro
,
di
corazze
d
'
argento
,
un
ricambiarsi
di
atti
cerimoniosi
,
un
incrociarsi
d
'
inchini
e
di
sorrisi
,
uno
strascicare
affettato
di
zimarre
di
seta
e
di
spade
di
gala
;
e
un
molle
profumo
riempiva
l
'
aria
;
e
una
immensa
folla
vigliacca
faceva
risonare
le
vôlte
di
grida
di
gioia
e
d
'
applausi
profani
.
Dopo
aver
fatto
in
silenzio
parecchi
giri
per
la
moschea
,
lasciammo
parlare
le
nostre
guide
,
che
cominciarono
col
farci
vedere
le
cappelle
poste
sotto
le
gallerie
e
spogliate
d
'
ogni
cosa
,
come
ogni
altra
parte
della
basilica
.
Alcune
servono
di
tesorerie
,
come
l
'
opistodomo
del
Partenone
,
nelle
quali
i
turchi
che
partono
per
un
lungo
viaggio
o
che
temono
i
ladri
,
depositano
i
loro
denari
e
i
loro
oggetti
preziosi
,
e
ce
li
lasciano
anche
per
anni
sotto
la
guardia
di
Dio
;
altre
,
chiuse
da
un
muro
,
son
convertite
in
infermerie
,
in
cui
aspetta
la
guarigione
o
la
morte
qualche
malato
incurabile
o
qualche
idiota
,
che
fanno
tratto
tratto
risonare
la
moschea
di
grida
lamentevoli
o
di
risate
infantili
.
Di
qui
ci
ricondussero
in
mezzo
alla
navata
,
e
cominciò
il
dracomanno
greco
a
raccontar
le
maraviglie
della
basilica
.
Il
disegno
fu
tracciato
,
è
vero
,
dagli
architetti
Antemio
di
Tralles
e
da
Isidoro
di
Mileto
;
ma
è
un
angelo
che
ne
ha
ispirato
loro
il
primo
concetto
.
È
un
angelo
pure
che
ha
suggerito
a
Giustiniano
di
far
aprire
tre
finestre
nell
'
abside
,
che
rappresentassero
le
tre
persone
della
Trinità
.
Così
le
cento
e
sette
colonne
della
chiesa
rappresentano
le
cento
e
sette
colonne
che
sostengono
la
casa
della
Sapienza
.
Per
radunare
i
materiali
necessarii
alla
costruzione
dell
'
edifizio
,
furono
impiegati
sette
anni
.
Cento
capi
mastri
sopraintendevano
al
lavoro
,
e
diecimila
operai
lavoravano
nello
stesso
tempo
,
cinque
mila
da
una
parte
e
cinque
mila
dall
'
altra
.
I
muri
non
erano
ancora
alti
da
terra
che
pochi
palmi
,
e
già
s
'
era
speso
per
più
di
quattro
cento
cinquanta
quintali
d
'
oro
.
La
spesa
totale
per
il
solo
edifizio
ammontò
a
venticinque
milioni
di
lire
.
La
chiesa
fu
consacrata
dal
Patriarca
cinque
anni
,
undici
mesi
e
dieci
giorni
dopo
che
n
'
era
stata
messa
la
prima
pietra
,
e
Giustiniano
ordinò
in
quell
'
occasione
dei
sacrifizi
,
delle
feste
,
delle
distribuzioni
di
danaro
e
di
viveri
,
che
durarono
due
settimane
.
Qui
prese
la
parola
il
cavas
turco
,
e
fu
per
accennarci
il
pilastro
su
cui
il
sultano
Maometto
II
,
entrando
vincitore
in
Santa
Sofia
,
lasciò
l
'
impronta
sanguinosa
della
mano
destra
come
per
suggellare
la
sua
conquista
.
Poi
ci
mostrò
,
vicino
al
Mirab
,
la
così
detta
finestra
fredda
,
dalla
quale
spira
continuamente
un
'
aria
freschissima
,
che
ispirò
le
più
belle
prediche
ai
più
grandi
dottori
dell
'
Islamismo
.
Ci
fece
vedere
,
a
un
'
altra
finestra
,
la
famosa
pietra
risplendente
,
che
è
una
lastra
di
marmo
diafano
,
la
quale
risplende
come
un
pezzo
di
cristallo
quando
vi
batte
il
raggio
del
sole
.
A
sinistra
di
chi
entra
per
la
porta
dal
lato
settentrionale
,
ci
fece
toccare
la
colonna
che
suda
:
una
colonna
rivestita
di
bronzo
,
della
quale
si
vede
il
marmo
sempre
umido
per
una
piccola
screpolatura
del
rivestimento
.
E
infine
ci
indicò
un
blocco
di
marmo
cavo
,
portato
da
Betlemme
,
nel
quale
si
dice
che
fu
messo
,
appena
nato
,
Sidi
Yssa
"
il
figlio
di
Maria
,
l
'
apostolo
di
Dio
,
lo
spirito
che
da
lui
procede
,
e
che
merita
onore
in
questo
mondo
e
nell
'
altro
"
.
Ma
mi
parve
che
nè
il
turco
nè
il
greco
ci
credessero
molto
.
Prese
ancora
una
volta
la
parola
il
dracomanno
,
passando
dinanzi
a
una
porta
murata
delle
gallerie
,
per
raccontare
la
leggenda
celebre
del
vescovo
,
e
questa
volta
parlò
con
un
accento
di
persuasione
,
che
se
non
era
schietto
,
era
ben
simulato
.
Nel
momento
che
i
turchi
irruppero
nella
chiesa
di
Santa
Sofia
,
un
vescovo
greco
stava
dicendo
la
messa
all
'
altar
maggiore
.
Alla
vista
degl
'
invasori
abbandonò
l
'
altare
,
salì
sulla
galleria
e
,
inseguito
dai
soldati
,
scomparve
per
quella
piccola
porta
,
che
rimase
istantaneamente
chiusa
da
un
muro
di
pietra
.
I
soldati
si
misero
a
percuotere
il
muro
furiosamente
;
ma
non
riuscirono
che
a
lasciarvi
le
traccie
delle
loro
armi
;
furono
chiamati
dei
muratori
;
ma
dopo
aver
lavorato
un
giorno
intero
coi
picconi
e
le
stanghe
,
dovettero
rinunziare
all
'
impresa
;
ci
si
provarono
in
seguito
tutti
i
muratori
di
Costantinopoli
,
e
tutti
caddero
inutilmente
spossati
dinanzi
al
muro
miracoloso
.
Ma
quel
muro
si
aprirà
;
s
'
aprirà
il
giorno
in
cui
la
basilica
profanata
sarà
restituita
al
culto
di
Cristo
,
e
allora
ne
uscirà
il
vescovo
greco
,
vestito
dei
suoi
abiti
pontificali
,
col
calice
in
mano
,
col
volto
radiante
,
e
risaliti
i
gradini
dell
'
altare
,
ripiglierà
la
messa
nel
punto
a
cui
l
'
aveva
lasciata
;
e
quel
giorno
splenderà
l
'
aurora
di
nuovi
secoli
per
la
città
di
Costantino
.
Al
momento
d
'
uscire
,
il
sacrestano
turco
,
che
ci
aveva
seguiti
sino
allora
ciondolando
e
sbadigliando
,
ci
diede
una
manata
di
pezzetti
di
mosaico
che
aveva
staccati
poco
prima
da
un
muro
,
e
il
dracomanno
,
fermandoci
sulla
porta
,
incominciò
il
racconto
,
che
gli
tagliammo
in
bocca
,
della
profanazione
di
Santa
Sofia
.
Ma
non
vorrei
che
altri
lo
tagliasse
in
bocca
a
me
ora
che
la
descrizione
della
basilica
mi
ha
ravvivato
nella
mente
i
particolari
di
quella
scena
.
Appena
sparsa
la
notizia
,
verso
le
sette
della
mattina
,
che
i
turchi
avevano
superate
le
mura
,
una
folla
immensa
s
'
era
rifugiata
in
Santa
Sofia
.
Erano
intorno
a
centomila
persone
:
soldati
fuggiaschi
,
monaci
,
sacerdoti
,
senatori
,
migliaia
di
vergini
fuggite
dai
monasteri
,
famiglie
patrizie
coi
loro
tesori
,
grandi
dignitari
dello
Stato
e
principi
del
sangue
imperiale
,
che
correvano
per
le
gallerie
e
per
la
navata
,
e
si
pigiavano
per
tutti
i
recessi
dell
'
edifizio
,
alla
rinfusa
con
la
feccia
del
volgo
,
cogli
schiavi
,
coi
malfattori
vomitati
dalle
carceri
e
dalle
galere
,
e
tutta
la
basilica
risonava
di
grida
di
terrore
come
un
teatro
affollato
al
divampare
d
'
un
incendio
.
Quando
la
navata
,
tutte
le
gallerie
e
tutti
i
vestiboli
furon
pieni
stipati
,
si
sbarrarono
e
si
asserragliarono
le
porte
,
e
al
frastuono
dei
primi
momenti
succedette
una
quiete
spaventosa
.
Molti
credevano
ancora
che
i
vincitori
non
avrebbero
osato
profanare
la
chiesa
di
Santa
Sofia
;
altri
aspettavano
con
una
stupida
sicurezza
l
'
apparizione
dell
'
Angelo
,
annunziato
dai
profeti
,
il
quale
avrebbe
sterminato
l
'
esercito
musulmano
prima
che
le
avanguardie
arrivassero
alla
colonna
di
Costantino
;
altri
,
saliti
sul
terrazzo
interno
della
grande
cupola
,
spiavano
dalle
finestre
l
'
avanzarsi
del
pericolo
,
e
ne
davano
notizia
coi
cenni
ai
centomila
volti
smorti
che
guardavano
in
su
dalle
gallerie
e
dalla
navata
.
Di
lassù
si
vedeva
un
'
immensa
nuvola
bianca
che
copriva
le
mura
dalle
Blacherne
fino
alla
Porta
dorata
;
e
di
qua
dalle
mura
,
quattro
striscie
lampeggianti
,
che
s
'
avanzavano
fra
le
case
come
quattro
torrenti
di
lava
,
allargandosi
e
rumoreggiando
,
in
mezzo
al
fumo
e
alle
fiamme
.
Erano
le
quattro
colonne
assalitrici
dell
'
esercito
turco
,
che
cacciavano
dinanzi
a
sè
gli
avanzi
disordinati
dell
'
esercito
greco
,
e
convergevano
,
saccheggiando
e
incendiando
,
verso
Santa
Sofia
,
l
'
Ippodromo
e
il
palazzo
imperiale
.
Quando
le
avanguardie
delle
colonne
arrivarono
sulla
seconda
collina
,
gli
squilli
delle
trombe
risonarono
improvvisamente
nella
chiesa
,
e
la
moltitudine
atterrita
cadde
in
ginocchio
.
Ma
anche
in
quei
momenti
,
molti
confidavano
ancora
nell
'
apparizione
dell
'
Angelo
ed
altri
speravano
che
un
sentimento
di
rispetto
e
di
terrore
avrebbe
arrestato
gl
'
invasori
dinanzi
alla
maestà
di
quell
'
enorme
edificio
consacrato
a
Dio
.
Ma
anche
quest
'
ultima
illusione
non
tardò
a
dileguarsi
.
Gli
squilli
delle
trombe
s
'
avvicinarono
,
un
rumore
confuso
di
armi
e
di
grida
,
irrompendo
dalle
mille
finestre
,
riempì
la
basilica
,
e
un
minuto
dopo
rimbombarono
i
primi
colpi
delle
ascie
ottomane
sulle
porte
di
bronzo
dei
vestiboli
.
Allora
quella
immensa
folla
sentì
il
freddo
della
morte
,
e
tutti
si
raccomandarono
a
Dio
.
Le
porte
sfracellate
o
sgangherate
rovinarono
,
e
un
'
orda
selvaggia
di
giannizzeri
,
di
spahì
,
di
timmarioti
,
di
dervis
,
di
sciaù
,
lordi
di
polvere
e
di
sangue
,
trasfigurati
dal
furore
della
battaglia
,
della
rapina
e
dello
stupro
,
apparve
sulle
soglie
.
Al
primo
aspetto
della
grande
navata
sfolgorante
di
tesori
,
gettarono
un
grido
altissimo
di
meraviglia
e
di
gioia
;
poi
irruppero
dentro
come
un
torrente
furioso
.
Una
parte
si
precipitò
sulle
vergini
,
sulle
dame
,
sui
patrizii
,
schiavi
preziosi
,
che
,
istupiditi
dal
terrore
,
porsero
spontaneamente
le
braccia
alle
corde
e
alle
catene
;
gli
altri
piombarono
sulle
ricchezze
della
chiesa
.
I
tabernacoli
furono
predati
,
le
statue
stramazzate
,
i
crocifissi
d
'
avorio
frantumati
;
i
musaici
,
creduti
gemme
,
disfatti
a
colpi
di
scimitarra
,
caddero
in
pioggie
scintillanti
nei
caffettani
e
nelle
cappe
aperte
;
le
perle
dei
vasi
,
scastonate
dalle
punte
dei
pugnali
,
saltellarono
sul
pavimento
inseguite
come
cose
vive
,
e
disputate
a
morsi
e
a
sciabolate
;
l
'
altar
maggiore
andò
disperso
in
mille
rottami
d
'
oro
e
d
'
argento
;
le
seggiole
,
i
troni
,
il
pulpito
,
la
balaustrata
del
coro
scomparvero
come
stritolati
da
una
valanga
di
pietra
.
E
intanto
continuavano
a
irrompere
nella
chiesa
,
a
ondate
sanguinose
,
le
orde
asiatiche
;
e
in
breve
non
si
vide
più
che
un
turbinìo
vertiginoso
di
predoni
briachi
,
camuffati
di
tiare
e
di
abiti
sacerdotali
,
che
agitavano
nell
'
aria
calici
e
ostensorii
,
trascinando
file
di
schiavi
legati
colle
cinture
dorate
dei
pontefici
,
in
mezzo
ai
cammelli
e
ai
cavalli
carichi
di
bottino
,
scalpitanti
sul
pavimento
ingombro
di
scheggie
di
statue
,
di
vangeli
lacerati
e
di
reliquie
di
santi
;
un
'
orgia
forsennata
e
sacrilega
,
accompagnata
da
un
frastuono
orrendo
di
urli
di
trionfo
,
di
minaccie
,
di
nitriti
,
di
risa
,
di
grida
di
fanciulle
e
di
squilli
di
trombe
;
fin
che
tutto
tacque
improvvisamente
,
e
sulla
soglia
della
porta
maggiore
apparve
a
cavallo
Maometto
II
,
circondato
da
una
folla
di
principi
,
di
vizir
e
di
generali
,
superbo
e
impassibile
come
l
'
immagine
vivente
della
vendetta
di
Dio
,
e
rizzandosi
sulle
staffe
,
lanciò
con
voce
tonante
nella
basilica
devastata
la
prima
formula
della
nuova
religione
:
-
Allà
è
la
luce
del
cielo
e
della
terra
!
DOLMA
BAGCÉ
Ogni
venerdì
il
Sultano
va
a
far
le
sue
preghiere
in
una
moschea
di
Costantinopoli
.
Noi
lo
vedemmo
un
giorno
che
andò
alla
moschea
d
'
Abdul
-
Megid
,
posta
sulla
riva
europea
del
Bosforo
,
vicino
al
palazzo
imperiale
di
Dolma
Bagcé
.
Per
andare
a
Dolma
Bagcé
,
da
Galata
,
si
passa
per
il
quartiere
popoloso
di
Top
-
hané
,
fra
una
grande
fonderia
di
cannoni
e
un
vasto
arsenale
;
si
percorre
tutto
il
sobborgo
musulmano
di
Funduclù
,
che
occupa
il
luogo
dell
'
antico
Aïanteion
,
e
si
riesce
in
una
piazza
spaziosa
,
aperta
verso
il
mare
,
di
là
dalla
quale
,
lungo
la
riva
del
Bosforo
,
s
'
innalza
il
palazzo
famoso
dove
risiedono
i
Sultani
.
È
la
più
grande
mole
di
marmo
che
riflettano
le
acque
dello
stretto
dalla
collina
del
Serraglio
alle
bocche
del
Mar
Nero
,
e
non
si
abbraccia
tutta
con
uno
sguardo
che
passandovi
davanti
in
caicco
.
La
facciata
,
che
si
stende
per
la
lunghezza
di
circa
un
mezzo
miglio
italiano
,
è
rivolta
verso
l
'
Asia
,
e
si
vede
biancheggiare
a
una
grande
distanza
fra
l
'
azzurro
del
mare
e
il
verde
cupo
delle
colline
della
riva
.
Non
è
propriamente
un
palazzo
perché
non
c
'
è
un
unico
concetto
architettonico
;
le
varie
parti
sono
slegate
e
vi
si
mescolano
in
una
confusione
non
mai
veduta
lo
stile
arabo
,
il
greco
,
il
gotico
,
il
turco
,
il
romano
,
quello
del
nascimento
;
e
colla
maestà
dei
palazzi
reali
d
'
Europa
,
la
grazia
quasi
femminea
delle
moresche
di
Siviglia
e
di
Granata
.
Piuttosto
che
il
"
palazzo
"
si
potrebbe
chiamare
"
la
città
imperiale
"
come
quella
dell
'
Imperatore
della
China
;
e
più
che
per
la
vastità
,
per
la
forma
,
pare
che
debba
essere
abitato
,
non
da
un
solo
monarca
,
ma
da
dieci
re
fratelli
od
amici
,
che
vi
passino
il
tempo
fra
gli
ozi
e
i
piaceri
.
Dalla
parte
del
Bosforo
presenta
una
serie
di
facciate
di
teatri
o
di
templi
,
sulle
quali
v
'
è
una
profusione
indescrivibile
d
'
ornamenti
,
buttati
via
,
come
dice
un
poeta
turco
,
dalle
mani
d
'
un
pazzo
;
che
rammentano
quelle
favolose
pagode
indiane
,
su
cui
l
'
occhio
si
stanca
al
primo
sguardo
,
e
sembrano
l
'
immagine
degli
infiniti
capricci
amorosi
e
fastosi
dei
principi
sfrenati
che
vivono
tra
quelle
mura
.
Sono
file
di
colonne
doriche
e
ioniche
,
leggiere
come
aste
di
lancia
;
finestre
inquadrate
in
cornici
a
festoni
e
in
colonnine
accannellate
;
archi
pieni
di
fogliami
e
di
fiori
che
s
'
incurvano
su
porte
coperte
di
ricami
;
terrazze
gentili
coi
parapetti
scolpiti
a
giorno
;
trofei
,
rosoni
,
viticci
;
ghirlande
che
s
'
annodano
e
s
'
intrecciano
,
vezzi
di
marmo
che
s
'
affollano
sui
cornicioni
,
lungo
le
finestre
,
intorno
a
tutti
i
rilievi
;
una
rete
d
'
arabeschi
che
si
stende
dalle
porte
ai
frontoni
,
una
fioritura
,
uno
sfarzo
e
una
finezza
di
fregi
e
di
gale
architettoniche
,
che
danno
ad
ognuno
dei
piccoli
palazzi
di
cui
è
composto
il
grande
edifizio
multiforme
,
l
'
apparenza
d
'
un
prodigioso
lavoro
di
cesellatura
.
Pare
che
non
debba
essere
un
tranquillo
architetto
armeno
quello
che
n
'
ebbe
il
primo
concetto
;
ma
un
sultano
innamorato
il
quale
l
'
abbia
visto
in
sogno
,
dormendo
tra
le
braccia
della
più
ambiziosa
delle
sue
amanti
.
Dinanzi
si
stende
una
fila
di
pilastri
monumentali
di
marmo
bianco
,
uniti
da
cancellate
dorate
,
che
rappresentano
un
intreccio
delicatissimo
di
rami
e
di
fiori
,
e
che
viste
di
lontano
sembrano
cortine
di
trina
,
che
il
vento
debba
portar
via
.
Lunghe
gradinate
marmoree
discendono
dalle
porte
alla
sponda
e
si
nascondono
nel
mare
.
Tutto
è
bianco
,
fresco
,
nitido
come
se
il
palazzo
fosse
fatto
d
'
ieri
.
L
'
occhio
d
'
un
artista
ci
potrà
vedere
mille
errori
d
'
armonia
e
di
gusto
;
ma
l
'
insieme
di
quella
mole
smisurata
e
ricchissima
,
il
primo
aspetto
di
quella
schiera
di
reggie
bianche
come
la
neve
,
niellate
come
gioielli
,
coronate
da
quel
verde
,
riflesse
da
quelle
acque
,
lascia
un
'
impressione
di
potenza
,
di
mistero
e
d
'
amore
,
che
fa
quasi
dimenticare
la
collina
dell
'
antico
Serraglio
.
Quelli
che
ebbero
la
fortuna
di
penetrare
fra
quelle
mura
,
dicono
che
il
di
dentro
corrisponde
alla
facciata
:
che
son
lunghe
sfilate
di
sale
dipinte
a
fresco
di
soggetti
fantastici
e
di
colori
ridenti
,
con
porte
di
cedro
e
d
'
acagiù
scolpite
e
ornate
d
'
oro
,
che
s
'
aprono
su
interminabili
corridoi
rischiarati
da
una
luce
dolcissima
,
dai
quali
si
va
in
altre
sale
colorate
di
foco
da
cupolette
di
cristallo
porporino
,
e
in
stanze
da
bagno
che
sembrano
scavate
in
un
solo
blocco
di
marmo
di
Paros
;
e
di
qui
su
terrazze
aeree
,
che
pendono
sopra
giardini
misteriosi
e
sopra
boschetti
di
cipressi
e
di
rose
,
dai
quali
,
per
lunghe
fughe
di
portici
moreschi
,
si
vede
l
'
azzurro
del
mare
;
e
finestre
,
terrazze
,
loggie
,
chioschetti
,
tutto
ribocca
di
fiori
,
per
tutto
c
'
è
acqua
che
schizza
e
ricasca
in
piogge
vaporose
sulla
verzura
e
sui
marmi
,
e
da
ogni
parte
s
'
aprono
vedute
divine
sul
Bosforo
,
di
cui
l
'
aria
viva
spande
in
tutti
i
recessi
della
reggia
enorme
un
delizioso
fresco
marino
.
Dalla
parte
di
Funduclù
v
'
è
una
porta
monumentale
,
sopraccarica
d
'
ornamenti
;
il
Sultano
doveva
uscire
da
quella
porta
e
attraversare
la
piazza
.
Non
c
'
è
altro
re
sulla
terra
che
abbia
una
così
bella
piazza
per
fare
una
uscita
solenne
dalla
sua
reggia
.
Stando
ai
piedi
della
collina
,
si
vede
da
un
lato
la
porta
del
palazzo
,
che
sembra
un
arco
di
trionfo
d
'
una
regina
;
dall
'
altro
la
moschea
graziosa
di
Abdul
-
Megid
,
fiancheggiata
da
due
minareti
gentili
,
in
faccia
,
il
Bosforo
;
di
là
,
le
colline
dell
'
Asia
,
verdissime
,
picchiettate
d
'
infiniti
colori
dai
chioschi
,
dai
palazzi
,
dalle
moschee
,
dalle
ville
,
che
presentano
l
'
aspetto
d
'
una
grande
città
parata
a
festa
;
più
lontano
,
la
maestà
ridente
di
Scutari
,
colla
sua
corona
funebre
di
cipressi
;
e
fra
le
due
rive
,
un
incrociarsi
continuo
di
legni
a
vela
,
di
navi
da
guerra
imbandierate
,
di
vaporini
affollati
che
paiono
colmi
di
fiori
,
di
bastimenti
asiatici
di
forme
antiche
e
bizzarre
,
di
lancie
del
Serraglio
,
di
barchette
signorili
,
di
stormi
d
'
uccelli
che
radono
le
acque
:
una
bellezza
piena
d
'
allegria
e
di
vita
,
dinanzi
alla
quale
lo
straniero
che
aspetta
l
'
uscita
del
corteo
imperiale
,
non
può
che
immaginare
un
Sultano
bello
come
un
angelo
e
sereno
come
un
fanciullo
.
Mezz
'
ora
prima
,
v
'
erano
già
nella
piazza
due
schiere
di
soldati
vestiti
alla
zuava
,
che
dovevano
far
ala
al
passaggio
del
Sultano
,
e
un
migliaio
di
curiosi
.
Non
c
'
è
nulla
di
più
strano
della
raccolta
di
gente
che
si
vede
per
il
solito
in
quell
'
occasione
.
C
'
erano
ferme
qua
e
là
parecchie
splendide
carrozze
chiuse
,
con
dentro
delle
turche
"
dell
'
alta
signoria
"
guardate
da
giganteschi
eunuchi
a
cavallo
,
immobili
accanto
gli
sportelli
;
alcune
signore
inglesi
in
carrozze
da
nolo
scoperte
;
varii
crocchi
di
viaggiatori
col
cannocchiale
a
tracolla
,
fra
i
quali
vidi
il
contino
conquistatore
dell
'
albergo
di
Bisanzio
,
venuto
forse
,
il
crudele
!
per
fulminare
d
'
uno
sguardo
di
trionfo
il
suo
rivale
potente
e
infelice
.
Tra
la
folla
giravano
parecchie
figure
cappellute
,
con
un
album
sotto
il
braccio
,
che
mi
parvero
disegnatori
venuti
per
schizzare
furtivamente
le
sembianze
imperiali
.
Vicino
alla
banda
musicale
c
'
era
una
bellissima
signora
francese
,
vestita
un
po
'
stranamente
,
d
'
aspetto
e
di
atteggiamenti
arditi
,
che
stava
dinanzi
a
tutti
,
che
doveva
essere
un
'
avventuriera
cosmopolitica
venuta
là
per
dar
nell
'
occhio
al
Gran
Signore
,
poichè
le
si
leggeva
sul
viso
"
la
trepida
gioia
d
'
un
gran
disegno
"
.
C
'
erano
di
quei
vecchi
turchi
,
sudditi
fanatici
e
sospettosi
,
che
non
mancano
mai
al
passaggio
del
loro
Sultano
,
perché
vogliono
proprio
assicurarsi
coi
loro
occhi
che
è
vivo
e
sano
per
la
gloria
e
la
prosperità
dell
'
universo
;
e
il
Sultano
esce
appunto
ogni
venerdì
per
dare
al
suo
buon
popolo
una
prova
della
propria
esistenza
,
potendo
accadere
,
come
accadde
più
volte
,
che
la
sua
morte
naturale
o
violenta
sia
tenuta
segreta
da
una
congiura
di
corte
.
C
'
erano
dei
mendicanti
,
dei
bellimbusti
musulmani
,
degli
eunuchi
sfaccendati
,
dei
dervis
.
Fra
questi
notai
un
vecchio
alto
e
sparuto
,
dagli
occhi
terribili
,
immobile
,
che
guardava
verso
la
porta
del
palazzo
con
un
'
espressione
sinistra
;
e
pensai
che
aspettasse
il
Sultano
per
piantarglisi
davanti
e
gridargli
in
faccia
come
il
dervis
delle
Orientali
al
Pascià
Alì
di
Tepeleni
:
-
Tu
non
sei
che
un
cane
e
un
maledetto
!
-
Ma
di
questi
ardimenti
sublimi
non
si
dà
più
esempio
dopo
la
sciabolata
famosa
di
Mahmud
.
C
'
erano
poi
varii
gruppi
di
donnine
turche
,
in
disparte
,
che
parevano
gruppi
di
maschere
,
e
quella
solita
accozzaglia
di
comparse
da
palco
scenico
che
è
la
folla
di
Costantinopoli
.
Tutte
le
teste
si
profilavano
sull
'
azzurro
del
Bosforo
,
e
probabilmente
tutte
le
bocche
dicevano
le
stesse
parole
.
Si
cominciava
a
parlare
appunto
in
quei
giorni
delle
stravaganze
d
'
Abdul
Aziz
.
Già
da
un
pezzo
si
parlava
della
sua
insaziabile
avidità
di
denaro
.
Il
popolo
diceva
:
-
Mamhud
avido
di
sangue
,
Abdul
-
Megid
di
donne
,
Abdul
-
Aziz
d
'
oro
.
-
Tutte
le
speranze
che
s
'
erano
fondate
su
di
lui
,
principe
imperiale
,
quando
,
ammazzando
un
bue
con
un
pugno
,
diceva
:
-
Così
ammazzerò
la
barbarie
,
-
erano
già
svanite
d
'
un
pezzo
.
Le
tendenze
a
una
vita
semplice
e
severa
,
di
cui
aveva
dato
prova
nei
primi
anni
del
suo
regno
,
amando
,
come
si
diceva
,
una
donna
sola
,
e
ristringendo
inesorabilmente
le
spese
enormi
del
Serraglio
,
non
erano
più
che
una
memoria
.
Forse
erano
anche
anni
ed
anni
che
aveva
smesso
affatto
quegli
studi
di
legislazione
,
d
'
arte
militare
e
di
letteratura
europea
,
di
cui
s
'
era
fatto
tanto
scalpore
,
come
se
in
essi
riposassero
tutte
le
speranze
della
rigenerazione
dell
'
Impero
.
Da
molto
tempo
non
pensava
più
che
a
sè
stesso
.
Ogni
momento
correva
la
voce
di
qualche
sua
escandescenza
contro
il
ministro
delle
finanze
che
non
voleva
o
non
poteva
dargli
tutto
il
denaro
ch
'
egli
avrebbe
voluto
.
Alla
prima
obbiezione
scaraventava
addosso
alla
malcapitata
Eccellenza
il
primo
oggetto
che
gli
cadeva
nelle
mani
,
recitando
per
filo
e
per
segno
,
con
quanta
voce
aveva
in
gola
,
la
formola
antica
del
giuramento
imperiale
:
per
il
Dio
creatore
del
cielo
e
della
terra
,
per
il
profeta
Maometto
,
per
le
sette
varianti
del
Corano
,
per
i
centoventiquattromila
profeti
di
Dio
,
per
l
'
anima
di
mio
nonno
e
per
l
'
anima
di
mio
padre
,
per
i
miei
figli
e
per
la
mia
spada
,
portami
del
danaro
o
faccio
piantare
la
tua
testa
sulla
punta
del
più
alto
minareto
di
Stambul
.
E
per
un
verso
o
per
un
altro
veniva
a
capo
di
quel
che
voleva
,
e
il
danaro
estorto
in
quella
maniera
,
ora
lo
ammucchiava
e
se
lo
covava
gelosamente
come
un
avaro
volgare
,
ora
lo
profondeva
a
piene
mani
in
capricci
puerili
.
Oggi
era
il
capriccio
dei
leoni
,
domani
delle
tigri
,
e
mandava
incettatori
nelle
Indie
e
nell
'
Affrica
;
poi
per
un
mese
filato
cinquecento
pappagalli
facevano
risonare
i
giardini
imperiali
della
stessa
parola
;
poi
gli
pigliava
il
furore
delle
carrozze
e
dei
pianoforti
che
voleva
far
sonare
sorretti
dalla
schiena
di
quattro
schiavi
;
poi
la
mania
dei
combattimenti
dei
galli
,
a
cui
assisteva
con
entusiasmo
,
e
appendeva
di
sua
mano
una
medaglia
al
collo
dei
vincitori
,
e
cacciava
in
esilio
,
di
là
dal
Bosforo
,
i
vinti
;
poi
la
passione
del
gioco
,
dei
chioschi
,
dei
quadri
;
la
corte
pareva
tornata
ai
tempi
del
primo
Ibraim
;
ma
il
povero
principe
non
trovava
pace
,
non
faceva
che
passare
da
una
noja
mortale
a
un
'
inquietudine
tormentosa
;
era
torbido
e
triste
;
pareva
che
presentisse
la
fine
infelice
che
lo
aspettava
.
A
volte
si
ficcava
nel
capo
di
dover
morire
avvelenato
,
e
per
un
pezzo
,
diffidando
di
tutti
,
non
mangiava
più
che
ova
sode
;
altre
volte
,
preso
dal
terrore
degl
'
incendi
,
faceva
togliere
dalle
sue
stanze
tutti
gli
oggetti
di
legno
,
persino
le
cornici
degli
specchi
.
In
quel
tempo
appunto
si
diceva
che
,
per
paura
del
fuoco
,
leggesse
di
notte
al
lume
d
'
una
candela
piantata
in
un
secchio
d
'
acqua
.
E
malgrado
queste
follie
,
di
cui
si
diceva
che
fosse
la
prima
cagione
una
cagione
che
non
c
'
è
bisogno
di
dire
,
egli
conservava
tutta
la
forza
imperiosa
della
volontà
antica
,
e
sapeva
farsi
obbedire
e
faceva
tremare
i
più
arditi
.
La
sola
persona
che
potesse
sull
'
animo
suo
era
sua
madre
,
donna
d
'
indole
altera
e
vana
,
che
nei
primi
anni
del
suo
regno
faceva
coprire
di
tappeti
di
broccato
le
strade
dove
passava
suo
figlio
per
andare
alla
moschea
,
e
il
giorno
dopo
regalava
tutti
quei
tappeti
agli
schiavi
che
li
andavano
a
levare
.
Però
,
anche
nel
disordine
della
sua
vita
affannosa
,
fra
l
'
uno
e
l
'
altro
dei
suoi
grandi
capricci
,
Abdul
Aziz
aveva
pure
dei
capricci
piccolissimi
,
come
quello
di
volere
sopra
una
data
porta
un
dipinto
a
fresco
di
natura
morta
,
con
quei
certi
frutti
e
quei
certi
fiori
,
combinati
in
quella
data
maniera
,
e
prescriveva
accuratamente
ogni
cosa
al
pittore
,
e
stava
là
lungo
tempo
a
contare
le
pennellate
,
come
se
non
avesse
altro
pensiero
al
mondo
.
Di
tutte
queste
bizzarrie
,
frangiate
chi
sa
come
dalle
mille
bocche
del
Serraglio
,
tutta
la
città
parlava
,
e
forse
fin
d
'
allora
s
'
andavano
raccogliendo
le
prime
fila
della
congiura
che
lo
rovesciò
dal
trono
due
anni
dopo
.
La
sua
caduta
,
come
dicono
i
Musulmani
,
era
già
scritta
,
e
con
essa
la
sentenza
che
fu
poi
pronunziata
sopra
di
lui
e
sopra
il
suo
regno
.
La
quale
non
è
molto
diversa
da
quella
che
si
potrebbe
dare
su
quasi
tutti
i
Sultani
degli
ultimi
tempi
.
Principi
imperiali
,
spinti
verso
la
civiltà
europea
da
un
'
educazione
superficiale
,
ma
varia
e
libera
,
e
dal
fervore
della
giovinezza
desiderosa
di
novità
e
di
gloria
,
vagheggiano
,
prima
di
salire
sul
trono
,
grandi
disegni
di
riforme
e
di
rinnovamenti
,
e
fanno
il
proposito
fermo
e
sincero
di
dedicare
a
quel
fine
tutta
la
loro
vita
,
che
dovrà
essere
una
vita
austera
di
lavoro
e
di
lotta
.
Ma
dopo
qualche
anno
di
regno
e
di
lotte
inutili
,
circondati
da
mille
oracoli
,
inceppati
da
tradizioni
e
da
consuetudini
avversati
dagli
uomini
e
dalle
cose
,
spaventati
dalla
grandezza
non
prima
misurata
dell
'
impresa
,
se
ne
sdanno
sfiduciati
,
per
domandare
ai
piaceri
quello
che
non
possono
avere
dalla
gloria
,
e
perdono
a
poco
a
poco
,
in
una
vita
tutta
sensuale
,
perfino
la
memoria
dei
primi
propositi
e
la
coscienza
del
loro
avvilimento
.
Così
accade
che
al
sorgere
d
'
ogni
nuovo
Sultano
si
faccia
sempre
,
e
non
senza
fondamento
,
un
pronostico
felice
a
cui
segue
sempre
un
disinganno
.
Abdul
-
Aziz
non
si
fece
aspettare
.
All
'
ora
fissata
,
s
'
udì
uno
squillo
di
tromba
,
la
banda
intonò
una
marcia
di
guerra
,
i
soldati
presentarono
le
armi
,
un
drappello
di
lancieri
uscì
improvvisamente
dalla
porta
del
palazzo
,
e
si
vide
apparire
il
Sultano
a
cavallo
,
che
venne
innanzi
lentamente
,
seguito
dal
suo
corteo
.
Mi
passò
dinanzi
a
pochi
passi
,
ed
ebbi
tutto
il
tempo
di
considerarlo
attentamente
.
La
mia
immaginazione
fu
stranamente
delusa
.
Il
re
dei
re
,
il
sultano
scialacquatore
,
violento
,
capriccioso
,
imperioso
,
-
che
era
allora
sui
quarantaquattr
'
anni
,
-
aveva
l
'
aspetto
di
una
buonissima
pasta
di
turco
,
che
si
trovasse
a
fare
il
sultano
senza
saperlo
.
Era
un
uomo
tarchiato
e
grasso
,
un
bel
faccione
con
due
grandi
occhi
sereni
e
una
barba
intera
e
corta
,
già
un
po
'
brizzolata
di
bianco
;
aveva
una
fisonomia
aperta
e
mansueta
,
un
atteggiamento
naturalissimo
,
quasi
trascurato
;
e
uno
sguardo
quieto
e
lento
in
cui
non
appariva
la
minima
preoccupazione
dei
mille
sguardi
che
gli
erano
addosso
.
Montava
un
cavallo
grigio
bardato
d
'
oro
,
di
bellissime
forme
,
tenuto
per
le
briglie
da
due
palafrenieri
sfolgoranti
.
Il
corteo
lo
seguiva
a
grande
distanza
,
e
da
questo
solo
si
poteva
capire
che
era
il
Sultano
.
Il
suo
vestimento
era
modestissimo
.
Aveva
un
semplice
fez
,
un
lungo
soprabito
di
color
scuro
abbottonato
fin
sotto
il
mento
,
un
paio
di
calzoni
chiari
e
gli
stivali
di
marocchino
.
Veniva
innanzi
lentissimamente
,
guardando
intorno
con
un
'
espressione
tra
benevola
e
stanca
,
come
se
volesse
dire
agli
spettatori
:
-
Ah
!
se
sapeste
come
mi
secco
!
-
I
musulmani
s
'
inchinavano
profondamente
;
molti
europei
si
levavano
il
cappello
:
egli
non
restituì
il
saluto
a
nessuno
.
Passando
dinanzi
a
noi
,
diede
uno
sguardo
a
un
ufficiale
d
'
alta
statura
che
lo
salutava
colla
sciabola
,
un
altro
sguardo
al
Bosforo
,
e
poi
uno
sguardo
più
lungo
a
due
giovani
signore
inglesi
che
lo
guardavano
da
una
carrozza
,
e
che
si
fecero
rosse
come
due
fragole
.
Osservai
che
aveva
la
mano
bianca
e
ben
fatta
,
ed
era
appunto
la
mano
destra
,
colla
quale
,
due
anni
dopo
,
si
aperse
le
vene
nel
bagno
.
Dietro
di
lui
passò
uno
stuolo
di
pascià
,
di
cortigiani
,
di
pezzi
grossi
,
a
cavallo
;
quasi
tutti
omaccioni
con
gran
barbe
nere
,
vestiti
senza
pompa
,
silenziosi
,
gravi
,
cupi
,
come
se
accompagnassero
un
convoglio
funebre
;
dopo
,
un
drappello
di
palafrenieri
che
conducevano
a
mano
dei
cavalli
superbi
;
poi
uno
stuolo
d
'
ufficiali
a
piedi
col
petto
coperto
di
cordoni
d
'
oro
;
passati
i
quali
,
i
soldati
abbassarono
le
armi
,
la
folla
si
sparpagliò
per
la
piazza
,
ed
io
rimasi
là
immobile
,
cogli
occhi
fissi
sulla
cima
del
monte
Bulgurlù
,
pensando
alla
singolarissima
condizione
in
cui
si
trova
un
sultano
di
Stambul
.
È
un
monarca
maomettano
,
pensavo
,
e
ha
la
reggia
ai
piedi
di
una
città
cristiana
,
Pera
,
che
gli
torreggia
sul
capo
.
È
sovrano
assoluto
d
'
uno
dei
più
vasti
imperi
del
mondo
,
e
ci
sono
nella
sua
metropoli
,
poco
lontano
da
lui
,
dentro
ai
grandi
palazzi
che
sovrastano
al
suo
Serraglio
,
quattro
o
cinque
stranieri
cerimoniosi
che
la
fanno
da
padroni
in
casa
sua
,
e
che
trattando
con
lui
,
nascondono
sotto
un
linguaggio
reverente
una
minaccia
perpetua
che
lo
fa
tremare
.
Ha
nelle
mani
un
potere
smisurato
,
gli
averi
e
la
vita
di
milioni
di
sudditi
,
il
mezzo
di
soddisfare
i
suoi
più
pazzi
desiderii
,
e
non
può
cambiare
la
forma
della
sua
copertura
di
capo
.
È
circondato
da
un
esercito
di
cortigiani
e
di
guardie
,
che
bacerebbero
l
'
orma
dei
suoi
piedi
,
e
trema
continuamente
per
la
propria
vita
e
per
quella
dei
suoi
figliuoli
.
Possiede
mille
donne
fra
le
più
belle
donne
della
terra
,
ed
egli
solo
,
tra
tutti
i
musulmani
del
suo
impero
,
non
può
dare
la
mano
di
sposo
a
una
donna
libera
,
non
può
aver
che
figli
di
schiave
,
ed
è
chiamato
egli
stesso
:
-
Figlio
di
schiava
,
-
da
quello
stesso
popolo
che
lo
chiama
"
ombra
di
Dio
"
.
Il
suo
nome
suona
riverito
e
terribile
dagli
ultimi
confini
della
Tartaria
agli
ultimi
confini
del
Maghreb
,
e
nella
sua
stessa
metropoli
v
'
è
un
popolo
innumerevole
,
e
sempre
crescente
,
su
cui
non
ha
ombra
di
potere
e
che
si
ride
di
lui
,
della
sua
forza
e
della
sua
fede
.
Su
tutta
la
faccia
del
suo
immenso
impero
,
fra
le
tribù
più
miserabili
delle
provincie
più
lontane
,
nelle
moschee
e
nei
conventi
più
solitarii
delle
terre
più
selvaggie
,
si
prega
ardentemente
per
la
sua
vita
e
per
la
sua
gloria
;
ed
egli
non
può
fare
un
passo
nei
suoi
stati
,
senza
trovarsi
in
mezzo
a
nemici
che
lo
esecrano
e
che
invocano
sul
suo
capo
la
vendetta
di
Dio
.
Per
tutta
la
parte
del
mondo
che
si
stende
dinanzi
alla
sua
reggia
,
egli
è
uno
dei
più
augusti
e
più
formidabili
monarchi
dell
'
universo
;
per
quella
che
gli
si
stende
alle
spalle
,
è
il
più
debole
,
il
più
pusillo
,
il
più
miserevole
uomo
che
porti
una
corona
sul
capo
.
Una
corrente
enorme
d
'
idee
,
di
volontà
,
di
forze
contrarie
alla
natura
e
alle
tradizioni
della
sua
potenza
,
lo
avvolge
,
lo
soverchia
,
trasforma
sotto
di
lui
,
intorno
a
lui
,
suo
malgrado
,
senza
che
se
n
'
avveda
,
consuetudini
,
leggi
,
usi
,
credenze
,
uomini
,
ogni
cosa
.
Ed
egli
è
là
,
tra
l
'
Europa
e
l
'
Asia
,
nel
suo
smisurato
palazzo
bagnato
dal
mare
,
come
in
una
nave
pronta
a
far
vela
,
in
mezzo
a
una
confusione
infinita
d
'
idee
e
di
cose
,
circondato
d
'
un
fasto
favoloso
e
d
'
una
miseria
immensa
,
già
non
più
nè
due
nè
uno
,
non
più
vero
musulmano
,
non
ancora
vero
europeo
,
regnante
sopra
un
popolo
già
in
parte
mutato
,
barbaro
di
sangue
,
civile
d
'
aspetto
,
bifronte
come
Giano
,
servito
come
un
nume
,
sorvegliato
come
uno
schiavo
,
adorato
,
insidiato
,
accecato
,
e
intanto
ogni
giorno
che
passa
spegne
un
raggio
della
sua
aureola
e
stacca
una
pietra
dal
suo
piedestallo
.
A
me
pare
che
se
fossi
in
lui
,
stanco
di
quella
condizione
così
singolare
nel
mondo
,
sazio
di
piaceri
,
stomacato
d
'
adulazioni
,
affranco
dai
sospetti
,
indignato
di
quella
sovranità
malsicura
ed
oziosa
sopra
quel
disordine
senza
nome
,
qualche
volta
,
nell
'
ora
in
cui
l
'
enorme
Serraglio
è
immerso
nel
sonno
,
mi
butterei
a
nuoto
nel
Bosforo
come
un
galeotto
fuggitivo
,
e
andrei
a
passar
la
notte
in
una
taverna
di
Galata
in
mezzo
a
una
brigata
di
marinai
,
con
un
bicchiere
di
birra
in
mano
e
una
pipa
di
gesso
fra
i
denti
,
urlando
la
marsigliese
.
Dopo
una
mezz
'
ora
,
il
Sultano
ripassò
rapidamente
in
carrozza
chiusa
,
seguito
da
un
drappello
d
'
ufficiali
a
piedi
,
e
lo
spettacolo
fu
finito
.
Di
tutto
,
quello
che
mi
fece
un
senso
più
vivo
,
furono
quegli
ufficiali
in
grande
uniforme
,
che
correvano
saltellando
,
come
una
frotta
di
lacchè
,
dietro
la
carrozza
imperiale
.
Non
vidi
mai
una
prostituzione
simile
della
divisa
militare
.
Questo
spettacolo
del
passaggio
del
Sultano
,
è
ora
,
come
si
vede
,
una
cosa
assai
meschina
.
I
sultani
d
'
altri
tempi
uscivano
in
gran
pompa
,
preceduti
e
seguiti
da
un
nuvolo
di
cavalieri
,
di
schiavi
,
di
guardie
dei
giardini
,
d
'
eunuchi
,
di
ciambellani
,
che
visti
di
lontano
,
presentavano
l
'
aspetto
,
come
dicevano
i
cronisti
entusiastici
,
"
d
'
una
vasta
aiuola
di
tulipani
.
"
I
sultani
d
'
oggi
invece
par
che
rifuggano
dalle
pompe
come
da
un
'
ostentazione
teatrale
della
grandezza
perduta
.
Io
mi
domando
sovente
che
cosa
direbbe
uno
di
quei
primi
monarchi
se
,
risorgendo
per
un
momento
dal
suo
sepolcro
di
Brussa
o
dal
suo
turbè
di
Stambul
,
vedesse
passare
uno
di
questi
suoi
nepoti
del
secolo
diciannovesimo
,
insaccato
in
un
soprabito
nero
,
senza
turbante
,
senza
spada
,
senza
gemme
,
in
mezzo
a
una
folla
di
stranieri
insolenti
.
Io
credo
che
arrossirebbe
di
rabbia
e
di
vergogna
,
e
che
in
segno
di
supremo
disprezzo
gli
farebbe
,
come
Solimano
I
ad
Hassan
,
tagliare
la
barba
a
colpi
di
scimitarra
,
che
è
la
più
crudele
ingiuria
che
si
passa
fare
a
un
osmano
.
E
veramente
,
fra
i
sultani
d
'
ora
e
quei
primi
,
i
cui
nomi
risonarono
in
Europa
tra
il
secolo
XII
e
il
XVI
come
scoppi
di
folgore
,
corre
la
stessa
differenza
che
tra
l
'
impero
ottomano
dei
nostri
giorni
e
quello
dei
primi
secoli
.
Quelli
raccoglievano
davvero
in
sè
la
gioventù
,
la
bellezza
e
il
vigore
della
loro
razza
;
e
non
erano
soltanto
un
'
immagine
vivente
del
proprio
popolo
,
una
bella
insegna
,
una
perla
preziosa
della
spada
dell
'
islamismo
;
ma
ne
costituivano
per
sè
soli
una
vera
forza
,
e
tale
,
che
non
c
'
è
chi
possa
disconoscere
nelle
loro
qualità
personali
una
delle
cagioni
più
efficaci
del
meraviglioso
incremento
della
potenza
ottomana
.
Il
più
bel
periodo
è
quello
della
prima
giovinezza
della
dinastia
che
abbraccia
centonovantatrè
anni
da
Osmano
a
Maometto
II
.
Quella
fu
davvero
una
catena
di
principi
fortissimi
,
e
fatta
una
sola
eccezione
,
e
tenuto
conto
dei
tempi
e
delle
condizioni
della
razza
,
austeri
e
saggi
e
amati
dai
propri
sudditi
;
spesso
feroci
,
ma
di
rado
ingiusti
,
e
sovente
anche
generosi
e
benefici
verso
i
nemici
;
e
tutti
poi
quali
si
capisce
che
dovessero
essere
dei
principi
di
quella
gente
,
belli
e
tremendi
d
'
aspetto
,
leoni
veri
,
come
le
loro
madri
li
chiamavano
"
di
cui
il
ruggito
faceva
tremare
la
terra
.
"
Gli
Abdul
-
Megid
,
gli
Abdul
-
Aziz
,
i
Murad
,
gli
Hamid
non
sono
che
larve
di
padiscià
in
confronto
di
quei
giovani
formidabili
,
figli
di
madri
di
quindici
e
di
padri
di
diciott
'
anni
,
nati
dal
fiore
del
sangue
tartaro
e
dal
fiore
della
bellezza
greca
,
persiana
,
caucasea
.
A
quattordici
anni
comandavano
eserciti
e
governavano
provincie
,
e
ricevevano
in
premio
dalle
proprie
madri
delle
schiave
belle
ed
ardenti
come
loro
.
A
sedici
anni
erano
già
padri
,
a
settanta
lo
diventavano
ancora
.
Ma
l
'
amore
non
infiacchiva
in
loro
la
tempra
gagliardissima
dell
'
animo
e
delle
membra
.
L
'
animo
era
di
ferro
,
dicevano
i
poeti
,
e
il
corpo
era
d
'
acciaio
.
Avevano
tutti
certi
tratti
comuni
,
che
si
perdettero
poi
nei
loro
nepoti
degeneri
:
la
fronte
alta
,
le
sopracciglia
arcate
e
riunite
come
quelle
dei
persiani
,
gli
occhi
azzurrini
dei
figli
delle
steppe
,
il
naso
che
si
curvava
sulla
bocca
purpurea
"
come
il
becco
d
'
un
pappagallo
sopra
una
ciliegia
"
e
foltissime
barbe
nere
,
per
le
quali
i
poeti
del
serraglio
si
stillavano
a
cercar
paragoni
gentili
o
terribili
.
Avevano
"
lo
sguardo
dell
'
aquila
di
monte
Tauro
e
la
forza
del
re
del
deserto
;
colli
di
toro
,
larghissime
spalle
,
petti
sporgenti
che
poteva
contenere
tutta
l
'
ira
guerriera
dei
loro
popoli
"
,
braccia
lunghissime
,
articolazioni
colossali
,
gambe
corte
ed
arcate
,
che
facevano
nitrir
di
dolore
i
più
vigorosi
cavalli
turcomanni
,
e
grandi
mani
irsute
che
palleggiavano
come
canne
le
mazze
e
gli
archi
enormi
dei
loro
soldati
di
bronzo
.
E
portavano
dei
soprannomi
degni
di
loro
:
il
lottatore
,
il
campione
,
la
folgore
,
lo
stritolatore
d
'
ossa
,
lo
spargitore
di
sangue
.
La
guerra
era
dopo
Allà
il
primo
dei
loro
pensieri
,
e
la
morte
era
l
'
ultimo
.
Non
avevano
il
genio
dei
grandi
capitani
,
ma
erano
dotati
tutti
di
quella
prontezza
di
risoluzione
che
quasi
sempre
vi
supplisce
,
e
di
quella
feroce
ostinatezza
che
consegue
non
di
rado
i
medesimi
effetti
.
Trasvolavano
,
come
furie
alate
,
pei
campi
di
battaglia
,
mostrando
di
lontano
le
lunghe
penne
d
'
airone
confitte
nei
turbanti
candidi
,
e
gli
ampi
caffettani
tessuti
d
'
oro
e
di
porpora
,
e
i
loro
urli
selvaggi
ricacciavano
innanzi
le
schiere
macellate
dalla
mitraglia
serba
e
tedesca
,
quando
non
bastavano
più
i
nerbi
di
bue
di
mille
sciaù
furibondi
.
Lanciavano
i
loro
cavalli
a
nuoto
nei
fiumi
mulinando
al
disopra
delle
acque
le
scimitarre
stillanti
di
sangue
;
afferravano
per
la
strozza
e
stramazzavano
di
sella
,
passando
,
i
pascià
infingardi
o
vigliacchi
;
balzavano
giù
da
cavallo
,
nelle
rotte
,
e
piantavano
i
loro
pugnali
scintillanti
di
rubini
nel
dorso
dei
soldati
fuggiaschi
;
e
feriti
a
morte
,
salivano
,
comprimendo
la
ferita
,
sopra
un
rialto
del
campo
,
per
mostrare
ai
loro
giannizzeri
il
volto
smorto
ma
ancora
minacciane
e
imperioso
,
finchè
cadevano
ruggendo
di
rabbia
ma
non
di
dolore
.
Quale
doveva
essere
il
sentimento
di
quelle
loro
giovanette
circasse
o
persiane
appena
uscite
dalla
puerizia
,
quando
per
la
prima
volta
,
la
sera
d
'
un
giorno
di
battaglia
,
sotto
una
tenda
purpurea
,
al
lume
velato
d
'
una
lampada
,
si
vedevano
comparire
davanti
uno
di
quei
sultani
spaventosi
e
superbi
,
inebbriati
dalla
vittoria
e
dal
sangue
?
Ma
allora
essi
diventavano
dolci
e
amorosi
,
e
stringendo
quelle
mani
infantili
nelle
loro
gigantesche
mani
ancora
convulse
dalla
stretta
della
spada
,
cercavano
mille
immagini
dai
fiori
dei
loro
giardini
,
dalle
perle
dei
loro
pugnali
,
dai
più
belli
uccelli
dei
loro
boschi
,
dai
più
bei
colori
delle
aurore
dell
'
Anatolia
e
della
Mesopotamia
per
lodare
la
bellezza
delle
loro
schiave
tremanti
,
fin
che
esse
prendevano
animo
,
e
rispondevano
nel
loro
linguaggio
appassionato
e
fantastico
:
-
Corona
del
mio
capo
!
Gloria
della
mia
vita
!
Mio
dolce
e
tremendo
Signore
!
Che
il
tuo
volto
sia
sempre
bianco
e
splendido
nei
due
mondi
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
!
Che
la
vittoria
ti
segua
da
per
tutto
dove
ti
porterà
il
tuo
cavallo
!
Che
la
tua
ombra
si
stenda
sopra
tutta
la
terra
!
Io
vorrei
essere
una
rosa
per
olezzare
sulla
cima
del
tuo
turbante
,
o
una
farfalla
per
battere
le
ali
sulla
tua
fronte
!
-
E
poi
,
colla
voce
velata
,
raccontavano
a
quei
grandi
amanti
appagati
,
che
s
'
assopivano
sul
loro
seno
,
le
loro
storie
fanciullesche
di
palazzi
di
smeraldo
e
di
montagne
d
'
oro
,
mentre
intorno
alla
tenda
,
per
la
campagna
insanguinata
ed
oscura
,
l
'
esercito
feroce
dormiva
.
Ma
essi
lasciavano
ogni
mollezza
sulla
soglia
dell
'
arem
,
e
uscivano
da
quegli
amori
più
fieri
e
più
ardenti
.
Erano
dolci
nell
'
arem
,
feroci
sul
campo
,
umili
nella
moschea
,
superbi
sul
trono
.
Di
qui
parlavano
un
linguaggio
pieno
d
'
iperboli
sfolgoranti
e
di
minacce
fulminee
,
ed
ogni
loro
sentenza
era
una
sentenza
irrevocabile
che
bandiva
una
guerra
,
o
innalzava
un
uomo
all
'
apice
della
fortuna
,
o
faceva
rotolare
una
testa
ai
piedi
del
trono
,
o
scatenava
un
uragano
di
ferro
o
di
foco
sopra
una
provincia
ribelle
.
Così
turbinando
dalla
Persia
al
Danubio
e
dall
'
Arabia
alla
Macedonia
,
fra
le
battaglie
,
i
trionfi
,
le
caccie
,
gli
amori
,
passavano
dal
fiore
degli
anni
a
una
virilità
più
bollente
e
più
audace
della
giovinezza
,
e
poi
a
una
vecchiaia
della
quale
non
s
'
accorgeva
nè
il
seno
delle
loro
belle
nè
il
dorso
dei
loro
cavalli
nè
l
'
elsa
della
loro
spada
.
E
non
solo
nella
vecchiaia
,
anche
nell
'
età
verde
avveniva
qualche
volta
che
,
oppressi
dal
sentimento
della
loro
mostruosa
potenza
,
sgomentati
tutt
'
a
un
tratto
,
nel
furore
delle
vittorie
e
dei
trionfi
,
dalla
coscienza
d
'
una
responsabilità
più
che
umana
,
e
presi
da
una
specie
di
terrore
nella
solitudine
della
propria
altezza
,
si
volgevano
con
tutta
l
'
anima
a
Dio
,
e
passavano
i
giorni
e
le
notti
nei
recessi
oscuri
dei
loro
giardini
a
comporre
poesie
religiose
,
o
andavano
a
meditare
il
Corano
sulle
rive
del
mare
o
a
ballare
le
ridde
frenetiche
dei
dervis
o
a
macerarsi
coi
digiuni
e
coi
cilicii
nella
caverna
d
'
un
vecchio
eremita
.
E
come
nella
vita
,
così
nella
morte
si
presentarono
quasi
tutti
ai
loro
popoli
in
una
figura
o
venerabile
o
tremenda
,
sia
che
morissero
colla
serenità
dei
santi
come
il
capo
della
dinastia
,
o
carichi
d
'
anni
di
gloria
e
di
tristezza
come
Orkano
,
o
del
pugnale
d
'
un
traditore
come
Murad
I
,
o
nella
disperazione
dell
'
esilio
come
Baiazet
,
o
conversando
placidamente
fra
una
corona
di
dotti
e
di
poeti
come
il
primo
Maometto
,
o
del
dolore
d
'
una
sconfitta
come
il
secondo
Murad
;
e
si
può
dir
con
sicurezza
che
i
loro
fantasmi
minacciosi
sono
quanto
rimarrà
di
più
grande
e
di
più
poetico
sugli
orizzonti
color
di
sangue
della
storia
ottomana
.
LE
TURCHE
È
una
grande
sorpresa
per
chi
arriva
a
Costantinopoli
,
dopo
aver
inteso
parlar
tanto
della
schiavitù
delle
donne
turche
,
il
veder
donne
da
tutte
le
parti
e
a
tutte
le
ore
del
giorno
,
come
in
una
qualunque
città
europea
.
Pare
che
appunto
in
quel
giorno
a
tutte
quelle
rondini
prigioniere
sia
stato
dato
il
volo
per
la
prima
volta
e
che
sia
cominciata
un
'
èra
nuova
di
libertà
per
il
bel
sesso
musulmano
.
La
prima
impressione
è
curiosissima
.
Lo
straniero
si
domanda
,
al
vedere
tutte
le
donne
con
quei
veli
bianchi
e
quelle
lunghe
cappe
di
colori
ciarlataneschi
,
se
son
maschere
o
monache
o
pazze
;
e
siccome
non
se
ne
vede
una
sola
accompagnata
da
un
uomo
,
pare
che
non
debbano
essere
di
nessuno
,
che
siano
tutte
vedove
o
ragazze
,
o
che
appartengano
tutte
a
un
qualche
grande
ritiro
di
"
malmaritate
"
.
Nei
primi
giorni
non
ci
si
può
persuadere
che
tutti
quei
turchi
e
tutte
quelle
turche
che
s
'
incontrano
e
si
toccano
senza
guardarsi
e
senza
accompagnarsi
mai
,
possano
avere
tra
loro
qualcosa
di
comune
.
E
ogni
momento
s
'
è
costretti
a
fermarsi
per
osservare
quelle
strane
figure
e
per
meditare
su
quello
stranissimo
uso
.
Son
queste
dunque
,
si
dice
,
son
proprio
queste
quelle
"
avvincitrici
di
cuori
"
,
quelle
"
fonti
di
piacere
"
,
quelle
"
piccole
foglie
di
rosa
"
e
"
uve
primaticcie
"
e
"
rugiade
del
mattino
"
e
"
aurore
"
e
"
vivificatrici
"
e
"
lune
splendenti
"
di
cui
mille
poeti
ci
hanno
empita
la
testa
?
Queste
le
hanum
e
le
odalische
misteriose
,
che
a
vent
'
anni
,
leggendo
le
ballate
di
Victor
Hugo
all
'
ombra
d
'
un
giardino
,
abbiamo
sognate
tante
volte
,
come
creature
d
'
un
altro
mondo
,
di
cui
un
solo
amplesso
avrebbe
consunto
tutte
le
forze
della
nostra
giovinezza
?
Queste
le
belle
infelici
,
nascoste
dalle
grate
,
vigilate
dagli
eunuchi
,
separate
dal
mondo
,
che
passano
sulla
terra
,
come
larve
,
gettando
un
grido
di
voluttà
e
un
grido
di
dolore
?
Vediamo
che
cosa
c
'
è
ancora
di
vero
in
tutta
questa
poesia
.
-
Prima
di
tutto
,
il
viso
della
donna
turca
non
è
più
un
mistero
,
e
perciò
una
gran
parte
della
poesia
che
la
circondava
è
svanita
.
Quel
velo
geloso
che
,
secondo
il
Corano
,
doveva
essere
"
un
segno
della
sua
virtù
e
un
freno
ai
discorsi
del
mondo
"
,
non
è
più
che
un
'
apparenza
.
Tutti
sanno
come
è
fatto
il
jasmac
.
Sono
due
grandi
veli
bianchi
,
di
cui
uno
,
stretto
intorno
al
capo
come
una
benda
,
copre
la
fronte
fino
alle
sopracciglia
,
s
'
annoda
dietro
,
nei
capelli
,
al
di
sopra
della
nuca
,
e
ricade
sulla
schiena
,
in
due
lembi
,
fino
alla
cintura
;
l
'
altro
copre
tutta
la
parte
inferiore
del
viso
,
e
va
ad
annodarsi
col
primo
,
in
modo
che
par
tutto
un
velo
solo
.
Ma
questi
due
veli
,
che
dovrebbero
essere
di
mussolina
e
stretti
in
maniera
da
non
lasciar
vedere
che
gli
occhi
e
la
sommità
delle
guancia
,
sono
invece
di
tulle
radissimo
,
e
allentati
tanto
,
che
lasciano
vedere
non
solo
il
viso
,
ma
gli
orecchi
,
il
collo
,
le
treccie
,
e
spesso
anche
i
cappellini
all
'
europea
,
ornati
di
penne
e
di
fiori
,
che
portano
le
signore
"
riformate
"
.
E
perciò
accade
appunto
il
contrario
di
quello
che
si
vedeva
una
volta
,
quando
alle
donne
attempate
era
lecito
di
andare
col
viso
un
po
'
più
scoperto
,
e
alle
giovani
era
imposto
di
coprirsi
più
rigorosamente
.
Ora
son
le
giovani
,
e
specialmente
le
belle
,
quelle
che
si
mostrano
meglio
,
e
son
le
vecchie
che
per
ingannare
il
mondo
portano
il
velo
fitto
e
serrato
.
Quindi
un
'
infinità
di
bei
misteri
e
di
belle
sorprese
,
raccontate
dai
romanzieri
e
dai
poeti
,
non
sono
più
possibili
;
ed
è
una
fiaba
,
fra
le
altre
,
quella
che
lo
sposo
veda
per
la
prima
volta
il
viso
della
sua
sposa
nella
notte
nuziale
.
Ma
fuorchè
il
viso
,
tutto
è
ancora
nascosto
;
non
si
può
intravvedere
nè
il
seno
,
nè
la
vita
,
nè
il
braccio
,
nè
il
fianco
;
il
feregé
nasconde
rigorosamente
ogni
cosa
.
È
una
specie
di
tonaca
,
guernita
d
'
una
pellegrina
,
di
maniche
lunghissime
,
larga
,
senza
garbo
,
cadente
come
un
mantellaccio
dalle
spalle
ai
piedi
,
di
panno
l
'
inverno
,
di
seta
l
'
estate
,
e
tutta
d
'
un
colore
,
quasi
sempre
vivissimo
:
ora
rosso
vivo
,
ora
ranciato
,
ora
verde
;
e
l
'
uno
o
l
'
altro
predomina
d
'
anno
in
anno
,
rimanendo
inalterata
la
forma
.
Ma
benchè
insaccate
in
quel
modo
,
tanta
è
l
'
arte
con
cui
sanno
aggiustarsi
il
jasmac
,
che
le
belle
paiono
bellissime
,
e
le
brutte
graziose
.
Non
si
può
dire
che
cosa
fanno
con
quei
due
veli
,
con
che
grazia
se
li
dispongono
a
corona
e
a
turbante
,
con
che
ampiezza
e
con
che
nobiltà
di
pieghe
li
ravvolgono
e
li
sovrappongono
,
con
che
leggerezza
e
con
che
elegante
trascuranza
li
allentano
e
li
lasciano
cadere
,
come
li
fanno
servire
nello
stesso
tempo
a
mostrare
,
a
nascondere
,
a
promettere
,
a
proporre
degli
indovinelli
e
a
rivelare
inaspettatamente
delle
piccole
meraviglie
.
Alcune
pare
che
abbiano
intorno
al
capo
una
nuvola
bianca
e
diafana
,
che
debba
svanire
ad
un
soffio
;
altre
sembrano
inghirlandate
di
gigli
e
di
gelsomini
;
tutte
paiono
di
pelle
bianchissima
,
e
prendono
da
quei
veli
delle
sfumature
nivee
e
un
'
apparenza
di
morbidezza
e
di
freschezza
che
innamora
.
È
un
'
acconciatura
ad
un
tempo
austera
e
ridente
,
che
ha
qualche
cosa
di
sacerdotale
e
di
virgineo
;
sotto
la
quale
pare
che
non
debbano
nascere
che
pensieri
gentili
e
capricci
innocenti
....
Ma
vi
nasce
un
po
'
d
'
ogni
cosa
.
-
È
difficile
definire
la
bellezza
della
donna
turca
.
Posso
dire
che
quando
ci
penso
vedo
un
viso
bianchissimo
,
due
occhi
neri
,
una
bocca
purpurea
e
un
'
espressione
di
dolcezza
.
Quasi
tutte
però
son
dipinte
.
S
'
imbiancano
il
viso
con
pasta
di
mandorle
e
di
gelsomino
,
s
'
ingrandiscono
le
sopracciglia
con
inchiostro
di
china
,
si
tingono
le
palpebre
,
s
'
infarinano
il
collo
,
si
fanno
un
cerchio
nero
intorno
agli
occhi
,
si
mettono
dei
nei
sulle
guance
.
Ma
fanno
questo
con
garbo
;
non
come
le
belle
di
Fez
,
che
si
danno
delle
pennellate
da
imbianchini
.
La
maggior
parte
hanno
un
bel
contorno
ovale
,
un
nasino
un
po
'
arcato
,
le
labbra
grossette
,
il
mento
rotondo
,
colla
fossetta
;
molte
hanno
le
fossette
anche
nelle
guance
;
un
bel
collo
lunghetto
e
flessibile
;
e
mani
piccine
,
quasi
sempre
coperte
,
peccato
,
dalle
maniche
della
cappa
.
Quasi
tutte
poi
sono
grassotte
e
moltissime
di
statura
più
che
mezzana
:
rarissime
le
acciughe
e
i
crostini
dei
nostri
paesi
.
Se
hanno
un
difetto
comune
,
è
quello
di
camminar
curve
e
un
po
'
scomposte
,
con
una
certa
cascaggine
di
bambolone
cresciute
tutt
'
a
un
tratto
;
il
che
deriva
,
si
dice
,
da
una
mollezza
di
membra
,
di
cui
è
cagione
l
'
abuso
del
bagno
,
ed
anche
un
po
'
dalla
calzatura
disadatta
.
Si
vedono
,
infatti
,
delle
donnine
elegantissime
,
che
debbono
avere
un
piedino
di
nulla
,
calzate
di
babbuccie
da
uomo
o
di
stivaletti
lunghi
,
larghi
e
aggrinziti
,
che
una
pezzente
europea
sdegnerebbe
.
Ma
anche
in
quella
brutta
andatura
hanno
un
certo
garbo
fanciullesco
che
,
quando
ci
si
è
fatto
l
'
occhio
,
non
dispiace
.
Non
si
vede
nessuna
di
quelle
figure
impettite
,
di
quelle
mostre
da
modista
,
così
frequenti
nelle
città
europee
,
che
vanno
a
passetti
di
marionetta
,
e
che
par
che
saltellino
sopra
uno
scacchiere
.
Non
hanno
ancora
perduto
la
pesantezza
e
la
trascuranza
naturale
dell
'
andatura
orientale
,
e
se
la
perdessero
,
riuscirebbero
forse
più
maestose
,
ma
meno
simpatiche
.
Si
vedono
delle
figure
bellissime
e
di
bellezza
infinitamente
svariata
,
poichè
c
'
entra
col
sangue
turco
,
il
sangue
circasso
,
l
'
arabo
,
il
persiano
.
Ci
sono
delle
matrone
di
trent
'
anni
,
di
forme
opulente
,
che
il
feregé
non
basta
a
nascondere
,
altissime
,
con
grandi
occhi
scuri
,
colle
labbra
tumide
,
colle
narici
dilatate
,
-
pezzi
di
hanum
da
far
tremare
cento
schiave
con
uno
sguardo
,
-
vedendo
le
quali
,
par
davvero
una
ridicola
e
temeraria
spacconata
quella
dei
signori
turchi
che
pretendono
d
'
esser
quattro
volte
mariti
.
Ce
n
'
è
dell
'
altre
,
piccolette
e
paffutelle
,
che
han
tutto
rotondo
-
volto
,
occhi
,
naso
,
bocca
-
ed
un
'
aria
così
queta
,
così
benevola
,
così
bambina
,
un
'
apparenza
di
rassegnazione
così
docile
al
loro
destino
,
di
non
essere
che
un
trastullo
e
una
ricreazione
,
che
passandogli
accanto
,
vi
verrebbe
voglia
di
mettergli
in
bocca
una
caramella
.
Ci
son
poi
anche
le
figurine
svelte
,
sposine
di
sedici
anni
,
ardite
e
vivacissime
,
cogli
occhi
pieni
di
capricci
e
d
'
astuzie
,
che
fanno
pensare
con
un
sentimento
di
pietà
al
povero
effendi
che
le
ha
da
tenere
in
freno
e
al
disgraziato
eunuco
che
le
deve
tener
d
'
occhio
.
E
la
città
si
presta
mirabilmente
a
inquadrare
,
per
dir
così
,
la
loro
bellezza
e
il
loro
vestiario
.
Bisogna
vedere
una
di
quelle
figurine
col
velo
bianco
e
col
feregé
purpureo
,
seduta
in
un
caicco
,
in
mezzo
all
'
azzurro
del
Bosforo
;
o
adagiata
sull
'
erba
,
in
mezzo
al
verde
bruno
d
'
un
cimitero
;
o
anche
meglio
,
vederla
venir
giù
per
una
stradetta
ripida
e
solitaria
di
Stambul
,
chiusa
in
fondo
da
un
grande
platano
,
quando
tira
vento
,
e
i
veli
e
il
feregé
svolazzano
,
e
scoprono
collo
,
piedino
e
calzina
;
e
v
'
assicuro
che
in
quel
momento
,
se
fosse
sempre
in
vigore
l
'
indulgente
decreto
di
Solimano
il
Magnifico
,
che
multa
d
'
un
aspro
ogni
bacio
dato
alla
moglie
e
alla
figliola
altrui
,
allungherebbe
un
calcio
all
'
avarizia
anche
Arpagone
.
E
non
c
'
è
caso
che
quando
tira
vento
,
la
donna
turca
s
'
affanni
a
tener
basso
il
feregé
,
perché
il
pudore
delle
musulmane
non
va
più
in
giù
delle
ginocchia
,
e
s
'
arresta
qualche
volta
assai
prima
.
-
Una
cosa
che
stupisce
,
sulle
prime
,
è
la
loro
maniera
di
guardare
e
di
ridere
,
che
scuserebbe
qualunque
giudizio
più
temerario
.
Accade
spessissimo
che
un
giovane
europeo
,
guardando
fisso
una
donna
turca
,
anche
di
alto
bordo
,
sia
ricambiato
con
uno
sguardo
sorridente
o
con
un
sorriso
aperto
.
Non
è
raro
nemmeno
che
una
bella
hanum
in
carrozza
,
faccia
,
di
nascosto
all
'
eunuco
,
un
saluto
grazioso
colla
mano
a
un
giovanotto
franco
a
cui
si
sia
accorta
di
piacere
.
