StampaPeriodica ,
Sono
almeno
quindici
anni
che
il
movimento
socialista
in
Italia
è
stato
colpito
da
paralisi
intellettuale
.
Gravissimo
fenomeno
di
decadenza
universalmente
rilevato
e
di
cui
oggi
stiamo
scontando
almeno
indirettamente
gli
effetti
.
Mentre
il
corpo
del
partito
si
dilatava
,
il
numero
dei
soci
si
moltiplicava
,
i
seggi
nei
comuni
e
in
Parlamento
aumentavano
,
il
livello
culturale
e
il
fervore
di
vita
intellettuale
venivano
meno
con
un
ritmo
impressionante
.
Causa
immediata
,
ma
superficiale
,
fu
l
'
allontanarsi
dal
movimento
socialista
del
favore
delle
nuove
generazioni
.
Molti
hanno
cercato
di
spiegare
il
fenomeno
,
ma
in
verità
nessuna
delle
ragioni
addotte
sembra
soddisfacente
.
Sono
profondamente
convinto
che
una
delle
cause
principali
della
crisi
è
da
ricercarsi
nella
diffusione
(
e
particolarmente
nel
modo
e
nella
direzione
della
diffusione
)
della
dottrina
marxista
in
Italia
.
Volendo
chiarire
ulteriormente
,
direi
che
l
'
errore
più
grave
consistette
nell
'
assumere
la
dottrina
marxista
a
pensiero
ufficiale
dei
gruppi
e
partiti
socialisti
.
Mi
si
chiederà
:
ma
di
quale
marxismo
intendete
parlare
?
Perché
,
oltre
la
marca
originale
,
v
'
è
una
marca
kautskiana
,
bernsteiniana
,
soreliana
,
mondolfiana
,
per
non
citare
che
le
più
note
.
Ora
,
proprio
in
questa
molteplicità
di
interpretazioni
e
riduzioni
,
che
sarebbero
segno
di
enorme
vitalità
e
libertà
di
pensiero
se
si
limitassero
a
distinguere
diverse
correnti
in
seno
ad
uno
stesso
movimento
che
tutte
le
comprenda
e
le
superi
,
sta
un
altro
fattore
della
crisi
.
Perché
quella
dottrina
che
veniva
assunta
a
pensiero
ufficiale
del
partito
,
a
forza
di
venir
corretta
,
annacquata
,
adulterata
,
o
,
più
semplicemente
,
interpretata
,
finì
per
trasformarsi
in
qualche
cosa
di
così
vago
ed
incerto
da
poter
ad
un
tempo
servire
ad
ogni
frazione
,
dalla
più
barricadiera
alla
più
riformista
;
per
ogni
problema
,
da
quello
più
trascendentale
a
quello
più
concreto
e
materiale
.
A
distanza
di
anni
e
di
mesi
gli
stessi
testi
venivano
usati
,
dalle
diverse
frazioni
succedentisi
al
potere
,
in
senso
radicalmente
diverso
.
Si
ebbero
così
tutti
i
mali
di
una
rigida
codificazione
autoritaria
affidata
in
concreto
alle
edizioni
delle
opere
del
Marx
,
e
tutti
i
mali
della
libera
interpretazione
,
di
fatto
troppo
spesso
affidata
al
primo
scriba
che
volesse
ammannirti
la
centesima
definitiva
edizione
del
pensiero
marxista
.
Nessuno
,
eccettuato
forse
il
Bernstein
,
che
in
questa
questione
vide
più
acutamente
d
'
ogni
altro
,
si
propose
di
veder
con
chiarezza
che
cosa
rimaneva
,
alla
chiusa
dei
conti
,
dopo
tutto
il
revisionismo
di
destra
e
di
sinistra
(
Pareto
,
Croce
,
Labriola
,
Bernstein
,
Turati
,
Merlino
,
Mondolfo
,
Leone
,
Sorel
...
)
del
corpo
originario
.
Si
trattava
,
e
ancor
oggi
si
tratta
,
di
eseguire
un
vero
e
proprio
bilancio
teorico
della
dottrina
marxista
che
,
partendo
da
basi
essenzialmente
scientifiche
e
realistiche
,
collo
scartare
cioè
tutto
ciò
che
è
in
contraddizione
coi
fatti
,
o
in
contraddizione
col
generico
indirizzo
del
partito
e
del
movimento
socialista
,
ci
dicesse
ciò
che
è
vivo
e
ciò
che
è
morto
del
marxismo
.
