StampaPeriodica ,
Il
primo
volume
di
poesie
,
pubblicato
due
anni
fa
da
Gabriele
D
'
Annunzio
,
ha
per
epigrafe
questi
due
versi
di
Felicia
Hemans
:
«
I
come
!
come
!
ye
have
call
'
d
me
long
,
I
come
o
'
er
the
mountains
with
light
and
song
.
»
Infatti
il
poeta
,
allora
appena
sedicenne
,
ci
veniva
dai
nativi
Abruzzi
,
ricco
di
luce
e
di
canto
e
già
in
quel
suo
primo
libro
,
fra
molte
reminiscenze
,
si
fanno
sentire
note
originali
,
fresche
di
giovanile
ispirazione
,
e
il
colorito
e
la
melodia
ne
sono
i
pregi
caratteristici
.
Era
molto
facile
appuntare
i
difetti
e
le
inesperienze
dell
'
artista
adolescente
,
in
quel
volumetto
:
ma
nessuno
poteva
in
buona
fede
mettere
in
dubbio
che
quelle
prime
note
uscivano
dall
'
anima
di
un
vero
poeta
;
e
quel
preludio
già
annunziava
una
nuova
voce
fra
tanti
echi
che
ci
assordiscono
e
ci
annoiano
da
dieci
anni
in
qua
.
Il
Canto
novo
pubblicato
oggi
mette
in
aperta
luce
i
pregi
del
D
'
Annunzio
,
e
i
difetti
.
È
dovere
della
critica
indicare
gli
uni
e
gli
altri
,
pesandoli
in
equa
bilancia
.
La
natura
è
stata
liberale
,
anzi
prodiga
di
doni
al
D
'
Annunzio
;
egli
ha
,
in
potenza
,
facoltà
poetiche
realmente
straordinarie
.
Immaginazione
,
osservazione
,
colorito
,
melodia
,
efficacia
di
parola
,
calore
di
simpatia
umana
,
vivo
sentimento
della
natura
,
entusiasmo
lirico
.
Ma
questi
doni
preziosi
,
uno
solo
dei
quali
è
bastato
a
molti
per
farsi
nome
in
Italia
,
ei
li
converte
spesso
in
difetti
con
l
'
abusarne
.
Egli
è
un
vero
figliuol
prodigo
della
poesia
.
Ha
come
una
plètora
di
immagini
e
di
colori
.
Ama
la
natura
di
un
amore
istintivo
,
sfrenato
.
Non
adora
l
'
arte
come
una
casta
vergine
,
ma
sembra
dirle
invece
:
Veni
et
inebriemur
uberibus
!
...
Vi
è
in
lui
una
esuberanza
,
un
'
ebbrezza
,
una
febbre
di
sensi
più
che
di
sentimenti
,
un
orgoglio
di
gioventù
e
di
salute
che
gli
dà
le
vertigini
e
le
comunica
ai
suoi
lettori
.
La
sua
poesia
e
la
sua
prosa
bisogna
leggerle
a
piccole
dosi
,
per
gustarle
e
apprezzarle
;
la
luce
dei
suoi
paesaggi
è
così
abbagliante
che
verrebbe
voglia
,
leggendo
,
di
mettersi
le
lenti
da
sole
.
Canto
novo
e
Terra
vergine
sono
una
vera
kermesse
di
immagini
,
di
colori
,
di
suoni
;
i
paesaggi
reali
e
fantastici
si
succedono
come
in
una
sfolgorante
galleria
;
profili
e
ritratti
di
pescatrici
e
di
montanari
,
di
pazzi
e
di
frati
,
di
bambine
e
di
vecchie
,
belli
e
grotteschi
,
strani
e
veri
,
vivi
sempre
e
indimenticabili
,
schizzati
spesso
alla
brava
,
a
pochi
tratti
,
ci
vengono
messi
sott
'
occhio
,
e
sono
direi
quasi
imposti
ai
nostri
sguardi
,
da
una
straordinaria
,
ma
spesso
abusata
,
potenza
di
colorito
.