Qualche
volta
,
in
un
cimitero
o
in
una
strada
appartata
,
una
turca
capricciosa
s
'
arrischia
perfino
a
gettare
un
fiore
passando
,
o
a
lasciarlo
cadere
in
terra
coll
'
intenzione
manifesta
che
sia
raccolto
dal
giaurro
elegante
che
le
vien
dietro
.
Per
questo
un
viaggiatore
fatuo
può
prendere
dei
grandi
abbagli
,
e
ci
sono
infatti
degli
europei
scimuniti
,
che
,
essendo
stati
un
mese
a
Costantinopoli
,
credono
in
buona
fede
d
'
aver
rubata
la
pace
a
un
centinaio
di
sventurate
.
C
'
è
senza
dubbio
,
in
quegli
atti
,
un
'
espressione
ingenua
di
simpatia
;
ma
c
'
entra
in
parte
assai
maggiore
uno
spirito
di
ribellione
,
che
tutte
le
turche
hanno
in
cuore
,
nato
dall
'
uggia
della
soggezione
in
cui
sono
tenute
,
e
al
quale
danno
sfogo
,
come
e
quando
possono
,
in
piccole
monellerie
,
non
fosse
che
per
far
dispetto
,
in
segreto
,
ai
loro
padroni
.
Fanno
in
quel
modo
più
per
fanciullaggine
che
per
civetteria
.
E
la
loro
civetteria
è
d
'
un
genere
singolarissimo
,
che
somiglia
molto
ai
primi
esperimenti
delle
ragazzine
quando
cominciano
ad
accorgersi
d
'
esser
guardate
.
È
un
gran
ridere
,
un
guardare
in
su
colla
bocca
aperta
in
atto
di
stupore
,
un
fingere
d
'
aver
male
al
capo
o
a
una
gamba
,
certi
atti
di
dispetto
il
feregé
che
le
imbarazza
,
certi
scatti
da
scolarette
,
che
sembran
fatti
più
per
far
ridere
che
per
sedurre
.
Mai
un
atteggiamento
da
salotto
o
da
fotografia
.
Quella
po
'
d
'
arte
che
mostrano
è
proprio
un
'
arte
rudimentale
.
Si
vede
,
come
direbbe
il
Tommaseo
,
che
non
hanno
molti
veli
da
gettar
via
;
che
non
sono
abituate
ai
lunghi
amoreggiamenti
,
ad
"
essere
circuite
alla
muta
"
come
le
donne
geroglifiche
del
Giusti
;
e
che
quando
hanno
una
simpatia
,
invece
di
star
lì
tanto
a
sospirare
e
a
girar
gli
occhi
,
direbbero
addirittura
,
se
potessero
esprimere
il
loro
sentimento
:
-
Cristiano
,
tu
mi
piaci
.
-
Non
potendolo
dire
colla
voce
,
glie
lo
dicono
francamente
,
mostrando
due
belle
file
di
perle
luccicanti
,
ossia
ridendogli
sul
viso
.
Sono
belle
tartare
ingentilite
.
-
E
son
libere
:
è
una
verità
che
lo
straniero
tocca
con
mano
appena
arrivato
.
È
una
esagerazione
il
dire
come
Lady
Montague
che
son
più
libere
delle
europee
;
ma
chiunque
è
stato
a
Costantinopoli
non
può
a
meno
di
ridere
quando
sente
parlare
della
loro
"
schiavitù
"
.
Le
signore
,
quando
vogliono
uscire
,
ordinano
agli
eunuchi
di
preparar
la
carrozza
,
escono
senza
chiedere
il
permesso
a
nessuno
,
e
tornano
a
casa
quando
vogliono
,
purchè
sia
prima
di
notte
.
Una
volta
non
potevano
uscire
senz
'
essere
accompagnate
da
un
eunuco
,
o
da
una
schiava
,
o
da
un
'
amica
,
e
le
più
ardite
,
se
non
volevano
altri
,
dovevano
almeno
condur
con
sè
un
figlioletto
,
che
fosse
come
un
titolo
al
rispetto
della
gente
.
Se
qualcheduna
si
faceva
veder
sola
in
un
luogo
appartato
,
era
facilissimo
che
una
guardia
di
città
o
un
qualunque
vecchio
turco
rigorista
la
fermasse
e
le
domandasse
:
-
Dove
vai
?
D
'
onde
vieni
?
Perché
non
hai
nessuno
con
te
?
Così
rispetti
il
tuo
effendi
?
Torna
a
casa
!
-
Ma
ora
escon
sole
a
centinaia
,
e
se
ne
vedono
a
tutte
le
ore
per
le
vie
dei
sobborghi
musulmani
e
della
città
franca
.
Vanno
a
far
visita
alle
amiche
da
un
capo
all
'
altro
di
Stambul
,
vanno
a
passar
delle
mezze
giornate
nelle
case
di
bagni
,
fanno
delle
gite
in
barchetta
,
il
giovedì
alle
Acque
dolci
d
'
Europa
,
la
domenica
alle
acque
d
'
Asia
,
il
venerdì
al
cimitero
di
Scutari
,
gli
altri
giorni
alle
isole
dei
Principi
,
a
Terapia
,
a
Bujukderé
,
a
Kalender
,
a
far
merenda
colle
loro
schiave
,
in
brigatelle
di
otto
o
dieci
;
vanno
a
pregare
alle
tombe
dei
Padiscià
e
delle
Sultane
,
a
vedere
i
conventi
dei
dervis
,
a
visitare
le
mostre
pubbliche
dei
corredi
nuziali
,
e
non
c
'
è
effigie
d
'
uomo
,
non
che
le
accompagni
o
le
segua
,
ma
che
,
se
anche
son
sole
,
ardisca
di
far
loro
un
'
osservazione
.
Vedere
un
turco
in
una
via
di
Costantinopoli
,
non
dico
a
braccetto
,
ma
al
fianco
,
ma
fermo
per
un
momento
a
discorrere
con
una
"
velata
"
,
quando
anche
portassero
scritto
in
fronte
che
son
marito
e
moglie
,
parrebbe
a
tutti
la
più
strana
delle
stranezze
,
o
per
meglio
dire
un
'
impudenza
inaudita
,
come
nelle
nostre
vie
un
uomo
e
una
donna
che
si
facessero
ad
alta
voce
delle
dichiarazioni
d
'
amore
.
Da
questo
lato
le
donne
turche
sono
veramente
più
libere
che
le
europee
,
e
non
si
può
dire
questa
libertà
quanto
la
godano
,
e
con
che
matto
desiderio
corrano
allo
strepito
,
alla
folla
,
alla
luce
,
all
'
aria
aperta
,
esse
che
in
casa
non
vedono
che
un
uomo
solo
,
ed
hanno
finestre
e
giardini
claustrali
.
Escono
e
scorazzano
per
la
città
coll
'
allegrezza
di
prigioniere
liberate
.
C
'
è
da
divertirsi
a
pedinarne
una
a
caso
,
alla
lontana
,
per
vedere
come
sanno
sminuzzarsi
e
raffinarsi
i
piaceri
del
vagabondaggio
.
Vanno
nella
moschea
più
vicina
a
dire
una
preghiera
e
si
fermano
a
cicalare
un
quarto
d
'
ora
con
un
'
amica
sotto
le
arcate
del
cortile
;
poi
al
bazar
a
dare
una
capatina
in
dieci
botteghe
,
e
a
farne
metter
sottosopra
un
paio
,
per
comprare
una
bagattella
;
poi
pigliano
il
tramway
,
scendono
al
mercato
dei
pesci
,
passano
il
ponte
,
si
fermano
a
contemplare
tutte
le
treccie
e
tutte
le
parrucche
dei
parrucchieri
di
via
di
Pera
,
entrano
in
un
cimitero
e
mangiano
un
dolce
sopra
una
tomba
,
ritornano
in
città
,
ridiscendono
al
Corno
d
'
oro
scantonando
cento
volte
e
guardando
colla
coda
dell
'
occhio
ogni
cosa
-
vetrine
,
stampe
,
annunzi
,
signore
che
passano
,
carrozze
,
insegne
,
porte
di
teatri
-
comprano
un
mazzo
di
fiori
,
bevono
una
limonata
da
un
acquaiolo
,
fanno
l
'
elemosina
a
un
povero
,
ripassano
il
Corno
d
'
oro
in
caicco
,
ricominciano
a
far
dei
nastri
per
Stambul
;
poi
pigliano
il
tramway
un
'
altra
volta
,
e
arrivate
sulla
porta
di
casa
,
son
capaci
di
tornare
indietro
,
per
fare
ancora
un
giro
di
cento
passi
intorno
a
un
gruppo
di
casette
;
tale
e
quale
come
i
ragazzi
che
escon
soli
la
prima
volta
,
e
che
in
quell
'
oretta
di
libertà
ci
vogliono
far
entrare
un
po
'
di
tutto
.
Un
povero
effendi
corpulento
che
volesse
tener
dietro
a
sua
moglie
per
scoprire
se
ha
qualche
ripesco
,
rimarrebbe
sgambato
a
mezza
strada
.
-
Per
vedere
il
bel
sesso
musulmano
,
bisogna
andare
un
giorno
di
gran
festa
alle
Acque
dolci
d
'
Europa
,
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
,
o
a
quelle
d
'
Asia
,
vicino
al
villaggio
di
Anaduli
-
Hissar
;
che
sono
due
grandi
giardini
pubblici
,
coperti
da
boschetti
foltissimi
,
attraversati
da
due
piccoli
fiumi
,
e
sparsi
di
caffè
e
di
fontane
.
Là
sopra
un
vasto
piano
erboso
,
all
'
ombra
dei
noci
,
dei
terebinti
,
dei
platani
,
dei
sicomori
,
che
formano
una
successione
di
padiglioni
verdi
,
per
cui
non
passa
un
raggio
di
sole
,
si
vedono
migliaia
di
turche
sedute
a
gruppi
e
a
circoli
,
circondate
di
schiave
,
d
'
eunuchi
,
di
bambini
,
che
merendano
e
folleggiano
per
una
mezza
giornata
,
in
mezzo
a
un
via
vai
di
gente
infinito
.
Appena
giunti
si
rimane
come
trasognati
.
Par
di
vedere
una
festa
del
paradiso
islamitico
.
Quella
miriade
di
veli
bianchissimi
e
di
feregé
scarlatti
,
gialli
,
verdi
e
cinerei
,
quegli
innumerevoli
gruppi
di
schiave
vestite
di
mille
colori
,
quel
formicolìo
di
bimbi
in
costume
di
mascherine
,
i
grandi
tappeti
di
Smirne
distesi
in
terra
,
i
vasellami
argentati
e
dorati
che
passano
di
mano
in
mano
,
i
caffettieri
musulmani
,
in
abito
di
gala
,
che
corrono
in
giro
portando
frutti
e
gelati
,
gli
zingari
che
danzano
,
i
pastori
bulgari
che
suonano
,
i
cavalli
bardati
d
'
oro
e
di
seta
che
scalpitano
legati
agli
alberi
,
i
pascià
,
i
bey
,
i
giovani
signori
che
galoppano
lungo
la
riva
del
fiume
,
il
movimento
della
folla
lontana
che
sembra
il
tremolìo
d
'
un
campo
di
camelie
e
di
rose
,
i
caicchi
variopinti
e
le
carrozze
splendide
che
arrivano
continuamente
a
versare
in
quel
mare
di
colori
altri
colori
,
e
il
suono
confuso
dei
canti
,
dei
flauti
,
delle
zampogne
,
delle
nacchere
,
delle
grida
infantili
,
in
mezzo
a
quella
bellezza
di
verde
e
d
'
ombra
,
svariata
qua
e
là
da
piccole
vedute
luminose
di
paesaggi
lontani
;
presentano
uno
spettacolo
così
festoso
e
così
nuovo
che
al
primo
vederlo
vien
voglia
di
batter
le
mani
e
di
gridare
:
-
Bravissimi
!
-
come
a
scena
di
teatro
.
-
Ed
anche
là
,
malgrado
la
confusione
,
è
rarissimo
il
cogliere
sul
fatto
un
turco
e
una
turca
che
amoreggino
cogli
occhi
o
si
scambino
dei
sorrisi
e
dei
gesti
d
'
intelligenza
.
Là
non
esiste
la
galanteria
coram
populo
come
nei
nostri
paesi
;
non
ci
sono
nè
le
sentinelle
melanconiche
,
che
vanno
e
vengono
sotto
le
finestre
,
nè
le
retroguardie
affannose
che
camminano
per
tre
ore
sulle
orme
delle
loro
belle
.
L
'
amore
si
fa
tutto
in
casa
.
Se
qualche
volta
,
in
una
strada
solitaria
,
si
sorprende
un
giovane
turco
che
guarda
in
su
a
una
finestrina
ingraticolata
dietro
la
quale
scintilla
un
occhietto
nero
o
spunta
una
manina
bianca
,
si
può
esser
quasi
certi
che
è
un
fidanzato
.
Ai
fidanzati
soli
si
permette
il
servizio
di
ronda
e
di
scorta
e
tutte
le
altre
fanciullaggini
dell
'
amore
ufficiale
,
come
quella
di
parlarsi
di
lontano
con
un
fiore
,
con
un
nastro
,
o
per
mezzo
del
colore
d
'
un
vestito
o
di
una
ciarpa
.
E
in
questo
le
turche
sono
maestre
.
Hanno
migliaia
di
oggetti
,
tra
fiori
,
frutti
,
erbe
,
penne
,
pietre
,
ciascuno
dei
quali
possiede
un
significato
convenuto
,
che
è
un
epiteto
o
un
verbo
od
anche
una
proposizione
intera
,
in
modo
che
possono
mettere
insieme
una
lettera
con
un
mazzetto
e
dir
mille
cose
con
una
scatolina
o
una
borsa
piena
di
oggettini
svariatissimi
,
che
paiono
riuniti
a
caso
;
e
siccome
il
significato
d
'
ogni
oggetto
è
per
lo
più
espresso
in
un
verso
,
così
ogni
amante
è
in
grado
di
comporre
una
poesia
amorosa
od
anche
un
poemetto
polimetrico
in
cinque
minuti
.
Un
chiodetto
di
garofano
,
una
striscia
di
carta
,
una
fettina
di
pera
,
un
pezzetto
di
sapone
,
un
fiammifero
,
un
po
'
di
fil
d
'
oro
e
un
grano
di
cannella
e
di
pepe
,
vogliono
dire
:
-
È
molto
tempo
che
t
'
amo
-
,
che
ardo
-
,
che
languisco
-
,
che
muoio
d
'
amore
per
te
.
-
Dammi
un
po
'
di
speranza
-
non
mi
respingere
-
rispondimi
una
parola
.
-
E
oltre
all
'
amore
,
c
'
è
modo
di
dir
mille
cose
:
si
possono
far
dei
rimproveri
,
dar
consigli
,
avvertimenti
,
notizie
;
ed
è
una
grande
occupazione
delle
giovanette
,
al
tempo
dei
primi
palpiti
,
quella
d
'
imparare
questo
frasario
simbolico
,
e
di
comporne
delle
lunghe
lettere
dirette
a
dei
bei
sultani
ventenni
,
veduti
in
sogno
.
E
fanno
lo
stesso
per
il
linguaggio
dei
gesti
,
alcuni
dei
quali
sono
graziosissimi
;
quello
che
fa
l
'
uomo
,
per
esempio
,
fingendo
di
lacerarsi
il
petto
con
un
pugnale
,
che
significa
:
-
Sono
lacerato
dalle
furie
dell
'
amore
-
;
a
cui
la
donna
risponde
lasciando
cader
le
braccia
lungo
i
fianchi
,
in
modo
che
s
'
apra
un
poco
dinanzi
il
feregé
,
che
vuol
dire
:
-
Io
t
'
apro
le
mie
braccia
.
-
Ma
non
c
'
è
forse
un
Europeo
che
abbia
mai
visto
far
queste
cose
;
le
quali
,
d
'
altra
parte
,
sono
oramai
piuttosto
tradizioni
che
usi
;
e
non
s
'
imparano
dai
Turchi
,
i
quali
arrossirebbero
di
parlarne
,
ma
da
qualche
ingenua
hanum
,
che
le
confida
a
qualche
amica
cristiana
.
-
Per
questo
mezzo
pure
si
conosce
il
modo
di
vestire
della
donna
turca
fra
le
pareti
dell
'
arem
,
quel
bel
costume
capriccioso
e
pomposo
,
di
cui
tutti
hanno
un
'
idea
,
e
che
dà
a
ogni
donna
la
dignità
d
'
una
principessa
e
la
grazia
d
'
una
bambina
.
Noi
non
lo
vedremo
mai
,
eccetto
che
la
moda
lo
porti
nei
nostri
paesi
,
perchè
,
se
anche
un
giorno
cadrà
il
feregé
,
le
turche
saranno
allora
vestite
all
'
europea
anche
di
sotto
.
Che
rodimento
per
i
pittori
e
che
peccato
per
tutti
!
Bisogna
raffigurarsi
una
bella
turca
"
svelta
come
un
cipresso
"
e
colorita
"
di
tutte
le
sfumature
dei
petali
della
rosa
"
con
una
berrettina
di
velluto
rosso
o
di
stoffa
argentata
,
un
po
'
inclinata
a
destra
;
colle
treccie
nere
giù
per
le
spalle
;
con
una
veste
di
damasco
bianco
ricamata
d
'
oro
,
colle
maniche
a
gozzi
e
un
lunghissimo
strascico
,
aperta
dinanzi
in
modo
da
lasciar
vedere
due
grandi
calzoni
di
seta
rosea
,
che
cascano
con
mille
pieghe
su
due
scarpettine
ritorte
in
su
alla
chinese
;
con
una
cintura
di
raso
verde
intorno
alla
vita
;
con
diamanti
nelle
collane
,
negli
spilloni
,
nei
braccialetti
,
nei
fermagli
,
nelle
treccie
,
nella
nappina
del
berretto
,
sulle
babbuccie
,
sul
collo
della
camicia
,
sulla
cintura
,
intorno
alla
fronte
;
lampeggiante
da
capo
a
piedi
come
una
madonna
delle
cattedrali
spagnuole
,
e
adagiata
,
in
un
atteggiamento
infantile
,
sopra
un
largo
divano
,
in
mezzo
a
una
corona
di
belle
schiave
circasse
,
arabe
e
persiane
,
ravvolte
,
come
statue
antiche
,
in
grandi
vesti
cadenti
;
-
o
immaginare
una
sposa
"
bianca
come
la
cima
dell
'
Olimpo
"
,
vestita
di
raso
cilestrino
e
tutta
coperta
da
un
grande
velo
intessuto
d
'
oro
,
seduta
sopra
un
'
ottomana
imperlata
,
dinanzi
alla
quale
lo
sposo
,
inginocchiato
sopra
un
tappeto
di
Teheran
,
fa
la
sua
ultima
preghiera
prima
di
scoprire
il
suo
tesoro
;
-
o
rappresentarsi
una
favorita
innamorata
,
che
aspetta
il
suo
signore
nella
stanza
più
segreta
dell
'
arem
,
non
più
vestita
che
della
zuavina
e
dei
calzoncini
,
che
mettono
in
rilievo
tutte
le
grazie
del
suo
corpo
flessibile
,
e
le
danno
l
'
aspetto
d
'
un
bel
paggio
snello
e
elegante
;
e
bisogna
convenire
che
quei
brutti
turchi
"
riformati
"
colla
testa
pelata
e
il
soprabito
nero
,
hanno
assai
più
di
quello
che
meritano
.
Questo
vestiario
di
casa
,
però
,
va
soggetto
ai
capricci
della
moda
.
Le
donne
,
non
avendo
altro
da
fare
,
passano
il
tempo
a
cercare
nuove
acconciature
;
si
coprono
di
gale
e
di
fronzoli
,
si
mettono
penne
e
nastri
nei
capelli
,
bende
intorno
al
capo
,
pelliccie
intorno
al
collo
e
alle
braccia
;
prendono
qualcosa
ad
imprestito
da
tutti
i
vestimenti
orientali
;
mescolano
la
moda
europea
colla
moda
turca
;
si
mettono
delle
parrucche
,
si
tingono
i
capelli
di
nero
,
di
biondo
,
di
rosso
,
si
sbizzarriscono
in
mille
modi
e
gareggiano
fra
di
loro
come
le
più
sfrenate
ambiziose
delle
grandi
città
europee
.
Se
un
giorno
di
festa
,
alle
Acque
dolci
,
si
potessero
far
sparire
con
un
colpo
di
bacchetta
magica
tutti
i
feregé
e
tutti
i
veli
,
si
vedrebbero
probabilmente
delle
turche
vestite
da
regine
asiatiche
,
altre
da
crestaine
francesi
,
altre
da
gran
signore
in
abbigliamento
da
ballo
,
altre
da
mercantesse
in
pompa
magna
,
da
vivandiere
,
da
cavallerizze
,
da
greche
,
da
zingarelle
:
tante
varietà
di
vestiario
quante
se
ne
vedono
nel
sesso
mascolino
sul
ponte
della
Sultana
Validè
.
-
Gli
appartamenti
dove
stanno
queste
belle
e
ricche
maomettane
corrispondono
in
qualche
modo
al
loro
vestiario
seducente
e
bizzarro
.
Le
stanze
riserbate
alle
donne
sono
per
lo
più
in
bei
siti
,
da
cui
si
godono
vedute
meravigliose
sulla
campagna
o
sul
mare
o
sopra
una
gran
parte
di
Costantinopoli
.
Sotto
,
c
'
è
un
giardinetto
chiuso
da
alti
muri
,
rivestiti
d
'
edera
e
di
gelsomini
;
sopra
,
una
terrazza
;
dalla
parte
della
strada
,
dei
camerini
sporgenti
e
vetrati
,
come
i
miradores
delle
case
spagnuole
.
L
'
interno
è
delizioso
.
Sono
quasi
tutte
piccole
sale
:
i
palchetti
coperti
di
stuoie
chinesi
o
di
tappeti
,
i
soffitti
dipinti
di
frutti
e
di
fiori
,
larghi
divani
lungo
le
pareti
,
una
fontanella
di
marmo
nel
mezzo
,
vasi
di
fiori
alle
finestre
,
e
quella
luce
vaga
e
soavissima
,
che
è
tutta
propria
della
casa
orientale
,
una
luce
di
bosco
,
che
so
io
?
di
claustro
,
di
luogo
sacro
e
gentile
,
che
impone
di
camminare
sulla
punta
dei
piedi
,
di
parlar
con
un
filo
di
voce
,
di
non
dire
che
parole
umili
e
dolci
,
di
non
discorrere
che
d
'
amore
o
di
Dio
.
Questa
luce
languida
,
i
profumi
del
giardino
,
il
mormorio
dell
'
acqua
,
le
schiave
che
passano
come
ombre
,
il
silenzio
profondo
che
regna
in
tutta
la
casa
,
le
montagne
dell
'
Asia
di
cui
si
vede
l
'
azzurro
a
traverso
i
fori
delle
grate
e
i
rami
del
caprifoglio
che
fanno
tenda
alle
finestre
,
destano
nelle
europee
,
che
entrano
fra
quelle
mura
per
la
prima
volta
,
un
sentimento
inesprimibile
di
dolcezza
e
di
malinconia
.
La
decorazione
della
maggior
parte
di
questi
arem
è
semplice
e
quasi
severa
;
ma
ve
ne
sono
pure
degli
splendidissimi
,
colle
pareti
coperte
di
raso
bianco
rabescato
d
'
oro
,
coi
soffitti
di
cedro
,
colle
grate
dorate
,
con
suppellettili
preziose
.
Dalle
suppellettili
s
'
indovina
la
vita
.
Non
si
vedono
che
poltrone
,
ottomane
grandi
e
piccine
,
piccoli
tappeti
,
sgabelli
,
panchettini
,
cuscini
di
tutte
le
forme
e
materasse
coperte
di
scialli
e
di
broccati
;
un
mobilio
tutto
mollezza
e
delicature
,
che
dice
in
mille
modi
:
-
Siedi
,
allungati
,
ama
,
addormentati
,
sogna
.
-
Ci
si
trovano
qua
e
là
degli
specchietti
a
mano
e
dei
larghi
ventagli
di
penne
di
struzzo
;
dalle
pareti
pendono
dei
cibuk
cesellati
;
ci
son
gabbie
d
'
uccelli
alle
finestre
,
profumiere
in
mezzo
alle
stanze
,
orologi
a
musica
sui
tavolini
,
balocchi
e
gingilli
d
'
ogni
maniera
,
che
accusano
i
mille
capricci
puerili
d
'
una
donnina
sfaccendata
che
si
secca
.
E
non
c
'
è
soltanto
il
lusso
delle
cose
apparenti
.
Ci
son
case
in
cui
tutto
il
servizio
da
tavola
è
d
'
argento
dorato
,
d
'
oro
massiccio
i
vasi
delle
acque
odorose
,
le
serviette
di
raso
frangiate
d
'
oro
,
e
brillanti
e
pietre
preziose
nelle
posate
,
nelle
tazze
da
caffè
,
nelle
anfore
,
nelle
pipe
,
nelle
tappezzerie
,
nei
ventagli
;
come
ci
son
altre
case
,
e
in
molto
maggior
numero
,
si
capisce
,
in
cui
nulla
o
quasi
nulla
è
mutato
dall
'
antica
tenda
o
capanna
tartara
,
di
cui
tutta
la
masserizia
sta
sul
dorso
di
un
mulo
,
dove
tutto
è
pronto
per
un
nuovo
pellegrinaggio
a
traverso
l
'
Asia
;
case
verginalmente
maomettane
ed
austere
,
nelle
quali
,
quando
sia
giunta
l
'
ora
della
partenza
,
non
suonerà
che
la
voce
pacata
del
padrone
,
che
dirà
:
-
Olsun
!
-
Così
sia
!
-
-
La
casa
turca
è
divisa
,
come
tutti
sanno
,
in
due
parti
:
l
'
arem
e
il
selamlik
.
Il
selamlik
è
la
parte
riserbata
all
'
uomo
.
Qui
egli
ci
lavora
,
ci
desina
,
ci
riceve
gli
amici
,
ci
fa
la
siesta
,
e
ci
dorme
la
notte
quando
amore
"
non
gli
detta
dentro
"
.
La
donna
non
ci
penetra
mai
.
E
come
nel
selamlik
è
padrone
l
'
uomo
,
nell
'
arem
è
padrona
la
donna
.
Essa
ne
ha
l
'
amministrazione
ed
il
governo
e
ci
fa
quello
che
vuole
fuorchè
ricevervi
degli
uomini
.
Quando
non
le
garbi
di
ricevere
suo
marito
,
può
anche
fargli
dire
cortesemente
che
torni
un
'
altra
volta
.
Una
sola
porta
e
un
piccolo
corridoio
divide
per
lo
più
il
selamlik
dall
'
arem
;
eppure
sono
come
due
case
lontanissime
l
'
una
dall
'
altra
.
Gli
uomini
vanno
a
visitar
l
'
effendi
e
le
donne
vanno
a
trovar
la
hanum
senza
incontrarsi
e
senza
sentirsi
,
e
il
più
delle
volte
son
gente
sconosciuti
gli
uni
agli
altri
.
Le
persone
di
servizio
sono
separate
,
e
separate
quasi
sempre
le
cucine
.
Ciascuno
si
diverte
e
scialaqua
per
conto
suo
.
Raramente
il
marito
desina
colla
moglie
,
in
ispecie
quando
ne
ha
più
d
'
una
.
Non
hanno
nulla
di
comune
fuorchè
il
divano
su
cui
s
'
avvicinano
.
L
'
uomo
non
entra
quasi
mai
nell
'
arem
come
marito
,
ossia
come
compagno
e
come
educatore
dei
figliuoli
;
non
v
'
entra
che
come
amante
.
Entrandovi
,
lascia
sulla
soglia
,
se
può
,
tutti
i
pensieri
che
potrebbero
turbare
il
piacere
ch
'
egli
va
a
cercarvi
;
tutta
quella
parte
di
sè
stesso
,
che
non
ha
che
fare
col
suo
desiderio
di
quel
momento
.
Egli
va
là
per
dimenticare
le
cure
o
i
dolori
della
giornata
,
o
piuttosto
per
assopirne
in
sè
il
sentimento
;
non
per
domandar
lume
a
una
mente
serena
e
conforto
a
un
cuore
gentile
.
Nè
la
sua
donna
,
sarebbe
atta
a
quell
'
ufficio
.
Egli
non
si
cura
nemmeno
di
presentarsele
circondato
di
quella
qualsiasi
gloria
d
'
ingegno
o
di
sapere
o
di
potenza
,
che
potrebbe
renderlo
più
amabile
.
A
che
pro
?
Egli
è
il
dio
del
tempio
e
l
'
adorazione
gli
è
dovuta
;
non
ha
bisogno
di
farsi
valere
;
la
preferenza
ch
'
egli
dà
alla
donna
che
ricerca
basta
a
far
sì
ch
'
essa
gli
dia
con
un
sentimento
di
gratitudine
che
sembra
amore
l
'
amplesso
desiderato
da
lui
.
"
Donna
"
per
lui
significa
"
piacere
"
.
Quel
nome
porta
il
suo
pensiero
diritto
a
quel
senso
;
è
anzi
quasi
il
nome
stesso
del
senso
;
e
per
questo
gli
pare
impudico
il
pronunziarlo
,
e
non
lo
pronuncia
mai
;
e
se
ha
da
dire
:
-
M
'
è
nata
una
femmina
-
dice
:
-
M
'
è
nata
una
velata
,
una
nascosta
,
una
straniera
.
-
Così
non
ci
può
essere
un
'
intimità
vera
fra
loro
,
perché
v
'
è
sempre
tra
l
'
uno
e
l
'
altro
come
il
velo
del
senso
,
il
quale
nasconde
quegli
infiniti
segretissimi
recessi
dell
'
anima
,
che
non
si
vedono
se
non
a
traverso
la
limpidezza
d
'
una
famigliarità
lunga
e
tranquilla
.
Oltrechè
la
donna
,
sempre
preparata
alla
visita
,
abbigliata
e
atteggiata
quasi
per
quel
momento
,
intesa
sempre
a
vincere
una
rivale
o
a
conservare
una
predominanza
che
è
continuamente
in
pericolo
,
dev
'
essere
sempre
un
po
'
cortigiana
,
far
forza
a
sè
stessa
perché
tutto
sorrida
intorno
al
suo
signore
,
anche
quando
il
suo
cuore
è
triste
,
mostrargli
sempre
la
maschera
ridente
d
'
una
donna
fortunata
e
felice
,
perché
egli
non
se
ne
uggisca
e
se
ne
sdia
.
Perciò
il
marito
la
conosce
di
rado
come
sposa
,
come
non
ha
e
non
può
averla
conosciuta
figliuola
,
sorella
,
amica
;
come
non
la
conosce
madre
.
Ed
essa
lascia
così
isterilire
a
poco
a
poco
in
sè
medesima
le
qualità
nobili
che
non
può
rivelare
o
che
non
le
sono
pregiate
;
s
'
abitua
a
non
curare
se
non
quello
che
le
si
cerca
,
e
soffoca
spesso
risolutamente
la
voce
del
suo
cuore
e
del
suo
spirito
,
per
trovare
in
una
certa
sonnolenza
di
vita
animalesca
,
se
non
la
felicità
,
la
pace
.
Ha
,
è
vero
,
il
conforto
dei
figliuoli
,
e
il
marito
li
cerca
e
li
abbraccia
dinanzi
a
lei
;
ma
è
un
conforto
amareggiato
dal
pensiero
che
forse
,
un
'
ora
prima
,
egli
ha
baciato
i
figliuoli
d
'
un
'
altra
,
che
bacierà
forse
un
'
ora
dopo
quelli
d
'
una
terza
,
e
che
bacierà
quelli
d
'
una
quarta
tra
qualche
anno
.
L
'
amore
d
'
amante
,
l
'
affetto
di
padre
,
l
'
amicizia
,
la
confidenza
,
tutto
è
diviso
e
suddiviso
,
ed
ha
il
suo
orario
,
i
suoi
riguardi
,
le
sue
misure
,
le
sue
cerimonie
;
quindi
tutto
è
freddo
e
insufficiente
.
E
poi
v
'
è
sempre
in
fondo
qualcosa
di
sprezzante
e
di
mortalmente
ingiurioso
per
la
donna
nell
'
amore
del
marito
che
le
tiene
ai
fianchi
un
eunuco
.
Egli
le
dice
in
sostanza
:
-
Io
t
'
amo
,
tu
sei
"
la
mia
gioia
e
la
mia
gloria
"
,
tu
sei
"
la
perla
della
mia
casa
"
;
ma
sono
sicuro
che
se
questo
mostro
che
ti
sorveglia
fosse
un
uomo
,
tu
ti
prostituiresti
al
tuo
servitore
.
-
Variano
però
grandemente
le
condizioni
della
vita
coniugale
secondo
i
mezzi
pecuniarii
del
marito
,
anche
non
tenuto
conto
di
questo
,
che
chi
non
ha
mezzi
di
mantenere
più
d
'
una
donna
è
costretto
ad
avere
una
moglie
sola
.
Il
ricco
signore
vive
separato
di
casa
e
di
spirito
dalla
moglie
,
perché
può
tenere
un
appartamento
od
anche
una
casa
per
lei
sola
,
e
perchè
,
volendo
ricevere
amici
,
clienti
,
adulatori
,
senza
che
le
sue
donne
sian
viste
o
disturbate
,
è
costretto
ad
avere
una
casa
separata
.
Il
turco
di
mezzo
ceto
,
per
ragioni
d
'
economia
,
sta
più
vicino
a
sua
moglie
,
la
vede
più
sovente
e
vive
con
essa
in
maggiore
famigliarità
.
Il
turco
povero
,
in
fine
,
che
è
costretto
a
vivere
nel
minor
spazio
e
colla
minor
spesa
possibile
,
mangia
,
dorme
,
passa
tutte
le
sue
ore
libere
colla
moglie
e
coi
figliuoli
.
La
ricchezza
divide
,
la
povertà
unisce
.
Nella
casa
del
povero
non
c
'
è
differenza
reale
tra
la
vita
della
famiglia
cristiana
e
quella
della
famiglia
turca
.
La
donna
,
che
non
può
avere
una
schiava
,
lavora
,
e
il
lavoro
rialza
la
sua
dignità
e
la
sua
autorevolezza
.
Non
è
raro
che
essa
vada
a
tirar
fuori
il
marito
ozioso
dal
caffè
o
dalla
taverna
,
e
che
lo
spinga
a
casa
a
colpi
di
pantofola
.
Si
trattano
da
pari
a
pari
,
passano
la
sera
l
'
uno
accanto
all
'
altro
davanti
alla
porta
di
casa
;
nei
quartieri
più
appartati
,
vanno
sovente
insieme
a
far
le
spese
per
la
famiglia
;
e
occorre
molte
volte
di
vedere
,
in
un
cimitero
solitario
,
il
marito
e
la
moglie
che
fanno
merenda
vicino
al
cippo
d
'
un
parente
,
coi
loro
bambini
intorno
,
come
una
famigliuola
d
'
operai
dei
nostri
paesi
.
Ed
è
uno
spettacolo
più
commovente
appunto
perché
è
più
singolare
.
E
non
si
può
,
vedendolo
,
non
sentire
che
c
'
è
qualcosa
di
necessario
e
d
'
universalmente
ed
eternamente
bello
in
quel
nodo
d
'
anime
e
di
corpi
,
in
quel
gruppo
unico
d
'
affetti
;
che
non
c
'
è
posto
per
altri
;
che
una
nota
di
più
in
quell
'
armonia
la
guasta
o
la
distrugge
;
che
s
'
ha
un
bel
dire
e
un
bel
fare
,
ma
che
la
forza
prima
,
l
'
elemento
necessario
,
la
pietra
angolare
d
'
una
società
ordinata
e
giusta
è
là
;
-
che
ogni
altra
combinazione
d
'
affetti
e
d
'
interessi
è
fuori
della
natura
;
-
che
quella
sola
è
una
famiglia
,
e
l
'
altra
un
armento
;
-
che
quella
sola
è
una
casa
,
e
l
'
altra
un
lupanare
.
-
E
v
'
è
chi
dice
che
le
donne
orientali
sono
soddisfatte
della
poligamia
e
che
non
ne
comprendono
neppure
l
'
ingiustizia
.
Per
creder
questo
bisogna
non
conoscere
,
non
dico
l
'
Oriente
,
ma
nemmeno
l
'
anima
umana
.
Se
questo
fosse
vero
,
non
seguirebbe
quello
che
segue
:
cioè
che
non
v
'
è
quasi
ragazza
turca
la
quale
,
accettando
la
mano
d
'
un
uomo
,
non
gli
metta
per
condizione
di
non
sposarne
un
'
altra
,
lei
viva
;
non
ci
sarebbero
tante
spose
che
ritornano
alla
loro
famiglia
quando
il
marito
manca
a
quella
promessa
;
e
non
ci
sarebbe
un
proverbio
turco
che
dice
:
-
casa
di
quattro
donne
,
barca
nella
burrasca
.
-
Anche
se
è
adorata
da
suo
marito
,
la
donna
orientale
non
può
che
maledire
la
poligamia
,
per
cui
vive
sempre
con
quella
spada
di
Damocle
sul
capo
,
di
avere
di
giorno
in
giorno
una
rivale
,
non
nascosta
o
lontana
e
sempre
colpevole
,
com
'
è
necessariamente
quella
di
una
moglie
europea
;
ma
installata
accanto
a
lei
,
in
casa
sua
,
col
suo
titolo
,
coi
suoi
stessi
diritti
;
di
vedere
fors
'
anche
una
delle
sue
schiave
,
prescelta
a
odalisca
,
alzare
tutt
'
a
un
tratto
la
fronte
dinanzi
a
lei
,
e
trattarla
da
eguale
,
e
mettere
al
mondo
dei
figliuoli
che
hanno
gli
stessi
diritti
dei
suoi
.
È
impossibile
che
il
suo
cuore
non
senta
l
'
ingiustizia
di
quella
legge
.
Quando
il
marito
amato
da
lei
,
le
conduce
in
casa
un
'
altra
donna
,
essa
avrà
un
bel
pensare
che
,
facendo
questo
,
l
'
uomo
non
fa
che
valersi
d
'
un
diritto
che
gli
dà
il
codice
del
Profeta
.
In
fondo
all
'
anima
sua
sentirà
che
v
'
è
una
legge
più
antica
e
più
sacra
che
condanna
quell
'
atto
come
un
tradimento
e
una
prepotenza
,
sentirà
che
quell
'
uomo
non
è
più
suo
,
che
il
nodo
è
sciolto
,
che
la
sua
vita
è
spezzata
,
ch
'
essa
ha
il
diritto
di
ribellarsi
e
di
maledire
.
E
se
anche
non
ama
suo
marito
,
ha
mille
ragioni
di
detestare
quella
legge
:
l
'
interesse
leso
dei
suoi
figliuoli
,
il
suo
amor
proprio
ferito
,
la
necessità
in
cui
è
posta
,
o
di
vivere
abbandonata
o
di
non
essere
più
cercata
dall
'
uomo
che
per
compassione
o
per
un
desiderio
senz
'
amore
.
Si
dirà
che
la
donna
turca
sa
che
queste
cose
accadono
pure
alla
donna
europea
:
è
vero
;
ma
sa
pure
che
la
donna
europea
non
è
costretta
dalla
legge
civile
e
religiosa
a
rispettare
e
a
chiamar
sorella
colei
che
le
avvelena
la
vita
,
e
che
ha
almeno
la
consolazione
di
esser
considerata
come
una
vittima
,
e
che
ha
mille
modi
di
consolarsi
e
di
vendicarsi
senza
che
il
marito
le
possa
dire
,
come
può
dire
il
poligamo
a
una
delle
sue
mogli
infedeli
:
-
Io
ho
il
diritto
di
amare
cento
donne
,
e
tu
hai
il
dovere
di
non
amar
che
me
solo
.
-
È
vero
che
la
donna
turca
ha
molte
guarentigie
dalla
legge
e
molti
privilegi
per
consuetudine
.
È
generalmente
rispettata
con
una
certa
forma
di
gentilezza
cavalleresca
.
Nessun
uomo
oserebbe
alzar
la
mano
sopra
una
donna
in
mezzo
alla
via
.
Nessun
soldato
,
anche
nel
tafferuglio
d
'
una
sedizione
,
s
'
arrischierebbe
a
maltrattare
la
più
insolente
delle
popolane
.
Il
marito
tratta
la
moglie
con
una
certa
deferenza
cerimoniosa
.
La
madre
è
oggetto
d
'
un
culto
particolare
.
Non
c
'
è
uomo
che
osi
far
lavorare
la
donna
per
campare
sul
suo
lavoro
.
È
lo
sposo
che
assegna
una
dote
alla
sposa
;
essa
non
porta
alla
casa
maritale
che
il
suo
corredo
e
qualche
schiava
.
In
caso
di
ripudio
o
di
divorzio
,
il
marito
è
obbligato
a
dare
alla
moglie
tanto
che
basti
per
vivere
senza
disagio
;
e
quest
'
obbligo
lo
trattiene
da
usar
con
lei
dei
cattivi
trattamenti
,
che
le
diano
il
diritto
d
'
ottenere
la
separazione
.
La
facilità
del
divorzio
rimedia
in
parte
alle
tristi
conseguenze
dei
matrimonii
,
fatti
quasi
sempre
alla
cieca
per
effetto
della
costituzione
speciale
della
società
turca
,
nella
quale
i
due
sessi
vivono
divisi
.
Alla
donna
,
per
ottenere
il
divorzio
,
basta
poca
cosa
:
che
il
marito
l
'
abbia
maltrattata
una
volta
,
che
l
'
abbia
offesa
parlando
con
altri
,
che
l
'
abbia
trascurata
per
un
certo
tempo
.
Quando
essa
ha
da
lagnarsi
di
suo
marito
,
non
ha
che
da
presentare
le
sue
lagnanze
per
scritto
al
tribunale
;
può
,
quando
occorra
,
presentarsi
in
persona
a
un
vizir
,
al
gran
vizir
stesso
,
da
cui
è
quasi
sempre
ricevuta
e
ascoltata
senza
ritardo
e
benignamente
.
Se
non
può
andar
d
'
accordo
colle
altre
mogli
,
il
marito
è
tenuto
a
darle
una
casa
separata
;
e
se
anche
va
d
'
accordo
,
ha
diritto
a
un
appartamento
per
sè
sola
.
L
'
uomo
non
può
nè
sposare
nè
far
sue
odalische
le
schiave
che
la
moglie
ha
portato
con
sè
dalla
casa
paterna
.
Una
donna
stata
sedotta
e
abbandonata
,
può
farsi
sposare
dal
suo
seduttore
,
se
questi
non
ha
già
quattro
mogli
;
e
se
ne
ha
quattro
,
farsi
pigliare
in
casa
come
odalisca
,
e
il
padre
deve
riconoscere
il
figliuolo
;
il
perché
fra
i
turchi
non
ci
son
bastardi
.
Rarissimi
i
celibi
,
rarissime
le
vecchie
ragazze
;
assai
meno
frequenti
che
non
si
creda
i
matrimonii
forzati
,
perché
la
legge
punisce
i
padri
che
se
ne
rendono
colpevoli
.
Lo
Stato
dà
una
pensione
alle
vedove
senza
parenti
e
senza
mezzi
,
e
provvede
alle
orfane
;
molte
bambine
rimaste
in
mezzo
alla
strada
,
sono
pure
raccolte
da
signore
ricche
,
che
le
educano
e
le
maritano
;
è
raro
che
una
donna
sia
lasciata
nella
miseria
.
Tutto
questo
è
vero
ed
è
buono
;
ma
non
toglie
che
i
Turchi
ci
facciano
ridere
quando
vogliono
confrontare
con
vantaggio
la
condizione
sociale
della
loro
donna
a
quella
della
nostra
,
e
affermare
la
loro
società
immune
dalla
corruzione
di
cui
accusano
la
società
europea
.
Che
valgono
alla
donna
le
forme
del
rispetto
,
se
la
sua
condizione
di
moglie
suppletoria
è
per
sè
stessa
umiliante
?
Che
le
vale
la
facilità
di
divorziare
e
di
rimaritarsi
,
se
qualunque
altro
uomo
la
sposi
,
ha
il
diritto
di
metterla
nelle
condizioni
medesime
,
per
le
quali
s
'
è
separata
dal
primo
marito
?
Che
gran
cosa
che
l
'
uomo
abbia
l
'
obbligo
di
riconoscere
il
figlio
illegittimo
se
non
ha
i
mezzi
di
mantenerlo
,
e
se
può
averne
legittimamente
cinquanta
,
ai
quali
,
se
non
il
nome
,
tocca
di
bastardi
la
miseria
o
l
'
abbandono
?
Ci
dicono
che
non
commettono
infanticidii
;
ma
li
aborti
voluti
,
per
i
quali
hanno
delle
case
apposite
,
chi
li
conta
?
Ci
dicono
che
non
hanno
prostituzione
.
Ma
come
!
E
che
altro
mestiere
è
quello
delle
mille
concubine
caucasee
,
comprate
e
rivendute
cento
volte
?
Dicono
:
non
c
'
è
almeno
quella
pubblica
.
Che
baie
!
Murad
III
non
avrebbe
ordinato
di
mandare
di
là
dal
Bosforo
tutte
le
donne
di
mala
vita
,
e
si
sa
che
ne
fu
fatta
una
grande
retata
.
Vorrebbero
poi
farci
credere
che
è
più
facile
ad
uomo
aver
la
fedeltà
di
quattro
donne
che
di
una
sola
?
E
darci
ad
intendere
che
il
turco
che
ha
quattro
mogli
,
non
commette
più
peccati
fuori
di
casa
e
fuori
della
propria
religione
?
E
ci
parleranno
di
moralità
gli
uomini
più
devoti
alla
nefanda
voluptas
che
sian
sulla
terra
?
-
Da
tutto
questo
è
facile
argomentare
che
cosa
siano
le
donne
turche
.
Non
sono
la
maggior
parte
che
"
femmine
piacevoli
"
.
Le
più
non
sanno
che
leggere
e
scrivere
,
e
nè
leggono
nè
scrivono
;
e
sono
creature
miracolose
quelle
che
hanno
una
superficialissima
coltura
.
Già
ai
turchi
,
secondo
i
quali
le
donne
"
hanno
i
capelli
lunghi
e
l
'
intelligenza
corta
"
,
non
garba
ch
'
esse
coltivino
la
mente
perché
non
conviene
che
siano
in
nulla
eguali
o
superiori
a
loro
.
Così
,
non
ricavando
istruzione
dai
libri
,
e
non
potendo
riceverne
dalla
conversazione
cogli
uomini
,
rimangono
in
una
crassa
ignoranza
.
Dalla
separazione
dei
due
sessi
nasce
che
all
'
uno
manca
qualche
cosa
di
gentile
e
all
'
altro
qualche
cosa
di
alto
:
gli
uomini
diventano
rozzi
,
le
donne
diventano
comari
.
E
non
praticando
della
società
altro
che
un
piccolo
cerchio
donnesco
,
ritengono
quasi
tutte
fino
alla
vecchiezza
qualche
cosa
di
puerile
nelle
idee
e
nelle
maniere
:
una
curiosità
matta
di
mille
cose
,
uno
stupirsi
di
tutto
,
un
fare
un
gran
caso
d
'
ogni
inezia
,
una
maldicenza
piccina
,
un
'
abitudine
di
sdegni
e
di
dispettucci
da
educande
,
un
ridere
sguaiato
a
tutti
i
propositi
,
e
un
divertirsi
per
ore
a
giochi
bambineschi
,
come
inseguirsi
di
stanza
in
stanza
e
strapparsi
di
bocca
i
confetti
.
È
vero
che
hanno
per
contrapposto
,
per
dirla
alla
rovescia
dei
francesi
,
la
buona
qualità
nel
difetto
;
ed
è
che
sono
nature
schiette
e
trasparenti
,
dentro
alle
quali
si
legge
alla
prima
;
che
sono
quello
che
paiono
,
persone
vere
,
come
diceva
la
signora
di
Sevigné
,
non
maschere
,
nè
caricature
,
nè
scimmie
;
donne
aperte
e
tutte
d
'
un
pezzo
anche
nella
tristizia
;
e
se
è
vero
che
basta
che
una
di
esse
giuri
e
spergiuri
una
cosa
perché
nessuno
ci
creda
,
vuol
dire
appunto
che
non
hanno
arte
abbastanza
per
riuscire
nell
'
inganno
.
E
non
è
una
piccola
lode
il
dire
anche
che
non
ci
sono
fra
loro
nè
dottoresse
pesanti
,
nè
maestruccole
che
non
ciancino
altro
che
di
lingua
e
di
stile
,
nè
creature
vaporose
che
vivano
fuori
della
vita
.
Ma
è
anche
vero
che
in
quella
vita
angusta
,
priva
di
alte
ricreazioni
dello
spirito
,
nella
quale
rimane
perpetuamente
insoddisfatto
il
desiderio
istintivo
della
gioventù
e
della
bellezza
,
di
essere
ammirate
e
lodate
,
l
'
animo
loro
s
'
inasprisce
;
e
che
,
non
avendo
il
freno
dell
'
educazione
,
corrono
a
qualunque
eccesso
,
quando
una
brutta
passione
le
muove
.
E
l
'
ozio
fomenta
in
loro
mille
capricci
insensati
,
in
cui
s
'
ostinano
con
furore
,
e
li
vogliono
appagati
a
qualunque
prezzo
.
Oltrechè
,
in
quell
'
aria
sensuale
dell
'
arem
,
in
quella
compagnia
di
donne
inferiori
a
loro
di
nascita
e
d
'
educazione
,
lontane
dall
'
uomo
che
servirebbe
loro
di
freno
,
s
'
assuefanno
a
una
crudità
indicibile
di
linguaggio
,
non
conoscono
le
sfumature
dell
'
espressione
,
dicono
le
cose
senza
velo
,
amano
la
parola
che
fa
arrossire
,
lo
scherzo
inverecondo
,
l
'
equivoco
plebeo
;
diventano
sboccatamente
mordaci
ed
insolenti
;
tanto
che
all
'
europeo
che
intende
il
turco
,
occorre
qualche
volta
di
sentire
dalla
bocca
d
'
una
hanum
d
'
aspetto
signorile
,
stizzita
contro
un
bottegaio
indiscreto
o
sgarbato
,
delle
impertinenze
che
non
isfuggono
tra
noi
se
non
alle
donne
della
specie
peggiore
.
E
questa
loro
acrimonia
va
crescendo
col
crescere
delle
loro
relazioni
colle
donne
europee
o
della
loro
conoscenza
dei
nostri
costumi
,
che
alimentano
in
esse
lo
spirito
di
ribellione
;
e
quando
sono
amate
,
si
vendicano
con
una
tirannide
capricciosa
sui
loro
mariti
della
tirannide
sociale
a
cui
sono
soggette
.
Molti
hanno
dipinte
le
donne
turche
tutte
dolci
,
mansuete
,
peritose
.
Ma
ci
sono
anche
fra
loro
le
anime
ardite
e
feroci
.
Anche
là
,
nelle
sommosse
popolari
,
si
vedono
le
donne
in
prima
linea
;
si
armano
,
s
'
assembrano
,
arrestano
le
carrozze
dei
vizir
invisi
,
li
coprono
di
contumelie
,
li
pigliano
a
sassate
e
resistono
alla
forza
.
Sono
dolci
e
mansuete
,
come
tutte
le
donne
,
quando
nessuna
passione
le
rode
o
le
accende
.
Trattano
amorevolmente
le
schiave
,
se
non
ne
sono
gelose
;
dimostrano
tenerezza
pei
figliuoli
,
benchè
non
sappiano
o
non
si
curino
d
'
educarli
;
contraggono
fra
di
loro
,
specialmente
quelle
divise
dai
mariti
o
afflitte
dallo
stesso
dolore
,
delle
amicizie
tenerissime
,
piene
d
'
entusiasmo
giovanile
,
e
si
dimostrano
l
'
affetto
reciproco
vestendosi
degli
stessi
colori
,
profumandosi
colle
medesime
essenze
,
e
facendosi
dei
nei
della
stessa
forma
.
E
qui
potrei
aggiungere
quello
che
scrisse
più
d
'
una
viaggiatrice
europea
,
"
che
ci
sono
fra
loro
tutti
i
vizii
di
Babilonia
"
;
ma
mi
ripugna
,
in
una
cosa
così
grave
,
l
'
affermare
sulla
fede
altrui
.
-
Quale
è
la
loro
indole
,
tali
sono
le
loro
maniere
.
Somigliano
la
maggior
parte
a
quelle
ragazze
di
buona
famiglia
,
ma
cresciute
in
campagna
,
le
quali
,
nell
'
età
in
cui
non
sono
più
bambine
e
non
sono
ancora
donne
,
commettono
in
società
mille
piacevolissime
sconvenienze
,
per
cui
ogni
momento
si
fanno
far
gli
occhiacci
dalla
mamma
.
Bisogna
sentirne
parlare
da
una
signora
europea
,
che
abbia
visitato
un
arem
.
È
una
cosa
comicissima
.
La
hanum
,
per
esempio
,
che
nei
primi
minuti
sarà
stata
seduta
sopra
il
sofà
nello
stesso
atteggiamento
composto
della
sua
visitatrice
,
tutt
'
a
un
tratto
incrocicchierà
le
dita
sopra
la
testa
,
o
tirerà
un
lungo
sbadiglio
,
o
si
piglierà
un
ginocchio
tra
le
mani
.
Abituate
alla
libertà
,
per
non
dire
alla
licenza
,
dell
'
arem
,
agli
atteggiamenti
cascanti
dell
'
ozio
e
della
noia
,
e
ammollite
come
sono
dai
lunghi
bagni
,
si
stancano
subito
d
'
una
qualunque
compostezza
forzata
.
Si
coricano
sul
divano
,
si
voltano
e
si
rivoltano
continuamente
attorcigliando
e
districando
in
mille
modi
il
loro
lunghissimo
strascico
,
si
raggomitolano
,
si
pigliano
i
piedini
in
mano
,
si
mettono
un
cuscino
sulle
ginocchia
e
i
gomiti
sul
cuscino
,
s
'
allungano
,
si
storcono
,
si
stirano
,
fanno
la
gobbina
come
i
gatti
,
rotolano
dal
divano
sulla
materassa
,
dalla
materassa
sul
tappeto
,
dal
tappeto
sul
marmo
del
pavimento
,
e
s
'
addormentano
dove
il
sonno
le
coglie
come
i
bambini
.
Una
viaggiatrice
francese
ha
detto
che
hanno
qualcosa
del
mollusco
.
Son
quasi
sempre
in
un
atteggiamento
da
poterle
prendere
fra
le
braccia
come
una
cosa
rotonda
.
La
loro
posizione
meno
rilassata
è
quella
di
star
sedute
a
gambe
incrociate
.
E
dicono
che
derivi
appunto
dallo
star
sedute
quasi
sempre
in
questa
maniera
,
fin
dall
'
infanzia
,
il
difetto
che
hanno
quasi
tutte
delle
gambe
un
po
'
arcate
.
Ma
con
che
garbo
si
siedono
!
Si
vede
nei
cimiteri
e
nei
giardini
.
Cascano
a
piombo
e
rimangono
sedute
in
terra
,
senza
puntar
le
mani
,
immobili
come
statue
,
e
si
drizzano
poi
in
piedi
,
senz
'
appoggiarsi
,
d
'
un
sol
tratto
,
come
se
scattassero
.
Ma
è
forse
questo
il
loro
solo
movimento
vivace
.
La
grazia
della
donna
turca
è
tutta
nel
riposo
;
-
nell
'
arte
di
mettere
in
evidenza
le
belle
curve
con
atteggiamenti
stanchi
d
'
addormentata
,
col
capo
arrovesciato
indietro
,
coi
capelli
sciolti
,
colle
braccia
penzoloni
,
-
l
'
arte
che
strappa
l
'
oro
e
i
gioielli
al
marito
,
e
sconvolge
il
sangue
e
la
ragione
all
'
eunuco
.
-
E
lo
studio
di
quest
'
arte
non
è
l
'
ultimo
dei
mezzi
con
cui
esse
cercano
di
alleggerire
la
noia
mortale
che
pesa
sulla
maggior
parte
degli
arem
;
noia
che
deriva
non
tanto
dalla
mancanza
d
'
occupazioni
e
di
distrazioni
,
quanto
dall
'
esser
queste
tutte
d
'
un
colore
;
come
certi
libri
che
,
pure
essendo
svariati
nella
sostanza
,
seccano
per
l
'
uniformità
dello
stile
.
Per
salvarsi
dalla
noia
fanno
di
tutto
;
la
loro
giornata
non
è
spesso
che
una
lotta
continua
contro
questo
mostro
ostinato
.
Sedute
sui
cuscini
o
sui
tappeti
,
accanto
alle
loro
schiave
,
orlano
innumerevoli
fazzoletti
da
regalare
alle
amiche
,
ricamano
berretti
da
notte
o
borse
da
tabacco
pei
mariti
,
per
i
padri
,
e
per
i
fratelli
;
fanno
scorrere
cento
volte
le
pallottoline
del
tespì
;
contano
fin
al
numero
più
alto
a
cui
sanno
contare
;
seguitano
coll
'
occhio
,
per
lunghi
tratti
,
dai
finestrini
rotondi
delle
stanze
alte
,
i
bastimenti
che
passano
sul
Bosforo
o
sul
Mar
di
Marmara
,
o
si
mettono
a
fantasticare
ricchezze
,
libertà
ed
amori
accompagnando
collo
sguardo
le
spire
azzurrine
del
fumo
della
sigaretta
.
Quando
son
stanche
della
sigaretta
assaporano
nel
cibuk
i
"
biondi
capelli
del
Latachié
"
;
sazie
di
fumare
,
sorbono
una
tazzina
di
caffè
di
Siria
;
rosicchiano
frutta
e
confetti
;
si
fanno
durare
mezz
'
ora
un
gelato
;
poi
fanno
un
'
altra
fumatina
col
narghilè
profumato
d
'
acqua
di
rosa
;
poi
succhiano
un
po
'
di
mastico
per
levarsi
il
sapore
del
fumo
;
poi
prendono
la
limonata
per
levarsi
il
sapore
del
mastico
.
Si
vestono
,
si
svestono
,
si
mettono
tutte
le
robe
del
loro
cassettone
,
esperimentano
tutte
le
tinture
dei
loro
vasetti
,
si
fanno
e
si
disfanno
dei
nei
in
forma
di
stelle
e
di
mezzelune
,
e
combinano
in
tutte
le
maniere
possibili
una
dozzina
di
specchi
e
di
specchietti
per
vedersi
da
tutte
le
parti
,
finchè
si
vengono
in
uggia
.
Allora
due
schiave
di
quindici
anni
ballano
il
balletto
obbligato
colle
nacchere
e
col
tamburello
;
una
terza
ripete
per
la
centesima
volta
una
canzonetta
o
una
favola
che
sanno
tutte
a
memoria
;
o
le
due
solite
maschiotte
vestite
da
acróbata
fanno
la
solita
lotta
,
che
finisce
con
un
pattone
sul
pavimento
e
una
risata
senza
sapore
.
Qualche
volta
c
'
è
la
novità
d
'
una
brigatella
di
ballerine
egiziane
,
e
allora
è
una
piccola
festa
;
qualche
altra
volta
capita
una
zingara
,
e
allora
la
hanum
si
fa
dir
la
ventura
sulla
palma
,
o
compera
un
talismano
per
esser
sempre
giovane
,
un
decotto
per
aver
figliuoli
,
un
filtro
per
farsi
amare
.
Stanno
ore
col
viso
alle
grate
a
guardar
la
gente
e
i
cani
che
passano
,
insegnano
una
parola
nuova
a
un
pappagallo
,
scendono
in
giardino
a
fare
all
'
altalena
,
risalgono
in
casa
a
dir
le
preghiere
,
tornano
a
sdraiarsi
sul
divano
per
giocare
alle
carte
,
saltan
su
per
ricever
la
visita
d
'
una
parente
o
d
'
un
'
amica
,
e
allora
ricomincia
la
solita
sequela
di
caffè
,
di
fumatine
,
di
limonate
,
di
merenduccie
,
di
risate
stanche
e
di
sbadigli
sonori
,
fin
che
l
'
amica
se
ne
va
,
e
l
'
eunuco
,
apparendo
sulla
soglia
,
dice
a
bassa
voce
:
-
L
'
Effendi
.
-
Ah
!
finalmente
!
È
proprio
Allà
che
lo
manda
,
foss
'
anche
il
più
brutto
marito
di
Stambul
.
-
Questo
segue
negli
arem
dove
c
'
è
,
se
non
altro
,
la
pace
;
negli
altri
la
noia
è
soffocata
dal
furore
delle
passioni
,
e
vi
si
mena
una
vita
affatto
diversa
.
Regna
la
pace
nell
'
arem
in
cui
v
'
è
una
donna
sola
,
amata
da
suo
marito
,
il
quale
non
bada
alle
schiave
,
e
non
ha
intrighi
fuor
di
casa
.
C
'
è
pure
,
se
non
felicità
,
pace
,
negli
arem
dove
sono
parecchie
mogli
di
carattere
leggiero
o
freddo
,
indifferenti
per
il
marito
il
quale
non
fa
differenza
tra
loro
,
che
ricevono
ciascuna
alla
propria
volta
le
sue
preferenze
senza
amore
,
senza
gelosia
e
senza
ambizione
di
predominio
.
Queste
mogli
di
buona
pasta
cercano
di
cavare
all
'
Effendi
tutto
il
denaro
che
possono
,
stanno
nella
stessa
casa
,
vivono
d
'
accordo
,
si
chiamano
sorelle
,
si
divertono
insieme
,
e
addio
;
la
barca
è
fatta
alla
diavola
,
ma
tanto
e
tanto
va
avanti
.
C
'
è
ancora
la
pace
,
un
'
apparenza
almeno
di
pace
,
negli
arem
dove
la
moglie
posposta
a
una
nuova
venuta
,
si
rassegna
tristamente
al
suo
destino
,
e
pure
rifiutando
i
ritagli
d
'
amore
che
le
vorrebbe
dar
suo
marito
,
rimane
amica
sua
,
nella
sua
casa
,
e
cerca
un
conforto
nei
figli
,
e
vive
in
un
raccoglimento
dignitoso
.
Ma
è
un
tutt
'
altro
vivere
negli
arem
dove
ci
sono
donne
di
cuor
fiero
e
di
sangue
ardente
che
non
vogliono
sottostare
al
trionfo
d
'
una
rivale
,
che
non
possono
sopportar
l
'
onta
dell
'
abbandono
,
che
non
si
rassegnano
a
veder
posposti
i
propri
figli
a
quelli
d
'
un
'
altra
madre
.
In
questi
arem
c
'
è
l
'
inferno
.
Qui
si
piange
,
si
strepita
,
si
spezzano
porcellane
e
cristalli
,
si
fanno
morir
delle
schiave
a
colpi
di
spillo
,
si
ordiscono
delle
congiure
,
si
meditano
dei
delitti
,
e
qualche
volta
si
consumano
:
si
avvelena
,
si
stiletta
,
si
gettano
delle
bocce
di
vitriolo
nel
viso
;
qui
la
vita
non
è
che
una
trama
orribile
di
persecuzioni
,
di
odii
implacabili
,
di
guerre
sorde
e
feroci
.
L
'
uomo
che
ha
più
mogli
,
in
conclusione
,
o
ne
ama
una
sola
davvero
,
e
non
ha
la
pace
;
o
le
ama
tutte
ad
un
modo
per
aver
la
pace
,
e
non
ha
l
'
amore
.
E
nell
'
un
caso
e
nell
'
altro
,
va
quasi
sempre
diritto
alla
rovina
,
poichè
se
fra
le
sue
donne
non
c
'
è
gelosia
d
'
amore
,
c
'
è
sempre
gelosia
d
'
amor
proprio
,
rivalità
d
'
ambizione
,
gara
di
splendidezze
;
ed
egli
non
può
regalare
alla
sua
prediletta
del
giorno
un
gioiello
o
una
carrozza
o
una
villetta
sul
Bosforo
,
senza
che
ne
nasca
un
sottosopra
;
il
perché
è
costretto
a
far
per
tutte
quello
che
vorrebbe
fare
per
una
,
vale
a
dire
a
comprar
la
pace
a
peso
d
'
oro
.
E
quello
che
segue
tra
le
donne
,
segue
tra
i
figliuoli
,
i
quali
o
son
figli
della
madre
negletta
,
e
odiano
;
o
son
figli
della
favorita
,
e
sono
odiati
.
Ed
è
facile
immaginare
che
educazione
possono
ricevere
nell
'
arem
,
in
quelle
case
piene
di
rancori
e
d
'
intrighi
,
in
mezzo
alle
schiave
e
agli
eunuchi
,
senza
l
'
assistenza
del
padre
,
senza
l
'
esempio
del
lavoro
,
in
quell
'
aria
bassa
e
sensuale
;
le
ragazze
in
special
modo
,
che
s
'
avvezzano
fin
dai
primi
anni
a
fondare
tutte
le
speranze
della
propria
fortuna
sopra
le
arti
d
'
una
seduzione
per
la
quale
è
troppo
alto
l
'
epiteto
di
"
amorosa
"
,
e
che
imparano
queste
arti
dalla
madre
,
e
il
rimanente
dalle
schiave
,
e
il
di
più
da
Caragheuz
.
-
Vi
sono
poi
due
altre
specie
di
arem
,
oltre
ai
pacifici
e
ai
tempestosi
:
l
'
arem
del
turco
giovane
e
spregiudicato
,
che
seconda
le
tendenze
europee
della
moglie
,
e
quello
del
turco
o
rigorista
per
sentimento
proprio
,
o
dominato
da
parenti
,
e
in
particolar
modo
da
una
vecchia
madre
,
musulmana
inflessibile
,
avversa
ad
ogni
novità
,
che
gli
fa
governar
la
casa
a
modo
suo
.
Fra
questi
due
arem
corre
una
gran
differenza
.
Il
primo
arieggia
la
casa
d
'
una
signora
europea
.
C
'
è
un
pianoforte
che
la
hanum
impara
a
sonare
da
una
maestra
cristiana
;
ci
son
dei
tavolini
da
lavoro
,
delle
seggiole
impagliate
,
un
letto
di
mogogon
,
una
scrivania
;
c
'
è
appeso
a
una
parete
un
bel
ritratto
a
matita
dell
'
Effendi
fatto
da
un
pittore
italiano
di
Pera
;
c
'
è
in
un
cantuccio
uno
scaffaletto
con
una
ventina
di
libri
,
fra
i
quali
un
piccolo
dizionario
turco
e
francese
e
l
'
ultimo
numero
della
Mode
illustrée
che
la
signora
riceve
di
seconda
mano
dalla
consolessa
di
Spagna
.
La
signora
possiede
pure
tutto
l
'
occorrente
per
dipingere
all
'
acquerello
e
dipinge
con
passione
fiori
e
frutti
.
Essa
assicura
alle
sue
amiche
che
non
ha
un
momento
di
noia
.
Tra
un
lavoro
e
l
'
altro
scrive
le
sue
memorie
.
A
una
cert
'
ora
riceve
il
maestro
di
francese
(
un
vecchio
gobbo
e
sfiatato
,
s
'
intende
)
col
quale
fa
esercizio
di
conversazione
.
Qualche
volta
viene
a
farle
il
ritratto
una
fotografa
tedesca
di
Galata
.
Quando
è
malata
,
viene
a
visitarla
un
medico
europeo
,
il
quale
può
anche
essere
un
bel
giovane
,
chè
il
marito
non
è
poi
così
bestialmente
geloso
come
certi
suoi
amici
antiquati
.
E
viene
una
volta
ogni
tanto
anche
una
modista
francese
a
misurarle
un
vestito
tagliato
proprio
sull
'
ultimo
figurino
del
giornale
della
moda
,
col
quale
la
signora
vuol
fare
una
bella
sorpresa
al
marito
la
sera
del
giovedì
,
che
è
la
sera
sacramentale
degli
sposi
musulmani
,
nella
quale
l
'
effendi
ha
una
specie
di
cambiale
galante
da
pagare
alla
sua
"
foglia
di
rosa
"
.
E
l
'
effendi
,
che
è
uomo
d
'
alto
affare
,
le
ha
promesso
di
farle
vedere
dallo
spiraglio
d
'
una
porta
il
primo
gran
ballo
che
darà
nel
prossimo
inverno
l
'
ambasciata
d
'
Inghilterra
.
La
hanum
,
insomma
,
è
una
signora
europea
di
religione
musulmana
,
e
lo
dice
con
compiacenza
alle
amiche
:
-
Io
vivo
come
una
cocona
,
-
come
una
cristiana
;
-
e
le
amiche
e
le
parenti
sue
professano
almeno
gli
stessi
principii
,
se
non
possono
condurre
la
stessa
vita
,
e
fra
lei
e
loro
si
discorre
di
mode
e
di
teatri
,
si
canzonano
le
"
superstizioni
"
,
le
"
pedanterie
"
,
le
"
bigotterie
della
vecchia
Turchia
"
e
si
finisce
ogni
discorso
col
dire
che
"
è
tempo
di
cominciare
a
vivere
in
una
maniera
più
ragionevole
"
.
Ma
nell
'
altro
arem
?
Qui
tutto
è
rigorosamente
turco
dal
vestire
della
signora
fino
alla
più
piccola
suppellettile
.
Di
libri
non
c
'
entra
che
il
Corano
,
di
giornali
non
ci
penetra
che
lo
Stambul
.
Se
la
signora
s
'
ammala
,
non
si
chiama
il
medico
,
ma
una
di
quelle
tante
dottoresse
turche
,
che
hanno
uno
specifico
miracoloso
per
tutti
i
mali
.
Se
il
padre
e
la
madre
della
signora
son
gente
infetta
dalla
tabe
europea
,
non
si
permette
loro
di
veder
la
figliuola
che
una
volta
la
settimana
.
Tutte
le
aperture
della
casa
sono
bene
ingraticolate
e
chiavistellate
,
e
d
'
europeo
non
c
'
entra
proprio
altro
che
l
'
aria
,
eccetto
il
caso
che
la
signora
abbia
avuto
la
disgrazia
d
'
imparare
un
po
'
di
francese
da
bambina
,
chè
allora
la
suocera
è
capace
di
metterle
in
mano
un
qualche
romanzaccio
della
peggio
specie
,
per
poterle
dir
poi
:
-
Lo
vedete
che
bella
società
è
quella
che
voi
volete
scimmiottare
?
che
fior
di
roba
produce
?
che
belli
esempi
vi
porge
?
-
Eppure
la
vita
delle
donne
turche
è
piena
d
'
accidenti
,
di
brighe
,
di
pettegolezzi
,
che
a
primo
aspetto
non
si
credono
possibili
in
una
società
dove
i
due
sessi
non
hanno
comunicazione
diretta
fra
loro
.
In
un
arem
,
per
esempio
,
c
'
è
la
vecchia
madre
che
vuol
levar
dal
cuore
di
suo
figlio
una
delle
mogli
per
farci
entrare
la
prediletta
da
lei
,
e
cerca
ogni
modo
di
nascondergli
i
figliuoli
di
quella
,
e
di
farne
trasandare
l
'
educazione
perché
egli
non
ci
ponga
affetto
,
e
non
li
preferisca
a
quei
dell
'
altra
.
In
un
altro
c
'
è
una
moglie
,
che
non
potendo
staccare
il
marito
dalla
sua
rivale
per
riaverne
l
'
amore
essa
sola
,
cerca
almeno
di
sfogare
il
proprio
dispetto
staccandolo
da
quella
per
un
'
altra
,
e
a
questo
scopo
cerca
per
mare
e
per
terra
una
bella
schiava
da
metter
sotto
gli
occhi
all
'
Effendi
,
perché
se
ne
incapricci
e
tradisca
con
essa
la
sua
favorita
.
Un
'
altra
moglie
,
che
fa
per
inclinazione
naturale
la
sensale
di
matrimonii
,
s
'
ingegna
di
fare
in
maniera
che
un
tale
suo
parente
veda
spesso
una
tale
ragazza
,
e
se
ne
innamori
,
e
la
sposi
,
e
la
rubi
così
al
proprio
marito
il
quale
cova
da
un
pezzo
il
proposito
di
farla
sua
.
Qui
è
un
gruppo
di
signore
che
si
quotano
a
un
tanto
ciascuna
per
regalare
,
con
qualche
secondo
fine
,
una
bella
schiava
al
gran
Visir
o
al
Sultano
;
là
sono
altre
signore
,
alto
locate
,
che
movendo
mille
fili
segreti
di
parentele
potenti
,
vengono
a
capo
di
quello
che
vogliono
,
e
fanno
cader
nemici
da
alte
cariche
,
e
salirvi
amici
,
e
divorziar
l
'
uno
,
e
partire
un
altro
per
una
provincia
lontana
.
E
benchè
ci
sia
meno
commercio
sociale
che
nelle
nostre
città
,
non
si
sanno
meno
che
fra
noi
i
fatti
degli
altri
.
