StampaPeriodica ,
Poche
lettere
di
pochissimi
letterati
possono
valere
per
documento
di
sincerità
e
di
giudizio
schietto
come
tutte
quelle
di
Renato
Serra
.
In
generale
,
a
leggere
la
«
corrispondenza
»
d
altri
,
ci
tocca
far
sempre
un
po
di
tara
,
quando
non
la
si
vuole
accettare
con
assoluta
sfiducia
e
nessuna
adesione
.
Tanto
si
sa
,
tra
un
anno
le
cose
muteranno
,
e
voglia
il
cielo
che
dopo
avervi
scritto
amorosamente
,
il
tale
o
talaltro
non
sia
andato
per
le
vie
e
per
i
caffé
a
dir
corna
di
voi
.
Un
epistolario
di
Serra
un
giorno
sarà
tutta
una
scuola
morale
,
e
dentro
vi
si
troveranno
studi
e
bozzetti
letterari
da
illuminare
diversamente
l
attività
di
questo
incomparabile
scrittore
,
in
apparenza
distratto
e
pigro
,
ma
pieno
di
fervore
e
d
impeto
lavorativo
,
che
ha
solo
il
torto
,
davanti
agli
occhi
della
gente
,
di
non
imbastire
volumi
,
ad
assicurarsi
nelle
biblioteche
del
Regno
uno
scaffale
particolare
per
l
opere
complete
,
segnate
e
catalogate
.
Trascrivo
,
quasi
,
per
intera
,
una
recentissima
lettera
.
Darà
piacere
a
pochi
,
dispiacere
a
molti
.
Mi
sono
indotto
a
farlo
appunto
per
questo
.
Anche
per
illustrare
un
trimestre
di
discussioni
e
contumelie
che
si
sono
svolte
intorno
e
contro
«
La
Voce
»
,
a
delizia
degli
sfaccendati
e
per
merito
di
una
teppa
giovanina
organizzata
per
réclame
personale
.
Sopra
tutto
mi
consolano
alcuni
giudizi
del
Serra
su
due
o
tre
uomini
che
stimo
.
Chiedo
perdono
a
quei
nobili
cuori
che
ne
soffriranno
.
g
.
d
.
r
.
Mio
caro
De
Robertis
,
...
È
curioso
come
la
nuova
«
Voce
»
abbia
avuto
tanto
potere
di
irritazione
sopra
quella
gente
di
Roma
:
peccato
non
poterci
capitare
,
come
speravo
,
alla
fin
del
mese
;
mi
sarei
goduta
una
commedia
deliziosa
,
per
un
pomeriggio
,
all
Aragno
.
Con
tanto
più
gusto
,
in
quanto
hanno
tirato
in
ballo
anche
me
,
da
un
po
di
tempo
,
e
il
mio
volumetto
,
come
un
pretesto
per
dare
addosso
a
voi
,
e
a
quelli
,
in
generale
,
di
Firenze
.
Quando
penso
che
se
c
è
un
peccato
,
in
quelle
pagine
,
è
quello
di
non
aver
voluto
prender
di
fronte
,
come
si
meritavano
,
proprio
e
soli
quei
pochi
scrittori
che
esistono
per
me
:
e
fra
quei
pochi
Papini
e
Soffici
,
prima
di
tutti
,
forse
.
Come
ho
sentito
questo
rimorso
a
legger
via
via
in
questi
mesi
tutte
quelle
mezze
stroncature
dispettose
e
stitiche
delle
«
Cento
pagine
»
e
dell
«
Arlecchino
»
e
del
«
Giornale
»
:
per
una
volta
che
mi
era
capitata
l
occasione
di
dire
una
verità
,
che
sarebbe
stata
una
gioia
per
me
e
un
dispiacere
per
tante
care
persone
,
me
la
sono
lasciata
sfuggire
come
uno
sciocco
.
Pazienza
.
Chissà
che
non
torni
!
Intanto
devo
contentarmi
di
sentir
dire
che
Soffici
è
«
materiale
»
o
che
Papini
è
«
frammentario
»
e
«
stravagante
»
:
e
anche
questo
mi
diverte
:
con
una
gioia
di
cristiano
che
fa
penitenza
e
mortificazione
.
Giustissimo
.
E
io
ne
ho
detto
bene
,
perché
siamo
amici
,
e
poi
perché
sono
agli
stipendi
della
Libreria
della
«
Voce
»
.
Più
giusto
ancora
.
Così
sconto
un
altro
peccato
,
che
non
è
di
ieri
:
di
aver
voluto
sempre
coltivare
,
nei
miei
rapporti
con
la
«
Voce
»
e
col
gruppo
fiorentino
,
piuttosto
che
la
simpatia
naturale
e
sincera
nell
animo
,
e
per
tutte
le
cose
essenziali
,
le
differenze
e
le
resistenze
,
con
una
cura
di
esattezza
,
che
confinava
con
l
ingiustizia
.
