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I microbi siamo noi ( Rea Domenico , 1973 )
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Napoli . Mi reco al mercatino della Torretta per acquistare una decina di barattoli di birra e una decina di bottiglie di vino . Il venditore può soddisfare un terzo della mia richiesta . Acque minerali , vino , birra , coca - cola sono andate a ruba . « Siete soddisfatto ? » chiedo all ' uomo . « Mi farebbe piacere vendere così tutti i giorni , ma non in occasioni come queste . Il colera non fa piacere a nessuno . » Nella conversazione s ' intromette una signora , in quel posto per il mio stesso motivo . Ma il termine signora è improprio e sommario . Sarebbe uguale se la definissi semplicemente una donna del popolo . È una persona anziana , ancora fresca , bassa , grossa , tozza di gambe , la faccia larga , di pelle lucida , sguardo luccicante e fiero , mammelle immense a sfasciume e a lava sull ' addome e la pancia , una di quelle cosiddette madri di Napoli , che possono essere tanto state progenitrici di una razza sterminata di figli e nipoti , quanto sterili signorine senza i tratti dello zitellismo , una specie tutta napoletana , nutrita di pane , pasta e insalata e a dimensione di vicolo e di basso . Per rassicurarci dice : « Ce l ' abbiamo fatta con la spagnola e ce la faremo con il colera . Allora io ero ragazzina e ci davano da mangiare l ' aglio crudo . Due , tre spicchi d ' aglio nell ' intestino e i vermi della spagnola se ne fuggivano . Allora la spagnola la portò un soldato dalla guerra e ora il colera qualche marittimo corallaro , con la differenza che allora Napoli odorava , ora puzza . Si cammina nella porcheria , signore mio , dentro i vicoli . Ho lavato e sciacquato il mio basso con la varechina - di lisoformio non se ne trova da nessuna parte - ho ucciso cinque scarafaggi , tolto tutte le formiche e apro solo a chi conosco » . « Dove abita ? » le chiedo . Per lei risponde una seconda signora . Costei è lunga , magra , la pelle olivastra , gli occhi di marrone giallo , cuneiformi , spiritati , la voce gonfia come uscente da una diversa conformazione organica . « Donna Rita abita al Vico Forno , già Vico Cucca . Non sapete dove si trova ? » ( Lo conosco bene . C ' è una trattoria popolarissima . Bisogna addentrarvisi muniti di scafandro . ) « È una gran signora : una pulitona . Sta sempre con le mani nell ' acqua . Prendessero tutti esempio da lei . Che basso ! Che splendore ! Ora non saremmo dove siamo : dentro alla schifezza , dentro alla purcaria , con le zoccole [ topi ] che vanno e vengono , umide di merda e sempre affamate . Nella pulizia generale di questa notte della città di Napoli , mio marito e mio cognato ne hanno uccise quattro . » « Fatica sprecata » risponde la madre di Napoli . « Domani saranno otto . Da cinquant ' anni pulisco il mio basso e da cinquant ' anni lo sporco avanza . È che il basso è sporco di natura . Ha mille buchi , mille fessure e in ognuno di essi , di notte , c ' è sempre un occhio d ' animale che sorveglia . La colpa è del vicolo . Il vicolo è un fiume . Se piove diventa un " lavinaio " . Se va in secco ci crescono ogni sorta di bestie . E tutte vorrebbero entrare a farvi visita : gatti , cani , topi , lumache , lucertole , ragni , vermi , scarafaggi , serpenti , mosche , moschilli e zanzare . Dovreste stare sempre con una scopa in mano . Sono proprio queste bestie che portano dentro i peli e le ali , le farfalline delle malattie . Altro che cozze ! » « Sì , le cozze ! » esclama la lunga . « Ogni mattina dovrebbero fare una pulizia radicale , con la pompa grossa , con acqua e lisoformio e dovrebbero rimettere in servizio i vecchi spazzini : quelli che non si schifavano di mettere le mani dovunque . Questi di oggi , signore mio , vengono con i guanti ... con gli stivali ... » « Qualcuno , l ' avrete visto » aggiunge la madre di Napoli « col fazzoletto sulla bocca , quasi noi fossimo davvero gente infetta ... » « Si prendono le sacchette » riprende la lunga , « e lo sporco a strati resta là dove sta . Ma a loro che cosa importa ? Hanno la goccia fissa tutti i mesi ! » [ il mensile ] . « Vergogna , ci voleva il colera