StampaPeriodica ,
Ho
letto
con
l
'
attenzione
che
gli
è
dovuta
il
Manifesto
de
La
Rivoluzione
Liberale
e
non
mi
dispiace
dire
che
cosa
ne
penso
,
o
meglio
che
cosa
mi
ha
fatto
pensare
.
Premetto
subito
che
sono
,
in
tesi
,
diffidentissimo
di
questi
sunti
storici
introducenti
a
una
dichiarazione
di
politica
militante
,
perciò
mi
occorre
premettere
un
breve
ragionamento
su
codesto
precetto
dell
'
"
aderire
alla
storia
"
.
Carlo
Marx
,
osservando
i
casi
di
vari
popoli
e
di
vari
periodi
,
trovò
che
sotto
molteplici
e
mutevoli
forme
,
si
svolge
in
realtà
continuamente
una
lotta
fra
capitalisti
e
lavoratori
.
Mi
si
passi
questa
traduzione
semplicista
e
volgare
della
teoria
storica
marxista
.
È
per
chiarezza
.
Ora
uno
che
nei
panni
di
Marx
,
avesse
voluto
"
aderire
alla
storia
"
partendo
da
uguali
premesse
,
avrebbe
potuto
dire
e
predicare
,
per
esempio
,
che
la
storicità
e
l
'
immanenza
del
dissidio
delle
classi
erano
accettabili
come
verità
formatrici
di
una
coscienza
generale
eliminante
i
danni
,
le
sciagure
,
le
dispersioni
di
forza
e
di
volontà
causate
dall
'
inutile
contrasto
umano
a
una
legge
eterna
,
e
cosi
via
,
organizzando
una
pratica
di
rassegnazione
.
Invece
Marx
ha
ideato
al
contrario
di
seppellire
la
Storia
,
generando
un
'
attività
soprafattrice
della
dialettica
delle
classi
.
Ora
quale
è
la
giusta
conseguenza
pratica
di
quella
veduta
storica
,
quella
di
Marx
,
o
l
'
altra
del
supposto
antagonista
?
La
conclusione
è
che
l
'
antistoria
di
Marx
é
diventata
storia
con
questo
frutto
,
sempre
stando
a
quella
visione
:
-
che
,
frammezzo
alla
lotta
bruta
delle
classi
in
sé
,
oggi
ci
occorre
considerare
,
in
più
,
una
nuova
forza
,
la
cui
direzione
è
appunto
quella
di
negare
le
classi
.
Di
fronte
al
problema
di
questo
più
,
di
esercitare
cioè
un
'
azione
politica
positiva
in
sequenza
a
certi
fatti
storici
osservati
,
siamo
e
saremo
sempre
a
quel
punto
:
la
Storia
giustifica
ugualmente
soluzioni
discordi
e
opposte
,
perché
è
essa
sempre
una
contraddizione
insoluta
,
o
meglio
,
non
giustifica
nulla
.
Così
è
,
venendo
al
caso
nostro
,
che
tutta
la
questione
sta
nel
tratto
fra
il
primo
comma
e
gli
altri
due
dell
'
epigrafe
del
"
Manifesto
"
.
In
che
modo
e
perché
,
"
una
visione
integrale
e
vigorosa
del
nostro
Risorgimento
"
ci
porta
a
"
lottare
contro
l
'
astrattismo
dei
demagoghi
e
dei
falsi
realisti
"
,
e
fin
qui
passi
,
ma
poi
a
"
inverare
le
formule
empirico
-
individualiste
del
liberismo
classico
all
'
inglese
e
affermare
una
coscienza
moderna
dello
Stato
"
?
O
non
potrebbe
la
Storia
,
visto
che
il
nostro
processo
politico
non
è
stato
che
lo
svolgersi
di
un
riformismo
tendente
al
socialismo
di
Stato
,
consigliarci
di
perfezionare
l
'
esperimento
di
questo
socialismo
di
Stato
,
e
educarci
a
divenir
coscienti
dei
suoi
mezzi
,
dei
suoi
fini
e
delle
sue
possibilità
?
