StampaPeriodica ,
Al
partito
,
nel
suo
rigoglioso
sviluppo
,
seguito
alla
Liberazione
,
si
pose
fin
dai
primi
giorni
della
ripresa
di
una
vita
legale
e
democratica
il
compito
di
avviare
una
larga
azione
di
rinnovamento
culturale
nel
Paese
.
Non
a
caso
,
infatti
,
una
prima
indicazione
degli
obiettivi
più
urgenti
che
ad
esso
si
ponevano
in
questo
campo
,
si
ritrova
nell
'
editoriale
col
quale
nel
giugno
1944
,
ancor
nel
pieno
fervore
della
lotta
armata
antifascista
,
Rinascita
si
presentava
al
pubblico
.
Quel
«
Programma
»
poneva
in
primo
piano
l
'
esigenza
di
fornire
al
movimento
operaio
e
democratico
italiano
una
guida
ideologica
e
soggiungeva
che
un
simile
obiettivo
era
di
tale
importanza
da
investire
tutta
la
vita
del
Paese
in
tutte
le
sue
manifestazioni
e
perciò
stesso
richiedeva
la
più
larga
mobilitazione
di
tutte
le
forze
intellettuali
decise
a
battere
le
vie
di
un
rinnovamento
radicale
sia
della
nostra
vita
politica
che
della
nostra
cultura
.
La
prima
fase
della
politica
culturale
del
partito
,
che
va
all
'
incirca
fino
al
1947
,
cioè
fino
alla
rottura
ad
opera
della
Democrazia
cristiana
del
fronte
democratico
nazionale
,
è
contrassegnata
appunto
da
un
primo
conseguente
sforzo
di
fornire
alla
cultura
italiana
gli
elementi
della
concezione
marxista
-
leninista
della
realtà
e
insieme
di
stringere
la
più
larga
alleanza
con
tutti
gli
intellettuali
onesti
,
sinceramente
democratici
e
antifascisti
.
Ma
una
più
precisa
impostazione
del
lavoro
culturale
del
partito
e
un
approfondimento
di
questi
motivi
,
si
ebbe
al
principio
del
1948
,
quando
il
compagno
Togliatti
al
VI
Congresso
indicò
ai
compagni
intellettuali
,
venuti
numerosi
negli
ultimi
anni
ad
ingrossare
le
file
del
reparto
d
'
avanguardia
della
classe
operaia
,
alcuni
compiti
specifici
.
Tappe
essenziali
della
elaborazione
di
queste
indicazioni
furono
la
discussione
al
Comitato
centrale
del
settembre
1948
,
su
relazione
del
compagno
Longo
,
e
i
lavori
del
primo
Ufficio
nazionale
per
il
lavoro
culturale
,
i
cui
risultati
furono
elaborati
nella
Risoluzione
della
Direzione
del
partito
dell
'
agosto
1949
(
Istruzioni
e
direttive
,
n
.
19
)
.
Questo
documento
è
tuttora
la
base
del
nostro
lavoro
culturale
.
Gli
avvenimenti
successivi
hanno
pienamente
confermato
la
giustezza
dell
'
analisi
della
situazione
italiana
,
caratterizzata
dalla
ripresa
offensiva
delle
forze
dell
'
oscurantismo
imperialista
e
clericale
contro
la
cultura
moderna
,
democratica
,
nazionale
,
laica
;
dalla
impotenza
alla
quale
si
sono
volontariamente
votati
i
grandi
rappresentanti
della
cultura
idealistica
,
accecati
dall
'
anticomunismo
fino
a
prostrarsi
davanti
alla
incoltura
clericale
;
ma
anche
da
un
incontenibile
,
salutare
slancio
di
un
pensiero
rinnovatore
e
democratico
che
nei
campi
più
vari
della
produzione
dell
'
intelletto
-
dal
cinema
alle
arti
figurative
,
alla
musica
,
al
teatro
,
alle
scienze
,
alla
letteratura
-
ha
attestato
ormai
da
quale
parte
soltanto
possa
venire
una
iniziativa
feconda
di
nuovi
valori
.