Nel
Canto
novo
,
il
paesaggio
,
ora
reale
ora
fantastico
,
è
popolato
e
animato
da
figure
voluttuose
di
giovani
innamorati
,
dal
tragico
episodio
di
Rossaccio
,
dall
'
apparizione
finale
del
poeta
l
'
altero
fanciullo
che
cavalca
in
arme
brunita
per
la
scabra
compagna
,
e
si
affretta
alle
pugne
,
e
a
cui
arde
nell
'
occhio
di
falco
un
superbo
pensiero
...
Vi
sono
al
principio
del
volume
dei
notturni
di
una
ineffabile
melodia
Swinburniana
,
delle
misteriose
marine
a
lume
di
luna
,
murmuri
arcani
di
fronde
e
d
'
acque
,
che
fa
meraviglia
veder
espressi
e
fermati
nel
verso
.
Il
D
'
Annunzio
che
tanto
abusa
del
sole
,
appar
qui
come
trasfigurato
e
risponde
vittoriosamente
a
chi
lo
accusa
di
non
saper
descriver
altro
che
quello
che
salta
agli
occhi
.
«
O
falce
di
luna
calante
che
brilli
su
l
'
acque
deserte
,
o
falce
d
'
argento
,
qual
messe
di
sogni
ondeggia
al
tuo
mite
chiarore
qua
giù
!
Un
grande
arco
amazonio
di
rame
folgora
tra
lievi
nugole
;
ferme
la
barca
ha
l
'
àncore
nel
fondo
;
immobile
a
poppa
io
vigilo
.
Un
diadema
fulvido
da
'
l
cielo
irradia
l
'
acque
di
gemmee
faville
,
a
'
l
fondo
le
alighe
destate
anelano
un
raggio
.
Un
pallido
raggio
a
lor
giunge
;
guardano
le
malinconiche
su
per
lo
speglio
.
Venti
l
'
alighe
pregano
oh
,
date
palpiti
al
mare
!
dàtene
!
Una
biscia
azzurrognola
ricurva
luccica
nel
violaceo
lembo
del
cielo
;
cantici
umani
vengono
stanchi
per
Paure
.
O
pescatore
,
ammàina
!
dicon
quei
cantici
È
il
novilunio
;
di
sirene
un
esercito
sott
'
acqua
insidie
prepara
:
ammàina
!
Poche
pagine
dopo
,
ecco
un
paesaggio
meridionale
che
rassomiglia
a
un
luminoso
quadro
del
Michetti
,
col
quale
il
poeta
ha
molte
ed
evidenti
analogie
.
«
Come
gioconde
l
'
ombre
si
allungano
giù
dai
ciliegi
!
Dinanzi
l
'
arida
giallezza
de
'
liti
e
il
fiammante
,
a
'
l
sol
di
giugno
tacito
mare
;
lungi
,
su
'
l
cielo
chiaro
,
la
sagoma
di
Francavilla
,
netta
agilissima
tra
'
l
verde
;
più
lungi
,
sfumate
molli
caligini
di
viola
.
»
Ma
qui
,
nella
seconda
di
queste
strofe
,
abbiamo
l
'
esempio
di
una
caratteristica
della
poesia
e
della
prosa
del
D
'
Annunzio
la
quale
spesso
degenera
in
difetto
,
anzi
è
per
sé
stessa
un
difetto
,
voglio
dire
l
'
abitudine
di
servirsi
delle
parole
come
delle
tinte
di
una
tavolozza
,
violando
così
i
limiti
delle
due
arti
.
Questa
smania
coloritrice
lo
spinge
a
esprimere
anche
le
idee
puramente
letterarie
con
lo
stesso
metodo
con
cui
esprime
le
idee
puramente
plastiche
e
visuali
.
A
me
piacerebbe
che
qualche
volta
almeno
,
il
D
'
Annunzio
temperasse
il
bagliore
delle
sue
materiali
descrizioni
con
qualcuno
di
quelli
epiteti
che
uniscono
alla
sensazione
un
sentimento
,
e
da
cui
resulta
la
vera
impressione
poetica
:
qualche
cosa
come
il
noctis
signa
severa
di
Lucrezio
,
l
'
amica
silentia
lunae
di
Virgilio
,
e
tanti
altri
consimili
di
Dante
e
del
Petrarca
.