Tra
l
'
altro
si
verificò
anche
questo
:
che
il
partito
,
mentre
rimaneva
tenacemente
attaccato
alle
vecchie
tavole
,
si
andava
profondamente
modificando
,
specie
in
ordine
ai
metodi
della
lotta
.
E
,
al
pari
del
pigro
imbianchino
che
applica
il
nuovo
colore
sul
vecchio
,
cosicché
avviene
che
questo
,
a
distanza
di
tempo
,
intorbidi
quello
,
così
molti
socialisti
italiani
,
anziché
riconoscere
coraggiosamente
che
,
dopo
le
numerosissime
critiche
anche
da
loro
personalmente
ed
acutamente
avanzate
,
meglio
valeva
far
punto
e
da
capo
,
rinunziando
al
biglietto
d
'
ingresso
nel
tempio
marxista
,
si
accontentarono
di
riverniciare
a
nuovo
le
pareti
,
di
mutarne
le
porte
e
l
'
impiantito
.
Infatti
,
dopo
aver
preso
atto
delle
svariate
e
profondissime
critiche
che
scalzavano
sin
dalle
basi
alcuni
degli
antichi
principi
,
ci
si
continuò
bellamente
a
professare
marxisti
,
conchiudendo
con
un
atto
di
fede
(
segno
troppo
spesso
di
volgare
pigrizia
intellettuale
)
ciò
che
doveva
essere
un
atteggiamento
fondato
sulla
pura
ragione
.
Intanto
la
tara
a
peso
lordo
dell
'
originaria
dottrina
,
tara
sempre
sottintesa
e
mai
dichiarata
apertamente
,
venne
facendosi
sempre
più
imponente
e
radicale
;
la
scatola
rimaneva
e
il
contenuto
scompariva
lentamente
.
Lo
spazio
per
un
articolo
è
così
breve
,
che
io
non
mi
propongo
davvero
di
tentare
un
cotesto
bilancio
;
mi
limiterò
a
darne
sinteticamente
i
risultati
,
quei
risultati
meno
contrastati
e
per
nulla
originali
,
che
ognuno
avrà
agio
di
controllare
personalmente
,
anche
senza
uscire
dalla
collezione
della
«
Critica
sociale
»
.
Alla
definitiva
condanna
della
teoria
del
valore
doveva
seguire
quella
delle
«
crisi
»
,
della
«
miseria
crescente
»
,
dell
'
«
accentramento
capitalistico
»
,
della
«
scomparsa
delle
classi
medie
»
,
della
«
dittatura
del
proletariato
»
,
del
troppo
radicale
«
internazionalismo
»
,
della
«
funzione
della
violenza
»
.
In
una
parola
:
si
respingeva
tutto
ciò
che
costituiva
la
parte
positiva
del
socialismo
marxista
,
un
po
'
frutto
delle
tendenze
dell
'
epoca
,
un
po
'
infelicissimo
frutto
della
dialettica
hegeliana
,
e
una
notevole
parte
del
lato
negativo
in
ordine
alla
critica
della
economia
capitalistica
.
Si
veniva
così
chiaramente
delineando
una
distinzione
tra
l
'
opera
del
Marx
scienziato
e
l
'
opera
del
Marx
uomo
di
parte
,
di
fede
e
di
passione
.
Che
cosa
dunque
rimaneva
?
Io
direi
che
rimanevano
pressoché
intatti
i
due
caposaldi
del
pensiero
marxista
,
i
due
piloni
centrali
:
materialismo
storico
e
lotta
di
classe
.
Questo
è
il
monumento
imperituro
eretto
alla
memoria
di
Carlo
Marx
,
anche
se
sono
da
rigettarsi
la
troppo
larga
estensione
da
lui
data
alla
teoria
ed
alcune
tendenze
troppo
piattamente
materialistiche
,
per
lo
meno
nelle
espressioni
usate
.
Ma
nel
frattempo
,
dal
'73
al
'923
,
è
intervenuto
un
fatto
nuovo
e
rivoluzionatore
.
