StampaPeriodica ,
La
Nuova
Antologia
vuol
rendere
anch
'
essa
il
suo
tributo
alla
memoria
di
Giuseppe
Garibaldi
.
Ed
il
suo
direttore
,
con
una
squisita
cortesia
,
della
quale
gli
son
grato
,
ha
invitato
me
,
che
non
sono
redattore
della
rinomata
effemeride
,
per
adempiere
tale
ufficio
.
Dopo
tutto
ciò
,
che
in
questi
giorni
fu
detto
e
scritto
di
Garibaldi
,
è
un
'
opera
assai
difficile
il
poterne
ancora
degnamente
ragionare
.
Non
già
che
il
tema
sia
esaurito
,
ma
perché
mi
sembri
esser
necessaria
un
'
abilità
,
che
confesso
di
non
avere
,
per
soddisfare
le
non
ordinarie
esigenze
dei
lettori
.
La
biografia
di
un
uomo
sia
pure
un
grande
statista
od
uno
scienziato
è
subito
fatta
.
Ma
non
si
può
tesser
la
vita
di
Garibaldi
senza
fare
la
storia
italiana
degli
ultimi
50
anni
.
E
non
basta
!
Se
Garibaldi
,
sin
dalla
sua
prima
giovinezza
,
ebbe
un
culto
per
la
patria
,
se
i
suoi
pensieri
,
i
suoi
studii
,
le
sue
cure
,
le
sue
opere
non
ebbero
altro
scopo
l
'
anima
sua
generosa
spaziava
nell
'
infinito
,
il
dovere
per
lui
non
aveva
limiti
di
territorio
,
egli
era
il
cavaliere
dell
'
umanità
.
Ed
allora
come
ricordare
questa
parte
della
sua
vita
senza
toccare
il
problema
ancora
insoluto
delle
nazionalità
,
senza
parlare
dei
popoli
,
che
lo
invocarono
nei
momenti
del
pericolo
,
che
sperarono
in
lui
,
ed
alla
difesa
dei
quali
egli
concorse
con
la
spada
o
con
la
parola
?
Nato
dal
popolo
,
educato
nei
principii
della
democrazia
in
un
paese
dove
infrenata
era
la
libertà
,
egli
intravide
la
istituzione
della
repubblica
con
un
Re
.
Ciò
parve
una
contraddizione
agl
'
ideologi
della
politica
:
ai
repubblicani
che
non
ritengono
possibile
e
duraturo
il
regime
da
essi
prediletto
senza
il
periodico
mutamento
delle
persone
nella
suprema
magistratura
dello
Stato
;
ai
monarchici
,
i
quali
presentono
la
instabilità
delle
dinastie
nel
trionfo
della
democrazia
.
Garibaldi
al
contrario
trovava
ad
armonizzare
nella
sua
mente
questi
due
estremi
,
Popolo
e
Re
.
Laonde
egli
non
credeva
tradire
la
sua
coscienza
,
quando
al
1859
ed
al
1860
scriveva
nella
sua
bandiera
il
motto
:
Italia
e
Vittorio
Emanuele
.
Molto
meno
credeva
poter
offendere
il
Re
,
quando
parlava
della
repubblica
italiana
e
del
suo
avvenire
.
Si
illudevano
intanto
,
quando
pei
loro
fini
particolari
,
i
monarchici
al
1859
si
vantavano
di
aver
conquistato
Garibaldi
;
e
più
tardi
,
al
1879
,
i
repubblicani
s
'
illusero
sperando
che
Garibaldi
fosse
ritornato
a
loro
e
ch
'
essi
avrebbero
potuto
valersi
di
lui
per
la
distruzione
della
monarchia
.
Io
non
so
come
sarà
governata
l
'
Europa
da
qui
a
50
anni
.
Penso
intanto
e
sono
profondamente
convinto
,
che
per
la
monarchia
del
diritto
divino
non
vi
sarà
posto
.