Ma
sarebbe
tutta
una
storia
e
non
è
tempo
da
raccontarla
:
bisognerebbe
anche
spiegare
in
che
senso
e
con
che
animo
mi
sia
chiuso
lungamente
in
una
sorta
di
prigione
di
letteratura
provinciale
e
di
modestia
e
di
ossequio
umanisticamente
preciso
,
che
era
piuttosto
che
una
forma
naturale
,
una
dissimulazione
e
una
difesa
provvisoria
dell
animo
insofferente
,
desideroso
di
salvare
insieme
la
sua
negligenza
del
presente
e
la
sua
libertà
dell
avvenire
.
Se
stampassi
le
mie
pagine
carducciane
,
dovrei
raccontare
un
capitolo
di
questa
storia
:
anche
il
mio
carduccianesimo
non
è
stato
che
una
superstizione
volontaria
,
in
cui
mi
piaceva
insieme
di
nascondere
e
di
coltivare
sotto
la
specie
dell
umiltà
il
mio
diritto
all
eresia
.
È
lo
stesso
gusto
ironico
che
mi
porta
comunemente
nelle
mie
relazioni
cogli
uomini
,
e
anche
con
le
donne
,
a
concedere
a
me
stesso
un
diritto
di
amore
e
di
stima
,
che
non
so
ammettere
negli
altri
verso
di
me
.
Così
mi
è
accaduto
con
Prezz
.
e
con
gli
altri
,
per
molto
tempo
:
fin
da
quando
Prezz
.
mi
conobbe
la
prima
volta
attraverso
l
amicizia
di
Ambrosini
,
se
ben
ricordo
,
e
mi
venne
a
cercare
con
una
generosità
,
a
cui
io
mi
credetti
in
obbligo
di
rispondere
con
una
negligenza
annoiata
e
chiusa
;
e
poi
sempre
stimando
molto
lui
e
gli
altri
,
con
amicizia
e
gratitudine
,
non
mi
sono
curato
di
averne
da
loro
nessun
contraccambio
;
anzi
mi
riusciva
strano
quello
che
pur
mi
veniva
gratuitamente
,
e
mi
piaceva
nei
miei
rapporti
con
loro
di
esagerare
il
«
passatismo
»
e
l
umanesimo
e
tutti
i
particolari
dell
educazione
letteraria
,
che
pur
ci
distinguevano
,
fino
a
farne
un
principio
assoluto
di
irritazione
quasi
e
di
ostilità
.
Avevo
ragione
dal
mio
punto
di
vista
;
di
uomo
sincero
che
non
vuol
esser
tenuto
da
più
di
quel
che
vale
,
e
sopra
tutto
di
quel
che
fa
:
non
potevo
confondermi
io
,
letterato
per
combinazione
e
senza
nessuna
certezza
,
né
d
ingegno
né
di
propositi
,
con
gente
che
dell
arte
e
della
vita
spirituale
faceva
la
ragione
vera
dell
esistenza
:
avevo
ragione
anche
di
salvare
e
di
godere
la
mia
diversità
.
Ma
certo
,
per
quel
che
sono
i
rapporti
pratici
,
avrei
potuto
star
più
vicino
a
quelli
che
in
fondo
erano
i
soli
giovani
che
potevo
stimare
,
e
parlare
con
loro
e
vivere
nello
stesso
mondo
.
Invece
,
son
rimasto
lontano
:
spingendo
il
partito
preso
fino
al
punto
di
ignorare
per
anni
ed
anni
quasi
completamente
Papini
e
le
sue
cose
;
non
già
per
disprezzo
;
ma
così
,
perché
l
occasione
l
aveva
portato
,
e
io
non
cercavo
altro
.
In
quanto
al
volumetto
poi
,
posso
dire
che
nello
scriverlo
il
mio
atteggiamento
non
cambiava
;
anzi
!
Ricordo
di
averne
discusso
,
prima
di
scrivere
,
con
Prezzolini
,
pigliando
gusto
io
ad
accentuare
quasi
fino
alla
mistificazione
il
mio
«
rôle
»
di
lettore
dilettante
,
inetto
così
a
riconoscere
come
ad
apprezzare
i
tentativi
di
novità
e
i
progressi
dell
ultima
generazione
;
e
lui
si
arrabbiava
sul
serio
,
difendendo
in
sé
e
nei
suoi
amici
le
sue
cose
più
care
,
contro
la
mia
ingiustizia
per
proposito
.