Tanto
la
teoria
economica
della
storia
,
quanto
la
teoria
della
lotta
di
classe
(
la
quale
in
realtà
non
costituisce
che
un
addentellato
importantissimo
della
prima
)
facevano
,
più
o
meno
integralmente
,
più
o
meno
chiaramente
,
il
loro
ingresso
nel
campo
scientifico
,
indipendentemente
da
partiti
e
da
chiese
;
venivano
sempre
più
considerati
quali
valori
obbiettivi
acquisiti
alla
coscienza
moderna
.
Si
può
essere
marxisti
senza
essere
socialisti
Liberali
e
nazionalisti
,
in
parte
gli
stessi
cattolici
,
già
riconoscono
il
fatto
lotta
di
classe
e
la
verità
del
materialismo
storico
,
sia
pure
con
la
limitazione
crociana
di
canone
di
interpretazione
;
filosofi
idealisti
,
come
il
Croce
,
che
così
grande
influsso
ebbe
ad
esercitare
sulla
cultura
italiana
,
furono
tra
i
primi
a
riconoscere
il
grande
valore
del
marxismo
;
la
nuova
scuola
storica
,
la
cosiddetta
scuola
economico
-
giuridica
,
che
annovera
tra
i
suoi
maggiori
il
Volpe
ed
il
Salvemini
,
accetta
questi
due
elementi
del
pensiero
marxista
come
principi
fondamentali
di
metodo
storico
.
Basta
d
'
altronde
aprire
un
giornale
,
sfogliare
una
rivista
,
intrattenersi
con
uno
studioso
di
scienze
sociali
,
intervistare
il
man
in
the
street
,
per
convincersi
che
molto
sangue
di
Marx
si
è
silenziosamente
trasfuso
nel
cuore
degli
stessi
più
acerrimi
nemici
delle
dottrine
di
lui
.
Quale
trionfo
più
grandioso
poteva
attendersi
da
un
'
opera
affidata
alle
speranze
di
una
classe
insorgente
,
in
scritti
frammentari
e
troppo
spesso
contraddittori
?
Ma
con
ciò
non
è
detto
che
oggi
l
'
essere
marxisti
voglia
dire
essere
socialisti
.
Il
fatto
che
scrittori
conservatori
come
il
Pareto
,
dotato
di
profondo
spirito
critico
,
abbiano
potuto
accettare
questa
parte
della
dottrina
marxista
,
conferma
a
chiare
note
che
si
può
essere
marxisti
senza
essere
socialisti
.
Questo
mi
sembra
un
punto
fondamentale
sul
quale
è
necessario
insistere
sino
alla
noia
.
Quello
che
di
veramente
positivo
in
senso
socialista
conteneva
il
pensiero
marxista
è
unanimemente
rigettato
,
o
perché
in
troppo
stridente
contraddizione
con
la
realtà
,
o
perché
in
urto
con
le
nuove
tendenze
liberali
democratiche
;
ma
nessuno
pensò
di
compiere
questa
elementare
operazione
di
sottrazione
e
di
interpretazione
del
risultato
.
Il
marxismo
ci
appare
oggi
più
come
un
principio
metodico
per
l
'
interpretazione
della
storia
,
che
una
vera
e
propria
filosofia
dell
'
azione
operaia
.
Principio
metodico
sempre
più
universalmente
accettato
quale
verità
obbiettiva
.
Ora
è
il
caso
di
domandarsi
:
v
'
è
qualcuno
che
,
parlando
di
geometria
o
di
fisica
,
si
professi
seguace
di
Euclide
o
di
Archimede
,
anche
se
diverse
possono
essere
le
opinioni
sulla
importanza
relativa
e
sull
'
originalità
del
loro
contributo
alla
scienza
?
Quelli
stessi
che
sostengono
la
grandiosità
del
contributo
non
sentono
davvero
la
necessità
di
assumere
una
tale
etichetta
.
Perché
la
etichetta
mi
si
passi
la
metafora
serve
generalmente
a
denotare
una
posizione
di
battaglia
in
difesa
di
principi
cui
siano
contrapposti
principi
diversi
,
senza
che
sia
possibile
stabilire
per
il
momento
da
qual
lato
stiano
verità
e
ragione
.
Così
oggi
abbiamo
i
seguaci
e
gli
oppositori
di
Einstein
,
ma
non
quelli
di
Galileo
;
e
il
giorno
in
cui
le
affermazioni
einsteiniane
risultassero
pienamente
accertate
,
la
scuola
tramonterà
e
non
vorrà
richiamarsi
al
suo
nome
,
che
più
non
sarà
simbolo
di
lotta
e
di
divisione
.