La
fama
d
'
una
donna
spiritosa
,
o
d
'
una
gran
maldicente
,
o
d
'
una
gelosa
feroce
,
o
d
'
una
grulla
,
si
spande
molto
al
di
là
del
cerchio
dei
conoscenti
.
Anche
là
i
motti
arguti
e
i
bei
giochi
di
parole
,
a
cui
la
lingua
turca
si
presta
mirabilmente
,
corrono
di
bocca
in
bocca
e
fanno
dei
giri
infiniti
.
Le
nascite
,
le
circoncisioni
,
i
matrimonii
,
le
feste
,
tutti
i
più
piccoli
avvenimenti
che
seguono
nelle
colonie
europee
e
nel
Serraglio
,
sono
argomento
di
chiacchiere
interminabili
.
Avete
visto
il
nuovo
cappellino
dell
'
Ambasciatrice
di
Francia
?
Si
sa
nulla
della
bella
schiava
venuta
dalla
Georgia
,
che
la
Sultana
Validè
regalerà
al
Sultano
il
giorno
del
gran
Beiram
?
È
vero
che
la
moglie
di
Ahmed
-
Pascià
è
uscita
ieri
l
'
altro
cogli
stivaletti
all
'
europea
guerniti
di
nappine
di
seta
?
Sono
finalmente
arrivati
i
vestiarii
da
Parigi
per
la
rappresentazione
del
Bourgeois
gentilhomme
al
teatro
del
Serraglio
?
È
una
settimana
che
la
moglie
di
Mahmud
-
effendi
va
a
pregare
ogni
mattina
nella
moschea
di
Baiazet
per
ottenere
la
grazia
di
due
gemelli
.
È
seguito
uno
scandalo
in
casa
del
tal
fotografo
di
via
di
Pera
,
perché
Ahmed
-
effendi
ci
ha
trovato
il
ritratto
di
sua
moglie
.
La
signora
Aiscè
beve
vino
.
La
signora
Fatima
s
'
è
fatta
fare
dei
biglietti
di
visita
.
La
signora
Hafiten
è
stata
vista
entrare
alle
tre
e
uscire
alle
quattro
dalla
bottega
d
'
un
franco
.
La
piccola
cronaca
maligna
circola
con
una
rapidità
incredibile
fra
quelle
innumerevoli
casette
gialle
e
vermiglie
,
s
'
allaccia
con
quella
della
corte
,
si
spande
per
Scutari
,
s
'
allunga
sulle
due
rive
del
Bosforo
fino
al
mar
Nero
,
e
arriva
non
di
rado
fino
alle
grandi
città
di
provincia
,
di
dove
ritorna
ricamata
e
frangiata
a
provocar
nuove
risate
e
nuovi
pettegolezzi
nei
mille
arem
della
metropoli
.
-
Sarebbe
un
divertimento
curioso
,
se
ci
fossero
fra
i
turchi
,
come
ce
n
'
è
fra
noi
,
di
quei
gazzettini
viventi
del
bel
mondo
,
che
conoscono
tutti
e
sanno
e
propalano
tutto
;
sarebbe
un
divertimento
insieme
e
uno
studio
amenissimo
dei
costumi
di
Costantinopoli
,
l
'
andarsi
a
piantare
con
uno
di
costoro
all
'
entrata
delle
Acque
dolci
d
'
Europa
,
un
giorno
di
festa
,
e
farsi
dire
una
paroletta
a
proposito
di
tutte
le
persone
notevoli
per
un
verso
o
per
l
'
altro
che
ci
passerebbero
davanti
.
Ma
che
importa
che
non
si
sia
fatto
?
Le
cose
si
sanno
,
le
persone
si
possono
immaginare
.
Per
me
è
come
se
vedessi
e
sentissi
in
questo
momento
.
La
gente
passa
,
e
il
turco
accenna
e
ciancia
.
Quella
signora
lì
s
'
è
rotta
che
è
poco
con
suo
marito
ed
è
andata
a
stare
a
Scutari
;
Scutari
è
il
rifugio
delle
malcontente
e
delle
imbronciate
;
è
andata
a
stare
con
una
sua
amica
,
e
ci
starà
fin
che
suo
marito
,
il
quale
in
fondo
le
vuol
bene
,
le
andrà
ad
annunziare
che
s
'
è
sbarazzato
della
concubina
,
cagione
della
rottura
,
e
la
ricondurrà
a
casa
pacificata
.
Questo
effendi
che
passa
è
un
impiegato
del
Ministero
degli
esteri
,
il
quale
per
non
aver
che
fare
con
parenti
e
parenti
di
parenti
,
che
spesso
mettono
la
discordia
in
casa
,
ha
fatto
come
fanno
tanti
altri
:
ha
sposato
una
schiava
araba
,
che
prende
appunto
in
questi
giorni
le
prime
lezioni
di
lingua
turca
dalla
sorella
del
marito
.
Quest
'
altra
bella
donnina
è
una
divorziata
,
la
quale
aspetta
che
l
'
effendi
tale
abbia
ripudiata
una
delle
sue
quattro
mogli
per
andare
a
prendere
il
posto
che
le
è
stato
promesso
da
un
pezzo
.
Quell
'
altra
laggiù
è
una
signora
che
dopo
aver
fatto
divorzio
due
volte
dallo
stesso
marito
,
lo
vuol
sposare
daccapo
,
e
lui
è
d
'
accordo
;
e
per
far
questo
essa
sposa
fra
qualche
giorno
,
come
vuole
la
legge
,
un
altr
'
uomo
,
il
quale
sarà
suo
marito
per
una
notte
sola
,
e
farà
divorzio
subito
,
dopo
di
che
la
bella
capricciosa
potrà
celebrare
il
suo
terzo
matrimonio
col
primo
sposo
.
Questa
brunetta
cogli
occhi
spiritati
è
una
schiava
abissina
,
stata
regalata
da
una
gran
signora
del
Cairo
a
una
gran
signora
di
Stambul
,
la
quale
è
morta
,
e
le
ha
lasciato
il
posto
di
padrona
di
casa
.
Questo
effendi
di
cinquant
'
anni
è
già
stato
marito
di
dieci
donne
.
Questa
vecchietta
vestita
di
verde
può
vantarsi
d
'
essere
stata
moglie
legittima
di
dodici
uomini
.
Quest
'
altra
è
una
signora
che
si
fa
d
'
oro
comprando
ragazze
di
quattordici
anni
,
a
cui
fa
insegnare
la
musica
,
il
ballo
,
il
canto
,
le
belle
maniere
della
società
signorile
,
e
poi
le
rivende
col
guadagno
del
cinquecento
per
cento
.
Ecco
là
un
'
altra
bella
signora
di
cui
posso
dirvi
il
costo
esatto
:
è
una
circassa
che
fu
comprata
a
Tophané
per
cento
e
venti
lire
turche
e
rivenduta
tre
anni
dopo
per
la
bagattella
di
quattrocento
.
Questa
qui
che
s
'
aggiusta
il
velo
è
passata
per
una
trafila
singolare
:
è
stata
prima
schiava
,
poi
odalisca
,
poi
moglie
,
poi
divorziata
,
poi
moglie
daccapo
,
e
adesso
è
vedova
e
sta
brigando
per
un
nuovo
matrimonio
.
Guardate
questo
effendi
:
è
in
una
condizione
curiosa
;
ve
la
do
in
mille
a
indovinare
;
sua
moglie
è
innamorata
d
'
un
eunuco
,
e
si
dice
che
è
capace
di
dare
a
suo
marito
una
cattiva
tazza
di
caffè
,
per
andare
a
stare
in
pace
coll
'
amante
,
e
non
sarebbe
il
primo
esempio
d
'
un
amore
così
mostruosamente
spirituale
.
Quello
là
è
un
negoziante
che
per
ragioni
di
commercio
ha
sposate
quattro
donne
,
e
ne
tiene
una
a
Costantinopoli
,
una
a
Trebisonda
,
una
a
Salonico
e
la
quarta
in
Alessandria
d
'
Egitto
,
ed
ha
così
quattro
porti
amorosi
in
cui
riparare
al
termine
dei
suoi
viaggi
.
Questo
bel
pascià
di
ventiquattr
'
anni
non
era
un
mese
fa
che
un
povero
uffiziale
subalterno
della
guardia
imperiale
,
e
l
'
ha
fatto
pascià
di
sbalzo
il
Sultano
per
dargli
in
moglie
una
sua
sorella
;
ma
sconta
i
peccati
degli
altri
mariti
turchi
,
perché
con
una
Sultana
non
si
celia
,
e
si
sa
che
quella
è
"
gelosa
come
un
usignolo
"
,
e
forse
,
se
cercassimo
bene
tra
la
folla
,
troveremmo
una
schiava
che
lo
pedina
alla
lontana
per
scoprir
chi
guarda
e
chi
non
guarda
.
Guardate
questo
bel
fusto
di
donna
:
non
c
'
è
bisogno
d
'
un
occhio
fine
per
accorgersi
che
è
un
fiore
uscito
dal
Serraglio
;
è
stata
una
bella
del
Sultano
,
e
l
'
ha
sposata
mesi
sono
un
impiegato
del
Ministero
della
guerra
,
che
per
mezzo
suo
ha
ora
un
piede
nella
Corte
e
farà
in
poco
tempo
molta
strada
.
Ecco
là
una
bambina
di
cinque
anni
che
fu
fidanzata
oggi
a
un
ragazzo
di
otto
;
lo
sposino
è
stato
condotto
dai
parenti
a
farle
visita
,
l
'
ha
trovata
di
suo
genio
e
ha
fatto
subito
le
furie
perché
un
cuginetto
alto
un
metro
l
'
ha
baciata
in
presenza
sua
.
Ecco
una
vecchia
strega
che
ieri
l
'
altro
ha
fatto
scannar
due
montoni
in
ringraziamento
ad
Allà
perché
la
sbarazzò
d
'
una
nuora
che
detestava
.
Ecco
là
una
medichessa
briccona
,
a
cui
una
signora
ha
messo
nelle
mani
una
delle
sue
schiave
,
incaricandola
di
farle
andare
a
male
il
frutto
d
'
un
suo
intrighetto
coll
'
Effendi
,
poichè
se
la
schiava
mette
al
mondo
una
creatura
,
la
padrona
non
la
può
più
vendere
e
il
padrone
bisogna
che
se
la
tenga
.
Quest
'
altra
è
una
donna
dello
stesso
conio
,
a
cui
certi
effendi
danno
di
tratto
in
tratto
l
'
incarico
di
verificare
de
visu
se
una
schiava
che
vogliono
pigliarsi
in
casa
è
proprio
schietta
farina
.
Quella
là
col
viso
tutto
coperto
e
col
feregé
lilla
,
è
la
moglie
d
'
un
turco
amico
mio
;
ma
non
è
turca
,
è
cristiana
,
è
va
tutte
le
domeniche
in
chiesa
;
ma
non
ne
dite
nulla
a
nessuno
,
per
riguardo
a
lei
,
non
già
per
il
marito
,
chè
il
Corano
non
proibisce
di
sposar
le
cristiane
,
e
per
purificarsi
dall
'
abbraccio
d
'
un
infedele
basta
lavarsi
il
viso
e
le
mani
.
Ah
!
che
cos
'
abbiamo
perduto
!
È
passata
una
carrozza
del
Serraglio
;
c
'
era
dentro
la
terza
cadina
del
Sultano
:
ho
riconosciuto
il
nastro
color
di
rosa
al
collo
dell
'
intendente
:
la
terza
cadina
,
regalo
del
pascià
di
Smirne
,
che
ha
i
più
grandi
occhi
e
la
più
piccola
bocca
dell
'
impero
;
una
figura
sul
gusto
di
questa
piccola
hanum
col
nasino
arcato
,
che
ieri
offese
Gesù
e
Maometto
con
un
pittore
inglese
di
mia
conoscenza
.
La
sciagurata
!
E
pensare
che
quando
i
due
angeli
Nekir
e
Munkir
giudicheranno
l
'
anima
sua
,
essa
crederà
di
scusarsi
colla
solita
bugia
,
dicendo
che
in
quel
momento
aveva
gli
occhi
chiusi
e
non
riconobbe
l
'
infedele
!
-
Ma
dunque
ci
sono
delle
turche
infedeli
?
Se
ce
ne
sono
!
Nonostante
la
gelosia
degli
effendi
e
la
vigilanza
degli
eunuchi
,
nonostante
i
cento
colpi
di
frusta
che
il
Corano
minaccia
ai
colpevoli
,
nonostante
che
i
mariti
turchi
formino
tra
loro
una
specie
di
società
di
mutua
assicurazione
,
e
che
segua
là
tutto
l
'
opposto
di
quello
che
segue
in
altri
paesi
,
dove
par
che
tutti
cospirino
tacitamente
a
danno
della
felicità
coniugale
;
si
può
quasi
affermare
che
le
"
velate
"
di
Costantinopoli
non
commettono
meno
peccati
che
le
"
non
velate
"
di
molte
città
cristiane
.
Se
ciò
non
fosse
,
Caragheuz
non
avrebbe
così
spesso
sulla
bocca
la
parola
kerata
,
la
quale
,
tradotta
in
un
nome
storico
,
significa
Menelao
.
O
com
'
è
possibile
?
È
possibile
in
mille
maniere
.
Già
bisogna
dire
che
donne
nel
Bosforo
non
se
ne
gettano
più
,
nè
dentro
un
sacco
,
nè
senza
sacco
,
e
che
i
castighi
del
digiuno
,
del
silenzio
,
del
cilicio
,
delle
bastonate
sulle
piante
dei
piedi
,
non
son
più
che
minacce
di
qualche
kerata
bestiale
.
La
gelosia
cerca
d
'
impedire
il
tradimento
;
ma
quando
s
'
accorge
di
non
esservi
riuscita
,
non
fa
più
nè
le
furie
nè
le
vendette
d
'
una
volta
,
poichè
ora
è
assai
più
difficile
di
tener
nascoste
le
tragedie
domestiche
fra
le
mura
della
casa
,
e
nella
società
musulmana
è
entrata
,
con
molte
altre
forze
europee
,
la
forza
del
ridicolo
,
di
cui
la
gelosia
ha
paura
.
E
oltre
a
ciò
la
gelosia
turca
,
che
nella
maggior
parte
dei
casi
è
una
gelosia
fredda
,
corporale
,
d
'
amor
proprio
più
che
d
'
amore
,
è
bensì
severa
,
pesante
,
ed
anche
vendicativa
;
ma
non
può
avere
i
mille
occhi
e
l
'
attività
investigatrice
e
infaticabile
di
quella
che
vien
proprio
dal
vivo
dell
'
anima
innamorata
.
E
poi
chi
vigila
sulle
donne
separate
dal
marito
,
od
anche
non
separate
,
ma
che
stanno
in
una
casa
a
parte
,
dove
egli
non
va
tutti
i
giorni
?
Chi
le
segue
per
i
vicoli
intricati
di
Pera
e
di
Galata
e
per
i
quartieri
lontani
di
Stambul
?
Chi
impedisce
a
un
bell
'
aiutante
di
campo
del
Sultano
di
fare
quel
che
gli
vidi
far
io
,
di
passar
di
galoppo
accanto
a
una
carrozza
,
alla
svoltata
d
'
uno
stradone
,
nel
punto
in
cui
l
'
eunuco
che
è
dinanzi
gli
volge
le
spalle
e
quello
di
dietro
non
può
vederlo
perché
c
'
è
la
carrozza
frammezzo
,
e
di
gettare
passando
un
bigliettino
nello
sportello
?
E
le
sere
del
Ramazan
che
le
donne
stan
fuori
fino
a
mezzanotte
?
E
le
cocone
compiacenti
,
specie
quelle
che
stanno
sul
confine
d
'
un
sobborgo
cristiano
e
d
'
un
sobborgo
musulmano
,
che
ricevono
in
casa
un
'
amica
velata
,
senza
chiuder
la
porta
ad
un
amico
europeo
?
Le
avventure
però
non
son
più
nè
strane
nè
terribili
come
altre
volte
.
Non
ci
son
più
le
gran
dame
che
di
notte
,
dopo
soddisfatto
un
capriccio
,
precipitano
nel
Bosforo
per
un
trabocchetto
il
giovane
di
bottega
che
ha
portata
all
'
arem
la
stoffa
comprata
da
loro
la
mattina
;
come
faceva
una
Sultana
del
secolo
scorso
.
Ora
tutto
procede
prosaicamente
.
I
primi
convegni
si
danno
per
lo
più
nelle
retrobotteghe
.
Si
sa
;
ci
sono
da
per
tutto
dei
bottegai
che
fanno
bottega
d
'
ogni
cosa
.
E
non
c
'
è
da
domandare
se
le
autorità
turche
cerchino
di
impedire
questi
abusi
.
Basti
il
dire
che
delle
prescrizioni
per
il
buon
ordine
che
dà
la
Polizia
di
Costantinopoli
in
occasione
delle
grandi
feste
,
la
maggior
parte
si
riferiscono
alle
donne
,
e
sono
direttamente
rivolte
a
loro
in
forma
di
consigli
o
di
minaccie
.
È
proibito
alle
donne
,
per
esempio
,
d
'
entrare
nelle
stanze
interne
delle
botteghe
:
debbono
stare
in
modo
da
esser
viste
dalla
strada
.
È
proibito
alle
donne
di
andare
in
tramway
per
divertimento
:
ossia
debbono
scendere
al
termine
della
corsa
e
non
tornare
subito
indietro
per
la
stessa
via
.
È
proibito
alle
donne
di
far
segni
alla
gente
che
passa
,
di
fermarsi
qui
,
di
passar
per
di
là
,
di
trattenersi
più
di
quel
certo
tempo
in
quei
dati
luoghi
:
tutte
prescrizioni
che
ognuno
può
immaginare
come
vengano
poi
rispettate
e
se
sia
possibile
farle
rispettare
.
E
poi
c
'
è
quel
benedetto
velo
,
che
fu
istituito
come
una
salvaguardia
dell
'
uomo
,
e
che
ora
è
diventato
una
salvaguardia
della
donna
,
perché
se
lo
mettono
trasparente
per
far
saltare
i
capricci
,
e
fitto
per
poterli
appagare
;
dal
che
si
dice
che
nascano
molti
accidenti
bizzarri
:
di
amanti
fortunati
che
dopo
molto
tempo
non
sanno
ancora
chi
siano
le
loro
belle
;
di
donne
che
si
nascondono
sotto
il
nome
d
'
un
'
altra
per
fare
una
vendetta
;
di
corbellature
,
di
riconoscimenti
,
d
'
imbrogli
,
che
danno
luogo
a
chiacchiere
e
a
battibecchi
infiniti
.
-
Le
chiacchiere
vanno
poi
tutte
a
confondersi
e
a
ribollire
nelle
case
di
bagni
,
che
sono
i
luoghi
usuali
di
convegno
per
le
donne
turche
.
Il
bagno
è
in
certo
modo
il
loro
teatro
.
Ci
vanno
a
coppie
e
a
brigate
colle
schiave
,
portando
con
sè
cuscini
,
tappeti
,
oggetti
di
toeletta
,
ghiottonerie
,
e
qualche
volta
il
desinare
,
per
starvi
dalla
mattina
alla
sera
.
Là
,
in
quelle
sale
semioscure
,
fra
i
marmi
e
le
fontane
,
si
trovano
qualche
volta
insieme
più
di
duecento
donne
,
nude
come
ninfe
o
mal
velate
,
che
a
detta
delle
signore
europee
che
ci
furono
,
presentano
uno
spettacolo
da
far
cadere
il
pennello
di
mano
a
cento
pittori
.
Vi
si
vedono
le
hanum
bianchissime
accanto
alle
schiave
nere
come
l
'
ebano
;
le
belle
matrone
dalle
forme
poderose
che
rappresentano
l
'
ideale
della
bellezza
per
i
turchi
di
gusto
antico
;
delle
sposine
smilze
e
giovanissime
,
coi
capelli
corti
e
ricciuti
,
che
sembrano
giovinetti
;
circasse
coi
capelli
d
'
oro
che
cascano
fino
alle
ginocchia
;
turche
che
hanno
fino
a
cento
trecce
nerissime
sparse
per
il
seno
e
per
le
spalle
;
altre
coi
capelli
divisi
in
un
'
infinità
di
piccole
ciocche
disordinate
che
fanno
la
figura
d
'
una
parrucca
enorme
;
una
con
un
amuleto
al
collo
,
un
'
altra
con
uno
spicchio
d
'
aglio
legato
al
capo
per
scongiurare
il
mal
d
'
occhio
;
delle
mezze
selvagge
con
rabeschi
sopra
le
braccia
;
le
donnine
alla
moda
che
hanno
intorno
alla
vita
le
tracce
del
busto
e
intorno
al
collo
del
piede
i
segni
dello
stivaletto
;
e
qualche
volta
anche
delle
povere
schiave
che
mostrano
sulle
spalle
le
impronte
del
frustino
degli
eunuchi
.
Si
vedono
mille
gruppi
e
mille
atteggiamenti
graziosi
e
bizzarri
;
alcune
fumano
sdraiate
sui
tappeti
,
altre
si
fanno
pettinar
dalle
schiave
,
altre
ricamano
,
altre
canterellano
,
ridono
,
si
spruzzano
e
si
rincorrono
,
o
strillano
sotto
le
doccie
,
o
gozzovigliano
sedute
in
cerchio
,
o
tagliano
i
panni
al
prossimo
aggruppate
in
disparte
.
E
scoprendo
il
loro
corpo
,
scoprono
anche
,
là
più
che
altrove
,
la
loro
indole
fanciullesca
.
Si
misurano
i
piedini
,
si
giudicano
,
si
confrontano
.
Una
dice
francamente
:
-
Son
bella
;
-
un
'
altra
:
-
Son
passabile
:
-
un
'
altra
:
-
Mi
rincresce
d
'
aver
questo
difetto
-
oppure
:
-
Ma
sai
che
sei
più
bella
di
me
,
tu
?
-
E
qualcuna
dice
in
tuono
di
rimprovero
all
'
amica
:
-
Ma
guarda
dunque
la
signora
Ferideh
com
'
è
diventata
grassa
a
mangiar
gamberi
schiacciati
,
tu
che
dicevi
che
fanno
meglio
le
pallottole
di
riso
?
-
E
quando
c
'
è
una
cocona
garbata
la
circondano
e
le
fanno
mille
domande
:
-
Ma
è
vero
che
andate
ai
balli
scoperte
fin
qui
?
Il
vostro
effendi
che
cosa
ne
pensa
?
E
gli
altri
uomini
che
cosa
ne
dicono
?
E
come
vi
pigliate
per
ballare
?
In
codesto
modo
?
Ma
davvero
?
Ma
son
proprio
cose
che
bisognerebbe
vederle
per
poterci
credere
!
-
E
non
solo
nei
bagni
,
ma
per
tutto
e
in
tutte
le
occasioni
cercano
di
conoscere
signore
europee
,
e
son
felici
quando
possono
attaccar
discorso
con
esse
,
e
specialmente
quando
possono
riceverle
in
casa
.
Allora
radunano
le
amiche
,
mettono
in
vista
tutte
le
donne
di
servizio
,
fanno
un
po
'
di
festa
,
rimpinzano
la
visitatrice
di
dolci
e
di
frutti
,
e
di
rado
la
lasciano
andar
via
senza
un
regalo
.
Il
sentimento
che
le
muove
a
queste
dimostrazioni
è
più
la
curiosità
,
si
capisce
,
che
la
benevolenza
;
e
infatti
,
appena
hanno
preso
un
po
'
di
famigliarità
colla
nuova
amica
,
si
fanno
dire
mille
particolari
della
vita
europea
,
esaminano
il
suo
vestiario
parte
per
parte
dal
cappellino
agli
stivaletti
,
e
non
sono
soddisfatte
se
non
quando
l
'
hanno
condotta
al
bagno
e
hanno
visto
bene
com
'
è
fatta
una
nazarena
,
una
di
queste
donne
straordinarie
,
che
studiano
tante
cose
,
che
dipingono
,
che
scrivono
per
le
stampe
,
che
lavorano
negli
uffici
pubblici
,
che
montano
a
cavallo
,
che
salgono
sulla
cima
delle
montagne
.
Da
molto
tempo
,
però
,
non
hanno
più
di
loro
le
strane
idee
che
avevano
prima
della
riforma
;
non
credono
più
,
per
esempio
,
che
il
busto
sia
una
specie
di
corazza
messa
dai
mariti
alle
mogli
per
assicurarsi
della
loro
fedeltà
,
e
di
cui
essi
soli
abbian
la
chiave
;
nè
che
le
donne
europee
siano
di
tutti
coloro
con
cui
vanno
una
volta
a
braccetto
;
per
il
che
le
guardavano
con
diffidenza
e
ne
parlavano
con
disprezzo
,
non
invidiando
nemmeno
la
loro
coltura
,
di
cui
non
avevano
idea
o
che
non
erano
in
grado
d
'
apprezzare
.
Ora
nutrono
invece
per
esse
un
tutt
'
altro
sentimento
,
e
son
diventate
diffidenti
nel
senso
opposto
;
si
vergognano
,
cioè
,
in
faccia
a
loro
,
della
propria
ignoranza
;
temono
di
parer
rozze
o
sciocche
o
puerili
;
e
molte
non
s
'
abbandonano
più
coll
'
ingenuità
confidente
delle
prime
volte
.
Ma
le
imitano
sempre
più
nel
vestire
e
nei
modi
.
Quelle
che
studiano
una
lingua
europea
,
la
studiano
più
per
imitazione
che
per
desiderio
di
sapere
,
o
la
studiano
per
parlare
con
le
cristiane
.
Discorrendo
,
s
'
ingegnano
d
'
incastrare
nel
turco
qualche
parola
francese
;
quelle
che
non
sanno
quella
lingua
,
fingon
di
saperla
o
almeno
d
'
intenderla
;
sono
beate
di
sentirsi
chiamar
madame
;
vanno
apposta
in
certe
botteghe
di
franchi
per
essere
salutate
con
quel
titolo
;
e
Pera
,
la
gran
Pera
le
attira
,
come
il
lume
le
farfalle
;
attira
i
loro
passi
,
le
loro
fantasie
e
i
loro
quattrini
,
e
qualche
volta
anche
i
loro
peccati
.
Per
questo
son
smaniose
di
conoscer
signore
franche
,
che
sono
per
esse
come
le
rivelatrici
d
'
un
nuovo
mondo
.
Da
loro
si
fanno
descrivere
i
grandi
spettacoli
dei
teatri
d
'
occidente
,
i
balli
splendidi
,
i
bei
conviti
,
i
ricevimenti
sontuosi
delle
gran
dame
,
le
avventure
carnevalesche
e
i
grandi
viaggi
,
e
tutte
queste
immagini
luminose
turbinano
poi
tutte
insieme
nella
loro
testina
affaticata
,
fra
le
pareti
uggiose
dell
'
arem
,
all
'
ombra
dei
giardini
malinconici
;
e
come
le
donne
europee
sognano
gli
orizzonti
sereni
dell
'
Oriente
,
esse
sospirano
in
quei
momenti
,
la
vita
varia
e
febbrile
dei
nostri
paesi
,
e
darebbero
tutte
le
meraviglie
del
Bosforo
per
un
quartiere
nebbioso
di
Parigi
.
Ma
non
è
soltanto
la
vita
varia
e
febbrile
ch
'
esse
sospirano
;
è
anche
,
e
più
sovente
e
più
intimamente
desiderata
,
la
vita
domestica
,
il
piccolo
mondo
della
casa
europea
,
il
cerchio
degli
amici
devoti
,
le
mense
coronate
di
figli
,
le
belle
vecchiezze
onorate
;
quel
santuario
pieno
di
memorie
,
di
confidenze
e
di
tenerezze
,
che
può
render
bella
l
'
unione
di
due
anime
anche
senza
l
'
amore
;
al
quale
si
ritorna
anche
dopo
una
lunga
vita
d
'
aberrazioni
e
di
colpe
;
nel
quale
,
anche
fra
i
dolori
del
presente
e
le
tempeste
della
giovinezza
,
il
pensiero
si
rifugia
e
il
cuore
si
conforta
,
come
in
una
promessa
di
pace
per
gli
anni
più
tardi
,
come
nella
bellezza
d
'
un
tramonto
sereno
contemplato
dall
'
oscurità
della
valle
.
-
Ma
c
'
è
una
gran
cosa
da
dire
a
conforto
di
tutti
coloro
che
lamentano
la
sorte
della
donna
turca
,
ed
è
che
la
poligamia
decade
di
giorno
in
giorno
.
Già
è
stata
considerata
sempre
dai
turchi
medesimi
piuttosto
come
un
abuso
tollerabile
che
come
diritto
naturale
dell
'
uomo
.
Maometto
disse
:
-
È
sempre
lodevole
chi
sposa
una
donna
sola
,
-
benchè
egli
ne
abbia
sposato
parecchie
;
e
sposano
infatti
una
donna
sola
tutti
coloro
che
vogliono
dar
l
'
esempio
di
costumi
onesti
ed
austeri
.
Chi
n
'
ha
più
d
'
una
,
non
è
apertamente
disapprovato
,
ma
non
è
nemmeno
lodato
.
Sono
pochi
i
turchi
che
sostengono
la
poligamia
apertamente
,
più
rari
quelli
che
l
'
approvino
nella
loro
coscienza
.
Quasi
tutti
ne
comprendono
l
'
ingiustizia
e
le
male
conseguenze
;
molti
la
combattono
a
viso
aperto
e
con
ardore
.
Tutti
coloro
che
sono
in
una
condizione
sociale
che
impone
una
certa
rispettabilità
di
carattere
e
una
qualche
dignità
di
vita
,
non
hanno
che
una
donna
.
Ne
hanno
una
sola
gli
alti
impiegati
dei
ministeri
,
gli
ufficiali
dell
'
esercito
,
i
magistrati
,
gli
uomini
di
religione
.
Una
sola
,
per
necessità
,
tutti
i
poveri
e
quasi
tutti
gli
uomini
del
mezzo
ceto
.
Quattro
quinti
dei
turchi
di
Costantinopoli
non
sono
più
poligami
.
Molti
,
è
vero
,
non
sposano
che
una
donna
per
la
manìa
d
'
imitar
gli
europei
;
e
molti
altri
,
che
hanno
una
moglie
sola
,
si
rifanno
colle
odalische
.
Ma
quella
manìa
d
'
imitazione
ha
le
sue
prime
radici
in
un
sentimento
confuso
della
necessità
d
'
un
cangiamento
nella
società
musulmana
;
e
l
'
uso
delle
odalische
,
apertamente
biasimato
come
vizio
,
non
può
che
scemare
col
ristringersi
del
commercio
,
ancora
tollerato
,
delle
schiave
,
fin
che
si
confonderà
colla
corruzione
ordinaria
di
tutti
i
paesi
europei
.
Ne
nascerà
una
corruzione
maggiore
?
Ad
altri
la
sentenza
.
Questo
è
il
fatto
:
che
la
trasformazione
europea
della
società
turca
non
è
possibile
senza
la
redenzione
della
donna
,
che
la
redenzione
della
donna
non
si
può
compiere
senza
la
caduta
della
poligamia
,
e
che
la
poligamia
cade
.
Nessuno
forse
leverebbe
la
voce
,
se
la
sopprimesse
improvvisamente
domani
un
decreto
del
Gran
Signore
.
L
'
edifizio
è
crollato
e
non
c
'
è
più
che
da
sgombrar
le
rovine
.
La
nuova
aurora
tinge
già
di
rosa
le
terrazze
degli
arem
.
Sperate
,
o
belle
hanum
!
Le
porte
del
selamlik
saranno
spezzate
,
le
grate
cadranno
,
il
feregé
andrà
a
decorare
i
musei
del
gran
bazar
,
l
'
eunuco
non
sarà
più
che
una
reminiscenza
nera
dell
'
infanzia
,
e
voi
mostrerete
liberamente
al
mondo
le
grazie
del
vostro
viso
e
i
tesori
della
vostra
anima
;
e
allora
,
ogni
volta
che
si
nomineranno
in
Europa
le
"
perle
dell
'
Oriente
"
,
s
'
intenderà
di
nominar
voi
,
o
bianche
hanum
;
voi
,
belle
musulmane
,
colte
,
argute
e
gentili
;
non
le
inutili
perle
che
brillano
intorno
alla
vostra
fronte
in
mezzo
alle
pompe
fredde
dell
'
arem
.
Coraggio
,
dunque
!
Il
Sole
si
leva
.
Per
me
-
e
questo
lo
dico
ai
miei
amici
increduli
-
vecchio
come
sono
,
non
ho
ancora
rinunziato
alla
speranza
di
dare
il
braccio
alla
moglie
d
'
un
pascià
di
passaggio
per
Torino
,
e
di
condurla
a
passeggiare
sulle
rive
del
Po
,
recitandole
un
capitolo
dei
Promessi
Sposi
.
IANGHEN
VAR
Stavo
appunto
fantasticando
intorno
a
questa
passeggiata
,
verso
le
cinque
della
mattina
,
nella
mia
camera
dell
'
Albergo
di
Bisanzio
,
e
così
tra
il
sonno
e
la
veglia
,
vedendo
lontano
la
collina
di
Superga
,
cominciavo
a
dire
alla
mia
hanum
viaggiatrice
:
-
"
Quel
ramo
del
lago
di
Como
che
volge
a
mezzogiorno
fra
due
catene
non
interrotte
....
"
-
quando
mi
comparve
dinanzi
,
col
lume
in
mano
,
il
mio
amico
Yunk
"
bianco
vestito
"
e
mi
domandò
con
gran
meraviglia
:
-
Che
cosa
accade
questa
notte
a
Costantinopoli
?
Tesi
l
'
orecchio
e
sentii
un
rumore
sordo
e
confuso
che
veniva
dalla
strada
,
un
suono
di
passi
affrettati
per
le
scale
,
un
mormorio
,
un
fremito
,
che
pareva
di
giorno
.
Mi
affacciai
alla
finestra
e
vidi
giù
nell
'
oscurità
un
gran
correre
di
gente
verso
il
Corno
d
'
oro
.
Corsi
sul
pianerottolo
,
afferrai
un
cameriere
greco
che
scendeva
le
scale
a
precipizio
e
gli
domandai
che
cos
'
era
accaduto
.
Egli
si
svincolò
dicendo
:
-
Ianghen
var
,
per
Dio
!
Non
avete
sentito
il
grido
?
-
E
poi
soggiunse
scappando
:
-
Guardate
la
cima
della
Torre
di
Galata
.
-
Tornammo
alla
finestra
e
guardando
giù
verso
Galata
vedemmo
tutta
la
parte
superiore
della
gran
torre
illuminata
da
una
luce
purpurea
vivissima
,
e
una
gran
nuvola
nera
che
s
'
alzava
dalle
case
vicine
in
mezzo
a
un
vortice
di
scintille
e
s
'
allargava
rapidamente
sopra
il
cielo
stellato
.
Subito
il
nostro
pensiero
corse
ai
formidabili
incendii
di
Costantinopoli
,
e
specialmente
a
quello
spaventevole
di
quattr
'
anni
innanzi
;
e
il
nostro
primo
sentimento
fu
di
terrore
e
di
compassione
.
Ma
immediatamente
dopo
,
-
lo
confesso
e
me
ne
vergogno
,
-
un
altro
sentimento
egoistico
e
crudele
,
-
la
curiosità
del
pittore
e
del
descrittore
,
-
prese
il
disopra
e
,
-
confesso
anche
questo
,
-
ci
scambiammo
un
sorriso
che
il
Doré
avrebbe
potuto
cogliere
a
volo
per
stamparlo
sulla
faccia
d
'
uno
dei
suoi
demoni
danteschi
.
Chi
ci
avesse
aperto
il
petto
,
in
quel
momento
,
non
ci
avrebbe
trovato
che
un
calamaio
e
una
tavolozza
.
Ci
vestimmo
e
scendemmo
in
furia
giù
per
la
gran
strada
di
Pera
.
Ma
la
nostra
curiosità
,
per
fortuna
,
fu
delusa
.
Non
eravamo
ancora
arrivati
alla
torre
di
Galata
che
l
'
incendio
era
quasi
spento
.
Finivano
di
bruciare
due
piccole
case
;
la
gente
cominciava
a
ritirarsi
;
le
strade
erano
allagate
dall
'
acqua
delle
pompe
e
ingombre
di
mobili
e
di
materasse
,
fra
le
quali
andavano
e
venivano
,
nell
'
oscurità
grigia
del
mattino
,
uomini
e
donne
in
camicia
,
tremanti
dal
freddo
,
levando
in
cento
lingue
un
vocìo
assordante
,
nel
quale
non
si
sentiva
più
che
quel
resto
di
paura
che
dà
sapore
alla
chiacchiera
dopo
un
grave
pericolo
svanito
.
Vedendo
che
tutto
stava
per
finire
,
scendemmo
verso
il
ponte
per
consolarci
del
nostro
dispetto
scellerato
colla
levata
del
sole
.
Qui
assistemmo
a
uno
spettacolo
che
valeva
quello
d
'
un
incendio
.
Il
cielo
cominciava
appena
a
chiarirsi
dietro
le
colline
dell
'
Asia
.
Stambul
,
scossa
per
poco
al
primo
annunzio
dell
'
incendio
,
era
già
rientrata
nella
quiete
solenne
della
notte
.
Le
rive
e
il
ponte
erano
deserti
;
tutto
il
Corno
d
'
oro
dormiva
,
coperto
da
una
bruma
leggerissima
e
immerso
in
un
silenzio
profondo
.
Non
moveva
una
barca
,
non
volava
un
uccello
,
non
stormiva
un
albero
,
non
si
sentiva
un
respiro
.
Quella
interminabile
città
azzurra
,
muta
e
velata
,
pareva
dipinta
nell
'
aria
,
e
sembrava
che
,
gettando
un
grido
,
avrebbe
dovuto
svanire
.
Costantinopoli
non
ci
s
'
era
mai
mostrata
in
un
aspetto
così
aereo
e
così
misterioso
;
non
ci
aveva
mai
presentato
più
vivamente
l
'
immagine
di
quelle
città
favolose
delle
storie
orientali
,
che
il
pellegrino
vede
sorgere
improvvisamente
dinanzi
a
sè
,
e
vi
trova
,
entrando
,
un
popolo
immobile
,
pietrificato
,
negli
infiniti
atteggiamenti
di
una
vita
affaccendata
ed
allegra
,
dalla
vendetta
improvvisa
d
'
un
Re
dei
geni
.
Stavamo
là
appoggiati
alle
spallette
del
ponte
,
contemplando
quella
scena
meravigliosa
,
senza
più
pensare
all
'
incendio
,
quando
sentimmo
prima
un
vocìo
fioco
e
confuso
di
là
dal
Corno
d
'
oro
,
come
di
gente
che
chiedesse
soccorso
,
e
poi
uno
scoppio
di
grida
altissime
:
-
Allà
!
Allà
!
Allà
!
-
che
risonarono
improvvisamente
nel
vano
enorme
e
silenzioso
della
rada
,
e
nello
stesso
tempo
apparve
sulla
sponda
opposta
,
e
si
slanciò
giù
per
il
ponte
,
correndo
precipitosamente
verso
di
noi
,
una
folla
rumorosa
e
sinistra
.
-
Tulumbadgi
!
-
gridò
uno
dei
guardiani
del
ponte
.
-
(
I
pompieri
!
)
Noi
ci
tirammo
da
una
parte
.
Un
'
orda
di
selvaggi
seminudi
,
col
capo
scoperto
,
coi
petti
irsuti
,
grondanti
di
sudore
,
vecchi
,
giovani
,
neri
,
nani
e
giganti
cappelluti
e
rapati
,
faccie
d
'
assassini
e
di
ladri
,
quattro
dei
quali
portavano
sulle
spalle
una
piccola
pompa
e
pareva
una
bara
di
fanciullo
;
armati
di
lunghe
aste
uncinate
,
di
fasci
di
corde
,
d
'
ascie
,
e
di
picconi
,
-
ci
passarono
accanto
,
urlando
e
anelando
,
cogli
occhi
dilatati
,
coi
capelli
sparsi
,
coi
cenci
al
vento
,
stretti
,
impetuosi
e
biechi
,
-
e
gettandoci
in
viso
una
tanfata
d
'
odor
di
belve
,
disparvero
nella
strada
di
Galata
,
d
'
onde
ci
giunsero
le
loro
ultime
grida
fioche
di
Allà
,
e
poi
fu
di
nuovo
un
silenzio
profondo
.
L
'
impressione
che
mi
fece
quell
'
apparizione
tumultuosa
e
fulminea
in
quella
quiete
arcana
della
grande
città
addormentata
,
non
la
so
esprimere
;
-
so
che
compresi
e
vidi
in
un
momento
mille
scene
d
'
invasioni
barbariche
,
di
saccheggi
e
d
'
orrori
di
paesi
e
di
tempi
lontani
,
che
fino
allora
la
mia
immaginazione
si
era
sforzata
inutilmente
di
rappresentarsi
al
vivo
,
e
che
mi
domandai
se
quella
era
la
città
,
se
quello
era
proprio
il
ponte
,
su
cui
,
di
giorno
,
passavano
degli
ambasciatori
europei
,
delle
signore
vestite
alla
parigina
e
dei
venditori
di
giornali
francesi
.
Un
minuto
dopo
,
il
silenzio
solenne
del
Corno
d
'
oro
fu
rotto
di
nuovo
da
un
gridìo
lontano
,
e
un
'
altra
turba
scamiciata
e
selvaggia
ci
passò
dinanzi
,
come
un
turbine
,
sul
ponte
ondeggiante
e
sonante
,
levando
un
frastuono
confuso
di
urli
,
di
sbuffi
,
d
'
aneliti
,
di
risa
soffocate
e
sinistre
,
e
un
'
altra
volta
le
grida
prolungate
e
lamentevoli
di
Allà
si
perdettero
per
le
strade
di
Galata
,
seguite
da
un
silenzio
mortale
.
Poco
dopo
passò
un
'
altra
turba
,
e
poi
una
quarta
,
e
poi
altre
due
,
e
infine
passò
il
pazzo
di
Pera
,
nudo
dalla
testa
ai
piedi
,
mezzo
morto
dal
freddo
,
gettando
grida
acutissime
,
inseguito
da
un
branco
di
monelli
turchi
,
che
disparvero
con
lui
e
coi
pompieri
dietro
le
case
della
riva
franca
;
e
sulla
grande
città
,
dorata
dai
primi
raggi
dell
'
aurora
,
tornò
a
regnare
un
altissimo
silenzio
.
Di
lì
a
poco
si
levò
il
sole
,
comparvero
i
muezzin
sui
minareti
,
si
mossero
i
caicchi
,
si
svegliò
il
porto
,
cominciò
a
passar
gente
sul
ponte
e
a
spandersi
intorno
il
rumor
sordo
della
vita
cittadina
,
e
noi
ritornammo
verso
Pera
.
Ma
l
'
immagine
di
quella
grande
città
assopita
,
di
quel
cielo
albeggiante
,
di
quella
pace
solenne
,
di
quelle
orde
selvaggie
,
ci
rimase
così
profondamente
stampata
nella
mente
,
che
oggi
ancora
non
ci
rivediamo
una
volta
senza
ricordarcela
,
con
un
misto
piacevolissimo
di
stupore
e
di
paura
,
come
una
scena
veduta
nella
Stambul
d
'
altri
secoli
,
o
sognata
nell
'
ebbrezza
dell
'
hascisc
.
Così
non
vidi
lo
spettacolo
di
un
incendio
a
Costantinopoli
;
ma
se
non
lo
vidi
coi
miei
occhi
,
conobbi
tanti
testimonii
oculari
di
quello
che
distrusse
Pera
nel
1870
,
e
ne
raccolsi
notizie
così
minute
,
che
posso
dire
d
'
averlo
visto
colla
mente
,
e
descriverlo
forse
con
non
minore
evidenza
che
se
ne
fossi
stato
anch
'
io
spettatore
.
La
prima
fiamma
s
'
accese
in
una
piccola
casa
di
via
Feridié
,
in
Pera
,
il
giorno
cinque
di
giugno
,
stagione
in
cui
una
buona
parte
della
popolazione
agiata
di
Costantinopoli
villeggia
sul
Bosforo
;
al
tocco
dopo
mezzogiorno
,
ora
in
cui
quasi
tutti
gli
abitanti
della
città
,
anche
europei
,
stanno
chiusi
in
casa
a
far
la
siesta
.
Nella
casa
di
via
Feridié
non
c
'
era
che
una
vecchia
serva
;
la
famiglia
era
partita
la
mattina
per
la
campagna
.
Appena
s
'
accorse
dell
'
incendio
,
la
vecchia
si
slanciò
nella
strada
e
si
mise
a
correre
gridando
:
-
Al
fuoco
!
-
Subito
accorse
gente
dalle
case
intorno
,
con
secchie
e
con
piccole
pompe
-
,
perché
era
già
caduta
la
legge
insensata
che
proibiva
di
spegnere
gli
incendii
prima
che
arrivassero
gli
ufficiali
dei
Seraschierato
-
,
e
,
come
sempre
,
si
precipitarono
tutti
verso
la
fontana
più
vicina
per
prender
acqua
.
Le
fontane
di
Pera
,
a
cui
i
portatori
d
'
acqua
vanno
ad
attingere
,
a
certe
ore
,
per
le
famiglie
del
quartiere
,
vengono
tutte
chiuse
a
chiave
dopo
la
distribuzione
,
e
l
'
impiegato
che
le
ha
in
custodia
non
può
più
aprirle
senza
il
permesso
dell
'
autorità
.
In
quel
momento
appunto
v
'
era
accanto
alla
fontana
una
guardia
turca
della
municipalità
di
Pera
,
che
aveva
la
chiave
in
tasca
,
e
stava
là
spettatrice
impassibile
dell
'
incendio
.
La
folla
affannata
lo
circonda
e
gl
'
intima
di
aprire
.
Egli
rifiuta
dicendo
che
non
ha
l
'
ordine
.
Gli
si
stringono
addosso
,
lo
minacciano
,
lo
afferrano
:
egli
resiste
,
si
dibatte
,
grida
che
non
leveranno
la
chiave
che
dal
suo
cadavere
.
Intanto
le
fiamme
avvolgono
tutta
la
casa
e
cominciano
ad
attaccarsi
alle
case
vicine
.
La
notizia
dell
'
incendio
si
propaga
di
quartiere
in
quartiere
.
Dalla
sommità
della
torre
di
Galata
e
di
quella
del
Seraschiere
,
i
guardiani
hanno
visto
il
fumo
e
messo
fuori
le
grandi
ceste
purpuree
,
segnale
degl
'
incendii
di
giorno
.
Tutte
le
guardie
di
città
corrono
per
le
strade
battendo
i
loro
lunghi
bastoni
sul
ciottolato
e
mettendo
il
grido
sinistro
:
-
Ianghen
var
!
-
C
'
è
il
fuoco
!
-
a
cui
rispondono
con
rulli
cupi
e
precipitosi
i
mille
tamburi
delle
caserme
.
Il
cannone
di
Top
-
hané
annunzia
il
pericolo
alla
immensa
città
con
tre
colpi
che
risuonano
dal
mar
di
Marmara
al
mar
Nero
.
Il
Seraschierato
,
il
serraglio
,
le
ambasciate
,
tutta
Pera
e
tutta
Galata
sono
sottosopra
;
e
pochi
minuti
dopo
arrivano
a
spron
battuto
in
via
Feridié
il
ministro
della
guerra
,
un
nuvolo
di
ufficiali
,
un
esercito
di
pompieri
,
e
cominciano
precipitosamente
il
lavoro
.
Ma
come
accade
quasi
sempre
,
quel
primo
tentativo
riuscì
inutile
.
Le
strade
strettissime
non
concedevano
libertà
di
movimenti
;
le
pompe
non
servivano
,
l
'
acqua
era
insufficiente
e
lontana
;
i
pompieri
,
mal
disciplinati
,
come
sempre
,
e
piuttosto
intesi
a
crescere
che
a
scemare
la
confusione
,
per
pescare
nel
torbido
;
e
per
di
più
scarseggiavano
i
facchini
per
il
trasporto
delle
robe
,
essendone
andato
un
gran
numero
,
quel
giorno
,
alla
festa
nazionale
armena
che
si
celebra
a
Beicos
.
È
a
notarsi
,
inoltre
,
che
le
case
di
legno
erano
allora
in
assai
maggior
numero
che
non
siano
ora
,
e
che
anche
le
case
di
pietra
e
di
mattoni
avevano
,
come
quelle
di
legno
,
dei
tetti
sottili
,
difesi
da
radissime
tegole
,
e
perciò
facilissimi
ad
accendersi
.
E
non
v
'
era
nemmeno
il
vantaggio
che
presenta
,
in
simili
occasioni
,
la
popolazione
musulmana
,
la
quale
,
fatalista
ed
apatica
com
'
è
in
faccia
alla
sventura
,
non
si
atterrisce
gran
fatto
all
'
aspetto
d
'
un
incendio
,
e
se
non
aiuta
abbastanza
a
spegnere
,
non
intralcia
almeno
l
'
opera
degli
altri
con
la
propria
forsennatezza
.
Quella
era
popolazione
quasi
tutta
cristiana
e
perdette
immediatamente
la
testa
.
L
'
incendio
non
abbracciava
ancora
che
poche
case
,
che
già
in
tutte
le
strade
d
'
intorno
era
un
tramestìo
indescrivibile
,
un
precipitar
di
mobili
dalle
finestre
,
un
tumulto
di
pianti
e
di
grida
,
uno
sgomento
,
un
ingombro
,
contro
cui
non
potevano
nè
le
minaccie
,
nè
la
forza
,
nè
le
armi
.
Un
'
ora
era
appena
trascorsa
dall
'
apparire
delle
prime
fiamme
,
e
già
tutta
la
strada
Feridié
era
accesa
,
e
gli
ufficiali
e
i
pompieri
indietreggiavano
rapidamente
da
tutte
le
parti
,
lasciando
qua
e
là
morti
e
feriti
,
e
la
speranza
di
soffocar
l
'
incendio
sul
nascere
era
perduta
.
Per
maggior
disgrazia
tirava
quel
giorno
un
vento
fortissimo
che
abbatteva
le
fiamme
delle
case
ardenti
sopra
i
tetti
delle
case
vicine
,
in
larghe
vampe
orizzontali
,
che
parevano
tende
ondeggianti
,
in
modo
che
il
fuoco
penetrava
in
tutte
le
case
dal
tetto
,
come
rovesciatovi
sopra
da
un
vulcano
.
L
'
accensione
era
così
rapida
,
che
le
famiglie
raccolte
nelle
case
,
sicure
d
'
essere
ancora
in
tempo
a
portar
via
una
parte
dei
loro
averi
,
si
sentivano
tutt
'
a
un
tratto
crepitare
il
tetto
sul
capo
,
e
appena
riuscivano
a
metter
in
salvo
la
vita
.
Le
case
s
'
accendevano
l
'
una
dopo
l
'
altra
come
se
fossero
state
intonacate
di
pece
,
e
subito
,
dalle
innumerevoli
finestrine
prorompevano
le
fiamme
lunghe
,
diritte
,
mobilissime
,
come
serpenti
smaniosi
di
preda
,
che
si
curvavano
fino
a
lambire
la
strada
quasi
per
cercar
vittime
umane
.
L
'
incendio
non
correva
,
volava
,
e
prima
di
avvolgere
,
copriva
,
come
un
mare
di
fuoco
.
Dalla
via
Feridiè
irruppe
furiosamente
nella
via
di
Tarla
-
Bascì
,
di
qui
tornò
indietro
e
invase
come
un
torrente
la
via
di
Misc
,
poi
infiammò
come
una
foresta
secca
il
quartiere
Aga
-
Dgiami
,
poi
la
via
Sakes
-
Agatsce
,
poi
quella
di
Kalindgi
-
Kuluk
,
e
poi
di
strada
in
strada
,
coprì
di
fuoco
tutta
la
china
di
Yeni
-
Sceir
,
e
s
'
incrociò
col
turbine
di
fiamme
che
veniva
giù
strepitando
e
muggendo
per
la
gran
strada
di
Pera
.
Non
c
'
erano
soltanto
mille
incendii
da
spegnere
,
mille
nemici
sparsi
da
combattere
;
erano
come
le
insidie
e
i
colpi
di
mano
inaspettati
d
'
un
grande
esercito
,
che
pareva
fosse
guidato
astutamente
da
una
volontà
unica
,
per
cogliere
nella
rete
la
città
intera
,
e
non
lasciar
scampo
a
nessuno
.
Erano
tanti
torrenti
di
lava
che
si
riunivano
e
s
'
incrociavano
,
precipitando
e
spandendosi
in
laghi
di
fuoco
con
una
rapidità
che
preveniva
tutti
i
soccorsi
.
In
capo
a
tre
ore
metà
di
Pera
era
in
fiamme
.
Una
miriade
di
colonne
di
fumo
vermiglio
,
sulfureo
,
bianco
,
nero
,
fuggivano
rapidissimamente
rasente
i
tetti
e
s
'
allungavano
a
perdita
d
'
occhi
lungo
le
colline
,
ottenebrando
e
tingendo
di
colori
sinistri
i
vasti
sobborghi
del
Corno
d
'
oro
;
per
tutto
era
un
turbinio
furioso
di
cenere
e
di
scintille
;
e
il
vento
sbatteva
contro
le
case
ancora
intatte
dei
bassi
quartieri
una
vera
grandine
di
braci
e
di
tizzi
,
che
spazzavano
le
strade
come
scariche
di
mitraglia
.
Le
strade
dei
quartieri
accesi
non
erano
più
che
grandi
fornaci
,
sopra
alcune
delle
quali
le
fiamme
formavano
come
un
fitto
padiglione
,
e
là
precipitavano
e
saltellavano
con
un
fracasso
orrendo
i
pini
del
mar
Nero
delle
travature
dei
tetti
,
i
travicelli
sottili
dei
ciardak
,
i
balconi
vetrati
,
i
minareti
di
legno
delle
piccole
moschee
,
che
pareva
rovinassero
spezzati
da
un
terremoto
.
Per
le
strade
ancora
accessibili
,
si
vedevano
passare
,
come
spettri
,
illuminati
da
bagliori
d
'
inferno
,
lancieri
a
cavallo
,
ventre
a
terra
,
che
portavano
in
tutte
le
direzioni
gli
ordini
del
Seraschierato
;
ufficiali
del
Serraglio
,
col
capo
scoperto
e
la
divisa
abbruciacchiata
;
cavalli
sciolti
di
soldati
caduti
;
frotte
di
facchini
carichi
di
masserizie
,
sciami
di
cani
ululanti
,
turbe
di
fuggiaschi
che
inciampavano
e
stramazzavano
urlando
giù
per
le
chine
,
tra
i
feriti
,
i
cadaveri
e
le
macerie
,
e
sparivano
tra
il
fumo
e
le
fiamme
,
come
legioni
di
dannati
.
Per
un
momento
,
fu
visto
immobile
dinanzi
all
'
imboccatura
d
'
una
strada
accesa
del
quartier
Aga
-
Dgiami
,
il
Sultano
Abdul
-
Aziz
,
a
cavallo
,
circondato
dal
suo
corteo
,
pallido
come
un
cadavere
,
cogli
occhi
dilatati
e
fissi
nelle
fiamme
,
come
se
ripetesse
tra
sè
le
parole
memorabili
di
Selim
I
:
-
Ecco
il
soffio
ardente
delle
mie
vittime
!
Io
lo
sento
,
che
distruggerà
la
città
,
il
mio
serraglio
e
me
pure
!
-
E
poi
disparve
in
un
nuvolo
di
cenere
,
trascinato
dai
suoi
cortigiani
.
Tutto
l
'
esercito
di
Costantinopoli
e
tutta
l
'
innumerevole
turba
dei
pompieri
era
in
moto
,
a
frotte
,
a
lunghissime
catene
,
a
semicerchi
immensi
che
abbracciavano
interi
quartieri
,
sorvegliati
e
diretti
da
visir
,
da
ufficiali
di
corte
,
da
pascià
,
da
ulema
;
in
alcuni
punti
,
per
tagliar
la
strada
alle
fiamme
,
fervevano
battaglie
disperate
;
case
dietro
case
,
in
pochi
minuti
,
cadevano
sotto
le
scuri
;
i
tetti
formicolavano
di
gente
ardita
che
affrontava
il
fuoco
a
bruciapelo
,
e
cadevano
a
capofitto
nei
crateri
aperti
sotto
i
loro
piedi
,
e
altri
vi
succedevano
,
come
in
una
mischia
,
ostinati
,
gettando
grida
selvaggie
,
e
agitando
i
fez
abbruciacchiati
in
mezzo
al
fumo
color
di
foco
.
Ma
l
'
incendio
s
'
avanzava
vittorioso
in
mezzo
ai
mille
getti
d
'
acqua
,
sorpassando
a
grandi
salti
piazze
,
giardini
,
grandi
edifici
di
pietra
,
piccoli
cimiteri
,
e
faceva
da
tutte
le
parti
retrocedere
pompieri
,
soldati
e
cittadini
,
come
un
esercito
in
rotta
,
flagellandoli
alle
spalle
con
una
pioggia
di
carboni
roventi
.
Si
compievano
,
anche
in
quell
'
orrenda
confusione
,
dei
belli
atti
di
coraggio
e
di
umanità
.
Si
videro
in
molti
punti
,
fra
le
rovine
ardenti
delle
case
,
sventolare
i
veli
bianchi
delle
Suore
di
Carità
,
curve
sui
moribondi
;
dei
turchi
che
si
slanciarono
tra
le
fiamme
e
ricomparvero
poco
dopo
sollevando
sulle
braccia
scorticate
dei
bambini
cristiani
;
altri
musulmani
che
,
dinanzi
a
una
casa
infiammata
,
immobili
,
colle
braccia
incrociate
in
mezzo
a
una
famiglia
cristiana
in
preda
alla
disperazione
,
offrivano
freddamente
cento
lire
turche
a
chi
salvasse
un
ragazzo
europeo
rimasto
nel
fuoco
;
alcuni
che
raccoglievano
in
drappelli
,
per
le
strade
,
i
bimbi
smarriti
,
e
li
legavano
colle
bende
del
turbante
,
per
restituirli
poi
ai
parenti
;
altri
che
aprivano
le
loro
case
ai
fuggitivi
seminudi
;
più
d
'
uno
,
che
,
per
dar
un
esempio
di
coraggio
e
di
disprezzo
dei
beni
terreni
,
mentre
la
propria
casa
bruciava
,
stava
seduto
nella
via
sopra
un
tappeto
,
fumando
tranquillamente
il
narghilè
,
e
si
faceva
in
là
,
con
suprema
indifferenza
,
man
mano
che
le
fiamme
s
'
avvicinavano
.
Ma
il
coraggio
e
la
freddezza
d
'
animo
non
valevano
più
oramai
contro
quella
tempesta
di
fuoco
.
A
momenti
,
pareva
che
,
scemando
un
poco
il
vento
,
l
'
incendio
rimettesse
della
sua
furia
;
ma
subito
il
vento
ricominciava
a
soffiare
con
maggior
veemenza
,
e
le
fiamme
,
che
s
'
erano
appena
risollevate
,
tornavano
a
curvarsi
con
impeto
e
a
vibrare
come
freccie
le
loro
punte
diritte
e
implacabili
,
levando
uno
strepito
cupo
e
precipitoso
,
rotto
dagli
scoppi
improvvisi
delle
farmacie
piene
di
petrolio
,
dalle
detonazioni
del
gaz
sparso
per
le
case
,
di
cui
i
tubi
disfatti
mandavano
fuori
rigagnoli
di
piombo
fuso
;
dai
tetti
che
rovinavano
d
'
un
colpo
come
schiacciati
da
una
valanga
;
dal
crepitìo
dei
giardini
di
cipressi
che
si
contorcevano
e
s
'
infiammavano
a
un
tratto
,
sciogliendosi
in
una
pioggia
di
resina
ardente
;
dai
gruppi
di
vecchie
case
di
legno
,
che
s
'
accendevano
scoppiettando
come
fuochi
d
'
artifizio
,
e
sprigionavano
fasci
enormi
di
fiamme
bianche
in
cui
parevano
che
soffiassero
mantici
di
cento
officine
.
Era
uno
stritolamento
,
un
rovinìo
,
una
distruzione
rabbiosa
,
che
pareva
prodotta
nello
stesso
tempo
da
un
incendio
,
da
un
'
inondazione
,
da
una
convulsione
della
terra
e
dalla
rapina
d
'
un
esercito
.
Nessuno
aveva
mai
nè
visto
nè
sognato
un
simile
orrore
.
La
popolazione
pareva
impazzita
.
Per
le
strade
di
Pera
era
un
rimescolamento
vertiginoso
e
un
urlìo
forsennato
come
sul
ponte
d
'
un
bastimento
nel
momento
del
naufragio
.
In
mezzo
ai
mobili
rotolati
,
sotto
al
balenìo
delle
spade
degli
ufficiali
,
fra
gli
urti
e
le
bastonate
dei
facchini
e
dei
portatori
d
'
acqua
,
in
mezzo
ai
cavalli
dei
Pascià
e
alle
frotte
dei
pompieri
che
passavano
di
corsa
investendo
e
rovesciando
quanto
incontravano
,
famiglie
italiane
,
francesi
,
greche
,
armene
,
poveri
e
ricchi
,
donne
e
fanciulli
,
smarriti
,
smemorati
,
si
cercavano
brancolando
,
si
chiamavano
gridando
e
piangendo
,
soffocati
dal
fumo
e
accecati
dalle
scintille
;
passavano
ambasciatori
,
seguiti
da
drappelli
di
servi
,
carichi
di
carte
e
di
libri
;
frati
che
innalzavano
un
crocifisso
sopra
la
folla
;
gruppi
di
donne
turche
che
portavano
fra
le
braccia
gli
oggetti
più
preziosi
dell
'
arem
;
stuoli
di
gente
curva
sotto
spoglie
di
chiese
,
di
teatri
,
di
scuole
,
di
moschee
;
e
a
quando
a
quando
,
una
nuvola
enorme
di
fumo
caliginoso
,
spinta
giù
da
una
ventata
improvvisa
,
immergeva
tutti
nelle
tenebre
e
cresceva
lo
scompiglio
e
il
terrore
.
A
crescere
ancora
gli
orrori
di
quel
disastro
,
c
'
era
,
come
sempre
,
ma
più
quel
giorno
che
mai
,
una
miriade
di
ladri
d
'
ogni
paese
,
sbucati
da
tutti
i
covi
di
Costantinopoli
,
riuniti
a
drappelli
d
'
intesa
fra
loro
,
e
vestiti
da
facchini
,
da
signori
o
da
soldati
,
i
quali
entravano
nelle
case
e
rubavano
a
man
salva
,
e
correvano
poi
in
frotte
a
Kassim
-
Pascià
e
a
Tataola
,
a
depositarvi
il
bottino
;
e
i
soldati
li
cacciavano
,
stendendosi
in
cordoni
,
e
assalendoli
a
pattuglie
,
e
seguivano
lotte
,
dispersioni
e
inseguimenti
,
che
aggiungevano
sgomento
a
sgomento
.
I
pompieri
,
i
facchini
,
i
portatori
d
'
acqua
,
spalleggiati
dai
loro
parenti
,
stretti
in
bande
brigantesche
,
sotto
gli
occhi
delle
famiglie
desolate
di
cui
ardevano
le
case
,
interrompevano
il
lavoro
,
e
mettevano
a
prezzo
d
'
oro
la
continuazione
.
I
mobili
ammucchiati
a
traverso
le
strade
strette
,
difesi
dalle
famiglie
,
erano
presi
d
'
assalto
da
torme
di
predoni
,
colle
armi
alla
mano
,
e
poi
ridifesi
,
come
barricate
,
dall
'
assalto
di
altri
predoni
.
Turbe
di
fuggitivi
,
incontrandosi
colle
loro
robe
nei
varchi
angusti
,
si
disputavano
ferocemente
la
precedenza
del
passaggio
,
e
lasciavano
il
terreno
ingombro
di
gente
soffocata
o
ferita
.
Ma
già
dopo
le
prime
quattr
'
ore
d
'
incendio
,
la
furia
del
foco
era
tale
che
pochi
s
'
affannavano
più
per
le
proprie
robe
,
e
a
tutti
pareva
già
molto
di
metter
in
salvo
la
vita
.
Due
terzi
di
Pera
ardevano
,
e
le
fiamme
,
correndo
sempre
più
rapidamente
in
tutte
le
direzioni
,
accerchiavano
quasi
all
'
improvviso
dei
vasti
spazii
prima
che
la
gente
,
ch
'
era
dentro
,
se
ne
avvedesse
.
Centinaia
di
sventurati
,
stretti
in
folla
,
si
slanciavano
su
per
una
stradicciuola
tortuosa
per
cercare
uno
scampo
,
e
improvvisamente
,
a
una
svoltata
,
si
vedevano
venir
contro
un
uragano
di
vampe
e
di
fumo
,
che
li
ricacciava
indietro
,
forsennati
,
a
cercare
un
'
altra
uscita
.
Famiglie
intere
,
-
ed
una
,
fra
queste
,
di
ventidue
persone
,
-
erano
tutt
'
a
un
tratto
circondate
,
asfissiate
,
arse
,
carbonizzate
.
Presi
dalla
disperazione
,
si
rifugiavano
nelle
cantine
dove
rimanevano
soffocati
,
si
precipitavano
nei
pozzi
e
nelle
cisterne
,
s
'
impiccavano
agli
alberi
,
o
dopo
aver
cercato
inutilmente
un
ricovero
nei
ripostigli
più
segreti
della
casa
,
smarrita
la
ragione
,
uscivano
all
'
aperto
e
correvano
a
buttarsi
nelle
fiamme
.
Dai
luoghi
alti
di
Pera
,
si
vedevano
giù
per
le
chine
,
in
mezzo
a
cerchi
di
fuoco
,
famiglie
inginocchiate
sulle
terrazze
,
colle
braccia
tese
e
le
mani
giunte
,
che
chiedevano
al
cielo
il
soccorso
che
non
speravano
più
dalla
terra
.
Si
vedevano
venir
giù
di
corsa
dalle
alture
di
Pera
e
sparpagliarsi
per
Galata
,
per
Top
-
hanè
,
per
Funduclù
,
per
i
bassi
cimiteri
,
stormi
di
gente
pallida
e
scapigliata
,
stravolta
dal
terrore
,
che
cercava
ancora
dove
nascondersi
,
come
se
fosse
inseguita
dal
fuoco
;
fanciulli
insanguinati
,
donne
lacere
,
coi
capelli
arsi
,
che
stringevano
fra
le
braccia
bimbi
morti
o
acciecati
;
uomini
col
viso
e
le
braccia
scorticate
che
si
scontorcevano
per
terra
fra
gli
spasimi
dell
'
agonia
;
vecchi
singhiozzanti
come
bambini
,
signori
ridotti
alla
miseria
che
davan
del
capo
nei
muri
,
giovanetti
deliranti
che
andavano
a
cadere
estenuati
sulla
riva
del
Corno
d
'
oro
,
famiglie
che
portavano
cadaveri
anneriti
,
sventurati
impazziti
dallo
spavento
che
trascinavano
seggiole
attaccate
a
uno
spago
o
si
serravano
sul
petto
delle
bracciate
di
cocci
e
di
cenci
,
prorompendo
in
grida
lamentevoli
o
in
risa
frenetiche
.
E
intanto
,
continuavano
a
salire
dai
quartieri
bassi
,
dagli
arsenali
di
Ters
-
hanè
e
di
Top
-
hanè
,
dalle
caserme
,
dalle
moschee
,
dai
palazzi
del
Sultano
,
e
correvano
come
a
un
assalto
,
urlando
Janghen
var
e
Allà
,
su
per
le
colline
,
fra
il
turbinìo
della
cenere
e
delle
scintille
,
sotto
una
pioggia
di
caligine
ardente
,
per
le
strade
coperte
di
tizzoni
e
di
rottami
,
battaglioni
di
nizam
,
bande
di
ladri
,
falangi
di
pompieri
,
generali
,
dervis
,
messi
della
Corte
,
famiglie
che
tornavano
indietro
a
cercare
i
parenti
perduti
,
predatori
ed
eroi
,
la
sventura
,
la
carità
e
il
delitto
,
confusi
in
una
turba
spaventevole
,
che
montava
rumoreggiando
come
un
mare
in
tempesta
,
colorata
dai
riflessi
vermigli
dell
'
immensa
fornace
.
E
poco
lontano
da
quell
'
inferno
,
rideva
,
come
sempre
,
la
maestà
serena
di
Stambul
e
la
bellezza
primaverile
della
riva
asiatica
,
specchiata
dal
mar
di
Marmara
e
dal
Bosforo
,
coperto
di
bastimenti
immobili
;
una
folla
immensa
,
che
faceva
nere
tutte
le
rive
,
assisteva
muta
e
impassibile
allo
spettacolo
spaventoso
;
i
muezzin
annunziavano
con
lente
cantilene
dai
terrazzi
dei
minareti
il
tramonto
del
sole
;
gli
uccelli
roteavano
allegramente
intorno
alle
moschee
delle
sette
colline
;
e
i
vecchi
turchi
,
seduti
all
'
ombra
dei
platani
,
sopra
le
alture
verdi
di
Scutari
,
mormoravano
con
voce
pacata
:
-
È
sonata
l
'
ultima
ora
per
la
città
dei
Sultani
.
-
Il
giorno
prescritto
è
venuto
.
-
La
sentenza
d
'
Allà
si
compisce
.
-
Così
sia
-
Così
sia
.
L
'
incendio
,
per
fortuna
,
non
si
protrasse
nella
notte
.
Alle
sette
della
sera
s
'
accendeva
,
per
ultimo
,
il
palazzo
dell
'
ambasciata
d
'
Inghilterra
;
dopo
di
che
il
vento
cessava
improvvisamente
,
e
le
fiamme
morivano
,
spontaneamente
o
soffocate
,
da
tutte
le
parti
.
In
sei
ore
due
terzi
di
Pera
erano
stati
distrutti
dalle
fondamenta
,
nove
mila
case
incenerite
,
due
mila
persone
morte
.
Dopo
l
'
incendio
famoso
del
1756
,
che
distrusse
ottanta
mila
case
,
e
spianò
due
terzi
di
Stambul
,
sotto
il
regno
di
Otmano
III
,
non
s
'
era
più
visto
un
disastro
così
tremendo
;
e
nessun
incendio
,
dalla
presa
di
Costantinopoli
in
poi
,
mietè
un
così
gran
numero
di
vite
.
Il
giorno
seguente
Pera
offriva
un
aspetto
meno
spaventevole
,
ma
non
meno
triste
che
durante
l
'
infuriare
dell
'
incendio
.
Dov
'
era
passato
il
fuoco
,
era
un
deserto
,
e
apparivano
le
forme
nude
e
sinistre
della
grande
collina
;
nuovi
prospetti
,
una
luce
nuova
,
vastissimi
spazi
coperti
di
cenere
in
mezzo
ai
quali
non
rimanevano
che
le
torricine
affumicate
dei
camini
,
come
monumenti
funebri
;
quartieri
interi
scomparsi
come
accampamenti
di
beduini
portati
via
dall
'
uragano
;
strade
e
crocicchi
di
cui
non
rimanevan
più
che
le
traccie
nere
e
fumanti
sulla
terra
,
fra
le
quali
erravano
migliaia
di
sventurati
cenciosi
e
sparuti
,
che
chiedevano
l
'
elemosina
in
mezzo
a
un
via
vai
di
soldati
,
di
medici
,
di
monache
,
di
sacerdoti
d
'
ogni
religione
e
d
'
impiegati
di
tutti
i
gradi
,
che
distribuivano
pane
e
denaro
,
e
guidavano
lunghe
file
di
carri
carichi
di
materasse
e
di
coperte
,
mandate
dal
governo
per
la
gente
rimasta
senza
casa
.
Il
governo
aveva
fatto
pure
distribuire
le
tende
dei
soldati
.
Le
alture
di
Tataola
e
il
grande
cimitero
armeno
erano
coperti
d
'
accampamenti
,
in
cui
brulicava
una
folla
immensa
.
Per
tutto
si
vedevano
strati
e
monti
di
masserizie
su
cui
sedevano
famiglie
estenuate
e
istupidite
.
Nel
vasto
cimitero
di
Galata
erano
sparsi
e
accatastati
alla
rinfusa
,
come
in
un
bazar
messo
sottosopra
,
lungo
i
sentieri
e
in
mezzo
ai
sepolcri
,
divani
,
letti
,
cuscini
,
pianoforti
,
quadri
,
libri
,
carrozze
sconquassate
,
cavalli
feriti
legati
ai
cipressi
,
portantine
dorate
d
'
ambasciatori
e
gabbie
di
pappagalli
degli
arem
,
custoditi
da
una
folla
di
servi
e
di
facchini
neri
di
caligine
e
cascanti
di
sonno
.
