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DEMOCRAZIA E FASCISMO ( MOLTENI GIUSEPPE , 1924 )
StampaPeriodica ,
È conciliabile il fascismo con la democrazia ? vi è tra le due parole , e le due cose , antagonismo irriducibile , intimo e insanabile conflitto , insuperabile antitesi o è possibile concepire ed attuare tra questi due termini un modus vivendi durevole , un accordo pacifico ed operoso ? Se si ricordano certe sdegnose affermazioni del duce del fascismo , le sue sanguinose irrisioni a certi cadaveri quattriduani e a certe stolide ubbie che sarebbero appunto quei principii di libertà , di uguaglianza politica , di democrazia che furono il patrimonio ideale del secolo decimonono sul terreno politico - sociale ; se si osservano le molteplici e concordi affermazioni in merito della stampa e delle individualità più espressive del fascismo ; se si esamina , dal punto di vista dottrinale , quella che è stata in subiecta materia la prassi del fascismo , sia come azione di partito , sia come azione di governo , difficilmente si possono nutrire eccessive illusioni . Dopo un cinquantennio di entusiasmi democratici ingenuamente iperbolici , il fascismo non segnerebbe soltanto un tempo d ' arresto , ma rappresenterebbe realmente un movimento di reazione , l ' inizio di un periodo di antidemocratici furori . Questo problema , dei rapporti tra democrazia e fascismo , si è posto recentemente Eugenio Rignano , il noto direttore di Scientia ed appassionato cultore di problemi politici e sociali , in un succoso volumetto « Democrazia e fascismo » che ha visto la luce in quella « Biblioteca di coltura politica » diretta dall ' on . Franco Ciarlantini . Poiché habent sua fata libelli , a questo libro è capitato un caso abbastanza curioso : il Rignano è un simpatizzante del socialismo ; certe sue ardite proposte di riforma , in ispecie del diritto successorio , testimoniano di una mentalità tuttaltro che conservatrice . Ma per questo suo studio gli è occorso di vedersi citato dall ' on . Mussolini in persona , quasi come un cortigiano , in ritardo , del nuovo regime , convertitosi forse per celate aspirazioni al laticlavio ; mentre egli è persuaso di avere scritto il suo saggio precisamente con l ' intenzione di dimostrare al fascismo quanto sia superiore , moralmente e politicamente , la democrazia sul confronto di ogni altro sistema diverso e contrario di regime . Ma « fascista » è stato giudicato il libro anche da vecchi amici dell ' autore , di parte socialista , come Claudio Treves . Il Ciarlantini , meno reciso , si limita , presentando al pubblico lo studio del Rignano , ad avvertire ch ' esso serve ottimamente « per intendere lo stato d ' animo di tutta una vasta categoria di persone che pur senza aderire al fascismo nelle sue manifestazioni più vivaci e intransigenti , ne valutano con serietà la importanza storica e desidererebbero vederlo volgersi verso nuovi indirizzi che non possono essere a priori respinti da nessun spirito illuminato » . Poiché il Rignano dichiara che la sua massima aspirazione è quella di « contribuire , sia pure in minima parte , ad attutire l ' asprezza delle contese dei partiti e ad avviare il paese verso una maggiore pacificazione degli animi » , e poiché realmente è questo , oggi , per il nostro paese il massimo dei suoi bisogni , è ovvio che una simile aspirazione sia accompagnata dai migliori e più fervidi auguri , con la avvertenza per altro , che l ' invocata pacificazione non si risolva in un vano baiser de Lamourette , ma sbocchi davvero in un consenso libero e convinto di volontà consapevoli e spontanee . L ' augurio è lecito e doveroso anche se , pel momento almeno , esso sembri assai lontano , da qualsiasi probabilità di successo . Da una parte infatti ecco l ' on . Treves che , nella Critica sociale , fa una carica a fondo contro le opinioni , assai più fasciste che democratiche , del nostro autore scrivendo : « Il fatto è e siamo certi di colpire di stupore e di incredulità l ' Autore col rivelarglielo che il suo discorso è fascista ; fascista per l ' interpretazione che esso dà ai fenomeni ; fascista per l ' estimazione con cui accoglie i risultati della rivoluzione fascista . La sua « democrazia » si svia , evapora nelle buone intenzioni liberali . Ma se egli non ha riserve a fare sui « miracoli » compiuti dal fascismo al potere , se non ha il sospetto del sofisma post hoc ergo propter hoc onde attribuisce l ' ordine , la cessazione degli scioperi , la riduzione delle spese e del deficit dello Stato esclusivamente all ' azione fascista e non a certe cause naturali ( crisi economica , disoccupazione , vietata emigrazione , cessazione delle spese di guerra , allontanamento dei furori bellici , ecc . ) , se egli crede al « rinsaldarsi della compagine nazionale » dove altri , come i socialisti unitari , per i quali il Rignano ha simpatie , dicono nel loro Manifesto elettorale : una gente sta sull ' altra colle ginocchia sul petto ! e ne