Quello
che
valgano
i
grandi
Stati
costituiti
in
repubblica
,
ve
ne
dà
un
esempio
la
Francia
;
e
però
per
dare
pace
duratura
alle
nazioni
,
non
ci
si
offre
che
un
solo
rimedio
,
ed
è
l
'
attuazione
del
concetto
garibaldino
di
un
Re
capo
della
democrazia
.
Fortunatamente
per
l
'
Italia
,
Garibaldi
si
è
fidato
ad
una
dinastia
,
la
quale
comprende
le
tendenze
dei
tempi
.
Essa
non
può
dimenticare
,
che
il
principato
nazionale
è
sorto
dai
plebisciti
,
e
che
tradirebbe
le
sue
origini
,
se
osasse
arrestare
il
progresso
.
Fin
qui
ho
definito
,
senza
volerlo
,
la
mente
politica
del
nostro
eroe
;
ma
ciò
non
basta
,
perché
il
quadro
sarebbe
incompleto
,
se
non
delineassi
l
'
uomo
nella
società
.
Noi
siamo
nel
secolo
delle
plebi
,
e
nessuno
più
di
Garibaldi
ne
presenti
il
prossimo
avvenimento
e
ne
patrocinò
la
redenzione
.
Ma
anche
in
questo
s
'
ingannarono
quei
socialisti
,
i
quali
avendolo
attirato
nei
congressi
internazionali
,
credettero
valersi
del
suo
nome
per
legittimare
le
loro
teorie
.
Le
sofferenze
dell
'
operaio
e
la
tirannide
della
borghesia
,
gli
scioperi
e
le
coalizioni
,
la
necessità
di
mettere
l
'
accordo
tra
coloro
che
lavorano
e
coloro
che
ne
profittano
,
erano
tanti
problemi
la
cui
soluzione
egli
spingeva
col
cuore
.
Ed
ammirava
il
lavoratore
della
terra
e
degli
opifizi
,
e
ne
onorava
i
sacrifizi
,
come
onorava
i
sacrifizi
dei
suoi
militi
sui
campi
di
battaglia
.
Quando
nel
1863
ferveva
il
brigantaggio
nelle
provincie
napolitane
e
le
Camere
discutevano
le
leggi
eccezionali
per
estirparlo
,
egli
osservava
che
n
'
erano
imputabili
il
Governo
e
la
borghesia
.
Il
suo
cuore
si
spezzava
alle
notizie
delle
stragi
e
del
sangue
versato
;
e
quando
gli
parlavano
di
quegli
sciagurati
,
i
quali
assaltavano
e
distruggevano
le
fattorie
,
scannavano
il
bestiame
,
bruciavano
gli
alberi
e
le
messi
,
egli
rispondeva
che
colà
era
una
questione
sociale
,
la
quale
non
si
poteva
risolvere
col
ferro
e
col
fuoco
.
Un
giorno
raccontandogli
uno
dei
suoi
amici
,
che
i
briganti
,
condannati
dai
consigli
di
guerra
,
affrontavano
imperterriti
la
morte
,
egli
ebbe
ad
esclamare
:
quanto
eroismo
miseramente
sciupato
!
cotesti
uomini
,
traviati
dal
delitto
,
sarebbero
stati
soldati
valorosi
all
'
appello
della
patria
!
Il
partito
internazionale
si
lusingò
un
momento
di
aver
l
'
ausilio
di
Garibaldi
,
dopo
che
egli
avea
consentito
di
recarsi
al
congresso
di
Ginevra
.
Nulla
di
più
assurdo
;
e
se
i
socialisti
non
se
ne
sono
convinti
,
basterebbe
ricordar
loro
il
fatto
,
che
Garibaldi
si
rifiutò
nel
1871
di
portare
la
sua
spada
in
difesa
della
Comune
di
Parigi
,
e
non
permise
di
andare
a
suo
figlio
Menotti
che
vi
era
stato
chiamato
.