Per
esempio
,
proprio
in
relazione
al
compito
così
limpidamente
proposto
nel
"
Manifesto
"
di
creare
l
'
unità
nazionale
,
non
c
'
è
nessuna
ragione
di
giudicare
inefficace
un
procedimento
socialistico
(
nazionalizzazione
)
.
Non
è
questo
,
per
caso
,
uno
degli
aspetti
dell
'
attuale
esperienza
russa
?
Ma
quando
ci
si
decide
per
una
condotta
liberale
o
socialista
,
fra
la
speculazione
storica
e
la
speculazione
pratica
,
sempre
,
sensibilmente
o
no
,
si
introduce
un
altro
giudizio
:
questo
è
bene
,
questo
è
male
.
Un
giudizio
etico
,
il
quale
,
il
più
delle
volte
,
ha
già
dominato
e
sottomesso
al
suo
talento
anche
il
giudizio
storico
che
lo
precede
.
Detto
questo
non
si
crederà
che
io
dica
per
complimento
che
la
dimostrazione
storica
della
"
incapacità
dell
'
Italia
a
costituirsi
in
organismo
unitario
"
letta
sul
"
Manifesto
"
mi
piace
,
voglio
dire
,
mi
persuade
.
Possiamo
andar
giù
,
d
'
accordo
,
salvo
particolari
sui
quali
per
mio
conto
non
ho
alla
mano
elementi
soggettivi
di
giudizio
,
fino
al
punto
in
cui
dalla
rappresentazione
storica
si
passa
a
far
previsioni
per
l
'
avvenire
.
Che
la
storia
serva
oltre
che
ad
appagare
un
'
esigenza
assoluta
del
conoscere
,
anche
a
far
previsioni
,
è
giusto
:
solo
e
proprio
per
questo
aspetto
,
essa
è
una
scienza
.
Ora
si
dice
nel
"
Manifesto
"
,
che
questo
socialismo
di
Stato
che
il
liberalismo
ha
ereditato
dal
Piemonte
e
ha
svolto
,
uccidendo
se
stesso
,
nel
nuovo
regno
,
è
un
movimento
effimero
:
rappresenta
una
transazione
che
bisogna
superare
.
Che
significa
bisogna
?
Un
imperativo
etico
,
o
vale
come
dire
che
a
una
data
temperatura
,
bisogna
che
un
dato
metallo
fonda
?
Tengo
il
secondo
significato
e
dico
che
le
forze
di
libertà
scoperte
dall
'
autore
del
"
Manifesto
"
,
anche
a
giudicare
dai
bruchi
le
farfalle
non
mi
sembrano
concludenti
per
affermare
una
contraddizione
immediata
al
prevalere
del
socialismo
di
Stato
.
Io
non
stimo
(
materialisticamente
)
del
movimento
operaio
altra
forza
che
quella
delle
organizzazioni
.
Ora
,
osserviamo
.
L
'
esperimento
socialistico
si
è
svolto
fin
qui
attraverso
una
serie
di
compromessi
fra
gli
istituti
di
diritto
pubblico
e
privato
esistenti
e
i
fini
che
lo
Stato
,
più
o
meno
consapevolmente
,
si
proponeva
.
Ha
proceduto
attraverso
il
dissidio
intimo
fra
una
morale
politica
essenzialmente
individualistica
e
la
morale
propria
delle
organizzazioni
di
classe
.
La
fase
iniziatasi
dopo
la
guerra
,
non
ancora
in
pieno
svolgimento
,
è
quella
appunto
in
cui
bisogna
demolire
i
vecchi
istituti
giuridici
per
fondarne
altri
,
propri
della
rivoluzione
che
si
sta
compiendo
,
e
insieme
bisogna
sostituire
alla
vecchia
morale
politica
una
nuova
morale
.