per fare un po ' di pulizia » dice il venditore di acque . « Se ci salviamo , se quella bella Madonna del Rosario ci fa la grazia e ce la deve fare , altrimenti sarebbe troppo un ' ingiustizia , sapete che vi dico » dice la lunga , « che bisogna ringraziare questa specie di colera se rivedremo Napoli un poco più pulita . » Mi dispiace per noi tutti , napoletani e italiani , ma questa conversazione , non insolita e al limite dell ' assurdo nel 1973 , retrodatabile a piacere nella storia napoletana , meritava di esser riportata . Io mi sono limitato ad aggiustare il tiro del linguaggio ; a depurarlo di una serie di anatemi contro la cosiddetta autorità ; ma in essa ci sono tutte le chiavi per aprire le vecchie e cadenti porte del sottomondo napoletano , schiacciato da insulti e vituperi d ' ogni specie e più che in antico staccato , come un satellite alla deriva , dall ' altra Napoli , che ha la funzione di un mero insediamento coloniale . La confusione nasce dal fatto che non sai mai bene se stai rileggendo le pagine più corpose e promiscue dei napoletanisti italiani e stranieri d ' ogni tempo ; se sei in preda continua a un incubo senza schiarite o stai attraversando le vie di una vera città in cui la corte dei miracoli , degli sciancati , degli storpi , degli afflitti , dei miti , dei buoni , dei vinti , della gente che parla da sola , continua a dar spettacolo a entrata continua . Tutti i luoghi comuni , vieti , vecchi , insopportabili , che si debbono rifiutare per un impegno di volontà , come il detto colonialista e razzista « Napoli è una città orientale senza un quartiere occidentale » , alla verifica risultano validi . Sembrano cose di colore , ma poi le smuovi e sotto c ' è la gente che soffre , che patisce e che si brucia il regalo della vita sotto le bandiere del folclore , che è una sporca bandiera di orrori . Trent ' anni fa scrivevo dei trecentomila napoletani che la mattina si alzavano in cerca di qualcosa da fare , oggi l ' esercito si è ingrossato , trent ' anni fa la gente si metteva a vendere carnicotte , lupini , ceci , semi , lumachine , cozze , polipi , bolliti , tutti cibi da porre al bando e , oggi , a Mergellina , alla riviera , sui quartieri , a Porta Capuana e al Vasto e in mille vicoli e labirinti , si contano a migliaia le vecchie con i banchetti davanti che cercano di arrangiare e arraffare la giornata , vendendo ciuciù e mosche , pannocchie arrostite o lesse e parassiti . Allora si diceva fossero commerci , residui di folclore . Oggi come li dobbiamo definire ? Trent ' anni fa andavi al Borgo Marinaro , alle trattorie a mare , ma come dire alle Isole Capoverde e trovavi i ragazzi che per un soldo si tuffavano nell ' acqua e oggi per cento lire fanno lo stesso . Gridano : « A me ! a me ! » e Cristo li solleverebbe nel cielo . Gli uomini li sprofondano sott ' acqua . Trent ' anni fa passavano gli uomini - cavallo sotto una carretta in cerca di rifiuti e ogni mattina , in quest ' anno stupefacente , verso le undici appare una madre - cavallo e una figlia - bilancino , carretta dietro , che si chinano a raccogliere qualunque cosa e caricano . Quest ' estate la gente ha cercato di resistere , di far muro al caldo . Ma i bambini piangevano , « sfrenesiavano » e alla fine si sono decisi ad affrontare l ' ultima spiaggia : i bagni popolari lungo i fianchi della costa metropolitana . Mi ci sono recato anche io una mattina . Ma ho dovuto farmi forza . Dirmi : sei come loro , non devi provare schifo e con questo messaggio nell ' animo sono riuscito a discendere dalle cabine palafitte sulla spiaggia . Era di fango . Ci si affondava dentro . Fatto il bagno nell ' acqua nera e spessa come bitume , risalito a riva , dovevi asciugarti all ' impiedi . Un vocio terribile . Richiami stentorei . Le mamme dividevano pane e frittata , pane e melanzane , pane e mortadella , ruoti di maccheroni . Passavano venditori di uva , lupini di mare , cozze , pagnottelle . A vendere e a comprare , a dare e a prendere , tutto con le mani . I ragazzi saltavano , scappavano , entravano e uscivano dall ' acqua , nuotatori formidabili , felicissimi , bellissimi . Ma a quale prezzo ? Un ambiente di dannati . Una promiscuità e