StampaPeriodica ,
Quante
volte
negli
ultimi
quindici
anni
si
è
provato
ad
immaginare
in
che
modo
Abdel
Gamal
Nasser
sarebbe
uscito
dalla
scena
politica
?
Pochi
ammettevano
che
egli
sarebbe
morto
,
come
invece
è
avvenuto
,
per
malattia
naturale
,
nel
suo
palazzo
presidenziale
del
Cairo
.
Specie
in
Italia
dove
un
buon
numero
di
commentatori
politici
e
uomini
pubblici
sembrava
non
aver
dubbi
in
proposito
:
il
presidente
egiziano
avrebbe
finito
i
suoi
giorni
in
modo
violento
,
vittima
di
un
attentato
da
parte
di
uno
dei
suoi
molti
nemici
o
processato
sommariamente
e
giustiziato
come
si
conveniva
ad
un
«
dittatore
fascista
»
del
suo
stampo
.
Coloro
che
a
lungo
hanno
detto
e
scritto
queste
cose
,
con
incredibile
e
puntuale
monotonia
(
anche
se
oggi
tendono
a
dimenticare
simili
giudizi
)
non
dimostravano
solo
una
approssimativa
conoscenza
della
natura
del
fascismo
(
che
come
movimento
reazionario
di
massa
,
antioperaio
e
antisindacale
,
presuppone
l
'
esistenza
di
una
società
industriale
sviluppata
)
;
ma
ancor
più
rivelavano
di
ignorare
le
tradizioni
,
le
strutture
sociali
e
culturali
,
i
problemi
e
quindi
le
condizioni
di
vita
politica
dei
paesi
arretrati
del
Terzo
Mondo
ai
quali
l
'
Egitto
indubbiamente
apparteneva
e
ancor
oggi
appartiene
.
Le
masse
che
la
sera
di
lunedì
,
al
momento
in
cui
radio
Cairo
ha
dato
l
'
annuncio
della
morte
di
Nasser
,
si
sono
riversate
piangenti
nelle
strade
e
nelle
piazze
della
capitale
egiziana
,
hanno
dato
la
migliore
risposta
circa
il
carattere
dittatoriale
del
governo
dell
'
uomo
appena
scomparso
.
Il
fatto
tuttavia
che
questi
giudizi
abbiano
a
lungo
prevalso
specie
in
Italia
,
ha
avuto
un
peso
notevole
nell
'
evoluzione
politica
del
Medio
Oriente
.
Solo
in
uno
sfondo
di
estremismo
si
possono
spiegare
infatti
le
successive
decisioni
«
punitive
»
dell
'
Occidente
,
dal
rifiuto
della
vendita
di
armi
della
primavera
1955
all
'
improvviso
ritiro
del
finanziamento
per
la
diga
di
Assuan
,
fino
alla
follia
della
spedizione
anglo
francese
di
Suez
dell
'
ottobre
1956
e
alla
guerra
fredda
degli
anni
successivi
.
Nessuno
può
sapere
quali
,
in
circostanze
diverse
,
sarebbero
stati
gli
sviluppi
di
questo
scacchiere
così
delicato
e
fondamentale
.
È
certo
che
a
distanza
di
anni
,
dopo
tutto
quello
che
da
allora
è
successo
nel
mondo
,
dopo
che
le
potenze
ex
coloniali
hanno
dovuto
incassare
ben
altri
colpi
al
loro
orgoglio
e
al
loro
prestigio
,
appare
chiaro
che
col
suo
boicottaggio
verso
il
leader
dei
giovani
ufficiali
egiziani
l
'
Occidente
dimostrava
solo
la
propria
inadeguatezza
a
comprendere
il
moto
storico
di
fronte
al
quale
si
trovava
,
la
propria
incapacità
ad
accettare
il
tentativo
dei
popoli
sottosviluppati
di
liberarsi
dai
vincoli
e
dalle
servitù
a
cui
ancora
erano
sottoposti
.
