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Mi ha colpito , nelle vie del centro , l ' eleganza piuttosto equivoca delle donne . Molti ufficiali dell ' esercito e dalla milizia , molti preti dall ' aspetto azzimato e mondano . I caffè sono pieni . Non si ha , qui , l ' impressione di trovarsi in un paese « assediato » . La folla che passa sul Corso , per via del Tritone , in piazza Colonna è ben pasciuta , vestita elegantemente , sembra soddisfatta di sé . Anche i negozi , contrariamente a quel che ho potuto vedere altrove , sono relativamente affollati . Dopo un ' assenza di parecchi anni , ho l ' impressione di una Roma che , attraverso tutte le trasformazioni esteriori , ha conservato sostanzialmente la sua vecchia fisionomia di città papale , capitale dei preti e della burocrazia . Anche i numerosi ufficiali , che circolano al centro , non mutano questa fisionomia , non le conferiscono affatto un ' impronta marziale : gli ufficiali , come tutti gli altri , passeggiano o oziano nei caffè . Solo su , verso il piazzale della Stazione , l ' impressione cambia . Una colonna di reclute , ancora in borghese , strascina il passo verso la tettoia delle partenze . I giardinetti sono pieni di soldati con l ' elmetto coloniale . Molte coppie , molti occhi arrossati , pieni di lacrime . Ancora più su , verso San Lorenzo , i grandi e squallidi casermoni dei ferrovieri mi sembrano più tristi e più neri . Molti cantieri di costruzione fermi e vuoti . I bimbi che escono a frotte dalle scuole son pallidi , tristi e patiti ... È l ' altra Roma . Non posso più sfuggire a questa impressione di decadenza e di stagnazione , che mi ha colpito fin dal mio arrivo . Eppure la città si è senza dubbio abbellita esteriormente , le vie del centro sono più animate , le automobili circolano più numerose che per il passato . Ma c ' è nell ' atmosfera un veleno sottile , un sentore di putredine e di corruzione . In una sala da tè , vicino a piazza di Spagna , ascolto la conversazione di cinque o sei signore elegantissime . Si parla della guerra . Ognuna di esse ha il marito , il figlio o il fratello in AO . Vista da questo osservatorio , la guerra appare come un amabile diversivo per delle giovani signore che non sanno che fare del loro tempo e della loro vita . Un argomento nuovo di conversazione nei salotti , finalmente ! Si raccontano barzellette sugli abissini , si leggono brani di lettere dei combattenti , si parla di gradi e di promozioni . Con che tono ineffabile quella signora alta ed ossuta domanda alla sua graziosa vicina : « Ah , suo marito è ancora maggiore ? » . Sono i piccoli ripicchi , le piccole malignità delle signore eleganti , che oggi si esercitano sui gradi e sulle promozioni , come ieri si esercitavano sulle toilettes delle amiche . « Del pericolo tanto non ce n ' è per gli ufficiali bianchi ! » dice tutta sorridente la più giovane delle signore , che sembra quasi una bambina . Chissà perché , tutte le amiche scoppiano in una gran risata ; poi , a un tratto , smettono di ridere , e si guardano intorno un po ' imbarazzate . Davvero , ho l ' impressione che questa guerra non debba essere molto pericolosa per gli ufficiali bianchi che hanno un certo grado ! È difficile parlar con la gente di argomenti che non siano la guerra e le sanzioni . Tuttavia , è curioso notare che in fondo l ' interessamento per la guerra e per le vittorie è minore di quel che si potrebbe pensare . Quando escono i giornali con le recentissime notizie , che adesso son veramente favorevoli , nessuno si affretta a comprarli . Quando a piazza Colonna , in via Vittorio Veneto , al corso Umberto , si vanno ad ascoltare le conversazioni che la gente fa dopo aver letto il comunicato , si è colpiti dalla flemma del pubblico . Ne ho parlato nella famiglia presso la quale abito , e mi hanno risposto : « Abbiamo già l ' abitudine delle vittorie » . Questo tono di superiorità , di eroismo a buon mercato riecheggia molto spesso nei discorsi che sento intorno a me . In realtà , mi sembra che non si tratti tanto di « abitudine alle vittorie » , quanto di una certa stanchezza . In questa stessa famiglia , quando si sta a pranzo e la radio dà le ultime notizie militari , c ' è sempre qualcuno che , interrompendo la conversazione generale , propone di « stare a sentire cosa c ' è di nuovo » . Ma c ' è anche sempre qualcun altro che risponde : « È inutile , tanto è sempre la solita storia , saremo ancora di qualche chilometro più vicini ad Addis Abeba » . Ma quando la radio annunzia la partenza di altri 200 o 500 , o 1.000 operai per l ' AO , non v ' è bisogno di inviti o di esortazioni per far cessare il chiacchierio . L ' interessamento , ora , è vivo e spontaneo . « Vede dicono i miei ospiti come si ha già bisogno di lavoratori in Abissinia ? Non si può dire che la guerra si sia fatta per nulla . E dopo la guerra la richiesta di operai e di tecnici aumenterà ancora ! » Mi ha meravigliato questo interessamento per le possibilità di lavoro in AO in una città come Roma . A prima vista , mi era sembrato che , in questa città di rentiers , di impiegati , di professionisti , il pungolo della disoccupazione si dovesse far sentire meno che altrove . Non ho tardato a disingannarmi . Certo , la disoccupazione qui assume forme diverse da quelle che si manifestano a Milano o a Torino . Ma anche a Roma la crisi ha imperversato , e non soltanto tra gli operai : anche qui essa ha seminato rovine e disperazione in migliaia di famiglie della piccola borghesia . Mi sono potuto accorgere ben presto che è appunto nella disperazione che ha radice questo spirito di avventura malsano e decadente che ho trovato così diffuso tra i giovani ma che non ha nulla di giovanile , di fresco , di eroico . « Ogni italiano che è capace di imbracciare il moschetto dovrebbe andare laggiù » mi diceva l ' altro giorno un giovane ingegnere . È una frase , questa , che ho sentito ripetere molto spesso ; ma mai fino ad ora mi era parso che essa fosse pronunciata con tanta convinzione . Sapevo che questo giovane aveva fatto domanda per arruolarsi come volontario , sia pure come semplice soldato . Ma pian piano , via via che la conversazione si faceva più intima , i luoghi comuni della retorica fascista non riuscivano più a nascondere un senso di accoramento e di disperazione . Bruscamente , come se si fosse ad un tratto convinto della vanità di tutti i suoi sforzi , il mio interlocutore interruppe la sua perorazione . « E poi mi disse è inutile , non ho altro da fare . Sa , per noialtri tecnici , in questo periodo non c ' è abbastanza lavoro . Allora è meglio combattere per la patria ... » La maschera vana dell ' eroismo è caduta : ho di fronte a me un uomo , un povero uomo umiliato , disperato , impotente . E così sempre , dappertutto . In un ristorante , due donne sono sedute accanto a me . Una di esse è vestita a lutto , parla del marito che è caduto a Dessiè . « E non è stato necessario , dice ; dimmi un po ' tu se tutto questo è stato necessario ! Ma lui aveva sempre la fissazione di essere inutile ... Lavoro ? Sì , lavoro non ne aveva più da un anno . Stava lì senza poter far niente , niente . Era una situazione impossibile ; e poi , col suo temperamento ... Quando è voluto partire ho pianto tanto , gli dicevo che era meglio aspettare ancora , cercare di trovare lavoro , piuttosto che andare a morire laggiù . Lui non mi rispondeva , ma mi guardava in un modo ... Che potevo fare io ! Adesso posso dire che ho rispettato la sua volontà . » No , non ho trovato dell ' eroismo nei volontari , che pur partivano sapendo di andare incontro a una vita di stenti , alla morte forse , in una terra lontana . Ho trovata della disperazione , un bisogno frenetico di uscire in qualsiasi modo da sé stessi , dalla propria vita ; ho trovata una cupa rassegnazione