Il
partito
internazionale
rinnega
la
patria
e
la
famiglia
.
Pe
'
suoi
apostoli
la
costituzione
spartana
è
un
rancidume
,
perché
essi
vogliono
abbattere
le
frontiere
domestiche
e
le
frontiere
nazionali
.
Le
frontiere
domestiche
e
le
frontiere
nazionali
erano
sacre
a
Garibaldi
.
Egli
aveva
una
venerazione
per
la
famiglia
;
e
la
patria
per
lui
era
una
religione
.
Garibaldi
voleva
l
indipendenza
e
la
libertà
di
tutti
i
popoli
;
ma
non
soffriva
che
l
Italia
perdesse
la
sua
autonomia
.
Quanto
egli
amasse
la
famiglia
,
lo
sanno
coloro
che
lo
videro
in
mezzo
a
'
suoi
cari
e
che
dal
1874
in
poi
assistettero
alle
lotte
del
suo
cuore
,
ardente
come
egli
era
di
assicurare
l
avvenire
a
'
suoi
bimbi
.
Il
ministro
Mancini
ed
io
abbiamo
preziosi
autografi
di
Garibaldi
,
diretti
a
noi
prima
e
dopo
la
celebrazione
del
suo
matrimonio
.
Scelgo
una
delle
sue
lettere
,
e
ne
fo
dono
ai
lettori
della
Nuova
Antologia
,
perché
nelle
parole
di
lui
si
rivela
la
grande
anima
dell
'
uomo
e
del
patriota
.
Agl
'
internazionalisti
varrà
di
lezione
.
«
Caprera
,
13
-
1880
.
Mio
carissimo
ed
illustre
Crispi
.
«
Da
molti
anni
vincolato
a
voi
nel
mutuo
amore
per
questa
nostra
Italia
e
che
ebbimo
la
fortuna
di
servire
insieme
sui
campi
di
battaglia
io
vi
devo
la
generosa
cooperazione
al
compimento
del
sacro
mio
dovere
,
che
mi
ha
costituito
oggi
felice
e
tranquillo
sulla
sorte
dei
miei
cari
.
«
Con
somma
gratitudine
sono
per
la
vita
«
vostro
G
.
GARIBALDI
.
»
Quando
fui
a
Caprera
pei
funerali
del
compianto
Eroe
la
vedova
mi
volle
nella
sua
camera
per
dirmi
,
che
egli
le
aveva
raccomandato
più
volte
di
ringraziare
gli
amici
di
quello
che
avevano
fatto
per
la
sua
famiglia
,
e
che
l
'
aveva
incaricata
di
dichiarar
loro
che
egli
moriva
tormentato
dal
pensiero
che
Nizza
apparteneva
ancora
ai
francesi
.
Coloro
che
dopo
la
sua
morte
han
parlato
e
scritto
di
Garibaldi
,
han
ricordato
le
cento
battaglie
da
lui
vinte
,
la
strategia
del
gran
capitano
,
la
preveggenza
e
la
calma
di
lui
sul
campo
di
battaglia
.
Io
non
sento
il
bisogno
di
ripetere
le
stesse
cose
,
perché
nulla
direi
di
nuovo
e
nulla
aggiungerei
a
ciò
che
tutti
sanno
.
Sul
campo
di
battaglia
Garibaldi
era
un
veggente
.
Il
suo
viso
splendeva
,
i
suoi
occhi
fulminei
sorridevano
,
egli
vedeva
tutto
,
prevedeva
tutto
,
nulla
gli
sfuggiva
;
avreste
detto
che
assistesse
ad
una
festa
,
ludum
bellicum
.
Era
un
eroe
?
No
,
più
che
un
eroe
;
egli
creava
gli
eroi
,
perché
accanto
a
lui
non
si
poteva
esser
codardi
.