Se
si
fa
una
stima
approssimativa
del
tempo
occorrente
a
questo
lavoro
,
nulla
ci
persuade
della
sua
brevità
,
cosicché
la
previsione
piú
sicura
è
che
il
prossimo
periodo
storico
della
vita
italiana
sia
ancora
occupato
da
un
processo
socialista
-
burocratico
rappresentante
la
concertazione
giuridico
-
politica
del
movimento
rivoluzionario
di
classe
.
Certamente
questo
moto
,
che
noi
giudichiamo
svolgentesi
in
linea
retta
verso
le
realizzazioni
di
un
socialismo
burocratico
,
genera
incessantemente
anche
dei
processi
contrari
.
Cioè
svolge
intimamente
un
processo
dialettico
.
E
nello
stesso
tempo
altri
elementi
fuori
dell
'
organizzazione
di
classe
e
contro
di
essa
,
producono
a
loro
volta
altre
soluzioni
antitetiche
.
Da
questa
dialettica
interna
e
esterna
del
movimento
sindacale
nasce
quella
che
il
Gobetti
ha
definito
la
Rivoluzione
Liberale
.
Perciò
,
io
credo
di
essere
preciso
nell
'
interpretare
questo
novissimo
dittico
,
quando
considero
quelle
tali
forze
"
di
libertà
"
,
come
forze
che
,
in
un
primo
momento
imprecisabile
nella
sua
durata
,
devono
comportarsi
rivoluzionariamente
in
senso
proprio
o
negativo
e
non
in
senso
positivo
e
costruttore
.
In
sostanza
esse
attendono
l
'
esperimento
compiuto
dal
socialismo
di
Stato
per
superarlo
,
e
non
lo
favoriscono
se
non
per
scavargli
la
fossa
.
Per
rendermi
chiaro
,
piglierò
un
esempio
della
storia
stessa
del
socialismo
,
ricordando
il
momento
quando
il
socialismo
in
paesi
a
costituzione
borghese
arretrata
(
come
per
esempio
il
nostro
)
,
comprese
la
necessità
di
affrettare
il
processo
formativo
della
borghesia
,
e
vi
cooperò
,
più
o
meno
in
coscienza
,
solo
per
affrettarne
la
catastrofe
.
Che
questa
rivoluzione
liberale
,
la
quale
si
svolge
,
secondo
il
già
detto
,
per
moti
diversi
e
nemici
,
possa
trovare
una
guida
pratica
che
ne
determini
più
o
meno
chiaramente
l
'
azione
immediata
,
non
mi
sembra
possibile
ora
;
solo
è
possibile
alla
scienza
scoprire
i
lontani
rapporti
di
moto
e
la
composizione
di
quei
fattori
.
Dico
dunque
che
il
momento
pratico
della
"
Rivoluzione
liberale
"
è
,
secondo
le
mie
previsioni
,
ancora
lontano
e
lascio
a
questo
aggettivo
tutta
la
sua
indeterminatezza
.
Cercando
invece
di
determinare
speculativamente
la
fisionomia
probabile
di
questa
rivoluzione
,
credo
che
essa
finirà
per
riprendere
gli
stessi
motivi
del
liberalismo
classico
,
nell
'
economia
e
nel
diritto
.
E
ciò
sarà
quando
le
nostre
scuole
liberali
,
sentiranno
di
non
poter
più
operare
come
elementi
conservatori
dell
'
economia
e
dello
Stato
attuale
,
ma
di
dover
agire
come
elementi
rivoluzionari
(
questo
,
mi
pare
,
é
il
punto
del
nostro
dissenso
coi
nostri
grandi
maestri
liberali
)
;
allora
,
l
'
evoluzione
ideologica
dei
nuovi
istituti
liberali
procederà
rapidissima
e
sorgeranno
chiari
gli
schemi
della
nuova
società
,
che
la
rivoluzione
porterà
al
trionfo
.
Certamente
l
'
esperimento
socialistico
non
sarà
avvenuto
invano
,
nessuno
vorrà
cancellarlo
come
uno
sgorbio
dalla
storia
;
la
rivoluzione
avrà
,
come
il
"
Manifesto
"
dice
,
una
"
coscienza
moderna
dello
Stato
"
o
meglio
la
sua
coscienza
dello
Stato
,
cioè
semplicemente
diventerà
,
da
negativa
,
positiva
.