all ' inevitabile , non l ' eroismo virile di chi è conscio del proprio destino . In un caffè , di nuovo , ho assistito ad una curiosa conversazione . È entrato un uomo di una quarantina d ' anni , un habitué del locale , evidentemente . « Non si è fatto vedere per una settimana ! » gli dice il cameriere . « Ho avuto un lutto in famiglia . Mio fratello è morto in AO . » « Anch ' io ho avuto un cugino che è morto per la patria . » « Eh già adesso si usa molto di morir per la patria , ma ormai basterebbe ... » Tutti e due hanno subito cambiato discorso . Ma mi ha colpito molto il tono con il quale erano state pronunciate quelle parole : « Ora si usa molto morire per la patria » . Era un tono ironico e disperato a un tempo , era la fredda e spietata constatazione della vanità di tanti sacrifici . No , non è così che un popolo piange i suoi eroi , gli uomini che gli aprono le porte dell ' avvenire . L ' ambiente che io per lo più frequento è quello medio e piccolo - borghese , così caratteristico a Roma e così differente da quello della maggior parte delle altre città d ' Italia . Impiegati , professionisti , qualche commerciante : sono queste le persone che ho più occasione di avvicinare . Le impressioni che riporto da questi incontri sono forse un po ' superficiali e limitate , ma credo che siano abbastanza tipiche ed atte ad illuminare lo stato d ' animo di larghi strati della popolazione di questa città . Nella famiglia presso la quale abito , dopo cena , sono venuti in visita vari amici e conoscenti . Come al solito , si parla di politica . Tutti i presenti hanno il distintivo all ' occhiello e , sebbene nessuno si proclami fascista al cento per cento , è facile constatare quanto sia profonda , su tutti , la influenza della propaganda fascista . Non si può dire , tuttavia , che della guerra si parli con molto entusiasmo . Questi impiegati , questi professionisti , son persone molto posate , anche i più giovani , son gente « arrivata » , che ha qualcosa da perdere . Attraverso le loro parole banali , si avverte , ogni qualvolta si tocca il problema della guerra e delle sanzioni , un certo malessere . Tutti sono d ' accordo qui che la guerra si poteva evitare , se gl ' inglesi « avessero lasciato il duce continuare le sue trattative » . È curioso però che , nonostante questo , essi avvertano la necessità di giustificarsi dell ' impresa abissina come di una colpa . Benché la vittoria militare del fascismo in Abissinia sia ora una realtà quasi compiuta , non è il sentimento della vittoria e della gloria quello che ispira e domina la conversazione , ma il senso della ineluttabilità di ciò che è avvenuto . Tutti i discorsi si aggirano intorno alla guerra , eppure tutti sembrano voler evitare di pronunciare questa parola . Sempre gli stessi motivi , le stesse frasi stereotipate : « Non ci lasciano vivere , ci manca perfino l ' aria per respirare . No , non si tratta di una guerra , ma di una dimostrazione della nostra potenza nazionale » . È evidente che questa gente , piuttosto sazia e ben pasciuta , sente di non aver molto da guadagnare dalla guerra . Non si tratta né di grandi industriali né di grandi commercianti , ma di benestanti che godono di un impiego o di una professione remunerativa , e che non hanno grandi aspirazioni . Non è ad essi che « manca l ' aria per respirare » , e questa frase vien sempre ripetuta soltanto perché si è letta sui giornali . Il timore delle conseguenze della guerra , e soprattutto il timore di una nuova guerra mondiale , è invece il motivo dominante , se pur segreto , della conversazione . Ma tutti si ribellano quando qualcuno , più incauto , esprime più apertamente questi suoi timori . No , di una guerra mondiale non se ne vuol neanche sentir parlare , in questo ambiente . Durante tutta la sera , ho ascoltato in silenzio la conversazione . Al momento di salutarmi l ' incauto guastafeste , un