Essere
marxisti
,
oggi
,
non
esprime
dunque
gran
che
,
salvo
che
non
si
tratti
di
designare
con
quel
nome
quei
socialisti
,
abbastanza
numerosi
tuttora
,
che
di
Marx
assumono
dogmaticamente
verità
ed
errori
,
o
che
ne
deformano
l
'
interpretazione
riducendo
tutta
la
sua
filosofia
della
storia
ad
un
volgare
determinismo
.
V
'
è
infine
un
lato
della
questione
,
riguardante
da
presso
i
socialisti
gradualisti
,
che
rafforza
grandemente
questa
tesi
.
I
socialisti
gradualisti
e
democratici
sono
in
profondo
contrasto
con
tutto
lo
spirito
informatore
dell
'
opera
marxistica
.
Per
quanti
tentativi
di
conciliazione
si
possano
fare
,
la
dimostrazione
del
contrario
non
è
stata
mai
data
né
mai
potrà
darsi
.
Ma
,
se
anche
si
riuscisse
,
attraverso
inutili
sforzi
dialettici
,
a
provare
che
il
Marx
fu
in
sostanza
un
socialista
democratico
e
liberale
e
che
il
marxismo
,
nella
sua
parte
positiva
e
socialistica
,
in
nulla
vi
contrasta
,
allora
davvero
potremmo
a
buon
diritto
dire
:
poi
che
nel
marxismo
tutto
è
compreso
,
rivoluzionarismo
e
riformismo
,
materialismo
e
idealismo
,
dittatura
e
democrazia
,
liberalismo
e
tirannia
,
inutile
riferirsi
al
marxismo
!
Meglio
,
mille
volte
meglio
,
un
sano
empirismo
all
'
inglese
piuttosto
che
questo
cieco
e
tortuoso
dogmatismo
.
Da
tutto
ciò
balza
evidente
ed
imperiosa
la
conclusione
,
che
intanto
non
ha
senso
l
'
affermazione
essere
il
partito
socialista
un
partito
marxista
,
poi
che
il
marxismo
,
per
concorde
riconoscimento
,
nel
suo
valore
reale
ed
attuale
non
solo
è
diventato
,
o
è
sulla
via
di
diventare
,
patrimonio
universale
,
ma
non
indica
neppure
alcuna
tendenza
precisa
in
ordine
al
fine
ed
al
metodo
.
E
,
se
questo
è
vero
,
concesso
che
ad
un
partito
non
spetta
mai
l
'
opera
dello
storico
ma
piuttosto
quella
di
fare
la
storia
,
preparandone
ed
elaborandone
la
materia
prima
,
risulta
chiaro
che
i
principî
marxistici
,
fondamento
essenziale
per
l
'
interpretazione
delle
umane
vicende
,
hanno
da
passare
e
passano
automaticamente
in
seconda
linea
quando
si
tratti
di
agire
in
concreto
e
di
assumere
decisioni
positive
in
ordine
a
problemi
,
che
son
diversi
da
paese
a
paese
,
e
rapidamente
mutevoli
nel
tempo
.
Esistono
d
'
altronde
alcune
cause
,
in
parte
costanti
e
in
parte
contingenti
,
che
consigliano
l
'
abbandono
di
questa
tendenza
dogmatica
del
partito
,
di
questa
spesso
inconscia
ma
continua
subordinazione
dell
'
azione
concreta
d
'
un
movimento
di
masse
ad
una
rigida
teoria
.
Un
partito
ha
bisogno
di
un
grado
estremo
di
elasticità
,
di
una
grande
libertà
di
atteggiamenti
,
anche
se
è
necessario
che
mantenga
una
chiara
e
coerente
linea
di
condotta
nel
tempo
.
Un
partito
legato
ad
un
corpo
rigido
di
dottrine
finisce
per
appesantirsi
,
per
muoversi
con
una
lentezza
esasperante
,
sì
che
,
attaccato
da
una
tribù
di
veloci
predatori
,
risponde
a
destra
quando
già
l
'
attacco
si
è
spostato
a
sinistra
.