Dopo
aver
fatte
le
mie
previsioni
eccomi
al
punto
di
decidermi
per
un
'
azione
pratica
.
Il
passaggio
è
stretto
e
difficile
.
La
maggior
parte
degli
uomini
fortunatamente
arriva
all
'
azione
per
vie
del
tutto
diverse
da
quella
che
noi
abbiamo
qui
battuta
,
ed
è
inutile
tentare
una
classificazione
anche
sommaria
di
questi
motivi
.
Per
uno
che
viene
di
biblioteca
,
supposto
che
egli
possa
dominare
tutte
le
determinazioni
subiettive
che
lo
influiscono
,
è
indifferente
scegliere
una
qualsiasi
delle
pratiche
di
cui
ha
conosciuto
l
'
esistenza
e
l
'
andamento
.
Questi
sarebbe
,
dal
punto
di
vista
della
preparazione
spirituale
alla
politica
attiva
,
il
politico
perfetto
(
machiavellico
)
.
Egli
sa
che
tanto
operando
in
A
,
come
in
B
,
lavorerà
sempre
per
il
risultato
C
.
Sceglierà
la
sua
via
con
lo
stesso
criterio
con
cui
un
attore
sceglie
la
sua
parte
in
un
dramma
di
cui
conosce
lo
svolgimento
e
la
fine
.
Soltanto
,
come
appunto
sarebbe
cattivo
commediante
,
quegli
che
sulla
scena
si
inspirasse
alla
logica
finale
del
dramma
anziché
alla
logica
della
sua
parte
,
il
politico
che
ha
scelto
A
,
parlerà
e
agirà
secondo
A
,
non
secondo
C
.
In
pratica
gli
converrà
nascondere
questo
C
:
oppure
attribuirlo
solo
ad
A
,
o
anche
,
fingendolo
un
risultato
nefasto
,
attribuirlo
all
'
azione
B
,
per
persuadere
il
maggior
numero
ad
agire
in
A
.
E
in
questi
e
in
simili
schemi
si
potrebbero
tradurre
moltissime
discussioni
che
si
fanno
nei
congressi
dei
partiti
.
Dunque
io
(
soggetto
astratto
)
potrei
,
senza
frode
,
decidermi
tanto
ad
operare
per
la
rivoluzione
prossima
probabile
del
socialismo
di
Stato
,
diciamo
per
il
collaborazionismo
,
quanto
dar
mano
ad
anticipare
quella
rivoluzione
di
cui
abbiamo
discorso
e
che
ora
dorme
con
la
prima
nella
medesima
culla
.
Il
soggetto
concreto
confessa
che
i
suoi
sentimenti
e
le
sue
simpatie
spirituali
lo
inclinano
fortemente
alla
seconda
decisione
,
mentre
il
suo
intelletto
realistico
lo
richiamerebbe
alla
prima
.
In
fine
conclude
per
rimanersene
nella
sua
specola
;
per
ritornare
cioè
a
quella
pura
e
semplice
problemistica
dei
primordi
dell
'
"
Unità
"
,
inutilmente
abbandonata
che
aspetta
senza
fretta
la
sua
sintesi
.
Generosa
è
1'impazienza
dei
giovani
che
pretende
sintesi
affrettate
e
provvisorie
;
generosa
non
solo
,
ma
tal
volta
anche
fecondamente
creatrice
come
dimostra
il
brano
pressoché
autobiografico
messo
dall
'
autore
in
capo
al
"
Manifesto
"
.
Credo
però
che
anche
un
certo
ascetismo
politico
,
se
è
secondo
genio
,
giovi
a
formare
,
in
un
Paese
dove
non
c
'
è
,
una
classe
dirigente
.
E
sotto
questo
aspetto
,
mi
pare
,
rientriamo
,
con
l
'
autore
medesimo
,
a
braccetto
,
nella
praxis
.