Una
poveraglia
innumerevole
,
immonda
,
non
mai
veduta
,
girava
per
le
strade
a
cercar
chiodi
e
serrature
fra
le
macerie
,
scansando
i
soldati
e
i
pompieri
addormentati
per
terra
,
sfiniti
dalle
fatiche
della
notte
;
si
vedeva
per
tutto
gente
affaccendata
a
rizzar
baracche
sulle
rovine
delle
proprie
case
,
con
tende
ed
assiti
;
famiglie
inginocchiate
in
mezzo
ai
muri
affumicati
di
chiese
senza
tetto
,
dinanzi
ad
altari
bruciati
;
gruppi
di
uomini
e
di
donne
che
correvano
affannosamente
,
col
capo
chino
,
osservando
viso
per
viso
lunghe
file
di
cadaveri
carbonizzati
e
sformati
,
e
lì
riconoscimenti
,
grida
disperate
,
scoppi
di
pianto
,
gente
che
stramazzava
come
fulminata
,
in
mezzo
a
una
processione
di
lettighe
e
di
bare
,
a
un
polverìo
denso
,
a
un
'
aria
infocata
,
a
un
puzzo
di
carni
arse
,
a
nuvoli
di
scintille
che
si
sollevavano
improvvisamente
sotto
le
vanghe
e
i
picconi
degli
scavatori
,
e
ricadevano
sopra
una
folla
fitta
,
lenta
,
silenziosa
,
sbalordita
,
accorsa
da
tutte
le
parti
di
Costantinopoli
,
sopra
alla
quale
apparivano
le
faccie
pallide
e
gravi
dei
Consoli
e
degli
Ambasciatori
,
che
arrestavano
i
cavalli
sui
crocicchi
,
e
guardavano
intorno
sgomentati
dall
'
immensità
del
disastro
.
Eppure
anche
quell
'
immenso
disastro
,
come
segue
sempre
nei
paesi
orientali
,
fu
presto
dimenticato
.
Quattro
anni
dopo
io
non
ne
vidi
più
traccia
,
fuorchè
qualche
tratto
di
terreno
sgombro
all
'
estremità
di
Pera
,
dinanzi
all
'
altura
di
Tataola
.
Dell
'
incendio
si
parlava
già
come
d
'
un
avvenimento
molto
lontano
.
Per
qualche
tempo
,
mentre
le
ceneri
erano
ancora
calde
,
i
giornali
avevano
chiesto
al
governo
dei
provvedimenti
:
che
riordinasse
il
corpo
dei
pompieri
,
che
mutasse
le
pompe
,
che
si
procurasse
maggior
abbondanza
d
'
acqua
,
che
regolasse
la
costruzione
delle
case
;
ma
il
governo
aveva
fatto
il
sordo
e
gli
europei
avevano
rimesso
il
cuore
in
pace
,
continuando
a
vivere
alla
turca
,
ossia
fidando
un
po
'
nel
buon
Dio
e
un
po
'
nella
buona
fortuna
.
Così
,
nulla
o
quasi
nulla
essendo
mutato
,
si
può
andar
sicuri
che
quello
del
1870
non
fu
l
'
ultimo
dei
grandi
incendi
dai
quali
"
è
scritto
"
che
la
città
dei
Sultani
sia
ogni
tanti
anni
desolata
.
Le
case
di
Pera
sono
ora
quasi
tutte
,
è
vero
,
di
muratura
;
ma
costrutte
la
maggior
parte
malamente
,
da
architetti
senza
studii
e
senza
esperienza
,
non
invigilati
dal
Governo
,
e
spesso
anche
costrutte
dal
primo
venuto
,
in
maniera
che
molte
rovinano
prima
d
'
esser
terminate
,
e
quelle
che
rimangono
su
,
non
possono
opporre
alcuna
resistenza
alle
fiamme
.
L
'
acqua
,
specialmente
a
Pera
,
è
sempre
scarsa
e
soggetta
a
un
monopolio
vergognoso
;
e
siccome
viene
in
gran
parte
dai
serbatoi
del
villaggio
di
Belgrado
,
costrutti
dai
Romani
,
manca
affatto
quando
non
cadono
pioggie
abbondanti
in
primavera
e
in
autunno
;
onde
chi
ha
denari
deve
pagarla
a
peso
d
'
oro
e
i
poveri
bevono
fango
.
I
pompieri
sono
sempre
piuttosto
una
grande
banda
di
malfattori
,
che
un
corpo
ordinato
di
operai
;
banda
composta
di
gente
d
'
ogni
paese
,
dipendenti
più
di
nome
che
di
fatto
dal
Seraschierato
,
da
cui
non
ricevono
che
una
razione
di
pane
;
inesperti
,
indisciplinati
,
ladri
,
detestati
e
temuti
dalla
popolazione
quanto
il
fuoco
che
non
sanno
spegnere
,
e
sospetti
,
non
senza
fondamento
,
di
desiderare
gl
'
incendi
,
come
occasione
di
far
bottino
.
Le
pompe
non
scarseggiano
,
è
vero
,
e
i
turchi
ne
vanno
alteri
come
di
macchine
meravigliose
;
ma
sono
ridicole
carabattole
,
che
contengono
una
dozzina
di
litri
d
'
acqua
,
e
mandano
uno
zampillo
sottilissimo
,
piuttosto
adatto
a
innaffiare
giardini
che
a
spegnere
incendi
.
E
sarebbe
nondineno
una
gran
fortuna
,
se
rimanendo
questi
inconvenienti
,
fossero
cessati
gli
altri
,
che
sono
molto
più
gravi
.
Non
è
credibile
,
senza
dubbio
,
quello
che
molti
credono
ancora
,
che
il
Governo
,
cioè
,
susciti
gl
'
incendii
per
allargare
le
strade
,
chè
il
danno
e
il
pericolo
sarebbero
troppo
sproporzionati
ai
vantaggi
;
nè
accade
più
come
per
il
passato
,
che
il
"
partito
d
'
opposizione
"
dia
fuoco
a
un
quartiere
di
Costantinopoli
per
spaventare
il
Sultano
,
nè
che
l
'
esercito
incendii
un
sobborgo
per
ottenere
un
accrescimento
di
paga
.
Ma
il
sospetto
,
che
gl
'
incendii
siano
molte
volte
suscitati
da
coloro
che
ne
possono
trarre
guadagno
,
è
sempre
vivo
,
e
il
fatto
provò
troppo
spesso
che
non
è
un
sospetto
infondato
.
Per
il
che
la
popolazione
vive
in
un
'
ansietà
continua
.
Teme
dei
portatori
d
'
acqua
,
dei
facchini
,
degli
architetti
,
dei
mercanti
di
legna
e
di
calce
,
e
massimamente
dei
servitori
,
che
sono
la
peggior
genìa
di
Costantinopoli
,
legati
la
maggior
parte
con
ladri
,
i
quali
sono
alla
loro
volta
ordinati
in
associazioni
e
in
comitati
,
da
cui
altre
compagnie
occulte
compran
la
roba
rubata
e
facilitano
con
varii
mezzi
il
delitto
.
E
la
polizia
locale
mostra
con
questa
gente
una
fiacchezza
,
per
non
chiamarla
indulgenza
,
la
quale
produce
quasi
gli
effetti
della
complicità
.
Non
fu
mai
condannato
un
incendiario
.
Raramente
i
ladri
,
dopo
gl
'
incendii
,
sono
colti
e
puniti
.
È
anche
più
raro
che
gli
oggetti
sequestrati
dalla
polizia
siano
restituiti
ai
proprietarii
.
Di
più
,
essendoci
a
Costantinopoli
del
canagliume
di
tutti
i
paesi
,
l
'
azione
della
giustizia
è
inceppata
in
mille
modi
dai
trattati
internazionali
;
i
Consolati
reclamano
a
sè
i
malfattori
della
propria
nazione
;
i
processi
durano
un
secolo
;
molti
delinquenti
scappano
;
il
timore
del
castigo
non
serve
quasi
affatto
di
freno
agli
scellerati
,
e
il
saccheggio
negl
'
incendii
è
considerato
da
loro
quasi
come
un
privilegio
tacitamente
riconosciuto
dalle
autorità
,
come
era
altre
volte
per
gli
eserciti
il
mettere
a
sacco
le
città
espugnate
.
Per
questo
la
parola
"
incendio
"
significa
ancora
per
la
popolazione
di
Costantinopoli
"
tutte
le
sventure
"
e
il
grido
di
Janghen
var
è
sempre
un
grido
tremendo
,
solenne
,
fatale
,
al
cui
suono
tutta
la
città
si
rimescola
fin
nel
più
profondo
delle
sue
viscere
,
come
all
'
annunzio
d
'
un
castigo
di
Dio
.
E
chi
sa
quante
volte
la
grande
metropoli
dovrà
ancora
essere
incenerita
e
rialzata
sulle
sue
ceneri
prima
che
la
civiltà
europea
abbia
piantato
la
sua
bandiera
sul
palazzo
imperiale
di
Dolma
-
Bagcé
!
Nei
tempi
andati
,
quando
scoppiava
un
incendio
in
Costantinopoli
,
se
il
Sultano
si
trovava
in
quel
momento
nell
'
arem
,
gli
portava
l
'
annunzio
del
pericolo
un
'
odalisca
tutta
vestita
color
di
porpora
dal
turbante
alle
babbuccie
,
la
quale
aveva
l
'
ordine
di
presentarsi
a
Lui
in
qualunque
luogo
egli
fosse
;
fosse
anche
stato
in
braccio
alla
più
cara
delle
sue
favorite
.
Essa
non
aveva
che
da
presentarsi
sulla
soglia
:
il
color
di
fuoco
dei
suoi
panni
era
l
'
annunzio
muto
della
sventura
.
Ebbene
,
chi
crederebbe
che
fra
tante
immagini
grandiose
e
terribili
che
mi
si
affacciano
alla
mente
quando
penso
agl
'
incendii
di
Costantinopoli
,
sia
la
figura
di
quell
'
odalisca
quella
che
scuote
più
vivamente
tutte
le
mie
fibre
d
'
artista
?
Io
vorrei
essere
pittore
per
dipingere
quel
quadro
,
e
supplicherò
tutti
i
pittori
di
dipingerlo
,
sin
che
n
'
abbia
trovato
uno
che
s
'
innamori
dell
'
argomento
,
e
a
lui
sarò
grato
per
la
vita
.
Egli
rappresenterà
,
in
una
stanza
dell
'
arem
imperiale
,
tappezzata
di
raso
e
rischiarata
da
una
luce
soavissima
,
sopra
un
largo
divano
,
accanto
a
una
circassa
bionda
di
quindici
anni
,
coperta
di
perle
,
Selim
I
,
il
Sultano
tremendo
,
che
s
'
è
svincolato
impetuosamente
dalle
braccia
della
sua
cadina
,
e
fissa
i
grand
'
occhi
atterriti
sopra
l
'
odalisca
purpurea
,
muta
,
sinistra
,
ritta
sulla
soglia
come
una
statua
,
la
quale
,
con
un
volto
pallido
che
rivela
la
venerazione
e
il
terrore
,
sembra
voler
dire
:
-
Re
dei
Re
,
Allà
ti
chiama
e
il
tuo
popolo
desolato
t
'
aspetta
!
-
e
sollevando
la
cortina
della
porta
,
mostra
di
là
da
un
terrazzo
,
in
una
grande
lontananza
azzurrina
,
la
città
enorme
che
fuma
.
LE
MURA
Il
giro
intorno
alle
antiche
mura
di
Stambul
lo
volli
far
solo
,
e
consiglio
ad
imitarmi
tutti
gl
'
Italiani
che
andranno
a
Costantinopoli
,
perché
lo
spettacolo
delle
grandi
rovine
solitarie
non
lascia
un
'
impressione
veramente
profonda
e
durevole
se
non
in
chi
è
tutto
inteso
a
riceverla
,
e
può
seguire
liberamente
il
corso
dei
suoi
pensieri
,
in
silenzio
.
C
'
era
da
fare
una
passeggiata
di
circa
quindici
miglia
italiane
,
a
piedi
,
sotto
i
raggi
del
sole
,
per
strade
deserte
.
-
Forse
-
dissi
al
mio
amico
-
a
metà
strada
mi
piglierà
la
tristezza
della
solitudine
e
t
'
invocherò
come
un
Santo
;
ma
tant
'
è
,
voglio
andar
solo
.
-
Alleggerii
il
portamonete
per
il
caso
che
qualche
ladro
suburbano
avesse
voluto
vederci
dentro
,
gittai
qualchecosa
"
dentro
alle
bramose
canne
"
per
poter
dir
poi
a
me
stesso
:
-
"
taci
,
maledetto
lupo
"
-
;
e
m
'
incamminai
alle
otto
della
mattina
,
sotto
un
bel
cielo
lavato
da
una
pioggerella
della
notte
,
verso
il
ponte
della
Sultana
Validè
.
Il
mio
disegno
era
d
'
uscire
da
Stambul
per
la
porta
del
quartiere
delle
Blacherne
,
di
percorrere
la
linea
delle
mura
dal
Corno
d
'
oro
fino
al
castello
delle
Sette
Torri
,
e
di
ritornare
lungo
la
riva
del
Mar
di
Marmara
,
girando
così
intorno
a
tutto
il
grande
triangolo
della
città
musulmana
.
Passato
il
ponte
,
svoltai
a
destra
e
m
'
innoltrai
nel
vasto
quartiere
chiamato
Istambul
-
disciaré
,
o
Stambul
esterna
,
che
è
una
lunga
striscia
di
città
,
compresa
fra
le
mura
ed
il
porto
,
tutta
casupole
e
magazzini
d
'
oli
e
di
legna
,
stata
distrutta
più
volte
dagli
incendii
.
Fra
le
viuzze
e
la
riva
del
Corno
d
'
oro
,
lungo
la
quale
si
stende
una
fila
di
piccoli
scali
e
di
seni
pieni
di
bastimenti
e
di
barconi
,
c
'
è
un
viavai
fitto
di
facchini
,
di
ciucci
e
di
cammelli
,
un
rimescolìo
di
gente
strana
e
di
cose
sporche
,
e
un
urlìo
incomprensibile
,
che
fa
pensare
a
quei
porti
meravigliosi
del
mar
dell
'
Indie
e
del
mar
della
China
dove
s
'
incontrano
i
popoli
e
le
merci
dei
due
emisferi
.
Le
mura
che
rimangono
da
questo
lato
della
città
,
sono
alte
cinque
volte
un
uomo
,
merlate
,
fiancheggiate
di
cento
in
cento
passi
da
piccole
torri
quadrangolari
,
e
in
molte
parti
rovinate
;
ma
sono
il
tratto
meno
notevole
e
per
arte
e
per
memorie
delle
mura
di
Stambul
.
Attraversai
il
quartiere
del
Fanar
,
passando
sulla
riva
ingombra
di
fruttaioli
,
di
pasticcieri
,
di
venditori
d
'
anice
e
di
rosolio
,
e
di
cucine
esposte
all
'
aria
aperta
,
in
mezzo
a
gruppi
di
bei
marinari
greci
atteggiati
come
le
statue
dei
loro
Numi
antichi
;
girai
intorno
al
vastissimo
ghetto
di
Balata
;
percorsi
il
quartiere
silenzioso
delle
Blacherne
,
e
uscii
finalmente
di
città
per
la
porta
chiamata
Egri
-
Kapú
,
poco
lontana
dalla
riva
del
Corno
d
'
oro
.
Tutto
questo
è
presto
detto
;
ma
è
una
camminata
di
un
'
ora
e
mezzo
,
ora
in
salita
,
ora
in
discesa
,
intorno
a
laghi
di
mota
,
sopra
ciottoli
enormi
,
per
vicoli
senza
fine
,
sotto
volte
oscure
,
a
traverso
a
vasti
spazii
solitari
,
senz
'
altra
guida
che
la
punta
dei
minareti
della
moschea
di
Selim
.
A
un
certo
punto
si
cominciano
a
non
veder
più
nè
faccie
nè
abiti
di
franchi
;
poi
spariscono
le
casette
all
'
europea
;
poi
il
ciottolato
,
poi
le
insegne
delle
botteghe
,
poi
l
'
indicazione
delle
strade
,
poi
ogni
rumor
di
lavoro
;
e
più
si
va
innanzi
,
più
i
cani
guardano
torvo
,
più
i
monelli
turchi
fissano
con
l
'
occhio
ardito
,
più
le
donne
del
volgo
si
nascondono
la
faccia
con
cura
,
fin
che
ci
si
trova
in
piena
barbarie
asiatica
,
e
la
passeggiata
di
due
ore
pare
che
sia
stata
un
viaggio
di
due
giorni
.
Uscendo
da
Egri
-
Kapú
,
voltai
a
sinistra
e
vidi
improvvisamente
un
larghissimo
tratto
delle
mura
famose
che
difendono
Stambul
dalla
parte
di
terra
.
Sono
passati
tre
anni
da
quel
momento
;
ma
non
posso
ricordarmene
senza
provare
un
sentimento
vivissimo
di
maraviglia
.
Non
so
in
quale
altro
luogo
dell
'
Oriente
si
trovino
così
raccolte
la
grandezza
dell
'
opera
umana
,
la
maestà
della
potenza
,
la
gloria
dei
secoli
,
la
solennità
delle
memorie
,
la
mestizia
delle
rovine
,
la
bellezza
della
natura
.
È
una
vista
che
ispira
insieme
ammirazione
,
venerazione
e
terrore
;
uno
spettacolo
degno
d
'
un
canto
d
'
Omero
.
A
primo
aspetto
,
si
scoprirebbe
il
capo
e
si
griderebbe
:
-
Gloria
!
-
come
dinanzi
a
una
schiera
interminabile
di
giganteschi
eroi
mutilati
.
La
cinta
delle
mura
e
delle
torri
enormi
si
stende
fin
dove
arriva
lo
sguardo
,
salendo
e
scendendo
a
seconda
delle
alture
e
degli
avvallamenti
,
dove
bassissima
che
par
che
si
sprofondi
nella
terra
,
dove
alta
che
par
che
coroni
la
sommità
d
'
una
montagna
;
svariata
d
'
infinite
forme
di
rovine
,
tinta
di
mille
colori
severi
,
dal
calcareo
fosco
quasi
nero
al
giallo
caldo
quasi
dorato
,
e
rivestita
d
'
una
vegetazione
rigogliosa
d
'
un
verde
cupo
,
che
s
'
arrampica
su
per
i
muri
,
ricasca
in
ghirlande
dai
merli
e
dalle
feritoie
,
si
rizza
in
ciuffi
alteri
sulla
cima
delle
torri
,
s
'
ammucchia
in
piramidi
altissime
,
vien
giù
quasi
a
cascatelle
dalle
cortine
,
e
colma
brecce
,
spaccature
e
fossati
,
e
si
avanza
fin
sulla
via
.
Sono
tre
ordini
di
mura
che
formano
come
una
gradinata
gigantesca
di
rovine
:
il
muro
interno
,
che
è
il
più
alto
,
fiancheggiato
,
a
brevi
distanze
eguali
,
da
grossissime
torri
quadrate
;
quel
di
mezzo
,
rafforzato
da
piccole
torri
rotonde
;
l
'
esterno
senza
torri
,
bassissimo
,
e
difeso
da
un
fosso
largo
e
profondo
,
anticamente
riempito
dalle
acque
del
Corno
d
'
oro
e
del
Mar
di
Marmara
,
ora
coperto
d
'
erba
e
di
cespugli
.
Tutte
queste
mura
sono
ancora
,
presso
a
poco
,
quali
erano
il
giorno
dopo
la
presa
di
Costantinopoli
:
perché
sono
pochissima
cosa
i
ristauri
fatti
da
Maometto
e
da
Bajazet
II
.
Vi
si
vedono
ancora
le
breccie
che
v
'
apersero
i
cannoni
enormi
d
'
Orbano
,
le
tracce
dei
colpi
degli
arieti
e
delle
catapulte
,
gli
squarci
delle
mine
,
e
tutti
gl
'
indizii
dei
luoghi
dove
si
diedero
gli
assalti
più
furiosi
e
si
opposero
le
resistenze
più
disperate
.
Le
torri
rotonde
delle
mura
di
mezzo
sono
quasi
tutte
rovinate
fino
alle
fondamenta
;
le
torri
delle
mura
interne
,
quasi
tutte
ritte
;
ma
smerlate
,
scantonate
,
ridotte
in
punta
alla
sommità
come
tronchi
d
'
alberi
enormi
acuminati
a
colpi
d
'
accetta
,
e
screpolate
di
cima
in
fondo
o
incavate
alla
base
come
scogli
rosi
dal
mare
.
Pezzi
smisurati
di
muratura
,
rotolati
giù
dalle
cortine
,
ingombrano
la
piattaforma
del
muro
di
mezzo
,
quella
del
muro
esterno
ed
il
fosso
.
Piccoli
sentieri
serpeggiano
fra
le
macerie
e
le
erbaccie
e
si
perdono
nell
'
ombra
cupa
della
vegetazione
alta
,
fra
i
macigni
e
gli
scoscendimenti
della
terra
messa
a
nudo
dai
muri
precipitati
.
Ogni
tratto
di
bastione
compreso
fra
due
torri
è
un
quadro
stupendo
di
rovine
e
di
verde
,
pieno
di
maestà
e
di
grandezza
.
Tutto
è
colossale
,
selvatico
,
irto
,
minaccioso
,
e
improntato
d
'
una
bellezza
pomposa
e
triste
,
che
impone
la
riverenza
.
Par
di
vedere
le
rovine
d
'
una
catena
sterminata
di
castelli
feudali
,
o
i
resti
d
'
una
di
quelle
muraglie
prodigiose
che
circondavano
i
grandi
imperi
leggendarii
dell
'
Asia
orientale
.
La
Costantinopoli
del
secolo
decimonono
è
sparita
;
si
è
dinanzi
alla
città
dei
Costantini
;
si
respira
l
'
aria
del
quattrocento
;
tutti
i
pensieri
corrono
al
giorno
dell
'
immensa
caduta
e
si
rimane
per
un
momento
sbalorditi
e
sgomenti
.
La
porta
per
cui
ero
uscito
,
chiamata
dai
turchi
Egri
-
Kapú
,
era
quella
famosa
porta
Caligaria
,
per
la
quale
fece
la
sua
entrata
trionfale
Giustiniano
,
ed
entrò
poi
Alessio
Comneno
per
impadronirsi
del
trono
.
Dinanzi
v
'
è
un
cimitero
musulmano
.
Nei
primi
giorni
dell
'
assedio
era
stato
messo
là
quello
smisurato
cannone
d
'
Orbano
,
intorno
al
quale
lavoravano
quattrocento
artiglieri
e
che
cento
buoi
stentavano
a
smovere
.
La
porta
era
difesa
da
Teodoro
di
Caristo
e
da
Giovanni
Greant
,
contro
l
'
ala
sinistra
dell
'
esercito
turco
che
si
stendeva
fino
al
Corno
d
'
oro
.
Da
quel
punto
fino
al
Mar
di
Marmara
non
c
'
è
più
un
sobborgo
nè
un
gruppo
di
case
.
La
strada
corre
diritta
fra
le
mura
e
la
campagna
.
Non
v
'
è
nulla
che
distragga
dalla
contemplazione
delle
rovine
.
Mi
misi
in
cammino
.
Andai
per
un
lungo
tratto
in
mezzo
a
due
cimiteri
;
uno
cristiano
a
sinistra
,
sotto
le
mura
;
un
altro
maomettano
,
a
destra
,
vastissimo
e
ombreggiato
da
una
selva
di
cipressi
.
Il
sole
scottava
;
la
strada
si
stendeva
dinanzi
a
me
bianca
e
solitaria
,
e
sollevandosi
a
poco
a
poco
tagliava
con
una
linea
retta
,
sulla
sommità
dell
'
altura
,
il
cielo
,
limpidissimo
.
Da
una
parte
le
torri
succedevano
alle
torri
,
dall
'
altra
le
tombe
succedevano
alle
tombe
.
Non
sentivo
che
il
rumore
cadenzato
del
mio
passo
e
di
tratto
in
tratto
il
fruscìo
di
un
lucertolone
fra
i
cespugli
vicini
.
Andai
così
per
un
lungo
tratto
,
fin
che
mi
trovai
impensatamente
davanti
a
una
bella
porta
quadrata
,
sormontata
da
un
grande
arco
a
tutto
sesto
e
fiancheggiata
da
due
grosse
torri
ottagone
.
Era
la
porta
d
'
Adrianopoli
,
la
Polyandria
dei
Greci
;
quella
che
sostenne
nel
625
,
sotto
Eraclio
,
l
'
urto
formidabile
degli
Avari
,
che
fu
difesa
contro
Maometto
II
dai
fratelli
Paolo
e
Antonino
Troilo
Bochiardi
,
e
che
divenne
poi
la
porta
delle
uscite
e
dell
'
entrate
trionfali
degli
eserciti
musulmani
.
Nè
dinanzi
nè
intorno
non
c
'
era
anima
viva
.
Improvvisamente
uscirono
di
galoppo
due
cavalieri
turchi
,
mi
ravvolsero
in
un
nuvolo
di
polvere
e
sparirono
per
la
strada
d
'
Adrianopoli
;
poi
tornò
a
regnare
un
silenzio
profondo
.
Di
là
,
voltando
le
spalle
alle
mura
,
mi
avanzai
per
la
strada
d
'
Adrianopoli
,
discesi
nel
vallone
del
Lykus
,
salii
sopra
un
'
altura
,
e
mi
trovai
dinanzi
al
vastissimo
piano
ondulato
e
arido
di
Dahud
-
Pascià
,
dove
tenne
il
quartier
generale
Maometto
II
,
durante
l
'
assedio
di
Costantinopoli
.
Stetti
qualche
tempo
là
immobile
,
guardando
intorno
con
una
mano
sugli
occhi
,
come
per
cercare
le
traccie
dell
'
accampamento
imperiale
e
rappresentarmi
il
grande
e
strano
spettacolo
che
doveva
offrire
quel
luogo
sul
finire
della
primavera
del
1453
.
Là
proprio
rifluiva
,
come
al
suo
cuore
,
la
vita
di
tutto
l
'
enorme
esercito
che
stringeva
nel
suo
formidabile
amplesso
la
grande
città
moribonda
.
Di
là
partivano
gli
ordini
fulminei
che
movevano
le
braccia
di
centomila
operai
,
che
facevano
trascinare
per
terra
duecento
galere
dalla
baia
di
Besci
-
tass
alla
baia
di
Kassim
-
Pascià
,
che
spingevano
nelle
viscere
della
terra
eserciti
di
minatori
armeni
,
che
sguinzagliavano
da
cento
parti
i
drappelli
d
'
araldi
ad
annunziar
l
'
ora
degli
assalti
,
e
facevano
,
nel
tempo
che
s
'
impiega
a
contare
le
pallottoline
d
'
un
tespì
,
tendere
trecentomila
archi
e
sguainare
trecentomila
scimitarre
.
Là
i
messi
pallidi
di
Costantino
s
'
incontravano
coi
genovesi
di
Galata
venuti
a
vender
l
'
olio
per
rinfrescare
i
cannoni
d
'
Orbano
e
colle
vedette
musulmane
che
spiavano
dalla
riva
del
Mar
di
Marmara
se
apparissero
all
'
orizzonte
le
flotte
europee
a
portar
gli
ultimi
soccorsi
della
cristianità
all
'
ultimo
baluardo
dei
Costantini
.
Là
era
un
formicolìo
di
cristiani
rinnegati
,
d
'
avventurieri
asiatici
,
di
vecchi
sceicchi
,
di
dervis
macilenti
,
laceri
e
stremati
dalle
lunghe
marcie
,
che
andavano
e
venivano
affannosamente
intorno
alle
tende
di
quattordicimila
giannizzeri
,
fra
schiere
interminabili
di
cavalli
bardati
,
fra
lunghissime
file
di
alti
cammelli
immobili
,
in
mezzo
a
catapulte
e
a
baliste
infrante
,
a
rottami
di
cannoni
scoppiati
,
a
piramidi
di
palle
enormi
di
granito
;
incrociandosi
con
le
processioni
dei
soldati
polverosi
che
portavano
a
due
a
due
,
dalle
mura
all
'
aperta
campagna
,
cadaveri
sformati
e
feriti
urlanti
,
a
traverso
una
nuvola
perpetua
di
fumo
.
In
mezzo
all
'
accampamento
dei
giannizzeri
s
'
alzavano
le
tende
variopinte
della
Corte
,
e
al
di
sopra
di
queste
,
il
padiglione
vermiglio
di
Maometto
II
.
E
ogni
mattina
,
allo
spuntar
del
giorno
,
egli
era
là
,
ritto
dinanzi
all
'
apertura
del
suo
padiglione
,
pallido
della
veglia
affannosa
della
notte
,
col
suo
gran
turbante
ornato
d
'
un
pennacchio
giallo
e
il
suo
lungo
caffettano
color
di
sangue
,
e
fissava
il
suo
sguardo
d
'
aquila
sull
'
immensa
città
che
gli
si
stendeva
dinanzi
,
tormentando
con
una
mano
la
folta
barba
nera
e
coll
'
altra
il
manico
d
'
argento
del
suo
pugnale
ricurvo
.
Accanto
a
lui
c
'
era
Orbano
,
l
'
inventore
del
cannone
prodigioso
,
che
doveva
pochi
giorni
dopo
,
scoppiando
,
slanciare
le
sue
ossa
sulla
spianata
dell
'
Ippodromo
;
l
'
ammiraglio
Balta
-
Ogli
,
già
turbato
dal
presentimento
della
sconfitta
,
che
fece
cadere
sul
suo
capo
il
bastone
d
'
oro
del
Gran
Signore
;
il
comandante
temerario
dell
'
Epepolin
,
il
grande
castello
mobile
,
coronato
di
torri
e
irto
di
ferro
,
che
cadde
poi
incenerito
davanti
alla
porta
di
San
Romano
;
una
corona
di
legisti
e
di
poeti
abbronzati
dal
sole
di
cento
battaglie
;
un
corteo
di
pascià
colle
membra
coperte
di
cicatrici
e
i
caffettani
lacerati
dalle
freccie
;
una
folla
di
giannizzeri
giganteschi
colle
lame
nude
nel
pugno
e
di
sciaù
armati
di
verghe
di
acciaio
,
pronti
a
far
cadere
le
teste
e
a
lacerare
le
carni
ai
ribelli
e
ai
vigliacchi
;
tutto
il
fiore
di
quella
sterminata
moltitudine
asiatica
,
piena
di
gioventù
,
di
ferocia
e
di
forza
,
che
stava
per
rovesciarsi
,
come
un
torrente
di
ferro
e
di
fuoco
,
sugli
avanzi
decrepiti
dell
'
Impero
bizantino
;
e
tutti
,
immobili
come
statue
,
tinti
di
rosa
dai
primi
raggi
dell
'
aurora
,
guardavano
all
'
orizzonte
le
mille
cupole
argentee
della
città
promessa
dal
Profeta
,
sotto
le
quali
sonavano
,
in
quell
'
ora
,
le
preghiere
e
i
singhiozzi
del
popolo
codardo
.
Io
vedevo
i
visi
,
gli
atteggiamenti
,
i
pugnali
,
le
pieghe
delle
cappe
e
dei
caffettani
,
e
le
grandi
ombre
che
s
'
allungavano
sul
terreno
incavato
dalle
ruote
dei
cannoni
e
delle
torri
.
Ma
a
un
tratto
,
lasciando
cader
gli
occhi
sopra
una
grossa
pietra
mezzo
affondata
nella
terra
,
e
leggendovi
una
rozza
iscrizione
,
quel
gran
quadro
disparve
come
una
visione
fantasmagorica
,
e
vidi
sparpagliarsi
per
la
pianura
brulla
una
moltitudine
allegra
di
cacciatori
di
Vincennes
,
di
zuavi
e
di
fantaccini
dai
calzoni
rossi
;
sentii
cantare
le
canzonette
della
Provenza
e
della
Normandia
;
vidi
il
maresciallo
Saint
-
Arnaud
,
Canrobert
,
Forey
,
Espinasse
,
Pelissier
;
riconobbi
mille
volti
e
mille
colori
vivi
nella
mia
memoria
e
cari
al
mio
cuore
fin
dall
'
infanzia
...
e
rilessi
con
un
sentimento
inesprimibile
di
sorpresa
e
di
piacere
quella
povera
iscrizione
.
La
quale
diceva
:
-
Eugène
Saccard
,
caporal
dans
le
22°
léger
,
16
Juin
1854
.
Di
là
ripassai
per
il
vallone
del
Lykus
e
ritornai
sulla
strada
che
fiancheggia
le
mura
,
sempre
solitaria
e
sempre
serpeggiante
fra
le
rovine
e
i
cimiteri
.
Passai
dinanzi
all
'
antica
porta
militare
di
Pempti
,
ora
murata
;
attraversai
un
'
altra
volta
il
Lykus
,
che
entra
nella
città
in
quel
punto
,
e
arrivai
finalmente
dinanzi
alla
porta
chiamata
del
Cannone
,
dal
gran
cannone
d
'
Orbano
,
che
v
'
era
appostato
davanti
;
la
porta
contro
cui
rivolse
il
suo
ultimo
assalto
l
'
esercito
di
Maometto
.
Alzando
gli
occhi
alla
sommità
delle
mura
,
vidi
dietro
ai
merli
parecchie
orribili
faccie
nere
,
coi
capelli
scarmigliati
,
che
mi
guardavano
in
aria
di
stupore
.
Seppi
poi
che
s
'
era
annidata
là
una
tribù
di
zingari
,
ficcando
le
sue
capanne
nelle
spaccature
delle
cortine
e
delle
torri
.
Qui
le
traccie
della
lotta
sono
veramente
gigantesche
e
superbe
:
le
mura
sventrate
,
crivellate
,
stritolate
;
le
torri
dimezzate
ed
informi
,
le
piattaforme
sepolte
sotto
monti
di
ruderi
,
le
feritoie
squarciate
,
il
terreno
sconvolto
,
il
fosso
ingombro
di
rottami
colossali
,
che
sembrano
massi
di
roccie
franati
da
una
montagna
.
La
battaglia
tremenda
sembra
stata
combattuta
il
giorno
innanzi
e
le
rovine
raccontano
meglio
d
'
una
voce
umana
l
'
orribile
eccidio
di
cui
furono
spettatrici
.
E
fu
poco
meno
che
il
medesimo
dinanzi
a
tutte
le
porte
,
per
tutta
la
lunghezza
delle
mura
.
La
lotta
cominciò
allo
spuntare
del
giorno
.
L
'
esercito
ottomano
era
diviso
in
quattro
enormi
colonne
,
e
preceduto
da
centomila
volontarii
,
che
formavano
un
'
immensa
avanguardia
predestinata
alla
morte
.
Tutta
questa
carne
da
cannone
,
questa
turba
indisciplinata
e
temeraria
di
tartari
,
di
caucasei
,
d
'
arabi
,
di
negri
,
guidati
dai
sceicchi
,
eccitati
dai
dervis
,
cacciati
innanzi
a
nerbate
da
un
esercito
di
sciaù
,
si
slanciò
per
la
prima
all
'
assalto
,
carica
di
terra
e
di
fascine
,
formando
una
sola
catena
e
cacciando
un
urlo
solo
dal
Mar
di
Marmara
al
Corno
d
'
oro
.
Arrivati
sulla
sponda
del
fosso
,
una
grandine
di
ferro
e
di
pietre
li
arresta
e
li
macella
;
cadono
a
cento
a
cento
,
schiacciati
dai
macigni
,
crivellati
dalle
freccie
,
fulminati
dalle
palle
,
arsi
dalle
vampe
delle
spingarde
,
vecchi
,
fanciulli
,
schiavi
,
ladri
,
pastori
,
briganti
;
altre
turbe
,
spinte
da
turbe
più
lontane
,
sottentrano
;
in
poco
tempo
il
fosso
e
le
sponde
sono
coperte
di
mucchi
di
cadaveri
,
di
membra
palpitanti
,
di
turbanti
insanguinati
,
d
'
archi
,
di
scimitarre
;
su
cui
altri
torrenti
d
'
armati
passano
muggendo
e
vanno
a
frangersi
e
a
insanguinarsi
ai
piedi
delle
cortine
e
delle
torri
,
sotto
un
rovescio
più
fitto
di
giavellotti
e
di
sassi
,
in
una
nuvola
densa
che
nasconde
le
mura
,
i
difensori
,
i
morti
,
la
strada
;
fin
che
mille
trombe
ottomane
fanno
sentire
i
loro
squilli
selvaggi
sopra
il
tumulto
della
battaglia
,
e
la
grande
avanguardia
dimezzata
e
sanguinosa
retrocede
confusamente
da
tutta
la
linea
delle
mura
.
Allora
Maometto
II
sguinzaglia
all
'
assalto
il
grosso
delle
sue
forze
.
Tre
grandi
eserciti
,
tre
fiumane
d
'
uomini
,
condotti
da
cento
Pascià
,
sorvolati
da
mille
stendardi
,
s
'
avanzano
,
s
'
allargano
,
coprono
le
alture
,
allagano
le
valli
,
scendono
levando
un
frastuono
spaventoso
di
trombe
,
di
timballi
e
di
spade
,
e
gettando
un
grido
:
-
La
Ilah
illa
lah
!
-
che
rimbomba
come
uno
scoppio
di
fulmine
dal
Corno
d
'
oro
alle
Sette
Torri
,
spiccano
la
corsa
e
vanno
a
precipitarsi
contro
le
mura
come
un
oceano
in
tempesta
contro
una
riva
di
roccie
tagliate
a
picco
.
Allora
comincia
la
grande
battaglia
,
ossia
cento
battaglie
,
alle
porte
,
alle
breccie
,
nei
fossi
,
sulle
piattaforme
,
ai
piedi
delle
cortine
,
da
un
capo
all
'
altro
dell
'
enorme
baluardo
secolare
di
Costantinopoli
.
Dieci
mila
feritoie
vomitano
la
morte
sopra
duecento
mila
vite
.
Dall
'
alto
delle
cortine
e
delle
torri
ruzzolano
i
macigni
,
le
travi
,
le
botti
piene
di
terra
,
le
fascine
accese
.
Le
scale
,
cariche
d
'
assalitori
,
rovinano
;
i
ponti
levatoi
delle
torri
di
assedio
precipitano
;
le
catapulte
fiammeggiano
.
Schiere
dietro
schiere
s
'
avventano
e
ricadono
,
sfolgorate
,
sulle
macerie
,
sui
molti
sfracellati
,
sui
moribondi
,
nel
sangue
,
nell
'
acqua
,
sulle
armi
dei
compagni
,
dentro
a
un
fumo
fitto
,
illuminato
qua
e
là
dalle
vampe
improvvise
del
fuoco
greco
,
fra
i
sibili
rabbiosi
della
mitraglia
,
fra
gli
scoppi
delle
mine
,
fra
gli
urli
dei
mutilati
,
fra
i
rimbombi
formidabili
delle
diciotto
batterie
di
Maometto
,
che
fulminano
la
città
dalle
alture
.
Di
tratto
in
tratto
la
battaglia
si
rallenta
come
per
riprender
respiro
,
e
allora
sulla
larga
breccia
di
porta
San
Romano
,
a
traverso
il
fumo
diradato
,
si
vede
per
qualche
momento
ondeggiare
il
mantello
di
porpora
di
Costantino
,
scintillare
le
armature
di
Giustiniani
e
di
Francesco
di
Toledo
,
e
agitarsi
confusamente
le
terribili
figure
dei
trecento
arcieri
genovesi
.
Poi
la
mischia
si
riaccende
,
il
fumo
rinasconde
le
breccie
,
le
scale
si
riappoggiano
alle
mura
,
e
ricominciano
a
cader
rovine
su
rovine
e
cadaveri
su
cadaveri
alla
porta
d
'
Adrianopoli
,
alla
porta
Dorata
,
alla
porta
di
Selymbria
,
alla
porta
di
Tetarté
,
alla
porta
di
Pempti
,
alla
porta
di
Russion
,
alle
Blacherne
,
all
'
Heptapyrgion
;
e
turbe
armate
dietro
turbe
armate
,
che
par
che
escano
dalla
terra
,
seguitano
a
irrompere
contro
le
mura
,
valicano
il
fosso
,
superano
le
prime
cortine
,
cadono
,
risorgono
,
s
'
arrampicano
su
per
le
macerie
,
strisciano
sui
cadaveri
,
sotto
nuvoli
di
freccie
,
sotto
tempeste
di
palle
,
sotto
nembi
di
fuoco
.
Finalmente
gli
assalitori
,
diradati
e
sfiniti
,
cedono
,
retrocedono
,
si
sparpagliano
,
e
un
grido
altissimo
di
vittoria
e
un
coro
solenne
di
canti
sacri
s
'
innalza
dalle
mura
.
Dall
'
altura
di
fronte
a
San
Romano
,
Maometto
II
,
circondato
da
quattordicimila
giannizzeri
,
vede
,
e
rimane
qualche
tempo
incerto
se
debba
ritentare
l
'
assalto
o
rinunziare
all
'
impresa
.
Ma
girato
uno
sguardo
sui
suoi
formidabili
soldati
che
lo
guardano
in
volto
fremendo
d
'
impazienza
e
d
'
ira
,
si
rizza
superbamente
sulle
staffe
e
getta
un
'
altra
volta
il
grido
della
battaglia
.
Allora
è
la
vendetta
di
Dio
che
si
scatena
.
I
giannizzeri
rispondono
con
quattordicimila
grida
in
un
grido
;
le
colonne
si
movono
;
una
turba
di
dervis
si
spande
per
il
campo
a
rianimare
i
dispersi
,
i
sciaù
arrestano
i
fuggenti
,
i
pascià
riformano
le
schiere
,
il
Sultano
,
brandendo
la
sua
mazza
di
ferro
,
s
'
avanza
tra
uno
sfolgorìo
di
scimitarre
e
d
'
archi
,
in
mezzo
a
un
mare
di
turbanti
e
di
caschi
;
sulla
porta
di
San
Romano
torna
a
rovesciarsi
una
grandine
di
freccie
e
di
palle
;
Giustiniani
,
ferito
,
scompare
;
gl
'
italiani
,
scoraggiti
,
si
scompigliano
;
il
gigantesco
giannizzero
Hassan
d
'
Olubad
sale
per
il
primo
sui
baluardi
;
Costantino
,
combattendo
in
mezzo
agli
ultimi
suoi
valorosi
della
Morea
,
è
precipitato
dai
merli
,
lotta
ancora
sotto
alla
porta
,
stramazza
in
mezzo
ai
cadaveri
...
;
l
'
Impero
d
'
Oriente
è
caduto
.
La
tradizione
dice
che
un
grande
albero
segnava
il
luogo
dove
fu
trovato
il
corpo
di
Costantino
;
ma
non
ne
vidi
più
traccia
.
Fra
quei
ruderi
,
dove
corsero
rigagnoli
di
sangue
,
la
terra
era
tutta
bianca
di
margheritine
e
di
ombrellifere
,
sulle
quali
svolazzava
un
nuvolo
di
farfalle
.
Colsi
un
fiore
per
ricordo
,
sotto
gli
sguardi
attoniti
degli
zingari
,
e
mi
rimisi
in
cammino
.
Le
mura
mi
si
stendevano
sempre
dinanzi
a
perdita
d
'
occhi
.
Nei
luoghi
alti
nascondevano
affatto
la
città
,
in
modo
che
chi
non
l
'
avesse
saputo
,
non
avrebbe
pensato
mai
che
dietro
quelle
rovine
solitarie
e
silenziose
,
ci
potesse
essere
una
vasta
metropoli
,
coronata
di
grandi
monumenti
e
abitata
da
un
grande
popolo
.
Nei
luoghi
bassi
,
invece
,
apparivano
dietro
i
merli
punte
inargentate
di
minareti
,
sommità
di
cupole
,
tetti
di
chiese
greche
,
vette
di
cipressi
.
Qua
e
là
,
per
uno
squarcio
delle
cortine
,
vedevo
di
sfuggita
,
come
per
una
porta
improvvisamente
aperta
e
chiusa
,
un
pezzo
di
città
:
gruppi
di
case
che
parevano
abbandonate
,
vallette
deserte
,
orti
,
giardini
,
e
più
lontano
,
sfumati
nella
chiarezza
bianca
del
mezzogiorno
,
i
contorni
fantastici
di
Stambul
.
Passai
dinanzi
alla
porta
murata
di
Tetartè
,
non
indicata
che
da
due
torri
vicinissime
.
In
quel
tratto
le
mura
sono
meglio
conservate
.
Si
vedono
dei
lunghi
pezzi
delle
cortine
di
Teodosio
II
,
quasi
intatte
;
delle
belle
torri
del
prefetto
del
Pretorio
Antemio
e
dell
'
imperatore
Ciro
Costantino
,
che
portano
ancora
gloriosamente
sul
capo
invulnerato
la
loro
corona
di
quindici
secoli
,
e
par
che
sfidino
un
nuovo
assalto
.
In
alcuni
punti
,
sulle
piattaforme
,
ci
sono
delle
capanne
di
contadini
,
che
danno
un
risalto
inaspettato
,
colla
loro
fragile
piccolezza
,
alla
salda
maestà
delle
mura
,
e
paion
nidi
d
'
uccelli
appesi
ai
fianchi
dirupati
d
'
una
montagna
.
E
a
destra
sempre
cimiteri
,
boschi
di
cipressi
in
salita
e
in
discesa
,
vallette
grigie
di
pietre
sepolcrali
;
qui
un
convento
di
dervis
,
mezzo
nascosto
da
una
corona
di
platani
;
là
un
caffè
solitario
;
più
in
là
una
fontana
ombreggiata
da
un
salice
;
e
di
là
dai
boschetti
,
sentieri
bianchi
che
si
perdono
nella
campagna
alta
ed
arida
,
sotto
un
cielo
abbagliante
,
in
cui
ruotano
degli
avoltoi
.
Dopo
un
altro
quarto
d
'
ora
di
cammino
arrivai
dinanzi
alla
porta
chiamata
Yeni
-
Mewle
-
hane
,
da
un
famoso
convento
di
dervis
che
c
'
è
davanti
:
una
porta
bassa
,
nella
quale
sono
incastrate
quattro
colonne
di
marmo
,
e
ai
cui
lati
s
'
innalzano
due
torri
quadrate
,
ornate
d
'
un
'
iscrizione
di
Ciro
Costantino
,
del
447
,
e
d
'
un
'
iscrizione
di
Giustino
II
e
di
Sofia
,
nella
quale
l
'
ortografia
dei
nomi
imperiali
è
sbagliata
:
saggio
curioso
della
ignoranza
barbarica
del
V
secolo
.
Guardai
dentro
la
porta
,
sulle
mura
,
intorno
al
convento
,
nei
cimiteri
:
non
c
'
era
anima
nata
.
Riposai
qualche
momento
appoggiato
alle
spallette
del
piccolo
ponte
che
accavalcia
il
fosso
delle
mura
,
e
poi
ripresi
la
mia
strada
.
Io
darei
il
ricordo
d
'
una
delle
più
belle
vedute
di
Costantinopoli
per
poter
trasfondere
in
chi
legge
soltanto
un
'
ombra
del
sentimento
profondo
e
singolarissimo
che
provavo
andando
così
solo
fra
quelle
due
catene
interminabili
di
rovine
e
di
sepolcri
,
sotto
quel
sole
,
in
quella
solitudine
severa
,
in
mezzo
a
quella
immensa
pace
.
Molte
volte
,
nei
giorni
tristi
della
mia
vita
,
fantasticando
,
desiderai
di
trovarmi
fra
una
carovana
di
gente
misteriosa
e
muta
,
che
camminasse
eternamente
,
per
paesi
sconosciuti
,
verso
una
meta
ignorata
.
Ebbene
,
quella
strada
rispondeva
a
quel
mio
desiderio
.
Avrei
voluto
che
non
finisse
mai
.
Ma
non
m
'
inspirava
mestizia
;
mi
dava
invece
serenità
e
ardimento
.
Quei
colori
vigorosi
della
vegetazione
,
quelle
forme
ciclopiche
delle
mura
,
quelle
grandi
linee
del
terreno
simili
alle
onde
d
'
un
oceano
agitato
,
quelle
solenni
memorie
d
'
imperatori
,
d
'
eserciti
,
di
lotte
titaniche
,
di
popoli
scomparsi
,
di
generazioni
defunte
,
accanto
a
quella
città
enorme
,
in
quel
silenzio
mortale
,
rotto
soltanto
dal
frullo
possente
delle
ali
dell
'
aquile
che
spiccavano
il
volo
dalla
sommità
delle
torri
,
mi
destavano
nella
mente
un
ribollimento
di
fantasie
gigantesche
e
di
desiderii
smisurati
,
che
mi
raddoppiava
il
sentimento
della
vita
.
Avrei
voluto
esser
più
alto
di
due
palmi
e
vestire
l
'
armatura
colossale
del
Grand
'
Elettore
di
Sassonia
che
avevo
veduto
nell
'
Armeria
di
Madrid
,
e
che
il
mio
passo
risonasse
in
quel
silenzio
come
il
passo
misurato
d
'
un
reggimento
d
'
alabardieri
del
medioevo
.
Avrei
voluto
aver
la
forza
d
'
un
Titano
per
sollevare
fra
le
braccia
i
ruderi
immani
di
quelle
mura
superbe
.
Camminavo
colla
fronte
alta
,
colle
sopracciglia
corrugate
,
colla
mano
destra
serrata
,
apostrofando
a
grandi
versi
sciolti
Costantino
e
Maometto
,
rapito
in
una
specie
d
'
ebbrezza
guerriera
,
con
tutta
l
'
anima
nel
passato
;
e
mi
sentivo
tanta
giovinezza
nella
mente
e
nel
sangue
,
ed
ero
così
beato
d
'
esser
solo
,
e
così
geloso
di
quella
solitudine
piena
di
vita
,
che
non
avrei
voluto
incontrare
nemmeno
il
più
intimo
dei
miei
amici
.
Passai
dinanzi
all
'
antica
porta
militare
di
Trite
,
oggi
chiusa
.
Le
cortine
e
le
torri
sfracellate
indicano
che
dinanzi
a
quel
tratto
di
mura
debbono
esser
stati
posti
alcuni
dei
grossi
cannoni
d
'
Orbano
.
Si
crede
anzi
che
fosse
là
una
delle
tre
grandi
breccie
che
Maometto
II
accennò
all
'
esercito
il
giorno
prima
dell
'
assalto
,
quando
disse
:
-
Voi
potrete
entrare
in
Costantinopoli
a
cavallo
per
le
tre
brecce
che
ho
aperte
.
-
Di
là
riuscii
davanti
a
una
porta
aperta
,
fiancheggiata
da
due
torri
ottagone
,
e
riconobbi
dal
piccolo
ponte
a
tre
archi
d
'
un
bel
color
d
'
oro
,
la
porta
di
Selivri
,
da
cui
partiva
la
grande
strada
che
conduceva
alla
città
di
Selybmria
,
che
le
diede
il
nome
,
cangiato
dai
Turchi
in
Selivri
.
Durante
l
'
assedio
di
Maometto
,
difendeva
quella
porta
Maurizio
Cattaneo
,
genovese
.
La
strada
conserva
ancora
alcune
pietre
del
lastricato
che
vi
fece
fare
Giustiniano
.
Dinanzi
c
'
è
un
vasto
cimitero
e
di
là
dal
cimitero
il
monastero
notissimo
di
Baluklù
.
Appena
entrato
nel
cimitero
,
trovai
da
me
solo
il
luogo
solitario
dove
sono
sepolte
le
teste
del
famoso
Alì
di
Tepeleni
,
pascià
di
Giannina
;
dei
suoi
figli
:
Velì
,
governatore
di
Trihala
,
Muctar
,
comandante
d
'
Arlonia
,
Saalih
,
comandante
di
Lepanto
;
e
di
suo
nipote
Mehemet
,
figlio
di
Velì
,
comandante
di
Delvina
.
Sono
cinque
colonnine
di
pietra
,
terminate
in
forma
di
turbante
,
che
portano
tutte
la
data
del
1827
,
e
un
'
iscrizione
semplicissima
,
fatta
da
quel
povero
Solimano
dervis
,
amico
d
'
infanzia
d
'
Alì
,
che
comperò
le
teste
,
dopo
che
furono
staccate
dai
merli
del
Serraglio
,
e
le
seppellì
di
sua
mano
.
L
'
iscrizione
del
cippo
d
'
Alì
,
che
è
posto
nel
mezzo
,
dice
:
-
Qui
giace
la
testa
del
famoso
Alì
-
Pascià
di
Tepeleni
,
governatore
del
Sangiaccato
di
Giannina
,
il
quale
,
per
più
di
cinquant
'
anni
,
s
'
affaticò
per
l
'
indipendenza
dell
'
Albania
.
-
Il
che
prova
che
anche
sui
sepolcri
musulmani
si
scrivono
delle
pietose
menzogne
.
Mi
arrestai
qualche
momento
a
contemplare
quella
poca
terra
che
copriva
quel
formidabile
capo
,
e
mi
venivano
in
mente
le
domande
d
'
Amleto
al
teschio
di
Yorik
.
Dove
sono
i
tuoi
Palicari
,
leone
d
'
Epiro
?
Dove
sono
i
tuoi
bravi
Arnauti
e
i
tuoi
palazzi
irti
di
cannoni
e
il
tuo
bel
chiosco
riflesso
dal
lago
di
Giannina
e
i
tuoi
tesori
sepolti
nelle
roccie
e
i
begli
occhi
della
tua
Vasiliki
?
E
pensavo
alla
bellissima
donna
vagante
per
le
vie
di
Costantinopoli
,
povera
e
desolata
dai
ricordi
della
sua
felicità
e
della
sua
grandezza
,
quando
sentii
un
leggero
fruscio
,
e
voltandomi
,
vidi
un
uomo
lungo
e
stecchito
,
vestito
d
'
una
gran
tonaca
scura
,
col
capo
scoperto
,
che
mi
guardava
in
aria
interrogativa
.
Da
un
cenno
che
mi
fece
,
capii
che
era
un
monaco
greco
di
Baluklù
,
che
voleva
farmi
vedere
la
fontana
miracolosa
,
e
m
'
incamminai
con
lui
verso
il
monastero
.
Mi
condusse
a
traverso
un
cortile
silenzioso
,
aperse
una
porticina
,
accese
una
candela
,
mi
fece
scendere
con
sè
per
una
scaletta
,
sotto
una
volta
umida
e
oscura
,
e
fermandosi
dinanzi
a
una
specie
di
cisterna
,
sulla
quale
raccolse
con
una
mano
la
luce
della
fiammella
,
mi
accennò
di
guardare
i
pesci
rossi
che
guizzavano
nell
'
acqua
.
Mentre
guardavo
,
mi
borbottò
un
discorso
incomprensibile
che
doveva
essere
la
favola
famosa
del
miracolo
dei
pesci
.
Mentre
i
Musulmani
davano
l
'
ultimo
assalto
alle
mura
di
Costantinopoli
,
un
monaco
greco
,
in
quel
convento
,
friggeva
dei
pesci
.
Improvvisamente
s
'
affacciò
alla
porta
della
cucina
un
altro
monaco
,
tutto
atterrito
,
e
gridò
:
-
La
città
è
presa
!
-
Che
!
-
rispose
l
'
altro
:
-
lo
crederò
quando
vedrò
i
miei
pesci
saltar
fuori
della
padella
.
-
E
i
pesci
saltarono
fuori
sull
'
atto
,
belli
e
vivi
,
mezzi
bruni
e
mezzi
rossi
perché
non
erano
fritti
che
da
una
parte
,
e
furono
rimessi
religiosamente
,
come
ognuno
può
pensare
,
nell
'
acqua
dov
'
erano
stati
pigliati
e
dove
guizzano
ancora
.
Finita
la
sua
chiacchierata
,
il
monaco
mi
gettò
sul
viso
alcune
goccie
dell
'
acqua
sacra
,
che
gli
ricascarono
in
mano
convertite
in
soldi
,
e
dopo
avermi
riaccompagnato
alla
porta
,
stette
un
pezzo
a
guardarmi
,
mentre
m
'
allontanavo
,
coi
suoi
piccoli
occhi
annoiati
e
sonnolenti
.
E
sempre
,
da
una
parte
,
mura
dietro
mura
e
torri
dietro
torri
,
e
dall
'
altra
cimiteri
ombrosi
,
qualche
campo
verde
,
qualche
vigneto
,
qualche
casa
chiusa
,
e
di
là
,
il
deserto
.
Qualche
volta
,
guardando
le
mura
da
un
luogo
basso
,
mi
pareva
di
vederne
l
'
ultimo
profilo
;
ma
fatta
una
breve
salita
,
le
vedevo
di
nuovo
stendersi
dinanzi
a
me
senza
fine
,
e
a
ogni
passo
saltavan
fuori
le
torri
,
lontano
,
l
'
una
dietro
l
'
altra
,
a
due
,
a
tre
insieme
,
come
se
accorressero
sulla
strada
per
veder
chi
turbava
il
silenzio
di
quella
solitudine
.
La
vegetazione
,
in
quel
tratto
,
è
maravigliosa
.
Alberi
frondosi
si
rizzano
sulle
torri
,
come
sopra
vasi
giganteschi
;
dai
merli
spenzolano
ciuffi
di
fiori
gialli
e
di
fiori
rossi
e
ghirlande
d
'
edera
e
di
caprifoglio
;
di
sotto
ci
son
mucchi
inestricabili
di
corbezzoli
,
di
lentischi
,
di
ortiche
,
di
pruni
,
in
mezzo
a
cui
sorgono
dei
platani
e
dei
salici
,
che
coprono
d
'
ombra
il
fosso
e
le
sponde
.
Grandi
tratti
di
muro
sono
completamente
coperti
dall
'
edera
,
che
trattiene
come
una
rete
i
mattoni
e
i
calcinacci
staccati
,
e
nasconde
le
breccie
e
le
feritoie
.
Il
fosso
è
coltivato
a
orticelli
;
sulle
sponde
pascolano
capre
e
pecore
custodite
da
ragazzi
greci
,
coricati
all
'
ombra
degli
alberi
;
dai
muri
escono
stormi
d
'
uccelli
;
l
'
aria
è
piena
delle
fragranze
acute
dell
'
erbe
selvatiche
;
e
spira
non
so
che
allegrezza
primaverile
sulle
rovine
,
che
paiono
inghirlandate
e
infiorate
per
il
passaggio
trionfale
d
'
una
Sultana
.
Tutt
'
a
un
tratto
mi
sentii
nel
volto
un
soffio
d
'
aria
salina
,
e
alzando
gli
occhi
vidi
lontano
,
dinanzi
a
me
,
l
'
azzurro
del
Mar
di
Marmara
.
Nello
stesso
punto
mi
parve
che
una
voce
sommessa
mi
mormorasse
nell
'
orecchio
:
-
Il
castello
delle
Sette
Torri
-
e
mi
fermai
un
momento
in
mezzo
alla
strada
,
con
un
sentimento
vago
d
'
inquietudine
.
Poi
ripresi
il
cammino
,
passai
dinanzi
all
'
antica
porta
Deleutera
,
oltrepassai
la
porta
Melandesia
,
e
mi
trovai
in
faccia
al
castello
.
Questo
edificio
di
malaugurio
,
innalzato
da
Maometto
II
sull
'
antico
Cyclobion
dei
Greci
,
per
difendere
la
città
nel
punto
in
cui
le
mura
che
la
proteggono
dalla
parte
di
terra
si
congiungono
con
quelle
che
la
difendono
dalla
parte
del
Mar
di
Marmara
,
e
convertito
poi
in
prigione
di
Stato
,
appena
le
ulteriori
conquiste
dei
Sultani
,
mettendo
al
sicuro
Stambul
dal
pericolo
d
'
un
assedio
,
lo
ebbero
reso
inutile
come
fortezza
;
non
è
più
ora
che
uno
scheletro
di
castello
,
custodito
da
pochi
soldati
;
una
rovina
maledetta
,
piena
di
memorie
dolorose
e
orribili
,
che
corrono
in
leggende
sinistre
per
le
bocche
di
tutti
i
popoli
di
Costantinopoli
,
e
non
veduta
dai
viaggiatori
,
per
solito
,
che
di
sfuggita
,
dalla
prora
del
bastimento
che
li
porta
al
Corno
d
'
oro
.
I
Turchi
lo
chiamano
Jedi
-
Kulé
,
ed
è
per
loro
ciò
che
la
Bastiglia
per
la
Francia
e
la
Torre
di
Londra
per
l
'
Inghilterra
:
un
monumento
che
ricorda
i
tempi
più
nefandi
della
tirannia
dei
Sultani
.
Le
mura
della
città
lo
nascondono
agli
occhi
di
chi
guarda
dalla
strada
,
eccetto
due
delle
sette
grandi
torri
che
gli
diedero
il
nome
,
delle
quali
non
ce
n
'
è
più
intere
che
quattro
.
Nel
muro
esterno
rimangono
due
colonne
corinzie
,
che
appartenevano
all
'
antica
Porta
dorata
,
per
la
quale
fecero
le
loro
entrate
trionfali
Narsete
ed
Eraclio
,
e
che
è
la
stessa
,
giusta
una
leggenda
comune
ai
musulmani
ed
ai
greci
,
per
la
quale
passeranno
i
Cristiani
il
giorno
che
rientreranno
vincitori
nella
città
di
Costantino
.
La
porta
d
'
entrata
è
dentro
le
mura
,
in
una
piccola
torre
quadrata
,
dinanzi
a
cui
sonnecchia
una
sentinella
in
babbuccie
,
la
quale
acconsente
quasi
sempre
a
lasciar
entrare
nello
stesso
tempo
una
moneta
in
tasca
e
un
viaggiatore
nel
castello
.
Entrai
e
mi
trovai
solo
in
un
grande
recinto
,
d
'
un
aspetto
lugubre
di
cimitero
e
di
carcere
,
che
mi
fece
arrestare
il
passo
.
Tutt
'
intorno
s
'
alzano
mura
enormi
e
nere
,
che
formano
un
pentagono
,
coronate
di
grosse
torri
quadrate
e
rotonde
,
altissime
e
basse
,
alcune
diroccate
,
altre
intere
e
coperte
da
alti
tetti
conici
,
rivestiti
di
piombo
,
e
innumerevoli
scale
in
rovina
,
che
conducono
ai
merli
e
alle
feritoie
.
Dentro
al
recinto
c
'
è
una
vegetazione
alta
e
fitta
,
dominata
da
un
gruppo
di
cipressi
e
di
platani
,
sopra
i
quali
spunta
il
minareto
d
'
una
piccola
moschea
nascosta
;
fra
le
piante
più
basse
,
i
tetti
d
'
un
gruppo
di
capanne
,
in
cui
dormono
i
soldati
;
nel
mezzo
,
la
tomba
d
'
un
vizir
che
fu
strangolato
nel
castello
;
qua
e
là
i
resti
deformi
d
'
un
antico
ridotto
;
e
fra
i
cespugli
e
lungo
i
muri
,
frammenti
di
bassorilievi
,
tronchi
di
colonne
e
capitelli
affondati
nella
terra
,
mezzo
coperti
dalle
erbaccie
e
dall
'
acqua
dei
pantani
:
un
disordine
bizzarro
e
triste
,
pieno
di
misteri
e
di
minaccie
,
che
mette
ripugnanza
a
inoltrarsi
.
Stetti
un
po
'
incerto
guardando
intorno
,
e
poi
andai
innanzi
,
con
circospezione
,
come
per
timore
di
mettere
il
piede
in
una
pozza
di
sangue
.
Le
capanne
erano
chiuse
,
la
moschea
chiusa
;
tutto
solitario
e
quieto
,
come
in
una
rovina
abbandonata
.
In
qualche
punto
dei
muri
ci
sono
ancora
tracce
di
croci
greche
,
frammenti
di
monogrammi
costantiniani
,
ali
spezzate
d
'
aquile
romane
e
resti
di
fregi
dell
'
antico
edifizio
bizantino
,
anneriti
dal
tempo
.
Su
alcune
pietre
si
vedono
incise
rozzamente
delle
iscrizioni
greche
in
caratteri
minuti
:
quasi
tutte
iscrizioni
dei
soldati
di
Costantino
,
che
custodivano
la
fortezza
,
sotto
il
comando
del
fiorentino
Giuliani
,
il
giorno
prima
della
caduta
di
Costantinopoli
;
povera
gente
rassegnata
a
morire
,
che
invocava
Iddio
perché
salvasse
la
loro
città
dal
saccheggio
e
le
loro
famiglie
dalla
schiavitù
.
Delle
due
torri
poste
dietro
alla
Porta
dorata
,
una
è
quella
in
cui
venivano
chiusi
gli
ambasciatori
degli
Stati
ch
'
erano
in
guerra
coi
Sultani
,
e
vi
si
leggono
ancora
sui
muri
parecchie
iscrizioni
latine
,
delle
quali
la
più
recente
è
degli
ambasciatori
veneti
imprigionati
sotto
il
regno
d
'
Ahmed
III
,
quando
scoppiò
la
guerra
della
Morea
.
L
'
altra
è
la
torre
famosa
a
cui
si
riferiscono
le
più
lugubri
tradizioni
del
castello
:
la
torre
che
racchiudeva
un
labirinto
di
segrete
orrende
,
sepolcri
di
vivi
,
nelle
quali
i
vizir
e
i
grandi
della
Corte
aspettavano
,
pregando
nelle
tenebre
,
l
'
apparizione
del
carnefice
,
o
impazziti
dalla
disperazione
,
lasciavano
sulle
pareti
le
traccie
sanguinose
delle
unghie
e
del
cranio
.
In
uno
di
quei
sepolcri
c
'
era
il
grande
mortaio
in
cui
si
stritolavano
le
ossa
e
le
carni
agli
ulema
.
A
pian
terreno
v
'
è
lo
stanzone
rotondo
,
chiamato
prigione
di
sangue
,
dove
si
decapitavano
secretamente
i
condannati
,
e
si
buttavano
le
teste
in
un
pozzo
,
detto
il
pozzo
di
sangue
,
di
cui
si
vede
ancora
la
bocca
nel
mezzo
del
pavimento
ineguale
,
coperta
da
due
lastre
di
pietra
.
Sotto
c
'
era
la
così
detta
caverna
rocciosa
,
rischiarata
da
una
lanterna
appesa
alla
volta
,
dove
si
tagliava
la
pelle
a
striscie
ai
condannati
alla
tortura
,
si
versava
la
pece
infiammata
nelle
piaghe
aperte
dalle
verghe
e
si
schiacciavano
colle
mazze
i
piedi
e
le
mani
,
e
gli
urli
orrendi
degli
agonizzanti
non
arrivavano
che
come
un
lamento
fioco
agli
orecchi
dei
prigionieri
della
torre
.
In
un
angolo
del
recinto
si
vedono
ancora
le
traccie
d
'
un
cortile
nel
quale
si
troncava
la
testa
,
di
notte
,
ai
condannati
comuni
;
e
là
vicino
c
'
era
ancora
,
non
è
gran
tempo
,
un
muro
di
ossa
umane
che
s
'
innalzava
fin
quasi
alla
piattaforma
del
castello
.
Vicino
all
'
entrata
c
'
è
la
prigione
di
Otmano
II
,
la
prima
vittima
imperiale
dei
Giannizzeri
.
È
la
stanza
dove
il
povero
Sultano
diciottenne
,
a
cui
la
disperazione
raddoppiava
le
forze
,
resistette
furiosamente
ai
suoi
quattro
carnefici
,
fin
che
una
mano
spietata
e
codarda
,
esercitata
a
far
gli
eunuchi
,
lo
afferrò
"
alle
sorgenti
della
virilità
"
e
gli
strappò
un
altissimo
grido
,
che
fu
soffocato
dal
capestro
.
In
tutte
le
altre
torri
e
in
parte
delle
mura
c
'
era
un
andirivieni
di
corridoi
tenebrosi
,
di
scalette
segrete
,
di
porte
basse
,
chiuse
da
battenti
di
ferro
o
di
travi
,
sotto
le
quali
curvarono
la
testa
per
l
'
ultima
volta
pascià
,
principi
imperiali
,
governatori
,
ciambellani
,
grandi
ufficiali
nel
fiore
della
giovinezza
e
nel
colmo
della
potenza
,
a
cui
tutto
veniva
tolto
in
un
'
ora
;
e
il
loro
capo
aveva
già
rigato
di
sangue
le
mura
esterne
del
castello
,
che
le
loro
spose
li
aspettavano
ancora
vestite
a
festa
fra
gli
splendori
degli
arem
.
Passavano
per
quei
corridoi
stillanti
d
'
acqua
e
per
quelle
scale
sepolcrali
,
di
notte
,
al
lume
delle
lanterne
,
soldati
e
carnefici
dalle
mani
sanguinose
,
e
messaggieri
del
Serraglio
che
venivano
a
portare
ai
condannati
a
morte
,
ancora
illusi
da
un
barlume
di
speranza
,
l
'
ultimo
no
dei
Sultani
,
e
cadaveri
cogli
occhi
fuor
della
fronte
e
coll
'
orrendo
cordone
di
seta
alla
gola
,
portati
da
sciaù
affannati
e
stanchi
dalle
lunghe
lotte
combattute
nelle
tenebre
contro
la
rabbia
della
disperazione
.
Alla
estremità
opposta
di
Stambul
,
sulla
collina
del
Serraglio
,
v
'
era
il
tribunale
spaventoso
della
Corte
.
Qui
era
una
macchina
enorme
di
supplizio
,
coronata
da
sette
patiboli
di
pietra
,
la
quale
riceveva
dal
mare
e
dalla
terra
,
al
lume
della
luna
,
le
vittime
vive
,
e
non
restituiva
al
sole
che
teschi
e
cadaveri
;
e
dall
'
alto
delle
torri
,
in
cui
si
moriva
,
le
sentinelle
notturne
vedevano
lontano
i
chioschi
del
Serraglio
illuminati
per
le
feste
imperiali
.
Ed
ora
si
prova
un
senso
di
piacere
al
veder
il
castello
infame
così
deformato
,
come
se
tutte
le
vittime
risuscitate
l
'
avessero
roso
e
sgretolato
colle
unghie
e
coi
denti
per
vendicarsi
sulle
mura
non
potendo
vendicarsi
sugli
uomini
.
Il
grande
mostro
,
disarmato
e
decrepito
,
sbadiglia
colle
cento
bocche
delle
sue
feritoie
e
delle
sue
porte
squarciate
,
ridotto
a
un
vano
spauracchio
,
e
una
miriade
di
topi
,
di
biscie
e
di
scorpioni
giallognoli
,
pullulati
,
come
vermi
,
dal
suo
corpaccio
infracidito
,
gli
brulica
nel
ventre
vuoto
e
per
le
reni
spezzate
,
in
mezzo
a
una
vegetazione
insolente
che
lo
inghirlanda
e
lo
impennacchia
per
ludibrio
.
Dopo
essermi
affacciato
a
varie
porte
senza
veder
altro
che
una
fuga
precipitosa
di
topacci
,
salii
per
una
scala
erbosa
sopra
una
delle
cortine
del
lato
occidentale
.
Di
là
si
domina
tutto
il
castello
:
un
vasto
disordine
di
rovine
,
di
torri
,
di
merli
,
di
scale
,
dì
piatteforme
,
tutto
nerastro
o
rosso
cupo
,
intorno
a
un
gran
mucchio
di
verde
vivo
;
e
di
là
,
altre
torri
e
altri
merli
innumerevoli
delle
mura
orientali
di
Stambul
;
così
che
a
socchiuder
gli
occhi
,
par
di
vedere
una
sola
vastissima
fortezza
abbandonata
,
che
si
disegna
sull
'
azzurro
del
Mar
di
Marmara
.
A
sinistra
si
vede
una
gran
parte
di
Stambul
,
tagliata
da
parecchie
lunghissime
strade
serpeggianti
,
che
fuggono
nella
direzione
dell
'
antica
via
trionfale
degl
'
Imperatori
Bizantini
,
la
quale
dalla
Porta
Dorata
,
passando
per
il
foro
d
'
Arcadio
e
per
il
foro
di
Costantino
,
andava
fino
alla
reggia
.
Era
una
veduta
immensa
e
ridente
,
che
mi
faceva
parer
più
sinistro
il
mucchio
di
rovine
malaugurate
che
avevo
ai
piedi
.
Rimasi
lungo
tempo
là
,
appoggiato
a
un
merlo
infocato
dal
sole
,
abbagliato
da
una
luce
vivissima
,
guardando
sotto
quel
grande
sepolcro
scoperchiato
con
quella
curiosità
pensierosa
e
diffidente
con
cui
si
guardano
i
luoghi
dove
fu
commesso
di
fresco
un
delitto
.
Regnava
un
silenzio
profondo
.
Per
i
muri
correvano
delle
grosse
lucertole
,
giù
nei
fossi
gracidavano
i
rospi
,
sopra
le
torri
roteavano
dei
corvi
,
intorno
al
capo
mi
ronzava
un
nuvolo
d
'
insetti
venuti
su
dai
pantani
delle
rovine
,
e
l
'
aria
un
po
'
agitata
mi
portava
il
puzzo
d
'
un
cavallo
putrefatto
,
disteso
in
fondo
al
fosso
esterno
della
fortezza
.