dà merito all ' azione fascistica ; egli è fuori di ogni coerenza quando , in nome della democrazia , reclama allargamenti liberali e restaurazioni parlamentari . Ma viva , viva il potere personale capace di così mirifiche cose ! La democrazia non è un fine , è un mezzo . Quando il suo contrario si dimostra con mezzi di tanto più efficaci , viva il suo contrario ! Che vale il Rignano conchiuda invocando con Stuart Mill uno stato che non rimpicciolisca i suoi uomini ? Questa proposizione si allaccia all ' idea del concorso , della gara libera di tutte le capacità . Ma se l ' evento avesse dimostrato , con l ' autorità del fatto compiuto , che tale gara è neutralizzatrice di capacità anzi che eccitatrice di grandezze , che un uomo solo , onnipotente può fare , anzi ha fatto , meglio di tutto ciò che si sarebbe potuto aspettare dal concorso , dalla gara , dal Parlamento , e persino dall ' azione della natura , ecc . , la causa sarebbe vinta per l ' antidemocrazia . In verità , coi fatti che il Rignano accetta , non ci crederemmo autorizzati come fa l ' Autore ad appellarci a Stuart Mill , ma a Tommaso Hobbes e , magari , a Giuseppe De Maistre . Dall ' altro lato ecco l ' on . Ciarlantini , se non proprio accusare un fin de non recevoir , esprimersi in modo non troppo confortante alla predicazione democratica che il Rignano , nuovo Daniele nella fossa dei leoni , fa ai fascisti , osservandogli con un sorriso lievemente ironico che è « esagerata la sua preoccupazione intorno alla limitazione della libertà di cui si renderebbe colpevole il governo fascista » e ribadendo il chiodo del governo « pedagogia per adulti » , aliena per necessità del momento dalle « forme della tradizionale blandizia » e improntata ad « energie e fermezza » . Per Ciarlantini « il governo di un paese è , in grande , come il governo di una scuola e di una famiglia » ; ma di una scuola si tratterebbe di sapere in cui è riabilitata la malfamata ferula del pedagogo , e di una famiglia in cui la patria potestà risuscita i poteri discrezionali delle XII Tavole ? Non possiamo seguire particolareggiatamente il Rignano nella sua trattazione ; accenneremo soltanto . Dopo avere definito la caratteristica del fenomeno democratico « nella tendenza di un numero sempre maggiore di componenti la società ad accedere alla società stessa , anziché per imposizione esterna , per libero assenso e consenso » , dopo avere rapidamente passato in rassegna i vantaggi della democrazia , le accuse spesso infondate che le si muovono e i pericoli che realmente possono insidiarla demagogismo , parlamentarismo , eccessivo frazionamento dei partiti , e concluso che il massimo pericolo è quello « che una data classe , forte per numero di aderenti , per organizzazione e coscienza collettiva , per la sua grande importanza sull ' economia nazionale , perda , in seguito ad errate dottrine divulgate e accettate , sia pure in buona fede nel proprio seno , il senso di solidarietà sociale che la lega a tutte le società restanti , ed elevando i propri antagonismi di classe al di sopra dell ' interesse generale , che è pur supremo interesse suo proprio , minacci il dissolvimento sociale » ; il Rignano identifica questo pericolo non col socialismo in genere , ma con quella sua forma particolare e antisociale che è il marxismo . Al marxismo si devono quei due caratteristici fenomeni che crearono , con la guerra , il bolscevismo ; la mentalità disfattista e la utopia della dittatura del proletariato . Entrambi questi fenomeni minacciano alla base la vita nazionale e internazionale dei diversi paesi d ' Europa ; da ciò un correre precipitoso ai ripari con un ritorno verso la direzione coercitiva autocratica ed antidemocratica , ritorno che in Italia si concretava appunto nel fascismo . La causa della democrazia fu coinvolta nella débacle del marxismo perché « socialismo e democrazia hanno scontato insieme la colpa , ad un tempo economica , morale e politica , di non avere sconfessato in tempo e di non avere mai combattuto con la dovuta energia le dottrine marxiste antisociali » . Nell ' esame dello svolgersi delle vicende politiche dell ' immediato dopo guerra il Rignano accoglie , per così dire , la versione fascista , la versione cioè che attribuisce al fascismo il merito principale e quasi esclusivo di avere organizzato e debellato il pericolo bolscevico in Italia . E qui ci sembra che la interpretazione dei fatti non risponda pienamente all ' esattezza . Certo il fascismo è stato , fin dal suo sorgere , antesignano della lotta antibolscevica ; ma è pure debito di giustizia il riconoscere che il bolscevismo aveva già da tempo , iniziata la sua curva discendente quando ancora il fascismo era , politicamente , una quantité negligeable . Nelle elezioni del 1919 , quando la minaccia era più urgente e grave , la barriera vera e reale opposta al dilagare delle onde sovversive fu rappresentata da quel partito popolare che mandava alla Camera cento deputati e la