Le
precise
indicazioni
di
lavoro
che
la
Risoluzione
conteneva
non
sono
rimaste
,
del
resto
,
lettera
morta
;
anzi
,
da
un
analitico
bilancio
della
attività
complessiva
delle
Commissioni
culturali
,
centrali
e
periferiche
,
e
delle
organizzazioni
culturali
di
massa
risulterebbe
che
quei
compiti
sono
stati
in
parte
esauriti
e
in
parte
avviati
con
successo
.
Né
le
deficienze
-
che
senza
dubbio
devono
essere
colmate
da
un
più
serrato
impegno
nel
lavoro
-
si
rivelerebbero
tali
da
inficiare
un
giudizio
globale
positivo
.
Non
è
però
nostro
compito
,
né
nostra
intenzione
,
trarre
qui
le
somme
di
un
simile
bilancio
;
vogliamo
piuttosto
esaminare
il
grado
di
consapevolezza
dell
'
importanza
del
lavoro
culturale
raggiunto
dal
partito
nel
suo
complesso
e
il
grado
di
consapevolezza
del
carattere
di
partito
del
loro
lavoro
raggiunto
dai
compagni
professionalmente
dediti
alla
produzione
culturale
.
Per
cominciare
dal
secondo
punto
,
in
quale
misura
e
con
quali
risultati
si
è
realizzata
finora
quella
mobilitazione
dei
nostri
quadri
culturali
che
era
il
compito
organizzativo
preliminare
e
pregiudiziale
indicato
dalla
Risoluzione
della
Direzione
?
Che
è
quanto
dire
,
in
altri
termini
,
in
quale
misura
i
compagni
intellettuali
hanno
risposto
all
'
invito
loro
rivolto
dal
Capo
del
partito
dalla
tribuna
del
VI
Congresso
?
Quell
'
invito
conteneva
un
esplicito
richiamo
all
'
unità
della
coscienza
e
della
vita
che
è
di
tutti
i
seri
pensatori
e
attori
della
storia
,
quindi
a
porre
al
servizio
della
lotta
le
proprie
capacità
produttive
,
a
non
prolungare
un
assurdo
e
inconcepibile
sdoppiamento
fra
la
propria
personalità
di
militanti
comunisti
e
quella
di
produttori
di
cultura
,
a
superare
i
termini
astratti
del
dibattito
sul
rapporto
fra
cultura
e
politica
per
impegnarsi
nel
lavoro
duro
,
paziente
,
metodico
,
costruttivo
,
di
pensiero
,
di
ricerca
,
di
creazione
.
Non
esitiamo
ad
affermare
che
un
numero
sempre
maggiore
di
compagni
ha
mostrato
di
comprendere
ed
ha
saputo
rispondere
a
questo
appello
,
e
mostra
di
avviarsi
verso
quel
modo
di
essere
del
nuovo
intellettuale
,
limpidamente
definito
da
Gramsci
:
non
rimanere
chiuso
nella
propria
specialità
,
ma
diventare
«
dirigente
(
specialista
politico
)
»
(
Gli
intellettuali
e
l
'
organizzazione
della
cultura
,
pag.
7
)
.
Ma
molti
sono
ancora
i
compagni
intellettuali
«
che
non
riescono
a
dare
al
partito
tutto
quello
che
dovrebbero
,
di
cui
il
partito
ha
bisogno
e
che
da
loro
potrebbe
ricevere
»
(
Togliatti
,
VI
Congresso
)
.
Né
li
si
potrebbe
riunire
in
blocco
con
una
definizione
che
pretendesse
di
spiegare
univocamente
un
fenomeno
in
realtà
assai
vario
e
complesso
.
C
'
è
chi
non
se
la
sente
di
impegnarsi
e
preferisce
magari
starsene
in
disparte
,
per
una
paura
di
sbagliare
»
che
-
chiedo
venia
per
la
tautologia
-
è
,
per
l
'
appunto
,
mancanza
di
coraggio
.