Talora
questa
abitudine
di
ricorrere
al
vocabolo
puramente
pittorico
,
e
di
dipingere
sempre
tutto
,
nuoce
all
'
effetto
di
alcune
delle
sue
più
belle
poesie
.
Per
esempio
,
nei
versi
dove
ci
descrive
il
povero
pescatore
che
seminudo
sopra
lo
scoglio
contempla
il
sughero
galleggiante
sull
'
acqua
verdastra
,
e
sta
lì
immobile
come
fuso
nel
bronzo
antico
,
e
gli
passan
vicine
le
barche
dei
signori
,
bianche
di
ombrelli
,
gettandogli
in
faccia
un
'
ondata
di
risa
e
allora
gli
balena
un
lampo
nei
torbidi
occhi
,
e
scricchiola
la
povera
canna
serrata
entro
il
convulso
pugno
d
'
acciajo
...
fra
tanti
belli
e
potenti
versi
stuona
orribilmente
,
al
mio
orecchio
,
il
verso
:
«
Gialla
è
la
canna
nel
ciel
turchino
.
»
Ma
io
non
mi
curo
saperlo
,
non
voglio
saperlo
,
in
tal
momento
,
cotesto
effetto
pittorico
.
Mi
interessa
solo
ciò
che
direttamente
riguarda
l
'
uomo
.
Se
la
canna
fa
una
macchia
gialla
sul
turchino
del
cielo
,
è
un
particolare
di
cui
deve
occuparsi
il
Michetti
pittore
,
non
il
D
'
Annunzio
poeta
.
E
per
l
'
appunto
in
questo
difetto
i
suoi
imitatori
(
ne
conta
già
parecchi
fra
i
giovani
)
si
sforzano
di
emularlo
,
di
sorpassarlo
.
E
così
leggiamo
settimanalmente
nei
varj
giornali
letterarj
d
'
Italia
bozzetti
e
novelle
pieni
di
mari
paonazzi
,
di
cieli
violacei
,
di
biacca
,
di
lacca
,
di
opale
,
di
oltremare
,
di
amatista
,
e
via
discorrendo
...
E
ciò
nuoce
al
D
'
Annunzio
nella
pubblica
opinione
più
dei
suoi
propri
difetti
,
che
son
sempre
largamente
compensati
da
singolari
pregi
.
Né
è
da
tacere
com
'
egli
,
così
avvezzo
alla
osservazione
e
alla
descrizione
del
caldo
paesaggio
abruzzese
,
abbia
saputo
veder
con
occhio
d
'
artista
e
di
poeta
le
linee
caratteristiche
del
paesaggio
fiorentino
;
per
esempio
in
queste
strofe
:
«
Oh
brevi
soste
là
tra
'
cinerei
olivi
,
e
al
piano
slanci
di
cupole
su
'
l
cielo
,
e
da
lungi
nevate
le
prime
vette
del
Casentino
!
Silenziose
l
'
acque
de
l
'
Africo
tra
l
'
erba
corta
scorreano
:
i
vetrici
chiazzati
di
musco
,
rossastri
,
senza
una
voce
tremuli
,
in
fila
;
senza
una
voce
in
fila
tremuli
i
pioppi
dentro
l
'
azzurro
ergeano
in
su
come
verghe
di
argento
lucide
a
'
l
sole
le
nude
rame
.
»
Ma
ciò
che
meglio
risponde
all
'
indole
dell
'
ingegno
poetico
del
D
'
Annunzio
la
sua
più
viva
simpatia
la
sua
più
costante
e
felice
ispirazione
è
il
mare
.
Egli
lo
ama
di
un
amore
passionato
:
lo
contempla
,
lo
vagheggia
,
lo
descrive
in
tutti
i
suoi
aspetti
,
in
tutte
le
stagioni
,
a
tutte
l
'
ore
.
Ha
per
lui
dei
gridi
d
'
entusiasmo
,
dei
sospiri
d
'
amante
.
Le
più
belle
poesie
di
Canto
novo
sono
delle
marine
.
È
una
nota
poetica
famigliare
a
qualche
vecchio
poeta
italiano
,
(
il
Marino
per
esempio
)
e
non
si
sa
perché
tanto
negletta
poi
dagli
scrittori
della
penisola
.