Le
maggiori
doti
di
intuizione
furono
dimostrate
,
in
quegli
anni
decisivi
,
dai
dirigenti
del
nuovo
Stato
ebraico
,
nato
da
poco
in
Palestina
.
Sono
ormai
alcuni
anni
che
David
Ben
Gurion
non
nasconde
la
sua
ammirazione
per
Abdel
Gamal
Nasser
,
gli
attribuisce
in
pubbliche
dichiarazioni
e
interviste
la
qualifica
di
grande
uomo
di
Stato
e
di
vero
patriota
.
Se
queste
frasi
dimostrano
un
ripensamento
e
una
correzione
di
precedenti
errori
di
valutazione
,
vanno
accolte
come
tali
.
Ma
i
fatti
dimostrano
che
furono
proprio
Ben
Gurion
e
gli
uomini
a
lui
più
vicini
,
che
sono
poi
quelli
che
costituiscono
l
'
attuale
gruppo
dirigente
israeliano
,
ad
indirizzare
i
rapporti
tra
Tel
Aviv
e
il
Cairo
in
una
strada
senza
uscita
e
a
non
apprezzare
le
opportunità
che
offriva
l
'
ascesa
al
potere
dei
giovani
ufficiali
autori
del
colpo
di
Stato
contro
Faruk
.
Salito
al
potere
con
un
programma
di
riforme
interne
,
Nasser
cercò
infatti
,
nei
primi
anni
del
suo
governo
,
di
smorzare
i
risentimenti
nati
dalla
guerra
anti
-
israeliana
del
194849
.
Questa
azione
avrebbe
avuto
successo
?
A
poco
a
poco
si
sarebbe
arrivati
ad
un
modus
vivendi
accettabile
da
entrambe
le
parti
e
infine
ad
una
vera
pace
?
Difficile
oggi
dirlo
.
È
però
accertato
che
,
mentre
una
parte
dell
'
opinione
pubblica
e
della
stessa
classe
dirigente
israeliana
(
compreso
il
primo
ministro
del
periodo
a
cavallo
tra
il
195455
Moshe
Sharett
)
cercava
di
approfittare
della
situazione
favorevole
per
raggiungere
un
'
intesa
col
Cairo
(
ed
in
effetti
in
quei
mesi
vi
furono
contatti
indiretti
tra
egiziani
e
Israele
attraverso
l
'
ambasciatore
indiano
al
Cairo
,
lo
storico
K.M.
Panikkar
,
e
il
leader
socialista
maltese
Dom
Mintoff
)
,
Ben
Gurion
e
i
suoi
amici
si
muovevano
in
direzione
esattamente
opposta
.
I
loro
sforzi
si
concretarono
prima
nel
complotto
che
va
sotto
il
nome
di
«
affare
Lavon
»
(
il
tentativo
di
organizzare
,
nell
'
estate
del
1954
,
una
serie
di
attentati
in
edifici
di
proprietà
inglese
e
americana
in
Egitto
,
in
modo
da
spingere
Londra
e
Washington
a
scagliarsi
contro
Nasser
e
possibilmente
ad
abbatterlo
)
e
poi
,
otto
mesi
più
tardi
,
nella
spedizione
punitiva
contro
i
campi
dell
'
esercito
egiziano
a
Gaza
che
,
in
risposta
ad
un
limitato
incidente
di
frontiera
,
provocò
la
morte
di
38
soldati
del
Cairo
.
Ben
Gurion
in
quel
momento
era
ritornato
al
governo
,
come
ministro
della
Difesa
,
esattamente
da
due
settimane
.
Otto
mesi
più
tardi
avrebbe
sostituito
Sharett
alla
testa
del
governo
.
La
macchina
che
nell
'
ottobre
del
1956
doveva
portare
alla
prima
campagna
del
Sinai
era
stata
ormai
messa
in
moto
.