C
'
è
chi
non
scrive
un
articolo
di
critica
letteraria
perché
non
è
ancora
riuscito
a
superare
i
canoni
dell
'
Estetica
crociana
(
dei
quali
sente
tuttavia
l
'
insufficienza
)
e
non
s
'
avvede
che
,
ovviamente
,
non
potrà
superarli
per
altra
via
che
non
sia
quella
di
un
concreto
esercizio
della
critica
ispirata
alla
sua
nuova
coscienza
di
militante
comunista
.
Sono
gli
insoddisfatti
,
sono
compagni
ai
quali
si
può
fare
-
per
quanto
lo
consente
questa
generalizzazione
-
l
'
appunto
di
non
essersi
dedicati
allo
studio
serio
del
marxismo
-
leninismo
,
di
non
averne
abbastanza
sperimentato
nella
vita
pratica
,
di
partito
,
la
verità
,
e
di
non
averne
quindi
tratto
la
logica
conclusione
che
quella
verità
non
può
valere
solo
per
un
limitato
aspetto
dell
'
attività
umana
.
È
chiaro
che
in
atteggiamenti
di
questo
tipo
riaffiora
l
'
ideologia
errata
dell
'
autonomia
degli
intellettuali
come
gruppo
sociale
e
che
si
pone
quindi
nei
loro
confronti
il
problema
dell
'
assimilazione
da
parte
della
classe
operaia
(
cfr.
Gramsci
,
op.
cit
.
,
pp.
5
,
7
)
.
Questi
compagni
sono
coloro
che
rinunciano
a
diventare
dei
«
dirigenti
»
,
ma
essi
non
sanno
forse
chiaramente
che
questo
significa
rinunziare
ad
essere
dei
comunisti
:
occorre
chiarire
la
contraddizione
implicita
nel
loro
atteggiamento
.
Ad
essi
non
si
può
tuttavia
negare
,
almeno
in
molti
casi
,
di
avere
avvertito
che
l
'
entrata
nel
Partito
comunista
non
poteva
essere
un
gesto
privo
di
conseguenze
anche
sulla
loro
qualità
di
produttori
di
cultura
.
Succede
invece
che
proprio
questa
considerazione
abbia
fatto
difetto
in
altri
casi
.
Succede
che
vi
siano
ancora
,
ma
in
sempre
minor
misura
,
in
verità
,
coloro
i
quali
hanno
creduto
che
nulla
il
partito
avesse
da
dir
loro
in
questa
materia
,
coloro
che
hanno
interpretato
alquanto
frettolosamente
l
'
art.
2
dello
Statuto
,
senza
neanche
gettare
un
'
occhiata
sull
'
art.
9
.
E
hanno
continuato
a
fare
il
loro
mestiere
,
come
se
nulla
fosse
accaduto
,
gelosi
della
loro
tecnica
e
non
senza
un
'
ombra
di
disdegno
verso
le
intrusioni
«
politiche
»
,
convinti
,
in
fondo
,
che
l
'
«
autonomia
»
della
cultura
sia
una
gran
bella
cosa
e
cioè
(
ma
non
vorrebbero
magari
sentirselo
dire
in
questi
termini
!
)
che
lo
spirito
non
può
essere
contaminato
dalla
materia
.
In
questo
caso
si
è
ancora
evidentemente
sotto
l
'
influenza
del
mondo
di
provenienza
,
del
mondo
intellettuale
borghese
al
quale
si
resta
gelosamente
attaccati
.
L
'
idea
dell
'
autonomia
della
cultura
,
ha
poi
questa
sua
applicazione
particolare
:
che
una
funzione
di
guida
culturale
non
spetti
al
partito
nel
suo
complesso
.
ma
ai
singoli
compagni
intellettuali
come
tali
.
Ora
il
rapporto
qui
è
chiaro
e
non
dovrebbe
esserci
possibilità
d
'
equivoco
.