E
la
codardia
fu
il
solo
peccato
che
Garibaldi
non
perdonava
.
Ricorderò
un
aneddoto
.
Il
26
giugno
1860
scoppiò
in
Palermo
una
di
quelle
agitazioni
che
si
dicono
dimostrazioni
popolari
.
Era
la
prima
del
genere
,
ma
sventuratamente
non
fu
l
'
ultima
,
perché
essa
fu
di
esempio
ai
partiti
,
i
quali
poscia
ne
usarono
e
ne
abusarono
.
Le
grida
di
morte
e
di
evviva
,
gli
schiamazzi
indescrivibili
giunsero
alle
orecchie
del
Dittatore
,
il
quale
ordinò
che
una
deputazione
si
presentasse
a
lui
per
informarlo
dei
desiderii
del
popolo
.
Quattro
o
cinque
tribuni
improvvisati
salirono
le
scale
del
palazzo
reale
e
furono
tosto
alla
presenza
di
Garibaldi
.
Ed
egli
:
-
Che
vuole
il
popolo
?
La
dimissione
del
ministero
.
Va
bene
.
Ma
chi
metterete
al
posto
di
coloro
che
oggi
governano
?
E
qui
uno
della
deputazione
tirò
fuori
una
carta
,
nella
quale
erano
scritti
sette
od
otto
nomi
.
Il
Dittatore
,
letto
il
nome
di
colui
ch
'
era
a
capo
della
lista
,
rispose
immantinente
:
Non
lo
voglio
,
perché
questo
fugge
nei
pericoli
,
e
noi
abbiamo
bisogno
di
persone
che
affrontino
il
fuoco
.
E
poiché
mi
è
caduta
dalla
penna
la
parola
dittatore
,
mi
permettano
i
lettori
che
io
ne
spieghi
il
significato
e
dica
in
qual
modo
Garibaldi
esercitò
il
suo
ufficio
sovrano
.
Ricordando
che
egli
era
un
soldato
,
e
che
l
'
unione
in
un
uomo
dei
poteri
civili
e
militari
mena
spesso
al
dispotismo
,
più
d
'
uno
potrebbe
in
questo
argomento
cadere
in
errore
.
Garibaldi
aveva
molta
dimestichezza
coi
classici
antichi
.
Egli
conosceva
a
menadito
la
storia
della
repubblica
romana
,
ed
ammirava
il
valore
e
la
sapienza
de
'
suoi
capitani
.
Egli
ricordava
sovente
,
che
in
tempo
di
guerra
la
salute
della
patria
era
dovuta
alla
dittatura
.
Il
12
maggio
1860
,
alle
4
e
mezzo
del
mattino
,
uscivamo
da
Marsala
per
avviarci
verso
i
monti
vicini
.
Precedevamo
Garibaldi
,
io
ed
un
altro
condottiere
dei
Mille
.
Il
mio
compagno
impegnò
il
suo
discorso
sulla
necessità
della
costituzione
del
nuovo
governo
,
e
consigliava
la
formazione
di
comitati
secondo
lo
stile
del
1848
.
Ed
il
Generale
:
-
Oh
!
mio
buon
amico
!
io
non
sono
del
vostro
avviso
.
Coi
comitati
avremmo
il
disordine
.
Un
solo
,
un
solo
dev
'
essere
alla
testa
del
governo
.
Dopo
questa
sentenza
fu
fatto
il
silenzio
.
La
sera
pernottammo
a
Rampangallo
ed
il
13
,
verso
le
7
pom
.
,
abbiamo
fatto
il
nostro
ingresso
a
Salemi
.
Il
14
fu
fatto
il
decreto
,
col
quale
Garibaldi
dichiarava
di
assumere
la
dittatura
in
nome
di
Vittorio
Emanuele
Re
d
'
Italia
.