Mi
prese
un
senso
di
schifo
e
di
ribrezzo
;
eppure
mi
sentivo
inchiodato
là
,
come
affascinato
,
immerso
in
una
specie
d
'
assopimento
;
e
tenendo
gli
occhi
socchiusi
,
quasi
sognando
,
in
quella
pace
morta
del
mezzogiorno
,
mi
pareva
d
'
udire
,
nel
ronzio
monotono
degl
'
insetti
,
il
tonfo
dei
teschi
gettati
nel
pozzo
,
le
grida
lamentevoli
dei
moribondi
dei
sotterranei
e
la
voce
del
figliuolo
minore
di
Brancovano
,
che
sentendosi
sul
collo
il
freddo
del
capestro
,
gridava
:
-
Padre
mio
!
Padre
mio
!
-
E
siccome
ero
stanco
e
la
luce
m
'
abbagliava
,
chiusi
gli
occhi
e
rimasi
un
momento
assopito
;
e
subito
tutte
quelle
orribili
immagini
mi
si
affollarono
alla
mente
con
un
'
evidenza
spaventosa
.
In
quel
punto
fui
riscosso
da
un
grido
acuto
e
sonoro
,
e
vidi
sotto
,
sul
terrazzo
del
piccolo
minareto
,
il
muezzin
della
moschea
del
castello
.
Quella
voce
lenta
,
dolce
,
solenne
,
che
parlava
di
Dio
,
in
quel
luogo
,
in
quel
momento
,
mi
discese
nel
più
profondo
dell
'
anima
!
Pareva
che
parlasse
in
nome
di
tutti
coloro
che
eran
morti
là
dentro
,
che
dicesse
che
i
loro
dolori
non
erano
stati
inutili
,
che
le
loro
ultime
lacrime
erano
state
raccolte
,
che
le
loro
torture
avevano
avuto
un
compenso
,
che
essi
avevano
perdonato
,
che
bisognava
perdonare
,
che
si
doveva
pregare
e
confidare
in
Dio
,
anche
quando
il
mondo
ci
abbandona
,
e
che
tutto
è
vano
sulla
terra
fuorchè
questo
sentimento
infinito
di
amore
e
di
pietà
...
E
uscii
dal
castello
,
commosso
.
Ripresi
il
mio
cammino
verso
il
mare
lungo
le
mura
esterne
di
Stambul
.
Là
vicino
c
'
è
la
stazione
di
Adrianopoli
e
s
'
incrociano
sotto
le
mura
parecchi
tronchi
di
strada
ferrata
.
Mi
trovai
in
mezzo
a
lunghe
file
di
vagoni
logori
e
polverosi
.
Non
c
'
era
nessuno
.
Se
fossi
stato
un
turco
fanatico
,
nemico
delle
novità
europee
,
avrei
potuto
incendiare
l
'
una
dopo
l
'
altra
quelle
baracche
,
e
andarmene
tranquillamente
senz
'
essere
molestato
.
Andai
innanzi
sull
'
orlo
della
strada
temendo
di
sentire
da
un
momento
all
'
altro
l
'
olà
minaccioso
d
'
un
guardiano
;
ma
nessuno
mi
diede
noia
,
In
poco
tempo
arrivai
all
'
estremità
delle
mura
.
Credevo
di
poter
entrare
in
Stambul
per
di
là
:
fui
deluso
.
Le
mura
del
lato
di
terra
si
congiungono
sulla
spiaggia
con
quelle
della
parte
di
mare
,
e
non
c
'
è
effigie
di
porta
.
Allora
mi
avanzai
su
per
le
rovine
d
'
un
antico
molo
e
sedetti
sopra
un
macigno
,
in
mezzo
all
'
acqua
.
Di
là
non
vedevo
altro
che
il
Mar
di
Marmara
,
i
monti
dell
'
Asia
,
e
le
alture
azzurrine
,
che
parevano
lontanissime
,
di
Scutari
.
La
spiaggia
era
deserta
;
mi
pareva
d
'
esser
solo
nell
'
universo
.
Le
onde
venivano
a
rompersi
ai
miei
piedi
e
mi
spruzzavano
il
volto
.
Rimasi
là
un
pezzo
,
pensando
a
mille
cose
,
vagamente
.
Vedevo
me
,
solo
,
uscir
dalla
porta
Caligaria
e
venir
giù
lentamente
per
la
strada
solitaria
,
fra
i
cimiteri
e
le
torri
,
e
seguitavo
quell
'
uomo
,
come
se
fosse
un
altro
.
Poi
mi
diedi
a
cercare
Yunk
nella
città
immensa
.
Poi
stetti
a
osservare
le
onde
che
venivano
l
'
una
dopo
l
'
altra
a
distendersi
mormorando
sulla
riva
e
sparivano
l
'
una
dopo
l
'
altra
in
silenzio
;
e
vedevo
in
esse
l
'
immagine
dei
popoli
e
degli
eserciti
che
eran
venuti
l
'
un
dopo
l
'
altro
a
urtarsi
contro
le
mura
di
Bisanzio
:
le
falangi
di
Pausania
e
d
'
Alcibiade
,
le
legioni
di
Massimo
e
di
Severo
,
le
torme
dei
Persiani
,
le
orde
degli
Avari
,
e
gli
Slavi
e
gli
Arabi
e
i
Bulgari
e
i
Crociati
,
e
gli
eserciti
di
Michele
Paleologo
e
di
Comneno
e
quei
di
Baiazet
Ilderim
e
quelli
del
secondo
Amurat
e
quelli
di
Maometto
il
conquistatore
,
svaniti
l
'
un
dopo
l
'
altro
nel
silenzio
infinito
della
morte
;
e
provavo
la
tristezza
che
stringeva
il
cuore
al
Leopardi
la
sera
del
dì
di
festa
,
quando
sentiva
morire
a
poco
a
poco
il
canto
solitario
dell
'
artigiano
,
che
gli
rammentava
il
suono
dei
popoli
antichi
,
e
pensava
che
tutto
passa
come
un
sogno
sopra
la
terra
.
Di
là
tornai
indietro
fino
alla
porta
delle
Sette
Torri
ed
entrai
dentro
le
mura
per
percorrere
tutta
Stambul
lungo
la
riva
del
Mar
di
Marmara
.
Ero
già
mezzo
sgambato
;
ma
nelle
lunghe
passeggiate
,
a
un
certo
punto
,
nasce
dalla
stanchezza
medesima
una
cocciutaggine
animalesca
che
ravviva
le
forze
.
Mi
vedo
ancora
camminare
e
camminare
per
quelle
strade
deserte
,
sotto
quel
sole
ardente
,
dominato
da
non
so
che
sonnolenza
fantastica
,
nella
quale
mi
passavan
dinanzi
faccie
d
'
amici
di
Torino
,
episodi
di
romanzi
,
vedute
di
altri
paesi
e
pensieri
vaghi
sulla
vita
umana
e
sull
'
immortalità
dell
'
anima
;
e
tutto
metteva
a
capo
alla
tavola
rotonda
dell
'
albergo
di
Bisanzio
,
scintillante
di
lumi
e
di
cristalli
,
che
vedevo
lontanissima
,
al
di
là
d
'
una
città
cento
volte
più
grande
di
Stambul
,
e
già
coperta
dalla
notte
.
Attraverso
un
sobborgo
musulmano
,
che
par
disabitato
,
nel
quale
spira
ancora
la
tristezza
del
castello
delle
Sette
Torri
,
ed
entro
nel
vasto
quartiere
di
Psammatia
,
abitato
da
greci
e
da
armeni
,
e
anch
'
esso
deserto
.
Vado
innanzi
per
una
interminabile
stradicciuola
tortuosa
,
dalla
quale
vedo
giù
a
destra
,
fra
casa
e
casa
,
le
mura
merlate
della
città
,
che
profilano
i
loro
merli
neri
nell
'
azzurro
vivo
del
mare
.
Passo
sotto
la
porta
di
Psammatia
e
mi
trovo
daccapo
in
un
quartiere
musulmano
,
tra
finestre
ingraticolate
,
porte
chiuse
,
piccole
moschee
,
giardini
nascosti
,
cisterne
erbose
,
fontane
abbandonate
.
Attraverso
lo
spazio
dov
'
era
l
'
antico
foro
boario
,
vedendo
sempre
,
giù
a
destra
,
le
mura
e
le
torri
,
e
non
incontrando
che
qualche
cane
che
si
ferma
per
vedermi
passare
e
qualche
monello
turco
,
seduto
in
terra
,
che
mi
fissa
in
volto
,
pensando
un
'
impertinenza
.
Qualche
finestra
s
'
apre
e
si
chiude
improvvisamente
,
e
vedo
di
sfuggita
una
mano
o
il
lembo
d
'
una
manica
di
donna
.
Giro
intorno
ai
vasti
giardini
di
Vlanga
che
fanno
corona
all
'
antico
porto
di
Teodosio
;
vedo
dei
vasti
spazii
colle
traccie
d
'
un
incendio
recente
,
dei
luoghi
dove
pare
che
la
città
finisca
nella
campagna
,
dei
conventi
di
dervis
,
delle
chiese
greche
,
delle
piazzette
misteriose
ombreggiate
da
un
grande
platano
,
sotto
il
quale
sonnecchia
qualche
vecchio
col
bocchino
del
narghilè
tra
le
dita
.
Vado
innanzi
,
mi
fermo
dinanzi
a
un
piccolo
caffè
per
bere
un
bicchier
d
'
acqua
messo
in
mostra
sulla
finestra
,
chiamo
,
picchio
,
nessuno
risponde
.
Esco
dal
quartiere
greco
di
Jeni
-
Kapú
,
entro
in
un
altro
quartiere
musulmano
,
rientro
un
'
altra
volta
fra
le
casette
greche
ed
armene
del
quartiere
di
porta
Kum
,
e
m
'
accompagnano
sempre
da
una
parte
i
merli
delle
mura
e
l
'
azzurro
del
mare
,
e
non
incontro
che
cani
,
mendicanti
,
monelli
,
e
sento
sonare
in
alto
la
voce
dei
muezzin
che
annunziano
il
tramonto
.
L
'
aria
si
fa
oscura
;
e
continuano
a
succedersi
le
casette
,
le
moschee
malinconiche
,
i
crocicchi
deserti
,
le
imboccature
dei
vicoli
;
e
comincio
a
sentirmi
spossato
e
a
pensare
di
buttarmi
sopra
una
materassa
dinanzi
al
primo
caffè
veduto
,
quando
,
a
una
svoltata
,
mi
sorge
improvvisamente
dinanzi
la
mole
enorme
di
Santa
Sofia
.
Oh
,
la
cara
vista
!
Le
forze
mi
tornano
,
i
pensieri
si
rasserenano
,
affretto
il
passo
,
arrivo
al
porto
,
passo
il
ponte
,
ed
ecco
dinanzi
alla
porta
illuminata
del
primo
caffè
di
Galata
,
Yunk
,
Rosasco
,
Santoro
,
tutta
la
mia
piccola
Italia
che
mi
viene
incontro
col
volto
sorridente
e
colle
mani
tese
...
e
tiro
uno
dei
più
lunghi
e
larghi
respiri
che
abbiano
mai
tirato
i
polmoni
d
'
un
galantuomo
.
L
'
ANTICO
SERRAGLIO
Come
a
Granata
prima
d
'
aver
visto
l
'
Alhambra
,
così
a
Costantinopoli
pare
che
tutto
rimanga
da
vedere
fin
che
non
si
è
penetrati
fra
le
mura
dell
'
antico
Serraglio
.
Mille
volte
al
giorno
,
da
tutti
i
punti
della
città
e
del
mare
,
si
vede
là
quella
collina
verdissima
,
piena
di
segreti
e
di
promesse
,
che
attira
sempre
gli
sguardi
come
una
cosa
nuova
,
che
tormenta
la
fantasia
come
un
enimma
,
che
si
caccia
in
mezzo
a
tutti
i
pensieri
,
a
segno
che
si
finisce
per
andarci
prima
del
giorno
fissato
,
più
per
liberarsi
da
un
tormento
che
per
cercarvi
un
piacere
.
Non
c
'
è
infatti
un
altro
angolo
di
terra
in
tutta
Europa
,
di
cui
il
solo
nome
risvegli
nella
mente
una
più
strana
confusione
d
'
immagini
belle
o
terribili
;
intorno
al
quale
si
sia
tanto
pensato
e
scritto
e
cercato
d
'
indovinare
;
che
abbia
dato
luogo
a
tante
notizie
vaghe
e
contradditorie
;
che
sia
ancora
oggetto
di
tante
curiosità
inappagabili
,
di
tanti
pregiudizii
insensati
,
di
tanti
racconti
meravigliosi
.
Ora
tutti
ci
penetrano
e
molti
ne
escono
coll
'
animo
freddo
.
Ma
si
può
esser
sicuri
che
,
anche
fra
secoli
,
quando
forse
la
dominazione
ottomana
non
sarà
più
che
una
reminiscenza
in
Europa
,
e
su
quella
bella
collina
s
'
incroceranno
le
vie
popolose
d
'
una
città
nuova
,
nessun
viaggiatore
vi
passerà
senza
riveder
col
pensiero
gli
antichi
chioschi
imperiali
,
e
senza
pensare
con
invidia
a
noi
del
secolo
diciannovesimo
che
abbiamo
ancora
ritrovato
in
quei
luoghi
le
memorie
vive
e
parlanti
della
grande
reggia
ottomana
.
Chi
sa
quanti
archeologi
cercheranno
pazientemente
le
traccie
d
'
una
porta
o
d
'
un
muro
nei
cortili
dei
nuovi
edifizii
e
quanti
poeti
scriveranno
dei
versi
sopra
poche
macerie
sparse
sulla
riva
del
mare
!
O
forse
anche
,
fra
molti
secoli
,
quelle
mura
saranno
ancora
gelosamente
custodite
,
e
andranno
a
visitarle
dotti
,
innamorati
ed
artisti
,
e
la
vita
favolosa
che
vi
fu
vissuta
per
quattrocent
'
anni
,
si
ridesterà
e
si
spanderà
in
una
miriade
di
volumi
e
di
quadri
su
tutta
la
faccia
della
terra
.
Non
è
la
bellezza
architettonica
che
attira
su
quelle
mura
la
curiosità
universale
.
Il
Serraglio
non
è
un
grande
monumento
artistico
come
l
'
Alhambra
.
Il
solo
cortile
dei
leoni
della
reggia
araba
vale
tutti
i
chioschi
e
tutte
le
torri
della
reggia
turca
.
Il
pregio
del
Serraglio
è
d
'
essere
un
grande
monumento
storico
,
che
commenta
ed
illumina
quasi
tutta
la
vita
della
dinastia
ottomana
;
che
porta
scritta
sulle
pietre
dei
suoi
muri
e
sul
tronco
dei
suoi
alberi
secolari
tutta
la
cronaca
più
intima
e
più
secreta
dell
'
impero
.
Non
vi
manca
che
quella
degli
ultimi
trent
'
anni
e
quella
dei
due
secoli
che
precedettero
la
conquista
di
Costantinopoli
.
Da
Maometto
II
che
ne
pose
la
fondamenta
a
Abdul
-
Megid
che
l
'
abbandonò
per
andare
ad
abitare
il
palazzo
di
Dolma
-
Bagcé
,
ci
vissero
venticinque
Sultani
.
Qui
la
dinastia
pose
il
piede
appena
conquistata
la
sua
metropoli
europea
,
qui
salì
all
'
apice
della
sua
fortuna
,
qui
cominciò
la
sua
decadenza
.
Era
insieme
una
reggia
,
una
fortezza
e
un
santuario
;
v
'
era
il
cervello
dell
'
impero
e
il
cuore
dell
'
islamismo
;
era
una
città
nella
città
,
una
rocca
augusta
e
magnifica
,
abitata
da
un
popolo
e
custodita
da
un
esercito
,
la
quale
abbracciava
fra
le
sue
mura
una
varietà
infinita
d
'
edifizi
,
luoghi
di
delizie
e
luoghi
d
'
orrore
,
città
e
campagna
,
reggie
,
arsenali
,
scuole
,
uffici
,
moschee
;
dove
si
alternavano
le
feste
e
le
stragi
,
le
cerimonie
religiose
e
gli
amori
,
le
solennità
diplomatiche
e
le
follie
;
dove
i
Sultani
nascevano
,
erano
innalzati
al
trono
,
deposti
,
incarcerati
,
strozzati
;
dove
s
'
ordiva
la
trama
di
tutte
le
congiure
ed
echeggiava
il
grido
di
tutte
le
ribellioni
;
dove
affluiva
l
'
oro
e
il
sangue
più
puro
dell
'
impero
;
dove
girava
l
'
elsa
della
spada
immensa
che
balenava
sul
capo
di
cento
popoli
;
dove
per
quasi
tre
secoli
tennero
fisso
lo
sguardo
l
'
Europa
inquieta
,
l
'
Asia
diffidente
e
l
'
Affrica
impaurita
,
come
a
un
vulcano
fumante
,
che
minacciasse
la
terra
.
Questa
reggia
mostruosa
è
posta
sulla
collina
più
orientale
di
Stambul
,
che
declina
dolcemente
verso
il
mar
di
Marmara
,
verso
l
'
imboccatura
del
Bosforo
e
verso
il
Corno
d
'
oro
;
nello
spazio
occupato
anticamente
dall
'
Acropoli
di
Bisanzio
,
da
una
parte
della
città
e
da
un
'
ala
dei
grandi
palazzi
degl
'
imperatori
.
È
la
più
bella
collina
di
Costantinopoli
e
il
promontorio
più
favorito
dalla
natura
di
tutta
la
riva
europea
.
Vi
convergono
,
come
a
un
centro
,
due
mari
e
due
stretti
;
vi
mettevano
capo
le
grandi
strade
militari
e
commerciali
dell
'
Europa
orientale
;
gli
acquedotti
degl
'
imperatori
bizantini
vi
conducevano
torrenti
d
'
acqua
;
le
colline
della
Tracia
lo
riparano
dai
venti
del
settentrione
;
il
mare
lo
bagna
da
tre
parti
;
Galata
lo
prospetta
dal
lato
del
porto
;
Scutari
lo
guarda
dalla
parte
del
Bosforo
;
e
le
grandi
montagne
della
Bitinia
gli
chiudono
dinanzi
colle
loro
cime
nevose
gli
orizzonti
dell
'
Asia
.
È
un
colle
solitario
,
posto
all
'
estremità
della
grande
metropoli
,
quasi
isolato
,
fortissimo
e
bellissimo
,
che
sembra
fatto
dalla
natura
per
servire
di
piedestallo
a
una
grande
monarchia
e
per
proteggere
la
vita
deliziosa
ed
arcana
d
'
un
principe
quasi
Dio
.
Tutta
la
collina
è
circondata
,
ai
piedi
,
da
un
alto
muro
merlato
,
fiancheggiato
da
grosse
torri
.
Sulla
riva
del
mar
di
Marmara
e
lungo
il
Corno
d
'
oro
,
queste
mura
sono
le
mura
stesse
della
città
;
dalla
parte
di
terra
,
son
mura
innalzate
da
Maometto
II
,
le
quali
separano
la
collina
del
Serraglio
da
quella
su
cui
s
'
innalza
la
Moschea
di
Nuri
-
Osmaniè
,
svoltano
ad
angolo
retto
vicino
alla
Sublime
Porta
,
passano
dinanzi
a
Santa
Sofia
,
e
descrivendo
una
grande
curva
in
avanti
,
vanno
a
congiungersi
con
quelle
di
Stambul
sulla
riva
del
mare
.
Questa
è
la
cinta
esterna
del
Serraglio
.
Il
Serraglio
propriamente
detto
si
stende
sulla
sommità
,
circondato
alla
sua
volta
da
alti
muri
,
che
formano
come
un
ridotto
centrale
della
gran
fortezza
della
collina
.
Ma
sarebbe
fatica
sprecata
il
descrivere
il
Serraglio
quale
è
ridotto
al
presente
.
La
strada
ferrata
passa
a
traverso
le
mura
esterne
;
un
grande
incendio
,
nel
1865
,
distrusse
molti
edifizi
;
i
giardini
sono
in
gran
parte
devastati
;
vi
furono
innalzati
ospedali
,
caserme
e
scuole
militari
;
degli
edifizi
rimasti
parecchi
vennero
cangiati
di
forma
e
di
uso
;
e
benchè
i
muri
principali
rimangano
,
in
modo
da
presentare
ancora
tutta
intera
la
forma
del
Serraglio
antico
,
le
piccole
alterazioni
son
tante
e
tali
,
e
l
'
abbandono
in
cui
è
lasciata
ogni
cosa
da
circa
trent
'
anni
ha
mutato
in
maniera
l
'
aspetto
delle
parti
intatte
,
che
non
si
potrebbe
descrivere
il
luogo
fedelmente
senza
che
ne
rimanesse
delusa
anche
la
più
modesta
aspettazione
.
Val
meglio
per
chi
scrive
e
per
chi
legge
il
rivedere
questo
Serraglio
famoso
qual
era
nei
bei
tempi
della
grandezza
ottomana
.
Allora
,
chi
poteva
abbracciare
tutta
la
collina
con
uno
sguardo
,
o
dai
merli
d
'
una
delle
torri
più
alte
,
o
da
un
minareto
della
moschea
di
Santa
Sofia
,
godeva
una
veduta
meravigliosa
.
In
mezzo
all
'
azzurro
vivo
del
mare
,
del
Bosforo
e
del
porto
,
dentro
al
grande
semicerchio
bianco
delle
vele
della
flotta
,
si
vedeva
la
vasta
macchia
verde
della
collina
,
circondata
di
mura
e
di
torri
,
coronate
di
cannoni
e
di
sentinelle
;
e
in
mezzo
a
questa
macchia
,
ch
'
era
una
selva
d
'
alberi
enormi
,
fra
i
quali
biancheggiava
un
labirinto
di
sentieri
e
ridevano
i
colori
di
mille
aiuole
fiorite
,
si
stendeva
,
sull
'
alto
del
colle
,
il
vastissimo
rettangolo
degli
edifizi
del
serraglio
,
diviso
in
tre
grandi
cortili
,
o
meglio
in
tre
piccole
città
fabbricate
intorno
a
tre
piazze
ineguali
,
da
cui
s
'
innalzava
una
moltitudine
confusa
di
tetti
variopinti
,
di
terrazze
colme
di
fiori
,
di
cupole
dorate
,
di
minareti
bianchi
,
di
cime
aeree
di
chioschi
,
d
'
archi
di
porte
monumentali
,
frammezzati
di
giardini
e
di
boschetti
,
e
mezzo
nascosti
dalle
fronde
.
Era
una
piccola
metropoli
bianca
,
scintillante
e
disordinata
,
leggera
come
un
accampamento
di
tende
,
da
cui
spirava
non
so
che
di
voluttuoso
,
di
pastorale
e
di
guerriero
;
in
una
parte
piena
di
gente
e
di
vita
;
in
un
'
altra
solitaria
e
muta
come
una
necropoli
;
dove
tutta
scoperta
e
dorata
dal
sole
;
dove
inaccessibile
ad
ogni
sguardo
umano
e
immersa
in
un
'
ombra
perpetua
;
rallegrata
da
infiniti
zampilli
,
abbellita
da
mille
contrasti
di
splendori
e
d
'
oscurità
e
di
colori
possenti
e
di
sfumature
di
tinte
argentee
e
azzurrine
,
riflesse
dai
marmi
dei
colonnati
e
dalle
acque
dei
laghetti
,
e
sorvolata
da
nuvoli
di
rondini
e
di
colombi
.
Tale
era
l
'
aspetto
esterno
della
città
imperiale
,
non
vastissima
all
'
occhio
di
chi
la
guardava
dall
'
alto
;
ma
così
divisa
e
suddivisa
e
intricata
dentro
,
che
servitori
,
i
quali
ci
vivevano
da
cinquant
'
anni
,
non
riuscivano
a
racappezzarvisi
,
e
i
giannizzeri
che
l
'
invadevano
per
la
terza
volta
ci
si
smarrivano
ancora
.
La
porta
principale
era
ed
è
sempre
la
Bab
-
Umaiùn
,
o
porta
augusta
,
che
dà
sulla
piccola
piazza
dove
s
'
innalza
la
fontana
del
Sultano
Ahmed
,
dietro
alla
moschea
di
Santa
Sofia
.
È
una
grande
porta
di
marmo
bianco
e
nero
,
decorata
di
ricchi
arabeschi
,
sulla
quale
s
'
appoggia
un
alto
edifizio
,
con
otto
finestre
,
coperto
da
un
tetto
sporgente
;
e
appartiene
a
quel
misto
di
stile
arabo
e
persiano
,
da
cui
si
riconoscono
quasi
tutti
i
monumenti
innalzati
dai
Turchi
nei
primi
anni
dopo
la
conquista
,
prima
che
cominciassero
ad
imitare
l
'
architettura
bizantina
.
Sopra
l
'
apertura
,
in
una
cartella
di
marmo
,
si
legge
ancora
l
'
iscrizione
di
Maometto
II
:
-
Allà
conservi
in
eterno
la
gloria
del
suo
possessore
-
Allà
consolidi
il
suo
edifizio
-
Allà
fortifichi
le
sue
fondamenta
.
È
la
porta
dinanzi
alla
quale
veniva
ogni
mattina
il
popolo
di
Stambul
a
vedere
di
quali
grandi
dello
Stato
o
della
corte
fosse
caduta
la
testa
nella
notte
.
Le
teste
erano
appese
a
un
chiodo
dentro
a
due
nicchie
che
si
vedono
ancora
,
quasi
intatte
,
a
destra
e
a
sinistra
dell
'
entrata
;
oppure
esposte
in
un
bacino
d
'
argento
,
accanto
al
quale
era
affissa
l
'
accusa
e
la
sentenza
.
Sulla
piazza
,
davanti
alla
porta
,
si
buttavano
i
cadaveri
dei
condannati
al
capestro
;
e
là
s
'
arrestavano
,
aspettando
l
'
ordine
d
'
entrare
nel
primo
recinto
del
Serraglio
,
i
distaccamenti
degli
eserciti
lontani
,
venuti
a
portare
i
trofei
delle
vittorie
;
e
ammucchiavano
sulla
soglia
augusta
armi
,
bandiere
,
teschi
di
capitani
e
splendide
divise
insanguinate
.
La
porta
era
custodita
da
un
grosso
drappello
di
capigì
,
figli
di
bey
e
di
pascià
,
vestiti
pomposamente
;
i
quali
assistevano
dall
'
alto
delle
mura
e
delle
finestre
alla
processione
continua
della
gente
che
entrava
ed
usciva
,
o
tenevano
indietro
colle
larghe
scimitarre
la
folla
muta
dei
curiosi
,
venuti
là
per
veder
di
sfuggita
,
per
uno
spiraglio
,
un
pezzo
di
cortile
,
un
frammento
della
seconda
porta
,
un
barlume
almeno
di
quella
reggia
enorme
ed
arcana
,
argomento
di
tanti
desiderii
e
di
tanti
terrori
.
Passando
di
là
,
il
musulmano
devoto
mormorava
una
preghiera
per
il
suo
Sublime
Signore
;
il
giovinetto
povero
e
ambizioso
,
sognava
il
giorno
in
cui
avrebbe
oltrepassato
quella
soglia
per
andar
a
ricevere
la
coda
di
cavallo
;
la
fanciulla
bella
e
cenciosa
fantasticava
,
con
una
vaga
speranza
,
la
vita
splendida
della
Cadina
;
i
parenti
delle
vittime
abbassavano
il
capo
,
fremendo
;
e
in
tutta
la
piazza
regnava
un
silenzio
severo
,
non
turbato
che
tre
volte
al
giorno
dalla
voce
sonora
dei
muezzin
di
Santa
Sofia
.
Dalla
porta
Umaium
s
'
entrava
nel
così
detto
cortile
dei
Giannizzeri
,
che
era
il
primo
recinto
del
Serraglio
.
Questo
gran
cortile
c
'
è
ancora
,
circondato
d
'
edifizi
irregolari
,
lunghissimo
,
e
ombreggiato
da
varii
gruppi
d
'
alberi
,
fra
cui
il
platano
enorme
detto
dei
Giannizzeri
,
del
quale
dieci
uomini
non
bastano
ad
abbracciare
il
tronco
.
A
sinistra
di
chi
entra
,
v
'
è
la
chiesa
di
Sant
'
Irene
,
fondata
da
Costantino
il
Grande
,
e
convertita
dai
turchi
in
armeria
.
Più
in
là
e
tutt
'
intorno
v
'
era
l
'
ospedale
del
Serraglio
,
l
'
edifizio
del
tesoro
pubblico
,
il
magazzino
degli
aranci
,
le
scuderie
imperiali
,
le
cucine
,
le
caserme
dei
capigì
,
la
zecca
,
e
le
case
degli
alti
ufficiali
della
Corte
.
Sotto
il
grande
platano
ci
sono
ancora
due
colonnette
di
pietra
,
sulle
quali
si
eseguivano
le
decapitazioni
.
Di
qui
passavano
tutti
coloro
che
dovevano
andare
al
divano
o
dal
Padiscià
.
Era
come
uno
smisurato
vestibolo
aperto
,
sempre
affollato
,
nel
quale
tutto
era
rimescolìo
e
affaccendamento
.
Centocinquanta
fornai
e
duecento
tra
cuochi
e
sguatteri
lavoravano
nelle
grandi
cucine
,
a
preparare
il
vitto
per
la
famiglia
sterminata
"
che
mangiava
il
pane
e
il
sale
del
Gran
Signore
"
.
Dalla
parte
opposta
s
'
affollavano
le
guardie
ed
i
servi
,
finti
malati
,
per
farsi
ammettere
alla
vita
molle
dell
'
ospedale
sontuoso
,
in
cui
erano
impiegati
venti
medici
e
un
esercito
di
schiavi
.
Lunghe
carovane
di
muli
e
di
cammelli
entravano
a
portar
provvigioni
alle
cucine
,
o
a
portar
armi
d
'
eserciti
vinti
nella
chiesa
di
Sant
'
Irene
,
dove
accanto
alla
sciabola
di
Maometto
II
scintillava
la
scimitarra
di
Scanderberg
e
il
bracciale
di
Tamerlano
.
I
percettori
delle
imposte
passavano
,
seguiti
da
schiavi
carichi
d
'
oro
,
diretti
alla
tesoreria
,
dove
c
'
erano
tante
ricchezze
,
come
diceva
Sokolli
,
gran
vizir
di
Solimano
il
Grande
,
da
costrurre
delle
flotte
colle
ancore
d
'
argento
e
coi
cordami
di
seta
.
Passavano
a
frotte
,
condotti
dai
bei
palafrenieri
della
Bulgaria
,
i
novecento
cavalli
di
Murad
IV
,
che
si
pascevano
a
mangiatoie
d
'
argento
massiccio
.
V
'
era
dalla
mattina
alla
sera
un
formicolìo
luccicante
d
'
uniformi
,
in
mezzo
al
quale
spiccavano
gli
alti
turbanti
bianchi
dei
giannizzeri
,
i
grandi
pennacchi
d
'
airone
dei
solak
,
i
caschi
argentati
dei
peik
,
guardie
del
Sultano
,
vestite
d
'
una
tunica
d
'
oro
stretta
alla
vita
da
una
cintura
ingemmata
;
i
zuluftú
-
baltagì
,
impiegati
al
servizio
degli
ufficiali
di
camera
,
colle
loro
treccie
di
lana
pendenti
dal
berretto
;
i
kassekì
,
col
loro
bastone
emblematico
in
mano
;
i
balta
-
gì
coll
'
accetta
;
i
valletti
del
gran
vizir
colla
frusta
ornata
di
catenelle
d
'
argento
;
i
bostangì
,
guardie
dei
giardini
,
coi
grandi
berretti
purpurei
;
e
una
folla
svariata
di
cento
colori
e
di
cento
emblemi
,
d
'
arcieri
,
di
lancieri
,
di
guardie
del
tesoro
,
di
guardie
coraggiose
,
di
guardie
temerarie
,
d
'
eunuchi
neri
e
d
'
eunuchi
bianchi
,
di
scudieri
e
di
sciaù
,
uomini
alti
e
poderosi
,
d
'
aspetto
altero
,
improntato
della
dignità
signorile
della
Corte
,
che
riempivano
il
cortile
di
profumi
.
Un
orario
minuzioso
e
severo
regolava
le
faccende
di
tutti
in
quell
'
apparente
disordine
.
Tutti
si
movevano
in
quel
cortile
come
gli
automi
giranti
sopra
la
tavola
che
rinchiude
il
meccanismo
.
Allo
spuntare
del
giorno
comparivano
i
trentadue
muezzin
della
Corte
,
scelti
fra
i
cantori
più
dolci
di
Stambul
,
ad
annunziare
l
'
alba
dai
minareti
delle
moschee
del
Serraglio
,
e
s
'
incontravano
cogli
astrologhi
e
cogli
astronomi
che
scendevano
dalle
terrazze
,
dove
avevano
passato
la
notte
studiando
il
firmamento
dalle
terrazze
per
determinare
le
ore
propizie
alle
occupazioni
del
Sultano
.
Poi
il
primo
medico
del
Serraglio
entrava
a
chieder
notizie
della
salute
del
Padiscià
;
l
'
ulema
istitutore
andava
a
dare
all
'
augusto
discepolo
il
solito
insegnamento
religioso
;
il
segretario
privato
a
leggergli
le
suppliche
ricevute
la
sera
;
i
professori
di
arti
e
di
scienze
passavano
per
recarsi
nel
terzo
cortile
a
far
le
lezioni
ai
paggi
imperiali
.
Ognuno
alla
sua
ora
,
tutti
i
personaggi
impiegati
al
servizio
dell
'
augusta
persona
passavano
di
là
per
andare
a
chieder
gli
ordini
per
la
giornata
.
Il
bostangi
-
bascì
,
generale
delle
guardie
imperiali
,
governatore
del
Serraglio
e
delle
ville
del
Sultano
sparse
sulle
rive
del
Bosforo
e
della
Propontide
,
veniva
a
informarsi
se
al
Gran
Signore
piacesse
di
fare
una
gita
sul
mare
,
perché
spettava
a
lui
il
governo
del
timone
e
ai
suoi
bostangì
l
'
onore
dei
remi
.
Venivano
a
interrogare
i
capricci
del
Padiscià
il
gran
maestro
delle
caccie
,
accompagnato
dal
gran
falconiere
,
insieme
al
capo
dei
cacciatori
dei
falconi
bianchi
,
al
capo
dei
cacciatori
degli
avoltoi
e
a
quello
dei
cacciatori
degli
sparvieri
.
Veniva
l
'
intendente
generale
della
città
,
uno
stuolo
d
'
intendenti
,
delle
cucine
,
delle
monete
,
dei
foraggi
,
del
tesoro
,
l
'
uno
dopo
l
'
altro
,
in
un
ordine
prestabilito
,
ciascuno
coi
suoi
memoriali
,
colle
sue
parole
preparate
,
coi
suoi
servi
distinti
da
un
vestimento
speciale
.
Più
tardi
,
seguiti
da
un
corteo
di
segretari
e
di
famigliari
,
passavano
i
vizir
della
Cupola
per
recarsi
al
divano
.
Passavano
personaggi
a
cavallo
,
in
carrozza
,
in
bussola
,
e
scendevano
tutti
alla
seconda
porta
,
la
quale
non
si
poteva
oltrepassare
che
a
piedi
.
Tutta
questa
gente
era
riconoscibile
,
carica
per
carica
,
dalla
forma
dei
turbanti
,
dal
taglio
delle
maniche
,
dalla
qualità
delle
pelliccie
,
dai
colori
delle
fodere
,
dagli
ornamenti
delle
selle
,
dall
'
avere
la
barba
intera
o
i
baffi
soli
.
Nessuna
confusione
seguiva
in
quell
'
affollamento
continuo
.
Il
muftì
era
bianco
;
i
vizir
si
riconoscevano
al
verde
chiaro
,
i
ciambellani
allo
scarlatto
;
l
'
azzurro
carico
distingueva
i
sei
primi
ufficiali
legislativi
,
il
capo
degli
emiri
e
i
giudici
della
Mecca
,
di
Medina
e
di
Costantinopoli
;
i
grandi
ulema
avevano
il
color
violaceo
;
i
muderrì
e
gli
sceicchi
indossavano
l
'
azzurro
chiaro
;
il
cilestrino
chiarissimo
segnalava
gli
sciaù
feudatarii
e
gli
agà
dei
vizir
;
il
verde
cupo
era
privilegio
degli
agà
della
staffa
imperiale
e
del
portatore
dello
stendardo
sacro
;
gl
'
impiegati
delle
scuderie
del
sultano
vestivano
il
verde
pallido
;
i
generali
dell
'
esercito
portavano
gli
stivali
rossi
,
gli
ufficiali
della
Porta
,
gialli
,
gli
ulema
,
turchini
;
e
alla
scala
dei
colori
corrispondeva
una
gradazione
nella
profondità
degl
'
inchini
.
Il
bostangì
-
bascì
,
capo
della
polizia
del
Serraglio
,
comandante
un
esercito
di
carcerieri
e
di
carnefici
,
che
spandeva
il
terrore
col
suono
del
suo
nome
e
dei
suoi
passi
,
attraversava
il
cortile
in
mezzo
a
due
schiere
di
teste
chinate
a
terra
.
Passava
il
capo
degli
Eunuchi
,
gran
maresciallo
della
Corte
interna
ed
esterna
,
e
si
curvavano
i
caschi
,
i
turbanti
,
i
pennacchi
,
come
spinti
giù
da
cento
mani
invisibili
.
Il
grande
elemosiniere
passava
fra
mille
saluti
ossequiosi
.
Tutti
coloro
che
avvicinavano
il
Sultano
,
il
capo
degli
staffieri
che
gli
reggeva
la
staffa
,
il
primo
cameriere
che
portava
i
suoi
sandali
,
il
Silihdar
agà
che
forbiva
le
sue
armi
,
l
'
eunuco
bianco
che
lambiva
il
pavimento
colla
lingua
prima
di
stendere
il
tappeto
,
il
paggio
che
versava
al
Sultano
l
'
acqua
per
le
abluzioni
,
quello
che
gli
porgeva
l
'
archibugio
nelle
caccie
,
quello
che
custodiva
i
suoi
turbanti
,
quello
che
spolverava
i
suoi
pennacchi
ingemmati
,
quello
che
aveva
cura
delle
sue
vesti
di
volpe
nera
,
passavano
in
mezzo
a
dimostrazioni
speciali
di
curiosità
e
di
rispetto
.
Un
bisbiglio
sommesso
precedeva
e
seguiva
il
passaggio
del
predicatore
della
Corte
e
del
gran
mastro
della
guardaroba
,
che
gettava
i
denari
al
popolo
nelle
feste
imperiali
.
Passava
saettato
da
molti
sguardi
invidiosi
il
musulmano
fortunato
che
ogni
dieci
giorni
radeva
il
capo
al
Sultano
dei
Sultani
.
La
folla
s
'
apriva
con
una
premura
particolare
davanti
al
primo
chirurgo
incaricato
della
circoncisione
dei
principi
,
davanti
al
primo
oculista
che
preparava
il
collirio
per
le
palpebre
delle
cadine
e
delle
odalische
,
davanti
al
gran
maestro
dei
fiori
,
affaccendato
dai
capricci
di
cento
belle
,
che
portava
sotto
il
caffettano
il
suo
poetico
diploma
ornato
di
rose
dorate
.
Il
primo
cuoco
riceveva
i
suoi
saluti
adulatorii
.
Sorrisi
cerimoniosi
salutavano
il
guardiano
dei
pappagalli
e
degli
usignuoli
che
potevano
varcare
le
soglie
dei
chioschi
più
segreti
.
Erano
migliaia
di
persone
,
divise
in
una
gerarchia
minutissimamente
graduata
,
governate
da
un
cerimoniale
di
cinquanta
volumi
,
vestite
in
mille
foggie
pittoresche
,
che
sfilavano
o
circolavano
per
il
vasto
cortile
,
e
ad
ogni
minuto
era
una
folla
nuova
.
Tratto
tratto
passava
rapidamente
un
messaggiero
e
tutte
le
teste
si
voltavano
.
Era
il
vizir
karakulak
,
messaggiere
tra
il
Sultano
e
il
primo
ministro
,
che
andava
a
fare
un
'
imbasciata
segreta
al
Gran
Vizir
;
era
un
capigí
che
correva
al
palazzo
d
'
un
pascià
caduto
in
sospetto
,
a
portargli
l
'
ordine
di
presentarsi
immediatamente
al
divano
;
era
il
portatore
di
buone
notizie
che
veniva
ad
annunziare
al
Padiscià
il
fortunato
arrivo
della
grande
carovana
alla
Mecca
.
Altri
messaggieri
speciali
tra
il
Sultano
e
i
grandi
ufficiali
dello
Stato
,
ciascuno
distinto
con
un
titolo
e
riconoscibile
a
qualche
particolarità
del
vestimento
,
s
'
aprivano
il
passo
,
correndo
,
e
sparivano
per
le
due
porte
del
cortile
.
Passavano
sciami
di
caffettieri
per
recarsi
alle
cucine
della
corte
,
frotte
di
cacciatori
imperiali
curvi
dal
peso
dei
carnieri
dorati
;
file
di
facchini
carichi
di
stoffe
,
preceduti
dal
Gran
Mercante
,
provveditore
del
Sultano
;
drappelli
di
galeotti
condotti
dagli
schiavi
ai
lavori
più
faticosi
del
Serraglio
.
Poi
cento
sguatteri
,
due
volte
al
giorno
,
uscivano
dalle
cucine
e
portavano
all
'
ombra
dei
platani
,
sotto
le
arcate
,
lungo
i
muri
,
piramidi
enormi
di
riso
e
montoni
interi
arrostiti
;
una
turba
di
guardie
e
di
servitori
accorreva
,
e
il
grande
cortile
offriva
lo
spettacolo
festoso
del
convito
d
'
un
esercito
.
Poco
dopo
la
scena
mutava
,
e
si
vedeva
venir
innanzi
un
'
ambasciata
straniera
in
mezzo
a
due
muri
d
'
oro
e
di
seta
.
Là
,
come
scriveva
Solimano
il
grande
allo
Scià
di
Persia
,
"
affluiva
tutto
l
'universo."
Gli
ambasciatori
di
Carlo
V
vi
si
trovavano
al
fianco
degli
ambasciatori
di
Francesco
I
;
gl
'
inviati
dell
'
Ungheria
,
della
Serbia
e
della
Polonia
vi
entravano
accanto
ai
rappresentanti
della
repubblica
di
Genova
e
di
Venezia
.
Il
peskesdgi
-
bascì
,
incaricato
di
ricevere
i
doni
,
andava
incontro
alle
carovane
straniere
sul
limitare
di
Bab
-
Umaiùn
,
e
venivano
innanzi
,
tra
mille
spettatori
,
elefanti
che
portavano
troni
d
'
oro
,
gazzelle
gigantesche
,
gabbie
di
leoni
,
cavalli
della
Tartaria
,
e
cavalli
dei
deserti
,
vestiti
di
pelli
di
tigri
e
carichi
di
scudi
d
'
orecchie
d
'
elefante
;
gl
'
inviati
della
Persia
coi
vasi
della
china
;
i
messi
dei
Sultani
delle
Indie
con
scatole
d
'
oro
colme
di
gemme
;
gli
ambasciatori
dei
re
affricani
con
tappeti
di
pelo
di
cammelli
strappati
dal
ventre
delle
madri
e
pezzi
di
stoffa
argentata
che
facevan
piegar
le
schiene
di
dieci
schiavi
;
gli
ambasciatori
degli
Stati
nordici
seguiti
da
drappelli
di
servi
carichi
di
pelliccie
e
d
'
armi
preziose
.
Entravano
,
dopo
le
guerre
fortunate
,
per
esser
mostrati
al
Padiscià
,
generali
carichi
di
catene
e
principesse
prigioniere
,
velate
,
coi
loro
cortei
disarmati
e
tristi
,
e
stuoli
d
'
eunuchi
d
'
ogni
età
e
d
'
ogni
colore
,
carpiti
come
bottino
di
guerra
,
o
offerti
in
dono
dai
principi
vinti
.
E
intanto
gli
ufficiali
degli
eserciti
vincitori
s
'
affollavano
alle
porte
della
Tesoreria
a
deporre
i
broccati
e
le
sciabole
imperlate
prese
nei
saccheggi
delle
città
persiane
,
l
'
oro
e
le
gemme
tolte
ai
mammalucchi
d
'
Egitto
,
le
coppe
d
'
oro
intopaziate
del
tesoro
dei
Cavalieri
di
Rodi
,
i
torsi
delle
statue
di
Diana
e
d
'
Apollo
rapite
alla
Grecia
e
all
'
Ungheria
,
e
chiavi
di
città
e
di
castelli
;
e
altri
conducevano
al
secondo
cortile
i
giovanetti
e
le
fanciulle
rubate
all
'
isola
di
Lesbo
.
Tutte
le
enormi
provvigioni
d
'
ogni
natura
che
venivano
al
Serraglio
dai
porti
dell
'
Africa
,
della
Caramania
,
della
Morea
,
del
mar
Egeo
,
passavano
o
s
'
arrestavano
fra
quelle
mura
,
e
un
esercito
di
maggiordomi
e
di
segretarii
erano
continuamente
affaccendati
a
registrare
,
a
pagare
,
a
disporre
,
a
fissare
udienze
,
a
dare
ordinazioni
.
I
mercanti
dei
bazar
di
schiave
di
Brussa
e
di
Trebisonda
si
trovavano
dinanzi
alla
seconda
porta
,
ad
aspettare
il
turno
d
'
entrata
,
insieme
ai
poeti
venuti
da
Bagdad
per
recitar
dei
versi
al
Sultano
.
I
governatori
caduti
in
disgrazia
,
venuti
per
comprare
la
propria
salvezza
con
una
coppa
piena
di
monete
d
'
oro
,
aspettavano
accanto
ai
messi
d
'
un
Pascià
venuti
ad
offrire
in
dono
al
Gran
Signore
una
bella
vergine
tredicenne
,
trovata
dopo
tre
mesi
di
ricerche
sotto
a
una
capanna
dell
'
Anatolia
;
in
mezzo
a
spie
ritornate
da
tutti
i
confini
dell
'
Impero
,
vicino
a
famiglie
stanche
arrivate
da
provincie
lontane
per
chieder
giustizia
,
tra
donne
e
fanciulli
dell
'
infima
plebe
di
Stambul
ammessi
a
presentare
le
loro
querele
al
divano
.
E
i
giorni
di
divano
si
vedevano
passar
di
là
,
fra
gli
scherni
dei
curiosi
,
gli
ambasciatori
delle
provincie
ribelli
,
a
cavallo
a
un
asino
,
colla
barba
rasa
e
un
berretto
di
donna
sul
capo
,
e
i
messi
insolenti
dei
principi
asiatici
col
naso
spuntato
dalle
scimitarre
dei
sciaù
;
di
là
gli
ufficiali
dello
Stato
che
uscivano
,
inconsapevoli
,
per
portare
a
un
governatore
lontano
uno
scialle
prezioso
,
dono
del
Gran
vizir
,
che
nascondeva
fra
le
sue
pieghe
la
loro
sentenza
di
morte
;
di
là
i
visi
radianti
degli
ambiziosi
che
avevano
ottenuto
una
satrapìa
coll
'
intrigo
e
i
visi
pallidi
di
quei
che
avevano
sentito
nel
divano
la
minaccia
sorda
d
'
una
disgrazia
vicina
;
di
là
i
portatori
di
quegli
hattiscerif
,
inesorabili
come
il
destino
,
che
andavano
,
sulla
groppa
d
'
un
cavallo
,
lontano
trecento
miglia
,
a
portar
la
rovina
e
la
morte
nel
palazzo
di
un
vicerè
;
di
là
i
terribili
muti
della
corte
mandati
a
strozzare
i
prigionieri
illustri
nei
sotterranei
delle
Sette
Torri
.
E
con
questi
si
incontravano
gli
ulema
,
i
bey
,
i
mollà
,
gli
emiri
,
che
tornavano
o
si
recavano
alle
udienze
col
capo
basso
,
cogli
occhi
a
terra
,
con
le
mani
nascoste
nelle
grandi
maniche
;
i
vizir
,
che
tenevano
il
Corano
in
tasca
per
leggere
,
a
un
'
occorrenza
,
le
orazioni
dei
morti
;
il
gran
vizir
,
despota
spiato
dal
boia
,
che
portava
sotto
il
caffettano
il
proprio
testamento
,
per
essere
sempre
pronto
a
morire
.
E
tutti
passavano
composti
,
a
passo
lento
,
in
silenzio
,
o
parlando
a
bassa
voce
un
linguaggio
circospetto
e
corretto
,
proprio
del
Serraglio
;
e
si
vedeva
un
continuo
ricambiarsi
di
sguardi
gravi
e
scrutatori
,
e
un
posar
delle
mani
sulla
fronte
e
sul
petto
,
accompagnato
da
bisbigli
interrotti
,
da
un
fruscìo
discreto
di
cappe
e
di
babbuccie
,
da
un
tintinnare
sommesso
di
scimitarre
,
da
non
so
che
di
monacale
e
di
triste
,
che
faceva
contrasto
colla
fierezza
guerriera
dei
volti
,
colla
pompa
dei
colori
,
collo
splendore
delle
armi
.
In
tutti
gli
occhi
si
leggeva
un
pensiero
,
su
tutte
le
fronti
si
vedeva
il
terrore
d
'
un
uomo
,
che
era
sopra
tutti
,
che
era
scopo
di
tutto
,
davanti
al
quale
tutto
s
'
inchinava
,
strisciava
,
s
'
annichiliva
,
e
pareva
che
ogni
cosa
ne
presentasse
l
'
immagine
e
che
in
ogni
rumore
si
sentisse
il
suo
nome
.
Da
questo
cortile
s
'
entrava
nel
secondo
per
la
grande
porta
Bab
-
el
-
selam
,
o
porta
della
Salute
,
che
è
ancora
intatta
in
mezzo
a
due
grosse
torri
,
e
non
ci
si
passa
,
nemmeno
ora
,
senza
un
firmano
.
Anticamente
due
grandi
battenti
la
chiudevano
dalla
parte
del
primo
cortile
e
altri
due
dalla
parte
del
secondo
,
in
modo
che
ci
rimaneva
dentro
,
quando
tutto
era
chiuso
,
uno
stanzone
oscuro
,
dove
un
uomo
poteva
essere
spacciato
segretamente
.
Là
sotto
c
'
erano
le
celle
dei
carnefici
,
le
quali
,
per
un
andito
cieco
,
comunicavano
colla
sala
del
divano
.
Là
andavano
ad
aspettare
la
loro
sentenza
gli
alti
personaggi
caduti
in
disgrazia
,
e
vi
ricevevano
sovente
,
nello
stesso
punto
,
la
sentenza
e
la
morte
.
Altre
volte
il
governatore
o
il
vizir
disgraziato
,
era
chiamato
al
Serraglio
con
un
pretesto
;
veniva
;
passava
,
senza
sospetti
,
sotto
la
volta
sinistra
,
entrava
nel
divano
,
era
ricevuto
con
un
sorriso
benevolo
o
con
una
severità
mite
che
non
minacciava
che
un
castigo
lontano
,
e
congedato
,
tornava
a
passare
tranquillamente
sotto
la
porta
.
Ma
all
'
improvviso
,
senza
veder
nessuno
,
si
sentiva
una
lama
nelle
reni
o
un
capestro
alla
gola
,
e
stramazzava
senz
'
aver
tempo
a
resistere
.
Al
grido
del
moribondo
,
cento
visi
si
voltavano
per
un
momento
dai
due
cortili
;
poi
tutti
ripigliavano
,
in
silenzio
,
le
loro
faccende
.
La
testa
era
portata
in
una
nicchia
di
Bab
-
Umaiùn
,
il
cadavere
ai
corvi
della
spiaggia
di
Santo
Stefano
,
la
notizia
al
Sultano
,
e
tutto
era
finito
.
C
'
è
ancora
a
destra
,
sotto
la
volta
,
la
porticina
ferrata
della
prigione
in
cui
si
gettavano
le
vittime
,
quando
veniva
disdetto
a
tempo
l
'
ordine
di
morte
o
per
prolungare
la
loro
agonia
o
per
cacciarle
invece
in
esilio
.
Uscendo
di
sotto
a
Bab
-
el
-
selam
si
entra
immediatamente
nel
secondo
cortile
.
Qui
si
cominciava
a
sentir
più
viva
l
'
aura
sacra
del
Signore
"
dei
due
mari
e
dei
due
mondi
,
"
e
chi
vi
penetrava
per
la
prima
volta
,
si
fermava
involontariamente
,
appena
entrato
,
preso
da
un
sentimento
di
timore
e
di
venerazione
.
Era
un
vastissimo
cortile
irregolare
,
una
smisurata
sala
a
cielo
aperto
,
circondata
da
edifizii
graziosi
e
da
cupole
argentate
e
dorate
,
sparsa
di
gruppi
d
'
alberi
bellissimi
,
e
attraversata
da
due
viali
fiancheggiati
di
cipressi
giganteschi
.
Tutt
'
intorno
girava
un
bel
loggiato
,
sorretto
da
delicate
colonne
di
marmo
bianco
,
e
coperto
da
un
tetto
sporgente
rivestito
di
piombo
.
A
sinistra
,
entrando
,
v
'
era
la
sala
del
divano
,
sormontata
da
una
cupola
scintillante
;
più
in
là
,
la
sala
dei
grandi
ricevimenti
,
dinanzi
alla
quale
sei
enormi
colonne
di
marmo
di
Marmara
sostenevano
un
largo
tetto
a
falde
,
ondulate
:
basi
,
capitelli
,
muri
,
tetto
,
porte
,
archi
,
tutto
cesellato
,
intarsiato
,
dipinto
,
dorato
,
leggerissimo
e
gentile
come
un
padiglione
di
merletti
tempestati
di
gemme
,
e
ombreggiato
da
un
gruppo
di
platani
superbi
.
Dagli
altri
lati
,
v
'
erano
gli
archivi
,
le
sale
dove
si
custodivano
i
vestimenti
d
'
onore
,
i
magazzeni
delle
tende
,
la
casa
del
grande
Eunuco
nero
,
le
cucine
della
Corte
.
Qui
stava
quel
grande
Intendente
,
più
affaccendato
d
'
un
Ministro
della
Cupola
,
che
aveva
ai
suoi
ordini
cinquanta
sottintendenti
,
ai
quali
obbediva
un
esercito
di
cuochi
e
di
confettieri
,
aiutati
,
nelle
grandi
occasioni
,
da
artisti
fatti
venire
d
'
ogni
parte
dell
'
impero
.
Là
si
faceva
il
desinare
per
i
visir
i
giorni
di
divano
;
là
si
preparavano
,
in
occasione
delle
circoncisioni
e
delle
nozze
principesche
,
i
famosi
giardini
di
pasta
dolce
,
le
cicogne
,
i
falchi
,
le
giraffe
,
i
cammelli
di
zucchero
,
i
montoni
arrostiti
da
cui
uscivano
stormi
d
'
uccelli
;
che
si
portavano
poi
,
in
gran
pompa
,
nella
piazza
dell
'
Ippodromo
;
là
gl
'
infiniti
dolciumi
di
mille
forme
e
di
mille
colori
che
andavano
a
sciogliersi
nelle
innumerevoli
boccuccie
golose
dell
'
arem
.
Vicino
alle
cucine
formicolavano
,
nelle
grandi
feste
,
gli
ottocento
operai
incaricati
di
drizzare
le
tende
del
Sultano
e
dell
'
arem
nei
giardini
del
Serraglio
o
sulle
colline
del
Bosforo
;
e
quando
non
bastavan
più
le
tende
dei
vastissimi
magazzini
,
si
formavano
i
padiglioni
colle
vele
della
flotta
,
e
con
cipressi
interi
sradicati
dai
boschetti
delle
ville
imperiali
.
La
casa
del
grande
Eunuco
,
là
vicina
,
era
una
piccola
reggia
,
fra
la
quale
e
il
terzo
cortile
andava
e
veniva
una
processione
continua
d
'
eunuchi
neri
,
di
schiave
e
di
servi
.
In
questo
cortile
passavano
le
Ambasciate
per
andare
dal
Sultano
.
Allora
tutto
il
loggiato
era
parato
di
panno
vermiglio
,
i
muri
luccicavano
,
il
suolo
era
pulito
come
il
pavimento
d
'
una
sala
;
duecento
tra
giannizzeri
,
spahì
e
silihdar
,
che
formavano
la
guardia
del
divano
,
vestiti
e
armati
come
principi
,
stavano
schierati
all
'
ombra
dei
cipressi
e
dei
platani
,
e
drappelli
d
'
eunuchi
bianchi
e
d
'
eunuchi
neri
,
lindi
e
profumati
,
facevano
ala
alle
porte
.
Tutto
,
in
questo
secondo
cortile
,
annunziava
la
vicinanza
del
Gran
Signore
;
le
voci
suonavano
più
basse
,
i
movimenti
eran
più
raccolti
,
non
vi
si
sentiva
nè
scalpitìo
di
cavalli
nè
rumor
di
lavoro
;
i
servi
e
i
soldati
passavano
tacitamente
;
e
una
certa
quiete
di
santuario
regnava
in
tutto
il
recinto
,
non
turbata
che
dallo
strepito
improvviso
degli
uccelli
che
fuggivano
dagli
alberi
o
dall
'
urto
sonoro
delle
grandi
porte
di
ferro
chiuse
dai
capigì
.
Di
tutti
gli
edifizii
del
cortile
non
vidi
che
la
sala
del
divano
,
la
quale
è
quasi
intatta
,
com
'
era
quando
vi
si
teneva
il
consiglio
supremo
dello
Stato
.
È
una
grande
sala
a
vôlta
,
rischiarata
dall
'
alto
,
da
finestrine
moresche
,
e
rivestita
di
marmi
ornati
di
rabeschi
d
'
oro
,
senz
'
altra
suppellettile
che
il
divano
su
cui
sedevano
i
membri
del
Consiglio
.
Sopra
il
posto
del
gran
vizir
c
'
è
ancora
la
finestrina
chiusa
da
una
graticola
di
legno
dorato
,
dietro
alla
quale
prima
Solimano
il
grande
e
poi
tutti
gli
altri
Padiscià
assistevano
,
non
visti
,
o
si
credeva
che
assistessero
alle
sedute
:
un
corridoio
segreto
conduceva
da
quello
stanzino
nascosto
agli
appartamenti
imperiali
del
terzo
cortile
.
In
questa
sala
sedeva
cinque
volte
la
settimana
il
gran
consesso
dei
ministri
,
presieduti
dal
gran
vizir
.
L
'
apparato
era
solenne
.
Il
gran
vizir
sedeva
in
faccia
alla
porta
d
'
entrata
;
vicino
a
lui
i
vizir
della
Cupola
,
il
capudan
-
pascià
,
grande
ammiraglio
;
i
due
grandi
giudici
d
'
Anatolia
e
di
Rumelia
,
rappresentanti
della
magistratura
delle
provincie
d
'
Asia
e
d
'
Europa
;
da
una
parte
i
tesorieri
dell
'
impero
;
dall
'
altra
il
nisciandgì
,
che
metteva
il
suggello
del
Sultano
ai
decreti
;
più
in
là
,
a
destra
e
a
sinistra
,
due
schiere
di
ulema
e
di
ciambellani
;
agli
angoli
,
sciaù
,
portatori
d
'
ordini
,
esecutori
di
supplizii
,
esercitati
a
comprendere
ogni
cenno
e
ogni
sguardo
.
Era
uno
spettacolo
davanti
a
cui
i
più
arditi
tremavano
e
i
più
innocenti
interrogavano
paurosamente
la
propria
coscienza
.
Tutta
quella
gente
stava
là
col
volto
impassibile
,
colle
braccie
incrociate
,
colle
mani
nascoste
.
Una
luce
vaga
,
scendendo
dalla
vôlta
,
tingeva
d
'
un
color
d
'
oro
pallido
i
turbanti
bianchi
,
le
faccie
gravi
,
le
lunghe
barbe
immobili
,
le
ricche
pellicce
,
i
manichi
gemmati
dei
pugnali
.
A
prima
vista
il
Consiglio
presentava
l
'
apparenza
morta
d
'
un
grande
gruppo
di
statue
vestite
e
dipinte
.
Le
stuoie
non
lasciavan
sentire
il
passo
di
chi
entrava
e
di
chi
usciva
,
l
'
aria
odorava
dei
profumi
delle
pelliccie
,
le
pareti
marmoree
riflettevano
il
verde
degli
alberi
del
cortile
;
il
canto
degli
uccelli
,
nei
momenti
di
silenzio
,
risonava
sotto
la
vôlta
luccicante
d
'
oro
;
tutto
era
dolce
e
grazioso
in
quel
tribunale
tremendo
.
Le
voci
sonavano
una
alla
volta
,
tranquille
e
monotone
come
il
mormorio
d
'
un
ruscello
,
senza
che
chi
accusava
o
si
scolpava
,
ritto
in
mezzo
alla
sala
,
s
'
accorgesse
da
che
bocca
uscivano
.
Cento
grandi
occhi
fissi
scrutavano
il
volto
d
'
un
solo
.
Gli
sguardi
erano
studiati
,
le
parole
pesate
,
i
pensieri
indovinati
dai
più
sfuggevoli
movimenti
del
viso
.
Le
sentenze
di
morte
escivano
a
parole
pacate
,
dopo
lunghi
dialoghi
sommessi
,
accolte
con
un
silenzio
sepolcrale
;
oppure
scoppiavano
improvvisamente
,
come
folgori
,
e
avevan
per
eco
quelle
tremende
parole
che
escono
dall
'
anima
disperata
nei
momenti
supremi
;
e
allora
,
a
un
cenno
,
le
scimitarre
spezzavano
le
vertebre
,
il
sangue
spicciava
sui
tappeti
e
sui
marmi
;
agà
di
spahì
e
di
giannizzeri
,
cadevano
crivellati
di
pugnalate
;
governatori
e
kaimacan
stramazzavano
col
laccio
al
collo
e
cogli
occhi
fuori
della
fronte
.
Un
minuto
dopo
,
i
cadaveri
erano
distesi
all
'
ombra
dei
platani
,
coperti
da
un
panno
verde
;
il
sangue
era
lavato
,
l
'
aria
profumata
,
i
carnefici
al
posto
,
e
il
consesso
ripigliava
la
sua
seduta
coi
volti
impassibili
,
colle
mani
nascoste
,
colle
voci
pacate
e
monotone
,
sotto
la
luce
vaga
delle
finestrine
moresche
che
tingeva
d
'
un
colore
d
'
oro
pallido
i
grandi
turbanti
e
le
grandi
barbe
.
Ma
si
scotevano
alla
loro
volta
,
quei
fieri
giudici
,
quando
Murad
IV
o
il
secondo
Selim
,
scontenti
del
divano
,
facevano
scricchiolare
con
un
pugno
furioso
la
graticola
dorata
della
segreta
imperiale
!
Dopo
un
lungo
silenzio
e
un
consultarsi
a
vicenda
cogli
sguardi
smarriti
,
ripigliavano
anche
allora
la
seduta
,
col
volto
impassibile
e
colle
voci
solenni
;
ma
le
mani
agghiacciate
tremavano
per
lungo
tempo
nelle
grandi
maniche
,
e
le
anime
si
raccomandavano
a
Dio
.
In
fondo
a
questo
secondo
cortile
,
che
era
in
certo
modo
il
cortile
diplomatico
del
Serraglio
,
s
'
apriva
la
terza
grande
porta
,
fiancheggiata
da
colonne
di
marmo
e
coperta
da
un
gran
tetto
sporgente
,
dinanzi
alla
quale
stava
di
guardia
notte
e
giorno
un
drappello
d
'
eunuchi
bianchi
e
uno
stuolo
di
capigì
,
armati
di
sciabole
e
di
pugnali
.
Era
questa
la
famosa
Bab
-
Seadet
o
porta
della
Felicità
,
che
conduceva
al
terzo
cortile
;
la
porta
sacra
che
rimase
chiusa
per
quasi
quattro
secoli
ad
ogni
cristiano
,
che
non
si
presentasse
in
nome
d
'
un
re
o
d
'
un
popolo
;
la
porta
misteriosa
alla
quale
picchiò
invano
la
curiosità
supplichevole
di
mille
viaggiatori
potenti
ed
illustri
;
la
porta
da
cui
uscirono
e
si
sparsero
per
il
mondo
tante
fole
gentili
e
tante
leggende
di
dolori
,
tanti
fantasmi
di
bellezza
e
di
piacere
,
tante
rivelazioni
vaghe
di
segreti
d
'
amore
e
di
sangue
e
un
'
aura
infinita
di
poesia
voluttuosa
e
terribile
;
la
porta
solenne
del
Santuario
del
re
dei
re
,
che
il
popolo
nominava
con
un
senso
segreto
di
sgomento
,
come
la
porta
d
'
un
recinto
fatato
,
entrando
nel
quale
una
creatura
profana
dovesse
rimaner
petrificata
o
veder
cose
che
il
linguaggio
umano
non
avrebbe
potuto
descrivere
;
la
porta
dinanzi
a
cui
,
anche
ora
,
il
viaggiatore
più
freddo
d
'
immaginazione
e
di
sentimento
si
arresta
con
una
certa
titubanza
e
guarda
con
stupore
l
'
ombra
del
suo
cappello
cilindrico
che
si
allunga
sui
battenti
socchiusi
.
Eppure
anche
là
,
davanti
a
quella
porta
solenne
,
arrivò
il
flutto
muggente
delle
ribellioni
soldatesche
.
Si
può
anzi
dire
che
quell
'
angolo
del
grande
cortile
,
che
è
compreso
fra
la
sala
del
divano
e
la
porta
Seadet
,
è
il
punto
del
Serraglio
dove
il
furore
dei
ribelli
commise
gli
atti
più
temerarii
e
più
sanguinosi
.
Il
Gran
Signore
governava
colla
spada
e
la
spada
gli
dettava
la
legge
.
Il
despotismo
che
difendeva
gli
accessi
del
Grande
Serraglio
era
lo
stesso
che
ne
violava
i
penetrali
.
Allora
si
vedeva
su
che
fragile
piedestallo
si
reggesse
il
colosso
minaccioso
,
quando
gli
si
ritiravano
d
'
intorno
i
puntelli
delle
scimitarre
!
Orde
armate
di
giannizzeri
e
di
spahì
,
nel
cuore
della
notte
,
colle
fiaccole
nel
pugno
,
rovesciavano
a
colpi
di
scure
le
porte
del
primo
e
del
secondo
cortile
,
e
irrompevano
là
agitando
sulla
punta
delle
lame
le
suppliche
che
chiedevano
le
teste
dei
vizir
,
e
le
loro
grida
di
morte
risonavano
di
là
dai
muri
inviolabili
,
nel
recinto
sacro
dei
loro
Sovrani
,
dove
tutto
era
confusione
e
spavento
.
Invano
dall
'
alto
dei
muri
si
gettavano
sacchi
di
monete
d
'
oro
e
d
'
argento
;
invano
il
muftì
,
gli
sceicchi
,
gli
ulema
,
i
grandi
della
Corte
,
smarriti
,
ragionavano
,
pregavano
,
tentavano
dolcemente
d
'
abbassare
le
braccia
convulse
dall
'
ira
;
invano
le
Sultane
-
validè
,
smorte
,
mostravano
dalle
finestre
ingraticolate
i
piccoli
figliuoli
innocenti
.
Il
mostro
dalle
mille
teste
,
scatenato
e
cieco
,
voleva
la
sua
preda
,
le
vittime
vive
,
le
carni
da
lacerare
,
il
sangue
da
spargere
,
i
teschi
da
piantare
sulle
picche
.
I
Sultani
s
'
affacciavano
fra
i
merli
,
s
'
arrischiavano
fin
sulle
barricate
della
porta
,
in
mezzo
agli
eunuchi
e
ai
paggi
tremanti
,
armati
di
pugnali
inutili
;
disputavano
le
teste
a
una
a
una
,
promettevano
,
piangevano
,
chiedevano
grazia
in
nome
della
propria
madre
,
dei
propri
figli
,
del
Profeta
,
della
gloria
dell
'
impero
,
della
pace
del
mondo
.
Uno
scoppio
di
minaccie
e
d
'
insulti
e
un
agitare
vertiginoso
di
fiaccole
e
di
scimitarre
rispondeva
alle
loro
grida
impotenti
.
E
allora
dalla
porta
della
Felicità
uscivan
fuori
a
uno
a
uno
,
brancolando
,
e
cadevano
in
mezzo
alle
belve
assetate
di
sangue
,
i
tesorieri
,
i
vizir
,
gli
eunuchi
,
le
favorite
,
i
generali
,
e
l
'
un
dopo
l
'
altro
cadevano
lacerati
da
cento
lame
e
sformati
da
cento
piedi
.
Così
Murad
III
gettava
Mehemed
,
il
suo
falconiere
favorito
,
che
era
messo
in
brani
sotto
i
suoi
occhi
;
così
Maometto
III
gettava
il
Kislaragà
Otmano
e
il
capo
degli
eunuchi
bianchi
Ghaznéfer
,
ed
era
costretto
a
salutare
la
soldatesca
dinanzi
ai
due
cadaveri
insanguinati
;
così
Murad
IV
gettava
,
singhiozzando
,
il
gran
vizir
Hafiz
,
a
cui
diciassette
pugnali
squarciavano
il
petto
e
le
reni
;
così
Selim
III
gettava
tutte
le
teste
del
suo
divano
;
e
mentre
i
Padiscià
rientravano
nelle
loro
stanze
,
imprecando
,
straziati
dal
dolore
e
dalla
vergogna
,
le
mille
fiaccole
dei
ribelli
correvano
per
le
vie
di
Stambul
,
rischiarando
gli
avanzi
dei
cadaveri
,
trascinati
in
trionfo
in
mezzo
alla
folla
briaca
.
La
porta
della
Felicità
formava
,
come
la
Bab
-
el
-
Selam
,
un
lungo
andito
,
dal
quale
si
riusciva
direttamente
nel
recinto
arcano
che
racchiudeva
il
"
fratello
del
sole
.
"
Qui
,
per
dare
un
'
immagine
viva
del
luogo
,
bisognerebbe
che
la
mia
parola
fosse
accompagnata
da
una
musica
sommessa
,
piena
di
sorprese
e
di
capricci
.
Era
una
piccola
città
fatata
,
un
disordine
bizzarro
d
'
architetture
misteriose
e
gentili
,
nascoste
in
un
bosco
di
cipressi
e
di
platani
smisurati
,
che
stendevano
i
loro
rami
sui
tetti
,
e
coprivano
d
'
ombra
un
labirinto
intricatissimo
di
giardini
pieni
di
rose
e
di
verbene
,
di
cortiletti
circondati
di
portici
,
di
stradicciuole
fiancheggiate
da
chioschi
e
da
padiglioncini
chinesi
,
di
praticelli
,
di
laghetti
coronati
di
mirti
,
che
riflettevano
piccole
moschee
bianchissime
e
cupolette
argentate
d
'
edifizi
della
forma
di
tempietti
e
di
chiostri
,
congiunti
da
gallerie
coperte
,
sostenute
da
file
di
colonne
leggere
;
e
tetti
di
legno
intarsiato
e
dipinto
che
sporgevano
sopra
porticine
coperte
di
rabeschi
e
sopra
scalette
esterne
che
conducevano
a
terrazze
munite
di
balaustri
graziosi
;
e
per
tutto
prospetti
oscuri
,
in
cui
biancheggiavano
fontane
di
marmo
e
apparivano
tra
le
fronde
archetti
e
colonnine
d
'
altri
chioschi
;
e
da
tutti
i
punti
,
fra
il
verde
dei
pini
e
dei
sicomori
,
vedute
lontane
ed
immense
del
mar
di
Marmara
,
delle
due
rive
del
Bosforo
,
del
porto
e
di
Stambul
;
e
sopra
questo
paradiso
,
quel
cielo
.
Era
una
piccola
città
sepolta
in
un
mucchio
enorme
di
verzura
,
costrutta
a
poco
a
poco
,
senza
un
disegno
prefisso
,
secondo
i
bisogni
o
i
capricci
del
momento
,
pomposa
e
fragile
come
un
apparato
teatrale
,
tutta
nascondigli
e
bizzarrie
gelose
e
puerili
;
che
vedeva
tutto
ed
era
invisibile
,
che
formicolava
di
gente
e
pareva
solitaria
,
come
se
vi
regnasse
ancora
lo
spirito
pastorale
e
meditativo
degli
antichi
principi
ottomani
;
un
accampamento
di
pietra
,
che
ricordava
ancora
,
tra
il
fasto
,
quello
di
tela
delle
tribù
erranti
della
Tartaria
;
una
gran
reggia
sparpagliata
,
composta
di
cento
piccole
reggie
nascoste
l
'
una
all
'
altra
,
da
cui
spiravano
insieme
la
mestizia
della
prigione
,
l
'
austerità
del
tempio
e
la
gaiezza
della
campagna
;
uno
spettacolo
pieno
d
'
ostentazione
principesca
e
d
'
ingenuità
barbarica
,
dinanzi
al
quale
il
nuovo
venuto
si
domandava
in
che
secolo
vivesse
e
in
che
mondo
fosse
cascato
.