Il
partito
ha
bisogno
dell
'
apporto
dei
singoli
produttori
di
cultura
,
ma
la
loro
funzione
di
direzione
si
esercita
proprio
nella
misura
in
cui
essi
forniscono
al
partito
,
che
è
fatto
di
uomini
,
di
persone
pensanti
,
il
loro
apporta
ad
una
esperienza
comune
.
Sentire
in
questo
una
mortificazione
e
non
un
potenzia
mento
della
propria
personalità
,
è
indizio
evidente
del
permanere
di
forti
residui
di
una
mentalità
esasperatamente
individualistica
.
Esiste
tuttavia
anche
un
pericolo
opposto
e
che
più
raramente
viene
ricordato
e
criticato
.
Pure
,
bisogna
parlarne
.
È
-
in
un
campo
particolare
-
quella
che
Lenin
chiamava
la
«
presunzione
comunista
»
(
V
.
STALIN
,
Principi
del
leninismo
,
ed.
Rinascita
,
p
.
128
)
.
Succede
infatti
che
per
essere
un
comunista
,
e
per
aver
raggiunto
alcuni
.
giuste
e
salde
convinzioni
,
taluno
si
senta
autorizzato
a
pronunciare
giudizi
non
motivati
da
indagini
particolari
relative
a
quel
determinato
oggetto
,
ma
come
frettolosa
«
applicazione
»
del
marxismo
-
leninismo
.
È
difficile
rendere
un
peggiore
servizio
al
marxismo
-
leninismo
.
Né
occorre
spendere
molte
parole
per
dimostrare
,
non
sula
la
poca
serietà
di
un
simile
procedere
,
ma
il
vero
danno
politico
che
ne
può
derivare
Che
ogni
verità
sia
un
punto
d
'
arrivo
e
non
un
punto
di
partenza
,
è
principio
di
ogni
pensiero
critico
e
in
particolare
il
marxismo
insegna
la
estrema
complessità
dei
fatti
sociali
e
in
genere
di
ogni
a
manifestazione
dello
spirito
(
se
mi
si
passa
questa
idealistica
locuzione
di
comodo
)
.
Un
esempio
recente
delle
aberrazioni
a
cui
può
portare
una
eccessiva
pretesa
di
semplificazione
è
stato
offerto
dagli
errori
della
linguistica
pseudomarxista
nell
'
URSS
,
e
la
critica
di
Stalin
contiene
un
insegnamento
di
carattere
generale
,
quanto
al
metodo
di
indagine
,
che
va
ben
oltre
il
campo
specifico
di
una
scienza
e
sul
quale
occorre
meditare
.
Ma
qui
si
innesta
l
'
altro
quesito
a
cui
vorremmo
tentare
di
dare
una
risposta
.
In
che
misura
il
partito
dirige
ed
educa
gli
intellettuali
che
militano
nelle
sue
file
?
Forse
non
ancora
troppo
scarsamente
?
Nel
nostro
partito
si
esercita
oggi
,
sui
prodotti
intellettuali
dei
compagni
una
libera
,
aperta
,
franca
critica
,
paragonabile
a
quella
che
si
esercita
sugli
altri
atti
politici
dei
membri
del
partito
?
Credo
in
misura
ancora
del
tutto
insufficiente
:
sembra
che
regni
in
questo
campo
un
eccessivo
«
amore
di
pace
»
.
Eppure
un
'
esigenza
di
critica
c
'
è
:
la
avvertono
-
anche
se
non
sempre
-
coloro
stessi
le
cui
opere
dovrebbero
esserne
oggetto
e
,
del
resto
,
nel
suo
rapporto
al
Comitato
centrale
del
settembre
1948
,
il
compagno
Longo
ne
offerse
qualche
utile
esempio
.
Liberiamoci
dall
'
equivoco
per
cui
«
non
pretendiamo
-
si
dice
insegnare
ai
pittori
come
dipingere
,
ai
poeti
come
fare
i
versi
,
ecc.