Leggendo
i
nostri
più
insigni
poeti
moderni
,
si
direbbe
che
vivono
tutti
nel
paese
più
continentale
d
'
Europa
;
che
non
esistono
né
il
Mediterraneo
né
l
'
Adriatico
.
Scelgo
qua
e
là
nel
volume
del
D
'
Annunzio
dei
versi
che
diano
un
'
idea
di
questa
ricca
e
caratteristica
vena
poetica
:
«
A
'
l
mare
,
a
'
l
mare
,
Lalla
,
al
mio
libero
,
tristo
,
fragrante
,
verde
Adriatico
,
a
'
l
mar
dei
poeti
,
al
presente
dio
che
mi
tempra
nervi
e
canzoni
!
....
freschissime
l
'
albe
di
giugno
surgono
:
brividi
e
fremiti
increspano
l
'
acque
;
cantano
a
'
l
vento
le
selve
in
fiore
.
Splendidamente
azzurro
s
'
affaccia
il
gran
mar
tra
li
ulivi
.
Si
frangono
l
'
acque
odorose
con
fievole
musica
a
'
l
lido
;
scintillano
l
'
Orse
nel
cielo
profondo
:
un
filo
di
luna
su
'
l
mar
tramontò
.
Io
veleggio
pe
'
l
golfo
si
come
un
buon
nauta
sannite
tra
'
delfini
scherzanti
,
greggia
a
le
muse
cara
.
Corrono
per
selve
di
rossi
coralli
le
nozze
,
via
per
le
vive
selve
corre
la
primavera
.
»
Il
mare
gli
suggerisce
talora
spaventose
e
tragiche
fantasie
:
questo
naufragio
per
esempio
,
che
sembra
visto
in
un
momento
di
lucida
intensa
visione
febbrile
,
e
che
vi
fa
raccapricciare
come
una
pagina
di
Edgardo
Poe
:
«
Ancora
,
ancor
su
l
'
ultima
bandiera
come
un
enorme
grappolo
vivente
,
i
naufraghi
per
entro
a
la
bufera
gittan
le
grida
disperatamente
.
E
in
vano
.
Scenderà
la
nave
nera
,
orrida
bara
,
in
grembo
a
la
muggente
profondità
de
l
'
acque
:
una
brughiera
d
'
alghe
l
'
aspetta
altissima
e
silente
.
I
polpi
guateran
con
li
affamati
occhi
da
la
giallastra
iride
immane
quel
tragico
viluppo
d
'
annegati
;
poi
lì
,
in
un
gioco
di
penombre
strane
,
come
serpi
staranno
aggrovigliati
tentacoli
di
polpi
a
membra
umane
.
»
La
prosa
di
Terra
vergine
ha
gli
stessi
pregi
e
anche
gli
stessi
difetti
dei
versi
di
Canto
novo
.
La
lingua
è
buona
generalmente
,
lo
stile
franco
e
sicuro
:
si
sente
che
l
'
autore
ha
vissuto
per
anni
interi
in
Toscana
.
Egli
non
dubita
,
non
tentenna
mai
nella
scelta
della
sua
frase
e
se
pecca
per
sovrabbondanza
di
epiteti
pittoreschi
,
non
pecca
mai
per
improprietà
di
vocabolo
.
Anche
nella
eccessività
delle
sue
descrizioni
resta
sempre
italiano
.
Ed
è
questo
uno
dei
più
grandi
pregi
del
D
'
Annunzio
,
tanto
più
notevole
quanto
oggi
è
più
raro
oggi
che
fra
noi
sembra
quasi
inevitabile
l
'
andare
sulla
falsariga
dei
Goncourt
o
dello
Zola
.
I
ritratti
,
i
paesaggi
,
son
fatti
generalmente
con
poche
parole
:
vi
è
troppo
colorito
,
troppo
sfolgorio
,
troppi
epiteti
,
ne
convengo
;
ma
in
compenso
non
vi
trovate
mai
quei
tremendi
cataloghi
e
inventari
che
tanto
ci
impazientiscono
quando
non
ci
addormentano
...