L
'
occasione
propizia
offerta
dalla
formazione
al
Cairo
di
un
governo
di
uomini
nuovi
e
non
legati
all
'
impostazione
del
passato
era
stata
definitivamente
perduta
.
Dovevano
passare
esattamente
undici
anni
,
con
in
mezzo
una
nuova
guerra
,
perché
si
tornasse
a
creare
una
situazione
altrettanto
suscettibile
di
sviluppi
positivi
.
Nella
primavera
del
1967
Nasser
,
forse
ingannato
dai
siriani
,
forse
spinto
dai
russi
,
certo
preso
in
un
ingranaggio
che
presto
non
sarebbe
riuscito
più
a
controllare
,
aveva
posto
a
Israele
,
con
la
chiusura
dello
stretto
di
Tiran
,
un
ultimatum
che
lo
Stato
ebraico
,
non
a
torto
,
considerava
inaccettabile
.
La
guerra
che
era
scoppiata
all
'
inizio
di
giugno
aveva
avuto
per
l
'
Egitto
e
per
l
'
intero
fronte
arabo
conseguenze
disastrose
.
Ma
a
distanza
di
due
mesi
,
nonostante
la
rapida
ricostruzione
del
suo
esercito
da
parte
dell
'
URSS
,
Nasser
appariva
disposto
a
trarre
le
conseguenze
da
quanto
era
accaduto
.
Nonostante
le
apparenze
e
gli
slogan
propagandistici
(
i
tre
no
:
alle
trattative
dirette
,
al
riconoscimento
di
Israele
,
ad
un
trattato
di
pace
)
fu
esattamente
questo
il
significato
del
vertice
arabo
di
Kartum
.
Nasser
si
separava
dagli
estremisti
,
smentiva
pubblicamente
i
palestinesi
che
,
attraverso
il
loro
screditato
leader
Shukeri
,
seguitavano
a
invocare
la
distruzione
di
Israele
,
e
si
dichiarava
partigiano
di
una
«
soluzione
politica
»
.
La
vera
portata
di
questa
scelta
apparve
chiara
nel
giro
di
poche
settimane
,
quando
il
governo
del
Cairo
dichiarò
di
accettare
senza
condizioni
la
risoluzione
del
Consiglio
di
Sicurezza
dell
'
ONU
del
22
settembre
1967
(
mentre
israeliani
,
e
siriani
,
si
rifiutavano
di
fare
altrettanto
)
.
Si
può
dire
che
da
allora
questa
decisione
abbia
sempre
costituito
il
filo
conduttore
della
politica
del
Cairo
.
Sia
pure
attraverso
gli
alti
e
bassi
dettati
dalla
tattica
diplomatica
e
dalle
complesse
necessità
della
situazione
interna
e
internazionale
,
Nasser
ha
insistito
sulla
possibilità
di
trovare
un
accordo
negoziato
,
ha
spostato
il
discorso
dal
problema
dell
'
esistenza
di
Israele
a
quello
delle
sue
frontiere
,
fino
ad
accettare
,
nel
luglio
scorso
,
il
piano
Rogers
e
a
tentare
,
pochi
giorni
prima
della
sua
scomparsa
,
la
mediazione
del
conflitto
giordano
.
Questa
ultima
iniziativa
e
gli
avvenimenti
che
l
'
hanno
immediatamente
preceduta
presentano
aspetti
ancora
tutt
'
altro
che
chiari
.
Per
i
primi
due
giorni
dello
scontro
tra
i
beduini
e
i
movimenti
di
resistenza
di
Arafat
e
di
Habash
,
il
Cairo
tace
;
solo
al
terzo
giorno
,
quando
si
profila
il
massacro
dell
'
intera
comunità
palestinese
,
l
'
Egitto
interviene
per
ammonire
Hussein
e
per
arrestare
i
combattimenti
.