Questo
era
il
cuore
del
Serraglio
a
cui
mettevano
tutte
le
vene
della
monarchia
e
da
cui
partivano
tutte
le
arterie
dell
'
impero
.
Il
primo
edifizio
che
s
'
incontrava
entrando
,
era
quello
della
sala
del
Trono
,
che
c
'
è
ancora
,
e
che
potei
visitare
.
È
un
piccolo
edifizio
quadrato
,
intorno
al
quale
gira
un
bel
porticato
di
marmo
,
e
ci
s
'
entra
per
una
ricca
porta
,
fiancheggiata
da
due
belle
fontane
.
La
sala
è
coperta
da
una
volta
decorata
d
'
arabeschi
dorati
,
le
pareti
son
rivestite
di
marmi
e
di
lastrine
di
porcellana
combinate
a
figure
simmetriche
,
nel
mezzo
c
'
è
una
fontana
di
marmo
,
la
luce
scende
da
alte
finestre
chiuse
da
vetri
coloriti
,
e
in
fondo
c
'
è
il
trono
della
forma
d
'
un
grande
letto
,
coperto
da
un
baldacchino
frangiato
di
perle
,
che
s
'
appoggia
su
quattro
alte
e
sottili
colonne
di
rame
dorato
,
ornate
d
'
arabeschi
e
di
pietre
preziose
,
e
sormontate
da
quattro
palle
d
'
oro
,
con
quattro
mezzalune
,
da
cui
spenzolano
delle
code
di
cavallo
,
emblema
della
potenza
militare
dei
Padiscià
.
Qui
il
Gran
Signore
faceva
i
ricevimenti
solenni
,
in
presenza
di
tutta
la
Corte
;
qui
venivano
buttati
ai
suoi
piedi
i
fratelli
e
i
nipoti
uccisi
per
rassicurare
il
suo
regno
dalle
congiure
e
dai
tradimenti
.
Pensai
,
appena
entrato
,
ai
diciannove
fratelli
di
Maometto
III
.
Essi
avevano
ricevuto
la
sentenza
di
morte
,
in
fondo
alle
loro
prigioni
,
dai
colpi
di
cannone
che
annunziavano
all
'
Asia
e
all
'
Europa
la
morte
del
loro
padre
.
I
muti
del
Serraglio
ammucchiarono
i
loro
cadaveri
davanti
al
trono
.
Ce
n
'
eran
di
tutte
le
età
,
dall
'
infanzia
all
'
età
matura
,
l
'
uno
sull
'
altro
,
cogli
occhi
fuori
dell
'
orbite
,
coll
'
impronta
delle
mani
omicide
sul
viso
e
nel
collo
;
le
piccole
teste
bionde
dei
bambini
appoggiate
sul
petto
robusto
degli
adolescenti
,
le
teste
grigie
schiacciate
contro
il
pavimento
dai
piedi
dei
fratelli
decenni
;
caffettani
rozzi
di
prigionieri
e
pannolini
levati
dalle
culle
,
contaminati
insieme
dal
capestro
,
e
confusi
fra
le
membra
irrigidite
e
i
volti
deformi
.
Ne
videro
dei
zampilli
di
sangue
quei
bei
rabeschi
d
'
oro
e
quelle
porcellane
luccicanti
,
qui
dove
scoppiarono
le
collere
formidabili
di
Selim
II
,
di
Murad
IV
,
di
Ahmed
I
,
d
'
Ibraim
,
spettatori
esultanti
delle
agonie
disperate
!
Qui
ne
stramazzavano
dei
vizir
,
sotto
i
piedi
dei
sciaù
,
spezzandosi
il
cranio
contro
il
marmo
della
fontana
!
Qui
ne
rotolarono
delle
teste
di
governatori
portate
dalla
Siria
e
dall
'
Egitto
,
appese
alla
sella
d
'
un
agà
!
Chi
entrava
là
colla
coscienza
malsicura
,
si
voltava
sulla
soglia
a
dare
un
addio
al
bel
cielo
e
alle
belle
colline
dell
'
Asia
,
e
chi
n
'
usciva
salvo
risalutava
il
sole
col
sentimento
d
'
un
infermo
che
ritorna
alla
vita
.
Questo
padiglione
del
trono
non
è
il
solo
che
si
possa
visitare
.
Uscendo
di
là
,
si
passa
per
varii
giardini
e
cortiletti
circondati
da
piccoli
edifizii
ad
archi
moreschi
,
sostenuti
da
colonnine
di
marmo
.
Là
i
paggi
stavano
riuniti
in
un
collegio
,
in
cui
erano
istrutti
per
occupare
poi
le
alte
cariche
dell
'
impero
e
della
corte
,
e
avevano
abitazioni
sontuose
e
sale
di
ricreazione
e
servi
e
maestri
scelti
fra
gli
uomini
più
dotti
dello
Stato
.
In
mezzo
a
quegli
edifizii
s
'
alzava
una
fila
di
graziosi
chioschi
seracineschi
,
coi
peristilii
aperti
,
nei
quali
c
'
era
la
biblioteca
,
e
ne
rimane
uno
,
ammirabile
principalmente
per
la
sua
grande
porta
di
bronzo
,
ornata
di
rilievi
di
diaspro
e
di
lapislazzuli
,
e
coperta
d
'
una
cesellatura
prodigiosa
d
'
arabeschi
,
di
stelle
,
di
fogliami
,
di
figure
d
'
ogni
forma
,
delicatissime
e
intricatissime
,
che
non
sembrano
opera
umana
.
Poco
lontano
dalla
biblioteca
s
'
alzava
il
padiglione
del
Tesoro
imperiale
,
tutto
luccicante
di
porcellana
,
dove
eran
chiuse
ricchezze
immense
,
composte
in
gran
parte
d
'
armi
conquistate
o
donate
ai
Sultani
o
lasciate
per
testamento
dai
Sultani
stessi
,
come
ricordi
.
Il
solo
Mahmud
II
,
ch
'
era
calligrafo
valente
,
e
se
ne
teneva
,
ci
lasciò
il
suo
calamaio
d
'
oro
,
tempestato
di
diamanti
.
Ora
una
buona
parte
di
questi
tesori
passò
,
cangiata
in
oro
,
nelle
casse
dell
'
erario
.
Ma
ai
bei
tempi
della
monarchia
il
padiglione
era
tutto
sfolgorante
di
scimitarre
damascate
,
di
cui
l
'
elsa
pareva
un
nodo
solo
di
perle
e
di
gemme
;
di
pistole
enormi
,
con
fino
a
duecento
diamanti
sull
'
impugnatura
;
di
pugnali
che
valevano
la
rendita
d
'
un
anno
d
'
una
provincia
asiatica
;
di
mazze
d
'
argento
massiccio
o
d
'
acciaio
colla
testa
formata
da
un
solo
pezzo
di
cristallo
faccettato
e
dorato
,
frammiste
ai
pennacchi
ingioiellati
dei
Murad
e
dei
Maometti
,
alle
tazze
d
'
agata
in
cui
avevano
spumato
i
vini
di
Ungheria
nei
banchetti
imperiali
,
alle
coppe
incavate
in
una
sola
turchina
,
ch
'
eran
passate
per
le
reggie
dei
re
persiani
e
di
Timur
,
alle
collane
ornate
di
diamanti
grossi
come
noci
di
Caramania
,
alle
cinture
imperlate
,
alle
selle
coperte
d
'
oro
,
ai
tappeti
scintillanti
di
gemme
,
per
cui
la
sala
pareva
tutta
ardente
,
e
offuscava
insieme
la
ragione
e
la
vista
.
Poco
lontano
dal
padiglione
del
Tesoro
v
'
è
ancora
,
in
mezzo
a
un
giardino
solitario
,
quella
famosa
gabbia
degli
uccelli
,
in
cui
,
da
Maometto
IV
in
poi
,
si
chiudevano
i
principi
del
sangue
,
che
facevano
ombra
al
Padiscià
;
e
là
rimanevano
,
sepolti
vivi
,
ad
aspettare
che
le
grida
dei
giannizzeri
li
chiamassero
al
trono
o
che
venisse
il
carnefice
a
strozzarli
.
È
un
edifizio
della
forma
d
'
un
tempietto
,
di
grosse
mura
,
senza
finestre
,
rischiarato
dall
'
alto
e
chiuso
da
una
piccola
porta
di
ferro
,
contro
la
quale
si
metteva
un
grosso
macigno
.
Là
fu
chiuso
Abdul
-
Aziz
durante
i
pochi
giorni
che
trascorsero
fra
la
sua
caduta
dal
trono
e
la
sua
morte
.
Là
fece
la
sua
orribile
e
miseranda
fine
il
Caligola
degli
Ottomani
,
Ibrahim
,
e
la
sua
immagine
è
la
prima
che
si
rizza
sulla
soglia
di
quella
necropoli
di
vivi
in
faccia
al
visitatore
straniero
.
Gli
agà
militari
l
'
avevano
tirato
giù
dal
trono
e
strascinato
,
come
un
miserabile
,
alla
prigione
.
Qui
era
stato
chiuso
con
due
delle
sue
odalische
predilette
.
Dopo
le
prime
furie
della
disperazione
,
s
'
era
rassegnato
.
-
Questo
-
diceva
-
era
scritto
sulla
mia
fronte
;
era
l
'
ordine
di
Dio
.
-
Di
tutto
il
suo
impero
e
dell
'
immenso
arem
in
cui
aveva
folleggiato
per
nove
anni
,
non
gli
rimaneva
più
che
una
carcere
,
due
schiave
e
il
Corano
;
ma
si
credeva
sicuro
della
vita
,
e
viveva
tranquillamente
,
consolato
ancora
da
un
raggio
di
speranza
;
che
i
suoi
partigiani
delle
taverne
e
delle
caserme
di
Stambul
riuscissero
a
mutare
le
sue
sorti
.
Ma
egli
aveva
dimenticato
la
sentenza
del
Corano
:
se
ci
sono
due
Califfi
,
uccidetene
uno
,
e
il
muftì
,
interrogato
dagli
agà
e
dai
vizir
,
se
n
'
era
ricordato
.
Il
suo
ultimo
giorno
egli
stava
seduto
sopra
una
stuoia
in
un
angolo
della
sua
tomba
e
leggeva
il
Corano
alle
due
schiave
,
ritte
dinanzi
a
lui
,
colle
braccia
incrociate
sul
petto
.
Era
vestito
d
'
un
caffettano
nero
,
stretto
intorno
alla
vita
da
uno
scialle
in
brandelli
;
e
aveva
in
capo
un
berretto
di
lana
rossa
.
Un
raggio
di
luce
pallida
,
scendendo
dalla
vôlta
,
rischiarava
il
suo
viso
smunto
e
cereo
,
ma
tranquillo
.
A
un
tratto
udì
un
rumore
cupo
e
balzò
in
piedi
;
la
porta
era
aperta
e
un
gruppo
di
figure
sinistre
occupava
la
soglia
.
Capì
,
alzò
gli
occhi
a
una
tribuna
ingraticolata
che
sporgeva
dall
'
alto
d
'
una
parete
,
e
vide
traverso
ai
fori
i
volti
impassibili
del
muftì
,
degli
agà
e
dei
vizir
,
su
cui
era
scritta
la
sua
sentenza
.
Il
terrore
lo
invase
,
e
un
'
onda
di
parole
supplichevoli
gli
uscì
dalla
bocca
:
-
Pietà
di
me
!
Pietà
del
Padiscià
!
Fatemi
grazia
della
vita
!
Se
c
'
è
qualcuno
fra
voi
che
abbia
mangiato
del
mio
pane
,
mi
soccorra
,
in
nome
di
Dio
!
Tu
,
muftì
Abdul
-
rahim
,
bada
a
quello
che
stai
per
fare
!
Vedi
se
gli
uomini
son
ciechi
insensati
!
Ora
te
lo
dico
:
Iusuf
-
pascià
m
'
aveva
consigliato
a
farti
morire
come
traditore
,
e
io
non
volli
,
e
tu
ora
vuoi
la
mia
morte
!
Leggi
il
Corano
come
me
,
leggi
la
parola
di
Dio
,
che
condanna
l
'
ingratitudine
e
l
'
ingiustizia
.
Lasciami
la
vita
,
Abdul
-
rahim
,
la
vita
!
la
vita
!
-
Il
carnefice
,
tremante
,
alzò
gli
occhi
verso
la
tribuna
;
ma
una
voce
secca
,
uscita
di
mezzo
a
quei
visi
immobili
come
simulacri
,
rispose
:
-
Kara
-
alì
,
eseguisci
.
-
Il
carnefice
gettò
le
mani
sulle
spalle
di
Ibrahim
.
Ibrahim
gettò
un
urlo
e
si
rifugiò
in
un
angolo
,
dietro
le
due
schiave
.
Allora
Kara
-
alì
e
gli
sciaù
accorsero
,
gettarono
a
terra
le
donne
,
e
si
precipitarono
sul
Padiscià
;
s
'
intese
uno
scoppio
di
maledizioni
e
di
bestemmie
,
il
rumore
d
'
un
corpo
stramazzato
,
un
grido
altissimo
che
morì
in
un
rantolo
sordo
,
e
poi
un
silenzio
profondo
.
Un
piccolo
cordoncino
di
seta
aveva
slanciato
nell
'
eternità
il
diciannovesimo
Padiscià
della
dinastia
degli
Osmani
.
Altri
edifizi
,
oltre
ai
descritti
e
a
quelli
dell
'
arem
,
erano
sparsi
qua
e
là
in
mezzo
ai
giardini
e
ai
boschetti
.
V
'
erano
i
bagni
di
Selim
II
,
che
comprendevano
trentadue
vastissime
sale
,
tutte
marmo
,
oro
e
pittura
;
v
'
erano
dei
chioschi
ottagoni
e
rotondi
,
sormontati
da
cupole
e
da
tetti
d
'
ogni
forma
,
che
coprivano
salotti
rivestiti
di
madreperla
e
decorati
d
'
iscrizioni
arabe
,
dove
a
tutte
le
finestre
spenzolavano
gabbie
dorate
di
usignoli
e
di
pappagalli
,
e
i
vetri
colorati
spandevano
una
dolcissima
luce
azzurrina
o
rosea
;
chioschi
in
cui
i
Padiscià
andavano
a
sentir
leggere
le
Mille
e
una
notte
dai
vecchi
dervis
;
altri
in
cui
eran
date
solennemente
le
prime
lezioni
di
lettura
ai
principini
;
piccoli
chioschi
per
le
meditazioni
,
padiglioncini
per
convegni
notturni
,
nidi
e
prigioni
gentili
,
innalzati
e
rovesciati
da
un
ghiribizzo
,
che
godevano
la
vista
di
Scutari
imporporata
dal
tramonto
e
dell
'
Olimpo
inargentato
dalla
luna
,
e
la
carezza
perpetua
dei
venticelli
del
Bosforo
,
pieni
di
fragranze
,
che
facevano
tremolare
le
mezzalune
d
'
oro
sulla
punta
delle
loro
guglie
sottili
.
E
infine
,
nella
parte
più
segreta
dell
'
arem
,
il
tempietto
delle
reliquie
,
o
camera
della
nobile
veste
,
imitata
dalla
sala
aurea
degl
'
Imperatori
bizantini
,
e
chiusa
da
una
porta
argentata
;
nella
quale
si
conservava
il
mantello
del
Profeta
,
scoperto
solennemente
,
una
volta
all
'
anno
,
in
presenza
di
tutta
la
Corte
,
il
suo
bastone
,
l
'
arco
chiuso
in
una
guaina
d
'
argento
,
le
reliquie
della
Kaaba
,
e
il
venerato
e
tremendo
stendardo
delle
guerre
sante
,
ravvolto
in
quaranta
coperte
di
seta
,
dal
quale
sarebbe
rimasto
acciecato
,
come
da
un
colpo
di
fulmine
,
l
'
infedele
che
v
'
avesse
fissato
lo
sguardo
.
Tutto
quello
che
aveva
di
più
sacro
la
razza
,
di
più
prezioso
l
'
impero
,
di
più
diletto
e
di
più
arcano
la
dinastia
,
era
raccolto
là
,
in
quel
recinto
ombroso
e
discreto
,
in
quella
piccola
città
occulta
,
verso
la
quale
pareva
che
convergesse
da
tutte
le
parti
la
metropoli
immensa
,
come
una
folla
innumerevole
che
volesse
prostrarsi
e
adorare
.
In
un
angolo
di
questo
terzo
recinto
,
a
sinistra
di
chi
entrava
,
all
'
ombra
di
alberi
più
folti
,
fra
un
mormorio
più
sonante
di
fontane
e
un
bisbiglio
più
fitto
d
'
uccelli
,
s
'
innalzava
l
'
arem
,
che
era
come
un
quartiere
separato
della
cittadina
imperiale
,
e
si
componeva
di
molti
piccoli
edifizii
bianchi
coperti
da
cupolette
di
piombo
,
ombreggiati
da
aranci
e
da
pini
a
ombrello
,
separati
da
giardinetti
cinti
di
muri
rivestiti
di
caprifoglio
e
d
'
edera
,
in
mezzo
ai
quali
serpeggiavano
sentieri
sparsi
di
minutissime
conchiglie
combinate
a
musaico
,
che
si
perdevano
fra
i
roseti
,
gli
ebani
e
i
mirti
;
tutto
piccino
,
chiuso
,
diviso
,
suddiviso
;
i
balconi
coperti
,
le
finestrine
ingraticolate
,
i
loggiati
nascosti
da
tendine
color
di
rosa
,
i
vetri
coloriti
,
le
porte
ferrate
,
le
stradicciuole
senza
uscita
;
e
in
ogni
parte
una
luce
crepuscolare
dolcissima
,
una
freschezza
di
foresta
,
un
'
aria
di
mistero
e
di
pace
,
che
faceva
sognare
.
Qui
viveva
,
amava
,
languiva
,
serviva
,
rinnovandosi
continuamente
,
tutta
la
grande
famiglia
muliebre
del
Serraglio
.
Era
un
vasto
monastero
,
che
aveva
per
religione
il
piacere
e
per
Dio
il
Sultano
.
C
'
erano
gli
appartamenti
imperiali
.
Ci
stavano
le
quattro
cadine
,
amanti
titolate
del
Gran
Signore
,
ciascuna
delle
quali
aveva
il
suo
chiosco
,
la
sua
piccola
corte
,
i
suoi
grandi
ufficiali
,
le
sue
barchette
rivestite
di
raso
,
le
sue
carrozze
dorate
,
i
suoi
eunuchi
,
le
sue
schiave
e
il
suo
denaro
delle
pantofole
,
ch
'
era
la
rendita
d
'
una
provincia
.
Ci
abitava
la
Sultana
Madre
,
col
suo
corteo
innumerevole
d
'
ustà
,
divise
in
compagnie
di
venti
o
trenta
,
ciascuna
impiegata
a
un
servizio
speciale
.
C
'
era
tutta
la
famiglia
del
Padiscià
,
zie
,
sorelle
,
figliuole
,
nipoti
,
che
formavano
una
corte
nella
corte
,
coi
principi
bambini
e
adolescenti
.
C
'
erano
le
ghediclù
,
di
cui
le
dodici
più
belle
servivano
,
ciascuna
con
un
titolo
e
un
ufficio
speciale
,
la
persona
del
Sultano
;
cento
sciaghird
,
o
novizie
,
che
facevano
il
tirocinio
per
occupare
i
posti
vacanti
delle
ustà
;
un
formicaio
di
schiave
d
'
ogni
paese
,
d
'
ogni
colore
,
d
'
ogni
divisa
,
scelte
fra
mille
e
mille
,
che
empivano
quell
'
enorme
gineceo
,
scompartito
come
un
alveare
in
cellette
innumerevoli
,
d
'
un
fremito
di
gioventù
poderosa
,
d
'
un
profumo
caldo
di
voluttà
affricana
ed
asiatica
,
che
montava
al
capo
del
Nume
,
e
si
rispandeva
poi
,
trasfuso
nelle
sue
passioni
formidabili
,
su
tutta
la
faccia
dell
'
impero
.
Quante
memorie
fra
gli
alberi
di
quei
giardini
e
le
pareti
di
quei
piccoli
chiostri
bianchi
!
Quante
belle
figliuole
del
Caucaso
e
dell
'
Arcipelago
,
delle
montagne
dell
'
Albania
e
dell
'
Etiopia
,
del
deserto
e
del
mare
,
musulmane
,
nazarene
,
idolatre
,
conquistate
dai
pascià
,
comprate
dai
mercanti
,
regalate
dai
principi
,
rubate
dai
corsari
,
passarono
,
come
ombre
,
sotto
quelle
cupolette
argentine
!
Son
questi
i
muri
e
le
volte
che
videro
folleggiare
,
col
capo
incoronato
di
fiori
e
la
barba
scintillante
di
gemme
,
il
primo
Ibraim
,
il
quale
faceva
rincarare
le
schiave
in
tutti
i
mercati
dell
'
Asia
,
e
decuplare
il
prezzo
dei
profumi
dell
'
Arabia
;
che
assistettero
alle
furie
della
sensualità
morbosa
del
terzo
Murad
,
padre
di
cento
figli
;
che
videro
Murad
IV
,
decrepito
a
trentun
'
anno
,
irrompere
barcollando
agli
amplessi
infami
;
che
furono
testimoni
delle
orgie
e
dei
delirii
del
secondo
Selim
.
Per
questi
sentieri
passavano
,
la
notte
,
ebbri
di
vino
e
di
lussuria
,
quei
dissoluti
feroci
,
a
cui
la
madre
,
i
vizir
,
i
pascià
,
offerendo
schiave
su
schiave
,
non
facevano
che
infocare
i
desiderii
;
e
correvano
di
chiosco
in
chiosco
,
cercando
la
voluttà
e
non
trovando
che
lo
spasimo
,
fin
che
la
fantasia
stravolta
li
trascinava
,
rabbiosi
,
fuor
della
reggia
,
a
cercare
i
resti
delle
bellezze
famose
fra
le
mura
malinconiche
dell
'
Eschi
-
Seraï
.
Qui
si
celebravano
quelle
strane
feste
notturne
,
in
cui
sulle
cupole
,
sui
tetti
e
sugli
alberi
erano
disegnate
a
tratti
di
fuoco
le
navi
della
flotta
,
e
migliaia
di
vasi
di
fiori
,
illuminati
da
migliaia
di
fiammelle
,
riflesse
da
innumerevoli
specchi
,
presentavano
l
'
immagine
d
'
un
vasto
giardino
ardente
,
dove
centinaia
di
belle
s
'
affollavano
intorno
a
bazar
pieni
di
tesori
,
e
gli
eunuchi
sollevavano
fra
le
braccia
,
spasimando
,
le
schiave
seminude
,
abbandonate
al
vortice
dei
balli
sfrenati
,
in
mezzo
al
fumo
di
mille
profumiere
,
che
il
vento
del
Mar
Nero
spandeva
per
tutto
il
serraglio
insieme
al
frastuono
d
'
una
musica
barbaresca
e
guerriera
.
Risuscitiamo
quella
vita
,
in
una
bella
giornata
d
'
aprile
,
sotto
il
regno
del
grande
Solimano
o
del
terzo
Ahmed
.
Il
cielo
è
sereno
,
l
'
aria
piena
di
fragranze
primaverili
,
i
giardini
tutti
in
fiore
.
Per
il
labirinto
dei
sentieri
ancora
umidi
della
rugiada
,
girano
,
oziando
,
eunuchi
neri
vestiti
di
tuniche
dorate
,
e
passano
schiave
,
vestite
di
stoffe
rigate
di
colori
vivissimi
,
che
portano
e
riportano
vassoi
e
panierini
coperti
di
veli
verdi
fra
i
chioschi
e
le
cucine
.
Le
ustà
della
Validé
s
'
incontrano
sotto
i
piccoli
portici
moreschi
colle
gheduclù
del
Sultano
,
che
passano
alteramente
,
seguite
da
schiave
novizie
,
cariche
della
biancheria
imperiale
.
Tutti
gli
sguardi
si
voltano
da
una
parte
:
è
uscita
per
una
porticina
e
sparita
su
per
una
scaletta
la
più
giovane
delle
dodici
gheduclù
privilegiate
,
la
coppiera
,
una
fanciulla
siriana
benedetta
da
Allà
,
che
piacque
al
Gran
Signore
,
il
quale
le
ha
già
accordato
il
titolo
di
figlia
della
felicità
,
e
le
darà
la
pelliccia
di
zibellino
,
appena
essa
dia
segno
d
'
esser
madre
.
Lontano
,
all
'
ombra
dei
platani
,
giocano
i
buffoni
del
Sultano
,
vestiti
di
panni
arlecchineschi
,
e
nani
deformi
col
capo
coperto
da
turbanti
spropositati
.
Più
in
là
,
dietro
una
siepe
,
un
eunuco
gigantesco
,
con
un
cenno
impercettibile
delle
dita
e
del
capo
,
ordina
a
cinque
muti
,
esecutori
di
supplizi
,
di
recarsi
da
Kislar
-
agà
,
che
li
cerca
per
un
affare
segreto
.
Dei
giovinetti
,
d
'
una
bellezza
ambigua
,
abbigliati
con
una
ricercatezza
femminea
,
s
'
inseguono
,
correndo
,
fra
le
siepi
d
'
un
giardino
ombreggiato
da
un
enorme
platano
.
In
un
'
altra
parte
,
un
drappello
di
schiave
s
'
arresta
improvvisamente
e
si
divide
in
due
ali
,
inchinandosi
per
lasciar
passare
la
Kiaya
,
grande
governatrice
dell
'
arem
,
la
quale
restituisce
il
saluto
con
un
cenno
del
suo
bastoncino
ornato
di
lamine
d
'
argento
,
che
porta
a
un
'
estremità
il
suggello
imperiale
.
Nello
stesso
punto
,
la
porta
d
'
un
chiosco
vicino
s
'
apre
,
e
n
'
esce
una
cadina
,
in
abito
celeste
,
ravvolta
in
un
fitto
velo
bianco
,
seguita
dalle
sue
schiave
,
la
quale
va
,
col
permesso
della
Governatrice
,
ottenuto
il
giorno
prima
,
a
giocare
al
palloncino
volante
con
un
'
altra
cadina
,
e
svoltando
in
un
vialetto
ombroso
,
incontra
e
saluta
mollemente
una
sorella
del
Sultano
,
che
si
reca
al
bagno
colle
sue
bimbe
e
colle
sue
ancelle
.
In
fondo
al
piccolo
viale
,
davanti
al
chiosco
di
un
'
altra
cadina
,
sotto
una
graziosa
tettoia
sorretta
da
quattro
colonnine
alte
e
snelle
come
fusti
di
palma
,
un
eunuco
aspetta
un
cenno
per
far
entrare
una
ebrea
,
mercantessa
di
gioielli
,
che
dopo
molto
intrigare
ha
ottenuto
il
diritto
d
'
entrata
nell
'
arem
imperiale
,
dove
,
coi
gioielli
,
porterà
imbasciate
segrete
di
pascià
ambiziosi
e
d
'
amanti
temerarii
.
All
'
estremità
opposta
dell
'
arem
,
la
hanum
incaricata
di
visitare
le
nuove
schiave
,
va
in
cerca
della
Governatrice
,
per
riferirle
che
la
giovane
abissina
presentata
il
giorno
avanti
,
le
è
parsa
degna
d
'
esser
ricevuta
fra
le
gheduclù
,
se
non
si
bada
a
una
piccola
escrescenza
che
ha
sulla
spalla
sinistra
.
Intanto
,
in
un
praticello
circondato
di
mortelle
,
sotto
un
alto
pergolato
,
si
raccolgono
le
venti
nutrici
dei
principini
nati
nell
'
anno
,
e
un
gruppo
di
schiave
suonano
il
flauto
e
la
chitarra
in
mezzo
a
un
cerchio
saltellante
di
bambine
vestite
di
velluto
cilestrino
e
di
raso
vermiglio
,
a
cui
la
Sultana
Validé
getta
dei
dolci
dall
'
alto
d
'
una
terrazza
.
Passano
le
maestre
che
vanno
a
dar
lezioni
di
danza
,
di
musica
e
di
ricamo
alle
sciaghird
;
eunuchi
che
portano
grandi
piatti
pieni
di
dolci
della
forma
di
leoncini
e
di
pappagalli
;
schiave
che
reggono
fra
le
braccia
grossi
vasi
di
fiori
e
pesanti
tappeti
:
doni
d
'
una
sultana
a
una
cadina
,
d
'
una
cadina
alla
Validè
,
della
Validè
alle
nipoti
.
La
tesoriera
dell
'
arem
,
accompagnata
da
tre
schiave
,
arriva
con
una
notizia
sul
volto
:
i
bastimenti
imperiali
mandati
incontro
alle
galere
veneziane
e
genovesi
,
le
hanno
incrociate
a
venti
miglia
dal
porto
di
Sira
,
e
hanno
accaparrato
tutte
le
sete
e
tutti
i
velluti
del
carico
per
l
'
arem
del
Padiscià
.
Arriva
di
corsa
un
eunuco
ad
annunciare
a
una
Sultana
trepidante
che
la
circoncisione
del
bimbo
è
riuscita
a
meraviglia
,
e
poco
dopo
due
altri
eunuchi
sopraggiungono
,
di
cui
l
'
uno
porta
in
un
piatto
d
'
argento
,
alla
madre
,
la
parte
tagliata
dal
chirurgo
,
l
'
altro
,
in
un
piatto
d
'
oro
,
alla
Validè
,
il
coltello
insanguinato
.
È
un
continuo
aprire
e
chiudere
di
porte
e
sollevare
e
ricascar
di
cortine
,
per
lasciar
passare
notizie
,
imbasciate
,
regaletti
,
pettegolezzi
.
Chi
potesse
dall
'
alto
penetrar
collo
sguardo
a
traverso
ai
tetti
e
alle
cupole
,
vedrebbe
in
una
sala
una
Sultana
alla
finestra
,
che
guarda
melanconicamente
,
fra
le
tendine
di
raso
,
le
montagne
azzurre
dell
'
Asia
,
pensando
forse
al
suo
sposo
,
un
bel
pascià
,
governatore
d
'
una
provincia
lontana
,
stato
strappato
alle
sue
braccia
,
secondo
il
costume
,
dopo
sei
mesi
d
'
amore
,
perché
non
avessero
figli
;
in
un
'
altra
saletta
,
rivestita
di
marmi
e
di
specchi
,
una
cadina
di
quindici
anni
,
che
aspetta
nella
giornata
una
visita
del
Padiscià
,
scherza
fanciullescamente
in
mezzo
a
un
gruppo
di
schiave
che
la
profumano
e
l
'
infiorano
,
magnificando
le
sue
bellezze
più
segrete
con
atti
servili
di
meraviglia
e
di
gioia
;
sultane
giovinette
che
si
rincorrono
pei
giardinetti
chiusi
,
intorno
ai
bacini
luccicanti
di
pesci
dorati
,
facendo
scricchiolare
le
conchiglie
dei
sentieri
sotto
le
loro
babbuccie
di
raso
bianco
;
altre
,
pallide
,
sedute
in
fondo
a
stanzine
oscure
,
in
atto
di
meditare
vendette
;
salotti
tappezzati
di
broccato
,
dove
bimbi
condannati
a
morte
nascendo
,
si
ravvoltolano
sui
cuscini
di
raso
rigati
d
'
oro
e
sotto
le
tavole
di
madreperla
;
belle
principesse
nude
nei
bagni
di
marmo
di
Paros
;
gheduclù
addormentate
sui
tappeti
;
crocchi
e
viavai
di
schiave
e
d
'
eunuchi
per
le
gallerie
coperte
,
giù
per
le
scalette
nascoste
,
nei
vestiboli
,
per
i
corridoi
semioscuri
;
e
da
per
tutto
volti
curiosi
dietro
le
grate
,
saluti
muti
ricambiati
fra
le
terrazze
e
i
giardini
,
cenni
furtivi
dietro
le
tende
,
dialoghetti
a
monosillabi
,
fra
spiraglio
e
spiraglio
,
rotti
di
tratto
in
tratto
da
risate
sonore
e
compresse
,
seguite
da
rapide
fughe
di
gonnelle
che
svaniscono
lungo
i
muri
claustrali
.
Ma
non
s
'
incrociavano
soltanto
intrighi
amorosi
e
pettegolezzi
puerili
in
quel
labirinto
di
giardini
e
di
tempietti
.
La
politica
c
'
entrava
per
le
commessure
di
tutte
le
porte
e
per
i
fori
di
tutte
le
grate
,
e
la
potenza
dei
begli
occhi
sugli
affari
dello
Stato
non
era
minore
là
che
nelle
reggie
d
'
occidente
;
chè
anzi
la
vita
reclusa
e
monotona
cresceva
intensità
alle
gelosie
e
alle
ambizioni
.
Quelle
testoline
ingemmate
agitavano
,
da
quelle
piccole
prigioni
odorose
,
la
corte
,
i
divani
,
il
serraglio
intero
.
Per
mezzo
degli
eunuchi
comunicavano
col
muftì
,
coi
vizir
e
cogli
agà
dei
giannizzeri
.
Dagli
amministratori
dei
loro
beni
,
coi
quali
potevano
conferire
,
a
traverso
a
una
tenda
o
a
una
grata
,
sui
propri
interessi
,
erano
tenute
in
corrente
di
tutti
i
più
piccoli
avvenimenti
della
reggia
e
della
metropoli
;
sapevano
i
pericoli
da
cui
erano
minacciate
,
imparavano
a
conoscere
gli
uomini
di
Stato
di
cui
avevano
a
temere
o
da
cui
potevano
sperare
,
e
ordivano
pazientemente
le
congiure
misteriose
che
precipitavano
i
nemici
e
sollevavano
i
protetti
.
Tutti
i
partiti
della
Corte
e
dell
'
Impero
avevano
là
dentro
una
radice
,
cento
radici
,
ramificate
nei
cuori
delle
validè
,
delle
sorelle
del
Sultano
,
delle
cadine
,
delle
odalische
.
Erano
quistioni
e
armeggi
infiniti
per
l
'
educazione
dei
figli
,
per
il
matrimonio
delle
figliuole
,
per
le
dotazioni
,
per
le
precedenze
nelle
feste
,
per
la
successione
dei
principini
al
trono
,
per
le
paci
e
per
le
guerre
.
I
capricci
delle
belle
mandavano
eserciti
di
trentamila
giannizzeri
e
di
quarantamila
spahì
a
coprir
di
cadaveri
le
rive
del
Danubio
,
e
flotte
di
cento
navi
a
insanguinare
il
Mar
Nero
e
l
'
Arcipelago
.
A
loro
ricorrevano
,
con
lettere
segrete
,
i
principi
d
'
Europa
per
assicurare
il
buon
esito
dei
negoziati
.
Dalle
loro
manine
bianche
uscivano
i
decreti
che
davano
i
governi
delle
provincie
e
gli
alti
gradi
dell
'
esercito
.
Sono
le
carezze
di
Rosellana
che
fecero
stringere
il
laccio
al
collo
ai
gran
vizir
Ahmed
e
Ibrahim
.
Sono
i
baci
di
Saffié
,
la
bella
veneziana
,
perla
e
conchiglia
del
califfato
,
che
mantennero
per
tanti
anni
le
relazioni
amichevoli
della
Porta
e
della
repubblica
di
Venezia
.
Sono
le
sette
cadine
di
Murad
III
che
governarono
l
'
impero
per
gli
ultimi
vent
'
anni
del
secolo
sedicesimo
.
È
la
bella
Makpeiker
,
forma
di
luna
,
la
cadina
dai
duemila
settecento
scialli
,
che
regnò
sui
due
mari
e
sui
due
mondi
da
Ahmed
I
sino
al
quarto
Maometto
.
Fu
Rebia
Gulnuz
,
l
'
odalisca
dalle
cento
carrozze
d
'
argento
,
che
resse
i
divani
imperiali
nei
primi
dieci
anni
della
seconda
metà
del
secolo
decimosettimo
.
È
Scekerbulì
,
il
pezzettino
di
zucchero
,
che
faceva
viaggiare
pei
suoi
fini
,
come
un
automa
,
fra
Stambul
e
Adrianopoli
,
il
sanguinario
Ibrahim
.
Che
confusione
di
maneggi
,
che
reticolazione
intricata
di
spionaggi
terribili
e
di
ciancie
puerili
ci
doveva
essere
in
quella
piccola
città
amorosa
e
onnipotente
!
Passando
per
quei
viali
,
mi
pareva
di
sentire
da
ogni
parte
un
bisbiglio
accelerato
di
voci
femminili
,
che
svolgessero
,
interrogando
e
rispondendo
,
tutta
la
cronaca
intima
del
serraglio
.
E
doveva
essere
una
cronaca
stranamente
svariata
e
intrecciata
.
Si
trattava
di
sapere
quale
cadina
il
Sultano
avrebbe
condotto
nell
'
estate
al
suo
chiosco
delle
Acque
dolci
;
che
dote
sarebbe
stata
fatta
alla
terza
figliola
del
Padiscià
,
che
doveva
sposare
il
grande
ammiraglio
;
se
era
vero
che
l
'
erba
data
alla
governatrice
Raazgié
dal
mago
Sciugaa
avesse
fatto
concepire
la
terza
cadina
infeconda
da
cinque
anni
;
se
era
un
fatto
sicuro
che
la
favorita
Giamfeda
avesse
ottenuto
per
il
governatore
d
'
Anatolia
il
governo
della
provincia
di
Caramania
.
Di
chiosco
in
chiosco
circolava
la
notizia
che
,
sgravandosi
felicemente
la
prima
cadina
,
il
nuovo
gran
vizir
,
per
superare
il
suo
predecessore
,
le
avrebbe
regalato
una
culla
d
'
argento
massiccio
,
tutta
tempestata
di
smeraldi
;
che
la
prescelta
dal
Sultano
sarebbe
stata
la
schiava
regalata
dalla
kiaya
-
harem
e
non
quella
regalata
dal
Pascià
d
'
Adrianopoli
;
che
morendo
il
grande
eunuco
bianco
ch
'
era
agli
estremi
,
il
giovane
paggio
Mehemet
avrebbe
comprato
col
sacrifizio
della
sua
virilità
la
carica
ambita
da
tanto
tempo
.
Si
diceva
sotto
voce
che
non
si
sarebbe
più
fatto
il
gran
canale
dell
'
Asia
Minore
proposto
dal
gran
vizir
Sinau
,
per
non
allontanare
gli
operai
occupati
ad
innalzare
il
nuovo
chiosco
per
la
Sultana
Baffo
;
e
che
la
cadina
Saharai
,
trentacinquenne
,
piangeva
da
due
giorni
e
da
due
notti
per
timore
d
'
essere
relegata
al
vecchio
Serraglio
;
e
che
il
buffone
Ahmed
aveva
fatto
ridere
così
di
cuore
il
Sultano
,
che
questi
l
'
aveva
nominato
sul
momento
agà
dei
Giannizzeri
.
E
poi
scoppiettavano
mille
chiacchiere
sulle
prossime
feste
per
il
matrimonio
d
'
Otman
-
pascià
colla
Sultana
Ummetullà
,
nelle
quali
un
drago
di
bronzo
avrebbe
vomitato
fuoco
nell
'
At
-
meidan
;
sul
nuovo
vestito
della
Sultana
Validè
,
tutto
di
zibellino
,
di
cui
ogni
bottone
era
una
pietra
preziosa
del
valore
di
cento
scudi
d
'
oro
;
sul
nuovo
appannaggio
dato
alla
cadina
Kamarigé
,
luna
di
bellezza
,
della
rendita
della
Valachia
,
e
sulla
piccola
rosa
color
di
sangue
scoperta
nel
collo
alla
sciamascirusta
,
custode
della
biancheria
del
Sultano
,
e
sui
bei
capelli
biondi
inanellati
dell
'
ambasciatore
della
repubblica
di
Genova
,
e
sulla
meravigliosa
lettera
scritta
di
proprio
pugno
dalla
prima
moglie
dello
Scià
di
Persia
in
risposta
alla
sultana
Currem
,
l
'
allegra
.
Tutte
le
voci
venute
dalla
città
,
tutti
gl
'
incidenti
clamorosi
delle
discussioni
del
divano
,
tutti
i
rumori
uditi
la
notte
nel
serraglio
,
erano
commentati
e
passati
alla
trafila
di
mille
congetture
in
tutti
quei
giardinetti
,
da
cento
gruppi
di
testoline
circospette
e
curiose
.
Là
pure
passavano
di
mano
in
mano
e
di
bocca
in
bocca
i
madrigali
anonimi
dei
Padiscià
,
i
versi
tristi
e
liberi
di
Abdul
-
Baki
l
'
immortale
,
e
le
poesie
smaglianti
d
'
Abu
-
Sud
,
di
cui
"
ogni
parola
era
un
diamante
"
,
e
i
canti
ebbri
d
'
oppio
e
di
vino
di
Fuzuli
,
e
le
lascivie
canore
di
Gazali
.
E
tutto
cangiava
col
cangiare
dell
'
indole
e
della
vita
dei
Padiscià
.
Ora
passava
a
traverso
quel
piccolo
mondo
come
una
corrente
di
tenerezza
e
di
malinconia
,
e
allora
una
certa
dignità
gentile
rialzava
tutte
le
fronti
,
il
furore
del
lusso
si
quetava
,
i
modi
si
correggevano
,
il
linguaggio
si
purgava
,
nasceva
il
gusto
delle
letture
pie
,
si
ostentava
il
raccoglimento
e
la
devozione
religiosa
,
e
le
feste
medesime
,
senza
essere
meno
splendide
,
assumevano
l
'
aspetto
di
cerimonie
liete
,
ma
composte
.
Ora
invece
saliva
al
trono
un
Padiscià
educato
dall
'
infanzia
al
vizio
e
alle
follie
,
e
allora
la
dea
Voluttà
riconquistava
il
suo
impero
,
i
veli
cadevano
,
si
tornava
a
sentire
il
linguaggio
senza
sottintesi
e
la
risata
clamorosa
,
si
tornavano
a
vedere
le
nudità
senza
pudore
;
gl
'
incettatori
della
bellezza
partivano
per
la
Georgia
e
per
la
Circassia
;
le
fanciulle
affluivano
;
cento
donne
si
potevano
vantare
degli
amplessi
del
Gran
Signore
,
i
chioschi
si
popolavano
di
culle
,
le
casse
dell
'
erario
versavano
torrenti
d
'
oro
,
i
vini
di
Cipro
e
d
'
Ungheria
gorgogliavano
sulle
mense
coperte
di
fiori
,
Sodoma
alzava
la
fronte
,
Lesbo
trionfava
,
i
bei
volti
dai
grandi
occhi
neri
impallidivano
,
e
tutto
l
'
arem
febbricitava
,
rabbioso
di
voluttà
,
in
un
'
atmosfera
carica
di
profumi
e
di
vizio
,
fin
che
una
notte
si
svegliava
improvvisamente
abbagliato
da
mille
fiaccole
,
e
subiva
dalle
scimitarre
dei
Giannizzeri
il
castigo
di
Dio
.
Venivano
le
notti
tremende
anche
per
quella
piccola
Babilonia
nascosta
tra
i
fiori
.
La
ribellione
non
rispettava
il
terzo
recinto
più
di
quel
che
rispettasse
gli
altri
due
.
La
soldatesca
atterrava
le
porte
della
Felicità
e
irrompeva
nell
'
arem
.
Cento
eunuchi
difendevano
invano
,
a
pugnalate
,
le
soglie
dei
chioschi
.
I
giannizzeri
salivano
sui
tetti
,
rompevano
le
cupole
,
si
precipitammo
nelle
sale
a
strappare
i
principi
dalle
braccia
delle
madri
.
Le
Validè
erano
tirate
per
i
piedi
fuori
dei
loro
nascondigli
,
si
difendevano
a
unghiate
e
a
morsi
,
cadevano
riverse
sotto
le
ginocchia
dei
baltagì
e
morivano
strangolate
coi
cordoni
delle
tendine
.
Le
Sultane
,
rientrando
in
casa
,
gettavano
grida
disperate
alla
vista
delle
culle
vuote
,
e
voltandosi
a
interrogare
le
schiave
,
n
'
avevano
in
risposta
un
silenzio
tremendo
,
che
voleva
dire
:
-
Vallo
a
cercare
ai
piedi
del
trono
il
tuo
bambino
!
-
Gli
eunuchi
,
atterriti
,
venivano
ad
annunziare
alle
favorite
,
svegliate
da
un
tumulto
lontano
,
che
le
loro
teste
erano
aspettate
e
che
bisognava
prepararsi
a
morire
.
Le
tre
cadine
del
terzo
Selim
,
condannate
al
capestro
ed
al
sacco
,
sentivano
,
nella
notte
,
le
grida
supreme
l
'
una
dell
'
altra
,
e
spiravano
nelle
tenebre
sotto
le
mani
convulse
dei
muti
.
Gelosie
mortali
e
vendette
orrende
facevano
risonare
i
chioschi
di
gemiti
e
di
strida
che
spandevano
il
terrore
in
tutto
l
'
arem
.
La
Circassa
madre
di
Mustafà
lacerava
il
viso
a
Rosellana
,
le
favorite
rivali
schiaffeggiavano
Scekerbulì
,
la
sultana
Tarchan
vedeva
balenare
sul
capo
delle
sue
creature
il
pugnale
di
Maometto
IV
,
la
prima
cadina
del
primo
Ahmed
strozzava
colle
proprie
mani
la
schiava
rivale
,
e
stramazzava
alla
sua
volta
,
pugnalata
in
viso
,
sotto
i
piedi
del
Padiscià
,
urlando
di
dolore
e
di
rabbia
;
le
cadine
gelose
s
'
aspettavano
nei
corridoi
oscuri
,
si
trattavano
ad
alte
grida
di
"
carne
venduta
"
e
s
'
avvinghiavano
come
tigri
straziandosi
il
collo
e
le
reni
colla
punta
degli
stiletti
avvelenati
.
E
chi
sa
quanti
eccidi
rimasti
ignoti
,
di
schiave
soffocate
nelle
fontane
,
freddate
a
colpi
d
'
elsa
nelle
tempie
,
lacerate
dal
colbac
degli
eunuchi
,
schiacciate
fra
le
porte
di
ferro
dalle
braccia
d
'
acciaio
di
dieci
gelose
frenetiche
!
I
veli
soffocavano
i
lamenti
,
i
fiori
nascondevano
il
sangue
,
due
ombre
si
perdevano
nel
labirinto
dei
viali
oscuri
portando
una
cosa
nera
;
le
sentinelle
delle
torri
,
sulla
riva
del
Mar
di
Marmara
,
sentivano
un
tonfo
nelle
acque
,
e
l
'
arem
si
ridestava
all
'
alba
,
come
sempre
,
odoroso
e
ridente
,
senza
accorgersi
che
una
delle
sue
mille
stanze
era
vuota
.
Tutte
queste
immagini
mi
venivano
alla
mente
,
girando
per
quel
recinto
,
e
alzando
gli
occhi
alle
grate
di
quei
chioschi
abbandonati
e
tristi
come
sepolcri
.
Eppure
,
in
mezzo
a
quelle
memorie
sinistre
,
provavo
di
tratto
in
tratto
un
certo
batticuore
piacevole
,
una
specie
di
trepidazione
voluttuosa
d
'
adolescente
,
mista
di
malinconia
e
di
tenerezza
,
pensando
che
le
scalette
per
cui
salivo
e
scendevo
,
avevano
sentito
il
peso
di
quelle
donne
bellissime
e
famose
;
che
i
sentieri
che
calpestavo
avevano
udito
il
fruscìo
delle
loro
vesti
,
che
le
vôlte
di
quei
piccoli
portici
di
cui
accarezzavo
,
passando
,
le
colonnine
,
avevano
ripercosso
il
suono
delle
loro
risa
infantili
.
Mi
pareva
che
qualche
cosa
di
loro
ci
dovesse
ancora
essere
dietro
quei
muri
,
in
quell
'
aria
.
Avrei
voluto
cercare
,
gridare
quei
nomi
memorabili
,
chiamarle
a
una
a
una
cento
volte
,
e
mi
pareva
che
qualche
risposta
di
voce
lontana
l
'
avrei
sentita
,
che
qualchecosa
di
bianco
l
'
avrei
visto
passare
sulle
alte
terrazze
o
in
fondo
ai
boschetti
solitarii
.
E
giravo
gli
occhi
qua
e
là
,
e
interrogavo
le
grate
e
le
porte
.
Quanto
avrei
dato
per
sapere
dove
era
stata
chiusa
la
vedova
di
Alessio
Comneno
,
la
più
bella
delle
prigioniere
di
Lesbo
e
la
più
seducente
greca
del
suo
secolo
,
o
dov
'
era
stata
pugnalata
la
cara
figliuola
d
'
Erizzo
,
governatore
di
Negroponte
,
che
preferì
la
morte
all
'
amplesso
brutale
di
Maometto
II
!
E
Currem
,
la
favorita
di
Solimano
,
a
che
finestra
si
affacciava
,
coi
suoi
belli
atteggiamenti
languidi
di
persiana
,
per
fissare
nel
Mar
di
Marmara
i
suoi
potenti
occhi
neri
,
velati
dalle
lunghissime
ciglia
di
seta
?
Qui
,
su
questo
sentiero
,
non
avrà
lasciato
molte
volte
le
traccie
del
suo
passo
leggiero
la
bella
danzatrice
ungherese
che
levò
Saffiè
dal
cuore
di
Murad
III
,
scattando
come
una
lama
d
'
acciaio
fra
le
braccia
imperiali
?
E
da
quest
'
aiuola
non
avrà
mai
strappato
un
fiore
,
passando
,
Kesem
,
la
bella
greca
,
la
gelosa
feroce
,
dal
viso
pallido
e
malinconico
,
che
vide
il
regno
di
sette
Sultani
?
E
l
'
armena
gigantesca
,
che
fece
impazzir
d
'
amore
Ibrahim
,
non
avrà
mai
immerso
il
suo
enorme
braccio
bianco
nell
'
acqua
di
questa
fontana
?
E
chi
aveva
il
piede
più
piccino
,
la
piccola
favorita
di
Maometto
IV
,
di
cui
due
babbuccie
non
facevano
la
lunghezza
d
'
uno
stiletto
,
o
Rebia
Gulnuz
,
la
bevanda
delle
rose
di
primavera
,
che
aveva
i
più
begli
occhi
azzurri
dell
'
Arcipelago
,
e
non
lasciava
traccia
del
suo
passo
sulle
sabbie
bianche
del
suo
giardino
?
E
i
capelli
più
dorati
e
più
morbidi
chi
li
possedeva
,
Marhfiruz
,
la
favorita
dell
'
astro
delle
notti
,
o
Miliclia
,
la
giovane
odalisca
russa
,
che
soggiogò
la
ferocia
del
secondo
Otmano
?
E
le
fanciulle
persiane
ed
arabe
che
addormentavano
colle
loro
favole
Ibrahim
?
E
le
quaranta
giovinette
che
bevettero
il
sangue
del
terzo
Murad
?
Non
ne
rimane
più
nulla
,
nemmeno
una
ciocca
di
capelli
,
nemmeno
il
filo
d
'
un
velo
,
nemmeno
un
segno
nelle
pareti
?
E
queste
fantasie
terminavano
tutte
in
una
visione
dolorosa
e
spaventevole
.
Le
vedevo
passare
,
a
file
interminabili
,
lontano
,
fra
i
tronchi
fitti
degli
alberi
e
sotto
i
lunghi
portici
,
l
'
una
dietro
l
'
altra
,
sultane
validè
,
sultane
sorelle
,
cadine
,
odalische
,
schiave
,
fanciulle
appena
sbocciate
,
donne
trentenni
,
vecchie
coi
capelli
bianchi
,
visi
timidi
di
vergini
e
visi
terribili
di
gelose
,
dominatrici
d
'
imperi
,
favorite
d
'
un
giorno
,
trastulli
d
'
un
'
ora
;
creature
di
dieci
generazioni
e
di
cento
popoli
,
coi
loro
bimbi
strozzati
fra
le
braccia
o
per
mano
;
una
col
laccio
al
collo
,
una
con
un
pugnale
nel
cuore
,
un
'
altra
grondante
d
'
acqua
del
Mar
di
Marmara
,
splendenti
di
gemme
,
coperte
di
ferite
,
moribonde
di
veleno
,
trasfigurate
dalle
lunghe
agonie
del
vecchio
Serraglio
;
e
passavano
mute
e
leggiere
come
fantasime
,
e
si
perdevano
in
file
interminabili
nell
'
oscurità
dei
boschetti
,
lasciando
dietro
di
sè
una
lunga
traccia
di
fiori
appassiti
e
di
goccie
di
pianto
e
di
sangue
;
e
un
'
immensa
pietà
mi
stringeva
il
cuore
.
Di
là
dal
terzo
recinto
,
si
stende
un
tratto
di
terreno
piano
,
tutto
coperto
d
'
una
vegetazione
rigogliosa
,
e
sparso
di
piccoli
edifizi
gentili
,
in
mezzo
ai
quali
s
'
innalza
la
così
detta
colonna
di
Teodosio
,
di
granito
grigio
,
sormontata
da
un
bel
capitello
corinzio
,
e
sorretta
da
un
largo
piedestallo
,
su
cui
si
leggono
ancora
le
due
ultime
parole
d
'
una
iscrizione
latina
che
diceva
:
Fortunae
reduci
ob
devictos
Gothos
.
E
qui
finisce
l
'
alto
piano
sul
quale
si
distende
il
grande
rettangolo
centrale
degli
edifizi
del
Serraglio
.
Di
qui
fino
al
capo
del
Serraglio
,
e
in
tutto
lo
spazio
compreso
fra
il
circuito
dei
tre
recinti
e
le
mura
esteriori
,
lungo
i
fianchi
della
collina
,
era
tutto
un
bosco
di
grandi
platani
,
di
cipressi
altissimi
,
di
filari
di
pini
,
di
gruppi
d
'
allori
e
di
terebinti
e
di
pioppi
inghirlandati
di
pampini
,
che
ombreggiavano
una
successione
di
giardini
pieni
di
rose
e
d
'
elitropie
,
disposti
a
scaglioni
,
e
attraversati
da
larghe
gradinate
di
marmo
per
le
quali
si
scendeva
fino
al
mare
.
Lungo
le
mura
,
in
faccia
a
Scutari
,
c
'
era
il
nuovo
palazzo
del
Sultano
Mahmud
,
che
s
'
apriva
sul
mare
in
una
grande
porta
rivestita
di
rame
dorato
.
Vicino
al
Capo
del
Serraglio
,
s
'
innalzava
l
'
arem
d
'
estate
,
che
era
un
vastissimo
edifizio
semicircolare
,
capace
di
cinquecento
donne
,
con
vasti
cortili
e
bagni
splendidi
e
giardini
,
dove
si
facevano
quelle
luminarie
fantastiche
,
che
diventarono
celebri
sotto
il
nome
di
feste
dei
tulipani
.
Davanti
a
quest
'
arem
,
fuori
delle
mura
,
sopra
la
riva
del
mare
,
c
'
era
la
batteria
famosa
del
Serraglio
,
formata
di
venti
cannoni
di
forme
bizzarre
,
scolpiti
e
istoriati
,
ch
'
erano
stati
tolti
agli
eserciti
cristiani
nelle
prime
guerre
europee
.
Le
mura
avevano
otto
porte
,
tre
dalla
parte
della
città
,
e
cinque
dalla
parte
del
mare
.
Grandi
terrazze
di
marmo
s
'
avanzavano
dalle
mura
sulla
riva
.
Strade
sotterranee
conducevano
dalla
reggia
alle
porte
del
Mar
di
Marmara
,
in
modo
che
i
Sultani
potevano
salvarsi
da
un
assalto
imbarcandosi
segretamente
,
e
riparando
a
Scutari
o
a
Top
-
Hané
.
Nè
qui
era
tutto
il
Serraglio
.
Vicino
alle
mura
esterne
e
per
i
fianchi
della
collina
s
'
innalzavano
ancora
molti
chioschi
,
della
forma
di
piccole
moschee
,
di
fortini
e
di
gallerie
,
da
ognuno
dei
quali
,
per
un
sentiero
nascosto
da
alte
spalliere
di
verzura
,
si
riusciva
alle
porte
secondarie
del
terzo
recinto
.
V
'
era
il
chiosco
Yali
,
ora
distrutto
,
che
si
specchiava
nel
Corno
d
'
oro
.
C
'
è
ancora
,
quasi
intatto
,
il
Nuovo
chiosco
,
che
è
una
piccola
reggia
rotonda
,
tutta
ornata
di
dorature
e
di
pitture
,
nella
quale
i
Sultani
andavano
,
sul
tramonto
,
a
godere
la
vista
delle
mille
navi
del
porto
.
Vicino
all
'
arem
d
'
estate
v
'
era
il
chiosco
degli
Specchi
,
dove
fu
segnato
il
trattato
di
pace
del
1784
,
con
cui
la
Turchia
cedette
la
Crimea
alla
Russia
,
e
il
chiosco
d
'
Hassan
Pascià
,
tutto
splendente
d
'
oro
,
le
cui
pareti
coperte
di
specchi
rallegravano
con
un
gioco
fantastico
di
riflessi
le
feste
e
le
orgie
notturne
dei
Sultani
.
Il
chiosco
del
Cannone
per
le
cui
finestre
si
gettavano
nel
mare
i
cadaveri
,
sorgeva
vicino
alla
batteria
del
Capo
del
Serraglio
.
Il
chiosco
del
Mare
,
in
cui
teneva
i
suoi
divani
segreti
la
Validè
di
Maometto
IV
,
pendeva
a
filo
sulle
correnti
confuse
del
Mar
di
Marmara
e
del
Bosforo
.
Il
chiosco
delle
Rose
dominava
la
spianata
in
cui
facevano
gli
esercizi
i
paggi
,
e
dove
fu
proclamata
,
nel
1839
,
la
nuova
costituzione
dell
'
Impero
,
col
famoso
hatti
-
scerif
di
Gul
-
Hané
.
Dall
'
altra
parte
del
Serraglio
c
'
era
ancora
il
chiosco
delle
Riviste
,
da
cui
i
Sultani
vedevano
passare
,
non
visti
,
tutti
coloro
che
andavano
al
divano
;
sull
'
angolo
delle
mura
vicino
a
Santa
Sofia
,
il
chiosco
d
'
Alai
,
dal
quale
Maometto
IV
gittò
all
'
esercito
ribelle
la
sua
favovita
Meleki
,
e
ventinove
ufficiali
della
Corte
,
sbranati
sotto
i
suoi
occhi
;
e
all
'
altra
estremità
delle
mura
,
il
chiosco
Sepedgiler
,
vicino
al
quale
i
Padiscià
davano
congedo
ai
grandi
ammiragli
che
partivano
per
le
guerre
lontane
.
Così
la
reggia
formidabile
,
dall
'
alto
del
colle
,
dov
'
erano
raccolte
e
nascoste
le
sue
parti
più
vitali
,
si
sparpagliava
per
la
china
e
lungo
la
riva
del
mare
,
coronata
di
torri
,
irta
di
cannoni
,
inghirlandata
di
rose
;
slanciava
da
tutte
le
parti
le
sue
barchette
dorate
,
levava
al
cielo
un
nuvolo
di
profumi
come
un
enorme
altare
,
specchiava
nelle
acque
le
mille
fiammelle
delle
sue
feste
,
gettava
dall
'
alto
delle
sue
mura
oro
alla
folla
e
cadaveri
alle
onde
,
ieri
in
balìa
d
'
una
schiava
,
oggi
in
potere
d
'
un
forsennato
,
domani
ludibrio
della
soldatesca
,
bella
come
un
'
isola
fatata
e
sinistra
come
un
sepolcro
di
vivi
...
La
notte
è
alta
;
il
Mar
di
Marmara
riflette
il
cielo
ardente
di
stelle
;
la
luna
inargenta
le
cento
cupole
del
Serraglio
e
imbianca
le
cime
dei
cipressi
e
dei
platani
,
che
distendono
le
loro
grandi
ombre
nei
vasti
recinti
,
circondati
da
innumerevoli
finestrine
illuminate
che
si
vanno
spegnendo
a
una
a
una
.
I
chioschi
e
le
moschee
risaltano
con
una
bianchezza
di
neve
in
mezzo
al
verde
lugubre
dei
boschetti
.
Le
guglie
,
le
punte
dei
minareti
,
le
mezzelune
aeree
,
le
porte
di
bronzo
,
le
graticole
dorate
luccicano
fra
gli
alberi
,
presentando
l
'
apparenza
vaga
d
'
una
città
d
'
oro
e
d
'
argento
.
La
città
imperiale
s
'
addormenta
.
Le
tre
grandi
porte
son
state
chiuse
ora
ora
,
e
le
chiavi
enormi
suonano
ancora
fra
le
mani
dei
capigì
,
sotto
le
vôlte
degli
alti
vestiboli
.
Un
drappello
di
capigì
veglia
dinanzi
alla
porta
della
Salute
;
trenta
eunuchi
bianchi
custodiscono
la
porta
della
Felicità
,
appiccicati
ai
muri
e
immobili
come
bassorilievi
,
col
volto
nell
'
ombra
.
Centinaia
di
sentinelle
invisibili
,
vigilano
dalle
mura
e
dalle
torri
,
guardando
il
mare
,
il
porto
,
le
strade
tenebrose
di
Stambul
,
e
la
mole
enorme
e
muta
di
Santa
Sofia
.
Nelle
grandi
cucine
del
primo
cortile
si
vede
ancora
un
saliscendi
di
lanterne
,
che
rischiarano
gli
ultimi
lavori
;
poi
tutto
l
'
edifizio
rimane
oscuro
.
Un
lume
brilla
ancora
nelle
case
del
Veznedar
agà
e
del
Defterdar
effendi
.
Qualche
cosa
brulica
,
nel
secondo
recinto
,
dinanzi
alla
casa
del
Grand
'
Eunuco
nero
.
Nel
labirinto
dell
'
arem
si
vanno
chiudendo
le
ultime
porte
.
Gli
eunuchi
girano
per
i
viali
deserti
,
intorno
ai
chioschi
oscuri
,
non
udendo
altro
rumore
che
lo
stormire
degli
alberi
agitati
dall
'
aria
marina
e
il
mormorio
monotono
delle
fontane
.
Un
'
alta
pace
par
che
regni
su
tutta
la
reggia
.
Eppure
una
vita
febbrile
ribolle
ancora
fra
quelle
mura
.
Da
tutto
quel
popolo
di
schiave
,
di
soldati
,
di
prigionieri
,
di
servi
,
i
pensieri
della
notte
si
levano
confusamente
,
e
superate
le
mura
del
Serraglio
,
volano
ai
quattro
angoli
del
mondo
a
cercar
luoghi
cari
e
madri
abbandonate
dall
'
infanzia
,
e
a
riandare
vicende
strane
e
terribili
di
tempi
lontani
.
Le
preghiere
e
i
lamenti
muti
s
'
incrociano
per
gli
anditi
e
per
i
boschetti
oscuri
coi
propositi
di
vendetta
e
di
sangue
,
e
coi
desiderii
insensati
delle
ambizioni
segrete
.
La
grande
reggia
dorme
un
sonno
torbido
,
interrotto
da
riscotimenti
improvvisi
di
diffidenza
e
di
paura
.
Un
bisbiglio
diffuso
di
parole
di
cento
lingue
si
confonde
col
suono
dei
respiri
e
col
mormorio
della
vegetazione
ventilata
.
A
breve
distanza
,
divisi
da
poche
pareti
,
dorme
il
paggio
che
s
'
è
prostituito
,
l
'
iman
che
ha
predicato
la
parola
di
Dio
,
il
carnefice
che
ha
strozzato
un
innocente
,
il
principe
prigioniero
che
aspetta
la
morte
,
la
sultana
innamorata
che
si
prepara
alle
nozze
.
Creature
diseredate
d
'
ogni
bene
,
riposano
accanto
a
ricchezze
favolose
;
la
bellezza
divina
,
la
deformità
derisa
,
tutti
i
vizii
,
tutte
le
sventure
,
tutte
le
prostituzioni
dell
'
anima
e
della
carne
,
si
trovano
rinchiuse
fra
le
stesse
mura
.
Le
architetture
moresche
,
che
s
'
innalzano
sopra
gli
alberi
,
profilano
nel
cielo
stellato
le
loro
mille
forme
bizzarre
ed
aeree
;
sui
muri
si
allungano
ombre
graziose
di
frangie
,
di
festoni
e
di
trine
;
le
fontane
illuminate
dalla
luna
schizzano
zaffiri
e
diamanti
;
e
tutti
i
profumi
del
giardino
volano
,
portati
dall
'
aria
notturna
,
confusi
in
una
fragranza
potente
che
entra
per
le
grate
nelle
sale
a
destar
fremiti
di
piacere
e
sogni
lascivi
.
È
l
'
ora
in
cui
gli
eunuchi
,
seduti
sotto
gli
alberi
,
cogli
occhi
fissi
nel
lume
fioco
che
traluce
dalle
finestre
dei
chioschi
,
si
rodono
l
'
anima
e
il
cuore
,
tastando
colle
dita
tremanti
la
punta
del
pugnale
;
l
'
ora
in
cui
la
povera
giovinetta
,
rubata
e
venduta
di
fresco
,
dal
finestrino
alto
della
sua
cella
,
guarda
cogli
occhi
umidi
di
lagrime
gli
orizzonti
sereni
dell
'
Asia
,
rimpiangendo
la
capanna
dov
'
è
nata
e
la
valle
dove
sono
sepolti
i
suoi
padri
;
l
'
ora
in
cui
il
galeotto
incatenato
,
il
muto
macchiato
di
sangue
,
il
nano
spregiato
,
misurano
con
un
tremito
di
sgomento
l
'
infinita
distanza
che
li
separa
dall
'
uomo
che
è
sopra
tutti
,
e
interrogano
dolorosamente
il
potere
ascoso
che
tolse
all
'
uno
la
libertà
,
all
'
altro
la
parola
,
al
terzo
la
forma
umana
per
dare
ogni
cosa
ad
un
solo
.
È
l
'
ora
in
cui
piangono
i
reietti
e
in
cui
tremano
i
grandi
,
malsicuri
del
domani
.
Le
lanterne
sparse
per
gli
edifizi
multiformi
rischiarano
fronti
pallide
di
tesorieri
curvi
sulle
carte
;
teste
scarmigliate
d
'
odalische
,
disperate
d
'
un
lungo
abbandono
,
che
cercano
il
sonno
invano
sui
guanciali
infocati
;
visi
abbronzati
di
giannizzeri
erculei
,
addormentati
con
un
sorriso
feroce
,
che
tradisce
la
visione
di
una
strage
.
I
muri
sottili
sentono
aneliti
di
voluttà
e
singhiozzi
rotti
da
parole
disperate
.
E
mentre
in
un
chiosco
spuma
il
liquore
maledetto
in
mezzo
a
un
cerchio
di
baccanti
seminude
;
mentre
in
una
sala
semioscura
,
una
povera
sultana
,
madre
da
un
istante
,
nasconde
,
urlando
,
il
viso
nei
guanciali
,
per
non
vedere
un
lago
di
sangue
nel
quale
spira
la
sua
creatura
,
a
cui
,
per
ordine
del
Padiscià
,
la
levatrice
lasciò
aperto
il
tubo
ombelicale
;
mentre
le
teste
dei
bey
,
uccisi
al
cader
della
notte
,
stillano
le
loro
ultime
goccie
di
sangue
sui
marmi
delle
nicchie
di
Bab
-
Umaiun
;
nel
chiosco
più
alto
del
terzo
recinto
,
in
una
sala
tappezzata
di
damasco
vermiglio
,
sopra
un
letto
di
zibellino
,
in
mezzo
a
un
disordine
sfarzoso
di
cuscini
imperlati
e
di
coperte
di
velluto
splendenti
d
'
oro
,
su
cui
scende
la
luce
vaga
d
'
una
lanterna
moresca
d
'
argento
cesellato
,
appesa
al
soffitto
di
cedro
,
una
bella
fanciulla
bruna
,
ravvolta
in
un
grande
velo
bianco
,
che
pochi
anni
sono
conduceva
l
'
armento
a
traverso
le
pianure
dell
'
Arabia
Felice
,
chinata
sul
viso
pallido
del
terzo
Murad
,
che
riposa
,
sonnecchiando
,
ai
suoi
piedi
,
gli
mormora
con
una
voce
timida
e
dolce
:
-
V
'
era
una
volta
a
Damasco
un
mercante
chiamato
Abu
-
Eiub
che
aveva
raccolte
molte
ricchezze
e
viveva
onorevolmente
.
E
possedeva
un
figliuolo
,
ch
'
era
bello
e
che
sapeva
molte
cose
e
che
si
chiamava
Schiavo
d
'
amore
,
e
una
figliuola
bellissima
,
che
aveva
per
soprannome
Forza
dei
cuori
.
Ora
Abu
-
Eiub
venne
a
morire
e
lasciò
tutte
le
sue
mercanzie
fasciate
e
legate
,
e
su
tutte
c
'
era
scritto
:
Per
Bagdad
.
E
Schiavo
d
'
amore
domandò
alla
madre
:
-
Perché
c
'
è
scritto
per
Bagdad
su
tutte
le
mercanzie
di
mio
padre
?
-
E
la
madre
rispose
:
-
Figliuol
mio
....
-
Ma
il
Padiscià
s
'
è
addormentato
e
la
schiava
abbandona
dolcemente
il
suo
capo
sopra
i
guanciali
.
Tutte
le
porte
dell
'
arem
son
chiuse
,
tutti
i
lumi
son
spenti
,
la
luna
inargenta
le
cento
cupole
,
le
mezzelune
e
le
finestre
dorate
luccicano
tra
gli
alberi
,
le
fontane
zampillano
rumorosamente
nell
'
alto
silenzio
della
notte
:
tutto
il
Serraglio
riposa
.
E
così
riposa
da
trent
'
anni
,
abbandonato
sulla
sua
collina
solitaria
;
e
si
possono
ripetere
per
esso
i
versi
del
poeta
persiano
che
vennero
sulle
labbra
a
Maometto
il
conquistatore
quando
pose
il
piede
nel
palazzo
devastato
degl
'
Imperatori
d
'
Oriente
:
L
'
immondo
ragno
ordisce
le
sue
tele
nelle
sale
dei
re
,
e
dalle
vette
superbe
d
'
Erasciab
,
il
corvo
vibra
nell
'
aria
il
suo
canto
sinistro
.
GLI
ULTIMI
GIORNI
A
questo
punto
mi
trovo
spezzata
la
catena
delle
reminiscenze
minute
e
lucide
,
che
permettono
le
lunghe
descrizioni
;
e
non
ricordo
più
che
una
serie
di
corse
affannose
da
una
riva
all
'
altra
del
Corno
d
'
oro
e
dall
'
Europa
all
'
Asia
,
dopo
le
quali
,
la
sera
,
mi
vedevo
passare
davanti
rapidissimamente
,
come
in
sogno
,
città
luminose
,
folle
immense
,
boschi
,
flotte
,
colline
,
e
il
pensiero
della
partenza
vicina
dava
a
ogni
cosa
un
leggiero
colore
di
tristezza
,
come
se
già
quelle
visioni
non
fossero
più
che
ricordi
d
'
un
paese
lontano
.
[
Le
moschee
]
Eppure
alcune
immagini
rimangono
immobili
in
mezzo
alla
fuga
di
persone
e
di
cose
,
a
cui
mi
sembra
d
'
assistere
quando
penso
a
quei
giorni
.
Ricordo
la
bella
mattinata
in
cui
visitai
la
maggior
parte
delle
moschee
imperiali
,
e
pensandoci
,
mi
pare
ancora
che
si
faccia
intorno
a
me
un
immenso
vuoto
e
un
silenzio
solenne
.
L
'
immagine
di
Santa
Sofia
non
scema
affatto
la
meraviglia
che
si
prova
al
primo
entrare
in
mezzo
a
quelle
mura
titaniche
.
Anche
là
,
come
altrove
,
la
religione
dei
vincitori
s
'
è
appropriata
l
'
arte
della
religione
dei
vinti
.
Quasi
tutte
le
moschee
sono
imitate
dalla
Basilica
di
Giustiniano
;
hanno
la
grande
cupola
,
le
mezze
cupole
sottoposte
,
i
cortili
,
i
portici
;
qualcheduna
,
la
forma
della
croce
greca
.
Ma
l
'
islamismo
ha
sparso
su
ogni
cosa
il
colore
e
la
luce
propria
,
in
modo
che
il
complesso
di
quelle
forme
note
presenta
l
'
apparenza
d
'
un
edifizio
nuovo
,
in
cui
s
'
intravvedono
gli
orizzonti
d
'
un
mondo
sconosciuto
e
si
sente
l
'
aura
d
'
un
altro
Dio
.