Il
15
maggio
abbiamo
vinto
i
Borbonici
a
Calatafimi
,
il
21
ci
siamo
battuti
presso
Monreale
e
San
Martino
,
il
27
siamo
entrati
in
Palermo
,
il
3
giugno
abbiamo
ricostituito
il
governo
con
la
nomina
dei
segretari
di
Stato
pei
vari
rami
della
pubblica
amministrazione
.
Prima
di
giungere
a
Palermo
un
solo
segretario
di
Stato
era
agli
ordini
del
Generale
.
La
dittatura
liberò
la
Sicilia
e
le
provincie
napolitane
,
e
fondò
l
'
unità
della
patria
italiana
.
Nissuno
dirà
,
che
con
tanta
autorità
esercitata
da
un
sol
uomo
,
la
libertà
ne
fosse
stata
offesa
.
Quantunque
non
aiutato
dalle
Assemblee
,
Garibaldi
,
governando
,
cercò
d
'
interpretare
il
pensiero
del
popolo
.
Nissuno
avrebbe
detto
che
quello
fosse
un
regime
militare
,
perché
in
nissun
caso
fu
vista
la
spada
dominatrice
e
tiranna
.
Garibaldi
era
accessibile
a
tutti
,
poveri
e
ricchi
,
plebei
e
borghesi
;
ed
il
diritto
di
stampa
e
quello
di
riunione
non
furono
frenati
da
legge
alcuna
.
In
tutta
la
Sicilia
non
vennero
eseguite
che
tre
sentenze
di
morte
:
un
ribaldo
fu
fucilato
perché
durante
la
guerra
aveva
messo
a
sacco
e
fuoco
alcuni
comuni
della
provincia
di
Palermo
;
altri
due
furono
fucilati
nella
provincia
di
Trapani
,
colpevoli
di
assassinii
e
di
rapine
.
Garibaldi
non
trovò
ostacoli
nell
'
esercizio
delle
sue
funzioni
.
Appena
nel
giugno
1860
i
Borbonici
ebbero
lasciato
Palermo
,
tutto
procedette
come
nei
tempi
normali
:
le
imposte
furono
riscosse
senza
difficoltà
,
i
commerci
ripresero
il
loro
movimento
,
i
cittadini
ritornarono
alle
loro
abituali
occupazioni
.
Quello
che
maravigliò
gli
uomini
d
'
affari
,
fu
il
pagamento
delle
cedole
del
debito
pubblico
,
ordinato
sin
dai
primi
giorni
del
nuovo
governo
e
regolarmente
eseguito
.
I
Siciliani
,
i
quali
ricordavano
il
governo
parlamentare
del
1848
,
i
disordini
d
'
allora
,
le
difficoltà
finanziarie
e
politiche
,
non
sapevano
darsi
ragione
come
da
Garibaldi
si
fosse
mantenuto
tanto
ordine
con
tanta
libertà
.
Era
la
dittatura
con
tutti
i
beneficii
senza
i
suoi
vizi
,
l
'
unità
del
potere
illuminata
dalla
pubblica
opinione
,
la
sovranità
della
nazione
senza
violenze
e
senza
i
traviamenti
della
passione
.
Fin
qui
l
'
uomo
di
Stato
ed
il
capitano
;
ma
non
certo
avrei
compiuto
il
debito
mio
senza
aver
penetrato
nei
penetrali
del
suo
gabinetto
e
senza
aver
detto
quello
che
era
Garibaldi
tra
le
quattro
mura
.
La
reggia
di
Palermo
e
quella
di
Napoli
non
turbarono
la
mente
sua
,
ed
a
Palermo
e
a
Napoli
egli
aveva
scelto
una
modesta
cameretta
e
dormiva
in
un
letticciuolo
non
dissimile
da
quello
nel
quale
ultimamente
giaceva
nella
sua
Caprera
.
Ed
in
tanta
potenza
egli
non
dimenticò
gli
amici
,
non
i
compagni
de
'
suoi
primi
anni
,
non
i
patrioti
coi
quali
aveva
avuto
comunanza
di
aspirazioni
e
di
affetti
.