avvocato di quarant ' anni , quello che aveva parlato di guerra mondiale , mi dice , come se concludesse un discorso fatto tra sé e sé : « Certo , tutta la politica dell ' Europa è una pazzia : e forse , anche noi non costituiamo un ' eccezione . Ma ognuno spinge l ' altro giù per la china e , in un mondo dove ciascuno deve provvedere a se stesso , dobbiamo essere contenti di avere il governo che abbiamo . Anche con questa guerra , siamo stati tutti presi di sorpresa , non abbiamo avuto il tempo di riflettere . Ma quando tutto il mondo si è rivolto contro di noi , abbiamo naturalmente messa da parte ogni critica » . Scrivo molto disordinatamente , e non vorrei che da questo fossero falsate le linee e le proporzioni del quadro che vengo abbozzando sulla base delle mie impressioni . Non mi è accaduto di sentire molto spesso conversazioni sul tono di quelle dell ' altra sera . La ho notata soltanto perché essa mi è sembrata caratteristica per uno stato d ' animo diffuso in alcuni strati della popolazione che , sebbene non siano numericamente molto importanti , hanno un peso notevole nella vita della società romana . Ho rilevato delle preoccupazioni dello stesso genere nei discorsi di alcuni intellettuali e professionisti , coi quali ho avuto occasione di conversare . « Nessun italiano mi dice un ingegnere abbastanza anziano può capire perché in Italia si deve stare stretti come delle acciughe , mentre c ' è tanto posto in Africa . Certo , io personalmente avrei preferito che le cose si fossero fatte in un ' altra maniera . Quello che non mi piace è tutta questa propaganda di guerra . Gli scopi della impresa sono buoni ; ma perché parlare tanto di guerra , perché tutte queste minacce ? E poi , in fondo , non si tratta neanche di una guerra , ma di un ' impresa coloniale . » Più raramente ho sentito , anche in questi ambienti , critiche un po ' più aperte . Un altro professionista , ad esempio , esprimeva l ' altro giorno la sua opinione , che nel complesso il danno derivante all ' Italia dalla guerra e dalle sanzioni non è compensato dalle vittorie militari . Ma tutti i presenti protestavano . Ora che le vittorie fanno sperare che la guerra finisca prima della stagione delle piogge , il sentimento dominante è quello della soddisfazione e dell ' orgoglio . Quando mi sono trovato solo con il professionista , gli ho domandato se in generale la gente era contenta dell ' andamento della guerra . « Contenta mi ha detto sarebbe dir forse troppo . Il mese scorso , non c ' era molta gioia tra di noi , c ' era uno stato di depressione molto diffuso . Ma adesso è meglio , perché tutti son sicuri che la guerra finirà presto . C ' è come una ubriacatura in giro , ci sono aspettative e speranze fantastiche sulle possibilità di lavoro in AO ... No , non deve credere che io non voglia la gloria della mia patria , ha aggiunto come per scusarsi , ma credo che ci siano altri mezzi per ottenerla , all ' infuori della guerra . Littoria , Sabaudia , la ricostruzione di Roma antica , questa è la vera gloria del fascismo come la intendo io ! » L ' avversione alla guerra , comunque , è forse più diffusa anche in questi ambienti , di quel che possa sembrare a prima vista . Un altro ingegnere , niente affatto avversario del governo , mi esprimeva anche lui i suoi dubbi ed i suoi timori . « Non si è saputo cosa fare , con questa crisi . Ma anche se avremo un grande successo militare , sarà un rimedio solo per poco tempo . Ma chi sa , forse , quando questo tempo sarà trascorso , anche la crisi sarà superata , e noi potremo riprendere le relazioni con il resto del mondo . » Si vedeva che egli soffriva profondamente del distacco , della barriera che il fascismo ha creato tra l ' Italia ed il resto del mondo . « E poi , questa mentalità bellicosa che si è venuta diffondendo fa male al cuore di ogni persona che abbia conservato la mente sana . » Gli ho domandato se era