Scrivendo
non
cambiai
nulla
:
e
posso
dire
che
ebbi
quasi
uno
scrupolo
meticoloso
di
esprimere
il
mio
giudizio
,
che
allo
stringer
dei
conti
non
poteva
esser
altro
che
di
ammirazione
e
di
simpatia
,
su
Papini
e
Soffici
,
e
gli
altri
minori
,
in
una
forma
imbarazzata
da
tante
attenuazioni
e
riserve
da
non
meritare
nessuna
gratitudine
.
Una
simpatia
difficile
e
antipatica
,
se
si
può
dire
:
il
contrario
dell
ossequio
e
della
giustizia
benevola
,
che
ho
reso
ad
altri
piuttosto
per
sforzo
di
buona
volontà
,
e
in
fondo
per
disprezzo
.
Supponevo
anche
che
le
mie
parole
non
potessero
interessarli
molto
,
e
in
genere
che
di
me
non
dovessero
fare
nessun
conto
:
e
mi
sarebbe
seccato
imbarazzar
qualcuno
con
delle
lodi
,
che
dovessero
mai
riuscirgli
obbligo
di
qualche
compenso
.
Inoltre
,
c
era
la
necessità
prima
,
del
tono
e
della
banalità
che
bisognava
mantenere
nel
libro
,
almeno
in
apparenza
.
Ciò
m
imponeva
di
non
mostrare
di
pigliar
troppo
sul
serio
della
gente
che
il
pubblico
borghese
prende
sul
serio
,
sì
,
ma
senza
accorgersene
:
così
io
mi
dovevo
guadagnare
il
diritto
di
prenderli
sul
serio
con
una
certa
disinvoltura
sprezzante
di
linguaggio
e
di
modi
.
In
fondo
,
qualche
cosa
di
giusto
,
o
,
se
vuoi
,
di
sincero
,
è
venuto
fuori
lo
stesso
.
Tutte
le
mie
reticenze
stilistiche
non
son
bastate
a
nascondere
il
mio
sentimento
di
certe
qualità
profonde
e
schiette
di
quelli
scrittori
,
che
io
amo
.
E
anche
nel
mio
riassunto
così
volontariamente
scolorito
e
ristretto
,
le
personalità
vere
e
più
nuove
spiccano
,
bene
o
male
,
sulla
folla
delle
maschere
e
delle
comparse
.
Ma
io
ne
ho
colpa
meno
di
tutti
.
Se
mai
,
avrei
la
colpa
di
essermi
divertito
troppo
a
giocare
di
mezze
tinte
e
di
sfumature
verbali
,
per
dare
alla
verità
il
sapore
del
luogo
comune
e
della
banalità
dietro
la
quale
mi
era
permesso
cercare
per
mio
gusto
e
senza
dar
nell
occhio
qualche
accento
più
preciso
e
più
ricco
di
espressione
.
(
La
colpa
principale
era
poi
di
avere
accettato
di
scrivere
un
volume
su
quel
soggetto
,
e
con
quei
limiti
:
io
.
Sapendo
che
non
avrei
potuto
né
compromettermi
intero
,
né
sottrarmi
del
tutto
a
ogni
responsabilità
personale
con
una
cronaca
puramente
commerciale
e
anonima
.
Avevo
creduto
di
giustificarmi
davanti
a
me
stesso
,
dicendo
:
faccio
un
volumetto
tanto
per
provare
,
e
per
prendere
quelle
duecentolire
:
e
il
volumetto
non
deve
significare
altro
che
questo
e
poi
m
è
capitato
di
consumare
non
so
quanti
mesi
per
limare
e
assottigliare
e
ridurre
nei
termini
modesti
del
discorso
comune
le
impressioni
che
mi
si
presentavano
naturalmente
troppo
vivaci
e
prolisse
;
personali
,
insomma
.
E
con
tutta
questa
fatica
non
mi
è
riuscito
di
sfuggire
l
equivoco
)
.
Ricordo
che
capitando
a
Firenze
,
dopo
aver
passato
qualche
giorno
con
voi
,
ebbi
qualche
rimorso
,
pensando
a
quello
che
avevo
scritto
,
di
non
essere
stato
abbastanza
netto
nell
espressione
di
certi
giudizi
e
nella
graduazione
di
certi
valori
(
potrei
dire
anche
di
te
,
per
es
.
;
che
,
perché
avevi
parlato
troppo
bene
di
me
,
io
volli
essere
più
misurato
e
più
stretto
nel
farti
un
posto
)
.
Ma
non
volli
correggere
nulla
lo
dissi
anche
allora
,
a
te
,
se
non
erro
;
per
un
certo
scrupolo
;
non
piacendomi
,
fra
l
altro
,
che
un
episodio
fortuito
come
un
viaggio
e
una
conversazione
,
dovesse
portare
miglioramento
a
pagine
che
erano
nate
con
un
difetto
d
origine
.