»
.
Ciò
è
ovvio
,
ma
se
ci
guardiamo
appena
un
pochino
attorno
,
c
'
è
ben
altro
su
cui
è
doveroso
discutere
ed
ò
pericoloso
non
discutere
.
Ci
sono
opere
intorno
ad
argomenti
direttamente
attinenti
alla
storia
e
alla
dottrina
del
socialismo
,
scritte
da
compagni
e
stranamente
piene
di
storture
e
di
errori
,
che
una
critica
leale
,
giusta
e
tempestiva
avrebbe
potuto
evitare
,
invece
,
si
lascia
correre
.
E
ciò
dimostra
,
appunto
,
che
da
parte
di
alcuni
o
di
molti
dirigenti
politici
perdura
una
sottovalutazione
del
lavoro
ideologico
e
culturale
,
sebbene
la
citata
Risoluzione
della
Direzione
contenesse
un
esplicito
monito
in
proposito
.
Da
questa
sottovalutazione
dipendono
in
gran
parte
l
'
isolamento
nel
quale
molti
compagni
intellettuali
si
trovano
nell
'
esercizio
del
loro
mestiere
di
produttori
di
cultura
e
il
ritardo
della
loro
formazione
.
In
termini
astratti
e
generali
,
nessuno
-
pensiamo
-
vorrà
sostenere
che
questo
settore
debba
avere
lo
strano
privilegio
di
essere
abbandonato
alla
spontaneità
:
ma
di
fatto
questo
avviene
e
sarebbe
sciocco
ignorarlo
.
Nel
momento
in
cui
la
classe
operaia
,
diventando
classe
dirigente
,
afferma
la
sua
egemonia
in
tutti
i
campi
della
attività
umana
,
e
in
un
Paese
come
il
nostro
,
dove
una
profonda
trasformazione
rinnovatrice
della
cultura
si
impone
con
la
stessa
urgenza
con
cui
si
impone
il
rinnovamento
economico
e
politico
-
osservò
Togliatti
al
VI
Congresso
-
non
si
possono
separare
i
problemi
della
politica
da
quelli
della
cultura
.
Ed
è
forse
un
caso
che
questi
problemi
siano
stati
al
centro
delle
meditazioni
del
carcere
di
Gramsci
?
I
nostri
quadri
politici
hanno
nei
«
quaderni
del
carcere
»
un
'
analisi
compiuta
dei
termini
reali
nei
quali
si
pone
in
Italia
il
problema
dell
'
egemonia
della
classe
operaia
;
hanno
una
guida
della
quale
spesso
non
si
servono
.
La
formazione
di
quadri
intellettuali
che
siano
saldamente
legati
al
partito
.
pur
mantenendo
il
centro
della
loro
attività
nel
loro
campo
specifico
di
produzione
scientifica
,
artistica
o
letteraria
,
è
il
primo
presupposto
perché
il
partito
sia
in
grado
di
avere
nel
campo
culturale
un
peso
adeguato
al
suo
prestigio
,
alla
sua
autorità
,
alla
vita
generale
del
Paese
.
L
'
esercizio
di
una
libera
e
aperta
critica
,
un
più
largo
dibattito
culturale
all
'
interno
del
partito
e
un
più
vigile
spirito
autocritico
da
parte
dei
compagni
,
non
possono
che
migliorare
il
livello
della
nostra
produzione
.
Questo
dibattito
già
esiste
,
beninteso
,
ed
in
una
misura
forse
maggiore
di
quanto
comunemente
non
si
creda
,
ma
tutto
il
partito
deve
esserne
investito
,
sebbene
esso
abbia
la
sua
normale
sede
in
organismi
appositamente
costituiti
.