Nei
diversi
racconti
o
bozzetti
c
'
è
varietà
di
tipi
e
di
scene
;
da
Fra
Lucerta
a
Toto
dalla
Gatta
a
Lazzaro
:
ma
nell
'
insieme
si
rassomiglian
troppo
nella
fattura
,
per
dir
così
:
vi
è
in
tutti
una
troppo
costante
ricerca
e
preoccupazione
dell
'
effetto
.
Mi
piacerebbe
che
a
queste
calde
pagine
si
alternasse
qualche
pagina
di
tranquilla
analisi
,
di
semplice
narrazione
;
e
allora
mi
troverei
riposato
e
preparato
a
nuovi
effetti
.
Qui
invece
non
c
'
è
mai
né
crepuscolo
né
ombra
è
un
continuo
miraggio
,
un
lusso
abbagliante
di
colori
,
che
finisce
con
lo
stancarmi
.
-
Ma
d
'
altra
parte
,
quanta
originalità
d
'
invenzione
,
quanta
verità
ed
efficacia
,
in
questo
volume
!
Chi
potrà
scordarsi
,
una
volta
lettolo
,
di
Fra
Lucertola
nel
suo
chiostro
,
di
Fiora
e
Tulespre
alla
Pescara
,
di
Cincinnato
sulla
riva
del
mare
,
dell
'
omicidio
di
Dalfino
,
della
Gatta
che
pesca
e
canta
?
«
Nel
mare
ci
stava
dentro
tutta
la
mattinata
a
pescar
le
telline
,
ci
stava
anche
quando
le
onde
crescenti
le
spumavan
d
'
intorno
spruzzandole
la
gonna
succinta
,
e
la
facevano
traballare
;
e
in
quei
momenti
era
una
splendida
figura
anche
ne
'
cenci
,
mentre
i
gabbiani
sentendo
la
bufera
le
turbinavano
sul
capo
.
«
Non
era
triste
però
:
i
suoi
canti
avevano
una
monotonia
malinconica
,
ritmi
bizzarri
che
facean
pensare
agli
incantatori
egiziani
;
lei
li
diceva
guardando
una
nuvola
,
un
uccello
,
una
vela
,
con
le
pupille
sbarrate
,
quasi
attonite
,
affondando
nella
sabbia
la
sua
piccola
rete
,
senza
stancarsi
mai
.
«
Le
sue
compagne
cantavano
anche
loro
;
ma
a
volte
erano
vinte
da
un
senso
di
sgomento
,
di
solitudine
,
di
angoscia
,
a
quelle
note
,
a
quella
voce
;
e
tacevano
e
chinavano
il
capo
scottato
dal
solleone
,
e
provavano
più
gelidi
i
brividi
su
pe
'
ginocchi
,
più
doloroso
nelle
pupille
il
barbaglio
di
quell
'
incendio
:
e
tendevano
le
braccia
affrante
,
mentre
la
cantilena
della
Gatta
perdevasi
nella
immensa
afa
accidiosa
.
»
Verità
ed
efficacia
,
proprietà
e
precisione
,
nulla
manca
,
secondo
me
,
a
questa
pagina
di
prosa
e
notisi
che
di
simili
ve
ne
sono
parecchie
in
questo
volume
.
Talora
il
D
'
Annunzio
ci
sa
descrivere
una
scena
,
e
fare
un
quadro
o
un
ritratto
,
anche
in
pochissime
parole
.
Ecco
,
per
esempio
,
in
cinque
o
sei
righe
,
dipinto
il
mare
in
tempesta
ed
in
calma
:
«
Col
garbino
quella
notte
venne
anche
la
burrasca
;
e
il
mare
arrivava
fino
alle
case
,
con
certi
urli
da
far
rabbrividire
...
«
La
mattina
dopo
,
l
'
Adriatico
era
calmo
,
viscido
come
nafta
,
senza
l
'
anima
di
una
vela
,
muto
,
spietato
.
»
E
quanto
è
evidente
nella
sua
brevità
questa
descrizione
del
corpo
di
Zolfina
morta
di
tifo
.
«
Biasce
l
'
andò
a
vedere
la
sua
povera
morta
.