Nel
complesso
Nasser
sembra
desiderare
non
la
distruzione
della
guerriglia
ma
certo
un
suo
ridimensionamento
,
possibilmente
sotto
la
guida
del
suo
leader
più
moderato
Yassir
Arafat
.
Realisticamente
il
leader
egiziano
si
rende
infatti
conto
che
,
mentre
una
pace
in
Medio
Oriente
non
potrà
mai
essere
trovata
se
non
verranno
riconosciute
le
giuste
esigenze
del
popolo
palestinese
,
chiedere
la
formazione
di
uno
Stato
unitario
di
arabi
,
ebrei
e
cristiani
(
come
vogliono
Habash
e
Hawtmeh
)
equivale
ad
allontanare
per
sempre
ogni
prospettiva
di
soluzione
negoziata
.
Il
discorso
di
Nasser
si
interrompe
a
questo
punto
e
i
dubbi
che
esso
avrebbe
potuto
essere
proseguito
fino
al
conseguimento
di
un
risultato
positivo
sono
,
oggi
non
meno
di
ieri
,
legittimi
.
Ci
si
può
chiedere
infatti
se
Israele
avrebbe
mai
finito
per
rinunziare
alle
sue
aspirazioni
annessionistiche
,
se
l
'
intera
comunità
palestinese
avrebbe
accettato
la
leadership
di
Arafat
,
se
Hussein
non
avrebbe
ancora
una
volta
ceduto
ai
suoi
estremisti
decisi
a
raggiungere
un
accordo
con
Tel
Aviv
sopra
i
cadaveri
della
guerriglia
,
se
la
Siria
avrebbe
mai
abbandonato
il
campo
degli
intransigenti
.
Ma
nel
caos
della
situazione
mediorientale
quello
del
leader
egiziano
rappresentava
il
solo
filo
logico
,
il
solo
punto
di
riferimento
per
chi
mirava
ad
una
sia
pure
lenta
e
progressiva
pacificazione
.
Ora
invece
le
forze
centrifughe
rischiano
di
prevalere
in
ogni
campo
.
I
n
primo
luogo
tra
i
palestinesi
.
Nasser
,
infatti
,
con
il
suo
immenso
prestigio
poteva
coprire
Arafat
nella
fase
difficile
di
sganciamento
dagli
slogan
massimalistici
e
di
avvicinamento
a
tesi
più
compatibili
con
la
reale
situazione
e
con
i
reali
rapporti
di
forza
.
Sadat
o
qualsiasi
altro
leader
del
Cairo
non
potrà
fare
altrettanto
.
Per
quanto
riguarda
il
futuro
dell
'
Egitto
,
ogni
ipotesi
è
possibile
.
Si
potrà
assistere
alla
riapparizione
di
vecchie
forze
politiche
(
come
i
Fratelli
musulmani
)
,
ad
una
lotta
per
il
potere
tra
le
varie
tendenze
dell
'
esercito
e
l
'
Unione
socialista
araba
o
,
infine
,
alla
caduta
del
paese
in
uno
stato
di
disgregazione
e
di
tensione
.
Né
si
può
infine
escludere
che
,
sotto
la
guida
di
un
nuovo
leader
o
di
un
nuovo
gruppo
dirigente
,
l
'
Egitto
tenda
a
ripiegarsi
su
se
stesso
e
,
anche
per
la
pressione
dei
russi
(
interessati
alla
riapertura
del
canale
di
Suez
)
,
finisca
per
accettare
una
forma
di
pace
separata
con
Israele
,
abbandonando
completamente
i
palestinesi
al
loro
destino
.
In
questo
caso
quello
dei
palestinesi
si
declasserebbe
ad
un
semplice
problema
di
«
polizia
interna
»
per
Israele
.
A
prescindere
da
ogni
considerazione
di
carattere
morale
(
la
storia
conosce
di
simili
infamie
)
è
difficile
credere
che
è
su
queste
basi
che
il
Medio
Oriente
potrà
mai
raggiungere
una
vera
pace
.