Questa
immagine
si
presentò
chiara
alla
mente
dell
'
osservatore
,
soprattutto
nel
dopo
guerra
,
in
ordine
a
due
serie
di
avvenimenti
:
rivoluzione
russa
e
lotta
tra
fascisti
e
socialisti
.
Si
è
dimostrato
,
con
una
meravigliosa
abbondanza
di
citazioni
,
che
la
rivoluzione
russa
è
in
flagrante
contraddizione
con
le
previsioni
del
marxismo
,
e
si
è
preteso
dedurne
che
era
vano
attendere
che
in
Russia
si
consolidasse
il
regime
comunistico
.
Effettivamente
la
rivoluzione
russa
si
è
ribellata
alle
formule
marxistiche
,
in
quanto
è
scoppiata
in
un
paese
di
civiltà
arretrata
e
in
un
periodo
in
cui
non
c
'
era
certo
sovrapproduzione
.
Ma
se
pure
eran
chiare
(
e
più
son
chiare
oggi
)
le
ragioni
per
cui
il
comunismo
integrale
dei
primi
anni
doveva
fatalmente
tramontare
,
è
tuttavia
certo
che
restano
sempre
da
compiersi
,
nel
solco
di
quella
rivoluzione
,
sforzi
utilissimi
in
senso
socialista
.
Perché
in
certi
momenti
occorre
accettare
le
condizioni
ambientali
nelle
quali
,
per
eventi
difficilmente
prevedibili
e
regolabili
,
ci
si
è
venuti
a
trovare
.
L
'
importante
,
dal
punto
di
vista
riformista
,
non
sta
nel
differenziarsi
in
ordine
alla
interpretazione
del
fenomeno
,
prendendo
atto
via
via
nel
caso
citato
della
liquidazione
fallimentare
della
rivoluzione
e
producendo
le
prove
del
sorgere
del
nuovo
spirito
capitalistico
nella
Repubblica
dei
Soviet
,
per
concludere
infine
con
un
inno
al
marxismo
;
ma
nel
differenziarsi
chiaramente
in
ordine
ad
un
fatto
fondamentale
:
la
dittatura
che
imperversa
in
Russia
,
l
'
assenza
di
un
regime
democratico
e
liberale
,
senza
peraltro
mai
dimenticare
quelle
che
possono
essere
state
le
dolorose
necessità
storiche
di
un
moto
rivoluzionario
in
un
paese
come
la
Russia
.
Nel
giudizio
e
nell
'
atteggiamento
riformista
rispetto
alla
rivoluzione
russa
,
la
troppo
stretta
aderenza
alle
formule
marxiste
ha
fatto
sì
che
si
condannasse
aprioristicamente
,
quasi
prima
che
nascesse
,
un
fenomeno
che
conteneva
e
contiene
tuttora
in
sé
maravigliosi
germi
di
vita
e
di
rinnovamento
.
Dichiaro
francamente
che
sarei
felicissimo
che
le
formule
marxistiche
risultassero
erronee
,
purché
la
rivoluzione
russa
conducesse
alla
stabilizzazione
di
un
regime
gradualmente
socialista
.
Riconosco
che
le
probabilità
attuali
sono
limitatissime
;
ma
il
compito
d
'
un
socialista
sta
non
nel
sabotare
quel
piccolo
fattore
di
probabilità
,
ma
al
contrario
,
nel
rafforzarlo
.
Il
secondo
avvenimento
che
dimostrò
l
'
impotenza
socialista
anche
dal
lato
intellettuale
fu
la
lotta
tra
fascisti
e
socialisti
.
Non
si
creda
,
per
carità
,
che
voglia
arrecare
a
conforto
della
mia
tesi
il
camaleontismo
di
Mussolini
e
dei
suoi
seguaci
.
Ma
,
tutto
sommato
,
sembra
che
,
tra
quel
camaleontismo
e
la
rigidezza
,
la
cecità
,
l
'
abulica
mummificazione
serratiana
,
v
'
era
e
v
'
è
tuttora
la
possibilità
di
un
atteggiamento
intermedio
.
Mentre
gli
uni
pestavano
,
gli
altri
(
non
tutti
,
s
'
intende
,
per
fortuna
)
strillavano
che
non
v
'
era
nulla
da
fare
,
che
eravamo
di
fronte
ad
un
fenomeno
internazionale
,
ad
una
crisi
fisiologica
propria
del
mondo
capitalistico
,
quasi
che
la
disfatta
risultasse
in
tal
modo
più
onorevole
e
meno
dolorosa
,
e
come
se
in
qualche
Stato
cotesta
reazione
non
avesse
dovuto
avere
il
suo
inizio
isolato
.