una densità ferine . Ammesso il caso che l ' acqua del mare fosse stata pura , la spiaggia molliccia di rifiuti riportava alle condizioni di metodica sporcizia . « La crasse est comme une chemise naturelle dont les napolitains semblent craindre se dépouiller . » Colette ha torto . Se fosse stata una plebea napoletana in quella camicia ci sarebbe entrata per forza anche lei . Quella camicia sembra che ci stia addosso anche quando ce ne siamo disfatti . Qua tutto è vecchio , rognoso , umido , puzzolente ; e lo diventa sempre di più , incarnito , perché per un po ' di pulizia , ben lontana da una raggiunta nettezza , c ' è bisogno del cataclisma di una peste o un colera , della paura collettiva . « L ' autorità » - ente astratto , che chi sa dove si trova - , come dice la gente , addebita alle cozze o all ' arrivo di « un marittimo » infetto il focolaio originario dell ' infezione . E sarà . Ma questa è una giustificazione valida per gli altri paesi non per l ' abitato napoletano dove chiunque , dopo una fuggevole visita , è costretto a domandarsi come mai non vi siano un colera e una peste cronici . Lo sanno bene quelli dell ' altra Napoli i quali , se non vi sono costretti da forza maggiore , evitano di attraversare quartieri come il Pallonetto ; non soltanto per non vedervi la realtà e per non riconoscersi nei loro concittadini , vittime di una nascita sbagliata - giacché stiamo ancora a questo - ma per non venire a contatto con gente , pulitissima per se stessa , ma che entra ed esce da edifizi e fabbriche in cui uno finisce per infarinarsi , se non nella sporcizia , nel cattivo odore , nel muffido di secoli . Del resto il sudiciume nel vicolo è un frutto spontaneo , fatale . Sul vicolo si affacciano i bassi . I bassi sono a forma di piccoli cubi . Aria e luce provengono dal cielo remoto del vicolo . Un ' idea . Il vicolo è inoltre anche entrata , uscita , balcone , terrazzo , spiazzo , pattumiera . Per vivere in lindura ci vorrebbero degli acrobati . Non bisognerebbe mangiare , lavare le vesti e gl ' indumenti . Bisognerebbe rimanere chiusi dentro , immobili , paralizzati : una imposizione atroce per gente per la quale muoversi , uscire , entrare , parlare , amare e odiarsi è la vita stessa . Ma la sporcizia non è una mania , una deformazione , una tendenza . È l ' eredità di un ' educazione che non c ' è mai stata . Se oggi i nobili o i paranobili con il seguito degli arricchiti e dei superburocrati vivono a Caracciolo , a Posillipo o a via Petrarca - strade sommariamente pulite - quando vivevano a Spaccanapoli si mantenevano al riparo come sui trampoli al piano nobile e giù , agli altri di cattiva nascita , buttavano gli avanzi . Collegati a questi avanzi c ' è il termine « zandraglia » . Lunghissima la diatriba filologica su questo lessema . Ci hanno messo bocca Croce , Nicolini , Doria e altri numi della storia patria e si è addivenuti a un accordo nel dire che fosse il richiamo dei soldati francesi accampati sui quartieri i quali , dopo il rancio , uscivano fuori la caserma e al grido di : « Zandrà ! Zandrà ! » buttavano sul lastrico , allora privo di fogne , i rimasugli delle loro brodaglie . La gente , ossia i napoletani , non lo si dimentichi , si buttavano carponi e succhiavano la sbobba . È orribile , mortificante , poco snob ricordarlo , ma è vero e documentato . Con questi precedenti c ' è da chiedersi due cose : come mai la nostra razza non si sia estinta e come , oggi , a duecento anni di distanza sprecati in chiacchiere , sarebbe possibile avere un concetto più illuminato e razionale dell ' igiene . Viviamo sul filo del miracolo . I bassi hanno ancora i cessi a terra , spesso in un angolo della cucina . Vi sono trattorie ( a Mergellina ) dove si lavano ancora i piatti nelle bacinelle , dove gli scarafaggi marciano in fila indiana . Prendere un tram o un autobus , via , non è sempre un affare olezzante . Le signore bene ne discendono disgustate . Il ricordo degli inferi corporali le sconvolge . E gli altri ? Le centinaia di migliaia di altri ? Ma chi sono ? Dove sono ? Nell ' altra Napoli . La mancanza di spirito di socialità e di solidarietà ha in questa terra la sua ultima e imprendibile roccaforte .