E
lasciai
le
cose
com
erano
;
senza
aggiungere
nulla
per
Linati
,
che
avevo
avuto
il
torto
di
non
saper
scoprire
io
da
prima
;
senza
ritoccar
troppo
la
figura
di
Papini
.
che
pure
avevo
avuto
il
torto
di
scoprire
troppo
in
ritardo
e
di
sghembo
,
dall
Uomo
finito
,
e
da
un
ricordo
confuso
dei
pezzi
lirici
sulla
«
Voce
»
,
che
rilessi
e
apprezzai
pienamente
quando
tu
me
li
mandasti
,
in
seguito
.
Tutta
questa
può
essere
una
chiacchierata
un
po
oziosa
.
Me
n
accorgo
dopo
che
ci
son
dentro
;
ed
è
tardi
per
rimediare
.
Prendila
soltanto
come
un
pretesto
per
passare
un
po
di
tempo
insieme
;
allora
,
tutte
le
chiacchiere
son
buone
.
Poi
,
il
principio
da
cui
son
partito
era
legittimo
.
Era
,
lo
ripeterò
per
conclusione
,
il
rammarico
di
non
aver
detto
chiaro
e
per
disteso
quello
che
sento
di
Papini
e
di
Soffici
;
in
paragone
anche
con
gli
altri
giovani
che
scrivono
e
che
m
interessano
come
Linati
e
Baldini
.
Questo
sopra
tutto
mi
piace
,
da
un
po
di
tempo
.
Ma
quando
sento
scoprire
in
quella
sua
facilità
e
sensualità
sinuosa
che
non
arriva
al
suono
pieno
e
al
colore
puro
,
ma
pur
raggiunge
una
certa
felicità
secondaria
,
di
consapevolezza
e
di
equilibrio
interno
,
con
gioco
di
luci
e
di
pause
e
di
risposte
(
io
trovo
in
quel
gioco
qualche
cosa
che
somiglia
a
me
o
almeno
,
a
tentativi
che
io
conosco
per
esperienza
mia
)
un
valore
di
novità
e
di
«
spiritualità
»
da
opporre
,
poniamo
,
alle
impressioni
di
Soffici
,
come
una
qualità
superiore
;
allora
mi
vien
voglia
di
far
capire
una
buona
volta
a
questo
branco
di
beoti
come
anche
nella
più
sciolta
e
abbandonata
e
lazzarona
frase
di
Soffici
ci
sia
tanto
di
potenza
espressiva
,
e
di
purificazione
,
ossia
concentrazione
e
creazione
e
insomma
spiritualità
,
da
far
le
spese
a
non
so
quante
colonne
cincischiate
e
ricamate
di
altri
.
Forse
che
un
accento
solo
di
novità
vera
non
vale
tutta
una
serie
di
modulazioni
?
Così
come
c
è
più
spirito
nella
bestemmia
di
un
ragazzo
maleducato
che
in
tutto
lo
«
spiritualismo
»
confettato
e
interessato
di
un
vecchio
filosofo
di
mestiere
!
Ma
anche
codesta
è
tutta
una
questione
,
da
riprendere
a
miglior
tempo
;
che
lo
meriterebbe
.
Dico
della
questione
,
se
ci
sia
realmente
nella
nostra
prosa
e
nelle
nostre
voci
liriche
un
progresso
e
un
arricchimento
,
nel
senso
di
quella
che
un
Bellonci
chiamerebbe
coscienza
delle
«
pause
»
e
del
«
ritmo
interno
»
;
oppure
spiritualità
.
Credo
veramente
che
ci
sia
.
Ma
bisogna
renderne
conto
più
esatto
;
e
non
credere
che
sia
una
cosa
nuova
,
nostra
.
E
poi
,
bisogna
mostrare
che
questo
progresso
è
un
po
in
tutti
;
senza
possibilità
di
distinguere
,
o
peggio
,
di
ritenere
inferiori
,
quelli
che
hanno
raggiunto
una
felicità
più
immediata
e
semplice
come
appunto
Papini
e
Soffici
in
paragone
di
quelli
che
devono
contentarsi
di
qualche
effetto
più
industrioso
e
in
apparenza
!
più
raro
,
o
addirittura
si
dibattono
ancora
in
un
travaglio
iniziale
,
con
un
tormento
che
può
apparire
più
ricco
di
possibilità
in
una
forma
astratta
ed
elementare
,
in
cui
la
difficoltà
e
la
pena
rappresentano
una
sorta
di
grandezza
scontata
prima
d
esser
posseduta
...