Le
redazioni
delle
nostre
riviste
e
delle
nostre
case
editrici
,
la
Fondazione
Gramsci
,
sono
le
sedi
naturali
per
l
'
elaborazione
di
comuni
esperienze
di
lavoro
:
verso
di
esse
le
commissioni
culturali
locali
devono
sempre
più
indirizzare
soprattutto
i
giovani
che
muovono
i
primi
passi
nel
campo
degli
studi
e
che
avvertono
sempre
più
spesso
una
frattura
tra
i
loro
interessi
culturali
e
quel
che
offre
loro
la
scuola
ufficiale
,
l
'
università
in
particolare
.
Ma
la
sottovalutazione
del
lavoro
culturale
ha
anche
altri
aspetti
.
Normalmente
accade
che
i
compagni
che
hanno
responsabilità
precise
in
questo
campo
vengano
distolti
verso
altri
lavori
.
E
questo
è
ancora
il
meno
,
se
avviene
in
misura
ragionevole
.
Ci
sono
infatti
attività
di
partito
che
richiedono
l
'
impiego
simultaneo
di
tutte
le
forze
dirigenti
disponibili
:
solo
che
in
molti
casi
non
si
comprende
che
un
aiuto
più
efficiente
,
e
anche
un
più
ampio
respiro
al
lavoro
generale
,
si
otterrebbe
non
già
distogliendo
dal
suo
compito
normale
il
compagno
responsabile
per
esempio
della
Commissione
culturale
di
federazione
,
ma
inquadrando
giustamente
la
sua
attività
specifica
in
quella
generale
del
partito
in
una
data
situazione
.
Si
dimentica
poi
che
può
.
che
deve
,
anche
avvenire
l
'
inverso
,
cioè
che
i
quadri
dirigenti
politici
in
generale
devono
alla
lor
volta
impegnarsi
in
attività
di
carattere
culturale
e
ideologico
:
ciò
giova
alla
loro
migliore
formazione
,
liberandoli
dal
praticismo
e
giova
anche
enormemente
alla
qualità
del
lavoro
.
Quando
per
esempio
ogni
istanza
del
partito
ha
compreso
,
interpretando
una
effettiva
esigenza
della
base
e
di
un
largo
pubblico
,
quale
importante
avvenimento
culturale
fosse
la
pubblicazione
in
italiano
dell
'
Antidühring
,
e
si
è
mobilitata
per
diffonderlo
e
per
illustrarlo
,
i
risultati
tangibili
sono
stati
immediati
e
lusinghieri
:
in
poche
settimane
si
è
esaurita
una
tiratura
di
5.000
copie
e
se
ne
è
resa
necessaria
una
ristampa
.
Non
è
forse
,
questo
,
un
apporto
concreto
che
abbinino
dato
allo
sviluppo
d
'
una
cultura
moderna
,
di
una
concezione
scientifica
della
realtà
contro
il
medioevale
spaccio
del
miracolo
,
contro
l
'
oscurantistica
tendenza
che
nega
all
'
uomo
la
capacità
di
conoscere
e
di
dominare
le
forze
della
natura
e
della
storia
?
La
formazione
di
un
nucleo
di
intellettuali
marxisti
-
leninisti
è
anche
la
condizione
indispensabile
per
realizzare
una
larga
politica
di
alleanze
.
Qui
si
annida
uno
dei
più
grossolani
equivoci
:
che
la
politica
di
alleanze
si
faccia
mimetizzandosi
,
confondendo
i
nostri
colori
con
quelli
di
amici
e
di
avversari
,
sfumando
i
confini
della
nostra
ideologia
,
usando
un
linguaggio
che
non
urti
i
ben
costrutti
orecchi
altrui
,
mercanteggiando
e
transigendo
sulle
parole
e
sui
concetti
.
A
parte
quel
che
c
'
è
di
goffo
e
di
contraddittorio
in
simile
pretesa
,
a
parte
il
fatto
che
su
questo
terreno
lubrico
lo
scivolone
verso
l
'
opportunismo
è
molto
facile
,
quale
valore
avrebbe
un
'
alleanza
basata
sull
'
equivoco
?