Il
3
ottobre
1860
Giorgio
Pallavicino
fu
nominato
prodittatore
nelle
provincie
napoletane
.
Prima
che
ricevesse
il
decreto
egli
l
ebbe
da
me
nel
pomeriggio
di
quel
giorno
aveva
fatto
stampare
nei
giornali
una
lettera
a
Mazzini
,
nella
quale
lo
consigliava
ad
allontanarsi
dalle
provincie
meridionali
,
dicendogli
che
la
sua
presenza
creava
imbarazzi
e
metteva
a
repentaglio
quella
concordia
che
tanto
era
necessaria
al
trionfo
della
causa
italiana
.
Quella
lettera
ferì
gravemente
il
cuore
di
Garibaldi
.
La
coincidenza
di
quelle
parole
col
contemporaneo
decreto
,
che
investiva
Pallavicino
dei
supremi
poteri
dello
Stato
,
avrebbe
potuto
suscitar
dubbi
che
Garibaldi
voleva
dissipati
.
Volle
veder
Mazzini
per
potersi
spiegare
con
lui
,
e
Mazzini
venne
a
Caserta
la
sera
del
4
ottobre
.
Garibaldi
era
nel
letto
,
e
i
due
,
appena
furon
vicini
,
si
strinsero
cordialmente
la
mano
come
amici
che
si
vedono
la
prima
volta
dopo
lunga
e
penosa
lontananza
.
Garibaldi
fu
il
primo
a
parlare
:
Spero
che
non
vorrete
lasciar
Napoli
dopo
i
consigli
che
vi
furon
dati
.
La
lettera
di
Pallavicino
è
un
'
aberrazione
;
e
capirete
,
che
io
non
posso
diffidare
di
voi
,
né
supporre
che
la
vostra
presenza
in
Napoli
sia
d
'
imbarazzo
al
trionfo
della
causa
nazionale
,
per
la
quale
ambidue
abbiam
lavorato
.
Generale
,
io
era
sicuro
dell
'
animo
vostro
;
ma
la
lettera
ha
fatto
profonda
impressione
nel
paese
,
perché
scritta
dal
vostro
prodittatore
.
Pallavicino
è
da
poche
ore
prodittatore
,
e
quello
ch
'
egli
ha
scritto
è
di
sua
competenza
,
e
non
può
essere
un
atto
di
governo
.
Comunque
sia
,
io
domando
che
non
vi
moviate
,
e
vi
assicuro
che
nessuno
oserà
portarvi
molestia
.
Mazzini
e
Garibaldi
,
dopo
questo
incidente
personale
,
scambiarono
poche
altre
parole
sulle
condizioni
d
'
Italia
,
sulla
necessità
di
compiere
l
'
opera
nazionale
.
Verso
le
8
pomeridiane
,
l
antico
triumviro
si
levò
,
e
congedatosi
riprese
la
via
di
Napoli
.
Questo
episodio
,
ignoto
a
molti
,
compie
il
ritratto
del
nostro
eroe
.
Il
dottor
Riboli
,
il
quale
nella
sua
permanenza
a
Caprera
nel
1861
,
studiò
fisicamente
Garibaldi
,
scriveva
,
che
la
craniologia
della
di
lui
testa
presentava
un
fenomeno
originale
dei
più
rari
,
anzi
senza
precedenti
;
l
'
armonia
di
tutti
gli
organi
perfetta
,
e
la
risultante
matematica
del
loro
insieme
la
quale
indicava
:
l
'
abnegazione
anzitutto
,
e
ovunque
la
prudenza
,
il
sangue
freddo
,
l
'
austerità
naturale
dei
costumi
,
la
meditazione
quasi
continua
,
l
eloquenza
grave
ed
esatta
,
la
lealtà
dominante
.