cui valutazione , da parte del Rignano , è improntata al solito clichet , altrettanto banale quanto ingiusto , limitandosi a rimproverargli le « eccessive esigenze » cagione di continue crisi ministeriali e disconoscendo o ignorando il vigore col quale aveva disimpegnato la sua funzione di baluardo di conservazione sociale , quando appunto nelle file dei molteplici gruppi e partiti liberali era penetrato il più profondo scoraggiamento consigliero delle più ampie rinuncie e delle fughe più precipitose . Questa benemerenza del P . P . di fronte al paese , che è stata riconosciuta da uomini equilibrati e non sospetti come gli onorevoli Bonomi e De Nicola , non avrebbe dovuto essere taciuta dal Rignano . Il quale anche non poteva ignorare che un processo di revisione e di reazione alla ubbriacatura bolscevica si era andato determinando nell ' interno stesso del partito socialista , con un ritmo forse troppo lento ( in confronto delle necessità dei tempi eccessivamente rapide e urgenti ) ma continuo e sicuro ; e se nel congresso di Bologna dove pure l ' onorevole Turati pronunciava quel suo discorso che fu un ammirevole atto di coraggio prevalse l ' infatuazione bombaccesca , a quello di Livorno si effettuava la scissione tra socialisti e comunisti , e a quello successivo di Milano l ' ulteriore scissione tra massimalisti e unitari . Altrettanti fenomeni politici che dimostravano non soltanto il decrescere dell ' infezione bolscevica , ma la scomparsa d ' ogni serio pericolo . Rinsavite in gran parte le masse socialiste , salde nella loro costituzione di partito essenzialmente d ' ordine le masse del nuovo partito popolare , animate da quei principii religiosi che il Rignano - infatuato nel suo positivismo biosociologico e afflitto da insanabile odium antiteologicum ha il torto di svalutare anche sotto l ' aspetto , pure innegabile , di grande forza morale e di energia plasmatrice del benessere sociale , vera « armonia di tutta la vita » assai più solida di quella , frutto dell ' evoluzione biologica in cui si assomma tutta la fede del nostro positivista ; la situazione politica del nostro paese avrebbe potuto avviarsi ad uno stabile e pacifico assetto , ad un equilibrio armonioso delle varie tendenze e dei diversi elementi in lotta pacifica e civile , solo che il partito liberale non avesse tradito la propria funzione e rinnegato le proprie tradizioni . Ma come prima , gettate le armi e lo scudo , s ' era dato a fuggire , pronto alle più vergognose dedizioni , così , appena scomparso e non per merito suo il pericolo , il liberalismo italiano non seppe resistere all ' acre voluttà di prendersi larga vendetta della paura sofferta e si buttò sulle tracce del fascismo come quello che gli parve più idoneo strumento di una tale vendetta . Ingenuo calcolo di chi troppo facilmente dimenticava la saggezza di certe nostre vecchie favolette . Il fascismo lungi dal piegarsi a fare da « bravo » alla borghesia liberale , consapevole ormai della sua forza di fronte alla debolezza altrui , ne approfittava tosto per dichiarare la bancarotta del liberalismo , per impadronirsi del governo , e per identificarsi addirittura con lo Stato , se pure non addirittura con la Nazione , come pure pretenderebbero alcuni , e non pochi , dei suoi . Questo ci pare , grosso modo , un curriculum degli avvenimenti più rispondente alla realtà di quello accolto e fatto proprio dal Rignano nella sua esposizione . Ma forse l ' autore ha creduto con ciò di propiziarsi meglio l ' uditorio al quale voleva porgere consiglio che prevedeva alquanto ostico . Non si può negare infatti che nel capitolo ultimo del suo libro « l ' antidemocraticismo fascista » l ' autore parli abbastanza chiaramente e con una commossa eloquenza per un ritorno del fascismo ai calpestati principii della democrazia , in favore della libertà di stampa e di associazione , per un regime costituzionale e contro la dittatura , per l ' abolizione di milizie organizzate non a servizio di tutta la nazione , ma di un determinato partito , per una vera e reale normalizzazione insomma , della nostra vita politica . « Se è vero conclude l ' autore che due sono oggi le correnti che si dibattono in seno al fascismo , l ' una rappresentata dal capo del governo e dai migliori uomini del partito che comprendono la necessità di questo auspicato ritorno graduale a condizioni completamente normali , e l ' altra più intransigente che vorrebbe perseverare magari con ancor maggiore risolutezza sulla china autoritaria assolutistica , carità di patria deve spingere a fare i più fervidi voti che prevalga la prima corrente sulla seconda » . Abbiamo già espresso , a proposito di questi voti , quale deve e non può non essere il pensiero di quanti pongono la patria al di sopra della fazione . In spe contra spem . È una speranza che non deve mai lasciarci anche se la vicenda del tempo e dei fatti sembra svolgersi non troppo propizia ad una sollecita realizzazione dei nostri voti .