E
che
razza
d
'
ingenuità
è
mai
questa
di
credere
che
una
concezione
del
mondo
come
il
marxismo
-
leninismo
possa
essere
contrabbandata
di
soppiatto
,
o
somministrata
in
dosi
omeopatiche
?
La
verità
è
tutt
'
altra
:
il
contrabbando
si
esercita
sempre
a
nostro
danno
.
Quanta
merce
avariata
socialdemocratica
non
è
stata
sbarcata
sui
nostri
lidi
proprio
da
nostre
caravelle
!
E
con
quale
prudente
parsimonia
,
viceversa
,
certe
case
editrici
,
sempre
pronte
ad
informarci
sull
'
ultimo
grido
della
terza
forza
occidentale
,
ci
forniscono
la
traduzione
di
importanti
opere
sovietiche
letterarie
,
scientifiche
,
storiografiche
.
Il
leninismo
ha
fra
i
suoi
insegnamenti
fondamentali
proprio
questo
:
che
una
politica
di
alleanze
può
essere
fatta
solo
da
un
'
avanguardia
con
una
fisionomia
ben
precisa
,
con
principi
ben
chiari
.
Non
ci
risulta
che
questo
insegnamento
abbia
perduto
di
attualità
né
che
il
campo
della
cultura
faccia
eccezione
a
quest
'
esperienza
,
che
collina
col
più
modesto
buon
senso
e
con
la
semplice
onestà
intellettuale
.
Amici
o
avversari
tanto
più
ci
stimeranno
e
verranno
a
noi
,
quanto
più
le
nostre
idee
saranno
nettamente
dichiarate
.
Le
alleanze
si
fanno
sul
fronte
di
lotta
comune
.
Non
esistono
forse
oggi
in
Italia
uomini
di
cultura
pronti
a
difendere
le
conquiste
del
pensiero
critico
moderno
contro
l
'
oscurantismo
clericale
,
a
difendere
i
caratteri
nazionali
della
nostra
cultura
contro
l
'
invadente
americanismo
dei
fumetti
e
del
Reader
'
s
Digest
,
a
difendere
la
libertà
d
'
insegnamento
contro
l
'
asservimento
della
scuola
a
una
ideologia
di
parte
?
L
'
esperienza
ha
mostrato
quale
collaborazione
sia
possibile
realizzare
su
questo
(
ci
nono
quando
ai
democratici
delle
più
diverse
sfumature
viene
posto
un
obiettivo
comune
.
Un
esempio
ne
è
offerto
da
imprese
come
la
«
Universale
Economica
»
,
ove
i
nomi
più
illustri
della
cultura
italiana
dai
liberali
ai
comunisti
si
trovano
affiancati
in
una
grande
opera
di
diffusione
della
cultura
laica
,
razionalista
,
moderna
.
Duplice
risultato
in
questo
caso
:
perché
si
sono
trovati
a
fianco
uomini
di
cultura
di
diversa
provenienza
politica
ed
ideologica
e
perché
la
loro
azione
si
è
diretta
alle
più
larghe
nasse
popolari
.
Ed
è
questa
la
direzione
nella
quale
si
deve
proseguire
.
È
stato
giustamente
superato
ormai
l
'
equivoco
che
esisteva
in
una
parte
di
noi
nel
concepire
la
nostra
attività
culturale
come
una
attività
da
svolgere
esclusivamente
o
prevalentemente
fra
gli
intellettuali
.
L
'
equivoco
consisteva
nel
confondere
i
destinatari
della
produzione
culturale
con
i
produttori
.
I
destinatari
sono
le
grandi
masse
popolari
,
gli
operai
,
i
contadini
,
le
donne
,
i
giovani
,
tutti
coloro
che
oggi
si
muovono
ed
agiscono
nelle
lotte
per
la
pace
,
per
il
lavoro
,
per
la
democrazia
.