Nell
'
atteggiamento
di
molti
socialisti
,
tra
il
1919
e
il
1922
,
era
troppo
chiara
l
'
influenza
di
quel
fatalismo
cosiddetto
marxista
,
che
deriva
da
una
erronea
,
per
quanto
spiegabilissima
,
interpretazione
degli
scritti
più
conosciuti
di
Marx
.
Sarebbe
facile
continuare
coll
'
esemplificazione
;
ma
è
tempo
di
stringere
le
fila
del
discorso
.
Erronea
funzione
del
marxismo
in
seno
al
movimento
socialista
L
'
errore
fu
di
assumere
il
marxismo
a
termine
comune
di
partenza
,
di
paragone
,
di
arrivo
.
Si
finì
per
muoversi
in
un
campo
intellettualmente
chiuso
.
Tutto
era
orientato
in
un
unico
senso
;
tutte
le
discussioni
teoriche
concludevano
fatalmente
con
una
interpretazione
dell
'
opera
marxista
.
Ogni
controversia
,
ogni
questione
,
per
quanto
estranea
all
'
originario
corpo
dottrinale
,
ogni
fatto
,
financo
,
che
si
ribellasse
alle
linee
prevedute
e
volute
dell
'
evoluzione
,
veniva
riportato
,
a
forza
di
dialettica
,
nell
'
angusto
quadrato
della
teoria
,
o
condannato
e
trascurato
senz
'
altro
.
Insensibilmente
si
andò
creando
una
scuola
e
,
più
che
una
scuola
,
una
setta
,
con
una
sua
logica
,
disciplina
,
dialettica
,
munita
del
divino
specifico
buono
per
tutti
i
casi
e
che
stava
di
casa
nei
cinque
o
sei
volumi
,
editi
dal1'
«
Avanti
!
»
,
delle
opere
di
Marx
e
di
Engels
.
Una
setta
che
ad
ogni
costo
voleva
ospitare
nell
'
antico
edificio
le
nuove
tendenze
assolutamente
inconciliabili
con
le
antiche
,
che
contorceva
la
realtà
pur
di
collocarla
nel
gran
quadro
teorico
.
Una
nuova
Chiesa
,
insomma
,
colla
sua
pattuglia
di
filosofi
scolastici
,
solo
preoccupati
di
salvare
la
forma
e
il
metodo
a
dispetto
della
sostanza
.
Nei
congressi
,
anche
nei
periodi
più
dolorosi
,
anche
sotto
la
sferza
dei
colpi
e
delle
vittorie
fasciste
,
non
ci
si
batteva
,
no
,
sulle
questioni
concrete
e
veramente
essenziali
,
a
colpi
di
dati
,
di
cifre
,
di
fatti
,
ma
a
forza
di
citazioni
,
di
interpretazioni
,
di
sforzi
esegetici
.
Si
rileggano
i
discorsi
tenuti
nei
congressi
di
Bologna
,
di
Livorno
,
di
Milano
,
e
in
tutti
gli
altri
congressi
prebellici
.
Libero
scambio
,
suffragio
universale
,
educazione
popolare
,
sindacati
,
cooperative
,
politica
estera
in
genere
,
problemi
vitali
che
occorreva
esaminare
e
risolvere
con
spirito
realistico
,
strettamente
adeguando
l
'
azione
del
partito
a
quelli
che
sono
i
concreti
bisogni
di
una
particolare
collettività
in
un
determinato
momento
storico
,
finirono
per
essere
regolarmente
trascurati
,
o
semplicisticamente
esaminati
e
risolti
alla
luce
esclusiva
dei
principi
marxistici
.
Si
dimenticarono
così
il
Mezzogiorno
e
troppi
centri
rurali
;
la
politica
socialista
fu
talvolta
la
politica
dei
gruppi
operai
del
Settentrione
;
e
ciò
manifestamente
anche
per
l
'
influsso
di
ragioni
teoriche
.
