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COMUNISMO E METAFISICA ( VIGEVANI GIORGIO , 1936 )
StampaPeriodica ,
Occupandosi di Comunismo , Guido Manacorda gli muove , dalle colonne del Corriere della Sera , un ' implacabile critica , sviscerandone gli errori filosofici e gli orrori politici . La sua esposizione della teoria marxista , anche se volutamente troppo intinta di metafisica , ci può soddisfare , e se qualcosa ci ha suscitato il suo primo articolo ( Profilo del Comunismo , Corr . d . Sera 3-10-36 ) è stata la preoccupazione che esso non fallisse al proprio scopo , finendo per originare in qualche ambiente delle pericolose aberrazioni . Infatti il Comunismo , dalla critica dell 'A., appare un credo filosofico così ricco di fede creativa e così denso di lievito inventore , che dubitiamo occorra una conoscenza tutt ' altro che superficiale dell ' argomento , perché il lettore non si abbandoni a considerazioni non troppo ortodosse . Nel suo secondo articolo ( Critica del Comunismo , Corr . d . Sera 8-10-36 ) , il Manacorda lascia il campo filosofico per combattere l ' idea marxista nella sua realizzazione pratica sovietica e anche qui ci prende il dubbio che , pur riuscendo a soddisfare la massa , l ' A . induca lo studioso ad assumere un atteggiamento pericolosamente perplesso . Abbiamo infatti la impressione che egli non sia riuscito ad individuare con la necessaria sicurezza i punti deboli della prassi comunista e che , perciò , il suo tentativo di colpirla negli elementi vitali come una costruzione ideologica errata e pericolosa , sia in definitiva fallito . Dopo avere nel primo articolo , magistralmente delineato il materialismo metafisico e quello dialettico , il Manacorda desume da tali postulati l ' attività del lavoro , come principio mutatore dell ' intelligenza e della coscienza . Il lavoro , esplicando le forze produttive e determinandone i rapporti , suscita , necessariamente , la vita economico - sociale ; la quale è la " prima , sola , fondamentale realtà umana ; tutto il resto , filosofia , religione , morale , arte , ne è semplice riflesso , derivato , prodotto ; spesso ingombrante sopra - struttura e vuota ideologia . " Di ciò ha orrore l 'A.: egli non può ammettere che la sola realtà sia , per noi uomini presi come individui organizzati giuridicamente , la realtà economico - sociale ; si aggrappa quindi alla filosofia , alla religione , alla morale ed all ' arte , beni inestimabili dell ' umanità ed , implicitamente , asserisce ( o , il che fa lo stesso , ci induce a credere di voler asserire ) che la vita economico - sociale non costituisce affatto l ' essenziale , la realtà umana ; ma che essa è il mezzo attraverso il quale filosofia , religione , morale ed arte si manifestano . Il Manacorda , dunque , ci informa che uno dei più grossi errori del Comunismo consiste nell ' aver definito cornice la religione e l ' arte , e quadro la vita economico - sociale . Non saranno pochi quelli che gli daranno torto e che penseranno , coi Romani , col Machiavelli e cogli Italiani d ' oggi , che effettivamente la vita economico - sociale costituisce la vera realtà , e che la filosofia , religione ed arte sono la cornice di quella . Perciò l ' A . o doveva dimostrare l ' esattezza della sua critica , o doveva evitare di muovere tale appunto al Comunismo ; noi siamo , infatti , dell ' opinione che una critica insufficiente riesca piuttosto utile che nociva al soggetto criticato . Inoltrandosi nella sua disamina , il Manacorda viene alla lotta di classe , urto consapevole nel quale si manifesta la legge della contraddizione interna , e conclude scrivendo che il Comunismo " ha l ' aspirazione e la fede di giungere alla sintesi definitiva e suprema , che scioglierà i particolarismi nell ' universalità , gli individui nella pura collettività , le classi nella classe unica : il proletariato . " A questo punto , noi ci siamo fermati : abbiamo avvertito che qualcosa di irregolare si verificava nella logica dell ' autore ; quando egli infatti lascia cadere nella sua prosa l ' espressione " il proletariato , " non fa più , anche se lo crede , della filosofia , ma solo della politica : e perciò non può insistere a criticare filosoficamente quello che di filosofico non ha più che un lontano presupposto . Il Manacorda può benissimo ( ma non lo fa ) criticare Hegel e Marx ; ma quando ha superato gli addentellati hegeliani del Comunismo , e si è inoltrato sul terreno pratico della lotta di classe e del proletariato , dovrebbe abbandonare la filosofia per attenersi alla storia ed alla politica . La lotta di classe ci pare una realtà fuori discussione , come , fuori discussione , ci pare il proletariato ; di ciò ci persuadono guerre e rivoluzioni ; noi non crediamo alle follie collettive che durano da quasi vent ' anni ; non ci dimentichiamo che per anni , all ' estero , si parlò del Fascismo come di un fenomeno transitorio , di una crisi postbellica ; ma da quattordici anni le Camicie Nere sono al potere a dimostrare che la loro origine dipende da qualcosa assai più remota e solida di una psicosi bellica . Perciò , invece di discutere accademicamente se il proletariato sia o non sia " l ' elemento umano di assoluta purezza " o " il criterio , infallibile di ogni verità e , moralmente , il principio assoluto del bene , " meglio sarebbe stato muovere una critica , condotta esclusivamente sul terreno politico ... Perciò il Manacorda , quando chiude il suo ultimo articolo asserendo che egli " non difende né la borghesia né il capitalismo , e che l ' una e l ' altro avendo adempiuto alla loro funzione storica , vanno giustamente crollando sotto il doppio logorio del tempo e degli errori , " lascia un facile campo alla critica . Come si può , infatti , parlare di crollo della borghesia , quando in ogni parte del mondo è appunto la resistenza di questa classe che argina l ' avanzata comunista e che , riconoscendo l ' esigenza dei nuovi tempi e della nuova realtà economico - sociale , risolve l ' antitesi tra il proprio sistema e il programma comunista , nello Stato corporativo ? E se questo ultimo è la posizione d ' equilibrio tra due forze contrastanti , capitale e lavoro , noi non vediamo come si possa sostenere la fine della borghesia senza dimostrare implicitamente il fallimento dello Stato corporativo . Si scambia in tal guisa , ancora una volta , l ' apparenza con la sostanza ; credendo che la metamorfosi della mentalità borghese , verificatasi in regime fascista , risponda alla morte della borghesia stessa ; ciò non è vero , perché le aspirazioni proletarie rimangono , come rimangono le aspirazioni capitalistiche , ed è appunto da tale persistenza di appetiti contrarii che trae vita e funzione il Corporativismo .