Gli
intellettuali
,
come
produttori
di
cultura
,
divengono
nostri
alleati
nella
misura
in
cui
la
loro
attività
si
indirizza
a
soddisfare
queste
nuove
esigenze
culturali
:
il
nostro
diretto
contatto
col
popolo
,
la
sensibilità
verso
le
sue
esigenze
che
ci
viene
dalla
partecipazione
attiva
alle
sue
lotte
,
ci
consente
di
additare
a
tutta
la
parte
viva
della
cultura
italiana
questo
grande
compito
che
le
spetta
e
che
solo
può
garantirle
l
'
avvenire
.
I
più
intelligenti
,
i
più
aperti
lo
hanno
ben
compreso
ed
accolgono
con
entusiasmo
ogni
richiesta
della
loro
opera
per
l
'
incremento
della
cultura
popolare
:
si
sente
ormai
che
è
finito
per
sempre
il
tempo
in
cui
i
committenti
della
cultura
erano
una
cerchia
ristretta
di
buongustai
.
I
quali
poi
,
stringi
stringi
,
finivano
per
essere
gli
stessi
produttori
,
che
si
scambiavano
fra
di
loro
,
sterilmente
.
i
loro
prodotti
.
Certo
la
cultura
popolare
ha
le
sue
particolari
esigenze
di
organizzazione
,
i
suoi
veicoli
e
i
suoi
strumenti
.
Né
è
possibile
parlare
ai
milioni
di
persone
con
il
linguaggio
degli
iniziati
,
ma
non
occorre
dimostrare
in
quale
discredito
sia
caduta
ogni
forma
di
ermetismo
.
Se
mai
resta
ancora
da
superare
-
che
è
cosa
più
seria
e
perciò
più
difficile
-
la
barriera
fra
la
cultura
scientifica
e
la
sua
popolarizzazione
su
questo
punto
esistono
reali
difficoltà
tradizionali
italiane
.
Non
solo
nell
'
URSS
,
dove
-
è
noto
-
i
libri
scientifici
si
stampano
a
milioni
di
copie
,
ma
in
altri
paesi
,
come
la
Francia
e
i
paesi
anglosassoni
,
si
pubblicano
libri
di
fisica
o
di
biologia
accessibili
,
pur
nel
loro
rigore
scientifico
,
al
lettore
medio
.
In
Italia
i
soli
libri
del
genere
che
riusciamo
a
leggere
sono
tradotti
.
Sono
rari
da
noi
persino
i
libri
di
storia
accessibili
a
un
largo
pubblico
di
lettori
.
Di
più
:
persino
i
romanzi
che
abbiano
un
valore
letterario
.
Se
si
riflette
a
questo
,
ogni
scienziato
e
ogni
scrittore
o
artista
che
non
sia
rassegnato
al
soliloquio
comprenderà
che
in
uno
sforzo
di
maggior
contatto
col
popolo
la
cultura
italiana
ha
tutto
da
guadagnare
senza
doverne
necessariamente
scapitare
in
qualità
.
Agli
intellettuali
laici
che
ancora
arricciano
il
naso
alle
parole
«
divulgazione
»
e
«
cultura
popolare
»
,
è
poi
appena
il
caso
di
ricordare
che
l
'
oscurantismo
clericale
non
è
così
schifiltoso
e
che
il
rinunciare
a
questa
battaglia
equivale
a
perderla
,
con
quanto
vantaggio
del
laicismo
e
del
progresso
ognuno
può
misurare
.
Una
migliore
formazione
ideologica
,
una
più
decisa
coscienza
di
partito
dei
nostri
intellettuali
,
e
conseguentemente
una
politica
di
alleanze
meno
estrinseche
e
formali
,
ma
basate
su
una
piena
consapevolezza
dei
compiti
comuni
,
sono
fra
i
molteplici
temi
del
lavoro
culturale
,
quelli
che
ancora
oggi
rivestono
un
'
importanza
pregiudiziale
per
la
sua
giusta
impostazione
.
Sono
perciò
questi
i
temi
che
,
a
nostro
giudizio
,
dovrebbero
essere
portati
in
discussione
al
Congresso
.