Sono
navate
enormi
,
d
'
una
semplicità
austera
e
grandiosa
,
bianche
in
ogni
parte
,
e
rischiarate
da
finestre
innumerevoli
,
che
mettono
per
tutto
una
luce
dolce
ed
uguale
,
in
cui
l
'
occhio
vede
ogni
cosa
,
da
un
'
estremità
all
'
altra
,
e
riposa
,
insieme
col
pensiero
,
quasi
addormentato
in
una
quiete
soave
e
diffusa
,
che
somiglia
a
quella
d
'
una
valle
nevosa
,
coperta
da
un
cielo
bianco
.
Non
si
crederebbe
d
'
essere
in
un
luogo
chiuso
se
non
si
sentisse
l
'
eco
sonora
del
proprio
passo
.
Non
v
'
è
nulla
che
distragga
la
mente
:
il
pensiero
va
dritto
,
a
traverso
quel
vuoto
e
quella
chiarezza
,
all
'
oggetto
dell
'
adorazione
.
Non
v
'
è
argomento
nè
di
malinconie
nè
di
terrori
;
non
vi
sono
nè
illusioni
,
nè
misteri
,
nè
angoli
oscuri
,
in
cui
brillino
vagamente
le
immagini
d
'
una
gerarchia
complicata
d
'
esseri
sovrumani
,
che
confondon
la
mente
;
non
v
'
è
che
l
'
idea
chiara
,
netta
,
abbagliante
,
formidabile
d
'
un
Dio
solitario
,
che
predilige
la
nudità
severa
dei
deserti
inondati
di
luce
,
e
non
ammette
altro
simulacro
di
sè
stesso
che
il
cielo
.
Tutte
le
moschee
imperiali
di
Costantinopoli
presentano
questo
medesimo
aspetto
di
grandezza
che
solleva
la
mente
,
e
di
semplicità
che
la
fissa
in
un
solo
pensiero
,
e
differiscono
così
poco
nei
particolari
,
che
è
difficile
il
ricordarle
a
una
,
a
una
.
La
moschea
d
'
Ahmed
,
enorme
,
e
pure
graziosa
e
leggera
,
all
'
esterno
,
come
un
edifizio
aereo
,
appoggia
la
sua
cupola
sopra
quattro
smisurati
pilastri
rotondi
di
marmo
bianco
,
nel
cui
seno
si
potrebbero
aprire
quattro
piccole
moschee
,
ed
è
la
sola
di
Stambul
che
abbia
la
corona
gloriosa
di
sei
minareti
.
La
moschea
di
Solimano
,
che
è
,
più
che
un
tempio
,
una
città
sacra
,
nella
quale
lo
straniero
si
smarrisce
,
è
formata
da
tre
navate
,
e
la
sua
cupola
,
più
alta
di
quella
di
Santa
Sofia
,
riposa
sopra
quattro
colonne
meravigliose
di
granito
roseo
,
che
fanno
pensare
ai
fusti
dei
famosi
alberi
giganteschi
della
California
.
La
moschea
di
Maometto
è
una
Santa
Sofia
bianca
ed
allegra
;
quella
di
Baiazet
gode
la
primazia
dell
'
eleganza
delle
forme
;
quella
di
Osmano
è
tutta
di
marmo
;
quella
di
Scià
-
Zadé
ha
i
due
più
graziosi
minareti
di
Stambul
;
quella
di
Ak
-
Serai
è
il
più
gentile
modello
del
rinascimento
dell
'
arte
turca
;
quella
di
Selim
è
la
più
grave
,
quella
di
Mahmud
la
più
capricciosa
,
quella
della
Sultana
Validè
la
più
ornata
.
Ognuna
ha
qualche
bellezza
sua
propria
o
una
leggenda
o
un
privilegio
.
Sultan
-
Ahmed
custodisce
lo
stendardo
del
Profeta
,
Sultan
-
Baizit
è
coronata
di
colombi
,
Solimaniè
vanta
le
iscrizioni
di
Karà
-
hissari
,
Validè
Sultan
ha
la
falsa
colonna
d
'
oro
che
costò
la
vita
al
conquistatore
della
Canea
;
Sultan
-
Mehemet
vede
"
undici
moschee
imperiali
chinar
la
testa
intorno
a
lei
,
come
davanti
al
manipolo
di
Giuseppe
s
'
inchinavano
i
manipoli
dei
fratelli
"
.
In
una
s
'
innalzano
le
colonne
del
palazzo
imperiale
e
dell
'
Augusteon
di
Giustiniano
,
che
portarono
le
statue
di
Venere
,
di
Teodora
e
d
'
Eudossia
;
in
altre
si
ritrovano
i
marmi
delle
chiese
antiche
di
Calcedonia
,
colonne
delle
rovine
di
Troia
,
pilastri
di
templi
d
'
Egitto
,
vetri
preziosi
rapiti
alle
reggie
persiane
,
materiali
di
circhi
,
di
fori
,
di
acquedotti
,
di
basiliche
:
tutto
confuso
e
svanito
nell
'
immensa
bianchezza
della
religione
vincitrice
.
Dentro
differiscono
anche
meno
che
nella
forma
esterna
.
In
fondo
v
'
è
un
pulpito
di
marmo
;
in
faccia
,
la
loggia
del
Sultano
chiusa
da
una
grata
dorata
;
accanto
al
Mihrab
,
due
candelabri
enormi
che
sorreggono
torcie
alte
come
fusti
di
palme
;
e
per
tutta
la
navata
,
lampade
innumerevoli
formate
di
grandi
globi
di
vetro
,
e
disposte
in
una
maniera
bizzarra
,
che
par
più
propria
a
una
grande
festa
di
ballo
che
a
una
solennità
religiosa
.
Le
grandi
iscrizioni
sacre
che
girano
intorno
ai
pilastri
,
alle
porte
,
alle
finestre
delle
cupole
,
qualche
finto
fregio
dipinto
a
imitazione
del
marmo
,
e
i
vetri
disegnati
e
coloriti
a
fiorami
,
sono
i
soli
ornamenti
che
risaltino
nella
nudità
bianca
di
quelle
mura
monumentali
.
Tesori
di
marmo
sono
profusi
nei
pavimenti
dei
vestiboli
,
nei
portici
che
circondano
i
cortili
,
nelle
fontane
per
le
abluzioni
,
nei
minareti
;
ma
non
alterano
il
carattere
graziosamente
sobrio
ed
austero
dell
'
edifizio
,
tutto
bianco
,
circondato
di
verde
e
coronato
di
cupole
,
scintillanti
sull
'
azzurro
del
cielo
.
E
la
moschea
non
occupa
che
la
parte
minore
del
recinto
,
il
quale
abbraccia
un
labirinto
di
cortili
e
di
case
.
E
qui
ci
sono
auditorii
per
la
lettura
del
Corano
e
luoghi
di
deposito
per
i
tesori
dei
privati
,
biblioteche
e
accademie
,
scuole
di
medicina
e
scuole
pei
bambini
,
quartieri
per
gli
studenti
e
cucine
per
i
poveri
,
manicomi
,
infermerie
,
ricoveri
per
i
viaggiatori
,
sale
da
bagno
:
una
piccola
città
ospitale
e
benefica
,
affollata
intorno
alla
mole
altissima
del
tempio
,
come
ai
piedi
d
'
una
montagna
,
e
ombreggiata
da
alberi
giganteschi
.
Ma
tutte
queste
immagini
si
sono
oscurate
nella
mia
mente
;
e
non
vedo
più
,
in
questo
punto
,
che
la
piccola
macchietta
nera
della
mia
persona
,
quasi
smarrita
,
come
un
atomo
,
nelle
enormi
navate
,
in
mezzo
a
lunghe
file
di
piccolissimi
turchi
prostrati
che
pregano
;
e
vo
innanzi
abbagliato
da
quella
bianchezza
,
stupito
da
quella
luce
strana
,
sbalordito
da
quella
immensità
,
strascicando
le
mie
babbuccie
sdruscite
e
il
mio
orgoglio
schiacciato
di
descrittore
;
e
mi
par
che
una
moschea
si
confonda
coll
'
altra
,
e
che
mi
si
stenda
d
'
intorno
,
in
tutte
le
direzioni
,
una
successione
interminabile
di
pilastri
e
di
volte
,
e
una
folla
bianca
infinita
,
nella
quale
il
mio
sguardo
si
perde
.
[
Le
cisterne
]
Le
reminiscenze
d
'
un
altro
giorno
son
tutte
oscure
e
piene
di
misteri
e
di
fantasmi
.
Entro
nel
cortile
d
'
una
casa
musulmana
,
discendo
,
al
lume
di
una
fiaccola
,
sino
all
'
ultimo
gradino
di
una
scala
tetra
e
umida
,
e
mi
trovo
sotto
le
volte
di
Kere
-
batan
Serai
,
la
grande
cisterna
basilica
di
Costantino
,
della
quale
il
volgo
di
Stambul
dice
che
non
si
conoscono
i
confini
.
Le
acque
verdastre
si
perdono
sotto
le
volte
nere
,
rischiarate
qua
e
là
da
un
barlume
di
luce
livida
che
accresce
l
'
orrore
delle
tenebre
.
La
fiaccola
colora
di
fuoco
gli
archi
vicini
alla
porta
,
fa
luccicare
i
muri
sgocciolanti
,
e
rivela
confusamente
file
sterminate
di
colonne
che
intercettano
lo
sguardo
da
tutte
le
parti
,
come
i
tronchi
degli
alberi
in
una
fittissima
foresta
allagata
.
La
fantasia
,
attratta
dalla
voluttà
del
terrore
,
si
slancia
per
quelle
fughe
di
portici
sepolcrali
,
sorvolando
le
acque
sinistre
,
e
si
smarrisce
in
infiniti
giri
vertiginosi
in
mezzo
alle
colonne
innumerevoli
,
mentre
la
voce
sommessa
d
'
un
dracomanno
racconta
le
storie
paurose
di
chi
s
'
avventurò
sopra
una
barca
in
quel
sotterraneo
per
scoprirne
i
confini
,
e
tornò
indietro
molte
ore
dopo
,
remando
disperatamente
,
col
volto
trasfigurato
e
coi
capelli
irti
,
mentre
le
volte
lontane
echeggiavano
di
risate
fragorose
e
di
fischi
acuti
;
e
d
'
altri
che
non
tornarono
più
,
che
finirono
chi
sa
come
,
forse
impazziti
dal
terrore
,
forse
morti
di
fame
,
forse
trascinati
da
una
corrente
misteriosa
in
un
abisso
sconosciuto
,
molto
lontano
da
Stambul
,
Dio
solo
sa
dove
.
Questa
visione
lugubre
sparisce
improvvisamente
nella
grande
luce
della
piazza
dell
'
At
-
meidan
,
e
pochi
minuti
dopo
mi
trovo
daccapo
sotto
terra
,
fra
le
duecento
colonne
della
cisterna
asciutta
Bin
-
birdirek
,
dove
cento
operai
greci
filano
la
seta
,
cantando
con
voci
acute
una
canzone
guerriera
,
rischiarati
da
un
raggio
di
luce
pallida
che
si
rompe
negl
'
incrociamenti
delle
arcate
;
e
sento
sopra
il
mio
capo
lo
strepito
confuso
d
'
una
carovana
che
passa
.
Poi
daccapo
l
'
aria
aperta
e
la
luce
del
sole
,
e
poi
di
nuovo
l
'
oscurità
,
sotto
altre
arcate
secolari
,
in
mezzo
ad
altre
file
di
colonne
,
in
una
quiete
di
sepolcro
,
turbata
da
un
suono
fioco
di
voci
lontane
;
e
così
fino
a
sera
,
un
pellegrinaggio
misterioso
e
pensieroso
,
dopo
il
quale
mi
rimane
per
molto
tempo
dinanzi
agli
occhi
l
'
immagine
di
un
vasto
lago
sotterraneo
,
in
cui
sia
sprofondata
la
metropoli
dell
'
impero
greco
,
e
in
cui
Stambul
,
ridente
ed
incauta
debba
un
giorno
alla
sua
volta
sparire
.
[
Scutari
]
Tutta
questa
oscurità
svanisce
dinanzi
all
'
immagine
splendida
di
Scutari
.
Andando
a
Scutari
,
sopra
un
piroscafo
affollato
,
discutevamo
sempre
,
il
mio
amico
ed
io
,
se
il
primato
della
bellezza
appartenesse
a
quella
riva
o
alle
due
rive
del
Corno
d
'
oro
.
Yunk
preferiva
Scutari
;
io
,
Stambul
.
Ma
Scutari
m
'
innamorava
coi
suoi
improvvisi
cangiamenti
d
'
aspetto
,
coi
quali
pare
che
voglia
pigliarsi
gioco
di
chi
le
s
'
avvicina
dal
mare
.
Guardata
dal
Mar
di
Marmara
,
non
pare
che
un
grande
villaggio
disteso
sopra
una
collina
.
Guardata
dal
Corno
d
'
oro
,
presenta
già
l
'
aspetto
d
'
una
città
.
Ma
quando
il
piroscafo
,
girando
intorno
alla
punta
più
avanzata
della
riva
asiatica
,
va
dritto
verso
il
suo
porto
,
allora
la
cittadina
s
'
allarga
e
s
'
innalza
;
le
colline
coperte
d
'
edifizi
saltan
fuori
l
'
una
di
dietro
all
'
altra
;
i
sobborghi
sbucano
dalle
valli
,
le
villette
si
sparpagliano
sulle
alture
;
la
riva
,
tutta
variopinta
di
casette
,
si
svolge
a
perdita
d
'
occhi
;
una
città
enorme
,
pomposa
,
teatrale
,
che
non
si
comprende
dove
potesse
stare
nascosta
,
si
scopre
allo
sguardo
in
pochi
momenti
come
all
'
alzarsi
d
'
un
telone
immenso
,
e
fa
rimaner
là
stupefatti
come
aspettando
che
torni
a
sparire
.
Si
scende
sopra
uno
scalo
di
legno
,
fra
un
visibilio
di
barcaiuoli
,
di
noleggiatori
di
cavalli
e
di
dracomanni
,
e
si
va
su
per
la
via
principale
che
sale
dolcemente
,
serpeggiando
,
in
mezzo
a
casette
rosse
e
gialle
,
vestite
d
'
edera
e
di
pampini
,
fra
muri
di
giardini
riboccanti
di
verzura
,
sotto
alti
pergolati
,
all
'
ombra
di
grandi
platani
che
chiudono
quasi
il
passaggio
;
si
passa
dinanzi
a
caffè
turchi
,
ingombri
di
fannulloni
asiatici
,
che
fumano
,
sdraiati
,
cogli
occhi
fissi
non
si
sa
dove
;
s
'
incontrano
branchi
di
capre
,
carri
pesanti
di
campagna
,
tirati
da
bufali
colla
testa
infiorata
,
contadini
in
fez
e
in
turbante
,
convogli
funebri
musulmani
,
e
brigatelle
di
hanum
villeggianti
,
che
portano
mazzi
di
fiori
e
ramoscelli
.
Par
di
vedere
un
'
altra
Stambul
,
meno
maestosa
,
ma
più
gaia
e
più
fresca
di
quella
delle
sette
colline
.
È
come
una
grande
città
villereccia
.
La
campagna
l
'
invade
da
tutte
le
parti
.
Le
stradicciuole
,
fiancheggiate
da
casine
da
presepio
,
scendono
e
salgono
per
valli
e
per
colline
,
e
si
perdono
nel
verde
dei
giardini
e
degli
orti
.
Nelle
parti
alte
della
città
regna
la
pace
profonda
della
campagna
;
nelle
parti
basse
brulica
la
vita
affaccendata
delle
città
di
mare
;
dalle
grandi
caserme
che
sorgono
qua
e
là
,
esce
un
frastuono
confuso
di
grida
,
di
canti
e
di
tamburi
,
e
migliaia
d
'
uccelletti
saltellano
,
per
le
viuzze
solitarie
.
Seguitando
un
convoglio
mortuario
,
usciamo
dalla
città
,
ci
addentriamo
nel
cimitero
famoso
,
ci
smarriamo
in
una
grande
foresta
di
cipressi
altissimi
,
che
si
stende
da
una
parte
verso
il
Mar
di
Marmara
e
dall
'
altra
verso
il
Corno
d
'
oro
,
sopra
un
vasto
terreno
montuoso
.
Le
pietre
sepolcrali
biancheggiano
tutt
'
intorno
fin
dove
arriva
lo
sguardo
,
a
mucchi
,
a
file
sterminate
,
in
mezzo
ai
cespugli
e
ai
fiori
selvatici
,
in
una
rete
infinita
di
sentieri
,
fra
i
tronchi
fittissimi
,
che
lasciano
appena
vedere
l
'
orizzonte
come
una
lontana
striscia
luminosa
e
ondeggiante
.
Andiamo
innanzi
,
a
caso
,
in
mezzo
ai
cippi
dipinti
e
dorati
,
ritti
e
rovesci
,
fra
le
cancellate
dei
sepolcri
di
famiglia
,
fra
i
piccoli
mausolei
dei
pascià
,
fra
le
colonnette
rozze
del
volgo
,
vedendo
qua
e
là
mazzi
di
fiori
appassiti
e
cocuzzoli
di
cranii
che
spuntano
fra
la
terra
smossa
,
udendo
grugare
da
ogni
parte
i
colombi
nascosti
nei
cipressi
;
e
via
via
,
pare
che
la
foresta
si
allarghi
,
che
le
pietre
pullulino
,
che
i
sentieri
si
moltiplichino
,
che
la
striscia
luminosa
dell
'
orizzonte
si
allontani
,
che
il
regno
della
morte
s
'
avanzi
a
passo
a
passo
con
noi
;
e
cominciamo
a
domandarci
come
n
'
usciremo
,
quando
sbocchiamo
inaspettatamente
in
un
larghissimo
viale
,
che
ci
conduce
nella
vasta
pianura
aperta
d
'
Haidar
pascià
,
dove
si
raccoglievano
gli
eserciti
musulmani
per
muovere
alle
guerre
dell
'
Asia
,
e
di
là
abbracciamo
con
uno
sguardo
il
Mar
di
Marmara
,
Stambul
,
l
'
imboccatura
del
Corno
d
'
oro
,
Galata
e
Pera
,
tutto
velato
leggermente
dai
vapori
della
mattina
e
tinto
di
colori
di
paradiso
,
che
ci
fanno
risentire
un
fremito
della
meraviglia
e
della
gioia
dell
'
arrivo
.
[
Palazzo
di
Ceragan
]
Un
'
altra
mattina
ci
troviamo
in
un
carrozzone
del
tramway
,
in
mezzo
a
due
colossali
eunuchi
neri
,
incaricati
da
un
aiutante
di
campo
d
'
Abdul
-
Aziz
di
condurci
a
visitare
il
palazzo
imperiale
di
Ceragan
,
posto
sulla
riva
del
Bosforo
ai
piedi
del
sobborgo
di
Bescic
-
Tass
.
Mi
ricordo
del
sentimento
indefinibile
,
misto
di
curiosità
e
di
ribrezzo
,
che
provavo
guardando
colla
coda
dell
'
occhio
l
'
eunuco
che
m
'
era
accanto
,
il
quale
mi
sorpassava
di
quasi
tutta
la
testa
,
e
teneva
stesa
sul
ginocchio
una
mano
smisurata
;
e
ogni
volta
che
mi
voltavo
,
sentivo
un
profumo
leggiero
di
essenza
di
bergamotto
che
usciva
dai
suoi
panni
lucidi
e
corretti
di
cortigiano
.
Quando
il
carrozzone
si
fermò
,
misi
la
mano
in
tasca
per
prendere
il
portamonete
;
ma
la
mano
smisurata
dell
'
eunuco
m
'
afferrò
il
braccio
come
una
tanaglia
di
ferro
,
e
i
suoi
grandi
occhi
di
negro
si
fissarono
nei
miei
,
come
per
dire
:
-
Cristiano
,
non
mi
far
questo
affronto
o
ti
slogo
le
ossa
.
-
Si
discese
dinanzi
a
una
piccola
porta
arabescata
,
si
percorse
un
lunghissimo
corridoio
,
dove
ci
venne
incontro
un
drappello
di
servitori
in
livrea
,
e
infilate
le
babbuccie
,
si
salì
per
una
larga
scala
,
che
metteva
alle
sale
della
reggia
.
Qui
non
ci
fu
bisogno
d
'
evocare
i
ricordi
storici
per
procurarsi
un
'
illusione
di
vita
.
L
'
aria
era
ancora
calda
dell
'
alito
della
Corte
.
I
larghissimi
divani
coperti
di
velluto
e
di
raso
,
che
si
stendevano
lungo
le
pareti
,
erano
proprio
quelli
su
cui
,
poche
settimane
prima
,
si
erano
sedute
le
odalische
del
Gran
Signore
.
Un
vago
profumo
di
vita
molle
e
fastosa
riempiva
ancora
l
'
aria
.
Si
passò
per
un
lungo
giro
di
sale
,
decorate
con
uno
stile
misto
di
europeo
e
di
moresco
,
nitidissime
e
belle
d
'
una
certa
semplicità
superba
,
che
ci
faceva
abbassare
la
voce
;
mentre
gli
eunuchi
,
borbottando
spiegazioni
incomprensibili
,
ci
indicavano
ora
un
angolo
,
ora
una
porta
,
con
un
gesto
circospetto
,
come
se
accennassero
a
un
mistero
.
Le
cortine
di
seta
,
i
tappeti
di
mille
colori
,
le
tavole
di
musaico
,
i
bei
quadri
a
olio
messi
a
contrallume
,
i
begli
archi
a
stalattiti
delle
porte
tramezzate
da
colonnine
arabe
,
gli
altissimi
candelabri
simili
ad
alberi
di
cristallo
che
tintinnavano
rumorosamente
al
nostro
passaggio
,
si
succedevano
e
si
confondevano
,
appena
visti
,
nella
nostra
fantasia
,
tutta
intesa
a
inseguire
immagini
fuggenti
di
cadine
sorprese
.
Non
mi
è
rimasta
dinanzi
agli
occhi
che
la
sala
da
bagno
del
Sultano
,
tutta
di
marmo
bianchissimo
,
scolpito
a
stalattiti
,
a
fiori
penzoli
,
a
frangio
e
a
ricami
aerei
,
d
'
una
delicatezza
,
da
far
temere
che
si
stacchino
a
toccarli
colla
punta
delle
dita
.
La
disposizione
delle
sale
mi
ricordava
vagamente
l
'
Alhambra
.
Camminavamo
in
fretta
sui
tappeti
spessissimi
,
senza
far
rumore
,
quasi
furtivamente
.
Di
tanto
in
tanto
un
eunuco
tirava
un
cordone
,
una
tenda
verde
s
'
alzava
,
e
vedevamo
,
per
un
'
ampia
finestra
,
il
Bosforo
,
l
'
Asia
,
mille
navi
,
una
gran
luce
;
poi
tutto
spariva
ad
un
tratto
lasciandoci
come
abbarbagliati
da
un
lampo
.
Da
una
finestra
vedemmo
di
sfuggita
un
piccolo
giardino
,
chiuso
da
alti
muri
,
lindo
,
compassato
,
monacale
,
che
ci
rivelò
in
un
momento
mille
segrete
malinconie
di
belle
donne
assetate
d
'
amore
e
di
libertà
,
e
disparve
improvvisamente
dietro
la
tenda
.
E
le
sale
non
finivan
mai
,
e
alla
vista
d
'
ogni
nuova
porta
,
affrettavamo
il
passo
per
affacciarci
inaspettati
alla
nuova
sala
;
ma
non
si
vedeva
più
nemmeno
lo
strascico
d
'
una
veste
,
le
odalische
erano
scomparse
,
un
silenzio
profondo
regnava
in
ogni
parte
,
il
fruscìo
che
ci
faceva
voltare
indietro
curiosamente
non
era
che
il
fruscìo
delle
tende
pesanti
di
broccato
che
ricadevano
sulla
soglia
della
porta
;
e
il
tintinnìo
dei
candelabri
di
cristallo
c
'
indispettiva
come
se
fosse
la
risata
argentina
di
qualche
bella
nascosta
,
che
ci
schernisse
.
E
infine
ci
venne
in
uggia
quell
'
andare
e
venire
senza
fine
per
quella
reggia
muta
,
fra
quelle
ricchezze
morte
,
vedendo
riflesse
a
ogni
passo
,
dai
grandi
specchi
,
quelle
faccie
nere
d
'
eunuchi
,
quel
drappello
sinistro
di
servitori
pensierosi
,
e
i
nostri
due
visi
attoniti
di
vagabondi
;
e
uscimmo
quasi
correndo
,
e
provammo
un
gran
piacere
nel
ritrovarci
all
'
aria
libera
,
fra
le
case
miserabili
,
in
mezzo
alla
popolaglia
cenciosa
e
vociferante
del
quartiere
di
Top
-
hanè
.
Eyub
E
la
necropoli
d
'
Eyub
come
dimenticarla
?
Ci
andammo
una
sera
al
tramonto
,
e
m
'
è
sempre
rimasta
nella
memoria
,
così
come
la
vidi
,
illuminata
dagli
ultimi
raggi
del
sole
.
Un
caicco
leggerissimo
ci
condusse
fino
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
,
e
salimmo
alla
"
terra
santa
"
degli
Osmani
per
un
sentiero
ripido
,
fiancheggiato
di
sepolcri
.
In
quell
'
ora
gli
scalpellini
che
lavorano
il
giorno
intorno
ai
cippi
,
e
fanno
echeggiare
la
vasta
necropoli
dei
loro
colpi
sonori
,
erano
già
partiti
;
il
luogo
era
deserto
.
Andammo
innanzi
,
circospetti
,
guardando
intorno
se
apparisse
il
volto
severo
d
'
un
iman
o
d
'
un
dervis
,
poichè
là
,
meno
che
in
ogni
altro
luogo
sacro
,
è
tollerata
la
curiosità
profana
di
un
giaurro
;
ma
non
vedemmo
nè
cappelli
conici
nè
turbanti
.
Arrivammo
,
con
qualche
trepidazione
,
sino
a
quella
misteriosa
moschea
d
'
Eyub
,
della
quale
avevamo
visto
mille
volte
dalle
colline
dell
'
altra
riva
e
da
tutti
i
seni
del
Corno
d
'
oro
le
cupolone
scintillanti
e
i
minareti
leggieri
.
Nel
cortile
,
all
'
ombra
d
'
un
grande
platano
,
s
'
innalza
in
forma
di
chiosco
,
perpetuamente
rischiarato
da
una
corona
di
lampade
,
il
mausoleo
che
racchiude
il
corpo
del
portastendardo
famoso
del
Profeta
,
morto
coi
primi
musulmani
sotto
Bisanzio
,
e
ritrovato
otto
secoli
dopo
,
sepolto
su
quella
riva
,
da
Maometto
il
conquistatore
.
Maometto
gli
consacrò
quella
moschea
,
nella
quale
vanno
i
Padiscià
a
cingere
solennemente
la
spada
d
'
Otmano
;
poichè
è
quella
la
moschea
più
santa
di
Costantinopoli
,
come
il
cimitero
che
la
circonda
è
il
più
sacro
dei
cimiteri
.
Intorno
alla
moschea
,
all
'
ombra
di
grandi
alberi
,
s
'
innalzano
turbè
di
Sultane
,
di
vizir
,
di
grandi
della
Corte
,
circondati
di
fiori
,
splendidi
di
marmi
e
di
rabeschi
d
'
oro
,
e
decorati
d
'
iscrizioni
pompose
.
In
disparte
v
'
è
il
tempietto
mortuario
dei
muftì
coperto
da
una
cupola
ottagona
,
nel
quale
riposano
i
grandi
sacerdoti
chiusi
in
enormi
catafalchi
neri
,
sormontati
da
altissimi
turbanti
di
mussolina
.
È
una
città
di
tombe
,
tutta
bianca
e
ombrosa
,
e
regalmente
gentile
,
che
insieme
alla
tristezza
religiosa
ispira
non
so
che
sentimento
di
soggezione
mondana
,
come
un
quartiere
aristocratico
,
muto
d
'
un
silenzio
superbo
.
Si
passa
in
mezzo
a
muri
bianchi
e
a
cancellate
delicatissime
da
cui
scende
a
ghirlande
e
a
ciocche
la
verzura
dei
giardini
funebri
,
e
sporgono
i
rami
delle
acacie
,
delle
quercie
e
dei
mirti
,
e
per
le
trine
di
ferro
dorato
che
chiudono
le
finestre
arcate
dei
turbè
,
si
vedono
dentro
,
in
una
luce
soave
,
i
mausolei
marmorei
,
tinti
dei
riflessi
verdi
degli
alberi
.
In
nessun
altro
luogo
di
Stambul
si
spiega
così
graziosamente
l
'
arte
musulmana
di
illeggiadrire
l
'
immagine
della
morte
e
di
farvi
fissare
il
pensiero
senza
terrore
.
È
una
necropoli
,
una
reggia
,
un
giardino
,
un
panteon
,
pieno
di
malinconia
e
di
grazia
,
che
chiama
insieme
sulle
labbra
la
preghiera
e
il
sorriso
.
E
da
tutte
le
parti
gli
si
stendono
intorno
i
cimiteri
,
ombreggiati
da
cipressi
secolari
,
attraversati
da
viali
serpeggianti
,
bianchi
di
miriadi
di
cippi
che
par
che
si
precipitino
giù
per
le
chine
per
andarsi
a
tuffare
nelle
acque
o
che
si
affollino
lungo
i
sentieri
per
veder
passare
delle
larve
.
E
da
mille
recessi
oscuri
,
allargando
i
rami
dei
cespugli
,
si
vede
a
destra
,
confusamente
,
Stambul
lontana
,
che
presenta
l
'
aspetto
d
'
una
fuga
di
città
azzurrine
,
staccate
l
'
una
dall
'
altra
;
sotto
,
il
Corno
d
'
oro
,
su
cui
lampeggia
l
'
ultimo
raggio
del
sole
;
in
faccia
,
i
sobborghi
di
Sudlugé
,
di
Halidgi
-
Ogli
,
di
Piri
-
Pascià
,
di
Hass
-
kioi
,
e
più
lontano
il
grande
quartiere
di
Kassim
e
il
profilo
vago
di
Galata
,
perduti
in
una
dolcezza
infinita
di
tinte
tremole
e
morenti
,
che
non
paion
cosa
di
questa
terra
.
[
Il
museo
dei
Giannizzeri
]
Tutto
questo
svanisce
,
e
mi
trovo
a
passeggiare
per
lunghissimi
cameroni
nudi
,
in
mezzo
a
due
schiere
immobili
di
figure
sinistre
,
che
paiono
cadaveri
inchiodati
alle
pareti
.
Non
ricordo
d
'
aver
mai
provato
un
senso
così
vivo
di
ribrezzo
fuorchè
a
Londra
,
nell
'
ultima
sala
del
museo
Tussaud
,
dove
s
'
intravvedono
nell
'
oscurità
i
più
orrendi
assassini
d
'
Inghilterra
.
È
come
un
museo
di
spettri
,
o
piuttosto
un
sepolcro
aperto
,
in
cui
si
trovano
,
mummificati
,
i
più
famosi
personaggi
di
quella
vecchia
Turchia
splendida
,
stravagante
e
feroce
,
che
non
esiste
più
se
non
nella
memoria
dei
vecchi
e
nella
fantasia
dei
poeti
.
Sono
centinaia
di
grandi
figure
di
legno
,
colorite
,
vestite
dei
vecchi
costumi
,
ritte
,
in
atteggiamenti
rigidi
e
superbi
,
coi
visi
alti
,
cogli
occhi
spalancati
,
colle
mani
sull
'
else
,
che
par
che
aspettino
un
cenno
per
snudare
le
lame
e
far
sangue
,
come
al
buon
tempo
antico
.
Prima
viene
la
casa
del
Padiscià
:
il
grand
'
eunuco
,
il
gran
vizir
,
il
muftì
,
ciambellani
e
grandi
ufficiali
,
col
capo
coperto
di
turbanti
d
'
ogni
colore
,
piramidali
,
sferici
,
quadrati
,
spropositati
,
prodigiosi
,
con
caffettani
di
broccato
di
colori
smaglianti
,
coperti
di
ricami
,
con
tuniche
di
seta
vermiglia
e
di
seta
bianca
,
strette
alla
vita
da
sciarpe
di
casimir
,
con
vesti
dorate
,
coi
petti
coperti
di
lastre
d
'
oro
e
d
'
argento
,
con
armi
principesche
:
due
lunghe
file
di
spauracchi
bizzarri
e
splendidi
,
che
rivelano
in
modo
ammirabile
la
natura
dell
'
antica
corte
ottomana
,
spudoratamente
fastosa
e
barbaricamente
superba
.
Seguono
i
paggi
che
portano
le
pelliccie
del
Padiscià
,
il
turbante
,
lo
sgabello
,
la
spada
.
Poi
le
guardie
delle
porte
e
dei
giardini
,
le
guardie
del
Sultano
,
gli
eunuchi
bianchi
e
gli
eunuchi
neri
,
con
visi
di
magi
e
d
'
idoli
,
scintillanti
,
impennacchiati
,
colle
teste
coperte
di
cappelli
persiani
e
di
caschi
metallici
,
di
berrette
purpuree
,
di
turbanti
strani
,
della
forma
di
mezzelune
,
di
coni
,
di
piramidi
rovescie
;
armati
di
verghe
d
'
acciaio
,
di
pugnalacci
e
di
fruste
come
un
branco
d
'
assassini
e
di
carnefici
;
e
l
'
uno
guarda
in
aria
di
disprezzo
,
un
altro
digrigna
i
denti
,
un
terzo
caccia
fuor
dell
'
orbita
due
occhi
assetati
di
sangue
,
un
quarto
sorride
con
un
'
espressione
di
sarcasmo
satanico
.
E
in
fine
,
il
corpo
dei
giannizzeri
,
col
suo
santo
patrono
,
Emin
babà
,
scheletrito
,
vestito
d
'
una
tunica
bianca
,
e
ufficiali
di
tutti
i
gradi
simboleggiati
dai
varii
uffici
della
cucina
,
e
soldati
di
ogni
classe
con
tutti
gli
emblemi
e
tutte
le
divise
di
quell
'
esercito
insolente
sterminato
dalla
mitraglia
di
Mahmud
.
E
qui
la
bizzarria
grottesca
e
puerile
dei
vestiari
,
mista
al
terrore
delle
memorie
,
produce
l
'
impressione
d
'
una
pagliacciata
feroce
.
La
più
sbrigliata
fantasia
di
pittore
non
riuscirebbe
mai
a
formare
una
così
pazza
confusione
di
vestimenti
da
re
,
da
sacerdoti
,
da
briganti
,
da
giullari
.
I
"
portatori
d
'
acqua
"
,
i
"
preparatori
della
minestra
"
,
i
"
cuochi
superiori
"
,
i
"
capi
dei
guatteri
"
,
i
soldati
incaricati
di
servizii
speciali
,
si
succedono
in
lunghe
file
,
colle
scope
e
coi
cucchiai
nei
turbanti
,
cui
sonagli
appesi
alle
tuniche
,
cogli
otri
,
colle
marmitte
famose
che
davano
il
segnale
delle
rivolte
,
coi
grandi
berretti
di
pelo
,
colle
larghe
stoffe
cadenti
,
come
mantelli
di
negromanti
,
dalla
nuca
sui
lombi
,
colle
larghe
cinture
di
dischi
di
metallo
cesellato
,
colle
sciabole
gigantesche
,
cogli
occhi
di
granchio
,
coi
busti
enormi
,
coi
volti
contratti
in
atteggiamenti
di
beffa
,
di
minaccia
e
d
'
insulto
.
Ultimi
vengono
i
muti
del
Serraglio
,
col
cordone
di
seta
alla
mano
,
e
i
nani
e
i
buffoni
,
con
visi
ributtanti
di
cretini
inviperiti
,
e
corone
burlesche
sul
capo
.
Le
grandi
vetrine
in
cui
è
chiusa
tutta
questa
gente
,
danno
al
luogo
una
cert
'
aria
di
museo
anatomico
,
che
rende
più
verosimile
l
'
apparenza
cadaverica
dei
simulacri
e
fa
qualche
volta
torcere
il
viso
con
orrore
.
Arrivati
in
fondo
,
sembra
d
'
esser
passati
per
una
sala
dell
'
antico
serraglio
,
in
mezzo
a
tutta
la
Corte
,
agghiacciata
di
terrore
da
un
grido
minaccioso
del
Padiscià
;
ed
uscendo
e
incontrando
sulla
piazza
dell
'
Atmeidan
i
pascià
in
abito
nero
e
i
nizam
vestiti
modestamente
alla
zuava
,
oh
come
par
mite
ed
amabile
la
Turchia
dei
nostri
giorni
!
E
anche
di
là
ritorno
irresistibilmente
fra
le
tombe
,
in
mezzo
agli
innumerevoli
turbé
imperiali
sparsi
per
la
città
turca
,
che
rimarranno
sempre
nella
mia
memoria
come
una
delle
più
gentili
manifestazioni
dell
'
arte
e
della
filosofia
musulmana
.
Un
firmano
ci
fece
aprire
,
per
il
primo
,
il
turbè
di
Mahmud
il
riformatore
,
posto
poco
lontano
dall
'
Atmeidan
,
in
un
giardino
pieno
di
rose
e
di
gelsomini
.
È
un
bel
tempietto
esagono
,
di
marmo
bianco
,
coperto
di
una
cupola
rivestita
di
piombo
,
sostenuto
da
pilastri
ionici
e
rischiarato
da
sette
finestre
chiuse
da
inferriate
dorate
,
alcune
delle
quali
guardano
in
una
delle
vie
principali
di
Stambul
.
Le
pareti
interne
sono
ornate
di
bassorilievi
e
decorate
di
tappeti
di
seta
e
di
broccato
.
Nel
mezzo
sorge
il
sarcofago
coperto
di
bellissimi
scialli
persiani
;
e
v
'
è
sopra
il
fez
,
emblema
della
riforma
,
col
pennacchietto
scintillante
di
diamanti
,
e
intorno
una
graziosa
balaustrata
,
intarsiata
di
madreperla
,
che
racchiude
quattro
grandi
candelabri
d
'
argento
.
Lungo
le
pareti
ci
sono
i
sarcofagi
di
sette
sultane
.
Il
pavimento
è
coperto
di
stuoie
finissime
e
di
tappeti
variopinti
.
Qua
e
là
,
sopra
ricchi
leggii
,
brillano
dei
corani
preziosi
,
scritti
in
caratteri
d
'
oro
.
In
una
cassetta
d
'
argento
v
'
è
un
lungo
pezzo
di
mussolina
,
arrotolato
,
tutto
coperto
di
minutissimi
caratteri
arabi
,
tracciati
dalla
mano
di
Mahmud
.
Prima
di
salire
al
trono
,
quando
viveva
prigioniero
nell
'
antico
serraglio
,
egli
trascrisse
pazientemente
su
quel
pezzo
di
stoffa
una
gran
parte
del
Corano
,
e
morendo
,
ordinò
che
quel
suo
ricordo
giovanile
fosse
posto
sulla
sua
tomba
.
Dall
'
interno
del
turbé
si
vede
a
traverso
le
inferriate
dorate
il
verde
del
giardino
e
si
sente
l
'
odor
delle
rose
;
una
luce
viva
rischiara
tutto
il
tempietto
;
tutti
i
rumori
della
città
vi
risuonano
come
sotto
un
portico
aperto
;
le
donne
e
i
fanciulli
,
dalla
strada
,
s
'
affacciano
alle
finestre
e
bisbigliano
una
preghiera
.
V
'
è
in
tutto
questo
un
che
di
primitivo
e
di
dolce
,
che
tocca
il
cuore
.
Pare
che
non
il
cadavere
,
ma
l
'
anima
del
Sultano
sia
chiusa
fra
quelle
pareti
,
e
che
veda
e
senta
ancora
il
suo
popolo
,
che
passa
e
lo
saluta
.
Morendo
,
egli
non
ha
fatto
che
cambiare
di
chiosco
;
dai
chioschi
del
Serraglio
è
venuto
in
quest
'
altro
,
non
meno
ridente
,
ed
è
sempre
alla
luce
del
sole
,
in
mezzo
allo
strepito
della
vita
di
Stambul
,
tra
i
suoi
figli
,
anzi
più
vicino
ad
essi
,
sull
'
orlo
della
via
,
sotto
gli
occhi
di
tutti
,
e
mostra
ancora
al
popolo
il
suo
pennacchietto
scintillante
come
quando
andava
alla
moschea
,
pieno
di
vita
e
di
gloria
,
a
pregare
per
la
prosperità
dell
'
Impero
.
E
così
son
quasi
tutti
gli
altri
turbé
,
quello
d
'
Ahmed
,
quello
di
Bajazet
,
che
appoggia
la
testa
sopra
un
mattone
composto
colla
polvere
raccolta
dai
suoi
abiti
e
dalle
sue
babbuccie
;
quello
di
Solimano
,
quello
di
Mustafà
e
di
Selim
III
,
quello
d
'
Abdul
-
Hamid
,
quello
della
sultana
Rosellana
.
Son
tempietti
sostenuti
da
pilastri
di
marmo
bianco
e
di
porfido
,
luccicanti
d
'
ambra
e
di
madreperla
;
in
alcuni
dei
quali
scende
l
'
acqua
piovana
,
per
un
'
apertura
della
cupola
,
a
bagnare
i
fiori
e
l
'
erbe
intorno
ai
sarcofagi
,
coperti
di
velluti
e
di
trine
;
e
dalle
volte
pendono
ova
di
struzzo
e
lampade
dorate
che
rischiarano
le
tombe
dei
principi
,
disposte
a
corona
intorno
al
sepolcro
paterno
,
con
su
i
fazzoletti
che
servirono
a
strozzarli
bambini
o
giovinetti
;
forse
per
indurre
nei
fedeli
,
colla
pietà
delle
vittime
,
il
sentimento
della
necessità
fatale
di
quei
delitti
.
E
ricordo
,
che
a
furia
di
vedere
immagini
di
quelle
morti
,
cominciavo
a
sentire
in
me
come
un
principio
di
asservimento
del
pensiero
e
del
cuore
alla
iniqua
ragione
di
Stato
che
le
sanciva
;
come
a
furia
di
trovare
a
ogni
passo
,
nelle
moschee
,
nelle
fontane
,
nei
turbé
,
in
mille
immagini
,
ricordato
e
glorificato
il
nome
d
'
un
uomo
,
una
potenza
assoluta
e
suprema
,
qualche
cosa
,
dentro
di
me
,
cominciava
a
sottomettersi
;
come
a
furia
di
errare
all
'
ombra
dei
cimiteri
e
di
fissare
il
pensiero
nei
sepolcri
,
cominciavo
a
considerare
sotto
un
nuovo
aspetto
,
quasi
sereno
,
la
morte
;
a
provare
un
sentimento
più
queto
e
più
noncurante
della
vita
;
a
abbandonarmi
a
non
so
che
filosofia
odiosa
,
a
un
vagare
indefinito
del
pensiero
,
a
uno
stato
nuovo
dell
'
animo
,
in
cui
mi
pareva
che
il
meglio
fosse
passare
il
tempo
placidamente
sognando
e
lasciare
che
quello
che
è
scritto
si
compia
.
E
provavo
un
sentimento
improvvido
di
uggia
e
d
'
avversione
quando
in
mezzo
a
quelle
fantasie
serene
e
quiete
,
mi
s
'
affacciava
l
'
immagine
delle
nostre
città
affaticate
,
delle
nostre
chiese
oscure
,
dei
nostri
cimiteri
murati
e
deserti
.
[
I
dervis
]
E
anche
i
dervis
mi
passano
dinanzi
,
fra
le
immagini
di
quegli
ultimi
giorni
;
e
sono
i
dervis
Mevlevi
(
il
più
famoso
dei
trentadue
ordini
)
che
hanno
un
notissimo
tekké
in
via
di
Pera
.
Ci
andai
preparato
a
vedere
dei
volti
luminosi
di
santi
,
rapiti
da
allucinazioni
paradisiache
.
Ma
ci
ebbi
una
gran
delusione
.
Ahimè
!
anche
nei
dervis
la
fiamma
della
fede
"
lambe
l
'
arido
stame
"
.
La
famosa
danza
divina
non
mi
parve
che
una
fredda
rappresentazione
teatrale
.
Sono
curiosi
a
vedersi
,
senza
dubbio
,
quando
entrano
nella
moschea
circolare
,
l
'
un
dietro
l
'
altro
,
ravvolti
in
un
grande
mantello
bruno
,
col
capo
basso
,
colle
braccia
nascoste
,
accompagnati
da
una
musica
barbara
,
monotona
e
dolcissima
,
che
somiglia
al
gemito
del
vento
fra
i
cipressi
del
cimitero
di
Scutari
,
e
fa
sognare
a
occhi
aperti
;
e
quando
girano
intorno
,
e
s
'
inchinano
a
due
a
due
dinanzi
al
Mirab
,
con
un
movimento
maestoso
e
languido
che
fa
nascere
un
dubbio
improvviso
sul
loro
sesso
.
Così
è
pure
una
bella
scena
quando
buttano
in
terra
il
mantello
con
un
gesto
vivace
,
e
appariscono
tutti
vestiti
di
bianco
,
colla
lunga
gonnella
di
lana
,
e
allargando
le
braccia
in
atto
amoroso
e
rovesciando
la
testa
,
si
abbandonano
l
'
un
dopo
l
'
altro
ai
giri
,
come
se
fossero
slanciati
da
una
mano
invisibile
;
e
quando
girano
tutti
insieme
nel
mezzo
della
moschea
,
equidistanti
fra
loro
,
senza
scostarsi
d
'
un
filo
dal
proprio
posto
,
come
automi
sur
un
perno
,
bianchi
,
leggeri
,
rapidissimi
,
colla
gonnella
gonfia
e
ondeggiante
,
e
cogli
occhi
socchiusi
;
e
quando
si
precipitano
tutti
insieme
,
come
atterrati
da
una
apparizione
sovrumana
,
soffocando
contro
il
pavimento
il
grido
tonante
di
Allà
;
e
quando
ricominciano
a
inchinarsi
e
a
baciarsi
le
mani
e
a
girare
intorno
,
rasente
il
muro
,
con
un
passo
grazioso
tra
l
'
andatura
e
la
danza
.
Ma
le
estasi
,
i
rapimenti
,
i
volti
trasfigurati
,
che
tanti
viaggiatori
videro
e
descrissero
,
io
non
li
vidi
.
Non
vidi
che
dei
ballerini
agilissimi
e
infaticabili
che
facevano
il
loro
mestiere
colla
massima
indifferenza
.
Vidi
anzi
delle
risa
represse
;
scopersi
un
giovane
dervis
che
non
pareva
punto
scontento
d
'
esser
guardato
fisso
da
una
signora
inglese
affacciata
a
una
tribuna
in
faccia
a
lui
;
e
ne
colsi
sul
fatto
parecchi
che
,
nell
'
atto
di
baciar
le
mani
ai
compagni
,
tiravano
a
morderli
di
nascosto
,
e
questi
li
respingevano
a
pizzicotti
.
Ah
gl
'
ipocriti
!
Quello
che
mi
fece
più
senso
fu
il
vedere
in
tutti
quegli
uomini
,
e
ce
n
'
eran
d
'
ogni
età
e
d
'
ogni
aspetto
,
una
grazia
e
un
'
eleganza
di
mosse
e
d
'
atteggiamenti
,
che
potrebbero
invidiare
molti
dei
nostri
ballerini
da
salotto
;
e
che
è
certo
un
pregio
naturale
delle
razze
orientali
,
dovuto
ad
una
particolare
struttura
del
corpo
.
E
lo
notai
anche
meglio
un
altro
giorno
,
in
cui
potei
penetrare
in
una
celletta
del
tekké
,
e
veder
da
vicino
un
dervis
che
si
preparava
alla
funzione
.
Era
un
giovane
imberbe
,
alto
e
snello
,
di
fisonomia
femminea
.
Si
stringeva
ai
fianchi
la
sottana
bianca
,
guardandosi
nello
specchio
;
si
voltava
verso
di
noi
e
sorrideva
;
si
tastava
colle
mani
la
vita
sottile
;
si
accomodava
in
fretta
,
ma
con
garbo
,
e
con
un
occhio
d
'
artista
,
tutte
le
parti
del
vestimento
,
come
una
signora
che
dia
gli
ultimi
tocchi
alla
sua
acconciatura
;
e
visto
di
dietro
,
con
quello
strascico
,
presentava
infatti
il
profilo
di
un
bel
fusto
di
ragazza
vestita
da
ballo
che
domandasse
un
giudizio
allo
specchio
....
Ed
era
un
frate
!
.
Oh
strane
cose
in
vero
,
come
diceva
Desdemona
a
Otello
.
[
Ciamligià
]
Ma
il
più
bello
dei
miei
ultimi
ricordi
è
sulla
cima
del
monte
Ciamligià
,
che
s
'
alza
alle
spalle
di
Scutari
.
Di
là
diedi
alla
città
il
mio
ultimo
saluto
,
e
fu
l
'
ultima
e
la
più
splendida
delle
mie
grandi
visioni
di
Costantinopoli
.
Andammo
a
Scutari
allo
spuntare
del
giorno
con
un
tempo
nebbioso
.
La
nebbia
c
'
era
ancora
,
quando
s
'
arrivò
sulla
cima
del
monte
;
ma
il
cielo
prometteva
una
giornata
serena
.
Sotto
di
noi
,
tutto
era
nascosto
.
Era
uno
spettacolo
singolarissimo
.
Una
immensa
tenda
grigia
orizzontale
,
che
noi
dominavamo
tutta
collo
sguardo
,
copriva
Scutari
,
il
Bosforo
,
il
Corno
d
'
oro
,
tutta
Costantinopoli
.
Non
si
vedeva
assolutamente
nulla
.
La
grande
città
,
con
tutti
i
suoi
sobborghi
e
tutti
i
suoi
porti
,
pareva
che
fosse
sparita
.
Era
come
un
mare
di
nebbia
da
cui
non
usciva
che
la
cima
di
Ciamligià
,
come
un
'
isola
.
E
noi
guardavamo
quel
mare
grigio
,
immaginando
di
essere
due
poveri
pellegrini
,
venuti
d
'
in
fondo
all
'
Asia
Minore
,
e
arrivati
là
,
prima
dell
'
alba
,
sopra
quella
gran
nebbia
,
senza
sapere
che
ci
fosse
sotto
la
grande
metropoli
dell
'
Impero
ottomano
,
e
provavamo
un
gran
piacere
a
seguire
colla
fantasia
il
sentimento
crescente
di
stupore
e
di
meraviglia
che
quei
pellegrini
avrebbero
provato
vedendo
apparire
a
poco
a
poco
,
al
levarsi
del
sole
,
sotto
quell
'
immenso
velo
grigio
,
la
città
meravigliosa
e
inaspettata
.
E
infatti
,
di
là
a
poco
,
il
velo
fittissimo
si
cominciò
a
rompere
nello
stesso
tempo
in
varii
punti
.
Si
videro
apparire
qua
e
là
,
su
quella
vasta
superficie
grigia
,
come
tanti
principii
di
città
,
che
parevano
isolette
;
un
arcipelago
di
cittadine
nuotanti
nella
nebbia
,
e
sparpagliate
a
grandi
distanze
:
la
cima
di
Scutari
,
le
sette
cime
delle
colline
di
Stambul
,
la
sommità
di
Pera
,
i
sobborghi
più
alti
della
riva
europea
del
Bosforo
,
la
cresta
di
Kassim
Pascià
,
qualcosa
di
confuso
dei
più
lontani
sobborghi
del
Corno
d
'
Oro
,
laggiù
verso
Eyub
e
Hass
-
Kioi
;
venti
piccole
Costantinopoli
,
rosate
ed
aree
,
irte
di
innumerevoli
punte
bianche
,
verdi
e
argentine
.
Poi
ciascheduna
prese
a
allargarsi
,
a
allargarsi
,
come
se
s
'
innalzasse
lentamente
sopra
quel
mare
vaporoso
,
e
venivan
su
,
a
galla
,
da
tutte
le
parti
,
migliaia
di
tetti
,
di
cupole
,
di
torri
,
di
minareti
,
che
pareva
s
'
affollassero
,
o
si
schierassero
in
furia
,
per
trovarsi
al
proprio
posto
prima
di
esser
sorprese
dal
sole
.
Già
si
vedeva
sotto
tutta
Scutari
;
in
faccia
,
quasi
tutta
Stambul
;
sull
'
altra
riva
del
Corno
d
'
oro
,
la
parte
più
alta
di
tutti
i
sobborghi
che
si
stendono
da
Galata
alle
Acque
dolci
;
e
sulla
riva
europea
del
Bosforo
,
Top
-
hané
,
Funduclú
,
Dolma
bagcè
,
Besci
-
tass
,
e
via
,
a
perdita
d
'
occhi
,
città
accanto
a
città
,
gradinate
immense
di
edifizi
,
e
città
più
lontane
che
non
mostravano
che
la
fronte
,
suffuse
dall
'
aurora
d
'
un
soavissimo
rossore
di
corallo
.
Ma
il
Corno
d
'
oro
,
il
Bosforo
,
il
mare
erano
ancora
nascosti
.
I
pellegrini
non
ci
avrebbero
capito
nulla
.
Avrebbero
potuto
immaginare
che
l
'
immensa
città
fosse
fabbricata
sopra
due
valli
profonde
,
e
perpetuamente
nebbiose
,
di
cui
l
'
una
entrasse
nell
'
altra
,
e
domandarsi
che
cosa
si
potesse
nascondere
in
quei
due
abissi
misteriosi
.
Ma
ecco
,
in
pochi
momenti
,
il
grigio
delle
ultime
nebbie
si
chiarisce
-
azzurreggia
-
splende
-
è
acqua
-
è
una
rada
-
uno
stretto
-
un
mare
-
due
mari
:
tutta
Costantinopoli
è
là
,
immersa
in
un
oceano
di
luce
,
d
'
azzurro
e
di
verde
,
che
par
creato
da
un
'
ora
.
Ah
!
in
quel
punto
,
s
'
ha
un
bell
'
avere
già
contemplato
da
mille
altezze
quella
bellezza
,
s
'
ha
un
bell
'
averla
scrutata
in
tutti
i
suoi
particolari
,
e
aver
espresso
in
mille
modi
lo
stupore
e
l
'
ammirazione
;
ma
bisogna
strepitare
e
gridare
ancora
;
e
pensando
che
fra
pochi
giorni
tutto
sparirà
dai
nostri
occhi
,
per
non
esser
più
che
un
ricordo
confuso
,
che
quel
velo
di
nebbia
non
si
alzerà
mai
più
,
che
è
quello
il
momento
di
dare
l
'
ultimo
addio
a
ogni
cosa
...
non
so
...
sembra
di
dover
partire
per
l
'
esilio
e
che
l
'
orizzonte
della
nostra
vita
s
'
oscuri
.
Eppure
anche
a
Costantinopoli
,
negli
ultimi
giorni
,
ci
colse
la
noia
.
La
mente
affaticata
si
rifiutava
alle
nuove
impressioni
.
Passavamo
sul
ponte
senza
voltarci
.
Tutto
ci
pareva
d
'
un
colore
.
Giravamo
senza
scopo
,
sbadigliando
,
coll
'
aria
di
vagabondi
sconclusionati
.
Passavamo
ore
ed
ore
dinanzi
a
un
caffè
turco
,
cogli
occhi
fissi
sui
ciottoli
,
o
alla
finestra
dall
'
albergo
a
guardare
i
gatti
che
vagavano
sui
tetti
delle
case
dirimpetto
.
Eravamo
sazii
d
'
Oriente
;
cominciavamo
a
sentire
un
bisogno
prepotente
di
raccoglimento
e
di
lavoro
.
Poi
piovve
per
due
giorni
:
Costantinopoli
si
convertì
in
un
immenso
pantano
e
diventò
tutta
grigia
.
E
quello
fu
il
colpo
di
grazia
.
Ci
pigliò
l
'
umor
nero
,
dicevamo
corna
della
città
,
eravamo
diventati
insolenti
,
sfrontati
,
pieni
di
pretese
e
di
boria
europea
.
Chi
ce
l
'
avesse
detto
il
giorno
dell
'
arrivo
!
E
a
che
punto
si
giunse
!
Si
giunse
a
far
festa
il
giorno
che
s
'
uscì
dall
'
ufficio
del
Lloyd
austriaco
con
due
biglietti
d
'
imbarco
per
Varna
e
per
il
Danubio
!
Ma
c
'
era
un
punto
nero
in
quella
festa
,
ed
era
il
dispiacere
di
doverci
separare
dai
nostri
buoni
amici
di
Pera
,
coi
quali
passammo
tutte
quelle
ultime
sere
,
affettuosamente
.
Com
'
è
tristo
questo
dover
sempre
dire
addio
,
e
spezzar
sempre
dei
legami
,
e
lasciare
un
briciolo
del
proprio
cuore
da
per
tutto
!
Non
c
'
è
dunque
proprio
in
nessuna
parte
del
mondo
una
bacchetta
fatata
con
cui
io
possa
un
giorno
,
a
una
data
ora
,
far
ricomparire
tutti
insieme
intorno
a
una
gran
tavola
imbandita
tutti
i
miei
buoni
amici
sparsi
alle
quattro
plaghe
dei
venti
:
te
da
Costantinopoli
,
Santoro
;
te
dalle
rive
dell
'
Affrica
,
Selam
;
te
dalle
dune
dell
'
Olanda
,
Ten
Brink
;
te
,
Segovia
,
dal
Guadalguivir
,
e
te
,
Saavedra
,
dal
Tago
,
per
gridarvi
che
vi
avrò
sempre
nel
cuore
?
Ahimè
!
la
bacchetta
non
si
trova
,
e
intanto
gli
anni
passano
e
le
speranze
volano
via
.
I
TURCHI
Ora
,
prima
di
salire
sul
bastimento
austriaco
che
fuma
nel
Corno
d
'
oro
,
in
faccia
a
Galata
,
pronto
a
partire
per
il
Mar
Nero
,
mi
rimane
da
esporre
modestamente
,
da
povero
viaggiatore
,
alcune
osservazioni
generali
,
che
rispondano
alla
domanda
:
-
Che
cosa
t
'
è
parso
dei
Turchi
?
-
osservazioni
spontanee
,
liberissime
da
ogni
considerazione
degli
avvenimenti
presenti
,
e
ricavate
tali
e
quali
dalle
mie
memorie
di
quei
giorni
.
A
quella
domanda
:
-
Che
cosa
t
'
è
parso
dei
Turchi
?
-
mi
si
ravviva
,
per
prima
cosa
,
l
'
impressione
che
produsse
in
me
,
così
il
primo
giorno
che
l
'
ultimo
,
l
'
aspetto
esteriore
della
popolazione
maschia
di
Stambul
.
Anche
non
tenendo
conto
della
differenza
delle
forme
fisiche
,
è
un
'
impressione
affatto
diversa
da
quella
che
produce
la
gente
di
qualunque
altra
città
europea
.
Sembra
di
vedere
un
popolo
-
non
so
come
render
meglio
la
mia
idea
-
nel
quale
tutti
pensino
perpetuamente
alla
medesima
cosa
.
La
stessa
impressione
possono
produrre
,
in
un
abitante
dell
'
Europa
meridionale
,
che
osservi
superficialmente
,
gli
abitanti
delle
città
nordiche
;
ma
la
cosa
è
molto
diversa
.
Questi
hanno
la
serietà
e
il
raccoglimento
di
gente
affaccendata
,
che
pensi
ai
fatti
proprii
;
i
turchi
hanno
l
'
aspetto
di
gente
che
pensi
a
qualche
cosa
remota
e
indeterminata
.
Paiono
tutti
filosofi
assorti
in
un
'
idea
fissa
,
o
sonnambuli
,
che
camminino
senza
accorgersi
del
luogo
dove
sono
e
delle
cose
che
hanno
intorno
.
Guardano
tutti
diritto
e
lontano
come
chi
è
abituato
a
contemplare
dei
grandi
orizzonti
,
e
hanno
una
vaga
espressione
di
tristezza
negli
occhi
e
nella
bocca
,
come
chi
è
abituato
a
vivere
molto
chiuso
in
sè
stesso
.
È
in
tutti
la
stessa
gravità
,
la
stessa
compostezza
di
modi
,
lo
stesso
riserbo
del
linguaggio
,
dello
sguardo
,
dei
gesti
.
Paiono
tutti
signori
,
educati
tutti
ad
un
modo
,
dal
pascià
al
merciaiolo
,
e
ammantati
d
'
una
specie
di
dignità
aristocratica
,
la
quale
fa
sì
che
nessuno
s
'
accorgerebbe
,
a
primo
aspetto
,
che
ci
sia
una
plebe
a
Stambul
,
se
non
fosse
la
differenza
dei
vestimenti
.
Son
quasi
tutti
visi
freddi
,
che
non
rivelano
affatto
l
'
animo
e
il
pensiero
.
È
rarissimo
trovare
una
di
quelle
fisonomie
chiare
,
così
frequenti
tra
noi
,
che
sono
come
lo
specchio
d
'
un
'
indole
amorevole
o
appassionata
o
bisbetica
,
e
che
consentono
un
giudizio
pronto
e
sicuro
dell
'
uomo
.
Fra
loro
ogni
viso
è
un
enimma
;
il
loro
sguardo
interroga
,
ma
non
risponde
;
la
loro
bocca
non
tradisce
nessun
movimento
del
cuore
.
Non
si
può
dire
quanto
pesi
sull
'
animo
dello
straniero
questo
mutismo
dei
volti
,
questa
freddezza
,
questa
uniformità
d
'
atteggiamenti
statuarii
e
di
sguardi
fissi
,
che
non
dicono
nulla
.
A
volte
vien
voglia
di
gridare
in
mezzo
alla
folla
:
-
Ma
scotetevi
una
volta
!
diteci
chi
siete
,
che
cosa
pensate
,
che
cosa
vedete
dinanzi
a
voi
,
per
aria
,
con
quegli
occhi
di
vetro
!
-
E
la
cosa
par
tanto
strana
,
che
si
stenta
quasi
a
credere
che
sia
naturale
;
si
dubita
,
in
qualche
momento
,
che
sia
una
finzione
convenuta
,
o
l
'
effetto
passeggiero
di
qualche
malattia
morale
comune
a
tutti
i
musulmani
di
Costantinopoli
.
Dà
nell
'
occhio
alle
prime
,
però
,
in
quella
uniformità
di
modi
e
d
'
atteggiamenti
,
una
differenza
notevole
d
'
aspetto
fra
una
parte
e
l
'
altra
della
popolazione
.
I
tratti
originali
della
razza
turca
,
che
è
bella
e
robusta
,
non
son
rimasti
inalterati
che
nel
basso
popolo
,
che
serba
per
necessità
o
per
sentimento
religioso
la
sobrietà
di
vita
dei
suoi
padri
.
In
esso
si
vedono
i
corpi
asciutti
e
vigorosi
,
le
teste
ben
formate
,
gli
occhi
vivi
,
il
naso
aquilino
,
le
ossa
mascellari
prominenti
,
e
un
che
di
forte
e
d
'
ardito
in
tutte
le
forme
della
persona
.
I
turchi
delle
alte
classi
,
per
contro
,
in
cui
è
antica
la
corruzione
e
maggiore
la
mescolanza
del
sangue
straniero
,
hanno
per
lo
più
dei
corpi
grossi
d
'
una
molle
pinguedine
,
teste
piccine
,
fronti
basse
,
occhi
senza
lampo
,
labbra
cadenti
.
E
a
questa
differenza
fisica
corrisponde
una
non
meno
grande
,
o
forse
maggiore
differenza
morale
,
che
è
quella
che
corre
fra
il
turco
vero
,
schietto
,
antico
,
e
quell
'
essere
ambiguo
,
senza
colore
e
senza
sapore
,
che
si
chiama
il
turco
della
riforma
.
Dal
che
nasce
una
grande
difficoltà
allo
studiare
quello
che
si
chiama
in
modo
generale
il
popolo
turco
;
poichè
colla
parte
di
esso
,
che
ha
serbato
intatto
il
carattere
nazionale
,
o
non
c
'
è
modo
di
mescolarsi
o
non
c
'
è
verso
d
'
intendersi
;
e
l
'
altra
parte
,
colla
quale
c
'
è
facilità
di
commercio
e
d
'
osservazione
,
non
rappresenta
fedelmente
nè
l
'
indole
ne
le
idee
della
nazione
.
Ma
nè
la
corruzione
nè
la
nuova
tinta
di
civiltà
europea
ha
ancora
tolto
ai
turchi
delle
classi
superiori
quel
non
so
che
d
'
austero
e
di
vagamente
triste
,
che
si
osserva
nel
popolo
basso
,
e
che
,
non
considerato
negli
individui
,
ma
nella
generalità
della
popolazione
,
produce
un
'
impressione
innegabilmente
favorevole
.
A
giudicarne
,
in
fatti
,
dall
'
apparenza
,
la
popolazione
turca
di
Costantinopoli
parrebbe
la
più
civile
e
la
più
onesta
dell
'
Europa
.
Non
si
dà
caso
,
nemmeno
per
le
strade
più
solitarie
di
Stambul
,
che
uno
straniero
sia
insultato
;
si
possono
visitare
le
moschee
,
anche
durante
le
preghiere
,
con
assai
più
sicurezza
d
'
essere
rispettati
che
non
potrebbe
averne
un
turco
che
visitasse
le
nostre
chiese
;
tra
la
folla
,
non
s
'
incontra
mai
uno
sguardo
,
non
dico
insolente
,
ma
neanche
troppo
curioso
;
rarissime
le
risse
,
rarissima
la
gente
del
popolo
che
si
scanagli
in
mezzo
alla
strada
,
nessun
vocìo
di
donnacole
alle
porte
,
alle
finestre
,
nelle
botteghe
;
nessun
'
apparenza
pubblica
di
prostituzione
,
nessun
atto
indecente
;
il
mercato
poco
meno
dignitoso
della
moschea
;
per
tutto
una
gran
parsimonia
di
gesti
e
di
parole
;
non
canti
,
non
risate
clamorose
,
non
schiamazzi
plebei
,
non
crocchi
importuni
che
impediscano
il
passo
;
visi
,
mani
e
piedi
puliti
;
rari
i
cenci
,
e
raramente
sudici
;
punto
becerume
;
e
una
manifestazione
universale
e
reciproca
di
rispetto
fra
tutte
le
classi
sociali
.
Ma
ciò
non
è
che
apparenza
.
Il
marcio
è
nascosto
.
La
corruzione
è
dissimulata
dalla
separazione
dei
due
sessi
,
l
'
ozio
è
larvato
dalla
quiete
,
la
dignità
fa
da
maschera
all
'
orgoglio
,
la
compostezza
grave
dei
visi
,
che
pare
indizio
di
profondi
pensieri
,
nasconde
l
'
inerzia
mortale
dell
'
intelletto
,
e
quella
che
sembra
temperanza
civile
di
vita
,
non
è
che
mancanza
di
vera
vita
.
La
natura
,
la
filosofia
,
l
'
intera
vita
di
questo
popolo
è
significata
da
uno
stato
particolare
dello
spirito
e
del
corpo
,
che
si
chiama
Kief
,
e
che
è
il
supremo
dei
suoi
piaceri
.
Aver
mangiato
parcamente
,
aver
bevuto
un
bicchiere
d
'
acqua
di
fonte
,
aver
detto
le
preghiere
,
sentire
la
carne
quieta
e
la
coscienza
tranquilla
,
e
star
così
,
in
un
punto
da
cui
si
veda
un
vasto
orizzonte
,
seduti
all
'
ombra
d
'
un
albero
,
seguitando
collo
sguardo
i
colombi
del
cimitero
sottoposto
,
i
bastimenti
lontani
,
gl
'
insetti
vicini
,
le
nuvole
del
cielo
e
il
fumo
del
narghilé
,
pensando
vagamente
a
Dio
,
alla
morte
,
alla
vanità
dei
beni
della
terra
e
alla
dolcezza
del
riposo
eterno
d
'
un
'
altra
vita
:
ecco
il
Kief
.
Star
spettatore
inoperoso
del
gran
teatro
del
mondo
:
ecco
la
grande
aspirazione
del
turco
.
A
questo
lo
porta
la
sua
natura
antica
di
pastore
contemplativo
e
lento
,
la
sua
religione
che
lega
le
braccia
all
'
uomo
,
rimettendo
ogni
cosa
a
Dio
,
la
sua
tradizione
di
soldato
dell
'
islamismo
,
per
il
quale
non
c
'
è
altra
azione
veramente
grande
e
necessaria
che
combattere
e
vincere
per
la
propria
fede
,
e
finita
la
battaglia
,
ogni
dovere
è
compiuto
.
Per
lui
,
tutto
è
fatale
;
l
'
uomo
non
è
che
uno
strumento
nelle
mani
della
Provvidenza
;
è
inutile
che
egli
si
agiti
per
dare
alle
cose
umane
altro
corso
da
quello
che
è
prescritto
nel
cielo
;
la
terra
è
un
caravanserai
;
Dio
ha
creato
l
'
uomo
perché
vi
passi
,
pregando
e
ammirando
le
suo
opere
;
lasciamo
fare
a
Dio
;
lasciamo
cadere
quello
che
cade
e
passare
quello
che
passa
;
non
ci
affanniamo
per
rinnovare
,
non
ci
affanniamo
per
conservare
.
Così
il
suo
supremo
desiderio
è
la
quiete
,
ed
egli
si
preserva
con
somma
cura
da
tutte
le
commozioni
che
possono
turbare
l
'
armonia
pacata
della
sua
vita
.
Quindi
nè
avidità
di
sapere
,
nè
febbre
di
guadagni
,
nè
furore
di
viaggi
,
nè
passioni
vaghe
e
inappagabili
d
'
amore
e
d
'
ambizione
.
La
mancanza
dei
moltissimi
bisogni
intellettuali
e
fisici
,
per
soddisfare
i
quali
noi
lottiamo
con
un
lavoro
continuo
,
fa
sì
ch
'
egli
non
comprenda
nemmeno
in
noi
la
ragione
di
questo
lavoro
.
Egli
lo
considera
come
un
indizio
di
aberrazione
morbosa
del
nostro
spirito
.
L
'
ultimo
scopo
d
'
ogni
fatica
parendogli
necessariamente
la
pace
di
cui
egli
gode
senza
affaticarsi
,
gli
pare
altresì
che
sia
più
saggio
e
più
utile
l
'
arrivarci
per
la
via
breve
e
piana
per
cui
egli
ci
arriva
.
Tutto
il
grande
lavorìo
di
pensieri
e
di
braccia
dei
popoli
europei
,
gli
pare
un
anfanamento
puerile
,
perché
non
ne
vede
gli
effetti
in
una
possessione
maggiore
della
sua
felicità
ideale
.
Non
lavorando
,
non
ha
sentimento
del
valore
del
tempo
;
e
mancandogli
questo
sentimento
,
non
può
nè
desiderare
nè
pregiare
tutti
i
trovati
dell
'
ingegno
umano
che
tendono
ad
accelerare
la
vita
e
il
cammino
dell
'
umanità
.
È
capace
di
domandarsi
a
che
cosa
giovi
una
strada
ferrata
se
non
conduce
a
una
città
dove
si
possa
viver
più
felici
che
in
quella
da
cui
si
parte
.
La
sua
fede
fatalista
,
che
gli
fa
parer
vano
il
darsi
pensiero
dell
'
avvenire
,
è
cagione
pure
ch
'
egli
non
pregi
nessuna
cosa
se
non
per
quel
tanto
di
godimento
sicuro
e
immediato
che
gli
può
procurare
.
Perciò
non
gli
pare
che
un
sognatore
l
'
europeo
che
prevede
e
che
prepara
,
che
getta
le
fondamenta
d
'
un
edifizio
di
cui
non
vedrà
il
compimento
,
che
consuma
le
sue
forze
,
che
sacrifica
la
sua
pace
ad
un
fine
dubbio
e
lontano
.
Perciò
giudica
la
nostra
razza
una
razza
frivola
,
meschina
,
presuntuosa
,
imbastardita
,
di
cui
il
solo
pregio
è
una
scienza
orgogliosa
delle
cose
terrene
,
ch
'
egli
disdegna
,
se
non
in
quanto
è
costretto
a
valersene
per
non
rimanerci
al
di
sotto
.
E
ci
disprezza
.
Per
me
è
questo
il
sentimento
dominante
che
ispiriamo
noi
europei
ai
veri
turchi
che
costituiscono
ancora
la
grande
maggioranza
della
nazione
;
e
si
potrà
negare
e
fingere
di
non
crederci
;
ma
non
si
può
non
sentire
da
chi
sia
vissuto
poco
o
molto
in
mezzo
a
loro
.
E
questo
sentimento
di
disprezzo
deriva
da
molte
cagioni
:
la
prima
delle
quali
è
la
considerazione
d
'
un
fatto
significantissimo
per
essi
:
che
cioè
,
da
più
di
quattro
secoli
,
benchè
relativamente
scarsi
di
numero
,
dominano
una
gran
parte
di
Europa
di
fede
avversa
alla
loro
,
e
vi
si
mantengono
malgrado
tutto
quello
che
accadde
e
che
accade
.