Era
chiaro
che
,
una
volta
che
il
socialismo
poteva
svilupparsi
solo
nei
centri
di
avanzata
civiltà
capitalistica
,
e
che
tale
civiltà
capitalistica
era
una
tappa
necessaria
nella
evoluzione
dei
popoli
,
l
'
unica
politica
era
quella
delle
braccia
incrociate
.
E
intanto
gli
altri
partiti
,
e
il
popolare
in
ispecie
,
mietevano
.
E
il
problema
morale
?
Non
venne
forse
egualmente
trascurato
,
direi
anzi
colposamente
ignorato
?
E
quei
pochi
,
in
genere
riformisti
,
che
attivamente
si
adoprarono
in
tal
senso
,
sanno
quanto
dovettero
faticare
per
trionfare
quando
trionfarono
della
generale
apatia
.
Col
sorgere
di
questa
nuova
Chiesa
,
coi
suoi
miti
,
colle
sue
formule
,
coi
suoi
martiri
,
col
suo
profeta
,
anche
gli
individui
più
autonomi
,
dotati
d
'
ingegno
originale
e
costruttivo
e
che
in
una
atmosfera
di
libertà
reale
avrebbero
potuto
darci
opere
rivoluzionatrici
,
furono
attratti
nell
'
atmosfera
viziosa
del
dogma
e
della
sua
interpretazione
,
sì
che
,
a
forza
di
aggirarsi
nella
morta
gora
e
di
battagliare
intorno
alla
prefazione
del
Per
la
critica
dell
'
economia
politica
e
al
Manifesto
dei
Comunisti
,
vennero
progressivamente
perdendo
la
loro
originaria
capacità
.
Molti
si
allontanarono
dal
movimento
,
altri
si
trassero
in
disparte
.
I
giovani
ebbero
l
'
impressione
che
l
'
ingresso
nel
partito
significasse
indossare
una
terribile
cappa
di
piombo
annichilente
ogni
personalità
,
una
preventiva
rinunzia
a
qualunque
libertà
spirituale
,
il
divieto
di
orientarsi
verso
direzioni
nuove
.
L
'
imposizione
,
in
una
parola
,
di
un
ritmo
obbligato
di
pensiero
e
di
azione
.
Ed
oggi
,
nel
nuovo
partito
,
le
cose
sono
veramente
mutate
?
Il
marxismo
occupa
ufficialmente
la
posizione
antica
?
Dalla
tessera
,
dove
è
riprodotto
il
programma
del
1892
,
quando
ancora
il
revisionismo
era
di
là
da
venire
,
e
Bebel
e
Kautsky
erano
i
capi
spirituali
del
movimento
socialista
mondiale
,
e
dal
fatto
che
gli
uomini
che
dirigono
attualmente
il
movimento
appartennero
tutti
al
vecchio
partito
,
dovremmo
giudicare
che
nulla
vi
è
di
mutato
,
che
nulla
si
vuol
mutare
?
Spero
di
no
,
credo
di
no
!
Certo
però
che
un
legittimo
dubbio
rimane
sino
a
che
non
ci
si
pronunzierà
chiaramente
intorno
a
queste
questioni
.
Il
fatto
che
i
riformisti
abbiano
dovuto
combattere
tante
e
così
aspre
battaglie
contro
i
loro
colleghi
massimal
-
comunisti
per
ottenere
il
diritto
alla
critica
,
il
fatto
che
abbiano
tanto
insistito
per
porre
in
rilievo
il
nome
del
nuovo
partito
(
Unitario
)
,
affermando
sin
dall
'
inizio
di
voler
rispettare
ed
accogliere
le
frazioni
dissidenti
purché
concordi
genericamente
,
sono
tutti
sintomi
confortanti
.
La
stessa
«
Critica
»
da
qualche
mese
a
questa
parte
ha
aperto
largamente
le
sue
colonne
agli
eretici
.
Ancora
uno
sforzo
,
un
deciso
mutamento
di
rotta
in
senso
schiettamente
liberale
,
e
si
potrà
confidare
nelle
possibilità
di
un
domani
non
lontano
.
In
un
articolo
recente
il
Weiss
si
è
dichiarato
recisamente
contrario
alla
vecchia
politica
dei
blocchi
per
la
libertà
.
Non
ho
capito
bene
se
la
critica
voleva
essere
solo
di
metodo
(
blocco
)
o
anche
di
fine
(
lotta
per
la
libertà
)
.