molta la gente che aveva di fronte alla guerra lo stesso suo atteggiamento . « No , no , mi ha risposto , singoli casi , eccezioni . Quasi tutti ripetono le parole del duce : " Tireremo diritto ! " » . Non so però se l ' impressione di questo ingegnere sia giusta : mi pare piuttosto che è il fascismo che è riuscito , con tutta la sua politica , a creare quelle barriere che impediscono agli amici della pace di incontrarsi e di riconoscersi . Anche dopo le recenti vittorie , e nei più svariati ambienti , ho sentito relativamente spesso della gente parlare in tono accorato della guerra . Ma ci si arrende alla ineluttabilità della guerra perché ci si sente isolati , divisi , e perciò impotenti . Sono queste barriere che separano gli amici della pace , è questo senso della ineluttabilità della guerra che viene che bisogna vincere . Non si può dire , in genere , che la guerra e la propaganda sciovinista del fascismo siano riusciti a diffondere nelle larghe masse l ' odio contro gli abissini . Mi dicono che , nei primi tempi , era abbastanza diffusa l ' idea che la guerra non sarebbe stata sanguinosa , data la grande superiorità tecnica dell ' esercito italiani . Molti cattolici convinti , ad esempio , si rallegravano di questa spedizione , che avrebbe permesso ai missionari di portare la civiltà e la vera fede a questi popoli barbari . Se qualcuno diceva che non è con la guerra che si civilizza un paese , molto spesso si sentiva rispondere che questa guerra non avrebbe portato grandi perdite di vite umane , nemmeno tra gli abissini . Poi , a poco a poco , le cose sono mutate . I comunicati di Badoglio ed i film « Luce » hanno tolte molte illusioni . Mi sono trovato in un grande cinematografo durante la proiezione di un film « Luce » . Scene della guerra in Abissinia . Ho l ' impressione che la gente sia ben lieta di veder proiettare sullo schermo scene di vittoria . Un amico che è con me mi dice che , qualche tempo fa , l ' entusiasmo era forse maggiore . Comunque , quando sullo schermo appare Badoglio , gli applausi mi sembrano fragorosi e spontanei . Ancor più fragorosamente applaudita è una scena in cui si vedono gli infermieri italiani curare dei bambini abissini . Poco dopo , la scena muta . Ora sì è nel bel mezzo della battaglia . Bombardamenti , incendi . Si sente che tutto il pubblico , nella sala , è concentrato in se stesso , come ipnotizzato da questa scena di sangue . Un signore , seduto vicino a me , si è sollevato a metà sul suo sedile , appoggiato con le mani ai suoi braccioli , e tutto teso in uno sforzo di attenzione , ha lasciato spegnere la sigaretta tra le labbra . Il pubblico è muto . Ma quando un mucchio di cadaveri abissini appare sulla scena , un gruppetto di studenti ride e applaude . Tutta la sala , immediatamente , zittisce , ed una signora dice , tra il consenso generale : « Con questa guerra si perde ogni sentimento cristiano » . Non bisogna credere , tuttavia , che questa assenza di un odio diffuso contro il nemico abissino sia sempre il prodotto di sentimenti pacifici o cristiani . Anche in moltissimi dei giovani più infatuati della guerra ho trovata una certa indifferenza a questo riguardo . Qualcuno a cui ho domandato le ragioni di questa indifferenza , mi ha risposto che « questi poveri abissini sono nemici contro i quali non si può provare odio » . Eppure tutti riconoscono che essi si battono da leoni ! Ma è contro l ' Inghilterra che si concentra tutto l ' odio , è il nome dell ' Inghilterra che , appena pronunciato , risveglia tutte le passioni politiche . È questo forse il campo in cui la propaganda sciovinistica del fascismo ha ottenuto i più grandi risultati . La convinzione che è l ' Inghilterra la causa di tutto , della guerra , delle sanzioni , della miseria è estremamente diffusa , in tutti gli strati della popolazione . E l ' odio è accompagnato da un certo disprezzo . « Sì , è vero , mi dice