La
parte
minima
della
nazione
vede
la
cagione
di
questo
fatto
nelle
gelosie
e
nelle
discordie
degli
Stati
d
'
Europa
;
la
parte
maggiore
la
vede
invece
nella
superiorità
delle
proprie
forze
,
e
nel
nostro
avvilimento
.
Non
cade
neppur
nella
mente
,
infatti
,
a
nessun
turco
del
volgo
che
un
'
Europa
islamitica
avrebbe
subito
e
subirebbe
l
'
affronto
d
'
una
conquista
cristiana
dai
Dardanelli
al
Danubio
.
Ai
vanti
della
nostra
civiltà
,
essi
oppongono
il
fatto
della
loro
dominazione
.
Orgogliosi
di
sangue
,
fortificati
in
quest
'
orgoglio
dalla
consuetudine
dell
'
impero
,
abituati
a
sentirsi
dire
,
in
nome
di
Dio
,
ch
'
essi
appartengono
a
una
razza
conquistatrice
,
nata
alla
guerra
,
non
al
lavoro
,
abituati
anzi
a
vivere
del
lavoro
dei
vinti
,
non
comprendono
nemmeno
come
i
popoli
soggetti
a
loro
possano
accampare
un
diritto
qualsiasi
all
'
eguaglianza
civile
.
Per
loro
,
posseduti
da
una
fede
cieca
nel
regno
sensibile
della
Provvidenza
,
la
conquista
dell
'
Europa
è
stata
l
'
adempimento
di
un
decreto
di
Dio
;
è
Dio
che
li
ha
investiti
,
in
segno
di
predilezione
,
di
questa
sovranità
terrena
;
e
il
fatto
ch
'
essi
la
conservino
,
contro
tante
forze
ostili
,
è
una
prova
incontestabile
del
loro
diritto
divino
,
e
nello
stesso
tempo
un
argomento
luminoso
in
favore
della
verità
della
loro
fede
.
Contro
questo
loro
sentimento
si
spezzano
tutti
i
ragionamenti
di
civiltà
,
di
diritto
,
d
'
eguaglianza
.
La
civiltà
per
loro
non
è
che
una
forza
ostile
che
vuol
disarmarli
senza
combattere
,
a
poco
a
poco
,
a
tradimento
,
per
abbassarli
a
paro
dei
loro
soggetti
e
spogliarli
della
loro
dominazione
.
Quindi
,
oltre
al
disprezzarla
come
vana
,
la
temono
come
nemica
;
e
poichè
non
possono
respingerla
colla
forza
,
le
oppongono
la
invincibile
resistenza
della
loro
inerzia
.
Trasformarsi
,
incivilirsi
,
eguagliarsi
ai
loro
soggetti
,
essi
comprendono
che
significa
doversi
mettere
a
gareggiare
con
quelli
d
'
ingegno
,
di
studio
e
di
lavoro
;
acquistare
una
superiorità
nuova
;
rifare
colle
forze
dello
spirito
la
conquista
già
fatta
colla
spada
;
e
a
questo
s
'
oppone
,
oltre
il
loro
interesse
materiale
di
dominatori
,
il
loro
disprezzo
religioso
per
gli
infedeli
,
la
loro
alterezza
soldatesca
,
la
loro
indolenza
fatta
seconda
natura
,
l
'
indole
del
loro
ingegno
mancante
d
'
ogni
facoltà
iniziatrice
,
e
intorpidito
nell
'
immobilità
di
quelle
cinque
idee
tradizionali
,
che
formano
tutto
il
patrimonio
intellettuale
della
nazione
.
Essi
non
vedono
,
d
'
altra
parte
,
in
quella
classe
sociale
,
che
accetta
,
secondo
loro
,
la
civiltà
europea
,
e
che
rappresenta
ai
loro
occhi
lo
stato
in
cui
l
'
Europa
vorrebbe
veder
ridotti
tutti
i
figli
d
'
Osmano
,
non
vedono
in
quei
loro
fratelli
in
soprabito
e
in
guanti
,
che
balbettano
il
francese
e
non
vanno
alla
moschea
,
un
esempio
che
possa
ragionevolmente
convertirli
.
Come
rappresenta
la
civiltà
quella
parte
della
nazione
ottomana
?
Su
questo
son
presso
a
poco
tutti
d
'
accordo
.
Il
nuovo
turco
non
vale
il
vecchio
.
Egli
ha
preso
i
nostri
panni
,
i
nostri
comodi
,
i
nostri
vizii
,
le
nostre
vanità
;
ma
non
ha
accolto
,
per
ora
,
nè
i
nostri
sentimenti
,
nè
le
nostre
idee
;
e
in
questa
trasformazione
parziale
,
ha
perduto
quello
che
c
'
era
di
buono
in
fondo
alla
sua
natura
genuina
di
Osmano
.
Il
vecchio
turco
non
vede
per
ora
altri
frutti
dell
'
incivilimento
che
una
più
diffusa
peste
dicasterica
,
un
'
impiegataglia
innumerevole
,
oziosa
,
inetta
,
miscredente
,
rapace
,
mascherata
alla
franca
,
che
disprezza
tutte
le
tradizioni
nazionali
,
e
una
specie
di
jeunesse
dorée
,
corrotta
e
sfrontata
,
che
promette
di
riuscire
assai
peggiore
dei
suoi
padri
.
Così
vestire
e
così
vivere
,
giusta
il
concetto
del
vero
turco
,
è
esser
civili
;
e
infatti
egli
chiama
fare
,
pensare
,
vivere
alla
franca
,
tutti
gli
usi
e
tutte
le
azioni
che
non
solo
la
sua
coscienza
di
maomettano
,
ma
la
coscienza
di
qualunque
uomo
onesto
condanna
.
Considera
quindi
gli
"
inciviliti
"
,
non
come
musulmani
più
avanzati
degli
altri
sulla
via
d
'
un
miglioramento
qualsiasi
;
ma
come
gente
scaduta
,
traviata
,
poco
meno
che
apostata
e
che
traditrice
della
nazione
;
e
diffida
delle
novità
,
e
le
respinge
per
quanto
è
in
lui
,
non
foss
'
altro
che
perché
gli
vengono
da
quella
parte
,
in
cui
egli
ne
vede
tutto
giorno
gli
effetti
funesti
.
Ogni
novità
europea
è
per
lui
un
attentato
contro
il
suo
carattere
e
contro
i
suoi
interessi
.
Il
governo
è
rivoluzionario
,
il
popolo
è
conservatore
;
la
semenza
delle
nuove
idee
casca
in
un
terreno
rigido
e
unito
che
le
rifiuta
gli
umori
per
la
fecondazione
;
la
mano
di
chi
regge
le
cose
,
stringe
ed
agita
l
'
elsa
;
ma
la
lama
gira
nel
manico
.
Questa
è
la
ragione
per
cui
tutta
l
'
opera
riformatrice
che
si
va
tentando
da
cinquant
'
anni
,
non
ha
ancora
passato
la
prima
pelle
della
nazione
.
Si
sono
mutati
i
nomi
,
sono
rimaste
le
cose
.
Il
poco
che
fu
fatto
,
fu
fatto
colla
violenza
,
e
a
questo
il
popolo
attribuisce
l
'
audacia
crescente
degl
'
infedeli
,
la
corruzione
che
piglia
campo
nel
cuore
dell
'
impero
,
e
tutte
le
sventure
nazionali
.
Perché
mutare
le
nostre
istituzioni
,
egli
si
domanda
,
se
son
quelle
colle
quali
abbiamo
vinto
e
dominato
per
secoli
?
Perché
adottar
quelle
che
non
ebbero
forza
di
resistere
all
'
urto
della
nostra
spada
?
L
'
organesimo
,
la
vita
,
le
tradizioni
del
popolo
turco
son
quelle
d
'
un
esercito
vincitore
accampato
in
Europa
;
esso
ne
esercita
il
comando
,
ne
gode
i
privilegi
e
gli
ozii
,
e
ne
sente
l
'
orgoglio
;
e
come
tutti
gli
eserciti
,
preferisce
la
disciplina
di
ferro
,
che
gli
concede
la
prepotenza
sui
vinti
,
a
una
disciplina
più
mite
,
ma
che
incatena
il
suo
arbitrio
di
vincitore
.
Ora
lo
sperare
che
questo
stato
di
cose
,
immobile
da
secoli
,
possa
mutare
nel
giro
di
pochi
anni
,
è
un
sogno
.
Le
avanguardie
leggere
della
civiltà
possono
procedere
quanto
vogliono
rapidamente
;
ma
il
grosso
dell
'
esercito
,
carico
ancora
delle
pesanti
armature
medioevali
,
o
non
si
muove
,
o
non
le
segue
che
alla
lontana
,
a
lentissimo
passo
.
Non
sono
che
cose
di
ieri
,
convien
ricordarsi
,
il
dispotismo
cieco
,
i
giannizzeri
,
il
serraglio
coronato
di
teste
,
il
sentimento
dell
'
invincibilità
degli
osmani
,
il
raià
considerato
e
trattato
con
un
essere
immondo
,
gli
ambasciatori
di
Francia
vestiti
e
pasciuti
sul
limitare
della
sala
del
trono
,
per
simboleggiare
la
vile
povertà
degl
'
infedeli
al
cospetto
del
Gran
Signore
.
Ma
su
questo
argomento
,
non
c
'
è
,
credo
,
gran
disparità
di
pareri
nemmeno
fra
gli
Europei
e
i
Turchi
medesimi
.
La
disparità
dei
giudizii
,
e
quindi
la
difficoltà
per
uno
straniero
di
dare
un
giudizio
proprio
,
è
nell
'
estimazione
delle
intime
qualità
individuali
del
turco
;
poichè
a
interrogarne
i
raià
,
non
si
sentono
che
i
vilipendii
dell
'
oppresso
contro
l
'
oppressore
;
a
domandarne
gli
Europei
liberi
delle
colonie
,
i
quali
non
hanno
ragione
nè
di
temere
nè
di
odiare
gli
Osmani
,
non
solo
,
ma
hanno
mille
ragioni
di
compiacersi
dello
stato
attuale
delle
cose
,
non
si
ottengono
in
generale
che
giudizii
,
forse
coscienziosamente
,
ma
certo
eccessivamente
favorevoli
.
I
più
di
questi
sono
concordi
nel
riconoscere
il
turco
probo
,
franco
,
leale
,
e
sinceramente
religioso
.
Ma
riguardo
al
sentimento
religioso
,
la
cui
conservazione
gli
potrebbe
esser
tenuta
in
conto
d
'
un
grande
merito
,
è
da
notarsi
che
la
religione
in
cui
si
mantiene
saldo
,
non
s
'
oppone
ad
alcune
delle
sue
tendenze
e
ad
alcuno
dei
suoi
interessi
;
accarezza
,
anzi
,
la
sua
natura
sensuale
,
giustifica
la
sua
inerzia
,
sancisce
la
sua
dominazione
;
egli
vi
si
attiene
tenacemente
,
poichè
sente
che
la
sua
nazionalità
è
nel
suo
dogma
e
il
suo
destino
nella
sua
fede
.
Riguardo
alla
probità
,
si
citano
molte
prove
di
fatti
individuali
dei
quali
si
potrebbero
citare
esempi
innumerevoli
anche
fra
il
più
corrotto
popolo
europeo
.
Ma
è
da
considerarsi
,
anche
a
questo
riguardo
,
che
non
ha
poca
parte
l
'
ostentazione
nella
probità
che
mostra
il
turco
nei
suoi
commerci
coi
cristiani
,
coi
quali
fa
spesso
per
orgoglio
quello
che
non
farebbe
per
semplice
impulso
della
coscienza
,
poichè
gli
ripugna
di
comparire
dappoco
in
faccia
a
gente
a
cui
si
tiene
superiore
di
razza
e
di
valore
morale
.
Così
nascono
pure
dalla
sua
stessa
condizione
di
dominatore
certe
qualità
,
astrattamente
pregevoli
,
di
franchezza
,
di
fierezza
,
di
dignità
,
che
non
è
ben
certo
se
avrebbe
conservate
,
messo
nella
condizione
di
chi
gli
è
soggetto
.
Non
gli
si
può
negare
,
però
,
nè
il
sentimento
della
carità
,
il
quale
è
il
solo
balsamo
agl
'
infiniti
mali
della
sua
società
mal
ordinata
,
benchè
incoraggi
l
'
indolenza
e
moltiplichi
la
miseria
;
nè
altri
sentimenti
che
sono
indizii
di
gentilezza
d
'
animo
,
come
la
gratitudine
ch
'
egli
serba
per
i
più
piccoli
benefizii
,
il
culto
dei
morti
,
la
cortesia
ospitale
,
il
rispetto
degli
animali
.
È
bello
il
suo
sentimento
dell
'
eguaglianza
di
tutte
le
classi
sociali
.
È
innegabile
una
certa
moderazione
severa
della
sua
indole
,
che
traspare
dagli
innumerevoli
proverbi
pieni
di
saggezza
e
di
prudenza
;
una
certa
semplicità
patriarcale
,
una
tendenza
vaga
alla
solitudine
e
alla
malinconia
,
che
esclude
la
volgarità
e
la
tristizia
dell
'
animo
.
Senonchè
tutte
queste
qualità
galleggiano
,
per
così
dire
,
al
sommo
dell
'
anima
sua
,
nella
quiete
non
turbata
della
vita
ordinaria
;
e
v
'
è
in
fondo
,
come
addormentata
,
la
sua
violenta
natura
asiatica
,
il
suo
fanatismo
,
il
suo
furore
di
soldato
,
la
sua
ferocia
di
barbaro
,
che
,
stimolati
,
prorompono
,
e
ne
balza
fuori
un
altr
'
uomo
.
Il
perché
è
giusta
la
sentenza
che
il
turco
ha
un
'
indole
mitissima
quando
non
taglia
le
teste
.
Il
tartaro
è
come
rannicchiato
dentro
di
lui
,
e
assopito
.
Il
vigore
nativo
è
rimasto
intero
in
lui
,
quasi
custodito
dalla
indolente
mollezza
della
sua
vita
,
la
quale
non
se
ne
serve
che
nelle
occasioni
supreme
.
Così
gli
è
rimasto
intero
il
coraggio
di
cui
la
cultura
dell
'
intelligenza
rallenta
la
molla
,
raffinando
il
sentimento
della
vita
,
resa
più
cara
dal
concetto
e
dalla
speranza
di
godimenti
maggiori
.
In
lui
la
passione
religiosa
e
guerriera
trova
un
campo
non
guasto
nè
da
dubbi
,
nè
da
ribellioni
dello
spirito
,
nè
da
cozzi
d
'
idee
;
una
sostanza
tutta
e
istantaneamente
infiammabile
;
un
uomo
tutto
d
'
un
pezzo
che
scatta
,
a
un
tocco
,
tutto
intero
;
una
lama
sempre
affilata
,
su
cui
non
è
scritto
che
il
nome
d
'
un
Dio
e
d
'
un
Sovrano
.
La
vita
sociale
ha
appena
digrossato
in
lui
l
'
uomo
antico
della
steppa
e
della
capanna
.
Spiritualmente
,
egli
vive
ancora
nella
città
presso
a
poco
come
viveva
nella
tribù
,
in
mezzo
alla
gente
,
ma
solitario
coi
suoi
pensieri
.
Non
c
'
è
,
anzi
,
fra
loro
,
una
vera
vita
sociale
.
La
vita
dei
due
sessi
dà
l
'
immagine
di
due
fiumi
paralleli
,
i
quali
non
confondono
le
loro
acque
,
se
non
qua
e
là
per
via
di
comunicazioni
sotterranee
.
Gli
uomini
si
raccolgono
fra
loro
,
ma
non
vivono
in
intimità
di
pensiero
gli
uni
cogli
altri
;
si
avvicinano
,
ma
non
si
legano
;
ciascuno
preferisce
alla
espansione
di
sè
medesimo
,
quella
che
un
grande
poeta
definì
mirabilmente
la
vegetazione
sorda
delle
idee
.
La
nostra
conversazione
,
agile
e
varia
,
che
scherza
,
discute
,
insegna
,
ricrea
,
il
nostro
bisogno
di
dare
e
di
ricevere
sentimenti
e
pensieri
,
questa
estrinsecazione
reciproca
del
nostro
essere
,
in
cui
l
'
intelligenza
si
esercita
e
il
cuore
si
riscalda
,
pochissimi
tra
loro
la
conoscono
.
I
loro
discorsi
radono
quasi
sempre
la
terra
e
trattano
per
lo
più
di
cose
materialmente
necessarie
.
L
'
amore
è
escluso
,
la
letteratura
è
privilegio
di
pochi
,
la
scienza
è
un
mito
,
la
politica
si
riduce
per
lo
più
a
una
quistione
di
nomi
,
gli
affari
non
occupano
che
una
piccolissima
parte
nella
vita
del
maggior
numero
.
Alle
discussioni
astratte
la
natura
della
loro
intelligenza
si
rifiuta
.
Essi
non
comprendono
bene
che
quello
che
vedono
e
quello
che
toccano
;
del
che
è
una
prova
la
loro
lingua
stessa
,
la
quale
difetta
ogni
volta
che
c
'
è
da
esprimere
un
'
astrazione
;
per
il
che
i
turchi
istruiti
sono
costretti
a
ricorrere
all
'
arabo
e
al
persiano
,
o
a
una
lingua
europea
.
Essi
non
sentono
il
bisogno
,
d
'
altra
parte
,
di
forzare
la
mente
a
comprendere
cose
che
son
fuori
dei
loro
desiderii
,
e
quasi
della
loro
vita
.
Il
persiano
è
più
investigatore
,
l
'
arabo
è
più
curioso
:
il
turco
non
ha
che
una
suprema
indifferenza
per
quello
che
non
conosce
.
E
non
avendo
idee
da
scambiare
,
non
cerca
la
compagnia
degli
europei
;
e
non
ama
nè
le
loro
interminabili
e
sottili
discussioni
,
nè
loro
stessi
.
Nè
ci
può
esser
intera
confidenza
fra
gli
uni
e
gli
altri
,
dacchè
l
'
uno
dei
due
nasconde
perpetuamente
una
parte
di
sè
:
i
suoi
affetti
più
intimi
,
la
sua
casa
,
i
suoi
piaceri
,
e
quello
che
più
importa
,
il
vero
sentimento
che
nutre
verso
l
'
altro
;
che
è
un
sentimento
invincibile
di
diffidenza
.
Il
turco
tollera
l
'
armeno
,
sprezza
l
'
ebreo
,
odia
il
greco
,
diffida
del
franco
.
Sopporta
,
in
generale
,
tutti
quanti
,
come
un
grosso
animale
che
si
lascia
passeggiare
sulla
schiena
una
miriade
di
mosche
,
riserbandosi
a
darci
su
una
codata
quando
si
senta
pungere
nel
vivo
.
Lascia
che
tutti
facciano
,
armeggino
,
rimestino
ogni
cosa
intorno
a
lui
;
si
vale
degli
europei
che
gli
possono
essere
utili
;
accetta
le
novazioni
materiali
di
cui
riconosce
il
vantaggio
immediato
;
sta
a
sentire
senza
batter
palpebra
le
lezioni
di
civiltà
che
gli
si
danno
;
muta
leggi
,
foggie
e
cerimoniali
;
impara
a
ripetere
correttamente
le
nostre
sentenze
filosofiche
;
si
lascia
travestire
,
imbellettare
,
mascherare
;
ma
dentro
è
sempre
,
immutabilmente
,
invincibilmente
lo
stesso
.
Eppure
ripugna
alla
ragione
il
rassegnarsi
a
credere
che
l
'
azione
lenta
e
continua
della
civiltà
non
possa
,
in
un
periodo
di
tempo
indeterminato
,
infondere
la
scintilla
d
'
una
nuova
vita
in
questo
gigantesco
soldato
asiatico
,
che
dorme
a
traverso
ai
due
continenti
,
e
non
si
sveglia
mai
che
per
brandire
la
spada
.
Ma
considerando
gli
sforzi
fatti
e
i
frutti
ottenuti
sinora
,
questo
periodo
di
tempo
appare
alla
mente
tanto
lungo
,
in
confronto
ai
bisogni
e
alle
impazienze
dei
popoli
cristiani
d
'
Oriente
,
da
rendere
vana
la
speranza
che
la
quistione
intorno
a
cui
s
'
affanna
ora
l
'
Europa
si
possa
risolvere
coll
'
incivilimento
progressivo
del
popolo
turco
.
Questa
è
l
'
opinione
che
mi
son
formata
nel
mio
breve
soggiorno
a
Costantinopoli
.
-
O
in
che
altro
modo
si
può
dunque
risolvere
la
quistione
?
Ah
!
signori
,
qui
proprio
non
mi
credo
obbligato
a
rispondere
,
perché
non
potrei
rispondere
senz
'
aver
l
'
aria
di
dar
consigli
all
'
Europa
;
e
a
questo
si
rifiuta
inesorabilmente
la
mia
modestia
.
E
poi
...
l
'
ho
già
detto
che
v
'
è
un
bastimento
austriaco
che
fuma
sul
Corno
d
'
oro
,
in
faccia
a
Galata
,
pronto
a
partire
per
il
Mar
Nero
;
e
il
lettore
lo
sa
dove
deve
passare
,
questo
bastimento
!
IL
BOSFORO
Appena
saliti
a
bordo
,
vediamo
come
un
velo
grigio
stendersi
su
Costantinopoli
,
e
su
questo
velo
disegnarsi
le
montagne
della
Moravia
e
dell
'
Ungheria
,
e
le
alpi
della
bassa
Austria
.
È
un
rapido
cangiamento
di
scena
che
si
vede
sempre
salendo
sopra
un
bastimento
in
cui
s
'
incontrano
già
i
visi
e
si
sentono
già
gli
accenti
del
paese
per
cui
si
parte
.
Siamo
imprigionati
in
un
cerchio
di
faccie
tedesche
che
ci
fanno
sentire
innanzi
tempo
il
freddo
e
l
'
uggia
del
settentrione
.
I
nostri
amici
ci
hanno
lasciati
:
non
vediamo
più
che
tre
fazzoletti
bianchi
che
sventolano
sopra
un
caicco
lontano
,
in
mezzo
a
un
via
vai
di
barconi
neri
,
in
faccia
alla
casa
della
dogana
.
Siamo
nello
stessissimo
punto
in
cui
si
fermò
il
nostro
bastimento
siciliano
il
giorno
dell
'
arrivo
.
È
una
bella
sera
d
'
autunno
,
splendida
e
tiepida
.
Costantinopoli
non
ci
è
mai
parsa
così
ridente
e
così
grande
.
Per
l
'
ultima
volta
cerchiamo
di
fissarci
nella
mente
i
suoi
contorni
immensi
e
i
suoi
colori
vaghi
di
città
fatata
;
e
slanciamo
lo
sguardo
per
l
'
ultima
volta
in
fondo
a
quel
meraviglioso
Corno
d
'
oro
,
che
ci
si
nasconderà
fra
pochi
momenti
per
sempre
.
I
fazzoletti
bianchi
sono
scomparsi
.
Il
bastimento
si
muove
.
Tutto
pare
che
si
sposti
.
Scutari
viene
avanti
,
Stambul
si
tira
indietro
,
Galata
gira
sopra
sè
stessa
,
come
per
vederci
partire
.
Addio
al
Corno
d
'
oro
!
Un
guizzo
del
bastimento
ci
rapisce
il
sobborgo
di
Kassim
-
Pascià
,
un
altro
guizzo
ci
porta
via
Eyub
,
un
altro
,
la
sesta
collina
di
Stambul
;
scompare
la
quinta
,
si
nasconde
la
quarta
,
svanisce
la
terza
,
sfuma
la
seconda
;
non
rimane
più
che
la
collina
del
Serraglio
,
la
quale
,
grazie
al
cielo
,
non
ci
lascierà
per
un
pezzo
.
Navighiamo
già
nel
bel
mezzo
del
Bosforo
,
rapidamente
.
Passa
il
quartiere
di
Top
-
hané
,
passa
il
quartiere
di
Funduclù
;
fuggono
le
facciate
bianche
e
cesellate
del
palazzo
di
Dolma
-
Bagcé
;
e
Scutari
distende
,
per
l
'
ultima
volta
,
il
suo
anfiteatro
di
colli
coperti
di
giardini
e
di
ville
.
Addio
,
Costantinopoli
!
cara
e
immensa
città
,
sogno
della
mia
infanzia
,
sospiro
della
mia
giovinezza
,
ricordo
incancellabile
della
mia
vita
!
Addio
,
bella
e
immortale
regina
dell
'
Oriente
!
Che
il
tempo
muti
le
tue
sorti
,
senza
offendere
la
tua
bellezza
,
e
possano
vederti
un
giorno
i
miei
figli
colla
stessa
ebbrezza
d
'
entusiasmo
giovanile
colla
quale
io
ti
vidi
e
t
'
abbandono
.
La
mestizia
dell
'
addio
,
però
,
non
durò
che
pochi
momenti
,
perché
un
'
altra
Costantinopoli
,
più
vasta
,
più
bella
,
più
allegra
di
quella
che
lasciavo
sul
Corno
d
'
oro
,
mi
si
stendeva
dinanzi
per
la
lunghezza
di
ventisettemila
metri
,
sulle
due
più
belle
rive
della
terra
.
Il
primo
villaggio
che
si
presenta
a
sinistra
,
sulla
riva
europea
del
Bosforo
,
è
Bescik
-
Tass
;
un
grosso
villaggio
turco
,
o
piuttosto
un
grande
sobborgo
di
Costantinopoli
,
che
si
stende
ai
piedi
d
'
una
collina
,
intorno
a
un
piccolo
porto
.
Dietro
gli
s
'
apre
una
bella
valle
;
l
'
antica
valle
degli
allori
di
Stefano
,
di
Bisanzio
,
che
rimonta
verso
Pera
;
fra
le
case
s
'
innalza
un
gruppo
di
platani
che
ombreggiano
il
sepolcro
del
famoso
corsaro
Barbarossa
;
un
gran
caffè
,
stipato
di
gente
,
sporge
sulle
acque
,
sorretto
da
una
selva
di
palafitte
;
il
porto
è
pieno
di
barche
e
di
caicchi
;
la
riva
affollata
;
la
collina
coperta
di
verzura
,
la
valle
piena
di
case
e
di
giardini
.
Ma
non
c
'
è
più
l
'
aspetto
dei
sobborghi
di
Costantinopoli
.
C
'
è
già
la
grazia
e
la
gaiezza
tutta
propria
e
indimenticabile
dei
villaggi
del
Bosforo
.
Le
forme
son
più
piccine
,
la
verzura
più
fitta
,
i
colori
più
arditi
.
È
come
una
nidiata
di
casette
ridenti
,
che
paiono
sospese
fra
la
terra
e
l
'
acqua
,
una
cittadina
da
innamorati
e
da
poeti
,
destinata
a
durare
quanto
una
passione
od
un
estro
,
piantata
là
per
un
capriccio
,
in
una
bella
notte
d
'
estate
.
Non
vi
si
è
ancora
fissato
lo
sguardo
,
che
già
è
lontana
,
e
ci
passa
davanti
il
palazzo
di
Ceragan
,
o
piuttosto
una
schiera
di
palazzi
di
marmo
bianco
,
semplici
e
magnifici
,
decorati
di
lunghe
file
di
colonne
e
coronati
di
terrazze
a
balaustri
,
sui
quali
si
drizza
una
merlatura
vivente
d
'
innumerevoli
uccelli
bianchi
del
Bosforo
,
messi
in
rilievo
dal
verde
vigoroso
delle
colline
della
riva
.
Ma
qui
comincia
il
caro
tormento
di
veder
fuggire
mille
bellezze
,
nel
punto
che
se
ne
ammira
una
sola
.
Mentre
noi
contempliamo
Bescik
-
Tass
e
Ceragan
,
dall
'
altra
parte
fugge
la
riva
asiatica
,
coperta
di
villaggi
deliziosi
,
che
si
vorrebbero
poter
comprare
e
portar
via
,
come
gioielli
.
Fugge
Kuzgundgiuk
,
tinto
di
tutti
i
colori
dell
'
iride
,
col
suo
piccolo
porto
,
dove
dice
la
tradizione
che
approdasse
la
giovenca
Io
,
dopo
aver
attraversato
il
Bosforo
,
per
salvarsi
dai
tafani
di
Giunone
;
passa
Istauros
,
colla
sua
bella
moschea
dai
due
minareti
;
scompare
il
palazzo
imperiale
di
Beylerbey
,
coi
suoi
tetti
conici
e
piramidali
,
e
le
sue
mura
gialle
e
grigie
,
che
presenta
l
'
aspetto
misterioso
e
bizzarro
di
un
convento
di
principesse
;
e
poi
il
villaggio
di
Beylerbey
,
riflesso
dalle
acque
,
dietro
al
quale
s
'
innalza
il
monte
di
Bulgurlù
;
e
tutti
questi
villaggi
,
raccolti
o
sparsi
ai
piedi
di
piccole
colline
verdissime
,
e
tuffati
in
una
vegetazione
opulenta
,
che
par
che
tenda
a
coprirli
,
sono
legati
fra
loro
da
ghirlande
di
ville
e
di
casette
e
da
lunghi
filari
d
'
alberi
che
corrono
lungo
la
riva
,
o
scendono
a
zig
zag
dalle
alture
al
mare
,
a
traverso
a
innumerevoli
giardini
e
orti
e
piccoli
prati
,
disposti
a
scacchi
e
a
scaglioni
,
e
coloriti
d
'
infinite
sfumature
di
verde
.
Bisogna
dunque
rassegnarsi
a
veder
tutto
di
volo
,
girando
continuamente
la
testa
a
destra
e
a
sinistra
,
con
una
regolarità
automatica
.
Oltrepassato
di
poco
Ceragan
,
si
vede
,
a
sinistra
,
sulla
riva
europea
,
il
grande
villaggio
Orta
-
Kioi
,
al
di
sopra
del
quale
mostra
la
sua
cupola
luccicante
la
moschea
della
Sultana
Validè
,
madre
d
'
Abdul
-
Aziz
,
e
sporge
i
suoi
tetti
graziosi
il
palazzo
di
Riza
-
Pascià
;
ai
piedi
d
'
una
collina
,
sulla
cui
cima
,
in
mezzo
a
una
folta
vegetazione
,
s
'
alzano
le
muraglie
bianche
e
leggiere
del
chiosco
imperiale
della
Stella
.
Orta
-
Kioi
è
abitato
da
molti
banchieri
armeni
,
franchi
e
greci
.
In
quel
momento
vi
approdava
il
piroscafo
di
Costantinopoli
.
Una
folla
sbarcava
,
un
'
altra
folla
stava
aspettando
sullo
scalo
,
per
imbarcarsi
.
Erano
signore
turche
,
signore
europee
,
ufficiali
,
frati
,
eunuchi
,
zerbinotti
,
fez
,
turbanti
,
cappellini
,
cappelli
a
staio
,
confusi
:
spettacolo
che
si
vede
in
tutte
le
venti
stazioni
del
Bosforo
,
principalmente
la
sera
.
In
faccia
a
Orta
-
Kioi
,
sulla
riva
asiatica
,
brilla
di
mille
colori
,
in
mezzo
a
una
corona
di
ville
,
il
villaggio
di
Cengel
,
dell
'
ancora
,
da
una
vecchia
ancora
di
ferro
che
trovò
su
quella
riva
Maometto
II
;
e
gli
si
alza
alle
spalle
il
chiosco
bianco
,
di
trista
memoria
,
da
cui
Murad
IV
,
roso
da
un
'
invidia
feroce
,
ordinava
la
morte
della
gente
allegra
che
passava
pei
campi
cantando
.
Guardando
daccapo
verso
l
'
Europa
,
ci
troviamo
in
faccia
al
bel
villaggio
e
al
porto
grazioso
di
Kuru
-
Cesmé
,
l
'
antica
Anaplos
,
dove
Medea
,
sbarcata
con
Giasone
,
piantò
l
'
alloro
famoso
;
e
voltandoci
nuovamente
verso
l
'
Asia
,
vediamo
i
due
villaggi
ridenti
di
Kulleli
e
di
Vani
-
Kioi
,
sparsi
lungo
la
riva
,
a
destra
e
a
sinistra
d
'
una
smisurata
caserma
,
simile
a
un
palazzo
reale
,
che
si
specchia
nelle
acque
.
Dietro
ai
due
villaggi
s
'
alza
una
collina
coronata
da
un
grande
giardino
,
in
mezzo
al
quale
biancheggia
,
quasi
tutto
nascosto
dagli
alberi
,
il
chiosco
dove
Solimano
il
Grande
visse
tre
anni
,
nascosto
in
una
piccola
torre
,
per
sottrarsi
alle
ricerche
delle
spie
e
dei
carnefici
di
suo
padre
Selim
.
Mentre
noi
cerchiamo
la
torre
fra
gli
alberi
,
il
bastimento
passa
dinanzi
ad
Arnot
-
Kioi
,
il
villaggio
degli
Albanesi
,
ora
abitato
da
Greci
,
disteso
in
forma
di
mezzaluna
,
sulla
riva
europea
,
intorno
a
un
piccolo
seno
,
pieno
di
bastimenti
a
vela
.
Ma
come
si
può
vedere
ogni
cosa
?
Un
villaggio
ci
ruba
l
'
altro
,
una
bella
moschea
ci
distrae
da
un
paesaggio
gentile
,
e
mentre
si
guardano
i
villaggi
ed
i
porti
,
passano
i
palazzi
dei
vizir
,
dei
pascià
,
delle
Sultane
,
dei
grandi
eunuchi
,
dei
gran
signori
;
case
gialle
,
azzurre
e
purpuree
,
che
paiono
galleggianti
sull
'
acqua
,
vestite
d
'
edera
e
di
liane
,
coperte
di
terrazze
colme
di
fiori
,
e
mezzo
nascoste
in
boschetti
di
cipressi
,
d
'
allori
e
d
'
aranci
;
edifizi
sormontati
da
frontoni
corinzii
e
decorati
di
colonne
di
marmo
bianco
;
villette
svizzere
,
casine
giapponesi
,
piccole
reggie
moresche
,
chioschi
turchi
,
di
tre
piani
,
sporgenti
l
'
uno
sull
'
altro
,
che
sospendono
sull
'
azzurro
del
Bosforo
i
balconi
ingraticolati
degli
arem
,
e
spingono
innanzi
i
loro
piccoli
scali
a
gradinate
e
i
loro
giardinetti
accarezzati
dalla
corrente
;
tutti
piccoli
edifizii
leggeri
e
passeggieri
,
che
rappresentano
appunto
la
fortuna
dei
loro
abitatori
:
il
trionfo
d
'
una
giovinetta
,
il
buon
successo
d
'
un
intrigo
,
un
'
alta
carica
che
sarà
perduta
domani
,
una
gloria
che
finirà
nell
'
esilio
,
una
ricchezza
che
svapora
,
una
grandezza
che
crolla
.
Non
c
'
è
quasi
tratto
delle
due
rive
che
non
sia
coperto
di
case
.
È
una
specie
di
Canal
grande
d
'
una
smisurata
Venezia
campestre
.
Le
ville
,
i
chioschi
,
i
palazzi
s
'
alzano
l
'
un
dietro
l
'
altro
,
disposti
in
modo
che
tutta
la
facciata
di
ciascheduno
è
visibile
,
e
quei
di
dietro
paiono
piantati
sul
tetto
di
quei
davanti
,
e
in
mezzo
agli
uni
e
agli
altri
,
e
di
là
dai
più
lontani
,
tutto
è
verde
,
per
tutto
s
'
alzano
punte
e
chiome
di
quercie
,
di
platani
,
d
'
aceri
,
di
pioppi
,
di
pini
,
di
fichi
,
fra
cui
biancheggiano
fontane
e
scintillano
cupolette
di
turbé
e
di
moschee
solitarie
.
Voltandoci
verso
Costantinopoli
,
vediamo
ancora
,
confusamente
,
la
collina
del
Serraglio
,
e
la
cupola
enorme
di
Santa
Sofia
,
che
nereggia
sul
cielo
limpido
e
dorato
.
Intanto
sparisce
Arnot
-
Kioi
,
Vani
,
Kulleli
,
Cengel
,
Orta
,
e
tutto
è
mutato
intorno
a
noi
.
Par
di
essere
in
un
vasto
lago
.
Una
piccola
baia
si
apre
a
sinistra
,
sulla
riva
europea
;
un
'
altra
piccola
baia
a
destra
,
sulla
riva
asiatica
.
Sulla
riva
di
sinistra
si
stende
a
semicerchio
la
bella
cittadina
greca
di
Bebek
,
ombreggiata
da
alberi
altissimi
,
fra
i
quali
sorge
una
bella
moschea
antica
e
il
chiosco
imperiale
d
'
Humaiun
-
Habad
,
dove
altre
volte
i
Sultani
ricevevano
a
convegni
segreti
gli
ambasciatori
europei
.
Una
parte
della
città
si
nasconde
nella
verzura
folta
d
'
una
piccola
valle
;
un
'
altra
parte
si
sparpaglia
alle
falde
d
'
una
collina
,
coperta
di
quercie
,
sulla
cima
della
quale
è
un
bosco
famoso
per
un
'
eco
potentissima
,
che
risponde
alla
pesta
d
'
un
cavallo
collo
scalpitìo
d
'
uno
squadrone
.
È
un
paesaggio
grazioso
e
ridente
da
incapricciare
una
regina
;
ma
si
dimentica
,
voltandosi
dalla
parte
opposta
.
Qui
la
riva
dell
'
Asia
offre
una
veduta
da
paradiso
terrestre
.
Sopra
un
largo
promontorio
si
distende
,
ad
arco
sporgente
,
il
villaggio
di
Kandilli
,
variopinto
come
un
villaggio
olandese
,
con
una
moschea
bianchissima
,
e
un
folto
corteo
di
villette
;
dietro
al
quale
s
'
alza
la
collina
florida
di
Igiadié
,
sormontata
da
una
torre
merlata
,
che
spia
gl
'
incendii
sulle
due
rive
.
A
destra
di
Kandilli
,
sboccano
sulla
baia
,
a
breve
distanza
l
'
una
dall
'
altra
,
due
valli
:
quella
del
grande
e
quella
del
piccolo
ruscello
celeste
,
fra
le
quali
si
stende
la
prateria
deliziosa
delle
Acque
dolci
d
'
Asia
,
coperta
di
sicomori
,
di
quercie
e
di
platani
,
e
dominata
dal
chiosco
ricchissimo
della
madre
d
'
Abdul
-
Megid
,
disegnato
e
scolpito
sullo
stile
del
palazzo
di
Dolma
-
Bagcé
,
e
circondato
di
alti
giardini
,
rosseggianti
di
rose
.
E
di
là
dal
"
gran
ruscello
celeste
"
si
vedono
ancora
i
mille
colori
del
villaggio
d
'
Anaduli
-
Hissar
,
steso
alle
falde
d
'
un
'
altura
,
su
cui
si
drizzano
le
torri
snelle
del
castello
di
Baiazet
-
Ilderim
,
che
fronteggia
il
castello
di
Maometto
II
,
posto
sulla
riva
europea
.
Tutto
questo
bel
tratto
del
Bosforo
,
in
quel
momento
,
era
pieno
di
vita
.
Nella
baia
di
Europa
guizzavano
centinaia
di
barchette
;
passavano
legni
a
vela
e
a
vapore
,
diretti
al
porto
di
Bebek
;
i
pescatori
turchi
gettavano
le
reti
dai
loro
gabbiotti
aerei
,
sostenuti
sull
'
acqua
da
altissime
travi
incrociate
;
un
piroscafo
di
Costantinopoli
versava
sullo
scalo
della
cittadina
europea
una
folla
di
signore
greche
,
di
Lazzaristi
,
di
allievi
della
scuola
protestante
americana
,
di
famigliuole
cariche
d
'
involti
e
di
vesti
;
e
dalla
parte
opposta
,
si
vedevano
,
col
cannocchiale
,
gruppi
di
signore
musulmane
,
che
passeggiavano
sotto
gli
alberi
delle
Acque
dolci
,
o
stavano
sedute
in
crocchio
sulla
sponda
del
ruscello
celeste
,
mentre
un
gran
numero
di
caicchi
e
di
barche
a
baldacchino
,
piene
di
turchi
e
di
turche
,
andavano
e
venivano
lungo
la
riva
.
Pareva
una
festa
.
Era
un
non
so
che
d
'
arcadico
e
d
'
amoroso
,
che
metteva
voglia
di
buttarsi
giù
dal
bastimento
,
di
raggiungere
a
nuoto
una
delle
due
rive
,
e
di
piantarsi
là
,
e
di
dire
:
-
Nasca
che
nasca
,
non
mi
voglio
più
muovere
di
qui
;
voglio
vivere
e
morir
qui
,
in
mezzo
a
questa
beatitudine
musulmana
.
Ma
a
un
tratto
lo
spettacolo
cangia
e
tutte
quelle
fantasie
pigliano
il
volo
.
Il
Bosforo
si
stende
diritto
dinanzi
a
noi
,
e
presenta
una
vaga
immagine
del
Reno
;
ma
d
'
un
Reno
ingentilito
,
e
tinto
sempre
dei
colori
caldi
e
pomposi
dell
'
oriente
.
A
sinistra
,
un
cimitero
coperto
da
un
bosco
di
cipressi
e
di
pini
,
rompe
la
linea
delle
case
,
sino
a
quel
punto
non
interrotta
;
e
subito
appresso
,
alle
falde
del
piccolo
monte
roccioso
d
'
Hermaion
,
s
'
innalzano
le
tre
grandi
torri
di
Rumili
-
Hissar
,
il
castello
d
'
Europa
,
circondate
di
avanzi
di
mura
merlate
e
di
torri
minori
,
che
scendono
in
una
gradinata
pittoresca
di
rovine
fin
sull
'
orlo
della
riva
.
È
il
castello
famoso
che
innalzò
Maometto
II
un
anno
prima
della
presa
di
Costantinopoli
,
malgrado
le
calde
rimostranze
di
Costantino
,
i
cui
ambasciatori
,
come
tutti
sanno
,
furono
rimandati
indietro
minacciati
di
morte
.
È
quello
il
punto
in
cui
è
più
impetuosa
la
corrente
(
chiamata
perciò
"
gran
corrente
"
dai
Greci
e
corrente
di
Satana
dai
Turchi
)
ed
è
pure
il
tratto
più
stretto
del
Bosforo
,
non
distando
le
due
rive
che
poco
più
di
cinquecento
metri
.
Là
fu
gettato
da
Mandocle
di
Samo
il
ponte
di
barche
su
cui
passarono
i
settecentomila
soldati
di
Dario
,
e
là
pure
si
crede
che
siano
passati
i
diecimila
,
ritornando
dall
'
Asia
.
Ma
non
rimane
più
traccia
nè
delle
due
colonne
di
Mandocle
,
nè
del
trono
scavato
nella
roccia
del
monte
Hermaion
,
dal
quale
il
re
persiano
avrebbe
assistito
al
passaggio
del
suo
esercito
.
Un
piccolo
villaggio
turco
sorride
segretamente
,
rannicchiato
ai
piedi
del
castello
,
e
la
riva
asiatica
fugge
sempre
più
verde
e
più
allegra
.
È
una
successione
continua
di
casette
di
barcaioli
e
di
giardinieri
,
di
vallette
che
riboccano
di
vegetazione
,
di
piccoli
seni
solitarii
quasi
coperti
dai
rami
giganteschi
degli
alberi
della
riva
,
sotto
i
quali
passano
lentamente
delle
velette
bianche
di
pescatori
;
di
prati
fioriti
che
scendono
con
un
declivio
dolcissimo
fino
all
'
orlo
della
riva
;
di
piccole
roccie
da
giardino
fasciate
d
'
edera
;
di
piccoli
cimiteri
che
biancheggiano
sulla
sommità
di
alti
poggi
tagliati
a
picco
.
Improvvisamente
,
balza
fuori
sulla
stessa
riva
asiatica
,
il
bel
villaggio
di
Kanlidgié
,
tutto
vermiglio
,
posto
su
due
promontorii
rocciosi
,
contro
i
quali
si
rompono
le
onde
rumorosamente
,
e
ornato
d
'
una
bella
moschea
che
slancia
i
suoi
due
minareti
candidi
fuori
d
'
una
macchia
di
cipressi
e
di
pini
a
ombrello
.
E
qui
ricominciano
a
innalzarsi
i
giardini
,
a
modo
di
belvederi
,
l
'
uno
dietro
l
'
altro
,
e
a
spesseggiare
le
ville
,
fra
le
quali
splende
il
palazzo
incantevole
di
quel
celebre
Fuad
-
Pascià
,
diplomatico
e
poeta
,
vanitoso
,
voluttuoso
e
gentile
,
che
fu
chiamato
il
Lamartine
ottomano
.
Poco
più
innanzi
,
sulla
riva
europea
,
si
mostra
il
villaggio
amenissimo
di
Balta
-
Liman
,
posto
all
'
imboccatura
d
'
una
valletta
,
per
cui
scende
nel
porto
un
piccolo
fiume
,
e
dominato
da
una
collina
sparsa
di
ville
,
fra
le
quali
s
'
alza
l
'
antico
palazzo
di
Rescid
-
Pascià
;
e
poi
la
piccola
baia
d
'
Emir
-
Ghian
-
Ogli
Bagcè
,
tutta
verde
di
cipressi
,
in
mezzo
ai
quali
brilla
d
'
una
bianchezza
di
neve
una
moschea
solitaria
,
lambita
dalle
acque
,
e
sormontata
da
un
grande
globo
irto
di
raggi
d
'
oro
.
Intanto
il
bastimento
s
'
avvicina
ora
all
'
una
ora
all
'
altra
riva
,
e
allora
si
vedono
mille
particolari
del
grande
paesaggio
:
qui
il
vestibolo
del
selamlik
d
'
una
ricca
casa
turca
,
aperto
sulla
sponda
,
in
fondo
al
quale
fuma
un
grosso
maggiordomo
,
coricato
sopra
un
divano
;
là
un
eunuco
,
ritto
sull
'
ultimo
gradino
della
scala
esterna
d
'
una
villa
,
che
aiuta
due
turche
velate
a
scendere
in
un
caicco
;
più
oltre
un
giardinetto
circondato
di
siepi
,
e
quasi
interamente
coperto
da
un
platano
,
ai
piedi
del
quale
riposa
,
a
gambe
incrociate
,
un
vecchio
turco
dalla
barba
bianca
,
che
medita
sul
Corano
;
famiglie
di
villeggianti
raccolte
sulle
terrazze
;
branchi
di
capre
e
di
pecore
che
pascolano
per
i
prati
alti
;
cavalieri
che
galoppano
lungo
la
riva
,
carovane
di
cammelli
che
passano
sulla
sommità
delle
colline
,
disegnando
i
loro
contorni
bizzarri
sul
cielo
sereno
.
All
'
improvviso
il
Bosforo
s
'
allarga
,
la
scena
cangia
,
siamo
di
nuovo
fra
due
baie
,
nel
mezzo
d
'
un
vasto
lago
.
A
sinistra
è
una
baia
stretta
e
profonda
,
intorno
alla
quale
gira
la
cittadina
greca
d
'
Istenia
;
Sosthenios
,
dal
tempio
e
dalla
statua
alata
che
innalzarono
là
gli
Argonauti
,
in
onore
del
Genio
tutelare
che
li
aveva
resi
vittoriosi
nella
lotta
contro
Amico
,
re
di
Bebrice
.
Grazie
a
una
leggera
curva
che
descrive
il
bastimento
verso
l
'
Europa
,
vediamo
distintamente
i
caffè
e
le
casette
schierate
lungo
la
riva
,
le
piccole
ville
sparse
fra
gli
olivi
e
i
vigneti
,
la
valle
che
sbocca
nel
porto
,
il
torrentello
che
precipita
da
un
'
altura
e
la
famosa
fontana
moresca
di
marmo
bianco
nitidissimo
,
ombreggiata
da
un
gruppo
d
'
aceri
enormi
,
da
cui
spenzolano
le
reti
dei
pescatori
,
in
mezzo
a
un
va
e
vieni
di
donnine
greche
,
che
portano
le
anfore
sul
capo
.
In
faccia
a
Istenia
,
sopra
la
baia
della
riva
asiatica
,
fa
capolino
,
fra
gli
alberi
,
il
villaggio
turco
di
Cibulkú
,
dove
c
'
era
il
convento
rinomato
dei
Vigili
,
che
pregavano
e
cantavano
,
senza
interruzione
,
il
giorno
e
la
notte
.
Le
due
rive
del
Bosforo
sono
piene
,
da
un
mare
all
'
altro
,
delle
memorie
di
questi
cenobiti
e
anacoreti
fanatici
del
quinto
secolo
,
che
erravano
per
i
colli
,
carichi
di
croci
e
di
catene
,
tormentati
da
cilici
e
da
collari
di
ferro
,
o
che
stavano
settimane
e
mesi
,
immobili
sulla
cima
d
'
una
colonna
o
d
'
un
albero
,
intorno
a
cui
andavano
a
prostrarsi
,
a
digiunare
,
a
pregare
,
a
percotersi
il
petto
principi
,
soldati
,
magistrati
e
pastori
,
invocando
una
benedizione
o
un
consiglio
,
come
una
grazia
di
Dio
.
Ma
è
un
potere
singolare
che
ha
il
Bosforo
,
quello
di
sviare
irresistibilmente
dal
passato
il
pensiero
del
viaggiatore
che
scorra
per
le
prime
volte
lungo
le
sue
rive
.
Tutti
i
ricordi
,
tutte
le
immagini
più
grandi
,
più
belle
o
più
tristi
,
che
possa
fornire
la
storia
o
la
leggenda
di
quei
luoghi
,
rimangono
offuscate
,
soverchiate
,
sto
per
dire
sepolte
da
quel
rigoglio
prodigioso
di
vegetazione
,
da
quello
sfolgorio
di
colori
festosi
,
da
quella
esuberanza
di
vita
,
dalla
giovinezza
poderosa
e
superba
di
quella
bella
natura
tutta
sorriso
e
tutta
festa
.
Bisogna
fare
uno
sforzo
per
credere
che
in
quelle
acque
,
in
mezzo
a
quella
bellezza
fatata
,
abbiano
potuto
urtarsi
furiosamente
,
ardersi
e
insanguinarsi
,
le
flotte
dei
bulgari
,
dei
goti
,
degli
eruli
,
dei
bizantini
,
dei
russi
,
dei
turchi
.
I
castelli
medesimi
,
che
coronano
le
colline
,
non
destano
nemmeno
un
'
idea
di
quel
sentimento
di
terrore
poetico
,
che
ispirano
in
altri
luoghi
le
rovine
di
quella
natura
;
e
paion
piuttosto
una
decorazione
artificiale
del
paesaggio
,
che
monumenti
veri
di
guerra
,
che
un
giorno
abbiano
vomitato
la
morte
.
Tutto
è
come
velato
da
una
tinta
di
languore
e
di
dolcezza
che
non
desta
se
non
pensieri
sereni
e
un
desiderio
immenso
di
pace
.
Di
là
da
Istenia
il
Bosforo
s
'
allarga
ancora
,
e
il
bastimento
arriva
in
pochi
minuti
in
un
punto
da
cui
si
gode
la
più
stupenda
veduta
di
quante
se
ne
sono
offerte
sinora
ai
nostri
occhi
.
Voltandoci
verso
l
'
Europa
,
abbiamo
davanti
la
piccola
città
greca
ed
armena
di
Ieni
-
Kioi
,
posta
alle
falde
d
'
un
'
alta
collina
coperta
di
vigneti
e
di
boschetti
di
pini
,
e
distesa
ad
arco
sporgente
sopra
una
riva
rocciosa
,
contro
cui
si
rompe
la
corrente
con
grande
strepito
;
e
un
po
'
più
in
là
,
la
bellissima
baia
di
Kalender
,
piena
di
barchette
,
contornata
di
casette
da
giardino
,
e
inghirlandata
da
una
vegetazione
lussureggiante
,
sopra
la
quale
sporgono
le
terrazze
aeree
d
'
un
chiosco
imperiale
.
Voltandoci
indietro
,
abbiamo
davanti
la
riva
asiatica
che
s
'
incurva
in
un
grande
arco
,
formando
un
meraviglioso
anfiteatro
di
colli
,
di
villaggi
e
di
porti
.
È
Indgir
-
Kioi
,
il
villaggio
dei
fichi
,
coronato
di
giardini
;
accanto
a
Indgir
-
Kioi
,
Sultanié
,
che
par
nascosto
in
un
bosco
;
dopo
Sultanié
,
il
grosso
villaggio
di
Beikos
,
circondato
di
orti
e
di
vigneti
,
e
ombreggiato
da
altissimi
noci
,
il
quale
si
specchia
nel
più
bel
golfo
del
Bosforo
,
che
è
l
'
antico
golfo
dove
il
re
di
Bebrice
fu
vinto
da
Polluce
,
e
dov
'
era
l
'
alloro
prodigioso
che
faceva
impazzire
chi
ne
toccava
le
foglie
;
e
di
là
da
Beikos
,
lontano
,
il
villaggio
di
Iali
,
l
'
antica
Amea
,
che
non
par
più
che
un
mucchio
di
fiori
gialli
e
vermigli
sopra
un
grande
tappeto
verde
.
Ma
questo
non
è
che
un
abbozzo
del
grande
quadro
.
Bisogna
immaginare
le
forme
indescrivibilmente
gentili
di
quei
colli
,
che
si
vorrebbero
accarezzare
colla
mano
;
quegli
innumerevoli
piccolissimi
villaggi
senza
nome
,
che
paiono
messi
là
dalla
mano
d
'
un
pittore
;
quella
vegetazione
di
tutti
i
climi
,
quelle
architetture
di
tutti
i
paesi
,
quelle
gradinate
di
giardini
,
quelle
cascatelle
d
'
acqua
,
quelle
ombre
cupe
,
quelle
moschee
luccicanti
,
quell
'
azzurro
picchiettato
di
vele
bianche
e
quel
cielo
rosato
dal
tramonto
.
Ma
arrivato
là
provai
anch
'
io
un
senso
di
sazietà
,
come
lo
provan
quasi
tutti
,
a
un
certo
punto
del
Bosforo
.
Stanca
quella
successione
interminabile
di
linee
molli
e
di
colori
ridenti
.
È
una
monotonia
di
gentilezza
e
di
grazia
in
cui
il
pensiero
si
addormenta
.
Si
vorrebbe
veder
sorgere
tutt
'
a
un
tratto
sopra
una
di
quelle
rive
una
roccia
smisurata
e
deforme
o
stendersi
un
lunghissimo
tratto
di
spiaggia
deserta
e
triste
,
sparsa
degli
avanzi
d
'
un
naufragio
.
E
allora
,
per
distrarsi
,
non
c
'
è
che
a
fissar
l
'
attenzione
sulle
acque
.
Il
Bosforo
pare
un
porto
continuo
.
Si
passa
accanto
alle
corazzate
splendide
dell
'
armata
ottomana
;
in
mezzo
a
flotte
di
bastimenti
mercantili
di
tutti
i
paesi
,
dalle
vele
variopinte
e
dalle
poppe
bizzarre
,
affollate
di
gente
strana
;
s
'
incontrano
i
legni
dalle
forme
antiche
dei
porti
asiatici
del
Mar
Nero
,
e
le
piccole
corvette
eleganti
delle
Ambasciate
;
passano
,
come
saette
,
le
barchette
a
vela
dei
signori
,
che
volano
a
gara
,
sotto
gli
occhi
degli
spettatori
schierati
sulla
riva
;
barche
di
tutte
le
forme
,
piene
di
gente
di
tutti
i
colori
,
si
spiccano
o
approdano
ai
mille
piccoli
scali
dei
due
continenti
;
i
caicchi
rimorchiati
guizzano
in
mezzo
a
lunghe
file
di
barconi
carichi
di
mercanzie
;
le
lancie
imbandierate
dei
marinai
si
incrociano
colle
zattere
dei
pescatori
,
coi
caicchi
dorati
dei
Pascià
,
coi
piroscafi
di
Costantinopoli
,
pieni
di
turbanti
,
di
fez
e
di
veli
,
che
attraversano
il
canale
a
zig
zag
per
toccare
tutte
le
stazioni
.
E
siccome
anche
il
nostro
bastimento
va
innanzi
serpeggiando
,
così
tutto
questo
spettacolo
par
che
ci
giri
intorno
:
i
promontorii
si
spostano
,
le
colline
cambiano
inaspettatamente
di
forma
,
i
villaggi
si
nascondono
e
poi
ricompaiono
in
un
nuovo
aspetto
,
e
davanti
e
dietro
di
noi
,
ora
il
Bosforo
si
chiude
come
un
lago
,
ora
s
'
apre
e
lascia
vedere
una
fuga
di
laghi
e
di
colli
lontani
;
poi
,
tutt
'
a
un
tratto
,
le
colline
tornano
a
congiungersi
davanti
e
di
dietro
,
e
si
rimane
in
una
conca
verde
da
cui
non
si
capisce
come
si
potrà
uscire
;
ma
s
'
ha
appena
il
tempo
di
scambiar
dieci
parole
con
un
vicino
,
che
già
la
conca
è
sparita
,
e
si
vedono
intorno
nuove
alture
,
nuove
città
,
nuovi
porti
.
Si
è
fra
la
baia
di
Terapia
,
-
Pharmacia
,
dei
veleni
di
Medea
-
,
e
la
baia
di
Hunchiar
Iskelessi
,
scalo
dei
Sultani
,
dove
fu
segnato
nel
1833
il
trattato
famoso
che
chiuse
i
Dardanelli
alle
flotte
straniere
.
Qui
lo
spettacolo
del
Bosforo
è
al
penultimo
grado
della
sua
bellezza
.
Terapia
è
la
più
splendida
cittadina
che
orni
le
sue
rive
,
dopo
Bujukderè
,
e
la
valle
che
si
apre
dietro
la
baia
di
Hunchiar
-
Iskelessi
è
la
più
verde
,
la
più
cara
,
la
più
poetica
valle
che
si
possa
ammirare
fra
il
Mar
di
Marmara
e
il
Mar
Nero
.
Terapia
si
stende
in
parte
sopra
una
riva
diritta
,
ai
piedi
di
una
grande
collina
,
e
parte
intorno
a
un
seno
profondo
,
che
è
il
suo
porto
,
pieno
di
bastimenti
e
di
barche
,
sul
quale
sbocca
la
valletta
di
Krio
-
nero
,
in
cui
un
'
altra
parte
della
città
s
'
appiatta
fra
la
verzura
.
La
riva
del
mare
è
tutta
coperta
di
caffè
pittoreschi
,
che
sporgono
sull
'
acqua
,
di
alberghi
signorili
,
di
casette
pompose
,
di
gruppi
d
'
alberi
altissimi
,
che
ombreggiano
piazzette
e
fontane
;
di
là
dai
quali
s
'
alzano
i
palazzi
d
'
estate
delle
Ambasciate
di
Francia
,
d
'
Italia
e
di
Inghilterra
,
e
sopra
questi
,
un
chiosco
imperiale
;
e
tutt
'
intorno
,
e
su
per
la
collina
,
terrazze
su
terrazze
,
giardini
su
giardini
,
ville
su
ville
,
boschetti
sopra
boschetti
;
e
gente
vestita
di
vivi
colori
formicola
nei
caffè
,
nel
porto
,
sulle
rive
,
su
per
i
sentieri
delle
alture
,
come
in
una
piccola
metropoli
in
festa
.
Dalla
parte
dell
'
Asia
,
invece
,
tutto
è
pace
.
Il
piccolo
villaggio
di
Hunchiar
-
Iskelessi
,
soggiorno
prediletto
dei
ricchi
armeni
di
Costantinopoli
,
dorme
fra
i
platani
e
i
cipressi
,
intorno
al
suo
piccolo
porto
,
percorso
da
poche
barchette
furtive
;
di
là
dal
villaggio
,
sulla
cima
d
'
una
vasta
scala
di
giardini
,
torreggia
,
solitario
,
il
chiosco
magnifico
d
'
Abdul
-
Aziz
;
e
di
là
dal
chiosco
svolta
e
si
nasconde
,
in
mezzo
a
uno
sfarzo
indescrivibile
di
vegetazione
tropicale
,
la
valle
favorita
dei
Padiscià
,
piena
di
misteri
e
di
sogni
.
Ma
tutta
questa
bellezza
non
par
più
nulla
,
un
miglio
più
innanzi
,
quando
il
bastimento
è
arrivato
davanti
al
golfo
di
Bujuk
-
deré
.
Qui
è
la
maestà
e
la
grazia
suprema
del
Bosforo
.
Qui
chi
era
già
stanco
della
sua
bellezza
,
ed
aveva
pronunciato
irriverentemente
il
suo
nome
,
si
scopre
la
fronte
,
e
gli
domanda
perdono
.
Si
è
in
mezzo
a
un
vasto
lago
coronato
di
meraviglie
,
che
ispira
l
'
idea
di
mettersi
a
girare
,
come
i
dervis
,
sulla
prora
del
bastimento
,
per
veder
tutte
le
rive
e
tutte
le
colline
in
un
punto
.
Sulla
riva
d
'
Europa
,
intorno
a
un
golfo
profondo
,
dove
va
a
morire
la
corrente
in
molli
ondulazioni
,
alle
falde
d
'
una
grande
collina
,
sparsa
di
ville
innumerevoli
,
s
'
allarga
la
città
di
Bujuk
-
derè
,
vasta
,
colorita
come
un
'
immensa
aiuola
di
fiori
,
tutta
palazzine
,
chioschi
e
villette
tuffate
in
una
verzura
vivissima
,
che
par
che
esca
dai
tetti
e
dai
muri
,
e
colmi
le
strade
e
le
piazze
.
La
città
si
stende
a
destra
fino
ad
un
piccolo
seno
,
che
è
come
un
golfo
nel
golfo
,
intorno
a
cui
gira
il
villaggio
di
Kefele
-
Kioi
;
e
dietro
a
questo
s
'
apre
una
larga
vallata
,
tutta
verde
di
praterie
,
e
biancheggiante
di
case
,
per
la
quale
si
va
al
grande
acquedotto
di
Mahmud
e
alla
foresta
di
Belgrado
.
È
la
valle
in
cui
,
giusta
la
tradizione
,
si
sarebbe
accampato
nel
1096
l
'
esercito
della
prima
crociata
;
e
uno
dei
sette
platani
giganteschi
,
a
cui
il
luogo
deve
la
sua
fama
,
è
chiamato
il
platano
di
Goffredo
di
Buglione
.
Di
là
da
Kefele
-
Kioi
,
s
'
apre
un
'
altra
baia
,
verde
di
cipressi
e
bianca
di
case
,
e
di
là
dalla
baia
,
si
vede
ancora
Terapia
,
sparpagliata
ai
piedi
della
sua
collina
verdecupa
.
Arrivati
fin
là
collo
sguardo
,
ci
si
volta
indietro
,
verso
l
'
Asia
,
e
si
prova
un
sentimento
vivissimo
di
sorpresa
.
Si
è
dinanzi
al
più
alto
monte
del
Bosforo
,
il
monte
del
Gigante
,
della
forma
d
'
una
enorme
piramide
verde
,
dov
'
è
il
sepolcro
famoso
,
chiamato
da
tre
leggende
"
letto
d
'
Ercole
,
fossa
d
'
Amico
,
tomba
di
Giosuè
giudice
degli
Ebrei
;
"
custodito
ora
da
due
dervis
e
visitato
dai
musulmani
infermi
,
che
vanno
a
deporvi
i
brandelli
dei
loro
vestiti
.
Il
monte
spinge
le
sue
falde
alberate
e
fiorite
fin
sulla
riva
,
dove
,
fra
due
promontorii
verdeggianti
,
s
'
apre
la
bella
baia
d
'
Umuryeri
,
macchiettata
di
cento
colori
dalle
case
d
'
un
villaggio
musulmano
disperso
capricciosamente
sulle
sue
sponde
,
al
quale
fanno
ala
altri
branchi
di
villini
e
di
casette
,
disseminate
,
come
fiori
buttati
via
,
per
le
praterie
e
per
le
alture
vicine
.
Ma
lo
spettacolo
non
è
tutto
in
questo
cerchio
.
Diritto
in
faccia
a
noi
luccica
il
Mar
Nero
;
e
voltandoci
verso
Costantinopoli
,
si
vede
ancora
,
di
là
da
Terapia
,
in
una
lontananza
violacea
e
confusa
,
la
baia
di
Kalender
,
Kieni
-
Kioi
,
Indgir
-
Kioi
,
Sultanié
,
che
paiono
,
piuttosto
che
prospetti
veri
,
vedute
immaginarie
d
'
un
mondo
remoto
.
Il
sole
tramonta
;
la
riva
d
'
Europa
comincia
a
velarsi
di
ombre
azzurrine
e
cineree
;
la
riva
d
'
Asia
è
ancora
dorata
;
le
acque
lampeggiano
;
sciami
di
barchette
,
cariche
di
mariti
e
d
'
amanti
,
reduci
da
Costantinopoli
,
corrono
verso
la
riva
europea
,
incontrate
,
arrestate
,
circuite
da
altre
barchette
,
cariche
di
signore
e
di
fanciulli
,
che
vengono
dalle
ville
;
dai
caffè
di
Bujukderè
ci
arrivano
suoni
interrotti
di
musiche
e
di
canti
;
le
aquile
ruotano
sopra
la
montagna
del
Gigante
,
i
marki
bianchi
svolazzano
lungo
la
riva
,
gli
alcioni
radono
le
acque
,
i
delfini
guizzano
intorno
al
bastimento
,
l
'
aria
fresca
del
Mar
Nero
ci
soffia
nel
viso
.
Dove
siamo
?
Dove
andiamo
?
È
un
momento
d
'
illusione
e
d
'
ebbrezza
,
in
cui
i
ricordi
di
tutto
quello
che
vediamo
da
due
ore
sulle
due
rive
del
Bosforo
,
si
confondono
nella
nostra
mente
nella
immagine
d
'
una
sola
prodigiosa
città
,
dieci
volte
più
grande
di
Costantinopoli
,
abitata
da
popoli
di
tutta
la
terra
,
privilegiata
di
tutti
i
favori
di
Dio
,
e
abbandonata
a
una
festa
perpetua
,
che
ci
riempie
di
tristezza
e
d
'
invidia
.
Ma
questa
è
l
'
ultima
visione
.
Il
bastimento
esce
rapidamente
fuori
del
golfo
di
Buiukderé
.
Vediamo
a
sinistra
il
villaggio
di
Sariyer
,
circondato
di
cimiteri
,
dinanzi
al
quale
s
'
apre
una
piccola
baia
,
formata
da
quell
'
antico
promontorio
di
Simas
,
dove
s
'
innalzava
il
tempio
a
Venere
meretricia
,
oggetto
d
'
un
culto
particolare
dei
naviganti
greci
;
poi
il
villaggio
di
Jeni
-
Makallé
;
poi
il
forte
di
Teli
-
Tabia
,
che
fa
fronte
a
un
altro
piccolo
forte
posto
sulla
riva
asiatica
,
ai
piedi
del
monte
del
Gigante
;
poi
il
castello
Rumili
-
Cavak
,
che
segna
i
suoi
contorni
severi
sul
cielo
rosato
dagli
ultimi
chiarori
del
crepuscolo
.
Sull
'
altra
riva
,
di
fronte
a
Rumili
-
Kavak
,
s
'
alza
un
'
altra
fortezza
,
la
quale
corona
il
promontorio
,
ove
sorgeva
il
tempio
dei
dodici
Dei
,
costrutto
dall
'
argivo
Frygos
,
vicino
a
quello
di
Giove
"
distributore
dei
venti
propizii
"
,
fondato
dai
Calcedonesi
,
e
convertito
poi
da
Giustiniano
in
una
chiesa
consacrata
all
'
arcangelo
Michele
.
È
quello
il
punto
dove
il
Bosforo
si
restringe
per
l
'
ultima
volta
,
fra
l
'
estremo
contrafforte
delle
montagne
di
Bitinia
e
l
'
estrema
punta
della
catena
dell
'
Hemus
;
considerato
sempre
come
la
prima
porta
del
canale
,
da
difendersi
contro
le
invasioni
del
Settentrione
,
e
teatro
,
perciò
,
di
lotte
ostinate
fra
bizantini
e
barbari
,
fra
veneziani
e
genovesi
.
Due
castelli
genovesi
,
posti
l
'
uno
in
faccia
all
'
altro
,
fra
i
quali
era
stesa
una
catena
di
ferro
che
chiudeva
il
canale
,
mostrano
ancora
confusamente
,
là
presso
,
le
loro
torri
e
le
loro
mura
rovinate
.
Da
quel
punto
il
Bosforo
va
diritto
,
gradatamente
allargandosi
,
al
mare
;
le
due
rive
sono
alte
e
ripide
,
come
due
enormi
bastioni
,
e
non
mostrano
più
che
qualche
gruppo
di
case
meschine
,
qualche
torre
solitaria
,
qualche
rovina
di
monastero
,
qualche
avanzo
di
moli
e
d
'
argini
antichi
.
Dopo
un
lungo
tragitto
,
vediamo
ancora
scintillare
sulla
riva
europea
i
lumi
del
villaggio
di
Buiuk
-
Liman
,
e
dall
'
altra
parte
la
lanterna
d
'
una
fortezza
,
che
domina
il
promontorio
dell
'
Elefante
;
poi
,
a
sinistra
,
la
gran
massa
rocciosa
dell
'
antica
Gipopoli
,
dove
sorgeva
il
palazzo
di
Fineo
,
infestato
dalle
Arpie
;
e
a
destra
la
fortezza
del
capo
Poiraz
,
che
ci
appare
come
una
vaga
macchia
oscura
sul
cielo
grigiastro
.
Qui
le
rive
sono
lontanissime
;
il
canale
par
già
un
grande
golfo
;
la
notte
discende
,
la
brezza
marina
geme
fra
i
cordami
del
bastimento
,
e
il
tristo
mare
cimmerium
stende
dinanzi
a
noi
il
suo
infinito
orizzonte
livido
e
inquieto
.
Ma
il
pensiero
non
si
può
ancora
staccare
da
quelle
rive
piene
di
poesia
e
di
memorie
,
non
più
sopraffatte
dalla
bellezza
della
natura
;
e
vola
,
a
sinistra
,
ai
piedi
dei
piccoli
Balcani
,
a
cercare
la
torre
d
'
Ovidio
esule
,
e
la
muraglia
meravigliosa
d
'
Anastasio
;
e
vaga
,
a
destra
,
per
una
vasta
terra
vulcanica
,
a
traverso
le
foreste
infestate
dai
cinghiali
e
dagli
sciacalli
,
in
mezzo
alle
capanne
d
'
un
popolo
selvaggio
e
malnoto
,
di
cui
ci
par
di
vedere
le
ombre
bizzarre
affollate
sull
'
alta
riva
,
che
c
'
imprechino
un
viaggio
malavventurato
sulle
fera
litora
Ponti
.
Due
punti
luminosi
rompono
per
l
'
ultima
volta
l
'
oscurità
,
come
gli
occhi
ardenti
di
due
ciclopi
,
messi
a
guardia
dello
stretto
fatato
:
l
'
Anaduli
-
Fanar
,
il
fanale
dell
'
Asia
,
a
destra
;
e
il
Rumili
-
Fanar
a
sinistra
,
ai
piedi
del
quale
le
Simplegadi
favolose
ci
mostrano
ancora
vagamente
,
nell
'
ombra
della
riva
,
i
profili
tormentati
delle
loro
roccie
.
Poi
i
due
lidi
dell
'
Europa
e
dell
'
Asia
non
son
più
che
due
striscie
nere
,
e
poi
quocumque
adspicias
,
nihil
est
nisi
pontus
et
aer
,
come
cantava
il
povero
Ovidio
.
Ma
la
vedo
ancora
,
la
mia
Costantinopoli
,
dietro
a
quelle
due
rive
nere
scomparse
;
la
vedo
più
grande
e
più
luminosa
ch
'
io
non
l
'
abbia
mai
veduta
dal
ponte
della
Sultana
Validé
e
dalle
alture
di
Scutari
;
e
le
parlo
e
la
saluto
e
l
'
adoro
come
l
'
ultima
e
la
più
cara
visione
della
mia
giovinezza
che
tramonta
.
Ma
uno
spruzzo
improvviso
d
'
acqua
salsa
m
'
innaffia
il
volto
e
mi
butta
in
terra
il
cappello
;
-
mi
sveglio
;
-
mi
guardo
intorno
;
-
la
prora
è
deserta
,
il
cielo
è
nebbioso
,
un
vento
rigido
d
'
autunno
mi
agghiaccia
le
ossa
,
il
mio
buon
Yunk
,
preso
dal
mal
di
mare
,
m
'
ha
lasciato
;
non
sento
più
che
il
tintinnio
delle
lanterne
e
lo
scricchiolìo
del
bastimento
che
fugge
,
sballottato
dalle
onde
,
nell
'
oscurità
della
notte
....
Il
mio
bel
sogno
orientale
è
finito
.
FINE
.