L
'
articolista
si
augurava
che
un
nuovo
periodo
revisionistico
,
serio
e
coraggioso
,
volto
soprattutto
alla
formulazione
di
un
programma
minimo
,
si
inaugurasse
nel
partito
unitario
.
Ora
io
ritengo
che
le
possibilità
revisionistiche
siano
in
relazione
strettissima
coll
'
atmosfera
di
libertà
intellettuale
in
seno
al
partito
.
Si
tratta
pur
sempre
di
un
problema
di
libertà
,
del
trionfo
cioè
del
metodo
liberale
,
sia
all
'
interno
che
all
'
esterno
del
partito
.
Quando
all
'
atteggiamento
dogmatico
succede
l
'
atteggiamento
critico
,
il
rinnovamento
è
già
in
atto
.
Sarebbe
invece
inutile
voler
accingersi
alla
compilazione
di
minuziosi
ed
elaborati
programmi
concreti
,
certamente
indispensabili
,
come
propone
il
Weiss
,
quando
fa
difetto
quel
largo
spinto
liberale
cui
sopra
accennavo
.
Non
occorre
dunque
trasformarsi
tutti
in
accaniti
volontaristi
,
o
in
empirici
all
'
inglese
,
o
proporsi
di
creare
una
nuova
filosofia
ufficiale
dell
'
azione
operaia
.
Che
ognuno
sia
veramente
libero
,
una
volta
che
abbia
genericamente
accettati
i
metodi
e
gli
scopi
del
partito
,
di
pensare
a
suo
modo
.
E
,
perché
ciò
avvenga
(
ecco
il
punto
!
)
e
perché
non
si
tratti
di
una
frase
retorica
,
occorre
che
il
partito
smetta
le
vecchie
vesti
,
rifiuti
la
vecchia
etichetta
,
sia
non
socialista
marxista
,
ma
semplicemente
socialista
.
Si
parla
tanto
della
necessità
di
rinvigorirne
le
file
coll
'
immissione
di
nuovo
sangue
giovanile
,
e
sono
certo
che
ai
discorsi
corrisponde
un
desiderio
preciso
.
Né
mancano
per
fortuna
,
in
vari
centri
,
gruppi
di
giovani
desiderosi
di
far
confluire
in
un
movimento
di
masse
le
loro
aspirazioni
ideali
e
la
loro
volontà
di
azione
.
Molti
di
essi
fecero
capo
un
giorno
ai
gruppi
cosiddetti
«
salveminiani
»
;
oggi
vivono
in
uno
sdegnoso
e
fiero
isolamento
,
tenacissimi
avversari
dei
vincitori
.
Bisogna
conquistarsi
la
simpatia
di
cotesti
gruppi
.
Per
quanto
in
numero
limitato
,
essi
costituiscono
una
grande
forza
in
un
paese
così
povero
di
élites
come
il
nostro
.
Sono
frequentemente
sulla
grande
linea
del
pensiero
democratico
-
socialista
,
ma
ognuno
ha
il
suo
particolare
carattere
e
,
se
volete
,
la
sua
particolare
eresia
.
Non
basta
dir
loro
:
entrate
liberamente
.
Occorre
,
in
un
certo
senso
,
andar
loro
incontro
,
dimostrando
che
l
'
ambiente
,
l
'
atmosfera
,
è
radicalmente
e
definitivamente
mutata
.
Non
basta
correggere
la
intestazione
degli
articoli
di
fondo
,
o
il
testo
degli
ordini
del
giorno
nei
comizi
e
in
Parlamento
,
ma
bisogna
dimostrare
che
il
cambiamento
è
avvenuto
negli
spiriti
,
nelle
coscienze
,
che
una
diversa
,
più
critica
visione
della
vita
e
della
lotta
politica
è
subentrata
.
Basta
coi
dogmi
,
con
le
frasi
fatte
,
con
le
vecchie
formule
.
Mentre
i
marosi
incalzano
da
ogni
parte
e
il
navicello
traballa
,
una
ferma
volontà
di
sottoporsi
ancora
una
volta
al
vaglio
crivellatore
della
critica
,
di
rivedere
tanti
postulati
che
sembrano
intangibili
,
di
fare
un
processo
al
passato
onde
evitare
i
medesimi
errori
per
l
'
avvenire
,
sarebbe
prova
di
profondo
rinnovamento
.