Guardò
istupidito
,
con
occhi
vitrei
,
la
bara
tutta
olezzante
di
fiori
freschi
,
fra
cui
si
allungava
quello
sfacelo
di
carni
giovani
,
quel
putridume
di
umori
già
fermentanti
sotto
la
candidezza
del
lino
.
»
I
tre
racconti
che
a
me
paiono
più
ricchi
di
solide
qualità
artistiche
,
sono
Fra
Lucerta
,
Cincinnato
,
e
la
Gatta
.
Il
più
semplice
,
il
più
commovente
,
un
vero
e
patetico
idillio
,
è
Toto
.
La
scena
d
'
amor
nascente
fra
Toto
e
la
Ninní
è
descritta
con
una
grazia
ed
una
freschezza
ingenuamente
rurali
.
La
fine
fa
piangere
:
quei
presentimenti
,
quei
terrori
dell
'
inverno
vicino
nei
due
poveri
ragazzi
abbandonati
quell
'
ultima
corsa
di
Toto
con
la
morticina
in
collo
,
non
si
dimentican
più
.
Toto
spande
un
'
ombra
di
soave
malinconia
fra
tanti
gridi
passionati
,
fra
tanto
sangue
,
fra
tanto
incendio
di
sole
che
avvampa
in
tutto
il
resto
del
libro
.
Vorrei
poter
cancellare
da
Canto
novo
e
da
Terra
vergine
alcune
espressioni
troppo
sensuali
che
a
me
paiono
inescusabili
.
Mi
limiterò
a
indicarne
e
deplorarne
due
o
tre
:
«
Il
petto
della
Zarra
ficcava
nel
sangue
la
smania
de
'
morsi
...
»
«
Tulespre
(
a
un
gesto
provocante
di
Fiora
)
sentì
l
'
odore
della
femmina
,
più
acuto
e
più
inebriante
che
l
'
odore
del
fieno
...
»
Queste
espressioni
sono
inoltre
di
cattivo
gusto
;
e
il
D
'
Annunzio
dovrebbe
d
'
ora
innanzi
guardarsene
,
anche
per
amore
dell
'
Arte
.
I
pregi
singolari
del
D
'
Annunzio
come
poeta
e
come
prosatore
,
sui
quali
volentieri
mi
son
trattenuto
,
sono
eclissati
,
come
più
volte
ho
detto
in
questo
mio
studio
,
da
vari
difetti
.
Ma
sarebbe
ingiusto
dimenticare
che
questi
ultimi
sono
in
gran
parte
inerenti
alla
giovanissima
età
dell
'
autore
.
A
diciotto
anni
,
con
quel
suo
temperamento
meridionale
,
e
con
quella
immaginazione
,
è
difficile
distinguersi
per
castigatezza
di
stile
,
sobrietà
di
colorito
,
armonia
di
composizione
,
profondità
di
psicologica
analisi
.
Egli
nuota
ora
in
piena
luce
di
sole
e
grida
ai
quattro
venti
che
è
pieno
di
salute
,
di
poesia
,
di
coraggio
e
di
vita
.
L
'
amore
,
la
natura
,
il
fresco
sorriso
della
sua
Lalla
,
i
fiori
selvaggi
dei
suoi
Abruzzi
,
il
verde
fragrante
Adriatico
,
sono
le
luminose
sue
ispirazioni
...
Pur
troppo
la
vita
gli
insegnerà
tante
cose
fosche
e
glaciali
e
l
'
iride
che
si
riflette
oggi
nelle
sue
pagine
sarà
offuscata
quando
la
vedrà
attraverso
le
inevitabili
lacrime
.
Ma
intanto
l
'
aura
di
giovinezza
che
emana
dalle
pagine
di
questi
due
volumi
come
da
un
giardino
di
rose
,
è
già
un
pregio
singolare
ed
anche
quando
il
D
'
Annunzio
ci
avrà
dato
,
come
gli
auguro
e
credo
,
cose
più
artisticamente
perfette
,
si
tornerà
sempre
volentieri
a
rileggere
alcune
strofe
del
Canto
novo
,
alcune
pagine
di
Terra
vergine
,
come
si
torna
volentieri
col
pensiero
alle
memorie
dei
nostri
primi
belli
anni
.