un professore , a cui avevo obbiettato che anche i paesi che hanno grandi imperi coloniali soffrono della crisi e della disoccupazione , ma ciò dipende dal fatto che gli inglesi e i francesi non sanno sfruttare le loro colonie ; noialtri italiani mostreremo a tutto il mondo come si deve colonizzare un paese . Noi siamo i successori dell ' Inghilterra e della Francia ! » . Non vi è dubbio che la propaganda fascista contro l ' Inghilterra ha potuto avere un così largo successo anche perché la politica del governo inglese ha fornito ad essa abbondanti motivi polemici . La discriminazione tra l ' Italia e la Germania nell ' applicazione delle sanzioni , ad esempio , ha fornito alla stampa fascista molti argomenti per dimostrare alle masse italiane le ragioni imperialistiche della politica sanzionista del governo inglese , e sono le oscillazioni e le incertezze della politica societaria dell ' Inghilterra che hanno alimentato il disprezzo per il popolo inglese , che il fascismo è riuscito a diffondere largamente tra le masse . Incoscienza , esaltazione , volontà disperata di non guardare in faccia ai pericoli che si sentono imminenti : ciò è quanto ho potuto osservare nei miei interlocutori ogni volta che sono venuto a parlare di guerra e di sanzioni . Quasi tutti mi hanno affermato che le sanzioni non hanno portato alcun danno all ' Italia , che anzi : l ' hanno aiutata e spinta a produrre in casa propria quel che prima importava dall ' estero . Anche della gente colta , anche degli uomini di affari mi hanno ripetuto con calore queste affermazioni della stampa fascista . Se è vero che , politicamente , le sanzioni hanno potuto permettere al fascismo una certa speculazione patriottica , non mi posso spiegare delle affermazioni come quelle sulla « utilità economica » delle sanzioni altro che con una deliberata volontà di sfuggire , con l ' immaginazione , a una realtà che si sa dura , ostica , invincibile . Non di rado mi è capitato di sentir dire , da gente posata e colta , che « l ' Inghilterra ha ceduto e cederà , perché le sue navi non possono far nulla contro i raggi di Marconi » . E così per mille altre cose . Sì , incoscienza , esaltazione , volontà di non guardare in faccia il pericolo , e alla base di tutto questo una grande disperazione che , dopo le ultime vittorie , sembra tramutarsi in una fantastica attesa di giorni migliori , forse ancor più tragica e disperata . Tutti ora si vogliono convincere che , dopo la fine della guerra , « tutto andrà meglio » . Ho domandato se prima non si stava bene . « No , mi hanno risposto , prima non si stava bene per la disoccupazione , poi per le sanzioni . Ma quando avremo l ' Africa , avremo lavoro per i nostri operai e materie prime per l ' industria . » Ma non sempre si riesce a vincere il dubbio , lo scetticismo . Un negozio di vestiti in via Nazionale . Nella vetrina è esposto un mannequin con la divisa coloniale , attorniato da un paesaggio africano ove non manca nemmeno il leone . Nello sfondo , il tricolore . Molta gente è ferma dinanzi alla vetrina , e discute del clima , delle possibilità di colonizzazione . Mi stupisce di vedere quanto poco questi signori , per la maggior parte ben vestiti , sappiano di concreto sul paese che i soldati italiani stanno conquistando . Ma in genere i pareri non sono troppo entusiasti . « Di tutte le fotografie dell ' Abissinia che ho visto fino ad ora , dice uno , neanche una mostra , un bel paesaggio , rocce , rocce e ancora rocce . » Anche gli altri intorno esprimono dubbi e incertezze . L ' assembramento è ormai abbastanza numeroso , e si discute animatamente , finché non prende la parola un fascista in divisa , che parla come se recitasse un articolo di un giornale . Silenzio generale , poi il gruppo degli ascoltatori si disperde rapidamente ... È l ' ultima impressione che ho portata con me , mentre mi avvio alla stazione per partire da Roma .